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GENOA

LINTERVISTA

Burdisso racconta tutto: "Curavo


Angela e la scrittura mi aiutava"
Il capitano del Genoa, la malattia della figlia, le liti col Mancio, la Roma che
lavorava poco. La Juve, il Papa... Dopo il calcio? Far luomo, come Facchetti
04 DICEMBRE 2015 - GENOVA

Dopo pochi minuti, il foglio con le domande finisce virtualmente accartocciato. Non serve.
Accarezzata dagli stimoli di Pastorale americana di Philip Roth, la conversazione con
Nicolas Burdisso non ha bisogno di argini. Nessuna sorpresa: largentino uomo vero.
Daltronde, uno che ha indossato la fascia da capitano nel Boca, Inter, Roma e ora nel Genoa,
sa guidare i propri pensieri anche in acque profonde.
Perch ha scelto questo capolavoro straziante?
Per tanti motivi diversi, ma principalmente per il rapporto che c tra il protagonista, lo
Svedese, e sua figlia, ed io, da padre, mi ci sono immedesimato non senza dolore. E poi per
una frase che non mi tolgo dalla testa: Non c niente di peggio di farsi delle domande troppo
presto che farsele troppo tardi. Ecco, io mi sono fatto sempre tante domande, e non ho
ancora finito.
Lo Svedese stato lidolo a portata di mano del Narratore: qual stato invece il
suo?
Mio padre Enio. Abitavamo ad Altos de Chipion, un paese di 1500 abitanti nella campagna
argentina, e lui sapeva fare tutto. stato anche calciatore in Prima Serie nellInstituto de
Cordoba, poi diventato professore di educazione fisica ma tutti andavano da lui per qualsiasi
cosa, organizzava persino il carnevale.
anche un libro sullinesorabilit del destino: ci crede?
No, per me solo una possibilit. Lho preso sempre come una sfida. Lo sa, dieci anni fa a
mia figlia Angela fu diagnosticata una leucemia e io ho avuto le possibilit economiche di
lasciare tutto, smettere col calcio per sei mesi e curarla. Non sono stato un eroe: leroina
stata lei, che ha sopportato cure terribili. In quel periodo, poi, ho scoperto che scrivere mi
aiutava. C una frase di Murakami che dice: Per capire le cose che mi succedono devo
scriverle. E cos ho buttato gi la storia della mia vita. Ho fatto leggere qualcosa solo a mia
moglie, Maria Belen. Scrivere mi ha aiutato a riflettere. A volte non mi sono sempre fermato a
farlo. Se fosse successo, avrei potuto fare di pi. Ho vinto tanto ma sarei potuto essere un top,

sarei potuto restare allInter da protagonista o vincere lo scudetto con la Roma o andare al
Mondiale in Brasile. stata la delusione pi grande della carriera. Avevo avuto un terribile
incidente al ginocchio nel 2011 proprio in nazionale, mi ero ripreso, il c.t. (Sabella, ndr) mi era
anche venuto a trovare, poi negli ultimi sei mesi sparito e io non sono il tipo che chiede.

Nicolas Burdisso, 34 anni. LaPresse

Roth parla anche di tradimento: a lei successo?


Mah, quando sono andato via dallInter e poi dalla Roma avevo ricevuto delle promesse, ma
questo il calcio. Io ho la fortuna di essere circondato dagli amici giusti, e poi ho senso di
responsabilit.
Quando Ranieri si dimise dalla Roma disse che solo lei poteva guardarlo negli
occhi: fu tradito?
No, ma con lui ero sempre sincero e diretto. che arrivano momenti in cui inconsciamente
un allenatore non ti fa dare tutto. Era solo, in confusione, stava cambiando la propriet.
Ranieri solido, non sono sorpreso che ora sia facendo bene col Leicester.
Come quello che galleggia nel romanzo, il tradimento pu essere anche
delletica: lei ha vissuto Calciopoli.
E sono rimasto deluso. Dopo che era stata scoperchiata la pentola, sarebbe stato il momento
giusto per farsi domande come dice il libro e invece vinto il Mondiale non cambiato
nulla. Ad un certo punto sembrava che i colpevoli fossimo noi dellInter, invece di vedere ci
che era successo. Cera un lavoro scientifico: non il rigore contro, ma ammonizioni, falli. E alla
Juve ancora espongono gli scudetti revocati: segno che non accettano di avere sbagliato.
La famiglia ha un peso decisivo nelle scelte dei personaggi: e nel calcio?
"Non dimenticher mai quello che ha fatto Moratti per mia figlia. C'era un gestione familiare,
come quella dei Sensi o di Preziosi, e quindi con dei limiti. Gli americani a Roma sono capaci,
per pi freddi. La svolta all'Inter c' stata con l'arrivo di Mancini. Prima c'erano grandissimi
giocatori, ma non una leadership come in Juve o Milan: l'ha portata lui. Abbiamo avuto un

rapporto ottimo. Abbiamo litigato, ma anche festeggiato e ci siamo emozionati. E ora mi


sembra ancora pi maturo, prima si sentiva ancora calciatore".
Differenza tra Milano e Roma?
"Tanta. A Milano c' la pressione per la vittoria ma si resta sempre con i piedi per terra. A
Roma invece si passa da un eccesso all'altro e non aiuta".
Pensa che Totti rappresenti solo una fortuna per la Roma o ne sia stato anche un
limite, come dice qualcuno?
"Francesco fantastico e non pu mai essere un limite, ma non si mai fatto delle domande.
Non si mai chiesto se fosse stato meglio giocare per 15 anni alla Roma e vincere oppure per
20 e non farlo. Calcisticamente non un leader che trascina in campo. De Rossi stato troppo
buono, non ha mai voluto scavalcarlo".
Quale allenatore stato il suo Svedese?
"Direi Carlos Bianchi, ma sono stato fortunato, ho lavorato anche con Maradona, Montella che era bravissimo e non l'avrei mai mandato via dalla Roma - e anche Luis Enrique. Guardi
che se il Barcellona vince, non solo merito dei tre davanti. Ricordo quando nei preliminari
con lo Slovan lui sostitu Totti e fummo eliminati. Avevamo in campo tanti ragazzi e c'era
bisogno di Francesco. Io quando vidi il cambio scossi la testa. Il giorno dopo Luis mi disse:
'Non farlo pi'. Aveva ragione lui. Ha portato a Trigoria la cultura del lavoro. A Roma
sembrava che quando si allenavano ti facevano un favore. Ricordo che Spalletti e Montella
impazzivano di rabbia. Vincenzo usava i gps e alla fine diceva: 'Avete lavorato in modo
imbarazzante' ".
A Milano era diverso?
"Ogni giorno era una guerra. Si lottava per il posto in squadra e tutti all'Inter volevano vincere
sempre. Giocando cos contro i campioni in allenamento si cresce".
Messi a parte, il pi forte con cui ha giocato ?
"L'Adriano dell'Inter: era indescrivibile. Si perso perch era troppo buono".
L'Inter non ha Adriano ma forte lo stesso, mentre voi siete un po' in crisi: cosa
succede sabato?
"Possiamo vincere lo stesso, ed questo in fondo il bello del calcio, che sa essere bianco o
nero. Abbiamo gente in gamba come Izzo, Rincon poi c' Perotti che mi ricorda Figo, per non
parlare di Perin, che ambizioso e in gamba. Come spirito lo vedrei bene alla Roma".
Chi vede meglio tra le big?
"L'Inter ha pi carattere, la Roma ha pi tecnica, ma il Napoli ha tutte e due le cose. La
Fiorentina invece credo sia un gradino sotto".
Con Gasperini parlate mai dell'Inter?
"Certo. stato sottovalutato, invece lui un estremista, un rivoluzionario. Non gli hanno dato

supporto".
Anche lei un rivoluzionario?
"Guardi, vero che posso avere anche idee di sinistra ma, come dice una canzone, facile
quando ho una Mercedes in strada. Ma ricordi che in ogni storia di calciatore c' della
sofferenza, piccola o grande che sia".
Se lo Svedese era essenzialmente un puro, il calcio ha a che fare con presidenti
addirittura con la fedina non immacolata, come Ferrero o il suo Preziosi:
perch?
"Perch ognuno pensa ai propri interessi. Pensi alla politica. C' commistione tra politici e
ultr. A Roma l'ho trovato pi che altrove, ma in Argentina peggio. Addirittura durante le
partite fanno propaganda all'altoparlante durante l'intervallo: 'Abbiamo fatto scuole,
ospedali...'. Trasmettono gratis tutte le partite del campionato e la gente contenta, ma io ai
miei amici dico tutte le volte: 'Non capite che stanno togliendo soldi per altre spese?' ".
Come nel libro, la politica pu contaminare un figlio? Pensi a quanto sta
succedendo in questo periodo.
"Sono preoccupato del terrorismo, ma il mondo musulmano non c'entra. E' come se i cristiani
fossero giudicati per le Crociate o la Chiesa per ci che combinano certi cardinali che si
arricchiscono. Per fortuna che c' Papa Francesco. A Roma, l'ho conosciuto andando alla 7 di
mattina a Santa Marta ad una messa dove c'erano 15 persone Quando mi ha visto ha detto:
'Hai portato il pallone?'. fantastico. Sta facendo la rivoluzione".
Lei invece cosa far da grande?
"Approfitto del tanto tempo che si in ritiro per crescere. Ho fatto anche il corso allenatori. Se
non sai fare niente, finisce che pensi solo al calcio. Io sono stato fortunato, ho imparato tante
cose. Ricordo ad esempio quando Stankovic mi parlava della guerra nei Balcani e pensavo
invece che da piccolo io avevo al massimo da preoccuparmi della pioggia per andare a scuola.
Per questo ricordo sempre un'intervista di Facchetti che, a chi gli chiedeva del suo futuro
dopo il calcio, rispondeva: 'Vorrei fare l'uomo'. Ecco, mi basterebbe questo".
dal nostro inviato Massimo Cecchini
RIPRODUZIONE RISERVATA

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