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Lezione 7 | Fisiologia Cellulare | 13/03/2017

Revisiore: Benni
Nella lezione precedente sono state trattate le proprietà elettriche passive della membrana, approfondendo
la sommazione temporale e la sommazione spaziale. Inoltre è stato introdotto il potenziale d’azione.

IL POTENZIALE D’AZIONE

Domanda: Riguardo la corrente capacitiva, potrebbe dare una definizione su come si svolge in parole povere?
Il condensatore è un elemento che permette l’accumulo di cariche sulle due armature, se abbiamo un eccesso
di cariche su un’armatura queste per repulsione elettrostatica spingono le cariche dall’altra parte ad
allontanarsi. Se c’è un accumulo di cariche positive in basso, per esempio, le cariche positive vengono repulse
in alto. Quindi abbiamo uno spostamento di cariche attraverso la membrana senza che vi sia un
attraversamento fisico delle cariche elettriche nell’isolante che divide le due armature.
Questo meccanismo viene indicato come corrente di membrana capacitativa, mentre attraverso un canale
ionico che può essere assimilato a una resistenza le cariche elettriche fisicamente attraversano la membrana.
La corrente che viene determinata dalla variazione di potenziale ai lati della membrana in parte determina
semplicemente una variazione di accumulo di cariche ai lati del condensatore, corrente capacitativa, e in
parte invece genera una corrente ionica o resistiva in cui le cariche elettriche vengono fatte passare
direttamente attraverso i canali.

Una proprietà fondamentale del potenziale d’azione è il periodo di refrattarietà. Se si applica uno stimolo,
ad esempio in questo caso leminare (stimolo con un’intensità appena sufficiente per generare un potenziale
d’azione), esso induce un potenziale d’azione tutto o nulla di dimensioni determinate; se però subito dopo
applico lo stesso stimolo, che precedentemente in condizioni di riposo era stato sufficiente a indurre un
potenziale d’azione vedo che questo stimolo non è più in grado di generare un potenziale d’azione per un
certo periodo di tempo. Trascorso questo tempo poi effettivamente lo stesso stimolo leminare è di nuovo in
grado d’indurre il potenziale d’azione.
In questo intervallo di tempo, detto periodo di refrattarietà, la cellula diventa meno eccitabile, si dovranno
infatti applicare degli stimoli d’intensità superiore per produrre un potenziale d’azione.

In realtà questo periodo di refrattarietà può essere diviso a sua volta in due componenti:

1. Periodo di refrattarietà assoluta: corrisponde all’intera durata del potenziale d’azione, qualche volta
un pochino oltre. In questo intervallo di tempo si possono applicare stimoli d’intensità grandi a
piacere, anche molto intensi, senza che la cellula sia in grado di produrre un nuovo potenziale
d’azione. Si parla quindi di refrattarietà assoluta, la cellula è totalmente ineccitabile, e questo è
importante perché ci fa capire come non sia possibile sommare l’uno all’altro i potenziali d’azione.
Fin quando un potenziale d’azione non è terminato la cellula non è in grado di produrne un altro.
Sono eventi tutto o nulla che avvengono unitariamente.

2. Periodo di refrattarietà relativa: si dice relativa perché terminato il periodo di refrattarietà assoluta
se applico degli stimoli di intensità maggiori rispetto allo stimolo leminare, che in condizioni normali
di riposo è sufficiente a produrre un potenziale d’azione, allora posso indurre un nuovo potenziale
d’azione. Man mano che il tempo passa l’intensità dello stimolo che è in grado di produrre un nuovo
potenziale d’azione diminuisce, sino a che si ritorna a una condizione di eccitabilità normale di riposo.
Nel periodo di refrattarietà relativa la cellula è di nuovo in grado di produrre un potenziale d’azione,
ma per poterlo fare occorre somministrare degli stimoli d’intensità superiore a quelli che sono
sufficienti ad indurre un potenziale d’azione in condizioni di riposo. Il periodo di refrattarietà relativa
corrisponde più o meno al periodo di iperpolarizzazione postuma, cioè quel periodo di tempo che
segue il potenziale d’azione nel quale il potenziale di membrana raggiunge valori ancora più negativi
rispetto a quello che normalmente la membrana presenta in condizioni di riposo.

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Una depolarizzazione più o meno costante della cellula, in particolare la depolarizzazione a livello del cono
d’emergenza dell’assone, determina non un potenziale d’azione singolo ma un treno di potenziali d’azione.
La frequenza di questo treno di potenziali d’azione dipende dal livello di depolarizzazione.
Questo perché supponendo che la depolarizzazione a questo livello sia mantenuta per un tempo
sufficientemente lungo, è chiaro che la membrana supererà il valore di soglia e verrà scaricato il potenziale
d’azione. Esisterà poi un tempo di refrattarietà nel quale la cellula prima non può produrre un potenziale
d’azione; poi, quando lo stimolo in corrente è sufficientemente ampio da superare la nuova soglia, produrrà
un secondo potenziale d’azione, un terzo e via di seguito, creando un treno di potenziali d’azione.
Se la corrente immessa è più ampia e più intensa, il treno dei potenziali d’azione sarà a frequenza maggiore:
ci vorrà meno tempo se la depolarizzazione è maggiore affinché questa corrente stimolante possa
raggiungere il livello di soglia durante il periodo di refrattarietà relativa. Quindi la frequenza di scarica di
questo neurone dipende dal livello di depolarizzazione complessiva raggiunta dal cono d’emergenza.
In condizioni fisiologiche normali è chiaro che non c’è una condizione di corrente a gradino come quella
presente nella situazione sperimentale; avremo invece un bombardamento continuo da parte delle sinapsi
eccitatorie e inibitorie che arriverà sull’apparato di ricezione del neurone, sui dendriti e sul soma. La somma
di tutti questi potenziali sinaptici che raggiunge elettrotonicamente, cioè con conduzione passiva, il cono

d’emergenza determinerà un livello medio di depolarizzazione della cellula cambiando la sua eccitabilità
complessiva. La frequenza di scarica di questo neurone quindi dipenderà dal livello di eccitabilità complessiva,
cioè dal livello di depolarizzazione media che il cono d’emergenza viene ad avere in funzione dell’enorme

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numero di potenziali sinaptici che elettrotonicamente vanno a sommarsi, per sommazione temporale e
spaziale, a livello del cono d’emergenza.
Si ha una trasformazione di codice, di rappresentazione dell’informazione che da un meccanismo graduato
(la somma di tutti i potenziali sinaptici) si trasforma in un meccanismo “tutto o nulla” con un codice di
frequenza determinato appunto dalla frequenza del treno dei potenziali d’azione che nasce a livello del cono
d’emergenza.

Per spiegare le proprietà del potenziale d’azione su base molecolare e ionica bisogna studiare le variazioni di
conduttanza di membrana determinate dai canali ionici che la membrana viene ad avere.

Questa è un’immagine storica, ottenuta nel 1839 agli albori


della neurofisiologia, ottenuta fotografando un oscilloscopio,
non c’erano infatti altri mezzi.
Si vedono sovrapposte due tracce: una è il potenziale
d’azione, mentre l’altra è un segnale, una sinusoide ad
altissima frequenza la cui ampiezza viene modulata in base
alla conduttanza di membrana: l’ampiezza di questo segnale
indica le variazioni di conduttanza della membrana dove
viene generato il potenziale d’azione.
L’immagine dimostra che durante il potenziale d’azione si ha
un enorme aumento della conduttanza di membrana, che poi
in realtà dura anche per un certo tempo dopo la fine del
potenziale a punta che sta a indicare che dei canali ionici si
aprono durante il potenziale d’azione. Allora non si conoscevano i canali ionici come li conosciamo oggi.

L’assunzione fatta fu che effettivamente ci fossero delle conduttanze di membrana che si aprivano durante
il potenziale d’azione. Oggi si sa che sono i canali voltaggio dipendenti ad aprirsi, in questo caso del sodio.

Abbiamo visto che la conduttanza totale di membrana è data dalla somma delle conduttanze dei singoli
canali delle singole specie ioniche. Il potenziale di membrana può essere visto come una media pesata dei
vari potenziali di equilibrio degli ioni per la quale la membrana è permeabile. Tale media viene pesata sulla
base della conduttanza di membrana dello ione rispetto alla conduttanza totale.
È naturale supporre che se improvvisamente abbiamo un aumento della conduttanza per il sodio, il
potenziale di membrana verrà spostato verso il potenziale d’equilibrio del sodio, che è un valore positivo,
mentre il potenziale di equilibrio degli altri ioni è più o meno negativo. In quest’equazione si può aggiungere
anche il calcio che non è rappresentato.
Il potenziale d’equilibrio positivo è il potenziale del sodio, questo perché il sodio è più concentrato all’esterno
della cellula rispetto all’interno. Quindi se si assume che la variazione di conduttanza sia dovuta a un aumento
improvviso di gNa (conduttanza per il sodio) il potenziale di membrana, da valori vicini a potenziali
d’equilibrio per il potassio e per il cloro, si dovrebbe spostare verso il potenziale d’equilibrio del sodio. Infatti
il potenziale di membrana si inverte durante il potenziale d’azione: procede verso valori positivi. Il potenziale
di equilibrio del sodio è +50/60 mV, dipende dalle cellule.

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Per dimostrare che questo è vero è stato fatto un
esperimento: è stata cambiata la concentrazione dello
ione sodio nel bagno esterno della soluzione. Se si
diminuisce la concentrazione del potassio, il potenziale di
membrana a riposo diventa meno negativo.
Se durante il potenziale d’azione si riduce a un terzo la
concentrazione del sodio extracellulare è evidente che il
potenziale d’equilibrio del sodio diventerà meno positivo.
Infatti se diminuisco Na esterno, il potenziale di equilibrio
del sodio da +70/60 mV arriverà a +50/40 mV o anche
meno.
Se il potenziale di Nerst del sodio diminuisce anche
l’ampiezza del potenziale d’azione dovrebbe diminuire.
Infatti la curva numero 1 (potenziale d’azione di controllo
iniziale che registriamo nella cellula), abbassando la
concentrazione di sodio esterno, si riduce (curva 2). Se poi
riporto la concentrazione del sodio esterno ai valori di controllo si vede che dalla curva 2 si passa alla curva
3.
Quindi basta cambiare la concentrazione di sodio esterna che l’ampiezza del potenziale d’azione
effettivamente cambia in funzione del cambiamento del potenziale di equilibrio di Nerst dello ione sodio.
Questo esperimento supporta l’idea che effettivamente durante il potenziale d’azione ci sia un improvviso
cambiamento di conduttanza di membrana dovuto ad un aumento notevole della conduttanza al sodio
rispetto a quella degli altri ioni.

CICLO DI HODGKIN

Il potenziale d’azione viene definito come un


meccanismo “tutto o nulla” perché una volta
innescato si estrinseca completamente con ampiezza
e durata costanti o tipici per quella membrana
attraverso un meccanismo che è di tipo
autorigenerativo.
Il meccanismo autorigenerativo è un sistema di
controllo a feed-back positivo, cioè un sistema che
una volta innescato non si può più fermare fino a
quando si arriva a una saturazione del sistema (limite
intrinseco del sistema, non si può andare all’infinito).
Questo meccanismo è anche detto ciclo di Hodgkin,
dal nome dello scienziato che per primo lo ha
descritto.
Il ciclo di Hodgkin stabilisce che se induciamo una
depolarizzazione della membrana sufficiente, questa produrrà un aumento della conduttanza del sodio,
dovuto ad un’apertura probabilistica dei canali voltaggio-dipendenti del sodio. L’aumento della conduttanza
porterà a una corrente entrante di sodio, e ciò provocherà un’ulteriore depolarizzazione.

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La depolarizzazione a sua volta porterà all’apertura,
che è sempre di tipo probabilistico, di un numero
maggiori di canali per il sodio, provocando un aumento
della corrente entrante di sodio nella membrana e
quindi un aumento della depolarizzazione. Quello
appena descritto è quindi un meccanismo
autorinforzante che continua a procedere fino a
quando tutti i canali voltaggio-dipendenti per il sodio
non saranno aperti.
Una volta innescato il ciclo di Hodgkin, detto anche
ciclo autorigenerativo, esso fa si che il potenziale di
membrana raggiunga il suo valore massimo di
depolarizzazione e di inversione di polarità che
appunto lo porta a quel valore tipico di 20/30 mV
molto vicino al potenziale di equilibrio del sodio,
ovviamente senza raggiungerlo perché le conduttanze
della membrana per gli altri ioni non sono uguali a zero. Se la
membrana fosse permeabile solo allo ione sodio e tutti gli altri
canali si chiudessero, raggiungeremmo il potenziale di equilibrio
per il sodio, ma questo non avviene.

Quindi questo è un meccanismo “tutto o nulla”: una volta innescato


l’ampiezza del potenziale d’azione è sempre la stessa.

Un sistema a feed-back positivo una volta che viene innescato


(aumento qualche canale voltaggio-dipendente al sodio) dovrebbe
già innescare il ciclo autorigenerativo di Hodgkin e quindi portare
comunque al potenziale d’azione. Invece se la depolarizzazione è
troppo piccola questo non avviene.
Esistono infatti dei valori di stimolazione sublaminari che portano a un potenziale graduato elettrotonico che
si propaga con un decremento e questo fa si che soltanto valori di depolarizzazione che raggiungono il valore
soglia possano far partire il potenziale d’azione.

Da che cosa è determinata la soglia? Affinché parta il potenziale


autorigenerativo occorre che si crei una corrente entrante
depolarizzante, cioè una corrente netta verso l’interno della
cellula.
Se si depolarizza la cellula di una piccola entità, 10 mV ad
esempio, verrà determinata l’apertura di un certo numero di
canali voltaggio-dipendenti al sodio (pochi). Essendosi spostato
dal potenziale di membrana a riposo si determinano anche delle
correnti passive degli altri ioni per la quale la membrana è
permeabile, che tendono ad opporsi a questa depolarizzazione.
In particolare affinché ci sia la depolarizzazione di membrana
occorre che la somma delle correnti di tutti gli ioni presenti sia
maggiore di zero.
Se si depolarizza la membrana portando Vm da -70 a -60 mV per
esempio, esso si allontana dal potenziale d’equilibrio del potassio ma anche del cloro e tipicamente anche
quello del calcio. In questo modo se ci sono delle conduttanze sempre aperte, e per questi ioni ci sono,
attraverso queste conduttanze verranno indotte delle correnti aumentate di potassio o di cloro in direzione
opposta a quella del sodio.
Il potassio tenderà maggiormente per esempio a uscire. C’è sempre un’uscita di potassio ma se ci si sposta
verso valori più positivi l’uscita di potassio sarà ancora maggiore. Lo stesso vale anche per il cloro.
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Quindi si otterrà una corrente depolarizzante netta determinata dall’apertura dei canali voltaggio-dipendenti
per il sodio soltanto quando le correnti per il sodio saranno superiori all’aumento delle correnti degli altri
ioni, che invece tendono a riportare la membrana verso il valore iniziale.
Deve esserci un aumento di gNa sufficientemente elevato per poter innescare il ciclo di Hodgkin, altrimenti
non può avvenire la depolarizzazione di membrana.
Quando la corrente è diretta verso l’interno ed è netta, cioè quando sono aperti un numero sufficiente ci
canali ionici voltaggio-dipendenti per il sodio, allora si innesca il ciclo di Hodgkin, il potenziale d’azione parte
e non può essere più fermato. Questo spiega l’esistenza di una soglia.

Nei neuroni possiamo avere infiniti possibilità di


conduttanze: se in un neurone aumentiamo la
conduttanza per il potassio o per il cloro per esempio,
dovuto a meccanismi più vari, si indurrà un
meccanismo attraverso il quale si riduce l’eccitabilità
della cellula. Sarà quindi sempre più difficile
raggiungere la soglia e avremo bisogno di aprire un
numero ancora maggiore di canali voltaggio-
dipendenti per il sodio per poter innescare il ciclo
autorigenerativo di Hodgkin, cioè la produzione del
potenziale d’azione.

Il potenziale d’azione nasce dove c’è una conduttanza


per il sodio sufficientemente elevata. Non è vero che
la membrana dei dendriti o del soma dei neuroni in
generale non possiede dei canali voltaggio-
dipendenti per il sodio. In realtà i potenziali d’azione
non sempre sono determinati dall’apertura dei canali
voltaggio-dipendenti per il sodio. In molti neuroni ci
sono anche dei potenziali d’azione determinati
dall’apertura di canali voltaggio dipendenti per il
calcio per esempio.
In alcuni neuroni o cellule eccitabili, un esempio notevole sono le cellule cardiache, il potenziale d’azione è
dato da una combinazione complessa d’apertura di canali voltaggio-dipendenti sia per il sodio sia per il calcio.

Anche per il calcio ci sono situazioni analoghe a quelle del sodio, il calcio è molto concentrato all’esterno
della cellula mentre all’interno è poco concentrato, quindi se i canali voltaggio-dipendenti per il calcio
vengono aperti gli ioni positivi passano attraverso la membrana determinando delle correnti entranti per il
calcio, che hanno un’azione depolarizzante. In alcuni neuroni e in alcune cellule queste correnti possono
determinare un meccanismo autorigenerativo, esattamente come quello descritto per il sodio.

In realtà il numero di canali voltaggio-dipendenti è molto diverso nelle varie parti del neurone. Solo nel cono
di emergenza c’è un numero sufficientemente elevato di canali voltaggio-dipendenti da far si che la soglia
venga ad essere sufficientemente bassa perché possa essere generato un potenziale d’azione.
I potenziali sinaptici vengono generati sui dendriti e sul soma del neurone. Mano a mano che si spostano dai
dendriti più periferici verso il cono d’emergenza l’ampiezza di questi potenziali sinaptici si riduce perché la
conduzione è elettrotonica passiva con decremento. Soltanto a livello del cono d’emergenza abbiamo un
numero sufficientemente elevato di canali voltaggio-dipendente per far si che la soglia sia sufficientemente
bassa, per cui la probabilità di scarico di un potenziale d’azione a questo livello sia massima.

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Nel sistema nervoso centrale i neuroni sono piuttosto complessi e hanno proprietà diverse, per cui molti
neuroni, soprattutto quelli di grosse dimensioni con dendriti lunghi e di grosso diametro, hanno dei canali
voltaggio-dipendenti, spesso per il calcio ma anche per il sodio, nei dendriti. Questi canali voltaggio-
dipendenti non sono però in numero sufficiente per generare potenziali d’azione che si propaghino senza
decremento lungo il dendrite stesso.
Sono dei meccanismi autorigenerativi locali che hanno la funzione di amplificare i potenziali sinaptici, ma il
più delle volte localmente. Per cui determinano dei potenziali di ampiezza maggiore grazie a meccanismi di
sommazione temporale e spaziale che quindi hanno maggiore probabilità di essere propagati
elettrotonicamente sino al cono d’emergenza.
È un modo per far si che anche sinapsi situate lontane dal cono d’emergenza abbiano una maggiore efficacia
nel modulare l’attività di scarica del neurone.

TECNICA DI BLOCCO DEL VOLTAGGIO (VOLTAGE CLAMP)

La tecnica di blocco del voltaggio (o voltage clamp) deve essere applicata per studiare il comportamento dei
canali voltaggio-dipendenti. Grazie a questa tecnica infatti possiamo studiare quali canali voltaggio-
dipendenti si aprono e cosa succede agli ioni che non sono sodio.
Oggetto di studio è anche la cinetica di apertura o di chiusura o d’inattivazione dei canali.

Per studiare queste proprietà si deve registrare l’attività di un canale a un determinato voltaggio da noi
imposto, senza che questo voltaggio venga modificato dal fatto che il canale si apre.
Sono dei canali voltaggio-dipendenti quindi se si depolarizza la membrana, si aprono un certo numero di

canali determinando una corrente entrante o uscente, dipende dal canale, attraverso la membrana e questo
tenderà a portare una variazione del voltaggio che a sua volta avrà un effetto sulla proprietà di apertura del
canale stesso.
Quindi per poter studiare i canali voltaggio-dipendente risulta interessante avere una tecnica che permette
di spostare il potenziale di membrana al valore desiderato e lì mantenerlo indipendentemente dal fatto che
i canali voltaggio-dipendenti si aprano oppure meno. Posso ottenere ciò attraverso un sistema a feed-back
negativo, chiaramente non fisiologico ma che impongo io attraverso una strumentazione elettrica
opportuna.

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In realtà inizialmente questa tecnica fu sviluppata studiando l’assone gigante di calamaro, che è l’assone più
grosso che si conosce con un diametro di 1 mm. Oggigiorno si possono usare queste tecniche anche su
neuroni del sistema nervoso centrale di mammifero, sia coltivandoli in vitro ma anche in vivo. La tecnica nei
suoi caratteri generali è sempre la stessa.
Si registra un potenziale di membrana attraverso un elettrodo registrante, una micropipetta. Questo
potenziale di membrana viene inviato a un amplificatore a feed-back, che fa anche da comparatore
confrontando, come tutti i sistemi a feed-back negativi, il potenziale di membrana registrato con un valore
di set point deciso a priori. Attraverso altri elettrodi, in realtà nei sistemi moderni può addirittura essere lo
stesso elettrodo usato per la registrazione, viene fatta passare attraverso la membrana una corrente
perfettamente uguale e opposta alla corrente generata dall’apertura dei canali voltaggio-dipendenti.
Perciò se si depolarizza la membrana di 10/20 mV si determina un’apertura dei canali voltaggio-dipendenti
al sodio che tende a fare entrare il sodio, quindi una corrente entrante. Il sistema registra la variazione del
potenziale di membrana e inietta una corrente esattamente uguale e opposta in modo da mantenere il
potenziale di membrana al valore esatto desiderato.
Le correnti iniettate hanno una latenza di risposta trascurabile rispetto alla velocità con la quale si aprono e
si chiudono i canali ionici. Si può quindi dire che il controllo da un punto di vista pratico è istantaneo o quasi.

Cosa viene registrato con la tecnica di


blocco del voltaggio?

In un primo caso si applica uno stimolo che


depolarizza la membrana a valori sotto
soglia, valori che normalmente non aprono
i canali di voltaggio-dipendenti, o
comunque che non sono in grado di indurre
un potenziale d’azione. Dal potenziale di
riposo della cellula -60 mV raggiungo un
potenziale di -50 mV. Essendo in blocco di
voltaggio (quindi non in condizioni
fisiologiche normali) ciò che viene misurato
è la corrente che devo iniettare per
impedire al potenziale di cambiare, che sarà uguale e opposta alla corrente di membrana determinata dai
canali presenti sulla membrana di questa cellula quando depolarizzo la membrana da -60 a -50 mV. Se questa
membrana ha una conduttanza prevalente per il potassio (normalmente è così, ma ci possono essere anche
altri ioni come il cloro) e sposto la membrana verso valori più positivi, è chiaro che attraverso questi canali
avrò un’uscita di potassio maggiore rispetto al controllo perché mi allontano dal valore stazionario del
potenziale di membrana a riposo.

Il compito di interpretare i tracciati viene complicato dalla presenza della corrente capacitativa.
All’inizio della depolarizzazione devo iniettare una corrente più intensa per poter cambiare rapidamente il
potenziale di membrana, perché devo caricare o scaricare il condensatore, si parla di corrente capacitativa.
Il potenziale di membrana cambia perché viene cambiato il numero di cariche accumulate intorno a un
condensatore. Normalmente questo fenomeno richiede del tempo (costante di tempo). Se voglio una
depolarizzazione istantanea nella fase iniziale devo iniettare una corrente molto maggiore che vada a
cambiare il numero di cariche accumulate ai lati del condensatore.

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Si modifica in questo modo il potenziale di membrana,
dopo di che la corrente di mantenimento è quella ionica,
cioè quella che passa attraverso i canali che in quella
membrana in quel momento sono aperti.

A livello sottolaminare non sono ancora coinvolti i canali


voltaggio dipendenti, il sodio in questo caso, perché
l’intensità di depolarizzazione è troppo bassa. Quelli
coinvolti sono canali passivi sempre aperti,
principalmente in molti casi sono quelli al potassio ma
non solo.

In condizioni normali se si depolarizza la membrana in


modo notevole, addirittura da -60 mV a 0 mV, avrò
stimoli chiaramente sopra soglia e la cellula produrrà un
treno di potenziali d’azione.
Se impedisco alla cellula di produrre il potenziale
d’azione perché sono in blocco di voltaggio, nel
momento in cui si aprono canali voltaggio-dipendenti
che inducono delle correnti entranti o uscenti il mio
meccanismo elettronico fa si che venga iniettata
attraverso la membrana una corrente esattamente
opposta, perciò il potenziale di membrana non cambia e
la corrente netta attraverso la membrana è uguale a
zero.
Misurando quanta corrente bisogna iniettare per mantenere costante il potenziale di membrana si viene
esattamente a conoscenza della corrente che viene generata dai canali voltaggio dipendenti che si aprono o
si chiudono.

Il sistema a feed-back negativo permette di vedere come cambia la conduttanza di membrana e le correnti
nel momento in cui vengono generate quando viene determinata una variazione di potenziale di membrana
conosciuta e soprattutto costante.

Studiando la corrente ionica vedo che dopo un’improvvisa depolarizzazione ho una grande corrente entrante.
La corrente entrante però si autolimita ad un certo punto, anche se mantengo la depolarizzazione costante
nel tempo. Quindi si inverte e si viene a creare una grande corrente in uscita dalla cellula che viene mantenuta
per tutto il tempo in cui la cellula rimane depolarizzata.
In questo sistema semplice (modello di una fibra nervosa o modello di Hodgkin e Huxley) si può osservare
che la depolarizzazione della membrana induce l’apertura dei canali voltaggio-dipendenti, che inizialmente
producono una corrente entrante depolarizzante che poi si inverte spontaneamente, senza nessun
intervento dall’esterno, mantenendo costante la depolarizzazione, in una corrente uscente, che viene
mantenuta per tutto il tempo in cui mantengo la depolarizzazione.

Esistono delle sostanze farmacologiche, delle tossine, che sono in grado di bloccare selettivamente alcuni
canali ionici e non altri. Ad esempio una sostanza che blocca selettivamente i canali voltaggio-dipendenti al
sodio è la Tetradotoxina (tossina molto potente presente nel pesce palla) e che quindi impedisce alle cellule
di produrre il potenziale d’azione.
Un’altra tossina è il tetraetilammonio, che invece blocca selettivamente i canali voltaggio-dipendenti per il
potassio.

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Se applico uno stimolo, facendo esattamente lo
stesso esperimento di prima, ma somministrando
tetraetilammonio il tracciato varia. Infatti il
tetraetilammonio blocca i canali voltaggio-
dipendenti al potassio e quindi lascia funzionali
soltanto quelli voltaggio dipendenti selettivi per il
sodio.
La depolarizzazione improvvisa delle membrana
determina una corrente rapida in ingresso della
cellula (depolarizzante), che però poi
spontaneamente si riduce intorno a zero.
I canali per il sodio sono canali che mostrano la
proprietà dell’inattivazione, cioè sono canali
voltaggio-dipendenti che si aprono a seguito di una
depolarizzazione e poi con un certo ritardo
temporale si inattivano. Non è una semplice
chiusura perché una volta inattivati posso
depolarizzare quanto voglio la cellula ulteriormente
ma questi canali ormai non sono più apribili, non aumentano la loro conduttanza a meno che prima la
membrana non sia stata riportata al valore di controllo (di polarizzazione normale).

Quindi ci sono tre stati per i canali voltaggio-dipendenti del sodio:


1. Aperto;
2. Chiuso;
3. Inattivato.
Inattivato vuol dire che se il potenziale di membrana non viene riportato al valore iniziale di controllo
l’inattivazione non viene rimossa e quindi il canale è indisponibile, come se non esistesse più.

Se viene somministrata tetradotoxina, cioè vengono bloccati i canali voltaggio-dipendenti per il sodio, quello
che viene determinato dalla depolarizzazione del blocco di voltaggio è una curva che sarà dovuta all’apertura
di canali voltaggio dipendenti per il potassio.

In questo caso si verifica un’azione iperpolarizzante, aumentando la conduttanza del potassio esso cercherà
di uscire e quindi aumenterà la negatività interna di membrana. La corrente dovuta ai canali voltaggio-
dipendenti del potassio ha un comportamento molto diverso da quello del sodio, almeno per due proprietà
fondamentali:

1. È molto più lenta. La velocità con cui si aprono i canali voltaggio-dipendenti al sodio, data dalla
pendenza con la quale questa corrente si determina, è molto maggiore rispetto alla velocità con la
quale invece viene determinata la corrente del potassio con l’apertura dei canali voltaggio-
dipendenti.
2. I canali voltaggio-dipendenti per il potassio non presentano inattivazione, al contrario di quelli del
sodio che invece si inattivano spontaneamente.
Quindi è chiaro che durante il potenziale d’azione non si verifica soltanto un aumento di permeabilità
per il sodio, che ha un’azione depolarizzante, ma anche un aumento di permeabilità per il potassio
che ha un’azione iperpolarizzante o ripolarizzante, con proprietà molto diverse.

Domanda: Questa tossina dove deve essere? È sufficiente fuori, all’esterno si lega ai canali inattivandoli.

La corrente di membrana è data dal prodotto della conduttanza per quel dato ione per la forza elettromotrice
netta, che è data dalla differenza fra potenziale di membrana e potenziale di equilibrio dello ione.

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Questo grafico rappresenta le correnti per il potassio e per il sodio, ottenute utilizzando tetradotoxina o
tetraetilammonio, e come queste correnti cambino in funzione del voltaggio di membrana.
Supponendo di partire da -60 mV (valore di riposo) si depolarizza la membrana con blocco del voltaggio.

Per il potassio man mano che ci si sposta verso valori più positivi la forza elettromotrice, che tende a spostare
il gradiente elettrico e lo ione attraverso la membrana, prima si riduce, arrivati a 0 mV è uguale a 0, e poi si
inverte.
La forza chimica invece è sempre diretta verso l’esterno, perché dentro il potassio è più concentrato che
fuori. Man mano che si sposta verso valori di potenziale di membrana più positivi la corrente al potassio
tende sempre ad aumentare: aumenta notevolmente perché si sta allontanando sempre di più dal potenziale
di equilibrio del potassio.

Per il sodio inizialmente non si aprono i canali di voltaggio-dipendenti, o se ne aprono pochissimi, quindi in
realtà inizialmente è presente una corrente molto piccola poi però aumenta in entrata (depolarizzante) man
mano che la membrana viene depolarizzata perché vengono aperti un numero sempre maggiore di canali
voltaggio-dipendenti per il sodio.
Quindi man mano che si depolarizza si aprono sempre di più i canali del sodio, gNa aumenta e quindi anche
la corrente aumenta.
Tuttavia oltre un certo livello questo valore diminuisce perché si sta avvicinando al potenziale di Nerst del
sodio. Man mano che depolarizzo posso anche aprire tutti i canali voltaggio-dipendenti al sodio che voglio
ma la forza elettromotrice netta diminuisce.
Diminuisce perché Vm si avvicina sempre di più al potenziale di equilibrio del sodio, che supponiamo in
questo preparato sia +55 mV, quindi a +55 mV anche se ho depolarizzato molto la membrana e anche se la
conduttanza al sodio inizialmente diventa molto grande la corrente è uguale a zero perché il potenziale di
membrana è esattamente uguale al potenziale d’equilibrio del sodio.

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Se supero questo valore, da +55 vado a +75 grazie al sistema di
voltage clamp, ho un’inversione della corrente al sodio, perché
prevale il gradiente elettrico a quello delle concentrazioni.

Naturalmente mentre per il potassio le variazioni di corrente


vengono mantenute nel tempo e i canali non si inattivano, per il
sodio avremo dei transienti di corrente perché i canali si inattivano
spontaneamente con un certo ritardo.

Sulla base di queste curve si può calcolare gNa, soprattutto come


varia nel tempo la conduttanza per il sodio o per il potassio. Gli altri
valori di quest’equazione o sono noti o sono misurabili attraverso
delle tecniche apposite.

Per evitare confusione tra corrente e conduttanza ricordiamo che le


variazioni di conduttanza possono produrre una variazione di
corrente se c’è una forza elettromotrice netta che spinge lo ione attraverso la conduttanza.
Con il blocco di voltaggio si vede quindi la cinetica dei canali voltaggio-dipendenti, non del singolo canale, ma
di tutte le conduttanze determinate dall’apertura probabilistica di tutti i canali voltaggio-dipendenti al sodio
e al potassio presenti.

PERIODO REFRATTARIO

Applicando il blocco del voltaggio si osservano due stimoli identici in voltaggio: il primo dove non c’è
variazione di conduttanza, e il secondo che è molto ravvicinato rispetto al primo, ma vediamo che le variazioni
di conduttanza dovuti ai canali voltaggio-dipendenti per il sodio sono molto inferiori, o addirittura assenti.
Se allontano il secondo stimolo dal primo le variazioni di conduttanza aumentano sempre di più fino a
raggiungere un valore uguale a quello del controllo quando la distanza temporale tra i due stimoli è
sufficientemente grande. Questa è una spiegazione del periodo di refrattarietà della membrana, perché una
volta che i canali voltaggio-dipendenti del sodio si sono aperti questi si inattivano spontaneamente e quindi
durante la fase iniziale non
sono più disponibili per
produrre un secondo
potenziale d’azione. Sono
infatti inattivati fino a che
non ripolarizzo la membrana
e occorre un minimo di
tempo perché l’inattivazione
venga rimossa e i canali
tornino ad essere disponibili
(periodo di refrattarietà
assoluta).

Gradualmente questa
inattivazione si riduce, quindi
un numero sempre maggiore
di canali voltaggio-
dipendenti per il sodio
diventa disponibile.
La permeabilità al potassio è
comunque aumentata

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rispetto al normale, perché questi canali voltaggio-dipendenti al potassio hanno una cinetica di apertura più
lenta, non si inattivano, ma quando poi si ripolarizza la membrana ritornano lentamente alla conduttanza
iniziale.
Siccome hanno un’inerzia maggiore ci vuole più tempo affinché i canali voltaggio-dipendenti al potassio
ridiventino normali, non per inattivazione, ma perché la membrana viene ripolarizzata in modo particolare.
Quindi per un certo periodo di tempo ci sarà un periodo di refrattarietà relativa in cui per far si che i canali
voltaggio-dipendenti per il sodio si aprano in misura sufficiente a superare la soglia e quindi superare la
permeabilità elevata del potassio, servono degli stimoli d’intensità maggiore.

Questo meccanismo spiega anche la proprietà dell’accomodazione. Se depolarizzo la cellula in mondo


sufficientemente rapido, apro un numero sufficiente di canali voltaggio-dipendenti al sodio tale da far si che
la corrente netta sia depolarizzante e quindi innesco il processo autorigenerativo.
Tuttavia se depolarizzo la cellula lentamente a un certo punto sempre su base probabilistica si aprono dei
canali voltaggio-dipendenti al sodio, ma la corrente del sodio non è sufficiente per far scattare il potenziale
d’azione e per raggiungere la soglia. Questi canali una volta aperti con un certo ritardo si inattivano
spontaneamente e fino a quando non si ripolarizza la cellula rimangono inattivati.
Quindi se si depolarizza piano piano la cellula si continuano ad aprire e inattivare un numero piccolo di canali
al sodio, mai sufficiente per innescare una corrente netta depolarizzante verso l’interno. In questo modo si
può arrivare a una depolarizzazione tale per cui tutti i canali voltaggio-dipendenti al sodio sono stati portati
in condizioni di inattivazione senza però che il potenziale d’azione sia mai stato generato
A questo punto la cellula è completamente ineccitabile. Posso depolarizzare ulteriormente e anche
rapidamente la cellula, ma questo non determinerà un potenziale d’azione.
Per poter innescare un potenziale d’azione devo ripolarizzare la cellula, rimuovere l’inattivazione da tutti i
canali voltaggio-dipendenti per il sodio e a quel punto quindi la cellula ritornerà alla sua eccitabilità normale
in condizioni di controllo.

Per potere generare un potenziale d’azione è necessario che la cellula abbia dei canali voltaggio dipendenti
con inattivazione. Una cellula che non ha questi canali non è in grado di produrre potenziale d’azione.
Nelle fibre periferiche questi canali voltaggio-dipendenti sono al sodio, nei neuroni centrali si possono avere
potenziali d’azione al sodio o al calcio o un misto delle due.
Il sodio è quasi sempre interessato, soprattutto per la propagazione dei potenziali d’azioni per distanze
sufficientemente lunghe. A dimostrazione di questo per le fibre periferiche si vede effettivamente che se
blocchiamo i canali voltaggio-dipendenti al sodio perdiamo la sensibilità per esempio dei nostri nervi
periferici.

Per esempio la lidocaina, che è un anestetico locale, agisce impedendo alle fibre nervose di generare il
potenziale d’azione bloccando i canali voltaggio-dipendenti al sodio. Queste fibre periferiche continuano a
generare potenziali di recettori, la stimolazione determina una depolarizzazione di membrana (dipende dal
tipo di stimolo chimico o meccanico), ma questi potenziali di recettore non possono innescare potenziali
d’azione perché i canali voltaggio-dipendenti a livello del nodo di Ranvier non sono attivabili. Infatti la
lidocaina trova e si lega a due siti di legame sul dominio S6 (ultimo dominio transmembranario).
Quando la lidocaina si lega a questa alfa elica S6 la depolarizzazione della membrana non è in grado di indurre
un cambiamento di conformazione del canale stesso per portarlo dalla condizione di chiusura a quella di
apertura. La variazione della chiusura e dell’apertura è dovuta al dominio S4, che è nascosto all’interno del
canale che attraversa la membrana perché è dotato di molte cariche positive e di residui amminoacidici di
istidina, che è proprio il vero sensore di voltaggio. La depolarizzazione di membrana a livello probabilistico fa
si che questo sensore di voltaggio si sposti verso l’alto e l’esterno e cambi la conformazione trasformandola
da chiusa in aperta.

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Il dominio P viene ripiegato all’interno del poro stesso ed è fondamentale per determinare la selettività di
permeabilità del canale, per cui questi canali sono permeabili soltanto al sodio.

La parte del canale che determina l’apertura o la chiusura del canale stesso attraverso sensori del voltaggio
è messa in posizione diversa rispetto a quella che determina l’inattivazione: abbiamo due porte. Si parla
quindi di meccanismi distinti poiché troviamo un porta di attivazione e una porta di inattivazione.
La porta d’inattivazione è determinata dalla catena polipeptidica di una subunità del canale stesso che
protrude all’interno della cellula a livello citoplasmatico.
Il sensore di voltaggio che si sposta verso l’esterno quando la membrana si depolarizza fa si che il canale si
apra rendendo possibile l’introduzione nel canale della componente citoplasmatica cha va a bloccare e
chiudere il canale interno della cellula. In questa condizione posso depolarizzare quanto voglia la cellula senza
che gli ioni passino.
Per poter riaprire la porta d’inattivazione si deve ripolarizzare la cellula e solo allora la porta d’inattivazione
verrà rimossa.

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Tutto questo è stato dimostrato da vari esperimenti che hanno sfruttato una tecnica di registrazione di blocco
del voltaggio molto più sofisticata di quella vista prima. Questa tecnica misura variazioni molto piccole della
corrente e riesce a distinguere tra la corrente capacitativa iniziale e una corrente diversa, chiamata corrente
di attivazione o corrente d’accesso quando depolarizzo la membrana.

Se l’apertura dei canali è dovuta al


movimento di una catena polipeptidica
nel canale stesso, che dall’interno va
verso l’esterno, questo stesso
spostamento risulta essere una corrente
transmembranaria, cioè cariche
elettriche che si spostano da una
posizione più interna della membrana a
una posizione più esterna.
Con queste tecniche molto sofisticate di
registrazione è stato possibile registrare
quindi la corrente d’accesso.
Infatti all’inizio è possibile registrare una piccola corrente diretta verso l’esterno dovuta al fatto che una
componente del canale stesso (dominio S4) viene dislocata spostandosi dall’interno verso l’esterno, quando
invece poi si riporta il potenziale di membrana al valore iniziale avremo una corrente questa volta opposta,
dovuta al fatto che queste cariche si spostano all’interno della membrana. Mentre per la depolarizzazione ho
una corrente d’accesso immediatamente in quanto la prima cosa che succede è che la parte polipeptidica si
sposta all’interno della membrana, quando chiudo invece riportando il potenziale di membrana al valore di
riposo questa corrente opposta di accesso è ritardata, perché bisogna attendere sino a quando la porta
d’inattivazione non viene rimossa.
È interessante notare come si può dimostrare che la porta d’inattivazione sta dalla parte citoplasmatica
trattando la membrana con ad esempio patch clamp con una pronasi (enzima proteolitico), che altera la
catena polipeptidica di questi canali dal lato del citoplasma. Dopo aver utilizzato la pronasi infatti si nota che
l’inattivazione scompare. I canali non mostrano più
l’inattivazione, diventano come dei canali del potassio:
rimangono aperti per tutto il tempo per cui mantengo la
depolarizzazione.
In questo caso la corrente d’accesso opposta la si misura
immediatamente nel momento in cui la membrana viene
ripolarizzata perché non c’è più l’inattivazione che
impedisce al sensore di voltaggio di tornare al valore inziale.

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Tutto questo influisce molto sul periodo di refrattarietà assoluta e relativa: ci vuole un po’ di tempo dopo la
ripolarizzazione affinché i canali ritornino alla normale chiusura dal momento che è necessario un po’ di
tempo affinché l’inattivazione venga rimossa, dopo di che si entra nel periodo di refrattarietà relativa. Ma sin
quando i canali non tornano in condizione di chiusura normale non sono disponibili per produrre un ulteriore
potenziale d’azione.

I singoli canali ionici si aprono attraverso un meccanismo “tutto o nulla”. Si può descrivere una variazione
continua e graduata della corrente di membrana e quindi della conduttanza di membrana perché stiamo
aprendo un numero più o meno elevato di canali ionici, in quanto il singolo canale ionico si apre o si chiude
in modo “tutto o nulla”.
Se faccio una tecnica del patch clump, che altro non è che un blocco del voltaggio ma applicato su un singolo
canale ionico, con la micropipetta posso andare in condizione di suzione a fare una depressione per cui si
chiude dal punto di vista elettrico il contatto tra esterno e interno. Sempre con la tecnica del patch clump
posso anche staccare il pezzettino di membrana e posso quindi misurare le correnti ioniche di un singolo
canale. Se depolarizzo la membrana si può notare come anche lo stesso canale si apra a volte rapidamente,
a volte più lentamente, a volte stia aperto un po’ più a lungo a volte un po’ di meno. Quindi l’attivazione e
anche l’inattivazione si verificano in modo probabilistico.
Naturalmente più depolarizzo la membrana maggiore è la probabilità che questi canali si aprano, però poi si
inattivano spontaneamente, in un tempo un po’ più breve, in un tempo un po’ più lungo, ma spontaneamente
con un certo ritardo e una volta inattivati non si riaprono più. Da quel momento in poi il canale è inattivato
non è più disponibile.

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La somma di tanti canali, che vengono attivati
in questo modo (aperture unitarie,) determina
un profilo di variazione di conduttanza o di
corrente che è quella che si osserva nel voltage
clamp, dovuta al fatto che vengono aperti in
modo probabilistico un numero elevato di
canali.

Una volta che vengono aperti questi canali poi


si richiudono spontaneamente in un tempo più
o meno breve e poi rimangono chiusi, o meglio
inattivati.

La stessa tecnica di patch clump può essere


fatta andando a studiare i canali per il potassio.
L’apertura anche qua è di tipo probabilistico, si
depolarizza sempre allo stesso modo la
membrana, e vedo che l’apertura del canale
può essere molto veloce o ritardata, non
mostra comunque l’inattivazione. Lo stato di
apertura o chiusura è su base probabilistica, più depolarizzo la membrana maggiore è la probabilità che questi
canali si aprano. Se si sommano tutte queste correnti unitarie si ottiene un profilo di variazione di corrente
al quale corrisponde una variazione di conduttanza complessiva che rispecchia quello osservato nel voltage
clamp. Già con 10 canali si ottiene un comportamento adeguato.

Sulla base di quello che abbiamo descritto cerchiamo di vedere come il comportamento dei canali studiati
nel voltage clamp determini un potenziale d’azione vero e proprio in condizioni fisiologiche.
Quando depolarizziamo la membrana a livello di soglia apriamo un numero sufficiente di canali voltaggio-
dipendenti al sodio che determina una corrente entrante che deve superare le correnti uscenti del potassio
in questo caso, ma anche del cloro e di altri ioni, e questo determina quindi una corrente netta entrante, che
è dovuta principalmente al sodio.
Parte quindi il potenziale d’azione con il processo autorigenerativo. La corrente al sodio si autolimita da sola,
si inattiva, mentre continua ad aumentare con una cinetica di apertura molto più lenta la corrente al potassio,
che poi però è importante perché produce una corrente in uscita ripolarizzante sulla cellula.
La cellula si ripolizzerebbe comunque con l’inattivazione del sodio, ma impiegherebbe molto più tempo. Il
fatto che vengano aperti dei canali voltaggio-dipendenti anche al potassio con una cinetica ritardata rispetto
a quella del sodio fa si che queste correnti uscenti di potassio abbiano un’azione ripolarizzante molto più
veloce, e questo permette una durata estremamente breve dei potenziali d’azione (1 millisecondo).
Questi canali voltaggio-dipendenti per il potassio hanno una cinetica di apertura più lenta e quindi anche una
cinetica di chiusura più lenta. Si richiudono non per inattivazione ma perché la cellula viene ripolarizzata: loro
stessi ripolarizzano la cellula e ripolarizzando la cellula tenderanno a chiudersi.
I canali al potassio determinano l’ iperpolimerizzazione postuma.

La curva del sodio (blu) aumenta molto velocemente, raggiunge un picco e poi si inattiva spontaneamente,
da sola si chiude. Mentre quella del potassio sale più lentamente.

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