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Condizioni e requisiti della citt sostenibile

Una citt capace di futuro di un futuro sostenibile - riduce la sua impronta


ecologica. Una citt pi sostenibile una citt che funziona come un sistema
ecologico.
di Gabriele Bollini

I problemi non possono essere risolti


allo stesso livello di conoscenza
che li ha creati
(A. Einstein)

Fine corsa
La prima considerazione-constatazione che l'umanit ha gi raggiunto, da oltre 20 anni, la
situazione di "insostenibilit". Il termine usato dal Club di Roma, nel suo update del 2002,
"overshooting". Siamo in overshooting da 25 anni. E' una situazione che non si era mai verificata
nella vicenda, lunga 5 miliardi di anni, della ecosfera.

Cos' esattamente l'overshooting?


Da qualche anno il Global Footprint Network ha lanciato la segnalazione della Giornata del
Sovraconsumo della Terra Earth Overshoot Day) ovverosia la giornata nella quale l'umanit ha
completamente utilizzato tutte le risorse rinnovabili che la natura ci pu fornire nel corso
dellanno. Questanno questa giornata caduta il 23 settembre 2008. La cosa preoccupante
che l'Earth Overshoot Day ogni anno arriva sempre pi presto a causa della crescita dei consumi
umani.
Proprio come ogni azienda, il nostro Pianeta ha un bilancio annuale secondo il quale produce un
certo quantitativo di risorse ed in grado di assorbire un certo quantitativo di rifiuti. Il
problema che la richiesta di risorse e servizi da parte dell'umanit eccede ogni anno, da met
degli anni Ottanta, le capacit della Terra. Ovverosia l'umanit nella condizione di
sovraconsumo perch usa le risorse naturali pi velocemente di quanto possano essere
rigenerate e immette carbonio nell'atmosfera e altri scarti in natura pi velocemente di quanto
possano essere riassorbiti.
Da questa data fino alla fine dell'anno noi attingeremo dalle nostre riserve ecologiche,
chiedendo in sostanza un prestito al futuro. Questo pu andare avanti per un breve periodo, ma
fondamentalmente tutto ci porta ad un accumulo di rifiuti e all'esaurimento delle reali risorse
da cui dipende l'economia umana.
Secondo lImpronta Ecologica stiamo impiegando a livello globale la capacit biologica di 1,4
pianeti, ma ovviamente di pianeti a disposizione ne abbiamo solo uno. Il risultato che le nostre
riserve come gli alberi e i pesci continuano ad assottigliarsi e i nostri rifiuti in primis
l'anidride carbonica continuano ad accumularsi.
L'Overshoot pu essere definito "il pi grande problema che dobbiamo affrontare". Il
sovraccarico ecologico alla radice di molti dei pi urgenti problemi ambientali che dobbiamo
fronteggiare oggi: il cambiamento climatico, la diminuzione di biodiversit, la riduzione delle
foreste, il collasso della pesca e l'attuale crisi alimentare globale.
Pur essendo ancora poco noto al pubblico, le cause e gli effetti dell'overshoot (il sovraconsumo)
sono tanto semplici quanto significativi. In ogni dato anno, se l'umanit mangia pi cibo di
quanto ne viene prodotto, noi abbiamo bisogno di dar fondo alle nostre riserve. Poich il
consumo di risorse dell'umanit cresce, l'Overshoot Day si avvicina progressivamente allinizio
del calendario.
L'Overshoot Day ci fa capire che il nostro stile di vita attuale sta esaurendo il capitale naturale
terrestre, cosa che mina il futuro dell'umanit.

LImpronta Ecologica
Tutto questo ce lo dice lImpronta Ecologica, un indicatore aggregato e sintetico che misura lo
stato di pressione umana sui sistemi naturali, ovvero misura la pressione che le nostre attivit, il
nostro stile di vita esercitano non solo sullambiente che ci circonda ma sul Pianeta nel suo
insieme. Un indicatore concettualmente semplice in quanto rappresenta tale pressione con un
parametro di facile comprensione qual il consumo di terra e di natura (e che appunto si misura
in ettari). Limpronta ecologica permette di capire perch la crescita economica illimitata non
assolutamente realizzabile e quanto il nostro stile di vita sia insostenibile.
Il presupposto alla base del concetto di Impronta Ecologica il seguente: tutti i materiali e
lenergia che ogni giorno produciamo, consumiamo e smaltiamo, hanno bisogno di particolari
aree produttive che garantiscono lapporto delle risorse e lassorbimento degli scarti (rifiuti).
LImpronta ecologica ci dice quante di queste aree sono disponibili sul nostro pianeta (o nazione,
provincia, comune) (biocapacit) e quante ne utilizza luomo (impronta). LImpronta ecologica
misura (in ettari globali) appunto limpronta (consumo di risorse e scarti da smaltire) che
lasciamo quotidianamente sul pianeta; la Biocapacit rappresenta, invece, la capacit di un
territorio di fornire prodotti utili alluomo ed assorbire i suoi rifiuti (anchessa misurata in ettari
globali). Il confronto fra impronta ecologica e biocapacit fornisce lo stato della situazione di un
Paese e della sua popolazione, la sua sostenibilit (o insostenibilit) ambientale: se limpronta
ecologica maggiore della biocapacit significa che c un deficit ovvero che le risorse naturali
necessarie per sostenere i nostri consumi, il nostro stile di vita, dobbiamo necessariamente
prenderle altrove, sottraendole ad altri Paesi e non rendendole pi disponibili alle popolazioni
che ci vivono.
Limpronta ecologica media degli abitanti del pianeta Terra di 2,23 ettari pro-capite a fronte
di una biocapacit media di 1,78 ettari pro-capite: con un deficit quindi di - 0,45 ettari procapite.
Mondo
Italia
Bologna provincia
Bologna comune
Stati Uniti
Francia
Germania
Bangladesh
India
Afganistan
Namibia
Mozambico
Congo

Impronta Ecologica
2,23
4,2
4,3
4,7
9,6
5,6
4,5
0,5
0,8
0,1
1,1
0,6
0,6

Biocapacit
1,78
1,0
1,7
0,8
4,7
3,0
1,7
0,3
0,4
0,3
4,4
2,1
7,8

Deficit
- 0,45
- 3,1
- 2,6
- 3,9
- 4,8
- 2,6
- 2,8
- 0,2
- 0,4
0,2
3,3
1,4
7,2

Questo significa che se il livello di vita dellitaliano medio venisse esteso a tutti gli abitanti della
Terra occorrerebbe la produttivit di due pianeti Terra e mezzo e questo non possibile!
Attualmente, l'Impronta Ecologica dell'umanit almeno il 30% pi grande della biocapacit del
pianeta. In altre parole c' bisogno di un anno e tre mesi affinch la Terra rigeneri ci che
usiamo in un singolo anno.
A met degli anni 70 abbiamo superato in termini di consumo di natura la capacit di carico
della Terra! Avendo solo una Terra a disposizione la nostra vita su questo pianeta possibile solo
grazie allingiustizia e allo sfruttamento delle risorse degli altri popoli per mantenere il nostro
stile di vita e di consumo.

Overshooting contiene anche un altro aspetto: che, a un certo punto, si verifica un picco,
doppiato il quale non si pu pi tornare indietro.
Questo significa andare oltre un limite, anche senza volerlo; in primo luogo perch non lo si
sa.
Siamo esattamente in una situazione in cui tutti questi aspetti sono in funzione. Inoltre si calcola
che ci vorranno oltre dieci anni prima che le conseguenze dell'overshooting diventino
chiaramente visibili. E ci vorranno 20 anni prima che l'overshooting diventi un'idea comunemente
accettata. Bisogner agire in questi limiti di tempo.
Ma gi evidente oggi che l'attuale architettura istituzionale della politica e dell'economia
mondiale non in grado di risolvere il problema del freno.
Quanti conoscono questa situazione? E quanti ne hanno la consapevolezza? Un certo numero di
specialisti e pochi governanti di questo pianeta.

Cambiamento, Transizione, Conversione, Cambio di paradigma


Lecologia, tutte le scienze della natura e, oggi, le scienze dei cambiamenti globali ci dicono
chiaramente che esistono limiti ai tassi secondo i quali la popolazione, e quindi i nostri sistemi
economici e produttivi, possono impiegare materiali ed energia; e vi sono limiti ai tassi secondo i
quali possibile continuare a emettere rifiuti senza danneggiare i sistemi naturali e le loro
capacit di assorbimento, rigenerazione e regolazione nonch gli stessi esseri umani e il nostro
sistema economico e produttivo. Dunque necessario un cambiamento mirato capace di farci
vivere, quanto pi possibile, in equilibrio e armonia con il mondo della natura da cui deriviamo e
senza il quale, fino a prova contraria, non possiamo vivere. Abbiamo molto pi bisogno noi della
natura che la natura di noi.
A questo punto spero risulti chiaro come e perch dobbiamo impegnarci tutti noi - ciascuno di
noi nei luoghi e nei territori in cui viviamo - molto pi di quanto si sia fatto fino ad oggi, per
spostare i nostri consumi (la vera arma di cui disponiamo) verso uneconomia realmente
sostenibile, rispettosa delle capacit rigenerative ed assimilative dei sistemi naturali (che ci
consentono di vivere) e basata su principi di equit e solidariet, che impedisca il prosieguo
delle intollerabili iniquit sociali di cui purtroppo ricco il mondo odierno.
Quindi attivarsi per promuovere il cambiamento, diventare promotori della transizione o della
conversione ecologica -di cui parlava Alex Langer1- dei nostri luoghi di vita (citt, villaggi,
foreste, isole, campagne), significa catalizzare le tante azioni che abbiamo in essere come Rete
Lilliput e che in rete altre realt hanno attivato, in un progetto comune di cambiamento, di
transizione, un piano dazione di decrescita energetica e di riduzione dellimpronta ecologica
delle comunit locali.

Cosa occorrerebbe fare, da subito?


a) Sviluppare a ritmi forzati la ricerca scientifica e tecnologica in direzione del risparmio
energetico, dell'aumento della produzione di energie alternative, della riduzione
dell'inquinamento ambientale e degli scarti, dell'aumento del consumo alimentare dei poveri e
della crescita delle loro condizioni di vita (perch questo riduce la natalit): in poche parole
andare verso la riduzione dell'impronta umana (o impronta ecologica) sull'ecosistema, sulla
biosfera.
b) Pianificare gli interventi a scala planetaria ma cominciando ad agire anche e soprattutto alla
scala locale.
c) Organizzare il cambiamento di abitudini di miliardi di persone. Ci richiede un drastico
mutamento dei sistemi di informazione e comunicazione, delle istituzioni educative in generale.
Mutamento che non pu essere spontaneo o casuale, e che va dunque organizzato dai poteri
pubblici e democratici.
1

Alex Langer, La conversione ecologica potr affermarsi soltanto se apparir socialmente


desiderabile, 1994
3

Vi sono alcuni corollari a queste considerazioni:


Corollario n.1. Tutti questi temi programmatici richiederanno decenni per essere realizzati. Cio
bisogner non dimenticare che, anche se cominciassimo oggi stesso a proporre cambiamenti, ci
vorr molto tempo prima che si producano effetti. In altri termini l'overshooting peggiorer nel
corso del prossimi vent'anni.
Corollario n.2. Non abbiamo altri trent'anni a disposizione. Il sistema economico-sociale in cui
viviamo non regger senza grandi cataclismi (sociali, politici, militari) entro questo lasso di
tempo.
Corollario n.3. Occorrer rendere consapevoli grandi masse popolari, in tutti i continenti, ma
soprattutto nel mondo occidentale, che i limiti dello sviluppo sono gi stati raggiunti. Il fatto
che non lo si veda ancora non che la conferma che il sistema mediatico nasconde la realt
invece di renderla nota e spiegarla.
Corollario n 4. Non stiamo discutendo dell'eventualit che qualcuno, da qualche parte, decida di
ridurre la crescita. La crescita, nei termini in cui avvenuta nel corso dell'ultimo secolo, sar
fermata non da decisioni umane ma dagli eventi che derivano dalla natura dell'ecosfera, cio
dalle leggi della fisica e della chimica.
Corollario n 5. Le resistenze al cambiamento saranno enormi. In primo luogo tra i padroni del
nostro tempo, le corporations e i governi. Ma non sar solo il problema di lites egoiste. Anche
miliardi di individui non vorranno, non sapranno, rinunciare alle loro abitudini, fino a che gli
eventi non ve li costringeranno.
Dunque, riassumendo, il problema non se la crescita dell'impronta ecologica umana
sull'ambiente (effetto della crescita esponenziale) si fermer: la sola questione quando e in
che modo.
Il Club di Roma trae questa conclusione, che io ritengo assolutamente fondata: Se noi saremo
capaci di anticipare queste tendenze, allora potremo esercitare un certo controllo su di esse,
scegliendo tra le varianti disponibili. Se noi le ignoreremo, allora i sistemi naturali sceglieranno
la via d'uscita senza riguardo al benessere dell'Uomo.

Attivit e insediamenti ambientalmente sostenibili: una introduzione alla


citt sostenibile2
Oggi, lurbanistica deve occuparsi non solo di aspetti funzionali ed estetici, ma anche di quelli
ecologici. Agire ecologicamente vuol dire utilizzare le risorse disponibili con maggiore razionalit
ed economia nella consapevolezza che esse sono limitate e devono bastare anche per le
generazioni future.
I problemi dellambiente urbano non sono unicamente problemi di inquinamento, di ambiente
edificato, di natura e fauna in citt. Sono soprattutto questioni di mancata gestione (ovvero di
apertura) dei cicli energetici, idrici, materiali, e della perpetuazione della citt come massimo
sistema dissipativo.
Definire oggi una qualche attivit umana sostenibile nel lungo periodo impresa per nulla
semplice e forse sarebbe pi corretto parlare della necessit di perseguire uno sviluppo meno
insostenibile dellattuale. Una visione di questo tipo non certo nuova nella nostra cultura.
Alcuni pensatori, scienziati ed economisti ne hanno indicato la necessit gi da tempo. Per
esempio vale la pena ricordare quanto scritto da un famoso scienziato, padre della
2

In questo testo il termine sostenibile molto utilizzato e non sempre in una accezione condivisibile da
chi sostiene la necessit di una decrescita conviviale; per questo sempre virgolettato. chiaramente
una scelta dellautore in quanto nellimmaginario collettivo, istituzionale, tecnico, politico, , ancora
ampiamente (e spesso inutilmente) utilizzato (e abusato). Per qualunque osservazione e/o chiarimento
sul tema reputo che il riferimento bibliografico ottimale sia (ad esempio, per citarne uno) Come
sopravvivere allo sviluppo di Serge Latouche (Bollati Boringhieri, 2005).

termodinamica, Rudolf Clasius: in economia vi una regola generale secondo la quale il


consumo di un dato bene in un dato periodo non deve superare la sua produzione nello stesso
periodo. Oggi stiamo comportandoci come eredi scialacquatori. Si estrae dal suolo quanto la
forza umana e i mezzi tecnici consentono, e quel che viene estratto consumato come se fosse
inesauribile. Quando guardiamo al futuro, ci domandiamo inevitabilmente cosa accadr una
volta che le riserve di carbone saranno esaurite. Queste riflessioni risalgono al 1885, a
dimostrazione di come il concetto di sostenibilit risponda soprattutto al buon senso ed a un
minimo di conoscenza su come opera ed evolve la natura.
Nel 1991 il noto bioeconomista Herman Daily ha fissato quattro principi operativi per lo
sviluppo sostenibile, chiarendo meglio i contorni di questo concetto:
1. il peso complessivo del nostro impatto sui sistemi naturali deve essere riportato al
livello in cui non superi la capacit di carico della natura;
2. il prelievo delle risorse rinnovabili non deve superare la loro velocit di riproduzione;
3. lo scarico di emissioni nellambiente non deve superare la capacit di assorbimento dei
recettori;
4. il prelievo di risorse non rinnovabili deve essere compensato dalla produzione di una
pari quantit di risorse rinnovabili che, a lungo termine, siano in grado di sostituirle.
Come attuare per la sostenibilit? Tutte le ricerche pi avanzate sullapplicazione concreta
delle politiche di sostenibilit confermano che esse devono essere capaci di rispondere ad un
sapiente mix di efficienza e sufficienza. Ci significa coniugare politiche che mirano
allottenimento degli stessi beni e servizi con un impiego inferiore di energia e materie prime,
con politiche che mirano allottenimento dello stesso livello di benessere con un minor impiego
di beni e servizi.
Nellultimo capitolo dello State of the World 1998, dal titolo Costruire una nuova economia,
Lester Brown e Jennifer Mitchell hanno scritto: Gli ecologi sanno da molto tempo che il sistema
economico esistente insostenibile, ma pochi tra gli economisti condividono questa opinione.
Quale tipo di sistema sarebbe ecologicamente sostenibile? La risposta semplice: un sistema le
cui strutture rispettino i limiti e la capacit di carico dei sistemi naturali. Uneconomia
sostenibile nutrita da fonti di energia rinnovabili. uneconomia basata sul riuso e sul
riciclo. Nella sua struttura imita la natura stessa dove lo scarto di un organismo diventa il
sostentamento di un altroLeconomia deve soddisfare i principi dellecologia per poter durare
nel tempo. E ancora scrive sempre Lester R. Brown in Ecoeconomy. Una nuova economia per
la Terra: Gli economisti concepiscono lambiente come sottoinsieme delleconomia (invece)
leconomia un sottosistema delleconomia terrestre [] La sola formulazione di politica
economica che avr successo sar quella che rispetter i principi dellecologia.
Oramai esiste unampia letteratura qualificata che dimostra la praticabilit dello sviluppo
ambientalmente sostenibile. Vi sono purtroppo immensi ritardi del mondo politico, economico
ed imprenditoriale nel recepirla e metterla in pratica ed presente inoltre uninformazione ed
una conoscenza ancora generica e superficiale da parte dellopinione pubblica nel suo
complesso. A monte di tutto ci vi sono interessi, resistenze al cambiamento, malafede e
ignoranza.
Lumanit del terzo millennio ha la possibilit concreta (oltre che limperativo morale) di
cambiare rotta e avviarsi sulle strade della sostenibilit. Certamente si tratta di un percorso
difficile, che richiede un approccio nuovo, dinamico e orientato al futuro.

Una citt pi sostenibile una citt che funziona come sistema


ecologico
Una citt per sua natura, come ricorda E.P. Odum (Basi di ecologia, 1983, Piccin, Padova), un
ecosistema fragile, contraddistinto da una ridotta capacit di carico e del tutto dipendente
dallesterno per lapprovvigionamento della popolazione, principale consumatore di risorse
naturali e maggiore produttore di inquinamento e rifiuti.

La citt un sistema aperto molto complesso nel quale gli input sono lenergia, i materiali e
linformazione ---pura o incorporata in altri materiali--- e gli output sono rifiuti, emissioni,
scarichi, calore. sempre stato cos da quando esistono le citt. Quello che fa la differenza con
la situazione passata la drammatica crescita della quantit degli input e, di conseguenza, degli
output: dovuti entrambi al progresso tecnologico e alla disponibilit di energia, non percepita
come una risorsa scarsa.
Leffetto di questo cambiamento, che insieme allaumento della popolazione coinvolge quasi
tutte le citt del pianeta, ha provocato un deterioramento della qualit della vita urbana e
minaccia la salute dellintero pianeta a causa degli effetti delle emissioni di CO2. Minaccia che
proviene soprattutto dalle citt, che consumano l80% dellenergia.
La nostra sfida, ora, quella di saper invertire la tendenza, combinando il miglioramento della
qualit della vita con una significativa riduzione di energia fossile, input e rifiuti. Lobiettivo
finale quella che parecchi chiamano la citt sostenibile.
Una citt pi sostenibile dovrebbe funzionare quanto pi possibile come un sistema ecologico,
dovrebbe essere cio capace di massimizzare lefficienza nellutilizzo di ciascun input (energia,
materiali) attraverso luso e il riciclaggio multiplo/a cascata di ciascuno di essi, reso possibile
dallelevata diversit delle specie (= tecnologie) presenti in esso.
Daltra parte, a differenza dei sistemi ecologici, le citt ambientalmente sostenibili non sono in
equilibrio, sono sistemi in continua evoluzione a causa del continuo progresso tecnologico.
Questo rende pi difficile una loro adeguata gestione, visto che esse sono come sistemi ecologici
nei quali introdotto un continuo flusso di nuove specie, le quali devono entrare a farne parte
senza danneggiarli.
Quindi, che cosa - realisticamente parlando - vuol dire citt pi sostenibile?
Di sicuro, finch saranno necessari energia e materiali, non vorr dire che la citt del tutto
autosufficiente, come accade invece in un sistema ecologico. In una citt pi sostenibile linput
di energia deve essere il pi possibile di energia non fossile, gli input di materiali/oggetti
debbono avere un basso impatto ambientale per tutto il loro ciclo di vita, gli output di rifiuti
devono essere minimizzati anche attraverso un maggior ricorso al riuso e al riciclaggio, lutilizzo
finale di energia deve essere minimizzato riducendo i consumi, razionalizzandone luso nonch
attraverso ladozione di appropriati sistemi e tecnologie.
La soddisfazione di queste esigenze implica un sostanziale cambiamento di tre sottosistemi:
produzione di beni, edifici, mobilit. Per raggiungere la sostenibilit, i tre sottosistemi che
convivono nella citt devono attuare una trasformazione al loro interno e nella loro mutua
interazione. I tre sottosistemi devono essere integrati in un programma di pianificazione
energetica e ambientale della citt.
Ogni sottosistema della citt deve cambiare, apprendendo come utilizzare meno energia e pi
risorse rinnovabili. Deve imparare come cooperare con gli altri al fine di trasformare i propri
rifiuti in utili input per gli altri sottosistemi attraverso un nuovo network che diffonda energia,
materiali e informazioni, in maniera sempre pi simile al sistema biologico.
Uno degli obiettivi prioritari della citt ambientalmente sostenibile ridurre lemissione di CO2
a una quantit che possa essere sostenuta dal sistema Terra nel lungo periodo.
Una citt pi sostenibile una citt solare. Una citt in cui si materializza quella che stata
definita la triade energetica, costituita da tre linee di azione che devono integrarsi: luso
esteso delle fonti rinnovabili, luso razionale dellenergia e la gestione intelligente della
domanda di energia.

Lo sviluppo locale autosostenibile


La questione della sostenibilit dello sviluppo allora per essere posta correttamente deve
affrontare la trasformazione delle regole genetiche dello sviluppo stesso, trovando una risposta
al problema nella proposizione dello sviluppo locale autosostenibile.
Allorigine del concetto di sviluppo locale cui, per esempio, la Rete del Nuovo Municipio si
riferisce, poniamo soprattutto gli approcci (self-reliance, basic needs, sviluppo autocentrato,
ecosviluppo) che hanno insistito sulla valorizzazione delle risorse territoriali e delle identit

locali considerandoli come atto fondativo di modelli alternativi di sviluppo. Approcci che hanno
di conseguenza modificato profondamente i criteri di valutazione e gli indicatori dello sviluppo
stesso (dal PIL a sistemi di parametri qualitativi: bisogni umani fondamentali, democrazia,
salute, sicurezza, autogoverno, equilibrio ecologico, identit, spazio collettivo, ecc.).
Nel concetto di autosostenibilit la RNM pone in particolare laccento sulla ricerca di regole
insediative (ambientali, urbanistiche, produttive, economiche, ecc.) che risultino di per se
produttive di omeostasi locali e di equilibri di lungo periodo fra insediamento umano e sistemi
ambientali.
Il concetto di sviluppo locale autosostenibile richiede una radicale trasformazione di paradigma
analitico e progettuale.
Lo sviluppo locale assume i connotati politici della ricerca di stili di sviluppo alternativi ai
processi di omologazione e/o di dipendenza indotti dalla globalizzazione, fondativi di un mondo
plurale, degerarchizzato, come soluzione strategica allinsostenibilit (non solo ambientale)
dellattuale modello di sviluppo che destruttura culture, crea polarizzazione sociale ed
economica e povert su scala mondiale. Il rafforzamento delle societ locali, attraverso il
progetto di sviluppo locale autosostenibile pu consentire lattivazione di strategie
lillipuziane, tessendo reti non gerarchiche, un fitto reticolo in grado di contrastare le grandi
reti, fortemente centralizzate, della globalizzazione economica
Il concetto di autosostenibilit si fonda sullassunto che solo una nuova relazione coevolutiva fra
abitanti-produttori e territorio in grado di determinare equilibri durevoli fra insediamento
umano e ambiente, riconnettendo nuovi usi, nuovi saperi, nuove tecnologie alla sapienza
ambientale storica. Pertanto autosostenibilit e autodeterminazione, sviluppo sostenibile e
sviluppo autocentrato, divengono concetti strettamente interdipendenti; il concetto di
autosostenibilit allude alla necessit di un profondo ridimensionamento delleconomico che,
divenuto dominante, ha destabilizzato i processi di autorganizzazione del sottosistema sociale
e della natura; nonch alla necessit di un contemporaneo sviluppo del ruolo delle istituzioni
locali.
necessario un forte processo di decentralizzazione che consenta il rafforzamento di pratiche di
cooperazione e di partecipazione, e sviluppi nuove forme di comunit che garantiscano a loro
volta nuovi processi di accumulazione di capitale sociale. La ricostruzione della comunit
lelemento essenziale dello sviluppo autosostenibile: la comunit che sostiene se stessa fa s
che lambiente naturale possa sostenerla nella sua azione; lazione conservativa (anche di valori
ambientali) che non promani dalla fiducia interna e dalla selfreliance destinata a creare
resistenze e fallimenti.
Il riavvicinamento fra abitanti e produttori fa s che si renda possibile una riappropriazione
diffusa dei saperi ambientali. Daltra parte le tecniche e le procedure per la riconquista del
saper costruire e mantenere il territorio sono un momento importante della ricostruzione della
municipalit; il processo pu innescarsi favorendo lo sviluppo di attivit microsociali,
cooperative, comunitarie, autorganizzate a scala locale, cos come incentivando la costruzione
di reti locali di attori intorno a progetti di trasformazione.
Un modello di sviluppo locale autosostenibile richiede da un lato una riappropriazione di saperi e
sapienza ambientali diffusi da parte della comunit insediata, dallaltro la ridefinizione della
municipalit e degli istituti di governo del territorio nella direzione dellesercizio diretto di
questi saperi; finalizzando a questa riappropriazione lo sviluppo e la qualificazione dei poteri dei
municipi.
La valorizzazione del patrimonio territoriale come base della produzione della ricchezza da
parte degli abitanti-produttori richiede che il municipio svolga il ruolo di promotore dello
sviluppo nei confronti: a) delleconomia (controllo di coerenza dei settori e delle tipologie
produttive da insediare, attivazione di economie ambientali e territoriali, sviluppo di politiche
sullagricoltura e sullambiente assunti come servizio pubblico); b) della produzione e gestione
dellenergia e dellacqua; c) della finanza pubblica finalizzata a progetti di trasformazione
ecologica.

Neomunicipalismo, nuova democrazia e partecipazione


Un'amministrazione pubblica pu attivare processi di partecipazione per molti motivi, ciascuno
dei quali importante e legittimo, ma motivi diversi implicano strategie e metodi e strumenti
diversi.
Un primo motivo quello dell'informazione; un secondo motivo quello della costruzione del
consenso; un terzo motivo quello di fornire ai cittadini e alle loro espressioni organizzate la
possibilit di essere parte del processo di formazione del progetto e di decisione sulle modalit
di realizzazione.
In una democrazia rappresentativa tale motivo non implica in generale una restituzione della
delega ai cittadini, ma implica che il processo di costruzione delle decisioni tenga
esplicitamente in conto in modo programmatico ed esplicito l'opinione espressa dai cittadini e
che anche a partire da essa la decisione venga presa. In questo caso si ha una sorta di estensione
della rappresentanza che riteniamo essere indispensabile per la costruzione di una visione
condivisa.
A differenza delle forme pi rigide di concertazione e negoziazione, la partecipazione, e con
questo termine mi riferisco ad una grande variet di esperienze, un processo di interazione
aperta e imprevedibile, caratterizzato da un tasso pi elevato di mobilitazione delle energie e
della creativit sociali.
Il coinvolgimento degli abitanti nella progettazione del territorio pone al centro del dibattito il
tema specifico degli strumenti da utilizzare, dei metodi e delle tecniche.
Se si riconosce la valenza progettuale del sapere laico, tradizionalmente escluso come base
conoscitiva allinterno dei processi tradizionali e si condivide lobiettivo di mettere in
discussione posizioni consolidate per avviare una ristrutturazione di situazioni problematiche,
utile che le attivit corrispondano ad un processo strutturato, basato sulluso di metodologie,
strumenti raffinati ed atteggiamenti non convenzionali degli esperti (Giusti).
Tale impostazione consente di costruire le situazioni problematiche nel corso dellazione e il
progetto non mantiene una connessione lineare tra fasi conoscitive e decisionali, ma assume una
modalit recursiva, tale da rendere fluido il distinguo tra attivit conoscitive e progettuali.
Questo modello produce una modifica nella percezione della realt da parte degli abitanti,
creando continue nuove visioni di realt.
La conoscenza diventa allora strumento di trasformazione delle situazioni e svela leffetto
progettuale implicito, modificando la capacit degli attori di incidere nella realt.

Citt in transizione, Comunit resilienti


In risposta alla doppia pressione del Picco del Petrolio e dei Cambiamenti climatici, alcune
comunit pionieristiche del Regno Unito, dIrlanda e di altre nazioni, stanno attuando un
approccio integrato e partecipativo per ridurre il proprio consumo di combustibili fossili e
migliorare la propria capacit di sostenere il fondamentale cambiamento che accompagner il
Picco del Petrolio. Iniziative di transizione verso un futuro a pi basso consumo di energia e a un
pi grande livello di comunit resiliente, capace cio di affrontare e superare le due sfide pi
dure che si presentano allumanit allinizio del 21 secolo (appunto, i Cambiamenti Climatici
indotti dallEffetto Serra e il Picco del Petrolio ma pi in generale lesaurimento delle risorse).
Resilienza non un termine molto conosciuto, esprime una caratteristica tipica dei sistemi
naturali. La resilienza la capacit di un certo sistema, di una certa specie, di una certa
organizzazione di adattarsi ai cambiamenti, anche traumatici, che provengono dallesterno
senza degenerare, una sorta di flessibilit rispetto alle sollecitazioni.
Lattuale societ industrializzata caratterizzata da un bassissimo livello di resilienza. Viviamo
tutti un costante stato di dipendenza da sistemi e organizzazioni dei quali non abbiamo alcun
controllo. Nelle nostre citt consumiamo gas, cibo, prodotti che percorrono migliaia di
chilometri per raggiungerci, con catene di produzione e distribuzione estremamente lunghe,
8

complesse e delicate. Il tutto reso possibile dallabbondanza di petrolio a basso prezzo che
rende semplice avere energia ovunque e spostare enormi quantit di merci da una parte allaltra
del pianeta.
facile scorgere lestrema fragilit di questo assetto, basta chiudere il rubinetto del carburante
e la nostra intera civilt si paralizza. Questa non resilienza.
I progetti di Transizione mirano invece a creare comunit libere dalla dipendenza dal petrolio e
fortemente resilienti attraverso la ripianificazione energetica e la rilocalizzazione delle risorse
di base della comunit (produzione del cibo, dei beni e dei servizi fondamentali).
Lo fa con proposte e progetti incredibilmente pratici, fattivi e basati sul buon senso. Prevedono
processi governati dal basso e la costruzione di una rete sociale e solidale molto forte tra gli
abitanti delle comunit. La dimensione locale non preclude per lesistenza di altri livelli di
relazione, scambio e mercato regionale, nazionale, internazionale e globale.
Le iniziative di transizioni (attualmente in corso in tante citt nel Regno Unito e altrove nel
mondo) rappresentano il modo pi promettente di coinvolgere le persone e le comunit a
intraprendere delle azioni ad ampia portata che sono richieste per mitigare gli effetti del Picco
del Petrolio e dei Cambiamenti Climatici.
Inoltre, questi sforzi di cambiamento sono progettati per tradursi in una vita pi soddisfacente,
socialmente pi collegata e pi equa.
Il modello di transizione un insieme di principi e pratiche del mondo reale che sono state
costruite nel tempo con la sperimentazione e losservazione delle comunit cos da portare
avanti e costruire resilienze locali e ridurre la nostra impronta ecologica e le emissioni di
carbonio.
Alla base del Modello di transizione c un riconoscimento dei seguenti fattori:
i cambiamenti climatici e il picco del petrolio richiedono un'azione urgente
la vita con meno energia inevitabile ed meglio pianificarla che essere colti di sorpresa
la societ industriale ha perso la resilienza per essere in grado di far fronte alla crisi
energetica
dobbiamo agire insieme e dobbiamo agire ora
per quanto riguarda l'economia mondiale e gli schemi consumistici all'interno di essa - fino a
quando le leggi della fisica si applicano - la crescita infinita all'interno di un sistema finito (come
il pianeta Terra), semplicemente non possibile
abbiamo dimostrato fenomenali livelli di ingegno e di intelligenza mentre abbiamo corso lungo
la curva dellenergia nel corso degli ultimi 150 anni, e non vi alcun motivo per cui non siamo in
grado di utilizzare al meglio queste qualit e altre, per negoziare la nostra discesa dal picco
della montagna dell'energia
se programmiamo e agiamo con sufficiente anticipo, e usiamo la nostra creativit e la
cooperazione per liberare lingegno all'interno delle nostre comunit locali, possiamo allora
costruire un futuro che potrebbe essere molto pi che soddisfacente e arricchente, pi collegato
e pi gentile sulla terra degli stili di vita che abbiamo oggi.
La Transizione un movimento culturale impegnato nel traghettare la nostra societ
industrializzata dallattuale modello economico profondamente basato su una vasta disponibilit
di petrolio a basso costo e sulla logica di consumo delle risorse a un nuovo modello sostenibile
non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza.
Nascono cos le Transition Towns, citt e comunit che sulla spinta dei propri cittadini decidono
di prendere la via della transizione. E lelemento di forza di questo progetto che un metodo
che si pu facilmente imparare, riprodurre e rielaborare. Questo lo rende piacevolmente
contagioso, anche grazie alla forza della visione che contiene, unenergia che attiva le persone e
le rende protagoniste consapevoli di qualcosa di semplice e al contempo epico.
Possediamo tutte le tecnologie e le competenze necessarie per costruire in pochi anni un mondo
profondamente diverso da quello attuale, pi bello e pi giusto. La crisi profonda che stiamo
attraversando in realt una grande opportunit che va colta e valorizzata. Il movimento di
Transizione lo strumento per farlo.
9

Ri-progettare leconomia: dal sistema lineare al sistema ciclico


Ogni azione umana determina un assorbimento/acquisizione di risorse dallambiente da una
parte, e, dallaltra, il rilascio di varie emissioni, quali agenti chimici e/o fisici, sostanze pi o
meno tossiche, rumori, ecc. Lemissione comporta il rilascio di sostanze nellambiente, mentre
luso di materie prime determina il prelievo di sostanze dallambiente. Sia le estrazioni/prelievi
che le emissioni sono forme di impatto ambientale. Ogni forma di impatto ha quindi alla base lo
scambio di sostanze nellambiente e il sistema di produzione e consumo. Questo sistema, come
insieme di azioni umane nel suo complesso, ha determinato impatti che non sono assorbibili
dagli ecosistemi e che compromettono lequilibrio e la sopravvivenza della flora e della fauna e
finanche delluomo.
Scrive Barry Commoner nel suo famoso libro Il cerchio da chiudere(1986): Gli esseri umani
hanno spezzato il cerchio della vita, spinti non da necessit biologiche ma da una organizzazione
sociale che hanno progettato per conquistare la natura [] Una volta ancora, per sopravvivere,
dobbiamo chiudere il cerchio.
Bisogna allora definire una strada verso la sostenibilit ambientale (ecologica); e i percorsi
praticabili, che possono essere diversi, devono tutti partire dal presupposto che affinch le
attivit umane possano continuare indefinitivamente e senza perdita di qualit ambientale,
necessario che la loro impronta sugli ecosistemi sia tendente a zero. E quindi che sia tendente a
zero (ovvero che sia sostenibile nel senso definito da Herman Daly) ogni attivit di prelievo che
porti ad impoverirli, ed ogni attivit di re-immissione che tenda ad accumulare sostanze con
caratteristiche e concentrazioni diverse da quelle iniziali.
In sostanza il concetto di ciclo chiuso che va riconosciuto e metabolizzato in ogni azione
antropica. Un concetto che nasce come metafora del tentativo di creare analogie e
corrispondenze tra sistema produttivo della natura, caratterizzato da interdipendenza e
reciprocit di tutti i rapporti vitali a tutti i livelli dellecosistema, e lecosistema umano.
Il ciclo produttivo della natura vivente chiuso dal momento che i rifiuti vengono ritrasformati
in sostanza assimilabili dai produttori primari e rimessi in ciclo; tutti gli organismi naturali
ingeriscono, trasformano ed espellono materia per ottenere lenergia e la biomassa necessarie
alla sopravvivenza e alla riproduzione.
Il richiamo alle economie a ciclo chiuso diventa quindi una scelta strategica per ri-progettare le
cose, i sistemi, gli spazi e i tempi delleconomia di oggi.
Purtroppo ancora oggi tale trasformazione appare lontana nonostante che oramai si manifestano
sotto gli occhi di tutti i fenomeni di cambiamento ambientale globale in atto dovuti al nostro
scriteriato modello di sviluppo.
Per concludere, una citt sostenibile una citt
energeticamente efficiente: gli obiettivi dellUnione Europea 20 20 20 entro il 2020 vanno
adottati da subito per essere in linea fra 11 anni con gli altri Paesi europei
che si produce da se lenergia che gli serve: una citt solare (verso lautonomia
energetica)
che chiude il ciclo dellacqua nelle case e nella citt (recupera e usa le acque piovane e
riduce limpermeabilit del territorio)
che si pone come obiettivo rifiuti zero
che non consuma pi suolo per crescere
che si muove a piedi, in bicicletta e con il trasporto pubblico

Spunti per un possibile percorso/progetto per una citt ambientalmente


sostenibile

10

Energeticamente efficiente e che si produce da se lenergia che gli serve3


La non-sostenibilit del sistema energetico italiano dipende da quattro cause: la richiesta di
energia eccessiva; le fonti primarie utilizzate sono principalmente non-rinnovabili; gli apparati
che trasformano lenergia primaria sono inefficienti; gli utilizzatori finali sprecano la risorsa loro
resa disponibile.
Per modificare il sistema necessario agire contemporaneamente su tutti quattro i livelli,
allinterno del proprio sistema energetico locale, acquisendone consapevolezza: laver cura ha
inizio dallosservazione e dalla comprensione.
Osservo il mio sistema energetico locale e mi chiedo:
Ho bisogno di tutta lenergia che utilizzo? Posso forse ottenere lo stesso risultato e mantenere
condizioni di benessere utilizzando meno energia?
Sono consapevole di quanta parte dellenergia che utilizzo discende da fonti rinnovabili? Rendo
massimo lutilizzo di queste fonti?
Sono efficienti gli apparecchi che trasformano lenergia che utilizzo? (fondamentale qui
osservare anzitutto lefficienza dellinvolucro abitativo e dei veicoli utilizzati: in Italia questi
sono i due grandi consumatori di energia degli individui. Ambedue caratterizzati da unefficienza
in genere ridicolmente bassa)
Utilizzo con attenzione lenergia? Non la spreco? (Lenergia costa agli individui costa
allambiente. Sempre. Utilizzarla quando necessario accettabile, ma buttare via energia
inutilmente un crimine. Economico ed ecologico.)
Queste domande andrebbero fatte sia dagli utilizzatori individuali (i singoli cittadini) che dagli
utilizzatori collettivi (sia pubblici che privati) di energia, perch ciascuno si possa fare una autodiagnosi del proprio sistema energetico locale in modo da poter elaborare azioni concrete per
la sua modifica. E necessario infatti che gli utenti finali di energia diventino consumatori attivi
e consapevoli, capaci di indirizzare bene sia limpostazione della struttura che la gestione del
loro sistema energetico.
Un effetto importante dellavvio di una gestione consapevole e condivisa del proprio sistema
energetico locale, che questa azione diventa una azione collettiva per salvaguardare un bene
collettivo ed ambientale: una azione perci non finalizzata al bene individuale, ma al bene
comune. Rispetto allegocentrismo che caratterizza il nostro attuale essere (a-)sociale, questa
azione ha una valenza rivoluzionaria sorprendente. La rivoluzione oggi si pu fare se si riesce a
rifiutare un modo di essere nella societ che sacrifica tanti valori positivi e tanti benesseri
potenziali del nostro essere comunit umana, proponendoci continuamente un sistema di vita
centrato in modo unidimensionale sulla nostra individualit egoistica.
I target approvati all'unanimit dai 27 Paesi dellUE nel marzo 2007 prevedono, entro il 2020,
una riduzione del 20% di emissioni di gas nocivi rispetto ai livelli del 1990, un aumento del 20% di
consumi da energie rinnovabili e un incremento del 20% dell'efficienza energetica.
Tenendo conto quindi che gli Enti locali sono chiamati ad un ulteriore impegno sulla materia, si
rende indispensabile prevedere che questi obiettivi vengano assunti ed applicati, da subito e non
entro il 2020, in tutte le aree di espansione, recupero, riqualificazione urbana e per tutti gli
edifici pubblici in propriet di nuova costruzione, nonch per quelli esistenti sui quali siano
previsti interventi di carattere strutturale o di manutenzione straordinaria di un certo rilievo.
Mediamente per scaldare le case in Italia si consumano 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di
metano o 200 kWh a metro quadro allanno. In Alto Adige, in Germania o in altri posti non si
permette di costruire case che consumino pi di 7 litri di gasolio, 7 metri cubi di metano o 70
kWh al metro quadro allanno. Questo cosa vuol dire? Che una casa mal costruita oltre a
disperde i due terzi dellenergia fa anche crescere il Pil (prodotto interno lordo) pi di una ben
costruita che consuma un terzo rispetto allaltra. Quindi, il cambiamento si attua costruendo
case che consumano 7 litri o ristrutturando le case esistenti affinch da 20 scendano a un
consumo di 7. In questo modo, oltre a risparmiare energia, si ha una minore crescita del
prodotto interno lordo perch diminuisce la produzione e il consumo di una merce (cio i 13 litri
di gasolio su 20) che non un bene, perch non serve a scaldare la casa ma si disperde visto che
3

da I guardiani della luce di Ferruccio Jarach, intervista a Maurizio Pallante sul portale
QualEnergia e Verso lautonomia energetica dellAgenzia Fiera delle Utopie Concrete.
11

la casa mal costruita. Noi siamo in un sistema che misura il benessere sulla crescita del
consumo di merci, senza andare ad analizzare se queste merci sono effettivamente dei beni o
meno. Allora diciamo che la prima cosa da fare diminuire la produzione e il consumo delle
merci che non sono anche beni.
Se non si affronta questo primo passaggio le fonti rinnovabili danno dei contributi molto modesti
e non ripagano i loro costi; solo dopo averlo affrontato diventano interessanti. Noi abbiamo una
situazione in cui, nel riscaldamento degli edifici, nella produzione termoelettrica, nei trasporti,
si sprecano i due terzi dellenergia. La prima cosa da fare ridurre gli sprechi perch un sistema
che spreca i due terzi dellenergia come un secchio bucato: se ho un secchio bucato la prima
cosa di cui devo preoccuparmi non di cambiare la fonte (il rubinetto) con cui lo riempio ma di
tappare i buchi.
Le decisioni su come vogliamo vivere nel mondo di domani devono risultare da un processo pi
trasparente e democratico possibile sulla base di informazioni adeguate e comprensibili. Questo
vale a maggior ragione se si vuole cercare di realizzare uno scenario come quello dell'autonomia
energetica che presuppone una volont comune, risultato di un processo partecipativo in un
territorio a misura d'uomo.
Lo scenario dell'autonomia energetica vuole fare un passo deciso verso un futuro con una buona
qualit di vita a un alto livello tecnologico, sfruttando le tecnologie pi avanzate a disposizione
per trasformare la radiazione solare o direttamente in impianti fotovoltaici e termosolari o
indirettamente con il vento e la biomassa in calore ed energia elettrica.

Che chiude il ciclo dellacqua nelle case e nella citt4


Da alcuni decenni sempre pi difficile trovare nuove risorse: laumento del prelievo di acque
sotterranee sta portando alla salinizzazione delle falde; la sottrazione di acqua dai fiumi li rende
sempre pi inquinati.
In breve, una domanda dacqua in forte crescita sta superando lofferta.
Le falde sono sovrasfruttate si preleva pi acqua della capacit di ricarica attraverso le piogge
e da alcuni anni si estrae acqua fossile, non pi rinnovabile. La sottrazione di acque alla
circolazione naturale ha un inevitabile impatto negativo sui corsi dacqua e sulle zone umide del
pianeta, e si scontra con la crescente domanda di tutela e riqualificazione di questi
fondamentali ecosistemi.
quindi urgente un impegno di tutti che permetta di ridurre i consumi di acqua e valorizzare le
fonti alternative: prime fra tutte il risparmio, la raccolta della pioggia e il riuso delle acque
usate.
Per garantire seriamente il diritto allacqua per le generazioni future sono necessari
cambiamenti profondi che abbracciano non solo il modello di gestione dellacqua potabile che
dovr essere rivisto strutturalmente, indipendentemente dal fatto che il soggetto gestore sia
pubblico o privato ma anche le politiche economiche globali e lassetto del territorio, sia
agricolo che urbano.
Nel mondo circa il 70% dellacqua consumata usata per irrigazione e la domanda irrigua in
crescita (in particolare nei paesi emergenti). Non sempre stato cos: un tempo regioni aride
avevano un'agricoltura a basso consumo idrico, basata su colture molto resistenti alla siccit (ma
poco produttive), mentre le colture idroesigenti erano erano limitate ai paesi pi piovosi. La
crescita esponenziale dei consumi irrigui uno dei prezzi pagati per la rivoluzione verde, che
a partire dagli anni '70 ha aumentato moltissimo la produttivit per ettaro, diffondendo in tutto
il mondo le variet di grano, riso e mais ad alto rendimento selezionate nel mondo occidentale.
Oggi, per produrre un chilo di riso bastano pochi centimetri quadrati di terra, ma servono - nel
Vercellese come in Egitto o in Bangladesh - fino a 5.000 litri d'acqua: la stessa quantit con cui
in India o in Cina una persona vive dignitosamente per pi di un mese. Se consideriamo i prodotti
animali che si nutrono comunque di mangimi provenienti da colture irrigue 5.000 litri sono
appena sufficienti a produrre una sola bistecca!
4

da Nuvole e sciacquoni di Giulio Conte


12

La questione irrigua, ovvero come ridurre i consumi dacqua producendo cibo sufficiente per
lumanit in crescita, dunque uno dei punti chiave da risolvere per affrontare la crisi idrica,
reso ancor pi urgente dalla crescente domanda di terra e dacqua per la produzione di
biocombustibili.
Da oltre un decennio risulta sempre pi chiaro che il modello di gestione delle acque delle
nostre citt non sostenibile.
Non sostenibile il modello urbano, basato su prelievo, distribuzione, utilizzo, fognatura,
depuratore, scarico, perch comporta un uso eccessivo di risorse idriche di altissima qualit,
produce inquinamento che pu essere solo parzialmente ridotto ricorrendo alla depurazione e
non si cura di riutilizzare risorse preziose come lazoto e il fosforo contenute nelle acque di
scarico.
Non sostenibile il modello domestico, perch basato su una serie di pratiche come minimo
rozze, se non completamente illogiche: lapprovvigionamento idrico delle nostre case attraverso
ununica fonte lacqua fornita dallacquedotto pubblico - , anche quando sarebbe possibile,
utile e conveniente raccogliere e usare lacqua di pioggia; il consumo indiscriminato dellacqua
potabile, usata in grandi quantit, per esempio, per scaricare il WC; leliminazione di tutti i
nostri scarichi attraverso un unico sistema di scarico siano essi escrementi con una carica
batterica altissima, urine ricche di prezioso azoto o acqua potabile usata per sciacquare la frutta
o per lavare i piatti e i panni.
La sostenibilit delluso dellacqua possibile riducendo notevolmente i consumi domestici e
linquinamento da essi provocato senza rinunciare al livello di comfort cui siamo abituati.
Per farlo per necessario innescare una piccola rivoluzione culturale, tecnica e normativa.
Culturale, perch necessario riesaminare criticamente alcune prassi che consideriamo ovvie
solo perch le applichiamo abitualmente da molti decenni.
Tecnica, perch per rendere sostenibile la gestione dellacqua, necessario introdurre alcune
innovazioni nel modo di costruire e gestire le nostre case e le nostre citt.
Normativa, perch per rinnovare il modello di gestione alla scala domestica e alla scala urbana
necessario attivare politiche adeguate. Tali politiche devono essere rivolte sia agli enti coinvolti
nella gestione delle acque (gli enti di gestione e le Autorit dAmbito che hanno sostituito i
Comuni nella rappresentanza dellinteresse collettivo), sia agli utilizzatori finali: le famiglie e le
imprese, che possono svolgere e devono svolgere un ruolo essenziale.
Nel modello tipico di gestione dellacqua in una citt, lacqua viene prelevata da una fonte, che
pu trovarsi anche molto lontana dalla citt; trasportata attraverso le grandi adduttrici dei
sistemi aquedottistici a serbatoi da cui viene prelevata per gli eventuali trattamenti di
potabilizzazione ed immessa nella rete di distribuzione che la porta nelle nostre case.
Lacqua usata lascia le nostre case dagli scarichi e finisce nella rete fognaria (che in genere
mista e raccoglie anche la pioggia); dalla rete fognaria raggiunge un depuratore (quando piove
solo in parte, perch una parte dei liquami mischiati alla pioggia sfiorano per non sovraccaricare
le fogne e i depuratori).
Nel depuratore lacqua viene depurata e poi scaricata in un recettore (fiume, lago o mare),
mentre i fanghi di depurazione, che contengono sostanza organica e una parte dei nutrienti,
vengono inviati a discarica o, quando possibile, riutilizzati o inviati a compostaggio.
Ora, quali sono le variabili che rendono pi o meno ambientalmente sostenibile questo
modello? Innanzitutto la quantit dacqua (1) che preleviamo, sottraendola alla circolazione
naturale e ad altri possibili usi: meno , meglio . Un secondo aspetto non secondario la
distanza tra il prelievo e la restituzione (2): se prendiamo acqua da un fiume alla sorgente e la
restituiamo alla foce, sar ben peggio che restituirla immediatamente a valle di dove labbiamo
presa, perch pur sempre meglio un fiume con acqua inquinata, che un fiume senzacqua.
Naturalmente importante la qualit con cui restituiamo lacqua (3): potremmo dire che
migliore la qualit degli scarichi, pi sostenibile la citt che li genera, ma in realt le cose
non stanno proprio cos. E sostenibile una citt i cui scarichi sono compatibili con il corpo idrico
che li riceve: se si ha la fortuna di scaricare in un grande fiume che pu ricevere lo scarico,
diluendolo, senza scadere di qualit non avrebbe senso spingere inutilmente il processo
depurativo: quindi una citt fortunata perch ha un recettore con maggiore capacit, pu
13

essere pi sostenibile di unaltra meno fortunata anche se depura meno. Infine, evidente che
necessario favorire la reimmissione dei nutrienti (azoto e fosforo) nei cicli biogeochimici naturali
(4), in particolare restituendoli ai campi coltivati da cui vengono asportati attraverso gli
alimenti.
Vi un altro aspetto importante della gestione urbana dellacqua, e riguarda le piogge: la
commistione delle acque di pioggia nelle reti fognarie una delle pi importanti criticit nella
gestione delle reti fognarie. Inoltre, indipendentemente da ci, uno degli impatti ambientali
rilevanti dellurbanizzazione limpermeabilizzazione del suolo, che influenza negativamente la
risposta idrologica dei bacini, riducendo linfiltrazione in falda ed aumentando ed accelerando i
deflussi superficiali. La citt sostenibile , dunque, anche quella che riduce al minimo
limpermeabilizzazione del suolo (5) e ne mitiga gli effetti, laminando le acque superficiali in
occasione delle piogge.
Ecco che, senza volerlo, abbiamo definito cinque criteri di sostenibilit ambientale, per la
gestione delle acque in ambito urbano.
Dunque nel progettare citt sostenibili, per quanto riguarda lacqua, dovremmo puntare a:
1.minimizzare i volumi prelevati;
2.minimizzare la circolazione artificiale dell'acqua, restituendo l'acqua pi vicino possibile al
punto di prelevo;
3.garantire una buona efficacia depurativa (possibilmente contenendo i costi), commisurata a
mantenere in buone condizioni il corpo idrico che riceve gli scarichi;
4.permettere il riuso e la corretta reimmissione dei nutrienti nei cicli biogeochimici naturali;
5.minimizzare la superficie impermeabilizzata e comunque compensarla attraverso opportuni
volumi di laminazione.

Che si pone come obiettivo rifiuti zero5


La grave emergenza rifiuti in Campania la testimonianza della lontananza del nostro paese
dall'Europa e dalle pi moderne strategie in tema di politiche ambientali.
Un ampio schieramento imprenditoriale e politico, con altrettanti referenti nel mondo
dellinformazione, ha strumentalizzato questa emergenza utilizzandola come grancassa per il
sistema di incenerimento (come il migliore degli spot possibili per questi impianti).
Ma la via per la corretta gestione dei rifiuti - meglio materiali post-consumo come sono definiti
nella letteratura anglosassone - unaltra. Non prevede n inceneritori e nemmeno, se
possibile, discariche. la scelta rifiuti zero.
Nellottica della decrescita la gestione dei rifiuti va finalizzata prioritariamente alla loro
riduzione e solo in seconda battuta al riuso e al riciclaggio delle materie prime secondarie di cui
sono composti. Lobiettivo di fondo a cui tendere si pu riassumere nella formula zero rifiuti. In
questo contesto, la raccolta differenziata lultimo degli strumenti organizzativi utilizzabili per
recuperarne e riutilizzarne la maggiore quantit possibile.
Se il paradigma della crescita non viene messo in discussione, la politica dei rifiuti viene
impostata principalmente sulla raccolta differenziata di una parte dei materiali dismessi e
lincenerimento del rimanente. Il contesto culturale di riferimento di questa metodologia
lossimoro dello sviluppo sostenibile. In tale contesto si d per scontato che la crescita della
produzione di merci comporti una crescita dei rifiuti. Poich di conseguenza aumentano i loro
ingombri fisici e il loro impatto ambientale, si propone di ridurre queste conseguenze collaterali
indesiderate riciclandone una parte e spacciando per distruzione dellaltra la sua trasformazione
in fumi. Tuttavia, se i rifiuti aumentano, la raccolta differenziata diventa una fatica di Sisifo che
non ridimensiona il problema ma si limita a rallentare la velocit con cui cresce, mentre la
liberazione degli spazi fisici che si ottiene con lincenerimento, oltre a emettere CO2
aumentando leffetto serra, riempie latmosfera di veleni, micro e nano polveri dagli effetti
devastanti sulla salute umana e sugli ambienti. Al contempo distrugge materiali riutilizzabili e
5

da Un programma politico per la decrescita


14

produce quantit di energia molto inferiori a quelle che sono state necessarie a produrli. I danni
economici che genera sono direttamente proporzionali ai danni ambientali.
E allora ripetiamo che la via per la corretta gestione dei rifiuti unaltra. Non prevede n
inceneritori e nemmeno, se possibile, discariche. lobiettivo rifiuti zero.
Per farlo non c che da applicare lapproccio comunitario (europeo), da decenni chiaro e mai
messo in discussione, che ha come meta finale proprio lobiettivo rifiuti zero, gi perseguito da
avanzatissime citt del pianeta che vengono additate dai pi come esempio.
Approccio che prevede i seguenti passaggi/fasi:
a) prevenzione
b) preparazione per il riutilizzo
c) riciclaggio
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia
e) smaltimento.

Che non consuma pi suolo per crescere6


Il fenomeno del consumo del suolo in continua espansione e aumenter ulteriormente.
Consumo di suolo che talvolta diventa spreco: sono centinaia i capannoni vuoti e le case sfitte.
Tutto suolo rubato allagricoltura, senza nessun beneficio, n sulloccupazione n sulla qualit
della vita dei cittadini.
Al contrario e paradossalmente, lo spreco di suolo produce effetti benefici sul PIL (un capannone
costruito e lasciato vuoto, ha creato comunque ricchezza); cos come ha anche effetti positivi
sul Prodotto Interno Lordo, la spesa che i Comuni devono sostenere per presidiare o bonificare
aree dimesse e abbandonate ai margini delle autostrade.
Nonostante tutto, una pianificazione urbanistica che mette in discussione questa prassi
consolidata, grazie ad un sapiente e scientifico concerto mediatico-politico, considerata
anacronistica e contraria al benessere. Benessere che ci si ostina a misurare solo con un vecchio
indicatore, il PIL appunto, che un autentico democratico come Bob Kennedy, in un celebre
discorso di 40 anni fa metteva seriamente in discussione. I democratici di casa nostra, invece,
sono troppo abbagliati dal faro dello sviluppo ad ogni costo e, invece di ricercare con coraggio
nuove pratiche, preferiscono lomologazione culturale. Peccato.
Probabilmente per questo motivo, e non per particolari meriti, la decisione di adottare piani di
governo del territorio che non consumano territorio, ribattezzabile a crescita zero suscita cos
tanto interesse. Amplificando con eco forse eccessiva una scelta ritenuta semplicemente
obbligata e di buon senso. Chi lo fa, in fondo, anticipa solo una scelta che qualcuno un giorno
dovr fare.
In ogni caso la situazione molto preoccupante. Il territorio considerato una fonte
inesauribile. La sua tutela e salvaguardia posta in secondo piano rispetto ad altre priorit: lo
sviluppo, la crescita, la finanza.
Il Comune, lattore che dovrebbe ricoprire un ruolo strategico nella partita urbanistica, non in
grado (perch non vuole, perch non pu o perch gli viene impedito, forse scientificamente) di
esercitare uno dei compiti affidatigli dalla legge. Il Testo Unico degli Enti Locali dice
chiaramente che spettano al Comune tutte le funzioni amministrative che riguardano lassetto e
lutilizzo del territorio.
In realt, per molti motivi, primo tra tutti le difficolt economiche dei Comuni, ma non di meno
la comodit rassicurante di seguire londa della crescita e dello sviluppo senza misura, i Comuni
e i loro Sindaci hanno abdicato al ruolo di gestori del territorio, lasciandolo ai privati.
Non sempre per cattiva volont. Spesso solo per pigrizia, impreparazione o scarsa conoscenza.
Cos, si assiste ormai da almeno due decenni a politiche urbanistiche pensate e orientate non dal
Comune, nellinteresse generale della collettivit, bens dai grandi operatori immobiliari, che
perseguono, evidentemente, interessi diversi: anche se voglio far notare come la nostra
Costituzione dica allart. Art. 41 che L'iniziativa economica privata libera, ma Non pu
6

dallesperienza di Cassinetta di Lugagnano (MI)


15

svolgersi in contrasto con l'utilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert,
alla dignit umana.

Una nota conclusiva sullurbanistica e il governo del territorio


Scriveva Antonio Cederna: Occorre dunque, se vogliamo ridare una dimensione sopportabile
alle nostre citt, rompere definitivamente lindiscriminato ingrandimento a macchia dolio, cui
sono sottoposte dalla peggior specie di vandali, latifondisti e trafficanti e monopolizzatori di
suolo urbano, che tirano furiosamente la citt sui loro terreni, strategicamente disposti intorno a
essa e tendono a urbanizzare abusivamente le aree agricole. (dalla prefazione di A. Cederna, I
vandali in casa, Editori Laterza, Bari 1956, parlando in particolare di Roma) [nota - i puristi del
politicamente corretto, oggi cos in voga, tradurrebbero il tagliente termine di trafficanti di
suolo urbano con immobiliaristi, e cio un pi neutro attributo a coloro che, fino a poco tempo
fa, venivano chiamati con il loro vero nome: speculatori.]
Afferma ancora Antonio Cederna che con lurbanistica che si salvano le citt dalla
speculazione. con lurbanistica che si pu tentare di dare una prospettiva di riscatto alle
periferie urbane. Ma, appunto, unurbanistica mirata, apertamente schierata, affatto
condiscendente con le tendenze del mercato. Appunto!
Non vorrei che al di l di nuovi assetti lessicali (sostenibilit, governance, agende 21, etc.) la
sostanza sia sempre la stessa e le decisioni vengano poi di fatto prese sempre nel tradizionale
modo di rapportarsi con i poteri forti (che guarda caso, quasi mai partecipano e presenziano ai
tavoli e ai forum!) e con/per altri interessi.
Dov finito il governo pubblico, nel senso di governo collettivo degli Enti pubblici territoriali?
Perch cos forte limpressione che le decisioni che contano vengono prese sempre altrove?
Molto spesso le strategie (per i TAV come per gli inceneritori, le centrali, i MOSE e i Ponti), le
scelte sul territorio e sulle nostre vite, sono decise non nelle sedi elettive, ma nei vari consigli di
amministrazione. Vogliamo continuare a farci comandare da loro?

Riferimenti bibliografici utilizzati


Agenzia Fiera delle Utopie Concrete, Verso lautonomia energetica
Lester Brown, Piano B 3.0 - Mobilitarsi per salvare la civilt, Edizioni Ambiente
Stefano Caserini, A qualcuno piace caldo, Edizioni Ambiente
Giulio Conte, Nuvole e sciacquoni, Edizioni Ambiente
Peter Droege, La citt rinnovabile, Edizioni Ambiente
Francesco Gesualdi, Sobriet, Feltrinelli
Gorge Monbiot, Calore, Longanesi
Maurizio Pallante, La decrescita felice, Editori Riuniti
Maurizio Pallante (a cura di), Un programma politico per la decrescita, Edizioni per la decrescita
felice
Edoardo Salzano, Ma dove vivi, Corte del Fontego editore

Sitografia
http://eddyburg.it/ un sito che si occupa di urbanistica, societ, politica non legato ad
alcuna struttura o gruppo o istituzione o fedelt.
http://www.retelilliput.org/ Rete Lilliput per uneconomia di giustizia
http://www.retecosol.org/ Rete di Economia Solidale; un percorso da tracciare verso
uneconomia altra.

16

http://www.altreconomia.it/ La rivista (e il suo sito) uno strumento di informazione e di


proposta per il passaggio da un'economia di profitto, dominata dalle multinazionali e dai grandi
poteri sovranazionali, a un'economia equa e sostenibile al servizio di tutti.
http://www.decrescitafelice.it/ Movimento per la decrescita felice (Maurizio Pallante)
http://www.decrescita.it/ Rete per la decrescita serena pacifica e solidale (Mauro Bonaiuti)
sulle citt in transizione:
http://transitiontownsit.wordpress.com/articoli/
http://www.transitiontowns.org/
http://ioelatransizione.wordpress.com/

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