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Iperspazi. Spazi delle fasi. Topologia. Problemi di ottimizzazione.


Algoritmo di Karmarkar

INDEX
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GLI IPERSPAZI IN GENERALE

Il metodo astratto in matematica


La geometria a pi di tre dimensioni. Lo spazio a pi di tre dimensioni. Punto dello spazio a
pi di tre dimensioni.
Dimensioni e sottospazi
Generalizzazione del concetto di distanza euclidea
Generalizzazione del concetto di sfera
Generalizzazione del concetto di cubo
Generalizzazione del concetto di piano
IPERSPAZI NON EUCLIDEI

Spazi euclidei e spazi non euclidei


Lo spazio delle fasi di una bicicletta
Gli spazi astratti della matematica moderna
Spazi di Hilbert
Lo spazio delle posizioni di unasta rigida su un piano
Lo spazio che rappresenta il moto di un punto
Lo spazio delle posizioni di una zolletta di zucchero su un tavolo
Lo spazio delle fasi del pendolo
Il cronotopo di Minkowski
Lo spazio delle variabili di un sistema economico
Le coordinate lagrangiane
IPERSUPERFICI E VARIET (MANIFOLDS)
Generalizzazione del concetto di superficie
Le variet (manifolds)
Le variet differenziabili
Le variet e i tensori
LA TOPOLOGIA

Le variet e la topologia
Giochi topologici
Usi degli iperspazi: il problema di re Oscar di Svezia
GLI SPAZI CURVI

La distanza nei manifold e negli iperspazi


Propriet di forma, metriche, topologiche di una superficie
Gli spazi curvi bidimensionali
Gli spazi curvi tridimensionali

2
Lo spazio incurvato dalla gravit: la relativit generale di Einstein
I cambiamenti di coordinate e la formula di distanza
LA PROGRAMMAZIONE LINEARE E I POLITOPI

Poligoni, poliedri, politopi


Politopi e programmazione lineare

GLI IPERSPAZI IN GENERALE

Il metodo astratto in matematica


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I matematici utilizzano sovente quello che viene chiamato metodo astratto, per
definire degli oggetti matematici che hanno alcune caratteristiche degli oggetti della
nostra esperienza, ma per il resto se ne discostano. Come stato detto, un simile
atteggiamento pu essere riassunto nel motto: loggetto matematico quel che fa.
Questo particolarmente vero nella geometria a pi di tre dimensioni.

La geometria a pi di tre dimensioni. Lo spazio a pi di tre dimensioni. Punto dello


spazio a pi di tre dimensioni.
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Un ottimo esempio di metodo astratto fornito dalla geometria moderna: uno


studente che apra un testo universitario di Geometria aspettandosi di trovare figure
simili a quelle che illustravano i teoremi di Euclide nei libri su cui egli ha studiato
sin dalle elementari trover un testo senza alcuna illustrazione, pieno di definizioni
assiomatiche e di simboli appartenenti allalgebra astratta.
Questo il prezzo che si paga per una grande generalizzazione delle nozioni
geometriche, che consente di applicarle con profitto a tutti i rami delle scienze
fisiche, naturali e allingegneria.

In questo campo, da tempo i matematici hanno abbandonato la limitazione


costituita dalle tre dimensioni; anzi si pu dire che la matematica avanzata si occupa
principalmente di oggetti di dimensione superiore a tre.
Questo pu risultare sconcertante: un solido pu essere visualizzato in tre
dimensioni

una

superficie

in

due

dimensioni,

ma

cos

una

sfera

quadridimensionale?
La fisica einsteniana suggerisce che la quarta dimensione possa essere il tempo, e
che quindi lo spazio in cui viviamo in realt uno spazio-tempo quadridimensionale
chiamato cronotopo. Ma quando si va a tracciare linee e superfici in questo
spaziotempo si cozza pur sempre col problema della non intuitivit di tali nozioni.
Inoltre, le geometrie pi interessanti sono quelle con un numero molto elevato di
dimensioni. La geometria a sei dimensioni, per esempio, molto interessante perch
consente di descrivere il moto di una particella nello spazio.
In geometria superiore (i termini geometria astratta o geometria moderna sono
egualmente eloquenti) vengono definite delle propriet e nullaltro che delle
propriet, che vengono attribuite a qualcosa che ha un nome e gode di tali propriet.
Nullaltro

richiesto.

Ad

esempio,

al

nome

di

spazio

vettoriale

quadridimensionale corrisponde lidea di un insieme di elementi non meglio


specificati chiamati punti che godono della propriet di essere addizionati e
moltiplicati per un numero reale e ciascuno dei quali pu essere espresso come
somma di multipli di non pi di quattro vettori indipendenti chiamati vettori
base.
Lo spazio vettoriale non ha niente a che spartire con lo spazio fisico, e non solo per il
numero di dimensioni: mentre nello spazio fisico possiamo esprimere la distanza tra
due punti, nello spazio vettoriale non esistono distanze. Mentre nello spazio fisico
possiamo, a partire da un punto che fa da centro, visualizzare i punti come insiemi
racchiusi in sfere aventi centro in tale punto, e definire per tal via in modo
rudimentale una posizione reciproca dei punti, niente di simile pu essere fatto
per lo spazio vettoriale, a meno di non dotarlo di una struttura ulteriore, chiamata
topologia naturale.
Riguardo le propriet delloggetto i matematici richiedono solamente che esse non
siano contraddittorie. Si pu perfettamente concepire il personaggio di un racconto
come coraggioso, di sesso maschile, generoso e via dicendo, con lunico limite che le

sue qualit non devono contraddirsi: la compassione non pu accompagnarsi alla


crudelt e lintelligenza e laccortezza non possono accompagnarsi alla propensione
a compiere atti sciocchi.
Se stabilire propriet arbitrarie per un oggetto pu essere divertente e svincolare la
creativit dai limiti della esperienza fisica, per pu talvolta essere di scarso
interesse quando tali propriet non abbiano nessuna remota attinenza col
nostromondo quotidiano; il metodo astratto cos chiamato proprio perch astrae
da un oggetto della esperienza delle qualit o caratteristiche, liberandole dal
collegamento con altre caratteristiche o da alcune limitazioni che ad esse impone
lesperienza. Un ottimo esempio il concetto matematico di spazio.
Uno spazio fisico ha una dimensione, e ugualmente la avr uno spazio astratto, ma
mentre le dimensioni dello spazio fisico sono tre, definite come la possibilit di
misurare, a partire da un punto, distanze lungo tre assi mutuamente ortogonali, uno
spazio astratto pu avere milioni di dimensioni e persino infinite dimensioni, definite
come la quantit di numeri occorrente per distinguere due punti in tale spazio. Cos
facendo, abbiamo utilizzato un concetto noto, quello di rappresentazione cartesiana,
che attribuisce ad un punto la terna di numeri chiamati coordinate e costituiti dalle
sue distanze con segno da tre assi, e ne abbiamo astratto lidea-base: quella di un
punto definito da una enopla di numeri che sufficiente a distinguerlo da un altro
punto. Viene abbandonato ogni riferimento ad operazioni di misurazioni o distanze,
e in molti testi di matematica viene fatto il passo ulteriore di identificare il punto con
la enopla di numeri. Ma questa ulteriore astrazione non strettamente necessaria e
sebbene porti vantaggi in certe trattazioni avanzate, pu generare qualche
confusione nel lettore senza sufficiente dimestichezza con lalgebra lineare moderna.
Nella figura 0705161732 mostrato il procedimento di coordinatizzazione di uno
spazio bidimensionale mediante rappresentazione cartesiana:

FIGURA
0705161732
4
3

(3 , 2)

(-2 ,
1)
-4

-3

-1
-1

-2

-2
-3

(1 ,
-2)

-4

Le coppie di numeri accanto a ciascun punto sono le distanze con segno dagli assi.
Si noti che la attribuzione di coppie di valori largamente arbitraria: possiamo
ruotare gli assi ottenendo nuove coordinate; cos come possiamo passare ad una
classe pi vasta di rappresentazioni chiamate rappresentazioni affini dello spazio,
esemplificate nella figura 0711110959:

FIGURA
0711110959

cy

y c
y

1
x
cx x

cx

Si vede da tale figura che le coordinate del punto P, che avendo come riferimento gli
assi cartesiani ortogonali x,y sono cx e cy, prendendo come riferimento il sistema di
riferimento affine x e y diventano cx e cy.

La nozione di spazio pluridimensionale oggi correntemente accettata senza


discussioni e impiegata con profitto proprio nella spiegazione del mondo fisico. Le
recenti teorie delle stringhe parlano di universi di dieci dimensioni in cui oggetti
apparentemente tridimensionali come le particelle subatomiche avrebbero in realt
sei dimensioni aggiuntive rappresentabili come stringhe che vibrano e che spiegano
il loro comportamento negli acceleratori dei laboratori.
Quando si ha a che fare con un numero di dimensioni superiori a tre cambia il modo
di scrivere le formule.
Si usano x1, x2,, xn anzich le tradizionali x, y, z, w per le variabili e per le
costanti si scrive a1, a2, , an (b1, b2,bn ecc.) invece delle tradizionali a, b, c,
Cos, una espressione che lo studente abituato a scrivere come:
ax + by + cz = 0
diviene:
a1x1 + a2x2 + a3x3 = 0
Cambia anche il modo di scrivere le somme. Lo studente avr gi appreso, invece di:
a1x1 + + anxn
a scrivere:
n

a x
i

n 1

Quando si ha a che fare con complesse espressioni riguardanti gli iperspazi, si


ricorre ad una ulteriore semplificazione e si scrive semplicemente:
aixi

convenendosi (convenzione di Einstein, che fu il primo ad introdurla) che due indici


identici di due simboli moltiplicati implicano una somma per ogni valore dellindice.

Dimensioni e sottospazi
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Il numero di coordinate necessarie per individuare un punto dello spazio esprime


quella che si chiama la dimensione di uno spazio.
Come avr notato lo studente, in matematica superiore la parola spazio
utilizzata per indicare non solo lo spazio tridimensionale, ma spazi di qualsiasi
dimensione. Cos, secondo questa terminologia, un punto uno spazio
zerodimensionale

(o,

come

si dice,

0-spazio);

una

linea

uno

spazio

monodimensionale o spazio 1-dimensionale o 1-spazio; un piano uno spazio


bidimensionale o spazio 2-dimensionale o 2-spazio; lo spazio fisico in cui viviamo
come descritto dalla geometria euclidea studiata a scuola uno spazio
tridimensionale o spazio 3-dimensionale o 3-spazio.
Ogni spazio ha dei sottospazi, che sono precisamente gli spazi di dimensione minore
in esso immersi. Cos, gli unici sottospazi della linea sono i punti; i sottospazi del
piano sono le linee e i punti; i sottospazi dello spazio tridimensionale sono i punti, le
linee, i piani; e cos via per gli spazi di dimensione superiore..
Semispazio una delle due parti in cui un iperpiano divide uno spazio, insieme
alliperpiano stesso

Generalizzazione del concetto di distanza euclidea


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Qual la definizione di distanza in uno spazio con pi di tre dimensioni? La


figura 0705161738 mostra come in uno spazio bidimensionale, ad ogni coppia di
punti, P,Q oppure R,Q oppure P,R pu essere associato un numero detto distanza.

FIGURA
0705161738
8

R (5 , 7)

5 = 32 + 42

3
5
4
3

P (1 ,
4)

Q (5, 4)

2
1

-4

-2

-1

-1
-2

La distanza tra P e Q, calcolata semplicemente facendo la differenza tra il valore


della coordinata x di Q e la coordinata x di P; la distanza tra Q ed R calcolata
facendo la differenza tra le coordinate y, mentre la distanza tra P ed R calcolata a
partire dalle distanze PQ e QR utilizzando il teorema di Pitagora:

4 2 32

16 9 5

Un ragionamento analogo ma leggermente pi complicato vale in tre dimensioni e


mostra che la distanza tra due punti T di coordinate (a,b,c) e V di coordinate (d,e,f)
:

( d a ) 2 (e b ) 2 ( f c ) 2

Ci accorgiamo subito che in tutti i casi, compresi quelli della distanza PQ e QR, si
applicata la stessa formula, chiamata la formula pitagorica della distanza o, pi
frequentemente, formula della distanza euclidea:

d ( p1 , p2 )

x p1 x p2 2 y p1 y p2 2

dove xp1 e xp2 sono le coordinate x rispettivamente del primo e del secondo punto e
yp1 e yp2 sono le coordinate y rispettivamente del primo e del secondo punto.
Una simile formula pu essere facilmente generalizzata ad n dimensioni:

d ( p1 , p2 )

1
1

x12

... x1n x2n

dove abbiamo impiegato i simboli x1k per indicare la k-esima coordinata del primo
punto p1 e i simboli x2k per indicare la k-esima coordinata del secondo punto p2
Tale formula viene usualmente definita come la formula della distanza euclidea per
spazi multidimensionali.
Per esempio, la distanza tra i due punti (1,0,-1,4,2) e (3,1,1,1,-1) (che stanno nello
spazio a cinque dimensioni) :

(3 1) 2 (1 0) 2 (1 ( 1)) 2 (1 4) 2 ( 1 2) 2

4 1 4 9 9

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E se questa vi sembra una generalizzazione ardita del concetto di distanza, dovete


sapere che i matematici non si sono fermati qui, e hanno definito la distanza non
riemanniana mediante la formula del tensore metrico:
d 2 ( p1 , p2 ) g11dx1dx1 g 22 dx 2 dx 2 g 33 dx 3 dx 3 g12 dx1dx 2 g13 dx1dx 3 g 23 dx 2 dx 3

dove i valori:
dxi = x2i x1i
sono le differenze tra le i-esime coordinate, e dove i numeri g jk fanno parte di una
matrice arbitraria di valori.
Lo stesso Riemann ipotizz una distanza data dalla radice quarta di una formula
ogni addendo della quale dato dalla moltiplicazione di quattro fattori.
In altre parole, nella geometria superiore degli iperspazi il concetto di distanza non
unico e connaturato allo spazio che si studia, ma definito, e ad ogni definizione

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corrisponde uno spazio diverso, con caratteristiche uniche e peculiari che possono
differire radicalmente da quelle dello spazio euclideo.

Generalizzazione del concetto di sfera


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Avere generalizzato il concetto di distanza, possiamo generalizzare quello di sfera,


definendola come linsieme di punti di un iperspazio che hanno una distanza
determinata da un punto chiamato centro.
Ad esempio, una sfera di raggio 10 e centro nel punto di coordinate (1,1,0,0,0) in uno
spazio a 5 dimensioni dotato di distanza euclidea sar data da tutti i punti
P(x1,x2,x3,x4,x5) le cui coordinate soddisfano la relazione:

x
2

x
2

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Il concetto di ipersfera comprende quello di cerchio in uno spazio bidimensionale


come il piano (detto S1 o 1-sfera, perch occorre un solo parametro per
coordinatizzarne i punti), di sfera vera e propria nello spazio tridimensionale (S 2 o
2-sfera), di sfera di dimensione 3 in uno spazio quadridimensionale (S 3 o 3-sfera)
ecc.
Cos come la sfera a 3 dimensioni ha una superficie bidimensionale, la sfera a 4
dimensioni ha come superficie uno spazio tridimensionale

Generalizzazione del concetto di cubo


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Mediante la definizione di distanza possiamo anche generalizzare il concetto di


cubo.
Come noto, dati quattro vertici di un cubo, ne risultano definiti tutti gli altri: cos,
se i vertici sono (0,0,0), (3,0,0), (0,3,0), (0,0,3) gli altri vertici saranno costituiti da

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tutte le combinazioni possibili delle coordinate: (3,0,3), (3,3,0), (3,3,3), (0,3,3). Si


veda la figura 0711111127.

FIGURA 0711111127

(0,3,3)

(3,3,3)

(0,0,3)

(0,3,0)

(3,0,3)

6
5

(3,3,0)

3
1

(0,0,0)
1

O
1

2
3

(3,0,0)

In questo modo possiamo ottenere tutti i vertici di un ipercubo di quattro


dimensioni: essi saranno 64.
Per ogni dimensione dello spazio a cui appartiene lipercubo, otteniamo quindi due
valori: la coordinata x1 pu assumere i valori 0 o 3; e cos pure, nel nostro esempio,
le altre coordinate.
E ora facile definire un ipercubo: i punti dellipercubo saranno quelli le cui
coordinate sono comprese tra questi valori minimi e massimi.
Possiamo anche fare il conto degli spigoli, senza preoccuparci di farci una idea
intuitiva di cosa essi siano; poich in uno spazio tridimensionale da ogni vertice si
diparte un numero di spigoli pari alla dimensione dello spazio, il numero degli
spigoli di un cubo tridimensionale sembrerebbe pari a 8 3; in realt abbiamo
contato gli spigoli due volte, perch ad ogni spigolo che parte da un punto
corrisponde uno spigolo che parte dal punto opposto. Pertanto il numero di spigoli
di un generico ipercubo sar dato da:
(numero vertici x numero dimensioni)/2

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Generalizzazione del concetto di piano


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Per generalizzare la nozioni di piano, consideriamo che lequazione di un piano in


tre dimensioni data da:

[0705210652]

ax + by + cz = 0

se il piano passa per lorigine (infatti in tal caso, se x = 0 e y = 0 deve essere z = 0)


oppure da:
ax + by + cz = d
se il piano non passa per lorigine. Appare naturale allora, in uno spazio
quadridimensionale, scrivere:
ax1 + bx2 + cx3 + dx4 = e
In uno spazio pentadimensionale possiamo scrivere:
ax1 + bx2 + cx3 + dx4 + ex5 = f
In tal modo definiamo, per ogni spazio n-dimensionale, un insieme di punti che i
matematici definiscono iperpiano. Esso ha la caratteristica tipica del piano
tridimensionale della geometria euclidea: i punti di una iperlinea che ha due punti
di contatto con esso, giacciono tutti su esso.
Esso ha anche unaltra caratteristica: pu essere definito da un numero di
parametri inferiore di uno alla dimensione dello spazio in cui si trova. Ad esempio,
data lequazione [0705210652] di un qualsiasi piano in uno spazio tridimensionale,
vediamo che dando valori arbitrari a due delle coordinate variabili x,y la terza
coordinata rimane univocamente fissata. Pertanto, per individuare un punto di un

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piano abbiamo bisogno di due valori: uno meno della dimensione dello spazio in cui
il piano si trova (tre).
In altre parole, possiamo ottenere una rappresentazione parametrica:
x 1 x 0 y
y 0 x 1 y
z

a
b
x y
c
c

basata su due soli parametri.


Lo stesso vero in dimensioni maggiori: un punto su un iperpiano di uno spazio a 4
dimensioni individuato da 3 parametri, ecc.

IPERSPAZI NON EUCLIDEI

Spazi euclidei e spazi non euclidei


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Quelli di cui abbiamo parlato finora sono spazi pluridimensionali euclidei, che
generalizzano lunico tipo di spazio che lo studente di scuola media superiore
conosce quello bidimensionale o tridimensionale della geometria euclidea e quello
bidimensionale dellanalisi delle funzioni di una variabile reale.
Ma la geometria avanzata conosce svariati tipi di spazi pluridimensionali: spazi
vettoriali, spazi affini, spazi proiettivi, spazi di Riemann, solo per citare i primi che
si incontrano approfondendo lo studio della disciplina.
Prima di arrivare a parlare di tali spazi, definiti spazi astratti, introduciamo un
esempio che ci servir per chiarire le idee: lo spazio delle fasi di una bicicletta.

Lo spazio delle fasi di una bicicletta


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Una bicicletta ha cinque parti mobili: il manubrio, la ruota anteriore, linsieme


pedivella-catena-ruota posteriore e i pedali (figura 0705251106) Ognuna di queste
parti richiede, per la sua descrizione, una coordinata di posizione e una coordinata
di velocit. Il movimento di una bicicletta, se non consideriamo la sua posizione sulla
strada, quindi il moto in uno spazio a dieci dimensioni. Un tale tipo di spazio, che
ha dimensioni che rappresentano posizioni e dimensioni che rappresentano velocit
prende il nome di spazio delle fasi.

FIGURA 0705251106

3
3

5
2

Gli spazi astratti della matematica moderna


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Dallesempio precedente (spazio delle fasi di una bicicletta) cominciamo a renderci


conto che la matematica moderna utilizza spazi in cui una o pi delle caratteristiche
che usualmente associamo al concetto di spazio pu mancare.

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Pu scomparire il concetto di distanza: nello spazio delle fasi della bicicletta, che
distanza ci pu essere tra una bici col manubrio voltato a destra e una bici col
manubrio voltato a sinistra?
Pu essere definita una distanza del tutto differente da quella euclidea, come nel
caso del cronotopo (spaziotempo) della relativit ristretta.
Per quanto sia difficile crederlo, esistono spazi in cui definita la posizione
reciproca dei punti ma in cui non pu essere definita una distanza, nel senso che
qualsiasi funzione distanza che fosse definita darebbe una topologia diversa da
quella considerata.
Questi spazi differenti dallo spazio euclideo ricadono entro categorie generali aventi
caratteri comuni. Spesso i matematici non sono interessati allo studio di questo o
quello spazio particolare, ma precisamente di queste categorie, definite come spazi
astratti.
Uno spazio astratto un insieme di punti dotato di una struttura generalmente
definita specificando un insieme di assiomi che devono essere soddisfatti dai punti.
Si tratta di un tipico approccio assiomatico: esattamente come nella geometria
euclidea, il concetto di punto un concetto primitivo che resta non-definito, o
meglio, viene definito solo attraverso le relazioni che ha con gli altri punti o con altri
concetti primitivi.
Importanti tipi di spazi astratti sono lo spazio vettoriale, lo spazio topologico, lo
spazio metrico, lo spazio di Hilbert.
Lo spazio vettoriale uno spazio astratto, dove i punti o vettori u, v, w, sono
enti di qualsiasi genere che soddisfano i seguenti assiomi:
u + (v + w) = (u + v) + w
u + v = v + u
Esistenza di un elemento tale che v + 0 = v
1 v = v
h (k v) = (h k) v

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k (v + w ) = k v + k w
dove h, k sono numeri reali o complessi o elementi di strutture analoghe, chiamate
campi e 1 lelemento neutro del campo.
Un esempio familiare di spazio vettoriale lo spazio dei vettori liberi tridimensionali
della fisica, che possiamo raffigurare come una palla irta di vettori che hanno il
loro punto iniziale (o punto di applicazione) in una origine comune. Le copie di tali
vettori applicate a questo o quel punto dello spazio, definiti vettori applicati,
rappresentano in realt un unico vettore libero, di cui hanno la stessa direzione, lo
stesso verso e la stesso modulo o grandezza (lunghezza)
Un altro esempio, meno intuitivo, di spazio vettoriale, quello delle enople di
numeri con laddizione componente per componente e la moltiplicazione scalare.
Esiste lo spazio vettoriale delle funzioni su insiemi (es. spazio di Banach), lo spazio
vettoriale dei polinomi in x, lo spazio vettoriale delle matrici ecc.
Gli spazi metrici, come vedremo pi avanti, sono insiemi tra due punti qualsiasi dei
quali stabilita una distanza. Negli spazi vettoriali metrici, dove esiste una distanza,
vengono anche definiti angoli.
Gli spazio topologici, che pure vedremo, hanno definita la posizione reciproca dei
punti ma non la distanza.
Anche lo spazio euclideo in realt studiato come spazio astratto, di cui lo spazio
fisico solo un caso particolare: i suoi punti possono essere qualsiasi cosa, dai
polinomi alle matrici, ai punti dello spazio fisico ai vettori geometrici. La definizione
matematica di spazio euclideo varia lievemente ma coincide nella sostanza: si tratta
di uno spazio affine dotato di una metrica euclidea per alcuni matematici; per altri
pu essere descritto come lo spazio vettoriale delle enople (spazio prodotto di R)
dotato di struttura di spazio affine e di distanza euclidea.
Queste due definizioni coincidono, se si considera che uno spazio vettoriale pu
essere pensato come spazio euclideo se si considerano i vettori come punti e i
vettori-differenza tra due vettori dati come vettori di uno spazio euclideo. Ad
esempio, il vettore differenza tra (3,3,3) e (1,1,1) (2,2,2), che viene considerato
come il vettore il cui capo iniziale nel punto (2,2,2) e il cui capo finale nel punto
(3,3,3)

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Parecchi degli spazi sopra descritti non hanno pi molto in comune col concetto di
spazio fisico cui siamo abituati: a parte il fatto di essere composti da punti a
ciascuno dei quali possiamo assegnare una coordinata.

Spazi di Hilbert
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Matematicamente, lo spazio euclideo appartiene alla importante categoria degli


spazi di Hilbert. Leggiamo le parole con cui il matematico Tim Gowers lo definisce.
Ma che cos uno spazio di Hilbert? Nei corsi universitari di matematica esso
viene definito come uno spazio vettoriale completo dotato di prodotto interno. Si
suppone che gli studenti che seguono le lezioni sappiano, dai corsi precedenti, che
uno spazio completo se in esso ogni successione di Cauchy convergente.
Naturalmente, per dare un senso a questa definizione, gli studenti devono conoscere
anche le definizioni di spazio vettoriale, prodotto interno, successione di Cauchy e
convergenza. Eccone almeno una (non la pi lunga): una successone di Cauchy
una successione x1, x2, x3, tale che per ogni numero intero positivo , esiste un
intero N tale che, per ogni coppia di interi p,q maggiori di N, la distanza tra x p e xq
minore di . In poche parole, per avere qualche speranza di capire cos uno spazio
di Hilbert occorre prima studiare e digerire una lunga sequela di concetti di livello
inferiore. Non stupisce che questo richieda tempo e fatica. E poich lo stesso vale per
molte delle pi importanti nozioni matematiche, ci pone limiti ben precisi agli
argomenti trattabili in modo soddisfacente in una esposizione divulgativa della
matematica attuale.

Lo spazio delle posizioni di unasta rigida su un piano


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Supponiamo di avere unasta rigida che pu scivolare su un piano. La sua posizione


(o configurazione ) pu essere fissata assegnando le coordinate cartesiane x,y di una
estremit e langolo che lasta forma con una direzione prefissata. In questo caso
lo spazio delle configurazioni tridimensionale

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Lo spazio che rappresenta il moto di un punto


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Lutilit della geometria a pi dimensioni consiste ad esempio nella straordinaria


precisione con cui ci consente di descrivere delle configurazioni di oggetti fisici o di
sistemi complessi, come ad es. quelli sociali o biologici
Di fatto anche la geometria in due e tre dimensioni utilizzata per scopi che vanno
oltre la semplice rappresentazione dello spazio fisico. Spesso, per esempio,
rappresentiamo il moto di un oggetto tracciando un grafico che riporta le distanze
percorse a tempi diversi.
Il piano in cui viene rappresentato il moto non ha esistenza fisica uno spazio
delle fasi bidimensionale e il moto delloggetto un insieme di punti in tale spazio.
Pi in generale la geometria multidimensionale aiuta a visualizzare e trattare
problemi di meccanica, psicologia, economia, in cui intervenga un certo numero di
variabili.

Lo spazio delle posizioni di una zolletta di zucchero su un tavolo


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La posizione di una zolletta di zucchero che pu essere spostata sul piano di un


tavolo senza cambiare la faccia rivolta in basso pu essere descritta fornendo le
coordinate di due degli spigoli della faccia a contatto col tavolo. Poich ogni spigolo
ha due coordinate, una posizione della zolletta non altro che un punto in uno
spazio quadridimensionale. Si potrebbe pensare che ad ogni punto di tale spazio
corrisponda una posizione della zolletta, ma non cos.
I due spigoli devono mantenere una distanza fissa. Supponendo che tale distanza sia
di 2 cm le posizioni della zolletta saranno i punti dello spazio 4-dimensionale che
soddisfano lequazione:

x p2 x p1 2 y p2 y p1 2 22

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si tratta di una equazione di secondo grado in quattro variabili, che definisce una
ipersuperficie nel nostro spazio. In altre parole, le posizioni della zolletta possono
essere visualizzate come una superficie in uno spazio quadridimensionale.

Lo spazio delle fasi del pendolo


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Un pendolo definito dalla sua posizione e dalla sua velocit. La posizione pu


essere espressa da un numero che individua un punto sulla circonferenza che esso
pu percorrere; la velocit pu pure essere espressa con un singolo numero.
Pertanto lo spazio delle fasi del pendolo uno spazio bidimensionale.
Supponiamo che il pendolo, a cui impressa una velocit iniziale v 0 dal suo punto di
riposo, continui a muoversi indefinitamente senza attrito, sotto linfluenza
dellimpulso iniziale e della forza di gravit.
Ad ogni velocit iniziale v0 corrisponde una linea nello spazio delle fasi che descrive
il moto del pendolo. Osserviamo tali linee nella figura 0705271234:

FIGURA
0705271234
velocit

G
- 180

- 180 F

H
+
180

+
180

- 90
posizione
(angolo)

+ 90

D
0

Se il pendolo immobile la sua traiettoria consister di un punto singolo: il punto


O la posizione di equilibrio stabile del pendolo con il peso verso il basso, mentre i
punti coincidenti G e H sono la posizione di equilibrio instabile del pendolo
capovolto, col peso posto sopra lasta.

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Le linee chiuse sono le oscillazioni del pendolo che non ha sufficiente velocit per
raggiungere il punto di svolta superiore F nella figura di destra e superarlo
(traiettorie DEED della figura di destra)
Le linee aperte sono le traiettorie del pendolo che ha sufficiente velocit per arrivare
al punto F e scendere dal lato opposto (traiettorie DEFCD della figura di destra).

Il cronotopo di Minkowski
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Un esempio di spazio pluridimensionale il cronotopo di Minkowski, uno spazio in


cui la quarta dimensione una coordinata legata al tempo t ed espressa, per ragioni
di convenienza matematica come:

[0705280722]

x4 = i c t

Grazie alla forma matematica data alla coordinata x4, dove i lunit immaginaria
dei numeri complessi, un fronte donda luminosa che si espande ha equazione
[0705280723] x12 + x22 + x32 + x42 = 0
Se interpretiamo lespressione a primo membro della [0705280724] come la distanza
dei punti del fronte donda dallorigine possiamo introdurre la distanza
relativistica:

[0705280724]

x12 + x22 + x32 + x42

Questa distanza ha un comportamento particolare: i punti del fronte donda di luce


nello spaziotempo hanno distanza zero dallorigine. Distanze maggiori di quella
relativistica tra due punti indicano che si sta prendendo in considerazione due eventi
nello spaziotempo separati da una distanza spaziale superiore a quella che
coprirebbe il raggio luminoso generato dal primo evento. Distanze minori di quella

21

relativistica indicano che il secondo evento si verifica in un punto dello spazio che il
raggio luminoso generato dal primo raggiunge prima che esso si verifichi.
In figura 0705280603 mostrata la proiezione in tre dimensioni, x, y, t, di un
ipercono che rappresenta il fronte donda di un lampo di luce che si diparte dal
centro (0,0,0,0) del cronotopo. Il trucco che ci consente di visualizzarlo consiste nel
rimuovere la dimensione z, come se si stesse guardando il cono di luce che si allarga
sul pavimento costituito dal piano x, y quando accendiamo una lampadina. Allora
ogni foglio orizzontale del grafico pi in alto rappresenter il cerchio di luce sul
pavimento in momenti diversi.

FIGURA
0705280603
tempo
t0

x
z

fronte donda di
luce al tempo t0

Considerando la distanza relativistica come un invariante per trasformazioni lineari


di coordinate si ottiene il gruppo di trasformazioni di Lorentz, che lespressione
einsteiniana della relazione tra le coordinate di due sistemi inerziali.

Lo spazio delle variabili di un sistema economico


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22

Gli economisti studiano il comportamento di sistemi economici con migliaia di


operatori (consumatori e imprese) e decine di parametri che ne definiscono il
comportamento (preferenze, et, reddito, consumi ecc. delle famiglie; quantit
impiegata di fattori, produzione, profitti ecc. delle imprese).
In particolare, essi tentano di aiutare i manager a massimizzare i profitti agendo su
centinaia di variabili (quantit di fattori impiegati, curve di domanda dei
consumatori, costo dei fattori, spese di marketing ecc.). Pertanto lavorano in uno
spazio a migliaia di dimensioni, dove i vincoli vengono visualizzati sotto forma di
superfici multidimensionali come ellissoidi ad n dimensioni ed altri oggetti
altrettanto esotici.

Le coordinate lagrangiane
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Lesempio della zolletta di zucchero mostra anche come le coordinate di un


sistema fisico descritto da uno spazio delle fasi normalmente siano coordinate
lagrangiane.
Questo tipo di coordinate, fu introdotto nel Settecento dal grande matematico
piemontese Jean-Louis de Lagrange nella sua opera Mcanique Analitique, che
costitu il pi grande avanzamento nello studio della meccanica dopo quello avutosi
con Isaac Newton.
In uno spazio delle fasi ci che conta il numero dei gradi di libert, cio il numero
di parametri necessari per descrivere uno stato del sistema. Come si visto nel caso
della zolletta, sovente le coordinate sono legate fra loro (dati due spigoli della
zolletta, le coordinate degli spigoli rimanenti risultano deducibili da questi), in modo
che un insieme di m velocit e posizioni pu essere descritto con un numero n < m di
parametri, corrispondenti ai gradi di libert del sistema. Pi vincoli ha un sistema
(nel nostro esempio il vincolo consiste nella distanza tra gli spigoli della zolletta),
minore il numero dei parametri con cui pu essere descritto. Ad esempio, la
posizione della zolletta completamente determinata dalla posizione di un vertice e
dallangolo che uno spigolo fissato della zolletta forma con tale vertice: la presenza

23

del vincolo riduce a tre il numero dei parametri necessari per descrivere la sua
posizione.
Il passo successivo nella descrizione dei sistemi fisici fu fatto da de Lagrange: egli
mostr che il fisico non vincolato, nella scelta delle coordinate con cui descrive la
configurazione di un oggetto, alle coordinate cartesiane delloggetto: in realt,
qualsiasi insieme di grandezze o misurazioni da cui si pu risalire alle posizioni e
alle velocit di un sistema pu costituire un sistema di coordinate. Esistono in realt
infiniti insiemi di parametri che possono fungere da coordinate, ed possibile
scegliere quelli pi adatti a trattare matematicamente il problema che si ha dinanzi;
lunica cosa che hanno in comune questi insiemi di parametri il numero: esso
sempre pari ai gradi di libert del sistema. Questi insiemi di parametri prendono il
nome di coordinate lagrangiane. Per chiarire il concetto svilupperemo lesempio
classico di un sistema meccanico costituito da particelle in moto.
Supponiamo di incollare alla parete di un montacarichi un tubo trasparente di
gomma, e, mentre il montacarichi sta salendo con velocit costante k, di lasciar
cadere nel tubo una pallina.
Matematicamente, abbiamo un sistema bidimensionale formato da una particella
puntiforme vincolata a muoversi su una curva di equazione x 2 = x12 (supponendo che
questa equazione descriva la curvatura del tubo di gomma) e che sottoposta ad un
campo gravitazionale uniforme i cui vettori sono paralleli allasse y e con verso
contrario.
Il vincolo risultante dal fatto che la particella si pu muovere solo lungo la curva
ascendente esprimibile con la formula:
y = x2 + kt
e cio:
x2 kt + y = 0
La presenza del vincolo fa s che le coordinate cartesiane siano in realt dipendenti
luna dallaltra: il sistema ha quindi non due, ma un grado di libert.

24

Piuttosto che attribuire alla particella due coordinate, x e y, un modo pi economico


di esprimere la sua posizione quindi quello di rimuovere i parametri dipendenti
(cio che possono essere ricavati da altri parametri) e coordinatizzarla con i soli
parametri indipendenti, che prendono il nome di coordinate generali o lagrangiane.
Non esiste un solo modo per scegliere le coordinate lagrangiane, ma piuttosto
infiniti. Noi sceglieremo come coordinata lagrangiana il valore di x1, dal quale si pu
immediatamente calcolare il valore di x2.
Usualmente, per distinguere dalle coordinate cartesiane, indicate con x i, le
coordinate lagrangiane vengono indicate con qi.
Poich la particella in movimento, le coordinate lagrangiane, come le coordinate
cartesiane, sono funzioni di t, e andrebbero scritte come q i(t). In quanto tali esse
possono essere derivate rispetto al tempo.
Esiste una precisa corrispondenza tra coordinate lagrangiane e coordinate
cartesiane. Abbiamo dunque delle equazioni di trasformazioni di coordinate:
x = x(q1,,qn)
y = y(q1,,qn)
Proseguendo nel nostro esempio, essendoci solo la coordinata q1 scriviamo:
x = x(q1)
y = y(q1)
e cio:

[0708091855]

x = q1

[0708091855]

y = q12 + kt

Il vincolo che abbiamo introdotto un vincolo dipendente dal tempo, perch le


espressioni mostrano che il piano inclinato si trasla in alto con moto uniforme.
Il sistema ha anche delle condizioni iniziali q 10, x0, y0 che sono utilizzate per
integrare le equazioni differenziali che esprimono e condizioni del sistema in un
momento di tempo t qualsiasi.

25

Possiamo ora esprimere il vettore posizione della particella come funzione delle
coordinate lagrangiane e del tempo:
x = x(q1 , t)
y = y(q1 , t)
La presenza di t non significa altro che nelle [0708091855] il tempo compare come
variabile. Questo indica una doppia dipendenza di y dal tempo: in ogni tempo t il
valore di q12(t) va modificato di una quantit dipendente direttamente dal tempo,
che non inglobata in q1.
Niente

impedisce

di considerare come

coordinata

lagrangiana

il valore

dellespressione x2 + kt : in questo caso, terminologicamente, il vincolo non sarebbe


dipendente dal tempo.
La particella, sotto leffetto della forza gravitazionale, in movimento. Possiamo
calcolare il valore della componente verticale vy della velocit ed esso risulta:

[0708061900]

vy

dy
y
y
y
q1
dt
q1
t

Essa non altro che lapplicazione del chain rule o regola di derivazione delle
funzione composte:

[0708091906]

D y (q1 (t ),..., qn (t ), t

y dq1
y dqn y dt

...

q1 dt
qn dt
t dt

dove lultimo addendo si riduce chiaramente a y/t


Possiamo considerare un esempio semplificato, lineare, che ci permette di
interpretare meglio le derivate, in cui il vincolo sia una retta con pendenza +2 che si
sposta verso lalto. Allora si ha:

26

y
2
q1
q1

dq1
1 m / sec
dt

y
1 m / sec
t
dy
y 2 1 1 3 m / sec
dt

In questa formula le qi sono dette velocit generalizzate.

IPERSUPERFICI E VARIET (MANIFOLDS)

Generalizzazione del concetto di superficie


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Abbiamo visto che il concetto di piano pu essere generalizzato nel concetto di


iperpiano, che un insieme di punti le cui coordinate sono soluzioni di una
equazione del tipo:
F(x1,x2,,xn)
Nello stesso modo si descrive in tre dimensioni una superficie generica; ad esempio
lequazione di una sfera di centro (0,0,0) e raggio 1 (figura 0705181040), la
seguente:
x12 + x22 + x32 = 1
Il luogo dei punti che soddisfa una singola equazione algebrica in cui compaiano
tutte le coordinate, cio un polinomio

27

F(x,y,z) = 0
di grado n arbitrario in cui compaiano monomi con potenze di x, y, z in grado
arbitrario una superficie algebrica.
Possiamo facilmente generalizzare il concetto in quello di ipersuperficie algebrica: il
luogo dei punti che in uno spazio n-dimensionale soddisfa lequazione:

[0705191645]

F(x1,x2,,xn) = 0

Analogamente, se lequazione non algebrica (equazione trascendente), si ottiene la


definizione di ipersuperficie trascendente.
Allidea intuitiva di superficie come parte che delimita un corpo, la matematica
sostituisce il concetto di un ente geometrico a due dimensioni nel quale ogni punto
dipende essenzialmente dal valore di due numeri, detti parametri.
Queste superfici hanno in comune una propriet tipica delle superfici in tre
dimensioni: di dividere lo spazio prossimo ad esse in due parti. Si vede infatti che i
punti dello spazio che non appartengono alla superficie si dividono due insiemi:
linsieme dei punti le cui coordinate, sostituite nella [0705191646], danno valore
maggiore di zero, e linsieme dei punti le cui coordinate, sostituite nella
[0705191646], danno valore minore di zero.
Per tornare allesempio della sfera di centro (0,0,0) e raggio 1 la equazione:
x12 + x22 + x32 = 1
pu essere scritta in forma implicita:
x12 + x22 + x32 1 = 0
Se poniamo il punto di coordinate (1/2,0,0) in tale equazione otteniamo 3/4, il che
mostra che i punti allinterno della sfera hanno coordinate che danno valore
negativo e i punti allesterno positivo.

28

Una superficie espressa sotto forma di equazione si dice espressa in forma implicita.
Un altro modo di esprimerla quello detto parametrico. Allidea intuitiva di
superficie come frontiera di un solido geometrico o contorno di una porzione
limitata di spazio, avente solo due dimensioni la matematica sostituisce il concetto di
un ente geometrico a due dimensioni nel quale ogni punto dipende essenzialmente
da due numeri, detti parametri. Cos, una superficie in tre dimensioni sar definita
come linsieme dei punti le cui coordinate x 1, x2, x3 sono quelle espresse da tre
equazioni del tipo:
x = f1(u,v)
y = f2(u,v)
z = f3(u,v)
al variare dei due parametri u,v definiti in un adeguato intervallo ( u 1 u u2, v1 v
v2 )
Ad esempio, la sfera di cui sopra pu essere espressa come:
x = r sen u cos v
y = r sen u sen v
z = r cos u
per 0 u,v < 2 (vedi figura 0705200810)

FIGURA
0705200810
z
P
R
u

y
v

29

Cos vediamo come il concetto di superficie pu essere generalizzato in due modi


diversi, corrispondenti a due propriet distinte di una superficie nello spazio
tridimensionale:
(A) Una superficie divide lo spazio prossimo ad essa in due parti (forma di
equazione implicita)
(B) Una superficie pu essere definita da due parametri (forma parametrica)
In spazi con dimensioni superiori a tre questi concetti portano a differenti
definizioni di superficie. Abbiamo visto che il concetto (A) porta a quella che viene
chiamata ipersuperficie. Il concetto (B) porta alla nozione di manifold
bidimensionale, la cui definizione data in termini di n equazioni di due variabili
(parametri):
x1 = f1(u,v)
x2 = f2(u,v)
.................
xn = fn(u,v)

Le variet (manifolds)
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Abbiamo visto che in uno spazio 4-dimensionale esiste un sottoinsieme di punti le cui
coordinate (p,q,r,s) sono individuate dalla equazione:
(p r)2 + (q s)2 = d2
che rappresenta le posizioni di una sedia. Vedremo pi avanti che in uno spazio
tridimensioniale in cui le variabili x,y,z rappresentano le quantit vendute di tre
diversi tipi di prodotti da parte di una impresa liperpiano di equazione ax + by + cz
= P rappresenta i punti in cui il profitto pari a P. Vedremo ancora che gli stati di
un sistema periodico sono rappresentati da una linea chiusa nello spazio delle fasi.

30

Ci rendiamo cos conto che allinterno degli iperspazi ci sono set di punti di
particolare importanza. Essi costituiscono altrettanti esempi degli oggetti
matematici chiamati variet (inglese manifold).
Il concetto di variet uno dei pi importanti della matematica moderna. In pratica
una variet una generalizzazione della nozione di superficie per un numero
arbitrario di dimensioni e per spazi pi generali di quelli euclidei (ne abbiamo visto
diversi esempi).
Quindi i tipi pi semplici di variet sono quelle a una sola dimensione nello spazio
euclideo bidimensionale (le curve nel piano, con la retta come caso particolare) e
quelle a due dimensioni nello spazio euclideo tridimensionale (le superfici nello
spazio, con il piano come caso particolare).
Il concetto di variet di ordine n in un m-spazio euclideo coincide col concetto di
ipersuperficie parametrizzabile con n parametri u1,u2,,un che abbiamo esposto pi
sopra.
Ad un livello pi complesso, esistono insiemi di punti come quelli delle posizioni
della sedia in un 4-spazio individuati da tre coordinate e non da due (determinando i
soli tre valori di p,q,r rimane determinato il valore di s).
Ma esistono variet pi esotiche, come linsieme delle ellissi in R 3 con il fuoco in
(0,0,0), o, come abbiamo visto, linsieme delle posizioni di una sedia in uno spazio
quadridimensionale o linsieme delle posizioni di un pendolo nel suo spazio delle fasi
bidimensionale o linsieme di tutti i possibili cerchi in R3.
Limitandoci alle variet dette aperte contenute in iperspazi di maggiore dimensione
(cosiddette variet immerse o embedded manifolds), che sono pi vicine al concetto
intuitivo di superficie in uno spazio tridimensionale, si pu definire una variet
topologica (il tipo pi semplice) di dimensione n come un insieme di punti di un
iperspazio a ciascuno dei quali sono assegnate coordinate (x 1,x2,,xn) per mezzo di
una serie di mappe interallacciate che coprono tutta la variet. Ogni mappa una
porzione di Rn che ha la caratteristica di essere una esatta copia della porzione di
variet rappresentata, non nel senso che conserva distanze o angoli, ma nel senso
che conserva la topologia, cio la posizione reciproca dei punti.
Possiamo renderci conto di questo proiettando una calotta sferica S sulla porzione di
piano rappresentata dal disco S (figura 0711111512): n le distanze n gli angoli
saranno conservati, ma due punti vicini sulla calotta saranno ancora vicini se

31

proiettati sul disco e un punto A separato da un punto B da altri punti sar ancora
separato se proiettato sul disco.

FIGURA 0711111512
A
70
B

S
90

Una simile rappresentazione si dice omeomorfa.


Linsieme delle mappe prende il nome di atlante della variet. Perch non una sola
mappa? Perch per certe variet non possibile proiettare i punti su ununica
carta in modo bijettivo mantenendo la stessa posizione reciproca. Pensiamo ad
esempio ad una sfera: essa non pu essere proiettata su alcun piano esterno senza
che si abbiano duplicazioni.

32

FIGURA 0705251941
P1

P2

Nella figura 0705251941 la proiezione lungo la linea tratteggiata collega al punto A


non uno, ma due punti P1 e P2 della sfera, quindi non bijettiva.

FIGURA 0705251942

D
B

33

Nella figura 0705251942 la proiezione detta stereografica, per quanto ingegnosa,


non riesce a proiettare il punto N, corrispondente al polo nord. Facendo
corrispondere questo punto ad un qualsiasi punto di R 2 non si conserverebbe la sua
posizione rispetto agli altri punti. Quindi la proiezione stereografica su un unico
piano non omeomorfa.
Un modo di coordinatizzare la sfera in realt quello di proiettare i sei emisferi
diversi che possono essere individuati su di essa su altrettanti piani R 2 (figura
0705251943)

FIGURA 0705251943

C1

C4

C2

C3

In tal modo si ottiene un atlante composto da 4 carte: C1, C2, C3, C4.
Le singole carte dellatlante sono interallacciate: una descrizione completa della
variet deve riportare anche il modo in cui, nelle regioni in cui esse si
sovrappongono, le coordinate di una carta si trasformano in quelle dellaltra carta
relative al medesimo punto.
Che cosa differenzia le variet dagli iperspazi in cui sono immerse? Assolutamente
nulla: entrambi hanno una dimensione e dei punti e le variet normalmente hanno
un numero infinito di punti esattamente come gli iperspazi. Entrambi sono dotati di
una topologia. Entrambi possono avere una metrica. Anche le variet possono essere
studiate come oggetti a s stanti, senza riferimento allo spazio che le contiene: tanto

34

vero che una variet che pu essere immersa in uno spazio tridimensionale pu
essere immersa altrettanto bene in uno spazio di dimensione superiore.
Non a caso alcuni autori usano i termini manifold, variety, hyperspace come
sinonimi.

Le variet differenziabili
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Variet come le ipersuperfici sorgono naturalmente in relazione a problemi di


analisi matematica e fisica. Lo studio di tali problemi richiede per la possibilit di
usare il calcolo differenziale e integrale sviluppato per gli spazi euclidei anche sulle
variet; ad esempio desiderabile derivare una funzione il cui dominio non sia il
familiare spazio R2 ma una variet costituita da una superficie curva; oppure
calcolare con passaggi al limite la lunghezza di una linea su una variet dotata di
una metrica non-euclidea.
Il calcolo differenziale tradizionale che il lettore probabilmente conosce meglio,
quello delle funzioni reali di una variabile reale (o, come viene indicato nei testi
universitari, delle funzioni R R) o delle funzioni reali di due variabili reali (o
funzioni R2 R) assolutamente inadeguato, ed stato il compito di diverse
generazioni di matematici generalizzarlo ed estenderlo in modo da poterlo applicare
alle variet.
La prima generalizzazione stata attuata passando da funzioni R R a funzioni R n
Rm, dette funzioni a valori vettoriali di variabile vettoriale. Per vettori si
intendono qui i vettori dati da enople di numeri reali. Una tipica funzione a valori
vettoriali di variabile vettoriale espressa da m funzioni coordinate di n variabili:
y1 = f1(x1,,xn)
..
ym = fm(x1,,xn)
essa porta un generico punto (x1,,xn) Rn nel punto (y1,,ym) Rm che
costituisce la sua immagine attraverso la funzione f. Centrale nel calcolo

35

multivariato la nozione di derivata direzionale di tale funzione f in un punto (x1,


,xn) del dominio lungo un vettore di coordinate (r1,,rn). Il valore che si ottiene
un vettore di Rm che costituisce il risultato della derivazione vettoriale su Rn.
Il passo successivo consiste di dotare al variet di carte che la fanno somigliare
localmente ad Rn. Se esiste un atlante di carte che copre tutta la variet (si pensi alla
superficie sferica di cui si detto sopra) e il passaggio da una carta allaltra avviene
in modo continuo, cio un diffeomorfismo, allora la variet somiglia localmente ad
Rn, cio i suoi punti hanno coordinate costituite da enople di R n e quindi le funzioni
da una variet verso unaltra variet ci appaiono come funzioni multivariate R n
Rm, che possono essere trattate con i metodi del calcolo multivariato.
Un sistema di coordinate che consente di applicare i metodi del calcolo multivariato
anche a superfici curve e in genere a variet multidimensionali prende il nome di
struttura differenziabile. Due variet che possiedono la stessa struttura
differenziabile sono pi che omeomorfe, sono diffeomorfe. Un diffeomorfismo un
omeomorfismo infinitamente differenziabile che possiede una inversa infinitamente
differenziabile.
Come gi visto, ci sono variet estremamente astratte come linsieme delle
posizioni di unasta su un piano o in uno spazio tridimensionale; linsieme delle
posizioni delle circonferenze di raggio unitario nello spazio tridimensionale;
Linsieme delle ellissi nello spazio tridimensionale con uno dei fuochi nel punto di
coordinate (0,0,0), eccetera.
Il concetto di variet stimola a sua volta la generalizzazione di ulteriori concetti
geometrici. Ad esempio il concetto di linea retta come tragitto pi breve tra due
punti viene generalizzato in quello di geodetica. Su una superficie sferica le linee pi
brevi sono i diametri di cerchio massimo, e non esiste una sola linea pi breve tra
due punti, ma ne esistono infinite. In alcuni particolarissimi casi non ne esiste
nessuna.

Le variet e i tensori
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36

Uno strumento molto potente per lo studio delle variet, che permette di svincolarlo
dal sistema di coordinate particolare con cui si ha a che fare, il calcolo tensoriale,
sviluppato alla fine dellOttocento dai matematici italiani Ricci-Curbastro e LeviCivita e impiegato da Einstein, insieme alla geometria riemanniana, nella teoria
della relativit generale. Esso si basa sul concetto di tensore, che una
generalizzazione del familiare concetto di vettore. Le leggi fisiche o matematiche,
espresse in forma tensoriale, acquistano una straordinaria eleganza e semplicit.

LA TOPOLOGIA

Le variet e la topologia
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Le variet topologiche sono oggetto di studio di quella disciplina matematica che


prende il nome di topologia. Della topologia difficile dire se pi sorprendente la
natura rivoluzionaria dei contenuti e limpatto sulle altre branche della matematica
(0612101659)

o il fatto che sia stata scoperta solo dopo 5000 anni di pensiero matematico.

Sebbene qualche teorema topologico era noto a studiosi come Leonhard Euler gi
nel Settecento, linizio della disciplina si fa propriamente risalire allinizio del
Novecento.
La topologia studia le propriet di un insieme di punti invarianti per deformazione
continua. Queste propriet sono chiamati invarianti topologici. Consideriamo ad
esempio un foglio quadrato di gomma sottilissima e infinitamente deformabile.
Distanze, angoli, aree non si conserveranno quando ad es. lo deformiamo fino ad
ottenere una calotta semisferica. Ma la posizione reciproca dei punti si conserva:
due punti che erano separati da altri punti prima della deformazione lo saranno
ancora dopo la deformazione. Due linee chiuse sulla superficie saranno ancora linee
chiuse. Due linee che avevano in comune un punto avranno ancora in comune un
punto. E cos via.
Il correlativo di questa affermazione che non si pu passare, per deformazione
topologica da un insieme di punti che ha determinate caratteristiche topologiche ad
un insieme che ha caratteristiche differenti: per quanto si deformi il foglio quadrato,

37

che una superficie aperta, non si riuscir ad ottenere una sfera, che una
superficie chiusa, cio senza bordi. Per quanto si deformi una sfera, non si
riuscir a trasformarla in una ciambella o toro, che una superficie dove esistono
linee chiuse che non possono essere deformate con continuit fino ad ottenere un
punto: il numero di buchi di una ciambella doppia, tripla ecc. un invariante
topologico. Per quanto si deformi il nastro di Moebius non si riuscir ad ottenere un
cilindro, perch un cilindro ha due superfici, mentre il nastro di Moebius ne ha una
sola. E cos via. Stabilire se una variet topologica pu essere o no trasformata in
unaltra costituisce uno dei problemi principali che occupano i topologi.
Scherzosamente, la topologia chiamata anche india-rubber mathematics, cio
matematica del caucci. Due variet deformabili luna nellaltra sono, come vedremo
variet omeomorfe e per il topologo formano un unico oggetto.
Ancora pi sorprendente il comportamento della bottiglia di Klein(0612100942). La
bottiglia di Klein una superficie chiusa non autointersecantesi che ha una sola
faccia. Ma essa non raffigurabile come tale in uno spazio tridimensionale, perch
non possibile costruire una superficie chiusa ad una sola faccia senza farla passare
attraverso se stessa, come si vede dalla figura 0705260710). Limmagine
tridimensionale quindi una pura approssimazione descrittiva di una superficie che
pu essere rappresentata in modo soddisfacente solo passando ad uno spazio a 4
dimensioni.
La nozione di posizione reciproca dei punti alquanto vaga. Una delle maggiori
conquiste della topologia sta nellaver individuato una serie di concetti che
descrivono in modo rigoroso e completo la nozione imprecisa di posizione
reciproca dei punti di un insieme. Consideriamo ad esempio la forma che
assumono tali concetti nella topologia euclidea del piano R2, che quella che viene
correntemente insegnata agli studenti e che costituisce la base per lanalisi
matematica, il calcolo differenziale e il calcolo integrale.
Consideriamo un insieme S in R2. Col termine di intorno di un punto p in R2 si
definisce linsieme di punti che distano da p una distanza inferiore ad una distanza
data d o un qualsiasi insieme contenente questi punti. Se il concetto di distanza
introdotto in R2 euclideo, allora ogni intorno contiene unarea circolare in R2
avente un raggio positivo d e centro in p definito intorno circolare di raggio d.
Lintorno di un punto p in un insieme lintersezione dellintorno di p e

38

dellinsieme. Si dice insieme aperto un insieme ciascuno dei punti del quale ha un
intorno completamente composto da punti dellinsieme. Si parla in tal caso di punti
interni. Un intorno aperto semplicemente un intorno che un insieme aperto.
Linsieme dei punti interni di un insieme costituisce il suo interno. Un punto di S che
possiede un intorno formato di punti diversi da punti di S si dice punto isolato di S.
Un punto p in ogni intorno del quale cadono punti di S diversi da p si dice punto di
accumulazione. Un punto p in ogni intorno del quale cadono sia punti di S (che
potrebbero essere anche p) e punti non appartenenti ad S si dice punto di frontiera.
Tra i punti di frontiera rientrano evidentemente anche i punti isolati, perch in ogni
loro intorno cadono punti appartenenti ad S (loro stessi) e punti non appartenenti
ad S. Linsieme dei punti interni e dei punti di frontiera di un insieme rappresenta la
chiusura di un insieme. Un insieme che coincide con la propria chiusura si dice
insieme chiuso. Un insieme che coincide col proprio interno si dice insieme aperto.
Tutto questo pu essere visualizzato con una figura (figura 0705260702).
Una funzione da un insieme S ad un insieme T collega ad ogni punto p di S uno ed
un solo punto di T f(p) chiamato immagine del punto p. Una funzione si dice
bijettiva se ad ogni punto di S corrisponde un solo punto di T e ogni punto di T ha
una sola controimmagine in S. Nel caso di bijezione, la funzione che porta ogni
punto di T nella sua unica controimmagine in S detta funzione inversa della
funzione f. Dato un insieme V di T linsieme U dei punti di S le cui immagini sono in
V costituisce la controimmagine del sottoinsieme V di T. Una funzione da S a T si
definisce funzione continua se la controimmagine di un insieme aperto di T ancora
un insieme aperto di S. Una funzione bijettiva e continua, la cui inversa sia ancora
continua si dice omeomorfismo. Il concetto di omeomorfismo estremamante
importante in topologia: due insiemi di punti omeomorfi hanno la stessa posizione
reciproca e possono essere deformati con continuit luno nellaltro.
Espressa nel linguaggio della topologia, la definizione di variet suonerebbe
allincirca cos: una variet topologica di ordine n un insieme ogni punto del quale
ha un intorno aperto omeomorfo ad un intorno aperto di Rn.

Giochi topologici
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39

Osserviamo la figura 0705210803, dove sono mostrate delle superfici cave di


sottilissima gomma che pu essere deformata o ristretta a piacimento, ma non
tagliata. Siamo in grado di manipolare loggetto a sinistra per ottenere quello di
destra?

FIGURA 0705210803

La soluzione mostrata qui sotto.

FIGURA 0705210821

Osserviamo la figura 0705210840: siamo in grado di dire dalla deformazione di


quale degli oggetti posti a sinistra si ottiene il bicchiere a destra?

40

FIGURA 0705210840

1
?

Osservate la figura 0705210905: essa raffigura la bottiglia di Klein, che ha la


caratteristica di essere una superficie chiusa non autointersecantesi con una sola
faccia. E possibile rappresentare tridimensionalmente questa superficie? La
rappresentazione della figura 0705210905 risponde esattamente alla definizione? Se
no, qual il numero minimo di dimensioni in cui una bottiglia di Klein pu essere
esattamente disegnata?

FIGURA 0705210905

Risposta: la bottiglia di Klein non pu essere disegnata esattamente in tre


dimensioni perch in ogni caso si autointerseca. Ma in quattro dimensioni essa pu
penetrare in s stessa senza intersecarsi, perch in tal caso possibile spostare i
punti della intersezione un po pi in l nella quarta dimensione, in modo che non
intersechino la superficie.

41

Usi degli iperspazi: il problema di re Oscar di Svezia


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Un esempio di uso degli iperspazi quello che ne fece il matematico Henri-Jules


Poincar(0612081850). per risolvere un quesito scientifico posto dal re Oscar di Svezia,
che mise in palio un premio per la soluzione.
Alla fine dellOttocento la scienza astronomica era molto progredita, ma non si era
ancora riusciti a dare risposta alla domanda: il sistema solare un sistema stabile?
E cio: i pianeti continueranno nel loro moto oppure giunger un momento in cui si
allontaneranno luno dallaltro nello spazio, collideranno fra di loro o altereranno le
loro orbite e la loro distanza dal Sole?
Per quanto possa sembrare sorprendente, la formulazione matematica rigorosa di
questa domanda estremamente difficile, e richiese lo sforzo di una delle menti pi
notevoli del diciannovesimo secolo.
Tentando di dare una soluzione, Poincar si rese conto che la posizione e direzione di
moto di n corpi celesti in un dato istante t potevano essere descritte come punti di un
tipo di spazio chiamato spazio delle fasi, dotato di 2 n 3 dimensioni in cui le prime
3 n coordinate descrivono la posizione di n corpi nello spazio, mentre le rimanenti
3 n coordinate esprimono la loro quantit di moto m v, che, essendo v un vettore,
richiedono parimenti 3 coordinate.
Mentre il sistema si evolve nel tempo, il punto si muove descrivendo una curva.
Poincar ridusse cos una successione di stati del sistema a una linea nello spazio
delle fasi.
Perch i corpi celesti tornino periodicamente a percorrere le stesse orbite, questa
curva deve chiudersi; se osserviamo il percorso tracciato in figura 0705251332,
occorre che il percorso sia quello A, che passi di nuovo per il punto iniziale O, e non
quello B o C.

42

FIGURA 0705251332
B

A
C
O

Quand che una curva si chiude? Si noti che la domanda non riguarda la forma o
la grandezza o la posizione della curva chiusa; si tratta in altre parole di un
problema topologico.
Lidea di Poincar semplice ed elegante: la curva si chiude se, data una porzione di
piano che incorpori uno e un solo punto della curva nel tempo t 0, esista un tempo t1
in cui il sistema occupi di nuovo lo stesso punto. Questa porzione di piano si chiama
sezione di Poincar. Una volta ripassato per lo stesso punto il sistema deve ripassare
per tutti i punti che ha percorso fino a quellistante, perch abbiamo incorporato
nelle coordinate anche le velocit, e non solamente le posizioni. Il fatto notevole
che possiamo posizionare la sezione di Poincar in un qualsiasi punto della curva: il
fatto che si abbia il passaggio nel medesimo punto anche in una sola sezione, implica
che la curva che descrive il moto del sistema sia chiusa (figura 0705251341).

43

FIGURA 0705251341

Nella realt il problema praticamente insolubile perch liperspazio deve


comprendere la posizione e quantit di moto di ciascun singolo granello di polvere
cosmica: in caso contrario esso sar un modello incompleto e le previsioni fatte sulla
sua base non saranno attendibili. Per questo gli iperspazi che descrivono fenomeni
fisici o sociali hanno un numero incredibilmente alto di dimensioni.
Con gli stessi strumenti di dinamica topologica con cui si studia il moto di un
sistema fisico come il sistema solare, si pu studiare il funzionamento dei sistemi
economici per stabilire se determinati fenomeni (es. crisi economiche ed espansioni
economiche) hanno un andamento ciclico o no.

GLI SPAZI CURVI

La distanza nei manifold e negli iperspazi


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44

Una caratteristica delle variet topologiche che pu apparire aliena e lontana dal
senso comune che molte di esse non posseggono distanze tra i punti e che
comunque il concetto di distanza non essenziale per la loro esistenza.
Noi siamo abituati a spazi in cui sono misurabili distanze. In linguaggio matematico
rigoroso, in tali spazi definita una metrica, cio una funzione d(p,q) che a due
punti qualsiasi p,q assegna un valore chiamato distanza e che possiede le seguenti
caratteristiche:
d(p , q) 0
d(p , q) = 0 p = q
d(p , q) = d(q , p)
d(p , r) d(p , q) + d(q , r)
In altre parole, la distanza pu essere qualsiasi cosa, purch abbia tre
caratteristiche: a) la distanza di un punto da se stesso zero; b) la distanza tra due
punti sempre positiva; c) la distanza tra il punto p e il punto q eguale alla
distanza tra il punto q e il punto p; d) la somma della distanza tra p e q e della
distanza tra q ed r deve essere non superiore alla distanza tra p ed r.
La metrologia, ad esempio, definisce la distanza di un metro come quella tra due
tacche sul metro campione di Parigi, in corrispondenza del punto di partenza e del
punto di arrivo di un raggio di luce che ha viaggiato nel vuoto, rasente alla
superficie, per il tempo di un trecentomillesimo di secondo, cio per il tempo che
impiega la luce emessa da un atomo di cesio cui sia stata fornita una ben
determinata energia addizionale ad oscillare 9.192.631.770 volte nel vuoto.
Possiamo pensare di misurare le distanze disponendo di una fibra ottica
monodimensionale (nei libri di fantascienza appaiono fibre monomolecolari, che ne
sono un buon sostituto) e perfettamente trasparente, di disporla lungo la superficie
in modo che segua la via pi breve tra due punti, sincronizzare gli orologi e poi
segnare il tempo di partenza e quello di arrivo (Einstein avrebbe qualcosa da ridire).
Questo ci permette di calcolare la distanza su superfici curve.
Le distanze che possono essere definite sono le pi varie; la metrica euclidea, in cui
la distanza viene calcolata, come si visto, con il teorema di Pitagora, solo un caso
particolare di una metrica pi generale, detta metrica riemanniana, che viene

45

definita punto per punto, in modo che, per esprimerci in termini intuitivi, le distanze
in un intorno infinitamente piccolo del punto sono date dalla formula generale:

[0705280554]

ds2 = g11 dx1 dx1 dx1 + g12 dx1 dx1 dx2 + + gnn
dxn dxn dxn

Su una superficie bidimensionale come la calotta sferica di figura 0705262021 la


formula diviene:

[0705280555]

ds2 = g11 dx1 dx1 + g12 dx1 dx2 + g21 dx2 dx1 + g22 dx2 dx2

dove le quantit gjk sono le componenti del cosiddetto tensore metrico.


I valori dx1 e dx2 indicano uno spostamento infinitesimo in direzione x 1 e uno
spostamento infinitesimo in direzione x2. Il simbolo dx1 e dx2 anzich x1 e x2
indicano, nel linguaggio tradizionale dellanalisi il passaggio ai differenziali, cio in
sostanza a spostamenti infinitesimi. Osserviamo ora la figura 0705262021;

ds

FIGURA
0705262021
P

R
x2

dx2
R

Q
dx1
x1

In essa mostrata una variet costituita da una superficie a forma di calotta


semisferica nello spazio tridimensionale, coordinatizzata mediante proiezione che
assegna ad ogni punto della calotta la coordinata del corrispondente punto del piano

46

x1x2, detto piano dei parametri . Un tale modo di assegnare le coordinate per
proiezione viene detto parametrizzazione di Monge.
Ad esempio, il punto P alla sommit della sfera ha le coordinate assegnate al punto
Q nel piano sottostante. I due spostamenti nel piano, componendosi secondo la nota
regola del parallelogramma, danno uno spostamento da R ad R cui corrisponde,
sulla calotta, uno spostamento ds, il cui valore viene appunto calcolato secondo la
formula di distanza di Riemann. Il vettore che va da R ad R viene detto vettore
spostamento (displacement vector). La formula che lega dx1, dx2 e ds nel caso di
calotta sferica viene ricavata, a titolo di esemplificazione, nel paragrafo successivo a
questo. il lettore potrebbe saltare la dimostrazione e leggere la formula
[0704230935], che ancora una volta espressa nella forma [0705280554].
La distanza euclidea nello spazio a tre dimensioni si misura secondo la formula
particolare:
ds2 = 1 dx1 dx1 + 1 dx2 dx2 +1 dx3 dx3
dove il vettore (dx1 dx2, dx3) rappresenta uno spostamento infinitesimo dal punto p.
Le variet caratterizzate dalla metrica riemanniana si dicono variet di Riemann, e
sono particolarmente importanti per la teoria generale della relativit.

Propriet di forma, metriche, topologiche di una superficie


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Per poter capire meglio le propriet topologiche di una superficie, sviluppiamo le


seguenti considerazioni, che richiedono concetti di geometria differenziale, ma che
possono essere comprese nelle linee generali anche da chi non possiede le basi di
questa disciplina.
Consideriamo una scodella che rigiriamo tra le nostre mani. Loggetto matematico
che modellizza la sua faccia esterna una superficie curva che subisce traslazioni e
rotazioni in un sistema di riferimento tridimensionale.
Ad ogni mutamento cambia lequazione che descrive la superficie in forma implicita
(come dicono i matematici) cio del tipo

47

f(x,y,z) = 0
Per peggiorare le cose, scegliendo un altro sistema di coordinate (per es. spostando
lorigine degli assi cartesiani o ruotandone la terna) lequazione cambia
ulteriormente.
Lequazione non quindi lo strumento adatto o quantomeno immediato per dar
forma matematica alla nostra intuizione che vede uno stesso oggetto costituito da
una superficie immersa in uno spazio tridimensionale.
E possibile stabilire le regole con cui lequazione cambia: date due equazioni,
f(x,y,z) = 0 e g(x,y,z) = 0 esse rappresentano la stessa superficie se con un
cambiamento di coordinate si pu trasformare luna nellaltra.
Ma cos che rimane matematicamente invariante in questi cambiamenti?
Il problema di isolare i caratteri necessari e sufficienti ad individuare una superficie
senza riguardo alla sua posizione nello spazio fu risolto solo a met dellOttocento,
con la scoperta della seconda forma fondamentale di una superficie, ad opera di
Gauss e dei suoi successori.
Mentre la metrica della superficie viene determinata dalla conoscenza, punto per
punto, dei coefficienti E,F,G della espressione (detta prima forma fondamentale):
E dx12 + 2F dx1 dx2 + G dx22
che fornisce la lunghezza, della derivata direzionale nel punto considerato secondo il
vettore (dx1,dx2) dello spazio dei parametri, per la determinazione anche della forma
indipendentemente dalla posizione necessario conoscere i coefficienti della seconda
forma fondamentale , che fornisce la componente della variazione del vettore
normale alla superficie nella direzione della derivata direzionale secondo il vettore
(dx1,dx2):
L dx12 + 2M dx1 dx2 + N dx22
Qui non si vuole entrare nel dettaglio di tale teoria, ma solo evidenziare due dei
risultati sorprendenti degli studi di Gauss e dei successori: 1) Le caratteristiche di

48

una superficie coordinatizzata possono essere descritte intrinsecamente, senza


riferimento ad uno spazio in cui essa immersa; 2) una metrica non sufficiente a
fissare la forma della superficie.
Senza forse accorgersene gli studiosi avevano formulato la matematica che
permetteva di descrivere le propriet invarianti di un foglio di carta quadrettato
arrotolato, appallottolato, utilizzato per fare origami.
Sembra proprio che lunica cosa che contraddistingua una superficie inestensibile
ma ripiegabile siano le qualit metriche (chiamate qualit intrinseche

della

superficie) determinate dalla sola prima forma fondamentale.


Le qualit metriche, che sono indipendenti dal modo in cui la superficie immersa
nello spazio, fanno parte del gruppo delle propriet intrinseche della superficie. Le
propriet intrinseche di una superficie, approssimativamente parlando, sono quelle
che possono essere misurate o scoperte da un essere bidimensionale che vive
interamente sulla superficie.
Si era in tal modo fatto un passo avanti decisivo verso la individuazione di gruppi di
propriet indipendenti di una superficie.
Se togliamo anche le propriet metriche e lasciamo solo le propriet di posizione
reciproca otteniamo uno spazio topologico, che non pi un foglio di carta, ma un
foglio di gomma sottile.
Cos, quando ad una variet di ordine 2 come una superficie in R 3 o in dimensioni
pi alte si aggiunge una metrica la trasformiamo da foglio di gomma a fazzoletto di
seta: una estensione indeformabile ma infinitamente ripiegabile. Una delle pi
grandi sorprese dei matematici fu la scoperta che fissare una distanza tra i punti di
una superficie non ne determina in modo unico la forma. Un sottilissimo fazzoletto
di seta ha una distanza fissa due suoi punti qualsiasi, e quindi non deformabile
come un foglio di gomma, ma non ha una forma definita: pu stare nel nostro
taschino o essere dispiegato sulle nostre ginocchia.

Gli spazi curvi bidimensionali


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49

Quanto detto sul concetto di distanza vale anche per gli iperspazi che contengono le
variet. Pochi anni dopo la scoperta delle geometrie non euclidee ad opera di Bolyai
e Lobacevskji, Bernhard Riemann (0612081856) si rese conto che ogni geometria dipende
dalla metrica che si definisce su una superficie.
Immaginiamo una formica puntiforme, cio un animaletto costituito da un unico
punto geometrico. Se la formica costretta a vivere entro una linea curva senza
poterne uscire allora diciamo che vive in uno spazio monodimensionale curvo.
Una formica che vive sulla superficie di una sfera o di un iperboloide o di unaltra
superficie curva vive in uno spazio bidimensionale curvo. Se la formica vive in un
piano essa vive in uno spazio bidimensionale euclideo.
Come pu la formica rendersi conto se il suo spazio uno spazio euclideo o uno
spazio curvo? Un metodo sarebbe quello di andare in orbita su una navetta spaziale,
guardare gi e constatare che la superficie curva. Ma il nostro animaletto
bidimensionale, cio non pu muoversi in tre dimensioni. Allora dovrebbe utilizzare
un sistema alernativo, consistente nel piantare due lunghissimi filari paralleli di
alberi, col seguente metodo, che si pu immaginare ad es. applicato ad una
superficie sferica (figura 0705261732).
Tiriamo ben bene una cordicella da un punto A ad un punto B, e a met piantiamo il
primo albero H. Poi tendiamo due cordiicelle di eguale lunghezza da A e B e
piantiamo lalbero D dove esse si incontrano. Poi raddoppiamo la lunghezza delle
cordicelle e, nel punto del loro incontro, piantiamo lalbero G. Proseguiamo cos
indefinitamente. Con la stessa operazione piantiamo gli alberi I, E, F del filare di
destra.

FIGURA
0705261732

superficie
piana

superfici
e
iperbolic
a

superfici
e sferica

50

Se, proseguendo allinfinito la piantagione i due filari si avvicinano siamo in uno


spazio curvo sferico; altrimenti in uno spazio curvo iperbolico. Se gli alberi non
giungono mai a toccarsi allora siamo in uno spazio euclideo (superficie piana). Nella
figura 0705261733 sono mostrate, in alto, parti ingrandite rispettivamente della
sfera e delliperboloide a una falda, che una superficie quadrica, cio rappresentata
da una equazione polinomiale di secondo grado in x, y, z del tipo:
x2
a2

y2
b2

z2
c2

FIGURA
0705261733

Un altro modo per rendersi conto se si vive su un piano o no quello di misurare


larea di un triangolo disegnato sulla superficie: se larea inferiore a quella
ottenuta con le formule di geometria euclidea allora la superficie iperbolica; se
larea superiore allora la superficie sferica (figura 0705261848).

51

FIGURA
0705261848

B
C

B
A

Un altro modo di rendersi conto se la Terra curva il seguente: Partite dal Polo
Nord e viaggiate verso sud per circa 10000 chilometri, dopo aver preso nota della
direzione iniziale. Quindi virate verso sinistra ad angolo retto e percorrete la
medesima distanza. Virate ancora verso sinistra e percorrete la medesima distanza.
Poich 10000 chilometri allincirca la distanza del polo dallequatore il vostro
viaggio vi avr portati dal Polo Nord allequatore, quindi lungo lequatore per un
suo quarto e infine nuovamente al polo Nord. Inoltre, la direzione lungo la quale
avete fatto ritorno forma un angolo retto con quella di partenza. Ne segue che sulla
superficie della Terra esiste un triangolo equilatero con tutti gli angoli retti. Su una
superficie piana, per, gli angoli di un triangolo equilatero devono essere di 60 gradi
sono uguali e la loro somma 180 gradi , quindi la superficie della Terra non
piana.
Sempre in riferimento allesempio precedente, si pu notare che il teorema di
Pitagora, applicato al triangolo ABC, con il lato BC interpretato come ipotenusa e i

52

lati AB e AC interpretati come cateti non fornisce i valori corretti. Secondo tale
teorema la distanza BC sarebbe infatti:

BC

AB 2 AC 2

100000000 100000000

200000000 10000

mentre, come abbiamo visto, il valore esatto 10.000.


Mentre il triangolo ABC sulla sfera a sinistra detto triangolo sferico, il triangolo
ABC sulliperboloide a destra detto triangolo iperbolico. La caratteristica di un
triangolo iperbolico di avere la somma degli angoli interni inferiore a 180

Gli spazi curvi tridimensionali


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Lidea-base di spazio curvo in realt molto semplice: in uno spazio curvo non
valgono gli assiomi della geometria euclidea. Come i fisici moderni fanno notare,
niente assicura che lo spazio in cui viviamo soddisfi gli assiomi di Euclide, e sia cio
uno spazio euclideo. Se non lo facesse sarebbe uno spazio curvo.
Uno dei pi grandi matematici tedeschi dellOttocento, Gauss, misur un triangolo
con i vertici coincidenti con le cime di monti distanti alcune centinaia di chilometri,
per stabilire (si dice) se la la somma degli angoli interni fosse proprio di 180, come
postulato da Euclide.
Nello spazio curvo, non vale in particolare la formula euclidea (pitagorica) della
distanza. Questo richiede per alcune precisazioni. La formula euclidea vale solo
per un sistema di coordinate cartesiano ortogonale. Lo spazio euclideo,
coordinatizzato in coordinate polari cilindriche o sferiche (innumerevoli altri sistemi
di coordinate sono parimenti possibili) non possiede una formula di distanza
euclidea (questo stato visto pi sopra). Inoltre, per intorni infinitesimi sempre
possibile trovare, anche in uno spazio curvo, un sistema di coordinate tali che la
formula di distanza sia quella euclidea (si pensi al punto apicale di una
parametrizzazione di Monge di una calotta sferica).
I coefficienti gjk nella formula:

53

ds2 = g11dx1dx1 + g12dx1dx2 + + gnndxndxn


costituiscono gli n2 valori di un oggetto matematico chiamato tensore metrico.
Dire che la formula di distanza si modifica a seconda del sistema di coordinate vuol
dire che i valori del tensore si trasformano secondo una legge legata alle equazioni di
cambiamento di coordinate. Questa legge di variazione detta covarianza.
In gergo matematico possiamo dire che il tensore metrico unico come la distanza
che esprime (la distanza invariante per trasformazione di coordinate) ma i suoi
valori variano in ciascun sistema. Il fatto che il tensore metrico vada pensato come
unico non toglie che sia utile disporre di un invariante numerico cio di un tensore i
cui n2 valori in un punto non varino al variare delle coordinate e varino da punto a
punto solo se la curvatura cambia.
Un tale tensore avrebbe diversi vantaggi rispetto al tensore metrico: ci
consentirebbe di stabilire se lo spazio flat, cio riducibile a coordinate euclidee,
semplicemente mediante il confronto con il valore invariante del tensore di
curvatura dello spazio euclideo (tale valore zero), invece di lasciarci nel dubbio,
come fa il tensore metrico, che un dato sistema di coordinate possa essere cambiato
in un sistema euclideo; inoltre ci direbbe se il sistema ha o no una curvatura
costante, cosa che non pu essere ricavata dallesame del tensore metrico, perch i
coefficienti gjk dellelemento di distanza di uno spazio a curvatura costante, in molti
sistemi di coordinate, variano da punto a punto (ad esempio lelemento di distanza
di una calotta sferica, nei sistemi di coordinate diversi da quello latitudinelongitudine varia da punto a punto).
Il tensore di curvatura non altro che la generalizzazione di una misura della
curvatura delle superfici introdotta da Gauss. Egli scopr una indicatrice, chiamata
curvatura gaussiana che, se zero in ogni punto della superficie, rivela una superficie
piana, sia pure arrotolata in vario modo.
Senza un tensore di curvatura possiamo procedere fino ad un certo punto in modo
intuitivo o basandoci sul tensore metrico. Per uno spazio curvo tridimensionale
sferico ancora possibile dimostrare intuitivamente (come faremo) che la distanza
tra due punti non mai euclidea: la difficolt consiste nel fatto che la nonpitagoricit di un sistema di coordinate non prova necessariamente che non ve ne
siano altri che conducano ad una formula pitagorica.

54

Ma per spazi sferici di dimensione 4 o superiore, o per spazi di curvatura costante


non-sferici o addirittura per spazi di curvatura non costante n la curvatura
gaussiana n i ragionamenti intuitivi riescono a condurre alla dimostrazione
conclusiva che non esiste un sistema cartesiano di coordinate. Necessita il tensore di
curvatura.
Purtroppo,

la

determinazione

di

tale

invariante

alquanto

complessa

matematicamente. Ad esempio, la curvatura, per lo spazio tridimensionale, data


da sei valori, perch uno spazio tridimensionale pu essere curvato in molte
direzioni, per ciascuna delle quali pu esistere una curvatura diversa.
Una volta posseduto il tensore di curvatura, si pu calcolarlo in riferimento allo
spaziotempo incurvato dalla gravit e verificare tramite esso che effettivamente non
esiste alcuna trasformazione di coordinate che introduca dovunque la distanza
euclidea, e quindi concluderne che tutti gli spazi, in presenza della gravit, sono
curvi.
Una volta mostrato che il cronotopo incurvato dalla gravit, possiamo, per
semplificare, supporre che esso abbia una curvatura sferica, cio sia una ipersfera a
4 dimensioni in uno spazio pentadimensionale, come effettivamente si suppone che
sia per luniverso su larghissima scala.
Lo spazio fisico non altro che una fetta di cronotopo ottenuta tenendo fermo un
istante di tempo t. Si vede facilmente che quel che ne risulta una ipersfera a tre
dimensioni. Come dice Tim Gowers, potremmo scoprire di vivere in realt non nello
spazio di Euclide, ma sulla superficie di una ipersfera a tre dimensioni (una
ipersfera a tre dimensioni o S3 non una sfera dello spazio tridimensionale
parametrizzata con due parametri, bens una sfera dello spazio tetradimensionale
coordinatizzata con tre parametri).

Lo spazio incurvato dalla gravit: la relativit generale di Einstein


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Un noto matematico ha scritto che esiste una seria possibilit che luniverso in cui
viviamo sia la superficie tridimensionale di una sfera a quattro dimensioni (anche se

55

non escluso che lo spazio su grande scala non sia curvo, o che la curvatura sia,
anzich positiva, come in questo caso, negativa).
Quello che il matematico in questione si scordato di precisare (per amore di una
malintesa volgarizzazione) che, in termini matematici rigorosi, la frase suonerebbe
cos: esiste una seria possibilit che luniverso in cui viviamo sia una sezione
spaziale di un cronotopo costituito da una sfera tetradimensionale in uno spazio
pentadimensionale dotato di una metrica flat semiriemanniana di signatura (1,+1,+1,+1). Si tratta di un modello abbastanza semplice di spaziotempo
denominato Spazio di de Sitter.
Tralasciando i concetti pi avanzati, se il lettore si sufficientemente familiarizzato
con la nozione di cronotopo o spaziotempo della relativit ristretta, egli pronto ad
affrontare un breve cenno di relativit generale.
La intuizione che consent ad Einstein di incorporare nel suo modello di spazio gli
effetti della gravit, e che egli chiam la pi felice della mia vita, la seguente.
Immaginiamo di essere in un ascensore, senza contatti con lesterno, in modo che
non possiamo renderci conto se siamo in prossimit o meno di un corpo che genera
un campo gravitazionale. Se, lontano da qualsiasi pianeta, lascensore viene fatto
accelerare uniformemente in direzione normale al lato su cui sono poggiati i nostri
piedi (che chiameremo pavimento) noi sperimentiamo una forza gravitazionale
diretta verso il pavimento; ma lo stesso avviene se lascensore, fermo, posto in
prossimit di un pianeta, con il pavimento rivolto verso la superficie del pianeta. Per
noi che siamo chiusi nellascensore del tutto impossibile stabilire se la forza
attrattiva sia dovuta alla presenza di un campo gravitazionale o ad una
accelerazione impressa al sistema.
Supponiamo ora che, mentre lascensore viene accelerato, un raggio di luce entri da
un forellino posto nella parete alla nostra destra, e colpisca la parete alla nostra
sinistra. Losservatore nellascensore noter che il raggio ha una traiettoria curva.
Poich abbiamo postulato che non si ha modo di distinguere gli effetti di un campo
gravitazionale da quelli di una accelerazione del sistema, dobbiamo concludere che
un campo gravitazionale ha, sul raggio di luce, lo stesso effetto.
Per poter determinare gli effetti della gravit sul cronotopo, occorre un altro
esperimento. Supponiamo che, in un razzo sottoposto ad una forte accelerazione,
due sperimentatori, Bill e George, uno presso la punta del razzo, e un altro presso la

56

coda (figura 0711111829). Ad ogni secondo segnato dallorologio situato nella punta
del razzo, bill invia un segnale luminoso a George, che determina lintervallo tra i
segnali in base allorologio posto nella coda del razzo.

FIGURA 0711111829

Bill

George

Mentre Bill afferma che gli intervalli dellorologio sono di un secondo, George
osserva che essi sono inferiori ad un secondo, perch laccelerazione del razzo spinge
George in direzione del segnale, facendo s che esso sia captato meno di un secondo
dopo il precedente. Il principio di equivalenza tra accelerazione e campo
gravitazionale implica quindi che un campo gravitazionale faccia andare pi veloci
gli orologi posti in prossimit della sorgente del campo, e cio posti in un punto in
cui il potenziale gravitazionale minore.

57

Cerchiamo ora di dare una espressione matematica precisa a questi rilievi. Per
semplificare lanalisi supponiamo che il le formule valide per il nostro caso siano
quelle newtoniane, senza alcun effetto dovuto alla relativit speciale.
In questo modo possiamo considerare lesistenza di un unico tempo per i due
orologi, e non dobbiamo fare i conti con leffetto relativistico della contrazione delle
lunghezze nel verso del moto.
Supponiamo di avere una terna di assi cartesiani, con il razzo che si muove lungo
lasse z; Le posizioni di Bill e George saranno quindi punti dellasse z dipendenti dal
tempo. Chiameremo zB(t) la posizione di Bill e zG(t) la posizione di George. Se al
tempo zero George occupa la posizione z = 0 e la distanza verticale tra George e Bill
pari ad h, allora si avr:
1 2
gt
2

[0711111953]

zG

[0711111954]

zB h

1 2
gt
2

Bill emette il primo impulso luminoso al tempo t = 0; pertanto, invece di t 0


scriveremo semplicemente 0. Il tempo in cui il primo impulso ricevuto t 1. Il
secondo impulso emesso dopo un intervallo tB che anche lintervallo come
misurato da Bill. George riceve il secondo impulso dopo un intervallo di tempo che
egli misura come tG. Pertanto il tempo t1 + tG il tempo al quale il secondo
intervallo ricevuto.
La distanza percorsa dal primo impulso luminoso prima della sua ricezione

[0711112001]

zB(0) zG(t1) = c t1

dove ovviamente c la velocit della luce. La distanza percorsa dal secondo impulso
prima della sua ricezione pi corta, ed data da:

[0711112002]

zB(tB) zG(t1 + tG) = c(t1 + tG tB)

58

Calcolando nella [0711112001] e nella [0711112002] zG e zB secondo le formule


[0711111953] e [0711111954] e considerando trascurabili tutti i termini elevati al
quadrato o a potenza superiore otteniamo:

[0711112005]

1 2
gt1 ct1
2

[0711112006]

1 2
gt1 gt1tG c t1 tG t B
2

Sottraendo membro a membro la [0711112006] dalla [0711112005] otteniamo:


gt1tG c tG t B

[0711112010 ]

e cio:
gt1
tG t B tG
c

[0711120202 ]

e cio:

[0711120205 ]

gt1
tG t B
c

Tenendo conto della [0711112005], la quantit

gt1 gh 1 g 2 h 2 gh 1 gh
2
2 2
c
2 c4
2 c
c
c

gh
Trascurando termini dellordine di 2

[0711120150]

[0711120208]

gt1 gh
2
c
c

gt1
pu essere scritta come:
c

otteniamo:

59

che sostituito nella [0711120205] d:

gh

c2

[0711120209 ]

tG t B

tG t B

[0711120209 ]

1
gh

1 2
c

Considerato che :

[0711120230 ]

e che, essendo

gh

[0711120231 ]

gh
gh
g 2h2
gh
1

2
2
4
c
c
c
c

trascurabile si pu scrivere:

gh
gh
1 2 1
2
c
c

e cio si pu scrivere:

[0711120232 ]

gh
1

2
c 1 gh

c2

la [0711120209] equivale a:

[0711120233 ]

gh

tG t B 1 2
c

In altre parole, lintervallo tra gli impulsi che viene misurato da George

approssimativamente pi piccolo di un fattore 1

misurato da Bill.

gh

c2

rispetto allintervallo

60

Se invece degli intervalli tra i segnali consideriamo la frequenza dei segnali


otteniamo:
1
gh
1 2
c

[0711112025 ]

1
1

tG t B

Dato che :

[0711120234 ]

gh
gh
g 2h2
gh
1

2
2
4
c
c
c
c

e, trascurando il termine

gh

c2

[0711120235]

gh
gh
1 2 1
2
c
c

e cio:

[0711120236]

gh
1

2
c 1 gh

c2

possiamo scrivere:

[0711120235]

1
1

tG t B

gh

1 2
c

che equivale a dire che:

[0711120237]

gh

freq. segnale George freq. segnale Bill 1 2


c

61

Per il principio di equivalenza, la [0711120237] deve valere anche in un campo


gravitazionale. In un campo gravitazionale gh proprio la differenza tra il
potenziale gravitazionale B del punto in cui si trova Bill e il potenziale
gravitazionale del punto G in cui si trova George:
gh B G

Pertanto otteniamo, con buona approssimazione:

[0711120238]

freq. segn. George freq. segn. Bill 1 B 2 G


c

FIGURA 0711120744

tempo

linea di
universo di
Bill

xB
posizione
di Bill

[0711120754]

linea di
universo di
George

direzione x
xG
posizione
di George

sorgente del
campo
gravitazional
e

2 ( x i )
2 ( x i )
2
ds 2 1
(
c

dt
)

(dx 2 dy 2 dz 2 )
2
2

c
c

dove il potenziale gravitazionale (xi) dipende dalla posizione, ed , per esempio


intorno alla Terra, pari a

(r )

G M
r

62

dove M la massa della Terra e G la costante gravitazionale.


Nel 1919, uno dei pi celebri esperimenti scientifici di tutti i tempi mostr che lidea
dello spazio curvo non era solo una fantasia da matematici, ma un fatto della vita.
Secondo la teoria della relativit generale di Einstein, pubblicata quattro anni
prima, lo spazio incurvato dalla gravit, e per questo la luce non viaggia sempre in
linea retta, almeno non nel senso in cui Euclide avrebbe inteso il termine. Leffetto
troppo piccolo per essere percepito in condizioni normali, ma nel 1919 si present
lopportunit di uneclisse totale di sole, visibile dallIsola di Principe nel Golfo di
Guinea. Nel corso delleclisse il fisico Arthur Eddington scatt una foto che
mostrava come le stelle pi prossime al sole non stessero esattamente dove
avrebbero dovuto, proprio come previsto dalla teoria di Einstein. In altre parole,
erano visibili, per la curvatura dei raggi di luce dovuta alla enorme forza
gravitazionale del sole, delle stelle che non sarebbero state visibili se i raggi di luce
fossero stati linee rette (figura 0705262039).

FIGURA
0705262039

I fisici affermano che lo spazio curvo localmente, perch incurvato dalla forza di
gravit. Stanno ancora discutendo per stabilire la struttura a grande scala dello
spazio.

I cambiamenti di coordinate e la formula di distanza


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Quando diciamo che uno spazio euclideo se la metrica di Riemann rappresentata


dalla formula:

63

[0705271659]

ds2 = 1 dx1 dx1 + 1 dx2 dx2 +1 dx3 dx3

e cio:

[0705312049]

ds2 = dx12 + dx22 + dx32

si impongono alcune precisazioni, perch uno spazio euclideo pu essere


coordinatizzato in modo tale che non vale la formula [0705312049]. Infatti, perch
valga la formula occorre che i punti dello spazio (possiamo pensare allo spazio
fisico) abbiano coordinate riferite a una terna di assi ortogonali con unit di
lunghezza costituite da segmenti congruenti, cio sovrapponibili per traslazione. In
tal caso le coordinate, costituite ciascuna dalla distanza con segno del punto dagli
assi, misurata secondo le unit dellasse parallelo al segmento pi breve tra il punto
e lasse, sono tali che la distanza definita tra i punti quella euclidea.
Ma non in tutti i sistemi di coordinate possibili la formula della distanza quella
euclidea.
Cosa sono le coordinate? Dei numeri assegnati ai punti, si potrebbe rispondere in
prima battuta.
Coordinatizzare un foglio vuol semplicemente dire dare un nome ai suoi punti. Dire
punto (1,1) dare semplicemente un nome costituito da numeri ad un oggetto
chiamato punto che costituisce un elemento di una superficie spaziale(0612110433).
Tuttavia,

se

fatta

mediante

assegnazione

di

numeri,

loperazione

di

coordinatizzazione non solo, nelle intenzioni dei coordinatizzatori, lassegnazione


di un nomen, ma anche di una posizione reciproca dei punti, e cio di una topologia.
Quindi normalmente la coordinatizzazione rispecchia una topologia.
Cos, vero che attribuendo ad una citt 50 long. e 50 lat. e ad unaltra 30 long. e
20 lat. intendiamo esprimere anche lidea che la prima citt pi a est e pi a sud
di della seconda.
A ciascuna coppia di punti cos individuati si pu associare un numero detto
distanza. Ripetiamo qui quanto detto sopra: la distanza pu essere qualsiasi cosa,
purch abbia tre caratteristiche: a) la distanza di un punto da se stesso zero; b) la
distanza tra due punti sempre positiva; c) la distanza tra il punto p e il punto q

64

eguale alla distanza tra il punto q e il punto p; d) la somma della distanza tra p e q e
della distanza tra q ed r deve essere non superiore alla distanza tra p ed r.
Non sempre esiste una diretta correlazione tra coordinate e distanza. Se
coordinatizziamo un piano con coordinate ortogonali monometriche, sottraendo
dalle coordinate (5,0) le coordinate (1,0) si ottiene la distanza di 4 effettivamente
misurabile sul piano. Per usare le parole di Einstein, in questo caso il differenziale
delle coordinate fornisce direttamente la distanza. Si dice che tali coordinate
forniscono direttamente anche le distanze oblique, se si pu utilizzare la formula di
Pitagora.
Ma consideriamo ora altri esempi in cui la distanza non pu essere ottenuta
direttamente mediante sottrazione di coordinate o formule pitagoriche.
Come primo esempio, immaginiamo di introdurre nel piano un sistema di
coordinate in cui lunit di misura dellasse y doppia di quella dellasse x. Allora,
chiamati dx e dy le componenti di un displacement vector otteniamo la distanza
mediante la formula:
ds2 = dx2 + 4dy2
che non evidentemente la formula pitagorica. Possiamo anche adottare un sistema
di coordinate affini, con assi non ortogonali e dotati di unit di misura non
omogenee e coordinate misurate nel modo mostrato in figura 0705271728:

FIGURA
0705271728

coordinata
x

coordinata
y

B
y

65

In tale figura le unit di ciascun asse sono di differente lunghezza: lunit sullasse x
OA e lunit sullasse y OB. Il valore della coordinata x e della coordinata x
misurata lungo la parallela allaltro asse passante per il punto P considerato. Per
calcolare la formula dellelemento di distanza in tale sistema di coordinate
osserviamo la figura 0705271757:

FIGURA
0705271757
Q

d
x
d
s

d
y

abbastanza evidente che si ha:


ds = [(dx cos + dy sin )2 + (dy cos + dx sin )2]
da cui:
ds2 = dx2 + dy2 + 2(cos sin + sin cos ) dx dy
che, di nuovo, non la distanza euclidea, anche se ci si trova in uno spazio euclideo.
Esistono sistemi di coordinate diverse da quelle affini, chiamate coordinate
curvilinee, come ad es. le coordinate sferiche (figura 0705271751).

66

FIGURA
0705271751

P( , , )
x1
x2

x3
Q

In tale sistema di coordinate addirittura la formula della distanza valida solo per
spostamenti infinitesimali:
ds2 = dx12 + dx22 + x12 dx22 + x12 sin x22 dx32
Si pu notare che in tale formula non euclidea compaiono le coordinate del punto
considerato, e quindi essa varia da punto a punto.

67

FIGURA
0612110905

z
3

Osserviamo ancora la figura 0612110905; si vede come, coordinatizzando il piano 1


mediante proiezione dei suoi punti sul piano xy la formula della distanza quella
euclidea:
d = x2 + y2
e cio:
d2 = 1 x x + 0 x y + 1 y y
Coordinatizzando invece lo stesso piano ruotato di un angolo = 60 rispetto al
piano xy la formula della distanza diviene:

68

d2 = (2x)2 + y2
mentre la coordinatizzazione della calotta 3 sar sempre del tipo:
d2 = g11 x x + g12 x y + g22 y y
ma con due importanti differenze: a) varier da punto a punto (questo aspetto della
questione sar spiegato pi avanti); b) non sar possibile, mediante spostamenti
della calotta, ottenere in nessun punto una formula della distanza di tipo euclideo..
In sintesi, tutte le misure della distanza sono rappresentate dalla formula generale:
d2 = jk gjk xj xk
(dove per semplicit, invece di utilizzare x, y, z, ecc. si usano x 1, x2, , xn) ma solo
nel caso del piano possibile operare uno spostamento nello spazio in modo che la
formula della distanza sia quella euclidea.
In che modo possiamo allora stabilire se uno spazio sia euclideo? Per rispondere
osserviamo che se lo spazio non euclideo, allora non esiste una trasformazione di
coordinate che conduca alla formula euclidea della distanza, mentre se lo spazio
euclideo, allora esiste una trasformazione che conduce alla formula euclidea.

LA PROGRAMMAZIONE LINEARE E I POLITOPI

Poligoni, poliedri, politopi


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Prima di arrivare allultimo argomento di questa esposizione sulla importanza della


geometria degli iperspazi, abbiamo bisogno di generalizzare il concetto di (iper)cubo
definendo quegli oggetti multidimensionali limitati da (iper)superfici chiamati
politopi convessi.
Ricordiamo che uno spazio zerodimensionale o 0-spazio un punto, uno spazio 1dimensionale o 1-spazio una linea, uno spazio 2-dimensionale o 2-spazio un

69

piano, uno spazio 3-dimensionale o 3-spazio lo spazio fisico in cui viviamo come
descritto dalla geometria euclidea studiata a scuola.
Ricordiamo ancora che ogni spazio ha dei sottospazi, che sono precisamente gli
spazi di dimensione minore in esso immersi.
Dalla definizione di iperpiano come luogo dei punti di uno spazio di n dimensioni le
cui coordinate soddisfano una equazione lineare in n variabili possiamo individuare
i seguenti iperpiani:
Nello spazio monodimensionale formato da una linea liperpiano un punto;
lequazione che ne individua le coordinate del tipo:
ax = k
ovvero, in un linguaggio pi omogeneo:
ax1 = k
Nello spazio bidimensionale del piano liperpiano la linea; lequazione che ne
individua le coordinate del tipo:
ax + by = k
ovvero, in linguaggio pi omogeneo:
ax1 + a2x2 = b
Nello spazio tridimensionale liperpiano una superficie. Lequazione che ne
individua le coordinate del tipo:
ax + by + cz = k
ovvero, in linguaggio pi omogeneo:
a1x1 + a2x2 + a3x3 = b
Nello spazio quadridimensionale liperpiano uno spazio tridimensionale.
Lequazione che ne individua le coordinate del tipo:
a1x1+ a2x2 + a3x3 + a4x4 = b
Sia il punto, che la retta, che il piano hanno la caratteristica comune di dividere lo
spazio in cui sono immersi (rispettivamente retta, piano, spazio tridimensionale) in
due parti.
Dalle equazioni degli iperpiani si pu notare che, fissate n-1 variabili, la n-esima
risulta univocamente determinata; pertanto ogni punto di un iperpiano
individuato da (n-1) coordinate.
Gli iperpiani sono quindi i sottospazi (n-1)-dimensionali di uno spazio ndimensionale.

70

Per definire i politopi partiamo dallo spazio bidimensionale (piano). In geometria


piana si definisce poligono convesso una figura formata da una linea spezzata chiusa
semplice (cio senza lati non consecutivi intersecantesi) e dalla parte finita di piano
da essa delimitata.
Un poligono convesso giace tutto da una stessa parte rispetto a ciascuna delle rette a
cui appartengono i suoi lati. Un poligono non convesso, o poligono concavo, invece
diviso in due parti da almeno una retta cui appartiene uno dei suoi lati.
Un caso particolare di poligono il poligono regolare un poligono che ha tutti i lati e
tutti gli angoli congruenti (equiangolo ed equilatero). Esistono poligono regolari
convessi e poligoni regolari non convessi.
Lanalogo del poligono nello spazio tridimensionale il poliedro. Un poliedro
convesso una figura solida delimitata da un numero finito di poligoni convessi,
situati su piani diversi e tali che ognuno dei lati sia comune a due di essi e il piano di
ciascuno lasci gli altri da una stessa parte.
Un poliedro regolare ha le facce costituite sono poligoni regolari congruenti e i suoi
angoloidi sono congruenti tra loro.
Nello spazio tridimensionale ci sono, come ben sapevano gli antichi studiosi greci di
geometria, solo cinque poliedri regolari: il tetraedro (con quattro facce costituite da
triangoli equilateri), il cubo (sei facce costituite da quadrati), lottaedro (8 facce
costituite da triangoli equilateri), il dodecaedro (12 facce costituite da pentagoni
regolari) e licosaedro (20 facce costituite da triangoli equilateri).
Dora in avanti, quando si parler di poligono, poliedro ecc. si intender
sempre poligono convesso, poliedro convesso ecc.
Siamo ora pronti a definire lequivalente di un poligono o di un poliedro in
dimensioni pi alte o pi basse. Consideriamo a tale scopo la seguente successione:
punto
segmento
poligono
poliedro

71

possiamo concludere che ciascuno di essi ha una definizione simile. Il termine


generico di tale sequenza si definisce politopo convesso, ovvero una regione limitata
(una porzione di spazio si dice limitata se non contiene nessuna semiretta) di uno
spazio n-dimensionale delimitata da un numero finito di iperpiani, cio di sottospazi
(n-1)-dimensionali.
Una definizione alternativa di politopo convesso quella di porzione di spazio ndimensionale individuata dalla intersezione di un numero finito di semispazi che sia
limitata, cio non contenga alcuna semiretta
Secondo una terza definizione, pi algebrica, un n-politopo convesso definito da m
equazioni del tipo:
a11x1+ a12x2 + + a1nxn b1

am1x1+ am2x2 + + amnxn bm


I politopi convessi hanno altre caratteristiche distintive che qui non stiamo a
definire:
le iperfacce sono formate da sottospazi n-1 dimensionali (gli iperpiani)
Le iperfacce sono a loro volta politopi convessi di dimensione n-1
due qualsiasi iperfacce hanno in comune uno e un solo spigolo, costituito da un
sottospazio (n-1)-dimensionale
due iperfacce non si intersecano, cio non hanno in comune altri punti oltre quelli
dello spigolo
il politopo non costituito esclusivamente da un insieme di iperfacce
possibile passare da una iperfaccia ad una qualsiasi altra attraverso una
sequenza di iperfacce
due iperfacce non giacciono mai sullo stesso iperpiano
il politopo non mai contenuto in un iperpiano o in altro sottospazio di minore
dimensione.
Liperpiano di ogni iperfaccia lascia tutte le altre iperfacce da una stessa parte
Le facce di un politopo quadridimensionale sono poliedri a tre dimensioni. Per un
politopo regolare questi poliedri devono a loro volta essere regolari, e la disposizione
delle facce deve essere la stessa a ciascun vertice. Ne risulta che ci sono solo sei

72

politopi quadridimensionali regolari: il simplesso, che ha per facce cinque tetraedri,


lipercubo,con otto facce cubiche, la 16-cella, delimitata da 16 tetraedri, la 24-cella,
con 24 ottaedri, la 120-cella, con 120 dodecaedri e la 600-cella, con 600 facce
costituite da altrettanti tetraedri.
Per dimensione di un politopo convesso si intende

la dimensione del minimo

sottospazio che lo contiene. Ad esempio un poligono collocato nello spazio reale a tre
dimension va considerato come un 2-politopo.
Possiamo cos considerare la seguente sequenza di politopi in base alla dimensione
n:
Nullitopo (n = -1)
Monade (n = 0)
Diade (n = 1)
Poligono (n = 2)
Poliedro ( n = 3)

Politopi e programmazione lineare


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La ricerca operativa ebbe origine con la seconda guerra mondiale, e usa metodi
matematici epr affrontare problemi complessi che implicano la direzione e la
conduzione di grandi sistemi di uomini, macchine, materiali e denaro nel campo
dellindustria, del commercio, del governo e della difesa.
La programmazionelineare una tecnica usata per fornire una descrizione
matematica, ovvero un modello, di un problema della vita reale in cui qualcosa deve
essere massimizzato (ad esempio i profitti o la sicurezza) o minimizzato (ad esempio
i costi o i rischi). Lottimizzazione richiesta si raggiunge con una opportuna scelta di
valori di un certo numero di parametri, ovvero di variabili. Entrambi i fattori da
ottimizzare o alcuni o tutti i parametri saranno passibili di uno o pi vincoli. La
parola lineare indica che tutte le espressioni matematiche del modello sono
lineari,cio non comportano la moltiplicazione di due o pi variabili tra di loro o il
loro elevamento a potenza. Nella pratica, questa limitazione non rilevante, dal
momento che la maggior parte dei problemi incontrati nella vita reale sono

73

intrinsecamente lineari, o possono essere supposti tali senza generare errori di


qualche entit.
Un primo esame del problema rivela che i vincoli lineari hanno una
rappresentazione geometrica naturale. I valori delle variabili che soddisfano tutti i
vincoli corrispondono ai punti che giacciono entro una determinata figura
geometrica: se le variabili sono due, quella figura sar un poligono il cui numero di
lati corrisponde al numero dei vincoli; se le variabili sono tre, sar un poliedro; se
sono n, sar un politopo in uno spazio n-dimensionale. Naturalmente impossibile
disegnare un politopo a quattro o pi dimensioni, mai procedimenti matematici
restano semplici qualunque sia la dimensionie.
Baster un esempio elementare per chiarire quanto si detto.
Immaginiamo la ditta Alfa che produce due tipi di sciarpe multicolori, A e B. Per
ogni sciarpa vanno usate lane di tre colori, rosso, verde e giallo, per ottenere leffetto
multicolore. La quantit di lana occorrente per una sciarpa di ciascun tipo di tessuto
e la quantit totale di lana di cui si dispone per ciascun colore sono indicate nella
tabella 0705241722.
tabella 0705241722
Colore della Quantit occorrente per sciarpa
Sciarpa A
Sciarpa B
lana
Rosso
4 kg
4 kg
Verde
6 kg
3 kg
Giallo
2 kg
6 kg

Quantit
disponibile
1400 kg
1800 kg
1800 kg

Il profitto del fabbricante di 12 euro su ciascuna sciarpa di tessuto A e di 8 euro su


ciascuna sciarpa di tessuto B. La domanda che ci poniamo come debba essere
usata la lana disponibile per massimizzare il profitto totale.
Sia x il numero di sciarpe di tessuto A prodotte e y il numero di sciarpe di tessuto B
prodotte. Il profitto P, espresso in euro, sar dato da
[1]

P = 12x + 8y

Quali sono i vincoli sui valori di x e y? Poich si hanno solo 1400 kg di lana rossa e
tutti e due i tipi di sciarpa richiedono 4 kg di lana rossa per ogni sciarpa dovr
essere:

74

[2]

4x + 4y 1400

Allo stesso modo, considerando la lana verde e gialla di cui si dispone si avr:
[3]

6x + 3y 1800

[3]

2x + 6y 1800

Infine, poich n x n y dovrebbero essere negativi (vincolo che ovvio quando si


considera il problema reale, ma che deve essere reso esplicito nella rappresentazione
matematica), valgono le condizioni:
[4]

x0

[4]

y0

Abbiamo quindi le tipiche disequazioni che, come abbiamo visto, costituiscono una
delle definizioni di poligono convesso:
4x + 4y 1400
6x + 3y 1800
2x + 6y 1800
-x0
-y0
La figura 0705241735 offre una rappresentazione grafica dei vincoli imposti dalle
disuguaglianze [2], [3], [4].

75

FIGURA
0705231735

y
600

500
6x + 3y =
1800
400

300

200

2x + 6y =
1800

P=
2400

100
P=
1200

O
100

300

200

4x + 4y =
1400
400

500

600

Qualsiasi coppia di valori che soddisfi tutti questi vincoli costituir le coordinate di
un punto allinterno della regione vincolare ODCBA, e viceversa qualsiasi punto in
questarea avr coordinate che soddisfano le disuguaglianze [2], [3], [4].
La figura 0705250616 riporta larea eliminando le linee al difuori di essa:

FIGURA
0705250616

y
600

500

400

300

200
P=
2400

100
P=
1200

O
100

200

300

400

500

600

76

Ora dobbiamo trovare un punto dentro la regione vincolare ODCBA che renda la
quantit P dellequazione [1] il pi grande possibile.
Tutte le rette con equazioni della stessa forma della [1], per un valore fissato di P,
sono parallele tra loro. Tre di queste, la retta che rappresenta un profitto di 1200,
quella che rappresenta un profitto di 2400 e la retta che passa per B, sono
tratteggiate nella figura 0705241735. E dunque abbastanza chiaro cosa si deve fare
per massimizzare P: spostare la retta del profitto (data dalla [1]) il pi lontano
possibile dallorigine senza uscire del tutto dalla regione vincolare ODCBA. La retta
limite quindi quella che passa per B. Le coordinate di B si ottengono facilmente
con lalgebra elementare, come soluzione di un sistema di due equazioni:
6x + 3y = 1800
4x + 4y = 1400
La soluzione 250 sciarpe di tessuto A e 100 sciarpe di tessuto B. Quindi il
fabbricante deve produrre 250 sciarpe di tessuto A e 100 di tessuto B. In tal modo il
profitto ottenuto, che il massimo possibile, sar appunto di:
P = 12x + 8y = 12 250 + 8 100 = 3800
Verr cos usata tutta la lana rossa e tutta la verde, mentre ne avanzeranno 700 kg
di quella gialla (e risulter quindi che il fabbricante non ha fatto bene i suoi calcoli
prima).
Ora che il problema stato risolto, vediamo di analizzarlo. I vincoli erano
rappresentati nella figura 0705241735 tramite la regione poligonale ODCBA del
piano. Il punto di massimo era uno dei vertici del poligono, e rimaneva da stabilire
quale dei cinque. Si noti che il punto di massimo sempre uno dei vertici anche se
cambia la equazione [1], perch, anche nel caso limite in cui la retta rappresentata
dallequazione abbia inclinazione eguale a uno dei lati, allora tutto il lato darebbe lo
stesso profitto, e potrebbe essere scelto una delle sue due estremit.
In questo semplice esempio non era difficile da trovare, eppure proprio questo il
punto che rende complicati i problemi di programmazione lineare pi complessi, e
di conseguenza pi realistici. In un problema con tre variabili, i vincoli daranno

77

origine a un poliedro tridimensionale; con n variabili si otterr un politopo ndimensionale, che non si pu disegnare ma che pu ancora essere trattato
algebricamente. In ogni caso il problema si riduce a trovare il vertice della regione
vincolare (poligono, poliedro o politopo) in cui si verifica lottimizzazione.
Non difficile passare da un esempio bidimensionale, dove la regione vincolare un
poligono, ad un esempio tridimensionale, dove la regione vincolare un poliedro.
Consideriamo limpresa Beta, che produce tre diversi tipi di sciarpa multicolore, A,
B, C, utilizzando per ciascun tipo lana rossa e lana verde. La tabella 0705242154
mostra quanta lana di ciascun colore necessaria per ottenere ciascuno dei tre tipi
di sciarpa e quanta lana di ciascun tipo in magazzino:
tabella 0705242154
Colore
Quantit occorrente per sciarpa
Sciarpa A
Sciarpa B
Sciarpa C
della lana
Rosso
4 kg
4 kg
4 kg
Verde
12 kg
6 kg
6 kg

Quantit
disponibile
1200 kg
2400 kg

I vincoli che definiscono il poliedro convesso che costituisce la regione vincolare


sono:
4x + 4y + 4z 1200
12x + 6y + 6z 2400
-x0
-y0
-z0
La funzione del profitto :
P = 30x + 12y + 10z
Nella figura 0705232046 vengono indicate le porzioni di piano che corrispondono a
tali vincoli. Il piano che passa per i punti F, D, E rappresenta il vincolo 12x + 6y + 6z
= 2400. Il piano che passa per i punti C, A, B rappresenta il vincolo 4x + 4y + 4z
1200. Essi si intersecano lung la linea GH.

78

FIGURA
0705232046

z
500

400

12x + 6y + 6z=
2400

D
4x + 4y + 4z =
1200

300

500
200

400

G
300
100

200

100

O
100

200 F
300

400

500

Nella figura 0705232127 abbiamo evidenziato la regione vincolare eliminando le


parti di piano al difuori di essa. Come si vede si tratta di un poliedro convesso le cui
facce sono i poligoni convessi OAF, FGH, HGAB, FOB.

FIGURA
0705232127

z
500

400

300

500
200

400

G
300
100

200

100

O
100

200 F
300

400

500

Nella figura 0705232130 vengono riportati, in linea tratteggiata, il piano che passa
per i punti L,A,M e il piano che passa per i punti F,P,N. Si tratta rispettivamente del
piano dei punti che rappresentano combinazioni x,y,z che forniscono un profitto di
3000 euro e del piano dei punti che rappresentano combinazioni x,y,z che forniscono
un profitto di 6000 euro. Come si vede, il piano individuato da F,P,N quello in

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posizione limite: piani con profitti superiori risulterebbero fuori dalla regione
vincolare del poliedro. Tale piano ha in comune con la regione vincolare il punto F,
che quindi il vertice del poliedro che fornisce il massimo profitto totale (6000
euro).
z

FIGURA
0705232130

P = 6000

500
P = 3000
400

300

A
500

200

400

G
300
100

200

y
N

M
H

100

O
100 L

200 F
300

400

500

Come si vede, in ogni caso il problema si riduce a trovare il vertice della regione
vincolare (poligono, poliedro o politopo) in cui si verifica lottimizzazione.
Come si pu fare? Potrebbero esserci milioni di vertici, per cui una ricerca
sistematica di solito fuori discussione. Occorre quindi un metodo diverso.
Nel 1947 il matematico americano George Dantzig ne ide uno: lalgoritmo del
simplesso.
Un algoritmo un insieme di istruzioni per la manipolazione di dati, che consente di
ottenere altri dati e che pu essere eseguito da una macchina non-inteligente, come
un computer. Ad es. le istruzioni per la divisione tra due numeri o per lestrazione di
radice sono algoritmi. Un programma di computer per addizionare due numeri un
algoritmo. Lalgoritmo si differenzia da una operazione mtematica, come
laddizione o la moltiplicazione, che pure pu essere compiuta da una macchina
non-intelligente, come una calcolatrice tascabile, perch composto da passi
successivi.
In pratica, con questo metodo si parte da un vertice (qui non diremo come si trova
questo vertice iniziale) e poi ci si sposta sulla superficie del politopo, lungo i lati, da

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vertice a vertice. Ogni volta che si arriva a un vertice, ci saranno varie direzioni in
cui procedere e vari criteri per decidere quale di queste scegliere. Il pi ovvio
consiste nel portarsi a un vertice che aumenta la quantit da massimizzare, o la
diminuisce se da minimizzare.
Esiste un metodo pi veloce? Potremmo pensare, invece di muoverci sulla superficie,
di abbreviare seguendo un percorso allinterno del politopo. Il primo di questi
metodi stato messo a punto nel 1976 da un gruppo di matematici sovietici. Prende
il nome di metodo ellissoidale perch si serve di una serie di ellissoidi che
approssimano il politopo. Purtroppo questo metodo alquanto lento.
Un secondo metodo basato su percorsi interni, molto pi veloce del metodo
ellissoidale, e tale da competere con successo con lalgoritmo del simplesso fu
trovato nel 1984 da un ventottenne ricercatore nei laboratori Bell, Narendra
Karmarkar. Lalgoritmo di Karmarkar utilizza una matematica avanzatissima per
generare trasformazioni del politopo che consentano di invidivuare velocemente un
percorso al suo interno. Lalgoritmo di Karmarkar mostra come gli ultimi sviluppi
delle teorie matematiche sugli spazi multidimensionali possano essere applicate con
successo a problemi pratici.

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