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Fusione Fredda: nuovo paradigma e nuove inquisizioni.

(Una storia anche italiana)


di Ennio Vocirzio

Tutte le sostanze che ci circondano sono costituite da molecole che sono a loro volta
costituite da atomi. L’atomo possiede al suo interno un nucleo che si trova localizzato
esattamente al centro, quest’ultimo risulta, a sua volta, costituito da particelle più
piccole chiamate protoni e neutroni. Il nucleo, edificio alquanto esotico e non ancora
bene esplorato, è sede di interessanti fenomeni che in questi ultimi tempi producono
contrasti fra fisici ed interrogano l’opinione pubblica sul possibile sfruttamento
dell’energia che risiede al suo interno. Cerchiamo di capire meglio quello che oggi è
stato scoperto e ben consolidato nella fisica, ma nello stesso tempo anche di far luce su
altri aspetti della ricerca. Parleremo quindi di fenomeni che interessano il nucleo
dell’atomo e di reazioni che lo coinvolgono, le quali sono ampiamente conosciute dalla
stragrande maggioranza degli studiosi.

Per quanto riguarda i processi nucleari, un atomo può subire due tipi di evoluzione ben
distinti: una fissione oppure una fusione.

Normalmente, nel primo caso, sono nuclei molto grossi che possono fissionare. Questo
processo si traduce in pratica come una vera e propria rottura del nucleo ed una
contemporanea fuoriuscita di una certa quantità di energia. Il nucleo dell’atomo di
uranio e di quello di plutonio e gli effetti delle due bombe atomiche lanciate
rispettivamente a Hiroshima e a Nagasaki, sono un esempio molto conosciuto. Quando
il nucleo di un atomo si frantuma normalmente si formano nuclei più piccoli di quello
originario.

Fig.1- Fissione del nucleo di Uranio

Nel secondo caso, e cioè nel processo di fusione, abbiamo normalmente una reazione
tra nuclei molto più piccoli, i quali, unendosi fra loro, originano a loro volta nuclei con
dimensioni più elevate. Questa reazione chiamata fusione, appunto, comporta,
identicamente al caso precedente, una fuoriuscita di una certa quantità di energia. Le

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bombe termonucleari o lo stesso funzionamento della nostra stella “il Sole”, sono un
valido esempio.

Fig.2 – Esempio di fusione del Deuterio

Se il lettore mi lascia passare un esempio molto banale, potremo considerare il nucleo


di un atomo come una famiglia costituita da più individui, madre, padre e un certo
numero di figli. La fissione è in pratica una separazione del nucleo familiare, mentre il
matrimonio può essere considerato appunto una fusione. Non a caso il matrimonio
avviene normalmente fra nuclei piccoli (individui giovani) e la separazione invece fra
nuclei grandi (famiglie già consolidate). Quest’ultimo passaggio è più che altro una
battuta, ma, può servire per comprendere meglio a un non esperto la differenza fra
fusione e fissione.

Nel caso della fissione, cioè quella che si genera per la rottura del nucleo, essa può
essere provocata dall’uso di neutroni impiegati opportunamente. In pratica questo
processo è relativamente semplice. Basta avere una massa opportuna di materiale
fissionabile, come uranio o plutonio, per avere spontaneamente la fissione grazie alle
reazioni spontanee prodotte dalla radioattività.

Il lettore consideri che il mio ragionamento molto semplificato non vuole


assolutamente far intendere che la fissione sia un processo così semplice da ottenere.
Anche un orologio da polso non funzionerebbe, per quanto banale è il suo principio di
funzionamento, se non vengono studiati degli accorgimenti tecnologici opportuni. Il
funzionamento di una bomba Atomica o quello di un reattore nucleare, per quanto
basati su principi naturali molto semplici, richiedono una tecnologia di impiego molto
raffinata. Il mio obiettivo è convincere il lettore che per innescare un processo di
fissione nucleare occorre in effetti, molta poca energia. Se per assurda ipotesi
supponessimo di disporre di un certo quantitativo di polvere di uranio (isotopo 235)
divisa in due quantità, diciamo di 30 kg ciascuna e le unissimo in un unico contenitore,
otterremmo certamente una reazione di fissione spontanea ed esplosiva.
Tornando al caso della fusione invece, per promuovere il processo che abbiamo
descritto precedentemente, e cioè la formazione di nuclei più pesanti utilizzando nuclei
più piccoli, occorre somministrare una certa quantità di energia. Questo è in pratica
uno dei primi punti che differenzia in modo sostanziale il processo di fusione da quello
di fissione. Normalmente per avere una reazione di fusione da due nuclei leggeri, per
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esempio due nuclei di idrogeno, occorre un sistema che produca una temperatura di
diversi milioni di gradi Celsius. Il termine che più si adatta a descrivere questo
processo o molto più precisamente l’ambiente che risulta necessario creare per
ottenerlo, risulta calzante con l’aggettivo “Caldo”. Quello che stiamo cercando di far
capire all’attento lettore è che mentre la fissione può avvenire, in un certo senso, anche
spontaneamente, la fusione avviene solo se innescata da una notevole quantità di
energia. L’energia che dobbiamo spendere per avvicinare e quindi far fondere due
nuclei leggeri, deve essere sufficiente per vincere la repulsione elettrica coulombiana
normalmente presente fra nuclei che come sappiamo hanno ciascuno una carica
elettrica positiva. Infatti, le bombe termonucleari hanno al loro interno un involucro
contenente degli isotopi di idrogeno e di litio, e in prossimità, oppure all’interno di
questo involucro, è presente un settore che contiene una bomba atomica a fissione.
Non appena quest’ultima esplode, vengono raggiunte nell’involucro contenente il
deuterio (isotopo dell’idrogeno) e il litio, le temperature indispensabili per la fusione di
questi due nuclei molto leggeri. Normalmente la massa interna della bomba può
raggiungere 10 o 15 milioni di gradi, i quali sono sufficienti per permettere la reazione
nucleare di fusione.
Per essere più chiari, ricordiamo al lettore interessato che l’idrogeno ha due tipi di
isotopi. Uno di essi è il deuterio e l’altro è il trizio. Ricordiamo anche che l’acqua
normale ha una concentrazione di deuterio di circa 0,015%. L’acqua pesante è invece
il risultato di una concentrazione di deuterio di circa il 100%. L’acqua pesante è
costituita da molecole d’acqua il cui idrogeno è sostituito interamente dal deuterio, suo
isotopo di massa più elevata.

Ciò che abbiamo detto fino ad ora è cosa acquisita, e rappresenta ancora oggi, il
paradigma riconosciuto ufficialmente dalla scienza contemporanea.

Ma qualcosa accadde ….

Il 14 marzo del 1989, due scienziati, il professor Martin Fleischmann e Stanley Pons,
dichiararono di aver ottenuto fusione nucleare, tramite nuclei di deuterio, all’interno di
una cella elettrolitica contenente acqua pesante e utilizzando l’elemento palladio come
elettrodo catodico. I fisici spiegavano questa reazione nucleare ipotizzando che il
reticolo cristallino del palladio produceva un particolare tipo di fenomeno catalitico
che si generava quando la densità di deuterio al suo interno superava una soglia
caratteristica. In ogni caso, per l’esotico fenomeno, fu subito coniato un termine che
racchiuse tutte queste reazioni nella categoria di reazioni nucleari dette di “fusione
fredda”.

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Fig.3 - Stanley Pons (a sinistra) e Martin Fleischmann (a destra)
Congressional hearing about their cold fusion research (1989)
(Photograph by Cliff Owen. © Bettmann/Corbis. Reproduced by permission.)

Sarebbe piuttosto superfluo ricordare al lettore le ragioni che sono state alla base della
denominazione di questo fenomeno. L’epiteto di “Fusione Fredda” fu adoperato
proprio per le ragioni che caratterizzavano la differenza dei valori energetici che
stavano alla base dell’ambiente di reazione. La temperatura della cella di Fleischmann
e Pons non supera nel migliore dei casi i 100 gradi celsius e quindi, se queste reazioni
avvengono realmente, esse debbano essere considerate prodotte in ambiente piuttosto
“freddo” rispetto ai casi conosciuti che avvengono a temperature di svariati milioni di
gradi celsius. Sotto l’epiteto inadeguato (come sostenuto da alcuni) di “Fusione
Fredda” restò confinato questo fenomeno a tratti sconcertanti.

Ma il problema che si generò, già dai primi anni successivi a quelli della scoperta, fu
un evidente e costante scetticismo scientifico internazionale.
La fusione fredda e tutti i suoi più convinti sostenitori furono bollati dal marchio di
incompetenti visionari.
Non e’ questa la sede per enumerare i complotti e i boicottaggi che si sono diffusi
duramente nel 1989 contro i ricercatori della fusione fredda. Il lettore, nel caso, faccia
riferimento all’articolo dell’“Infinite Energy Magazine” riportato in bibliografia.
Ancora oggi numerose riviste come l’americana “Science”, la francese “European
Journal of Physics” oppure “Nature”, rifiutano in un certo senso la pubblicazione di
articoli su questo scottante argomento. Sappiamo per certo che i referees che hanno
analizzato gli articoli si sono comportati in modo veramente scorretto. Verso la fine
del 1999, uno di questi dell’ European Journal of Physics leggendo l’articolo del
compianto Giuliano Preparata e di Emilio Del Giudice (due importanti pionieri di
questa branca della fisica) aveva replicato ritenendo impossibile che in acqua potessero
esserci temperature di 1500 gradi (di fatto temperature di questo tipo sono state
raggiunte poiché in alcuni esperimenti il palladio si fonde letteralmente).
Probabilmente non conosceva i vulcani sottomarini e le saldature effettuate in
immersione. Altri referees addirittura trovavano curioso come si potesse misurare la
resistenza elettrica di un conduttore ai cui capi vi fosse una differenza di potenziale.
Sono certo che il lettore esperto, anche se non di parte, sta ridacchiando per queste
eccessive manifestazioni di stupidità.

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È veramente molto difficile spiegare in quest’articolo, tutte le ragioni per le quali
sarebbe naturale, in un certo senso, questo tipo di reazione da parte della comunità
scientifica internazionale. La fusione fredda e le reazioni nucleari che sarebbero
originate non potrebbero assolutamente essere spiegate dalla teoria della Meccanica
Quantistica, la quale potrebbe essere considerata come un’approssimazione
semiclassica della Teoria Quantistica dei Campi.

Per spiegare le ragioni per le quali ioni di deuterio si fondono insieme in un reticolo
cristallino di palladio occorre servirsi di un modello teorico diversamente concepito.

Ebbene, non c’è ad oggi una teoria convincente che spieghi questi curiosi
comportamenti della materia a parte la convinzione (non solo dell’autore) che qualcosa
di inspiegabile accade veramente.

Ioni di deuterio riescono effettivamente a fondere nel palladio a temperature


relativamente basse così come sembra dimostrato dal “Rapporto 41” pubblicato da un
gruppo di fisici italiani nel 2002. Antonella De Ninno, Antonio Frattolillo e Antonietta
Rizzo dimostrano senz’ombra di dubbio che dal loro calorimetro si produce elio 4, un
elemento la cui evidenza viene dimostrata dallo spettrografo di massa presente nei
laboratori di Frascati. Anche Vittorio Violante (altro fisico di Frascati) annuncia la
stessa incontrovertibile evidenza con esperienze sufficientemente similari al gruppo
precedente. Se viene misurato elio, che come sappiamo è un elemento il cui nucleo è
composto da due deuteroni, è evidente che il deuterio ha raggiunto le condizioni di
fusione e queste condizioni sono state raggiunte nel reticolo cristallino del metallo
catodico usato nell’esperimento di Frascati, cioè il palladio.

Verso la fine di aprile ’89, all’ENEA F. Scaramuzzi e la sua equipe danno un’elegante
conferma. Insufflando Deuterio gassoso in trucioli di Titanio con metodi puramente
meccanici termodinamici, utilizzando alte pressioni (fino a 10 atm) e bassissime
temperature (-200 gradi rispetto all’ambiente), vengono rilevate anomalie energetiche.
Segno che anche nel titanio possono avvenire reazioni di fusione fra deuteroni.

Anche Francesco Celani dell’INFN di Frascati lavora sulla linea di ricerca della
Fusione fredda. In particolare egli ripete l’esperimento di Yoshiaki Arata del 1955 che
mostra anomalie a carico del deuterio in un catodo cavo di palladio. Altre anomale
reazioni, studiate da Iwamura con la collaborazione attiva di Celani, mostrano che su
catodi realizzati da Sandwich di palladio e ossido di calcio avvengono curiose
trasmutazioni.

Cosa sta succedendo? Perché la materia ha questo strano comportamento?


oppure, forse non è così tanto strano.

Già, Giuliano Preparata ed Emilio del Giudice, con la teoria dei domini di coerenza,
avevano fatto notare come poteva essere ulteriormente ampliato il concetto delle
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interazioni fra gruppi di atomi o particelle. Può questa teoria spiegare le esotiche
reazioni che si producono nella materia, che oggi vengono definite con l’acronimo
LENR (Low Energy Nuclear Reaction)? Che cosa è allora la teoria dei domini di
Coerenza?

Vediamo quindi in termini generali e assolutamente semplificati in cosa consiste la


teoria dei domini di coerenza. Diciamo subito che in natura esistono numerosi casi di
coerenza che possono instaurarsi sia fra entità macroscopiche che microscopiche e
possono riguardare aspetti animati o inanimati della natura. Un esempio che spesso ci
lascia a bocca aperta sono gli stormi di uccelli migratori. Questi meravigliosi volatili in
gruppi di diverse centinaia solcano i nostri cieli mantenendosi rigorosamente in
equilibrio, come se l’intera massa di piumati ubbidisse ad un ordine esterno. In realtà,
come sappiamo ogni uccello segue sincronicamente i movimenti e le manovre
effettuate dal suo vicino e questo comportamento del singolo realizza appunto la
coerenza del gruppo. Anche le api possono dare forma a sciami ordinati e coerenti, per
non parlare delle formiche che spesso sorprendono per la loro capacità di unirsi in
gruppi numerosi e realizzare un ponte vivente su un rigagnolo d’acqua oppure
realizzare altre combinazioni efficaci di tipo coerente che forniscono un indubbio
vantaggio alla loro società. Altri esempi di coerenza li troviamo, se proviamo a
ricordare il comportamento in battaglia dei plotoni dei legionari romani impiegati
durante le tante guerre del vecchio Impero, oppure basta osservare una squadriglia di
acrobazia aerea moderna. In tutti questi casi osserviamo unità indipendenti che si
muovono secondo un certo ordine ed una certa sincronicità all’interno di una massa
enorme di elementi. Questi casi sono semplici esempi macroscopici di comportamenti
coerenti, ma averli trattati ci ha aperto la strada per poter esaminare meglio anche altri
comportamenti della materia inanimata.

L’acqua! … Provate ad osservare il mare da una spiaggia o da una scogliera, vi


accorgerete che il moto ondoso per il quale risulta perturbata la superficie è dotato di
un movimento dolce e sincronico. Ebbene, pensate ai miliardi di molecole legate fra
loro da forze attrattive tipiche dello stato liquido che all’unisono si spostano,
sobbalzano e ondeggiano rigorosamente in ordine. Anche questo caso è un esempio di
comportamento coerente. Se ci mettiamo un attimino a riflettere senza neanche fare
molto sforzo, potremo facilmente concepire lo stato condensato della materia come
una particolare condizione di coerenza. Sto parlando rivolgendo l’attenzione del lettore
direttamente al concetto di materia solida. Ma esempi più affascinanti della coerenza li
possiamo trovare analizzando il comportamento di alcuni fenomeni come il
funzionamento del Laser. Questo dispositivo, che come sappiamo può essere costruito
in vari e molteplici modi, risulta in pratica un sistema molto efficace per eccitare gli
atomi di un mezzo attivo in modo tale che questi ultimi producano un flusso di fotoni
(particelle della luce) che si muovono con straordinaria coerenza di fase. Questo
pennello luminoso, grazie alla sua peculiarità, è in grado di trasportare notevoli
quantità di energia ed è anche capace di generare tutta una serie di fenomeni che oggi
permettono a questi dispositivi di essere impiegati in vari settori come la ricerca,
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l’industria, la comunicazione e soprattutto in campo militare. Un altro affascinante
fenomeno è la superconduzione, che come sappiamo riguarda alcune leghe metalliche
o particolari ceramiche che presentano per certi valori della temperatura condizioni di
conducibilità straordinariamente elevate in modo da farli assumere resistenza ohmica
pari a zero. Una delle teorie per spiegare questo fenomeno, chiamata teoria BCS,
allude ad una particolare condizione di coerenza che si instaura fra gli elettroni che
fluiscono all’interno di questi materiali. Gli esempi non sono finiti e invito il lettore ad
approfondire la super-fluidità, la condensazione di Bose-Einstein e tanti altri processi
in cui un enorme numero di particelle è guidato da un’unica funzione d’onda, il cui
ruolo è quello di correlare e favorire comportamenti cooperativi.
Non estendiamo ulteriormente il campo degli esempi che come abbiamo detto è molto
più vasto di quello che abbiamo appena elencato, e considerando che questi esempi ci
hanno permesso di concepire nella nostra mente il significato generale di coerenza. A
questo punto, cerchiamo di snocciolare il problema cardine relativo alla teoria dei
domini di coerenza, che riguarda in primis la materia condensata e nel nostro specifico
caso le curiose reazioni del deuterio nel reticolo metallico del palladio.
In particolare, nel reticolo di palladio, si forma quella che in teoria quantistica si
definisce una correlazione non-locale di tipo long-range, la quale è di parecchi ordini
di grandezza più elevata delle dimensioni di una tipica cella del reticolo cristallino del
palladio. In pratica è come se più deuteroni (nuclei di deuterio), anche posti a distanza
maggiore dei limiti di larghezza o lunghezza di una cella del reticolo cristallino, siano
correlati fra di loro. I deuteroni si influenzano reciprocamente come se fossero
connessi da un mezzo elastico, più o meno identicamente al comportamento degli
elettroni delle coppie di Cooper (vedi teoria BCS della superconduzione). Paragonati
all’esempio degli uccelli di uno stormo, i deuteroni sobbalzano e ondeggiano
all’interno delle buche di potenziale che si trovano nel cristallo di palladio e i loro
movimenti sono in correlazione di fase. Dal punto di vista energetico il dominio di
coerenza diventa vantaggioso, nello stesso senso in cui lo è un livello energetico per un
elettrone in un atomo. Esso rappresenta un canale dove vengono favorite peculiari
iterazioni fra gli elementi del dominio.

Fig.4 – Dominio di coerenza fra deuteroni nel reticolo di Palladio.

In fisica quantistica si parla molto spesso di effetto tunneling. A questo fenomeno si


attribuisce la capacità di generare particolari trasposizioni di carica elettrica o di eventi
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energetici che la fisica classica considererebbe assolutamente improbabili. Ebbene,
all’interno del dominio la probabilità di tunneling risulta molto elevata, una sorta di
“zona franca” per le reazioni di fusione che potrebbero avvenire fra i deuteroni. È
possibile supporre che in queste condizioni risulta favorito un canale di reazione che
ha invece scarsa probabilità di verificarsi nel vuoto. Questo evento sarebbe la famosa
reazione supposta dai fusionisti freddi, che prevede la formazione di elio 4 e raggi
gamma da due nuclei di deuterio. Reazione che quindi avverrebbe senza la produzione
di neutroni. Guarda caso, dall’esperimento di Frascati del 2002 viene misurato proprio
elio 4 e risultano assenti i neutroni. Questa reazione potrebbe proprio essere quella che
si produce nel cristallo di palladio e che genera le anomalie di calore misurate anni
prima da Martin Fleischmann e Stanley Pons. Attualmente questa quantità di energia
termica, prodotta dalle reazioni di fusione che avvengono nel reticolo cristallino di un
catodo di palladio, si è molto ridimensionata rispetto alle stime effettuate
precedentemente.
L’esperimento di Takahashi del 1992 che si avvale di una cella contenente circa 0.7
litri di acqua pesante, che per certi versi è molto simile a quella usata da Martin
Fleischmann nel 1989, produce circa 110 watt, un’energia sicuramente non elevata, ma
non trascurabile.

Restando nel tema dei domini di coerenza voglio ricordare al lettore che in bibliografia
ho citato anche un lavoro estremamente interessante del professor Vittorio Elia,
Docente dell’Università Federico II di Napoli.
Ebbene, sembrerebbe che quello che sto per raccontarvi non abbia molta attinenza con
l’argomento della Fusione Fredda ma, poiché la teoria dei domini di coerenza trova
molta applicazione negli strani fenomeni che avvengono nell’acqua e inoltre come
abbiamo gia’ affermato la teoria potrebbe fornirci una qualche spiegazione teorica
sulla fusione dei deuteroni nel palladio, sarebbe un peccato non acquisire le novità che
sto per raccontarvi.

Il professor Elia, che da circa 40 anni si occupa di calorimetria, ha scoperto che


l’acqua distillata che subisce un procedimento di scuotimenti meccanici (succussioni),
simile ai trattamenti adoperati per preparare le acque omeopatiche (Si! Mi avete capito
bene…), presenta curiose e documentabili anomalie nell’ambito del calore di
mescolamento, nella ph-metria e nella conducibilità. Diciamo subito che queste
scoperte possono stravolgere da un momento all’altro il modello che noi conosciamo
dell’acqua e delle sue aggregazione molecolari, e potrebbero riscattare studi precedenti
come quello del compianto professor Jacques Benveniste che la scienza inquisitoria ha
già procacciato come eretico. Mi lasci il lettore passare questa dura affermazione. La
teoria dei domini di coerenza, studiata ed approfondita da Giuliano Preparata ed
Emilio Del Giudice, prevede abbastanza bene questi strani comportamenti scoperti dal
professor Elia sull’acqua e proprio nell’acqua, come sta venendo fuori da quello che
stiamo raccontando, avvengono le esotiche reazioni nucleari della fusione fredda.

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Per concludere questo paragrafo sulla coerenza vorrei riportare all’attenzione del
lettore un bellissimo periodo che ho trovato nel libro di M. Fleischmann e E. Del
Giudice “La genesi del concetto della fusione fredda” che dice testualmente: La
coerenza è quindi il modo in cui può cooperare un enorme numero di componenti
elementari. Seguendo questo percorso diventa possibile comprendere la mobilitazione
di energie sempre più grandi verso scopi ben definiti. Si tenga presente che l’accordo
di fase di alcuni milioni ragazzini può consentire loro di sopraffare Rambo. Questo è
l’arcano della fusione fredda e questa è anche la ragione del perchè la fusione fredda
sia un tale incubo per gli ammiratori di Rambo.

Si scoprì qualcosa che creò ancora più confusione .…

Nel 1998, lo scienziato Tadahiko Mizuno della Hokkaido University in Giappone e il


suo collega Ohmori presentano un esperimento curioso a Vancouver (Canada). Questo
esperimento viene effettuato utilizzando soltanto acqua normale (distillata) alla quale
viene aggiunto al suo interno un sale alcalino, normalmente carbonato di potassio, e
utilizzando elettrodi di tungsteno e tensioni di cella molto elevate. La cella durante il
suo funzionamento produce anche una notevole quantità di luce per via dell’elevato
potenziale catodico (oltre i 200 volt) e per questo motivo viene successivamente
chiamata con l’acronimo GDPE (Glow Discharge Plasma Electrolytic). Dalla cella
sembra uscire più energia di quanto viene immessa al suo interno. Tra l’altro lo
scienziato nipponico nelle sue prime pubblicazioni afferma che dalla sua cella
fuoriescono neutroni e inoltre sul catodo di tungsteno si riscontrano trasmutazioni.
Infatti vengono individuati diversi tipi di nuovi nuclidi. E’ proprio questo fatto a
sconcertare gli studiosi che non sanno come catalogare questa ulteriore stranezza. Se
non si utilizza acqua pesante, cioè acqua ad elevato contenuto di deuterio, le anomalie
riscontrate in questa cella non possono essere attribuite alla fusione dei nuclei di
quest’ultimo e quindi questo nuovo esperimento non sarebbe proprio fusione fredda
(infatti, probabilmente non si tratta di fusione fredda) Intanto, Mizuno conferma la
presenza delle trasmutazioni all’interno di pubblicazioni successive, indicando, fra i
nuovi atomi individuati sul catodo di tungsteno della sua cella, la presenza di ferro,
cromo, carbonio, nichel, piombo e tanti altri.

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Fig.5 - Tadahiko Mizuno

In Italia nel 2003, e precisamente a Caserta, l’esperimento di Mizuno viene ripetuto da


tre ricercatori, Vincenzo Iorio, Domenico Cirillo e Alessandro Dattilo che da un punto
di vista completamente indipendente dagli altri enti di ricerca conducono nei loro
laboratori privati un vero e proprio studio sulla cella di Mizuno, trasformandola
qualitativamente e modificandone le geometrie. Da lì a poco, e precisamente agli inizi
del 2004 ci fu una svolta interessante. Il gruppo di Caserta, confermava l’anomala
emissione di energia prodotta dalla cella di Mizuno, misurandone l’ammontare con
diverse tecniche strumentali raffinate e ridondanti, ma cosa importante è che nella cella
di Caserta fu dichiarata e verificata la presenza delle trasmutazioni. Ma ciò che
determinò molta meraviglia fu la qualità dei nuclidi prodotti che risultavano
completamente diversi da quelli segnalati da Mizuno. Queste variazioni potevano
probabilmente dipendere dal fatto che la cella era stata trasformata e queste
trasformazioni riguardavano la geometria catodica? A questa domanda, i due
ricercatori che ancora oggi lavorano (Iorio e Cirillo), non sanno ancora rispondere. Sul
catodo di tungsteno, e più precisamente in una regione particolare di questo elettrodo,
subito dopo l’attività di plasma vengono rilevati elementi come Renio, Osmio e
talvolta anche Oro che poco prima della prova sarebbero assenti (come chiaramente
mostrati nei test di riferimento). Furono probabilmente questi interessanti e peculiari
risultati sperimentali che indussero gli organizzatori dell’ICCF-11 a proporre la
partecipazione dei ricercatori Campani alle attività che si svolsero a Marsiglia nel
2004.

Anche il ricercatore Riccardo Bennati, residente in Liguria, realizza nel 2005 un


sistema molto simile a quello di Caserta con il quale vengono uleriormente analizzati i
fenomeni relativi a questi tipi di celle elettrolitiche. Altre conferme sono giunte
recentemente dal CNAM “Laboratoire de sciences nuclèaires”, all’interno del quale il
professor Pierre Clauzon ha ripetuto con successo l’esperimento di Mizuno misurando
dalla cella GDPE eccessi di energia per oltre il 30%.

Nel 2006 la cella di Caserta è infine installata in uno dei laboratori della Promete Spin-
Off dell’INFM di Napoli, ed è proprio qui che continuano le sperimentazioni del
gruppo di Caserta. La disposizione strumentale, nonché i vari e nuovi accorgimenti
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studiati per misurare il flusso termico in uscita, permisero di apprezzare nell’aprile del
2007 valori dell’efficienza, come il rapporto tra energia in uscita ed energia in
ingresso, superiori a 2. Questo significa che fornendo alla cella di Napoli una quantità
di energia in ingresso pari a circa 300 wattora sottoforma di energia elettrica, si ottiene
in uscita un livello sicuramente superiore, e cioè pari a circa 600 wattora sottoforma di
energia termica. Queste anomalie produssero sconcerto nei ricercatori che le rilevarono
e per tale ragione le sperimentazioni continuarono e si studiarono nuove e sofisticate
tecniche di misura energetica.
Voglio considerarla veramente una meravigliosa occasione quella di riportare in
quest’articolo, attraverso questa rivista per la quale mi onoro di scrivere, i risultati
finali del gruppo dei ricercatori casertani, almeno per quanto riguarda le vicissitudini
energetiche della cella GDPE. In poche parole mi sto apprestando a comunicare
finalmente una notizia che per quanto possa sembrare negativa chiarisce invece molti
aspetti che pendono attorno a questo strano fenomeno. In effetti, a detta dei
ricercatori, sembra che proprio recentemente essi abbiano finalmente appurato che la
cella non presenta alcuna anomalia energetica interessante. Iorio e Cirillo hanno
consolidato solo da pochi mesi questi risultati, e dai dati in loro possesso non risulta
che la cella produce più energia di quanta ne è fornita in ingresso. Inoltre, i ricercatori
sostengono che molti gruppi di ricerca siano caduti in errore sottostimando
l’ammontare dell’energia elettrica applicata all’ingresso della GDPE. Quest’errore può
essere facilmente commesso, poiché la corrente che la cella assorbe dalla rete elettrica
ha un andamento discontinuo con presenza di componenti di segnale dotate di
frequenze di svariati milioni di hertz. <<Noi stessi inizialmente abbiamo commesso
quest’errore …>> hanno dichiarato i ricercatori, quando infine, attraverso l’analisi dei
risultati dell’ultima loro campagna di prove, si sono resi conto dell’inganno.

Fig.6 – Cella di Caserta

Intanto, la cella di Caserta continua ad essere attentamente studiata per le


trasmutazioni che incessantemente sono rilevate sul catodo di tungsteno. Infatti,
proprio in questi mesi, sottoponendo ad analisi di diffrattometria a raggi X sia le
soluzioni elettrolitiche con i precipitati presenti nelle soluzioni stesse e sia i campioni
catodici utilizzati nelle prove di Napoli, sono giunte ulteriori conferme sulle
trasmutazioni che questa cella sembra in grado di generare. << Abbiamo oramai
compreso che le anomalie energetiche prima dichiarate >>, dicono i ricercatori, << non
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si verificano e quindi è inutile spendere ulteriori risorse per studiare quest’aspetto della
nostra cella,…ma gli strumenti di analisi continuano a confermarci che il tungsteno si
trasmuta in renio e perfino in oro… >>

Perché queste celle che utilizzano acqua leggera riescono a produrre nuovi nuclidi?
Quale misterioso fenomeno può spiegare le trasmutazioni sul catodo ?

Per rispondere a questa domanda voglio che il lettore comprenda che da questo
momento si aggiungeranno inevitabilmente opinioni dell’autore che non sono molto
rigorose se misurate nei termini della conoscenza acquisita dalla scienza accademica.
Questa mia affermazione vuole essere anche un’elegante e nobile occasione per
prendere cautelativamente le distanze da un gremito gruppo di studiosi di LENR che
potrebbe non essere completamente d’accordo con questa tesi. Questo è detto per
proteggere sia il mio gruppo di amici che ammiro, che questa rivista e soprattutto per
addossare completamente su me stesso ogni eventuale responsabilità.

La storia comincia però molto tempo prima…

Un fisico italiano Don Carlo Borghi, nel 1940 fece un assunzione molto ardita. Già
supposta diversi anni prima dal chimico inglese William D. Harkins, quest’assunzione
consisteva nel ritenere la particella chiamata neutrone come costituita da un elettrone
più un protone. Questa convinzione produsse un tale accanimento che indusse il fisico
Borghi a realizzare subito dopo il 1950 un esperimento molto controverso.
L’esperimento in questione parla di un tubo elettronico Klystron, realizzato di sana
pianta dallo stesso Borghi, nel quale veniva posto un plasma freddo di idrogeno.
All’interno del tubo, il plasma permetteva di ottenere un grande numero di protoni
mescolati e collidenti con un ugual numero di elettroni liberi. Questo gas era
sottoposto ad un oscillazione elettromagnetica di alta frequenza (circa 10 GHz). Le
oscillazioni erano generate nella camera stessa del tubo (interamente in acciaio), come
microonde stazionarie. Al progetto del Klystron parteciparono anche Dall’Olio e
Caveglia due ricercatori dell’Università di Recife (Brasile). Lo scopo dell’esperimento
era quello di verificare la reazione di sintesi (p + e) che avrebbe formato i neutroni o
forme neutrodiche, così come venivano definite da Don Carlo Borghi. Dai risultati
sperimentali accertati e dalle frammentarie notizie oggi conosciute, sembrerebbe che il
fisico italiano misurò effettivamente tale tipo di generazione. Non entriamo nei dettagli
di tali misurazioni, ma invito il lettore a consultare l’eventuale bibliografia relativa.
Per rigore di cronaca cito anche lo studioso italiano Renzo Boscoli che negli anni 80
realizzò all’interno del suo laboratorio privato nei pressi di Ravenna un curioso
dispositivo nel quale asserì più volte di aver ottenuto la generazione di neutroni. Le
ipotesi legate alla possibilità di sintesi del neutrone tramite un accoppiamento fra un
protone e un elettrone, vennero definite successivamente “reazioni nucleari di beta
inverso”, ma ricordiamo che questo specifico caso di produzione del neutrone non è
accettato dalla fisica contemporanea. Purtroppo alla morte di De Gasperi, uno dei
pochi sostenitori di Borghi, quest’ultimo dovette allontanarsi dall’Italia ed espatriò in
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Brasile dove visse gli ultimi anni dimenticato sia dai pochi amici che dai suoi
oppositori, che, ovviamente, erano invece in linea con i modelli scientifici atomici in
auge allora come adesso. Anche il fisico Roberto A. Monti, del CNR di Bologna, ha
studiato molto accanitamente i risultati dell’esperimento di Borghi traendo da queste
informazioni spunti per immaginare conseguenze interessanti che possono spiegare le
reazioni esotiche della materia condensata (LENR).

Torniamo alla cella elettrolitica GDPE di cui certamente, anche a detta dei ricercatori
che ci lavorano, non possiamo assolutamente annoverarla fra i fenomeni relativi alla
Fusione Fredda classica, o per dirla con un riferimento chiaro ed esplicito a quella
ricerca che è iniziata con l’esperimento di Martin Fleischmann e Stanley Pons.
In questa cella però, anche se allo stato attuale delle cose che abbiamo rilevato, la
storia delle anomalie energetiche ha trovato una spiegazione molto meno misteriosa di
quanto prima poteva essere pensata, avvengono in ogni caso delle trasmutazioni.
Queste produzioni di strani nuclidi con numero atomico prossimo a quello del
tungsteno vengono rilevate sul catodo stesso. Queste trasmutazioni sono state più volte
confermate dallo stesso Mizuno e anche da altri ricercatori Italiani e stranieri che
hanno realizzato celle similari.
Ricordiamo inoltre un fatto importante che abbiamo già detto, le trasmutazioni rilevate
dal gruppo di Caserta, se fossero realmente confermate, sarebbero veramente originali
poiché completamente diverse da quelle rilevate dai giapponesi. In modo particolare, i
nuovi nuclidi rilevati sul catodo di tungsteno a Caserta sembrano essere proprio quelli
che appartengono al gruppo dei metalli che si trovano nell’intorno di questo elemento
chimico. I nuclidi hanno cioè un numero atomico molto prossimo a quello del
tungsteno. Già verso la fine del 2004 i ricercatori casertani Iorio/Cirillo/Dattilo erano
convinti che queste trasmutazioni potevano essere interpretate alla luce delle
considerazioni di Don Carlo Borghi. I neutroni potevano quindi generarsi non solo in
un tubo elettronico come il Klystron ma, anche in particolari condizioni, come appunto
si presentano nel plasma prodotto dal catodo di tungsteno della cella GDPE.
Addirittura il modello poteva prevedere in modo elegante la produzione dei neutroni in
prossimità del catodo, l’assorbimento degli stessi nei nuclei del tungsteno isotopo 184
con la progressiva instabilità di quest’ultimo, e la trasformazione del suo numero
atomico a mezzo di spontanee reazioni nucleari beta. Queste considerazioni sono
riportate dai documenti originali del gruppo di Caserta, ma, non sono presenti nei
documenti ufficiali rilasciati nel convegno di Marsiglia del novembre 2004 per
espresso consiglio di Edmund Storms e Jed Rothwell che curarono la pubblicazione
del gruppo di Caserta come referees. Ovviamente, va detto che l’omissione delle
ipotesi finali del gruppo di Caserta nella relazione ufficiale fu un consiglio importante
reso necessario per evitare che i contenuti fossero stati esposti ad eventuali e facili
critiche.
Qualche tempo dopo, e precisamente nel maggio del 2005, venne pubblicata una
relazione molto interessante a nome dei fisici A. Widom e L. Larsen. Anche
considerando che il lavoro di Widom e Larsen riguardava aspetti molto generali che
interessavano la totalità delle reazioni LENR, dobbiamo ammettere che questa
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relazione sembra come se fosse stata preparata di proposito per gratificare gli sforzi
italiani che si vedevano impegnati per dimostrare la produzione di neutroni all’interno
della cella GDPE. La relazione di Widom in pratica mostra come sia possibile
all’interno di un plasma (anche elettrolitico) l’istaurarsi di condizioni oscillatorie
superficiali che riescono a produrre campi elettrici localizzati molto elevati (fino a 100
miliardi di V/m). Questi campi a loro volta possono innescare facilmente la reazione (p
+ e) liberando neutroni e neutrini. La stessa teoria afferma che i neutroni creati in
questo modo hanno un momento angolare praticamente zero, in grado quindi di
favorire talune reazioni nucleari che si verificano nel plasma. Sembra quasi la
descrizione degli eventi intuiti dal gruppo di Caserta e pubblicati quasi
contemporaneamente alla relazione ufficiale delle loro ricerche presentate a Marsiglia.
In ogni caso, come abbiamo già detto, la teoria di Widom e Larsen ha un significato
molto piu’ generale ed è quindi in grado di inquadrare diversi fenomeni che riguardano
anche le anomalie che si riscontrano negli esperimenti della fusione fredda classica.

Recente notizia dal Giappone


Poco prima di completare quest’articolo abbiamo avuto una grande notizia.
All’Università di Osaka in Giappone il 22 maggio scorso, il professor Yoshiaki Arata
(già nominato precedentemente) alle ore 19:30 (ora del Giappone), ha tentato un
esperimento pubblico di fusione fredda che a lasciato attoniti alcuni giornalisti e
soprattutto gli esperti presenti in sala. L’esperimento è stato effettuato inserendo in un
contenitore di acciaio riempito di deuterio gassoso a 50 atm di pressione,
nanoparticelle di una lega composta da palladio-zirconia. Da questo contenitore si è
sprigionato del calore (circa 100.000 Joule) che ha azionato un motore termico. Tutto
questo sotto il vigile controllo di un pubblico di esperti e di giornalisti. Un’ora e 30
minuti dopo, l’esperimento è stato volutamente interrotto per effettuare le misure
relative alla presenza di Elio-4 per testimoniare in modo incontrovertibile l’avvenuta
fusione del deuterio. Ebbene l’Elio-4 rilevato è compatibile con le quantità di deuterio
utilizzate e con la quantità di calore che il sistema ha sprigionato. L’amico e collega di
Yoshiaki Arata, il fisico italiano Francesco Celani dell’INFN, ha ricordato che un
grande passo è stato fatto, e che in questo esperimento non si producono elementi
radioattivi. Questo fatto è estremamente promettente per ottenere nel futuro,
applicazioni in campo energetico che possono essere più compatibili con la vita umana
sulla terra. Quest’esperimento è l’ennesima riprova che il mondo accademico farebbe
bene a riflettere attentamente onde evitare di perdere importantissime posizioni nella
ricerca oramai bistrattata.

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Fig.7 – Yoshiaki Arata

Caro lettore, non c’è tanto spazio qui per raccontarti tantissime altre cose su questa
lunga storia italiana, e soprattutto mondiale, di ricerche ed inquisizioni. Basta
considerare che oggi la maggior parte dei capitali sono stati investiti per il nucleare
caldo o “Fusione calda”. Da quanto nel 1989 il MIT decretò che la fusione fredda era
una baggianata, si sono dati vita ad esorbitanti finanziamenti per progetti di ricerca sul
nucleare caldo che erano già pronti e pianificati numerosi anni prima degli eventi di
cui abbiamo parlato. Attualmente è in preparazione nel sud della Francia, e più
precisamente a Cadarache, un progetto di ricerca estremamente ambizioso che costerà
10 miliardi di euro: il famoso progetto ITER. Questo progetto servirà per studiare una
tipica reazione di fusione che utilizzerà deuterio e trizio (altro isotopo dell’idrogeno).
Se tutto andra’ secondo i piani, successivamente si darà inizio ad una centrale di
produzione di energia vera e propria. Invece, per l’esperimento italiano di Frascati,
dopo il clamoroso successo, l’ente ENEA ha interrotto i finanziamenti ai ricercatori.

Cosa dire a conclusione di questo lungo esame dei fatti accaduti in questo arco di
tempo cosi relativamente breve? Quello che mi viene in mente sottolineare al lettore,
di cui credo possa aver già avuto una chiara visione dell’insieme, è che ci troviamo di
fronte ad uno sconvolgimento epocale senza precedenti. Stiamo forse riuscendo a
comprendere pian piano i segreti più intimi della materia. Forse questi segreti sono
stati già conosciuti durante la storia di questo pianeta, ma sono stati solo studiati e
catalogati in modo molto diverso. Forse si potrebbe considerare la particella neutrone
come l’espressione più appropriata per quanto riguarda il concetto filosofico
dell’androgino perfetto secondo quello che troviamo riportato negli antichi testi. Il
lettore mi scuserà se ora mi accingo a fare considerazioni forse troppo ermetiche, ma,
probabilmente, potrebbe non essere troppo sciocca la supposizione che negli antichi
crogioli del medioevo sono state preparate fusioni di metalli ed intrugli misteriosi,
anche se in modo empirico, dando vita a reazioni esotiche che oggi sarebbero
riconosciute facilmente come reazioni nucleari a debole energia.

Concludo con una citazione di Carlo Rubbia:

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“Se la fusione fredda funzionasse, allora vorrebbe dire che Dio è stato molto, molto
buono con noi.”

<< Si Carlo! è vero! Dio è stato molto buono con noi. >>

Grazie di cuore,
Ennio Vocirzio

T. Ohmori, T. Mizuno ICCF-7 – Vancourer “Strong excess Energy evolution, new element
production, and eletromagnetic wave and/or neutron emission in the light water electrolysis with a
tungsten cathode”

D. Cirillo And V. Iorio “trasmutation of metal at low energy in a confined plasma in water “ –
proceedings of the ICCF-11 - novembre 2004

C.Borghi, A Dall’Olio – “Experimental evidence on the emission of neutrons from a cold hydrogen
plasma”, Comunicacao n. 25 do CENUFPE, Recife Brazil (1971)

C.Borghi, C. Giori, A.A. Dall’Olio – “Experimental evidence of emission of neutrons from cold
hydrogen plasma”, American Institut of Physics (Phys, At, Nucl,) vol 56, no 7, 1993

L.Daddi – “Proton-Electron Reactions as Precursors of Anomalous Nuclear Events” Fusion


Technology 39, 249 (2001)

Ignazio Licata, Full Prof. Theor. Phys. IBR, Palm Harbor, FL, gennaio 2004 art. in rete Di Renzo
Editore “A qualcuno piace freddo”

A. Widom, (Physics Department, Northeastern University of Boston) L. Larsen (Lattice Energy LLC,
175 North Harbor Drive, Chicago). “Ultra Low Momentum Neutron Catalyzed Nuclear Reactions on
Metallic Hydride Surfaces” – 2 Maggio 2005

M. Fleischmann E. Del Giudice “La genesi nel concetto di fusione fredda “ Edizione Bibliopolis –
Napoli -

V. Iorio – Manuale di divulgazione Scientifica – C.E. Aracne - Mod. 10 (nota pag 465) e Mod 11
(nota2 pag 538)

V.Elia and M. Niccoli “New physico-chemical properties of water induced by mechanical treatments
a calorimetric study at 25 °C “ Dipartimento di Chimica dell’Università.

Eugene F. Mallove “MIT and Cold Fusion:Special Report” Infinite Energy Magazine issue 24, 1999

AQUA – L’acqua elettromagnetica e le sue mirabolanti avventure- di Roberto Germano – Editore


Bibliopolis

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