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Vivere in piccole comunità

di Valerio Pignatta - redazione@ilconsapevole.it

Nuove forme di vita e di scambio, seppur in tempi lunghi e con sforzo, possono invertire
definitivamente il “produci, consuma, crepa” che caratterizza l’attuale e iniquo scenario sociale.
Queste associazioni/invenzioni sociali e umane, nuove e antiche allo stesso tempo, attraversano
oggi un felice momento di grande natalità. L’idea di realizzare nel seno della vecchia società forme
nuove di aggregazione sociale ed economica, con stili di vita improntati alla semplicità materiale e
alla ricchezza relazionale e culturale, non è certo nuova. Tutta la tradizione della sinistra
ottocentesca è già piena di questi tentativi. Per non parlare dell’entusiasmo religioso con cui sette
eretiche e spirituali, in ogni secolo, hanno tentato di vivere l’eguaglianza evangelica e la giustizia
sociale.

Alcune realtà di decrescita materiale


In queste realtà che rientrano, chi più chi meno consapevolmente, nel concetto di “decrescita”,
acquistano valore attività oggi bistrattate o mercificate dalla società liberista: attività domestiche,
cura degli anziani, dei bambini o dei disabili, tutela dell’ambiente, produzione di cibi di qualità,
promozione della pace, autoproduzione di beni e di servizi, risparmio energetico, mobilità
alternative ecc… Non solo autoproduzione, lavoro a basso regime ed economia di sussistenza, ma
anche incentivazione delle relazioni, della cultura, della gioia di vivere, della solidarietà ai più
deboli, della ricerca spirituale o dell’impegno sociale. Nel verde dell’Umbria troviamo la cooperativa
la Piaggia, una comunità essenzialmente tedesca, ecologista, egualitaria, nata dalla sinistra non
istituzionale e basata sull’idea di lavorare insieme e di essere “leggeri” per il pianeta. Sin dagli anni
Settanta qui si portano avanti attività manuali come orto, formaggi, ceramiche, ristrutturazioni
murarie ma allo stesso tempo anche Internet, insegnamento, eventi culturali e azione ambientalista
sul territorio. Le soluzioni di tipo agricolo sono veramente tante: si va da quelle più estreme, come
gli Elfi dell’Appennino pistoiese, che rifiutano qualsiasi tecnologia e mirano all’autosufficienza, alle
piccole aziende agrituristiche familiari, che propongono cibi biologici e recupero ambientale
sempre all’interno di una visione al ribasso dello spreco di risorse e dei ritmi di vita, per arrivare
sino ad esperienze più articolate come quelle di Paride Allegri o di Etain Addey, ovvero delle
fattorie modello, del pensiero non omologato, dove si sperimentano percorsi di crescita culturale e
di decrescita materiale e protezione ambientale.

Sobrietà solidale in campagna e città


Un altro spiraglio sono i più di trenta ecovillaggi presenti o in avvio sul territorio italiano. Anche qui
si perseguono ideali molto diversi, che vanno dalla strutturazione in comunità spirituale a quella
prettamente ecologista, dalla comune alla semplice vicinanza di famiglie che affidano bambini in
difficoltà e che hanno una gestione comunitaria del denaro. Idem sul versante urbano. Comuni,
associazioni, gruppi e movimenti stanno facendo un egregio lavoro di valorizzazione della sobrietà
e della solidarietà. Ad esempio, l’opera di monitoraggio dei consumi che le famiglie aderenti ai
Bilanci di Giustizia portano avanti ormai da anni, ha dimostrato che è possibile cambiare le cose
dal basso, senza aspettare che i vertici della società recepiscano le istanze di giustizia, di salute
ambientale e personale. E vi sono infatti numerose altre esperienze individuali o familiari
indipendenti, come ad esempio la mia, che seguono questo percorso. “Profughi” fuggiti da città
alienate, immerse nella nebbia delle fabbriche del sistema e di una mentalità corrotta dall’idea del
lavoro fine a se stesso, molti aspiranti alla sobria razionalità di un’esistenza piena hanno ricercato
spesso a fatica una dimensione esistenziale più smarcata, rallentata, affrancata. E quando si va
controcorrente spesso la strada è libera, i posti più belli (e scomodi) sono meno costosi, gli
impieghi meno diffusi e più creativi più facili da ottenere, le relazioni non finalizzate all’interesse più
vere. Per quello che può contare, posso fare un breve accenno alla nostra esperienza, dopo
vent’anni di convivenza e avventure con la mia compagna, riportando un brano apparso sulla
rivista Carta Cantieri Sociali di Maurizio Pallante che ci vede in questo modo: «Quattro figli. Una
casa con terreno sulle colline della Lungiana, in una frazione dove sono rimasti tre anziani che
sono diventati i nonni dei loro bambini. Lui laureato due volte, tele-redattore di una casa editrice
con la stanza-studio affacciata sulle Apuane. Quando si toglie dal computer e dai libri, lavora
nell’orto. Lei autoproduce di tutto. Una rete di amici sparsi in città li rifornisce di abiti praticamente
nuovi, perché la moda impone ricambi che loro invece ignorano […]». La mia compagna ed io, con
poca disponibilità economica, abbiamo inseguito negli anni una dimensione esistenziale
essenziale, ove trovano spazio soprattutto le relazioni, le letture, i viaggi, il confronto politico e
spirituale. Questo ci ha permesso di eliminare una serie di “zavorre” culturali che ci avrebbero
impedito di vivere decentrati (ossia nella natura) e “sfrondati” di ogni rovaio materiale-economico
limitante per la nostra libertà e sete di esperienze significative. Che è poi a nostro parere l’unica
modalità di un vivere sensato che l’essere umano abbia.

si consiglia di leggere
Luigi Sertorio, Vivere in nicchia, pensare globale, Edizione Bollati Boringhieri

Comunità e decrescita

Critica della Ragion Mercantile. Dal sistema dei consumu globali alla
civiltà dell'economia locale Autore:

Prezzo: Euro 11,01

Di fronte alla crisi economica e sociale del modello di sviluppo occidentale


diventa realistico criticare la ragione stessa dell’economicismo moderno:
la mercificazione dell’esistente. L’autore individua un limite ecologico alla crescita economica
illimitata e propone di cominciare a far decrescere l’idea che lo sviluppo degli scambi mercantili sia
una legge naturale della vita. Il messaggio che pubblicità e media diffondono continuamente è che
il benessere passa attraverso il consumo, ovvero attraverso l’appropriazione continua di una
quantità sempre maggiore di oggetti.

È necessario rinunciare all’immaginario economico per il quale “di più” significa “meglio” e
imparare ed essere capaci a dire: “è sufficiente” oppure “è abbastanza” piuttosto che “sempre di
più!”.

Alain de Benoist considera errato immaginare la decrescita come un appello a un ritorno al


passato o a una brutale degradazione del livello di vita. La decrescita è invece un’inversione di
tendenza che si rende necessaria per il semplice motivo che l’attuale modello di sviluppo è
ecologicamente insostenibile, ingiusto e incompatibile con gli equilibri della natura.

Esso porta con sé, sulla scia dell’occidentalizzazione, perdita di autonomia, alienazione, aumento
delle disuguaglianze sociali, insicurezza individuale e collettiva. Alain de Benoist porta alla luce il
carattere di artificio e dominio dell’economia ponendo la critica alla civilizzazione mercantile sul
piano del suo stesso fondamento sociale e politico. Riprende l’idea della democrazia partecipativa,
proponendo, dinanzi al globale sviluppo illimitato, il livello locale e della vita quotidiana. Rimangono
le lingue, le culture, un legame sociale che va pazientemente ricreato nell’esistenza di ogni giorno,
per una comunità della decrescita.
Il nuovo corso dell'etica sociale
di Paolo Coluccia - paconet@libero.it

Ritrovare l’armonia attraverso condivisione conviviale e benessere sobrio

Si racconta un fatto che, se preso nella dovuta considerazione, potrebbe modificare la nostra vita e
quella di molti esponenti delle massime istituzioni delle opulente società occidentali. Durante un
incontro di Davos (cittadina svizzera che ospita ogni anno il famoso summit economico degli
uomini più ricchi e più potenti del mondo) venne posta ad un Primo Ministro africano la seguente
domanda: <<Se i poveri vogliono diventare come i ricchi, occorrerebbero almeno cinque pianeti in
più. Siccome non ne abbiamo che uno, il problema si pone tra i ricchi. Esiste una visione che
possa tener conto di questo problema?>>. Imbarazzato il Primo Ministro non dette alcuna risposta,
limitandosi a scuotere la testa. La risposta che il Primo Ministro africano avrebbe potuto (o
dovuto?) dare è la seguente: occorre ritrovare il senso della misura.

La produttività è avere, la convivialità è essere


Portare l’umanità a ritrovare il senso della misura, dell’equilibrio e dell’armonia significa impegnarsi
in ogni modo perché nessuno venga escluso, per una società giusta e fraterna. Fare questo
significa inaugurare un nuovo percorso storico: accogliere un’etica della convivialità e del
benessere sobrio, per una vita buona, costruendo e ricostruendo amicizie, reti e relazioni sociali,
come si dice in America latina con Euclides André Mance: per il bien-vivir. Pertanto, vivere la
convivencialidad (il titolo spagnolo del famoso libro degli anni settanta di Ivan Illich) significa
semplicemente vivere-insieme ed avere una visione comune e fraterna dell’esistenza, dell’umanità
e del mondo. Dice Illich: <<La società conviviale è una società che dà all’uomo la possibilità di
esercitare un’azione più autonoma e creativa, con l’ausilio di strumenti meno controllabili dagli altri.
La produttività si coniuga in termini di avere, la convivialità in termini di essere. L’attrezzatura
manipolante tende all’esasperazione, l’uso dello strumento conviviale tende all’autolimitazione.
Mentre la crescita dell’attrezzatura, aldilà delle soglie critiche, non fa che produrre uniformazione
regolamentata, dipendenza, sopraffazione e impotenza, la scelta austera dello strumento
conviviale è garanzia di una libera espansione dell’autonomia e della creatività umane>>.

Cinque regole di pratiche conviviali per ben-vivere insieme


1. Capire l’importanza della farfalla e del suo battito (il butterfly effect descritto da Edward Lorenz):
anche un fenomeno insignificante, addirittura effimero, può generare fenomeni di portata inaudita
sul pianeta. Al di là di ogni concezione o rappresentazione olistica o individualistica del mondo
della vita e delle cose, sembra ormai farsi strada una visione «relazionata» della realtà e
dell’ambiente naturale, dove la mancanza di attenzione e di cautela può generare catastrofi
irreversibili.
2. Considerare il valore non utilitaristico delle risorse naturali, sociali e umane, anche di quelle più
banali e a buon mercato (come l’aria, l’acqua, il tempo, l’intelligenza, le abilità). Si tratterà di
rimpiazzare la parola “terra” con la parola “vita” e sostituire il termine “lavoro” con quello di
“intelligenza”. Pertanto, dice Patrick Viveret <<siamo al cuore dei due fattori maggiori della nostra
ricchezza contemporanea, quella che prende in considerazione nel suo insieme la sfida ecologica,
la mutazione informazionale e la rivoluzione del vivente>>.
3. Praticare la condivisione e far emergere tra la gente la cultura della reciprocità e della
solidarietà. La condivisione conviviale non è un pic-nic sul prato durante una gita in primavera,
dove tutti portano qualcosa da mangiare ed ognuno assaggia le vivande dell’altro. Significa, oltre
che dividere-con, soprattutto vivere-con, e non semplicemente cinguettare allegramente in un
convivio. E la reciprocità non è il buonismo, ma lo scambio alla pari. Ogni azione di reciprocità
presuppone la solidarietà, che non è l’assistenzialismo né la carità.
4. Rispettare le persone e tutto ciò che ci circonda. <<Stiamo cominciando a giocherellare con le
idee dell’ecologia, e benché subito le degradiamo a commercio e a politica, c’è se non altro ancora
un impulso nel cuore degli uomini ad unificare e quindi a santificare tutto il mondo naturale di cui
noi siamo parte>> (Bateson).
5. Provare riluttanza verso ogni forma di potere e di univocità di pensiero. Sta a noi saper
discernere chi usa il potere per sé, da chi si prodiga per fare qualcosa per gli altri quando ne ha la
possibilità.

Passaggio dal sistema industriale alla società conviviale


Il punto di partenza per un’etica conviviale è la crisi planetaria che investe l’umanità, a causa della
superproduzione di manufatti e di strumenti e le conseguenze intossicanti e manipolanti sul
consumatore. Lo strumento tecnologico, anche se ha liberato l’uomo dal lavoro massacrante, allo
stesso tempo lo ha asservito e non risponde alle esigenze basilari che sono alla base della sua
concezione originaria: generare efficienza senza ledere l’autonomia personale, senza creare
nuova schiavitù e nuove forme di potere. «L’uomo – dice Illich – ha bisogno di uno strumento con il
quale lavorare, non di uno strumento che lavori al suo posto. Ha bisogno di una tecnologia che
tragga il migliore vantaggio dall’energia e dall’immaginazione personali, non di una tecnologia che
lo controlli e lo programmi». Ecco, pertanto, che la società conviviale si presenta come l’inverso
(nel senso d’inversione di tendenza) della società industriale. Il passaggio da una all’altra si
configura come passaggio dalla ripetizione produttivistica e consumistica alla spontaneità del
dono, quindi della solidarietà. La produzione industriale è dirigistica, condizionata e in serie; la
produzione conviviale è partecipata, libera e creativa. Ciò comporta passare da un concetto di
valore tecnico ad un concetto di valore etico, da un valore materiale ad un valore sociale. Il
sistema industriale porta alla mancanza e tende alla crescita e alla creazione illimitata di bisogni.
Per questo deve manipolare l’essere umano e lo fa tramite le sue istituzioni fondamentali:
l’educazione, il mercato, la sanità e la burocrazia. Il sistema conviviale punta al recupero delle
risorse energetiche e alla sobrietà dei consumi.

Coscienza solidale e creativa verso l’armonia globale


Invertire il processo significa criticare fino in fondo il funzionamento delle istituzioni fondamentali
della società industriale, con una nuova forma di rivoluzione che di fatto non si configura con una
nuova scalata al potere per avere il potere, ma da fare con la forza dell’innovazione e del
comportamento solidale e creativo. Il fine dell’etica conviviale è di far prendere coscienza alle
persone delle minacce che lo sviluppo industriale avanzato sta arrecando alla popolazione e al
pianeta (il deterioramento dell’ambiente, monopoli istituzionali, individualismo, polarizzazione
sociale, insoddisfazione, bisogni illimitati, usura, finanziarizzazione dell’economia, speculazione,
sfruttamento). La società conviviale si pone come post-industriale e riposerà su contratti sociali che
garantiscono a ciascuno il più ampio e libero accesso agli strumenti della comunità, senza ledere
la libertà di nessuno. Solo in questo modo sarà possibile riunire in un unico denominatore comune
la sopravvivenza, l’equità e l’armonia nel mondo, perché nessuno venga escluso ed emarginato,
per il benessere e per la giustizia dei popoli.

Ivan Illich. Filosofo della convivialità


Analista scomodo della società moderna e consumistica, critico estremo di ogni
istituzionalizzazione forzata, formale e vincolistica, acerrimo nemico dell’opulenza e delle disparità
sociali, eccentrico pensatore sempre alla ricerca di infinite e argute provocazioni, filosofo e
studioso profondo della società ancora degno di simili appellativi, Ivan Illich è scomparso
improvvisamente nel dicembre del 2002. Godeva ancora di buona salute, anche se attardato
nell’età e irrimediabilmente sovraccaricato sulla guancia destra di un’orribile ed invadente
multiprotuberanza cistico-adiposa che ne deturpava l’esile e fine aspetto. L’ho conosciuto a Parigi
nel marzo del 2002 in occasione del Colloquio Internazionale sul dopo-sviluppo <<DÉFAIRE LE
DÉVELOPPEMENT, REFAIRE LE MONDE>>. Non era raro incontrarlo nelle ampie sale e nei corridoi del
Palazzo dell’UNESCO, seduto spesso per terra, a gambe incrociate o poggiato ad un pilastro,
attorniato da un nugolo di persone, giovani e meno giovani, intenti ad ascoltarlo, o nelle plenarie,
sempre intento a prendere appunti, e nei numerosi laboratori, vispo, gioviale, entusiasta. Poche
notizie della sua morte sui media, qualche servizio sulla stampa, almeno in Italia, per quanto mi è
dato sapere. Alcuni ricordi affidati alla rete Internet, soprattutto da parte di chi gli era stato
particolarmente vicino. Alcuni dei suoi più acerrimi nemici e denigratori pensavano che fosse già
morto da tempo, insieme con i suoi scritti, dimenticati e ormai fuori catalogo, anche se tradotti in
varie lingue a partire dagli anni ’70. È certamente l’autore che meglio di tutti ha trattato il tema della
convivialità, soprattutto in anni in cui poco si era portati ad affrontare questo tema, ubriachi dello
sviluppo e del progresso economico che mostrava minacciosamente le prime crisi sociali e culturali
che preannunciavano un’epoca. Il testo La Convivialità di Ivan Illich è disponibile nella versione
italiana sul sito Internet http://www.altraofficina.it/, mentre la versione spagnola è sul sito
http://www.ivanillich.org/. Oggi la casa editrice Bruno Mondadori ha in corso la riedizione dei suoi
testi completi.

Autore
Paolo Coluccia è dottore in pedagogia e ricercatore sociale indipendente. Il suo sito internet è
http://digilander.libero.it/paolocoluccia

Consigli pratici per nuovi stili di vita


di redazione@ilconsapevole.it

Fare il bucato è una faccenda seria!


Utilizzare in modo critico la lavatrice permette di risparmiare un terzo dell’acqua e tre quarti
dell’energia con la conseguente riduzione di spese e impatto ambientale. Si può lavare a
temperature basse perché per entrare in azione i principi attivi dei moderni detersivi la temperatura
ottimale è compresa tra i 30 e i 40° C. Nell’acquisto dei detersivi fate attenzione alle sostanze
tossiche contenute. Dosate bene il detersivo e l’ammorbidente. Non abbandonare mai il caro e
vecchio stendibiancheria sul balcone: le asciugatrice sono ambientalmente pericolose.

Si può fare a meno dei pesticidi in giardino!


Lasciate lavorare in pace la natura. In un giardino fatto con sorgenti, colori e piante locali, si crea
quell’equilibrio ecologico che sbarra definitivamente la strada ad afidi e compagni. In un anno, una
famiglia di cinciallegre divora più di 30 chilogrammi di insetti e la talpa arriva a 36 chilogrammi di
parassiti. Larve e coccinelle si cibano di afidi. Ricci e lucertole danno la caccia alle lumache. Per
eliminare l’erbacce è sufficiente scavare, bruciare e versare acqua bollente. Per liberarsi di piante
con radici a fittone si usa il sale da cucina. Nei punti umidi di un giardino non aspettate che cresca
il prato perché crescerà il muschio non importa quanto antimuschio utilizziate. Piantate erbe
aromatiche per allontanare i parassiti che non né sopportano l’odore. Quindi giù le armi chimiche e
lasciate che piante e insetti facciano il loro corso naturale. Fate a meno di tosaerba e
decespugliatori. I tosaerba con motore a due tempi emettono 90 volte più monossido di carbonio
del limite stabilito per il traffico stratale. Un tosaerba a quattro tempi inquina come 26 automobili.
La soluzione è la falciatrice a mano (costa meno di 100 euro) oppure il tosaerba a batteria (a
partire da 200 euro) che hanno un ora di autonomia per tosare 300 metri quadrati di prato.

La sobrietà per cambiare il mondo


La sobrietà è vivere distinguendo tra i bisogni reali e quelli imposti, che si organizza a livello
collettivo per garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali con il minor dispendio di
energia, che dà alle esigenze del corpo il giusto peso senza dimenticare le esigenze spirituali,
affettive, intellettuali e sociali della persona umana. La sobrietà è R ovvero Ridurre, Recuperare,
Riciclare, Riparare, Riutilizzare, Rispettare. Ci vogliono quattro Rivoluzioni: stile di vita, tecnologia,
lavoro, economia pubblica. Francesco Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo nel suo
ultimo libro Sobrietà spiega come uscire da un sistema fatto di beni superflui, consumati in
solitudine e con una qualità di vita deludente.

Il Risparmio protetto. Gestire consapevolmente i propri beni


di Cesare Valentini - cesare.valentini@libero.it

Stretta fra bassi tassi di crescita, debiti crescenti, accidia, ignoranza e inganno, la moltitudine dei
cittadini d’occidente appare ansiosa e dipendente anche su ciò che le capita di possedere. Questo
è un libro sul risparmio per i risparmiatori e offre strumenti per organizzare consapevolmente i
propri beni. E’ un libro nuovo, per tre motivi: è un lavoro analitico ma comprensibile, è
profondamente critico sulle degenerazioni attuali del mercato finanziario, è aggiornato alle
modifiche legislative e fiscali fino a primavera 2005. E’ in primo luogo una guida per imparare a
gestire il proprio patrimonio (immobiliare, finanziario, previdenziale), senza delegare tutto agli
intermediari.

Errori da evitare e proposte di risparmio


Per essere il più possibile concreti, il libro cerca lo stile di una guida strumentale: dieci capitoli fitti,
fatti di analisi e proposte, lista di errori da evitare e strategie da adottare, per fare quadrare i conti,
per scegliere il mutuo minimo e giusto e gestire la propria ricchezza immobiliare, per non farsi
fregare quando si investe il denaro, per la pensione, per investire consapevolmente e
responsabilmente. Prendiamo come esempio il capitolo 6, che affronta in modo innovativo la
“gestione del futuro”. La prima idea analizzata nel dettaglio è di liberarsi da assicurazioni inutili,
tutelandosi invece dai “grandi rischi”. La seconda idea sviluppata nel capitolo è di difendere e
promuovere, con opportune strategie, la propria pensione pubblica, oggi bistrattata da chi ha
interessi privati, invece strumento efficiente per il proprio futuro. La terza idea è quella di costruirsi
una pluralità di forme integrative, senza delegare al settore assicurativo. La quarta, di saper
decidere con efficacia la destinazione dei beni accumulati, agendo in vita per gli altri, piuttosto che
in morte attraverso i regimi successori. Al contempo, il libro denuncia chi, nel mercato finanziario,
costruisce volontariamente disinformazione, in modo da sfruttare il fatto di saperne di più. Ce n’è
per tutti: banche, assicurazioni, Stati. Il taglio di chi scrive è quello, preoccupato e severo, di un
esponente della società civile che usa la sua professionalità per disvelare gli inganni del mondo
della finanza e del risparmio. Il desiderio che si vuole comunicare é di riappropriazione e di
indipendenza, contro i cattivi mercanti. Per un progetto, individuale e poi collettivo, che non è di
concentrazione di ricchezze, ma di ricerca di benessere.

Investimenti socialmente responsabili


Questo progetto del libro, già chiaro dal primo capitolo su “perché proteggere il risparmio”, si
definisce compiutamente nel capitolo sull’investimento responsabile:
“… non si tratta soltanto di ricercare una selezione etica degli investimenti. Si tratta di avere un
comportamento consapevole e socialmente responsabile nell’intero processo di pianificazione
finanziaria della famiglia”. Per dirla in inglese: non un ethical stock picking, ma un ethical planning.
Un comportamento di investimento, cioè, fatto di tanti elementi:
· la riconsiderazione dei bisogni presenti e futuri
· il sostegno alle forme pubbliche di previdenza e ad un uso sociale del sistema fiscale
· la disposizione in vita del futuro familiare e il “piano di piccole donazioni”
· la consapevolezza e coerenza nelle scelte individuali di portafoglio
· un controllo delle forme di indebitamento
· la riduzione delle transazioni finanziarie
· la radicale eliminazione dei conflitti di interesse
· l’impegno a capire, conoscere, spiegare i trucchi del sistema finanziario
· la determinazione ad attuare non solo strategie individuali di acquisto e vendita
(“exit”), ma anche comportamenti collettivi (“voice”) per la difesa del risparmio
· l’attenzione alla innovazione, ma il rifiuto del marketing”.

Non mancano un capitolo che analizza criticamente la cosiddetta “legge sulla tutela del risparmio”,
un glossario che semplifica termini volutamente esotici, e un capitolo “guida a saperne di più”.
Alla ricerca di uno stile di vita diverso, occorrerà gestire la mutazione energetica e ambientale,
quella demografica e interculturale, quella informatica e quella della genetica. “Per impegni così
grandi, cercare di gestire bene il denaro può sembrare poca cosa. Ma alza il velo sul recesso più
intimo”. Ce n’est qu’un début…

Il libro...
Cesare Valentini, Il risparmio protetto. Gestire consapevolmente i propri beni, Editori Riuniti 2005,
pagine 284, Euro 15.
Autore
Cesare Valentini. Professionista della consulenza patrimoniale. Impegnato nella cooperazione
internazionale, nella società civile e in un gruppo di acquisto solidale.

Hai mai pensato di utilizzare le Energie Rinnovabili?


di Eduardo Zarelli - redazione@ilconsapevole.it

La sobrietà dello stile di vita è rifiutata non solo dagli economisti, ma dalla stessa mentalità
dominante perché identificato con la scarsità materiale e il regresso civile, grazie alla potente
attrattiva psicologica e materiale che esercita la società dei consumi. In Italia, poveri di risorse
tradizionali, siamo costretti ad approvvigionarci largamente dall’estero, acquistando sia
combustibili sia elettricità. In Italia la miopia politica e culturale, indotta dai forti interessi economici
dominanti, si è concentrata quasi completamente sulle fonti rinnovabili “convenzionali”, vale a dire
energia idraulica, geotermica e da biomasse. Minoritario resta invece l’apporto di sole e vento (che
solo in questi ultimi anni sta diffondendosi), inesistente quello dell’energia marina, mentre
l’idrogeno resta ad uno stato ancora di studio con aspetti molto contraddittori in merito alle
implicazioni ecologiche di tale prodotto energetico.

Il futuro energetico è Sole e Vento


Le speranze per il futuro sono essenzialmente due: sole e vento. Sono fonti veramente rinnovabili,
eterne, pulite, gratuite e senza padrone. Sebbene da secoli l’uomo sfrutti la potenza del vento, è
solo negli ultimi decenni che ne riesce a trarne anche elettricità. Il potenziale mondiale è enorme:
secondo gli studi, da 20 a 50mila TWh, ben al di sopra, quindi, dell’attuale fabbisogno globale del
Pianeta. I danesi, che soddisfano con l’eolico il 20% del loro fabbisogno nazionale, hanno oggi il
primato mondiale nel settore, con tre grandi imprese tra le prime dieci del pianeta ed una quota di
mercato pari al 50% delle richieste mondiali. Quella eolica rappresenta oggi la prima industria della
Danimarca, con 25.000 nuovi occupati. Interessante è anche il sistema di gestione degli impianti,
affidati, sulla base di un azionariato popolare, a migliaia di piccoli investitori privati.
Ancor più del vento, è il Sole che potrà risolvere i nostri problemi energetici. Il potenziale teorico è
sconfinato: a seconda degli studi, 10-15.000 volte l’attuale fabbisogno mondiale. Tutto sta nel
riuscire a “catturare” le radiazioni solari e a trasformarle in energia: una sfida tecnologica che negli
ultimi anni sta registrando crescenti successi.

L’elettrificazione solare di Archimede


L’energia solare può essere utilizzata per produrre calore o elettricità. Il primo uso è quello del
cosiddetto “solare termico”, con i collettori per l’acqua calda per usi sanitari e per il riscaldamento
degli edifici. C’è poi il solare fotovoltaico, per produrre elettricità. Si fonda sulle celle solari a base
di silicio che, esposte alle radiazioni solari, originano cariche elettriche. L’efficienza di conversione
delle celle è oggetto di un continuo affinamento tecnologico, grazie anche alla ricerca spaziale
(nello spazio l’energia più valida è, ovviamente, proprio quella solare). Elettricità dal sole viene poi
prodotta anche grazie agli impianti a concentrazione, che moltiplicano la temperatura delle
radiazioni solari grazie alla concentrazione dei raggi su un unico punto utilizzando il sistema degli
specchi di Archimede. Lo storico bizantino Zonaras narra che durante l’assedio di Siracusa nel 213
a.C., Archimede per mezzo di uno specchio concavo che rifletteva i raggi del sole, concentra
l’energia solare sulla flotta romana incendiandola.

Uso locale e razionale della risorsa


Ma il discorso sulle fonti rinnovabili va reso completo con un’ulteriore fonte: il risparmio energetico
conseguente ad un uso razionale della risorsa. Il territorio, in un respiro continentale di
sussidiarietà e complementarietà, è il luogo naturale di questa grande battaglia, che coinvolge lo
stile di vita individuale in un contesto comunitario e partecipativo. Le ricadute, sarebbero positive
non solo per la devastata salute del nostro pianeta, ma anche per i risvolti strategici, economici e
occupazionali. Una vera rivoluzione reale.

Commercio equo e grande distribuzione organizzata


di redazione@ilconsapevole.it

Grande successo a Parma per l'XI fiera nazionale del commercio equo e solidale
40 mila presenze, 20 mila caffè versati, 10 mila pasti serviti. Tutti naturalmente equi e solidali. Oltre
100 le organizzazioni presenti, più di 50 i progetti di solidarietà presentati nel corso della fiera. Il
presidente di Assbotteghe afferma che "il commercio equo sta vivendo uno sviluppo straordinario
ed una crescente competitività: migliora la qualità dei prodotti, che al tempo stesso risultano
sempre più economici, come dimostra la recente ricerca sui prezzi effettuata da Assobotteghe". A
Parco Ferrari sono stati resi noti i dati della nuova indagine sui prezzi del fair trade realizzata
ampliando il paniere, rispetto all'anno scorso, da tre a sei tipologie di prodotti considerati: caffé,
cioccolato, tè, cacao, zucchero di canna e confetture. Dati alla mano, i prodotti del commercio
equo risultano non aver registrato alcuna variazione di aumento dei prezzi dal 2004 al 2005, se
non addirittura in alcuni casi riscontrato un'effettiva diminuzione. In fiera, è stato lanciato il primo
fumetto equo e solidale, “FumEquo e Solidale”, un tentativo di parlare ai ragazzi delle tematiche
legate al rapporto nord/sud del mondo attraverso il loro linguaggio, che ha riscosso un notevole
successo.

Lo zampino della grande distribuzione nel commercio equo


La rivista mensile Altreconomia (N.62 - giugno 2005), in occasione della fiera Tuttaunaltracosa, fa
il punto sul settore in Italia del commercio equo e solidale. È stato rivelato che il calo dei consumi
si è fatto sentire anche nelle botteghe del mondo. Nello stesso tempo cresce la popolarità del
commercio equo con più di 11 milioni di italiani che dichiara di conoscerlo rispetto agli 8 milioni del
2002. I consumatori solidali sono diventati 4 milioni. Per quanto riguarda i le organizzazioni di
importazione, Ctm altromercato a giugno dell’anno scorso (bilancio 2003-2004) aveva un fatturato
di 34 milioni di euro contro i 31,8 dell’anno precedente e anche il fatturato di quest’anno dovrebbe
essere sui 34-35 milioni. Stabili le altre centrali o al massimo qualche rallentamento. Allora perché i
i consumi solidali diminuiscono? Semplice, è entrata nel gioco la Grande Distribuzione Organizzata
(GDO). Nel 2002 comprava in bottega il 49% dei clienti, mentre nel 2004 la percentuale è scesa al
40,2. Invece la GDO è passata dal 27% al 46,9% in due anni. La GDO è diventata il canale di
vendita maggioritario con il 49,1% che compra soltanto nella grande distribuzione. La GDO fa uso
di logiche economiche e commerciali che nulla hanno a che fare con il commercio equo e solidale.
Una dimostrazione di quello appena detto è il caso delle banane Altromercato sparite dagli scaffali
dei supermercati Esselunga. Dicono sia stata una scelta strategica per razionalizzare il numero di
prodotti eliminandone alcuni. Competitività, strategie di breve periodo e profitto come fine da
raggiungere a tutti i costi non sono forse scelte che si scontrano con i principi di equità, giustizia e
responsabilità sociale che stanno alla base delle botteghe e del commercio equo? Sicuramente da
questa situazione ci guadagnano i produttori dei paesi poveri del mondo e le organizzazioni di
importazione. La grande distribuzione ha fiutato il business e sta iniziando la sua ascesa
commerciale. Nel nostro sistema c’è chi vince e chi perde, e in questo caso a perdere è (come
sempre) il piccolo e appassionato volontario della bottega del mondo.
Fonti e approfondimenti
http://www.metamorfosi.info/
http://www.altreconomia.it/

Lorenzo Guadagnucci e Fabio Gavelli, La crisi di crescita. Le prospettive del commercio equo e
solidale, Edizione Feltrinelli 2004.

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