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Scritto da MarioEs
sabato 07 giugno 2008
Viviamo tutti in una società dai ritmi frenetici e dominata dalla costante sensazione di avere poco
tempo a disposizione da poter dedicare ai nostri affetti, ai nostri hobbies, al nostro stesso lavoro.
Gli stimoli che la società consumistico - digitale ci offre sono tali e tanti che viviamo come
narcotizzati e, al tempo stesso, sovra-eccitati da una miriade di inputs emotivi che difficilmente
riusciamo a decifrare e tanto meno a metabolizzare e che, pertanto, ci rendono inquieti e iper-
sensibili al mondo che viviamo o che, piuttosto, ci raccontiamo e ci raccontano di vivere.
L'inflazione dei desideri che confluisce e si alimenta nella creazione di sempre nuovi capricci di tipo
consumistico e, quindi, soggetti alla "legge della scadenza", è la nostra nuova religione ed il nostro
nuovo totem in cui l'uomo contemporaneo, l'uomo post-umano, si rifugia per proteggersi dal
razionalismo (degenerazione negativa della razionalità) e dal determinismo funzionale dell'apparato
tecnico che domina il sistema capitalistico occidentale.
In tutto questo, parafrasando Derrick de Kerkhove, il totem tecnologico riporta l'uomo ad uno
stadio tribale in cui l'identità si forma e si consolida attorno ai nuovi strumenti di comunicazione
digitale ed alle nuove tecnologie (biotech, nanotech, scienze cognitive), riportando nella nostra vita
l'elemento irrazionale, rituale-magico e di tipo"tattile".
L'ecosistema dei consumi, non dico niente di nuovo, si basa sulla seduzione, sulla vendita di
emozioni, di sensazioni e di illusioni di appartenenza, per cui tutto si sposta su un livello
profondamente irrazionale ed emotivo in cui non è il bene in sè a "soddisfare un bisogno", ma piuttosto
è l'idea associata al bene in quanto simbolo-totem a soddisfare un desiderio di
differenziazione dagli altri nell'atto di possederlo.
L'aspirazione, dunque, è quella di essere "un individuo unico" in quanto parte di un "gruppo
unico" tramite il possesso e l'utilizzo di totem tecno-tribali, che non necessariamente corrispondono
a beni materiali, ma che sempre più spesso sono rappresentati dalle svariate possibilità di conseguire
elevati stati di benessere psico-fisici.
Palestra, abiti esclusivi e/o originali (espressione di appartenenza tribale), gioielli tecnologici di ultima
generazione (cellulari, pc e mac, tv digitali ecc..), letture di nicchia, musica alternativa, web 2.0,
Second Life, tutto ciò ha alla fonte il bisogno di vivere in maniera piena ed esclusiva la propria
vita disponendo del proprio tempo in maniera libera e (auspicabilmente) creativa.
In questa ricerca del "diverso dal solito", mi interessa riflettere sulla vita in forma di "second life"
- l'ormai noto metaverso virtuale dei Linden Lab, in cui sempre più persone (compreso me che ho
fondato il Brain 2 Brain Creative Cultural Club nella land di Post Utopia) decidono di impiegare il proprio
tempo libero e quindi di cercare di capitalizzare il "lusso di vivere" di cui parlavo.
Second Life, con ogni probabilità, esprime, come dice giustamente la Canestrari analizzando il termine
lusso, quella "lussazione", ossia quel "qualcosa che infrange la normalità quotidiana" e di cui si
ha sempre più bisogno/desiderio/capriccio in una società che nega ai più questo "lusso", nella cui sfera
io ravvederei anche, se non soprattutto, il "lusso di sognare ad occhi aperti" vedendo il sogno
materializzato (digitalmente, ma non esclusivamente) davanti a noi.
to be continued...
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In Second Life ci trasformiamo in avatar , cioè ci facciamo rappresentare da una "maschera digitale in
movimento", che possiamo costruirci e modificare come vogliamo.
Il rapporto con l'avatar è un rapporto dinamico che riflette i tratti conosciuti, quelli sconosciuti o
repressi, quelli irrealizzabili e quelli inconsci della nostra personalità, attraverso un processo interattivo
in base al quale solo "mascherandoci riusciamo a smascherarci".
Attraverso la seconda vita ed il suo "lusso", quindi, possiamo consentire al nostro Io di occupare nuovi
spazi (digitali) la cui leggera e fluida multi-dimensionalità si estrinseca e potremmo dire che traborda
nella dimensione estetica, emotiva, passionale ed erotica ed il cui "collante" è rappresentato dal
"sogno".
Si verifica ciò che Casalegno dice nel suo "Le Cybersocialità", citando Michael Heim, osservando che
questi "ha messo a nudo la dimensione erotica del cyberspazio: un meta territorio di interazione
ontologicamente erotico, che consente l'incontro caloroso e affettivo tra i suoi abitanti. Per lui la nostra
passione per il computer e per le reti va ancora oltre il soddisfacimento dei sensi o il piacere estetico.
Noi siamo costantemente in cerca di una casa per la mente ed il cuore. La nostra passione per i
computer è più erotica che sensuale, più spirituale che utilitaristica. (...) Abbiamo la sensazione che il
nostro cuore entri nella macchina: e questo è Eros!".
Eros e "lusso di vivere", dunque, si prendono a braccetto per soddisfare i bisogni, desideri e capricci di
un "nuovo" uomo, che Maffesoli e Casalegno definiscono come Homo Aestheticus Telematicus, ossia
l'uomo che attraverso la tecnologia si riappropria della sua dimensione "dionisiaca" e che si riscopre,
attraverso la tattilità dei metaversi tridimensionali, membro di una tribù o di tante e variabili tribù
accomunate dal totem tecnologico e dalle emozioni che esso suscita in chi lo utilizza (o lo "adora"?).
Ecco che l' Homo Aestheticus Telematicus diventa una sorta di artista di sè stesso e della sua vita
attraverso la dimensione ludica e le possibilità creative offerte dai metamondi virtuali, interagendo in
uno spazio relazionale in cui lo scambio di emozioni e di Eros predomina sull'aspetto dei contenuti.
Gli avatar, dunque, diventano grazie alla loro intangibilità ed al loro "anonimato" la proiezione della
nostra emotività di esseri irrazionalmente razionali, cioè fondamentalmente irrazionali proprio in
quanto dotati di ragione e di coscienza di sè e quindi capaci di scelte "emotive".
Tutto questo e molto altro ancora è il "lusso di vivere" la seconda vita dei metamondi, in una
dimensione onirica, mitologica e tecno-tribale che la società capitalistica tende a soffocare e che
recupera parzialmente con il meccanismo del desiderio-capriccio consumistico e della moda e con i suoi
risvolti seduttivi, magici e tribali.
Per cercare di addentrarci meglio in questo tecno-mondo digitale che è Second Life nei prossimi post
inaugurerò un dialogo tra il mio avatar, Zygmunt Ballinger, e quello della Brain 2 Brain Creative Pimpa
Mayo, sociologa e studiosa di Second Life.