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IL RUOLO DEI GIOVANI NELLA SOCIETA ODIERNA TRA DELUSIONI E SPERANZE

SIMONETTA PAGNOITI

Giovani d'oggi

E una generazione che fa fatica a crescere. Solo un terzo dei nostri giovani ci
prova e ce la fa. Un altro terzo in bilico, gli altri sembrano decisamente
perduti.

Un ricercatore non parte mai con pregiudizi: devo dire, per, che questi
risultati mi hanno lasciato sbalordito. Il sociologo Pierpaolo Donati
commenta i dati dell'indagine Giovani e generazioni, da lui coordinata
assieme a Ivo Colozzi e pubblicata dalla casa editrice Il Mulino.

La novit dell'indagine, condotta su un campione di 1557 giovani tra i 15 e i


29 anni, sta nell'originalit del taglio: per la prima volta i giovani italiani sono
visti come una generazione vera e propria, cercando di capire se e come essi
si sentano generati da chi li ha preceduti e capaci, a loro volta, di dar vita a
una nuova societ. Hanno radici solide i giovani di oggi?, si sono chiesti i
ricercatori, sanno con chiarezza cosa vogliono dalla vita, hanno un progetto
sul loro futuro?

Noi pensavamo che questo senso generazionale ci fosse, e invece i risultati


sono davvero problematici, spiega Donati. La capacit progettuale si sta
perdendo, di generazione in generazione. Gli attuali adulti, vent'anni fa
avevano chiaro da dove venivano e almeno un'idea generale, buona o cattiva
che fosse, del tipo di societ che volevano costruire. Dei loro figli invece solo
uno su tre mantiene questa positivit; gli altri due, uno in maniera confusa,
l'altro in maniera decisa, vivono nel puro presente. Alla giornata.

Imputati, ovviamente, gli adulti, che non sono stati capaci di passare il
testimone. Chi ha meno colpe la famiglia, che ha cercato di salvare il
salvabile, mentre ne escono male il mondo delle istituzioni e il mondo del
lavoro. Peggio di tutti la scuola: le accuse pi gravi sono rivolte agli
insegnanti.

La scuola non ci ha dato niente, dicono gli intervistati, che ammettono di


andare alle superiori e all'universit solo perch obbligati o per acquisire i
diplomi. La scuola non serve per la vita perch non orienta, non d
indicazioni. Anche la scuola, in altre parole, si ritrova in perfetta sintonia con
la societ che ha provocato questo appiattimento, una societ che non aiuta
a crescere e a decidere, perch, a sua volta, non fa scelte. ()

E veniamo alla parte pi confortante della ricerca, ossia a questo nucleo di


giovani con maggiore senso vitale. Quelli che reagiscono al conformismo
imperante, che guardano al futuro con una certa fiducia. Sono quelli che non
si arrendono, che rimproverano alla societ di non mettere paletti,
reclamando ad alta voce, dalla scuola, dal mondo delle istituzioni, dallo
stesso mondo del lavoro, pi chiare indicazioni di comportamento morale e
civile. Non divieti o sanzioni, ma criteri di orientamento per impostare la
propria vita. ()

L'individualismo in agguato, anche nel rapporto con la religione. Solo un


30% dei giovani intervistati dedica almeno una mezz'ora di tempo al giorno,
nel fine settimana, ad attivit religiose.

Una percentuale molto bassa, ammette Donati. E anche in quel terzo di


giovani che manifesta un atteggiamento positivo, aperto ai valori della
famiglia e della religione, si va verso una fede priva del senso del
soprannaturale. La fede vista come impegno nel mondo, amore per gli
uomini, tensione alla pace, vuoI dire essere seri, attivi, altruisti: l'idea che ci
sia qualcosa oltre la vita, e l'abbiamo verificato anche nei colloqui individuali
con gli intervistati, praticamente assente.

Questo apre chiavi interpretative nuove anche riguardo alla presunta


tensione che spingerebbe i giovani verso i movimenti religiosi alternativi.
La fuga nelle sette va vista sempre in chiave psicologico-esistenziale,
individualistica, come ricerca di una risposta a problemi di insicurezza, di
ansiet. Non c' tensione al trascendente. Non vorrei esagerare, ma direi che
questi giovani non trovano un ambito di vita dove raccogliere questa
tensione, nemmeno nelle associazioni, nelle parrocchie. Qui trovano dei buoni
valori umani ma nessun senso del rapporto tra tempo ed eternit. ()

La famiglia che emerge dall'indagine, per oltre1'80% dei casi di tipo


mononucleare, una famiglia iperaffettiva, che ricolma i ragazzi di affetto
e comprensione. In genere questi giovani hanno un rapporto bellissimo coi
genitori, specialmente con la madre che, dichiarano, la figura di riferimento.
Certamente la famiglia la loro unica risorsa, ma il rischio che questo
affetto a 360 gradi non li attrezzi per affrontare il mondo.

(Da: Famiglia cristiana, n.. 26, 1999)

AA.VV.

Giovani in ecstasy

La diffusione dell'ecstasy tra i giovani viene quantificata. E c' da restare


agghiacciati. Oltre il 43% l'hanno provata almeno una volta. L'oppio dei popoli
galoppa in mille versioni, anche a basso prezzo. L'88% dei consumatori di
ecstasy l'assume in discoteca; il 74% ne fa un uso prolungato. Le principali
motivazioni per questa assunzione sono la ricerca dello sballo(57%), la
sperimentazione di nuove sensazioni(37%), ma per molti la ragione
anche il bisogno di socializzare o di non sentirsi soli (29%), la moda
(19%) e la noia (10%). L'et media della prima assunzione di circa 18
anni. Questo identikit dei giovani consumatori di ecstasy si ricava da una
ricerca realizzata nell'empolese. I risultati - frutto della distribuzione di
questionari in diversi locali notturni, nel corso della scorsa estate sono adesso
disponibili e potranno essere alla base del confronto con successive ricerche.
Questa ricerca - spiega Sirnone Siliani - confenna la tendenza ad un
sostanziale mutamento nella realt delle tossico dipendenze prodotto dalle
nuove droghe

come l'ecstasy. L'assunzione di queste droghe non si collega pi a condizioni


sociali di emarginazione, ma semmai ad attivit di tempo libero e di
socializzazione. Il fatto che il 69% di coloro che l'assumono ritenga che l'
ecstasy sia sempre dannosa ci

fa capire come sia necessario intervenire con strumenti che affiontino non
tanto il disagio sociale quanto un tipo di comportamento. Non un caso che
solo il 5,6% consumi l'ecstasy da solo.

(Da: Il Manifesto, 13 giugno 1998)

MARIA SIMONETTI

Generazione tras

A Milano, strizzati in giubbotti arancio acido e tentennanti su zatteroni


leopardati, ogni sabato pomeriggio fanno la fila davanti al Gallery A di via
Torino, negozio d'abbigliamento pi trendy di una discoteca trendy. C' la
cubista con zazzera e unghie fucsia che si agita su ritmi

forsennati, mentre si danno un gran daffare 12 commessi dotati di


microfonino e auricolare modello d.j. A Roma, invece, sempre il sabato
pomeriggio, li vedi dilagare su via del Corso: jeans stracciati e giacconi dark;
scarponi Underground con punta all'ins. Tutti rigorosamente tatuati e
pluriorecchinati.

Sul quotidiano Il Messaggero lo sceneggiatore e scrittore Ugo Pirro li ha


definiti gioventtrash, giovent spazzatura, al pari di quella monnezza
di lattine, cartacce, e cestini di rifiuti strapieni che si lasciano dietro quando,
a notte fonda, tornano nelle loro periferie. d'accordo il sociologo Franco
Ferrarotti: Si tratta di giovent spazzatura, auto degradata. Al contrario di
quella degli anni Cinquanta, bruciata dalle proprie passioni e dalle proprie
sfide, questa generazione sa di essere tagliata fuori, rifiutata, condannata al
precariato. Ma invece di reagire, accetta la propria situazione, appropriandosi
del termine spazzatura e appiccicandoselo addosso. Un fenomeno destinato a
durare fino a quando la disoccupazione non sar in parte riassorbita. E
infatti non lavorano, i giovani trash.

Secondo il Quarto rapporto sulla condizione giovanile elaborato


dall'istituto di ricerca Iard su un campione di 2500 ragazzi, a 29 anni il 15%
dei maschi e il 35% delle femmine totalmente inoccupato, cio non studia
n lavora. ()

Ma attenzione. Come dice Abruzzese, il termine trash si estende molto al di


l del fenomeno culturale, ristretto ed litario, e fInisce per indicare
comportamenti triviali e caricaturali - sempre fortemente esibiti - di una trib
giovanile. Si comincia innanzitutto dall'abbigliamento: povero e incolto, un
semplice assemblaggio senza coerenza, associazione libera di look strani,
radicalmente personalizzati. Perch la regola scardinare tutto. Ecco, allora,
la rivisitazione di abiti usati fatta dal sarto francese Martin Margela, le sue
giacche tagliuzzate, rattoppate con inserti di altre stoffe, con pezzi di
fettuccia e senza bottoni. Commenta la giovane stilista Fiore Argento:
come mettersi addosso spazzatura, fmo alla destrutturazione totale. ()

(Da: L'Espresso, 20 marzo 1999)

CARLO FIORE

Quali valori?

Scrive Leonardo Zega su La Stampa: Le chiamano baby-gang, e gi nel


nome c' una forma di compiacente complicit: sono esplose anche da noi le
bande di ragazzini e ragazzine che aggrediscono, e a volte accoltellano, per
un'inezia, o per puro divertimento, un diversivo contro la noia. Non Arancia
meccanica, qualcosa di pi sottile e fastidioso, come un virus entrato nel
sangue degli adolescenti. La cronaca registra i fatti e la loro dinamica, di
volta in volta le "agenzie educative" levano l'ennesimo grido di dolore, e il
cerchio si chiude. Fino alla prossima bravata. Ho fatto una mini-ricerca:
marted tutti i quotidiani hanno dato ampio spazio alle malefatte di alcuni
adolescenti milanesi. Ieri pi nulla.

Violenze e disagio adolescenziale, mancanza di fiducia nelle istituzioni


politiche, giuridiche ed educative, ma anche nella Chiesa e nella famiglia.
Nella nostra cultura prevale sempre di pi la regola di Caino: sono forse io il
custode di mio fratello? questa regola che alimenta la catena del male,
ferendo prima di tutti gli adolescenti, i pi fragili anelli della societ. La legge
di Caino gronda lacrime e qualche volta sangue. Sociologi, psicologi,
operatori sociali fanno analisi e diagnosi: latitanza delle famiglie e delle
istituzioni educative, scuola in sfacelo, sfiducia nel politico, edonismo,
disimpegno di troppi giovani. Ma occorre cercare pi a fondo: cosa c' dietro
queste crisi? Che aria tira, che clima culturale condiziona oggi la societ nelle
sue componenti, s da renderla quasi la terra di Caino? Qual il coefficiente di
fondo che fa da brodo di cultura di tutti questi fenomeni? Non sembri
azzardato, e sproporzionato, se qui accenniamo a un fenomeno vastissimo
che investe tutto l'Occidente: il clima di nichilismo che oggi domina nella
nostra cultura e che tutti ci condiziona. Alle soglie del nuovo millennio,
occorre prenderne atto.

Il nichilismo si presenta oggi come la conseguenza della svalutazione dei pi


alti valori dell' esistenza umana: Dio, l'anima, la libert, l'impegno per gli
altri... il sentimento della mancanza di valore di tutto. Nulla pi ha senso,
nulla pi ha valore: la vita, gli ideali, i progetti, la tensione verso il futuro. Tutti
i valori metafisici, morali e religiosi presentati dalla visione cristiana o
semplicemente umanistica della vita, hanno perso smalto e significato: il
trionfo dell'effimero. La vita umana, la rettitudine, il rispetto dell'altro,
l'onest, il servizio, ecc. che senso hanno ancora? E se non hanno senso
perch non divertirsi con i sassi lanciati sulle auto da un cavalcavia in attesa
della cena?

Per l'uomo non pu convivere solo con il nulla, non pu accettare che tutto
sia privo di senso. Nietzsche stesso ha scritto, con il suo linguaggio potente e
immaginifico, che contro la caduta dei grandi valori eterni c' il valore di ci
che pi breve e fugace, il seducente scintillio dorato sul ventre del serpente
vita (Frammenti postumi, Il). E allora si elaborano - e la nostra cultura li ha
gi elaborati - i travestimenti che scintillano e seducono, perch conducono
inevitabilmente verso il nulla. ()

(Da: Dimensioni Nuove, novembre 1999

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