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Semantica
Enciclopedia del Novecento - stampa
di Tullio De Mauro
Semantica
sommario: 1. Il nome della semantica. 2. Le due accezioni fondamentali della parola
!semantica'. 3. Altre accezioni di !semantica'. 4. Una definizione della semantica. 5. Un
primo problema: scienza o campo di studi? 6. Un secondo problema: semantica
linguistica e semantica semiotica. 7. Semantica e consistenza del contenuto. 8. Termini
e nozioni fondamentali per una semantica semiotica. 9. Criteri per una classificazione
semantica dei codici semiologici. 10. Linguaggi a segni inarticolati. 11. Linguaggi a
segni articolati di numero finito. 12. Linguaggi a segni articolati di numero infinito. 13.
Linguaggi a segni sinonimi. 14. Calcolo e linguaggio verbale. 15. Una quinta famiglia di
codici e un terzo principio saussuriano. 16. La massa del vocabolario. 17. Accezioni e
pluriplanarit. 18. Pluriplanarit e onniformativit semantica. 19. Discorso, testo e
carattere aperto dell'interpretazione linguistica. 20. Indeterminatezza, spazio
linguistico e spazio culturale. " Bibliografia.
1. Il nome della semantica
La parola !semantica' fu introdotta un secolo fa da Michel Bral, che cos scriveva nel
1883: !L'tude o nous invitons le lecteur a nous suivre est d'espce si nouvelle qu'elle
n'a mme pas encore recu de nom. [...] En effet, c'est sur le corps et sur la forme des
mots que la plupart des linguistes ont exerc leur sagacit: les lios qui prsident la
transformation des sens, au choix d'expressions nouvelles, la naissance et la mort
des locutions, ont t laisses dans l'ombre [...]. Comme cette tude, aussi bien que la
phontique et la morphologie, mrite d'avoir son nom, nous l'appellerons la
Smantique (du verbe !"#$%&'(&), c'est--dire la science des significations" (Les lois
intellectuelles du langage, in !L'Annuaire de l'Association pour l'encouragement des
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d'una materia cos vasta e vaga, soltanto a quei segni e simboli pi rigidamente definiti
appunto nel loro significato (o senso) che sono i simboli di linguaggi artificiali e logici?
O, andando in cerca di tale maggior definitezza, mescoleremo nella materia della
nostra trattazione, pi o meno consapevolmente, linguaggi artificiali e lingue storiche,
ritagliando in queste ultime, della loro semantica, solo ci che pi stabile, i valori
denotativi meglio circoscritti, e lasciando da parte tutto ci che vi in essa, nella
semantica d'una lingua naturale, di flou, di indeterminato?
Si pongano esplicitamente o no, questi e altrettanti interrogativi non sono eludibili e
vivono e operano, per dir cos, nella struttura profonda d'ogni trattazione della
semantica come modo di significare. Dietro il baldanzoso realismo, si celano scelte
epistemologiche non dichiarate e confessate e forse, per il modo dogmatico con cui
vengono fatte, non confessabili. Ogni scelta sul taglio da dare alla materia che si tratta
implica, esplicita o no, una scelta di ordine teorico ed epistemico sul tipo di scienza e
teoria entro cui, consapevolmente o no, volutamente o no, ci si colloca.
Del resto, a un'attenta considerazione, lo stesso dato linguistico suggerisce di non
mettere da parte una discussione aperta e, per dir cos, franca dei limiti e degli aspetti
epistemologici. Si riconsiderino le parole evocate all'inizio, cio le parole dotate di una
bivalenza fondamentale, nomi di scienze e nomi della materia trattata dalle scienze, da
!storia' a !fonematica'. Si resta colpiti dal fatto che, salvo rare eccezioni, in generale il
prius il nome della tkhne, dell'epistme, non il nome della materia: non le rer
gestae si costituiscono in nome del dominio del sapere, ma la ricerca, lo historen, si fa
nome delle res gestae. Non sembra ragionevole parlare dunque d'una materia senza
fermarsi sul senso e sui limiti del termine teorico in funzione del quale ci si accosta a
un dato settore entro !lo gran mar de l'essere".
La scelta della nostra trattazione , dunque, quella di presentare la semantica anzitutto
nell'accezione epistemica, non nell'accezione realistica di questo termine. Entro
l'accezione epistemica, per, come gi si accennato, esistono suddistinzioni delle
quali occorre ora dar conto.
3. Altre accezioni di !semantica'
Per quanto recente, semantica, come nome di scienza, ha avuto il tempo di caricarsi di
sensi diversi. Molti dizionari correnti (Oxford, Zingarelli, ecc.) e molti studiosi (L.
Bloomfield, F. Lzaro Carreter, S. Ullmann ecc.) definiscono la semantica come una
parte della filologia, o della linguistica, o della grammatica e simili. La semantica, in
tale senso, si occupa dunque del linguaggio verbale, e in specie di quella porzione del
linguaggio verbale che si chiama, a seconda delle lingue, meaning, signification,
Bedeutung, significato, ecc. In questa accezione, semantica ha finito col prevalere su
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filosofico, dapprima soprattutto con Morris, sia in ambito linguistico, con E. Buyssens,
L. Hjelmslev, L. Prieto. Diventata un settore saggistico alla moda in vari paesi,
soprattutto sotto forma di discussioni sull'espressione e le caratteristiche di linguaggi
artistici o marginali, la scienza dei segni negli ultimi decenni ha conseguito importanti
risultati nello studio matematico e statistico dei sistemi di comunicazione e di
codificazione e trasmissione dell'informazione, nello studio della comunicazione
animale, oltre che nei pi tradizionali settori dei linguaggi formalizzati e del linguaggio
verbale.
Come si vede, la scissione tra una semantica di taglio storico-umanistico, dominata da
studiosi che, in senso lato, possiamo dire letterati, e una semantica di taglio
logicomatematico, praticata da studiosi capaci di usare strumenti e metodi matematici,
si riproduce e perfino rischia di aggravarsi nella semiotica. L'ingegnere che si occupa di
teoria dei sistemi e di trasmissione di segnali rester probabilmente sorpreso se mai
verr raggiunto dalla notizia d'una stretta affinit tra il suo lavoro e quello di chi si
occupa di assonanze e ricorrenze di fonemi nei versi di Baudelaire o del valore di un
campo lungo in un film di Pasolini.
C', certamente, un filo teorico che cerca di cucire insieme queste professionalit cos
diverse, queste cos accentuate divaricazioni dell'osservazione in materie tanto
disparate, con metodi (e, qualche volta, senza metodo alcuno) e linguaggi speciali che
si presentano privi di evidenti punti in comune. Opere classiche, come i Fondamenti
della teoria del linguaggio di Hjelmslev, o l'infaticabile lavoro di raccordo e
suggestione prodotto da Roman Jakobson, o il sincretico accumulo di conoscenze
condensato nel Trattato di semiotica di U. Eco, rappresentano a vario titolo elementi
importanti in questo filo unitario. E certamente vanno in questo senso le ricerche
semiotiche di vari studiosi sovietici, di Prieto, di Garroni. Ma, nel complesso,
nonostante l'unit degli studi semiotici possa avvantaggiarsi sia di richiami autorevoli
a Locke e alle altre speculazioni sui linguaggi elaborate dai maggiori rappresentanti del
pensiero europeo tra Sei e Settecento, sia dell'apporto che pu venire da opere pi
recenti, come le Ricerche filosofiche di Wittgenstein, di fatto nel mondo scientifico
d'oggi l'unit disciplinare dei campi di studio che si occupano in generale di segni
lontana dall'essere per tutti chiara, evidente. L'ancoraggio (del resto ipotetico, qui
suggerito, ma non generalmente condiviso) della semantica alla semiotica, allo stato
attuale dell'organizzazione degli studi non serve a garantire l'unit della semantica n
porta a rifluire in un unico campo di studi, consapevolmente unitario, tutte quelle
ricerche che in un modo o nell'altro vertono su ci che si indica con quel !catch-all
term", che , come Chomsky ha giustamente detto, meaning.
L'obiettivo di questa trattazione far valere la coerenza teorica e la produttivit
conoscitiva d'un punto di vista unitario sui problemi connessi a ci che diciamo
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!significato'. Il proposito, insomma, quello di sbozzare, in un modo che sia, come s'
detto prima, critico e autocorreggibile, le linee di una semantica !integrata', la quale si
qualifichi come parte di una teoria generale dei segni: l'una e l'altra, la parte e l'intero,
protese a raccogliere in modo non eclettico contributi che vengono da direzioni oggi
assai disparate del sapere scientifico organizzato, quali la filologia e la psicologia, la
storia e la logica, la linguistica e la sociologia o la teoria dei sistemi.
A questo fine, il primo passo sar stipulare una definizione di semantica tale da
promuovere, gi col fatto ch'essa stessa sia messa in discussione, una prima verifica
delle sue capacit di proporsi come definizione non solo unitaria, ma coerentemente e
utilmente unificante ragioni e conoscenze legate a indirizzi particolari e talvolta
unilaterali di ricerca e riflessione.
4. Una definizione della semantica
Proponiamo di intendere con il termine !semantica' la scienza o, con espressione che,
allo stato attuale, forse preferibile, lo studio delle relazioni tra gli insiemi di segni
grazie ai quali si comunica e i campi di contenuto su cui vertono i segni ditali insiemi.
Questa definizione stata redatta mirando alla maggior immediatezza e trasparenza
dei suoi termini stessi. Essa tuttavia contiene parecchi aspetti problematici. Passarli in
rassegna e discuterli, come si accennato alla fine del capitolo precedente, comporta
gi avviare la trattazione dei problemi della semantica e l'entrare in medias res
sbozzando le prime linee di una semantica integrata. Tuttavia, converr ancora
indugiare brevemente sulla soglia; non per oziando o per incertezza, anzi gi gettando
una prima occhiata a quel che ci aspetta. A parte i singoli termini della definizione, di
cui poi diremo, la definizione in se stessa, cio il fatto stesso che una teoria semantica
debba oggi muovere da una discussione sul senso e sulla determinazione del suo nome
stesso e che una teoria si costituisca stipulando un uso del termine che le d identit,
gi questo degno di riflessione.
Naturalmente, ci che avviene per la semantica avviene in parte anche per altre
scienze. Anche l'astronomia o la botanica o la storia bizantina possono partire da una
definizione di se medesime. Tuttavia, l'atto di tale definizione n incide sulla materia
trattata n tanto meno uno specifico modo di essere della materia trattata. Di
recente, ad esempio, stato affermato che gli storici, di l del vario e certo non
irrilevante orientamento ideologico e metodologico dei diversi indirizzi storiografici,
non possono non riconoscere che, in fine, i fatti dell'et bizantina o della Rivoluzione
d'ottobre !furono quelli che furono'. C' in ci qualche rudezza, eccessiva forse per gli
animi epistemologicamente pi sensibili, ma non mancano anche le buone ragioni. Ma
nella semantica, come gi abbiamo visto, le diversit non stanno tanto e solo nella
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variet di indirizzi ideologici, metodici, teorici: stanno nella stessa materia trattata.
Spitzer e Tarski non guardano solo in modo differente, ma guardano cose differenti. Di
qui, come gi s' detto, l'importanza di stare attenti ai limiti definitori della materia
trattata, l'impossibilit di tuffarsi e nuotare senza avere prima stabilito di che acque si
tratta (e, anzi, se acque sono e perfino se ci sono). Ma di qui anche una condizione
paradossale, radicalmente problematica, che peculiare della semantica.
Tra i lustige Abenteuer del celebre barone di Mnchhausen ce n' uno che lo vede
impegnato a scalare, sotto l'impeto nemico, la torre dove chiusa la sua bella. Il barone
di Mnchhausen, per superare le linee nemiche e levarsi all'altezza necessaria, si pone
e risolve a modo suo il problema del volo del pi pesante dell'aria: si afferra al codino
della sua parrucca e, tirandolo verso l'alto, grazie alla sua possanza, si solleva
all'altezza voluta. La semantica, come campo di studi, si trova nella medesima
condizione del celebre barone: per costituirsi in modo consapevole e critico non
soltanto deve mettere in discussione il suo nome, ci che pu accadere anche ad altri
rispettabili settori del sapere, ma deve stipulare essa stessa una sua definizione, ossia
deve intricarsi subito in un'operazione vertente sulla sua stessa materia. Pi o meno
come se lo storico bizantino avesse il potere di modificare quella che nella realt fu la
successione degli imperatori e, anzi, dovesse appellarsi a tale suo potere reale per
delimitare la materia storica di cui si occupa.
Le possibili analogie con questo stato della semantica sono fallaci. Anche l'ortografia,
come Wittgenstein ci ricorda, deve occuparsi dell'ortografia della parola !ortografia'.
Ma le possibili scelte su questo punto non hanno necessariamente incidenza sui limiti
della materia di cui l'ortografia si occupa. Anche dei fisici si pu e deve dire, come, con
maggior evidenza, si detto degli studiosi di scienze umane, che essi sono parte della
materia trattata e che il loro osservare induce modifiche nell'osservato. Ma sunt certi
denique fines. Il planetologo non altera il sistema solare (almeno per ora), n
l'economia si costituisce in scienza modificando la realt dei paesi sviluppati o
sottosviluppati.
Il semantico l'unico che, nel mettersi a osservare, non pu cominciare se non
decidendo di indurre trasformazioni non in un punto qualunque della materia
osservata, ma precisamente in quel punto che determina i confini e la quantit e
qualit della materia stessa. Se, come Saussure insegnava, il terzo grande compito della
linguistica delimitare e definire se stessa, per la semantica si tratta non d'un terzo
compito, ma del primo. Ci la mette in una condizione di paradossale e perenne
primordialit. Per una teoria del significato decisivo il significato che si d alla parola
!significato', per la semantica decisiva la semantica secondo cui si atteggia la parola
!semantica'. Ma tale decisivita rinvia a scelte stipulative che deve compiere e compie il
teorico, sia pure in nesso con il materiale fattuale e con le acquisizioni conoscitive a
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esso relative. La teoria, insomma, deve fare leva sulla materia studiata, plasmandola,
per costituirsi come teoria.
Altre scienze possono costituirsi proprio per liberare e col liberare un campo di
discorsi da affaticanti discussioni sulle basi filosofiche delle medesime scienze e
possono, secondo un motto di Whitehead, adoperarsi per dimenticare i loro fondatori.
Per la materia peculiare di cui si occupa, ci negato alla semantica. Essa, sempre che
voglia attingere ai caratteri della criticit e autocorreggibilit propri d'una scienza
avanzata, dalla sua materia sempre costretta a ripiegarsi su se medesima mettendosi
tutta e radicalmente in discussione e riconoscendosi in uno stato di perenne
aporeticit costitutiva, indipendentemente dai problemi particolari che, come ora
vedremo nel nostro caso, possano porsi all'interno di questa o quella determinata
definizione.
5. Un primo problema: scienza o campo di studi?
A parte la condizione aporetica radicale che abbiamo segnalato, e che investe ogni
semantica indipendentemente dalla scelta di accezione del proprio stesso nome da cui
possa muovere la teoria, la definizione di semantica da cui prendiamo le mosse pone
subito, esplicitamente, un primo problema. La definizione stessa, cio, lascia aperta la
decisione se la semantica possa dirsi oggi a buon diritto una scienza o debba invece
dirsi, pi modestamente, un campo di studi.
Sui caratteri di ci che possiamo dire legittimamente una scienza, come si sa, esiste
una mole di discussioni e tesi che certo non trovano qui una sede propria per
un'adeguata evocazione. Non intendiamo, dunque, discutere per ora in che misura ci
che possiamo chiamare semantica mostri i caratteri della dimostrativit, descrittivit e
autocorreggibilit che si riconoscono di solito a una scienza. Del resto, saggiare le
condizioni in cui una semantica possa ambire a presentarsi come dotata di tali
caratteri uno degli obiettivi di questa nostra trattazione. Ma, pi limitatamente,
intendiamo ora riferirci a quel grado di consenso sociale e di convergenza su alcune
assunzioni che, talora trascurate nelle discussioni epistemologiche pi sottili, paiono
un prerequisito tanto ovvio (e perci trascurato da molta epistemologia) quanto non
rinunziabile di ci che chiamiamo una scienza. Pu anche darsi che questo o quel libro
intitolato alla semantica abbia i caratteri che l'epistemologia avanzata richiede a una
costruzione scientifica. Ci che manca all'insieme degli studi e delle opere che alla
semantica si intitolano un sufficiente grado di istituzionalit sociale diffusamente
riconosciuta.
La mancanza di tale istituzionalit non dipende certo dal carattere giovane della
semantica, su cui da varie parti si insistito (P. Meriggi, S. Ullmann, A. Schaff, A. I.
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La definizione data all'inizio del cap. 4 e le riflessioni al termine del cap. 5 vanno nel
senso di proporre che la semantica si costituisca come campo di indagini semiotico,
non ristretto dunque allo studio del solo linguaggio verbale, anche se, sulla linea di
considerazioni gi accennate, inclusivo di questo studio.
La semantica pura, cui accenna Lyons, pur se da Lyons stesso ancorata in modo
specifico alla logica simbolica e concepita soltanto come elaboratrice di modelli per lo
studio della semantica delle lingue storico-naturali, un possibile antecedente
prossimo di questa nostra proposta. Un antecedente pi remoto pu trovarsi in
Saussure, beninteso a patto che si accettino interpretazioni e letture che vedono nella
serie di nozioni chiave del Cours de linguistique gnrale (sistema, esecuzione, segno,
significante, significato ecc.) nozioni che, nate sul terreno della teoria delle lingue,
hanno in realt una portata semiotica generale. In tal caso, distinzioni di fondo della
semantica saussuriana, come quella tra significato e senso, andrebbero viste come
distinzioni proprie di una nascente semantica semiotica, e le riflessioni su taluni
aspetti del significato dei segni linguistici potrebbero essere viste come identificazioni
di ci che peculiare e caratteristico dei segni di una lingua in rapporto ai segni di altri
codici. Si pensi, ad esempio, alla considerazione secondo cui, se una lingua avesse
soltanto due segni, tutti i sensi del mondo si ripartirebbero, almeno potenzialmente,
nei due rispettivi significati. Ma su ci avremo occasione di tornare (v. cap. 15). Infine,
importanti considerazioni sulla diversa natura dei rapporti tra significati e sensi nelle
lingue e in altri tipi di comunicazione e di linguaggio si possono trovare nell'opera
maggiore di L. Hjelmslev (che pensava per alla semantica come a una scienza
essenzialmente ristretta allo studio del contenuto delle lingue storico-naturali) e negli
scritti di L. Prieto.
Anche se non priva di antecedenti, la semantica come studio semiotico e, in quanto
tale, inclusivo dello studio della semantica di linguaggio verbale e lingue, ancora da
costruire. Essa ancora in attesa di guadagnarsi sul campo il diritto a una vita
autonoma, svincolandosi dalla dominanza acritica delle considerazioni vertenti
esclusivamente sul linguaggio verbale.
Tale dominanza assume aspetti diversi. Da un lato, c' la dominanza de facto: come
per ogni altro aspetto, anche per la dimensione semantica, ancorch trascurata da
molti linguisti, le nostre conoscenze sulle lingue storico-naturali superano per mole e
variet quelle relative a ogni altro linguaggio.
Ma vi anche una dominanza che diremo de iure, legata cio a ragioni teoriche
generali. Pare di poter scorgere almeno due importanti ragioni che hanno assicurato e
continuano ad assicurare alla sezione linguistica della semantica semiotica un
predominio tale da occupare l'intero campo.
Le lingue storico-naturali non paiono un qualunque tipo di codice. Esse hanno una
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certamente alle lingue un posto atipico nell'insieme assai pi esteso delle forme di
comunicazione. E poich tale carattere di natura propriamente semantica, la
semantica linguistica investita di questa peculiarit rispetto agli altri capitoli della
nascente semantica semiotica o generale o pura che dir si voglia.
Il rapporto tra la semantica delle lingue storico-naturali e le semantiche di altri
linguaggi stato prospettato fin qui, sia pure per cenni che a suo luogo amplieremo, in
termini di maggior potenza dell'una rispetto alle altre, al complesso delle altre. Con le
lingue ci concesso dar forma a tutti (dicono i teorici citati) i sensi possibili. Ma, ai fini
del nostro discorso sulla tendenza ad assegnare un primato de iure alla semantica delle
lingue storico-naturali, occorre dire di pi. Direzioni assai diverse di pensiero
(rammenteremo i portorealisti, Leibniz, K. Gdel, il Wittgenstein delle Ricerche
filosofiche) convergono nel riconoscere nella lingua storico-naturale la matrice ultima
di ogni possibile calcolo, elaborazione simbolica, determinazione formalizzata di altri
linguaggi, ecc. In tanto possiamo costruire una semantica formale di linguaggi
formalizzati in quanto possediamo e sappiamo usare una lingua. In tanto possiamo
dare attendibilit critica, dimostrativit, sistematicit, autocorreggibilit agli altri
capitoli della semantica semiotica, in quanto li connettiamo al capitolo linguistico.
E non basta ancora. Con ci abbiamo enunziato le ragioni di un primato teorico, de
iure, che ancora solo metodologico. Uno studioso italiano, Emilio Garroni, trasferisce
ed estende il primato dal piano della grammatica riflessa al piano della grammatica
vissuta. A parte il caso dei linguaggi simbolici e formali, che chiaramente
presuppongono l'uso di una lingua storico-naturale e che potremmo dunque dire
postverbali, vi sono o si dice che vi siano linguaggi nonverbali umani (gestualit,
prossemica, mimo) o usati da animali diversi dagli umani. L'idea di Garroni che non
solo noi possiamo sottomettere ad analisi tali linguaggi altri in quanto l'armamentario
analitico tratto, come ogni altra terminologia analitica, dalle cave del linguaggio
quotidiano (primato metodologico della verbalit); ma che, ben di pi, noi riusciamo a
riconoscere i linguaggi altri, riusciamo a !viverli' come linguaggi, in quanto su di essi,
sulla zona di esperienza che essi sono, a torto o a ragione proiettiamo l'esperienza del
linguaggio verbale. La capacit di parola che portiamo in noi come umani non cos
solo una matrice metodologica di semiotiche del postverbale e del nonverbale, ma
una matrice vissuta, esistenziale. Solo perch !die Sprache spricht", secondo il motto
di Heidegger, possiamo concepire altres che, in qualche parte e per qualche aspetto,
!dar Nichtsprachliche spricht".
L'impianto della definizione di semantica da cui abbiamo preso le mosse , agli occhi di
chi non conosca lo stato delle questioni, un impianto concettualmente neoaristotelico,
di grande moderazione, perfino di piatta scolasticit. Il linguaggio verbale non altro
che uno dei tipi di linguaggio: la sua semantica non che una delle altre semantiche.
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Nella misura in cui (e si tratta d'una misura che, come vedremo, variabile) un
emittente e un ricevente si incontrano nel riconoscere uno stesso senso a uno stesso
segnale (e anche sull'aggettivo !stesso' dovremo tra breve tornare), cio si incontrano
nel realizzare, sia pure in direzioni diverse, un atto semico, diciamo che essi
comunicano tra loro.
Il problema generale della comunicazione , in definitiva, un problema semantico: si
tratta di trovare le condizioni ottimali per riceventi o emittenti di data natura e
struttura al fine di concordare nel riconoscere uno stesso senso per uno stesso segnale,
a seconda dei tipi di sensi da riconoscere e a seconda delle possibilit di produrre e
ricevere tipi di segnali. Tali condizioni si raccolgono e articolano in varie, innumerevoli
tecniche che regolano e favoriscono la trasmissione e comprensione del senso
attraverso segnali. I diversi tipi di comunicazione, i diversi linguaggi, sono appunto tali
tecniche. Prima di esaminarle, occorre mettere in chiaro che esistono limiti e
condizioni generali entro cui si esercitano le possibilit di scelta e di utilizzazione delle
tecniche di comunicazione. Si tratta di limiti e condizioni di natura assai diversa. Per
una parte, sono di natura che diremo !materiale', in quanto dipendono dalla qualit
fisica, meccanica, biologica sia dei soggetti emittenti e riceventi sia dei segnali e
messaggi. Per un'altra parte si tratta di limiti e condizioni di natura !formale', in
quanto si tratta di costrizioni entro cui deve muoversi qualsiasi tipo di emittente e
ricevente per qualsiasi tipo di senso e segnale. A entrambi i tipi di limiti e condizioni
possiamo dare il nome di !arbitrariet', nell'un caso !materiale', nell'altro e secondo
!formale'.
A. L'arbitrariet semiotica materiale. Se, tornando all'inizio di questo capitolo,
riprendiamo in considerazione l'entit x o quella y, diciamo che non vi nessun motivo
intrinseco soltanto a esse per cui necessariamente, naturalmente, debbano figurare
come della o come senso, per cui si abbia [x] piuttosto che !x' o [y] piuttosto che !y'.
L'assunzione di un frammento di mondo possibile a della o a senso poggia su una
scelta compiuta da emittenti e riceventi col solo limite delle loro capacit e dei loro fini.
Nell'esperienza umana comune che, dato un rapporto semiotico, ci che in esso
figura come della possa venire assunto da un altro rapporto semiotico come senso e
viceversa. In un rebus o in un alfabeto di sordomuti due indici a croce possono essere
un segnale il cui senso per un ricevente italiano la sequenza di lettere c, r, o, c, e. In
quest'atto semico abbiamo dunque: !croce'. Ma questa stessa sequenza, per chi legge,
funge da della della sequenza fonica che a essa corrisponde in base alle regole
dell'ortografia e della pronunzia dell'italiano. E tale sequenza fonica, senso
corrispondente al segnale grafico, funge a sua volta, nel parlato, da segnale che pu
indicare, per esempio, !+'. A sua volta [+] pu indicare la parola italiana !pi', oppure
l'operazione dell'addizionare, o, ancora, un incrocio, o un passo corrotto di un antico
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testo, ecc. Attraverso slittamenti continui ci che della assunto a senso e viceversa.
Un limite alla libert di scelta di ci che pu essere della o senso rappresentato dalle
difficolt di produzione e ricezione di questo o quel tipo di entit per una o altra
categoria di emittenti o riceventi. Se consideriamo il massiccio del Monte Bianco e la
grafia Monte Bianco, si capisce che per la generalit degli esseri viventi sulla Terra
nella scelta tra i due sia inevitabile assegnare il ruolo di segnale alla grafia e il ruolo di
senso al massiccio montuoso. Esempi del genere possono facilmente moltiplicarsi:
congegni o esseri che non siano in grado di percepire radiazioni infrarosse non
possono adoperare segnali ottici prodotti su questa lunghezza d'onda; tutti i segnali
ottici sono preclusi a congegni o esseri incapaci di percepire radiazioni luminose, ecc.
Entro questi limiti posti dall'organizzazione meccanica o biologica, in s e per s
l'assegnazione del ruolo di segnale o messaggio a un'entit dipende dall'arbitrio di
emittenti e riceventi. Chiamiamo questa libert di scelta nell'assegnare a un'entit il
ruolo di della o senso, !arbitrariet materiale'. E diciamo !limiti materiali
all'arbitrariet' i limiti posti a tale arbitrariet dai rapporti tra le caratteristiche
intrinseche delle entit in gioco uome segnali o sensi e le caratteristiche meccaniche o
biologiche di emittenti e riceventi.
B. L'arbitrariet semiotica formale. Perch un emittente o ricevente possa stabilire un
rapporto semiotico tra due entit, evidentemente necessario che possa operare con
ciascuna entit come quella particolare, determinata entit. Un problema d'identit
non si pone dunque solo per quanto riguarda l'identit del senso trasmesso da u
emittente e riconosciuto da un ricevente, ma, ben pi radicalmente, alla sorgente
stessa dell'atto semico, al momento dello stabilirsi di un rapporto semiotico quale che
sia.
Assumiamo che determinare l'identit di una entit, sia essa senso o segnale, comporti
determinarne le caratteristiche che la rendono particolare, non confondibile con altre
entit.
Chiamiamo !caratteristica intrinseca d'una entit' ogni rapporto tra un'entit e
un'altra.
In un universo popolato da un numero finito di entit, l'identificazione di un'entit pu
avvenire attraverso un numero finito di atti intesi a determinare le caratteristiche
intrinseche dell'entit in questione. Ma un universo popolato da un numero infinito di
entit (e l'infinit pu dipendere dall'illimitatezza spaziale e/o temporale dell'universo
e/o dal carattere continuo, cio infinitamente divisibile, della durata e/o dello spazio)
tale per cui, essendo le entit di numero infinito, ogni entit ha un numero infinito di
caratteristiche intrinseche.
Se un'entit possiede un numero infinito di caratteristiche intrinseche, la sua
identificazione possibile ammettendo che l'identificante stesso sia capace di un
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caratteristica. Ogni volta che operiamo con un'entit come con !la stessa entit' ci
riferiamo al riconoscimento del dovuto numero di caratteristiche pertinenti nell'entit
in questione, non mai alla inattingibile totalit delle caratteristiche intrinseche. Di
conseguenza, ogni operazione di identificazione comporta come condizione necessaria
e sufficiente l'inclusione di un'entit in una classe di (potenziali) entit dotate del
dovuto numero di caratteristiche pertinenti, e la sua esclusione dalla classe (unica, se
una sola la caratteristica pertinente) o dalle classi (se vi sono pi caratteristiche
pertinenti) di entit non dotate del numero di date caratteristiche pertinenti.
Un insieme di classi siffatto, tale cio che i rapporti tra le classi siano definibili in
termini di presenza o assenza di caratteristiche pertinenti, viene detto !sistema'.
Le caratteristiche pertinenti, per essere tali, devono di necessit e con evidenza: 1)
raggrupparsi in un numero finito per ciascuna entit da identificare; 2) costituire per
ogni sistema un numero complessivamente finito (poich l'operazione di
identificazione attraverso caratteristiche pertinenti sarebbe impossibile sia in caso di
infinit dei tratti pertinenti di un'entit sia se la lista dei tratti pertinenti da cui trarre
quelli possibilmente presenti in un'entit fosse una lista infinita); 3) essere ciascuna
identificabile con un numero finito di operazioni, ossia essere assunta: a) come
elemento che si definisce e pone come non ulteriormente analizzabile ai fini
dell'identificazione delle entit in cui appare o non appare; ovvero b) come elemento
(monema: v. cap. 9) che si analizza e si pone come articolato in un subsistema di tratti
pertinenti di secondo ordine (deuteremi), a loro volta o non ulteriormente analizzabili
ovvero analizzabili in tratti (tritemi, ..., enne-emi) derivati in ogni caso da un numero
finito di ulteriori subsistemi.
Seguendo l'uso di Saussure e Hjelmslev, diremo d'ora in poi !forma' l'insieme delle
caratteristiche pertinenti che, con la loro presenza o assenza, definiscono la classe di
un sistema. Ogni entit che si identifichi in quanto presenta certe caratteristiche
pertinenti detta !replica' o !realizzazione' della forma. La descrizione dei rapporti tra
una forma (o una classe) e l'insieme delle caratteristiche pertinenti di un sistema ci
che chiamiamo !descrizione strutturale' della forma (o della classe).
Entro i limiti materiali di cui gi si parlato, non vi ragione dipendente dalle sole
caratteristiche intrinseche delle entit per cui in esse sia trascelta una o altra
caratteristica come pertinente e per cui le caratteristiche pertinenti si raggruppino in
sistema in un modo o nell'altro: limiti materiali a parte, ogni sistema di classificazione
e ogni forma poggiano su scelte non condizionate, arbitrarie. Tale arbitrariet di
sistemi e forme ci che chiamiamo !arbitrariet formale'.
Ci che abbiamo detto consente di precisare la nozione di rapporto semiotico
enunziata all'inizio di questo capitolo. Non solo il rapporto semiotico, ma in generale
ogni messa in rapporto di due entit particolari, concrete, avviene, per usare le
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decomposto, sezionato in parti associate ciascuna a una parte del significato e del
segno.
In molte situazioni, un senso che, giudicandone equivalenti le parafrasi che possiamo
darne con frasi della nostra lingua, possiamo dire !uno stesso senso' (e certamente di
nuovo dobbiamo invocare come propizia qui l'ombra del barone di Mnchhausen o
quelle, meno scherzose, di quanti, da Schleiermacher a Dilthey e Heidegger, han
riflettuto sullo Zirkel im Verstehen), pu essere considerato la realizzazione, la replica
di forme segniche appartenenti a codici semiologici diversi. Supponiamo di trovarci in
uno stato, ad esempio, di perplessit. E supponiamo di voler dare di ci notizia a un
interlocutore: possiamo compiere dei gesti, che in alcune aree culturali sono
abbastanza codificati (simulare una ripetuta leggera grattata della nostra nuca o del
mento, oppure corrugare o marcare le sopracciglia), oppure possiamo dire qualche
frase come, in italiano, !sono piuttosto perplesso! oppure !quel che sto leggendo mi
lascia parecchio in dubbio!. Le grattatine o l'inarcare le sopracciglia ecc., i gesti,
insomma, realizzano segni i cui significati stanno in un rapporto globale col senso
espresso: non lo sciolgono in parti, esprimono nell'insieme e senza suddistinzioni un
generico, complessivo stato d'imbarazzo. Consideriamo i segni verbali italiani: essi non
solo veicolano un senso, ma lo decompongono in parti, danno forma il primo al fatto
che la perplessit di un maschio, non assoluta, travolgente, ma relativa ecc., il
secondo alla causa della perplessit, a sua volta sottoposta ad analisi, ecc.
Del resto, anche senza chiamare a confronto il linguaggio verbale (e tuttavia pur
sempre servendocene non solo per parlare della questione, che ovvio, ma come
!garanzia' sul punto cruciale della assimilabilit o identificabilit di sensi inclusi in
significati di segni appartenenti a codici diversi), osservando i semafori stradali a tre
luci e tre dischi (rosso, giallo, verde) e quelli a tre luci, ma con quattro o cinque dischi
(in questi i due o tre dischi della luce verde includono indicazioni direzionali),
confrontiamo due codici entrambi molto semplici: il primo ha segni che intrattengono
un rapporto globale con i possibili sensi; il secondo ha segni che, l dove il primo pu
indicare solo !alt", indicano e distinguono !alt per tutti", !alt per chi procede dritto o a
sinistra", !avanti tutti", !avanti per chi procede a destra", ecc.
Ancora un esempio familiare: consideriamo il segno !6! della numerazione araba in
base dieci, il segno !110! della numerazione araba binaria, il segno !VI! della
numerazione romana classica. Lo stesso valore numerico assunto globalmente nel
primo segno; nel secondo, invece, dissociato nelle parti, leggendo da destra, !nessuna
coppia-una coppia-una coppia di coppie" ( decomposto cio negli addendi
!123-1+122-1+021-1"); nel terzo, infine, decomposto in !cinque unit pi una unit".
Se un segno si decompone in parti ciascuna delle quali portatrice di una parte del
significato complessivo del segno, lo diciamo !articolato' o !analizzabile' in parti, alle
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rispetti una delle tre condizioni dette. Per esempio, le targhe automobilistiche, che
prevedono un numero limitato di posti in cui possono apparire come entit di base in
alcuni le 24 lettere dell'alfabeto, in altri le 10 cifre arabe decimali, sono segni che
consentono di distinguere un numero grandissimo, ma non potenzialmente infinito di
vetture.
3. Criterio della sinonimia o intersecabilit dei significati. Definiamo !sinonimi' i segni
o gli iposemi con significati che possono includere uno o pi sensi in comune. Si ha
!sinonimia' quando uno stesso senso pu essere incluso in due o pi classi di senso, in
due o pi significati di uno stesso codice.
Gi da esempi fatti prima chiaro che non tutti i codici semiologici ammettono la
sinonimia. Anzi, certe segnaletiche, certi sistemi di classificazione, di cifrazione, di
registrazione di misure ecc., tanto meglio sono fatti quanto pi nettamente rispettano
il !principio della esclusivit' nella determinazione dell'appartenenza di un senso a uno
e un solo significato, cio quanto pi nettamente i significati e segni, anche articolati,
sono non intersecantisi. Targhe automobilistiche, sigle di collocazione in una
biblioteca sono tali che un segno e un segno solo identifica una vettura sola o un solo
libro e viceversa, e questa corrispondenza fondata su un rigido rispetto del principio
dell'esclusione, spinto alla biunivocit, pu alterarsi soltanto per falsificazioni punite
dalla legge o per lamentevole errore di bibliotecari.
Ci che patologico in codici semiologici come quello delle targhe automobilistiche o
delle collocazioni bibliotecarie, fisiologico in altri codici. Anzi, vi sono codici in cui la
bont dell'insieme e l'abilit dell'utente stanno nella disponibilit a usi sinonimici. Ad
esempio, tra i primi rudimenti della notazione musicale impariamo che i simboli di
due note brevi equivalgono al simbolo di una minima (" " = ), che due minime valgono
una semibreve ( =0) ecc. Impariamo, dunque, notazioni, segni in cui caratteristica
la sinonimia. Nella segnaletica stradale sono numerosi i segni sinonimi tra segnaletica
orizzontale e verticale e, ove queste vogliano considerarsi non uno ma due distinti
codici semiologici, si danno sinonimi anche all'interno di uno solo dei due.
L'aritmetica elementare offre esempi innumeri di sinonimia. Uno stesso valore
numerico, per esempio !sedici', pu essere significato con una gran quantit di segni
diversi, !16!, !17*!, !18*2!, !10+6!, !9+7!, !2"8!, !32:2! ecc. La variet di segni
ancora pi grande se aggiungiamo alle quattro elementari altre operazioni: !24!, !42!,
!64/4!, !#-2-5-6!, !#-6-4+23!, ecc.
Le sinonimie aritmetiche ora stabilite ci danno esempi di equivalenza, di possibili
parafrasi sinonimiche non, o soltanto assai debolmente, condizionate. In linguaggi
matematici pi complessi dell'aritmetico troviamo sinonimie condizionate. Per
esempio, in un piano cartesiano il punto di ascissa (x) 2 e ordinata (y) 8, cio il punto
(2; 8), pu essere considerato uno dei punti di una retta definita dall'equazione
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per l'innanzi esclusi. A tale potenziale trasferibilit di limiti dei significati diamo il
nome di metaforicit.
Come cercheremo di mostrare, l'applicazione di questi quattro criteri porta a una
classificazione esclusiva, esaustiva (allo stato attuale) ed economica degli innumerevoli
codici semiologici e tipi di linguaggio. Nell'ordinare l'esposizione seguiremo due
principi: assumeremo i quattro criteri come altrettanti caratteri pertinenti ed
esamineremo i codici andando dai pi semplici verso i pi complessi.
Come gi avevamo accennato, i quattro criteri possono essere assunti come altrettanti
caratteri pertinenti: 1) articolatezza; 2) infinit; 3) sinonimicit; 4) metaforicit (dei
segni). I codici pi semplici sono quelli a tratti pertinenti zero, caratterizzati cio
dall'assenza di ognuno dei quattro caratteri ora elencati. All'estremo opposto della
scala stanno i codici caratterizzati dalla presenza di tutti e quattro i caratteri pertinenti.
Allo stato attuale pare esaustivo distinguere cinque categorie di codici semiologici
secondo la seguente matrice.
Tabella
All'interno di ciascuna categoria, e sempre riferendoci ad aspetti semantici, e in
subordine sintattici, ordineremo l'analisi dei codici semiologici appartenenti a ciascuna
obbedendo al criterio ordinativo !dal semplice al complesso'.
10. Linguaggi a segni inarticolati
Il modo pi semplice di ripartire i sensi in significati che tra i sensi da identificare e
trasmettere o comprendere sia colta e stabilita una sola possibile caratteristica
comune, un' unica caratteristica o tratto pertinente che, con la sua presenza o assenza,
ordini in due sole classi l'intero campo dei sensi: da un lato la classe delle entit di
senso prive del tratto, dall'altra la classe delle entit dotate del tratto. Due significati,
collegati ciascuno a un suo significante, ordinano l'intero insieme dei sensi
individuabili con il codice semiologico. Due segni consentono a emittente e ricevente
di comunicare in proposito. Da un punto di vista segnaletico, si noter che, molto
spesso, la realizzazione del significante d'uno dei due segni affidata al mantenimento
d'uno stato inerziale, ci che induce l'osservatore superficiale (non necessariamente il
profano) a credere che si sia in presenza di codici a un solo segno.
Un caso tipico quello delle spie luminose che, in molti congegni e apparati, si dice che
significano o comunicano accendendosi. In verit, le spie hanno due stati, due
significanti e significati, e il loro codice , come deve essere per definizione, ad almeno
due segni: 1) !/luce spenta/: !x"!; 2) !/luce accesa/: !non x"!.
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a denotare una classe di sensi, cio, in questo caso, una classe di suoni corrispondente
alla classe di grafie rappresentanti la lettera. Tradizionalmente, da tempi remoti, gli
scribi, poi i maestri di scuola, hanno ordinato in una certa successione fissa
convenzionale le lettere. In un alfabeto come quello greco il segno !+! non ha come
corrispettivo di senso soltanto dei suoni tipo quelli denotati nell'Alfabeto Fonetico
Internazionale da [b]; ma indica anche una classe di suoni e di lettere che occupa il
secondo posto in una serie che si apre con il segno !$! e si chiude col segno !,!.
Possiamo rappresentare il significato composito (ma non articolato: v. oltre) del segno
!+! scrivendo: !fonema /b/ del greco classico, secondo elemento di una serie aperta da
!$! e chiusa da !,!".
Anche il sistema di cifrazione araba, sia l'usuale in base dieci sia i meno usuali in base
due ecc., includono un certo numero di entit di base, dieci (nell'usuale cifrazione in
base 10) o due ecc. (nelle cifrazioni d'altra base), che, in s, possono considerarsi un
codice semiologico seriale. Nel caso della cifrazione in base dieci, le dieci cifre di base,
da zero a nove, possono considerarsi altrettanti segni ordinati in serie: !2! ha un
significato che !due", ma i sensi appartenenti a tale significato includono tutti un
tratto !maggiore (o successore) di uno' e un tratto !minore (antecessore) di tre'.
Dalla collocazione del segno nella serie dipendono i valori che il suo significato pu
assumere. Parliamo di !paradigma' e di !rapporti paradigmatici' per designare le serie e
i rapporti di un segno con altri della medesima serie, mentre diciamo semplicemente
!associazione' e !rapporti associativi' l'insieme dei segni di un codice semiologico e i
rapporti non seriali tra tali segni. Il costituirsi di una serie paradigmatica ha riflessi
sulla forma del significato, che, come si visto, composito.
Osserviamo ora le caratteristiche di questo tipo pi semplice di codici.
A. I segni sono inarticolati. Nel significante /rosso/ dei semafori non c' niente che
permetta di riconoscere che esso correlato a un significato opposto a quello correlato
al significante /verde/: dobbiamo saperlo prima. Comprendiamo il significato di un
segno se lo conosciamo gi. L'apprendimento e la conoscenza del codice coincidono
con l'apprendimento e la conoscenza dei suoi segni.
All'interno del codice i segni hanno tra loro un rapporto di contrapposizione reciproca
globale. Ci ha riflessi semantici: i significanti non si suddistinguono in parti ciascuna
portatrice di una parte del significato complessivo. L'intero significante portatore
dell'intero significato.
B. I segni sono di numero finito. Due, per lo meno, oppure, come si visto, tre,
quattro, dieci, ecc. Nelle scritture ideografiche i segni possono arrivare a essere anche
migliaia. Si tratta comunque di numeri finiti, anche se oscillanti. Un codice
semiologico di questo tipo pu ammettere solo in linea teorica segni di numero
infinito: sarebbe in tal caso utilizzabile soltanto da utenti capaci di memoria infinita e
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regole di vari giochi di carte che ordinano sia i semi sia le figure secondo una scala
decrescente di valori, il significato del fante di cuori viene ad essere in tali giochi
rappresentabile come !fante, inferiore a regina, superiore a dieci/di cuori, superiori a
quadri, fiori, picche".
Il ricorso a questo tipo di codici consente di ordinare un numero assai alto di significati
(tipi di stoffe, di utensili, libri, ecc.), variamente disposti in serie tra loro attraverso i
vari monemi costitutivi del segno, a partire da un numero molto modesto di monemi e
da alcune semplici regole di coordinamento dei monemi in segni (sintassi). Codici del
genere spesso hanno un numero solo finito di segni e prevedono tra i significati un
rapporto di tipo esclusivo, senza possibili sinonimie.
12. Linguaggi a segni articolati di numero infinito
Un qualsiasi codice semiologico articolato o, pi in genere, una qualsiasi combinatoria
prevede un numero infinito di segni o, pi in genere, di raggruppamenti dei monemi o
unit in cui i segni o raggruppamenti si articolano a tre condizioni: 1) che i
raggruppamenti siano disposizioni (ossia siano diversificabili in base al diverso
ordinamento delle unit costitutive); 2) che l'iterazione di una stessa unit sia possibile
e distintiva; 3) che, dato un raggruppamento, sia sempre possibile un raggruppamento
con un'unit in pi.
Nella cifrazione romana o nelle cifrazioni arabe valgono queste tre condizioni e
pertanto abbiamo a che fare con linguaggi capaci d'identificare sensi attraverso un
numero potenzialmente infinito di significati, ciascuno correlato a un significante
distinto.
Rispetto alla cifrazione romana, quelle arabe si qualificano per una maggiore
economicit di sintagma ottenuta rendendo pi complessa la sintassi. Il valore
dell'unit, del monema in praesentia, determinato dal prodotto della sua
collocazione nel paradigma delle unit e della sua collocazione nel sintagma della cifra.
Mentre nella numerazione romana il monema !-M-! vale sempre mille, nelle cifrazioni
arabe !-2-! ha significati assai diversi: a) a seconda del paradigma in cui inserito
(cifrazione in base tre, quattro, ... dieci, ... enne); b) a seconda del suo posto nel
sintagma, in quanto il valore assegnato al monema nel paradigma viene moltiplicato
per la base elevata a una potenza pari al posto del monema, posto contato a partire da
destra verso sinistra, meno uno. Pertanto la presenza del monema !-2-! vale !due
unit" nel segno !2! di una cifrazione ternaria o pi che ternaria, vale !due terne" o
!due quartine" o !due decine" nel segno !21! letto secondo una cifrazione ternaria o
quaternaria o decimale, vale !due terne di terne" o !due quartine di quartine" o !due
decine di decine" nel segno !221! letto rispettivamente secondo una cifrazione
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anche attraverso l'applicazione di estesi metodi di verifica, come quello di Viggo Brun.
Orbene, il rigore assiomatico-deduttivo postulato dalle teorie chomskiane per la lingua
superiore a quello riscontrabile nella stessa aritmetica. Tuttavia, rilevare la debolezza
di quest'assunto chomskiano ha valore di mero argumentum ad hominem. Perch mai
escludere a priori (ci si potrebbe chiedere) che la lingua sia un calcolo ancor pi
coerente ed effettivo della stessa aritmetica?
In verit, abbandonando il terreno delle argomentazioni puramente polemiche, pare
innegabile che la lingua abbia non pochi caratteri che abbiamo gi incontrato trattando
dei codici definiti calcoli: 1) come nelle combinatorie, nelle cifrazioni e nei calcoli, i
segni linguistici, le frasi, risultano articolati in monemi; 2) come nelle cifrazioni e nei
calcoli, il valore della presenza di un monema risulta, anche in molti segni linguistici,
dalla collocazione del monema nella serie paradigmatica, cui appartiene, rapportata,
secondo il posto che ha, alla struttura profonda del segno; 3) come nelle cifrazioni e nei
calcoli, dato un insieme di unit di base, cio un insieme di monemi o vocabolario,
possibile generare un numero infinito di frasi applicando ricorsivamente un numero
chiuso di regole di formazione; 4) come nei calcoli, tra frasi diverse possono stabilirsi
rapporti di sinonimia, oltre che di esclusione; 5) molti funtori e connettivi logici sono
determinazioni, raffinamenti simbolici di monemi di lingue storico-naturali (e, o, vel,
aut, esiste, ecc.).
Ancora pi in genere, deve dirsi che i linguaggi simbolici e di calcolo, cos come le
terminologie dei discorsi scientifici, sono filiazioni di lingue storico-naturali e in
rapporto a queste vengono prescelti in ultima analisi assiomi e primitivi, come gi
avevano chiaro Leibniz e i grammatici e logici di Port-Royal. Infine, il pi antico tipo di
calcolo, l'aritmetica dei numeri naturali, pu in larga parte considerarsi come una
parte delle lingue storico-naturali i numeri sono prima di tutto nomi di numero, parole
e sintagmi; e di parole, sintagmi e frasi sono fatte le quattro operazioni.
Questi caratteri delle lingue storico-naturali sono tali da giustificare ampiamente la
spinta secolare a considerare le lingue come calcoli. Ma una giustificazione storicoculturale non ancora una giustificazione formale. Perch una lingua storico-naturale
sia un calcolo dobbiamo riscontrare in essa le condizioni necessarie al costituirsi di un
calcolo. Tali requisiti sono: 1) la non creativit a) dell'insieme V (vocabolario),
comprensivo dei monemi, delle unit che possono figurare nelle operazioni del calcolo
e b) dell'insieme R (regole), comprensivo delle regole ordinate di combinazione dei
monemi e formazione delle operazioni; 2) la connessit sintattica delle proposizioni
del calcolo, tutte necessariamente ben formate secondo 1a e 1b e cio univocamente
riducibili a V applicando R; 3) l'effettivit dei procedimenti di formazione delle
proposizioni o operazioni e della loro univoca riduzione a V in base a R.
Si tratta di tre requisiti evidentemente connessi in modo assai stretto, talch si possono
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una sostanza (tale tipo di contraddittoriet di sintagmi omonimi d luogo alla figura
retorica individuata dagli antichi come antanaclasi); d) perch una proposizione tale
da risultare autocontraddittoria: Io mento; La presente asserzione falsa.
4. Elenco. Ogni sequenza di parole e, anzi, di monemi possibile come segno di una
lingua, in quanto serie infinite di segni di una lingua sono date dall'elenco delle parti
degli infiniti segni di una lingua, ordinati secondo criteri disparati (ordine alfabetico,
lunghezza, ecc.). Da questo punto di vista !bel di e Gianna gustato ho il letto libro! ,
oltre che un singolare endecasillabo, un buon segno italiano elencante le parole di un
altro segno italiano: !ho letto e gustato il bel libro di Gianna!.
5. Correctio o editing. Non soltanto in fase di esecuzione, ma nella progettazione del
segno, dunque a livello di forma linguistica, si hanno fenomeni di editing (Ch.
Hockett), la correctio della retorica classica: !J'aime, que dis-je aimer?, j'idolatre
Junie".
6. Autonimia e riflessivit. I segni linguistici possono sempre designare se stessi o una
parte di se stessi, nominarsi, descriversi, analizzarsi sotto l'aspetto del significante,
delle sue realizzazioni, del significato, dei suoi sensi, del segno, della sua produzione,
ecc. Altrimenti detto, tra i segni di una lingua sono inclusi segni aventi carattere
metalinguistico in rapporto alla lingua stessa e ai suoi segni: la possibilit di elenchi, la
correctio, la contraddittoriet di tipo b e d dipendono da ci. E nota la postulazione
dell'esclusione di asserti riflessivi e autonimici dai calcoli. Ed largamente e
comunemente sperimentabile (a parte i noti paradossi) l'esistenza di enunziati
significativi e non necessariamente paradossali di carattere riflessivo,
autometalinguistico: Questa frase che sto scrivendo e stai leggendo per certi aspetti
senza capo n coda; Topo un bisillabo; Topo si scrive con una p; Topo a Roma
presenta la lenizione dell'occlusiva intervocalica; Giovanni ha scritto topo con la
matita; Sabina ha cancellato il topo di Giovanni; Topo un eufemismo; Come
dicevano gli scolastici, topo non mangia cacio. Ovviamente, essi coesistono con
enunziati, spesso omonimi, non metalinguistici.
7. Omonimi. Nell'insieme vocabolare delle lingue esistono omonimi (omofoni e/o
omografi): significanti di significato diverso non determinabile in base a criteri formali
nella sua diversit, non disambiguabile in modo calcolabile.
La scommessa della semantica integrata cui si accennava dianzi (v. cap. 3) si gioca al
cospetto di tutte le evidenze di questo capitolo: delle evidenze attestanti una continuit
e contiguit tra la sfera dei calcoli e linguaggi simbolici e la sfera delle lingue; e delle
evidenze attestanti la impossibilit di ridurre una lingua storico-naturale, per la sua
composizione, per i segni e modi d'uso dei segni che ammette, a un calcolo. Vi un
punto nello spazio teorico dal quale sia riconoscibile, senza fuoriuscire dalla razionalit
scientifica, senza violarne le garanzie, ci che di non razionalizzabile e calcolabile vi
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nella natura e nel funzionamento della semantica e, anzi, d'ogni altra parte delle
lingue? I capitoli che seguono si avviano a delineare un modo che comporta una
risposta positiva a questo interrogativo.
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a quei soggetti male informati del funzionamento di un codice e della consistenza dei
sensi del suo campo noetico. Da questo punto di vista, anche i segni pi netti del pi
rigido dei codici si possono presentare come vaghi a utenti poco accorti. Interessano
invece quei casi in cui la vaghezza non solo pragmatica, ma sintattica, in quanto
(solo o anche) inerente ai segni e al codice. Nella simbologia protocristiana ogni tipo di
pesce pu veicolare il senso !Cristo' o vi sono tipi di pesce che non si adattano a tale
senso? Nel linguaggio napoletano dei gesti, grattarsi il mento esprime solo dubbio o
pu essere usato per esprimere negazione? E rifiuto? E quante precisamente devono
essere le grattate del mento?
La vaghezza chiaramente una condizione segnica, non soltanto semantica dove essa
presente, investe del pari significante e significato. Il segno, pi che circoscrivere con
precisione una classe di segnali capaci di indicare i sensi di una classe circoscritta con
altrettanta precisione, lo strumento di un'attivit allusiva, di un gioco orientato a
stabilire un'intesa tra utenti perch con dei segnali tra loro assimilabili ci si rivolga
verso un gruppo di sensi. Pi che un rapporto tra classi, viene a stabilirsi su questa via
un rapporto tra una zona, un'area del contenuto, e un'area dell'espressione.
L dove le cose stanno cos, la previa intesa tra utenti del codice, altrove sola
necessaria e sufficiente, non basta pi. L'intesa va riconfermata di continuo sul campo
e non riconfermabile senza quell'atteggiamento reciproco tra utenti che Lenneberg
ha detto tolerance upon the field.
Nella cornice di tale tolleranza e sul terreno della indeterminatezza di confini del
significante e del significato, come le realizzazioni del significante possono oscillare
fortemente tra una maggiore e una minore nettezza, e sulla via della minore nettezza e
del rilassamento scivolare verso segnali sempre meno assimilabili a quelli iniziali, cos
i collegamenti del significato a nuovi sensi possono progressivamente ampliarsi.
Wittgenstein ha indicato la regola delle Familienhnlichkeiten come regola che
presiede al procedere degli intrecci di nuovi sensi a una famiglia preesistente: pi in
generale opera una regola di contiguit che in qualche modo si ponga tra segno (e suoi
utenti o realizzazioni preferenziali) e altri sensi.
La trasferibilit progressiva dei confini del significato fino a includere nuovi sensi in
base a contiguit che nascano o si cerchino ci che diciamo metaforicit.
Vi certamente un legame tra metaforicit dei segni e monemi e onniformativit
semantica delle lingue. Da un punto di vista genetico lecito supporre che il bisogno di
nominare nuovi sensi abbia spinto a rompere la determinatezza semantica
generalmente propria dei codici zoosemiotici, trasformando i segni a significati
determinati in parole con significati (e significanti) flessibili. Dal punto di vista
fenomenologico e funzionale, conviene assumere la indeterminatezza come la
condizione primaria entro la quale possibile, tra l'altro, estendere i confini di
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formalmente, i confini del segno, i rapporti tra segno e suoi elementi costitutivi e tra
segno ed enunziatore, interlocutori, situazione. Definiamo morfologici o grammaticali i
monemi e gli elementi di vocabolario di solito pi specificamente impegnati in questi
compiti, mentre diciamo lessicali i monemi di solito impegnati nell'identificazione di
sensi esterni al processo di produzione del segno. Diciamo subito che, diversamente da
ci che avviene nei calcoli, dove netta la distinzione tra termini e operatori, e dove
sempre definita la determinazione dei rapporti tra enunziatori, destinatari, situazione
e segno, nelle lingue la nettezza della distinzione compromessa continuamente.
Anzitutto, tutti i monemi, anche quelli pi accentuatamente di solito impiegati in
funzione morfologica, possono figurare come monemi autonimici, come nomi di se
stessi, e dunque come monemi lessicali: !il tu in questo caso non l'avrei usato!;
!l'avessimo mi ha fatto pensare che non fosse sicuro! ecc. In secondo luogo, si creano
aggregazioni di monemi che, anche non in funzione autonimica, passano da una ad
altra delle partes orationis eventualmente distinte nel vocabolario di una lingua.
In rapporto ai diversi tipi di monemi grammaticali, nelle lingue possono crearsi
distinzioni, simili a quelle di molte lingue indoeuropee, tra diverse parti del discorso:
parole declinabili, parole coniugabili, parole invariabili; nomi, verbi, avverbi o
particelle secondo la tripartizione aristotelica. Sebbene una lunga tradizione abbia
ipostatizzato in categorie metafisiche e universalizzanti tale tripartizione, nei
vocabolari delle lingue in cui essa in qualche modo riconoscibile sono continui i
fenomeni di slittamento dei monemi e di intere parole da una categoria all'altra, sotto
la spinta di esigenze di comodo assai poco metafisiche e invece molto particolari e
contingenti.
Un secondo punto di vista per cogliere le oscillazioni della massa lessicale e dei suoi
elementi quello statistico. Dall'uno all'altro componente della stessa comunit
linguistica e per una stessa comunit da un momento all'altro del tempo e da un punto
all'altro della stratificazione sociale varia numericamente l'insieme dei vocaboli, con
vanazioni anche assai forti, che vanno dalle poche migliaia dei bambini o dei gruppi di
adulti meno scaltriti nella pratica del linguaggio alle decine di migliaia dei gruppi di
persone adulte pi addestrate all'uso di molte parole. Chiamiamo vocabolario di base il
nucleo del vocabolario. Esso fatto di alcune migliaia di parole: intorno alle tremila in
lingue come il francese o l'inglese; intorno alle sei, settemila in lingue come il tedesco o
l'italiano nel cui uso sono preferiti testi di pi alta temperatura informazionale, cio
costruiti con un maggior numero di vocaboli di frequenza non altissima. Intorno a
questo nucleo, largamente noto agli adulti di varia condizione sociale, sta uno strato
numericamente assai pi consistente, ma occorrente in percentuale solo assai modesta
in discorsi e testi, e tuttavia costituito da vocaboli noti anche fuori di una singola
cerchia specializzata o privilegiata di utenti. il vocabolario comune che in lingue
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come il francese si aggira intorno alle quarantamila unit, mentre vicino al doppio in
lingue di tradizione d'uso simile all'italiano. Intorno a questo strato sta poi quello
numericamente vastissimo dei vocabolari propri soltanto di linguaggi speciali, usati
soprattutto da singole categorie particolari. Si tratta di centinaia di migliaia di parole. I
confini tra nucleo, strato del vocabolario comune e strato dei vocabolari speciali non
sono netti e ci per almeno due ordini di fenomeni. anzitutto fisiologico che uno
stesso significante sia collegato abitualmente a una famiglia di sensi in quanto parte
del vocabolario di base, ad altre in quanto parte del vocabolario comune, ad altre
ancora in linguaggi speciali. Inoltre, elementi appartenenti a una fascia passano a
un'altra o sotto la spinta di fattori sociali operanti per un certo tempo o anche in virt
di eventi improvvisi, tali, ad esempio, da rendere rapidamente comune una parola
restata per secoli in un ambito speciale.
Le oscillazioni statistiche sono correlate, come si vede, a oscillazioni d'altra natura:
oscillazioni socioculturali (per cui una parola passa da un ambito professionale
speciale al vocabolario comune o, viceversa, passa, di solito pi lentamente, e
sopravvive solo in un ambito speciale, dopo essere stata una parola comune o
addirittura di base) e oscillazioni cronologiche (per cui diventano arcaismi parole gi
comuni, ovvero relitti arcaici quasi dimenticati tornano nell'uso comune o di base).
In societ anche di non complessa stratificazione presente il fenomeno
dell'interdizione: di taluni contenuti vietato parlare. Accade tuttavia che di ci di cui
occorre tacere si debba poi in realt parlare. E ci viene fatto o con le parole pi
direttamente afferenti a sensi interdetti, che sono parole cariche di emotivit per i
componenti di una comunit, o con parole inizialmente sostitutive delle parole pi
crude, parole inizialmente neutre che, ove l'interdizione persista, e il loro uso sia altres
stabile, non tardano a caricarsi esse stesse di possibilit emotigene. Anche dal punto di
vista dell'emotivit di cui sono cariche, le parole dunque presentano oscillazioni
attraverso il tempo e le classi sociali.
Ogni singolo vocabolo, dunque, e l'intero complesso vocabolare sono sottoposti a un
processo continuo di rinnovamento, con perdite e acquisti, espansioni e contrazioni.
Perch sia garantita la possibilit di oscillazione della massa lessicale, ma anche ad
almeno altri due fini (consentire realizzazioni e ricezioni informali e rilassate con
minime confusioni e, in direzione opposta, consentire la formazione di serie
terminologiche plurime ad alta determinazione), le lingue prevedono la
subarticolazione dei monemi in deuteremi (v. capp. 8 e 9, punto I) in modo tale che la
ridondanza sia altissima: per fare un solo esempio, le poche migliaia di monemi
italiani lunghi fino a sei grafemi sono ricavati da un insieme di circa 90 milioni di
raggruppamenti diversi (v. cap. 11). Del resto, accanto alla massa enorme di monemi
articolati in fonemi o grafemi, sta la famiglia lessicale, malamente sottaciuta da molte
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tanti quante sono le tecniche e le scienze che trovano espressione in una lingua o a
partire da una lingua, nel caso di linguaggi simbolici.
In grado di gran lunga pi alto che qualsiasi altro codice, anche del quinto tipo, le
lingue sono dunque codici !metasemiologici' e, a partire da ci, !pluriplanari' e
!plurisemiologici'.
18. Pluriplanarit e onniformativit semantica
Tra i piani del suo contenuto una lingua pu assumere non soltanto il piano del
contenuto di codici semiologici elaborati determinando i significati indeterminati di
parole o, comunque, a partire da una lingua, ma anche i contenuti dei segni di altre
lingue, di linguaggi animali, per quanto ci sono noti, di linguaggi di classificazione, ecc.
Su questo tipo di evidenze si fonda la tesi, gi ricordata (v. cap. 6), della
onniformativit semantica delle lingue. In realt, asserire che con i segni linguistici
sempre possibile trasmettere qualunque senso significa da un lato sfidare i rischi,
segnalati da B. Russell, cui va incontro ogni asserto totalizzante in materia empirica,
dall'altro urtare contro la percezione del fatto che altri mezzi espressivi, iconici, filmici,
riescono spesso a dare corpo a stati d'esperienza che il linguaggio verbale pu rendere
solo in modo molto approssimativo e grossolano. Perci, invece che asserire in modo
malsicuro che tutti i sensi sono dicibili con i segni di una lingua, pi corretto e certo
dire che, diversamente da altri codici semiologici, non soltanto una lingua
pluriplanare, ma, diversamente anche da codici del quinto tipo, in cui pure pu essere
presente un certo grado di pluriplanarit, pluriplanare in modo eminente, sia in
senso debole, perch il luogo del costituirsi dei piani del contenuto d'una folla di altri
codici semiologici, sia, pi ancora, in senso forte, perch non sembra possibile indicare
a priori quale tipo di piano del contenuto e, pi in genere, dell'esperienza possibile per
esseri viventi sia escluso dal contenuto dei suoi segni.
L'indeterminatezza dei significati di parole e segni linguistici sull'orizzonte della
infinita potenzialit di segni di significato indeterminato e dell'indefinito e
indefinitamente accrescibile numero di monemi e parole altres di significato
indeterminato si configura come impossibilit di indicare a priori e formalmente i
limiti del dicibile, le qualit di ci che oltre tali limiti.
Per fare fronte a tali compiti, che presumibilmente si collegano con i compiti di
adattamento della specie umana alle situazioni pi differenti, meno prevedibili, le
lingue consentono modi di produzione e comprensione dei segni oscillanti da un
massimo di informalit, cio di appello alle circostanze esterne al discorso e al testo,
come avviene nelle interiezioni, nelle espressioni puramente dittico-onimiche (!qui!,
!di qua!, !frutta e verdura!, !trattoria!, a un massimo di formalit, cio di
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esplicitazione dei rapporti tra parti del segno, senso, emittente e destinatari. In testi
altamente formali la comprensione possibile riducendo al minimo l'appello agli
interlocutori e alle circostanze esterne in cui il testo stato redatto.
Per provvedere a questa latitudine di oscillazione tra un minimo e un massimo di
formalit, le lingue, come abbiamo visto, dispongono sia di fonosimboli (polarizzati
sull'informalit), sia di monemi morfologici, destinati a rendere espliciti i rapporti tra
chi enunzia o riceve il segno e il segno stesso, tra il piano di realt in cui la produzione
del segno si colloca e il piano del senso del segno, ecc.
Un'importante via per ridurre gli effetti negativi di un'illimitata indeterminatezza la
coniazione di nuove parole che individuino in modo inizialmente univoco nuove
accezioni. Il neologismo, attraverso coniazioni ex novo, prestiti da altre lingue,
trasformazioni di significanti gi noti, condensazione di monemi in frasi fatte, ecc., da
un lato conferma la mancanza di non creativit delle lingue, ma d'altro lato anche un
meccanismo equilibratore dei suoi effetti negativi ai fini della comunicazione pi
formale. Torniamo dunque a constatare che la massa lessicale delle lingue, con la sua
indefinitezza e apertura, ancorch non sia in linea pi astrattamente teorica alcunch
di specifico, di fatto occupa una posizione centrale nella effettivit del funzionamento
di una lingua per e in una data comunit di utenti.
19. Discorso, testo e carattere aperto dell'interpretazione linguistica
Diciamo !discorso' una sequenza di enunziati prodotta e ricevuta al fine di comunicare
un complesso di sensi individuati da emittente e ricevente come costitutivi d'un
complesso unitario. Diciamo !testo' l'assunzione autentica dei significanti d'un
discorso, corredata di indicazioni utili a determinarne le modalit di produzione.
La distinzione tra le due nozioni di discorso e testo e le cautele nella loro
determinazione non hanno luogo fuori della famiglia di codici semiologici cui
appartengono le lingue storico-naturali. L dove la comunicazione avviene nell'ambito
di codici non creativi, attraverso segni dotati di connessit sintattica, le cui relazioni
siano determinabili attraverso procedimenti effettivi, se una sequenza di monemi
costituisce un segno e se una sequenza di segni ha o no un carattere coerentemente
unitario risulta in modo univoco e formale appunto dalla forma stessa della sequenza.
La coerenza univoca della sequenza, formalmente dichiarata dai segni stessi, ci che
conta e tutti gli elementi esterni, di ordine pragmatico, circostanziale, che si possano o
vogliano dare, non toccano il valore formalmente certo della sequenza.
Nell'ambito di un codice caratterizzato dalla mancanza di non creativit, con segni
privi di connessit sintattica e interrelati da procedimenti che non sono
necessariamente effettivi, la selezione dei monemi e combinazione di monemi utili a
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