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Scuola Specializzazione Professioni Legali

a.a. 2015/2016 II anno II corso

Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

DOCENTE
AVV. PAOLA COSMAI
Materiale raccolto e collazionato con la collaborazione di
AVV. LAURA LANZARO

INDICE ARTICOLI
- WOLTERS KLUWERS -
1. Brevi note sulla modifica dellart. 480 cpc: obbligo di inserire nel precetto linformativa
al debitore sulla possibilit di fare ricorso alle procedure di composizione delle crisi da
sovraindebitamento [Nuove Leggi Civ. Comm., 2015, 5, 961 (commento alla
normativa)] - Enza Pellecchia;

2. Le Sezioni Unite riscrivono i requisiti (interni ed esterni) del titolo esecutivo: opinioni a
confronto intorno a Cass., S.U., n. 11067/2012 - [Esecuzione forzata, 2013, 1 (nota a
sentenza)] - Bruno Sassani;

3. Le Sezioni Unite riscrivono i requisiti (interni ed esterni) del titolo esecutivo: opinioni a
confronto intorno a Cass., S.U., n. 11067/2012 - [Esecuzione forzata, 2013, 1 (nota a
sentenza)] - Ernesto Fabiani;

4. Le Sezioni Unite riscrivono i requisiti (interni ed esterni) del titolo esecutivo: opinioni a
confronto intorno a Cass., S.U., n. 11067/2012 - [Esecuzione forzata, 2013, 1 (nota a
sentenza)] - Roberto Bell;

5. Pignoramento di partecipazioni S.r.l. partecipazioni di S.r.l. e pignoramento mobiliare


presso il debitore - [Giur. It., 2015, 4, 871 (nota a sentenza)] - Camilla Mottironi;

6. Liscrizione a ruolo nel processo esecutivo e linefficacia del pignoramento effettuato in


violazione della relativa disciplina: le novit introdotte nel c.p.c. e nelle disposizioni di
attuazione - [Nuove Leggi Civ. Comm., 2015, 3, 481 (commento alla normativa)] -
Monica Pilloni;
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7. Il perfezionamento del pignoramento presso terzi dopo la riforma del 2014 - [Riv. Dir.
Proc., 2015, 3, 665 (commento alla normativa)] - Laura Salvaneschi;

8. La nuova disciplina in materia di espropriazione del credito - [Nuove Leggi Civ. Comm.,
2015, 1, 1 (commento alla normativa)] - Mauro Bove;

9. Dichiarazione resa dal debitor debitoris a mezzo raccomandata e decorrenza del termine
per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione -
[Esecuzione forzata, 2014, 4 (nota a sentenza)] - Rosaria Giordano;

10. Le novit in materia di esecuzione forzata nel D.L. 132/2014 - [Corriere Giur., 2015, 3,
390 (commento alla normativa)] - di Alberto Tedoldi;

11. Riforma del pignoramento presso terzi e accertamento dell'obbligo del terzo - [Giur. It.,
2014, 4 (dottrina)] - Antonio Carratta

12. Il litisconsorte pretermesso e lopposizione allesecuzione specifica contro di lui


intrapresa - [Esecuzione forzata, 2015, 2, 213 (nota a sentenza)] - Girolamo Monteleone;

13. Litisconsorte necessario pretermesso e opposizione di terzo ordinaria - litisconsorte


pretermesso e rimedi esperibili: un discutibile revirement della Cassazione - [Giur. It.,
2015, 6, 1369 (nota a sentenza)] - Antonio Carratta;

14. Provvedimenti durgenza brevi cenni al rapporto tra tutela durgenza e azioni
costitutive - [Giur. It., 2015, 5, 1128 (nota a sentenza)] - Riccardo Conte;

15. Limiti della tutela durgenza anticipatoria di sentenze dichiarative e costitutive - [Corriere
Giur., 2015, 4, 546 (nota a sentenza)] - di Ulisse Corea;

16. Provvedimenti durgenza Equivoci e disorientamenti sulla portata della tutela


durgenza - [Giur. It., 2015, 3, 632 (nota a sentenza)] - Riccardo Conte.

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1) Nuove Leggi Civ. Comm., 2015, 5, 961 (commento alla normativa)

BREVI NOTE SULLA MODIFICA DELL'ART. 480 C.P.C.: OBBLIGO DI INSERIRE NEL
PRECETTO L'INFORMATIVA AL DEBITORE SULLA POSSIBILIT DI FARE
RICORSO ALLE PROCEDURE DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA
SOVRAINDEBITAMENTO (*)

Enza Pellecchia

c.p.c. art. 480

L. 06-08-2015, n. 132

D.L. 27-06-2015, n. 83

La l. 6 agosto 2015, n. 132, di conversione del d.l. 27 giugno 2015, n. 83 - c.d. decreto fallimenti -
ha introdotto significative novit in materia fallimentare, civile e processuale. Tra le modifiche del
codice di procedura civile, merita di essere segnalata quella dell'art. 480 - forma del precetto - . La
previsione - non esente da imprecisioni e rilievi critici ove si guardi alle ricadute applicative -
suscita l'interesse dello studioso del diritto civile per due ragioni: una di ordine politico, l'altra di
ordine teorico. Dal punto di vista politico, l'informativa al debitore esprime la scelta del legislatore
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di promuovere la conoscenza dell'esistenza di strumenti - le procedure di composizione delle crisi


da sovraindebitamento - ancora poco utilizzati proprio per la mancanza di cognizione delle stesse,
sia tra i debitori sia tra gli avvocati. Dal punto di vista teorico, la modifica dell'art. 480 c.p.c.
sintomatica della progressiva rilevanza dell'interesse alla ristrutturazione dei debiti come ulteriore
declinazione dell'interesse del debitore nell'ambito del rapporto obbligatorio.

Sommario: 1. La riforma dell'art. 480 c.p.c. - 2. Pregi e difetti. - 3. Un argomento a favore della tesi
della rilevanza dell'interesse del debitore alla ristrutturazione.

1. La riforma dell'art. 480 c.p.c.

La l. 6 agosto 2015, n. 132, di conversione del d.l. 27 giugno 2015, n. 83 - c.d. decreto fallimenti -
ha introdotto significative novit in materia fallimentare, civile e processuale.

Tra le modifiche del codice di procedura civile, merita di essere segnalata quella dell'art. 480 -
forma del precetto - al quale l'art. 13 del d.l. n. 83/15 ha aggiunto, alla fine del comma 2, il
seguente periodo: " il precetto deve altres contenere l'avvertimento che il debitore pu, con l'ausilio
di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre
rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di
composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore ".

La previsione - non esente da imprecisioni (il piano del consumatore non viene proposto ai
creditori, bens presentato al giudice e ai creditori imposto in caso di omologazione) e rilievi critici
ove si guardi alle ricadute applicative (nulla viene detto, ad esempio, sulle conseguenze
dell'omissione dell'avvertimento, n sono chiariti i rapporti tra l'eventuale attivazione di una
procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento e la procedura esecutiva) - suscita
l'interesse dello studioso del diritto civile per due ragioni: una di ordine politico, l'altra di ordine
teorico.

Dal punto di vista politico, l'informativa al debitore esprime la scelta del legislatore di promuovere
la conoscenza dell'esistenza di strumenti - le procedure di composizione delle crisi da
sovraindebitamento(1) - ancora poco utilizzati proprio per la mancanza di cognizione delle stesse, sia
tra i debitori sia tra gli avvocati(2).

Dal punto di vista teorico, la modifica dell'art. 480 c.p.c. sintomatica della progressiva rilevanza
dell'interesse alla ristrutturazione dei debiti come ulteriore declinazione dell'interesse del debitore
nell'ambito del rapporto obbligatorio.

2. Pregi e difetti.

Per quanto concerne la prima questione - implementazione delle procedure di composizione delle
crisi da sovraindebitamento tramite adeguata informativa - si tratta di un punto di snodo cruciale, al
quale il legislatore non ha dedicato l'attenzione che sarebbe stata necessaria, n in sede di
elaborazione n in sede di modifica della normativa in materia di sovraindebitamento.
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A quasi un anno dall'entrata in vigore della l. n. 3/12, il monitoraggio statistico a campione su


alcuni tra i tribunali di pi grandi dimensioni aveva fatto emergere un numero davvero esiguo di
procedure, ponendo in luce la sostanziale inutilizzazione della nuova disciplina. Con l'art. 18 del d.l.
n. 179/12 stato perci radicalmente ridisegnato l'impianto originario(3), con l'obiettivo di
incentivare l'utilizzazione di strumenti per reagire - come illustrato nella relazione di
accompagnamento - alla " grave crisi economica in atto ", anche fornendo " supporto alla domanda
di consumo " (tramite un " alleggerimento " del peso dei vecchi debiti): persistendo per la poca
conoscenza delle procedure, il loro numero ha fatto s registrare un incremento rispetto al passato,
ma in una misura ancora poco significativa, soprattutto se rapportata al numero dei debitori
insolventi.

L'avvertimento al debitore circa la possibile attivazione di procedure di composizione delle crisi -


che l'art. 480, comma 2 c.p.c., impone sia ora inserito nel precetto - rappresenta dunque
un'importante misura di " promozione ".

Non mancano, come si anticipava, incongruenze. Nulla viene detto, in particolare, circa le
conseguenze dell'omesso avvertimento.

Ad una prima lettura si potrebbe essere indotti a ritenere che la nullit espressamente prevista in
caso di omissione degli elementi contemplati dal comma 1 dell'art. 480 c.p.c., si estenda al comma
2: deporrebbe in tal senso il collegamento creato dall'avverbio altres utilizzato dal legislatore
nell'incipit del periodo aggiunto al comma 2 dell'art. 480 c.p.c. Questa lettura potrebbe per dare
luogo ad esiti irrazionali: se infatti - come pare di poter affermare in base alla formulazione della
disposizione in termini di previsione generale - l'avvertimento va inserito in ogni caso,
indipendentemente dal fatto che il debitore sia nelle condizioni di potersi poi concretamente
avvalere (in presenza dei presupposti soggettivi e oggettivi) delle procedure sul sovraindebitamento
della l. n. 3/12, il precetto potrebbe essere nullo anche in ipotesi nelle quali, per la mancanza dei
prescritti requisiti, il debitore non avrebbe potuto fare ricorso alle procedure in questione (e dunque
non gli deriverebbe alcun danno dalla omessa informazione). D'altra parte, sostenere che
l'omissione dell'avvertimento non sia in alcun modo sanzionata spianerebbe la strada alla
disapplicazione della disposizione. Uno strumento per far valere l'omesso avvertimento potrebbe
forse essere l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., almeno ove il debitore dimostri che - se
avvertito - avrebbe fatto ricorso alle procedure di composizione della crisi. Se dal precetto ha avuto
inizio una procedura esecutiva, l'assenza dell'avviso potrebbe inibire la vendita o l'assegnazione.

Silenzio del legislatore anche con riguardo ai rapporti tra l'eventuale attivazione di una procedura di
composizione della crisi da sovraindebitamento e la procedura esecutiva. Il mero deposito della
domanda di ammissione alle procedure di rimedio al sovraindebitamente ha il solo effetto di
sospendere il corso degli interessi legali o moratori (art. 9, comma 3 quater, l. n. 3/12), ma non
incide sulle procedure esecutive (sospendendole o inibendone l'avvio, restando riservata tale
opzione unicamente al giudice in fase di decreto di fissazione dell'udienza di omologazione: art. 10,
comma 2, lett. c, l. n. 3/12).

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Gi da questi primi rilievi risulta evidente che numerose questioni interpretative e di coordinamento
sistematico dovranno essere affrontate in sede di applicazione della nuova disciplina: l'intenzione di
fondo del legislatore - implementare la conoscenza delle procedure di composizione delle crisi da
sovraindebitamento - va senz'altro apprezzata, ma al momento i possibili esiti applicativi suscitano
pi d'una perplessit. La via della implementazione non va tuttavia abbandonata, anzi auspicabile
che sia perseguita con ancora maggiore convinzione e che il legislatore introduca misure ancora pi
incisive, al fine di anticipare il pi possibile il ricorso alle procedure in questione, senza aspettare
l'avvio di procedure esecutive. Uno strumento efficace potrebbe ad esempio essere l'obbligatoria
inclusione di una clausola contenente il suddetto " avviso al debitore " nei contratti di credito (come
tipologia di contratti rispetto ai quali pi frequentemente si manifestano situazioni di " sofferenza
"). La tempestiva emersione di situazioni di crisi e la altrettanto tempestiva attivazione di misure di
reazione al sovraindebitamento - anche come risultato di un'adeguata informativa al debitore circa
la loro utilizzabilit - gioverebbero tanto ai creditori quanto ai debitori: le procedure esecutive
individuali hanno infatti manifestato un livello di efficienza assai basso con riguardo alla capacit di
consentire al creditore il soddisfacimento in via coattiva delle sue ragioni, sia in termini di tempi
necessari sia in termini di percentuale di quanto recuperato; esse sono inoltre caratterizzate da un
potenziale stigmatizzante molto alto, per effetto della ripetizione di atti in qualche modo traumatici
e con l'esasperazione di " momenti rituali " (basti pensare al pignoramento) che possono spingere "
l'insolvente civile verso il sottobosco dei soggetti border line "(4).

Pi in generale, l'attivazione il pi precocemente possibile di procedure di composizione della crisi


da sovraindebitamento eviterebbe il deterioramento ulteriore della situazione del debitore,
aumentando le possibilit di soddisfacimento dei creditori (ad esempio nei termini di incremento
della percentuale di soddisfacimento dei crediti proposta nel piano di ristrutturazione o diminuzione
della durata del piano). In questa prospettiva, nella valutazione della diligenza del debitore
(informato, fin dal momento della stipulazione del contratto, della possibilit di rivolgersi - ove
ricorrano i requisiti oggettivi e soggettivi della l. n. 3/12 - ad organismi di composizione della crisi
per proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione o sottoporre al giudice per l'omologazione un
piano del consumatore) rientrerebbe anche la tempestivit nel comunicare ai creditori il
peggioramento della propria situazione economica e le prospettive di ulteriore deterioramento.
Sussiste infatti un tipico caso di asimmetria informativa tra il debitore - che conosce la propria
situazione e le ragionevoli prospettive di miglioramento o peggioramento ed , soprattutto, l'unico
legittimato ad attivare le procedure - e il creditore: il debitore il soggetto meglio in grado di
individuare la propria soglia di allarme, il limite al di l del quale le misure di contenimento non
funzionano pi e la difficolt comincia a dilagare. Comunicare queste circostanze al proprio
creditore espressione di un agire diligente e cooperativo a cui il debitore tenuto, anche per
salvaguardare l'interesse del creditore: questi, se adeguatamente informato e messo in condizione di
valutare costi e benefici, spesso avr maggiori possibilit di essere soddisfatto, se concorder con il
debitore una strategia comune di superamento della difficolt, di quante ne avrebbe in difetto di
cooperazione. In quest'ottica, assumerebbe un senso pi coerente anche l'utilizzazione, da parte del
legislatore, del termine rimedio nell'art. 6 della l. n. 3/12 con riguardo alle finalit delle nuove
procedure: " porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette n assoggettabili " ad
altre procedure concorsuali. L'uso del termine - la cui atecnicit stata rilevata in dottrina(5) - "
evoca la volont del legislatore di concepire un vero e proprio strumento sociale, un procedimento

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che si imponga come mezzo ordinario e di elezione rispetto a tutti gli altri mezzi di soluzione, per la
sua capacit non solo di incidere sulle condizioni individuali del singolo debitore, ma di esercitare
un impatto positivo sul fenomeno del sovraindebitamento in generale (...) "(6): dunque rimedio come
soluzione rapida ed efficiente, che contemperi opposti interessi, anche con la minimizzazione del
pregiudizio sofferto dai creditori complessivamente considerati, " rimedio, perci, rivolto alla
categoria e non ai singoli "(7).

3. Un argomento a favore della tesi della rilevanza dell'interesse del debitore alla ristrutturazione.

La riforma dell'art. 480 c.p.c. rileva, come si accennava, anche su altro piano, di carattere pi
teorico rispetto a quello precedentemente illustrato, ma non per questo privo di importanti ricadute
pratiche.

L'avviso ai debitori contenuto nel precetto offre, dal punto di vista sistematico, un importante
argomento a sostegno della tesi - che va riscuotendo consensi in dottrina - relativa alla rilevanza
dell'interesse alla ristrutturazione come possibile ulteriore declinazione dell'interesse del debitore
nell'ambito del rapporto obbligatorio(8).

noto che la preminenza attribuita dal diritto delle obbligazioni all'interesse del creditore - cardine
intorno al quale ruota la disciplina del rapporto obbligatorio - non ha impedito alla dottrina di
cogliere i segni della rilevanza di interessi riferibili anche al debitore.

Tra questi interessi - dei quali si sottolinea l'irriducibilit ad un'unica figura(9) - particolare rilievo
stato assegnato all'interesse del debitore alla liberazione dal vincolo, principalmente desumibile
dalla disciplina della mora del creditore(10): non v' dubbio, al riguardo, che solo l'offerta di una
prestazione esatta - nel senso di perfettamente corrispondente, sotto ogni profilo, al contenuto
previsto - conferisca consistenza all'interesse del debitore alla liberazione, perch rende palese - ove
non ricorra un motivo legittimo - la pretestuosit ed arbitrariet del rifiuto del creditore: in altre
parole, la sua contrariet a correttezza.

L'introduzione con la l. n. 3/12 di procedure per la composizione delle crisi da sovraindebitamento


ha per apportato significative innovazioni: il debitore sovraindebitato - secondo quanto
ripetutamente rammentato - pu oggi tentare di raggiungere un accordo con una porzione
qualificata dei creditori o, se consumatore, sottoporre direttamente al giudice un piano per una
ristrutturazione complessiva della propria situazione debitoria.

Fuori dalla secca alternativa adempimento/inadempimento, il debitore offre di adempiere " come,
quando e quanto pu ", sulla base di un piano predisposto con l'ausilio di organismi appositamente
istituiti e corredato di un'attestazione di fattibilit(11).

La costellazione di interessi che possono trovare espressione nel rapporto obbligatorio si


arricchisce: accanto all'interesse del creditore (presidiato dalla responsabilit per inadempimento,
dalla garanzia patrimoniale generica e dalle procedure esecutive) e all'interesse alla liberazione del
debitore che abbia offerto una prestazione esatta rifiutata senza motivo legittimo (tutelato tramite la
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mora del creditore), trova ora collocazione l'interesse del debitore sovraindebitato alla
ristrutturazione della propria complessiva esposizione(12).

Con la l. n. 3/12 la logica della " manutenzione " si espande alle obbligazioni, come strumento per
porre rimedio alle crisi da sovraindebitamento: l'impotenza economica del debitore passa dall'essere
condizione irrilevante - nell'ottica della responsabilit per inadempimento che governa il singolo
rapporto obbligatorio - a presupposto di accesso ad una procedura per la gestione di una situazione
complessiva di difficolt che investe tutti i rapporti di cui parte il debitore.

La nuova disciplina guarda alla condizione debitoria non in maniera atomistica ma nella prospettiva
della pluralit dei rapporti che fanno capo al debitore: il dato quantitativo produce un cambiamento
qualitativo che si traduce nell'evoluzione di un paradigma.

La somma di pi incapacit di adempiere trascende i singoli rapporti da cui origina e sposta il


rimedio su un differente livello, dove la mera giustapposizione di singoli rapporti isolati e non
comunicanti lascia il posto alla interdipendenza e dove gli strumenti di tutela rispetto al rischio di
insolvenza, la responsabilit per inadempimento e l'esecuzione forzata - pensati nella logica del
rapporto isolato - cedono il passo alla logica plurale della ristrutturazione dei debiti.

In questa nuova logica, muta, soprattutto, la valutazione dell'incidenza delle condizioni patrimoniali
del debitore sul rapporto obbligatorio(13).

Nella prospettiva del codice civile - di esclusiva tutela delle ragioni del credito - quando il
mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore mette in pericolo il conseguimento della
prestazione, la risposta del sistema si manifesta nella " concessione di strumenti che rafforzano la
tutela o aprono la possibilit di forme di autotutela al creditore "(14).

Nella prospettiva della l. n. 3/12, il dissesto patrimoniale del debitore - nel quale confluiscono
inadempimenti attuali e potenziali - schiude invece la via a rimedi " manutentivi " che erodono la
rigidit dello schema binario " adempimento/inadempimento " su cui costruita la disciplina delle
obbligazioni(15).

In questo territorio nuovo, l'interesse alla ristrutturazione scompagina gli schemi di pensiero con cui
l'interprete ha familiarit, dando vita ad una sorta di circuito parallelo in cui pi intensa l'esigenza
di comportamenti cooperativi nell'ottica della solidariet e in cui i confini tra adempimento e
inadempimento diventano meno netti: quelli che secondo le nitide e rassicuranti regole della
tradizione sarebbero inadempimenti - il ritardo, l'inesattezza quantitativa o qualitativa - nel contesto
della ristrutturazione figlia del " diritto della crisi " diventano possibili modalit di esecuzione della
prestazione.

La legge speciale restituisce cos all'interprete un'immagine dai contorni fluidi: alla chiara
fisionomia dell'adempimento esatto - cui il debitore tenuto, nell'ottica della regolare attuazione del
rapporto obbligatorio - si affianca l'immagine mutevole di un adempimento " come, quando e

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quanto possibile " secondo l'accordo di ristrutturazione o il piano del consumatore, che il debitore
legittimato a proporre.

In questa nuova prospettiva, il debito - stato osservato - da momento patologico viene ad essere
percepito come vicenda fisiologica: " da eccezione si fatto regola "(16). E viene rimodulato il
rapporto tra debito e patrimonio, non pi " fratelli separati "(17). Al vincolo funzionale tra debito e
responsabilit - nel senso di una responsabilit patrimoniale che sta fuori e al di l dal debito, a
garanzia del suo soddisfacimento e indifferente alle sue vicende - subentra la considerazione che il
debito " oltre soglia " pu acquistare anche in relazione al patrimonio di cui il debitore pu
disporre(18). Per tale via, " anche la crisi economica esce dal circuito dell'indifferenza e/o della
causalit in cui si trovava, per innestarsi in un diverso circuito, che conosce un nuovo "potere" del
debitore e/o del consumatore, di (poter) governare la propria crisi "(19).

(*) Contributo pubblicato previo parere favorevole formulato da un componente del Comitato per la
valutazione scientifica.

(1) L'ambito di applicazione della l. n. 3/12 individuato dal legislatore in termini di residualit, "
al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette n assoggettabili a
procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo " (art. 6, comma 1). Ne risulta
un'area di ragguardevole estensione ed eterogeneit, nella quale sono ricompresi gli imprenditori
non assoggettabili alla legge fallimentare (piccoli imprenditori ex art. 2083 c.c., imprenditori
commerciali sotto le soglie di cui all'art. 1 l. fall., imprenditori agricoli esercenti un'attivit agricola
ai sensi dell'art. 2135 c.c.), i debitori civili, i professionisti intellettuali, i consumatori, gli enti non
commerciali. Viene in tal modo colmata una duplice lacuna: " una lacuna interna al tradizionale
diritto della crisi d'impresa, ampliando il novero dei soggetti economici che possono esservi
assoggettati "; e una lacuna " storica ", con riguardo ai soggetti non imprenditori: DI MARZIO,
Introduzione alle procedure concorsuali in rimedio del sovraindebitamento, in DI MARZIO,
MACARIO e TERRANOVA (a cura di), La " nuova " composizione della crisi da sovraindebitamento,
Milano, 2013, p. 10.

(2) La nuova disciplina prevede non una sola procedura di composizione della crisi, ma tre, disposte
in una sorta di schema a ipsilon, lungo un tracciato a volte comune a volte specifico. Sono infatti
contemplate tre forme di composizione della crisi: l'accordo del debitore (art. 7, comma 1), il piano
del consumatore (art. 7, comma 1 bis) e - in alternativa o, in talune specifiche ipotesi, in
consecuzione ad entrambe le procedure - la liquidazione del patrimonio (art. 14 ter). L'accordo del
debitore (che pu essere proposto da tutti i soggetti " non fallibili ") ha per oggetto la
ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che - approvato da una
maggioranza qualificata di creditori - vincolante anche per i dissenzienti. Il piano del consumatore
prevede, analogamente all'accordo del debitore, la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei
crediti, ma riservato al solo debitore persona fisica che abbia assunto obbligazioni esclusivamente
per scopi estranei all'attivit imprenditoriale o professionale eventualmente svolta: prescinde da un
accordo con i creditori, essendo soggetto solo all'omologazione da parte del giudice. Infine, la
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liquidazione del patrimonio (che pu essere proposta da tutti i debitori non fallibili), consiste - sulla
falsariga della liquidazione fallimentare - nella liquidazione di tutti i beni del debitore, compresi
quelli sopravvenuti nei quattro anni successivi, ad eccezione dei beni aventi carattere personale:
viene eseguita da un liquidatore con il ricorso a procedure competitive e, come il piano del
consumatore, prescinde da un accordo con i creditori, in quanto soggetto soltanto
all'omologazione da parte del giudice. Per una descrizione generale v. F. VERDE, Il
sovraindebitamento, Bari, 2014.

(3) Per una sintetica ed efficace illustrazione dei punti salienti della riforma v. PACCHI, La
composizione del sovraindebitamento nell'ordinamento italiano, in SARCINA (a cura di), El
sobreendeudamiento de los particulares y del consumidor. Sistemas jurdicos europeos a debate,
Lecce, 2014, p. 61 ss.

(4) GALLETTI, Insolvenza civile e " fresh start ": il problema dei coobbligati, in L'insolvenza del
debitore civile. Dalla prigione alla liberazione, a cura di PRESTI, STANGHELLINI e VELLA, in Analisi
giuridica dell'economia, 2/2004, p. 395. V. anche le belle pagine di PORTALE, Dalla " pietra del
vituperio " alle nuove concezioni del fallimento e delle altre procedure concorsuali, in DI MARZIO e
MACARIO (a cura di), Autonomia negoziale e crisi d'impresa, Milano, 2010, p. 3 ss.

(5) CATERINO, Sui concetti di rimedio, estraneit e convenienza nella procedura delle crisi da
sovraindebitamento civile, in SARCINA (a cura di), El sobreendeudamiento de los particulares y del
consumidor. Sistemas jurdicos europeos a debate, cit., p. 181 ss.

(6) CATERINO, op. cit., p. 185.

(7) CATERINO, op. cit., p. 189.

(8) Per questa interpretazione - e ulteriori argomentazioni - sia consentito il rinvio a PELLECCHIA,
Dall'insolvenza al sovraindebitamento. Interesse del debitore alla liberazione e ristrutturazione dei
debiti, Torino, 2012, p. 209 ss. Aderiscono a questa prospettazione DI MARZIO, Ristrutturazione dei
debiti, in Enc. dir., Annali, VI, Milano, 2013, p. 812 e DI MAJO, Debito e patrimonio
nell'obbligazione, in GRISI (a cura di), Le obbligazioni e i contratti nel tempo della crisi economica.
Italia e Spagna a confronto, Napoli, 2014, p. 38.

(9) BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1991, p. 52.

(10) NATOLI, L'attuazione del rapporto obbligatorio. I. Il comportamento del creditore, in Tratt.
Cicu-Messineo, Milano, 1974, p. 128. Per la distinzione tra interesse alla liberazione (evidenziato
dalla disciplina della mora del creditore) e interesse alla liberazione con l'adempimento (messo in
evidenza dalla disciplina della remissione e dell'adempimento del terzo) v. RESCIGNO, voce
Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, p. 197. V. anche DI MAJO, Delle
obbligazioni in generale, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, p. 401, per ipotesi
di " interesse del debitore all'esecuzione della prestazione " rinvenibile nel debito di prestazioni
artistiche o professionali.
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(11) Per le competenze degli organismi di composizione della crisi v. l'art. 15 della l. n. 3/12,
nonch il regolamento approvato con decreto 24 settembre 2014, n. 202. Tali Organismi, di natura
pubblicistica, svolgono diversi compiti e funzioni dall'inizio alla conclusione della procedura:
ausilio al debitore nella elaborazione del piano sottostante alla proposta e nell'esecuzione della
stessa; ruolo di liquidatore giudiziale nell'accordo o nei piani del consumatore omologati; ausilio al
giudice; cura delle comunicazioni con i creditori; adempimento formalit pubblicitarie;
predisposizione e invio della relazione ai creditori sui consensi espressi e, successivamente, al
giudice, con le contestazioni ricevute; ruolo di liquidatore nella procedura di liquidazione del
patrimonio o gestore della liquidazione. L'art. 15, comma 9, l. n. 3/12 prevede altres che i compiti
e le funzioni attribuiti agli Organismi di composizione della crisi possono essere svolti anche da un
professionista (o societ tra professionisti) in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 l. fall., e
successive modificazioni (avvocati, dottori e ragionieri commercialisti; studi professionali associati
o societ tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano determinati requisiti professionali)
ovvero da un notaio. In tal caso il professionista nominato dal presidente del tribunale o dal
giudice da lui delegato, su istanza del debitore. L'attribuzione all'O.C.C. di tante ed eterogenee
funzioni nelle varie fasi delle procedure (consulente legale e finanziario del debitore, ausiliario del
Giudice, attestatore nell'interesse dei creditori), oltre a richiedere il possesso di numerose
competenze tecniche specifiche, come gi accennato, potrebbe ingenerare situazioni di potenziale
conflitto di interesse. Tale criticit sembra essere stata affrontata nel decreto n. 202/14, e pi
precisamente nell'art. 4, comma 5, ove per un verso si prevista un'adeguata formazione da parte
dei professionisti che intendono aderire all'O.C.C. e, per altro verso, si prevista l'ipotesi
dell'affidamento dell'incarico congiunto ad un Collegio di Gestori, cos come previsto dall'articolo 2
del suddetto decreto. Il decreto n. 202/14 disciplina i requisiti e le modalit di iscrizione nel registro
tenuto presso il Ministero, la formazione dell'elenco degli iscritti e la sua revisione periodica, la
sospensione e la cancellazione dal registro dei singoli organismi, nonch la determinazione dei
compensi e dei rimborsi spese spettanti agli organismi a carico dei soggetti che ricorrono alla
procedura. Il registro suddiviso in due sezioni: sezione A e sezione B. Nella Sezione A sono
iscritti di diritto, su semplice domanda, gli organismi di composizione costituiti presso le camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell'art. 2 l. 29 dicembre 1993, n. 580, il
segretariato sociale costituito ai sensi dell'art. 22, comma 4, lett. a), l. 8 novembre 2000, n. 328 e
gli ordini professionali degli Avvocati, dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e dei
Notai sono iscritti anche quando associati tra loro. Nella sezione B sono iscritti a domanda, gli
organismi costituiti dai Comuni, dalle Provincie, dalle Citt metropolitane, dalle Regioni e dalle
istituzioni universitarie pubbliche.

(12) Diversamente da quanto previsto nel diritto dei contratti - dove campeggia l'istituto della
risoluzione per eccessiva onerosit sopravvenuta, a cui fanno da sponda discipline specifiche per
singoli tipi contrattuali - il diritto delle obbligazioni non contempla strumenti per la gestione di
sopravvenienze che investano il rapporto obbligatorio: " il contratto di per s non impermeabile al
sopravvenuto mutamento delle circostanze, anche economiche, che ne possano alterare la fisiologia
(...), impermeabile invece il rapporto obbligatorio che da quel contratto sia scaturito, rispetto al
quale perde del tutto rilevanza l'eventuale alterazione intervenuta sulla cornice entro cui collocato
": MODICA, Profili giuridici del sovraindebitamento, Napoli, 2012, p. 152. Sulla " depurazione "
della categoria dell'obbligazione - riferita solo al rapporto - da ogni riferimento alla fattispecie

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costitutiva, v. CIAN, La figura generale dell'obbligazione nell'evoluzione giuridica contemporanea


fra unitariet e pluralit degli statuti, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 497. Si discute, vero, se il
rimedio dell'art. 1467 c.c. riguardi il contratto o piuttosto l'obbligazione, se protegga direttamente
l'equilibrio contrattuale fra le prestazioni o piuttosto la posizione del debitore gravato, se
l'incidenza del rimedio sul contratto sia un riflesso mediato della tutela accordata al debitore (sia
pure qualificato dall'essere debitore da contratto). E non mancato il tentativo di costruire - a
partire dalla previsione dell'art. 1468 c.c. relativa ai contratti in cui una sola parte ha assunto
obbligazioni - un rimedio contro l'eccessiva onerosit sopravvenuta di natura non sinallagmatica e
neppure propriamente contrattuale, bens utilizzabile non da un contraente ma piuttosto da un
debitore. Ma insuperabile rimane il rilievo che l'eccessiva onerosit sopravvenuta " deve colpire la
prestazione nella sua oggettivit, non nelle condizioni soggettive del debitore (pure rilevanti ai fini
dell'esecuzione) " e che " il rimedio dato non a un debitore in difficolt con la propria prestazione,
ma a un contraente che vede alterata a proprio danno la ragione di scambio del contratto ": ROPPO,
Il contratto, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 2001, p. 1031.

(13) DI MAJO, Debito e patrimonio nell'obbligazione, cit., p. 23 ss.

(14) RESCIGNO, voce Obbligazioni (nozioni), cit., p. 174.

(15) Su questo mutamento, si rinvia a PELLECCHIA, L'obbligo di verifica del merito creditizio del
consumatore: spunti di riflessione per un nuovo modo di guardare alla " contrattazione con
l'insolvente ", in questa Rivista, 2014, p. 1088 ss.

(16) V. al riguardo le considerazioni di PAGLIANTINI, Il debito da eccezione a regola, in Nuovi


profili del diritto dei contratti. Antologia di casi e questioni, Torino, 2014, p. 169: nella parabola di
un debito che da eccezione si fa regola si delinea " uno statuto debole dell'interesse creditorio in
qualche maniera oscurato da un favor non, come superficialmente si potrebbe concludere, debitoris
ma market oriented ". V. anche STIMILLI, Debito e colpa, Roma, 2015, p. 152, la quale osserva che
" un indebitamento planetario si rivela alla base degli ingranaggi dell'economia mondiale ".

(17) Questa l'immagine a cui fa ricorso DI MAJO, Debito e patrimonio nell'obbligazione, cit., p.
37.

(18) DI MAJO, op. ult. cit., p. 38.

(19) DI MAJO, op. loc. ult. cit. Il tema della crisi economica e del suo impatto sul diritto delle
obbligazioni sviluppato da GRISI, L'inadempimento di necessit, in GRISI (a cura di), Le
obbligazioni e i contratti nel tempo della crisi economica. Italia e Spagna a confronto, cit., p. 281
ss. V. anche PADOVINI, Indebitamento e sovraindebitamento, in Benessere e regole dei rapporti
civili. Lo sviluppo oltre la crisi, Napoli, 2015, p. 415 ss.

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2) ESECUZIONE FORZATA, 2013, 1 (NOTA A SENTENZA)

Le Sezioni Unite riscrivono i requisiti (interni ed esterni) del titolo esecutivo: opinioni a
confronto intorno a Cass., S.U., n. 11067/2012

Bruno Sassani

c.p.c. art. 37

c.p.c. art. 474

c.p.c. art. 479

c.p.c. art. 494

c.p.c. art. 480

c.p.c. art. 605

c.p.c. art. 615

Cass. civ. Sez. Unite, 02 luglio 2012, n. 11067

1. Ha ragione Bruno Capponi nel ribadire i dati fondamentali che caratterizzano l'istituto del titolo
esecutivo quali punti d'arrivo di un lunghissimo dibattito nella letteratura specialistica e di una
lunga esperienza giurisprudenziale (1) . Ed ha ragione nell'elencare gli errori, le sviste e i guasti a
venire del principio di diritto che viene fuori da questa sentenza delle Sezioni Unite. Sentenza
bifronte, a mio parere. Positivamente importante per un aspetto, ma sorta di contrappasso, sotto
altro profilo, per chi ha la colpa di aver contribuito a liberare quel "genio della lampada" che va
sotto il nome (peraltro improprio) di nomofilachia e che impossibile a ricacciare indietro sta
minando la coerenza e la praticabilit dell'ordinamento processuale nella distratta indifferenza di
buona parte della nostra dottrina (2) (tra parentesi, tutto cominciato con l'ardimentosa eversiva
abrogazione dell'art. 37 c.p.c. da parte della Corte Suprema che ha segnato la conversione ad U
della Corte Suprema. Ma di ci in altra sede).

Fatta questa anticipazione, mi limiter qui a svolgere alcune considerazioni sul caso di specie,
scendendo dall'empireo e cercando di ragionare sull'accaduto e data la funzione di questo tipo di
sentenza sull'accadendo per ragionare insieme al lettore s da metterlo in condizione di
contraddirmi senza ambiguit. Cosa era accaduto? Al fatto dedicato il breve cappello iniziale e
sia detto per incidens da una Corte che vuol fare nomofilachia ci si aspetterebbe la bont di
dedicare ai fatti un po' pi di spazio, per evitare il sospetto che essi siano solo lo spunto per la
disquisizione in diritto volta alla formulazione del principio ma non enucleato dal caso, sicch
invece del sacrosanto ex facto oritur jus le volte successive ci si trovi a dover dire ex jure oritur
factum.
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Se ho ben capito, contro un'esecuzione retta da un titolo esecutivo contenente elementi di


ambiguit, era stata proposta opposizione (non per contestare l'utilizzabilit della condanna come
titolo esecutivo) ma per far accertare l'intervenuto pagamento della somma capitale e l'eccedenza
della somma precettata per interessi. L'opponente non se l'era presa con il titolo esecutivo in s, ma
aveva attaccato quella sorta di titolo improprio che Francesco Luiso chiamerebbe "titolo in senso
sostanziale" (titolo di legittimazione all'effettiva soddisfazione); l'opposizione poggiava infatti su
due causae petendi: la sussistenza di un fatto estintivo del "diritto a precedere ad esecuzione
forzata" (art. 615) e l'arbitrariet della determinazione, unilateralmente operata dal creditore, delle
somme ulteriori precettate. Il giudice dell'opposizione non ha ritenuto di dover affrontare e decidere
questi due punti (cio di decidere della materia del contendere sottopostagli), rilevando invece
d'ufficio e decidendo una questione pregiudiziale riguardante la capacit della sentenza di fungere
da titolo esecutivo (c.d. "titolo in senso formale", titolo di legittimazione alla cooperazione degli
organi dell'esecuzione nella terminologia del Luiso). Nella specie il titolo esecutivo utilizzato
consisteva in una condanna a pagare una somma non precisata numericamente, n precisabile ab
intrinseco con meri calcoli, onde, secondo una (abbastanza) condivisa opinione il tribunale ha
dichiarato l'inidoneit del titolo impiegato assumendo che nella pronunzia giudiziale fatta valere
come titolo esecutivo mancano non solo l'esatta determinazione dell'oggetto del credito e cos
dell'ammontare della somma di denaro dovuta, ma anche gli elementi di fatto utili a determinarlo
(parole delle Sezioni Unite). Le Sezioni Unite cassano questa pronuncia con rinvio ad altro giudice
che viene invitato a verificare l'integrabilit del titolo (evidentemente riconosciuto carente dei
requisiti della certezza e della liquidit) per renderlo conforme all'art. 474 c.p.c. attraverso
l'apporto probatorio proveniente dalla parte istante. Di qui il principio di diritto secondo cui il
giudice dell'opposizione all'esecuzione non pu dichiarare d'ufficio la illiquidit del credito, portato
dalla sentenza fatta valere come titolo esecutivo, senza invitare le parti a discutere la questione e a
integrare le difese, anche sul piano probatorio.

Quest'aspetto del non poter decidere senza aver prima indotto le parti al contraddittorio
sacrosanto, ed confortante vedere che la Corte Suprema rende finalmente vita a quello che troppi
giudici considerano una prescrizione scritta sulla sabbia: ogni questione risolta dal giudice di
propria iniziativa e rilevante per la decisione, va preceduta dalla illustrazione alle parti e dall'invito
a contraddire su di essa (la parit delle armi, spesso retoricamente invocata, anche questo). Ma
l'obbligo di provocare il contraddittorio riguarda la nuda questione della idoneit del titolo posto a
base dell'esecuzione a sorreggere l'azione esecutiva (cio a porsi come suo titolo), mentre non pu
essere confusa con la questione dell'integrabilit ab extrinseco del titolo risultante carente di
qualche elemento. Questo aspetto riguarda l'oggetto della questione, ed ha natura diversa dal
problema del trattamento processuale della questione stessa; i due problemi sono distinti e solo
incidentalmente vengono a cumularsi, ponendo l'ulteriore problema del potere del giudice di
procedere all'integrazione anche ove non sollecitato.

Ora ammettiamo pure quel che si dice correntemente, che cio la questione della sussistenza del
titolo (formale) sia rilevabile d'ufficio (3) : questo darebbe luogo al dovere del giudice di sottoporre
la questione al contraddittorio in mancanza di sollecitazione delle parti, ma lascia comunque
impregiudicata l'altra questione dell'integrabilit del titolo carente di elementi riguardanti certezza,

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esigibilit e liquidit del credito. Gli elementi di integrazione possono essere cercati aliunde
(eterointegrazione)

La domanda vuole una precisazione: se, come pare indubitabile, il titolo esecutivo non (di norma)
il dispositivo, ma la sentenza, l'integrazione fatta attraverso l'estrazione dal testo della sentenza
degli elementi necessari non configura eterointegrazione, ma autointegrazione. Nulla quaestio allora
sulla sua praticabilit (cos gi Salvatore Satta, cio il custode pi implacabile del concetto di titolo
quale normativa autosufficiente). Diverso il caso in cui, per aversi integrazione, occorre far
riferimento a materiale esterno alla sentenza/titolo, cio agli atti del processo. E qui la stessa idea
di eterointegrazione ad entrare in conflitto logico con il concetto di "titolo": un titolo che non
funziona da s ma che necessita di un giudizio integrativo, solo il presupposto (uno dei
presupposti) di quel che sar poi il titolo effettivo dell'effetto giuridico e dunque non titolo di
niente e d luogo ad una contradictio in terminis. Dove c' obiettivamente bisogno di un giudizio,
dove il testo documentale "A" non in grado di mettere a fuoco il diritto perch alla determinazione
di questo si pu giungere solo soppesando elementi estrinseci al testo stesso s da dar vita al nuovo
testo "B", gli effetti giuridici del titolo saranno prodotti da "B" e il titolo sar dunque "B". Il che
se la logica non mi inganna equivale a dire che prima di "B" non c'era titolo, non rappresentando
"A" se non un presupposto di "B".

Qualcuno potr legittimamente obiettare che non una tragedia: se ne pu discutere ma solo dopo
che si sia convenuto che, cos ragionando, abbiamo distrutto il concetto di titolo autosufficiente,
cio astratto dalla "causa del titolo" a favore di una nozione sfumata di titolo come fattispecie a
formazione progressiva che di astratto non ha quasi pi nulla. Il che significa che la c.d.
nomofilachia ha iniziato a ritroso il cammino della processualistica che si era illusa di aver trovato
nel concetto di titolo astratto un punto d'arrivo (4) . Illuminante il passo della sentenza in cui si
trova scritto che non sulla base del documento titolo esecutivo che inizia l'esecuzione forzata, ma
sulla base di questo e del precetto ( art. 479 c.p.c. , 1 co.), il quale a sua volta deve contenere la
specificazione che della prestazione della parte obbligata vi fatta dalla parte istante ( art. 480
c.p.c. , comma 1, e art. 605 c.p.c. , comma 1), al fine di consentirne lo spontaneo adempimento (
art. 494 c.p.c. ), nel termine dilatorio a tale scopo previsto dalla legge.

Problemi di "inizio" a parte (su questo v. la critica di Bruno Capponi), la specificazione contenuta
nel precetto (nell'espropriazione) non ha nulla a che vedere con la determinazione del diritto propria
del titolo: il precetto ha la funzione di attualizzare il credito (5) e solo in questo senso lo specifica
ma (sempre restando all'espropriazione) sul presupposto di una identificazione originaria del credito
e nell'impossibilit di supplire alla mancata identificazione. Curiosamente invece dalle Sezioni
Unite viene legittimata un'idea di "titolo aperto", aperto all'integrazione proveniente dal passato
(materiale di causa) e all'integrazione proveniente da un successivo ed unilaterale atto di volont del
creditore (precetto). In armonia con tutto ci si presenta la successiva spiegazione per cui,
sull'inizio delle operazioni esecutive pu essere attivato il sindacato del giudice, che dovrebbe
rassicurare il lettore perch i difetti intrinseci del titolo sfumerebbero di fronte a tale potere (cos
quando la prestazione richiesta non si presenti formulata con la specificit necessaria a mostrarne
la derivazione dal titolo esecutivo). Con queste parole si tende a sdrammatizzare il problema,
senza rendersi conto di dar cos via libera ad un sistema in cui la soglia di procedibilit

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dell'esecuzione cio la soglia di soggezione del debitore viene indebitamente abbassata perch
la soggezione non pi garantita dalla certezza e dai limiti del potere corrispondente al diritto
altrui, ma semplicemente controbilanciata dall'accertabilit (!!) della ragione del creditore. Il
culmine di questo incedere si trova nella affermazione che la precisa individuazione dell'obbligo
dichiarato dal giudice non un requisito formale del provvedimento giudiziario. Provo a tradurre:
il confine tra la piena disponibilit e il congelamento del mio patrimonio incerto, poich la
pignorabilit non pi l'altra faccia dell'esistenza di un altrui titolo di intrusione nella mia sfera
(certezza contro certezza = potere/soggezione), ma finisce per dipendere da ci che il giudice di
merito deve essere stato messo in grado di accertare ed dimostrabile abbia accertato. Il che
sarebbe possibile quando si integri ci che nel provvedimento dichiarato, con ci che gli stato
chiesto e vi appare discusso.

Secondo la sentenza questo sarebbe un vantaggio per tutti: il sicuro vantaggio di costringere le
parti del rapporto controverso al parlare chiaro. Il creditore procedente sarebbe avvantaggiato
dall'essere obbligato ad indicare con precisione nel precetto la prestazione richiesta ed i suoi
perch; il sicuro vantaggio del debitore sarebbe quello di poter contestare con altrettanta
precisione ci che non ritenga dovuto, perch negato o non accertato. Personali limitazioni mi
impediscono di vedere quale sia e dove sia il vantaggio del debitore; l'unica cosa certa che la
Corte ha riscritto l'ordinamento: al precetto conferisce funzioni proprie del titolo, mentre al debitore
(pignorato) attribuisce l'indubbio vantaggio di gravarlo dell'onere di ... rimettere in termine il
creditore a provare (anche in via ricostruttivo-indiziaria) un diritto non evidente.

C'era una volta la actio judicati? (6) ; venne poi il titolo esecutivo, cio fuor di formula
l'esclusione di indagine sulla causa del titolo stesso, con le parallele impugnazioni, di forma o di
merito, autonome, estrinseche e tuttavia idonee ad incidere sull'esito finale del procedimento
giustificato dal titolo. Oggi le Sezioni Unite ci indirizzano verso una sorta di actio judicati a parti
invertite, dove al concetto di titolo quale normativa autosufficiente succede lo sbiadito concetto di
"titolo aperto", un titolo in senso debole con la pi modesta funzione di produrre tale inversione.

-----------------------
(1)
Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di dissolvenza?, CorG, 2012,
1169 ss.
(2)
Con poche bench autorevoli eccezioni: v., per es., la nota di commento a Cass. S.U., 9-10-
2008, n. 24883 da parte di VACCARELLA, GI, 2009, 2, 406 e i saggi contenuti nel volume di
VERDE, Il giudice e la legge, Napoli, 2012 (in particolare Il processo sotto l'incubo della
ragionevole durata).
(3)
Personalmente ne dubiterei (ma so di parlare fuori dal coro) dal momento che l'opposizione
un'impugnazione il cui oggetto va sempre concretamente determinato: se il suo oggetto non il
titolo c.d. "formale" ma quello c.d. "sostanziale", questo vuol dire che alle parti sta bene che si
proceda su quel titolo formale e che esse disputano dell'esistenza dell'obbligo di pagare, onde non si
vede come il giudice possa uscire dall'ambito di quanto gli devoluto, cio dall'ambito della
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controversia. Ho l'impressione che si confonda il potere del giudice dell'esecuzione di valutare la


bont del titolo con il dovere del giudice della cognizione di decidere della controversia effettiva tra
le parti quando la materia del contendere si sia volutamente concentrata sugli obblighi sostanziali.
(4)
Avevo indagato questo aspetto studiando il fenomeno del giudizio d'ottemperanza (v. SASSANI,
Dal controllo del potere all'attuazione del rapporto. Ottemperanza amministrativa e tutela esecutiva
civile, Milano, 1997; il mito dell'astrazione era stato scrutato, in precedenza, dal penetrante saggio
di apertura del volume di VACCARELLA, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, II ed., Torino,
1993).
(5)
O di adattarlo alla volont concreta del creditore.

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3) ESECUZIONE FORZATA, 2013, 1 (NOTA A SENTENZA)

Le Sezioni Unite riscrivono i requisiti (interni ed esterni) del titolo esecutivo: opinioni a
confronto intorno a Cass., S.U., n. 11067/2012

Ernesto Fabiani

cost. art. 111

c.p.c. art. 474

c.p.c. art. 480

c.p.c. art. 612

c.p.c. art. 614-bis

Cass. civ. Sez. Unite, 02 luglio 2012, n. 11067

1. L'interpretazione del titolo esecutivo costituisce uno dei problemi meno esplorati in ordine al
titolo esecutivo (1) , pur rappresentando un momento di indubbio rilievo nell'ambito del processo
esecutivo, la cui delicatezza e complessit si coglie in particolare avuto riguardo, a monte, ai
"rapporti" con i requisiti della "certezza" e della "liquidit" del diritto consacrato nel titolo e, a valle,
alla delimitazione dei confini rispetto all'integrazione del titolo esecutivo (2) .

Com' noto gli stessi requisiti della "certezza" e della "liquidit" del diritto consacrato nel titolo
esecutivo, che dovrebbero rappresentare un punto di partenza sicuro da cui prendere le mosse per
affrontare la problematica dell'interpretazione del titolo, sono tutt'altro che pacifici, posto che, pur
essendosi ritenuto, tanto in dottrina che in giurisprudenza, che il requisito della "certezza", quale
requisito formale del titolo (e non condizione sostanziale dell'esecuzione forzata (3) ), non pu essere
inteso, in negativo, come diritto assolutamente incontestabile (4) e va inteso, in positivo, nel senso
che il diritto deve emergere esattamente e compiutamente, nel suo contenuto e nei suoi limiti dal
relativo provvedimento giurisdizionale o atto negoziale (5) , non mancato al contempo chi ha
ritenuto che la certezza:

- consiste nell'individuazione del bene oggetto dell'intervento esecutivo e del "fare" che deve
essere compiuto e rileverebbe, pertanto, essenzialmente nell'esecuzione specifica, mentre la
liquidit si riferirebbe essenzialmente ai crediti relativi a somme di denaro (o pi in generale a
quantit di cose fungibili) (6) ;

- non sarebbe riferibile agli estremi obiettivi del diritto ma bens soltanto a quelli soggettivi (7) , con
conseguente differente atteggiarsi, anche in questa prospettiva, dei rapporti fra certezza e liquidit
del diritto consacrato nel titolo (8) .

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Detta circostanza indubbiamente non agevola l'approccio ad una problematica gi di per s


particolarmente complessa, che pone delicati interrogativi tanto sotto il profilo soggettivo che
oggettivo del titolo esecutivo.

Basti per tutti pensare, a tal proposito, sotto il profilo oggettivo:

- alla possibilit o meno di procedere ad una cd. eterointegrazione del titolo esecutivo giudiziale con
elementi esterni rispetto alla sentenza, acquisiti o meno al processo nel cui ambito il titolo si
formato (9) ;

- al peculiare atteggiarsi del requisito della "liquidit" del diritto consacrato nel titolo con
riferimento all'esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare ed alla connessa delimitazione del
potere di interpretazione/integrazione del titolo in sede di determinazione delle modalit di
esecuzione ai sensi dell'art. 612 c.p.c. (10) .

E, sotto il profilo soggettivo, oltre alla problematica che viene in rilievo nelle ipotesi in cui il
soggetto tenuto alla prestazione non risulti identificato con chiarezza nel titolo (11) , a quella sottesa
al fenomeno della cd. esecuzione ultra partes (12) , posto che il titolo esecutivo, per poter legittimare
l'azione esecutiva "astratta", dovrebbe individuare in modo compiuto la prestazione dovuta non solo
sotto il profilo oggettivo ma anche soggettivo (sub specie, pi in dettaglio, di esatta identificazione
sia del soggetto tenuto alla prestazione che del destinatario della stessa).

Il tutto nell'ambito di un contesto normativo che, a fronte di titoli condannatori proiettati verso il
futuro (13) e soprattutto della recente introduzione nel nostro ordinamento di una norma quale quella
di cui all'art. 614-bis c.p.c. (14) - che attribuisce la valenza di titolo esecutivo ad una sentenza di
condanna che, sotto il profilo della somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o
inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento, reca un diritto
"incerto" tanto sotto il profilo dell'an che del quantum (15) -, impone di riflettere, in via pi generale,
sulla nozione stessa di titolo esecutivo e sui rapporti fra cognizione ed esecuzione.

Il recente intervento delle S.U. su una tematica cos delicata e complessa qual quella della
interpretazione/integrazione del titolo esecutivo, che avrebbe meritato e meriterebbe maggiore
attenzione anche da parte della dottrina, offre lo spunto per svolgere alcune brevi considerazioni sul
punto, pur nella consapevolezza che non certo questa la sede per tentare di sciogliere tutti i nodi
ancora esistenti.

2. A fronte delle ordinanze di rimessione della III sezione civile della Corte di Cassazione del 14
dicembre 2011 (nn. 26943 e 26944 (16) ) e della conseguente assegnazione da parte del Primo
presidente della Corte di Cassazione alle Sezioni Unite, queste ultime, in relazione alle (due)
questioni ivi sollevate (17) , con la sentenza n. 11067 del 2012 giungono a dare una risposta
affermativa al sotteso interrogativo di fondo consistente nello stabilire, secondo quanto ritenuto
dalle stesse S.U., se, per intendere il significato e l'estensione dell'accertamento compiuto dal
giudice con la sentenza ed in genere per decidere della sua autorit, sia dato integrare il pensiero del
giudice consegnato alla sentenza con quanto risulta dagli atti delle parti, dai documenti da esse
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prodotti, dalle relazioni degli ausiliari del giudice, se ne siano stati introdotti nel processo in cui la
sentenza che ha definito il giudizio stata pronunziata. In ci volendo espressamente abbandonare
la soluzione che postula una identificazione del titolo esecutivo col documento in cui consacrato
l'obbligo da eseguire e da tale identificazione fa discendere il divieto di interpretazione
extratestuale per abbracciare, invece, l'opposta impostazione che intende la precisa
individuazione dell'obbligo dichiarato dal giudice non come un requisito formale del provvedimento
giudiziario, ma come ci che il giudice di merito deve essere stato messo in grado di accertare ed
dimostrabile abbia accertato, quando si integri ci che nel provvedimento dichiarato, con ci che
gli chiesto e vi appare discusso.

Al fine di pervenire alla suddetta conclusione le S.U. argomentano fondamentalmente:

1) da una nozione di titolo esecutivo tendente ad identificare quest'ultimo non con il documento
(nella specie rappresentato dalla sentenza) ma con il giudizio di cui questo costituisce espressione
(nella specie reso all'esito del procedimento), cui strettamente legata la conseguente possibilit di
ricorrere agli atti (del relativo procedimento) su cui si fonda detto giudizio al fine di colmare, in via
integrativa, l'eventuale incertezza da cui sia affetto il (diritto consacrato nel) titolo (18) ;

2) dall'attribuzione al precetto, che si atteggerebbe fondamentalmente in termini di provocatio ad


opponendum del debitore esecutato, di una funzione integrativa rispetto al titolo esecutivo (19) ;

3) dalla possibilit per l'esecutato di provocare un controllo, attraverso le opposizioni, sia sulla
certezza del (diritto consacrato nel) titolo che sulla specificazione della relativa prestazione operata
dal creditore in sede di precetto, nonch di ottenere, in detta sede, la sospensione dell'inizio
dell'esecuzione (20) ;

4) dalla sostanziale attribuzione, in via pi generale, di una funzione "surrogatoria" rispetto alla
incertezza del (diritto consacrato nel) titolo al sindacato esercitabile sul punto da parte del giudice
sia prima dell'inizio dell'esecuzione (attraverso il rimedio delle opposizioni) che durante lo
svolgimento del processo esecutivo (attraverso la sollecitazione del potere di controllo della
esistenza del titolo esecutivo spettante al giudice dell'esecuzione) (21) ;

5) da motivi, per cos dire, di opportunit, in quanto, per l'effetto, si otterrebbe il sicuro vantaggio
di costringere le parti del rapporto controverso al parlare chiaro (22) e, dunque, nella misura del
possibile, ma anche del dovuto in termini di efficacia della funzione giurisdizionale, ne sar resa
possibile la effettiva definizione della controversia ed evitato di dare spazio a comportamenti solo
dilatori.

Al contempo, la S.C., a sostegno del proprio assunto, invoca gli indirizzi giurisprudenziali della
Corte in tema di:

6) interpretazione/ricostruzione del giudicato (anche esterno), ove pacifico che, non al fine di
sovvertire un significato della sentenza chiaro alla luce del dispositivo e della relativa motivazione,
ma per superare le incertezze lasciate da questi aspetti del documento sentenza, rientra nei poteri del
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giudice risalire alla formulazione delle domande delle parti e, secondo alcune decisioni anche
agli atti del processo in cui la sentenza stata pronunciata (23) ;

7) esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare, ove si rinvengono nella giurisprudenza della
Corte decisioni che, quando si tratta di superare incertezze lasciate dalla formulazione del
provvedimento del giudice fatto valere come titolo esecutivo, affermano che tali incertezze si
prestano ad essere superate attraverso gli atti del processo in cui la decisione da eseguire stata
pronunciata e tra questi le relazioni di consulenza (24) ;

8) esecuzione forzata per espropriazione, ove, seppur in contrasto con difforme indirizzo (25) , si
consente l'integrazione extratestuale a condizione che i dati di riferimento siano stati acquisiti al
processo in cui il titolo giudiziale si formato (26) .

3. Nonostante l'autorevolezza dell'estensore, e pur dando atto alla S.C. della estrema delicatezza e
complessit della problematica affrontata, per i motivi evidenziati in premessa, credo che vadano
respinte con fermezza le conclusioni cui la Corte di Cassazione giunge.

Non condivido, pi in dettaglio, nessuno dei passaggi argomentativi cui ricorre la S.C. al fine di
pervenire alle suddette conclusioni in quanto, fondamentalmente, per l'effetto si determina uno
stravolgimento:

1) della nozione di titolo esecutivo, posto che questa tradizionalmente ancorata all'atto o al
documento (27) e non certo al giudizio che di questo costituisce espressione, come ampiamente
comprovato dalla evoluzione di questo istituto (28) , contrassegnata fondamentalmente, quanto meno
ai fini che qui rilevano:

1a) da una nozione di azione (esecutiva) astratta (29) , in forza della quale il diritto viene in rilievo
per come rappresentato nel titolo (e non per ci che sul piano sostanziale), e che , dunque,
sganciata dal diritto sostanziale fatto valere in sede esecutiva, nonch, a maggior ragione,
dall'accertamento (del diritto sostanziale) che ha condotto alla formazione del titolo esecutivo (30) ;
1b) dal connesso principio nulla executio sine titulo, in forza del quale non solo non pu esservi
esecuzione (ordinaria) in difetto di titolo esecutivo, ma non possono neanche legittimarsi atti
esecutivi oltre ci che il titolo esecutivo, nella sua obiettiva portata, legittima (31) ;

2) della nozione di "certezza" del diritto consacrato nel titolo, tradizionalmente intesa, come si gi
avuto modo di evidenziare, nel senso che il diritto "certo" quello che deve emergere esattamente
e compiutamente, nel suo contenuto e nei suoi limiti dal relativo provvedimento giurisdizionale o
atto negoziale;

3) dei rapporti fra accertamento/cognizione, da un lato, ed esecuzione (32) , dall'altro, posto che il
ricorso, nella sostanza, ad una nuova nozione di titolo esecutivo, inteso quale titolo aperto o
fattispecie a formazione progressiva (33) apre evidentemente degli spazi per
l'accertamento/cognizione nell'ambito del processo esecutivo genericamente inteso, e dunque a
prescindere da eventuali ragioni giustificatrici specificamente legate alle peculiarit proprie di
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talune ipotesi di esecuzione (34) , che vanno ben al di l dei confini della mera interpretazione del
titolo esecutivo, cui , invece, strettamente legata la tradizionale nozione di titolo esecutivo;

4) della nozione stessa di interpretazione del titolo esecutivo, tradizionalmente circoscritta


nell'ambito di limiti assai esigui per la necessit di garantire il valore letterale del titolo (35) ;
limiti che finiscono peraltro per coincidere, quanto meno in via tendenziale, con i confini della cd.
autointegrazione (ossia della integrazione del dispositivo con il contenuto della motivazione e non
anche con altri atti del processo) (36) ;

5) della funzione del contraddittorio nell'ambito del processo esecutivo, cui, singolarmente, le S.U.
attribuiscono una rilevanza ai fini della specificazione del diritto contenuto nel titolo esecutivo
evidentemente confacente ad una dimensione cognitiva e non esecutiva, a fronte di un indirizzo
della Cassazione in materia (37) che, nonostante la riforma dell'art. 111 Cost. , stenta ancora a
riconoscere al principio del contraddittorio quella pi circoscritta rilevanza che dovrebbe comunque
essergli propria nell'ambito di un processo (non di cognizione ma) di esecuzione (38) ;

6) della funzione del precetto, che consiste, conformemente a quanto inequivocabilmente previsto
dall'art. 480 c.p.c. , nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo, con
conseguente esclusione di ogni possibile funzione integrativa rispetto al titolo esecutivo, quanto
meno nei termini in cui la intendono le S.U. (ossia quale possibile strumento per conseguire quella
"certezza" del diritto che invece, ai sensi di quanto inequivocabilmente previsto dall'art. 474 c.p.c. ,
costituisce un requisito indefettibile del diritto consacrato nel titolo esecutivo (39) );

7) dei rapporti fra titolo esecutivo/precetto/notificazione al debitore, da un lato, ed opposizioni,


dall'altro, posto che alle attivit antecedenti all'inizio dell'esecuzione (di notificazione del titolo
esecutivo e del precetto) non pu essere attribuita una funzione di provocatio ad opponendum nei
termini che sono propri di istituti strutturalmente differenti dal processo di esecuzione forzata (40) ;

8) della funzione delle opposizioni, che, come efficacemente evidenziato, non certo quella di
consolidare la domanda esecutiva o di favorire un dialogo tra le parti circa l'interpretazione o,
addirittura, l'integrazione del titolo (41) .

A ci si aggiunga che non regge affatto:

9) l'assimilazione fra interpretazione del titolo esecutivo ed interpretazione del giudicato, posto che:

9a) come ha avuto modo di evidenziare la stessa S.C., nell'occuparsi dell'interpretazione del titolo
esecutivo consistente in una sentenza passata in giudicato: in sede di esecuzione, la sentenza
passata in giudicato, pur ponendosi come "giudicato esterno" (in quanto decisione assunta fuori del
processo esecutivo), non opera come decisione della controversia, bens come titolo esecutivo e,
pertanto, al pari degli altri titoli esecutivi, non va intesa come momento terminale della funzione
cognitiva del giudice, bens come presupposto fattuale dell'esecuzione, ossia come condizione
necessaria e sufficiente per procedere ad essa (42) ;

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9b) siamo, comunque, di fronte ad operazioni distinte che hanno ad oggetto realt distinte:
quest'ultimo profilo di tutta evidenza solo ove si pensi come si pu avere un titolo esecutivo anche
in assenza di giudicato; ma anche il primo profilo emerge con assoluta nettezza solo ove si consideri
come, nell'un caso si tratta di delimitare i confini dell'accertamento che fa stato fra le parti e
nell'altro caso, invece, della condanna cos come consacrata nel titolo a prescindere dal grado di
definitivit che connota il sotteso accertamento (43) ;

10) la sovrapposizione tra sentenza quale provvedimento decisorio e sentenza quale titolo
esecutivo, posto che un provvedimento potrebbe essere congruamente motivato e ciononostante
essere carente dei requisiti richiesti dall'art. 474 c.p.c. per essere un valido titolo esecutivo (44) .

Al contempo, occorre altres evidenziare come l'indirizzo giurisprudenziale che tende ad ammettere
l'integrazione "extratestuale" del titolo in tema di espropriazione forzata, che le S.U. invocano a
sostegno del proprio assunto, ha in realt una portata ben pi circoscritta delle conclusioni cui la
S.C. perviene argomentando (anche) dallo stesso.

Basti a tal proposito evidenziare come, le pronunce che fanno capo al suddetto indirizzo -
accomunate tutte dall'operare un'apertura verso il superamento della lettera del titolo in favore della
integrazione dello stesso ad opera dell'organo cui demandato l'atto esecutivo -, nell'ammettere
l'eterointegrazione (ossia l'integrazione con altri atti del processo) e non solo l'autointegrazione
(ossia l'integrazione del dispositivo con il contenuto della motivazione), hanno cura, per un verso di
non operare un'apertura indiscriminata ad ogni possibile elemento esterno (45) e, per altro verso, di
circoscrivere ulteriormente detta apertura ponendo l'accento sul fatto che il ricorso ad elementi
esterni rispetto al titolo consentito solo al fine di procedere alla determinazione del credito
attraverso un mero calcolo matematico (46) .

Le S.U., invece, finiscono evidentemente per aprire ad una eterointegrazione del titolo che va ben al
di l di un'operazione consistente nel mero calcolo matematico effettuato sulla base delle risultanze
processuali.

Non siamo pi, in altri termini, dinanzi ad un indirizzo la cui portata pu essere ricondotta nei
circoscritti confini della esigenza di ovviare, per lo pi in materia di lavoro e previdenza (47) e fatte
comunque salve le dovute diversificazioni (48) , ad una applicazione eccessiva e impediente del
principio di autosufficienza del titolo esecutivo (49) .

Tanto vero che, a ben vedere, l'apertura effettuata dalle S.U. si spinge fino a ricomprendere
(anche) un qualcosa che (non solo estraneo alla motivazione ma) non neanche attuale, ma bens
solo meramente potenziale, nel senso che l'eterointegrazione potrebbe avere ad oggetto (anche)
quanto sarebbe potuto emergere dal contraddittorio delle parti ove il giudice le avesse invitate a
discutere la relativa questione in sede di opposizione (50) .

Si consideri, infine, che l'indirizzo propugnato dalle S.U. finisce, a ben vedere, anche per
determinare una ingiustificata diversificazione della nozione di titolo esecutivo giudiziale da quello
di titolo esecutivo stragiudiziale sotto il profilo in esame, dato che, evidentemente, la nozione di
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titolo esecutivo enucleata, nonch le argomentazioni su cui essa si fonda, sono difficilmente
esportabili dal contesto del titolo giudiziale, con riferimento al quale sono formulate, a quello del
titolo stragiudiziale. Con la conseguenza, peraltro, che, in ragione delle ricadute che l'indirizzo
propugnato dalle S.U. hanno su taluni istituti del processo esecutivo e sulla struttura stessa di
quest'ultimo, dovrebbe al contempo ammettersi che il processo esecutivo si atteggi in modo
differente, sotto tutti i profili in precedenza evidenziati, a seconda che si fondi su un titolo esecutivo
giudiziale o stragiudiziale.

4. Quanto, infine, alla giurisprudenza in tema di esecuzione forzata per obblighi di fare o di non fare
richiamata dalle S.U., non tanto la non estensibilit all'espropriazione forzata che va rimarcata,
quanto soprattutto, a monte, la non assimilabilit dell'espropriazione forzata all'esecuzione specifica
per obblighi di fare o di non fare sotto il profilo della "certezza" (rectius liquidit) del diritto
consacrato nel titolo, stante il peculiare atteggiarsi di quest'ultima con riferimento all'esecuzione
forzata di obblighi di fare o di non fare. Ci fondamentalmente in ragione della peculiarit propria:

1) a monte, degli obblighi di fare rispetto agli obblighi di pagare una somma di danaro o di
consegnare o rilasciare un bene mobile o immobile (51) , trattandosi di obblighi che, a differenza di
questi ultimi, non possono essere totalmente cristallizzati in una determinazione preventiva,
necessitando, piuttosto, di ulteriori specificazioni la cui portata ed i cui contenuti potranno essere
determinati dal giudice solo al momento della loro concreta attuazione (52) ;

2) a valle, della determinazione delle modalit dell'esecuzione degli obblighi di fare o di non fare,
dato che essa non attiene ad un aspetto strumentale (la trasformazione dei beni pignorati in danaro)
come nell'esecuzione per espropriazione, ma al contenuto dell'obbligo, per cui in rerum natura che
il g.e. possa incidere sulla portata del titolo esecutivo (53) .

Circostanza, questa, che induce evidentemente a ritenere che solo in tal caso, per i motivi in
precedenza evidenziati, l'ordinamento:

a) per un verso, si accontenta di un livello di liquidit del diritto consacrato nel titolo esecutivo pi
basso di quello richiesto in tema di espropriazione forzata ed esecuzione specifica per consegna o
rilascio, fondamentalmente consistente nel ritenere sufficiente la mera indicazione del risultato da
conseguire in sede esecutiva (rimettendo al g.e. la determinazione delle concrete modalit
necessarie per conseguirlo) (54) ;

b) per altro verso, a fronte del peculiare atteggiarsi del titolo esecutivo nei termini di cui sopra,
attribuisce al g.e. una funzione essenzialmente cognitiva nel momento in cui gli riconosce il potere
di specificare/integrare il contenuto del titolo esecutivo in sede di determinazione delle modalit
dell'esecuzione ai sensi dell'art. 612 c.p.c. , cos come ampiamente comprovato dalla evoluzione
giurisprudenziale esistente in materia (55) , indubbiamente nel senso:

b1) del superamento del pi risalente orientamento restrittivo tendente a circoscrivere il potere di
determinazione delle modalit dell'esecuzione del g.e. nei circoscritti confini della sola
designazione dell'ufficiale giudiziario e dei terzi esecutori dell'opera in favore del pi recente
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orientamento estensivo tendente, per l'appunto, a riconoscere al g.e., in tal caso, un vero e proprio
potere di specificazione/integrazione del titolo esecutivo;

b2) del ricorso all'appello, quale strumento di controllo sull'esercizio del suddetto potere da parte
del g.e., non quale rimedio-limite avverso l'abnormit del provvedimento ma quale ordinario
controllo sul contenuto dell'accertamento (per l'effetto evidentemente di tipo cognitivo) operabile
dal g.e. (56) .

Il che significa, ai fini che qui rilevano, che in sede di esecuzione forzata di obblighi di fare o di non
fare il g.e. gode di un potere di interpretazione ed integrazione del titolo esecutivo particolarmente
ampio, ma questo non significa affatto che dette conclusioni possano essere estese
all'espropriazione forzata, ed anzi, la peculiarit propria dell'esecuzione specifica per obblighi di
fare o di non fare, per i motivi in precedenza evidenziati, induce a concludere in senso
diametralmente opposto.

5. In definitiva non c' che da augurarsi che l'infelice intervento delle S.U. in una materia cos
delicata e complessa qual quella della interpretazione/integrazione del titolo esecutivo, che
avrebbe meritato e meriterebbe maggiore attenzione anche da parte della dottrina, possa
rappresentare l'occasione per intraprendere un percorso di approfondimento, dottrinale e
giurisprudenziale, che, impregiudicati quelli che dovrebbero ormai rappresentare dei punti fermi (in
precedenza sinteticamente evidenziati), miri a sciogliere i non pochi nodi ancora esistenti. Si pensi,
a titolo meramente esemplificativo, alla:

a) individuazione dei criteri sulla cui base si debba procedere all'interpretazione del titolo esecutivo
(sub specie, pi in particolare, di possibilit o meno di ricorrere, in tutto o solo in parte, ai criteri
che sono propri della interpretazione della legge);

b) utilizzabilit o meno dei medesimi criteri con riferimento a tutte le differenti tipologie di titoli
esecutivi, e segnatamente sia con riferimento a quelli giudiziali che stragiudiziali;

c) individuazione dei soggetti cui spetti detto potere/dovere di interpretazione del titolo (sub specie,
pi in particolare, di spettanza dello stesso al solo giudice o, come sembrerebbe pi corretto, sia pur
in differente misura, anche al cancelliere e all'ufficiale giudiziario);

d) individuazione delle modalit e della forma della decisione del giudice su eventuali questioni
insorte fra le parti in ordine alla interpretazione del titolo esecutivo (57) .

-----------------------
(1)
V. invece il contrasto nella giurisprudenza di merito, con riferimento alla penale nei cautelari:
T. Napoli, 30-4-2008, FI, 2008, I, 2029, immaginando una competenza concorrente del giudice
dell'esecuzione, o in sede di merito, ma non del giudice dell'attuazione del cautelare; contra T.
Milano, 22-9-2007, FI, 2008, I, 280; cfr. anche A. Milano, 10-2-2004, GI, 2004, 1443.

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Cos BUCOLO, Appunti, segnalazioni e proposte sull'interpretazione del titolo esecutivo, GI, 1983,
IV, 136.
(2)
Cfr. per tutti sulla problematica della interpretazione del titolo esecutivo, sotto gli specifici profili
indicati nel testo: GRASSO, voce Titolo esecutivo, Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 700-701;
VACCARELLA, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, Torino, 1993, 155-156; ROMANO, voce
Titolo esecutivo, Digesto/civ., V Agg., Torino, 2010, 999-1000; BUCOLO, Appunti, segnalazioni e
proposte sull'interpretazione del titolo esecutivo, cit., 136 ss.
(3)
Cfr. GRASSO, Titolo esecutivo, cit., spec. 692; nonch pi ampiamente ANDOLINA,
Introduzione alla teoria del titolo esecutivo, Milano, 1968, 380 ss.
(4)
Cfr. VACCARELLA, voce Titolo esecutivo, Enc. giur., XXXI, Roma, 1994, 3, nel richiamare a
titolo esemplificativo, a conferma di tale assunto, l'ipotesi della sentenza esecutiva ancora soggetta
ad impugnazione; ma v. anche ROMANO, voce Titolo esecutivo, cit., 990.
(5)
Cos, nel riprendere quanto ritenuto dalla Cassazione (con sentenza n. 1455 del 1983), GRASSO,
voce Titolo esecutivo, cit., 692; ma v. anche: ROMANO, Titolo esecutivo, cit., 990; CAPPONI,
Manuale di diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2012, 167.
(6)
Cos LUISO, Diritto processuale civile. III. Il processo esecutivo, Milano, 2011, 22. Contra
CAPPONI, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, cit., 167-168, secondo il quale detta opinione
non pu essere seguita, sebbene vada al tempo stesso riconosciuto che il requisito della "liquidit"
posto con riferimento esclusivo all'espropriazione forzata, posto che il requisito della certezza
rimanda alla corretta e compiuta identificazione della prestazione dovuta, del soggetto tenuto a
compierla e di quello che ha diritto a riceverla e dovrebbe, pertanto, escludersi che detto requisito
possa essere riferito al contenuto dell'attivit volta per volta richiesta al giudice dell'esecuzione o
all'ufficio esecutivo, di modo tale che sarebbe "certo" il diritto al rilascio immobiliare (perch
riferito ad un immobile determinato gi nel titolo esecutivo), "certo" il diritto di far distruggere
l'opera abusiva realizzata (anch'essa precisamente individuata nel titolo esecutivo), ma non
altrettanto "certo" il diritto di far espropriare beni del debitore (perch il titolo esecutivo non
individua i beni che formano la garanzia generica ex art. 2470 c.c.). La "certezza", infatti, non
riguarda l'attivit richiesta in sede esecutiva, e che potr avere diversi contenuti a seconda del tipo
di esecuzione intrapresa o del bene che in concreto ne forma oggetto, bens il diritto consacrato nel
titolo esecutivo: si tratta cio di un requisito che riguarda l'accesso al processo esecutivo, e che non
dice nulla sulla struttura che in concreto dovr assumere l'esecuzione.
(7)
Cfr. MASSARI, voce Titolo esecutivo, NN.D.I., XIX, Torino, 1973, 379, secondo il quale la
certezza del diritto andrebbe riferita in primo luogo alla sua appartenenza ad un determinato
soggetto; e dunque anzitutto certezza che il diritto appartenga al titolare indicato; in secondo luogo
anche certezza circa la individuazione del soggetto passivo dell'esecuzione, il debitore; sempre,
s'intende, secondo la realt ritenuta ed enunciata nel titolo esecutivo), mentre all'oggetto si
riferiscono invece gli altri due requisiti del titolo esecutivo, la liquidit e l'esigibilit.
Diversamente, secondo altra parte della dottrina, la certezza, pur risolvendosi comunque nella
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necessit che, al di l dell'astratta riconduzione al tipo, l'atto o provvedimento concretamente


ritragga un diritto soggettivo in modo sufficientemente chiaro e determinato, andrebbe riferita (non
solo agli estremi soggettivi ma) anche agli estremi oggettivi del diritto: cfr. ROMANO, Titolo
esecutivo, cit., 990 testo e nota 122, il quale pone l'accento sul fatto che l'atto o il provvedimento
debba concretamente ritrarre un diritto soggettivo in modo sufficientemente chiaro e determinato
anche, ma non solo dal punto di vista delle personae, ritenendo che cos, ad esempio, il
requisito far difetto allorch una sentenza di condanna, magari per via d'un insanabile contrasto tra
motivazione e dispositivo, non consenta in alcun modo l'individuazione chiara del credito
insoddisfatto, ovvero non permetta l'esatta individuazione del bene da consegnare o rilasciare; ma
v. anche VACCARELLA, Titolo esecutivo, cit., 3, il quale, nel richiamare la posizione di SATTA
(Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1959/1965, 86), sottolinea come "certo"
significhi che dal titolo il diritto deve risultare nei suoi estremi oggettivi e soggettivi; e dunque, dal
lato oggettivo, ribadisce l'esigenza di liquidit e cio di determinazione, o determinabilit, con
operazione aritmetica, della quantit dovuta e di esigibilit e cio di assenza di elementi
impeditivi (termine, condizione, imposizione di cauzione ) all'esercizio dell'azione.
(8)
Cfr. GRASSO, Titolo esecutivo, cit., 692, secondo il quale un problema di certezza pu sorgere
principalmente con riguardo al diritto che si realizza con l'attivit altrui consistente in un fare o
nella consegna di un bene mobile o nel rilascio di un immobile, ipotesi nelle quali necessaria una
precisa individuazione, oltre che dei soggetti, dell'oggetto del rapporto sostanziale risultante dal
titolo. Trattandosi del pagamento di una somma di danaro, l'esigenza della determinazione del
diritto pu riguardare l'elemento soggettivo, mentre in ordine all'oggetto la certezza tende a
confondersi con la liquidit.
(9)
Che poi, fondamentalmente, il problema fatto oggetto di intervento da parte delle Sezioni Unite
sul quale avremo modo di soffermarci diffusamente oltre.
(10)
Su cui cfr. per tutti BORRE', Esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare, Napoli,
1966, spec. 175 ss., 251 ss., 310 ss. e 385 ss.
(11)
Cfr. nella pi recente giurisprudenza Cass. 22-2-2008, n. 4651 (RFI, 2008, voce Esecuzione in
genere, n. 44) secondo la quale il giudice dell'opposizione all'esecuzione davanti al quale il diritto
a procedere ad esecuzione forzata sia contestato, sotto il profilo che mancherebbe la coincidenza tra
il soggetto nei cui confronti l'esecuzione minacciata e quello contro il quale si formato il titolo
esecutivo giudiziale, deve interpretare il titolo esecutivo e tale interpretazione pu essere condotta
anche alla stregua degli atti del giudizio in cui il provvedimento costituente titolo esecutivo e stato
pronunciato; pertanto, nel caso di sentenza resa su domanda rivolta contro soggetto individuato in
base alla sua ditta, e di citazione notificata a persona indicata nell'atto come titolare della stessa ditta
ed il cui nome in tale ditta riprodotto, ancorch con l'aggiunta "e figli", conforme a diritto
interpretare la sentenza nel senso di ritenerla pronunziata in confronto del soggetto indicato nella
citazione come titolare della ditta. E nella giurisprudenza pi risalente Cass. 28-4-1975, n. 1638
(GI, 1976, I, 1, 268 ss., con nota BUCOLO, Sull'interpretazione del titolo esecutivo da parte del
giudice dell'opposizione all'esecuzione), secondo la quale in sede di opposizione all'esecuzione
pu procedersi all'interpretazione del titolo esecutivo del quale venga contestato l'aspetto

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legittimativo soggettivo (nella specie, passivo) adottando criteri d'identificazione basati tanto
sull'attivit svolta quanto sull'interesse che l'ha caratterizzata.
(12)
Su cui cfr. per tutti LUISO, L'esecuzione ultra partes, Milano, 1984.
(13)
Su cui cfr. da ultimo, con riferimento alla peculiare ipotesi dei provvedimenti giudiziali aventi ad
oggetto il mantenimento dei figli (e, pi specificamente, le spese mediche e scolastiche), DANOVI,
La Cassazione amplia le maglie del titolo esecutivo per le spese straordinarie (mediche e
scolastiche) nei processi della famiglia, RDPr, 2012, spec. 1063 e 1065-1066.
(14)
Norma peraltro preceduta da altre previsioni normative (su cui cfr. per tutti CAPPONI, Ma
l'astreinte in materia brevettuale titolo esecutivo?, REF, 2004, 779 ss.; ID., Manuale di diritto
dell'esecuzione civile, cit., 27 ss.) che, seppur con portata pi circoscritta, avevano gi sollevato,
sotto il profilo che qui rileva, problematiche analoghe.
(15)
Cfr. per tutti PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di condanna (trentacinque anni dopo), FI,
2010, V, 266; GAMBINERI, Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare, FI, 2009,
V, 323. Non a caso, del resto, non mancato chi, in dottrina (BALENA, Istituzioni di diritto
processuale civile. III. I processi speciali e l'esecuzione forzata, Bari, 2012, 166), ha ritenuto che nel
caso di specie ci troveremmo di fronte ad una sorta di condanna in futuro dall'oggetto
indeterminato, che l'attore vittorioso pu porre in esecuzione in qualunque momento, adducendo
semplicemente l'intervenuta violazione (o reiterate violazioni) dell'obbligo assistito dalla misura
coercitiva.
(16)
Ordinanze gemelle, la prima delle quali pubblicata in REF, 2012, 141 ss., unitamente alla
Relazione dell'Ufficio del Massimario, nonch alla nota di MAJORANO, Questioni controverse in
tema di poteri di rilevazione officiosa del giudice dell'opposizione all'esecuzione e di
interpretazione del titolo esecutivo, ed alle osservazioni di CAPPONI, Incerto il diritto nell'incerto
titolo.
(17)
E cio: 1) se il giudice dell'opposizione al precetto abbia il potere di verificare d'ufficio
l'inidoneit del titolo a fondare l'azione esecutiva, con riguardo alla illiquidit del credito in esso
rappresentato, o se debba limitare il suo sindacato ai motivi dedotti dall'opponente; 2) se costituisca
valido titolo esecutivo, sotto il profilo della liquidit del credito, una sentenza di condanna al
pagamento di una somma di danaro quantificabile solo attraverso elementi di fatto non menzionati
nel provvedimento ma acquisiti al processo o se, viceversa, l'esatta quantificazione dell'importo
debba poter avvenire sulla base dei soli dati contenuti nel provvedimento.
(18)
Secondo la S.C., infatti, l'art. 474 c.p.c. , nella parte in cui richiede che il diritto accertato sia
esattamente individuato e ricorrano le condizioni perch ne possa essere preteso l'adempimento, in
realt non implica per s un'esigenza di compiutezza del documento giudiziario, la cui mancanza
impedisca di accedere agli atti del processo in cui il provvedimento formato, data la funzione
propria di quel documento, che di esprimere il giudizio che sulla base appunto di quegli atti
destinato a doversi formare all'esito della relativa fase del procedimento. Ed al contempo dovrebbe
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

ritenersi che, a proposito delle sentenze e dei provvedimenti ed atti del giudice cui la legge
attribuisce espressamente efficacia esecutiva, l'idoneit a fondare la relativa azione dipende dalla
valutazione che l'ordinamento esprime circa l'altrettale idoneit dei relativi procedimenti ad
accertare i diritti vantati nel processo, idoneit che a sua volta deriva dalla cognizione a loro
riguardo da svolgersi nelle pertinenti forme di contraddittorio.
(19)
La S.C. pone, infatti, in rilievo come l'esecuzione forzata non inizia sulla base del solo
documento titolo esecutivo ma sulla base di questo e del precetto (art. 479, 1 co., c.p.c.), il
quale a sua volta deve contenere la specificazione che della prestazione della parte obbligata vi
fatta dalla parte istante (art. 480, 1 co. c.p.c., e art. 605, 1 co. c.p.c.), al fine di consentire lo
spontaneo adempimento ( art. 494 c.p.c. ), nel termine dilatorio a tale scopo previsto dalla legge.
(20)
Ritiene, pi precisamente, la S.C. che sull'inizio delle operazioni esecutive pu essere attivato il
sindacato del giudice e si pu anche ottenere la sospensione dell'inizio dell'esecuzione (artt. 618,
2 co., e 615, 1 co., c.p.c.) attraverso le opposizioni che precedono tale inizio e con le quali da un
lato possibile attaccare il precetto, se la prestazione che vi stata richiesta non si presenti
formulata con la specificit necessaria a mostrarne la derivazione dal titolo esecutivo (art. 617, 1
co., c.p.c.), dall'altro possibile sollevare contestazioni a riguardo della stessa specificit
dell'oggetto della condanna espressa nel titolo (art. 615, 1 co c.p.c).
(21)
Secondo la S.C., pi in dettaglio, l'incertezza circa l'esatta estensione dell'obbligo dichiarato
nella sentenza e negli altri tipi di provvedimenti cui la legge ricollega efficacia esecutiva, incertezza
che del resto pu essere relativa, tale cio da non estendersi al suo intero aspetto oggettivo, pu
essere superata, oltre che prima dell'inizio dell'esecuzione attraverso il rimedio delle opposizioni
che la precedono, anche, a processo esecutivo iniziato, attraverso la sollecitazione del potere che
pur riconosciuto al giudice dell'esecuzione in tema di controllo della esistenza del titolo
esecutivo.
(22)
Pi in dettaglio, il creditore procedente indicando con precisione nel precetto la prestazione
richiesta ed i suoi perch; il debitore con altrettanta precisione contestando ci che ritenga non
dovuto, perch negato o non accertato, ponendolo a base delle opposizioni che possono precedere o
seguire l'inizio dell'esecuzione od affidandole al giudice dell'esecuzione ai fini del suo controllo
sull'estensione del titolo; il creditore dal canto suo proponendo domanda riconvenzionale ai fini di
accertamento di quanto possa essere ritenuto gi non accertato o controbattendo le allegazioni
interne al processo esecutivo fatte dal debitore.
(23)
Cfr. Cass. 20-7-2011 n. 15902, CED Cass.; Id., 7-2-2007 n. 2721, RFI, 2007, voce Cosa
giudicata civile, n. 25; Id., 23-11-2005 n. 24594, RFI, 2005, voce cit., n. 49; Id., 27-4-1996 n. 3916,
RFI, 1996, voce cit., n. 9; Id., 26-7-1996 n. 6751, ibid., n. 6; Id., 10-6-1995 n. 6559, RFI, 1995,
voce cit., n. 15; Id., 26-5-1991 n. 7186, RFI, 1991, voce cit., n. 11.
(24)
Cfr. per tutte Cass. 14-3-2003, n. 3786, RFI, 2003, voce Esecuzione di obblighi di fare, n. 13.

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(25)
Che nega valore di titolo esecutivo alla decisione di condanna, quando il documento cui
questa consegnata non contiene gli elementi sufficienti a rendere liquido il credito con calcolo
puramente matematico, e cos nega che si possa fare riferimento ad elementi esterni, non desumibili
dal titolo, pur se presenti nel processo che ha portato alla formulazione della condanna (cfr. Cass.
28-4-2010, n. 10164, OGL, 2010, I, 489 ss.; Id., 23-4-2009, n. 9693, RFI, 2009, voce Esecuzione in
genere, n. 35; Id., 17-4-2009, n. 9245, MGI, 2009, 571 con nota di Mimmo; Id., 21-11-2006, n.
24649, RCDL, 2007, 291 con nota di Cafiero).
(26)
Cfr. per tutte Cass. 29-1-2004, n. 22427, RFI, 2004, voce Lavoro (rapporto), n. 1741; Id., 8-5-
2003, n. 6983, RFI, 2003, voce Esecuzione in genere, n. 14; nonch, con riferimento ad una ipotesi
di esecuzione forzata promossa sulla base di un titolo esecutivo costituito da decreto ingiuntivo che
riconosca gli interessi e la rivalutazione monetaria senza stabilirne la decorrenza o fissandola in
modo impreciso, Cass. 15-3-2006, n. 5683 (RFI, 2006, voce Esecuzione in genere, n. 65), secondo
la quale il giudice dell'opposizione deve verificare se essa possa essere stabilita in base ai
documenti sui quali fondato il decreto, potendo estendere l'indagine intesa a determinare il
contenuto e la portata precettiva del titolo esecutivo ai documenti della fase monitoria, purch
utilizzati ai fini dell'emanazione del provvedimento.
(27)
Cfr. VACCARELLA, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, cit., 32 ss.; MAZZARELLA,
Contributo allo studio del titolo esecutivo, Milano, 1965, 33 ss.
(28)
Su cui cfr. VACCARELLA, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, cit., 11 ss.
(29)
Su cui cfr. MANDRIOLI, L'azione esecutiva, Milano, 1955.
(30)
Cfr. da ultimo CAPPONI, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di
dissolvenza?, CorG, 2012, 1169, 1172 e 1175, secondo il quale astrattezza significa che il titolo
esecutivo legittima ad un'azione non causale, svincolata cio dal riferimento alla vicenda sostanziale
che ha determinato l'insorgere del credito: il possesso del titolo condizione necessaria ma anche
sufficiente per poter procedere nell'esecuzione. Non serve alcuna autorizzazione preventiva, nessun
riscontro di merito circa l'attuale esistenza del diritto. Ogni condizione di legittimazione si esaurisce
nel possesso del titolo esecutivo (che, secondo il codice di procedura civile, dev'essere non pi che
"formalmente perfetto": art. 153, 1 co., disp. att. c.p.c.). E autonomia significa che il
provvedimento, pur essendo l'atto conclusivo di un giudizio, finisce per distaccarsene allo scopo di
trovare soltanto in se stesso quella "forza" necessaria a legittimare il suo portatore, identificato dal
titolo stesso o dalla sua spedizione in forma esecutiva, agli atti dell'esecuzione forzata. Si tratta
d'una caratteristica strettamente connessa con l'astrattezza, perch il titolo esiste in quanto tale (e
non quale atto conclusivo d'un giudizio) ed intangibile nell'esecuzione forzata (potendo essere
contestato, per tutto ci che in esso stato deciso, soltanto dianzi al giudice dell'impugnazione).
(31)
Cos CAPPONI, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di
dissolvenza?, cit., 1169; ma v. anche DELLE DONNE, In morte della regola "nulla executio sine
titulo": impressioni su S.U. n. 11067/2012, in www.judicium.it., e in questo fascicolo, 108 ss.;

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nonch, in via pi generale sul suddetto principio, da ultimo VERDE, Attualit del principio "nulla
executio sine titulo", RDPr, 1999, 963 ss.
(32)
Cfr. CAPPONI, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di
dissolvenza?, cit., 1176, secondo il quale l'alterazione del delicato rapporto tra esecuzione e
cognizione costituisce una conseguenza ineliminabile, ove si parta dall'idea che il titolo
giudiziale l'intero processo di cui la sentenza il precipitato e che l'opposizione un luogo
normalmente ed anzi istituzionalmente deputato all'individuazione stessa in base al titolo, ma
anche ad altri elementi esterni del diritto che deve essere realizzato. Ed andrebbe, invece,
riaffermato, con convinzione, che la funzione del titolo esecutivo tutt'altra, ed anzi
diametralmente opposta: la circostanza che il diritto certo, liquido ed esigibile debba risultare da un
titolo avente le caratteristiche di autonomia e astrattezza sta appunto a dimostrare che
nell'esecuzione non si dovr obbligatoriamente discutere per individuare l'oggetto della pretesa
esecutiva, le parti non dovranno essere chiamate ad un contraddittorio, preventivo o successivo, per
accordarsi sul contenuto condannatorio del titolo, non potranno essere introdotti elementi,
nell'esecuzione cos come nelle opposizioni, volti a superare o surrogare quanto e deve essere nel
titolo esecutivo: perch nessuna delle attivit che si compiono nell'esecuzione, o nelle opposizioni,
potr avere la funzione di chiarire, esplicitare o integrare il titolo esecutivo. A fondo
dell'impostazione delle Sezioni Unite, invece, l'idea che il processo di esecuzione possa
diventare una sorta di prosecuzione dialettica di quello di cognizione, un luogo in cui si potr
discutere senza preclusioni dell'intrinseco del titolo (addirittura del percorso logico della decisione,
dedotto dagli elementi processuali che dovrebbero giustificarla) allo scopo di individuarne l'esatta
portata che, per, dal titolo in s non emerge.
(33)
Cos efficacemente SASSANI, Da "normativa autosufficiente" a "titolo aperto". Il titolo
esecutivo tra corsi, ricorsi e nomofilachia, in www.judicium.it., e in questo fascicolo, 78 ss.,
nell'evidenziare come, per l'effetto, si abbandona al contempo il concetto di titolo autosufficiente,
cio astratto dalla "causa del titolo".
(34)
Il riferimento , come vedremo meglio pi avanti, all'esecuzione forzata in forma specifica per
obblighi di fare o di non fare.
(35)
Cos GRASSO, Titolo esecutivo, cit., 700, il quale, dopo aver preventivamente evidenziato come
la questione di fondo quella del possibile superamento della lettera del titolo e della sua
integrazione ad opera dell'organo al quale demandato l'atto esecutivo, se l'uno e l'altra si rendono
indispensabili per dare ingresso alla pretesa del creditore e per l'esatta e completa realizzazione
della situazione sostanziale tutelanda in executivis, ritiene che in nessun modo pu venire in
considerazione la ricerca dell'intenzione dell'autore del titolo che in altri casi pu legittimare
l'attivit dell'interprete di un atto giuridico (nell'esegesi del contratto: art. 1362 c.c. ; nell'esegesi
della legge: art. 12 disp. prel.), mentre permane la possibilit di operare nell'ambito
dell'interpretazione letterale sulla scorta di criteri d'ordine obiettivo quali il nesso e la congruenza
fra le singole enunciazioni dell'atto-documento, considerato nel suo complesso.

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(36)
Cfr. GRASSO, Titolo esecutivo, cit., 700, secondo il quale con riguardo alla sentenza (nonch
agli altri atti di formazione giudiziale motivati) resta nell'ambito dell'interpretazione l'integrazione
del dispositivo con il contenuto della motivazione; nonch da ultimo SASSANI, Da "normativa
autosufficiente" a "titolo aperto", cit., 81, secondo il quale se, come pare indubitabile, il titolo
esecutivo non (di norma) il dispositivo, ma la sentenza, l'integrazione fatta attraverso l'estrazione
dal testo della sentenza degli elementi necessari non configura eterointegrazione, ma
autointegrazione. Nulla quaestio allora sulla sua praticabilit Diverso il caso in cui, per aversi
integrazione, occorre far riferimento a materiale esterno alla sentenza/titolo, cio agli atti del
processo. E qui la stessa idea di eterointegrazione ad entrare in conflitto logico con il concetto di
"titolo": un titolo che non funziona da s ma che necessita di un giudizio integrativo, solo il
presupposto (uno dei presupposti) di quel che sar poi il titolo effettivo dell'effetto giuridico e
dunque non titolo di niente e d luogo ad una contradictio in terminis.
(37)
Secondo la quale il processo esecutivo ha carattere tipicamente unilaterale e, quindi, la
convocazione delle parti, che nel processo medesimo venga disposta dal giudice, quando la ritenga
necessaria o quando la legge la prescriva, avviene non per costituire un formale contraddittorio, ma
soltanto per il migliore esercizio della potest ordinatoria, affidata al giudice stesso; pertanto,
qualora il giudice dell'esecuzione revochi un precedente provvedimento di assegnazione mobiliare
senza aver prima sentito il debitore, non si verifica una violazione del principio del contraddittorio,
deducibile in ogni momento della procedura, potendo detta omissione soltanto riflettersi sul
successivo atto esecutivo, contro il quale il debitore, ove lo ritenga viziato, ma non per il solo fatto
dell'omessa sua audizione, pu insorgere esclusivamente con opposizione agli atti esecutivi, nei
modi e nel termine di cui all'art. 617 c.p.c. (cos Cass., 17-7-2009, n. 16731, RFI, 2009, voce
Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 52; ma vedi anche: Cass., 2-11-2010, n. 22279, RFI,
2010, voce Esecuzione in genere, n. 60; Id., 25-8-2006, n. 18513, RFI, 2006, voce Esecuzione per
obbligazioni pecuniarie, n. 77; Id., 26-1-2005, n. 1618, RFI, 2005, voce Esecuzione in genere, n. 64;
Id., 28-6-2005, n. 13914, GC, 2006, I, 2109 ss., con nota di Metafora; nonch, prima della riforma
dell'art. 111 Cost. : Cass., 24-7-1993, n. 8293, GI, 1994, I, 1, 1042 ss. con nota di Gili; Cass., 13-2-
1988, n. 1550, RFI, 1988, voce Esecuzione in genere, n. 44). Per una qualche apertura nel senso di
una valorizzazione del principio del contraddittorio nell'ambito del processo esecutivo, in forza
della riforma dell'art. 111 Cost. cfr., invece, Cass., 19-8-2003, n. 12122 (REF, 2004, 467 ss.) e
Cass., 20-11-2009, n. 24532 (RFI, 2009, voce Esecuzione in genere, n. 62), ove si afferma che nel
processo di esecuzione il diritto del cittadino al giusto processo, ai sensi dell'art. 111 Cost. (come
modificato dalla l. Cost. n. 2 del 1999 ), deve essere soddisfatto attraverso il contraddittorio tra le
parti in ogni fase processuale in cui si discuta e si debba decidere circa diritti sostanziali o posizioni
comunque giuridicamente protette, tenendo conto del correlato e concreto interesse delle parti stesse
ad agire, a contraddire o ad opporsi per realizzare in pieno il proprio diritto di difesa sancito
dall'art. 24 Cost. ; ne consegue che, non potendosi configurare un generico ed astratto diritto al
contraddittorio, inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo,
senza prospettare a fondamento dell'impugnazione stessa le ragioni per le quali tale lesione abbia
comportato l'ingiustizia del processo stesso, causata dall'impossibilit di difendersi a tutela di quei
diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette.

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(38)
Su cui cfr. per tutti TARZIA, Il contraddittorio nel processo esecutivo, RDPr, 1978, 193 ss.; ID.,
Il giusto processo di esecuzione, RDPr, 2002, 329 ss.
(39)
Cfr. CAPPONI, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di
dissolvenza?, cit., 1176; SASSANI, Da "normativa autosufficiente" a "titolo aperto", cit., 82, il
quale pone in rilievo come la specificazione contenuta nel precetto (nell'espropriazione) non ha
nulla a che vedere con la determinazione del diritto propria del titolo: il precetto ha la funzione di
attualizzare il credito [o di adattarlo alla volont concreta del creditore] e solo in questo senso lo
specifica ma (sempre restando nell'espropriazione) sul presupposto di una identificazione
originaria del credito e nell'impossibilit di supplire alla mancata identificazione.
(40)
Particolarmente significativo sul punto il parallelo effettuato da CAPPONI (Autonomia,
astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di dissolvenza?, cit., 1176) con il
procedimento d'ingiunzione. L'Autore ritiene, infatti, che la funzione del titolo esecutivo e del
precetto (e della loro notificazione al debitore, quale attivit prodromica all'esecuzione forzata) non
certo quella d'una provocatio ad opponendum: una sorta di decreto ingiuntivo che immette
nell'esecuzione salvo opposizione, e che si consolida in assenza di contestazioni.
(41)
Cos CAPPONI, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di
dissolvenza?, cit., 1176.
(42)
Cos da ultimo Cass., 6-7-2010, n. 15852, RFI, 2010, voce Esecuzione in genere, n. 57; ma nello
stesso senso v. anche: Cass., 9-8-2007, n. 17482, id., RFI, 2007, voce Cosa giudicata civile, n. 6;
Cass., 25-3-2003, n. 4382, id., RFI, 2003, voce Esecuzione in genere, n. 41; Cass., 21-11-2001, n.
14727, id., 2002, I, 755 con nota di Iozzo.
(43)
Cfr. BUCOLO, Appunti, segnalazioni e proposte sull'interpretazione del titolo esecutivo, cit.,
140; nonch, da ultimo, CAPPONI, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti
in via di dissolvenza?, cit., 1171 secondo il quale altro individuare i termini dell'accertamento
che fa stato tra le parti ( art. 2909 c.c. ), altro individuare i termini della condanna recata dal titolo
esecutivo: la condanna pu introdurre un processo del Libro III, l'accertamento certamente no.
(44)
Cos CAPPONI, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di
dissolvenza?, cit., 1171.
(45)
Cfr. per tutte Cass. n. 5683/2006, cit., la quale, con riferimento all'interpretazione di un titolo
esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo, afferma che: l'indagine sul contenuto e la portata
precettiva del titolo esecutivo di formazione giudiziale compiuta dal giudice dell'opposizione
all'esecuzione in base al dispositivo ed alla motivazione senza possibilit di riferimento ad elementi
esterni o a regole di diritto ed orientamenti giurisprudenziali; in questa indagine , tuttavia, possibile
tenere conto dei dati che, pur non indicati nel titolo, siano da esso considerati certi ed
oggettivamente determinati perch presupposti dalle parti e non controversi, di tal che la
determinazione del credito possa avvenire attraverso un mero calcolo matematico.

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(46)
Cfr. per tutte sul punto, oltre alla pronuncia appena pi sopra richiamata: Cass. n. 9245/2009,
cit., secondo la quale, nelle ipotesi un cui il provvedimento non contenga la determinazione della
somma dovuta, la sentenza di condanna costituisce titolo esecutivo a condizione che dal complesso
di informazioni rinvenibili nel dispositivo e nella motivazione, anche mediante l'integrazione con
elementi certi perch acquisiti agli atti o riguardanti dati ufficiali, possa procedersi alla
quantificazione con un'operazione meramente matematica. Cass. n. 22427/2004, cit. secondo la
quale la sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto dovuto al lavoratore a
seguito dell'accertamento della illegittimit di un licenziamento costituisce valido titolo esecutivo
che non abbisogna di ulteriori interventi del giudice diretti all'esatta quantificazione del credito,
sicch il lavoratore che abbia ottenuto sentenza contenente l'ordine di reintegrazione e la condanna
al pagamento di un determinato numero di mensilit oppure delle retribuzioni dovutegli in virt del
rapporto non pu chiedere in separato giudizio che tale condanna sia espressa in termini monetari
pi precisi. Infatti ad integrare il requisito della liquidit, richiamato nell'art. 474 c.p.c. , in tal
caso sufficiente che alla determinazione del credito possa pervenirsi per mezzo di un mero calcolo
aritmetico sulla base di elementi certi e positivi tutti contenuti nel titolo fatto valere, i quali sono da
identificare nei dati che, pur non menzionati in sentenza, sono stati assunti dal giudice come certi e
oggettivamente gi determinati, anche nel loro assetto quantitativo, perch cos presupposti dalle
parti e non controversi, e, pertanto, acquisiti al processo, sia pure per implicito. E, poich l'ultimo
prospetto paga non era mai stato contestato da controparte, il calcolo aritmetico del dovuto era
determinabile sulla base del contenuto della sentenza di condanna. Cass. n. 6983/2003, cit., infine,
con un livello di approfondimento ed attenzione alla tematica che ci occupa ancor maggiore rispetto
alle altre pronunce richiamate, dopo aver evidenziato come l'interpretazione del titolo un
momento della valutazione del titolo esecutivo che non pu essere eliminato e che, per questa
ragione, la questione dell'interpretazione si presenta, nella pratica, connessa a quella
dell'integrazione del titolo ed collegata al possibile superamento della lettera del titolo con
l'integrazione di essa ad opera dell'organo al quale demandato l'atto esecutivo, ritiene che:
nell'interpretazione del titolo esecutivo, predomina la necessit di garantire il valore letterale del
titolo esecutivo a scapito della ricerca dell'intenzione dell'autore del titolo, come, invece, avviene
per l'interpretazione degli atti giuridici, ma questa visione documentale del titolo esecutivo
non appagante, soprattutto quando si tratta di titolo esecutivo costituito da sentenza o da altri atti
di formazione giudiziale motivati. In questi, infatti, si pone la necessit d'integrare il dispositivo con
la motivazione della decisione e di interpretare la sentenza costituente titolo esecutivo; e che, su
tali basi, nel caso di specie il tribunale si fosse posto su un piano interpretativo della sentenza, fatta
valere come titolo esecutivo, meramente formale in quanto, nel ritenere che la sentenza del giudice
amministrativo conteneva una decisione, che pur essendo di condanna dell'Amministrazione alla
restituzione dei contributi limitatamente alla quota versata dagli interessati, non lo era in maniera
completa, ma generica, perch non specificava quale fosse la quota effettiva, non aveva tenuto
conto, attestandosi su una sorta di principio di autosufficienza del titolo esecutivo, che la
sentenza del tribunale amministrativo conteneva un rinvio al ricorso amministrativo, nel quale
erano dettagliatamente indicate le voci del credito di cui si chiedeva il riconoscimento.
(47)
Ma v. anche, con riferimento ai provvedimenti di condanna emessi in sede di separazione dei
coniugi, Cass., 23-5-2011, n. 11316 e, in commento alla stessa: POLISENO, Sull'efficacia esecutiva
del provvedimento di separazione dei coniugi in ordine alle spese ordinarie sostenute in favore della

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prole, e DE MARZO, Provvedimenti sul mantenimento della prole: considerazioni pratiche in tema
di spese c.d. straordinarie, FI, 2011, I, rispettivamente 3049 ss. e 3051 ss.; DANOVI, La Cassazione
amplia le maglie del titolo esecutivo per le spese straordinarie (mediche e scolastiche) nei
processi della famiglia, cit., 1059 ss.; DALFINO, Spese ordinarie e straordinarie in favore
della prole ed esecutivit del provvedimento di condanna emesso in sede di separazione dei coniugi,
REF, 2012, 623 ss.
(48)
Sul distinguo, sotto il profilo della possibilit o meno di procedere alla determinazione
dell'esatto ammontare del credito attraverso una semplice operazione aritmetica, fra l'ipotesi della
sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di un determinato numero di mensilit di
retribuzione (ovvero di quanto dovuto al lavoratore a seguito del riconoscimento dell'illegittimit
del licenziamento) e l'ipotesi dei provvedimenti di condanna aventi ad oggetto le "spese ordinarie" e
"straordinarie" in favore della prole cfr. DALFINO, Spese ordinarie e straordinarie in favore
della prole ed esecutivit del provvedimento di condanna emesso in sede di separazione dei coniugi,
cit., 627-628.
(49)
Cos GENTILE, L'esecuzione forzata del titolo giudiziale non numerario, FI, 2012, I, 3026,
secondo il quale la casistica in materia di lavoro e previdenza suggerisce alcuni esempi di
applicazione eccessiva e impediente del principio di autosufficienza del titolo esecutivo: a) la
ritenuta inutilizzabilit, per la quantificazione del credito del lavoratore riconosciuto a seguito di
licenziamento illegittimo e, quindi, in riferimento a mensilit della retribuzione globale di fatto, dei
parametri aritmetici desumibili dai fogli paga, prodotti nel giudizio di cognizione ma non anche
espressamente richiamati nella sentenza; b) il rifiuto di attingere dati, per la liquidazione delle
differenze retributive derivanti dall'accertamento di mansioni superiori, dalle tariffe contrattuali
collettive applicabili al rapporto, "sebbene presenti nel giudizio"; c) la resistenza in executivis a
entrare nei dettagli dei provvedimenti normativi, di secondo livello ma validi per tutti i consociati,
che fissano e adeguano periodicamente gli importi di pensioni, assegni, indennit, indennizzi e
rendite, riconosciuti ad assicurati e non abbienti mediante pronunce silenti sul quantum; d) la
valutazione di inadeguatezza dei richiami in sentenza alle disposizioni indicative degli specifici
parametri per il calcolo degli accessori in relazione al tipo di credito azionato (art. 429, 3 co., c.p.c.
e 150 disp. att. c.p.c. per il lavoro privato; art. 22, 36 co., l. 23 dicembre 1994 n. 724 per il lavoro
pubblico; art. 7 l. 11 agosto 1973 n. 533 e 16, 6 co., l. 30 dicembre 1991 n. 412 per le prestazioni
di previdenza obbligatoria), nonch delle formule giudiziali pi usate per fissarne la decorrenza e il
dies ad quem ("dalla maturazione al saldo", "dal dovuto al soddisfo", "come per legge" e simili).
(50)
Secondo le S.U., infatti, la possibilit che l'accertamento contenuto nel provvedimento
giudiziale addotto come titolo esecutivo, al di l della formulazione di questo, potesse risultare
integrato attraverso l'apporto probatorio proveniente dalla parte istante; in una situazione
processuale in cui la contestazione che ne fosse stata fatta dal debitore veniva ritenuta dallo stesso
giudice generica al punto da essere considerata affatto mancata; impediva al giudice di dichiarare di
ufficio che al credito accertato nel provvedimento giurisdizionale fatto valere come titolo esecutivo
mancavano i tratti richiesti dall'art. 474 c.p.c. , senza che le parti fossero state invitate a discutere la
questione ed integrare le proprie difese anche sul piano probatorio.

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(51)
Cfr. BORRE', Esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare, cit., 210-211 secondo il
quale per la consegna di una cosa e per il pagamento di una somma di denaro la condanna
rappresenta inscindibilmente la prestazione ed per definizione sufficiente, come contenuto
gnoseologico, a consentire l'automatico esplicarsi della funzione dell'organo esecutivo. Insomma
non v' alcun profilo o modalit di realizzazione del risultato materiale dovuto, la cui
determinazione debba essere perfezionata in sede di concreto adempimento. Altrettanto non pu
dirsi, invece, per l'obbligazione di fare in senso stretto. Qui, infatti, la prestazione essenzialmente
atipica e necessariamente caratterizzata, nel suo adempimento, da un certo margine di originalit.
L'accertamento giurisdizionale, quindi, pur fissando il diritto nella sua esistenza, non garantisce la
individuazione di tutti gli aspetti dell'operazione necessaria a realizzarlo. Ed invero, qualsivoglia
grado di specificit sia raggiunto nel contraddittorio cognitivo e, quindi, nella sentenza del giudice,
non potr mai esservi certezza che qualche profilo del modus satisfaciendi, di cui le parti non
furono in grado di prospettarsi la problematicit e che tuttavia suscettibile di incidere sulla
sufficienza satisfattiva dell'adempimento, non sia stato trascurato: perch la verit che soltanto
l'adempimento medesimo, nell'effettivit del suo attuarsi attraverso l'operazione dell'obbligato o
l'intervento surrogatorio dell'organo giurisdizionale, costituisce l'elemento rivelatore della eventuale
necessit di ulteriori messe a punto. Nell'ipotesi di obbligo di fare o disfare ci troveremmo di
fronte ad un fenomeno di fissazione progressiva dei profili dell'adempimento, ad un fenomeno di
progressiva specificazione della pretesa, in parte coevo alla concreta ricerca dei modi per
soddisfarla. E ci discenderebbe dalla natura stessa, da profonde e ineliminabili esigenze della
nostra obbligazione, di fronte alle quali non sarebbe che un vano sforzo teorico il ricondurre la
determinazione modale, il modus satisfaciendi, in tutta la gamma dei suoi fattori potenzialmente
controvertibili, ad un'unica ed inscindibile statuizione del giudice della condanna.
(52)
Cfr. MONTESANO, Aspetti funzionali dell'esecuzione specifica, RTPC, 1964, 982; nonch, pi
ampiamente, BORRE', Esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare, cit., 209 ss., il quale
pone in rilievo, in particolare, come ci non contrasta con il requisito della liquidit del diritto di cui
all'art. 474 c.p.c. su cui fa leva, invece, ANDRIOLI (Commento al codice di procedura civile, III,
Napoli, 1957, 324, e Appunti di diritto processuale civile, Napoli, 1964, 292-293) per ritenere che la
prestazione di fare deve essere interamente fissata nella sentenza di condanna.
(53)
Cfr. BORRE', Verso la riforma del codice di procedura civile? Riflessioni sulla disciplina
dell'esecuzione forzata nel disegno di legge delega n. 1463 , FI, 1983, V, 141 ss.
(54)
Pi in dettaglio, si ritiene che l'eventuale difetto di certezza e di liquidit del diritto riconosciuto
dalla sentenza, sotto il profilo della mancata indicazione specifica delle singole opere da eseguire,
debba esser valutato con minor rigore in ipotesi di condanna al ripristino di una preesistente
situazione dei luoghi (su cui cfr. per tutte Cass., 15-1-1987, n. 245, RFI, 1987, voce Esecuzione in
genere, n. 9) rispetto all'ipotesi di sentenza di condanna all'esecuzione di opere rappresentanti un
quid novum (su cui cfr. per tutti Cass., 4-6-2004, n. 10649, RFI, 2004, voce Esecuzione di obblighi
di fare, n. 7), in quanto nel primo caso l'ordine di fare trova il necessario modello da raffrontare in
ci che esisteva precedentemente (cos LUISO, voce Esecuzione in forma specifica, Il diritto -
Enc. Giur Sole 24 Ore, Milano, 2007, VI, 189, secondo il quale, pur nell'impossibilit di stabilire
una precisa linea di confine, sembra che probabilmente la soluzione corretta passi attraverso il

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riconoscimento della complementariet fra titolo esecutivo e ordinanza ex art. 612 c.p.c. : al primo
spetta stabilire il risultato necessario per soddisfare il diritto del creditore; alla seconda spetta
stabilire come raggiungere quel risultato).
(55)
Su cui cfr. FABIANI, Orientamenti giurisprudenziali sull'art. 612 c.p.c. , FI, 1994, I, 2864 ss., e
le successive osservazioni FI, 1997, I, 798 ss., FI, 2000, I, 1240 ss., FI, 2001, I, 1028 ss., e FI, 2003,
I, 2033 ss.; nonch LONGO, Sui rapporti fra titolo esecutivo e provvedimento del giudice
dell'esecuzione ex art. 612 c.p.c. , REF, 2000, 451 ss., e, da ultimo, METAFORA, L'esecuzione
degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare, in www.judicium.it, 22 ss.
(56)
L'appello, cio, non quale rimedio avverso un atto che, uscendo dal suo schema legale, invade
abnormemente la sfera del potere cognitivo, ma quale riflesso della funzionale possibilit di
incidenza della determinazione del g.e. su aspetti intrinseci dell'obbligo e dell'adempimento (cfr.
BORRE', Esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare, cit., 204).

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4) ESECUZIONE FORZATA, 2013, 1 (NOTA A SENTENZA)

Le Sezioni Unite riscrivono i requisiti (interni ed esterni) del titolo esecutivo: opinioni a
confronto intorno a Cass., S.U., n. 11067/2012

Roberto Bell

cost. art. 2

cost. art. 111

c.p.c. art. 101

c.p.c. art. 115

c.p.c. art. 474

c.p.c. art. 480

c.p.c. art. 605

c.p.c. art. 615

c.p.c. art. 617

Cass. civ. Sez. Unite, 02 luglio 2012, n. 11067

1. Dalla pronuncia in commento si traggono due principi: il primo che rispetto alla definizione
della portata del titolo esecutivo doveroso ricorrere anche ad elementi extratestuali derivanti dal
processo nel cui ambito il titolo si formato; il secondo che nel rilevare d'ufficio apparenti
carenze del titolo, proprio perch esse potrebbero venire colmate attraverso gli elementi sopra
indicati, necessario sollecitare previamente il contraddittorio sugli specifici punti di interesse e ci
sia in sede di opposizione a precetto, sia in sede esecutiva. Completa poi il quadro una revisione
della funzione del precetto, quale atto destinato a rappresentare il programma esecutivo, in funzione
dell'interpretazione del titolo esecutivo assunta dal creditore ed a legittimare in corrispondente
misura, almeno formalmente, l'inizio dell'esecuzione forzata.

2. La sentenza non contiene, per la dimostrazione dei propri assunti, alcuna analisi di dettaglio di
norme, operando solo un fugace richiamo agli artt. 474, 480, 1 co., e 605, 1 co., c.p.c., n il
richiamo espresso a principi fondanti le conclusioni assunte.

tuttavia necessario sondare l'esegesi delle norme e ricercare i principi che paiono ispirare
l'orientamento espresso.

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Il primo caposaldo costituito dalla rivisitazione dei requisiti di certezza del titolo.

Muovendo dal disposto dell'art. 474 c.p.c. , secondo cui l'esecuzione forzata non pu avere luogo
che in virt di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile, corrente
l'affermazione per cui necessaria una esclusiva scaturigine documentale del diritto azionato in
executivis. E pu anzi dirsi che la scienza processuale sia prevalentemente collocata su tale assunto
(1)
.

Si deve tuttavia rammentare come in dottrina (2) sia sostenuta la distinzione, nelle norme, tra titolo
esecutivo in senso sostanziale e titolo esecutivo in senso documentale, costituito il primo dal diritto
a procedere ad esecuzione forzata ed il secondo da una rappresentazione formale di esso, non
necessariamente completa ed anzi fisiologicamente incompleta, in quanto carente ad esempio dei
requisiti di persistenza del diritto (in relazione a fatti sopravvenuti alla formazione del documento) e
dei referenti soggettivi attuali dal lato attivo e passivo (che possono non coincidere con i soggetti
indicati nel documento) nonch dei presupposti di efficacia sostanziale, quale ad esempio il
verificarsi di una condizione (3) .

Utilizzando tale distinzione come strumento interpretativo, si pu affermare che la nozione di


certezza del titolo (di cui quella di liquidit costituisce specificazione rispetto alle obbligazioni
pecuniarie), da riferire nell'ambito dell'art. 474 c.p.c. al titolo esecutivo in senso sostanziale (4) , non
coincide con quella di incorporazione del diritto nella lettera del documento, potendosi poi
ulteriormente affermare, portando tale assunto alle proprie estreme conseguenze logiche, che la
certezza sia requisito che sussiste anche se il contenuto del diritto risulti desumibile in forza di un
ragionamento integrativo rispetto al tenore documentale dell'atto (5) , purch univocamente
conducibile attraverso l'interpretazione del documento alla luce della realt processuale e
sostanziale nel cui ambito esso formato ed in relazione alle quali riconosciuta la capacit di
sorreggere l'esecuzione forzata: sicch titolo esecutivo giudiziale in senso sostanziale sarebbe non
tanto quanto incorporato nel titolo, ma quanto accertato, esplicitamente od implicitamente, o
necessariamente presupposto in via di fatto nel processo da cui il titolo deriva.

Parimenti non decisivo appare il disposto dell'art. 480, 1 co., c.p.c. secondo cui il precetto contiene
l'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo. Difatti per titolo esecutivo
potrebbe intendersi non solo il documento abilitato a sorreggere l'esecuzione forzata, ma pi
latamente la situazione sostanziale di chi, munito di uno di quei documenti, sia per ci legittimato
ad attuare quanto in esso, anche in via interpretativa, si deve avere per certamente contenuto.

Gli artt. 474 e 480, 1 co., c.p.c. si prestano quindi sia ad una lettura in senso strettamente
documentale del titolo sia, attraverso il richiamo ai requisiti di certezza, liquidit ed esigibilit come
requisiti del diritto azionato, ad una lettura in senso sostanziale, come situazione atta a
ricomprendere ogni aspetto del diritto a procedere ad esecuzione forzata, ivi compresi quelli che il
titolo in senso documentale non pu in assoluto contenere (perch ad es. successivi alla sua
formazione, come il verificarsi di una condizione o il trasferimento del diritto sostanziale
successivamente alla formazione dell'atto) o di fatto non contiene.

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2.1. Con la precisazione, desumibile dalla sentenza in commento, che la portata effettiva del titolo
in senso sostanziale, purch non incompatibile con quella del titolo in senso documentale, potrebbe
trarsi dall'atto di precetto, quale enunciazione della domanda esecutiva, sicch gli organi esecutivi
(ed in primis l'ufficiale giudiziario) dovrebbero avere riguardo alla sola sussistenza documentale del
titolo ed alla sua non incompatibilit con quanto calcolato nel precetto, potendo di conseguenza
procedere su tale base e nell'estensione di cui al precetto, al pignoramento. Si deve d'altra parte
considerare che in una prospettiva ordinamentale in cui l'esecuzione forzata non necessita di previe
autorizzazioni giudiziali per il proprio inizio, la scelta tra l'opzione della necessaria incorporazione
documentale e quella di una certezza derivante da una pi ampia attivit interpretativa resta rimessa
alla discrezionalit del legislatore, cui spetta stabilire se sia preferibile correre l'alea di
un'esecuzione ingiusta piuttosto che costringere il creditore a munirsi di un altro titolo esecutivo (6)
.

Se tuttavia il testo delle disposizioni consente pi possibilit interpretative, evidente che la


verifica sull'opzione discrezionale del legislatore finisce per doversi radicare altrove.

Si detto profondamente in passato che tale contenuto discrezionale della scelta del legislatore
tutt'altro che libero, vincolato com' dalle tradizioni storiche, di civilt e di costume di ciascun
popolo (7) .

E la lettura tradizionale in merito alla necessaria struttura documentale del titolo informata
essenzialmente ad una ricostruzione sistematico-scientifica che, distinguendo nettamente attivit
cognitiva ed attivit esecutiva, si basa alla fine sull'idea di ragionevolezza dell'ordinamento e sulla
delimitazione del diritto del creditore ad ottenere l'accesso alla sfera giuridica altrui solo se tale
diritto sia incorporato in un titolo: l'ispirazione ultima sta dunque qui nel privilegio per esigenze di
tutela della persona e del suo patrimonio contro l'ingerenza giuridica altrui, consentendo tali
ingerenze solo a fronte di pi severe garanzie formali.

Di converso, alla base della scelta interpretativa delle Sezioni Unite sta evidentemente una diversa
opzione ideologica che rovescia tutte le preesistenti acquisizioni e che ammissibile, proprio perch
le norme non la osteggiano, ma che non pu essere, seppure la si condivida, sottaciuta.

poi evidente che, quanto pi l'ordinamento e la societ nel loro complesso si trovino in una fase
evolutiva, quale l'attuale, in cui la giustizia civile alla ricerca di soluzioni ai propri endemici
problemi di lentezza ed inconcludenza, tanto pi pu accadere che si affermi un'interpretazione
razionale alternativa, fondata su un diverso assetto dei valori in gioco.

in questo crocevia che si inserisce la pronuncia in commento.

2.2. Detto ci, va anche aggiunto che tale scelta, una volta fatta, si radica senza difficolt in pi di
un principio dell'ordinamento.

Il collante dei principi enunciati individuato dalla pronuncia in commento, attraverso il


riconoscimento dell'attivit interpretativa extratestuale come contenuto di un dovere del giudice,
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nella prospettiva di una necessaria "efficienza della funzione giurisdizionale" che non pu
costringere al ritorno al processo di cognizione ogni qual volta in sede esecutiva sia possibile,
attraverso una lettura profonda del reale contenuto della statuizione giudiziale, ricostruire in modo
completo l'effettiva portata del comando.

Non senza un'evidente presa d'atto che, con la massiccia sommarizzazione dei procedimenti e
riduzione del contenuto descrittivo degli atti decisionali inevitabile nel mondo reale, che non
perfetto e le cui capacit di miglioramento, specie ove permanga l'attuale esigenza acceleratoria,
non paiono molte attendersi una minore completezza del documento, cui non necessariamente
corrisponde una reale carenza di decisione o di eseguibilit. Cos mirando nel complesso ad evitare
lo spreco delle risorse di giustizia gi spese per il caso di specie (8) , ma anche l'intollerabile risultato
che la tutela dei diritti possa essere vanificata profittando di formalismi o pigrizie, che possano
finire per allontanare il sistema, nel suo complesso, dagli scopi stessi che esso preposto a
perseguire.

Da questo punto di vista evidentemente il principio di ragionevole durata ( art. 111 Cost. ) ad
ispirare la scelta.

Al contempo, alla radice ideologica della pronuncia, sta il contrasto rispetto ad ostruzionismi di chi
sia interessato a dilazionare con ogni mezzo la soddisfazione del diritto sostanziale altrui. In questo
senso va inteso il richiamo alla necessit per le parti di "parlar chiaro", esponendo l'una in modo
esatto la propria pretesa, ma onerandosi in tal caso l'altra di replicare su quanto, di tale pretesa si
ritenga non contenuto nel pregresso accertamento giudiziale.

All'efficienza operativa si affianca quindi un principio di lealt che altro non pu essere, nell'attuale
ordinamento, se non la ricaduta dei principi di buona fede e di solidariet ( art. 2 Cost. ) che ne sono
la radice.

Con la chiusura, a garanzia di entrambe le parti, della verifica giudiziale (in sede di opposizione a
precetto e come si vedr anche cautelare o da parte del g.e.) rispetto alla coincidenza effettiva
dell'accertamento reale da cui scaturito il titolo con la pretesa esecutiva espressa dal creditore.

Sembra allora chiaro che la pronuncia si colloca, nelle proprie radici ultime, lungo la scia di quel
trend della Suprema Corte che, negli ultimi anni e proprio sulla scorta di tali principi di fondo, va
disegnando tratti nuovi della dinamica giuridico-sociale: cos accaduto per il divieto di
frazionamento abusivo nella persecuzione giudiziale del credito (9) o per il controllo di buona fede
sui poteri (10) o sui diritti (11) negoziali o pi in generale sui comportamenti interni al rapporto
obbligatorio (12) ; cos accadr, se l'orientamento della pronuncia in commento sar destinato a
consolidarsi, per la tutela pi forte della posizione del creditore rispetto ai rischi di ostruzionismo
del debitore.

Si tratta di opzioni, oggetto talora di severe critiche, che in realt esprimono l'esigenza di informare
il riconoscimento dei diritti e la loro tutela su basi sostanziali che consentano di superare apparenze,

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ostruzionismi e formalismi o di tutelare legittimi affidamenti, lungo la direttrice del principio


generale di buona fede e, pi a monte, del fondamento solidaristico costituzionale di esso.

3. Ci posto, devono tuttavia ricercarsi i parametri di possibile interpretazione extratestuale entro


cui si colloca il nuovo orizzonte della certezza del titolo giudiziale tracciato dalla pronuncia in
commento.

L'opzione interpretativa adottata con riferimento specifico ai titoli giudiziari, come precisa
esattamente la pronuncia delle Sezioni Unite, non ha il fine di dare spazio ad un accertamento che
mancato, ma quello di precisarne l'oggetto.

Al contempo la Suprema Corte costretta per consequenzialit logica a dire che l'incertezza da
colmare nel titolo potrebbe essere relativa, tale cio da non estendersi al suo intero aspetto
oggettivo, con il che in realt si manifesta la consapevolezza che i principi potrebbero anche non
riguardare solo i profili quantitativi del titolo, ma anche l'intero oggetto del decisum.

Vi per da dire che, a tutto concedere, rispetto ad un titolo che non identifichi attraverso il
documento l'oggetto della decisione, l'unica integrazione extratestuale cui l'immaginazione pu al
limite aderire quella di una pronuncia per relationem.

Si pensi al caso in cui il titolo si esprima semplicemente sotto forma di accoglimento della domanda
dispiegata.

Seguendo il ragionamento della Suprema Corte potrebbe dirsi che, qualora tale domanda sia unica
ed univocamente individuabile, anche un titolo siffatto abbia capacit di sorreggere l'esecuzione
forzata.

Ci si trova tuttavia qui al limite estremo di estensione dei principi sanciti, la cui operativit appare
piuttosto destinata in concreto ad operare soprattutto nel completamento di elementi accessori del
titolo.

peraltro indubbio che per definizione l'interpretazione extratestuale del titolo, anche nella forma
pi semplice dell'integrazione per relationem, comporta l'accertamento di fatti ulteriori ed esterni
all'atto.

Accertamento che diviene sempre pi complesso allorquando l'integrazione debba avvenire


attraverso la ricostruzione di quanto implicitamente deciso e ciononostante non espresso nel
documento.

3.1. La sentenza in commento si occupa essenzialmente dell'integrazione interpretativa del titolo in


punto di fatto

Tale integrazione sembra quindi essenzialmente destinata ad essere praticata con riferimento a quei
fatti inerenti la determinazione quantitativa del diritto o la scansione temporale di esso che,
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affermati o provati da chi ha agito, siano rimasti al di fuori del dibattito processuale da cui deriva il
titolo, ma ne abbiano costituito presupposto implicito.

Vi rientrano certamente i fatti che, per affermazione delle parti stesse di quel processo fossero
pacifici o risultino espressamente indicati dalla pronuncia giudiziale in cui il titolo si formato,
come non contestati (o non tempestivamente contestati secondo le regole del rito, il che equivale
giuridicamente alla mancanza di contestazione tout court).

Ed anzi, determinati fatti possono considerarsi come presupposti impliciti della pronuncia se,
dall'esame della dinamica delle difese del giudizio da cui la pronuncia scaturita, la non
contestazione emerga anche ex post ed a prescindere da attestazioni formali della pronuncia.

Se ad esempio il debitore si difeso nel processo di merito sostenendo infondatamente di avere


pagato o altrimenti estinto il credito, evidente che ne risulterebbe incontestata l'esistenza del
diritto per come addotta, e ci anche se il giudice della causa non ne desse conto nella sentenza.
Sicch la condanna al pagamento oltre interessi dalla scadenza al saldo, non potrebbe che essere
riferita a quanto allegato o provato dall'attore rispetto a tale decorrenza.

Ma l'area interpretativa in questione si colloca su un piano parzialmente diverso rispetto a quello


della non contestazione.

Difatti, se una domanda pur contestata rispetto ai conteggi da cui deriva la formulazione
quantitativa della pretesa, sia accolta con recepimento della richiesta pecuniaria attorea, va da s che
anche la base logico-giuridica dei conteggi stessi finisca per rimanere all'interno dell'alveo della
decisione, cos da poter integrare in via interpretativa gli aspetti necessari all'esatta determinazione
di ogni aspetto del credito che non sia espressamente trasfuso nel documento. Quindi, se la somma
capitale del credito di un lavoratore o di un locatore sia tratta da conteggi di parte che indichino le
cadenze mensili di singoli ratei o voci, anche il calcolo degli interessi genericamente riconosciuti
nella pronuncia finale, dovr seguire secondo le cadenze temporali indicate nei medesimi conteggi.

Analogamente, se la pronuncia giudiziale mostri di trasfondere nel titolo i dati ricavati da una c.t.u.,
si avr necessariamente per richiamata anche la base logico-giuridica di tali dati, con ogni elemento
utile alla finale ricostruzione del credito riconosciuto.

invece al di fuori dall'ambito di certezza ci che pu essere affermato soltanto sulla base di una
nuova valutazione del fatto, il che accade quando il tenore del documento sia tale, per genericit ed
equivocit del rimando espresso o implicito a dati extratestuali, da postulare non tanto il
coordinamento tra i dati sicuramente tenuti presenti nel provvedere (e dunque obiettivamente da
ricomprendere entro l'ambito di quanto fatto oggetto di pronuncia) quanto la ricostruzione ex novo
di tali dati, eventualmente anche sulla base di materiale istruttorio ulteriormente apportato.

Rispetto al sistema interferisce infine anche la regola sull'onere della prova.

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Essa opera sia come delimitazione di una pretesa che fosse avanzata in sede esecutiva dal creditore
in misura eccedente rispetto a quanto desumibile dal titolo o in via di interpretazione extratestuale
di esso, sia come regola di possibile fissazione della pretesa esecutiva, da parte dello stesso
creditore, nel minimo importo certo comunque dovuto in base agli elementi interpretativi
utilizzabili nel ricostruire il comando giudiziale.

3.2. La dimensione di certezza, documentale e sostanziale, del titolo esecutivo, dipende inoltre
anche dal rapporto che la concreta organizzazione del rito costruisce tra motivazione e dispositivo
del provvedimento giudiziale considerato.

Nella sentenza civile ordinaria, come anche di regola negli altri provvedimenti, il comando va tratto
dalla combinazione di dispositivo e motivazione, quali elementi concorrenti, nel loro
coordinamento logico, a fondare la statuizione giudiziale. Cos come deve ritenersi accadere quando
(art. 281 sexies c.p.c.; art. 429, co. 1, c.p.c. ) motivazione e dispositivo siano oggetto di
formulazione e fissazione contestuali attraverso la lettura in udienza. Nei riti, come quello del
lavoro e locatizio, in cui il dispositivo pu avere autonomia funzionale rispetto alla motivazione,
potendo di per s solo sorreggere il diritto a procedere ad esecuzione forzata, il ragionamento
necessariamente diverso.

L'integrazione tra dispositivo e motivazione, in questi casi, non operazione attraverso cui si colmi
in modo diretto la volont giudiziale invariabilmente espressa nel dispositivo stesso. Piuttosto la
motivazione costituisce qui atto con cui si trasmette la conoscenza di elementi di fatto (processuali e
sostanziali) che possono sorreggere l'attivit dell'interprete nell'attribuire al dispositivo il significato
pi consono al valore effettivo di esso.

La motivazione in questo tipo di rito ha dunque una funzione probatoria e non prescrittiva:
certamente, di prova autorevole (13) , ma non mai di elemento costitutivo del comando giudiziale.

Con la conseguenza che quanto in ipotesi erroneamente esplicitato in motivazione dato inidoneo
al giudicato e pertanto anche, di per s solo, a giustificare l'impugnazione della sentenza, potendone
essere smentita l'effettivit fattuale in qualunque sede (14) .

3.3. Vi infine da osservare che l'integrazione extratestuale del titolo comporta plurime possibili
attivit, talora destinate ad intrecciarsi tra loro.

Qui si va oltre l'ambito della pronuncia in esame, ma il tema ne costituisce il possibile sviluppo.

Vi pu infatti essere l'integrazione attraverso la ricostruzione di elementi di fatto mancanti nel


documento, di cui si detto e di cui si occupa la pronuncia in commento, ma anche l'integrazione
attraverso la qualificazione con dati normativi del significato del documento (ad es. quando,
riconosciuti gli interessi, si ritiene fisiologicamente che essi siano riconosciuti nella misura legale)
(15)
, l'interpretazione logica del comando (ad es. quando, riconosciuta la rivalutazione, la si applichi
secondo gli indici Istat corrispondenti alla tipologia del soggetto interessato dalla pronuncia) (16) o
infine il completamento con la ricostruzione del significato per cos dire storico del titolo,
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finalizzato a ricostruire quello che, in forza delle regole interpretative consolidate al momento della
sua formazione, deve ritenersi essere stato il contenuto dell'accertamento (ad es. quando, rispetto ai
crediti di valore, il riconoscimento di rivalutazione ed interessi sulle somme rivalutate, senza
indicazione della regola di combinazione tra tali accessori, si dia corso al calcolo mediante
applicazione dei secondi sulle somme via via rivalutate, essendo stato esclusa, da orientamento
giurisprudenziale consolidato, la legittimit di un calcolo sulle somme integralmente rivalutate;
completandosi poi la liquidazione con applicazione della cadenza annuale, trattandosi dell'unit di
calendario di minor favore per il creditore). Il che non significa perseguire un'inammissibile
interpretazione della volont del giudice (17) , quanto ricostruire in profondit, onde evitare inutili
ritorni a fase cognitive anteriori, il significato obiettivo utilmente attribuibile, in un dato momento
storico, all'accertamento giudiziale, seppure non esplicitamente completato nel documento.

4. L'altro ambito entro cui si collocano i principi stabiliti dalla Suprema Corte quello della
dinamica procedurale delle questioni afferenti la determinazione della portata del titolo esecutivo,
da informare al principio del contraddittorio.

Il rispetto del contraddittorio significa che, come detto, il giudice non pu decidere rilevando
carenze quantitative del titolo se non previa segnalazione dei profili di interesse alle parti. La Corte
non menziona la norma, forse anche per ragioni di diritto intertemporale, ma il riferimento va ora
evidentemente al disposto dell'art. 101, 2co., c.p.c.

Adeguamento alle regole del contraddittorio significa per anche che le parti devono chiarire nei
loro atti le rispettive pretese.

Ci, in via fisiologica, determina la valorizzazione di una veste del precetto, quale atto contenente la
proposizione della domanda esecutiva anche sotto il profilo della editio actionis (18) che, per un
verso, appare non inusuale nella prassi e, per altro verso, corrisponde in modo esatto alla funzione
dell'atto, quale trait d'union tra il processo di cognizione e il processo di esecuzione.

Le Sezioni Unite inseriscono poi nel sistema un dovere di parlar chiaro, in cui riconoscono un
sicuro vantaggio, sembrando con ci avallare l'esistenza di una sorta di regola generale di non
contestazione, sicuramente ipotizzabile sulla base dei principi di lealt processuale e di buona fede
di cui si detto, ma che in s va al di l anche del disposto dell'art. 115, 1 co., c.p.c., riferito solo
alle parti costituite e che viceversa, nella prospettiva dell'esecuzione, andrebbe riferito anche al solo
debitore personalmente considerato e dunque a prescindere da qualsiasi costituzione formale.

Da ci deriva poi la conseguenza, parrebbe, che la mancanza di contestazione esecutiva di


circostanze di fatto affermate dal procedente e finalizzate a fornire esattezza numerica ad un titolo
che risulti carente di alcuni elementi sotto il profilo documentale, vale anch'essa a definire la portata
del diritto azionato.

Ci significa che, affermata nel precetto una data interpretazione del titolo, spetta alla controparte
contestare le circostanze (di fatto, perch ovviamente il principio di non contestazione non opera sui
profili giuridici) di cui si asserisca la non corrispondenza a quanto fu oggetto di cognizione nel
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processo da cui il titolo deriva. Con il limite della verifica viceversa officiosa della radicale
contrariet dell'affermato rispetto al contenuto del titolo o della totale assenza di accertamento
dell'an debeatur.

Tali contestazioni potranno aversi sia in sede di opposizione al precetto, sia, allorquando risulti
necessario, in sede esecutiva, apprezzare la portata del titolo.

Ed in presenza di una siffatta contestazione, potr aversi, sulla base del materiale probatorio offerto
dalle parti, anche in fase esecutiva, la verifica giudiziale sull'effettivo risalire dell'affermazione di
chi agisce con quanto emerso o gi non contestato nel giudizio di cognizione e dunque messo a
presupposto del titolo esecutivo.

5. L'orientamento espresso dalle Sezioni Unite va infine inserito all'interno del sistema dei rimedi
esecutivi rispetto alle situazioni patologiche.

5.1. Un primo problema, affrontato anch'esso in sintesi dalle Sezioni Unite, concerne la difesa
contro gli abusi del creditore che, determinando nel precetto somme incoerenti rispetto a quanto
giudizialmente accertato, si avvii a pignorare oltre i limiti del sostanzialmente consentito.

Rispetto ad essi opera evidentemente il rimedio dell'opposizione a precetto, con le cautele che in
tale fase si ritengano ammissibili (19) .

Parallelamente (ed eventualmente in via aggiuntiva rispetto all'opposizione ex art. 615 c.p.c. ) la
genericit del precetto che non specifichi i criteri di calcolo del dovuto pu anche essere contrastata
con l'opposizione agli atti esecutivi.

Contrappeso poi delle facolt riconosciute al procedente sta nel regime della responsabilit
aggravata ex art. 96 c.p.c. , qualora risulti che egli abbia agito senza la normale prudenza.

5.2. Quanto invece agli eventuali errori che, nel pronunciare sulla portata del titolo, fossero
commessi dal giudice, si osserva che in realt, agendo l'orientamento delle Sezioni Unite soltanto
sulla latitudine dell'interpretazione del titolo, esso non muta nulla rispetto ai precedenti
convincimenti che fossero maturati, nell'uno o nell'altro senso, in merito alle forme ed alla natura
della tutele in questione (20) .

Ovviamente se l'interpretazione del titolo esecutivo in senso sostanziale che si intendesse censurare
si radicasse all'interno del processo di opposizione a precetto, i rimedi saranno ravvisabili nelle
normali forme di impugnazione delle sentenze, mentre, ove si tratti di censurare provvedimenti del
giudice dell'esecuzione, varr l'opposizione agli atti esecutivi, ordinaria o nella versione interna al
procedimento di distribuzione del ricavato.

impossibile dire se il risparmio di energie processuali derivante dai maggiori poteri interpretativi
riconosciuti sia destinato ad essere assorbito da un aumento del contenzioso oppositivo ex art. 617
c.p.c.
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L'impressione in senso contrario, per la semplice ragione che, quanto meno, un'applicazione
corretta dei criteri indicati dalla Suprema Corte consentirebbe di evitare la possibile reiterazione del
contenzioso derivante da limitative interpretazioni officiose del titolo da parte del g.e., non
supportate da effettivo contenzioso inter partes.

In ogni caso certo che, seguendo le linee interpretative tracciate delle Sezioni Unite e qui
condivise, la tutela del credito potrebbe risultare pi efficiente, perch non destinata a soffrire di
intermezzi o dilazioni per il previo ritorno a fasi cognitive ordinarie su aspetti che solo
apparentemente o in via di strumentale ostruzionismo non sono riportabili gi all'originario titolo
esecutivo in senso sostanziale.

-----------------------
(1)
Per il riepilogo della posizione, nel contesto di una serrata critica alla pronuncia qui in commento,
cfr. CAPPONI, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di
dissolvenza?, CorG, 2012, 1169 ss. Per un'integrale ricostruzione storica dei rapporti tra titolo ed
esecuzione forzata, v. VACCARELLA, L'esecuzione forzata dal punto di vista del titolo esecutivo,
in Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, Torino, 1993, 1 ss.
(2)
LUISO, Diritto processuale civile, III, Milano, 2001, 26 ss.
(3)
LIEBMAN, I presupposti dell'esecuzione forzata, RDPr, 1953, 273. Secondo Cass. 10-4-1998, n.
3734 la sentenza condizionale vale come titolo esecutivo solo se l'accertamento della condizione
non richieda altri accertamenti di merito diversi da quello dell'avverarsi o meno del corrispondente
evento.
(4)
LUISO, Diritto processuale civile, cit., 29.
(5)
In questo senso, ci si permette di rinviare a. BELL, Titolo giudiziale e tutela esecutiva, REF,
2005, 513.
(6)
LUISO, L'esecuzione ultra partes, Milano, 1984, 89.
(7)
LIEBMAN, I presupposti dell'esecuzione forzata, cit., 275; cfr. anche VACCARELLA,
L'esecuzione forzata dal punto di vista del titolo esecutivo, cit., 95.
(8)
Parla del bene "giurisdizione" come risorsa preziosa che, come tutte le risorse preziose, si
possiede in quantit ridotte e non va quindi mai sprecata, L. DE ANGELIS, Il processo del
lavoro tra funzionalit e rispetto delle garanzie, RIDL, 1994, I, 345
(9)
Cass. S.U. 15-11-2007, n. 23726; Cass. 11-6-2008, n. 15476 .

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(10)
Cass. 18-9-2009, n. 20106, sul controllo di buona fede rispetto al diritto di recesso; Cass. 5-4-
2012, n. 5477; Cass. 4-5-2011, n. 9769, entrambe quali ultime espressioni del consolidato
orientamento sul controllo di buona fede rispetto all'esercizio dei poteri del datore di lavoro.
(11)
Cass. S.U. 13-9-2005, n. 18128; Cass. 24-9-1999, n. 10511 .
(12)
Cass. 10-12-2010, n. 22819, che ravvisa nel principio di buona fede una regola generale di
comportamento, a osservarsi a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi sanciti alla legge.
(13)
Critico su tale possibilit, in generale, CALAMANDREI, La sentenza civile come mezzo di
prova, RDPr, 1938, I, 108 ss., tuttavia in tutt'altra temperie culturale.
(14)
Cass. 28-5-2004, n. 10376 .
(15)
Cass. 30-3-1994, n. 3150 .
(16)
Si rinvia, pi ampiamente, sul punto, a BELL, Titolo giudiziale e tutela esecutiva, cit., 519 ss.
In senso contrario, cfr. tuttavia Cass. 4-5-2011, n. 9796, secondo cui la mancata indicazione della
tipologia di incide integrerebbe un'inammissibile integrazione del contenuto della decisione. Per la
liquidit del titolo che non contenga l'indicazione del tasso di svalutazione, cfr. anche LUISO,
Diritto processuale civile, cit., 18.
(17)
Per l'integrazione del titolo mediante interpretazione funzionale di esso, in relazione alla norma
"per implicito o per esplicito in quella vicenda applicata" ed alle richieste delle parti, con
distinzione della vicenda rispetto ad una non consentita ed inutile interpretazione della volont del
giudice, cfr. BUCOLO, Appunti, segnalazioni e proposte sull'interpretazione del titolo esecutivo,
GI, 1983, IV, 139.
(18)
in tal senso, ARIETA-DE SANTIS, L'esecuzione forzata, II, Padova, 2007, 294 ss., nonch, a
ritroso nel tempo, PERSICO, voce Precetto, NN.D.I., XIII, Torino, 1966, 563; ZANZUCCHI,
Diritto processuale civile, III, Milano, 1964, 11 ss.
(19)
E dunque con l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo ex art. 615, 1 co., c.p.c.,
oppure, ove si ritenga che il rimedio non possa valere ove non ci si lamenti di quanto disposto dal
titolo, ma dell'interpretazione che del titolo data nel precetto, attraverso il rimedio residuale ex art.
700 c.p.c. , gi notoriamente ammesso, prima delle riforme del 2005, da Cass. 23-2-2000, n. 2051;
Cass. 19-7-2005, n. 15220 .
(20)
Sul tema da ultimo cfr., in senso favorevole alla portata di giudicato delle decisioni cognitive del
giudice dell'esecuzione, FABIANI, Le controversie distributive. L'oggetto del procedimento e
l'impugnazione dell'ordinanza del giudice, REF, 2010, 575 ss.; in senso diametralmente contrario,
cfr. invece BOVE (-BALENA), Le riforme pi recenti del processo civile, Bari, 2006, 269; nel
senso intermedio per cui l'efficacia di giudicato potrebbe aversi in caso di definizione del

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contenzioso distributivo nell'ambito di un opposizione ex art. 617 c.p.c. , cfr. CAPPONI,


L'opposizione esecutiva dopo la riforma dell'esecuzione forzata, in www.judicium.it.

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5) GIUR. IT., 2015, 4, 871 (NOTA A SENTENZA)

PIGNORAMENTO DI PARTECIPAZIONI S.R.L. - PARTECIPAZIONI DI S.R.L. E


PIGNORAMENTO MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE

Camilla Mottironi

Trib. Milano Sez. III Ordinanza, 08 ottobre 2014

c.c. art. 2471

c.p.c. art. 505

c.p.c. art. 506

c.p.c. art. 513

c.p.c. art. 529

c.p.c. art. 553

c.p.c. art. 588

c.p.c. art. 589

Il provvedimento in epigrafe si segnala perch, intervenendo sulla controversa questione


dell'espropriazione di partecipazioni di s.r.l., ritiene applicabile in via analogica la disciplina sul
pignoramento mobiliare presso il debitore, in quanto compatibile. Il legislatore, infatti, non d
indicazioni sulla normativa applicabile nel caso di specie e, nella motivazione dell'ordinanza,
l'interrogativo che si pone il collegio riguarda l'applicazione, analogica o diretta, delle norme degli
artt. 513 e segg. c.p.c.

I passaggi logici della motivazione denotano le difficolt interpretative in cui si imbattuto il


Tribunale di Milano, per giungere alla conclusione di applicare analogicamente all'esecuzione
avente ad oggetto partecipazioni sociali le norme dettate per l'espropriazione mobiliare presso il
debitore.

Innanzitutto, l'analogia imposta dalla natura di queste ultime partecipazioni, contraddistinte da


immaterialit, mentre le norme dettate dal c.p.c. presuppongono che oggetto del pignoramento
debba essere comunque un bene materiale.

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Il collegio, tuttavia, pur optando per l'applicazione analogica del pignoramento mobiliare presso il
debitore, ritiene che queste forme vadano adattate alla particolare natura delle partecipazioni di s.r.l.
e dunque che in questo caso il pignoramento debba aver luogo con la notifica di un atto al debitore e
alla societ e con la successiva iscrizione nel registro delle imprese (art. 2471 c.c.); ci che richiama
le modalit di pignoramento proprie dell'espropriazione immobiliare (art. 555 c.p.c.).

Un'ulteriore argomentazione a sostegno della pignorabilit con le forme dell'espropriazione


mobiliare presso il debitore, - si sostiene nell'ordinanza in commento - si desume dal fatto che,
nell'espropriazione presso terzi, l'art. 553, comma 2, c.p.c. (per la vendita e l'assegnazione di
crediti) richiama espressamente le norme dettate nell'ambito dell'espropriazione mobiliare (art. 529
e segg. c.p.c.). Pertanto, il fatto che il legislatore nulla disponga per le partecipazioni sociali,
determina la necessit di far ricorso all'analogia.

Nonostante il collegio, nell'iter logico dell'ordinanza de qua, sostenga l'applicazione analogica delle
norme per l'espropriazione mobiliare presso il debitore, parrebbe, de facto, propenso a seguire le
regole di un pignoramento riconducibile ad una forma del tutto nuova, ricavabile dalla pratica
applicazione dalla giurisprudenza di merito.

Come emerge anche dall'ordinanza in commento, a seguito della riforma societaria del 2003 sembra
essersi definitivamente affermato l'orientamento secondo il quale l'espropriazione di partecipazioni
sociali vada effettuata attraverso le forme di un pignoramento ad hoc (cfr. A. Amendola, Il
pignoramento di quota s.r.l., in B. Capponi, B. Sassani, R. Tiscini, A. Storto (a cura di), Il processo
esecutivo. Liber amicorum Romano Vaccarella, Torino, 2014, 388; P. Gobio Casali, Note (tra
teoria e pratica) sulle modalita di espropriazione della quota di s.r.l., in Giur. It., 2013, 864; M.P.
Gasperini, Persistenti disorientamenti giurisprudenziali in tema di pignoramento di partecipazioni
in una societ a responsabilit limitata, in Giust. Civ., 2010, 1246; M. Acone, Note in tema di
pignoramento di quote di societ a responsabilit limitata, in Riv. Esec. Forz., 2004, 627).

Il punto di partenza di un simile modo di argomentare l'esegesi dell'art. 2471 c.c. L'attuale testo
dell'art. 2471, infatti, non richiama gli art. 543 e segg. c.p.c., giacch ogni informazione per il
creditore rintracciabile nel registro delle imprese, senza alcuna necessit di dichiarazioni da parte
del debitor debitoris (in tal senso v. Cass., 18 giugno 2014, n. 13903, in Repertorio Foro It., 2014,
"Procedimenti cautelari", 5185, 13; Trib. Parma, 24 maggio 2013, in Societ, 2013, 997; Trib.
Udine, 18 febbraio 2013, in Giur. It., 2013, 864, con nota di P. Gobio Casali; Trib. Roma, 6 marzo
2009, in Orient. Giur. Lav., 2009, I, 72; in senso contrario, per, v. Trib. Melfi, 13 gennaio 2010, in
Giust. Civ., 2010, I, 1245, con nota di M.P. Gasperini, che ha dichiarato l'inesistenza dell'atto di
pignoramento per mancanza della citazione del terzo a comparire ex art. 547 c.p.c.; in dottrina, a
favore dell'orientamento maggioritario, v. M.P. Gasperini, Pignoramento e sequestro di quote di
s.r.l. nella riforma delle societ di capitali, cit., 839).

Quanto alle concrete modalit di esecuzione, l'espropriazione della partecipazione si eseguirebbe


con la notifica al socio-debitore e alla societ di un atto avente il contenuto dell'art. 492 c.p.c.;
presumibilmente i soggetti legittimati a compiere queste attivit sono l'ufficiale giudiziario o,
applicando analogicamente l'art. 555 c.p.c., il creditore (cfr., in tal senso, M. Acone, op. cit., 627).
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D'altro canto, l'art. 2471 c.c. non d indicazioni sugli adempimenti successivi all'iscrizione del
pignoramento nel registro delle imprese. Seguendo le norme generali dell'espropriazione forzata, si
dovrebbe considerare perfezionato il pignoramento con il compimento della notifica, a far data dalla
quale dovrebbe decorrere il termine di novanta giorni ex art. 497 c.p.c. (cfr. Trib. Parma, 24 maggio
2013, cit.; P. Gobio Casali, op. cit., 864).

Sulle resistenze della giurisprudenza ancora orientata ad utilizzare le forme dell'espropriazione


presso terzi, seguendo l'orientamento prevalente prima della riforma societaria del 2003, si rinvia a
M.P. Gasperini, Pignoramento e sequestro di quote di s.r.l. nella riforma delle societ di capitali, in
Riv. Dir. Proc., 2004, 831; P. Gobio Casali, op. cit., 864; M. Acone, op. cit., 627; F. Corsini,
L'espropriazione forzata di una quota di societ a responsabilit limitata tra diritto vigente e
prospettive di riforma (con qualche accenno al pignoramento di azioni non emesse), in Giur. It.,
2003, 70.

Certamente, opportuno rilevare come, prima della riforma del 2003, sulla base dell'art. 2480 c.c.,
la giurisprudenza assolutamente prevalente (cfr. L. Panzani, La giurisprudenza sul codice civile
coordinata con la dottrina, Ruperto (a cura di), Milano, 2005, sub. art. 2471, 2869; Cass., 1
ottobre 1997, n. 9577 e 4 aprile 1997, n. 2926, in Foro It., 1999, I, 1615 con nota di R. Rossi) e
buona parte della dottrina (P. Gobio Casali, op. cit., 2013, 864; F. Corsini, sub art. 2471 c.c.
Espropriazione della partecipazione, S. Chiarloni (diretto da), Il nuovo processo societario,
Bologna, 2004, 1624; F. Galgano, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e di
diritto pubblico dell'economia, Padova, 2003, XXIX, 483, n. 7; S. Chiarloni, Il pignoramento di
quote di societ a responsabilit limitata si esegue ora tramite iscrizione nel registro delle imprese,
in Giur. It., 1995, IV, 154) fossero nel senso di ritenere eseguibile il pignoramento di quote sociali
con le forme dell'espropriazione presso terzi.

Il quadro normativo era obiettivamente diverso e, infatti, l'applicazione degli art. 543 e segg. c.p.c.
era giustificata soprattutto in ragione della concezione della quota alla stregua di un diritto di
credito verso la societ (per un'utile distinzione tra espropriazione di partecipazioni di s.r.l. nel
regime anteriore e in quello successivo alla riforma del 2003, v. Cass., 16 maggio 2014, n. 10826, in
Repertorio Foro It. 2014, voce "Societ", 6270, 273; in dottrina, cfr. R. Rossi, in Foro It., 1999, I,
1615; contra S. Chiarloni, op. cit., 154).

Se l'orientamento attualmente prevalente a favore dell'applicazione delle forme del pignoramento


mobiliare ha, come punto di arrivo, la recente versione dell'art. 2471 c.c., sembra che il punto di
partenza dell'iter interpretativo possa collocarsi nella L. 12 agosto 1993, n. 310, disciplinante il
trasferimento di quota di s.r.l. e nella L. 29 dicembre 1993, n. 580, istitutiva del registro delle
imprese. Infatti, proprio a seguito di tali interventi legislativi, la quota di s.r.l. stata qualificata per
la prima volta come "una posizione contrattuale obiettivata () considerata come un bene
immateriale equiparato ai beni mobili" (Cass., 23 gennaio 1997, n. 697, in Giur. It., 1997, I, 1, 720);
questa concezione ha favorito la nascita sia nella giurisprudenza di legittimit(Cass., 26 maggio
2000, n. 6957, in Giur. It., 2000, 2309, con nota di R. Grassi Reverdini) sia in quella di merito
(Trib. Milano, 17 febbraio 2000, in Giur. It., 2000, 2069; Trib. Milano, 28 marzo 2000, in Giur. It.,
2000, 2109), ma anche in dottrina (F. Corsini, sub. art. 2471 c.c. Espropriazione della

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partecipazione, cit., 1619, n. 39 e 40; Id., L'espropriazione forzata di una quota di societ a
responsabilit limitata tra diritto vigente e prospettive di riforma (con qualche accenno al
pignoramento di azioni non emesse), cit., 70; S. Chiarloni, op. cit., 154; S. Parmiggiani, Natura e
pignoramento della quota s.r.l., in Giur. Comm., 2010, 1116), di un diverso orientamento, secondo
il quale l'espropriazione avrebbe dovuto eseguirsi mediante la notifica dell'atto di pignoramento al
debitore, l'iscrizione nel registro delle imprese e l'annotazione nel libro dei soci (quest'ultima
formalit poi stata eliminata con il D.Lgs. n. 185/2008).

Va anche ricordato che i dubbi sulle modalit processuali da utilizzare per sottoporre ad
espropriazione partecipazioni sociali scaturiscono, primariamente, dalla problematica qualificazione
giuridica della partecipazione di s.r.l., dipendente dalla sua multiforme natura (v., da ultima, A.
Amendola, op. cit., 388). Secondo la giurisprudenza di legittimit (Cass., 21 ottobre 2009, n. 22361,
in Fallimento, 2010, 565, con nota di M.P. Gasperini; Cass., 13 settembre 2007, n. 19161, in Foro
It., 2008, I, 3295, con nota di R. Disetti) la partecipazione di s.r.l. riveste una posizione contrattuale
obiettivata, equiparata a bene mobile non iscritto in pubblico registro (cfr. la Rassegna della
giurisprudenza di legittimit, 2014. Gli orientamenti delle sezioni civili, 2014, 765; S. Parmiggiani,
op. cit., 1116; M.P. Gasperini, Pignoramento e sequestro di quote di s.r.l. nella riforma, cit., 831; F.
Corsini, L'espropriazione forzata di una quota di societ a responsabilit limitata tra diritto vigente
e prospettive di riforma, cit., 70).

Una seconda questione affrontata dall'ordinanza in esame riguarda, poi, la possibilit di procedere
all'assegnazione delle partecipazioni s.r.l. pignorate.

Con riguardo a tale questione, bene ricordare che la pronuncia in epigrafe stata emessa all'esito
di un reclamo proposto nei confronti del rigetto dell'istanza di sospensione dell'esecuzione,
conseguente all'esperimento dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. nei confronti dell'ordinanza di
assegnazione di partecipazioni sociali. La parte reclamante censurava la possibilit, per il giudice
dell'esecuzione, di disporre l'assegnazione delle quote pignorate a favore dei creditori istanti. Nel
provvedimento il collegio conferma la decisione del giudice dell'esecuzione.

Nella motivazione dell'ordinanza, infatti, si legge che, dal combinato disposto degli artt. 505, 506,
588, 589, c.p.c. possibile trarre il principio secondo il quale, previa stima ed esperimento di
almeno un tentativo di vendita del diritto oggetto di pignoramento, si possa procedere
all'assegnazione dello stesso. Nel caso di specie il giudice dell'esecuzione, proprio dopo aver
eseguito plurimi tentativi di vendita, si era trovato di fronte alla necessit di procedere al ribasso del
prezzo nella misura di un quinto. A favore dell'ammissibilit dell'assegnazione della partecipazione
sociale, v. Cass., 4 aprile 1997, n. 2926, cit.; v., anche, Cass., 1 ottobre 1997, n. 9577 cit., che, per
la prima volta, si espresse chiaramente a favore di tale possibilit e conferm la scelta compiuta dal
giudice di merito (conforme a quella del provvedimento in epigrafe) di considerare l'esperimento di
un tentativo di vendita quale presupposto per poter procedere all'assegnazione delle partecipazioni
s.r.l. ai creditori istanti.

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6) NUOVE LEGGI CIV. COMM., 2015, 3, 481 (COMMENTO ALLA NORMATIVA)

L'ISCRIZIONE A RUOLO NEL PROCESSO ESECUTIVO E L'INEFFICACIA DEL


PIGNORAMENTO EFFETTUATO IN VIOLAZIONE DELLA RELATIVA DISCIPLINA:
LE NOVIT INTRODOTTE NEL C.P.C. E NELLE DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE (*)

Monica Pilloni

c.p.c. art. 518

c.p.c. art. 543

c.p.c. art. 557

disp.att.c.p.c. art. 159-bis

disp.att.c.p.c. art. 164-ter

D.L. 12-09-2014, n. 132, art. 18

L. 10-11-2014, n. 162

Fra le innovazioni introdotte dall'ultima riforma del processo civile nella disciplina dell'esecuzione
forzata, una delle pi significative senz'altro costituita dall'introduzione dell'onere di iscrizione a
ruolo del processo esecutivo a carico del creditore procedente. L'art. 18, d.l. 12 settembre 2014, n.
132, conv. dalla l. 10 novembre 2014, n. 162, infatti, ha apportato modifiche agli artt. 518, comma
6, 543, comma 4, 557 c.p.c., ha introdotto nelle disposizioni di attuazione al codice di rito i nuovi
artt. 159 bis e 164 ter ed infine intervenuto sul testo del comma 2 dell'art. 16 bis, d.l. n. 179/12,
convertito con modificazioni in l. n. 221/12, relativamente al deposito telematico della nota di
iscrizione a ruolo. L'intervento normativo in esame si colloca nell'alveo delle novit attuate dal
legislatore dell'ultima riforma processuale volte a semplificare ed accelerare le procedure esecutive,
intervenendo, nello specifico, nella fase iniziale dell'esecuzione. All'evidenza la modifica in esamesi
muove in due direzioni. In primo luogo, ponendosi l'incombente dell'iscrizione a ruolo a carico del
creditore, la novella mira a sgravare, in parte qua, le cancellerie adibite alle esecuzioni individuali,
sino ad oggi chiamate a procedere autonomamente e direttamente all'iscrizione a ruolo delle
numerose procedure esecutive promosse. In secondo luogo la modifica in esame concreta
un'applicazione del principio dell'impulso di parte, rendendo la scansione procedimentale
successiva all'effettuazione del pignoramento suscettiva di essere caducata in caso di inerzia del
creditore procedente. Il creditore viene infatti responsabilizzato, richiedendosi all'uopo una sua
iniziativa onde consentire la progressione del procedimento, qualora abbia effettivamente interesse
alla stessa.

Sommario: 1. Premessa: la nuova disciplina dell'iscrizione a ruolo nel processo esecutivo (i


novellati artt. 518, 543 e 557 c.p.c., e l'art. 159 bis, disp. att., c.p.c.). - 2. L'inefficacia del
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pignoramento per mancato deposito della nota d'iscrizione a ruolo (art. 164 ter, disp. att., c.p.c.). - 3.
L'entrata in vigore della novella e il deposito telematico della nota di iscrizione a ruolo nei
procedimenti di espropriazione forzata.

1. Premessa: la nuova disciplina dell'iscrizione a ruolo nel processo esecutivo (i novellati artt. 518,
543 e 557 c.p.c., e l'art. 159 bis, disp. att., c.p.c.).

Fra le innovazioni introdotte dall'ultima riforma del processo civile nella disciplina dell'esecuzione
forzata, una delle pi significative senz'altro costituita dall'introduzione dell'onere di iscrizione a
ruolo del processo esecutivo a carico del creditore procedente.

L'art. 18, d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv. dalla l. 10 novembre 2014, n. 162, infatti, ha
apportato modifiche agli artt. 518, comma 6, 543, comma 4, 557 c.p.c., ha introdotto nelle
disposizioni di attuazione al codice di rito i nuovi artt. 159 bis (rubricato " Nota d'iscrizione a ruolo
del processo per espropriazione ") e 164 ter (rubricato " Inefficacia del pignoramento per mancato
deposito della nota di iscrizione a ruolo ") ed infine intervenuto sul testo del comma 2 dell'art. 16
bis, d.l. n. 179/12, convertito con modificazioni in l. n. 221/12, relativamente al deposito telematico
della nota di iscrizione a ruolo.

In base alla nuova disciplina, l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il pignoramento, non deve
pi procedere a depositare presso la cancelleria del g.e. il titolo esecutivo, il precetto e l'atto di
pignoramento onde consentire la formazione d'ufficio del fascicolo d'esecuzione ex art. 488 c.p.c. e
l'attribuzione del numero di ruolo. Egli infatti ora tenuto a restituire tali atti (1) " senza ritardo "(2) al
creditore istante affinch sia quest'ultimo a procedere all'iscrizione a ruolo con contestuale deposito
dei documenti sovra descritti(3). In particolare, per quanto concerne l'espropriazione mobiliare (art.
518, comma 6, c.p.c.), la consegna del verbale di pignoramento e la restituzione del titolo
esecutivo e del precetto deve avvenire senza ritardo a favore del creditore, il quale entro quindici
giorni dalla ricezione tenuto a depositare nella cancelleria del tribunale competente per
l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo(4) (fino ad oggi disciplinata per il solo processo di
cognizione), unitamente alle copie conformi(5) degli atti de quibus. Parimenti per l'espropriazione
presso terzi (art. 543, comma 4, c.p.c.) previsto che, eseguita l'ultima notifica dell'atto di
pignoramento, l'ufficiale giudiziario consegni senza indugio l'atto al creditore procedente, il quale
ha l'onere di procedere all'iscrizione a ruolo unitamente al deposito delle copie conformi degli atti
necessari a formare il fascicolo dell'esecuzione entro il termine di trenta giorni dalla consegna.
Infine sempre nella medesima direzione si muove per l'espropriazione immobiliare pure il novellato
art. 557 c.p.c., laddove previsto che, eseguita l'ultima notifica, l'ufficiale giudiziario consegni al
creditore l'atto di pignoramento insieme alla nota di trascrizione, onde consentire al procedente di
provvedere all'incombente dell'iscrizione entro quindici giorni dalla consegna.

A parte il diverso termine sancito per l'iscrizione a ruolo nell'espropriazione presso terzi (trenta
anzich i quindici giorni previsti per l'esecuzione mobiliare e immobiliare)(6), l'iter procedurale
sostanzialmente il medesimo ed retto da una comune prospettiva per l'ipotesi in cui l'iscrizione
non sia effettuata tempestivamente. Infatti l'omesso o ritardato deposito della nota di iscrizione a

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ruolo e delle copie degli atti sovra richiamati determina l'inefficacia del pignoramento (su cui v.
infra par. 2).

L'intervento normativo in esame si colloca nell'alveo delle novit attuate dal legislatore dell'ultima
riforma processuale volte a semplificare ed accelerare le procedure esecutive, intervenendo, nello
specifico, nella fase iniziale dell'esecuzione. All'evidenza la modifica de qua si muove in due
direzioni. In primo luogo, ponendosi l'incombente dell'iscrizione a ruolo a carico del creditore, la
novella mira a sgravare, in parte qua, le cancellerie adibite alle esecuzioni individuali, sino ad oggi
chiamate a procedere autonomamente e direttamente all'iscrizione a ruolo delle numerose procedure
esecutive promosse(7). Invero, come si legge nella Relazione tecnica al d.l. n. 132/14, la formazione
dei fascicoli dei processi esecutivi sia mobiliari che immobiliari costituisce da sempre il primo
rilevante " collo di bottiglia " nell'attivit dei tribunali. Le cancellerie a ci deputate sono oberate da
una considerevole mole di ruoli e sottodimensionate(8): onde " per accelerare l'iscrizione dei
processi per espropriazione forzata e consentire il recupero di importanti risorse di personale di
cancelleria indispensabile avvalersi sia delle potenzialit dello strumento informatico, sia della
collaborazione del creditore procedente "(9). Sempre in questa direzione va colto il potere di
certificazione di conformit all'originale delle copie degli atti da accludere alla nota di iscrizione
attribuito al difensore del creditore procedente.

In secondo luogo la modifica in esame concreta un'applicazione del principio dell'impulso di


parte(10), rendendo la scansione procedimentale successiva all'effettuazione del pignoramento
suscettiva di essere caducata in caso di inerzia del creditore procedente. Il creditore viene infatti
responsabilizzato, richiedendosi all'uopo una sua iniziativa onde consentire la progressione del
procedimento, qualora abbia effettivamente interesse alla stessa(11). noto infatti che, sino ad oggi,
dopo l'iscrizione a ruolo per opera delle cancellerie, era piuttosto frequente che si verificasse
l'abbandono delle procedure esecutive, sovente perch il creditore e il debitore raggiungevano un
accordo in merito al pagamento del credito: onde il creditore non dava pi impulso alla procedura
esecutiva, omettendo di presentare l'istanza di vendita con conseguente estinzione del processo di
esecuzione. Orbene, come stato efficacemente rilevato, con la modifica in esame si " mira ad
evitare la pendenza di tutti quei processi esecutivi che il creditore non abbia alcun interesse a
portare avanti "(12).

Non sfugge che la soluzione adottata dal legislatore in punto di conseguenze riconnesse all'omesso
o ritardato deposito della nota di iscrizione a ruolo possa apparire piuttosto draconiana, quantomeno
per chi consideri che la modifica in esame nata dall'esigenza di " scaricare " sul creditore le
inadeguatezze dell'amministrazione e che nel processo ordinario di cognizione la mancata o tardiva
costituzione di entrambe le parti non determina da subito conseguenze irreversibili (ma apre le porte
a un periodo trimestrale di quiescenza, alla sola scadenza del quale, in difetto di riassunzione, si
determiner la mors litis).

2. L'inefficacia del pignoramento per mancato deposito della nota d'iscrizione a ruolo (art. 164 ter,
disp. att., c.p.c.).

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Nell'ambito delle modifiche apportate in sede di conversione del d.l. n. 132/14, il legislatore ha
altres provveduto ad esplicitare le conseguenze dell'inottemperanza all'obbligo del creditore di
iscrivere a ruolo il processo esecutivo, onde impedire una inerte pendenza sine die del
pignoramento. Con la l. di conv. n. 162/14 il legislatore ha infatti inserito tra le disposizioni di
attuazione del codice di rito il nuovo art. 164 ter, disciplinante la " Inefficacia del pignoramento per
mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo ", nel quale prevista la sanzione per l'ipotesi di
omesso o non tempestivo deposito della nota di iscrizione a ruolo. Essa consiste nella perdita di
efficacia del vincolo esecutivo, con conseguente chiusura anticipata della procedura.

Per questa eventualit l'art. 164 ter, disp. att., c.p.c. prescrive che il creditore entro cinque giorni
dalla scadenza del termine per l'iscrizione a ruolo provveda a fare, mediante notifica, apposita
dichiarazione di mancata iscrizione a ruolo al debitore e all'eventuale terzo debitor debitoris
affinch siano edotti della chiusura della procedura esecutiva. Nella consapevolezza che il suddetto
adempimento potrebbe essere disatteso dal creditore, il legislatore ha altres specificato nel disposto
in esame che, " in ogni caso ", ogni obbligo(13) del debitore e del terzo cessa quando la nota di
iscrizione a ruolo non stata depositata nei termini di legge. Sicch, allo spirare del termine con
riguardo all'espropriazione presso terzi, ogni atto dispositivo del credito (segnatamente il
pagamento del credito del debitore esecutato da parte del terzo debitor debitoris) sar opponibile
anche al creditore. Per quanto concerne l'espropriazione immobiliare, all'inefficacia del
pignoramento dovr conseguire la cancellazione della relativa trascrizione presso i registri
immobiliari, la quale dovr essere ordinata dal g.e. ovvero potr essere disposta qualora il creditore
pignorante abbia dichiarato, nelle forme prescritte dalla legge, che il pignoramento divenuto
inefficace per mancato tempestivo deposito della nota di iscrizione: dimodoch, in caso di inerzia
del creditore, il debitore possa rivolgersi di necessit all'autorit giudiziaria promuovendo
un'autonoma procedura.

L'attuale novella lascia insoluti, tuttavia, alcuni quesiti con riguardo alla pratica attuazione della
nuova disciplina in tema di iscrizione a ruolo ad opera del creditore e di sanzione di inefficacia per
l'ipotesi di inottemperanza. Anzitutto, un primo quesito concerne proprio le modalit di
documentazione della data di consegna degli atti all'avvocato da parte dell'ufficiale giudiziario. Tale
aspetto assume particolare rilevanza in quanto contribuisce ad individuare il dies a quo del termine
per l'iscrizione a ruolo del processo esecutivo. A tal riguardo giova osservare le prime " modalit-
istruzioni operative " divulgate da alcuni tribunali, nelle quali si precisa che l'ufficiale giudiziario, al
fine di poter consentire alla cancelleria e al g.e. il controllo in ordine al rispetto di detto termine,
tenuto ad attestare nel verbale di pignoramento la data di consegna dello stesso e del titolo esecutivo
e del precetto al creditore procedente.

Altra questione concerne l'individuazione del rimedio processuale utile per dedurre l'intervenuta
inefficacia del pignoramento. Se vero, infatti, che l'art. 164 ter, disp. att., c.p.c. chiarisce che " in
ogni caso ogni obbligo del debitore e del terzo cessa quando la nota di iscrizione a ruolo non stata
depositata nei termini di legge ", all'atto pratico potrebbe prospettarsi la necessit di assunzione di
provvedimenti che consentano il ripristino dello status quo, anche al fine di ottenere la
cancellazione della trascrizione del pignoramento (in difetto di dichiarazione da parte del creditore)
nell'ipotesi di esecuzione immobiliare. noto che nel nostro codice di rito si discorre di sanzione di

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inefficacia del pignoramento, tra l'altro, anche all'art. 497 c.p.c. per l'ipotesi di omesso deposito
dell'istanza di vendita nel termine di novanta giorni dall'esecuzione del pignoramento. La dottrina
pressoch unanime(14) ricollega questa fattispecie all'istituto dell'estinzione del processo esecutivo
per inattivit delle parti ai sensi dell'art. 630 c.p.c.: estinzione che opera di diritto e, a seguito della
riforma attuata dalla l. n. 69/09, pu essere dichiarata d'ufficio dal g.e.(15). L'accostamento all'istituto
dell'estinzione per inattivit anche dell'ipotesi di inefficacia del pignoramento per non tempestivo
deposito della nota di iscrizione(16) (cos come dell'ipotesi di mancato deposito della
documentazione ipocatastale ai sensi dell'art. 567 c.p.c.) sembra avallata dalla presa d'atto che
l'inefficacia del vincolo esecutivo la diretta conseguenza dell'estinzione della procedura, e che il
mancato deposito della nota di iscrizione nel termine perentorio indicato dalla norma integra a tutti
gli effetti un'ipotesi di inattivit qualificata verificatasi nel contesto di una sequenza di atti gi
iniziata. Non pare invece congruo riconnettere questa fattispecie di inefficacia, sancita all'art. 164
ter, disp. att., c.p.c., in genere alle fattispecie di invalidit del pignoramento deducibili con lo
strumento dell'opposizione agli atti e, se assolute, rilevabili anche d'ufficio, posto che qui il
pignoramento nasce a tutti gli effetti come atto esecutivo valido ed efficace e viene solo
successivamente colpito da inefficacia: quale sanzione che l'ordinamento ricollega ad un'inattivit
della parte ostativa alla prosecuzione della procedura esecutiva.

L'inquadramento offerto porta cos a ritenere che, nell'ipotesi di deposito tardivo della nota
d'iscrizione, l'inefficacia de qua (che operer automaticamente) dovr essere dichiarata d'ufficio dal
g.e. (ma non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della causa di estinzione: art. 630,
comma 2, c.p.c.); ci vale pure nel caso di sollecitazione degli interessati attraverso apposita
istanza, volta a conseguire attraverso la pronuncia dell'ordinanza d'inefficacia, cui segue la
contestuale dichiarazione di estinzione, l'eventuale cancellazione della trascrizione del
pignoramento(17).

Riteniamo, invece, che, in caso di omesso deposito della nota di iscrizione con conseguente
mancata iscrizione a ruolo del processo esecutivo, l'inefficacia del pignoramento non riuscir ad
emergere senza un'apposita iniziativa di parte in un contesto in cui non vi ancora stata la nomina
del g.e., n stato aperto alcun fascicolo della procedura esecutiva, ossia in un processo che per
l'ufficio non esiste. La parte che avr interesse a far valere l'intervenuta inefficacia dovr pertanto
promuovere un'apposita istanza nei confronti del Presidente del Tribunale competente per
l'esecuzione, anche al fine di ottenere la cancellazione della trascrizione del pignoramento
nell'ipotesi di esecuzione immobiliare. Al deposito del ricorso di parte seguir il provvedimento del
Presidente del Tribunale, il quale, dopo aver preso atto della sussistenza dei presupposti di cui
all'art. 164 ter, disp. att., c.p.c. (id est, mancata iscrizione), previa audizione delle parti dichiarer
con ordinanza l'inefficacia del pignoramento eseguito, ordinando contestualmente la cancellazione
della trascrizione del pignoramento, in ipotesi di esecuzione immobiliare. L'ordinanza presidenziale
sar suscettiva di reclamo.

3. L'entrata in vigore della novella e il deposito telematico della nota di iscrizione a ruolo nei
procedimenti di espropriazione forzata.

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La nuova norma in tema di obbligo di deposito della nota di iscrizione a ruolo, unitamente alle
modifiche normative connesse, destinata ad essere applicata ai procedimenti esecutivi (18) instaurati
a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di
conversione, ossia a partire dall'11 dicembre 2014. Con riguardo al momento di " instaurazione " di
una procedura esecutiva dovr aversi riguardo, a mente dell'art. 491 c.p.c., al momento in cui sia
stato realizzato il pignoramento mobiliare o immobiliare ovvero notificato l'atto di pignoramento
presso terzi.

Va peraltro segnalato che, in forza del recentissimo intervento legislativo, stato pure modificato
l'art. 16 bis, comma 2, d.l. n. 179/12, convertito, con modificazioni, in l. n. 221/12, prevedendosi
che, a decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito della nota di iscrizione a ruolo nei procedimenti di
espropriazione forzata avr luogo esclusivamente con modalit telematiche, nel rispetto della
normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei
documenti informatici. Unitamente alla nota di iscrizione dovr procedersi nelle medesime modalit
al deposito anche delle copie conformi degli atti indicati dagli artt. 518, comma 6, 543, comma 4,
e 557, comma 2, c.p.c., la cui conformit agli originali sar attestata dal difensore anche fuori dai
casi previsti al comma 9 bis.

La previsione di due norme transitorie stimola la riflessione in ordine al regime transitorio


intercorrente tra l'entrata in vigore della novella e quella del deposito telematico della nota di
iscrizione a ruolo. Con riguardo a questo scarto temporale da ritenere che, mentre la nota di
iscrizione dovr depositarsi secondo le modalit cartacee ordinarie e sar oggetto di lettura
automatica con il sistema del codice a barre, i documenti da produrre con la stessa potrebbero essere
depositati per via telematica in forza dell'art. 44, d.l. n. 90/14, ove previsto che gli atti e documenti
indicati nell'art. 16 bis, d.l. n. 179/12 (tra cui pure gli atti delle procedure esecutive), possono essere
depositati con modalit telematiche e, in tal caso, il deposito si perfeziona esclusivamente con le
suddette modalit. A norma dell'art. 16 bis, d.l. n. 179/12, inoltre, gi dal 30 giugno 2014 l'obbligo
di deposito telematico riguarda tutti gli atti endoprocessuali nei procedimenti radicati dopo la
suddetta data.

(*) Contributo pubblicato previo parere favorevole formulato da un componente del Comitato per la
valutazione scientifica.

(1) Peraltro copia del processo verbale conservata dall'ufficiale giudiziario e resta a disposizione
del debitore sino alla scadenza del termine di novanta giorni dal pignoramento ex art. 497 c.p.c.

(2) In base al testo previgente l'ufficiale giudiziario doveva depositare il verbale, il titolo esecutivo e
il precetto in cancelleria entro ventiquattro ore dal compimento delle operazioni.

(3) Per quanto concerne il pagamento del contributo unificato, si ricorda che, ai sensi dell'art. 14,
d.p.r. n. 115/02, lo stesso dovuto dalla parte al momento in cui proposta l'istanza per
l'assegnazione o la vendita dei beni staggiti.
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(4) Ai sensi del neo-introdotto art. 159 bis, disp. att., c.p.c. " la nota d'iscrizione a ruolo del processo
esecutivo per espropriazione deve in ogni caso contenere l'indicazione delle parti, nonch le
generalit e il codice fiscale, ove attribuito, della parte che iscrive la causa a ruolo, del difensore,
della cosa o del bene oggetto di pignoramento. Il Ministro della giustizia, con proprio decreto
avente natura non regolamentare, pu indicare ulteriori dati da inserire nella nota di iscrizione a
ruolo ". Il suddetto d.m. stato emesso in data 19 marzo e pubblicato in G.U., s.g., n. 68 del 23
marzo 2015. Esso, ad integrazione dei dati gi previsti dall'art. 159 bis, disp. att., c.p.c., contiene le
indicazioni da rispettare nella predisposizione della nota di iscrizione, individuando i dati da inserire
obbligatoriamente a seconda che si tratti di esecuzione immobiliare, mobiliare o presso terzi.

(5) La cui conformit - si legge nel novellato art. 518, comma 6, c.p.c. - " attestata dall'avvocato
del creditore ai soli fini del presente articolo ": attestazione di conformit che sar inserita
nell'indice o nella nota di deposito e che avr efficacia solo nell'ottica dell'assolvimento dell'onere di
deposito della nota di iscrizione. L'originale del titolo viene dunque trattenuto dal creditore, onde
consentire l'iscrizione a ruolo in via telematica e con obbligo di sua esibizione ad ogni richiesta del
g.e. ai sensi del comma 2 dell'art. 488 c.p.c.

(6) La ratio sottesa a questo maggior lasso di tempo , evidentemente, da cogliere nella volont di
consentire al creditore di procedere all'iscrizione a ruolo solo dopo la ricezione della dichiarazione
del terzo debitor debitoris ai sensi dell'art. 547 c.p.c., s da consentirgli di non procedere
all'iscrizione in ipotesi di dichiarazione negativa. All'atto pratico, per, tale lasso di tempo potrebbe
rivelarsi insufficiente per il creditore, con il rischio di trovarsi costretto a decidere se procedere
all'iscrizione ancor prima di conoscere dell'esistenza di possibili crediti da pignorare: ci
segnatamente nell'eventualit di notifica al terzo debitore ai sensi degli artt. 140 e 143 c.p.c. A tal
riguardo alcuni tribunali hanno fissato alcune linee operative utili al fine di scongiurare la suddetta
evenienza (e applicabili, in parte qua, anche al pignoramento immobiliare), prescrivendo che
l'ufficiale giudiziario non debba pi trattenere come in passato i titoli e depositare l'atto di
pignoramento in originale nella cancelleria del g.e. solo a seguito della restituzione da parte delle
poste italiane dell'avviso di ricevimento, bens restituisca gli atti al creditore subito dopo la
spedizione degli stessi dimodoch questi possa procedere tempestivamente all'iscrizione e deposito.
La cancelleria provveder cos a formare il fascicolo dell'esecuzione, mentre il difensore del
creditore sar tenuto a depositare in cancelleria l'avviso di ricevimento non appena pervenuto.

(7) Cfr. D'AGOSTO e CRISCUOLO, Prime note sulle " misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e
altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile ", in www.ilcaso.it, p.
33, ad avviso dei quali la modifica in esame appare quanto mai opportuna sul piano della
semplificazione dell'attivit processuale.

(8) Come si d atto nella Relazione tecnica, a livello nazionale il numero complessivo dei
procedimenti per espropriazione forzata sopravvenuti stato pari a 491.165 nel 2009, 510.915 nel
2010 e 527.304 nel 2011, quindi notevolmente superiore a quello delle cause di contenzioso
ordinario (pari, rispettivamente, a 488.647, 446.283 e 389.390).

(9) Cos sempre la Relazione tecnica al d.l. n. 132/14.


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(10) V. GRADI, Inefficienza della giustizia civile e " fuga dal processo " - Commento del decreto
legge n. 132/2014 convertito in legge n. 162/2014, in www.judicium.it, p. 52.

(11) Cfr. LEUZZI, Commento all'art. 18, in AA.VV., La nuova riforma del processo civile -
Degiurisdizionalizzazione, processo e ordinamento giudiziario nel D.L. 132/2014 convertito in l.
162/2014, a cura di Santangeli, Roma, 2015, p. 235, il quale osserva che il creditore diviene " il
centro di impulso dell'esecuzione, cui dar corso soltanto qualora abbia un reale interesse a farlo ".

(12) Cos expressis verbis CARRATTA e D'ASCOLA, Nuove riforme per il processo civile: il d.l. n.
132/2014, in www.treccani.it.

(13) Tale concetto da riferirsi agli obblighi derivanti dall'intervenuto pignoramento, ossia
sostanzialmente gli obblighi di custodia per il terzo (ed eventualmente per il debitore nell'ipotesi di
sua nomina a custode dei beni pignorati nelle esecuzioni mobiliari), nonch l'obbligo per il debitore
esecutato di non disporre dei beni staggiti, ma non certo all'obbligazione per cui si procedeva. Sul
punto v. le osservazioni di GRADI, op. cit., p. 55, che discorre giustamente di " infelice formulazione
", per l'ovvia considerazione che " non sembra per che il credito oggetto dell'azione esecutiva
debba ritenersi per ci solo estinto, in quanto altrimenti si avrebbe un effetto davvero paradossale ed
oltremodo ingiustificato, che sfugge a qualsiasi criterio di ragionevolezza ".

(14) V. per tutti REDENTI, Diritto processuale civile, II, Milano, 1949, pp. 61 e 62; ARIETA e DE
SANTIS, L'esecuzione forzata, in Trattato di diritto civile, III, a cura di Montesano e Arieta, 2,
Padova, 2007, p. 616; ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, p. 391;
SOLDI, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2014, p. 302; POLISENO, L'estinzione del processo
esecutivo, in AA.VV., L'esecuzione forzata riformata, a cura di Miccolis e Perago, Torino, 2009, p.
765; SALETTI, voce Estinzione del processo - I) Diritto processuale civile, in Enc. giur. Treccani,
XIV, Roma, 1989, p. 17. ContraCASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico,
Milano, 2010, pp. 221 ss. e 565 ss., e VERDE, voce Pignoramento in generale, in Enc. dir., XXXIII,
Milano, 1983, p. 793, ad avviso del quale il rinvio operato dall'art. 562 c.p.c. all'art. 630 c.p.c. (con
riferimento alla violazione del termine di cui all'art. 497 c.p.c.) sarebbe solo formale: la
formulazione dell'art. 562 c.p.c. " il sintomo che si voluta conservare l'autonomia tra l'inefficacia
del pignoramento (che ne causa) e l'estinzione del processo (che ne conseguenza)... il che
risponde alla particolare posizione che nel processo ha il pignoramento, di atto che ne determina la
pendenza anche se ancora non enuncia la domanda esecutiva ".

(15) Cfr. Cass. 16 marzo 2003, n. 9624, in Foro it., 2004, I, c. 162, con nota di richiami di
IANNICELLI, ove si afferma che, nell'ambito del processo esecutivo, sia il caso in cui alla esecuzione
del pignoramento non segua il deposito della istanza di vendita, sia il caso in cui l'istanza di vendita
venga depositata fuori termine sono strutturalmente assimilabili alla vicenda dell'estinzione del
processo, piuttosto che all'inefficacia del pignoramento, con ci chiarendo che in entrambi i casi la
situazione pu essere definita con l'ordinanza di cui all'art. 630 c.p.c., avente come contenuto il
diretto accertamento dell'inefficacia del pignoramento e la conseguente declaratoria di estinzione
del processo esecutivo. Rimarca infine la Corte che, al fine di far dichiarare l'inefficacia del
pignoramento e l'estinzione dell'esecuzione, il debitore non ha l'onere di proporre opposizione ai
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

sensi dell'art. 617 c.p.c., ma deve proporre istanza di estinzione nella sua prima difesa successiva al
verificarsi del fatto estintivo, ovvero nell'udienza per la fissazione della vendita. Si veda altres Trib.
Pordenone 26 febbraio 2003, in Riv. esec. forz., 2004, p. 427, con nota di BINA, Sull'estinzione del
processo esecutivo per il deposito tardivo dell'istanza di vendita.

(16) Considerato del resto che l'estinzione integra comunque la conseguenza dell'inefficacia del
pignoramento.

(17) Tale ordinanza sar suscettiva di reclamo ai sensi dell'art. 630 c.p.c. Secondo LEUZZI,
Commento all'art. 18, cit., p. 229, la cancellazione della trascrizione del pignoramento potr essere
eseguita solo dopo che il provvedimento di estinzione si sia stabilizzato, in quanto non pi
reclamabile per decorso del termine.

(18) Restano esclusi dall'ambito di applicazione della nuova normativa in tema di iscrizione a ruolo
ad opera del creditore i procedimenti di esecuzione forzata in forma specifica, considerato che in
essi sar richiesto solo in via eventuale l'intervento del g.e. (id est, quando sorgano difficolt o
contestazioni ai sensi dell'art. 610 c.p.c. ovvero per la sola liquidazione delle spese ai sensi dell'art.
611 c.p.c.), peraltro invocabile anche verbalmente, in un contesto deformalizzato.

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7) RIV. DIR. PROC., 2015, 3, 665 (COMMENTO ALLA NORMATIVA)

IL PERFEZIONAMENTO DEL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI DOPO LA RIFORMA


DEL 2014 (*)

Laura Salvaneschi

c.p.c. art. 543

c.p.c. art. 545

c.p.c. art. 547

Il tema del perfezionamento del pignoramento presso terzi da tempo motivo di indagine da parte
di intensi contributi scientifici e di decisioni giurisprudenziali di interesse sia teorico che pratico.
Per quanto riguarda il pignoramento di crediti, tra i risvolti pi immediati che ne derivano vi
quello dei suoi limiti quantitativi e temporali. Quanto ai primi, noto che la riforma del 2005 ha
risolto con una norma positiva la questione se nell'espropriazione di somme di denaro dovesse
intendersi pignorata l'intera somma dovuta dal debitor debitoris al debitore principale, ovvero solo
la parte corrispondente al credito indicato nell'atto di precetto. rimasta invece sul tavolo, di
riforma in riforma, la diversa questione del tempo in cui si perfeziona il pignoramento stesso,
soprattutto laddove i crediti che ne costituiscono l'oggetto sono passibili di incremento dopo la
notificazione dell'atto di pignoramento. La riforma del diritto dell'esecuzione datata 2014 ha
introdotto sul tema variazioni di rilievo, perch ha abrogato nella struttura dell'atto di pignoramento
la citazione del terzo a comparire all'udienza di cui all'art. 543 c.p.c., sostituendola, con riferimento
a ogni tipo di credito, con l'invito a comunicare la propria dichiarazione al creditore procedente
entro dieci giorni a mezzo raccomandata o via pec; inoltre, coerentemente, la struttura dell'art. 547
c.p.c. stata modificata, con abrogazione dell'ipotesi di dichiarazione resa dal terzo in udienza,
precedentemente prevista per i crediti di cui all'art. 545, commi 3 e 4, c.p.c., sostituita oggi in ogni
caso con la dichiarazione resa a mezzo raccomandata o via pec.

SOMMARIO: 1. Le modifiche introdotte dalla legge 162/2012. - 2. Il prevalente inquadramento


precedente alla riforma del pignoramento presso terzi come fattispecie a formazione progressiva. -
3. La permanente centralit dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 543 c.p.c. - 4. La dichiarazione
quantitativa del terzo non si misura nel momento in cui viene resa, ma in quello successivo in cui
interviene un provvedimento del giudice. - 5. L'invio della dichiarazione costituisce ancora oggi
opzione preferenziale, ma non preclusa la sua formulazione in udienza. - 6. L'integrazione della
dichiarazione con riferimento alle somme sopravvenute.

1. - Il tema del perfezionamento del pignoramento presso terzi da tempo motivo di indagine da
parte di intensi contributi scientifici(1) e di decisioni giurisprudenziali di interesse sia teorico che
pratico. Per quanto riguarda il pignoramento di crediti, tra i risvolti pi immediati che ne derivano
vi quello dei suoi limiti quantitativi e temporali.

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Quanto ai primi(2), noto che la riforma del 2005 ha risolto con una norma positiva la questione se
nell'espropriazione di somme di denaro dovesse intendersi pignorata l'intera somma dovuta dal
debitor debitoris al debitore principale, ovvero solo la parte corrispondente al credito indicato
nell'atto di precetto. A fronte di una giurisprudenza tendenzialmente estensiva, il legislatore ha
posto un dato normativo chiaro, seppure non esente da approfondite critiche, bilanciando le
contrapposte esigenze, da un lato, del creditore procedente all'integrale soddisfazione delle proprie
pretese anche nel concorso con altri creditori e, dall'altro, del debitore esecutato a non veder
paralizzate poste attive, anche potenzialmente ingenti, per un tempo non irrilevante. L'art. 546
c.p.c., nella formulazione da allora in vigore, dispone quindi che i doveri di custodia del terzo si
estendono fino al limite dell'importo del credito precettato aumentato della met, togliendo ogni
dubbio di natura quantitativa su ci che oggetto del pignoramento di crediti.

rimasta invece sul tavolo, di riforma in riforma, la diversa questione del tempo in cui si
perfeziona il pignoramento stesso, soprattutto laddove i crediti che ne costituiscono l'oggetto sono
passibili di incremento dopo la notificazione dell'atto di pignoramento. Il tema, di centrale rilievo
pratico, interessa in modo particolare le banche e tutti gli operatori che intrattengono con il debitore
principale rapporti di durata che implichino pagamenti periodici di somme di denaro, o comunque
versamenti successivi alla notificazione dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c. In proposito le alternative
sul campo sono variegate e comportano risposte diverse circa il dovere del terzo pignorato di tenere
a disposizione del creditore procedente e di quelli intervenuti le somme che entrino nella sua
disponibilit durante lo svolgimento dell'iter che dalla notificazione dell'atto di pignoramento porta
alla assegnazione del credito.

La riforma del diritto dell'esecuzione datata 2014 ha introdotto sul tema variazioni di rilievo, perch
ha abrogato nella struttura dell'atto di pignoramento la citazione del terzo a comparire all'udienza di
cui all'art. 543 c.p.c., sostituendola, con riferimento a ogni tipo di credito, con l'invito a comunicare
la propria dichiarazione al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata o via pec;
inoltre, coerentemente, la struttura dell'art. 547 c.p.c. stata modificata, con abrogazione dell'ipotesi
di dichiarazione resa dal terzo in udienza, precedentemente prevista per i crediti di cui all'art. 545,
commi 3 e 4, c.p.c., sostituita oggi in ogni caso con la dichiarazione resa a mezzo raccomandata o
via pec.

Queste modifiche vanno nel senso della semplificazione formale degli oneri imposti al terzo
pignorato nell'ambito del procedimento di espropriazione, perch gli consentono sempre di rendere
la propria dichiarazione "a distanza" e di rimanere all'esterno del procedimento. Che vi fosse la
volont del legislatore di sgravare il terzo da alcuni oneri formali poi indicato dalla modifica della
competenza introdotta dal nuovo art. 26 bis c.p.c., che ha sostituito in via generale, con la sola
esclusione dei casi regolati dal comma 1 della stessa norma, il foro del debitore a quello del terzo,
rafforzando l'impressione che si volesse tenere il terzo a distanza, radicando il procedimento,
proprio per questo, in un luogo che non pi pensato in funzione del terzo pignorato, ma solo in
quella del debitore esecutato. Se le intenzioni del legislatore erano dunque con ogni probabilit
rivolte a favorire il terzo, l'esame complessivo della disciplina risultante dalle diverse riforme non
depone per nel senso voluto. Ci sono infatti ancora molti aspetti che denotano che il terzo non

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ancora oggi una mera comparsa chiamata solo a fare una dichiarazione, ma si trova invece
nell'insieme gravato da oneri e obblighi forse anche pi di quanto lo fosse prima(3).

Tra i molti temi aperti in materia in questa sede vorrei trattarne uno particolare, capace di autonoma
indagine e riguardante la struttura stessa dell'istituto, quello cio del momento in cui il
pignoramento pu dirsi oggi perfezionato. Si tratta di un problema di rilievo che incide in
particolare sulle sorti dell'eventuale aumento del credito nel tempo che intercorre tra l'invio della
dichiarazione e la chiusura del procedimento di espropriazione; in materia occorre capire se le
nuove norme abbiano trasformato il pignoramento presso terzi da fattispecie complessa a
formazione progressiva, come tradizionalmente inquadrato, in evento istantaneo e semplificato(4),
che richiede oggi per essere perfezionato la sola emissione della dichiarazione. Il tema assume
particolare spessore in tutti i casi in cui il terzo pignorato sia un operatore economico i cui rapporti
con il debitore principale siano di durata e soggetti a incrementi temporali. In questa situazione si
tratta infatti di capire se il pignoramento di estenda o meno sulle somme che sopravvengano nella
disponibilit del terzo dopo la dichiarazione, oppure se la vicenda sia ormai conclusa, rimanendo
ogni incremento estraneo alla fattispecie.

2. - Al fine di comprendere se gli indici normativi nuovi precedentemente richiamati valgano ad


aver cambiato i dati di fondo del sistema, riassumo di seguito in sintesi i risultati elaborati fino a ieri
in materia e il loro fondamento.

In origine, quando la struttura dell'art. 543 c.p.c. era tale da ricomprendere la sola "citazione del
terzo e del debitore a comparire davanti al giudice dell'esecuzione del luogo di residenza del terzo,
affinch questi faccia la dichiarazione di cui all'art. 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e
agli atti ulteriori" e il giudizio di accertamento degli obblighi del terzo seguiva l'andamento di un
ordinario processo di cognizione piena, autorevole dottrina si era espressa in proposito nel senso
che limite temporale che segnava gli obblighi del terzo doveva considerarsi l'udienza e ci in quanto
"Un'apprensione al processo di crediti sorti dopo questo momento palesemente estranea alla legge,
che non prevede affatto un'estensione automatica dell'ambito oggettivo del vincolo, e non
predispone neppure i mezzi con i quali i crediti sopravvenuti possono essere conosciuti",
escludendosi cos che esistesse alcun obbligo del terzo di presentarsi dopo l'udienza per rendere una
dichiarazione ulteriore integrativa della precedente(5).

Riforme a noi pi vicine hanno poi modificato il sistema che, pur continuando a prevedere quale
dato strutturale dell'atto notificato ai sensi dell'art. 543 c.p.c. "la citazione del terzo e del debitore a
comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo, affinch questi faccia la dichiarazione
di cui all'art. 547" stato poi costruito con la specificazione che l'atto stesso dovesse contenere
"l'invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda i crediti di cui all'art. 545, commi
terzo e quarto, e negli altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all'art. 547 al creditore
procedente entro dieci giorni a mezzo di lettera raccomandata", consentendo cos che la
dichiarazione del terzo venisse resa a distanza e cio dapprima con lettera raccomanda, poi anche a
mezzo di comunicazione via pec.

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Nonostante l'alternativit posta dalla lettera della legge, che sembrava indicare l'intenzione del
legislatore di svincolare per i crediti diversi da quelli di cui all'art. 545, commi 3 e 4, c.p.c. la
dichiarazione del terzo dalla sua formalizzazione in udienza per confinarla nell'ambito della
comunicazione per lettera raccomandata, la permanente citazione del terzo all'udienza prevista
dall'art. 543 c.p.c., ha immediatamente indotto gli interpreti a ritenere che la comunicazione della
dichiarazione al creditore procedente volesse costituire solo un'agevolazione per quest'ultimo, onde
consentirgli un congruo margine di tempo per valutarne il contenuto senza dover chiedere rinvii
della procedura(6).

Da qui le dirette ricadute in relazione all'interrogativo se il credito pignorato dovesse esistere al


momento dell'invio della raccomandata, in quello della sua ricezione, oppure nel giorno dell'udienza
e la conclusione, pur in riconosciuta forzatura della lettera della legge, che la dichiarazione
comunicata al creditore procedente non escludesse quella da rendere all'udienza, sede quest'ultima
deputata anche all'eventuale modifica di quanto dichiarato dal terzo in conseguenza di fatti
sopravvenuti, oltre che alla correzione di errori materiali contenuti nell'originaria comunicazione(7).

Argomenti sistematici di indubbio rilievo sono stati poi sviluppati a favore e a corredo di questa
soluzione negli anni successivi, nell'intermezzo, costellato da interventi normativi integrativi e
rettificativi, che va dall'introduzione della dichiarazione a distanza - e cio dapprima per lettera
raccomandata e poi via pec - fino alla ultimissima riforma della materia.

Il primo di essi dato dalla circostanza - ancora oggi non superata - che la dichiarazione del terzo
inviata a mezzo raccomandata o pec non va indirizzata al giudice procedente, ma al creditore. Nella
struttura del sistema esecutivo anteriore alla riforma del 2012, ci faceva s che, in mancanza di
attivit da parte del creditore per portare a conoscenza del giudice quanto dichiarato dal terzo,
l'organo giudicante fosse destinato a rimanere ignaro che una dichiarazione vi era stata (8). La
menzionata riforma del 2012, modificando l'art. 548 c.p.c. ha poi attenuato questo rischio con la
previsione di un nuovo meccanismo, oggi generalizzato ed esteso a ogni tipo di credito, per cui se il
creditore all'udienza dichiara di non aver ricevuto alcuna indicazione dal terzo, il giudice fissa
un'udienza successiva con ordinanza che deve essere notificata al terzo e, solo ove questi non
compaia, oppure oggi, comparendo rifiuti di rendere la dichiarazione, si forma quella non
contestazione che consente comunque il perfezionamento del pignoramento anche attraverso la non
contestazione.

Il secondo argomento sistematico addotto per sostenere la permanenza degli obblighi del terzo dopo
aver reso la propria dichiarazione fuori udienza stato poi legato alla struttura stessa
dell'espropriazione presso terzi e alle contestazioni che possono sorgere in udienza sulla
dichiarazione resa a distanza, con conseguente instaurazione di quel procedimento in sede esecutiva
di cui all'art. 549 c.p.c., gi semplificato rispetto all'originario giudizio di cognizione dalla riforma
del 2012. Quando il terzo rende una dichiarazione negativa, o comunque solo parzialmente positiva,
infatti, la sede naturale per l'espressione delle contestazioni l'udienza fissata nell'atto di cui all'art.
543 c.p.c. e l'udienza stessa quindi il momento in cui pu stabilirsi se la dichiarazione, per quanto
resa a mezzo di raccomandata o pec, sia o meno contestata(9). Va da s che, pur dopo gli interventi
normativi del 2012, l'udienza stata individuata come il solo momento cui fare riferimento per

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stabilire se, essendo mancata la contestazione, la fattispecie potesse dirsi perfezionata, ovvero se, in
presenza di un'istanza ex art. 549 c.p.c., il relativo iter di perfezionamento dovesse proseguire per
l'accertamento dell'obbligo del terzo(10). Verificandosi quest'ultima evenienza, poich le
contestazioni aprono una fase di accertamento che fa s che la fattispecie del pignoramento rimanga
in corso di formazione fino alla pronuncia che le risolve, si concludeva quindi per la permanenza
degli obblighi di custodia del terzo fino alla pronuncia stessa. Con la conseguenza, gi richiamata,
della rilevanza dei fatti sopravvenuti che avessero nel frattempo incrementato la somma dovuta(11).

Da ultimo, a livello sistematico, l'opportunit che il processo esecutivo non restasse insensibile ai
mutamenti sopravvenuti suscettibili di determinare l'ampliamento dell'ambito oggettivo
dell'espropriazione veniva fondata su ragioni di economia processuale e sull'esigenza di garantire
l'effettivit del diritto di azione(12). In proposito, di particolare rilievo la sentenza della Cassazione
26 luglio 2005, n. 15615, che conclude espressamente, proprio in virt dei richiamati principi, nel
senso che il credito pignorato deve sussistere al momento della dichiarazione del terzo o in quello
del suo accertamento, tenendo conto anche dei crediti che risultassero esistenti solo al momento
della decisione (o comunque a far tempo da un momento successivo alla notificazione del
pignoramento)(13).

In sintesi, dunque, prima dell'ultima riforma dell'esecuzione, era prevalente l'idea che il
pignoramento presso terzi costituisse una fattispecie complessa a formazione progressiva, che inizia
con la notifica dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c., ma si perfeziona in un momento successivo. In
questa prospettiva, la notificazione dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c. era ritenuta atto produttivo di
importanti effetti preliminari, quali sono per il debitore il vincolo proprio del pignoramento, mentre
per il terzo, che non il soggetto passivo dell'esecuzione, il vincolo indiretto che l'art. 546 c.p.c.
riconduce agli obblighi di custodia(14). Tuttavia il momento di perfezionamento del pignoramento
presso terzi era variamente determinato nella successiva dichiarazione positiva del terzo(15) o,
attualizzando la tesi, nella sua non contestazione(16), oppure ancora, in caso di contestazione,
nell'accertamento del suo obbligo(17).

Plurimi dati sistematici portavano ulteriormente a concludere nel senso della sussistenza dell'onere
del terzo di rettificare la propria dichiarazione attraverso una nuova comunicazione, da inviarsi nelle
stesse forme gi utilizzate, oppure da formalizzarsi mediante comparizione in udienza, finalizzata a
dare atto di eventuali sopravvenienze(18).

Vale infine la pena di ricordare, prima di procedere all'esame della novella del 2014, quale sia la
valenza delle precedenti modifiche con riferimento alle modalit di accertamento degli obblighi del
terzo. La novellazione dell'art. 549 c.p.c., gi intervenuta nel 2012, ha sottratto al giudice della
cognizione il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, per affidarlo, nella prospettiva della
ragionevole durata del processo di esecuzione, a una soluzione in ambito esecutivo, ma non ha
modificato nella sostanza la posizione del terzo pignorato. Quest'ultimo, infatti, che non parte del
processo di espropriazione nonostante sia il soggetto nei cui confronti l'accertamento del giudice
deve operare, continua a dover essere presente nel procedimento ex art. 549 c.p.c. nel ruolo di parte,
perch, se cos non fosse, resterebbero lesi principi di rango costituzionale, quali sono quelli
regolati dagli artt. 24 e 111 Cost. Cos, nonostante il procedimento risulti di gran lunga semplificato

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rispetto al passato, il terzo pignorato deve ancora essere chiamato in giudizio perch il giudice
dell'esecuzione possa procedere agli accertamenti di cui all'art. 549 c.p.c. nel suo contraddittorio
con gli altri soggetti del processo espropriativo, tra cui il debitore e gli eventuali creditori
intervenuti(19). Ci significa che, in caso di contestazione della sua dichiarazione, il terzo che abbia
reso una dichiarazione a distanza entra comunque in contatto con il procedimento di espropriazione.
Resta tuttavia impregiudicata da questa osservazione la valutazione se, divenuto il terzo parte del
procedimento ex art. 549 c.p.c., la sua dichiarazione quantitativa vada misurata ex ante con
riferimento al momento precedente in cui l'ha resa, oppure in quello dell'accertamento.

3. - Come ho gi ricordato, prima della novella del 2014, la soluzione prevalente al problema da
ultimo delineato era in quest'ultimo senso, sulla base del richiamo dei principi generali di economia
e di effettivit dell'azione esecutiva.

A seguito dalle modifiche oggi apportate e richiamate in apertura questa conclusione va ora
rivisitata? L'eliminazione della citazione del terzo a comparire in udienza e la generalizzata
possibilit di interloquire con il creditore dall'esterno del procedimento, con frattura tra la
localizzazione del terzo e quella del foro dell'espropriazione, depongono per una trasformazione del
pignoramento presso terzi in fattispecie istantanea che si perfeziona con la sola dichiarazione resa
"a distanza"?

A una prima lettura delle nuove disposizioni, pu sicuramente sembrare che il terzo sia tenuto oggi
a rendere la propria dichiarazione sempre e solo a distanza, escluso quindi ogni suo onere
successivo e ogni sua ulteriore preoccupazione per ci che avviene nel corso successivo del
processo di espropriazione, cui il terzo non pi chiamato a partecipare. Se cos fosse, coerenza
vorrebbe che il pignoramento si considerasse allora perfezionato all'atto della dichiarazione e che il
terzo fosse poi liberato da ogni successivo incombente anche con riferimento ad eventuali
incrementi del credito, rafforzando una pur scarna giurisprudenza di merito gi orientata nel senso
che l'evoluzione normativa avesse gi reso, ancor prima dell'ultima novella, il pignoramento presso
terzi fattispecie istantanea e che il momento in cui viene resa la dichiarazione sia conseguentemente
quello in rapporto al quale deve essere poi valutata la sussistenza del credito in caso di
contestazione(20).

Tuttavia, se dal colpo d'occhio si passa a una lettura sistematica delle nuove norme, ci si avvede che
il terzo non affatto destinato a rimanere comunque estraneo al processo esecutivo e che, allora,
inserita nel sistema, la conclusione delineata a prima lettura presenta margini di opinabilit. Che,
come gi rilevato in apertura, nel sistema dell'ultima riforma dell'esecuzione ci sia l'intenzione del
legislatore di semplificare gli oneri del terzo consentendogli sempre di rendere la propria
dichiarazione a distanza indubbio e in questo senso vanno con chiarezza le modifiche richiamate,
ma altra cosa sono i vincoli che, nonostante ci, continuano a livello sistematico a gravare il terzo
anche dopo la spedizione della sua dichiarazione.

In proposito vale rammentare infatti che, nonostante le modifiche richiamate, l'atto di pignoramento
presso terzi continua a contenere "l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e
l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice" (art. 543, comma 2, n. 2, c.p.c.) e
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che l'art. 546 c.p.c. continua a prevedere che dal giorno della notifica di quell'atto il terzo soggetto
agli stessi obblighi di custodia previgenti, nei limiti ivi indicati.

Al momento della notificazione dell'atto di pignoramento il terzo debitor debitoris continua dunque
a essere notiziato dell'intenzione del creditore procedente di sottoporre a espropriazione il bene da
lui dovuto al debitore principale e a essere intimato a non disporne fino all'ordine del giudice.
Nessuna norma chiarisce poi in modo espresso quale sia il momento in cui si esaurisce il dovere di
custodia del terzo, ma la funzione stessa dell'accrescimento dei doveri di custodia rispetto al credito
precettato fino ai limiti prescritti dall'art. 546 c.p.c., quale bilanciamento degli interessi del
creditore, del debitore e dei terzi intervenuti, rende ragione della convinzione che tale dovere
permanga fino all'assegnazione, oppure fino al provvedimento di estinzione della procedura(21). Il
venir meno del dovere di custodia richiede che intervenga un provvedimento del giudice
dell'esecuzione che sia comunque, in un senso o nell'altro, liberatorio per il terzo pignorato, come
del resto indicato nell'atto di pignoramento notificato ai sensi dell'art. 543 c.p.c.

Poich il sistema attuale continua a prevedere che la dichiarazione resa dal terzo con le forme di cui
all'art. 547 c.p.c. sia trasmessa non all'ufficio esecutivo, ma al solo creditore procedente, rimane poi
dato sistematico innegabile che la dichiarazione, ove sia stata resa, rientri a tutt'oggi nella sfera del
creditore procedente e non in quella dell'ufficio esecutivo. solo attraverso un'attivit la cui sede
naturale rimane l'udienza fissata ai sensi dell'art. 543 c.p.c. che quindi possibile sapere, ancora
oggi, se la dichiarazione del terzo sia destinata a restare cristallizzata, portando all'assegnazione del
credito oppure all'estinzione del procedimento, ovvero se a causa di una contestazione si aprir
l'incidente regolato dall'art. 549 c.p.c. Nonostante la dichiarazione del terzo debba essere inviata
sempre con lettera raccomandata o messaggio telematico, l'udienza di comparizione di cui all'art.
543 c.p.c. rimane dunque anche nel nuovo sistema la sola sede deputata all'esame critico della
dichiarazione del terzo da parte dell'esecutato e dei creditori intervenuti, nonch il luogo in cui
possibile proporre istanza di assegnazione o, in alternativa, promuovere l'accertamento giudiziale di
cui all'art. 549 c.p.c.

La riforma del 2014 - in questo anticipata da quella di due anni prima - amplia e generalizza poi una
situazione ulteriore in cui l'udienza resta la sede di rilevanza della dichiarazione del terzo. Non si
pu dimenticare infatti che quando il creditore nel corso della prima udienza fissata ai sensi dell'art.
543 c.p.c. dichiara di non aver ricevuto alcuna dichiarazione, il giudice tenuto, ai sensi dell'art.
548 c.p.c., a fissare un'udienza successiva, con ordinanza che deve essere notificata al terzo almeno
dieci giorni prima della nuova udienza. In questa sede poi, se il terzo non compare, o comparendo
rifiuta di rendere la dichiarazione, il credito pignorato si considera non contestato nei termini
indicati dal creditore ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento
di assegnazione. Ci significa che c' ancora una possibilit codificata - oggi generalizzata a tutti i
tipi di credito dal novellato art. 548 c.p.c. - in cui il terzo chiamato a rendere la propria
dichiarazione in udienza. Non per nulla, il legislatore del 2014 ha modificato anche l'art. 543,
comma 2, introducendo tra i requisiti del pignoramento, sub n. 4, l'avvertimento al terzo che in
caso di mancata comunicazione della propria dichiarazione "la stessa dovr essere resa (...)
comparendo in un'apposita udienza", pena il formarsi di quell'effetto di non contestazione gi
introdotto dalla precedente riforma del sistema dell'esecuzione.

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4. - Ma proprio quest'ultimo dato ad accendere un segnale sul tempo in cui si cristallizza la


situazione di fatto oggetto della dichiarazione. L'udienza cui si riferisce l'avvertimento da ultimo
richiamato non pu che essere successiva alla prima, perch solo nel corso di questa che il
creditore, unico soggetto cui indirizzata la dichiarazione, rende noto all'ufficio esecutivo di non
avere ricevuto comunicazione alcuna, aprendo cos il meccanismo del rinvio a nuova udienza
previsto dalla legge. evidente poi che la dichiarazione resa in questa udienza successiva
richiamata dalla legge potr in tale sede essere o meno contestata, dando cos luogo all'incidente di
cui all'art. 549 c.p.c., oppure all'assegnazione o all'estinzione del procedimento espropriativo a
seconda del suo contenuto.

In questo contesto il riferimento normativo alla comparizione del terzo specificamente rivolto
all'udienza successiva alla prima in cui dovr essere resa la dichiarazione ed evidente che il terzo
che ivi compaia per rendere noto di quali somme debitore dovr chiarire quale sia il proprio
obbligo attuale nei confronti del debitore principale e non quale fosse l'obbligo stesso nel momento
precedente in cui avrebbe dovuto rendere ab origine la dichiarazione, con rilevanza quindi delle
somme sopravvenute medio tempore(22). Almeno in questo caso vi dunque un dato esegetico -
anch'esso frutto di una modifica del 2014(23) - che chiarisce che quando il terzo viene in contatto con
il procedimento esecutivo in un momento successivo rispetto a quello in cui avrebbe dovuto rendere
una dichiarazione negativa o comunque incapiente, la sua dichiarazione deve essere attuale e
riguardare quindi anche le somme entrate nella sua disponibilit da quel momento in poi, che
restano pertanto assoggettate agli obblighi di custodia di cui all'art. 546 c.p.c.

Prima di trarre da questo dato qualunque regola, vale ancora la pena di riflettere su quanto gi
segnalato. Anche dopo la riforma del 2014 incontestabile che la dichiarazione del terzo resa a
distanza raggiunge il creditore, che il suo unico destinatario, e non l'ufficio esecutivo.
Quest'ultimo, in uno con il debitore principale e gli eventuali creditori intervenuti, viene dunque
edotto del suo contenuto all'udienza ed solo in quella sede che la dichiarazione pu essere
accettata, oppure venire contestata. Ancora oggi dunque solo al momento dell'udienza che si pu
sapere se, essendo mancata ogni contestazione, pu avere luogo l'assegnazione del credito, ovvero
se, in presenza di un'apposita istanza, deve procedersi a risolvere la contestazione nelle forme di cui
all'art. 549 c.p.c. Quando ci accada si aprono due alternative esegetiche circa il perfezionamento
del pignoramento e la sua estensione temporale e quantitativa alle somme sopravvenute, pur entro i
limiti delineati dall'art. 546 c.p.c.

La prima quella di ritenere che il pignoramento si perfezioni oggi con la sola dichiarazione del
terzo resa via raccomandata o pec. Conseguenza di questa opzione sar quella che, in caso di
dichiarazione negativa o parzialmente positiva, si dovr poi ritenere che il terzo che sia chiamato a
essere parte dell'incidente di cui all'art. 549 c.p.c., subisca un accertamento cristallizzato al
momento della sua dichiarazione. Non si pu infatti pensare che il terzo sia liberato da ogni suo
onere rendendo la dichiarazione negativa o comunque incapiente se non ritenendo anche che poi, in
caso di contestazione, il terzo stesso debba rispondere della sola situazione di fatto esistente al
momento della sua dichiarazione.

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La seconda alternativa invece quella di ritenere che, nonostante la semplificazione degli oneri che
competono al terzo conseguenti all'ultima riforma dell'esecuzione, il pignoramento continui a non
essere perfetto fino a che non intervenga un provvedimento del giudice, perch solo il
provvedimento del giudice che segnala che la situazione di fatto si cristallizzata in quanto non
necessita di accertamento alcuno perch non contestata, oppure perch l'accertamento demandato
al giudice dell'esecuzione si concluso. Conseguenza di questa seconda opzione sar quella che, in
caso di contestazione della dichiarazione negativa o parzialmente positiva, dovr ritenersi che il
terzo, in sede di accertamento semplificato ex art. 549 c.p.c., subisca una verifica relativa alla
situazione di fatto attuale, divenendo cos inevitabile la conclusione che la sua responsabilit quale
custode si estende ancora oggi alle somme entrate nella sua disponibilit dopo la dichiarazione e
fino al momento in cui non intervenga un provvedimento del giudice.

A far propendere per la seconda soluzione valgono allora quei principi di economia ed effettivit
del diritto di azione gi precedentemente richiamati. Rimane infatti ancora oggi vero che, una volta
aperto il giudizio che accerta il contenuto dell'obbligo del terzo, pur nelle forme semplificate
dell'attuale art. 549 c.p.c., se non si desse rilievo alla esistenza sopravvenuta del credito si
costringerebbe il creditore a iniziare un nuovo procedimento di espropriazione forzata nonostante le
condizioni della fruttuosit dell'azione esecutiva siano nel frattempo sopravvenute, ledendosi cos il
principio di effettivit dell'azione esecutiva.

N si pu dimenticare che la novella del 2014 ha lasciato immodificate le regole relative


all'intervento di altri creditori nel processo esecutivo, possibile ancora oggi nei termini di cui all'art.
551 c.p.c., circostanza quest'ultima che mi pare dotata di rilievo in relazione al tema in esame. Il
sistema prevede infatti che i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possano partecipare
all'espropriazione dei mobili pignorati se intervenuti entro la prima udienza di comparizione delle
parti(24) ed proprio in funzione del loro concorso con il creditore procedente che l'art. 546 c.p.c.
continua ad estendere i limiti della custodia a una met ulteriore del credito precettato. Accedendo
alla prima delle due interpretazioni prospettate - quella cio che il pignoramento si perfezioni
all'atto della dichiarazione e con riferimento alla somma esistente in quel momento - in tutti i casi in
cui il terzo rendesse una dichiarazione negativa o parzialmente positiva, il creditore procedente
finirebbe con il subire poi il concorso dei terzi intervenuti, venendo meno quella stessa funzione di
bilanciamento degli interessi in gioco posta dalla estensione dei limiti della custodia sulla somma
ulteriore di cui all'art. 546 c.p.c. Al contrario, accedendo alla seconda delle interpretazioni
prospettate, si viene incontro alle esigenze del creditore originario e di quelli intervenuti attraverso
l'estensione della custodia del terzo fino al momento dell'assegnazione e acquisisce quindi
sempre(25) uno specifico significato l'estensione quantitativa di cui all'art. 546 c.p.c., con maggiore
aderenza al principio di effettivit dell'azione esecutiva cui il sistema improntato.

Anche i creditori intervenuti, se muniti di titolo esecutivo, sono poi soggetti legittimati ad agire ex
art. 549 c.p.c.(26). Si riproduce pertanto anche con riferimento a questi ultimi soggetti l'alternativa
precedentemente proposta in relazione al creditore procedente, perch solo ritenendo che il terzo sia
costituito custode anche delle somme sopravvenute dopo aver reso una dichiarazione negativa o
comunque incapiente non si ledono i principi di economia e di effettivit dell'azione esecutiva

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costringendo i creditori ad iniziare un nuovo procedimento di espropriazione per soddisfarsi su


somme in realt gi esistenti.

5. - Molti dati concorrono quindi a orientare verso la conclusione che, poich la dichiarazione del
terzo entra in contatto con il procedimento esecutivo in un momento successivo rispetto a quando
viene resa, innescando solo all'udienza un meccanismo di possibile contestazione che porta a un
contatto differito tra il terzo e l'ufficio esecutivo, per cristallizzare le somme che sono oggetto di
pignoramento occorre ancora oggi un provvedimento del giudice, che liberi, in un modo o nell'altro,
il terzo dai propri obblighi di custodia.

Anche nel sistema posteriore alla riforma del 2014, le modalit agevolate che consentono in via
generalizzata al terzo di rendere la dichiarazione a distanza, pur volte a semplificare le sue attivit,
non modificano le conclusioni raggiunte dalla prevalente dottrina e giurisprudenza prima della
novella del 2014 in tema di perfezionamento del pignoramento. Le nuove norme consentono in ogni
caso una contrazione dei tempi del processo di esecuzione perch permettono sempre al creditore di
conoscere la dichiarazione del terzo in via anticipata, evitando di dover chiedere differimenti
dell'udienza per compiere le sue valutazioni, ma ci non ha reso il pignoramento fattispecie
indifferente alle modificazioni in positivo della situazione esistente al momento della
dichiarazione(27), che il terzo deve continuare a monitorare fino a provvedimento del giudice di
assegnazione, oppure di estinzione del procedimento.

Mi sembra inoltre che le modifiche introdotte agli artt. 543 e 547 c.p.c. chiariscano ancora oggi che
la dichiarazione del terzo pu essere resa sempre con modalit postali o telematiche, ma non dicano
ancora che la dichiarazione del terzo deve necessariamente essere espressa con tali modalit,
essendogli preclusa ogni partecipazione all'udienza fissata ai sensi dell'art. 543 c.p.c. In questo
senso depongono indici normativi chiari, qual in primo luogo il complesso meccanismo della non
contestazione regolato dall'art. 548 c.p.c. Il terzo che ometta di rendere la propria dichiarazione
chiamato a nuova udienza nel corso della prima ed quindi chiaro che, ad evitare il rinvio e poi il
formarsi della non contestazione, nulla pu vietargli di partecipare a quella prima udienza di cui
comunque edotto dalla notifica dell'atto ex art. 543 c.p.c.(28). Struttura e funzione dell'incidente di
contestazione in sede esecutiva chiariscono inoltre, come gi indicato, che il terzo di necessit
parte dello stesso; risponde allora a esigenze di economia il consentirgli la spontanea comparizione
in udienza, anche al fine di evitare la contestazione. Insomma, poich il sistema costruito in modo
tale che se il terzo non rende la propria dichiarazione a distanza non succede nulla fino a quella
prima udienza in cui il creditore pu innescare l'iter che porta alla formazione della non
contestazione, giocoforza ritenere che non vi siano preclusioni e che fino a quel momento il terzo
possa ancora evitare l'operativit del rinvio previsto dall'art. 548 c.p.c., sia rendendo la propria
dichiarazione tardiva via raccomandata o pec, sia comparendo in udienza. Sarebbe invece contrario
al principio di economia pensare che, giunta la data dell'udienza senza che sia pervenuta al creditore
alcuna dichiarazione, si debba procedere di necessit ex art. 548 c.p.c. anche qualora il terzo bussi
alla porta dell'udienza volendo rendere spontaneamente la propria dichiarazione.

La stessa regola varr poi per l'ipotesi in cui il terzo, invece che rimanere silente, abbia reso una
dichiarazione negativa o comunque incapiente e medio tempore si sia modificata in positivo la

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situazione di fatto precedente. Anche in questo caso, infatti, il terzo potr sempre aggiornare la
propria dichiarazione con le stesse modalit gi utilizzate, ma potr anche comparire
spontaneamente all'udienza per dare conto che le somme oggetto del pignoramento sono
sopravvenute, ad evitare una contestazione che comporterebbe altrimenti l'aprirsi dell'incidente di
cui all'art. 549 c.p.c.(29).

6. - La conclusione che i doveri di custodia del terzo si estendono fino a che non sia intervenuto un
provvedimento del giudice di assegnazione o di estinzione del procedimento comporta
l'inopponibilit al creditore pignorante e a quelli intervenuti degli atti compiuti dal terzo in
violazione dei doveri di custodia. Ci premesso, residua tuttavia ancora un ultimo problema, perch
occorre anche capire se il terzo, oltre a poter sempre integrare la propria dichiarazione a seguito di
mutamenti in positivo della situazione di fatto gi comunicata, sia anche tenuto a fare tale
integrazione, oppure possa limitarsi a custodire e a non disporre delle somme ulteriori fino al limite
di cui all'art. 546 c.p.c. senza attivarsi in alcun modo(30).

In proposito credo vada allora rimarcato che l'assunzione degli oneri tipici della custodia crea fra il
terzo e l'ufficio esecutivo uno specifico dovere di collaborazione. Ragioni di efficienza del sistema
richiedono che il terzo che ha reso una dichiarazione negativa o incapiente non trascuri
l'informativa concernente le sopravvenienze che intervengono in tempo utile a rendere proficua
l'esecuzione lasciando cos consolidare la dichiarazione negativa. La contestazione non infatti un
dato sistematico automatico e ben potrebbe quindi accadere che, in mancanza di segnalazione del
terzo circa l'intervenuta modifica, il procedimento resti destinato all'estinzione nonostante il
sopravvenire di somme idonee a comportarne un diverso esito. quindi evidente che tra i doveri di
custodia del terzo sulle somme sopravvenute rientra anche quello di un'adeguata informazione
integrativa, che potr essere resa con le stesse modalit a distanza previste dalla legge per la prima
dichiarazione(31).

Il creditore potr poi chiedere al giudice di sollecitare un aggiornamento della dichiarazione del
terzo mediante raccomandata o pec, mentre non riterrei possibile nel sistema attuale che il terzo sia
chiamato a effettuare integrazioni in udienza(32), perch se la sua presenza in questa sede non pu
essere esclusa se spontanea, l'altrui sollecitazione non pu invece non tenere conto delle modifiche
segnalate in apertura, quelle cio che hanno abolito, come regola generale, la partecipazione del
terzo all'udienza, spostando perci anche il luogo elettivo tradizionalmente deputato al suo
svolgimento.

(*) Questo scritto dedicato a Romano Vaccarella, con ideale inserimento nel Liber amicorum in
Suo onore.

(1) Mi riferisco in particolare all'opera di V. Colesanti, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti,
Milano 1967, che rimane la pi completa e per certi aspetti definitiva trattazione dedicata alla
espropriazione dei crediti. Per questa definizione e per ulteriori indicazioni dei plurimi contributi in

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materia, che non possono essere in questa sede richiamati, cfr. R. Vaccarella, voce Espropriazione
presso terzi, in Dig. it., disc. priv., sez. civ., vol. VIII, Torino 1992, p. 94 ss.

(2) Per l'evoluzione e il significato di questa problematica cfr., anche per riferimenti, G. Tota,
Individuazione e accertamento del credito nell'espropriazione forzata presso terzi, Napoli 2014, in
particolare p. 68 ss.

(3) Cfr. in particolare il recente scritto di V. Colesanti, Novit non liete per il terzo debitore
(cinquant'anni dopo!), in Il processo esecutivo, Liber amicorum Romano Vaccarella, p. 431 ss., ove
viene messo in rilievo come la sostituzione dell'accertamento dell'obbligo del terzo con la
cognizione del giudice dell'esecuzione di cui all'art. 549 c.p.c. pone numerosi problemi di certezza
delle situazioni giuridiche, con particolare riferimento ai fatti estintivi o impeditivi relativi al
rapporto da cui nasce il credito del debitore principale nei confronti del terzo, nonch alla non
contestazione, che finisce con il creare un obbligo "sanzionato" dal ritenere senz'altro esistente il
credito quello che dovrebbe essere invece un mero onere del terzo di prestare la propria
collaborazione; il tutto con il risultato complessivo "di aggravare oltre misura la situazione di quella
che giusto cent'anni addietro (...) un giurista come F. Stein non esitava a denominare 'una infelice
vittima della giustizia'" (cos a p. 432).

(4) Anche in questo caso la fattispecie non sarebbe comunque istantanea se con ci si volesse
intendere la sua formazione immediata. Rimarrebbe infatti pur sempre tra la notificazione dell'atto
di cui all'art. 543 c.p.c. e la dichiarazione del terzo uno spazio temporale, pur delimitato, in cui il
credito del debitor debitoris verso terzi pu essere soggetto a incrementi.

(5) Cfr. G. Tarzia, L'oggetto del processo di espropriazione, p. 320, nota 438.

(6) Cfr. M. Acone, Novit in tema di pignoramento presso terzi, in Riv. es. forz. 2006, p. 1 ss., in
particolare p. 13.

(7) Cos M. Acone, op. loc. cit.

(8) Cfr. A. Saletti, L'espropriazione presso terzi dopo la riforma, in Riv. es. forz. 2008, p. 283 ss., in
particolare p. 290.

(9) Cfr. A.M. Marzocco, La dichiarazione a mezzo raccomandata, in Le espropriazioni presso terzi,
opera diretta da F. Auletta, in particolare p. 188.

(10) Cos G. Tota, Individuazione e accertamento del credito nell'espropriazione forzata presso
terzi, p. 148.

(11) Cfr. A. Saletti, L'espropriazione presso terzi dopo la riforma, loc. cit. Nello stesso senso A.M.
Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, 2012, p. 642 ss.; A.M. Marzocco, La dichiarazione a mezzo
raccomandata, cit., in particolare p. 184 ss.; G. Della Pietra, Il frastagliato profilo
dell'espropriazione presso terzi, in www.judicium.it, par. 2; V. Battaglia, Disciplina temporale del
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pignoramento di crediti anche alla luce della l. n. 80 del 2005, in Riv. es. forz. 2005, p. 767 ss., in
particolare pp. 773-774; A. Storto, Riforma natalizia del pignoramento presso terzi: le instabili
conseguenze della "stabilit", in Riv. es. forz. 2013, p. 34 ss., in particolare p. 37; R. D'Alonzo,
L'estensione del pignoramento presso terzi, in Riv. es. forz. 2011, p. 38 ss., in particolare pp. 40-41.
Contra D. Borghesi, Il silenzio del terzo pignorato, cit., p. 412.

(12) Cfr. G. Tota, Individuazione e accertamento del credito nell'espropriazione forzata presso
terzi, p. 155 ss.; A.M. Marzocco, La dichiarazione a mezzo raccomandata, cit., p. 190.

(13) La motivazione della sentenza richiamata nel testo pone quale fondamento della conclusione
raggiunta principi costituzionali quali il diritto di azione "per come riconosciuto (...) a livello
costituzionale dall'art. 24, primo comma, della Costituzione (...) [che] si estende pacificamente
anche a quella particolare sua forma che l'azione esecutiva" e considera "di tutta evidenza che un
sistema dell'espropriazione forzata presso terzi che come il nostro inizia con un atto compiuto
dall'ufficiale giudiziario su richiesta del creditore che si risolve, fra l'altro, nella notiziazione al terzo
debitor debitoris dell'intenzione del creditore procedente di sottoporre ad espropriazione il bene da
lui dovuto al debitore principale e nell'intimazione di non disporne, e successivamente d spazio al
terzo per interloquire in apposita udienza con una dichiarazione positiva o negativa circa l'esistenza
del bene, cio del suo debito (...) e per il caso di dichiarazione negativa impone al creditore
procedente, se intende proseguire ulteriormente l'azione esecutiva, di attivare un giudizio di
cognizione nel contraddittorio del terzo e del debitore principale, al fine di ottenere l'accertamento
del credito, qualora considerasse condizione dell'azione esecutiva l'esistenza del credito al momento
della notificazione del pignoramento e non desse rilievo alla sua esistenza anche sopravvenuta
rispetto a tale momento, sarebbe in manifesta contraddizione con l'effettivit del diritto di azione",
costringendo a dichiarare improcedibile l'azione esecutiva nonostante nel frattempo l'oggetto verso
cui si era indirizzata appaia sussistente, ci che, secondo la Cassazione "costituirebbe manifesta
contraddizione dell'effettivit del diritto di azione, in quanto significherebbe costringere il creditore
ad iniziare un nuovo procedimento di espropriazione forzata nonostante che le condizioni della
fruttuosit dell'azione esecutiva siano comunque esistenti". Per la giurisprudenza di merito cfr. in
particolare nello stesso senso Trib. Venezia 24 gennaio 2007 e Trib. Venezia 19 aprile 2007,
entrambe in Riv. es. forz. 2007, p. 560 ss., con nota adesiva sul punto che ci occupa di C.
Spaccapelo, Pignoramento presso terzi: perfezionamento della fattispecie e riflessi sul momento in
cui il credito deve sussistere.

(14) Cfr. in particolare V. Colesanti, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, cit. e, per
considerazioni attuali in relazione alla posizione del terzo quale ausiliare di giustizia, cui non si
adattano le disposizioni "novellate", Id. Novit non liete per il terzo debitore (cinquant'anni dopo!),
cit. p. 431 ss.

(15) Cfr. G. Monteleone, Semplificazioni e complicazioni nell'espropriazione presso terzi, in Riv.


es. forz. 2013, p. 1 ss. in particolare p. 4, ove si legge che "la dichiarazione positiva del terzo si
incorpora nel pignoramento, di cui serve ad integrare la fattispecie complessa aggiungendovi il pi
importante elemento costitutivo: l'oggetto o bene da espropriare". Va ricordato che, per altra tesi,
tuttavia minoritaria, posto che, a norma dell'art. 543 c.p.c., l'atto notificato personalmente al terzo e

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al debitore deve contenere, oltre all'indicazione del "credito per il quale si procede", anche
"l'indicazione almeno generica delle cose o somme dovute", nonch "l'intimazione al terzo di non
disporne senza ordine del giudice" e, secondo il successivo art. 546 c.p.c. "dal giorno in cui gli
notificato l'atto previsto dall'art. 543, il terzo assoggettato, relativamente alle cose e alle somme da
lui dovute e nei limiti dell'importo precettato aumentato della met, agli obblighi che la legge
impone al custode", il pignoramento incontrerebbe il suo momento perfezionativo gi all'atto della
notifica dal parte dell'ufficiale giudiziario ai sensi dell'art. 543 c.p.c. Cfr. in questo senso ad es. C.
Punzi, Il processo civile, sistema e problematiche, IV, 2 ed., p. 2010, p. 78.

(16) Cos S. Vincre, Brevi osservazioni sulle novit introdotte dalla l. 228/2012 nell'espropriazione
contro terzi: la mancata dichiarazione del terzo (art. 548 c.p.c.) e la contestazione della
dichiarazione, in Riv. es. forz. 2013, p. 53 s., in particolare p. 64.

(17) Cfr. D. Borghesi, Il silenzio del terzo pignorato, in Il processo esecutivo, Liber amicorum
Romano Vaccarella, 2014, p. 405 s.; cos A.M Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata 2012, p. 642
ss.

(18) Cfr. A.M. Marzocco, La dichiarazione a mezzo raccomandata, cit., p. 182 ss., in particolare p.
190; G. Tota, Individuazione e accertamento del credito nell'espropriazione forzata presso terzi, p.
155, sulla base di ragioni di opportunit legate a esigenze di economia e di effettivit dell'azione
esecutiva, pur nella convinzione che "nulla vieta di ritenere che l'onus declarandi sia
compiutamente e definitivamente assolto gi con l'invio della raccomandata"; A.M. Soldi, Manuale
dell'esecuzione forzata, p. 684; con espressa convinzione quanto all'obbligo di custodia che lo
stesso "cessa al momento della dichiarazione sole se questa non sia contestata dal creditore ed abbia
condotto all'emissione dell'ordinanza di assegnazione del credito", mentre, per converso "in ogni
caso in cui il creditore introduce il giudizio di accertamento di cui all'art. 548 c.p.c., il terzo resta
custode dei crediti pignorati sino all'ordinanza che accerti il suo obbligo" (cos a p. 610); A.
Majorano, L'espropriazione presso terzi, in L'esecuzione forzata riformata, a cura di G. Miccolis,
C. Perago, p. 225.

(19) Cfr. A. Saletti, Le novit dell'espropriazione presso terzi, in Riv. es. forz. 2013, p. 8 ss., in
particolare p. 26 ss.; S. Vincre, Brevi osservazioni sulle novit, cit., p. 69, che propende per la
ricostruzione del procedimento quale procedimento sommario di cognizione, chiarendo che la
funzione di questa fase del processo di espropriazione, anche nel vigore delle norme post riforma
del 2012, rimasta uguale a quella precedente; G. Tota, Individuazione e accertamento, cit., p. 284
ss.

(20) Si tratta in particolare di un orientamento del Tribunale di Roma, sez. IV bis, 22 febbraio 2012,
per il quale "il pignoramento presso terzi si perfeziona necessariamente al momento della sua
notificazione al terzo, e riguardo quindi ai crediti eventualmente a quella data esistenti". Ci in
quanto il terzo non pi tenuto a comparire all'udienza, ma solo a rendere la propria dichiarazione
via raccomandata o pec (oggi in via generalizzata) e pertanto ci "necessariamente presuppone una
situazione effettuale gi cristallizzata, suscettibile di formare oggetto di immediata e definitiva
dichiarazione, alla quale occorre dunque fare riferimento anche in sede di accertamento ove la
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dichiarazione stessa sia stata omessa ovvero contestata; mentre i crediti eventualmente venuti ad
esistenza in itinere, dopo la notificazione, al terzo, dell'atto di pignoramento, rimangono estranei
all'esecuzione, e conseguentemente all'oggetto del relativo giudizio di accertamento dell'obbligo del
terzo" (la motivazione riportata da G. Tota, Individuazione e accertamento, cit., p. 157, nota 21).
Altra pronuncia analoga inedita richiamata da Borghesi, Il silenzio del terzo pignorato, cit., p.
412, nota 23.

(21) Cfr. A. Crescenzi, in R. Fontana, S. Romeo (a cura di) Il nuovo processo di esecuzione, Padova
2015, p. 168.

(22) Ovviamente, quando invece vi fosse ab origine una disponibilit totalmente positiva delle
somme pignorate, la dichiarazione fatta in udienza non potr che equivalere a quella che sarebbe
stata ab origine. In questa situazione il terzo infatti custode delle somme esistenti fin dal momento
della notifica di cui all'art. 543 c.p.c. e non pu quindi disporre delle somme esistenti,
diminuendone la consistenza.

(23) L'avvertimento cio di cui all'art. 543, comma 2, n. 4, c.p.c.

(24) Art. 551 in relazione all'art. 526 c.p.c.

(25) E non solo nel caso in cui la dichiarazione copra ab origine la somma precettata aumentata
della met.

(26) Cfr. A. Crescenzi, in R. Fontana, S. Romeo, Il nuovo processo di esecuzione, cit., p. 188.

(27) Salvo ovviamente il caso in cui quest'ultima sia totalmente capiente fino al limite di cui all'art.
546 c.p.c.

(28) Analogamente A.M. Soldi, Formulario dell'esecuzione forzata, 3 ed. 2015, p. 540.

(29) Cfr. A.M. Soldi, Formulario dell'esecuzione forzata, cit., pp. 540-541.

(30) Cfr. in particolare A.M. Marzocco, La dichiarazione a mezzo raccomandata, cit., p. 182 ss.

(31) Dovere di collaborazione che si proietta sulle spese necessarie allo svolgimento dell'incidente
di cui all'art. 549 c.p.c. per il caso di sua instaurazione con verifica positiva dell'obbligo del terzo al
momento in cui l'accertamento compiuto. Cfr. A.M. Marzocco, La dichiarazione a mezzo
raccomandata, cit., pp. 188-189.

(32) Cfr. A.M. Soldi, Formulario dell'esecuzione forzata, cit., p. 540 in nota 36.

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8) NUOVE LEGGI CIV. COMM., 2015, 1, 1 (COMMENTO ALLA NORMATIVA)

LA NUOVA DISCIPLINA IN MATERIA DI ESPROPRIAZIONE DEL CREDITO (*)

Mauro Bove

c.p.c. art. 26

c.p.c. art. 26-bis

c.p.c. art. 543

D.L. 12-09-2014, n. 132, art. 18

D.L. 12-09-2014, n. 132, art. 19

La prima modifica, certamente tra le pi rilevanti in materia di espropriazione del credito attiene
all'individuazione del foro competente, eliminandosi la disciplina contenuta nel comma 2 dell'art.
26 c.p.c. ed inserendo sempre nel codice di rito un art. 26 bis nel quale si abbandona, in linea di
principio, il precedente ancoraggio al foro del terzo debitor debitoris. Precisamente, ora la norma
distingue a seconda che il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione ovvero altro tipo di
soggetto, mantenendosi il vecchio criterio solo nel primo caso, salvo eventuali disposizioni diverse
contenute in leggi speciali, ed individuandosi, invece, nel secondo caso il giudice territorialmente
competente in base al luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore. L'individuazione di
un nuovo foro per l'espropriazione del credito ha fatto sorgere la domanda se con l'attuale criterio
viene ampliata la giurisdizione esecutiva del giudice italiano. La nostra l. n. 218/95 ed i regolamenti
comunitari non si preoccupano della giurisdizione esecutiva, valendo il principio per cui
l'esecuzione forzata si svolge nel territorio in cui si trovano i beni da aggredire, potendo in esso
operare solo gli organi dello Stato sovrano appunto nel suo ambito. Ma, se si parte dal presupposto
che il bene credito allocato nel luogo in cui deve avvenire l'adempimento, a giudizio
dell'Autore si deve guardare, non pi a quel criterio oggettivo, bens al criterio soggettivo che si
ancora al luogo in cui allocato il debitore esecutato. L'intervento normativo in commento non
affronta alcuno dei nodi concettuali di fondo dell'espropriazione del credito. In verit la maggior
parte di essi sono stati sciolti in passato dagli interpreti. Cos la discrasia tra l'art. 2928 c.c. e l'art.
553 c.p.c. stata certamente risolta a favore del primo, affermandosi ormai che ogni assegnazione
del credito fatta pro solvendo e mai pro soluto, potendo l'interprete facilmente correggere un
semplice difetto di coordinamento. Ed ancora stato chiarito dalla dottrina che all'assegnatario non
viene attributo uno ius exigendi, ma propriamente il diritto di credito che l'assegnante (debitore
esecutato) aveva nei confronti del terzo assegnato (debitor debitoris).

Sommario: 1. La competenza per territorio. - 2. Segue: la prospettiva transnazionale. - 3. Il


meccanismo ordinario del pignoramento del credito: fase iniziale. - 4. La dichiarazione del terzo. -
5. La mancata dichiarazione del terzo. L'udienza. - 6. Il percorso speciale. - 7. Problemi irrisolti.

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1. La competenza per territorio.

La prima modifica, certamente tra le pi rilevanti in materia di espropriazione del credito, da


applicarsi ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in
vigore della legge di conversione(1), attiene all'individuazione del foro competente, eliminandosi la
disciplina contenuta nel comma 2 dell'art. 26 c.p.c.(2) ed inserendo sempre nel codice di rito un art.
26 bis nel quale si abbandona, in linea di principio, il precedente ancoraggio al foro del terzo
debitor debitoris. Precisamente, ora la norma distingue a seconda che il debitore esecutato sia una
pubblica amministrazione ovvero altro tipo di soggetto, mantenendosi il vecchio criterio solo nel
primo caso, salvo eventuali disposizioni diverse contenute in leggi speciali, ed individuandosi,
invece, nel secondo caso il giudice territorialmente competente in base al luogo di residenza,
domicilio, dimora o sede del debitore.

A parte il dovuto ossequio che l'interprete deve alla volont del legislatore, il primo rilievo critico
emerge a fronte dell'indicata eccezione, perch, se la regola generale ha voluto spostare la
competenza territoriale al luogo di riferimento del debitore a causa di una serie di ragioni che poi
vedremo, non si capisce proprio la ragione che possa fondare una diversa scelta quando si agisce
esecutivamente avverso una pubblica amministrazione. N sembra appagante la giustificazione
addotta nella Relazione al d.l., nella quale si dice che con ci si voluto evitare il sovraccarico di
tribunali posti in sedi di importanti pubbliche amministrazioni.

Oltretutto, l'apparente volont limitatrice che sembra trasparire dal richiamo a " una delle pubbliche
amministrazioni indicate dall'art. 413, quinto comma " del tutto priva di concretezza, perch,
anche guardando alla Relazione al d.l. (che richiama le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 165701), pare proprio che qui ci si riferisca, per un verso, ad ogni pubblica
amministrazione e, per altro verso, ad ogni tipo di credito che si abbia nei confronti sempre della
pubblica amministrazione.

Venendo, pi propriamente, all'esegesi della norma, la regola generale, si ripete, non guarda pi al
foro del terzo, debitore del debitore esecutato, bens al foro del debitore soggetto all'esecuzione(3).
Con ci sembra pregiudicarsi detto terzo, nel momento in cui il precedente criterio si fondava
sull'idea secondo la quale, non essendo egli il soggetto passivo dell'aggressione esecutiva, si
dovesse per cos dire " disturbarlo " il meno possibile.

A parte le valutazioni di opportunit della scelta, che qui avrebbero poco senso, sul piano tecnico
c' da dire che questo (maggior) pregiudizio per il terzo emerge solo in parte.

Il primo elemento da porre in risalto attiene al fatto che, in virt di altre modifiche contenute sempre
nel d.l. n. 132/14, di cui poi tratteremo, oggi il terzo non mai chiamato a comparire ad un'udienza
al fine di rendere la dichiarazione di specificazione del credito pignorando, potendo egli
comunicarla per posta al creditore procedente(4). Da questo punto di vista evidente come il "
fastidio " per il terzo diventi meno pesante e cos il suo interesse finisca, proprio a causa di questa
ragione, per diventare recessivo a fronte della scelta del criterio di competenza per territorio(5).

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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

Per, anche vero che il nuovo criterio pu essere pregiudizievole per il terzo almeno in un caso:
quando si tratta di applicare l'ult. comma dell'art. 548 c.p.c. Questa disposizione, peraltro non
modificata dal d.l. in commento, nonostante la sua pessima fattura, attribuisce al terzo, debitore del
debitore esecutato, il potere di utilizzare l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza di
assegnazione del credito(6) per il caso di una sua ignoranza incolpevole (per irregolarit della
notificazione o per caso fortuito o per forza maggiore), che lo abbia reso inerte fino a quel
momento. A parte i problemi interpretativi gi prima esistenti e che restano del tutto intatti (7),
evidente come in questo caso il terzo che voglia proporre la detta opposizione sia pregiudicato dal
fatto che, dovendo rivolgersi al giudice dell'esecuzione, egli debba " spostarsi " nel foro del debitore
esecutato.

Certamente migliorativa , invece, la norma sia per il creditore procedente sia per il debitore
esecutato.

Il primo potr procedere a pi espropriazioni forzate coinvolgenti diversi crediti che il suo debitore
abbia nei confronti di diversi terzi debitori rimanendo nell'alveo di un unico processo espropriativo.
Se in precedenza, dovendosi l'espropriazione del credito ancorare al foro del terzo debitore, una
simile situazione comportava la necessit di procedere a pi misure espropriative ove i diversi
debitori del debitore esecutato avevano " allocazioni " diverse, oggi, venuto meno il riferimento al
foro del terzo, le varie misure espropriative possono essere cumulate in un simultaneo processo
esecutivo di fronte al giudice del foro del debitore esecutato.

Ma il nuovo scenario avvantaggia anche il debitore esecutato almeno per due ragioni.

La prima: egli, volendo far cadere l'aggressione esecutiva per la carenza del diritto a procedere ad
esecuzione forzata, potr sollevare un'unica opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. e non tante
opposizioni quante potevano essere le singole misure espropriative.

La seconda: il debitore esecutato pu trovare pi facile protezione a fronte dell'eccesso dei mezzi
espropriativi.

Posto che esiste un limite all'entit dell'aggressione, la quale deve essere proporzionata al credito
per cui si procede (arg. dall'art. 546, comma 1, c.p.c.), in precedenza(8), per il caso che emergesse
una sproporzione a seguito del pignoramento di pi crediti vantati dall'esecutato nei confronti di pi
terzi, si doveva distinguere. Se era incardinato formalmente un simultaneo processo, si applicava
l'art. 496 c.p.c., potendo il debitore chiedere la riduzione proporzionale di tutti i pignoramenti
eseguiti ovvero la dichiarazione di inefficacia di uno di essi. Se, invece, si avevano pi misure
espropriative, il debitore poteva scegliere tra la richiesta ad ogni giudice dell'esecuzione di
riduzione proporzionale di ogni pignoramento ovvero la richiesta al giudice di una sola misura
espropriativa della dichiarazione di inefficacia di un pignoramento (art. 483 c.p.c.).

A seguito del d.l. n. 132/14 la situazione, da questo punto di vista, appare pi semplice, perch,
potendosi realizzare formalmente il simultaneo processo esecutivo, nonostante che i diversi terzi
debitori abbiano " allocazioni " territoriali diverse, il debitore esecutato ha a che fare con un solo
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giudice dell'esecuzione, al quale potr scegliere di chiedere: la riduzione proporzionale di ogni


pignoramento ovvero la dichiarazione di inefficacia di un pignoramento, mantenendo in vita l'altro
o gli altri.

2. Segue: la prospettiva transnazionale.

L'individuazione di un nuovo foro per l'espropriazione del credito ha fatto sorgere la domanda(9):
viene con l'attuale criterio ampliata la giurisdizione esecutiva del giudice italiano?

Nella Relazione al d.l. si legge che da questo punto di vista sostanzialmente nulla sarebbe cambiato,
perch il giudice dell'esecuzione si individua, non in base alla residenza del terzo debitore del
debitore esecutato, bens in base alla localizzazione del credito pignorando, per la quale si guarda al
luogo dove deve avvenire l'adempimento.

A mio sommesso avviso il problema sul tappeto non va trascurato, considerando che la nuova
disposizione sulla competenza per territorio, pi che ampliare la giurisdizione esecutiva del giudice
italiano, impone di assumere una diversa prospettiva per l'impostazione della questione.

La nostra l. n. 218/95 ed i regolamenti comunitari non si preoccupano della giurisdizione esecutiva,


valendo il principio per cui l'esecuzione forzata si svolge nel territorio in cui si trovano i beni da
aggredire, potendo in esso operare solo gli organi dello Stato sovrano appunto nel suo ambito. Ma,
se si parte dal presupposto che il bene credito " allocato " nel luogo in cui deve avvenire
l'adempimento, a me sembra che oggi si debba guardare, non pi a quel criterio oggettivo, bens al
criterio soggettivo che si ancora al luogo in cui " allocato " il debitore esecutato.

Facciamo degli esempi.

Se il debitore si colloca in Italia ed il terzo, suo debitore, si colloca all'estero, l'esecuzione sul
credito si pu svolgere in Italia, salvo poi verificare come potr il creditore assegnatario perseguire
esecutivamente il debitore assegnato che non intenda pagare. evidente che egli dovr cercare la
sua buona sorte nello Stato del terzo, a meno che questi abbia beni in Italia.

Se il debitore non si colloca in Italia, mentre il terzo si ancora territorialmente nel nostro territorio,
sembra che, invece, un'esecuzione avente ad oggetto il credito tra il debitore ed il terzo non si possa
fare in Italia. Qui, un'eventuale esecuzione intentata dal creditore assegnatario avverso il terzo
debitore assegnato si potrebbe svolgere tranquillamente in Italia, ma ad essa non si arriva, perch in
Italia non si pu svolgere l'esecuzione che dovrebbe, prima, condurre a quella assegnazione del
credito.

3. Il meccanismo ordinario del pignoramento del credito: fase iniziale.

Leggendo in modo coordinato le nuove norme con le vecchie, si deve analizzare il meccanismo
dell'espropriazione del credito distinguendo a seconda che al pignoramento proceda l'ufficiale

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giudiziario a seguito della procedura di ricerca telematica dei beni da pignorare ai sensi del nuovo
art. 492 bis c.p.c. ovvero che si proceda in modo ordinario ai sensi dell'art. 543 c.p.c.

Partendo da questa seconda ipotesi, l'avvio della procedura si ha con la notifica dell'atto di cui
all'art. 543 c.p.c., che, quale atto proveniente dal creditore procedente, salvo l'ingiunzione di cui
all'art. 492 c.p.c. che atto dell'ufficiale giudiziario, deve, guardando solo alle nuove aggiunte,
contenere: a) nei confronti del debitore esecutato la citazione a comparire all'udienza e b) nei
confronti del terzo, debitore del debitore, l'invito a comunicare per posta la dichiarazione di
specificazione del credito pignorando entro 10 giorni dalla ricevuta notifica e l'avvertimento che, se
non invier la detta dichiarazione, sar invitato a comparire ad una udienza che sar fissata
successivamente con ordinanza dal giudice dell'esecuzione ed, inoltre, che a quella udienza, se egli
non comparir o, comparendo, tacer, il credito indicato nello stesso atto si intender non contestato
nei termini indicati dal creditore procedente (e quindi esso sar passibile di assegnazione)(10).

Notificato l'atto di cui all'art. 543 c.p.c., il creditore procedente deve preoccuparsi dell'iscrizione a
ruolo del pignoramento, da farsi entro 30 giorni dalla consegna a lui da parte dell'ufficiale
giudiziario dell'atto di pignoramento(11).

Sulla previsione dell'iscrizione a ruolo del pignoramento in generale e del pignoramento del credito
in particolare si possono sollevare critiche e perplessit.

Innanzitutto evidente come ci si trovi di fronte ad un ulteriore onere a carico del creditore
procedente(12). Oltretutto, essa va fatta rapidamente a pena di inefficacia del pignoramento, con la
conseguenza di costringere il creditore procedente eventualmente ad un altro pignoramento, rapidit
che qui computata, non in 15 giorni, come avviene nei pignoramenti mobiliari diretti ed
immobiliari, bens in 30 giorni successivi alla definizione delle attivit dell'ufficiale giudiziario,
ossia dopo la scadenza dei 10 giorni entro i quali il creditore procedente dovrebbe ricevere la
dichiarazione del terzo, in modo da lasciare al creditore procedente la possibilit di scegliere come
procedere. In terzo luogo, appare almeno un po' bislacca l'idea, che emerge da un nuovo art. 159 bis
disp. att. c.p.c., di lasciare al Ministro della giustizia il potere di prevedere ulteriori elementi da
contenere nella nota di iscrizione.

Infine, sempre in riferimento alla detta iscrizione a ruolo, bene fare tre precisazioni.

La prima: detto adempimento non incide sull'operativit degli articoli 481 e 491 c.p.c., per cui entro
90 giorni dalla notifica del precetto il creditore procedente deve notificare l'atto di cui all'art. 543
c.p.c. e non anche procedere all'iscrizione a ruolo del pignoramento.

La seconda: se la disposizione di diritto transitorio stabilisce che questo istituto deve applicarsi ai
processi esecutivi iniziati 30 giorni dopo l'entrata in vigore della legge di conversione(13), quando si
pu dire che inizia un processo esecutivo per espropriazione? Con la notifica del titolo esecutivo e
del precetto? O qui con la notifica dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c.?

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La risposta a tale domanda potrebbe risultare in astratto assai discutibile e il concetto di " inizio "
del processo esecutivo potrebbe avere accezioni diverse a seconda dei punti di vista. Cos, ad
esempio, se con la notifica del titolo esecutivo e del precetto si deve ritenere che gi penda il
processo esecutivo(14), perch altrimenti non si capirebbe la possibilit, normativamente prevista, di
proporre le opposizioni esecutive di cui agli articoli 617 e 615 c.p.c., altres evidente dalla lettura
dell'art. 491 c.p.c. che l'espropriazione in senso stretto inizia col pignoramento. Insomma, in
astratto, si potrebbe ritenere che, se con la domanda giudiziale in genere si persegue il duplice scopo
di individuare il diritto per il quale si procede e di chiedere per esso una certa tutela ad un organo
giurisdizionale, nel processo esecutivo si abbia uno smembramento di quelle due funzioni,
realizzandosi la prima col precetto e demandando la seconda ad un atto successivo, comportante il
contatto tra l'istante e l'organo esecutivo(15). Ma, a prescindere da queste complicazioni, venendo
all'applicazione della citata norma di diritto transitorio a me sembra ragionevole ipotizzare che essa
si ancori al momento della notifica dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c.

La terza precisazione: ancorch in queste norme si parli di iscrizione a ruolo del " pignoramento " e
di perdita di efficacia sempre del " pignoramento ", evidente come qui non detto che si possa
sempre avere a che fare con un pignoramento perfetto. Secondo il modello ideale tracciato dal
legislatore ci si dovrebbe trovare di fronte ad un pignoramento perfetto, perch l'iscrizione a ruolo si
presenta come un adempimento posto (idealmente) a valle della ricezione della dichiarazione del
terzo in capo al creditore procedente, il quale, preso atto, appunto, della dichiarazione nei 10 giorni
successivi alla notifica dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c., ha ulteriori 20 giorni per procedere alla
dovuta iscrizione a ruolo. Ma non detto che gli accadimenti concreti corrispondano al descritto
modello ideale, per cui il creditore, che non abbia ricevuto alcuna dichiarazione da parte del terzo o
abbia ricevuto una dichiarazione negativa, se potr scegliere di non proseguire pi su questo
percorso, dovr, invece, nel caso voglia fare la scelta opposta, comunque procedere alla detta
iscrizione, se non vuole che la procedura cada, iscrizione, per, che in un caso del genere
riguarder, pi che un pignoramento perfetto, solo un inizio di pignoramento.

Se si verifica la situazione da ultimo descritta, che del tutto ipotizzabile, ancora una volta torna
utile l'idea per cui la parola " pignoramento " ha, o pu avere, nell'ambito dell'espropriazione del
credito un significato diverso nelle varie disposizioni in cui essa utilizzata(16). Invero, resta del
tutto valida l'affermazione per cui il pignoramento del credito si perfeziona, giammai con la notifica
dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c., bens con la c.d. specificazione del credito, che avviene per mezzo
della dichiarazione del terzo o a causa della sua mancata cooperazione che la legge equipara ad una
sorta di riconoscimento implicito od, infine, anche con il provvedimento del giudice
dell'esecuzione. In ultima analisi, ora come prima, siamo qui di fronte ad una fattispecie a
formazione progressiva(17).

Questo rilievo aveva e continua ad avere fondamentali ricadute in ordine agli effetti sostanziali del
pignoramento, i quali vanno, se cos si pu dire, spezzettati, ancorando a diversi momenti temporali
le disposizioni di cui agli artt. 546, comma 1, c.p.c., per un verso, e 2913 nonch 2917 c.c., per
altro verso.

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Con la notifica dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c. non hanno effetto nei confronti del creditore
procedente n gli atti di disposizione che sul credito siano compiuti dal debitore esecutato, come ad
esempio le cessioni (art. 2913 c.c.) n i pagamenti che in ipotesi possano avvenire da parte del terzo
a favore del suo creditore (art. 546, comma 1, c.p.c.). Ma solo col definitivo perfezionamento del
pignoramento del credito, che si ha a seguito della sua specificazione determinata da una delle
fattispecie sopra descritte, scatta l'operativit dell'art. 2917 c.c., nel quale si afferma l'inopponibilit
al creditore procedente di ogni fatto estintivo (non solo atti) del credito che si perfezioni in un
momento successivo(18).

Cos(19), a mio avviso, non opponibile in compensazione al creditore procedente solo un


controcredito che sia insorto dopo il perfezionamento del pignoramento, mentre lo quello che
coesisteva in precedenza, anche se la coesistenza si avuta successivamente alla notifica dell'atto di
cui all'art. 543 c.p.c.(20), sempre che si ritenga, come a me sembra corrispondente al diritto positivo,
che la fattispecie estintiva in parola si perfezioni appunto con la coesistenza dei crediti liquidi ed
esigibili (art. 1243 c.c.), restando la dichiarazione di compensazione esterna ad essa(21).

Ed, ancora, il terzo non potr opporre la prescrizione del credito solo se essa matura dopo il
perfezionamento del pignoramento, mentre egli potr eccepire la detta prescrizione anche se essa
matura dopo la notifica dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c., atto che certamente interrompe il decorso
del termine di prescrizione del credito per cui si procede (quello tra il creditore e il debitore
esecutato), ma non anche il decorso del termine di prescrizione del credito sul quale si procede
(quello tra il debitore esecutato ed il terzo debitore del debitore).

Coloro che ncorano l'operativit dell'art. 2917 c.c. al solo atto notificato ai sensi dell'art. 543 c.p.c.
pregiudicano in modo eccessivo il terzo, che non il soggetto passivo della procedura, e non
considerano il fatto che il pignoramento del credito esige la dichiarazione del terzo per
perfezionarsi, non come una mera formalit, ma perch il creditore procedente il pi delle volte non
sa nulla o sa poco del bene-credito che vuole pignorare, limitandosi spesso, nell'atto di cui all'art.
543 c.p.c., ad una indicazione del tutto generica.

Infine, sempre in virt di un principio di salvaguardia del terzo, debitore del debitore esecutato,
resta intatta l'idea per cui l'operativit dell'art. 2917 c.c. non pu alterare il c.d. sinallagma
funzionale. La qual cosa significa che, ove il credito pignorato tragga origine da un rapporto a
prestazioni corrispettive, al creditore procedente ben pu essere opposta un'eccezione di
inadempimento da parte del terzo, debitore del debitore esecutato, a prescindere da quando il
debitore esecutato, controparte contrattuale del terzo, si sia reso inadempiente(22).

4. La dichiarazione del terzo.

Notificato l'atto di cui all'art. 543 c.p.c. e fatta l'iscrizione a ruolo, il perfezionamento del
pignoramento si pu avere in vari modi. Quello, per cos dire, fisiologico si ha ove il terzo renda la
dichiarazione di specificazione del credito che gli stata richiesta. A tal proposito, se in precedenza
si doveva distinguere a seconda che il credito pignorando fosse di lavoro o meno, essendo il terzo
nel primo caso chiamato a rendere la sua dichiarazione in udienza e nel secondo invitato a rendere
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la stessa dichiarazione mediante lettera raccomandata o pec(23), oggi la disciplina, come si


accennava sopra trattando della modifica della disciplina della competenza, viene semplificata
perch vale questo secondo percorso in ogni caso, a prescindere dal tipo di credito che si sta
pignorando(24).

Come abbiamo gi rilevato, nella descrizione del codice di rito la detta dichiarazione dovrebbe
essere comunicata al creditore procedente entro 10 giorni, lasciando poi tempo sempre al creditore
procedente per eseguire l'iscrizione a ruolo di un pignoramento perfetto. Ma, possibile che quella
dichiarazione non arrivi nei dovuti 10 giorni ed in questo caso che, si ripete ancora, si ha, sempre
che il creditore decida di proseguire nel percorso iniziato, l'iscrizione a ruolo di quell'inizio di
pignoramento di cui si parlato sopra.

Ovviamente sulla dichiarazione resa dal terzo possono sorgere contestazioni ai sensi dell'art. 549
c.p.c., norma che in nulla cambiata. Se esse sorgono si giunge ad un'ordinanza del giudice
dell'esecuzione, suscettibile di impugnazione ai sensi dell'art. 617 c.p.c., ordinanza che produce
effetti sia ai fini della procedura in corso, ossia rendendo assegnabile il credito, pur non essendovi
su di esso un accertamento con forza di giudicato, sia nell'ambito dell'esecuzione per espropriazione
che eventualmente il creditore assegnatario dovesse intraprendere avverso il terzo assegnato sulla
base dell'ordinanza di assegnazione, che evidentemente assume la valenza di un titolo esecutivo tra
assegnatario ed assegnato(25).

5. La mancata dichiarazione del terzo. L'udienza.

Se, invece, il terzo non rende la dichiarazione, il creditore procedente che voglia tuttavia mantenere
in piedi la procedura intrapresa dovr, dopo aver compiuto la sopra descritta iscrizione a ruolo
dell'inizio del pignoramento, cercare di giungere al perfezionamento del pignoramento in altro
modo. A tal fine egli dichiarer appunto all'udienza di non aver ricevuto alcunch e di conseguenza
otterr la pronuncia di un'ordinanza da parte del giudice dell'esecuzione, con la quale viene fissata
una nuova udienza a cui il terzo verr chiamato a rendere quella stessa dichiarazione mancante.

A seguito della notifica, probabilmente a cura del creditore procedente, di detta ordinanza al
terzo(26), che peraltro non contiene nuovamente l'avvertimento a questi in ordine alle conseguenze
della sua mancata cooperazione, essendo tale avvertimento gi stato a lui rivolto nell'atto di cui
all'art. 543 c.p.c., si giunge all'udienza di comparazione del terzo stesso. All'udienza si possono
avere diversi sviluppi

possibile che il terzo compaia e renda la dichiarazione. Cos, se non vi sono problemi, si ha
certamente l'assegnazione del credito; altrimenti sorgeranno le contestazioni di cui all'art. 549 c.p.c.,
di cui si gi detto, in riferimento alle quali nulla cambiato rispetto alla normativa previgente,
compreso l'importante inciso per cui l'ordinanza del giudice dell'esecuzione produce effetti ai fini
del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed
impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c.

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Se, invece, il terzo non coopera, perch egli non si presenta o comparendo rifiuta di fare la
dichiarazione(27), in ogni caso si ha il perfezionamento del pignoramento nei termini indicati dal
creditore procedente nell'atto di cui all'art. 543 c.p.c., in quanto, come si legge nell'art. 548 c.p.c.,
che da questo punto di vista non mutato, il credito si considera non contestato ai fini del
procedimento in corso e dell'esecuzione forzata fondata sul provvedimento di assegnazione.

Ma a tal proposito, non essendo intervenuta alcuna sostanziale modifica rispetto al meccanismo
previgente, si deve dire che la disposizione, oggi come ieri, pu trovare concreta applicazione solo
se il creditore procedente abbia indicato gi in modo specifico il credito pignorando nell'atto di cui
all'art. 543 c.p.c. In caso contrario un simile meccanismo di perfezionamento del pignoramento non
pu funzionare(28) perch la finzione costruita dalla norma porterebbe ad un pignoramento senza
oggetto. Invero, su cosa esso dovrebbe cadere se nella procedura non si sia acquisita cognizione
sulla causa del credito e sul suo ammontare?

In questa situazione, che il legislatore avrebbe potuto chiarire, a me sembra che si possa dire delle
due l'una: o si applica l'art. 549 c.p.c., immaginando che al giudice dell'esecuzione sia attribuito il
potere di svolgere un accertamento sommario, salva la possibilit dell'opposizione di cui all'art. 617
c.p.c. avverso il suo provvedimento. Oppure, interpretando alla lettera l'art. 549 c.p.c. e ritenendo
che esso debba applicarsi solo nel caso in cui il terzo renda una qualsiasi dichiarazione, anche
negativa, si finisce in una sorta di stallo, non potendosi procedere ad alcuna assegnazione(29).

Francamente, visto che la norma in questione si applica a fronte di qualsiasi dichiarazione resa dal
terzo, anche di contenuto del tutto negativo, non vedo perch essa non possa essere utilizzata per
uscire dalla situazione critica che si crea quando alla mancata cooperazione del terzo corrisponde
un'indicazione del tutto generica del creditore procedente(30).

6. Il percorso speciale.

Venendo ora al caso in cui l'ufficiale giudiziario abbia previamente proceduto alla ricerca in via
telematica dei beni da pignorare (art. 492 bis c.p.c.), ci troviamo di fronte ad una diversa procedura
dell'espropriazione del credito.

Se concesso in questa sede un brevissimo accenno ai presupposti di questo particolare percorso,


interessante rilevare come l'esercizio del potere di ricerca debba essere autorizzato dal Presidente
del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede su richiesta
del creditore procedente, previa verifica del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione
forzata. Gi questa semplice affermazione potrebbe suscitare una ridda di problemi applicativi di
carattere generale, che esulano dal campo specifico di un'indagine sull'espropriazione del credito.
Tuttavia, pur non potendo noi occuparci approfonditamente di un simile argomento, che
richiederebbe una trattazione a s, non per inutile quantomeno sollevare, tra le altre, due
domande, limitandoci a fornire due risposte telegrafiche.

La prima: quand' che il creditore legittimato a fare la detta istanza? A seguito della notifica del
titolo esecutivo e del precetto, insomma all'interno di un processo esecutivo gi avviato con la
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domanda esecutiva? Ovvero, dato lo scopo dello strumento in parola, egli pu attivarsi anche prima
di quel momento, essendo per, poi, sempre necessario che comunque sia notificato al debitore
titolo esecutivo e precetto prima del pignoramento, in ipotesi compiuto dall'ufficiale giudiziario ai
sensi dello stesso art. 492 bis c.p.c.? A me sembra francamente ragionevole questa seconda
soluzione, se si vuole rendere il meccanismo pi utile per i creditori.

La seconda: in cosa consiste il detto accertamento sul diritto della parte istante a procedere ad
esecuzione? A questa espressione si deve dare lo stesso significato che si soliti attribuire
all'analoga espressione utilizzata nell'art. 615 c.p.c.? Francamente non lo credo, per cui escludo che
il Presidente del tribunale possa accertare il mancato pagamento del credito, neanche in termini
sommari o di verosimiglianza, dovendosi egli limitare alla sola verifica ictu oculi della sussistenza
del titolo esecutivo.

Tornando, ora, specificamente al pignoramento del credito, la norma (art. 492 bis, comma 5, c.p.c.)
dispone(31) che l'ufficiale giudiziario debba redigere un verbale, che deve contenere anche
l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, dell'indirizzo di posta
elettronica certificata a cui il terzo, debitor debitoris, dovr inviare la sua dichiarazione ai sensi
dell'art. 547 c.p.c., del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere
residente. Tale verbale , quindi, notificato d'ufficio al debitore ed al terzo, facendo a quello la
dovuta ingiunzione di cui all'art. 543 c.p.c. ed a questo l'intimazione di non disporre delle somme ai
sensi dell'art. 546 c.p.c.

A questo momento della procedura non c' la fissazione di alcuna udienza, non emerge la necessit
di acquisire la dichiarazione del terzo ed inoltre con questo verbale che il creditore procede a
iscrizione a ruolo (vedi il novellato art. 543, comma 5, c.p.c.). Quindi dal perfezionamento di
questa fattispecie che decorre il termine dilatorio di cui all'art. 501 (10 giorni dal pignoramento) per
fare istanza di assegnazione (vedi sempre l'art. 543, comma 5, c.p.c.).

Per, poi, ancora nell'ultimo inciso dell'art. 543, comma 5, c.p.c., si precisa che, fatta istanza di
assegnazione, il giudice dell'esecuzione adotta un decreto, da notificare a cura del creditore
procedente, con cui: a) si fissa l'udienza per disporre l'assegnazione, b) si invita il terzo a
comunicare la sua dichiarazione al creditore procedente e lo si avverte che, se non proceder a
questo adempimento, sar citato ad un'udienza successiva ove potranno scattare le conseguenze
derivanti dalla sua mancata cooperazione.

Cos si fissa l'udienza per l'assegnazione, ma l'espropriazione si avr solo se non ci saranno
problemi, ossia se il terzo render la dichiarazione e non insorgeranno contestazioni ai sensi dell'art.
549 c.p.c. Se, poi, il terzo non comunica la dichiarazione richiesta per posta, alla detta udienza
trover applicazione l'art. 548 c.p.c., per cui il giudice dell'esecuzione fisser una nuova udienza e
solo in questa sede si potr avere, in ipotesi, il perfezionamento del pignoramento sulla base del
meccanismo della non contestazione.

Insomma anche qui si finisce per esigere la dichiarazione del terzo e per ottenerla si disposti a
celebrare due udienze, ove nella prima si riscontri che la dichiarazione del terzo non pervenuta.
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Ma, allora, a me sembra che pur nell'ambito di questo percorso debba valere quanto detto sopra a
proposito del referente temporale a cui ancorare gli effetti sostanziali del pignoramento del credito,
per il semplice fatto che anche in detto contesto, ancorch si seguano modalit in parte differenti, il
pignoramento del credito si presenta comunque come una fattispecie a formazione progressiva, i cui
effetti pieni, disciplinati dall'art. 2917 c.c., possono essere prodotti solo ed unicamente con la
specificazione del credito pignorato.

7. Problemi irrisolti.

L'intervento normativo in commento non affronta alcuno dei nodi concettuali di fondo
dell'espropriazione del credito. In verit la maggior parte di essi sono stati sciolti in passato dagli
interpreti.

Cos la discrasia tra l'art. 2928 c.c. e l'art. 553 c.p.c. stata certamente risolta a favore del primo,
affermandosi ormai che ogni assegnazione del credito fatta pro solvendo e mai pro soluto,
potendo l'interprete facilmente correggere un semplice difetto di coordinamento(32).

Ed ancora stato chiarito dalla dottrina che all'assegnatario non viene attributo uno ius exigendi, ma
propriamente il diritto di credito che l'assegnante (debitore esecutato) aveva nei confronti del terzo
assegnato (debitor debitoris)(33).

Tuttavia residua un grave problema, che al contrario non stato per nulla chiarito e che ben avrebbe
meritato attenzione da parte del legislatore odierno. Ci si chiede: quali sono le difese che il terzo
assegnato pu opporre al creditore assegnatario? Si pu affermare che vi siano atti compiuti o
provvedimenti emessi nell'ambito dell'espropriazione del credito che impediscano successivamente
al terzo assegnato di far valere difese nei confronti del suo nuovo creditore? Insomma,
l'assegnazione del credito avutasi nella procedura espropriativa garantisce al creditore assegnatario,
in virt della stessa ordinanza di assegnazione o di qualche altro atto o provvedimento antecedente
che abbia un effetto preclusivo per il debitore assegnato, la certezza in ordine all'esistenza del
credito a lui assegnato?

L'opinione pi accreditata, sia sotto il vigore del codice di rito del 1865 sia dopo l'entrata in vigore
del codice di rito del 1942(34), ha sempre ritenuto che l'ordinanza di assegnazione in se non avesse (e
non abbia) alcuna valenza decisoria(35), operandosi con essa solo un trasferimento del credito dal
debitore esecutato al creditore procedente, affermandosi piuttosto che una preclusione per il terzo
assegnato potesse derivare o dalla sua dichiarazione positiva, quale confessione superabile solo per
errore di fatto o violenza, oppure dal giudicato emergente nel giudizio di accertamento del credito
del terzo celebrato ai sensi del previgente articolo 548 c.p.c.

Ma un simile dibattito ha finito per essere (parzialmente) superato a seguito delle modifiche che la l.
n. 228 del 2012 ha apportato agli artt. 548 e 549 c.p.c., modifiche che, se hanno chiarito che
l'ordinanza di assegnazione del credito fornisce al creditore assegnatario un titolo esecutivo da
spendere nei confronti del terzo assegnato inadempiente, ha lasciato nel dubbio gli interpreti nel
momento in cui da esse emerge come ogni mezzo attraverso cui avvenga la specificazione del
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credito abbia effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione forzata in ipotesi fondata
sull'ordinanza di assegnazione. In altri termini, ci si chiede: se la mancata cooperazione del terzo
ovvero l'insorgenza di contestazioni non impongono l'accertamento del credito ai fini del suo
pignoramento e della successiva espropriazione, quale valore ha la previsione secondo la quale la
mancata dichiarazione del terzo comporta che il credito si ha per non contestato ai fini del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione (art. 548 c.p.c.)
ovvero quella analoga secondo la quale l'ordinanza che risolve le contestazioni sulla dichiarazione
del terzo produce effetti ancora una volta ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata
sul provvedimento di assegnazione (art. 549 c.p.c.)?

Con queste espressioni normative, rimaste inalterate a seguito dell'intervento legislativo in


commento, evidentemente si rinvia ad una situazione di una qualche stabilit, anche se, altrettanto
evidentemente, non si pu immaginare che la procedura esecutiva produca effetti di stabilit
analoghi a quelli del giudicato sostanziale, dato che in essa non si esplica certo una funzione
dichiarativa. Cos, alcuni hanno sostenuto che il terzo assegnato possa senz'altro sollevare
contestazioni in ordine all'esistenza del credito gi nell'ambito di un'opposizione all'esecuzione (art.
615 c.p.c.) in ipotesi sollevata in collegamento all'espropriazione forzata contro di lui instaurata dal
creditore assegnatario(36), mentre altri hanno affermato che, per un verso, una simile contestazione
non sarebbe sollevabile quando a monte dell'assegnazione vi sia stata l'ordinanza di risoluzione
delle controversie sulla dichiarazione del terzo ai sensi dell'art. 549 c.p.c., avendo il terzo perso
l'occasione di utilizzare il rimedio di cui all'art. 617 c.p.c., e, per altro verso, essendosi perfezionato
il pignoramento a causa della mancata cooperazione del terzo, quella contestazione sarebbe
sollevabile, ma pagando il prezzo di un'inversione dell'onere della prova, vantaggio di cui il
creditore, assegnatario nella prima procedura e poi procedente avverso l'assegnato nella seconda
procedura, dovrebbe necessariamente godere(37).

A mio parere, se l'onere per il terzo, debitore del debitore esecutato nella procedura di
espropriazione del credito, di avvalersi dell'opposizione di cui all'art. 617 avverso l'ordinanza con
cui, ai sensi dell'art. 549 c.p.c., il giudice dell'esecuzione risolve le liti sulla sua dichiarazione, non
ha niente a che fare con una sorta di implicita emersione di un accertamento del credito, che non
rientra negli obiettivi della procedura(38), e se non vi sono appigli per costruire un'inversione
dell'onere della prova a carico dell'assegnato, che, assunta nella seconda procedura la veste di
esecutato, voglia sollevare opposizione all'esecuzione, il sistema, ieri come oggi, va ricostruito alla
luce del principio, che a me pare emergere con evidenza dalle norme vigenti, per cui
l'espropriabilit del credito non pi condizionata dal suo previo accertamento, in mancanza di una
positiva cooperazione del terzo debitor debitoris.

Ed, allora, bisogna distinguere la stabilit dell'atto-titolo esecutivo dalla stabilit del bene della vita
(il credito). Quella si ha certamente alla fine della procedura espropriativa, per cui l'ordinanza di
assegnazione come titolo esecutivo non pu essere messa in discussione nell'espropriazione forzata
che si fondi su di essa. Ma ci non implica pure che quella ordinanza comporti anche, in s o a
causa di una vicenda ad essa precedente, l'accertamento del credito assegnato, credito la cui
esistenza pu sempre poi essere messa in discussione dal terzo assegnato in sede di opposizione

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all'esecuzione in ipotesi proposta in riferimento alla procedura espropriativa che contro di lui intenti
il creditore assegnatario.

N credo che una simile conclusione potrebbe essere messa in crisi dal rilievo che in tal modo si
creerebbe una disparit di trattamento tra assegnatario ed assegnato. Invero, si potrebbe obiettare: se
in caso di problemi insorti nell'ambito dell'espropriazione del credito il creditore procedente pu
spendere solo l'opposizione agli atti esecutivi, perch poi il terzo assegnato, al di fuori di quella
procedura e nell'ambito della successiva esecuzione contro di lui intentata dal creditore
assegnatario, potrebbe godere di un'opposizione all'esecuzione, giudizio peraltro che, a differenza
dell'opposizione agli atti esecutivi, si pu svolgere su due gradi di merito?

Ma, se non si pu certo onerare il terzo, debitore del debitore esecutato nella prima procedura, di
utilizzare il percorso tracciato dall'art. 617 c.p.c., immaginando che dall'esecuzione possa scaturire
l'accertamento di una situazione sostanziale a causa della preclusione di questo rimedio, perche, si
ripete, il processo esecutivo non svolge una funzione dichiarativa, n si pu pensare che, comunque,
dal giudizio di cui all'art. 617 c.p.c. emergano accertamenti con forza di giudicato di situazioni
sostanziali(39), perch non questo il ruolo che nel sistema attribuito all'opposizione agli atti
esecutivi, non ci si pu neanche stupire di presunte disparit di trattamento, perch non si pu
pregiudicare il terzo, debitor debitoris, pi di quanto sia necessario al fine di un'espropriazione
forzata condotta contro il suo creditore originario. Per cui, direi che, a prescindere dal modo in cui
si sia avuta la specificazione del credito, sia attraverso l'ordinanza pronunciata ai sensi dell'art. 549
c.p.c., sia attraverso la sentenza pronunciata nell'ambito dell'opposizione agli atti esecutivi, sia,
infine, per la non contestazione del terzo(40), in ogni caso l'assegnato non subir alcuna preclusione
in ordine alla sua successiva possibilit di contestare la sussistenza del suo debito.

Cos residua ancora, oggi come ieri, il problema di individuare i fatti impeditivi, modificativi ed
estintivi che il terzo assegnato possa opporre al creditore procedente nell'ambito dell'opposizione
all'esecuzione da questi iniziata contro di lui. Evidentemente, seguendo quanto detto sopra, egli
potr far valere contro l'assegnatario le stesse eccezioni che avrebbe potuto far valere contro il suo
creditore originario (assegnante), filtrate, se cos si pu dire, dagli effetti sostanziali del
pignoramento di cui agli articoli 546 c.p.c., per gli atti estintivi, e 2917 c.c., per i fati estintivi.
Insomma, l'assegnato, se non potr far valere contro l'assegnatario ci che non avrebbe potuto
opporre in precedenza a causa della barriera protettiva fornita dal pignoramento, ben potr spendere
ogni altra difesa ipotizzabile.

Riprendendo tra gli esempi gi fatti sopra solo quello, significativo, del credito assegnato che sia
derivato da un rapporto sinallagmatico e partendo dall'idea che l'esercizio dell'azione esecutiva non
possa vanificare il c.d. sinallagma funzionale, non si potr negare al terzo assegnato la spendibilit
avverso il creditore assegnatario dell'eccezione di inadempimento, anche se l'inadempimento della
sua controparte contrattuale, ossia l'assegnante, sia emerso successivamente al pignoramento(41).

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(*) Contributo pubblicato previo parere favorevole formulato da un componente del Comitato per la
valutazione scientifica.

(1) In tal senso l'art. 19, comma 6 bis del d.l. n. 132/14, cos come modificato dalla l. n. 162/14,
pubblicata in G.U. del 10 novembre 2014. Quindi la data a cui ci si riferisce quella dell'11
dicembre 2014. Sul concetto di " inizio " del processo esecutivo vedi infra. Sulla data di entrata in
vigore delle norme in commento vedi D'ALESSANDRO, L'espropriazione presso terzi, in Processo
civile efficiente e riduzione arretrato. Commento al d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, a cura
di Luiso, Torino, 2014, p. 65 e GRADI, Inefficienza della giustizia civile e " fuga dal processo ", in
www. judicium.it., 2014, p. 47.

(2) Nel testo originario del d.l. si eliminava semplicemente il detto comma. Poi nella legge di
conversione esso viene modificato, inserendovi la disciplina della competenza per territorio relativa
all'esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi. Ai nostri fini tra le due versioni non
c' differenza.

(3) La regola in parola a mio parere si applica in generale per l'espropriazione presso terzi, quindi
anche quando si tratta di cose. vero che l'art. 26 bis c.p.c. parla esplicitamente solo di
espropriazione di crediti. Ma anche vero che sembrerebbe poco ragionevole applicare qui la
regola di cui all'art. 26, comma 1, c.p.c., che guarda al luogo in cui le cose si trovano, perch un
simile criterio, quando sono in gioco beni mobili, si riferisce, a me sembra, a situazioni nelle quali il
pignoramento consiste in un'individuazione ed apprensione materiale diretta delle cose che si
trovano nei luoghi di appartenenza del debitore. In senso diverso D'ALESSANDRO, op. cit., pp. 69-70
e GRADI, op. cit., p. 48.

(4) Cfr. BORGHESI, Il silenzio del terzo pignorato, in Liber amicorum Romano Vaccarella, Torino,
2014, p. 405 ss., spec. p. 419 e TOTA, L'art. 548, 2 co., c.p.c. (dopo il d.l. 12-9-2014, n. 132), ivi, p.
681 ss., spec. p. 683.

(5) Cfr. D'ALESSANDRO, op. cit., p. 67.

(6) Al fine evidentemente di contestare l'espropriabilit del credito gi assegnato.

(7) La domanda : a cosa si riferisce l'ignoranza incolpevole? Evidentemente, se si vuole dare un


senso alla norma, essa non si riferisce all'ordinanza di assegnazione, come la lettera sembra far
emergere, bens all'atto di cui all'art. 543 c.p.c. ovvero all'ordinanza di cui all'art. 548, comma 1,
con cui il giudice fissa l'udienza di comparizione del terzo, nella quale, se il terzo non coopera, il
credito si ha per non contestato, rendendolo, cos, oggetto di assegnazione. Sulla problematica gi in
precedenza vedi, fra gli altri, SALETTI, Le novit dell'espropriazione presso terzi, in Riv. esec.
forzata, 2013, p. 8 ss., spec. p. 19, ed oggi TOTA, op. cit., p. 687.

(8) Per i problemi che si ponevano prima sia concesso il rinvio a BOVE, Il pignoramento, in
BALENA e BOVE, Le riforme pi recenti del processo civile, Bari, 2006, p. 135 ss., spec. p. 159 ss.

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(9) Vedi in BRIGUGLIO, Nuovi ritocchi in vista per il processo civile: mini-riforma ad iniziativa
governativa, con promessa di fare (si confida su altri e pi utili versanti) su serio, in giustiziacivile.
com, 2014, pp. 19-20.

(10) Questo avvertimento rappresenta un elemento essenziale dell'atto descritto nell'art. 543 c.p.c.
Inoltre esso non sar ripetuto nell'ordinanza di cui all'art. 548 c.p.c., ossia quella con cui si fissa
l'apposita udienza alla quale il terzo sar chiamato a comparire. In precedenza, nel silenzio del
legislatore, alcuni ritenevano che il detto avvertimento dovesse comunque aversi: cos RUSSO, La
tutela del terzo nel procedimento di espropriazione di crediti dopo la legge 24 dicembre 2012, n.
228, in Processo esecutivo. Liber amicorum Romano Vaccarella, Torino, 2014, p. 633 ss., spec. p.
642. L'interpretazione, un po' forzata, aveva tuttavia il pregio di essere costituzionalmente orientata.

(11) Disposizione, questa, che trova sempre applicazione ai procedimenti iniziati 30 giorni dopo
l'entrata in vigore della legge di conversione del d.l.: sul punto torna alla nota 1.

(12) Peraltro, nel caso specifico del pignoramento del credito c' anche da dire che gi sulla scorta
del precedente ult. comma dell'art. 543 c.p.c. si poteva sostenere che fosse il creditore procedente a
dover depositare, dopo la notifica dell'atto di pignoramento, il titolo esecutivo ed il precetto al fine
dell'iscrizione a ruolo della procedura, essendo l'ufficiale giudiziario onerato del solo deposito
dell'atto di pignoramento notificato. Sulla questione e sulle diverse prassi vedi BARALE, La diffusa
prassi contra legem del deposito, a cura dell'ufficiale giudiziario, del titolo esecutivo e dell'atto di
precetto unitamente all'atto di pignoramento presso terzi, in Riv. esecuzione forzata, 2014, p. 523
ss.

(13) La l. n. 162/14 entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione, avvenuta nella
G.U. del 10 novembre 2014.

(14) In tal senso si veda tradizionalmente FURNO, La sospensione del processo esecutivo, Milano,
1956, p. 37.

(15) Sulla domanda esecutiva come fattispecie complessa vedi SALETTI, Contributo alla teoria
della domanda esecutiva, Milano, 1992, pp. 48 ss., 64 ss., 86, 150 ss.

(16) Lo spunto in ordine alla relativit del concetto di " pignoramento " lo si trova in VACCARELLA,
voce Espropriazione presso terzi, in Digesto IV ed., Disc. priv., Sez. civ., VIII, Torino, 1992, p. 94
ss., spec. pp. 111-112.

(17) Sia concesso il rinvio a BOVE, Dell'espropriazione presso terzi, in BOVE, CAPPONI,
MARTINETTO e SASSANI, L'espropriazione forzata, in Giur. sist. di dir. proc. civ., diretta da Proto
Pisani, Torino, 1988, p. 322 ss., spec. p. 353 ss.ed ivi ulteriori citazioni per la dottrina classica.
Nella manualistica pi recente vedi, per tutti, LUISO, Diritto processuale civile, III, Milano, 2013, p.
81 ss.; BALENA, Istituzioni di diritto processuale civile, III, Bari, 2014, p. 129 ss. Nella
giurisprudenza vedi da ultimo Cass. 9 marzo 2011, n. 5529, in Rep. Giust. civ., 2011, voce

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Esecuzione mobiliare presso il debitore, 30; Cass. 30 gennaio 2009, n. 2473, in Giust. civ., 2010, I,
p. 2659.

(18) A fronte dell'ampia formulazione dell'art. 2917 c.c. stata ben presto rigettata la proposta di
Carnelutti (vedila in Istituzioni del nuovo processo civile italiano, III, Roma, 1951, p. 60) di riferirla
ai soli atti estintivi del credito, dovendosi in essa appunto ritenersi contenuto il riferimento ad ogni
fatto estintivo. Cos la dottrina, per la quale vedi, fra gli altri, SATTA, Commentario al codice di
procedura civile, III, Milano, 1965, p. 150; MICHELI, Dell'esecuzione forzata2, (rist.), in
Commentario Scialoja-Branca, VI, Bologna-Roma, 1977, p. 98; COLESANTI, Il terzo debitore nel
pignoramento dei crediti, II, Milano, 1967, pp. 495-496; CAPPONI, voce Pignoramento, in Enc.
giur. Treccani, XXVI, Roma, 1990, p. 25; BONSIGNORI, Gli effetti del pignoramento, in
Commentario Schlesinger, Milano, 2000, p. 124 ss.

(19) L'idea che qui si sposa quella che, fondandosi sulla distinzione tra atti e fatti estintivi del
credito, giunge ad affermare: " Allorch il pignoramento giunto a perfezione, diviene operante il
generale precetto dell'art. 2917 c.c. (...); mentre fin quando il pignoramento non perfetto,
l'inefficacia opera nei pi ristretti limiti degli atti di disposizione del debitore esecutato titolare del
credito o dell'attivit posta in essere dal terzo debitore dopo la notifica contenente l'intimazione di
non disporre, senza abbracciare anche i meri fatti estintivi non direttamente riconducibili alla
volont del terzo " (COLESANTI, op. ult. cit., pp. 506-507). Ma dottrina e giurisprudenza
maggioritarie, pur riconoscendo che il pignoramento del credito si presenta come una fattispecie a
formazione progressiva, affermano, non senza contraddizione, che gli effetti sostanziali di esso si
producono gi con la notifica dell'atto di cui all'art. 543 c.p.c. Cos ANDRIOLI, Commento al codice
di procedura civile, III, Napoli, 1957, p. 195; TRAVI, voce Espropriazione presso terzi, in Noviss.
Digesto it., Torino, 1964, VI, p. 955 ss., spec. p. 960; SPARANO, L'espropriazione forzata e i diritti
di credito, Napoli, 1958, p. 127; CAPPONI, op. ult. cit., pp. 25-26; LUISO, op. cit., p. 81. In
giurisprudenza vedi: Cass. 8 febbraio 1972, n. 333, in Foro it., 1972, I, c. 2514; Cass. 26 settembre
1979, n. 4970, in Foro it., 1980, I, c. 95; Cass. 9 marzo 2011, n. 5529, in Rep. Giust. civ., 2011,
voce Esecuzione mobiliare presso il debitore, n. 30.

(20) Variamente in modo diverso vedi MICHELI, op. cit., p. 99 ss.; COLESANTI, op. ult. cit., p. 594;
MERLIN, Compensazione e processo, I, Milano, 1991, p. 42 ss., 269 ss., testo e nt. 129.

(21) Ma non nascondo che nella nostra dottrina sia diffusa l'idea secondo la quale la dichiarazione
di compensazione farebbe parte della struttura della fattispecie estintiva, pur retroagendo i suoi
effetti al momento della coesistenza dei crediti incrociati. Sull'ampio dibattito in materia vedi
MERLIN, op. cit., p. 42 ss., p. 406 ss.

(22) Il principio per cui l'azione esecutiva non intacca il sinallagma funzionale assai diffuso nella
dottrina, per la quale vedi ANDRIOLI, Il diritto di credito come oggetto di esecuzione forzata, in
Foro it., 1941, IV, p. 10; COLESANTI, op. ult. cit., p. 527 ss.; MICHELI, op. cit., p. 161; SPARANO, op.
cit., p. 32; BONSIGNORI, op. ult. cit., p. 129. Ma vedi in senso contrario ORSENIGO, Il terzo debitore
nell'azione diretta del coniuge a tutela del diritto al mantenimento della prole (art. 148 cod. civ.), in
Dir. e giur., 1982, p. 284, p. 293, p. 296, il quale ritiene, invece, che il credito pignorato si astragga
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dal rapporto contrattuale sottostante. Tuttavia la dottrina maggioritaria non applica sempre con
coerenza il principio da cui parte, sostenendosi spesso che un'eccezione d'inadempimento da parte
del terzo nei confronti del creditore procedente possa spendersi solo nell'eventualit che
l'inadempimento dell'esecutato si abbia prima del pignoramento e che l'eccezione stessa sia spesa
dal terzo stesso nella sua dichiarazione: cos MICHELI, op. cit., p. 161; BONSIGNORI, op. ult. cit., p.
130. Ma, evidentemente, questa distinzione temporale non pu avere spazio, se si vuole applicare
con coerenza quel principio di partenza. Cos giustamente COLESANTI, op. ult, cit., p. 545.

(23) Vedi, per tutti, LUISO, op. cit., p. 81.

(24) Rilievo anche in CONSOLO, Un d.l. processuale in bianco e nerofumo sullo equivoco della "
degiurisdizionalizzazione ", in Corr. giur., 2014, p. 1173 ss., spec. pp. 1180-1181.

(25) Che a seguito della l. n. 228 del 2012 l'ordinanza di assegnazione del credito assuma senz'altro
la valenza di titolo esecutivo certo: vedi MONTELEONE, Semplificazioni e complicazioni
nell'espropriazione presso terzi, in Riv. esecuzione forzata, 2013, p. 1 ss., spec. pp. 4-5; COLESANTI,
Novit non liete per il terzo debitore (cinquant'anni dopo!), in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2013, p.
1255 ss., spec. p. 1267 ss. Peraltro, tale affermazione era gi diffusa prima del 2012: cos, fra i tanti,
VACCARELLA, op. cit., p. 107; OLIVIERI, I profili e l'evoluzione del sistema di espropriazione presso
terzi, in Le espropriazioni presso terzi, a cura di F. Auletta, Bologna, 2011, p. 3 ss., spec. p. 29;
MAJORANO, L'espropriazione presso terzi, in L'esecuzione forzata riformata, a cura di Miccolis e
Perago, Torino, 2009, p. 183 ss., spec. p. 241. In giurisprudenza Cass. 18 marzo 2003, n. 3976, in
Riv. esecuzione forzata, 2003, p. 708. Ormai mi sembra francamente inutile interrogarsi sul se il
legislatore abbia voluto esplicitare l'attribuibilit all'ordinanza in parola della valenza esecutiva
oppure abbia presupposto, quale diritto vivente, quella valenza. Sulla questione vedi MONTANARI,
Sui limiti di revocabilit del riconoscimento (effettivo o presunto) del credito pignorato nel nuovo
sistema dell'espropriazione presso terzi, in Giusto proc. civ., 2014, p. 97 ss., spec. pp. 102-103.

(26) L'art. 548 c.p.c. dice che la notifica deve effettuarsi almeno 10 prima dell'udienza, ma non
chiarisce a carico di chi stia la notifica, ossia se per essa debba essere il creditore procedente ad
attivarsi ovvero se la notifica avvenga a cura dell'ufficio. Ma a me sembra che qui si debba
applicare analogicamente quanto previsto dall'ultimo comma dell'art. 543 c.p.c., che accolla al
creditore procedente l'onere di notificare il decreto ivi previsto a valle di un pignoramento compiuto
a seguito della ricerca telematica di cui all'art. 492 bis c.p.c. Invero codesto decreto ha, mutatis
mutandis, una funzione analoga a quella dell'ordinanza di cui si parla ora nel testo.

(27) Questo secondo caso prima non era esplicitato e cos al pi lo si poteva accomunare alla
mancata comparizione solo in via interpretativa. In senso contrario vedi, peraltro, RUSSO, op. cit., p.
646. Cfr., comunque, sul punto, per tutti, BORGHESI, op. cit., p. 411 ed ivi ulteriori citazioni.

(28) Sui limiti di applicabilit qui del c.d. principio di non contestazione vedi in precedenza
SALETTI, Le novit dell'espropriazione presso terzi, cit., p. 14 ss.; BALENA, op. cit., p. 137.

(29) Cos RUSSO, op. cit., p. 646.


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(30) Ma vedi in senso contrario BORGHESI, op. cit., pp. 410-411, fondandosi sull'argomento
letterale.

(31) Fra l'altro l'art. 492 bis, comma 6, c.p.c. specifica che, se l'accesso ha consentito di individuare
pi crediti del debitore, l'ufficiale giudiziario sottopone ad esecuzione i crediti scelti dal creditore
procedente.

(32) DE STEFANO, voce Assegnazione nell'esecuzione forzata, in Enc. dir., III, Milano, 1958, p. 270
ss., spec. p. 284; MICHELI, op. cit., p. 159; ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile,cit.,
p. 211; SPARANO, op. cit., p. 192; D'ONOFRIO, Commento al codice di procedura civile, II, Torino,
1957, p. 134; BUSNELLI, Della tutela giurisdizionale dei diritti2, in Comm. del codice civile, VI, 4,
Torino, 1980, p. 338; DINI, L'espropriazione presso terzi, Milano, 1983, p. 311; BONSIGNORI, Effetti
della vendita forzata e dell'assegnazione, in Commentario Schlesinger, Milano, 1988, p. 244;
MAZZAMUTO, L'esecuzione forzata, in Tratt. dir. priv. Rescigno, 20, II, (rist.), Torino, 1990, p. 187
ss., spec. pp. 248-249; BALENA, op. cit., p. 139; TEDOLDI, voce Vendita e assegnazione forzata, in
Digesto IV ed. Disc. priv., Sez. civ., XIX, Torino, 1999, p. 653 ss., spec. p. 676; CAPPONI, Manuale
di diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2012, p. 331; MAJORANO, op. cit., p. 240. Ma vedi voci
dissenzienti in SATTA, L'esecuzione forzata, Torino, 1963, p. 212; ZANZUCCHI, Diritto processuale
civile, III, Milano, 1946, p. 197; REDENTI, Diritto processuale civile, III, 1954, pp. 250-252; TRAVI,
op. cit., p. 965.

(33) Cos gi sotto il vigore del codice di rito del 1865 GORLA, Assegnazione giudiziale di crediti,
Padova, 1933, p. 117 ss., 145, 159 e PUGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano,
1935, p. 424. Opinione poi confermata dopo l'entrata in vigore del codice del 1942: cfr. SATTA, op.
ult. cit., p. 213; ZANZUCCHI, op. cit., p. 198; SPARANO, op. cit., p. 198; DE STEFANO, op. cit., p. 281;
BUSNELLI, op. cit., pp. 340-341.

(34) Cfr. GORLA, op. cit., 69; COLESANTI, Limiti di efficacia della dichiarazione del terzo pignorato,
in Riv. dir. proc., 1960, p. 483 ss., spec. p. 492, p. 497; RIGOSI, Spunti critici sulla natura e sul
regime dell'ordinanza di assegnazione del credito, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1984, p. 298 ss.,
spec. p. 302; BONSIGNORI, Effetti della vendita forzata e dell'assegnazione, in Commentario
Schlesinger, Milano, 1988, pp. 256-257; LUISO, op. cit., p. 85; MONTELEONE, op. cit., pp. 4-5.

(35) Si ricordi, tuttavia, in dottrina l'importante voce distonica di ORIANI, L'opposizione agli atti
esecutivi, Napoli, 1987, pp. 335-336, nel senso di una generale stabilit dell'ordinanza di
assegnazione. In giurisprudenza si ricorda la decisa presa di posizione dell'adunanza plenaria del
Consiglio di Stato (con provvedimento del 10 aprile 2012, n. 2, in Guida al dir., 2012, fasc. 18, p.
55), in cui si legge: " L'ordinanza di assegnazione del credito resa ai sensi dell'art. 553 c.p.c.,
nell'ambito di un processo di espropriazione presso terzi, emessa nei confronti di una p.a. o soggetto
ad essa equiparato ai sensi del c. proc. amm., avendo portata decisoria (dell'esistenza e ammontare
del credito e della sua spettanza al creditore esecutante) e attitudine al giudicato, una volta divenuta
definitiva, per decorso dei termini di impugnazione, suscettibile di esecuzione mediante giudizio
di ottemperanza ". A tale provvedimento si poteva obiettare che, se lo scopo era quello di attribuire
efficacia esecutiva all'ordinanza di assegnazione del credito, cosa che poteva essere dubbia prima
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

della riforma del 2012 di cui parleremo tra breve, esso poteva realizzarsi anche senza mettere in
campo la nozione di giudicato.

(36) LUISO, op. cit., pp. 86-87; MONTELEONE, op. cit., p. 6.

(37) BRIGUGLIO, Note brevissime sull'" onere di contestazione " per il terzo pignorato (nuovo art.
548 c.p.c.), in Riv. esecuzione forzata, 2013, p. 30 ss. Anche BORGHESI, op. cit., pp. 416-417,
afferma che nel caso in cui la specificazione del credito sia avvenuta per la mancata contestazione
da parte del terzo spetti a questi l'onere di provare l'insussistenza del suo debito, ma non nell'ambito
di un'opposizione all'esecuzione contro di lui intentata dal creditore assegnatario, rimedio precluso,
bens solo nell'ambito di una successiva azione di ripetizione dell'indebito (principio del solve et
repete). Fortemente pregiudizievole per il terzo la posizione di TOTA, op. cit., p. 689 ss., che
conclude per l'incostituzionalit del meccanismo della non contestazione. Ma francamente
l'interpretazione secondo la quale qui emergerebbe una preclusione di ogni difesa per il terzo non
per nulla necessitata.

(38) RUSSO, op. cit., p. 652 ss., invece, afferma che l'ordinanza pronunciata dal giudice
dell'esecuzione avrebbe, in mancanza della proposizione avverso di essa dell'opposizione agli atti,
efficacia di cosa giudicata. Ma in tal modo, evidentemente, si stravolge la funzione del processo
esecutivo, che sta nel realizzare crediti e non nell'accertare situazioni giuridiche soggettive. Negli
incidenti cognitivi in parola sono in gioco solo l'individuazione e l'espropriabilit del bene-credito.

(39) Ed ancor meno, si ripete ancora, dall'ordinanza del giudice dell'esecuzione di cui all'art. 549
c.p.c.

(40) Tornando alla posizione assunta da BORGHESI, op. cit., pp. 416-417, non vedo francamente
come un simile mezzo di specificazione del credito possa determinare una preclusione alla
successiva opposizione all'esecuzione. Se il concetto di preclusione spiega solo la perdita di un
potere all'interno di un dato processo, l'impedimento al terzo di contestare il suo debito potrebbe
derivare solo dalla cosa giudicata, effetto che, ove vi fosse, avrebbe la sua incidenza impediente sia
in sede di opposizione all'esecuzione sia nell'ambito di una successiva azione di ripetizione
dell'indebito. Ma qui, come evidente, non si produce alcun effetto di giudicato nell'ambito
dell'espropriazione del credito.

(41) In tal senso COLESANTI, Il terzo debitore nel pignoramento dei crediti, cit., p. 622.

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9) ESECUZIONE FORZATA, 2014, 4 (NOTA A SENTENZA)

Dichiarazione resa dal debitor debitoris a mezzo raccomandata e decorrenza del termine per
proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione

Rosaria Giordano

c.p.c. art. 176

c.p.c. art. 543

c.p.c. art. 547

c.p.c. art. 617

L. 24-02-2006, n. 52, art. 11

D.L. 12-09-2014, n. 132

Cass. civ. Sez. III Sentenza, 26 maggio 2014, n. 11642

Sommario: 1. La questione giuridica esaminata dalla S.C. - 2. La possibilit per il terzo pignorato di
rendere la dichiarazione a mezzo lettera raccomandata (e pec) - 3. Opposizione agli atti esecutivi
proposta dal debitor debitoris avverso l'ordinanza di assegnazione - 4. Decorrenza del termine per la
proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi: i principi generali applicabili - 5. Le motivazioni
poste a fondamento della decisione in commento - 6. Osservazioni conclusive.

1. La questione giuridica esaminata dalla S.C.

La decisione in epigrafe riveste interesse sul piano processuale poich mediante la stessa, per la
prima volta, la Corte di Cassazione si pronunciata in ordine al dies a quo rilevante ai fini della
decorrenza del termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi, su iniziativa del
debitor debitoris, avverso l'ordinanza di assegnazione pronunciata, in conformit all'assetto
novellato dalla l. 52/2006 , a seguito di dichiarazione resa dal terzo pignorato non all'udienza,
quanto mediante lettera raccomandata inviata al creditore procedente (1) .

In particolare, nella fattispecie esaminata dalla S.C., la sentenza impugnata aveva ritenuto
inammissibile l'opposizione ex art. 617 c.p.c. in quanto tardiva perch proposta dal terzo debitore
ventuno giorni dopo la pronuncia in udienza dell'ordinanza di assegnazione, udienza cui pure
l'opponente non aveva partecipato, sull'assunto della persistenza, in ogni caso, di un onere dello
stesso di informarsi circa l'esito della stessa ed in ordine all'eventuale pronuncia del provvedimento
di assegnazione.

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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto evidenziando che, nel sistema novellato, non
essendo tenuto il terzo pignorato a partecipare all'udienza indicata nell'atto di pignoramento,
potendo rendere la prescritta dichiarazione mediante lettera raccomandata (ovvero a mezzo pec),
laddove il medesimo non compaia all'udienza, soltanto dalla comunicazione allo stesso
dell'ordinanza di assegnazione decorrer il termine di venti giorni per la proposizione
dell'opposizione agli atti esecutivi.

Per meglio comprendere la portata della decisione in commento, appare opportuno ricordare
brevemente le modifiche realizzate dalla l. 52/2006 al sistema dell'espropriazione forzata presso
terzi, quanto alle modalit secondo le quali pu essere resa la dichiarazione del terzo, nonch
richiamare la giurisprudenza di legittimit sui limiti entro i quali il debitor debitoris pu contestare
l'ordinanza di assegnazione.

2. La possibilit per il terzo pignorato di rendere la dichiarazione a mezzo lettera raccomandata (e


pec)

Come noto, il procedimento di espropriazione presso terzi si caratterizza perch il pignoramento ha


ad oggetto beni o somme di denaro appartenenti al debitore esecutato che si trovano in possesso di
un terzo. Di conseguenza, il pignoramento viene notificato anche al debitor debitoris, che
chiamato a rendere una dichiarazione specificando di quali cose o di quali somme debitore o si
trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna al debitore esecutato (2) .

Nel sistema tradizionale, il terzo pignorato era tenuto in ogni caso, ossia a prescindere dalla natura
del credito del debitore oggetto di pignoramento, a rendere all'udienza indicata all'atto della notifica
del pignoramento la dichiarazione in ordine alla sussistenza del proprio debito nei confronti del
debitore esecutato.

Al fine di agevolare la posizione del terzo, evitando allo stesso inutili disagi, e di snellire le
procedure di espropriazione ex artt. 543 ss. c.p.c., la l. 52/2006 aveva inizialmente modificato l'art.
543, 1 co., n. 4, c.p.c. nel senso che la dichiarazione deve essere resa in udienza soltanto qualora il
pignoramento riguardi crediti di cui all'art. 545, 3 e 4 co., c.p.c., potendo negli altri casi la
dichiarazione essere comunicata entro dieci giorni al creditore procedente mediante lettera
raccomandata (nonch, come previsto dalla l. 228/2012 , attraverso posta elettronica certificata) (3) .

In sostanza, la dichiarazione in udienza restava obbligatoria soltanto qualora il pignoramento avesse


ad oggetto somme dovute dal terzo datore di lavoro al debitore a titolo di stipendio, salario o di altre
indennit dovute in ragione del rapporto di lavoro nonch a causa del licenziamento (4) .

Tra le molteplici questioni problematiche sollevate da tale riforma (5) , rilevanza fondamentale
assumeva quella concernente la permanente possibilit per il terzo di rendere la dichiarazione
all'udienza, anche laddove il pignoramento attenga a crediti diversi da quelli indicati dall'art. 545, 3
e 4 co., c.p.c. ovvero di partecipare all'udienza, anche nella prospettiva, ad esempio, di modificare
o integrare la dichiarazione (6) . Invero, la formulazione novellata dell'art. 543 c.p.c. non brillava per
chiarezza poich nella prima parte si continuava a richiedere la citazione del terzo e del debitore a
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo al fine di rendere la dichiarazione,
mentre nella seconda parte l'invito a comparire al debitor debitoris era circoscritto ai pignoramenti
riguardanti i crediti di cui all'art. 545, 3 e 4 co., c.p.c. (7) . In dottrina sono quindi derivate due
opposte interpretazioni dell'assetto normativo, poich secondo alcuni la dichiarazione, fatta
eccezione per i crediti derivanti da rapporti di lavoro, dovrebbe essere resa necessariamente
all'udienza con conseguente impossibilit del terzo di comparirvi (8) , mentre altri ritengono che
quella di rendere la dichiarazione in forma scritta sia stata soltanto una nuova facolt concessa al
terzo, libero, pertanto, di rendere la stessa anche in udienza (9) .

Significativa anche sotto quest'ultimo profilo la decisione in esame, la quale, in un importante


obiter dictum, ha evidenziato, risolvendo incidentalmente la questione nel senso gi auspicato da
autorevole dottrina (10) , che non resta preclusa al terzo, anche ove abbia la possibilit di rendere la
dichiarazione mediante lettera raccomandata o pec, di partecipare all'udienza, in tal modo
ponendosi in linea con la seconda e meno rigorosa prospettazione interpretativa.

Occorre tener presente, peraltro, che la soluzione potrebbe essere rivisitata a seguito delle
recentissime innovazioni apportate dal d.l. 12-9-2014, n. 132 , convertito nella l. 10-11-2014, n. 162
, il cui art. 19 ha modificato gli artt. 543, 547 e 548 c.p.c. nel senso di escludere in ogni caso, e
quindi anche per i crediti di cui all'art. 545, 3 e 4 co., c.p.c., la necessit per il terzo di rendere la
dichiarazione all'udienza, prevedendo espressamente la sola citazione del debitore e non anche del
terzo a comparire dinanzi al giudice dell'esecuzione.

3. Opposizione agli atti esecutivi proposta dal debitor debitoris avverso l'ordinanza di assegnazione

Nella pronuncia in esame, la Corte di Cassazione premette, prima di affrontare la questione


concernente la decorrenza del termine per la proposizione della stessa, la pacifica possibilit per il
terzo pignorato di proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione.

invero consolidato nella giurisprudenza di legittimit il principio secondo cui l'ordinanza di


assegnazione di un credito, costituendo l'atto conclusivo del procedimento di esecuzione forzata per
espropriazione di crediti, ha natura di atto esecutivo e, pertanto, essa va impugnata dal debitore
esecutato o dal terzo pignorato con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi (11) tutte le volte in
cui si facciano valere vizi riferibili ai singoli atti esecutivi o ad essa medesima (12) . stato a
riguardo chiarito che il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi l'unico esperibile avverso
l'ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c. , non solo quando si contestino vizi formali
suoi, o degli atti che l'hanno preceduta, ma pure quando si intenda confutare l'interpretazione che il
giudice dell'esecuzione ha dato alla dichiarazione del terzo, anche quanto alla entit ed alla
esigibilit del credito, di talch qualora il creditore assegnatario si avvalga, come titolo esecutivo
nei confronti del terzo assegnato, dell'ordinanza predetta, preclusa a quest'ultimo, assoggettato a
tale esecuzione, la deduzione, mediante l'opposizione di cui all'art. 615 c.p.c. , di quei medesimi
vizi della menzionata ordinanza che, nel procedimento di espropriazione presso terzi, abbia gi fatto
valere con opposizione agli atti esecutivi definitivamente respinta (13) .

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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

Peraltro, poich il terzo pignorato non si identifica con il soggetto passivo dell'esecuzione, non
essendo assoggettato alla stessa, ne deriva che non potr proporre opposizione avverso l'ordinanza
di assegnazione sotto alcuni dei possibili profili in cui questa pu essere articolata per evidente
carenza di interesse ad agire, ad esempio per dedurre l'impignorabilit del bene (14) .

4. Decorrenza del termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi: i principi generali
applicabili

Consideriamo a questo punto le questioni pi specificamente esaminate dalla decisione in


commento.

Quanto alla problematica della decorrenza del termine di venti giorni previsto dall'art. 617 c.p.c. , la
Corte di Cassazione, nella motivazione della pronuncia che si annota, ripercorre la propria
consolidata giurisprudenza in omaggio alla quale l'art. 617, 2 co., c.p.c. deve essere interpretato nel
senso di individuare come dies a quo per la decorrenza del termine di opposizione di venti giorni il
momento in cui l'esistenza di esso resa palese alle parti del processo esecutivo e, quindi, il
momento in cui l'interessato ha avuto legale conoscenza dell'atto, ovvero di un atto successivo che
necessariamente lo presuppone (15) .

Consegue a tale impostazione che per le ordinanze pronunciate fuori udienza, il termine per la
proposizione dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. decorre dalla comunicazione delle stesse a cura
della Cancelleria ovvero della parte interessata (16) .

Per converso, rispetto alle ordinanze pronunciate in udienza, come nella fattispecie processuale
esaminata dalla S.C. nella decisione in commento, opera il principio in forza del quale decorre
dall'udienza il termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi sia per le parti
effettivamente presenti all'udienza stessa, sia per le parti che, regolarmente evocate in giudizio, non
vi abbiano volontariamente partecipato (17) .

Il quesito sottoposto alla Corte di Cassazione atteneva, nel caso in esame, a ben vedere, proprio alla
persistenza del dovere del debitor debitoris, nel procedimento di espropriazione presso terzi, di
comparire all'udienza, anche nell'ipotesi in cui possa rendere la prescritta dichiarazione mediante
lettera raccomandata o a mezzo pec al creditore procedente, ovvero dell'insussistenza di tale dovere,
con conseguente decorrenza del termine per la proposizione dell'opposizione avverso l'ordinanza di
assegnazione pronunciata in udienza dal momento successivo della legale conoscenza della stessa.

5. Le motivazioni poste a fondamento della decisione in commento

La Corte di Cassazione, nell'accogliere il ricorso proposto dal terzo pignorato, esordisce aderendo a
quest'ultima impostazione interpretativa evidenziando che, nel sistema riformato, fatta eccezione
per il pignoramento avente ad oggetto crediti di cui all'art. 545, 2 e 3 co., c.p.c., la presenza del
terzo all'udienza, bench non certo impedita dalla legge non richiesta, di talch nessun addebito di
negligenza potrebbe essere mosso al terzo che, come nel caso in esame, avendo inviato la lettera

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raccomandata al creditore, abbia poi deciso di non presenziare all'udienza davanti al giudice
dell'esecuzione.

Sulla scorta di tale premessa, in modo assolutamente ragionevole rispetto alla stessa, la S.C. afferma
di non condividere la tesi del giudice a quo non potendosi assumere la decorrenza di un termine per
impugnare un provvedimento a carico di un soggetto se non dal momento nel quale lo stesso ne
abbia legale conoscenza.

La Corte disattende, sul punto, le due argomentazioni principali poste a fondamento dell'opposta
decisione di primo grado.

La S.C. rileva, innanzitutto, che ritenere onerato il terzo di un controllo continuo in ordine al
momento della pronuncia dell'ordinanza di assegnazione ai fini dell'eventuale impugnazione della
stessa contrasterebbe con le esigenze di semplificazione, anche a tutela del terzo pignorato, alla base
della riforma del 2006.

Sotto altro profilo, la Corte evidenzia che neppure ha pregio l'argomentazione, utilizzata dallo
stesso Tribunale di Macerata, per la quale si renderebbe incerto in tal guisa il momento nel quale si
"stabilizza" l'ordinanza di assegnazione, atteso che questo rischio poco concreto alla luce
dell'interesse del creditore ad una pronta definizione del procedimento e considerato che, in ogni
caso, tra le differenti esigenze in conflitto deve necessariamente prevalere quella della tutela del
diritto di difesa del terzo pignorato.

Sebbene non applicabile ratione temporis nella fattispecie processuale esaminata dalla S.C., la
stessa ha inoltre individuato un altro argomento di diritto positivo idoneo a suffragare il principio di
diritto affermato nell'art. 548, 3 co., c.p.c. nella formulazione risultante a seguito delle modifiche
apportate all'espropriazione presso terzi dalla l. 228/2012 e, quindi, dal d.l. 132/2014 (18) . Invero,
non superfluo ricordare, sul punto, in questa sede, che viene previsto, sempre in un'ottica di
semplificazione volta ad evitare inutili giudizi di accertamento dell'obbligo del terzo per il solo fatto
dell'omessa dichiarazione, che nell'ipotesi in cui, non inviata la dichiarazione al creditore
procedente il Giudice fissa un'udienza di comparizione del terzo e questi non compare o,
comparendo, rifiuta di rendere la dichiarazione, il credito pignorato nei termini indicati dal creditore
si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e seguir quindi la pronuncia del
provvedimento di assegnazione (19) .

In tale novellato sistema, tuttavia, l'ultimo comma dell'art. 548 c.p.c. precisa che il terzo pu
impugnare nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, 1 co., c.p.c. l'ordinanza di assegnazione di
crediti, se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarit della notificazione o
per caso fortuito o forza maggiore.

Questa disposizione costituisce, per la S.C., ulteriore argomentazione volta a dimostrare che in
generale il termine per la proposizione da parte del terzo pignorato dell'opposizione agli atti
esecutivi decorre dalla notificazione allo stesso del provvedimento di assegnazione.

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6. Osservazioni conclusive.

Riteniamo che la pronuncia in esame abbia affermato un principio condivisibile, in quanto la ratio
della riforma realizzata dalla l. 52/2006 e completata dal d.l. 132/2014 , nel non rendere pi
necessaria la dichiarazione del terzo in udienza, proprio quella di realizzare una semplificazione
del procedimento di espropriazione presso terzi, specie con riguardo alla posizione del terzo
pignorato resa nella prassi talvolta molto gravosa per l'onere di partecipare all'udienza.

Pertanto, non avrebbe senso consentire di adempiere all'obbligo di rendere la dichiarazione


mediante l'invio della stessa al creditore procedente a mezzo posta elettronica certificata o lettera
raccomandata per poi ritenere persistente il dovere processuale del terzo di presenziare all'udienza,
potendosi invero assumere soltanto in presenza di questo obbligo la decorrenza del termine per la
proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione pronunciata in
udienza dal momento in cui la stessa resa in applicazione del generale principio in virt del quale
un provvedimento pronunciato in udienza legalmente conosciuto dalle parti presenti alla stessa o
che, regolarmente evocate, erano tenute a comparirvi.

In mancanza di tale premessa, ossia in un assetto nel quale soltanto facoltativa la presenza del
debitor debitoris all'udienza, qualora lo stesso decida di non comparire, il termine per la
proposizione agli atti esecutivi non potr che decorrere, anche nell'ipotesi di ordinanza di
assegnazione pronunciata in udienza, dal momento in cui il terzo abbia legale conoscenza di tale
provvedimento, in accordo con un principio coerente, in omaggio al diritto di difesa, non soltanto
con la giurisprudenza sulla decorrenza del termine per proporre opposizione ex art. 617 c.p.c.
quanto con le generali regole sulla decorrenza del termine per impugnare qualsiasi provvedimento.

-----------------------
(1)
In arg., tra gli altri, ACONE, Conversione del pignoramento e pignoramento dei crediti, in
AA.VV., Il processo civile di riforma in riforma, Milano, 2006, 45 ss.; SALETTI, Le (ultime)
novit in tema di esecuzione forzata, RDPr, 2006, 194 ss.; RONCO, Commento agli artt. 543-547,
in Le recenti riforme del processo civile, Commentario diretto da Chiarloni, Bologna 2007, 847 ss.;
CORSINI, Commento all'art. 546, in Le recenti riforme del processo civile, Commentario diretto da
Chiarloni, cit., 857; BATTAGLIA, Commento agli artt. 543-546-547, in La riforma del processo
civile a cura di Cipriani-Monteleone, Padova, 2007, 302 ss.; SPACCAPELO, Pignoramento prezzo
terzi: perfezionamento della fattispecie e riflessi sul momento in cui il credito deve sussistere, in
questa Rivista, 2007, 560.
(2)
Il pignoramento prezzo terzi costituisce quindi una fattispecie complessa a formazione
progressiva i cui elementi costitutivi sono rappresentati non solo dall'ingiunzione al debitore di
astenersi da qualunque disposizione volta a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i
beni che si assoggettano all'espropriazione ed i frutti di essi ma, altres, dall'atto di pignoramento
rivolto al debitor debitoris mediante il quale lo stesso invitato a dichiarare, nelle forme di legge, di
quali cose o di quali somme debitore o si trova in possesso e dall'atto di collaborazione del terzo
tramite il quale lo stesso rende la prescritta dichiarazione (cfr. COLESANTI, Pignoramento prezzo
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terzi, Enc. dir., XXXIII, Milano, 1989, 843; VACCARELLA, Espropriazione presso terzi,
Digesto/civ., Torino, 1992, 950 ss.; CAPPONI, L'ingiunzione al debitore esecutato e l'attuazione del
pignoramento presso terzi, GC, 1988, I, 924; nonch DINI, L'espropriazione presso terzi, Milano,
1983; SPARANO, L'espropriazione forzata e i diritti di credito, Napoli, 1958).
(3)
Cfr. BOVE (-BALENA), Le riforme pi recenti del processo civile, Bari, 2006, 158 ss.
(4)
Considerato che, almeno in giurisprudenza, era tradizionalmente dominante la tesi per la quale il
pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona non con la sola
notificazione dell'atto di intimazione di cui all'art. 543 c.p.c. , ma con la dichiarazione positiva del
terzo o con l'accertamento giudiziale del credito di cui all'art. 549 c.p.c. ; ne consegue che il credito
pignorato pu essere individuato e determinato nel suo preciso ammontare in data anche di molto
successiva a quella della notificazione dell'atto, senza che lo si possa considerare sorto dopo il
pignoramento, poich l'indisponibilit delle somme dovute dal terzo pignorato al debitore e
l'inefficacia dei fatti estintivi si producono fin dalla data della notificazione, ai sensi dell'art. 543
c.p.c. (v., tra le molte, Cass., 9-3-2011, n. 5529, GC, 2013, 1226), si pone, nell'assetto attuale, la
questione se la fattispecie complessa possa perfezionarsi alla data dell'invio della raccomandata o
del messaggio di posta elettronica certificata contenente dichiarazione positiva del terzo ovvero al
momento della ricezione da parte del creditore procedente ovvero, ancora, sino alla data
dell'udienza (in arg. SPACCAPELO, Pignoramento prezzo terzi: perfezionamento della fattispecie e
riflessi sul momento in cui il credito deve sussistere, cit., 563). In quest'ultimo senso la posizione
di autorevole dottrina la quale ritiene che anche nel sistema attuale nell'ipotesi di sopravvenienza
del credito il pignoramento si specifichi nel suo oggetto con la dichiarazione in rapporto alla data
d'udienza, con conseguente onere a carico del terzo, in detta situazione, di inviare altra
raccomandata integrativa della precedente dichiarazione ovvero di comparire in udienza per
rettificare la portata di quella precedentemente inviata al creditore (CAPPONI, Manuale di diritto
dell'esecuzione civile, 2(a) ed., Torino, 2012, 147).
(5)
stato invero evidenziato che la possibilit per il terzo di rendere la dichiarazione mediante
lettera raccomandata indirizzata al creditore procedente determina una serie di questioni
interpretative di difficile soluzione, tra le quali la mancata garanzia circa la provenienza dal terzo
debitore o dal legale rappresentante dello stesso della lettera raccomandata, la circostanza che tale
missiva sia indirizzata al creditore e non al giudice sicch resta nella disponibilit del creditore la
scelta se avvalersene o meno, la coincidenza del termine di dieci giorni dalla notifica del
pignoramento per l'invio della raccomandata con il termine a comparire che potrebbe determinare
una ricezione della stessa da parte del creditore in un momento successivo all'udienza (cfr. ACONE,
Conversione del pignoramento e pignoramento dei crediti, cit., 46; PETRILLO, Commento all'art.
543, cit., 233 ss.; RONCO, Commento all'art. 543, cit., 853 ss.). Peraltro, proprio al fine di
attenuare la portata della prima problematica, la riforma di cui alla l. 228/2012 , che ha inciso su
molti profili del procedimento di espropriazione presso terzi (in arg., tra gli altri, BRIGUGLIO,
Note brevissime sull'onere di contestazione per il terzo pignorato (nuovo art. 548 c.p.c. ), in questa
Rivista, 2013, 30; MONTELEONE, Semplificazioni e complicazioni nell'espropriazione presso
terzi, ivi, 2013, 1; SALETTI, Le novit dell'espropriazione presso terzi, ivi, 2013, 8; STORTO,
Riforma natalizia del pignoramento presso terzi: le instabili conseguenze della stabilit, ivi, 2013,

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34; TOTA, Commentario del codice di procedura civile, VI, a cura di Comoglio-Consolo-Sassani-
Vaccarella, Torino, 2013, 716 ss.; TRAPUZZANO, L'espropriazione presso terzi: dichiarazione e
mancata comparizione, in giustiziacivile.com, 2014; VINCRE, Brevi osservazioni sulle novit
introdotte dalla l. 228/2012 nell'espropriazione presso terzi: la mancata dichiarazione del terzo ( art.
548 c.p.c. ) e la contestazione della dichiarazione ( art. 549 c.p.c. ), in questa Rivista, 2013, 53), ha
previsto che il creditore procedente debba indicare nell'atto di pignoramento il proprio indirizzo di
posta elettronica certificata al fine di consentire al terzo non onerato di comparire all'udienza di
inviare comunque una dichiarazione di provenienza certa mediante posta elettronica certificata
(possibile anche presso l'indirizzo pec del difensore del creditore).
(6)
Nonch, ad esempio, di dare conto della sopravvenuta insorgenza di un credito non ancora
esistente alla data della comunicazione (cos ACONE, Conversione del pignoramento e
pignoramento dei crediti, cit., 47, pur dubbioso sulla forzatura della norma che ne seguirebbe).
(7)
Cfr., tra gli altri, SPACCAPELO, Pignoramento prezzo terzi: perfezionamento della fattispecie e
riflessi sul momento in cui il credito deve sussistere, cit., 563.
(8)
In tal senso v., ad esempio, RONCO, Commento all'art. 543, cit., 847, nota 1.
(9)
Per questa posizione, tra gli altri, ACONE, Conversione del pignoramento e pignoramento dei
crediti, cit., 47.
(10)
Invero, rileva CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, 6(a) ed., Padova, 2008,
386, che il terzo pu partecipare all'udienza per prestare la dichiarazione che non abbia reso in
forma scritta sebbene sollecitato in questo senso.
(11)
Diversamente, l'ordinanza di assegnazione del credito, emessa dal giudice dell'esecuzione ai
sensi dell'art. 553 c.p.c. , per essere appellabile deve avere contenuto di sentenza e deve, cio, avere
definito e concluso questioni sulla esistenza del debito insorte a seguito di contestazione sulla
dichiarazione resa, e per la cui soluzione le parti non abbiano proposto istanza di istruzione della
causa, per il conseguente accertamento dell'obbligo del terzo in via incidentale (con sentenza dal
duplice contenuto processuale, tra creditore e terzo, sostanziale tra questi e il debitore esecutato:
Cass., 19-5-2009, n. 11563 ). Peraltro, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione,
nell'espropriazione forzata presso terzi, su istanza di assegnazione del creditore procedente qualifica
la dichiarazione resa dal terzo come positiva ed emette il relativo provvedimento di assegnazione
rappresenta un atto del processo esecutivo poich assunta nell'ambito dell'attivit esecutiva e non
di quella di accertamento del credito; ne consegue che detto provvedimento deve essere contestato
con l'opposizione agli atti esecutivi, allegando che la dichiarazione era in realt negativa e che,
dunque, mancava il presupposto per l'assegnazione (cfr. Cass., 22-2-2008, n. 4578 ).
(12)
Cos, tra le altre, Cass., 8-7-2007, n. 2745 . In tal senso in dottrina, per tutti, VACCARELLA,
Espropriazione presso terzi, cit., 966. Occorre comunque precisare che l'ordinanza di assegnazione
di crediti, attesa la sua natura e funzione, impugnabile con la opposizione agli atti esecutivi
esclusivamente per vizi suoi propri, ovvero degli atti pregressi, ove idonei a propagarsi a essa,
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mentre i fatti successivi alla sua pronuncia, che siano in grado di inficiare il credito in essa
riconosciuto vanno fatti valere esclusivamente con l'opposizione avverso quella specifica
esecuzione che fosse intentata dall'assegnatario in forza della medesima ordinanza, essa stessa
costituente titolo esecutivo ( Cass., 14-5-2013, n. 11566 ).
(13)
Cass., 20-11-2012, n. 20310 .
(14)
Cass., 23-2-2007, n. 4212; Cass., 21-1-2000 n. 687, FI, 2002, I, 528, con nota di GRIPPO, La
tutela del debitor debitoris nell'espropriazione presso terzi secondo gli attuali orientamenti della
Corte di cassazione.
(15)
Cfr. Cass., 13-5-2010, n. 11597, per la quale ai fini del decorso del termine perentorio di venti
giorni previsto dall'art. 617 c.p.c. per la proposizione dell'opposizione, valgono sia il principio per
cui il tempo del compimento dell'atto coincide con quello in cui l'esistenza di esso resa palese alle
parti del processo esecutivo, e quindi con il momento in cui l'interessato ha avuto legale conoscenza
dell'atto medesimo ovvero di un atto successivo che necessariamente lo presupponga, sia il
principio della piena validit della conoscenza di fatto dell'atto stesso in capo all'interessato; Cass.,
10-1-2008, n. 252 .
(16)
T. Bari, Sez. II, 11-4-2011, n. 1279, in www.giurisprudenzabarese.it. Sul punto, la S.C. ha
chiarito che ai fini della verifica della tempestivit della proposizione dell'opposizione agli atti
esecutivi avverso ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione fuori udienza, l'opponente non pu
limitarsi a allegare la data nella quale si perfezionata la comunicazione dell'ordinanza opposta,
essendo tenuto, a fronte di una eccezione, ancorch generica, di tardivit, a fornire la prova del
ricevimento della notificazione dell'atto che intenda impugnare nel dies a quo allegato, salvo che la
dimostrazione della tempestivit non emerga documentalmente dagli atti del procedimento ( Cass.,
16-2-2012, n. 2230 ).
(17)
V., tra le altre, Cass., 22-2-2006, n. 3950, per la quale il termine per proporre opposizione agli
atti esecutivi avverso i provvedimenti emessi dal giudice nell'udienza fissata ex art. 569 c.p.c. ,
qualora il debitore sia stato posto in condizione di comparire, decorre dalla data di essi e non da
quella di effettiva conoscenza, atteso che il debitore che ha ricevuto l'avviso di comparizione, pur
non avendo l'obbligo di comparire, ha tuttavia l'onere di essere presente onde svolgere tutte le
attivit idonee alla tutela delle proprie ragioni, dovendo altrimenti imputare a s stesso, secondo il
principio generale di cui all'art. 176 c.p.c. , ogni pregiudizievole conseguenza derivante dalla
mancata conoscenza dei provvedimenti adottati in udienza; nello stesso senso gi Cass., 27-1-1982,
n. 551, GC, 1982, I, 1586. Occorre tener presente che, in accordo con la giurisprudenza di
legittimit, ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della opposizione agli atti
esecutivi, sono da considerare provvedimenti emessi in udienza anche i provvedimenti del giudice
dell'esecuzione nei casi in cui, nel verbale di udienza, compare la modalit il giudice dispone con
separata ordinanza, in quanto essa - di per s - non indica l'avvenuta chiusura della udienza, e
conseguentemente la necessit di far acquisire alla parte conoscenza legale degli esiti di essa
mediante un biglietto di cancelleria, ma sta a significare che l'ordinanza verr pronunciata una volta
esaurita la trattazione delle cause ma prima della fine dell'udienza, determinando a carico della parte
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interessata a conoscere il contenuto dell'ordinanza solo un onere di attesa fino al termine della
udienza ( Cass., 8-4-2003, n. 5510 ).
(18)
In arg., tra gli altri, BRIGUGLIO, Note brevissime sull'onere di contestazione per il terzo
pignorato (nuovo art. 548 c.p.c. ), cit., 30; MONTELEONE, Semplificazioni e complicazioni
nell'espropriazione presso terzi, cit., 1; SALETTI, Le novit dell'espropriazione presso terzi, cit., 8;
STORTO, Riforma natalizia del pignoramento presso terzi: le instabili conseguenze della stabilit,
cit., 34.
(19)
Per entrambe le ipotesi, nevralgica questione problematica, che potrebbe anche suscitare dubbi
di legittimit costituzionale dell'art. 543 c.p.c. , per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost. , atteso
il difforme trattamento che ne deriverebbe per situazioni processuali simili, quella che attiene alla
mancata previsione della necessit che la citazione del terzo contenga un avvertimento allo stesso
sulle conseguenze della mancata comparizione (cfr. BRIGUGLIO, Note brevissime sull'onere di
contestazione per il terzo pignorato (nuovo art. 548 c.p.c. ), cit., 30; TRAPUZZANO,
L'espropriazione presso terzi: dichiarazione e mancata comparizione, cit.).

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10) CORRIERE GIUR., 2015, 3, 390 (COMMENTO ALLA NORMATIVA)

LE NOVIT IN MATERIA DI ESECUZIONE FORZATA NEL D.L. 132/2014

di Alberto Tedoldi

c.p.c. art. 492

c.p.c. art. 492-bis

c.p.c. art. 548

c.p.c. art. 549

D.L. 12-09-2014, n. 132

D.L. 24-06-2014, n. 90, art. 48

L'articolo illustra le novit, "a macchia di leopardo", in materia di esecuzione forzata, cio: 1) le
modalit di notifica dei titoli esecutivi stragiudiziali, consistenti in conciliazioni raggiunte in esito a
procedure di mediazione e in accordi transattivi a seguito di convenzione di negoziazione assistita
da avvocati; 2) il nuovo criterio di competenza e le novit procedurali nell'espropriazione dei
crediti; 3) il nuovo criterio di competenza e le novit procedurali nell'espropriazione di autoveicoli,
motoveicoli e rimorchi iscritti al P.R.A.; 4) l'onere di tempestiva iscrizione a ruolo delle
espropriazioni forzate a carico del creditore pignorante, a pena di inefficacia immediata del
pignoramento; 5) l'abrogazione de facto della vendita con incanto e la vendita mobiliare telematica
(art. 48 d.l. 90/2014); 6) la chiusura anticipata dell'espropriazione forzata per infruttuosit; 7) la
ricerca con modalit telematiche dei beni o dei crediti da pignorare e il susseguente pignoramento
d'ufficio (nonch l'estensione extravagante degli strumenti telematici di indagine patrimoniale e
finanziaria); 8) gli incentivi economici (quasi "provvigionali") agli ufficiali giudiziarii per la ricerca
di beni o crediti da pignorare e per il realizzo dei crediti pecuniarii; 9) lo "smaltimento" dei beni
mobili estranei all'esecuzione forzata per rilascio d'immobile; 10) l'impignorabilit dei crediti di
rappresentanze diplomatiche e consolari straniere.

Sommario: Decretazione d'urgenza in materia processuale - Entrata in vigore e regime transitorio -


Gli interessi "giudiziali", ai sensi del nuovo art. 1284, commi 4 e 5, c.c. - Modalit di notifica di
titoli esecutivi costituiti dalle conciliazioni raggiunte in sede di mediazione o dagli accordi
transattivi in esito a negoziazione assistita - Il nuovo criterio di competenza nell'espropriazione
forzata di crediti: questione di legittimit costituzionale per violazione del principio del giudice
naturale precostituito per legge (art. 25, comma 1, Cost.) - Le nuove forme dell'espropriazione
presso terzi - Nuovo criterio di competenza e forme speciali nell'espropriazione mobiliare di
autoveicoli, motoveicoli e rimorchi - Onere di tempestiva iscrizione a ruolo della procedura
esecutiva a carico del creditore pignorante, a pena d'inefficacia del pignoramento - Abrogazione de
facto della procedura di vendita forzata con incanto e modalit telematiche per le vendite mobiliari -
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

Chiusura anticipata dell'espropriazione forzata per infruttuosit - Ricerca con modalit telematiche
dei beni da pignorare - (segue) Il pignoramento d'ufficio susseguente al rinvenimento di beni o
crediti del debitore - (segue) Estensione dei poteri di indagine patrimoniale e finanziaria a
procedimenti non espropriativi ed extravaganti - Incentivi economici agli ufficiali giudiziari in
relazione al buon fine dell'espropriazione forzata - Monitoraggio delle procedure esecutive
individuali e concorsuali - Provvedimenti sui beni mobili estranei all'esecuzione forzata per rilascio
di immobile - Impignorabilit dei crediti delle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere

Decretazione d'urgenza in materia processuale

Il d.l. 132/2014(1) contiene, negli artt. da 18 a 20, alcune norme in materia di esecuzione forzata che
gi da qualche anno, con alcune varianti, facevano la navetta tra Parlamento e Ministero della
giustizia e che hanno trovato alfine collocazione in decreto d'urgenza, convertito con ampie
modificazioni dalla l. 10 novembre 2014, n.162 nel prescritto volger di sessanta giorni, con entrata
in vigore delle norme che verremo brevemente descrivendo dal trentesimo giorno successivo alla
vigenza della legge di conversione. Disposizione questa che nega ex se, come ognun vede, la
sussistenza dei presupposti "straordinari di necessit e d'urgenza" di cui all'art. 77 Cost., il quale ha
subto un'evidente mutazione genetica e funzionale nella costituzione materiale dei nostri giorni.

questa una prassi ormai invalsa anche nel settore della giustizia civile, per la quale ormai tutto
urgente se non urgentissimo, soprattutto al fine di "smaltire" e "rottamare" i fascicoli: riforme anche
importanti (ad es. e negli ultimi anni, quelle sulle impugnazioni civili del 2012 e sulla
reintroduzione della mediazione obbligatoria nel 2013) vengono gettate nell'agone parlamentare e in
pasto alla pubblica opinione con decreti legge seguiti, per tagliar corto, da un maxiemendamento
governativo e dalla questione di fiducia sulla conversione in legge. Il tutto condito da concessioni
ad personas, quali (in via puramente esemplificativa nello stesso d.l. 132/2014, conv. con
modificazioni dalla l. 162/2014) l'istituzione e il ripristino degli uffici dei giudici di pace di Ostia e
di Barra (quartiere di Napoli), in completa, inesplicata e inspiegabile controtendenza rispetto alla
revisione delle circoscrizioni giudiziarie faticosamente attuata nell'ultimo biennio (con d.lgs. nn.
155 e 156/2012 e successive modificazioni)(2).

Non pare che questo metodo legislativo, pur se divenuto consuetudine di governo (connotata da
riprovevole diuturnitas, ma certo non assistita da opinio iuris ac necessitatis), riesca conforme al
dettato dell'art. 77 Cost., almeno per chi creda ancora che la Carta fondamentale, sulla quale
poggiano le strutture dello Stato e, prima ancora, il patto sociale inter cives abbia un qualche valore:
invero, affermare che la legge di conversione sani in ogni caso i vizii del decreto significherebbe
attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle
competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie(3).

Entrata in vigore e regime transitorio

Quasi tutte le norme di cui diremo varranno per i procedimenti iniziati a far tempo dal trentesimo
giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 132/2014, in applicazione
non gi del principio tempus regit actum, bens del principio tempus regit processum(4): cio per i
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procedimenti avviati a partire dall'11 dicembre 2014 (essendo la l. di conversione n. 162/2014


entrata in vigore l'11 novembre 2014, giusta disposizione transitoria di vigenza di tale legge dal
giorno successivo a quello di pubblicazione sula G.U., Serie Ordinaria, n. 261 del 10 novembre
2014).

Se per il processo di cognizione l'inizio segnato dall'avvio della notificazione della citazione o dal
deposito del ricorso, a seconda della forma dell'atto introduttivo (cfr. l'art. 39, u.c., c.p.c.), per
l'esecuzione forzata occorre distinguere a seconda della natura del procedimento: l'espropriazione
forzata inizia indiscutibilmente con il pignoramento (art. 491 c.p.c.), mentre l'esecuzione in forma
specifica per rilascio di beni immobili prende convenzionalmente avvio con la notifica dell'avviso
di sloggio (art. 608, comma 1, c.p.c.); sul momento d'inizio delle altre forme d'esecuzione non mette
conto qui soffermarsi, non essendo coinvolte dalla novella in esame.

Per taluni effetti, nondimeno, le nuove norme sono destinate a influire anche su un atto prodromico
all'esecuzione qual il precetto: il precetto, infatti, deve contenere la dichiarazione di residenza o
l'elezione di domicilio della parte creditrice nel comune in cui ha sede il giudice competente per
l'esecuzione, determinato a norma degli artt. 26 e 26 bis c.p.c. (nel testo vigente dopo le modifiche
di cui infra diremo): in mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del
luogo in cui stato notificato e le notificazioni alla parte intimante si fanno presso la cancelleria del
giudice stesso.

Ora, ferma la sopravvenuta impossibilit di notificare le opposizioni a precetto in cancelleria


quando, pur in mancanza di dichiarazione di residenza o elezione di domicilio del creditore, nel
precetto sia indicato, come previsto, almeno l'indirizzo p.e.c. dell'intimante o del suo difensore (5)
(ora, anzi, parrebbe non pi neppure necessario indicarlo, giusta le modifiche apportate all'art. 125,
c. 1, secondo periodo, c.p.c. dall'art. 45 bis del d.l. 90/2014, conv. con modificazioni dalla l.
114/2014, che richiede soltanto il numero di fax, laddove di indirizzo p.e.c., risultante e consultabile
da pubblici registri, il difensore iscritto all'albo degli avvocati deve ormai essere dotato per legge e
per indeclinabili necessit del PCT, alias processo civile telematico), chiaro che il precetto dovr
contenere l'elezione di domicilio nel comune del giudice competente per l'espropriazione di
autoveicoli, motoveicoli e rimorchi e del giudice competente per l'espropriazione dei crediti, quali
indicati rispettivamente nei nuovi artt. 26, comma 2, e 26 bis c.p.c. con riferimento non pi (e salvo
che per la p.a. nell'espropriazione dei crediti) al luogo dove risiede il terzo debitore, ma al luogo in
cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Quid per i precetti notificati prima dell'entrata in vigore delle nuove norme e che contengano
l'elezione di domicilio nel comune del giudice competente ai sensi delle regole ante vigenti?
Crediamo che debba farsi applicazione, in tali casi, del principio di perpetuatio competentiae di cui
all'art. 5 c.p.c.: il comma 3 dell'art. 480 c.p.c. detta, invero, un criterio di competenza, che viene in
rilievo, in via sussidiaria e in luogo di quello di cui al comma 1 dell'art. 27 c.p.c. (secondo cui per
le cause di opposizione all'esecuzione forzata di cui agli artt. 615 e 619 competente il giudice del
luogo dell'esecuzione, salva la disposizione dell'art. 480, terzo comma), quando manchino la
dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio del creditore intimante nel comune del giudice
competente per l'esecuzione(6). Cos, exempli gratia il venir meno per ius superveniens della

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competenza del giudice del luogo di residenza del terzo debitor debitoris in favore del giudice del
luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore, ai sensi del nuovo art. 26 bis, comma 2,
c.p.c., non priver di effetti una dichiarazione di residenza o un'elezione di domicilio rispettose del
pregresso criterio di collegamento per l'espropriazione dei crediti e, dunque, impedir in apicibus il
venire in rilievo del criterio sussidiario di competenza di cui al comma 3 dell'art. 480 c.p.c., in
coincidenza con il luogo di notificazione del precetto, operante solo in mancanza di elezione di
domicilio.

Vero , purtuttavia, che una volta entrati in vigore i nuovi artt. 26, comma 2, e 26 bis c.p.c.,
interverr per le opposizioni all'esecuzione, prima o dopo l'inizio di questa, la competenza
funzionale del giudice del luogo dell'esecuzione, a norma dell'art. 27 c.p.c. che, per le
espropriazioni di autoveicoli e per quelle presso terzi (salvo il caso di p.a. debitrice esecutata), verr
a coincidere ora con il giudice del luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore
medesimo: cio, in definitiva e nella gran parte dei casi, con il luogo di notificazione del precetto,
rendendo alfine irrilevante, in subiectis executionibus, il criterio sussidiario di cui al comma 3
dell'art. 480 c.p.c., che finir per coincidere con il criterio principale di cui all'art. 27 c.p.c., dacch
luogo dell'espropriazione di autoveicoli o dei crediti rimarr pur sempre quello di residenza,
domicilio, dimora o sede, in cui il debitore ha presumibilmente ricevuto la notificazione del
precetto.

Gli interessi "giudiziali", ai sensi del nuovo art. 1284, commi 4 e 5, c.c.

Codeste norme, tutt'altro che "tacitiane" e dalla tecnica pi regolamentare che legislativa e, meno
ancora, codicistica (ch nel c.p.c. sono destinate a trovar collocazione, ancorch appaiano scritte
quasi a mo' di istruzioni per un apparecchio domestico), vengono fatte precedere da un articolo
17, posto nel medesimo capo V del d.l. 132/2014 (contenente Altre disposizioni per la tutela del
credito nonch per la semplificazione e l'accelerazione del processo di esecuzione forzata e delle
procedure concorsuali), rubricato Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti, il quale
detta la norma pi importante, nel campo per del processo di cognizione, non di quello esecutivo.

Parliamo dei nuovi due commi aggiunti in calce all'art. 1284 c.c. in base ai quali, se le parti non ne
hanno determinato la misura, da quando proposta domanda giudiziale o arbitrale il saggio degli
interessi legali pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento
nelle transazioni commerciali: talch gli interessi moratori sono pari al tasso di interesse applicato
dalla Banca centrale europea alle operazioni di rifinanziamento principali (c.d. "tasso di
riferimento"), comunicato ogni semestre e maggiorato di otto punti percentuali (artt. 5 e 2 d.lgs.
231/2002).

Quali che siano la natura (di valuta o di valore) e il titolo del credito pecuniario (contrattuale, da
contatto sociale od extracontrattuale), non appena venga proposta domanda giudiziale maturano
interessi a un saggio di gran lunga pi elevato rispetto a quello legale, oltre che ai rendimenti
normalmente reperibili sul mercato finanziario in questo torno di tempo (nel quale i tassi ufficiali
sono pressoch azzerati). Dal testo normativo non sembra neppure necessario formulare esplicita
richiesta di riconoscimento degli interessi al "saggio giudiziale", trattandosi di effetto automatico
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che discende dalla mera proposizione della domanda giudiziale di


pagamento/risarcimento/indennizzo, pecuniario ab origine o liquidato a seguito di aestimatio e
taxatio.

Pur apprezzandosi la volont di contrastare i ritardi nei pagamenti, costringendo i debitori a offerte
reali del dovuto (anzich puramente verbali, come quelle che si leggono nell'art. 91, comma 1,
seconda frase, c.p.c. ai fini delle spese di lite), potrebbero verificarsi pratiche speculative da parte di
chi, avendo una controparte "dalle tasche profonde" e non necessitando di un rapido incasso delle
somme, preferisca lasciar durare la causa il pi possibile, cos ricavandone un aggio tutt'altro che
disprezzabile, secondo l'insuperato brocardo del dum pendet rendet.

Ma sono pratiche elusive inevitabili a priori e ineliminabili da qualunque norma, quand'anche


scritta da Salomone o da Solone in persona: questa , probabilmente, una delle poche norme
potenzialmente utili che si rinvengono nel d.l. 132/2014, che non necessita oltretutto d'applicazione
e impegno particolari ad opera d'ormai esausti uffici giudiziari. La norma si applica ai procedimenti
di cognizione iniziati dall'11 dicembre 2014, cio promossi con citazione avviata alla notifica o con
ricorso depositato a decorrere da tale data.

Modalit di notifica di titoli esecutivi costituiti dalle conciliazioni raggiunte in sede di


mediazione o dagli accordi transattivi in esito a negoziazione assistita

Aggiungendo un periodo all'art. 12 d.lgs. 28/2010, si dettata la modalit di notifica del titolo
esecutivo, quando: i) consista in una conciliazione raggiunta all'esito di una procedura di
mediazione, ii) tutte le parti siano assistite da avvocati e iii) questi abbiano attestato e certificato la
conformit degli accordi alle norme imperative e all'ordine pubblico. La scrittura di conciliazione,
purch munita dei requisiti suddetti, va integralmente trascritta (recte, pi comodamente
fotoriprodotta) nel corpo del precetto: l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione,
deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale,
come avviene ad es. per cambiali e assegni a norma dell'art. 480, comma 2, c.p.c.

Va pur detto che la soluzione ora espressamente adottata discendeva gi dal carattere stragiudiziale
di codesto titolo esecutivo, neppure autenticato da pubblico ufficiale. Quando invece manchino gli
avvocati o le attestazioni richieste, la conciliazione conseguita in esito a procedura di mediazione
esiger l'exequatur del presidente del tribunale (previo accertamento della regolarit formale e del
rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico, ai sensi dello stesso art. 12, comma 1, d.lgs.
28/2010), con apposizione della formula esecutiva e rilascio di copie conformi da parte del
cancelliere (addetto alla volontaria giurisdizione) per la preventiva notifica al debitore, con o senza
il precetto, a norma degli artt. 475 ss. c.p.c.

Identiche modalit di notifica, quale titolo esecutivo stragiudiziale, vanno adottate per gli accordi
transattivi raggiunti all'esito di procedure di negoziazione assistita da avvocati, i quali debbono
certificare l'autografia delle parti e attestare la conformit degli accordi alle norme imperative e
all'ordine pubblico: le scritture che li consacrano acquistano in tal modo efficacia esecutiva e vanno

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integralmente trascritte nel precetto, con certificazione di conformit all'originale resa dall'ufficiale
giudiziario, a norma dell'art. 480, comma 2, c.p.c. (v. l'art. 5, c. 2 bis, d.l. 132/2014).

Il nuovo criterio di competenza nell'espropriazione forzata di crediti: questione di legittimit


costituzionale per violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge (art. 25,
comma 1, Cost.)

Il d.l. 132/2014, in esito alla conversione nella l. 162/2014, ha contemporaneamente sostituito il


comma 2 dell'art. 26 e introdotto un nuovo art. 26 bis c.p.c., rubricato Foro relativo
all'espropriazione forzata di crediti.

Competente per l'espropriazione dei crediti non sar pi il giudice del luogo di residenza del terzo
debitor debitoris bens, a norma del nuovo art. 26 bis, comma 2, c.p.c., il giudice del luogo di
residenza, domicilio, dimora o sede del debitore.

Si vuol consentire, in tal modo, la simultaneit del processo di espropriazione di crediti, a


prescindere dal luogo di residenza dei terzi pignorati i quali, peraltro e come vedremo, non avranno
pi alcuna necessit di comparire dinanzi al giudice dell'esecuzione a rendere la loro dichiarazione,
neppure quando si tratti di rapporti di lavoro ex art. 409 c.p.c., a ci potendo e dovendo provvedere
con raccomandata a.r. o, pi modernamente, tramite p.e.c.

La concentrazione presso unico foro dei procedimenti di espropriazione di crediti a carico di un


medesimo debitore rivolti nei confronti di pi terzi debitores debitoris consente, a un tempo, al
creditore di avvalersi di un unico titolo esecutivo e di predisporre un solo atto di pignoramento e di
contestuale citazione del debitore e dei terzi per plurime procedure espropriative unificate; anche il
debitore esecutato potr, dunque, concentrare le proprie istanze (ad es., di riduzione o di
conversione del pignoramento) o le opposizioni presso un unico giudice.

Qualche perplessit sulla scelta operata dal conditor sorge quando l'espropriazione presso terzi
riguardi beni mobili di propriet del debitore, ma detenuti dal debitor debitoris: prevedendo il
nuovo art. 26 bis, comma 2, c.p.c. indiscriminatamente la competenza del tribunale del luogo di
residenza, domicilio, dimora o sede del debitore anzich del terzo, pu avvenire che le cose mobili
di propriet del debitore, ma detenute e, perci, pignorate presso il terzo si trovino in un diverso
circondario e che, dunque, per l'asporto materiale di queste e per la vendita sia necessario delegare
l'ufficiale giudiziario e l'I.V.G. di altro circondario, con non pochi n lievi problemi di
coordinamento in mancanza di precise norme. Il conditor ha evidentemente pensato ai soli crediti
pecuniari, cio portable perch da adempiere al domicilio del creditore-debitore esecutato
(costituenti indubbiamente il pi frequente oggetto delle procedure di pignoramento presso terzi),
dimenticandosi per dei crediti (querable) attinenti alla consegna al debitore esecutato di cose
mobili detenute dal terzo, che s'adempiono usualmente al domicilio del terzo debitor debitoris,
secondo quanto prevede l'art. 1182 c.c. sul luogo di adempimento delle obbligazioni.

Perplessit ancor maggiori suscita la scelta sol che si pensi a quel che accade ove la dichiarazione
del terzo pignorato formi oggetto di contestazione e il giudice dell'esecuzione, su istanza del
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creditore pignorante, proceda ad accertare per le vie brevi e in forme sommarissime, ai soli fini
della procedura esecutiva e della successiva esecuzione dell'eventuale provvedimento di
assegnazione a carico del terzo, la sussistenza o meno del credito pignorato e la sua entit, a norma
dell'art. 549 c.p.c. (qual novellato con effetto dal 2013): il provvedimento di assegnazione che ne
scaturisce sar anche sprovvisto di efficacia di giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. (e identica
natura avr anche, a sommesso parer nostro, la sentenza emessa a seguito di successiva opposizione
agli atti esecutivi, secondo quel che prevede l'ultima parte dello stesso art. 549 c.p.c.), ma risulta del
tutto irragionevole che il terzo pignorato, debitor debitoris e mero ausiliario di giustizia(7), si veda
astretto ad affrontare questo procedimento sommarissimo o, ancor meno, la successiva opposizione
agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza di assegnazione del credito dinanzi al giudice
dell'esecuzione, cio di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore esecutato.

L'irragionevolezza ex art. 3 Cost. del nuovo criterio di competenza territoriale del giudice
dell'espropriazione dei crediti e, con questa, la violazione del principio di naturalit del giudice ex
art. 25 Cost. riescono evidenti: il terzo pignorato, che nulla ha da spartire con la vicenda debitoria
del proprio creditore, ma mero ausiliario di giustizia, quando la sua dichiarazione sia contestata,
pu trovarsi costretto ad affrontare un procedimento contenzioso dinanzi a un giudice diverso da
quello in cui abbia la propria residenza o il domicilio o la sede, anche quando si riducano a un
nonnulla indeterminato le forme di questo procedimento incidentale endoesecutivo, ed anzi con
esigenze di garantirgli l'effettivit del contraddittorio e del diritto di difesa ex artt. 24 e 111 Cost. in
modo ancor maggiore, proprio in ragione dell'assenza di forme processuali predeterminate, bens
affidate alla discrezionalit del giudice dell'esecuzione, che resta poi competente, sia pure in
persona di giudice fisicamente diverso (a norma dell'art. 186 bis disp.att. c.p.c.), anche per la
susseguente opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., cui l'art. 549 c.p.c. esplicitamente
rinvia.

Ed ancor meno si spiega la disparit di trattamento tra debitore privato e pubblica amministrazione,
cosa tutt'altro che infrequente oggid, considerati i ritardi cronici nei pagamenti dovuti dalla P.A.(8):
in via di eccezione al nuovo criterio per l'espropriazione dei crediti a carico di debitori privati e fatte
salve le disposizioni contenute in leggi speciali, la competenza continua a spettare al giudice del
luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del terzo pignorato.

nNel testo dell'art. 26 bis c.p.c. i criterii della residenza, del domicilio e della dimora, per le persone
fisiche, parrebbero equiparati e alternativi tra loro e andranno stabiliti con riferimento alle
definizioni dettate nell'art. 43 c.c.: il che quantomeno insolito e, diremmo, irragionevole per la
dimora, che nella norma sul foro generale delle persone fisiche (art. 18 c.p.c.) viene in rilievo
soltanto quando residenza e domicilio siano sconosciuti.

Per la sede degli enti varr quanto prevedono: l'art. 46 c.c. per le persone giuridiche (con riguardo
alla sede legale e a quella effettiva), le norme sulla sede delle societ, siano o meno dotate di
personalit giuridica (cfr., ad es., gli artt. 2328 n. 2, 2475 n. 2, 2518 n. 2, c.c.), e l'art. 19, u.c., c.p.c.
per gli enti diversi dalle societ, sprovvisti di personalit giuridica. Non essendo riprodotto il
criterio di collegamento con il luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un
rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda, di cui alla seconda frase

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del comma 1 dell'art. 19 c.p.c., quando debitore sia una persona giuridica, unico giudice
dell'esecuzione competente per l'espropriazione dei crediti sar quello della sede, legale o effettiva,
secondo i principii di cui all'art. 46 c.p.c.: pertanto, nei casi in cui la sede stabilita nell'atto
costitutivo o la sede risultante dal registro sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare
come sede della persona giuridica anche quest'ultima, concorrendo foro della sede legale e foro
della sede effettiva in posizione equipollente e a scelta di chi agisce.

Il nuovo criterio di competenza non pu interferire sulla giurisdizione internazionale: non detto,
infatti, che la residenza o il domicilio in Italia del debitore esecutato consentano di espropriare
dinanzi al giudice italiano un credito verso un terzo debitor debitoris domiciliato all'estero: ci
potr avvenire soltanto quando l'obbligazione verso il debitore esecutato sia sorta o debba essere
eseguita in Italia(9), ma stenteremmo comunque ad applicare al terzo domiciliato all'estero quei
meccanismi di non contestazione e di assegnazione sommaria del credito, ai soli fini della
procedura esecutiva ex artt. 548 e 549 c.p.c., che lo privano d'ogni effettiva tutela giurisdizionale,
tanto pi necessaria quand'egli non sia neppure domiciliato in Italia. Un'ordinanza di assegnazione
del credito emessa a carico del terzo debitor debitoris che si basi su non contestazione ex art. 548
c.p.c. o su incidente cognitivo sommarissimo e funzionale alla sola procedura esecutiva ex art. 549
c.p.c. non sarebbe, ci pare, in alcun modo idonea a essere eseguita nello Stato di domicilio del terzo,
alla stregua delle vigenti norme europee (v. ora il Reg. n. 1215/2012).

Il nuovo criterio di cui all'art. 26 bis, comma 2, c.p.c. appare, insomma, applicabile purch non solo
il debitore, ma anche il terzo sia residente o domiciliato o abbia sede in Italia (per la dimora delle
persone fisiche, come accennato, propenderemmo per un'applicazione puramente residuale, quando
residenza e domicilio risultino sconosciuti). Si crea in tal modo un'indesiderabile cesura tra regole
interne sulla competenza e regole sulla giurisdizione internazionale in materia esecutiva, che
usualmente si radica in base alla collocazione del bene o del credito oggetto di esecuzione(10).

Insomma, la scelta del luogo di residenza, domicilio o sede del debitore per l'espropriazione forzata
dei crediti sar anche, per alcuni aspetti, pi comoda per il creditore procedente, ma deroga al
principio di fondo, diremmo fenomenologico, che radica il foro dell'esecuzione nel luogo
geografico in cui si trova il diritto da espropriare e pregiudica gravemente il terzo pignorato,
irragionevolmente sottratto al suo giudice naturale, che non pu che coincidere con il suo luogo di
residenza o domicilio (per le persone fisiche) o sede (per gli enti): donde, diremmo, l'illegittimit
costituzionale del nuovo art. 26 bis c.p.c. per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost.

Le nuove forme dell'espropriazione presso terzi

Oltre al criterio di competenza territoriale di cui al nuovo art. 26 bis c.p.c., molteplici sono le novit
formali che attengono all'espropriazione presso terzi.

Proviamo a schematizzarle:

- l'atto di pignoramento non va notificato "personalmente" al terzo e al debitore, essendo stato


cancellato dal comma 1 dell'art. 543 c.p.c. il suddetto avverbio, che per vero non aveva mai destato
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gravi preoccupazioni, posto che la norma richiamava prima, come continua a richiamare ora,
l'intero plesso delle norme sulle notificazioni degli atti giudiziari, di cui agli artt. 137 ss. c.p.c., ivi
incluse le notifiche a mezzo posta e posta elettronica certificata ex artt. 149 e 149 bis c.p.c., ove
possibili e realizzate in modo conforme alle previsioni anche regolamentari. Non invece da
ritenere possibile, per ci solo, che l'atto di pignoramento presso terzi venga notificato dall'avvocato
del creditore pignorante, a norma della l. n. 53/1994(11): il pignoramento atto esecutivo riservato
esclusivamente agli organi statuali, segnatamente all'ufficiale giudiziario, e non pu provenire certo
dal difensore, sprovvisto di poteri esecutivi. Peraltro, i gravi effetti dell'omessa dichiarazione da
parte del terzo debitor debitoris suggeriscono grande cautela nel verificare la regolarit della
notificazione dell'atto di pignoramento soprattutto nei suoi confronti, ch egli rischia di trasformarsi
da mero ausiliario per ragioni di giustizia in "capro espiatorio" nella lite tra creditore e debitore, per
effetto di norme oltremodo sbrigative, per non dire "spicce", come gli artt. 548 e 549 c.p.c.(12).

- In quest'ottica di avvertimento al terzo delle gravi conseguenze alle quali va incontro ove non
renda la dichiarazione, n per iscritto n comparendo all'udienza, si muove il nuovo n. 4 dell'art.
543: l'atto di pignoramento presso terzi dovr contenere, inter alia et multa (ivi incluse le formule di
cui all'art. 492 c.p.c.), oltre alla citazione del debitore e del terzo a comparire davanti al giudice
competente (quello del luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore esecutato, ai sensi
del nuovo art. 26 bis c.p.c.), l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. al
creditore procedente entro dieci giorni, a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica
certificata e, soprattutto (questa la vera novit), l'avvertimento al terzo che in caso di mancata
comunicazione della dichiarazione, la stessa dovr essere resa dal terzo comparendo in un'apposita
udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il
credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini
indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e
dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione.

La mancanza di codesto caveat, che ha funzione analoga all'avvertimento di cui all'art. 163, n. 7,
c.p.c. rivolto nella citazione al convenuto in relazione alle decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.,
potr essere sanata con efficacia ex tunc: i) o per facta concludentia dalla dichiarazione trasmessa
dal terzo o ii) dalla sua comparizione all'udienza o, infine, iii) dalla rinnovazione dell'atto, alla
stregua di quanto prevede l'art. 164, commi 2 e 3 , c.p.c. per la sanatoria dei vizii attinenti alla
vocatio in ius, a tanto valendo, onde avvertire dei perniciosi effetti di cui ai menzionati artt. 548 e
549 c.p.c., l'invito rivolto al terzo debitor debitoris.

- Importante novit anche l'inciso che correla gli effetti della non contestazione di cui all'art. 548
c.p.c. al credito pignorato o al possesso di cose di appartenenza del debitore nell'ammontare o nei
termini indicati dal creditore, in coerenza e quasi a miglior chiarimento del contenuto dello stesso
art. 548 c.p.c., che considera il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, non contestato
ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. Il
che nuovamente e ulteriormente contrasta con il requisito dell'atto di pignoramento presso terzi di
cui al n. 2 dello stesso art. 543 c.p.c., che consente al creditore procedente di limitarsi a
un'indicazione anche solo generica delle cose o delle somme dovute dal debitor debitoris. Se ne
desume, ci pare, che gli effetti della non contestazione possano concretamente operare solo quando

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il creditore procedente indichi nell'atto di pignoramento presso terzi l'ammontare del credito
pignorato o il possesso di cose del debitore con un minimo di precisione, magari in via di ballon
d'essai. In presenza, invece, di un'indicazione puramente generica, la non contestazione ex art. 548
c.p.c. non potr operare e il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, dovr dar corso al
subprocedimento incidentale e "liofilizzato" di verifica dell'esistenza del credito pignorato (o delle
cose possedute dal terzo) ai soli fini della procedura esecutiva e dell'esecuzione dell'eventuale
ordinanza di assegnazione, a norma dell'art. 549 c.p.c.

La riscrittura del n. 4 dell'art. 543 c.p.c. pare, insomma, introdurre un minimo di prudenza in pi nel
trattamento del terzo debitor debitoris, esigendo che il creditore specifichi l'ammontare del credito
pignorato: magari con esercizio di fantasia creativa e a guisa di provocatio ad respondendum, ma
che almeno lo indichi non genericamente, com' ammesso dal n. 2 dello stesso art. 543 c.p.c.
Quando l'indicazione contenuta nell'atto di pignoramento sia solo generica, la non contestazione ex
art. 548 c.p.c. non potr operare e il giudice dell'esecuzione dovr in ogni caso procedere
all'accertamento meramente incidentale e funzionale alla singola esecuzione forzata, ai sensi del
successivo art. 549 c.p.c., con provvedimento soggetto al rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi
ex art. 617 c.p.c., da proporre (anche da parte del terzo) nel consueto termine di venti giorni dalla
sua comunicazione o notificazione (eventualmente in uno al precetto di pagamento: ma la forma
sar comunque quella del ricorso ex art. 617, c. 2, c.p.c., trattandosi di opposizione che pertiene
ancora alla pregressa espropriazione presso terzi, conclusasi con l'ordinanza di assegnazione del
credito pignorato).

- Il comma 4 dell'art. 543 c.p.c. affida ora al creditore procedente, e non pi all'ufficiale giudiziario
ex officio, l'impulso per la formazione del fascicolo dell'esecuzione: eseguita l'ultima notificazione,
l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di pignoramento presso
terzi; entro i successivi trenta giorni (essendo teoricamente pervenuta, medio tempore, la
dichiarazione scritta del terzo pignorato), a pena di estinzione della procedura e di cessazione degli
effetti del pignoramento, il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per
l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie (attestate conformi dal difensore del creditore
pignorante) dell'atto di pignoramento presso terzi, del titolo esecutivo e del precetto. Solo a quel
punto il cancelliere forma il fascicolo dell'esecuzione, attribuendo un numero di ruolo (R.G.E. in
acronimo).

La novit, che tocca anche le altre forme di espropriazione forzata (mobiliare e immobiliare),
intende evidentemente sgravare i compiti del personale giudiziario e alleggerire le cancellerie del
carico dei fascicoli, cartacei o telematici che siano. L'outsourcing (o degiurisdizionalizzazione che
dir si voglia(13)) dell'ormai irreparabile disservizio della giustizia civile prosegue "a macchia di
leopardo" (come se si potesse svuotar l'oceano servendosi di cucchiaini da caff).

- All'art. 543 c.p.c. viene aggiunto un quinto comma, essenzialmente per coordinare le forme del
pignoramento presso terzi con la procedura di ricerca e individuazione di eventuali crediti del
debitore esecutato di cui al nuovo art. 492 bis c.p.c., rubricato Ricerca con modalit telematiche
dei beni da pignorare, del quale infra diremo.

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La procedura, conviene accennare fin d'ora, appare un po' farraginosa.

Rivenuti crediti o cose del debitore in possesso di terzi merc indagini patrimoniali e finanziarie
telematiche, l'ufficiale giudiziario, trasformandosi da investigator in exactor senza soluzione di
continuit, notifica anche d'ufficio il verbale nel quale d atto di crediti o cose rinvenuti ex art. 492
bis, comma 5, c.p.c., contenente (ad instar dell'atto di pignoramento):

a) l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto; b) l'ingiunzione al
debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito per cui si procede
i beni o i crediti che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi; c) l'invito al debitore a
effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione
di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione,
con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilit presso la residenza dichiarata o
il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la
cancelleria dello stesso giudice; d) l'avvertimento che il debitore, ai sensi dell'art. 495 c.p.c., pu
chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all'importo dovuto al
creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese,
oltre che delle spese di esecuzione, sempre che, a pena di inammissibilit, sia da lui depositata in
cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione, la relativa istanza unitamente ad una
somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui stato eseguito il pignoramento e
dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti
effettuati di cui deve essere data prova documentale; e) l'intimazione al terzo di non disporre delle
cose o delle somme dovute, nei limiti di cui all'articolo 546 c.p.c. (id est per l'importo precettato,
aumentato della met).

- Il verbale notificato - che, in linea di continuit con l'indagine telematica, produce tutti gli effetti
del pignoramento - deve essere consegnato dall'ufficiale giudiziario al creditore richiedente in uno
al titolo esecutivo e al precetto.

- Il creditore dovr poi iscrivere a ruolo la procedura entro trenta giorni dalla consegna del verbale
notificato ut supra (ai sensi del novellato art. 543, comma 4, c.p.c.).

- Decorsi i consueti dieci giorni (ex art. 501 c.p.c.) ed entro novanta giorni (ex art. 497 c.c.) dal
compimento delle operazioni di pignoramento di cui al verbale suddetto, il creditore pignorante od
uno dei creditori intervenuti, purch muniti di titolo esecutivo, potranno chiedere l'assegnazione dei
crediti pignorati (oppure la vendita o l'assegnazione delle cose mobili in possesso del terzo).

- A seguito di tale istanza, il giudice fisser con decreto l'udienza per l'audizione del creditore e del
debitore: il decreto deve contenere l'invito e l'avvertimento al terzo di cui al n. 4 dell'art. 543 c.p.c.
(dianzi esaminato); in caso di mancata dichiarazione, opereranno gli effetti della non contestazione
ex art. 548 c.p.c..

- La dichiarazione del terzo avverr sempre tramite raccomandata con avviso di ricevimento o p.e.c.
all'indirizzo indicato dal creditore procedente nell'atto di pignoramento, anche quando riguardi
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rapporti di lavoro subordinato: per questi, dunque, non occorrer pi che il terzo datore di lavoro
compaia all'udienza a rendere in praesentia la dichiarazione. A ci conducono la riscrittura, con
lieve modificazione, dell'art. 547, comma 1, e l'abrogazione dell'art. 548, comma 1, c.p.c.

- La revisione del comma 2 dell'art. 548 c.p.c. conseguenza, pressoch integrale, della possibilit
per il terzo di rendere la dichiarazione solo per iscritto: quando all'udienza il creditore dichiara di
non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice con ordinanza fissa un'udienza successiva; l'ordinanza
notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza: se questi non compare alla
nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del
bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai
fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il
giudice provvede per l'assegnazione del credito pignorato o per la vendita delle cose mobili
detenute dal terzo, a norma degli artt. 552 e 553 c.p.c.

- Vi compare l'aggiunta, rispetto al testo precedente, del rifiuto del terzo a rendere la dichiarazione,
ancorch comparso: un rifiuto ch' equiparato alla mancata risposta, producendo i medesimi effetti
di non contestazione del credito pignorato. Tuttavia, ben difficile credere che il debitor debitoris
si scomodi a comparire all'udienza, per ivi poi rifiutarsi di rendere la dichiarazione, anzich (al pi)
venire per dichiarare di nulla dovere al debitore esecutato, per nessuna ragione e per nessun titolo.

Vale, per il resto, quanto gi si accennava: gli effetti della non contestazione del terzo s'avranno sol
quando il creditore, nell'atto di pignoramento, abbia indicato, in guise non meramente generiche e
indeterminate, l'ammontare del credito pignorato o le cose possedute dal terzo; quando ci non sia
avvenuto o la dichiarazione del terzo sia negativa o comunque contestata, non rester che dar corso
al subprocedimento di cui all'art. 549 c.p.c., con eventuale appendice pi propriamente di
cognizione (tale non , invero, quel che avviene ai sensi dell'articolo appena citato), a seguito di
opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento del giudice
dell'esecuzione sull'istanza di assegnazione o di vendita del credito pignorato o delle cose
appartenenti al debitore, ma possedute dal terzo.

Nuovo criterio di competenza e forme speciali nell'espropriazione mobiliare di autoveicoli,


motoveicoli e rimorchi

L'art. 26, comma 2, c.p.c., che in precedenza indicava il foro dell'espropriazione forzata di crediti
(fatto pi congruamente coincidere con quello di residenza o sede del terzo debitor debitoris),
stato sostituito con uno nuovo criterio di collegamento per l'espropriazione forzata di autoveicoli,
motoveicoli e rimorchi, individuato in coincidenza con il luogo in cui il debitore ha la residenza, il
domicilio o la dimora per le persone fisiche (con la dimora a valere in via residuale, soltanto
allorch residenza e domicilio risultino sconosciuti: v. supra) o la sede (legale o effettiva, a scelta
del creditore) per gli enti, anche sprovvisti di personalit giuridica (v. sempre supra, a proposito di
competenza territoriale nell'espropriazione di crediti).

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Con un nuovo art. 521 bis c.p.c. stata, inoltre, dettata una speciale modalit di espropriazione per
autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, in quanto muniti di targa e iscritti al P.R.A. (cio al pubblico
registro automobilistico, istituito con regio d.l. 436/1927).

Questi, sinteticamente, i presupposti e i passaggi procedurali:

a) deve trattarsi di motoveicoli, autoveicoli e rimorchi muniti di targa e, cos, obbligatoriamente


iscritti al P.R.A. e rientranti nelle definizioni di cui agli artt. 53, 54 e 56 cod. strada (d.lgs.
285/1992).

b) Notificato il precetto e decorsi i consueti dieci giorni dal perfezionarsi della notifica, occorre
chiedere all'ufficiale giudiziario del tribunale del luogo di residenza o domicilio o, in subordine,
dimora del debitore persona fisica o della sede, legale o effettiva, dell'ente intestatario
dell'autoveicolo, del motoveicolo o del rimorchio, di procedere al pignoramento mediante atto che,
nella prassi (v' da star certi), verr predisposto dal difensore del creditore procedente.

c) L'ufficiale giudiziario, prima che scadano i novanta giorni di efficacia del precetto ex art. 481
c.p.c. (non soggetti a sospensione feriale, trattandosi di atto stragiudiziale), dovr notificare al
debitore l'atto di pignoramento, indicando esattamente i beni e i diritti che vengono sottoposti a
esecuzione, con gli estremi richiesti dal regio d.l. 436/1927 sull'iscrizione al P.R.A.
(essenzialmente, intestatario e targa del veicolo, tratti da visure acquisite, eventualmente attraverso
indagini telematiche ai sensi del nuovo art. 492 bis c.p.c.: v. infra). Il pignoramento, oltre alla
formula consueta rivolta al debitore, all'avvertimento della possibilit di chiedere la conversione ex
art. 495 c.p.c. e all'invito a eleggere domicilio, secondo le prescrizioni tutte contenute
nell'interminabile e persin "maniacale" art. 492 c.p.c., deve contenere altres l'intimazione al
debitore a consegnare entro dieci giorni i beni pignorati, nonch i titoli e i documenti relativi alla
propriet e all'uso dei medesimi, all'istituto vendite giudiziarie (I.V.G., in acronimo) autorizzato a
operare nel territorio del circondario nel quale compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza,
il domicilio, la dimora o la sede.

d) Col pignoramento il debitore costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori,
comprese le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso; quando il veicolo venga preso in
consegna dall'I.V.G., sponte debitoris o coattivamente, l'istituto ne assume la custodia e ne d
immediata comunicazione al creditore pignorante, a mezzo p.e.c. (si possibile est).

e) L'atto di pignoramento, cos notificato, restituito dall'ufficiale giudiziario senza ritardo al


creditore pignorante, perch proceda alla trascrizione nei pubblici registri. Suole ritenersi che la
trascrizione del trasferimento della propriet del veicolo presso il P.R.A. costituisca una forma di
pubblicit notizia, finalizzata soltanto a dirimere conflitti tra pi acquirenti, e stabilisca, ai fini
della responsabilit derivante da fatti connessi alla circolazione stradale, una mera presunzione
semplice, contro la quale ammessa la prova contraria(14). L'art. 521 bis c.p.c., in linea con quanto
prevedono gli artt. 2683 ss. c.c. anche per gli autoveicoli iscritti al P.R.A. (merc il richiamo alla
norma fondamentale dettata nell'art. 2644 c.c. per le trascrizioni immobiliari), rende inopponibili al
creditore pignorante e ai creditori intervenuti nell'esecuzione i diritti acquistati da terzi, che siano
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stati trascritti dopo la trascrizione del pignoramento. Cos come avviene per il pignoramento
immobiliare (v. l'art. 555 c.p.c., di cui il nuovo art. 521 bis, comma 1, c.p.c. riprende testualmente la
lectio), il pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi fattispecie complessa, a formazione
progressiva(15), componendosi di un atto notificato al debitore, con il contenuto dianzi descritto, e
della "successiva trascrizione" al P.R.A. (quest'ultima anche dopo il decorso dei novanta giorni
dalla cessazione di efficacia del precetto), al fine di rendere opponibile a terzi il vincolo
pignoratizio, facendolo prevalere su qualsiasi atto non trascritto, ancorch anteriore al pignoramento
e munito di data certa ex art. 2704 c.c. La pubblicit del pignoramento al P.R.A. rende dunque
applicabile quoad effecta il regime di cui agli artt. 2912 ss. c.c., a valere per i beni mobili iscritti nei
pubblici registri, secondo cui non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e di quelli
intervenuti nell'esecuzione gli atti trascritti successivamente alla trascrizione del pignoramento (v.,
exempli gratia, l'art. 2914, n. 1, c.c.).

f) V' da attendersi che il debitore esecutato si guardi bene dal consegnare sua sponte all'I.V.G. il
veicolo pignorato, tantomeno entro i dieci giorni dalla notifica del pignoramento contenente
intimazione in tal senso: pertanto, gli organi di polizia (municipale, stradale, giudiziaria o doganale)
che accertino la circolazione dei veicoli pignorati (ad es., in occasione di violazioni delle norme
sulla circolazione o per sinistri stradali) procedono al ritiro della carta di circolazione nonch, ove
possibile, dei titoli e dei documenti relativi alla propriet e all'uso e consegnano il veicolo pignorato
all'I.V.G. autorizzato a operare nel circondario nel quale compreso il luogo in cui il bene
pignorato stato rinvenuto; l'I.V.G. ne assume la custodia e ne d immediata comunicazione al
creditore pignorante, possibilmente a mezzo p.e.c. Pu esservi qui uno iato tra tribunale competente
per l'esecuzione, che coincide ex art. 26, comma 2, c.p.c. (qual novellato) con il luogo di residenza,
domicilio, dimora o sede del debitore esecutato, e I.V.G. consegnatario del veicolo pignorato e
designato a occuparsi della vendita forzata, in forza di una sorta di delega ex lege delle inerenti
operazioni, concluse le quali il ricavato dovr essere evidentemente rimesso alla cancelleria del
tribunale competente per l'esecuzione, onde procedere con la fase distributiva.

g) Si noti che il termine (di trenta giorni in luogo dei quindici ora previsti per le altre espropriazioni
mobiliari presso il debitore) per l'iscrizione a ruolo della procedura esecutiva, a pena d'inefficacia
del pignoramento, prende corso dalla comunicazione di materiale apprensione del veicolo pignorato
da parte dell'I.V.G., non dalla consegna del verbale di pignoramento dall'ufficiale giudiziario al
creditore pignorante, come avviene per tutte le altre forme di espropriazione forzata (v. infra):
soltanto allora il creditore dovr depositare nella cancelleria del tribunale competente per
l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di
pignoramento (consegnatigli senza ritardo dall'ufficiale giudiziario, la conformit dei quali agli
originali attestata dall'avvocato del creditore: v. anche infra, nel successivo paragrafo): si vuole
insomma evitare di aprire e tenere aperto un fascicolo in cancelleria, fintanto che il veicolo
pignorato non venga materialmente appreso dall'organo che dovr occuparsi della sua vendita
forzata.

Vi qui, dunque, un'ulteriore peculiarit dell'espropriazione di veicoli iscritti al P.R.A., che par
derogare all'onere di chiedere la vendita o l'assegnazione forzata del bene pignorato entro novanta
giorni dal pignoramento, come prescrive l'art. 497 c.p.c.: se il procedimento non va neppure iscritto

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a ruolo finch l'I.V.G. non prenda materialmente in consegna il veicolo pignorato e non lo
comunichi al creditore pignorante, non sar possibile depositare l'istanza di vendita, la quale verr
evidentemente richiesta contestualmente all'iscrizione a ruolo della procedura e alla formazione del
fascicolo. Si deve, dunque, ritenere che l'atto di pignoramento di veicoli iscritti al P.R.A. contenga
gi, in certo senso, un'implicita istanza di vendita o di assegnazione e che l'art. 497 c.p.c. sul
termine di efficacia del pignoramento non s'applichi a tale forma speciale di espropriazione
mobiliare ex art. 521 bis c.p.c., a differenza di quel che avviene, invece, per il pignoramento
immobiliare(16) e a somiglianza semmai del pignoramento presso terzi, per il quale l'istanza di
assegnazione o di vendita dei beni mobili detenuti dai terzi o dei crediti pignorati formulata dal
creditore direttamente all'udienza dinanzi al giudice dell'esecuzione, a norma degli artt. 552 e 553
c.p.c., senza che possa applicarsi il termine di efficacia del pignoramento di cui all'art. 497 c.p.c.(17).

h) In mancanza di accertamenti di polizia in occasione di eventi legati alla circolazione del veicolo
pignorato, l'apprensione di questo dovr avvenire seguendo le forme dell'espropriazione mobiliare,
cio mediante accesso diretto dell'ufficiale giudiziario nel luogo in cui il veicolo presumibilmente si
trovi, per asportarlo con l'eventuale assistenza della forza pubblica, dell'IV.G. e di un trasportatore
autorizzato mediante carro attrezzi, secondo le norme sull'espropriazione mobiliare (artt. 513 ss.
c.p.c.), alla cui stregua avverranno anche la vendita o l'assegnazione forzata, giusta il generale
rinvio contenuto nell'ultimo comma dell'art. 521 bis c.p.c.

i) Restano salve la disciplina sul privilegio legale o convenzionale in caso di vendita di veicolo
iscritto al P.R.A. e la speciale forma di sequestro di cui al regio d.l. 436/1927, che d corso a una
forma sui generis di espropriazione forzata senza titolo esecutivo n pignoramento, sub specie di
escussione d'una di garanzia reale non possessoria(18).

Onere di tempestiva iscrizione a ruolo della procedura esecutiva a carico del creditore
pignorante, a pena d'inefficacia del pignoramento

In ciascuna forma di espropriazione forzata (mobiliare presso il debitore, presso terzi, immobiliare)
viene previsto che l'iscrizione a ruolo avvenga non gi in coincidenza con l'istanza di vendita o di
assegnazione del compendio pignorato, entro il consueto termine di novanta giorni di efficacia del
pignoramento ex art. 497 c.p.c. o, nell'espropriazione presso terzi, entro il giorno dell'udienza fissata
nella citazione di cui all'art. 543 c.p.c., bens immediatamente dopo la consegna dall'ufficiale
giudiziario al creditore procedente del verbale di pignoramento, con restituzione del titolo e del
precetto, affinch il creditore possa predisporre il fascicolo dell'esecuzione (formalmente ed ex lege
lo dovrebbe fare il cancelliere, ma ab immemorabili tempore quest'attivit affidata in autogestione
agli avvocati, recte a segretarie o praticanti di studio) con le copie conformi dei suddetti atti
(certificate tali dall'avvocato del creditore), la nota di iscrizione a ruolo, previo versamento,
s'intende, dell'immancabile contributo unificato.

A tanto adempiono i nuovi artt. 518, comma 6, 543, comma 4, 557 c.p.c., fissando i seguenti
termini perentorii, decorrenti dalla consegna degli atti suddetti (pignoramento, titolo esecutivo e
precetto) dall'ufficiale giudiziario al creditore pignorante e da osservare a pena d'inefficacia del
pignoramento (il termine nell'espropriazione di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi decorre per
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dalla comunicazione dell'I.V.G. di materiale apprensione del veicolo, a norma dell'art. 521 bis, c. 5,
c.p.c.: v. supra):

a) quindici giorni per l'espropriazione mobiliare presso il debitore (serbando l'ufficiale giudiziario
soltanto copia del verbale di pignoramento per il debitore, sino allo spirare dei novanta giorni ex art.
497 c.p.c.); b) trenta giorni per l'espropriazione presso terzi; c) quindici giorni per l'espropriazione
immobiliare.

Al di l del consueto e censurabile outsourcing del (dis)servizio giustizia, il creditore pignorante


dovr stabilire subito se dare o meno impulso alla procedura esecutiva: il che sar forse scontato per
l'espropriazione immobiliare (sempre che non siano sopravvenute trascrizioni pregiudizievoli nelle
more della trascrizione del pignoramento: ma il creditore non avr neppure il tempo per accertarlo,
ch la nota di trascrizione nei registri immobiliari gli verr presumibilmente restituita dopo lo
spirare dei quindici giorni dalla riconsegna del plico da parte dell'ufficiale giudiziario onde
procedere all'iscrizione a ruolo e, appunto, alla trascrizione del pignoramento immobiliare),
praticabile per l'espropriazione mobiliare (sempre che l'ufficiale giudiziario non abbia stimato i beni
in modo totalmente irrealistico, come avviene peraltro nella gran parte dei casi, salvo oggi il freno
costituito dall'incentivo economico di cui infra diremo), poco plausibile per l'espropriazione presso
terzi, nonostante l'elevazione del termine a trenta giorni (non sempre i terzi pignorati sono cos
diligenti da osservare il termine, certo non perentorio, di dieci giorni ex art. 547 c.p.c. per l'invio
delle loro dichiarazioni tramite raccomandata o p.e.c.)(19).

L'omessa o tardiva iscrizione a ruolo della procedura produrr, come detto, l'inefficacia del
pignoramento. L'art. 164 ter disp. att. c.p.c. si premura di disciplinare gli adempimenti successivi al
venir meno del vincolo: i) onerando il creditore a informare debitore ed eventuali terzi mediante
atto notificato loro (ove a tanto non provveda, il creditore rimarr esposto ad azione di risarcimento
dei danni ex art. 96, comma 2, c.p.c.); ii) esentando ipso iure debitore ed eventuali terzi dagli
obblighi derivanti dal vincolo pignoratizio; iii) prevedendo la cancellazione della trascrizione del
pignoramento (nei registri immobiliari o di beni mobili iscritti o al P.R.A., a seconda dei casi), non
solo quando vi sia l'ordine giudiziale, ma anche su richiesta del creditore pignorante, presentata ai
conservatori nelle forme prescritte dalla legge (di regola, una dichiarazione autenticata da pubblico
ufficiale).

Codeste norme, schiettamente procedurali, sono adorne d'una nuova veste, dalle fogge prettamente
regolamentari, sul contenuto della nota di iscrizione a ruolo (art. 159 bis disp.att. c.p.c.) e sulle
modalit telematiche di deposito di questa e delle copie di pignoramento, titolo esecutivo, precetto e
(nelle espropriazioni immobiliari e di veicoli iscritti nel P.R.A.) nota di trascrizione (art. 16 bis,
comma 2, ultime frasi, d.l. 179/2012 sulla c.d. "giustizia digitale": che, per vero, gli utenti digito
tangere non possunt o possono sempre meno e con sempre maggiori difficolt), con
certificazione di conformit delle copie agli originali resa dal difensore.

Salvo quella sulle modalit necessariamente telematiche di deposito della nota di iscrizione a ruolo
et adminicula (che divengono esclusive dal 15 marzo 2015), le altre disposizioni dianzi

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compendiate valgono per i pignoramenti eseguiti a partire dal trentesimo giorno successivo
all'entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 132/2014, cio dall'11 dicembre 2014.

Abrogazione de facto della procedura di vendita forzata con incanto e modalit telematiche
per le vendite mobiliari

La vendita forzata con incanto resta formalmente in vita, ma va definitivamente in soffitta.

Era gi stata da tempo invertito l'ordine tra vendita senza incanto e vendita con incanto, nonch
abolito il timing tra un'offerta e l'altra nelle aste giudiziarie mediante "candele vergini", adoprandosi
pi moderni cronometri per i proverbiali tre minuti: ora gli incanti, sia per beni mobili che per beni
immobili, astrattamente continuano a esistere nel c.p.c., ma concretamente scompariranno dalla
scena, per lasciare esclusivo posto ad altre procedure meno iniziatiche e misteriose (cos, per beni
immobili, quelle senza incanto, cio mediante offerte in busta chiusa e successiva gara tra plurimi
offerenti).

L'aggiunta di un secondo comma nell'art. 503, comma 2, c.p.c. per le vendite forzate mobiliari e la
modifica degli artt. 569, c. 3 (ultima frase), e 572, comma 3 (prima frase), c.p.c. adempiono a tale
scopo, l dove esigono che il g.e. dia corso alla procedura con incanto, solo quando ritiene
probabile che la vendita con tale modalit abbia luogo ad un prezzo superiore della met rispetto al
valore del bene, determinato mediante stima di esperto previamente nominato dal g.e. medesimo a
norma dell'art. 568 c.p.c. (anche per i beni mobili): cio praticamente mai, non avventurandosi certo
il g.e. a ipotizzare una vendita del bene pignorato a un prezzo, a dir poco, stupefacente, specie
nell'odierna temperie di crisi economica.

L'abolizione de facto, ancorch non de iure, della procedura di vendita con incanto trarr seco
l'ovvia inapplicabilit di tutte le norme che presuppongono la procedura con incanto: prima fra tutte,
in via esemplificativa, l'offerta in aumento di quinto (gi di sesto) di cui all'art. 584 c.p.c., al quale
potr darsi illacrimata sepoltura.

Nelle espropriazioni immobiliari non occorrer pi neppure che il g.e., con l'ordinanza di vendita,
fissi la data del successivo incanto. La modifica testuale all'art. 569, comma 3 (ultima frase), c.p.c.
volge in tal senso: andata deserta la prima procedura senza incanto, si torner dal g.e. perch
disponga una nuova vendita (e, assai raramente, l'amministrazione giudiziaria del bene immobile),
sempre senza incanto e con eventuale ribasso del prezzo (cfr. l'art. 591 c.p.c.).

Il nuovo art. 572, comma 3, c.p.c. consente, sempre de facto, di aggiudicare il bene immobile quale
che sia il prezzo offerto, l dove prevede che se l'offerta inferiore al valore stimato dell'immobile,
aumentato di un quinto, il giudice non possa dar corso alla vendita, quando ritiene probabile che la
vendita con il sistema dell'incanto possa aver luogo a un prezzo superiore della met rispetto al
valore periziato del bene. Pare evidente che il g.e. non s'azzardi certo a disporre l'incanto:
aggiudicher al migliore offerente, quand'anche unico, purch rispetti almeno il prezzo base d'asta,
senza che neppure il creditore procedente possa elevar motto dissenziente (come poteva avvenire
sinora, per vero pi in teoria che nella pratica).
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A questa stregua, il frenetico legislatore del nostro tempo avrebbe fatto meglio ad abolire del tutto
la vendita con le forme dell'incanto, anzich dettare previsioni destinate a condurre alla scontata
disapplicazione de facto dell'istituto, che non staremo certo a rimpiangere.

Per beni mobili la procedura di vendita telematica, da facoltativa ed eccezionale che era (v. l'art.
530, comma 6, c.p.c., aggiunto con d.l. 193/2009), diviene ora obbligatoria e normale, dacch il
nuovo testo dell'art. 530, comma 6, c.p.c., introdotto con d.l. 90/2014 in luogo di quello dettato nel
2009 e vigente per le vendite mobiliari disposte a partire dal 18 settembre 2014 (trentesimo giorno
successivo all'entrata in vigore della legge di conversione 114/2014, entrata in vigore il giorno
successivo alal pubblicazione in G.U., serie ordinaria, n. 190 del 18 agosto 2014), cos recita: "Il
giudice dell'esecuzione stabilisce che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo
svolgimento della gara tra gli offerenti, ai sensi dell'articolo 532, nonch il pagamento del prezzo,
siano effettuati con modalit telematiche, salvo che le stesse siano pregiudizievoli per gli interessi
dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura".

Chiusura anticipata dell'espropriazione forzata per infruttuosit

In base al nuovo art. 164 bis disp.att. c.p.c., quando risulta che non pi possibile conseguire un
ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la
prosecuzione della procedura, delle probabilit di liquidazione del bene e del presumibile valore di
realizzo, disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.

La norma applicabile anche alle procedure pendenti, come dispone l'art. 19, comma 6 bis, d.l.
132/2014, in esito alla conversione nella l. 162/2014.

Si tratta, evidentemente, di un provvedimento discrezionale del g.e., da assumere previa attenta e


prudente verifica che ricorrano i presupposti indicati(20). Qualora sussistano, il provvedimento
implicher l'estinzione della procedura (ovviamente prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione)
e conterr i susseguenti ordini di cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare e la
liquidazione delle spese dei creditori, ove richiesta, e dei compensi del custode e del professionista
delegato alla vendita, a mente dell'art. 632 c.p.c.

Anche se il testo muto, proprio in ragione della vaghezza dei presupposti da ritenere che:

a) sia indispensabile la fissazione di un'apposita udienza, per sentire i creditori e il debitore (che
difficilmente avr qualcosa da opporre) sulla possibilit di chiusura anticipata della procedura; b) il
provvedimento, che costituisce una forma di estinzione "atipica", sia impugnabile con opposizione
agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., entro venti giorni dalla sua comunicazione o notificazione,
trattandosi di fattispecie sui generis di estinzione anticipata del processo esecutivo, non
riconducibile all'ipotesi di estinzione per inattivit, per la quale invece prevista la speciale forma
impugnatoria del reclamo al collegio ex art. 630, u.c., c.p.c., inapplicabile al di fuori dell'ipotesi ivi
disciplinata;

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c) all'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. siano legittimati anche i creditori sprovvisti di
titolo esecutivo (e, nondimeno, ammessi a intervenire negli eccezionali casi di cui all'art. 499,
comma 1, c.p.c.). Non si tratta, invero, di contrastare un provvedimento inerente all'azione
espropriativa, bens di tutelare l'azione satisfattiva e il concorso dei creditori sui beni pignorati, che
fanno parte del patrimonio del debitore e garantiscono l'adempimento delle obbligazioni ex art.
2740 c.c.: la chiusura anticipata per infruttuosit dell'espropriazione pregiudica comunque tutti i
creditori che partecipano legittimamente alla procedura, abbiano o meno un titolo esecutivo.

Ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare

Le modifiche all'art. 492 c.p.c. e il nuovo art. 492 bis c.p.c., in uno agli incentivi economici agli
ufficiali giudiziarii di cui infra diremo, intendono favorire l'individuazione di beni mobili e crediti
del debitore utilmente aggredibili mediante espropriazione forzata, prima che questa inizi, a
differenza di quell'attivit d'indagine patrimoniale e finanziaria, che poteva essere svolta
dall'ufficiale giudiziario, su istanza del creditore procedente, soltanto a seguito di infruttuosa
esecuzione del pignoramento, cio quando non individuava beni utilmente pignorabili oppure le
cose e i crediti pignorati o indicati dal debitore apparivano insufficienti a soddisfare il creditore
procedente e i creditori intervenuti, giusta quanto previsto nell'abrogato comma 7 dell'art. 492 c.p.c.
e dall'inciso contenuto nel comma 8 del medesimo articolo, parimenti cancellato.

Il contenuto del precedente comma 7 art. cit. , per lo pi, trasferito nel nuovo art. 492 bis c.p.c.:
inavvertitamente si cancellato, per, anche l'ultimo periodo del comma 7, che contiene la regola
generale in materia di espropriazione forzata, per cui l'ufficiale giudiziario ha facolt di richiedere
l'assistenza della forza pubblica, ove da lui ritenuto necessario; la norma bens ripetuta in molti
altri articoli (ad es., nell'art. 513, comma 2, c.p.c. per il pignoramento mobiliare), n si pu dubitare
che l'ufficiale giudiziario, "spada" della giustizia, abbia comunque tale facolt, quando ne ravvisi
l'occorrenza(21).

Per altro verso, eliminato il presupposto dell'infruttuosit del pignoramento, tanto valeva trasferire il
comma 8 dell'art. 492 (sull'ispezione tramite commercialista delle scritture contabili di debitore che
sia imprenditore commerciale) nel nuovo art. 492 bis c.p.c., tenendo in tal modo sistematicamente
distinte le norme sui requisiti generali di forma-contenuto del pignoramento dalle attivit di
indagine patrimoniale e finanziaria sul debitore, che oltretutto ora, svincolata dal previo avvio
dell'azione esecutiva mediante richiesta di pignoramento, dovrebbe a rigore precedere, anzich
seguire, l'art. 492 c.p.c. Ma tant': far assegnazione sul metodo sistematico del conditor legis
ormai vana e fallace speranza.

In pi, avendo sganciato i poteri d'indagine dell'ufficiale giudiziario dall'infruttuosit o dalla


prognosi di lunga durata della liquidazione del compendio pignorato, vi il problema di coordinarli
con la successiva apposizione, anche d'ufficio, dei vincoli pignoratizi su beni e crediti rinvenuti:
vincoli che evidentemente presuppongono, in ogni caso, la previa notificazione al debitore del titolo
esecutivo e del precetto, quali consueti e generali atti prodromici a qualsivoglia esecuzione forzata
giusta l'art. 479 c.p.c., nonch la richiesta di pignoramento entro il termine di efficacia del precetto
(come noto, novanta giorni dalla notifica ex art. 481 c.p.c., non soggetti a sospensione feriale,
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trattandosi di atto stragiudiziale), decorso altres il termine dilatorio di dieci giorni, salvo esenzione
da questo ex art. 482 c.p.c. Tanto l'art. 492, comma 8, quanto il nuovo art. 492 bis c.p.c. continuano
a esigere l'istanza del "creditore procedente", che tale non fintanto che non abbia chiesto
all'ufficiale giudiziario l'avvio dell'azione esecutiva o, quantomeno, delle indagini patrimoniali e
finanziarie a questa funzionali, previa notificazione al debitore del titolo esecutivo e del precetto, i
quali andranno pretesi more solito, pena l'irricevibilit dell'istanza di autorizzazione alle indagini
rivolta al presidente del tribunale, ai sensi del nuovo art. 492 bis c.p.c.

Quando poi l'esecutoriet del titolo venga sospesa, le indagini dovranno interrompersi subito dopo e
il creditore procedente che non ne chieda l'immediata cessazione risponder per danni.

L'autorizzazione presidenziale al creditore procedente avr forma di decreto non autonomamente


impugnabile n, per ovvie ragioni, altrimenti noto al debitore prima che riceva conoscenza legale
del susseguente pignoramento, di cui il decreto autorizzativo diverr parte integrante: eventuali vizi
di questo e delle susseguenti attivit d'indagine dell'ufficiale giudiziario (o dell'avvocato del
creditore, giusta il pernicioso art. 155 quinquies disp.att. c.p.c., di cui infra diremo), per carenza di
presupposti o inosservanza di forme, andranno fatti valere mediante opposizione agli atti esecutivi
ex art. 617 c.p.c. contro il pignoramento, entro il termine perentorio di venti giorni. Restano
ovviamente salve le eventuali tutele previste dal codice della privacy (d.lgs. 196/2003), ove ne siano
state violate le norme, nonch quelle in sede penale nei casi pi gravi.

Il nuovo art. 492 bis c.p.c., ordunque. Si tratta, ben vero, della novit forse pi utile tra quelle
contenute nel d.l. 132/2014, accanto alla previsione degli interessi giudiziali introdotta con i nuovi
due ultimi commi dell'art. 1284 c.c., ai quali gi si accennato. Con essa si vorrebbe ottativamente
fare dell'ufficiale giudiziario - che pur resta pubblico impiegato (senza che si sia mai inteso dar
corso a quella "privatizzazione professionale" del ruolo da molti anni auspicata, sul modello
francese, ma sempre accantonata(22)) - implacabile longa manus e strumento d'indagine del
creditore, onde rinvenire beni e crediti del debitore con quei penetranti mezzi telematici a
disposizione dell'Agenzia delle entrate, soprattutto attraverso il software dell'Anagrafe dei Rapporti
Finanziari, introdotto per la lotta all'evasione fiscale mediante il controllo su saldi e movimentazioni
nei rapporti bancari e finanziari d'ogni genere e specie, che ha comportato il de profundis per il
segreto bancario.

Non certo agevole compendiare il contenuto dei poteri di ricerca dei beni da pignorare, dispersi
come sono tra le tutt'altro che sintetiche previsioni dettate nell'art. 492 bis c.p.c. e nei nuovi artt. 155
bis ss. disp. att. c.p.c., in un viluppo faticosamente districabile.

Provandoci a reperire un filo di Arianna, pare potersi ricostruire quel che segue:

- prima di dare abbrivio all'azione esecutiva con il pignoramento, ma dopo la notifica del precetto e
del titolo esecutivo, come dicevamo supra - salvo che non abbia ottenuto l'esenzione dal termine
dilatorio di dieci giorni ex art. 482 c.p.c., formulando motivata istanza, che ben potrebbe essere
contestuale a quella di cui al nuovo art. 492 bis c.p.c., essendo entrambe rivolte al presidente del
tribunale, salvo che non sussistano (ma sar ben raro) competenze divergenti - con il ministero di un
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avvocato legalmente esercente (essendovi qui obbligo del patrocinio), che dovr indicare l'indirizzo
di posta elettronica ordinaria, il numero di fax nonch, ai fini della dichiarazione del terzo ex art.
547 c.p.c., l'indirizzo p.e.c., il creditore procedente pu formulare istanza al presidente del tribunale
del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio o la dimora, ove si tratti di persona fisica (la
dimora, a parer nostro, solo in via sussidiaria, pena l'irragionevolezza dell'equiparazione a residenza
e domicilio: v. quanto esposto supra, nella parte dedicata al nuovo criterio di competenza
nell'espropriazione dei crediti), o la sede (legale o effettiva), ove debitore sia un ente, anche
sprovvisto di personalit giuridica.

- Il presidente o il giudice da lui delegato, verificato il diritto della parte istante a procedere a
esecuzione forzata mediante rapida disamina del precetto e del titolo esecutivo su un piano
meramente estrinseco, autorizza la ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare, dispone
che l'ufficiale giudiziario acceda, mediante collegamento telematico diretto, ai dati contenuti nelle
banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e, in particolare,
nell'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari(23), nel pubblico registro
automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, per l'acquisizione di tutte le informazioni
rilevanti per l'individuazione di cose e crediti da sottoporre a esecuzione, comprese quelle relative ai
rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti.

- Occorrer, per, attendere il decreto attuativo del Ministro della giustizia, di concerto con il
Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentito il Garante per la
protezione dei dati personali, che disciplini le modalit di esercizio della facolt di accesso alle
banche dati di cui al primo comma dell'articolo 492-bis c.p.c., nonch le modalit di trattamento e
conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori (art. 155 quater disp.att.
c.p.c.).

- Peraltro il legislatore, gi preconizzando (et pour cause) l'incapacit endemica degli uffici
giudiziari di attuare tempestivamente quanto previsto nelle nuove norme, quando le strutture
tecnologiche, necessarie a consentire l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche
dati non sono funzionanti, abilita lo stesso creditore (recte, il suo difensore) a interpellare ex art.
155 quinquies disp.att. c.p.c. direttamente i gestori delle suddette banche dati, accedendovi
gratuitamente (al pari dell'ufficiale giudiziario), purch munito della debita autorizzazione
giudiziale ex art. 492 bis c.p.c. sperando che, prima o poi, una risposta arrivi da quei gestori
(essendosi tra l'altro il creditore sobbarcato il contributo unificato, per vero oggid esiguo, sul
miniprocedimento autorizzativo dell'indagine patrimoniale e finanziaria sul debitore: v. i nuovi artt.
13, comma 1 quinquies, e 14, comma 1 bis, del d.P.R. 115/2002 sulle spese di giustizia).

Ognuno scorge quanto un tale accesso diretto del creditore presti il fianco a possibili abusi di
creditori in malafede e soi-disant, che siano riusciti magari a ottenere titoli esecutivi corrivamente
emessi inaudita altera parte per malinteso efficientismo giudiziario (ad es., decreti ingiuntivi
provvisoriamente esecutivi, con in pi l'esenzione dal termine dilatorio del precetto ex art. 642
c.p.c.), a fronte di crediti posticci e funditus inventati per fatture iscritte nei registri contabili ex uno
latere e mai neppure inviate al debitore.

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appena il caso di aggiungere che, finch non sia attivata e regolarmente funzionante la
consultazione telematica delle banche dati da parte degli ufficiali giudiziari, non potr farsi luogo a
quelle forme di pignoramento susseguente sui beni o sui crediti cos individuati, che esamineremo
nel successivo paragrafo.

- Terminate le operazioni d'indagine, alle quali il creditore abilitato a partecipare ex art. 155 bis,
comma 1, disp.att. c.p.c. (che rinvia all'art. 165 disp.att. c.p.c.), l'ufficiale giudiziario redige un
unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze (non
altrettanto tenuto a fare, per ovvie ragioni, il difensore del creditore che abbia avuto accesso alle
banche dati ex art. 155 quinquies disp.att. c.p.c., non dovendo dar conto a nessuno di quanto abbia
appreso e dell'utilizzo che intenda fare dei dati sensibili in tal modo acquisiti: quanti pericoli di
condotte abusive e finanche potenzialmente criminali si annidino in siffatta delega di poteri ognuno
pu immaginare da s).

(segue) Il pignoramento d'ufficio susseguente al rinvenimento di beni o crediti del debitore

Svolte le indagini patrimoniali e finanziarie dall'ufficiale giudiziario (non invece dal difensore del
creditore mediante interpello diretto ai gestori ex art. 155 quinquies disp.att. c.p.c., fintanto che non
siano funzionanti le strutture tecnologiche degli ufficiali giudiziari per accedere alle banche dati),
sono previste modalit particolari di apposizione del vincolo pignoratizio sui beni e sui crediti
rinvenuti.

Gi abbiamo accennato all'imprescindibile necessit che il creditore richiedente abbia gi


previamente notificato titolo esecutivo e precetto al debitore ex art. 479 c.p.c.

Peraltro, anche se l'art. 492 bis c.p.c. e gli artt. 155 bis ss. disp. att. c.p.c. discorrono, in plurimi
passi, di creditore "procedente", qualit che usualmente si acquista soltanto dopo il pignoramento,
con cui s'inizia l'espropriazione forzata (art. 491 c.p.c.), deve considerarsi "procedente" anche il
creditore che, dopo l'intimazione del precetto, si limiti a richiedere all'ufficiale giudiziario l'attivit
d'indagine, anzich l'immediato pignoramento: diversamente, le modifiche all'art. 492 e il nuovo art.
492 bis c.p.c. dei quali veniamo dicendo perderebbero di senso.

Tutto ci significa che il termine di novanta giorni di efficacia del precetto, di cui all'art. 481 c.p.c.,
osservato non solo con il pignoramento immediato (o, secondo la tesi che pare preferibile, con la
richiesta di questo(24)), ma anche con il deposito dell'istanza di indagini patrimoniali, avanzata dal
creditore a norma del nuovo art. 492 bis c.p.c., in considerazione dei possibili esiti pignoratizi di
questa, che evidentemente presuppongono che nell'istanza sia insita anche la richiesta di
susseguente pignoramento ex officio, ove le indagini consentano di individuare beni o crediti
utilmente pignorabili.

Talch l'istanza ex art. 492 bis c.p.c. produce un duplice effetto, poich vale, al contempo, per
l'autorizzazione alle indagini patrimoniali e finanziarie commesse all'ufficiale giudiziario e per il
susseguente pignoramento su beni o crediti del debitore eventualmente individuati: l'azione

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esecutiva , cos, esercitata anche solo con l'istanza di indagini, al cui esito potr aversi il
pignoramento, senza soluzione di continuit.

Ed infatti:

- se l'accesso ha consentito di individuare cose che si trovano in luoghi appartenenti al debitore


compresi nel territorio di competenza dell'ufficiale giudiziario, quest'ultimo accede agli stessi per
provvedere d'ufficio al pignoramento mobiliare, compiendo gli adempimenti di cui agli artt. 517,
518 e 520 c.p.c. Se i luoghi non sono compresi nel territorio di competenza dell'ufficiale giudiziario
investigator, copia autentica del verbale rilasciata al creditore che, entro dieci giorni dal rilascio di
tale copia, a pena d'inefficacia della richiesta, la presenta, unitamente all'istanza di pignoramento,
all'ufficiale giudiziario executor territorialmente competente, cio del luogo in cui si trovano i beni
individuati.

- Analogamente a quel che avviene (o dovrebbe avvenire) ex art. 492, comma 4, c.p.c. in caso di
insufficienza dei beni pignorati o di prognosi di lunga durata della liquidazione, l'ufficiale
giudiziario, ove non rinvenga fisicamente la res individuata attraverso le banche dati di cui al
comma 2 dell'art. 492 bis c.p.c., intima al debitore di indicare entro quindici giorni il luogo in cui
essa si trova, avvertendolo che l'omessa o la falsa comunicazione punita a norma dell'articolo 388,
comma 6, c.p. S'applicher, a quel punto, il comma 5 dell'art. 492 c.p.c., in base al quale della
dichiarazione del debitore redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. Se sono indicate cose
mobili queste, dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate anche agli effetti
dell'art. 388, comma 3, c.p. e l'ufficiale giudiziario accede al luogo in cui si trovano per gli
adempimenti di cui all'art. 520 c.p.c. oppure, quando tale luogo compreso in altro circondario,
rilascia copia del verbale al creditore che, entro i successivi quindici giorni, deve trasmetterlo
all'ufficiale giudiziario territorialmente competente per gli adempimenti inerenti alla descrizione dei
beni e alla nomina del custode. Se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi, il
pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della
dichiarazione e questi costituito custode della somma o della cosa anche agli effetti dell'art. 388,
comma 4, c.p. quando il terzo, prima che gli sia notificato l'atto di cui all'art. 543 c.p.c., effettua il
pagamento o restituisce il bene. Infine, se sono indicati beni immobili, il creditore richiede il
pignoramento ai sensi degli artt. 555 ss. c.p.c.

- Se l'accesso ha consentito di individuare crediti del debitore o cose di quest'ultimo che sono nella
disponibilit di terzi, l'ufficiale giudiziario notifica d'ufficio al debitore e al terzo, ove possibile a
mezzo p.e.c. ex art. 149 bis c.p.c. o a mezzo telefax (ma v' da dubitare che la notifica mediante
telefax possa dirsi regolare), il verbale contenente l'indicazione del credito per cui si procede, del
titolo esecutivo e del precetto, dell'indirizzo p.e.c. del creditore (recte, del suo difensore), del luogo
in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente, dell'ingiunzione, dell'invito
e dell'avvertimento al debitore di cui all'art. 492, commi 1, 2 e 3 , c.p.c., nonch l'intimazione al
terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti di cui all'articolo 546 c.p.c.
(credito precettato, aumentato della met); il verbale notificato al terzo per estratto, contenente
esclusivamente i dati a quest'ultimo riferibili. Da quel momento il credito si considera pignorato:
l'ufficiale giudiziario consegna il verbale, il titolo esecutivo e il precetto al creditore, il quale avr

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l'onere di depositare nella cancelleria la nota di iscrizione a ruolo con la copia conforme del verbale,
del titolo esecutivo e del precetto entro i successivi trenta giorni, a norma del riscritto art. 543,
comma 4, c.p.c. e a pena di inefficacia del pignoramento.

- Come gi s' visto illustrando le novit in materia di espropriazione presso terzi, decorsi dieci
giorni dal verbale di pignoramento dei crediti o delle cose del debitore in possesso del terzo, il
creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo hanno l'onere di
chiedere l'assegnazione o la vendita delle cose mobili o l'assegnazione dei crediti. Su tale istanza,
che potr essere presentata anche contestualmente all'iscrizione a ruolo della procedura, il giudice
fissa l'udienza per l'audizione del creditore e del debitore: il decreto con cui viene fissata l'udienza
deve contenere l'invito e l'avvertimento al terzo debitor debitoris di cui al numero 4) del secondo
comma dell'art. 543 c.p.c. ed notificato a cura del creditore procedente. All'udienza il g.e.
proceder poi ai sensi degli artt. 548 ss. c.p.c., a seconda che il terzo abbia o meno reso la
dichiarazione.

Si noter come, mancando qui la citazione del debitore e del terzo a comparire all'udienza per la
dichiarazione del debitor debitoris, la fattispecie sia a formazione progressiva, essendo composta
da:

a) verbale di pignoramento del credito notificato ex officio dall'ufficiale giudiziario, in esito


all'accesso alle banche dati, al debitore e al terzo, rispettivamente con ingiunzione, invito e
avvertimento al debitore ex art. 492, comma 1, 2 e 3, e intimazione al terzo a non disporre ex artt.
543, n. 2, c.p.c.; b) iscrizione a ruolo della procedura da parte del creditore procedente entro i
successivi trenta giorni, secondo le modalit di cui all'art. 543, comma 4, c.p.c.; c) istanza del
creditore procedente o di un creditore intervenuto, purch munito di titolo esecutivo, per
l'assegnazione del credito pignorato o per la vendita o l'assegnazione dei beni mobili del debitore in
possesso del terzo; d) fissazione con decreto dell'udienza per la dichiarazione del terzo, con
l'avvertimento a quest'ultimo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa
dovr essere resa dal terzo comparendo in un'apposita udienza e che quando il terzo non compare o,
sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di
appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non
contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di
assegnazione (v. il novellato art. 543, n. 4, c.p.c.); e) comunicazione del decreto al creditore e al
debitore mediante avviso telematico di cancelleria; f) notificazione dell'istanza e del pedissequo
decreto al terzo, a cura del creditore procedente, osservando il termine indicato nel decreto,
comunque non inferiore ai dieci giorni prima dell'udienza, a norma degli artt. 543, comma 3, e 501
c.p.c.

- Quando l'indagine ha consentito di individuare pi crediti o pi cose del debitore, l'ufficiale


giudiziario sottopone a esecuzione i crediti e i beni scelti dal creditore procedente, che tenuto a
indicarli, a pena di inefficacia della richiesta di pignoramento, entro dieci giorni dalla
comunicazione del verbale d'indagine trasmessogli dall'ufficiale giudiziario (v. l'art. 492 bis, commi
6 e 7 , c.p.c. e l'art. 155 ter, comma 2, disp. att. c.p.c.).

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Il verbale di cui all'art. 492 bis c.p.c. pu essere notificato dall'ufficiale giudiziario a mezzo del
servizio postale, senza limitazioni territoriali (art. 107, comma 2, d.P.R. 1229/1959
sull'Ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari, come modificato
con d.l. 132/2014).

(segue) Estensione dei poteri di indagine patrimoniale e finanziaria a procedimenti non


espropriativi ed extravaganti

Una curiosit, quasi una "chicca" (tra le moltissime) di cattiva legiferazione: all'art. 7, comma 9, del
d.P.R. 605/1973, recante Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei
contribuenti, dopo aver stabilito l'obbligo degli amministratori di condominio di comunicare
all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e dei servizi acquistati dal condominio e i dati
identificativi dei relativi fornitori, sono stati inseriti i seguenti periodi: Le informazioni comunicate
sono altres utilizzabili dall'autorit giudiziaria ai fini della ricostruzione dell'attivo e del passivo
nell'ambito di procedure concorsuali, di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla
gestione di patrimoni altrui. Nei casi di cui al periodo precedente l'autorit giudiziaria si avvale per
l'accesso dell'ufficiale giudiziario secondo le disposizioni relative alla ricerca con modalit
telematiche dei beni da pignorare; dove non ben chiaro a che servano le informazioni date
dall'amministratore condominiale all'anagrafe tributaria nelle procedure concorsuali, nei
procedimenti in materia di famiglia e nei procedimenti, non meglio determinati, relativi alla
gestione di patrimoni, secondo l'apparente logica del "tutto fa brodo" a meno che l'ineffabile
conditor, come probabile, non intendesse riferirsi in generale all'utilizzabilit nei suddetti
procedimenti giudiziari di tutte le comunicazioni inviate all'anagrafe tributaria ex art. 7 d.P.R.
605/1973, non gi solo a quelle cui sono tenuti gli amministratori di condominii e alle quali
afferisce il comma 9 art. cit., che ha visto l'aggiunta dei due suddetti periodi.

Conclusione questa che parrebbe confermata (il condizionale d'obbligo, dacch l'unico metodo
seguito dal conditor dei nostri giorni quello del "non so come", come diceva Carnelutti) dal nuovo
art. 155 sexies disp.att.c.p.c., introdotto con la legge di conversione e immediatamente applicabile
(v. l'art. 19, c. 6 e 6 bis, d.l. 132/2014 post conversione), in base al quale le disposizioni in materia
di ricerca con modalit telematiche dei beni da pignorare si applicano anche per l'esecuzione del
sequestro conservativo e per la ricostruzione dell'attivo e del passivo nell'ambito di procedure
concorsuali, di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni
altrui.

Per ottenere l'autorizzazione presidenziale a svolgere le indagini sul patrimonio del debitore ex artt.
155 sexies disp. att. e 492 bis c.p.c., occorrer:

i) per il sequestro conservativo il decreto o l'ordinanza del giudice della cautela che abbia concesso
la misura conservativa; ii) per le procedure concorsuali la sentenza di fallimento o il decreto di
ammissione al concordato preventivo o il decreto ministeriale di apertura dell'amministrazione
straordinaria di grandi imprese in crisi o il decreto ministeriale di liquidazione coatta
amministrativa, ecc.; iii) per i procedimenti in materia di famiglia parrebbe possibile chiedere
l'autorizzazione alle indagini gi nel contesto del fase istruttorie nei procedimenti di cognizione, per
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ricostruire la situazione reddituale, patrimoniale e finanziaria dei coniugi e/o dei genitori, a seguito
di ordine del giudice istruttore e, diremmo, di successiva conforme autorizzazione del presidente del
tribunale del luogo di residenza o domicilio del coniuge, a norma dell'art. 492 bis c.p.c.: queste
paiono essere la littera e l'intentio legis che, discorrendo di "ricostruzione dell'attivo e del passivo
nell'ambito di procedimenti in materia di famiglia", sembrerebbero testualmente prescindere dalla
formazione di un titolo esecutivo purchessia (sentenza di separazione o divorzio, ordinanza
presidenziale o del g.i. pendente iudicio, verbale omologato di separazione consensuale, decreto di
modifica delle condizioni di separazione o divorzio, accordi di separazione, divorzio o di modifica
delle condizioni in esito a negoziazione assistita da avvocati muniti di nullaosta o di autorizzazione
del p.m., accordi di analogo contenuto assunti direttamente dinanzi al Sindaco, quale ufficiale dello
stato civile, e via dicendo); iv) per i procedimenti in materia di gestione di patrimoni altrui (ch'
espressione assai vaga e onnicomprensiva) parrebbe anche qui consentita una discovery telematica
gi nel corso del processo di cognizione, a seguito di ordine del giudice istruttore di rendere il conto
a norma degli artt. 263 ss. c.p.c., con l'autorizzazione sempre del presidente del tribunale del luogo
in cui il gestor risiede o ha domicilio o sede.

Gli che l'art. 155 sexies disp.att. c.p.c., oltre a essere impropriamente collocato nel contesto
dell'espropriazione forzata individuale con cui i procedimenti elencati (salvo semmai il sequestro
conservativo, prodromico al pignoramento) hanno ben poco a che fare, norma a tal punto generica
e cos mal concepita e ancor peggio scritta da riuscire del tutto irragionevole e manifestamente
incostituzionale per violazione dell'art. 3 Cost. Se, al fine di perseguire reprobi che celino ai
creditori o ai coniugi le proprie sostanze, magari in Paesi appartenenti alla c,.d. black list, si
volevano introdurre forme di discovery poliziesche, sarebbe stato meglio prevederle con un minimo
pi di attenzione e di cautela, anzich dettarle su fattispecie non ben delineate e facendo generico
rinvio alle norme introdotte a tutt'altri scopi, poich volte a "stanare" un debitore renitente e
fuggitivo, quando il creditore sia per munito di un titolo esecutivo, suscettibile di aprire la via
all'espropriazione forzata.

Incentivi economici agli ufficiali giudiziari in relazione al buon fine dell'espropriazione


forzata

Per incentivare gli ufficiali giudiziari a compiere tempestivamente quanto possibile per garantire ai
creditori il buon fine dell'espropriazione forzata mobiliare e presso terzi (non invece per quella
immobiliare, rispetto alla quale il ruolo dell'ufficiale giudiziario non certo, neppure ottativamente,
"proattivo"), l'art. 122 d.P.R. 1229/1959 sull'Ordinamento degli ufficiali giudiziari stato
notevolmente ampliato prevedendo, in ipotesi di individuazione di beni mobili o crediti attraverso le
indagini di cui all'art. 492 bis c.p.c. e di successivo pignoramento, un ulteriore compenso per gli
ufficiali giudiziari, "che rientra tra le spese di esecuzione" e che, in estrema sintesi, si articola come
segue:

- per le espropriazioni mobiliari, sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione si prevedono
le seguenti aliquote marginali (decrescenti al crescere della base imponibile):

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a) il 5% fino a euro 10.000,00; b) il 2% fino a euro 25.000,00; c) l'1% sull'importo superiore a euro
25.000,00.

- Per le espropriazioni di crediti o di beni del debitore posseduti dai terzi pignorati, purch
individuati dall'ufficiale giudiziario attraverso le indagini di cui all'art. 492 bis c.p.c., sul ricavato
della vendita o sul valore di assegnazione le aliquote marginali sono le seguenti: a) il 6% fino a euro
10.000,00; b) il 4% fino a euro 25.000,00; c) il 3% sull'importo superiore a euro 25.000,00.

In caso di conversione del pignoramento si applicano le minori aliquote fissate per le espropriazioni
mobiliari, ridotte della met e calcolate sempre sul valore dei beni o dei crediti pignorati o, se
maggiore, sull'importo della somma versata per la conversione.

In caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo (per infruttuosit ex art. 164 bis
disp.att. c.p.c.), il compenso posto a carico del creditore procedente ed liquidato dal g.e. nella
stessa percentuale prevista per l'ipotesi di conversione del pignoramento, calcolata sul valore dei
beni pignorati o, se maggiore, sul valore del credito per cui si procede.

In nessun caso il compenso pu essere superiore a un importo pari al 5% del valore del credito per
cui si procede. Inoltre, i compensi sono dimezzati, nel caso in cui le operazioni non vengano
effettuate entro quindici giorni dalla richiesta avanzata dal creditore pignorante.

Le somme complessivamente percepite andranno attribuite per il 60% all'ufficiale giudiziario che
ha proceduto alle operazioni di pignoramento, da suddividere nella misura del 50% ciascuno
quando il funzionario investigator ex art. 492 bis c.p.c. e quello che ha eseguito il pignoramento
siano diversi; il restante 40% distribuito in parti eguali tra tutti gli altri ufficiali giudiziari e
funzionari preposti al servizio esecuzioni.

Monitoraggio delle procedure esecutive individuali e concorsuali

appena il caso di accennare che, mediante nuovi commi aggiunti all'art. 16 bis d.l. 179/2012 sulla
c.d. giustizia digitale, si previsto il monitoraggio sulle procedure esecutive individuali e
concorsuali, mediante depositi telematici di rapporto riepilogativi finali delle attivit svolte dagli
organi preposti alle procedure (delegati alle vendite, curatori, liquidatori nei concordati), i cui dati
sono estratti dal Ministero della giustizia per le rilevazioni statistiche nazionali.

In modo analogo sono stati integrati gli artt. 40 e 75 d.lgs. 270/1999 sull'amministrazione
straordinaria di grandi imprese in crisi, imponendo ai commissari straordinari la redazione e il
deposito telematici di relazioni semestrali sulla situazione patrimoniale dell'impresa e
sull'andamento della gestione e del bilancio finale della procedura e del conto della gestione: i
relativi dati vengono estratti ed elaborati dal Ministero dello sviluppo economico.

Provvedimenti sui beni mobili estranei all'esecuzione forzata per rilascio di immobile

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L'art. 609 c.p.c. stato interamente riscritto, allo scopo di porre rimedio agli usuali inconvenienti
pratici determinati dalla presenza di beni mobili del detentore escomiato o di terzi nell'immobile di
cui sia stato conseguito alfine il sospirato rilascio (per lo pi dopo numerosi accessi e reiterate, ma
spesso vane, richieste di assistenza della forza pubblica per l'esecuzione effettiva).

Di codesti mobili, spesso di nessun valore, raramente si sa che fare. Quando siano di propriet del
debitore e il rilascio dell'immobile sia susseguente a un rapporto di locazione o di affitto, il locatore
che vanti crediti pecuniari verso il conduttore (o il subconduttore) per pigioni o fitti di immobili
potrebbe aver interesse a esercitare il privilegio speciale di cui all'art. 2764 c.c. sui beni mobili
rimasti nell'immobile rilasciato: un privilegio che per non gli conferisce alcuno ius retentionis n,
con questo, alcuna forma di autotutela esecutiva ex artt. 2797 ss. c.c., ma lo costringe comunque a
munirsi di un titolo esecutivo e a procedere al pignoramento o, quantomeno, a richiedere un
sequestro conservativo nelle more della formazione del titolo esecutivo, specie allorch i mobili
vengano asportati o ne venga pretesa la riconsegna (v. lo stesso art. 2764, u.c., c.c.): i mobili
verranno, in tal modo, espropriati e col ricavato il locatore-creditore potr, forse in qualche misura
(per solito minima), soddisfare il proprio credito pecuniario per arretrati di fitti e pigioni.

Al pi l'autotutela esecutiva ex art. 2797 c.c., derivante dal privilegio speciale per prestazioni e
spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili ex art. 2756 c.c. fonte di ius
retentionis, poteva esser fatta valere dal custode dei beni stessi che coincidesse con l'avente diritto
al rilascio, a norma dell'art. 609 c.p.c. nel testo pregresso, ma solo per le spese e i compensi inerenti
alla custodia(25).

Quando l'avente diritto al rilascio, riavuto l'immobile, non possa o non intenda punto valersi di tale
privilegio n comunque soddisfarsi sui beni mobili contenuti nell'immobile rilasciato, che fare?

Sino ad ora si dovevano custodire i beni contenuti nell'immobile praticamente vita natural durante
(dei beni, s'intende)(26), dacch la parte esecutante, che assume la custodia dei beni mobili che
l'esecutato rifiuti di asportare, diveniva depositaria delle anzidette cose mobili e della loro custodia
rispondeva nei confronti del proprietario secondo il canone del bonus pater familias di cui al
comma 1 dell'art. 1768 c.c.(27).

Ecco quel che avverr per i procedimenti di rilascio forzoso iniziati dall'11 dicembre 2014, ai sensi
del nuovo art. 609 c.p.c., con l'avvertenza che convenzionalmente l'esecuzione forzata per rilascio
di bene immobile s'inizia con la notifica dell'avviso di sloggio, a norma dell'art. 608, comma 1,
c.p.c.:

- quando nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati alla parte che
procede nell'esecuzione forzata, l'ufficiale giudiziario intima alla parte tenuta al rilascio ovvero a
colui al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine;
dell'intimazione si d atto a verbale ovvero, se colui che tenuto a provvedere all'asporto non
presente, mediante atto notificato a spese della parte istante.

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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

- Quando l'asporto dei beni mobili non stato eseguito dalla parte tenuta al rilascio o dal terzo
intimato entro il termine assegnato, l'ufficiale giudiziario, su richiesta e a spese della parte
richiedente l'esecuzione, determina il presumibile valore di realizzo dei beni e indica le prevedibili
spese di custodia e di asporto, con l'eventuale assistenza, se ritenuta utile o richiesta dal creditore, di
un esperto stimatore da lui scelto (art. 518, comma 1, c.p.c.).

- Quando pu ritenersi che il valore dei beni superiore alle spese di custodia e di asporto,
l'ufficiale giudiziario, a spese della parte richiedente l'esecuzione per rilascio, nomina un custode
(anche nella stessa persona del richiedente) e lo incarica di trasportare i beni in altro luogo, a norma
dell'art. 559 c.p.c. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese i beni, quando non
appare evidente l'utilit del tentativo di vendita di cui infra diremo, sono considerati abbandonati e
l'ufficiale giudiziario, salva diversa richiesta della parte istante, ne dispone lo smaltimento o la
distruzione alla stregua di res derelictae.

- Se sono rinvenuti documenti inerenti allo svolgimento di attivit imprenditoriale o professionale


che non sono stati asportati dal soggetto tenuto al rilascio o dai terzi, previamente intimati nelle
forme suddette, gli stessi sono conservati, per un periodo di due anni, dalla parte richiedente
l'esecuzione per rilascio ovvero, su istanza e previa anticipazione delle spese da parte di
quest'ultima, da un custode nominato dall'ufficiale giudiziario. Anche in tal caso, in difetto di
istanza di riconsegna e di pagamento anticipato delle spese, i documenti sono considerati
abbandonati e l'ufficiale giudiziario, salvo diversa richiesta della parte istante, ne dispone lo
smaltimento o la distruzione alla stregua di res derelictae. Allo stesso modo si procede alla
scadenza del termine biennale, a cura della parte richiedente l'esecuzione per rilascio o del custode,
ove nominato.

- Quando invece si ritenga utile e sperabilmente fruttuosa l'alienazione dei beni, il custode provvede
alla vendita senza incanto nelle forme previste per la vendita dei beni mobili pignorati (artt. 530 ss.
c.p.c.), secondo le modalit disposte dal giudice dell'esecuzione competente per il rilascio
dell'immobile. La somma ricavata impiegata anzitutto per il pagamento delle spese e dei compensi
per la custodia, per l'asporto e per la vendita, come liquidate dal giudice dell'esecuzione per il
rilascio. Salvo che i beni appartengano a un soggetto diverso da colui che tenuto al rilascio,
l'eventuale eccedenza utilizzata per il pagamento delle spese di esecuzione del rilascio, liquidate al
creditore procedente a norma dell'art. 611 c.p.c.: il residuo, andr ovviamente restituito al
proprietario dei beni o messo comunque a sua disposizione.

- In caso di infruttuosit della vendita nei termini fissati dal giudice dell'esecuzione, si procede alla
distruzione o allo smaltimento.

- Se le cose sono pignorate o sequestrate, l'ufficiale giudiziario d immediatamente notizia


dell'avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al
giudice dell'esecuzione per l'eventuale sostituzione del custode.

- Decorso il termine fissato nell'intimazione ad asportare i beni mobili, colui al quale appartengono
pu, prima della vendita ovvero dello smaltimento o distruzione, chiederne la consegna al giudice
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dell'esecuzione competente per il rilascio. Il g.e. provvede con decreto e, quando accoglie l'istanza,
dispone la riconsegna, previa corresponsione delle spese e dei compensi per la custodia e per
l'asporto.

Il nuovo art. 609 c.p.c., gi s'accennava, varr per i procedimenti di rilascio il cui avviso di sloggio
sia stato notificato a partire dall'11 dicembre 2014 (trentesimo giorno successivo all'entrata in
vigore della l. n. 162/2014 di conversione del d.l. 132/2014), giusta la norma transitoria posta in
calce all'art. 19, comma 6, d.l. cit., dettata indiscriminatamente per tutte le novelle sin qui illustrate.

Non pare, per, ragionevole derogare al principio tempus regit actum in relazione alla norma qui
esaminata che, per vero, disciplina profili sostanziali prima ancora che processuali, consentendo che
i beni mobili estranei all'esecuzione forzata per rilascio vengano, a seconda dei casi, forzosamente
alienati o distrutti, trattandoli alla stregua di res derelictae. Siffatta modificazione di condizione
giuridica di codesti beni mobili, pur derivando da un procedimento di esecuzione forzata per
rilascio, ha portata sostanziale per gli effetti di cui all'art. 923 c.c. e costituisce il presupposto per i
successivi atti espropriativi, di diritto (tramite vendita forzata mobiliare da parte del custode, previa
autorizzazione del g.e.) o di fatto (tramite distruzione o smaltimento).

Non si scorge, dunque, ragione per non applicare la norma anche alle esecuzioni forzate per rilascio
di immobili in corso, che spesso si trascinano per anni a causa della mancata concessione della
forza pubblica; nonch, diremmo, per ravvisare nel nuovo dettato dell'art. 609 c.p.c. una concreta
modalit data all'avente diritto al rilascio che, pur dopo aver finalmente riottenuta la disponibilit
del bene immobile, mantenga da anni in deposito o a disposizione del proprietario beni mobili
estranei all'esecuzione, sostenendone le relative spese: ben potr egli intimarne l'asporto entro un
termine ragionevole (trenta giorni diremmo) e successivamente rivolgersi ex novo al g.e. per
ottenerne l'autorizzazione alla vendita o allo smaltimento, previa nomina di un custode (anche nella
persona di s medesimo).

S'assiste, insomma, a una forma di derelizione di beni mobili, che produce gli effetti di cui all'art.
923 c.c. e legittima, in via alternativa, l'occupazione, la vendita o lo smaltimento (ecologicamente
rispettoso, a va sans dire).

Impignorabilit dei crediti delle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere

Dulcis in fundo - forse per mitigare nuovi incresciosi scontri diplomatici con la Germania sulla
vexata quaestio delle azioni individuali di risarcimento dei danni per crimini di guerra e contro
l'umanit commessi iure imperii durante il secondo conflitto mondiale da truppe tedesche in
Italia(28) - si creata una "rete di salvataggio" mediante un art. 19 bis (aggiunto al d.l. 132/2014 in
sede di conversione nella l. 162/2014), il quale rende assolutamente impignorabili e sottrae a
qualsivoglia vincolo, esonerando in apicibus il debitore e i terzi depositari ad apporlo, le somme
giacenti su conti correnti bancari o postali, in relazione ai quali il capo della rappresentanza
diplomatica, del posto consolare o il direttore, comunque denominato, dell'organizzazione
internazionale in Italia(29), con atto preventivamente comunicato al Ministero degli affari esteri e
della cooperazione internazionale e all'impresa autorizzata all'esercizio dell'attivit bancaria presso
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

cui le medesime somme sono depositate, ha dichiarato che il conto contiene esclusivamente somme
destinate all'espletamento delle funzioni dei soggetti sopra indicati. Effettuate le comunicazioni
suddette, non possono eseguirsi pagamenti per titoli diversi da quelli per cui le somme sono
vincolate e il pignoramento non determina a carico dell'impresa depositaria l'obbligo di
accantonamento delle somme, ivi comprese quelle successivamente accreditate, e i soggetti
internazionali sopra indicati mantengono la piena disponibilit delle stesse. Il vincolo di
indisponibilit sar rilevabile dal g.e. anche d'ufficio, senza che occorra proporre opposizione ex art.
615, c. 2, c.p.c.

Il meccanismo analogo a quello dettato, con variet di norme succedutesi negli anni, per i comuni.
Sennonch, per questi enti pubblici resta almeno possibile proporre giudizio per l'ottemperanza ai
sensi degli artt. 112 ss. c.p.a. (d.lgs. 104/2010), chiedendo la nomina di un commissario ad acta,
che verifichi l'effettivo utilizzo delle somme vincolate ai pagamenti indicati dall'ente debitore,
seguendo l'ordine cronologico delle fatture o delle deliberazioni d'impegno, e si sostituisca al legale
rappresentante dell'ente pubblico nel disporre il pagamento del dovuto, previa attestazione di
copertura finanziaria(30).

Con rappresentanze diplomatiche e consolari tutto ci non sar evidentemente possibile,


prospettandosi a questa stregua una questione di legittimit costituzionale di codesta impignorabilit
che diviene, a ben guardare, strumento d'immunit dalla giurisdizione, anche per crediti risarcitorii
derivanti dalla violazione di quei valori fondamentali, che hanno condotto la Consulta (con la
recentissima e gi ricordata sentenza n. 238/2014) a dichiarare incostituzionali e a disapplicare
selettivamente nell'ordinamento italiano norme di esecuzione di convenzioni internazionali O.N.U.
e una pronuncia sull'immunit giurisdizionale degli Stati emessa dalla Corte internazionale di
giustizia de L'Aja.

Risulta anche da queste piccole novelle come, nel venticinquesimo anniversario dalla caduta del
muro di Berlino, la frammentazione internazionale ed europea vadano viepi crescendo, nella
ricerca di un nuovo equilibrio tutt'altro che agevole da rinvenire, se non (forse) mutando
radicalmente prospettive e canoni sin qui seguiti.

(1) Per un primo commento ante conversione in legge v., con sferzante sarcasmo, Consolo, Un d.l.
processuale in bianco e nerofumo sullo equivoco della "degiurisdizionalizzazione", in questa
Rivista, 2014, 10, 1173 ss.; cfr. inoltre Proto Pisani, Tristi notizie per la giustizia civile, 2014, in
www.foroitaliano.it, 2014; Scarselli, Luci e ombre sull'ennesimo progetto di riforma del processo
civile , in www.foroitaliano.it, 2014. V. inoltre l'ampio Parere del CSM 9 ottobre 2014 sul d.l. 12
settembre 2014, n. 132, in www.foroitaliano.it, 2014.

(2) V. Costantino, La revisione delle circoscrizioni giudiziarie, in Riv. dir. proc., 2012, 1567 ss.

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(3) V. Corte cost., 23 maggio 2007, n. 171, in Foro it., 2007, I, 1985, con nota di Romboli, Una
sentenza storica: la dichiarazione di incostituzionalit di un decreto legge per evidente
mancanza dei presupposti di necessit e di urgenza.

(4) Sul quale v. Caponi, Tempus regit processum. Un appunto sull'efficacia delle norme processuali
nel tempo, in Riv. dir. proc., 2006, 449 ss.

(5) Cfr. Cass., sez. un., 20 giugno 2012, n. 10143, in Foro it., 2013, I, 1287, con nota di G.G. Poli,
L'indicazione della Pec (posta elettronica certificata) salva il difensore fuori circondario dalla
domiciliazione ex lege in cancelleria: le sezioni unite tra vecchie regole e nuove tecnologie;
nonch, sul controricorso per cassazione, Cass. 28 novembre 2013, n. 26696, in Giur. it., 2014, 866,
con nota di Ferrari, Inammissibilit del controricorso notificato in cancelleria invece che
all'indirizzo p.e.c. Cfr. inoltre Corte cost., 29 dicembre 2005, n. 480, in Foro it., 2006, I, 1004 e in
Giur. it., 2006, 1445, con nota di Conte, Diritto di difesa e notifiche in cancelleria dell'atto di
opposizione all'esecuzione; Cass. 28 maggio 2009, n. 12540; Cass. 20 luglio 2011, n. 15901.

(6) Per consolidata giurisprudenza, allo scopo di evitare che il creditore procedente scelga
discrezionalmente il foro competente, l'elezione di domicilio compiuta dal creditore nell'atto di
precetto, ai sensi dell'art. 480, comma 3, c.p.c. vale a radicare la competenza del giudice
dell'esecuzione e ad escludere il foro sussidiario del luogo della notifica del precetto medesimo solo
se, in caso di contestazione di tale competenza, l'istante dia la prova che nel luogo prescelto si
trovino cose del debitore da sottoporre all'esecuzione (cfr., ex multis, Cass. 29 marzo 2005, n.
6571). Qualora il debitore intimato intenda contestare la competenza del luogo in cui il creditore ha
eletto domicilio, dovr proporre opposizione davanti al giudice del luogo in cui il precetto gli stato
notificato, mentre il creditore che intenda eccepire l'incompetenza per territorio del giudice del
luogo di notifica del precetto avr l'onere di provare che nel luogo da lui prescelto con l'elezione di
domicilio nell'atto di precetto vi siano beni o crediti da sottoporre a pignoramento, stante
l'essenzialit di tale condizione per radicare la competenza del giudice nel luogo della residenza
indicata o del domicilio eletto (cfr. Cass. 13 luglio 2004, n. 12976).

(7) V., per tutte, Cass. 18 dicembre 1987, n. 9407, in Foro it., 1988, I, 2321 e in Giust. civ., 1988, I,
2053, con nota di Bove, Danaro pubblico e pignoramento: breve rassegna su alcuni princpi in
materia di espropriazione presso terzi.

(8) Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi
gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni
dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunit montane, e
loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici
non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio
sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
(ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (art. 1, comma 2, d.lgs. 30
marzo 2001, n. 165).

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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

(9) Cfr. la risalente pronuncia di Cass. 5 novembre 1981, n. 5827, in Giust. civ., 1982, I, 1310, con
nota di Fortunato, Sulla posizione processuale del debitor debitoris ed altre questioni in tema di
processo espropriativo presso terzi.

(10) V., sia pure alla stregua delle norme allora vigenti, Cass. 5 novembre 1981, n. 5827 cit., la
quale fissa il principio per cui la giurisdizione italiana nei procedimenti esecutivi di qualsiasi tipo,
non si determina in base ai criteri di collegamento di cui all'art. 4 c.p.c. (oggi abrogato e sostituito
dalla l. 218/1995 e, in ambito europeo, dal Reg. n. 44/2001 e, a breve, n. 1215/2012), il cui ambito
di applicazione limitato al processo di cognizione e a quello cautelare; si determina, invece, in
base all'esistenza o meno nell'ambito territoriale della sovranit dello Stato, della realt fenomenica
(bene immobile, mobile o diritto di credito) su cui l'esecuzione destinata a operare.

(11) Cos invece il citato Parere del CSM 9 ottobre 2014, 22.

(12) Sulle quali v., con accenti critici, Monteleone, Semplificazioni e complicazioni
nell'espropriazione presso terzi, in Riv. esecuzione forzata, 2013, 1 ss.; Saletti, Le novit
dell'espropriazione presso terzi, ivi, 8 ss.; Briguglio, Note brevissime sull'onere di contestazione
per il terzo pignorato (nuovo art. 548 c.p.c.), ivi, 30 ss.; Storto, Riforma natalizia del pignoramento
presso terzi: le instabili conseguenze della stabilit, ivi, 34 ss.; Vincre, Brevi osservazioni sulle
novit introdotte dalla l. 228/2012 nell'espropriazione presso terzi: la mancata dichiarazione del
terzo (art. 548 c.p.c.) e la contestazione della dichiarazione (art. 549 c.p.c.), ivi, 53 ss. V., inoltre,
Montanari, sub artt. 548 e 549 c.p.c., in Consolo (diretto da), Codice di procedura civile, V ed.,
tomo II, Milano, 2013, 2179 ss.; Tota, sub artt. 548 e 549 c.p.c., in Comoglio, Consolo, Sassani,
Vaccarella (diretto da), Commentario del c.p.c., VI, Torino, 2013, 856 ss.

(13) "Degiu" nell'abbreviazione sarcastica che ne d Consolo, op.cit., 1183.

(14) V. Cass. 22 novembre 2004, n. 21955; Cass. 7 aprile 1999, n. 3340; Cass. 15 aprile 1992, n.
4565.

(15) Sul pignoramento immobiliare come fattispecie unitaria, bench a formazione progressiva, che
si attua attraverso la fase della notifica dell'atto e quella della sua trascrizione cfr., tra molte, Cass.
16 maggio 2008, n. 12429.

(16) Per il quale il termine di efficacia del pignoramento ex art. 497 c.p.c. prende corso dalla
notificazione dell'atto, non dalla successiva trascrizione: v. Cass. 16 settembre 1997, n. 9231, in
Foro it., 1998, I, 1969, con nota di Boccagna.

(17) Ragguagli sul tema in Montanari, sub art. 552, in Consolo (diretto da), Codice di procedura
civile cit., II, 2205 s.

(18) Su questo particolare istituto v. Costantino, Le espropriazioni forzate speciali. Lineamenti


generali, Milano, 1984, 293 ss.; Id., voce Autoveicolo (profili processuali), in Enc. giur. Treccani,
Roma, 1988, IV; E.F. Ricci, Aspetti problematici della tutela del creditore nell'espropriazione
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

speciale di autoveicoli (art. 7 r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436), in Riv. dir. proc., 1984, 322 ss.; Cea,
Due sequestri speciali e il reclamo cautelare (nota a Trib. Viterbo, 23 novembre 2000 e a Trib.
Foggia, 12 giugno 2000), in Foro it., 2001, I, 2055 ss.

(19) Si legge nel Parere del CSM 9 ottobre 2014 cit., 21 che, secondo quanto illustrato nella
relazione tecnica al decreto legge, la nuova procedura dovrebbe comunque consentire un notevole
risparmio di risorse da parte delle cancellerie, generalmente gravate da numerosissimi procedimenti
esecutivi e cronicamente sottodimensionate, attraverso una responsabilizzazione del creditore, il
quale dovrebbe dare impulso all'esecuzione soltanto qualora intenda realmente procedervi, laddove
nella prassi fin qui affermatasi era frequente che dopo l'iscrizione del procedimento il creditore non
vi desse pi corso per le pi disparate ragioni (in genere legate al raggiungimento di un accordo con
il debitore, magari per il pagamento rateale). In realt, il creditore doveva depositare entro novanta
giorni l'istanza di vendita o di assegnazione oppure, nell'espropriazione presso terzi, iscrivere a
ruolo il procedimento almeno il giorno dell'udienza fissata per la dichiarazione del terzo pignorato
(e, se questa era negativa, spesso non iscriveva alcunch), a pena d'inefficacia del pignoramento ed
estinzione della procedura: il sospetto che le modifiche apportate, da un lato, servano bens a
esonerare gli uffici giudiziari da alcuni adempimenti ma, dall'altro lato, mirino anzitutto a incassare
contributi unificati, imponendo una prematura iscrizione a ruolo della procedura, anche quando il
creditore scopra in seguito di non aver pi interesse a provvedervi. Nel dubbio sugli esiti di un
pignoramento presso terzi gi notificato, ma con dichiarazione del terzo pignorato ancora non
pervenuta, il creditore dovr iscrivere a ruolo la procedura entro breve termine per mantenere
efficace il pignoramento, confidando semmai sugli effetti della non contestazione ex art. 548 c.p.c.,
salvo restare deluso quando il terzo renda poi dichiarazione negativa, in via epistolare o in
praesentia all'udienza successivamente fissata, dovendosi oltretutto tener conto che, per non
condivisibile principio acriticamente ripetuto (v., ex multis, Cass. 29 maggio 2003, n. 8634) le spese
della procedura esecutiva o trovano collocazione nella stessa o sono perdute per sempre e non sono
ripetibili in successiva procedura a carico del medesimo debitore inadempiente.

(20) Si negava in passato codesta forma di "estinzione atipica", rilevando che nell'attuale disciplina
normativa dell'esecuzione forzata vige il principio della tassativit delle ipotesi di estinzione del
processo esecutivo e, conseguentemente, non legittimo un provvedimento di c.d. estinzione atipica
fondato sulla improseguibilit per "stallo" della procedura di vendita forzata e, quindi, sulla inutilit
o non economicit sopravvenuta del processo esecutivo (v. Cass. 19 dicembre 2006, n. 27148, che
aveva accolto il ricorso avverso la sentenza, con la quale un giudice dell'esecuzione aveva rigettato
l'opposizione agli atti esecutivi, proposta contro l'ordinanza di estinzione parziale di un processo
esecutivo, adottata dal giudice dell'esecuzione - dopo un avviso alle parti e nel presupposto
dell'impossibilit di dar corso all'amministrazione giudiziaria per mancanza di domanda espressa
delle parti - per riconosciuta impossibilit del medesimo di conseguire alcun risultato in ordine ad
un lotto assoggettato ad esecuzione).

(21) Cfr., si vis, Tedoldi, voce Ufficiale giudiziario, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999, 482 ss.

(22) V. il d.d.l. delega 5 giugno 2008, n. 749/XVI/S, contenente Delega al Governo per la
istituzione e la regolamentazione della professione intellettuale di ufficiale giudiziario.

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(23) Per archivio dei rapporti finanziari s'intende la sezione di cui all'art. 7, comma 6, d.P.R.
605/1973 (Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), in base
al quale le banche, la societ Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di
investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le societ di gestione del
risparmio, nonch ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma
dell'articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati
identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto
o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura
finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un
importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione
di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonch la natura degli
stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione
dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi
rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per
conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.

(24) Cfr. Satta, Commentario al c.p.c., III, Milano, 1959-71, 117; in giurisprudenza Pret. Catania, 1
dicembre 1982, in Giur. merito, 1983, 1178, con nota di Vassallo; contra Andrioli, Commento al
c.p.c., III, Napoli, 1964, 55, secondo cui solo il pignoramento positivo fa salvo il termine di
efficacia del precetto.

(25) Cfr. Cass. 3 giugno 1994, n. 5381, in Nuova giur. civ., 1995, I, 471, con nota di Mazza, Tutela
giudiziaria del creditore e procedure di autotutela esecutiva (spunti comparatistici), secondo cui,
con riguardo a beni mobili rinvenuti in sede di esecuzione per rilascio di un immobile ed affidati in
custodia a norma dell'art. 609 c.p.c. l'opposizione alla loro vendita richiesta dal custode a termini
dell'art. 2727 c.c., di competenza del giudice della cognizione, secondo il criterio per valore non
del giudice della esecuzione.

(26) Cfr. la fattispecie decisa da Cass. 1 febbraio 2000, n. 1073, in Giust. civ., 2000, I, 1983: In
tema di esecuzione per consegna o rilascio, a norma dell'art. 609, 1 comma, c.p.c. per "cose mobili
appartenenti alla parte tenuta al rilascio" s'intendono non solo quelle di sua propriet ma anche
quelle oggetto di un semplice diritto di godimento, in forza di un titolo giuridico che attribuisca alla
parte sottoposta all'esecuzione il potere di disporne materialmente in via esclusiva e quindi anche il
dovere correlativo di asportarle immediatamente, proprio per rendere possibile la materiale
apprensione dell'immobile ad opera della parte istante (nel caso di specie la suprema corte ha
ritenuto che i beni concessi in leasing presenti nell'immobile per il quale era stato pronunziato il
rilascio erano appartenenti non al concedente ma all'utilizzatore conduttore dell'immobile che
dunque era l'unico tenuto ad asportarli dall'immobile).

(27) Cass. 22 ottobre 2010, n. 21734.

(28) Questione che pareva chiusa dopo la pronuncia della Corte internazionale di giustizia de L'Aja
del 3 febbraio 2012 e dopo la l. n. 5/2013 di adesione dell'Italia alla Convenzione O.N.U. sulle
immunit giurisdizionali degli Stati, firmata a New York il 2 dicembre 2004, che avevano negato la
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

giurisdizione sulle azioni risarcitorie per danni da crimini di guerra e contro l'umanit commessi
iure imperii dal Terzo Reich nello Stato del giudice adito dai danneggiati o dai loro eredi (su cui v.
C. Consolo - V. Morgante, La Corte dell'Aja accredita la Germania dell'immunit (che le sezioni
unite avevano negato) in questa Rivista, 2012, 5, 597) , ma che stata riaperta da Corte cost., 22
ottobre 2014, n. 238 (in G.U. 29 ottobre 2014), la quale ha dichiarato l'illegittimit costituzionale
dell'art. 3 della suddetta l. n. 5/2013, dell'art. 1 l. 848/1957 di esecuzione dello Statuto dell'O.N.U.
del 1945, limitatamente all'art. 94 della Carta delle Nazioni Unite, nella parte in cui obbliga il
giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della Corte internazionale di giustizia del 3 febbraio
2012, che impone di negare la giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che
consistano in crimini di guerra e contro l'umanit, lesivi dei diritti inviolabili della persona ( su cui
v. C. Consolo- V. Morgante, Immunit e crimini di guerra: la Consulta decreta un plot-twist,
abbraccia il dualismo e riapre alle azioni di danno, in questa Rivista, 2015, 1, 100). Prima della
pronuncia della Corte internazionale di giustizia de L'Aja v. Cass., sez. un., 29 maggio 2008, n.
14199, in Foro it., 2009, I, 1568, con nota di Gandini (incentrata sul ricorso della Germania alla
Corte de L'Aja), in Riv. dir. internaz. privato e proc., 2009, 425 e in Dir. e giur., 2009, 81, con nota
di Feola, nonch Cass., sez. un., 11 marzo 2004, n. 5044, in Giust. civ., 2004, I, 1191, con nota di
Baratta, in Dir. e giustizia, 2004, 15, 28, con nota di Nappi, in Resp. civ. prev., 2004, 1030 (m), con
nota di Viterbo; dopo la pronuncia della Corte internazionale di giustizia v. le declinatorie di
giurisdizione emesse da Cass. pen., sez. I, 30 maggio 2012, n. 32139, in Foro it., 2013, II, 493 e
Cass., sez. un., 21 febbraio 2013, n. 4284, in Foro it., 2013, I, 2526 e in Riv. dir. internaz. privato e
proc., 2013, 793.

(29) Quali definite dall'art. 21, c. 1, lett. a, della Convenzione di New York del 2 dicembre 2004,
ratificata con l. 5/2013, che fa riferimento ai "beni, compresi i conti bancari, utilizzati o destinati a
essere utilizzati nell'esercizio delle "funzioni della missione diplomatica dello Stato o dei suoi posti
consolari, delle sue missioni speciali, delle sue missioni presso le organizzazioni internazionali o
delle sue delegazioni negli organi delle organizzazioni internazionali o alle conferenze
internazionali".

(30) V. l'art. 159 del T.U. sugli enti locali (d.lgs. 267/2000), come modificato da Corte cost., 18
giugno 2003, n. 211, in Foro it., 2003, I, 2217, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 159, commi
2, 3 e 4 , d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, nella parte in cui non prevede che l'impignorabilit delle
somme destinate ai fini indicati alle lett. a), b), e c) del comma 2 non operi qualora, dopo l'adozione
da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli
importi delle somme destinate alle suddette finalit e la notificazione di essa al soggetto tesoriere
dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine
cronologico delle fatture cos come pervenute per il pagamento o, se non prescritta fattura, delle
deliberazioni d'impegno da parte dell'ente stesso.

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11) GIUR. IT., 2014, 4 (DOTTRINA)

Riforma del pignoramento presso terzi e accertamento dell'obbligo del terzo

Antonio Carratta

L. 24-12-2012, n. 228

c.p.c. art. 614

c.p.c. art. 549

c.p.c. art. 548

Sommario: Il ruolo della dichiarazione del terzo nel completamento del pignoramento presso
terzi. - L'espediente della non contestazione nella disciplina previgente sull'espropriazione presso
terzi. - L'improprio ampliamento dell'utilizzo della "non contestazione" con la legge n. 228/2012. -
Le conseguenze della mancata comparizione del terzo all'udienza per rendere la dichiarazione. -
Perplessit nascenti dall'assimilazione fra "mancata comparizione" del terzo e "non contestazione".
- L'ipotesi della mancata dichiarazione del terzo (negli altri casi di pignoramento presso terzi). -
L'accertamento sommario dell'obbligo del terzo e l'incerta natura dell'"impugnazione" ex art. 617
c.p.c.

Il ruolo della dichiarazione del terzo nel completamento del pignoramento presso terzi.

Come noto, con la legge di stabilit 2013, approvata sul finire del 2012 ( L. 24 dicembre 2012, n.
228 ), il legislatore patrio ha deciso, inaspettatamente, di intervenire su alcuni profili della disciplina
relativa all'espropriazione presso terzi, cercando di "semplificare" il particolare meccanismo
processuale che ai fini dell'attuazione del pignoramento prevedono gli artt. 548 e 549 c.p.c.
per ottenere o la pacifica dichiarazione del debitor debitoris o comunque, in caso di contestazione di
tale dichiarazione, l'accertamento dell'esistenza o meno del suo obbligo nei confronti dell'esecutato.

Ma come vedremo l'ha fatto non senza ingenerare dubbi interpretativi che, sulla base del
nuovo testo normativo, non sempre appaiono di facile e univoca soluzione (1) .

risaputo che, nell'ambito del pignoramento presso terzi, tutto ruota intorno alla dichiarazione che
il terzo chiamato a rendere ai sensi dell'art. 547 c.p.c. all'udienza fissata all'uopo o, in caso di
pignoramento di crediti diversi da quelli di cui all'art. 545, commi 3 e 4 (2) , a mezzo raccomandata o
p.e.c. inviata al creditore procedente. Dichiarazione che consiste nello specificare come
stabilisce l'art. 547, comma 1 di quali cose o di quali somme debitore o si trova in possesso e
quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna, precisando altres se vi sono stati altri
precedenti pignoramenti o sequestri o cessioni. solo questa dichiarazione, infatti, che consente
l'esatta individuazione della res pignorata (3) e quindi il perfezionarsi del pignoramento, grazie
alla collaborazione del terzo debitor debitoris al buon esito dell'esecuzione forzata avviata, sebbene
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prescinda dalla soggezione ad essa (4) . Essendo pacifico che come puntualmente rilevava
Virgilio Andrioli nel 1941 (5) oggetto della esecuzione forzata non gi il diritto di credito, n
la prestazione, ma l'utilit del bene quale entit di scambio, che della seconda costituisce l'oggetto e
che dal primo tutelato; onde pi propriamente, seppure meno concisamente dovrebbe parlarsi di
esecuzione forzata su di un bene, che costituisce l'oggetto immediato di una prestazione e l'oggetto
mediato di un diritto di credito.

Alla luce di questa impostazione si spiega anche l'onere che l'art. 543, comma 2, n. 4, c.p.c. pone a
carico del creditore procedente di citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice
competente affinch il terzo renda la sua dichiarazione (oppure, ove ammesso, la comunichi a
mezzo raccomandata o p.e.c.).

Parimenti risaputo il fatto che, in assenza di questa dichiarazione o in presenza di una


dichiarazione contestata dalle parti, sia comunque necessario pervenire all'accertamento
dell'esistenza del credito che il debitore esecutato vanta nei confronti del terzo o del diritto di
propriet sui beni in possesso dello stesso terzo (6) .

L'espediente della non contestazione nella disciplina previgente sull'espropriazione presso terzi.

Ora, le situazioni che in concreto possono verificarsi sono diverse: a) il terzo compare e rende la
dichiarazione e su di essa non sorgono contestazioni; b) il terzo non compare o comparendo si
rifiuta di rendere la dichiarazione; c) sulla dichiarazione del terzo sorgono contestazioni del
creditore procedente o del debitore esecutato.

Nel primo caso, ove il creditore procedente ed il debitore non abbiano contestazioni da sollevare
sulla dichiarazione del terzo, viene a mancare ogni ragione perch ci sia l'esigenza di un
accertamento: la dichiarazione del terzo pur non essendo una vera confessione in quanto non
inserita nell'ambito di un regolare giudizio di cognizione (7) offre tutti gli elementi necessari per
completare il pignoramento. Ed infatti, in presenza di una dichiarazione del terzo positiva e non
contestata dall'esecutato o dal creditore procedente, si ha l'incontrastata determinazione del credito
(o della quantit di beni) sul quale procedere all'assegnazione o alla vendita forzata. Senza che ci sia
alcun bisogno di pervenire al necessario accertamento dell'obbligo del terzo cum strepitu
iudiciorum (8) .

Come abbiamo gi avuto modo di rilevare in altra occasione, in questo caso all'accertamento
dell'obbligo del terzo si perviene attraverso il ricorso ad un meccanismo processuale che richiama
(anche se non si identifica con) l'istituto della "non contestazione", e dunque facendo a meno della
verifica istruttoria sui fatti costitutivi del rapporto sostanziale fra esecutato e terzo (9) . La pacificit
della dichiarazione del terzo non costituisce altro che la conseguenza che l'ordinamento fa scaturire
dall'inosservanza dell'onere di contestazione previsto a carico dell'esecutato e del creditore
procedente; onere il cui esercizio sottoposto al termine decadenziale della chiusura dell'udienza di
comparizione, salva la successiva istanza per l'accertamento ai sensi dell'art. 549. evidente,
tuttavia, che in questo caso solo impropriamente pu parlarsi dell'applicazione dell'istituto della non

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contestazione (10) , almeno secondo la sua tradizionale ricostruzione, ora recepita anche dall'art. 115,
comma 1, c.p.c.

Qui, infatti, l'affermazione non contestata o pacifica, sulla quale poi s'innester l'ordinanza di
assegnazione o vendita del giudice dell'esecuzione, non costituita da un'allegazione della parte,
divenuta pacifica per effetto della mancata specifica contestazione della controparte (per riprendere
la formula lessicale utilizzata dall'art. 115, comma 1).

Semmai, vi molto pi semplicemente la dichiarazione (di scienza) di un terzo (non parte in


causa, appunto), che contiene l'affermazione o la negazione di determinati fatti storici di cui a
conoscenza e che sono rilevanti per il completamento o meno del pignoramento avviato con l'atto di
cui all'art. 543 (11) . E cio, di quali somme debitore nei confronti dell'esecutato o di quali beni
tenuto a restituire a questi, se vi sono sequestri precedentemente eseguiti e le cessioni che gli sono
state notificate e che ha accettato. Per ottenere un accertamento su questi fatti sufficiente ai fini
dell'attuazione del pignoramento l'ordinamento si accontenta della dichiarazione (di scienza) del
terzo non contestata dalle parti del processo esecutivo in corso.

Ricorre, cio, ad un espediente molto simile all'istituto della non contestazione nell'ambito del
processo di cognizione, al fine di conseguire quel minimum di accertamento dell'obbligo del terzo
sufficiente per procedere al pignoramento dell'oggetto di tale obbligo verso il debitore esecutato.
Ma, per le ragioni gi dette, al di l di questa vicinanza esteriore non si pu andare, al rischio di
incorrere in pericolose "forzature".

L'improprio ampliamento dell'utilizzo della "non contestazione" con la legge n. 228/2012.

Pu accadere, per, che all'udienza fissata per la dichiarazione del terzo vada diversamente. Pu
accadere, cio, che il terzo o non compaia oppure comparendo si rifiuti di rendere la dichiarazione
senza alcun giustificato motivo oppure ancora che sul contenuto di essa sorgano contestazioni.
con riferimento a queste eventualit che intervenuta la citata legge n. 228/2012 , apportando
rilevanti modifiche dirette, evidentemente, a rendere pi agevole il necessario accertamento
dell'obbligo del terzo.

Come noto, prima delle modifiche introdotte nel 2012 (12) , il codice si limitava a prevedere in tutti
questi casi la necessit di accertare l'esistenza o l'entit del credito o la propriet di cose del debitore
in possesso del terzo attraverso un normale giudizio di cognizione (l'esistenza del diritto del
debitore nei confronti del terzo: cos recitava l'art. 549 nel testo anteriore alla riforma del 2012).

E pertanto, il procedimento di pignoramento, che era stato introdotto con la citazione del terzo e del
debitore, era destinato a svilupparsi in un vero e proprio giudizio su istanza di parte, e dunque
attraverso l'iniziativa del creditore procedente (13) . Oggetto del giudizio che cos si apriva,
snodandosi, poi, secondo le regole ordinarie, era proprio l'accertamento dell'esistenza e la
consistenza dell'obbligo del terzo (14) . Soltanto se l'accertamento fosse stato positivo, il
pignoramento del credito o delle cose in possesso del terzo avrebbe potuto completarsi. Per questa
ragione si stabiliva che con la sentenza, con la quale si chiudeva il giudizio, il giudice avrebbe
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assegnato alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo (15) . Laddove,
invece, l'accertamento fosse stato negativo, sarebbe mancato l'oggetto dell'espropriazione e il
pignoramento, di conseguenza, non avrebbe potuto perfezionarsi.

Le conseguenze della mancata comparizione del terzo all'udienza per rendere la dichiarazione.

A seguito delle richiamate modifiche introdotte nel 2012 ed applicabili ai soli procedimenti
iniziati dopo il 1 gennaio 2013 la necessit di avere un vero e proprio giudizio di cognizione
stata superata e sostituita da un accertamento semplificato dell'obbligo del terzo verso l'esecutato
o della propriet di quest'ultimo sui beni in possesso del terzo, che, in quanto tale, pu avere
efficacia ai soli fini del procedimento esecutivo in corso.

A questo proposito, tuttavia, i nuovi artt. 548 e 549 c.p.c. distinguono l'ipotesi della mancata
dichiarazione del terzo dall'ipotesi in cui la dichiarazione del terzo vi sia stata ma siano sorte
contestazioni.

Ed infatti, secondo la nuova formulazione dell'art. 548 c.p.c. , se il pignoramento riguarda i crediti
di cui all'art. 545, commi 3 e 4 (crediti da lavoro dipendente o da pensione), quando il terzo non
compare all'udienza stabilita, il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, si considera non
contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di
assegnazione, e il giudice provvede a norma degli artt. 552 o 553. In questo caso, dunque, la
mancata comparizione del terzo all'udienza stabilita viene assimilata alla "non contestazione" e,
come tale, fornisce l'accertamento necessario e sufficiente perch il giudice dell'esecuzione
provveda a disporre la vendita o l'assegnazione delle cose o delle somme dovute dal terzo.

Ne deriva che, nonostante il terzo non assuma la posizione di parte nel processo esecutivo in corso,
n nel sub-procedimento di formazione del pignoramento, la sua mancata dichiarazione viene
assimilata dal legislatore ad una sorta di "non contestazione" di quanto affermato dal creditore
pignorante nell'atto di inizio del pignoramento di cui all'art. 543.

Ma anche in questo caso, evidentemente, siamo solo in presenza di un'utilizzazione impropria (o, se
si vuole, estensiva) dell'istituto della "non contestazione", cos come codificato oggi nell'art. 115,
comma 1, c.p.c. Al pari, del resto, di ci che abbiamo visto accadere con riferimento alla prima
ipotesi gi esaminata, e cio all'ipotesi della pacificit della dichiarazione del terzo per mancata
contestazione da parte del debitore esecutato e del terzo.

In entrambi i casi, infatti, non si pu affatto parlare dell'applicazione dell'istituto della "non
contestazione", nei termini in cui esso tradizionalmente ricostruito e ha trovato ingresso nel nostro
codice con la riforma del 2009. Non si pu trascurare di rilevare, cio, che anche in questo caso la
"non contestazione" non emerge dall'allegazione dei fatti compiuta da una parte e dalla mancata
contestazione degli stessi ad opera della controparte. Non foss'altro per il fatto che il terzo come
gi detto non parte del processo esecutivo e che, in ogni caso, il procedimento in corso non ha
ancora assunto le caratteristiche proprie del processo di cognizione, mancando una domanda di
accertamento dell'esistenza dell'obbligo del debitor debitoris ed avendo l'atto di cui all'art. 543
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c.p.c. la sola funzione di intimare al terzo di non disporre, senza ordine del giudice, delle cose o
delle somme dovute e ad invitarlo a rendere, appunto, la prescritta dichiarazione (16) .

Nelle modifiche introdotte vi , piuttosto, l'affermazione dell'esistenza di un obbligo sostanziale del


terzo nei confronti dell'esecutato e l'implicita conferma che quest'obbligo esiste nei termini indicati
dal creditore procedente. E questo, per la sola finalit di conseguire il minimum di accertamento
dell'obbligo del terzo sufficiente per consentire al creditore pignorante di procedere, in sede di
espropriazione forzata, all'aggressione di quanto dovuto al debitore esecutato.

Ne deriva che all'implicita conferma dell'esistenza dell'obbligo sostanziale, che l'ordinamento fa


scaturire dal mancato adempimento dell'onere del terzo di rendere la dichiarazione di cui all'art.
547 c.p.c. , non pu riconoscersi che la stessa natura ed efficacia della dichiarazione espressa.
Anche laddove implicitamente ottenuta essa non costituisce altro che una dichiarazione (di scienza)
di un terzo (17) , della quale il creditore procedente si serve per acquisire, a fini meramente esecutivi,
fatti e circostanze che sarebbe impossibile (o comunque, particolarmente difficile) acquisire in altro
modo.

Ed alla medesima conclusione dovrebbe pervenirsi laddove il mancato adempimento sia derivato
dalla comparizione del terzo all'udienza senza rendere la dovuta dichiarazione (18) . Infatti, se si
ammette come ci pare debba ammettersi che, per effetto dell'innovazione normativa, sia
configurabile in capo al terzo debitor debitoris un onere "collaborativo" di rendere la prescritta
dichiarazione e che, proprio alla luce di quest'onere, possa farsi scaturire l'effetto non contestativo
in caso di mancata comparizione all'udienza, difficile negare che si abbia l'inottemperanza del
medesimo onere "collaborativo" anche laddove il terzo sia comparso all'udienza ma non abbia reso
la propria dichiarazione. In altri termini, l'interpretazione formalistica della formula letterale
utilizzata, in maniera certamente poco avveduta, dal legislatore condurrebbe a soluzioni prive di
un'adeguata base di ragionevolezza.

Attraverso quest'espediente si supera, di fatto, il problema della mancata dichiarazione del terzo.
Mentre nel passato si riteneva che, in mancanza della dichiarazione del terzo, sarebbe mancata
l'affermazione dei fatti relativi al rapporto fra terzo e debitore esecutato (19) , alla luce delle
modifiche apportate nel 2012, invece, quest'affermazione ritenuta comunque sussistente ed data
da quanto indicato dal creditore procedente nell'atto di inizio del sub-procedimento di
pignoramento.

Perplessit nascenti dall'assimilazione fra "mancata comparizione" del terzo e "non contestazione".

Sennonch, la soluzione adottata dal legislatore del 2012 non pu non lasciare perplessi.

E non tanto per il fatto che in questo modo il legislatore utilizza l'espediente della "non
contestazione" fuori dal suo ambito tradizionale e ordinario (il processo cognitivo): questa strada,
come abbiamo visto, l'aveva gi percorsa il legislatore del 1942.

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Quanto, piuttosto, per il fatto che, da un lato, viene utilizzato come comportamento concludente
ai fini di una dichiarazione di scienza (e non di una dichiarazione di volont) il mero silenzio
osservato dal terzo, e, dall'altro lato, si addiviene alla configurazione di un vero e proprio obbligo
sostanziale del debitor debitoris attraverso il silenzio che egli ha serbato nei confronti (non di una
dichiarazione puntuale di sussistenza di tale obbligo e della sua causa, ma) di una indicazione,
almeno generica, delle cose o delle somme dovute (art. 543, comma 2, n. 2).

Se quest'indicazione "almeno generica" e comunque priva dell'individuazione del titolo sostanziale


(20)
poteva ben comprendersi nel contesto della previgente disciplina del pignoramento presso terzi,
in quanto, nel silenzio del terzo, la pi precisa individuazione dell' an (e del relativo titolo) e del
quantum dell'obbligo del terzo sarebbe stata oggetto dell'eventuale giudizio a cognizione piena che
si sarebbe aperto prima di portare a compimento il pignoramento avviato (21) , oggi, invece, sembra
difficile da comprendere. Non si vede, infatti, come una mera indicazione generica del creditore
procedente, senza puntuale individuazione dell' an e del quantum del credito o dei beni da
pignorare, possa di per s costituire il fondamento di un vero e proprio obbligo sostanziale del terzo,
semplicemente per il fatto che quest'ultimo ha omesso di rendere la richiesta dichiarazione. In
questo caso, molto pi semplicemente, nel silenzio del debitor debitoris, vengono a mancare i
presupposti sia per consentire che il mero silenzio del terzo valga come consapevole rinuncia a
contestare quanto affermato dal creditore e per "integrare" una vera e propria dichiarazione di
scienza ai fini del completamento del pignoramento, sia per consentire al giudice di pronunciare
l'ordinanza di assegnazione del credito (22) .

Ne deriva che, sebbene l'art. 543 continui a prevedere che il creditore procedente, in sede di
formulazione dell'atto di pignoramento presso terzi, possa limitarsi alla generica indicazione delle
cose o delle somme dovute, l'eventualit che questa indicazione generica si tramuti in una pi
specifica determinazione delle cose e delle somme dovute, necessaria per il perfezionamento del
pignoramento, dipende dalla circostanza che il debitor deitoris raccolga l'invito a collaborare
rivoltogli e renda la dichiarazione di cui all'art. 547.

L'ipotesi della mancata dichiarazione del terzo (negli altri casi di pignoramento presso terzi).

Le medesime conclusioni valgono con riferimento a quanto stabilisce ora l'art. 548 per l'ipotesi che
oggetto del pignoramento siano crediti diversi da quelli indicati dall'art. 545, commi 3 e 4, c.p.c. o
comunque beni di propriet del debitore esecutato e in possesso del terzo.

In questi casi, infatti, prosegue il comma 2 del nuovo art. 548 quando il creditore procedente
abbia dichiarato all'udienza stabilita di non aver ricevuto la dichiarazione del terzo (a mezzo lettera
raccomandata o p.e.c.), il giudice fissa una nuova udienza con ordinanza (da notificare al terzo
almeno 10 giorni prima della nuova udienza) e, laddove il terzo non compaia alla nuova udienza,
ancora una volta il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei
termini indicati dal creditore, si considera non contestato a norma del primo comma (23) . Vale a
dire che l'accertamento cos ottenuto sufficiente per procedere all'assegnazione o alla vendita delle
cose o delle somme dovute dal terzo.

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Nell'un caso come nell'altro il terzo potr impugnare nelle forme e nei termini di cui all'art. 617,
comma 1, l'ordinanza di assegnazione di crediti adottata [] se prova di non averne avuto
tempestiva conoscenza per irregolarit della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (24) .
Ci, tuttavia, al solo fine di neutralizzare gli effetti dell'ordinanza di assegnazione e dunque per far
valere vizi di natura formale di questa.

Per questa stessa ragione da ritenere che rimanga intatta, invece, la possibilit del terzo di agire in
un autonomo giudizio di cognizione per ottenere l'accertamento negativo del suo obbligo e la
conseguente restituzione di quanto indebitamente versato o consegnato (25) .

L'accertamento sommario dell'obbligo del terzo e l'incerta natura dell'"impugnazione" ex art. 617
c.p.c.

Diversa la procedura prevista per l'ipotesi in cui la dichiarazione del terzo sia stata resa e su di essa
siano sorte contestazioni (su iniziativa, a seconda del contenuto della dichiarazione del terzo, del
creditore procedente o del debitore esecutato, da esercitare nella stessa udienza). In questo caso,
infatti, stabilisce il nuovo art. 549 c.p.c. il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i
necessari accertamenti, con ordinanza. Ma, evidentemente, dopo che sia stato instaurato il
contraddittorio fra le parti e nei confronti del terzo, che del procedimento cognitivo cos avviatosi
senza dubbio litisconsorte necessario. Salvo il rispetto del contraddittorio, le modalit di
svolgimento di questa fase cognitiva saranno determinate dal giudice, come implicitamente si ricava
dall'inciso compiuti i necessari accertamenti, e senza che sia richiesta un'ulteriore, specifica
istanza di parte.

Anche l'ordinanza di accertamento "semplificato" dell'obbligo del terzo produce effetti ai fini del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione (26) , ma essa
impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, ad opera del creditore procedente, del
debitore esecutato o del terzo.

Non chiaro, tuttavia, quale sia l'oggetto di questa successiva ed eventuale "impugnazione". Vale a
dire, se essa abbia ad oggetto la sola regolarit formale del provvedimento del giudice
dell'esecuzione, come sembrerebbe suggerire il richiamo letterale dell'art. 617. Ci che, peraltro,
finirebbe per costituire un'inutile quanto sovrabbondante ripetizione di quel che in termini generali
lo stesso art. 617, comma 2, ammette nei confronti dei singoli atti di esecuzione e
determinerebbe, nei fatti, una netta inversione dei rapporti tra cognizione-accertamento ed
esecuzione che, senza dubbio, costituirebbe un regresso della civilt giuridica (27) .

Oppure come sembrerebbe pi ragionevole anche alla luce di quanto sostenuto a proposito
dell'identica soluzione adottata dal legislatore per le controversie in sede di distribuzione del
ricavato di cui all'art. 512 c.p.c. (28) (e del quale vengono riprese nell'art. 549 le medesime formule
normative) (29) anche il diritto sostanziale oggetto della dichiarazione e delle successive
contestazioni, generate dalla dichiarazione del terzo (30) o comunque ad essa strettamente connesse
(31)
.

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Con l'ovvia conseguenza che, in quest'ultimo caso, l'"impugnazione" proponibile nelle forme e nei
termini dell'art. 617 aprirebbe la fase a cognizione piena sull'accertamento dell'obbligo del terzo,
successiva alla fase sommaria conclusasi con l'ordinanza, la quale, ove "non impugnata" nei
termini, sarebbe perci idonea ad acquisire forza di giudicato. Ma con l'altrettanto ovvia
conseguenza che al terzo dovrebbe essere riconosciuta la posizione di vera e propria parte
dell'"incidente cognitivo" ed a tutte le parti essere attribuite le garanzie proprie del giudizio a
cognizione piena ed esauriente (ivi compresa l'esperibilit dell'appello avverso la sentenza che
chiude l'"impugnazione" proposta nelle forme e nei termini di cui all'art. 617) (32) .

Dalla scelta per l'una o per l'altra soluzione dipende anche, evidentemente, l'efficacia (solo
endoprocessuale (33) o anche sostanziale) dell'ordinanza in questione, ove non fosse sottoposta al
rimedio "impugnatorio" di cui all'art. 617, e la possibilit che il diritto, sul quale sono sorte le
contestazioni, sia oggetto di un autonomo giudizio di cognizione.

E sempre dalla scelta per l'una o per l'altra soluzione dipende anche l'applicabilit
all'"impugnazione" dell'ordinanza in esame ai sensi dell'art. 617 della sospensione del giudizio
prevista dall'art. 678 c.p.c. per l'ipotesi in cui il sequestro conservativo sia da attuare secondo le
forme del pignoramento presso terzi. Secondo quest'ultima disposizione, infatti, il giudizio sulle
controversie relative all'accertamento dell'obbligo del terzo sospeso fino all'esito del giudizio sul
merito, a meno che il terzo non chieda l'immediato accertamento del proprio obbligo. Ne deriva
che l'esigenza di sospensione prevista dall'art. 678 dovrebbe manifestarsi nella sola ipotesi in cui
ottenuta la dichiarazione pacifica del terzo o l'accertamento di cui all'art. 549 del suo obbligo
venga instaurato un autonomo giudizio (a cognizione piena) che abbia ad oggetto, appunto,
l'accertamento dell'obbligo del terzo. Ma questa conclusione, all'evidenza, si giustifica soltanto
laddove si escludesse che l'eventuale "impugnazione" nelle forme e termini dell'art. 617,
dell'ordinanza ex art. 549, abbia ad oggetto il diritto sostanziale, sul quale stata resa la
dichiarazione del terzo e sono sorte le successive contestazioni.

-----------------------
(1)
In proposito v. anche, in senso critico nei confronti dell'intervento riformatore, Colesanti, Novit
non liete per il terzo debitore (cinquant'anni dopo!), in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2013, 1255 e
segg., il quale osserva che le introdotte innovazioni han l'aria di voler mandare al macero non altro
che la storia, l'intera esperienza maturata in secoli di progressiva evoluzione dell'espropriazione di
crediti; ma gi, in precedenza, Monteleone, Semplificazioni e complicazioni nell'espropriazione
presso terzi, in Riv. Esec. Forz., 2013, 1 e segg.; Saletti, Le novit dell'espropriazione presso terzi,
ibid., 12 e segg.; Briguglio, Note brevissime sull'onere di contestazione per il terzo pignorato
(nuovo art. 548 c.p.c.), ibid., 30 e seg.; Bongiorno, Le novit in materia di espropriazione presso
terzi, in Punzi, Il processo civile. Sistema e problematiche. Le riforme del quadriennio 2010-2013,
Torino, 2014, 349 e segg.; Russo, La tutela del terzo nel procedimento di espropriazioni di crediti
dopo la legge 28 dicembre 2012, n. 228, in Giusto Proc. Civ., 2013, 852 e segg. Sempre con
valutazioni critiche v. anche Mandrioli-Carratta, Diritto processuale civile, IV, Torino, 2014, 135 e
segg.; Olivieri, Modifiche legislative all'espropriazione presso terzi, in Libro dell'anno Diritto
Treccani, Roma, 2014, in www.treccani.it/enciclopedia, il quale osserva che recuperati vecchi

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progetti da tempo giacenti (forse non a caso) nei cassetti ministeriali stata messa a fuoco
l'espropriazione presso terzi, ponendo a carico del terzo (estraneo all'esecuzione) l'onere di
contestare esplicitamente, mediante dichiarazione inviata al creditore o resa in udienza,
l'affermazione del creditore circa il possesso di cose del debitore o la sua qualit di debitore del
debitore.
(2)
Vale a dire le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennit relative al
rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento.
(3)
Cos Colesanti, voce "Pignoramento presso terzi", in Enc. Dir., XXXIII, Milano, 1983, 846.
(4)
Sulla particolare posizione del terzo nell'ambito dell'espropriazione ineludibili le considerazioni
di Colesanti, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, I, Milano, 1967, 189 e segg. e 236,
successivamente ribadite nella voce "Pignoramento presso terzi", cit., 838 e seg. e 846; ma anche
Id., Novit non liete, cit., 1257. Il tema stato ripreso, poi, da Vaccarella, voce Espropriazione
presso terzi, in Digesto Civ., VIII, Torino, 1992, 101 e segg. e da Frisullo, I soggetti e il
contraddittorio. Il terzo, in AA.VV., Le espropriazioni presso terzi a cura di Auletta, Bologna,
2011, 93 e segg.; ma v. anche Capponi, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2012, 201
e seg.; Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2012, 568 e segg. In giurisprudenza, ex
multis, Cass., 5 giugno 2007, n. 13069, in Mass. Giur. It., 2007; Id., 16 settembre 2005, n. 18352,
ivi, 2005; v. anche Id., Sez. un., 18 dicembre 1987, n. 9407, in Giust. Civ., 1988, I, 2053 e segg.,
con nota di Bove, che hanno ricondotto l'ipotesi della dichiarazione mendace o compiacente del
terzo non alla responsabilit processuale di cui all'art. 96 c.p.c. , che riguarda le parti, ma alla
responsabilit aquiliana per la violazione del dovere di collaborazione con la giustizia.
(5)
Andrioli, Il diritto di credito come oggetto di esecuzione forzata, in Foro It., 1941, IV, 1 e segg.,
ora ripubblicato in Scritti giuridici, Milano, 2007, 525 e segg.
(6)
V., per tutti, Colesanti, Il terzo debitore, cit., II, 335 e segg.; Travi, voce "Espropriazione presso
terzi", in Noviss. Dig. It., VI, Torino, 1964, 956 e segg.; Vaccarella, voce "Espropriazione presso
terzi", cit., 101 e segg.; Tarzia, L'oggetto del processo di espropriazione, Milano, 1961, 306 e segg.,
che infatti richiama la necessit di addivenire alla traduzione dell'oggetto asserito in oggetto
certo.
(7)
V., in particolare, Colesanti, Il terzo debitore, cit., 222 e segg.; Id., voce "Pignoramento presso
terzi", cit., 846.
(8)
L'espressione di Colesanti, voce "Pignoramento presso terzi", cit., 846.
(9)
Carratta, Il principio della non contestazione nel processo civile, Milano, 1995, 442.
(10)
Per una simile conclusione rinviamo a Carratta, Il principio, cit., 442 e segg. La conclusione ci
pare condivisa da Colesanti, Novit non liete, cit., 1265, quando giustamente osserva che la non
contestazione, che ex art. 115 ha valenza di "surrogato" della prova ai fini della decisione (come il
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"prender posizione" ex art. 167 per il convenuto), riguarda chi parte di un giudizio cognitivo con i
correlati diritti e oneri processuali, mentre [] una tal veste certo non spetta al terzo debitore,
"presso" e non "contro" il quale vien condotta l'espropriazione, diretta sempre e solo nei confronti
del debitore soggetto alla sanzione.
(11)
Ci a conferma del fatto se ce ne fosse ancora bisogno che oggetto del pignoramento non
affatto il diritto del debitore esecutato nei confronti del terzo, ma semplicemente le cose da restituire
o le somme da versare (anche se ancora non esigibili o illiquide, ma suscettibili di una capacit
satisfattiva futura: cos Cass., 15 marzo 2004, n. 5235, in Mass. Giur. It., 2004; Id., 4 dicembre
1987, n. 9027, ivi, 1987) da parte di quest'ultimo: v., in argomento, Olivieri, I profili e l'evoluzione
del sistema di espropriazione presso terzi, in AA.VV., Le espropriazioni presso terzi a cura di
Auletta, Bologna, 2011, 7 e segg.; Tota, Il principio della domanda nel processo di espropriazione
di credito, in Riv. Esec. Forz., 2009, 244 e segg.; Id., Sub art. 543, in Comm. c.p.c., a cura di
Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, VI, Torino, 2013, 744; Bruschetta, Oggetto del
pignoramento prezzo terzi, in Riv. Esec. Forz., 2011, 280 e segg.
(12)
In proposito v. soprattutto Saletti, Il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo pignorato, in
Riv. Dir. Proc., 1998, 996 e segg., spec. 1014; Olivieri, I profili e l'evoluzione del sistema di
espropriazione presso terzi, in AA.VV., Le espropriazioni presso terzi, cit., 30 e segg.; Groppoli,
Oggetto del pignoramento di crediti e suo accertamento in sede esecutiva, in Riv. Esec. Forz., 2002,
258 e segg.; Onniboni, L'oggetto del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo pignorato di
consistenza solo processuale, in Corriere Giur., 2003, 1144 e segg.; Pelle, Sull'oggetto del giudizio
di accertamento del diritto pignorato nell'espropriazione presso terzi, in Giusto Proc. Civ., 2010,
605 e segg.; Tota, Sub art. 545, in Comm. c.p.c. a cura di Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella,
VI, Torino, 2013, 780 e segg.
(13)
Cfr. Cass., 17 maggio 2013, n. 12113, in Mass. Giur. It., 2013; Id., 5 settembre 2006, n. 19059,
in Riv. Esec. Forz., 2006, 831 e segg., con nota di Vaccarella.
(14)
In argomento v. anche Pelle, Sull'oggetto, cit., 605 e segg.; Rossi, Sul giudizio di accertamento
dell'obbligo del terzo, in Scritti sul processo esecutivo e fallimentare in ricordo di Raimondo
Annecchino, Napoli, 2005, 591 e segg.
(15)
Merlin, Profili relativi all'interpretazione sistematica dell'art. 549 c.p.c., in Riv. Esec. Forz.,
2000, 304 e segg.
(16)
Colesanti, Il terzo debitore, cit., II, 305 e segg.; Id., voce "Pignoramento presso terzi", cit., 844;
Id., Ingiunzione al terzo debitore nel pignoramento di crediti, in Giur. It., 1962, I, 2, 227 e segg.;
Redenti, Diritto processuale civile, III, Milano, 1957, 240; Vaccarella, voce "Espropriazione presso
terzi", cit., 108 e segg. Tuttavia, nel senso che l'atto di cui all'art. 543 c.p.c. possa essere inteso
come vero e proprio atto di citazione del terzo, Carnelutti, Istituzioni del nuovo processo civile
italiano, III, Roma, 1942, 58; Zanzucchi, Vocino, Diritto processuale civile, III, Milano, 1964, 190.

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(17)
per questa ragione che non ci sembra da condividere la conclusione di Saletti, Le novit
dell'espropriazione presso terzi, cit., 13 e segg., secondo cui, con riferimento all'ipotesi in cui il
giudice debba fissare una nuova udienza per la comparizione del debitor debitoris (sulla quale pi
avanti, nel testo), si profilerebbe un dubbio di legittimit costituzionale nella prospettiva degli artt.
3, 24 e 111 Cost. , per difetto di un'adeguata formulazione del comma 3 dell'art. 548 c.p.c. , che al
momento si limita a disporre la pura e semplice notificazione al terzo dell'ordinanza che fissa la
nuova udienza, senza prevedere che vengano esplicitate la portata e le conseguenze della sua
mancata comparizione. Infatti, osserva l'A. non si comprende perch il terzo debba avere
un trattamento deteriore rispetto al convenuto nel processo di cognizione. In realt, premesso che
l'"avvertimento" di cui all'art. 163, comma 3, n. 7, c.p.c. riguarda solo le decadenze di cui agli artt.
38 e 167 e non anche le conseguenze che possono derivare dalla "non contestazione" specifica dei
fatti ex adverso allegati, il differente trattamento trova comunque giustificazione nella diversa
posizione che assume il debitor debitoris rispetto al convenuto nel processo di cognizione.
(18)
Ad una diversa conclusione in proposito perviene, invece, Saletti, Le novit dell'espropriazione
presso terzi, cit., 14 e seg., il quale esclude che la regola della "non contestazione" possa applicarsi
anche al caso in cui il terzo compaia all'udienza, ma non renda la propria dichiarazione. Secondo
l'A., infatti, l'applicazione della regola della non contestazione introdotta dalle norme riformate ad
un soggetto che, come il terzo pignorato, non parte del processo espropriativo in cui chiamato a
rendere la propria dichiarazione, eccezionale, sicch sembra da escludere la possibilit della sua
applicazione estensiva ed analogica oltre i casi espressamente considerati. Per identiche
conclusioni anche Bongiorno, Le novit in materia di espropriazione presso terzi, cit., 351, sulla
base del carattere eccezionale dell'applicazione del principio di non contestazione ad un soggetto
terzo, che non sia parte del processo.
(19)
Per la sottolineatura di quest'aspetto v., in particolare, Colesanti, Il terzo debitore, cit., II, 431 e
segg.; Id., voce "Pignoramento presso terzi", cit., 846 e segg.; Redenti, Diritto processuale civile,
cit., III, 246 e segg.; Travi, voce "Espropriazione presso terzi", cit., 963 e segg.; Bucolo, Il
pignoramento e il sequestro presso il terzo, Padova, 1986, 205 e segg.; Vaccarella, voce
"Espropriazione presso terzi", cit., 113 e segg.
(20)
Questa, almeno, l'opinione prevalente: v., in particolare, Redenti, Diritto processuale civile,
cit., III, 248; Andrioli, Commento al c.p.c., III, Napoli, 1957, 185; Id., Il diritto di credito come
oggetto di esecuzione forzata, cit., 2 e segg.; Colesanti, Il terzo debitore, cit., II, 457; Id., voce
"Pignoramento presso terzi", cit., 844; Travi, voce "Espropriazione presso terzi", cit., 958; Dini,
L'espropriazione presso terzi, Milano, 1983, 144; Martinetto, Gli accertamenti degli organi
esecutivi, Milano, 1963, 71 e segg. In giurisprudenza, nello stesso senso Cass., 24 maggio 2003, n.
8239, in Mass. Giur. It., 2003; Id., 13 gennaio 1983, n. 249, ivi, 1983, secondo le quali l'art. 543
non legittima alcuna distinzione, ai fini della validit del pignoramento, circa il grado di genericit
dell'indicazione, la quale, quindi, pu anche essere assolutamente generica, ci giustificandosi con
la difficolt che ha il creditore procedente di conoscere i dati esatti concernenti tali somme o cose.
Invece, nel senso che il creditore procedente abbia anche l'onere di indicare la causa del credito del
debitore esecutato nei confronti del terzo, Satta, Comm. c.p.c., III, Milano, 1968, 312; Tarzia,

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L'oggetto, cit., 315 e segg.; Sparano, L'espropriazione forzata e i diritti di credito, Napoli, 1958,
175, nt. 1.
(21)
Rilevava Tarzia, L'oggetto, cit., 315 e segg. come la "specificazione" e la "certezza" dell'obbligo
del terzo, necessaria per procedere al puntuale pignoramento, dovesse avvenire o attraverso al
dichiarazione del terzo o attraverso il giudizio a cognizione piena.
(22)
Per la medesima conclusione cfr. Saletti, Le novit dell'espropriazione presso terzi, cit., 15, per
il quale la presunzione di riconoscimento rileva esclusivamente di fronte ad un atto di
pignoramento che indichi analiticamente i beni dovuti dal terzo; mentre laddove ci non sia (e
manchi un'effettiva dichiarazione del terzo), nonostante il disposto del nuovo testo legislativo, la
situazione oggettiva non consentir al giudice dell'esecuzione di procedere ulteriormente; Olivieri,
Modifiche legislative, cit., 3.1., il quale osserva che, siccome la pronuncia delle ordinanze di cui
agli artt. 552 e 553 c.p.c. presuppone un fatto non contestato, un'indicazione del creditore tanto
generica da non rendere possibile identificare le cose o le somme dovute impedirebbe al giudice
dell'esecuzione la pronuncia di quei provvedimenti ( recte: dovrebbe dichiarare l'impossibilit di
disporre la vendita della cosa o l'assegnazione del credito) per difetto del fatto giustificativo
dell'ordinanza; Storto, Riforma natalizia, cit., 47. A non diversa conclusione perviene anche
Bongiorno, Le novit in materia di espropriazione presso terzi, cit., 351 e seg., osservando che,
laddove non dovesse essere eliminata la "genericit" dell'indicazione delle cose e dei crediti da parte
del creditore procedente, il giudice dell'esecuzione si dovr limitare a dare atto della sussistenza di
un rapporto obbligatorio tra debitore e terzo, senza tuttavia poter disporre l'assegnazione di somme
o la vendita di cose del debitore.
(23)
In proposito v. anche, retro, la nota 17.
(24)
In proposito v. anche Monteleone, Semplificazioni e complicazioni, cit., 2 e segg.; Saletti, Le
novit dell'espropriazione presso terzi, 14 e segg.; Storto, Riforma natalizia del pignoramento
presso terzi, cit., 34 e segg.; Tota, Sub art. 548, in Comm. c.p.c., cit., VI, 856 e segg.; Olivieri,
Modifiche legislative, cit., 3.2.
(25)
In senso analogo Monteleone, Semplificazioni e complicazioni, cit., 6 e seg., secondo il quale il
terzo potrebbe esperire sia l'azione di accertamento negativo, sia l'opposizione all'esecuzione per
contestare l'an e il quantum del proprio obbligo; Briguglio, Note brevissime, cit., per il quale il terzo
potrebbe esperire l'azione di ripetizione di indebito e l'opposizione all'esecuzione. Diversamente
orientato Olivieri, Modifiche legislative, cit., 3.2., per il quale un rimedio adeguato a disposizione
del terzo sarebbe il procedimento "semplificato" di cui all'art. 549, e dunque il terzo potrebbe
chiedere al giudice dell'esecuzione l'accertamento negativo del proprio obbligo con ordinanza
"impugnabile" a norma dell'art. 617.
(26)
Anche Colesanti, Novit non liete, cit., 1258, osserva che gli "accertamenti" compiuti dal giudice
dell'esecuzione servono a (meri) fini esecutivi, giust'appunto per consentire l'atto finale dell' iter
espropriativo e cio l'assegnazione.

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(27)
Come conclude, amaramente, Colesanti, Novit non liete, cit., 1272 e seg., all'esito dell'analisi
critica delle modifiche legislative recentemente intervenute.
(28)
Carratta, Le controversie in sede distributiva fra diritto al concorso e sostanza delle ragioni
creditorie, in Corriere Giur., 2009, 559 e segg.; Id., voce "Distribuzione del ricavato", in Enc. Giur.
Treccani, XI, Roma, 2010, 6 e segg.
(29)
Anche Colesanti, Novit non liete, cit., 1263, rileva che le recenti innovazioni [in tema di
pignoramento presso terzi: n.d.r.] sembrano trovare il loro immediato punto di riferimento nella di
poco anteriore modifica dell'art. 512 c.p.c. sulla risoluzione di controversie in sede di
distribuzione.
(30)
Senza escludere che le contestazioni possano riguardare anche l' exceptio inadimpleti contractus
connessa ad una controprestazione contrattuale gravante sul debitore esecutato (sul quale problema
v. gi Andrioli, Il diritto di credito, cit., 1 e segg.). evidente che, laddove non si condividesse la
conclusione indicata nel testo circa l'oggetto della successiva impugnazione dell'ordinanza di cui
all'art. 549, resterebbe aperto il problema richiamato da Colesanti, Novit non liete, cit., 1259 e
segg. delle modalit con le quali risolvere le complesse vicende di tali, a loro volta complesse,
situazioni. Si dovrebbe ammettere, cio, che queste complesse vicende possano essere risolte
sommariamente ai fini dell'esecuzione in corso, aprendo cos la strada all'ordinanza di assegnazione
del credito, salva la possibilit del terzo di ristabilire il sinallagma funzionale tra prestazione e
controprestazione contrattuale solo in un secondo momento (e in sede extra-esecutiva). Ma questo
significherebbe anche come sottolinea sempre Colesanti, op. loc. cit. consentire al
provvedimento di assegnazione di disintegrare proprio il sinallagma funzionale e di costringere il
terzo assegnato a pagare senza nulla poter ottenere.
(31)
Si pensi, ad es., all'eventuale compensazione che il terzo intenda far valere fra il proprio debito
dichiarato ed un controcredito vantato nei confronti del debitore esecutato.
(32)
Per la medesima conclusione anche a proposito della sentenza che chiude l'impugnazione
dell'ordinanza ex art. 512 c.p.c. cfr. Carratta, Le controversie in sede distributiva, 559 e segg.; Id.,
voce "Distribuzione del ricavato", 6 e segg.; Mandrioli-Carratta, Diritto processuale civile, cit., IV,
106 e segg.; in senso sostanzialmente conforme Capponi, Manuale, cit., 354 e segg.; Vincre, Profili
delle controversie della distribuzione del ricavato (art. 512 c.p.c.), Padova, 2010, 182 e segg.;
Nascosi, Contributo allo studio della distribuzione della somma ricavata nei procedimenti di
espropriazione forzata, Napoli, 2013, 205 e segg. Invece, nel senso che la sentenza, con la quale
viene decisa l'impugnazione dell'ordinanza di cui all'art. 549, non sia impugnabile se non con il
ricorso in cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. , Saletti, Le novit, cit., 15 e segg., il quale
aggiunge anche che, di conseguenza, rispetto al passato, si avr la perdita del grado di appello e
che questa soluzione potrebbe essere condivisibile, considerato il carattere endoprocessuale della
decisione; nello stesso senso Tota, Sub art. 549, in Commentario c.p.c., cit., VI, 880 e segg.
(33)
In questo senso Colesanti, Novit non liete, cit., 1264, il quale osserva che, se il debitor debitoris
diviene parte dell'episodio cognitivo e, per quanto detto nel testo, a questa conclusione ci pare si
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debba pervenire egli dovrebbe (come, giova ripetere, era sino a ieri) in esso poter godere delle
"naturali" garanzie che accompagnano un qualsiasi giudizio finalizzato a un accertamento pieno
delle situazioni giuridiche che ne formano oggetto. E aggiunge che sin troppo agevole osservare
che proprio questo quel che non si voluto, per (ben) comprensibili ragioni, in una parola per la
"semplificazione acceleratoria"; Saletti, Le novit, cit., 14 e segg.; Storto, Riforma natalizia, cit.,
47; Tota, Sub art. 549, cit., 883. Diversamente orientata, invece, Vincre, Brevi osservazioni, 69.

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12) ESECUZIONE FORZATA, 2015, 2, 213 (NOTA A SENTENZA)

IL LITISCONSORTE PRETERMESSO E L'OPPOSIZIONE ALL'ESECUZIONE


SPECIFICA CONTRO DI LUI INTRAPRESA

Girolamo Monteleone

Cass. civ. Sez. Unite, 23 gennaio 2015, n. 1238

c.p.c. art. 404

c.p.c. art. 615

Sommario: 1. La questione giuridica. - 2. Il caso concreto. - 3. I presupposti di fatto e di diritto della


decisione delle Sezioni Unite. - 4. Suoi riflessi sul piano della teoria generale dell'esecuzione
forzata. - 5. I mezzi di difesa del terzo coinvolto nell'esecuzione specifica, o diretta, di un titolo
esecutivo cui estraneo. - 6. La soluzione offerta dalla S.C. nel caso concreto e le sue conseguenze
giuridiche. - 7. Conclusioni in tema di tutela specifica e tutela per equivalente.

1. La questione giuridica.

Le Sezioni Unite della Cassazione, su sollecitazione della Sezione III, sono state investite della
soluzione di una questione giuridica, ritenuta di particolare importanza. Essa consisteva, in sintesi,
nello stabilire se il litisconsorte necessario ex art. 102 c.p.c., pretermesso nel processo conclusosi
con l'emanazione di un provvedimento esecutivo, possa promuovere l'opposizione all'esecuzione
prevista dall'art. 615 c.p.c., allorch l'avente diritto pretenda di eseguire il titolo anche in suo
pregiudizio, ovvero se per tutelare la sua posizione giuridica debba impugnare il provvedimento
reso inter alios con l'opposizione di terzo ordinaria prevista dall'art. 404, 1 co., c.p.c.

2. Il caso concreto.

La vicenda, da cui ha tratto origine la controversia, nata da un'azione possessoria esercitata nel
lontano 1985 (trent'anni addietro!), a conclusione della quale un tizio stato condannato a demolire
un muro con una vetrata da lui costruito nel suo immobile invadendo, per, quello del vicino
confinante, che pertanto lamentava di avere subto parziale spoglio. Al momento di porre in
esecuzione la sentenza di condanna alla demolizione, esce allo scoperto la moglie dell'autore del
malfatto (nel frattempo defunto), la quale, assumendo la veste di litisconsorte pretermessa nel
processo possessorio in quanto comproprietaria dell'immobile nel quale eliminare l'opera abusiva,
propone l'opposizione prevista dall'art. 615 c.p.c. Costei deduce l'inesistenza del diritto a procedere
ad esecuzione forzata nei suoi confronti, quale comproprietaria del manufatto da demolire, essendo
essa terza rispetto al titolo posto in esperimento.

Il giudice di merito le d ragione ed accoglie l'opposizione. La sentenza viene impugnata con


ricorso in cassazione, e le Sezioni Unite accogliendo il gravame la cassano senza rinvio, affermando
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il principio di diritto, in forza del quale il terzo litisconsorte necessario pretermesso non
legittimato a promuovere l'opposizione all'esecuzione prevista dall'art. 615 c.p.c. allorch si
pretenda di far valere il titolo nei suoi riguardi. In tal caso egli deve proporre l'opposizione ordinaria
di terzo contro la sentenza esecutiva, incidentalmente alla quale pu anche chiedere, ed ottenere, la
sospensione dell'esecuzione o inibire preventivamente la sua efficacia esecutiva.

La sentenza delle Sezioni Unite estesa ben 84 pagine, ma la maggior parte di essa non si occupa
del processo esecutivo e della relativa opposizione (cui sono dedicate in fine solo 7 pagine) per
soffermarsi, invece, su una ricostruzione molto diffusa dell'opposizione di terzo ordinaria come
mezzo di impugnazione della sentenza, della quale fornisce una trattazione sistematica.

Il commento che segue non riguarder il mezzo di impugnazione delle sentenze, ma si soffermer
sull'aspetto del processo esecutivo e delle opposizioni ad esso inerenti. Si cercher di essere quanto
pi possibile concisi, altrimenti si corre il rischio che nessuno legga n la corposa sentenza, n il
suo commento.

3. I presupposti di fatto e di diritto della decisione delle Sezioni Unite.

Giova preliminarmente osservare come il problema, affrontato e risolto dalla S.C. nei termini
anzidetti, riguardi esclusivamente la c.d. esecuzione forzata in forma specifica e sia, invece, non
solo estraneo, ma addirittura inconcepibile, nell'espropriazione forzata. Infatti, quando si tratta di
ottenere il soddisfacimento coattivo di un vero e proprio diritto di credito attraverso l'apprensione
forzosa e la vendita dei beni, compresi nel patrimonio del debitore ed oggetto della garanzia
patrimoniale prevista dall'art. 2740 c.c. in correlazione all'art. 2910 c.c., escluso a priori e per
definizione che il creditore munito di titolo possa pignorare ed espropriare in linea di diritto beni di
terzi (1). A meno che non si tratti di terzi apparenti, vale a dire o coobbligati, o garanti di debito
altrui, o successori a titolo universale del debitore inadempiente.

Nell'eventualit, ovviamente patologica, che vengano colpiti beni di terzi veri e propri in nessun
modo obbligati verso il creditore procedente, l'art. 619 c.p.c. prevede una particolare forma di
opposizione all'esecuzione per espropriazione, il cui scopo quello permettere al terzo di sottrarre
ad essa beni esclusivamente suoi e perci non compresi nel patrimonio del debitore escusso.

Il discorso cambia per la c.d. esecuzione specifica, o diretta, e cio quella per consegna o rilascio
e/o per obblighi di fare o non fare. Alla base di essa, infatti, non sta un vero e proprio diritto di
credito, ma un diritto reale o assoluto ovvero una situazione giuridica finalistica su un bene
specifico gi individuato, che, in quanto tale, si impone erga omnes ed esclude ogni forma di
concorso di altri ipotetici creditori (2).

Cos si spiega il costante indirizzo giurisprudenziale, gi formatosi sotto l'abrogato codice di


procedura civile del 1865, secondo cui il titolo vale ed eseguito nei confronti di chiunque si trovi
nel possesso o nella detenzione del bene, oggetto della c.d. esecuzione forzata in forma specifica (3).

4. Suoi riflessi sul piano della teoria generale dell'esecuzione forzata.


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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

Il caso prospettato e deciso nella pronuncia delle Sezioni Unite consente, dunque di porre un primo
punto fermo e di ribadire a ragion veduta quella costruzione giuridica, che pone una netta
distinzione sul piano della tutela dei diritti tra l'espropriazione forzata, da un canto, e la c.d.
esecuzione in forma specifica, dall'altro, confusamente accomunate nell'approssimativo disegno del
codice civile nel medesimo ambito dell'esecuzione forzata in generale, come se si trattasse di forme
di tutela identiche, o omogenee (4), salvo il fine generico di permettere coattivamente la materiale
soddisfazione di un diritto leso.

L'esperienza pratica dimostra dunque, nel suo quotidiano dipanarsi, che l'espropriazione forzata dei
beni del debitore inadempiente, attraverso la quale si attua in concreto e definitivamente la
responsabilit-garanzia patrimoniale che lo vincola al creditore, uno strumento tipico e
coessenziale del rapporto giuridico obbligatorio, o obbligazione, in senso tecnico-giuridico. Per
questa ragione in radice da escludere che un creditore munito di titolo esecutivo verso il suo
debitore possa legittimamente pignorare, invece, beni di un terzo non debitore, e quindi non legato
da alcuna obbligazione verso di lui n tenuto a garantire alcunch.

, invece, concepibilissimo ed accade di frequente che il titolare di un diritto in senso ampio reale, o
assoluto, valevole per sua intrinseca struttura erga omnes e non solo contro un soggetto
predeterminato come accade nelle obbligazioni, al momento di realizzarlo concretamente e
coattivamente attraverso uno dei procedimenti di esecuzione specifica non subisca remore o
impedimenti di principio derivanti dalla posizione di terzi, che si trovino in una qualche relazione
con il bene sul quale operare, e ci indipendentemente dalla connotazione soggettiva del titolo
esecutivo (5).

Per la verit, alcune recenti e pregevoli trattazioni giuridiche insistono ancora nell'impostare il
problema concernente la piena realizzazione giurisdizionale dei diritti di credito in termini di
contrapposizione tra tutela specifica e tutela per equivalente, e ritengono essere l'espropriazione
forzata una forma di tutela esecutiva "minore" del credito indissolubilmente legata ad un surrogato
imperfetto dell'adempimento "reale" o in natura, consistente nel risarcimento del danno provocato
dall'inadempimento (6). Mi limito semplicemente ad osservare che nella pratica quotidiana la
stragrande maggioranza delle obbligazioni ha ad oggetto, originario o successivo, somme di danaro,
e che rispetto ad esse l'espropriazione forzata dei beni del debitore inadempiente rappresenta la pi
specifica delle esecuzioni. Non mi soffermo su altre obbiezioni, essendo evidentemente inutile
insistere in un dialogo tra sordi, se non per osservare che la pretesa parificazione anche sul piano
esecutivo tra diritti reali e/o assoluti, da un lato, e quelli di credito, dall'altro lato, contradice un
esperienza giuridica bimillenaria e le pi elementari regole del diritto privato solo per obbedire ad
una preconcetta impostazione di ispirazione evidentemente ideologica, che si rifiuta di prendere atto
della realt.

5. I mezzi di difesa del terzo coinvolto nell'esecuzione specifica, o diretta, di un titolo esecutivo
cui estraneo.

Una volta circoscritto il problema del terzo litisconsorte pretermesso al suo esatto ambito
dell'esecuzione in forma specifica, o diretta, occorre stabilire di quali mezzi di difesa il terzo in
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questione possa avvalersi per fermare l'esecuzione rivolta contro di lui. il punto sul quale hanno
pronunciato le Sezioni Unite nella sentenza in commento.

Bisogna fare alcune distinzioni, perch la soluzione offerta dalla Corte non valida per tutti i casi.

Se l'avente diritto ha notificato titolo e precetto al terzo, possessore o detentore, del bene in ordine
al quale si pretenda la consegna o il rilascio o l'attuazione di un obbligo di fare o non fare, costui
acquista la qualit di soggetto passivo dell'esecuzione forzata, e quindi ha pieno diritto di proporre
l'opposizione prevista dall'art. 615 c.p.c., sia prima che dopo l'inizio dell'esecuzione forzata. Ci in
ogni caso, anche se fosse stato un litisconsorte necessario pretermesso nel processo in cui si
formato il titolo esecutivo, essendo egli il soggetto contro il quale l'avente diritto pretende di
procedere esecutivamente in modo diretto ed immediato.

La stessa soluzione deve adottarsi se il titolo esecutivo sia stragiudiziale, dato che secondo la
rinnovata formulazione dell'art. 474, ult. co., c.p.c. si pu agire esecutivamente per la consegna o il
rilascio di un bene anche in forza di un atto notarile. In questo caso manca in radice l'alternativa con
l'opposizione di terzo ordinaria come mezzo di impugnazione delle sentenze, ed inoltre
l'opposizione all'esecuzione non incontra limiti di sorta alla cognizione del giudice donde la piena
deducibilit in essa di vizi, eccezioni, ragioni e difese di ogni specie.

Lo stesso vale, ancora, nel caso che l'avente diritto pretenda di eseguire il titolo in modo non
corrispondente al suo contenuto, ovvero che per errore dell'Ufficiale giudiziario procedente l'azione
esecutiva vada a colpire un bene diverso da quello individuato nel titolo. Qui manca l'alternativa
con l'opposizione di terzo ordinaria, perch il pregiudizio per l'escusso non deriva dal contenuto e/o
dagli effetti del titolo giudiziale inter alios, ma dal modo arbitrario o errato con cui si vuol
procedere alla sua esecuzione. Al pi si potrebbe ipotizzare in questo caso la proponibilit
dell'opposizione di terzo all'esecuzione ex art. 619 c.p.c.; ma di fronte alla chiara lettera della legge,
che per l'interprete vincolante quando precisa ed univoca, e quindi non bisognevole di particolari
indagini per afferrarne il significato, quell'opposizione esperibile solo nell'espropriazione forzata
quando un terzo pretenda di essere proprietario, o titolare di altro diritto di godimento, del bene
pignorato (7) e voglia, di conseguenza, impedirne la vendita forzata. A mio parere qualunque
artificio interpretativo della richiamata norma si infrange di fronte al chiarissimo limite imposto al
giurista dall'art. 12 delle preleggi.

6. La soluzione offerta dalla S.C. nel caso concreto e le sue conseguenze giuridiche.

Ritorniamo ora al caso, affrontato nella sentenza, nel quale il soggetto contro cui di fatto diretta
l'azione esecutiva, in quanto proprietario, possessore o detentore del bene, sul quale essa andr a
svolgersi, rivesta anche per le ragioni pi disparate la qualit di litisconsorte necessario, che in
violazione dell'art. 102 c.p.c. non stato chiamato nel giudizio, a conclusione del quale stato
emesso il titolo esecutivo che vuolsi attuare coattivamente.

Non dubbio che il provvedimento in questione non sia opponibile al terzo, litisconsorte
pretermesso, n produca effetti giuridici vincolanti nei suoi riguardi. N dubbio che costui
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conservi ogni pi ampio mezzo di tutela del suo diritto, a partire dall'esercizio di una nuova azione
di cognizione fino alla proposizione dell'opposizione di terzo ordinaria, se il pregiudizio gli deriva
da una sentenza passata in giudicato, o comunque esecutiva.

Se l'Ufficiale giudiziario procedente non si ferma di fronte all'eccezione sollevata dal terzo, che
invoca la sua estraneit rispetto al titolo, nasce il problema del mezzo giuridico del quale costui
potr, o dovr, avvalersi per difendersi dall'incombente esecuzione.

Esclusa per le ragioni sopra brevemente esposte l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., una
autorevole dottrina seguita da non poca giurisprudenza ritiene che l'interessato, pur non avendo
ricevuto la notifica del titolo e del precetto, acquisti egualmente in concreto la qualit di parte del
processo esecutivo e possa proporre l'opposizione concessa dall'art. 615 c.p.c. incidentalmente alla
quale chiedere la sospensione del medesimo (8).

Altra dottrina, seguita oggi dalle Sezioni Unite, sostiene invece che l'interessato debba impugnare la
sentenza con l'opposizione di terzo ordinaria per rimuovere il pregiudizio da essa derivante, ed in
tale sede richiedere l'inibitoria per bloccare l'esecuzione in suo danno (9). Il che comporta che, se
l'opposizione di terzo non venga proposta, ovvero non venga concessa in tale sede la sospensione
dell'esecuzione, ovvero ancora essa venga infine respinta, legittimamente questi resta assoggettato
all'esecuzione forzata nascente da un titolo, che non era stato formato contro di lui. Questo secondo
aspetto ha implicazioni di particolare rilievo sul piano generale dell'esecuzione forzata. Da esso,
infatti, discende che:

a) legittimamente il titolo esecutivo volto all'esecuzione coattiva per consegna o rilascio o per
obblighi di fare o non fare si impone di fatto contro chiunque si trovi nella materiale disponibilit
del bene, sul quale agire esecutivamente;

b) il terzo in questione non pu contestare il diritto a procedere ad esecuzione forzata, anche se di


fatto essa si attua contro di lui, n con l'opposizione del "debitore" ex art. 615 c.p.c., n con quella
prevista dal successivo art. 619;

c) il medesimo terzo, se vuole proteggersi dall'esecuzione che lo coinvolge, deve rimuovere il titolo
costituito da una sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva attraverso l'opposizione di
terzo prevista dall'art. 404, 1 co., c.p.c. Se non lo fa, o se facendolo la sua impugnazione venga
respinta, soggiace definitivamente all'esecuzione in base ad un titolo formato inter alios.

Tutto questo conferma in pieno, alla luce dell'esperienza concreta come rispecchiata dalla
giurisprudenza dell'organo supremo della giurisdizione civile, che l'esecuzione c.d. in forma
specifica o diretta (per consegna o rilascio e per obblighi di fare o non fare) riguarda la tutela di
diritti reali e/o assoluti in senso ampio ed , per converso, chiaramente estranea alla tutela dei diritti
di credito nascenti da un rapporto giuridico obbligatorio.

In ci consiste il significato pi profondo dell'orientamento oggi espresso dalle Sezioni Unite, che
elimina anche tutta una serie di escogitazioni verbali e di falsi problemi, che nel corso dei decenni si
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sono accumulati a strati nello studio dell'esecuzione forzata e delle opposizioni esecutive, tanto da
farlo apparire fine a se stesso ed avulso dalla concreta esperienza giuridica.

7. Conclusioni in tema di tutela specifica e tutela per equivalente.

In conclusione, sarebbe veramente il caso che i vecchi e nuovi cultori della ingannevole
contrapposizione tra tutela specifica e tutela per equivalente con riguardo ai diritti di credito ed
alle obbligazioni civili aprano finalmente gli occhi e prendano atto della realt, considerando che il
diritto del creditore non affatto menomato se viene tutelato in via esecutiva con l'espropriazione
forzata dei beni del debitore inadempiente, perch ci corrisponde all'intima articolazione del
rapporto giuridico obbligatorio. Il modo in cui deve essere eliminato il danno causato
dall'inadempimento del debitore, se con il preciso conseguimento del bene dovuto (nei non
frequenti casi in cui materialmente possibile) o se con la corresponsione dell'id quod interest
monetario, questione estranea all'esecuzione forzata la cui soluzione non pu, comunque,
assolutamente prescindere dalla rigorosa osservanza delle numerose ed importantissime norme che
regolano la responsabilit-garanzia patrimoniale del debitore, con gli ineliminabili corollari della
par condicio creditorum e del divieto di patto commissorio, che contrassegnano la concorsualit
intrinseca dell'istituto. Tali norme costituiscono un insieme organico ed inscindibile, per cui
separare l'inadempimento del debitore dalla responsabilit personale e patrimoniale, che ne
consegue, si traduce puramente e semplicemente nella negazione del primo.

Val la pena, infine, ricordare che le richiamate disposizioni riguardano tutte le obbligazioni civili, e
non solo quelle in cui la prestazione abbia ab origine contenuto pecuniario.

(1) Su questo evidente ed indiscutibile principio cfr., per tutti, MICCOLIS, L'espropriazione forzata
per debito altrui, 2 ed., Torino, 1998, 1 ss. Ovviamente, se al terzo vengono notificati titolo e
precetto (come se fosse il vero debitore), questi legittimato a proporre l'opposizione all'esecuzione
ex art. 615 c.p.c.

(2) Sul punto, da ultimo, cfr. CAPPONI, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, 2 ed., Torino,
2012, 380-385; MONTELEONE, Manuale di Diritto processuale civile, II, 6 ed., Padova, 2012, 96;
MONTESANO-ARIETA, Diritto processuale civile, III, Torino, 1995, 25-26. Trattazione completa
e sistematica dell'argomento in LUISO, Efficacia del titolo esecutivo verso terzi, Perugia, 1979, e
ID., L'esecuzione "ultra partes", Milano, 1984. Nello stesso senso sotto l'abrogato codice cfr.
CARNELUTTI, Lezioni di Diritto processuale civile, Processo di esecuzione, I, Padova, 1929, 18
ss.; II, Padova 1931, 55-56; pi in generale LIEBMAN, Il titolo esecutivo riguardo ai terzi, in
Problemi del processo civile, Napoli, 1962, 368 ss.

(3) V. Cass., Sez. III, 24-7-2012, n. 12895; Id., 28-4-2006, n. 9964; Id., 17-1-2003, n.601; Id., 11-2-
1999, n. 1173; Id., 30-1-1995, n. 1103. Ampia rassegna ragionata di giurisprudenza sotto il vecchio
ed il nuovo codice processuale in LUISO, L'esecuzione "ultra partes", cit., 248 ss.

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(4) Cfr. MONTELEONE, Manuale di diritto processuale civile, II, cit., 68 ss. e dottrina ivi citata;
MONTESANO-ARIETA, Trattato di diritto processuale civile, I, Padova, 2001, 895 ss.; SATTA,
L'esecuzione forzata, 4 ed., Torino, 1963, 3 ss.; ID., Commentario al codice di procedura civile, III,
Milano, 1966, 8-21. Da ultimo, in argomento v. pure CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale
civile, I, Torino, 2014, sez. II, par. 5 on line.

(5) V. dottrina e giurisprudenza citate supra, note 2 e 3.

(6) In tal senso, da ultimo, cfr. PAGNI, Tutela specifica e tutela per equivalente, Milano, 2004, 9-85
e passim. L'A., pur di sostenere la sua tesi, giunge ad una interpretazione abrogante della
chiarissima norma contenuta nell'art. 1218 c.c. (in correlazione con l'art. 1256 c.c.), traendo spunto
dalle osservazioni di parte della dottrina civilistica, rimasta in concreto priva di seguito se non in
ristretti circoli accademici. In sostanza si afferma che, di fronte all'inadempimento del debitore, il
creditore sarebbe addirittura costretto a chiedere la condanna di costui all'adempimento c.d.
specifico, senza neppure poter scegliere sua sponte la condanna al risarcimento del danno causato
dall'inadempienza, ragion per cui una siffatta domanda dovrebbe essere rigettata perch
improponibile.
La ragione di tale singolare teoria starebbe nel fatto che l'art. 1218 in realt sarebbe incentrato
sull'impossibilit sopravvenuta della prestazione, dimodoch fin quando essa sia possibile il
creditore non avrebbe diritto al risarcimento del danno, ma solo al c.d. adempimento reale, o in
natura, o specifico. Senonch una tale interpretazione, oltre ad autorizzare una mora a tempo
indeterminato del debitore priva di qualsiasi conseguenza giuridica e/o risarcitoria, non tiene conto
del fatto che allorquando sopravviene l'impossibilit oggettiva della prestazione...l'obbligazione si
estingue (se il debitore lo prova), e con essa il diritto di credito. Ne consegue che l'art. 1218 stato
dettato proprio per disciplinare la responsabilit personale derivante dall'inadempimento del
debitore, non per introdurre una causa di estinzione del rapporto obbligatorio.
Naturalmente, se l'impossibilit della prestazione deriva dal fatto del debitore, l'obbligazione non si
estingue (art. 1256 c.c.) e resta solo il risarcimento del danno.
Per un panorama generale sulla questione, da ultimo, v. VENTURA, L'esecuzione in forma
specifica, in AA.VV., L'esecuzione forzata riformata, a cura di MICCOLIS-PERAGO, Torino,
2009, 457-474. Lo scritto non scevro da alcune inesattezze, sulle quali per la natura di questo
commento non il caso per il momento di indugiare.

(7) Alcune delle riferite eccezioni vengono indicate nella motivazione della sentenza in commento.
Sul punto si rinvia a PUNZI, La tutela del terzo nel processo esecutivo, Milano, 1970, 101 ss.

(8) la tesi sempre sostenuta dal MONTESANO, per cui, da ultimo, cfr. MONTESANO-ARIETA,
Diritto processuale civile, III, Torino, 1999, 20 e spec. 176-177. Incerto sui rimedi concessi al terzo
CAPPONI, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, cit., 380-386; un ampio e ragionato riassunto
di dottrina e giurisprudenza formatasi sino agli anni '80 del secolo scorso in VACCARELLA, Titolo
esecutivo, precetto, opposizioni, Torino, 1983, 241-246 e 248-255.
In giurisprudenza v. Cass., Sez. I, 17-9-2003, n. 13664; Cass., Sez. III, 12-1-2011, n. 517; Id., 4-2-
2005, n. 2279; Id., 22-11-2000, n. 15083; Id., 11-2-1999, n. 1173.

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(9) In questo senso, gi, ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957,
367. La questione era stata ampiamente trattata da PUNZI, La tutela del terzo nel processo
esecutivo, cit., 98 ss., dove vengono riportate tutte le varie teorie sviluppate su di essa, e che
sostanzialmente si ritrovano negli stessi termini nella dottrina e nella giurisprudenza posteriori.
Il limite del riferito orientamento, sia scientifico che giurisprudenziale, sta nel fatto che non sempre
il pregiudizio lamentato dal terzo deriva dal titolo esecutivo giudiziale, poich pu derivare da
errori nella interpretazione di esso o dalle sue concrete modalit di attuazione, di cui sopra si fatto
cenno. Sebbene l'eventualit di tali errori sia molto meno frequente rispetto all'espropriazione
forzata, poich nell'esecuzione specifica il bene individuato a priori e nella gran parte dei casi non
rientra nel patrimonio del soggetto passivo perch appartiene gi al soggetto procedente (il che
rende assurdo parlare in questi casi di responsabilit patrimoniale), tuttavia possibile che si
verifichino. In questi casi manca l'alternativa dell'opposizione di terzo ordinaria ex art. 404, 1 co.,
c.p.c., perch il terzo non ha nulla da lamentare in ordine alla sentenza inter alios; non gli resta
dunque che opporsi all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 perch manca il diritto a procedere ad
esecuzione forzata nei suoi confronti.
Per un ampio riassunto di tutta la questione riguardane i mezzi di tutela del terzo nell'esecuzione in
forma specifica v., da ultimo, METAFORA, L'opposizione di terzo all'esecuzione, 2 ed., Napoli,
2012, 321 ss. L'A., dopo avere ritenuto esperibile l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. anche
nell'esecuzione specifica, con una qualche contraddittoriet ritiene che il terzo sia da considerarsi il
soggetto passivo della stessa anche quando resti estraneo alla notifica del titolo e del precetto, e che
in quanto tale possa proporre l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. Egli, per, con tale
rimedio non pu attaccare il contenuto e/o la direzione di un titolo esecutivo giudiziale, dovendo in
tal caso avvalersi dell'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. come mezzo di impugnazione della
sentenza per rimuovere il pregiudizio verso di lui derivante. In definitiva la predicata esperibilit
dell'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. resta circoscritta alla sola ipotesi di errori materiali nello
svolgimento dell'esecuzione specifica. Ma se il terzo materialmente colpito dall'esecuzione diretta
deve considerarsi sempre e comunque il soggetto passivo della stessa, non si vede perch non possa
avvalersi dell'opposizione all'esecuzione prevista dall'art. 615 anche per denunciare gli errori
materiali compiuti in suo danno.

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13) GIUR. IT., 2015, 6, 1369 (NOTA A SENTENZA)

LITISCONSORTE NECESSARIO PRETERMESSO E OPPOSIZIONE DI TERZO


ORDINARIA - LITISCONSORTE PRETERMESSO E RIMEDI ESPERIBILI: UN
DISCUTIBILE REVIREMENT DELLA CASSAZIONE

Antonio Carratta

Cass. civ. Sez. Unite, 23 gennaio 2015, n. 1238

c.p.c. art. 102

c.p.c. art. 404

c.p.c. art. 615

Con la pronuncia in commento le Sezioni unite della Cassazione intervengono nuovamente - dopo
che l'avevano fatto nel 2002 - sulla questione dei rimedi a disposizione del litisconsorte necessario
pretermesso per neutralizzare gli effetti della sentenza pronunciata senza la sua partecipazione.
Intervengono, in particolare, sulla questione dei rapporti fra opposizione di terzo ordinaria, ex art.
404, 1 comma, c.p.c., e opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c. Nell'affrontare nuovamente
tale questione le Sezioni unite arrivano alla conclusione - ben lontana da quella assunta nel 2002 e
ormai consolidatasi - che il litisconsorte necessario pretermesso abbia l'onere di esperire
l'opposizione di terzo ordinaria e non possa tutelarsi mediante l'opposizione all'esecuzione, laddove
la sentenza pronunciata venga portata ad esecuzione. Nel commentare criticamente l'inaspettato
revirement, l'Autore evidenzia le numerose difficolt che da esso emergono, con riferimento sia al
tradizionale inquadramento sistematico dell'opposizione di terzo ordinaria, sia all'effettivit della
tutela del litisconsorte necessario pretermesso, e ribadisce l'opportunit - gi emersa nella pronuncia
del 2002 - che questi possa scegliere il rimedio pi confacente al proprio interesse ad agire.

Sommario: Premessa - Facoltativit dell'opposizione di terzo ordinaria e sua concorrenza con altri
rimedi - L'inaspettato e discutibile revirement delle Sezioni Unite - Presunto onere del litisconsorte
necessario pretermesso di esperire l'opposizione di terzo - L'autonoma azione di accertamento o di
condanna - L'esperibilit dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c.

Premessa

Con la lunga e articolata pronuncia in commento le Sezioni unite intervengono nuovamente sulla
vexata quaestio dei rapporti fra opposizione di terzo ordinaria ex art. 404, 1 comma, c.p.c. e
opposizione all'esecuzione ex art. 615, 1 e 2 comma, c.p.c., "rispolverando" la posizione che gi
nel passato era stata avanzata in proposito e pervenendo, cos, a conclusioni molto diverse da quelle
alle quali erano pervenute le stesse Sezioni unite nel 2002.

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E cio che il litisconsorte necessario pretermesso (ma, come opportunamente affermano le stesse
Sezioni unite nella sentenza in commento, la medesima conclusione deve valere per il terzo titolare
di diritto autonomo e incompatibile con quello accertato nella sentenza, per il terzo titolare di status
incompatibile e per il falsamente rappresentato in giudizio) sarebbe onerato ad esperire
l'opposizione di terzo ordinaria, al fine di neutralizzare gli effetti per s negativi della sentenza
pronunciata inter alios, e non potrebbe far valere la sua situazione legittimante con l'opposizione
all'esecuzione, nell'eventualit che venisse promossa l'esecuzione forzata sulla base del titolo
esecutivo costituito dalla medesima sentenza pronunciata inter alios e opponibile con l'opposizione
di terzo ordinaria.

L'improvviso revirement viene giustificato - come si legge in motivazione - con l'esigenza di


conformare i precedenti approdi all'"evoluzione del sistema assiologico processuale". Non chiaro
a che cosa intendano far riferimento i giudici della Suprema Corte con tale espressione, n quali
siano state le novit che abbiano influito sul "sistema assiologico processuale" in maniera cos
incisiva da giustificare una diversa conclusione nella ricostruzione, finora abbastanza consolidata
nel senso opposto a quello ora fatto proprio dalla nuova pronuncia delle Sezioni unite, dei rapporti
fra opposizione ordinaria di terzo e opposizione all'esecuzione come rimedi esperibili dal
litisconsorte necessario pretermesso (e dalle figure di terzo ad esso assimilabili).

Quel che certo, tuttavia, l'effetto che tale nuovo intervento determina, e cio di superare
conclusioni finora consolidate intorno ad una fondamentale questione di interpretazione e
applicazione della disciplina processuale per riaffermare un'impostazione (di evidente ascendenza
dogmatica) pure avanzata nel passato, ma che sembrava ormai definitivamente superata dalla
giurisprudenza e dalla riflessione dottrinale.

Facoltativit dell'opposizione di terzo ordinaria e sua concorrenza con altri rimedi

Finora era orientamento oramai pacifico che il litisconsorte necessario pretermesso, di fronte alla
sentenza resa senza il suo coinvolgimento, avrebbe potuto - per difendere la propria posizione -
utilizzare sia il rimedio dell'opposizione ordinaria di terzo, ai sensi dell'art. 404, 1 comma, c.p.c., e
in questo modo eliminare la sentenza inutiliter data, sia quello dell'opposizione all'esecuzione, ai
sensi dell'art. 615 c.p.c., ove la stessa sentenza fosse stata portata ad esecuzione anche nei suoi
confronti.

Gi nel 2002, infatti, le Sezioni unite avevano riaffermato, nel solco dell'orientamento tradizionale,
assolutamente prevalente(1), salvo qualche rara eccezione(2), la tesi della facoltativit
dell'opposizione di terzo ordinaria da parte del litisconsorte necessario pretermesso, ritenendo che
questi potesse - a seconda dell'interesse ad agire - liberamente scegliere di azionare alternativamente
l'opposizione ordinaria di terzo, ove intendesse eliminare il titolo formatosi illegittimamente senza
la sua partecipazione al giudizio, oppure un'autonoma azione di accertamento (esperibile anche in
sede di opposizione all'esecuzione), ove volesse conseguire non la rimozione della sentenza, ma "un
accertamento dal quale risulti la non conformit a diritto di tale pronunzia"(3).

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Ma la pronuncia del 2002, partendo dal presupposto della facoltativit dell'opposizione di terzo
ordinaria, non faceva altro che porre in essere una sorta di actio finium regundorum fra le due
alternative a disposizione del litisconsorte pretermesso.

Del resto, fin dal previgente codice del 1865, con riferimento alla previsione dell'allora art. 510
("Un terzo pu fare opposizione ad una sentenza proferita fra altre persone quando la medesima sia
contraria ai suoi diritti") era opinione abbastanza diffusa che l'esperibilit del rimedio impugnatorio
fosse facoltativa per il terzo rispetto all'eventuale azione di accertamento (positivo del proprio
diritto o negativo del diritto vantato da altri)(4).

L'inaspettato e discutibile revirement delle Sezioni Unite

La conclusione alla quale oggi approdano le Sezioni unite non convince perch riprende, per
risolvere il problema posto dal caso in esame, un'impostazione dogmatica ormai ampiamente
superata. Ma non convince soprattutto per le conseguenze pratiche alle quali inevitabilmente
conduce.

In primo luogo, essa riapre la discussione su una questione sulla quale, come detto, ormai la
dottrina(5) e la stessa giurisprudenza della Cassazione erano consolidate in senso esattamente
opposto a quello seguito dalla pronuncia in epigrafe.

Un inaspettato (e, a parere di chi scrive, non auspicabile) "ritorno al passato", teso a rileggere il
sistema dei rimedi esperibili dal litisconsorte necessario pretermesso per impostarlo all'idea che,
siccome il presupposto del vizio della sentenza pronunciata nei confronti del litisconsorte necessario
pretermesso da configurarsi nella violazione del diritto di difesa del terzo pretermesso, il rimedio
(necessario ed esclusivo) per tutelare al meglio la posizione di quest'ultimo va individuato
nell'opposizione di terzo ordinaria(6). Senza considerare che, da un lato, la stessa idea secondo cui,
in caso di litisconsorte necessario pretermesso, il vizio della sentenza sia da ricollegare alla
violazione del suo diritto di difesa da tempo appare definitivamente superata, alla luce del principio
res inter alios acta tertio neque prodest neque nocet(7), e che, dall'altro lato, l'estensione (ormai
pacificamente ammessa) dell'ambito applicativo dell'opposizione di terzo ordinaria anche ai terzi
titolari di diritti autonomi e incompatibili ha imposto di spostare l'attenzione verso il necessario
coordinamento fra il rimedio impugnatorio in questione e altri rimedi che l'ordinamento offre al
terzo a tutela del proprio diritto.

Si tratta, tuttavia, di un "ritorno al passato" che non pu non avere rilevanza anche al di l della
singola questione oggetto della pronuncia, in considerazione del fatto che, nel caso di specie, sono
le stesse Sezioni unite a far sorgere un contrasto interpretativo che funzionalmente sarebbero
chiamate, invece, a superare. E lo fanno ponendosi in consapevole (e voluto) contrasto con una
precedente pronuncia delle stesse Sezioni unite.

Presunto onere del litisconsorte necessario pretermesso di esperire l'opposizione di terzo

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In secondo luogo, la soluzione adottata si fonda, sostanzialmente, sulla configurazione di un vero e


proprio onere che graverebbe sul litisconsorte necessario pretermesso di impugnare la sentenza che
lo riguardi con l'opposizione di terzo ordinaria (sempre che non possa esperire intervento in appello
ex art. 344 c.p.c.) e dal quale si ricaverebbe la ricostruzione dell'impugnazione straordinaria come
rimedio esclusivo per il terzo "pregiudicato" dalla sentenza. Onere che, di riflesso, comporterebbe
l'esclusione della possibilit che egli possa proporre opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615
o opposizione di terzo all'esecuzione ai sensi dell'art. 619.

Sennonch, proprio sulla fondatezza di un simile onere di impugnazione del litisconsorte necessario
pretermesso lecito nutrire seri dubbi.

E questo sia perch - come ha ben messo in evidenza la pronuncia del 2002 - l'interesse ad agire del
litisconsorte necessario pretermesso potrebbe essere in concreto diverso da quello alla base
dell'opposizione di terzo ordinaria, sia perch gli effetti che l'opposizione di terzo ordinaria
destinata a produrre a favore del litisconsorte necessario pretermesso non coincidono pienamente
con quelli che egli potrebbe conseguire con l'opposizione all'esecuzione (ex art. 615 o ex art. 619).

Vale a dire che soltanto se - come evidenziarono, appunto, le stesse Sezioni unite nel 2002 -
l'interesse del litisconsorte pretermesso dovesse concretizzarsi nella volont di eliminare la sentenza
inutiliter data pronunciata con la sua pretermissione, l'ordinamento non consente altro rimedio che
l'opposizione di terzo ordinaria, la quale, in tal caso, effettivamente costituisce rimedio esclusivo.
Ma se, invece, il suo interesse dovesse concretizzarsi nella sola esigenza di ottenere l'accertamento
di inefficacia del titolo esecutivo utilizzato nei suoi confronti, ben potrebbe proporre - in alternativa
all'opposizione di terzo ordinaria - un'autonoma azione di accertamento o l'opposizione
all'esecuzione ex art. 615 (o ex art. 619) c.p.c.

difficile negare, quindi, che, poich il codice disciplina la speciale impugnazione di cui all'art.
404, 1 co., esso possa considerarsi "come un 'di pi' a vantaggio dei soggetti che versano in
determinate situazioni, 'di pi' che arricchisce (con il vantaggio della possibilit di chiedere la
sospensione della esecuzione) la gamma dei mezzi a disposizione del terzo"(8).

Di conseguenza, imporre al terzo pretermesso di esperire sempre e comunque l'opposizione di terzo


ordinaria ex art. 404, 1 comma, anche laddove potrebbe essere sufficiente la proposizione di
un'autonoma azione di accertamento o l'opposizione all'esecuzione - come fa l'odierna sentenza
delle Sezioni unite - significa prescindere, nell'individuazione del rimedio esperibile in concreto,
dalla necessit che, sulla base del generale principio di proporzionalit della tutela giurisdizionale
(direttamente discendente dalla necessit di assicurare la "ragionevole durata del processo")(9), il
rimedio si conformi all'obiettivo, l'azione all'interesse ad agire dell'attore.

Come gi si rilevava con riferimento all'art. 510 del codice del 1865 (l'omologo dell'attuale art. 404,
1 comma), la scelta del terzo fra l'esperibilit dell'opposizione di terzo ordinaria e l'azione di
accertamento " sempre questione di utilit, non di necessit e l'utilit un criterio contingente ed
empirico da cui non si traggono classificazioni scientifiche"(10), essendo evidente che "in tutti i casi
in cui ammessa l'opposizione del terzo , esclusa l'azione di accertamento"(11). E sulla stessa
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lunghezza d'onda si posto, ci pare, chi in tempi pi recenti - proprio affrontando il tema che qui ci
occupa in relazione alla pi ampia tematica dei presupposti del litisconsorzio necessario -
opportunamente ha sottolineato come, quando si parli dell'opposizione di terzo ordinaria in termini
di rimedio necessario ed esclusivo (come, appunto, fanno le Sezioni unite nella pronuncia in
esame), "si tratta di intendersi, in quanto, se si attribuisce alla "necessit" del rimedio il significato
di "unica possibilit" per i terzi pregiudicati, la tesi non pu essere condivisa; se, invece, si vuole
dire che il terzo 'pregiudicato', che vuole ottenere gli effetti propri dell'impugnazione
straordinaria, deve esercitarla, l'ovviet della constatazione impone di condividerla"(12).

L'autonoma azione di accertamento o di condanna

In terzo luogo, la conclusione alla quale perviene la sentenza in epigrafe non convince per il fatto
che essa non esclude affatto, sia pure a limitati effetti, l'esperibilit in termini generali di un'azione
di accertamento da parte del terzo.

Sebbene, infatti, essa affermi l'onere per il litisconsorte necessario pretermesso di esperire (in via
esclusiva) l'opposizione di terzo ordinaria per neutralizzare gli effetti della sentenza pronunciata
senza la sua partecipazione, la pronuncia in esame ammette (e del resto non potrebbe fare
diversamente alla luce dell'art. 24 Cost.) che egli possa tutelare il proprio diritto, pregiudicato (in
fatto, ovviamente)(13) dalla sentenza, esercitando un'autonoma azione (di accertamento o di
condanna).

Gli stessi giudici della legittimit riconoscono nella pronuncia in esame: "si deve, dunque,
concludere che il terzo che ai sensi dell'art. 404 ammesso all'opposizione ordinaria riguardo alla
sentenza resa nel giudizio inter alios possa anche scegliere di non tutelare la sua posizione con
l'opposizione e, quando la sentenza di primo grado sia impugnata e non esecutiva e, dunque, non
opponibile, con l'intervento ai sensi dell'art. 344 c.p.c., tutelandola invece con un'azione di
accertamento autonoma della sua esistenza ed incidenza sulla situazione oggetto del detto giudizio,
proposta nei confronti delle parti di esso. Tuttavia, per effetto di tale scelta, in tal caso restano fermi
fino al passaggio in giudicato della sentenza che riconosca la situazione per come dedotta dal terzo
sia l'efficacia esecutiva, sia gli effetti esecutivi ove realizzati, sia quelli di accertamento, della
sentenza inter alios non opposta, dovendosi escludere che su di essi il terzo possa pretendere di
incidere con il potere cautelare nel giudizio introdotto con l'autonoma azione nella consapevolezza
della pendenza del processo altrui e di una sentenza opponibile" ( 2.2.6 della motivazione).

Ebbene, se si ammette che il litisconsorte necessario pretermesso abbia a disposizione un'autonoma


azione (di accertamento o di condanna) per tutelare la sua posizione nei confronti della sentenza
pronunciata senza la sua partecipazione, non si riesce a comprendere quale sia, sul piano
sistematico, l'ostacolo che gli impedisce di proporre tale azione anche in sede di opposizione
all'esecuzione ex art. 615 o ex art. 619 c.p.c., al solo fine di paralizzare l'esecuzione intrapresa sulla
base della stessa pronuncia.

Tanto pi se si considera che proprio il rimedio dell'opposizione all'esecuzione offre al terzo


pretermesso la pienezza di tutela anche sul piano cautelare della propria posizione soggettiva; ci
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che, invece, non potrebbe mai conseguire mediante l'autonoma azione (di accertamento o di
condanna).

In effetti, non difficile riconoscere che, mentre esercitando l'autonoma azione (di accertamento o
di condanna) il litisconsorte pretermesso non avrebbe la possibilit di beneficiare di un'adeguata
tutela cautelare del suo diritto perch il giudice davanti al quale viene instaurata l'autonoma azione
non potrebbe in via cautelare neutralizzare l'esecutivit della sentenza (o l'esecuzione gi iniziata),
come invece potrebbe fare, ai sensi dell'art. 407 c.p.c., il giudice dell'opposizione di terzo ordinaria,
altrettanto non pu dirsi in relazione all'opposizione all'esecuzione (ai sensi dell'art. 615 o dell'art.
619).

L'esperibilit dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c.

la stessa motivazione della sentenza in commento, in fondo, ad ammettere che, "se si


condividesse l'idea della esistenza della prospettiva di tutela del terzo litisconsorte pretermesso con
un'autonoma azione di accertamento potrebbe sembrare in prima battuta difficile escludere la
configurabilit di questa tutela anche con l'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c.,
commi 1 e 2, giacch tale azione, sebbene correlata alla minaccia dell'esecuzione o all'inizio
dell'esecuzione, finirebbe per avere come fondamento sempre la stessa possibilit del litisconsorte
di contestare l'assetto di interessi di cui alla sentenza emessa inter pauciores sulla base della
invocazione della situazione giustificativa del litisconsorzio necessario, in non diversa guisa di
quanto egli potrebbe porre a base dell'azione di accertamento, con l'unico elemento differenziale
rappresentato dall'essere stata minacciata o iniziata l'esecuzione" ( 6 della motivazione).

In effetti, il rapporto fra l'autonoma azione e l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. (ma
identico discorso vale per l'opposizione ex art. 619) del litisconsorte necessario pretermesso non
pu che essere ricostruita in questi termini.

Essa - come gi riconosciuto dalle Sezioni unite nel 2002 - in grado di soddisfare l'interesse del
litisconsorte pretermesso finch non sia minacciata l'esecuzione forzata della sentenza emessa senza
la sua partecipazione; invece, una volta minacciata oppure iniziata l'esecuzione forzata della stessa,
il solo modo di neutralizzare le conseguenze negative per il litisconsorte pretermesso costituito
dall'opposizione all'esecuzione (ex art. 615 o ex art. 619), sebbene quest'ultima venga proposta per
le medesime ragioni che avrebbero potuto sorreggere l'azione di accertamento prima dell'inizio
dell'esecuzione forzata.

Evidentemente, ancora una volta l'ostacolo ad accettare questa conclusione va individuato nel
presunto onere del litisconsorte pretermesso di impugnare la sentenza con l'opposizione di terzo
ordinaria.

Ma se cos , per coerenza dovrebbe affermarsi che la sussistenza di tale presunto onere di
impugnazione impedisce allo stesso litisconsorte necessario pretermesso di proporre un'autonoma
azione (di accertamento o di condanna) per tutelare il proprio diritto, pregiudicato dalla sentenza.

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In altri termini, delle due l'una: o configurabile effettivamente nel nostro sistema processuale un
onere per il litisconsorte necessario pretermesso di impugnare la sentenza pronunciata senza la sua
partecipazione con l'opposizione di terzo ordinaria, e allora non pu ammettersi non solo che egli
possa esperire l'opposizione all'esecuzione (ex art. 61 o ex art. 619), ma neanche che possa esperire
un'autonoma azione a tutela del proprio diritto pregiudicato dalla sentenza (ma questo difficile da
poter essere sostenuto); oppure un simile presunto onere non sussiste, come ci pare si debba
ritenere, e quindi bene potr il litisconsorte pretermesso tutelare il proprio diritto pregiudicato dalla
sentenza sia con l'opposizione di terzo ordinaria, sia con l'opposizione all'esecuzione (ex art. 615 o
ex art. 619), sia con un'autonoma azione (di accertamento o di condanna).

Senza, peraltro, neppure trascurare la circostanza che l'affermata esistenza di un ostacolo alla
possibilit di proporre l'opposizione all'esecuzione (ex art. 615 o ex art. 619) da parte del
litisconsorte necessario pretermesso pone evidenti problemi di compatibilit anche con il principio
di effettivit della tutela giurisdizionale, e dunque con l'art. 24 Cost., che va assicurato al terzo
litisconsorte necessario pretermesso (cos come al falsamente rappresentato e al terzo titolare di
diritti autonomi incompatibili) al pari di qualunque altro soggetto che illegittimamente subisca
l'esecuzione di un titolo esecutivo. Effettivit di tutela che inevitabilmente verrebbe ad incrinarsi
laddove, di fronte all'esecuzione forzata concretamente subita, il terzo litisconsorte pretermesso non
potesse prontamente utilizzare lo specifico rimedio predisposto dall'ordinamento proprio per
contestare il "diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata", ma dovesse
necessariamente utilizzare - come, in un inutile eccesso di dogmatismo, pretendono oggi le Sezioni
unite - il rimedio impugnatorio della sentenza portata ad esecuzione.

(1) V. in questo senso, prima dell'intervento delle Sezioni unite del 2002, fra le molte, Cass., 26
ottobre 1979, n. 5618, in Foro It., 1980, I, 364, con nota di Proto Pisani; Cass., 17 dicembre 1983,
n. 7458, in Mass. Giur It., 1983; Cass., 22 ottobre 1986, n. 6191, ivi, 1986. In dottrina, nel senso
della facoltativit dell'esperimento dell'opposizione di terzo ordinaria, Montesano, Recensione a
Fabbrini, L'opposizione ordinaria del terzo nel sistema dei mezzi di impugnazione, in Riv. Dir.
Proc., 1969, 450; Punzi, La tutela del terzo nel processo esecutivo, Milano, 1971, 163 e segg.;
Mandrioli, In tema di opposizione di terzo nell'esecuzione forzata in forma specifica, in Riv. Dir.
Civ., 1973, II, 174 e segg.; Vocino, Ultimissime dalla dottrina dell'opposizione di terzo, in Studi in
onore di E.T. Liebman, III, Milano, 1979, 1955 e segg.; Costantino, Contributo allo studio del
litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, 494; Tomei, Alcuni rilievi in tema di litisconsorzio
necessario, in Riv. Dir. Proc., 1980, 717; Nicoletti, Opposizione di terzo, in Enc. Dir., XXX,
Milano, 1980, 510; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, II, Milano, 1984, 388; Olivieri,
Opposizione di terzo, in Dig. civ., XIII, Torino, 1995, 117; Menchini, Pretendenti (lite tra), ivi,
XIV, Torino, 1996, 309 e segg. Invece, nel senso dell'obbligatoriet dell'opposizione di terzo
ordinaria, ma ritenendo che la sentenza sottoposta a tale rimedio impugnatorio coinvolga "con la
sua esecutivit la posizione giuridica del terzo", Satta, Comm. c.p.c., II, 2, Milano, 1962, 360; in
senso sostanzialmente analogo Fabbrini, L'opposizione ordinaria del terzo nel sistema dei mezzi di
impugnazione, Milano, 1968, 117 e segg.; Luiso, Opposizione di terzo, in Enc. Giur. Treccani,
XXI, Roma, 1990, 4; Id., Diritto processuale civile, I, Milano, 2000, 474; in proposito v. anche

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Proto Pisani, Opposizione di terzo ordinaria, Napoli, 1965, 224 e segg., 285 e segg. e 367 e segg.;
Id., Dell'esercizio dell'azione, in Comm. c.p.c., diretto da Allorio, I, Torino, 1973, 1121, ma sulla
base di un'impostazione successivamente superata: v., infatti, Id., A proposito dei "frammenti
sull'opposizione di terzo" di Angelo Gualandi, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1976, 1321 e segg.; Id.,
Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 1999, 576.

(2) Cass., 30 luglio 1997, n. 7110, in Giur. It., 1998, I, 1345, secondo la quale l'espressa previsione
dell'impugnazione ex art. 404, 1 comma, c.p.c. priverebbe di interesse ad agire l'azione autonoma
di accertamento da parte del litisconsorte necessario pretermesso: "non si vede, infatti, quale
interesse possa avere un soggetto, ai sensi dell'art. 100 c.p.c., ad esercitare tale azione in luogo della
impugnazione straordinaria, espressamente prevista dalla legge, ed agli effetti, cui questa
parimenti diretta".

(3) Cass. sez. un. 26 luglio 2002, n. 11092, in Foro It., 2004, I, 874, con nota di Zini. Nello stesso
senso, fra le molte, Cass., 14 maggio 2003, n. 7404, in Giust. Civ., 2004, I, 2361, con nota di
Comastri; Id., 11 febbraio 2008, n. 3203, in Mass. Giur. It., 2008; Id., 14 maggio 2013, n. 11568.

(4) In tal senso, fra gli altri, Mortara, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, IV,
Milano, s.d., 529; Mattirolo, Trattato di diritto giudiziario civile italiano, IV, 5a ed., Torino, 1904,
873; Liebman, Efficacia e autorit della sentenza, Milano, 1935, 91. Anche Chiovenda, Principii di
diritto processuale civile, rist., Napoli, 1980, 1014, si chiede quale rapporto sussista fra
l'opposizione ex art. 510 c.p.c. 1865 e l'azione di accertamento e conclude che, "se mancasse nella
legge la norma dell'articolo 510, questa azione avrebbe libero corso, secondo le norme ordinarie di
competenza", mentre l'introduzione dell'art. 510 "ha istituita una impugnativa della sentenza, che in
molti casi assorbe l'azione di accertamento".

(5) V., oltre agli AA. citati retro, alla nota 1, Mandrioli-Carratta, Diritto processuale civile, 24a ed.,
II, Torino, 2015, 670, testo e nota 4; Proto Pisani, Lezioni, cit., 6a ed., Napoli, 2014, 538, dove si
legge che "l'opposizione di terzo ordinaria un mezzo di impugnazione per un verso indispensabile
per eliminare dal mondo del diritto la sentenza resa inter alios, per altro verso facoltativo poich il
terzo, non essendo soggetto alla efficacia della sentenza resa inter alios, pu liberamente fare valere
il suo diritto in un autonomo processo a cognizione piena (se del caso anche in via di opposizione di
terzo all'esecuzione ex art. 619)"; Balena, Istituzioni di diritto processuale civile3, II, Bari, 2014,
508; Consolo, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi3, Padova, 2012, 488; Metafora,
L'opposizione di terzo all'esecuzione, Napoli, 2012, 345 e segg.; Turatto, L'opposizione ordinaria di
terzo e l'assenza del termine per proporla, in Riv. Dir. Proc., 2011, 342 e segg.; Punzi, Il processo
civile. Sistema e problematiche, II, Torino, 2010, 570. Anche Luiso, Diritto processuale civile7, II,
Milano, 2013, 520 riconosce, riprendendo l'impostazione sattiana (v. retro, la nota 1) che la
necessariet dell'esperimento dell'opposizione di terzo ordinaria va intesa nel senso che essa "
l'unico strumento idoneo ad impedire l'attuazione inter partes della situazione che fa capo alle parti
originarie, e che accertata nella sentenza opposta"; ci, tuttavia, non toglie che il terzo preferisca
neutralizzare il pregiudizio nascente dalla sentenza anche in altro modo (come, ad es., con l'azione
ordinaria). In questo stesso senso, ci sembra, si orienta anche Monteleone, Manuale di diritto
processuale civile6, I, Padova, 2012, 743.

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(6) Del resto, l'esigenza di "rimeditare il tema dei presupposti del litisconsorzio necessario e di
tornare, in un certo senso all'antico, cio ad una impostazione che cerchi di individuare almeno
tendenzialmente a priori le tipologie possibili del litisconsorzio necessario" era stata manifestata dal
relatore della sentenza in epigrafe (Frasca, Note sui presupposti del litisconsorzio necessario, in Riv.
Dir. Proc., 1999, 406).

(7) V., in particolare, Costantino, Contributo, cit., 242 e segg. e 467 e segg.; Id., Litisconsorzio: I)
Dir. proc. civ., in Enc. Giur. Treccani, XIX, Roma, 1990, 3; Menchini, Il processo litisconsortile, I,
Milano, 1993, 540 e segg. In senso contrario, tuttavia, Frasca, Note sui presupposti del
litisconsorzio necessario, cit., 399 e segg., sul quale v. anche la precedente nota.

(8) Cos si esprime Gualandi, Frammenti sull'opposizione di terzo, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ.,
1976, 1273 e seg., il quale aggiunge: "tanto vero che si afferma tradizionalmente essere
l'opposizione un mezzo "facoltativo", seguendo in ci l'avviso della maggior parte degli autori
francesi".

(9) Spunti in questo senso in Caponi, Il principio di proporzionalit nella giustizia civile: prime
note sistematiche, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2011, 389 e segg.

(10) Mortara, Commentario, cit., 530.

(11) Chiovenda, Principii, cit., 1014.

(12) Costantino, Contributo, cit., 493. In termini sostanzialmente analoghi v. anche Satta,
Commentario, cit., 360; Fabbrini, L'opposizione ordinaria, cit., 117 e segg.

(13) Anche se, in effetti, nella motivazione alla sentenza in epigrafe dato leggere: "il pregiudizio
per il terzo cui allude l'art. 404 c.p.c., comma 1, , con riferimento a tutte le situazioni che
legittimano a detta opposizione, di natura giuridica prima ancora ed eventualmente che di natura
pratica, cio nascente da attivit di esecuzione della statuizione di cui alla sentenza resa inter alios,
sia essa passata in cosa giudicata, sia essa ancora impugnabile con i rimedi ordinari" (c.vo nostro).
Ma, all'evidenza, il riferimento agli effetti che derivano al terzo dall'esecuzione della sentenza
inter alios e che per lui si manifestano solo sul piano fattuale proprio perch si tratta di sentenza
inter alios.

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14) GIUR. IT., 2015, 5, 1128 (NOTA A SENTENZA)

PROVVEDIMENTI D'URGENZA - BREVI CENNI AL RAPPORTO TRA TUTELA


D'URGENZA E AZIONI COSTITUTIVE

Riccardo Conte

Trib. Mantova Ordinanza, 04 novembre 2014

Trib. Siracusa Ordinanza, 28 agosto 2014

c.c. art. 1051

c.p.c. art. 700

Le due ordinanze che si pubblicano affermano principi ormai recepiti dalla giurisprudenza
dominante, anche se, talvolta, fanno ancora capolino orientamenti pi restrittivi.

La prima delle due ordinanze (seconda in ordine cronologico), quella del tribunale mantovano,
afferma che ammissibile il ricorso alla tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. per consentire, nella
prospettiva di una costituenda servit di passaggio, l'accesso ad un fondo intercluso. In precedenza
alla stessa soluzione era pervenuta Pret. Verona, 26 agosto 1990, in Giur. It., 1991, I, 2, 910, con
nota di Astone; contra Pret. Melito Porto Salvo, 18 gennaio 1989, in Nuova Giur. Civ. Comm.,
1989, I, 622, con nota di Giussani.

La questione dell'ammissibilit della tutela d'urgenza in relazione alla tutela costitutiva


ampiamente dibattuta. Da tempo si affermato che "nella stragrande maggioranza dei casi, il
bisogno di tutela urgente riguarda non tanto l'anticipazione del provvedimento costitutivo o
dispositivo quanto solo o soprattutto l'anticipazione della soddisfazione degli obblighi
consequenziali" (Proto Pisani, I provvedimenti d'urgenza, Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982,
387; in senso conf. gi in precedenza Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli,
1964; vedasi Dittrich, Il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., in Il processo cautelare, a cura
di Tarzia e Saletti, Padova, 2011, 285 e segg. e Vullo, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c.,
in I procedimenti sommari e speciali, II, Procedimenti cautelari, a cura di Chiarloni-Consolo,
Torino, 2005, 1321; per ulteriori riferimenti v. il mio Dei provvedimenti d'urgenza, in Commentario
del codice di procedura civile, VII, 2, Torino, 2014, 475 e segg., spec. 519, nt. 117).

La giurisprudenza dominante orientata a ritenere ammissibile la tutela d'urgenza in relazione ad


un'azione costitutiva. Sul punto v. Trib. Milano, 15 gennaio 2014, in Giur. It., 2015, 108 con nota di
Vanz, Alienazione fraudolenta dell'azienda e tutela cautelare (e in detta ordinanza critiche ad un
orientamento opposto affermato da Trib. Milano, 21 novembre 2013 - ined.). Ancora, si segnala,
oltre alla risalente Trib. Firenze, 10 dicembre 1996, in Foro It., 1997, I, 578, la pi recente Trib.
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Milano, 3 gennaio 2013, in Societ, 2013, 463, secondo cui "coloro i quali negano la possibilit di
una tutela cautelare correlata all'azione costituiva - soprattutto per quella di carattere anticipatorio -
fanno leva sul dato peculiare ravvisabile nel fatto che in tal genere di procedimenti il diritto da
tutelare ancora non esiste, essendo il suo sorgere condizionato all'effetto costitutivo della sentenza,
con la conseguenza che in dette ipotesi gli effetti del provvedimento cautelare si sovrapporrebbero
del tutto a quelli della sentenza di merito riconoscendo ed assicurando tutela ad un diritto futuro.
Cos opinando, tuttavia, si finisce per svilire la funzione della tutela urgente, e a ipotizzare
l'esistenza di pronunce di merito assolutamente prive di copertura cautelare, per le quali sarebbe
pertanto sacrificato il diritto di agire in stridente contrasto con il principio costituzionale di
inviolabilit del diritto alla tutela giudiziaria ex art. 24 Cost.". E prosegue: "non va dimenticato che
secondo l'interpretazione seguita dagli stessi giudici delle leggi, il diritto al provvedimento urgente
deriva direttamente dalla norma costituzionale ora ricordata, valevole per ogni ipotesi in cui si
presenti come impellente la necessit di tutela cautelare. Si infatti affermato che 'la disponibilit di
misure cautelari costituisce espressione precipua del principio per il quale la durata del processo
non deve andare a danno dell'attore che ha ragione' (Corte cost. n. 253/1994; v. anche Corte cost. n.
161/2000 e n. 190/1985). Una siffatta funzione strumentale all'effettivit della stessa tutela
giurisdizionale innegabilmente comune sia alle misure di contenuto anticipatorio che a quelle
conservative. La tutela cautelare d'urgenza dei diritti fatti valere in un giudizio di condanna o di
accertamento costitutivo si pu concretare in una misura di salvaguardia dell'effetto esecutivo che
ne pu derivare, volto a rendere possibile la soggezione del debitore alla sanzione esecutiva.
dunque infondato dubitare dell'ammissibilit della tutela d'urgenza per assicurare gli effetti di tali
sentenze". E conclude: "va ribadito che se vero, da un lato, che il provvedimento cautelare non
pu generare l'effetto dichiarativo o la costituzione giudiziale di un diritto - effetto che certamente
pu derivare solo dalla sentenza - esso pu risolversi tuttavia nell'autorizzazione giudiziale a
compiere atti di salvaguardia del diritto costituendo, che possono derivare da condanne accessorie
alla statuizione di mero accertamento, o a quella costitutiva d'un determinato effetto giuridico". Per
ulteriori riferimenti giurisprudenziale v. v. il mio Dei provvedimenti d'urgenza, cit., 519 e segg.

Il secondo provvedimento che si pubblica (primo in ordine cronologico), quello del tribunale di
Siracusa afferma la tutela in via d'urgenza dei diritti di credito, purch strumentalmente correlati ad
un diritto assoluto a monte. Il provvedimento offre una soluzione opposta a quella data da Trib.
Bologna, 2 settembre 2014, in Giur. It., 2015, 632 con mia nota critica, Equivoci e disorientamenti
sulla portata della tutela d'urgenza a cui si rinvia per ulteriori riferimenti.

Va peraltro evidenziato che in giurisprudenza non mancano pronunce che affermano l'ammissibilit
di una tutela in via d'urgenza del diritto di credito in quanto tale. Sul punto cfr. Trib. Milano, 14
agosto 1995, in Giur. It., 1996, I, 2, 354 (citata anche dal giudice siracusano) con mia nota adesiva.
Altri casi di tutela in via d'urgenza del diritto di credito in quanto tale si hanno in materia di
garanzie a prima richiesta. Per le obbligazioni derivanti da appalti (o vendite), quando, su istanza
del debitore principale (di norma un appaltatore), viene disposta l'inibitoria ex art. 700 c.p.c. nei
confronti del prestatore della garanzia (solitamente una banca), in ordine al pagamento richiesto, in
malafede, dal creditore garantito (di regola il committente) nel caso di preteso, ma in realt
insussistente, inadempimento del debitore principale, si ha una tutela del diritto di credito in quanto
tale laddove detta inibitoria venga concessa sul solo presupposto della malafede del creditore

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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

garantito, prescindendosi da una valutazione delle ricadute sulla stabilit dell'impresa del debitore
principale (cfr. sulla questione la mia sintesi in Dei provvedimenti d'urgenza, cit., 532 e segg. e 548
e segg.).

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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

15) CORRIERE GIUR., 2015, 4, 546 (NOTA A SENTENZA)

LIMITI DELLA TUTELA D'URGENZA ANTICIPATORIA DI SENTENZE


DICHIARATIVE E COSTITUTIVE

di Ulisse Corea(*)

Trib. Roma, 13 febbraio 2014

c.p.c. art. 700

La seconda ordinanza in commento, in riforma della prima, dichiara in via cautelare il diritto della
lavoratrice ricorrente ad accedere alle prestazioni straordinarie di un fondo di sostegno al reddito e
all'occupazione. Il provvedimento solleva pi di qualche perplessit ove si consideri che, pur
potendosi convenire, in linea generale, sull' ammissibilit di una tutela urgente anticipatoria di
sentenze dichiarative o costitutive, nella specie la possibilit di accedere al fondo richiedeva il
necessario incontro delle volont dei contraenti sulla risoluzione del rapporto contrattuale in essere
e sulle relative condizioni. infatti alquanto dubbio che la tutela d'urgenza possa estendersi al
punto da anticipare la costituzione di un nuovo rapporto negoziale o l'accertamento del diritto di
accedervi passando per la risoluzione del vecchio.

Sommario: La vicenda contenziosa - La controversa possibilit di anticipare in via cautelare gli


effetti costitutivi o dichiarativi della sentenza - L'ordinanza del Tribunale romano. Osservazioni
critiche sull'ammissibilit del provvedimento cautelare - Ulteriori dubbi sia in punto di fumus che di
periculum

La vicenda contenziosa

Si ripropone, con le ordinanze in commento, il tema della ammissibilit di una tutela cautelare
strumentale a una sentenza di mero accertamento o di accertamento costitutivo.

Questa, in sintesi, la descrizione dei fatti che hanno dato adito alla vicenda contenziosa.

Le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo delle attivit ferroviarie avevano
stipulato nel 2009 con Rete Ferroviaria Italiana un accordo che istituiva un Fondo di sostegno al
reddito e all'occupazione per il personale dipendente delle societ del gruppo FS, prevedendone i
requisiti di accesso. L'accordo dava la possibilit di accedere alle prestazioni straordinarie ivi
contemplate attraverso la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro per un certo numero di
dipendenti dichiarati in esubero.

Nel mese di agosto del 2013 la societ inviava al personale dipendente una nota con cui invitava i
lavoratori in possesso dei requisiti indicati nel citato accordo (raggiungimento del primo requisito
pensionistico utile e idonea certificazione dei periodi contributivi), interessati alle prestazioni
straordinarie erogate dal Fondo e alla risoluzione anticipata consensuale del rapporto di lavoro, a
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Modulo: processo di esecuzione e procedimento cautelare uniforme

presentare apposita domanda secondo il modello ivi previsto. La nota e il modello di domanda ad
essa allegato richiamavano l'attenzione del lavoratore sulla necessit che le parti sottoscrivessero
una risoluzione consensuale del contratto di lavoro in sede sindacale, previa rinuncia da parte del
lavoratore a ogni eventuale contenzioso pendente. Nel mese di settembre 2013 l'accordo veniva
integrato da un verbale sottoscritto dalle stesse parti in cui si stabiliva il numero complessivo di
lavoratori in esubero che avevano presentato la domanda e che, essendo in possesso dei requisiti
previsti a livello sindacale, potevano accedere al Fondo: veniva cos stilato un elenco di nominativi
tra cui era ricompresa la ricorrente.

Quest'ultima, tuttavia, nel sottoscrivere la domanda in cui erano esplicitate le condizioni per la
mutua risoluzione anticipata e per l'accesso al Fondo (tra cui l'abbandono del contenzioso esistente),
asseriva verbalmente di non essere disponibile a rinunciare a un'azione dalla stessa precedentemente
intentata contro il datore di lavoro. Conseguentemente, la conciliazione non aveva luogo, il rapporto
non veniva risolto e alla lavoratrice non veniva concesso l'accesso al Fondo.

Proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. avanti al Tribunale di Roma, la lavoratrice chiedeva l'emissione
di un provvedimento d'urgenza mediante il quale, accertato il possesso in capo alla stessa dei
requisiti sindacali per accedere al Fondo e l'illegittimit della pretesa della resistente di condizionare
detto accesso alla rinuncia al contenzioso pendente da parte del lavoratore, venisse dichiarato il suo
diritto di "firmare il verbale di conciliazione in sede sindacale epurato" dalla clausola relativa alla
rinuncia, nonch venisse condannato il datore di lavoro al risarcimento del danno.

Respinta la seconda domanda per l'evidente carenza della irreparabilit del pregiudizio, stante la
natura meramente economica della domanda, l'emissione della misura cautelare dichiarativa veniva
del pari rigettata sul presupposto che "non in potere del giudice di imporre alla societ convenuta
di addivenire - in difetto di un obbligo al riguardo - alla conclusione di un accordo avente un certo
contenuto (in ci risolvendosi la pretesa della ricorrente); a nulla rilevando, sul punto, una ipotetica
illegittimit della condotta aziendale, che sarebbe eventualmente fonte, in astratto, di altre pretese
(comunque insuscettibili di essere rivendicate in fase cautelare)".

Esperito il giudizio di reclamo, il collegio del tribunale romano ribalta la decisione del primo
giudice. Alla base dell'accoglimento del ricorso viene posta la circostanza dell'avvenuto inserimento
della ricorrente nell'elenco dei soggetti aventi i requisiti per l'accesso al fondo, mentre la
sottoscrizione da parte del lavoratore della domanda, in cui si accettava di dover procedere a un
accordo individuale risolutorio del rapporto di lavoro e di rinunciare a eventuali pretese, anche
azionate in giudizio, viene degradata a "mero atto idoneo a consentire l'avvio della procedura di
accesso al Fondo senza comportare alcun effetto vincolante nel suo contenuto sostanziale".

In conclusione, il giudice del reclamo ha dichiarato l'esistenza di un diritto "all'accesso alle


prestazioni straordinarie del Fondo" da parte del lavoratore l dove il giudice di prime cure aveva
negato vi fosse il correlativo obbligo per il datore di raggiungere un siffatto accordo.

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Per quanto attiene al periculum in mora, esso ravvisato nella imminenza della data utile per
accedere al Fondo, scaduta la quale non potrebbe che residuare, secondo il collegio, altro che una
tutela risarcitoria, nella specie non pienamente satisfattiva.

interessante notare come il collegio si mostri consapevole del dibattito in corso sulla controversa
ammissibilit di una tutela cautelare puramente dichiarativa. Ci nondimeno, la soluzione adottata
viene giustificata sulla base della impossibilit di evitare altrimenti il pregiudizio lamentato dalla
ricorrente e al lume dell'affermazione della Consulta secondo cui "ogni situazione giuridica deve
poter trovare un suo momento cautelare"(1).

Una prima considerazione riguarda la mancanza, nel provvedimento, di un ordine al resistente di


porre in essere un qualsiasi comportamento. N tanto meno il provvedimento si presenta come
costitutivo di un rapporto giuridico (alla stregua di un provvedimento ex art. 2932 c.c.), nella specie
di tipo risolutivo rispetto all'esistente contratto di lavoro e costitutivo in senso proprio rispetto alle
prestazioni garantite dal Fondo(2). D'altra parte, se si fosse espresso in tal senso, il collegio sarebbe
andato ultra petita posto che, come emerge dalla trascrizione delle conclusioni di parte ricorrente,
questa si era limitata a chiedere una misura di tipo esclusivamente dichiarativo(3). Peraltro, i giudici
sembrano comunque andare al di l della domanda, posto che questa si limitava a chiedere il
riconoscimento del diritto di sottoscrivere il verbale di conciliazione, e dunque la risoluzione
contrattuale, depurato dalla clausola di rinuncia ad altre pretese, mentre ci che viene pronunciato
dai giudici, esattamente l'accertamento in via cautelare del diritto a beneficiare delle prestazioni
del Fondo, accertamento che anticipa il contenuto tipico della sentenza di merito rispetto a una
domanda di analogo tenore (qui non chiaramente formulata) e che presupponeva la risoluzione
consensuale del rapporto.

Il provvedimento in esame, quindi, da un lato si presenta come puramente dichiarativo e totalmente


anticipatorio degli effetti della sentenza di merito (oltre il chiesto, per); dall'altro trascura alcuni
non marginali passaggi logico-giuridici di tale risultato, quali la necessit di una risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro, condizione fondamentale dell'accesso al Fondo, da effettuarsi
nella prevista sede sindacale.

Prima ancora, per, la lettura dell'ordinanza rimanda ad alcuni interrogativi gi noti al dibattito
dottrinale e alla giurisprudenza: possibile, e in che misura, una tutela cautelare dichiarativa pura?
Ove la si ritenesse ammissibile, quali utilit essa pu apportare e a quali pericula si presta a far
fronte?

La controversa possibilit di anticipare in via cautelare gli effetti costitutivi o dichiarativi


della sentenza

Non occorre dar conto in questa sede del vasto dibattito sulla possibilit e sui limiti di una tutela
cautelare anticipatoria. Possiamo limitarci a ricordare come, muovendo da una prospettiva di
carattere generale, si sia affermato che se la tutela giurisdizionale pu esplicarsi mediante sentenze
dichiarative, costitutive o di condanna, anche la tutela anticipatoria debba attenersi ai medesimi

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principi e potr dar luogo a provvedimenti idonei a produrre effetti meramente dichiarativi, ovvero
costitutivi o condannatori(4).

Se nessun dubbio mai stato sollevato in ordine a questi ultimi (anche in relazione a capi
condannatori di sentenze costitutive o dichiarative)(5), diverse perplessit si sono per converso
manifestate in relazione all'effetto tipicamente dichiarativo o costitutivo della sentenza(6).

Uno degli argomenti generalmente opposti in contrario consisteva proprio nella ritenuta incapacit
della stessa sentenza di primo grado di produrre effetti prima del suo passaggio in giudicato(7). A ci
si aggiunta l'inidoneit dell'istruttoria sommaria tipica dei provvedimenti cautelari ad anticipare
quella situazione di certezza giuridica che propria della sentenza di merito (8) e, in ultima analisi, la
difficolt di individuare le situazioni di interesse alla concessione di una misura cautelare
puramente "dichiarativa"(9).

Ma la dottrina e la giurisprudenza hanno in prevalenza ritenuto di non poter escludere una tutela
cautelare (in particolare d'urgenza) tanto in relazione ad azioni di accertamento(10) che costitutive(11).

Quanto alla prima, vi chi l'ha ritenuta imprescindibile, alla luce dei principi di effettivit della
tutela giurisdizionale e di massima strumentalit del processo al diritto sostanziale, in tutti quei casi
in cui l'ordinamento non preveda alcuna tutela costitutiva o di condanna e la tutela dichiarativa
atipica costituisca l'unico modo di ottenere giustizia su determinati diritti, considerando altres che il
provvedimento dichiarativo, per quanto di modesta forza coercitiva, godrebbe della tutela
predisposta dalla sanzione penale di cui all'art. 388, secondo comma, c.p.(12) A sostegno di tale
soluzione, si sono inoltre evidenziate le utilit che i provvedimenti in esame riuscirebbero a
procurare ai relativi beneficiari, sempre nella prospettiva di garantire l'effettivit della tutela
giurisdizionale, avendo gli stessi la capacit di imporre al soggetto passivo "comportamenti" per il
futuro nonch di costituire per lo stesso richiedente (soggetto attivo) una "fonte di legittimazione" di
propri comportamenti conformi(13).

A queste tesi si obiettato che nessuna utilit potrebbe trarre il ricorrente da un provvedimento
cautelare dichiarativo le volte in cui sarebbe nella sua disponibilit dare spontanea esecuzione agli
obblighi per la cui tutela si agisce. Inoltre, si escluso che il provvedimento dichiarativo possa
conferire certezze soggettive rispetto a comportamenti futuri che prescindono da violazioni o
contestazioni altrui, essendo ci precluso anche in sede di merito. Del pari inammissibile sarebbe
una misura dichiarativa, pure in caso di violazione che legittimi una reazione da parte dell'istante,
atteso che il precario accertamento conseguibile in sede cautelare non lo porrebbe al riparo da
conseguenze pregiudizievoli per il comportamento tenuto in conformit al provvedimento ottenuto,
ove la sentenza finale dichiari inesistente il suo diritto(14). Con riferimento, poi, all'ipotesi in cui il
comando cautelare dovrebbe esercitare effetti coercitivi nei confronti del soggetto passivo,
rendendo illecito un comportamento altrimenti lecito, si eccepito che neppure la sentenza di
accertamento sarebbe di per s idonea a produrli mancando in essa un "comando"(15).

In verit, non parrebbe corretto negare in via generale la stessa ammissibilit di un'anticipazione
degli effetti della sentenza dichiarativa, dovendosi piuttosto valutare caso per caso se all'interesse ad
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ottenere una sentenza di accertamento(16) possa affiancarsi l'interesse a veder realizzata in via
anticipata quell'utilit che della prima prerogativa. E ci, sul rilievo che si debba riconoscere
anche alla sentenza di accertamento - e dunque alla misura cautelare anticipatoria - la capacit di
porre alle parti un vincolo relativo al comportamento futuro, a prescindere dalla incoercibilit del
medesimo e dalla strutturale inidoneit di quella sentenza a costituire titolo esecutivo ai fini
dell'esecuzione forzata nelle rigide forme previste dal codice di rito(17).

Anche con riferimento alle sentenze costitutive, dottrina e giurisprudenza prevalenti ritengono che
nel sistema non vi siano elementi per escludere la tutela cautelare anticipatoria in tutti quei casi in
cui il diritto ad ottenere il mutamento giuridico non possa essere soddisfatto se non mediante la
pronuncia di una sentenza e, quindi, l'instaurazione di un apposito giudizio(18). Diversamente, si
afferma, l'utilit stessa delle sentenze costitutive potrebbe essere irreparabilmente compromessa.
Pure in tal caso si fatto notare, in contrario, che l'anticipazione degli effetti delle sentenze
costitutive non si concilierebbe con la tesi che ancora oggi nega alle stesse ogni efficacia prima del
passaggio in giudicato(19). Ma all'obiezione si autorevolmente replicato che "alcuna distinzione
lecito istituire a seconda che gli effetti della sentenza costitutiva prenda data da questa (o dal suo
passaggio in giudicato), dalla domanda giudiziale o, persino, dal suo fatto costitutivo, perch,
essendo in ogni caso, la fattispecie, produttiva dell'effetto, integrata con la pronuncia della sentenza
o con il passaggio in giudicato di questa, il provvedimento ne anticipa de facto il concreto
verificarsi degli effetti, variamente puntualizzati de jure"(20).

D'altra parte, si dice, l'ammissibilit della tutela cautelare deve sempre misurarsi sul piano
dell'effettivit della tutela giurisdizionale e delle concrete utilit che la tutela cautelare deve
garantire al fine di evitare che la sentenza giunga tardivamente, quando il diritto fatto valere risulti
ormai compromesso. Sicch un'interpretazione eccessivamente restrittiva, in assenza di una
disposizione che espressamente escluda la cautela in rapporto al tipo di sentenza, finirebbe per
confliggere con i noti principi affermati dalla Consulta in relazione alla copertura costituzionale
della tutela cautelare.

Peraltro, anche da alcuni sostenitori della tesi favorevole si rilevato che la tutela anticipatoria
possa valere pi propriamente a soddisfare obblighi consequenziali alla pronuncia costitutiva e,
dunque, pi che ad anticipare la modificazione giuridica, a consentire l'esercizio in via provvisoria
di "quelle facolt che sono contenute nel costituendo diritto"(21). Al che si acutamente replicato
che ci sarebbe possibile solo in forza della provvisoria anticipazione degli effetti di modificazione
sostanziale(22).

Occorre dire che, ad una attenta analisi, non vi sono invero ostacoli teorici a ritenere anticipabili in
sede cautelare (quantomeno) taluni effetti "essenziali" della tutela costitutiva o dichiarativa. Non
dunque il medesimo effetto dichiarativo o costitutivo proprio della tutela finale e della sua
irretrattabilit, ma effetti analoghi, sempre funzionali all'elisione del periculum di volta in volta
rilevante.

Se ne trova conferma in relazione agli effetti caducatori propri di sentenze costitutivo-risolutive o


dichiarative di nullit. Nel campo delle impugnative di delibere societarie, stato dimostrato che il
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provvedimento cautelare di sospensione in grado di anticipare "l'essenza" di quell'effetto


caducatorio che proprio della sentenza di annullamento o dichiarativa di nullit, ovvero
l'inefficacia della delibera impugnata, dando vita ad una situazione giuridica analoga a quella
antecedente all'emanazione dell'atto(23). Inoltre, assumendo la tutelabilit di un "diritto
all'adempimento", si ritenuta ammissibile la tutela cautelare dichiarativa richiesta per la c.d.
manutenzione del contratto(24). E ci, anche a prescindere dalla reversibilit degli effetti del
provvedimento d'urgenza, essendosi affermato che la provvisoriet della tutela cautelare
anticipatoria (specie dopo la riforma che ha reso tali misure stabili, anche in assenza del giudizio di
merito) non implica necessariamente provvisoriet anche dei suoi effetti(25).

Scorrendo i repertori, si troveranno numerosi casi in cui la giurisprudenza si mostrata aperta alle
istanze di tutela cautelare dichiarativa, accordando, talora con qualche forzatura di troppo, misure
cautelari funzionali a scongiurare un pericolo ritenuto irreparabile.

La casistica giurisprudenziale, infatti, conosce vicende in cui un provvedimento urgente stato


concesso a tutela dei diritti di un imprenditore a contrarre con un monopolista in assenza di clausole
abusive (esempi in tal senso ricorrono anche nella giurisprudenza amministrativa) o a tutela dei
diritti contrattuali che la controparte pretendeva di contestare considerando risolto di diritto il
contratto(26). In altri casi si ammessa esplicitamente la tutelabilit in via cautelare di situazioni
giuridiche connesse ad azioni di tipo dichiarativo o costitutivo, escludendosi che la tesi contraria
possa farsi discendere dalla circostanza che il diritto da tutelare ancora non esista(27), ma con la
specificazione che ci che viene anticipato l'effetto autorizzatorio di determinati comportamenti,
di salvaguardia del diritto controverso, discendente da statuizioni condannatorie accessorie alla
domanda di accertamento o costitutiva(28). In altri casi ancora, e in modo analogo, i giudici hanno
affermato che non possibile supplire in via cautelare alla mancata conclusione di un negozio tra le
parti, pur potendosi ordinare l'esecuzione delle prestazioni promesse con contratti gi stipulati(29).

La materia lavoristica da sempre terreno fertile per la tutela cautelare, specie di natura
anticipatoria,vista la particolare delicatezza e rilevanza dei diritti coinvolti, cui fa da pendant la
frequente irreparabilit dei pregiudizi evocati.

Si pensi alla misura della reintegrazione nel posto di lavoro erogata con provvedimento d'urgenza,
anticipatoria rispetto alla sentenza che dichiara illegittimo il licenziamento. Essa anticipa invero gli
effetti di tipo dichiarativo o (secondo altra tesi) costitutivo della sentenza, accordando le utilit
necessarie a eludere quel particolare pregiudizio, ritenuto irreparabile. In particolare, come
affermato da una parte della giurisprudenza, la misura cautelare consente (impone) la reintegra ma
non accorda al lavoratore la tutela economica relativa alle retribuzioni che avrebbe percepito nel
periodo intermedio tra il licenziamento e la misura cautelare urgente(30). Peraltro, come si gi
notato, l'ordine di reintegra anticipatorio della corrispondente statuizione di condanna contenuta in
sentenza, dunque l'anticipazione in via cautelare non riguarda, a ben vedere, l'effetto costitutivo o
dichiarativo puro, ma un capo accessorio.

Vi sono poi veri e propri "filoni" giurisprudenziali, formatisi in relazione a domande di sospensione
di trasferimenti o di mutamenti di mansioni o con riferimento a ordini di pagamento di emolumenti
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retributivi(31). Si tratta, nei primi due casi, di provvedimenti in cui il giudice neutralizza
provvisoriamente gli effetti di un atto di esercizio del potere datoriale, anticipando in tal modo gli
effetti della futura pronuncia che accerter il diritto del lavoratore a non essere trasferito o
demansionato. La terza ipotesi costituisce invece anticipazione di una normale statuizione
condannatoria.

Non di rado si tentata la via della tutela cautelare anche per ottenere l'attuazione di obblighi di
fonte "legale" gravanti sul datore di lavoro, come nel caso delle assunzioni obbligatorie o del
subentro di un soggetto nell'esecuzione di un appalto. Sul punto la giurisprudenza ha pi volte
negato la tutela, ritenuta erogabile solo in presenza di una situazione giuridica perfetta, escludendo
in tal modo l'ammissibilit di un provvedimento d'urgenza con cui si obblighi un soggetto a
concludere (provvisoriamente) un contratto(32). Mentre in altre pronunce la tutela cautelare atipica
d'urgenza stata concessa sul presupposto che la coincidenza tra la sentenza costitutiva e la cautela
innominata costituisce l'unico rimedio che consente di evitare che, pendente il giudizio di merito, il
diritto possa essere irreparabilmente leso(33).

L'ordinanza del Tribunale romano. Osservazioni critiche sull'ammissibilit del


provvedimento cautelare

Si viene dunque al punto che riguarda il provvedimento che si annota.

possibile una tutela cautelare urgente con cui si dichiara il diritto di una parte di costituire un
nuovo rapporto giuridico e di risolvere il vecchio(34)? proprio in ci che sembra consistere, infatti,
il provvedimento del collegio del tribunale romano.

La risposta non d'immediata soluzione, in presenza, come si visto, di diversi orientamenti in


giurisprudenza e forti perplessit in dottrina. Tuttavia, ci sembra che essa debba essere negativa.

Si pu concordare in via generale sulla ammissibilit di una tutela cautelare strumentale a sentenze
dichiarative o costitutive, e che a tal fine possa fungere da guida la verifica dell'esistenza di utilit
che il provvedimento cautelare pu assicurare per sventare un imminente e irreparabile
pregiudizio(35). Abbiamo visto come sia possibile anticipare l'essenza dell'effetto dichiarativo o
costitutivo di una pronuncia che accerti la nullit di un atto o che lo annulli, come nel caso della
sospensione delle delibere assembleari societarie o associative o condominiali, essenza
rappresentata dalla sua giuridica inefficacia. Si ammette altres l'anticipazione in via cautelare di
taluni effetti di tipo esecutivo, ripristinatorio o anche conformativo, conseguenti a pronunce
costitutive o meramente dichiarative, pur rese nell'ambito di rapporti contrattuali preesistenti. A ci
non osta, a nostro avviso, neppure il fatto che l'anticipazione degli effetti della sentenza di merito
possa realizzarsi in maniera pressoch totale, ove ci si renda necessario per eludere il periculum.

Ma ben difficilmente un provvedimento cautelare potr dichiarare in via provvisoria il diritto di


propriet su un bene ed alquanto dubbio che allo stesso sia consentito anticipare la costituzione di
un nuovo rapporto negoziale o l'accertamento del diritto di accedervi (come nel caso in esame)

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passando per la risoluzione del vecchio (per di pi di guisa tale da produrre in concreto effetti
particolarmente invasivi e in parte anche irreversibili).

Bene stato rilevato, da autorevole dottrina, che non possibile anticipare in via di urgenza l'effetto
modificativo sostanziale delle sentenze costitutive e cos ritrasferire al venditore la propriet di un
bene in vista di un'azione di annullamento del contratto di compravendita o costituire la servit di
passo a favore del fondo intercluso: soltanto potranno anticiparsi, all'occorrenza, "utilit pi
circoscritte" del giudicato, attribuendo il temporaneo godimento del bene al venditore (che per non
potr disporne in quanto non pi proprietario) o acconsentire al passaggio sul fondo su base
personale obbligatoria e a fronte di un certo pagamento(36). Ma simili utilit, nel caso in esame, non
potevano essere conseguite, n erano state domandate, trattandosi di risolvere consensualmente il
rapporto di lavoro onde far beneficiare la lavoratrice delle prestazioni straordinarie del Fondo, con
rinuncia a reciproche pretese.

N pu ovviarsi a tale conclusione, come si legge nel provvedimento in rassegna, invocando il


principio della copertura costituzionale della tutela cautelare, da assicurarsi a ogni situazione
giuridica. Ci non toglie, infatti, che la cautela non possa spingersi a elargire tutele che non sono
invocabili in via provvisoria.

Se si concorda con quanto sopra, nel caso di specie il giudice non avrebbe potuto dichiarare, in via
cautelare, il diritto della ricorrente a beneficiare delle prestazioni del Fondo previsto dagli accordi
sindacali, perch tale diritto intanto poteva riconoscersi in quanto si fosse risolto consensualmente il
rapporto di lavoro. E ci doveva avvenire alle condizioni dettate dal datore di lavoro nel modulo
che ciascun lavoratore avrebbe poi compilato (come pure aveva fatto la ricorrente), ivi compresa la
rinuncia, da confermare in sede sindacale, a ogni pendente contenzioso.

Ulteriori dubbi sia in punto di fumus che di periculum

A ben vedere, vi sono ulteriori motivi per i quali il provvedimento non sembra potersi condividere.

Si legge nell'ordinanza collegiale che l'imminenza della data di scadenza di accesso al Fondo cui
causa - 30 aprile 2014 - impedirebbe irrimediabilmente alla reclamante di accedere al Fondo e,
conseguentemente, ci che pi rileva, non sarebbe pi possibile risolvere consensualmente il
rapporto di lavoro con la unica prospettazione del risarcimento del danno, che, nella specie, non
sarebbe in alcun modo, pienamente satisfattorio.

Si dunque ritenuto di poter anticipare con una misura cautelare l'accertamento del diritto della
ricorrente di accedere al Fondo e di risolvere consensualmente il contratto, sull'unico presupposto
(in punto di pericolo) della imminenza della data di scadenza prevista per il relativo accesso. Mi
pare che, qualora il giudice si fosse favorevolmente pronunciato con sentenza sulla domanda della
ricorrente - e stante la natura documentale della causa, ragionevole pensare che ci sarebbe potuto
avvenire in tempi relativamente brevi - non sarebbe stata di certo quella data convenzionale a
impedire all'accertamento di poter esplicare tutti i suoi effetti.

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Sembra pertanto che anche il periculum riscontrato dal collegio difettasse tanto di quel carattere di
imminenza che di irreparabilit che costituiscono requisiti ineludibili della misura cautelare urgente
(il cui positivo apprezzamento, in casi affatto peculiari, ha talora spinto i giudici a concedere la
cautela in situazioni in cui la sua stessa ammissibilit si presentava assai discutibile).

Ma pur volendo ritenere superabili questi argomenti(37), anche le ragioni espresse a fondamento
della concedibilit della cautela in punto di fumus non appaiono persuasive. Per quel che dato
comprendere dall'ordinanza, il collegio avrebbe ritenuto fondato il "diritto" della ricorrente a
beneficiare delle prestazioni straordinarie del Fondo sul presupposto che il suo nominativo fosse
stato inserito dalla societ resistente nell'elenco dei lavoratori in possesso dei requisiti individuati a
livello sindacale. A fronte di ci, la rinuncia al contenzioso pendente con l'azienda espressa dalla
lavoratrice nella domanda di risoluzione del rapporto non stata ritenuta alla stregua di una
ulteriore condizione del perfezionamento della risoluzione consensuale, sia in quanto frutto di
una asserita "prassi" aziendale, sia perch la stessa societ resistente aveva fatto intendere alla
lavoratrice che la vera rinuncia sarebbe stata solamente quella effettuata in sede di sottoscrizione del
verbale sindacale.

Tuttavia, sotto il primo aspetto, il collegio non offre alcuna motivazione in relazione al contenuto
degli accordi sindacali e all'eventuale contrariet agli stessi della condotta dell'impresa. Mentre
riconosce espressamente che per accedere al Fondo occorresse la previa risoluzione consensuale
(dunque, volontaria) del rapporto di lavoro e che tale necessario passaggio era stato condizionato
dall'azienda alla rinuncia al contenzioso pendente, condizione cui la stessa ricorrente aveva aderito
sottoscrivendo la domanda in conformit al modello diffuso dalla controparte. Ma una volta chiarito
questo aspetto (tutt'altro che secondario), non sembra potersi concludere che il valore di tale
sottoscrizione fosse limitato a consentire l'avvio della procedura, senza comportare alcun effetto
vincolante nel suo contenuto sostanziale(38).

In altre parole, per accedere al Fondo non bastava dimostrare di avere i requisiti previsti
dall'accordo sindacale, ma occorreva l'incontro delle volont dei contraenti sulla risoluzione del
rapporto e le relative condizioni. Non poteva perci accertarsi (in via cautelare) il diritto di accedere
al Fondo, se non sul presupposto dell'avvenuta risoluzione consensuale del contratto, con le previste
modalit. Non a caso, verosimilmente, il primo giudice aveva rigettato il ricorso "per la semplice
assorbente ragione che non in potere del giudice imporre alla societ convenuta di addivenire - in
difetto di un obbligo al riguardo - alla conclusione di un accordo avente un certo contenuto". In
assenza di tale accordo, l'accertamento del diritto di accedere alle prestazioni straordinarie del
Fondo non avrebbe forse potuto trovare accoglimento neppure all'esito del giudizio di merito(39).

(*) Il contributo stato sottoposto, in forma anonima,alla valutazione di un referee.

(1) Corte cost. 7 novembre 1997, n. 326, in Giur. it., 1998, 410, con nota di Consolo.

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(2) L'ordinanza collegiale rileva infatti che sarebbe leso nella specie il diritto all'accesso anticipato
alla risoluzione consensuale. Il provvedimento di rigetto del primo giudice, come gi segnalato,
invece aveva ritenuto impossibile per il giudice ordinare alla societ di addivenire ad un nuovo
rapporto contrattuale, in assenza di un qualsiasi obbligo al riguardo.

(3) Salva la condanna al risarcimento del danno equitativamente determinato, su cui il collegio non
si evidentemente pronunciato, verosimilmente per la sua estraneit a un'esigenza cautelare, gi
rilevata dal primo giudice.

(4) Cfr. in tema Mandrioli, Per una nozione strutturale dei provvedimenti anticipatorianticipatori o
interinali, in Riv. dir. proc., 1964, 553;Tommaseo, I provvedimenti d'urgenza, Padova, 1983,
secondo cui l'anticipazione in senso tecnico deve riguardare gli elementi caratterizzanti della
fattispecie anticipata; Vullo, L'attuazione dei provvedimenti cautelari, Torino, 2001, 19 ss.;per una
diversa prospettiva, Carratta,Profili sistematici della tutela anticipatoria, Torino, 1997, 327 ss.; Id.,
La fase cognitiva, in I procedimenti cautelari, diretto da A. Carratta, Bologna, 2013, 261 ss., il
quale distingue tra anticipatoriet in senso proprio (tipica dei provvedimenti emessi nell'ambito di
un giudizio di merito a cognizione piena, rispondenti ad una specifica funzione a essi attribuita) e
un'anticipatoriet "atecnica", propria delle misure cautelari (la cui funzione sempre quella di
evitare un periculum in mora); v. infine, se vuoi, anche per una ricostruzione del dibattito, Corea,
La sospensione delle deliberazioni societarie nel sistema della tutela giurisdizionale, Torino, 2008,
135 ss., 216 ss., 225 ss.

(5) il caso dell'ordine di reintegrazione nel posto di lavoro rispetto alla relativa condanna
accessoria alla domanda volta a far accertare l'illegittimit del licenziamento, oppure dell'ordine di
consentire il passaggio in relazione alla domanda di servit coattiva.

(6) Si v. l'ampia analisi critica di Panzarola, I provvedimenti d'urgenza dell'art. 700 c.p.c., in I
procedimenti cautelari, cit., 863 ss.

(7) Vuoi la dottrina tradizionale che la giurisprudenza prevalente hanno sin qui negato l'esecutoriet
provvisoria alle sentenze costitutive e di accertamento, riconoscendola alle sole sentenze di
condanna: Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1960 (rist.), I, 219; Satta, A
proposito dell'accertamento preventivo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 1401 e ss.; Attardi,Diritto
processuale civile, Padova, 1994, 156; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Torino,
2012, 295. In giurisprudenza, tra le pi recenti, Cass. 3 agosto 2005, n. 16216; Cass. 10 marzo
2006, n. 5162; Cass. 21 febbraio 2008, n. 4522; Cass. 6 aprile 2009, n. 8250; Cass. 26 marzo 2009,
n. 7369; Cass. 6 febbraio 1999, n. 1037; Cass., 24 marzo 1998, n. 3090. Contra, Montesano, La
tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1995, 241, per le sentenze costitutive; Sassani, Dal
controllo del potere all'attuazione del rapporto, Milano, 1997, 58; Carpi, voce Esecutoriet (dir.
proc. civ.), in Enc. giur. Treccani, XIII, 1995; Pugliese, voce Giudicato, in Enc. dir., XVIII, 1988,
812; Impagnatiello, La provvisoria esecutivit delle sentenze costitutive, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
1992, 47 ss. Si veda oggi per il nuovo orientamento della Corte di cassazione in merito alla
provvisoria efficacia della sentenza non passata in giudicato, per la quale pure si tende a parlare di
anticipazione degli effetti della sentenza conseguibili con la irretrattabilit (sulle cui implicazioni v.,
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Capponi, Orientamenti recenti sull'art. 282 c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 265 e, se vuoi,
Corea, Verso la provvisoria efficacia della sentenza non passata in giudicato?, in Riv. esec. forz.,
2014, 481).

(8) Tommaseo, I provvedimenti d'urgenza, cit., 257, rileva che, posta in questi termini la questione
dell'ammissibilit della tutela cautelare anticipatoria dell'effetto dichiarativo, la risposta non
potrebbe che essere negativa. In realt, prosegue l'A., occorre verificare se non sia sufficiente, per
soddisfare provvisoriamente l'interesse del ricorrente, il conseguimento di quella certezza di
modesto grado che si risolve nella valutazione in termini di probabilit del buon diritto affermato
dalla parte.

(9) Samor, La tutela cautelare dichiarativa, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1995, 949 ss.

(10) In senso favorevole, v. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964,
259 ss.; Calvosa, Provvedimenti d'urgenza, in Noviss. dig. it., XIV, Torino, 1967, 781 ss.;
Montesano, I provvedimenti d'urgenza nel processo civile, Napoli, 1955, 66; Cerino Canova, I
provvedimenti d'urgenza nelle controversie di lavoro, in Mass. giur. lav., 1981, 134; Arieta, I
provvedimenti d'urgenzaex art. 700 c.p.c., Padova, 1985, 144; Mandrioli, Diritto processuale civile,
IV, Torino, 2004, 278 ss.; Verde, Capponi, Profili del processo civile, 3, Napoli, 1998, 372; Proto
Pisani, Le tutele giurisdizionali dei diritti, Napoli, 2003, 50; Merlin, Variazioni sui rapporti tra
misura cautelare, sentenza (di accertamento mero, di condanna o costitutiva) e giudicato
favorevole al beneficiario della cautela: un punto trascurato anche nella L. 353/1990, in Riv. dir.
proc., 1992, 945 ss. In giurisprudenza, Trib. Roma, 17 gennaio 1997 (ord.), in Societ, 1997, 453;
Pret. Roma, 27 marzo 1992 (ord.), in Societ, 1992, 1125 e ss., con nota favorevole di Guarnieri;
Pret. Milano, 15 febbraio 1990 (ord.), in Foro it., 1990, I, 1746; Pret. Roma, 17 marzo 1987 (ord.),
in Riv. dir. proc., 1988, con nota di Frisina; Trib. Napoli, 8 novembre 1996, in Dir. ind., 1997, 193.
Cfr. per altri riferimenti, Vullo, L'attuazione dei provvedimenti cautelari, cit. 19 ss.; Panzarola, op.
ult. cit., 863 ss.

(11) Andrioli, Commento, IV, cit., 260; Montesano, La tutela giurisdizionale dei diritti, cit., 310;
Luiso, Diritto processuale civile, IV, 2000, 183; quantomeno per le azioni costitutive necessarie,
Panzarola, op. ult. cit., 871.

(12) Cfr. soprattutto, Proto Pisani, Le tutele, cit., 45 ss.; Andrioli, Commento, cit., 259 e ss., rileva
che l'emissione della misura d'urgenza produce sempre delle conseguenze di fatto e di diritto, quali
l'incriminazione ai sensi dell'art. 388 c.p. di chi elude misure cautelari a tutela della propriet o del
possesso (ma, interpretando estensivamente la norma, qualsiasi misura cautelare d'urgenza), nonch
effetti secondari quali le valutazioni circa la sussistenza della colpa o della malafede nella
liquidazione del danno; Arieta, I provvedimenti d'urgenza, cit., 344 e ss.; Merlin, Variazioni, cit.,
945 ss.; contra, fra gli altri, sullo specifico punto, per l'infondatezza ed inopportunit del richiamo
alle norme penali: Tommaseo, I provvedimenti d'urgenza, cit., 359.

(13) Si tratta di due ipotesi diverse, a seconda cio che la tutela sia invocata dal ricorrente per porre
una regola cui uniformare il proprio comportamento o quello del soggetto passivo. In dottrina, in
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senso favorevole, oltre agli autori sopra citati, Pagni, Provvedimenti d'urgenza, in Il diritto-Enc.
giur., 2007, XII, 492; Arieta, Trattato di diritto processuale civile, Le cautele, Padova, 2011, 497;
Delle Donne, Riflessioni sulla tutela "anticipatoria" d'urgenza nell'esperienza applicativa della
giurisprudenza e in alcune recenti scelte del legislatore, in www.judicium.it; v. anche Trib. Roma,
20 marzo 2001, in Lav. giur., 2001, 776.

(14) In tal senso, Samor, La tutela cautelare dichiarativa, cit., 963; pi di recente, Balena,
Istituzioni di diritto processuale civile, III, Bari, 2012, par. 131; Luiso, Diritto processuale civile,
IV, Milano,2011, 219; Cariglia, Profili generali delle azioni di accertamento negativo, 2013, 226
ss.; per analoghe considerazioni, Panzarola, op. ult. cit., 879 ss.; in giurisprudenza, Pret. Milano
(ord.), 15 febbraio 1990, in Foro it., 1990, I, 1746, secondo cui un simile provvedimento sarebbe
equiparabile ad un inammissibile "parere pro veritate"; con riferimento a un obbligo la cui
esecuzione rientrava nella disponibilit del ricorrente, Trib. Padova, 16 settembre 2004 (ord.), in
questa Rivista, 2005, 3, 409, con nota adesiva di Petrillo, la quale afferma che l dove un soggetto
sia in grado di porre in essere un comportamento attuabile in virt dei propri poteri sostanziali,
nelle norme sostanziali e non nel dictum del giudice cautelare che potr rinvenirsi la fonte di
legittimazione di tale comportamento.

(15) Cfr. ancora Samor, op. cit., 971; Petrillo, op. cit., 413; E.F. Ricci, Profili della nuova tutela
cautelare amministrativa del privato nei confronti della p.a., in Dir. proc. amm., 2002, 287. Si pu
per replicare che non vi ragione di distinguere tra condanna e accertamento allorch si ritenga
che anche la sentenza dichiarativa o costitutiva possa fissare una norma agendi in capo alle parti,
specie se gli obblighi da essa derivanti risultino "infungibili" s da escludere la possibilit di
un'esecuzione forzata secondo le modalit previste dal codice di rito (v. sul punto oltre nel testo).

(16) Secondo Chiovenda, Principii, cit., 165 e ss., l'accertamento della legge di per s stesso un
bene, in quanto se si afferma la esistenza d'una volont di legge che ci garantisca un bene, alla
utilit garantita dalla legge si aggiunge la sicurezza della sua aspettazione, e la possibilit di
disporne nel commercio giuridico. Sul concetto di utilit fa leva il cit. Trib. Padova, 16 settembre
2004 (ord.), in cui si afferma l'ammissibilit della tutela anticipatoria anche nei casi di incoercibilit
dell'ordine cautelare, in relazione alla possibilit di un adempimento spontaneo o a fini risarcitori.
Ma sul punto v. gi Cass. 17 luglio 1979, n. 4212, in Foro it., 1980, I, 25, che sottolinea la
coercibilit indiretta della statuizione cautelare dichiarativa attraverso l'azione di risarcimento dei
danni derivanti dalla sua inosservanza; analogamente, Trib. Roma, 17 gennaio 1996, in Foro it.,
1996, I, 2251; in dottrina Santangeli, Il provvedimento ex art. 700 c.p.c. e la manutenzione del
contratto, in Riv. dir. proc., 2006, 85.

(17) Tesi sostenuta da autorevole dottrina: Carnelutti, Istituzioni del nuovo processo civile italiano,
1942, I, 32 ss.; Furno, Del mero accertamento come sanzione, in Arch. giur. F. Serafini, Modena,
1938, 213; Fazzalari, Cosa giudicata e convalida di sfatto, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1956, 1315;
Tavormina, In tema di condanna, accertamento ed efficacia esecutiva, in Riv. dir. civ., 1989, II, 29
ss.; Vocino, Considerazioni sul giudicato, Milano, 1963, 63 ss.; Chiarloni, Misure coercitive e
tutela dei diritti, Milano, 1980; Proto Pisani, Le tutele giurisdizionali dei diritti, Napoli, 2003, 46;
Sassani, Impugnativa dell'atto e disciplina del rapporto, Padova, 1989, 185 ss. Sottolinea il valore

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della coazione all'adempimento spontaneo, anche in caso di non coercibilit dell'ordine, Santangeli,
Il provvedimento ex art. 700 c.p.c., cit., 83; contra, Petrillo, op. cit., 413, che nega alla tutela
dichiarativa effetti ulteriori rispetto alla produzione di certezza giuridica.

(18) Cfr. Andrioli, Commento, cit., 259 ss.; Tommaseo, I provvedimenti d'urgenza, cit., 262 ss.;
Cerino Canova, I provvedimenti d'urgenza, cit., 122 ss.; Denti, La giustizia civile (Lezioni
introduttive), Bologna, 1989,130; Attardi, Diritto processuale, cit., 154; Dini-Mammone, I
provvedimenti d'urgenza, Milano, 1997, 387; Luiso, Diritto processuale civile, IV, cit., 161;
Mandrioli, Diritto processuale civile, cit., 278; Verde, Capponi, Profili, cit., 372; Proto Pisani, Le
tutele, cit., 520; in giurisprudenza, Cass., 27 ottobre 1976, n. 3899; Pret. Roma, 3 febbraio 1986, in
Giur. merito, 1987, 602; Pret. Roma, 30 novembre 1979, in Temi romana, 1979, 444; altri
riferimenti in Vullo, L'attuazione, cit., 24 ss.

(19) V. ancora Consolo, Spiegazioni, I, cit., 295 e retro nota 7.

(20) Andrioli, Commento, IV, cit., 260.

(21) Tommaseo, I provvedimenti d'urgenza, cit., 264, il quale afferma l'esigenza di porre l'accento
sull'anticipazione delle situazioni attive a favore del ricorrente; Arieta, Trattato di diritto
processuale civile, Le cautele, cit., 579; Vullo, L'attuazione, cit., 29; Consolo, Spiegazioni, I, cit.,
295, il quale pure conclude per la possibile anticipazione di "utilit pi circoscritte" della modifica
sostanziale.

(22) Panzarola, op. cit.,870.

(23) Di qui la produzione anche dei conseguenti effetti "ripristinatori", anch'essi spesso svincolati
dalle forme dell'esecuzione forzata, ove ricadenti sul piano organizzativo. La sospensione cautelare
infatti in grado di elidere temporaneamente gli effetti della delibera impugnata, impedendo altres
che se ne producano di nuovi. L'effetto caducatorio anticipato dalla sospensiva non identico a
quello della sentenza passata in giudicato, in quanto viene inciso solo il regime dell'efficacia e non
quello della validit dell'atto, pronto a riespandersi in relazione agli sviluppi processuali. Si tratta
per di un effetto in gran parte analogo, che pone l'atto in uno stato di quiescenza: mi sia consentito
sul punto il rinvio al mio La sospensione delle deliberazioni societarie, cit., 209 ss., 225 ss.; sulla
capacit della sospensiva di rendere inefficace la delibera anticipando l'analogo effetto prodotto
dalla sentenza, Carratta, op. ult. cit., 270;Villata, Impugnazioni di delibere assembleari e cosa
giudicata, Milano, 2006, 513.

(24) Si veda il pregevole scritto di Santangeli, Il provvedimento d'urgenza, cit.,85 (dove si fa anche
l'esempio della richiesta che il giudice dichiari ingiustificato il recesso contrattuale esercitato da una
compagnia di assicurazione nei confronti di un agente per giusta causa, al fine di salvaguardare
l'immagine di questo e consentirgli di poter trattare con altre compagnie assicurandosi il
sostentamento).

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(25) Proto Pisani, Appunti sulla tutela cautelare, cit., 117. Ma su questo tema, occorre procedere
con i piedi di piombo. vero che, in ipotesi di effetti irreversibili, il giudice si trover di fronte
all'alternativa di scegliere quale diritto privilegiare (il che dovrebbe condurre alla tutela cautelare
del diritto che appare assistito dal prescritto fumus: cos Santangeli, op. cit., 61; Tommaseo, op. cit.,
154), ma la stessa giurisprudenza pare giustamente restia ad accordare la tutela urgente a domande
di cancellazione della trascrizione di domanda giudiziale, in presenza della regola di cui all'art.
2668 c.c., che subordina tale cancellazione al passaggio in giudicato della sentenza in cui
contenuto l'ordine.

(26) Cfr. Pret. Milano, 30 marzo 1983, in Riv. dir. ind., 1983, II, 58; Trib. Bari, 15 luglio 1993, in
Giust. civ., 1994, I, 264.

(27) Secondo la nota tesi di Satta, avversato da Andrioli.

(28) Esemplare in tal senso la motivazione di Trib. Milano, 3 gennaio 2013, in Societ, 2013, 463.

(29) App. Milano, 8 ottobre 1994, in Foro it., 1995, I, 1325.

(30) Panzarola, op. cit., 917; De Santis, I procedimenti cautelari nelle controversie individuali di
lavoro, in I procedimenti cautelari, cit., 1389. In altri casi, la giurisprudenza riconosce per la
funzione alimentare della retribuzione accordando la tutela cautelare al relativo diritto. Peraltro,
come noto, con l'entrata in vigore della legge 28 giugno 2012, n. 92 - c.d. Legge Fornero - stato
previsto un nuovo rito speciale per le controversie sui licenziamenti regolati dall'art. 18 Stat. Lav.,
sicch l'ammissibilit della tutela cautelare ormai diventata del tutto eccezionale: sul punto cfr.
Vallebona, Istituzioni di diritto del lavoro, II, Il rapporto di lavoro, ottava edizione, Padova, 2012,
581-582.

(31) De Santis, op. cit., 1389 ss.

(32) Trib. Torino, 21 luglio 2003, in Giur. merito, 2004, 1124; nega la tutela d'urgenza del diritto
alla costituzione del rapporto di lavoro all'esito di un procedimento concorsuale che richiedeva una
ulteriore manifestazione di volont, Trib. Genova, 18 luglio 1996, in Riv. crit. dir. lav., 1997, 106;
in senso conforme, Vallebona, Appalti di servizi e licenziamenti collettivi, in Riv. it. dir. lav., 1999,
II, 219; contra, Buoncristiani, Forme di tutela del lavoratore "ereditato" nel cambio di gestione di
appalti labour intensive, in Riv. it. dir. lav., 2007, 165; Pret. Roma, 3 febbraio 1986, ivi, 1987, 602,
citata da Panzarola, op. cit., 910.

(33) Questa la motivazione di Trib. Firenze, ord. 10 dicembre 1996, in Foro it., 1997, I, 578, nel
celebre caso che vide contrapposta la Lega calcio alla societ Cecchi Gori (e questa alla Rai) per
l'assegnazione dei diritti televisivi delle partite di calcio. Il tribunale, rilevato che con l'assegnazione
dei diritti si era perfezionato un contratto preliminare, ordin alla Lega di mettere i diritti a
disposizione dell'assegnatario a decorrere dalla stagione successiva alle stesse condizioni
contrattuali di cui alla proposta della assegnataria, accettata dalla Lega, e condizionatamente alla
prestazione da parte dell'impresa di una garanzia. Sarebbe dunque coercibile in via cautelare anche
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l'obbligo ex art. 2932 c.c., allorch ricorrano i requisiti di irreparabilit del pregiudizio tipici di tale
forma di tutela urgente. L'ordinanza si richiama all'orientamento dei giudici del lavoro che avevano
gi ritenuto anticipabili gli effetti della sentenza costitutiva di un nuovo rapporto di lavoro in
materia di collocamento obbligatorio, ma anche a quelle pronunce che avevano accordato analoga
tutela agli istanti per la somministrazione di acqua o energia (Pret. Roma, 3 febbraio 1986, cit.; Pret.
Milano, 9 agosto 1986, Foro it. Rep., 1986, voce Provvedimenti d'urgenza, n. 101; Pret. Roma, 21
maggio 1988, ivi, 1990, n. 195). Sul punto, v. anche, Conte, Sub art. 700, in Commentario del
codice di procedura civile, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani e Vaccarella, VII, tomo II, 2014,
544.

(34) L'ordinanza parla di diritto all'accesso anticipato alla risoluzione consensuale.

(35) V. retro .

(36) Consolo, Spiegazioni, I, cit., 2012, 295-296.

(37) Sulla scorta della nota tesi per cui l'irreparabilit del pregiudizio pu riscontrarsi ogni qual
volta vi sia uno "scarto", purch intollerabile, tra gli effetti della decisione di merito e la piena
soddisfazione del diritto, anche per equivalente: cos Andrioli, Commento, IV, cit., 257.

(38) Sol perch, come evidenziato sopra nel testo, la societ avrebbe "precisato" che la rinuncia
andava comunque formalizzata in sede sindacale (circostanza che non ci pare concludente).

(39) Nelle more della pubblicazione del presente articolo risulta che il Tribunale abbia infatti
respinto il ricorso nel merito sulla scorta di considerazioni analoghe a quelle da ultimo indicate nel
testo.

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16) GIUR. IT., 2015, 3, 632 (NOTA A SENTENZA)

PROVVEDIMENTI D'URGENZA - EQUIVOCI E DISORIENTAMENTI SULLA PORTATA


DELLA TUTELA D'URGENZA

Riccardo Conte

Trib. Bologna, 02 settembre 2014

c.p.c. art. 700

La quaestio iuris. Non perplessit, ma profondo dissenso suscita la lettura del provvedimento ex
art. 700 c.p.c. del tribunale felsineo, che rigetta la domanda cautelare proposta da una societ di
leasing, la quale richiedeva fosse ordinato ad un utilizzatore moroso la restituzione del bene
concesso in locazione finanziaria (un immobile ad uso commerciale).

Il giudice, pur dando atto dell'esistenza del fumus boni iuris dell'istante e pur dando atto che,
essendo intervenuta la risoluzione del contratto di leasing, giusta clausola risolutiva espressa
invocata dal locatore (tant' che compensa le spese), ha ritenuto di non poter concedere l'ordinanza
di rilascio per mancanza del periculum in mora. Si specifica nell'ordinanza, sulla base di un
inquadramento risalente e superato, che "l'irreparabilit pu collegarsi non gi al mero
pregiudizio di carattere economico (che, come tale, sempre suscettibile di riparazione pecuniaria),
ma va ravvisata nel concreto ed attuale pericolo di deterioramento del bene, fondato sulla
ragionevole previsione che l'utilizzatore, gi inadempiente all'obbligo di corrispondere i canoni di
locazione finanziaria, si astenga dal compiere l'ordinaria e straordinaria manutenzione, con ci
rendendo impossibile la (futura) riconsegna del bene nelle stesse condizioni in cui si trovava al
momento della conclusione del contratto".

Argomento che non soltanto prescinde dalla considerazione della portata anticipatoria del
provvedimento d'urgenza, oggi riconosciuta expressis verbis dal legislatore nell'art. 669 octies, 6
comma, c.p.c., ma che incorre nell'identificazione, ormai superata, della nozione di irreparabilit
con quella di irrisarcibilit.

La nozione di irreparabilit tra diritti di credito e diritti assoluti. Sennonch tale


identificazione - che trovava riscontro nella risalente dottrina secondo cui solo i diritti assoluti
sarebbero stati suscettibili di un pregiudizio irreparabile, non invece i diritti di credito, che lo
potrebbero essere solo in fatto (cfr. Satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, 2,
Padova, 1968, 270) - stata abbandonata, proprio sul presupposto per cui "l'irreparabilit del danno
prescinde dalla ipotetica risarcibilit dello stesso" (Trib. Milano, 2 ottobre 1997, in Foro It., 1998, I,
241). Da tempo, infatti, la giurisprudenza maggioritaria, sulla scia della dottrina dominante, ha
superato la tesi di Satta, recependo quella formulata da Andrioli per il quale l'irreparabilit ricorre
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non soltanto quando il danno non sia suscettibile di reintegrazione in forma specifica o perch il
risarcimento non sia suscettibile di una valutazione patrimoniale, ma anche quando sussista uno
"scarto" tra la soddisfazione integrale del diritto ed i risultati conseguibili mediante i rimedi ordinari
od eccezionali (si pensi alla pubblicazione della sentenza) apprestati dall'ordinamento giuridico
(Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 251. In termini vedi
recentemente Trib. Lecce, 8 gennaio 2013, in Corr. Merito, 2013, 734, con nota di Giordano,
secondo cui "l'irreparabilit del pregiudizio che giustifica l'accoglimento del ricorso ex art. 700
c.p.c., va intesa non solo nel senso di irreversibilit del danno alla situazione soggettiva di cui si
invoca la cautela, ma anche come insuscettibilit di tutela piena ed effettiva della situazione
medesima all'esito del giudizio di merito, fattispecie che ricorre ove l'istante abbia a disposizione
strumenti risarcitori per la riparazione del pregiudizio sofferto ma gli stessi non appaiano in grado
di assicurare una tutela satisfattoria completa, con conseguente determinarsi di uno 'scarto
intollerabile' tra danno subito e danno risarcito").

In una fattispecie che presenta forti analogie con quella oggetto dell'ordinanza in esame (richiesta in
via d'urgenza da parte di un conduttore di locali ad uso commerciale contro la locatrice
inadempiente alla consegna dei locali concessi in locazione), Trib. Milano, 14 agosto 1997 (in Foro
It., 1998, I, 241) in sede di reclamo (in prima battuta il pretore, allora adto, aveva respinto la
richiesta cautelare sulla base di motivazioni analoghe a quelle esposte nell'ordinanza del giudice
bolognese), accolse la richiesta del ricorrente, affermando che: a) "nel lungo tempo occorrente per
la definizione di un processo civile di cognizione ordinaria (...) il contratto stipulato inter partes
potrebbe giungere alla sua naturale scadenza senza che il [conduttore] abbia mai potuto ottenere la
disponibilit effettiva del negozio che gli stato locato. Egli sarebbe, in sostanza, costretto a
tollerare la presenza della locatrice per il semplice fatto che questa ha deciso di non tener fede alle
obbligazioni assunte"; b) "escludere che in tale situazione possa verificarsi un pregiudizio
irreparabile per il [conduttore] significa ... non tener conto del fatto che il diritto a cui cautela egli
ha richiesto il provvedimento ex art. 700 c.p.c. sar suscettibile di reintegrazione soltanto per il
futuro, posto che mai il reclamante potr riottenere il godimento dell'immobile per quel periodo di
tempo in cui di fatto tale godimento gli stato impedito"; c) da escludere poi che il pregiudizio de
quo sia "integralmente risarcibile: ben difficilmente, infatti, potranno essere valutati, se non
attraverso il ricorso al criterio equitativo (com' noto basato su considerazioni probabilistiche e non
verificabili in concreto) i danni derivati al reclamante dal mancato esercizio della sua piena attivit
di impresa, di fatto parzialmente impedita dalla presenza della B. [locatrice] nei locali ove egli ha
diritto di svolgerla".

L'orientamento appena richiamato costituisce un punto d'approdo di un'evoluzione


giurisprudenziale che, partendo dal riconoscimento della tutela d'urgenza del diritto di credito,
laddove correlato ad un diritto assoluto a monte (diritto alla dignit del lavoratore: si pensi alla
tutela d'urgenza correlata al diritto alla reintegra nel posto di lavoro: ricordo tra le risalenti Pret.
Roma, 6 luglio 1987, in Giur. It., 1991, I, 2, 467 con nota di Scarano - sulla questione vedasi anche
Maffuccini, Benestanti fino a prova contraria, in Dir. Lav., 2009, 578; alla tutela della vita
dell'impresa: cfr. Trib. Roma, 31 luglio 1986, in Giust. Civ., 1986, I, 2583, con nota di Bruni; alla
salute: cfr. Trib. Milano, 23 dicembre 1993, in Giur. It., 1995, I, 2, 848, con mia nota), e tenuto
conto dell'insegnamento chiovendiano, recepito dalla Corte costituzionale (cfr. Corte cost., 28

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giugno 1985, n. 190, in Foro It., 1985, I, 1881 con nota di Proto Pisani) per cui i tempi del processo
non devono andare a danno della parte che ha ragione, pervenuta ad affermare anche la tutelabilit
del diritto di credito in quanto tale.

Non mette conto, in questa sede, indugiare ulteriormente, rinviando il lettore interessato, si parva
licet, al mio commento all'art. 700 c.p.c. in Commentario al codice di procedura civile, diretto da
Comoglio, Consolo, Sassani e Vaccarella, v. VII, tomo II, Torino, 2014, 475 e segg., spec. 518 e
segg.

Il richiamo improprio a precedenti giurisprudenziali. Vi solo da segnalare che il giudice


bolognese non solo ha deciso prescindendo dalla considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale
in tema di provvedimento d'urgenza e tutelabilit del diritto di credito, ma anche corroborato la sua
decisione su un improprio richiamo a Trib. Treviso 2 settembre 2011 (che si legge per esteso in
www.ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 6649).

vero che il tribunale trevigiano nell'accoglimento della domanda cautelare ha considerato nella
valutazione del periculum in mora anche la violazione degli obblighi afferenti la manutenzione, ma,
a ben leggere la motivazione, ci ha rappresentato un dato presunto, conseguente ipso facto
all'inadempimento principale (la corresponsione del canone di locazione finanziaria). Si legge,
infatti, nella motivazione del provvedimento richiamato: "costituisce ius receptum di questo
tribunale l'esperibilit della tutela cautelare innominata di cui all'art. 700 c.p.c. in caso di obbligo di
rilascio di bene immobile conseguente a risoluzione contrattuale.

L'irreparabilit del danno, in tali ipotesi, ravvisabile nel concreto ed attuale pericolo di
deterioramento del bene, fondato sulla ragionevole previsione che l'utilizzatrice, gi inadempiente
all'obbligo di corrispondere i canoni di locazione finanziaria, si astenga dal compiere l'ordinaria e
straordinaria manutenzione, con ci rendendo impossibile la (futura) riconsegna del bene nella
stessa condizione in cui si trovava al momento della conclusione del contratto". In nuce: se il
conduttore non paga i canoni, che costituiscono la sua obbligazione principale, v' da presumere che
neppure far fronte alle altre spese.

Argomento evidentemente ad abundantiam e, a ben vedere, neppure appropriato, anzi fuorviante:


perch, in tale prospettiva, in concreto o si assume che la mancata manutenzione straordinaria
comporter effettivamente danni di perimento della res, oppure - nell'ottica del giudice bolognese -
neppure tale aspetto dovrebbe essere decisivo, poich la mancata manutenzione (ordinaria o
straordinaria) ben potrebbe risolversi semplicemente in un ulteriore danno soltanto di natura
economica.

Irreparabilit del pregiudizio e danno da tardivit. Tuttavia, evidentemente, il presupposto di


fondo di questo ragionamento che errato, essendo errata l'equiparazione dei concetti di
irreparabilit e irrisarcibilit. Poich, invero, ci che rileva che la mancata restituzione della res va
ad incidere sull'esercizio di un diritto dell'avente diritto, su cui ricade non solo il danno da
infruttuosit, ma anche quello da tardivit. E questo pregiudizio ci che ha spinto il legislatore, in

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situazioni che presentano aspetti di contiguit alla fattispecie presa in esame dal giudice felsineo, a
prevedere ipotesi di tutela sommaria.

Si pensi solo al fatto che se nella fattispecie non si fosse trattato di una locazione finanziaria, ma di
una locazione tout court, il locatore avrebbe potuto ricorrere al procedimento di sfratto per morosit
ed ottenere, in caso di opposizione, l'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. Ma quando fu previsto
questo procedimento il contratto di leasing neppure era nella mente del legislatore. Il fatto che la
tutela sommaria non sia estesa successivamente al contratto di leasing non deve essere motivo per
negare una tutela urgente, in violazione del principio - esattamente messo in risalto da Proto Pisani
dopo la citata sentenza della Corte cost. n. 190/1985 - per cui "la tutela cautelare atipica, nei limiti
dell'irreparabilit del pregiudizio, rappresenta [...] un minimum, che nessun legislatore ordinario
potr pretermettere, pena l'entrata in crisi dei pi elementari principi cardine di ogni moderno
sistema processuale" (Proto Pisani, Appunti sulla tutela cautelare nel processo civile, in Riv. Dir.
Civ., 1987, I, 109 e segg. spec. 115). E del resto proprio questa la funzione del provvedimento
d'urgenza per cui fu introdotto il provvedimento d'urgenza: dare al giudice uno strumento che gli
consenta, "in caso di pericolo nel ritardo, di stabilire volta per volta, all'infuori degli appositi mezzi
cautelari precostituiti, le misure assicurative meglio corrispondenti alle esigenze del caso concreto"
(Calamandrei, Introduzione allo studio dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 147; e sul punto
v. anche Proto Pisani, I provvedimenti d'urgenza, in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 361).

Vi da chiedersi, infine, perch il giudice bolognese abbia del tutto ignorato l'abbondante
giurisprudenza in senso contrario all'orientamento da lui assunto, costituente oggi l'orientamento
dominante. Negli ultimi anni, non pochi sono stati i provvedimenti dei giudici di merito che hanno
ritenuto ammissibile concedere il provvedimento d'urgenza (e non il sequestro giudiziario) a fronte
d'inadempimento dell'affittuario.

In tal senso si affermato che "nel caso in cui venga invocata la tutela cautelare volta alla
restituzione dell'azienda ceduta in ragione del mancato pagamento del prezzo da parte del
cessionario, l'irreparabilit del danno insita nella natura del contratto ed quindi ravvisabile nel
pericolo di deterioramento dell'azienda, pregiudizio non interamente riparabile per equivalente"
(Trib. Milano, 3 gennaio 2013, in Societ, 2013, 463). E ancora (con riferimento anche alla
questione del rapporto di residualit tra sequestro giudiziario e provvedimento d'urgenza): "in
ordine alla pretesa inammissibilit del ricorso ex art. 700 codice procedura civile per difetto di
sussidiariet, l'esperienza giurisprudenziale insegna che nella crisi del rapporto contrattuale di
affitto di azienda possono teoricamente trovare spazio tanto la cautela tipica del sequestro
giudiziario dell'azienda, quanto la cautela atipica della anticipazione degli effetti restitutori della
emananda sentenza di risoluzione del contratto. Le due soluzioni tendono, infatti, a garantire
differenti situazioni, atteso che la riacquisizione del compendio aziendale offre al concedente utilit
ulteriori e diverse rispetto alla mera custodia o alla gestione temporanea dell'azienda, e pertanto pu
ritenersi che la tutela atipica per ottenere la restituzione dell'azienda pu essere in astratto ritenuta
ammissibile. Quanto al periculum in mora lo stesso pu risultare dalla consistenza
dell'inadempimento e dalle modalit con cui lo stesso si manifestato e renda indifferibile la
restituzione dell'azienda al concedente, il quale in attesa della definizione del giudizio di merito
verrebbe altrimenti a rischiare di perdere le potenzialit dell'azienda stessa nel caso in cui il dissesto

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economico dell'affittuaria conducesse alla chiusura della medesima o comunque ad una forte
contrazione dell'attivit" (Trib. Firenze, 20 gennaio 2010, in www.ilcaso.it - Sez. Giurisprudenza,
1995. Per ulteriori riferimenti, mi permetto di rinviare al mio commento all'art. 700, in Comm. al
cod. di proc. civ., diretto da Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, v. VII, tomo II, cit., 542 e
segg.; nonch il mio Orientamenti e disorientamenti in tema di sequestri giudiziario e conservativo
e sul "rapporto di residualit invertita" tra sequestro giudiziario e provvedimento d'urgenza, in
Giur. It., 2010, 2141).

Argomentazioni che, mutatis mutandis, sono alla base di quella giurisprudenza che si formata in
punto di ordine al sedicente creditore di cancellare le domande giudiziali trascritte illegittimamente,
proprio perch non vi risarcibilit che tenga a fronte dell'impossibilit di gestire un proprio bene
(cfr. Trib. Milano, 24 giugno 2008, in Giur. It., 2009, 430 con ampia nota redazionale; v. anche
Trib. Padova, 14 maggio 2012, in Corriere Giur., 2012, 966, con nota di Dal Santo).

Osservazioni conclusive. Un'amara nota conclusiva: il Governo potr anche credere (la speranza
l'ultima a morire!) che per risolvere i problemi della giustizia civile occorra intervenire non
ulteriormente sull'organizzazione giudiziaria, ma sul codice di procedura civile; e potr anche
pensare di velocizzare i tempi della giustizia civile disponendo tra l'altro - come ha fatto con l'art.
14 del D.L. 12 settembre 2014, n. 132 - che il giudice possa disporre il mutamento del rito da
cognizione ordinaria a cognizione sommaria ai sensi dell'art. 702 ter c.p.c. (e potr trovare magari
ulteriori soluzioni su questa falsariga o su quella del disposto dell'art. 668 octies, 6 comma, c.p.c. o
in tema di provvedimenti sommari su quella che sta alla base della previsione dell'art. 624, 3
comma, c.p.c.: penso qui ad interventi sull'art. 648 c.p.c. - da me suggeriti nel mio Procedimento
d'ingiunzione, in Commentario del Codice di Procedura Civile, a cura di Chiarloni, Bologna, 2012,
493, nota 23); ma se un giudice disposto a negare un provvedimento di giustizia con una
motivazione come quella qui esaminata, interpretando, ancora oggi, restrittivamente una norma che
offre un'ampia possibilit d'intervento, si potranno cercare a livello legislativo tutte le soluzioni
possibili, che, per, saranno destinate ad infrangersi sugli scogli di un'aprioristica e malsana
diffidenza verso la tutela cautelare, a causa, probabilmente, di diffusi timori metagiuridici, come
quello di essere oberati dalle richieste cautelari, senza rendersi conto di quanto potrebbero essere
utili per sgomberare i tavoli da cause - per usare un'espressione di Calamandrei - "senza storia".

In ogni caso, ci troviamo di fronte ad un caso di denegata giustizia, perch, infine, se vero che il
far presto mal si concilia con il far bene, come diceva il Maestro fiorentino appena citato, anche
vero che una giustizia tardiva foriera di un'immagine negativa del Paese. Come ha scritto un
insigne processualista francese, "non si pu avere una vera concorrenza sul mercato interno
[europeo - N.d.A.] se i soggetti economici non sono in una situazione di parit almeno
approssimativa rispetto agli oneri che gravano su di essi. Ci che vale per gli oneri fiscali e sociali
non meno valido per gli oneri giudiziali. Coloro che devono sopportare il peso di un sistema
giudiziario pi pesante, pi lento, pi oneroso di altri sono doppiamente penalizzati nella
competizione intra-comunitaria. Lo sono, innanzi tutto, per il carico che rappresentano questi costi
giudiziari tra le loro spese generali. Rischiano di essere danneggiati nella competizione
internazionale a causa della pubblicit negativa che su di loro riflette la reputazione del processo nel
loro paese e le complicazioni senza fine che esso permette quando sorge una controversia tra le

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parti" (Normand, Il ravvicinamento delle procedure civili in Europa, in Riv. Dir. Proc., 1998, 682 e
segg. Con buona pace - mi si consenta la divagazione dulcis in fundo, quasi una voce dal sen fuggita
- di chi sostiene che la mancanza di investimenti stranieri in Italia dovuta alla sussistenza della
tutela reale del posto di lavoro!).

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