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DIDAMATICA 2014
Il cervello plastico. Fondamenti neurofisiologici e strategie efficaci per l’apprendimento permanente.
Eleonora Guglielman
 
Learning Community Via di Tor Fiorenza, 17 - 00199 Roma (RM) guglielman@learningcom.it
I progressi delle neuroscienze dimostrano che l’invecchiamento intellettuale può essere reversibile: il cervello è plastico in tutte le età della vita. Ciò consente una ristrutturazione delle mappe cerebrali e un miglioramento delle funzionalità mentali attraverso esperienze di apprendimento. Attività cognitive in grado di stimolare nuove connessioni neuronali e di riorganizzare le mappe corticali  possono rendere l’apprendimento in età adulta un’esperienza ef 
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cante. Applicare le conoscenze derivate dalle neuroscienze sulla plasticità può contribuire a promuovere l'apprendimento permanente attraverso la creazione di ambienti di apprendimento 2.0 basati sulla complessità, l'ibridazione di spazi e linguaggi, l'interazione sociale e l'apertura ai social media e ai social network.
1.La sfida dell’apprendimento in età adulta
Secondo le ultime rilevazioni ISTAT, la popolazione italiana è destinata ad invecchiare gradualmente nei corso dei prossimi decenni, con una percentuale di ultra65enni che passerà dal 20,3% del 2011 al 33,2% del 2056. Lo scenario italiano riflette la trasformazione demografica in atto in Europa e nel mondo; la costante crescita della popolazione in età adulta e il progressivo invecchiamento sono dovuti a diversi fattori, quali il miglioramento delle condizioni di vita e di salute, il declino della mortalità e il decremento delle nascite [ISTAT, 2011]. L'aumento della popolazione in età edulta e anziana pone delle sfide in ambito educativo: migliorare l'accesso alle attività di formazione degli adulti, incrementando la partecipazione ai percorsi di istruzione, rendere i percorsi formativi motivanti e performanti, migliorare la qualità della vita di adulti e anziani consentendo la partecipazione alla società della conoscenza. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha infatti evidenziato come i bassi livelli di istruzione siano correlati a un aumento del rischio di disabilità e morte nelle persone adulte. L'apprendimento permanente supporta adulti e anziani nell'acquisizione di nuove capacità necessarie per vivere in
ISBN 978-88-98091-31-7339
 
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modo autonomo e indipendente; l'apprendimento contribuisce a mantenere le persone attive e dinamiche [WHO, 2002]. La peculiarità dell’adulto richiede la messa a punto di strategie e approcci di tipo andragogico che rispondano espressamente al suo fabbisogno, attraverso l'individuazione dei fattori e delle variabili da tenere sotto controllo affinché l’azione formativa sia efficace. L’apprendimento nella terza età è quello che appare più problematico: l’involuzione senile legata all’invecchiamento dei tessuti cerebrali provoca una perdita di efficienza della mente che progredisce con l’avanzare dell’età [OECD, 2007]. Con l’età diminuisce la capacità di generare nuove sinapsi tra i neuroni in risposta a stimoli esterni, capacità che è alla base di funzioni fondamentali e complesse come memoria e apprendimento. Acquisire nuove conoscenze e apprendere nuove abilità diviene così più difficile, e l’esecuzione di compiti richiede uno sforzo maggiore rispetto a quello che devono affrontare i discenti più giovani. I dati dell’OECD mostrano che nell'intervallo di età tra i 20 egli 80 anni l'individuo subisce un declino generale di molte capacità cognitive; tale declino accelera dopo i 50 anni ed è caratterizzato da vuoti di memoria, rallentamenti nel ragionamento, difficoltà comunicative, difficoltà nella lettura e nel riconoscimento di lettere e parole, lapsus [OECD 2002]. Oggi le ricerche compiute nel campo delle neuroscienze dimostrano che è possibile ovviare al decadimento delle facoltà intellettuali, e che è possibile mantenere attive le funzionalità del cervello per apprendere in modo efficace e soddisfacente anche in tarda età; che, insomma, l’apprendimento può davvero essere permanente. La parola chiave è
neuroplasticità
.
2. La neuroplasticità
Quando parliamo di neuroplasticità facciamo riferimento al cambiamento che si verifica nel cervello come conseguenza di un’esperienza e che implica il trasferimento di determinate funzioni ad aree cerebrali diverse da quelle originariamente ad esse destinate. In passato gli scienziati ritenevano che le diverse aree del cervello umano fossero predefinite e immutabili e che la produzione di neuroni cessasse dopo l’età dello sviluppo, ad eccezione delle strutture dedicate alla memoria, le quali seguitano a produrre neuroni anche in età adulta. Ciò faceva del cervello un organismo che, una volta raggiunto il suo pieno sviluppo, diveniva statico e incapace di crescere ulteriormente ed era perciò condannato a un lento e inesorabile declino. Nella seconda metà del Novecento ha iniziato a diffondersi, suffragata da dati sperimentali, l’idea che il cervello è sufficientemente plastico da potersi riorganizzare in caso di bisogno anche in età adulta. Il cervello umano non è “cablato” con circuiti neurali fissi e immutabili; la rete sinaptica cerebrale e le strutture correlate, compresa la corteccia cerebrale, si riorganizzano attivamente grazie all’esperienza e alla pratica [Mahncke et al., 2006; Doidge, 2007]. La neuroplasticità è legata al concetto di
competitività
: se smettiamo di esercitare le nostre capacità mentali non solo le dimentichiamo, ma la mappa corrispondente è automaticamente assegnata ad altre funzioni che continuiamo a svolgere. La competitività spiega perché è così difficile “disapprendere”
ISBN 978-88-98091-31-7340
 
Il cervello plastico
qualcosa: se abbiamo acquisito un comportamento che è divenuto dominante occupando una mappa estesa, esso offre resistenza ai tentativi di sostituirlo con un comportamento diverso, impedendo che quella stessa mappa sia occupata da altre funzioni. Spiega anche la difficoltà di abbandonare le cattive abitudini, e l’importanza di apprendere un comportamento nell’infanzia, quando le mappe cerebrali sono in via di strutturazione. Il declino fisico, chimico e funzionale del cervello è originato da modificazioni cerebrali che avviano un processo di plasticità negativa che comprende quattro componenti: 1.
 Disuso
. Le funzioni cerebrali rispondono alla legge “use or lose it” (“se non lo usi, lo perdi”); spesso gli anziani si limitano a svolgere attività mentali familiari e ripetitive che non richiedono sforzi di applicazione o acquisizione di nuove capacità. Esercitare attività di questo tipo non è sufficiente a mantenere il cervello nella sua piena funzionalità: se smettiamo di apprendere cose nuove siamo destinati a invecchiare cerebralmente. 2.
 Processi “rumorosi”.
 Nel cervello degli anziani il deterioramento sensoriale provoca “rumore”, ossia disturbo di fondo; se, ad esempio, l’udito è peggiorato, i segnali sonori inviati al cervello sono più difficili e confusi da interpretare. Ciò causa una memoria più povera e una capacità di ragionamento meno elastica. 3.
Indebolimento della funzione neuromodulatoria
. In tarda età il cervello produce un minor numero di neuromodulatori, delle sostanze chimiche, come dopamina e acetilcolina, che rivestono un ruolo essenziale nell’apprendimento e nella memoria. 4.
Apprendimento negativo
. Le persone che iniziano a sentirsi mentalmente meno agili di un tempo tendono ad attuare dei meccanismi di compensazione. Se, ad esempio, il loro udito si è indebolito, spengono il televisore o imparano a leggere le parole sulle labbra [Merzenich, 2005]. La nostra esperienza di vita cambia il nostro cervello, e il cambiamento del cervello modifica la nostra vita. Jensen afferma che le varianti che esistono negli essere umani non sono spiegabili facendo ricorso esclusivamente ai fattori genetici: i nostri geni sono influenzati da quanto apprendiamo nella vita e di conseguenza alterano i nostri processi chiave vitali in base a ciò che apprendono. Alcuni fattori sono in grado di modificare le nostre funzioni cerebrali: tra di essi l'esercizio, lo stress e l'apprendimento di cose nuove; comprendendo tali fattori possiamo ottenere risultati positivi e aumentare il potenziale di tutti gli studenti [Jensen, 2009]. Con l'età si verifica il declino di capacità riconducibile all'intelligenza fluida, ossia velocità di elaborazione dell'informazione, memoria di lavoro, ragionamento; la così detta intelligenza cristallizzata, ossia la conoscenza, rimane intatta o aumenta. Le ricerche con tecniche di neuroimaging dimostrano che negli anziani si sviluppano meccanismi di compensazione che mitigano gli effetti dell'età. Secondo la STAC,
Scaffolding Theory of Aging and Cognition
, il cervello reagisce al deterioramento dato dall’invecchiamento creando o riorganizzando reti alternative, ossia impalcature, che agiscono da strutture di supporto e permettono di mantenere un buon livello di funzionamento cognitivo. Lo scaffolding consiste nel reclutare circuiti addizionali che sostituiscono le funzioni cerebrali divenute insufficienti, confuse o entrambe le cose. Sono attivati circuiti complementari o alternativi quando le precedenti
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