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IL FRANCESCANESIMO IN ITALIA

Sapienza - Aula Magna - marted 24 febbraio 2009


Alfonso Marini

1) Titolo vastissimo che non si pu certo esaurire in mezz'ora. Il tempo sarebbe


poco anche solo per san Francesco, figuriamoci per il francescanesimo, che ha
accompagnato nei secoli la storia italiana. La mia sar quindi una chiacchierata che
offrir alcuni spunti.
Tutti avranno in mente I promessi sposi e la figura di fra Cristoforo; fra Cristoforo
era un cappuccino, cio un appartenente ad un ramo riformato dei frati minori; i
cappuccini (detti cos dal loro cappuccio corto) hanno un'origine tutta italiana tra il
1525 ed il 1528. Nel secolo precedente la riforma dell'Osservanza anch'essa tutta
italiana. Ricordo che l'Osservanza un movimento che si afferma sempre pi tra i
frati Minori a partire dalla seconda met del Trecento, portando nel 1517 alla
divisione tra Osservanti e Conventuali, in due ordini separati. Le "quattro colonne
dell'Osservanza" sono Bernardino da Siena, Giovanni da Capestrano, Giacomo della
Marca e Alberto da Sarteano (tre santi ed un beato). Attenzione ai luoghi: due riforme
francescane - quella dell'Osservanza e quella dei Cappuccini - hanno origini non solo
tutte italiane, ma in particolare nell'Italia centrale: Siena, Capestrano (oggi) in
provincia dell'Aquila, le Marche, specificamente Monteprandone in provincia di
Ascoli Piceno, Sarteano in provincia di Siena. Lo stesso per i primi capi dei
cappuccini: Matteo da Bascio, villaggio oggi nel comune di Pennablli in provincia di
Pesaro; Ludovico da Fossombrone, ancora in provincia di Pesaro, Bernardino Ochino
(passato poi al protestantesimo, inizialmente calvinista) nato a Siena; lasciata
l'osservanza francescana, i fondatori cappuccini trovarono rifugio nel territorio di
Camerino (Macerata) prima di ottenere l'approvazione di Clemente VII con la bolla
Religionis zelus del 1528, appena un decennio dopo che nel 1517 la bolla Ite et vos di
Leone X aveva riconosciuto l'autonomia del ramo osservante dai conventuali. Chi sa
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se questa propensione alla divisione - per motivi nobili ed ideali in questi due casi non manifesti un carattere tutto italiano!
A parte la storia istituzionale, basti pensare al ruolo odierno dei francescani nelle
tre principali famiglie maschili (ma altre ne son nate recentemente), al loro lavoro ad
es. con la Giovent francescana [Gifra], con le "marce francescane" per il Perdono di
Assisi del 2 agosto. Ed al ruolo che oggi pi che mai svolge Assisi come luogo di
incontro e di dialogo, con il suo asse tra la Porziuncola e la basilica di San Francesco:
il primo incontro di preghiera tra le religioni voluto da Giovanni Paolo II il 27 ottobre
1986 si svolse ad Assisi, sulla piazza della basilica inferiore di San Francesco; ed alla
Porziuncola si svolse l'incontro di preghiera dei cristiani.
Una storia troppo lunga dunque perch ci possiamo soffermare su di essa.
Passiamo direttamente a Francesco.
2) Per Francesco sono aiutato dal fatto che la mia relazione circoscritta all'Italia
(niente sultano d'Egitto, dunque, o supposto viaggio a Santiago de Compostela, ecc.)
e che posso lasciare alla dott.ssa Tozzi le ampie tematiche legate alla Valle Santa di
Rieti.
Francesco d'Assisi intimamente legato alla storia dell'Italia del suo tempo.
La sua vita, da laico e da religioso, si svolge tutta nello spazio delle citt comunali.
Il suo legame con la storia del comune di Assisi continuo. Nato tra l'ottobre 1181 e
il settembre 1182, appartiene ad una famiglia ricca ma non nobile, anzi lui cerca di
nobilitarsi ("diventare cavaliere"). Si trova in mezzo allo scontro tra maiores e
minores, lui ovviamente tra questi ultimi, e nel 1202 milita a cavallo nella guerra
contro Perugia, ove si erano rifugiati i nobili assisani scacciati (tra questi, la famiglia
di Chiara); gli assisani vengono sconfitti, Francesco viene catturato con molti altri e
resta prigioniero a Perugia a lungo, finch non viene pagato il riscatto (come accade
anche oggi per le persone rapite). Lo scontro tra fazioni e citt storia ricorrente nei
secoli XII-XIV. Per Assisi sappiamo che intorno al 1210 si stipula una pace tra
maiores e minores.
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Quando inizia la sua conversione, Francesco vive per un periodo da penitente,


dedicandosi alla preghiera ed all'elemosina: questo era un modello di vita diffuso
nell'Italia del suo tempo, cos come l'attivit di ricostruzione di chiesette e cappelle in
rovina: come Francesco far con la Porziuncola e San Damiano dopo la sua
conversione posta al 1206, con la rottura definitiva con la famiglia. La condizione dei
penitenti era formalmente riconosciuta e riportava queste persone all'ambito
ecclesiastico. Racconta la ben informata Legenda trium sociorum (1246) che, quando
il padre di Francesco, Pietro di Bernardone, non ne pu pi del comportamento del
figlio e delle sue dilapidazioni (a suo modo di vedere), ricorre ai consoli di Assisi.
Questi per lo rimandano al vescovo, poich un penitente rientrava nella
giurisdizione ecclesiastica. Perci tutti ricordano la scena di Francesco che si spoglia
davanti al vescovo, rinunciando ai suoi beni ed ai privilegi di primogenito. Questa
parte della Legenda trium sociorum (par. 19) ci offre una lezione sui rapporti
istituzionali in una citt comunale italiana tra sec. XII e XIII.
La storia di Francesco ci fa scorrere i cambiamenti istituzionali che si ebbero in
pratica in tutti i comuni italiani. Ricorderete la penultima strofa del Cantico di Frate
Sole:
Laudato si' mi' Signore per quelli ke perdonano per lo tuo amore.
Racconta la Compilatio Assisiensis 84 (o Legenda antiqua perusina, risalente
anch'essa al 1246) che tale strofa fu composta in un momento successivo a quelle
dedicate alle lodi dell'Altissimo Signore per le sue creature (e prima di quella finale
sulla morte) perch i frati l'andassero a cantare alle due massime autorit cittadine in
lite tra di loro al fine di riappacificarle: si tratta del vescovo e del podest di Assisi;
siamo circa vent'anni dopo, poco prima del 1226 (anno della morte di san Francesco).
Anche ad Assisi dunque si era avuto il passaggio dal comune consolare a quello
podestarile.

Lo stretto legame con la citt si perpetua nella storia del francescanesimo del Due
e Trecento. Il processo di diffusione dei Minori si attua rapidamente gi vivente
Francesco, i francescani rappresentano un ordine nuovo, non monastico, mobile,
dedito ben presto agli studi; i frati sono ben accetti alle classi mercantili, alla "borghesia" che si va affermando sempre di pi nei Comuni. Gi prima della met del
Duecento i frati lasciano i loro "luoghi" (loca) posti al di fuori delle citt, presso gli
emarginati che vivono baraccati al di l delle mura, e si spostano in ampi conventi
interni alle citt stesse, con grandi chiese adatte ad accogliere numerosi fedeli per la
predicazione. A Bologna - come nelle principali citt europee con un'universitas
studiorum - i Minori organizzano il proprio studium generale.
3) Finora abbiamo visto Francesco nel suo legame "passivo" con le realt del suo
tempo. Ma lui intimamente legato in modo "attivo" alla storia spirituale italiana, di
cui diviene appunto un potente propulsore. Interprete di esigenze di vita evangelica
presenti in tanti movimenti popolari del sec. XII, offre un modello che nel giro di un
decennio viene abbracciato da migliaia di persone, a cominciare appunto dalle regioni
centrali della Penisola ed estendendosi al nord comunale ed al sud del regno
normanno-svevo (dall'Abruzzo alla Sicilia), prima del grande balzo in Europa. I suoi
primi compagni sono di Assisi: Bernardo di Quintavalle, Rufino cugino di Chiara,
Egidio, Angelo, poi Leone ed Elia (da Assisi pi che da Cortona); il suo primo
biografo, Tommaso da Celano, che da lui ebbe l'abito, abruzzese suddito del regno,
il suo ultimo biografo ufficiale, Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale
dell'Ordine dal 1257 al 1274, primo cardinale francescano, proviene dal Lazio
(attuale provincia di Viterbo). Dietro Francesco non vanno solo i frati, i religiosi
(provenienti anche dalle file del clero e di altri ordini), ma anche i laici, le persone
sposate, che cominciano a costituire un movimento che - alcuni decenni dopo la sua
morte - con la bolla Supra montem di Niccol IV del 1289 - diventer il Terz'Ordine
francescano.

Terzo perch, dopo la morte di Chiara nel 1253, era nato l'ordine delle Clarisse
(Ordo sanctae Clarae), il secondo ordine francescano, quello femminile. Sulle
clarisse si potrebbe aprire un altro capitolo proprio sul suo rapporto con l'Italia, ma
fermiamoci qui, pur mantenendo il pensiero alle tante donne che nella Penisola
seguirono fin dal Duecento il modello di vita in clausura che Chiara - a San Damiano
di Assisi - accett, pur non essendo proprio il suo ideale originario; lo dimostrano
gruppi di sorores minores che si ritrovano in Italia fuori dai monasteri fino agli anni
40 del Duecento.
Torniamo un attimo a Niccol IV (1288-1292): il primo papa francescano,
Gerolamo Masci d'Ascoli (Piceno), dunque anche lui proveniente dalle Marche. A
Rieti fu emanata il 18 agosto 1289 la Supra montem. da ricordare che dopo Niccol
IV si ebbero circa due anni di sede vacante, finch nel luglio 1294 venne eletto papa
Celestino V, la cui storia intrecciata a quella di gruppi francescani dissidenti, gli
spirituali, diffusi ancora una volta soprattutto nell'Italia centrale ed in Abruzzo. Lo
ricorda anche Ignazio Silone nell'Avventura di un povero cristiano (1968). Questo
aspetto - che tocchiamo appena - apre uno squarcio sul lato non cittadino del
francescanesimo, quello legato agli eremi ed ai piccoli centri montani, ambiente caro
agli spirituali, ma presente gi nei primi tempi francescani, tanto che Francesco
compose una regola, De religiosa habitatione in eremis. All'aspetto eremitico del
francescanesimo sono legati vari "luoghi" della valle reatina.
4) Come pot avere tanti seguaci un oscuro mercante di Assisi, che in et adulta
per il Medio Evo, 24 anni circa, lasci la famiglia senza avere un preciso programma
n alcun progetto comunitario? All'inizio infatti ricostruiva chiesette, come abbiamo
detto, da solo. Come dunque ebbe tanti seguaci?
I primissimi arrivarono imprevisti, colpiti dalla sua conversione, attratti dal suo
stile di vita, forse erano gi stati suoi amici in precedenza. Ma - dopo la costituzione
di questa prima fraternitas - Francesco cominci ad uscire da Assisi e dall'Umbria e
and con i suoi nuovi fratelli (fratres) in giro per l'Italia a predicare il vangelo, prima
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ancora di recarsi a Roma per ottenere un'approvazione papale. Predicazione del


Vangelo, predicazione di Cristo crocifisso, predicazione di conversione, predicazione
di pace tra le fazioni e tra le citt. Possiamo leggere qualcosa dalle fonti pi antiche.
Innanzitutto poche frasi dal Testamento del santo (1226), ove egli dice:
Postquam Dominus dedit mihi de fratribus, nemo ostendebat mihi quid deberem
facere, sed ipse Altissimus revelavit mihi quod deberem vivere secundum formam
sancti evangelii...
Salutationem mihi Dominus revelavit, ut diceremus: "Dominus det tibi pacem".
La pace: il saluto pax et bonum che i frati cominciano a diffondere in Italia, spesso
non compresi e beffeggiati. Leggiamo la Legenda trium sociorum 33:
Gli ascoltatori si domandavano: "Chi sono costoro? Che cosa ci stanno dicendo?" A
quei tempi l'amore e il timore di Dio erano come spenti nei cuori, quasi dappertutto...
Su questi uomini evangelici correvano perci opinioni contrastanti. Alcuni li
consideravano dei pazzi e degli ubriachi, altri sostenevano che i loro discorsi
provenivano tutt'altro che da stoltezza. Uno degli uditori osserv: "Costoro o sono
uniti a Dio in modo straordinariamente perfetto, o sono dei veri insensati, poich li
vediamo condurre una vita disperata. Mangiano assai poco, camminano a piedi
nudi, sono vestiti di vesti miserabili". Bench alcuni fossero colpiti intimamente
vedendo la santit del loro modo di vivere, nessuno ancora osava seguirli. Le
ragazze, al solo vederli da lontano, scappavano spaventate...
Siamo prima del 1209, queste reazioni si ebbero al primo viaggio "missionario"
dei frati Minori, che erano solo quattro: Francesco ed Egidio andarono nella Marca di
Ancona, Bernardo e Pietro Cattani andarono "verso un'altra regione". Poco dopo, in
un altro viaggio, Bernardo si rec con un compagno a Firenze, ove ci furono reazioni
analoghe a quelle indicate sopra. Ma in pochi anni queste reazioni cambiarono,
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soprattutto dopo che nel 1209 Francesco ed i suoi forse 11 compagni (forse perch 12
un numero simbolico) si recarono a Roma da papa Innocenzo III (1198-1216) e ne
ricevettero l'approvazione orale al loro stile di vita.
Scrive la Leg.3Soc. 54: Da quel momento il beato Francesco, girando per citt e
castelli, cominci a predicare dappertutto...
La Vita prima di Tommaso da Celano, prima biografia del santo (1229), ricorda
vari luoghi in cui Francesco si rec a predicare, anche verso la fine della sua vita [par.
62-70]: Ascoli, dove "tutti si accalcavano l'un l'altro, desiderosi di vederlo e
ascoltarlo"; Toscanella (Tuscania), Narni, Gubbio, Sangemini, Citt di Castello. E
naturalmente Rieti [par. 99], pi volte [es. Vita II, 126]. La Vita secunda di Tommaso
da Celano (1247) narra di un miracolo operato da Francesco contro un eretico in
Alessandria di Lombardia [78-79], poi la sua carit manifestata a Celano, e nei pressi
di Siena, e vicino a Cortona [86-88]; la sua potenza contro i demni scacciati ad
Arezzo (108: probabile simbologia per indicare le lotte fratricide); la sua umilt con il
vescovo di Imola [147]. Fermiamoci qui con le enumerazioni. Leggiamo il racconto
di una predica di Francesco a Bologna scritto da un testimone oculare, non
francescano e non biografo del santo. Si tratta di Tommaso da Spalato, citt di cui
divenne vescovo, il quale da giovane studente a Bologna ascolt Francesco nel 1222
[Historia pontificum Salonitanorum et Spalatensium, in MGH Scriptores XXIX, p.
580, Fonti francescane2 2252, p. 1482]:
In quello stesso anno, nella festa dell'Assunzione della Genitrice di Dio, trovandomi
allo Studio di Bologna, ho visto san Francesco che predicava sulla piazza antistante
il palazzo comunale, ove era confluita, si pu dire, quasi tutta la citt.
Questo era l'esordio del suo sermone: Gli angeli, gli uomini, i demni. Parl cos
bene e chiaramente di queste tre specie di spiriti razionali, che molte persone dotte,
ivi presenti, rimasero non poco ammirate per quel discorso di un uomo illetterato.
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Eppure egli non aveva lo stile di un predicatore, ma piuttosto quasi di un


concionatore. In realt, tutta la sostanza delle sue parole mirava a spegnere le
inimicizie e a gettare le fondamenta di nuovi patti di pace.
Portava un abito sudicio; la persona era spregevole, la faccia senza bellezza. Eppure
Dio confer alle sue parole tale efficacia, che molte famiglie signorili, tra le quali il
furore irriducibile di inveterate inimicizie era divampato fino allo spargimento di
tanto sangue, erano piegate a consigli di pace.
Lo stile di un concionatore quello usato nei discorsi politici delle citt, sulle
piazze, con linguaggio accompagnato da gesti e da movimenti del corpo; diverso da
quello del predicatore religioso, nelle chiese, non di rado in latino. Non a caso il
concionatore Francesco predica per mettere pace tra le fazioni politiche.
Il culto di Francesco, canonizzato da Gregorio IX [1226-1241] solo due anni dopo
la morte (1228), si diffuse in tutta la Penisola, come si pu vedere dai miracoli
ottenuti da tanti fedeli sparsi da nord a sud narrati nel Tractatus de miraculis beati
Francisci ancora di Tommaso da Celano (attorno al 1250). Singolare il racconto di
uno di questi miracoli da parte di san Bonaventura nel 1263 nella Legenda maior
[Miracula II, 5]:
Nella citt di Capua, un bambino, giocando con molti altri presso la riva del fiume
Volturno, cadde per sbadataggine nella corrente impetuosa, che lo inghiott e lo
seppell sotto la sabbia. Gli altri bambini, che stavano giocando con lui vicino al
fiume, si misero a gridare forte, facendo accorrere una gran folla. Tutta la
popolazione si mise a invocare devotamente il beato Francesco, supplicando che,
guardando alla fede dei suoi genitori a lui tanto devoti, si degnasse di strappare il
figlio alla morte.
Un nuotatore, che si trovava nei paraggi, sentendo quelle grida si avvicin e si
inform dell'accaduto. Dopo aver invocato l'aiuto del beato Francesco, riusc a

trovare il cadavere del bambino, immerso nel fango come in un sepolcro. Lo


disseppell e lo port a riva, costatando che, purtroppo, ormai era morto.
Ma la popolazione, tutto intorno, bench vedesse che il bambino era morto, tuttavia
con pianti e lamenti gridava: San Francesco, rendi il bambino a suo padre!. Ma
anche degli Ebrei, che erano accorsi, mossi da naturale piet, dicevano: San
Francesco, rendi il bambino a suo padre!
Improvvisamente il bambino, fra la gioia e lo stupore di tutti, si lev in piedi
incolume e supplic che lo conducessero alla chiesa di san Francesco, perch voleva
ringraziarlo devotamente, sapendo che era stato risuscitato miracolosamente per la
sua potenza [virtute].
Anche gli Ebrei di Capua dunque, avrebbero pregato san Francesco. Eventi
ecumenici ante litteram della nostra Penisola.
5) La novit francescana influisce prepotentemente nell'arte italiana fin dai primi
tempi, con le tavole dipinte che presentano al centro l'immagine di Francesco ed ai
lati episodi della sua vita (cos pure per santa Chiara). La pi antica, conservata oggi
a Pescia nella chiesa di San Francesco, si deve a Bonaventura Berlinghieri gi nel
1235, a nove anni dalla morte del santo; dalle tavole si evolveranno i grandi cicli
pittorici affrescati nelle chiese, il pi grande dei quali quello giottesco [1267?-1337]
nella Basilica superiore di Assisi degli ultimissimi anni del Duecento. Ma la presenza
di Francesco nell'arte italiana si prolungata nei secoli, basti ricordare il Caravaggio
[1573-1610] cui vengono attribuite due tele con San Francesco in meditazione, a
Roma [chiesa dei Cappuccini] e Carpineto Romano [chiesa di S. Pietro]. I vari
periodi storici e culturali offrono - fino ad oggi - la propria immagine di Francesco,
nell'arte nella letteratura e nella storiografia. Ad es. l'immagine di Francesco nella
Controriforma (mostra, Roma, Calcografia, dic. 1982-feb. 1983) era quella di un
santo in estasi o in meditazione solitaria con il teschio in mano (come nei dipinti
caravaggeschi). Si tratta di canoni spirituali diversi da quelli del Duecento e dello
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stesso Francesco, ma anche da quelli del nostro tempo: nel primo Novecento dei
nazionalismi che san Francesco stato proclamato patrono d'Italia nel 1939 da Pio
XII; nel secondo Novecento - la nostra storia di ieri - che stato proclamato
patrono dei cultori di ecologia da Giovanni Paolo II, nel 1979. Nel Duecento si
rappresentavano poco santi che contemplano teschi, non si aveva il concetto moderno
di nazione e non si sapeva cosa fosse l'ecologia.
La presenza di Francesco nella letteratura altrettanto grande, sia come contributo
suo e del movimento da lui scaturito, sia come "personaggio" richiamato da scrittori
di tutti i tempi. Con un testo poetico, Il cantico di frate Sole o delle creature, databile
a poco prima del 1226, inizia la storia della letteratura italiana (cio dei testi letterari,
non delle testimonianze del linguaggio). Le Laudi derivano in buona parte dalla
spiritualit francescana. Iacopone da Todi (1230-1306) da un lato esprime tale
spiritualit ad alto livello, dall'altro parla dello stesso Francesco nei suoi
componimenti. A tutti noto il canto XI del Paradiso di Dante, dal quale dipende
forse per molti italiani la stessa immagine storica di Francesco.
Se facciamo un grande salto al Novecento, a Francesco sono stati dedicati vari
film, in grande prevalenza di autori italiani: Francesco giullare di Dio di Roberto
Rossellini nel 1950, Francesco d'Assisi di Liliana Cavani nel 1966, Fratello sole
sorella luna di Franco Zeffirelli nel 1972, Francesco ancora di Liliana Cavani nel
1989. Ogni regista ha scelto un'immagine di Francesco e vi ha espresso la sensibilit
sua e del particolare periodo storico del secondo Novecento, nonch delle fonti
consultate. Insomma, soprattutto in Italia, le varie arti non hanno potuto fare a meno
di confrontarsi con Francesco d'Assisi.
La tradizione artistico-letteraria italiana si arricchita negli ultimi decenni con
opere di carattere pi popolare o almeno rivolte ad un grande pubblico anche
giovanile; a parte le opere liriche, il recital e il musical sono stati terreno privilegiato,
tanto che le stesse famiglie francescane commissionarono un album per il giubileo
del 2000 al cantante-compositore Angelo Branduardi, L'infinitamente piccolo, ove si

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presentano tre livelli della nostra tradizione: l'autore moderno che canta i versi di
Dante che celebrano la vita di Francesco.
Tra poco assisteremo ad un nuovo recital: Cantico. Sulle orme di Francesco nella
Valle Santa, di Francesco Rinaldi.
6) In conclusione arriviamo alla celebre definizione di san Francesco: Il pi
italiano dei santi, il pi santo degli italiani . una frase che si trova in bocca a
scrittori e politici, giornalisti e predicatori. La fece sua anche Giovanni Paolo II nel
Discorso al popolo di Assisi del 12 marzo 1982. Se navigate in internet, vedete tale
frase attribuita prevalentemente a papa Pio XII, che l'avrebbe pronunciata nel
proclamare san Francesco patrono d'Italia il 18 giugno 1939. Oppure a Benito
Mussolini.
Ora Mussolini scrisse una frase simile nel 1925, quando si preparavano le
celebrazioni per il VII anniversario della morte di Francesco: L'Italia con san
Francesco ha dato il pi santo dei santi al cristianesimo e all'umanit [rivista Ultra].
La definizione per precedente non solo a lui, ma all'ambito fascista; attribuita
anche a Luigi Luzzatti, di famiglia ebraica, economista ed uomo politico, capo del
governo italiano dal 1910 al 1911, il quale tra i suoi vari interessi aveva anche quello
degli studi francescani ed intrattenne un carteggio epistolare col grande storico
francescanista protestante Paul Sabatier, dal 1898 alla morte (1927). Non ho trovato
l'eventuale citazione da Luzzatti; ma la frase, praticamente ad litteram, scritta da
Enrico Filiziani in un articolo contro il Sabatier del 1903 [settimanale La vera Roma,
18 gennaio, v. Sandro G. Franchini, Esordi della Societ Italiana di Studi
Francescani, pp. 78-79, n. 109]. scritta per in corsivo, preceduta da un Francesco
resti (Francesco resti il pi santo fra gli italiani, il pi italiano fra i santi), quindi
potrebbe essere a sua volta citazione e rinviare ad altro autore e ad una data ancora
pi antica. Questo - in conclusione - serve a mostrare come anche una definizione pi
o meno felice di san Francesco ci fa attraversare un ampio tratto di storia italiana.

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