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di NANNI SALIO
(Pubblicato in: Grande Dizionario Enciclopedico UTET, Scenari del
XXI secolo, Torino 2005)
Il futuro ha radici antiche
nota laffermazione di Gndh secondo cui i principi della
nonviolenza sono antichi come le colline: unaffermazione che
trova testimonianza nel fatto che tutte le religioni sono portatrici di un
messaggio di nonviolenza. In alcuni testi esso formulato in maniera
esplicita, come nel Saman Suttam (2001), il canone jainista che, nel
capitolo su I precetti della nonviolenza recita: caratteristica
essenziale di ogni saggio non uccidere nessun essere vivente. Senza
dubbio, si devono comprendere i due principi della nonviolenza e
delleguaglianza di tutti gli esseri viventi. vero daltro canto che
questi precetti debbono essere letti alla luce dellultima parte del
canone, che tratta della teoria jainista della relativit del conoscere (un
tema di grande attualit e rilevanza epistemologica, che probabilmente
ebbe una grande influenza sulla formazione del giovane Gndh) e
che, pi in generale, in molti altri testi religiosi il messaggio appare
ambiguo, commisto con altri che giustificano la guerra e
lintolleranza.
Resta indubitabile, in ogni caso, che solo nel Novecento che, a
cominciare dal messaggio e dallazione gandhiana, la nonviolenza
non rifiutando ogni forma di forza e di pressione (Pontara, 2004),
ma diventando essa stessa una concreta ed efficace forma di lotta,
acquista dimensione e valenza politica.
Che cos la nonviolenza
Si possono distinguere due principali concezioni della nonviolenza.
La prima, lahimsa indica letteralmente il non nuocere, il non
uccidere,
linnnocentia.
Essa
induce
un
significato
prevalentemente di astensione, di passivit, che riguarda la sfera
personale, soggettiva. Dal punto di vista morale si richiama al
principio del non commettere violenza. Ma la nonviolenza
gandhiana introduce esplicitamente una seconda concezione, il
satyagraha, intesa come forza della verit, nonviolenza attiva,
intervento e lotta contro ogni ingiustizia. Essa si richiama al principio
morale del non omettere, non permettere che altri commettano
violenza e ingiustizia.
Come ci ricorda Aldo Capitini la nonviolenza fondamentalmente
un principio etico, lessenza del quale una tecnica sociale di azione
[]. Lintroduzione del metodo gandhiano in qualsiasi sistema
sociale politico effettuerebbe necessariamente modificazioni di quel
sistema. Altererebbe labituale esercizio del potere e produrrebbe una
ridistribuzione e una nuova strutturazione dellautorit. Esso
garantirebbe ladattamento di un sistema sociale politico alle richieste
dei cittadini e servirebbe come strumento di cambiamento sociale.
Ma lintervento, linterposizione e la lotta nonviolenta in situazioni
conflittuali acute debbono essere attuati rispettando il principio
generale dellunit tra mezzi e fini. Contro il realismo machiavellico
del fine che giustifica i mezzi, vale il principio, in ampia misura
verificato pragmaticamente nel corso della storia, che i fini sono gi
contenuti nei mezzi. Lazione politica deve tener conto della
fallibilit, delle conseguenze perverse dellagire umano, della
imprevedibilit del corso dazione, che provocano quella eterogenesi
dei fini e dei mezzi, che si verificata pi volte nel corso del
Novecento (Revelli, 1999).
Tra i lavori teorici sui fondamenti etici della nonviolenza spiccano i
contributi del filosofo della morale Giuliano Pontara, uno dei pi
autorevoli studiosi della nonviolenza gandhiana. Egli distingue tra
nonviolenza pragmatica e negativa, e nonviolenza dottrinale e
positiva. Nella prima lazione caratterizzata dalla semplice assenza
di violenza diretta (il mezzo), ma compatibile con qualsiasi fine.
Nella seconda ci si propone di dare una risposta adeguata e
comprensiva ai nuovi e gravi problemi posti dallenorme sviluppo
degli armamenti, dallescalation della violenza politica, sia nelle
forme del terrorismo internazionale sia in quelle della nuova guerra,
dalla crisi dello Stato nazionale, dai drammatici cambiamenti
verificatisi nel sistema internazionale in seguito alla fine della guerra
fredda, dallo sviluppo incontrollato dellindustrialismo (non solo
capitalistico) e dalle conseguenze che esso pu avere su interessi vitali
di molte generazioni future, nonch dallognor crescente divario fra
popolazioni povere e popolazioni ricche. Nella concezione
gandhiana, egli individua inoltre tre tipi di nonviolenza: la
nonviolenza del forte, la nonviolenza del debole e la nonviolenza del
codardo. Con questultima espressione [Gndh] intende denunciare
latteggiamento di coloro che si rifiutano di lottare per i propri
legittimi interessi, o per proteggere i legittimi interessi di altri, per
pura vigliaccheria o per altri motivi prettamente egoisticiPer
nonviolenza del debole, Gndh intende, invece, la posizione di coloro
che in una situazione conflittuale acuta non ricorrono alluso della
violenza per la semplice ragione che non dispongono dei mezzi
necessari per condurre la lotta violentaDa ultimo, la nonviolenza
del forte la posizione di coloro i quali, pur avendo i requisiti
necessari [] alluso della violenza [] tuttavia si rifiutano di
ricorrere a tale metodo di lotta per determinate ragioni di ordine
morale e in quanto ritengono di poter condurre la lotta in modo
efficace con metodi diversi.
Leredit di Gndh e la diffusione globale della nonviolenza
Come gi osservato solo con Gndh che la nonviolenza assume
esplicitamente anche una dimensione politica e comincia a essere
sperimentata su larga scala: dapprima in India, poi nelle lotte per i
diritti civili negli Stati Uniti con Martin Luther King in Sudafrica con
Nelson Mandela e Desmond Tutu nelle Filippine (1986), per cacciare
Marcos nei paesi dellest europeo, per liberarsi dal giogo dellimpero
sovietico imploso nel 1989; nella lotta secolare del movimento delle
donne nelle lotte in difesa dellambiente, nella difesa dei diritti umani
violati e cos via in un crescendo che attraversa tutto il Novecento e
continua ai giorni nostri. Sullonda di questi sviluppi, verso la fine
degli anni cinquanta del secolo scorso nascono le prime scuole di
peace research ispirate al paradigma della pace positiva e della
nonviolenza, con il contributo determinante del ricercatore norvegese
Johan Galtung. Una decina danni dopo, Gene Sharp pubblica il suo
famoso lavoro sulla Politica dellazione nonviolenta (1986-95) che
verr tradotto in decine di lingue e ispirer gli attivisti dei movimenti
per la pace e per la nonviolenza in ogni angolo del mondo. La rete di
ricercatori, attivisti ed educatori che si richiamano esplicitamente alla
nonviolenza si man mano estesa sino a costituire importanti reti
internazionali che operano sia in campo accademico, dallalto, sia a
livello non istituzionale, dal basso.
In sintesi, la storia del XX secolo pu essere interpretata sia come
lesempio della massima violenza, sia come linizio di una nuova era,
quella delle lotte nonviolente di massa. La documentazione su queste
Economiche
Pace positiva
difesa difensiva
forze di peackeeping
delegittimazione delle armi competenze non militari
difesa non militare
brigate internazionali per la pace
Self-reliance I
internalizzare le esternalit
Self-relianceII
condividere le esternalit
Politiche
Culturali
cooperazione Sud-Sud
Democratizzare lONU
un paese, un voto
abolizione del veto
seconda assemblea ONU
elezioni dirette
confederazione
Civilizzazione globale
approccio solistico globale
alleanza con la natura
eguaglianza,
sostiene che una bugia ripetuta mille volte diventa una verit, si pu
aver fiducia che una verit ripetuta mille volte finir per imporsi.
Parole chiave
Ahimsa: la concezione di rifiuto delluccidere, dellesercitare
violenza diretta, che ispirata a un rapporto di amore e di
compassione nei confronti di ogni essere vivente.
Difesa popolare nonviolenta: cos come esistono dottrine militari per
la difesa di uno Stato, anche nel pensiero e nella politica della
nonviolenza stata elaborata una dottrina che prevede la possibilit di
affrontare conflitti su larga scala addestrando la popolazione in
generale e alcune forze specializzate (caschi bianchi, corpi civili di
pace) a intervenire in situazioni di potenziale pericolo per prevenire,
dissuadere, riconciliare, interporsi mediante tecniche di azione
nonviolenta.
Nonviolenza: capacit di trasformazione costruttiva e creativa dei
conflitti dal micro al macro, attuata mediante le tecniche e i metodi
dellazione nonviolenta individuale, diretta, collettiva, organizzata.
Satyagraha: sta a indicare la forza della verit, ovvero la forza
interiore che deve animare chi sceglie di lottare mediante le tecniche
della nonviolenza, che scaturisce dalla costante e attenta ricerca
personale della verit, senza distruggere quella portata dallavversario
in una situazione di conflitto.
Bibliografia
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http:www.usip.org/pubs/specialreports/sr87.pdf
Il testo originale di Galtung si trova nel sito di Transcend, la rete internazionale
di ricercatori per la pace, che contiene inoltre un ricchissimo database sui problemi
della pace e della guerra:
J. GALTUNG, The Coming One Hundred Years of Peacemaking,
www.transcend.org
Per il dibattito sul futuro della guerra si veda:
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Does
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http://www.transnational.org/features/2003/Inayatullah_WarFuture.ht
ml
Sulle societ e le comunit nonviolente si veda:
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http://www.ripon.edu/academics/psychology/FYS175/syllabus/Bonta.
htm
P. LUGARI, http://www.friendsofgaviotas.org/default.htm;