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Elementi di Analisi
funzionale e complessa
Luciano Pandolfi
otto editore
D IPARTIMENTO DI M ATEMATICA
P OLITECNICO DI TORINO
Luciano Pandolfi
Elementi di Analisi funzionale e complessa
mail@otto.to.it
http://www.otto.to.it
vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuato,
compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.
INDICE
1. Le funzioni olomorfe
1.1.
13
14
1.2.
Limiti e continuit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
17
18
1.3.
R2
20
1.4.
Funzioni da
e funzioni da C in C . . . . . . . .
22
1.5.
La derivata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
26
29
in
33
34
37
1.6.
42
44
1.7.
47
1.8.
Il teorema di Cauchy . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
50
1.9.
Primitive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
52
55
56
57
1
60
67
. . . . . . . . . . . . .
69
71
72
74
75
77
81
84
87
92
98
103
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
106
107
112
113
119
125
128
128
1.22.2Funzioni analitiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
130
2. Funzioni armoniche
135
2.1.
135
2.2.
137
2.3.
Il problema di Dirichlet . . . . . . . . . . . . . . . . . .
139
141
3. La trasformata di Laplace
145
3.1.
Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
145
3.2.
147
3.3.
150
3.4.
154
3.5.
Il problema dellantitrasformata
. . . . . . . . . . . . .
155
155
157
4.1.
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
157
4.2.
159
4.3.
Misure di insiemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
162
4.4.
167
168
173
4.5.
174
4.6.
Funzioni misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
176
4.7.
Integrale di Lebesgue . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
181
181
183
186
187
4.8.
188
4.9.
191
4.10. Disuguaglianze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
196
L p ()
. . . . . . . . . . . . . .
205
. . . . . . . . . . . . . . .
207
4.11.1 Convoluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
208
4.12. Estensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
210
211
4.13.1Estensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
213
5. Spazi di Banach
5.1.
215
215
5.1.1 Lequazione Ax = . . . . . . . . . . . . . . . . . .
216
5.1.2 Lequazione x Ax = y . . . . . . . . . . . . . . .
220
221
223
5.1.5 Ricapitolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
224
5.2.
225
231
5.3.
Spazi prodotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
235
5.4.
237
237
242
249
5.5.
252
254
La compattezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
258
260
5.6.
5.7.
Operatori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
265
266
270
275
278
284
5.8.
289
5.8.1 Proiezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
295
298
303
5.9.
Lo spazio duale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
307
312
316
319
328
5.10.1Dimostrazioni posposte . . . . . . . . . . . . . . . .
339
341
352
353
362
368
368
5.13.2 I differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
373
6. Spazi di Hilbert
6.1.
377
377
382
6.2.
384
6.3.
389
393
397
6.4.
399
6.5.
401
403
404
407
409
6.6.
Operatori compatti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
412
417
419
422
425
427
5
441
7.2.
443
444
7.3.
Lantitrasformata di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . .
L 2 (R
447
7.4.
La trasformata di Fourier su
) . . . . . . . . . . .
451
7.5.
455
7.6.
La trasformata di Fourier su S . . . . . . . . . . . . . .
459
464
467
468
7.7.
441
474
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1.1.
R ICHIAMI
x2 + y 2
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
2.5
3.5
2
y
3
y
(a+c)+i(b+d)
2.5
1.5
r
c+id
1.5
0.5
r
1
0
x
0.5
a+ib
0.5
0.5
0.5
0.5
1.5
2.5
3.5
1
1
0.5
0.5
1.5
E noto, e facile da verificare, che in questo modo si definisce un campo, che si chiama
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
|z|2 = zz .
Lelemento neutro rispetto alladdizione (0, 0) mentre quello rispetto alla moltiplicazione (1, 0). Invece il numero complesso i = (0, 1), che si chiama unit
cos
z = x2 + y 2 (cos + i sin )
sin
x
x2 +y 2
y
x2 +y 2
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1
1
=
,
z
x + iy
il numero
x iy
z
= 2.
2
2
x +y
|z|
Con la notazione trigonometrica, lopposto di
z = r(cos + i sin )
1
1
1
= (cos() + i sin()) = (cos i sin )
z
r
r
(si noti che lultima espressione scritta una rappresentazione algebrica ma non una
rappresentazione trigonometrica del numero 1/z).
Il numero reale x si chiama la parte reale di z = x + iy mente il numero reale y si
chiama la parte immaginaria di z = x + iy. Essi si indicano con i simboli
e z ,
Im z .
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Va inoltre notato che quando (x, y) ed (x , y ) sono due vettori del piano, ad essi si
associano:
il prodotto scalare xx + yy ;
il prodotto vettoriale, che un vettore di R 3 , uguale a (xy x y)k.
I due numeri (xx + yy ) e xy x y si ritrovano calcolando il prodotto zw con
z = x + iy, w = x + iy :
zw = (xx + yy ) + i(xy x y).
+ 2k
+ 2k
n
r cos
+ i sin
n
n
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.1
x+iy
= ex .
In particolare, lequazione e z = 0 non ha soluzioni.
La funzione esponenziale ha sul piano complesso una propriet inattesa: la funzione
ez periodica di periodo 2i.
Dalla 1.1 seguono immediatamente le formule dEulero
cos y =
14
eiy + eiy
,
2
sin y =
eiy eiy
.
2i
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
eiz + eiz
,
2
sin z =
eiz eiz
.
2i
sin z = w
rispetto a z notando che ambedue le funzioni cos z e sin z sono suriettive (e quindi
in particolare illimitate).
Conviene ora introdurre il logaritmo di numeri complessi. Sia z = 0. I logaritmi
(in base e) di z sono quei numeri w tali che e w = z. Si rappresenti z in forma
trigonometrica,
z = r(cos + i sin )
e w in forma algebrica,
w = x + iy .
Allora, w un logaritmo di z quando
ex (cos y + i sin y) = r(cos + i sin ) .
Questo avviene se
x = log r ,
y = + 2k
con k numero intero qualsiasi. Dunque, ogni numero complesso non nullo ha infiniti
logaritmi (e quindi, la funzione e w prende ogni valore non nullo):
log z = log |z| + i arg z
ove arg z uno qualsiasi degli argomenti di z e log |z| il logaritmo del numero reale
|z| definito nei corsi precedenti.
La non unicit del logaritmo dipende dal fatto che esso definito come inverso di una
funzione periodica.
15
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.2
verifica
z = elog z=log |z|+i(2k+Argz) .
Per questa ragione, si dice che ciascuna delle funzioni in 1.2 una determinazione del
logaritmo.
Definito il logaritmo, facile definire le potenze z ad esponente qualsiasi, reale
o complesso. Se = 0 si pone z 0 = 1 (salvo il caso z = 0. Al simbolo 0 0 non si
attribuisce significato). Altrimenti si definisce
z = elog z .
Si vede facilmente che se intero positivo, = n, si ritrova z n ; se = 1/n si
ritrovano le radici nme. In generale per la potenza ha infiniti valori.
Si calcolino per esercizio le potenze i i , 1i , (1)i individuando la cardinalit
dellinsieme dei loro valori.
Osservazione importante
Abbiamo notato che vale la formula
ez+w = ez ew .
La formula corrispondente,
log zw = log z + log w
vale, ma va interpretata come uguaglianza di insiemi.
Se A e B sono insiemi di numeri complessi, definiamo
A + B = {a + b ,
16
a A , b B} .
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1.2.
L IMITI
E CONTINUIT
La funzione
z |z|
una norma su C (limmediata verifica si lascia per esercizio) e quindi possibile
definire una topologia su C, introducendo gli intorni . Lintorno di z 0 di raggio r
linsieme
{z | |z z0 | < r} .
Geometricamente si tratta di un disco (privato della circonferenza) di centro z 0 e
raggio r.
Definiti gli intorni, e quindi la topologia, ovvia la definizione di limite di una
successione (zn ): si dice che lim zn = z0 quando per ogni > 0 esiste N tale
che per ogni n > N vale
|zn z0 | < .
17
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
z |z| ,
z e z ,
z Im z ,
z z .
1.3
h0
z(t0 + k) z(t0 )
= x (t0 ) + iy (t0 ) .
h
1.4
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
e quindi
z (t) = ax(t) by(t) + i[ay(t) + bx(t)] = (a + ib)(x(t) + iy(t)) = et .
Si ritrova quindi lusuale formula di derivazione dellesponenziale.
Arg
Arg t =
(Arg )
se
t>0
se
t < 0.
E quindi derivabile in ogni t = 0, con derivata nulla. Ne segue che ciascuna delle
funzioni
log t = log |t| + i[Arg(t) + 2k] = log (|||t|) + i[Arg(t) + 2k]
derivabile per t = 0 e la derivata
1
1
d
log t =
||sgn t = .
dt
|t|
t
Se z(t) = x(t) + iy(t), t [a, b], definiamo
b
b
b
z(t) dt =
x(t) dt + i
y(t) dt .
a
Im
e z(t) dt ,
a
b
a
b
z(t) dt =
a
Im z(t) dt ,
z(t) dt =
z(t) dt .
a
Sia ora (zn (t)) una successione di funzioni continue su [a, b], convergente uniformemente a z0 (t). Applicando il teorema di scambio tra limiti ed integrali di Riemann
alla parte reale ed alla parte immaginaria, si vede che
b
b
lim
zn (t) dt =
z0 (t) dt .
a
19
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Sia ora z(t, s) una funzione di due variabili reali t ed s, con (t, s) [a, b] [c, d],
a valori complessi. Applicando alla parte reale e alla parte immaginaria di z i
corrispondenti teoremi relativi alle funzioni a valori reali si trova che se z(t, s)
continua nelle due variabili,
s
z(t, s) dt
1.5
1.3.
C URVE
z(t, s) dt =
a
z(t, s) dt .
s
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Una curva semplice e chiusa si chiama anche curva di Jordan e divide il piano in due
regione, una limitata e una illimitata. La regione limitata si dice interna alla curva.
Questasserto, apparentemente semplice, invece di dimostrazione molto difficile.
Per in pratica, e anche per gli usi teorici, le curve che necessario usare sono molto
semplici (per esempio poligonali, circonferenze, ellissi o riunione di un numero finito
di archi di tali curve). In tal caso facile individuare la regione interna ed anche
facile vedere se la curva orientata positivamente. Ci avviene quando, al passare
del parametro t da a a b, il punto mobile sulla curva vede la regione interna alla sua
sinistra (regola dAmpre).
Se non esplicitamente detto il contrario, assumeremo sempre che le curve con cui
si lavora siano orientate positivamente.
La regione interna ad una curva di Jordan si chiama anche regione di Jordan.
Notiamo esplicitamente questa propriet: se una curva di Jordan il cui sostegno
conenuto nella regione di Jordan , e se indica la regione intera a , vale
.
Questa propriet generalmente non vale se non di Jordan.
Unulteriore propriet che bene conoscere la seguente: se due curve
z = z(t) ,
t [a, b] ,
= ( )
[, ]
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Si sa inoltre che questa formula si estende al caso in cui si abbiano due curve, nella
regione e nella regione . In questo caso la formula di Green assume la forma
u dx + v dy u dx + v dy =
[vx (x, y) uy (x, y)] dx dy . 1.6
Da questa forma faremo discendere tutti i risultati relativi alle funzioni olomorfe che
vedremo.
1.4.
F UNZIONI
DA
R 2 IN R2 E FUNZIONI DA C IN C
Dato che i numeri complessi sono coppie di numeri reali, ogni funzione
(x, y) ( u(x, y), v(x, y) )
si pu intendere come funzione a valori complessi
(x, y) u(x, y) + iv(x, y)
22
1.7
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
z + z
,
2
y=
z z
2i
1.8
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Esempio 1. Sia
u(x, y) = x ,
v(x, y) = y .
v(x, y) = 0 .
v(x, y) = 2xy .
v(x, y) = 2xy .
Notiamo che ciascuna delle funzioni degli esempi precedenti, come funzione delle
due variabili reali x ed y, di classe C 1 . Cerchiamo per di calcolare il limite del
rapporto incrementale
lim
zz0
f (z) f (z0 )
.
z z0
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
lim
zz0
z 2 z02
(z z0 )(z + z0 )
= lim
= 2z0 .
zz0
z z0
z z0
Dunque, il limite esiste in ciascun punto z 0 . Invece nel caso dellesempio 2 il limite
esiste solo per z0 = 0. Infatti, se z0 = 0 si ha
lim
z0
zz
= lim z = 0 .
zz0
z
Se per z0 = 0 si trova
zz z0 z0
= lim
lim
zz0 z z0
zz0
z z0
z z0
z + z0
z z0
z z0
Dato che
lim z0
zz0
z z0
z z0
esiste, uguale a z0 , rimane da capire se esiste anche il limite del primo addendo.
Scrivendo
x x0 + i(y0 y)
z z0
=
z z0
x x0 + i(y y0 )
si vede che il limite non esiste. Infatti, calcolando il limite lungo la retta y = y 0 si
trova +1 mentre calcolandolo lungo la retta x = x 0 si trova 1.
Si ritrovi lesistenza del limite quando z 0 = 0, per questa via.
In modo analogo si vede che il limite non esiste nemmeno nel caso delle funzioni degli
esempi 2 e 3.
Quando il limite del rapporto incrementale esiste, naturalmente lo chiameremo deri-
vata. Gli esempi precedenti mostrano che questo concetto di derivata apparentemente
non ha relazioni con le derivate nel campo reale. Una relazione in realt esiste, e la
vedremo ai paragrafi 1.5. e 1.5.3.
Possiamo ora spiegare quale loggetto della cos detta Teoria delle funzioni. Per
antonomasia si chiama in questo modo la teoria delle funzioni di variabile complessa,
che sono derivabili in ciascun punto di una regione. La derivata si intende nel senso
del limite del rapporto incrementale, il rapporto essendo calcolato per mezzo del
quoziente di numeri complessi.
25
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.5.
L A DERIVATA
uy (x, y) = vx (x, y)
1.9
e inoltre
f (x + iy) = ux (x, y) + ivx (x, y) = vy (x, y) iuy (x, y)
f
1 f
1
i
= {ux (x, y) + vy (x, y) i[uy (x, y) vx (x, y)]} =
.
2
2 x
y
1.10
DIMOSTRAZIONE
Il calcolo immediato:
lim
h0 hR
k0 kR
26
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
CauchyRiemann.
Vicevera:
Teorema 1.9. Siano u(x, y) e v(x, y) due funzioni di classe C 1 su una regione . Si
definisca
f (z) = f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y) .
Se le funzioni u(x, y) e v(x, y) soddisfano alle condizioni di CauchyRiemann su ,
allora la funzione f (z) derivabile ed f (z) continua.
DIMOSTRAZIONE
Sia h = + i. Scriviamo
f (z + h) f (z) = u(x + , y + ) u(x, y) + i[v(x + , y + ) v(x, y)] .
Essendo le due funzioni u e v di classe C 1 , si pu applicare ad esse il teorema della
media
u(x + , y + ) u(x, y) = ux (x1 , y1 ) + uy (x1 , y1 )
v(x + , y + ) v(x, y) = vx (x2 , y2 ) + vy (x2 , y2 )
con (x1 , y1 ) e (x2 , y2 ) punti opportuni nel rettangolo di vertici (x, y), (x+, y), (x, y+),
(x + , y + ).
Quando e tendono a zero sia (x 1 , y1 ) che (x2 , y2 ) tendono ad (x, y).
Usando le condizioni di CauchyRiemann scriviamo
f (z + h) f (z) = [ux (x1 , y1 ) + ivx (x2 , y2 )] + [uy (x1 , y1 ) + ivy (x2 , y2 )]
= [ux (x1 , y1 ) + ivx (x2 , y2 )] + [vx (x1 , y1 ) + iux (x2 , y2 )]
= [ux (x1 , y1 ) + ivx (x2 , y2 )] + i[ux (x2 , y2 ) + ivx (x1 , y1 )]
= [ux (x1 , y1 ) + ivx (x2 , y2 )]( + i)
+i {[ux (x2 , y2 ) ux (x1 , y1 )] + i[vx (x1 , y1 ) vx (x2 , y2 )]} .
27
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Essendo = Im h, vale |/h| < 1 e inoltre la parentesi graffa tende a zero per h 0
perch, per ipotesi, le funzioni u e v sono di classe C 1 . La parentesi quadra tende a
[ux (x, y) + ivx (x, y)] cos che
f (z) = lim
h0
f (z + h) f (z)
= [ux (x, y) + ivx (x, y)] .
h
Ci prova lesistenza della derivata in ciascun punto. Inoltre, da questa formula si vede
che f (z) continua perch sia u x (x, y) che vx (x, y) sono funzioni continue.
Le funzioni f (z) che sono derivabili con continuit su una regione si chiamano
funzioni olomorfe.
E bene dire che il requisito della continuit nella definizione precedente potrebbe
rimuoversi, grazie al seguente risultato, che non proviamo:
1 f
f (z) =
i
i
f (x + iy) =
= f (z)
z
2 x
y
2 x
y
mentre le condizioni di CauchyRiemann 1.9 suggeriscono lintroduzione della
notazione / z, definita da
1
1
f (z) =
+i
f + i f = [ux +ivx +iuy vy ] .
f (x+iy) =
z
2 x
y
2 x
y
2
E quindi le condizioni di CauchyRiemann si scrivono
f (z) = 0 .
z
Notiamo due conseguenze immediate delle condizioni di CauchyRiemann:
Teorema 1.11. Sia f (z) una funzione olomorfa su una regione . Supponiamo
inoltre che essa prenda valori reali. Allora, essa costante.
28
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
DIMOSTRAZIONE
Se la funzione prende valori reali allora v(x, y) identicamente zero e quindi u x (x, y)
ed uy (x, y) sono identicamente nulle su per le condizioni di CauchyRiemann e
quindi anche u(x, y) costante.
Lemma 1.12. Sia f (z) olomorfa su un disco D su cui |f (z)| costante. Allora f (z)
stessa costante su D.
DIMOSTRAZIONE
z Im z ,
z |z| ,
z Argz
non sono olomorfe. Abbiamo gi notato che lultima non nemmeno continua
sullasse reale negativo; e, del tutto ovvio che una funzione olomorfa continua.
La dimostrazione la stessa come per le funzioni di variabile reale. Dunque in
particolare log z non olomorfa in una regione che interseca lasse reale negativo.
29
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Inoltre, le usuali regole di derivazione della somma, del prodotto, del quoziente e
della funzione composta valgono anche per funzioni di variabile complessa, con
le medesime dimostrazioni come nel caso delle funzioni di una variabile reale. Di
conseguenza, dato che f (z) = z ovviamente derivabile, con derivata uguale ad 1, i
polinomi sono funzioni olomorfe e, al di fuori dei poli, sono anche funzioni olomorfe
le funzioni razionali.
Mostriamo:
Infatti,
ez = ex+iy = [ex cos y] + i[ex sin y] .
Dunque, per questa funzione,
u(x, y) = [ex cos y] ,
30
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1.11
y = sin ,
p
Infatti si calcola immediatamente, da = x2 + y 2 ,
x =
x =
x
,
y =
1.12
y
.
x
.
2
1.13
Sia ora
f (z) = f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y) .
Sia U (, ) la funzione che nel punto (, ) prende come valore u( cos , sin ). In modo
analogo definiamo V (, ). E immediato notare che U e V sono di classe C1 , nelle variabili
e , se e solo se rispettivamente u e v sono di classe C1 nelle variabili x ed y. Inoltre,
31
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
U = ux cos + uy sin .
Se valgono le condizioni di CauchyRiemann,
U = vy cos vx sin .
Analogamente,
V = vx sin + vy cos .
Si intende che le funzioni u e v sono calcolate nel punto x = cos , y = sin .
Dunque, se le condizioni di CauchyRiemann valgono, si ha anche
U = V
e analogamente
V = U .
1.14
1 y
y
x
x
vy = V + V 2 = U + U 2
ux = U
da cui
ux = vy
e analogamente
uy = vx .
Introduciamo ora
F (, ) = U (, ) + iV (, ) .
Con questa notazione, le 1.14 valgono se e solo se
iF = F .
1.15
nella regione
> 0,
< .
1.16
E ovvio che la funzione, come funzione delle due variabili reali e , equivalentemente x ed
y, di classe C 1 . Si vede che olomorfa notando che su questa regione vale la condizione 1.15.
Analogo discorso vale per ogni determinazione di z1/n .
In modo analogo si tratta la funzione
f (z) = log |z| + iArg z + 2ki ,
32
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
con k fissato, ancora sulla regione 1.16. Applicando il teorema della funzione implicita alle
relazioni
x = cos ,
y = sin
1 = eLog z+2ki
Osserviamo ora un fatto imbarazzante: = non ha una relazione intrinseca con le funzioni
logaritmo (e nemmeno con le radici), ma solo dipende dalla nostra scelta per largomento
principale. Avessimo scelto per esempio 0 < 2 avremmo trovato funzioni olomorfe
nel piano privato dellasse reale positivo; avessimo scelto /2 < 5/2 avremmo trovato
funzioni olomorfe ovunque, salvo che sullasse immaginario positivo.
Pi avanti diremo qualcosa di pi su questo problema. Per ora limitiamoci a notare ci.
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
J =
ux (x, y) uy (x, y)
vx (x, y)
vy (x, y)
ux (x, y)
uy (x, y) ux (x, y)
e quindi lo jacobiano
u2x (x, y) + u2y (x, y) .
34
uy (x, y)
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Dunque:
Teorema 1.17. Sia f (z) olomorfa su una regione , e con derivata non nulla. La
funzione localmente invertibile e la sua inversa olomorfa.
DIMOSTRAZIONE
Sia
f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y) .
Si appena visto che lo jacobiano della trasformazione di classe C 1 su R2
(x, y) (u(x, y), v(x, y))
non si annulla e quindi la trasformazione localmente invertibile.
Inoltre, la
u2x + u2y
u2x + u2y
35
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
cos che
J 1
2
ux (x, y)
1
1
4
= 2
J= 2
ux + u2y
ux + u2y
uy (x, y)
3
uy (x, y)
5.
ux (x, y)
yu = xv ,
ossia la trasformazione (u, v) (x(u, v), y(u, v)) di classe C 1 e verifica le condizioni
di CauchyRiemann. Per il teorema 1.9, la funzione
g(u + iv) = x(u, v) + iy(u, v) ,
inversa della funzione f (x + iy), olomorfa.
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
+
an (z z0 )n .
1.17
n=0
Teorema 1.20 (di Abel). Se la serie 1.17 converge in un punto z 1 = z0 allora essa
converge in ogni punto z tale che
|z z0 | < |z1 z0 |
DIMOSTRAZIONE
|an z n | =
n=0
+
X
|an | |z|n .
n=0
Dato che |z| < |z1 | (disuguaglianza stretta) esiste r tale che
|z| < r < |z1 |
ossia
r
|z|
<
= q (0, 1).
|z1 |
|z1 |
Dunque,
+
X
La serie
P+
|an ||z|n
n=0
n=0
+
X
n=0
n +
X
z
(|an | |z1 |n )
(|an | |z1 |n ) q n .
z1
n=0
|an | |z1 | per ipotesi converge e quindi il suo termine generale tende a
n
37
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
e quindi
+
X
|an | |z|n M
n=0
+
X
q n < + .
n=0
Di conseguenza,
{z |
+
an (z z0 )n converge }
n=0
un disco centrato in z 0 (che potrebbe essere ridotto al solo punto z 0 , o essere tutto
il piano complesso). Il suo interno si dice disco di convergenza della serie, e il suo
raggio R, 0 R + si dice raggio di convergenza .
Esaminando la dimostrazione del teorema 1.20 si vede che in realt abbiamo provato
un risultato molto pi forte:
Teorema 1.21 (di Abel). Il raggio di convergenza R di una serie di potenze sia
strettamente positivo. In questo caso la serie converge assolutamente in ogni punto
interno al disco di convergenza, e converge uniformemente in ogni compatto contenuto
nel disco di convergenza. In particolare, la somma della serie una funzione continua
nel disco di convergenza.
Se z tale che |z z 0 | > R la serie non converge in z.
Vedremo (al paragrafo 1.15.) che questo teorema implica:
|an |
|an+1 |
Hadamard :
1
= lim sup n |an | ,
R
38
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
n
n = 1,
le due serie
+
+
an (z z0 )n ,
n=0
nan (z z0 )n1
n=0
+
n=0
+
nan (z z0 )n1 .
n=0
La ragione per cui non proviamo ora i due teoremi 1.22 e 1.23 che, pi avanti,
proveremo un risultato molto pi generale, di cui essi possono considerarsi dei
corollari.
Pi in generale si chiamano serie di Laurent le serie di potenze con esponenti interi
sia positivi che negativi, ossia le serie della forma
+
an (z z0 )n ,
n=
ovviamente mai definite per z = z 0 . Per definizione, la somma della serie di Laurent
la somma delle due serie di potenze una in z e laltra in 1/z,
+
n=
an (z z0 )n =
1
n=
an (z z0 )n +
+
an (z z0 )n
n=0
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
n
|an | .
n
|an | = (0, +) .
40
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
intendendo
1
0
=0
= .
c
,
|an z n | = |an |
cn
n
con 0 c < 1 .
1.18
e quindi
|an z n | =
|an | n
n n
c
<
1
+
c .
n
A questa disuguaglianza si arriva per ogni > 0. Essendo c (0, 1), si pu scegliere
tale che
1+
c < 1.
41
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
In questo modo si vede che i termini della serie di potenze sono dominati da quelli di
una serie numerica convergente, e quindi la serie
+
an z n
n=0
converge.
Consideriamo infine il caso = 0 e z qualsiasi. In questo caso la 1.18 vale con = 0.
Si sia scelto tale che |z| = c < 1. Si ha
|an z n | < cn
e ancora la convergenza della serie di potenze segue per confronto con la serie
geometrica.
In ambedue i casi R 1/ e quindi luguaglianza.
1.6.
F UNZIONI
Sia (x, y) (u(x, y), v(x, y)) una trasformazione di classe C 1 . Conviene spesso
rappresentarla mediante la notazione complessa, associando alla coppia (x, y) il
numero complesso z = x + iy e introducendo w = u + iv, cos che la trasformazione
si rappresenta anche come
w = f (z) .
Conviene vedere questa funzione come trasformazione dal piano della variabile z al
piano della variabile w.
Supponiamo che il dominio di f (z) sia una regione .
Siano e due curve in , parametrizzate da
z = z(t) ,
z = z(t) ,
con t [a, b] in ambedue i casi (si sa che questa condizione non restrittiva).
Supponiamo che le due curve si intersechino in un punto in cui le due
parametrizzazioni sono derivabili, ossia che per un valore t 0 (a, b) valga
z(t0 ) = z(t0 ) = z0 = x0 + iy0 .
42
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Le due rette
z = z0 + z (t0 )(t t0 ) ,
z = z0 + z (t0 )(t t0 )
sono, per definizione, le rette tangenti alle due curve nel punto di intersezione. Per
angolo tra le due curve si intende quello formato dalle loro tangenti nel punto
comune. Facendo uso della notazione dei numeri complessi, facile esprimere tale
angolo: questo langolo tra i vettori rappresentati da z (t0 ) e z (t0 ). Questo , per
definizione, largomento del quoziente dei numeri complessi corrispondenti,
Arg
z (t0 )
.
z (t0 )
w = f (z(t))
t [a, b] .
z (t0 )
f (z0 )z (t0 )
= Arg
.
f (z0 )
z (t0 )
z (t0 )
Teorema 1.25. Una funzione olomorfa conserva langolo tra le curve nei punti nei
quali la sua derivata non si annulla.
Una trasformazione da una regione di R 2 che conserva gli angoli si dice conforme e
quindi
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.6
1.4
1.2
0.8
0.6
0.4
0.2
0
2
0
1
0.5
4
0
0
1
0.5
1
2
Fig. 1.2.
0
2
1
4
6
x = cost, y = cost.
Abbiamo gi notato che se u(x, y), v(x, y) sono parti reali ed immaginarie di una
funzione olomorfa f (x + iy) allora lo jacobiano della trasformazione u 2x (x, y) +
u2y (x, y), strettamente positivo se f (z) non si annulla.
Dunque, una funzione olomorfa la cui derivata non si annulla su definisce
una trasformazione conforme che inoltre conserva lorientazione. Un esempio di
trasformazione conforme che non conserva lorientazione la trasformazione z z.
Le trasformazioni conformi che conservano lorientazione si chiamano anche
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
5
1.8
4
1.6
3
1.4
2
1.2
1
1
0
1
0.8
1
0.5
1
0
0.5
0
0.5
0.5
1
Fig. 1.3.
0.6
0.4
1
0.5
0
0.5
0.5
0
0.5
A sinistra |Logz|, a destra | sin z|. Le linee sono le immagini di una griglia
r = cost, = cost.
controimmagini sul piano z. Il caso della funzione f (z) = z 2 /10 mostrato nella
figura 1.4.
La figura 1.4 mostra una griglia di rette e semirette mutuamente ortogonali nel piano
Im z > 0. Queste si trasformano in due famiglie di parabole, mutuamente ortogonali,
dato che f (z) = 2z = 0. Queste parabole riempiono tutto il piano w.
La circonferenza
ei ,
0 2
0 4 ,
che per percorsa due volte, anche se ovviamente ci non pu vedersi dalla figura.
Se per si rappresenta limmagine di una circonferenza centrata nel punto (0, 1/5),
come in figura 1.5 si vede immediatamente che limmagine una curva non semplice,
che gira due volte intorno allorigine.
Pensiamo ora di disegnare limmagine di una famiglia di circonferenze di centro
(0, 0) mediante le funzioni f (z) = z e g(z) = 1/z. Si trova ancora una famiglia
di circonferenze col medesimo centro, e da questo punto di vista le due funzioni
sembrano indistinguibili. Per, f (z) = z trasforma la regione interna di una
circonferenza nella regione interna della circonferenza corrispondente mentre g(z)
la trasforma nella regione esterna.
45
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
10
16
14
8
12
7
10
3
4
2
2
10
0
10
10
1.5
1.5
0.5
0.5
0.5
0.5
1.5
1.5
2
2.5
1.5
0.5
0.5
1.5
2.5
2.5
Fig. 1.5.
46
1.5
0.5
0.5
1.5
2.5
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1.5
0.5
0
1
1
0.5
0.5
0
0
0.5
0.5
1
Fig. 1.6.
1.7.
I NTEGRALE
Ricordiamo che col termine curva intenderemo sempre un arco regolare a tratti a valori
in R2 , ossia una funzione continua t z(t) = x(t) + iy(t) definita per t [a, b],
ovunque derivabile salvo un numero finito di punti. In tali punti, e negli estremi a e
47
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.19
f (z(t))z (t) dt =
Si trova quindi
u dx v dy + i
f dz =
v dx + u dy ,
i=0
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
E noto che gli integrali delle forme differenziali non mutano cambiando la
parametrizzazione di ; cambiano segno cambiando il verso di percorrenza su
. Dunque queste stesse propriet valgono per lintegrale 1.19.
Proviamo ora:
Lemma 1.28. Sia (t), t [a, b], una funzione continua a valori complessi. Vale:
(t) dt
|(t)| dt .
DIMOSTRAZIONE
(t) dt .
z0 =
a
Si sa che
|z0 | =
z0 z0
|z0 |
e quindi
Z
La funzione t
b
a
Z b
z0
z0
z0 =
(t) dt .
(t) dt = |z0 | =
|z0 |
|z
0|
a
z0
(t)
|z0 |
precedente mostra che il suo integrale reale. Dunque, lintegrale della sua parte
immaginaria nullo e quindi
Z
Z b
z0
(t) dt =
e
(t) dt
|z0 |
a
a
Z b
Z b
z0
|(t)| dt .
|z0 | (t) dt =
a
a
b
Osservazione 1.29. La disuguaglianza precedente vale perch stiamo considerando lintegrale su un segmento dellasse reale. Non ha invece alcun senso scrivere
f (z) dz
|f (z)| dz, con generica curva. Infatti in tal caso lintegrale
a destra prende valori complessi anche se lintegrando reale. La formula che
sostituisce la disuguaglianza sbagliata precedente data dal prossimo teorema.
49
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
L =
|z (t)| dt
per definizione la lunghezza della curva regolare a tratti : z = z(t), t [a, b]. Dal
lemma precedente segue:
Teorema 1.30. Sia : z = z(t), t [a, b] una curva regolare a tratti e sia f (z) una
funzione da C in C, continua sul sostegno della curva . Sia M tale che
|f (z(t))| M ,
Vale:
t [a, b] .
f (z) dz
M L .
DIMOSTRAZIONE
f (z(t))z (t) dt
|f (z(t))| |z (t)| dt M L .
1.8.
IL
TEOREMA DI
C AUCHY
uy = vx .
u dx v dy
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Sia una curva semplice e chiusa contenuta in una regione di Jordan . Usando la
formula di Green si trova:
Teorema 1.31 (di Cauchy). Sia f (z) olomorfa in una regione di Jordan e sia
una curva semplice e chiusa in . Vale
f (z) dz = 0 .
DIMOSTRAZIONE
[ux vy ] dx dy .
f (z) dz =
f (z) dz .
1.20
il teorema 1.31 pu provarsi senza fare uso di risultati relativi alle forme
differenziali, e nella sola ipotesi che f (z) sia derivabile in ciascun punto di
; ossia, le ipotesi di continuit delle derivate possono rimuoversi.
z(t) = z0 + eit ,
t [0, 2k] .
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Si ha:
(z z0 ) dz =
2k
int
ei(n+1)t dt
ie dt = i
0
2k
=i
2k
it
1.9.
P RIMITIVE
Sia f (z) una funzione da C in C, definita su una regione . NON si richiede che la
regione sia di Jordan. Si chiama primitiva di f (z) una funzione F (z), anchessa
definita su , e tale che
F (z) = f (z)
z .
Ovviamente
52
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
f dz =
f (z(t))z (t) dt =
F (z(t))z (t) dt
a
b
=
a
d
F (z(t)) dt = F (z(b)) F (z(a)) .
dt
nullo su tutte le curve chiuse in allora la funzione f (z) ammette una primitiva.
DIMOSTRAZIONE
F (z) =
Pz
La funzione F (z) univoca perch per ipotesi lintegrale non dipende dalla particolare
poligonale scelta per connettere z 0 con z, ma solo dai suoi estremi; e quindi solo da z,
dato che z 0 si intende fissato.
Mostriamo che F (z) derivabile, con derivata f (z).
Per calcolare F (z + h) scegliamo una poligonale che congiunge z 0 con z e
estendiamola a z + h mediante il segmento
z + th ,
t [0, 1] .
53
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
F (z + h) F (z)
1
=
h
h
Z
f dz =
S
1
h
f (z + th)h dt =
0
f (z + th) dt .
0
Teorema 1.37. Sia f (z) olomorfa su e sia una curva in la cui regione interna
contenuta in .
La funzione f (z) ammette primitiva in .
Teorema 1.38. Se F (z) e G(z) sono definite sulla medesima regione ed hanno
derivata uguale, la loro differenza costante su .
DIMOSTRAZIONE
Vx = 0 .
54
Vy = 0
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Osservazione 1.39. Sia f (z) olomorfa su una generica regione . Non vero che
f (z) debba ammettere primitive su , come mostra lesempio della funzione f (z) =
1/z. Sia = C {0}. Certamente f (z) ammette primitiva nella regione , se
non gira intorno allorigine. Ma, se gira intorno allorigine, la primitiva non esiste
perch lintegrale di f (z) su una circonferenza di centro lorigine non nullo, si veda
lEsempio 1.33.
Le condizioni del teorema 1.37 sono solamente sufficienti, come mostra il caso della
funzione
f (z) =
1
,
zn
z C {0} ,
1
.
(1 n)z n1
Ricordiamo ora che la funzione Logz derivabile, con derivata uguale a 1/z. Si sa
che lintegrale di questultima funzione su una generica curva chiusa in C {0}
pu non essere nullo; ma ci non contraddice il teorema 1.37 perch la funzione Logz
non olomorfa su C {0}.
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Ricordiamo le formule
F (z) = Ux + iVx = iUy + Vy = u + iv .
Uguagliando F (z) af f (z) si trova
U = (u, v) ,
V = (v, u)
1.21
vi + uj .
V (x, y) = d
(usando il teorema delle funzioni implicite si vede che queste equazioni definiscono
implicitamente due curve nellintorno dei punti (x, y) nei quali F (x + iy) = f (x +
iy) = 0).
Non necessariamente queste curve si intersecano.
intersechino per x = x 0 ed y = y0 .
Si sa che U (x0 , y0 ) ortogonale alla 1 e che V (x0 , y0 ) ortogonale alla 2 .
Usiamo 1.21 per calcolare il prodotto scalare di questi vettori:
U (x0 , y0 ) V (x0 , y0 ) = 0 ,
ossia, le curve equipotenziali rispettivamente del potenziale U e del potenziale V
sono mutuamente perpendicolari nei punti in cui si intersecano.
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Ux (x, y) = x ,
x2 + y 2
.
2
1.22
una funzione per ciascun valore dellintero k. Abbiamo notato che queste sono
funzioni olomorfe, con derivata 1/z, a parte che nei punti dellasse reale negativo.
Per abbiamo notato che lasse reale negativo entra in queste questioni solo a causa
della particolare scelta dellargomento principale; e quindi le funzioni logaritmo, cos
definite, hanno propriet che non sono indipendenti dal modo scelto per rappresentare
la funzione. Vediamo ora un modo diverso di introdurre la funzione logaritmo, che
57
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
10
10
15
10
10
Fig. 1.7.
mostra che in realt non si incontrano problemi se si decide di lavorare in una regione
di Jordan qualsiasi, ma che non contiene lorigine. Si noti che tale regione pu
spiraleggiare intorno allorigine, come nella figura 1.7.
Consideriamo la funzione 1/z su . Questa funzione olomorfa su e quindi
dotata di primitiva per il teorema 1.37. Si noti che per questo si usa lipotesi che
una regione di Jordan che non contiene 0.
Si fissi un punto z0 e sia w0 uno dei suoi logaritmi,
w0 = log |z0 | + iArg z0 + 2k0 i
per un certo numero intero k 0 . Sia Pz una poligonale che connette il punto z 0 fissato
col generico punto z , senza uscire da .
Consideriamo la funzione
L(z) = w0 +
Pz
1
d .
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
10
10
15
10
10
Fig. 1.8.
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Sia ora una regione di Jordan e sia f (z) una funzione olomorfa su , che non si
annulla. Fissiamo un punto z 0 e la poligonale Pz congiunga z 0 col generico
punto z . Si definisce
Log f (z) =
Pz
f ()
d
f ()
1.10.
I NDICE
E OMOTOPIA
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Sia z(t), t [a, b] una parametrizzazione della curva . Ricordiamo che implicitamente
supponiamo sempre che le parametrizzazioni (continue su [a, b]) siano derivabili con
continuit, salvo un numero finito di punti. Si ha:
Z
Z b
1
1
1
z (t)
dz =
dt .
I(, z0 ) =
2i z z0
2i a z(t) z0
Si ha
Z
(t) =
a
z (t)
dt ,
z(t) z0
t [a, b] .
(t) =
z (t)
,
z(t) z0
(a) = 0 ,
(b) = I(, z0 ) .
Si ha
d (t)
e
(z(t) z0 ) = e(t) (t)(z(t) z0 ) + z (t) = 0 .
dt
Dunque, la funzione e (t) (z(t) z0 ) costante. Uguagliando i valori assunti per a e
per b si trova
e(a) (z(a) z0 ) = (z(a) z0 ) = e(b) (z(b) z0 ) .
Ricordando che la curva chiusa, ossia che z(a) = z(b), e che z(a) z 0 = 0 si trova
e(b) = 1, ossia si trova che esiste un intero k per cui
(b) = 2ki
e quindi I(, z 0 ) = k, con k intero, come si voleva.
Questo prova che I(, z 0 ) sempre un numero intero. Esso si chiama lindice della
curva rispetto al numero z 0 che non le appartiene.
61
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
0.8
0.6
0.4
0.2
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1
0.5
0.5
1.5
2.5
Fig. 1.9.
Giustifichiamo ora linterpretazione intuitiva dellindice come numero dei giri della
curva intorno a z 0 . Ci si gi visto nel caso in cui sia una circonferenza percorsa
k volte. Se una curva percorsa k volte, per ladditivit dellintegrale, lindice k
volte lindice che si ottiene percorrendo la curva una sola volta. Sia quindi semplice.
Scegliamo una piccola circonferenza C di centro z 0 , contenuta in . Il teorema di
Cauchy ci dice che I(, z 0 ) = I(C, z0 ) = 1 e ci mostra linterpretazione dellindice
come numero dei giri, nel caso di una curva percorsa pi volte.
Nel caso della curva in figura 1.9, che gira pi volte intorno a z 0 , senza ripercorrere
se stessa, si arriva alla medesima interpretazione spezzando la curva in tante curve
semplici e chiuse.
Se la curva semplice e se z 0 nella regione esterna alla curva allora il suo indice
0. Invece, se z 0 nella regione interna allora il suo indice +1 oppure 1. Pi in
generale, il complementare del sostegno di una curva unione di un numero finito
di regioni semplicemente connesse. Si gi notato che lindice rimane costante se z 0
varia senza incontrare . Dunque, I(, z 0 ) costante in ciascuna delle regioni nelle
quali divide C, si veda la figura 1.9
62
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Per finire, consideriamo il caso seguente, che ci interesser in seguito. Sia una curva
semplice e chiusa orientata positivamente, il cui sostegno appartiene alla regione
di Jordan su cui una funzione f (z) olomorfa. Si gi introdotta la curva f ,
immagine di mediante la funzione f (z): se ha parametrizzazione z = z(t),
t [a, b], allora f ha parametrizzazione f (z(t)), t [a, b].
La curva f chiusa perch lo , ma pu essere che non sia semplice.
Supponiamo che f (z) non si annulli su e consideriamo
b
1
f (z(t))z (t)
dt .
2i a
f (z(t))
Questintegrale uguale ad ambedue gli integrali seguenti:
1
1
f
1
dz ,
dw
2i f
2i f w
e lultimo integrale I( f , 0). Si ha quindi che
f
1
dz .
I(f , 0) =
2i f
Segue un semplice metodo grafico per il calcolo di (1/2i)
(f
/f ) dz (quando f (z)
non si annulla sul sostegno di ) che alla base di molti metodi grafici dellingegneria:
si disegna la curva f e se ne conta il numero dei giri intorno allorigine.
Naturalmente, i metodi grafici sono sempre approssimati. E notevole il fatto che,
in questo caso, il metodo grafico d in realt valori esatti. Infatti, intuitivamente
evidente, e si giustificher in seguito, che il valore dellintegrale varia di poco
quando varia di poco, purch la deformazione applicata a non conduca f ad
incontrare 0, ossia non conduca ad incontrare uno zero di f (z). Dato che lindice
prende valori interi, esso rimane costante sotto lazione di piccole perturbazioni su ,
quali quelle che si incontrano nella rappresentazione numerica di e di f .
La giustificazione rigorosa di questo argomento conduce alla teoria dellomotopia.
Siano 1 e 2 due curve diverse. Non restrittivo assumere che il parametro vari nel
medesimo intervallo [a, b]. Diciamo che esse sono omotope se esiste una funzione
63
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
0.8
0.6
0.4
0.2
0.2
0.4
0.6
0.8
1
3
Fig. 1.10.
continua H(t, s) di due variabili reali s [0, 1], t [a, b], a valori complessi, tale
che H(0, t) parametrizzi 1 mentre H(1, t) parametrizzi 2 .
Se le due curve appartengono ad una regione , si dice che esse sono omotope in
se i valori della funzione H(s, t) appartengono ad .
Per ogni valore intermedio s 0 [0, 1], la funzione H(s 0 , t) parametrizza una curva e
per s 0 la curva vicina a 1 mentre per s 1 vicina a 2 . Quindi la H(s, t)
parametrizza una deformazione continua di 1 in 2 .
Nei casi pi importanti, le curve 1 e 2 hanno gli estremi comuni oppure sono chiuse.
Se esse hanno estremi comuni, si richiede anche che H(s, a) ed H(s, b) siano costanti.
In tal caso una deformazione continua di 1 su 2 illustrata dalla figura 1.10.
Se le due curve 1 e 2 sono chiuse, nel parlare di omotopia si sottintende che ciascuna
delle curve t H(s, t) sia chiusa.
Richiediamo ora che le due curve 1 e 2 siano omotope rispetto ad una regione
che non contiene zeri della funzione f (z). In tal caso, indicando con s la curva di
parametrizzazione t H(s, t), si trova che
64
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1
s
2i
f
dz
f
DIMOSTRAZIONE
Vediamo ora un caso estremo: per definizione, una curva non pu essere parametrizzata da una funzione costante. Supponiamo per che esista una funzione
H(s, t) continua su [0, 1] [a, b] e tale che H(0, t) parametrizzi una curva mentre
H(1, t) = z0 per ogni t [a, b]. In questo caso si dice che la curva omotopa al
punto z0 .
65
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
3
3
2
y
2
1
x
3
3
4
4
Fig. 1.11.
f
dz
f
Sottolineiamo che n il teorema 1.41 n il corollario 1.42 richiedono che sia una
regione di Jordan. Si potrebbe provare che tutti i teoremi che valgono per regioni
di Jordan valgono anche per le regioni che sono semplicemente connesse secondo la
definizione seguente: una regione si dice semplicemente connessa se ogni curva di
Jordan di sostegno in omotopa ad un punto di .
66
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1.11.
C ONVERGENZA
Ricordiamo che se
f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y)
continua, abbiamo definito
f dz =
u dx v dy + i v dx + u dy .
Se parametrizzata da
t [a, b]
f dz =
+i
ossia si trova la somma di quattro integrali di funzioni continue su [a, b], intervallo
limitato e chiuso. Dunque, a tali integrali si possono applicare tutte le propriet note
per gli integrali di funzione di variabile reale. In particolare, se (u n (x, y)) una
successione che converge uniformemente ad u(x, y) allora
lim un (x(t), y(t)) = u(x(t), y(t))
n
lim
lim
a
b
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Teorema 1.43. Sia (f n (z)) una successione di funzioni continue su una regione ,
e sia una curva il cui sostegno in . Supponiamo che esista una funzione f (z),
definita sul sostegno di , tale che
lim fn (z) = f (z) ,
n
z K .
In tal caso si dice che la successione (f n (z)) converge uniformemente sui compatti
di .
La convergenza uniforme sui compatti ovviamente implica la continuit della funzione
limite f (z) e inoltre implica la convergenza uniforme sui sostegni di curve che
sono contenuti in , perch i sostegni di curve sono compatti. Dunque permette
lapplicazione del teorema 1.43.
Un caso importante in cui si ha convergenza uniforme sui compatti quello delle serie
di Laurent nei compatti contenuti nella corona di convergenza. In questo caso si ha:
+
k=
di convergenza non vuota e sia una curva il cui sostegno nella corona di
68
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
k=
k=
k=
k=
1.12.
L A FORMULA
INTEGRALE DI
C AUCHY
Sia f (z) olomorfa sulla regione di Jordan e sia una curva di Jordan in . La
formula integrale di Cauchy mostra in particolare che i valori di f (z) nella regione
interna a sono univocamente individuati dai valori che la f (z) assume sul sostegno
di e inoltre vengono ad essere espressi mediante una semplice formula integrale. Si
noti che niente di analogo vale per funzioni di classe C 1 di due variabili reali.
Pi avanti vedremo che anche i valori che f (z) assume nella regione esterna a
sono individuati dai valori che essa assume sul sostegno di . Per, nessuna formula
semplice permette di trovarli.
La formula integrale di Cauchy vale per curve chiuse, anche non semplici, di sostegno
in . In tale forma lo enunciamo anche se, di regola, lo useremo nel caso delle curve
semplici.
Teorema 1.45 (formula integrale di Cauchy). Sia f (z) olomorfa in una regione
di Jordan e sia una curva in . Sia z un punto che non appartiene al sostegno
di . Vale:
I(, z)f (z) =
1
2i
f ()
d .
z
1.23
69
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
DIMOSTRAZIONE
Limitiamoci a provare il teorema per il caso delle curve semplici. In questo caso,
I(, z) = 0 quando z nella regione esterna a e in tal caso lintegrale nullo per il
teorema di Cauchy, teorema 1.31. Dunque, in tal caso luguaglianza verificata. Sia
allora z , la regione interna a . In questo caso I(, z) = 1 e dobbiamo provare
che
f (z) =
1
2i
f ()
d .
z
Sia Cr una circonferenza di raggio r e centro z, con r cos piccolo che C r sia contenuta
nella regione . Il teorema di Cauchy mostra che
Z
Z
1
f ()
f ()
1
d =
d .
2i z
2i Cr z
In particolare, la funzione di r,
1
2i
Z
Cr
f ()
d
z
costante e quindi
lim
r0+
1
2i
Z
Cr
f ()
d
z
1
=
2i
f ()
d .
z
lim
Cr
f () f (z)
d .
z
f () f (z)
limitato, diciamo da M = 2|f (z)|, per | z| piccolo. Dunque, per il teorema 1.30,
70
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
vale
Cr
f () f (z)
d 2rM .
z
1
2i
f ()
d .
z0
Introducendo la parametrizzazione
(t) = reit = r[cos t + i sin t] ,
t [0, 2]
71
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
si trova
1
f (z0 ) =
2
f (z0 + reit ) dt .
1.24
Questa formula mostra che f (z 0 ) pu interpretarsi come media dei valori che la
funzione prende sulla circonferenza di centro z 0 e raggio 1. Per questa ragione
la particolare forma 1.24 della formula integrale di Cauchy si chiama formula della
media .
Osserviamo ora che lintegrale che figura nella formula della media su un intervallo
dellasse reale; e quindi, scrivendo
f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y)
e prendendo la parte reale dei due membri, si trova
2
1
u(x0 , y0 ) =
u(x0 + r cos t, y0 + r sin t) dt ,
2 0
1.25
ossia la propriet della media vale anche per le parti reali (e immaginarie) di
funzioni olomorfe.
1
2i
h()
d .
z
1.26
In questo modo, f (z) ben definita per ogni z che non appartiene al sostegno di .
Inoltre, la funzione
z
h()
d
z
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1.27
Teorema 1.46. Sia f (z) olomorfa in . Essa ammette derivate di ogni ordine, e
tutte le derivate sono olomorfe.
1 1
d =
d
z
2i z
1 1
1 1
1
1
d =
d +
d
z
z 2i
z 2i z
73
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1
[I(, 0) + I(, z)] = 0
z
per ogni z nella regione interna a , ossia nel disco |z| < 1. Dunque,
1
f (z) =
d 0 :
2i z
la funzione f (z) olomorfa in |z| < 1 e continua in |z| 1, ma i suoi valori su
|z| = 1 non coincidono con quelli di h(z) = z.
1.13.
A NALITICIT
Si visto al teorema 1.46 che una funzione olomorfa ammette derivate di ogni ordine,
e queste sono tutte olomorfe. Mostriamo che vale anche di pi. Una funzione f (z)
definita su una regione si dice analitica su quando sviluppabile in serie di Taylor
(con raggio di convergenza non nullo) di centro z 0 per ogni z 0 .
Vedremo, al paragrafo 1.15., che una funzione analitica anche olomorfa. Andiamo a
provare:
+
fn (z z0 ) ,
n
n=0
1
fn =
2i
f ()
( z0 )n+1
74
1
2i
Z
f ()
f ()
1
d =
d
2i C ( z0 ) (z z0 )
C z
1
f ()
z z0
d .
1
z0
z0
1
2i
Z
C
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Dato che sulla circonferenza mentre z nel disco, |(z z 0 )/( z0 )| < 1 e quindi
1
n
Z
+
z z0
1
f ()
f () X z z0
1
d =
d
z0
2i C z0 n=0 z0
C z0
Z
+
X
f ()
1
(z z0 )n .
=
n+1
2i
(
z
0)
C
n=0
1
2i
n
+
X
f ()
z z0
z0 z0
n=0
converge uniformemente su C.
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Sia f (z) = f (x + iy) olomorfa su . Si visto che essa ammette derivate di ogni
ordine e quindi anche la sua parte reale u(x, y) di classe C . Inoltre, la sua derivata
f (z) = ux (x, y) + ivx (x, y) olomorfa e quindi verifica le condizioni di Cauchy
Riemann, che ora si scrivono:
(ux )x = (vx )y ,
(vx )x = (ux )y .
(uy )x = (vy )y .
v = 0
ossia,
Teorema 1.51. Sia una regione di Jordan e sia u(x, y) armonica su . Esiste una
funzione v(x, y) armonica su e tale che f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y) olomorfa
su .
76
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Teorema 1.53 (della media). Sia u(x, y) armonica su . Essa verifica la propriet
della media : per ogni (x 0 , y0 ) e per ogni cerchio di raggio r e centro (x 0 , y0 ) e
contenuto in vale la 1.25.
1.13.2 Zeri e estensioni di funzioni olomorfe
Le serie di potenze hanno una propriet importante:
+
n=0
(z) =
+
X
an (z z0 )nk .
n=k
Teorema 1.56. Sia f (z) olomorfa sulla regione e sia (z n ) una successione di zeri
di f (z), convergente ad un punto z 0 . Allora, f (z) identicamente nulla su .
DIMOSTRAZIONE
77
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
i
f (z) = 0 i} .
z i
Linsieme Z contiene V e quindi non vuoto. Inoltre chiuso perch ciascuna delle
derivate parziali di f (z) una funzione continua.
Mostriamo che Z aperto, cos che avremo Z = . Sia per questo z Z. Mostriamo
che tutto un intorno di z contenuto in Z. Per questo, sviluppiamo f (z) in serie di
Taylor di centro z:
f (z) =
+
X
1 (n)
f (
z )(z z)n .
n!
n=0
Notiamo che il teorema precedente non vieta che una successione di zeri di una
funzione olomorfa non nulla f (z) possa avere punti di accumulazione. In tal caso
per tali punti non sono interni alla regione su cui f (z) olomorfa.
Il teorema 1.56 ha conseguenze importanti.
Il teorema precedente vale se, per esempio, f (z) e g(z) sono uguali sul sostegno di
una curva in . Ora, se z = x + i0, allora vale
sin2 z + cos2 z = 1
78
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1.5
0.5
0
x
0.5
1.5
2
2
1.5
0.5
0.5
1.5
Fig. 1.12.
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
intersezione non vuota e supponiamo che f (z) e g(z) siano uguali sul sostegno di una
curva contenuta in 1 2 . Il teorema precedente NON implica che le due funzioni
debbano essere uguali su 1 2 . Implica che debbano essere uguali soltanto sulla
componente connessa di 1 2 che contiene il sostegno della curva. E importante
notare questo nella dimostrazione del teorema seguente che permette di chiarire una
stranezza delle funzioni di variabile reale. Per illustrarla, consideriamo la serie di
Taylor
log (1 + x) =
+
(1)n+1
n=1
xn
.
n
Questa serie ha raggio di convergenza 1 e si capisce che il raggio non possa superare
1 perch per x = 1 la funzione non definita.
Consideriamo invece la serie di Taylor
+
1
=
(1)n x2n .
1 + x2
n=0
+
n=0
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
DIMOSTRAZIONE
1.14.
T EOREMA
DI
M ORERA
E PRINCIPIO DI RIFLESSIONE
Teorema 1.60 (di Morera). Sia una regione qualsiasi e supponiamo che f (z)
sia continua su . Supponiamo che su ogni poligono P valga
81
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
f (z) dz = 0 .
1.28
Si sa che se vale la condizione 1.28 allora la funzione f (z) ammette una primitiva F (z),
ossia si sa che esiste una funzione olomorfa F (z) definita su e tale che
F (z) = f (z) .
Si sa che le derivate delle funzioni olomorfe sono esse stesse olomorfe (si veda il
teorema 1.49) e quindi f (z) olomorfa.
g(z) = f (
z) .
Ovviamente, g(z) continua su . Mostriamo che anche olomorfa, facendo vedere
che la sua derivata funzione continua di z. Ci si vede come segue: sia z , cos
che z . Si ha:
f (
z + h) f (
z)
f (z + h) f (
z)
= lim
z) ,
= f (
lim
h0
h0
h
h
funzione continua di z.
82
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Supponiamo ora = , che f (z) sia olomorfa su e e che prenda valori reali
sullasse reale. Allora,
z)
g(z) = f (
olomorfa e coincide con f (z) sullasse reale e quindi coincide con f (z) ovunque, si
veda il teorema 1.57. Dunque, f (z) gode della seguente propriet di simmetria:
f (
z ) = f (z) .
Invertiamo questa costruzione per ottenere un teorema di estensione:
g(z) =
f (z) se
z {z , Im z = 0}
f (
z ) se
olomorfa.
DIMOSTRAZIONE
Illustriamo lidea della dimostrazione, senza entrare in tutti i dettagli del calcolo. La
funzione g(z) definita e continua sulla regione
{z Im z = 0} .
Per ipotesi g(z) olomorfa su e si gi notato che olomorfa su . Dobbiamo
provare che essa anche olomorfa sui punti interni allinsieme
{z , Im z = 0} .
Per mostrare lolomorfia, usiamo il teorema di Morera. Sia P un qualsiasi poligono
nel dominio di g(z). Siano P + , P i due poligoni in figura 1.13, ottenuti tagliando P a
distanza
, sopra e sotto lasse reale. Lintegrale di g(z) lungo P + e lungo P nullo.
83
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.5
y
+
P
0.5
0
x
0.5
P
1.5
2
2
1.5
0.5
0.5
1.5
Fig. 1.13.
Quando
tende a zero,
Z
0 = lim
0
Z
P+
g(z) dz +
P
g(z) dz
Z
g(z) dz
=
P
1.15.
T EOREMI
DI
W EIERSTRASS
E DI
M ONTEL
Teorema 1.62 (di Weierstrass). Sia (f n (z)) una successione di funzioni olomorfe
sulla medesima regione e supponiamo che (f n (z)) converga ad una funzione f (z)
uniformemente sui compatti di . In tal caso, f (z) olomorfa e inoltre vale
f (z) = lim fn (z) ,
anche tale limite essendo uniforme sui compatti.
84
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
DIMOSTRAZIONE
Per provare che f (z) olomorfa basta lavorare localmente, nellintorno D di ciascun
punto z di . In tale intorno si usa il teorema di Morera. Notiamo prima di tutto che
f (z) continua, come limite uniforme di una successione di funzioni continue. Sia P
un poligono in D. La successione (f n (z)) converge ad f (z) uniformemente su P e
quindi
Z
Z
f (z) dz = lim
P
fn (z) dz .
P
Ciascuno degli integrali a destra nullo perch ciascuna funzione f n (z) olomorfa e
D una regione di Jordan. Dunque
Z
f (z) dz = 0
P
uniformemente a f (z) su K.
Per il teorema di HeineBorel, il compatto K coperto da un numero finito di dischi,
ciascuno dei quali contenuto in e quindi basta provare la convergenza uniforme su
e sia
ciascuno di tali dischi. Fissiamo lattenzione su uno di essi, che indichiamo con D
e raggio maggiore, ancora contenuto in . Sia C
D un disco con lo stesso centro di D
vale
la circonferenza di D. Sapendo gi che f (z) olomorfa, per ogni z D
f (z) =
1
2i
Z
C
1
f ()
d = lim
( z)2
2i
Z
C
fn ()
d = lim fn (z) ,
( z)2
Osservazione 1.63. Applicando questo teorema alle serie di potenze ed alle serie di
Laurent si trovano dimostrazioni dei teoremi 1.23 e 1.24. Si noti infatti che la catena di
argomenti che conducono al teorema di Weierstrass non fa uso n delle serie di Taylor
n delle serie di Laurent.
85
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Teorema 1.64. Una successione di funzioni di due variabili reali che equilimitata ed equicontinua su un insieme K ammette una s.successione uniformemente
convergente.
Teorema 1.65 (di Montel). Sia (f n (z)) una successione limitata di funzioni
olomorfe sulla regione .
Kr = .
Mostreremo che per ogni r si pu estrarre dalla (f n (z)) una s.successione uniformemente convergente su K r . Accettiamo per un attimo questo fatto e mostriamo come si
costruisce la s.successione cercata: si applica questo procedimento a (f n (z)) e K1 e si
costruisce una successione (f nk ,1 (z)) convergente uniformemente su K 1 . Non si conosce il comportamento di questa successione fuori di K 1 . Si applica quindi di nuovo il
procedimento a (f nk ,1 (z)) e K2 , costruendo la successione (f nk ,2 (z)) uniformemente
convergente su K 2 (e quindi anche su K 1 ).
Si itera il procedimento e si sceglie come s.successione quella diagonale, ossia quella
delle funzioni (f nk ,k (z)), si ricordi la dimostrazione del teorema di Ascoli-Arzel.
Il procedimento descritto riassunto dalla tabella seguente:
Si veda il teorema 5.54 per il caso delle funzioni di una sola variabile. La dimostrazione per
funzioni di pi variabili la medesima.
86
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
fn1 ,1 (z)
fn2 ,1 (z)
fn3 ,1 (z)
fn4 ,1 (z)
...
fn1 ,2 (z)
fn2 ,2 (z)
fn3 ,2 (z)
fn4 ,2 (z)
...
fn1 ,3 (z)
..
.
fn2 ,3 (z)
fn3 ,3 (z)
fn4 ,3 (z)
...
In questa tavola:
alla prima riga c una s.successione della (f n (z)) e ciascuna riga riporta
una s.successione di quella che figura alla riga precedente.
dunque la successione diagonale (f nr ,r ) s.successione della (f n ).
La successione che figura alla riga ima converge su K i e quindi anche
su Kj , con j < i.
la successione diagonale s.successione di ciascuna (f ni ,j ) (per ciascun j), alterata nei soli primi elementi. E quindi essa converge su ciascun
insieme Kj .
Per concludere, basta mostrare come estrarre dalla (f n (z)) una s.successione convergente su un assegnato compatto K. Per ipotesi, su K la successione (f n (z))
limitata, |f n (z)| < MK . Se si prova che anche la successione (f n (z)) limitata allora la fn (z) sia equilimitata che equicontinua e la s.successione cercata esiste per il
teorema di Ascoli-Arzel.
La limitatezza di {f n (z)} si vede come segue. Sia P un poligono in che racchiude
K. Per ogni z K vale
Z
1
f ()
1
LP maxP |fn (z)|
.
max
fn (z) =
d
<M
P,zK | z|2
2i P ( z)2
2
1.16.
M ASSIMO
MODULO E TEOREMA DI
L IOUVILLE
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
da cui segue
|f (z0 )|
1
2( max |f (z)|) :
2
|zz0 |=r
Teorema 1.66 (Principio del massimo modulo). Sia f (z) olomorfa su una
regione . Se la funzione |f (z)| ammette un punto di massimo relativo z 0 che
appartiene ad , allora la funzione f (z) costante su .
DIMOSTRAZIONE
Per il Lemma 1.12 basta provare che il modulo di f (z) costante in un intorno di z 0 .
Infatti in tal caso f (z) costante in un intorno di z 0 e quindi anche su . Se ci non
accade, in ogni disco di centro z 0 esiste z tale che
|f (z)| < |f (z0 )| .
Sia z1 uno di tali punti e supponiamo che, inoltre, valga
{z | |z z0 | < 2|z1 z0 |} .
Sia la circonferenza parametrizzata da
z0 + |z0 z1 |eit ,
0 t 2 .
0 < t < 1 .
Z 2
1
|f (z0 )| =
f (z0 + reit ) dt
2 0
Z 1
Z
1
1
it
it
f (z0 + re ) dt +
f (z0 + re ) dt
2 t[
2 0
/ 0 ,1 ]
)
(
1
[1 0 ][|f (z0 )|
] + [2 (1 0 )]|f (z0 )|
2
|f (z0 )|
88
1 0
< |f (z0 )|
2
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
2.5
1.5
0.5
0
x
z1
0.5
1.5
2.5
2.5
1.5
0.5
0.5
1.5
2.5
Fig. 1.14.
e, ricordiamo,
> 0. Ci non pu darsi e dunque f (z) ha modulo costante in un
intorno di z 0 , e quindi essa stessa costante su .
Si noti che lasserto analogo per il minimo non vale. Infatti, il modulo della funzione
f (z) = z ha minimo per z = 0, senza essere costante. Per, applicando il principio
del massimo modulo alla funzione g(z) = 1/f (z) si vede immediatamente
Corollario 1.67. Sia f (z) olomorfa non costante e priva di zeri in . Allora, |f (z)|
non raggiunge minimo in .
Teorema 1.68. Supponiamo che una curva di livello per |f (z)| sia una curva
semplice e chiusa. Allora f (z), se non costante, ammette almeno uno zero nella
regione interna a .
89
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
DIMOSTRAZIONE
Il principio del massimo si trasferisce dalle funzioni olomorfe alle loro parti reali,
ossia alle funzioni armoniche, come segue:
Teorema 1.69. Sia u(x, y) armonica non costante su . Allora, u(x, y) non
raggiunge n massimo n minimo su .
DIMOSTRAZIONE
90
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Osservazione 1.70. Si noti che lasserto relativo alle funzioni armoniche parla di
massimo e minimo della funzione, e non del suo modulo.
Supponiamo ora che una funzione f (z) sia olomorfa su C. Una tale funzione si dice
intera. Ovviamente il principio del massimo vale anche per le funzioni intere, ma in
tal caso pu anche dirsi di pi:
Una funzione intera ammette sviluppo di Taylor, per esempio di centro 0, e raggio di
convergenza +,
f (z) =
+
X
z C .
fn z n ,
n=0
Si sa che
fn =
1
2i
Z
CR
f ()
d
n+1
M
1
M
2R n+1 = n .
2
R
R
R>0
M
.
Rn
Se n > 0 lestremo inferiore nullo e quindi f n = 0 per ogni n > 0. Vale cio f (z) = f 0 ,
costante.
Corollario 1.72. Sia f (z) una funzione intera. Supponiamo che f (z) non prenda
valori su un segmento. Allora, f (z) costante.
91
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
|z|+
1
= 0.
p(z)
1.29
1
p(z)
intera e, per 1.29, limitata. Dunque costante. Il suo limite essendo nullo, anche
la funzione identicamente zero. Ci contrasta con la definizione di f (z), perch
f (z)p(z) = 1. Dunque p(z), se ha grado almeno 1, deve annullarsi.
1.17.
L E SINGOLARIT
ISOLATE
Nella sezione 1.13. abbiamo definito i punti singolari di una funzione olomorfa. Niente
vieta che linsieme dei punti singolari abbia punti di accumulazione. Noi vogliamo ora
studiare il caso in cui ci non avviene, caso che pu ridursi al seguente: una funzione
92
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
f (z) olomorfa in un disco D, escluso il suo centro z 0 . In tal caso diremo che z 0
una singolarit isolata di f (z).
Caratterizziamo prima di tutto le singolarit eliminabili.
Ricordiamo che z 0 singolarit eliminabile se f (z) ha estensione olomorfa ad un
intorno di z 0 .
Teorema 1.75 (di Riemann). Sia z 0 una singolarit isolata di f (z). Il punto z 0
singolarit eliminabile se e solo se la funzione |f (z)| limitata in un suo intorno.
DIMOSTRAZIONE
h(z) =
+
X
hn (z z0 )n
n=0
con h0 = 0 e h1 = 0,
h(z) = (z z0 )2
+
X
hn (z z0 )n
n=2
g(z) =
+
X
hn (z z0 )n ,
n=2
93
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
2.5
y
1.5
0.5
x
0.5
1.5
2.5
2.5
1.5
0.5
0.5
1.5
2.5
Fig. 1.15.
max ||h(z)||
T
0
h(z) dz = lim
h(z) dz +
T
h(z) dz
= 0.
T
non difficile vedere che h(z) ovunque derivabile, e quindi olomorfa per il teorema 1.10.
Non avendo per provato questo risultato, non vogliamo usarlo.
94
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Ci completa la dimostrazione.
zz0
+
fn (z z0 )n ,
1.30
n=k
1
f (z)
+
X
gn (z z0 )n
n=k
95
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Mettendo in evidenza (z z 0 )k ,
g(z) = (z z0 )k (z)
con (z0 ) = 0 e quindi con 1/(z) olomorfa in un intorno di z 0 , incluso z0 . Dunque
f (z) =
+
X
1
1
1
n (z z0 )n
=
k
k
(z z0 ) (z)
(z z0 ) n=0
+
fn (z z0 )n
n=k
se fk = 0.
Passiamo ora a studiare il caso della singolarit essenziale. Ovviamente in questo caso
f (z) ha un comportamento assai disordinato quando z z 0 . Il teorema seguente,
di dimostrazione assai difficile, mostra che il comportamento il peggiore che si possa
immaginare:
Teorema 1.77 (di Picard). Sia z 0 una singolarit essenziale di f (z) e sia D un
disco di centro z0 . Limmagine di D mediante f (z) uguale a tutto C, escluso al pi
un numero.
Per assurdo, sia f (D) non denso in C. In tal caso esiste un punto w che non di
accumulazione per f (D). Il punto w pu appartenere o meno ad f (D). Studiamo
96
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
z D
g(z) =
1
f (z) w
verifica
|g(z)| <
1
.
r
+
X
gn (z z0 )n ,
g0 = 0 ,
n=0
1
(z)
(z z0 )k
Esempi di funzioni con singolarit essenziali sono forniti in particolare dalle serie di
Laurent convergenti in un disco privato del suo centro, come per esempio
e1/z =
+
1 1
.
n! z n
n=0
97
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Infatti, sappiamo che sia nel caso del polo che della singolarit eliminabile il
corrispondente sviluppo in serie di potenze ha al pi un numero finito di potenze
negative. Mostreremo che questo caso del tutto generale:
f (z) =
n=+
fn (z z0 )n
n=
1.18.
F ORMULA
DI
L AURENT
f (z) dz =
f (z) dz
1.31
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1.5
1.5
2
0.5
0.5
0
x
x
1
0.5
0.5
1.5
1.5
0.5
0.5
1.5
1.5
1.5
0.5
0.5
1.5
Fig. 1.16.
1
2i
f ()
d
z
1.32
Applichiamo la formula 1.32 al caso in cui f (z) olomorfa in una corona circolare di
centro z0 , come in figura 1.17.
In questo caso per 1 e 2 si scelgono due circonferenze concentriche di centro z 0 e
la 1.32 mostra che
f (z) = f2 (z) f1 (z)
con
1
f2 (z) =
2i
f ()
d ,
z
1
f1 (z) =
2i
f ()
d .
z
99
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1
0.5
0.5
Fig. 1.17.
f ()
=
2 z 0 + z 0 z
n
+
1
1
1
f ()
f () z z0
d
=
d
0
2i 2 z0 1 zz
2i 2 z0 n=0 z0
z0
+
1
f ()
d (z z0 )n .
=
n+1
2i
(
z
)
0
2
n=0
f2 (z) =
1
2i
z z0
z0
< 1
dato che appartiene a 2 , la circonferenza il cui disco contiene la corona circolare.
Un argomento analogo si applica allespressione della f 1 (z), ma tenendo conto ora
del fatto che sulla circonferenza 1 che lascia fuori la corona circolare e quindi
ora
z0
z z0
< 1 .
100
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Dunque,
1
f ()
f ()
1
=
d
0
2i 1 z0 z 1 z
1 z 0 + z 0 z
zz0
n
+
1
z0
1
=
f ()
d
2i
z z0
z z0
1
n=0
+
1
1
1
n
f
()(
z
)
d
.
=
0
n+1
(z z0 )
2i 1
(z z0 )n+1
n=0
f1 (z) =
1
2i
Ora notiamo che, per la formula 1.31, il valore degli integrali non muta se 1 e 2
vengono sostituite da una qualunque circonferenza C di centro z 0 e contenuta nella
corona circolare. Tenendo conto di ci, scriviamo
+
1
1
n
f ()( z0 ) d
f1 (z) =
2i 1
(z z0 )n+1
n=0
+
1
1
n
=
f ()( z0 ) d
n+1
2i
(z
z
0)
C
n=0
+
1
1
=
( z0 )n1 f () d
2i C
(z z0 )n
n=1
1
1
f ()
=
d (z z0 )n .
n+1
2i
(
z
)
0
C
n=
Sommando f 2 (z) e f1 (z) si trova infine
f (z) =
+
1
f ()
d
(z z0 )n .
n+1
2i
(
z
)
0
C
n=
1.33
Questa formula, valida quando f (z) olomorfa in una corona circolare, si chiama
formula di Laurent.
Argomenti del tutto analoghi a quelli incontrati nella dimostrazione del teorema 1.59
mostrano che la funzione f (z) ha punti singolari sulla circonferenza esterna della
regione di convergenza e anche su quella interna, se essa non ridotta ad un solo punto.
Se la corona di convergenza si riduce ad un disco privato del suo centro z 0 allora la
formula di Laurent vale, ma il punto z 0 potrebbe essere una singolarit eliminabile.
Comunque sia, abbiamo provato:
101
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Teorema 1.81. Una funzione olomorfa f (z) di cui z 0 singolarit isolata, ammette
una serie di Laurent di centro z 0 il cui raggio di convergenza r vale 0.
Osservazione 1.82. Osserviamo che una funzione olomorfa ammette ununica serie
di Taylor di centro un punto z 0 . Essa per pu ammettere pi serie di Laurent
convergenti in corone circolari diverse, ma con lo stesso centro. Per esercizio, si
calcolino le serie di Laurent della funzione
f (z) =
1
z(z 1)(z + 2)
di centro z0 = 0.
Teorema 1.83. sia z 0 una singolarit isolata della funzione olomorfa f (z). La
singolarit isolata z 0 punto singolare essenziale se e solo se la serie di Laurent di
f (z) che converge in un disco di centro z 0 privato del centro ha infiniti termini di
esponente negativo.
1
2i
f () d .
C
1
,
1z
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
f () d = 2i .
C
+
1 1
.
n!
zn
n=0
1.19.
S INGOLARIT
E ZERI AD INFINITO
Nello studio del limite di una funzione olomorfa f (z) per z tendente a + conviene
usare una terminologia analoga a quella che si usa per z z 0 . Ci si fa introducendo
la funzione
g(z) = f (1/z)
e dicendo che f (z) ha ad infinito una singolarit isolata se ci accade per g(z) in
z0 = 0; e parlando di singolarit eliminabile, polo o singolarit essenziale, a seconda
del comportamento di g(z) in z 0 = 0. La serie di Laurent di f (z) ad infinito si
costruisce a partire dalla serie di Laurent di g(z) a 0. Se
+
g(z) =
gn zn
n=
fn z n ,
fn = gn ,
1.34
n=
103
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
essenziale di f (z) allora la sua serie di Laurent ha infiniti termini con esponente
positivo. Se infinito un polo allora la serie 1.34 ha solo un numero finito di termini
con esponente positivo. Si ha invece una singolarit eliminabile ad infinito quando
fn = 0 per n > 0.
Chiameremo residuo ad infinito il numero 3
1
1
Res(f, ) =
f () d = Res
g(z), 0 .
2i C
z2
In questo caso C una circonferenza di centro 0 e raggio cos grande da racchiudere
tutte le singolarit al finito di f (z). Dunque,
Res(f, ) = f1 .
Si noti quindi che il residuo ad infinito pu essere non nullo anche se infinito una
singolarit rimuovibile.
Sia ora z0 C un polo di f (z). Si sa che si pu scrivere
f (z) =
1
fn (z z0 )n + (z)
n=r
fn (z z0 )n
n=r
k
fn z n + (z)
n=0
104
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
k
fn z n
n=0
N
Pm (z)
m=1
Sia quindi f (z) una funzione razionale e sia R un raggio cos grande che la
circonferenza C R di centro 0 e raggio R racchiuda tutti i poli al finito. Consideraimo
i due integrali
1
2i
f (z) dz ,
CR
2i
f (z) dz .
CR
Lintegrale di sinistra la somma dei residui nei poli al finito mentre quello di destra
il residuo ad infinito. Dunque:
Teorema 1.86. La somma dei residui in tutti i poli (al finito e ad infinito) di una
funzione razionale nulla.
Se la serie di potenze 1.34 non ha termini con esponente positivo, diremo che la
funzione f (z) ha estensione olomorfa ad infinito, in particolare diremo che ha uno
zero ad infinito se essa ha solamente termini con esponente negativo. E il primo di
essi che non nullo individua lordine dello zero.
105
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.20.
IL
Sia una regione in cui f (z) analitica, a parte che nei punti singolari isolati z n , in
numero finito o meno. Sia una curva semplice e chiusa in , che non incontra punti
singolari di f (z). Si noti che racchiude al pi un numero finito di punti singolari
perch questi, essendo isolati, possono solo accumularsi su punti di .
Una semplice iterazione della formula 1.31 mostra che vale
f (z) dz =
f (z) dz
Ci
ove Ci sono circonferenze centrate nei punti singolari z i di f (z), cos piccole
da non debordare da e da non intersecarsi luna con laltra. La sommatoria estesa
ai punti singolari z i . Dunque:
Teorema 1.87 (dei residui). Sia una curva semplice e chiusa in , che non
incontra i punti singolari di f (z). Alora vale
f (z) dz = 2i
Res(f, zi ) ,
f (x) dx = lim
f (x) dx + lim
S
T +
f (x) dx .
0
106
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
E ovvio che se lintegrale improprio esiste allora esiste anche il suo valore
principale ed essi coincidono; ma il valore principale pu anche esistere senza che
esista lintegrale improprio, come si vede considerando la funzione
f (x) = sin x .
Essendo la funzione dispari il valore principale nullo, mentre lintegrale improprio
non esiste.
Il metodo dei residui pu spesso usarsi per il calcolo del valore principale di
un integrale improprio, mentre frequentemente si richiede il valore dellintegrale
improprio stesso. Dunque prima di usare il metodo dei residui per il calcolo di
un integrale improprio, necessario accertarsi che questo esista.
Un caso in cui nessuna verifica preliminare richiesta il caso di una funzione pari,
f (x) = f (x) .
In tal caso
f (x) dx =
T
f (x) dx
0
Esempio 1.88. Sia f (x) = 1/(1 + x 2 ). Si sa che questa funzione ammette integrale
improprio e che
f (x) dx = .
Mostriamo come si possa ritrovare questo valore usando il metodo dei residui.
La funzione f (x) la restrizione allasse reale della funzione
f (z) =
1
1 i
1 i
+
=
2
1+z
2zi 2z+i
e quindi
i
Res(f, i) = .
2
107
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.6
1.4
1.2
0.8
0.6
0.4
0.2
0
x
0.2
0.4
1.5
0.5
0.5
1.5
Fig. 1.18.
1
dx
1 + x2
1
dz = 2iRes(f, i) = .
1 + z2
R
Il risultato segue da qui se possiamo provare che lultimo limite nullo.
Questo semplice esempio mostra che, per poter usare facilmente il metodo dei residui
per il calcolo di integrali impropri, dovremo dare metodi efficienti per il calcolo
dei residui; e dovremo dare criteri che assicurano che gli integrali su opportune
semicirconferenze tendono a zero quando il raggio tende a +. Al secondo problema
rispondono i due risultati seguenti:
Lemma 1.89 (del grande cerchio). Sia f (z) analitica su C salvo che nei punti
singolari zn , in numero finito o meno. Se per {z n } infinito, sia
lim |zn | = + .
108
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
M
|z|1+
per |z| = Rn ,
lim
f (z) dz = 0 .
|z|=Rn
DIMOSTRAZIONE
f (z) dz 2R 1+
|z|=Rn
R
e il membro destro tende a zero.
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
1.6
1.4
1.2
0.8
0.6
0.4
0.2
0
x
0.2
0.4
1.5
0.5
0.5
1.5
Fig. 1.19.
Lemma 1.91 (di Jordan). Sia f (z) analitica con sole singolarit isolate in
Im z > 0. Supponiamo inoltre
lim
|z|+
f (z) = 0 ,
1.35
La dimostrazione posposta.
110
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Esaminiamo ora il primo problema, di dare formule semplici per il calcolo dei residui.
Ci possibile nel caso in cui il punto singolare z 0 un polo. In questo caso,
f (z) =
+
fn (z z0 )n ,
fk = 0 .
n=k
zz0
dk1
1
(z z0 )k f (z) .
k1
(k 1)! dz
zz0
n(z)
.
d(z)
Sia z0 un polo di ordine 1 di f (z) e supponiamo n(z 0 ) = 0, cos che d(z) ha uno zero
semplice in z0 . In questo caso,
lim (z z0 )f (z) = lim (z z0 )
zz0
zz0
n(z0 )
n(z)
=
.
d(z)
d (z0 )
Dimostrazioni posposte
Dimostriamo il Lemma di Jordan.
Parametrizziamo R come
R :
0t
z(t) = Reit ,
e sia +
R la circonferenza ottenuta per t [0, /2], R quella ottenuta per t [/2, ].
Mostriamo
lim
R+
+
R
eiz f (z) dz = 0 ,
lim
R+
eiz f (z) dz = 0 .
111
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Per ipotesi,
lim MR+ = 0 .
R+
/2
it
eiz f (z) dz
=
R
/2
R
eiR cos tR sin t f (Reit )
dt RM (R)
0
/2
eR sin t dt .
per
0 t /2
e quindi
/2
R sin t
/2
dt R
eRt/2 dt =
2
1 eR/4
come si voleva.
Lintegrale su
R si tratta in modo analogo.
(z0 ) = 0 .
Essendo
f (z) = k(z z0 )k1 (z) + (z z0 )k (z)
si vede che f (z)/f (z) ha polo semplice, con residuo uguale a k, lordine dello zero.
In modo analogo si vede che se
f (z) = (z z0 )k (z) ,
112
(z0 ) = 0
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
k se z uno zero di ordine k
1
f (z)
0
dz =
k se z0 un polo di ordine k.
2i C f (z)
Supponiamo ora che sia una curva semplice e chiusa in , che non incontra n zeri
n punti singolari di f (z). Supponiamo inoltre che i punti singolari siano poli. In tal
caso,
1
2i
f (z)
dz = Z P
f (z)
1.36
= f (z(t)) ,
t [a, b] .
Teorema 1.93 (di Hurwitz). Sia (f n (z)) una successione di funzioni olomorfe su
, convergente ad f (z) uniformemente sui compatti di . Supponiamo che la funzione
f (z) non sia identicamente nulla e che z 0 sia uno zero di f (z). In ogni intorno di z 0
113
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
si annullano tutte le funzioni f n (z), a parte un numero finito di esse. Inoltre, Sia D
un intorno di z 0 su cui f (z) si annulla solo in z 0 . Per n sufficientemente grande, il
numero degli zeri di f n (z) in D, contati tenendo conto della molteplicit, uguale
alla molteplicit dello zero z 0 di f (z).
DIMOSTRAZIONE
lim
n
1
2i
Z
C
Z
1
fn (z)
f (z)
dz =
dz = N 1 .
fn (z)
2i C f (z)
Dato che
1
2i
Z
C
fn (z)
dz
fn (z)
Osservazione 1.94. Si noti che lipotesi f (z) non identicamente nulla non pu
rimuoversi: la successione delle funzioni costanti
fn (z) = 1/n
converge uniformemente alla funzione nulla, e nessuna delle f n (z) ammette zeri.
Un secondo risultato importante mostra che gli zeri variano con continuit perturbando
la funzione.
114
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Teorema 1.95 (di Rouch). Siano g(z) ed h(z) funzioni olomorfe in una regione
di Jordan e sia una curva semplice e chiusa in .
Supponiamo che sul sostegno di valga la disuguaglianza stretta
|h(z)| < |g(z)| .
1.37
In tal caso la somma delle molteplicit degli zeri di g(z) nella regione uguaglia la
somma delle molteplicit degli zeri di g(z) h(z), ancora in .
DIMOSTRAZIONE
Vediamo prima di tutto un argomento intuitivo, che per sarebbe lungo giustificare
completamente. Notiamo che
h
h
= arg g + arg 1
.
arg(g h) = arg g 1
g
g
La 1.37 mostra che
h(z)
g(z) < 1 ,
ossia che i punti
w =1
h
g
hanno parte reale positiva. Dunque, la curva parametrizzata da (1 h/g) non gira intorno allorigine, e quindi, percorrendola, la variazione dellargomento zero. Dunque,
si intuisce che percorrendo gh largomento debba variare di tanto quanto varia percorrendo g . E quindi, le due funzioni g e g h avranno il medesimo numero di zeri
racchiusi da .
Vediamo ora la dimostrazione rigorosa. Si noti che la disuguaglianza stretta 1.37
implica che n g(z) n
(z) = g(z) h(z)
hanno zeri sul sostegno di . Possiamo quindi usare il Principio dellargomento e provare
Z
Z
(z)
g (z)
dz =
dz
(z)
g(z)
115
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
ossia
Z
g (z)
(z)
(z)
g(z)
dz = 0 .
Ora,
g (z)
(z)g(z) (z)g (z)
(z)
=
(z)
g(z)
g(z)(z)
h(z)g (z) h (z)g(z)
(z)
=
g(z)[g(z) h(z)]
(z)
ove
(z)
g(z) h(z)
=
.
g(z)
g(z)
(z) =
Va quindi provato che
Z
(z)
dz = 0 .
(z)
1.38
Si ricordi ora il teorema di Brower: una funzione h(z) dal disco chiuso {z | |z| 1}
in s che continua, ammette un punto fisso; ossia, esiste un punto z 0 di norma
minore o uguale ad 1, tale che h(z 0 ) = z0 . Ripetiamo che questo teorema vale sotto
la sola ipotesi che f (z) sia continua, e la sua dimostrazione difficile. Se per h(z)
olomorfa una semplice dimostrazione pu dedursi dal teorema di Rouch:
Corollario 1.96. Sia h(z) olomorfa su una regione che contiene {z | |z| 1}.
Supponiamo che
|z| 1 = |h(z)| < 1 .
Allora, la funzione h(z) ha un punto fisso z 0 e uno solo. Inoltre, |z 0 | < 1.
116
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
DIMOSTRAZIONE
h(z) = an1 z n1 + + a1 z + a0 .
Il polinomio z n ha esattamente n zeri (si ricordi che nelluso del principio dellargomento
gli zeri vanno contati tenendo conto delle molteplicit).
Vale
lim
|z|+
h(z)
=0
zn
e quindi
|h(z)| < |z n |
su ogni circonferenza |z| = R, con R sufficientemente grande. Da qui lasserto.
117
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Illustriamo ora una ulteriore differenza importante tra le funzioni regolari di una
variabile reale, e quelle regolari, nel senso della variabile complessa. Consideriamo
la funzione
f (x) = x2 ,
da R in s. Questa funzione, non costante, analitica nel senso delle funzioni di
variabile reale ( addirittura un polinomio). Il suo dominio un aperto mentre la sua
immagine non aperta. Proviamo che nel caso delle funzioni olomorfe ci non pu
aversi:
Teorema 1.98 (della mappa aperta). Una funzione olomorfa e non costante
trasforma aperti in aperti.
DIMOSTRAZIONE
Ricordiamo che i punti di accumulazione degli zeri di una funzione olomorfa su e non
identicamente nulla non si accumulano su punti di . Di conseguenza, anche linsieme
{z | f (z) = w}
non ha punti di accumulazione in , salvo nel caso in cui f (z) costante.
Sia ora w0 un punto di f (), z 0 un punto per cui f (z 0 ) = w0 e sia r > 0 tale che
D = {z | |z z0 | < r} .
Avendo notato che f 1 (w0 ) non ha punti di accumulazione in , si vede che, per r
abbastanza piccolo, f (z) = w 0 se z D.
Vogliamo mostrare che w 0 interno a f ().
Indichiamo con C la circonferenza |z z 0 | = r, cos che f (z) w0 per |z z0 | r si
annulla solo per z = z 0 .
Sia
m = min |f (z) w0 | > 0 ,
C
Dm = {w | |w w0 | < m/2} .
118
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Scrivendo
f (z) w1 = [f (z) w0 ] + [w0 w1 ] = g(z) h(z)
si vede che su C vale
|w0 w1 | = |h(z)| <
m
< m < |f (z) w0 | = |g(z)| .
2
1.21.
T RASFORMAZIONI
CONFORMI
Ricordiamo che una trasformazione olomorfa f (z) tra due regioni ed conforme
diretta se la sua derivata non si annulla. Conviene rinforzare questa definizione,
richiedendo che f (z) sia olomorfa, invertibile e con inversa olomorfa. Si noti che
se g(z), inversa olomorfa di f (z), esiste allora
da cui g (f (z))f (z) = 1
g(f (z)) = z
1.39
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
za
1a
z
za
z a
|Ta z| =
=
= 1.
1a
z
|
z |
z a
w+a
= Ta w
1+a
w
e
| a| = |a| < 1 .
Dato che Ta1 = Ta , anche Ta1 olomorfa e quindi, da 1.39, Ta ha derivata non
nulla, ossia conforme.
Si noti che per a = 0 si ritrova il caso particolare della trasformazione identit, z z.
Le trasformazioni T a si chiamano trasformazioni di M obius.
Ricapitolando, abbiamo trovato due famiglie di trasformazioni conformi da D in
D, la famiglia R delle rotazioni e la famiglia T delle trasformazioni di M obius di
parametro a, |a| < 1.
Osservazione 1.99. Nel definire T a abbiamo imposto la condizione |a| < 1. Per
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
1 z ei
z ei
=
= ei .
1 ei z
ei ei z
Calcoliamo la composizione di due trasformazioni di M obius,
w=
za
,
1a
z
z=
b
.
1 b
La trasformazione composta
w=
1+a
b 1 (a + b)/(1 + ab)
a+b
1 + ab
< 1
1 + ab
= 1,
1 + a
b
1 + ab
.
1+a
b
(ei z) aei
za
.
=
1a
z
1 [aei ](ei z)
|f (0)| 1.
1.40
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
oppure se
|f (0)| = 1
allora f (z) una rotazione.
DIMOSTRAZIONE
Si noti che |f (z)| 1 per il principio del massimo modulo e che le due condizioni f (0) = 0 e |f (z)/z| 1 implicano che |f (0)| 1. Dunque basta provare che
|f (z)| |z|.
Introduciamo la funzione
F (z) =
8
>
< f (z)/z
z = 0
>
: f (0)
z = 0.
1
|f (z)|
f (z)
1
inf
= 1.
z (0,1)
1
Ci prova 1.40.
Supponiamo ora di sapere che per un certo z 0 D vale
|f (z0 )| = |z0 |,
|F (z0 )| = 1 .
ossia
Per il principio del massimo modulo, F (z) costante, F (z) = a con |a| < 1 e quindi
f (z) = az
una rotazione.
In modo analogo si procede se
|f (0)| = 1
122
ossia
|F (0)| = 1 .
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Proviamo ora:
f (z) f (0)
.
1 f (0)f (z)
Questa funzione manda D in s, perch |a| = |f (0)| < 1 e inoltre g(0) = 0. Dunque,
per il Lemma di Schwarz, |g (0)| 1.
Consideriamo ora la trasformazione h(z) inversa di g(z). Anchessa una trasformazione conforme da D in s e inoltre h(0) = 0 cos che anche per essa vale
|h (0)| 1.
Essendo
h (z) =
1
,
g (w)
w = h(z)
si ha, per z = 0,
h (0) =
1
g (0)
|g (0)| 1 .
Si ha dunque
|g (0)| = 1 .
Per la seconda parte del Lemma di Schwarz, g(z) una rotazione, g(z) = R (z) per
qualche R. Dunque,
`
123
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
(z) + f (0)
1 f (0)(z)
z1
,
z+1
1.41
w+1
1w
Teorema 1.102. Sia f (z) una funzione intera che non prende valori in un segmento.
La funzione f (z) costante.
DIMOSTRAZIONE
x [0, 1] .
z
1
=1
.
z1
1z
Notiamo che
(z) = x + i0 ,
124
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Dunque,
g(z) = (f (z))
non prende valori sullasse reale negativo e dunque si pu definire la funzione
g 1/2 (z) ,
olomorfa su C, si veda il paragrafo 1.9.3. La funzione g 1/2 (z) prende valori in + e
quindi componendola con la trasformazione S in 1.41 si trova una funzione intera a
valori in D, e quindi limitata. Per il teorema di Liouville essa costante e quindi f (z)
stessa costante.
Per il principio del massimo modulo, f (z) viene ad essere costante, e quindi non
biunivoca.
Enunciamo ora il teorema di Riemann in generale. Il teorema verr quindi provato in
un caso particolare.
125
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Teorema 1.104 (di Riemann). Sia una regione semplicemente connessa che
non tutto il piano complesso. Esiste una funzione olomorfa che trasforma su D in
modo biunivoco.
DIMOSTRAZIONE
(Il teorema si prova nel caso particolare in cui una regione di Jordan .)
Fissiamo un punto z 0 . Essendo limitata, essa contenuta in un disco D R
di raggio R e centro 0. La trasformazione conforme z z/(R + 1) trasforma D R in
D = {z | |z| < 1} e quindi in D. Applicando una trasformazione di M obius, si trova
una trasformazione da in D, che trasforma z 0 in 0. La trasformazione cos costruita
inoltre iniettiva. Non per suriettiva.
Sia F la famiglia delle trasformazioni olomorfe ed iniettive da a D, che trasformano z0 in 0. Il teorema dimostrato se si riesce a provare che F contiene una
trasformazione suriettiva.
Si noti che se f (z) F allora |f (z)| < 1 e quindi, per il teorema di Montel, ogni
successione in F contiene s.successioni convergenti uniformemente sui compatti di
. Inoltre, se f (z) F,
|f (z0 )| =
1
f ()
1
2 C ( z0 )2
r
f0 (z0 ) = 0 .
126
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
n>0
non si annulla sul disco di centro z 1 e raggio s. Ci vale per ogni indice n e quindi
nemmeno 0 (z) si annulla, per il teorema di Hurwitz; ossia, f 0 (z1 ) = f0 (z2 ).
Ci prova che f0 (z) iniettiva e quindi f 0 (z) appartiene ad F.
Proviamo ora che la funzione f 0 (z) anche suriettiva, completando cos la dimostrazione del teorema. Per assurdo supponiamo che non lo sia e sia a uno dei valori di D
che essa non assume.
Consideriamo la funzione
s
(z) =
a f0 (z)
.
1a
f0 (z)
Dato che una regione di Jordan, e che il radicando non si annulla su , possibile definire una determinazione della radice quadrata, in modo da avere (z) olomorfa
su , si veda il paragrafo 1.9.3. La (z) quindi olomorfa e, essendo ottenuta applicando ad f (z) prima la trasformazione di M obius Ta e poi una determinazione della
radice quadrata, iniettiva. Essa non apparterr a F perch in generale (z 0 ) = 0.
Applichiamo dunque a (z) la trasformazione di M obius che riporta (z 0 ) in 0. Si trova
g(z) =
(z) a
1 a(z)
1 a(z)
cos che
g (z0 ) =
1
(z0 ) .
1 | a|2
Ora calcoliamo
s
(z) =
1
2
1a
f0 (z) 1 + |a|2
f0 (z)
a f0 (z) [1 a
f0 (z)]2
127
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
cos che
`
1 `
(z0 ) = 1 | a|2 1 + | a|2 f0 (z) .
2 a
Combinando insieme queste uguaglianze si trova
1 + | a|2
1 + | a|2
|g (z0 )| = MF
f (z0 ) ,
.
g (z0 ) =
2 a
2 a
Ora,
1 + |a|
>1
2 a
perch 1+| a|2 2| a| > 0, luguaglianza essendo stretta, dato che |a| < 1. Dunque,
|g (z0 )| > MF , in contrasto con la definizione del numero M F .
La contraddizione trovata prova il teorema.
Teorema 1.105. Sia una regione di Jordan e sia f (z) una funzione olomorfa che
conforme da su D. La funzione f (z) pu estendersi con continuit a .
1.22.
M ONODROMIA
E POLIDROMIA
Possiamo solo accennare informalmente a questo argomento, sui cui per bene avere
qualche nozione.
diramazione quando ogni suo intorno contiene una curva chiusa la cui immagine
f non chiusa. Dunque, f (z) discontinua in ogni intorno di z 0 . Vedremo pi
avanti una definizione pi generale di punto di diramazione.
128
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
Si noti che z0 = 0 punto di diramazione per le funzioni z |z| 1/n ei(Arg z)/n e
z Log z.
I punti di diramazione si incontrano spesso trattando le funzioni inverse di funzioni che
non sono biunivoche e questo suggerisce un modo di trattare le funzioni che stato
introdotto da Riemann. Accenniamo allidea, considerando lesempio della funzione
Log z. Consideriamo prima di tutto la funzione
f (x + iy) = ex (cos y + i sin y)
che trasforma ogni striscia
(2k 1) y < (2k + 1)
su tutto il piano complesso privato dellorigine.
Fissiamo lattenzione sulla striscia
y < .
Quando si rappresenta limmagine della striscia sul piano complesso in realt si
considera la trasformazione da R 2 in R2 data da
(x, y) (ex cos y, ex sin y) .
Consideriamo invece la trasformazione da R 2 in R3
(x, y) (ex cos y, ex sin y, y) = (, , ) .
1.42
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
14
12
10
6
z
4
0
5
y
0
5
x
10
10
12
14
Fig. 1.20.
z 1 2 .
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
catena ed En lultimo. Diremo anche che la catena una funzione analitica ottenuta
da E1 per prolungamento lungo catene di cerchi.
In generale, chiameremo funzione analitica secondo Weierstrass linsieme di tutti gli
elementi canonici che fanno parte di tutte le catene che si ottengono prolungando per
catene di cerchi un elemento dato.
La definizione di funzione analitica secondo Weierstrass dipende quindi dal
primo elemento che stato scelto. Si prova per che scegliendo come primo
elemento un altro elemento della stessa funzione analitica, la funzione analitica
non cambia.
|z|ei(Arg z)/2
+
n=0
1/2
n
(z z0 )n
Lesempio precedente mostra che elementi diversi della medesima catena possono
prendere valori diversi nel medesimo punto. Ci suggerisce di definire mondroma
o univalente una funzione analitica secondo Weierstrass che ha la seguente ulteriore
propriet: siano (D i , fi ) e (Dj , fj ) elementi diversi. Se z 0 Di Dj allora vale
fi (z0 ) = fj (z0 ); altrimenti la funzione si dice poldroma.
Possiamo ora dare la seguente definizione generale di singolarit isolata: il punto z 0
sia di accumulazione per il dominio di un elemento (, f (z)) . Diciamo che il punto
131
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
0
x
2
6
8
Fig. 1.21.
1+ z
ottenuta scegliendo
z = |z|ei[+(Arg z)/2] .
1.43
1
1 + |z|ei(Arg z)/2
diramazione.
132
1. LE FUNZIONI OLOMORFE
z = |z|ei(Arg z)/2
f (z) =
Osservazione 1.109. I punti di diramazione non sono stati considerati nello studio
dei punti singolari di funzioni olomorfe. Infatti, con riferimento ad un singolo
elemento olomorfo (, f ), essi non sono punti singolari isolati: ogni loro intorno
contiene punti nei quali la funzione f (z) discontinua.
Mostriamo infine che una funzione analitica secondo Weierstrass, se non ha punti
singolari in una regione di Jordan coincide con un elemento olomorfo.
Teorema 1.110 (di monodromia). Sia una regione di Jordan contenuta nel
dominio di una funzione analitica secondo Weierstrass. La funzione univalente su .
DIMOSTRAZIONE
1 ,
. . . , n1 ,
n = b
133
1.
LE FUNZIONI OLOMORFE
Osservazione 1.111. Il teorema precedente non vieta che seguendo curve che
congiungono z 0 con z1 e che escono da , si trovi un valore diverso per f (z 1 ).
134
2.
FUNZIONI ARMONICHE
2.1.
F UNZIONI
Teorema 2.1. Sia una regione di Jordan e sia u(x, y) armonica su . Esiste una
funzione armonica v(x, y) tale che
f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y)
2.1
olomorfa.
135
2.
FUNZIONI ARMONICHE
DIMOSTRAZIONE
vy = ux .
2.2
Fissato un punto (
x, y) , il teorema precedente pu applicarsi in un suo intorno e
quindi:
Corollario 2.2. Ogni funzione armonica localmente parte reale di una funzione
olomorfa. Dunque, ogni funzione armonica in particolare di classe C .
Di conseguenza, per le funzioni armoniche valgono i teoremi che abbiamo provato per
le parti reali di funzioni olomorfe,
2.
FUNZIONI ARMONICHE
La funzione v(x, y) che si associa ad u(x, y) in modo che la funzione 2.1 sia olomorfa
si chiama funzione armonica coniugata di u(x, y). Essa non unica (si vede dalla
dimostrazione del teorema 2.1 che v(x, y) muta cambiando (x 0 , y0 )). Non difficile
provare che due funzioni armoniche su un regione , coniugate della stessa
funzione armonica u(x, y) hanno differenza costante.
Conviene ora elencare alcune funzioni armoniche.
u(x, y) = xy .
y
.
x
Un calcolo diretto mostra che in realt queste funzioni sono armoniche su R 2 (0, 0).
2.2.
P ROPRIET
G AUSS
2.3
2.
FUNZIONI ARMONICHE
Teorema 2.3. Sia una regione di Jordan e sia u(x, y) una funzione di classe
C 2 ().
2.4
per per ogni disco D con raggio abbastanza piccolo. Infatti se in un punto (x 0 , y0 )
fosse u(x0 , y0 ) > 0, per continuit si avrebbe anche u(x, y) > 0 su un opportuno
disco D, e quindi lintegrale 2.4 non potrebbe essere nullo.
t [0, 2]
ed n = n(t), parametrizzata da
n(t) = (x0 + cos t, y0 + sin t) ,
t [0, 2] ,
2.
FUNZIONI ARMONICHE
Teorema 2.4. Sia una regione di Jordan. Supponiamo u(x, y) C 2 (), continua
sulla chiusura di . La funzione u(x, y) armonica se e solo se
u ds = 0
n
2.5
Z
u(x, y) dx dy =
u ds .
n
u ds = 0 ;
n
se, viceversa, la 2.5 vale per ogni , curva di Jordan con sostegno in , scegliendo per
le circonferenze, si trova
Z
u(x, y) dx dy = 0
D
2.3.
IL
PROBLEMA DI
D IRICHLET
in ,
u | = g .
139
2.
FUNZIONI ARMONICHE
Si parla di problema di Poisson quando data anche una funzione continua h(x, y) in
e si vuol risolvere
u = h
in ,
u | = g .
2.6
2.6,
essa unica.
DIMOSTRAZIONE
Ricordiamo che, per la definizione che abbiamo dato di soluzione, la u(x, y) continua
nella chiusura di .
Siano u1 (x, y) e u2 (x, y) due diverse soluzioni di 2.6 e definiamo
w(x, y) = u1 (x, y) u2 (x, y) .
La w(x, y) una soluzione del problema di Dirichlet
u = 0 in
u| = 0 .
Nello stesso modo si pu vedere che le soluzioni dipendono con continuit dal dato
g. Consideriamo per questo i due problemi di Poisson
u = h
in ,
u | = g 1 ,
2.7
u = h
in ,
u | = g 2 .
2.8
con la medesima funzione h(x, y). Supponiamo che esistano u 1 (x, y), soluzione
di 2.7 e u2 (x, y), soluzione di 2.8. Sia ha:
140
2.
FUNZIONI ARMONICHE
DIMOSTRAZIONE
t Reit ,
t [0, 2] .
Passando alle parti reali, a sinistra si trova u(x, y) ma a destra si trova unespressione
complicata, che fa intervenire sia i valori di u(x, y) che quelli di v(x, y) perch il
fattore
1
1
Reit
it
2 Re (x + iy)
141
2.
FUNZIONI ARMONICHE
f (z) =
f (Reit )
0
Reit
dt .
Reit z
1
2
1
2
Reit
zReit
dt
Reit z zReit R2
0
2
R
z
it
it
f (Re )
eit dt
Reit z
ze R
0
2
R2 |z|2
dt .
f (Reit ) 2
R + |z|2 2e [(Rz)eit ]
0
f (z) =
1
2
f (Reit )
Sia ora
z = rei
ossia
x
y
r cos
r sin .
142
2.
FUNZIONI ARMONICHE
x = r cos
y = r sin .
Allora, la funzione u(x, y) armonica nel disco aperto, continua nel disco chiuso e
la sua restrizione alla circonferenza restituisce la funzione g(x, y).
Ossia, u(x, y) risolve il problema di Dirichlet
u = 0 ,
per x2 + y 2 R2 ,
u(x, y) = g(x, y)
per x2 + y 2 = R2 .
Vedremo che facendo uso di questo risultato sar possibile provare lesistenza di
soluzioni del problema di Dirichlet in casi molto pi generali.
u=g
su .
2.9
143
2.
FUNZIONI ARMONICHE
DIMOSTRAZIONE
facciamo uso del teorema di Riemann, teorema 1.104 e del teorema 1.105.
Indichiamo con z = x + iy i punti di e del sostegno di e con w = + i quelli del
disco
D = {w | |w| < 1} .
2.8, esiste
una funzione armonica U (, ) nel disco aperto, continua nel disco chiuso e che sulla
circonferenza restituisce G.
Sia V (, ) una funzione coniugata di U (, ) e sia F (, ) = U (, ) + iV (, ). Sia
f (x + iy) = F ((x + iy)) = u(x, y) + iv(x, y) .
La funzione u(x, y) armonica su e su restituisce U e quindi la funzione g. E
dunque la soluzione del problema 2.9.
144
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
3.1.
D EFINIZIONI
t+
145
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
t > 0.
3.1
et f (t) dt .
Per indicare la trasformata di Laplace si usa anche il simbolo L(f )() o semplicemente la lettera maiuscola corrispondente a quella che si usa per indicare
la funzione: F ().
146
3.
3.2.
P ROPRIET
DELLA TRASFORMATA DI
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
L APLACE
Vale:
et f (t) dt
lim
T +
et f (t) dt
segue dal teorema del confronto. Per vederlo, non restrittivo supporre che f prenda
valori reali. In tal caso, posto = x+iy, va provata lesistenza dei due integrali impropri
Z +
Z +
f (t)ext cos yt dt ,
f (t)ext sin yt dt
0
Z +
Z +
xt
xt
M ,
f
(t)e
cos
yt
dt
f
(t)e
sin
yt
dt
x f
x f
0
0
3.2
Per provare che f() olomorfa, usiamo il teorema di Morera. Mostriamo prima di
tutto che la funzione f() continua per > f . Fissiamo
> 0 e mostriamo che
esiste > 0 tale che se | 1 2 | < allora |f(1 ) f(2 )| <
. Per fissare le idee sia
e 1 > e 2 > a + > a > f . Dato che lintegrale di variabile reale, usando il
Lemma 1.28, si ha
147
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
Z + h
h
i
e (1 a)t
sup e
1 ee (1 2 )t L(|f |)(a) .
t0
e (1 2 )t
< 2 t 0 ,
1 e
1 ee (1 2 )t 1 ee (1 2 )T
t T .
e (1 2 )T
1 e
L(|f |)(a) <
.
Si ha quindi che se, in particolare, | 1 2 | < allora vale | f(1 ) f(2 )| <
, ossia
la continuit di f().
Scambiando lordine di
integrazione, si ha:
Z Z
Z
f() d =
et d f (t) dt = 0 .
Z
et f (t) dt d =
e +
f() = 0 .
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
La trasformata di Laplace lineare nel senso detto dal teorema seguente di ovvia
dimostrazione:
con h > 0 .
Allora
g() = eh f() .
Osservazione 3.6. Si noti che, essendo f (t) = 0 per t < 0, allora f (t h) = 0 per
t < h. Questo fatto essenziale per provare la formula precedente.
Sia invece
g(t) = f (at)
con a > 0 .
Allora vale
g() =
1
f (/a) .
a
f() =
f (t) dt =
+
n=0
(n+1)T
et f (t) dt
nT
n=0 0
T
+
nT
n=0
+
f (s) ds =
+
n=0
e
0
f (s) dt
1
.
1 eT
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
3.3.
T RASFORMATA
DI
L APLACE ,
DERIVATA ED INTEGRALE
Le relazioni della trasformata di Laplace con lintegrale si vedono meglio introducendo la convoluzione di due funzioni. La convoluzione verr studiata in generale nel
paragrafo 4.11.1 ed
(f g)(t) =
f (t s)g(s) ds .
In questa parte a noi interessano funzioni nulle per argomenti negativi e quindi
t
f (t s)g(s) ds .
(f g)(t) =
0
t > 0
Allora,
|f (t s)g(s)| M 2 ert
e quindi
0 lim e
t+
150
(r+1)t
Z t
f (t s)g(s) ds = 0 .
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
In particolare, se g(t) 1 per t 0 (ed nulla per t < 0), f g una primitiva di f .
Dunque:
Corollario 3.9. Ogni primitiva di una funzione a crescita esponenziale essa stessa
a crescita esponenziale.
Proviamo ora:
Z +
et
f (t s)g(s) ds dt .
0
Z t
Z + Z +
Z +
et
f (t s)g(s) ds dt =
et f (t s) dt g(s) ds
0
0
0
s
Z + Z +
(r+s)
e
f (r) dr g(s) ds
=
0
0
Z + Z +
er f (r) dr es g(s) ds = f()
g () .
=
0
In particolare:
Corollario 3.11. Sia h(t) = 1 per t 0, h(t) = 0 per t < 0. La sua trasformata di
Laplace
1
h()
=
e quindi
L
0
1
f (s) ds () = f() .
151
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
DIMOSTRAZIONE
et dt =
per ogni e > 0 mentre la seconda discende dal teorema 3.10, notando che
Z t
Z t
f (s) ds =
h(t s)f (s) ds .
0
d
f
dt
() = f() f (0) .
DIMOSTRAZIONE
et f (t) dt .
152
1
x0
+
f() .
1
( a)
( a)1
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
1
f() .
1 k()
Si noti per che luso formale di questo metodo pu condurre a perdere soluzioni,
come si vede studiando lequazione
tx + x + tx = 0 .
3.3
$
d
d # 2
f () f (0) f (0) = 2f() 2
f () + f (0) .
d
d
Dunque, trasformando, si trova che se x risolve 3.3 e inoltre se la sua derivata seconda
ammette trasformata di Laplace, allora vale
d
d
x
() + x(0) + [
x
() = 0
x() x(0)]
2
x() 2
d
d
e quindi x
() risolve
(1 + 2 )
x() +
x() = 0 .
Questequazione si risolve facilmente per separazione di variabili e le soluzioni sono
le funzioni
x() =
c
,
1 + 2
c C.
Dunque, le funzioni x(t) trovate sono tutte multiple una dellaltra. Per, lequazione 3.3 del secondo ordine e quindi deve avere una seconda famiglia di soluzioni,
linearmente indipendenti da quella che abbiamo trovato. Questa famiglia di soluzioni
non si trova mediante la trasformata di Laplace perch si tratta di funzioni illimitate
per t 0+, e non integrabili, e quindi prive di trasformata di Laplace.
153
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
3.4.
A LCUNE
TRASFORMATE FONDAMENTALI
trasformata
af (t) + bg(t)
af() + b
g()
f (t)
f() f (0)
(f g)(t)
f()
g ()
t
0
1
f ()
f (s) ds
f (t h) con h > 0
eh f()
1
a f (/a)
tf (t)
d
d f ()
T s
e
f (s) dt
0
f (t) = f (t + T )
funzione
1
tn
eat
tn eat
sin t
cos t
sinh t
cosh t
154
trasformata
1
n!
n+1
1
a
n!
( a)n+1
2 + 2
2 + 2
2
2
2 2
1
1eT
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
3.5.
IL
M
||1+
n()
d()
essa deve essere una trasformata di Laplace, il grado del denominatore deve essere
155
3.
LA TRASFORMATA DI LAPLACE
ove n il grado del denominatore ed A i il residuo del polo semplice i . Nel caso
in cui n() e d() non hanno zeri comuni,
Ai =
n(i )
d (i )
e quindi lantitrasformata
n
n(i ) i t
e .
d (i )
i=1
156
4.
4.1.
I NTRODUZIONE
1
f (x) =
0
se x = q razionale
altrimenti.
4.
sia
1
fk (x) =
0
se x = qr con r k
altrimenti.
Ovviamente,
lim fk (x) = f (x) ,
lim
fk (x) dx = 0 .
0
lim fk (x) dx =
f (x) dx
0
(br ar ) < ,
(ar , br ) .
Si nota facilmente che un insieme che ha misura zero secondo Peano-Jordan anche
un insieme nullo secondo la definizione precedente, ma non viceversa. Si prova infatti
che linsieme dei razionali di [0, 1], non misurabile secondo Peano-Jordan, per un
insieme nullo secondo la definizione precedente, si veda lEsempio 4.27.
158
4.
Vale:
Osservazione 4.3. Si noti che questo teorema implica che la funzione di Dirichlet
non integrabile secondo Riemann. Infatti essa discontinua in ciascun punto di
[0, 1] e [0, 1] non un insieme nullo. Si sa inoltre che ogni unione di intervalli aperti
pu rappresentarsi come unione disgiunta di intervalli aperti. Nella definizione di
insieme nullo per pi comodo, ed ovviamente non restrittivo, non richiedere che gli
intervalli siano disgiunti.
4.2.
A NELLI
ED ALGEBRE DI INSIEMI
In S
AB S ,
A , B S =
AB S.
Dato che
A B = A(A B) ,
A B = (AB)(A B) ,
si vede che se S un anello di insiemi allora esso chiuso rispetto alle operazioni di
unione e di differenza e inoltre
=AAS.
159
4.
B)
,
A B = (A
AB S
A , B S =
A S .
che dovr valere anche per lintegrale di Lebesgue, si capisce linteresse che anelli ed
algebre di insiemi hanno nella teoria dellintegrazione.
160
4.
Si vede facilmente:
Teorema 4.6. Sia S una famiglia non vuota di s.insiemi di . Esistono un minimo
anello, algebra, -anello, -algebra contenenti S.
a < b +
oppure
=
n
&
(ai , bi ) Rn ,
ai < bi + .
i=1
4.1
4.1,
due
a due disgiunti.
Un risultato analogo vale anche in R n :
161
4.
Teorema 4.8. Ogni aperto di R n unione numerabile di insiemi, due a due disgiunti,
della forma
n
&
[xi , yi ) .
i=1
[xi , yi ) .
i=1
Chiameremo insieme semplice linsieme vuoto oppure un insieme che unione finita
di insiemi elementari. Si noti che un insieme semplice pu rappresentarsi in pi modi
come unione di insiemi elementari.
Come si detto, la famiglia degli insiemi semplici di R n un anello; e, se si decide
di lavorare soltanto con quelli che sono contenuti in un dato insieme elementare, si ha
unalgebra.
La minima -algebra che contiene tutti gli insiemi semplici di R n , e che contiene R n
stesso, si chiama la -algebra di Borel di R n , e i suoi elementi si chiamano boreliani.
Da ci che abbiamo detto, non difficile provare che sia gli insiemi aperti che gli
insiemi chiusi sono boreliani.
4.3.
M ISURE
DI INSIEMI
162
4.
r=1
Talvolta conviene permettere ad una misura di prendere valori in [0, +]. Per
contrasto, la misura si dice finita se essa prende valore in [0, +). La misura si
chiama probabilit se prende valori in [0, 1].
Teorema 4.10. Se m una misura e se esiste A tale che m(A) < +, allora
m() = 0 .
DIMOSTRAZIONE
Infatti,
A = A,
A=
cos che
Presentiamo ora alcuni lemmi che saranno utili in seguito e che mostrano una propriet
di continuit delle misure additive.
Lemma 4.11. Sia S un anello e sia m una misura finita su S. La misura -additiva
se per ogni successione (Y r ) di elementi di S decrescente allinsieme vuoto, ossia
tale che
Yr+1 Yr ,
+
'
Yr = ,
r=1
vale
lim m(Yr ) = m() .
163
4.
DIMOSTRAZIONE
+
[
Ar S .
r=1
+
X
m(Ar ) .
r=1
k
[
Ar .
r=1
Vale
A = Xk [A Xk ] ,
Per costruzione,
+
\
Yk+1 = A Xk+1 A Xk = Yk ,
Yk =
k=1
+
\
[A Xk ] = .
k=1
k
X
m(Ar )
r=1
e la successione
k
k
X
m(Ar )
r=1
k
X
r=1
164
m(Ar ) + lim m (A Xk ) =
+
X
r=1
m(Ar )
4.2
4.
Lemma 4.12. Se per ogni successione (A r ) crescente di insiemi, ossia per ogni
successione tale che
Ar Ar+1
vale
m
+
%
Ar
= lim m(Ar ) ,
r=1
Osservazione 4.13. Lipotesi che la misura sia finita non richiesta nel Lemma 4.12; invece essenziale1 nel Lemma 4.11. Infatti, se = R e se Yr = [r, +)
allora m(Yr ) = + per ogni r mentre m(Yr ) = m() = 0.
+
'
Ar ,
r=1
B=
+
%
Br .
r=1
n
n
&
&
[xi , yi ) =
(yi xi ) .
m
m() = 0 ,
i=1
4.3
i=1
In realt questa condizione potrebbe indebolirsi un po, richiedendo che m(Yr ) < + per un
indice r.
165
4.
se I1 I2 = .
4.4
4.3
e da 4.4 -additiva.
DIMOSTRAZIONE
La misura finita perch m(J) < +. Possiamo quindi applicare il Lemma 4.11 e
provare che per ogni successione di insiemi semplici decrescente a , la successione
delle misure converge a 0:
+
\
Ak = = lim m(Ak ) = 0 .
k=1
k .
Fissiamo
(0, /4).
Sia k = 1 e consideriamo linsieme semplice A 1 . Possiamo rappresentarlo come unioQ
ne finita di insiemi elementari disgiunti, ciascuno della forma n
i=1 [ai , bi ). Inoltre, esso
Q
contiene linsieme semplice A 2 . Sostituendo ciascuno insieme elementare n
i=1 [ai , bi )
Qn
con un insieme elementare i=1 [ai , bi ) si trova ancora un insieme elementare,
diciamo J1 , e si pu scegliere > 0 cos piccolo che
m(J1 A2 ) >
.
166
4.
Inoltre,
J1 J 1 A1 .
2 ,
Linsieme J1 A2 ancora un insieme semplice. Indichiamolo col simbolo A
2 = J1 A2 .
A
Ripetiamo la stessa costruzione, ma a partire dallinsieme A2 . Si costruisce un insieme
J2 tale che
J2 J 2 A2 A2 ,
m(J2 A3 ) >
/2 .
k
i=1
/2k >
> 0 e quindi nessuno dei J k vuoto.
Grazie alle propriet ii)iv), segue dal teorema di Cantor che gli insiemi J
hanno un
4.4.
I NSIEMI
MISURABILI SECONDO
L EBESGUE
Estendiamo ora la famiglia degli insiemi cui si pu attribuire una misura. Per fissare
le idee, supponiamo di lavorare in R 2 , ma la stessa costruzione pu farsi in ogni
dimensione.
Considereremo prima di tutto il caso degli insiemi limitati e quindi estenderemo la
definizione ad insiemi illimitati.
167
4.
%
Rj A .
m (A) = inf
m(Rj ), Rj elementare,
i1
vale
m (A)
m (Aj ) .
4.5
j1
DIMOSTRAZIONE
(j)
Si fissi
> 0. Sia {Ri } una famiglia finita o numerabile di insiemi elementari per cui
Aj
[
i1
(j)
Ri
(j)
m(Ri ) m (Aj ) +
/2j .
i1
Essendo
A
[ [
j>1 i1
168
(j)
Ri ,
4.
segue
m (A)
XX
j1 i1
(j)
m(Ri )
Xh
m (Aj ) +
j1
+
m (Aj ) .
j
2
j1
4.5
Sia
> 0 e sia R un insieme semplice tale che
m (AR) <
.
Si noti che Q R ancora un insieme semplice, e che
(Q A)(Q R) = AR .
Dunque,
m ((Q A)(Q R)) <
.
169
4.
Sia
> 0 e siano R A ed RB insiemi semplici e tali che
m (ARA ) <
/2 ,
m (BRB ) <
/2 .
170
4.6
4.
Usiamo questa propriet per mostrare che additiva, come segue: Siano A e B
disgiunti, elementi di L. Fissiamo
> 0 ed insiemi semplici R A ed RB tali che
m (ARA ) <
,
m (BRB ) <
.
e quindi
(A B) = m (A B) m(RA RB ) 2
Proviamo ora:
171
4.
n1
[
Ai .
i=1
An =
n=1
+
[
Bn .
n=1
(Ak ) =
Ak = m
Ak m
i=1
k=1
Pn
k=1
+
[
i=1
!
(Q) .
Ak
i=1
(Ak ) converge.
Fissiamo ora
> 0 e sia N tale che
+
X
(Ak ) <
/2 .
k=N
Essendo L unalgebra,
N[
1
Ak L
k=1
Ak R <
/2 .
m
k=1
Ora,
[
k=1
172
!
Ak
"
R
N[
1
k=1
!
Ak
#
R
"
+
[
k=N
#
Ak
4.
Dunque,
m
"+
[
Ak R
k=1
+
X
(Ak ) <
.
+
2 k=N
Dunque,
+
[
Ak L .
k=1
An =
(An ) .
n=1
n=1
(An )
n=1
N
[
!
An
n=1
+
[
!
An
n=1
Dunque,
+
X
n=1
(An )
+
[
!
An
n=1
Osservazione 4.25. Chiaramente, L una -algebra che contiene tutti gli insiemi
semplici, e quindi L contiene la -algebra dei boreliani. Linclusione propria.
4.
+
'
A Qn,k .
n,k=
4.5.
I NSIEMI
Sia A un insieme con questa propriet: per ogni > 0 esistono insiemi semplici R n
tali che
A
Rn ,
n1
m(Rn ) < .
n1
Gli insiemi nulli sono quindi invisibili per la misura di Lebesgue. Questo suggerisce
di dire che una propriet che vale in tutti i punti di un insieme , salvo che in quelli
di un insieme nullo, vale quasi ovunque su e si scrive brevemente che essa vale q.o.
. Per esempio diremo che una funzione continua q.o. su se linsieme dei suoi
punti di discontinuit un insieme nullo.
Osservazione 4.26. Naturalmente esistono anche dei boreliani che hanno misura
nulla; ma un boreliano che ha misura nulla pu contenere dei s.insiemi che non sono
boreliani. Si chiama completa una misura per la quale ogni s.insieme di un insieme
di misura zero misurabile (e quindi ha misura zero). La misura di Lebesgue definita
su L completa mentre la sua restrizione ai boreliani non lo .
Si vede facilmente che ogni insieme costituito da un solo punto nullo. La -additivit
della misura implica che ogni unione numerabile di insiemi nulli un insieme nullo.
In particolare, linsieme dei razionali nullo. E interessante provare ci direttamente:
174
4.
Esempio 4.27. Sia (q n ) la successione dei razionali in [0, 1]. Fissiamo > 0 ed
associamo a qn lintervallo
Rn = qn n , qn + n .
2
2
Chiaramente, lunione degli R n contiene i razionali di [0, 1] e
+
i=1
(Rn ) < .
E bene sapere che esistono anche insiemi non numerabili che sono nulli. Per esempio,
un insieme nullo linsieme di Cantor. Ci si vede facilmente notando che la somma
degli intervalli che si tolgono, ossia la misura del complementare in [0, 1] dellinsieme
di Cantor, vale 1.
La prima propriet si gi notata, e discende dalla -additivit della misura. La seconda immediatamente discende dalla prima, passando ai complementari. Infatti, essendo
n ) = 0 e quindi
di misura finita, ( A
An = 0
ossia
() =
[
\
An .
An =
175
4.
4.6.
F UNZIONI
MISURABILI
{x | s < f (x) r}
Infatti,
|f (x)| c
8
>
f (x) c
>
>
<
quando
>
>
>
:
oppure
f (x) c
e quindi linsieme degli x per cui f (x) c lunione di due insiemi misurabili e quindi
misurabile.
Si prova inoltre:
176
4.
DIMOSTRAZIONE
Proviamo prima di tutto che lasserto vale per il limite superiore. Sia quindi
f (x) = lim sup fn (x) .
n
nk
{x | k (x) r} .
k1
e
sup {fn (x)} r
n k
nk
Dunque,
\ [
{x | n k
>0
{x | fn (x) r
} .
>0 nk
\ \ [
k1 >0 nk
{x | fn (x) r
} =
\ \ [
{x | f (x) r
} .
>0 k1 nk
4.
Teorema 4.32 (di Lusin). Sia f una funzione misurabile su un insieme limitato .
Per ogni > 0 esiste un insieme chiuso F tale che
( F ) < ;
la restrizione di f ad F uniformemente continua.
Un secondo teorema che lega le funzioni misurabili a concetti propri delle funzioni
continui :
4.
r
aj Aj (x)
4.7
j=1
1 se x A
A (x) =
0 se x
/ A.
Dunque, una funzione semplice una funzione misurabile che ha codominio
finito.
Vale:
Teorema 4.35. Sia f una funzione misurabile. Esiste una successione di funzioni
semplici (sn ) convergente ad f . Inoltre, si pu imporre alla (s n ) di essere una
successione monotona, crescente oppure decrescente.
Se la funzione f limitata allora la convergenza uniforme.
DIMOSTRAZIONE
179
4.
2M
,
n
0 k n.
Sia quindi
An,k =
2M
2M
,
, M + (k + 1)
x | f (x) M + k
n
n
0 k < n.
2M
n
x An,k
cos che
|sn (x) f (x)|
2M
.
n
Segue:
180
4.
Osservazione 4.37. Abbiamo visto che il valore assoluto di una funzione misurabile
misurabile. Il viceversa non vale perch esistono insiemi che non sono misurabili
secondo Lebesgue. Se A uno di tali insiemi, la funzione f (x) = 1 su A, f (x) = 1
su A non misurabile, mentre |f (x)| misurabile, essendo identicamente 1.
4.7.
I NTEGRALE
DI
L EBESGUE
4.7.1
r
aj Aj (x) ,
Ai Aj =
se i = j .
j=1
r
aj (Aj ) .
j=1
4.
Sia inoltre
s (x) = min{s(x), 0} .
s+ (x) = max{s(x), 0} ,
+
|s(x)| dx =
s (x) dx +
s (x) dx .
Teorema 4.39. Supponiamo che la funzione semplice s prenda valori non negativi.
Allora,
s (t) dt =
0
s(x) dx .
DIMOSTRAZIONE
Conviene introdurre a 0 = 0, A0 = .
La funzione di distribuzione s costante a tratti e
ai < t ai+1 = s (t) = (Ai+1 ) + (Ai ) + + (Ar ) ,
t > ar = s (t) = 0 .
Dunque,
182
4.
Z
+
0
s (t) dt = (a1 a0 )
r
X
(Ai ) + (a2 a1 )
i=1
r
X
+ + (aj+1 aj )
r
X
(Ai )
i=2
i=j+1
r
r
r
r
r
r
X
X
X
X
X
X
(aj aj1 )
(Ai ) =
aj
(Ai )
aj1
(Ai )
j=1
r
X
i=j
aj
j=1
= a0
r
X
(Ai )
i=j
r
X
j=1
r1
X
j=0
(Ai ) +
i=1
r1
X
r
X
aj
i=j
j=1
i=j
(Ai )
i=j+1
Z
s(x) dx .
aj (Aj ) + ar (Ar ) =
j=1
Lemma 4.40. Sia (s n ) una successione crescente di funzioni semplici non negative
e sia s(x) una funzione semplice. Se
lim sn (x) s(x)
allora
sn (x) dx
lim
n
s(x) dx .
DIMOSTRAZIONE
Br = .
r=1
183
4.
Proviamo:
Z
sn (x) dx
lim
n
Br
s(x) dx
4.8
Br
Br
s(x) dx
Br
per ogni r.
Proviamo
Z
sn (x) dx
lim
n
s(x) dx .
B
Fissiamo
> 0 e consideriamo gli insiemi
An = {x B | sn (x) s(x)
} .
Chiaramente, la successione di insiemi (A n ) cresce,
+
[
An = B .
n=1
Z
Z
sn (x) dx
(
s(x)
)An (x) dx =
s(x)An (x) dx
(An )
B
B
Z
ZB
=
s(x) dx
s(x) dx (B)
.
B
BAn
lim
s(x) dx lim [C(B An )] = 0 .
n
BAn
BAn
184
4.
e
Z
Z
sn (x) dx
s(x) dx [(B) + 1]
.
B
DIMOSTRAZIONE
Basta provare
Z
lim
n
sn (x) dx lim
k
sk (x) dx .
Si noti che
lim sn (x) = f (x) sk (x)
n
4.
Osservazione 4.43. Per il modo come abbiamo definito lintegrale delle funzioni
misurabili positive,
f (x) dx 0
cos che
f+ (x) 0 ,
f (x) 0
e inoltre
f (x) = f+ (x) f (x) ,
Osservazione 4.44. Talvolta conviene estendere la definizione di funzione integrabile. Se accade che una sola delle due funzioni f + oppure f ha integrale +,
allora diremo che f (x) ha integrale + oppure . Il termine integrabile si
riserva per al caso di funzioni il cui integrale finito.
E immediato dalla definizione di integrale:
4.
[f (x) + g(x)] dx =
f (x) dx +
f (x) dx
g(x) dx;
g(x) dx;
vale
f (x) dx
|f (x)| dx;
se = 1 2 con 1 e 2 misurabili allora
f (x) dx =
f (x) dx +
f (x) dx .
2
Pi ancora:
f (x) dx = 0 .
An = {x | f (x) 1/n} .
187
4.
Ma,
0
1
(An )
n
Z
f (x) dx
An
f (x) dx = 0 .
Inoltre, sia
An = {x | |f (x)| > n} .
DIMOSTRAZIONE
An
e quindi
0 lim (An ) lim
n
1
n
Z
f (x) dx = 0 .
Usa chiamare An linsieme su cui f infinita; e quindi dire che una funzione
integrabile finita q.o..
4.8.
I NTEGRALE
DI
L EBESGUE
ED INTEGRALE DI
R IEMANN
4.
finito di valori ma gli insiemi su cui esse sono costanti sono generici insiemi misurabili
secondo Lebesgue. Esistono per relazioni tra i due integrali. Infatti, il teorema di
Riemann-Lebesgue, Teorema 4.2, mostra che una funzione integrabile di Riemann
continua q.o., e quindi misurabile. Essendo anche limitata e definita su un insieme
limitato, essa anche integrabile secondo Lebesgue, e non difficile vedere che
i due integrali hanno lo stesso valore. La definizione di integrale improprio
invece sostanzialmente diversa dalla costruzione di Lebesgue, ed esistono funzioni
che ammettono integrale improprio senza avere integrale di Lebesgue. Tra queste
anche funzioni importanti per le applicazioni, come per esempio le funzioni
f (x) =
sin x
,
x
f (x) = sin x2 .
Teorema 4.49. Sia f (x) una funzione misurabile su , q.o. non negativa. Allora,
f (x) dx =
f (t) dt .
0
DIMOSTRAZIONE
Limitiamoci a provare il teorema nel caso in cui la funzione f (x) limitata, 0 f (t)
M e () < +. In questo caso f (t) = 0 per t > M . Inoltre,
189
4.
f (t) dt
0
Z
f (ti )[ti+1 ti ]
i=0
f (t) dt
n1
X
f (ti+1 )[ti+1 ti ] .
4.9
i=0
i=0
Z
sr (x) dx
ti (Ai ) =
i=0
con sr (x) funzione semplice minorante f (x). In modo analogo si vede che la somma
di destra lintegrale di una funzione semplice S r (x) maggiorante f (x). Daltra parte,
ambedue gli integrali
Z
Z
Sr (x) dx ,
sr (x) dx
tendono a
Z
f (t) dt
0
190
4.
sr (x) dx
f (x) dx
Z
f (t) dt =
L IMITI
f (x) dx .
4.9.
Sr (x) dx .
Teorema 4.50 (di Beppo Levi o della convergenza monotona). Sia (f n ) una
successione crescente di funzioni misurabili, che verifica
fn (x) 0 ,
Allora,
lim
fn (x) dx =
f (x) dx .
fn (x) dx
f (x) dx
191
4.
Si noti che questo caso si presenta se, in particolare, una delle f n ha integrale uguale
a +. Per completare la dimostrazione, bisogna considerare il caso
Z
fn (x) dx = R
lim
e mostrare che
Z
f (x) dx = .
Z
lim
j
j,r (x) dx
r (x) dx .
Quindi,
Z
lim
fn (x) dx lim
j
j,r (x) dx
r (x) dx .
Z
lim
192
fn (x) dx
f (x) dx .
4.
con g(x) funzione integrabile. Infatti, basta applicare il teorema alla successione
(fn g) ed alla funzione f g. Si pu applicare anche se le funzioni f n sono negative
(o almeno maggiorate da una funzione g integrabile) e convergono, decrescendo ad
f . Basta infatti applicare il teorema alla successione (f n ) ed alla funzione f .
Per, senza condizioni di questo tipo lasserto del teorema non vale, come mostrano
gli esempi seguenti:
Es. 1. Sia
n
fn (x) =
0
se 0 x
1
n
altrimenti.
Allora, lim fn (x) = f (x) = 0 q.o., ma gli integrali delle f n valgono tutti 1.
Si noti che la successione (f n ) non monotona.
Es. 2. Sia
fn (x) =
1
n
se 0 x n
altrimenti.
Allora, lim fn (x) = f (x) = 0 per ogni x, ma gli integrali delle f n valgono tutti 1.
Ancora, la successione (f n ) non monotona.
Es. 3. Sia
fn (x) =
1
n
193
4.
per ogni x. La successione (f n ) ora una successione di funzioni positive con limite
f (x) = 0; ma la successione decrescente. Ciascuna delle f n ha integrale +
mentre f ha integrale nullo.
q.o. x ,
q.o. x .
Allora vale
f (x) dx lim inf
fn (x) dx .
DIMOSTRAZIONE
Z h
Z
i
lim inf {fm (x)} dx .
lim fn (x) dx =
f (x) dx =
m>k
crescente. Si pu quindi usare il teorema di Beppo Levi e si vede che lultimo integrale
uguale a
Z
lim
k+
Z
inf fm (x) dx = lim inf
m>k
k+
Z
inf fm (x) dx lim inf
m>k
k+
fk (x) dx .
Proviamo infine:
4.
g(x) dx < + .
Allora vale
lim
fn (x) dx =
f (x) dx .
Z
Z
Z
Z
=
g(x) dx + lim inf [fn (x)] dx =
g(x) dx lim sup
fn (x) dx
ossia
Z
f (x) dx .
fn (x) dx .
f (x) dx < +
Z
e
|f (x)| dx < + .
Di conseguenza:
195
4.
lim
DIMOSTRAZIONE
Essendo g(x) + |f (x)| integrabile, ancora dal teorema della convergenza dominata si
trova
Z
lim
4.10.
D ISUGUAGLIANZE
4.10
i=1
n
i = 1 .
i=1
t R .
4.11
4.
0
2.5
1.5
0.5
0.5
1.5
2.5
Fig. 4.1.
Proviamo:
Teorema 4.55. Siano h(x), g(x) due funzioni misurabili. Sia inoltre
g(x) 0 ,
g(x) dx = 1 .
f (h(x))g(x) .
4.12
DIMOSTRAZIONE
197
4.
4.13
Z
h(x)g(x) dx
t0 =
cos che
dato che
Z
R
{h(x)g(x) t0 g(x)} = 0 ,
equivalentemente se q =
p
.
p1
Teorema 4.56. Sia p > 1 e q il suo esponente coniugato. Siano |f (x)| p e |g(x)|q
integrabili su . Allora f (x)g(x) integrabile su e vale:
1/p
1/q
|f (x)g(x)| dx
|f (x)|p
|g(x)|q
.
4.14
DIMOSTRAZIONE
La disuguaglianza ovvia se uno degli integrali a destra nullo perch in tal caso la
corrispondente funzione nulla q.o., e quindi anche lintegrale a sinistra nullo. Consideriamo quindi il caso in cui ambedue gli integrali a destra sono positivi. Dividendo i
198
4.
|f (x)|p
1/q
|g(x)|q
f(x)
g (x) dx 1 ,
ove
|g(x)|
g(x) = R
.
[ |g(x)|q dx]1/q
|f (x)|
,
f(x) = R
[ |f (x)|p dx]1/p
Queste funzioni sono non negative e
Z
fp (x) dx = 1 ,
Z
gq (x) dx = 1 .
p
g (x)]q dx
f(x)[
g (x)]1q [
Z
Z
h
ip
1q
f(x)[
g (x)]
[
g (x)]q dx =
g (x)]p(1q)+q dx
fp (x) [
Z
p
=
f (x) dx = 1 .
p
f(x)
g (x) dx
1/p
|f (x) + g(x)|
|f (x)|
1/p
p
1/p
|g(x)|
4.15
DIMOSTRAZIONE
Ci sono due casi nei quali la disuguaglianza ovvia: il primo il caso in cui uno dei
due integrali a destra + e laltro il caso p = 1. Dunque studiamo il caso in cui
199
4.
p > 1 e anche ciascuno dei due integrali a destra finito. In tal caso, |f (x) + g(x)| p ha
integrale finito, come si vede usando la disuguaglianza
(a + b)p 2p max{ap , bp } 2p (ap + bp ) ,
valida per ogni coppia di numeri positivi.
Scriviamo:
Z
Z
Z
|f (x) + g(x)|p dx =
|f (x) + g(x)|p1 f (x) dx +
|f (x) + g(x)|p1 g(x) dx .
Analogamente,
Z
1/p
Z
Z
`
q 1/q
|f (x) + g(x)|p1
|f (x) + g(x)|p1 g(x) dx
|g(x)|p dx
.
4.
questo lestremo superiore essenziale di una funzione f . Esso si indica col simbolo
ess sup f ed definito da
ess sup f = inf {r | ({x | f (x) > r}) = 0} .
Si definisce quindi
L () = {f | ess sup |f | < +} .
La notazione L giustificata dal risultato seguente, che non proviamo:
|f (x)| dx
lim
p+
= ess sup |f | .
1/p
f (x)g(x) dx
M
|f
(x)|
dx
.
4.16
Allora g Lq () e, pi precisamente,
1/q
|g(x)|q dx
<M.
4.17
201
4.
DIMOSTRAZIONE
|f (x)|p dx = +
e in tal caso non d informazioni. Dunque consideriamo soltanto le funzione f per cui
Z
|f (x)|p dx < + .
8
< g(x)
gn (x) =
: 0
se |g(x)| < n e se x R
altrimenti .
Scegliamo
i
h
fn (x) = |gn (x)|q/p sgn gn (x) .
Si noti che
Z
|fn (x)|p dx =
|gn (x)|q dx
e che
fn (x)gn (x) = |gn (x)|1+q/p = |gn (x)|q = |g(x)|q
x R .
Dunque,
Z
|gn (x)|q dx =
fn (x)gn (x) dx M
Dividendo si trova
1/q
202
|gn (x)|q dx
<M.
1/p
|gn (x)|q dx
4.
Essendo g(x) = lim gn (x) per ogni x , dal Lemma di Fatou si trova:
Z
Z
1/q
1/q
|g(x)|q dx
lim inf
|gn (x)|q dx
M.
n
(x) 0 ,
(s) ds = 1 .
4.18
Vale:
s(x)(x) dx
f (s(x))(x) dx .
4.19
DIMOSTRAZIONE
Rappresentiamo
n
X
s(x) =
si Ai (x) ,
(x) =
i=1
n
X
i Ai (x)
i=1
n
X
si [i (Ai )] .
i=1
203
4.
i 0 ,
i=1
i =
n
X
Z
(x) dx = 1 .
i (Ai ) =
i=1
Z
s(x)(x) dx
n
X
n
X
=f
!
si [i (Ai )]
i=1
f (s(x))(x) dx .
i (Ai )f (si ) =
i=1
4.18
della 4.10. Ha quindi un ruolo cruciale nella dimostrazione del lemma precedente,
e del teorema successivo.
Proviamo ora il teorema, considerando il caso in cui le funzioni non sono semplici.
Ricordiamo che stiamo solo studiando il caso in cui le due funzioni h e g sono
limitate, su un insieme di misura finita.
Si costruiscono successioni crescenti di funzioni semplici, (s n (x)), (n (x)),
convergenti uniformemente rispettivamente a h(x) e g(x).
Vorremmo usare il lemma precedente, ma la n potrebbe non avere integrale uguale
ad 1. Per ovviare a ci sostituiamo n con n ,
n (x)
.
n (x) =
(x) dx
n
Essendo
lim
n (x) dx =
g(x) dx = 1 ,
vale ancora
lim n (x) = g(x) ,
e il limite ancora uniforme. Si pu ora applicare la 4.19:
sn (x)n (x) dx
f (sn (x))n (x) dx .
f
La f continua su R perch convessa e ( f (sn (x))n (x) ) una successione di
funzioni limitata. Si ha quindi
204
4.
lim
f (sn (x))n (x) dx =
f (h(x))g(x) dx .
p q/p
( |f (x)| )
dx
p/q Z
(qp)/q
(1)q/(qp) dx
< + .
Se invece ha misura infinita, nessuno dei due spazi include laltro, come facilmente
si vede nel caso = R. Infatti, f (x) = e |x| /[ |x|] in L1 (R) ma non in L2 (R).
205
4.
Proviamo che nelle ipotesi del teorema vale la diseguaglianza seguente, da cui
immediatamente segue lasserto:
qp Z
|f (x)|q dx
|f (x)|r dx
rq
rp
|f (x)|p dx
rp
4.20
qp
,
rp
rq
.
rp
Inoltre,
+ = 1,
1
> 1,
1
>1
|f (x)|p
1/
dx
< + .
206
4.
4.11.
TEOREMI DI
F UBINI
T ONELLI
f (x, y) ,
y Rk
m+k = n.
fx (y) = f (x, y) ,
fy (x) = f (x, y) ,
x Rm .
Allora:
le funzioni fx (y) ed fy (x) sono misurabili su Rk q.o. x Rm e su Rm
q.o. y Rk ;
le funzioni fx (y) ed fy (x) sono integrabili su Rk q.o. x Rm e su Rm
q.o. y Rk ;
Posto
(x) =
f (x, y) dy ,
(y) =
Rk
f (x, y) dx ,
Rm
f (x, y) d(x, y) =
Rn
(y) dy =
Rk
(x) dx .
Rm
4.
venir rimossa a patto di assumere f (x, y) 0 e che almeno uno dei due integrali
iterati sia finito:
Teorema 4.69 (di Tonelli). Sia f (x, y) misurabile e q.o. non negativa su R n =
Rm+k . Sia inoltre
f (x, y) dy dx < +
Rm
oppure
f (x, y) dx dy < + .
Rk
Rk
Rm
Rm
Rk
Rk
f (x, y) dx dy .
Rm
4.11.1 Convoluzioni
In questa parte si usa una una propriet importante della misura di Lebesgue, che
linvarianza per traslazioni. E immediatamente evidente dalla definizione di misura
che per ogni reale e per ogni insieme misurabile A vale
(A) = ( + A)
dove
+ A = {x | x = + a ,
Conseguenza di questo che
a A} .
f (x + ) dx =
Rn
f (x) dx .
Rn
Rn
f (x y)g(y) dy ,
4.
Per esempio, sia n = 1 e sia f (x) = 0, g(x) = 0 per x < 0. In questo caso,
x
f (x s)g(s) ds ,
(f g)(x) =
0
un integrale che si incontra, per esempio, nella soluzione delle equazioni differenziali
ordinarie e che gi abbiamo incontrato al paragrafo 3.3..
Vogliamo dare condizioni sotto le quali la convoluzione definita q.o., ed una
funzione integrabile.
Vale:
Rn
Rn
|g(x)| dx .
4.21
DIMOSTRAZIONE
Z Z
|f (x y)g(y)| dx dy
Rn
Rn
Rn
Z
Rn
|f (x y)| dx |g(y)| dy =
Rn
Z
|f (x)| dx
Rn
|g(y)| dy < +
(si noti che abbiamo usato linvarianza per traslazione della misura di Lebesgue).
Per il teorema di Tonelli, esiste
Z
Rn Rn
|F (x, y)|d(x, y) .
Ricordando che una funzione misurabile e assolutamente integrabile anche integrabile, si vede che si pu applicare il teorema di Fubini. Quindi per q.o. x R n
esiste
Z
Rn
Z
F (x, y) dy =
Rn
f (x y)g(y) dy = (f g)(x) .
Inoltre,
209
4.
Z Z
dx
|(f g)(x)| dx =
f
(x
y)g(y)
dy
Rn
Rn
Rn
Z
Z
Z
Z
|f (x y)g(y)| dy dx =
|f (x y)g(y)| dx dy
Rn
Rn
Rn
Rn
Z
Z
Z Z
|f (x y)| dx |g(y)| dy =
|g(y)| dy
|f (x)| dx ,
=
Z
Rn
Rn
Rn
Rn
4.12.
e2|y|
dy = + .
|y|
E STENSIONI
Si noti il metodo che abbiamo seguito per introdurre lintegrale di Lebesgue: prima
abbiamo definito una misura -additiva e quindi la classe delle funzioni misurabili
rispetto a tale misura. Abbiamo visto che ogni funzione misurabile si approssima
mediante funzioni semplici e abbiamo usato ci per definire lintegrale.
Sia ora un insieme qualsiasi e sia F una -algebra di s.insiemi di . Sia una
misura -additiva definita su F . E ancora possibile definire le funzioni da in R che
sono misurabili, come quelle funzioni tali che per ogni t R si ha:
{x | f (x) > t} F .
E facile vedere che ogni funzione misurabile si approssima mediante funzioni
semplici e quindi definirne lintegrale. Tutte le propriet delle funzioni misurabili e dei
210
4.
loro integrali si estendono a questo contesto astratto. Si noti per che gli enunciati
che contengono q.o. valgono solo se la misura completa; ossia se ogni s.insieme di
un insieme di misura zero misurabile (e quindi ha misura zero). Altrimenti bisogna
richiedere che la propriet corrispondente valga ovunque su .
4.13.
L A FUNZIONE
INTEGRALE SU
una misura e ladditivit dellintegrale mostra che si tratta di una misura -additiva.
Se f prende anche valori negativi, si ottiene una funzione d insieme definita su L;
ossia una funzione che associa un numero ad ogni elemento di L . Questa funzione
ha lulteriore propriet che se (A i ) una successione di insiemi due a due disgiunti
allora
+
%
Ai
i=1
+
(Ai )
i=1
e questa uguaglianza vale anche se f non prende valori soltanto positivi. Anzi,
dato che una funzione integrabile se e solo se assolutamente integrabile, la serie
converge assolutamente.
Osserviamo per che per studiare la funzione (A) non restrittivo assumere f (x)
0 q.o. x. Infatti, se ci non avviene, si studiano separatamente
f+ (x) dx ,
(A) =
f (x) dx
+ (A) =
A
con
f+ (x) = max{f (x), 0} ,
4.
Vale:
Teorema 4.72. Sia f (x) da R in s una funzione q.o. non negativa e integrabile su
(a, b). Per ogni > 0 esiste > 0 tale che se (A) < allora (A) < .
DIMOSTRAZIONE
0 f N (x) f (x)
e per ipotesi f (x) integrabile. Dunque, per il teorema della convergenza dominata,
Z b
[f (x) f N (x)] dx = 0 .
lim
N
e scriviamo
Z
Z
A
Z
[f (x) f N (x)] dx +
f (x) dx =
A
f N (x) dx <
A
+ N (A) .
2
212
(xi+1 xi ) <
4.
vale
n
i=1
Una funzione con tale propriet si dice assolutamente continua. Dunque, ogni funzione integrale di una funzione che integrabile secondo Lebesgue assolutamente
continua. In particolare, se f integrabile secondo Lebesgue su un intervallo
(a, b), la sua funzione integrale continua. In questa definizione non si richiede che
la funzione f (x) abbia segno costante.
Viceversa, per funzioni di una variabile reale, vale:
Teorema 4.73. Sia f (x) definita su [a, b] ed assolutamente continua. Allora f (x)
esiste q.o. su (a, b) e inoltre
f (x) f (a) =
f (s) ds .
E bene sapere che linsieme delle funzioni q.o. derivabili e continue assai pi ampio
di quello delle funzioni assolutamente continue: per esempio ogni funzione monotona
e continua q.o. derivabile. Per lintegrale della derivata in generale non restituisce
la funzione. Esistono, infatti, esempi di funzioni f (x) continue su [0, 1], strettamente
crescenti con f (0) = 0, f (1) = 1 e con
f (x) = 0
q.o. x (0, 1) .
In tal caso,
f (1) f (0) = 1 >
f (s) ds = 0 .
4.13.1 Estensioni
I risultati visti al paragrafo precedente per le funzioni di una variabile possono
estendersi a funzioni di pi variabili e al caso di una generica misura -additiva su
un insieme . Sia una misura -additiva definita su una -algebra F di s.insiemi di
213
4.
unassegnato insieme , come si detto al paragrafo 4.12.. Sia f (per semplicit non
negativa) una funzione integrabile su e sia
f (x)d .
(A) =
4.22
Vale ancora lanalogo del teorema 4.72: per ogni > 0 esiste > 0 tale che se
(A) < allora (A) < . La dimostrazione uguale a quella del teorema 4.72.
Una funzione definita su F a valori non negativi 2 e che ha questa propriet si dice
Teorema 4.74 (di Radon-Nikodym). Sia una misura -additiva finita, definita su una -algebra F di s.insiemi di un assegnato insieme .
Sia una
allora f = g q.o. su .
Ci limitiamo a considerare funzioni non negative. Sarebbe possibile studiare il caso di generiche
funzioni di insieme, ma questo richiederebbe lintroduzione di una decomposizione analoga a
quella che si trova decomponendo f = f+ + f , anche senza sapere che la rappresentata
come in 4.22.
214
5.
5.1.
I NTRODUZIONE
SPAZI DI BANACH
LAnalisi funzionale nata quando, tra la fine del XIX secolo e il primo trentennio
del XX, sono stati raccolti in ununica teoria molti risultati provenienti da varie parti
dellanalisi matematica; in particolare, dalla teoria delle equazioni integrali della
forma
x(s) =
s [a, b]
5.1
ove un parametro e K(s, ), y(s) sono funzioni note mentre la funzione x(s)
incognita.
Lintervallo [a, b] limitato. Equazioni di questo tipo si chiamano equazioni di
5.2
5.
SPAZI DI BANACH
Come introduzione allanalisi funzionale, vediamo come sia possibile trattare lequazione di Fredholm (di prima o di seconda specie) quando il nucleo degenere, ossia
quando
K(s, ) =
m
ai (s)bi () ,
s , [a, b] .
5.3
i=1
Per semplicit supporremo che le funzioni a(s) e b() siano continue su [a, b].
Nel caso del nucleo degenere la soluzione dellequazione di Fredholm si riduce ad un
problema di algebra lineare e quindi richiamiamo alcune nozioni che dovremo usare.
5.1.1 Lequazione Ax =
Ricordiamo che C indica linsieme dei numeri complessi e che C n indica il prodotto
cartesiano di n copie di C. In C n esistono infinite basi, ciascuna di n elementi. Si
chiama base canonica la base {e 1 , . . . , en }, avendo indicato con e i il vettore le cui
componenti sono tutte nulle, salvo la ima, che vale 1.
Se x un vettore di C n , scriveremo
x = col
x1
. . . xn
n
xi ei .
i=1
Affermazioni del tutto analoghe valgono per C m . Per evitare ambiguit, indicheremo
con {1 , . . . , m } la sua base canonica. Anzi, per chiarezza indicheremo con lettere
romane i vettori di C n e con lettere greche quelli di C m .
Sia A una matrice m n,
a11
a21
A=
..
.
am1
216
a12
...
a22
...
am2
a1n
a2n
.
. . . amn
5.
SPAZI DI BANACH
a12 x2
a1n xn
a21 x1
..
.
a22 x2
a2n xn
am1 x1
+ am2 x2
+ amn xn
5.4
= m .
Si noti la
formulazione del problema di unicit: non si richiede che una soluzione debba
esistere per ogni ; si richiede che se una soluzione esiste allora questa sia unica.
Se per la medesima si hanno due soluzioni x ed x tra loro diverse, allora y =
x x verifica
Ay = A(x x ) = Ax Ax = = 0 .
Dunque, se per una la soluzione non unica, allora esiste y = 0 e tale che Ay = 0.
E viceversa:
5.4
allora
ker A = {x | Ax = 0} = {0} .
Viceversa, se ker A = {0} allora il problema 5.4 ammette soluzione unica per ogni .
5.
SPAZI DI BANACH
Linsieme
ker A = {x | Ax = 0}
si chiama il nucleo di A.
Passiamo ora a studiare il problema dellesistenza di soluzioni.
Chiamiamo
immagine di A linsieme
im A = {Ax | x Cn } .
Dunque, im A esattamente linsieme dei vettori per i quali lequazione 5.4
risolubile.
Si ricordi che im A un s.spazio di C m . Ora un generico s.spazio V di C m pu
caratterizzarsi descrivendone gli elementi; e ci abbiamo fatto per definire im A; ma
pu anche identificarsi per mezzo del suo s.spazio ortogonale V
5.5
Teorema 5.4. si ha
(im A) = ker A ,
im A = (ker A )
DIMOSTRAZIONE
218
ossia
x, A = 0
x Cn ;
5.
SPAZI DI BANACH
x Cn
`
= V per
modo analogo, ma pu anche dedursi dalla prima, ricordando che V
ogni s.spazio di C m .
E quindi:
Teorema 5.6. Lequazione 5.4 risolubile per ogni se e solo se ker A = {0}.
Si pu dunque enunciare:
Teorema 5.7 (alternativa di Fredholm). La matrice A identifica una trasformazione iniettiva se e solo se la matrice A identifica una trasformazione suriettiva; La
matrice A identifica una trasformazione suriettiva se e solo se la matrice A identifica
una trasformazione iniettiva.
219
5.
SPAZI DI BANACH
5.1.2 Lequazione x Ax = y
Sia ora X = Y e quindi A una matrice quadrata, e studiamo lequazione
x Ax = y ,
ossia (I A)x = y
5.6
Teorema 5.9. Lequazione 5.6 ammette una e una sola una soluzione per ogni y se e
solo se lequazione
A ) =
(I
ammette esattamente una soluzione. Ci avviene se e solo se
det(I A) = 0 .
5.7
Si noti che la condizione 5.7 specifica del caso n = m e quindi non ha analogo tra i
risultati trovati prima.
Linsieme dei numeri per cui vale lunicit di soluzione si chiama linsieme
5.8
5.
SPAZI DI BANACH
m
ar (s)
br ()x() d + y(s)
5.9
r=1
ossia
x(s) =
m
ar (s)xr + y(s) ,
xr =
br ()x() d .
a
r=1
I numeri xi dipendono dalla funzione incognita x(s) e quindi non sono noti; per,
moltiplicando i due membri delluguaglianza per b i (s) e integrando da a a b, si trova
che essi risolvono
xi =
m
kir xr + yi ,
r=1
kir
y
i
b
a
bi (s)ar (s) ds
bi (s)y(s) ds .
b
5.10
5.11
m
ar (s)xr + y(s)
r=1
221
5.
SPAZI DI BANACH
risolve lequazione 5.9. Mostriamo infatti che questa funzione, sostituita a destra ed a
sinistra di 5.9, verifica luguaglianza. A sinistra si trova
m
ar (s)xr + y(s)
r=1
mentre sostituendo a destra e tenendo conto di 5.10 (e scambiando il nome degli indici)
si trova
m
ar (s)
r=1
m
br ()
a
ar (s)
r=1
m
.
ai ()xi + y()
i=1
m
kri xi + yr
d + y(s)
.
+ y(s) =
m
ar (s)xr + y(s) ,
r=1
i=1
come si voleva.
Possiamo quindi trasferire allequazione integrale di Fredholm i risultati che abbiamo
enunciato per i sistemi di equazioni lineari:
5.1
5.12
risolubile per ogni ; lequazione di Fredholm risolubile per ogni funzione y(x)
se e solo se lequazione 5.12 ammette unicit di soluzione.
K(, s)() d + () ,
5.13
equazione che si chiama aggiunta della 5.1. Possiamo quindi enunciare lalternativa
5.1
la sua aggiunta risolubile per ogni (s); la 5.1 risolubile per ogni y(s) se la sua
aggiunta ammette unicit di soluzione.
222
5.
SPAZI DI BANACH
kir xr = yi
r=1
ossia
Kx = y .
5.14
Per vedere la differenza tra questa e lequazione 5.11, esaminiamo il caso particolare
in cui
kir =
a
0
bi ()ar () d =
kii =
0
se i = r
se i = r .
(1 k11 )
x
(1 k22 )
x2
..
..
.
.
(1 kmm )
xm
x
y
k
1 1
11
k22
x2 y2
.. .. .
..
. .
kmm
xm
ym
y1
y2
..
.
ym
y1 /[1 k11 ]
y2 /[1 k22 ]
..
ym /[1 kmm ]
y1 /k11
y2 /k22
..
ym /kmm
223
5.
SPAZI DI BANACH
5.1.5 Ricapitolazione
Ora poniamoci alcuni problemi, la cui soluzione guider la scelta degli argomenti di
analisi funzionale che studieremo. Il primo questo: tutti i nuclei espressi mediante
polinomi sono degeneri. Ma per esempio
k(t, s) = es
non un nucleo degenere. Quindi possiamo chiedere se sia possibili approssimare
nuclei abbastanza regolari mediante nuclei degeneri. A questo problema risponder il
teorema di Weierstrass, teorema 5.43.
Per applicare il teorema 5.11 necessario ricondursi alla situazione matriciale del
teorema 5.10. In tal caso lunicit di soluzione si ha quando 1/ non unautovalore
della matrice A. Se per il nucleo non degenere, ci certamente non pu farsi; e
allora ci si chiede se lalternativa di Fredholm, opportunamente reinterpretata, continui
a valere e, in caso affermativo, come sia possibile verificare lunicit di soluzione.
Vorremo infine capire se anche nel caso dei nuclei non degeneri lequazione di prima
specie sia pi delicata di quella di seconda, e chiarire la ragione di ci.
Fatte queste premesse, passiamo ad uno studio sistematico dellAnalisi Funzionale.
224
5.
5.2.
S PAZI
SPAZI DI BANACH
LINEARI NORMATI
Definizione 5.12 (di spazio lineare). Si dice che X uno spazio lineare su F
quando un gruppo commutativo (rispetto ad unoperazione usualmente indicata
col segno +) ed inoltre esiste unoperazione (usualmente indicata con notazione
moltiplicativa) che ad ogni coppia (, x) F X associa un elemento di X e che
verifica le seguenti propriet:
(x + y) = x + y
F ,
x , y X
( + )x = x + x
, F , x X
x X .
1x = x
x X
(x) = (x)
F , x X
0 = 0
F .
5.
SPAZI DI BANACH
n
i gi .
i=1
x X
||x|| = 0 se e solo se x = 0
||x|| = || ||x||
F , x X
x , y X .
5.
SPAZI DI BANACH
In modo del tutto analogo si definiscono limiti e continuit di funzioni che operano tra
s.l.n-ti: per esempio f () da X in Y continua nel punto x 0 X se ivi definita e se
per ogni > 0 esiste > 0 tale che
||x x0 ||X < , x domf () ,
Esattamente come nel caso dei valori assoluti e dei moduli dei numeri complessi, si
prova:
||x|| ||y||
||x y||
5.15
227
5.
SPAZI DI BANACH
DIMOSTRAZIONE
Va provato che:
||x y|| ||x|| ||y|| ||x y|| .
5.16
ossia la 5.16.
Inoltre:
Teorema 5.17. Sia f (x) una funzione da uno s.l.n. X ad uno s.l.n. Y . Si equivalgono
le condizioni
lim f (x) = 0
xx0
xx0
Definizione 5.18. Diciamo che una successione (x n ) di elementi di X fondamentale quando per ogni > 0 esiste un indice N tale che, per ogni n, m maggiori di
N , vale
||xn xm || < .
Con la stesa dimostrazione che si conosce per le successioni di numeri reali, si prova
che ogni successione convergente fondamentale.
Lo s.l.n. X si dice completo se ogni successione fondamentale convergente.
228
5.
SPAZI DI BANACH
Si vede facilmente che tutte le regole di calcolo dei limiti che valgono in R n o in Cn
valgono in qualunque s.l.n. (ma ovviamente il teorema della funzione monotona, che
dipende dalla relazione di ordine, non ha corrispondente). Importanti eccezioni sono
le seguenti: si sa che sia Rn che Cn sono spazi completi. Invece:
conseguenza del teorema dei limiti, che lo spazio lineare C(a, b) completo. Per
una dimostrazione si veda il paragrafo 5.4.2.
Si sa che esistono successioni (qn ) la cui immagine densa in R n o in Cn . Invece:
Teorema 5.21. Esistono s.l.n-ti nei quali nessuna successione ha immagine densa.
Il teorema 5.21 pu quindi enunciarsi dicendo che esistono s.l.n-ti non separabili.
Per concludere questintroduzione, ricordiamo che sul medesimo s.l.n. X possono
introdursi pi norme. Per esempio su C n sono norme tra loro diverse le seguenti. Se
x = col x1 . . . xn :
||x||p =
n
1/p
|xi |
(se p 1)
||x|| = max{|xi | , i = 1 . . . , n} .
i=1
229
5.
SPAZI DI BANACH
(E facile provare che || || 1 e || || sono norme. Gli altri casi sono pi difficili. Si
noti per che || || 2 lusuale norma euclidea).
Tuttavia, su Cn , la propriet
lim xn = x0
5.17
Teorema 5.23. Esistono s.l.n-ti X sui quali si possono definire due diverse norme,
|| ||1 e || ||2 , tali che la 5.17 valga per una norma, ma non per laltra.
Definizione 5.24. Siano || || 1 e || ||2 due norme sul medesimo s.l.n. X. Si dice che
le due norme sono equivalenti se la condizione
lim ||xn x0 ||1 = 0
per ogni x0
per ogni x0 ,
implica la condizione
e viceversa.
Teorema 5.25. Sia X uno s.l.n. e siano || || 1 e || ||2 due norme su X. Esse sono
equivalenti se e solo se esistono due numeri m ed M tali che
m > 0,
230
5.18
5.
SPAZI DI BANACH
Osservazione 5.26. Si ricordi che i chiusi nella topologia di uno spazio metrico
sono tutti e soli gli insiemi sequenzialmente chiusi. Dunque, le due norme sono
equivalenti quando subordinano la stessa topologia.
Abbiamo notato che esistono spazi lineari normati e non completi. E bene sapere:
Teorema 5.27. Sia X uno s.l.n. Si costruisce uno s.l.n. X con queste propriet:
completo;
X
denso in X,
isometricamente isomorfo ad X.
un s.spazio X0 di X,
Lultima affermazione vuol dire che esiste un isomorfismo J tra X ed X 0 tale che
.
x X , x = Jx
, x X0 = ||x||X = ||X||
X
1 se
xn (t) =
nt se
1
se
1 t n1
n1 t
1
n
1
n
t1
231
5.
SPAZI DI BANACH
Se fosse anche lim xn () = () nello spazio in cui stiamo lavorando, ossia con ()
continua avremmo
1
|(s) sgn(s)| ds lim || xn || + lim
1
1
1
ossia, (t) = sgn(t) q.o. t [1, 1]. Ci non pu aversi perch () dovrebbe essere
continua mentre la funzione segno ha un salto.
0 se |x(1) | > 1
1
y1 =
2
altrimenti .
In questo modo, qualunque siano i successivi elementi di y, si ha
||y x(1) || 1 .
Per scegliere yk si guarda la k-ma successione x (k) e si pone
0 se |x(k) | > 1
k
yk =
2
altrimenti .
Indipendentemente dai valori degli y r con r = k, ||y x(k) || 1. Dunque, la
successione y l che abbiamo costruita verifica
||y x(k) || 1
per ogni k; e quindi la successione S non densa in l .
232
5.
SPAZI DI BANACH
1.5
0.5
0.5
1.5
0.5
0.5
1.5
Fig. 5.1.
0
/
n t+ 1
n
xn (t) =
/
0
n t n
t < n1
n1 t 0
0t
t>
1
n
1
n
233
5.
SPAZI DI BANACH
Definiamo yn = xn /n. E ovvio che (y n ) tenda a zero in |||| 2 mentre invece ||y n ||1
1 per ogni n; e quindi (y n ) non converge a zero rispetto a || || 1 . Questo non si d, per
ipotesi, e quindi esiste m > 0 per cui vale la prima diseguaglianza in 5.18.
Analogamente si vede che se la convergenza in || || 1 implica la convergenza in || || 2
allora vale la seconda disuguaglianza in 5.18 per un certo M .
del tutto simile alla
Dimostrazione del TEOREMA 5.27. La costruzione di X
costruzione di Cantor dei numeri reali, e viene solamente accennata. Si considera
linsieme delle successioni fondamentali in X e in questo insieme si stabilisce la
relazione di equivalenza
(xn ) (yn )
se
lim(xn yn ) = 0 .
Si vede facilmente che questa una relazione di equivalenza. Indichiamo con [(x n )]
la classe di equivalenza cui (x n ) appartiene. Si vede facilmente che linsieme delle
234
5.
SPAZI DI BANACH
[(xn )] = [(xn )] .
si introduce la norma
In questo spazio, che indichiamo con X,
|| [(xn )] || = lim ||xn || .
Questa definizione ha senso perch se (x n ) fondamentale allora (||x n ||) una
successione fondamentale di numeri, come si vede facilmente dal Teorema 5.15. Si
vede inoltre che la norma cos definita dipende dalla classe di equivalenza e non dal
5.3.
S PAZI
PRODOTTO
(x, y) = (x, y) .
p 1 ,
5.
SPAZI DI BANACH
Y =X
oppure
X=F
da X X X
(, x) x
da F X X
sono continue.
DIMOSTRAZIONE
5.19
se si sceglie
||x x0 ||X
/20
(e quindi anche ||x|| X ||x0 ||X +
/20 ) ed anche
| 0 | <
.
2[||x0 ||X +
/20 ]
236
5.
SPAZI DI BANACH
x 0 x
5.4.
G LI
BANACH
Mostriamo ora gli esempi di spazi lineari normati che sono pi importanti per le
applicazioni. Essi sono tutti spazi completi, ossia spazi di Banach. La dimostrazione
della completezza viene vista successivamente.
Sottolineiamo da subito che gli spazi che si incontrano nelle applicazioni hanno un
simbolo standard, che indica sia lo spazio vettoriale che la norma su esso.
Questo simbolo indica lo s.l.n. i cui elementi sono le funzioni continue sullintervallo
[a, b] chiuso e limitato. La struttura lineare quella usuale e la norma quella della
convergenza uniforme:
||x|| = max |x(t)| .
[a,b]
237
5.
SPAZI DI BANACH
Osservazione 5.30. Sottolineiamo nuovamente che che ciascuno dei simboli seguenti indica uno spazio lineare con la norma che ad esso associata nella definizione
corrispondente. Quindi, per esempio, non useremo il simbolo C(a, b) per indicare lo
spazio delle funzioni continue con una norma integrale, per esempio quella introdotta
nella dimostrazione del Teorema 5.23. Per questo, in quella dimostrazione abbiamo
indicato genericamente con X tale s.l.n..
I simboli l p , 1 p +.
Questi simboli indicano spazi di successioni. Gli elementi sono le successioni (x n )
tali che:
1/p
sup |x | < + se p = +,
||(xn )|| = sup |xn | .
n
E immediato verificare che gli spazi di successioni appena descritti sono s.l.nti rispetto alle usuali operazioni di somma elemento per elemento e di prodotto
(xn ) = (xn ). La verifica diretta se p = 1 oppure p = + mentre fa uso
della disuguaglianza di Minkovski per le serie se 1 < p < +.
il simbolo c0 .
Si usa per per indicare lo s.l.n. delle successioni (x n ) tali che lim xn = 0. La norma
in c0
||(xn )|| = sup |xn | .
Dunque c0 un s.spazio di l .
I simboli Lp (a, b) ed Lp (a, b), 1 p +.
Il simbolo Lp (a, b) si usa per indicare gli s.l.n-ti i cui elementi sono le funzioni f ()
tali che, rispettivamente,
238
5.
SPAZI DI BANACH
|f (x)|p dx ,
f ()
|f (x)|p dx
non sono norme su questi spazi: una funzione nulla in tutti i punti salvo uno ha nulli sia
lintegrale che lestremo superiore essenziale. Si rimedia a questo problema definendo
una relazione di equivalenza, f g, con
f g f (t) = g(t)
E chiaro che due funzioni equivalenti hanno i medesimi integrali, finiti o meno, ed il
medesimo estremo superiore essenziale. Si definisce una struttura lineare sullinsieme
delle classi di equivalenza ponendo
[f ] + [g] = [f + g] ,
[f ] = [f ]
( facile vedere che questa definizione dipende solo dalle classi di equivalenza e non
dai rappresentanti scelti per definire le operazioni). Quindi, per 1 p +, si
definiscono i simboli L p (a, b) come gli spazi lineari delle classi di equivalenza di
elementi di Lp (a, b) (stesso esponente p), dotati delle norme
1/p
b
|f (x)|p dx
|| [f ] ||p =
1 p < + ,
Si vede facilmente che queste funzioni dipendono solo dalla classe di equivalenza e
non dai rappresentanti usati per calcolarle.
Osserviamo nuovamente che gli spazi sopra introdotti sono s.l.n-ti grazie alla disuguaglianza di Minkowski per gli integrali (si veda ancora il paragrafo 4.10.); e che per
p = 1 equivalente integrare x() o il suo valore assoluto.
Definizioni analoghe si danno per funzioni di pi variabili. Se queste sono definite su
un insieme K il simbolo che si usa L p (K).
5.
SPAZI DI BANACH
Bisogna sapere:
DIMOSTRAZIONE
240
5.
SPAZI DI BANACH
1/p
n
||u|| = |u(x)|p dx +
|gj (x)|p dx
j=1
n
||gj ||Lp () .
j=1
Se n = 1 allora esiste una sola derivata parziale debole e vale il seguente teorema, che
non proviamo:
|u(a)|p +
|u (x)|p dx
|(re )| dt
it
sup
r<1
con
|||| = sup
r<1
1/p
|(re )| dt
it
241
5.
SPAZI DI BANACH
Col simbolo H (D) si indica lo spazio delle funzioni olomorfe limitate su D e norma
|||| = supD |(z)|.
Definizioni analoghe si danno sostituendo a D il semipiano + ,
+ = {z | e z > 0} .
In questo caso lintegrazione sulla circonferenza si sostituisce con lintegrazione sulle
rette parallele allasse immaginario (e il fattore (1/2) che compare nella definizione
della norma si sostituisce col fattore 1/):
1
sup
x>0
1/p
|(x + iy)| dy
p
Invece, la norma di H (+ )
||||H (+ ) = sup |(x + iy)| .
x>0
Teorema 5.36. Tutti gli s.l.n-ti presentati al paragrafo 5.4.1 sono completi.
Per provare questo teorema dovremo esaminare separatamente i vari spazi del
par. 5.4.1, fissare lattenzione su una generica successione (x n ) fondamentale e
associarle in qualche modo un elemento x 0 dello spazio, che intuiamo essere il limite
della successione. Dobbiamo quindi provare che effettivamente x 0 = lim xn ; ossia
dobbiamo provare:
a) la funzione x 0 appartiene a X;
b) la funzione x0 limite di (xn ) nella norma di X.
5.
SPAZI DI BANACH
n .
a) la funzione y appartiene ad X.
Questo facile se X non n C(K) n c 0 . Infatti in tal caso basta notare che y
una funzione limitata come limite puntuale di una successione (x n ) che, essendo
fondamentale, limitata: |x n (t)| < M per ogni t e per ogni n. Inoltre, se X =
L (), la funzione y pu costruirsi a partire da un qualsiasi rappresentante delle
classi di funzioni [xn ], e ne limite puntuale q.o.; e dunque misurabile.
243
5.
SPAZI DI BANACH
5.
SPAZI DI BANACH
Non proveremo la completezza degli spazi H p (D), propriet che vale per ogni
p [1, +].
+
1/p
|xn (r) xm (r)|
r=0
Proviamo ora
a) la successione x0 appartiene ad l p .
Notiamo per questo che la successione (x n ) di l p , essendo fondamentale, limitata:
esiste M indipendente da n e tale che
+
1/p
|xn (k)|p
M.
k=0
|x0 (k)|p
= lim
|xn (k)|p
M.
n
k=0
k=0
b) vale x0 = lim xn in l p .
Si fissi > 0 e sia N = N () tale che se n, m superano N allora vale
||xn xm || < .
Per n, m maggiori di N e per ogni vale
245
5.
SPAZI DI BANACH
1/p
|xn (r) xm (r)|
r=0
+
1/p
|xn (r) xm (r)|
< .
r=0
Facciamo vedere che una successione di funzioni (x n ) con tale propriet ammette una
sottosuccessione convergente q.o.
La sottosuccessione si costruisce con la regola seguente:
246
5.
SPAZI DI BANACH
1
.
2r
zk = yk+1 yk .
zk ,
k=1
Essendo
m
zk = ym+1 y1 ,
k=1
per provare la convergenza della successione, basta provare quella della serie.
La costruzione della successione (y k ) implica la convergenza assoluta della serie:
1/p
1
p
|zk (s)| ds
= 1.
5.21
k
2
k=1
k=1
n
|zk (s)| .
k=1
+
|zk (s)|
k=1
|zk (s)|p dx
<
= 1.
k
2
k=1
k=1
5.
SPAZI DI BANACH
|zk (s)|
k=1
zk (s)
k=1
+
zk (s) + y1 (s) .
k=1
p 1/p
1/p
n
+
+
1
zk (s) y1 (s)
ds
|zk (s)|p ds
0.
x0 (s)
k
k=1
k=n+1
k=n+1
5.
1/p
||u||W 1,p () =
|u(s)|p ds +
SPAZI DI BANACH
|v(s)|p ds
vn v0 .
un (s)(s) ds =
u0 (s)(s) ds
= lim
5.22
Vale allora:
Teorema 5.39 (del doppio limite ). Per ogni n, esista finito il limite L n definito
in 5.22.
249
5.
SPAZI DI BANACH
e vale
L0 = lim Ln ;
n
ossia vale
lim lim xn (t) = lim lim xn (t) .
n
DIMOSTRAZIONE
Proviamo prima di tutto che L 0 = limt x0 (t) esiste finito. Dato che le funzioni prendono valori in uno spazio completo, basta provare che per ogni
> 0 esiste un intorno
I di tale che:
t , t I
250
5.
SPAZI DI BANACH
n > N
Scegliamo t I .
Fissiamo ora N tale che
In particolare si ha:
Corollario 5.40. Una successione (x n ) di funzioni continue definite su un qualunque insieme ivi converga uniformemente ad x 0 .
Allora x0 continua
su .
251
5.
SPAZI DI BANACH
5.5.
S OTTOSPAZI
Sia X uno s.l.n., la cui norma indicheremo col simbolo || ||. Sia Y un s.spazio di X.
Ricordiamo che questo significa
y1 , y2 Y ,
, F =
y1 + y2 Y .
Invece, se X ha dimensione infinita, esso ammette sia s.spazi chiusi che non chiusi.
Esempi di s.spazi chiusi sono ovviamente {0} ed X stesso. Vediamo un esempio di
s.spazio non chiuso.
k!
= et
5.
SPAZI DI BANACH
Z +Y =X;
Teorema 5.44. Esistono s.l.n-ti X, completi, dotati di s.spazi chiusi i quali sono privi
di complementare chiuso.
x0 + H ,
5.
SPAZI DI BANACH
lim
0+
h (s) ds = 0 .
+
La ragione del termine identit approssimata espressa dal teorema seguente, che
prova che la famiglia {h } approssima lidentit rispetto alla convoluzione. Per una
giustificazione pi precisa si veda il paragrafo 7.6.3.
Teorema 5.46. Sia {h (s)} unidentit approssimata e sia f (x) una funzione
uniformemente continua e limitata su R. Sia u(, x) la funzione
+
+
h (x s)f (s) ds =
h (s)f (x s) ds .
u(, x) =
Vale:
lim u(, x) = f (x) .
0+
Il limite uniforme su R.
254
5.
SPAZI DI BANACH
DIMOSTRAZIONE
Z +
+
h (s)[f (x s) f (x)] ds +
h (s)[f (x s) f (x)] ds
h (s)[f (x s) f (x)] ds .
Il numero
deve ancora determinarsi.
Si fissa un numero e si usa luniforme continuit di f su R per scegliere
=
in
modo tale che
|f (x s) f (x)| <
s (
,
) .
h(s) ds = 1 .
1
h(s/) .
La figura 5.2 mostra i grafici di alcune delle funzioni h (s) cos ottenute a partire dalla
funzione
1
(1 + s2 )
(sinistra)
exp (s2 )
(destra).
255
5.
SPAZI DI BANACH
1.4
1.2
y
0.8
=.3
1
0.6
0.8
=.3
0.6
0.4
=.5
0.4
=1
0.2
=1
0.2
=.5
0
s
0.2
2
1.5
0.5
0.5
1.5
0.2
2
1.5
0.5
0.5
1.5
Osservazione 5.47. Implicitamente abbiamo supposto che sia un parametro continuo. Talvolta prende valori naturali, e lidentit approssimata una successione
di funzioni. In questo caso il limite per 0+ si sostituisce col limite per +.
Diciamo infine che, cos come si introducono le identit approssimate su R, si possono
anche introdurre le propriet approssimate su R n . Le modifiche alla definizione (e alla
costruzione a partire da una data funzione positiva) sono ovvie e vengono lasciate al
lettore.
es /4t f (x s) ds = u(t, x) .
4t
5.23
e
4t
unidentit approssimata (il cui parametro si indica con t perch nelle applicazioni
allequazione del calore indica il tempo). Essa ottenuta a partire dalla funzione
2
s
1
1
.
ht (s) = h
h(s) = es :
4t
4t
Si veda la figura 5.2, a destra.
256
5.
SPAZI DI BANACH
Sia ora f una funzione continua su [a, b]. Estendiamola in modo qualsiasi ad una
funzione continua su R, nulla per x < a 1 e per x > b + 1. Indichiamo ancora con
f la funzione cos estesa.
E chiaro che la funzione f uniformemente continua su R. Sia u(t, x) la funzione
definita in 5.23. Si vede facilmente che questa funzione continua per t > 0 ed x R.
Applichiamo il Teorema 5.46, ottenendo
1
f (x) = lim u(t, x) = lim
t0+
t0+
4t
e(xs)
/4t
f (s) ds .
Ora facciamo intervenire la condizione che f nulla per s < a 1 e per s > b + 1.
Si ha cos
1
u(t, x) =
4t
b+1
(xs)2
4t
f (s) ds .
a1
5.24
s
4t
k
+
1
s2
=
k!
4t
k=0
N
s2
4t
s2
4t 1
,
s [a b 1, b a + 1]
<
k!
4t
4(b a)M
k=0
con M = max |f |.
Si ha quindi:
k
b+1
N
1
1
(x s)2
f (s) ds
u(t , x)
4t
4t a1 k=0 k!
N
k
2
1
b+1 (xs)
1
(x s)2
4t
e
f (s) ds
k!
4t
4t
a1
k=0
257
5.
SPAZI DI BANACH
1
=
4t
k
N
xa+1
r2
1
r2
4t
e
f (x r) dr
< /2 .
xb1
k!
4t
k=0
4t
N
b+
a1 k=0
1
k!
k
(x s)2
f (s) ds .
4t
|x|n
1
4t .
e
n/2
4t
5.25
Si noti che troncando la serie della funzione e |x| si trovano polinomi in |x|.
5.6.
L A COMPATTEZZA
5.
SPAZI DI BANACH
Infatti, se K contiene punti interni esso contiene una palla chiusa, che deve essere
compatta perch ogni s.insieme chiuso di un compatto esso stesso compatto. Ci
non pu darsi se dimX = +.
E per vero che:
5.
SPAZI DI BANACH
Sia K compatto contenuto in C(a, b). Abbiamo gi notato, nel Teorema 5.52 che K
deve essere limitato; ossia deve esistere R > 0 tale che
||x|| = max |x(t)| < R
[a,b]
x K .
Trattandosi di limitatezza nella norma della convergenza uniforme, usa anche dire che
K uniformemente limitato .
Ricordiamo che ogni funzione x C(a, b) uniformemente continua perch [a, b]
limitato e chiuso; ossia, per ogni > 0 esiste un numero , che dipende da e dalla
funzione x, tale che
|x(t ) x(t )| < ,
Definizione 5.53. Si dice che linsieme K equicontinuo quando per ogni > 0
esiste > 0 tale che per ogni x K e per ogni t , t in [a, b] tali che |t t | <
si ha:
Vale:
Lemma 5.55. Sia (xn ) una successione tale che ||x n xm || > 0 per ogni
coppia n ed m. La successione (x n ) non ha s.successioni fondamentali.
260
5.
SPAZI DI BANACH
Per costruire una successione (x n ) con le propriet richieste dal lemma, facciamo
intervenire:
1
1
||x1 v || =
||y|| .
1+
1+
In particolare,
||y|| d(1 + ) .
5.26
Scegliamo ora
x0 =
y
||y||
e notiamo che
= inf{
m | m M }
||y||
1
||y (m||y||) || | m M } = inf{
||x1 (v + m||y||) || | m M }
||y||
d
1
||x1 m|| | m M } =
>
.
||y||
1+
d(x0 , M ) = d
1
||y||
1
= inf{
||y||
= inf{
y
,M
||y||
261
5.
SPAZI DI BANACH
1
1+
> 1
.
1
.
2
Lemma 5.57. Sia K compatto in uno spazio di Banach X e sia > 0. Esiste un
insieme finito di elementi k 1 ,. . . ks di K, tali che
K
262
B(ki , ) ,
5.
SPAZI DI BANACH
DIMOSTRAZIONE
(1)
x n (t1 )
(1)
(xn ).
5.
SPAZI DI BANACH
(1)
successione di numeri (xn (t2 )). Estraiamo da questa una successione convergente,
(2)
(2)
(xn )
(xn ),. . . , ciascuna delle quali s.successione delle precedenti. Dunque, la succes(k)
sione (xn (tr )) una successione di numeri che converge per ogni r k. Inoltre,
(1)
x1
(1)
x2
(1)
x3
(1)
x4
(1)
x5
(1)
...
(2)
x1
(3)
x1
(4)
x1
(2)
x2
(3)
x2
(4)
x2
(2)
x3
(3)
x3
(4)
x3
(2)
x4
(3)
x4
(4)
x4
(2)
x5
(3)
x5
(4)
x5
...
..
.
..
.
..
.
..
.
..
.
...
...
Si ha:
in ogni casella compare una delle funzioni della successione;
gli elementi della prima riga costituiscono una s.successione della (x n );
ciascuna delle successive righe contiene gli elementi di una s.successione di
quella che compare alla riga precedente;
se si calcolano gli elementi della riga ima per t = t j , con j i, si trova una
successione di numeri che converge.
(n)
5.
SPAZI DI BANACH
Si fissi > 0 tale che se |t t | < allora ogni x K verifica
|x(t ) x(t )| < .
Rappresentiamo lintervallo [a, b], che limitato, come unione finita di intervalli di
lunghezza minore di :
[a, b] =
[as , bs ] ,
b s as < .
s=1
Per ciascun intervallo [a s , bs ], fissiamo uno dei punti della successione (t n ) che gli
appartiene. Indichiamolo col simbolo ts .
Sia t [a, b] qualsiasi e sia s tale che t [as , bs ].
Valutiamo, usando
lequicontinuit,
(m)
(n)
(n)
(n)
(m)
|x(n)
n (t) xm (t)| |xn (t) xn (ts )| + |xn (ts ) xm (ts )|
(m)
(m)
(m)
(ts ) xm
(t)| 2 + |x(n)
+|xm
n (ts ) xm (ts )| .
|x(n)
n (ts ) xm (ts )| <
Dunque, la
5.7.
O PERATORI
LINEARI
operatore .
265
5.
SPAZI DI BANACH
Quando si lavora con operatori lineari, invece della notazione f (x) usa indicare
loperatore con una lettera maiuscola, per esempio F , A; e scrivere F x, Ax invece
di F (x), A(x); ossia si usa la notazione moltiplicativa nota dallAlgebra lineare.
Studiamo ora le propriet degli operatori lineari.
ker f = {x | f (x) = 0} .
Il termine nucleo per indicare linsieme degli zeri di una funzione si usa solamente se la
funzione lineare.
266
5.
SPAZI DI BANACH
Notiamo ora:
y B(0, r) L .
Dunque, B(x 0 , r)L x0 +B(0, r)L. Linclusione opposta si vede in modo analogo.
t [0, 1] .
Sia K X un insieme. Si dice che K convesso quando il segmento che unisce due
qualsiasi punti di K contenuto in K; ossia quando
x0 , x1 K ,
5.
SPAZI DI BANACH
xK
x K .
Si vede immediatamente:
5.
SPAZI DI BANACH
Lemma 5.63. Un operatore lineare A che limitato su una palla limitato su ogni
altra palla.
Daltra parte, con S(0, 1) = {x | ||x|| = 1},
x B(0, r) = ||x||
x
,
||x||
x
S(0, 1) .
||x||
Dunque:
||x||X 1
sup {||Ax||Y } .
||x||X =1
||x||X 1
5.27
Il viceversa ovvio e quindi basta provare che se A limitato su B(0, 1), allora vale la
disuguaglianza 5.27. Basta considerare il caso x = 0. Se x = 0, x/||x|| B(0, 1) e
269
5.
SPAZI DI BANACH
quindi
x
1
MA .
||Ax|| = A
||x||
||x||
Questa la disuguaglianza cercata.
||x||X 0
||Ax||Y = 0
5.
SPAZI DI BANACH
Gli esempi seguenti mostrano che, se X ha dimensione infinita, allora esistono sia
operatori lineari continui che non continui. Un esempio banale di operatore lineare
continuo quello che ad ogni elemento di X associa lo 0 di Y , ossia il funzionale
nullo. Un esempio meno banale il seguente:
Ax = x(a) .
Essendo
||Ax Ay||F = |x(a) y(a)| ||x y||X
si vede che A addirittura uniformemente continuo.
Mostriamo ora un esempio di funzionale lineare non continuo.
x = x (1) .
5.
SPAZI DI BANACH
x(s) ds .
(Ax)(t) =
a
(b a) ||x y||X ;
[a,b]
a
y(t) x(1) .
Passiamo ora a studiare le propriet degli operatori lineari che sono anche continui.
Abbiamo notato che gli operatori lineari continui degli esempi precedenti sono anche
uniformemente continui. Come ora vedremo, questo un fatto generale.
272
5.
SPAZI DI BANACH
DIMOSTRAZIONE
x domA ,
x B(x0 , ) .
Dunque,
||Ax Ax1 || = ||A(x1 (x x0 )) Ax1 || = ||A(x x0 )|| = ||Ax Ax0 || <
.
Ci prova la continuit in x 1 e prova anche che il numero nel punto x 1 il medesimo
usato in x 0 . Essendo x1 arbitrario, si ha la continuit uniforme.
In particolare, la continuit in un qualsiasi punto x 0 equivale alla continuit in 0, e quindi
alla limitatezza, si veda il Teorema 5.67.
||x||X 1
E facile
5.
SPAZI DI BANACH
DIMOSTRAZIONE
sx(s) ds .
Lx =
0
|Lx| 1 ;
se
0 t 1 1/n
se
1
n
t1
allora:
lim Lxn = 1 .
Mostriamo che se ||x||L1 (0,1) 1 allora non vale Lx = 1. Sia infatti x tale che Lx = 1.
In questo caso x non zero q.o. e quindi esiste (0, 1) tale che
Z
|x(s)| ds = > 0 .
0
Z
=
0
|x(s)| ds +
0
1
|x(s)| ds
|x(s)| ds (1 )
|x(s)| ds
ossia
Z
1
0
|x(s)| ds 1 + (1 ) .
274
5.
SPAZI DI BANACH
Infine, introduciamo due operatori particolari, ed i loro simboli: col simbolo 0, riferito
ad operatori che operano da X in Y , si intende loperatore nullo , ossia quello che
associa ad ogni x X lelemento 0 di Y . Col simbolo I, riferito ad operatori da X in
X, si intende loperatore identit , ossia quelloperatore che ad ogni x di X associa se
stesso:
Ix = x .
x
ker .
x0
x =
x
.
x0
275
5.
SPAZI DI BANACH
Teorema 5.76. Sia un funzionale lineare su uno s.l.n. Esso continuo se e solo
se il suo nucleo chiuso.
DIMOSTRAZIONE
276
5.
SPAZI DI BANACH
Teorema 5.77. Gli iperpiani sono tutti e soli gli insiemi della forma
H = {x | x = c}
ove un funzionale lineare e continuo.
DIMOSTRAZIONE
nN.
Ossia, gli iperpiani sono gli insiemi di livello di funzionali lineari e continui.
Se un funzionale lineare continuo, definiamo i due semispazi
H+ = {x | (x) > c} ,
H = {x | (x) < c} .
5.
SPAZI DI BANACH
Notiamo infine che il teorema 5.76 vale per i funzionali. Non vale per generici
operatori lineari, come mostra lesempio seguente.
Ax = x .
Argomenti analoghi a quelli visti allesempio 5.70 mostrano che A non continuo.
Il suo nucleo il s.spazio i cui elementi sono le funzioni costanti, e quindi chiuso
nonostante che loperatore A non sia continuo.
(A + B)x = Ax + Bx ,
Presentiamo i punti salienti della dimostrazione (del tutto analoga a quella che si usa
per costruire lestensione per continuit di funzioni reali), per mostrare il ruolo della
completezza di Y .
Se x0 un punto della chiusura del dominio di A, esiste una successione (x n ) convergente ad x 0 , xn domA (si noti che se x 0 domA allora si pu scegliere x n = x0 per
ogni n).
278
5.
SPAZI DI BANACH
5.28
5.29
5.
SPAZI DI BANACH
sup ||Ax||Y .
5.30
||x||X 1
Si lascia al lettore la facile verifica che quella appena definita una norma.
Conviene notare una conseguenza utile della definizione 5.30:
5.31
5.32
DIMOSTRAZIONE
1
||Ax||Y
||x||X
ossia la 5.31.
La 5.31 mostra che:
||BAx|| ||B|| ||Ax||Y ||B|| ||A|| ||x||X .
Prendendo lestremo superiore per ||x|| X 1, si trova la 5.32.
5.
SPAZI DI BANACH
e, pi in generale,
||An || ||A||n .
5.33
DIMOSTRAZIONE
sup
||x||X 1
||Ax||Y .
||A|| M0 +
5.34
281
5.
SPAZI DI BANACH
M=
sup
||x||1 xdomA
||Ax||
ossia
M.
||A||
M . dunque:
Per, A estende A e quindi || A||
estensione per continuit di A,
Corollario 5.82. La norma delloperatore A,
sup
||x||1 xdomA
||Ax|| .
x=0
||Ax||Y
.
||x||X
Quando sia X che Y sono s.l.n-ti completi, ossia spazi di Banach, lo spazio degli
operatori lineari e continui da X in Y , normato nel modo che abbiamo appena
introdotto, si indica col simbolo L(X, Y ) oppure B(X, Y ). Due casi sono di uso
particolarmente frequente e ad essi si riservano simboli speciali: il caso in cui X = Y
ed il caso, importantissimo, X = F. Nel primo caso si usa il simbolo L(X) invece di
L(X, X); nel secondo caso si usa il simbolo X o X invece di L(X, F). Lo spazio
X si chiama lo spazio duale di X.
Infine, esaminiamo il problema della completezza dello spazio L(X, Y ). La dimostrazione del teorema seguente usa la completezza dello spazio Y ma non quella
dello spazio X. Per questa dimostrazione abbiamo bisogno di ricordare che una
successione fondamentale anche limitata; e che la successione (A n ) limitata in
L(X, Y ) quando esiste un numero M , indipendente da n, tale che
||An || < M .
282
5.
SPAZI DI BANACH
Dobbiamo mostrare che ogni successione (A n ) fondamentale in L(X, Y ) anche convergente. Sia allora (A n ) fondamentale. Per definizione di norma in L(X, Y ), per ogni
ossia
sup
||x||X 1
||(An Am )x||Y
.
5.35
5.36
E:
||B An || = sup ||(B An )x||Y .
||x||1
Sia
> 0 e sia N tale che, per n, m maggiori di N , valga 5.35. Fissato x con ||x|| < 1,
scriviamo
||Bx An x||Y = ||(B Am )x + (Am An )x||Y ||(B Am )x||Y +
.
5.37
283
5.
SPAZI DI BANACH
Notiamo che questa disuguaglianza vale per ogni x con ||x|| 1 e per tutti gli
m > N .
Notiamo ora lesistenza di un opportuno m > N (dipendente sia da x che da
) per
cui vale anche
||(B Am )x|| <
.
Dunque, la 5.37 d:
||Bx An x||Y inf {||(B Am )x||Y +
} 2
n > N .
Ci prova 5.36.
x , y Cn
AA1 = I
A1 A = I ;
anzi, se un operatore indicato con A 1 soddisfa una delle due uguaglianze precedenti
esso soddisfa anche la seconda ed loperatore inverso di A, si veda il paragrafo 5.1.23 .
La situazione pi complessa in dimensione infinita. Infatti:
Esempio 5.85. Un operatore pu avere nucleo nullo senza essere suriettivo. Per
esempio, sia X = Y = l 2 . Un operatore con tali propriet loperatore S dato da:
Sx = S(x1 , x2 , x3 , . . .) = (0, x1 , x2 , x3 , . . .) .
284
5.
SPAZI DI BANACH
x l2
x X ,
y Y
285
5.
SPAZI DI BANACH
DIMOSTRAZIONE
Per contrasto si noti che linverso destro non unico e che possono anche esistere
operatori B non lineari che verificano luguaglianza KBy = y per ogni y:
5.
SPAZI DI BANACH
E facile vedere che loperatore A continuo e iniettivo, e che il suo inverso sinistro,
definito su im A, loperatore non continuo B:
B(y1 , y2 , y3 , . . .) = (y1 , 2y2 , 3y3 , . . .) .
E facile dare un test per la limitatezza dellinverso sinistro: sia B inverso sinistro di
A. Per definizione, loperatore B limitato se e solo se esiste > 0 tale che
||By||X ||y||Y
y domB .
5.38
(con m = 1/ > 0). Questa condizione implica anche che ker A = {0}. Dunque:
Teorema 5.91. Sia A L(X), con ||A|| < 1 (disuguaglianza stretta!) e si consideri
loperatore I A. Loperatore I A iniettivo e suriettivo, ossia invertibile, ed
(I A)1 =
+
Ak .
5.39
k=0
DIMOSTRAZIONE
Sia q < 1 tale che ||A|| < q, ossia tale che ||Ax|| q||x|| per ogni x. Vale:
287
5.
SPAZI DI BANACH
Dunque, loperatore I A ammette linverso sinistro continuo, per il Teorema 5.90. Per
trovare unespressione per linverso sinistro consideriamo la serie in 5.39 (suggerita
dalla serie geometrica!) Mostriamo prima di tutto che essa converge in L(X). Per
questo consideriamo la successione delle somme parziali
Sn =
n
X
Ak .
k=1
Si ha:
n+m
n+m
n+m
X
X
X k
k
A
||Ak ||
q .
||Sn Sn+m || =
k=n+1
k=n+1
k=n+1
Per definizione
+
X
!
A
x=
lim
k
k=1
n
X
cos che
!
A
n
X
x = lim
k
k=1
lim Ak = 0 .
k
!
k
A x
k=1
+
X
Ak x .
k=1
Dunque:
+
X
!
A
k=0
= lim
(I A)x =
+
X
Ak x
k=0
n
X
A x
k
k=0
n
X
k+1
)
x
+
X
Ak+1 x
k=0
= lim{x Ak+1 x} = x
k=0
e quindi la serie in 5.39 rappresenta linverso sinistro di (I A). Con calcoli analoghi
si vede che anche inverso destro, e quindi inverso. In particolare segue che I A
suriettivo.
5.
SPAZI DI BANACH
Notiamo infine:
DIMOSTRAZIONE
5.8.
IL
TEOREMA DI
BAIRE
x domA .
E LE SUE CONSEGUENZE
Una semplice osservazione che vale in R 2 la seguente: gli iperpiani per 0 in questo
caso sono rette di equazione y = mx oppure x = 0. Esse sono parametrizzate dal
punto in cui intersecano la circonferenza x 2 + y 2 = 1. Dunque R2 non unione di
una famiglia numerabile di rette per 0; e questa osservazione si generalizza a rette
qualsiasi, ed a dimensione n > 2. Vediamo come questo risultato si estende ad un
generico spazio di Banach.
Proveremo il teorema seguente, non ovvio nemmeno in dimensione finita:
Teorema 5.94 (di Baire). Sia X uno spazio di Banach e sia (A n ) una successione
di s.insiemi di X, ciascuno dei quali chiuso e privo di punti interni. Allora,
289
5.
SPAZI DI BANACH
An = X .
A A .
5.40
290
5.
SPAZI DI BANACH
Xn = X .
Xn =
{x | ||Ax|| n}
AA
esso stesso chiuso. Abbiamo quindi una famiglia di chiusi la cui unione X. Per il
Teorema di Baire, uno almeno deve avere punti interni. Sia esso X N . Esiste x0 XN
ed esiste
> 0 per cui
{x0 + x | ||x||
} XN .
Dunque, se ||x|| <
si ha
||Ax|| ||A(x + x0 )|| + ||Ax0 || N + ||Ax0 || = N + Mx0 = M ,
con M indipendente da A. Ci prova la limitatezza del s.insieme A di L(X, Y ).
5.
SPAZI DI BANACH
Teorema 5.99 (di Banach). Siano X ed Y spazi di Banach e sia A L(X, Y ) una
trasformazione lineare iniettiva da X in Y . Se limmagine di A chiusa allora la
trasformazione lineare A1 (definita su imA) continua.
DIMOSTRAZIONE
5.
SPAZI DI BANACH
P (x, Ax) = Ax
:GX,
(x, Ax) = x .
Bisogna notare che esistono anche operatori lineari il cui grafico chiuso ma che
non sono continui. Naturalmente, il loro dominio non sar tutto lo spazio. Definiamo
quindi:
Definizione 5.101. Sia A uno operatore lineare tra due spazi di Banach X ed Y .
Loperaore A si dice chiuso quando il suo grafico chiuso in X Y .
Lesempio seguente mostra che operatore chiusi ma non continui non solo esistono
ma sono anche importanti per le applicazioni:
293
5.
SPAZI DI BANACH
domA = C 1 (0, 1) ,
Se x domA, vale
x(t) = x(0) +
x (s) ds .
xn (s) ds
e da
xn x0
x y
0
n
uniformemente su [0, 1]
uniformemente su [0, 1].
Osserviamo infine:
294
5.
SPAZI DI BANACH
5.8.1 Proiezioni
Un operatore P L(X) si dice una proiezione se
P2 = P .
Si noti che le proiezioni vengono sempre a coppie. Infatti,
Infatti,
(I P )(I P ) = I P P + P 2 = I P
se e solo se P 2 = P ossia se e solo se P una proiezione.
Se x = P x = (I P )x allora
P x = x P x
da cui
e quindi x = P x = 0.
Inoltre:
5.
SPAZI DI BANACH
5.41
296
5.
SPAZI DI BANACH
x 0 = y0 + z 0 ,
Segue da qui che loperatore P chiuso e quindi continuo; dunque una proiezione.
2 + 2
e siano
X1 = {(, 0) | R} ,
X2 = {r(cos , sin ) | r R}
ove (0, /2) fissato. Dunque, X 2 una retta per lorigine, non coincidente con
X1 .
Ogni punto x = (, ) pu rappresentarsi nella forma
x = (
cos , 0) +
(cos , sin ) ,
sin
sin
cos , 0)
sin
una proiezione.
Loperatore P dipende dalla scelta di , P = P .
La norma di P
cos
sin
max
|cotg | .
2 + 2 =1
2 + 2
Dunque,
lim ||P || = + .
297
5.
SPAZI DI BANACH
1.5
0.5
0.5
1.5
Fig. 5.3.
Teorema 5.108. Esistono funzioni continue su un intervallo [a, b], ovunque prive di
derivata.
DIMOSTRAZIONE
1
]
n
|f (x + h) f (x)| nh .
298
5.
SPAZI DI BANACH
Si prova che:
Linsieme A n chiuso e privo di punti interni.
Accettando queste propriet che proveremo pi avanti, il Teorema di Baire mostra che
esiste una funzione continua f (x) che non appartiene a A n .
Se f
/ An allora per ogni x e per ogni h vale
|f (x + h) f (x)| > nh
e ci per ogni n; ossia il rapporti incrementale illimitato e quindi la derivata f (x) non
esiste, e ci per ogni x.
Per completare la dimostrazione, mostriamo che gli insiemi A n sono chiusi e privi di
punti interni.
Proviamo prima di tutto che A n chiuso. Sia per questo f k f (uniformemente su
[0, 1]), con fk An . Dunque, esiste x k [0, 1 1/n] tale che
|fk (xk + h) fk (xk )| nh .
Passando ad una s.successione, si pu assumere x k x0 [0, 1 1/n]. Vale:
|f (x0 + h) f (x0 )|
|f (x0 + h) fk (x0 + h)|
5.42
5.43
5.44
5.45
5.46
299
5.
SPAZI DI BANACH
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
x
0.1
10
Fig. 5.4.
e, essendo
arbitrario, |f (x 0 + h) f (x0 )| nh .
Ci prova che ciascuno degli insiemi A n chiuso. Proviamo ora che ciascuno di essi
/ An
privo di punti interni. Fissato n ed f A n , proviamo che per ogni
> 0 esiste
che dista da f meno di
.
Si sa che esistono funzioni g continue e lineari a tratti tali che
||f g|| <
/2 .
Basta quindi provare che data una qualunque g continua e lineare a tratti si pu
costruire
/ An , che dista meno di
/2 da g. Sia per questo
(x) = distanza di x dallintero pi vicino.
Il grafico di (x) in figura 5.4:
Fissiamo quindi una funzione g lineare a tratti. Essa lipschitziana e quindi soddisfa
|g(x) g(x )| < r|x x | per un r opportuno. Sia la funzione
(x) = g(x) +
(mx) .
300
5.
SPAZI DI BANACH
|(x) (x )|
|(mx) (mx )| |g(x) g(x )|
=
m|x x | |g(x) g(x )| (
m r)|x x |
se m > r/
, con x tale che |x x | < 1/2m. Se ora m verifica anche m > (n + r)/
,
allora
/ A n . Ci completa la dimostrazione.
fn einx ,
fn =
n=
1
2
f (s)eins ds
che si chiama la serie di Fourier della funzione f (x). Sotto ipotesi di regolarit, per
esempio se la funzione f (x) di classe C 1 e inoltre f () = f (), la serie converge
ad f (x) e questa condizione pu indebolirsi, ma non fino alla sola continuit. Infatti:
Teorema 5.109. Esiste una funzione continua f su [, ] tale che f (0) = f (2)
e tale che inoltre la serie di Fourier ad essa associata non converge in nessun punto.
DIMOSTRAZIONE
N
X
fn einx =
n=N
1
2
f (s)
N
X
ein(xs) ds .
n=N
Si provi che
DN (x) =
N
X
n=N
einx =
sin(N + 1/2)x
.
sin x/2
301
5.
SPAZI DI BANACH
Dunque,
(FN f )(x) =
1
2
f (s)
per ogni x. Ci vuol dire che la serie di Fourier di questa funzione f non converge per
nessun valore di x.
Per completare la dimostrazione basta quindi provare lesistenza di f. Supponiamo
che tale funzione f non esista. Allora esiste un punto x 0 [, ] tale che per ogni
f CP (, ) si ha:
sup |(FN f )(x0 )| < + .
N
5.47
Calcoliamo
302
1
2
1
2
5.
SPAZI DI BANACH
cos che
||F0,N ||
1
2
|DN (t)| dt .
5.48
Z
Z
sin[(N + 1/2)t]
1
1
dt
|DN (t)| dt =
||F0,N || =
2
2
sin t/2
Z
Z (N+1/2)
sin[(N + 1/2)t]
| sin t|
1
dt = 2
dt
>
t
0
t
Z (k+1)
N1 Z
N1
X
2
2 X (k+1) | sin t|
dt
| sin t| dt
t
(k + 1) 2 k
k
k=0
k=0
2n
1
4 X
= 2
+ .
k=0 (k + 1)
1
2
|DN (t)| dt
5.49
5.
SPAZI DI BANACH
cos che
||xn xn+m || < n .
Sia lim n = 0. Da
||xn xn+m || < n
si vede che la successione (xn ) fondamentale ossia convergente,
lim xn = x .
Il punto x appartiene alla chiusura di B n per ogni n:
x
'
cl Bn .
Sia ora (An ) una successione di insiemi chiusi e (B n ) una successione di palle con le
propriet appena dette e tali che, inoltre,
(cl Bn ) An = .
5.50
Allora, x
non appartiene a A n per nessun n, grazie alla 5.50:
%
x
/
An .
Per provare il Teorema di Baire, costruiamo una successione di palle B n che ha le
propriet dette sopra rispetto alla successione di insiemi (A n ), chiusi e privi di punti
/ A1 e
interni. Ci porter a trovare che x
/ A n e quindi AN = X. Scegliamo x1
una palla B1 di centro x1 e raggio minore di 1, tale che (cl B 1 ) A1 = . Sia 1 > 0
il suo raggio. Non restrittivo assumere 1 < 1.
La palla B1 esiste perch A1 chiuso e, essendo privo di punti interni, non uguale
ad X.
La palla B1 non contenuta in A 2 perch A2 non ha punti interni.
Dunque in
5.
SPAZI DI BANACH
minore di k /2 < 1/2k , tale che (cl Bk+1 ) Ak+1 = . Sia k+1 > 0 il raggio di
questa sfera.
La costruzione dei punti x k e delle palle Bk pu farsi perch gli A k non hanno punti
interni e sono chiusi.
Dato che k 0, esiste x
= lim xk e x
n cl Bn , ossia x
cl Bn . Se fosse
x
Ak allora avremmo x A j per almeno un indice j. E quindi avremmo
cl Bj . Ci contrasta con la costruzione di B j
contemporaneamente x
Aj , x
e quindi x
/ Ak . Ossia
%
Ak = X ,
(C d) .
dD
(C d)
dD
ha interno non vuoto grazie alla continuit delle traslazioni, per ogni insieme D (e
quindi anche per D = C).
Inoltre, se C contiene punti interni, allora (cl C) (cl C) contiene un intorno di 0.
Proviamo ora il teorema 5.97. Ricordiamo che per definizione, un operatore A
L(X, Y ) ha dominio uguale ad X.
Per provare che loperatore A, suriettivo, trasforma aperti in aperti, sufficiente
mostrare che limmagine di una palla
BX,r = {x X | ||x|| < r}
305
5.
SPAZI DI BANACH
5.51
Consideriamo le palle
BX,2n = {x X | ||x|| < 2n } .
Dato che
X=
BX,2n
cl (A(BX,2n ))
e quindi, per il teorema di Baire almeno uno degli insiemi cl (A(B X,2n )) ha
punti interni. Moltiplicando per numeri positivi si vede che ciascuno degli insiemi
cl (A(BX,r )) contiene punti interni, grazie alla continuit della moltiplicazione per
scalari.
Da 5.51 si ha che
cl A(BX,r ) cl A(BX,r ) cl [A(BX,r ) A(BX,r )] cl A(BX,2r )
e quindi ciascun insieme cl A(BX,2r ) contiene un intorno di 0. Naturalmente, r
arbitrario: ogni insieme cl A(B X,r ) contiene un opportuno intorno di 0.
Rimane da provare che A(B X,r ) stesso contiene un intorno di 0. Sia W un intorno
di 0 contenuto in cl A(B X,1 ). Completiamo la dimostrazione mostrando che W
A(BX,2 ). Per questo basta provare
306
5.
SPAZI DI BANACH
cl A(BX,1 ) A(BX , 2) .
Ci mostriamo ora. Sia per questo y cl A(B X,1 ). Mostriamo che y A(B X,2 ).
Si sa che cl A(BX,1/2 ) contiene un intorno di 0. Dunque esiste x 1 BX,1 tale che
||
y Ax1 || cos piccolo da aversi y Ax 1 cl A(BX,1/2 ).
In modo analogo, cl AB X,1/4 contiene un intorno di 0 e quindi esiste x 2 BX,1/2
per cui (
y Ax1 ) Ax2 cl A(BX,1/4 ). Iterando questo procedimento per ogni n
si trova
x1 BX,1
tale che
y Ax1 cl A(BX,1/2 )
cio
||
y Ax1 || 1/2
x2 BX,1/2
tale che
(
y Ax1 ) Ax2 cl A(BX,1/4 )
cio
||(
y Ax1 ) Ax2 || 1/4
tale che
cio
||
y
.
.
.
xn BX,1/2n
Pn
k=1
Axn cl A(BX,1/2n )
Pn
k=1
Axn || 1/2n .
Sia ora
x=
+
xi
cos che
i=1
+
1
||x||
< 2.
n
2
i=1
1
= 0,
2n
ossia y = Ax
5.9.
L O SPAZIO
DUALE
5.
SPAZI DI BANACH
Teorema 5.110. Esistono spazi lineari X, dotati di una metrica rispetto alla quale
le operazioni di somma e moltiplicazioni per scalari sono continue e su cui nessun
funzionale lineare diverso da 0 continuo.
Teorema 5.111 (di Hahn-Banach). Sia X uno s.l.n. e sia Y un suo s.spazio. Sia
L0 un funzionale lineare continuo su Y . Esiste unestensione di L ad X tale che
||L||X = sup{|Ly| | y Y , ||y||X = 1} .
x Y .
5.
SPAZI DI BANACH
x X .
Teorema 5.113. Sia X uno spazio lineare su C e sia p da X in R una funzione tale
che:
1. p(tx) = |t| p(x) per ogni x in X e per ogni t C;
2. p(x + y) p(x) + p(y).
Sia Y un s.spazio di X e sia L 0 un funzionale lineare definito su Y , tale che
|L0 x| p(x)
x Y .
5.52
x X .
p(x) = M ||x|| .
Nel caso reale, dal Teorema 5.112 si vede lesistenza di L, funzionale lineare su X,
che estende L0 e tale che
Lx M ||x||
e quindi anche
Lx = L(x) M || x|| = M ||x||
ossia
|Lx| M ||x|| .
5.53
309
5.
SPAZI DI BANACH
Lx0 = m ,
m
.
||x0 ||
5.54
DIMOSTRAZIONE
max
||L||X =1
|Lx0 | .
DIMOSTRAZIONE
310
ossia
sup
||L||X =1
||Lx0 || ||x0 || .
5.
SPAZI DI BANACH
5.55
||x||=1
311
5.
SPAZI DI BANACH
t [0, 1] .
Si verifica facilmente che gli iperpiani ed i semispazi sono insiemi convessi e che
lintersezione di una qualsiasi famiglia di insiemi convessi un insieme che, se non
vuoto, convesso.
Siano ora A e B due insiemi e sia x X . Si dice che liperpiano
{x | x , x = }
B {x | x , x } .
B {x | x , x } .
E ovvio che in generale due insiemi disgiunti non possono essere separati da
iperpiani, si veda la figura 5.5 a sinistra. Per avere buoni risultati di separazione
dovremo lavorare con insiemi convessi. La figura 5.5 a destra mostra che insiemi
convessi e disgiunti non possono, in generale, separarsi strettamente.
Valgono per i due teoremi seguenti, la cui dimostrazione viene posposta:
312
5.
SPAZI DI BANACH
3
y
y
2
0
x
3
0.5
0.5
1.5
2.5
3.5
4.5
Fig. 5.5.
x A .
Di conseguenza:
Se H = X, esiste x0
/ H e quindi per la seconda affermazione del Teorema 5.118,
x0 si separa strettamente da H: esistono
> 0 ed x tale che
x , x0
,
x , h , h H .
313
5.
SPAZI DI BANACH
h H ,
come volevamo.
Il viceversa ovvio.
Inoltre,
n = ||xn || .
xn , xn n ,
2
Combinando linearmente gli x n , con coefficienti razionali, si trova un s.insieme A numerabile di X. Procedendo per assurdo, mostriamo che A denso in X, che pertanto
separabile.
Se A non fosse denso in X, la sua chiusura sarebbe un s.spazio H di X diverso da
X. Dunque, per il Teorema 5.119, si potrebbe trovare X tale che
A H ker .
Si sa che = lim xnk per una opportuna successione (x nk ) cos che
2
e quindi lim n = 0. Daltra parte, mentre
0 = || ||X = lim ||xnk ||X = lim nk .
314
5.
SPAZI DI BANACH
Lintersezione di una famiglia di chiusi un chiuso e lintersezione di una famiglia di convessi, se non vuota, un convesso. Dunque, se linsieme non vuoto A intersezione
dei semispazi chiusi che lo contengono, A convesso e chiuso.
Viceversa, sia B lintersezione dei semispazi chiusi che contengono linsieme A. In
generale, B A. Dobbiamo provare che se A convesso e chiuso allora vale lugua/ A allora, per il Teorema 5.118, esiste
glianza. Per questo basta notare che se x 0
un iperpiano che separa strettamente A da x 0 . E quindi x 0 non appartiene nemmeno
a B.
5.
SPAZI DI BANACH
Teorema 5.123. Sia A un convesso con interno non vuoto. Per ogni x 0 A, esiste
almeno un iperpiano di supporto ad A in x 0 .
DIMOSTRAZIONE
se A
x intA
Per semplicit
5.
SPAZI DI BANACH
4
4
Fig. 5.6.
supporremo che esse siano definite su insiemi, ovviamente convessi, dotati di punti
interni.
Ricordiamo che si chiama epigrafo di una funzione f definita su X, a valori reali,
linsieme
Epi(f ) = {(x, t) | t f (x)} X R .
E facile provare:
5.56
Notiamo che se = 0 si ha
x , x x , x0
x domf .
317
5.
SPAZI DI BANACH
t t0
ossia > 0.
x domf .
5.57
5.57
si chiama un sottodifferen-
ziale di f in x0 .
Linsieme dei sottodifferenziali di f in x 0 si chiama il sottodifferenziale di f in x 0 .
Il sottodifferenziale di f in x0 si indica col simbolo f (x0 ).
318
5.
SPAZI DI BANACH
Definizione 5.129. Una funzione (anche non convessa) con epigrafo chiuso si chiama semicontinua inferiormente . Una funzione f si dice semicontinua superiormente
se f semicontinua inferiormente.
E facile immaginare che il sottodifferenziale sia uno strumento utile per il calcolo dei
minimi. Infatti,
|f (x)| dx < + .
319
5.
SPAZI DI BANACH
La disuguaglianza
a+b
a+
a 0 , b 0
5.58
LX
(, ) = {0} ;
>0
|f (s)| ds .
320
x1
1
|f (s)| ds = d(f, 0) ;
n
5.
SPAZI DI BANACH
nf (s) se x
i1 < s < xi
gi (s) =
0
altrimenti.
In questo modo,
1
n
d(gi , 0) =
d(f, 0) = d(f, 0) < r ,
n
n
ossia gi B(0, r) V . Inoltre,
nf =
n
1
gi .
n i=1
n
gi
ossia
i=1
f=
massimo.
Si noti che un elemento massimale z 0 pu non essere un massimo perch M pu
contenere elementi non confrontabili con z 0 . E quindi un insieme M parzialmente
ordinato pu avere pi elementi massimali, ma ha al pi un massimo.
321
5.
SPAZI DI BANACH
Invece, una catena ha al pi un solo elemento massimale che anche il suo massimo.
Il Lemma di Zorn si enuncia come segue:
Osservazione 5.132. Si noti che lenunciato del Lemma di Zorn non richiede che
ogni catena debba avere massimo; ossia, nellapplicare il Lemma di Zorn, basta
mostrare lesistenza in F di maggioranti delle singole catene.
Possiamo ora provare il Teorema 5.112. In questo caso = R.
Notiamo che lenunciato del teorema non fa alcun riferimento alla presenza
di norme su X; e quindi nessuna considerazione topologica pu usarsi nella
dimostrazione.
Lidea della dimostrazione del Teorema 5.112 la seguente: si prova che se Y = X
allora esiste unestensione lineare propria L 1 di L0 e che L1 , definito sul sottospazio
Y1 propriamente contenente Y 0 , soddisfa ancora alla disuguaglianza
L1 x p(x)
x Y1 .
se L2 estende L1 .
Si vede immediatamente che ogni catena C in F ammette come maggiorante quellele F il cui dominio lunione dei domini di tutti gli elementi della catena C
mento L
allora esiste L C (non unico) il cui dominio contiene
e cos definito: se x domL
x. Si definisce
= L x .
Lx
322
5.
SPAZI DI BANACH
Si detto che L non unico; ma lessere C una catena prova che la trasformazione L
appena definita univoca e lineare.
dominato da p.
E ovvio che L
Discende dal Lemma di Zorn che F ha un elemento massimale L: unestensione L di
L0 , dominata da p, non ulteriormente estendible, e quindi con dominio X.
Proviamo ora la parte tecnica della dimostrazione, consistente nella costruzione
dellestensione L 1 . Prima per notiamo:
i ei } .
nita
Largomento precedente basato sul lemma di Zorn pu ripetersi anche senza far
intervenire la funzione p(x) e conduce a provare lesistenza di un funzionale L
definito su X e che estende L 0 . Ci mostra che esistono funzionali lineari non
continui, il cui dominio tutto lo spazio X.
y Y0 , t R .
323
5.
SPAZI DI BANACH
y
y
+ p( + x0 )
t
t
ossia
y
y
p( + x0 ) L0 ;
t
t
5.59
Se t < 0 si richiede
L0
1
y
y
+ p(y + tx0 ) = p( x0 ) ,
t
t
t
ossia
L0
y
y0
p( x0 ) .
t
t
5.60
Dunque da provare lesistenza di un numero che verifica la 5.59 per t > 0 e la 5.60
per t < 0.
Notiamo che, essendo y arbitrario in Y 0 , anche y/t, t > 0 e y/t, t < 0 sono arbitrari
elementi di Y0 . Dunque, le 5.59, 5.60 equivalgono a
sup {L0 y p(y x0 )} inf {p(y + x0 ) L0 y} .
yY0
yY0
y , y Y0 .
Questeguaglianza equivale a
L0 (
y y) p(
y + x0 ) + p(
y x0 )
e questa vale certamente perch, per ipotesi, L 0 dominato da p. Dunque si ha:
y y) p(
y y) = p(
y + x0 x0 y) p(
y + x0 ) + p(x0 y) .
L0 (
Ci completa la dimostrazione nel caso in cui F = R.
Dimostrazione del TEOREMA 5.113.
Il caso F = C si fa discendere dal precedente, procedendo come segue.
Si nota che se X uno spazio lineare complesso, allora esso anche uno spazio
lineare reale. Indichiamo allora con i simboli X (R) ed Y0,(R) gli spazi lineari reali i
cui elementi sono quelli di X e di Y 0 . Sia inoltre L0,(R) il funzionale lineare definito
su Y0,(R) da
324
5.
SPAZI DI BANACH
L0,(R) x = e L0 x .
La 5.52 mostra che L0,(R) dominato da p e quindi che esiste unestensione L (R) di
L0,(R) ad X(R) , ancora dominata da p. Inoltre, essendo L R x p(x) per ogni x X,
vale anche
L(R) (x) p(x) = p(x)
ossia,
p(x) L(R) (x) p(x) .
5.61
5.
SPAZI DI BANACH
L0 (tx0 ) pA (tx0 ) .
La prima propriet immediata e la seconda ovvia se t < 0. Che essa valga anche
se t > 0 si vede notando che p A (x0 ) 1 e quindi
L0 (tx0 ) = t tpA (x0 ) = pA (tx0 ) .
Per il Teorema di HahnBanach, il funzionale L 0 si estende ad un funzionale L
lineare e continuo su X, che ancora verifica L, x p A (x) e quindi
L, x pA (x) 1 x A ,
L, x0 = 1 .
%
bB
326
(A b) .
5.
SPAZI DI BANACH
ossia a
= b
d D .
Dunque,
x , (a b + x0 ) < x , x0
a A ,
bB;
Ossia,
x , a < x , b .
Ci prova la prima parte del teorema.
La dimostrazione della seconda parte si riconduce a quella della prima, grazie al
lemma seguente:
Per ogni k K esiste una opportuna sfera B (k) tale che k + 2B(k) (C + B(k) ) = .
Lunione degli aperti k i + 2B(k) copre K e quindi esistono k i , in numero finito, diciamo
n, tali che
K
n
[
`
ki + 2B(ki ) .
i=1
S`
+
[
n
`
`
[
ki + B(ki ) + B
ki + B(ki ) + B(ki )
i=1
i=1
327
5.
SPAZI DI BANACH
E ora facile provare la seconda parte del Teorema 5.113. Sia B una sfera tale che
A1 = A + B non intersechi B. Gli insiemi A 1 e B verificano le ipotesi della prima
parte del teorema e quindi esiste x tale che
sup{x , a | a A1 } inf{x , b | b B} .
Ci prova che x separa A e B. Proviamo ora che la separazione stretta. Notiamo
che
5.10.
C ONVERGENZA
Si visto che in uno spazio di Banach di dimensione infinita i compatti sono rari.
Daltra parte, si sa dai corsi precedenti che la propriet di compattezza cruciale nello
studio dei problemi di minimo. Infatti:
5.
SPAZI DI BANACH
Accenniamo alla dimostrazione, che dovrebbe essere nota: per provare lesistenza del
minimo, si costruisce una successione minimizzante (k n ) in K, ossia una successione
tale che
lim f (kn ) = inf{f (k) | k K} .
Si usa la compattezza di K per estrarre una sottosuccessione (k nr ) convergente a
k0 K; e la continuit di f per concludere
f (k0 ) = lim f (knr ) = inf{f (k) | k K} .
5.62
5.
SPAZI DI BANACH
Dunque in uno spazio di Banach conviene introdurre topologie meno fini di quella
della norma, in modo da avere pi insiemi compatti; ma sufficientemente fini in modo
tale che almeno opportune classi di funzioni continue rimangano, se non continue,
almeno semicontinue inferiormente.
Noi ci limiteremo ad introdurre concetti di convergenza per topologie meno fini di
quella della norma. Non descriveremo invece la topologia.
x X .
oppure
xn x0 .
x X .
Per indicare la convergenza debole stella si usa uno dei due simboli
w lim xn = x0
330
oppure
xn x0 .
5.
SPAZI DI BANACH
Esempio 5.141. Sia X = L 2 (0, 2). Vedremo che (L 2 (0, 2)) isometricamente
isomorfo ad L2 (0, 2) stesso. In particolare ogni g L 2 (0, 2) si interpreta come
elemento di (L2 (0, 2)) , quellelemento definito da
2
g(x)f (x) dx .
f
0
Si sa, dalla teoria della serie di Fourier, che ogni f L 2 (0, 2) si rappresenta
f (x) =
k=+
fk e
ikx
k=
1
fk =
2
f (x)eikx dx = ek , f
Vale per:
Teorema 5.142. Il teorema di unicit del limite vale sia per la convergenza debole
che per la convergenza debole stella.
DIMOSTRAZIONE
Se
w lim xn = x0
ed anche
w lim x n = y0
331
5.
SPAZI DI BANACH
allora si ha
x , (x0 y0 ) = lim{x , xn x , xn } = 0
per ogni x X . Dunque x 0 ed y0 sono indistinguibili da elementi di X . E
conseguenza del Teorema di Hahn-Banach che x 0 = y0 .
Lasserto relativo alla convergenza debole stella invece elementare: sia
w lim xn = x0
ed anche
w lim xn = y0 .
Si ha
[x0 y0 ], x = lim{xn , x xn , x} = 0
per ogni x X. E quindi x = y .
Esistono alcune relazioni importanti tra la convergenza debole, oppure debole stella,
e le propriet che valgono in norma. Tra queste:
Teorema 5.143. Ogni successione convergente in senso debole stella limitata nella
norma di X .
DIMOSTRAZIONE
Un asserto analogo vale anche per la convergenza debole, ed anzi il risultato relativo
alla convergenza debole un corollario del precedente. Per provarlo, abbiamo bisogno
332
5.
SPAZI DI BANACH
5.63
||x ||X
x X ,
333
5.
SPAZI DI BANACH
ossia
limjxn , x = jx0 , x
x X .
||x||X =1
sup
||x||X =1
sup
x , x0 =
||x ||X =1
{lim inf
||x ||X =1
sup
limx , xn =
||x ||X =1
sup
||x ||X =1
limjxn , x
5.
SPAZI DI BANACH
Grazie al Teorema di Weierstrass, segue che la norma ammette minimo sugli insiemi
che sono compatti rispetto alla convergenza debole oppure debole stella.
Proviamo ora:
Sia A chiuso rispetto alla convergenza debole. Sia (x n ) una successione in A, che
converge in norma ad un x 0 .
La convergenza in norma implica la convergenza debole, e quindi (x n ) converge debolmente ad x 0 . Dato che A debolmente chiuso, si ha x 0 A; e quindi A chiuso
in norma. Lassero relativo alla convergenza debole stella si prova in modo analogo.
Lesempio 5.141 mostra che la superficie di una sfera di L 2 (0, 2), pur essendo chiusa
in norma, non debolmente chiusa. Combinando questo col teorema precedente si
vede che che la topologia della convergenza debole effettivamente meno fine di
quella della norma.
Vale:
335
5.
SPAZI DI BANACH
Dunque, esiste
> 0 tale che
x , x0 +
< inf {x , x | x A} inf{x , xn } .
Ci contrasta con lipotesi che (x n ) converge debolmente ad x 0 .
E bene notare esplicitamente che lasserto analogo per la topologia debole stella
non vale. Per nella topologia debole stella successioni compatte si identificano
facilmente:
La dimostrazione posposta.
Lasserto analogo non vale in X e ci suggerisce di dare un nome particolare agli
spazi X tali che jX = X .
In uno spazio riflessivo, la convergenza debole equivale alla debole stella e quindi:
Teorema 5.152. Ogni successione limitata in uno spazio riflessivo ammette s.successioni debolmente convergenti.
sn =
n
k=1
n
k=1
k = 1;
5.
SPAZI DI BANACH
Sia A = co{xn }, il pi piccolo convesso chiuso contenente gli x n . Per il Teorema 5.149,
x0 appartiene ad A. Da qui segue lasserto.
Applichiamo ora il Teorema 5.149 allo spazio X R. Sia A lepigrafo di una funzione
convessa e continua su X. Linsieme A convesso e chiuso e quindi sequenzialmente
chiuso. Dunque vale:
Si visto al Teorema 5.139 che ogni elemento x X continuo rispetto alla convergenza debole in X. Se ogni successione limitata avesse s.successioni debolmente convergenti, allora, per il Teorema di Bolzano-Weierstrass, ogni elemento di X
raggiungerebbe massimo su
337
5.
SPAZI DI BANACH
Z
x|
1
0
|x(s)| ds 1
xn x0
in X
allora
Axn Ax0
in Y .
5.
SPAZI DI BANACH
DIMOSTRAZIONE
Proviamo che nelle ipotesi del teorema, loperatore lineare A, definito su X, chiuso.
Sia xn x0 tale che Ax n y0 (rispettivamente nelle norme di X e di Y ). Allora,
xn x0 e quindi, per le ipotesi, Ax n Ax0 ; Daltra parte, Ax n y implica Axn y.
Per lunicit del limite debole, y = Ax 0 ossia la successione di punti ( (x n , Axn ) ) se
converge, converge ad un punto del grafico, che quindi chiuso.
Ci prova che loperatore lineare A chiuso e quindi, avendo dominio uguale ad X,
continuo.
Si osservi che la dimostrazione precedente fa uso sia del teorema di Hahn-Banach che
del Teorema di Baire.
s.successione convergente.
Consideriamo la successione numerica (y n , x1 ).
, x1 ). Consideriamo
ammette una s.successione convergente. Indichiamola (y n,1
5.
SPAZI DI BANACH
y1,1
, x1
y2,1
, x1
y3,1
, x1
y4,1
, x1
...
y1,2
, x2
y2,2
, x2
y3,2
, x2
y4,2
, x2
...
y2,k
, xk
y3,k
, xk
y4,k
, xk
...
..
.
y1,k
, xk
..
.
la successione (yn,k
) che figura su ciascuna riga s.successione di tutte le successioni
per ogni r.
|ym,m
, x0 yn,n
, x0 |
, x0 xN | + |ym,m
yn,n
, xN + |yn,n
, xN x0 | .
|ym,m
Il primo e lultimo addendo sono minori di /3, per la scelta fatta di x N . Laddendo
, che dipende da e da N
intermedio minore di /3 se m, n superano un numero N
, x),
ossia da e da x0 . Ci prova la convergenza della successione di numeri (y n,n
per ogni x X.
Si costruisce ora un funzionale y 0 su X ponendo
, x .
y0 , x = limyn,n
y0 , x
= lim
yn,n
, x
340
5.
SPAZI DI BANACH
5.11.
E SEMPI
DI SPAZI DUALI
Sia X uno spazio di Banach. Per definizione, X lo spazio (di Banach) dei funzionali
lineari e continui su X. Il problema che vogliamo studiare ora il seguente: se
X uno spazio particolare, per esempio uno spazio di funzioni o di successioni,
vogliamo vedere se esiste un altro spazio particolare Y che isometricamente
isomorfo ad X ; ossia tale che esista una trasformazione L da Y in X che 1)
suriettiva; 2) isometrica; 3) lineare (se = R) oppure antilineare (se = C). 5
Ricordiamo che la trasformazione L isometrica quando
||Ly||X = ||y||Y .
E quindi una trasformazione isometrica necessariamente iniettiva.
In questo caso, Y viene ad avere tutte le propriet topologiche di X . Inoltre,
definendo y n y0 quando w lim Lyn = Ly0 si trasferiscono ad Y le propriet
della convergenza debole stella di X . Si dice allora che Y una realizzazione di X
e, frequentemente, non si distingue tra Y ed X .
Un esempio particolare ben noto: se X = l 2 (n), lo spazio euclideo n-dimensionale,
allora una realizzazione del duale lo spazio stesso.
+ Ly.
341
5.
SPAZI DI BANACH
spazio
duale
l1
lp ,
p < +
lp ,
p = p/(p 1)
c0
l1
L1 ()
L ()
Lp () ,
C(a, b)
p < +
Lp () ,
p = p/(p 1)
N V (a, b)
Il duale di l p , 1 p < +
Per caratterizzare il duale di l p ed anche di c 0 abbiamo bisogno di una particolare
successione di elementi dello spazio l p stesso, che indichiamo con (e (n) ). Dunque,
ciascun e(n) a sua volta una successione di numeri. Per definizione,
1 se i = n
(n)
ei =
0 altrimenti.
5.64
Notiamo che ||e (n) ||p = 1 per ogni p, 1 p + e che lo spazio lineare generato
dagli elementi e(n) denso in l p per ogni p, 1 p < +. Non invece denso in l .
Sia X = lp con 1 p < +. In questo caso una realizzazione di X
+ se p = 1
p
l
con
p =
p
se p > 1 .
p1
342
5.65
5.
SPAZI DI BANACH
+
yn xn
5.66
n=0
+
yn xn | sup{|yn |} ||x||1 .
n
n=0
5.67
||x||1=1
Per vedere che vale anche la disuguaglianza inversa, e quindi luguaglianza, si scelga
la successione x(N ) definita da
xr(N )
yr
|yr |
se r = N e yr = 0
altrimenti.
5.
SPAZI DI BANACH
Si ha
x , x = limx , x(N ) = limx ,
N
= lim
N
N
k=0
N
N
xk e(k)
k=0
yk xk =
k=0
+
yk xk .
k=0
+
yk xk
k=0
continua su l 1 .
Ci completa lanalisi del caso p = 1.
In modo analogo trattiamo il caso 1 p < +.
Siano x = (xn ) lp ed y = (yn ) lp . Dalla disuguaglianza di H older si vede che:
+
k=0
+
yk xk
k=0
+
yn xn ,
k=0
se yn = 0, xn = 0 altrimenti.
1
p /p
||y||p
||y||pp = ||y||p .
5.
SPAZI DI BANACH
Per concludere, basta mostrare che L suriettiva, ossia che ogni elemento di (l p ) si
rappresenta come in 5.65. Sia allora x (lp ) . Dobbiamo prima di tutto trovare una
successione da associare a x . Per questo usiamo ancora la successione e (n) definita
in 5.64 e definiamo
yi = x , e(i) .
In questo modo si costruisce una successione y = (y i ).
Proviamo prima di tutto che y l p , ||y|| ||x ||. Proveremo infine che
x , x =
+
yi xi .
5.68
i=1
se i n e yi = 0
altrimenti.
n
|yi |p .
i=1
n
xi e ,
ossia
x(n)
r
i=0
xr
se
rn
se
r > n.
345
5.
SPAZI DI BANACH
Inoltre,
limx , x(n) = lim
n
+
yr x(r)
n = lim
r=0
n
yr xn =
r=0
+
yr xr
i=0
+
i=0
yr xr un funzionale
+
yr xr .
i=0
Il duale di c0
Ricordiamo che il simbolo c 0 indica il s.spazio di l i cui elementi sono le successioni
che convergono a zero. Proviamo che il duale di c 0 realizzato da l 1 . Per provare
questo notiamo che se ( k ) l1 allora la trasformazione
x
+
k xk
5.69
k=1
5.
x(n)
=
r
se r n e r = 0
r
|r |
altrimenti
rnr =0
SPAZI DI BANACH
r (r)
e .
|r |
(n)
|r | < M
x , x
=
per ogni n. Ci prova che ( r ) l1 .
Ora, per ogni x c 0 , x = (xi ), vale:
x , x = limx ,
N
N
xi ei = lim
N
i=0
N
i xi =
i=0
+
i xi .
i=0
Ci completa la dimostrazione.
p
p1
L ()
se p > 1;
se p = 1.
(s)x(s)
ds
x
a
(s)x(s)
ds .
x , x =
a
347
5.
SPAZI DI BANACH
Introduciamo la famiglia delle funzioni t (s), una funzione per ogni t (a, b),
1 se a < t < s
t (s) =
5.70
0
altrimenti
e studiamo i valori che x assume su queste funzioni. La ragione di ci che 6 le
funzioni a costanti a tratti sono dense in L 1 (a, b).
Associamo ad x (L1 (a, b)) la funzione
g(t) = x , t
E:
|g(t) g(t )| = |x , t t ||x || ||t t ||1 = ||x || |t t | .
Dunque la funzione g(t) lipschitziana e quindi assolutamente continua. Per essa
vale
ds
(s)
g(t) =
a
ds =
(s)
x , t = g(t) =
a
(s)
t (s) ds .
a
n
i ti (s)
i=1
e quindi
x , =
n
i=1
i
a
(s)
ti (s) ds =
(s)(s)
ds .
a
Questa propriet non stata provata nella parte relativa allintegrale di Lebesgue. E stato
provato per che sono dense le funzioni semplici, ossia costanti su insiemi misurabili. La
densit delle funzioni costanti a tratti, ossia costanti su intervalli, discende dal fatto che ogni
insieme misurabile si approssima mediante unioni di intervalli.
348
5.
SPAZI DI BANACH
(s)x(s)
ds
x
a
continuo.
Sia ora x L1 (a, b). Esiste una successione di funzioni a scala n convergente ad x
in L1 (a, b). Allora,
x , x = limx , N = lim
N
(s)
N (s) ds =
a
(s)x(s)
ds .
a
Il duale di C(a, b)
Introduciamo ora una realizzazione del duale di C(a, b), lo spazio di Banach delle
funzioni continue sullintervallo limitato e chiuso [a, b], con la norma dellestremo
superiore. Fissiamo un elemento x del duale. Per rappresentarlo, procediamo in tre
passi:
PASSO 1) Introduciamo lo spazio lineare di tutte le funzioni limitate su [a, b], continue
o meno, dotato della norma dellestremo superiore. Si trova uno spazio di Banach che
indicheremo col generico simbolo B.
C(a, b) essendo un s.spazio di B, il funzionale lineare e continuo x , definito su
C([a, b]), si estende ad in funzionale lineare continuo su B, con la stessa norma,
per il Teorema di Hahn-Banach. Tale estensione non unica. Fissiamone una, che
indichiamo col simbolo x
.
Per ogni t [a, b], introduciamo le funzioni definite come in 5.70 e la funzione
v(t) =
x , t .
Sia ora f C(a, b). Essendo [a, b] compatto, la funzione f uniformemente continua
e quindi si approssima in modo uniforme con funzioni costanti a tratti. Queste possono
349
5.
SPAZI DI BANACH
costruirsi scegliendo un insieme finito {t i }ni=1 di punti di [a, b], abbastanza fitto, e
quindi definendo
zn (t) = f (ti1 )
t [ti1 , ti )
ossia
zn (t) =
n
i=1
Si ha quindi
x , f =
x , f = lim
x , zn = lim
n
f (ti1 )[
x , ti (s)
x , ti1 (s)]
i=1
= lim
n
i=1
b
a
f (s) ds.
5.71
i=1
(ovviamente, il limite non dipende dalla partizione scelta per definirlo, dato che esso
deve essere x , f ).
Il particolare integrale definito da 5.71 si chiama integrale di Stiltjes .
Si osservi che la rappresentazione di x come integrale di Stiltjes usa la continuit
uniforme di f ; e quindi in generale x
non avr tale rappresentazione.
PASSO 3) Ricapitolando, abbiamo rappresentato ogni elemento del duale di C(a, b)
come un integrale di Stiltjes. Dobbiamo ora studiare le propriet di tale integrale, per
trovare uno spazio di Banach che realizzi [C(a, b)] .
Si ha
n
i=1
n
|v(ti ) v(ti1 )| =
n
i=1
1
2
x , sgn [v(ti ) v(ti1 )][ti ti1 ]
i=1
=
x ,
n
1
2
sgn [v(ti ) v(ti1 )][ti ti1 ]
i=1
350
5.
||
x || sup
s
n
SPAZI DI BANACH
i=1
f dv = Vab v
sup
||f ||<1
e questo suggerisce di scegliere come spazio per rappresentare [C(a, b)] uno spazio
di funzioni a variazione limitata. Bisogna per notare che pu aversi
b
b
f dv =
f dv
f C(a, b)
a
Teorema 5.163 (di Riesz). Lo spazio N V (a, b) una realizzazione del duale di
[C(a, b)] e ogni x [C(a, b)] si rappresenta (in modo unico) come
b
f dv ,
v N V (a, b) .
x , f =
a
351
5.
SPAZI DI BANACH
Il duale di C(K)
Ricordiamo che simbolo C(K) linsieme K compatto.
Non abbiamo gli strumenti per studiare il duale di C(K). Possiamo per descrivere
come si rappresenta lazione su C(K) di un elemento x del suo duale. Per ogni
x (C(K)) si trovano una misura di Borel m ed una funzione (s) misurabile
secondo Borel su K e tale che
|(s)| = 1
q.o. s K
x , x =
(s)x(s) dm
K
e quindi
w lim e(n) = 0 .
5.
SPAZI DI BANACH
5.12.
L O SPETTRO
DI UN OPERATORE
S
T
x0
x0
x1
x1
x2
x2
...
=
...
=
0 x0
x1
x2
x1
...
x3
...
5.72
E chiaro che
ker S = {0}
im S = X ,
ker T = {0}
im T = X .
353
5.
SPAZI DI BANACH
5.73
risolubile in modo unico allora (zI A) ammette inverso, definito sulla sua
immagine e questo un operatore lineare. Ma, in generale, linverso non continuo.
Queste considerazioni suggeriscono la definizione seguente, che si applica ad ogni
operatore lineare A da X in X, anche non continuo ma con dominio denso:
5.73
ammette ununica
soluzione x per ogni y in un s.insieme denso di X e tali che, inoltre, linverso (zI
A)1 sia continuo.
Se z appartiene allinsieme risolvente di A, loperatore (zI A) 1 si chiama
loperatore risolvente di A.
Linsieme risolvente si indica col simbolo (A). Il suo complementare si indica col
simbolo (A) e si chiama lo spettro delloperatore A.
Da un punto di vista logico, z (A) se si verifica uno dei casi seguenti, mutuamente
incompatibili:
i) ker(zI A) = {0};
ii) ker(zI A) = {0} ma im (zI A) non denso in X;
iii) ker(zI A) = {0}, im (zI A) denso in X ma (zI A)1 non continuo.
Definiamo quindi:
spettro di punti linsieme dei numeri z per i quali si verifica il caso i);
spettro residuo linsieme dei punti per i quali si verifica il caso ii);
354
5.
SPAZI DI BANACH
spettro continuo linsieme dei punti per i quali si verifica il caso iii).
r (A) ,
c (A) .
5.72.
(invece, 0 p (T )).
Mostriamo un operatore con spettro continuo non vuoto. Sia X = l 2 e sia A definito
come segue:
A
x0
x1
x2
. . . xn
=
...
x0
1
2 x1
1
3 x2
...
1
n+1 xn
...
x0
x1
x2
. . . xn
...
=
y0
2y1
3y2
. . . (n + 1)yn
...
Ax = x ,
Bx = x .
355
5.
SPAZI DI BANACH
Allora (A) = p (A) = C perch per ogni z vale (z A) z = 0, con z (t) = ezt .
Invece, (B) = perch
x = zx y
(zI B)x = y
x(0) = 0 .
Dunque x dato da
x(t) =
ez(ts) y(s) ds
0
Nellesempio precedente intervengono, vedremo non per caso, operatori che non sono
continui; ma anche lo spettro di operatori continui pu avere una struttura piuttosto
complessa:
5.72.
Risolvendo
(zI T )x = 0
si trova come soluzione:
x=q
1 z
z2
z3
...
Nonostante questi esempi, spettro e risolvente non possono essere insiemi qualsiasi.
Infatti:
Supponiamo che A sia continuo e che sia |z| > ||A||. Vogliamo provare che in tal caso
z (A). Scriviamo per questo
(zI A) = z(I K) ,
356
K=
1
A cos che ||K|| < 1 .
z
5.
SPAZI DI BANACH
Dunque,
(zI A)1 =
+
+
1X n
1 X An
K =
.
z n=0
z n=0 z n
5.74
Sia A qualsiasi, anche non continuo. Proviamo che il suo risolvente aperto. Se esso
vuoto niente va provato. Dunque supponiamo che esista un numero z 0 (A) e
mostriamo che esso interno al risolvente; ossia proviamo lesistenza di
> 0 (che
dipende sia da z 0 che da A) tale che se |z| <
allora z + z 0 (A). Per questo
scriviamo
5.75
I + z(z0 I A)1
invertibile se
|z| <
=
1
||(z0 I A)1 ||
+
n
k=0
n+1
.
(z0 I A)1
5.76
k=0
357
5.
SPAZI DI BANACH
K n (z z0 )n
n=0
358
5.
SPAZI DI BANACH
Dalla 5.76 si vede che per |z| +, la funzione f (z) tende a zero; e quindi f (z)
una funzione intera e limitata, e quindi costante. Dato che un suo limite nullo, essa
deve essere identicamente zero.
Dunque, abbiamo provato che
y , (zI A)1 x 0
x X ,
y X .
Nonostante che lo spettro di un operatore continuo non possa essere vuoto, pu essere
che esso sia un insieme molto pi piccolo del disco di raggio ||A||. Per esempio, in
dimensione 2, la trasformazione lineare la cui matrice
0 1
0 0
ha norma 1 ed il solo autovalore 0. E un utile esercizio vedere che un caso analogo
pu darsi anche in dimensione infinita.
x(s) ds .
Ax =
0
5.
SPAZI DI BANACH
1
1
(t) 2 y(t)
z
z
(t) =
ossia
1
z2
e z (ts) y(s) ds .
0
Da qui,
x(t) =
1
1
y(t) 2
z
z
e z (ts) y(s) ds .
0
n
||An || .
DIMOSTRAZIONE
Si prova, esattamente come nel caso scalare, che una serie di potenze a valori operatori converge in un disco di centro z 0 , che si chiama ancora disco di convergenza,.
Questo disco coincide col disco di convergenza della serie di potenze
+
X
||An ||(z z0 )n .
n=0
360
p
n
||An || .
5.
lim
SPAZI DI BANACH
p
n
||An || .
1
log ||An || .
n
Notiamo che
log ||An+m || log ||An || ||Am || log ||An || + log ||Am || .
Una successione di numeri (a n ), tutti positivi, che verificano
an+m an + am
si dice subadditiva. La dimostrazione del Teorema 5.177 si completa usando il lemma
seguente:
1
an .
n
DIMOSTRAZIONE
0r<m
e quindi
an = amd+r dam + ar .
Dividiamo per n e passiamo al limite per n +.
Il numero a r funzione di n limitata al variare di r perch prende valori nellinsieme
finito a1 ,. . . , am1 . Dunque lim a r /n = 0.
Ancora perch r prende un numero finito di valori,
nr
1
r
1
d
=
=
.
n
nm
m
nm
m
Dunque,
lim sup
an
am
n
m
m .
E quindi
361
5.
SPAZI DI BANACH
lim sup
an
an
lim inf
.
n
n
A=
Per calcolare il raggio spettrale mediante la formula 5.177 bisogna prima di tutto
calcolare le potenze di A:
A2n = 2n I ,
A2n+1 = 2n A .
||A2n ||1/2n = 2 ,
||A2n+1 ||1/(2n+1) = [ 2](2n+2)/(2n+1) .
5.77
ove una curva semplice e chiusa 7 il cui sostegno contenuto in (A). La funzione
f (z) olomorfa.
362
5.
SPAZI DI BANACH
+
fn z n
n=0
e la serie corrispondente
+
fn An .
5.78
n=0
Nel caso particolare in cui f (z) = p(z) un polinomio, la serie 5.78 una somma
finita e definisce un operatore che, ovviamente, si indica col simbolo p(A). Per
esempio, se p(z) = z 2 , allora p(A) = A2 . Se f (z) una generica funzione analitica
la cui serie converge in un intorno di 0, la serie 5.78 in generale non converge, ma
certamente converge in L(X) se
||A|| < R
con R raggio di convergenza della serie di potenze di f (z). Infatti in tal caso
m
m
fn An
fn ||A||n
fn r n ,
r < R,
n=k
n=k
n=k
5.
SPAZI DI BANACH
5.79
n=0
+
1
An
1
=
f ()
f ()(I A)1 d .
d
=
n+1
2i
2i
n=0
+
Si noti che questo calcolo vale grazie alla condizione 5.79 e, se vale 5.79, allora si ha
anche
(A) {z | |z| < R} .
5.77
in (A), racchiude solo una parte dello spettro di A. Per in tal caso non useremo la
notazione f (A) per indicarlo.
In un caso particolare facile calcolare lintegrale 5.77: supponiamo che (A)
contenga una regione di Jordan e supponiamo che il sostegno di appartenga
a . In questo caso un argomento analogo a quello usato nella dimostrazione del
teorema 5.175, basato sul teorema di HahnBanach, prova che lintegrale nullo.
Ossia, il Teorema di Cauchy 1.31 vale anche per integrali della forma 5.77. Dunque, i
casi interessanti saranno quelli nei quali gira intorno a punti di (A). Per intuire
cosa dobbiamo attenderci, consideriamo lesempio seguente:
A=
0
0
364
1 0
0 0
0 2
cos che
(zI A)1 =
1/z
1/z 2
1/z
1/(z 2)
5.
SPAZI DI BANACH
Sia una curva semplice e chiusa che racchiude 0 e che lascia fuori 2. Si calcola
immediatamente che
1
2i
1 0
(zI A)1 dz =
0 1
0 0
0
.
0
0 1
0 0
0 0
0
,
0
0 0
0 0
0 0
Senza trattare lintegrale 5.77 in generale, vogliamo limitarci a considerare i due casi
f (z) = 1 ed f (z) = z, che sono particolarmente importanti per le applicazioni, e che
verranno usati nel paragrafo 6.6.5.
Generalizzando lesempio 5.181, supponiamo che (A) = 1 (A) 2 (A) e che una
regione di Jordan contenga 1 (A) e lasci fuori 2 (A). Sia una curva semplice e
chiusa col sostegno in , che gira intorno a 1 (A), come nella figura 5.7, a sinistra:
In tal caso:
(zI A)1 dz
una proiezione.
DIMOSTRAZIONE
Ricordiamo che vale il teorema di Cauchy. Usando ci, una dimostrazione analoga a
quella del teorema 1.41, porta a concludere che due curve e semplici e chiuse
365
5.
SPAZI DI BANACH
1(A)
1(A)
2
(A)
(A)
6
4
6
4
Fig. 5.7.
in , che ambedue racchiudono 1 (A) e lasciano fuori 2 (A) (come in figura 5.7, a
destra) definiscono il medesimo operatore P :
Z
Z
1
1
(zI A)1 dz =
(I A)1 d .
P =
2i
2i
Dunque,
P2 =
=
1
2i
1
1
2i 2i
(zI A)1 dz
Z Z
1
2i
Z
(I A)1 d
Non restrittivo supporre che la curva racchiuda la curva , come nella figura 5.7, a
destra. A questo punto usiamo una formula 8 che si chiama prima formula del risolvente
e che di verifica immediata:
(zI A)1 (I A)1 =
1
(zI A)1 (I A)1 .
z
Z
Z
Z
1
1
1
1
1
(zI A)1 d
(I A)1 d dz .
P2 =
2i 2i z
2i z
1
1
1
1
.
=
(z a)( a)
z za
a
366
5.
SPAZI DI BANACH
1
(zI A)1 d = 0
z
P2 =
1
=
2i
1
(I A)1 d dz
z
1
dz (I A)1 d .
z
1
2i
Z
1
2i
Lintegrando
z
1
z
1
2i
Z
(I A)1 d = P .
Supponiamo ora che 1 e 2 sino due s.insiemi limitati di (A), appartenenti alla
regione interna rispettivamente di 1 e di 2 , curve di Jordan di sostegno in (A) ed
esterne luna allaltra come in figura 5.8.
Poniamo
P1 =
1
2i
(zI A)1 dz ,
P2 =
1
2i
(zI A)1 dz .
x Xi .
Omettiamo i dettagli della dimostrazione di questo teorema, che analoga a quella del
teorema 5.182.
367
5.
SPAZI DI BANACH
(A)
2
2(A)
4
6
4
Fig. 5.8.
5.13.
T RASFORMAZIONI
NON LINEARI
Fino ad ora abbiamo trattato soltanto di operatori lineari. Vogliamo ora presentare
alcune considerazioni riguardanti i funzionali non lineari. Proviamo prima di tutto
un teorema di punto fisso, ossia diamo una condizione per lesistenza di soluzioni di
unequazione del tipo
f (x) = x .
In seguito, mostreremo come sia possibile estendere la prima formula degli incrementi
finiti e la formula di Taylor.
5.
SPAZI DI BANACH
fisso di f se
f (x) = x .
Vale:
Proviamo prima di tutto che il punto fisso, se esiste, unico. Siano per questo x ed y
due punti fissi. Vale per essi
||x y|| = ||f (x) f (y)|| ||x y||
ove strettamente minore di 1, per definizione di contrazione; e quindi la
disuguaglianza precedente pu solo valere se x = y.
Proviamo ora lesistenza del punto fisso.
Fissiamo k0 K e costruiamo la successione
k1 = f (k0 ) , . . . , kn = f (kn1 ) .
Si noti che k n K per ogni n, perch f (K) K.
Proveremo che (kn ) una successione fondamentale e quindi convergente dato che
lo spazio X completo. Essendo K chiuso, il limite x 0 di (kn ) in K. Passando al
limite nei due membri delluguaglianza
kn = f (kn1 )
si trova
x0 = f (x0 )
e quindi x 0 punto fisso di f .
Per completare la dimostrazione, basta mostrare che (k n ) una successione
fondamentale.
369
5.
SPAZI DI BANACH
n
||k1 k0 || .
1
370
5.
SPAZI DI BANACH
Osservazione 5.187. Osserviamo che la ricerca dei punti fissi conduce anche alla
ricerca di zeri di funzioni: il funto x 0 verifica f (x0 ) = 0 se e solo se x0 punto fisso
di F (x) = x f (x).
f (x)f (x)
f (x)2
< 1 .
La funzione
F (x) = x
f (x)
f (x)
ha un punto fisso x 0 se e solo se f (x0 ) = 0 e viceversa (si ricordi che la derivata non
si annulla).
Si calcola immediatamente che
F (x) =
f (x)f (x)
f (x)2
e quindi, nelle ipotesi fatte, F una contrazione. Ha quindi un punto fisso che si
costruisce come segue: fissato un qualsiasi x 0 , il punto x1
x1 = F (x0 ) = x0
f (x0 )
,
f (x0 )
371
5.
SPAZI DI BANACH
(T x)(t) =
5.80
Dunque:
5.81
5.
SPAZI DI BANACH
(T x)(t) =
x(a) = x0 .
5.82
Dunque,
5.13.2 I differenziali
Sia f (x) una trasformazione da uno spazio di Banach X in uno spazio di Banach Y .
Supponiamo che x 0 sia un punto interno al suo dominio.
Nel caso in cui X = Rn si sa che si possono definire le derivate direzionali in x 0 e
la matrice jacobiana, che rappresenta il differenziale. Vogliamo estendere queste
definizioni al caso in cui X un generico spazio di Banach.
Sia v un qualsiasi elemento di X. Consideriamo il limite
lim
t0
5.83
5.
SPAZI DI BANACH
Esempio 5.190. Si definisce una funzione f (x, y) su R 2 come segue: prima di tutto
si fissa una successione di punti (x k , yk ) due a due distinti, tutti di norma 1, ossia tutti
appartenenti alla circonferenza
C = {(x, y) | x2 + y 2 = 1} .
Fissato un qualsiasi punto (x, y) di R 2 si considera il punto
(x, y)
.
||(x, y)||
Questo pu essere uno dei punti (x k , yk ) o meno. Se non uno di tali punti, si pone
f (x, y) = 0. Se invece esiste un indice k per cui
(x, y)
= (xk , yk )
||(x, y)||
allora si definisce
f (x, y) = k||(x, y)|| = k
x2 + y 2 .
In particolare, f (0, 0) = 0.
Fissata una qualsiasi direzione v = (x, y), consideriamo i rapporti incrementali
f (tv)
f (tx, ty)
=
.
t
t
Se v/||v|| non uno dei punti (x k , yk ), il valore del rapporto incrementale zero per
ogni t; e quindi
lim
t0
f (tv)
= 0.
t
t0
f (tv)
tkv ||v||
= lim
= kv ||v|| .
t0
t
t
5.
SPAZI DI BANACH
lim
df (x0 , v)
= 0
t0
t
5.84
e quindi
f (x0 + tv) f (x0 )
= df (x0 , v) + o(t; x0 , v)
t
ove o(t; x0 , v) indica una funzione della variabile reale t a valori in X e tale che
lim
t0
o(t; x0 , v)
= 0.
t
Si noti per che il limite non generalmente uniforme rispetto a v. Si consideri infatti
lesempio seguente:
1
f (x, y) =
0
se x2 < x < x4
altrimenti.
y = mt
la disuguaglianza
f (t, mt)
<
5.
SPAZI DI BANACH
||v||0
o(v; x0 )
= 0.
||v||
||v||0
376
6. SPAZI DI HILBERT
6.1.
P RODOTTO
INTERNO E NORMA
Gli spazi di Hilbert sono particolari spazi di Banach, che generalizzano R n o Cn con
lusuale distanza euclidea.
Conviene introdurre prima di tutto la definizione di prodotto interno. Sia X uno spazio
lineare. Si chiama prodotto interno su X una funzione f (x, y) su X X, a valori nel
campo scalare, con queste propriet:
per ogni x ed y vale f (x, y) = f (y, x). Questa propriet implica in particolare
che la parte immaginaria di f (x, x) nulla per ogni x.
vale f (x, x) > 0 per ogni x = 0.
6.
SPAZI DI HILBERT
f (0, 0) = 0 .
Si noti che la funzione f (x, y) non lineare rispetto ad y ma, per ogni fissato x, vale
f (x, y + y ) = f (y + y , x) = f (y, x) + f (y , x)
(x, y ) .
=
f (x, y) + f
6.1
Se accade che F = R allora gli scalari sono reali e quindi si ha linearit anche nella
seconda componente.
Le propriet 6.1 si chiama antilinearit.
In pratica per indicare il prodotto interno di x ed y si usa il simbolo x, y (o simboli
analoghi, per esempio x|y). Si osservi la somiglianza col simbolo x , x usato
per rappresentare lazione del funzionale lineare x su x. Si noti per che x , x
lineare sia rispetto alla prima che alla seconda variabile, anche quando F = C.
Due vettori x ed y si dicono ortogonali quando il loro prodotto interno nullo:
xy
x, y = 0 .
x, y
.
|x, y|
378
6.
SPAZI DI HILBERT
0
ax + ty, a
x + ty .
Scegliamo t reale e introduciamo in questespressione la definizione di a. Si trova
0
ax + ty, a
x + ty = y, yt2 + 2|x, y|t + x, x .
6.2
6.3
x, x
una norma su X.
DIMOSTRAZIONE
379
6.
SPAZI DI HILBERT
p
x + y, x + y
x, x +
p
y, y .
Naturalmente scriveremo
||x|| =
x, x .
6.4
con
M = ||y|| .
x, x. Questa particolare norma verifica luguaglianza
/
0
||x + y||2 + ||x y||2 = 2 ||x||2 + ||y||2
DIMOSTRAZIONE
Si calcola immediatamente
||x + y||2 + ||x y||2 = x + y, x + y + x y, x y
= ||x||2 + x, y + y, x + ||y||2 + ||x||2 x, y y, x + ||y||2
`
= 2 ||x||2 + ||y||2 .
380
6.5
6.
SPAZI DI HILBERT
Teorema 6.6. Siano h, k due elementi tra loro ortogonali di uno spazio di
prehilbertiano H. Vale:
||h + k||2 = ||h||2 + ||k||2 .
DIMOSTRAZIONE
Si calcola immediatamente
||h + k||2 = h + k, h + k = ||h||2 + h, k + k, h + ||k||2 = ||h||2 + ||k||2
perch h k.
381
6.
SPAZI DI HILBERT
n
ki hi
se h = col [hi ] ,
k = col [ki ] .
i=1
Lo spazio l 2
uno spazio di Hilbert, dotato del prodotto interno
(hi ), (ki ) =
+
ki hi .
i=i
La convergenza della serie, quando h i e ki sono in l 2 , stata provata nel paragrafo 10.
Possiamo ora notare che la convergenza segue applicando la disuguaglianza di
Schwarz alle somme finite, e passando al limite.
Si ricordi che il duale di l 2 isometrico a l 2 stesso.
Lo spazio L2 (K)
uno spazio di Hilbert, il cui prodotto interno
f, g =
f(x)g(x) dx .
K
2
Lintegrale dipende dagli elementi di L (K), ossia dalle classi di equivalenza, e non
dai rappresentanti delle classi stesse, e converge grazie alla disuguaglianza di Schwarz
per gli integrali.
Si ricordi, dal paragrafo 10, che anche in questo caso lo spazio una realizzazione del
suo duale.
Lo spazio H 2
uno spazio di Hilbert. Il prodotto interno nel caso di H 2 (D)
382
6.
f, g = sup
r(0,1)
1
2
SPAZI DI HILBERT
it
it
f (re )g(re ) dt .
f (x + iy)g(x + iy) dy .
f, g = sup
x>0
Lo spazio W 12 (K)
uno spazio di Hilbert dotato del prodotto interno
f, g =
g(x)f (x) dx +
f(x) g(x) dx .
K
Nel caso in cui K = [a, b], un prodotto interno che conduce ad una norma
equivalente
g (x)f (x) dx .
non numerabile di vettori a due a due ortogonali, questo spazio non separabile.
Consideriamo le funzioni
t eist ,
tR
g(t)f (t) dt .
T
383
6.
SPAZI DI HILBERT
f, g = lim
ei(sr)T ei(sr)T
= 0.
T +
2T (s r)
ei(sr)t dt = lim
T
6.2.
T EOREMA
DELLE PROIEZIONI
Gli spazi di Hilbert, come si notato, sono particolari spazi di Banach, dotati di
propriet speciali, utili per le applicazioni. Essenzialmente esse discendono tutte
dal teorema delle proiezioni, che in realt un complesso di affermazioni che
bene studiare separatamente. In particolare bene essere precisi, distinguendo
le affermazioni che valgono in spazi prehilbertiani da quelle che richiedono la
completezza.
Sia H uno spazio prehilbertiano e sia X un suo s.spazio. Sia h H. Un punto
x0 X si chiama proiezione ortogonale di h su X se
h x0 x
x X .
6.
SPAZI DI HILBERT
||h x0 || ||h|| .
Possiamo per
h x1 , x = 0
x X .
x X .
Ora, X uno spazio lineare a cui appartengono sia x 0 che x1 e quindi anche x 1 x0
X. Scegliendo x = x 1 x0 si trova
0 = x1 x0 , x1 x0 = ||x1 x0 ||2
e quindi x 1 = x0 .
Il problema della proiezione uno dei problemi che si studiano nella geometria
euclidea e si sa che, in tale contesto, la proiezione x 0 di h anche il punto di X
che ha minima distanza da h. Questa propriet vale anche in spazi prehilbertiani:
385
6.
SPAZI DI HILBERT
Teorema 6.9. Sia H uno spazio prehilbertiano e sia X un suo sottospazio. Un punto
x0 X proiezione su X di h H se e solo se
||h x0 || ||h x||
x X .
DIMOSTRAZIONE
x X .
= h x0 , = 0 .
Non restrittivo assumere
|||| = 1 .
Indichiamo con x 1 il punto
x1 = x0 X
e calcoliamo ||h x 1 ||. Mostriamo che, se = 0, allora si ha
||h x1 || < ||h x0 || .
6.6
386
6.
SPAZI DI HILBERT
x = (, 0) ,
[1, 1] .
6.7
La successione (x n )
Proviamo:
fondamentale.
387
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
xn + xm
h||2 .
= 2 ||xn h||2 + ||h xm ||2 4||
2
E
1
(xn + xm ) X
2
e quindi
||
xn + xm
h||2 > d2 .
2
i
4||
||xn xm ||2 < 2 2d2 +
h||2 4d2 +
4d2 =
.
2
2
La successione (xn ) quindi fondamentale.
Di conseguenza:
Teorema 6.12. Sia H uno spazio di Hilbert e sia X un suo s.spazio chiuso. Per ogni
h H esiste x0 , proiezione di h su X.
DIMOSTRAZIONE
388
6.
SPAZI DI HILBERT
Da 6.7 si ha
d = lim ||h xn || .
Daltra parte la continuit della norma mostra che
||h x0 || = lim ||h xn ||
e quindi x 0 punto di minima distanza; e quindi la proiezione di h su X.
6.3.
C OMPLEMENTI
Vale:
389
6.
SPAZI DI HILBERT
6.8
cos che
Vale:
y = x Px X .
6.9
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
DIMOSTRAZIONE
Per assurdo, linclusione sia propria, esista cio [X ] , che non appartiene ad X.
Sia 0 la proiezione ortogonale di su X. In tal caso 0 X, ossia 0 X ed
anche 0 [X ] , dato che sia che 0 sono in [X ] . E quindi 0 appartiene
sia ad X che al suo ortogonale. E dunque nullo, ossia = 0 X.
6.
SPAZI DI HILBERT
||(I P )|| 1 .
6.10
h, k H .
6.11
Infatti,
P h, k = P h, P k + (I P )k = P h, P k
perch P (I P ) = 0. Per questa stessa ragione,
h, P k = P h + (I P )h, P k = P h, P k
e quindi vale 6.11.
Seguendo la terminologia nota dalla dimensione finita, un operatore lineare continuo
per cui vale la 6.11 si dice simmetrico. Dunque, ogni proiezione ortogonale un
operatore simmetrico. Si vede facilmente che vale anche il vicevera:
392
6.
SPAZI DI HILBERT
x = y = x y .
x1
.
||x1 ||
Ad x2 associamo
e2 =
z2
||z2 ||
ove
z2 = x2 x2 , e1 e1 .
393
6.
SPAZI DI HILBERT
zn
||zn ||
zn = xn
ove
n1
xn , ek ek .
k=1
E immediato vedere che gli e i sono due a due ortogonali ed ovviamente di norma 1.
Inoltre,
Osservazione 6.20. Abbiamo visto che la sfera di uno spazio di Banach di dimensione infinita non compatta. Ovviamente ci vale in particolare per gli spazi di Hilbert.
Per nel caso degli spazi di Hilbert si pu dare una dimostrazione elementare: col
metodo precedente si costruisce un sistema numerabile ed ortonormale {e n }. Si nota
quindi che la successione (e n ) non ha s.successioni convergenti. Infatti, per n = m
si ha
||en em ||2 = 2 .
Mostriamo ora come i sistemi ortonormali numerabili si possano usare per il calcolo
di proiezioni. Consideriamo prima di tutto il caso in cui X sia un s.spazio di H, di
dimensione finita k.
Sia
e 1 , . . . , ek
una base ortonormale di X.
In tal caso la proiezione x 0 di h su X data da
x0 =
k
i ei
i=1
con un calcolo del tutto analogo a quello noto in dimensione finita. Dunque,
394
6.
x0 =
k
SPAZI DI HILBERT
h, ei ei .
i=1
j=1
i,j=1
i=1
6.12
i=1
n
i ei i C , n N}
i=1
+
+
i ei
=
|i |2
i=1
i=1
DIMOSTRAZIONE
i ei = lim
n
i=1
n
X
i ei
i=1
X
X
X
i ei = lim
i ei = lim
i ei .
i=1
i=1
i=1
n
n
X
X
i ei =
|i |2 .
i=1
i=1
395
6.
SPAZI DI HILBERT
Inoltre
i ei
i=1
X
X
2
|i | =
i ei < + .
i=1
i=1
i ei =
|i |2
i=n
i=n
Indichiamo ora con X n lo spazio lineare (di dimensione finita) generato dai vettori
e1 ,. . . , en . Come si visto, la proiezione x n di h su Xn
xn =
n
h, ei ei
i=1
|i | =
2
n
i=1
+
h, ei ei
i=1
6.13
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
+
X
h, ei ei , ek
i=1
= h, ek
+
X
i=1
+
h, ei ei .
i=1
i=1
Si noti luso della linearit e continuit della prima componente del prodotto interno, per
scambiare i segni di serie e di prodotto interno.
397
6.
SPAZI DI HILBERT
nt , sin
nt } e quindi si parla in generale di serie di Fourier
H = L2 (, ) e S = { cos
i) il sistema S massimale;
ii) ogni h H si sviluppa in serie degli e i ,
h=
i ei ;
+
|h, ei |2 ;
6.14
i=1
Si gi visto che i) implica ii) e quindi iii) vale per il lemma 6.21. In particolare,
se h, ei = 0 per ogni i allora h = 0, ossia vale iv). La dimostrazione si completa
provando che se vale iv) allora S massimale.
La condizione iv) significa
[span S] = {0}
Si sa, dal teorema 6.14 che in tal caso span S denso in H. Dunque, S massimale.
398
6.
6.4.
IL
SPAZI DI HILBERT
H ILBERT
M = ||k|| .
con
Dunque la norma di questo funzionale non supera ||k|| e in realt uguale a ||k||,
come si vede scegliendo
h=
k
.
||k||
Cos come in dimensione finita, si mostra che questi funzionali esauriscono tutto il
duale di H, ossia che H un modello per il suo duale. Pi precisamente vale:
h H .
6.15
h H .
399
6.
SPAZI DI HILBERT
(h)
(h)
z +
z.
h= h
(z)
(z)
Essendo
(h)
h
z ker ,
(z)
z [ker ]
si ha
h, [(z)z] =
(h)
z, (z)z = (h) .
(z)
Dunque,
x = (z)z .
Ci prova che ogni H si rappresenta come in 6.15.
E immediato verificare che la trasformazione x , definita su H , antilineare.
Inoltre, si notato che la norma della trasformazione h h, x uguale a ||x ||.
400
6.
SPAZI DI HILBERT
I risultati precedenti provano in particolare che ogni spazio di Hilbert uno spazio
di Banach riflessivo. A questo proposito, concludiamo con unosservazione relativa
alla convergenza debole:
ed anche
Si valuti
||hn h0 ||2 = hn h0 , hn h0 = hn h0 , h0 + hn , hn h0 , hn .
Il primo addendo tende a zero perch w lim h n = h0 e per la stessa ragione
limh0 , hn = ||h0 ||2 ; il secondo addendo tende a ||h 0 ||2 perch lim ||hn ||2 = ||h0 ||2 .
Dunque, lim ||h n h0 ||2 = 0.
6.5.
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
z(s)h(s) ds
h L2 (0, 1) .
kh(0)
=
0
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
Infatti, il funzionale
h Ah, k
continuo per ogni k e quindi, per il teorema di Riesz, si rappresenta nella forma
h, z.
||h||=1
||h||=1
403
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
h H , k K .
(A + B) = A + B .
6.16
Una forma pi generale della 6.16 sar provata nel teorema 6.39. Le altre propriet
sono ovvie.
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
lim A yn = .
x dom A .
Si noti: nel teorema precedente non si supposto che A sia continuo oppure
chiuso.
405
6.
SPAZI DI HILBERT
Osservazione 6.37. Si noti quindi che se A continuo con dominio denso anche
A continuo; e ci spiega perch nel caso dellesempio 6.29 il dominio dellaggiunto
deve essere 0. Infatti, ogni operatore lineare su R continuo. Se A fosse definito su
R il suo aggiunto sarebbe esso stesso continuo; e quindi A sarebbe continuo.
Supponiamo ora che A sia esso stesso chiuso. In tal caso vale
Teorema 6.38. Se A chiuso con dominio denso anche A chiuso con dominio
denso; e quindi A pu definirsi, ed uguale ad A.
La dimostrazione posposta.
Abbiamo cos identificato una classe di operatori, pi generale di L(H, K), nella quale
il calcolo dellaggiunto ha buone propriet.
Concludiamo infine con alcune regole di calcolo per gli operatori aggiunti. E
immediato verificare che
A .
(A) =
(AB) k = B A k ,
ma soltanto per gli elementi k per cui le espressioni hanno senso, per esempio nel caso
della prima regola per k (dom A ) (domB ).
E pi precisa, e pi importante, la regola per laggiunto dellinverso:
406
6.17
6.
SPAZI DI HILBERT
x dom A .
A )h = 0 .
E quindi (I
Proviamo la prima. Se p (A) allora esiste x0 per cui
A )h
0 = (I A)x0 , h = x0 , (I
h dom A .
r (A ).
Ci vuol dire che im ( I
/ p (A ) allora
407
6.
SPAZI DI HILBERT
Sia ora 0 c (I A). In questo caso (I A) 1 non continuo e quindi ( I
A )1 non ha dominio denso
A )1 non continuo, si veda il Teorema 6.41. Se (I
c (A ).
r (A ), altrimenti
in H allora
La situazione riassunta nello specchietto seguente:
(A)
(A )
(A)
(A )
p (A)
p (A ) r (A)
r (A)
p (A )
c (A)
c (A ) r (A )
Corollario 6.43. Si sappia che (A) reale e che A = A. In tal caso r (A) = .
DIMOSTRAZIONE
p (A ) = p (A). Ci
Infatti, se r (A) allora deve aversi anche =
impossibile perch le tre componenti dello spettro sono disgiunte.
La dimostrazione posposta.
408
6.
SPAZI DI HILBERT
Teorema 6.45. Sia A autoaggiunto e siano e autovalori tra loro diversi. Siano
x ed y non nulli e tali che
Ax = x ,
Ay = x .
Allora, x y.
DIMOSTRAZIONE
Dal Teorema 6.44 si sa che e sono reali. Come nel caso delle matrici, si moltiplichi
scalarmente la prima per y, la seconda per x e si sommi. Si trova:
( )x, y = 0 .
Dato che = , deve essere x y.
=X
se X us s.spazio chiuso. Useremo inoltre questa propriet, provata nel lemma 6.47:
se X ed Y sono due s.spazi di H, con X Y , allora X Y .
409
6.
SPAZI DI HILBERT
(k, 0) [G(A )]
G [G(A )]
e quindi
G(A ) = G(A ) G
6.18
anche in X .
h H , k K .
6.
h, = (A1 ) h, A
SPAZI DI HILBERT
dom A .
h H .
6.19
domA .
6.20
h domA , k domA
si ha
A1 , A k = , k .
Ci prova che A k dom(A1 ) per ogni k domA e che
(A1 ) A k = k
k domA .
6.
SPAZI DI HILBERT
x dom A .
6.6.
O PERATORI
COMPATTI
Essendo C continuo, il
n
x, ei i
i=1
1 1
0 1
412
6.
SPAZI DI HILBERT
1
1
,
1 =
2 =
0
1
allora
C[x1 e1 + x2 e2 ] = x1 1 + x2 2 .
La classe degli operatori C il cui nucleo ha codimensione finita ha quindi propriet
ben particolari. Sfortunatamente essa troppo piccola per le applicazioni. Una classe
pi vasta di operatori, che ha propriet ancora ben particolari e che per si incontra in
numerose applicazioni quella degli operatori compatti. Per definizione, un operatore
si dice compatto quando ogni insieme limitato di H trasformato in un insieme
relativamente compatto nella topologia della norma di K.
Naturalmente, per vedere se un operatore compatto basta verificare che una sfera ha
per immagine un insieme relativamente compatto.
Osservazione 6.49. Ricordiamo che ogni insieme relativamente compatto limitato. Dunque la sola propriet di trasformare limitati in relativamente compatti implica
la limitatezza e quindi la continuit delloperatore.
Ricordiamo che una successione compatta quando ogni sua s.successione ammette
punti limite. Ovviamente:
Chiaramente tutti gli operatori con nucleo di codimensione finita, ossia con immagine
di dimensione finita, trasformano insiemi limitati in insiemi relativamente compatti e
inoltre:
413
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
Proviamo il teorema nel caso generale in cui ogni operatore C n compatto, senza fare
ipotesi sul suo nucleo.
Proviamo che ogni successione (x n ) limitata di H ha per immagine una successione
(Cxn ) compatta in K (dotato della topologia della norma). Usiamo il procedimento
diagonale di Cantor: si consideri la successione
n C1 x n .
Questa ammette s.successioni convergenti, perch loperatore C 1 compatto. Indichiamo col simbolo (x 1,n ) una s.successione di (x n ) per cui (C1 x1,n ) converge. La
s.successione (x1,n ) limitata perch la successione (x n ) limitata. Dunque (C 2 x1,n )
ammette una s.successione convergente che indichiamo col simbolo (C 2 x2,n ).
Proseguendo in questo modo si costruiscono successioni (x r,n ) tali che:
(xr,n ) s.successione di (x r1,n );
per ogni fissato i, la successione (di indice n) (C i xi,n ) convergente.
Dunque, (C j xi,n ) convergente per ogni indice j < i, perch (x i,n ) con
i > j s.successione di (x j,n ).
Si consideri ora la tabella seguente.
414
C1 x1,1
C1 x1,2
C1 x1,3
C1 x1,4
C1 x1,5
...
C2 x2,1
C2 x2,2
C2 x2,3
C2 x2,4
C2 x2,5
...
C3 x3,1
C3 x3,2
C3 x3,3
C3 x3,4
C3 x3,5
...
C4 x4,1
..
.
C4 x4,2
..
.
C4 x4,3
..
.
C4 x4,4
..
.
C4 x4,5
..
.
...
6.
SPAZI DI HILBERT
Proviamo che la successione diagonale (Cx r,r ) convergente. Scriviamo per questo
||Cxn,n Cxm,m || ||Cxn,n Cr xn,n || + ||Cr xn,n Cr xm,m ||
+||Cr xm,m Cxm,m || ||C Cr ||{||xn,n || + ||xm,m ||} + ||Cr xn,n Cr xmm || .
Per ipotesi, (x n ) limitata,
||xn || < M
n .
Sia
> 0 fissato e sia r tale che
||C Cr || <
/4M
Con questo valore di r fissato, si ha
||C Cr ||{||xn,n || + ||xm,m ||} <
/2 .
Il numero r ormai fissato e si sa che (C r xn,n ) converge. Dunque si trova N tale che,
per n, m maggiori di N vale
||Cr xn,n Cr xmm || <
/2 .
Dunque la successione (Cx n,n ) fondamentale e quindi convergente.
Ci prova che la successione (Cx n ) compatta in K, come volevamo.
In particolare,
6.
SPAZI DI HILBERT
Vale inoltre:
6.22
Per ipotesi, loperatore C compatto. Dunque, linsieme {Ch k,m } o finito o ammette
punti di accumulazione. Nel primo caso esiste z 0 ed esiste una successione (k r , mr )
per cui
Chkr ,mr = z0 .
Nel secondo caso esiste una successione (k r , mr ) per cui
lim Chkr ,mr = z0 .
Limitandoci a considerare tale successione, si ha, per r sufficentemente grande,
z0 , xnkr xnmr = z0 Chkr ,mr , xnkr xnmr + Chkr ,mr , xnkr xnmr >
/4
perch vale 6.22 e il primo addendo tende a zero.
Ci non pu darsi perch la successione (z 0 , xnkr xnmr ) una successione limitata
di numeri, e quindi deve avere s.successioni convergenti per il teorema di Bolzano
Weierstrass.
416
6.
SPAZI DI HILBERT
|| ||C|| .
h(s) ds .
(Ch)(t) =
0
E noto che (C) = {0}, si veda lEsempio 5.176. Mostriamo che C compatto.
Notiamo per questo che limmagine di C contiene soltanto funzioni continue e che C
anche continuo da L 2 (0, 1) in C(0, 1). Inoltre, ogni s.insieme compatto di C(0, 1)
anche un s.insieme compatto di L 2 (0, 1). Dunque basta provare che compatto
loperatore
C : L2 (0, 1) C(0, 1) ,
(Ch)(t) =
h(s) ds .
0
Come si notato, sufficiente provare che limmagine della sfera unit di L 2 (0, 1)
compatta in C(0, 1). La continuit di C mostra che limmagine limitata. La
disuguaglianza
t
|h(s)| ds
|t r|
|(Ch)(r) (Ch)(t)|
1/2
|h(s)| ds
2
6.
SPAZI DI HILBERT
Ossia, gli elementi non nulli dello spettro sono autovalori. Invece, il punto 0 pu
essere o meno un autovalore: nel caso delloperatore visto nellesempio 6.55 si ha
0 c (C).
Ad ogni autovalore si associano i corrispondenti autovettori, uno o pi, e ad ogni
autovettore si associa una catena di Jordan. E questa una successione, oppure una
sequenza finita, (xn ) di vettori tali che
Ax0 = x0 ,
Teorema 6.58. Gli autospazi generalizzati di autovalori non nulli hanno dimensione
finita.
6.
SPAZI DI HILBERT
Cvn = n vn
tale che
Cx =
n x, vn vn
per ogni x H.
La famiglia {vn } massimale in [ker C] .
Questo risultato generalizza la diagonalizzazione delle matrici simmetriche: rispetto
a una base di autovettori loperatore C pu scriversi in forma diagonale.
Chiameremo questa la diagonalizzazione di C.
C C L(H)
+
mi h, vi vi ,
CC k =
i=1
+
i k, wi wi .
6.23
i=1
E inoltre immediato vedere che i numeri m i (ricordiamo, tutti non nulli) coincidono
con i i (ricordiamo: anchessi non nulli). Infatti, sia = 0 tale che
CC v = v .
419
6.
SPAZI DI HILBERT
Osservazione 6.60. Nelle rappresentazioni 6.23 figurano i soli autovalori non nulli,
ed abbiamo provato che essi sono i medesimi per CC come per C C. E per
possibile che 0 sia nello spettro di uno solo di questi operatori, come accade se H =
R2 , K = R e C = 1 0 .
Introduciamo i numeri non nulli
i =
mi .
che si possono anche ottenere a partire dai i e che si chiamano i valori singolari di
C.
Generalmente si assume di ordinare i valori singolari in modo non crescente.
Indichiamo con i il vettore
1
Cvi
i
(si ricordi che i valori singolari sono non nulli.)
i =
Vale:
Infatti,
r , s =
1
1
1
1
Cvr , Cvs =
C Cvr , vs =
mr vr , vs
r
s
r s
r s
+
i=1
420
x, vi vi + n ,
n ker C = ker C C
6.
SPAZI DI HILBERT
e quindi
Cx =
+
x, vi Cvi =
i=1
+
i x, vi i .
6.24
i=1
x .
1/2
+
x=
i x, vi vi .
i=1
+
i x, vi vi .
i=1
+
i x, vi i
i=1
421
6.
SPAZI DI HILBERT
+
x, vi i .
i=1
2 +
||UA x||2 =
x, vi i
=
|x, vi |2 = ||x||2 .
i=1
i=1
i x, vi i .
Dunque,
2
+
+
||Cx|| =
i x, vi i
=
i2 |x, vi |2 12 ||x||2
i=1
i=1
6.
SPAZI DI HILBERT
Lemma 6.65. Sia C compatto autoaggiunto, con autovalori non negativi. Vale:
$
#
n ] .
n+1 = max Cx, x | ||x|| = 1 , x [L
DIMOSTRAZIONE
n ] , si ha
Se x [L
x=
xi = x, vi ,
xi vi + n ,
n ker C
i=n+1
e quindi
Cx, x =
i x2i
n+1
i=n+1
!
x2i
n+1 .
i=n+1
P+
i=n+1
xi vi ha norma 1.
.
, L L[n]
423
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
6.25
n+1
X
i vi .
i=1
Scegliamo coefficienti i non tutti nulli in modo da avere L . Per avere ci si deve
richiedere
n+1
X
i hj , vi = 0
j = 1, ... n.
i=1
n+1
X
i=1
Proviamo ora una caratterizzazione importante dei valori singolari. In questo caso C
compatto tra spazi di Hilbert H e K, pu essere tra loro diversi. Con A[n] indichiamo
la famiglia degli operatori lineari da H in K, ciascuno dei quali ha immagine di
dimensione n al pi.
Ricordiamo che i valori singolari per definizione sono non nulli ed ordinati in modo
decrescente.
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
definito da
Consideriamo loperatore A
=
Ax
n
X
i x, vi i .
i=1
Per questoperatore si ha
=
(C A)x
i x, vi i
i=n+1
= n+1 . Ovviamente, A
A[n].
e quindi ||C A||
Sia ora A un generico operatore che appartiene ad A[n].
La sua restrizione a
x Kx =
K(t, s)x(s) ds .
a
6.
SPAZI DI HILBERT
|(Kx)(t) (Kx)(t )| =
[K(t, s) K(t , s)]x(s) ds
1/2
1/2
b
|x(s)|
1/2
Sia > 0. Luniforme continuit di K mostra che esiste > 0 tale che
|t t | <
Kx =
+
i x, vi i .
i=1
forma che generalizza quella che abbiamo introdotto, per le equazioni con nucleo
degenere, al paragrafo 5.1.3.
426
6.
SPAZI DI HILBERT
Lemma 6.68. Sia (v n ) una successione limitata che appartiene ad im(I C), con
C compatto e = 0:
vn = lim(I C)xn ,
= 0 .
6.26
xn = hn + kn .
vn
=0
||kn ||
427
6.
SPAZI DI HILBERT
kn
= w0 .
||kn ||
Essendo
(I C)
vn
kn
=
= yn 0 ,
||kn ||
||kn ||
si ha anche
lim
kn
kn
= lim C
= w0 .
||kn ||
||kn ||
6.27
kn
(I C)w0 = w0 Cw0 = lim 2 I C 2
n
||kn ||
kn
kn
= (I + C) lim(I C)
= lim(I + C)(I C)
= 0.
||kn ||
||kn ||
La contraddizione trovata mostra che la successione (k n ) limitata.
428
6.
SPAZI DI HILBERT
Assumiamo quindi che valga 6.26. Come si visto al Lemma 6.68, possiamo assumere
che la successione (x n ) sia limitata. In questo caso, passando ad una s.successione,
si pu assumere lim Cx n = y, perch C compatto. Si ha quindi che
xn =
1
[vn + Cxn ] ,
lim xn =
1
[v0 + y] = x0 ,
Proviamo ora:
Lemma 6.72. Sia C compatto. Se (C) non zero, allora p (C) r (C).
DIMOSTRAZIONE
Sia = 0, e sia
/ p (C). Si visto che limmagine di (I C), con = 0, chiusa.
Se questa diversa da X allora r (C). Se limmagine X allora, per il teorema
di Banach, Teorema 5.99, (I C)1 continuo e quindi (C).
6.
SPAZI DI HILBERT
Notiamo che non abbiamo ancora provato che gli elementi non nulli di (C) sono
autovalori. Possiamo per provare:
Ricordiamo che autovettori corrispondenti ad autovalori diversi sono linearmente indipendenti. Questo risultato, noto dai corsi di algebra lineare, provato per completezza
nel Lemma 6.77.
Essendo C continuo, il suo spettro un insieme limitato e quindi se C ha infiniti autovalori, si trova una successione ( k ) di autovalori tra loro diversi, che converge a 0 .
Supponiamo per assurdo che sia 0 = 0. Indichiamo con x k un autovettore di k di
norma 1 e sia Xn = span {x1 , . . . xn }.
Lo spazio lineare X n trasformato in s dalloperatore C,
CXn Xn
ed inoltre
(n I C) Xn Xn1
perch (n I C)xn = 0.
Grazie al Lemma 6.77, la dimensione di X n esattamente n e quindi X n1 Xn ,
linclusione essendo stretta. Dunque in X n pu trovarsi un vettore e n di norma 1,
en
em
C
n C m > 1 .
Per fissare le idee, sia n > m e si scriva
C
430
en
em
C
= en
n
m
em
C
en .
+ I
m
n
6.
SPAZI DI HILBERT
I due vettori
C
n
en ,
em
m
en
em
C
C
dist(en , Xn1 ) 1 .
n
m
Si trova quindi che la successione limitata (e n /n ) ha immagine priva di s.successioni
convergenti. Ci contrasta con la compattezza di C. La contraddizione trovata mostra che linsieme degli autovalori di C, se non finito, ha 0 come unico punto di
accumulazione.
Corollario 6.75. Sia C compatto. Linsieme r (C) finito oppure ha 0 come unico
punto di accumulazione.
DIMOSTRAZIONE
p (C ) e C compatto,
Infatti, si sa dal teorema 6.42 che se r (C) allora
si veda il Teorema 6.54; e quindi lunico punto che pu essere di accumulazione per
r (C) il punto 0.
Per completare le dimostrazioni dei risultati relativi allo spettro di operatori compatti,
dobbiamo far intervenire le proiezioni spettrali introdotte al teorema 5.182.
Per i risultati gi provati, si pu trovare una successione di numeri positivi (r n ), rn
0, tali che
{ : || = rn } (C) .
Infatti, 0 lunico punto di accumulazione sia di p (C) che di r (C); e si gi visto
che c (C) {0}.
431
6.
SPAZI DI HILBERT
Con un abuso di linguaggio comune nella teoria delle funzioni olomorfe, indichiamo
con n la curva costituita dalle due circonferenze di centro 0 e di raggio rispettivamente rn , rn+1 . Sia n la corona circolare delimitata da n . Consideriamo
loperatore
1
Pn =
2i
(zI C)1 dz .
Proviamo ora:
Z
Z
1
1
1
(zI C)1 dz =
Pn =
dz
(zI C)1
2i n
2i n
z
Z
C
1
(zI C)1 dz .
=
2i n
z
Lultimo integrale si approssima nella topologia di L(X), mediante le somme di
Riemann
(
1
Pn =
2i
X
r
(zr I C)
1 zr
zr1
zr
)
C
(i punti z r sono quelli di una partizione del sostegno di n ). Per il Teorema 6.53,
ciascuno degli operatori P n compatto e quindi anche P lo , si ricordi il teorema 6.51.
Dunque, la palla di im P compatta e quindi, per il Teorema 5.182, im P ha dimensione
finita.
432
6.
SPAZI DI HILBERT
Ricordiamo che gli autovettori, per definizione, sono non nulli. Dunque, in particolare
x1 = 0 cos che linsieme {x 1 } linearmente indipendente e, se gli autovettori non
sono linearmente indipendenti, esiste un primo n 0 per cui
xn0 +1 =
n0
X
i xi .
i=1
n0
X
i i xi .
i=1
[n+1 i ]i xi = 0 .
i=1
Osservazione 6.78. Si noti che lasserto precedente vale per ogni operatore lineare
A, anche non compatto ed anche non continuo.
Lemma 6.79. Sia A L(K) e sia X un s.spazio invariante per A: sia cio AX
X. Allora, X invariante per A .
433
6.
SPAZI DI HILBERT
DIMOSTRAZIONE
Sia infatti x H,
xn X0 .
x = lim xn ,
Vale:
Ax = lim Axn X
perch Axn X0 per ogni n e X = cl X 0 .
.
6.
SPAZI DI HILBERT
Basta provare che gli autovettori si possono scegliere due a due ortogonali. Si gi
visto al Teorema 6.45 che lortogonalit automatica per autovettori che corrispondono
435
6.
SPAZI DI HILBERT
+
h, ei ei
i=1
con
i = 0 ,
Cei = i ei ,
Ch0 = 0 .
+
i h, ei ei .
i=1
Usando A = A , calcoliamo:
A(x + y), (x + y)
436
6.28
6.
SPAZI DI HILBERT
6.29
Proviamo ora:
Sia
= sup { |h, Ah| , ||h|| = 1} .
Per ogni operatore lineare A vale ||A||. Si deve provare che se A autoaggiunto,
allora la disuguaglianza non pu essere stretta; ossia, si deve provare che se A
autoaggiunto, allora
||A|| .
Ricordiamo, come conseguenza del Teorema di Riesz e del Teorema 5.115 che
||A|| = sup {Ah, k , ||h|| = 1 , ||k|| = 1} .
Daltra parte, per il Lemma 6.86 e per lidentit del parallelogramma, essendo ||h|| = 1,
||k|| = 1,
4e Ah, k |A(h + k), (h + k)| + |A(h k), (h k)|
437
6.
SPAZI DI HILBERT
6.30
6.31
6.
SPAZI DI HILBERT
6.32
1
{Chnr [Chnr hnr ]} .
Si visto che il termine in parentesi quadra tende a zero, mentre (Ch nr ) tende a k.
Dunque,
lim hnr
1
= k
Di conseguenza, da 6.32,
C
1
k .
=C
e quindi
1
k =k
ossia
lim Chnr
Ck = k .
439
7.
7.1.
L A TRASFORMATA
DI
F OURIER
DI FUNZIONI
Sia f (x) una funzione definita su R, a valori reali o complessi. La sua trasformata di
7.1
7.
E:
f() f( ) =
[ei ei ]f (t) dt .
442
7.
Allora,
Z
|f () f ( )| =
Z
T
T
+
2
[eit e
T
T
T
i t
[eit ei t ]f (t) dt
Z
]f (t) dt +
+
T
[eit ei t ]f (t) dt
|eit ei t | |f (t)| dt
+ max |eit ei t |
2 t[T ,T ]
|f (t)| dt .
| | < /T ,
ossia se
allora
|eit ei t | <
[2
R +
|f (t)| dt]
7.2.
L E PROPRIET
DELLA TRASFORMATA DI
F OURIER
1
f( ) ,
|a| a
7.
h=f g =
f (t s)g(s) ds
esiste in L1 (R) (non detto che debba esistere puntualmente). Vale inoltre
||h||L1 (R) ||f ||L1 (R) ||g||L1 (R) .
esiste e, per il teorema di Fubini,
Dunque, h
+
+
it
h() =
e
f (t s)g(s) ds dt =
+ +
eit f (t s) dt g(s) ds
||+
f()
Ovviamente:
7.
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
2
f(t)=e5(t.2)
0.4
2
5(t+.2)
f(t)=e
0.3
0.2
0.1
0
2
f(t)=e(5t )
1.5
0.5
0.5
1.5
Fig. 7.1.
||+
f() = 0 .
DIMOSTRAZIONE
Per definizione,
Z
f() =
eit f (t) .
7.2
Si faccia la sostituzione t = +
e si noti che
ei( +/) = ei ei = ei .
Si trova:
Z
f() =
f ( + /)ei d .
7.3
445
7.
[f ( ) f ( + /)]ei d
cos che
|f()|
1
2
|f ( ) f ( + /)| d .
Essendo f L1 (R), il membro destro tende a zero per || +, dal teorema 7.5.
Osserviamo ora:
Teorema 7.7. Sia f una funzione derivabile su R e siano integrabili sia f che la sua
derivata f . Allora vale:
(F f ) () = i f() .
DIMOSTRAZIONE
Luguaglianza
Z
f (T ) = f (0) +
f (s) ds
e lintegrabilit di f e di f mostrano
lim
|T |+
f (T ) = 0 .
Scriviamo ora
Z
Z +T
eit f (t) dt = eiT f (T ) eiT f (T ) + i
T
+T
eit f (t) dt .
||+
446
f() = 0
7.
||+
k f() = 0 :
7.4
Teorema 7.8. Se f (t) e tf (t) sono ambedue integrabili, allora f() derivabile,
con derivata
d
f () =
d
DIMOSTRAZIONE
7.3.
L ANTITRASFORMATA
DI
F OURIER
h()
=
2
1 + 2
e quindi
h integrabile.
447
7.
mentre se t < 0 si ha
+
eit
2
2
izt
d = 2iRes e
, i = 2et
1 + 2
1 + z2
2
2
izt
d
=
2iRes
e
,
i
= 2et .
1 + 2
1 + z2
eit h()
d .
2
vale molto pi in generale; ma non pu valere per
Questa relazione tra h ed h
la generica funzione integrabile perch generalmente la sua trasformata non
integrabile.
1
[T,T ] (t) =
0
se t [T, T ]
altrimenti
2
d = 1
1 + 2
7.
2
1 1
h () =
.
2 1 + (/)2
Vale quindi
1
0 2
f (t s)
f (t) = lim
2
1
ds .
1 + (s/)2
7.5
7.6
1
2
e+it f() d .
7.7
DIMOSTRAZIONE
||+
2 f() = 0
Z +
1
lim
f (t s)
eisr e|r| dr ds .
f (t) =
2 0+
Z + Z +
1
f (t) = lim
f (t s)eisr ds e|r| dr
0
2
Z + Z +
1
f ()ei(t)r d e|r| dr
= lim
0+ 2
Z +
Z +
1
1
itr
=
e
eit f() d .
f (r) dr =
2
2
Lo scambio del segno di limite col segno di integrale lecito perch
Z +
ir
it |t|
f
()e
d
e
e
|f (t)|
449
7.
/2
7.8
2
2e /2 ,
2
ex /2 dx = .
Si scriva quindi
+
x2 /2 ix
2 /2
e
e
dx = e
2
= e
/2
2
2)+i(/ 2)]2
e[(x/
es
2
ds = 2e /2 .
1 (x/)2 /2
e
/2
450
7.
7.4.
L A TRASFORMATA
DI
F OURIER
SU
L 2 (R )
f (x)g(x) dx =
1
2
1
2
e+ix g() d dx
f (x)
+
1
f (x)eix dx g() d =
f()
g() d .
2
Notando che
f (x)eix dx =
f(x)eix dx = F (f)() ,
7.
1
f (x)g(x) dx =
2
F (f)()
g () d .
In particolare,
1
f(x)g(x) dx =
2
f()
g () d .
7.9
Un calcolo analogo a quello visto sopra mostra che vale anche luguaglianza
+
+
f (s)
g(s) ds
f (s)g(s) ds =
7.10
x, y =
7.11
x(t)y(t) dt = x, y ,
la 7.10 si scrive
f, g = f, g .
7.12
Osservazione 7.14. Si noti che il funzionale x, y lineare sia in x, tenendo y
costante, che in y, tenendo x costante.
Indichiamo momentaneamente con F lestensione di F ad L 2 (R) ( ovvio che in
pratica si user il medesimo simbolo per le due trasformazioni). Per la trasformazione
F continuano a valere le identit di Parseval e di Plancherel.
452
7.
1
2
e+it () d .
F = [F ] ,
G = [G ] ;
ossia, F f definita da
= f, F
F f,
D .
7.13
Ci suggerisce di interpretare
f = F f
come il funzionale su L 2 (R) definito da
f, F
D .
7.14
453
7.
e+it () d .
D .
Converr quindi usare, come punto di partenza per lestensione della trasformata di
Fourier, la formula di Plancherel 7.12. Va notato subito per che lo spazio D troppo
piccolo. In particolare, la trasformata di Fourier di una D non appartiene a D.
La definizione di questo spazio stata introdotta soltanto perch esso importante
in numerose applicazioni e la definizione va conosciuta. Vedremo per al paragrafo
successivo lo spazio S, pi grande di D, ancora denso sia in L 1 (R) che in L2 (R) e
su cui la trasformata di Fourier invertibile. Gli argomenti appena presentati valgono
anche sostituendo ovunque D con S.
Concludiamo questa parte esaminando lesempio seguente:
454
sin
7.
sin
2
2
d = 2
[[1,1] (x)]2 dx = 4 .
Si trova quindi
7.5.
LO
SPAZIO
sin
2
d = .
S E IL SUO DUALE
Lidea per la scelta dello spazio S su cui definire la trasformata di Fourier fornita
dal teorema di Riemann-Lebesgue, e dalle sue conseguenze: la regolarit di f si
trasferisce nel comportamento asintotico di f; il comportamento asintotico di f si
trasferisce nella regolarit di f, e viceversa. Ci suggerisce di introdurre lo spazio S
i cui elementi sono le funzioni C (R) tali che:
lim
|x|+
xk (n) (x) = 0
k , n .
7.15
E chiaro che S un sottoinsieme sia di L 1 (R) che di L2 (R) e che per gli elementi di
S valgono sia la formula della trasformata che dellantitrasformata di Fourier:
+
+
1
eit (t) dt ,
(t) =
eit ()
d .
()
=
2
7.
quando per ogni k intero non negativo e per ogni r intero non negativo si ha
lim xk (r)
n (x) = 0
n
uniformemente su R.
Esplicitamente questo vuol dire che per ogni > 0 esiste N = N (, k, r) tale che se
n > N (, k, r) allora
|xk (r)
n (x)| < .
Si scritta esplicitamente questa condizione per sottolineare che la convergenza
NON uniforme in k ed r.
Definiamo inoltre:
lim n = 0
lim[n 0 ] = 0 .
lim An = A0 .
Si prova immediatamente:
lim ln () = l0 ()
S .
7.
rR
ex (x) ,
(x) sin x .
457
7.
ak (k) (xk ) .
k=0
f (s)(s) ds .
1
f (x) L1 (R) .
+1
f (s)(s) ds =
458
f (x)
(1 + x2 )(x) dx .
1 + x2
7.
(1 + x2 )(x) ,
f (x)
(x) dx .
1 + x2
lim
n
hn (t s)(s) ds = (t) ,
7.6.
L A TRASFORMATA
DI
F OURIER
SU
S
7.
(x)
dx
=
Z +
d ix
=
[xr n (x)] dx .
(1)r (i)k
e
dxk
|x|+
Si trova:
Z
(1)
r+k
(i) e
= (1)r+k (i)k
dk r
x n (x) dx
dxk
dk r
eix
2
)
x
(x)
dx
(1
+
x
n
1 + x2
dxk
k ix
Sia ora
> 0. Esiste N (
, k, r) tale che
n > N (
, k, r)
(1 + x2 ) d xr n (x) <
k
dx
Z +
k dr
ix
.
e
(x)
dx
n
d r
7.
l, = l,
ora le definizione stessa della trasformata di Fourier.
Cos come si estende ad S la trasformazione F , si estende anche lantitrasformata G:
G :
e la relazione
F [Gl] , = l, G [F ] = l,
mostra che lestensione di G inversa destra di F . Procedendo in modo analogo si
vede che anche inversa sinistra, e quindi che lantitrasformata di Fourier.
La trasformata di Fourier di l si indica l.
Ricapitolando:
461
7.
ossia
limln , = l0 ,
S .
limln ,
lim
ln , =
l0 , .
ossia
Ci vuol dire
l0 .
lim
ln =
La biunivocit della trasformata si ottiene perch, come si gi notato, anche
lantitrasformata si estende per dualit ad S .
f (x)(x) dx .
+ +
ix
f () d (x) dx = lf, :
In particolare,
1
f (t) =
0
Allora, come si visto allesempio 7.9,
462
se |t| < T
se |t| > T .
7.
sin T
.
f() =
dx = 2() .
eix (x)
F (cos x) = { + } .
,
=
(s) ds .
463
7.
ix(x) dx :
l, Th .
7.
7.
da S in s, definiremo
D l, = l, D .
Si esamini leffetto di D sulle distribuzioni regolari e si chiarisca perch invece di
D si usa il simbolo D:
Dl, = l, D .
La derivata di distribuzioni si indica anche con lapice:
Dl = l .
Presentiamo alcuni calcoli di derivate.
0 se
u(t) =
1 se
t<0
t > 0.
Questa funzione non derivabile nel senso ordinario. E per derivabile nel senso
delle distribuzioni, ossia derivabile la distribuzione regolare ad essa associata, e
vale
Dlu , = u, =
(s) ds = (0) .
466
7.
con
f (x) = eihx .
Dunque,
F (Th l) = Mf l ,
la moltiplicazione della distribuzione l per e ih .
Analogamente, la derivata di R a l si calcola da
= l, 1 F (Ra ) = aRa l, :
F(Ra l), = l, R1/a
a
F (Ra l) =
1
Ra l .
a
7.
1
i .
solamente formale, a cui non abbiamo attribuito alcun significato, perch 1/(i)
non integrabile.
Un calcolo diretto mostra che u quella distribuzione che a S associa
+ +
+
eix (x) dx d
()
d =
0
0
R
= lim
R+
R+
(x) dx d = lim
R+
lim
ix
ix
d (x) dx
1 eiRx
(x) dx .
ix
f (x)(x + y) dx g(y) dy .
f (s y)(s) ds g(y) dy
7.
di una di esse, per esempio y, applicare una distribuzione l alla funzione x (x, y).
Per intendere che l agisce sulla vista come funzione di x, scriveremo l x invece di l.
Siano ora l ed m due distribuzioni. Per definire il significato di l m, convoluzione di
l e di m, dobbiamo spiegare come essa agisce su ciascuna funzione S. Per questo,
scelta S, consideriamo la funzione x (x + y), per ogni scelta di y R, e
consideriamo il numero
mx , (x + y) .
Si trova in questo modo una funzione
(y) = mx , (x + y) .
Se accade che S, allora pu definirsi
l,
e per definizione porremo
l m, = l, = ly , mx , (x + y) .
7.16
Si noti che per poter utilizzare la definizione precedente abbiamo bisogno di pi che
non semplicemente S: abbiamo bisogno che la funzione
(x) (y) = mx , (x + y)
sia continua da S in s, in modo da avere
l m,
continua su S.
Di conseguenza, la possibilit di definire la distribuzione l m dipende dalle propriet
di m.
Le propriet da imporre ad m sono suggerite da questo teorema, che non proviamo.
Teorema 7.34. Sia l una distribuzione temperata. Esiste una funzione continua g(x)
ed esistono numeri interi non negativi e tali che
469
7.
l = D g ,
lim
|x|+
|x| g(x) = 0 .
Le derivate che figurano nel teorema precedente sono nel senso delle distribuzioni; e
quindi, per esempio, Dg indica la derivata della distribuzione regolare l g .
Ossia
D g, = (1)
g(x)D (x) dx .
0 se x < 0
g(x) =
x se x 0 .
E quindi derivata seconda di una funzione continua.
In modo analogo si vede che la derivata kma della derivata (k + 1)ma di g.
Questo teorema suggerisce di considerare le distribuzioni l tali che per ogni polinomio
p(x) si possa scrivere
p(x)l =
m
D k fk
k=0
7.17
7.
non ammette soluzione f (x) limitata e si potrebbe anche mostrare che nessuna
equazione del tipo 7.17, con l = u, ammette soluzioni f k continue e limitate. Dunque,
la funzione di Heaviside u(x) non un convolutore.
Sia l = D g con g costante per |x| grande, diciamo g(x) g 0 per |x| > R.
Sostituendo g con g g 0 non si altera la distribuzione l, e si ha g(x) = 0 per |x| > R.
Consideriamo lequazione
Df = xl = xDg .
Si vede immediatamente che una soluzione limitata di questequazione
x
f (x) = xg(x)
g(s) ds
0
(questa funzione limitata perch g(x) nulla per |x| > R).
Si pu anche vedere che ogni equazione 7.17 ammette soluzioni fk continue e limitate;
e dunque l = D g, con g costante per |x| grande, un convolutore.
Le distribuzioni l = D g, con g costante per |x| grande si chiamano distribuzioni a
supporto compatto:
7.18
Si pu provare:
7.18 in S
7.
Lipotesi che una delle due distribuzioni di cui si vuol calcolare la convoluzione sia
un convolutore troppo restrittiva per molte applicazioni. Per la convoluzione pu
definirsi anche in casi pi generali. Per esempio:
7.16
temperate l ed m anche nel caso in cui ambedue hanno supporto in [0, +).
Inoltre:
Teorema 7.40. Nelle ipotesi sia del teorema 7.38 che del teorema 7.39, loperazione
di convoluzione gode delle seguenti propriet:
distributivit:
l (h + k) = l h + l k ,
(l + m) h = l h + m h ;
associativit:
l (h k) = (l h) k ;
commutativit:
h k = k h;
regola di derivazione:
D(l k) = (Dl) k = l (Dk) ;
regola per la trasformata di Fourier:
F (l h) = l()h()
;
esistenza dellidentit rispetto alla convoluzione:
h = h.
472
7.
1
1 + x2
(x + y) dy
0
(x) dx = l, .
Dunque,
473
7.
l ( u) = l .
Anche (l ) pu calcolarsi, dato che ha supporto compatto e si vede facilmente
che
l = .
Dunque,
(l ) u = u .
Calcoliamo esplicitamente u.
Ricordiamo che
(y) = ux , (x + y) =
(x + y) dx
0
cos che
, = (0) =
(x) dx = u, .
0
7.7.
IL
Abbiamo trattato la trasformata di Fourier per il caso delle funzioni che dipendono
da una sola variabile. In pratica necessario lavorare anche con la trasformata di
Fourier di funzioni che dipendono da n variabili x 1 , . . . , xn , n > 1. In questo caso la
trasformata di Fourier la funzione ancora di n variabili 1 , . . . , n . La trasformata
di Fourier di f (x1 , . . . , xn )
ei[x1 1 ++xn n ] f (x1 , . . . , xn ) dx1 . . . dxn .
f(1 , . . . , n ) =
Rn
7.
f (x1 , . . . , xn ) =
1
(2)n
Rn
Naturalmente questa formula vale sotto ipotesi alquanto restrittive ma, esattamente
come nel caso delle funzioni di una sola variabile, essa si estende al caso delle
distribuzioni.
f (t)
f()
e|t|
2
1+ 2
[T,T ] (t)
2 sinT
ex
/2
2
2e /2
eit
sin x
i{ }
cos x
{ + }
+
0
()
d
475
INDICE ANALITICO
7.
7.
curva regolare 20
curva regolare a tratti 20
curva semplice 20
curva semplice e chiusa 20
curve omotope 63
derivata 26
derivata debole 241
derivata direzionale 373
derivata secondo Frchet 376
determinazione del logaritmo 16
determinazione della radice nma 13
differenziale di Gteaux 375
differenziale secondo Frchet 375
dimensione infinita 226
dimensione finita 226
dimensione 226
disco di convergenza 360
disco di convergenza 38
distanza 227
distanza invariante per traslazioni 227
disuguaglianza di H older 199
disuguaglianza di interpolazione 206
disuguaglianza di Jensen 198
disuguaglianza di Minkowski 200
disuguaglianza di Schwarz 199
479
7.
7.
7.
7.
7.
misura -additiva163
misura 162
misura completa 174
misura completa 211
misura di Lebesgue 169
misura di Lebesgue 170
misura esterna 168
misura finita 163
modulo 9
norma 226
norma indotta 252
norme equivalenti 230
nucleo 215
nucleo 218
nucleo 266
nucleo degenere 216
nucleo degenere 221
nucleo di Dirichlet 301
numeri complessi reali 11
omotetie 237
omotopia 63
operatore 265
operatore chiuso 293
operatore identit 275
operatore lineare 266
484
7.
7.
probabilit 163
problema di Dirichlet 139
problema di Poisson 140
procedimento diagonale di Cantor 339
prodotto cartesiano 235
prodotto interno 377
proiezione 295
proiezione 384
propriet della media 76
punti di diramazione 132
punto di diramazione 128
punto fisso 369
punto regolare 80
punto singolare 80
punto singolare isolato 131
quasi ovunque 174
radici 13
raggio di convergenza 38
raggio spettrale 360
rappresentazione algebrica 11
rappresentazione trigonometria 11
realizzazione (di uno spazio duale) 341
regione di Jordan 21
regione interna 21
regola dAmpre 21
486
7.
7.
7.
7.
7.
491