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Il Capitolare di Kiersy (o Capitolare di Quierzy) un testo normativo promulgato il 14 giugno 877 nella citt di Quierzysur-Oise da Carlo il Calvo che sanc, di fatto, il passaggio per eredit delle cariche feudali maggiori.
Carlo venne dunque incontro alle richieste dei grandi feudatari, che volevano essere rassicurati su quanto sarebbe accaduto
mentre essi erano al seguito dell'imperatore. Il risultato dell'assemblea di Kiersy fu dunque un capitolare, che stabil i limiti
entro cui il reggente poteva muoversi, garantendo lo status quo fino al ritorno del sovrano.
Per quanto riguarda la successione dei feudi, la nona disposizione del capitolare stabiliva che, nel caso fosse morto un conte
il cui figlio si trovasse al seguito dell'imperatore o nella minore et, il reggente non avrebbe potuto nominare un successore,
essendogli solo concesso di procedere ad un'amministrazione provvisoria della contea, fino al ritorno del re.
Pi in particolare le procedure erano le seguenti:
- In caso di morte di un conte il cui figlio si trovasse al seguito dell'imperatore, il reggente avrebbe dato l'incarico di
amministrare provvisoriamente la contea ai parenti pi prossimi del defunto, al vescovo della diocesi in cui si trovavano i
territori in questione ed ai ministeriali della contea stessa, fino a quando l'imperatore non avesse disposto in proposito;
- Se il conte defunto avesse avuto un figlio nella minore et, questi avrebbe amministrato provvisoriamente la contea,
assistito dal vescovo e dai ministeriali;
- Se il conte fosse morto senza figli, il reggente avrebbe nominato un amministratore della contea, che avrebbe svolto il suo
compito assieme al vescovo ed ai ministeriali;
Il re esprimeva poi la volont che anche i conti ed i signori ecclesiastici adottassero disposizioni simili nei confronti dei loro
uomini.
Nella decima disposizione si stabiliva inoltre che, dopo la morte del re, se uno dei feudatari avesse voluto ritirarsi in convento,
avrebbe potuto liberamente lasciare i suoi honores ai figli o ai parenti.
2 La Constitutio de feudis o Edictum de beneficiis regni Italici un documento emanato dall'Imperatore del Sacro Romano
Impero, Corrado II il salico, il 28 maggio 1037 a Cremona, in concomitanza con l'assedio di Milano. Il documento viene
redatto allo scopo di smorzare le ribellioni dei vassalli italiani dell'imperatore e va a regolare il diritto di successione feudale
per i feudi minori. In precedenza, il diritto di successione era regolato solo per i feudi maggiori, tramite il Capitolare di
Quierzy emanato, nell' anno 877, dal re franco Carlo il Calvo. Nella Constitutio de feudis vengono estesi ai vassalli minori i
benefici di cui godevano i grandi feudatari del sovrano, equiparando le gerarchie feudali. I feudatari minori possono ora
venire giudicati da loro pari e far ereditare i loro possessi ai propri figli, anche se donne o minori. Viene mantenuto un
vincolo di tutela dei feudatari maggiori sui feudi dei loro vassalli (cos come viene mantenuto per il reggente sui feudatari
maggiori) riconoscendo ai signori il diritto di fissare una tassa sull'eredit del feudo del vassallo sottoposto, conservare il
controllo del feudo fino alla maggiore et dell'erede, se minorenne, o fino a che, se donna, non abbia sposato un partito
gradito.
sovrano e che ora invece si comportava come se nel proprio feudo egli fosse una
sorta di imperatore minore, allora tutti potevano agire nei suoi confronti com'egli
aveva agito nei confronti del suo sovrano, e cio strappandogli progressivamente il
potere politico.
Gi il passaggio dal Capitolare di Quierzy alla Constitutio de feudis aveva
dimostrato questa tendenza in rapporto alla classe nobiliare. Ora la tendenza
poteva estendersi sul piano dei rapporti tra classe feudale e borghesia, e i
documenti che sancivano questa tendenza all'esproprio dei poteri politici erano
senza dubbio gli Statuti comunali. Non poteva esistere un documento unico, come
appunto i due gi citati, poich non esisteva pi un'autorit unica, il cui
riconoscimento non andasse al di l della pura forma, ma esistevano tante autorit
locali (conti, visconti, marchesi, duchi, baroni...), il cui potere non era solo formale
ma molto reale.
Le citt borghesi, appoggiate dai vescovi-conti voluti dagli Ottoni di Sassonia,
tolsero potere ai signorotti locali e cominciarono a ridimensionare ulteriormente
quello degli stessi sovrani imperiali. La chiesa romana infatti voleva porsi come
unico sovrano imperiale e, per poterlo diventare, doveva prima, con l'aiuto delle
citt (che nell'Alto Medioevo costituivano l'anello debole del sistema agrario
feudale), eliminare progressivamente le pretese del sovrano concorrente.
Da notare che al momento di concedere l'ereditariet dei feudi, prima ai grandi
feudatari, poi a quelli piccoli, gli imperatori non trovarono mai la chiesa romana
disponibile a impedire questa frantumazione del potere centrale. La chiesa infatti,
essendo essa stessa centralistica, dapprima pretendeva la frantumazione dei poteri
forti che le erano concorrenti, dopodich mirava a imporre il proprio centralismo
autoritario. Questo atteggiamento sar una costante in tutte la sua storia.
Fu cos infatti ch'essa nel corso dell'Alto Medioevo s'invent la figura di un grande
imperatore universale da opporre al basileus bizantino, legittimato a quella carica;
finito questo compito nell'area occidentale dell'Europa cristiana, essa appoggi le
rivendicazioni della feudalit contro gli stessi imperatori cattolici, finch inizi ad
appoggiare la borghesia urbana per avere potere sufficiente con cui opporsi alla
feudalit locale. In tal senso la guerra per le investiture non avrebbe mai potuto
essere vinta dagli imperatori, proprio perch essi avevano come nemici sia i
feudatari, sia la borghesia, sia la stessa chiesa.
Solo che quest'ultima aveva fatto i conti senza l'oste. Nel senso cio che non aveva
previsto che la stessa borghesia, una volta acquisito il sufficiente potere economico,
le si sarebbe rivoltata contro, per avere il corrispondente potere politico.
E' assurdo pensare che la mentalit borghese intorno al Mille emerse dal nulla,
solo perch erano migliorate le condizioni lavorative, ambientali o perch era
aumentata la popolazione. La mentalit borghese nata proprio in seguito a
un'affermazione sempre pi diffusa del principio della propriet privata della terra.
La figura del borghese s'innesta in quella del nobile, il quale riconosceva il proprio
sovrano solo formalmente.
Il borghese pu pretendere l'autonomizzazione del proprio lavoro, cos come il
signorotto locale l'aveva pretesa a livello di propriet della terra nei confronti del
proprio sovrano. E in questo processo di gestione individualistica della propria vita
(in cui il momento collettivistico era riservato ai soli contadini), la chiesa romana
ebbe una parte rilevante, bench essa si ponesse come chiesa gerarchica e feudale.
Avendo interessi eminentemente politici (di gestione di un proprio Stato
territoriale), detta chiesa conosceva bene l'arte del compromesso per acquisire
potere.