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Secondo Tema: Documenti a carattere Liturgico-canonico.
SECONDO TEMA
1. La Didaché
Bibliografia: W. RORDORF- A., TUILLIER, La doctrine des douzes apôtres, S.C. 248,
Paris 1978.
Nel 1883 Filoteo Bryennios pubblicò la Didaché, da lui scoperta un decennio prima
in un codice greco di Costantinopoli. Per la sua antichità la Didaché fu posta a capo della
raccolta dei Padri Apostolici.
1
Gli scritti, che vanno sotto il nome di Padri Apostolici, sono, dunque, il riflesso della predicazione degli
Apostoli, prezioso completamento del kérygma fissato negli scritti canonici. Sono, inoltre, la più antica
testimonianza dell’attuazione del messaggio di Gesù nella vita cristiana, nella formazione del dogma, nella
dottrina e nella prassi morale, nella liturgia, nell’organizzazione e nella disciplina ecclesiastica.
2
Questo importante scritto godette di grande notorietà (è presente nella Lettera di Barnaba nel Pastore
d’Erma, ne fa uso Clemente Alessandrino, ecc.), tanto che verso la fine del III secolo i suoi primi quattro
capitoli vengono introdotti nei Canoni ecclesiastici dei santi Apostoli (vedi la Costituzione Apostolica
Egiziana). Nella seconda metà del IV secolo o al principio del V sec., fu incorporata nelle Costituzioni
Apostoliche. Fusa, poi, in vaste compilazioni, la Didaché perdette la sua notorietà. Dopo il XII si perderanno le
sue tracce.
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“Dopo aver premesso tutte queste cose” (altra traduzione: “dopo aver insegnato
tutto ciò che precede” - traduzione di Benoit e Rordorf). Si intendono tutte le
cose dette prima sulle due vie, il che costituisce un tipo di catechesi remota per il
battesimo. Troviamo qui una chiara allusione ad un periodo detto del
catecumenato, anche se questo termine non appare ancora chiaramente, durante il
quale avveniva l’ammaestramento o la catechesi delle persone desiderose di
diventare membri della Chiesa. Questa prescrizione insinua la fase preparatoria
per il conferimento del sacramento cristiano, mostrando che il battesimo può
essere amministrato solo dopo un’accurata catechesi.
La formula trinitaria e la formula cristologica che si trova nello stesso autore
(
) sono la formula trinitaria di Mt 28,19. A tale riguardo si deve ricordare che nel
capitolo 9,5 c’è anche la formula nel nome di Gesù (coloro che sono stati
battezzati nel nome del Signore) ispirandosi alla dottrina di At 8,16; 10, 48; 19,5.
Dunque, troviamo già le due formule che nella prima tradizione non si
oppongono, ma hanno un unico riferimento alla formula matteana, che via via
sarà la formula sacramentale. Secondo Audet (pp. 361-365), con queste due
formule possiamo fare un’analogia con altre due: il Vangelo di Dio o il Vangelo
di Gesù Cristo. Fanno parte dello stessa kerygma. Le due formule non si oppongono.
2. L’Epistola di Barnaba
Bibliografia: Bosio et alii, I volume; Panimole S., Il battesimo nei Padri Apostolici,
DDEBP, VI, 171-173; P. Prigent, Epitre de Barnabé, S.C. 172, Paris, 1971.
L’Epistola che prende il nome di Barnaba e che le più antiche testimonianze della
tradizione attribuiscono concordemente al compagno di San Paolo, si presenta in realtà
come un breve trattato apologetico-catechetico sotto forma di epistola (v. Schr 172).
Nel capitolo 6 si parla anche della rigenerazione spirituale che avviene mediante il
battesimo cristiano; il battesimo è presentato come una nuova creazione e riconduce l’uomo
ad uno stato primitivo e gli fa rivivere la vicenda di Israele: la promessa della terra si
compie nell’Eucaristia del giorno del battesimo, quando al fedele si offrono latte e miele,
simbolo di quel Gesù raffigurato nella terra promessa.
3. IL PASTORE D’ERMA
Un altro testo molto significativo che arricchisce la stessa Tradizione della Chiesa è il
Pastore di Erma, annoverato tra i Padri Apostolici: è, in realtà, un’apocalisse apocrifa - c’è
chi parla anche di “romanzo” edificante - che godette nell’antichità di una stima grandissima
e di una notorietà che si potrebbe paragonare a quella dell’Imitazione di Cristo nei tempi
moderni. Sant’Ireneo lo ritiene scrittura sacra. Clemente Alessandrino e Origene lo
considerano anch’essi libro ispirato, quantunque non alla pari dei Vangeli o delle Lettere di
S. Paolo. Anche Tertulliano lo ritenne scrittura sacra. L’Occidente prima del 200 era
favorevole a un’eventuale introduzione di questo scritto nel canone, ma con il Frammento
Muratoriano fu proibito di farne lettura pubblica in Chiesa, perché Erma non era un profeta
né un apostolo. Alla fine del IV secolo S. Girolamo attesta che il Pastore di Erma è letto
pubblicamente in alcune chiese greche, ma presso i Latini è quasi totalmente sconosciuto.
In questo scritto il suo autore ci fornisce delle notizie “autobiografiche”, la cui storicità è
molto dubbia. Il modo in cui parla dell’Arcadia induce a credere che quello sia il suo paese
natale. Allevato nel cristianesimo, fu venduto come schiavo ad una matrona cristiana di
Roma, di nome Rode, la quale gli diede la libertà.
Erma giunse presto alla ricchezza, tanto che occupato negli affari trascurò i suoi figli i
quali si abbandonarono ad ogni sorta di vizio e quando scoppiò la persecuzione, non solo
apostatarono, ma denunciarono alle autorità pagane i genitori. Così tutti i suoi beni furono
confiscati ed Erma si ritrovò ad essere povero, pur avendo ancora qualche podere e dei
servi. Questa disgrazia della vita lo fece diventare un cristiano fervente e il Signore lo
avrebbe incaricato di predicare la penitenza. Da questo contesto scrisse il Pastore di Erma
che presenta uno stile singolare, dovuto al genere apocalittico, e che rivela una cultura
giudaico-cristiana, con elementi ellenistici. Il linguaggio è quello del popolo. Più che un
letterato, Erma è un uomo pratico buon conoscitore degli uomini e ottimo moralista, pieno
di comprensione per l’umana debolezza, e perciò autore di un cristianesimo equilibrato,
lontano da esagerazioni rigoristiche.
Il Pastore di Erma comprende 5 visioni, 12 precetti e 10 similitudini, ma per quanto
riguarda l’Iniziazione Cristiana, appaiono interessanti la Visione 3,3, dove l’autore parla
della salvezza della nostra vita mediante l’acqua, e la Similitudine 9,16, dove parla
espressamente del Battesimo. Eccone i rispettivi testi:
3
Per la vita e le opere di Giustino abbiamo tre studi generali:
1) L. W.BARNARD, Justin Martyr. History life and though, Cambridge 1967.
2) E. F.OSBORN, Justin Martyr. Beiträgen zur historischen. Theologie 47, Tubinga 1973.
3) CH. KAMMENGIESSER, - SOLIGNAC O., ART. dal Diz. di Spiritualità (in francese) col. 1640-1647 (1974).
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nelle Sacre Scritture. Il vegliardo lo esorta alla preghiera, perché a lui si aprano le porte
della luce: infatti la comprensione dei libri sacri è dono concesso da Dio.
Così egli si convertirà al cristianesimo intorno al 130, forse ad Efeso, luogo in cui,
secondo S. Eusebio, si sarebbe svolto il dialogo con Trifone. Divenuto cristiano si impegnò
con ardore a difendere la fede cristiana e divulgarla come la vera ed unica filosofia. Nel 140,
giunto a Roma, fondò una scuola, durante il regno di Antonino Pio (138-161) per coloro che
si volevano iniziare al cristianesimo. Fu, per la sua opera indefessa di diffusione della fede
cristiana, arrestato, condannato dal prefetto Giunio Rustico e decapitato intorno al 165 d.C.
Uno dei discepoli fu proprio Taziano, futuro apologista, mentre uno degli avversari fu
proprio il filosofo cinico Crescente.
Circa le opere, secondo anche S. Eusebio, lasciò un grandissimo numero di scritti
che rivelano la sua cultura ed il suo zelo per le cose divine e che sono di grande utilità in
ogni campo. Purtroppo a noi ci sono soltanto pervenute la Prima Apologia (intorno al 150-
155), la Seconda Apologia (intorno al 160) e il Dialogo con Trifone [vedi il Bosio pp. 163-
166].
La Prima Apologia4 fu composta verso il 153 e indirizzata all’imperatore Antonino
Pio e ai suoi due figli adottivi, Marco Aurelio e Lucio Commodo. Essa consta di 68 capitoli.
La datazione dell’opera è posta dagli studiosi tra il 148 ed il 161.
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I testi liturgici di Giustino si trovano nell’apologia di questo maestro (didascalos), vescovo e martire.
Quest’opera è sottoposta alla questione se la seconda Apologia sia un’opera vera e propria oppure se si tratta di
un’Appendice della Prima Apologia di Giustino. L’Apologia, insieme al dialogo con Trifone, sono tra i pochi
scritti che ci sono rimasti e che dalla Tradizione sono attribuiti a Giustino. L’Apologia è stata composta verso
l'anno 150 a Roma e rappresenta un documento di importanza particolare perché offre elementi preziosi sulla
liturgia del tempo (v. l’Historia Ecclesiastica di Eusebio).
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Dall’analisi del contenuto si può dire che Giustino sottolinea una preparazione morale
che manifesta lo sforzo di tutta la Chiesa che accompagna il candidato nel proprio cammino
personale. Accanto a questa preparazione morale, segue una preparazione dottrinale,
accompagnata dalla preghiera e dal digiuno, assieme alla Comunità in vista della remissione
dei peccati e della rigenerazione. Qui troviamo già in modo più sviluppato i due effetti del
Battesimo: la rigenerazione e la remissione dei peccati. Inoltre si può notare una:
Preparazione dottrinale e morale dei catecumeni:
a) Dottrinale: “quanti sono persuasi ed hanno fede che sono vere queste
cose...insegnate” (61).
b) Morale: “e promettono di potere vivere così”.
Rito battesimale:
a) lavacro in un luogo particolare, dove c’è l’acqua;
b) nel nome della Trinità: “Nel nome di Dio Padre e Signore dell’universo e del
salvatore nostro Gesù Cristo e dello Spirito Santo”. Si tratta della formula
sacramentale vera e propria.
lavato nel nome di Gesù Cristo crocifisso sotto Ponzio Pilato e nel nome dello
Spirito che annuncia per mezzo dei profeti la storia di Gesù.
Capitoli 65-66:
Nel cap. 65 Giustino prosegue nel discorso sul battesimo e nella descrizione del rito:
ritorna all’introduzione del cap. 61 e richiama nuovamente al concetto di adesione, di
convincimento del neo battezzato che ha acconsentito al suo battesimo, per ribadire l'idea di
promessa. Quelli che si chiamano fratelli indicano un modo di essere e di parlare. Nel
difendere i cristiani dall’accusa di orge sessuali, Giustino ci fa notare come nel mondo
greco-romano i vocaboli “fratello” e “sorella” avessero un significato molto diverso:
secondo la mentalità pagana, dire “fratello” o “sorella” vuol dire indirizzare il proprio amore
fisico verso il marito o verso la moglie, mentre nel mondo cristiano richiama al concetto di
agape fraterna. Si tratta di coloro che sono uniti da un’unica Fede e, Figli di un unico Padre,
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sono fratelli e sorelle. In questo senso, Giustino rileva, dunque, la falsità delle accuse fatte ai
cristiani.
Si verifica, così, il passaggio dal luogo del battesimo a quello dove i fratelli sono riuniti.
E' un fatto importante seguito dall'offerta delle preghiere comuni, cioè le preghiere dei
fedeli, fatte con gioia e con fervore. Giustino raccomanda anche la preghiera per colui che è
stato battezzato, ma anche per le proprie necessità personali e degli altri. Si tratta della
preghiera universale. Tutto questo deve avvenire affinché si divenga degni di Cristo nella
Verità accolta e vissuta. C'è un invito a diventare buoni cittadini tramite le buone opere.
Questa idea di essere cristiani come “cittadini” () è un concetto molto importante
per l'Impero Romano, giacché la polis è il cuore della vita civile di tutti i giorni. I buoni
cittadini sono quelli che osservano i comandamenti che portano alla salvezza come realtà
eterna.
Giustino descrive, poi, la pausa delle preghiere contraddistinta dal saluto del bacio: si
tratta di un bacio di fraternità (v. il t. filos). Questa usanza è tipica delle liturgie Orientali ed
indica l'essere veramente in pace con gli altri. Ciò avviene dopo la preghiera dei fedeli, ma
si differenzia dalla liturgia romana che con Papa Gregorio I, ha abbandonato questa
tradizione ed ha posto il saluto fraterno prima della comunione: è il saluto della pace.
Liturgicamente parlando, questa variazione non è molto appropriata perché tale saluto
andrebbe posto – come all’origine avveniva – prima delle offerte all’altare (dopo la
preghiera dei fedeli): il suo significato sta nel fatto che non si può celebrare l’Eucaristia se i
fratelli vivono in discordia.
Successivamente Giustino descrive i preparativi per la celebrazione eucaristica. Egli
parla del vino e dell'acqua, perché? Nell'antichità greco-romana chi beveva solo il vino,
veniva considerato un uomo ubriaco. Ciò si discosta molto dall’ambiente giudaico, dove
l’Eucaristia ha visto la sua nascita. Così la Chiesa, per un motivo culturale, ha iniziato a
mescolare il vino con l'acqua. Solo la Chiesa armena ha conservato la tradizione del solo
vino.
Il presidente nella preghiera eucaristica inizia con la lode e la glorificazione innalzando
la coppa del vino ed il pane, ponendoli in alto, in segno di offerta. Il primo elemento di
questa preghiera è proprio la lode e la glorificazione tramite il Figlio e lo Spirito Santo. Si
tratta di un’enfasi della lode trinitaria. Un altro elemento della prece eucaristica è proprio il
ringraziamento per essere resi degni delle cose di Dio. E' una preghiera non breve, che – nel
corso del tempo – è stata semplificata e modificata, a partire già da Papa Gelasio.
Continuando a leggere il testo, però, non sembra una sola preghiera, ma diverse
preghiere per le quali tutto il popolo è reso partecipe della celebrazione eucaristica,
caratterizzata dall'acclamazione che era già presente nel mondo greco-romano. E’
interessante notare come Giustino rilevi l’espressione “Amen” come un’acclamazione,
giacché fa rilevare la sua origine ebraica, il cui significato è “così sia”. Al termine della
celebrazione eucaristica, coloro che sono chiamati, i diaconi, distribuiscono ai presenti
l'eucaristia (pane, vino e acqua), ma anche a coloro che non sono presenti.
Cap. 665.
66.1 66.1 E questo alimento noi lo chiamiamo
5
Nel cap. 66 Giustino continua a spiegare l'Eucaristia nell'orizzonte del mistero dell'Incarnazione. Giustino
porta il paragone tra il pane e il vino che diventano carne e sangue di Cristo e l’incarnazione medesima: il pane
ed il vino, in un certo senso, diventano la garanzia vera e propria dell’Incarnazione. Parla anche delle
imitazioni da parte della religione pagana dei riti cristiani (v. ad es., il culto di Mitra). Giustino parla anche
della religione cristiana, come la vera via alla Verità, come oggetto autentico della filosofia. Riprende, tra
l’altro, il discorso della remissione dei peccati. Troviamo in questo capitolo un concetto molto importante: si
tratta della “memoria degli Apostoli” che suggella la tradizione della Chiesa sulla celebrazione eucaristica e
garantisce la successione apostolica, insieme all’autenticità delle parole e dei gesti consacratori del pane e del
vino, mediante la paradosi.
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Dall’analisi contenutistica dei due capitoli, sopra riportati si possono cogliere diversi
punti:
a) Ingresso nella fraternità;
b) Preghiera universale;
c) Bacio della pace;
d) Preparazione del pane e del vino;
e) Anafora eucaristica con l’Amen;
f) Comunione distribuita dai diaconi e portata agli assenti;
g) E lo stesso cibo è da noi chiamato Eucaristia (66,1).
Conclusione.
In Giustino troviamo le prime descrizioni di una organizzazione catecumenale e
dell’iniziazione cristiana (metà II secolo).
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La stessa struttura descritta da San Giustino rimane costante in tutti i riti, con una
continuità straordinaria.
Troviamo una vera teologia liturgica del battesimo con i riti particolari che possiamo
sintetizzare in cinque punti:
5. La Tradizione Apostolica6
La Tradizione apostolica7 è un documento di valore inestimabile per la conoscenza delle
istituzioni ecclesiastiche e della vita cristiana dei primi secoli; riporta un rituale rudimentale
che fissa determinate regole e forme per l’ordinazione, le funzioni delle diverse classi della
gerarchia, la celebrazione dell’Eucaristia e l’amministrazione del battesimo. Fornisce anche
l’eucologia.
36. Questo autore contesta l’attribuzione tradizionale dicendo che il genere letterario è una
collezione anonima di canoni provenienti da periodi diversi, dunque non è un trattato
omogeneo e non sarebbe di Ippolito. Inoltre, sostiene che la ricostruzione di Bernard Botte
sia da ritenersi assolutamente fantastica.
Argomento e la struttura: la Tradizione Apostolica è composta da 43 capitoli o
paragrafi e comprende un prologo, tre parti ed una conclusione. L’autore dice di riferire la
tradizione conservata finora, e di scrivere per correggere quanti hanno corrotto
l’insegnamento degli apostoli. Oggi, Metzger afferma che ci troviamo dinanzi ad una
collezione di canoni, provenienti da periodi diversi, per cui non si può arrivare ad un trattato
omogeneo. Si trova, tuttavia, un corpus ricco di dottrina e di riti.
L’influsso della Tradizione Apostolica è fondamentale in tutte le liturgie, comprese le
orientali, ma innanzitutto la liturgia latina. Ciò prende forza dalla sua preghiera eucaristica
che è stata adottata dalla liturgia etiopica, sotto il nome di Anafora del Nostro Signore Gesù
Cristo e sotto il nome di Anafora di Nostra Signora Maria, Madre di Dio, che compose Abba
Giorgio e dalla Liturgia siriaca col nome di Testamento del Signore nostro Gesù Cristo.
Ci interessano i capitoli 15-22. Con questi sette capitoli possiamo dividere il testo in
cinque tappe per parlare dell’Iniziazione Cristiana, come indica Padre Nocent:
a) La presentazione dei candidati;
b) Il periodo del catecumenato;
e) La preparazione prossima al battesimo;
d) L’iniziazione;
e) La mistagogia.
Con il Cap. 19 si può notare l’imposizione delle mani, come prova di un rito già ben
sviluppato. Il dottore (didascalos) impone la mano, prega e congeda. Questo dottore
può essere un ecclesiastico o un laico. Poi si sottolinea la possibilità del martirio ed il
battesimo di sangue: si apprehenditur cathecumenus propter nomen Domini…
Accepit baptismus in sanguine suo (Se un catecumeno viene preso per il nome del
Signore… Ha ricevuto il battesimo nel suo sangue). In questo modo il martirio viene
equiparato al battesimo, tanto che chi non ha ancora ricevuto il perdono dei peccati,
sarà giustificato.
8
Questa parte del testo è molto importante perché si parla della V a Ebdomada, della Parasceve e del Sabato
mattina, come indicazione per il triduo pasquale. Tuttavia si può notare che il ciclo liturgico non è completo
almeno fino al IV secolo, giacché non si trova ancora un riferimento ad un’istruzione del Giovedì Santo, anche
se appare il nucleo principale di tutto il triduo pasquale.
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Nel c. 20 si trova un’indicazione molto bella alla fine, che indica l’inizio della veglia
battesimale: «Et agent totam noctem vigilantes, et legentur eis et instruentur»
(Durante la notte di sabato si veglia ascoltando le letture e le istruzioni).
La benedizione dell’acqua si fa al momento del canto del gallo, come segno che indica
la seconda parte della notte. Si battezza nell’acqua di una fontana o con dell’acqua
piovana, o anche con una qualsiasi acqua.
Dapprima si battezzano i bambini: coloro che sono in grado di farlo rispondono alle
domande sulla fede; se invece non sono capaci, lo fanno in loro luogo i genitori o i
parenti o qualcuno della famiglia. In seguito si battezzano gli uomini, poi le donne.
Si benedicono poi i sacri Oli. Al momento fissato per il battesimo il vescovo prega
sull’olio che mette in un’ampolla: è l’Olio d’azione di grazie. Poi esorcizza un altro olio,
cioè l’Olio d’esorcismo. In questo modo, per la prima volta si ha la distinzione tra l’olio
del rendimento di grazie e l’olio dell’esorcismo 9. Inoltre, di per sé il testo dice che il
Vescovo “esorcizza” l’olio dell’esorcismo, mentre prega su quello di rendimento di
grazie.
Un diacono porta l’Olio d’esorcismo e prende posto alla sinistra del sacerdote; un altro
diacono prende posto alla destra del sacerdote con l’olio d’azione di grazie.
Il sacerdote chiama ciascun candidato per nome, il quale deve pronunciare la rinuncia, la
cui forma è la seguente: Io rinuncio a te, Satana, alle tue pompe10 e a tutte le tue opere.
Dopo la rinuncia, il sacerdote unge il candidato con l’olio d’esorcismo dicendo: “Che
tutti gli spiriti maligni s’allontanino da te”. Poi affida il candidato nudo al vescovo e al
sacerdote che si trovano vicino all’acqua per battezzarlo. Qui si può notare l’importanza
della distinzione del ruolo del vescovo, del presbitero e del diacono.
interrogazioni (v. pp. 48-50 della Dispensa, sopra citata, dove sono riportate e disposte
in due versioni: una lunga ed una breve. Ambedue contengono la formula trinitaria).
Notiamo così il contenuto delle tre interrogazioni: si tratta della fede nel Signore
Onnipotente; della fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria,
crocifisso sotto Ponzio Pilato, morto e sepolto e il terzo giorno risuscitato vivo dai morti,
asceso al cielo e assiso alla destra di Dio Padre, e che verrà a giudicare i vivi e i morti;
della fede nello Spirito Santo e nella santa Chiesa.
Dopo il battesimo il neofita è unto dal sacerdote con l’Olio d’azione di grazie con queste
parole: “Io ti ungo con l’Olio santo nel nome di Gesù Cristo” (p. 52).
b) La confermazione.
Quando i neofiti si sono vestiti, entrano nella chiesa. Il vescovo impone loro la mano
dicendo:
«Domine Deus, qui dignos fecisti eos remissionem mereri peccatorum per
lavacrum regenerationis spiritus sancti, inmitte in eos tuam gratiam, ut tibi
serviant secundum voluntatem tuam: quoniam tibi est gloria, patri et filio
cum spiritu sancto, in sancta ecclesia, et nunc et in saecula saeculorum.
Amen». (pag. 52).
c) L’Eucaristia11.
I diaconi presentano l’oblazione al vescovo il quale rende grazie: sul pane affinché
sia il simbolo del corpo di Cristo; sul calice del vino, affinché sia l’immagine del sangue che
è stato versato per chiunque crede in lui; sul latte e sul miele per indicare il compimento
della promessa fatta ai nostri Padri, nella quale si parla della terra dove scorre latte e miele.
11
Per quanto riguarda l’ordinazione del vescovo, si tratta dell’anafora eucaristica che attualmente corrisponde
alla seconda.
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Conclusioni
Non si può negare in nessun modo l’importanza singolare della Tradizione
Apostolica per quanto riguarda la storia della Liturgia, benché l’edizione di Dom Botte è
una ricostruzione che si fonda sulla versione latina del IV secolo. Rimane aperto il problema
dell’attribuzione. Quali sono le questioni che manifestano la realtà della Chiesa di Roma, al
tempo della Traditio? Esse sono:
Il problema della doppia unzione. Nel rituale troviamo due unzioni fatte con lo stesso
Olio d’azione di grazie, prima da un sacerdote, non si sa dove, poi, una unzione sulla
testa e sulla fronte fatta dal vescovo. Solo la tradizione romana comporta queste due
unzioni. Botte, Martimot, Cabié, Bouhot, Nocent, hanno parlato spesso di questa
duplicità di unzioni (v. Anàmnesi, 3/1). L’uso di questa doppia unzione, quella del
sacerdote e quella del vescovo è rimasta solo nella tradizione romana, non si trova
altrove, basta vedere l’interpretazione di Nocent a pagina 39 di Anàmnesi 3/112.
L’Ordo attuale dell’iniziazione cristiana degli adulti (OICA) trova la sua struttura
essenziale nella Tradizione Apostolica.
Notiamo ormai l’affermazione della pratica corrente del battesimo dei bambini, ma si
trova anche la pratica del battesimo degli adulti.
Importanza, serietà e severità dell’esame dei candidati; si tratta di un documento
importante a livello storico-liturgico.
Notiamo l’imposizione delle mani fatta dal catechista, dal laico o dal sacerdote, non
soltanto da ministri ordinati.
Troviamo qui i riti, i simboli ed i segni importantissimi per tutta l’iniziazione cristiana:
l’insufflazione sul viso, la signatio, la rinuncia con una formule ben precisa13.
Si trovano preghiere di benedizione dell’acqua, dell’olio, le formule del Credo e delle
rinunzie.
La Confermazione è vista anche come deputazione per la preghiera: “In seguito essi
pregheranno insieme a tutto il popolo di Dio; di fatto, essi non pregano con tutti i fedeli
prima d’aver ricevuto tutto ciò”. Tutto questo richiama al battesimo e alla
confermazione.
L’Eucaristia è accompagnata da elementi veterotestamentari, cioè viene celebrata con
l’uso dell’acqua, del latte e del miele; tale uso è commentato da Ippolito ma si trova già
nella Prima Apologia di Giustino.
La Traditio è l’unico documento per due secoli prima dei Sacramentari e degli Ordines,
sia della tradizione orientale, sia di quella occidentale.
12
Padre Nocent esprime la seguente opinione: «Ci si potrebbe domandare se non vi sia qui un parallelo voluto
da uno stesso simbolismo: l’immersione è seguita da una unzione e questa sembra essere l’illustrazione
sensibile di quanto è stato appena fatto nell’acqua battesimale; per la confermazione, lo Spirito è donato per
mezzo dell’imposizione della mano del vescovo e questo dono è illustrato a Roma da una unzione?».
13
L’insufflazione sul viso è un uso popolare che richiama alle pratiche della magia ben note ai contemporanei.
Nella tradizione cristiana il soffio significava la forza dello Spirito di Dio (Gen 2,7; Sap 15,11; Ez 37,9; Gv
20,22; 2Ts 2,8). La «signatio» sembra essere molto in uso nei riti cristiani. Troveremo nell’opera ormai
vecchia, ma sempre interessante di F. J. Dölger numerose testimonianze sulla signatio. In un’altra opera lo
stesso autore ci fornisce delle testimonianze di questo segno per cacciare il demonio. Anche Tertulliano nel già
citato testo dice: «Caro signatur, ut anima muniatur» (De Resurrectione 83: CCL 2, 932). La rinuncia ha in
Ippolito una formula ben precisa che richiama al gesto tradizionale in Oriente della rinuncia verso l’Occidente
e l’adesione verso l’Oriente.
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La Didascalia dei Apostoli16 probabilmente risale alla prima metà del secolo III.
Nel libro III, nei capitoli 9 e 16, troviamo diversi riferimenti ad un’iniziazione
cristiana, che di per sé presuppone un documento anteriore alla data sopra indicata. Ci sono,
però, elementi nuovi, rispetto a quelli che abbiamo visto, come ad esempio, il servizio delle
diaconesse per l’aiuto delle donne e “per il bene della comunità”. Una sottolineatura più
evidente è riservata alla figura del vescovo, per quanto riguarda il servizio liturgico, il quale
deve scegliere bene i suoi collaboratori, cioè i diaconi, e le diaconesse. Inoltre, è presente
un’unzione pre-battesimale che ormai viene affidata a questi ministri differenti, in base alle
persone di sesso maschile e femminile, sopra enunciati.
Il vescovo impone la mano ai futuri battezzati e unge il capo mentre i diaconi e le
diaconesse ungono il resto del corpo.
Il battesimo lo fa il vescovo, ma lo può delegare anche ai diaconi. Ma in ogni caso
chi battezza fa anche l’epiclesi battesimale.
C’è anche un’unzione post battesimale: dopo il battesimo viene data l’unzione
crismale con il muron riservato al vescovo. Il neofita (v. Dispensa citata, pp. 208-210 ai
nn. 2-3 fino a riga 14) in questo modo riceve lo sfraghis, un marchio tale da rendere
inviolabile il cristiano. E’ il segno indelebile del Battesimo.
Sembra che l’autore voglia giustificare che le donne non possano battezzare ma
possano avere solo un ruolo nell’unzione pre battesimale. Infatti, dice: «Fu lo stesso Cristo
che lo vietò; se lui avesse voluto che le donne potessero battezzare, lui stesso avrebbe
ricevuto il battesimo dalla sua madre e non da Giovanni Battista» (v. Dispensa citata a p.
210, n. 4, righe 14-18).
14
Nella Dispensa del professore, citata alla nota n. 14 di questa Dispensa, consultare le pagine dove è riportato
il testo italiano della Tradizione Apostolica 20, la Didascalia Apostolorum III (alle pagine numerate da 208 a
211), le Constitutiones Apostolorum VII (alle pagine numerate da 404 a 453).
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B. STUDER Documenti liturgici nei primi quattro secoli, in Scientia Liturgica, Anscar J. Chupungco ed., Vol.
I, Casale Monferrato, Piemme, pp. 217-239.
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Si tratta di una Costituzione ecclesiastica, composta, secondo le ultime ricerche, nella prima parte e forse nei
primi decenni del III secolo. Era destinata ad una comunità di convertiti dal paganesimo, situata nella Siria
setttentrionale. L’opera segue il modello della Didaché e rappresenta la fonte principale dei sei libri delle
Costituzioni Apostoliche. L’ignoto autore della Didascalia sembra fosse di razza ebraica. Era vescovo,
possedeva estese conoscenze mediche, ma mancava di una precisa formazione teologica.
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Secondo Tema: Documenti a carattere Liturgico-canonico.
A) il primo rituale (1-28) (pagine 405-407, il capitolo 22) dove possiamo trovare due
parti, la prima che porta all’insegnamento delle due vie e l’altra perˆ de bapt…
smatoj che tratta dal battesimo e dagli altri riti connessi. Il rituale contiene tre elementi
che provengono dalla Didaché: 1) la catechesi; 2) battesimo e riti connessi; 3) Eucaristia
battesimale. I battezzati vengono associati al Cristo morto e risorto e ormai con Lui
appartengono alla nuova vita. C’è qui una teologia che è paolina che verrà poi ripresa. Si
tratta di una teologia battesimale.
B) il secondo rituale (39-45) (pagine 440-441) è una rielaborazione della Didaché e
della Traditio Apostolica. Esso parla dell’istruzione come un tempo di iniziazione alla
dottrina della pietà cristiana. Si trovano, dunque, le cosiddette cerimonie battesimali. Si
nota, inoltre, il cambiamento della materia della catechesi suggerita da queste parole
greche: Apot£ssomai tù Satan´ ... Suntassomai tù Cristù (v. p.444, cap. 41).
Si tratta, infatti, delle rinunce battesimali, molto più ben sviluppate rispetto alla
tradizione19
Dunque, con questi riti entriamo nelle cerimonie battesimali vere e proprie: la
benedizione e l’unzione con l’olio, benché non ne conosciamo il rito. Si può notare dunque:
- Prima del battesimo, l’acqua deve essere benedetta.
- Benedizione e unzione col crisma e imposizione della mano.
Non conosciamo i restanti riti post-battesimali, tranne il Padre Nostro che il neofita
deve recitare in piedi, dal momento che adesso è risuscitato (45,1): «post hoc stans dicat
orationem, quam docuit nos Dominus. Necessario qui resurrexit debet stare et orare
quoniam, qui exsurgit, erectus est». E’ un elemento importante che indica il modo di recitare
il Padre Nostro. C’è anche da dire che al cap. 43,1-2 si trova il riferimento alla benedizione
dell’acqua e tutta la giustificazione teologica, malgrado non ci sia una formula concreta.
Conclusione: tra il III e la fine del IV secolo, tre rituali distinti e diversi che indicano una
grandissima varietà di riti: il primo è quello della Didascalia degli Apostoli,
mentre gli altri due si trovano nelle Costituzioni Apostoliche (III, 9 e 16 e VII,
1-28 e 39-45), che manifestano la tradizione liturgica della Chiesa di quel
tempo. Per quanto riguarda il primo, esso è piuttosto un direttorio episcopale
sul ruolo delle diaconesse nel rito del battesimo, che suppone gli altri due
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E’ stato riportato il testo del Funk, ma per quanto riguarda le tesine, non è bene citarlo: bisogna fare
riferimento alla Sources Chrétienne, ed. di Marcel Meyer ai nn. 320 (1985), 329 (1986), 336 (1987). Meyer lo
divide in tre volumi.
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Si tratta di un’opera fondamentale, di natura canonico-liturgica, della fine del IV secolo. Essa comprende
ben otto libri. Tale opera fu composta nella Siria del Nord, sede del patriarcato. Fu presentata come documento
finale del cosiddetto Concilio degli Apostoli. E’ curata da Clemente di Roma. Per quanto riguarda il Libro VII,
esso comprende tre parti: 1) i capp. 1-32 sono un ampliamento della Didaché; 2) i capp. 33-38 sono composti
da cinque preghiere di lode a Dio, che sembrerebbero redatte su preghiere ebree; 3) i capp. 39-45 presentano
un rituale dell’iniziazione cristiana in cui sono riconoscibili alcuni echi del rituale battesimale della Tradizione
Apostolica, qui molto sviluppato. Il libro si conclude con diverse appendici (46-49).
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Il testo latino, riportato alla p. 445, Cap. XLI, della Dispensa citata, dice: «Cum ergo renuntiat, qui
baptizatur, ita recitet: Renuntio satanae et operibus eius et pompis eius et cultibus eius et angelis eius et
inventis eius ac omnibus, quae sub eo sunt».
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Secondo Tema: Documenti a carattere Liturgico-canonico.
La prima unzione va unita alla rinuncia a Satana che si fa guardando a Occidente; dopo
di ciò viene l’adesione a Cristo, guardando ad Oriente (v. p 129: «Deinde episcopus tradat
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Opere diverse portano questo titolo. La più conosciuta è un trattato liturgico-canonico conservato in siriaco.
Si presenta come uno scritto degli Apostoli riportante una conversazione che Gesù avrebbe avuto con loro
dopo la risurrezione. Vi si trova: 1) una descrizione dei segni precursori della venuta dell’Anticristo, 2) talune
regole per la costruzione delle chiese; 3) delle prescrizioni concernenti l’ordinazione e i doveri dei chierici,
l’eucaristia, il battesimo e la vita cristiana. Questa terza parte ha come base la Tradizione Apostolica (come si
legge nelle collezioni latina, copta, araba ed etiopica), ma le preghiere vi sono considerevolmente sviluppate,
mentre altre preghiere e riti vi sono inseriti. Alcune preghiere del Testamentum Domini sono ancora in uso nel
pontificale siriaco. Lo stesso trattato esiste in versione araba ed etiopica.
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Secondo Tema: Documenti a carattere Liturgico-canonico.
illum presbytero, qui baptizare debet. Baptizandi stent nudi in aquis. Cum baptizando
descendat et diaconus simili modo»). Seguono, poi, una serie di domande e risposte, che
corrispondono alla professione di fede durante il Battesimo. Questo fa capire che le rinunce
e l’adesione sono due aspetti complementari della conversione interiore dei catecumeni.
La rinuncia, l’unzione pre battesimale, l’adesione a Cristo si fanno alla presenza e per
mano del vescovo, il quale per il battesimo li demanda al sacerdote.
Le vedove hanno un ruolo importante nel battesimo delle donne. Poiché c’è l’esigenza
di una nudità totale, diventa quanto mai necessaria la presenza delle diaconesse, le quali
fanno l’unzione, prima e dopo il battesimo e preparano una tenda al fine di evitare che gli
uni guardino gli altri, durante il rito del battesimo.
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Secondo Tema: Documenti a carattere Liturgico-canonico.
CONCLUSIONE
Tutti questi documenti ci offrono un’idea multiforme dell’iniziazione cristiana.
Troviamo sempre nel fondo documenti quali la Didaché e la Traditio Apostolica, ma i riti, i
simboli, la teologia, le formule, le spiegazioni e la didascalia, sono ogni volta più sviluppate.
La grande diversità si può spiegare dalle vicende storiche dei diversi paesi, dove sono state
composte le diverse opere citate in questo secondo tema.