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SENOFONTE
Memorabili, IV 2-3. Eutidemo

[2, 1] Mi accingo ora a illustrare come si comportava con quanti erano
convinti di aver ricevuto leducazione migliore ed erano orgogliosi
della propria sapienza. Aveva saputo che Eutidemo il bello aveva
raccolto molti scritti dei poeti e dei sapienti pi famosi e, per questo
motivo, si riteneva ormai superiore ai coetanei per sapienza e nutriva
grandi speranze di superare tutti per abilit nel parlare e nellagire;
Socrate per si era accorto che a causa della sua giovane et non
andava ancora nellagor, ma, se voleva fare qualcosa, sedeva nella
bottega di un cuoiaio, una di quelle vicine allagor: e, per prima cosa,
vi si rec anche lui, portando con s alcuni amici.
[2] Dapprima uno domand se era stato per la frequentazione di
qualche sapiente o per un dono di natura che Temistocle si era
dimostrato tanto superiore ai concittadini che la citt guardava a lui
quando cera bisogno di un uomo di valore: Socrate, volendo
provocare Eutidemo, rispose che era sciocco pensare che nelle arti di
poco conto non si diventi esperti senza bravi maestri e che invece il
saper comandare nella citt, che il compito pi difficile di tutti, si
ingeneri spontaneamente negli uomini.
[3] Unaltra volta, ancora in presenza di Eutidemo, vedendo che questi
si appartava dalla cerchia degli amici e stava attento a non lasciar
trasparire la propria ammirazione per la sapienza di Socrate, disse:
Che il nostro Eutidemo, amici miei, appena ne avr let, non si
tirer indietro nel dare consigli, quando la citt proporr una
discussione su qualche problema, evidente: basta osservare le attivit
a cui si dedica. E mi pare che stia preparando un bel proemio per i
suoi discorsi in assemblea, stando ben attento a non dare limpressione
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di aver imparato qualcosa da qualcuno. chiaro che, dando inizio al
suo discorso, esordir con questo proemio: [4] Da nessuno mai,
Ateniesi, ho imparato qualcosa e, pur sentendo dire che alcuni erano
abili nel parlare e nellagire, non ho mai cercato di incontrarli n mi
sono preoccupato di avere un maestro di quelli competenti, anzi ho
fatto proprio il contrario: ho sempre evitato non soltanto di imparare
qualcosa da qualcuno, ma anche di dare una simile impressione. Co-
munque, tutto ci che mi verr in mente da s, ve lo consiglier.
[5] Un proemio del genere andrebbe benissimo anche per quanti
intendono ottenere dalla citt un lavoro da medico: per costoro infatti
sarebbe opportuno dare inizio cos al loro discorso: Da nessuno mai,
Ateniesi, ho imparato larte medica, n ho mai cercato di avere alcun
medico come maestro: ho sempre evitato non soltanto di imparare
qualcosa dai medici, ma anche di dare limpressione di avere appreso
larte medica. Comunque, affidatemi il lavoro del medico: cercher di
imparare facendo esperimenti su di voi. Tutti i presenti scoppiarono a
ridere per questo proemio.
[6] E poich era chiaro che Eutidemo gi da tempo prestava attenzione
alle parole di Socrate, ma ancora si guardava bene dal prendere la
parola lui stesso e credeva, con il suo silenzio, di ammantarsi di una
reputazione di saggezza, allora Socrate, per farlo desistere da questo
atteggiamento, disse: proprio strano: quelli che desiderano suonare
la cetra o il flauto o cavalcare o diventare esperti in qualche altra cosa
del genere cercano di praticare il pi spesso possibile lattivit in cui
vogliono diventare abili, e non da soli, ma sotto la guida di coloro che
hanno fama di essere i migliori, e fanno e sopportano di tutto pur di
non far nulla senza il loro parere, convinti di non poter eccellere in
altro modo; invece tra coloro che desiderano diventare abili a parlare e
ad agire nellambito della politica, alcuni ritengono che ne saranno ca-
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paci spontaneamente e allimprovviso, senza preparazione e senza
impegno. [7] Eppure questo obiettivo appare pi difficile da
raggiungere dei precedenti, nella misura in cui minore il numero di
coloro che riescono a conseguirlo, bench siano pi numerosi coloro
che si danno da fare in questo campo. Perci evidente che quanti
aspirano a tale obiettivo hanno bisogno di un impegno maggiore e pi
intenso di quelli che mirano ad altri scopi.
[8] Allinizio dunque Socrate faceva discorsi di questo genere mentre
Eutidemo lo ascoltava malvolentieri; ma quando si accorse che
Eutidemo accoglieva le sue conversazioni con maggiore disponibilit
e ascoltava con maggiore interesse, si rec dal cuoiaio da solo:
Eutidemo sedette accanto a lui e Socrate gli domand: Dimmi,
Eutidemo, davvero hai raccolto, come sento dire, molti scritti di
uomini che hanno fama di essere stati sapienti?. Ed Eutidemo: S,
per Zeus! E ne raccolgo ancora, finch non me ne sar procurati il
maggior numero possibile.
[9] Per Era! Ti ammiro davvero replic Socrate perch non hai
scelto di possedere tesori di argento e di oro invece che di sapienza:
evidente che sei convinto che largento e loro non rendono gli uomini
affatto migliori, mentre le massime dei sapienti arricchiscono di virt
coloro che le possiedono. Eutidemo si rallegrava nelludire queste
parole, perch credeva che Socrate lo ritenesse ben avviato sulla via
della sapienza. Ma Socrate, accortosi che Eutidemo si era compiaciuto
di quellelogio, gli domand: [10] In che cosa vuoi diventare esperto,
Eutidemo, raccogliendo questi scritti?. E poich Eutidemo rimase in
silenzio, pensando alla risposta da dare, Socrate di nuovo gli chiese:
Forse vuoi diventare medico? In effetti ci sono molti scritti di
medici. Ed Eutidemo: No, per Zeus, io no. Allora architetto?
Anche questa professione esige un uomo assennato. No, io no.
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Allora aspiri a diventare un grande esperto di geometria come
Teodoro?. Nemmeno. Forse vuoi diventare un astronomo?. E
siccome Eutidemo rispose ancora una volta di no, Socrate riprese:
Allora un rapsodo? Dicono infatti che tu possieda tutti i versi di
Omero. Per Zeus, io no! I rapsodi so bene che conoscono i versi alla
perfezione, ma loro stessi sono assolutamente stupidi.
[11] Allora, Eutidemo, non desideri forse quella virt grazie alla
quale gli uomini diventano abili politici e amministratori, capaci di
comandare e di essere utili agli altri e a se stessi?. Certo, Socrate, io
aspiro davvero a questa virt. Per Zeus esclam Socrate, desideri
dunque la virt pi bella e larte pi grande: essa infatti propria dei
re ed chiamata regale. Ma prosegu hai pensato se possibile
diventare esperto in questo campo senza essere giusto?. Ci ho
pensato molto: e credo che non sia possibile essere un buon cittadino
senza la giustizia. [12] E dunque? Tu hai raggiunto questo
requisito?. Sono convinto, Socrate, di poter apparire giusto non
meno di nessun altro. Ma esistono opere proprie dei giusti come
esistono opere proprie dei carpentieri?. Senza dubbio rispose
Eutidemo. Allora, come i carpentieri possono mostrare le loro opere,
cos i giusti potrebbero illustrare le loro?. E io non sono forse in
grado replic Eutidemo di illustrare le opere della giustizia? Ma,
per Zeus, anche quelle dellingiustizia: infatti di opere di questo
genere se ne possono vedere e udire non poche ogni giorno. [13]
Vuoi dunque riprese Socrate che scriviamo qui G, qui I, e poi
quello che ci sembra opera della giustizia lo mettiamo accanto alla G,
mentre quello che ci sembra opera dellingiustizia lo mettiamo
accanto alla I?. Se ti sembra necessario, fallo pure rispose
Eutidemo.
E Socrate, dopo aver scritto le due lettere come aveva detto, domand:
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[14] Esiste tra gli uomini la menzogna?. Certamente. E dove
devo collocarla?. evidente: accanto allingiustizia. Ed esiste
anche linganno?. Senza dubbio. E questo da che parte devo
collocarlo?. chiaro: anche questo accanto allingiustizia. E il
rubare?. Anche questo. E il ridurre in schiavit?. Anche
questo. Ma, Eutidemo, nessuna di queste cose star, secondo noi,
accanto alla giustizia?. Sarebbe davvero assurdo rispose. [15] E
perch? Se uno, eletto stratego, ridurr in schiavit una citt ingiusta e
nemica, diremo che commette ingiustizia?. No di certo. Non
diremo che agisce secondo giustizia?. Sicuramente. E se uno in
guerra inganna i nemici?. Anche questo giusto. E se ruba e
saccheggia i loro beni, non agir giustamente?. Senza dubbio. Ma io
prima supponevo che le tue domande si riferissero soltanto agli
amici. Allora domand Socrate tutto quello che abbiamo
collocato accanto allingiustizia, si dovrebbe collocare anche accanto
alla giustizia?. Cos pare. [16] Vuoi dunque che, dopo aver
classificato in tal modo queste azioni, operiamo una nuova
distinzione, stabilendo che giusto compiere simili azioni nei
confronti dei nemici, mentre ingiusto compierle nei confronti degli
amici e che anzi, verso questi ultimi, bisogna essere il pi schietti
possibile?. Senzaltro rispose Eutidemo. [17] E allora? Se uno
stratego, vedendo lesercito scoraggiato, dice, mentendo, che gli
alleati si stanno avvicinando e con questa menzogna pone fine allo
scoraggiamento dei soldati, da che parte collocheremo questo
inganno?. Dalla parte della giustizia, mi pare. E se uno inganna il
figlio, che ha bisogno di una medicina ma la rifiuta, e gliela
somministra facendola passare per cibo e con questa menzogna gli
restituisce la salute, dove si deve collocare un simile inganno?.
Anche questo, mi pare, dalla stessa parte. E se uno, avendo un
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amico in preda allo sconforto e temendo che si uccida, gli ruba o gli
porta via la spada o qualche altro oggetto del genere, da che parte
bisogna collocare una simile azione?. Anche questa, per Zeus, dalla
parte della giustizia.
[18] Dunque riprese Socrate intendi dire che neppure con gli amici
si deve essere sinceri in tutto?. No, per Zeus! Anzi, se possibile,
ritiro ci che ho detto. Bisogna senzaltro che sia possibile, molto
pi che operare una classificazione errata. [19] Ma, per non lasciare
inesplorato neppure questo punto, tra coloro che ingannano gli amici
per danneggiarli pi ingiusto chi lo fa volontariamente o chi lo fa
involontariamente?. Veramente, Socrate, io stesso non ho pi
fiducia nelle mie risposte: infatti tutti i casi precedenti adesso mi
sembra che stiano diversamente da come pensavo prima. Comunque si
dica pure che, per me, chi mente volontariamente pi ingiusto di chi
lo fa involontariamente. [20] E ti sembra che il giusto si possa
imparare e conoscere come le lettere dellalfabeto?. A me s. E
ritieni pi esperto nellalfabeto chi legge e scrive commettendo errori
volontariamente o chi lo fa involontariamente?. Chi lo fa
volontariamente, secondo me: infatti, quando lo volesse, potrebbe
farlo anche senza commettere errori. Dunque sarebbe esperto
nellalfabeto chi scrive facendo errori volontariamente e ignorante chi
invece li fa involontariamente?. Come no?. Ma il giusto, chi
che lo conosce: chi mente e inganna volontariamente o chi lo fa
involontariamente?. chiaro: chi lo fa volontariamente. Dunque
sostieni che pi esperto nellalfabeto chi conosce le lettere di chi non
le conosce?. S. E che pi giusto chi conosce ci che giusto di
chi non lo conosce?. Mi pare di s: ma ho limpressione di dire
anche queste cose senza sapere bene perch. [21] E dunque? Se
uno, volendo dire la verit, non dice mai le stesse cose riguardo agli
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stessi argomenti e, indicando la stessa strada, ora afferma che porta a
oriente, ora a occidente e, facendo lo stesso calcolo, ottiene un totale
ora maggiore, ora minore, di un uomo del genere che cosa ne pensi?.
chiaro, per Zeus, che non sa ci che credeva di sapere.

[22] Sai
che ci sono degli uomini di cui si dice che hanno un animo da
schiavi?. S. Ed per la loro sapienza o per la loro ignoranza?.
Per la loro ignoranza, ovvio. Ma incorrono in un simile
appellativo per lignoranza dellarte del fabbro?. No di certo.
Allora per lignoranza dellarte del carpentiere?. Neppure.
Allora per lignoranza dellarte del calzolaio?. Per nessuna di
queste ragioni; anzi proprio il contrario: infatti la maggior parte
degli esperti in queste arti ha un animo da schiavo. Dunque questo
appellativo proprio di coloro che non conoscono il bello, il buono e
il giusto?. [23] Mi pare di s rispose Eutidemo. E non bisogna
evitare, a prezzo di qualsiasi sforzo, di essere schiavi?. Ma, per gli
di, io ero assolutamente convinto, Socrate, di seguire una filosofa
grazie alla quale credevo che avrei potuto essere educato nel modo
migliore in tutto ci che si addice a chi aspira alla virt: e ora quanto
pensi che io sia scoraggiato, nel vedere che, nonostante le fatiche che
ho affrontato, non sono capace di rispondere neppure a una domanda
su ci che pi necessario conoscere, e che non dispongo di
nessunaltra strada da percorrere per diventare migliore?. [24] E
Socrate: Dimmi, Eutidemo, sei mai andato a Delfi? . S, per Zeus,
due volte. Dunque hai visto che, sul tempio, da qualche parte, c
scritto Conosci te stesso?. S. E non hai dato nessuna impor-
tanza a quella iscrizione oppure vi hai prestato attenzione e hai cercato
di indagare te stesso per scoprire chi sei?. No davvero, per Zeus! In
effetti almeno questo credevo di saperlo benissimo: difficilmente avrei
potuto conoscere qualche altra cosa, se non conoscevo neppure me
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stesso. [25] E ti pare che conosca se stesso chi conosce soltanto il
proprio nome oppure chi, dopo aver esaminato se stesso, indagando le
proprie attitudini rispetto alle attivit umane, si rende conto delle
proprie capacit, nello stesso modo in cui i compratori di cavalli non
ritengono di conoscere il cavallo che vogliono conoscere prima di aver
esaminato se docile o indocile, forte o debole, veloce o lento, e tutte
le altre caratteristiche utili o dannose in rapporto alluso del cavallo?.
Mi pare rispose Eutidemo che chi non conosce le proprie capacit
non conosce se stesso. [26] E non evidente che gli uomini, grazie
alla conoscenza di se stessi, vanno incontro a moltissimi beni e,
invece, a moltissimi mali per lessersi ingannati su se stessi? Infatti
coloro che conoscono se stessi sanno quello che conviene loro e
distinguono ci che possono e ci che non possono fare: e facendo ci
che sanno fare si procurano quello di cui hanno bisogno e hanno
successo, mentre, tenendosi lontani da ci che non sanno fare, non
commettono errori ed evitano linsuccesso; per questo motivo sono in
grado di sottoporre a esame anche gli altri uomini e, servendosi degli
altri, si procurano i beni e sfuggono ai mali. [27] Al contrario coloro
che non conoscono le proprie capacit, anzi hanno una falsa opinione
su di esse, si trovano nella stessa condizione rispetto agli altri uomini
e alle altre cose umane, cio non sanno n quello di cui hanno
bisogno, n che cosa fanno n con chi hanno a che fare ma, sbagliando
in tutto, non riescono a ottenere alcun bene e incappano in ogni male.
[28] E coloro che sanno ci che fanno, poich raggiungono i loro
obiettivi, diventano famosi e onorati: quanti sono simili a loro li
frequentano volentieri, mentre quanti falliscono nelle loro imprese
desiderano ricevere da loro consigli su se stessi, li scelgono come
capi, ripongono in loro ogni speranza di bene e per tutti questi motivi
li amano pi di tutti gli altri. [29] Invece coloro che non sanno ci che
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fanno, poich compiono scelte sbagliate e falliscono in quello che
intraprendono, non soltanto per questo stesso fatto vengono
danneggiati e puniti, ma per tale motivo hanno una cattiva
reputazione, diventano ridicoli e vivono nel disprezzo e nel disonore.
Vedi bene che, anche tra le citt, quelle che, ignorando le proprie
possibilit, muovono guerra a chi pi forte, finiscono o annientate o,
da libere, ridotte in schiavit. [30] Ed Eutidemo: Sta pur certo,
Socrate, che sono davvero convinto che si debba ritenere importan-
tissimo il conoscere se stessi: ma per capire da dove bisogna
cominciare a esaminare se stessi, io guardo a te, se vorrai
spiegarmelo. [31] I beni e i mali riprese Socrate conosci dunque
quali sono?. Per Zeus, se non sapessi neppure questo, sarei inferiore
perfino agli schiavi. Su allora, elencali anche a me. Ma non
difficile. Innanzi tutto considero la salute un bene, la malattia un male;
in secondo luogo le cause delluna e dellaltra, bevande, cibi,
abitudini, le considero beni se portano alla salute, mali se portano alla
malattia. [32] Dunque disse Socrate sia la salute sia la malattia,
quando siano causa di un bene, sarebbero beni, quando di un male,
mali. Ma quando mai ribatt Eutidemo la salute potrebbe essere
causa di un male e la malattia di un bene?. Quando, per Zeus, nel
corso di una spedizione sfortunata o di una navigazione disgraziata o
in molte altre occasioni del genere, coloro che per il loro vigore vi
hanno partecipato muoiono, mentre coloro che per la loro debolezza
sono stati lasciati a casa si salvano. vero: ma tu vedi che anche
dei vantaggi gli uni, grazie al loro vigore, sono partecipi, mentre gli
altri, per colpa della loro debolezza, ne restano privi. Dunque
riprese Socrate queste cose a volte sono utili, a volte dannose: che
cosa sono, pi beni che mali?. No, per Zeus, almeno in base a
questo ragionamento non mi pare proprio. [33] Ma almeno la
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sapienza, Socrate, indiscutibilmente un bene: quale azione infatti
non compirebbe meglio un sapiente di un ignorante?. E di Dedalo
non hai sentito parlare? Catturato da Minosse per la sua sapienza, fu
costretto a servirlo e fu privato della patria e della libert: e nel
tentativo di fuggire insieme al figlio, perse il ragazzo e lui stesso non
riusc a salvarsi, ma, trascinato tra i barbari, di nuovo si ritrov a
vivere in schiavit. S, per Zeus, cos si racconta. E delle
disgrazie di Palamede non hai sentito parlare? Tutti i poeti cantano di
come, invidiato da Odisseo per la sua sapienza, and incontro alla
morte. Si racconta anche questo. E quanti altri pensi che, per la
loro sapienza, furono deportati alla corte del re e vissero l come
schiavi?. [34] Forse, Socrate, il bene pi indiscutibile la felicit.
Se non la si fa risultare, Eutidemo, da beni discutibili. E quale dei
beni che compongono la felicit potrebbe essere discutibile?.
Nessuno, purch non vi aggiungiamo la bellezza, la forza, la
ricchezza, la gloria e qualche altra cosa del genere. Ma, per Zeus,
dovremo aggiungerle: come si potrebbe essere felici senza di esse?.
[35] Per Zeus, allora vi aggiungeremo cose da cui derivano per gli
uomini tante difficolt: molti infatti, a causa della loro bellezza, sono
rovinati da quelli che perdono la testa per le persone attraenti; molti, a
causa della loro forza, intraprendono imprese troppo grandi e
incappano in mali non piccoli; molti periscono infiacchiti dalla loro
ricchezza e vittime di insidie a causa di essa; molti, a causa della
gloria e del potere politico, vanno incontro a grandi sciagure. [36]
Ma allora disse Eutidemo se ho torto anche quando elogio la
felicit, riconosco di non sapere neppure che cosa bisogna chiedere
agli di. Ma queste cose replic Socrate non le hai nemmeno
indagate, forse perch eri troppo sicuro di conoscerle. Ma poich ti
prepari a guidare una citt retta da una democrazia, evidente che sai
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almeno che cos la democrazia. Senza dubbio. [37] E ti sembra
possibile sapere che cos la democrazia senza sapere che cos il
demo?. A me no, per Zeus!. E il demo sai che cos?. Credo di
s. E che cosa credi che sia?. I cittadini poveri, secondo me. E i
poveri sai chi sono?. Come no?. E anche i ricchi sai chi sono?.
S, non meno che i poveri. E quali cittadini chiami poveri e quali
ricchi?. Poveri quelli che non hanno abbastanza per le spese
necessarie, ricchi quelli che hanno pi di quanto basta. [38] Ti sei
accorto che ad alcuni che possiedono ben poco, non soltanto basta
quel poco, ma riescono anche a risparmiare qualcosa, mentre ad altri
non sono sufficienti grandissime ricchezze?. Per Zeus, fai proprio
bene a ricordarmelo: in effetti so perfino di alcuni tiranni che, per il
bisogno di denaro, sono costretti a commettere delitti come i pi
poveri degli uomini. [39] Dunque riprese Socrate se cos stanno
le cose, collocheremo i tiranni nel demo, mentre coloro che
possiedono poco, se sono bravi amministratori, li collocheremo tra i
ricchi. Ed Eutidemo: La mia pochezza mi costringe ad ammettere
anche questo, evidente. E mi chiedo se la cosa migliore per me non
sia stare zitto: infatti probabile che io non sappia assolutamente
niente. E se ne and del tutto scoraggiato, disprezzando se stesso e
ritenendosi davvero uno schiavo. [40] Molti di quelli che Socrate
aveva ridotto in una simile condizione non si avvicinavano pi a lui e
Socrate li considerava ancora pi stupidi; Eutidemo, invece, cap che
non sarebbe potuto diventare un uomo degno di considerazione se non
avesse frequentato Socrate il pi possibile, e non si separava mai da
lui, se non per necessit, e imitava perfino alcune delle sue abitudini.
Socrate, quando comprese che Eutidemo era in una simile
disposizione danimo, smise di tormentarlo e gli spiegava nel modo
pi semplice e pi chiaro le cose che riteneva che dovesse sapere e
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quelle che era meglio fare.
[3, 1] Non si affrettava a far s che i suoi amici diventassero abili a
parlare e ad agire [e a escogitare espedienti], ma riteneva che, prima di
queste qualit, dovessero acquisire la moderazione. Pensava, infatti,
che coloro che sono abili in questi ambiti, ma privi di moderazione,
siano pi ingiusti e pi capaci di fare del male. [2] Perci innanzi tutto
cercava di fare in modo che quanti lo frequentavano dessero prova di
moderazione verso gli di. Altri, che sono stati presenti quando si
intratteneva con altri su questo argomento, hanno riferito tali
conversazioni; quanto a me, fui presente quando tenne una
conversazione del genere con Eutidemo. [3] Dimmi, Eutidemo, ti
mai capitato di considerare con quanta cura gli di abbiano
predisposto quello di cui gli uomini hanno bisogno?. E laltro: No,
per Zeus, a me mai. Ma sai almeno che, innanzi tutto, abbiamo
bisogno della luce che gli di ci offrono?. S, per Zeus: se non
lavessimo, saremmo come i ciechi, almeno per quanto dipende dai
nostri occhi. Ma noi abbiamo anche bisogno di riposo ed essi ci
offrono la notte, tempo bellissimo per il riposo. Senza dubbio anche
questo merita riconoscenza. [4] E poich il sole con la sua luce
illumina per noi le ore del giorno e ogni altra cosa, mentre la notte con
le sue tenebre rende le cose difficili da distinguere, gli di non hanno
fatto risplendere nella notte le stelle, che rischiarano per noi le ore
della notte e ci permettono di fare molte cose di cui abbiamo
bisogno?. vero. La luna poi ci rende riconoscibili non solo le
parti della notte, ma anche quelle del mese. Certamente. [5] E che
dire del fatto che, siccome abbiamo bisogno di cibo, gli di ce lo
fanno crescere dalla terra e forniscono stagioni adatte a tale scopo, che
ci offrono, in grande quantit e variet, non soltanto le cose cui abbia-
mo bisogno, ma anche quelle che ci procurano piacere? Senza
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dubbio anche questo un segno di amore per gli uomini: [6] E che
dire del dono dellacqua, cos preziosa, che, insieme alla terra e alle
stagioni, fa nascere e crescere tutte le piante a noi utili, e nutre anche
noi e, mescolata a tutti i nostri alimenti, li rende pi digeribili, pi
nutrienti e pi gustosi? E il fatto che, siccome ce ne serve moltissima,
ce la offrono in grande abbondanza?. Anche questo indizio di una
mente previdente. [7] E laverci procurato il fuoco, che ci protegge
dal freddo, che ci protegge dal buio, che ci offre il suo aiuto per ogni
arte e per tutte le cose che gli uomini fabbricano a proprio vantaggio?
In effetti, per dirla in breve, delle cose utili alla vita, gli uomini senza
il fuoco non ne fabbricano nessuna davvero importante. Anche
questo straordinario per lamore per gli uomini che dimostra. [8] E
che dire del fatto che il sole, dopo il suo volgersi durante linverno,
avanza facendo maturare alcuni frutti e facendone seccare altri, di cui
passata la stagione, e, fatto ci, non si avvicina ulteriormente, ma si
volge indietro, badando a non danneggiarci riscaldandoci pi del
necessario, e quando, allontanandosi di nuovo, giunge in un punto tale
che chiaro anche a noi che, se si spingesse oltre, congeleremmo per
il freddo, di nuovo compie una conversione e si avvicina e si volge
verso quella parte del cielo in cui pi ci pu giovare la sua presenza?.
Per Zeus, anche questi fenomeni sembrano verificarsi assolutamente
a vantaggio degli uomini. [9] E il fatto che, siccome evidente che
non potremmo sopportare n il caldo n il freddo se
sopraggiungessero allimprovviso, il sole si avvicina cos
gradualmente e cos gradualmente si allontana, che ci troviamo al
culmine sia del caldo sia del freddo senza accorgercene?. Quanto a
me disse Eutidemo mi sto gi chiedendo se gli di abbiano qualche
altra occupazione che non sia il prendersi cura degli uomini: lunica
cosa che mi lascia perplesso che anche gli altri esseri viventi sono
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partecipi di questi benefici, [10] E non evidente riprese Socrate
che anchessi nascono e crescono a vantaggio degli uomini? Quale
altro essere vivente trae tanto profitto quanto gli uomini da capre,
pecore, buoi, cavalli, asini e dagli altri animali? Ancora di pi, a mio
avviso, che dalle piante. Gli uomini, in effetti, ricavano nutrimento e
guadagni non meno dalle piante che dagli animali: tuttavia gran parte
del genere umano non utilizza come cibo i prodotti della terra, ma
vive grazie al bestiame nutrendosi di latte, formaggio e carne; tutti gli
uomini poi addomesticano e domano gli animali che possono essere
utili e se ne servono come collaboratori sia per la guerra che per molte
altre attivit. Sono daccordo con te anche in questo: vedo infatti
che perfino gli animali molto pi forti di noi diventano cos sottomessi
agli uomini che questi possono utilizzarli come preferiscono, [11] E
che dire del fatto che, siccome esistono molte cose belle e utili, ma
diverse tra loro, gli di hanno fornito agli uomini organi di senso
adatti a ciascuna, tramite i quali possiamo godere di tutti i beni? E che
dire del fatto di averci dotati della capacit di ragionamento, grazie
alla quale, ragionando su ci che percepiamo ed esercitando la
memoria, apprendiamo in che modo ogni singola cosa possa esserci
utile ed escogitiamo molti mezzi per godere i beni ed evitare i mali?
[12] Che dire poi del fatto che ci abbiano donato la facolt di
esprimerci, mediante la quale ci rendiamo partecipi di tutti i beni,
insegnandoli gli uni agli altri, e li mettiamo in comune e stabiliamo
leggi e ci governiamo?. Sembra proprio, Socrate, che gli di si pren-
dano grande cura degli uomini. E che dire del fatto che, data la
nostra incapacit di prevedere ci che ci sar utile in futuro, ci
vengono in aiuto anche in questo, rivelando a chi li consulta tramite la
divinazione le cose che accadranno e insegnando in che modo possano
avere lesito migliore?. Ma con te, Socrate, sembrano comportarsi
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in maniera ancora pi amichevole che con gli altri, se davvero, senza
essere neppure interrogati da te, ti indicano in anticipo quello che devi
e quello che non devi fare. [13] Che io dica la verit, potrai capirlo
anche tu, se non starai ad aspettare di vedere comparire gli di in
forme sensibili, ma ti accontenterai di guardare le loro opere per
venerarli e onorarli. Considera che gli di stessi mostrano di volere
cos: infatti gli altri di, che ci elargiscono i beni, non ce ne donano
nessuno apparendo alla nostra vista, e il dio che regola e mantiene
lordine dellintero universo, in cui tutte le cose sono belle e buone, e
che sempre, a chi ne usufruisce, lo offre immune da consunzione,
malattia e vecchiaia, pronto a servire in modo infallibile e pi veloce
del pensiero, ebbene questo dio si manifesta nel compiere opere cos
grandiose, ma invisibile ai nostri occhi mentre le amministra. [14]
Considera poi che perfino il sole, che pure sembra visibile a tutti, non
permette agli uomini di osservarlo con attenzione, ma se qualcuno
sfrontatamente cerca di fissarlo, lo priva della vista. E anche i servitori
degli di scoprirai che sono invisibili: che il fulmine sia scagliato
dallalto evidente e cos pure che distrugge tutto ci che trova sul
suo cammino, ma non lo si vede n arrivare n piombare gi n
scomparire; anche i venti di per s non sono visibili, ma i loro effetti
sono manifesti ai nostri occhi e possiamo percepire il loro avvicinarsi.
E lanima delluomo, che pi di ogni altra cosa umana partecipe del
divino, palese che regna in noi, ma neppure essa visibile.
Riflettendo su queste cose, non bisogna tenere in scarsa
considerazione ci che invisibile, ma riconoscerne la potenza dai
suoi effetti e onorare la divinit. [15] Quanto a me disse Eutidemo
sono sicuro, Socrate, che non incorrer nella bench minima
negligenza nei confronti della divinit, ma mi sento scoraggiato al
pensiero che nessun uomo potrebbe mai ricambiare con unadeguata
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gratitudine i benefci ricevuti dagli di. [16] Non scoraggiarti per
questo, Eutidemo: tu sai che il dio di Delfi, quando gli si domanda in
che modo si possano compiacere gli di, risponde: Secondo la legge
della citt; e dovunque la legge prescrive di propiziarsi gli di
offrendo sacrifci secondo le proprie possibilit. E come si potrebbero
onorare gli di in modo pi bello e pi pio, se non agendo come essi
stessi comandano? [17] Ma non bisogna assolutamente rimanere al di
sotto delle proprie possibilit: se qualcuno si comporta cos, chiaro
che non onora gli di. Perci necessario rendere onore agli di senza
tralasciare nulla di quanto rientra nelle nostre possibilit, e stare di
buon animo e sperare nei beni pi grandi. Infatti uno non potrebbe
ragionevolmente sperare di ottenere da nessun altro beni pi grandi se
non da coloro che possono arrecare i massimi benefici, n in altro mo-
do se non rendendosi gradito a costoro: e come rendersi pi gradito se
non obbedendo loro il pi possibile?. [18] Con tali discorsi e con le
sue stesse azioni accresceva la piet e la moderazione di quanti lo
frequentavano.

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