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C’È TANTO IN
Armando Galigaris
©2017 ATS - Giacomo Catalani Editore
Titolo:
Metodo Griglia
Sottotitolo:
Innovazione nell’Educazione Fisica
E-mail: info@istitutoats.com
Website: www.metodogriglia.com
Website: www.educazionefisica.it
Website: www.giacomocatalanieditore.com
Copyright© 2008-2017 ATS
Tutti i company names e prodotti
menzionati in questo libro sono marchi registrati dalle rispettive proprietà.
ISBN 978-88-99277-15-4
Cura Editoriale KHSE
Coordinamento di redazione Luca Russo
La divisione ATS assieme a Giacomo Catalani Editore, pubblicano libri di grande valore,
portando a conoscenza dei lettori informazioni utili a intraprendere e percorrere un viaggio
di crescita verso il benessere.
Questo libro è protetto da copyright e tutti i diritti sono riservati a norma di legge. Nes-
suna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di
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dell’Editore. I testi e le informazioni pubblicate in questo manuale hanno scopo esclusiva-
mente informativo. L’uso del logo del sito www.metodogriglia.com è proibito, fatta salva
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design.
Tra gli obiettivi dell’insegnamento oltre a a quello di istruire, ci sono quelli di
formare ed educare.
Il Metodo Griglia lavora proprio su questo, infatti, grazie ad un approccio
basato sui concetti della psicomotricità, attraverso il “mezzo del gioco” si la-
vorerà sul corpo e sull’azione del bambino agendo non solo sull’azione moto-
ria, ma anche su quella emotiva, relazionale e cognitiva. Faccio i complimenti
all’ottimo lavoro del Prof. Armando Caligaris, persona squisita e ottimo pro-
fessionista delle Scienze Motorie che ha creato un metodo di lavoro innovati-
vo e molto utile.
Nicolò Ragalamuto
Luca Russo
Il libro rispecchia a pieno il carattere del proprio autore. Innovativo e fuori da-
gli schemi. Preparato con un’idea futuristica ed uno studio meticoloso dei me-
todi di insegnamento passati, il” metodo griglia” è un’opera che rivoluzionerà
ed innoverà il modo di insegnare l’educazione fisica nella scuola primaria. Un
metodo che avvicina i bambini alla conoscenza del proprio corpo attraverso
giochi e schemi motori interessanti e coinvolgenti. Le scienze motorie dopo
l’uscita di questo libro avranno un’arma in più per educare i futuri insegnanti
a trasmettere una consapevolezza corporea nell’infanzia e nell’età scolare.
Giacobone Mattia
Un libro, questo, che partendo da concetti psicopedagogici di grandi della psi-
cologia dell’infanzia (Piaget, Dewey, Bruner...) rivisitandoli dopo uno studio e
una pratica ventennale di psicomotricità, ha offerto un respiro innovativo e an-
ticonformista alla didattica.
I bambini imparano i numeri diventando loro i numeri. Si sommano, si sottrag-
gono, diventano lettere, imparando così a leggere e contare muovendosi all’in-
terno di una grande griglia dove svolgeranno tantissime attività ludico-moto-
rie-didattiche.
Stefano Livi
Alle insegnanti
della Scuola dell’Infanzia,
della Scuola Primaria e delle Educatrici
del tempo scuola del Comune di Boissano (Sv)
All’Amministrazione
del Comune di Boissano (Sv)
Al fotografo
Sig. Alessandro Gimelli
A tutti i bambini
che mi hanno insegnato a giocare con loro
L’Autore .................................................................................................................. 10
Premessa ................................................................................................................ 17
Capitolo 1
Conosco il mio corpo statico e dinamico ............................................................ 31
Capitolo 2
Lo spazio del corpo ................................................................................................ 43
Capitolo 3
Lo spazio condiviso ............................................................................................... 65
Capitolo 4
La pre-scrittura ..................................................................................................... 77
Capitolo 5
Il tempo cronologico ............................................................................................ 101
Capitolo 6
Il rapporto spazio temporale: la lettura, la musica, la danza ........................ 113
Capitolo 7
Il numero: la matematica e la fisica ................................................................. 125
Capitolo 8
La logica: il sistema esecutivo ............................................................................ 145
Capitolo 9
La comunicazione: La fiaba di Favollo ............................................................. 155
Giacomo Catalani
Giacomo Catalani
Editore
Ha fondato la Casa Editrice Giacomo Catalani Editore con l’obiettivo di trasmettere un im-
portante messaggio: “Impara di tutto. Diventa Libero di Sapere”, un network in continuo di-
venire, connesso a milioni di persone; ATS, la divisione che si occupa di formazione a livello
internazionale; NeuroPeople il dipartimento di comunicazione strategica e numerose altre
spin off in vari settori, che si diramano con una forte presenza sul web e una precisa strategia
aziendale. Dopo il percorso accademico universitario ha approfondito lo studio della comu-
nicazione strategica a livello internazionale e ricoperto ruoli di responsabilità, sempre con
l’obiettivo di sviluppare performance snelle, dinamiche e affiancare le persone nel guidare il
cambiamento. E’ Editore e Presenter dei Talk Show Scienze Motorie e Successo, canali molto
innovativi di grande attrazione che rappresentano un vero fenomeno mediatico, coinvolgen-
do attivamente gli spettatori e rendendoli parte attiva nelle trasmissioni, molto seguite attra-
verso i canali Social Media e Youtube. E’ autore del libro Trasforma il tuo Pensiero.
Metodo Griglia 11
L’AUTORE
Armando Caligaris
12 Metodo Griglia
PRESENTAZIONE DEL METODO GRIGLIA
Metodo Griglia 13
meta-conoscenza e una prima forma di percezione della Funzione Energetica
possano essere la base per poter tracciare la strada che conduce all’ottimizzazione
delle risorse tese al soddisfacimento delle stimolazioni del sistema nervoso cen-
trale applicabili all’attività scolastica. Il “bottone di accensione”, affinché possa atti-
varsi questo fondamentale ingranaggio, probabilmente è identificabile nell’impat-
to affettivo emotivo, nell’accoglienza del bimbo all’interno dell’edificio scolastico,
dalle persone che vi lavorano all’interno e dai propri compagni. Il riferimento alla
motivazione pare evidente. Essere accolti è importante per il bambino per sentirsi
a proprio agio. Per immergersi completamente nel gioco il bambino deve “entra-
re nello spazio”. Ecco che assume molta importanza creare il contesto affinché il
bimbo possa acquisire la consapevolezza della propria identità del suo essere e del
suo divenire, ossia del suo bene-essere psicofisico. Questo prevede anche il voler e
poter coinvolgere gli addetti ai lavori e i genitori in un dialogo e un interscambio
educativo-didattico. Non stiamo dicendo nulla di nuovo, dal momento che Froe-
bel (tr. it. 1960), nei suoi celebri “giardini d’infanzia” sosteneva già ad inizio 1800
come questa collaborazione fosse il bisogno più profondo di un progetto educa-
tivo. Quindi difficile pensare ad un processo di delega per supplire alle mancanze
della famiglia nell’occuparsi della dimensione ludica, soprattutto nella prima in-
fanzia. Il compito di educatore probabilmente è anche quello di stimolo discreto
nei confronti dei genitori “meno attenti”. Tuttavia, la scuola deve responsabilizzar-
si nel dare il proprio contributo all’organizzazione della personalità infantile.
Buona parte del successo per far “entrare nello spazio” il bambino è dato dal grado
di empatia tra i pari. A tal proposito, uno dei mezzi adottabili è il “tutoraggio” svi-
luppato tra coloro che sono al primo anno della scuola primaria e quelli che sono
all’ultimo anno della scuola dell’infanzia in
un lungo percorso di continuità.
14 Metodo Griglia
re il dominio socio-emotivo a quello cognitivo e fisico (Capurso et al., 2011).
Gli obiettivi ricercati nel “tutoraggio”:
-- Responsabilizzare e gratificare bambini insicuri ed egocentrici.
-- Fare scelte per migliorare l’aspetto socio-relazionale.
-- Promuovere l’aiuto dei bambini più grandi come stimolo ed esempio per
implementare l’autonomia, l’identità e l’autostima.
-- Indurre l’acquisizione di sensibilità verso i bisogni dell’altro.
Metodo Griglia 15
Fig. 3 “Il set del Metodo Griglia”
16 Metodo Griglia
Per non parlare di tutto ciò che fa parte dell’aritmetica, per esempio, dove tutti
i verbi sono termini di movimento: metto, tolgo, aggiungo, ecc.
Con la speranza di aver stuzzicato la curiosità del lettore, non resta quindi che
farci piccini e come per magia perdersi tra queste pagine scritte per... “gioco”!
Metodo Griglia 17
Bibliografia
1. Caligaris A. La Psicocinetica a scuola. Libriliberi, Firenze; 2011.
2. Capurso M, Santangelo V. in Paure verso la scuola, coping e relazione di aiuto nei
bambini italiani: una ricerca proiettiva (Ricerche di psicologia); 2011.
3. Froebel F. L’educazione dell’uomo ed altri scritti. Trad.it., La Nuova Italia, Firen-
ze; 1960.
4. Kasten WC, Clarke BK. The multi-age classroom: A family of learners. Katonah,
NY: Richard C; 1993.
5. Laborit H. L’inhibition de l’action. Il Saggiatore, Milano; 1986.
6. Le Boulch J. L’avvenire di una educazione fisica scientifica. S.S.S., Roma; 1961.
PREMESSA
Preparate presto il regno della libertà del bambino e l’uso delle sue forze,
lasciando al suo corpo l’abitudine naturale e mettendolo in condizione
d’essere padrone di sé e di fare in ogni cosa la sua volontà, non appena
ne avrà una... siate preoccupati di vedere il fanciullo consumare i suoi
primi anni senza fare nulla! Come! Non è niente esser felici? Non è nien-
te il saltare il giocare, il correre tutta la giornata? Nella sua vita non sarà
mai cosi occupato!
(J.J. Rousseau nell’Emilio)
Metodo Griglia 19
il più veloce trova ampio spazio per il successo mentre la “tartaruga” non ha
il tempo di dimostrare il proprio valore. Anche se la letteratura e la morale ci
invitano al contrario, al giorno d’oggi nessuno vuole che il proprio figlio arrivi
ultimo, piuttosto evitiamo di farlo giocare e gareggiare. Siamo inseriti in una
cultura dove l’efficienza, le prestazioni e le vittorie condizionano non solo le
nostre vite e i nostri interessi ma soprattutto le nostre menti. Allo stesso modo,
le nostre scelte si orientano per stare al passo con i tempi, cercando spasmo-
dicamente l’anticipazione sui programmi ministeriali scolastici, pensando di
avere come figlio un “super bimbo”.
Quale obiettivo allora? Se si pensa al tiro al bersaglio ciò che conta è fare cen-
tro e se si viene distratti dalla cornice diventa un problema fornire una buona
prestazione. Il nostro “centro”, prima di tutto, è identificabile nell’ incontro con
se stessi. Tale incontro apre le porte all’altro, alimenta la voglia di conoscere ed
eventualmente competere e di arrivare all’altro. Il gioco da sempre si ritrova in
questo significato. La voglia di esprimersi di riconoscere i propri limiti e il ten-
tativo di superamento degli stessi. E’ quindi giusto far vivere ai nostri bambini il
gioco inteso esclusivamente come competizione? E’ come far vedere al bambino
che solo vincendo si può essere bravi e che l’impegno e la determinazione sono
secondari al risultato. Quale valore assume la sfida con se stessi? Con le proprie
possibilità? Il nostro obiettivo è il miglioramento del bambino non il singolo
risultato di un gioco, di una sfida, di un compito in classe. Se si pensa al gioco
si vede solo la sua cornice infantile e non si vede lo sfondo. Questo perché non
siamo abituati a pensare che il gioco fa parte delle nostre vite e che i punti sono
sparsi per il bersaglio. E’ solo un gioco è una frase ricorrente nelle bocche di
bambini e genitori che non riconoscono la serietà dell’aspetto ludico.
Ma c’è davvero così tanto in gioco? Se si pensa ad un insegnante di scuola prima-
ria il suo compito principale è insegnare a “leggere, scrivere e fare di conto”. Ma
in verità c’è molto di più in gioco, poiché un buon insegnante è quello che riesce
anche a tirare fuori le potenzialità dei bambini e non semplicemente trasmettere
un sapere. Il gioco è esperienza concreta, un modo con il quale il bambino spe-
rimenta con il proprio corpo ciò che viene spiegato a scuola e per questo motivo
penso possa essere considerato un mezzo fondamentale per lo sviluppo cognitivo.
Spesso ci domandiamo perché il gioco è importante per i bambini e per quale
motivo un bambino trascorre molto tempo a giocare. La risposta la troviamo nel
piacere di espressione, affermazione e identificazione.
Quali sono gli effetti che il gioco produce? All’adulto il gioco svolto dal bambino
svela importanti informazioni per chi è in grado di sentire e osservare. Per il
bambino i risultati sono molteplici. Giocare è apprendere a conoscere gli ogget-
ti, i movimenti, l’uso del linguaggio, i processi d’integrazione logico-cognitiva,
20 Metodo Griglia
ma anche il corpo, l’affettività e l’emotività, la propria crescita globale, nonché
gli altri e l’evoluzione del rapporto interpersonale: giocando si forma l’universo
dentro e fuori di se’. Nel gioco il bambino vede, e comincia ad agire indipenden-
temente da ciò che vede. Attraverso il gioco, affina la padronanza del mondo
stesso, impara a conquistare la realtà e contemporaneamente si mette alla prova.
Ad esempio, in un gioco di lotta a coppie, il bambino scopre le regole giocan-
do, comunica grazie ad uno dei canali meno stimolato, quello tattile. In questo
modo si crea una forma di comunicazione, come in un duello che coinvolge ten-
sioni ed emozioni. Il bambino vive l’esperienza e trasmette il suo stato emotivo
trasformando l’azione in emozione. Si gioca per sentire il contatto e si comunica
il proprio io, così, per esempio, gioco ad acchiappino. I bambini si cercano, si
inseguono e a volte si prendono. Ciò che muove il bambino è il piacere del con-
tatto. Nel gioco la libertà dei bambini incide sul gioco stesso e svela a noi i segreti
dei suoi pensieri e delle sue azioni. I vari aspetti del gioco non possono essere
separati perché l’equilibrio è dato dall’insieme. Solo vivendo il gioco e i propri
desideri il bambino adatta il reale al proprio io.
Noi crediamo come l’attività motoria nella scuola primaria e nell’ultimo anno
della scuola dell’infanzia sia parte di un metodo per rendere il bambino pro-
tagonista del proprio apprendimento. Il mezzo che abbiamo individuato per
arrivare all’obiettivo è proprio il gioco. Sia esso inteso come espressione libera
sia come veicolo per l’apprendimento delle attività didattiche. Nel “Metodo
Griglia” non esiste un assemblaggio o trasferimento tra quello che si fa dall’
aula alla palestra o viceversa. E’ presente un obiettivo comune che parte da un
bisogno del bambino e che si sviluppa su proiezioni diverse, complementari
tra loro. Esse sono: il vedere, il sentire, il fare su foglio grafico, e l’esperire at-
traverso il soggetto che si muove.
Sono state individuate due fondamentali prospettive dalle quali osservare il gio-
co: la parte che definiamo espressiva a forti connotazioni affettivo-emotive e la
parte transitiva del gioco utilizzato come mezzo per accedere ad apprendimenti
diversi dove avviene l’induzione ad una partecipazione volontaria del sistema
cognitivo. È importante sottolineare come queste due prospettive possano go-
dere di autonomia, ma che si ritrovino in una visione unica di insieme del gioco,
in quanto la persona, come già esposto, non è fatta di paratie stagne, ed anche
nel gioco non è delimitabile l’inizio e la fine di una delle due prospettive.
IL “PUER LUDENS”
L’obiettivo per il bambino è apprendere l’uso del linguaggio del corpo tramite
molteplici espressioni. Per l’educatore l’obiettivo è saper osservare e cogliere
sfumature importanti nella comunicazione non verbale del bambino.
Metodo Griglia 21
Vi è il rischio come sottolinea il Regni (1996) di ignorare il valore autonomo del
“puer ludens”, per il quale il gioco è fine a se stesso. In quest’ottica può essere intesa
una visione dove “gesti e movimenti sono pertanto resi gratuiti, solo finalizzati all’e-
spressione della propria attività motoria, alla comunicazione della propria dimen-
sione corporea, perciò all’ affermazione e alla “misurazione” di sé in relazione a sé,
agli altri, all’ambiente”. (Cerri Musso, 1996).
Il gioco secondo Lev Vygotskij (1981) porta l’attenzione di noi osservatori agli effet-
ti, alle motivazioni e alle circostanze interpersonali, che ne sono l’origine. Esso rap-
presenta una risposta originale a bisogni non soddisfatti, in quanto il bambino si
carica di tensioni tra i suoi desideri e l’impossibilità di soddisfarli immediatamente.
Il gioco, da questa prospettiva, è quindi una delle situazioni di osservazioni pri-
vilegiate attraverso le quali esplorare la natura del pensiero infantile. Ogni gioco
è anzitutto e soprattutto un atto libero, ed è in questo atto libero che il bambino
può trovare il suo equilibrio affettivo ed intellettuale. Disporre di un ambito di at-
tività, la cui motivazione non sia costituita dall’adattamento al reale, ma al contra-
rio, dall’adattamento del reale all’io, diventa di fondamentale importanza. Il gioco
trasforma la realtà in ordine ai bisogni dell’io. L’imitazione (quando sia fine a se
stessa) risulta essere un adattamento più o meno netto ai modelli esterni, e l’intelli-
genza, a sua volta, un equilibrio tra l’assimilazione e l’accomodamento piagetiano.
L’influsso di tipo ludico rappresenta uno spazio di esperienza enorme dal punto di
vista affettivo-emotivo e di sviluppo, orientamento delle componenti intellettuali e so-
ciali dell’uomo. Il fatto che il gioco sia spontaneo e liberamente scelto lo definisce già,
per sua stessa natura, motivo di crescita personale e ogni imposizione lo rende sterile.
Quindi giocare è apprendere a conoscere il proprio corpo, i movimenti, gli og-
getti, l’uso del linguaggio, i processi d’integrazione logico-cognitiva, l’affettività e
l’emotività, la propria crescita globale, nonché gli altri e l’evoluzione del rapporto
interpersonale. Giocando si prova l’universo dentro e fuori di sé. Nel gioco il
bambino osserva, e comincia ad agire indipendentemente da ciò che vede. At-
traverso il gioco conquista la realtà e contemporaneamente si mette alla prova.
Quindi, secondo questa prospettiva, come giustamente osserva Zanon, e come
da me ripreso in più occasioni: “non è il movimento che ci interessa, ma il sog-
getto che si muove” (Zanon, 1981). Il rifiuto del termine “movimento” e la sua
sostituzione con “condotta motoria” intende indicare un completo rovescia-
mento di visione. Il contenuto maggiore non è la forma del gesto o il rispetto del
modello imposto, ma la personalità dell’essere agente che si esprime nel corso
del suo agire. Il dato immediato su cui verte il nostro studio è una visione psi-
cologica per scoprire concretamente le strutture della relazione tra il soggetto
considerato ed il suo universo vissuto. “L’atteggiamento, la postura o i movimen-
ti stessi esprimono ciò che prova qui ed ora un soggetto nella situazione totale
22 Metodo Griglia
attuale quale esso la vive” (Le Boulch, 1971). Quindi non è solo l’aspetto moto-
rio inteso in tutta la sua dinamicità che ci interessa, ma tutto ciò che può esse-
re espressione, rivelatrice in una certa misura della persona. Gli atteggiamenti
possono dunque essere considerati come fenomeni sociali, una manifestazione
dei bisogni di espressione e di comunicazione. L’osservazione di una “condotta
motoria” mette in evidenza ciò che l’individuo comunica nel suo essere totale.
Ogni rigidezza, inibizione o armonia, rivela il rapporto io-mondo. La persona-
lità è da considerarsi dunque il risultato degli scambi, cioè della comunicazione
tra l’individuo e l’ambiente, e tra individui.
La motricità è quindi non solo espressione somatica ma anche psichica tanto
da denunciare e rivelare la personalità ed il vissuto affettivo-emotivo. Ed ecco
introdotto dunque il legame inscindibile con il gioco e le emozioni.
A tal proposito, Dell’Orto (2003) riporta ed elabora il pensiero di Winnicott par-
lando di caratteristiche distintive del gioco. Nella sua teoria, Winnicott, parla di
bambini perduti nell’attività ludica. Il suo studio si orienta nell’analisi degli og-
getti transizionali, ossia oggetti che permettono al bambino di affrontare il mon-
do delle emozioni. Per esempio i sentimenti di ansia, connessi alla separazione
(fumetto di Linus che trascina ovunque la sua copertina). Gli oggetti transizio-
nali, cosi come il gioco, si collocano in un area intermedia di esperienza, reale
per il bambino, che non deve essere messa in dubbio dagli adulti e che nasce dal
bisogno di conciliare il mondo interno con i vincoli della realtà esterna.
Partendo dalla concezione della figura dell’educatore di Aldo Visalberghi
(1978) pare opportuno specificare che, alla luce di quanto esposto, il canale
educatore e allievo vive un continuo feedback reciproco. Esso sarà dato dalla
disponibilità dell’adulto verso il bambino e la disponibilità dei bambini verso
l’azione mediata dell’adulto. Questo scambio risulta essere necessario nell’o-
biettivo finale dell’azione di “educere” (etimologia del verbo educare), dove
l’educatore non tende a riempire un “sacco vuoto”, bensì tenderà a tirare fuori
il meglio da ogni soggetto.
Il gioco ha le potenzialità per creare sintonia tra adulto e bambino e tra i pari,
in un clima di accettazione, comprensione e comunicazione intersoggettiva,
favorevole ad un apprendimento attivo.
Metodo Griglia 23
stimolando il più possibile l’impegno attentivo nella modulazione dei pro-
pri sottosistemi. Infatti, in questa seconda proiezione è visibile il gioco come
mezzo per facilitare, integrare e semplificare l’apprendimento scolastico. Ad
esempio Bruner (1971) e altri autori hanno valutato il rapporto tra il gioco e le
strategie di soluzione dei problemi (problem solving). Da questi studi è emer-
so che le attività strutturate presentano un grado maggiore di complessità co-
gnitiva e possono essere efficacemente proposte ai bambini al fine di motivarli
alla ricerca e all’esercizio di strategie.
Il gioco ha quindi potenzialità nello sviluppo globale del bambino, esso di-
venta centrale all’integrazione educativa della persona corporale e mentale,
affettiva e intellettuale. Noi proponiamo i mezzi pratici per accedere a questa
maturazione a partire dall’azione motoria.
Piaget evidenzia l’importanza educativa di questa azione motoria, in quanto
“la motricità avvia il processo dell’intelligenza e lo sostenta, in quanto ogni ap-
prendimento motorio ripropone le fasi della realizzazione dell’atto intelligen-
te: la presa di coscienza delle difficoltà da risolvere o degli ostacoli da superare,
la ricerca della risposta, il controllo” (Piaget, 1968).
Altri studiosi ci informano di come “conoscere le abilità specifiche di tipo per-
cettivo, attentivo, mnemonico che ogni compito motorio richiede, significa poter
favorire l’acquisizione consapevole di strategie differenziate” (Salvini, et al., 1989).
Molti sono dunque gli stimoli forniti dal gioco, sia in una visione espressiva
che funzionale. Le due facce del gioco citate non si contrappongono ma vanno
di pari passo. Infatti, se un bambino è inibito nei confronti del gioco libero, o
si evidenziano ritardi sotto il profilo psicomotorio, si pongono filtri a quello
che può essere il normale processo di apprendimento attivo.
Il gioco non è quindi soltanto un modo per conoscere il mondo ma è anche
una forma di comunicazione, di esperienza emotiva, di azione trasformativa
sulla realtà.
Abbiamo già anticipato come l’attività motoria ha come valore aggiunto la
possibilità di utilizzare la cinestesi oltre ai canali di apprendimento tradizio-
nali: visivo e uditivo. Infatti ciò che è condiviso dagli Autori che si sono occu-
pati del gioco emerge non solo l’importanza dell’osservare e dell’ascoltare, ma
quella del “fare”, che amplifica le potenzialità dell’apprendimento in quanto
permette al bambino, di sperimentare prima, e consolidare poi, nuove compe-
tenze sia cognitive sia socioaffettive.
Non a caso, nelle Indicazioni Nazionali per il Curricolo (relativi alla Scuo-
la dell’Infanzia) si legge che: “Acquisire competenze significa giocare” e che
“l’apprendimento avviene attraverso l’azione, l’esplorazione, il contatto con gli
oggetti, la natura, l’arte, il territorio in una dimensione ludica, da intendersi
24 Metodo Griglia
come forma tipica di relazione e conoscenza”. In linea con questo, diventa ipo-
tizzabile come per favorire lo sviluppo del comportamento sociale e del gioco,
particolare importanza dovrebbe essere attribuita alla creazione di opportu-
nità anziché all’insegnamento diretto delle abilità. La dimensione ludica della
quale tratteremo ambisce alla gratuità, alla relazionalità, all’accettazione del
limite in una autovalutazione. Lo svolgere del gioco se ha delle regole richiede
il rispetto delle stesse ai fini della costruzione della socialità. Il gioco induce
alla “protensione”, ossia il tendere avanti, verso una meta, verso una abilità,
all’autodeterminazione che ha intrinseca in se stessa l’interiorizzazione di va-
lori difficili quali: la pazienza, la perseveranza, la rinuncia, la lealtà, la docilità,
l’obbedienza, la fedeltà agli impegni, la fermezza, la costanza, la generosità, il
coraggio, il sentimento del giusto.
IL GIOCO LIBERO
Anna Kaiser nel suo “Genius ludi” (1995) introduce il termine eudemonia, il
quale associa alla ludicità la ricerca del benessere e della felicità in una visione
autotelica in quanto il gioco possiede il proprio fine in se stesso. Quando non
sussiste alcuna imposizione nomotetica (anomia termine che deriva da a-no-
mos, ovvero privo di legge) lo spirito del gioco entra in rapporto simbiotico
con quello tipicamente umano.
Il proprio corpo è a tutti gli effetti, il primo oggetto di cui il bambino dispone
liberamente per non annoiarsi e per provare il piacere funzionale e la capacità
di provocare eventi: il corpo costituisce la prima fonte di stimolazione per il
Metodo Griglia 25
bambino perché è permanente e sempre a disposizione, a differenza di tutti gli
altri oggetti che vanno e vengono.
Il “corpo in gioco” è dunque da intendersi come assimilazione pura. Piaget (1945),
infatti rimarca come nel gioco si possa trovare un processo cognitivo attraverso
il quale i dati dell’esperienza vengono inglobati, assimilati appunto, entro un re-
pertorio già acquisito. Quindi, dopo aver imparato a fare una cosa, si può fare e
ripetere per un piacere funzionale e probabilmente per accrescere l’autostima.
Le condotte ludiche sempre più complesse, si combinano tra loro e vanno a
formare nuovi schemi di azione, che conservano la caratteristica peculiare del
gioco di essere messi in atto senza alcuna finalità adattiva. Ecco che alla moda-
lità imitativa si aggiunge quella complementare, dove i bambini sono in grado
di rispondere alle iniziative del compagno. Con l’aumentare dell’età l’attività
dei bambini nei confronti degli oggetti si modifica sostanzialmente in quanto
implica attenzione sostenuta per un tempo anche lungo, un alto grado di in-
tegrazione tra diversi sistemi motori, la coordinazione di molteplici segmenti
corporei, la considerazione di più aspetti e più dimensioni, il passaggio dalla
ripetizione semplice a comportamenti più complessi, gerarchicamente organiz-
zati. Tutti questi cambiamenti denotano significativi sviluppi cognitivi, in par-
ticolare segnalano l’abilità dei bambini di decentrarsi e di focalizzarsi su diversi
aspetti della realtà.
Le condotte ludiche sempre più complesse, si combinano tra loro e vanno a
formare nuovi schemi di azione, che conservano la caratteristica peculiare del
gioco di essere messi in atto senza alcuna finalità adattiva. Il gioco con oggetti
avrebbe quindi la funzione di facilitare l’acquisizione di determinate capacità,
per rendere poi disponibili per nuovi sviluppi le energie liberate dal controllo
raggiunto su specifiche competenze.
IL GIOCO SIMBOLICO
Geirge Mead (2010) analizza il gioco come una delle condizioni sociali al cui
interno emerge il sé. L’ autore fa riferimento in particolare al gioco simbolico e
ai processi di assunzione di ruolo. Giocando il bambino si confronta con gli altri
e identifica le differenze e le somiglianze (visione e azione dal punto di vista del
personaggio immaginario di cui si è assunto il ruolo).
Il gioco simbolico, di finzione o immaginativo sono alcuni dei termini più frequenti
usati in modo più o meno interscambiabile per designare un particolare comporta-
mento di gioco, tipico della prima infanzia. Sono implicati quattro aspetti:
-- la capacità nell’agire “come se” al di la del contesto normale;
-- la capacità nell’usare come materiale di gioco oggetti sostitutivi di quelli reali;
26 Metodo Griglia
-- l’abilità nell’eseguire azioni abitualmente messe in atto da altri;
-- l’abilità nel collegare schemi di azione differenti in sequenze tematiche
coerenti.
Metodo Griglia 27
aspetti più minacciosi della realtà favorisce la possibilità di sbarazzarsi di
questi giocando;
-- l’acquisizione della capacità di astrazione. Essa raggiunge l’apice della ma-
turazione solo al termine dell’infanzia. In effetti, per passare dallo “schema
posturale” statico a un “immagine del corpo” supporto di un apprendi-
mento motorio con rappresentazione mentale, bisogna passare dall’im-
magine riproduttrice all’immagine anticipatrice, caratteristica dello stadio
delle operazioni concrete.
IL GIOCO DI FANTASIA
Nel gioco di fantasia vengono assunti ruoli immaginari tratti dalle espe-
rienze del vissuto del bambino nel suo contesto sociale. Questo processo è la
base per mettere in pratica soluzioni creative nelle successive fasi evolutive.
Il bambino che si lascia condurre dalla fantasia, si trova in una realtà fittizia
che esiste soltanto nell’ immaginazione, ma che percepisce come vera.
Nei primi giochi solitari la linea di demarcazione che separa il reale dal
fantastico è una linea sottile dove il bimbo fatica ad avvertirne i limiti. In
questa fase egli non ammette intromissioni esterne che lo riportino ad una
condizione oggettivamente legata al reale in quanto ha trasformato onnipo-
tentemente la realtà.
Il gioco di fantasia è dunque un potente mezzo per limitare gli stati ansiosi
del bambino (presenti già dalla nascita) ma anche, creare nel tempo, una
linea di demarcazione più definita tra il mondo fantastico e quello reale. In-
fatti, rispettosi delle tappe evolutive, è possibile stimolare il bambino ad una
maggior consapevolezza della realtà. Conseguentemente potrà abbandonare
il suo atteggiamento onnipotente e iniziare una consapevole relazione con il
mondo circostante.
In questo delicato passaggio l’unico suo bisogno è l’essere accettato, amato
e quindi riconosciuto.
Per quanto riguarda l’aspetto transitivo del gioco, esso prenderà una forma
strutturata e regolamentata quando il bimbo potrà accogliere le indicazioni
di una consegna.
I GIOCHI DI REGOLE
Il mondo immaginario creato dai bambini non è arbitrario, anzi al contrario
è estremamente realistico e governato da regole: a questo proposito Vygotskij
osserva che è molto facile far giocare un bambino a fare il bambino quando
la madre ha il ruolo di madre, è facile cioè giocare alla realtà. La differenza è
28 Metodo Griglia
che nel gioco le regole diventano oggetto di attenzione mentre nella vita reale
sono per lo più inosservate. E’ proprio grazie alla partecipazione attiva al gio-
co e all’aiuto di altri bambini, conosciuti e sconosciuti, il bambino impara a
comprendere le azioni, le intenzioni e i sentimenti degli altri. In questo ambito
troviamo l’associazione tra il comportamento sociale e il gioco.
I giochi con regole rappresentano, secondo Piaget (1968), la forma più evoluta
di gioco: sono prevalentemente di natura competitiva e caratterizzano l’età
scolare. Essi hanno un carattere più formale e convenzionale, sono pertan-
to scarsamente flessibili e difficilmente modificabili, a meno che non siano i
bambini stessi a modificarne le regole secondo un comune accordo.
A questa età le attività competitive sono vissute tra le condotte egocentriche e
la cooperazione verticalizzate alla ricerca della socializzazione, in una struttu-
razione progressiva del gruppo, nel rispetto di regole accettate da tutti, svilup-
pando dunque poco a poco nel fanciullo una morale. Non si tratta dunque di
una morale imposta dall’esterno, spesso sentita come autoritaria dall’adulto.
Una funzione importante dei giochi con regole è quella di mettere alla prova le
proprie capacità e di verificare fino a che punto si è in grado di arrivare rispet-
to a un determinato obiettivo. L’accettazione della regola permette al bambino
il rinforzo della funzione di controllo necessaria all’equilibrio energetico da
cui dipende l’efficacia o meno dal punto di vista operativo.
Il gioco strutturato che annovera delle regole, induce il rapporto tra il gioco e
le strategie di soluzione dei problemi (problem solving). In quest’ottica il gioco
non è da considerarsi una componente assemblabile allo sviluppo globale del
bambino, esso diventa centrale all’integrazione educativa della persona cor-
porale e mentale, affettiva e intellettuale. Noi proponiamo i mezzi pratici per
accedere a questa maturazione a partire dall’azione motoria. Quindi per noi
la consueta metodologia didattica che procede “up down” viene assolutamen-
te completata da un procedere “bottom up”, che parte dal corpo per finire al
pensiero e al linguaggio. Nella specificità dei nostri obiettivi esso è ricondu-
cibile ai prerequisiti per accedere alla letto-scrittura e alla capacità di calcolo.
Quindi, per prima cosa proviamo a conoscere un pò meglio il nostro corpo.
Metodo Griglia 29
Bibliografia
1. Bateson G. Una teoria del gioco e della fantasia. Trad.it., Adelphi, Milano; 1976.
2. Besio S. Giochi e giocattoli per il bambino con disabilità motoria. IT: Unicolpli,
Milano; 2010.
3. Bruner J. The relevance of education. Norton & Co, New York; 1971.
4. Cerri Musso R. Didattica, ludicità e sport, in “Gioco e sport nelle scienze dell’edu-
cazione”. di A. Kaiser. Sagep, Genova; 1996.
5. Dell’Orto S. W.D. Winnicott and the transitional object in infancy. Pediatric Me-
dicine Chirurgic, 2003; 25(2):106-112.
6. Kaiser A. Genius Ludi: il gioco nella formazione umana. Armando, Roma; 1995.
7. Le Boulch J. Verso una scienza del movimento umano. Armando, Roma; 1971.
8. Mead G. Mente, sé e società. Giunti, Milano; 2010.
9. Piaget J. La nascita dell’intelligenza nel fanciullo. Tr. It. Giunti, Firenze; 1968.
10. Regni R. Filosofia dell’educazione, ludicità e sport, in “Gioco e sport nelle scienze
dell’educazione” di A. Kaiser. Sagep, Genova; 1996.
11. Visalberghi A. Pedagogia e scienze dell’educazione. Mondadori, Milano; 1978.
12. Vygotsky LS. Il ruolo del gioco nello sviluppo mentale del bambino in Bruner JS, Jolly
A, Sylva K. Il gioco. Il gioco in un mondo di simboli (vol.4). Armando, Roma; 1981
13. Zanon R. Gioco Sport Educazione. S.S.S., Roma; 1981.
CAPITOLO 1
Metodo Griglia 33
e il movimento traducono in modo dinamico e chiaro ciò che nella realtà è un
complesso fenomeno affettivo-motorio che il più delle volte sfugge alla chiara
coscienza. Quello che comunemente viene chiamato “carattere” è un fascio di
schemi di comportamento fortemente attaccati al vissuto corporale. In linea
con questo pensiero i movimenti e gli atteggiamenti di una persona non sono
determinati dal caso ma collegati alle motivazioni fondamentali dell’organi-
smo. L’atteggiamento implica sul piano soggettivo una certa emozione o un
certo sentimento che esprime il modo in cui il soggetto vive la relazione con
se stesso, un oggetto, o una persona. Sul piano oggettivo esso si manifesta
attraverso reazioni verbali, corporali o entrambe.
“Conoscere” il corpo per il bambino equivale a
scoprire, sentire le sue parti, provare le sue fun-
zioni alla ricerca dei suoi significati. Conoscen-
za e scoperta diventano le chiavi per parlare di
gioco. In effetti, se si parla di schema corporeo,
perché si ha in mente l’immagine che un bambi-
no ha di se stesso, si ha una visione riduttiva del
bambino. Infatti, è il riconoscere il corpo come
proprio il punto di partenza, al di la del percepire
i vari segmenti corporei. In questo senso il corpo
e la conoscenza sono in continuo movimento in
quanto il corpo di un bimbo è in evoluzione ed ha
bisogno di continue verifiche.
Fig. 7 “Come mi vedo” ?
Come detto per il gioco, esiste anche per quanto riguarda la conoscenza del corpo
una bivalenza in quanto si fonda sulla sua espressione corporea (mimico-gestuale)
e sulla sua funzionalità globale e segmentale.
Cosi l’affettività abbraccia l’emotività in un gioco in cui, ad esempio, la palla rim-
balza continuamente e il risultato è un crogiolo di emozioni che portano entusia-
smo. Le emozioni messe in gioco possono portare non solo alla gioia, ma anche
alla rabbia, allo stupore, e si percepisce come esse abbiano un diverso sapore: la
delusione della mancanza, la gioia per la riuscita e la sorpresa di avercela fatta.
34 Metodo Griglia
GLI SPECCHI EMOTIVI (2)
La nostra griglia diviene arredata da “specchi emotivi”. I bambini potranno
intraprendere un percorso libero dove potersi specchiare.
Metodo Griglia 35
IL PAESE DELLE CAREZZE (3)
Nel paese delle carezze non ci sono coercizioni, ognuno, se vuole, abbandona
la propria casa per andare a regalare una carezza ad un altro bimbo.
36 Metodo Griglia
La conoscenza del sé corporeo porta ad affinare la “discriminazione percetti-
va” (sia esterocettiva che enterocettiva). I progressi più significativi di questa
tappa vertono sull’accomodamento posturale, che beneficia di una regolazio-
ne tonica meglio equilibrata.
Fig. 14 “Lo schema corporeo-Puzzle in griglia” Fig. 15 “Giochiamo con i tappi di bottiglia”)
Metodo Griglia 37
Tranquillità alla griglia (6)
Tramite un lavoro di rilassamento e visualizzazione i bimbi possono percepire
la propria “casa” della griglia come un posto sicuro, dove in ogni momento
poter ritrovare la propria tranquillità.
(Fig.17-18 “Il contrasto tra tensione e rilassamento nei vari segmenti corpo-
rei”)
“inserire Foto (17-18) da cartella Capitolo 1”
38 Metodo Griglia
Il bambino può dunque iniziare a mettere in pratica una modulazione delle sue
azioni e della sua voce. Tramite questo controllo motorio, il corpo diventa il vei-
colo per potersi esprimere con un gioco di fantasia con il gioco simbolico e con
il gioco dramma che incontreremo più dettagliatamente nei prossimi capitoli.
Metodo Griglia 39
La rana acrobata (9)
Gioco di coordinazione (saltare avanti appoggiando prima le mani, poi i piedi)
40 Metodo Griglia
Bibliografia
1. Le Boulch J. Verso una scienza del movimento umano. Armando, Roma; 1971.
2. Sica S. Presupposti teoretici della dinamica motoria. EGIG, Genova; 1987.
Questo libro inaugura una nuova collana editoriale legata al mondo delle
Scienze Motorie, nella declinazione dell’Educazione Fisica.
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