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Breve storia
Bidoncino aspirasciami
Il bidone è in fibra kraft, cioè costituito da sottili fogli di cartone incollati con
colle vegetali e la sua capienza è di circa 80 litri (diametro interno 40 cm e
altezza 65 cm). In genere questi fusti venivano utilizzati per la
commercializzazione del polline prima che venissero sostituiti da normali
scatole in cartone o recipienti di plastica. Attualmente vengono utilizzati da
ditte farmaceutiche per confezionare i loro prodotti, mantenendoli al riparo
dall’umidità. Sempre dalla foto si possono notare come siano stati fatti due
raccordi: uno superiore a cui collegare il tubo flessibile d’aspirazione e uno
inferiore a cui applicare il motore. Il motore utilizzato ha una potenza limitata
di 400 watt. Dalle sperimentazioni svolte, ci siamo accorti che si tratta di una
potenza limite al di sotto della quale non è possibile andare. Infatti si riesce
ad aspirare le api con una certa facilità solo se all’estremità del tubo flessibile
è presente la parte terminale dotata di un foro d’entrata ristretto. Senza la
parte terminale l’operazione è estremamente difficile.
Il
Nella foto (foto 4), si può vedere come il tubo flessibile, grazie ad una leggera
pressione, viene ad esso collegato. Ovviamente il raccordo ha un
diametro interno di 43 mm come il diametro esterno del tubo flessibile.
Siccome in commercio non ci sono tubi metallici col diametro interno di quella
misura, abbiamo acquistato un tubo col diametro inferiore e poi siamo ricorsi
al tornio per adattarlo alle nostre esigenze.
Inoltre, come mostrano le due foto sotto (foto 5 e 6), al suo interno abbiamo
inserito due O-Ring di gomma (detti anche O-erre) che aderiscono al tubo
flessibile non permettendo la fuoriuscita di aria. Per posizionare in modo
stabile gli O-Ring, è stato necessario tornire l’interno del raccordo creando
due sedi apposite.
Al raccordo superiore è stato saldato un tubo metallico della lunghezza di
circa 40 cm e dal diametro esterno di 40 mm (foto 7). Esso ha il compito di
penetrare nel foro centrale di un disco in masonite posizionato all'interno del
fustino. Un anello di chiusura a gancio in metallo serve a chiudere il fusto.
<---Come mostra la foto (foto 8), il sacco, fissato col secondo anello al disco
di masonite, viene chiuso alla sua estremità inferiore con un cordino.
Ricordiamo che qualsiasi metodo venga adottato per la pulitura delle reti,
sarebbe sempre meglio ispezionare la propolis raccolta con una calamita per
togliere eventuali pezzettini metallici.
Da quanto si può evincere dalle foto, gli anelli delle catenelle sono tre; è
possibile, ma non consigliabile, aggiungerne degli altri. L’importante è che si
tenga presente che il loro numero deve essere sempre dispari. Questo
perché se fossero pari, gli anelli esterni colpirebbero la rete di taglio con
scarsi effetti. Essendo invece dispari, gli anelli esterni colpiscono la rete di
piatto migliorando l’efficacia dell’azione.
L'alimentazione stimolante
(4) Un'alimentazione fuori luogo vuoi per la stagione avversa o per l'imperizia
dell'apicoltore può portare quantitativi di sciroppo che fermenta e comunque
porta freddo rallentandone lo sviluppo.
Usava dire Onelio Ruini: "vale più un etto raccolto dalle api che un chilo dato
da noi".
Di cosa hanno bisogno le api?
Per prima cosa di glucidi (forniti dal nettare e dal miele) per il fabbisogno
energetico e la secrezione della cera, e di protidi (forniti dal polline), per la
costruzione dei tessuti corporei. Le proteine devono essere reperite in
quantità (per il sostentamento, l'allevamento, la crescita) ma anche in qualità.
E' possibile che in tanti casi le nostre operazioni di nutrizione siano solo un
rituale propiziatorio il cui effetto si sarebbe (o non si sarebbe) comunque
prodotto?
Studi del dott.C. Peng dell'Università di California hanno mostrato che alveari
più popolosi per l'impollinazione del mandorlo vengono ottenuti nutrendo le
famiglie d'autunno, non solo con sciroppo zuccherino, ma anche con un
surrogato del polline.
Gianni Savorelli
Non tutti i pollini sono di qualità tale da permettere un buon allevamento.
Bisognerebbe considerare il valore biologico delle relative proteine. Da
questo punto di vista non ci si può fidare delle osservazioni effettuate
sull'apertura di volo. La raccolta di polline non è di per sé garanzia di buona
alimentazione. Un polline abbondante, ma povero di proteine, può essere un
freno allo sviluppo della famiglia. Nei casi estremi, l'interruzione
dell'approvvigionamento provoca una carenza di proteine. Questo non porta
a morte la colonia perché vengono messe in opera delle strategia di
economia progressiva:
* le nutrici cominciano a fornire una quantità minore di gelatina reale e di
qualità peggiore. Questo farà si che la generazione di larve interessate
presenti un peso minore alla nascita e un'aspettativa di vita ridotta
* le nutrici cominciano poi ad utilizzare le proteine del proprio corpo, fino a
perdere circa il 30% circa del loro peso. Questo ne condiziona evidentemente
l'aspettativa di vita.
* le nutrici cominciano poi a ridurre il numero di larve allevate e cominciano i
fenomeni di cannibalismo di uova e giovani larve.
Dopo una settimana circa di carenza proteica non sono più in grado di
allevare correttamente la covata, che non arriva più a maturità
Un'alimentazione stimolante contenente il 5-10% di proteine può portare
effetti favorevoli.
Un alimento col 20-25% di proteine può consentire una produzione di gelatina
reale sufficiente per un buon allevamento anche in condizioni relativamente
difficili.
Un discreto surrogato proteico può essere ottenuto miscelando 3 kg di farina
di soia, 1 kg di lievito di birra secco e 2 kg di latte in polvere sgrassato.
I suggerimenti che dava don Angeleri sono ancora tutti validi , quasi identici
su tutti i manuali di apicoltura. Dunque niente di nuovo sotto il sole, tranne il
latte sembra essere indigeribile per le api, ma buoni risultati si ottengono con
apporto di proteine, Le giuste proteine però.
Cosa faccio io? Sto attento ai telaini con polline, che siano vicini alle api, se
una famiglia e carente di miele o polline, gli do un favo di un'altra, quando i
salici piangenti incominciano a far verde incomincio a nutrire, come
suggerito da Angeleri, ma il più delle volte mi limito a graffiare qualche
macchia di miele qua e là, per un totale anche di mezzo favo la settimana,
quando vedo che ci sono tante api rispetto alla covata che una famiglia può
sopportare anche in caso di avversità, metto un telaino esterno in mezzo, la
regina contrariata da questa discontinuità di covata me lo riempirà in breve.
Come faccio perché abbiano nutrimento a sufficienza fino al nuovo raccolto?
sto attento in autunno, nonostante ciò se sono scarse d'inverno do candito
con proteine che compro già pronto.
Come faccio per accorgermi se sono in emergenza? Le apro anche a natale,
basta che ci sia una temperatura superiore ai 10 gradi, logico do un'occhiata
ultra veloce, con poco fumo, o senza.
Provare con un terzo degli alveari, è un test per vedere se effettivamente
funziona, insistere almeno per 3 -4 anni, per avere anche una conoscenza
più completa di quando e come iniziare, visto che la cultura e l'esperienza
(anche se qualcuno afferma che la trova su internet) non si comprano al
supermercato.