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I temi

Ogni anno le attivit di BombaCarta hanno un tema generale di approfondimento. Il cuore "critico" di
BombaCarta costituito da un cammino che procede per significati, parole chiave e percorsi di lettura.
Scegliere un tema significa scegliere un punto di vista sul reale e sull'espressione artistica. Ci offre la
possibilit di legare arte e vita in un binomio inscindibile perch apre un discorso ampio e significativo
anche a livello di vita vissuta. Lavorare a partire da un tema ispiratore ci consente inoltre di considerare
tutte le forme artistiche (letteratura, cinema, musica, ) senza compartimenti stagni e attraverso un
approccio che fa interagire tra di loro opere molto diverse. La scelta dei temi, fin dal primo anno di BC,
ha toccato argomenti fondamentali che sono capaci di congiungere saldamente letteratura e vita.
Quest'anno il tema COSE CHE BISOGNEREBBE SAPERE.
Ecco, in sintesi, i temi sviluppati negli anni precedenti:
Nel 2005: Nodi dell'esistenza
Ci sono eventi nella vita che fanno fermare la ruota vorticosa del nostro essere al mondo e ci fanno vedere
dall'alto e dall'interno. L'evento pu essere una grande gioia, un grande dolore, un amore o un lutto, una
illuminazione interiore o una nuova amicizia...
In questi momenti la vita fa appello a una profonda autenticit a un rinnovato patto con l'esistenza. La
vita, a volte, cambia. Ci sono punti di svolta, dei "nodi" dell'esistenza: momenti nei quali il filo della vita,
pur continuando a scorrere, si ferma per abbracciarsi un istante e prendere consapevolezza della propria
consistenza e del proprio valore.
Tante persone vivono senza sapere perch: il filo scorre e basta. E allora torna la domanda di una poesia
di Raymond Carver: "E hai ottenuto quello che volevi da questa vita, nonostante tutto? ... E cos' che
volevi?". Questa domanda ha un potere immenso. Potremmo dire che intrinsecamente poetica, cio fa
fare esperienza.
Allora la domanda : come l'arte e la letteratura manifestano questi nodi? Come si fa a dare una "forma"
in parole, immagini, suoni... alla vita che giunge a momenti critici o, meglio, "nodali"? Quali sono questi
nodi? Come l'arte e la letteratura hanno rappresentato questi nodi? Si apre un campo immenso e un ponte
gigantesco, quello che collega l'arte e la vita.
1. IN FORMA DI AFFETTO - 16 ottobre 2004
2. IL DOLORE COME ESPERIENZA E CONOSCENZA 13 novembre 2004
La qualit di un racconto si misura dalla sua capacit di entrare nelle vene della vita e di toccarne i nervi
scoperti della "condizione umana".
I personaggi, diceva Cechov, sono "creature di caldo sangue e nervi". Se non lo fossero, essi
rischierebbero di rimanere pupi, marionette, controfigure, esseri lontani dalla vita e dai suoi significati.
Ma se una narrazione o una poesia tocca i nervi scoperti, allora ha necessariamente a che fare col dolore.
Se un essere "umano", allora ha sperimentato il dolore. Al di l di ogni approfondimento di carattere
psicologico o filosofico, questo un dato di esperienza, un fatto. Ci che tenero e debole, come
luomo quando nasce (e ancor prima), non pu che essere aperto allesperienza del dolore e dunque anche
dellamore, del desiderio, della felicit... Ci che duro e freddo non pu sperimentare nulla del genere.
Se il dolore esperienza radicalmente umana, e se la letteratura, larte, la poesia lo sono anchesse, allora
non pu che esserci qualche legame pi o meno oscuro tra queste esperienze.
Non bisogna per confondere il dolore con il dolorismo (quante "poesie" nascono dal dolorismo!). Il
dolore unesperienza, un fatto. Il dolorismo un vago sentire compiaciuto. Il dolore una ferita che ci
fa sentire colpiti, feriti, raggiunti da qualcosa che sentiamo provenire dallesterno (fosse anche una
malattia del nostro corpo). Il dolore ci fa capire che siamo vulnerabili e dunque aperti. Il dolorismo chiude
chi lo prova dentro se stesso, dentro i propri meandri angusti. Dunque, in fondo, il dolore vero una vera
esperienza di conoscenza della realt. In letteratura cos, proprio questo. Il dolore una forma di
conoscenza del reale.
Questa conoscenza pu evolversi in una forma di comunicazione. Il dolore, ad esempio, capace di
richiamare una solidariet che unisce i personaggi e li fa sentire a casa, come scrive Adam Haslett in un
racconto della sua raccolta You are not a stranger here: Gli dava un conforto familiare trovarsi in
presenza del dolore inconoscibile di unaltra persona. Quel posto, pi di qualsiasi paesaggio, lo faceva
sentire a casa. Nel dolore nessuno e niente pu essere conosciuto come estraneo.

3. DESIDERIO O UTOPIA? - Sabato 11 Dicembre 2004


Un nodo della vita certamente il desiderio, la capacit che ciascuno di noi ha di desiderare qualcosa. La
letteratura e larte, in generale, costituiscono una ermeneutica del desiderio, un modo per interpretare il
desiderio delluomo.
Desiderio (dal lat. desiderare; rad. de-sider- = dalle stelle) significa anelare alle stelle, sentirne la
mancanza, avere una nostalgia interiore profonda. Non proprio la poesia, ad esempio, a essere uno dei
luoghi privilegiati di espressione del desiderio?
La questione per che il desiderio vero, quello veramente umano, sempre legato a due realt:
- la capacit che ha un cuore di provarlo (un cuore angusto, che vive solo per se stesso, non aperto al
desiderio) e
- la capacit che ha la nostra ragione di dare un volto a quel punto di fuga che avvertiamo essere innestato
profondamente in noi.
La letteratura il territorio dellesperienza. Il desiderio in letteratura assume sempre un volto concreto e,
a partire da quella concretezza, pu dire: pi in l davanti a ogni sua concreta realizzazione. Come
scrive Montale: Sotto lazzurro fitto/ del cielo qualche uccello di mare se ne va;/ n sosta mai: perch
tutte le immagini portano scritto:/ pi in l. Ma solo a partire da una realt concreta, pur vista nella sua
precariet.
Se questo cuore desiderante per esplode in se stesso (cio implode), se si limita a desiderare il
medesimo desiderio, si compiace del cercare senza mai trovare; se il desiderio assume il tono di una
irragiungibilit che fa s che lesperienza umana perda di significato e di valore, tutta bruciata da un ideale
irrealizzabile, allora il desiderio si tramuta in utopia.
Lutopia, per definizione, non ha luogo di realizzazione: destinata a non realizzarsi e a non realizzare
nulla, se non una vaga e continua frustrazione. Allora, s, la vita diventa lombra di un sogno fuggente e
non resta che lalternativa tra il sogno e lo spreco.
Cosa pu fare invece la poesia e larte? Descrivere il desiderio non bruciato dallutopia; descriverne le
ustioni e dunque osservare le sue vie di realizzazione, cercare di intuire quali siano le esigenze pi
profonde di una vita umana.
Come quando Testori, in Volpe damore, al mattino con il viso dellamante tra le mani, scrive: Quando la
notte in alba finiva/ tu mi piangevi dentro le mani/e mi chiedevi/ perch se mami/ tutto finisce,/ tutto
svanisce. Lustione della domanda metafisica non sfocia nel rogo dellutopia damore: resta ancorata al
concreto dellesperienza e diventa, come Testori scrive, segno dellaldil dopo la fine.
4. LA LOTTA NECESSARIA - 22 Gennaio 2005
Molte volte accade di sentire che vivere lottare. Poche volte si sente dire che larte una lotta.
La lotta diventa di frequente una metafora dellesistenza umana. E, in effetti, la vita una lotta sin dalla
sua origine e fino alla sua fine. Comincia con un rapporto damore, che esso stesso una forma (anche
rituale, ludica e stilizzata) di lotta. E frutto di un parto, che sebbene oggi giustamente si tende a vivere
in maniera rilassata e fiduciosa rimane pur sempre una lotta fisica. La morte stessa una lotta, nominata
col termine, ancor pi doloroso da evocare, di agonia, che significa appunto lotta. La riflessione sul
mistero cristiano della Pasqua (morte e resurrezione) ha espresso un verso latino di straordinaria potenza:
Mors et vita duello conflixere mirando (tradotto perde il suo ritmo e la sua intensit: "morte e vita si sono
affrontate in un proigioso duello"). Larco intero della vita, a sua volta, denso di lotte, conflitti, litigi,
dialettiche, confronti, scontri,...
Sembra che le immagini di lotta appena citate rivelino solamente il negativo della vita. Falso. Forse un
troppo facile irenismo ha fatto credere che tutto ci che lotta sia male, mentre tutto ci che armonia di
benessere sia, appunto, bene. Falso. Abbiamo fatto scomparire il senso della lotta dalle nostre vite,
narcotizzandole, svilendole, ammorbidendole.
Tutti i passaggi fondamentali di una vita, in realt, implicano un confronto o con se stessi o con la realt o
con gli altri. Confronto significa anche radicalmente incontro. Si pu forse dire, radicalizzando il
discorso, che, senza scontro, non c incontro vero, profondo, coinvolgente.
La carezza segno di un incontro solo se profonda: altrimenti passaggio di superficie, cio, appunto
incontro superficiale. Servirebbe solo a togliere la polvere. E invece ogni incontro (con la realt, gli altri,
persino Dio - almeno nella rivelazione ebraico-cristiana, cfr. la lotta di Giacobbe con langelo di Genesi

32, 23-33) vive di un inevitabile corpo a corpo. Esso, come avviene nel pugilato, implica sempre una
forma di danza leggera, oltre che una disposizione alla fatica e alla resistenza. La danza essa stessa una
lotta, a sua volta. La vicenda di Billy Eliott ne un esempio di grande efficacia. Il pugile un orso
ballerino, come dovrebbe essere ogni essere umano, in qualche modo.
La pace non nasce dal puro e asettico rispetto (respicere = guardare [senza toccare]): nasce invece da
mani che, incontrandosi, si stringono con intensit; mani che sanno avvertire il peso e la consistenza di
una stretta.
Ci vale anche per lopera darte. Lispirazione migliore non nasce come un fluido mellifluo che scorre
quieto dal cervello alla carta (o alla tela,...) tramite le mani. Nasce invece da un corpo a corpo con se
stessi, la parole (i colori, i suoni, i materiali,...), i personaggi, le storie,...
Valgono per l'ispirazione artistica le parole bibliche di Geremia che descrivono quella profetica: "Mi hai
sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. [...]. Mi dicevo: 'Non
penser pi a lui, non parler pi in suo nome!'. Ma nel mio cuore cera come un fuoco ardente, chiuso
nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo".
?
5. AFFIDARSI: FIDUCIA, FEDE, FEDELTA 5 marzo 2005
Chiediamocelo con schiettezza e coraggio: di chi ci si pu fidare?
O meglio: a chi ci si pu affidare? Mi posso affidare? Possiamo provare un istante a fermarci per porre a
noi stessi questa domanda. Che cosa ci viene in mente? Un oggetto? Un animale? Non credo. Credo
invece che ci venga in mente una persona (o pi duna, magari).
Per un piccolo sospetto in fondo al cuore resta sempre.
Magari facendo il suo nome dentro di noi c una piccola voce che ci suggerisce: ma ti potrai fidare fino
in fondo di lui/lei? Mi sar fedele radicalmente?. Sentiamo anche che dare retta a questo domanda ci
porterebbe a un dubbio svilente, inutile, capace di generare in noi solo un sospetto, una chiusura. E invece
noi abbiamo un bisogno radicale di aprirci di fidarci, di affidarci.
Ma che tipo di esperienza facciamo quando ci affidiamo?
In realt lesperienza dellaffidamento per noi originaria: nasciamo affidati alle cure di qualcuno che ci
accoglie, normalmente nostra madre (per questo lo scrittore svedese Goran Tunstrom ha scritto
giustamente che quando le mamme muoiono, si perde uno dei punti cardinali. Si perde il ritmo del
respiro, si perde una radura). Poi ci si desta lentamente al mondo delle persone e degli oggetti, dei volti e
degli ambienti.
Aprire gli occhi per vedere significa compiere un piccolo grande gesto di fiducia, di affidamento: una
apertura! Tutti i gesti di affidamento e di fiducia si radicano in questa apertura fondamentale e persino
non chiaramente cosciente, che ciascuno di noi si porta dentro sin dal nostro inizio come iscritto nel
nostro essere.
E insomma originario e originante: se io incontro una persona e sento di sorriderle, non solamente
perch buona educazione farlo o perch mi sta simpatica, ma innanzitutto perch io sono radicalmente
unapertura sulla realt. Se cos non fosse nessuno potrebbe starmi simpatico e la buona educazione non
avrebbe senso. Ha la propria radice in questa apertura radicale originaria lo sguardo poetico e il
desiderio di dire il reale in parole, immagini, suoni: Rimani tesa volont di dire. / Tua resti sempre / e
forte / la nominazione delle cose (Mario Luzi).
Ma attenzione!
Proprio perch laffidarsi originario, fa appello e riferimento a una pienezza ultima. Laffidarsi un
richiamo, la traccia di una indigenza radicale che (e cerca) una pienezza altrettanto radicale, come ha
scritto Luzi:
Di che mancanza questa mancanza,
cuore,
che a un tratto ne sei pieno?
di che? Rotta la diga
tinonda e ti sommerge
la piena della tua indigenza...
Viene,
forse viene,
da oltre te

un richiamo
Quando penso che mi posso affidare veramente, sento che questa fiducia non a tempo, a scadenza
limitata. Deve coinvolgere il mio essere tutto intero fino in fondo e fino alla fine. So che la mia capacit
di fedelt (come quella degli altri) limitata, ma so che questa cosa in qualche modo, per essere vera,
deve coinvolgere il mio destino ultimo, il senso della mia esistenza. Lo intuiamo, ad esempio, nella poesia
che Bartolo Cattafi scrisse poco prima della sua morte dal titolo In te:
In te in te confido
tutto ho rubato al mondo
sei il Cubo la Sfera il Centro
me ne sto tranquillo
tutto t stato ammonticchiato dentro
Noi abbiamo bisogno di questo.
Un rischio, a questo punto, per, sarebbe quello di un possibile fraintendimento: scambiare laffidarsi per
un sentimento.
No: laffidarsi una esperienza, un fatto, non uno mero stato danimo. Gli stati danimo sono a
rischio di fraintendimento. Spesso si confonde la fiducia come un fatto di provare, sentire. Tutto ci
molto importante, ma non indispensabile. Quando, ad esempio, Blaise Pascal dice che la fede una
scommessa implicitamente sta dicendo che essa non ha niente a che fare con un cuore riscaldato dalla
certezza di un abbraccio. Questo abbraccio una esperienza possibile, ma non indispensabile. Ci si pu
fidare anche ciecamente, decidere di farlo, fare esperienza di una scelta. E esperienza di molti che lo
stato danimo di fiducia e consolazione non tarda poi a sopravvenire, ma lo stato danimo non si identifica
con laffidarsi vero e proprio, che pu essere ben pi nudo ed essenziale.
Ma, detto tutto questo, ci si rende conto di un ulteriore necessario passaggio. Non ci si fida in astratto di
una persona, in fin dei conti, ma di una storia. Solo alle storie e alle persone in esse inserite si pu dar
fiducia. Se ci fidiamo di qualcuno, persino se egli fosse Dio, allora significa che con lui abbiamo una
storia in corso, lo sviluppo di una esperienza vitale. Affidarsi a una persona significa, in fin dei conti,
affidarsi a una storia, che diventa la nostra. Fidarsi di una persona significa credere in una storia,
buttarcisi dentro, riconoscerla come significativa, affidabile, degna di fiducia. Non facile discernere
quelle che lo sono veramente e quelle che sono sono abbagli, infatuazioni.
Ma questo anche il ruolo della critica letteraria. Davanti alle storie e alle esperienze che il genio
dellarte ci propone sono possibili due atteggiamenti: o ci si crede (e allora esse si dispiegano nella loro
potenza rappresentativa ed evocativa) o non ci si crede (e allora la pagina e la vita restano mute e dure).
La visione dellartista, il mondo da lui ri-costruito in maniera pi o meno verosimile (e ci poco importa)
richiede una fiducia di base. Si avvia cos un gioco di interpretazioni e significati, ma anche di giudizi e
scelte. La critica non un puro discettare di qualit stilistiche o di generi, perch ha il compito di
scegliere quali storie siano degne di fede, e quali siano gli effetti di questo affidamento.
Leggere (ma anche vedere un film) significa dunque entrare con fede in un mondo diverso rispetto al
nostro per comprendere a fondo il senso proprio della nostra vita. Non avere fede poetica
significherebbe, alla fine, narcotizzare il reale, spegnerlo, renderlo piatto, superficiale, scarno, secco.
Una vita senza storie e senza fede nelle storie sarebbe ben povera. Lo sappiamo bene: pi una persona
ricca interiormente, pi ha storie significative da raccontare e pi disponibile ad ascoltarne alla ricerca
di storie affidabili.
6. LIBERAZIONI 16 aprile 2005
La parola liberazione di per s non ha senso compiuto: non significa molto.
E una parola monca che deve confrontarsi, se vuole avere senso compiuto e forte, con il destino ultimo
delluomo e il suo desiderio di felicit. Lo scrittore Vasilij Grossman nel suo Vita e destino osservava: Il
grande cambiamento avvenuto nella maggior parte delle persone consisteva nel fatto che perdevano a
poco a poco il sentimento della loro individualit e avvertivano con sempre maggior forza il sentimento

della fatalit. [] Il gusto della felicit se nera andato, non cera pi, e al suo posto la tormentava una
moltitudine di voglie e progetti.
Fatalit contro felicit: ecco il nodo che la libert deve sciogliere.
La fatalit nega, avvilisce, riduce a puro istinto quel che il desiderio profondo di felicit che in ogni
uomo. Se vince la fatalit, il desiderio del cuore umano rischia di sgretolarsi in un puro flatus vocis. Cos
anche viene eliminata sempre e comunque la responsabilit e dunque la libert.
La figura etica dominante allora quella di colui che reagisce, dellantagonista, del ribelle, di colui che
non responsabile delle sue azioni perch la loro causa esterna, e ad essa bisogna reagire. Egli gode
dellimmunit del prefisso re-/ri-: reazione, resistenza, ribellione, rivolta. In questa condizione la libert
si risolve in una inutile volont ribellistica di liberazione.
Lartista allora diventa lincarnazione delleroe-vittima, il Prometeo incatenato. Lo aveva gi detto Musil
nel suo Luomo senza qualit: E sorto un mondo di qualit senza uomo, di esperienze senza colui che le
vive, e si pu immaginare che nel caso limite il peso amico della responsabilit personale finir per
dissolversi in un sistema di formule di possibili significati.
Il dramma tra bene e male in tal modo sarebbe sempre fuori di me, mai in me, ma cos la libert resta
impossibile, atrofizzata; la libert rimarrebe non una forza propulsiva, ma solo un un vuoto immenso da
riempire (Karol Wojtyla, Eco del pianto primigenio). Ma cos, come la libert sarebbe un vuoto, cos
anche larte sarebbe muta, puro contenitore di macchie di colore o di parole. Schizzo ribelle e secco.
Come se ne esce? Nulla nella vita stabilito in maniera automatica e anonima: i giochi non sono mai
fatti e la storia (anche quella narrata) resta lo spazio della libert, per quanto ferita. In questo spazio pu
maturare il desiderio aperto al gusto e alla responsabilit concreta, creativa e impegnativa di vivere su
questa terra.
?
7. OBBEDIENZE 21 maggio 2005
Lobbedienza non una virt. E vero. Meglio: non solamente una virt. E qualcosa di molto pi
importante di una virt. Cerchiamo di capire meglio.
Quando "vieni al mondo" non ti ritrovi solo: entri subito all'interno di relazioni che ti precedono. Ci nasci
dentro. Non solo: nasci dentro una lingua particolare (italiano, inglese, portoghese,...); nasci dentro un
modo di vedere il mondo, dentro una cultura; nasci dentro una religione, dentro degli affetti. In realt
nasci proprio dentro mani che ti accolgono nella vita. In quel momento comincia la tua silenziosa
obbedienza all'aria che respiri, all'affetto che ricevi, alla lingua balbettante con cui la gente comincia a
parlarti.
Tu nasci sempre... "dentro": questa la prima obbedienza radicale. Senza questa obbedienza saresti solo,
muto, duro. Se riconosci che ci che sei, in radice, non viene da te, allora la tua vita pu fiorire perch sai
di "appartenere" a un mondo di relazioni, parole, visioni.
Obbedienza significa dunque (anche etimologicamente) ascoltare ci che ci precede e ci accompagna, ci
che presente. E cos' la primissima "cosa" che presente? Immaginiamo di nascere adesso, di aprire gli
occhi adesso. Cosa proveremmo? Il contraccolpo stupefacente del mondo presente di colpo ai nostri
occhi. Cio? L'essere! Non come astrazione, ma come presenza che mi si impone davanti! Forse a volte,
ci capitato di provare una sensazione simile quando, dopo aver superato una curva o una collina, un
panorama splendido ci si spalancato, all'improvviso, davanti agli occhi.
Certo, l'uomo cresce e si sviluppa, anche separandosi dai propri affetti originari, dalle visioni nelle quali
nasce, e impara nuove lingue, nuove idee... L'uomo si differenzia, si confronta, si distingue. Ma questo
viene dopo. Il primissimo sentimento originario dell'uomo resta quello di trovarsi davanti a una realt che
non se stesso, che non sua, che indipendente da lui, e dalla quale dipende. Ecco la prima obbedienza,
che coincide con lo stupore di essere al mondo. In genere, coincide proprio con un sorriso, quello
materno.
Niente pi pertinente all'uomo di questa originaria dipendenza. Solo questo stupore obbediente in
grado di fondare ogni vera successiva necessaria differenziazione, distinzione, ogni libert che non sia
malata o disperata. Solo cos la libert potr giocarsi.
L'arte una forma di dialogo, ora fiducioso ora ribelle, con la propria originaria obbedienza/dipendenza a
ci che . Essendo "creativa", l'ispirazione ha il potere di portarci indietro, ci fa avvertire l'eco del mistero
delle origini, lo stupore di un mondo visto per la prima volta, il senso della "mappa del nuovo mondo". Ci
fa riscoprire il gusto dell'obbedienza originaria.

8. VERITA - 18 giugno 2005


Che cos la verit?
E ci che appare. Non ci che mi sembra, ci che io credo.
E ci che appare, cio che si manifesta nella sua evidenza.
Stiamo al chiodo e soprattutto restiamo nel nostro ambito, quello dellespressione creativa. Si pensa, a
volte, che lespressione artistica sia essenzialmente fiction, finzione, elucubrazione mentale, frutto di
fantasia. Se cos fosse, se larte fosse un puro gioco di apparenze, allora non sarebbe una cosa molto
interessante. Sarebbe un divertimento.
No. Bisogna andare pi a fondo. Lintuizione creativa vera vive di uno svelamento (aletheia, il termine
greco per dire verit, significa, appunto svelamento) che coinvolge in un patto di sangue chi scrive,
dipinge, compone,... e chi legge, guarda, ascolta...
Se parlo di svelamento non intendo dire che sono io (lio scrittore, artista,...) a scoprire qualcosa, ma
quel qualcosa che mi si svela davanti, anche senza che io possa volerlo, desiderarlo.
La verit mi si impone, in qualche modo. In tal senso inesauribile, inoggettivabile, sempre ulteriore. E
questo fa paura, spesso. Per questo qualcuno pensa che la verit non esiste o comunque bene non
parlarne, perch fuori controllo. A volte bizzosa, irrequieta, im-placabile. E una visitazione che non
pu essere dedotta dai miei desideri.
Linfinito al di l della siepe una verit che si imposta a Leopardi con i suoi sovrumani silenzi.
Ma questa verit si svela non in generale, ma a me. E quindi vive nella mia interpretazione, senza per
esaurirsi.
Non bisogna aver paura della verit.
E una bambina ribelle che ama fare a pugni, questo s.
Nel 2004: Credere nelle storie
Sviluppato allinterno di un itinerario di 35 ore complessive allinterno di 7 workshop mensili
Direzione dei workshop: Antonio Spadaro
Interventi: Antonio Spadaro, Michela Carpi, Stas Gawronski, Andrea Monda, Saverio Simonelli,
Cristiano Gaston, Paolo Pegoraro, Cecilia Pandolfi, Rachele Laurienzo, Giuseppina Oneto
I temi scelti di volta in volta hanno cercato di toccare le corde profonde della natura delle storie narrate.
Eccoli:
18 ottobre 2003
STORIE FINITE E/O STORIE INFINITE
La storia-fiction ha una durata precisa e cos anche la lettura di una storia-fiction. Ma quando la storia
finisce e cala il the end, la storia finisce veramente? E la lettura finisce veramente? Pu continuare una
storia al di l della storia? Si pu leggere un testo dopo che lo si riposto sullo scaffale da una settimana,
da un mese, da un anno?
22 novembre 2003
IL SUGO DI TUTTE LE STORIE
Sugo molto pi che "senso". Il senso indica significato e direzione, "sugo" dice la concretezza della
storicit della storia e il suo gusto. La storia, le storie (la MIA storia), ha "sugo"? Qual il suo di una
storia? Dove sta? E la morale? E il suo come va a finire? Quale pu essere il sugo di una storia? Pu
una storia non avere sugo? E se non ne ha?
6 dicembre 2003
IL MISTERO DELLE STORIE
Largomento della mia narrativa, scrive Flannery OConnor, lazione della grazia in un territorio tenuto
in gran parte dal diavolo. il territorio del dramma del bene e del male, della salvezza e della
perdizione, della grazia e del diavolo: Nei miei racconti scrive paradossalmente la OConnor il
lettore trover che il diavolo getta le basi necessarie affinch la grazia sia efficace. Il senso del male
garanzia del nostro senso del mistero e dunque il diavolo diventa, in qualche modo, una necessit
drammatica dello scrittore.

24 gennaio 2004
La VERITA della FICTION
Pu una fiction essere vera? In che senso una storia inventata "vera"? C' differenza tra vita reale e vita
immaginata? La vita immaginata e narrata vita vera? In che senso? La fiction su un personaggio vero
sempre vera o sempre falsa? A quali condizioni? Pu una storia vera essere falsa?
13 marzo 2004
STORIE GRANDI E STORIE PICCOLE
Grandi epopee e racconti minimalisti hanno qualcosa in comune: sono storie. Le prime sono grandi e le
seconde piccole. Le prime sono mitiche, le seconde realistiche. Ma sono sempre storie. Tuttavia una
grande storia fatta di piccole storie e una piccola storia pu avere un significato universale. In cosa
consiste allora veramente la grandezza e la piccolezza di una storia? Nella capacit di costruire un mito,
luna, e di essere aderente allordinario quotidiano, laltra? Esiste una epopea del quotidiano? Esistono
storie di ordinaria grandezza?
24 aprile 2004
AMORE E MORTE
Amore e morte sono le due colonne tradizionali del romanzo. Qual il loro rapporto? Cosa le accomuna?
Certamente un legame essenziale la lotta. Come si esplicita questa lotta in una narrazione? Con quali
forme e immagini?
22 maggio 2004
I SERBATOI DI TUTTE LE STORIE
Da dove vengono le storie? Le storie sono sempre dei doni che ci vengono dati, dei regali che ci vengono
fatti col fatto stesso di essere al mondo. Sono una "grazia", cio qualcosa che si riceve gratuitamente. Le
storie esistono: bisogna attendere, aprire bene gli occhi, ascoltare, elaborando quel che sembra un caos e
cio lesperienza quotidiana. Nelle storie narrate essa viene "convertita" fino a raggiungere quella
particolare "presenza reale" propria del simbolo. Dentro questa "conversione" stanno le domande che
costituiscono lunico vero soggetto per lartista: qual la natura dellesperienza umana? Cosa significa
essere vivi, soffrire, provare sentimenti? Fino a che punto possiamo conoscere gli altri, noi stessi o la
realt che ci circonda? Pi domande grandi ci sono dentro una storia, pi essa sar serbatoio per altre
storie...
Nel 2003: la persona, il personaggio
Abbiamo lavorato su letteratura, cinema, teatro e musica per un itinerario di 35 ore allinterno di 7
incontri. I temi scelti di volta in volta hanno cercato di toccare le corde profonde della natura del
personaggio. Eccoli:
- Il volto del personaggio
- La caratterizzazione del personaggio
- La presentazione del personaggio tra presenza reale e presenza/assenza visibile
- Resistenza e permeabilit del personaggio
- Pensieri e sentimenti del personaggio
- Salvezza e perdizione del personaggio
- Speranza e disperazione del personaggio
Nel 2002: il suono
Il suono stato affrontato
- sia come tema di narrazione ed espressione
- sia come parte essenziale di un testo che ha un suono, un ritmo, una melodia
- sia come referente culturale e ispirativi di ogni espressione creativa
Nel 2001: il viaggio
Il binomio vita/viaggio tra nostalgia, speranza, spaesamento alla luce di Ulisse, Abramo/Enea e del

Cacciatore Gracco di Kafka. Il percorso ancora in fase di sviluppo.


Nel 2000: il tempo
il tempo e i 5 sensi;
tempo oggettivo, soggettivo e relativo;
il passato
il principio (lincipit in musica, cinema e letteratura)
Due le questioni centrali sviluppate durante lanno: la relazione tra passato, presente e futuro e il tema del
principio inteso some inizio del mondo (genesi) e inizio del mondo di significati che unopera darte
(incipit letterari, sequenze iniziali cinamatografiche e ouverture musicali).
Circa il primo punto ci si soffermati sul fatto che
- Il passato viene dal futuro: il desiderio che orienta la memoria.
- Il futuro viene dal passato: l'esperienza che orienta il futuro.
- Il presente viene dal passato: io sono questo qui perch ho un background.
- Il presente viene dal futuro: se sono qui, perch la vita che vivo mi supera ogni istante, risucchiata (o
chiamata o vocata) dal futuro.
La seconda questione: dal pensiero del principio nascono due situazioni emotive fondamentali dellessere
al mondo: angoscia e meraviglia.
1) Angoscia Io sono nel mondo. Prima non c'ero, dietro di me c' il nulla e davanti a me anche. Noi
quindi siamo praticamente gettati nel mondo. Lunica salvezza potrebbe essere, come per Camus, la
solidariet. Siamo buttati nel mondo: io non cero, ci sono e non ci sar, vivo un frattempo e cammino su
un terreno sfondato, pronto a cadere nell'abisso.
2) (Meraviglia) Dietro di me c il nulla e quindi io sono da esso liberato. Ci sono!
Nel 1999: i sensi
attraverso (in ordine):
olfatto
udito
vista
gusto
tatto
Lespressione applicazione dei sensi di Ignazio di Loyola che nei suoi Esercizi Spirituali vuole che
lesercitante applichi la sensibilit al mistero che contempla. I sensi si applicano al mistero: sembra quasi
una contraddizione. Il senso percepisce e il mistero si intuisce. E invece no: per Ignazio di Loyola il
mistero si percepisce e ad esso si applica la sensibilit. Cosa significa applicare? Far aderire, impegnare,
impiegare,... ma etimologicamente significa piegare verso. Luomo si piega verso la realt (e anche
verso il mistero) in un gesto che pu avere il significato dellinvestigazione calcolante o della
prostrazione adorante. Dimmi come usi i sensi e ti dir chi sei e come stai al mondo. Luso dei sensi dice
lo stile del nostro essere nel mondo. Che cosa significa vedere, sentire, ascoltare, gustare, toccare? Come
larte nasce e modifica la nostra sensibilit? Durante il 1999 Bombacarta ha fatto esercizi di percezione. I
sensi sono diventati luogo e ispirazione di espressione creativa e comunicazione. I sensi sono anche le
nostre porte all'esterno di noi, il luogo di mediazione tra noi e il mondo e gli altri...
Nel 1998: leggere e scrivere
Scrivere La prima sfida consistita appunto nel dichiarare in forma libera (lettere, racconti, poesie,
canzoni, disegni) e pubblica la propria poetica. A sette anni, componeva romanzi sulla vita/ del grande
deserto, dove splende la Libert rapita/ foreste, soli, rive, savane!, scriveva il dolce e terribile Arthur
Rimbaud. I testi di ciascuno sono stati letti, commentati, limati. Si compiuto un percorso di testi
giovanili saporosi e acerbi come mele verdi, forse, ma assolutamente coinvolgenti e profumati.
Leggere Abbiamo successivamente dedicato vari incontri del nostro laboratorio BombaCarta alla
lettura, al dove, come, cosa, quando, se, perch si legge. Abbiamo distinto tre approcci fondamentali al
testo:
Lapproccio estetico nel senso di sensibile, fisico, quasi feticistico al libro. I lettori di fronte ad un libro
cominciano ad assumere atteggiamenti strani: lo portano al naso per odorarne la carta (e pu profumare di
petrolio o di legno), per toccarne sensualmente le pagine (e tastare se la pelle del libro rugosa o
patinata), per osservarne il volto: la copertina, i colori.

Lapproccio emotivo ben definito da Tondelli: Dopo due righe il lettore deve essere schiavizzato,
incapace di liberarsi dalla pagina; deve trovarsi coinvolto fino al parossismo, deve sudare e prendere
cazzotti, e ridere, e guaire, e provare estremo godimento. Questa letteratura (Colpo doppio).
Lapproccio interiore, legato alla coscienza, alle emozioni non solo forti ma anche profonde. La parola
scende in fondo, lascia tracce profonde, crea echi, muove interiormente. Il libro, per citare Mario Luzi,
non fatto per accogliere parole che siano disabitate trasparenze, ma parole talmente dense da essere
trasparenti per chi le legge: attraverso di esse il lettore pu leggere se stesso e trovarvisi dentro, inquilino
di quelle parole che egli stesso accoglie nella propria coscienza

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