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Augusto e il potere

delle immagini
di Paul Zanker

Storia dellarte Einaudi

Edizione di riferimento:
Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini, trad. it. di
Flavio Cuniberto, Einaudi, Torino 1989
Titolo originale:
Augustus und die Macht der Bilder
C. H. Becksche Verlagsbuchhandlung (Oskar Beck),
Mnchen 1987

Storia dellarte Einaudi

Indice

Premessa

Cenni bibliografici

11

Introduzione

16

capitolo primo
Immagini contraddittorie. La repubblica al tramonto 11
La statua onoraria e il nudo
Contraddizioni nella forma e nel messaggio
Propaganda famigliare e crisi della classe dirigente
L'immagine urbana di Roma come specchio
della situazione politica e sociale
La villa e la nascita della sfera privata

22
25
28
34
41

capitolo secondo
Immagini antagoniste. La lotta per il potere assoluto

46

Divi filius
Le statue trionfali del giovane Cesare
Identificazioni mitologiche
Le serie numismatiche di Ottaviano
Le immagini problematiche di Antonio
Antagonismo edilizio e variet formale
Il Mausoleo

46
50
57
67
70
78
84

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Indice

capitolo terzo
La grande svolta.
I nuovi segni e il nuovo stile politico

89

Il Foro come palcoscenico della famiglia Giulia


I simboli della vittoria
Il vincitore si ritira
Res publica restituta
Il titolo di Augusto e il nuovo ritratto

89
89
92
94
104

capitolo quarto
Il programma di rinnovamento culturale

108

1. pietas
Aurea Templa
Nuovi programmi figurativi
Feste e rituali
Le alte cariche sacerdotali
Sacerdozio e status sociale

110
113
119
122
126
131

2. publica magnificentia
137
Il princeps scende in campo contro il lusso privato 138
Ville per il popolo
141
La presenza della famiglia imperiale
nellimmagine urbana
145
Applauso e ordine. Il teatro come luogo dincontro
fra il princeps e il popolo
148
Immagine urbana e ideologia
154
3. mores maiorum
La riforma dei costumi
Il princeps come modello
Toga e stola

159
159
162
165

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Indice

capitolo quinto
Lo scenario mitico del nuovo Stato

168

1. aurea aetas
Si inaugura let delloro
Fecondit e pienezza
I tralci del paradiso
Vittoria e pace

169
169
175
180
183

2. il mito, la storia, il presente


Dal mito di famiglia al mito di Stato
Venere e Marte
Enea e Romolo
Unimmagine riveduta della storia romana

190

191
193
198
206

3. principes iuventutis. il ruolo dei successori


211

nel mito di stato

Gli eredi e la stirpe di Venere


Tiberio e Druso generali dellimpero
Tiberio come successore
Il ruolo di Giove

212
218
221
224

capitolo sesto
Il linguaggio formale del nuovo mito

233

Il riutilizzo degli originali classici e arcaici


Il significato sacrale della forma arcaica
Le implicazioni morali della forma classica
Composizioni atticiste
Il valore simbolico della citazione

235
237
239
244
247

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Indice

capitolo settimo
Le nuove immagini e la vita privata

254

Moda e lealismo
La privatizzazione del messaggio
Gusto e mentalit
Proiezioni bucoliche
Mentalit e autorappresentazione

255
261
265
270
274

capitolo ottavo
La diffusione del mito imperiale

279

La reazione dei Greci


Le citt fanno a gara nel culto dellimperatore
Il culto imperiale in Occidente
Le lites urbane e il programma augusteo
Marmo e autocoscienza

279
285
290
296
302

Conclusione

311

Note

318

Storia dellarte Einaudi

Premessa

Larchitettura e le arti figurative rispecchiano lo


stato di una societ e i suoi sistemi di valori ma anche i
suoi momenti di trasformazione e di crisi. Tuttavia,
come noto, difficile analizzare determinate opere darte quali testimonianze storiche di uno specifico messaggio. Questo libro intende mostrare come un mutamento di sistema politico possa condurre allo sviluppo di un
nuovo linguaggio visivo, che riflette e nello stesso tempo
condiziona in modo essenziale levoluzione della mentalit. Secondo gli orientamenti moderni della ricerca ci
siamo interrogati anzitutto sui moventi sociali e il contesto psicologico dei processi di trasformazione. La
forma dellopera darte non sar allora meno interessante del suo contenuto: perch lo stile a sua volta
una testimonianza storica complessa.
Poche volte nella storia le arti furono messe al servizio del potere politico in modo cos diretto come nellet augustea. Le immagini dei poeti e degli artisti parlano di un mondo felice, in cui un grande sovrano governa in pace un impero universale. E come dimostra non
da ultimo la pubblicit, che continua a utilizzarle, alcune di queste immagini conservano ancora intatto il proprio potere di suggestione.
A unimmagine canonica e idealizzata dellarte augustea si arriv solo negli anni trenta. La sistemazione
urbanistica della Roma fascista, con i suoi restauri e i

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suoi lavori di scavo, port per la prima volta alla luce,


o perlomeno a conoscenza dei contemporanei, monumenti importanti come il Mausoleo e il Foro di Augusto, il Teatro di Marcello e lAra Pacis. Fatalmente, le
celebrazioni per il secondo millennio della nascita di
Augusto, nel 1937, indussero il regime e i suoi sostenitori pi o meno convinti a utilizzare larte romana nel
suo insieme, e in particolare quella augustea, nel quadro
di una estetizzazione del nuovo potere e dei suoi megalomani progetti imperiali. E in una forma o nellaltra la
nostra visione dellarte augustea ancora condizionata
dallimmagine fissata in quegli anni. vero, peraltro,
che la figura di Augusto aveva avuto i suoi critici fin
dall antichit, e non solo di parte repubblicana come
Tacito, Voltaire, Gibbon e Mommsen. Anche negli anni
trenta non mancano le voci contrastanti, come il celebre libro di Ronald Syme, The Roman Revolution, pubblicato in Inghilterra nel 1939. Purtroppo, nel suggestivo capitolo The Organisation of Opinion larte e
larchitettura sono del tutto trascurate, e anche oggi
diffusa convinzione fra gli storici che le opere darte
abbiano un puro interesse estetico: buon materiale per
libri illustrati, ma privo di un valore documentario autonomo rispetto alle fonti scritte. Un atteggiamento, questo, a cui hanno contribuito non poco anche gli storici
dellarte e gli archeologi con le loro interpretazioni
immanenti allopera stessa e il loro disinteresse per il
contesto storico delle opere figurative.
Quando non si limita a riprendere i panegirici augustei degli anni trenta, dopo la seconda guerra mondiale
la ricerca si concentra significativamente su problemi di
natura formale. Soprattutto nellarcheologia tedesca,
dominata dallidea della superiorit dellarte greca, il
valore dellarte augustea viene ricondotto al suo classicismo e alla sua qualit artigianale. Il significato atemporale di quellarte deriverebbe come anche nel caso

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di un Virgilio o di un Orazio dalla sua capacit di rinnovare e trasmettere le forme greche, nonostante la funzione politica delle sue opere. In Italia, lillustre archeologo di formazione marxista Ranuccio Bianchi Bandinelli contestava invece il significato storico dellarte
augustea proprio a causa del suo classicismo, visto come
lespressione di un sistema politico reazionario. A partire dalla fine degli anni sessanta, e riprendendo le ricerche di Ronald Syme e Andreas Alfldi, linteresse degli
studiosi si sposta sul valore propagandistico dei messaggi figurativi, alla ricerca peraltro infruttuosa di occulte
strategie di potere.
Negli ultimi anni linteresse per Augusto e la sua
epoca ha conosciuto uno sviluppo straordinario: soprattutto in Germania, negli Stati Uniti e in Inghilterra si
svolgono regolarmente convegni di studi, mentre leditoria contribuisce non solo con pubblicazioni specializzate o rivolte agli addetti, ma anche con libri sontuosamente illustrati e destinati a un pubblico pi
ampio. A Berlino si sta preparando attualmente una
grande mostra sul tema. Si tratta solo di una tipica tendenza postmoderna, conformemente allinteresse
generale per tutto ci che classico? O entra in gioco
anche il fascino di una societ tranquilla e ordinata, del
sovrano dal volto umano, capace di garantire benessere
e sicurezza per tutti, mecenate della poesia e dellarchitettura e tutore, insieme, di una severa moralit?
Il presente volume riprende e sviluppa i temi delle
Jerome Lectures da me tenute tra il 1983 e il 1984 ad
Ann Arbor e alla American Academy di Roma. Senza la
stimolante esperienza di quelle lezioni non avrei trovato il coraggio necessario per pubblicare questo lavoro di
sintesi. Gli inviti rivoltimi dallInstitute for Advanced
Study di Princeton (1982) e dal Wolfson College di
Oxford (1985) mi hanno consentito di approfondire e
poi di portare a termine la ricerca. Colgo loccasione per

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esprimere la mia gratitudine a questi Istituti e ai colleghi, in particolare a P. H. von Blanckenhagen, J.


dArms, G. Bowersock, J. Griffin, Ch. Habicht, D.
Scott, D. e H. Thompson, Z. Yavetz. Devo anche molto
al seminario organizzato a Oxford da F. Millar, con la
partecipazione degli studiosi locali.
Gli stimoli, gli aiuti e gli incoraggiamenti che ho ricevuto nei lunghi anni della mia ricerca sono cos molteplici che mi impossibile sciogliere qui tutti i miei debiti di gratitudine. Vorrei per almeno ricordare gli amici,
i colleghi e gli studenti di Monaco per i loro preziosi
aiuti e suggerimenti, e in particolare Ch. Meier e H. von
Hesberg, ma anche O. Drger, D. Lauenstein, M. Pfanner e R. Senff.

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Cenni bibliografici.

Dobbiamo qui limitarci a una serie di indicazioni schematiche. Per


la bibliografia pi recente cfr. le utili informazioni contenute in D. Kienast, Augustus, Darmstadt 1982. Per uno sguardo panoramico, cfr. ora
N. Hannestad, Roman Art and Imperial Policy, Aarhus 1986, la cui ricca
bibliografia pu servire come utile integrazione alla nostra. Il volume
riccamente illustrato di E. Simon, Augustus, Kunst und Leben in Rom
um die Zeitenwende, Mnchen 1986, dove la materia suddivisa per
generi, uscito mentre il nostro libro era in corso di stampa. Ricordiamo infine il recentissimo Kaiser Augustus und die verlorene Republik,
catalogo della mostra allestita a Berlino nel 1988.
Le sigle e le abbreviazioni sono, di regola, quelle del Deutsches
Archologisches Institut (cfr. Archologischer Anzeiger, 1985, pp.
757 sgg.).
Per lindice delle illustrazioni e dati relativi, cfr. oltre, pp.
XI-XXVIII.

Abbreviazioni e sigle pi usate.


AA
ABr
ActaAArtHist
AJA
AM
ANRW
App., Bell. civ.
ArchCl
Asc. in Cic., Scaur.
Aug., De Civ. Dei

Archologischer Anzeiger.
P. Arndt e F. Bruckmann (a cura di), Griechische und Rmische Portrts.
Acta ad archaeologiam et artium historiam
pertinentia.
American journal of Archaeology.
Mitteilungen des Deutschen Archologischen
Instituts, Athenische Abteilung.
Aufstieg und Niedergang der rmischen Welt.
Appiano, Bella civilia.
Archeologia classica.
Asconio, commentario a Cicerone, Pro Scauro.
Agostino, De Civitate Dei.

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BCH
BdA
BJb

BSR
BullCom
comunale di
Cass. Dio.
Cic.
Att.
De or.
Leg. agr.
Mur.
Phil.
Rab. Post.
Tusc.
CIL
Coarelli, Foro I-II
Crawford
CVA
Fittschen-Zanker I

Dio. Cass.
Dion. Hal.
Ant. Rom.
Vett. orat.
Flor.
Front., Aqu.
Gell.
Giard

Bulletin de correspondance hellnique.


Bollettino darte.
Bonner Jahrbcher des Rheinischen Landesmuseums in Bonn und des Vereins von Altertumsfreunden im Rheinlande.
Papers of the Britisch School at Rome.
Bullettino della Commissione archeologica
Roma.
Cassio Dionigi.
Cicerone.
Epistulae ad Atticum.
De oratore.
De Lege agraria.
Pro Murena.
Orationes Philippicae.
Pro Rabiro Postumo.
Tusculanae disputationes.
Corpus Inscriptionum Latinarum.
F. Coarelli, Il Foro Romano, 2 voll., Roma
1984.
Crawford, Roman Republican Coinage, London
1974.
Corpus Vasorum Antiquorum.
K. Fittschen e P. Zanker, Katalog der rmiscben Portrts in den capitolinischen Sammlangen,
1985, vol. I.
Dione Cassio.
Dionigi di Alicarnasso.
Antiqaitates Romanae.
De veteribus oratoribus.
Floro.
Frontino, De aquae ductu urbis Romae.
Gellio.
J.-B. Giard, Bibliothque Nationale. Catalogue
des Monnaies de lEmpire Romain, Paris 1976,
vol. I.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Gros, Aurea Templa

P. Gros, Aurea Templa. Recherches sur larchitecture religieuse de Rome lpoque dAuguste,
Roma 1976.
Guida Ruesch
A. Ruesch, Guida illustrata del Museo Nazionale
di Napoli, Napoli 1908.
Gymnasium
Gymnasium. Zeitschrift fr Kultur der
Antike und humanistische Bildung.
Helbig I-IV
W. Helbig, Fhrer durch die ffentlichen Sammlungen klassischer Altertmer in Rom, vol. I
(1963); vol. II(1966); vol. III (1969); vol. IV
(1972).
HBr
P. Hermann, Denkmler der Malerei des Altertums.
Hist. Aug., Alex. Sev. Historia Augusta, Alessandro Severo.
Hlscher, Victoria
T. Hlscher, Victoria Romana, Mainz 1967.
Hlscher, Staatsdenkmal T. Hlscher, Staatsdenkmal und Publikum,
Konstanz 1984.
Hor.
Orazio.
Ars
Ars poetica.
Carm.
Carmina.
Ep.
Epistulae.
Epod.
Epodi.
Sat.
Satirae.
IG
Inscriptiones Graecae.
IstMitt
Istanbuler Mitteilungen.
JdI
Jahrbuch des Deutschen Archologischen
Instituts.
Jos.
Flavio Giuseppe.
Ant. Jud.
Antiqaitates Judaicae.
Bell. Jud.
Bellum Judaicum.
JRS
The Journal of Roman Studies.
Katalog Berlin
Kaiser Augustas und die verlorene Republik, Berlin 1988.
Kienast
D. Kienast, Augustus, Darmstadt 1982.
Liv.
Livio.
Luc.
Lucano.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


MemAmAc
MdI
MEFRA
MM
MuM
Nash, Bildlexikon
Nep., Att.
NSc
Niggeler
Ov.
Ars am.
Fast.
Pont.
Trist.
Platner-Ashby
Phil., Leg.
Plin., Nat. hist.
Plut.
Ant.
Ant. et Dem.
Cat. Mai.
Crass.
Mor.
Sert.
Prop.
Quint.
RE
RevNum
RIA

Memoires of the American Academy in


Rome.
Mitteilungen des Deutschen Archologischen
Instituts.
Mlanges de lEcole franaise de Rome, Antiquit.
Madrider Mitteilungen.
Mnzen und Medaillen AG Basel.
E. Nash, Bildlexikon zur Topographie des
antiken Rom, vol. I (1961); vol. II (1962).
Nepote, Atticus.
Notizie degli Scavi di antichit.
MuM Auktion, 1966, parte seconda.
Ovidio.
Ars amatoria.
Fasti.
Epistulae ex Ponto.
Tristia.
S. B. Platner, A Topographical Dictionary of
Ancient Rome, 1929.
Filone, Legatio ad Gaium.
Plinio, Naturalis historia.
Plutarco.
Antonius.
Antonius et Demetrius.
Cato Maior.
Crassus.
Moralia.
Sertorius.
Properzio.
Quintiliano.
Paulys Realencyclopdie der classischen Altertumswissenschaft. Neue Bearbeitung.
Revue Numismatique.
Rivista dellIstituto nazionale dArcheologia
e storia dellarte.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


RM
Schneider
1986.
Sen.
De ben.
Ep.
Serv. in Verg., Ecl.
Strab.
Suet.
Aug.
Claud.
Iul.
Vita Hor.
Tac.
Ann.
Dial.
Tert., De spect.
Torelli

Mitteilungen des Deutschen Archologischen


Instituts. Rmische Abteilung.
R. M. Schneider, Bunte Barbaren, Worms

Seneca.
De beneficiis.
Epistulae.
Servio, commentario a Virgilio, Egloghe.
Strabone.
Svetonio.
Divus Augustus.
Divus Claudius.
Divus Iulius.
Vita Horatii.
Tacito.
Annales.
Dialogus de oratoribus.
Tertulliano, De spectaculis.
M. Torelli, Typology and Structure of Roman
Historical Reliefs, Ann Arbor 1982.
Val. Max.
Valerio Massimo.
Vell. Pat.
Velleio Patercolo.
Verg.
Virgilio.
Aen.
Eneide.
Ecl.
Egloghe.
Vitr.
Vitruvio.
Zanker, Apollontempel P. Zanker, Der Apollontempel auf dem Palatin,
in Analecta Romana, supplemento X (1983),
pp. 21-40.
Zanker 1983
P. Zanker, Zur Bildnisreprsentation fhrender
Mnner in mittelitalischen und campanischen
Stdten zur Zeit der spten Republik und julisch-claudischen Kaiser, in aa.vv., Les bourgeoisies municipales italiennes aux IIe et Ier sicles av.
J.-C., Napoli e Paris 1983, pp. 251-56.

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AUGUSTO E IL POTERE DELLE IMMAGINI

per Dorothea

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Introduzione
Quando il Senato romano si riun per deliberare
sulle onoranze funebri di Augusto, uno dei senatori propose che lintera epoca del defunto imperatore venisse
chiamata saeculum Augustum e accolta cos nel calendario (Suet., Aug. 1oo). Per quanto la proposta potesse nascere da motivi opportunistici, la sensazione di
aver attraversato una svolta epocale era allora diffusissima. Dopo gli oscuri decenni delle guerre civili, Roma
era vissuta per quarantacinque anni nella pace e nella
sicurezza: la monarchia aveva dato finalmente unamministrazione ordinata allImperium, una disciplina allesercito, pane e giochi alla plebs e un grande slancio
alleconomia. Il Romano guardava ora al suo impero
con una forte coscienza della propria missione morale.
Ma agli inizi del potere assoluto augusteo (31 a. C.)
regnava il pessimismo: molti ritenevano che lo Stato,
travolto dalla propria immoralit, fosse sullorlo della
rovina. Come si giunse allora a un cos drastico mutamento di clima, che grazie allopera dei poeti augustei
avrebbe condizionato limmagine futura del saeculum
Augustum?
La cultura romana segnata in modo decisivo dal
rapido processo di ellenizzazione iniziato nel secondo
secolo a. C. con la conquista dellOriente greco, una

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

societ dalla struttura ancora arcaica si trov sommersa


dalla cultura del mondo ellenistico, e i vincitori, diversamente da quanto suole accadere, dovevano portarne a
lungo le conseguenze: Graecia capta ferum victorem
cepit et artis intulit agresti Latio (Hor., Ep. II 1, 156).
Le ripercussioni sulle abitudini di vita, la religione,
la morale, la mentalit furono enormi. Il contrasto fra i
mores maiorum e quella che i conservatori avrebbero presto demonizzato come luxuria non poteva essere pi
grande. Da un lato, nelle citt greche, uno stile di vita
improntato a una raffinata cultura, le splendide scenografie del potere monarchico, la tradizione della cultura
classica ateniese, le scuole filosofiche, il pensiero razionale, ma anche i culti misterici per soddisfare le esigenze
religiose pi individuali; dallaltro, una religione arcaica,
tagliata su misura per un popolo di contadini e inscindibilmente connessa alla sfera politica, i solidi legami delle
antiche famiglie patriarcali, uno stile di vita semplice e
quasi immutato da molte generazioni, una cultura povera, senza lettere e senza immagini. Non c da stupirsi che lincontro/scontro fra due mondi cos diversi potesse scatenare conflitti e insicurezze profonde.
Tanto pi che il processo di ellenizzazione si svolgeva in una societ esposta a rapidi mutamenti politici
e nella capitale di un impero oppressa da un enorme carico amministrativo. Le vittorie militari e lespansione
economica avevano portato a una grande concentrazione di ricchezza e di beni fondiari nelle mani di pochi,
alla fuga dalle campagne e alla formazione di grandi
masse urbanizzate. I grandi eserciti professionali avevano creato nuove forme di clientela, cos da attribuire
ai generali vittoriosi un potere politico parallelo a quello dello Stato. Il tumultuoso evolversi delle situazioni
patrimoniali rendeva pi labili le tradizionali barriere di
classe: nuovi gruppi in rapida ascesa, come gli alti funzionari delle citt italiche e i ricchi liberti, premevano

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

per ottenere un riconoscimento e il diritto di partecipare alla vita politica. Ne nacque un antagonismo generalizzato, la cui posta in gioco non era pi, come nella vecchia aristocrazia, il servizio della res publica, ma il primato personale e linteresse economico.
La rapida importazione dei modelli greci e delle
immagini greche svolse in questi processi un ruolo
importante. Alle famiglie romane gi ellenizzate, soprattutto a quelle dei generali trionfatori, esse offrivano
una cornice efficace in cui mettere in scena il proprio
cosmopolitismo e le proprie ambizioni politiche. Ma su
molti contemporanei quelle immagini avevano un effetto irritante: troppo forte era il loro contrasto con la tradizione. I valori tradizionali e antimoderni si cristallizzarono nella nota ideologia della romanit e dello Stato
romano: ideologia che si trovava per spesso smentita
nei fatti. Il primo capitolo del libro intende mostrare
come le immagini importate dalla Grecia non solo abbiano rispecchiato quei processi di dissoluzione, ma
abbiano contribuito alla crisi del tradizionale sistema di
valori. Senza questo sfondo, senza cio il potere distruttivo delle immagini, il nuovo linguaggio visuale dellet
augustea resterebbe incomprensibile.
Dopo il tramonto definitivo della vecchia res publica durante le lotte per il potere tra Cesare e Pompeo, e
poi tra Ottaviano e Antonio, i Romani cominciarono a
interrogarsi sulle cause di quel generale disorientamento,
e ne addossarono la colpa in primo luogo allabbandono
degli antichi di e dei patrii costumi (mores maiorum). I
motivi strutturali rimanevano oscuri. Ma la visione di
unantica Roma semplice e devota,
di una classe politica disinteressata e di un popolo
contadino pronto al sacrificio visione elaborata peraltro nei palazzi sontuosi della capitale rimase vuota
retorica di fronte alla realt delle cose. I tumultuosi
mutamenti delle ultime generazioni avevano reso pro-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

blematica non solo la res publica ma la sua stessa identit culturale.


Dopo aver raggiunto il potere assoluto (31 a. C.),
Augusto si misur punto per punto con i problemi evidenziati dagli slogan conservatori. Con un programma
culturale di ampio respiro, perseguito con coerenza
lungo un arco di oltre ventanni, egli si propose, e ottenne nei fatti, un sostanziale rinnovamento della mentalit collettiva. Ai fasti celebrativi dei grandi generali
oppose il culto del sovrano eletto dagli di; allo scandalo
del lusso privato, un programma di grandiose opere pubbliche (publica magnificentia); allindifferenza religiosa e
allimmoralit, una campagna di rinnovamento religioso e morale (pietas e mores).
Un programma del genere richiedeva un nuovo linguaggio figurativo. Si tratter dunque di esaminare i
complessi rapporti tra linstaurazione della monarchia,
la riforma della societ e i mutamenti avvenuti nella
sfera delle immagini e nellintero sistema della comunicazione visiva. Le esperienze moderne hanno fatto ipotizzare in questo caso lesistenza di un preciso apparato
propagandistico, che per non ci fu. Quello che ci appare, a posteriori, come un raffinato sistema di propaganda, risult da un intreccio fra le iniziative celebrative del sovrano e gli omaggi pi o meno spontanei offertigli dalla popolazione: un processo che non sembra
obbedire, in gran parte, ad alcuna regia occulta. E si
tratter di mostrare come i soggetti coinvolti nellelaborazione del nuovo linguaggio abbiano contribuito a
quel processo, e quali interessi e vincoli sociali abbiano
giocato nella sua diffusione.
Se in seguito parleremo sempre di mondo e di
linguaggio figurativo o visivo, sar appunto per sottolineare che lobiettivo primario del lavoro non linterpretazione dei singoli monumenti: sono gi stati
descritti e analizzati abbastanza spesso, e in un tono che

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ricorda non di rado i panegirici dei poeti augustei. Quel


che mi interessa , invece, linsieme delle immagini e il
loro effetto sui Romani del tempo. E per immagini
intendo qui non solo le opere darte, gli edifici e le
visioni poetiche, ma anche i rituali religiosi, labbigliamento, le cerimonie di Stato e gli atteggiamenti del
sovrano: insomma tutte le forme di rapporto sociale
suscettibili di assumere una valenza visiva. Quello che
mi interessa sono i rapporti tra le immagini e il loro
effetto sullosservatore.
Un mondo figurativo cos inteso rispecchia lo stato
interiore di una societ e permette di cogliere aspetti dellimmaginario contemporaneo di cui spesso non rimane
traccia nelle fonti letterarie.
Il potere delle immagini si concretizza secondo uno
schema circolare: anche i potenti finiscono per soggiacere alla suggestione dei propri simboli. Sono i loro stessi slogan, e naturalmente quelli degli avversari, a condizionare in modo decisivo la loro identit e il loro
ruolo. Quanto ai destinatari, le immagini non si riducono affatto a semplici portatori di un messaggio politico: anche in questo caso, e si tratter di farlo vedere,
esse vengono via via interiorizzate e usate come espressione di virt e di valori personali.
Il significato delle immagini in epoca augustea non
consiste per tanto nel fatto di pubblicizzare la monarchia: cosa che sarebbe stata pressoch superflua rispetto al popolo e inefficace rispetto allaristocrazia repubblicana. Senza le legioni e le enormi ricchezze personali di Augusto le immagini non sarebbero servite a nulla.
Ma la loro efficacia a lungo termine sulla mentalit generale rappresenta un fattore storico di cospicua importanza. Determinati valori, come il programma di rinnovamento religioso, acquistarono realt solo attraverso la
vastissima cassa di risonanza del linguaggio figurativo.
Ma, soprattutto, attraverso le immagini pot prendere

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

forma un mito imperiale e statale dalla semplice fisionomia eziologica e capace di imporsi come una realt
autonoma rispetto alle circostanze storiche effettive.
Un mito capace di filtrare la realt stessa e di produrre
per intere generazioni la certezza di vivere nel migliore
degli Stati possibili e nella pienezza dei tempi.

Storia dellarte Einaudi

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Capitolo primo
Immagini contraddittorie.
La repubblica al tramonto

La statua onoraria e il nudo.


Quando, ancora nella prima met del II secolo a. C.,
fu eretta a Roma una magnifica statua di bronzo in
onore di un grande generale, probabile che la sua
completa nudit abbia avuto un effetto assai irritante
sulla maggior parte dei Romani del tempo. Nella sua
fisicit poderosa la statua un tipico esempio di arte
ellenistica: la figura sembra richiamare il celebre Alessandro con la lancia di Lisippo, mentre il taglio dei
capelli e della barba e lespressione appassionata fanno
pensare ai ritratti dei sovrani macedoni. Ma se la statua del tutto simile a quella di un dinasta macedone
e proviene da una bottega greca, lassenza della fascia
regale mostra che non si tratta di un re ellenistico bens,
evidentemente, di un Romano, forse anzi di un vincitore dei re macedoni.
Nel mondo ellenistico una statua del genere serviva a celebrare virt e qualit sovrumane: la nudit e la
figura eretta ricordavano le statue degli di o degli eroi,
stabilendo un confronto tra il soggetto raffigurato e i
modelli familiari della mitologia. Ma la tradizione romana non conosceva questo tipo di confronto e di esaltazione personale. La statua celebrativa tipica della res
publica era, fin dallantico, la statua togata, ed erano gli
attributi e i contrassegni della toga stessa a qualificare

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

il soggetto nelle sue funzioni politiche o sacerdotali,


ossia come console, pretore, augure e cos via. La
sobriet e legualitarismo delle statue togate rispecchiava la rigida disciplina politica delle magistrature
annuali. Il controllo reciproco fra i membri della classe aristocratica non consentiva alcuna speciale esaltazione dei meriti individuali n tanto meno una celebrazione di qualit sovrumane. Anche il generale vittorioso riceveva una statua togata, e perfino in caso di
trionfo non veniva raffigurato in armi ma con la toga
trionfale, come imponeva la rigida separazione degli
ambiti domi e militiae. Temendo che i grandi potessero sfruttare politicamente la propria gloria militare,
il Senato non permise finch fu padrone delle sue
decisioni che venissero erette statue equestri o loricate, comera invece consuetudine per i sovrani e i
generali ellenistici. Silla, che tante norme aveva trasgredito, fu significativamente il primo a cui il Senato
abbia fatto erigere nel Foro un monumento equestre
ufficiale. I senatori non potevano per impedire che
queste statue di maniera ellenistica venissero, ad esempio, dedicate privatamente in un santuario a scopo votivo, come aveva fatto gi nel 209 a. C. Quinto Fabio
Massimo, erigendo la propria statua equestre in Campidoglio accanto al colosso di Ercole proveniente dalla
campagna tarentina (e da lui consacrato).
Gi in epoca piuttosto antica troviamo dunque, nel
cuore stesso della vita politica, un linguaggio figurativo
contraddittorio. Ma se le statue ellenistiche con cavallo
e armatura, e malgrado laura carismatica, potevano
ancora m qualche misura conciliarsi con la tradizione in
quanto omaggio per un servizio reso militarmente alla
patria, una statua nuda doveva apparire inconcepibile e
urtante, almeno agli inizi del processo di ellenizzazione.
Per gli avversari politici che capivano il linguaggio
greco dellapoteosi, la prestanza fisica della statua era

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una sfida intollerabile, ma la massa dei Romani non


ancora ellenizzati non poteva vedervi altro che un oggetto immorale. Intorno al 150 a. C. la nudit era ancora per molti Romani un segno di impudicizia: si racconta
di Catone il Vecchio che, seguendo il costume degli
antichi, evitasse di fare il bagno insieme al figlio e ai
generi perch si vergognava di stare nudo davanti a
loro (Plut., Cat. Mai. 20). Ma la nudit era anzitutto
un segno di immoralit greca: Allinizio del malcostume [e qui si intende lomosessualit greca] c il denudarsi davanti ai concittadini. il parere del poeta Ennio, morto nel 169 a. C. (Cic., Tusc. 4,70).
possibile che questi nudi fossero dono, in un primo
tempo, di cittadini greci, desiderosi di rendere omaggio
ai nuovi potenti comerano abituati a fare coi loro re,
senza alcuna intenzione provocatoria: ma ci presupponeva se non altro lapprovazione degli interessati.
Numerosi monumenti testimoniano poi con quale rapidit si sia diffusa a Roma limmagine del condottiero
eroico e carismatico. I grandi che erano stati in Oriente avevano assimilato in fretta lo spirito dellellenismo,
e chi era stato onorato e venerato come un re rimaneva
sensibile anche a Roma al nuovo altisonante linguaggio
figurativo. Non a caso il Senato romano apparve ai
Greci come unassemblea di re. Nel corso del II e del I
secolo a. C. Roma stessa si riemp di stranieri provenienti dallOriente, soprattutto schiavi affrancati, e la
folla che nel 44 a. C. divinizz Cesare appena assassinato, offrendogli sacrifici, non aveva pi nulla a che fare
con i contadini del II secolo a. C., che il servizio militare e il sistema latifondista allontanava dai loro campi.
In che misura le vittorie e il potere modificassero la
mentalit dei grandi risulta da un passo di Valerio
Massimo sullhomo novus Gaio Mario, che pure veniva
da una famiglia di austeri costumi:

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Dopo il trionfo su Giugurta ed i Cimbri beveva sempre in


un cantaro, perch si diceva che Dioniso, guidando dallAsia il suo corteo dopo il trionfo in India, avesse usato un boccale di questo tipo: cos a ogni sorso di vino poteva confrontare le sue vittorie con quelle del dio (Val. Max., III 6,6).

E che la massa fosse favorevole alla nuova mentalit


lo dimostrano ad esempio gli onori tributati negli anni
settanta a Quinto Cecilio Metello il Pio per i suoi modesti successi contro Sertorio in Spagna:
Le citt lo accolsero con sacrifici ed altari. Egli si faceva
mettere corone sul capo e prendeva parte a sontuosi banchetti dove brindava indossando la toga trionfale, mentre
speciali congegni gli facevano scendere sulla testa figure allegoriche della Vittoria nellatto di porgere corone e trofei, e cori di fanciulli e di donne cantavano inni di vittoria in suo onore (Plut., Sert. 22).

Lo spettacolo dei condottieri romani era insomma


decisamente provocatorio. Oltre alle testimonianze iconografiche, dobbiamo mettere nel conto i rituali e le
messinscene: lintero stile di vita dei romani filelleni
diventava una sfida per i tradizionalisti. E se a Roma le
leggi senatorie contro il lusso e le spese eccessive (sumptus) riuscirono ad arginare per qualche tempo la nuova
moda, nulla potevano contro la rapida ellenizzazione
della sfera privata, soprattutto nelle ville: dove molti
celebravano feste ispirate a un senso dionisiaco della
vita, si facevano iniziare ai Misteri e ne immortalavano
il ricordo nelle proprie case.
Contraddizioni nella forma e nel messaggio.
Il mondo figurativo della tarda repubblica era pi
vario e artisticamente molto pi suggestivo dellarte di

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epoca imperiale, regolata da una rigida disciplina di


Stato. Lincontro fra i ricchi committenti romani, stimolati dal forte antagonismo sociale e dal desiderio di
autoaffermazione, e la consumata abilit degli artisti
ellenistici, cre una situazione del tutto particolare.
vero per che se oggi ne avvertiamo il grande fascino
formale, nel contesto specifico della Roma di allora quelle immagini devono aver parlato un linguaggio assai contraddittorio. Le nuove statue celebrative ne sono un
buon esempio.
I sovrani ellenistici esercitavano un potere illimitato, e gli artisti esprimevano questa aura sovrumana raffigurandoli come gli di e gli eroi. A Roma, invece,
anche il pi fortunato dei condottieri doveva rientrare
nei ranghi una volta deposto il suo incarico, e non
importa se si sentiva ancora baciato dalla grazia. Gli
attributi delle statue celebrative non corrispondevano
dunque alla situazione reale. Eppure, non solo i generali
trionfatori ma anche personaggi di secondo piano e semplici magistrati di provincia furono presto contagiati dal
nuovo linguaggio. Allepoca di Cesare, sulle piazze del
mercato delle citt romane si potevano ammirare le statue dei notabili locali, nudi o in armatura, coi muscoli
tesi e in atteggiamenti pieni di pathos. Il risultato delluso inflazionato di queste nuove immagini fu che esse
persero il loro significato originario, riducendosi a vaghi
simboli di successo. Per tradurre in immagini un forte
messaggio di potere occorrevano pertanto iniziative sempre pi dispendiose: occorreva moltiplicare il numero
delle statue e accrescerne le dimensioni.
In una situazione di questo genere anche gli esiti formali non erano privi di contraddizioni. Come mostra la
statua in bronzo conservata al Museo delle Terme, in un
primo tempo era stato ripreso lo stile patetico dei ritratti di sovrani ellenistici, ma poich questo stile non si
adattava alle tradizioni della nobilt romana, col suo

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culto dellanzianit e i suoi modi austeri, si impose poco


alla volta un ritratto di tipo realistico. Gli artisti greci
che ritraevano i membri dellaristocrazia romana possedevano da tempo buone conoscenze anatomiche, ma nel
campo del ritratto le avevano utilizzate fino ad allora
con una certa parsimonia. A distoglierli da questa tradizione fu la mentalit dei loro nuovi committenti
romani, e in particolare la crescente rivalit personale tra
i vari aristocratici che assegnava un peso sempre maggiore al singolo con le sue particolari mansioni e le sue
peculiarit: di qui probabilmente la sete di ritratti capaci di fissare quel che di unico e di inconfondibile vi era
nel singolo individuo. Ad ogni modo, mai nellAntichit si ebbe una rappresentazione cos accurata del
carattere individuale come nella Roma del I secolo a. C.
Si consideri soltanto il distacco ironico del ritratto di
Cesare, il volto probo di Pompeo o lenergica durezza
del ricco Crasso, e si pensi per contrasto ai ritratti ufficiali, dallespressione impersonale e standardizzata, di
tarda et augustea. La presenza fisica immediata trionfava allora su ogni norma estetica: ci si faceva raffigurare con la massima naturalezza, magri o grassi, giovani o vecchi, magari sdentati, calvi o con qualche verruca. Nella maggior parte di questi ritratti lespressione
rigida e severa, ma non vi per il resto alcuna valorizzazione in senso etico o estetico, n alcun richiamo a
modelli esemplari come pi tardi in et imperiale. Se da
un lato questo realismo rispecchia lemanciparsi del singolo da un rigido sistema di valori, il contrasto fra la
quotidianit di queste fisionomie e limponenza eroica
delle figure statuarie tradisce tutta la distanza fra lingenua ripresa dei modelli stranieri e le esigenze affatto
diverse della realt romana.
Anche i ritratti sono per colpiti, non di rado, dalla
stessa contraddizione, e se da un lato si vuole fissare la
peculiarit di un volto, si pretende poi di conferirgli un

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certo pathos eroico con la ripresa di moduli ellenistici.


Cos il ciuffo di capelli sulla fronte di Pompeo ci ricorda con evidenza lampante che il personaggio raffigurato si considerava, dopo le sue vittorie, un nuovo Alessandro. Probabilmente Pompeo si era proprio fatto pettinare cos, come si vedeva nelle raffigurazioni del Macedone: il taglio dei capelli (anastole) traduce per cos dire
in immagine il titolo di Magnus che appunto ad Alessandro si richiamava. Durante il corteo trionfale, del
resto, il venticinquenne Pompeo aveva indossato la clamide di Alessandro in luogo della rituale toga picta, e
aveva tentato di entrare in Roma su un carro trainato
da elefanti (con scarso successo, perch la Porta
triumphalis era troppo stretta e Pompeo aveva dovuto
proseguire su un tiro di cavalli). Qui la concreta forma
artistica a rispecchiare un contrasto di valori: da un lato
lammirazione per le grandi figure carismatiche del
mondo ellenistico, dallaltro la volont di restare fedeli
alla repubblica, e la preoccupazione di ridurre i grandi a semplici servitori dello Stato. Davvero curiosa e
incongrua quella chioma leonina sulla borghese probit
del volto di Pompeo!
Il caso di Pompeo non comunque uneccezione.
Nel ritratto di un vecchio sdentato, conservato a Cagliari, il particolare cos poco eroico della bocca serrata
forma un contrasto non meno stridente con lambiziosa capigliatura. Anche nel ritratto di Ottaviano Augusto giovinetto, lespressione segnata e nervosa appare in
netto contrasto col pathos del portamento.
Propaganda famigliare e crisi della classe dirigente.
Contraddizioni stilistiche, ridondanza di contenuti,
ambiguit e difficolt di comprensione sono aspetti sintomatici anche in altri settori dellarte politica. Per

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quanto riguarda larte ufficiale della tarda repubblica, il


problema stato studiato a fondo da Tonio Hlscher, e
anche qui le immagini e lo stile figurativo appaiono uno
specchio fedele della situazione sociale e politica.
Seguendo liconografia numismatica dalla fine del II
secolo in avanti, possibile vedere come emergano sempre pi in primo piano gli interessi personali dei vari funzionari della Zecca. Fino ad allora le monete portavano
effigi pressoch costanti, con cui non solo il Senato ma
lintera cittadinanza poteva identificarsi (ad esempio
Dioniso, i Dioscuri, la dea Roma, Giove Vittorioso,
bottini di guerra). Ora invece i giovani nobili sfruttavano il loro incarico annuale presso la Zecca (che rappresentava linizio della carriera politica) per celebrare
le glorie di famiglia, o anche, pi tardi, i propri (spesso
insignificanti) meriti personali. Cos ad esempio, allepoca della dittatura di Silla, un certo Gaio Manilio
Limetano usa entrambe le facce di una moneta per vantare secondo la moda del tempo lorigine della sua famiglia niente meno che dal dio Ermes e dal suo presunto
figlio Odisseo. Ma troviamo qualcosa di simile anche in
uno dei maggiori monumenti ufficiali dellet tardo
repubblicana, la cosiddetta base di Enobarbo di Monaco e Parigi: un grande rilievo votivo in cui un censore
della fine del ii secolo fa ritrarre il sacrificio rituale celebrato al termine della sua magistratura. La scena sarebbe molto realistica se non fosse per la presenza del dio
Marte, in contrasto con la religiosit romana tradizionale, e conforme invece al linguaggio iconografico dei
bassorilievi votivi greci. Negli altri tre scomparti del
basamento si veniva poi trasportati senzaltro nel mondo
del mito greco: una scena rappresenta il carro nuziale di
Poseidone e Anfitrite, circondato da uno splendido corteo di ninfe e tritoni. La raffigurazione, di una spiccata sensualit e di qualit artistica molto superiore alla
scena del census, proveniva da una bottega greca o del-

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lAsia Minore e venne riutilizzata dal censore per il suo


monumento votivo: viene interpretata perlopi come
unallusione a una vittoria navale del censore, ma pi
probabile che la scena nuziale tuttaltro che guerresca
intendesse celebrare lorigine della sua famiglia dal dio
del mare.
Troviamo qui due sistemi di valori affatto diversi:
lalbero genealogico e le immagini seducenti del mito
greco sono, per il nostro magistrato, non meno importanti dei suoi meriti politici. Anche ammesso che per lui
e per i Romani colti del tempo la cosa non costituisse un
problema, la massa della popolazione non poteva certo
vedervi un richiamo allaustera moralit dellantica
Roma repubblicana. Ma per le famiglie ellenizzate le
genealogie mitologiche erano molto pi che un puro
gioco di societ: esse davano un contributo importante
allimmagine pubblica dei Romani grecomani, che sentivano cos di appartenere in tutto e per tutto al mondo
greco e non dovevano pi vergognarsi delle proprie origini. Ma perch quelle Nereidi impudiche e quei Tritoni lascivi? Esporre queste immagini in un pubblico
monumento consacrato alla rappresentazione di un
rituale ufficiale non doveva apparire provocatorio? Non
si correva il rischio di esaltare quel singolo personaggio
molto al di l dei suoi meriti di funzionario investito di
una magistratura annuale?
Non tutti i nobili potevano fregiarsi di ascendenze
mitiche o storiche cosi universalmente note o far coniare monete che rimandavano a Bruto o a Marcello, o ai
famosi edifici che i loro antenati avevano fatto costruire nella citt. In molti casi leffigie risultava comprensibile ed efficace solo nelle cerchie ristrette delle famiglie antagoniste. Gi la decifrazione delle lunghe scritte, a volte estremamente abbreviate, richiedeva una precisa conoscenza della storia di famiglia. Qualche segno
isolato e astratto poteva alludere ad avvenimenti molto

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lontani nel tempo e poco conosciuti, e in ogni caso molte


di quelle monete coperte di fitte indicazioni telegrafiche
non facevano riferimento a un orizzonte storico collettivo.
Era ormai raro il caso che leffigie di una moneta
offrisse un sostegno alla res publica vacillante. Per capire fino a che punto i funzionari potessero allontanarsi
dal terreno politico si pu citare lesempio di Quinto
Pomponio Musa, che nel 66 a. C. fece coniare una serie
di ben dieci denari con leffigie di Apollo sul recto e quella dellErcole Musagete e delle nove muse sul verso, e
tutto questo al solo scopo di richiamare lattenzione sul
suo bel nome. Sono esempi che converr tenere presenti per meglio valutare il significato delle monete augustee, dove al contrario ogni effigie intende propagandare lo Stato e la sua guida.
Un chiaro sintomo della crisi sociale in atto verso la
fine della repubblica che il bisogno di affermazione
personale e il generale antagonismo portarono ovunque
a forme di esibizionismo eccessive, anche da parte di
gente che non poteva n voleva aspirare a un successo
sociale. Quella che era in origine una gara dellaristocrazia al servizio dello Stato degener in una febbrile
dimostrazione di ricchezza e di successo: per quanto
modesto fosse il palcoscenico sociale che si poteva utilizzare allo scopo.
Ne sono un esempio considerevole le dispendiose
costruzioni funerarie che negli ultimi decenni della
repubblica e ancora in et augustea si allinearono sempre pi numerose lungo le grandi vie daccesso alla citt. I liberti benestanti, orgogliosi della propria cittadinanza romana e della libert acquisita anche per i loro
famigliari, si facevano raffigurare con la toga e assieme
ai loro parenti sulle tombe di famiglia fatte costruire sul
margine delle strade. Il fornaio Eurisace, anche lui uno
schiavo affrancato, si vantava invece del suo successo

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professionale come fosse un servizio reso all0 Stato.


Messe le mani su un terreno molto in vista in un crocicchio vicino alla citt, escogit per la sua tomba una
soluzione originale: la costruzione formata da alti cilindri verticali la cui forma ricorda quella dei granai usati
dal fornaio. Il fregio vanta invece il suo sistema razionale di panificazione.
A questo livello sociale la rivalit e lesibizionismo
di fronte ai conoscenti o ai colleghi di corporazione
aveva ancora un significato. Ma per le grandi famiglie dellaristocrazia senatoria molto spesso non era pi cos: si
trattava di famiglie enormemente ricche, ma ormai escluse dalla lotta per il potere. Di fronte a Pompeo e Cesare, Antonio e Ottaviano, la maggior parte dei nobili non
aveva pi alcuna chance. significativo che una delle
tombe pi monumentali degli anni intorno al 30 a. C. sia
stata costruita per una matrona il cui prestigio sociale
consisteva unicamente nellessere la figlia di un console
di antica famiglia aristocratica e la moglie di uno degli
uomini pi ricchi di Roma, il figlio di Gaio Crasso.
caeciliae q. cretici f. metellae crassi: cos suona
la breve iscrizione, sicura della universale popolarit di
quei nomi. La tomba fu costruita su un leggero rialzo del
terreno in uno dei punti pi suggestivi della via Appia.
Si compone di tre parti: uno zoccolo quadrato, una torre cilindrica (che ha forse il significato di un altare circolare) e un tumulus oggi scomparso che doveva ricordare i tumuli di et arcaica e sottolineare cos lantica
origine della famiglia. Lo zoccolo e il cilindro servivano
come sostegno trionfale del tumulo, che era la parte
parlante della tomba. Come decorazione fu scelto un
trofeo di armi celtiche, che doveva ricordare i modesti
successi militari, di cui certo i contemporanei non sapevano nulla, riportati dal marito come questore di Cesare nelle Gallie.
Lesempio fa vedere come lesibizionismo della vec-

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chia classe dirigente fosse ormai dispendioso e gratuito:


si commemorava un membro qualsiasi della famiglia,
privo di meriti personali, e che poteva tuttal pi richiamare alla memoria quelli degli antenati o dei parenti.
Qui, come anche in altri casi, forma e messaggio si contraddicono in modo decisamente grottesco: solo pochi
anni prima che venisse costruito il Mausoleo di Cecilia
Metella il Senato aveva fatto erigere per il console Irzio
caduto in battaglia per la res publica, un monumento
funebre che appare al confronto quasi insignificante. Il
merito e il prestigio acquisiti nellambito del tradizionale
cursus honorum non avevano pi ormai alcun riscontro
nel linguaggio monumentale.
Anche le forme architettoniche dei monumenti funebri sono gi di per s eloquenti. Il bisogno ossessivo di
primeggiare port a sfruttare tutte le possibilit offerte
dal linguaggio dellarchitettura celebrativa. Oltre alle
forme consuete dellaedicula, dellaltare e del tempio, si
ritorn ai tumuli arcaici e perfino alle piramidi, si imitarono monumenti commemorativi e facciate di palazzi. Chi puntava sulle dimensioni del monumento, chi
invece sullaccumulo degli elementi architettonici. Nel
monumento sepolcrale dei Giulii a St-Rmy in Provenza si trovano sovrapposti non meno di tre elementi
diversi: su uno zoccolo a forma di altare si innalza un
arco trionfale (quadrifrons), e su questo un tempietto circolare con le statue dei defunti, che in questo ibrido
complesso risultano quasi invisibili agli sguardi dei passanti. Laccumulo estremo di elementi formali finisce
qui per rendere poco chiara la funzione specifica del
monumento.
Questo eclettismo formale senzaltro di derivazione ellenistica, ma il suo sviluppo ipertrofico, e pi ancora laffollarsi delle costruzioni lungo le vie daccesso a
Roma o ad altre citt italiche, un motivo caratteristico
della societ tardo repubblicana. Vedremo come questa

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situazione interessi ancora i primi edifici monumentali


dellet augustea, per poi cedere il passo a un nuovo
ordine di cui anche il linguaggio figurativo sar una
manifestazione.
Limmagine urbana di Roma come specchio
della situazione politica e sociale.
Prima della svolta augustea anche limmagine urbana di Roma doveva fornire uno specchio sconcertante
della situazione politica e sociale. Lesperienza quotidiana ci insegna lenorme valore simbolico degli edifici,
pubblici o privati che siano, delle strade e delle piazze:
limmagine complessiva di una citt in una certa situazione storica rappresenta un coerente sistema di comunicazione visiva, in grado di influenzare gli abitanti
anche a livello inconscio per il fatto stesso della sua
continua presenza. Allepoca delle guerre sociali e civili, delle proscrizioni e delle lotte di potere, e sullo sfondo di continui disordini e scontri di piazza, laspetto
urbano di Roma deve aver parlato ai contemporanei un
linguaggio poco rassicurante. Naturalmente le impressioni mutavano con la prospettiva: vista da una villa, per
esempio dallattuale Pincio, la citt mostrava un aspetto diverso dai quartieri affollatissimi del centro, con i
loro isolati tetri, angusti e marcescenti.
A partire dalla dittatura di Silla il lusso delle abitazioni private incominci a dilagare in modo sfrenato
anche a Roma e il contrasto ricchezza/povert segn
pi profondamente limmagine urbana. Davanti alle
mura sorsero ville sontuose come i giardini di Lucullo
(sullattuale Pincio), il cui magnifico prospetto a colonnati sovrapposti non aveva molto da invidiare ai grandi
templi a terrazza tardo repubblicani delle citt laziali.
Chi abitava nelle brutte e strette vie (Cic., Leg. agr.

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II 96), rese ancora pi buie dalle costruzioni aggettanti


a mo di balcone, e durante la visita mattutina aveva
negli occhi la grandezza e lo splendore dei palazzi urbani di uno Scauro (Plin., Nat. hist. 36,6) o di un Vedio,
nei cui atrii si raccoglievano ogni mattina centinaia di
clienti per il saluto al patronus (Vitr., VI 5,2), poteva toccare con mano la distanza fra ricco e povero. La crescita rapidissima della popolazione aveva scatenato ovunque la fame di case e la speculazione immobiliare. Labitudine di costruire edifici troppo stretti e troppo alti
su fondamenta esigue e con materiali scadenti provocava crolli e incendi quasi quotidiani (Plut., Crass. 2) e
faceva di alcuni quartieri della citt vecchia, come le
famigerate insulae di Marco Crasso, altrettanti focolai di
instabilit sociale. In questo dedalo di tortuose viuzze i
grandi palazzi sorgevano come piccole citt murate.
La situazione edilizia della citt non corrispondeva
affatto al suo rango di capitale. Gi alla corte di Filippo
V di Macedonia (intorno al 182 a. C.) laspetto misero e
antiquato di Roma era oggetto di battute scherzose (Liv.,
40,5,7), ma anche centocinquantanni pi tardi la sua
immagine urbana non poteva in alcun modo competere
con le citt greche dellOriente. Mentre le antiche citt
della Campania e del Lazio (come ad esempio Capua,
Tivoli, Palestrina) facevano a gara da tempo nella costruzione di splendidi santuari, di moderni edifici pubblici,
di strade e piazze, ed era spesso laristocrazia locale a
prendersi cura dellaspetto urbano, la situazione di Roma
era ulteriormente peggiorata. Ormai da decenni non
cera nessuno, n il Senato n i vari grandi, che avesse una veduta dinsieme della citt. Nel II secolo a. C. il
Senato aveva ancora tenuto a freno lespandersi del lusso
privato, mentre i magistrati provvedevano ai problemi
pi urgenti posti dalla rapida crescita urbana: vennero
costruiti magazzini per i cereali, condotte idriche, strade, ponti e basiliche, centri della nuova vita economica

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internazionale. Anche i vecchi templi erano stati rinnovati con una certa regolarit. Ma dalle prime grandi crisi
interne allepoca dei Gracchi (133-121 a. C.) i lavori di
restauro nei templi e negli edifici pubblici furono interrotti, e soprattutto si rinunci a elaborare un coerente
piano urbanistico. Non un caso che quando Cesare,
poco prima di morire, si pose il problema della situazione edilizia della citt, i suoi progetti sconfinassero subito nellutopia: quella di canalizzare il Tevere, di costruire un teatro gigantesco sul fianco del Campidoglio verso
il Campo Marzio, e unintera nuova citt ellenistica, con
strade ad angolo retto, piazze e marciapiedi. Pensava evidentemente che la vecchia Roma non si potesse pi salvare (Suet., Iul. 44; Cic., Att. XIII 33a,I).
Anche questo stato di cose fu una conseguenza del
rapido processo di acculturazione. Fin dalla met del II
secolo i grandi generali cercavano sempre nuove occasioni per mettersi in mostra e gesti di facile presa demagogica. Ma elaborare un piano organico di sviluppo urbano o provvedere agli impianti idrici e ai sistemi di canalizzazione sarebbe stata unimpresa lunga e poco spettacolare. Anche il restauro dei vecchi templi non offriva
grandi opportunit di gloria personale, tanto pi che in
questi casi occorreva rispettare precise norme religiose.
Daltra parte il Senato si opponeva per motivi politici e
morali alla costruzione di grandi edifici per il tempo libero, come i teatri e le terme: si volevano evitare quelle
assemblee e manifestazioni popolari a sfondo politico
che erano usuali nei teatri greci. Il Senato permise soltanto la costruzione di effimeri teatri di legno in occasione delle grandi feste religiose, e poich le masse non
dovevano ricevere uneducazione alla greca che le esponesse al pericolo dellozio, non si parla a Roma di ginnasi
o di pubbliche terme come quelle che gli abitanti delle
citt campane conoscevano gi nel il secolo a. C. Lattivit edilizia dei grandi si limit pertanto in larga misu-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ra alla sfera privata, sviluppandosi soprattutto nella


forma dei monumenti votivi, consacrati perlopi in privato solo (su un fondo privato) a una divinit protettrice. Si trattava spesso di costruzioni imponenti, giacch
la finalit votiva poteva giustificare qualsiasi forma di
autocelebrazione. Anche un intero teatro poteva cos
rispondere a una destinazione religiosa: quando Pompeo,
nel 57 a. C., os costruire il primo grande teatro, nonostante il suo enorme peso politico ritenne ancora necessario giustificare la poderosa cavea come base dappoggio per il piccolo tempio dedicato alla sua patrona Venere Vittrice (Tert., De spect. 10).
Se il Senato pot impedire per alcune generazioni
che privati cittadini costruissero edifici dedicati al
tempo libero, non era per in grado, da parte sua, di
affrontare imprese edilizie in cui tutti potessero identificarsi. E tanto meno avrebbe saputo elaborare un
vero piano urbanistico. Quello che era ovvio nella fondazione di una nuova colonia romana, a Roma diventava impossibile.
Il Tempio della Concordia nel Foro, ad esempio, fu
fatto restaurare dal Senato nel 121 a. C. proprio dallo
spietato nemico dei Gracchi Lucio Opimio: per i partigiani dei Gracchi il tempio divenne cos il monumento
della loro sconfitta. Dopo l8o a. C. Silla e Catulo vollero creare un simbolo dellordine ristabilito nella poderosa struttura del Tabularium sul colle del Campidoglio
sopra il Foro, e ricostruirono con grande spesa (ma con
gravi ritardi) il tempio di Giove Ottimo Massimo. Ma
il nuovo Tabularium non celebrava la res publica comune, bens il predominio degli ottimati in un Senato la cui
debolezza diventava ogni giorno pi evidente. Il nuovo
tempio di Giove Capitolino, che pure avrebbe dovuto
rappresentare la maiestas del popolo romano anche agli
occhi dei forestieri, poteva fregiarsi delle splendide
colonne dellOlympieion che Silla aveva portato da

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Atene ma non raggiungeva in alcun modo un livello


estetico degno di una citt cosmopolita. Anche questo
caso sintomatico. Per motivi religiosi non era stato
possibile modificare il podio e la pianta, ma le colonne
ellenistiche di marmo ovviamente non si adattavano alla
pianta preesistente, col risultato che il frontone dorato
del tempio, sovraccarico secondo luso di motivi ornamentali, era troppo ripido e gravava pesantemente sulle
colonne troppo alte (Gell., II 1o).
La fedelt alla tradizione impediva di riprendere
integralmente la fisionomia dei templi ellenistici in un
simile monumento di Stato. Ma poich si voleva essere
nello stesso tempo conservatori e cosmopoliti, sorgevano ovunque soluzioni di compromesso esteticamente
contraddittorie, e problematiche da un punto di vista
religioso. La nuova immagine votiva di Giove Ottimo
Massimo fu affidata a un artista attico, il quale realizz
uno Zeus classicheggiante nella tradizione greco-classica delle statue crisoelefantine. Ma il fatto che le antiche statue di terracotta venissero sostituite da opere di
questo tipo non poteva non avere conseguenze sul sentimento religioso.
I santuari privati del Campo Marzio contenevano
provocazioni di altro genere. I generali trionfatori edificavano templi ellenistici di marmo alla loro divinit protettrice e ne adornavano gli sfarzosi porticati con celebri
opere dellarte greca, bottino di guerra. Ma proprio al
centro del recinto sacro poteva trovarsi perfino la statua
monumentale del vincitore, mentre le statue delle divinit finivano in secondo piano nelle nicchie dei porticati, come si vede in un rilievo contemporaneo proveniente dallanfiteatro di Capua, I secolo a. C. Quando Quinto Cecilio Metello il Macedone fece erigere nella porticus da lui costruita sul Campo Marzio (146 a. C.) il celebre gruppo equestre di Lisippo che mostrava Alessandro
con i compagni caduti al Granico, non si trattava solo di

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Roma, Campo Marzio in epoca tardo repubblicana con portici e santuari votivi.

una magnifica occasione per esporre la preda di guerra


ma anche di un omaggio reso al massimo eroe del mondo
ellenistico: dal punto di vista delle tradizioni repubblicane, un omaggio perlomeno sospetto.
Mentre i capi facevano costruire edifici lussuosi per
le loro divinit personali, molti fra i culti pi antichi
della citt caddero nelloblio. Qualcuno potr anche
essersi chiesto, come il vecchio Catone, se le nuove statue nude di marmo greco avrebbero protetto Roma
come le vecchie statue di argilla. Alla vista degli antichi
santuari e delle antiche cappelle in declino, i moderni
templi marmorei dei trionfatori dovevano comunque
apparire in una luce ambigua:
Quanto pi grandi e felici sono di giorno in giorno le
sorti del nostro Stato e quanto pi cresce la sua potenza

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ormai arriviamo in Grecia e in Asia, che sono piene di


lascive seduzioni, e mettiamo le mani sui tesori dei re ,
tanto pi mi viene il timore che siano quelle cose a prendere possesso di noi, pi che noi di esse. Le opere darte
giunte in questa nostra citt da Siracusa sono credetemi
qualcosa di minaccioso. Sono gi in troppi, a quanto vedo,
a lodare e ammirare i fasti di Atene e Corinto e a deridere
le figure di argilla nei frontoni dei templi romani.

Queste, secondo Livio, le parole di Catone gi nel


195 a. C. (Liv., 34,4,3).
Le costruzioni private dei grandi raggiunsero
una nuova dimensione con il teatro di Pompeo e il nuovo
Foro di Cesare, la cui grandezza corrispondeva alle
ambizioni dei due personaggi nel pieno tramonto della
res publica.
Il teatro di Pompeo testimoniava un culto della personalit che in Roma non aveva precedenti: si vedevano dovunque statue e immagini che rimandavano alle
vittorie dellimitatore di Alessandro. Il teatro era per
anche uno spettacolare dono fatto alla popolazione, e di
una tale presa demagogica che indusse Cesare a fare
altrettanto: egli cerc di schiacciare Pompeo pubblicizzando non solo le proprie imprese (davanti al tempio sorgeva un monumento equestre di Alessandro che ora portava il ritratto di Cesare), ma anche la sua origine divina. Cos il tempio che dominava il Foro era consacrato
a Venere Genetrix, capostipite della sua famiglia. Utilizzando senza scrupoli il tempio e il Foro per le sue comparse in pubblico, Cesare fu il primo dei grandi a proclamare apertamente la propria umanit divina (Suet.,
Iul. 78,2). E mentre il teatro di Pompeo sorgeva come
i portici dei trionfatori fuori del pomerium nel Campo
Marzio, il nuovo Foro di Cesare era nel cuore della
citt, proprio accanto al vecchio Foro. Il fatto che lantica Curia, appena restaurata, venisse demolita per far

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

posto alla nuova costruzione, e che il comitium con la tribuna degli oratori (fino ad allora un luogo sacro) venisse semplicemente sopraelevato aveva dunque un preciso
significato simbolico.
Come vedremo, i due grandi edifici di rappresentanza fatti costruire da Ottaviano prima della battaglia
di Azio il Tempio di Apollo sul Palatino e il Mausoleo non sono da meno come esempi di culto della personalit: senza alcun riguardo per le tradizioni della res
publica, il loro scopo era unicamente quello di pubblicizzare limmagine di un capo carismatico.
Tra i tumultuosi mutamenti e i disordini di quegli
anni, limmagine dellurbs offriva dunque ben pochi
motivi di identificazione con lo Stato, e poteva anzi
agire come una fonte di sotterranea inquietudine. Di
fronte alla miseria delle istituzioni essa non offriva in
ogni caso immagini edificanti che potessero rafforzare la fiducia nelle sorti dello Stato romano. La stella del
buon tempo andato non brillava pi: quelle che si avevano davanti agli occhi non erano le immagini simboliche di una solida moralit collettiva, da assumere come
un punto di riferimento, ma monumenti che dichiaravano il declino dello Stato e il trionfo degli interessi privati. Tutto nella citt testimoniava lo strapotere e le
ambizioni politiche dei grandi.
La villa e la nascita della sfera privata.
Abbiamo considerato finora solo lambiente visivo
della capitale e le sue contraddizioni. Nelle antiche citt
della Campania e del Lazio il processo di ellenizzazione
si era svolto in forma assai meno problematica: cos ad
esempio Pompei possedeva gi nel II secolo a. C. un teatro di pietra, un pubblico stabilimento termale e forse
anche un ginnasio. Il Tempio della Fortuna a Palestri-

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na e il Tempio di Ercole a Tivoli superavano, per la


grandiosa imponenza delle loro strutture architettoniche, perfino i grandi edifici dellOriente. Con le sue strade e le sue piazze Capua presentava laspetto di una
moderna citt ellenistica (Cic., Leg. agr. II 95 sg.). Per
le grandi famiglie cosmopolite di queste citt, impegnate nel commercio con lOriente, le novit culturali
non creavano problemi di concorrenza e di conservazione del potere come avveniva invece per i senatori
romani: lideologia romana non aveva qui nessun peso.
Nel clima pi libero della Campania, gi verso la
met del II secolo gli aristocratici filelleni si costruirono
le prime lussuose case di campagna, pi o meno negli
stessi anni in cui il Senato dava i primi segni di ostilit
verso la cultura greca. Queste ville furono un primo e
sintomatico prodotto della nuova cultura: qui le forme
di vita importate dalla Grecia potevano attecchire in
piena libert per poi trasmettersi alla vita pubblica.
Il fenomeno della villa rappresenta ai suo inizi una
sorta di valvola di sfogo sociale. Un podere visitato
occasionalmente poteva trasformarsi in una splendida casa
di villeggiatura, dove anche laristocratico pi fedele alla
tradizione poteva abbandonarsi agli svaghi lussuosi della
cultura greca approfittando della lontananza da Roma e
dei periodi di ferie: a Roma infatti fa dire Cicerone
alloratore M. Antonio (console nel 99 a. C.) ci non era
consentito. Venne cos a prodursi quella spaccatura tra
sfera privata e sfera pubblica che doveva poi segnare cos
profondamente la futura societ europea. Le enormi tensioni politiche e personali a cui aveva portato il contrasto
fra la cultura greca (oggetto di avida emulazione) e i mores
maiorum cercavano un equilibrio in una netta separazione di ambiti, e fu proprio nella tensione fra otium (il
tempo libero, la vita in campagna) e negotium (il dovere,
lattivit politica a Roma) che prese forma quel senso del
dovere cos tipico dellideologia romana.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Le ville divennero rapidamente il centro del nuovo


lusso ellenistico. Si ha anzi limpressione che i freni
morali della vita cittadina alimentassero il bisogno quasi
patologico di una vita pi libera ed estroversa, circondata dai piaceri e dagli agi della campagna. Lespansione di questo mondo privato fu favorita dal declino dellautorit senatoria e raggiunse il suo culmine
allepoca di Lucullo, Pompeo e Cesare. Lidea della villeggiatura come tranquilla occasione di svago in mezzo
ai libri e agli amici degener: la villa fin per diventare,
come tutto il resto, un simbolo di prestigio e di ricchezza, mentre a Roma cadevano le ultime barriere contro il lusso delle abitazioni private.
Il Romano intellettualmente curioso si accostava alla
cultura greca come a un tutto organico. Munite di portici, sale e locali di ricreazione, di biblioteche e pinacoteche, di giardini e ambienti battezzati nostalgicamente
con nomi di istituzioni culturali, come gymnasium,
lyceum, palaestra, o di celebri localit del mondo greco,
le ville diventarono un vero campionario della cultura
greca, animato dalla presenza fisica di filosofi e artisti
che vi ricreavano il loro ambiente dorigine. Gli originali raccolti dai collezionisti come Verre (pretore nel 74
a. C.) sono andati in gran parte perduti, ma le copie di
marmo e di bronzo ritrovate in molte ville dnno una
buona idea di come le opere di scultura, distribuite nei
vari ambienti della casa, servissero a evocare le diverse
sfere del mondo greco: nella biblioteca cerano le statue
o i busti dei grandi poeti, dei filosofi e degli oratori,
mentre nei porticati detti gymnasia si vedevano statue di
atleti, di Ermes, Eracle e Atena. Attraversando i giardini si incontravano figure dionisiache e gruppi erotici.
Oppure era di scena il mondo del mito omerico, come
nella grande villa di Sperlonga che lo ambientava addirittura in una grotta naturale. Isolate dal loro contesto
originario e raccolte con spirito eclettico e programma-

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tico, quelle sculture rappresentavano la grecit in quanto puro patrimonio spirituale, e invitavano a una vita
contemplativa, tra libri e begli oggetti, una vita raccolta in se stessa, lontana dagli obblighi politici.
La migliore idea dassieme di una villa romana non
la dnno per i luoghi di scavo ma la villa-museo fatta
costruire a Malibu in California da Paul Getty, il magnate del petrolio, riproducendo fedelmente la Villa dei
Papiri di Ercolano. Le copie di bronzo sparse tra i portici e i giardini riproducono una parte delle statue ritrovate nella villa durante gli scavi settecenteschi, e offrono nel loro insieme (sono circa ottanta tra statue ed
erme) il miglior esempio di quello che poteva essere un
arredo statuario completo. Laspetto pi interessante
dal nostro punto di vista per la totale assenza di
tematiche romane: come in quasi tutte le ville a noi
note non troviamo n raffigurazioni dei miti politici
romani, n ritratti di eroi o di personaggi storici, o dei
grandi intellettuali della storia recente, n rappresentazioni allegoriche di valori e virt romane. Cerano invece, accanto ai ritratti dei poeti greci, dei filosofi e degli
oratori, le raffigurazioni dei sovrani ellenistici: i modelli
ammirati dalla classe senatoria non erano consoli e generali, ma Alessandro e i sovrani dei regni ellenistici. La
tradizione politica romana non trova spazio nel mondo
dellotium. Solo con Augusto le immagini del mondo
politico romano entreranno nella sfera privata, e solo in
epoca imperiale si troveranno nelle case private ritratti
dei sovrani, viventi o defunti.
Non meno istruttive sulle tendenze intellettuali, le
ambizioni e la psicologia della classe dirigente sono poi
le decorazioni pittoriche parietali nel cosiddetto stile
architettonico, quali le troviamo in ville grandi e piccole, ma anche in case urbane di Roma e Pompei. Conviene partire anzitutto dagli esempi pi antichi, databili probabilmente al ii secolo a. C.: rappresentano pare-

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ti intarsiate con diverse qualit di marmi preziosi, spesso con profili di colonne sovrapposte e scorci di colonnati. La pittura doveva sostituire illusionisticamente
lambientazione sognata oppure accrescere il lusso effettivo, offrendo agli inquilini della casa immagini di favolosa ricchezza: uno scenario tangibile che riunisse quanto vi era di pi sontuoso in fatto di architetture e di
materiali. Certe piccolissime camere da letto dalle pareti decorate con scorci illusionistici, in una ridda di suggestioni ottiche contraddittorie, sembrano testimoniare
un bisogno senzaltro nevrotico di sfarzose e grandiose
prospettive architettoniche. Ci si pu chiedere se fosse
possibile abbandonarsi a sonni tranquilli in un ambiente come la piccola camera da letto della villa di Boscoreale o della Villa dei Misteri. pi facile pensare che
quelle selve di colonne perseguitassero gli abitatori
anche in sogno.
Anche in questo caso, nessun soggetto che abbia a
che fare con la vita a Roma, n vi troviamo allusioni alla
vita di campagna del senatore-possidente (a differenza,
per esempio, dalle pitture illusionistiche nei castelli e
nelle ville barocche). Troviamo, invece, vedute di santuari spesso di grande effetto scenografico: quei santuari
che sorgevano attigui ai palazzi dei sovrani ellenistici, e
che forse, in qualche caso, venivano costruiti anche
allinterno delle ville e dei palazzi pi sontuosi. Non
scorci di natura libera ma parchi raffinati e pinacoteche
decorate di erme, grandi quadri di principi ellenistici, un
filosofo greco che sembra cos vicino da toccarlo, un
rituale di iniziazione dionisiaco in cui gli abitanti della
villa si confondono col seguito del dio, e vedute di paesaggio con scene mitiche: un mondo di sogno, fatto di
lusso e cultura greca. Come le statue, le immagini pittoriche dovevano evocare associazioni erudite e soddisfare almeno nella fantasia un bisogno di splendore e di
bellezza. Pi tardi, dopo la svolta augustea, queste pare-

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ti saranno viste invece come unespressione di luxuria e


di ipocrisia, come mostra la nuova decorazione parietale progettata allepoca dei ludi saeculares.
La fuga nella cultura greca poteva comportare
addirittura un rituale di travestimento: prima di
sprofondarsi in una poltrona ai piedi di un ritratto di
Platone o di Aristotele, per filosofare o leggere i poeti,
non di rado il romano colto indossava il mantello greco
e sandali greci e si metteva una corona sul capo (Cic.,
Rab. Post. 26). Si sentiva allora letterato e artista, Greco
fra i Greci. E in questa veste si faceva addirittura
immortalare: ne un esempio eloquente una statua del
commediografo greco Posidippo (III secolo a. C.), adattata nel volto e nella capigliatura al ritratto di un romano del I secolo a. C. Significativamente per, il Romano grecofilo si preoccupava di mettere in mostra il suo
rango sociale: per raffigurare i suoi calzari da senatore
lo scultore dovette applicargli stringhe di bronzo. Anche
nella statua del cosiddetto giovane oratore greco, che
nella Villa dei Papiri era fra quella di Eschine e quella
di un antico poeta, vediamo immortalati i tratti di un
contemporaneo, forse il proprietario della villa: il taglio
dei capelli quello tipico degli anni intorno al 30 a. C..
Togliendosi la toga nel tempo libero il Romano deponeva per cos dire la sua stessa romanit. Il sorgere di
uno spazio vitale privato e alternativo, sottratto alla
sfera della res publica, evidenziava il declino di un intero sistema di valori; ci si abituava con una certa disinvoltura a vivere in due mondi, a parlare due lingue e ad
avere una doppia morale. I piaceri di cui si godeva a casa
propria diventavano, nei discorsi fatti in pubblico,
oggetto di riprovazione.
Il mondo dellotium offriva una cornice stimolante
al godimento della cultura greca e allo sviluppo di una
vita intellettuale libera dagli obblighi di Stato, era un
mondo in cui si poteva trovare rifugio dal caos delle

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

guerre civili e dalle miserie di una vita politica in declino, e sperimentare con successo nuove possibilit esistenziali. E insieme ai libri, le immagini e le statue
diventarono il contrassegno emblematico della nuova
situazione. Se prima un membro dellaristocrazia poteva realizzarsi solo nel servizio della res publica, ora il
mondo dellotium gli offriva la possibilit di unesistenza libera da incarichi politici. Non c dubbio che la cultura delle ville, con i suoi valori estetici e il suo lusso,
abbia reso pi facile il passaggio alla monarchia per unaristocrazia ormai indebolita.

Storia dellarte Einaudi

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Capitolo secondo
Immagini antagoniste.
La lotta per il potere assoluto

Dopo la morte di Cesare nel 44 a. C. la lotta per la


successione dur tredici anni. Il linguaggio delle immagini e delle forme architettoniche svolge in questa fase
un ruolo importante, ma bench compaiano alcune
novit destinate a interessanti sviluppi, le contraddizioni del linguaggio visivo rimangono le stesse del periodo precedente. Il declino del vecchio sistema politico
tocc il culmine. Luso di forme e simboli greci, problematici e ambigui, da parte di Ottaviano e di Antonio,
fu cos massiccio da far pensare a due sovrani ellenistici in lotta per il dominio su Roma.
Divi filius.
Quando il diciannovenne C. Ottavio scese sul terreno di guerra per entrare in possesso della sua eredit
era il 44 a. C. il nome di Cesare, suo prozio e padre
adottivo, era il suo unico asso nella manica. Rinunciando
a fare uso del cognomen, in questi casi abituale, si fece
chiamare fin dallinizio C. Cesare (il nome Ottaviano
una convenzione moderna). Il ragazzo che secondo
Antonio doveva tutto al suo nome (Cic., Phil.
13,11,24), non voleva lasciare dubbi sulle sue intenzioni. Possa ottenere gli onori e la posizione di mio padre,
che rivendico: cos esclamava gi alla fine dellanno 44

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

in unassemblea popolare, indicando con gesto enfatico


la statua del dittatore assassinato (Cic., Att. 16,15,3).
Quellimmagine fece colpo. La nobilt era costernata,
perfino gli amici del giovane Cesare rimasero stupefatti. Da uno cos non vorrei essere salvato, fu il commento di Cicerone.
Subito dopo aver raggiunto il potere assoluto nell
anno 31 a. C., Ottaviano modific il suo stile politico.
Nellanno 27 ripristin la repubblica (era questa la
formula ufficiale), e come salvatore dei cittadini
ottenne allora il titolo onorifico di Augustus. Da quel
momento fece tutto il possibile per tagliare i ponti col
passato: e non senza buone ragioni, giacch molte delle
cose accadute dopo il 44 andavano dimenticate. Quello
che era stato detto allora, e il modo in cui lo si era
detto, era in funzione della lotta per il potere. E qui la
rivalit tra i due antagonisti aveva avuto un ruolo decisivo, condizionando le rispettive immagini e la loro
traduzione nel linguaggio delle forme artistiche.
Si trattava anzitutto di mantenere viva tra i veterani e la plebs la memoria di Cesare. Nellamministrare
questo capitale politico decisivo il partito del giovane
Cesare procedette con grande determinazione, come
dimostrano la campagna per divinizzare il dittatore
assassinato e per lutilizzazione sistematica di una cometa, il sidus Iulium, come segno di prosperit.
Quando Ottaviano, contro la volont dei diretti
responsabili, volle celebrare nel luglio del 44 i ludi Victoriae Caesaris, che ancora Cesare aveva celebrato in
onore di Venere, in cielo comparve puntualmente una
cometa. Riferir pi tardi nella sua biografia che la
cometa era stata vista per sette giorni in tutto il mondo,
e che dappertutto era stata interpretata come un segno
della divinizzazione di Cesare. Subito dopo venne consacrata nel Foro una statua di Cesare, e fu lui stesso a
mettere sul suo capo una stella: ma dentro di s aveva

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

salutato quella stella con gioia, come un segno della sua


futura ascesa (Plin., Nat. hist. II 93-94).
Apprendiamo da altre fonti che fu naturalmente lo
stesso Ottaviano a propagare la credenza nella stella, che
egli mise il sidus Iulium su tutte le statue di Cesare, e che
da allora la stella brillava anche sul suo elmo. Anche un
aruspice di nome Vulcazio diede il suo contributo,
interpretando la cometa come lannuncio di una nuova
et felice, e pensando bene di morire subito dopo il fausto responso (Serv. in Verg., Ecl. IX 46 sg.). La stella
divent subito un segno di prosperit e si diffuse dappertutto, su monete, anelli, sigilli e cos via.
Nel 42 a. C. Ottaviano stabil che il culto di Cesare (Divus Iulius) entrasse ufficialmente nella religione di
Stato, e ne impose la venerazione in tutte le citt dItalia. Da allora pot chiamarsi Divi filius, figlio del nuovo
dio. Sorsero altari dappertutto e in un punto del Foro
molto in vista si inizi la costruzione di un tempio che
apparve nelleffigie di una moneta gi alcuni anni prima
della fine dei lavori.
La moneta un buon esempio del modo pregnante
in cui il linguaggio delle immagini viene utilizzato dai
sostenitori di Ottaviano. Nel timpano compare ben visibile il sidus Iulium e subito sotto la scritta dedicatoria
DIVO IULIO, cos sproporzionata da risultare perentoria. Di fianco al tempio si vede laltare commemorativo che, con gesto carico di effetto, venne pi tardi
integrato nelledificio. Laltare era infatti un segno di
particolare intensit emotiva: dopo lassassinio del dittatore lo aveva eretto spontaneamente la folla sul luogo
del rogo funebre.
Ben presto anche i poeti iniziarono a cantare la stella di Cesare e a farla brillare in tutte le occasioni importanti. Anche sulle monete la stella continua a comparire, soprattutto in relazione alla celebrazione dellet
delloro (saeculum aureum) e allinvestitura dei princi-

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pi ereditari Gaio e Lucio. Lefficacia simbolica della


stella poggiava sulla tendenza universalmente diffusa a
lasciarsi influenzare dai segni celesti, sullabile sfruttamento della credulit popolare e sulluso mirato di simboli ricorrenti nelle manifestazioni pubbliche.
La maggior parte delle immagini diffuse nei primi
anni dai seguaci di Ottaviano hanno a che fare pi o
meno direttamente con Cesare. Le monete doro con la
sella e la corona ricordavano, ad esempio, i tentativi di
esporre la sedia dorata di Cesare e la corona tempestata di pietre preziose, con cui Ottaviano si era audacemente proposto di riaccendere la passione popolare.
Quanto a Venere ed Enea, era stato lo stesso Cesare a
farli raffigurare sulle sue monete come segno dellorigine divina della gens Iulia. Riprendendo queste immagini il giovane Cesare rivendicava per s anche le origini
divine ed eroiche della gens Iuli. Marco Antonio non
poteva contrapporre nulla di simile. E a tutto questo si
aggiungeva la somiglianza del figlio col padre messa in
risalto da numerose monete dei primi anni. La giovane
et di Ottaviano si prestava magnificamente al gioco:
ora lo troviamo raffigurato con tratti spiccatamente adolescenziali, ora come un giovane eroe. E anche qui il
pensiero va allimmagine standard del giovane Alessandro Magno, che contribu a diffondere sul giovane
erede di Cesare unaura di eccezionalit.
Persino i momenti pi drammatici e pi gravi potevano rivestire un significato simbolico e rafforzare il gi
stretto legame tra il Divus Iulius e il Divi filius. Cos, ad
esempio, corse voce che la testa dellassassino di Cesare, Bruto, era stata mandata a Roma per essere deposta
ai piedi della statua di Cesare (Suet., Aug. 13; Dio.
Cass., 48,14). E si diceva che la scena orribile del massacro di trecento perugini fosse avvenuta, in memoria
del dies nefastus dellassassinio di Cesare, presso un altare del Divus Iulius (41 a. C.).

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Se si pensa alla disordinata propaganda famigliare


degli ultimi decenni, lo sfruttamento politico sistematico delle immagini era senzaltro una novit.
Le statue trionfali del giovane Cesare.
Si trattava anzitutto di riconoscere pubblicamente e
quanto prima le qualit militari del Divi filius e i suoi
meriti verso lo Stato. Di queste qualit e questi meriti
erano unespressione visibile le statue celebrative che gli
venivano offerte ufficialmente. La prima statua, inaugurata da Ottaviano ancora diciannovenne il 2 gennaio
del 43, fu per lui sotto vari aspetti la pi importante: una
statua equestre dorata da sistemare sopra o accanto la
tribuna degli oratori (i rostra). Il monumento era stato
deciso dal Senato e dal popolo insieme a una serie di
altre onorificenze, e doveva proclamare, nel punto pi
simbolico della citt, che a pochi mesi dalla sua comparsa
sulla scena lerede di Cesare era gi unimportante forza
politica. Non solo il Senato decretava che gli arruolamenti illegali di truppe voluti da Ottaviano erano un
merito straordinario verso lo Stato, ma assegnava
inoltre al ragazzo un posto di prestigionel Senato
stesso, il diritto di candidarsi con dieci anni di anticipo
sullet prevista dalla legge a tutte le magistrature pi
elevate, e, soprattutto, gli conferiva un imperium in
piena regola. Il giovane Cesare poteva ora agire come
condottiero al servizio della repubblica. Non c da stupirsi che proprio quella statua diventasse per lui il simbolo della sua rapida ascesa politica. Prima ancora che
la statua venisse portata a termine e collocata sui rostra,
i partigiani di Ottaviano ne facevano coniare leffigie su
alcune monete.
Su una delle prime monete si vede il futuro monumento accompagnato da due pregnanti segni aggiuntivi:

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

il cavallo poggia su unasta, sotto la quale uno sperone


di nave (rostrum) indica appunto nella tribuna degli oratori (ornata di rostra) il luogo di destinazione. Il bastone
da augure nella mano di Ottaviano allude alla sua autonomia come comandante militare. Le lettere S[enatus]
C[onsultus] sottolineano infine che lonorificenza traeva
origine da un decreto ufficiale del Senato: segno, tutto
questo, di una forte volont di legittimazione. E si trattava di una onorificenza ben dispendiosa per un giovane che non aveva ancora rivestito alcuna carica, per non
parlare di esperienze militari! Tanto pi che il monumento doveva affiancare le statue equestri di Silla, Pompeo e Cesare. Il Senato non poteva far capire pi chiaramente quanto poco gli importasse ormai delle proprie
tradizioni. Come mostrano le monete dellanno 43 a. C.,
la statua fu pensata dapprima con il cavallo in posizione di riposo, simile al monumento di Silla. Ma poi
divent un cavallo al galoppo. Il nuovo schema compare per la prima volta sulle monete del 41 a. C., e questa
volta con la scritta programmatica e demagogica POPULI IUSSU (per decreto del popolo ). Era dunque il
popolo non il Senato, nei cui riguardi Ottaviano aveva
perso ormai ogni ritegno che aveva decretato lonorificenza! La raffigurazione pi precisa della statua si
trova nelle monete coniate un paio di anni pi tardi: esse
non mostrano il Divi filius nelle vesti di condottiero, ma
a torso nudo e con un mantello svolazzante attorno ai
fianchi. In questa veste piena di pathos, la superiorit
del nuovo monumento sulla statua di Silla appariva
schiacciante. Anche il braccio teso assumeva nel nuovo
contesto un significato pi generale come allusione al
potere assoluto. Il figlio del divo Cesare appariva qui
come i Dioscuri sulle vecchie monete repubblicane: non
pi un condottiero della Repubblica, ma un salvatore
mandato dal cielo.
Limmagine corrisponde fedelmente ai panegirici di

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Cicerone in Senato, che esaltava le imprese del divinus


adulescens come superiori a quelle di Silla e di Pompeo
(Phil. 5,16,42). vero che anche Silla aveva fatto incidere sotto la sua statua la scritta carismatica IMPERATOR FELIX, ma se non altro si era ancora fatto raffigurare con la toga. E poich le due statue erano luna di
fianco allaltra, il confronto si imponeva da s. Che il
Senato non si curasse ormai nemmeno di un ossequio
formale alle tradizioni, risulta dalliscrizione dedicatoria
che indicava espressamente let del diciannovenne
Ottaviano (Vell. Pat., 2,61,3). Proprio Cicerone del
resto, leloquente avvocato della res publica, aveva paragonato in Senato il giovane Cesare ad Alessandro, fornendo cos una qualche giustificazione a quegli onori
straordinari (Phil. 5,17,38).
Anche unaltra statua, non meno significativa, ci
nota solo attraverso le monete. Poich la troviamo nella
stessa serie insieme ad altri monumenti della citt, doveva trattarsi anche in questo caso di un monumento
importante. La statua celebrava la vittoria su Sesto Pompeo nella battaglia navale di Nauloco (36 a. C.), e anche
qui Ottaviano raffigurato nudo, secondo un modulo
stilistico tipico dellarte tardo classica. Il probabile
modello era una famosa statua di Lisippo raffigurante
Posidone. In quanto vincitore di una battaglia navale
Ottaviano regge in mano come trofeo laplustre (aphlaston) di una nave nemica. La lancia tenuta con la sinistra lo qualifica come generale, mentre il piede destro
appoggiato su una sphaera, simbolo della terra e della
volta stellata, e perci di potere universale.
Questo efficace modulo figurativo era gi stato usato
presso i sovrani ellenistici per rappresentare le virt
divine del personaggio in questione. Bench allepoca di
Ottaviano il modulo, molto sfruttato, avesse certamente perso vigore, il luogo di esposizione e le caratteristiche del personaggio potevano ancora farne, come in

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questo caso, il veicolo di un messaggio molto forte.


Negli anni dopo la morte di Cesare, Sesto Pompeo,
figlio di Gneo Pompeo Magno, era riuscito a costruirsi
una specie di regno marittimo con sede in Sicilia, opponendosi al triumvirato di Ottaviano, Antonio e Lepido.
Dopo le prime vittorie su Ottaviano e i suoi generali,
Pompeo era solito vantarsi di essere come suo padre
sotto la speciale protezione di Nettuno, e anzi di esserne stato adottato come figlio. Evidentemente, serviva
anche a lui unorigine divina. Cos, invece del mantello
da generale portava una clamide di colore blu mare,
offriva in sacrificio al padre Nettuno dei tori dalle
corna dorate e, sempre in suo onore, arrivava al punto
di gettare in mare dei cavalli vivi (Dio. Cass., 48,48,5).
Sesto godeva di grande popolarit presso la plebs
romana. Durante una pompa nellanno 40 a. C. una statua del dio del mare fu portata nel Circo: la folla diede
segni di esultanza e dimostr cos il suo favore per il
figlio di Nettuno contro il figlio del Divo Cesare. Questultimo fece ritirare allora la statua dal corteo dichiarando che avrebbe vinto anche contro la volont di
Nettuno, ma il gesto provoc una sommossa durante
la quale furono rovesciate le statue di Ottaviano e degli
altri due triumviri. In questi anni, dunque, la comparsa
di unimmagine del dio del mare o dei suoi attributi simbolici in un contesto politico veniva senzaltro riferita a
Sesto Pompeo. Gi negli anni 42-40 a. C. questultimo
aveva celebrato i suoi successi nella guerra navale facendo coniare monete con effigi mitologiche in tema:
oltre a vari simboli delle vittorie ottenute e ai ritratti del
padre e del figlio vi troviamo leffigie di Nettuno e di
Scilla, sua aiutante contro Ottaviano.
Su una moneta di questa serie compare una statua il
cui modulo figurativo identico a quello della statua di
Ottaviano. Anche qui non si tratta di una raffigurazione del dio ma di una statua di Sesto Pompeo (o del padre

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Gneo Pompeo) in atteggiamento vittorioso: come in


quella di Ottaviano il vincitore tiene un aplustre nella
mano, mentre il piede poggiato su un rostro. Ai lati
dellambizioso monumento sono raffigurati i due fratelli di Catania, che secondo la leggenda avevano salvato in modo spettacolare i loro genitori. La storia, gi
riprodotta su monete pi antiche, era ben nota al pubblico romano come esempio di pietas verso i genitori.
Lintento di Pompeo qui di giocare sui concetti di pietas e di pius: epiteto, questo, che aveva aggiunto al proprio nome in segno, appunto, di devozione alla figura del
padre. E si trattava ovviamente anche di una frecciata
contro il giovane Cesare, che dalla battaglia di Filippi
tanto si vantava della propria pietas filiale. La vittoria del
figlio di Pompeo sullerede di Cesare viene dunque celebrata sulla moneta come una tardiva rivincita sullo stesso Cesare, che aveva sconfitto Pompeo presso Farsalo.
Su questo sfondo il monumento alla vittoria, fatto erigere dallo stesso Ottaviano o dai suoi sostenitori, acquista il significato di una precisa risposta polemica alla
propaganda del vecchio avversario.
Per comprenderne il significato fino in fondo occorre tuttavia riferirlo a unaltra statua dello stesso tipo
fatta erigere un decennio prima in onore di Cesare sul
Campidoglio. Era una statua di bronzo in cui la sphaera sotto il piede veniva intesa come simbolo dellEcumene, ossia dellintero mondo abitato (Dio. Cass.,
43,14,6), mentre sotto la statua si leggeva la scritta
poich egli un semidio. Scritta che pi tardi Cesare fece cancellare, forse per evitare un richiamo cos
diretto e urtante alla sua pretesa natura divina.
Ora, la statua di Sesto era riferita a una precisa vittoria militare: il piede del vincitore poggiava sul rostrum
di una nave nemica. Il piede di Ottaviano poggiava
invece come quello di Cesare niente meno che sul
globo terrestre. Prima ancora della battaglia decisiva di

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Azio, Ottaviano, in quanto Divi filius, proclamava dunque a chiare lettere la propria candidatura al potere
assoluto che era stato di suo padre.
Il terzo monumento era una colonna commemorativa munita di rostri (columna rostrata), unaltra delle
solenni onorificenze con cui il Senato volle celebrare la
sua vittoria su Sesto Pompeo:
Tra gli onori che gli furono decretati egli accett una ovatio [ingresso solenne nella citt, il cosiddetto piccolo
trionfo], una festa annuale nei giorni delle sue vittorie e
una statua dorata nel foro, che doveva raffigurarlo nello
stesso abito col quale era entrato in citt. La statua doveva essere posta su una colonna decorata coi rostri delle navi
catturate. Limmagine fu collocata con uniscrizione in cui
si leggeva come egli avesse riportato in mare e in terra la
pace, per lungo tempo sconvolta dalle discordie (App.,
Bell. civ. 5,130).

Dione riferisce anche di altre onorificenze, tra cui il


diritto di portare sempre la corona di alloro. E in effetti il ritratto di Ottaviano sul recto di questa moneta
munito della corona di alloro, a differenza di tutti gli
altri ritratti della serie. Anche in questo caso il luogo di
esposizione e il suo riferimento allattualit politica conferivano alla statua un significato e una forza particolari. La forma del monumento riproduceva la colonna
commemorativa di Duilio, che ricorda la sua vittoria
navale sui Cartaginesi del 260 a. C.: con estrema disinvoltura una vittoria riportata nella guerra civile veniva
messa sullo stesso piano di una vittoria contro un nemico esterno, al punto che le due statue si trovavano fianco a fianco sulla tribuna degli oratori. Daltra parte il
particolare prestigioso della mantellina svolazzante faceva allusione allingresso trionfale del vincitore in citt.
probabile, infatti, che anche Ottaviano, seguendo le-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

sempio del grande Pompeo e di Sesto, avesse rinunciato


in quelloccasione alla toga romana per portare come
Alessandro e i re ellenistici una clamide greca.
Per avere unidea di come apparisse la testa di Ottaviano in queste statue possiamo riferirci alle copie di
quello che fu il suo primo ritratto ufficiale, risalente, a
quanto risulta dalle effigi di alcune monete, agli anni
intorno al 40 a. C. Il prototipo fu realizzato
probabilmente per lerezione di qualche importante statua commemorativa, forse proprio la statua dei rostra.
Gi allepoca della tarda repubblica era consuetudine
riprodurre per mezzo di calchi i ritratti originali dei
grandi, e utilizzarne le copie, magari ingrandite o
ridotte, su altre statue commemorative, oppure monete, gemme e via dicendo. Il ritratto di Ottaviano ci presenta un giovane dal volto ossuto, gli occhi piccoli e lespressione inquieta. A differenza dei futuri ritratti di
Augusto, esso sembra riprodurre fedelmente le fattezze
del personaggio, del giovane ambizioso e avido di potere; ma, come in altri ritratti romani dellepoca, lesito
artistico contraddittorio, giacch il pathos eroico del
portamento mal si accorda con la minuziosa caratterizzazione del volto e con la pacatezza dello stile.
I modelli di queste tre statue, collocate nel cuore di
Roma e rese popolari dalle effigi delle monete, erano
immagini di sovrani ellenistici in netto contrasto con le
tradizioni della repubblica. Lo stesso uomo che nel 36
a. C. aveva promesso ad alta voce in Senato la restitutio
della forma repubblicana, si faceva ora celebrare nelle
sue statue come i sovrani ellenistici dellOriente. Si trattava di immagini polemiche e demagogiche, miranti a
celebrare i trionfi del Divi filius e ad annunciare la sua
candidatura al Principato. Il linguaggio delle immagini
era pi chiaro ed aperto di quanto veniva detto in Senato, e poteva anche piacere alla massa, anche se il messaggio appariva pi che problematico. Perch il giovane

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Cesare non era un sovrano ellenistico: era dal 42 a. C.


triumviro per la restitutio della res publica, e doveva
muoversi su una scena politica condizionata da leggi e
tradizioni affatto diverse. Quelle immagini potevano
suggellare la sua vittoria schiacciante, ma non era un linguaggio con cui si potesse formulare a Roma un programma politico: le immagini parlavano infatti del capo
e delle sue ambizioni di potere, ma non dello Stato e del
suo futuro. Restava quello, ad ogni modo, il linguaggio
dei protagonisti, e ad esso non cerano alternative.
Identificazioni mitologiche.
Era da tempo usanza della nobilt romana far risalire la propria stirpe a eroi o divinit della Grecia. Si imitavano in questo modo le grandi case reali ellenistiche e
soprattutto, richiamandosi agli antenati troiani, si rivendicava la propria appartenenza originaria al mondo
greco. Invocare la protezione di questo o quel dio, fregiarsi della sua vicinanza o identificarsi con questa o
quella figura mitica era un gioco di societ che sulla
scena esibizionistica della tarda repubblica doveva svolgere un ruolo sempre pi importante. Se le allusioni di
Pompeo a Eracle e Dioniso erano metafore ben familiari con cui illustrare i trionfi guerreschi in Oriente, Cesare non ebbe alcuna esitazione a dichiarare apertamente
la propria natura umano-divina. E non solo fece costruire alla sua antenata Venere Genitrice il grande tempio nel nuovo Foro, ma nel vestibolo del tempio dava
udienza ai senatori stando seduto (Suet., Iul. 78). Lesempio del Neptunius dux (Hor., Epod. 9,7) Sesto Pompeo mostra con quanta naturalezza, dopo la morte di
Cesare, anche figure di secondo piano reclamassero per
s unorigine eletta e una parentela divina. Nelle successive lotte per il potere il gioco delle identificazioni

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mitologiche forn ai vari contendenti un ulteriore terreno di scontro.


Ma il mito non era solo uno strumento di propaganda politica. Proprio nello scontro fra Marco Antonio e
Ottaviano si pu vedere come le immagini e le figure del
mito potessero influenzare col tempo anche lideologia
privata dei diversi protagonisti e condizionarne il modo
di agire. Furono soprattutto le grandi figure di Dioniso-Bacco e di Apollo a fornire in determinate situazioni
dei veri e propri modelli di identificazione, grazie ai quali
Antonio e Ottaviano poterono ritagliare il quadro di riferimento entro cui soddisfare le aspettative generali.
La miseria del presente con la sua anarchia politica
e limpossibilit di dare al futuro contorni precisi forn
un terreno ideale per indovini e astrologi, per lattesa
utopica di un salvatore e di una nuova et felice. Il
clima spirituale da cui nacque la famosa quarta Egloga
di Virgilio testimonia unattesa quasi nevrotica condivisa anche dai ceti pi colti. In una situazione di questo genere gli appelli e le parole dordine filorepubblicane di un Cicerone non avevano ormai pi alcun effetto. Chi voleva il potere doveva venire incontro a queste aspettative di salvezza e presentarsi nei panni del
salvatore, e lunico linguaggio visivo disponibile a
tale scopo era quello del mito greco. Un linguaggio ancora di grande efficacia, anche se in molti casi, entrando
in conflitto con le tradizioni dello Stato, si dimostr
unarma a doppio taglio. La fatale identificazione di
Marco Antonio con la figura di Dioniso ne lesempio
migliore.
La gens Antonia faceva risalire le proprie origini a un
misterioso figlio di Eracle, di nome Antonio. Marco
Antonio ne fece addirittura riprodurre limmagine sulle
sue monete, contrapponendolo con idea non proprio
felice alla grande figura di Enea, figlio di Venere. Il
paragone con Eracle lo lusingava:

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

La barba armoniosa, lampia fronte e il naso aquilino gli


conferivano quellaspetto virile che si riconosce nei dipinti
e nelle statue di Eracle, e lo facevano sembrare simile a lui
(Plut., Ant. 4).

Lidentificazione con Eracle aveva successo soprattutto nei suoi rapporti spavaldi e affabili con la truppa.
Il richiamo a Eracle aveva del resto precisi riscontri
figurativi: i sostenitori dei triumviri non esitavano a
portare sul proprio anello limmagine del loro idolo e a
servirsene come sigillo. Un gesto di omaggio che si usava
daltronde non solo in ambito politico, ma anche verso
filosofi e poeti.
Quando per Antonio giunse in Asia dopo la suddivisione dellimpero fra i triumviri (42 a. C.), gli si
offr, sulla scia di Alessandro, un modello di identificazione di gran lunga pi efficace e pi globale: la figura di Dioniso. Un ruolo, questo, a cui sembravano
predestinarlo il suo carattere appassionato, la sua generosit e ingenuit, lamore per il vino e le feste orgiastiche, le donne facili e le storie damore spettacolari.
Il nuovo Dioniso fece ricordare ai Greci i giorni del re
Mitridate:
Quando Antonio entr in Efeso, donne vestite da baccanti, uomini e fanciulli vestiti da Satiri e da Pan lo guidarono attraverso la citt, ove non si vedeva altro che
edera e tirsi ed arpe e zampogne e flauti, mentre il popolo inneggiava a lui come Dioniso Benefico e Soave (Plut.,
Ant. 24).

E quando questo generale romano, nelle vesti di Dioniso-Osiride, incontr a Tarso la regina dEgitto in quelle di Afrodite-Iside, furono in molti a pensare che il
volto di Roma fosse mutato, come se si fosse allinizio
di una nuova et pi felice:

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Cleopatra giunse su una nave dalla poppa doro, con le vele


di porpora spiegate al vento. I remi argentei la spingevano muovendosi ritmicamente al suono dei flauti, delle
siringhe e delle cetre. La regina era distesa sotto un baldacchino trapunto doro: era vestita e acconciata come le
Afroditi che si vedono nei quadri, e una frotta di fanciulli
travestiti da Amori le facevano aria ai due lati con ventagli. Le schiave pi belle erano accanto ai timoni e alle
gomene in veste di Nereidi e di Cariti. E sulle rive si spandevano meravigliosi aromi dincenso (Plut., Ant. 26).

Non certo un caso che questi confronti con Eracle


o Dioniso comportino sempre un riferimento figurativo:
se i travestimenti davano vita alle forme del mito e dellarte, le immagini onnipresenti degli di ne erano insieme la cornice e il riflesso. difficile per noi oggi
comprendere quale potere emanassero quei costumi e
quelle immagini: un potere di suggestione che agiva non
solo sugli spettatori, ma sugli attori stessi. Dioniso e
Afrodite non volevano dire semplicemente vino e
amore, ma erano immagini di una pienezza vitale
senza lacune. In una sontuosa atmosfera conviviale si
compiva un rito: la liberazione dalla quotidianit. Una
vita fatta di lusso e di piaceri inebrianti come quella di
cui Antonio faceva sfoggio ad Atene e ad Alessandria
rappresentava non solo nellOriente ellenistico un messaggio di riscatto e di liberazione, una via duscita dalla
miseria e la promessa di un futuro felice. Gli abitanti di
Alessandria capivano bene il significato di quelle statue
in cui Antonio-Dioniso veniva raffigurato come un giovane dal fisico superbo, gli occhi languidi e la bocca
dischiusa, le lunghe vesti trasparenti e il cantaro in
mano.
Quando Antonio, dopo la vittoria sugli Armeni, fece
il suo ingresso in Alessandria nelle vesti di Dioniso trionfante, per gli abitanti della citt fu una vera e propria

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

festa: il Romano aveva dimostrato di essere davvero il


nuovo Dioniso. E se in precedenza Antonio poteva
aver recitato quella parte per puro calcolo, ad Alessandria, nel palazzo di Cleopatra, vi si era ormai calato con
piena convinzione, e i suoi ultimi anni di vita ne furono condizionati per intero. Celebr la fine della guerra
con grandiosi festeggiamenti, and incontro a Ottaviano come Dioniso col suo tiaso e anche allapprossimarsi della fine rest fedele al suo stile di vita:
Sembrava quasi che fosse lieto di avere accantonato ogni
speranza. [...] Antonio e Cleopatra sciolsero il loro famoso tiaso quello degli Artisti della vita inimitabile per
fondarne un altro, non inferiore a quello per raffinatezza,
splendore e lusso, a cui diedero il nome di Amici fino alla
morte (Plut., Ant. 71).

Nella notte prima della presa di Alessandria, gli abitanti della citt credettero di sentire i clamori di un tiaso
attraversare la citt verso laccampamento di Ottaviano:
Molti pensarono allora che il dio avesse abbandonato
Antonio: il dio a cui era pi simile e che aveva preso a
modello in tutte le sue azioni (Plut., Ant. 75).

Tale era ormai il potere delle immagini su di lui, che


anche Antonio avr provato la stessa sensazione.
Quanto a Ottaviano, il suo ruolo in Italia era affatto diverso. Nella sua qualit di Divi filius egli aveva ereditato insieme alla clientela di Cesare anche il suo carisma. Ma per quanto forte potesse essere questo carisma
tra i veterani e la plebe, almeno nei primi anni, sulla
figura di Cesare pesava lombra della tirannide, e soprattutto il ricordo della guerra civile, che non aveva nulla
da offrire alle comuni attese di redenzione. Queste ultime invece furono catalizzate dalla giovane et di Otta-

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viano, che si trov cos avvolto fin dallinizio da un aura


di predestinazione e di leggenda.
La leggenda di Ottaviano risponde a uno stereotipo diffuso. Gi da bambino aveva poteri sovrumani,
e perfino le rane gli obbedivano. Pi tardi, traendo i suoi
primi auspici come generale, aveva trovato il fegato
degli animali sacrificati rivolto verso linterno, e allassunzione del suo primo consolato gli erano apparse,
come gi a Romolo, dodici oche. Molti sogni e segni premonitori mettevano il fanciullo in relazione con il sole
e le stelle, conformemente alla comune attesa di una
nuova et del mondo e di un signore inviato dal cielo.
Il neonato era uscito dalla culla e lo avevano poi trovato su unalta torre, rivolto verso il sole. Non soltanto il
padre e la madre avevano sognato del resto un figlio
solare e stellare, ma si diceva che anche un personaggio illustre come lex console Cicerone avesse visto
in sogno un bambino che scendeva dal cielo lungo una
catena dorata e riceveva una sferza dal Giove Capitolino. Poich una parte di queste storie circolava fin
dai primi anni non c da stupirsi che gi allingresso di
Ottaviano in Roma la folla abbia creduto di vedere
intorno al sole un cerchio luminoso.
Immagini e poi ancora immagini! Tutto questo non
poteva non lasciare tracce nellanimo del fanciullo prodigio. Ancora vivo Cesare, quando lo sconosciuto Gaio
Ottavio studiava ad Apollonia, lastrologo Teagene
cadde in ginocchio ai suoi piedi: aveva visto la singolare costellazione sotto cui era avvenuta la sua nascita e
salutava in lui il futuro padrone del mondo.
Da quel momento ebbe una tale fiducia nel suo destino che
fece pubblicare il suo oroscopo e, pi tardi, coniare una
moneta dargento col segno zodiacale del Capricorno, nel
quale era nato (Suet., Aug. 94).

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il capricorno si trova infatti raffigurato abbastanza


presto su monete e paste vitree che i seguaci di Ottaviano portavano come semplici anelli. Pi tardi la costellazione verr riprodotta in occasione di vittorie e trattati di pace, per ricordare che Augusto era stato destinato dalle stelle alla salvezza dello Stato. A partire dal
30 a. C. la sua data di nascita venne festeggiata ufficialmente come giorno di prosperit. Tutti questi segni
miracolosi richiedevano un quadro comune di riferimento, una cornice mitologica unitaria in cui inserirli. Le fonti letterarie e i monumenti, bench solo parzialmente conservati, ci permettono di ricostruire il processo che port poco per volta Ottaviano a interpretare
il ruolo del favorito di Apollo: un processo stimolato dal
confronto con lavversario e dalla sua identificazione con
la figura di Dioniso e che gli forn la cornice mitologica
necessaria per assumere in pieno il suo ruolo futuro.
Un momento decisivo sembra essere stato la battaglia di Filippi (42 a. C.), in cui cesariani e anticesariani
avevano usato come grido di guerra la stessa parola dordine: Apollo. Fin dallepoca di Silia, Apollo e i suoi
simboli (il tripode, la Sibilla, la cetra, la sfinge) erano
comparsi sulle monete come augurio di un futuro migliore. Associato alla testa di Libertas e ai pugnali dei sicari il tripode aveva assunto con Bruto e Cassio il valore
di un messaggio preciso: la liberazione dal tiranno e il
ristabilimento della repubblica come premessa di tempi
migliori. Ma chi aveva ancora fiducia in un ripristino del
regime senatorio? La battaglia di Filippi aveva mostrato che Apollo stava dalla parte degli eredi di Cesare.
Daltra parte era stato un membro della gens Iulia a far
costruire in Roma il primo Tempio di Apollo e proprio
Cesare aveva dato nuovo splendore ai suoi giochi (i ludi
Apollinares). Quando Antonio poco pi tardi si present
in Oriente come il nuovo Dioniso, fu dunque cosa ovvia
per Ottaviano puntare tutto su Apollo. E appunto tra-

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vestito da Apollo Ottaviano sarebbe apparso nel banchetto dei dodici di, di cui si sent parlare poco pi
tardi (Suet., Aug. 70): un banchetto che provoc lo
scherno e lirritazione della plebe, costretta alla fame
dallembargo dei cereali ordinato da Sesto Pompeo.
Come mostrano le notizie provenienti da Alessandria
queste feste somiglianti a mascherate barocche non
erano per affatto rare: durante un festino in costume
con Antonio e Cleopatra, si era visto nientemeno che il
console del 42, Munazio Planco, comparire travestito da
Glauco (divinit marina), col corpo nudo dipinto di blu
e una coda da pesce, e improvvisare un ballo a quattro
zampe. Anche in occasioni private le mascherate dionisiache erano frequenti. Come risulta dal noto fregio
della villa dei Misteri a Pompei il travestimento stimolava la fantasia degli ospiti.
Nello stesso periodo lerede di Cesare incominci a
usare come sigillo limmagine della sfinge, il simbolo del
regnum Apollinis profetizzato dalla Sibilla (Plin., Nat.
hist. 37,1,10; Suet., Aug. 50). Lanimale delloracolo
entr cos a far parte del linguaggio visivo augusteo, come anche la corona dalloro che Ottaviano portava ora
sempre pi spesso in occasione delle feste. Si diffusero
proprio allora storie miracolose che si riferivano allidentit apollinea di Ottaviano. Si diceva, ad esempio,
che fosse stata una palma miracolosa a far decidere ladozione del ragazzo da parte di Cesare. Quanto a Livia,
poco dopo le sue nozze con Ottaviano si narrava che
unaquila le avesse lasciato cadere in grembo una gallina con un ramo dalloro nel becco: nella villa di Livia il
ramoscello sarebbe poi diventato quel grande albero da
cui i futuri Cesari erano soliti staccare lalloro della vittoria. Gi negli anni trenta si era poi diffusa la voce che
Azia, la madre di Ottaviano, avesse concepito il figlio
non dal padre (presunto) ma da Apollo in forma di serpente, e una storia simile era gi circolata a proposito di

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Roma. Palatino. Tempio di Apollo e Casa di Augusto. Una rampa (R)


collega labitazione, posta pi in basso, e il peristolio, direttamente col
piazzale del tempio.

Olimpia, la madre di Alessandro. La storia del serpente era molto conosciuta, e un piccolo cammeo di vetro
dimostra che essa fu sfruttata dai sostenitori di Ottaviano in chiave propagandistica.
Considerata questa affinit apollinea, non fa meraviglia che Ottaviano abbia attribuito la sua vittoria definitiva su Sesto Pompeo proprio allaiuto di Apollo e di
sua sorella Diana. Un santuario di Diana sorgeva, fortunatamente, anche nelle vicinanze di Nauloco, dove si
era svolto lo scontro navale decisivo, mentre la costruzione del tempio di Apollo sul Palatino sarebbe ladempimento di un voto fatto da Ottaviano durante la battaglia (36 a. C.).
affascinante vedere con quanta coerenza Ottaviano abbia tenuto fede nei successivi ventanni al suo programma apollineo, o anche, in altri termini, come

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abbia sviluppato nel segno di Apollo la sua missione e il


suo programma di salvezza. Il tempio di Apollo fu
costruito proprio accanto alla sua residenza, e fu lintervento personale di Apollo a risolvere la battaglia decisiva di Azio. Nella bellezza atemporale del nuovo ritratto di Ottaviano, di poco posteriore, i contemporanei
potevano scorgere tratti apollinei, e anche la guerra contro i Parti e la riforma dei costumi del 18 a. C. avvennero nel segno di Apollo. E quando i tempi furono
maturi per la solenne inaugurazione del saeculum
aureum, ancora una volta Augusto invoc la speciale
protezione di Apollo e di Diana e depose i Libri Sibillini redatti da lui stesso in una custodia doro ai piedi
delle rispettive statue di culto: a garantire che la nuova
era sarebbe durata in eterno.
Lesempio pi spettacolare dellaffinit apollinea
di Ottaviano sta nel fatto che la sua residenza privata
comunicava direttamente col tempio di Apollo sul Palatino. Come hanno mostrato gli scavi recenti, la casa
comunicava mediante una rampa col piazzale del tempio:non si poteva trovare un modo pi efficace per sottolineare lo stretto rapporto tra il favorito di Apollo e
il suo dio. La casa in s era relativamente modesta, ma
per effetto della rampa lintera area del tempio entrava
a far parte della residenza imperiale. Anche in questo
caso Ottaviano aveva imparato dai sovrani ellenistici: a
Pergamo e ad Alessandria il santuario costituiva lala
di rappresentanza del palazzo reale. Lidea di abitare presso il dio nacque subito dopo la battaglia di
Nauloco: un fulmine si era abbattuto proprio di fianco
alla casa di Ottaviano, mostrando cos che il dio desiderava il suo tempio in quel punto. Era una posizione
suggestiva, in alto sopra il Circo Massimo, in un luogo
che ricordava Romolo e i primi tempi di Roma.
Il richiamo mitologico ad Apollo doveva risultare
straordinariamente adatto alla causa di Ottaviano e allo

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sviluppo del suo programma politico. Ad Apollo sinonimo di morale e disciplina si potevano riferire tutti i
punti programmatici che sarebbero affiorati nel corso
della sfida con Antonio e pi tardi nella messa a punto
del nuovo regime. Gi allepoca degli accordi di Brindisi
(che nellanno 40 a. C. avevano suddiviso limpero in
due zone, lOriente e lOccidente, assegnandole ai due
triumviri, e relegando Lepido in Africa), quando Ottaviano e Antonio si invitavano a pranzo il primo adottava uno stile soldatesco e romano, mentre lo stile di
Antonio era piuttosto asiatico-egizio (Dio. Cass.,
48,30). Apollo era il Purificatore, contrario a ogni forma
di eccesso, e in quanto tale poteva ben rappresentare la
parte dellItalia che nello scontro decisivo si contrapponeva allOriente e alla sua luxuria, allEgitto con le sue
divinit dalla testa animale e il suo libertinaggio. Ma
dopo la vittoria, Apollo si trasform, diventando il cantore con la cetra, il dio della pace e della conciliazione.
E come dio profetico della Sibilla e della Sfinge poteva
finalmente inaugurare la nuova et tanto attesa.
Le serie numismatiche di Ottaviano.
Apollo offriva del resto un campo dazione molto pi
vario di Dioniso, che nel clima culturale di Alessandria
aveva vincolato Antonio a un ruolo estremamente definito. Accanto ad Apollo e a Diana trovavano posto
infatti anche altre divinit. Non solo Nettuno, che era
passato da Sesto Pompeo a Ottaviano, ma anche la progenitrice Venere e con lei Marte vendicatore, Mercurio
e lo stesso Giove si misero al seguito del dux Italiae,
quando si tratt di fare una scelta decisiva. Cos almeno annunciavano i molti e splendidi denari dargento che
Ottaviano fece coniare in parte gi prima della battaglia
di Azio e con cui pagava le sue truppe.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Queste monete, su cui si trovano raffigurate anche


le tre statue di cui si parlato in precedenza, furono
emesse come oggi le serie di francobolli in serie di
due e di tre, dove le immagini delle varie divinit si trovavano associate a raffigurazioni di Ottaviano. Tra le
prime serie coniate ne troviamo due di tre monete ciascuna.
Mentre una di esse mostra sul recto la testa della
divinit e sul verso unimmagine di Ottaviano a figura
intera, sullaltra abbiamo rispettivamente il ritratto di
Ottaviano sul recto e, sul verso, le stesse divinit della
prima serie, ma questa volta a figura intera. Se allineiamo le monete con le tre dee e poi i loro pendants, possiamo leggerle come una serie programmatica continua.
Sulla prima moneta Ottaviano si rivolge al suo esercito
e al suo seguito nel gesto della adlocutio prima della battaglia di Azio: ma lobiettivo della battaglia la Pace,
che porta la cornucopia e lalloro. Sulla seconda Ottaviano guida il suo esercito alla battaglia con gesto pieno
di pathos: qui sotto la protezione di Venere Genitrice,
che su una delle monete porta una ricca collana, mentre
sullaltra guarda pensosa le armi di Marte, e sullo scudo
brilla significativamente il sidus Iulium. La terza moneta festeggia il vincitore: ed appunto la Vittoria a corrergli incontro sul globo, mentre Ottaviano raffigurato
a sua volta nella posa di Nettuno, la stessa posa della statua celebrativa che abbiamo esaminato. Nella situazione precedente alla battaglia di Azio si trattava di un programma inaugurale, che corrispondeva del resto punto
per punto ai topoi utilizzati dal discorso di Ottaviano
prima della battaglia, cos come lo conosciamo dalla
redazione pi tarda di Dione Cassio (50,24 sgg.): il
ricordo delle vecchie imprese, la protezione degli di, la
benedizione della pace come frutto della vittoria.
Anche altre monete della stessa emissione di denari
dargento si possono ordinare in serie analoghe. Cos ad

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

esempio i due monumenti onorari per la vittoria su Sesto


Pompeo (il trofeo e larco) si trovano associati alla Curia
fatta ricostruire da Ottaviano per tener fede alla promessa di restaurare il vecchio Stato. La moneta con la
columna rostrata faceva il paio con una dedicata al dio
Mercurio, garante di pace e prosperit.
Mai in precedenza erano state coniate a Roma monete cosi belle. In questo caso lestetica fu messa al servizio della politica. In contrasto con le monete tardo
repubblicane, perlopi sovraccariche e poco leggibili, la
chiarezza e la semplicit delle nuove monete doveva
richiamare lattenzione, tanto pi che la scritta poteva
limitarsi qui al solo nome di Cesare. Erano immagini che
parlavano da sole, e che il fondo neutro rendeva anche
pi suggestive. La struttura composita delle serie poteva inoltre stimolare un certo collezionismo, e anche questo contribu a richiamare lattenzione sui contenuti.
Dal punto di vista dellidentificazione mitologica,
questa serie presenta una coppia di monete di particolare interesse. Su una di esse raffigurata lerma di un
dio, sullaltra la rispettiva testa (in entrambi i casi col
fascio di fulmini). Ma la divinit e anche qui si tratta
senza dubbio di un monumento urbano ha la fisionomia inconfondibile di Ottaviano. Il nuovo principe arriva dunque al punto di far coincidere la propria immagine con quella del dio, come avevano fatto i sovrani ellenistici e lo stesso Antonio in Oriente, e sia pure con divinit diverse.
Gi Sesto Pompeo aveva fatto coniare monete dove
leffigie del dio Giano aveva i tratti del padre Gneo
Pompeo, come augurio di pace; e potrebbe essere questo il precedente delle due singolari monete di Ottaviano, la cui interpretazione risulta non facile. Lerma
potrebbe riferirsi a Iupiter Feretrius, il cui tempio in rovina sul Campidoglio era stato ricostruito da Ottaviano su
consiglio di Tito Pomponio Attico subito prima della

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

battaglia di Azio (Nep., Att. 20,3): il tempio sarebbe


stato costruito in origine da Romolo, che vi avrebbe consacrato le armi di un nemico da lui stesso ucciso (spolia
opima). Alla vigilia della battaglia il gesto assumeva un
forte significato simbolico. E lerma fatta effigiare sulla
nostra moneta pi o meno nello stesso periodo potrebbe essere la nuova immagine destinata al culto di Giove
Feretrio in sostituzione di quella originaria. Il fascio di
fulmini al di sotto dellerma in ogni caso un attributo
di Giove, anche se non manca un preciso riferimento
alla vittoria di Ottaviano, raffigurato sul verso della
seconda moneta in toga e sulla sella curulis, con la figura della Vittoria nella mano: magistrato e sovrano al
tempo stesso.
Ci troviamo qui di fronte a una concezione programmatica ricorrente: la parentela divina di Ottaviano associata a una promessa di vittoria e di ritorno
allordine. I famosi denari dargento sembrano dunque
rispecchiare, almeno quelli qui esaminati, la situazione
precedente la battaglia decisiva. Quelle monete ebbero
senza dubbio un gran numero di osservatori attenti. A
differenza dalla nostra epoca, sommersa di stimoli visivi, la comparsa di nuove immagini era allora un avvenimento. E in questo caso si trattava di unintera serie di
immagini, belle a vedersi e coniate in metallo prezioso.
Le monete ebbero una circolazione particolarmente massiccia e diffusa, come dimostrano gli scavi, soprattutto
nella parte occidentale dellimpero.
Le immagini problematiche di Antonio.
Non curandosi delleffetto che le sue monete e le sue
insegne potevano avere a Roma e in Italia, Marco Antonio facilit il compito agli avversari. Nella campagna di
diffamazione che impegnava i due rivali a colpi di lette-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

re, pamphlets e pubblici discorsi, Antonio fece ricorso ai


soliti topoi della vecchia maniera aristocratica, accusando Ottaviano di vigliaccheria e di slealt e rinfacciandogli loscurit delle sue origini, mentre i seguaci di
Ottaviano sfruttarono senza piet il tema della sua identificazione mitologica col dio Dioniso. Le parole dordine che avevano gi guidato la reazione ai misteri dionisiaci offrivano un comodo arsenale per denunciare le fantasie dionisiache di Antonio come espressione di luxuria
e di esotica immoralit: il genere di vita che Antonio
conduceva in Oriente con Cleopatra e la sua corte era
un esempio di quella corruzione e di quella effeminatezza
che stavano portando Roma verso labisso. Gli anziani
ricordavano come il re Mitridate avesse minacciato la
potenza di Roma presentandosi come un nuovo Dioniso alla testa dellOriente, mentre Ottaviano, il favorito
di Apollo, appariva come uomo dordine e tutore della
moralit. Gi in passato, del resto, Apollo si era schierato a fianco dei Romani nei momenti critici.
Dopo la rottura definitiva, gli attacchi contro Antonio si fecero brutali: lo accusavano di essere ormai un
degenerato, un effeminato e un senza dio, sempre ubriaco e succube di Cleopatra. Come spiegare altrimenti il
fatto che un generale romano donasse i territori conquistati ai figli della regina dEgitto, e disponesse nel suo
testamento di essere sepolto in Alessandria al fianco di
Cleopatra? Antonio non era pi un Romano, e una guerra contro di lui non poteva essere una guerra civile.
La sede del comando militare divent il suo palazzo
reale. Antonio talvolta portava alla cintola un pugnale di
tipo orientale, e si abbigliava in un modo incompatibile con
i costumi della sua patria. Anche in pubblico si mostrava
sdraiato su un divano [come Dioniso] o su un trono dorato [come un re]. Nei dipinti e nelle statue si faceva raffigurare insieme a Cleopatra come Osiride o Dioniso, men-

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tre la regina era Selene o Iside. Fu soprattutto questo a


suscitare limpressione che Antonio fosse stregato da lei
(Dio. Cass., 50,5).

Questa campagna di diffamazione volta a mobilitare lItalia in vista della guerra ebbe naturalmente il suo
punto forte nei pubblici discorsi, ma non mancano testimonianze figurative da cui risulta, anche in questo caso,
un intreccio indissolubile di parola e immagine: ed proprio dal ricorso a determinate immagini che lattacco
verbale traeva la propria efficacia.
Le statue che raffiguravano Antonio nelle vesti di
Dioniso si potevano vedere solo in Oriente, ma il partito di Ottaviano fece tutto il possibile per evocare il
fatto scandaloso, n la cosa presentava difficolt. Dappertutto si potevano vedere statue di Dioniso su cui
richiamare lattenzione, e i loro tratti femminei potevano suggerire facilmente limmagine di Antonio. Rivolgendosi a un pubblico colto, Marco Valerio Messala
Corvino fece ricorso probabilmente a unargomentazione pi articolata: le sue due orazioni polemiche (perdute), de Antonii statuis e contra Antonii litteras nacquero
in ogni caso in questo clima, ed probabile che attaccassero le statue di Dioniso e il sontuoso stile asiano
dei discorsi di Antonio come manifestazioni della stessa immoralit.
Un bellesempio di questa diffamazione su basi mitologiche il paragone gi usato con Pericle di Antonio
con Eracle, innamorato di Onfale e dedito al suo servizio:
Come nei dipinti si vede Onfale portar via ad Eracle la sua
dava e spogliarlo della pelle di leone, cos Cleopatra spesso disarmava Antonio e lo riduceva a un suo trastullo. Egli
si lasciava distrarre da affari importanti e dagli impegni di
guerra solo per oziare e divertirsi con lei sulle spiagge di
Canopo e Tafosiride (Plut., Ant. et Dem. 3,3).

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Una scena simile era raffigurata su una coppa dargento di prima epoca augustea, estremamente raffinata,
il cui modello fu messo a disposizione di un laboratorio
di ceramica aretino. La coppa dargento andata perduta, ma si sono conservati in compenso diversi stampi
dargilla e frammenti di coppe con lo stesso disegno.
Doveva trattarsi di un oggetto piuttosto diffuso.
Eracle-Antonio seduto, in morbide e trasparenti
vesti femminili, su un cocchio trainato da centauri. Si
volge con sguardo languido verso Onfale, che lo segue
su un secondo cocchio, mentre due ancelle lo assistono
con un ventaglio e un parasole: leroe ormai effeminato
e la sua pelle si fatta delicata (cfr. Hor., Epod. 9,15
sg.). Ben altra fierezza invece nellatteggiamento di
Onfale-Cleopatra, che porta la pelle di leone come copricapo e tiene in mano la clava delleroe, mentre unancella le porge una coppa di grandezza superiore al naturale: evidente allusione a Cleopatra, che i seguaci di
Ottaviano dipingevano come dedita al bere (Hor., Carm.
1,37 e Prop., 3,11,56). Sulla maggior parte delle raffigurazioni gli uomini intenti a marciare dietro il cocchio
portano una lancia, allusione, anche questa, ai dorifori della guardia di Cleopatra (e secondo gli attacchi di
Ottaviano si trattava di soldati romani costretti a questo ruolo umiliante). Sullesemplare che abbiamo riprodotto le guardie portano invece in spalla degli oggetti a
sagoma larga, forse degli enormi corni potorii destinati
a placare la sete insaziabile della ebria regina.
Contro laccusa di ubriachezza Antonio si difendeva in unorazione, purtroppo andata perduta (ma conservatasi fino ai primi anni dellimpero), dalleloquente
titolo de ebrietate sua. Oltre a respingere le accuse ingiustificate probabile che Antonio vi facesse anche lelogio del suo dio, il Liberatore e il nemico degli affanni.
Lo scritto era rivolto a un pubblico non solo in grado di
leggere, ma intriso di cultura ellenistica, aperto alle

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usanze conviviali e al clima dei festini dionisiaci: non


era, a Roma, un pubblico poco numeroso n poco
agguerrito, se vero che un simposiasta poteva farsi
immortalare col cantaro in mano.
Nonostante la campagna diffamatoria, Marco Antonio continuava dunque ad avere i suoi sostenitori. Cerano a Roma persone che
lodavano la sua vita lussuriosa e gaudente (tryphai), i suoi
eccessi e la sua autoesaltazione come un esempio di serena umanit e come un magnifico spettacolo di felicit e di
potere (Plut., Mor. 56 E).

I suoi ammiratori erano soprattutto nei circoli della


jeunesse dore, attratta da quello stile di vita orientale e
dedita, in privato, ai piaceri dellarte e della cultura.
Unidea di quel mondo possono darcela i poetae novi e
le elegie di un Tibullo o di un Properzio. In due saggi
affascinanti, Jasper Griffin ha mostrato lo stretto rapporto tra poesia e vita che contraddistingueva questi circoli intellettuali e come, in particolare, Properzio abbia
visto nella figura di Antonio il modello eroico di una vita consacrata alleros. Nellimmaginazione del poeta il
grande generale finisce per incarnare un ideale di vita
edonistico, esplicitamente contrapposto ai valori della
virtus romana. Quando gi Ottaviano aveva ormai consolidato il suo imperium, Properzio canta ancora in questo modo i piaceri di una notte damore:
In una sola notte ciascuno di noi pu diventare un dio. Se
tutti desiderassero condurre una vita come questa e mettersi
a giacere con le membra appesantite dal vino, non ci sarebbero pi spade crudeli, n navi da guerra, n il mare di Azio
sballotterebbe gli scheletri dei nostri uomini, n Roma stremata dovrebbe pi sciogliere nel lutto i suoi capelli per i
trionfi ottenuti contro se stessa (Prop., II 15,40-47).

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Tutto questo era molto audace. Non si trattava soltanto di una critica alla guerra civile, ma di un vero e
proprio ideale di vita alternativo. Che questo fosse
anche lideale di Marco Antonio e dei suoi seguaci, al
punto da pubblicizzarlo sulle monete, risulta per esempio da una singolare emissione navale: sul recto vediamo, luno di fronte all altro, i ritratti di Antonio e di
Ottavia, la sorella di Ottaviano che Antonio aveva sposato in prime nozze, come fosse una coppia regnante
egizia. Sul verso ritroviamo i due nelle vesti di Posidone e Anfitrite a spasso per il mare come una coppia di
amanti felici. Il triumviro abbraccia beatamente la sposa
su un cocchio trainato da ippocampi: la scena, tratta
dalla poesia erotica, vale nello stesso tempo come simbolo del rinnovato patto politico e come un omaggio ai
piaceri della vita. Ma a differenza dei poeti, liberi di proclamare la propria indifferenza verso la politica, gli affari e la guerra, Antonio era un personaggio pubblico.
Che il loro idolo avesse il coraggio di riprodurre sulle
monete leffigie della moglie Ottavia e poi dellamante
Cleopatra, era motivo di entusiasmo per gli appassionati della poesia sentimentale. Ma con queste immagini, e
con dichiarazioni dello stesso tenore, Antonio si esponeva fatalmente agli attacchi della propaganda avversaria. E fu proprio limpossibilit di conciliare la mentalit ellenistica con i valori tradizionali di Roma a determinare in ultima analisi il suo scacco.
La simbologia mitica era per per i contemporanei
anche un canale attraverso cui esprimere la propria simpatia per luno o laltro dei due contendenti, ossia per
luno o laltro stile di vita. Il linguaggio figurativo
anche in oggetti di uso privato come le decorazioni
domestiche, le stoviglie o i sigilli risulta intriso di allusioni politico-letterarie molto pi di quanto finora si
supponesse. Cos ad esempio nelle pitture parietali del
cosiddetto secondo stile gli attributi simbolici di Apol-

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lo e di Diana rimandano agli sviluppi quasi simultanei


del programma politico di Ottaviano. A questo proposito rivestono un particolare interesse due rilievi di tipologia tardo ellenistico-imperiale e destinati a decorare le
pareti di una casa: se ne sono conservate molte repliche,
assegnabili per ragioni stilistiche ai primi decenni dopo
la morte di Cesare.
Molto simili nello sfondo architettonico e nei principi compositivi, i due rilievi differiscono invece completamente per il carattere delle figure. Sul primo vediamo Dioniso col suo corteo orgiastico e accompagnato dal
suono dei flauti mentre entra nella casa di un suo adoratore. Quasi senza volerlo, vien da pensare allingresso di Antonio in Efeso. Il dio ebbro si appoggia a un piccolo satiro, mentre un secondo si affretta a sfilargli i calzari. Accanto al padrone di casa, che saluta il dio con
gesto ospitale, vediamo una donna sdraiata sulla kline
che guarda con stupore limmagine miracolosa. Le
maschere ai piedi del letto rimandano al mondo del teatro. Alle spalle del dio, su un alto pilastro in forte evidenza, un bassorilievo votivo in suo onore. Su unaltra
replica si vede invece assai meno adatta a una scena
di privata felicit una Vittoria su un tiro di cavalli al
galoppo.
Sul secondo bassorilievo, la Vittoria ha un ruolo
molto pi importante. In un recinto sacro la triade apollinea incede solennemente verso un altare, dove la Vittoria versa del vino nella patera del dio. Sullo sfondo
vediamo un tempio che in altre repliche appare munito
di grandi acroteri in forma di Vittoria. Ai due lati del
corteo vediamo infine alti pilastri che sorreggono un tripode o una statua di Apollo in stile arcaicizzante.
Anche se liconografia dei due bassorilievi risale in
parte a unepoca anteriore, la crescente polarizzazione
etico-politica intorno alle figure di Apollo e Dioniso
costringeva a vederli con occhi nuovi. Il significato poli-

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tico delle figure era evidente, e poco importa che la


cosa fosse intenzionale o meno: un Romano dellepoca
che avesse assistito alla spettacolare ricostruzione del
tempio di Apollo non poteva guardare con occhi neutrali il tempio sullo sfondo o limmagine della Vittoria.
In contrasto col linguaggio formale ellenistico-barocco del corteo di Dioniso, i personaggi del rilievo apollineo sono raffigurati in uno stile ieratico-arcaicizzante:
questo infatti il linguaggio che il nuovo regime doveva
presto adottare in armonia con la sua politica di rinnovamento religioso. Il contrasto stilistico dei due bassorilievi sembra rispecchiare del resto lopposta mentalit dei
due schieramenti: anche in campo oratorio Antonio era
un seguace dello stile asiano, sontuoso e immaginifico
(Suet., Aug. 86,2), appunto orientale, che i classicisti
(o atticisti), e con loro lo stesso Ottaviano, consideravano non solo esteticamente sgradevole, ma anche moralmente corrotto. Come dir pi tardi Seneca, talis hominibus fuit ratio qualis vita (Ep. 114, 1).
Sui pregi e i difetti delle due scuole stilistiche il
mondo ellenistico aveva discusso a lungo, ma ora il problema assumeva un significato politico: il fatto estetico
diventava una questione di morale e di visione del
mondo. Non solo il contenuto delle immagini, ma anche
lo stile veniva politicizzato. E si vedr pi tardi in che
misura la scelta atticistica di Ottaviano abbia condizionato limmagine dellarte augustea.
In ogni caso, dopo la vittoria di Ottaviano larte
patetica dellellenismo non poteva avere un grande
futuro. I ritratti realistici dei grandi capi, le drammatiche scene di massa e il tumulto delle battaglie non hanno
spazio nellarte ufficiale augustea, perch quello era il
linguaggio della retorica asiana, simbolo dei vizi e
della corruttela orientale in cui Antonio era caduto.
Ci si pu domandare a questo punto come sarebbero andate le cose se la vittoria fosse toccata ad Antonio.

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Certo la monarchia si sarebbe ugualmente realizzata e


anche lo sviluppo di una cultura di massa, ma su molti
punti gli sviluppi sarebbero stati diversi, e soprattutto
sarebbe stata diversa la figura dellimperatore, pi vicina, c da presumere, ai modelli delle monarchie ellenistiche (a cui Nerone cercher di avvicinarsi pi tardi).
E questo avrebbe rafforzato il legame emotivo tra il
monarca e il popolo. Limpero avrebbe assunto le caratteristiche di un principato? Forse le spinte verso una
religione di salvezza sarebbero sfociate in un culto del
sovrano. significativo che tra le molte figure mitologiche presenti sullo sfondo dellimpero non si trovi
mai quella di Dioniso. La figura del dio si era bruciata con la sconfitta di Antonio.
In campo artistico facile immaginare che, se la guerra avesse avuto un esito diverso, il classicismo non si
sarebbe imposto con tanta forza, larte sarebbe rimasta
ellenistica e lintera cultura romana sarebbe diventata
molto pi asiana. Ma sono ovviamente discorsi oziosi.
Antagonismo edilizio e variet formale.
Dopo i poderosi edifici di rappresentanza fatti
costruire da Pompeo e da Cesare, il decennio del secondo triumvirato (42-32 a. C.) non vide nascere altri
monumenti di grandezza comparabile. E tuttavia lattivit degli architetti romani rimase frenetica: molti
lavori furono progettati o iniziati, anche se la maggior
parte di essi furono portati a termine solo dopo la battaglia decisiva. E fu cos che anche gli ex partigiani di
Antonio dovettero accogliere nei propri edifici il linguaggio figurativo del nuovo signore.
Ottaviano fu in quegli anni il protagonista dellattivit edilizia romana, anche se non mancarono altri committenti a cui si deve la costruzione di templi e di edi-

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fici pubblici. Il clima di concorrenza favor la comparsa


di progetti insoliti, con una crescente abbondanza di elementi decorativi e di forme ibride. Il santuario di Apollo e il colossale mausoleo nel Campo Marzio fatti
costruire da Ottaviano superarono tuttavia per dimensioni e sontuosit ogni altro edificio.
Mai prima di allora Roma aveva assistito a tanti
trionfi in cos breve tempo e per motivi di cos poca
importanza. I trionfatori non erano, in genere, politicamente indipendenti, e i loro edifici, finanziati col bottino di guerra, miravano anche a rafforzare la presenza
dei rispettivi partiti sulla scena politica della citt. Ma
a differenza di quanto sarebbe accaduto in seguito,
anche i partigiani di Ottaviano, che in virt della sua
presenza dominava la scena romana, conservarono una
certa libert nella scelta degli edifici da costruire. I progetti di quegli anni offrono perci uninteressante testimonianza sia dei nuovi indirizzi programmatici che
erano nellaria, sia delleclettismo stilistico che precede limporsi del classicismo augusteo.
Dopo che Cesare intraprese il restauro del tempio di
Quirino anche altri personaggi incominciarono a prendersi cura dei templi in rovina, raccogliendo cos lappello di Varrone. Munazio Planco, tornato in trionfo ex
Gallia, pose mano alla ricostruzione del venerabile tempio di Saturno nel Foro Romano. Gaio Sosio, un altro
sostenitore di Antonio, progett dopo il suo trionfo
sulla Giudea (34 a. C.) un nuovo tempio di Apollo in
circo. Un seguace di Ottaviano, Gaio Domizio Calvino,
che nellanno 36 era tornato trionfatore dalla Spagna,
fece ricostruire la Regia del Foro distrutta poco prima
da un incendio. Lucio Cornificio, uomo di umili origini
che aveva dato buone prove contro Sesto Pompeo ed era
tornato in trionfo ex Africa nell anno 33, intraprese la
ricostruzione dell antico tempio di Diana sullAventino (tempio della plebs).

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Piante in scala dei templi di Apollo di Ottaviano e di Gaio Sosio. Il


progetto pi tardo (a destra) ha caratteristiche pi sontuose.

Come appare da un frammento della Forma Urbis che


ne riporta la pianta, il tempio di Diana Cornificia superava senzaltro in grandiosit il tempio di Apollo fatto
costruire da Ottaviano, almeno per quanto riguarda ledificio del tempio vero e proprio: si trattava di un tempio diptero, nella tradizione della Grecia orientale, con
otto colonne frontali e una doppia fila di colonne lungo
i lati, mentre il tempio di Apollo aveva solo sei colonne
frontali e mezze colonne laterali. Il tempio di Diana,
progettato tre anni dopo quello di Apollo, tradisce
insomma la chiara volont di superare il rivale. Anche
il nuovo tempio di Apollo fatto costruire da Gaio Sosio
in circo si proponeva del resto di battere il tempio sul
Palatino con una disposizione pi fitta delle colonne e
una sontuosa architettura interna.
Resta il fatto che il santuario fatto costruire da Ottaviano superava tutti gli altri templi per limpianto scenografico e il suo rapporto organico con la casa del com-

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mittente. Costruito su unalta base, il tempio di Apollo


sul Palatino dominava il Circo Massimo con una soluzione scenografica di grande effetto molto simile ai santuari di Palestrina e di Tivoli. Anche la struttura dinsieme del complesso, con le sue varie parti distribuite su
pi piani (scale, boschetto sacro, casa di Augusto, portico delle Danaidi, biblioteche, cortili e giardini, oltre
allarea del tempio stesso) era, a Roma, senza precedenti. probabile che il complesso si sia sviluppato
poco per volta in un clima di forte antagonismo edilizio.
La vista del tempio dal Circo Massimo e il colpo docchio che da esso si poteva avere sullAventino e sul
nuovo tempio di Cornificio, dovevano essere comunque
qualcosa di grandioso.
Anche il rapido sviluppo dellornamentazione nel
senso di una crescente variet e ricchezza di elementi formali si spiega con questo clima di spiccato antagonismo
e la decisa volont di emergere. Si pu vedere ad esempio come la cornice a mensole, appena accolta nellarchitettura del tempio, abbia raggiunto in pochi anni soluzioni di estrema raffinatezza formale. Dalle semplici
forme del tempio di Saturno e della Regia si passa in
pochi anni alla ricchezza ornamentale del tempio di Apollo Sosiano. Lo stesso vale per le basi delle colonne, i capitelli, i fregi e le architravi. Gaio Sosio (console nel 32
a. C.) aveva combattuto ad Azio dalla parte di Antonio,
ma era poi passato a Ottaviano, ottenendone la grazia.
La particolare sontuosit del tempio era dunque intesa
soprattutto come un atto di omaggio ad Apollo e al suo
favorito, e anche il corteo trionfale raffigurato nel fregio
non era quello del suo costruttore, ma di Ottaviano. La
ricompensa non manc: nei ludi saeculares del 17 a. C.,
Gaio Sosio, lex partigiano di Antonio, compariva nel
corteo dei sacerdoti di Apollo, i XV viri sacris faciundis.
Prima ancora dunque che la politica culturale di
Augusto innalzasse la decorazione architettonica a prin-

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cipio ideologico (secondo la formula il meglio agli di),


gi negli anni trenta e nei primi anni venti laccanita
rivalit tra i numerosi committenti contribu ad arricchire, in breve spazio di tempo, il vocabolario delle
forme ornamentali.
Nella variet delle soluzioni planimetriche e nellavvicendarsi degli ordini corinzi, ionici e dorico-etruschi si rispecclaiava ancora lesuberanza formale del
tardo ellenismo. Siamo ancora lontani dallunit stilistica
che sar propria dei templi protoaugustei: unit che non
sar il punto darrivo di uno sviluppo coerente, ma piuttosto, come vedremo, la conseguenza delle premesse
ideologiche adottate dagli architetti di Augusto nella
costruzione dei loro templi esemplari.
Alla variet degli stili architettonici corrisponde la
variet degli orientamenti nella retorica, nella letteratura
e nellarte. Un buon esempio di questo eclettismo sono
i Monumenta Asinii Pollionis. Console nellanno 40 a. C.,
Pollione era stato un cesariano e aveva trionfato sui
Partini in Dalmazia nel 39; ritiratosi quindi dalla vita
politica aveva scritto una cronaca degli avvenimenti del
tempo non priva di elementi critici verso lo stesso Ottaviano. Uomo di buona cultura letteraria, Asinio Pollione fece restaurare col bottino di guerra lAtrium libertatis ai piedi del Campidoglio: una scelta, questa, che nel
clima politico di quegli anni non suonava come un gesto
di lealt verso i triumviri. Adempiendo quello che era
stato un desiderio di Cesare, Pollione incluse fra i suoi
monumenta anche la prima biblioteca pubblica di autori greci e latini. Alle pareti della biblioteca erano appesi i ritratti dei vari autori, e lunico personaggio vivente a cui tocc questo onore fu il poligrafo Terenzio Varrone, di cui avremo ancora occasione di parlare. La
biblioteca greco-latina che anche Ottaviano far costruire poco pi tardi nel santuario di Apollo va intesa come
una risposta in chiave di antagonismo.

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Alla biblioteca di Pollione era collegata una splendida collezione darte, di cui possiamo farci unidea grazie
alla descrizione di Plinio il Vecchio. Asinio Pollione
amava larte ellenistica in tutte le sue forme. Vi si poteva ammirare perfino la composizione teatrale del Toro
Farnese, mentre i satiri e le menadi, i centauri, le statue
di Dioniso, le Naiadi e cos via conferivano un carattere
sereno alla raccolta, ambientata probabilmente in un giardino. Il tutto doveva apparire in vistoso e forse anche piacevole contrasto con il programma arcaicizzante e
classicheggiante di Ottaviano, la cui austera solennit
avrebbe avuto presto un esempio nel Tempio di Apollo.
Come la biblioteca, anche la collezione darte di Asinio Pollione era aperta al pubblico: spectari monumenta sua voluit (Plin., Nat. hist. 36,33). Aspetto, questo, che poteva accordarsi coi programmi del futuro
princeps assai meglio dei gusti asiani del collezionista.
Nel teso clima politico che precedette la nuova guerra
civile anche questo monumento dichiaratamente
impolitico doveva assumere un significato di parte: i
poeti elegiaci vi si saranno sentiti a proprio agio. Ma Asinio Pollione fu lunico committente neutrale di quegli anni, non a caso uno dei pochi grandi che nella battaglia decisiva di Azio non abbiano parteggiato per nessuno dei due contendenti.
Quanto pi la tensione si acuiva, tanto pi demagogica diventava lattivit edilizia dei sostenitori di Ottaviano. Statilio Tauro era tornato trionfatore ex Africa
nellanno 34, e subito dopo aveva iniziato la costruzione
di un primo anfiteatro di pietra, di dimensioni ancora
modeste (consacrato nel 29 a. C.): sorgeva sul Campo
Marzio, nelle vicinanze del Circo Flaminio, ed era destinato in particolare ai ludi dei gladiatori e ai combattimenti con gli animali feroci (Dio. Cass., 51,23,1).
Statilio Tauro era uno di quegli uomini di modesta
origine che, arricchitisi enormemente come generali di

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Ottaviano, erano arrivati a costruirsi case principesche


senza tuttavia entrare veramente nellagone politico. Il
rappresentante pi significativo di questa categoria era
per Marco Vipsanio Agrippa, che fu fino alla sua
morte, avvenuta nellanno 11 a. C., il numero due del
regime. Nello stesso anno in cui Statilio diede inizio alla
costruzione del suo anfiteatro, Agrippa rivest a titolo
dimostrativo, e pur essendo gi stato console, la magistratura edile che presiedeva tra laltro ai lavori pubblici e agli spettacoli. E secondo un concetto ormai consolidato (Front., Aqu. 98), incominci subito a occuparsi
con estrema energia del trascurato assetto urbano della
citt.
Senza nulla sottrarre al tesoro dello Stato Agrippa ripar
tutte le strade e gli edifici pubblici, ripul le cloache e
navig egli stesso nel sottosuolo sulla Cloaca Massima fino
al Tevere (Dio. Cass., 49,43).

Liniziativa era di quelle destinate a restare nella


memoria: la sporcizia di intere generazioni veniva spazzata via in un sol colpo. Ma il maggior merito di Agrippa fu la sistemazione dellapprovvigionamento idrico.
Dapprima fece riparare tutti gli acquedotti della citt,
poi ne fece costruire di nuovi. I lavori avrebbero richiesto naturalmente molto tempo, ma limportante era iniziarli: la gente doveva accorgersi che col giovane Cesare e la sua classe dirigente stavano davvero arrivando
tempi migliori e che, mentre Antonio regalava il suo denaro agli alessandrini, loro invece sapevano fare qualcosa
per il popolo, anche in un momento cos difficile.
Agrippa non esit a utilizzare sistemi estremamente
demagogici. La durata dei ludi publici fu estesa a 59 giorni, ma non mancarono altre iniziative da paese di Cuccagna: si facevano pubbliche distribuzioni di olio e di
sale, le terme erano aperte tutto lanno a uomini e

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donne, a teatro venivano gettate delle tessere tra la folla


con le quali si potevano ottenere denaro o vestiti. Nel
circo venivano esposti oggetti bellissimi a completa
disposizione del pubblico, e perfino dal barbiere ci si
poteva far radere a spese dello Stato. Agrippa sapeva
come far divertire il popolo. Nel Circo Massimo fece
sistemare su alte colonne un nuovo dispositivo per contare i giri nelle corse dei cavalli: significativamente, il
grande vincitore della battaglia navale di Nauloco scelse allo scopo dei luccicanti delfini dargento. Tutto ci
serviva a dimostrare che anche sotto Ottaviano, e malgrado tutti gli appelli alla virtus e allausterit, si poteva
vivere bene. Il successo fu grande (Hor., Sat. 2,3,185).
I popolarissimi delfini venivano riprodotti persino
sulle lampade.
Il Mausoleo.
Ottaviano aveva ereditato da Cesare tutta una serie
di edifici incompiuti o soltanto progettati: la basilica
Giulia, la nuova Curia, un teatro e vari altri. Egli stesso
aveva iniziato a Filippi (42 a. C.) la costruzione di un
grande tempio dedicato a Marte Ultore, mentre il tempio del Divus Iulius nel Foro era a sua volta incompiuto.
Ma volle procedere con calma, concentrando anzitutto le
sue energie sui due edifici a cui era pi legata la sua
immagine personale, il tempio di Apollo e il Mausoleo.
Per quale motivo Ottaviano, appena trentenne, si
fece costruire un cos grandioso monumento funebre
proprio negli anni (32-28 a. C.) che videro la sua conquista del potere assoluto? La ricerca pi recente ha
messo in relazione lidea e le caratteristiche delledificio
col testamento di Antonio, che Ottaviano aveva illegalmente reso pubblico. Accanto ad altre disposizioni testamentarie, politicamente equivoche, esso conteneva il

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desiderio fatale per la sua immagine pubblica di essere sepolto ad Alessandria insieme a Cleopatra. Nei
discorsi propagandistici dei sostenitori di Ottaviano era
questa la prova che Antonio intendeva trasferire la capitale dellimpero ad Alessandria e fondare cos una monarchia di stampo ellenistico. Dopo la presa di Alessandria, Ottaviano volle naturalmente che il cadavere di
Antonio fosse sepolto nella tomba dei Tolomei: intanto, mentre il rivale giaceva al fianco dei sovrani dEgitto, a Roma sorgeva, gigantesco, il monumento funebre del vincitore. Questa spiegazione molto verosimile, anche se considera pi il momento della propaganda
che linizio effettivo dei lavori. Latmosfera di attesa e
di tensione che precedette la battaglia di Azio e la frenesia della vittoria subito dopo dnno comunque alledificio, quasi mostruoso per forma e dimensioni, un
significato molto chiaro. Nellanno 28 a. C. i lavori
erano cos avanti che la parte adibita a giardino (silvae
et ambulationes: Suet., Aug. 100) pot essere aperta al
pubblico. Dunque un monumento alla fedelt romana
del dux Italiae? Potrebbe essere questo, in effetti, il
movente immediato della costruzione, anche se il suo
potere evocativo sembra andare molto al di l di questo.
In primo luogo voleva essere una dimostrazione della
grandezza e della potenza del suo committente, e non a
torto fu denominato fin dallinizio mausoleo: espressione, questa, che riassume lo stupore per un edificio
colossale, di dimensioni mai viste, e paragonabile solo
alla tomba di Mausolo, re della Caria, considerato una
delle sette meraviglie del mondo (IV secolo a. C.). Neppure le tombe dei re della Numidia erano cos grandi. Il
confronto col monumento funebre di Cecilia Metella,
ma soprattutto con quelli dei consoli Irzio e Pansa nel
Campo Marzio (43 a. C.), parla da s.
Secondo lusanza ellenistica ledificio era situato in
posizione dominante e panoramica tra il Tevere e la via

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Flaminia. Limponenza della massa architettonica era


poi sottolineata dal vasto giardino che la separava dal
terreno costruito allintorno. Bench la rovina odierna
si trovi molto al di sotto del livello stradale, il muro cilindrico perimetrale, alto circa nove metri, ha ancora un
aspetto poderoso. Ledificio era largo 87 metri e alto
quasi 40, e consisteva di due masse cilindriche rivestite
di travertino oppure in marmo e separate da un terrapieno obliquo ricoperto di alberi. Strabone lo vide quando era stato ultimato da poco:
Molto ragguardevole il cosiddetto Mausoleion, unaltura
artificiale che sorge lungo il fiume sopra un alto zoccolo di
marmo bianco, ed ricoperta fino alla cima di piante sempreverdi. Sulla sommit c una statua bronzea dellimperatore Augusto. Nel tumulo si trovano la sua tomba e quelle dei suoi parenti ed amici. Dietro il tumulo vi un
boschetto sacro, molto grande e con magnifici vialetti, e
in mezzo alla radura il recinto (ustrinum) dove il corpo di
Augusto fu bruciato (Strab., 5,3,8).

Per via della parte piantata ad alberi Strabone pensa


dunque a un tumulus, una forma che i contemporanei
associavano alle tombe degli antichi eroi (ad esempio

Monumenti funebri a confronto: a) Mausoleo di Mausolo ad Alicarnasso (iv secolo a. C.); b) monumento funebre ufficiale del console A.
Irzio (caduto nel 43 a. C.); c) Mausoleo di Augusto; d) Tomba di Cecilia Metella (raffronto schematico di J. Ganzert).

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

nelle necropoli etrusche), e che utilizzavano a volte


anche per i propri monumenti sepolcrali. Ma questo
cono coperto di alberi era, come nel sepolcro di Cecilia
Metella, solo una parte dellinsieme. I due cilindri biancheggianti potevano essere interpretati, infatti, come
un poderoso basamento per la statua, che a giudicare
dalle dimensioni del Mausoleo doveva essere a sua volta
colossale.
Che nella Roma dellepoca esistessero realmente queste statue colossali lo dimostra una testa alta circa un
metro e mezzo, conservata in Vaticano. Sebbene le ciocche dei capelli siano state rifatte in et barocca, si tratta
con ogni evidenza di un ritratto di Ottaviano (del primo
tipo). I lineamenti sottili del giovane volto ossuto sono
inconfondibili. E poich difficilmente la testa proviene
dalla statua del Mausoleo, si pu vedere in essa unaltra
preziosa testimonianza della sconfinata ambizione con
cui Ottaviano si presentava allora sulla scena politica.
Una volta ultimato, il Mausoleo appariva senza dubbio come un poderoso monumento alla Vittoria; anche
la sua forma ricorda del resto certi trofei di epoca pi
tarda, come quello di St. Tropez. I piccoli obelischi eretti ai lati dellingresso probabilmente dopo la vittoria sullEgitto sottolineavano questo aspetto delledificio.
Come si visto nel monumento dei Giulii a StRmy, anche larchitettura sepolcrale tardo repubblicana conosceva queste combinazioni di elementi formali
eterogenei. comunque significativo che il Mausoleo,
dalle dimensioni cos grandiose, non possieda una forma
coerente. Il clima frenetico che precedette la battaglia
di Azio e la necessit di schiacciare i propri avversari politici non erano condizioni favorevoli alla nascita di
un nuovo linguaggio formale. La struttura complicata,
la contaminazione eclettica di elementi formali diversi
e la decorazione minuziosa non garantiscono una scansione efficace della massa architettonica. Lambiguit

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

del vocabolario formale tradisce anche qui la scarsa chiarezza del messaggio.
Se il nome popolare delledificio era mausoleo
un nome senzaltro felice e ricorrente anche nelle iscrizioni la sua denominazione ufficiale era invece tumulus Iuliorum: una formula anticheggiante, che sottolineava per con chiarezza le ambizioni dinastiche del
nuovo sovrano. Le future cerimonie funebri dellet
augustea, a cominciare dalle esequie di Marcello (23
a. C.), verranno a confermarlo.
Ottaviano non volle apparire come un monarca n
prima, n tantomeno dopo la restitutio rei publicae. Voleva dimostrare di essere il pi forte, e lunico in grado di
rimettere ordine nello Stato. Ma la situazione di antagonismo e la dipendenza da un linguaggio figurativo
importato dallesterno favorirono anche qui la comparsa di forme ipertrofiche. Come nelle statue onorarie
e nei ritratti pieni di pathos alessandrino, le dimensioni
ambiziose di questa architettura regio-ellenistica coincidevano solo in parte col contenuto del messaggio.
Ma nel caso del futuro Augusto ci non ebbe conseguenze negative. A differenza della vecchia classe aristocratica, la massa della popolazione, in gran parte ellenizzata e ben disposta verso un regime monarchico,
avvert lefficacia di questo linguaggio, per quanto contraddittorio e ambivalente. Alla vista del Mausoleo e
della residenza in cui il giovane Cesare and ad abitare
presso il tempio di Apollo, nellantica citt romulea,
non potevano esserci dubbi su chi avrebbe retto i destini di Roma. Questo retroscena architettonico, che perdur anche dopo il 27 a. C., non va dimenticato se si
vuole valutare correttamente lo stile repubblicano, la
personale riservatezza e la pietas del futuro princeps.

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Capitolo terzo
La grande svolta.
I nuovi segni e il nuovo stile politico

Dopo la battaglia di Azio (31 a. C.) e la presa di


Alessandria (30 a. C.) il vincitore fu accolto, a Oriente
come a Occidente, da una valanga di onori. Il tempo dellincertezza era finito. Ora si sapeva chi era il capo, a
chi bisognava rivolgere suppliche e lodi. Il potere, a
Roma, si incarnava finalmente in un uomo solo.
I sudditi fecero a gara con lo stesso Ottaviano nellesaltazione della sua immagine: a Roma, dove il suo
stile da diadoco raggiunse il culmine, usava come
sigillo leffigie di Alessandro. Agrippa progett un
Pantheon per il culto del sovrano, in cui la statua del Divi
filius doveva comparire accanto a quelle del padre (divinizzato) e degli di protettori (Dio. Cass., 53,27). Il
Senato e il popolo lo accolsero nelle loro preghiere,
inclusero il suo nome nel carmen Saliare e decretarono
libagioni in suo onore in tutti i banchetti pubblici e privati (Dio. Cass., 51,29). Il gigantesco Mausoleo e il
tempio di Apollo il dio della vittoria si avviarono a
compimento.
Il Foro come palcoscenico della famiglia Giulia.
Un esempio evidente della disinvoltura con cui Ottaviano occup dopo la vittoria lintera citt con i suoi
edifici e le sue insegne dato dalla trasformazione del

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Foro romano. Nellagosto dellanno 29 a. C. il vincitore celebr con grande pompa un triplice trionfo sullIlliria, sullEgitto e per la vittoria di Azio. Nellambito dei festeggiamenti consacr nel Foro il tempio del
Divus Iulius, deciso fin dal 42 a. C., e la nuova Curia,
anchessa in costruzione da molti anni e che avrebbe
assunto pi tardi lepiteto di Giulia. Anche questi due
edifici furono decorati con trofei egizi come monumenti alla vittoria.
La facciata della Curia si trova riprodotta su una
moneta della serie di cui abbiamo discusso in precedenza: sulla sommit si vede la Vittoria alata, in equilibrio sul
globo e con la corona nella mano destra. Come acroteri
laterali figurano statue di altre divinit che erano intervenute ad Azio, muniti di unancora e di un remo, come

sembra
di poter riconoscere sugli esemplari pi nitidi.
Foro Romano intorno al 10 d. C. Pianta schematica.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Allinterno della Curia, Ottaviano fece sistemare la


statua originale della Vittoria proveniente da Taranto e
da lui considerata come la sua patrona personale. Molto
probabilmente era stato lui a far collocare la statua
opera del primo ellenismo sul globo dove ora la
vediamo. La dea teneva ora in mano le armi del bottino egizio, e cos armata fu esposta nel punto pi strategico della sala delle riunioni, su un pilastro dietro il
seggio dei consoli. E l, alla presenza di un tale monumento, si riuniva ogni giorno il Senato.
Anche il tempio di Cesare e la nuova tribuna fatta
costruire davanti ad esso furono decorati con oggetti del
bottino di guerra: nella cella del tempio si trovavano
accanto al celeberrimo quadro di Apelle raffigurante la
Venere Anadiomene, che ricordava la progenitrice della
casa Giulia. Sulla facciata della nuova tribuna furono
invece inseriti i rostra delle navi egizie catturate, e poich la nuova tribuna era di fronte alla vecchia, i rostri
della battaglia di Azio venivano a trovarsi di fronte a
quelli catturati nel 338 a. C. agli abitanti di Anzio e
applicati sulla vecchia tribuna: un confronto obbligato
che equiparava senza esitazioni la vittoria di Ottaviano
nella guerra civile a una storica vittoria navale della
vecchia repubblica. Come se ci non bastasse, il Senato adulante volle sottolineare lo stretto legame tra il vincitore e il nuovo dio dedicando a Ottaviano un arco
trionfale proprio accanto al tempio di Cesare.
Accanto alla vecchia tribuna si trovavano gi il
monumento equestre di Ottaviano del 43 a. C. e la
columna rostrata eretta per la vittoria di Nauloco. Non
molto lontano, davanti alla basilica Giulia, furono ora
erette altre quattro colonne di bronzo decorate con dei
rostri: le aveva fatte fondere Ottaviano col bronzo dei
rostra presi alle navi nemiche.
Con questi monumenti fatti costruire da Ottaviano,
o comunque in suo onore, il Foro assumeva un nuovo

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

volto. Dovunque si volgesse lo sguardo cera qualcosa


che ricordava il vincitore. Cos, ad esempio, nel timpano del nuovo tempio di Saturno, finito anchesso da
poco, l dove ci si poteva aspettare una raffigurazione
del dio delle messi si vedevano invece dei tritoni intenti a soffiare nelle loro conchiglie (Macr., Sat. I 8,4): con
questi esseri marini, che tutti allora conoscevano come
figure tutelari della vittoria di Azio, il committente
Munazio Planco si univa al plauso generale. Pi tardi,
quando un altro arco trionfale celebrer la vittoria sui
Parti, quando Tiberio avr fatto costruire gli sfarzosi
templi marmorei dei Dioscuri e della Concordia e lo stesso Augusto avr intitolato alla memoria dei principi
Gaio e Lucio Cesare la basilica Giulia (ampliata) e lo
splendido portico decorato antistante la basilica Emilia,
allora il cuore politico dello Stato non sar che un unico
palcoscenico per la famiglia Giulia. I monumenti della
repubblica saranno ormai sullo sfondo, testimoni, certo,
di una storia gloriosa, ma eclissati dallo splendore del
presente.
I simboli della vittoria.
La quantit e la ricchezza dei monumenti rischia di
far dimenticare quanto vi fu di problematico nelle celebrazioni della vittoria di Azio: una vittoria in cui non
era permesso chiamare lo sconfitto per nome. Antonio
era stato un grande personaggio, i suoi figli erano i nipoti del vincitore e vivevano nella sua casa, molti dei
nemici uccisi erano stati cittadini romani. Poich dunque non era possibile raffigurare direttamente il rivale
sconfitto, n era possibile daltronde ridurre la conquista del potere assoluto a una semplice vittoria sullEgitto, gli artisti dovettero ricorrere al linguaggio dellastrazione e del simbolismo. Come mostra la decorazio-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ne del tempio di Cesare e della Curia, fu lo stesso Ottaviano a indicare la strada con pochi simboli di facile
lettura: parti di navi e navi intere, creature marine, delfini e la Vittoria sul globo. Immagini che avevano il vantaggio di essere facilmente riproducibili e di poter essere usate dappertutto anche in combinazione con altri
segni.
Fino ad allora i monumenti costruiti a Roma non
avevano avuto alcuna risonanza oltre le mura della citt,
e il linguaggio visivo della politica romana si era rivolto
quasi esclusivamente al pubblico della capitale. Anche
sotto Augusto non vi furono al riguardo mutamenti
sostanziali, ma ora tutto limpero guardava verso Roma,
e quei simboli cos semplici e comprensibili furono recepiti ovunque.
Cos ad esempio i rostri di bronzo furono imitati
anche in marmo, diventando in tal modo dei monumenti autonomi con una propria decorazione figurativa.
Ce ne d una buona idea uno sperone di marmo conservato a Lipsia e proveniente come altri pezzi simili da
una citt italica. Esso decorato su entrambi i lati con
figure in rilievo: da una parte ancora un Tritone con una
conchiglia, dallaltra un uomo armato con una lancia
(forse Agrippa) che viene incoronato da una Vittoria.
Non conoscendo le circostanze del ritrovamento non
possiamo stabilire se il rostro provenga da un monumento pubblico o da una tomba.
I nuovi simboli si diffusero a macchia dolio. Come
anche la Vittoria sul globo, delfini e tritoni decorativi si
trovano presto nelle case private, nelle tombe e sulle
suppellettili. Su semplici antefisse troviamo ad esempio
la Vittoria in combinazione col Capricorno o dei delfini
associati a rostri e altri simboli commemorativi. E anche
molti privati usavano i nuovi simboli come sigilli. Delfini, navi e rostri compaiono a volte su anelli e paste vitree
insieme alleffigie del vincitore, e vedremo pi tardi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

come a partire da questi elementi si sia formato col tempo


un vero e proprio linguaggio figurativo privato.
Nel corso degli anni la battaglia di Azio assunse la
fisionomia di un episodio mitico, evento fondatore del
nuovo potere imperiale. Il puro fatto storico venne via
via idealizzato, e gi subito dopo la battaglia non si
esit a paragonare la vittoria con quelle degli ateniesi
sulle Amazzoni e sui Persiani: nel timpano del suo nuovo
tempio dedicato ad Apollo, Gaio Sosio fece sistemare
una Amazzonomachia originale di epoca classica, e ancora nellanno 2 a. C., in occasione della consacrazione del
Foro di Augusto, questultimo fece rappresentare la battaglia di Salamina in un bacino artificiale realizzato
apposta per lo spettacolo (naumachia) (Dio. Cass.,
55,10,7). Come nelle battaglie eroiche di Atene, anche
ad Azio si era combattuto contro la barbarie orientale.
Anche in seguito, dovendo celebrare nuove vittorie
o altri avvenimenti di rilievo, artisti e poeti non faranno altro che richiamarsi a questa battaglia di fondamentale importanza. Cos, ad esempio, quando la citt
di Arausio (la provenzale Orange) fece erigere un sontuosissimo arco di trionfo per limperatore e i principi
vittoriosi, probabilmente dopo le vittorie di Druso e
Tiberio sulle trib alpine, il Senato della citt fece raffigurare negli angoli del timpano, accanto ai trofei di
armi galliche, delle grandi nature morte in rilievo con
parti di navi di ogni genere e tritoni armati di timone.
I semplici simboli di Azio segnano linizio di un
nuovo linguaggio figurativo di cui seguiremo nei prossimi capitoli lo sviluppo e la diffusione. Si trattava, in
primo luogo, di immagini semplici e univoche, soprattutto se confrontate con i simboli complessi delle monete tardorepubblicane: immagini dal significato immediato che non sar difficile combinare pi tardi con gli
altri segni del nuovo regime.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il vincitore si ritira.
Dopo la vittoria di Azio ottenuta con laiuto di Apollo, sarebbe stato ovvio fare del santuario sul Palatino un
monumento al trionfo militare di Ottaviano. Ma quando, il 9 ottobre del 28 a. C., ledificio fu solennemente
consacrato, erano ben diverse le immagini che facevano
mostra di s nei cortili e negli atrii del tempio. Certo non
mancavano i richiami alla vittoria: su un alto podio cera
la statua votiva di Apollo Aziaco, decorata anchessa coi
rostra delle navi egizie, e sulle porte del tempio erano raffigurate luccisione delle Niobidi e la cacciata dei Galli
da Delfi (Prop., II 31,12-14).
Queste immagini parlavano di Apollo come vendicatore della hybris e venivano intese, ovviamente, come
allusioni cifrate ad Antonio, ma il vincitore rimaneva
dietro le quinte. Non era il magniloquente pathos celebrativo dei sovrani ellenistici a riempire il santuario, ma
il linguaggio della pace e della devozione religiosa. Invece del proprio carro trionfale, Ottaviano espose una
quadriga marmorea dello scultore Lisia, con Apollo e
Diana, mentre le due grandi statue di Apollo davanti al
tempio e nel sacrario celebravano il dio nelle vesti del
cantore pacifico e non in quelle dellarciere vendicativo
(Prop., IV 6,69). Inoltre, e sempre sulla scorta di modelli classici, il dio di Azio teneva in mano una patera per
le libagioni, ed era raffigurato davanti a un altare: immagini che suggerivano pensieri di colpa e di espiazione,
come anche il ricco monumento dedicato alle Danaidi.
Sacrifici e atti di piet religiosa dovevano espiare gli
orrori delle guerre civili, e Apollo era invocato quale
garante del nuovo stato di cose. Quanto a lui, il vincitore che fino a poco prima troneggiava sul Foro romano, si faceva ora protagonista di un exemplum destinato a lasciare tracce profonde:

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Ho fatto rimuovere io stesso le mie statue, i monumenti


equestri e le raffigurazioni con quadriga che erano in citt,
circa ottanta in tutto, e dargento, e con questo denaro ho
fatto collocare delle offerte votive doro nel tempio di
Apollo, a nome mio e di coloro che mi avevano onorato con
quelle statue (Res Gestae 24).

Apprendiamo da Svetonio che quelle offerte votive erano dei tripodi doro (Suet., Aug. 52): oggetti probabilmente di grosse dimensioni e riccamente decorati,
che dovevano testimoniare in modo tangibile la devozione del donatore. Che poi questa iniziativa spettacolare permettesse a Ottaviano di eliminare tutta una
serie di statue il cui linguaggio enfatico mal si adattava
al nuovo stile e alla nuova immagine del sovrano, era un
effetto secondario certo non sgradito. Nella pittura parietale, nelle terrecotte architettoniche e nelle ceramiche
aretine di quegli anni si sono conservati riflessi evidenti
di quei tripodi doro provenienti dal Palatino.
Sul frammento di una pittura parietale coeva sono
raffigurati addirittura due tripodi con le figure morenti dei figli di Niobe; su alcuni rilievi si vede, tra le
gambe di un tripode, laccecamento di Polifemo ubriaco. E anche questo mito pu essere riferito facilmente
ai nemici sconfitti, la cui propensione allubriachezza era
stata al centro di una vasta campagna denigratoria. I tripodi erano poi decorati con Vittorie altri simboli, ma
soprattutto col motivo dei tralci rampicanti. Questo fa
supporre che i grandi tripodi votivi servissero, in virt
del doppio programma iconografico, come monumenti
alla vittoria e alla speranza.
Ne un buon esempio la raffigurazione sul rivestimento marmoreo della porta del tempio di Apollo: da
due tripodi, fiancheggiati in origine dai grifi di Apollo
e di Nemesi, dea della vendetta, salivano a destra e a
sinistra della porta dei tralci interminabili, che si incon-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

travano sopra la mezzeria della porta stessa. Il tipo e il


luogo della raffigurazione, come anche la stretta associazione con i tripodi, sottolineavano il carattere simbolico dei tralci. Lantico motivo ornamentale diventa
qui simbolo di felicit e di benedizione divina: torneremo a occuparcene quando parleremo del motivo propagandistico dellet delloro.
Proprio lesempio di questa cornice di porta mostra
che il tripode andava inteso come un simbolo comprensivo, non solo del culto di Apollo, ma pi in generale di
piet religiosa e della speranza in un nuovo inizio. Che
questo simbolo fosse venerato su numerose ceramiche
aretine di et protoaugustea testimonia lampiezza della
sua diffusione.
Il tripode non fu per lunico simbolo la cui diffusione sia partita dal santuario di Apollo. Anche gli incensieri sono un motivo che troviamo raffigurato su monete e riprodotto cento volte su marmo, non di rado in
associazione con temi apollinei o appartenenti comunque al nuovo linguaggio figurativo. Ad esempio, li troviamo impiegati insieme allalloro nel fregio del tempio
di Apollo fatto costruire da Gaio Sosio, ovviamente
come segno di omaggio al dio. Pi tardi essi assumeranno, come anche i tripodi, un significato generico
di pietas religiosa, e la gente li far riprodurre persino
sulle proprie urne cinerarie come segno di una vita timorata.
Un altro simbolo apollineo il cosiddetto betilo,
antichissimo oggetto cultuale che vediamo raffigurato su
una bella terracotta architettonica ritrovata nel tempio
di Apollo mentre due assistenti del dio lo adornano con
bende e attributi apollinei. Oggetti di questo tipo, e di
grosse dimensioni, dovevano essere disposti anche allinterno del tempio, e anche la grande meta del giardino di villa Albani era probabilmente un oggetto votivo
della stessa famiglia. Con ogni probabilit nel santuario

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

si trovavano, infine, anche immagini della sfinge, un


altro simbolo di Apollo salvatore.
Lattenzione con cui almeno il pubblico colto segu
lallestimento del nuovo tempio di Apollo (Prop., II 31)
dipendeva non in ultimo anche dalla quantit di opere
famose dellarte greca arcaica e classica che Ottaviano
vi fece collocare, nellambito di un progetto politico-culturale che si traduceva, per cos dire, in un nuovo dogma
artistico: i simboli della devozione religiosa e della speranza nel futuro venivano associati a una professione di
fede nellarte greca classica e arcaica e alle implicazioni
morali che ne derivavano. Lo stile classico doveva rendere pi intensa laura sacrale delle immagini, e se liconografia del tempio era tutta greca, lintero arredo del
tempio appariva come un omaggio alla cultura greca. Si
sarebbe presto capito che uno degli scopi del nuovo
sovrano era non solo di imitare il meglio dei greci, ma
di creare qualcosa che potesse stare alla pari con la loro
cultura classica.
Res publica restituta.
Quando le splendide celebrazioni per il trionfo dell
anno 29 a. C. furono finite, Ottaviano si trov di fronte a una situazione profondamente mutata. Il potere
ormai era completamente nelle sue mani, tutti guardavano verso di lui, e toccava a lui mostrare quale sarebbe stato il corso dei prossimi eventi. Sullarco di trionfo
fatto costruire dal Senato per il vincitore della guerra
civile cera la scritta republica conservata, ossia per la
salvezza dello Stato. Ottaviano aveva salvato lo Stato
dalla rovina, ora per doveva ristabilirlo. A guardare
la situazione con un minimo di realismo, nessuno poteva aspettarsi che il vincitore avrebbe restituito il potere nelle mani del Senato, ma bisognava escogitare delle

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

formule che rendessero la monarchia tollerabile, in


particolare alla nobilt.
Una pace basata sulla forza e non sul consenso non
poteva essere che insicura. Una parte cospicua della vecchia classe dirigente, che aveva militato nel campo
avverso, attendeva con scetticismo, e anche gli amici
erano tuttaltro che ottimisti. Ancora per anni Ottaviano avrebbe dovuto fare i conti col pericolo di un colpo
di Stato, al punto che in certe occasioni si presentava in
Senato con la corazza sotto la toga: la fine di Cesare era
un invito alla prudenza. La massa sentiva quel clima di
insicurezza sentiva che la pace dipendeva dalla vita di
Ottaviano e cercava di spingerlo senzaltro in direzione della monarchia. Ma il nuovo stile politico di
Ottaviano mirava alla vecchia classe dirigente nellintento di indurla a collaborare. Si trattava dunque di
mostrare che il vincitore di Azio era in grado di portare la pace anche a Roma, e che tutto ora sarebbe cambiato. La decisione di far fondere le statue trionfali sembrava gi indicare una svolta nella linea politica del vincitore. Ora ci si chiedeva se Ottaviano avrebbe mantenuto le famose promesse fatte prima di Azio e avrebbe
ristabilito, dopo quattordici anni di regime speciale, le
legalit della vecchia res publica. Ancora nel 28 a. C. egli
revoc tutte le misure illegali degli anni precedenti per
quanto poco ci potesse significare in concreto e nella
celebre seduta del gennaio dellanno successivo restitu formalmente lo Stato al Senato e al Popolo:
Da allora fui il primo per considerazione e influenza
(auctoritas), ma non avevo maggior potere (potestas) di coloro che erano miei colleghi nelle varie magistrature (Res
Gestae 34).

noto che questa frase dellautobiografia politica di


Augusto dice solo una mezza verit. Grazie a un com-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

plicato sistema di pieni poteri sempre rinnovati, di privilegi onorari e di cariche vitalizie, ma soprattutto grazie alle sue enormi sostanze, Augusto mantenne il potere, ossia in primo luogo lesercito, saldamente nelle proprie mani. Una moneta coniata oltre dieci anni pi tardi
illustra con la massima chiarezza i rapporti tra il salvatore e lo Stato: Augusto porge aiuto alla res publica in
ginocchio ai suoi piedi, nelle vesti di una provincia sottomessa. Il salvatore raffigurato accanto allo Stato
restituito, che ha ora bisogno della sua guida. Anche
nel 27 a. C. la maggior parte dei contemporanei vedeva
la cosa esattamente cos, ma latto della restitutio fu comunque un gesto grandioso, che permise allaristocrazia
di salvarsi la faccia e di collaborare in futuro col
nuovo regime:
Per questa benemerenza [la restitutio] ricevetti dal
Senato il nome di Augusto. Gli stipiti della mia casa furono decorati ufficialmente con allori, sopra la porta venne
affissa la corona civica [una corona di fronde di quercia], e
nella Curia Iulia venne esposto il clipeus virtutis, assegnatomi dal Senato e dal Popolo per il mio valore, la mia clemenza, la mia giustizia e la mia piet, come attesta uniscrizione sopra lo scudo (Res Gestae 34).

I ramoscelli di alloro, la corona civica e anche il clipeus virtutis erano semplici onorificenze, conformi allaustera tradizione degli antichi. Cos voleva il nuovo stile
di Augusto, che ora amava tenersi in disparte e nei rapporti col Senato si atteggiava a primus inter pares. Ma la
novit principale dopo il 27 a. C. fu che il compito di
celebrare il sovrano ricadde per intero sugli altri: il Senato e le citt, le corporazioni e i singoli cittadini. Nello
spazio di una notte il princeps aveva imparato la modestia. Lepoca delle autocelebrazioni (come nel caso del
Mausoleo) era finita.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Gli onori decisi dal Senato furono una scelta insolitamente felice, naturalmente non senza lapprovazione
dello stesso Augusto. Chi conosceva la storia di Roma
poteva trovarvi molteplici allusioni alla vecchia res publica, bench il loro contenuto simbolico si prestasse anche
ad altre interpretazioni.
Fin dai tempi pi remoti corone e ramoscelli dalloro venivano usati per adornare i vincitori e le statue
della Vittoria, e lalloro anche lalbero di Apollo. Ma
la forma dei due alberelli posti sulla porta dingresso
della casa di Augusto suggeriva ai Romani del tempo
qualcosa di completamente diverso: quella coppia di
alberelli si poteva trovare fin dai tempi arcaici nei luoghi consacrati ai pi antichi ordini sacerdotali, come la
Regia e il tempio di Vesta, i collegi dei flamines e dei pontifices. Lalloro diffondeva dunque sulla porta di casa del
princeps un alone sacrale, richiamando alla memoria un
mondo di riti antichissimi.
La corona civica aveva invece una provenienza militare. Fin dallantichit la corona di quercia veniva assegnata come onorificenza a chi avesse salvato un concittadino in battaglia, e ora invece toccava al salvatore dello
Stato, ob cives servatos. Ma anche la corona di quercia
aveva un significato polivalente, perch la quercia
anche lalbero di Giove. E in effetti, gi nello stesso anno
27 a. C. furono coniate in Asia Minore delle monete in
onore di Augusto dove si vede laquila di Giove nellatto di tenere la corona civica con gli artigli. Limmagine,
molto espressiva, era per nata a Roma, dove la troviamo, ad esempio, su uno splendido cammeo: Giove stesso rende omaggio allaugusto porgendogli la palma
della vittoria e appunto la corona civica.
Il caso sintomatico: i nuovi simboli, che in un
primo tempo sembravano ricordare lo stile sobrio degli
antichi, assunsero presto un significato ulteriore. Usate
in combinazione con altri simboli e in occasioni parti-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

colari, come ad esempio nei templi dedicati al culto del


sovrano, le onorificenze del 27 a. C. diventarono presto quasi simboli del potere monarchico. Il corso delle
cose portava, insomma, alla monarchia assoluta: dieci
anni pi tardi la Zecca conier uneffigie di Augusto con
la corona civica sul capo, come la benda regale di un
sovrano ellenistico. Allo stesso periodo risalgono, probabilmente, anche i primi ritratti a tutto tondo con la
corona di quercia. Bastava aggiungere gemme e bende
per trasformarla anche formalmente in una specie di
corona. Gi su una moneta dellanno 13 a. C. troviamo la corona civica sul capo di Giulia, la figlia di
Augusto: la semplice corona onorifica per il salvatore
dello Stato ormai diventata un simbolo dinastico.
Tra i successori di Augusto la corona di quercia non
sar altro che uninsegna del potere, riservata agli imperatori e del tutto avulsa dal suo contesto originario.
Beninteso, le piante di alloro e la corona di quercia
erano onori decretati per Augusto, e non simboli di potere che egli avesse adottato di sua iniziativa. Ma proprio in
quanto segni di venerazione e di omaggio essi furono presto impiegati dappertutto e nelle forme pi diverse, anche
solo come motivo ornamentale. Dalle monete alla decorazione architettonica, ai quadretti di soggetto bucolico, le
foglie appuntite e frastagliate della quercia spuntavano
dovunque, adattissime al puro gioco decorativo, ma anche
cariche di significato. Artisti e committenti non si stancarono di richiamare lattenzione sul significato sublime
di questo motivo vegetale, ingrandendolo o collocandolo
in punti particolari. Cos, ad esempio, su un altare urbano dedicato ai Lari troviamo una decorazione di sole
ghiande, e gi nel fregio del tempio di Apollo Sosiano lalloro si distende con chiaro intento dimostrativo fra
candelabri e bucrani. Alloro e fronde di quercia diventarono cos dei predicati augustei universali, mentre il loro
significato originario si ritirava sempre pi sullo sfondo.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Anche il clipeus virtutis fu presentato non di rado


come un simbolo mistico. Questi scudi istoriati con
iscrizioni erano stati, nel mondo ellenistico, forme di
omaggio molto usuali. Ma poich in questo caso il personaggio celebrato era il sovrano, le qualit celebrate
sullo scudo diventavano senzaltro le virt del sovrano,
tali da soddisfare nello stesso tempo le aspettative del
Senato e il programma pubblicitario del principe. Su una
copia in marmo ritrovata ad Arles in molte citt dovevano esserci questi scudi esposti pubblicamente si
conservato il testo delliscrizione, il quale suona: Virtutis, clementiae, iustitiae pietatisque erga deos patriamque. Virtus e iustitia sono virt ovvie per un sovrano;
quanto alla clementia verso i nemici sconfitti, essa era
stata la grande parola dordine di Cesare, e nella situazione creatasi dopo Azio e la restitutio rei publicae non
aveva perso attualit, se si pensa alla crudelt di Ottaviano verso i suoi primi avversari politici. Ma era la pietas, come vedremo, il vero baricentro della nuova politica culturale augustea, mentre la formula verso gli di
e la patria alludeva ovviamente allauspicato rispetto
delle antiche tradizioni dello Stato.
Loriginale in oro del clipeus virtutis si trovava esposto nella Curia accanto alla Vittoria del vincitore di
Azio: circostanza, questa, di sicuro effetto, che
influenz profondamente la diffusione del nuovo simbolo. Lo scudo, infatti, verr in seguito quasi sempre
associato alla dea della vittoria, diventando cos un simbolo del sovrano e della sua vocazione vittoriosa. Su un
monumento augusteo, che conosciamo purtroppo solo
attraverso testimonianze di epoche pi tarde, lo scudo
veniva descritto dalla stessa Venere progenitrice.
Ma laspetto forse pi caratteristico del nuovo linguaggio figurativo dato dalle combinazioni tra i vari
segni. I simboli celebrativi del 27 a. C. vengono cos
combinati fra loro in tutte le varianti possibili, ma anche

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

con altri simboli di vittoria e di salvezza, anteriori o


posteriori. La successione casuale degli eventi storici
cede allora il passo a un quadro di rapporti necessari e
fatali. Un piccolo cammeo conservato a Vienna presenta i tre simboli, riferendoli all0 scenario di Azio. Il vincitore avanza maestoso su un carro trainato da quattro
centauri marini, i quali sollevano come trofei le onorificenze ricevute per la restitutio rei publicae. Montati su
due globi come insegne regali, vediamo rispettivamente la Vittoria con la corona civica da una parte e dallaltra il clipeus virtutis inquadrato in una ghirlanda di quercia e sorretto da capricorni. Tutti gli elementi sono
interconnessi: senza Azio non vi sarebbe stata la restitutio rei publicae.
A circa due anni prima risale una raffigurazione del
tutto diversa. Su un cammeo conservato a Boston vediamo Ottaviano vittorioso (la nudit e il tridente lo connotano come Nettuno) nellatto di balzare su un nemico semisommerso dalle onde. Nellimmagine pi recente lebbrezza dinamica della scena sostituita da una
composizione frontale di tipo quasi araldico. Qui il vincitore non pi raffigurato nelle vesti di un dio, ma in
quelle di un generale romano vittorioso, con la toga e il
ramoscello dalloro, e le sue virtutes sono raccontate per
via simbolica. Il nuovo corso politico richiedeva un
nuovo stile, che per non intende affatto dissimulare la
natura monarchica del regime; al contrario, uno stile
ieratico a tradurre in immagini il nuovo potere.
Il titolo di Augusto e il nuovo ritratto.
Se quei simboli celebrativi, in apparenza cos semplici, dovevano dispiegare solo col tempo tutta la ricchezza dei loro significati, lonorificenza maggiore, ossia
lassegnazione dellepiteto augustus, apparve fin dalli-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

nizio chiarissima. In un primo tempo Ottaviano aveva


pensato di farsi chiamare Romolo, ma nel 27 a. C. la
cosa appariva in contrasto col nuovo quadro politico,
poich avrebbe ricordato troppo direttamente la monarchia. Augustus era invece un aggettivo dallampio raggio
semantico (sublime, venerabile, sacro); si poteva associarlo ad augere (accrescere), e in effetti non
aveva egli forse arricchito limpero? Ma si poteva
anche pensare alla figura dellaugur, linterprete dei segni
del destino: gli auspici che aveva tratto allinizio delle
sue prime campagne militari lo avevano reso simile
alloptimus augur Romolo, come egli stesso ricorder pi
tardi nel timpano del tempio di Marte.
Il nome fu una scelta geniale, che avvolse la figura
di Augusto in un alone di sublimit e di prodigio fin dallepoca della restitutio, come se gi allora il solo nome
lo avesse divinizzato (Flor., 2,34,66). E gi allora il
Senato avrebbe voluto cambiare il nome del mese Sextilis in Augustus, proposta che linteressato accett solo
in un secondo tempo. E fu cosi che il titolo onorifico
entr anche e stabilmente nel calendario.
Negli stessi anni nacque, con ogni probabilit, il
nuovo ritratto del Cesare Augusto (cos suona la forma
abbreviata del nome oggi usuale), che prese il posto del
ritratto giovanile patetico, e che si distingue nettamente da tutta la ritrattistica tardorepubblicana. Esso
esprime il carattere della nuova immagine del sovrano, come intendeva essere visto nella sua qualit di
Augustus, identificandosi col nuovo titolo onorifico.
Giacch, chiunque fossero i committenti delle singole
repliche, che a migliaia furono fatte del nuovo ritratto,
si deve pensare che loriginale sia stato approvato da
Augusto, se non addirittura commissionato da lui. Ed
evidente che lo scultore incaricato di realizzarlo lavor
su indicazioni precise sia per lo stile che per il carattere del ritratto.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il nuovo ritratto si distingue dalle forme ossute e


irregolari di quello giovanile per le sue proporzioni armoniose, ispirate a un canone classico. I tratti mossi e tesi,
la boriosa aggressivit del ritratto giovanile sono scomparsi, lasciando il posto a unespressione di calma sublimit. Da quel patetico movimento della testa si passati a un atteggiamento di solennit distaccata. Se prima
i capelli ricadevano scomposti sulla fronte, le ciocche
appaiono ora spartite secondo una precisa e meticolosa
simmetria: una stilizzazione che rimanda chiaramente a
modelli classici come quelli di Policleto. Il nuovo ritratto studiato da cima a fondo, un volto darte, in
cui i tratti fisiognomici si mescolano sapientemente alle
forme dellarte classica. Il volto di Augusto appare tradotto in una bellezza classica, senza et.
Il nuovo ritratto fu un grande successo. Venne replicato in ogni parte dellimpero e divent limmagine
ufficiale del princeps, bench avesse probabilmente
poco a che fare col suo aspetto effettivo. Considerato
come ritratto ufficiale, esso esprime unidea estremamente ambiziosa, giacch le forme classiche, in particolare quelle delle opere di Policleto, rappresentavano
nella coscienza del tempo la forma suprema di raffigurazione umana, unimmagine di perfezione e di sublimit. Il Doriforo di Policleto , secondo Quintiliano (5,
112,20), addirittura gravis et sanctus, connotati che
rispondono esattamente allepiteto di sublime. Il
nuovo ritratto mette in immagine la qualifica di augustus nella pienezza dei suoi significati. Larte definisce
qui la posizione eminente del princeps nello Stato, e con
un linguaggio molto pi aperto delle Res Gestae d unidea di quella che Augusto chiama l, nel tono sobrio del
vecchio Senato romano, auctoritas. Abbiamo davvero a
che fare con limmagine di un sovrano: unimmagine
certo nuova, il cui linguaggio formale parlava soprattutto
al pubblico colto, ma in cui anche il cittadino qualun-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

que, ignaro di arte classica, poteva vedere qualcosa di


bello e senza et, sublime e sovranamente distaccato.
Gli onori del 27 a. C. e il nuovo ritratto mostrano
come abbia potuto nascere e diffondersi un nuovo repertorio simbolico nella situazione che si era venuta a creare dopo la conquista del potere assoluto e il ristablimento della res publica. Alla disinvolta autocelebrazione degli esordi subentra un complesso gioco di fattori, dove il tema e gli sviluppi sono per guidati ovviamente dal princeps. Il suo modo di presentarsi in pubblico e il suo nuovo stile politico svolgono qui un ruolo
non inferiore alle sue azioni effettive; quanto ai cittadini
salvati da Augusto, essi rispondono al nuovo stile o
in prima persona o attraverso i loro rappresentanti e le
loro corporazioni con atti di omaggio nel solco della
tradizione, o volti invece a celebrare leccezionalit del
sovrano. Ufficialmente il festeggiato si teneva in disparte, ma ben guardandosi dallostacolare la pubblica venerazione. Il fatto che Augusto pu identificarsi con la
nuova immagine celebrativa ( lui a ideare il nuovo
ritratto), senza tuttavia muovere un dito per propagandarla (sono gli altri a dedicargli le statue con quel ritratto). Non vero, come capita spesso di leggere, che la
restitutio rei publicae abbia rappresentato una facciata
repubblicana con cui ingannare i Romani. Gi nel 27
a. C. apparve chiaro che il nuovo stile del princeps non
intendeva affatto tagliare i ponti con la coscienza della
sua missione imperiale. Semplicemente, era cambiato il
suo modo di intendere e di recitare la parte del monarca assoluto.
Il potere dei nuovi simboli non era dunque imposto
da un comitato di propaganda, che si rivolgesse a un
pubblico preciso con immagini e parole dordine. La
loro rapida diffusione si deve allo slancio con cui le citt
e le corporazioni, i gruppi e i privati cittadini fecero a
gara nellomaggiare Augusto, nel dimostrargli lealt e

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

gratitudine. E vedremo pi avanti (cap. viii) come dietro a questa spontaneit, a questa facile diffusione delle
immagini imperiali, si celasse una precisa situazione
sociale, economica e politica.
Ma stiamo correndo troppo. La disponibilit ad
accettare i nuovi simboli della vittoria, del culto di Apollo e della restitutio rei publicae dipendeva da unatmosfera di generale consenso verso il nuovo regime. Ma
dopo la caduta di Antonio, e perlomeno a Roma, questo consenso non era affatto garantito: si trattava anzitutto di creano e di rafforzarlo.

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Capitolo quarto
Il programma di rinnovamento culturale

Anche negli anni dopo Azio lo stato danimo di


molti Romani, soprattutto delle classi alte, rimase incline al pessimismo. Uno dei principali motivi di ansiet e
di sfiducia nel futuro era la diffusa sensazione che le
guerre civili e gli altri disastri fossero una conseguenza
della corruzione morale. Gli slogan demagogici di una
pluridecennale campagna conservatrice erano stati ormai
assimilati. Lo stesso Livio, il cui atteggiamento verso il
nuovo regime del tutto favorevole, dipinge, allinizio
della sua opera storiografica, un presente a fosche tinte:
Non siamo pi in grado di sopportare n la nostra
immoralit, n i rimedi ad essa corrispondenti.
Sul versante opposto troviamo tutto un mondo di
aspettative utopiche. Sibille, indovini e uomini politici
avevano promesso di comune accordo unet di pace e
di benessere. Come spesso accade nelle epoche di crisi,
disperazione e utopia sembrano toccarsi. Il princeps si
trov quindi a fronteggiare un clima emotivo fatto,
insieme, di profonda sfiducia e di attese esaltate. Doveva dimostrare che non gli interessava soltanto consolidare il suo potere personale, ma anche e soprattutto rimettere ordine nello Stato e nella societ. Doveva creare la sensazione di poter eliminare le vere cause del
male. E occorrevano allo scopo segnali convincenti.
Insieme alla restitutio rei publicae e allo sviluppo del
suo nuovo stile politico, Augusto avvi un vasto piano

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

di risanamento della societ, i cui motivi conduttori


erano la rinascita religiosa e morale, il ritorno alla virtus
e alla dignit peculiare del popolo romano. Mai in precedenza e forse anche in seguito la conquista del
potere si accompagn a un programma di politica culturale cos elaborato e a una cos suggestiva messa in
scena dei valori a cui quel programma si ispirava.
I due decenni che seguirono videro la nascita di un
nuovo linguaggio visivo. Non solo cambiarono i simboli e le immagini politiche in senso stretto, ma anche laspetto urbano di Roma, la decorazione e larredo delle
case, e perfino il modo di vestire della gente. sorprendente la rapidit con cui lintero sistema di comunicazione visiva si pieg al servizio della nuova causa, e
la facilit con cui gli slogan e i concetti programmatici
si fusero in un quadro unitario, senza che si possa parlare, peraltro, di una vera strategia occulta, o di una
campagna propagandistica concertata per il rinnovamento della romanit. Come era accaduto per la diffusione dei nuovi simboli dopo Azio, il processo si svolse
in gran parte da s: era bastato che il princeps indicasse la direzione e la perseguisse con coerenza.
Il programma, del resto, non aveva bisogno di essere inventato, perch cera gi. Da varie generazioni i
mali che affliggevano la societ e lo Stato venivano
descritti e chiamati col loro nome, e ci si lamentava di
essi come di mali incurabili. Il fatto inatteso, e per
molti contemporanei senzaltro miracoloso, fu che il
nuovo sovrano facesse di questo eterno lamento loggetto di una precisa azione politica. Con estrema disinvoltura egli affront le deficienze e le aspettative da lui
evocate negli anni trenta come concreti compiti politici, e questi gli fornirono per cos dire una cornice
entro la quale inserire la sua azione di governo. Vedremo nei prossimi capitoli con quale naturalezza, vorremmo quasi dire ingenuit, egli abbia riempito tassello

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

dopo tassello quella cornice, con quale sistematica coerenza abbia passato in rassegna il cahier des dolances
dellopposizione tardo repubblicana, fino a quando,
nellanno 17 a. C., pot annunciare lavvento dellet
delloro.
Al primo punto cera il programma di rinnovamento religioso (pietas). Vennero poi le iniziative nel
campo delledilizia pubblica (publica magnificentia) e il
ripristino della virtus romana nella campagna contro i
Parti (20 a. C.). Una volta rafforzati lidentit e lorgoglio nazionale, le leggi per la riforma dei costumi
dovevano apparire giuste e necessarie (18 a. C.). Con
questo il programma di risanamento era concluso.
Nulla poteva pi opporsi al sorgere dellet delloro.
Era tutto semplice.
Ma allinizio questi punti programmatici erano pure
dichiarazioni di intenti, che solo col tempo avrebbero
potuto prendere forma in azioni politiche, edifici e messaggi visivi. A tale scopo il princeps aveva bisogno di
molti collaboratori. E poich le fonti letterarie non ci
informano sugli eventi complessi che portarono alla realizzazione del suo programma culturale, dobbiamo rivolgerci alla sfera delle immagini visive per farci unidea dei
rapporti che vennero a stabilirsi tra il princeps e i suoi
sostenitori politici, i poeti disposti a collaborare, i grandi architetti, gli artisti e le botteghe.

I. PIETAS.

La pietas non era soltanto una delle virt del princeps


illustrate sullo scudo: essa doveva diventare lidea-guida
dello Stato augusteo. Fin dai tempi di Catone il Vecchio
lempiet religiosa era stata additata come la causa principale della decadenza politica e morale e delle guerre
fratricide che minacciavano la rovina di Roma:

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Resterai macchiato, o Romano, pur innocente, dalle


colpe dei tuoi padri, finch non avrai restaurato i templi e
i santuari decaduti, con le loro statue indegnamente annerite dal fumo (Hor., Carm. III 6).

In questo, che doveva essere il suo primo campo dazione, il salvatore ag in modo ordinato e sistematico. Gi nel 29 a. C. fu annunciato un programma di
restaurazione religiosa e Ottaviano si fece affidare dal
Senato lincarico di reintegrare le vecchie cariche sacerdotali. Gli antichi culti, che in parte esistevano solo pi
di nome, tornarono in vigore, gli statuti, i rituali, i
paramenti e i canti liturgici furono ripristinati o, se
necessario, creati ex novo. Tutte le prescrizioni religiose vennero fatte nuovamente rispettare con grande scrupolo. Appena un anno pi tardi veniva avviato, con la
consacrazione del tempio di Apollo, il grande programma di risanamento dei vecchi templi:
Nel mio sesto consolato [28 a. C.] ho restaurato su
incarico del Senato ottantadue templi nella citt, senza trascurarne alcuno che avesse bisogno di un intervento risanatore (Res Gestae 20).

Da molto tempo ormai si parlava della necessit di


questi provvedimenti. La rinascita dellinteresse per la
religione degli antenati infatti la forma in cui meglio
si esprime la nostalgica ricerca di identit propria della
tarda repubblica. Il grande poligrafo e poeta Terenzio
Varrone (116-27 a. C.; pretore nel 68 a. C.) aveva
redatto nei sedici libri delle sue Antiquitates rerum divinarum un compendio degli antichi culti, tentando di
ricostruire quanto era caduto nelloblio. Senza lopera
di Varrone, che aveva condotto le sue ricerche con
patriottica dedizione, anzi con vero entusiasmo, il programma restaurativo di Augusto sarebbe stato inat-

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116

Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

tuabile, almeno in tutta la sua ampiezza. Dir pi tardi


S. Agostino:
[Varrone] temeva che gli di andassero in rovina non per
gli attacchi nemici, ma per lindifferenza dei cittadini. Con
i suoi libri egli intedeva salvarli da questa rovina e imprimerli
nella memoria dei probi. Lo considerava un merito pi grande di quello di Metello, che aveva salvato dal fuoco gli
oggetti sacri delle Vestali, e di Enea, che aveva salvato i
Penati da Troia in rovina (De Civ. Dei VI 2).

Erano espressioni ricche di pathos, che non mancarono di fare effetto anche su Augusto. Varrone aveva
dedicato la sua opera a Cesare, invitandolo cos ad agire,
ma per quanto lidea di un rinnovamento religioso fosse
nellaria si pensi ai templi progettati nel corso degli
anni trenta un programma sistematico in questo senso
divenne possibile solo nella mutata situazione politica
successiva alla battaglia di Azio.
Ancora nellanno 32 a. C. lincoraggiamento aveva
dovuto venire dallesterno. Tito Pomponio Attico,
amico e corrispondente di Cicerone e ricchissimo suocero di Agrippa, aveva invitato Ottaviano a ricostruire
il tempio di Giove Feretrio, affinch il dux Italiae potesse cos confrontarsi con lo stesso Romolo, leroe fondatore della citt. A Ottaviano questi gesti spettacolari evidentemente non dispiacevano: lanno dopo, in
occasione della dichiarazione di guerra ad Antonio e
Cleopatra, indoss il costume arcaico di fetialis per scagliare lui stesso, nel Circo Flaminio, la lancia rituale di
legno in una zona del circo che simboleggiava la terra
nemica e pronunciando insieme una formula di sapore
magico. probabile che in un primo tempo queste messinscene abbiano suscitato piuttosto una certa ostilit
e che i Romani colti le abbiano giudicate come arcaismi
alla moda. Ma quando queste occasioni si moltiplicaro-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

no, quando, nel 29 a. C., il tempio di Giano venne chiuso solennemente in segno di pace con un rituale arcaicizzante di cui si era persa la memoria, quando fu rinnovato lantico augurium salutis come voto per la prosperit dello Stato, e quando infine, lanno successivo,
Ottaviano inizi effettivamente il restauro di tutti gli
antichi templi, nessuno allora poteva pi dubitare che
il ritorno agli di fosse a questo punto una cosa seria.
In tutta la citt vennero aperti cantieri edilizi: il vincitore intendeva davvero fare in modo che sotto di lui, il
fondatore e restauratore di tutti i templi (Liv.,
4,20,7), questi ultimi non sentissero pi la vecchiaia
(Ov., Fast. II 61).
Aurea Templa.
Un programma cos grandioso richiedeva una precisa pianificazione. Si trattava anzitutto di suddividere i
compiti: i vari progetti edilizi vennero ripartiti nei due
ambiti delledilizia sacra e profana. La costruzione dei
santuari, che Augusto considerava il suo compito per
eccellenza, fu riservata alla stessa casa imperiale. Perfino tra i molti edifici fatti costruire da Agrippa non si
trova alcun tempio, se si eccettua il Pantheon, destinato al culto del sovrano. Tiberio invece pot restaurare i
due venerandi templi sul Foro, il tempio dei Dioscuri e
il tempio della Concordia, e consacrarli rispettivamene
il 6 e il 1o d. C. in qualit di erede designato.
La parola dordine era adesso le spese maggiori per
gli di. Le candide facciate dei templi, rivestite col
marmo estratto nelle nuove cave di Luni (Carrara), con
le loro sontuose decorazioni talvolta dorate, diventarono gli emblemi dellepoca. I migliori architetti e i migliori artisti affluirono a Roma dallOriente, attratti dalla
prospettiva di incarichi prestigiosi e di ottimi compensi.

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Se non tutti, almeno i principali fra loro ricevettero


chiare direttive riguardo alla destinazione degli edifici
e alle idee ispiratrici del programma di rinnovamento
religioso. Non si sarebbero pi costruiti templi nello
stile antico, in tufo, con quei pesanti tetti di legno e le
decorazioni in terracotta. Si voleva invece imitare le
forme pi belle e pi suggestive dei templi greci, combinandole per con alcuni elementi tradizionali del tempio italico-romano: lalto podio, il pronao profondo e il
ripido frontone dallornamentazione massiccia e sontuosa. Quella che prima era stata la conseguenza inevitabile di una rapida evoluzione culturale veniva ora
canonizzata come espressione della nuova mentalit,
nellambito di un consapevole progetto estetico.
Pi delle rovine ancora visibili, le facciate di templi raffigurate sui rilievi della cosiddetta Ara Pietatis
Augustae dnno una buona idea di quello che fu il tempio marmoreo augusteo, concepito tutto in funzione
della sua suggestiva facciata. Il podio preceduto, di
regola, da unampia scalinata in cui era spesso inserito
anche laltare. In questo modo laltare veniva a trovarsi di fronte alla facciata e i riti potevano svolgersi su
quello sfondo come su un palcoscenico teatrale: una
linea fitta di slanciate colonne corinzie. I capitelli di
ordine corinzio erano stati scelti per la loro forma elaborata, e gli altri ordini architettonici finirono per sparire dagli edifici sacri. Ma anche i basamenti delle
colonne, le trabeazioni, i fregi, i lacunari, le sime (i
bordi rialzati del tetto), tutto appare ricchissimamente
decorato. E bisogna ancora aggiungere la sontuosa ornamentazione scultorea del timpano e della scalinata e gli
acroteri.
Lornamentazione ipertrofica che aveva contraddistinto il periodo dellantagonismo poteva ora essere
messa al servizio del programma religioso: la nuova ideologia trovava gi belle pronto il suo linguaggio formale.

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Una combinazione eclettica di elementi cos eterogenei


presuppone, comunque, una scelta precisa: le splendide
facciate dei templi augustei mostrano che al princeps
non interessava affatto un semplice recupero antiquario
della religione romana nel senso inteso da Varrone. I
templi marmorei non dovevano soltanto fornire una cornice solenne ai vecchi rituali, ma dovevano simboleggiare essi stessi una nuova coscienza e una nuova identit. Culto religioso e publica magnificentia andavano di
pari passo.
Si trattava allora di suggerire agli artisti queste linee
programmatiche e di incanalare le loro possibilit artistiche nella giusta direzione. Era necessario a tale scopo
un continuo scambio di idee, ed probabile che alcuni
fra gli architetti e gli artisti di maggiore spicco frequentassero i circoli intellettuali di cui abbiamo notizia
attraverso i poeti: per esempio il gruppo di amici che si
riunivano in casa di Mecenate e che, in parte, potevano
vantare contatti personali con Augusto. Per i progetti
pi importanti vi era probabilmente una commissione
con il compito di fissare le linee direttrici. Poich le
opere figurative presentano forti concordanze tematiche
con i componimenti poetici occasionati dagli eventi di
quegli anni, dobbiamo pensare che gli artisti pi insigni
avessero una certa confidenza con le novit letterarie e
le immagini dei poeti. vero per che il ruolo dellarte
figurativa era diverso da quello della poesia. Mentre i
poeti creavano i loro versi perlopi in piena autonomia
lodando il sovrano e plaudendo alla sua azione politica, oppure no, come nel caso delle Elegie di Tibullo
gli architetti e gli scultori, gli organizzatori delle feste e
dei rituali religiosi lavoravano alle dirette dipendenze
dei loro committenti. Realizzavano i loro desideri, non
i propri. Lantichit non conosceva la figura del libero artista creatore.
Per quanto riguarda i restauri di templi e le nuove

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

costruzioni che dipendevano direttamente da lui, Augusto differenziava in modo assai marcato le spese per il
terreno, i materiali e la manodopera: se vero che tutti
i templi dovevano essere restaurati, alle varie divinit
era riservato un trattamento economico assai diverso.
Gli edifici pi costosi non sorsero nei vecchi luoghi di
culto e non furono dedicati agli antichi di, ma a quelli pi legati alla persona di Augusto, ossia ad Apollo sul
Palatino e a Marte Ultore nel nuovo Foro di Augusto.
A questi va poi aggiunto il Foro di Giulio Cesare, ultimato solo ora, e il tempio di Venere Genitrice. Coi loro
portici e gli edifici annessi, le ricche decorazioni e i
doni votivi, e non in ultimo i rituali e le liturgie di Stato
a cui fornivano lo scenario, questi templi potevano rivaleggiare con lo stesso tempio di Giove Capitolino. Nonostante infatti le sontuose cerimonie che Augusto assegnava al culto statale di Giove, questultimo si lamentava di perdere fedeli a causa sua (Suet., Aug. 91,2).
Sotto Augusto, in effetti, il tempio di Giove non era pi
lunico centro del culto di Stato: cos ad esempio i Libri
Sibillini erano passati allApollo palatino, e le cerimonie
prima e dopo le campagne militari a Marte Ultore, il cui
tempio era diventato il palcoscenico delle attivit extrapolitiche. Ma non solo i templi di Venere, di Apollo e
di Marte Ultore erano strettamente legati al sovrano:
anche il culto di Giove sul Campidoglio fu in effetti
messo in immediato rapporto col princeps grazie alla
costruzione di un nuovo tempio.
Durante la campagna contro i Cantabri, Augusto
era rimasto miracolosamente illeso da un fulmine che
aveva sfiorato la sua portantina, uccidendo soltanto lo
schiavo che la precedeva. Non era questo un segno della
sua elezione, dello stretto rapporto che lo univa al dio
del tuono? In ogni caso fece subito costruire nelle immediate vicinanze del tempio di Giove un piccolo prezioso tempio tutto di marmo dedicato a Giove Tonante,

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

onorandolo delle sue frequenti visite. In una serie di


monete coniata dopo la vittoria sui Parti, ledificio a sei
colonne con la statua di culto del dio, uno Zeus dello
scultore tardoclassico Leocare, compare significativamente insieme alle insegne della vittoria e a un piccolo
tempio circolare dedicato a Marte Ultore, in cui queste
ultime erano custodite: il favore degli di sosteneva
Augusto nelle sue grandi imprese.
Le somme spese per le vecchie divinit dello Stato,
per esempio i Dioscuri e la Concordia sul foro Romano,
non erano inferiori: qui per gli scrupoli della religio
comandavano di attenersi al vecchio luogo di costruzione e talvolta addirittura alla pianta originaria,
cosa che comportava, malgrado la ricchezza formale,
limiti architettonici evidenti. Ben pi modesti furono
invece i lavori per i templi e le aediculae delle ottantadue
antiche divinit rinnovati nel 28 a. C. In parte furono
soltanto riparati e le colonne di tufo ricevettero un
nuovo rivestimento di stucco, conservando per i loro
arcaici tetti di legno con le terrecotte dargilla: il loro
rango decaduto risaltava cos, in forte evidenza, di fianco al nuovi edifici marmorei dedicati agli di della casa
imperiale.
Il princeps non degn invece di alcuna attenzione le
divinit orientali ed egizie gi allora assai popolari, e in
particolare Iside. Esse non vennero accolte nel calendario della religione di Stato, e i loro culti furono anche
temporaneamente proibiti. Se in rapporto allantica religione Augusto aveva proceduto con molta disinvoltura,
ampliandola, trasformandola e collegando i culti tradizionali alla sua persona e alla sua casa, qui invece la severit gli sembrava dobbligo. Le religioni estatiche dellOriente si rivolgevano al singolo individuo, non al cittadino, e questo era incompatibile con i princip della
religione di Stato. Il nuovo regime come gi in precedenza il Senato vedeva in questi culti un pericolo per

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

la romanit e un possibile focolaio di sovversione. Lunica eccezione riguardava quelle divinit che gi da
molto tempo si erano insediate a Roma e che erano state
accolte per i loro meriti nel culto di Stato. Ma anche in
questo caso mantenendo le dovute distanze.
Il tempio della Magna mater (Cibele) sul palatino, il
cui culto era stato introdotto nel 205 a. C. in base a un
responso dei Libri Sibillini, fu distrutto da un incendio
nellanno 3 d. C. Sebbene i poeti sottolineassero laspetto nazionale della Magna Mater, il suo legame coi
Troiani e la sua qualit di protettrice della citt e delle
mura, Augusto fece ricostruire ledificio, non lontano
dalla sua casa, non in marmo ma in tufo (peperino) e
riserv ai liberti quel culto straniero, con le sue danze
estatiche e i suoi sacerdoti dalle lunghe chiome (galli).
Daltra parte evidente che Augusto non restaur tutti
i templi nell anno 28 a. C., come egli stesso scrive nelle
Res Gestae. Anche qui cerano cose urgenti e altre meno
urgenti. Un tempio cos popolare come quello della Triade dionisiaca (Libero, Libera e Cerere) sullAventino,
distrutto da un incendio proprio lanno della battaglia
di Azio, fu riconsacrato solo da Tiberio nel 17 d. C.
(Dio. Cass., 50,10; Tac., Ann. II 49).
Quella sfilata di templi costruiti con criteri tanto
diversi suggeriva cos ai contemporanei il diverso rango
gerarchico delle varie divinit, e a dominare incontrastati erano i nuovi edifici di culto, fatti costruire da
Augusto per i suoi di.
La grandezza degli edifici corrispondeva alla grandezza delle divinit (Ov., Fast. V 553). Ma la quantit
di piccoli culti arcaici rifioriti allombra dei grandi santuari stabiliva un chiaro elemento di raccordo tra le religione augustea e lantica tradizione di Stato. La nuova
pietas poteva misurarsi con la religiosit degli antichi,
anche se lo splendore della nuova Roma superava di
gran lunga le memorie del passato:

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Simplicitas rudis ante fuit; nunc aurea Roma est


et domiti magnas possidet orbis opes.
[una rozza semplicit regnava un tempo, ora Roma tutta
doro | e possiede le immense ricchezze del mondo a lei soggetto].
(Ov., Ars am. 111-113 sg.; trad. it. di E. Barelli).

Nuovi programmi figurativi.


Il vasto programma di architettura sacra, realizzato
lungo un arco di circa quarantanni, pose agli architetti
e agli artisti una massa di problemi formali e organizzativi di cui si erano avuti pochi esempi in passato: tra questi il grande programma edilizio dei sovrani di Pergamo.
La ricchezza dei materiali e delle decorazioni figurative
pretesa dai committenti e lestensione delle aree edificabili che si trattava di allestire in breve tempo affiancava ai problemi di organizzazione spaziale complessiva
la necessit di un ponderato programma figurativo e
ornamentale. Come realizzare per i lunghi porticati del
tempio di Apollo e di quello di Marte una decorazione
ingegnosa e al tempo stesso istruttiva, come richiedeva
Augusto per i suoi edifici? Come decorare le facciate dei
nuovi templi in modo da coniugare lattualit e il riferimento alla tradizione? Come collegare gli spazi interni le cellae con le altre parti del programma? Bisognava prendere in considerazione tutta una serie di elementi: le circostanze che avevano portato alla costruzione delledificio, le divinit connesse a quella titolare,
il rapporto fra queste divinit e il nuovo Stato e naturalmente il princeps.
Leffigie di una moneta raffigurante il tempio della
Concordia pu dare unidea del fitto intreccio figurativo che compariva sulle facciate dei templi augustei. Sulla

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sommit del frontone vediamo tre figure erette allacciate


fra loro, probabilmente la dea Concordia con due divinit affini e associate al suo culto, forse Pax e Salus,
oppure Securitas e Fortuna. Naturalmente anche labbraccio delle tre dee aveva un preciso significato. Le
figure armate e i trofei degli acroteri laterali si riferiscono ad Augusto, il cui trionfo aveva occasionato la
ricostruzione delledificio. Mancano sulla moneta le
figure del timpano, di cui pu darci per unidea il gruppo simbolico di divinit nel timpano del tempio di Marte
Ultore. Anche sui fianchi della scalinata vediamo due
statue dal significato pregnante, un Ercole e un Mercurio: simboli, il primo, della sicurezza (per esempio delle
strade), e il secondo del benessere apportato dal nuovo
regime.
La libert di scelta degli artisti era per notevolmente ridotta. Vedremo pi tardi come le figure e le
storie mitiche accolte ufficialmente nel nuovo mito di
Stato fossero piuttosto poche, ma anche la riservatezza
del princeps e la semplicit dei suoi simboli onorifici
imponeva limiti precisi. A ci va aggiunta poi la decisione di adottare un linguaggio artistico calmo e statico, richiamandosi, almeno agli inizi, a forme stilistiche
classiche e arcaiche. Interi ambiti della tradizionale
iconografia regale erano messi al bando per il loro carattere asiano: non troviamo cos nell arte augustea
nessuna scena di battaglia, n le consuete esaltazioni
del sovrano con movimentate scene di massa. In confronto alle straordinarie possibilit che si erano offerte, per esempio, al Maestro dellAltare di Pergamo,
linvenzione figurativa degli artisti augustei era costretta a muoversi in spazi molto angusti. Dovevano limitarsi a combinare fra loro i vari simboli evidenziandoli in maniera suggestiva, a escogitare auliche personificazioni coi rispettivi attributi, a progettare statue di
divinit o solenni immagini cultuali in stile arcaiciz-

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zante o classicheggiante. Lunico spazio veramente libero era lornamentazione, dove in effetti si svilupp un
linguaggio ricchissimo, non vincolato ad alcun canone
o tradizione. E questo vale non solo per lesuberante
decorazione architettonica, ma anche per tutte le parti
degli arredi mobili: perfino le basi delle statue e degli
ex-voto appaiono decorate con vere cascate di bande
ornamentali.
I visitatori dei nuovi edifici di culto si trovavano di
fronte a una situazione nuova: mai prima di allora avevano visto sfilare sotto i loro occhi delle serie figurative cos programmatiche. I raffronti didattici, le continue ripetizioni e combinazioni dei vari simboli, peraltro
non numerosi, le sapienti scenografie delle facciate, delle
statue e delle immagini avviavano il Romano incolto alla
lettura di quei programmi.
I contenuti essenziali erano semplici, ma la cosa pi
importante era ripeterli a ogni occasione, si trattasse di
feste religiose o di spettacoli teatrali, di immagini o di
parole. Anche il ricco programma del Foro di Augusto
si riduceva a poche immagini. La descrizione ovidiana
del nuovo edificio come una guida ragionata alla lettu-

Roma, Foro di Augusto, ricostruzione.

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ra, e pu dare unidea di come il grande pubblico reagisse a quelle sollecitazioni visive:
Poderoso Marte e poderoso il suo tempio. N diversa poteva essere la sua dimora nella citt di suo figlio
[Romolo]. Ledificio sarebbe degno anche delle vittorie sui
Giganti. Di qui Marte [Gradivus] potr scatenare in futuro guerre feroci, se un superbo ci provocher in Oriente,
o vorr in Occidente essere soggiogato [si tratta di unallusione alle cerimonie di Stato che si svolgevano nel Foro
in occasione della profectio dei generali]. Il potente in armi
[Marte] guarda verso il frontone del tempio e si rallegra che
gli di invitti occupano il posto pi elevato. Agli ingressi
vede armi di ogni foggia provenienti da tutti i paesi conquistati dal suo soldato [Augusto]. Da un lato vede Enea
col suo carico prezioso e intorno a lui i molti antenati
della casa Giulia; dallaltro Romolo, il figlio di Troia, con
le armi del nemico da lui stesso sconfitto e le statue dei
grandi romani con i titoli delle loro imprese gloriose. Solleva lo sguardo verso il tempio e vi legge il nome Augusto. Con questo nome il monumento gli sembra ancora
pi grande (Ov., Fast. V 553 sgg.).

Nella traduzione in prosa si perde ovviamente la


forza evocativa delloriginale. Si noti comunque con
quanta naturalezza larchitettura e le immagini venissero poste in relazione con le cerimonie di Stato, con
slogan e aspettative estremamente diffusi. Per quanto stratificati e complessi potessero essere i vari simboli, e per quanto litario fosse il linguaggio formale
arcaizzante e classicheggiante di alcune immagini, il
nucleo del messaggio era per comprensibile a tutti, e
non era solo ladulazione di Ovidio a vedere nella
devozione monumentale del sovrano un segno della
sua grandezza.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Feste e rituali.
Quanto si detto per il tempio di Marte Ultore vale
per tutti gli altri: non monumenti muti ma centri di vita,
soprattutto in occasione delle feste che li riguardavano,
e in particolare dei dies natales. Le feste che ricordavano la dedicazione e la fondazione dei vari santuari vennero sempre pi associate, col passare del tempo, alle
giornate commemorative del princeps o di importanti
avvenimenti della casa imperiale. I nuovi santuari venivano consacrati solo in questi giorni, e non poche delle
vecchie feste di dedicazione vennero fatte coincidere
con questi ultimi. Grazie ai calendari marmorei ritrovati
in varie citt dItalia, e grazie ai Fasti di Ovidio, possiamo farci unidea abbastanza precisa delle festivit
celebrate a Roma e nelle province dOccidente nei primi
anni dellimpero. Si trattava in gran parte di feste commemorative, giornate di preghiera e di ringraziamento
per la casa imperiale, mentre le festivit religiose si concentravano soprattutto nei giorni dedicati ad Augusto:
ben sette vennero fatte coincidere ad esempio col giorno del suo compleanno. Intorno alle date importanti si
raccoglievano diversi giorni di festa, che spesso diventavano veri e propri periodi di ferie, occupati da spettacoli teatrali e giochi del circo. Per i Romani dellepoca il corso dellanno era dunque scandito da un ritmo
regolare di feste dinastico-religiose, piene di suggestioni visive. In tutte le feste religiose si svolgevano rituali: i sacerdoti e le vittime sacrificali si recavano al tempio in processione solenne.
Nelle scene di sacrificio gli artisti erano soliti mettere in evidenza il numero prescritto, la specie e la bellezza degli animali sacrificati. Mentre per nelle raffigurazioni pi antiche le vittime sono rappresentate di
fianco allaltare in posizione di riposo, lattenzione si
sposta ora sul momento delluccisione. Su un rilievo

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della cosiddetta Ara Pietatis uno splendido toro viene


preparato al sacrificio. Su una coppa di Boscoreale il
servo (popa) sta prendendo lo slancio per colpire. La
nuova iconografia richiama insomma la drammatica
esperienza del rituale violento, col suo forte potenziale
emotivo: non solo viene raffigurato il momento delluccisione, ma la scena viene a trovarsi, con effetto quasi
opprimente, in primissimo piano. La facciata del tempio,
completamente sgombra, visibile a lato, assume di riflesso un accresciuto carattere simbolico: il tempio per cos
dire risplende sullo sfondo del sacrificio. Lo stretto legame fra rituale e cornice architettonica contribuisce in
modo decisivo alla suggestione degli aurea templa.
Questo vale anche per le parti interne dei templi,
splendidamente decorate con i materiali pi costosi. A
causa dei preziosi doni votivi che vi venivano esposti, i
locali interni erano generalmente chiusi, ma le porte dei
templi venivano spalancate nei dies natales, e in occasioni
particolarmente solenni, come i rituali delle supplicationes, questo avveniva contemporaneamente in tutti i santuari della citt. Attraverso le porte aperte si poteva allora scorgere limmagine del dio, e chi metteva piede nel
tempio veniva investito da una massa di stimoli visivi:
non solo la statua del dio ma anche lo splendore prezioso degli ex-voto e oggetti commemorativi carichi di storia. Il tempio della Concordia ad esempio, ospitava un
intero museo di sculture raccolte da Tiberio. Nel tempio di Marte cerano le insegne romane perse a suo
tempo da Crasso contro i Parti, accanto alle statue colossali dellabside. Lapertura al pubblico di queste camere del tesoro era un evento raro, e la curiosit ne era
ovviamente accresciuta.
In unepoca non ancora inondata di immagini, questi rituali religiosi dovevano costituire eventi di unintensit per noi non pi ricostruibile.
Di certe solennit, come linaugurazione del saeculum

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aureum nel 17 a. C., quando lo stesso princeps pronunci


formule magiche di esorcismo ed esegu personalmente
strani riti sacrificali di sapore arcaico, si parl ancora per
anni. Tant vero che queste scene si trovano poi
ripresentate per lungo tempo ancora sulle monete.
Se si considera il significato centrale del sacrificio e
del rituale nella vita quotidiana, non fa meraviglia che
il nuovo linguaggio figurativo sia dominato dalle allusioni simboliche a questa sfera. Non vi quasi monumento o edificio, anche privo di carattere sacrale, la
cui ornamentazione non presenti crani di animali sacrificati, patere, attributi sacerdotali o ghirlande intrecciate a bende rituali. Questi richiami alla sfera del sacrificio, che in passato spesso erano serviti come elementi
decorativi convenzionali, diventano ora simboli pregnanti della nuova pietas a cui gli artisti si sforzano di
conferire un significato pi intenso adottando nuove
soluzioni formali.
Ne sono un esempio particolarmente evidente i
bucrani. Mentre in precedenza si raffiguravano perlopi
vere teste di animali, ora gli artisti preferiscono la bianca ossatura della scatola cranica, molto pi suggestiva.
Sulle metope del pronao della basilica Emilia lossatura
del cranio appare finemente stratificata, mentre la suggestiva ornamentazione e la scura cavit delle orbite
aggiungono fascino allinsieme. Una benda sovradimensionata ne sottolinea il carattere sacrale.
Il lato interno dellAra Pacis allude a un recinto sacro
fatto di tavole e assi. Ma limmagine cos realistica e
suggestiva che, malgrado le pesanti ghirlande, i bucrani
sembrano simboli sospesi sullo sfondo vuoto, mentre le
bende svolazzanti e le patere stilizzate rimandano al rito
sacrificale. Qui, come anche altrove, le ghirlande contengono poi un messaggio ulteriore: diversi frutti, legati a varie stagioni dellanno e intrecciati fra loro vanno
intesi come unimmagine di pienezza e di benedizione.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Anche le piante e gli alberi sacri alle varie divinit


venivano raffigurati ovunque, ora con intento pi serio,
ora pi giocoso. Su un basamento di marmo lavorato con
particolare accuratezza vediamo distendersi i rami di un
pioppo, riprodotti con una minuziosit rituale, mentre
il pallido bucranio che compare sullalto acquista, cos
isolato, una forza espressiva emblematica.
Lefficacia di questi simboli religiosi dipendeva dunque, oltre che dalla loro onnipresenza, dallo stretto legame tra limmagine e lesperienza vissuta del rituale.
Quello che oggi pu apparirci, a posteriori, come puramente ornamentale e decorativo, era allora una novit
il cui significato va inteso nel peculiare quadro emotivo
della nuova epoca.
Le alte cariche sacerdotali.
Nelle feste dedicate agli di e nei riti sacrificali svolgevano ovviamente un ruolo centrale le confraternite
religiose riorganizzate o ripristinate da Augusto dopo il
29 a. C. Si potevano riconoscere e distinguere dai loro
costumi e attributi allantica: per esempio i flamines
dai cappucci di pelle con la punta di metallo (apex) e dai
mantelli di lana a pelo lungo, o i XV viri sacris faciundis,
dediti soprattutto al culto di Apollo, dalla tunica che
lasciava scoperta una spalla. Dalle poche raffigurazioni
conservate sembra di poter dire che, per quanto riguarda i costumi rituali, la restaurazione religiosa augustea
si attenne a un moderato arcaismo, non diverso da quello che ispir i minuziosi regolamenti degli alti sacerdoti: quanto bastava per sottolineare lantica origine dei
collegi, ma evitando ogni eccesso di formalismo (cfr.
Tac., Ann. 4, 16). Ma le antiche danze cultuali tornarono in vigore, e cos gli antichi canti liturgici, ormai in
parte del tutto incomprensibili.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il collegio su cui abbiamo pi notizie quello degli


Arvali. Ricostituito da Augusto, e riservato al patriziato, esso era dedito in origine al servizio della dea Dia,
divinit agraria della fecondit. Un paio di volte allanno i fratres eseguivano cerimonie di sapore arcaico, nel
corso delle quali offrivano, in una specie di banchetto,
frutti e spighe, pronunciando formule solenni, e si riunivano nel boschetto sacro della dea, lontano dalla citt.
Ora per il loro compito principale consisteva nel recitare suppliche e nelloffrire sacrifici per la casa imperiale. Nelle loro riunioni veniva applicato un meticoloso protocollo, che imponeva di eseguire con estrema
precisione anche il minimo particolare del rito. Secondo la visione arcaica cio garantiva la validit religiosa dei
rituali e collegava nello stesso tempo le preghiere per il
sovrano alle traduzioni pi antiche. In determinate occasioni i fratres Arvales portavano in pubblico semplici
corone di spighe, allusione alla fertilit dei campi che era
loggetto delle loro preghiere. Ma quando Augusto compariva in pubblico con la corona di frater, i Romani del
tempo avranno visto in lui il re sponsabile dellapprovvigionamento alimentare della citt. Era dunque giusto
che gli Arvali pregassero soprattutto per lui, giacch era
Augusto che, per il grano, in ultima analisi, si doveva
ringraziare.
Laccesso alle cariche sacerdotali era riservato,
secondo il rango gerarchico dei vari collegi, a determinati gruppi sociali. Le magistrature e le confraternite pi
elevate erano un privilegio della nobilt e soprattutto
della nobilt pi antica, il patriziato. Ma Augusto poteva anche nominare membri di sua scelta. E poich cerano molti meno posti negli alti collegi sacerdotali che
in Senato, lappartenenza a una o pi di essi diventava
un segno di estrema distinzione sociale: cerano persone che si toglievano la vita per essere state private di una
carica sacerdotale o per non avervi potuto accedere

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

(Tac., Ann. 6,40). Le uscite pubbliche dei collegi, e in


particolare di quelli connessi a determinati privilegi,
come i posti donore in teatro, mettevano continuamente sotto gli occhi dellintera societ romana lo status speciale dei sacerdoti (cfr. Luc., I 584 sgg.).
A conclusioni analoghe si pu arrivare osservando
lAra Pacis Augustae, fatta erigere dal Senato tra il 13 e
il 9 a. C. in onore di Augusto per il suo felice ritorno
dalla Gallia e dalla Spagna. Sui lati esterni del recinto
marmoreo si trova raffigurata, in due lunghi rilievi, una
processione solenne. Due terzi del campo visivo sono
riservati ai membri dei quattro pi importanti collegi
sacerdotali (pontifices, augures, XV viri sacris faciundis,
VII viri epulonum) e ai quattro flamines. Augusto e
Agrippa camminano accanto ai flamines. A un primo
sguardo le loro figure si confondono nel fitto corteo, ma
mentre gli altri partecipanti alla processione portano
quasi tutti una semplice corona, essi hanno la toga tirata sul capo (come anche due togati sul lato nord), che li
qualifica come i due massimi sacerdoti. Solo un osservatore molto attento si accorge che accanto ad Augusto
si affolla il maggior numero di littori, che il corteo sembra quasi fermarsi alla sua altezza, che gli accompagnatori formano un cerchio attorno a lui e che
Agusto leggermente pi alto degli altri, bench in
realt fosse di bassa statura e portasse per questo calzature pi alte del normale.
In armonia col nuovo spirito della religione di Stato,
il sacrificio annuale alla Pax Augusta non fu affidato a
un singolo collegio ma ai magistrati e a tutte le alte confraternite religiose, incluse le vergini Vestali (Res Gestae
12). In passato le varie confraternite presiedevano soltanto a culti specifici, con la possibilit peraltro di esercitare una notevole pressione politica, soprattutto con
la pratica della divinazione e linterrogazione rituale dei
libri sibillini. Sotto Augusto, invece, i collegi sacerdotali

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

compaiono sempre pi spesso insieme: ne risultava un


quadro molto scenografico, ma la funzione effettiva
dei sacerdoti si riduceva ormai alla sola preghiera. In
questo modo gli omina (presagi) infausti erano esclusi,
i libri sibillini erano ben custoditi sotto la statua dellApollo palatino, e prima delle campagne militari era
lo stesso princeps a trarre gli auspici (auguria), naturalmente favorevoli. Nella sua mano il lituus era qualcosa
di pi che un semplice contrassegno sacerdotale: esso
diventava uno strumento di mediazione tra gli di e gli
uomini.
Il capo coperto dei sacerdoti celebranti sullAra Pacis
indica che le cerimonie hanno gi avuto inizio. Una
donna sullo sfondo invita al silenzio. Il fitto corteo di
figure togate esprime unidea di uguaglianza e di unit.
Lo stile della raffigurazione ispirato a modelli classici
nella struttura compositiva e nella qualit del rilievo
trasferisce lavvenimento in una sfera atemporale. Non
tutti i personaggi raffigurati erano effettivamente a
Roma il giorno della cerimonia: al Senato, che era il
committente, non interessava neppure che i singoli partecipanti fossero riconoscibili, ma che risultasse con
chiarezza larticolazione dei vari gruppi sacerdotali.
Significativamente solo i personaggi pi importanti
sono raffigurati con precisione ritrattistica: gli altri
hanno volti ideali e perci anonima. Le figure del corteo rappresentano la funzione e non il singolo, occasionale funzionario. Rivalit e ambizioni personali hanno
ceduto il passo al dovere comune, al servizio di una
nuova pietas che cancella i problemi di gerarchia e di
potere. Lattimo storico diventato limmagine di un
ordine eterno.
Il corteo dei sacerdoti seguito su entrambi i lati del
recinto marmoreo dai membri della famiglia imperale,
anche loro incoronati e con dei ramoscelli dalloro in
mano. Dalla continuit della famiglia del princeps dipen-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

de infatti la prosperit dello Stato: Affinch la casa che


garantisce la pace duri in eterno, cantavano i sacerdoti (Ov., Fast. I 721). Le donne indossano semplici vesti,
drappeggiate in parte alla maniera delle statue classiche.
In mezzo alle donne compare Druso, che in quel momento si trovava nel Nord con le sue truppe, riconoscibile per il costume militare. Ma in primo piano vediamo i bambini della famiglia imperiale, i garanti del futuro, attaccati alle vesti dei genitori. Lallineamento, in
apparenza sciolto, nasconde in realt un ordine preciso:
per quanto possibile di identificarli, figli e genitori
della famiglia imperiale sono messi in fila secondo il
loro grado di vicinanza al trono.
La processione rituale dellAra Pacis era una proiezione ideale estremamente consapevole del nuovo
Stato, voluta beninteso non da Augusto ma dal Senato, in onore suo e del nuovo regime. Abbiamo qui
davanti agli occhi quasi unimmagine ufficiale della
nuova classe dirigente ai suoi vertici, e possiamo vedere fino a che punto essa si identificasse, almeno allesterno, col nuovo stato di cose. Quanto vi sia in questa scena di costruito e quanto di taciuto, fino a che
punto lartificiosit dello stile tradisca una mascherata
o unimmagine di desiderio, questione che lasciamo
aperta. Ma per quanto la realt politica appaia qui
trasfigurata, probabile che a molti contemporanei
limmagine sembrasse meno astratta che a noi. Perch
il popolo di Roma aveva unesperienza continua di quei
cortei rituali, e aveva imparato anno dopo anno che la
cosa pi importante non era il potere politico o lattivit del Senato, e nemmeno il successo militare, ma la
piet verso gli dei e, collegato a questa, il benessere
della famiglia imperiale.
La stessa concezione si ritrova in un fregio a natura morta, proveniente da un edificio pubblico nella
zona del Portico di Ottavia. Mentre sullAra Pacis sono

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raffigurati i membri dellalto clero, qui vediamo i loro


simboli sotto forma di attributi e oggetti rituali: il lituus (scettro ricurvo) degli augures, il cappuccio con lapex dei flamines, lacerra (cassetta per lincenso) e lanfora per le libagioni col ramoscello dalloro dei XV viri
sacris faciundis, il simpuvium (mestolo) dei pontefices, la
patera (vassoio sacrificale) dei VII viri epulonum. Vengono poi gli oggetti liturgici (il fazzoletto, mappa, e laspersorio, aspergillum), gli strumenti professionali del
sacrificio (la scure, il pugnale, il coltello) e, in particolare evidenza, bucrani e candelabri. Oltre a essere
nuovo in s, questo assortimento di oggetti sacri si
trova in una strana compagnia: parti della poppa e della
prua di una nave, timoni e ancore, con chiara allusione
alla vittoria di Azio e pi ancora ai vincitori (a cui si
richiamano le teste di divinit e la lupa capitolina). Il
senso della composizione chiarissimo: la vittoria di
Azio come conseguenza della devozione religiosa. Le
bende sacre fluttuano un po dovunque sopra le armi e
gli oggetti di culto, pietas e virtus sono i fondamenti
dello Stato rinnovato.
Il fregio un buon esempio di come sapienza compositiva e qualit dellesecuzione potessero mitigare la
monotonia del messaggio. Proprio perch ripetuti e realizzati in forme esteticamente comprensibili i nuovi simboli poterono diffondersi su vasta scala e imprimersi
efficacemente nella memoria collettiva.
Sacerdozio e status sociale.
Il princeps era egli stesso il primo e pi efficace
esempio di devozione: era membro dei pi importanti collegi sacerdotali, ed era di fatto il sommo sacerdote gi molto tempo prima di rivestire la carica di
pontifex maximus, nel 12 a. C. Cos risulta dalleffigie

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di una moneta in cui compaiono gli attributi delle


quattro principali confraternite, e cos afferma lo stesso Augusto:
Fui pontifex maximus e augur, appartenni ai collegi dei XV
viri sacris faciundis e dei VII viri epulones, fui frater Arvalis,
sodalis Titius e fetialis (Res Gestae 7).

La sua ostentata devozione dimostrava che il princeps


vedeva il suo compito e il suo onore supremo nel compimento dei servizi religiosi. A partire al pi tardi dai
ludi saeculares del 17 a. C., ma probabilmente gi negli
anni venti, Augusto lasci intendere che nelle statue
erette in suo onore si sarebbe visto volentieri raffigurare come togatus intento al sacrificio o alla preghiera, ed
infatti sorprendente il numero dei ritratti di Augusto
sulle monete e nelle statue che mostrano il princeps
avvolto nella toga e a capo coperto. Perfino in Grecia e
in Asia Minore, dove questo tipo di ritratto celebrativo
era assai poco popolare, furono erette non di rado statue sullo stesso modello. Limmagine che il princeps
devoto proponeva di se stesso fu dunque largamente
accettata, n dispiaceva la possibilit di celebrano in una
forma cos discreta.
Questo nuovo tipo di statua onoraria si adattava
ottimamente alla mutata situazione politica, accantonando la difficile questione del rapporto tra regime e
potere effettivo: non si poteva immaginare un contrasto
pi netto tra le nuove statue togate e i nudi trionfali dellepoca anteriore alla restitutio rei publicae.
Limmagine discreta del togatus officiante non intendeva per affatto nascondere le prerogative divine di
Augusto, come mostrano le statuette del suo genius;
offerte in migliaia di esemplari al culto pubblico e privato: e anche queste lo raffiguravano come un togatus a
capo coperto. La figura paterna del sovrano diventava

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cos oggetto della stessa venerazione che le famiglie tributavano da sempre al genius del pater familias. E nellanno 2 a. C. Augusto aveva quasi sessantun anni
il Senato e il popolo gli conferirono solennemente il
titolo di pater patriae, in occasione della consacrazione
del Foro di Augusto (Res Gestae 35).
Lesempio di Augusto fece scuola. Principi e aristocratici, notabili delle citt e liberti, e perfino schiavi di
fama adottarono lo schema iconografico del sacrificante per i propri ritratti celebrativi. Ovunque vi fosse
bisogno di un modello, si imitava lImperatore e la sua
famiglia.
Il nuovo stile di potere incominci a dare i suoi frutti. La piramide sociale possiede ora un vertice ben visibile dalla totalit dei cittadini: limperatore e la sua
famiglia dnno il tono in ogni ambito della vita sociale, dai costumi al taglio dei capelli. E questo non solo
per le classi alte ma per lintera societ romana.
I cittadini pi zelanti di ogni ceto incominciarono a
contendersi le cariche religiose: le varie funzioni, vecchie
e nuove, legate al culto offrivano a tutti la possibilit di
mettersi in mostra e di identificarsi col nuovo Stato. Il
princeps interveniva come moderatore e distribuiva le
varie cariche: cos ad esempio fece assegnare agli equites
il culto antico ma ormai insignificante dei Lupercali.
Il rituale, destinato in origine alla protezione e alla
crescita delle greggi, comportava luccisione di un cane,
mentre i sacerdoti (luperci), vestiti di un semplice perizoma, eseguivano una danza saltellante intorno al Palatino e le donne venivano colpite con una frusta fatta di
pelle di capra. facile immaginare che questo arcaico
rituale di fecondit poteva avere un effetto comico nello
scenario della metropoli, e per questo motivo Augusto
proib che gli adolescenti assistessero al rito. Ma anche
in questo caso si trattava di una carica ambita: di recente sono state ritrovate statue onorarie di luperci di et

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protoagustea, dove la nudit, classicamente stilizzata, e


gli attributi rituali del perizoma e della frusta di pelle di
capra, formavano un quadro dinsieme accettabile anche
per un pubblico raffinato.
I liberti pi in vista potevano far valere il proprio
rango sociale nei piccoli santuari delle corporazioni artigiane, ma soprattutto come magistri dei culti compitali
che si svolgevano nei 265 vici (circoscrizioni urbane)
creati da Augusto (7 a. C.). I culti rionali erano dedicati in origine ai Lari, spiriti protettori dellantica religione agraria, che venivano ora raffigurati nellatto di danzare con la cornucopia in mano e venerati a coppie come
divinit di quartiere. Ma accanto ai Lari si trovavano ora
dappertutto le statuette del genius di Augusto, il nuovo
e principale destinatario dei culti rionali: era lui, infatti, il vero protettore e custode della citt. Augusto aveva
creato i presupposti per il riordino del culto dei Lari
anzitutto con la sua riforma del sistema amministrativo;
ma la ricostruzione del tempio dei Lari sulla Velia contribu non poco a rianimare il vecchio culto e a promuovere la costruzione delle nuove edicole ai crocicchi
dei vari vici. Il compito di provvedere alle edicole e alle
funzioni del culto spettava per unicamente agli abitanti
dei singoli rioni, e in particolare ai quattro magistri e
quattro ministri eletti ogni anno. A quali opere si dedicassero soprattutto i magistri dei vari compita risulta
dalla preziosa decorazione marmorea d4 Compitum
Acili, eretto nel 5 a. C. Una scritta a grandi lettere sulla
trabeazione dedica il santuario dei Lari allo stesso Augusto, ma sullarchitrave i magistri si attribuiscono orgogliosamente la qualifica di dedicanti.
I magistri dei primi anni provvedevano di regola
anche agli altari, e sfruttavano loccasione per farsi raffigurare come pii sacrificanti. Sullaltare del Vicus
Aescletus (2 d. C.), al Palazzo dei Conservatori, i quattro magistri sono raffigurati addirittura in primo piano

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

nel momento del sacrificio: al suono di un flauto versano insieme le loro patere sullaltare. Il toro e il verro
sono l pronti per il sacrificio, ma lo scultore li ha rimpiccioliti in maniera quasi grottesca per dare maggior
risalto ai sacerdoti. La presenza di un littore sottolinea
il rango quasi ufficiale del magister, che nellesercizio
delle sue funzioni cultuali aveva infatti diritto a un assistente, mentre il pretore ne aveva sei e il princeps (come
anche il console) ben dodici.
Il ruolo di minister era invece ricoperto da schiavi
particolarmente fidati e meritevoli, e anche per loro si
trattava di un incarico ufficiale, che conferiva al ministro un prestigio sociale tangibile e riconosciuto da
tutti, per esempio nelle processioni delle feste per lImperatore. Anchessi pertanto offrivano ex-voto ed altari nelle cappelle dedicate ai Lari: su uno di questi altari
si vedono tre ministri, di statura modesta e in abito servile, mentre ricevono con gesto riverente le statuette
cultuali dei Lari dalle mani di un personaggio togato di
statura decisamente pi alta. Probabilmente si tratta
niente meno che dello stesso Augusto, accompagnato dai
principi Gaio e Lucio Cesare: il fatto che si vedano solo
le due statuette dei Lari e non quella del genius Augusti
sembra confermare questa interpretazione ( difficile
pensare che Augusto offra la statuetta del proprio
genius!)
Anche gli schiavi possono dunque prendere parte alla
nuova pietas, e anche il loro abito servile assume, nel servizio sacro, un significato socialmente prestigioso.
Fino a che punto la pietas condizionasse, in chiave
dimostrativa e pedagogica, i rapporti tra il princeps e la
plebs, si pu vedere dalle sue reazioni agli onori che gli
venivano assegnati e al culto del suo genio nelle cappelle dei Lari. Augusto ricambiava quegli atti di omaggio con sempre nuovi gesti di devozione: dopo aver
fatto fondere nel 28 a. C. le sue statue dargento e aver-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

le fatte sostituire coi tripodi doro per il culto di Apollo, super ogni altro cittadino nellofferta di doni votivi e immagini sacre. Si svilupp cos un sistema di doni
e contraccambi di sapore senzaltro arcaicizzante e che
mettevano capo a sempre nuove immagini.
Ne sono un buon esempio i doni per lanno nuovo:
i rappresentanti dei tre ceti (ordines) gettavano ogni
anno una moneta nel Lacus Curtius sul Foro, che in
epoca augustea era ormai un bacino asciutto. Quel gesto rappresentava un voto sempre rinnovato per la salute dellImperatore, e ad esso si accompagnava, il primo
di gennaio, un regalo per lanno nuovo, anche quando
lImperatore era assente. Augusto lo utilizzava per comprare le immagini sacre pi preziose, che faceva poi
sistemare a turno (vicatim) nei santuari dei diversi rioni
della citt: cos ad esempio le statue dellApollo Sandalarius e dello Jupiter Tragoedus (Suet., Aug. 57). Alcuni
basamenti di queste statue si sono conservati e attestano ex-voto del princeps per Mercurio, Vulcano e i Lares
publici. Si pu supporre che immagini di questo tipo si
trovassero ugualmente nei pubblici santuari, nei tempietti rionali e anche nei luoghi di culto delle corporazioni artigiane.
Nel Museo Capitolino si trova un altare votivo augusteo in cui raffigurata probabilmente lofferta di una
statua di Minerva ai ministri di un collegio di carpentieri
da parte dello stesso Augusto. Il princeps supera per un
buon terzo di statura i ministri raffigurati nel loro abito
servile; sul lato opposto dellaltare uno dei magistri offre
un sacrificio davanti alla stessa statua di Minerva. Sul
lato breve si vedono i loro strumenti del mestiere, seghe
e scuri ma anche elmi, poich i membri del collegio
erano anche vigili del fuoco. Tra queste insegne
professionali, ma pi grandi e in forte evidenza, si trovano poi vari oggetti di culto: un lituus, un galerus con
lapex e un grosso coltello sacrificale. Come nel caso del

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

fregio esaminato in precedenza essi non vanno riferiti a


un rito preciso, n hanno a che fare col culto di Minerva a cui il collegio era consacrato, ma vanno intesi come
simboli generici di devozione: anche il lavoro degli artigiani acquista il suo valore solo allinterno di una cornice religiosa.
Lesempio tipico. Partecipe della nuova mentalit
religiosa, una corporazione di artigiani istituisce un
nuovo culto collegiale. Il princeps offre nel piccolo santuario limmagine sacra o una statua votiva. I magistri o
ministri rispondono dedicando un altare votivo o anche
unaltra statua di divinit. In questo caso si trattava
spesso di personificazioni, come Concordia, Pax, Securitas, ecc. Quasi sempre, poi, queste divinit sono accompagnate dallepiteto augustus o augusta in chiaro segno di
omaggio al princeps. Di un certo N. Lucius Hermeros,
che fu pi volte magister di un santuario dei Lari, conosciamo ad esempio ben tre ex-voto dedicati rispettivamente a Venus Augusta, a Mercurius Augustus e ad Ercole. Lo scambio di oggetti sacri consentiva dunque un
rapporto diretto tra il sovrano e la plebs, a cui potevano
prendere parte anche i personaggi emergenti dei ceti
inferiori e perfino gli schiavi.
In precedenza i culti rionali e collegiali erano stati
non di rado focolai di inquietudine sociale, e ancora nel
22 a. C. Augusto aveva reagito con misure restrittive.
Ma, a partire dallanno 7 a. C., i nuovi centri di culto
diventano punti fermi nel rapporto fra il sovrano e il
popolo: un rapporto condizionato dalle forme della religione. I luoghi consacrati ai culti compitali, nei crocicchi delle strade e sulle piazze dei singoli quartieri, sono
al centro della vita sociale, mentre i rituali e le feste
forniscono una cornice adeguata alla suggestione delle
immagini e dei simboli.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

2.

PUBLICA MAGNIFICENTIA.

Ho notato che non ti curi soltanto del bene comune e


dellamministrazione dello Stato, ma anche della funzionalit dei pubblici edifici, affinch grazie a te lo Stato non
si arricchisca solo di nuove province, ma anche di costruzioni pubbliche la cui dignit e grandiosit corrisponda alla
maest dellImpero. [...] Poich mi sento obbligato verso
di te per tale beneficio, che mi libera per sempre dal timore del bisogno, ho deciso di scrivere per te questi libri. Ho
visto infatti quanto hai gi costruito, quanto sta tuttora
costruendo e quanto intendi fare anche in futuro affinch
ledilizia pubblica e privata testimoni ai posteri la grandezza delle tue azioni (Vitruvio, Prefazione ai dieci libri
De architectura).

Il popolo romano detesta il lusso privato, ma ama


la sontuosit nei pubblici edifici [publica magnificentia]: cos si era espresso Cicerone evocando il suo ideale di antica moralit (Mur. 76), quando i Romani avevano ormai sotto gli occhi lesatto contrario, ossia unimmagine pubblica piuttosto misera a cui faceva riscontro
uneccessiva ostentazione di ricchezza privata. Gli slogan degli intellettuali tardo repubblicani davano al problema un forte colore emotivo. Il princeps doveva intervenire, ma come? Tutti vedevano che nello Stato ristabilito da Augusto erano solo cambiati i proprietari dei
grandi palazzi, coi loro atrii immensi e i vasti parchi e
giardini sui colli della citt, che continuavano a chiamarsi col nome eufemistico e arcaicizzante di horti. I
proprietari di quei palazzi, dal tenore di vita principesco cerano dame i cui gioielli valevano molti milioni
di sesterzi erano naturalmente i principali collaboratori di Augusto, arricchitisi al suo servizio, e un drastico mutamento del sistema di propriet non era immaginabile.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Ma il princeps poteva costruire splendidi edifici per


il tempo libero, e additare alla pubblica attenzione limmoralit della privata luxuria. Le timide leggi contro i
sumptus, miranti a contenere le spese per i banchetti oil
lusso dellabbigliamento femminile, furono ovviamente
inefficaci e servirono solo a perfezionare limmagine
del regime. Non mancarono, tuttavia, alcuni gesti simbolici di forte effetto.
Il princeps scende in campo contro il lusso privato.
Nell anno 15 a. C. mor Vedio Pollione, originario
di una famiglia di liberti e promosso cavaliere: comera
ormai costume lasci al princeps per testamento una
parte del suo cospicuo patrimonio, compreso il suo
palazzo cittadino, con limpegno di costruire uno splendido edificio per il popolo. Negli anni precedenti, Vedio
Pollione aveva reso buoni servigi ad Augusto, contribuendo fra laltro come esperto finanziario alla riorganizzazione economica dellAsia Minore. Insomma, un
oscuro dignitario e, com facile immaginarsi, una figura impopolare: si mormorava perfino che per punire i
suoi schiavi li gettasse vivi in pasto alle murene. Il suo
palazzo cittadino nellaffollatissima Subura (Esquilino),
grande come una piccola citt (Ovidio), era unesibizione provocatoria di lusso privato. Si offriva dunque la
possibilit di uniniziativa esemplare: il palazzo fu raso
al suolo e restituito al popolo, Livia e Tiberio vi
costruirono la splendida Porticus Liviae (7 a. C.), mentre il nome del vizioso Vedio Pollione fu condannato
alloblio. Come ebbe a commentare Ovidio: questo
significa fare il censore, questo significa dare lesempio
(Fast. VI 642).
Su un frammento della Forma Urbis (la pianta in
marmo della citt disegnata nel III secolo d. C.) la Por-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ticus Liviae appare come un poderoso quadrilatero di


circa 115 x 75 metri, edificato in mezzo a un antico groviglio di strade: ci si pu fare unidea delle dimensioni
e della posizione provocatoria del palazzo di Vedio,
affacciato senza alcun riguardo su una stradina e con un
angolo proteso in una via traversa. La Porticus Liviae
occupava lintero spazio edificabile del palazzo di Vedio,
ma larchitetto della casa imperiale non si preoccup di
intervenire sul sistema stradale preesistente, e il quartiere conserv il suo vecchio volto. Lo splendore della
pubblica magnificentia era qui rivolto tutto allinterno.
Un altro exemplum, diverso ma non meno efficace,
furono le quattro colonne provenienti dallatrio di
Marco Emilio Scauro. Quelle colonne, molto alte e preziose, le aveva fatte trasportare Scauro dalla Grecia, ed
erano poi state sistemate a scopo di propaganda elettorale nella scena del suo celebre ed effimero teatro di
legno, sovraccarico di opere darte, quando Scauro rivestiva la carica di edile, nellanno 58 a. C. (Plin., Nat.
hist. XVII 5 sg.; XXXVI 6). Successivamente erano
state trasferite nel suo palazzo. Anche in questo caso il
princeps fece abbattere una parte delledificio e restitu
al popolo le quattro colonne, cos ricche di valore simbolico, facendole inserire nella scena del teatro di Marcello. Da quel momento il popolo le avrebbe avute sotto
gli occhi come monito e simbolo di prestigio (Asc. in
Cic., Scaur. 45).
La Porticus Liviae doveva costituire unattrazione
molto forte per gli abitanti del quartiere, che lasciandosi alle spalle loscurit delle loro abitazioni e lintrico di viuzze tortuose della Subura potevano ora mettere piede negli splendidi porticati adorni di opere
darte, e godere la luce e laria buona dei giardini, il
piacere delle fontane e dei pergolati. In precedenza le
aree verdi si trovavano lontano, nel Campo Marzio
presso il Circo Flaminio: ora la casa imperiale offriva

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

anche alla plebs piaceri che un tempo erano riservati ai


ricchi. Come i portici pi antichi, anche la Porticus
Liviae serviva a dar lustro ai suoi fondatori, ma lo stile
adesso era diverso, si era fatto esemplare e pedagogico: allinterno del complesso Livia dedic un santuario alla Concordia, che venne significativamente consacrato nel giorno della Mater Matuta. A differenza
della dea venerata sul Foro, la Concordia era qui la protettrice della felicit domestica, e la famiglia imperiale si proponeva quale modello di una armoniosa vita
coniugale. In epoca pi tarda le giovani coppie di sposi
offriranno sacrifici davanti al gruppo statuario della
coppia imperiale, raffigurata come Marte e Venere nellatto di abbracciarsi.
Ville per il popolo.

Abbell talmente lUrbe, priva ancora della grandiosit


che la maest dellimpero richiedeva ed esposta a incendi e
inondazioni, che pot giustamente gloriarsi di aver trovato
una citt di mattoni e di lascarla di marmo (Suet., Aug. 28).

Oltre ai nuovi templi furono soprattutto i grandi


complessi ricreativi quelli che diedero a Roma un nuovo
volto. Mentre Augusto riserv a se stesso la costruzione degli edifici sacri, in questo campo si fece coadiuvare
non solo dai membri della sua famiglia ma anche dagli
amici. Il pi importante tra i suoi collaboratori fu Agrippa, la cui ferrea lealt verso Augusto lo fece valere anche
qui come il numero due del regime. Egli mise il suo
genio organizzativo le sue grandiose sostanze al servizio
esclusivo della citt e del suo rinnovamento urbanistico. Negli anni dopo Azio fece in modo che le promesse
demagogiche del 33 a. C. venissero mantenute una dopo
laltra. Anzitutto provvide alla riorganizzazione del-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

lapprovvigionamento idrico: attraverso gli acquedotti,


in parte riparati e in parte costruiti ex novo, grandiose
masse dacqua affluirono nella citt, cos da riempire,
attraverso centotrenta castelli di distribuzione, le settecento vasche di raccolta fatte costruire, secondo Plinio,
proprio in quegli anni (Plin., Nat. hist. XXXVI 121;
XXXI 51; Front., Aqu. 9). Le poderose arcate degli acquedotti davano al paesaggio unimpronta inconfondibile e ricordavano ovunque, insieme alle centinaia di
nuove fontane, la presenza ristoratrice dellacqua corrente nellangustia afosa della grande citt. Naturalmente i ricchi non persero loccasione per farsi costruire allacciamenti per uso privato.
La nuova Aqua virgo, inaugurata nel 19 a. C., serviva soprattutto allalimentazione delle terme fatte
costruire da Agrippa nella zona occidentale del Campo
Marzio vicino al Pantheon: si trattava delle prime terme
pubbliche di Roma. Confrontati con gli stabilimenti termali di epoca posteriore, i locali per lacqua e laria
calda appaiono ancora modesti, ma con i suoi ampi giardini, il laghetto artificiale (Stagnum Agrippae) adibito a
piscina (natatio) e gli impianti sportivi il complesso ricordava da vicino i ginnasi delle citt greche. Che la
somiglianza fosse voluta, malgrado la diversa denominazione, risulta dal fatto che Agrippa fece collocare lApoxyomenos di Lisippo davanti alledificio principale,
quasi a simbolo dellintero complesso. Unaltra lacuna
nellimmagine urbana era colmata.
Le terme occupavano la parte centrale dei Monumenta Agrippae: verso est confinavano con i Saepta Iulia, verso
nord col Pantheon. A est, oltre la Via Lata (oggi Via del
Corso), cera il Campus Agrippae, un parco celebre per le
sue belle piante di alloro, come pure la Porticus Vipsania,
che prendeva il nome dalla sorella di Agrippa; a ovest,
insieme alla villa di Agrippa, scuderie e maneggi per i
cavalli. Agrippa pot costruire tutti questi edifici e

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Roma, il Campo Marzio allepoca di Augusto.

impianti su terreni di sua propriet: terreni che in gran


parte erano appartenuti a Pompeo e ad Antonio.
La gigantesca area ricreativa davanti alle mura si
presentava come una sorta di villa a uso del popolo,
che poteva godervi in ogni caso i piaceri proverbiali
delle grandi ville: parchi, sentieri lungo i corsi dacqua
(euripus), bagni caldi, impianti sportivi e una quantit di
opere dellarte greca sparse dappertutto. Del resto,

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Agrippa aveva abbellito con statue e colonne (si pensi


alla celebre Hydra sul Foro) anche i suoi acquedotti e le
fontane (Plin., Nat. hist. XXXVI 121), mettendo cos in
pratica il discorso sulla necessit di esporre in pubblico tutte le immagini e le statue (greche), che lui stesso
aveva tenuto nel 33 a. C. Plinio, che conosceva quel
discorso, lo definisce grandioso e degno del miglior cittadino, e lo mette in rapporto con gli exilia subiti in
passato dalle opere darte nelle ville dei ricchi (Plin.,
Nat. hist. XXXV 26). Su questo punto gli intellettuali
tardo repubblicani avevano molto insistito, e il princeps
con i suoi collaboratori rispose con gesti ad effetto. Di
una espropriazione sistematica delle opere darte in
mano ai privati non si poteva naturalmente parlare, ma
si potevano intraprendere iniziative demagogiche di
grande efficacia. E laspetto decisivo non era la quantit di opere darte rese ora accessibili al grande pubblico, ma il fatto che la cosa avvenisse secondo un piano
preciso. Il popolo si sentiva il vero proprietario di quelle celebrit: lo si sarebbe visto pi tardi, quando Tiberio tenter di far portare nel suo palazzo lApoxyomenos
di Lisippo e la plebe si opporr con successo al colpo di
mano (Plin., Nat. hist. XXXIV 62).
Al centro degli edifici di Agrippa sorgeva il vecchio
Pantheon, precursore di quello adrianeo, che anche qui,
nel cuore dellarea dedicata al tempo libero, richiamava
lattenzione sulla figura di Augusto. Secondo il costume
ellenistico il Pantheon era infatti destinato al culto del
sovrano e dei suoi di tutelari, e in origine la statua di
Augusto doveva venire collocata proprio nel centro del
sacrario, fra quelle delle sue divinit tutelari. Conformemente al nuovo stile, dopo la svolta del 27 a. C.
Augusto volle che la statua venisse allontanata dalla
cella del tempio e collocata nel pronao, accanto alla statua di Agrippa (Dio. Cass., 53,27,2). Ma il gesto non
modific in nulla la funzione delledificio. Il frontone

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

del tempio, come anche quello del Pantheon posteriore,


era probabilmente decorato con una corona civica sorretta dallaquila di Giove.
Proprio accanto al Pantheon sorgevano i Saepta, la
costruzione che conteneva la pi vasta area non edificata
della citt: si trattava di un ambiente destinato agli scrutini elettorali della plebs, secondo un progetto gi di
Cesare, che Agrippa realizz ora nellambito del suo
piano urbanistico. Larea era delimitata da due porticati marmorei lunghi 300 metri e da un edificio largo 95
metri per lo spoglio dei voti (diribitorium).
Lenorme edificio veniva insomma a simboleggiare
la dignit politica della plebe proprio quando il popolo
aveva ormai sempre meno occasioni di andare alle urne
(e tra breve non ne avrebbe pi avuta nessuna). In
realt, i Saepta sarebbero serviti soprattutto ai combattimenti dei gladiatori e alle naumachie, ma venivano utilizzati volentieri anche per dare una cornice spettacolare agli incontri fra il popolo e la casa imperiale: fu qui,
ad esempio, che Tiberio venne accolto con entusiasmo
dopo le sue vittorie sugli Illiri.
Come molti altri portici, i Saepta erano usati da mercanti di ogni genere come un grande bazar, ed erano
pieni di sfaccendati in tutte le ore del giorno. Anche qui
si potevano vedere celebri opere darte, tra cui due gruppi ellenistici fatti collocare da Agrippa: il centauro Chirone col suo discepolo Achille, e Pan che insegna a suonare la siringa al giovane Olimpo (Plin., Nat. hist.
XXXVI 36,29). I due gruppi maestro-allievo si riferivano forse alle lezioni scolastiche che si tenevano sicuramente anche allinterno dei Saepta. Quanto al gruppo
omoerotico di Pan e Olimpo, esso dimostra come Agrippa non fosse affatto un moralista nelle questioni darte,
e fosse anzi piuttosto incline ai piaceri dei sensi.
Ai propri meriti personali Agrippa alludeva con
molto riserbo. Uno dei lunghi porticati presentava un

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ciclo pittorico dedicato allimpresa degli Argonauti: qui,


come anche nel nome della Basilica Neptuni, si pu vedere unallusione ai suoi buoni servigi di ammiraglio, per
i quali Augusto lo aveva gi ricompensato dopo Nauloco con una corona rostrata. per significativo il fatto
che Agrippa non volle dare il proprio nome alledificio,
ma lo consacr come Saepta Iulia (26 a. C.).
Anche la mappa dellimpero fatta redigere da Agrippa e sistemata poi da Augusto nella Porticus Vipsania
(Plin., Nat. hist. III 17), serviva a intrattenere la folla a
passeggio: il suo scopo era di fornire unidea dellimpero
e di rafforzare nei Romani lorgoglio di essere il princeps terrarum populus (Liv., Praef.). Si pensi alle suggestive mappe marmoree dellImperium Romanum fatte collocare da Mussolini sulle rovine della Roma antica lungo
quella che allora si chiamava appunto Via dellImpero.
Vicino ai luoghi venerabili del Foro, e nellambito del
suo programma di edilizia stradale, gi nel 20 a. C.
Augusto aveva fatto collocare una pietra miliare dorata
(miliarum aureum), simbolo di Roma come centro del
mondo.
Anche lapprovvigionamento dei cereali era unoccasione per ricordare al signore dei popoli la sua dignit:
gli Horrea Agrippiana, di cui studi recenti hanno permesso di ricostruire con esattezza lubicazione dietro il
Foro, erano costruiti in semplice travertino, ma con
unornamentazione ragguardevole, in cui non mancavano addirittura le colonne corinzie. Nessuno ha contribuito alla publica magnificentia di Roma come Agrippa,
n in modo altrettanto sistematico (Sen., De ben. III
32,4). Alla sua morte, e solo per provvedere alla manutenzione degli acquedotti, si dovette assumere alle
dipendenze dello Stato un corpo di duecentoquaranta
uomini bene addestrati, che Agrippa aveva pagato fino
ad allora con i propri mezzi (Front., Aqu. 116).

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

La presenza della famiglia imperiale nellimmagine


urbana.
Alcuni edifici li fece costruire a nome di altri, per
esempio dei suoi nipoti, di sua moglie e di sua sorella, come
il Portico e la basilica di Gaio e Lucio Cesare [sul Foro],
il Portico di Livia e quello di Ottavia, il Teatro di Marcello (Suet., Aug. 29).

Solo Augusto poteva confrontarsi con Agrippa in


fatto di publica magnificentia, ma i suoi complessi ricreativi avevano un diverso, pi immediato significato politico. Port a termine i grandi edifici iniziati da Cesare
(la basilica Giulia, il Forum Iulium), rinnov alla grande il teatro di Pompeo e complessi di minori dimensioni come la Porticus Octavia, sistem larea verde intorno al suo Mausoleo, fece scavare nellattuale quartiere
di Trastevere un lago artificiale allinterno del Nemus
Caesarum, destinandolo alle battaglie navali, finanzi il
nuovo mercato coperto sullEsquilino, il Macellum Liviae
e vari altri edifici (Res Gestae 19-21).
A nord degli edifici di Agrippa sorgeva, nella zona
adibita a parco vicino al Mausoleo di Augusto, il grandioso Solarium Augusti, consacrato nel 10 a. C.: il pi
grande orologio solare di cui si abbia memoria. Come
ago dellorologio (gnomon) venne utilizzato un obelisco di trenta metri, proveniente dallEgitto, che si trova
oggi sulla Piazza di Montecitorio. Lobelisco proiettava
la sua ombra su un vasto tracciato a linee e lettere di
bronzo, con funzione al tempo stesso di orologio e di
calendario: la scritta sullo zoccolo dellobelisco ricordava ancora una volta la vittoria sullEgitto, di ormai
ventanni prima. Lobelisco era per consacrato, e significativamente, anche al Sole. Il giorno del compleanno
di Augusto lombra dello gnomone indicava proprio il
punto centrale della vicina Ara Pacis Augustae, poich

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Roma, portici e templi nella zona del teatro di Marcello. Dalla Forma Urbis.

nella costellazione della sua nascita era stata letta come


una prefigurazione divina: Augusto era natus ad pacem.
Lorologio solare era un monumento sontuoso, passeggiare sul suo gigantesco tracciato doveva essere una
piacevole emozione, tanto pi che i costruttori avevano
pensato anche ai molti abitanti e visitatori orientali presenti a Roma e, dandosi un aria cosmopolita, avevano
tradotto le iscrizioni anche in greco.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

A sud degli edifici di Agrippa e al di l del Circo Flaminio sorgevano luno accanto allaltro i templi e i portici dei trionfatori del secondo secolo, che, opportunamente restaurati e rinnovati, diedero la loro parte di
contributo alla gloria della casa imperiale. Il ricordo dei
loro fondatori repubblicani era intanto quasi del tutto
svanito. Cos, ad esempio, la Porticus Octavia era stata
costruita nel 168 a. C. da Gneo Ottavio dopo la sua vittoria navale su Perseo, re di Macedonia: ledificio, famoso per i suoi preziosi capitelli di bronzo, fu fatto restaurare da Augusto, il quale non ebbe in questo caso alcuna difficolt a rinunciare al proprio nome (Res Gestae
19), visto che era gi il nome originario. Fece poi collocare nel portico restaurato le insegne militari strappate
ai Dalmati durante le guerre in Illiria.
La Porticus Metelli, fatta costruire nel 147 a. C. da
Quinto Cecilio Metello vincitore dei Macedoni intorno
ai templi di Giove Statore e di Giunone Regina, fu
invece sostituita da una Porticus Octaviae nuova di
zecca: ledificio fu finanziato da Augusto in onore della
sorella Ottavia, che vi dedicher pi tardi una schola con
biblioteca in memoria del figlio Marcello, morto nel 23
a. C. Il giovane aveva sposato Giulia, figlia unica di
Augusto, che lo aveva presentato gi nel 29 a. C. come
il suo erede potenziale. In suo onore verr costruito pi
tardi il teatro omonimo.
In questo avvicendamento anche le famose opere
darte che Metello aveva collocato nelledificio acquistarono un significato nuovo: le statue di Venere e di
Eros, opere di maestri classici, come anche il celebre monumento equestre di Lisippo che raffigurava Alessandro
e i suoi venticinque compagni, diventavano ora altrettante allusioni ad Augusto. Non aveva egli portato il
sigillo di Alessandro, e non dedicava forse nei suoi
monumenti sempre nuove immagini alla memoria del
grande Macedone?

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Lesempio della Porticus Metelli/Octaviae del resto


solo uno fra i tanti: ormai non cera acqua che non finisse al mulino di Augusto.
Applauso e ordine. Il teatro come luogo dincontro fra
il princeps e il popolo.
Nelle immediate vicinanze dei portici sorsero due
nuovi teatri: il teatro di Marcello, fatto costruire da
Augusto, con circa 12-15 000 posti, e quello un po pi
piccolo del giovane Balbo. Se si considera anche il teatro restaurato di Pompeo potevano trovare posto almeno 40 000 persone, in caso di rappresentazioni simultanee. A questi vanno poi aggiunti, nella stessa zona, altri
due complessi destinati ad attivit ludiche e sportive: i
Saepta e lanfiteatro di Statilio Tauro. Nellarco di quindici anni il Campo Marzio era diventato un vero centro
culturale.
Diversamente dal Senato repubblicano, Augusto non
temeva i cittadini a teatro, anzi cercava le occasioni di
incontro: nel plauso e nel saluto della folla vedeva unespressione del consenso generale e una conferma tangibile della sua azione politica. Perfino le occasionali proteste suscitate da alcuni provvedimenti, come quella
degli equites contro le restrizioni finanziarie delle leggi
sul matrimonio (9 d C.), o la gi citata reazione popolare allallontanamento dellApoxyomenos di Lisippo, non
erano del tutto malviste poich davano una certa concretezza al dialogo tra il popolo e il princeps. Si
detto, e non a torto, che il teatro di epoca imperiale
venne in qualche modo a sostituire, come luogo di incontro politico, le vecchie assemblee popolari e i comizi elettorali di et repubblicana, procurando al principato una sorta di legittimazione simbolica di tipo plebiscitario. La folla era contenta che il sovrano si divertisse

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

in sua compagnia e seguisse con manifesto interesse


anche gli spettacoli pi noiosi, mandando le sue scuse se
non poteva intervenire: Cesare aveva dovuto sbrigare la
posta.
Nella publica magnificentia rientravano anche i giochi, e per lo splendore (magnificentia), il numero e la
variet dei giochi Augusto super tutti i suoi predecessori (Suet., Aug. 43). Cerano i giochi annuali, che
facevano parte del calendario religioso, e quelli straordinari: allepoca di Augusto si contavano ben sessantasette giorni allanno dedicati ai giochi. Il loro allestimento toccava ai magistrati, che avevano per loccasione la facolt di contribuire alle spese di tasca propria, con
una somma fino a tre volte superiore a quella prevista
dallerario, e non di rado nel caso dei meno abbienti fu
Augusto ad assumersene i costi. Nelle sue Res Gestae egli
si vanta fra laltro di aver indetto otto volte spettacoli
di gladiatori per un totale di 10 000 combattenti, e ventisei volte combattimenti di animali feroci per un totale di circa 3500 animali uccisi. Insieme alle corse di
cavalli nel Circo erano i giochi preferiti dai Romani, ma
i numeri che abbiamo riportato rischiano di far dimenticare che questi divertimenti di massa non riscuotevano in Augusto un particolare favore: Traiano, ad esempio, offr in una sola volta pi materiale di quanto n
abbia offerto Augusto in quarantanni di regno. Colpisce anche il fatto che tra i molti edifici pubblici di Augusto non si trovi nessun grande anfiteatro di pietra.
Quanto al piccolo anfiteatro di Statilio Tauro, esso risale ai primi anni del principato e non fa parte con ogni
evidenza del programma augusteo. Solo Vespasiano, per
il resto assai parsimonioso, provveder in grande a questi divertimenti di massa, facendo costruire il Colosseo
per i giochi dei gladiatori e i ludi venatores. Ma la distanza presa da Augusto in materia di anfiteatri valeva evidentemente solo a Roma, giacch nei progetti delle colo-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

nie augustee, come ad esempio la colonia iberica di Emerita Augusta, la costruzione di un anfiteatro era prevista fin dallinizio.
In certe occasioni le idee del princeps erano per
davvero grandiose. Per linaugurazione del Foro di
Augusto e del tempio di Marte Ultore egli organizz,
ad esempio, dei giochi nel Circo con duecentosessanta leoni, fece disputare sul Foro il lusus Troiae con la
partecipazione del principe Agrippa Postumus, e inoltre dei giochi di gladiatori nei Saepta e una caccia ai
coccodrilli (per lesattezza trentasei) nel Circo Flaminio (Dio. Cass., 55,10). Per commemorare la vittoria
di Azio fece scavare una gigantesca naumachia al di
l del Tevere e vi fece rappresentare la battaglia di
Salamina tra gli Ateniesi e i Persiani, con un totale di
tremila uomini e trenta navi pesanti, oltre a un gran
numero di navi leggere. In queste feste di Stato, dal
forte contenuto ideologico, il princeps non badava a
spese pur di imprimere nel cuore e negli occhi del
popolo romano immagini indimenticabili (Vell. Pat.,
II 100,2).
Ma soprattutto ad Augusto stava a cuore il teatro,
che oltre ad essere il luogo dincontro tra il princeps e il
popolo svolgeva anche unimportante funzione culturale e pedagogica. La nuova Roma aveva bisogno di teatri splendidi, proprio perch il teatro e la scena avevano svolto un ruolo decisivo nelle citt greche, e soprattutto nellAtene del periodo classico: senza teatri laspirazione di Roma a diventare il centro anche culturale dellimpero sarebbe rimasta poco credibile. Anche
limpulso dato al teatro nascondeva, insomma, la preoccupazione di stare alla pari con i Greci. Le due grandi
manifestazioni atletiche greche indette da Augusto rientrano nello stesso quadro, e perfino le Res Gestae (22)
ne parlano con orgoglio, sebbene questo tipo di gare si
conciliasse ancor meno del teatro coi mores maiorum.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Sappiamo che le opere dei poeti fedeli al regime


venivano rappresentate o lette nei teatri di Roma, che
a certe opere teatrali come il Tieste di Vario, Augusto
assegnava ricchi premi (un milione di sesterzi), e che Virgilio era festeggiato dal pubblico. Sarebbe interessante
conoscere i programmi teatrali di quegli anni, e sapere
in che misura le nuove interpretazioni dei miti fossero
politicizzate: questo ampio settore del linguaggio visivo andato perduto quasi del tutto. sicuro, invece,
che la fortuna del teatro impegnato non dur a lungo, e
in breve tempo furono la farsa e soprattutto la pantomima a dominare le scene.
I nuovi teatri ebbero inoltre un ruolo non secondario anche nel consolidamento della gerarchia sociale,
offrendo allo spettatore la possibilit di percepire visivamente il proprio status. Gi nel II secolo a. C. il Senato aveva riservato per s le prime file di posti e lorchestra, e agli equites quelle successive. E gi nella tarda
repubblica non mancavano i posti punitivi: Cicerone
(Phil. 2,44) parla di un settore riservato ai bancarottieri. Ma a questo punto intervenne Augusto con la sua lex
Iulia theatralis, che prevedeva una distribuzione dei posti
ancora pi differenziata, per merito e rango sociale.
Nellorchestra sedevano i senatori e, in particolare evidenza, i sacerdoti e i magistrati; venivano poi i cavalieri con un censo di almeno 400 000 sesterzi. Dopo gli
equites, nel vasto settore intermedio sedevano i cittadini liberi, suddivisi per tribus come nelle distribuzioni di
cereali: panem et circenses. Dietro a tutti prendevano
posto i non cittadini, le donne e gli schiavi, nei limiti in
cui era loro consentito laccesso al teatro. Purtroppo i
particolari a nostra conoscenza sono incompleti e confusi. Sappiamo per che i soldati erano divisi dal popolo, che i bambini occupavano un settore apposito insieme ai loro pedagoghi e che le leggi sul matrimonio
prevedevano posti migliori per gli sposati e i padri con

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molta prole, mentre per qualche tempo fu addirittura


proibito lingresso agli scapoli incalliti. Sembra infine
che anche le corporazioni artigiane avessero dei settori
riservati.
Dato lenorme significato sociale dei giochi, questi
privilegi e queste discriminazioni il diritto di sedere
con qualcuno o lobbligo di restarne separato toccavano il punto nevralgico dellidentit borghese. La
netta separazione tra i diversi settori e la vigile sorveglianza reciproca dei vari ordini facilitavano losservanza delle norme. Il princeps si atteneva sempre strettamente alle distinzioni di ceto per esempio non avrebbe mai invitato un liberto alla sua tavola ma poich
daltra parte i vari ordini possedevano compiti e prerogative precise, e la possibilit di una lenta scalata sociale era pur sempre aperta, la struttura rigorosamente
piramidale della societ romana era in larga misura accettata. La possibilit di sperimentarla visivamente in
occasione dei riti e delle feste contribu in misura notevole al processo di normalizzazione.
La stessa struttura architettonica del teatro contribuiva a dare unimmagine icastica della stratificazione
sociale. Nelle molte costruzioni nuove o ristrutturate, i
vari ordini di posti apparivano in forte risalto, e non si
trattava solo di una questione ottica. Anche le ingegnose strutture di sostegno su cui poggiava il semicerchio
della cavea (la platea) vennero messe al servizio della
gerarchia sociale: come risulta da molti teatri augustei,
il sistema dei corridoi e delle scale a volta serviva non
solo al flusso e al deflusso ordinato delle masse di spettatori, ma anche a distinguerli per rango sociale: cos il
popolino, i cui posti erano in alto, non doveva venire in
contatto con gli spettatori pi distinti, non diversamente dai teatri dellopera dellOttocento borghese.
Due generazioni pi tardi questo sistema logistico toccher il suo culmine con il Colosseo.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Come appare dalla disposizione dei posti a teatro,


linstaurarsi della monarchia non modific per nulla la
struttura piramidale della societ romana, anzi, sotto
Augusto le barriere di classe tornarono pi rigide. La ricchezza delle classi agiate poggiava sul grande latifondo,
lagricoltura restava come prima la principale attivit
economica. Lappartenenza ai tre ordines che formavano lo strato sociale pi elevato senatori, cavalieri e ceti
dirigenti municipali (decuriones) dipendeva dal possesso di un certo patrimonio e poteva capitare che Augusto contribuisse di persona con aiuti economici ai senatori per garantire la continuit delle classi alte. Ma la ricchezza non era tutto: non meno importanti erano lestrazione e il buon nome (dignitas). Il principio aristocratico veniva insomma conservato e la rivoluzione
romana ebbe una decisa impronta conservatrice.
Le barriere tra i ceti superiori e quelli inferiori, tra
i membri dei tre ordines e il resto della popolazione,
erano decisive per la dignitas sociale, ma non per lagiatezza: significativamente, si giunse pi tardi a distinguere in maniera categorica tra honestiores e humiliores.
Cos un cittadino di oscuri natali veniva escluso automaticamente, anche se molto ricco, dallaccesso alle
magistrature statali e municipali, e perci dallappartenenza a uno dei tre ordines. Pertanto anche i ricchi liberti sedevano a teatro nelle file posteriori. Salire
dallo strato inferiore a quello superiore nellarco di una
sola generazione era pressoch impossibile, ma i figli e
i nipoti di un ricco schiavo potevano anche riuscire
nellimpresa, e la ricchezza era in questo caso il fattore decisivo.
La monarchia consolid dunque le vecchie barriere,
creando per nello stesso tempo nuove valvole di sfogo
per le tensioni sociali e offrendo nuove possibilit di
emancipazione e di carriera, che finirono per modificare, sia pure lentamente, la struttura della societ.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

La composizione delle vecchie e nuove magistrature


sacerdotali e il culto del sovrano a cui esse erano dedite sono un buon esempio degli stretti legami esistenti fra
i vari ceti e limperatore: i loro meriti verso questultimo erano motivo di prestigio sociale e creavano le condizioni per una possibile ascesa, soprattutto per quanto
riguarda i personaggi pi in vista nellambito delle varie
cariche. Gli equites svolgevano incarichi di responsabilit nellamministrazione dellimpero e nellesercito, e
potevano trovare cos la via daccesso al Senato. Anche
i decuriones delle citt potevano richiamare lattenzione
su di s per i servigi svolti nelle proprie comunit, e non
di rado riuscivano poi a ricoprire cariche pi importanti o a entrare in Senato, la cui composizione mut
gradualmente nel corso del I secolo d. C., prima a vantaggio degli italici e poi dei provinciali. Gli schiavi e i
liberti dellimperatore godevano ovviamente di un prestigio molto pi alto rispetto ai loro compagni di ceto:
simili in questo ai ricchi liberti delle citt che, in quanto augustales (membri di confraternite imperiali), ossia
ancora in virt del culto tributato allimperatore, poterono configurarsi come un nuovo ceto intermedio fra
decuriones e populus. Vedremo in seguito quali espressioni monumentali abbiano lasciato questi gruppi emergenti e in che misura abbiano contribuito alla diffusione del nuovo linguaggio visivo.
Immagine urbana e ideologia.
I grandi teatri davano unimpronta inconfondibile
allaspetto urbano della Roma augustea. Soprattutto il
teatro di Marcello e quello di Balbo offrivano ai visitatori unimmagine particolarmente significativa della pietas e della publica magnificentia proprie della nuova
Roma. Lemiciclo delle due caveae era disposto in modo

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tale che, durante le pause degli spettacoli, lo sguardo


poteva spaziare attraverso le arcate dei corridoi perimetrali su un paesaggio urbano unico al mondo, fatto di
templi marmorei e di sontuosi complessi ricreativi. Dal
teatro di Marcello si vedevano i portici del II secolo a. C.
appena restaurati, coi loro templi e giardini, si vedeva
il Circo Flaminio coi suoi monumenti celebrativi, il
nuovo tempio di Apollo Sosiano e quello di Bellona, cos
vicini alle arcate del teatro che sembravano toccarlo. Lo
sguardo poteva spaziare fino al tempio di Giove Capitolino. Dai camminamenti del teatro di Balbo si vedevano invece i quattro templi dellArea sacra, sullattuale
largo Argentina. Erano questi i paesaggi urbani pi
amati dal princeps.
Nella descrizione della Roma tardoaugustea fatta da
Strabone, il Campo Marzio occupa oltre due terzi dellintero testo. Gli edifici marmorei della citt-giardino
colpivano lo scrittore greco pi dei Fori, dei nuovi templi, del Campidoglio e dello stesso Palatino:
La grandezza del Campo Marzio [qui Strabone intende la
parte nord] impressionante. Essa permette che vi si svolgano simultaneamente e senza ostacolarsi corse di carri e
ogni altro tipo di evoluzioni equestri. Si vedono poi schiere di pugilatori, di giocatori con la palla e col cerchio.
Dappertutto si trovano opere darte, i giardini sono verdi
in ogni stagione e la cerchia dei colli che sovrastano e
scendono fino al Tevere forma una scenografia che non si
smette facilmente di ammirare. Vi poi una seconda spianata [la parte sud del Campo Marzio], fiancheggiata da
numerosi portici in tondo, da boschetti sacri, tre teatri, un
anfiteatro e i templi pi sontuosi in successione ininterrotta come se volessero far apparire il resto della citt
unappendice (Strab., V 3,8).

Strabone vide la Roma augustea quando la maggior

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parte degli edifici era ormai ultimata. Ma i Romani del


tempo la videro nascere. Cos in Virgilio la descrizione del fervore edilizio a Cartagine, la citt della regina Didone, rispecchia latmosfera frenetica e fiduciosa che negli anni venti emanava dai cantieri aperti in
tutta Roma (Aen. I 418 sgg.). Tutti cooperavano come
in un alveare: dovunque si gettasse lo sguardo, si vedevano operai al lavoro. Lidea programmatica di
costruire grandiosi edifici pubblici che rispecchiassero la maest dellimpero (Vitr., Praef) si stava realizzando sotto gli occhi di tutti. Chi ha conosciuto per
esperienza la politica edilizia del nazismo e del fascismo, sa che la suggestione emotiva dei cantieri difficilmente superabile.
Ma, nonostante i suoi templi marmorei e i sontuosi
complessi ricreativi, la nuova Roma non divent una
citt ellenistica come Cesare avrebbe voluto. Secondo i
suoi progetti il corso del Tevere doveva essere deviato
e il Campo Marzio, ampliato, doveva diventare una
citt razionale, con un sistema stradale ad angolo retto
e insulae di grandezza uniforme. Da un gigantesco teatro appoggiato alle spalle del Campidoglio si sarebbe
potuto dominare con lo sguardo la nuova citt-modello
(Suet., Iul. 44). Nerone riprender, pi tardi, questi
sogni urbanistici, ma la visione di Augusto era diversa,
poich interventi e innovazioni radicali erano incompatibili con la sua linea politica. La pietas imponeva di
venerare gli antichi luoghi di culto, lo stile politico esigeva rispetto per la propriet privata e i mores maiorum,
ma anche una certa semplicit nei quartieri residenziali. Per questo motivo il sistema stradale rimase in gran
parte immutato. Su una pianta della citt risalente al m
secolo d. C. i quartieri pi antichi e affollati si presentano ancora come un dedalo di strade e viuzze tortuose, cresciute nei secoli in piena anarchia.
Ma anche qui il princeps volle lasciare la sua impron-

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ta ordinatrice, sia pure sotto unaltra forma. La citt fu


suddivisa in quattordici regioni e duecentosessantacinque vici (circoscrizioni urbane). Ogni vicus aveva una
propria amministrazione scelta dagli abitanti e formata
da quei magistri e ministri di cui si parlato a proposito
del culto dei Lari e del genius Augusti. Essi svolgevano
inoltre piccoli incarichi di sorveglianza, provvedevano a
spegnere gli incendi e al mantenimento dellordine pubblico e controllavano che fossero rispettate le norme
edilizie emanate da Augusto. Le case non potevano
superare i 70 piedi di altezza (21 metri), ma anche lo
spessore dei muri e altri parametri analoghi erano fissati con precisione.
I mali cronici dei vecchi quartieri residenziali erano
gli incendi e le inondazioni, e anche qui il princeps tent
di porre rimedio: il corpo dei vigili del fuoco fu riformato due volte e gli argini del Tevere vennero rinforzati. Ordine e sicurezza migliorarono la qualit della vita
nei quartieri della citt anche per quanto riguarda la funzionalit dellapprovvigionamento alimentare, che poteva ora contare su dati pi precisi. I culti compitali dei
vici con le loro feste primaverili ed estive diventarono
momenti di incontro sociale e occasioni di un pi stretto vicinato, con ovvie e positive conseguenze anche in
materia di ordine pubblico.
Tutte queste misure contribuirono senza dubbio a
un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita,
ma non modificarono per nulla limmagine semplice e
antiquata dei quartieri di abitazione. Strabone non
aveva torto: dal punto di vista estetico la citt vecchia
appariva davvero come unappendice della nuova Roma
marmorea. Che questo stato di cose riflettesse una precisa direttiva del regime risulta dal grande muro perimetrale del Foro di Augusto, un monumento unico,
destinato a suscitare la meraviglia dei posteri. Ancor
oggi si pu vedere come questo gigantesco recinto alto

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fino a 33 metri, e fatto di massi di tufo ben squadrati e


ordinatamente sovrapposti, superasse in altezza perfino
il tetto del tempio di Marte Ultore: cosi che dalle strade e dalle case della Subura non era pi possibile vedere gli splendidi edifici marmorei del Foro. Bench dallinterno del Foro la muraglia fosse poco visibile, essa
superava col suo slancio monumentale tutte le case circostanti. Naturalmente la costruzione aveva uno scopo
pratico, quello cio di proteggere il prezioso santuario
dai frequenti incendi della Subura. Ma la sua forma
monumentale dal sapore arcaico le conferiva inoltre, nel
paesaggio cittadino, un evidente carattere simbolico,
poich segnava il confine tra la semplicit dei quartieri
di abitazione e la maiestas e magnificentia dei templi e dei
pubblici edifici. Agli occhi del Romano del tempo il suo
significato era per anche un altro: il percorso irregolare
del muro, dalla linea spezzata ad angoli e gomiti, testimoniava quanto fosse scrupoloso il rispetto di Augusto
per la propriet privata: Fece costruire il suo Foro pi
piccolo di quello che era stato previsto perch non osava
espropriare le case vicine (Suet., Aug. 56).
Naturalmente il princeps non avrebbe avuto difficolt a entrare in possesso del terreno edificabile, ma la
sua preoccupazione era di far vedere che egli intendeva
rispettare le leggi non meno dei suoi concittadini.
Se diamo ora uno sguardo alla Roma della tarda
repubblica, nel corso di una sola generazione laspetto
della citt appare incredibilmente mutato. E forse nulla
ebbe un effetto cos immediato e profondo sulla mentalit generale quanto i fatti di cui ci siamo occupati. Il
modello della capitale si diffuse in tutta la met occidentale dellimpero, e si concretizz in centinaia di
nuovi assetti urbanistici in cui la cultura romana assunse per la prima volta un aspetto visivo omogeneo.

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3.

MORES MAIORUM.

Semplicit e sobriet, uneducazione rigida, severit di costumi,ordine e sottomissione nella famiglia e


nello Stato, coraggio e spirito di sacrificio: erano queste
le virt che dallinizio del processo di ellenizzazione i
Romani evocavano sotto letichetta di mores maiorum,
proprio mentre la citt si allontanava sempre pi rapidamente dai valori tipici di una societ arcaica. Intanto, la necessit di un rinnovamento morale era diventata una parola dordine: senza un ritorno alle virt degli
antichi non era possibile il risanamento dello Stato.
Per quanto questi appelli siano frequenti nella storia, e per quanto vago, astratto ed effimero sia in genere il loro contenuto, la presa emotiva che li accompagna
spesso straordinaria. Fanno parte di un repertorio
fisso, che potremmo definire come leterna attesa di un
mondo nuovo.
La riforma dei costumi.
O tempi immorali! Prima avete macchiato il matrimonio, la stirpe e la casa. Ora da questa fonte si rivers la
sventura sulla patria e il popolo

cos lamentava Orazio (Carm. III 6) ancora nel 29 a. C.


Insieme allindifferenza religiosa, limmoralit era considerata il male pi grave, la causa principale della
decadenza. Augusto si proponeva di indurre anche in
questo campo un mutamento di mentalit e di correggere perfino la morale sessuale con opportune misure
punitive o di incoraggiamento: si trattava, per esempio,
di convincere i Romani dei ceti pi elevati a fare pi
figli. Il primo tentativo (fallito) di una legislazione in
questo senso coincide significativamente col program-

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ma di riforma religiosa degli anni 29 e 28 a. C. Le


famose leggi sul matrimonio e sulla morale dellanno 18
costituirono, invece, la piattaforma ideologica dei ludi
saeculares dellanno successivo e furono accompagnate
da una rigorosa epurazione del Senato. A queste leges
Iuliae, che prevedevano fra laltro la punibilit giuridica delladulterio (!), severe sanzioni contro i non
sposati soprattutto in materia ereditaria, come anche
premi e incentivi per le famiglie numerose, Augusto
attribuiva un significato centrale nel suo programma di
rinnovamento.
Realizzare in questo campo una propaganda per
immagini non era facile, ma il princeps fece quanto
poteva, cercando exempla efficaci fino in tarda et. Cos
ad esempio non esit a leggere in Senato un discorso
Sullincremento delle nascite tenuto dal censore Q. Cecilio Metello nellanno 131 a. C., come se lo avesse appena scritto (Liv., Per. 59; Suet., Aug. 89). A una schiava particolarmente prolifica fu dedicata una statua. Un
uomo vecchissimo di Faesulae fu accompagnato solennemente in Campidoglio con tutti i suoi sessantuno discendenti: fu quindi celebrato un sacrificio e lavvenimento
fu pubblicato negli acta, il bollettino degli affari di
governo (Plin., Nat. hist. VII 6o). Ancora nellanno 9 d.
C., quando gli equites protestarono in teatro contro le
leggi matrimoniali, nel frattempo gi mitigate, soprattutto a causa delle sanzioni economiche previste, Augusto fece venire i figli di Germanico, ne prese uno in braccio, fece sedere gli altri in grembo al padre e invit con
lo sguardo e col gesto della mano a prendere quelluomo ad esempio (Suet., Aug. 34).
Anche i poeti amici furono chiamati a collaborare, a
mostrare come il sorgere dei tempi nuovi fosse legato al
miglioramento dei costumi. Sembra quasi di sentire la
riluttanza con cui Orazio lim gli austeri versi:

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Vagano sicuri per la campagna i buoi,


fecondano i campi Cerere e il tempo buono,
vagano i marinai per il mare tranquillo,
la fede non tollera colpe,
casta la casa e senza macchia dadulterio,
leggi e virt domano il contagio del vizio,
da figli uguali al marito lode alle madri,
la pena incombe sulla colpa.
(Carm. IV 5,17-24; trad. di M. Ramous).

Al contrario dei programmi di rinnovamento religioso e di publica magnificentia, la riforma morale con i
suoi inviti allausterit era condannata naturalmente allo
scacco. Soprattutto la campagna demografica rimase
senza ascolto, poich i gruppi a cui il princeps si rivolgeva
con pi insistenza scuotevano la testa. Si reagiva con
battute di spirito, e personaggi come Ovidio non resistettero alla tentazione di commentare quegli inviti con
allusioni mordaci. In fondo, questa massiccia interferenza moralizzatrice nella vita privata dei Romani
mal si adattava allo stile del nuovo regime: Augusto era
come prigioniero della propria missione, della sua
fede in un rinnovamento anche interiore. curioso
vedere questo politico realista, freddo calcolatore, nei
panni del predicatore instancabile, sempre pronto a citare esempi commendevoli presi dallantica letteratura e
a mandarli perfino ai governatori delle province (Suet.,
Aug. 89). E proprio limpegno con cui Augusto si prese
a cuore questo programma, e insieme la scarsit dei
risultati, a spiegare il suo comportamento inumano verso
la figlia Giulia e la nipote dello stesso nome. La libert
di costumi delle due giovani, attratte, come Ovidio,
dalla dissolutezza dionisiaca della jeunesse dore, e sempre al centro di vivaci pettegolezzi, lo colpi nel suo
punto debole: furono entrambe cacciate, e Augusto si
rifiut per tutta vita di riconciliarsi con loro.

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Anche nel campo figurativo gli artisti, che pure avevano accettato di buon grado il programma di rinnovamento religioso, non ebbero grandi idee al riguardo. Sui
rilievi dellAra Pacis i bambini erano in primo piano, ma
purtroppo non ce nerano molti; pi tardi invalse luso
di distribuire come decorazioni militari delle medaglie
con le figure dei principi e dei loro bambini, e cos via.
Ma tutto ci ha a che fare piuttosto con la continuit
della dinastia imperiale.
Si tratta per di unimpressione ingannevole. Se la
morale coniugale e il culto della prole non trovano unespressione diretta nel linguaggio artistico, essi entreranno presto a far parte in forma sublimata del tema utopico dellet delloro.
Il princeps come modello.
Il principale exemplum era per lo stesso Augusto, il
quale impront il suo modo di vivere e le sue comparse
in pubblico a una scrupolosa osservanza dei mores maiorum. Era soprattutto nella sua persona che immagine e
realt dovevano armonizzarsi (Vell. Pat., 2,165,5). Nelle
sue comparse in pubblico non poteva fare a meno di colpire il suo stile sobrio e misurato, dal modo di camminare al modo di esprimersi, la sua affabilit con le persone pi semplici, il suo rispetto verso i senatori, la sua
disciplina e il suo autocontrollo. I visitatori descrivevano la semplicit patriarcale della sua casa: si raccontava
che, proprio come gli antichi, avesse fatto fondere tutte
le suppellettili doro, ed era noto che egli non amava il
lusso delle ville, pur avendo prescelto lintera isola di Capri come suo rifugio personale. Correva voce che la sua
toga, dal taglio semplice e priva di contrassegni vistosi,
fosse stata tessuta dalla moglie e dalla nipote, malgrado
le centinaia di schiave al servizio dellimperatore.

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Riservatezza e semplicit contraddistinguono lo stile


dei princeps anche nelle onorificenze che gli venivano
attribuite. A partire almeno dal 20 a. C. quasi tutti i
monumenti dedicati ad Augusto erano di carattere religioso o si trattava di ex-voto. Ma negli edifici che il
nuovo stile risulta pi visibile: lAra Pacis Augustae ripeteva nelle sue modeste dimensioni le misure dellaltare
dei dodici di sullAgora ateniese. LAra Fortunae Reducis e altri altari eretti successivamente erano forse ancora pi piccoli: e si tratta pur sempre dei monumenti pi
grandiosi fatti costruire dal Senato e dal popolo in onore
di Augusto dopo la svolta. Non si potrebbe immaginare un contrasto pi forte con laltare di Zeus a Pergamo
o le forme trionfali in cui lo stesso Divi filius si era celebrato negli anni trenta.
La riservatezza di Augusto e il suo continuo richiamo ai mores maiorum dovevano avere un effetto rassicurante su alcuni senatori, tanto pi che non sarebbero
mancate occasioni, anche in futuro, per riaffermare la
dignit del Senato accanto al princeps nella res publica
restituta: cos, ad esempio, dopo il 19 a. C. i giovani
nobili in servizio alla Zecca ebbero nuovamente la
facolt di imprimere sulle monete il nome e le insegne
delle rispettive famiglie. Al pretore Lucio Nevio Surdino fu permesso di ricordare con una gigantesca iscrizione in mezzo al Foro che era stato lui a finanziare il
nuovo selciato. Marco Emilio Lepido, caduto in povert, aveva potuto restaurare lantica Basilica della geni
Aemilia nel Foro grazie a un contributo di Augusto (Dio.
Cass., 54,24), e il giovane Balbo aveva ancora potuto
celebrare un trionfo e far costruire un teatro col bottino di guerra, come lo stesso princeps. Quello spagnolo
senza antenati non rappresentava certo un concorrente
pericoloso. Non c da stupirsi, a questo punto, che i
destinatari di simili riguardi rispondessero con altrettanti inchini: Emilio Lepido fece raffigurare nella sua

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Basilica i barbari sottomessi in un prezioso marmo policromo, per ricordare le vittorie dellimperatore, e i funzionari delle Zecca gli rendevano omaggio sul recto e sul
verso delle monete.
Uno di essi arriv al punto di esaltare le nuove leggi
sulla riforma dei costumi facendo raffigurare su una
moneta la vestale Tarpea, che aveva tradito Roma per
amore del re dei Sabini, nel momento in cui viene seppellita sotto gli scudi nemici. Lexemplum non era comunque nuovo: esso venne probabilmente rielaborato
nella cerchia di poeti intorno a Mecenate, e Properzio
gli dedic unintera elegia (4,4), interpretando la storia
della sventurata vestale secondo il nuovo indirizzo ideologico, ossia come un esempio delle conseguenze rovinose a cui pu condurre il disprezzo della religione e
della morale.
Probabilmente negli anni intorno ai ludi saeculares fu
elaborato anche un nuovo ritratto di Augusto. Le novit
sembrano piuttosto modeste, ma contengono unindicazione precisa: al posto delle forme classicistiche del
ritratto precedente, quello degli anni intorno al 27 a. C.,
vediamo ricomparire alcuni spunti fisiognomici del vecchio ritratto di Ottaviano. Cos il taglio dei capelli rigorosamente policleteo cede il passo a una stilizzazione pi
realistica. Rimane invece immutato quel carattere
senza et, sebbene Augusto si stesse avvicinando alla
cinquantina. Il nuovo ritratto ebbe per una circolazione limitata e le botteghe continuarono a usare il tipo
ormai familiare, mentre limmagine esteticamente trasfigurata delleterno giovinetto non poteva pi reggere
ormai alla realt di un uomo malaticcio e invecchiato.
Il desiderio di un ritratto dallespressione cos misurata si spiega da un lato con la rinuncia alle immagini
patetiche e dallaltro con la comparsa della nuova statua celebrativa a capo coperto. La toga tessuta a mano
del princeps era gi di per s un atto di omaggio alla tra-

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dizione, una promessa di rispetto verso la res publica e,


da parte di chi offriva quelle statue, una dimostrazione
di fiducia.
Toga e stola.
Augusto fece in modo che la toga diventasse per i
Romani quasi una divisa di Stato e un simbolo di purezza morale, che doveva ricordare a chi la indossava la propria dignit. Orazio arriv al punto di definirla come il
sacro pegno dellimpero (Carm. III 5,10 sg.).
Nella tarda repubblica la toga non era molto diversa, sia nel taglio che nel modo di portarla, dal mantello
greco. Ora invece si diffusero, probabilmente sotto lesempio di Augusto e degli esponenti del regime, modelli pi ricchi, che comportavano un drappeggio pi complicato e un nuovo modo di indossarli (con sinus e balteus). Laspetto era molto pi suggestivo, ma la toga era
pi faticosa da indossare e da portare. Nel corso degli
anni gli artisti elaborarono dei modelli standard che
finirono per affermarsi come il modo pi corretto di
indossarla: essi imposero alla stoffa una forma estetica
dove il gioco delle pieghe nascondeva quasi del tutto il
corpo della persona. Il significato simbolico della toga
diventa qui pi importante della sua aderenza alle forme
anatomiche.
I liberti furono tra i primi ad accogliere la nuova
moda, come risulta dai loro rilievi funerari: per loro la
toga era il simbolo della cittadinanza finalmente ottenuta, lemblema tangibile del successo. Ma in generale questa bianca divisa di Stato, scomoda e facile a sporcarsi,
non era portata volentieri. Augusto dovette intervenire:
cerc di ripristinare anche lantica foggia del vestire: e vista
una volta nellassemblea una folla di persone vestite di

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scuro, ne prov sdegno ed esclam: Ecco i Romani, signori del mondo, il popolo togato [Aen. I 282]; e diede incarico agli edili di non permettere pi a nessuno di fermarsi
nel Foro e nelle vicinanze, se non si toglieva il mantello e
indossava la toga (Suet., Aug. 40).

Anche a teatro il princeps volle che almeno in certe


occasioni solenni laspetto esteriore del popolo imperiale corrispondesse alla visione del poeta (Suet., Aug. 44),
e la vista dei bianchi togati a teatro e nelle assemblee
popolari rappresentava certo un superbo colpo docchio,
mentre per il singolo cittadino era un motivo di fierezza e di prestigio. Lobbligo di portare la toga era del
resto solo una delle molte misure previste da Augusto;
nello stesso tempo, i privilegi accordati ai cittadini con
pieni diritti negli spettacoli teatrali e nelle distribuzioni di cereali e di denaro rafforzavano lorgoglio di appartenere al populus romanus. Le liste dei beneficiari vennero peraltro ridotte, e le autorizzazioni concesse con
molto rigore.
Il caso della toga obbligatoria costituisce un esempio
particolarmente semplice e istruttivo delle interazioni
che potevano condizionare gli sviluppi del nuovo linguaggio: il poema epico nazionale proponeva unimmagine suggestiva (quella del popolo togato); di qui il
confronto poco edificante con la realt e lintervento
diretto da parte di Augusto. Ma nella maggior parte dei
casi si tratta di un processo pi complesso: gli spunti
sono pi banali e i passaggi intermedi pi numerosi.
Anche la donna sposata delle classi alte doveva
indossare un abito conforme allo spirito dei nuovi costumi: era la stola, una lunga sopravveste senza maniche,
munita di sottile spalline, dove alcune strisce ricamate
indicavano lo stato sociale della matrona, come nella toga
praetexta.
Nelle statue e nei busti femminili di et protoimpe-

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riale la stola ricorre spesso, a volte insieme a una benda


di lana intrecciata ai capelli (vitta). In precedenza, il
fatto di essere colorata la distingueva con chiarezza
ancora maggiore dalla tunica e dal mantello. Nel quadro
della riforma dei costumi la stola fin per diventare il
simbolo della virt e del pudore femminile. Per le rispettabili matrone essa rappresentava dunque non solo un
onore ma anche una protezione dalle offese. Ovidio,
che pi tardi si definir con rammarico un maestro di
adulterio (obsceni doctor adulterii: Trist. II 212),
prende in giro quellabbigliamento dal significato cos
sublime, e gi i versi iniziali dellArs amatoria sono
pieni di allusioni ironiche alla morale ufficiale rappresentata dalla vitta e dalla stola:
Via le tenue bende,
insegne del pudore, ed ogni stola
lunga a coprire fino a mezzo il piede!
Io canto amori certi e furti leciti.
(Ov., Ars am. I 31-33; trad. it. di E. Barelli).

Per le dame di alto rango non sar stato facile rinunciare ai vecchi abiti sfarzosi e provocanti, di stoffa trasparente, per indossare una stola piatta come una camicia. E adesso veniva Ovidio a far sapere che le nuove
leggi sul costume le escludevano anche dai giochi amorosi. Per le sue avventure sentimentali il giovane romano doveva ormai rivolgersi a donne non sposate dei ceti
inferiori, alle giovani liberte, alle schiave o alle non
romane. Ovidio non sar stato lunico a trarre queste
conseguenze dalle nuove leggi sul costume.

Storia dellarte Einaudi

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Capitolo quinto
Lo scenario mitico del nuovo Stato

Dopo dieci anni di rinnovamento religioso e morale, gli edifici e le immagini, i sacrifici e le feste incominciarono a dispiegare tutta la loro forza suggestiva. La
convinzione che il nuovo Stato sarebbe durato in eterno e la fiducia nella sua guida crebbero ovunque. I tentativi di far cadere il regime erano falliti, linvincibilit
di Augusto era stata ribadita dalle vittorie sui Cantabri
e sui Parti, la pace interna si confermava stabile: chiunque poteva sperimentare in prima persona i successi del
nuovo regime. Era dunque venuto il momento di dare
a quel successo unespressione duratura. Il nuovo Stato
aveva bisogno di immagini che fossero in grado di idealizzare la realt e di celebrare la felicit presente: aveva
bisogno di un mito.
Certo, Augusto e i suoi collaboratori non potevano
formulare questa esigenza in termini cos diretti e sistematici, e tuttavia quello che prese forma negli anni del
principato augusteo non si pu definire se non come un
mito di Stato. Gli elementi che lo compongono provengono da ambiti assai diversi, e appaiono unificati
dalla persona stessa di Augusto. Ancora una volta il
processo fu avviato da singole iniziative, in parte promesse dal princeps, in parte dai suoi sostenitori. Senza
che alcun progetto unitario fosse allopera, un complesso intreccio di fattori diede vita poco per volta a un
sistema, e il nuovo mito di Stato, che non va confu-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

so con un coerente programma ideologico, prese forma


soprattutto nel linguaggio delle immagini.
1.

AUREA AETAS.

Augusto pot muoversi dapprima in un quadro prestabilito. Da tempo si fantasticava infatti sul prossimo
avvento di una nuova et di Saturno, e ora le premesse
non mancavano. Gli di e le stelle avevano mandato la
guida promessa e sotto di lui il popolo romano si era
purificato e rinnovato. Per lanno 17 a. C. si prevedeva
unaltra cometa, come gi alla morte di Cesare: ad Augusto non rimaneva altro che annunciare lavvento della
nuova et. Nei giorni compresi fra il 30 maggio e il 3 giugno dellanno 17 a. C. furono proclamati dei grandi ludi
saeculares: lultima occasione era stata 136 anni prima,
durante la guerra contro Cartagine. E non sar stato
facile per il collegio sacerdotale dei XV viri sacris faciundis dare un fondamento matematico e teologico alla felice contingenza politica.
Si inaugura let delloro.
affascinante seguire le tappe che prepararono lopinione pubblica al grande evento: anzitutto venne cancellata lonta della sconfitta contro i Parti, poi venne lepurazione del Senato e infine la riforma morale del 8
a. C. I grandi motivi della virtus, del mos maiorum e della
politica familiare vennero cos incorporati con perfetta
naturalezza nel programma e nello scenario della festa.
Il protocollo dei ludi, di cui si fortunatamente conservata liscrizione e il poema ufficiale composto per
loccasione da Orazio, il Carmen saeculare, ci permettono di seguire da vicino lorganizzazione dellevento. Il

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collegio sacerdotale dei XV viri sacris faciundis elabor le


linee direttive sotto la vigilanza di Augusto e di Agrippa, che proprio a tale scopo si erano fatti eleggere magistri del collegium per lanno 17. Gaio Ateio Capitone,
uno specialista di questioni liturgiche, le svilupp quindi in una complessa architettura rituale, facendo sicuramente ampio uso dei libri di Varrone. Il programma
comprendeva un lungo periodo di preparativi, la festa
vera e propria, della durata di tre giorni, pi vari giorni di gare e giochi di ogni tipo. Araldi in costume antico annunciarono, gi mesi prima, una festa quale nessuno vide, e nessuno pi vedr (Suet., Claud. 21).
Alcune monete doro coniate per loccasione mostrano sul verso questi araldi, mentre sul recto compare leffigie ringiovanita del Divi filius con una corona dalloro
e, sopra questa, il simbolo della cometa attesa per lestate: un richiamo esplicito al sidus Iulium e agli avvenimenti di 27 anni prima, quando il giovane Ottaviano era comparso in pubblico per la prima volta. Ma
mentre allora il ritratto di Ottaviano era modellato su
quello del padre adottivo, la situazione adesso appare
rovesciata.
Il cerimoniale era affidato a gruppi sociali ben precisi. Poco prima dellinizio delle festivit i XV viri, tra
cui lo stesso princeps, distribuirono i suffimenta necessari ai rituali privati di espiazione e di purificazione, e tra
questi lo zolfo, il bitume e le fiaccole. La scena solenne,
che vedeva impegnato per diverse ore lo stesso Augusto,
doveva essere di grande effetto ed ricordata su una
moneta dellanno successivo. Il giorno prima della festa,
i sacerdoti ricevettero sullAventino una solenne offerta di primizie, grano, fave, ecc. da parte del popolo
(come se si trattasse dei contadini di una volta, e non di
una popolazione ormai del tutto urbanizzata), offerte
che vennero poi distribuite nei giorni successivi. La
popolazione prendeva parte anche al rituale vero e pro-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

prio: perfino i non sposati, che le leggi recenti escludevano dai teatri e dalle feste, potevano prendervi parte
propter religionem, per riguardo alla religione, secondo lespressione usata dal princeps.
I ludi saeculares furono un susseguirsi di messinscene spettacolari, che ebbero come teatro i santuari e i luoghi di culto della citt. I motivi ricorrenti del cerimoniale e del Carmen saeculare mostrano che lo scopo dei
riti, di sapore in parte arcaicizzante, non era pi, come
nelle occasioni precedenti, quello di propiziare gli di
inferi, ma di ottenere prosperit e salute: si trattava cio
di una idealizzazione cultuale della nuova moralit e del
nuovo Stato. Nel corso di tre cerimonie notturne furono
offerti sacrifici alle Moire, alle Ilitie e alla Terra Mater.
La prima notte le de del destino ricevettero nove pecore e nove capri: durante la cerimonia Augusto recit una
preghiera piena di formule arcaiche per limperium e la
maiestas del popolo romano, per la salute, la vittoria e
la prosperit del popolo e delle legioni, per la crescita
dellimpero, per gli ordini sacerdotali e infine per se stesso, per la sua casa e la sua famiglia. Nelle due notti
seguenti furono evocate le Ilitie, come protettrici delle
partorienti, e la Terra Mater in quanto dea della fecondit: a questultima, Augusto sacrific con le sue stesse
mani una scrofa gravida. Per chi era presente, una scena
difficile da dimenticare. Una di queste scene arcaicizzanti di sacrificio si trova raffigurata su una serie
di monete cornata poco pi tardi.
Le cerimonie che si tenevano alla luce del giorno non
erano meno intense di queste scene notturne. Il primo
giorno, sul Campidoglio, vennero offerti sacrifici a
Giove e, nel secondo, a Giunone Regina, nel terzo giorno, sul Palatino, ad Apollo, Diana e Latona. Anche in
questo caso Augusto e Agrippa offrivano personalmente le vittime: due buoi per Giove, due vacche per Giunone e focacce per Apollo e Diana. Cori di centodieci

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

matrone scelte, e tre gruppi di sette fanciulli e fanciulle vestiti di bianco svolgevano nei riti una parte centrale. Le madri invocavano la benedizione di Giunone sullo
Stato e la famiglia, i fanciulli nei loro bianchi vestiti cantavano il Carmen saeculare composto da Orazio davanti
al tempio di Apollo Palatino:
Febo, Diana, signora delle selve,
luce del cielo, sempre venerati
e venerabili, esaudite i voti
in questo giorno sacro,
che nei versi sibillini prescrive
alle vergini elette e ai fanciulli
di cantare un inno agli dei che amarono
i nostri sette colli.
Sole fecondo, che col carro ardente
porti e nascondi il giorno, e nuovo e antico
rinasci, nulla pi grande di Roma
possa mai tu vedere!
E tu, che dolce schiudi a tempo i parti
per rito, proteggi le madri, Iltia,
o come tu vuoi essere invocata:
Lucina, Genitale.
Educa i figli, dea, e benedici
il decreto che regola le nozze
delle donne e la legge di famiglia
che accende nuove vite,
perch al compiersi di centodieci
anni, ritornino i canti e le feste
affollate per tre limpidi giorni
e tre notti serene.
E voi, Parche, che la sorte fissata
rivelate, senza che niente possa
mutarla, aggiungete a quelli compiuti
altri buoni destini.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

La terra ricca di animali e biade


incoroni di spighe la campagna;
piogge e brezze benefiche del cielo
ne nutrano i prodotti.
Deposti i dardi, tenero e tranquillo
ascolta, Apollo, i giovani che pregano,
e tu, Luna, regina delle stelle,
ascolta le fanciulle.
Se Roma opera vostra e milizie
troiane occuparono il lido etrusco,
impegnate a mutare citt, casa,
solcando in salvo il mare;
se, scampato alla strage, il pio Enea
apr ai suoi un varco che potesse
salvarli in mezzo alle fiamme di Troia,
per donargli di pi;
o dei, date virt ai nostri giovani,
date dolce riposo alla vecchiaia
e alla gente di Romolo potenza,
figli e tutta la gloria.
E ci che vi chiede con tori bianchi
il sangue puro di Anchise e di Venere,
forte col nemico e mite coi vinti,
fate voi che lottenga.
Ormai per terra e mare i parti temono
larte del suo braccio e le scuri albane;
ormai la superbia di sciti e indiani
attende la sentenza.
Fede, pace, onore e il pudore antico,
la virt smarrita osano ora
tornare e lieta appare labbondanza
col suo corno ricolmo.
Profeta adorno di un arco abbagliante,
Febo, che siede fra le nove Muse e

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con la sua arte risana le membra


del nostro corpo infermo,
quando guarda sereno il Palatino,
dalluno allaltro secolo prolunga,
e per tempi migliori, la fortuna
dellimpero romano.
E Diana, che sullAventino e llgido
regna, esaudisce i sacerdoti chini
in preghiera e porge orecchio benigno
ai voti dei ragazzi.
Che questo vogliano Giove e gli dei
fede certa, che il coro, istruito
a tessere lodi di Febo e Diana,
porta dentro di s.
(Trad. di M. Ramous).

I temi e le immagini del Carmen si riferivano ai rituali a cui la gente aveva assistito negli ultimi giorni, e le
immagini invocate di Apollo e di Diana, insieme alle
divinit astrali gemelle del Sole e della Luna, si potevano ritrovare dappertutto nel recinto del tempio. Nel
sacrario del tempio si trovavano probabilmente gi allora i Libri Sibillini nella nuova redazione dei XV viri, conservati in due custodie doro sotto limmagine votiva,
dove la Sibilla inginocchiata richiamava lattenzione sul
contenuto rassicurante delle profezie. Ma la speranza del
futuro, i fanciulli, era li fisicamente, rappresentata dallimmagine toccante dei piccoli cantori. Ogni elemento
legato allaltro: abbiamo a che fare con unopera
darte totale rivolta ai cinque sensi, in cui rivivono,
nello stesso tempo, gli antichi rituali perduti.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Fecondit e pienezza.
Nel corso degli anni seguenti vediamo comparire sui
monumenti pi svariati nuove immagini di prosperit e
di pienezza. Come nei riti dei ludi saeculares, anche qui
il motivo della fecondit nella natura ma soprattutto
nelluomo appare decisamente in primo piano. Se
infatti la societ romana non era disposta ad accogliere
il programma di restaurazione morale con i suoi immediati risvolti di politica demografica, essa era invece
estremamente sensibile alle visioni utopiche dellaurea
aetas. Il programma di incremento demografico fallisce,
ma il motivo della prolificit ritorna poi sublimato e
idealizzato nelle immagini. Il fenomeno istruttivo: che
le azioni del sovrano riescano oppure no, ha un importanza secondaria, la realt cede il passo allimmagine accattivante di una felicit duratura. La pi antica e
la pi complessa composizione di questo genere il
cosiddetto rilievo della Tellus nellAra Pacis Augustae, il
cui programma fu ordinato e approvato da una
commissione senatoria.
Una divinit materna dalle vesti classicamente stilizzate seduta su una roccia, in atteggiamento nobile
e pieno di dignit. Tiene in braccio due neonati che giocano, cercando il suo seno, dei frutti le riposano in
grembo e nei capelli porta una ghirlanda di spighe e
papaveri. Dietro di lei crescono, in meticolosa evidenza, spighe, papaveri e altre piante. Il corpo, il vestito e
il portamento della donna dovevano stimolare nellosservatore molteplici associazioni; ma sia che il pensiero
corresse alliconografia di Venere (il motivo del vestito),
oppure a Cerere (il velo, la ghirlanda di spighe), o ancora alla dea Tellus (la roccia, lambientazione), in ogni
caso si capiva subito che era questa la dea della fecondit e della crescita.
Liconografia eclettica e polivalente corrisponde a

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

quelle formule cumulative con cui i poeti augustei sono


soliti evocare questo tipo di divinit. La religione augustea caratterizzata da personificazioni prive di un
retroterra mitico: mentre nelliconografia tradizionale
un certo atteggiamento, un vestito o un attributo potevano evocare lintero mito (per esempio Demetra sempre seduta per terra), le nuove divinit non incarnano
pi figure mitiche precise, ma valori e forze a cui alludono molteplici attributi. E questo vale per tutte le personificazioni dellarte romana.
Nel nostro caso il repertorio dispiegato particolarmente ricco. La figura composita sia essa una personificazione della Maternit o della Natura appare inserita in uno scenario paesistico il cui scopo di illustrarne lazione benefica. Sotto il seggio della dea lartista ha
raffigurato in scala molto pi piccola e quasi a mo di
commento un bue in posizione di riposo e una pecora
intenta a pascolare, simboli della prosperit delle greggi e delle mandrie e della felicit della vita contadina.
Ai suoi lati si vedono invece due Aurae riprese dalliconografia greca classica: sono le personificazioni gemelle
dei venti di mare e di terra. LAura di terra vola, seduta su un cigno, sopra un corso dacqua coperto di canne
e simboleggiato da un vaso rovesciato. LAura di mare
invece seduta su un mostro marino al suo servizio:
nella nuova et anche i mostri diventano mansueti. Le
Aurae portano la pioggia e il bel tempo, favoriscono la
crescita della vegetazione e la fecondit dei campi, e
sono perci strettamente legate alla dea verso la quale
guardano con venerazione. Lartista non intendeva raffigurare un paesaggio, ma uno spazio simbolico i cui
motivi andavano letti separatamente ed erano perci
suscettibili di essere ingranditi o rimpiccioliti a piacere.
A differenza degli animali, le poche piante sono
sovradimensionate: le spighe crescono quasi miracolosamente sotto gli occhi della dea, sotto il cigno di Apol-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

lo vediamo lalloro, e anche il canneto appare in questo


contesto come unallusione pregnante allumidit portatrice di vita. E come unimmagine devozionale le cui
singole cifre stimolano nellosservatore una variet di
associazioni. Richiamando alla memoria devota le qualit della divinit, losservatore verr indotto a venerarlo
e, con lui, a venerare Augusto e il suo nume.
Sul nome della dea si molto discusso. Secondo le
ipotesi pi plausibili suffragate da autorevoli citazioni poetiche potrebbe trattarsi della Terra, oppure di
Venere, di Italia o della Pace, ma poich i poeti usano
gli stessi motivi in riferimento a figure mitiche e simboliche diverse, e poich limmagine un repertorio
volutamente eclettico di allusioni alla crescita e alla prosperit, non sembra possibile identificarla a partire dal
suo contenuto figurativo. Se consideriamo che la figura
posta a ornamento dellAra Pacis e aveva come suo pendant la dea Roma raffigurata in trono su un cumulo di
armi, sembra molto plausibile una identificazione con la
Pax Augusta. Losservatore doveva leggere insieme le
due figure nel senso che la virtus ristabilita dalle armi
romane era la garanzia della pace e dei suoi benefici. La
stessa connessione si trova espressa in forma pi astratta anche su un altare cartaginese. In un contesto diverso la figura coi due neonati e i frutti in grembo potrebbe essere senzaltro la dea Terra, o Italia, o anche Cerere. Sulla corazza della statua di Prima Porta, ad esempio, la posizione sdraiata e il quadro compositivo la connotano senza possibilit di equivoci come la dea Tellus.
vero che anche in quel caso essa simboleggia, insieme,
la pace e la pienezza dei nuovi tempi: ma i simboli della
sua azione benefica sono raccolti dentro la cornucopia,
come nel caso della dea raffigurata sulla Gemma Augustea. Per quanto diverse fra loro siano in et augustea
le personificazioni della maternit mitica, il significato
non cambia.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Per quanto la figura della Pax Augusta possa apparire pregnante e molteplici le sue associazioni il suo
carattere composito ne faceva nondimeno un messaggio
di facile lettura, tanto pi che il Romano del tempo vi
trovava cifre ormai familiari, o rese tali dalle solennit dei ludi saeculares. Limmagine serena del bue al
pascolo e delle spighe in emblematica evidenza si era gi
vista come augurio di pace sulle monete degli anni 2726 a. C. Una strofa del Carmen saeculare si pu leggere
come una parafrasi poetica di quellimmagine, quasi
Orazio e lo scultore si fossero messi daccordo:
La terra ricca di animali e biade
incoroni di spighe la campagna;
piogge e brezze benefiche del cielo
ne nutrano i prodotti.

Non c dubbio che i Leitmotive di questo repertorio figurativo provengano dalla stretta cerchia dei consiglieri di Augusto e abbiano a che fare direttamente col
programma dei ludi. Mentre per levocazione della
fecondit nel Carmen saeculare dettata da una precisa
intenzione politica rivolta al contesto concreto (vv. 1720) delle leggi sul matrimonio, lo scultore riesce ad assortire una variet di motivi dal significato immediato: il
tema della prolificit si al centro della composizione,
ma allinterno di uno scenario utopico dalle cifre ben
riconoscibili. Il monito politico di Augusto viene tradotto in un messaggio estetico di cui chiunque poteva
accettare i contenuti.
I motivi simbolici connessi alla figura della dea
Madre mostrano come tutta la natura partecipi di questa fecondit paradisiaca, ed erano evidentemente motivi cosi familiari da poter essere utilizzati o citati nei contesti pi diversi, anche in forma abbreviata, pars pro toto.
Ne sono un buon esempio tre rilievi concavi che ador-

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navano una fontana pubblica a Palestrina: a giudicare


dalla qualit si direbbe che i rilievi provengano da una
delle migliori botteghe di Roma.
Le gioie della maternit e la benedizione di una ricca
prole vengono qui illustrate con esempi tratti dal mondo
animale. Ciascuno dei tre rilievi mostra una madre nellatto di allattare i suoi piccoli, e ognuno dei tre gruppi
collegato a una bocca della fontana. Come nel rilievo
della Pax Augusta, anche qui il carattere simbolico sottolineato dalla novit della composizione. I tre gruppi
appaiono chiusi in se stessi e, nonostante la concavit,
spinti in primo piano, ma non mancano altri motivi simbolici, in scala significativamente ingrandita: sopra lirsuto cinghiale compaiono la foglia di quercia del princeps e le canne, simbolo di fecondit, sopra la leonessa
vediamo lalloro e un santuario di campagna con tanto
di altare e di rilievi, coperto di ricche offerte sacrificali. La borsa da pastore e la stalla sopra la pecora proclamano invece la vita semplice e felice della gente di campagna, anche se poi lartista tradisce involontariamente
il carattere irreale di questo quadro bucolico raffigurando le mura dellovile come se fossero quelle di un
tempietto romano, dai blocchi squadrati di marmo.
Grazie alluniversalit dei loro simboli, anche queste pacifiche scene di vita animale potevano dunque
annunciare il mito della nuova et: limmagine della felicit materna poteva associarsi ai simboli della pietas,
allelogio della vita pastorale o riferirsi ad Augusto, e il
risultato era comunque legittimo ed efficace. Tanto pi
che gli stessi segni (o i loro equivalenti) venivano usati
in contesti diversi, proponendo allosservatore tutta una
variet di associazioni: cos, ad esempio, le spighe potevano simboleggiare la fertilit dei campi, la confraternita
degli Arvali, la pace, o anche lapprovvigionamento di
cereali garantito dal princeps. Vasti orizzonti associativi, dunque, e una spiccata polivalenza semantica, com-

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pensata da una relativa vaghezza dei singoli enunciati:


ecco le caratteristiche salienti di questo settore del linguaggio figurativo augusteo.
Perfino una scena vegetale apparentemente innocua
come il rilievo di Falerii rimanda a significati ulteriori,
sia per il tono scolastico e didascalico della composizione, sia per il fatto di accostare artificialmente variet
vegetali molto eterogenee. Le piante sono disposte con
la nitidezza di unimmagine speculare, e spuntano dalla
terra isolate luna dallaltra, cos da costringere lo sguardo a seguirle a una a una. Anche qui le spighe e i papaveri sono pi grandi che in natura, mentre gli uccelli
acquatici rafforzano il valore simbolico del canneto: la
terra imbevuta di sorgenti, tutto un crescere e un fiorire. Al centro della scena troviamo per ancora una
volta unallusione giocosa alla fecondit e alleducazione della prole: una coppia di rondini premurose porta il
cibo ai suoi piccoli affamati nel nido. Nemmeno un motivo di genere cos immediato come quello degli uccelli dunque uninvenzione del tutto spontanea, indipendente dai dettami dellarte politica.
I tralci del paradiso.
Nel quadro programmatico del saeculum aureum
anche il vecchio motivo del tralcio ornamentale fin per
assumere un nuovo e preciso significato simbolico. I
tralci sono in effetti tra le cifre pi ricorrenti del
nuovo linguaggio figurativo, e non vi quasi edificio di
epoca protoimperiale in cui questo motivo non compaia: in un programma cos elaborato come quello dellAra Pacis essi occupano insieme ai festoni pi della
met dellintero recinto.
Sui lati esterni dellaltare i tralci si sviluppano da
grossi cespi di acanto fino a diventare vere e proprie

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strutture arboree, in un intrico di sempre nuovi rami


dove locchio si perde come in un labirinto. Fecondit e
pienezza sono qui il soggetto stesso della raffigurazione,
ma per rendersene conto losservatore deve accostarsi al
rilievo, esaminarne un settore e seguirne i singoli particolari. Scoprir allora foglie carnose, fiori e frutti delle
piante pi diverse, reali o immaginarie, e perfino un brulicare di piccoli animali da cui la scena ricava unevidenza
quasi tangibile. Se per fa un passo indietro per abbracciare la composizione nel suo insieme, si trover di fronte a una struttura organizzata nei minimi particolari.
Malgrado piccole variazioni, i tralci seguono un ordine
compositivo a simmetria esattamente calcolato: per quanto lussureggiante sia quel fiorire e quellarrampicarsi,
ogni voluta, anzi ogni singolo fiore e ogni singola foglia
hanno un posto preciso nellinsieme. Quella che dovrebbe essere unimmagine simbolica della natura libera e
rigogliosa diventa cosi unesemplare esibizione di ordine: si potr vedere in questo fenomeno quasi irritante
unespressione della nostalgia nevrotica e tipicamente
augustea per lordine e la legalit?
Luso dei tralci in chiave simbolica ha una lunga
storia. Gi su alcuni vasi del iv secolo a. C., provenienti dallItalia meridionale, vediamo i tralci associati alla
testa della dea della fecondit, affiorante dalla terra.
Anche nei primi edifici di et augustea il tralcio qualcosa di pi che un semplice motivo ornamentale: in un
fregio del tempio di Cesare sul Foro, le Vittorie crescono dai tralci, mentre sulla porta del tempio di Apollo questi ultimi hanno le radici, come si visto, nei vasi
dei tripodi.
Ma questi tralci protoaugustei hanno ancora la classica forma astratta a spirale. Solo ora, in rapporto al
motivo programmatico della fecondit, i rami e le foglie
vengono raffigurati in modo realistico, dove lattenzione
dellosservatore richiamata dalle larghe foglie carnose

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

e dai fiori sul punto di schiudersi. Anche qui gli artisti


augustei sottolineano il contenuto con modifiche di
natura formale.
Una delle novit la combinazione di piante fantastiche e piante reali: se vediamo dei grappoli duva,
della aracee o delle palmette spuntare da rami dacanto,
o ledera e lalloro arrampicarsi tra pesanti volute; se
vediamo festoni carichi dei frutti pi svariati, tutto ci
allude ormai allo stato paradisiaco della nuova et (cfr.
Verg., Ecl. IV).
Il tralcio di vite come simbolo del saeculum aureum
compare del resto in una grande variet di combinazioni. Su un rilievo conservato a Napoli vediamo una pianta rampicante salire dietro una figura femminile seduta
a terra, personificazione di un popolo sconfitto; si tratta quasi di una parafrasi del motto antichissimo: se vuoi
la pace, preparati alla guerra. Lo stesso concetto viene
ripreso in altra forma da due centauri sulla statua loricata di Cherchel: un centauro di mare col timone in spalla ricorda la battaglia di Azio, mentre un centauro di
terra, il cui corpo va a finire in una serie di tralci, tiene
in mano la cornucopia. Nemmeno sullAra Pacis mancava del resto un preciso accenno iconografico al saeculum
aureum, poich sugli steli dei fiori vediamo i cigni di
Apollo (iam regnat Apollo, Verg., Ecl IV 10). Su
alcuni rilievi di terracotta il rampicante viene addirittura
celebrato e venerato come un oggetto di culto.
E vero che per gli artisti augustei i tralci rampicanti
erano un motivo di estrema comodit. Non cera fregio, cassettone o cornice di porta su cui non si potesse applicare, e anche nei punti meno favorevoli cera
posto per loro. Perfino sulle calzature delle statue i tralci potevano annunciare la fecondit e la prosperit
della nuova era, senza dire poi che nessun altro motivo simbolico stimolava cos la fantasia compositiva
degli artisti.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Soprattutto nei lavori per committenti privati troviamo veri miracoli di fantasia. Cos, ad esempio, i tralci raffigurati su un grande cratere dargento devono
molto, nel loro rigore compositivo, ai modelli ufficiali
li vediamo spuntare perfino dalle ali di una coppia di
grifi mentre i putti senza ali rientrano a loro volta nel
tema programmatico della fecondit, ma i gesti grotteschi con cui questi paffuti lattanti si muovono sui rami
filiformi, catturano pesci o infilzano gamberi con un tridente, dnno vita a un mondo sereno di pure forme artistiche. Manierismi analoghi si trovano anche nella pittura parietale: ricchezza inventiva e leggerezza giocosa
prendono il sopravvento l dove gli artisti si sentono
liberi dal peso dei programmi ufficiali. Ed appunto in
queste opere, assai pi che nelle forme rigorose ma aride
e didattiche dellAra Pacis, che larte augustea raggiunge ai nostri occhi gli esiti pi convincenti.
Vittoria e pace.
La cosiddetta vittoria sui Parti risaliva allanno 20
a. C. ma poich la sua utilizzazione in chiave ideologica appare in stretto rapporto con lapertura del saeculum
aureum ce ne occupiamo soltanto ora. La cerchia di
Augusto attribu allavvenimento un significato assai
particolare: non solo esso costituiva il presupposto per
linizio dellet delloro, ma le sue celebrazioni permisero di collaudare una nuova idea di vittoria, che consacrava il sovrano a vincitore in aeternum e ne faceva il
garante della pace e della prosperit universale.
Fin dai tempi pi antichi gli di di Roma si erano
impegnati nelle guerre giuste: una grande vittoria era
segno dei buoni rapporti fra la res publica e le sue divinit tutelari, mentre una sconfitta aveva sempre alla
sua origine qualche inosservanza di natura religiosa e

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bisognava allora riconciliarsi con gli di mediante sacrifici e rituali di purificazione. Una concezione arcaica i
cui esiti appaiono per non troppo lontani dallidea ellenistica di unumanit divinizzata: se per i Greci, infatti, gli di si manifestavano nelle gesta dei grandi uomini, e tutto dipendeva dalle energie sovrumane di questi
ultimi, la vittoria per in entrambi i casi un segno di
elezione.
Nellideologia augustea le vittorie rivestono poi un
significato particolare: non solo esse dimostrano, come
tra i sovrani ellenistici e i grandi della tarda repubblica, il favore degli di verso Augusto e la sua unicit,
ma testimoniano insieme, nel quadro della riforma
religiosa, la ritrovata armonia tra lo Stato e i suoi di.
Ogni nuova vittoria non poteva perci non risolversi in
una conferma del nuovo regime.
Il nesso tra pietas e vittoria era gi stato sottolineato dopo Azio; dieci anni pi tardi la vittoria sui Parti fu
celebrata come avvenimento del secolo e come conferma dellavvenuto risanamento dello Stato: a tale scopo
risultava certo pi adatta della lenta e sanguinosa sottomissione dei Cantabri in Spagna, che significativamente non ebbe eco nelle arti figurative. Non tutte le
vittorie andavano celebrate allo stesso modo: non si
trattava tanto di ricordare il singolo successo, quanto di
illustrare il nesso organico tra la vittoria e la pietas, il
regime politico e la felicit universale.
Fin dalla met degli anni venti i Romani furono preparati a una nuova campagna militare contro i Parti.
Sono i poeti a darci unidea delle parole dordine diffuse per loccasione: i Romani dovevano ricordarsi dello
smacco subito nellanno 53 a. C., quando Crasso aveva
perduto le insegne militari e le aquile delle legioni, e i
prigionieri di guerra, cos almeno si diceva, non avevano ancora fatto ritorno. Senza prima riscattare lonore
militare di Roma la restitutio dello Stato non sarebbe

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

stata completa, tanto pi che gli stessi Libri Sibillini


sembravano mettere in relazione linizio dellet delloro con la vittoria sui Parti. Cesare era stato assassinato
prima di partire per lOriente, e Antonio aveva dimostrato di non essere allaltezza: Augusto invece sarebbe
andato, come gi Alessandro, in Oriente e avrebbe fatto
vedere che la nuova virtus romana poteva reggere il confronto con lantico valore.
La campagna si svolse in un modo per nulla spettacolare: dopo qualche movimento di truppe a scopo intimidatorio si giunse a un accordo per vie diplomatiche.
Il re dei Parti Fraate restitu le insegne, liber i prigionieri di guerra che si pretendeva fossero ancora nelle sue
mani e mand pi tardi a Roma in ostaggio alcune delle
sue donne e dei suoi figli, dimostrando cos di riconoscere lautorit romana per il presente e per il futuro.
A differenza di quanto era accaduto dopo Azio,
Augusto si comport con estrema riservatezza, rinunciando persino al trionfo gi decretatogli dal Senato. Le
insegne riconquistate furono per esposte in pubblico e
in forma spettacolare, utilizzando allo scopo un tempietto circolare dedicato a Marte Vendicatore (Mars
Ultor), costruito proprio allora in gran fretta. Numerose monete mostrano il tempio con i signa restituiti e una
statua di Marte in stile arcaistico. Lubicazione sul Campidoglio fu una scelta molto felice: se da un lato le insegne venivano offerte a Giove, dallaltro sottolineavano
in questo modo il significato particolarissimo che Augusto attribuiva alla propria vittoria. Il tempietto era infatti vicinissimo a due santuari, entrambi legati alla figura
di Augusto: il tempio di Giove Feretrio consacrato da
Romolo e costruito da Augusto e il tempio di Giove
Tonante fatto erigere da lui appena quattro anni prima,
in memoria di quel fulmine con cui lo stesso Giove
aveva indicato in lui il suo favorito. Nel tempio di Giove
Feretrio si conservavano invece le armi conquistate un

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

tempo da Romolo e Marcello (spolia opima), e che offrivano ora un illustre termine di paragone alle insegne
riconquistate ai Parti: che lintenzione fosse precisamente questa risulta da una serie di monete in cui vediamo il nuovo tempio di Marte con la statua arcaistica del
dio e le famose insegne associati al tempio di Jupiter
Tonans.
Tutte le altre celebrazioni della vittoria sui Parti
presero la forma di iniziative in onore di Augusto, che
videro il Senato in prima fila. Augusto rinunci al
trionfo vero e proprio, ma questo non imped ai senatori di attingere al repertorio tradizionale delle grandi
occasioni e di fargli costruire proprio accanto al tempio
del Divus Iulius un nuovo arco di trionfo (Dio. Cass.,
54,8) su cui erano raffigurati dei Parti nellatto di offrire ad Augusto le insegne.
Limmagine propagandata dal Senato del Parto sottomesso piacque moltissimo ai Romani: i funzionari
della Zecca fecero coniare una moneta in cui si vedeva
un Parto inginocchiato nellatto di porgere i signa, e
anche Orazio annunci che Fraate aveva accettato in
ginocchio lautorit di Cesare (Ep. I 12,27). Limmagine adulatoria veniva riprodotta persino sugli anelli: su
una gemma in pasta vitrea i barbari sono raffigurati,
significativamente, insieme alla Vittoria sul globo, simbolo dellimpero. E di questa immagine si impadronir
lo stesso Augusto nelle sue memorie:
Costrinsi i Parti a restituire il bottino e le insegne di
tre eserciti romani e a supplicare umilmente lamicizia del
popolo romano (Res Gestae 29).

La figura del barbaro in ginocchio era destinata ad


avere anche in futuro un successo straordinario e a condizionare largamente lidea che i Romani si facevano dei
propri rapporti con i popoli ai confini dellimpero: una

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

volta riconosciuta lautorit di Roma il loro dovere era


di rendere omaggio ai vincitori e di chiedere lamicitia,
come risulta ad esempio, con grande efficacia, da una
delle due tazze dargento di Boscoreale.
A differenza di quanto accadr in epoca imperiale
pi avanzata, la guerra in se stessa non un tema dellarte augustea. Non si trova, ad esempio, alcun accenno alle lunghe e faticose campagne militari condotte in
Spagna, in Illiria e in Germania, rimosse come furono
dalle immagini suggestive della pace conquistata. Sar
Tacito a rilevare pi tardi, con sarcasmo (Ann. I 10,4),
il contrasto fra lapparenza di quelle immagini e la realt
quotidiana: pacem sine dubio [...] verum cruentam,
pace s, ma sanguinosa.
Malgrado luniformit di questo repertorio iconografico non cerano direttive impartite dallalto. Nellanno 19 a. C. nessuno imped ai funzionari della Zecca
di paragonare Augusto, vincitore dei Parti, a Dioniso, e
di fargli celebrare il trionfo su un carro trainato da elefanti. E evidente che, dopo le vicende della guerra contro Antonio, si trattava di un paragone inopportuno, e
infatti non verr ripetuto: coloro ai quali era affidato lelogio del sovrano dnno prova di unautodisciplina che
rende superflui gli interventi dautorit.
Il motivo della vittoria sui Parti trova la sua elaborazione pi compiuta nella celebre statua loricata di
Augusto proveniente dalla Villa di Livia a Prima Porta.
Si tratta della copia marmorea di una statua in bronzo
realizzata con ogni probabilit negli anni immediatamente successivi alla vittoria, come risulta dallo stretto rapporto fra le figure del rilievo sulla corazza e i
motivi del Carmen saeculare di Orazio. Il committente
(il Senato?) o i suoi consiglieri appartenevano dunque
alla stretta cerchia di Augusto, e il fatto che la statua trovasse il favore della famiglia imperiale dimostrato dal
luogo del ritrovamento.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

In unepoca in cui Augusto accentuava ulteriormente la sua gi abituale riservatezza, il committente lo fece
raffigurare nelle vesti splendide del vincitore e non esit
a richiamare senza mezzi termini la sua origine divina.
Nella mano sinistra Augusto teneva la lancia e nella destra forse i signa riconquistati. I piedi nudi ricordano liconografia degli di e degli eroi, mentre la figura di
Eros a cavallo su un delfino allude senza dubbio alla
progenitrice Venere: nei lineamenti del fanciullino si
voluto addirittura riconoscere il ritratto del nipote Gaio
Cesare, nato nel 20 a. C., ma si tratta forse di uninterpretazione troppo azzardata. Non solo il ritratto di
Augusto, ma lintera statua segue i modelli classici dellarte greca del v secolo, cos da innalzare la figura del
vittorioso in una sfera pi elevata.
Dai rilievi della corazza risulta per una nuova concezione della vittoria; al centro della composizione il re
dei Parti offre le insegne e le aquile delle legioni a un
personaggio in divisa militare, che potrebbe essere un
rappresentante delle legioni romane, se non addirittura
lo stesso Marte Ultore. Lepisodio, presentato qui con
semplice realismo, si inserisce tuttavia in uno scenario
che abbraccia terra e cielo: a destra e a sinistra siedono
due figure femminili in atteggiamento afflitto, personificazioni dei popoli sottomessi dai Romani ( la figura
col fodero vuoto), o comunque ridotti allobbedienza
(figura con la spada). facile riconoscere nella donna
dalla tromba con lestremit a forma di drago e dal vessillo col cinghiale la personificazione dei Celti di Occidente, e nellaltra figura, umiliata ma non disarmata, la
personificazione dei popoli dellOriente o dei Germani,
costretti a pagare il tributo e a difendere i confini dellimpero. Ci corrisponderebbe allo scarno resoconto
delle vittorie di quegli anni lasciatoci da Orazio in una
delle sue Epistulae:

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Perch tu sappia / come vanno le cose a Roma: / per


merito di Agrippa e Claudio Nerone [Tiberio] / sono caduti cntabri e armeni; / Fraate, costretto in ginocchio, ha
accettato leggi e autorit di Cesare; / e una straordinaria
abbondanza di messi / si riversata dal cielo sullItalia
(Ep. I 12,26-29; trad. di M. Ramous).

Anche sul rilievo della corazza la vittoria sui Parti


viene celebrata come linizio di una nuova era. Sotto la
scena centrale sdraiata la dea Terra, i cui attributi corrispondono in gran parte a quelli della Pace sullAra
Pacis, personificazioni entrambe dellaurea copia propria
dellet delloro. Il nesso confermato dal richiamo ad
Apollo e Diana, che nelliconografia greca appaiono a
cavallo su un grifo e su una cerva: qui come nei poeti
augustei e nel Carmen saeculare essi appaiono direttamente associati alle divinit astrali sopra il gruppo di
mezzo, e precisamente Apollo al dio Sole sul suo carro,
e Diana alla dea Luna. Fra i due vediamo Caelus nellatto
di dispiegare la volta celeste. Della dea Luna vediamo
solo la parte superiore del corpo, mentre il resto coperto o eclissato dalla figura alata di Aurora, che versa da
unanfora la rugiada del mattino. Una grossa fiaccola
qualifica la Luna come noctiluca o lucifera e sottolinea
intenzionalmente il legame con Diana che, contro la
regola, porta una fiaccola accanto alla sua faretra. Anche
nel gruppo cultuale del tempio di Apollo Diana portava
del resto una fiaccola, che risulta essere un attributo specifico, e proprio di questi anni, della doppia divinit
Diana-Luna:
[cantate] com rito il figlio di Latona
e lastro lucente della notte, che cresce
di splendore e feconda le messi, veloce
nel volgere dei mesi.
(Orazio, Carm. IV 6,37-40; trad. di M. Ramous).

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Anche questo motivo del Carmen saeculare non manca,


dunque, nella raffigurazione simbolica della vittoria.
Col loro moto ciclico le divinit astrali sono un simbolo di durata eterna, ma insieme al Cielo e alla Terra
sottolineano anche il carattere cosmico dello spazio e del
tempo. Le due sfingi sulle spalline della corazza siedono come due guardiani cosmici, indicando che la nuova
era tanto attesa gi iniziata. La vittoria sui Parti dunque insieme presupposto e conseguenza del saeculum
aureum: il singolo evento storico entra a far parte della
nuova storia sacra, di cui gli di astrali garantiscono il
corso senza peraltro intervenire in prima persona. Il
Parto che leva lo sguardo riverente allaquila romana ,
non a caso, lunica figura attiva.
Il princeps, che porta sulla corazza la nuova immagine della vittoria, il messaggero della Provvidenza e
della volont divina. Il suo compito non pi quello di
portare a termine grandi imprese: il figlio degli di
garantisce lordine universale con la sua semplice esistenza, e impersona, in virt dei suoi antenati, lintesa
tra lo Stato e gli di. N lambizione carismatica espressa dalla corazza in contrasto con le statue togate dal
capo coperto, perch la natura vittoriosa del princeps non
ha pi bisogno di conferme spettacolari sui campi di battaglia, ma la conseguenza del suo stretto legame con
gli di, ed perci una qualit permanente. Vedremo pi
tardi con quanta rapidit la nuova concezione sia entrata nel linguaggio figurativo, imponendosi come un vero
e proprio topos.
2.

IL MITO, LA STORIA, IL PRESENTE.

Per quanto positiva fosse limmagine che i Romani


avevano del presente, grazie alle celebrazioni del saeculum aureum e delle vittorie volute dagli di, e per quan-

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to la nuova citt marmorea raccontasse la gloria del


nuovo sovrano, Roma aveva pur sempre un grande passato. Nellanno 27 a. C. Augusto si era presentato come
un restauratore e non come un innovatore, e in tutte le
occasioni possibili egli si richiamava agli antenati. Anche
il nuovo Stato e il ruolo dominante che Augusto vi ricopriva richiedevano una legittimazione a partire dalla
storia della citt. Le grandi famiglie aristocratiche nutrivano il proprio orgoglio di casta con le memorie della
vecchia res publica, sinonimo di libert, e avrebbero
visto volentieri nel nuovo regime una delle tante situazioni transitorie che la storia romana aveva conosciuto.
Si trattava, dunque, di contrapporre alla tradizione qualcosa di non meno valido: di incorporare il passato nel
mito della nuova era.
Nellanno dei ludi saeculares (il 17 a. C.), Giulia, la
figlia di Augusto che dopo la morte di Marcello si era
sposata con Agrippa, aveva dato alla luce un secondo
figlio. Il princeps adott ancora nello stesso anno il neonato e il suo fratellino maggiore di tre anni, e i due principini, Gaio e Lucio, portarono da allora i nomi orgogliosi di Caesar, Augusti Caesaris filius, Divi Iuli nepos.
Dopo la creazione del nuovo Stato si trattava ora di assicurarne la continuit, e la legittimazione di una dinastia
Giulia svolge un ruolo primario nellelaborazione del
nuovo mito di regime. Non a caso limmagine del Divo
Giulio col sidus Iulium ricompare nel 17 a. C. su una
moneta, per la prima volta dopo molti anni.
Dal mito di famiglia al mito di Stato.
Iniziando la lotta per la successione, il Divi filius
aveva sfruttato il mito della famiglia Giulia, rivendicando con efficacia la propria appartenenza alla casa di
Enea. Ma successivamente il suo ruolo era diventato

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

quello del salvatore della patria e del favorito di Apollo,


senza alcun richiamo preciso alla storia di Roma. Il mito
di famiglia ritorna in primo piano solo con la propaganda per la successione dei nipoti, ma in questo caso non
si trattava pi, come allepoca della lotta con Antonio,
di una mitologia a uso personale. Nel frattempo Virgilio
accogliendo il pressante invito di Augusto aveva
scritto lEneide (29-19 a. C.), in cui il mito di Venere, la
caduta di Troia e le peregrinazioni di Enea si inserivano
in un quadro unitario e lintera storia di Roma, incluse
ovviamente le sorti della famiglia Giulia, assumeva il
carattere di un disegno provvidenziale. Lepoca di Augusto irrompe nellEneide sotto forma di anticipazioni visionarie e viene salutata come il futuro avvento di un ordine mondiale: con la suggestione delle sue immagini Virgilio aveva creato unepopea nazionale estremamente
adatta a rafforzare lorgoglio patriottico dei Romani.
Come nel programma architettonico-urbanistico della
publica magnificentia, anche nel caso dellEneide ebbe un
ruolo importante il confronto coi modelli greci: gi nel
26 a. C., dopo la recita di alcuni canti del poema, Properzio aveva scritto che lopera avrebbe superato lIliade di Omero (II 34,64 sg.). La fama di cui Virgilio godette gi in vita dimostra come i Romani del tempo fossero senzaltro disposti a identificarsi con questo mito
nazionale. Tacito riferisce che il popolo stesso, ascoltati i suoi versi in teatro, si alz in piedi per salutare il
poeta li presente come fosse stato Augusto (Dial. 13).
Non meno efficace era per il linguaggio degli edifici e delle statue, e il monumento che pi contribu a
propagandare il nuovo mito di Stato fu il Foro di Augusto. Gi durante la battaglia di Filippi contro gli assassini di Cesare, Ottaviano aveva promesso di dedicare un
tempio a Marte Ultore (42 a. C.), ma il santuario pot
essere consacrato solo quarantanni pi tardi. Nel frattempo Marte si era vendicato una seconda volta, con-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Roma, Foro di Augusto. Pianta con ricostruzione del programma statuario. Il lato sud della piazza non ancora stato portato alla luce.

tro i Parti, e fu perci nel sacrario del nuovo tempio che


le insegne riconquistate trovarono la loro collocazione
definitiva. Questo successo, cos importante per lidentit romana, e le altre imprese dei generali e degli eserciti di Augusto permisero finalmente di dimenticare le
guerre civili.
Ledificio fu fatto costruire da Augusto su un terreno di sua propriet (in privato solo) coi proventi del bottino di guerra e, a differenza della statua loricata di
Prima Porta o dellAra Pacis, il Foro fu commissionato
da lui personalmente. Come ventisei anni prima il santuario di Apollo, anche il Foro di Augusto parla dunque
il linguaggio stesso dellimperatore: che poi il linguaggio delle visioni virgiliane, in cui mito e storia si fondono
in un unico quadro provvidenziale. La sola differenza
rispetto al poema epico sar che lo sguardo qui rivol-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

to dal presente al passato. Il Foro e il tempio furono concepiti come la vetrina del nuovo Stato, secondo un
preciso programma educativo. Conformemente al suo
nuovo stile politico, Augusto evit ogni forma diretta di
autocelebrazione, anche se i contemporanei, abituati a
una trentennio di immagini encomiastiche, potevano
cogliere ovunque allusioni e riferimenti. In ogni caso,
anche un avversario di Augusto avrebbe avuto difficolt a scorgere in quel programma figurativo i segni di
una politica dellimmagine diretta dallalto: anche nel
Foro di Augusto, come vedremo, lelogio diretto del
sovrano rimane una prerogativa del Senato.
Venere e Marte.
La parte mitologica del programma figurativo del
Foro di Augusto comprendeva poche figure e nessun elemento nuovo. Laspetto decisivo era dato dalla fusione
di due cicli mitologici: il mito di Troia e la leggenda di
Romolo. Secondo la versione della leggenda sulle origini di Roma che gi Virgilio aveva adottato per il suo
poema, Marte aveva sedotto Rea Silvia, figlia del re di
Alba Longa, ed era diventato cos padre dei due gemelli Romolo e Remo e progenitore dellintera stirpe romana. Ma poich Rea Silvia discendeva, secondo la leggenda, dalla stirpe troiana di Enea, la madre dei due
mitici gemelli poteva essere accolta nellalbero genealogico di Augusto ed per questo che i poeti augustei la
chiamano perlopi col nome di Ilia (da Troia=Ilion). In
questo modo Venere e Marte, e sia pure con partner
differenti, diventavano progenitori dei Romani (e la circostanza non manc di suggerire ad Ovidio unaltra
allusione ironica alle leggi matrimoniali). Le due divinit
avrebbero vigilato insieme sui loro protetti, Marte
garantendone la virtus, e Venere procurando fecondit

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

e pienezza. Il mito privato della famiglia Giulia diventa cos un elemento centrale del nuovo mito di Stato, e
la statua della dea dellamore verr associata in tutte le
occasioni possibili a quella del dio della guerra, col risultato inevitabile di richiamare alla memoria anche la
segreta storia damore che univa i due nel mito greco. I
mitologi augustei cercarono di aggirare la difficolt interpretando questo amore come la prefigurazione del
ruolo eletto che la famiglia Giulia avrebbe ricoperto
nella storia marziale del popolo romano.
Prima della battaglia di Azio, Ottaviano aveva ancora fatto raffigurare la sua antenata nelle vesti di seduttrice, ma sul frontone del tempio di Marte Ultore la
vediamo ora, conforme al nuovo ruolo, dignitosamente
avvolta in un mantello e con lo scettro nella mano accanto al dio della guerra. Anche nella cella del tempio la sua
statua era vicina del resto a quella di Marte, e Ovidio
comment la cosa con una battuta, suggerendo che lo
sposo, cio Vulcano, era rimasto ad attendere fuori della
porta (Trist. II 295). (Cera l, probabilmente, una statua di Vulcano, donata da Augusto in occasione della
riorganizzazione del corpo dei vigili del fuoco).
Questa indicazione di Ovidio stata messa in rapporto con un rilievo conservato ad Algeri, interpretato a
sua volta come una raffigurazione del gruppo statuario
del tempio di Marte Ultore. Accanto alla statua di Marte
si trovano Venere con Eros e una statua con un mantello ai fianchi: si tratta con tutta probabilit di Cesare divinizzato e raffigurato, in virt del suo rango divino, accanto a Venere e Marte. Lamorino porge alla madre la
spada di Marte e il gesto in tale evidenza da suggerire
uninterpretazione allegorica, suffragata anche da altri
monumenti: Marte disarmato da Amore sarebbe unallusione alla pace, ottenuta dopo la giusta guerra, e la stessa idea ritorner nella statua di Marte Ultore.
Non crediamo di forzare linterpretazione del mode-

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sto rilievo avanzando lipotesi che Venere riproducesse


un modello classico di Afrodite. Forse si trattava addirittura di un originale greco riutilizzato, come era avvenuto per il gruppo statuario di culto del tempio di Apollo sul Palatino e nel tempio di Giove Tonante. Molti
esempi potrebbero confermare, del resto, che gli artisti
augustei erano soliti nobilitare gli di di Stato con citazioni classiche, o addirittura utilizzando per intero
modelli antichi.
Un esempio assai convincente una statua in bronzo di Venere conservata a Brescia, le cui ali furono
aggiunte in seguito, quando si decise che la statua doveva raffigurare la Vittoria. La versione originale senza ali
la replica di una celebre statua augustea, raffigurante
Venere progenitrice nellatto di scrivere su uno scudo le
vittorie della famiglia Giulia. Il modello classico utilizzato era una statua di Afrodite del iv secolo a. C., il cui
bel corpo si rispecchiava nello scudo dellamante. Vedremo pi tardi quali significati morali venissero associati
in et augustea a queste citazioni classiche. In questo
caso, comunque, il modello classico andava adattato alla
nuova funzione e alle nuove categorie morali: la parte
superiore del corpo, nuda, fu rivestita, e lo scudo con liscrizione delle vittorie venne rivolto allosservatore.
In un altro gruppo, anchesso inventato dagli artisti augustei, la stessa Venere-Afrodite di derivazione
classica abbraccia, anzich lo scudo, il dio della guerra,
ripreso a sua volta da un modello del v secolo a. C. La
combinazione dei due modelli conferisce al simbolismo
del gruppo un carattere decisamente programmatico:
non si tratta pi, in effetti, dellavventura amorosa narrata dal mito classico ma delle implicazioni simboliche
del nuovo mito di Stato. In futuro, e la cosa significativa, altre copie dello stesso gruppo mostreranno i
ritratti della coppia imperiale, ma anche di semplici coppie borghesi. E in questo modo i valori adombrati dal

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

gruppo statuario, in particolare la concordia, venivano


riferiti ai personaggi reali del ritratto.
Anche per Marte si dovettero escogitare nuove
immagini corrispondenti alla sua dignit di progenitore.
Limmagine cultuale del tempio di Marte Ultore probabilmente una statua crisoelefantina si trova riprodotta in un colosso marmoreo dellet dei Flavi, dove
il dio raffigurato, come gi sullAra Pacis, nelle vesti
di una solenne figura paterna dalla gran barba. Dopo il
20 a. C. la statua del tempio circolare sul Campidoglio
lo mostrava ancora come una figura giovanile, nuda e
arcaistica, dal passo flessuoso. Ora, invece, porta una
corazza riccamente decorata, un elmo sontuoso e le gambiere, la lancia e lo scudo.
Mentre la corazza nello stile del tempo, lelmo con
le sfingi e i cavalli alati ripreso dallAthena Parthenos
di Fidia. La barba e il volto rielaborano una statua di
stratega di marca attica, mentre la ricca ornamentazione
della corazza e dello scudo piena di allusioni alla realt
presente. Sullo scudo (aggiunto nella copia romana) faceva spicco una corona civica, il cui rapporto con Augusto
salvatore della patria doveva risultare evidente a ogni
visitatore del sacrario, tanto pi che proprio davanti alla
statua erano esposte come reliquie le insegne riconquistate e le aquile delle legioni (Res Gestae 29).
Sulla corazza si vedono, in posizione dominante, due
grifi, che insieme al gorgoneion alludono alle armi terrifiche di Marte. I contemporanei potevano interpretare
i grifi come simboli di Nemesi, dea della vendetta, oppure di Apollo, ma anche gli elefanti e le teste di ariete sui
lacci dei calzari vanno intesi come immagini di forza e
di battaglia. I grifi poggiano per su una grossa palmetta munita di tralci, e fra questi ultimi cresce una specie
di pianta a forma di candelabro. Sugli spallacci compaiono perfino delle cornucopie incrociate: il vecchio Marte
diventato il guardiano della pace.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il dio raffigurato nella parte centrale del frontone


ha invece un aspetto aggressivo: nudo dalla cintola in
su, poggia il piede sul globo con gesto trionfale ed
armato di lancia e di spada. Le immagini del protettore dallaspetto paterno e del conquistatore sono qui
contrapposte con unintenzione precisa. La seconda
immagine corrisponde infatti a quella parte del programma politico di Augusto che mirava al rafforzamento dellimpero, e non a caso limmagine divinizzata del sovrano seguir in futuro anche questo schema.
Anche il Marte raffigurato sul frontone del tempio
riferito daltronde ad Augusto, se non altro indirettamente, attraverso le figure che gli fanno da contorno.
Dalla parte opposta alla Venus Genetrix con Eros vediamo la Fortuna col timone e la cornucopia: ma proprio
alla Fortuna Redux il Senato aveva dedicato un altare
dopo il ritorno del princeps. Seguono poi, seduti, Roma
e Romolo in veste di augure e infine, sdraiati, il Tevere e il Palatino, dove Romolo aveva costruito le prime
mura della citt e dove ora si trovava la residenza di
Augusto.
La composizione del timpano caratteristica, nella
sua staticit, della nuova arte di Stato, con la sua ricerca di valori ufficiali e solenni, le sue forti preoccupazioni
simboliche e didascaliche. I frontoni dei templi classici
ed ellenistici presentavano miti e battaglie in forma
vivacemente drammatica, e ancora nel timpano del tempio di Quirino, iniziato da Cesare, erano raffigurati
diversi eventi mitici, tra i quali laugurium di Romolo.
Ora, invece, i personaggi del mito appaiono semplicemente giustapposti, in simmetria frontale, con la funzione di incarnare significati astratti e di alludere indirettamente alla figura del princeps: sono diventati elementi del nuovo linguaggio mitico-figurativo.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Enea e Romolo.
Dei vecchi cicli mitologici vennero conservate solo
poche figure particolarmente rappresentative. Alla coppia Marte-Venere facevano riscontro, nelle nicchie centrali delle due grandi esedre del Foro di Augusto, le figure contrapposte di Enea e Romolo, raffigurati, rispettivamente, in fuga da Troia e nelle vesti di trionfatore.
Una contrapposizione che non aveva il significato di un
confronto tra i due eroi, ma intendeva piuttosto illustrarne le virt complementari.
Le statue originali non si sono conservate, ma statuette, rilievi e pitture parietali ce ne dnno comunque
unidea attendibile. Enea porta sulle spalle il vecchio
padre Anchise, tenendo per mano il figlioletto Ascanio,
ma mette anche in salvo gli di di Troia, i Penati, che il
vecchio Anchise tiene in mano come un bene prezioso.
Insieme al Palladium, i Penati troiani erano ora venerati nel tempio di Vesta come garanti dei destini di Roma.
Cesare aveva attribuito ad Enea anche il merito di aver
messo in salvo il Palladium e infatti lo vediamo, su una
moneta di et cesariana, nellatto di fuggire da Troia con
in mano larcaica statua di Atena. Ma il gruppo statuario del Foro di Augusto ha un significato che va al di l
della pura commemorazione storica: Enea qui un nume
tutelare del nuovo Stato ed la sua pietas eroica verso il
padre e verso gli di ad apparire in primo piano.
Ecco perch lartista introduce nella sua raffigurazione una serie di elementi didascalici estranei al fatto
vero e proprio. Cos il giovane troiano in fuga gi raffigurato in vesti romane: non solo romana larmatura,
ma in quanto antenato dei Giulii porta anche i calzari
di un giovane patrizio! Il piccolo Ascanio vestito invece come un pastore frigio, con un abito dalle maniche
lunghe e il berretto a punta, e tiene curiosamente in
mano perfino un bastone per la caccia alla lepre: par-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ticolari, questi, che alludono alle attivit pastorali dei


giovani troiani sul monte Ida e agli amori di Venere e
Anchise. Questultimo ha per laspetto di un vecchio
devoto e porta il capo coperto proprio come Augusto e
gli altri sacerdoti della nuova Roma.
Nulla qui affidato alla fantasia personale dellartista, ma ogni particolare riveste un significato simbolico
preciso, condizionato dal modo di interpretare i miti in
et augustea. Per farsene unidea basta confrontare il
gruppo del Foro di Augusto con una moneta fatta coniare dal giovane Ottaviano: l Enea, nudo alla maniera
greca, portava in salvo Anchise, raffigurato nellatto di
voltarsi verso gli inseguitori. Ma dei Penati, nessuna
traccia.
Al centro dellesedra antistante si poteva vedere
Romolo con un trofeo di guerra. Allimmagine di una
dura prova sopportata con coraggio faceva riscontro
unimmagine di trionfo militare: a un exemplum pietatis
un exemplum virtutis.
Romolo viene celebrato come il primo trionfatore
della storia romana, conformemente al nuovo calendario ufficiale che il Senato aveva fatto esporre nellarco
trionfale di Augusto accanto al tempio di Cesare, dopo
averlo fatto incidere su lunghe lastre di marmo. Linizio dellelenco si fortunatamente conservato e riporta, con la sua data precisa, il trionfo del re Romolo,
figlio di Marte, sul re Akron di Cenina, nel primo
anno dellUrbe. Si diceva che Romolo avesse ucciso il
capo nemico con le sue stesse mani e avesse poi consacrato la sua armatura come spolia opima nel tempio di
Giove Feretrio, fatto ricostruire da Augusto prima della
battaglia di Azio, con un gesto denso di significato simbolico. La vicenda iniziata in modo cos glorioso col
padre della citt e della virtus (Prop., IV 10) trovava
ora nel triplice trionfo di Augusto il suo coronamento;
e cos la ricordavano i nuovi fasti trionfali.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Un secondo raffronto tra Enea e Romolo si conservato nei rilievi sul lato dingresso dellAra Pacis.
Diversamente per che nel tempio di Marte, non si trattava qui di rievocare gesta esemplari ma la divina Provvidenza che aveva vegliato fin dallinizio sulla storia
romana: a destra dellingresso raffigurato larrivo di
Enea nel Lazio, a sinistra il ritrovamento della lupa con
i due gemelli.
Il pius Enea, dopo lungo peregrinare, ha trovato finalmente sotto una quercia la scrofa e i porcellini della promessa (Verg., Aen. III 390; VIII 84). Qui, nel punto dove
sarebbe sorta Lavinio, doveva costruire secondo loracolo
un tempio ai Penati e dare una nuova patria ai fuggiaschi.
gi stato preparato un semplice altare di pietra,
adorno per il sacrificio. Gli assistenti, con una corona
in capo, trattengono la scrofa destinata allofferta e portano un vassoio colmo di frutti, mentre Enea, a capo
coperto, versa la libagione sacrificale. Leroe sembra
assorto in profondi pensieri e lintera scena come
sospesa: anche gli altri officianti hanno lo sguardo rivolto lontano, come se avessero una visione. Losservatore
era cos indotto a meditare sulle implicazioni simboliche
della scena, tanto pi evidenti quanto pi si immergeva
nei singoli particolari della raffigurazione.
Per conferire alla figura di Enea una particolare
solennit, lartista ha modellato la testa e la parte superiore del corpo nelle forme dellarte del primo periodo
classico, e gli ha dato un mantello di foggia antica, come
quelli che si vedevano sulle antiche statue del re di
Roma in Campidoglio (Plin., Nat. hist. XXXIV 23). E
appunto come un re di Roma Enea tiene la lancia nella
mano, in segno di sovranit. Qui egli non pi leroe
guerriero come sul Foro, ma il pater Aeneas carico di
esperienza e modello di devozione. Ascanio, di cui si
conservata sul rilievo appena una striscia sottile, porta
invece il costume troiano e un bastone da pastore, anche

Storia dellarte Einaudi

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se nel frattempo cresciuto ed ormai quasi un adulto.


Lo sguardo di Enea rivolto agli assistenti del sacrificio, raffigurati qui come giovinetti dallaria nobile e
non, secondo luso, come uomini robusti e dai tratti perlopi grossolani: un esempio, evidentemente, di quella
giovent devota e virtuosa che era negli auspici di Augusto. Indossano il vestito consueto degli assistenti e tengono in mano oggetti rituali, riproponendo una scena a
cui i Romani potevano assistere quasi ogni giorno.
Enea non offre il sacrificio a Giunone, come racconta Virgilio, ma ai Penati portati in salvo da Troia
(Dion. Hal., I 57), richiamando cos in modo pi esplicito la figura del salvatore celebrata sul Foro e il suo
rapporto con la famiglia del princeps. Dal tempio sullo
sfondo, eretto in bei blocchi squadrati di marmo, i due
Penati assistono benevoli al sacrificio: anche qui possiamo vedere una doppia allusione agli aurea templa della
citt e allo stesso Augusto, che proprio sullAra Pacis era
raffigurato nelle vesti di sacrificante.
Come si vede, allusioni a non finire. Lo stile narrativo degli artisti augustei tale da fondere passato e
futuro in un quadro unico, ma pi ancora che nellallegoria della Pace abbiamo qui a che fare con una vera e
propria immagine devozionale. Losservatore, che il
carattere sospeso della scena induceva al raccoglimento, non poteva poi fare a meno di notare, fra tanti
festoni e tanti rami di quercia, anche la quercia raffigurata al centro della composizione: non una semplice
indicazione topografica ma un preciso richiamo al
presente e ad Augusto, indicato fin dalle origini come il
favorito degli di e del destino.
Del rilievo gemello possediamo purtroppo solo
alcuni frammenti. Anche qui la parte centrale della composizione era occupata da un albero sacro, la ficus ruminalis, sotto la quale il pastore Faustolo trova la lupa con
i gemelli. Sui rami del fico posato il picchio di Marte,

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che aveva contribuito a nutrire i due neonati. Ai lati


della scena idilliaca sono Faustolo e lo stesso Marte, raffigurati in silenziosa adorazione, come il pastore Faustolo su una terracotta di soggetto analogo. Anche qui,
dunque, non si trattava di una scena narrativa ma di
unimmagine devozionale. La testa di Marte pu dare
unidea del tenore complessivo della raffigurazione:
Marte e Faustolo assistono meravigliati, come due osservatori esterni, allopera della Provvidenza, sotto la cui
protezione Roma posta fin dai suoi inizi. I Romani dellepoca sapevano che Augusto aveva riportato in auge il
luogo del mitico avvenimento, il Lupercale ai piedi del
Palatino, e assistevano ogni anno allantico rituale di cui
abbiamo gi riferito. Anche in questo caso il presente si
ricongiunge con le origini mitiche della citt.
Ai due grandi cicli mitologici i monumenti augustei
dedicano un numero singolarmente esiguo di immagini,
e la cosa pu sorprendere, soprattutto se pensiamo
allampia e ricca iconografia sviluppata per esempio dagli
scultori di Pergamo intorno al racconto della fondazione della citt: un racconto tagliato anchesso su misura
per la casa regnante. Ancora il fregio tardo repubblicano della Basilica Emilia raccontava i primordi di Roma
con una certa ampiezza narrativa, che ora viene invece
del tutto sacrificata a un interesse prevalentemente
pedagogico. E significativo che larte augustea non conosca, o quasi, la forma del fregio figurato. Linterpretazione mitologica si concentra su poche singole scene,
dove la forma e il contenuto appaiono direttamente funzionali al mito di Stato. In queste immagini Enea e
Romolo non vengono pi presentati come figure mitiche
viventi, perch laccento si spostato sul loro significato esemplare. E poich il programma di riforma morale
poggiava su pochi Leitmotive, anche le immagini mitiche
insistono su pochi valori essenziali, tra cui soprattutto
la pietas e la virtus. Le gesta esemplari degli eroi vengo-

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no presentate in forma esortativa e, se possibile, con


qualche riferimento allexemplum vivente del princeps. E
poich questi a sua volta assumeva quegli exempla come
punto di riferimento, veniva a stabilirsi anche qui un
rapporto circolare tra il presente e il passato mitico.
Ne un esempio la cura particolare di Augusto per
il culto di Vesta. Avendo rivestito, dopo la morte di
Lepido nel 12 a. C., anche la carica di pontifex maximus,
edific alla dea un santuario nella propria casa sul Palatino: in questo modo Augusto osservava e nello stesso tempo aggirava lantica prescrizione sacrale secondo cui il pontifex maximus doveva risiedere nella Regia
sul Foro. Quando il discendente di Enea celebrava un
sacrificio davanti al tempio di Vesta, riviveva anche il
mito dei Penati e del Palladio messi in salvo da Troia in
fiamme. Ed per questo che sulla base di Sorrento il
Palladio appare proprio dietro la dea Vesta: Augusto
aveva salvato le immagini degli di dalloblio e dalla rovina. Non c dunque da stupirsi se in certe raffigurazioni le vergini vestali sembrano venerare pi lui della
stessa dea, e se in un rilievo marmoreo raffigurante il
tempio di Vesta si vede la quercia crescere proprio
accanto al tempio.
Unaltra caratteristica delliconografia mitologica
augustea poi la sua attenzione per i disegni del destino e della Provvidenza: bisognava favorire nellosservatore uno stato di raccoglimento religioso che lo rendesse
sensibile ai segni provvidenziali.
Su un rilievo di cui si conoscono due repliche vediamo una figura femminile la Sibilla o la musa Clio
immersa in profondi pensieri su una raffigurazione della
caduta di Troia. La figura si appoggia meditabonda su un
grande vaso su cui raffigurato il ratto di una donna.
Anche qui non manca un particolare chiarificatore: con le
spalle alla scena del ratto si vede Diomede con una grande statua di Atena. In altre parole: Troia doveva cadere

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perch Roma potesse essere fondata. Accanto al vaso


vediamo una sphaera sorretta da un Atlante alato, e proprio alla sfera, simbolo del dominio universale, era rivolto probabilmente lo sguardo della Musa (la testa moderna). Limmagine mitologica viene cos riferita in modo inequivocabile al presente e al dominio universale di Roma.
Per via del Palladium messo in salvo, il mito di Diomede svolge del resto un ruolo particolare nellarte augustea. Come un tempo Diomede (o Enea) aveva salvato
il Palladium ora venerato nel Tempio di Vesta, cos
Augusto conformemente allimmagine di Varrone lo
aveva custodito salvando lo Stato dalla rovina. Ecco
perch pi tardi gli imperatori verranno raffigurati
anche nelle vesti di Diomede. Infine, come nellimmagine di Enea in fuga da Troia, anche sul grande vaso del
rilievo lepisodio storico rievocato accoglie in s un
momento doloroso, ed probabile che si debba vedere
anche qui un influsso di Virgilio sugli artisti o sui committenti dellopera.
Il nostro rilievo, destinato molto probabilmente a
una casa privata, metteva a dura prova la cultura dellosservatore, ma in genere le raffigurazioni mitologiche
non erano cos complesse, soprattutto perch era facile
riportarle a un unico motivo fondamentale: si trattasse
del legame di Enea, Vesta, Diomede o dello stesso Augusto con il Palladium, del rapporto fra Venere o Enea e
le origini divine della casa imperiale, o ancora dellassociazione tra Apollo, il tripode, la Sfinge o la Sibilla e
il dono della preveggenza.
Ci che rende cosi spesso noiose le interpretazioni
erudite degli archeologi rispecchia una caratteristica
peculiare dellarte augustea: il suo spirito rigidamente
didascalico, e di qui il suo gusto per le ripetizioni e i confronti, le equivalenze e i rimandi allusivi.
Tutto questo era molto pesante, almeno per i palati
pi fini, e lironia poteva offrire una valvola di sfogo. I

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doppi sensi e le battute salaci di Ovidio avevano evidentemente il loro pubblico, e qualcuno pens perfino
di mettere in caricatura le immagini pompose del mito:
il proprietario di una villa presso Stabia si fece dipingere in una delle sue camere una versione parodistica del
gruppo arcinoto di Enea (quello del Foro di Augusto),
in cui gli illustri antenati del princeps figurano come una
famiglia di scimmie dalle teste di cane e dai membri
enormi.
Ma erano casi isolati. Nel complesso la nuova iconografia mitologica ebbe una larga diffusione non solo negli
ambienti ufficiali di Roma e delle citt, ma anche nella
vita privata, e penetr a fondo nella coscienza di larghi
strati della popolazione. Piacerebbe sapere se erano in
molti a fare come Orazio che, in lieta compagnia e
secondo lusanza dei padri, cantava al suono di flauti lidi la virtus dei capi, Troia e Anchise, e la discendenza di Venere che tutto pervade (Carm. IV 15,29).
Il gruppo di Enea era del resto assai diffuso anche
su anelli e lucerne e sotto forma di statuette di terracotta, dove era facile intenderlo come un segno di
fedelt al regime. Ma in breve tempo limmagine fini per
diventare un puro e semplice simbolo di pietas privata.
I committenti dei monumenti funerari non pensavano
pi al princeps: il contenuto morale dellimmagine era
ormai stato assimilato e chi la utilizzava intendeva semplicemente esprimere la pietas del defunto e, insieme,
laffetto dei suoi cari rimasti in vita.
Unimmagine riveduta della storia romana.
Mito e storia non erano, nel mondo antico, domini
separati. Le gesta degli antenati leggendari erano sentite come altrettanto storiche di quelle compiute dagli
effettivi antenati di una famiglia, e possedevano inoltre

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un particolare valore esemplare. Augusto era perci in


pieno accordo con la tradizione quando fece collocare
nellesedra del porticato sulla sinistra del tempio di
Marte, proprio accanto al gruppo di Enea, le statue dei
personaggi pi illustri della sua famiglia. Gi in passato
alcuni personaggi dellaristocrazia avevano celebrato la
propria gens con gruppi statuari dedicati ai loro antenati, ma ci non era mai avvenuto in una forma cos sistematica: questa specie di pantheon della famiglia Giulia
andava da Enea e Ascanio ai re di Alba Longa, alle figure pi rappresentative della repubblica fino al presente.
Perfino il padre di Giulio Cesare, un personaggio privo
di significato politico, aveva qui la sua statua e non
furono certo poche le lacune da colmare con membri
oscuri della famiglia, per dare limpressione che la stirpe del princeps si fosse distinta senza soluzione di continuit lungo tutta la storia di Roma. Ma originale ed
estremamente suggestiva fu lidea di contrapporre a questa galleria privata della famiglia Giulia una sfilata di
Romani illustri (summi viri; cfr. Hist. Aug., Alex. Sev.,
28,6), posti a lato di Romolo e dei re di Roma lungo il
porticato antistante. Dal confronto delle due serie di statue il rango storico della famiglia Giulia emergeva in particolarissima evidenza: gli antagonismi secolari delle
grandi famiglie con i loro alti e bassi e il relativo declino dei Giulii tra il iv e il ii secolo venivano cancellati a
favore di un quadro unitario in cui la famiglia del princeps appariva, fin dallinizio, come la pi importante.
Dal suo ceppo infatti, come si leggeva nel poema di Virgilio, sarebbe nato il salvatore.
Il criterio utilizzato nella scelta dei summi viri permise di rimuovere alcuni episodi poco gradevoli, soprattutto delle guerre civili, e di presentare un quadro riveduto e corretto della storia romana. La memoria andava soprattutto a coloro che avevano portato limpero
romano dai suoi modesti inizi allattuale grandezza

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(Suet., Aug. 31). I grandi Romani erano dunque gli artefici militari dellimpero, i generali e i trionfatori.
La galleria delle statue del santuario di Marte suggeriva, inoltre, un quadro dinsieme dellintera storia
romana in cui i nemici di un tempo apparivano affiancati nella comune gloria della nazione: Mario accanto a
Silla, Lucullo accanto a Pompeo. Il personaggio pi
recente fra gli auctores dellimpero era il figliastro di
Augusto, Druso, caduto nellanno 9 a. C. durante la
campagna contro i Germani. Lunico grande assente era
Giulio Cesare, il dittatore che, in quanto dio, non poteva essere confuso tra i mortali. Al Divus Iulius spettava
un posto nel tempio.
Sotto ogni statua si trovavano un breve titulus col
nome del personaggio e le tappe della sua carriera pubblica, e un elogium pi ampio con lelenco delle sue benemerenze, non solo militari ma anche civili. Di Appio
Claudio Cieco si ricordava ad esempio la vittoria sui
Sanniti e i Sabini, la costruzione della via Appia, dellacquedotto omonimo e del tempio di Bellona, ma anche
il fatto di aver impedito con successo di concludere la
pace col re Pirro. Il testo conciso e perentorio delle iscrizioni doveva poi rafforzare limpressione che i grandi
Romani fossero proprio tutti l. Tra i frammenti marmorei conservati vi sono statue loricate e togate; probabilmente la scelta delluno o dellaltro modello rispecchiava i meriti del personaggi. Pare comunque che della
galleria facessero parte anche statue pi antiche.
Nel Foro di Augusto veniva resa pubblica, tramite
la forma di un doppio messaggio scritto e visivo, un
immagine della storia riveduta e adattata alla nuova
situazione politica. La storia romana veniva a coincidere con la marcia inarrestabile dellimpero, e il fatto di
ricondurre lintera vicenda alle imprese personali dei
summi viri conferiva a quella marcia un indubbio carattere di inevitabile destino.

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chiaro che Augusto prese parte direttamente allideazione del programma e alla scelta dei summi viri:
secondo Plinio (Nat. hist. XXII 6, 13) avrebbe addirittura composto egli stesso gli elogia sotto le statue. Ma
la notizia non va presa necessariamente alla lettera, poich Augusto si serv senza dubbio di numerosi consiglieri e lassegnazione dei vari posti nella galleria rappresent, com facile immaginare, un ricco e gradito
argomento di conversazione. E stata avanzata lipotesi,
piuttosto plausibile, che nel programma della galleria
abbia avuto un ruolo di primo piano Gaio Giulio Igino,
liberto di Augusto e direttore della biblioteca del tempio di Apollo. Autore di un libro De familiis Troianis e
di un commento allEneide di Virgilio, Igino poteva dare
in effetti un contributo qualificato, anche se lidea complessiva risale senza dubbio alla grande visione del VI
libro dellEneide, dove Anchise nellAde mostra ad Enea
i grandi Romani dei secoli futuri, fino a Cesare Augusto: Egli riporter let delloro nel Lazio, che fu gi il
regno di Saturno (VI 792).
Ancora una volta i Romani videro sfilare sotto i propri occhi lintero programma del loro Walhalla in occasione delle esequie di Augusto:
Furono quindi celebrati i funerali. La bara era davorio e doro, coperta da un manto di porpora e doro. Il
corpo di Augusto era chiuso dentro una cassa e sottratto
agli sguardi, ma si vedeva un suo ritratto di cera nelle vesti
di trionfatore che i consoli designati per lanno successivo
andarono a prendere nella sua casa sul Palatino. Unaltra
statua doro veniva dalla Curia e una terza era trasportata su una quadriga trionfale. Seguivano poi i ritratti
[eikones, probabilmente attori con maschere] dei suoi antenati e dei suoi parenti defunti con leccezione di Cesare,
che era stato accolto fra gli eroi; e infine i ritratti di tutti
i romani che si erano in qualche modo distinti, Romolo in

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testa. Cera persino Pompeo il Grande e cerano tutti i


popoli che Augusto aveva sottomesso, ciascuno nel suo
costume nazionale (Dio. Cass., 56,34).

Ma non fu necessario attendere questa muta sfilata


di maschere per comprendere fino a che punto la galleria degli eroi fosse legata ad Augusto. Egli stesso aveva
chiarito il senso di quel programma in un editto promulgato in occasione della consacrazione del Foro:
La sua idea era stata che i romani dovessero giudicarlo finch era in vita, e giudicare poi i principes che gli
sarebbero succeduti, secondo il modello di quegli uomini
(Suet., Aug. 31).

Era daltronde tipico dello stile di Augusto argomentare, ovunque fosse possibile, con esempi e citazioni degli antenati. N la risposta a questo invito si fece
attendere a lungo. Il Senato eresse infatti, e c da supporre in posizione dominante, un monumento celebrativo dallaspetto di una quadriga trionfale sulla cui base
faceva spicco il nuovo titolo onorario di Pater Patriae:
Nellanno del mio tredicesimo consolato il Senato, i
cavalieri e lintero popolo romano mi conferirono il titolo
di padre della patria, e decisero di apporre una scritta
relativa allavvenimento nellatrio della mia casa, nella
Curia Iulia e sotto la quadriga del Foro di Augusto che il
Senato stesso vi aveva fatto porre (Res Gestae 35).

La scritta conteneva anche lelenco di tutte le sue


vittorie (Vell. Pat., II 39), e lo indicava al di l di ogni
dubbio come il pi grande dei grandi.
Linvito a confrontarsi col passato non era pura retorica. Le cerimonie di Stato che Augusto volle far celebrare nel nuovo Foro e nel tempio di Marte continua-

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vano a proiettare la gloria presente sullo sfondo paradigmatico del passato. Qui i giovinetti indossavano la
toga virile e venivano iscritti nelle liste militari; nel tempio di Marte il Senato decideva sulla guerra, la pace e i
trionfi; di qui partivano i governatori militari; qui i
generali vittoriosi deponevano le insegne trionfali al
ritorno dalle loro spedizioni; qui i principi barbari promettevano fedelt e amicizia verso Roma. Il tempio di
Marte ottenne cos privilegi che fino ad allora spettavano, almeno in parte, al tempio di Giove Capitolino,
e il nuovo Foro divent lo scenario ufficiale della politica estera e di tutto quanto avesse a che fare con la
virtus e la gloria delle armi.
Se il messo incaricato di recapitare la lettera in cui
Caligola annunciava la sottomissione della Britannia
dovette passare anzitutto dal Foro Romano, per poi
scendere da cavallo alla Curia e consegnare infine la lettera nel tempio di Marte alla presenza del Senato riunito (Suet., Gaius 44), ci si pu immaginare come doveva
essere grandioso il cerimoniale in occasione dei trionfi,
dellarrivo di re stranieri o di altri avvenimenti solenni.
Augusto stabil che anche in futuro i generali vittoriosi ricevessero sul Foro una statua di bronzo che li raffigurava in abito trionfale e che venissero esposte qui le
armi e le insegne conquistate al nemico. Conosciamo i
nomi di alcuni personaggi a cui il Senato attribu tale
onorificenza su proposta dello stesso Augusto. Ma il
pathos pedagogico con cui Augusto invit i Romani a
imitare i grandi uomini del passato e promise a ciascuno
una gloria conforme ai suoi meriti, cadde nel vuoto: se
infatti le statue degli altri generali vittoriosi erano disposte pi o meno casualmente tra le colonne o ai margini
della piazza, per i principi imperiali Germanico e Druso
minore Tiberio fece erigere nel 9 d. C. degli archi di
trionfo ai lati del tempio di Marte, ad aperta imitazione
degli archi di Augusto ai lati del tempio di Cesare.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

3. PRINCIPES IUVENTUTIS.
IL RUOLO DEI SUCCESSORI NEL MITO DI STATO.

Mito e storia avevano trovato il loro compimento in


un presente eterno. Il sistema augusteo non prevedeva la
possibilit di uno sviluppo storico, perch il saeculum
aureum era ormai iniziato e si poteva solo conservarlo e
riprodurlo. Dopo un periodo di rapidi e drammatici mutamenti si era aperta unepoca di stasi, una sorta di eterno presente miticamente idealizzato. Limpero avrebbe
conservato la sua armonia interna e la sua solidit territoriale, la prosperit e il benessere sarebbero durati almeno fino a quando la famiglia Giulia fosse rimasta al potere e i Romani avessero continuato a onorare gli di e a
condurre una vita morigerata secondo il modello degli
antichi. Ma formulate in termini cos asciutti, queste
prospettive non potevano entusiasmare nessuno, e anche
per i principi occorrevano immagini pi invitanti.
Gli eredi e la stirpe di Venere.
Mai raccomand i suoi figli al popolo senza aggiungere: Se lo meriteranno. E si lament moltissimo del fatto
che, quando i bambini apparivano in pubblico, il popolo
si alzava tutto in piedi ad applaudire (Suet. Aug. 56).

Presentare in pubblico i suoi eredi era una delle principali preoccupazioni del vecchio Augusto: pur mantenendo il suo stile abituale, egli intendeva far capire che
solo un membro della famiglia Giulia la famiglia eletta poteva ereditare il principato. Secondo unaccorta
suddivisione dei poteri, furono proposti come eredi,
ancora giovanissimi, i due nipoti Gaio e Lucio Cesare:
popolo, Senato ed equites applaudirono alla scelta e conferirono loro onorificenze e le pi alte cariche di Stato.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il princeps si scherm, poi accett esitando e seppe


comunque presentare i due ragazzi sempre nella forma
pi abile.
Il pi anziano dei due, Gaio, fu presentato in pubblico gi nellanno 13 a. C. a soli sette anni di et, quando prese parte per la prima volta al lusus Troiae. Lo stesso anno il tresvir monetalis Gaio Mario fece battere una
moneta con i busti dei due ragazzi e della madre Giulia, sul cui capo vediamo sospeso il simbolo dinastico
della corona civica, a sottolineare la diretta discendenza
da Augusto. Sul verso di unaltra moneta compare il
busto di Giulia da solo, in questo caso per il ritratto
associato alla faretra di Diana: abbiamo, insomma, la
raffigurazione di Diana Augusta coi lineamenti e lacconciatura di Giulia. In questo modo la moneta vuole
suggerire che la dea stessa ha vegliato sulla nascita dei
fanciulli, e si ricorder che anche nel Carmen saeculare
Diana era stata invocata come protettrice delle nascite.
Anche i meriti del loro padre naturale Agrippa furono messi pi in luce che mai, richiamandosi ancora alla
battaglia di Azio: Agrippa siede accanto ad Augusto sui
rostra e il suo ritratto porta la corona civica.
Anche il Senato nello stesso anno rese omaggio ai
principi, facendoli raffigurare in posizione eminente sullAra Pacis e nelle vesti inconsuete di piccoli Troiani (o
cavalieri del lusus Troiae). Proprio nel punto delle due
processioni in cui i membri della famiglia imperiale raggiungono il corteo dei sacerdoti sono raffigurati, sui due
lati del recinto dellaltare, due fanciulli di diversa et.
A differenza dei bambini normali, vestiti con la toga,
essi portano una tunica e i capelli lunghi (il pi grande
con un cerchietto). Ed entrambi sono contraddistinti da
una collana, il torques. Il lusus Troiae era un antico torneo equestre di carattere religioso riservato ai ragazzi
della nobilt romana, che in et augustea venne collegato
al mito troiano e che Augusto promosse in modo parti-

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colare per esortare la giovent ad addestrarsi nelle armi.


Virgilio descrive i giochi nellEneide e nomina espressamente il torques (V 559), e un torques doro fu donato
dallo stesso Augusto a un ragazzo che si era ferito durante il torneo, in effetti abbastanza pericoloso. Probabilmente il Senato, che era il committente dellAra
Pacis, fece raffigurare i principini in un costume che i
Romani conoscevano per averlo visto in questi giochi,
o forse anche nelle processioni religiose. Si tratta comunque di una interpretazione controversa: nelle due figure infantili alcuni studiosi preferiscono vedere dei principi barbari allevati alla corte di Augusto. Ma la posizione eminente dei due ragazzini nella processione della
famiglia imperiale, dallo spiccato carattere dinastico, e
il gesto singolare con cui il pi grande si tiene stretto alla
toga di Agrippa, sembrano confermare lidentificazione
con i due principi augustei. Daltra parte i due ragazzini sono gli unici personaggi a portare una nota diversa,
di vivacit infantile, nel composto corteo e a richiamare in questo modo lattenzione: come se la loro simpatia e spontaneit fanciullesca dovessero tradursi in una
captatio benevolentiae a favore della casa imperiale. N
pu stupire, a questo punto, il fatto che vengano raffigurati un po pi giovani della loro et effettiva.
Alcuni anni pi tardi Gaio fu presentato alle legioni del Reno. Anche questa volta il ragazzino, ormai
dodicenne, ebbe loccasione di dimostrare il suo coraggio in un torneo equestre simile ai giochi troiani, e la
Zecca di Lugdunum (Lione) fiss in una moneta il ricordo di questo giorno, che anche Augusto volle rendere
indimenticabile con una pubblica distribuzione di denaro. Che limmagine dei due ragazzini fosse ben presente anche alla truppa lo dimostra la decorazione del fodero di una spada, in cui vediamo i principini ai lati della
madre, raffigurati come fossero gi due ufficiali con
tanto di corazza.

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Poco dopo ebbe inizio la carriera ufficiale dei due.


Nellanno 5 a. C. Augusto si fece eleggere di nuovo console per la prima volta dopo diciassette anni, cos da
poter condurre personalmente nel Foro e in Senato il
nipote Gaio, ora quindicenne, che aveva appena ricevuto la toga virilis: una scena, anche questa, di forte
effetto. Gi allora Gaio fu designato console per lanno 1 d. C., mentre gli equites lo nominarono princeps
iuventutis, titolo privo di un concreto significato politico ma che lo indicava ormai come lerede al trono designato. Solo un anno prima liniziativa popolare che
voleva Gaio eletto console era stata respinta da Augusto; ora invece lavvenimento ricevette unadeguata
coreografia: vi furono elargizioni di denaro (sessanta
denari a testa), e giunsero a Roma solenni ambascerie
da lontane regioni dellimpero. Nelle sue comparse in
pubblico Augusto era ora accompagnato, ovunque possibile, dai due principi.
Su una serie di monete assai diffusa, coniata a Lugdunum, vediamo i due principes iuventutis con le insegne
onorifiche decretate dai cavalieri, uno scudo dargento
analogo al clipeus virtutis e una lancia sempre dargento.
Sul loro capo vediamo le insegne delle confraternite
sacerdotali a cui appartenevano: Gaio era pontifex, Lucio
era augur. Limmagine illustra con discrezione un concetto che fu poi ampiamente solennizzato in tutto limpero dopo la tragica morte prematura dei due giovani: i
principi possedevano le stesse virt del padre.
Fin dalla loro prima infanzia Augusto aveva seguito
leducazione dei nipoti, preoccupandosi addirittura che
imitassero la sua calligrafia (Suet., Aug. 64). Quando
furono pi grandi, vennero eseguiti dei ritratti ufficiali
che le botteghe utilizzavano come modelli sia per i busti
che per le statue onorarle: essi appaiono come una franca imitazione del ritratto di Augusto, altrettanto stilizzata nella classica seriet e compostezza. Solo il diverso

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taglio dei capelli sulla fronte permette di distinguere i


due giovinetti. I ritratti del loro fratello Agrippa Postumo, che in un primo tempo non era stato accolto nella
famiglia Giulia, assomigliano invece a quelli del padre
naturale Agrippa, come a dire che il marchio di qualit classicistico viene impresso soltanto su chi porta il
nome dei Giulii.
Naturalmente le volute di incenso che ormai da
mezzo secolo si levavano intorno alla famiglia imperiale finirono per creare un clima di particolare solennit
religiosa. Oltre Venere ed Enea, anche Giulio Cesare,
il Divus Iulius, era tornato sugli altari. Una moneta
coniata il 12 a. C. ricorda gli inizi di Ottaviano, quando il futuro princeps aveva fatto porre una stella sulle statue di Cesare dopo lapparizione del sidus Iulium, ma qui
il princeps, che tiene in mano il clipeus virtutis, appare
significativamente pi alto del Divus Iulius. Anche lapoteosi di Cesare divenne un tema figurativo: su un
altare dedicato ai Lari (dopo il 7 a. C.) si conservata
forse la modesta replica di unapoteosi originale, dove
i principi erano raffigurati insieme al Divus Iulius e alla
progenitrice Venere.
Il Divus Iulius sale al cielo su un carro trainato da
cavalli alati; la Venus Genetrix lo saluta, abbracciando
con laltra mano un giovinetto togato, mentre un altro,
di statura pi piccola, si stringe al suo fianco: si tratta
dei due principi, raffigurati qui sotto la protezione della
loro antenata (proprio in quegli anni, del resto, venivano dedicate alla madre Giulia delle statue onorarie che
la ritraevano come Afrodite). Dietro il carro vediamo un
terzo togatus con la mano destra sollevata in gesto di preghiera: probabilmente lo stesso Augusto, la cui posizione defilata potrebbe dipendere dal fatto che era proprio
lui il donatore del rilievo originario.
La morte precoce dei due principi, in cui Augusto
aveva riposto grandi speranze e che gi in vita erano

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stati oggetto di onori cos elevati, sanc il loro ingresso


definitivo nel mito. In tutto limpero furono venerati
come eroi e in loro onore vennero costruiti archi trionfali, edifici pubblici, altari e persino templi, come la celebre Maison Carre di Nmes. A Roma presero il loro
nome alcune centurie elettorali, come anche, per volere
di Augusto, la Basilica Giulia nel Foro e il grande parco
presso la Naumachia a Trastevere (Nemus Gai et Luci
Caesaris), e i loro nomi furono accolti nei canti liturgici
dei Salii danzanti. Davanti alla Basilica Emilia venne
eretto poi un nuovo portico, riccamente decorato, che
portava il nome dei due fratelli, e anche il Senato fece
costruire in loro onore un grande monumento nel Foro:
di qui proviene la gigantesca iscrizione dedicata a Lucio,
sulla quale peraltro, oltre alla sua appartenenza alla casa
imperiale, non si potevano celebrare altre glorie che
quella di essere stato designato console ad appena quattordici anni (CIL VI 36908).
I due principi non fecero in tempo a riportare quel
trionfo militare che avrebbe legittimato in modo decisivo la loro candidatura, ma almeno Gaio pot essere
celebrato, in forma postuma, come vincitore dei Parti e
degli Armeni. Il principe ventenne era stato mandato da
Augusto in Oriente per risolvere i conflitti dinastici in
Armenia e per ribadire la supremazia di Roma sui Parti
(1 a. C.): la spedizione era stata preparata con minuziosa
accuratezza e lquipe del principe comprendeva i
migliori specialisti dellOriente. Con formula quasi programmatica Augusto augur allerede la saggezza di
Pompeo, laudacia di Alessandro e la propria Fortuna
(Plut., Mor. II 98,10), e non fa stupore che i poeti e le
iscrizioni delle statue in lingua greca celebrassero il giovane condottiero in partenza per la guerra come un
nuovo Ares. Ma limpresa riusc soltanto a met. Durante lassedio della citt di Artagira, che alla fine fu espugnata, Gaio rimase ferito gravemente e mor nel viaggio

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

di ritorno. Poco prima aveva comunicato ad Augusto


lintenzione di trasferirsi in Oriente come privato cittadino: anche senza la sua morte inattesa, per lanziano
princeps sarebbe stata una tragedia.
Tra le onorificenze postume assegnate a Gaio va
annoverata anche la statua loricata pi grande del naturale ritrovata nel teatro di Iol-Caesarea (oggi Cherchel,
Algeria), la capitale dei re di Mauretania: forse la statua
fu eretta dal re Giuba II, che era stato educato a Roma
insieme a Gaio. Ma poich il rilievo ornamentale della
corazza ricorda molto da vicino la statua loricata dellAugusto di Prima Porta, si pu pensare che la statua
fosse la replica una tra le molte di un importante originale romano.
Anche in questo caso i rilievi della corazza celebrano una vittoria: un membro della casa imperiale, raffigurato in vesti eroiche, offre alla Venus Victrix una
Vittoria con un trofeo. Lo schema figurativo identico
a quello della statua del Divus Iulius nel suo tempio al
Foro Romano, e poich tale schema verr spesso utilizzato in seguito per principi e imperatori defunti, si pu
vedere gi qua un indizio del fatto che la scena un
omaggio alla memoria. Le teste stilizzate di orientali,
riconoscibili sulle frange della corazza, suggeriscono poi
che la vittoria vada messa in relazione col successo di
Gaio Cesare sui Parti e gli Armeni.
Con gesto devoto il rampollo della casa Giulia offriva i suoi trofei vittoriosi allantenata, raffigurata qui in
armi come Venus Victrix. Pi in alto compare il busto
dello stesso dio della guerra, in unimmagine che richiama con evidenza la statua di Marte Ultore consacrata
lanno 2 a. C.; dietro Venere vediamo Eros con larco,
mentre una Vittoria tiene la corona civica sospesa sul
capo del principe destinato alla successione imperiale,
quello stesso principe che le iscrizioni onorane indicavano come iam designatus princeps (CIL XI 1421).

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Pi ancora della naturalezza con cui il giovane principe indossa qui i panni di Augusto, ci che rende interessante dal nostro punto di vista questa probabile celebrazione della sua vittoria il richiamo alla battaglia di
Azio e al motivo dellet delloro, a cui alludono il centauro marino col timone e il centauro di terra con la coda
desinente in volute vegetali. Anche questa vittoria consolida, insomma, la nuova et felice che si era inaugurata con Azio: gli slogan degli anni precedenti sono
diventati ormai una precisa ideologia trionfale, e le vecchie vittorie del princeps vengono ricordate come gesta
mitiche di unepoca ormai remota.
Tiberio e Druso generali dellimpero.
Quando Augusto adott i suoi due nipoti (17 a. C.),
i figliastri Tiberio e Druso, rispettivamente di 25 e 21
anni, erano entrambi in seconda linea per la successione al trono, ma svolsero come generali un ruolo importante per se stessi e per la dinastia e molto prima che
Tiberio diventasse il poco amato erede ufficiale di Augusto. Come gli altri generali essi erano legati di Augusto,
ma in quanto principi spettava loro un rango particolare: una funzione per cos dire di rappresentanza,
che divenne presto parte integrante dellideologia imperiale. Se il princeps non prendeva parte personalmente a
una spedizione, erano i principi a combattere in sua
vece e le loro vittorie erano le sue vittorie, perch a lui
spettava in ogni caso il comando supremo, limperium
maius. Ma questo meccanismo istituzionale fin per assumere, nelle immagini, dimensioni mitiche.
La prima occasione fu offerta dalle guerre di espansione condotte da Druso e Tiberio contro le popolazioni alpine. La Zecca di Lugdunum, che era sotto la giurisdizione del princeps, celebr i primi successi contro i

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Vindelici con una interessante serie di denari e di aurei.


Sul primo pezzo della serie Tiberio e Druso, in abito da
generali, offrono le palme della vittoria ad Augusto. La
sella curulis, nonostante la simbolica sopraelevazione del
podio, ribadisce il suo rango di semplice magistrato.
Le altre quattro immagini della serie inquadrano invece
lavvenimento in un contesto di portata universale, presentandolo come un effetto del nuovo ordine imperiale
voluto dagli di.
Le figure di Diana e Apollo ricordano, con le scritte
SIC. e ACT., le vittorie fondamentali di Nauloco e di
Azio. Limmagine del toro alla carica allude alla forza scatenata del Marte romano, e gi le legioni di Cesare portavano del resto il toro sui loro vessilli. La Vittoria invece,
a differenza di altre monete pi antiche, non ha un atteggiamento aggressivo ma siede anzi rilassata sul globo e con
le mani in grembo. Limpero ormai in mani sicure.
Leffigie del princeps compare come al solito sul recto
delle monete, ma qui ha un aspetto particolarmente giovanile e, per la prima volta dopo molto tempo, il titolo
di Augusto accompagnato di nuovo dallaggiunta Divi
filius: il ricordo delle vittorie capitali ha richiamato
evidentemente in vita anche la figura eroica del giovane Ottaviano.
Anche Orazio diede mano alla penna, di certo raccogliendo linvito di Augusto (Suet., Vita Hor. 31 sg.) e
celebr le gesta dei due figliastri in due lunghe odi. Ma
mentre nellode a Druso (IV 4) viene cantata soprattutto la gloria della famiglia Claudia e la sua tenacia nel
risolvere le situazioni difficili, lode a Tiberio ha come
protagonista lo stesso Augusto, il maggiore di tutti i
principes, ovunque splende il sole (IV 14,5 sg.):
Ma tu, Cesare, gli davi milizie, senno
e buoni auspici.

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Fu allora: quando Alessandria


in ginocchio ti spalanc i suoi porti
e la reggia ormai deserta, la Fortuna
a te propizia ti diede nel terzo lustro
lesito favorevole di questa guerra
e aggiunse gloria e meriti donore
alle imprese militari gi compiute.
E i cntabri, che sembravano indomabili,
i medi, glindi e gli sciti errabondi guardano
ora a te, a te, patrono vivente
dItalia e della sovranit di Roma.
Il Nilo, che a monte cela le sue sorgenti,
e lIstro, il Tigri impetuoso e lo stesso Oceano,
che popolato di mostri percuote
in capo al mondo le rive dei britanni,
e i galli, che non temono la morte, e gliberi
bellicosi obbediscono a te, solo a te;
e i sigambri, che godono del sangue,
per venerarti depongono le armi.
(IV 14,33-48; trad. di M. Ramous).

Il poeta e le monete di Lione utilizzano gli stessi


topoi. Anche il Senato eresse il grande Tropaeum Alpinum presso Nizza non per i due generali vittoriosi ma
per il generale supremo, perch sotto la sua guida e i
suoi auspici tutti i popoli delle Alpi sono stati ridotti in
potere del popolo romano (Quod eius ductu auspiciisque gentes Alpinae omnes quae a mari supero ad inferum pertinebant sub imperium populi Romani sunt
redactae; Plin., Nat. hist. III 136 sg.; CIL V 7817).
Se confrontiamo limmagine pubblica dei figliastri
con quella dei nipoti, e in particolare di Gaio Cesare, la
differenza evidente: mentre i principes iuventutis vengono sommersi di onori fin da bambini in qualit di
eredi e compaiono, nelle immagini come nella realt, al

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fianco di Augusto, Druso e Tiberio appaiono decisamente in subordine al comandante supremo, bench
spetti a loro il merito effettivo di quelle vittorie. La consonanza tra le varie voci mostra come il princeps, malgrado la sua discrezione, sapesse dare il la al grande
coro encomiastico, senza comunque intervenire di persona. Se pensiamo per alle manifestazioni celebrative
seguite alla vittoria sui Parti, vedremo che coloro ai
quali erano affidate le lodi del sovrano erano ora molto
pi attenti che in passato ai segnali dallalto. Il loro unisono impressionante. Ce ne d una controprova il
cambiamento di ruolo a cui Tiberio dovette sottoporsi.
Tiberio come successore.
Augusto non pot compiacersi a lungo dei successi
riportati dai suoi giovani generali. Druso mor in Germania, Tiberio and in esilio volontario nel 7 a. C. e per
undici lunghi anni si sottrasse alla vicinanza del princeps.
Irritato dal modo in cui Augusto acconsentiva agli onori
decretati per i due giovani principi ereditari, part per
Rodi e visse per qualche tempo come un Greco, portando lo himation e i sandali e circondandosi di filosofi e di
poeti: anche per lui la cultura greca rappresentava unalternativa. E solo dopo che la crudele Fortuna ebbe
strappato ad Augusto i suoi due figli (cos lesordio
delle Res Gestae), il princeps dovette ripiegare su Tiberio,
adottandolo e facendogli a sua volta adottare il figlio di
Druso, Germanico, e lultimo nato Agrippa Postumo.
Poich il mito della famiglia Giulia risultava in questo
caso poco applicabile (Tiberio apparteneva alla famiglia
Claudia), fu necessario, a maggior ragione, insistere sulle
sue qualit militari. Gi nellanno 7 a. C. Tiberio aveva
celebrato un trionfo sui Germani, e dopo ladozione fu
la volta delle dure vittorie sui Pannoni e sui Dalmati.

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Dellultimo periodo del regno augusteo non si sono


purtroppo conservate testimonianze dirette dellarte di
Stato monumentale. Ma due tazze dargento ritrovate
in una piccola villa vicino a Pompei (Boscoreale) propongono, in quattro scene tra loro collegate, un eloquente ciclo figurativo, che potrebbe derivare da un
monumento trionfale commissionato dal Senato in occasione del secondo trionfo di Tiberio nellanno 12 d. C.
Sulla tazza di Tiberio vediamo il solenne sacrificio
celebrato prima della partenza per la guerra e il trionfo
dello stesso Tiberio. Mentre appare in grande evidenza
il rito del sacrificio, manca qualsiasi allusione ai nemici
sconfitti, che pure svolgevano un ruolo importante nel
corteo trionfale. In effetti, non si trattava tanto di ricordare loccasione specifica, quanto di mettere in luce le
qualit intrinseche del personaggio celebrato, la sua pietas e la sua virtus; ed ecco perch sul carro trionfale sono
raffigurate due Vittorie con uno scudo simile al clipeus
virtutis di Augusto. Particolare, questultimo, che pu
dare un utile contributo al problema, controverso, della
datazione: laccenno allo scudo fa supporre che Tiberio
fosse gi stato adottato come erede al trono.
Sullaltra tazza compare per due volte lo stesso Augusto, raffigurato in entrambi i casi sul trono, in posizione dominante. In una delle due scene lo vediamo accogliere, circondato da una folla di soldati e di littori, latto di sottomissione volontaria da parte del nemico barbaro: la scena si riferisce evidentemente a una delle sue
visite sul fronte settentrionale (nel 15 o nell8 a. C.), poich i nemici sottomessi appaiono vestiti di pelli. Anche
qui per quello che conta il nucleo esemplare dellepisodio. I principi barbari si avvicinano in ginocchio, portano ad Augusto i loro bambini e guardano verso di lui
come a unapparizione. Augusto, da parte sua, tende il
braccio verso di loro e ne accetta benevolmente la sottomissione. La scena ricorda come Augusto avesse labitu-

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dine di comparire personalmente sul campo di battaglia,


ed esalta la sua clementia verso i barbari sottomessi: come
nelle esaltazioni del saeculum aureum ci troviamo qui di
fronte alla visione di un mondo riconciliato.
Sullaltro lato della tazza il potere universale di
Augusto appare invece miticamente idealizzato. Il princeps troneggia qui, in forte evidenza, al centro della
scena, e come sulla moneta dellanno 15 a. C. seduto
sulla sella curulis e indossa la toga: particolari che intendono sottolineare la correttezza del suo stile politico. Ma
come nelle odi oraziane egli appare, nello stesso tempo,
in quanto Divi filius, circondato da divinit e personificazioni allegoriche. La figura pi importante naturalmente Venere, a cui Augusto rivolto, e sul globo che
Augusto tiene in mano Venere depone la Vittoria: la
progenitrice gli offre potere e vittoria in eterno. Subito
dopo vengono il Genius Populi Romani con la cornucopia e la dea Roma nellatto di posare il piede sulle armi
nemiche, simboleggianti entrambi la prosperit dello
Stato. La dea Roma rappresenta la forza militare, mentre il Genius, la cui figura giovanile sembra essere una
creazione tipica dellarte augustea, simbolo di pietas e
di benessere. Dallaltra parte della tazza, Marte conduce davanti al trono le personificazioni delle province
sottomesse e pacificate. significativo che gli attori
della scena non siano pi Roma e i Romani ma le divinit tutelari del princeps.
Divinit e personificazioni allegoriche sono chiaramente pi piccole dellimperatore, di cui sono al servizio. Le allusioni, i confronti e i richiami che movimentavano il programma figurativo del Foro di Augusto si
traducono qui in un massiccio panegirico del potere
imperiale. Ma il contenuto del messaggio lo stesso.
significativo che le scene raffigurate non appaiono riferirsi a singoli avvenimenti ma a situazioni esemplari, quasi archetipiche, inserite in uno spazio atempo-

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rale. Come nelle immagini devozionali ispirate al mito,


anche qui lintento didascalico appare in primo piano, e
i particolari narrativi vengono sacrificati alla dimensione paradigmatica. I grandi della tarda repubblica tendevano a sottolineare le proprie peculiarit individuali:
imperatori e principi devono invece conformarsi ciascuno al proprio ruolo. Cos il delfino Tiberio, dovendo dar prova sul campo della sua virtus, assume la parte
attiva delleroe. Augusto invece, limperatore, il
polo statico, il simbolo e il garante di un ordine giusto
e immutabile: egli controlla e dirige dallalto, tutto procede da lui. E limmagine dellerede al trono come trionfatore vittorioso ha leffetto di innalzare il princeps in
una sfera di mistica sublimit.
Il ruolo di Giove.
A partire da Alessandro Magno, il mondo ellenistico aveva raffigurato i suoi sovrani nelle vesti di Giove
e non esit, come vedremo, a utilizzare questa immagine anche per Augusto. Era appena logico che in tale
situazione anche limmagine di Giove entrasse a far
parte del mito di Stato: come esprimere in modo pi
conciso ed eloquente lideapanegirico di un potere supremo e universale?
Sulla Gemma Augustea, databile intorno al 10 a. C.,
Augusto siede in trono accanto alla dea Roma. raffigurato come Giove, ma invece del fascio di fulmini
tiene, nella mano destra, il bastone da augure (lituus), e
il suo sguardo rivolto verso Tiberio che sta scendendo da un carro guidato dalla Vittoria. Il lituus sta dunque a indicare che Tiberio ha vinto sotto gli auspici di
Augusto. Accanto alla dea Roma raffigurato in armi il
giovane Germanico, pronto per la prossima campagna
militare: anche qui i principi sono emissari del domina-

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tore del mondo, il cui spirito vittorioso si trasmette ad


essi come una forza contagiante.
Ecco perch Roma guarda con aria ammirata Augusto e non il vincitore. Tutto procede con la sicurezza dei
movimenti astrali: sopra il capo di Augusto splende il
Capricorno sullo sfondo del disco solare e di una stella,
probabilmente il sidus Iulium, segno cosmico e mitico del
destino. Dietro il trono i rappresentanti del mondo, pacificato e reso prospero da Augusto, guardano verso di lui:
Italia porta al collo la bulla dei ragazzi nati liberi e siede
per terra con la cornucopia, attorniata da bambini; dietro si vedono Oceano ed Ecumene con la corona turrita.
Questultima, personificazione delle floride citt dellimpero, incorona Augusto con la ghirlanda di quercia.
Sotto il panegirico di Augusto vediamo unaltra
scena che si riferisce questa volta a un avvenimento
concreto: lordine provvidenziale dellimpero ha trovato una nuova conferma in una vittoria delle truppe romane. A sinistra, dei soldati romani stanno innalzando
un monumento alla vittoria, mentre su uno scudo si
vede la costellazione di Tiberio, lo Scorpione. Probabilmente si tratta delle vittorie sugli Illiri, dalle quali
Tiberio era tornato a Roma trionfatore nellanno 9 d.
C., poco dopo la disfatta delle legioni di Varo nella
Selva di Teutoburgo. A destra, due personificazioni
delle province trascinano verso il trofeo dei barbari riottosi, forse due Germani: probabilmente la donna coi giavellotti simboleggia le truppe iberiche, luomo dal petaso a larga tesa quelle trace. La scena sembra dunque alludere alle future e attese vittorie di Tiberio nel Nord.
Come nelle immagini di Boscoreale, anche qui il
contenuto storico degli avvenimenti passa in secondo
piano rispetto al loro significato esemplare. il quadro
complessivo dellimpero ormai consolidato: ai confini
ci saranno sempre delle popolazioni indigene da sottomettere; dopo Augusto verr un altro princeps con le sue

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

stesse qualit e anche lui sar affiancato a sua volta da


giovani principi.
Sulla Gemma Augustea meritano particolare attenzione le nuove figure dellEcumene e delle Province, raffigurate nel loro costume locale: per la prima volta larte imperiale rivolge lo sguardo oltre i confini di Roma.
Mentre il programma figurativo del Foro di Augusto si
basava esclusivamente sulle tradizioni romane, e limpero era visto come pura terra di conquista, sulla
Gemma Augustea le personificazioni delle province
prendono parte attiva alla vittoria e al culto imperiale.
Limmagine di Augusto nelle vesti di Giove ha sempre imbarazzato gli studiosi perch in vistosa contraddizione col suo stile politico. Ma n lipotesi di una
datazione postuma della Gemma che sarebbe allora da
intendere come unapoteosi dellimperatore n quella
secondo cui il prezioso monile era destinato allambiente di corte nel qual caso sarebbe stato un gioco di allusioni da non prendere seriamente appaiono convincenti. Dopo la morte e lapoteosi di Augusto il ruolo
di Giove pass in effetti a Tiberio, e appunto come
Giove lo troviamo raffigurato non solo sul celebre
Grand Came de France, ma anche sul fodero di una
spada ritrovato in Germania. Su questultimo Tiberio
appare seduto in trono, come Giove, tiene con la mano
sinistra uno scudo con la scritta FELICITAS TIBERI
e saluta un principe, Germanico 0 il giovane Druso, in
piedi davanti a lui, nellatto di offrirgli la sua Vittoria.
Ai lati dellimperatore sono Marte Ultore e la Vittoria
di Augusto: gli di dellimperatore avevano assistito il
principe nella battaglia.
La sigla di Giove era ben di pi che una semplice formula retorica usata occasionalmente dai poeti di
corte: non solo in Oriente e in ambito militare, ma
anche nelle citt italiche vennero presto erette statue che
utilizzavano quello schema figurativo, e non solo per i

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

principes defunti e gi divinizzati ma anche per quelli


tuttora regnanti. In casi particolari questo vale gi per
lo stesso Augusto, almeno fuori Roma.
Ci non significa, ovviamente, che i suoi adoratori
lo assimilassero a Giove o che lui si sentisse come il
nuovo Giove: a questi eccessi si arriv solo pi tardi, con
le stravaganze del giovane Caligola, mentre il pater
patriae rimase fedele, anche in et avanzata, al suo stile
di primus inter pares. I Romani continuarono a vedere in
lui il pontifex maximus, i senatori un corretto funzionario dello Stato. La sigla di Giove non fu in effetti utilizzata dallo stesso Augusto ma dai suoi sudditi, agli
occhi dei quali essa rappresentava unimmagine allegorica del suo potere, universale, legittimo e definitivo
come quello del Padre degli di. Augusto il rappresentante degli di in terra.
Si trattava di unimmagine antica e venerabile, da
cui emanava come da nessunaltra laura religiosa della
sublimit. Ma anche in questo caso, come accadeva spesso nella Roma ellenizzata, era unimmagine presa a prestito, il cui significato originario coincideva solo in parte
con la sua nuova destinazione: non essendo pi rivolta,
come nel caso dei sovrani ellenistici, a sottolineare la
presenza fisica del divino.
La sigla di Giove va messa comunque in rapporto
col nuovo linguaggio figurativo, e in particolare con le
molte statue togate capite velato, dove limperatore si qualifica come una specie di funzionario, dello Stato e insieme degli di. Il suo potere gli deriva, per cosi dire, da un
doppio incarico, e il lituus nella mano di Giove-Augusto
indica precisamente questo ruolo di mediatore. Anche
sulle pubbliche iscrizioni delle citt italiche egli viene
cos definito, verso la fine del suo regno, come custos
imperi Romani e praeses totius orbis terrarum: custode
dellimpero e guida del mondo (CIL XI 1421).
Limmagine di Giove non per un caso isolato, per-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ch anche i personaggi femminili della casa imperiale


vengono assimilati alle divinit pi diverse, e perfino
sulle monete coniate a Roma, come si visto nel caso di
Diana-Giulia. Anche qui non si tratta per, come nel
mondo greco, di mettere in luce le qualit specifiche del
personaggio raffigurato, quanto piuttosto di sottolineare lo stretto legame di quella divinit con la casa imperiale. Su un celebre cammeo conservato a Vienna, Livia,
che seduta in trono come una dea ma tiene in mano il
busto del divus Augusto, quasi fosse una sua sacerdotessa, assimilata a ben tre diverse divinit: alla Magna
Mater per via della corona turrita e del timpano, a Cerere per via del mazzo di spighe e a Venere per via della
veste che le scivola dalla spalla. A tutto questo si aggiunge poi ancora la stola della matrona romana, dai severi
costumi.
Se vero che questo accumulo di attributi divini e
di contrassegni borghesi poteva essere particolarmente
congeniale al tono elevato dellarte dellintaglio su
pietra, anche vero che lo stesso fenomeno appare assai
diffuso nelle statue delle divinit femminili della casa
imperiale. In un tempietto che sorgeva allinterno del
teatro di Leptis Magna vi era una statua colossale di
Cerere Augusta, con tanto di corona turrita, i cui tratti e la cui acconciatura ricordano senza possibilit di
dubbio quelli di Livia. Si trattasse di Venere o di Diana,
di Cerere o della Concordia, della Pietas o della Fortuna Augusta, lacconciatura o la fisionomia di una principessa poteva sempre richiamare lo stretto legame della
divinit con la casa imperiale. E sono appunto questi
tratti individualizzanti a giustificare il nome aggiuntivo
di Augusta.
Le virt dellimperatore e della sua casa erano il
presupposto della sua elezione e dei suoi successi: il
potere aveva cos un preciso fondamento politico e
morale. La scena dellimperatore o del principe nellat-

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to di celebrare sacrifici, di partire per una campagna


militare o di rientrarne vittorioso, costituiva per i Romani del tempo un rituale ormai familiare, privo per di
quei travestimenti mitologici che erano usuali fra i sovrani ellenistici e che si erano ancora visti con Antonio e
Cleopatra: ci sarebbe stato incompatibile con la tradizione e lo stile del principato, e i tentativi in questo
senso (sia pure timidi) da parte di Caligola, Nerone e
Domiziano, non faranno che favorirne la rovina. Lo
stile politico del principato richiedeva allimperatore e
ai membri della sua famiglia un modo di presentarsi
borghese, con toga e stola, e proprio il contrasto fra
questa immagine borghese da un lato e le assimilazioni
mitologiche dallaltro confer alle immagini mitiche dellet imperiale un carattere sin dallinizio freddo e astratto, assai lontano dalliconografia eroica dellellenismo. Il motivo mitologico ha ormai la funzione di sottolineare virt e legami simbolici, non quella, propria
dellet ellenistica, di manifestare sensibilmente le qualit divine del sovrano.
Ad ogni modo, anche qui parole e immagini non
bastavano. Gi quando Augusto era in vita in ogni citt
cerano templi ed edicole in cui si venerava il suo genius
o numen, o anche semplicemente lo stesso Augusto, perlopi in associazione con la dea Roma. Il culto
istituzionalizzato del sovrano forniva cos un equivalente rituale alle assimilazioni mitologiche del linguaggio figurativo.
Un episodio risalente agli ultimi giorni della vita di
Augusto, e tramandato per caso, dimostra fino a che
punto il culto dellimperatore fosse accettato a quellepoca come cosa ovvia, e come lespressione di una gratitudine largamente condivisa:
Quando egli doppi con la sua nave la baia di Pozzuoli, i passeggeri e i marinai di una nave alessandrina che vi era

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appena entrata si riunirono, con abiti bianchi e la corona sul


capo, sparsero incenso e rivolsero ad Augusto grandi lodi e
benedizioni: grazie a lui potevano viaggiare per mare, a lui
dovevano la vita, la libert e la prosperit (Suet., Aug. 98).

Lefficacia delle immagini legate al mito di Stato


poggiava essenzialmente, come lintera religione romana, sul loro stretto rapporto col rituale. Questultimo
comportava pochi ruoli ben definiti, che permettevano
di rappresentare e di celebrare come in una cornice
immutabile gli eventi della vita civile e militare, grandi o irrilevanti che fossero. Limperatore non aveva
bisogno di essere un eroe per soddisfare queste esigenze rituali: le immagini connesse al cerimoniale della vittoria, al culto del sovrano e alle sue comparse pubbliche, ai monumenti celebrativi e allapoteosi dellimperatore formavano un sistema unitario la cui struttura
era gi compiutamente elaborata alla fine del regno di
Augusto, n le aggiunte o le semplificazioni introdotte
in seguito lo modificarono in maniera sostanziale. Il
costante ripetersi delle procedure rituali feste e cerimonie e la rigida coerenza delle formule figurative
fecero si che il mito imperiale potesse imporsi come una
realt propria, al di sopra delle vicende effettive della
storia. Le immagini della gloria militare, del nuovo
ordine provvidenziale, di una sicurezza e di un benessere ormai garantiti, filtravano come attraverso uno
schermo idealizzante la vita quotidiana con le sue sciagure, le battaglie perdute e le crisi alimentari, creando
orizzonti di aspettativa improntati comunque a un fiducioso ottimismo.
Bisogna tener presente che, allora come oggi, in un
mondo in cui linformazione sottoposta a un regime di
monopolio, la percezione collettiva degli eventi storici
dipende in larga misura da ci che gli organi di Stato
decidono di rendere pubblico. La maggior parte di que-

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gli avvenimenti che oggi fanno notizia non aveva allora


alcuna rilevanza sul piano dellinformazione: le grandi
catastrofi, come la disfatta delle legioni di Varo nella
Selva di Teutoburgo (9 d. C.), ovviamente si conoscevano, ma nessuno si curava di mantenerne vivo lingrato ricordo. Si trattava di ombre passeggere, subito
rimosse dalle immagini radiose delle sempre nuove vittorie. Il linguaggio visivo del regime non registrava quegli avvenimenti nemmeno in chiave di monito: si limitava piuttosto a commentare i successi, richiamandosi
incessantemente ai motivi etico-politici su cui si reggeva lidea dello Stato. La mitologia di regime, col suo
apparato di immagini, divenne insomma un elemento
importante di stabilit: essa commentava visivamente la
nuova situazione politica mostrando lordine provvidenziale su cui, in ultima analisi, era fondata.
Com noto, gli ultimi armi di Augusto furono funestati da una serie di gravi problemi, catastrofi e misure
impopolari. Le lunghe e faticose guerre di conquista nei
Balcani e nel Nord ebbero gravi conseguenze economiche: crebbero, anche in Italia, lindebitamento e la pressione fiscale, a Roma si verificarono gravi incendi e crisi
nellapprovvigionamento alimentare, mentre lattivit
edilizia, almeno nel settore pubblico, si ferm. Le forti
tasse imposte da Roma portarono alle grandi rivolte
della Pannonia e della Dalmazia, sia a Est che a Ovest
i confini erano diventati insicuri. I Parti e gli Armeni
non cadevano pi in ginocchio davanti allanziano imperatore, ma si erano ormai completamente sottratti alla
sua autorit. Eppure tutto ci non poteva pi modificare
la mentalit dei Romani: le immagini erano pi forti
della realt, e nulla poteva scuotere ormai la loro fede
nella nuova era.

Storia dellarte Einaudi

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Capitolo sesto
Il linguaggio formale del nuovo mito

Nellintroduzione al suo scritto Sugli antichi oratori,


Dionigi di Alicarnasso prodiga alti elogi alla sua epoca
per aver rinnovato completamente larte oratoria: limitazione dei migliori autori attici della Grecia classica ha
creato una nuova cultura letteraria in grado di misurarsi con la migliore letteratura del passato. A questa enfatica professione di fede nel classicismo (atticista) si
accompagna una violenta condanna del gusto asiano
e barocco, che avrebbe corrotto la letteratura dellepoca precedente con la sua spudorata teatralit, rivolta agli
istinti pi primitivi del pubblico. Il suo sfarzo esteriore
e volgare avrebbero trasformato perfino Atene, la dotta,
in un bordello.
Come molti altri artisti e letterati greci, Dionigi
giunse a Roma nellanno 3o a. C., dopo la battaglia
decisiva di Azio. La sua polemica restauratrice rispecchia cos quellatmosfera di cosmico rinnovamento che
regnava a Roma negli anni dei ludi saeculares (17 a. C.).
Per Dionigi non si tratta infatti di un semplice ritorno
alloratoria attica: questultima non altro che un aspetto, sintomatico, di una nuova cultura e di unarte morale. Che il nuovo corso culturale abbia un immediato
significato politico lo dice lo stesso Dionigi, l dove
riconosce che la causa della mirabile svolta (metabole)
il dominio mondiale di Roma e lalto livello culturale e
morale della sua classe dirigente. merito di questul-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

tima cos Dionigi se il progresso stato tanto rapido e generale. Alla vecchia cultura viziosa restano
ormai pochi seguaci solo in qualche remota citt della
Misia, della Frigia e della Caria: ma non c da stupirsene, perch limmoralit sempre venuta dallOriente.
Quel brusco mutamento di stile riscontrabile anche
nelle forme del linguaggio politico. Basti ricordare il
passaggio dal ritratto giovanile di Ottaviano in stile
patetico al ritratto di Augusto, composto di citazioni
classiche, dalla vigorosa nudit delle statue tardo repubblicane ai togati a capo coperto, dalliconografia di
Venere, asiana e sensuale, allausterit di un linguaggio
pregno di valori simbolici.
La nuova cultura doveva essere una sorta di supercultura, capace di unire il meglio della tradizione greca
al meglio delleredit romana, di fondere lestetica greca
col senso romano della moralit e della virtus. Doveva
essere una cultura esemplare, degna di un popolo dominatore e tale da imporsi in tutto limpero (Vitruvio).
Solo entro questa cornice diventano comprensibili le
qualit specifiche del classicismo e dellarcaismo augusteo. Non si trattava di una moda odi un semplice orientamento del gusto come il classicismo tardo ellenistico,
che la cultura alessandrina aveva accolto come una possibilit espressiva accanto ad altre. Lo sguardo indietro dellarte augustea obbedisce, invece, a una precisa
ideologia, a una ben definita e aggressiva visione del
mondo le cui origini vanno cercate nel clima antagonistico che precedette la battaglia di Azio. Antonio era
stato un deciso sostenitore del gusto asiano (cfr. ad
esempio Suet., Aug. 86), al punto da assumere e ostentare nei suoi anni orientali uno stile di vita improntato
a dionisiaca dissipatezza (tryphe). Non c dubbio che il
severo classicismo e arcaismo soprattutto della prima et
augustea vadano anche intesi come una reazione allo
stile culturale di Antonio e dei suoi seguaci: della jeu-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

nesse dore della capitale con i suoi poeti manieristi e le


sue feste dionisiache. Gli anni della grande rivalit avevano visto delinearsi due poli, dionisiaco e apollineo, che
erano altrettante visioni del mondo: dopo Azio, il classicismo e larcaismo diventano il linguaggio formale della
cultura apollinea, lespressione simbolica del rinnovamento morale. Il contenuto del messaggio diventa qui
la forma, lo stile stesso.
Il riutilizzo degli originali classici e arcaici.
La prima grande manifestazione del nuovo linguaggio artistico augusteo fu la decorazione statuaria del
tempio di Apollo sul Palatino, il cui baricentro era costituito da alcuni originali classici e arcaici. Il gruppo sistemato nella cella del tempio era formato da tre capolavori
del Iv secolo a. C., noti attraverso testimonianze letterarie (Plin., Nat. hist. XXXVI 24,25,32) e raffigurati su
una base votiva ritrovata a Sorrento: la statua di Apollo era opera di Scopa, la Artemide-Diana veniva dalla
bottega di Timoteo e la Leto-Latona da quella di Cefisodoto. E questo il primo caso a noi noto di originali
classici riutilizzati nei templi romani come immagini di
culto: anche Cesare, non diversamente dai grandi trionfatori che lo avevano preceduto, aveva fatto realizzare
da un artista greco contemporaneo la statua della Venus
Genetrix. Ma il gruppo statuario del tempio di Apollo
non un caso isolato in epoca augustea, si pensi per
esempio allo Zeus nudo di Leocare nel tempio di Giove
Tonante. Sembra, insomma, che loriginale classico rivestisse, oltre al suo valore propriamente artistico, unaura sacrale, ed per questo che anche lArtemide di Timoteo, molto danneggiata, fu fatta restaurare dallo scultore greco (immigrato da Alessandria) Evandro, anzich
sostituirla con una copia.

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chiaro per che, oltre allaura sacrale, anche la


celebrit degli scultori classici dovette giocare un ruolo
non secondario: due di essi avevano collaborato al Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del
mondo, mentre il terzo era figlio di Prassitele, a Roma
popolarissimo. Queste scelte furono influenzate, inoltre,
dai criteri dellestetica classicistica, che era venuta in
auge in Oriente verso la fine del ii secolo a. C. Secondo la nuova estetica, ad esempio, Mirone era il pi grande scultore di animali fra gli artisti classici, e appunto
quattro tori (o buoi) di Mirone furono esposti davanti
al tempio di Apollo. Questi armenta Myronis (cfr. Prop.,
II 31) erano ai lati di una statua di Apollo Azio intento
a offrire libagioni su un altare; statua che, a giudicare
dalleffigie di alcune monete, potrebbe essere stata a sua
volta unopera di epoca classica.
Nonostante la presenza di tanti capolavori grecoclassici, lestetica tardo ellenistica, che attribuiva alla
classicit il rango supremo, non fu lunica a guidare le
scelte per il tempio di Apollo. Lo dimostra la presenza,
insieme, di sculture arcaiche che quella stessa estetica
giudicava rigide, antiquate e di minor valore. Secondo
Plinio (Nat. hist. XXXVI 13), alcune opere arcaiche di
Bupalos e Athenis, figli dellantico maestro Archermos
di Chio, si trovavano addirittura in fastigio (nel frontone) del tempio di Apollo. Questo tipo di riutilizzo non
era per un caso isolato: nel frontone del tempio di
Apollo Sosiano, quasi coevo, si trovava unAmazzonomachia originale, trasportata qui da un tempio greco del
v secolo a. C. E anche altri templi augustei erano adorni di opere di provenienza classica e arcaica.
Pochi anni fa ha richiamato lattenzione degli studiosi il prezioso frammento di una statua di Atena ritrovato sul Palatino, le cui forme ioniche fanno pensare a
una probabile scultura dei figli di Archermos. Anche
questi scultori di epoca arcaica erano daltronde maestri

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celebrati, tanto pi che la loro disputa col poeta Ipponatte li aveva addirittura consacrati sulla scena letteraria. Gi Attalo II di Pergamo (morto nel 138 a. C.) possedeva una delle loro opere, e Augusto ne fu, a quanto
pare, un grande estimatore: Plinio riferisce (Nat. hist.
XXXVI 13) addirittura che egli avrebbe fatto collocare
opere dei figli di Archermos in quasi tutti i suoi templi (in omnibus fere aedibus). E qui non si trattava
tanto di ammirazione per i due celebri maestri, quanto
di una pi generale simpatia, ampiamente documentata, per lo stile arcaico. Come giustificare questa predilezione per le forme arcaiche accanto a quelle classiche,
e malgrado la valutazione negativa che ne dava lestetica classicistica?
Il significato sacrale della forma arcaica.
Gi nel v secolo a. C. lo stile arcaico veniva utilizzato in certe funzioni religiose per il suo particolare
valore ieratico: un valore che non and perduto neanche durante lellenismo, quando le forme estreme dellarte tardo arcaica venivano apprezzate in chiave manieristica. Ancora in piena epoca imperiale le forme arcaiche possedevano, con ogni evidenza, una sorta di aureola religiosa: cos Pausania parla dellaspetto quasi
sacro di unantica statua di Ercole, peraltro insignificante da un punto di vista artistico (Paus., II 4,5). La
restaurazione religiosa augustea offriva a questi valori un
terreno particolarmente favorevole. Fin dai tempi di
Catone il Vecchio le antiche immagini di terracotta avevano goduto di una speciale venerazione, a cui corrispondeva un preciso equivalente letterario: secondo
Cicerone (De or. III 153) luso di espressioni arcaicizzanti conferisce al discorso un effetto grandioso e
solenne, mentre per Quintiliano gli arcaismi di Virgi-

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lio dnno alla sua lingua, come succede con le immagini, la dignit inimitabile, lauctoritas, dellantico (VIII
3,24 sg.). Lo stile arcaico, anche etrusco-italico, ha dunque connotati di natura essenzialmente sacrale. Cos per
Plinio il Vecchio persino le statue di terracotta etrusche
sarebbero sanctiora auro (Nat. hist. XXXV 157 sg.), ed
significativo che quasi tutte le creazioni arcaicizzanti
di epoca augustea siano immagini di culto: un tentativo
serio, bench finora poco studiato, di creare una nuova
iconografia religiosa.
Accanto a iconografie famigliari come quella di
Diana e dellAthena Promachos, o alle statue arcaicizzanti di Apollo, nacquero anche nuove immagini tagliate su misura per il programma personale del princeps. Tra
queste probabilmente anche la nota statua della Spes, raffigurata come una kore arcaicizzante e con un fiore in
mano: nume tutelare della fioritura e della crescita, riferito anzitutto ai principi della casa imperiale e poi, pi
in generale, alla giovinezza. In occasione della nascita di
Britannico, Claudio far coniare leffigie della Spes su
alcune monete.
Poteva capitare che anche le divinit pi antiche e
famigliari ricevessero una nuova veste arcaicizzante.
Cos una raffinatissima statua di Priapo trasforma lantica divinit fallica della fecondit secondo criteri di
decenza pi consoni alla nuova cultura. Accanto agli
attributi tradizionali la capra e i frutti di campo ne
compaiono ora di nuovi: i fanciullini nudi che si arrampicano su di lui reclamando la sua famosa virilit a favore della nuova politica demografica. Da frammenti di
altre statue sappiamo che Priapo guardava quei fanciullini con un volto sorridente, incorniciato da una barba
accuratissima e ricciuta e da una folta chioma pettinata
con eleganza.
La predilezione per larcaico non dunque una semplice moda estetica, ma nasce dalla pietas del program-

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ma culturale augusteo. E tuttavia, ci non significa affatto mettere fuori gioco il classicismo, poich larte classica conserv, come vedremo subito, il suo primato nella
rappresentazione della figura umana. I due valori antagonisti, la pietas e il classicismo, e i loro equivalenti formali, produssero perfino combinazioni stilistiche dove
le forme arcaiche vengono piegate in senso
classicheggiante e viceversa: la dimensione estetica e
quella religiosa dovevano fondersi in un nuovo stile pi
elevato, capace di esprimere compiutamente i valori
della nuova epoca.
Ne sono un buon esempio i pannelli protoaugustei
di terracotta del Palatino, di eccezionale conservazione.
A differenza di altre versioni pi antiche e puramente
arcaicizzanti di maniera tardoellenistica, i nuovi pannelli
dove raffigurata la lotta per il tripode e luccisione
di Medusa da parte di Perseo risultano ampiamente
debitori delle forme protoclassiche, mentre lelemento
arcaico si riduce alla rigidit ieratica delle figure e al
carattere araldico della composizione. Il nuovo stile,
nato da una sintesi a tavolino si distingue nettamente dagli arcaismi giocosi di epoca ellenistica, e se le
mescolanze stilistiche variano da caso a caso si pu dire
tuttavia che le opere arcaicizzanti di epoca augustea
sono sempre in qualche modo filtrate attraverso il linguaggio formale del classicismo. In qualche caso non
resta altro, di arcaico, che un vago simbolismo.
Le implicazioni morali della forma classica.
Lalta considerazione di cui larte classica godeva
allepoca di Augusto poggiava su criteri pi etici che
estetici, come risulta gi dal riuso sacrale degli originali classici nel tempio di Apollo. Con lestetica a orientamento classicistico del li secolo a. C. si era affermata

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la tendenza a considerare lopera darte non pi dal


punto di vista dellartista creatore, ma da quello dellosservatore profano, o dellamatore darte: col risultato
di promuovere un sistema di valori concettualmente pi
povero e insieme pi vicino alla sfera morale. I criteri
di classificazione dei maestri classici sono ora categorie
estetiche come decus, auctoritas, pondus, ossia qualit
formali dal forte rilievo psicologico. E ai vertici della
gerarchia vengono a trovarsi le opere di Fidia e di Policleto. Ma nel clima delle riforme augustee questa scala
di valori elaborata in un primo tempo nella cerchia
ristretta dei conoscitori darte fini per offrire un preciso criterio di scelta, a cui non era estranea la nuova ideologia di regime.
Non si tratta qui di semplici ipotesi. I trattati di
retorica, soprattutto quelli di Dionigi di Alicarnasso, ma
anche lArs poetica di Orazio, ci dnno unidea di quali
fossero i valori dominanti nellambito del giudizio estetico, tanto pi che sono proprio questi autori a stabilire a volte raffronti espliciti tra stile letterario e arti figurative. Nel trattato, citato in apertura di capitolo, Sugli
antichi oratori (una sorta di teoria dello stile), Dionigi
esamina le qualit stilistiche specifiche dei singoli autori, utilizzando a tale scopo una terminologia che rispecchia con fedelt i valori etici del suo tempo. Non c
quasi autore di cui egli non lodi la semplicit, la chiarezza, la precisione o la purezza dello stile, e non c
dubbio che siano proprio questi i caratteri pi evidenti
dell arte augustea: la chiarezza dei contorni, la precisione quasi cesellata delle forme, la semplicit e la trasparenza compositiva.
Dionigi fornisce preziose indicazioni anche sui criteri che orientavano gli artisti augustei nella scelta dei
loro modelli classici, giacch i pregi dei vari autori sono
visti da lui sotto langolazione del loro impatto sul
pubblico. Cos, ad esempio, di Lisia (fine del v secolo a.

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C.) Dionigi loda, oltre alla chiarezza e alla semplicit, la


leggerezza (leptotes) e la grazia (charis), mentre giudica negativamente la scarsa forza del suo linguaggio.
Isocrate, invece (quasi coetaneo di Lisia), ha meno charis, ma sa ottenere un maggior effetto grazie a uno stile
pi sublime, uno stile che rispecchia una natura pi
eroica che umana. E Dionigi aggiunge:
A mio giudizio non sarebbe sbagliato paragonare loratoria di Isocrate allarte di Policleto e di Fidia, per quanto riguarda la solennit (semnon), la sublimit (megalotechnon) e la gravit (axiomatikon) dello stile. Lisia si potrebbe invece paragonare agli scultori Callimaco [fine del v
secolo a. C.] e Calamide, per la sua leptotes e la sua charis
(Vett. orat., Isocr. 3).

Dionigi riprende qui chiaramente i giudizi dellestetica tardo ellenistica, secondo la quale la rappresentazione della figura umana e divina aveva raggiunto i suoi
vertici con Fidia e Policleto: ora per quei giudizi sono
di natura non pi estetica, ma etica. Si pu notare come
le tre qualit comuni a Isocrate, Fidia e Policleto vengano indicate con termini dal significato quasi identico,
dove laccento cade sempre su unidea di grandiosit
sacrale.
Almeno nella fase iniziale dellarte di Stato augustea
questi valori funzionarono come effettivi criteri di scelta. Abbiamo gi esaminato i ritratti classicheggianti di
Augusto e dei principi della casa imperiale. Ma anche le
statue degli imperatori e dei principi defunti richiamano
con insistenza, nelle loro parti nude, le proporzioni classiche e la maniera di Policleto. Ne un esempio molto
chiaro lo schema iconografico ideato probabilmente, in
un primo tempo, per la statua del Divus Iulius, con la
parte superiore del corpo scoperta e un drappeggio alla
maniera classica. Questa posa eroica fu poi utilizzata

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

per le statue dei principi e degli imperatori defunti; ma


anche le grandi famiglie delle citt italiche ne fecero uso,
nella convinzione che quella formula figurativa idealizzante non fosse affatto un privilegio imperiale.
Abbiamo qui a che fare con un caratteristico compromesso fra la tradizione ellenistica e tardo repubblicana da un lato e i nuovi valori dallaltro. Ancora negli
anni trenta Ottaviano e Agrippa si erano fatti tranquillamente raffigurare secondo il gusto asiano: completamente nudi, con gesti patetici, il mantello svolazzante e i muscoli tesi. Anche dopo la svolta la vecchia e
amata formula del nudo celebrativo continu ad avere
una certa diffusione come gesto di omaggio alla memoria, ma i nuovi costumi imposero che venisse coperta la
parte inferiore del corpo, e daltra parte il nudo, con le
sue forme classiche, non aveva pi ora alcun significato
trionfale, ma veniva inteso come un segno di adesione
ai nuovi valori estetico-morali.
Quintiliano definisce il Doriforo di Policleto vir
gravis et sanctus (V 12, 20), e queste parole appaiono
come una parafrasi del nome Augusto. Che fossero
questi i criteri ispiratori degli artisti e dei committenti,
lo dimostra lesempio di Erode, re della Giudea. Nella
nuova citt imperiale di Cesarea cos chiamata in
onore di Augusto Erode fece costruire un grande tempio di Roma e di Augusto, in posizione dominante sul
porto: la statua dellimperatore fu eseguita sul modello
della statua crisoelefantina dello Zeus Olimpio di Fidia,
mentre quella di Roma riprendeva la Hera di Argo scolpita da Policleto (105., Bell Jud. I 408). Ci si pu domandare se Augusto approvasse una statua del genere, ma
evidente che Erode volle conformarsi alle linee direttrici
del classicismo romano ufficiale.
Rientrano in questo quadro anche le iconografie
delle divinit allegoriche, come Fortuna, Concordia, Pietas, Pax, Felicitas Augusta, e delle statue onorarie dedi-

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cate ai personaggi femminili della casa imperiale (spesso molto simili alle prime). Anche in questo caso vennero usati modelli classici, con una prevalenza per di
modelli pi recenti rispetto all0 stile severo e solenne del
primo classicismo: assume qui un rilievo importante
quella categoria di charis che Dionigi attribuiva, nella sua
analisi stilistica, a Lisia e Callimaco. Una bella statua di
epoca tiberiana mostra ad esempio una di queste divinit allegoriche con i tratti e lacconciatura di Livia. La
posizione pi flessuosa e la veste mossa e attillata nella
forma del cosiddetto stile ricco sono caratteristiche
tipiche della maniera callimachea della fine del v secolo a. C. Se le statue degli imperatori e dei principi esprimevano gravit e sublimit, queste divinit femminili
devono prodigare i loro doni (si noti la cornucopia) con
grazia e leggerezza: ma i tratti del volto devono far capire che la prosperit viene dalla casa imperiale. Il panegirico non potrebbe essere pi esplicito.
Conformemente alle dottrine dei maestri di retorica atticisti, la possibilit di combinare stili diversi ed
esemplari offriva poi agli artisti eclettici una risorsa di
notevole efficacia estetica. Abbiamo gi visto come uno
schema figurativo arcaico possa venire filtrato attraverso
il linguaggio formale del classicismo, ma anche lincantevole Diana Braschi della Gliptoteca di Monaco testimonia un procedimento non diverso. Qui per in questo esempio magistrale di ricreazione mitica augustea
prevalgono le forme mosse della maniera callimachea.
Se la leptotes e la charis sono particolarmente congeniali alla figura leggiadra e virginale della dea, lartista non
ne trascura tuttavia laspetto ieratico, avvalendosi anche
in questo caso di precise allusioni al linguaggio formale
dellarcaismo. Cos landatura impettita della dea (si
notino le ginocchia ravvicinate), la combinazione
emblematica con la piccola cerva, le trecce che ricadono rigide sui seni e la corona col fregio animale trafora-

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to, sono tutti elementi arcaicizzanti che muovono in


questa direzione.
Per superare i Greci non per sufficiente imitare
i loro modelli: per raggiungere una superiore perfezione
bisogner fondere elementi di diversa provenienza
(Quint., X 2,25 sg.). Questo principio eclettico trova
unapplicazione si pu dire da manuale in quei gruppi statuari che associano in ununica composizione due
modelli di epoca diversa. Lesempio dal nostro punto di
vista pi interessante, e del quale si conoscono purtroppo solo copie di epoca tarda, il gruppo di Venere
e Marte di cui ci siamo occupati in precedenza. Se Venere ci appare qui nelle vesti di una Afrodite tardo classica e Marte in quelle di un Ares protoclassico, che nonostante labbraccio della dea si ostina a guardare fisso
verso terra, cosi come il suo tipo gli impone, la cosa
potr sembrare strana a noi, mentre la nuova estetica
augustea la intender come un esempio di tecnica figurativa pi raffinata, e anzi pi sublime. Si trattava, in
effetti, di mettere in scena uno dei Misteri centrali del
nuovo mito di Stato: sollevando il soggetto raffigurato
in uno spazio auratico le forme classiche intendono
suscitare emozioni adeguate alla circostanza.
Composizioni atticiste.
Finora si parlato delleclettismo formale e dei valori etico-estetici che lo sorreggono. Ma allefficacia del
nuovo stile contribuiscono in misura non meno rilevante anche le nuove soluzioni compositive e scenografiche.
Sulla corazza dellAugusto di Prima Porta le diverse figure sono disposte intorno alla scena decisiva secondo uno
schema estremamente semplice: una figura come ritagliata e collocata su uno sfondo vuoto, nello stile solenne, semnon, della pittura protoclassica, documentato ad

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esempio dalle immagini vascolari attiche nate intorno al


450 a. C. La rinuncia al movimento e il ricorso a pochi
elementi compositivi devono qui indurre losservatore a
una lettura dellimmagine lenta e ponderata. E a differenza della forte tensione psicologica presente nelle
immagini dellarte classica, tutto sembra ricondursi qui
a un astratto gioco di allusioni. Questo ancora pi evidente nel caso di immagini puramente simboliche o allegoriche, come il rilievo della Pax sullAra Pacis, costruito con le tessere di un mosaico secondo uno schema compositivo semplicissimo a simmetria assiale. Si ha quasi
limpressione di poter ricostruire le varie fasi del lavoro: di assistere alla scena in cui il committente raccomanda allartista i grandi temi del saeculum aureum,
costringendolo a limitare la propria fantasia creativa per
eseguire con la massima trasparenza i vari pezzi del
programma assegnato. E del programma ideologico la
scena raffigurata ha tutta la freddezza e lastrattezza
concettuale. Solo considerando i singoli particolari o i
singoli riquadri il rilievo pu apparire sotto unangolazione pi immediata e rivelare le qualit artistiche e
artigianali del maestro.
Anche limmagine devozionale di Enea intento al
sacrificio costruita secondo principi altrettanto semplici, anche se, in questo caso, il contenuto mitico della
scena attenua il rigore dogmatico delle pur molte allusioni simboliche. Latteggiamento sospeso dei personaggi crea unatmosfera solenne, che si diffonde intorno alla figura di Enea come unaura di mistero e di arcano. Questo clima di sospensione senzaltro uno degli
aspetti pi efficaci e fortunati del nuovo stile compositivo neoclassico: gli intenditori pi raffinati sentivano il
fascino estetico di quel linguaggio silenzioso e non esitarono a trasferirlo nel mondo delle proprie immagine
private. Si trattasse di dipingere su una parete una scena
mitologica di genere o di raffigurare su un boccale

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

dargento un episodio dellepos omerico, gli artisti miravano a un linguaggio il pi possibile semplice e perspicuo e tale da evocare unatmosfera di sacralit.
Questi criteri valgono anche per le scene erotiche,
predilette gi dalla ceramica ellenistica. In contrasto
con limmediatezza sensuale di quei modelli, gli amanti
raffigurati sulle prime tazze aretine mostrano un contegno pi riservato, che la purezza dei contorni e la classicit delle proporzioni mettono in ulteriore evidenza.
Ancora un esempio, dunque, della nuova moralit, odi
come il formalismo ideologico possa rendersi autonomo,
al punto di prendere il sopravvento sul soggetto raffigurato.
La povert di contenuti drammatici, il simbolismo e
lastrattezza concettuale comportavano una singolare
apertura semantica delle immagini. Evocare associazioni significative che andassero oltre la scena raffigurata
era per gli artisti ancora pi importante di quanto non
lo fosse lidentificazione univoca delle singole figure, a
volte in effetti polivalenti, come nel caso della Pax sullAra Pacis.
Nella sfera privata questa concezione figurativa sembra sfociare non di rado in un aperto gioco enigmistico,
come s lambiguit di certe immagini fosse voluta dallartista per venire incontro ai gusti del suo pubblico. Ne
un esempio il celebre Vaso Portland. Perch mai lintagliatore non ha provvisto le sue figure di attributi
esplicativi? In realt, il vaso di vetro blu scuro illustra
in modo esemplare la peculiarit di questo stile narrativo: le due scene a tre figure sono composizioni perfettamente bilanciate, in cui quasi ogni figura cita un famoso schema iconografico dellarte greca. Le misteriose
immagini hanno ricevuto almeno una ventina di interpretazioni pi o meno originali, ma lacume ermeneutico non sembra ancora soddisfatto. Come spesso nellarte augustea abbiamo a che fare con due scene sim-

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boliche e gemelle, di significato contrastante. Si tratta


in entrambi i casi di una donna, raffigurata in una piacevole situazione damore e poi in uno stato di profondo abbattimento: la prima figura tiene in grembo una
specie di serpente e saluta gioiosa un eroe accompagnato da Eros; laltra distoglie lo sguardo dal suo eroe con
un gesto di afflizione. Il vaso di vetro era forse un dono
di nozze decorato con allusioni mitologiche?
Il valore simbolico della citazione.
Naturalmente lopzione ideologica a favore dello
stile classico e di quello arcaico non riguardava lintero
mondo dellespressione figurativa. In settori come la
scultura da giardino e in tutti quei soggetti per i quali
esistevano solo modelli ellenistici ad esempio raffigurazioni di argomento dionisiaco lo stile e liconografia
restarono immutati. Ma anche nellarte di Stato non si
esit a utilizzare alloccasione forme e moduli espressivi di natura affatto anticlassica. Si pensi solo alle raffigurazioni di paesaggio e ai fregi di rampicanti dellAra
Pacis, o alle tazze di Boscoreale con quegli assembramenti di persone distribuite su diversi piani spaziali.
Che non si possa parlare di una vera egemonia classicoarcaica, risulta evidente soprattutto se si considerano i
nuovi grandi edifici sacri, cos diversi dai templi greci
dellepoca classica. Proprio per la sua natura ideologica
pi che estetica, il classicismo augusteo rimase aperto anche ad altre tradizioni formali, compresa quella ellenistica. La scelta cadeva, di volta in volta, sulla soluzione
pi adatta a illustrare il nuovo sistema di valori.
Nel caso dei templi e degli edifici pubblici la nuova
parola dordine era, come si visto, publica magnificentia. La nuova Roma doveva essere in grado di competere con gli edifici marmorei della Grecia e con la stessa

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Atene. Secondo il vocabolario ufficiale tramandato da


Vitruvio la maiestas imperii doveva trovare espressione
nelle egregiae auctoritates dei templi. Una scelta raffinata dei materiali da costruzione, un ornamentazione sfarzosa, un forte impatto scenografico erano i criteri dominanti in questo settore dellarte augustea.
I nuovi templi sono perci un mixtum compositum
studiato espressamente come tale. Il podio, il pronao e
il frontone, alto e greve, sono tipici della tradizione
romana, laltezza delle colonne, la forma dei capitelli e
la scenografia delle facciate riprendono invece modelli
ellenistici, mentre la sontuosit dei materiali si arriv
al punto di rivestire doro alcune parti degli edifici
super ogni confronto. Ma erano soprattutto quei candidi blocchi di marmo accuratamente squadrati a mettere in spettacolare risalto i nuovi templi, distinguendoli
dalle vecchie costruzioni di tufo.
Malgrado un aspetto complessivo cos anticlassico,
gli architetti si preoccupavano di imprimere ai nuovi
templi un sigillo di classicit. Gi il marmo, utilizzato
cos largamente, andava in tale direzione, ma sono
soprattutto le numerose citazioni ornamentali ad assolvere con evidenza questo ruolo. Gli esempi migliori vengono dal Foro di Augusto, con le sue copie, eseguite con
pedantesca precisione, delle cariatidi dellEretteo, esposte nellattico dei porticati. Ma anche nel tempio stesso
non mancano numerose citazioni: cos, ad esempio, la
base delle colonne ripete la sagoma dei Propilei, e un
capitello ionico riprende il capitello dellEretteo. Anche
i due tipi di gronda a teste di leone sono probabili citazioni, per non parlare dei cassettoni, dei fregi ornamentali e di altro ancora.
Non c tempio della prima et imperiale che non
permetta di scoprire citazioni analoghe. Perfino la trabeazione e la sima del tempio della Concordia, di sovrabbondante ricchezza ornamentale e dallaspetto nellin-

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sieme cos anticlassico, contengono citazioni classiche,


a cominciare dalla grossa dentellatura incorniciata da
una cimasa lesbica e ionica, cos diversa dalla sottile
dentellatura a griglia degli edifici ellenistici. Il pesante
cornicione una novit caratteristica dellet augustea,
ma significativo che anche qui la forma venga ripresa
dal celebre modello dellEretteo. La forma classica delle
mensole tuttavia non bastava: bisognava decorarle con
ricche fasce ornamentali, anchesse di ispirazione classica. Sopra le mensole si erge una ripida parete suddivisa in quattro fasce ornamentali che sostituiscono la
classica articolazione in geison e sima. Del resto, questo
alto bordo inclinato gi di per s un arcaismo, e infatti vi troviamo il fregio baccellato, ornamento caratteristico dei tetti di argilla dei vecchi templi italici.
La disposizione degli elementi ornamentali varia da
tempio a tempio, ma non mancano mai le citazioni classiche o arcaiche, e il senso di questo citare molto
chiaro: i nuovi templi contengono il meglio sia della tradizione romana che di quella greca, col risultato di superare anche i pi sontuosi edifici marmorei dellellenismo.
Che non si tratti di un fenomeno limitato alla decorazione architettonica, ma di un principio generale, possono dimostrarlo esempi tratti dai generi pi diversi.
Non c quasi raffigurazione di soggetto politico che
non offra in qualche punto importante la sua citazione
di rito. Ci si ricordi ad esempio dellEnea intento al
sacrificio sullAra Pacis, le cui forme protoclassiche conferiscono alla figura il semnon e il megalotechnon (la gravit e la sublimit) teorizzati da Dionigi di Alicarnasso.
Ma anche in casi pi frivoli, come le decorazioni dei
candelabri o in altre basi marmoree riccamente decorate, troviamo il solito marchio di qualit come la
migliore arte greca , anche solo nella forma di una singola citazione classico-ornamentale.
Rivestono per un carattere simbolico anche la chia-

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rezza e la precisione delle forme, che appare cos accentuata nellornamentazione architettonica e dei cui connotati etici abbiamo parlato in precedenza.
Vos exemplaria Graeca nocturna versate manu,
versate diurna (Rigiratevi tra le mani i modelli greci
di giorno e di notte; Hor., Ars 268). Un lavoro assiduo
a paziente (labor e mora) il presupposto per padroneggiare larte greca. Chi non frequenta questi modelli col
massimo impegno e con lattenzione rivolta ai minimi
particolari non sar mai in grado di superarli, come si
legge anche in Dionigi. A dire il vero, era questo un
principio raccomandato da sempre nelle scuole, ma senza
grandi risultati: ora invece, e il fatto tanto pi sorprendente, gli scultori augustei se ne appropriano con
assoluta disinvoltura. Ogni foglia di acanto raffigurata
sui capitelli dei grandi edifici, ogni ciocca di capelli
testimonia la messa allopera di questo principio eticoartistico. Si parlato spesso, e con ragione, della precisione toreutica degli artisti augustei: non si erano mai
viste prima di allora delle copie cos esatte, cos rigorosamente fedeli degli originali greci. Ma non si tratta,
come capita a volte di leggere, di un semplice sviluppo
stilistico a partire dallarte cosiddetta neoattica del tardo
ellenismo. Il fenomeno implica piuttosto un cambiamento di mentalit, una vera metabole. Questa precisione e questo amore per i dettagli sarebbero cio
impensabili senza una identificazione dellartista con lo
spirito del tempo e col ruolo assegnatogli dal nuovo programma culturale.
Lenfasi della svolta culturale e del ritorno a moduli stilistici classico-arcaici dur poco e fu in un primo
tempo un fenomeno limitato alla citt di Roma, ma le
sue conseguenze per larte di epoca imperiale furono
ugualmente profonde. Naturalmente la tradizione artistica dellellenismo sopravvisse e conobbe anche, in certi
settori, momenti di rinascita, ma limmediatezza sen-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

suale della forma plastica era ormai un capitolo chiuso.


I capolavori del v e del iv secolo a. C. rimasero i modelli obbligati per le sculture ufficiali, le botteghe ne riprendevano lo stile anche senza copiarli in senso stretto, al
punto che le regole formali dellarte classica venivano
ormai applicate inconsciamente, come uno spontaneo
linguaggio espressivo. Le copie dei capolavori ellenistici realizzate in epoca imperiale portano cos quasi tutte
il contrassegno formale dellarte classica, che ne raffredda per cos dire il pathos. Per effetto della politica
culturale di Augusto il classicismo divent il destino
dellarte imperiale fino agli inizi del iii secolo d. C. Se
Marco Antonio avesse vinto la battaglia di Azio, probabile che le botteghe romane avrebbero preso un indirizzo diverso, pi spiccatamente ellenistico.
Prima di concludere questo capitolo vorremmo dedicare uno sguardo ad Atene: la citt che Augusto e i suoi
collaboratori avevano preso a modello doveva sperimentare presto, sulla sua stesse pelle, le ambizioni culturali della nuova potenza egemone. Poich Atene aveva
accolto Antonio con grandi onori, in un primo tempo
Augusto la evit, ma nel 15 a. C. intervenne Agrippa,
a confermare sullAgora la propria vocazione di grande
costruttore. E vero che i precedenti non mancavano, ma
a differenza dei sovrani ellenistici e degli aristocratici
romani che erano passati da Atene, Agrippa non si present nelle vesti dellammiratore, bens in quelle moralistiche delleducatore. Il suo massiccio Odeion venne
cos a occupare uno spazio che per secoli era rimasto
sgombro, proprio di fronte a uno dei portici pi frequentati: i discendenti della grande Atene, in gravi difficolt economiche e dai costumi (agli occhi di Augusto)
non propriamente esemplari, venivano cos richiamati
allepoca doro della propria cultura. Nel nuovo edificio
essi avrebbero frequentato i loro autori classici sotto gli

Storia dellarte Einaudi

258

Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

occhi delle sfingi (copie di modelli classici) che decoravano le erme sulla scena dellOdeion, secondo il gusto
personale dellimperatore.
Gli Ateniesi dovevano per anche ricordarsi che la
cultura dei loro antenati aveva solide basi religiose. Proprio in mezzo allAgora, sullasse dellOdeion, venne
perci ricostruito un tempio dellet del Partenone, trasportato qui per loccasione dalla sua sede originaria in
una localit dellAttica. Anche in questo caso la forma
classica aveva il valore di un simbolo: il tempio era infatti dedicato ad Ares, dio della guerra. Gli Ateniesi sapevano dunque dove stava di casa, il dio, quando dedicarono una statua al figlio adottivo dellimperatore Gaio
Cesare in quanto nuovo Ares.
Le iniziative di Agrippa non rimasero isolate e anche
ad Atene si fin per parlare di restaurazione morale.
Uniscrizione, molto discussa (IG II 1035), testimonia
lesistenza di un programma per il restauro di ottanta (!)
templi in rovina in tutta lAttica: particolare, questo,
che fa pensare a una stretta connessione col programma
di Augusto nella citt di Roma. Negli stessi anni un
certo Giulio Nicanore, un siriano di cittadinanza romana, compr dagli Ateniesi lisola di Salamina e si fece
celebrare per questo come un nuovo Tucidide e un
nuovo Omero (ancora un vezzo classicheggiante). Era
uno scandalo che il luogo in cui i Persiani erano stati
sconfitti venisse a trovarsi nelle mani di uno straniero.
Lo stesso Augusto proib, per lavvenire, la vendita della
cittadinanza attica.
Tutto questo lasci tracce profonde nel modo di sentire generale. Nelle iscrizioni tornarono in uso gli antichi caratteri, la cosiddetta Agora romana fu decorata con elementi architettonici dellet di Peride, e perfino nel trasporto dei blocchi di marmo vennero usati,
in certe occasioni, cavicchi e ganci di foggia antica.
Atene non fu lunica citt dellOriente in cui la

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

restaurazione religiosa di Augusto appare legata al suo


programma di ritorno al classicismo. Nei santuari greci
si incontrano dappertutto iniziative architettoniche e un
accresciuta attivit culturale e dedicatoria. Perfino in un
antichissimo luogo di culto come la grotta del Monte Ida
nellisola di Creta stato riscontrato in quegli anni un
significativo aumento delle offerte votive, e a Taranto,
antico centro della Magna Grecia, sono state ritrovate
imitazioni di prima et imperiale delle terracotte votive
classiche, il cui uso era stato abbandonato ormai da
secoli. Il classicismo programmatico del nuovo regime
viene dunque accolto anche solo parzialmente in
tutto limpero, e non solo come moda estetica, ma come
espressione di un rinnovamento religioso.

Storia dellarte Einaudi

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Capitolo settimo
Le nuove immagini e la vita privata

Il profondo mutamento che il linguaggio visivo aveva


subito nella sfera politica non poteva non avere ripercussioni anche nella sfera privata. Se un intenditore
darte caduto nella battaglia di Azio fosse tornato in vita
alla fine dellet augustea per visitare Roma e lItalia, la
sua meraviglia sarebbe stata grande di fronte alle nuove
immagini dellarte privata e funeraria. Nella pittura
parietale, che occupava gli interni delle abitazioni in
misura assai maggiore delle moderne tappezzerie, si era
sviluppato uno stile decorativo affatto nuovo. Pareti,
mobili e oggetti di uso comune venivano decorati con
motivi nuovi, provenienti non di rado dal linguaggio
figurativo di regime, si trattasse di case molto ricche
oppure modeste. Ma non necessariamente la presenza di
tripodi, sfingi, Vittorie e simboli dellaurea aetas indicava nel padrone di casa un convinto sostenitore del
princeps. Il fatto che anche il gusto, insieme alla mentalit, era mutato.
Gli oggetti databili e documentabili con sicurezza
sono troppo pochi perch si possa istituire un raffronto
puntuale tra il linguaggio pubblico e quello privato. E
tuttavia, se non possibile seguire in modo analitico la
ricezione dei vari simboli e la nascita del nuovo gusto
abitativo, per del tutto chiaro il rapporto tra levoluzione della mentalit e il nuovo stile.

Storia dellarte Einaudi

261

Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Moda e lealismo.
In un primo tempo la ripresa e lutilizzo delle immagini politiche vale come segno di fedelt e dedizione
al regime. Esporre nel proprio atrium comera usanza
diffusa statue di Augusto e di altri membri della famiglia imperiale, significava professare anche in privato
unesplicita adesione al princeps. Il poeta Ovidio, esiliato sul Mar Nero, aveva certo motivi particolari per rendere omaggio alla famiglia di Augusto, se voleva sperare in un atto di grazia che gli consentisse di ritornare a
Roma. Ma il suo sacello privato, in cui figuravano busti
di Augusto, di Livia, dellerede al trono Tiberio e dei
principi Germanico e Druso Minore (proprio come nelle
gallerie pubbliche), non si distingueva dalle migliaia di
edicole domestiche davanti alle quali si offrivano sacrifici in occasione delle feste imperiali o di privati festeggiamenti (ex Ponto II 8,1 sgg.; IV 9,105 sgg.). Chi portava sul proprio anello leffigie dellimperatore o simboli
come il Capricorno, i rostri, i Parti in ginocchio e simili,
e usava quellanello come sigillo, si identificava col
nuovo Stato, come anche i proprietari delle tazze di
Boscoreale. La riproduzione su vasta scala di questi
oggetti in materiali da poco prezzo la pasta vitrea per
le gemme, la terracotta per il vasellame dargento fece
si che queste immagini trovassero una enorme diffusione. I simboli politici comparivano su tutti gli
oggetti di uso privato suscettibili di decorazione: sui
gioielli e le stoviglie, i mobili e gli utensili, i tessuti, le
pareti e i rivestimenti di stucco, sugli stipiti delle porte,
le lastre di terracotta, le tegole e perfino i monumenti
funerari e le urne cinerarie di marmo.
Naturalmente non possibile stabilire, caso per caso,
se lacquirente o il committente di quel certo oggetto
con quella immagine avesse in mente un messaggio politico preciso, o si limitasse ad accettare il modello offer-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

to dalla bottega e magari fabbricato in serie. Ma a porre


il problema in questi termini si rischia di semplificare
anche troppo il complesso gioco di rapporti tra la
domanda e lofferta. In fondo, che lidea di mettere in circolazione certi simboli e immagini venisse al
produttore o al cliente, non fa molta differenza: finch
quelle immagini erano nuove, la loro ricezione nella
sfera privata significava comunque una presa di posizione favorevole da parte dellacquirente. Se un cittadino di modesta condizione acquistava una lucerna di
terracotta con raffigurazioni della corona civica, della
Vittoria sul globo, del clipeus virtutis o di Enea in fuga
da Troia anzich le solite corse dei carri o le solite scene erotiche, si trattava di una scelta precisa. E lo stesso vale, ovviamente, anche per le tazze aretine decorate con motivi apollinei.
Per i benestanti, tra i quali annoveriamo non solo i
proprietari delle grandi ville ma anche di piccole case
pompeiane, possediamo testimonianze pi differenziate.
Il proprietario della grande villa di Torre Annunziata,
che negli anni intorno al 30 a. C. si faceva dipingere alle
pareti i simboli trionfali del culto apollineo, o quel console C. Piso Frugi Pontifex (?), che acquist per la sua
villa alcune copie di statue dal ciclo delle Danaidi, consacrato da Augusto nel tempio di Apollo, non erano
certo partigiani di Antonio: cos come non lo erano quegli abitanti di Pompei che nei loro piccoli giardini facevano mettere una statua di Apollo o di Diana anzich le
solite statuette di Dioniso e di Venere. Se poi lattenzione fosse davvero rivolta agli aspetti etico-religiosi
delliconografia augustea e non invece al nuovo stile,
non facile dire.
Dopo la consacrazione del tempio di Apollo (28 a.
C.), molti cittadini benestanti amavano tenere davanti
agli occhi le immagini della nuova religiosit, sia in occasione di feste e banchetti, sia in forma pi raccolta,

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

contemplando opere darte come le statue arcaicizzanti


o le gemme delle dattilioteche private. Ne sono una
prova i lavori degli argentieri, che conosciamo attraverso le tazze aretine di terracotta, o anche le gemme e i
cammei. Con estrema frequenza ricorrono, su questi
oggetti, immagini degli di e scene mitologiche con allusioni alla vita politica del tempo, e spesso queste immagini si distinguono per un modellato molto deciso. Cosi
una testa di Mercurio mostra evidenti tratti policletei,
ma si pensa subito al ritratto classicamente stilizzato di
Augusto, bench i particolari fisiognomici siano in realt
piuttosto pochi.
Siamo cosi autorizzati ad affermare che agli inizi del
principato augusteo si svilupp, presso committenti e
acquirenti privati, un interesse spontaneo per la nuova
iconografia politica. Le botteghe artigianali reagirono
alla situazione procurandosi i modelli richiesti e provvedendo a rifornire il mercato. Naturalmente qualche
personaggio di spicco avr anche dato il la alla nuova
moda: se uno dei grandi ordinava a un famoso artigiano un nuovo pezzo di argenteria decorato con tripodi,
candelabri, scene sacrificali e simili, e ne faceva poi uso
nei suoi banchetti, possiamo immaginare che il suo
esempio, trovando un terreno cosi propizio, facesse rapidamente scuola.
E tuttavia possibile che qualche circostanza casuale
abbia contribuito ad accelerare il fenomeno. Forse uno
dei proprietari delle grandi fabbriche aretine apparteneva alla stretta cerchia di Augusto, e fu lui a proporre
le tazze dargento come modelli per i vasi di ceramica e
a procurare gli originali. Bastarono pochi episodi di questo tipo a determinare i nuovi orientamenti del mercato e i nuovi equilibri della domanda e dellofferta.
La nuova iconografia porta il segno di pochi maestri:
quelli impegnati nei progetti dei templi augustei o nella
costruzione dei grandi monumenti in suo onore. Quan-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

to alle piccole botteghe, esse avranno seguito con la


consueta rapidit le grandi tendenze della moda (ed un
fenomeno di cui possiamo fare esperienza anche oggi).
I grandi cantieri politici erano infatti la fonte principale delle innovazioni iconografiche e stilistiche con cui
rinnovare il repertorio di bottega e battere la concorrenza. Per spiegare la ricezione di un motivo non
occorre dunque risalire, dopo i primi anni di incubazione, alla volont precisa di un cliente, perch un ruolo
decisivo spetta senzaltro allautonomo dispiegarsi degli
interessi commerciali e di bottega, oltre che alle ragioni intrinseche del linguaggio artistico.
Cos, ad esempio, i tralci rampicanti offrivano agli
artisti un motivo decorativo ideale per qualsiasi tipo di
superficie, e la Sfinge, fermo restando il suo valore simbolico e sacrale, forniva unutile base dappoggio. Non
detto che, nellusare questi motivi, gli artisti o i clienti delle botteghe pensassero alla propaganda del saeculum aureum: erano semplicemente motivi molto diffusi
e perci molto popolari. E si capisce che quando i pittori arricchivano il loro nuovo, elegante stile decorativo con piccoli tripodi, candelabri, sfingi, grifi, ippocampi e divinit arboree non pensavano a celebrare Augusto e il suo potere. Nelle botteghe dei ceramisti aretini
i motivi apollinei e altri temi politici scomparvero presto dal repertorio, mentre pare che non sia mai esistita
una serie corrispondente per la guerra contro i Parti, per
linaugurazione del saeculum aureum o la propaganda a
favore degli eredi al trono. Tutto questo fa pensare a un
certo disinteresse, da parte degli acquirenti, per un
vasellame dalliconografia politica troppo accentuata:
ma ci non significa che quei motivi non abbiano continuato a esercitare la propria influenza. Al contrario,
essi vennero assimilati al punto da riaffiorare pi tardi,
per esempio sugli altari funerari e sulle urne cinerarie.
anche vero, daltra parte, che mobili, utensili e

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

pezzi di argenteria decorati con motivi tipici del nuovo


linguaggio sono spesso oggetti di alta qualit, cosa che
farebbe supporre unesplicita committenza. Cos, ad
esempio, la mensa marmorea decorata con sfingi in funzione di sostegno proviene senza dubbio da una delle
prime botteghe di Roma: questi tavoli di marmo, che
comparivano negli atrii delle case abbienti, arrivavano
invece spesso, nel periodo tardo repubblicano, da botteghe orientali. Come elementi di sostegno, venivano
usati tradizionalmente soprattutto leoni e grifi, a cui si
aggiunsero in epoca augustea motivi quali la cornucopia
e il globo, mentre al posto dei leoni possono comparire,
come in questo caso, le sfingi, e in funzione forse non
puramente decorativa.
Fin dagli anni trenta la Sfinge era diventata un simbolo di attesa epocale, e gi sotto Cesare veniva effigiata sulle monete insieme alla Sibilla, mentre Ottaviano
usava limmagine della Sfinge come sigillo. Dopo la battaglia di Azio la vediamo comparire su monete coniate
in Oriente, e dopo la vittoria sui Parti la incontriamo
sulle spalline della statua loricata di Prima Porta. Potremmo infine seguirne il percorso (insieme ad altri simboli),
su candelabri e oggetti di bronzo, nella pittura su parete, sugli altari funerari e le urne cinerarie di marmo.
Quello che rende cos interessante la Sfinge della
nostra base marmorea il fatto di essere con ogni probabilit la riproduzione fedele di un originale greco di
et protoclassica. E la Sfinge che troviamo sulle monete, le gemme, i candelabri e le basi marmoree risale evidentemente allo stesso originale: come dimostrano alcune versioni plastiche di notevole fattura, doveva trattarsi
di un modello in grandezza naturale. Il suo grande
influsso sullartigianato artistico della citt fa pensare
del resto che il prototipo si trovasse a Roma: era forse
uno dei doni votivi offerti da Augusto nel tempio di
Apollo sul Palatino?

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Le sfingi della base marmorea si presentano come un


simbolo della nuova et non solo per la loro forma classica, ma anche per lassociazione col motivo dei tralci,
che crescono rigogliosi da un ampio calice e riempiono
con le loro volute lintera superficie. In questo caso
almeno per il prototipo della serie abbiamo a che fare
senza dubbio con una ripresa consapevole del motivo
politico. Lo stesso vale anche per un oggetto come il braciere di bronzo di Pompei, sorretto anchesso da tre
sfingi, e per unalzata da tavolo con una Vittoria sul
globo. Anche in questi casi viene da pensare a una clientela dai gusti esigenti, poich le sfingi sono un esempio
di quel raffinato stile eclettico, misto di elementi classici e arcaici, di cui si parlato in precedenza. Nellalzata, poi, il panneggio ellenistico della Vittoria stato
sostituito con uno protoclassico: un linguaggio formale,
dunque, ben studiato, con cui le botteghe si attengono
fedelmente al classicismo dei monumenti di regime.
Nellargenteria da tavola i motivi politici hanno una
funzione in parte dimostrativa, in parte giocoso-ornamentale. Le due tazze di Boscoreale testimoniano naturalmente un alto grado di identificazione coi valori del
regime, soprattutto se si pensa alluso conviviale che ne
veniva fatto. La stessa disposizione delle immagini sui
boccali invitava del resto a rigirarli fra le mani e a confrontare le scene rappresentate: viene da pensare che
fossero usati soprattutto in occasione delle feste imperiali, per esempio allinizio del banchetto, quando i convitati offrivano una libagione allimperatore.
Di fronte alle aggraziate ghirlande e ai fantasiosi
giochi di tralci del Cratere dargento di Hildesheim
facile invece perdere di vista ogni significato politico. E
questo vale in misura ancora maggiore per tutti i vasi
decorati con motivi vegetali e oggetti di culto.
In ogni caso, vi fosse cio una precisa volont di
identificazione politica, o si trattasse invece di un puro

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

divertimento estetico suggerito dalla nuova moda, la


presenza varia e costante di quei motivi nellarredo
domestico e in ceti sociali cos diversi non poteva non
rafforzare limpatto globale del nuovo linguaggio.
Ovviamente non si pu dimenticare che molti motivi ornamentali dellarte ellenistica continuavano a trovare largo impiego, e che i nuovi motivi, considerati nel
loro insieme, servivano pi che altro ad arricchire e ad
aggiornare il repertorio tradizionale della decorazione
domestica. Se pensiamo tuttavia ai metodi e ai sottili calcoli psicologici della moderna pubblicit, non potremo
fare a meno di vedere in quelle figure ricorrenti e in
contesti a volte del tutto marginali un sistema di rinforzi psicologici di vasto respiro, capace di agire, nella
lunga durata, anche a un livello subliminale.
La privatizzazione del messaggio.
Nessuno poteva sottrarsi al potere delle nuove immagini, ne fosse consapevole o no. Lo dimostrano tutti quei
casi in cui la nuova iconografia viene tradotta in un
ambito semantico improprio, o comunque diverso da
quello originario, configurando quello che forse laspetto pi interessante della sua ricezione. Incominciamo con un esempio concreto.
La Vittoria sul clipeus virtutis compare sulle lucerne
di terracotta anzitutto come segno di fedelt al regime
e di omaggio verso Augusto. Sullo scudo si legge in questi casi la scritta ob cives servatos e si tratta, allora, di una
riproduzione del celebre scudo onorario conservato nella
Curia. Ma su altre lucerne con lo stesso motivo troviamo una scritta del tutto diversa: annum novum felicem
mihi et tibi. Si tratta, insomma, di regali per lanno
nuovo. La dea della Vittoria e lo scudo di Cesare si
fanno dunque portatori di un messaggio dauguri squi-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

sitamente privato, mentre le monete sparse allintorno


fanno capire senza mezzi termini che si tratta di auguri molto materiali (e non ci sar allora da stupirsi se lo
stesso motivo ritorna perfino sui salvadanai).
Luso improprio dei motivi politici poteva anche
avere unorigine professionale. Su un elmo gladiatorio
ritrovato a Pompei vediamo ad esempio, in posizione
centrale, leffigie di Marte Ultore: non solo limperatore e i principi, ma anche il gladiatore spera di vincere
nel segno del dio della guerra. In questo caso la figura
di Marte non per molto diversa da altre cifre figurative in funzione apotropaica, o destinate a celebrare la
virtus del guerriero. Del resto, anche le larghe foglie di
quercia, lalloro e i tralci sulle gambiere mettono in relazione il mestiere del gladiatore, glorioso e rischioso, col
nuovo sistema di valori: anche lui vuole la sua parte di
considerazione e di stima e la chiede con gli stessi simboli che celebravano il Salvatore dello Stato.
Come sui pubblici monumenti, anche su questi elmi
i simboli compaiono non di rado associati come coppie
di figure complementari, per esempio i grifi con gli amorini, o Marte con Dioniso: la battaglia come presupposto di una vita felice, cos come le vittorie del princeps
garantiscono la stabilit della Pax Augusta. Si ha limpressione che siano appunto questi imprestiti a tradurre nella sfera privata gli schemi concettuali e immaginativi della nuova iconografia statale. Le ripercussioni di questultima sullidentit civile e morale dei Romani del tempo trovano qui, ad ogni modo, una manifestazione immediata.
Unattenzione particolare merita il caso della corona
civica e della corona dalloro, dal significato spesso identico. Abbiamo visto come la corona, simbolo onorifico
del princeps come salvatore dei cittadini e dello Stato,
fosse entrata presto nel repertorio delle formule celebrative: la si usava negli ambiti e sugli oggetti pi diversi, e

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

in certi contesti poteva assumere addirittura il carattere


di uninsegna imperiale. Anche in questo caso, tuttavia,
il suo uso non costituiva un privilegio esclusivo dellimperatore. Gi in epoca tibero-claudia attestato luso
delle corone in ambito privato e in situazioni prive di rilevanza politica. Alcuni liberti particolarmente legati alla
casa imperiale furono probabilmente i primi a utilizzare
il simbolo della corona per richiamare lattenzione sul
proprio status sociale: i membri del collegio degli Augustali di Pompei posero ad esempio delle enormi coronae
civicae sui loro altari funerari e in certi casi perfino sulle
loro porte di casa. E il caso dei liberti imperiali del tutto
analogo. Ma le corone di quercia e di alloro diventarono
presto, nellarte funeraria, un segno generico di distinzione, accompagnato dai consueti epiteti stereotipi come
optimus, bene meritus, ecc.
Pi in generale, gli altari funerari di marmo e le
urne cinerarie urbane permettono di seguire nel modo
migliore la graduale ricezione e privatizzazione dei simboli ufficiali. I primi motivi a essere ripresi ancora in
et augustea sono quelli pi generici e connessi al programma della pietas, come i bucrani, le ghirlande, gli
strumenti sacrificali, le fiaccole e i ramoscelli simbolici.
Daltra parte, la forma stessa dei monumenti funerari
contiene gi un messaggio preciso: spesso, infatti, le urne pi antiche riproducono la forma di un tempio e gli
altari funerari sono costruiti palesemente sul modello
degli altari augustei (come quelli dedicati ai Lari). Ossia:
la nuova arte funeraria si orienta sugli esempi tracciati
dalla nuova religione ufficiale e pu essere vista, nel suo
insieme, come lespressione di una pietas tradotta nella
sfera privata e come interiorizzata.
La nuova forma delle urne marmoree trova del resto
un preciso riscontro anche fra i notabili delle citt italiche. Un esemplare tra i pi belli custodiva le ceneri di
uno dei primi personaggi di Perugia, il cui nome, P.

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Volumnius A. F. Violens, scritto sullarchitrave dellurna come si trattasse del donatore di un tempio. Mentre i bucrani e le ghirlande del lato maggiore si ispirano
senzaltro a monumenti pubblici come lAra Pacis, sul
lato minore raffigurata una squisita scena di giardino.
Tra gli altri particolari assume uno speciale rilievo il
motivo delluccello intento ad abbeverarsi da un cratere: motivo che abbiamo gi incontrato nel programma
del saeculum aureum e anche come simbolo della Venus
Augusta. In questo caso, per, il quadretto idilliaco non
ha pi nulla a che fare con laulica pietas della nuova et,
ma va inteso come semplice allusione a una vita felice,
in un quadro di ricchezza e di raffinata cultura. La vita,
insomma, del defunto. Abbiamo allora un programma
composito: la scena di giardino si riferisce al suo status
sociale, i simboli della pietas alla sua privata devozione.
Poco per volta, sempre nuovi elementi del linguaggio politico vengono accolti in questi monumenti privati, rivolti alla ristretta cerchia famigliare: aquile, teste di
Ammone, Vittorie, armi, tripodi, cigni, sfingi e vari
simboli di fecondit compaiono allora come segni di
distinzione e di augurio in una cornice piuttosto vaga,
tale da abbracciare vivi e defunti a un tempo. Cos ad
esempio i tripodi, che vediamo raffigurati in forme sontuose, e spesso adorni di una fitta vegetazione rampicante, hanno certo poco a che fare con Apollo, e vanno
intesi piuttosto come simboli di pietas privata, come una
forma di decorazione funeraria a sfondo cultuale. Le
allusioni dirette alla morte sono invece estremamente
rare: perfino i rostri vengono incorporati in queste complesse macchine decorative come puri simboli di prestigio, e non certo per richiamare la battaglia di Azio, ma
perch la presenza dei rostra sui monumenti di Stato
aveva uninnegabile efficacia.
Come si vede, di fronte allo strapotere del linguaggio ufficiale non c pi posto per un mondo di imma-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

gini private: se il contenuto del messaggio fa riferimento a una sfera personale, committenti e scultori devono
per esprimerlo coi vocaboli propri dellideologia imperiale. Cos, il gruppo di Enea viene utilizzato sui monumenti funerari come simbolo di piet e di attaccamento alla famiglia, mentre la scena della Lupa con Romolo e Remo, emblema dellorgoglio romano, diventa sugli
altari funerari un puro segno di dedizione e di amore fra
congiunti.
Luso privato di immagini e segni propri dellarte di
Stato augustea raggiunse per il suo culmine solo nellet
dei Flavi: la privatizzazione fu lenta e graduale, a riprova ulteriore della diffusa efficacia di quel linguaggio.
Gusto e mentalit.
Ritorniamo ora, ancora una volta, agli inizi dellarte augustea, per vedere come lo spirito della nuova epoca
abbia fatto il suo ingresso nelle case private non solo
attraverso i nuovi temi figurativi, ma contribuendo,
insieme, a sviluppare un nuovo stile di decorazione per
gli ambienti interni. Si visto come allora negli anni
quaranta e negli anni trenta i Romani amassero lo stile
architettonico pi sfarzoso, con i suoi materiali pregiati e le sue raffigurazioni illusionistiche di porticati, giardini, grandiose.
Intorno agli anni trenta incominciano a diffondersi
forme sempre pi manieristiche, che senza rinunciare
allo sfarzo ne dnno tuttavia una versione singolarmente estraniata. Intellettuali conservatori come Vitruvio
portavoce forse di una parte consistente dellalta
societ romana condannano come senzaltro immorale questo sviluppo in senso antinaturalistico e antitradizionale, segno di una rapida evoluzione del gusto:

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Sugli intonaci si preferisce ora dipingere cose mostruose (monstra) anzich immagini fedeli al vero. In luogo delle
colonne si dipingono giunchi scanalati, e in luogo dei frontoni stucchi a foglie arricciate e volute, o candelabri che
sorreggono piccole edicole. In cima a queste crescono fiori
delicati i cui steli si svolgono dalle radici e su cui siedono
figurette senza senso. I gambi sono figure ibride, con teste
di uomini o di animali: cose che non sono, non possono essere, n furono mai (Vitr., VII 5,3).

Lallungamento manieristico delle colonne e lo sviluppo in senso fantastico della decorazione ebbero per
conseguenza se consideriamo queste pareti con uno
sguardo dinsieme un netto passo indietro rispetto al
lusso ostentato di forme e materiali che caratterizzava
le vecchie architetture dipinte. vero che, ad esempio,
le pitture parietali della Farnesina (circa 20 a. C.) esibiscono una ricchezza di particolari senza precedenti, ma
laccento cade ora sempre pi sugli aspetti ornamentali
della decorazione. Alle prospettive mosse e spezzate
subentrano superfici pi uniformi, dove lo sguardo
attratto da immagini e scene precise. Evoluzione stilistica e iconografica procedono dunque di pari passo e la
direzione sembra indicata anche qui dal nuovo sistema
di valori.
Ne una prova uno degli ambienti principali della
Casa di Augusto sul Palatino, nella parte finora riportata alla luce. La spiccata semplicit dellarticolazione
scenografica sottolinea lefficacia degli ampi scorci paesaggistici, ma ognuna delle tre scene appare dominata da
un misterioso oggetto di culto o votivo collocato in
primo piano. Il contenuto religioso della decorazione
denuncia qui con evidenza linflusso del committente.
La sensibilit estetica sembra reagire con sorprendente rapidit alla mutata situazione culturale. Se vero
che gli ambienti della Casa di Livia e della Casa di

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Augusto (circa 30 a. C.), e perfino la Sala dei quadri


della Farnesina (circa 20-10 a. C.) seguono ancora il
vecchio sistema decorativo, un certo estraniamento
manieristico, il tenue cromatismo e il rilievo assegnato
alle scene centrali conferiscono alle pareti una qualit
diversa. evidente, in molte botteghe, la ricerca di
nuove forme espressive: una ricerca che, pur non approdando a una soluzione unitaria e definitiva, sembra
abbandonare il lusso e lo sfarzo di facciata, avvertiti ora
come sgradevoli e privi di gusto. Allimponenza dei vecchi colonnati fastosi subentrano forme pi semplici e pi
artisticamente elaborate.
Daltra parte al pubblico piacciono le novit, ed
naturale che le botteghe cerchino di rinnovarsi: un semplice dato di fatto che pu aver contribuito non poco
allevoluzione del linguaggio formale. Non tuttavia
un puro caso che questa evoluzione coincida con gli
sforzi di Augusto per imporre la sua svolta morale: la
nuova mentalit ebbe insomma tra le sue conseguenze
un deciso mutamento del gusto e della comune sensibilit estetica.
Il nuovo gusto trova unespressione particolarmente efficace nel sistema decorativo del cosiddetto terzo
stile. A differenza per di quanto comunemente si
sostiene, non si tratta, a mio parere, del risultato di un
processo graduale ma di una precisa invenzione artistica in cui vecchio e nuovo si fondono in una sintesi di
forte originalit. I primi esempi risalgono probabilmente agli anni dei ludi saeculares e la definizione
anchessa usuale di stile dei candelabri non fa che
ribadire i connotati ideologico-sacrali della nuova
maniera. Una volta inventato, il terzo stile si diffuse rapidamente, a conferma del suo pieno accordo col
gusto del tempo: a Pompei, ad esempio, fu adottato da
molti proprietari anche di piccole abitazioni. Ma un
esempio tra i pi suggestivi quello conservato sulle

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

pareti di una villa a Boscotrecase (circa 1o a. C.), appartenente alla famiglia di Agrippa.
Le colonne e le prospettive architettoniche sono
diventate sottili ed eleganti strisce ornamentali, che
scandiscono lintera parete in riquadri perfettamente
equilibrati. Guardandoli da vicino si scopre per che
quelle colonne e asticciole filiformi sono decorate con
motivi ricchissimi e curiosi e che, nonostante la sottigliezza immateriale delle strutture, si tratta proprio di
cornici architettoniche, di colonne, pilastri e candelabri.
Se questo tipo di intelaiatura non senza precedenti nella tradizione manieristica, le grandi superfici monocrome su cui lo sguardo riposa rappresentano invece una
novit assoluta: la ricerca di chiarezza, di una netta articolazione dei vari elementi zoccolo, parete, motivi
ornamentali e figure e di una tonalit cromatica uniforme e pacata, il carattere distintivo del nuovo stile.
La rigogliosa e intricata ornamentazione di pochi
anni prima cede il passo alla miniatura, a un sottile disegno che si svolge sui riquadri monocromi come tracciato con una punta dargento: quasi a documentare la
rigorosa coerenza della nuova concezione. Molte cose
fanno pensare che i primi committenti appartenessero
alla cerchia dellimperatore: diversamente non sarebbe
facile spiegare lalto livello artistico e anche la rapida diffusione delle nuove creazioni, a cui gli ambienti di corte
fornirono una adeguata cassa di risonanza.
Linventore del terzo stile aveva in mente non
solo il nuovo gusto estetico, ma anche il nuovo sistema
di valori. Ne sono una prova le precise implicazioni
morali delle immagini, sottolineate dalla semplicit delle
pareti e dallordine formale dellinsieme. Sarebbe tuttavia sbagliato parlare di un programma vero e proprio:
diremo piuttosto che il nuovo clima politico si rispecchia
indirettamente in un mondo di valori estetici conforme
alla nuova sensibilit. Va da s che il nuovo apparato

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

decorativo reagisce a sua volta, con un effetto di rinforzo, su quel clima.


Sulle pareti dipinte nel nuovo stile dei candelabri
troviamo soprattutto due tipi di immagini: le scene mitologiche e le vedute di paesaggio sacrale. Le scene mitologiche, di cui troviamo esempi gi sulle pareti manieristiche, come nella casa di Livia, riprendono perlopi i modem della pittura greca classica, seguendo cos
il classicismo dominante dellarte di Stato; e come nelle
immagini mitologiche devozionali di questultima, il loro
stile povero di contenuti narrativi. In entrambi i casi
losservatore si trova di fronte a pochi gesti carichi di
significato arcano e spesso indefinibile: il piccolo Dioniso allevato dalle Ninfe diventa un omaggio al Bambino miracoloso, la Caduta di Icaro allude alla morte del
Giovinetto, mentre il castigo di Dirce simboleggia la
hybris punita. Che queste scene vadano intese come un
invito alla meditazione indiscutibile. Meno facile stabilire, in certi casi, se gli artisti abbiano modificato i loro
modem classici, ma gi la scelta dei temi e la loro presentazione solenne sulla parete dimostra quanto sia
diverso latteggiamento psicologico verso quei contenuti figurativi. Ne sono un esempio particolarmente vistoso le imitazioni di dipinti su tavola (pinakes) classici e
arcaici, come quelle che vediamo sulle pareti della Sala
dei quadri alla Farnesina: quasi fosse un santuario adorno di preziosi quadri votivi.
Possiamo vedere in questa pittura su parete mirabilmente conservata una testimonianza ulteriore di quella che abbiamo chiamato la privatizzazione del programma devozionale augusteo, ma anche, insieme, dellindirizzo classico-arcaico proprio dellarte di Stato. Si
tratta, in ogni caso, di un esempio significativo del gusto
eclettico dominante. Solo le scene centrali ossia i quadri votivi arcaicizzanti e il grande dipinto classico dedicato allinfanzia di Dioniso appaiono conformi, infat-

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ti, al simbolismo tipico dellarte ufficiale: nellapparato


di contorno, dalle cariatidi allornamentazione architettonica spiccatamente manieristica, lartista si abbandona invece a un eclettismo senza limiti, in cui la tradizione ellenistico-asiana svolge un ruolo decisivo.
Proiezioni bucoliche.
Al tema della pietas si riconducono anche le originali vedute di paesaggio a carattere prevalentemente sacrale e bucolico che vediamo nascere insieme al nuovo linguaggio decorativo e che troviamo su gran parte delle
pareti dipinte nello stile dei candelabri. Losservatore
come trasportato in un mondo di quiete e di pace:
prati, alberi venerandi, ruscelli, pescatori e poi pastori
con le loro greggi, satiri e ninfe evocano lidea di una
vita felice nel quadro di una natura incontaminata.
Ma sullo sfondo vediamo profilarsi uno scenario di parchi e giardini, tempietti, portici e perfino ville. Il centro della composizione occupato, sempre, da un luogo
di culto artisticamente preparato: un piccolo santuario
con doni votivi e simulacri, davanti al quale vediamo
figure di sacrificanti o di fedeli in adorazione, in parte
semplici contadini, in parte sacerdotesse dagli abiti
solenni. In un ambiente cos raccolto, perfino i satiri
sembrano dimenticarsi delle menadi per offrire sacrifici a Dioniso o a Priapo.
Lidillio pastorale apparteneva da tempo al repertorio figurativo della pittura su parete, ma si trattava, in
quel caso, di un genere paesaggistico fra gli altri. Ora
invece esso assume un rilievo tutto particolare, mentre
il paesaggio si popola di altari e simulacri, doni votivi e
scene di culto. Virgilio tra i primi a investire il vecchio
mondo bucolico di un preciso significato politico, cantando nelle Georgiche la vita semplice dei pastori dellet

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di Romolo, la loro purezza morale e la loro pietas. Ma


anche negli altri poeti augustei lidillio pastorale si presenta come una fuga nostalgica dagli affanni della vita
cittadina, dal lusso e dalla decadenza dei costumi (cfr.
Hor., Ep. II 1,14o). E se i poeti celebrano la felicit dei
pastori e dei loro armenti al pascolo come un simbolo del
saeculum aureum, anche le immagini di quella vita possono celebrare a loro volta i fasti della pietas originaria,
funzionando come metafore edificanti ed esemplari. Si
rammentino, a titolo di esempio, gli animali al pascolo
sul rilievo dellAra Pacis.
Lo stile pittorico di queste scene degno di particolare attenzione. I singoli elementi non si compongono in uno spazio figurativo unitario, ma appaiono giustapposti come nei paesaggi della pittura cinese: ne risulta, anche per lassenza di cornice, un carattere
sospeso e visionario, dove gli oggetti e gli eventi raffigurati contano assai meno dellatmosfera complessiva.
Ma i nuovi idilli sono contradittori. I pittori di questa societ raffinata e abituata al lusso non riescono a
immaginare la semplice vita pastorale se non su uno
sfondo di parchi e di ville. Dietro i semplici altari di pietra vediamo bizzarre strutture dallaspetto esoticheggiante e ricchi doni votivi, e invano cercheremmo in
queste vedute di paesaggio un contadino al lavoro o
quei campi fruttiferi cantati da Virgilio con voce cos
suadente. E a pigiare le uve sono i satiri, non i contadini: rispondere agli appelli moralistici del princeps non
significa insomma, per i pittori dellet augustea, tornare
alla vita dei campi, ma figurarsi un mondo utopico di
otium e di sereni piaceri. Le fantasmagorie sontuose e
corpose della tarda repubblica cedono il passo a visioni
nostalgiche, in cui laspirazione alla pace della campagna
si unisce al desiderio di una vita pi semplice e armoniosa: la pietas contadina e la vita pastorale sono le cifre
poetiche di questo sogno.

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I problemi, le difficolt e le contraddizioni dellesperienza quotidiana, che la politica di rinnovamento


promossa da Augusto rendeva pi acuti e che non apparivano risolvibili sul piano della realt concreta, trovano dunque in queste proiezioni mitiche una soluzione
immaginaria, configurando cos una variante significativa del nuovo sistema di valori. Ideologia politica e
sogni privati si confondono, col risultato per di accentuare la frattura tra questi ultimi e la realt quotidiana.
In luogo dei paesaggi dipinti, le pareti potevano per
accogliere anche rilievi scultorei di piccolo formato e
perlopi di alta qualit artigianale, che a differenza della
pittura richiedevano per un messaggio pi sintetico e
circoscritto. Manca pertanto, ad essi, quel carattere
sospeso che tipico delle miniature parietali e che le
allontana cos piacevolmente dalla concettosit dellarte
politica. I rilievi hanno invece un carattere pi didascalico e programmatico, anche nel caso di soggetti erotici.
Un rilievo del Museo Archeologico di Torino celebra gli amori di un satiro e di una ninfa, ma a differenza dei gruppi erotici tardo ellenistici con la loro esplicita sensualit, i due amanti si sottraggono qui allo sguardo diretto dellosservatore: la ritrosia della ninfa e la focosit del satiro hanno leleganza di una coppia pastorale in un quadro dellAncien Rgime. Insieme alla coppia sorpresa dallo sguardo estraneo ci sentiamo anche
noi attratti dallo sfondo, in cui regna unintensa atmosfera sacrale. La statua di una divinit campestre
guarda con fare ieratico dallinterno del suo piccolo santuario. A sinistra vediamo un misterioso scrigno sacro,
stretto da bende, mentre al centro della composizione
sorge unalta pianta di alloro, ai cui rami appesa una
bisaccia da pastore. Il suo gregge rappresentato da due
capre di dimensioni pi grandi del naturale: a coloro che
le restano fedeli, la Natura offre ogni ricchezza e senza
fatica. Quale sia invece la ricchezza degli uomini mo-

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derni, la domanda che gli scultori si pongono, per contrasto, come anche i poeti della cerchia augustea.
Un piccolo rilievo conservato a Monaco non meno
pervaso di contenuti programmatici. Sembra uno scorcio disinvolto e affettuoso di vita quotidiana, eppure
non c un solo particolare che non contenga una precisa indicazione didascalica. Vediamo un vecchio contadino che va al mercato col suo vitello, ma a differenza di quei rilievi ellenistici in cui pescatori e contadini
apparivano affamati e abbrutiti, in un quadro distanziante e dalla forte connotazione negativa, qui lartista
non si stanca di sottolineare il benessere del suo contadino: la vacca ben nutrita e porta due grasse pecore
allacciate sul dorso, il vecchio ha una lepre sulle spalle
e tiene in mano un cesto pieno di frutta. E tutto ci non
merito del suo lavoro, bens della sua devozione religiosa. Lo sfondo, infatti, dominato anche qui da un
antico santuario: si vedono le mura e la porta del sacro
recinto, e davanti ad esso un altare con delle fiaccole e
un vaso rituale, mentre sullalto scorgiamo una piccola
cappella del dio Priapo. Al centro delledificio circolare, costruito in blocchi di marmo, sinnalza una specie
di obelisco cultuale su cui poggia il ventilabro dionisiaco, segno mistico di prosperit. Come se ci non bastasse, il vecchio albero nodoso, cresciuto per generazioni
attraverso la porta del tempio, dispiega miracolosamente proprio sopra gli oggetti del culto delle grandi, giovani foglie di quercia. Nel tempio in rovina si pu vedere unallusione ai desera sacraria (Prop., III 13,47), di cui
si curavano ormai solo i contadini e i pastori, rimasti
fedeli alla natura: prima, ovviamente, che arrivasse
Augusto. Uniconografia non meno complessa e carica
di quanto lo fossero i motivi bucolici presenti nella poesia augustea.
In qualche caso le decorazioni di interni contenevano allusioni dirette al nuovo mito dellet delloro, come

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

negli stucchi sui soffitti della Farnesina. Uno dei rivestimenti svolge addirittura un regolare programma
con sacrifici campestri, una scena di iniziazione ai misteri dionisiaci della fecondit, allegorie mitologiche
(Fetonte), ma anche Vittorie alate con lo sguardo significativamente rivolto alle armi, e immagini del saeculum
aureum come terra. Come nei dipinti su parete vediamo
floride greggi sullo sfondo degli edifici dedicati al culto.
Ma in questo caso il quadro incorniciato da due grifi
e da due statue di Mercurio, i cui caducei molto grandi e tesi in gesto propiziatorio erano un simbolo universale di pace e prosperit. Alcuni interpreti moderni
hanno visto nelle teste delle due statue una allusione alla
fisionomia di Augusto: ed era forse proprio questa
lintenzione dei committenti e degli artisti.
Con i mobili e gli oggetti di uso comune, questo
insieme di pitture parietali, rilievi e rivestimenti di stucco forma un complesso senzaltro paragonabile allarte
napoleonica: lo Stile Impero nacque in poche botteghe
impegnate a lavorare per la Corte e gli ambienti ad essa
vicini, e il caso dellarte augustea non diverso. In
entrambe le situazioni la rapida diffusione del nuovo
stile fu resa possibile da una disposizione estetica che
rispecchiava a sua volta una nuova mentalit. A questo
fenomeno contribuirono fattori diversi e complessi, e il
mutamento del sistema politico fu solo uno tra gli altri.
Ma fu quello, in ogni caso, che coagul le tendenze gi
in atto, imprimendo ad esse una direzione pi precisa.
Mentalit e autorappresentazione.
Prima di concludere questo capitolo vorremmo dare
un breve sguardo ai monumenti funerari e ai molti ritratti marmorei anonimi della prima et imperiale: vedremo
allora come il mutamento del gusto e della mentalit

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

abbia lasciato tracce profonde nellidentit di larghi strati della societ romana.
A Roma e nelle citt italiche lusanza di farsi costruire grandiosi monumenti funebri come la Tomba di
Cecilia o quella del fornaio Eurisace aveva perso terreno, e lo stesso vale per le innumerevoli tombe private dei liberti, che negli ultimi decenni della repubblica avevano preso parte al gioco dellantagonismo
sociale, facendosi raffigurare con le loro famiglie sul
margine delle strade. In luogo di quelle tombe individuali, che si imponevano quasi aggressivamente allosservatore, sorgevano ora sempre pi spesso tombe di
famiglia, chiuse dalla parte della strada e decorate solo
allinterno.
Per la vecchia aristocrazia e gli alti funzionari dell
amministrazione imperiale quei gesti di vanit autocelebrativa non avevano pi, almeno a Roma, alcun significato. Poich era il princeps a decidere sulle pubbliche
onorificenze e a stabilire a chi spettasse una statua nei
punti ancora liberi del Forum Augustum, la ricerca del
primato personale e della messinscena stravagante aveva
perso ogni interesse: gi Munazio Planco aveva fatto
costruire il suo poderoso mausoleo non pi a Roma ma
a Gaeta, e sia pure in una posizione molto in vista. Caio
Cestio, evidentemente meno sensibile al nuovo clima
politico ed estetico, fu uno degli ultimi a seguire la vecchia moda spettacolare con la sua grande piramide
davanti alla Porta Ostiense (11 d. C.). vero che anche
in seguito verranno costruite occasionalmente tombe
monumentali, ma si tratta allora, ed significativo, di
homines novi e non pi della vecchia aristocrazia.
Il nuovo gusto dellalta societ romana sembra orientato ormai, pi che sui grandi monumenti, su semplici
tombe di famiglia, dove il defunto era ricordato con un
semplice altare, mentre le urne cinerarie e i ritratti venivano sistemati in loculi relativamente modesti.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Laltare diventa cos il protagonista della nuova arte


funeraria. Nelle tombe degli Augustali, risalenti agli
ultimi decenni di Pompei, laltare viene collocato in
grande evidenza su uno zoccolo, proprio sopra il sarcofago. E non c dubbio che queste tombe pompeiane riprendano una concezione gi inaugurata nella capitale:
dalle vecchie scenografie spettacolari si passa a uno stile
pi discreto nel segno della pietas.
La nuova mentalit trova unespressione particolarmente efficace nei colombari a volte enormi dei
liberti e delle corporazioni professionali, un tipo di
tomba comune che fu inaugurato appunto dai liberti
della casa imperiale: un ingresso dallaspetto modesto
portava in grandi sale sotterranee, nelle cui pareti erano
scavate delle nicchie come in una piccionaia (columbarium). In queste piccole tombe standardizzate i membri
della corporazione potevano far tumulare le ceneri dei
loro defunti in vasi o urne di marmo e sistemare eventualmente un ritratto alla memoria. Soltanto coloro, ed
erano pochi, che avevano occupato allinterno del gruppo una posizione di particolare rilievo, avevano diritto
a una sepoltura in qualche modo pi vistosa: ma lindividualismo competitivo che nella tarda repubblica e in
tutti gli strati della societ aveva portato a ibride forme
monumentali era finito. Come a teatro, anche al momento della sepoltura ognuno cercava il posto che gli competeva nella gerarchia sociale, accontentandosi degli
onori previsti dal caso.
Anche i molti ritratti marmorei testimoniano a modo
loro lidentificazione di larghi strati sociali con la famiglia imperiale e il nuovo spirito augusteo. Nella struttura piramidale della societ romana il sovrano e la sua
famiglia rappresentano il modello da seguire per eccellenza: le statue onorarie diffuse ovunque ne rendevano
popolari le fisionomie e perfino il taglio dei capelli in
ogni strato della popolazione. Le acconciature adottate

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

dalle dame della casa giulio-claudia diventarono subito


di moda e quando Livia rinunci al ciuffo sulla fronte e
alla scriminatura a treccia per adottare una scriminatura classica, le donne la seguirono, cos come pi tardi
fecero propria la elaborata acconciatura di Agrippina
Minore. Limitazione anche fisiognomica dei ritratti di
corte arriva a un punto tale che quasi impossibile stabilire, anche per uno studioso, se certi ritratti rappresentino la moglie dellimperatore o una donna anonima.
E un discorso analogo vale per labbigliamento. Perfino
nella lontana Spagna le donne si facevano confezionare
la stola, e gli scultori dovevano curarsi di far risaltare le
spalline anche sui busti onorari.
Nei ritratti virili i caratteri individuali sono pi
accentuati che in quelli femminili, ma anche qui il taglio
dei capelli stilizzato e lascia scoperta la fronte in modo
da rispettare uno schema fisiognomico armonioso, anche
a costo di forzare le caratteristiche individuali. Non
un caso che tra i ritratti della prima et imperiale calvizie e pinguedine siano quasi del tutto assenti! Ma,
soprattutto, questi ritratti riprendono, nellespressione
e nellatteggiamento, la formula stereotipa fissata dai
ritratti di Augusto e dei principi, una formula che fa
pensare alle pose e ai volti delle foto-ritratto dei nostri
anni trenta. Siamo comunque molto lontani dal ritratto
tardo repubblicano: i capelli non sono pi mossi ma
composti e ben ordinati sulla fronte, la pelle tormentata o rugosa diventata liscia, tutta quella variet fisiognomica di volti giovani e anziani, grassi e magri, ha
ceduto il passo a una figura pi uniforme, classicamente proporzionata, e la vis mimica si attenua in unespressione distaccata e solenne. Lo stile ritrattistico della
casa imperiale si impone a questi probi personaggi al
punto di eclissarne i tratti individuali, sacrificandoli alla
nuova moralit di regime.
Se si considera com difficile per luomo comune

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

rinunciare, oltre una certa et, al proprio taglio dei


capelli o al proprio modo di vestire sentiti come parte
integrante dellidentit personale possiamo farci unidea dello stretto rapporto che lega, in questi anni, le tendenze della moda e levoluzione del gusto con lonnipresente modello imperiale.

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Capitolo ottavo
La diffusione del mito imperiale

Finora ci siamo occupati esclusivamente di Roma,


accennando solo di passaggio ad alcune citt dellimpero: l, in effetti, che nasce il nuovo linguaggio figurativo e da l si diffonder in tutto il territorio imperiale.
Bisogna comunque tracciare una netta distinzione tra
lOriente greco e lOccidente latino, poich lOriente,
forte delle sue tradizioni, reagisce al nuovo stato di cose
in maniera profondamente diversa. Ma sia in Oriente
che in Occidente la ricezione del programma augusteo
e del nuovo linguaggio visivo fu favorita dal rapido
diffondersi del culto imperiale.
La reazione dei Greci.
Lintera umanit si volge piena di venerazione al Sebastos (Augusto). Le citt e le assemblee delle province gli
rendono omaggio con templi e sacrifici in suo onore: perch cos si addice alla sua grandezza. E tutti, in questo
modo, lo ringraziano per i suoi benefici.

Cos lo scrittore contemporaneo Nicola di Damasco


descrive la reazione spontanea del mondo greco allistituzione della monarchia dopo la vittoria su Antonio. A
differenza di Roma, lOriente non aveva bisogno di
nuovi simboli e nuove immagini: poteva andare incon-

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tro allimperatore, di cui tutti avrebbero presto sperimentato la forza pacificatrice e ordinatrice, col linguaggio ben collaudato delle monarchie ellenistiche, ossia
con gli onori abituali per gli di olimpi (Phil., Leg.
149-51).
Ma sebbene le forme del nuovo culto imperiale fossero le stesse che le citt greche avevano riservato ad
Alessandro e ai re ellenistici, e poi a Roma e ai condottieri romani, tale culto rappresentava, per la sua diffusione e la sua intensit, qualcosa di completamente
nuovo. In precedenza il culto del sovrano era un fatto
sporadico, legato alliniziativa di singole citt e a occasioni particolari: ora invece il fenomeno pressoch
universale, e coinvolge, oltre alle citt libere, anche
le citt delle province e localit prive dello status cittadino. Il culto dellimperatore divent rapidamente la
forma di culto pi diffusa.
Naturalmente le forme e limpegno variavano da
citt a citt, secondo le disponibilit finanziarie dei personaggi che lo amministravano e limportanza o le ambizioni delle varie comunit. Il culto di Augusto poteva
essere associato a culti e feste di altre divinit, ma spesso si svolgeva in edifici appositi e di nuova costruzione:
Nelle vecchie e nelle nuove citt vennero costruiti per
lui templi, propilei, recinti sacri e porticati (Phil., Leg.
149-51). I nuovi luoghi di culto dedicati allimperatore
erano spesso pi grandi e monumentali di quelli dedicati
agli antichi di, ma non se ne distinguevano, di regola,
nellaspetto esterno. Si trattava di templi peripteri isolati, perlopi con portici perimetrali, o di templi a pianta circolare, di altari monumentali e simili. Il nuovo
tempio romano, caratterizzato dallalto podio, dal frontone massiccio e dallabbondanza della decorazione,
invece piuttosto raro in Oriente e si trova solo nelle citt
di pianta romana. Luso delle forme architettoniche a
loro famigliari sottolineava, agli occhi dei Greci, lo stret-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

to legame tra il culto dellimperatore e le pratiche religiose tradizionali.


Gli edifici dedicati al culto imperiale sorgevano nel
cuore delle citt ed erano collegati ai centri della vita
religiosa, politica ed economica. Cosi, ad esempio, un
tempio a pianta circolare dedicato a Roma e ad Augusto fu costruito sullAcropoli di Atene nelle immediate
vicinanze dellEretteo e del Partenone. Il tempio di
Augusto a Efeso sorgeva nel cosiddetto mercato statale, un nuovo complesso del centro cittadino che si svilupp intorno ai luoghi del culto imperiale. Per il Tempio di Roma e di Augusto il re Erode scelse un luogo particolarmente suggestivo nella nuova citt di Cesarea,
cosi chiamata appunto in onore del princeps: costruito su
un alto podio, ledificio dominava il porto e lintero
panorama della citt (Jos., Ant. Iud. 15,339).
In molte localit esistevano contemporaneamente
pi luoghi di culto dedicati alla casa imperiale. Un ricco
cittadino di Ereso, nellisola di Lesbo, aveva fatto
costruire non solo un tempio per Augusto nel porto
della citt, come Erode, ma aveva anche dedicato a
Gaio e Lucio Cesare un sacro recinto sullagor, e un
terzo luogo di culto in onore di Livia. Come mostra
lAra di Augusto nel municipio di Mileto, ricostruito di
recente, gli altari dedicati allimperatore erano non di
rado straordinariamente sontuosi: una scenografia che
comunicava agli abitanti della citt tutta limportanza
del nuovo culto. Qui le citt dellOriente si trovavano
su un terreno congeniale, essendo per loro molto pi
facile identificarsi con la monarchia che con lapparato
burocratico della vecchia repubblica. E daltra parte,
questa forma di comunicazione diretta col sovrano svilupp un crescente senso di appartenenza allimpero.
Nel culto tributato ai sovrani ellenistici i Greci avevano associato, fin dal iv secolo a. C., la glorificazione
della potenza terrena ai loro culti tradizionali: general-

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mente i sacrifici venivano offerti per il sovrano agli antichi di, anche se in certe occasioni ci si rivolgeva direttamente a lui per ottenere benefici particolari. Nonostante la sontuosit dei rituali e degli edifici, anche
Augusto e i suoi successori non furono equiparati a
pieno titolo agli di olimpi, ai quali erano subordinati
come una potenza di rango inferiore ma profondamente radicata nella vita delle citt e dei singoli cittadini. Gli
storici delle religioni hanno spesso messo in dubbio la
qualit emotiva e religiosa del culto imperiale, interpretandolo come un rituale monotono di sottomissione e di
fedelt politica, ma si tratta di una valutazione su cui
pesa molto probabilmente lidea cristiana di religione
come fede.
In ogni caso, qualunque fossero i pensieri e i sentimenti dei Greci durante le cerimonie in onore di Augusto, un fatto che questi rituali erano accompagnati da
processioni, pubblici banchetti e giochi in grande stile.
Le feste dellimperatore segnavano i punti alti del calendario, e offrivano ai cittadini lopportunit di una vera
esperienza comunitaria. Era un piacere assistere allafflusso di pellegrini dalle citt vicine, ai traffici delle
fiere, alle sfarzose ambascerie venute da lontano: erano
giorni in cui la vita mostrava, anche ai pi poveri, il suo
lato migliore. Le cerimonie offerte allimperatore, che
risiedeva nella lontana Roma, lusingavano lorgoglio
civico e offrivano ai pi ricchi una buona occasione per
mettersi in mostra e fare sfoggio della propria munificenza verso Augusto e i loro stessi concittadini.
Ma poi, per tutto lanno, lo scenario architettonico
in cui si svolgeva la vita quotidiana continuava a ricordare limperatore. Dappertutto si incontravano le sue
statue e i suoi ritratti, e come se non bastasse cerano le
monete: quasi tutte le citt battevano moneta con la sua
effigie. Questa forma di omaggio al nuovo padrone del
mondo era a sua volta senza precedenti, anche se le

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effigi non seguono, in un primo tempo, un modello


uniforme. Unanalisi pi dettagliata potrebbe mostrare
anche qui tutta una variet di sfumature e di accenti
allinterno del comune panegirico.
In contrasto con le forme architettoniche, i rituali e
le feste, che seguivano perlopi la falsariga della tradizione, le statue onorarie di Augusto e degli altri membri della sua famiglia ripetevano di regola i modelli provenienti dalla capitale. La diffusissima statua togata
capite velato presentava limperatore nelle vesti del
Romano devoto, quasi a compensare le numerose statue
di culto. Augusto era insomma raffigurato come dio e
come uomo, secondo la natura stessa del culto imperiale, ma non mancano altri schemi figurativi il tipo dal
panneggio eroico, le statue loricate e i nudi nello stile
classico , anchessi ripresi dai modelli della capitale. Lo
stesso vale per liconografia delle divinit femminili utilizzata per le dame della casa imperiale, celebrate, di
volta in volta, come la nuova Afrodite, la nuova Hera o
la nuova Hestia, oppure anche, come in Occidente, con
figure allegoriche. Alcuni vocaboli essenziali del
nuovo linguaggio e del nuovo mito politico circolano
dunque allo stesso modo sia in Oriente che in Occidente.
Probabilmente, per, il rapporto tra limperatore e
il mondo degli di e degli eroi , in Oriente, ancora pi
stretto. Cos almeno fanno supporre alcuni monumenti
pi tardi, come quello costruito a Efeso intorno al 170
d. C. in onore di Lucio Vero per commemorare la sua
vittoria sui Parti, o un edificio di prima et imperiale
dedicato al culto dellimperatore e riscoperto solo di
recente ad Afrodisia.
Questultimo era decorato con due serie di rilievi a
grandi dimensioni. Mentre su una delle due serie sono
raffigurate scene mitologiche dal contenuto famigliare,
come la caccia di Meleagro e Leda con il cigno, nellal-

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tra entra in scena limperatore stesso come figura mitica: ad esempio, lo vediamo sottomettere la Britannia
nelle vesti di un nuovo Achille, in una scena che utilizza il noto schema iconografico del gruppo di Achille e
Pentesilea. Numerosi rilievi lo mostrano nelle vesti del
Vincitore, circondato da divinit e figure allegoriche, e
qui limperatore appare nudo o con la corazza, conformemente agli schemi iconografici usuali nella parte occidentale dellimpero. Anche il Genius Senatus, il Genius
Populi Romani e varie altre personificazioni allegoriche
rispettano la consueta tipologia dellarte romana. Cos,
ad esempio, la divinit femminile da cui Nerone viene
incoronato corrisponde non solo, nel suo classico schema iconografico, alle nuove divinit politiche di
Roma, ma porta anche, come queste ultime, la pettinatura e i tratti di unimperatrice, e precisamente di Agrippina Minor, moglie di Claudio e madre di Nerone.
Nel loro omaggio allimperatore, Oriente e Occidente utilizzano insomma fin dallinizio le stesse formule, e le figure simboliche e allegoriche del mito imperiale vengono esportate senza difficolt, fondendosi
almeno in parte con le antiche figure del mito greco.
Anche nei ritratti dellimperatore e degli altri membri della casa imperiale ci si attiene perlopi e a volte
con molta precisione ai modelli romani. Esistono,
vero, alcune efficaci trasposizioni di quei modelli nel linguaggio formale patetico dellarte ellenistica e alcuni
esempi in cui il modello offerto direttamente dal ritratto di un sovrano ellenistico, ma sono casi rari. Perch questa imitazione pedissequa delliconografia romana? Non cerano pi artisti di cui il nuovo sovrano
potesse ispirare la fantasia creativa? Oppure, semplicemente, si cercava di riprodurre i suoi tratti autentici, cos come tutti li conoscevano dalle numerose statue e dalleffigie delle monete?
Una conseguenza del fenomeno fu, in ogni caso,

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quella di imporre unimmagine standard dellimperatore e della sua famiglia. Quei ritratti si offrivano come
un modello a cui rifarsi anche nel modo di vestire e nel
taglio dei capelli, tanto che, a partire dallet di Augusto, anche in Oriente le acconciature di moda sono quelle degli imperatori, delle principesse e dei principi di
casa imperiale: un altro passo avanti verso la formazione di una cultura unitaria.
Le citt fanno a gara nel culto dellimperatore.
Il culto dellimperatore e gli onori resi alla sua persona si diffusero con rapidit ma in modo affatto spontaneo. Augusto e i suoi immediati collaboratori presero
direttamente liniziativa solo in pochi casi, come quello
degli altari provinciali per Roma e Augusto, fatti costruire nelle Gallie (a Lione) e in Germania (a Colonia), allo
scopo di stabilire un legame duraturo tra i ceti dirigenti di quei popoli da poco sottomessi e la casa imperiale.
In genere, per, Augusto amava la riservatezza, e soprattutto ai cittadini romani non si stancava di ripetere che
limperatore era un comune mortale e che gli onori divini andavano riservati agli di: cosi richiedeva il nuovo
stile del principato.
Ma quando, nellinverno fra il 30 e il 29 a. C., le
assemblee provinciali della Bitinia e dellAsia ottennero dallo stesso Augusto lautorizzazione a tributargli un
culto divino e sia pure a condizione di estenderlo
anche alla dea Roma e di non qualificare esplicitamente limperatore come dio , da quel momento non vi
furono pi freni. Anche in questo caso i ruoli erano
comunque ben ripartiti: i sudditi esprimevano con gli
atti di culto la loro fedelt al regime, mentre limperatore fungeva da moderatore, cercando di limitare gli
onori eccessivi o addirittura rinunciandovi.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il culto e gli onori creavano un rapporto diretto tra


la popolazione e il sovrano, e se questultimo concedeva i privilegi e gli appoggi che gli erano stati richiesti, o
gli capitava di dover annunciare una vittoria, un evento fausto o infausto della sua famiglia, un giubileo o
simili, le manifestazioni erano ancora pi grandiose.
Viene spontaneo pensare qui agli scambi di doni propri
delle religioni arcaiche.
A differenza delle province, le citt erano autonome
da Roma nellamministrazione dei loro affari interni e
potevano decidere in piena libert a chi rendere omaggio e in che forma, senza dover chiedere alcuna autorizzazione superiore. Come qualsiasi cittadino privato,
le citt potevano tributare allimperatore onori religiosi e Augusto non aveva alcun motivo per opporsi. Questo vale non solo per lOriente, ma anche per lOccidente e con la sola eccezione di Roma: lunico luogo in
cui si volle evitare che gli fossero innalzati dei templi
mentre Augusto era in vita. Qui infatti era il Senato a
decidere, e il membro pi autorevole del Senato era lo
stesso imperatore. Ma fa poi molta differenza prescindendo dalle forme se nei tempietti rionali era il genius
di Augusto a essere venerato insieme ai Lari, e non
Augusto in persona?
Ad ogni modo il culto imperiale si diffuse in Occidente quasi con la stessa rapidit che in Oriente. Gi alla
fine dellet augustea non cera forse una sola citt in
Italia e nelle province occidentali in cui non venissero
praticati vari culti, pi o meno direttamente connessi
con la casa imperiale. E poich queste forme di culto
non avevano in Occidente alcuna tradizione alle spalle
(le religioni romano-italiche, a differenza di quella greca,
stabilivano una netta distinzione di principio tra umani
e divini), bisogner chiamare in causa forti fattori politici e sociali, ma anche, non in ultimo, il grado di ellenizzazione ormai avanzato dellOccidente latino. Il culto

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imperiale divent comunque anche nelle citt romane


dOccidente un pilastro del nuovo sistema.
Lesempio dellOriente dovette agire in un primo
tempo con molta forza e in modo a volte anche molto
diretto. Quando, nel 27 a. C., la citt di Mitilene sullisola di Lesbo decret ad Augusto una quantit di
onori templi, sacerdoti, giochi, statue nei templi degli
di olimpi, sacrifici mensili nel giorno del suo compleanno nei quali veniva sacrificato un toro bianco, e
cos via , i magistrati della citt inviarono unambasceria a Roma per comunicare con orgoglio la notizia, e
vollero commemorare levento con delle iscrizioni nella
Casa di Augusto e sul Campidoglio, ma anche in numerose citt sulle coste del Mediterraneo.
Sulliscrizione che ricorda il decreto, parzialmente
conservata (IG IV 39), sono nominate le citt di Pergamo, Azio, Brindisi, Tarragona, Marsiglia e Antiochia di
Siria: centri amministrativi e commerciali, porti di grande importanza, in cui quelle iscrizioni potevano cadere
sotto gli occhi di molti. Sappiamo per caso che proprio
in una di queste citt, Tarragona (Tarraco), venne eretto negli stessi anni un altare in onore di Augusto e con
un rituale studiato per loccasione. Naturalmente nessuno puo dire con sicurezza che sia stata proprio liscrizione di Mitilene a dare lesempio, spingendo gli abitanti
di Tarragona ad assumere a loro volta liniziativa: erano
ormai centinaia le citt del Mediterraneo che dedicavano altari e templi ad Augusto. Ma evidente che la
concorrenza tra le varie citt fu un fattore non secondario nella rapida diffusione del culto imperiale.
Dellaltare di Tarragona sappiamo per qualcosa di
pi. Sappiamo cio che, a differenza di tanti altri altari, fu il teatro di un miracolo: dopo qualche tempo vi
crebbe spontaneamente una palma! Il consiglio municipale di Tarragona, entusiasta, si affrett ad inviare dei
messi che comunicassero allimperatore la notizia del

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

miracolo. Ma la sua risposta agli Spagnoli fu asciutta:


Si vede bene che accendete spesso il fuoco del sacrificio (Quint., 6,3,77). La risposta non d prova soltanto di un notevole sense of humor, ma anche della naturalezza con cui Augusto si aspettava questi sacrifici. Il
miracolo della palma ebbe comunque vastissima risonanza e la citt di Tarragona fece coniare sulle sue monete leffigie dellaltare miracoloso per poterne menar
vanto di fronte alle altre citt.
Le iscrizioni dimostrano che era usanza comune
inviare queste ambascerie a Roma e nelle citt amiche.
Per i personaggi pi in vista delle varie citt era unoccasione unica per farsi conoscere da Augusto, e daltra
parte lo scopo di queste missioni non era solo di chiedere privilegi, concessioni edilizie o aiuti speciali, ma
anche di mettere in buona luce limmagine della propria
citt, illustrandone limportanza, i meriti e la fedelt
allimpero. Le iscrizioni che commemoravano i decreti
onorari potevano essere lette, a Roma, dagli ambasciatori di tutto limpero quando venivano per rendere
omaggio allimperatore o per celebrare sacrifici nel tempio di Giove sul Campidoglio. E le stesse iscrizioni venivano esposte anche nelle citt alleate.
Questa gara tra le citt nel promuovere il culto imperiale pu dare unidea di come la nuova monarchia fosse
ormai universalmente accettata. Il culto dellimperatore conferisce del resto un significato nuovo al legame tra
le citt e la capitale: se in un primo tempo le iniziative
locali tradiscono ancora una qualche ricerca di originalit, esse finirono presto per allinearsi su modelli standardizzati. Ne un esempio istruttivo il premio istituito, nellanno 29 a. C., dal parlamento della provincia
Asia, mettendo in palio una corona per chi avesse
escogitato la miglior forma di omaggio al nuovo dio. ll
premio fu assegnato solo ventanni pi tardi, e tocc al
proconsole romano Paolo Fabio Massimo (console nel-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

lanno 11 a. C.) per la sua proposta di introdurre anche


in quella provincia il calendario solare e di fare iniziare
lanno, da allora in poi, con il giorno natale di Augusto.
In precedenza le citt dellOriente e dellOccidente
avevano gareggiato invece fra di loro, come dimostrano
ad esempio i grandi santuari a terrazze a cui le citt dellItalia centrale affidavano buona parte del loro orgoglio
civico: lidea era di fare colpo sui visitatori, cos da
accrescere la fama del santuario e lafflusso di pellegrini. Ma queste forme di emulazione avevano ormai fatto
il loro tempo, le citt guardavano direttamente allimperatore mentre le aspirazioni e le rivalit locali passavano senzaltro in secondo piano.
Non molto tempo dopo, le direttive arriveranno
direttamente da Roma. Era infatti il Senato romano a
decidere le occasioni di festa o di lutto legate alle vicende politiche o alla vita della famiglia imperiale, e le citt
finirono per allinearsi, pi o meno spontaneamente e
secondo le proprie capacit finanziarie.
Nei pressi di Siviglia sono state ritrovate di recente
ampie parti di una iscrizione contenente un decreto del
Senato e del popolo romano (tabula Siarensis), in parte
gi noto da unaltra iscrizione. Si tratta, nel complesso,
di una delle pi lunghe iscrizioni latine conservate, in cui
viene fornito un elenco delle iniziative decise dal Senato e dal popolo dopo la morte di Germanico nellanno
19 d. C.: archi celebrativi di cui viene descritta minuziosamente la decorazione statuaria, statue di Germanico in veste di trionfatore da collocare in vari punti
di Roma a integrazione di gallerie gi esistenti, sacrifici annuali e cosi via. Il passo pi rilevante, rispetto al
nostro discorso, per quello in cui si dispone che copie
del decreto vengano esposte in tutti i municipia e in tutte
le coloniae italiche e cosi pure in tutte le coloniae dellimpero. Liscrizione ritrovata a Siviglia, nella lontana
Baetica, li a confermare che lordine fu effettivamen-

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te eseguito. Il Senato procede insomma, in questa circostanza, come aveva fatto un tempo la citt di Mitilene, ma in forma assai pi sistematica, e si pu immaginare che i suggerimenti celebrativi di Roma siano
stati accolti nelle citt dellimpero come un invito e un
dovere. Ovunque furono eretti archi e statue in onore
di Germanico, cos come ventanni prima erano stati
dedicati altari e culti ai principi Gaio e Lucio, prematuramente scomparsi. E anche allora era stato il Senato
romano a dare lesempio.
Il culto imperiale in Occidente.
Nelle citt romane dOccidente ladesione al nuovo
regime e il desiderio di prender parte alla costruzione del
saeculum aureum erano, se mai, ancora pi forti, visto
che si trattava del loro Stato. La fine sospirata delle
guerre civili fu un motivo di sollievo per tutti, ricchi e
poveri, schiavi, liberti, notabili delle citt. Con la sola
eccezione dellaristocrazia romana non cera pi nessuno che rimpiangesse la vecchia repubblica, ed possibile che qualcuno abbia visto in quella svolta storica una
specie di miracolo. Quando ad esempio i cittadini di
Palestrina passavano accanto agli altari della Securitas e
della Pax, offerti insieme dai decuriones (il senato cittadino) e dal populus, o guardavano la fontana coi simboli della Pace, non si trattava affatto, per loro, di anonime opere darte. E anche la generazione successiva non
avr avuto difficolt a capire per quale motivo, dopo la
morte di Augusto, fu dedicato allimperatore divinizzato ancora un terzo altare in cui il suo ritratto appariva
in mezzo a due cornucopie.
Il movimento di riforma religiosa si era diffuso rapidamente alle citt romane, dove incontriamo molteplici iniziative volte a rinnovare gli antichi templi e le

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forme del culto. Al di fuori di Roma, tuttavia, la pietas


si rivolse, pi che alle antiche divinit, allo stesso Augusto. Gli honores resi allimperatore erano qui pi discreti e meno diretti che in Oriente, ma non meno numerosi e sontuosi. Finch Augusto fu in vita non venne mai
qualificato apertamente come dio, ma tutti sapevano
che dopo la sua morte sarebbe stato oggetto di un pubblico culto come il Divus Iulius. E se vero che in molti
casi i sacrifici e le feste non erano dedicati ufficialmente ad Augusto, ma a figure allegoriche connesse alle
imprese e ai meriti divini della famiglia imperiale, il
destinatario effettivo di quegli atti rituali era lui, il princeps, come gi allepoca delle onorificenze rese ai due
giovani principi defunti. Ne sono una prova le dimensioni che questi culti imperiali indiretti potevano assumere. Cos ad esempio la sontuosa Maison Carre di
Nmes, che fra i templi romani quello meglio conservato, e che era probabilmente ledificio sacro pi importante della citt, fu dedicato alla memoria dei principi
Gaio e Lucio Cesare, ma dopo essere gi stato adibito,
forse, al culto dellimperatore.
Uno sguardo al Foro di Pompei ci dar unidea di
quali dimensioni potesse assumere il nuovo culto anche
in una piccola citt di circa ventimila abitanti. In mezzo
al lato orientale del Foro cerano due santuari dedicati
esclusivamente al culto imperiale, nel nuovo mercato
sorgeva una grossa edicola adibita allo stesso scopo,
ledificio di Eumachia era consacrato alla Concordia e
alla Pietas Augusta, e sul prolungamento settentrionale
del Foro, in uno dei crocicchi pi animati della citt, sorgeva il tempio della Fortuna Augusta.
Pompei era stata una delle prime citt italiche a
subire il processo di ellenizzazione, e gi nel ii secolo a.
C. presentava unimmagine urbana di un certo prestigio
con architetture di ampio respiro. Ma il caso di Pompei
era piuttosto uneccezione e in molte localit i nuovi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

templi dedicati al culto imperiale furono le prime costruzioni in marmo in assoluto. E mentre a Pompei una
parte dei nuovi edifici costruiti sul Foro non poteva
imporsi alla vista a causa dei porticati antistanti, in altre
citt, dove queste costruzioni non esistevano, i nuovi
templi furono edificati in punti di grande effetto scenografico. A Ostia, per esempio, il tempio marmoreo di
Roma ed Augusto rivaleggiava col vecchio Campidoglio
e lo superava, anzi, di gran lunga per il suo apparato
ornamentale. Sullantico Foro di Leptis Magna il tempio dedicato al culto dellimperatore spiccava per le sue
dimensioni fra numerosi altri edifici sacri. Lo stesso
vale per Terracina, e anche a Pola il tempio di Augusto
dominava il Foro insieme a un secondo tempio.
A differenza di quelli pi antichi, i nuovi templi
erano in genere di marmo, o almeno rivestiti di marmo.
Come anche a Roma esso aveva qui un preciso valore

Ostia, il Foro agli inizi dellet imperiale. Il nuovo tempio per il culto dellimperatore, rivestito di marmo, domina la piazza, eclissando in
parte il vecchio Capitolium.

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simbolico, ma creava grossi problemi alle maestranze,


locali o itineranti che fossero, poco abituate a lavorare
con questo materiale. Dalla lavorazione dei singoli elementi architettonici e anche dalla planimetria di alcuni
templi si pu vedere come i cantieri edili raccogliessero
operai di diversa provenienza e di vario livello qualitativo e come anche gli architetti non avessero molta esperienza nel settore.
I grandi santuari fatti costruire a Roma da Augusto
non potevano essere imitati. Gli architetti dovevano
progettare edifici adatti alle caratteristiche locali, e
anche le nuove forme decorative si imposero solo col
tempo. E stato rilevato come, in un primo tempo, venissero accolti singoli particolari tecnici o forme parziali e
come solo successivamente si sia arrivati ad assimilare
interi elementi architettonici come il capitello corinzio
standard. E tuttavia i templi della prima et imperiale
sono immediatamente riconoscibili, si trovino essi in
Campania o nellItalia del Nord, in Provenza, in Spagna
o nellAfrica settentrionale. Malgrado tutte le differenze di dettaglio laspetto dinsieme sempre lo stesso e
porta limpronta inconfondibile degli aurea templa voluti dal princeps nella capitale. Si tratta sempre del noto
tempio a podio con la sua scalinata scenografica, le sue
alte colonne corinzie, la trabeazione riccamente decorata e la sontuosa cornice, ed sempre la facciata a rivestire unimportanza speciale. Anche in mancanza di
modelli anteriori a cui rifarsi lo spirito della nuova architettura sacra viene assimilato ovunque, con tutte le difficolt tecniche e il dispendio di materiali che esso comportava. Che la sontuosit avesse un preciso valore simbolico risulta ad esempio dai preziosi capitelli corinzi:
nessuno voleva rinunciare a quei complicati disegni di
foglie, eliche e volute, come anche ai tralci infiniti del
fregio, per quanto costosa potesse esserne la realizzazione. Il fatto allora che L. Calpurnio, dopo aver fatto

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

costruire un tempio a Pozzuoli voglia precisare, nelliscrizione dedicatoria, di averlo offerto cum ornamentis,
ha dunque un significato non casuale, visto che la decorazione era la parte pi costosa del tempio. Gli ornamenta comprendevano infatti anche i fregi e i rilievi del
frontone e, insomma, tutto larredo del tempio, incluso
lo stesso altare.
Lo spazio per le immagini non mancava. Ma come
gi nel caso della decorazione architettonica vera e propria, non troviamo, fuori Roma, un repertorio iconografico autonomo: lo sguardo era rivolto alla capitale e
non c e quasi motivo che non sia ripreso dal nuovo linguaggio coniato nei templi romani. Se mai, la necessit
di scegliere e di semplificare i modelli di partenza ebbe
leffetto di rendere ancora pi immediato, nelle citt di
provincia, quel linguaggio. I motivi di maggiore successo furono comunque i fregi a girali di acanto, gli oggetti liturgici, le foglie di alloro e di quercia, le armi. Lo
testimoniano i frammenti conservati nei musei e nei
lapidari di quasi tutte le citt romane dOccidente; e si
tratta sempre, con poche eccezioni, di oggetti della
prima et imperiale.
Il significato proprio di questi segni era, almeno agli
inizi della nuova epoca, ovunque comprensibile. Anche
un osservatore analfabeta non aveva difficolt ad afferrare i messaggi onnipresenti che gli parlavano attraverso la combinazione dei vari segui. Prendiamo ad esempio la statua femminile a busto scoperto ritrovata sul
Foro di Cuma; essa tiene un neonato in braccio ed
seduta su una roccia completamente ricoperta di tralci.
Come sullAra Pacis, anche qui le volute partono da un
largo cespo di acanto, e deve trattarsi in effetti della
stessa figura che compare sullAra Pacis nel rilievo della
Pax. In entrambi i casi abbiamo a che fare con unimmagine di fecondit, intesa come allusione alla nuova et
felice, ma qui lipotesi rafforzata da uniscrizione dedi-

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catoria: Cn. Lucceius, membro di una delle prime famiglie di Cuma, ha offerto la statua ad Apollo, dio della
nuova et (Apollini sacrum). Poich di questo tipo statuario esistono molte repliche, si pu supporre che loriginale forse un capolavoro di epoca classica si trovasse a Roma.
Esempi di imitazioni simili a questa si trovano in
molte citt dellItalia e delle province occidentali, ma
come nel caso dei ritratti della famiglia imperiale, anche
qui non sappiamo quali canali segui effettivamente la
loro diffusione. probabile per che i committenti e le
botteghe abbiano avuto entrambi la loro parte: i notabili delle citt conoscevano in parte personalmente i
monumenti romani e potevano avere loccasione di ordinare decorazioni architettoniche e ritratti direttamente
nelle botteghe della capitale, ma la diffusa richiesta di
quei motivi stereotipi avr indotto le botteghe locali a
imitare quel repertorio e a farlo proprio.
Naturalmente non mancavano le variazioni sul tema.
Su una copia del rilievo della Pax proveniente da Cartagine, la parte centrale della composizione ripresa
fedelmente, mentre le due Aurae sono sostituite da figure pi concrete, probabilmente perch si trattava di
motivi troppo colti. Nel mare vediamo ora tuffarsi un
tritone, mentre sulla terra ricca di frutti vediamo una
divinit femminile con due fiaccole: forse Diana lucifera, che abbiamo gi visto associata ai temi della fecondit e della nascita.
Sempre a Cartagine, il liberto P. Perellio Edulo istitu un culto per la gens Augusta presieduto da lui stesso
in qualit di sacerdos perpetuus. Il grande altare marmoreo presenta su tre lati (il quarto mostra lo stesso Edulo
nelle vesti di sacrificante) un compendio dei principali
motivi delliconografia ufficiale romana: Enea in fuga,
Apollo col tripode e la dea Roma su un cumulo di armi
come sullAra Pacis. Particolare attenzione merita il rilie-

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vo di Roma, in cui si pu osservare come gli artisti delle


province abbiano la tendenza a semplificare e ad arricchire nello stesso tempo i modelli romani: la dea porta
sulla mano una Vittoria che non solo tiene lo scudo, ma
appare librarsi in volo su una specie di piedistallo. E lo
scudo vuol essere ovviamente unallusione al clipeus virtutis della Curia. La Vittoria vola poi verso uno strano
monumento, formato da un globo, da una cornucopia
e da un caduceo, e anche la dea Roma volge lo sguardo
nella stessa direzione. La composizione va intesa come
una versione semplificata di quella che , sullAra Pacis,
la coppia Roma-Pax, dove il secondo termine rappresentato dagli oggetti-simbolo della pace e del benessere
universale. Alla figura poetica della dea subentra insomma un allusione, molto asciutta e poco artistica, ai commerci e al benessere, in tesi come i frutti tangibili dellazione politica di Augusto. Ma facile vedervi anche
un riflesso delle esperienze e dei gusti personali del
donatore, che fu probabilmente un uomo daffari.
Le lites urbane e il programma augusteo.
Le forme di culto e gli onori decretati dalle citt non
devono far dimenticare che la maggior parte di queste
iniziative, di natura sia cultuale che profana, erano promosse da singoli cittadini. Vennero cos a crearsi, in vari
strati sociali, situazioni di antagonismo che contribuirono in modo decisivo a una rapida diffusione del culto
imperiale e a unassimilazione spontanea del programma
culturale augusteo in Occidente. Molti, insomma, si
sentivano obbligati a costruire e a donare monumenti
per puro spirito di emulazione.
Un ruolo-guida lo ebbero le famiglie pi in vista delle
varie citt, ma lantagonismo non si svolgeva solo allinterno di uno stesso ceto sociale. Come a Roma, anche

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nelle altre citt i ricchi liberti sfruttarono il culto imperiale per accrescere il proprio prestigio: bench esclusi
dalle magistrature cittadine gli homines novi aspiravano
pi di oggi altro ceto a un riconoscimento sociale e colsero loccasione al volo. E anzi probabile che questi personaggi, spesso di origine orientale, siano stati in qualche
caso i primi a istituire culti in onore di Augusto, obbligando in questo modo lalta societ locale a comportarsi
di conseguenza e a prendere le dovute iniziative.
Un esempio istruttivo ci viene dagli scavi di Tivoli,
dove il liberto M. Vareno, che ricopriva la carica di
magister Herculeus, fece costruire sul Foro a proprie
spese un piccolo sacrario o esedra con una statua di
culto, e precisamente in occasione del ritorno dellimperatore, come leggiamo sulliscrizione dedicatoria: pro
salute et reditu Caesaris Augusti. Si trattava del ritorno di Augusto dai viaggi del 19 o del 13 a. C. In quelloccasione infatti il Senato e il popolo avevano eretto i
famosi altari della Fortuna Redux e della Pax Augusta, il
cui esempio come quello degli honores decretati pi
tardi ai principi Gaio e Lucio ebbe largo seguito. Nellabside del piccolo edificio si conservata un ampia
base su cui fu ritrovata una statua di buona fattura nel
noto schema iconografico di Giove seduto. Purtroppo la
testa mancante, ma il luogo del ritrovamento e lo stile
autorizzano lipotesi che si trattasse della statua di
Augusto offerta da Vareno.
Il liberto celebra dunque il suo sovrano nelle vesti
ormai consuete del padrone del mondo e dedicandogli
anche un culto privato, cos come aveva fatto pi o
meno negli stessi anni Erode a Cesarea, ovviamente in
grande stile. La statua in aperto contrasto collimmagine del pio sacrificante con cui Augusto amava allora
identificarsi, ma Vareno agisce di sua iniziativa e non
sembra, del resto, che il princeps e i suoi successori avessero molto da obiettare contro questa iconografia cos

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ambiziosa: a condizione che fosse tenuta lontana da


Roma e dalla presenza diretta dellimperatore. Sembrano provarlo le numerose statue di imperatori raffigurati nelle vesti di Giove e coi tratti riconoscibili di Tiberio e di Claudio. Sul Foro di Leptis Magna, ad esempio,
la statua del Divo Augusto si distingueva da quella di
Claudio (allora regnante) solo per il braccio sinistro sollevato a reggere lo scettro del dio. Nelle gallerie statuarie della casa imperiale, diffuse in molte citt dellOccidente e note, in parte, attraverso reperti frammentari, la posa di Giove serviva a distinguere il rango
gerarchico del princeps dagli altri membri della famiglia,
come si visto gi nel caso della Gemma Augustea.
Non certo un caso che un uomo come Vareno si
affretti a proclamare con tanta disinvoltura la sua venerazione per Augusto: per un liberto le tradizioni della
repubblica significavano poco o nulla, mentre il potere
del sovrano era tutto, e chi, fra i decuriones del consiglio municipale, poteva avere il coraggio di opporsi se un
loro concittadino chiedeva un terreno sul Foro da destinare a uno scopo cos nobile?
Che il nostro ricco liberto, a cui le cariche e gli onori
pubblici erano preclusi, fosse molto preoccupato di
richiamare lattenzione su di s, lo dimostrano le mensae ponderariae che aveva fatto collocare proprio di fianco alla cappella di Augusto: su queste tavole di marmo,
certamente molto usate, spiccava per ben due volte il
suo nome. Ai lati delle mensae Vareno aveva per fatto
erigere le statue della sua patrona e del suo patronus, e
sulle iscrizioni onorarie dedicate agli ex-padroni il suo
nome viene ancora ripetuto, n manca un preciso accenno al fatto che larea per la costruzione del sacrario gli
era stata assegnata per decreto dei decuriones. Non
potendo ovviamente dedicare una statua a se stesso, il
nostro liberto fa tutto il possibile perch il suo doppio
monumento serva indirettamente a celebrare anche lui.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Forse furono proprio queste donazioni spontanee di


singoli liberti a suggerire ad Augusto lidea di promuovere i culti rionali dei Lari. E proprio sul modello dei
compitalia si diffusero rapidamente nelle citt romane i
collegi degli Augustales, che offrivano ai ricchi liberti (il
collegio era formato in genere da sei persone) lopportunit di svolgere una funzione pubblica. Nel quadro del
culto imperiale essi potevano organizzare giochi e banchetti, e ottenevano in cambio alcuni privilegi temporanei, simili a quelli che spettavano ai magistrati veri
e propri, come la toga praetexta, un seggio onorario e un
certo numero di assistenti. Le iscrizioni che leggiamo sui
loro monumenti funebri citano con orgoglio i giochi da
loro finanziati, e i momenti in cui potevano sedere in un
tribunal con la propria divisa. Lappartenenza ai collegi
degli Augustales era il massimo traguardo concesso ai
liberti e permetteva loro di figurare come una specie di
secondo stato dopo i decuriones nella gerarchia sociale cittadina.
I tempietti e i locali di riunione di questa singolare
istituzione socio-politica si trovavano perlopi sul Foro
e diventarono, come a Roma le cappelle dei Lari, un
vero centro propulsivo del mito imperiale, teatro di
unintensa attivit cultuale e celebrativa. Che gli Augustales avessero in grande stima il proprio ufficio risulta
dalle enormi corone di quercia che essi facevano raffigurare non solo sugli altari dedicati allimperatore e alle
sue divinit, ma anche sulle porte delle proprie case e dei
propri altari funerari.
Per quanto importanti fossero le attivit dei liberti,
i loro luoghi di culto erano comunque eclissati da quelli dei domi nobiles, la vera classe dirigente delle citt. Si
tentato di valutare statisticamente limpegno economico profuso, nelle loro donazioni private, da questi due
gruppi sociali, e ne risultato che le grandi famiglie
quelle che detenevano le cariche politiche spendeva-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

no in media almeno il doppio, per pubblici edifici e


donazioni, rispetto ai ceti medi, rappresentati in gran
parte dai ricchi liberti. Un risultato confermato anche
dai dati archeologici, peraltro molto occasionali. Le
dimensioni e lubicazione di un nuovo monumento
erano decise in genere dai decuriones, i quali badavano
che le dimensioni delledificio fossero in armonia col
rango sociale del donatore.
A Pompei il ruolo-guida delle grandi famiglie e il loro
reciproco antagonismo hanno lasciato tracce piuttosto
leggibili. I quattro personaggi pi importanti, due donne
e due uomini, provenivano dallalta societ cittadina e
avevano rivestito cariche sacerdotali. Pi precisamente,
gli uomini erano sacerdoti del culto imperiale e, nello
stesso tempo, le due figure politiche pi eminenti della
citt. Il primo in ordine di tempo fu probabilmente
Marco Tullio M. F., col suo tempio della Fortuna Augusta, situato allesterno del Foro: fu tre volte duumvir e
ricopr in seguito anche la carica di quinquennalis, che
era la magistratura pi elevata e veniva assegnata appunto ogni cinque anni. Fu anche augur e venne investito
del titolo onorario di tribunus militum a populo, assegnato su proposta dei suoi concittadini. Il tempio dedicato dalla sacerdos publica Mamia al Genio Augusti solo
et pecunia ci noto soltanto dalliscrizione dedicatoria,
proveniente, si presume, da uno dei due santuari imperiali sul lato est del Foro. Quello che era di gran lunga
il pi grande tra i nuovi edifici, e che superava di molto
il Tempio della Fortuna Augusta di M. Tullio e il Tempio di Augusto della sacerdotessa Mamia, fu invece fatto
costruire dalla ricca vedova Eumachia L. F., che lo
dedic alla Concordia e alla Pietas Augusta.
Ledificio era destinato, insieme, al culto del sovrano e alla publica magnificentia e si presentava come una
specie di centro ricreativo, con atrio adorno di statue,
santuario, portici e criptoportici (gallerie). E non esclu-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

so che lambizioso edificio di marmo servisse anche da


centro commerciale. Lintenzione di Eumachia era di
emulare Livia, che insieme a Tiberio aveva fatto costruire la Porticus Liviae sullEsquilino. Anche limpianto
decorativo delledificio si ispirava a monumenti urbani:
cos la cornice marmorea del portale, decorata con splendide girali dacanto, potrebbe addirittura provenire dalla
bottega dellAra Pacis. Nellabside a forma di cappella,
al centro delledificio, sorgeva la statua della Concordia
o della Pietas Augusta, di cui possediamo soltanto la cornucopia dorata: forse, come molte altre statue allegoriche di questo tipo, portava anchessa i tratti di Livia.
Quando la quarta famiglia donatrice, quella dei fratelli Marco Olconio Rufo e Marco Olconio Celere, pose
mano ai suoi progetti edilizi poco prima dellinizio del
nuovo secolo, di spazio libero sul Foro ne era rimasto
ben poco. Seguendo perci lesempio del princeps, i due
fratelli optarono per laltro versante della publica magnificentia e decisero di restaurare, ampliare e abbellire il
teatro, con una spesa probabilmente ancora superiore a
quella sostenuta da Eumachia. Circa una generazione
pi tardi Marco Olconio Rufo avrebbe ricoperto le stesse cariche di Marco Tullio, e anche a lui limperatore
avrebbe assegnato il titolo di tribunus militum a populo,
ma si direbbe che i suoi meriti furono ancora maggiori
perch i Pompeiani lo nominarono patronus coloniae,
assegnandogli cos la pi alta onorificenza prevista per
un concittadino.
I personaggi impegnati in queste competizioni di
prestigio non erano solo i protagonisti della vita politica locale ma avevano anche un ruolo di primo piano
come sacerdoti nelle feste imperiali, celebravano i riti
religiosi e inauguravano i giochi. Se Augusto e la sua
famiglia avevano il primato a Roma, loro erano i principes nelle proprie citt: toccava a loro rappresentare concretamente i nuovi valori e fare in modo che il pro-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

gramma di rinnovamento culturale venisse realizzato


nelle citt romane dOccidente non meno che nella stessa Roma.
Possiamo allora comprendere gli onori di cui erano
tributari, come le statue esposte sulle pubbliche piazze
e, naturalmente, negli edifici che essi avevano fatto
costruire. Nel tempio della Fortuna Augusta e nelledicola del Mercato di Pompei le statue dei donatori si trovavano nella cella, quasi fossero a loro volta oggetto di
culto accanto allimperatore e alla sua divinit tutelare
(e allo stesso modo in cui Augusto era stato affiancato
agli di olimpi). Un altro particolare delledificio di
Eumachia pu darci unidea dellimportanza che veniva attribuita a queste consacrazioni rituali: alla fine dei
lavori, i dipendenti dei lanifici di cui Eumachia era proprietaria (fullones) offrirono spontaneamente alla loro
padrona una statua onoraria, peraltro gi prevista dal
progetto iniziale, da collocare nella nicchia dietro il
simulacro della dea Concordia.
Anche gli schemi iconografici preferiti dai notabili
delle citt confermano questo ruolo prestigioso, perch
si tratta degli stessi schemi adottati per limperatore e
la sua famiglia. L dove prima ci saremmo aspettati una
statua nuda e in posa patetica troviamo ora delle
austere statue togate a capo coperto, e naturalmente
anche le sacerdotesse si facevano ritrarre come le dame
devote e pudiche della casa imperiale: a capo coperto,
nellatto di offrire sacrifici e con la stola di rito.
Marmo e autocoscienza.
Se le citt romane dOccidente cambiarono volto nei
primi anni dellet augustea il merito va in gran parte
alle famiglie dei notabili locali, forti di una nuova consapevolezza del proprio ruolo. Non poche di queste

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famiglie avrebbero potuto vantarsi, come Augusto, di


aver lasciato una citt di marmo, almeno per quanto
riguarda i templi e gli edifici pubblici, le piazze e le porte
cittadine. In certi casi si poteva contare, vero, su un
contributo dellimperatore o della sua famiglia, odi qualche grande personaggio della capitale (erano soprattutto le coloniae fondate da Augusto a usufruire talvolta di
particolari sovvenzioni), ma sullesempio della Roma
augustea i domi nobiles provvedevano in genere di tasca
propria al rinnovamento edilizio delle loro citt. A eccezione delle citt della Campania e dellItalia centrale, gi
ellenizzate fin dal ii o dal i secolo a. C., la maggior parte
delle citt italiche e delle province occidentali ottennero solo ora, nel quadro del rinnovamento augusteo, un
assetto urbanistico in grado di competere, in qualche
misura, con quello delle citt greche.
Parlando degli edifici dedicati al culto imperiale si
gi visto come il rinnovamento edilizio fosse legato
ovunque alla nuova situazione politica e alla diffusa sensazione di una svolta epocale. Ma anche gli interventi
pi marginali o i lavori di ingegneria civile di utilit pratica immediata (acquedotti, strade, ponti) hanno un rapporto preciso con le premesse ideologiche del programma augusteo.
Un capitolo rilevante del rinnovamento urbanistico
furono, e non solo a Roma, i teatri, la cui importanza
andava molto oltre le esigenze pratiche degli abitanti.
Come a Pompei, in quasi tutte le citt dellOccidente
furono costruiti nuovi teatri o si provvide a ingrandire
e abbellire quelli gi esistenti, e se si trattava di citt di
nuova fondazione il teatro vi occupava una posizione di
primo piano, assai pi che nelle colonie di epoca repubblicana: sorgeva perlopi in un punto centrale o di facile accesso e con la sua facciata poderosa svettava sugli
edifici circostanti, imponendosi con i suoi marmi e la sua
ricca decorazione. La societ cittadina vi prendeva

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

posto, come a Roma, secondo un rigoroso criterio gerarchico, che faceva della cavea uno specchio dellordinamento sociale. I primi posti erano destinati ai funzionari locali, ai sacerdoti e ai decuriones, mentre alcuni posti erano riservati a eventuali senatori di passaggio
(una precisa ordinanza disponeva che venissero lasciati
sempre liberi). Un parapetto separava le file di posti
intermedi, destinate alla plebs, da quelli dellalta societ:
a Pompei il settore popolare comprendeva venti file
ed probabile che in molte citt questa zona del teatro
fosse ancora suddivisa in settori pi specifici. Le donne,
i non Romani e gli schiavi, che occupavano lultimo gradino della scala sociale, sedevano in fondo. Qui, in corrispondenza dellultimo settore della cavea, i fratelli
Olconii avevano costruito a Pompei un corridoio coperto (crypta), contenente alcune file di posti aggiuntive e
molto ravvicinate fra loro. Non si trattava di una misura edilizia casuale o rispondente a una pura necessit
logistica: se infatti la politica sociale di Augusto mirava
a una netta distinzione tra i vari ceti, era anche suo precipuo interesse coinvolgere i gruppi pi marginali, e
questo non solo nel quadro del culto imperiale ma anche
nei giochi e nelle celebrazioni festive.
Naturalmente il princeps non poteva essere presente
di persona come a Roma. Invalse pertanto luso, gi in
et augustea, di collocare delle statue sue e dei suoi
famigliari sulla parete adorna di colonne dietro il palcoscenico (scaenae frons), l dove il pubblico era abituato
a vedere le Muse, gli di e i capolavori dellarte greca.
Nelliscrizione dedicatoria del teatro di Pompei i
fratelli Olconii fanno riferimento anche unaltra innovazione, i tribunalia: sopra i corridoi laterali di accesso
allorchestra, dalla volta a botte, vennero ricavate delle
file di posti per i funzionari che presiedevano ai giochi,
e furono proprio questi posti laterali a conferire unimpronta decisamente romana al teatro ellenistico di Pom-

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pei. Limportanza di questo settore architettonico risulta dal fatto che le iscrizioni dei donatori si trovavano
proprio nei tribunalia (si veda lesempio di Leptis
Magna). Su questi posti sopraelevati i magistrati si presentavano alla cittadinanza come statue vive sui loro
archi monumentali. Anche il potere locale dunque si
metteva in scena, e sia pure in doveroso secondo piano
rispetto alle statue imperiali della scaenae frons.
Il teatro augusteo non era un luogo in cui si potesse
dimenticare la politica per abbandonarsi semplicemente al piacere dionisiaco dello spettacolo. Non siamo in
grado di affermare se anche fuori Roma gli spettatori
dovessero portare la toga, ma anche qui, in ogni caso,
statue e immagini proponevano il clima solenne della
nuova era. Ovunque si vedevano altari, tempietti, Vittorie, fregi con armi e girali dacanto e cosi via. A Roma,
figure di barbari incatenati decoravano a volte perfino
il sipario. Anche al culto imperiale si faceva non di rado
allusione in maniera pi o meno discreta: cos ad esempio nel tempietto collocato sopra la cavea del teatro di
Leptis Magna cera una statua di Ceres Augusta coi tratti e lacconciatura di Livia, e dal teatro di Arles provengono non meno di tre altari, tra cui quello celebre
con i cigni di Apollo.
Nel caso dei teatri o di altri edifici pubblici come le
basiliche o le terme, i committenti e gli architetti progettavano fin dallinizio e di comune accordo anche lapparato decorativo, mentre le pubbliche piazze, e soprattutto i fori, si arricchivano poco per volta di statue e altri
monumenti. Anche in mancanza di un piano unitario,
tuttavia, laspetto complessivo dei fori di et augustea
ha qualcosa di inconfondibile, che lo distingue nettamente dalle piazze repubblicane.
Ancora una volta lesempio pi suggestivo quello
di Pompei. Il foro di et repubblicana era caratterizzato da monumenti di dimensioni molto omogenee, come

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si pu ancora vedere dallo zoccolo delle statue equestri


lungo il lato ovest; e anche davanti agli edifici dei magistrati sul lato sud i monumenti erano stati allineati, in
un primo tempo, in questa forma egualitaria, prima
di essere sostituiti da un grande arco monumentale per
limperatore e poi da due colossali basamenti destinati
a ospitare forse dei carri trionfali. Davanti allArco di
Augusto venne poi collocato un monumento equestre di
grandezza superiore al naturale, e si capisce che rispetto ai nuovi monumenti imperiali le statue equestri dei
notabili repubblicani passavano decisamente in secondo
piano. Che agli inizi dellepoca imperiale il problema
delle dimensioni monumentali fosse molto avvertito
risulta anche dallaccusa, rivolta al pretore Marcello, di
aver fatto erigere in proprio onore statue pi grandi di
quelle dei Cesari (Tac., Ann. I 74). poi da notare che
le basi delle statue pedestres situate a Pompei non pi
sul Foro, ma negli atrii dei nuovi edifici fanno come
da sfondo alle statue equestri. probabile che sui piedistalli uniformi, eretti davanti al Macellum e nel Chalcidicum delledificio di Eumachia, venissero collocate
anche statue di vecchi personaggi pompeiani secondo il
modello dei summi viri nel Foro di Augusto: ma se nellimpostazione iconografica e a volte perfino nellespressione e nellacconciatura queste statuae pedestres
imitavano quelle della casa imperiale, lubicazione e le
dimensioni pi contenute le fanno apparire decisamente in secondo piano rispetto ai monumenti imperiali.
Dobbiamo ancora prendere in considerazione i due
archi onorari ai lati del tempio di Giove, eretti forse in
occasione delle cerimonie funebri per i principi Gaio e
Lucio o per Germanico e Druso Minore. Combinazioni
analoghe di templi e archi onorari esistevano gi sul
Foro Romano e altri esempi si sarebbero visti pi tardi
sul Foro di Augusto, ma anche in altre citt, come Spoleto, sono stati ritrovati archi della prima et imperiale

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

disposti in modo simile. Va da s che era una soluzione


scenografica di grande effetto, con le statue, i trofei e
le quadrighe di cui larco si fregiava, mentre laura sacrale del tempio veniva messa per cos dire al servizio dei
membri della casa imperiale a cui larco era dedicato.
Insieme alle terme, i teatri e le piazze erano i luoghi
pubblici nei quali il cittadino aveva occasione di trattenersi pi a lungo, confrontandosi con grandiose scenografie che gli proponevano unimmagine concreta dei
rapporti di forza presenti nello Stato e del suo posto
nella gerarchia sociale.
Ma le citt non cambiavano aspetto solo al loro
interno. Chi viaggiava agli inizi del i secolo d. C. sulle
nuove strade costruite dal princeps attraverso lItalia
a ogni miglio, un pilone stava l a ricordare a chi spettava il merito di quelle strade si imbatteva in nuove
mura cittadine, in sontuose porte daccesso e in grandi
archi monumentali. Per quale ragione Augusto e Tiberio finanziarono pi volte la costruzione di queste mura
proprio nel cuore di un paese in cui regnava ormai la famosa Pax Augusta?
Gi nella tarda repubblica le mura erano diventate
un elemento importante nella fisionomia delle citt italiche: nella nuova situazione politica esse dovevano
diventare il simbolo del coraggio militare, della virtus
riportata in onore dal princeps. La vista di una citt fortificata, sottolineata in certi casi dalla stessa disposizione delle strade, come a Spello (Hispellum) in Umbria,
trasformava in realt le visioni poetiche di Virgilio, per
il quale mores e moenia erano tuttuno (Aen. I 264). Le
nuove mura sono una testimonianza del nuovo spirito.
In realt, il servizio militare attivo era in Italia
unoccasione sempre pi rara, ma la militarizzazione del
paesaggio visivo, di cui si potrebbero citare numerosi
altri esempi, doveva agire almeno sul piano simbolico
imprimendosi nella mentalit delle nuove generazioni.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Le torri marziali delle Porte di Spello e di Torino sono


unespressione visiva immediata di questa idea. Come
a Saepinum, dove Tiberio finanzi la costruzione delle
mura e delle porte, anche in altre localit le statue dei
barbari fatti prigionieri ricordavano non solo le vittorie della casa regnante, ma anche, pi in generale, la
vocazione imperiale di Roma. E quando M. Olconio
Rufo, il costruttore del teatro di Pompei, si fece onorare con una statua loricata si tratta di una copia
della statua di Marte Ultore a Roma la cosa ha un
significato del tutto analogo. Olconio non aveva certo
riportato allori militari e probabilmente non era mai
stato neppure nellesercito: ma non di fatti esterni si
trattava, bens dei suoi principi morali. E Augusto ne
aveva riconosciuto il valore, premiandolo con il conferimento di un titolo onorifico. Evidentemente, la divisa militare del loro primo concittadino non dovette
apparire fuori posto ai Pompeiani, che ne avranno anzi
apprezzato la posa marziale.
Alcuni esempi dimostrano che gli abitanti delle citt
erano senzaltro consapevoli del loro nuovo volto. I
Veronesi, ad esempio, potevano ammirare la loro citt
a volo duccello: quando, negli intervalli degli spettacoli, lasciavano il teatro alle pendici della collina per
andare a passeggiare su e gi lungo i due porticati panoramici, avevano davanti ai loro occhi lo spettacolo della
citt fortificata, col suo sistema di strade ad angolo retto
e i suoi begli edifici marmorei. Ma le implicazioni eticoestetiche del panorama urbano si trovano anche raffigurate, per esempio, in un rilievo conservato ad Avezzano: le mura formate da regolari blocchi di pietra, le
porte poderose, la pianta regolare delle strade e degli
edifici, i templi in posizione dominante, la ricchezza
delle case di campagna.
Questo sguardo allimpero, necessariamente molto
sommario, ha mostrato come, a partire dallistituzione

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

della monarchia, sia venuto sviluppandosi un linguaggio


figurativo unitario, raccolto intorno alla celebrazione
della casa imperiale. Come anche a Roma, si tratta di un
processo in larga misura spontaneo, senza esplicite direttive dallalto. Sia in Oriente che in Occidente si diffuse dopo Azio lesigenza elementare di stabilire un rapporto diretto con Augusto, la cui persona incorporava
per la prima volta nel bacino del Mediterraneo lidea
esplicita di un dominio mondiale duraturo. A differenza dellOccidente, lOriente aveva gi elaborato, col
culto dei sovrani ellenistici, un linguaggio adatto alla
nuova situazione: gli era per mancato a lungo un vero
sovrano e un Impero a cui le citt sentissero di appartenere.
Era nella natura delle cose che lOccidente adottasse il culto imperiale, poich esso offriva alle lites locali una nuova cornice nella quale mettere in scena e consolidare il proprio prestigio. Inserito nel vecchio sistema rituale il nuovo culto dava inoltre la possibilit, al
singolo e alla collettivit intera, di contribuire in modo
attivo e per cos dire sistematico al bene dello Stato.
Insieme al culto ellenistico del sovrano la nuova
monarchia eredit un elaborato sistema di comunicazione visiva, in cui non fu difficile incorporare le nuove
immagini e i nuovi simboli specificamente romani. Il
fenomeno pu essere visto daltronde anche in rapporto al lento e graduale processo di ellenizzazione dellintero Occidente latino, di cui il nuovo culto politico rappresenta una tappa ulteriore e decisiva.
Quanto allOriente, occorre anzitutto considerare
che il nuovo linguaggio visuale elaborato a Roma portava
limpronta inconfondibile della citt e delle sue tradizioni politiche. Ecco perch alcuni aspetti, come lo stile
personale del princeps e liconografia connessa al
rinnovamento culturale, non ebbero in Oriente alcuna
risonanza. La ricezione del nuovo linguaggio si concen-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

tr invece sugli aspetti pi legati alla persona del sovrano o a singoli punti programmatici ai quali anche 1
Oriente poteva essere sensibile, come il rinnovamento
religioso o, in determinate citt (per esempio Atene), il
nuovo classicismo.
Sia in Oriente che in Occidente furono le grandi
famiglie cittadine a sostenere con maggior energia il
culto imperiale e a trarne i maggiori benefici. Ma occorre aggiungere che in Italia il possesso della cittadinanza
romana costituiva un elemento differenziale, che permetteva di identificarsi in modo pi diretto col programma di rinnovamento augusteo. Il culto imperiale e
la trasmissione dei nuovi valori, soprattutto per quanto
riguarda la ristrutturazione urbanistica delle citt, vanno
qui dunque di pari passo, in un clima di pieno consenso ideologico. I templi e i teatri, gli acquedotti e le porte
cittadine costruite in quegli anni conferirono alle citt
dellOccidente quella fisionomia tipicamente romana
che anche in futuro non avrebbe pi subito mutamenti
sostanziali.
Le non molte formule in cui si esprimeva il mito
imperiale subirono inevitabili semplificazioni, nel contenuto come nello stile, e se queste, da un lato, potevano ridurlo e banalizzarlo, dallaltro ebbero per leffetto di rafforzarne il potere comunicativo. I preziosismi e le raffinate allusioni, le finezze genealogiche e le
combinazioni arcaicizzanti o classicheggianti non ebbero, al di fuori di Roma, quasi alcun seguito. Ma anche
nella stessa Roma lo sviluppo delle forme artistiche non
procedeva certo nella direzione dellarricchimento e
della preziosit: la forma semplificata in cui le citt
romane recepiscono il nuovo linguaggio dellarte augustea si dimostr anzi cos efficace da potersi imporre, col
tempo, anche nella capitale.

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Conclusione

A uno sguardo retrospettivo il saeculum augustum ci


appare come un momento di svolta non solo per il vocabolario artistico e architettonico, ma per lintero sistema della comunicazione visiva. Le forme nate in quegli
anni resistettero nel tempo e segnarono limmagine delle
citt romane fino alla tarda antichit, configurando una
rottura epocale paragonabile solo alla fine dellet arcaica e agli inizi dellellenismo. E anche in questo caso,
come allora, le nuove forme espressive e il nuovo sistema di valori si fanno strada sulla scia di un radicale
mutamento politico.
Il potere delle immagini non fu lultimo tra i fattori a cui si deve lingresso di Roma nel mondo ellenistico e la dissoluzione del vecchio Stato repubblicano. Fin
dal l secolo a. C. larte e larchitettura greca erano a
disposizione del Romano colto e curioso di novit,
offrendosi a una scelta in cui giocavano fattori diversi
come lambizione, le necessit pratiche e le disponibilit
economiche individuali. Bench il processo di assimilazione e appropriazione abbia seguito nei vari generi artistici strade diverse, gli artisti raccolsero ovunque la sfida
rappresentata dalle nuove forme e dai nuovi committenti, concorrendo allo sviluppo di un ricco e suggestivo eclettismo formale: non a torto la tarda repubblica
stata definita, dal punto di vista della ricchezza creativa, let doro dellarte romana.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Con listituzione della monarchia inizia in tutti i


settori della vita culturale un ampio processo di normalizzazione guidato da rigidi criteri direttivi. Fino ad
allora i vari centri dellarte ellenistica avevano esercitato
su Roma un influsso molto eterogeneo: ora invece
Roma stessa a diventare il centro propulsivo di una
nuova cultura unitaria, impegnata in un lento processo
di formazione. Prima di Azio lassetto urbanistico di
Roma portava limpronta delle grandi rivalit private, e
quel clima di antagonismo aveva contribuito ad accentuare leclettismo formale tardo ellenistico, bloccando la
strada a valori collettivi capaci di trasmettere una fisionomia coerente allimmagine della tarda repubblica.
Il linguaggio visivo normalizzato dellepoca imperiale
ha invece, al suo centro, lo Stato e limperatore. E non
si tratta solo, come si visto, di una centralit legata al
culto e al panegirico del sovrano, perch in una societ
dalla rigida struttura piramidale lo sguardo rivolto
naturalmente verso la cima, e se la cima occupata dallimperatore, limmagine di questultimo finir per
imporsi come il modello da seguire per eccellenza. Questo vale nellambito della moda, dallabbigliamento alla
pettinatura, allemulazione dei ritratti imperiali da parte
di cittadini comuni; ma le immagini del mito imperiale possono anche assumere un valore simbolico, e mettere in scena i valori e le virt civili.
Luso delle immagini politiche si estese col passare del tempo a sempre nuovi ambiti della vita sociale.
Pu succedere allora che le virt pratiche di un cittadino del tutto sprovvisto di esperienza militare vengano
celebrate sul suo sarcofago con una scena eroica di battaglia, in cui il defunto figura magari nelle vesti dellimperatore vittorioso. Analogamente, le forme di
omaggio praticate verso le dame della casa imperiale
vengono utilizzate anche per ricordare la memoria di
donne borghesi prive di qualunque blasone nobilare. A

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

un osservatore moderno queste anziane signore ritratte


nei panni di Venere, della Concordia o della Pietas possono fare un effetto curioso, ma per il Romano del
tempo si trattava, invece, di formule retoriche con cui
celebrare la bellezza, la mansuetudine o la devozione
della cara defunta. Formule che diventano pienamente
comprensibili solo a condizione di vedere il quadro complessivo in cui quel linguaggio si muove, portando limpronta del nuovo sistema politico e delle forti spinte
allassimilazione presenti nella societ romana.
Accanto al mito imperiale, una seconda ideologia
concorse a determinare il nuovo sistema di valori e
quindi il linguaggio visivo dellet imperiale: lidea dellunicit della cultura greca classica e la visione della
propria epoca come una sorta di rinascimento, capace
di coniugare i modelli greci con una pace mondiale, un
alto livello morale e un benessere diffuso. E anche qui
le linee direttive furono quelle indicate dallet augustea. I due punti programmatici del rinnovamento culturale, rivolti in un primo tempo alla specifica situazione romana, ossia la publica magnificentia e il classicismo, avevano portato a un linguaggio visivo omogeneo, tale da coinvolgere tutti gli abitanti dellImperium
Romanum nellorizzonte di una cultura classica e di
un sistema di valori comune, a prescindere dalla nazionalit di appartenenza.
La presenza visiva di questa ideologia era ancora
pi estesa del mito imperiale e andava dagli scenari classici delle citt fino alle immagini e alle sentenze dei filosofi riprodotte sulle pareti delle taverne. Il fascino che
emanava dai sontuosi edifici marmorei in stile greco era
ancora intatto nel iii secolo d. C., quando le citt ormai
ricche dellAfrica e della Siria spendevano ingenti
somme di denaro per costruire grandi strade fiancheggiate da file di colonne. N quei programmi edilizi
rispondevano a pure necessit di ordine pratico: quelle

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

serie interminabili di colonne corinzie simboleggiano


piuttosto una ferma volont di adesione ai valori comuni dellimpero.
Il programma augusteo di rinnovamento culturale
fini per vincere anche le ultime resistenze contro la
luxuria greca: la cultura del saeculum aureum accoglieva leredit purificata della Grecia. Finirono cosi per
cadere anche quelle tensioni e quei conflitti tra sfera
pubblica e sfera privata che avevano caratterizzato il
processo di ellenizzazione della tarda repubblica. Le
statue, le figure e le forme architettoniche greche entrano, a partire da questo momento, sia nel pubblico che
nel privato. Se un esteta grecofilo decide di farsi
costruire un palazzo o di esporre delle opere darte
nella sua villa, le sue iniziative private saranno comunque in accordo con la nuova linea politica e contribuiranno, in modo pi o meno volontario, a tessere
il panegirico della nuova et.
Lomaggio reso dagli imperatori alla cultura greca
un omaggio spinto a forme estreme da personaggi come
Adriano e Marco Aurelio fa s che i miti greci, larte
classica, ma soprattutto lo stile filosofico diventino
per larghi strati sociali un ideale di vita. Per quanto modesto possa essere il livello culturale del singolo e per
quanto miseri appaiano spesso i surrogati letterari o
figurativi della grecit, il loro valore di status symbols
fuori discussione. Ecco allora il borghese farsi ritrarre
nei panni di un filosofo (o di una Musa), arredare edifici pubblici o private abitazioni con copie o parafrasi di
celebri capolavori e decorare la propria casa (o la propria
tomba) con raffigurazioni dei miti greci.
Abbiamo visto quanti elementi del vecchio immaginario politico vengano privatizzati agli inizi dellet
imperiale: il patrimonio della cultura greca subisce la
stessa sorte, quella cio di essere riprodotto e citato in
contesti privati (per esempio sui sarcofagi) per parlare di

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amore e di dolore con le figure del mito, o per celebrare invece il coraggio, la bellezza, la virtus dei defunti.
Come il mito imperiale, anche questa ideologia della
cultura raggiunse tutti i ceti e tutti gli ambiti della vita
privata e sociale, fino a fondersi con i valori e le aspirazioni pi radicate e diffuse.
Non si tratta peraltro di un sistema rigido, il linguaggio visivo dellet imperiale appare suscettibile di
ampliamenti e accentuazioni diverse: cos ad esempio le
qualit militari dellimperatore e la forza dellesercito
svolgono col passare del tempo un ruolo crescente, mentre limmagine borghese del princeps tende a scivolare
sullo sfondo. Ma pi che di novit vere e proprie si tratta in gran parte di semplificazioni, di sviluppi o accentuazioni quantitative: i rituali e le scenografie architettoniche legate al culto o alle feste dellimperatore diventano via via pi sontuosi e insieme pi uniformi; sui rilievi funerari i valori raffigurati in via allegorica vengono
sottolineati con pi forza e riferiti pi direttamente al
defunto, mentre (a partire dagli ultimi decenni del ii
secolo a. C.) il racconto mitologico, liconografia classica e lo stile classicheggiante perdono poco per volta terreno. Nei primi due secoli dopo Augusto, tuttavia, le
linee portanti del sistema rimangono nel complesso
immutate, perch il potere stabile e, con esso, lintera articolazione della societ.
In questo stato di cose le innovazioni potevano venire solo dallalto e potevano diffondersi, di regola, solo
a partire da Roma. Naturalmente nessuno impediva a
singoli gruppi, per esempio una scuola filosofica, di
diffondere nuove immagini, ma per imporsi realmente
e ottenere un effettivo successo era comunque necessaria una consacrazione da parte della casa imperiale e
dellalta societ romana.
Se la situazione non sfoci in un generale livellamento di stampo moderno, lo si deve a quei caratteri di

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autonomia operativa di cui abbiamo spesso parlato: non


esistevano normative precise imposte dallalto, non vi
erano controlli n campagne di propaganda. Si spiega
cosi il fatto che certi modelli, una volta accettati, potessero conservarsi per generazioni, anche quando i motivi della loro attualit erano caduti ormai da tempo:
come quegli anziani signori che allepoca di Antonino
Pio si facevano ancora tagliare i capelli alla maniera di
Traiano.
In alcuni settori come la tradizionale architettura a
colonne, la scelta canonica dei miti e dei capolavori
greci o gli schemi decorativi della pittura parietale, non
vi fu, si pu dire, alcuna innovazione. Lidea della perfezione raggiunta e della validit assoluta dei propri
modelli doveva anzi sottolineare il carattere statico della
cultura genuina, facendo apparire le innovazioni in una
luce sospetta. Anche per quanto riguarda lo stile, legato a sua volta a modelli classici, le uniche novit si
riscontrano nellambito delle tecniche artigianali. La
conseguenza fu che le forme architettoniche e le immagini non invecchiavano: i nuovi monumenti potevano
essere pi sontuosi o trasmettere meglio determinati
messaggi, ma continuavano a parlare la stessa lingua. E
tutto ci non pot non contribuire alla sorprendente stabilit del sistema politico-sociale romano.
A questo punto dovremmo domandarci quale fu il
prezzo da pagare per questa cultura del benessere, cosi
uniforme e cos diffusa, e simpone allora un confronto
con la cultura ellenistica dei secoli precedenti. In tutti i
campi della vita spirituale la filosofia e la retorica, la
poesia, la ricerca scientifica, la tecnica assistiamo agli
stessi fenomeni di stagnazione e normalizzazione che
abbiamo visto anche nellarte e nellarchitettura: i progressi del sapere e la fantasia creativa, il pensiero filosofico e le innovazioni tecnologiche giungono in et
imperiale a un punto fermo, e limmobilit significa in

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

questo caso un regresso. Abbiamo invece una florida cultura fatta di imitazioni, compilazioni e virtuosismi. Le
sole novit effettive ed importanti nei primi due secoli
dopo Augusto si hanno l dove il potere entra in scena
come tale: nel campo cio delle iniziative economiche e
delle imprese militari, ma soprattutto nellorganizzazione delle masse urbane, con tutti i problemi relativi allapprovvigionamento alimentare e al tempo libero, e qui
larchitettura e lurbanistica sono in primo piano. Ma
sarebbe largomento di un nuovo libro.

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Note
Introduzione
Cfr. H. Jucker, Das Verhltnis der Rmer zur bildenden Kunst der
Griechen, Frankfurt am Main 1950; O. J. Brendel, Prolegomena to the
Study of Roman Art (1953), New Haven - London 1979; R. Bianchi
Bandinelli, Roma. Larte romana nel centro del potere, Milano 1969; P.
A. Brunt, Social Conflicts in the Roman Republic, London 1971; E.
Gabba, Esercito e societ nella tarda repubblica romana, Firenze 1973;
C. Nicolet, Le mtier de citoyen dans la Rome rpublicaine, Paris 1976;
K. Christ, Krise und Untergang der rmischen Republik, Darmstdt 1979;
Ch. Meier, Res publica amissa, Frankfurt am Main 1980; G. Alfldi,
Rmische Sozialgeschichte, Wiesbaden 1984. Cfr. anche E. Rawson,
Intellectual Life in the Late Republic, London 1985; E. Gruen, The Hellenistic World and the Coming of Rome, Berkeley 1984, voll. I e II. Sul
processo di ellenizzazione, cfr. anche P. Veyne, The Hellenisation of
Rome and the question of acculturation, in Diogenes, cvi, pp. 1-27;
A. Giardina e A. Schiavone (a cura di), Modelli etici, diritto e trasformazioni sociali, Bari 1981, in particolare i contributi di G. Clemente
e A. La Penna.

i. Immagini contraddittorie. La repubblica al tramonto


La statua onoraria.
Sulla statua in bronzo delle figg. I e 2 cfr. J. Ch. Balty, in MEFRA,
xc (1978), pp. 669-86; A. Giuliano (a cura di), Museo Nazionale di
Roma. Le sculture, Roma 1979, I, 1, p. 198, n. 124; N. Himmelmann,
in Herrscher und Athlet, catalogo della mostra, Bonn 1989, pp. 126-49.
SullArringatore, cfr. T. Dohrn, Der Arringatore, Berlin 1968. Per la
datazione cfr. K. Fittschen, RM, lxxvii (1970), pp. 177-84, tavv. 7476; M. Cristofani, I bronzi degli Etruschi, Novara 1985, n. 129, p. 30.
Cfr. anche T. Hlscher, RM, lxxxv (1975), pp. 315-57; G.
Lahusen, Untersuchungen zur rmischen Ehrenstatue in Rom, Roma 1983

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


e Id., Schriftquellen zum rmischen Bildnis, Bremen 1984, vol. I; Zanker
1983, pp. 251-66; K. Stemmer, Untersuchungen zur Typologie,
Chronologie und Ikonographie der Panzerstatuen, Berlin 1978, pp. 133
sgg.; L. Giuliani, Bildnis und Botschaft. Hermeneutische Untersuchungen
zur Bildniskunst der rmischen Republik, Frankfurt am Main 1986.
Sui ritratti rispettivamente, per quello di Cesare, E. Johansen, in
Analecia Romana, iv (1967), p. 34, tav. 16 e P. Zanker, in AA
(1981), pp. 349-61; per quello di Pompeo, V. Poulsen, Les Portraits
Romains, Kbenhavn 1973, vol. I, n. 1 e Giuliani, Bildnis cit., passim;
per quello di Crasso, D. Boschung, in JdI, ci (1986), pp. 284 sgg. e Giuliani, Bildnis, pp. 233 sgg.; per lAnonimo di Cagliari, S. Angiolillo, in
RM, lxxviii (1971), pp. 119 sgg. tavv. 70 sg.; cfr. M. Hofter in Katalog Berlin, pp. 291-343.
Propaganda famigliare.
Cfr. T. Hlscher, in JdI, xcv (1980), pp. 271-81.
Sul linguaggio delle monete tardo repubblicane, cfr. Id., in Proceedings of the IX International Congress of Numismatics (1979), pp.
269-82. Per le monete repubblicane cfr. lottimo lavoro di M. Crawford, Roman Republican Coinage, London 1974.
Sui monumenti funerari, cfr. J. Toynbee, Death and Burial in the
Roman World, London 1971; M. Eisner, Zur Typologie der Grabbauten im suburbium Roms, Mainz 1986; H. von Hesberg e P. Zanker (a
cura di), Rmische Grberstrassen, in Bayer. Akad. Wiss. Abh., nuova
serie, xcvi (1987).
Sulle tombe dei liberti, cfr. P. Zanker, in JdI, xc (1975), pp. 267315.
Per il monumento di Eurisace, cfr. P. Ciancio Rossetto, Il sepolcro
del fornaio M. V. Eurisace, Roma 1973; Eisner, Zur Typologie cit., pp.
92 sgg. Sullinterpretazione del sepolcro come granaio cfr. L. Castiglione, in Acta Arch. Acad. Scient. Hungaricae, xxvii (1975), pp.
157-61.
Sulla Tomba di Cecilla Metella cfr. Eisner, Zur Typologie, pp. 36,
204, tav. 9 e Ch. Hulsen, in Neue Heidelbergerjahrb. (1896), pp.
50-58.
Sul sepolcro del console C. Irzio, cfr. Nash, Bildlexikon, vol. II, p. 341.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Per il monumento dei Giulii a St-Rmy, cfr. G.-Ch. Picard, Les
Trophes Romains, 1957, pp. 195 sgg.; P. Gros, in Revue
Archologique (1986), pp. 65-8o.
Limmagine urbana di Roma.
Cfr. P. Gros, Architecture et socit Rome et en Italie centro-mridionale aux deux derniers sicles de la Rpublique, Bruxelles 1978; F.
Coarelli, Public building in Rome between the secondpunic war and Sulla,
in BSR, xlv (1977), pp. 1-23; D. E. Strong, The administration of public building in Rome..., in Bull. Inst. Class. Studies London, xv
(1968), pp. 101 sgg.
Per le fonti letterarie relative agli edifici citati, cfr. Platner e Ashby;
vedi anche bibliografia in Nash, Bildlexikon.
Sui giardini del Pincio, cfr. il contributo di F. Coarelli, in aa.vv.,
Architecture et socit, Roma 1983, pp. 197-217.
Sulle condizioni abitative, cfr. Z. Yavetz, The living conditions of the
urban plebs, in Latomus, xvii (1958), p. 513; B. W. Frier, Landlords
and Tenants in Imperial Rome, Princeton 1980.
Sul teatro di Pompeo cfr. Gros, Aurea Templa, p. 69; A. Rumpf, in
MdI, iii (1950), p. 45; J. A. Hanson, Roman Theater-Temples, Princeton 1959, pp. 43-55; H. Drerup, Architektur ali Symbol, in Gymnasium, lxxiii (1966), pp. 181-96; L. Giuliani, Bildnis cit.
Sullapparato decorativo dei teatri, cfr. M. Fuchs, Untersuchungen
zur Ausstattung rmischer Theater in Italien und in den Westprovinzen des
Imperium Romanum, Mainz 1987.
Sulle monete cfr. F. Prayon, in aa.vv., Festschrift U. Hlausmann, Tbingen 1982, p. 320; H. Drerup, Zum Ausstattungsluxus in der rmischen Architektur, Mnster 1957.
Sulle opere esposte negli edifici del Campo Marzio, cfr. M. Pape,
Griechische Kunstwerke aus Kriegsbeute und ihre ffentliche Ausstellung
in Rom (tesi di laurea), Hamburg 1975.
Sul rilievo cfr. G. Pesce, I rilievi dellanfiteatro campano, 1941, tav.
15a; cfr. anche Guida Ruesch, p. 173, nn. 609 sg.
Sul Foro di Cesare cfr. Gros, Aurea Templa, pp. 70-72; Coarelli,
Foro II, pp. 233 sgg.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Sui progetti di Cesare per la ristrutturazione urbanistica di Roma,
cfr. Z. Yavetz, Caesar in der ffentlichen Meinung, Dsseldorf 1979, pp.
159 sgg.
La villa.
Cfr. J. dArms, The Romans on the Bay of Naples. A Social and Cultural Study of the Villas and their Ownersfrom 150 B.C. to A.D. 400,
Cambridge (Mass.) 1970; Id., Commerce and Social Standing in Ancient
Rome, Cambridge (Mass.) 1981; H. Drerup, in Marburger Winckelmannsprogramm, 1959, pp. 1-24; P. Zanker, in JdI, xciv (1979), pp.
460-523; H. Mielsch, Die rmische Villa. Architektur und Lebensform,
Mnchen 1987.
Sullopposizione otium/negotium, cfr. J. M. Andr, Lotium dans la
vie morale et intellectuelle romaine des origines lpoque augusteenne,
Paris 1965, p. 287.
Cfr. R. Neudecker, Die Skulpturenausstattung rmischer Villen in
Italien, Mainz 1987.
Sulla Villa di Sperlonga, cfr. il contributo di B. Conticello e B.
Andreae in Antike Plastik, xiv (1974).
Sulla Villa dei Papiri, cfr. D. Comparetti e C. De Petra, La villa
ercolanense dei Pisoni, i suoi monumenti e la sua biblioteca, Torino 1883.
Per la ricostruzione della villa a Malibu, cfr. N. Neuerburg, Herculaneum to Malibu. A Companion to the Visit of the J. Paul Getty Museum
Building, 1975.
Sulle sculture: Neudecker, Die Skulpturenausstattung cit.; G. Sauron,
in MEFRA, xcii (1980), pp. 277-301; R. Wojcik, La Villa dei Papiri
ad Ercolano, Roma 1986.
Sulle pitture parietali del cosiddetto secondo stile, cfr. lopera
classica di H. G. Beyen, Die pompejanische Wanddekoration vom zweiten bis zum vierten Stil, vol. I (1938), vol. II (1960). Cfr. inoltre A. Barbet, La peinture murale romaine. Les styles dcoratifs pompens, Paris
1985; B. Wesenberg, in Gymnasium, xcii (1985), p. 470; K.
Fittschen, Zur Herkunft und Entstehung des 2.Stils, in P. Zanker (a cura
di), Hellenismus in Mittelitalien, Gttingen 1976, pp. 539-63; E. W.
Leach, Patrons, Painters and Patterns, in B. K. Gold (a cura di), Literary and Artistic Patronage in AncientRome, Austin 1982.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Sulla casa dei Grifi, cfr. Rizzo, Monumenti della pittura, vol. III,
tomo I, Roma 1936.
Sulla villa di Boscoreale, cfr. Ph. W. Lehmann, Roman Wall Paintings from Boscoreale, Cambridge 1953.
Sulla villa dei Misteri, cfr. anzitutto A. Maiuri, La villa dei Misteri,
Roma 1947. Per linterpretazione del celebre fregio e la bibliografia pi
recente, cfr. il lavoro di M. G. Sauron, in Comptes Rendus de lAcadmie des Inscriptions et Belles-Lettres (1984), pp. 151-76.
Sui Romani in costume greco, cfr. Suet., Tib. 13; Tac., Ann 2,59
(Germanico); Cic., in Verr. V 13,31; 16,40; 33,86; 52,137; Val. Max.,
3,6,3 (Silla).
Sulla statua di Posidippo, cfr. Helbig I, n. 129; i calzari da senatore furono realizzati successivamente, mentre i legacci erano in bronzo. Il volto fu nelaborato intorno al 50 a. C.
Per il cosiddetto Oratore greco (Napoli, Museo Nazionale, 62 10) cfr.
Comparetti e De Petra La villa ercolanense cit., tav. 17, 3; R. Wnsche,
in Mnchner Jahrb. Bild. Kunst, xxxi (1980), pp. 25 sg., per il taglio
dei capelli cfr. Fittschen e Zanker I, n. 19.

II.

Immagini antagoniste. La lotta per il potere assoluto


Divi filius.

Cfr. R. Syme, The Roman Revolution, Oxford 1939; K. Scott, The


political propaganda 0f 44-30 B.C., in MemAmAc (1933), pp. 7-47; A.
Alfldi, Oktavians Aufstieg zur Macht, Bonn 1976; Kienast, pp. 1-66;
5. Weinstock, Divus Julius, Oxford 1971; A. Alfndi, La divinisation
de Csar, in RevNum, xv (1973), pp. 99-128, tavv. 4-13.
Sulla moneta col tempio di Cesare, cfr. Prayon, in aa.vv., Festschrift
U. Hausmann cit., p. 322, tav. 71, 6.
Per la tradizione ellenistica del sidus Iulium, cfr. H. Kyrieleis, in
aa.vv., Festschrift F. Hiller, 1986, pp. 55 sgg.; D. Kienast, Alexander und
Augustus, in Gymnasium, lxxvi (1969), pp. 431-56.
Sulla strage di Perugia, cfr. il contributo di H. Strasburger, in
Gymnasium, xc (1983), pp. 49, 52.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Le statue trionfali.
Sulla statua equestre del 43 a. C. cfr. D. Mannsperger, in aa.vv.,
Festschrift U. Hausmann cit., pp. 331-37; T. Hlscher, in RM, lxxxv
(1975), pp. 315 sgg.; alla tesi di laurea ancora medita di J. Bergemann
sui monumenti equestri romani (Diss. Mnchen 1987) devo alcune
informazioni preziose.
Sulle monete con statue nella posa di Nettuno cfr. Crawford, n.
511, 3; K. Kraft, Zur Mnzprgung des Augustus, Frankfurt am Main
1968, p. 207.
Sulla statua di Cesare sempre nella posa di Nettuno cfr. Weinstock, Divus Iulius, cit., pp. 40 sgg. Sulle pose statuarie cfr. Helbig IV
(1972), n. 3028.
Sul Globo cfr. P. Arnaud, in MEFRA, xcvi (1984), pp. 53-116.
La figura di Scilla, che in questi anni si trova riprodotta con una
certa frequenza (per esempio su capitelli, basi, pitture murali) ha
anchessa una probabile connotazione politica.
Per il probabile aspetto della statua di Ottaviano, pu essere utile un
confronto con la statua di Agrippa conservata a Venezia: cfr. G. Traversari, Il Museo Archeologico di Venezia. I Ritratti, Roma 1968, n. 12.
Sul ritratto di Ottaviano cfr. P. Zanker, Studien zu den AugustusPortrts, I. Der Actiumtypus, Gttingen 1978; cfr. anche FittschenZanker I, 1. Sulla datazione, cfr. A. Alfldi e J. B. Giard, in Quaderni
ticinesi di numismatica e antichit classiche, xiii (1984), p. 147, dove
lemissione del Divus Iulius, gi in precedenza riferita a questo tipo
ritrattistico, viene datata agli anni 41-40 a. C.
Identificazioni mitologiche.
Sulle genealogie famigliari, cfr. il lavoro di T. S. Wiseman, in
Greece and Rome, xxi (1974), pp. 153 sgg.
Sullattesa di un futuro utopico cfr. A. Alfldi, in Chiron, v
(1975), pp. 165 sgg.
Su Marco Antonio ed Ercole cfr. D. Michel, Alexander als Vorbild
fr Pompeius, Caesar und Marcus Antonius, Bruxelles 1967, p. 114.
Sulla gemma, cfr. H.P. Laubscher, in JdI, lxxxix (1974), p. 251.

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Sullusanza di portare anelli coi ritratti di personaggi illustri, cfr. M.
L. Vollenweider, in Museum Helveticum, xii (1955), pp. 96-111; cfr.
Id., Die Portrtgemmen der rmischen Republik, Mainz 1974; C. Moderna-Lanter, in Katalog Berlin, pp. 441-74.
Su Marco Antonio e Dioniso cfr. D. Mannsperger, in Gymnasium, lxxx (1973), pp. 381-4o4; J. Griffin, Propertius and Antony, in
JRS, lxvii (1977), pp. 17-26. Sulle mollezze dionisiache dei Tolomei,
cfr. H. Heinen, in Historia, xl (1983), pp. 116 sgg.
Sul ruolo di Ottaviano cfr. Kienast, in Gymnasium, lxxvi (1969),
pp. 431-56. Sul Capricorno cfr. K. Kraft, in Jahrbuch fr Numismatik
und Geldgeschichte, xvii (1967), pp. 17-27; Kienast, p. 183. Sul sigillo con la Sfinge, cfr. H. U. Instinsky, Die Siegel des Kaisers Augustus,
1962. Sul cammeo in pasta vitrea cfr. E. Zwierlein-Diehl, in aa.vv.,
Festschrift R. Hampe, Mainz 1980, pp. 410 sgg. Sul rapporto OttavianoApollo esiste una quantit di studi: per uno sguardo dinsieme con bibliografia cfr. Kienast, pp. 192 sgg.; Schneider, pp. 67 sgg. e in particolare E. Simon, Die Portlandvase, Mainz 1957, pp. 30 sgg.
Cfr. G. Carettoni, La Casa di Augusto sul Palatino, RM, vol. 90
(1983); Zanker, Apollontempel.
Le serie numismatiche di Ottaviano.
Per la datazione delle serie di denari (Giard, tavv. i sgg.), cfr, D.
Mannsperger cit., in aa.vv., Festschrift U. Hausmann cit., p. 331; J. B.
Giard, in RevNum, xxvi (1984), p. 78.
Sui contenuti programmatici, cfr. Kraft, Zur Mnzprgung cit. B.
Trillnisch, in Katalog Berlin, pp. 474-528.
Sullo Jupiter Feretrius cfr. Wissowa, in RE, VI, coll. 2209 sg. Lidentificazione mitologica della fig. 44 non fu evidentemente un caso isolato: nella Biblioteca del Palatino cera una statua di Apollo coi tratti di
Ottaviano, risalente anchessa agli anni prima di Azio (o inimediatamente
dopo): cfr. Schol., in Hor., Ep. I 3,17; Serv., in Verg., Ecl. IV 10.
Le immagini problematiche di Antonio.
Cfr. K. Scott, in MemAmAc (1933), pp. 7-49; Id., Octavianus pro-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


paganda and Antonys de sua ebrietate, in Classical Philology, xxiv
(1929), pp. 133-41.
Per le tazze aretine di Perennio Tigrane, cfr. CVA Metr. Mus. IV
BF, tav. 24; A. Ox, in Bonnerjahrbcher, cxxxviii (1933), p. 94;
il lavoro pi recente quello di A. C. Brown, Catalogue of Italian
Terra-Sigillata in the Ashmolean Museum Oxford, 1968, p. 15, n. 37.
Sul rilievo conservato al Museum of Fine Arts di Boston, cfr. M.
Comstock e C. Vermeule, Sculpture in Stone, Boston 1976, n. 324.
Sui seguaci di Antonio a Roma, cfr. J. Griffin, in JRS, lxvi (1976),
p. 87, e lxvii (1977), p. 17; ora in Id., Latin Poets and Roman Life, London 1985.
Sul rilievo con la Visita di Dioniso, cfr. C. Watzinger, in MdI, lxi-lxii
(1946-47), pp. 77-87; A. H. Borbein, Campanareliefs, 1968, pp. 183 sgg.
Sul rapporto fra Antonio e questo tipo figurativo, cfr. G. Mautis, in
Arch. Ephem., I (1937), p. 27. Nelliconografia di Antonio rientra
anche la figura di Paride: cfr. J. Griffin, in JRS, lxvii (1977), pp. 18 sg.
Di qui, forse, un tipo di rilievo assai popolare negli ultimi anni della repubblica e agli inizi dellet imperiale: cfr. H. Froning, Marmor-Schmuckreliefs mit griechischen Mythen im 1. Jh. v. Chr., Mainz 1981, p. 63.
Sui rilievi arcaicizzanti con la triade, cfr. il lavoro recente di H.-U.
Cain, Rmische Marmorkandelaber, Mainz 1985, pp. 100 sg., che
riferisce altres gli importanti risultati della dissertazione inedita di A.
Wagner (Mnchen 1982).
Sul linguaggio classicistico cfr. oltre, cap. vi.
Antagonismo edilizio e variet formale.
Un buon quadro dinsieme dellattivit edilizia di questi anni si ha
in F. S. Shipley, in MemAmAc, ix (1931), pp. 7-60; cfr. anche Gros,
Aurea Templa, passim.
Sui singoli edifici, cfr. Platner-Ashby e Nash, Bildlexikon.
Sul tempio di Diana di Cornificio, cfr. Gros, Aurea Templa, passim,
tav. 20. Per lubicazione del tempio, cfr. aa.vv., Roma. Archeologia nel
Centro, Roma 1985, vol. II, pp. 442 sg.
Sui modiglioni cfr. H. von Hesberg, Konsolengeisa des Hellenismus
und der frhen Kaiserzeit, Heidelberg 1980.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Sullornamentazione architettonica del tempio di Apollo Sosiano,
cfr. il contributo recente di E. La Rocca, Amazzonomachia (catalogo
della mostra allestita a Roma, Palazzo dei Conservatori, 1985), pp. 95
sgg.; E. La Rocca e A. Viscogliosi, in Katalog Berlin, pp. 129-48.
Per linterpretazione del fregio della fig. 55, cfr. T. Hlscher,
Denkmler der Schlacht von Actium, in Klio, lxvii (1985), pp. 84 sgg.
Sui monumenti di Asinio Pollione, cfr. Pape, Griechische Kunstwerke
cit., p. 177.
Sullattivit edilizia di Agrippa, cfr. J. M. Roddaz, Marcus Agrippa,
Paris-Roma 1984, pp. 231 sgg. I delfini compaiono anche nei cosiddetti rilievi campani: cfr. H. van Rhoden e H. Winnefeld, Architektonische rmische Tonreliefs der Kaiserzeit, Berlin 1911, voll. I-II, tav. 74.
Il Mausoleo.
Cfr. K. Kraft, in Historia xvi (1967), pp. 189 sgg.; Kienast, p.
340 (con bibliografia); D. Boschung, in Hefte des Berner Archologischen Seminars, vi (1980), pp. 38-41 (sugli obelischi); H. V. Hesberg, in Katalog Berlin, pp;245-51.

III.

La grande svolta. I nuovi segni e il nuovo stile politico

Il Foro come palcoscenico della famiglia Giulia


Per la bibliografia sulla situazione politica dellet augustea cfr.
Kienast, p. 67. Sul Foro Romano, cfr. P. Zanker, Forum Romanum.
Die Neugestaltung unter Augustus, Tbingen 1972; Coarelli, Foro II. Per
il motivo della Vittoria sul Globo cfr. Hlscher, Victoria, pp. 6 sgg.;
Id., in Katalog Berlin, pp. 200-39.
Sullubicazione delle columnae rostratae ci informa Servio, ad Georg.
III 29: le colonne si trovavano in origine davanti alla Basilica Iulia, ed
erano forse distribuite a intervalli regolari lungo tutta la facciata della
Basilica. Domiziano le fece trasportare sul Campidoglio, forse allepoca
della costruzione del suo grandioso monumento equestre.
Sul tempio di Saturno, cfr. P. Pensabene, Il Tempio di Saturno,
Roma 1984; K. Fittschen, in JdI, xci (1976), pp. 208 sgg. Il motivo

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


dei Tritoni negli angoli del frontone era piuttosto frequente: cfr. i
rilievi campani di soggetto analogo in Rhoden e Winnefeld, Architektonische rmische Tonreliefs cit., tav. 82.
I simboli della vittoria.
Cfr. T. Hlscher, in Klio, lxvii (1985), pp. 81-102.
Per il rostro marmoreo cfr. B. Schweitzer, in Leipziger
Winckelmannsprogramm, 1930. Ad Ostia, per esempio, una delle tombe
monumentali davanti alla Porta Marina era decorata con grandi rostra
di marmo (cfr. M. F. Squarciapino, Scavi di Ostia III, Roma 1958, p.
194, tav. 32, 3). Piacerebbe sapere se il proprietario della tomba aveva
davvero combattuto ad Azio: cfr. F. Zevi, in Zanker (a cura di), Hellenismus in Mittelitalien cit., pp. 56 sgg. (per la tomba di Cartilius
Poblicola).
Per lantefissa, cfr. A. Anselmino, Terrecotte architettoniche dellAntiquarium comunale di Roma, I. Antefisse, Roma 1977; H. Mielsch,
Rmische Architekturterrakotten und Wandmalerei im Akademischen
Kunstmuseum Bonn, Berlin 1971, pp. 24 sg., n. 35.
Per le gemme e i sigilli coi simboli di Azio, cfr. D. Salzmann, BJb,
clxxxiv (1984), pp. 158 sgg.
Sulle lucerne cfr. A. Leibundgut, Die rmischen Lampen in der
Schweiz, Bern 1977. Per il frontone del tempio di Apollo Sosiano, cfr.
il contributo di E. La Rocca, in Amazzonomachia cit.
Per una bibliografia sul confronto tra la vittoria di Azio e la vittoria degli Ateniesi sui Persiani, cfr. Schneider, p. 64.
SullArco di Orange, cfr. R. Army e altri, LArc dOrange, in Gallia, xv suppl. (1961); I. Paar, in Chiron, ix (1979), pp. 215 sgg.
Il vincitore si ritira.
Per lapparato decorativo del tempio di Apollo sul Palatino, cfr.
Zanker, Apollontempel; H. Jucker, in Museum Helveticum, xxxix
(1982), pp. 82-100.
Sui tripodi, cfr. Schneider, pp. 58 sgg., con ulteriore bibliografia,
cfr. ancora Id, p. 75 per la combinazione tripode-grifi. Per i tripodi sui
vasi aretini cfr. C. H. Chase, Museum of Fine Arts Boston. Catalogue

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Arretine Pottery, Boston 1975, tavv. 4, 6, 1o; A. Ox, in BJb, cxxxviii (1933), p. 92.
Sulliconografia delle prime tazze aretine, cfr. G. Pucci, in Lart
dcoratif Rome, Roma 1981, pp. 101 sgg. Il valore simbolico del
tripode in relazione al programma di rinnovamento religioso oggetto di unanalisi approfondita nella dissertazione di O. Drger (Mnchen
1987).
Sui candelabri cfr. Cain, Rmische Marmorkandelaber cit. (cfr. anche
pp. 78 sgg. sul betilo e la Sfinge).
Sulla meta Albani, cfr. ABr, nn. 4519-21; W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen Reliefs, Berlin 1959, p. 154. Nonostante le
immagini dionisiache il monumento potrebbe essere consacrato ad
Apollo. Sul culto tributato ad Apollo dai seguaci di Dioniso esistono
numerosi esempi di prima et imperiale.
Sui pannelli campani del Palatino cfr. G. Carettoni in BdA
(1973), pp. 75-87. Cfr. anche M. J. Strazzulla, in Annali dellUniversit di Perugia, xx (1982-83), pp. 463-87.
Res publica restituta.
Sul significato politico e la storia degli honores conferiti a Ottaviano
nel 27 a. C., cfr. A. Alfldi, Die monarchische Reprsentation im rmischen Kaiserreich, Darmstadt 1971; Id., Die zwei Lorbeerbume des
Augustus, Bonn 1973; Id., Der Vater des Vaterlandes im rmischen
Denken, Darmstadt 1971. Per la bibliografia pi recente, cfr. Kienast,
pp. 67 sgg.
Sulleffigie di C. Lentulo, cfr. C. Vermeule, in Numismatica
(1966), pp. 5-11; S. Walker e A. Burnett, The Image of Augustus, London 1981, p. 28.
Sul clipeus virtutis, cfr. Hlscher, Victoria, pp. 98 sgg.; A. Wallace
Hadrill, The emperorand bis virtues, in Historia, xxx (1981), pp. 298
sg.
Per il motivo di Venere sullo scudo cfr. H.P. Laubscher, JdI, lxxxix
(1974), p. 255.

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Il titolo di Augusto e il nuovo ritratto.
Sul nome Augusto, cfr. bibliografia in Kienast, pp. 79 sgg.
Sul ritratto di Augusto, cfr. Die Bildnisse des Augustus, catalogo
della mostra alla Gliptoteca di Monaco, 1979 (a cura di K. Vierneisel
e P. Zanker). Cfr. anche Fittschen-Zanker I, nn. 1 sgg. Sul Doriforo
di Policleto cfr. H. von Steuben, Der Kanon des Polyklet, 1973.

IV.

Il programma di rinnovamento culturale

1. pietas.
Cfr. K. Latte, Rmische Religionsgeschichte, Mnchen 1967, pp.
294 sgg.; Kienast, pp. 185 sgg.; A. D. Nock, Religious Development
from the Close of the Republic to the Death of Nero, in Cambridge
Ancient History, Cambridge 934, vol. X, pp. 465 sgg.; J. A. North,
Conservation and change in Roman religion, BSR, xliv (1976), pp. 1-12;
G. Liebeschtz, Continuity and Change in Roman Religion, Oxford
1979. Su Varrone cfr. RE, supplemento vi (1935), coll. 1172 sg. (H.
Dahlmann).
Aurea Templa.
Cfr. Gros, Aurea Templa. Sulla fortuna del marmo nelledilizia
romana e sullo sfruttamento intensivo delle cave di Luni, cfr. H. Cain,
Rmische Marmorkandelaber cit., pp. 9 sgg.; D. e F. Kleiner, in AA
(1975), pp. 250 sgg.
Sulla cosiddetta Ara Pietatis, cfr. Torelli, p. 63 sgg.; G. Koeppel, in
BJb, clxxxiii (1983), pp. 98-116.
Sulliconografia cfr. J. A. North, Sacrifical scenes in Roman reliefs,
in Acta XI Intern. Congr. Class. Arch. (1978), pp. 273 sg.
Sulla cerchia dei poeti, cfr. J. Griffin, Augustus and the Poets: Caesar qui cogere possit, in F. Millar e E. Segall (a cura di), Caesar Augustus, Seven Aspects, Oxford 1984, pp. 189-218.
Sui singoli luoghi di culto, cfr. la bibliografia riportata in PlatnerAshby e Nesh.

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Per la bibliografia pi recente, cfr. BullComm, lxxxix (1984).
Su Augusto e le divinit egizie, cfr. P. Lambrechts, Augustus en de
Egyptische Goodsdienst, Bruxelles 1956.
Sulla Magna Mater, cfr. K. Schillinger, Untersuchungen zur Entwicklung des Magna-Mater-Kultes im Westen, 1978, pp. 333 sgg. Sui risultati degli scavi pi recenti riferisce P. Pensabene, in aa.vv., Roma.
Archeologia cit., vol. I, pp. 179 sgg. Sulla rivalutazione di Cibele in et
augustea, cfr. T. P. Wiseman, Cybele, Virgil and Augustus, in T. Woodman e D. West (a cura di), Poetry and Politics in The Age of Augustus,
Cambridge 1984, pp. 117-28.
Nuovi programmi figurativi.
Sul programma statuario che compare sulla moneta col tempio della
Concordia, cfr. Gros, Aurea Templa, p. 92; Zanker, Forum Romanum
cit., 1972, p. 22; C. Gasparri, Aedes Concordiae Augustee, Roma 1979.
Per il gruppo dellacroterio, cfr. una moneta coniata da Caligola in
onore della sorella, in cui compare un gruppo di tre divinit femminili:
cfr. J. P. C. Kent (e altri), Die rmische Mnze, Mnchen 1073, n. 168.
Sulle basi decorate come la cosiddetta Ara Grimani cfr. H. von Hesberg, in RM, lxxxvii (1980), pp. 255-86.
Sul Foro di Augusto, cfr. P. Zanker, Forum Augustum, 1968; P.
Gros e G. Sanson, in Katalog Berlin, pp. 48-68.
Feste e rituali.
Per il calendario festivo, cfr. V. Ehrenberg e A. H. M. Jones, Documents Illustrating the Reigns of Augustus and Tiberius, 1976, pp. 32 sgg.;
P. Herz, Kaiserfeste der Principatszeit, in ANRW, II, 16, 2 (1978), pp.
1135-200; cfr. anche Ovidio, Fasti e H. H. Scullard, Rmische Feste,
Kalender und Kulte, Mainz 1985.
Sugli abitanti interni cfr. Gros, Aurea Templa. Sulla cella del tempio di Apollo Sosiano, cfr. Amazzonomachia cit., p. 91.
Sulle supplicationes, cfr. RE A 4, coll. 942 sgg. (Wissowa).
Sulle opere darte raccolte da Tiberio nel tempio della Concordia,
cfr. G. Becatti, ACl, xxv-xxvi (1973-74), pp. 18-53.
Cfr. Th. Kraus, Die Ranken der Ara Pacis, 1953; Ch. Borker, JdI,
lxxxviii (1973), pp. 283-317.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Per il santuario di Ercole sul Tevere, cfr. E. La Rocca, La riva a mezzaluna, Roma 1984, pp. 62 sg., tavv. 9 sg.
Le alte cariche sacerdotali.
Cfr. J. Scheid, Les prtres officiels sous les empereurs julio-claudiens,
ANRW, 16, 1 (1979), pp. 610-54; F. Millar, The Emperor in the Roman
World, London 1977, p. 355.
Sui fratres Arvales, cfr. J. Scheid, Les frres Arvales, Paris 1975; E.
Olshausen, ber die rmischen Arvalbruder, in ANRW, 16, 1 (1979),
pp. 820 sgg.
Sui collegi sacerdotali raffigurati nellAra Pacis, cfr. Torelli, pp. 27
sgg.; E. Simon, Ara Pacis Augustae, Tbingen 1967; S. Settis, in Katalog Berlin, pp. 400-25.
Sulliconografia dei XV viri sacris faciundis e sulla base per tripode,
cfr. H. R. Gotte, in AA (1984), pp. 573-89; cfr. anche il lavoro sopra
citato di O. Drger (note alla p. 91).
Il nesso tra il simbolismo apollineo e i simboli di fecondit (la corona
di spighe, i candelabri con motivi vegetali), potrebbe rimandare ai ludi
saeculares, organizzati dai XV viri sacris faciundis. Poich di questa base si
conoscono diverse repliche con la stessa iconografia, potrebbe trattarsi di
una serie votiva in molti esemplari (forse esposti nel tempio di Apollo).
Sulliconografia dei Salii cfr. Th. Schaefer, in JdI, xcv (1980), pp.
342-73.
Sul fregio proveniente dal Portico di Ottavia, cfr. T. Hlscher, in
JdI, xcix (1984), pp. 204 sgg.
Sacerdozio e status sociale.
Sul denaro con gli attributi sacerdotali, cfr. Zwierlein-Diehl cit., pp.
412 sg.
Per le statuette del genius, cfr. H. Kunckel, Der rmische Genius,
Heidelberg 1974.
Sui Lupercali, cfr. Ch. Ulf. Das rmische Lupercalienfest, Darmstadt
1982.
Sui collegi dei compitalia e le cappelle dedicate ai Lari, cfr. Kienast,
p. 164. La bibliografia sugli altari dei Lari ora raccolta in M. Hanno,
in ANRW II 16,3 (1986), pp. 2334-381.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Sullaltare dei vicomagistri in Vaticano cfr. Hlscher, Staatsdenkmal,
p. 27, figg. 35 sg.; Id., in Katalog Berlin, p. 394.
Sul Compitum Acili, cfr. A. M. Colini e A. M. Tamassia, in BullComm, lxxviii (1961-62), pp. 147-63; Anne Epigraphique (1964),
n. 77, p. 33; H. V. Hesberg, in Katalog Berlin, p. 398.
Per laltare del collegio dei carpentieri, cfr. G. Zimmer, Rmische
Berufsdarstellungen, Berlin 1982, p. 162, n. 84; Helbig II, n. 1238 (E.
Simon).
Sugli oggetti votivi offerti da e per Augusto, come la base di N. L.
Hermeros, cfr. il contributo di S. Panciera, in Archeologia Laziale III,
Roma 1980, pp. 202 sgg.
Sul motivo degli uccelli che si abbeverano cfr. F. Sinn-Henninger,
Stadtrmische Marmorurnen, Mainz 1987, n. Cat. 10.

2. publica magnificentia.
Per la bibliografia sulla politica economica di Augusto, cfr. Kienast,
p. 311; M. Torelli, in Katalog Berlin, pp. 23-48.
Sulla Porticus Liviae, cfr. M. Boudreau Flory, in Historia, xxxiii
(1984), pp. 309 sgg.; P. Zanker, in aa.vv., Urbs. Espace urbain et histoire, Roma 1987.
Su Vedio Pollione, cfr. R. Syme, in JRS, li (1961), pp. 23-30.
Ville per il popolo.
Sui monumenta Agrippae, cfr. RE A 9 (1961), coll. 1226 sg., s. v.
Vipsanius (R. Hanslik); Roddaz, Marcus Agrippa cit., pp. 231 sgg.
Sullapprovvigionamento idrico, cfr. W. Eck, in aa.vv., Frontinus,
Wassewersorgung im antiken Rom, Mnchen 1983, pp. 47-77 (anche
sugli impianti per uso privato).
Sul Pantheon cfr. F. Coarelli, in aa.vv., Citt e architettura nella
Roma imperiale, Roma 1983, pp. 41-46.
Sul gruppi pedagogici, cfr. M. Bieber, Sculpture of the Hellenistic
Age, 1981, p. 135, fig. 628; HBr, pp. 109 sgg., tav. 82.
Sugli Horrea Agrippiana, cfr. Kienast, pp. 166 sgg.; H. Bauer e altri,
ACl, xxx (1978), pp. 31 sgg.; G. Rickmann, The Corn Supply of Ancient
Rome, Oxford 1980, pp. 6o sgg., 179 sgg.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


La presenza della famiglia imperiale nellimmagine urbana.
Per la bibliografia pi recente sullattivit edilizia di Augusto a
Roma, cfr. Kienast, pp. 336 sgg.; F. Coarelli, in Katalog Berlin, pp.
68-8o.
Sul Miliarium aureum cfr. Zanker, Forum Romanum cit., p. 24, fig.
41. Sul Solarium Augusti (figg. 116 sg.), cfr. E. Bchner, in RM, lxxxiii (1976), pp. 319 sgg. e lxxxvii (1980), pp. 355 sgg.
Sulla decorazione statuaria dei portici nel Campo di Marte, cfr.
Pape, Griechische Kunstwerke cit.
Sul confronto con Alessandro, cfr. D. Kienast, in Gymnasium,
lxxvi (1969), pp. 430-56.
Applauso e ordine.
Cfr. H. Kloft, Liberalitas Principis, Kln 1970; P. Veyne, Le pain et
le cirque, Paris 1976 (in particolare le pp. 701 sgg.); J. Deininger, Brot
und Spiele. Tacitus und die Entpolitisierung der plebs urbana, in Gymnasium (1979), pp. 278 sgg.; R. Gilbert, Die Beziehungen zwischen
Princeps und stradtrmischen Plebs im frhen Principat, Bochum 1976.
Sul sostegno dato al regime dalla poesia e dal teatro, cfr. Syme, The
Roman Revolution cit., e in particolare il famoso capitolo The organisation of opinion, pp. 459 sgg.; cfr. anche K. Quinn, The Roman Writers and their Audience, London 1979; Id., in ANRW 30, 1 (1982), pp.
75 sgg.
Sulla lex Iulia theatralis, cfr. E. Rawson, Discrimina ordinum, in BSR
(1987), pp. 83-114; Kienast, p. 169; T. Bollinger, Theatralis licentia,
1969.
Sulla struttura sociale, cfr. Alfldi, Rmische Sozialgeschichte cit.
Cfr. anche Id., Die rmische Gesellschaft, Stuttgart 1986, pp. 69 sgg.
Immagine urbana e ideologia.
Cfr. H. V. Hesberg, in Katalog Berlin, pp. 93-115; T. P. Wiseman,
Strabo on the Campus Martius, in Liverpool Classical Monthly, luglio
1979, pp. 129-34.
Per i progetti urbanistici di Cesare, cfr. la documentazione raccolta in Yavetz, Csar cit., pp. 159-61.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Sulla riforma dei quartieri, cfr. Kienast, p. 164; RE 8 A 2 (1958),
col. 2480, s. v. Vici magistri (J. Bleicken).
Cfr. ancora H. Vetters, Die rmerzeitlichen Bauvorschriften, in aa.vv.,
Festschrift B. Neutsch, Innsbruck 1980, pp. 477 sgg.; e infine lo studio
cit. di La Rocca in Urbs cit., pp. 347-72.

3. mores maiorum.
La riforma dei costumi.
Cfr. A. Wallace-Hadrill, in Proceedings of the Cambridge Philological Society, xxvii (1981), pp. 58-8o; D. Norr, in aa.vv., Freiheit
und Sachzwang. Festschrift H. Schelsky, Opladen 1977, pp. 309-34;
Kienast, p. 137.
Sulle phalerae in vetro cfr. A. Alfldi, in Ur-Schweiz, xxi
(1957), pp. 8o sgg.; H. Jucker, in Schweizer Mnzbltter, xxv
(1975), pp. 50 sgg.; si veda anche lo studio di D. Boschung, Rmische
Glosphalerae, in BJb, vol. 187 (1987), pp. 193-258.
Il princeps come modello.
SullAra Pacis e laltare dei dodici di, cfr. H. Thompson, in Hesperia, xxi (1952), pp. 79 sgg.; A. Borbein, in JdI, xc (1975), p. 246
(con illustrazione).
SullAra Fortunae Reducis, cfr. Torelli, pp. 28 sg. Cfr. anche i frammenti di un altro altare marmoreo augusteo conservati a Villa Borghese: G. Moretti, Ara Pacis Augustae, Roma 1948, pp. 190 sg.
Sui conii monetari, cfr. M. Fullerton, in AJA, vol. 89 (1985), pp.
473-83; Kienast, p. 324.
Sulliscrizione di C. Naevius Surdinus, cfr. Coarelli, Foro II, pp. 211
sgg. Sulle statue di barbari nella Basilica Aemilia, cfr. Schneider, pp.
117 sgg.
Per il teatro di Balbo, cfr. G. Gatti, in MEFRA, xci (1979), p. 237
sgg.; D. Manacorda, Archeologia urbana a Roma. Il progetto della cripta Balbi, 1982.
Sul terzo tipo ritrattistico di Augusto cfr. Fittschen-Zanker I, n. 8.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Toga e stola.
Sulla toga si veda F. W. Goethert, in RM, liv (1939), pp. 176-219.
La tesi di laurea di H. R. Goette (Gttingen 1985) ancora inedita.
Sulla stola, cfr. RE A 4 58 sgg., s. v. Stola (M. Bieber); W. Stroh,
Ovids Liebeskunst und die Ehegesetzgebung des Augustus, in Gymnasium, lxxxvi (1979), pp. 343-52.

V.

Lo scenario mitico del nuovo Stato


1. aurea aetas.
Si inaugura let delloro.

Sui ludi saeculares, cfr. CIL VI n. 32323; Th. Mommsen, Gesammelte Schriften, Berlin 1913, vol. VIII, pp. 567-626. Cfr. anche Helbig III, n. 2400 (H. G. Kolbe); A. Wallace-Hadrill, The Golden Age
and Sin in Augustan ideology, in Past and Present, xcv (1982), pp.
19-36; Kienast, pp. 99-187.
Sul gruppo statuario del tempio di Apollo cfr. p. 256. La Sibilla compare sulla Base di Sorrento: cfr. G. E. Rizzo in BullComm, lx (1932),
pp. 7 sgg.; M. Guarducci, in RM, lxxviii (1971), pp. 90 sgg.; T.
Hlscher, in Katalog Berlin, p. 375.
A proposito della moneta della fig. 134, cfr. un rilievo arcaicizzante
coevo raffigurante il sacrificio di un maiale: cfr. F. Willemsen, AM,
vol. 76 (1961), pp. 209 sgg., tav. daggiunta 93.
Fecondit e pienezza.
Sul cosiddetto rilievo della Tellus, cfr. Simon, Ara Pacis cit., p. 25.
Per lidentificazione della figura come Pax, cfr. Torelli, pp. 38 sgg.; cfr.
anche ad esempio Tibullo I 10, 67 sg. o Germanico, Arat. 96 sgg.; S.
Settis, in Katalog Berlin, pp. 400-26.
Sulla cosiddetta Ara Grimani e il rilievo di Palestrina, cfr. V. M. Strocka, in Antike Plastik, iv (1965), p. 87, tavv. 53 sgg.; F. Zevi, in
Prospettiva, vii (1976), pp. 38-41; A. Giuliano, in Xenia, ix (1985),
pp. 41-46. Una datazione augustea mi sembra senzaltro possibile.

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Sul rilievo con motivi vegetali proveniente da Falerii, cfr. A. Giuliano, in Prospettiva, v (1976), pp. 54 sg.; L. di Stefano Manzella,
in Mem. Pont. Acc., serie III, xii (1979), 2, pp. 96 sg.
I tralci del paradiso.
Cfr. Kraus, Die Ranken cit.; Ch. Borker, in JdI, lxxxviii (1973), pp.
283-317; A. Busing, in AA (1977), pp. 247-57. Sul significato simbolico dei tralci, cfr. H. P. LOrange, in ActaAArtHist, 1 (1962), pp.
7 sgg. Cfr. anche lo studio recente di G. Sauron, in Comptes Rendus
de lAcadmie des Inscriptions et des Belles Lettres de Paris (1982),
pp. 81-101, la cui interpretazione non tuttavia suffragata, a mio
parere, dallevidenza empirica.
Sul fregio del tempio di Cesare, cfr. Hlscher, Staatsdenkmal, p. 20,
fig. 28. Sul rilievo della fig. 142 cfr. la tesi di laurea di A. Schmid-Colinet, Antike Sttzfiguren, Kln, p. 236.
Cfr. K. Fittschen, Zur Panzerstatue in Cherchel, in JdI, xci (1976),
p. 181, fig. 5.
Per le decorazioni a girali dacanto sulle calzature delle statue cfr.
ibid., p. 201.
Vittoria e pace.
Per una bibliografia storica sulla cosiddetta vittoria sui Parti cfr. M.
Wissemann, Die Parther in der augusteischen Dichtung, 1982; Kienast,
pp. 283 sg.
Sullideologia della vittoria cfr. Hlscher, Victoria; J. R. Fears, The
Theology of Victory at Rome, in ANRW II 17, 2 (1981), pp. 827-948.
Sulle testimonianze archeologiche relative alla vittoria sui Parti,
cfr. Schneider, pp. 29 sgg. e passim (con ampia bibliografia). Cfr. ibid.
anche per il motivo del nemico in ginocchio.
La figura arcaicizzante di Marte documentata anche in statuette
di bronzo e terrecotte, su gemme, lampade e vasi, il che fa supporre
lesistenza di un modello comune: lo stile misto classico-arcaicizzante
documentato dalle versioni migliori sembra rimandare a un originale
augusteo. Si veda anche A. Leibundgut, Die rmischen Bronzen der
Schweiz, 1980, vol. III, n. 11. Di particolare interesse il n. 47 del cat-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


alogo Sotheby, New York, 30 maggio 1956. Per quanto riguarda lArco dei Parti sul Foro Romano, si sa per certo che larco era situato iuxta
aedem Divi Iulii; invece controverso su quale lato del tempio si trovasse. Cfr. le suggestive ipotesi di F. Coarelli, Foro II, pp. 258 sgg.,
che localizza larco tra il tempio di Cesare, la basilica Emilia e la Porticus Gaii et Luci Caesaris, e fornisce anche una nuova interpretazione
alle monete. Cfr. in questo senso P. Gros, in Gnomon (1986), pp.
58-64.
Il motivo della pasta vitrea al Museo di Berlino variamente
documentato: cfr. Schneider, pp. 38, 48, 91.
Sulla statua loricata di Augusto dalla villa di Prima Porta, cfr. la
bibliografia di H. Jucker, in Hefte des archologischen Seminars der
Universitt Bern, III (1977), pp. 16 sgg. Per linterpretazione e la
datazione della statua sono persuasivi gli argomenti ad esempio di K.
Fittschen, in JdI, xci (1976), pp. 203 sgg.; cfr. anche H. Drerup, in
MM, xii (1971), pp. 143 sg. Per la diversa concezione greca e latina
del rilievo figurato cfr. H. Meyer, Kunst und Geschichte, Mnchen
1983, pp. 123 sgg. La sua interpretazione, che tende a isolare limmagine dal contesto ideologico effettivo, non mi sembra tuttavia convincente; cfr. T. Hlscher, in Katalog Berlin, p. 386.
2. il mito, la storia, il presente.
Sul Foro di Augusto, cfr. Zanker, Forum Augustum cit.; V. Kockel,
in RM, xc (1983), pp. 421-48 (per la ricostruzione del tempio e lornamentazione). Cfr. anche J. Ganzert, RM, xcii (1985), pp. 201-19;
J. Gouzert e V. Kochel, in Katalog Berlin, pp. 149-200.
Sul rilievo algerino di Venere e Marte, cfr. K. Fittschen, in JdI, xci
(1976), pp. 82 sgg.; Hlscher, Staatsdenkmal, p. 32, fig. 61; Meyer,
Kunst cit., p. 141; H. G. Martin, in Katalog Berlin, pp. 251-63. Malgrado il dibattito recente, resta valida la vecchia interpretazione di St.
Gsell, secondo la quale il rilievo riproduce il gruppo statuario del tempio di Marte Ultore. Chiedersi se la figura del panneggio alleroica
rappresenti il Divus Julius o un principe della casa giulio-claudia significa non distinguere il modello originale dalla funzione specifica del
rilievo: senzaltro possibile che la figura in questione rappresenti un

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


principe, ad esempio Gaio Cesare dopo la sua morte prematura. Il rilievo potrebbe provenire da un monumento eretto in suo onore e si tratterebbe allora di una attualizzazione del modello romano a livello
provinciale. Il suo scopo non era certo quello di far conoscere in Africa
le bellezze della citt di Roma! La statua loricata di Cherchel solleva
un problema del tutto analogo.
Per la Vittoria di Brescia, cfr. T. Hlscher, in Antike Plastik, x
(1970), pp. 67 sgg.
Per il motivo di Venere con lo scudo cfr. H.P. Laubscher, in JdI,
LXXXIX (1974), p.254.
Sul gruppo statuario della fig. 154 cfr. Helbig III, n. 2132; P.
Zanker, in Entretiens de la Fondation Hardt, xxv (1979), p. 295.
Per la statua colossale di Marte Ultore, cfr. Helbig II, n. 1198; U.
Muller, in BullComm, lxxxvii (1982), p. 135; E. Simon, Marburger
Winckelmannsprogramm, 1981 (con interpretazioni molto speculative
e in parte astruse).
Sulla statua che compare nel frontone del tempio di Marte Ultore,
cfr. P. Hommel, Studien zu den rmischen Figurengiebeln der Kaiserzeit,
Berlin 1954, p. 22; T. Hlscher, in Katalog Berlin, p. 378.
Enea e Romolo.
Sulla tradizione del gruppo di Enea cfr. Lexikon Icon. Myth. (1981),
vol. I, pp. 296 sgg.
Sui fasti trionfali cfr. A. Degrassi, Inscriptiones Italiae, Roma 1947,
vol. XIII, 2. Per il gruppo di Enea e Romolo sullAra Pacis, cfr. Simon,
Ara Pacis cit., pp. 23 sgg.; Moretti, Ara Pacis cit.
Per il rilievo in terracotta con la Lupa e Faustolo, cfr. Rhoden e
Winnefeld, Architektonische rmische Tonreliefs cit., tav. 127, I. Cfr.
anche C. Dulire, Lupa Romana, Bruxelles 1979.
Sul fregio della Basilica Emilia, cfr. G. Carettoni, in RIA, x (1961),
pp. 5 sgg.; Coarelli, Foro II, p. 207; Schneider, p. 118.
Sul rilievo di Palermo con le Vestali davanti ad Augusto, cfr. Hlscher, Staatsdenkmal, p. 31, tav. 54.
Per il rilievo col tempio di Vesta, cfr. G. Mansuelli, Galleria degli
Uffizi, I. Le sculture, Roma 1958, n. 143.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Per i due rilievi con la musa Clio, conservati al Louvre (Cat. Som.,
p. 110, n. 1891 e p. 2, n. 8), cfr. Th. Schreiber, Die hellenistischen
Reliebilder, 1894, tavv. 49 sgg.; 5. Reinach, Repertoire des Reliefs Grecs
et Romains, Paris 1912, vol. II, p. 283; J. Charbonneaux, La Sculpture
Grecque et Romaine au Muse du Louvre, Paris 1963, p. 94.
Sulla figura di Diomede nellarte della prima et imperiale, cfr. C.
Maderna, Juppiter, Diomedes und Merkur als Vorbilder fr rmische Bildnisstatuen, Heidelberg 1988.
Per lEnea dai tratti scimmieschi della, cfr. F. Canciani, in Lexikon
Icon. Myth. Class. I, p. 388, n. 99; Zanker, Forum Augustum cit., p. 35,
nota 169.
Sullaltare funerario col gruppo di Enea, cfr. P. Nlke, in Germania, liv (1976), p. 434, tav. 47, 2.
Unimmagine riveduta della storia romana.
Sulla galleria delle celebrit nel Foro di Augusto, cfr. Degrassi,
Inscriptiones e Zanker, Forum Augustum cit., la bibliografia pi recente
riportata in Schneider, p. 124.
Sul contributo di G. Giulio Igino, cfr. P. I. Schmidt, in RE, supplemento, XV, 1978, s. v. Victor Aurelius, coll. 1655 sgg. In queste
ricostruzioni mancavano, ovviamente, gli avversari diretti di Augusto:
va da s che Bruto e Cassio, come anche Marco Antonio, erano destinati alloblio.
3. principes iuventutis.
Per la bibliografia relativa al problema della successione, cfr. Kienast, pp. 107 sgg.; sulle serie numismatiche, cfr. M. Fullerton, in AJA,
lxxxiv (1985), pp. 473-83.
Per lidentificazione dei bambini sullAra Pacis, cfr. Torelli, pp. 49
sgg.; R. Syme, in AJA, lxxxviii (1984), pp. 583 sgg. J. Pollini, Gaius
und Lucius Caesar, New York 1987, ripropone la tesi gi sostenuta da
E. Simon secondo cui si tratterebbe di principi barbari. Largomento
decisivo sarebbe la grandezza delle due figure: troppo piccole per let
dei due principi di casa imperiale (rispettivamente sette e quattro
anni). Ma non si pu certo dire che gli artisti dellAra Pacis mirassero

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


a una riproduzione fedele dei loro soggetti, e daltra parte al sentimento
popolare non poteva dispiacere che ne venisse sottolineata proprio la
tenera et; cfr. S. Settis, in Katalog Berlin, pp. 414-16.
Per la bibliografia sullaltare dei Lari conservato agli Uffizi, cfr.
sopra, note alla p. 333 relatativa al Sacerdozio e status sociale.
Sulle date relative alle spedizione di Gaio contro i Parti, cfr. RE,
x, 1919, col. 424, n. 134, s. v., Gaius Julius Caesar (Gardthausen).
Per la statua loricata di Cherchel, cfr. K. Fittschen, in JdI, xci
(1976), pp. 175-210. Il fatto che la Vittoria tenga la corona civica
dietro e non sopra la testa del vincitore un forte argomento a favore
della sua identificazione con Gaio Cesare: il gesto quello adeguato a
un futuro princeps, mentre sarebbe assai difficile riferirlo ad Augusto.
In questo caso, poi, non chiaro di quale vittoria potrebbe trattarsi.
E daltra parte la dea non raffigurata sulla sphaera come la Vittoria
di Cesare Augusto sul noto denaro di C. Lentulo dellanno 12 a. C.
Tiberio e Druso generali dellimpero.
Sulle guerre di espansione nel Nord, cfr. Kienast, pp. 293 sgg.
Per la serie numismatica di Lione cfr. Kraft, Zur Mnzprgung cit. pp.
235 sgg.; Giard, pp. 199 sg., n. 1366, tav. 55; H. Gabelmann, Antike
Audienz- und Tribunalszenen, Darmstadt 1984, p. 118, tav. 12, 4.
Tiberio come successore.
Sulle tazze di Boscoreale, cfr. T. Hlscher, in JdI, xcv (1980), pp.
281 sgg.; J. Pollini, Studies in Augustan; historical reliefs (tesi di laurea), 1978, pp. 173-255; Gabelmann, Antike cit., pp. 127 sg.; F. Baratte, Le trsor dorfvrerie romaine de Boscoreale, Paris 1986. Gabelmann
propone di datare le tazze allet di Claudio, ma si tratta di una tesi
poco convincente, basata su criteri puramente stilistici che presupporrebbero oltretutto lesistenza di uno stile augusteo unitario e uno
sviluppo stilistico coerente. Ma le cose non stanno cos: si pensi solo
alla mescolanza di stili presente sullAra Pacis. E. Knzl ritiene giustamente che i rilievi di Boscoreale possano riprendere il soggetto di
grandi quadri storici (BJb, 1969, p. 364); ed ovvio che lo stile dei toreuti risulti condizionato dallo stile dei loro modelli. Anche se le tazze

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


fossero state realizzate nellet di Claudio, i modelli dovrebbero essere
comunque tardo augustei. Chi avrebbe potuto interessarsi nellet di
Claudio a episodi cos circostanziati della tarda et augustea?
Il ruolo di Giove.
Sulla Gemma Augustea, cfr. H. Khler e A. Rubeni, Dissertatio de
Gemma Augustea, Berlin 1968; Pollini, Studies, p. 173. Per la storia di
questo oggetto unico nel suo genere, cfr. W. Oberleitner, Geschnittene
Steine. Die Prunkkameen der Wiener Antikensammlung, Wien 1985, pp.
40-44. Sul significato dei cammei in generale, cfr. H. Jucker, Der grosse
Pariser Kameo, in JdI, xci (1976), pp. 211-16. Megow, Kameen von
Augustus cit. (sulla Gemma Augustea cfr. p. 155, A 1o).
Sulla cosiddetta Spada di Tiberio, cfr. S. Walker e A. Burnett,
Augustus, London 1981, pp. 49 sgg.; Gabelmaun, Antike cit., p. 124.
Per il Cammeo di Livia conservato a Vienna, cfr. F. Eichler ed E.
Kris, Die Kameen im kunsthistorischen Museum, Wien 1927, p. 57, n.
9, tav. 5; Megow, Kameen von Augustus, p. 254, B 15, tav. 9.
Sulla statua colossale di Cerere Augusta proveniente dal teatro di
Leptis Magna, cfr. G. Caputo e G. Traversari, Le sculture del teatro di
Leptis Magna, Roma 1976, p. 76, n. 58, tavv. 54 sg.; S. Sande, in
ActaAArtHist, v (1985), pp. 156 sg. Sul tipo ritrattistico della statua,
cfr. Fittschen-Zanker III (1983), n. 1.
Sulla difficile situazione economica nella tarda et augustea, cfr. la
bibliografia in Kienast, pp. 311 sgg.

VI.

Il linguaggio formale del nuovo mito

Dionysios of Halicarnossos, The critical essays I, London 1974. Cfr.


U. von Wilamowitz-Moellendorf, Attizismus und Asianismus, in Hermes, xxxv (1900), pp. 1-52; E. Norden, Antike Kunstprosa, LeipzigBerlin 1909; M. Fuhrmann, Einfhrung in die antike Dichtungstheorie,
Darmstadt 1974, pp. 168 sgg. Su Dionigi di Alicarnasso e la disputa
atticismo/asianesimo, cfr. il fascicolo Le Classicisme Rome, in Entretiens Fondation Hardt, xxv (1979). Per una introduzione alla problematica, cfr. soprattutto i contributi di Th. Gelzer e G. Bowersock.

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Il riutilizzo degli originali classici e arcaici.
Sullapparato decorativo del tempio di Apollo, cfr. Zanker, Apollontempel.
Per il gruppo statuario riprodotto sulla Base di Sorrento cfr. G. E.
Rizzo, in BullComm, lx (1933), pp. 7-109; P. Mingazzini ed E. Pfister, Forma Italiae, Firenze 1948, vol. I tomo II, p. 177, n. 16; M.
Guarducci, in RM, lxxviii (1971), tavv. 64 sgg.
Sul classicismo, cfr. B. Schweitzer, Xenokrates von Athen, Knigsberg 1932; ora in Id., Zur Kunst der Antike, 1963, vol. I, pp. 105 sgg.;
F. Preisshofen e P. Zanker, in Dialoghi darcheologia (1970-71), pp.
100 sgg. Cfr. anche F. Preisshofen, in Entretiens de la Fondation
Hardt, xxv (1979), pp. 263-82; T. Hlscher, Rmische Bildsprache als
semantisches system, Heidelberg 1987.
Sulla classica Amazzonomachia raffigurata nel frontone del tempio
di Apollo Sosiano, cfr. La Rocca, Amazzonomachia cit.
Il significato sacrale della forma arcaica.
Non esistono tuttora studi sufficientemente approfonditi sulle sculture arcaicizzanti dellet augustea. In generale, cfr. H. Bulle,
Archaisierendegriechische Rundplastik, Mnchen 1918; E. Schmidt,
Archaistische Kunst in Griechenland und Rom, Mnchen 1922; L.
Beschi, La Spes Castelliani, in aa.vv., Il territorio veronese in et romana,
Verona 1971, pp. 219-50; M. Fullerton, Archaistic Draped Statuary in
the round of classical hellenistic and roman periods, AmArbor (Mich.)
1983 (con accurata bibliografia). Sono debitore di alcune informazioni
preziose a Th. Hohoff, attualmente impegnato in una dissertazione
sulla scultura arcaicizzante.
Per la statua di Artemide proveniente da Pompei VIII, 2 (o 3), cfr.
F. Studniczka, in RM 3 (1888), p. 277; E. Claridge e J. Ward-Perkins
(a cura di), Pompei A.D. 79, Boston 1978 (catalogo della mostra), vol.
II, p. 147, n. 82.
Per il sesterzio di Claudio con la Spes Augusta, cfr. Fullerton, Archaistic Draped, p. 295; M. E. Clark, Spes in the early imperial cult: The hope
of Augustus, in Numen, xxx (1983), pp. 8o-105.
Per la statua di Priapo, cfr. Helbig II, n. 1699; per la testa di Priapo, cfr. ibid., n. 1512.

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Sui pannelli campani del Palatino, cfr. G. Carettoni, in BdA
(1973), pp. 75-87. Queste lastre di rivestimento risultano particolarmente diffuse negli edifici e nelle ville imperiali (o comunque nelle
abitazioni dellalta societ): cfr. in proposito S. Tortorella, Problemi di
produzione e di iconografia, in aa.vv., Lart dcoratif Rome, Roma
1979, pp. 61-110; M. J. Strazzula, in Annali dellUniversit di Perugia, xx (1982-83), pp. 478 sgg.
Le implicazioni morali della forma classica.
Sul tipo figurativo dal panneggio eroico, cfr. H. G. Niemeyer, Studien zur statuarischen Darstellung der rmischen Kaiser, Berlin 1968, pp.
54 sg., 101 sg.; cfr. anche la recensione di K. Fitischen, in BJb, vol.
clxx (1970), p. 545. Per liconografia di Agrippa, cfr. il secondo volume, di prossima pubblicazione, del catalogo Fittschen-Zanker, n. 16.
Sui gruppi con Venere e Marte, cfr. E. Schmidt, in Antike Plastik,
viii (1968), pp. 85 sg., tavv. 6o sgg.; Fittschen-Zanker I, n. 64. Per il
gruppo del Museo delle Terme (Inv. 108522), cfr. Helbig III, n. 2132;
cfr. R. Calza, in Ostia ix (1978), Ritratti II, n. 16, tavv. 11 sg. Non si
tratta di una coppia imperiale ma di due coniu-gi dellalta societ di
Ostia.
Composizioni atticiste.
Sulla pittura classica dellet del Partenone, cfr. i vasi del cosiddetto Pittore delle Niobidi e del Pittore Peleo ed E. Simon, Die
griechischen Vasen, Mnchen 1976, tavv. 190 sgg.
Per le scene erotiche sulle tazze aretine, cfr. A. Greifenhagen,
Beitrge zur antiken Reliefkeramik, Heidelberg 1963; Rmisches im
Antikenmuseum, Berlin 1978 (catalogo della mostra), p. 159.
Sul Vaso Portland, cfr. Simon, Die Portlandvase cit.; cfr. anche D.
E. L. Haynes, The Portland Vase, London 1975, con una rassegna delle
interpretazioni, e lo studio recente di L. Polacco, in Alessandria e il
mondo ellenistico-romano. Studi in onore di Achille Adriani, Roma 1984,
vol. II, p. 729, con una bibliografia aggiornata. Molti interpreti non
hanno resistito alla tentazione di dare un nome preciso alle fisionomie
ideali dei personaggi, sulla scorta della ritrattistica ufficiale idea-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


lizzante. Nella ricerca disperata della giusta interpretazione Polacco
arriva al punto di vedere un berretto orientale sotto la figura della
cosiddetta Arianna. La storia delle interpretazioni del Vaso Portland
meriterebbe comunque uno studio a s.
Il valore simbolico della Citazione.
Sul tempio augusteo della Maison Carre di Nmes, cfr. Gros, Aurea
Templa; H. von Hesberg, in Gttinger Gel. Anz., ccxxxiii (1981),
pp. 218-37; cfr. anche R. Amy e P. Gros, La Maison Carre de Nmes,
Paris, p. 38.
Per le citazioni nellapparato ornamentale del Foro di Augusto cfr.
E. E. Schmidt, Die Kopien der Erechteionkoren, in Antike Plastik,
xiii (1973); B. Wesenberg, in JdI, xcix (1984), pp. 172 sgg.; V. Kockel, in RM, xc (1983), pp. 421-48; Schneider, pp. 103 sgg.
Sul cornicione del tempio della Concordia, cfr. Gasparri, Aedes
Concordiae cit. Per la scelta sempre diversa degli elementi ornamentali
da utilizzare nel fregio e nella trabeazione si confrontino il tempio di
Marte Ultore (Kockel cit.) e il tempio dei Dioscuri (D. Strong e J. B.
Ward Perkins, in BSR, vii (1962), pp. 1 sg.). Nel tempio dei Dioscuri
compaiono gli stessi motivi ornamentali, ma la loro disposizione completamente diversa. Le fasce decorative erano evidentemente intercambiabili, mentre la fila di ovoli poteva coronare anche il fregio baccellato! A differenza del tempio della Concordia, nel tempio dei
Dioscuri la sima decorata solo con gronde a testa di leone, che sono
a loro volta citazioni classiche. La tesi di un lento consolidarsi del
canone formale nella media e tarda et augustea vale senza dubbio per
lordine corinzio allesterno del tempio, ma non per lapparato ornamentale nel suo insieme e per le sue modalit di impiego.
Sui candelabri marmorei, cfr. Cain, Rmische Marmorkandelaber
cit.; P. Zanker, in Entretiens de la Fondation Hardt, xxv (1979),
pp. 283-306.
Per il purismo delle copie augustee, cfr. H. Lauter, Zur Chronologie rmischer Kopien nach Originalen des V. Jh. v. Chr., Bonn 1969. Cfr.
anche P. Zanker, Klassizistische Statuen, Mainz 1974.
Su Atene, cfr. il panorama bibliografico offerto da D. J. Geagan, in
ANRW, 117, I (1979), pp. 378 sgg. e anche H. Thompson, The Odeion

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


in the Athenian Agora, in Hesperia, xix (1959), pp. 31-141; J. Travlos, Bildlexikon zur Topographie des antiken Athens, Tbingen 1971, p.
366 (che riporta anche le sfingi del pulpitum alle figg. 485-87).
Sul tempio di Ares, cfr. H. Thompson, in Agora, xiv (1972), p. 16o;
T. L. Shear jr, in AJA, l (1981), p. 362. Sulla ricostruzione dei vecchi
santuari, cfr. C. P. Jones, in Phoenix, xxxii (1978), pp. 222 sgg.
VII.

Le nuove immagini e la Vita privata

Moda e lealismo.
Per quanto riguarda i ritratti dei personaggi della casa imperiale
esposti nellatrium delle abitazioni private, uno dei primi esempi il
ritratto di Marcello proveniente dalla Casa del Citarista di Pompei: cfr.
Fittschen-Zanker I, n. 19 e inoltre Neudekker, Die Skulpturenausstattung cit.
Sulle pietre intagliate, cfr. M. L. Vollenweider, Die Steinschneidekunst und ihre Knstler in sptrepublikanischer und augusteischer Zeit,
Baden Baden 1966. Sulle paste vitree con ritratti augustei stanno lavorando attualmente C. Maderna e R. M. Schneider sotto la guida di T.
Hlscher. Cfr. intanto i volumi della serie Antike Gemmen in deutschen
Sammlungen, 1968 sgg. (con ulteriore bibliografia).
Per le gemme intagliate, cfr. P. Zazoff, Die antiken Gemmen,
Mnchen 1983; E. Zwierlein-Diehl, in Klner Jahrbcher fr Vorund Frhgeschichte, xvii (1980), pp. 12-53. Cfr. anche in questo volume la bibliografia alla p. 245.
Sullargenteria augustea, cfr. Pernice e Winter, Der Hildesheimer
Siberfund cit.; Gehrig, Hildesheimer Silberfund cit. Sullargenteria
augustea in generale cfr. D. E. Strong, Greek and Roman Silver Plate,
London 1966; E. Kunzl, in BJb, clxix (1969), pp. 321 sgg.; Id., in
Jahrbuch des Rmisch-Germanischen Zeutral museums Mainz, xxii
(1975), pp. 62 sgg.; C. C. Vermeule, Augustan and Julo-claudian Court
Silver, in Antike Kunst, vi (1963), pp. 33 sgg. In questo contesto
andrebbero considerate anche quelle composizioni che stabiliscono un
rapporto giocoso con liconografica politica. Lesempio migliore sono
le tazze Hoby al Museo Nazionale di Copenaghen, su cui cfr. Gabelmann, Antike cit., p. 142.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Una rassegna bibliografica sulle terracotte aretine si trova in M.
Perennius Bargathes, Arezzo 1954, pp. 29 sg. (catalogo della mostra al
Museo Archeologico di Arezzo). Sui modelli in argento delle prime terracotte aretine, cfr. E. Ettlinger, in aa.vv., Gestalt und Geschichte.
Festschrift K. Schefold, Basel 1967, pp. 116 sg.; J. P. Morel, Das Handwerk in augusteischer Zeit, Katalog Berlin, pp. 81-92.
Per le lucerne di terracotta, cfr., Leibundgut, Die rmischen Lampen cit.
Per i mobili e le suppellettili, cfr. V. Spinazzola, Le arti decorative
in Pompei, 1928; Claridge e Ward-Perkins (a cura di), Pompei A. D. 79
cit.; S. Adamo Muscettola, Le ciste di piombo decorate, in aa.vv., La
regione sotterrata dal Vesuvio, Napoli 1982, pp. 701-34.
Gusto e mentalit.
Sulle pitture del secondo stile, cfr. la bibliografia alla p. 322. Sul
nuovo stile augusteo nellambito della pittura parietale, cfr. F. L.
Bastet e M. de Vos, Il terzo stile pompeiano, Roma-Rijkswijk 1979. Le
serie evolutive proposte nel volume di Bastet e de Vos sono state
giustamente criticate: si tratta in effetti di una costruzione artificiosa,
che non tiene conto delle condizioni oggettive della pratica artistica:
cfr. W. Ehrhardt, Stilgeschichtliche Untersuchungen an rmischen Wandmalereien, Mainz 1987.
Uno studio recente che dedica un certo interesse alla rappresentazione dello spazio nella pittura su parete quello di Barbet, La peinture murale cit. Cfr. anche Leach, Patrons, Painters cit.
Sulla critica di Vitruvio, cfr. lo studio recente di H. Knell, Vitruvs
Architekturtheorie, Darmstadt 1985, pp. 161 sgg.
Proiezioni bucoliche.
Cfr. N. Himmelmann, ber Hirten-Genre in der antiken Kunst, in
Abhandlungen der Rhein-westflischen Akademie der Wissenschaften, lxv (1980), p. 113; H. P. Laubscher, Fischer und
Landleute, Mainz 1982; H. von Hesberg, in Mnchner Jahrbucher,
xxxvii (1986), pp. 7-32.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Mentalit e autorappresentazione.
Sui monumenti funerari, cfr. la bibliografia alle pp. 319 sgg.
La bibliografia relativa agli esempi citati si trova ora in Eisner, Zur
Typologie cit.; cfr. anche Hesberg e Zanker (a cura di), Rmische
Graberstrassen cit.
Cfr. W. Eck, Senatorial Self Representation. Developments in the
Augustan Period, in Millar e Segall (a cura di), Caesar Augustus cit., pp.
129-67.
Per un esempio di sepoltura famigliare, cfr. D. Boschung, berlegungen zum Liciniergrab, in JdI, ci (1986), pp. 257 sgg.; Nash II, p.
374.

VIII.

La diffusione del mito imperiale

La reazione dei Greci.


Il brano di Nicola di Damasco ripreso da F. Jacoby (a cura di), Die
Fragmente der griechischen Historiker, Berlin 1926, vol. II A, nn. 90,
125. Cfr. G. Bowersock, Augustus in the Greek World, Oxford 1965.
Sul culto imperiale in Oriente, cfr. ora la stimolante monografia di
S. R. F. Price, Rituals and Power. The Romam Imperial Cult in Asia
Minor, Cambridge 1984, a cui rimandiamo anche per la bibliografia.
Cfr. anche i saggi di F. Millar e G. Bowersock in Millar e Segall (a cura
di), Caesar Augustus cit. Per unulteriore bibliografia, cfr. anche Kienast. Sul culto ellenistico del sovrano, cfr. Ch. Habicht, Gttmenschentum und griechische Stdte, 1970.
Per le testimonianze archeologiche, cfr. lelenco di monumenti riportato in C. Vermeule, Roman Imperial Art in Greece and Asia Minor,
Cambridge (Mass.) 1968.
Sullubicazione dei templi dedicati al culto imperiale in Oriente e
in Occidente, cfr. H. Hnlein-Schfer, Veneratio Augusti. Studien zu den
Templen des ersten rmischen Kaisers, Roma 1985, pp. 23 sgg.
Su Efeso, cfr. W. Jobst, in IstMitt, xxx (1980), pp. 241 sgg.
I ritratti dellAsia Minore sono raccolti in J. Inan ed E. Rosenbaum,
Roman and Early Byzantine Portrait Sculpture in Asia Minor, London

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


1966; cfr. J. Inan ed E. Alfldi-Rosenbaum, Rmische und frhbizantinische Portrtplastik aus der Trkei. Neue Funde, Mainz 1979.
Sul monumento dedicato alla vittoria sui Parti (Efeso) cfr. W. Oberleitner e altri, Funde aus Ephesos und Samothrake, Wien 1978, pp. 68-94.
Le citt fanno a gara nel culto dellimperatore.
Sul culto imperiale sotto Augusto, cfr. Ch. Habicht, in Le culte des
souverains dans lempire romain, Genve 1973, pp. 39 sgg.; Kienast, pp.
202 sgg. Sul culto imperiale nelle citt romane dellOccidente, cfr. lelenco, ormai datato, di L. Ross Taylor, The Divinity of the Roman
Emperor, 1931. Per la bibliografia archeologica pi recente, cfr. Hnlein-Schfer, Veneratio Augusti cit. pp. 64 sg.
Per il premio assegnato a Paolo Fabio Massimo, cfr. Kienast, p. 204.
Sui santuari a terrazze repubblicani nellItalia centrale, cfr. Gros,
Architecture et socit cit.; F. Coarelli, in aa.vv., Les Bourgeoisies
municipales italiennes aux ii et ier sicles av. J. C., Napoli-Paris 1983, pp.
217-40.
Sulla tabula Siarensis, cfr. J. Gonzales, in Zeitschrift fr Papirologie und Epigraphik, lv (1984), pp. 55-100.
Sugli altari di Palestrina, cfr. F. Zevi, in Prospettiva, vii (1976),
pp. 38-41.
Sulla Maison Carre, cfr. Amy e Gros, La Maison Carre cit., pp. 188
sg. Sul Foro di Pompei, cfr. A. Mau, Pompeji in Leben und Kunst,
Leipzig 1908, pp. 90 sgg., 129 sgg. Sui singoli edifici del Foro, cfr.
Hnlein-Schfer, Veneratio Augusti cit., p. 133; P. Zanker, Pompeji.
Stadtbilder als Spiegel von Gesellschaft und Herrschaftsform, Mainz 1988,
pp. 26-40. La datazione degli edififivi sul lato ovest in parte controversa e richiede nuove ricerche. Il muro di cinta del cosiddetto tempio
di Vespasiano coincide col lato esterno meridionale delledificio di
Eumachia: laltare riparato, le parti in marmo parzialmente rinnovate
suggeriscono lipotesi di un restauro dopo il terremoto del 62 d. C. Secondo le osservazioni di M. Pfanner il portico orientale non era continuo: la facciata dei due edifici dedicati al culto imperiale poteva
essere scoperta. Laltare posto al centro del Foro, davanti alle due facciate, non poteva essere quello del tempio di Giove perch laltare di
questultimo era integrato nella scalinata del tempio stesso.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Sul tempio della Fortuna Augusta a Pompei, e pi in generale sui
luoghi di culto legati alla figura di Augusto, cfr. Hnlein-Schfer, Veneratio Augusti cit.
Sui cantieri itineranti, approntati per la costruzione dei nuovi edifici, ricca di informazioni la dissertazione ancora inedita di H. Heinrich (Mnchen 1985).
Le lites urbane e il programma augusteo.
Sul culto augusteo istituito a Tivoli da M. Varenus, cfr. C. F. Giuliani, Tibur I. Forma Italiae I, 7, Roma 1970, pp. 62 sgg., 67. Per la statua cfr. R. Paribe-ni, in NSc (1925), pp. 249 sg., fig. 7; A. Dahn, Zur
Ikonographie und Bedeutung einiger Typen der rmischen mnnlichen Portratsstatuen (tesi di laurea), Marburg 1973, pp. 5 sgg., 64 sg.
Sulla tipologia delle statue di Leptis Magna, cfr. Niemeyer, Studien
zur statuarischen Darstellung cit., pp. 104 sg., in particolare nn. 89 sg.
Sugli Augustales e collegi affini, cfr. K. Latte, Rmische Religion,
Mnchen 1960, p. 307 (con bibliografia); P. Kneissl, in Chiron, x
(1980), pp. 291 sgg.; Kienast, p. 209; cfr. anche la rassegna critica di
R. Duthoy, in ANRW, II 16,2 (1978), pp. 1254-309.
Sulla gens Holconia, cfr. J. dArms, Pompei and Rome in the Augustan Age and Beyond: the Eminence of the Gens Holconia, di prossima
pubblicazione in aa.vv., Festschrift fr F. Jashemski.
Sulle magistrature sacerdotali, cfr. D. Ladage, Stdtliche Priester und
Kultmter im lateinischen Westen in der rmischen Kaiserzeit, Diss. Kln
1971. Cfr. D. Fishwich, The Imperial Cult in the Latin West, vol. I,
Leida 1987; Id., in MM, xxiii (1982), pp. 222-33.
Sulle statue onorarie di personaggi dellalta societ, cfr. Zanker
1983, pp. 251-66.
Marmo e autocoscienza.
Cfr. in generale E. Gabba, Italia Augusta, in Mlanges Carcopino,
Paris 1966, pp. 917-26; Id., in Zanker (a cura di), Hellenismus in Mittelitalien cit., pp. 315-26. Cfr. la bibliografia in Kienast, pp. 344 sgg.
Sullarchitettura teatrale, cfr. G. Bejor, Ledificio teatrale

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nellurbanizzazione augustea, in Athenauem , lvii (1979), pp. 126-38.
Sullarredo statuario dei teatri, cfr. Fuchs, Untersuchungen cit.
Sulla disposizione dei posti a teatro, cfr. E. Rawson, BSR, vol. 55
(1987), pp. 83-114.
Per le differenze tra il teatro greco e quello romano, cfr. M. Bieber,
The History of the Greek and Roman Theatre, Princeton 1971.
Tra i primi esempi a noi noti di statue imperiali provenienti da una
scaenae frons vanno annoverati i ritratti del teatro di Volterra, il cui
costruttore A. Caecina era in stretto contatto con Augusto: cfr. O.
Luchi, in Prospettiva, viii (1977), pp. 37 sgg.; Fuchs, Untersuchungen cit., p. 99.

Conclusione
Cfr. T. Hlscher, Rmische Bildsprache cit.

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