Sei sulla pagina 1di 67

Domande possibili allesame di stato per architetto

1- Pozzetti ispezionabili I pozzetti ispezionabili facilitano le operazioni di manutenzione e d'ispezione di un impianto interrato. Si utilizzano per impianti di fognatura, acquedotti e cavidotti. Possono essere costruiti in muratura o prefabbricati in c.a. con coperchi (carrabili o pedonali) in c.a. o ghisa. Hanno dimensioni diverse secondo la loro funzione (per l'ispezione di tubature fognarie non possono essere pi piccoli di un cubo di 70 cm x 70 cm e devono essere collocati ogni 50 m e ad ogni cambio di direzione). Per le fognature si possono avere pozzetti: di raccolta per acque piovane (dette anche bianche o meteoriche) con griglia e vasca per sifone; di direzione e di raccordo nei punti in cui convergono pi tubazioni e devono essere convogliati in un'unica direzione; d'ispezione alle condotte per manutenzione; di servizio per alloggio pompe di sollevamento ove non esiste pendenza naturale. Per acquedotti si possono avere pozzetti: di depressione, per abbassare la pressione nelle tubazioni e portarla a quella di normale esercizio; di servizio per alloggio di sfiati (tipo Roma o Crotone) saracinesche di sezionamento e scarichi di fondo. Per cavidotti si possono avere pozzetti: per infilare e sfilare cavi dalle tubature di protezione; di servizio per le varie apparecchiature tecniche. 2 Definizione di acque reflue Acque reflue domestiche: Si intendono per acque reflue domestiche, le acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attivit domestiche; Acque reflue assimilate a domestiche: le acque reflue scaricate dagli insediamenti di cui alla tabella 1 dell`allegato 1 al presente regolamento hanno caratteristiche qualitative equivalenti ad acque reflue domestiche semprech` rispettino tutte le condizioni di cui all`allegato 1.(Art. 17 D.P.G.R. 28/R/03) Acque pluviali o meteoriche provenienti da coperture e aree pavimentate, devono essere tenute separate dai reflui domestici. 3 Tipi di scarichi di consentiti per il trattamento delle acque reflue I sistemi di trattamento delle acque reflue domestiche possono essere classificati in trattamenti di tipo primario e di tipo secondario. L'uso del trattamento primario reso obbligatorio dai Regolamenti Comunali e dal Regolamento del Servizio Idrico Integrato (S.I.I.) anche per l'allacciamento alla pubblica fognatura, indipendentemente dal fatto che la stessa sia soggetta o meno a depurazione finale. Lo scarico di reflui domestici o assimilati in pubblica fognatura sempre ammesso, non richiede autorizzazione e lobbligo di allacciamento disposto dal gi menzionato Regolamento S.I.I. o da provvedimenti dellAutorit Comunale. Il solo trattamento primario non pi ritenuto sufficiente per gli scarichi domestici, derivanti da edifici ubicati in aree non servite da pubblica fognatura, che perci devono recapitare sul suolo, sottosuolo o acque superficiali. Art. 27 comma 4 D.Lgs. 152/99 e s.m.i. In pratica, al trattamento primario va abbinato un trattamento secondario per costituire complessivamente un trattamento appropriato che, se condotto in modo corretto, garantisce limmissione nellambiente di uno scarico adeguatamente depurato.

Vanno annoverati tra i trattamenti di tipo primario: - Fosse settiche di tipo tradizionale a due o tre camere - Fosse settiche di tipo IMHOFF - Pozzetti degrassatori Provocano la sedimentazione del materiale grossolano trasportato dallo scarico oppure la separazione di materiale che tende ad affiorare: grasso, olio, sapone ecc. In pratica il trattamento primario produce una chiarificazione del liquame riducendone il carico inquinante. Il sedimento delle fosse settiche pu andare incontro a digestione anaerobica e deve essere periodicamente asportato mediante auto spurgo. Sono da privilegiare quei trattamenti secondari che comportano uno scarico in acque superficiali. Limmissione di scarichi sia pure depurati nei primi strati del suolo deve essere limitata ai casi non trattabili diversamente. Comunque, per la definizione dei massimi volumi scaricabili, restano vincolanti le capacit di assorbimento del terreno. I trattamenti secondari sono i seguenti: a)- POZZI PERDENTI (O ASSORBENTI) Tale sistema costituito da un pozzo coperto che attraversa lo strato di terreno impermeabile penetrando fino allo strato sottostante permeabile, consentendo la dispersione del liquame. Non sono ammessi per i nuovi insediamenti. Per gli impianti ancora presenti nei vecchi insediamenti il loro utilizzo dovr essere valutato dalle autorit competenti caso per caso sulla base di una relazione redatta da un tecnico abilitato che tenga conto dello stato di conservazione del manufatto, del dimensionamento, delle caratteristiche del suolo e della vulnerabilit della falda acquifera. La superficie in m2 della parte perdente del pozzo deve essere proporzionale al n di AE. b)- SUB-IRRIGAZIONE Questo sistema, applicato alleffluente di una vasca IMHOFF o di una fossa settica, consente sia lo smaltimento che una ulteriore depurazione, sfruttando le capacit depurative del terreno; meccaniche, chimiche, biologiche. Leffluente si disperde nel suolo senza determinare fenomeni di inquinamento o problemi di natura igienica (impaludamenti). 6A monte deve essere presente un sifone di cacciata, in modo che vengano convogliate, seppur in maniera intermittente, portate di una certa entit in grado di interessare anche le zone terminali del sistema. Tale metodologia applicabile a terreni naturali permeabili con falda acquifera sufficientemente profonda. Il sistema, pu essere impiegato quando si ha un sufficiente spazio libero vicino all'edificio per la dispersione delle acque chiarificate in sottosuolo, per insediamenti assimilabili al civile di consistenza minore ai 50 vani o 5000 mc di volume . c)- SUB-IRRIGAZIONE DRENATA Tale sistema viene utilizzato in caso di terreni impermeabili. Il liquame emesso dalla condotta disperdente percola in uno strato di pietrisco e viene raccolto da una seconda condotta denominata drenante posizionata al di sotto della prima. Vi sono inoltre tubi di aerazione che consentono al liquame di essere ossidato. d)- FITODEPURAZIONE Con il termine di fitodepurazione sintende un processo naturale di trattamento delle acque di scarico di tipo civile, agricolo e talvolta industriale basato sui processi fisici, chimici e biologici

caratteristici degli ambienti acquatici e delle zone umide. Si tratta essenzialmente di sistemi ingegnerizzati progettati per riprodurre i naturali processi autodepurativi presenti nelle zone umide. Tali sistemi sono posti a valle di un primo trattamento del refluo tramite degrassatori, fosse settiche, fosse IMHOFF. Di norma funzionano per gravit e non necessitano di energia elettrica. d.1 - FITODEPURAZIONE A FLUSSO SUB-SUPERFICIALE ORIZZONTALE SFS - h E un trattamento di tipo biologico, che sfrutta letti di terreno saturo (ghiaia e sabbia) contenuto in "vasche" o vassoi assorbenti in cui si sviluppano piante acquatiche. Lalimentazione continua ed il livello del liquido in vasca stabilito dal sistema a sifone contenuto nel pozzetto duscita. Questo sistema non consente labbattimento spinto delle sostanze azotate (ammoniaca). La depurazione avviene per: azione diretta delle piante che sono capaci di mantenere ossigenato il substrato, assorbire sostanze nutritive (nitrati, fosfati, ecc.), fanno da supporto per i batteri ed hanno azione evapotraspirante. azione dei batteri biodegradatori che colonizzano gli apparati radicali. d.2 - FITODEPURAZIONE A FLUSSO SUB-SUPERFICIALE VERTICALE SFS - v Il refluo da trattare scorre verticalmente nel letto assorbente e viene immesso nelle vasche con carico alternato discontinuo (tramite pompe o sistemi a sifone). Il refluo fluisce impulsivamente dalla superficie attraverso un letto di ghiaia (zona insatura) e si accumula sul fondo del letto (zona satura) consentendo di non ossigenare tale zona e favorendo cos i processi di denitrificazione. Anche in questo caso il livello del liquido in vasca stabilito dal sistema a sifone contenuto nel pozzetto duscita d.3 - FITODEPURAZIONE CON SISTEMA IBRIDO Per utenze medio-grandi possono essere predisposti sistemi di trattamento con fitodepurazione che alternano vasche a flusso orizzontale con vasche a flusso verticale anche a coppia in batteria, per sfruttare le capacit depurative di entrambi i sistemi per le sostanze azotate. Come ulteriore sistema di rimozione delle sostanze azotate e di abbattimento della carica batterica, pu essere previsto anche uno stadio finale a flusso libero. Questi sistemi ibridi possono essere particolarmente indicati per trattare scarichi recapitanti in aree sensibili. e)- DEPURATORI BIOLOGICI AD OSSIDAZIONE TOTALE Sono impianti compatti che sfruttano il processo di ossidazione dei fanghi attivi. Tale processo prevede le fasi di aerazione e sedimentazione secondaria. Nella zona (vasca) di ossidazione viene apportata aria tramite diffusori, nella successiva vasca di sedimentazione avviene la chiarificazione del refluo depurato. Costruttivamente limpianto suddiviso in due comparti comunicanti idraulicamente e percorsi in serie dal liquame e realizzato in carpenteria metallica o in struttura prefabbricata. I fanghi di supero devono essere periodicamente estratti ed inviati allo smaltimento. Gli impianti ad ossidazione totale sono limitati nel loro utilizzo poich: richiedono energia elettrica: anche se il consumo energetico non elevato; richiedono manutenzione specializzata sono sensibili alle variazioni di portata che avvengono normalmente negli scarichi civili, con maggiore intensit per quanto minore il numero di utenti. E' dunque auspicabile la previsione a monte di sistemi di equalizzazione che possono distribuire il carico in arrivo in modo omogeneo durante la giornata. Anche una vasca IMHOFF in ingresso, tuttavia, pu smorzare quanto meno i picchi di portata. f) - IMPIANTI SBR SEQUENCING BATCH REACTOR Gli SBR sono dei sistemi di trattamento biologici a flusso discontinuo, costituiti da bacini unici (due o pi in parallelo) in cui si sviluppano sia i processi biologici (ossidazione/nitrificazione -

denitrificazione - rimozione biologica del fosforo) che la fase di sedimentazione e dai quali si provvede altres all'estrazione dell'effluente depurato e dei fanghi di supero. Tali processi vengono condotti in tempi diversi, variando ciclicamente le condizioni di funzionamento dell'impianto mediante un sistema di programmazione temporale automatizzato: operando sui tempi delle varie fasi, si ripropone, di fatto, un processo a fanghi attivi, con una sequenza delle diverse fasi di processo temporale piuttosto che spaziale come negli impianti tradizionali. La peculiarit degli SBR consiste nella possibilit che essi offrono di poter variare di volta in volta la durata dei tempi, a seconda delle reali esigenze di trattamento del refluo, quasi come se in un impianto convenzionale si potesse modificare la configurazione geometrica e la proporzione tra i volumi dei singoli comparti. I principali vantaggi degli SBR rispetto ai tradizionali impianti a fanghi attivi consistono: nella semplicit impiantistica (mancanza di ricircoli) e nelle ridotte volumetrie (assenza del sedimentatore secondario); nella flessibilit gestionale, che garantisce una buona efficacia depurativa anche in condizioni di elevata variabilit del carico idraulico ed inquinante; nelle migliori efficienze depurative, in virt della migliore selezione microbica, garantita dall'alternanza nella stessa vasca di fasi anossiche, anaerobiche ed aerobiche. 4 Cosa a cosa serve il calcolo dellAbitante Equivalente "Abitante Equivalente" AE: un modo per esprimere il carico organico biodegradabile dello scarico. Il dimensionamento dellimpianto di trattamento dei reflui deve essere fatto in base al numero degli AE che possono essere calcolati: 1. Con sistema convenzionale - adatto per scarichi da insediamenti essenzialmente residenziali 2. In base alla portata di punta al momento di massima attivit dellinsediamento produttivo per gli scarichi assimilati a domestici Come esempio di sistema convenzionale di calcolo, riportiamo la seguente tabella tratta dal Regolamento delledilizia del Comune di Firenze - Cap. Smaltimento dei Liquami : un abitante equivalente ogni mq. 35 di superficie utile lorda (o frazione) negli edifici di civile abitazione (oppure 1 AE per 100 m3 di volume abitativo) un abitante equivalente ogni due posti letto in edifici alberghieri, case di riposo e simili; un abitante equivalente ogni cinque posti mensa in ristoranti e trattorie; un abitante equivalente ogni due posti letto in attrezzature ospedaliere; un abitante equivalente ogni cinque addetti in edifici destinati ad uffici, esercizi commerciali, industrie o laboratori che non producano acque reflue di lavorazione; un abitante equivalente ogni cinque posti alunno in edifici scolastici o istituti di educazione diurna; quattro abitanti equivalenti ogni wc installato per musei, teatri, impianti sportivi ed in genere per tutti gli edifici adibiti ad uso diverso da quelli in precedenza indicati. Come esempio di scarico assimilato a domestico possiamo riferirci al lavaggio dei tini da parte di unazienda vinicola. In questo caso il calcolo degli AE deve essere effettuato sulla portata massima di refluo che viene istantaneamente scaricato dopo i/il lavaggi/o, tenendo conto che 1 AE equivale, in termini di portata, a 200 litri per abitante per giorno. Possono essere reperite in testi specializzati anche tabelle comparative, che per specifiche attivit, danno il numero di AE per persona addetta o per unit di prodotto.

5- Sezione stradale Una sezione stradale normalmente a "schiena d'asino" per agevolare il deflusso delle acque meteoriche lungo i bordi dove si trovano gli appositi pozzetti di raccolta. La realizzazione di una sede stradale inizia sempre dallo sbancamento di 40-50 cm pari alla larghezza della strada che deve essere opportunamente spianato per l'alloggiamento dello strato del tessuto non armato.

Gli strati dall'alto verso il basso della sezione sono: asfalto (8 cm); stabilizzato (10 cm); ciottolame (30 cm); tessuto non tessuto armato; terra.

6- Che funzione ha e come fatto il vespaio Il vespaio uno dei sistemi pi semplici di protezione dall'umidit che si possono prevedere negli attacchi a terra degli edifici per assicurare che l'acqua contenuta nel terreno non si infiltri nelle strutture a diretto contatto con esso o non renda umidi i locali seminterrati o interrati. l vespaio ventilato realizzato con l'Igl rappresenta il rimedio efficace, rapido ed economico che consente la dispersione in atmosfera del pericoloso gas Radon e dell'umidit. Lintercapedine daria formata dagli Igldeve essere collegata con lesterno tramite semplici tubi. In questo modo si crea un flusso daria naturale che attraversa lintercapedine ed elimina umidit e gas Radon. La forma dellIgl studiata per consentire la minima resistenza allaria nellintradosso degli elementi. Per ottenere un naturale "effetto camino" occorre posizionare i fori di entrata sul lato nord, ad altezza di poco superiore al terreno, e quelli di uscita sul lato sud, alla quota pi elevata, avendo cura di collegare tra loro i diversi vani del reticolo di fondazione in modo che lintero vespaio sia intercomunicante. Le canalizzazioni poste all'interno della parete esposta a sud surriscaldandosi provocheranno un moto ascensionale aspirando l'aria del vespaio.

7- Con quale criterio si determina la pendenza di un tetto


La pendenza di una falda di copertura data dal rapporto tra il dislivello compreso tra la linea di gronda ed il colmo e la loro distanza in proiezione ortogonale. Tale rapporto si esprime in percentuale %. La pendenza della falda determinata sempre in relazione al tipo di prodotto usato come manto di copertura. Esso pu essere a sovrapposizione fissa, se esiste un unico modo di posizionamento (ad esempio, tegole piane in laterizio) oppure a sovrapposizione variabile se possibile variare in fase di posa tale valore (ad esempio, lastre piane o ondulate di metallo). Nel primo caso si individuano valori di pendenza minimi (30%-35%) al di sotto dei quali non pi garantita l'impermeabilit della copertura. Nel secondo caso le pendenze, a parit di altre condizioni (lunghezza della falda, regione climatica, esposizione locale), sono legate al valore di sovrapposizione. Perci riducendo le pendenze occorre aumentare la sovrapposizione e viceversa. Analogamente con l'aumentare della lunghezza della falda occorre aumentare la pendenza, ci perch nelle falde lunghe si hanno maggiori quantit d'acqua di ruscellamento nelle zone di copertura pi basse. In genere i produttori segnalano i valori massimi di lunghezza di falda, oltre i quali conviene dividere in parti la stessa ricorrendo ad un canale intermedio di raccolta delle acque meteoriche (o bianche). Oltre al valore di pendenza minima della falda, per molti prodotti occorre definire una pendenza massima, oltre la quale richiesto il fissaggio degli stessi su opportuni elementi di supporto per evitare lo scivolamento. Percentuali e gradi: 100% = 45

8- Com' fatto un solaio di copertura praticabile e non I solai di copertura praticabili (tetti a terrazza) e quelli non praticabili, rientrano nella categoria delle cosiddette coperture piane, in quanto hanno una pendenza minima per garantire lo smaltimento delle acque meteoriche (o bianche). A tal fine si deve realizzare sopra il solaio dell'ultimo piano un massetto in cls che abbia una pendenza con inclinazione pari al 2%-3%, in modo da convogliare l'acqua verso i punti di raccolta opportunamente posizionati sulla superficie dello stesso.

I massetti di pendenza possono essere realizzati anche con cls alleggerito con funzione coibente, in tal caso si pu evitare di inserire nel pacchetto del solaio uno strato di materiale isolate, ma lo spessore del massetto non deve essere minore di 15 cm. Sopra il massetto generalmente si trova lo strato di materiale isolante e ancora sopra l'elemento di tenuta o impermeabilizzazione, la cui efficacia dipende sostanzialmente dalle modalit di posa in opera soprattutto in corrispondenza dei giunti e dei raccordi con le superfici verticali. La posizione delle impermeabilizzazioni, rispetto allo strato isolante, determina il comportamento termico della copertura. Nella maggioranza dei casi, l'elemento di tenuta si trova sopra lo strato coibente (tetto caldo), ma ci sono casi in cui la posizione viene invertita (tetto rovescio) per conferire una maggiore inerzia termica alla copertura, a discapito dello strato coibente che si trova ad essere pi esposto agli agenti atmosferici. L'impermeabilizzazione deve essere sempre protetta, nel caso di copertura praticabile si realizza una pavimentazione vera e propria costituita da uno strato di allettamento (4-5 cm) su cui viene montato il pavimento; nel caso di coperture non praticabili si pu usare uno strato di ghiaia di fiume lavata, da stendersi sull'elemento di tenuta per uno spessore di 8-10 cm, oppure si utilizzano impermeabilizzazioni prefabbricate autoprotette, in quanto dotate di finitura esterna costituita da lamine metalliche in alluminio o rame che proteggono i manti dall'azione nociva delle radiazioni solari.

9 - In base a quale criterio si dispongono i pluviali di scarico per le coperture


I pluviali dovranno essere dimensionati e posizionati in modo da garantire un efficace drenaggio delle acque piovane (dette anche meteoriche o bianche). Un pluviale di 10-16 cm di diametro riesce a smaltire normalmente l'acqua di una superficie di circa 60-70 mq, pertanto effettuata la disposizione in campi dell'intera copertura si pu facilmente definire la disposizione ed il numero dei pluviali necessari. Per quanto riguarda la tenuta della copertura fondamentale prevedere agli imbocchi dei pluviali un ispessimento del materiale impermeabilizzante, oltre ad una speciale conformazione dei pluviali stessi per evitare il ristagno d'acqua.

10 - Vetrocemento
Una parete in vetrocemento ("glass brick" o "glass block" in inglese) realizzata con "mattoni" in vetro tenuti da una cornice cementizia: gli elementi modulari possono avere diverse dimensioni, 15x15 cm, 30x30 cm o 45x45 cm per le forme quadrate, 12x15 cm per quelle rettangolari; lo spessore varia dai 6 agli 8 cm. La messa in opera richiede tempo e precisione. La parete realizzata preparando dapprima una cornice d'inserimento lungo l'intero perimetro, mediante la predisposizione di cartoni catramati e feltri bitumati, in modo da consentire piccole traslazioni o rotazioni. Quindi si inizia il posizionamento dei mattoni, previa disposizione di armatura metallica in giunti verticali e orizzontali che vengono sigillati con interposizione di malta cementizia o collante nel caso di divisori interni. La connessione alle strutture murarie assicurata tramite incasso o profili metallici. I mattoni in vetro possono essere semplici o doppi, quest'ultimi presentano una doppia parete vetrata saldata a fuoco con interposta camera d'aria disidratata e forniscono alle pareti un miglior isolamento termo-acustico, sono generalmente utilizzati per tamponature esterne.

11 Pannelli in legno. L'MDF (Medium density fibreboard) viene considerato un derivato del legno: il pi famoso e diffuso della famiglia dei 'Pannelli di Fibra' comprendenti tre categorie distinte in base al processo impiegato e alla densit: bassa (LDF), media (MDF) e alta (HDF).

L'OSB (Oriented Strand Board) un pannello in scaglie di legno orientate composto da scaglie di grande dimensione (strand) distribuiti sul piano con fibre orientate. Il piano individuato dalla direzione delle scaglie, generalmente coincidente con quello del pannello, ha valori di resistenza molto elevati.

12 Cosa X-lam. L'X-Lam nasce alla fine degli anni '90, in Austria e in Germania. In Austria si pu identificare all'origine dell'X-Lam un progetto di sviluppo e ricerca, realizzato presso l'Universit di Graz, che portasse ad aprire nuove vie per un migliore sfruttamento delle risorse messe a disposizione dalla lavorazione del legno in segheria, realizzando elementi piani di grandi dimensione. I pannelli di legno massiccio a strati incrociati X-Lam sono pannelli di grandi dimensioni, formati da pi strati di tavole, sovrapposti e incollati uno sull'altro in modo che la fibratura di ogni singolo strato sia ruotata nel piano del pannello di 90 rispetto agli strati adiacenti. Il numero di strati e il loro spessore pu variare a dipendenza del tipo di pannello e del produttore dello stesso. Il numero minimo di strati per ottenere un pannello X-Lam di 3; va per subito sottolineato che per ottenere un comportamento fisico e meccanico efficace sotto tutti i punti di vista e corrispondente alla definizione di elemento multistrato, il numero minimo di strati dovrebbe essere uguale a 5. I pannelli X-Lam sono prodotti con legno di conifera, come la maggior parte degli elementi di legno per uso strutturale realizzati secondo le tecnologie pi moderne. La produzione normale di pannelli XLam quindi realizzata con legno di abete (in prevalenza abete rosso). I singoli strati di tavole sono composti da tavole di spessore variabile, di regola fra 15 e 30 mm. La larghezza delle singole tavole pure variabile e si situa di regola fra gli 80 ed i 240 mm. In modo generale si pu affermare che i pannelli X-Lam sono disponibili in dimensioni che possono raggiungere i 24,0 m in una direzione, i 4,80 m nell'altra e uno spessore di 500 mm. 13 - Com' la tessitura della muratura a due e a tre teste
Gli spessori dei muri in laterizio sono ottenuti e misurati come multipli della larghezza o "testa" del mattone utilizzato. La "testa" perci il modulo base di riferimento. Un muro il cui spessore uguale alla larghezza di un mattone si definisce "a una testa"; un muro il cui spessore uguale alla lunghezza (o a due volte la larghezza) di un mattone si definisce "a due teste"; un muro il cui spessore uguale ad una lunghezza e mezzo (o a tre volte la larghezza) di un mattone si definisce "a tre teste" e cos via. Normalmente il mattone pieno (quello unificato) misura 5,5 cm x 12 cm (la testa) x 25 cm, per cui le misure delle murature corrisponderanno alle seguenti misure: muro ad "una testa" = 12 cm; muro a "due teste" = 25 cm (un mattone in lunghezza oppure due mattoni di testa ed 1 cm di malta di separazione); muro a "tre teste" = 38 cm (un mattone in lunghezza separato da 1 cm di malta da un mattone di testa oppure tre mattoni di testa separati da due spessori da 1 cm di malta).

14 - Come si esegue il raccordo tra pavimento dell'alloggio e quello del terrazzo


Il raccordo tra pavimento interno ed esterno si realizza interponendo tra i due una soglia (lastra piana di materiale lapideo) provvista di una battuta in corrispondenza dell'infisso a portafinestra che collega gli ambienti della casa al terrazzo o al giardino. La soglia deve trovarsi a livello del pavimento interno, cio a 3-4 cm al di sopra di quello esterno per evitare che eventuali accumuli di acqua presenti sul terrazzo possano facilmente infiltrarsi all'interno. Il pavimento del terrazzo deve essere sempre leggermente inclinato verso i gocciolatoi esterni, nel caso di balconi di piccole dimensioni, oppure verso i bocchettoni di smaltimento per l'acqua, nel caso di terrazzi di dimensioni maggiori. Per l'esecuzione di pavimenti esterni si preferiscono quei tipi che garantiscano una buona resistenza

alle escursioni termiche e che presentino una superficie corrugata poco sdrucciolevole come il gres, il cotto non levigato, il klinker, ecc.

15 - Come sono fatti i "muri a cassetta" Il muro "a cassetta" un sistema di isolamento alternativo al rivestimento a cappotto. Il sistema costituito da due pareti (teoricamente a tenuta stagna) separate da una camera d'aria (intercapedine) al cui interno pu essere inserito uno strato isolante (Il valore della trasmittanza termica si alza se si prevede solo la camera d'aria senza isolante.). La parete pi esterna pi pesante e ha una dimensione maggiore mentre la parete interna pi leggera ha uno spessore minore. La parete esterna realizzata con mattoni o blocchi pieni o forati, disposti ad una o due teste. La superficie esterna pu essere intonacata o lasciata a vista, oppure finita con vari rivestimenti. La parete interna di solito di mattoni forati posti in foglio. Una delle superfici delimitanti l'intercapedine pu essere attrezzata con opportuno materiale isolante. La posa in opera generalmente avviene partendo dalla parete esterna che, una volta completata, viene opportunamente isolata; quindi si procede alla realizzazione della parete interna ad una distanza non superiore ai 10 cm, con misure ottimali intorno ai 5-6 cm quando c' anche l'isolante. Ci per evitare la formazione di movimenti d'aria all'interno delle intercapedini stesse che farebbero aumentare la capacit di trasmissione termica della parete, diminuendone il potere isolante. La fodera interna pu essere realizzata anche con materiali diversi, quali ad esempio le lastre in laterogesso, o i pannelli in cartongesso. 16 Intonaco L'intonaco rappresenta il sistema di finitura pi economico per i diversi elementi costruttivi, la superficie di "sacrificio". Esso costituito da un insieme di strati di malta. Per gli intonaci esterni le malte devono essere preparate in modo tale da resistere agli agenti atmosferici, sono pertanto utilizzate malte cementizie o, meglio, eseguite in calce idraulica in quanto meno sensibili ai fenomeni di ritiro e fessurazione. L'intonaco facilmente aggrappabile su superfici in muratura o in cls, purch non eccessivamente lisce, in caso contrario si deve ricorrere a reti metalliche o particolari collanti sintetici. L'esecuzione dell'intonaco richiede una prima operazione di pulitura e raschiatura della parete di supporto con abbondante bagnatura di quest'ultima, in modo che non venga sottratta acqua all'indurimento dei successivi strati di malta che verranno applicati. Si procede quindi all'esecuzione dell'intonaco grezzo o arricciatura, costituito da due strati di malta, il primo destinato all'aggrappaggio, il secondo con funzione di livellamento. Il terzo strato quello che d la finitura e a seconda del tipo di malta e della lavorazione si avranno diverse soluzioni (intonaco a gesso, graffiato, a marmiglia, martellinato, ecc.). Il completamento pu prevedere la coloritura finale. Esistono anche intonaci additivati con sostanze idrorepellenti o resine epossidiche che conferiscono alle pareti notevoli propriet impermeabilizzanti. Normalmente lo strato di intonaco varia tra 1,5 cm e 2,5 cm. Intonaci a base di calce idraulica, gli ultimi sono idonei per lintonacatura traspirante e protettiva di murature portanti e di tamponamento in laterizio, mattone, tufo, pietra e miste interne ed esterne 17 - Come si realizza un elemento strutturale in calcestruzzo armato La tecnologia del calcestruzzo armato (c.a.) prevede innanzitutto la realizzazione delle casseforme per contenere il getto di calcestruzzo (cls). Nei sistemi tradizionali si usano casseforme in legno o in metallo riutilizzabili, costituite da elementi bidimensionali di varie dimensioni che vengono montati in opera a seconda della forma e delle dimensioni delle strutture che si devono realizzare e che vengono poi tolte una volta che il calcestruzzo sia sufficientemente stagionato.

Nei sistemi industrializzati si usano invece dei tipi di casseforme "a perdere", cio dei pannelli in fibra di legno o schiume dure additivate che formano l'involucro entro cui viene realizzato il getto in cls., con il quale vengono a formare un insieme solidale che costituisce la struttura. Tornando al sistema tradizionale, una volta montate le casseforme si pronti per l'esecuzione del getto, la buona riuscita di questa operazione dipende soprattutto dalla lavorabilit del cls che deve essere facilmente manipolato e sistemato nei casseri in modo che non si formino dei vuoti che possono indebolire la struttura finita. A tal fine durante il getto si usa vibrare e compattare il cls con apposite apparecchiature per garantire che si distribuisca il pi uniformemente possibile. Molto influenti sono gli effetti dell'ambiente sul cls fresco, in modo particolare l'umidit, la temperatura ed il vento. Quando ad esempio la temperatura si trova tra gli 0 ed i 10 C si pu registrare un rallentamento delle fasi di presa e di indurimento, di cui tenere conto per non incorrere in problemi di disarmo troppo affrettato, cio prima che il cls abbia raggiunto un sufficiente grado di indurimento. Per temperature inferiori agli 0 C si possono avere gravi per il cls fresco e devono pertanto adottarsi particolari misure protettive o aggiungendo additivi antigelo o ritardanti. Le alte temperature esterne non sono invece cos dannose per la presa e l'indurimento, soprattutto se si controlla l'evaporazione dell'acqua. Questa diventa pericolosa quando si supera 1 litro / mq h, perch in tal caso il ritiro molto forte. Quando ad esempio la temperatura esterna 30 C il tempo entro cui il cls pu essere lavorato inferiore alle tre ore (momento in cui inizia la presa) e appena rifinito superficialmente deve essere protetto dalla rapida evaporazione dell'acqua con teli impermeabili per almeno sette giorni. in condizioni normali il getto pu essere disarmato dopo 28 giorni quando cio il cls ha raggiunto i valori finali delle resistenze meccaniche e si pu iniziare la successiva fase di lavorazione. Le barre di acciaio (tondini) devono essere preferibilmente ad aderenza migliorata e opportunamente controllate per verificare che siano prive di ruggine. Le staffe devono essere tutte legate in modo che il telaio risulti perfettamente squadrato. Particolare attenzione va posta nel posizionamento dei tondini in modo che non affiori o, al contrario, sia troppo interno al manufatto.

18 - Che cos' un infisso a "taglio termico" e a "giunto aperto"


Gli infissi "a taglio termico" e a "giunto aperto" sono particolari infissi, generalmente in alluminio, atti a garantire una migliore tenuta nei confronti delle dispersioni termiche e a risolvere il problema del ponte termico in corrispondenza dei serramenti. Infatti la guarnizione esterna utilizzata nei serramenti normali non sufficiente ad evitare infiltrazioni di aria ed acqua all'interno del serramento quando, ad esempio, in presenza di elevata pressione esterna il profilo dell'anta tende ad inflettersi determinando il distacco della guarnizione dal controtelaio. Nel caso di infissi "a giunto aperto" l'acqua eventualmente penetrata all'interno viene drenata attraverso fori di scarico grazie ad un fenomeno di equilibrio della pressione interna al profilato con quella esterna, che rende noto questo tipo di infisso anche con il nome di "giunto a compensazione di pressione". I profilati a "taglio termico", invece, si basano sul principio dell'interruzione della continuit del metallo attraverso l'inserimento di un opportuno materiale a bassa conducibilit termica in corrispondenza di una camera interna al profilato. Il sistema pi diffuso consiste nell'iniettare una schiuma poliuretanica all'interno del profilato estruso e provvedere alla successiva asportazione meccanica di strisce dell'estruso. Ai fini termici pu avere importanza anche la finitura superficiale dei profilati, infatti lo scambio di calore per irraggiamento diverso in relazione alle caratteristiche dello strato superficiale (lucidato, satinato) e del colore (naturale, bronzo).

19 Prestazioni Energetiche dei serramenti


La trasmittanza termica U il flusso di calore medio che passa, per metro quadrato di superficie, attraverso una struttura che delimita due ambienti a temperatura diversa (per esempio un ambiente riscaldato dall'esterno, o da un ambiente non riscaldato). L'unit di misura della trasmittanza termica il W/m2 K. Per finestre e porte-finestre, la trasmittanza termica del serramento rappresenta la media pesata tra la trasmittanza termica del telaio Uf e di quella della vetrata Ug, pi un contributo aggiuntivo, la trasmittanza termica lineare g, dovuto all'interazione fra i due componenti e alla presenza del distanziatore, applicato lungo il perimetro visibile della vetrata. Per altre strutture, tipo porte e porte blindate, in genere si calcola la trasmittanza termica come il contributo dell'elemento omogeneo stratificato Up pi un termine di trasmittanza termica lineare g che viene applicato alla lunghezza dei ponti termici (per esempio i telai perimetrali metallici o i rinforzi metallici centrali). In genere, la trasmittanza termica Uw di un serramento, pu essere determinata sia tramite calcolo che tramite prova sperimentale su un campione fisico. Di seguito riportiamo degli schemi utilizzabili per: 1a) la stima dei valori di Uw degli infissi esistenti , in assenza di documentazioni a corredo utilizzabili per un calcolo rigoroso; b) il calcolo semplificato, secondo la norma EN 10077 per la determinazione del valore di Uw in riferimento a tutte le tipologie di infissi; c) il metodo di calcolo rigoroso di Uw, secondo la formula di letteratura; d) la metodologia di calcolo di Uw in riferimento all'infisso normalizzato e le relative regole di estensione, secondo la UNI EN 14351-1 Ai fini di semplificare la stima dei valori di trasmittanza termica Uw degli infissi esistenti, da inserire nella certificazione del produttore o in alternativa nell'asseverazione del tecnico, riportiamo alcuni valori che riteniamo i pi rappresentativi dei serramenti presumibilmente esistenti negli immobili oggetto di intervento La caratterizzazione degli infissi riguarda: - il tipo di componente; - la tipologia di vetro; - la tipologia di telaio. Vetro PLANITHREM 4S prodotto da Saint-Gobain Glass e consta di unesclusiva combinazione di pi strati di ossidi metallici applicati al vetro float chiaro SGG PLANILUX, mediante un processo di sputtering catodico magneticamente potenziato in condizioni di vuoto. Il deposito metallico di spessore microscopico che ne deriva riflette efficacemente la radiazione termica sia ad onda lunga che corta ed adatto per il controllo solare e lisolamento termico. Il vetro aiuta a risparmiare energia sia di inverno che destate. Nella stagione estiva riduce i costi dellaria condizionata di almeno il 40%, mentre di inverno SGG PLANITHERM 4S aiuta a ridurre drasticamente le bollette del riscaldamento.

20 - Come si montano e di che materiale possono essere i controsoffitti Si definisce controsoffitto una struttura di tipo leggero, collegata all'intradosso del solaio con funzione di isolamento termo-acustico e/o di mascheramento di impianti e travature in genere. I controsoffitti sono costituiti da:
una struttura di sostegno realizzata con intelaiature (legno, metallo) fissate al soffitto o lungo le pareti perimetrali, oppure appese con sospensioni (pendini) all'intradosso del solaio; una chiusura o schermatura, a seconda che sia una controsoffittatura piena o grigliata.

La chiusura di tipo continuo e si realizza fissando alla struttura di sostegno una rete metallica a piccole maglie (graticcio) o un lamierino sui quali viene applicato, dal basso, l'intonaco realizzato con malta di calce o cemento. Questa soluzione, per le caratteristiche di inamovibilit, viene utilizzata quando ad un controsoffitto non sono richiesti requisiti di ispezionabilit e/o di flessibilit.

La chiusura realizzata con elementi modulari invece di tipo discontinuo per la presenza dei giunti di connessione fra i diversi elementi che sono facilmente smontabili, risultando particolarmente adatti al passaggio degli impianti. La schermatura si realizza con elementi modulari aperti, costituiti da griglie organizzate in vere e proprie maglie, queste ultime sono studiate per conferire alla controsoffittatura propriet fonoassorbenti. Le caratteristiche fondamentali per un controsoffitto sono la resistenza meccanica, un elevato potere termocoibente, un elevato potere fonoassorbente, caratteristiche di imputrescibilit e durata. I materiali pi comuni per la loro realizzazione sono il legno, il gesso o cartongesso, le fibre minerali, i materiali isolanti in genere, i materiali plastici, i materiali metallici, i laminati. In generale i controsoffitti in materiali isolanti o fibre minerali offrono una resistenza meccanica inferiore a quelli realizzati in legno o in metallo, ma presentano al contempo un maggiore potere isolante.

21 - Che cosa si intende per tecnologia a "tunnel" uno dei sistemi pi evoluti nel settore delle casseforme industrializzate che necessitano di attrezzature di cantiere complesse e costose, tali da rendere conveniente l'impiego di questa tecnologia soltanto per interventi di notevoli dimensioni (oltre i 250 alloggi). I tunnel meccanici sono costituiti da una matrice piana in lamiera metallica a forma di U rovesciata che ha il compito di sagomare e contenere il getto in cls. L'uso del "tunnel" consente il getto contemporaneo di setti e di solai che vengono a costituire un insieme monolitico senza soluzione di continuit, realizzando cos una compagine strutturale molto solida che permette l'uso di questa tecnologia anche in zone sismiche. Le casseforme vengono posizionate una di seguito all'altra fino a formare una "canna" di profondit, luce e altezza pari a quella di un piano dell'edificio da realizzare. La lunghezza di ciascun tunnel di 2,5 m, la larghezza pu variare da un minimo di 1,25 fino ad un massimo di 6,00 m grazie alla presenza di una trave estensibile sotto il pannello orizzontale. Il ciclo di lavorazione giornaliera prevede la realizzazione di una batteria di canne, cio il getto di una serie di tunnel affiancati che costituiscono il nucleo operativo del cantiere e che in media corrispondono a 80-120 mq di piano, vale a dire un alloggio al giorno. Naturalmente per poter avere questo ritmo di lavorazione si deve ricorrere ad un sistema di indurimento forzato del getto che il mattino successivo deve essere disarmato per poter utilizzare i tunnel in un altro ciclo giornaliero. La velocit di indurimento del getto viene assicurata sia dalla presenza di poca acqua nell'impasto (si usano dei fluidificanti per rendere il composto lavorabile), sia dal riscaldamento dei tunnel con stufe a gas a raggi infrarossi o con ventilatori di aria calda, per non disperdere il calore, vengono inoltre abbassati dei teloni alle estremit del tunnel.
10

L'intero sistema produttivo a tunnel necessita di una razionale organizzazione del cantiere per quanto riguarda l'uso dell'attrezzatura e la programmazione delle diverse fasi del processo costruttivo.

22 - Quale deve essere la giusta esposizione di un edificio rispetto ai punti cardinali


La collocazione dell'edificio nell'area interessata deve comportare un'attenta valutazione della sagoma e dell'altezza degli edifici circostanti, in relazione al percorso del sole in inverno ed in estate, al fine di individuare le zone d'ombra e le zone di massima insolazione. Nei climi temperati l'orientamento da preferire quello con sviluppo dell'edificio lungo la direzione Est-Ovest (asse eliotermico), con sviluppo di superfici vetrate a Sud e superfici piene a Nord. In altre condizioni climatiche pu risultare vantaggioso posizionare l'edificio secondo direzioni diverse da quelle dell'asse eliotermico. La progettazione e la distribuzione degli spazi interni dovr seguire la stessa logica al fine di garantire

condizioni di benessere climatico. In generale, si dovranno disporre a Nord tutti quegli ambienti che non necessitano di particolare illuminazione, quali scale, corridoi, servizi, lasciando alle zone giorno o agli spazi lavorativi di primaria importanza, gran parte dello sviluppo lungo la facciata Sud. Le camere da letto potranno essere disposte a Sud-Est, Sud-Ovest, le cucine generalmente ad Est, preferendo per queste, soprattutto d'estate, il sole meno caldo della mattina. L'ingresso deve essere protetto per difendere lo spazio interno dall'aria fredda che entra ogni volta che si apre la porta, in primo luogo si deve avere l'avvertenza di non esporre mai l'entrata all'azione dei venti invernali dominanti. A questo proposito sarebbe sempre necessario proteggere la parete Nord dall'azione del vento, ad esempio su terreni con pendenza verso Sud si preferisce incassare l'edificio per sfruttare l'azione di protezione della parete determinata dallo scavo.

23 - Cosa sono e a cosa servono i giunti di dilatazione I giunti di dilatazione nelle strutture sono dei punti di distacco inseriti a distanze prefissate (generalmente ogni 30 m) in relazione al tipo di materiale, per assecondare le dilatazioni e le contrazioni che i materiali subiscono in seguito ai fenomeni di escursioni termiche stagionali. 24 - In base a quali caratteristiche un materiale si definisce isolante La trasmissione del calore il processo di scambio energetico che avviene tra una fonte a temperatura pi alta e una fonte a temperatura pi bassa. Questo enunciato (alla base del secondo principio della termodinamica) sottolinea che la direzione spontanea della trasmissione di calore sempre governata dal salto termico tra le due fonti. o, per dirla con celsius, che impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di trasferire calore da un corpo pi freddo a uno pi caldo. Nel nostro settore questo significa che linvolucro di un edificio attraversato da flussi di energia con le seguenti caratteristiche: 1) si verificano ogni volta che esiste un salto termico tra ambiente interno ed esterno; 2) avvengono in modo spontaneo, ovvero lenergia tender sempre a uscire o a entrare nei nostri ambienti; 3) tenderanno a trasportare energia nella direzione sbagliata: il fenomeno sottrae energia agli ambienti che vorremmo mantenere caldi dinverno o la fornisce a quelli che vorremmo mantenere freschi destate. compito di una corretta progettazione cercare di limitare il pi possibile le trasmissioni di calore non gradite. Lenergia dispersa dallinvolucro La quantit di energia che attraversa una struttura dellinvolucro proporzionale al salto termico interno-esterno (che governa anche la direzione del flusso), alla durata del fenomeno, allampiezza della superficie interessata (pi grande la struttura pi energia pu attraversarla) e alla sua trasmittanza. Visto che lampiezza della struttura, la durata nel tempo e il salto termico non sono progettabili (non si possono progettare pareti piccole per disperdere meno o abbassare la soglia della temperatura interna per limitare il gradiente termico) lattenzione del progettista si deve concentrare sulla trasmittanza termica. come si sa, per verificare il valore della trasmittanza u [W/m2K] si devono analizzare le resistenze termiche dei singoli strati che compongono la struttura. e la resistenza termica r [m2K/W] di un materiale omogeneo definita dal rapporto tra lo spessore s [m] e la conduttivit termica [W/mK] del materiale stesso. Quindi basta un elemento della stratigrafia con un congruo rapporto s/ per ottenere la trasmittanza desiderata. i materiali ai quali affidato questo compito sono i materiali isolanti. La conduttivit termica il parametro espresso in W/ mK che misura lattitudine di un materiale a lasciarsi attraversare dal calore. infatti, rappresenta la quantit di energia trasmessa in ununit di tempo (1 secondo) attraverso una superficie di 1 m2, attraverso 1 m di spessore e con un salto termico di 1 grado tra le facce del materiale stesso. i materiali isolanti sono caratterizzati da un basso coefficiente di conduttivit (generalmente si fanno rientrare in questa categoria i materiali con inferiore a 0.065 W/mK), che viene definita apparente perch a livello microscopico questo parametro legato non solo alla trasmissione di energia per conduzione, ma anche per convezione e irraggiamento. Questo aspetto illustrato dal grafico sotto, in cui si pu osservare il contributo dei singoli effetti al

trasferimento totale di calore attraverso un materiale isolante. Alle basse densit prevalgono il contributo radiativo e quello convettivo, mentre aumentando la densit tali contributi diminuiscono e aumenta quello conduttivo della fase solida. sempre dal grafico si pu osservare come vi sia un ampio intervallo di densit apparente dove la conduttivit raggiunge un minimo a parit di prodotto, mentre a bassa densit piccole variazioni della stessa possono portare a notevoli variazioni della conduttivit. i materiali isolanti sfruttano il forte potere coibente dellaria immobilizzata come principale meccanismo disolamento. Generalmente, infatti, i materiali isolanti hanno una matrice cellulare, porosa o fibrosa che ha proprio il compito di intrappolare le molecole daria (con una conduttivit pari a 0.022 W/mK di gran lunga molto pi bassa di quella della matrice stessa). il risultato, a livello macroscopico, un prodotto con unalta prestazione di resistenza termica. in passato, a volte il gas contenuto negli alveoli dei materiali era un gas espandente cfc o Hcfc, che possedeva una conduttivit ancora pi bassa rispetto a quella dellaria. Per motivi ambientali tali gas sono stati completamente eliminati dai processi produttivi.

25 - Dove si deve mettere la barriera al vapore e perch La barriera al vapore si trova all'interno degli elementi costruttivi perimetrali (tamponature e solai) e serve a proteggere l'isolante dalle infiltrazioni di acqua dovute all'eventuale formazione di condensa negli strati interni. Infatti i materiali isolanti perdono quasi totalmente la loro capacit termo-isolante quando vengono a contatto con l'acqua. La posizione della barriera al vapore dipende sempre dal flusso del calore e deve esser messa a ridosso dell'isolante dalla parte da cui arriva l'aria calda dell'ambiente interno riscaldato. La condensa si forma per effetto della presenza del vapore acqueo all'interno degli elementi costruttivi, in quanto tutti i materiali, compresi gli isolanti sono permeabili al flusso di vapore che si crea quando si hanno delle condizioni climatiche tali da avere all'interno una temperatura pi alta che all'esterno. La pressione di saturazione del vapore (corrispondente alla massima quantit di vapore che l'aria pu contenere ad una certa temperatura - Ps) diminuisce al diminuire della temperatura quando, ad esempio, l'aria passa attraverso i diversi strati di cui costituita una parete, aventi tutti temperature progressivamente decrescenti verso l'esterno. Si ha la formazione della condensa nelle zone in cui la Pressione effettiva del vapore (corrispondente alla quantit di vapore contenuta nell'aria ad una temperatura-Pd) raggiunge o supera il valore della Ps.

La funzione della barriera al vapore quella di ridurre drasticamente la traspirabilit del materiale isolante per abbattere il valore della Pd del vapore in modo tale che il valore di quest'ultima si mantenga sempre al di sotto di quello della Ps per tutto lo spessore dell'elemento costruttivo interessato.

26 - Qual il diagramma di passaggio di una diatermica attraverso una parete esterna Nel periodo invernale gli elementi costruttivi costituenti l'involucro di un edificio riscaldato sono interessati dal passaggio di calore prodotto all'interno, verso l'ambiente esterno caratterizzato da una temperatura pi bassa. La trasmissione del calore avviene all'interno dei corpi solidi per conduzione, mentre tra i corpi solidi e l'aria per convezione e irraggiamento. L'isolamento fornito da una parete esterna sar tanto pi efficace quanto minori risulteranno i flussi termici attraverso di essa, a parit di temperatura esterna ed interna, ovvero quanto maggiore sar la resistenza termica della parete stessa. La resistenza termica di una parete non omogenea sar pari alla somma delle resistenze termiche dei singoli strati a cui si devono aggiungere gli scambi termici che avvengono tra le due superfici della parete e l'aria ambientale, sia interna che esterna. Detti scambi sono regolati dai coefficienti di adduzione interno (alfa i) ed esterno (alfa e), i cui inversi, detti "resistenze liminari" sono i valori da sommare alle resistenze termiche dei singoli strati. Lo scambio termico attraverso una parete dovuto ad una serie di salti termici regolati dalle differenti temperature tra aria e superficie interna della parete, tra le facce dei diversi strati di materiale ed infine tra superficie esterna ed aria fredda. La caduta di temperatura tra le due facce di uno strato solido dipende ovviamente dalla conducibilit lambda del materiale e risulter tanto maggiore quanto minore lambda, cio quanto maggiori risultano le capacit isolanti del materiale. 27- Che cosa si intende con "ponte termico" e come si risolve I fenomeni di dispersione del calore non avvengono soltanto attraverso gli elementi costruttivi in direzione perpendicolare alle loro superfici, ma anche in corrispondenza di tutta una serie di punti critici dell'involucro edilizio, detti "ponti termici" che si configurano come vie privilegiate di trasmissione del calore, in quanto caratterizzati da maggiore trasmittanza rispetto al resto dell'involucro. I ponti termici possono essere considerati come delle discontinuit di tipo sia geometrico che costruttivo. Sono discontinuit geometriche quelli in corrispondenza degli angoli e delle intersezioni tra i diversi elementi costruttivi (muri, setti, solai, ecc.). Sono invece discontinuit di tipo costruttivo quelle in corrispondenza delle interconnessioni tra sistemi e sottosistemi di completamento e nell'ambito di quest'ultimi i nodi strutturali, i serramenti ed i collegamenti di questi con la tamponatura rappresentano i casi pi frequenti di ponti termici. In corrispondenza dei nodi strutturali, il ponte termico si pu risolvere con l'adozione di tamponature passanti o di isolamento a cappotto, in ogni caso si dovr procedere alla protezione della discontinuit tecnica con interventi anche di tipo localizzato. Per quanto riguarda i serramenti la risoluzione del ponte termico dipende dal tipo di serramento adottato, ad esempio, per garantire le minori dispersioni, si possono avere i vetri termoisolanti, gli infissi realizzati con materiali a bassa conducibilit termica, l'inserimento di guarnizioni nei punti di battuta tra infisso e tamponatura, ecc. 28 - Cosa si intende per "isolamento a cappotto"(schema Caparol) Ogni sistema di isolamento termico frena il flusso di calore che attraversa gli edifici. La capacit di trasmettere il calore viene calcolata per i materiali omogenei attraverso la conducibilit termica ,

espressa in W/mK, divisa per lo spessore del materiale, espresso in m. Il valore della trasmittanza U (W/m2K), fornisce la dispersione di calore di un metro quadrato di un elemento costruttivo per una differenza di temperatura di un grado. Pi piccolo il valore U, pi basso il passaggio di calore e minore il fabbisogno di energia (per compensare le dispersioni). Ogni sistema di isolamento termico frena il flusso di calore che attraversa gli edifici. La capacit di trasmettere il calore viene calcolata per i materiali omogenei attraverso la conducibilit termica , espressa in W/mK, divisa per lo spessore del materiale, espresso in m. Il valore della trasmittanza U (W/m2K), fornisce la dispersione di calore di un metro quadrato di un elemento costruttivo per una differenza di temperatura di un grado. Pi piccolo il valore U, pi basso il passaggio di calore e minore il fabbisogno di energia (per compensare le dispersioni). I ponti termici estraggono calore dagli ambienti interni e lo portano allesterno. Si formano dove vengono utilizzati uno accanto allaltro materiali con differente trasmittanza termica, in special modo dove un elemento ad alta trasmittanza (per es. un pilastro in c.a.) inserito in una parete con strato isolante. Esempi classici sono le zone muro-soletta o muro-pilastro/trave. Mediante un isolamento termico dallesterno con il sistema Capatect i ponti termici vengono corretti e pertanto eliminati. Il comfort negli ambienti abitati dipende principalmente dalla differenza di temperatura tra laria e le superfici delle pareti. Se la differenza troppo elevata, possono verificarsi moti convettivi dellaria interna. La differenza di temperatura tra le camere e le pareti che le delimitano non dovrebbe superare 3 C, per avere un ambiente abitativo confortevole e sano. Ogni sistema termoisolante Capatect protegge le facciate dalle fredde temperature esterne, e impedisce grosse differenze di temperatura tra murature e aria interna. Ogni sistema di isolamento dallesterno frena il flusso di calore da dentro a fuori e da fuori a dentro. Quindi chiaramente necessaria meno energia per il riscaldamento e per il condizionamento estivo. Come regola approssimata vale: miglioramento di trasmittanza U di 0,1 W/m2 K significa un risparmio di circa 1 litro di gasolio ovvero di 1 m3 di gas metano, riferito a 1 m2 di superficie di facciata. CAPATECT sistema costruttivo 1. Collante: Il collante crea il collegamento tra il supporto e il materiale isolante. Per ogni variante di isolante e supporto esiste il collante Capatect ideale. 2. Isolante: Il materiale isolante frena il flusso di calore. Esistono pi varianti a disposizione, che vanno dal pi economico ed affidabile polisti- rene espanso nelle versioni tradizionale bianca e ad alta resistivit termica con grafite, alla versione con lana di roccia e ai materiali biologici di nuova concezione. 3. Tasselli: In aggiunta allincollaggio pu essere necessario un fissaggio meccanico supplementare. Questo in funzione del supporto, del peso del sistema e dellisolante impiegato. 4. Rasatura armata: Malta speciale con rete in fibra di vetro annegata. Lo strato di armatura ha il compito di impedire lesioni dovute alle tensioni indotte dalle variazioni termiche superficiali e dagli urti. 5. Finitura: Il rivestimento protegge il sistema cappotto dagli agenti atmosferici e consente la finitura estetica della facciata con rivestimenti tradizionali o minerali e con mattoncini a vista. Fondamentalmente non esistono, nel caso delle case a basso consumo e delle case passive, dal punto vista della fisica delle costruzioni, esigenze diverse da quelle che si manifestano per ledilizia tradizionale, tuttavia gli errori influiscono molto pi pesantemente sullinvolucro edilizio. E perci necessario, gi in fase di progettazione, prevedere un buon isolamento termico esterno, con la tenuta dellinvolucro allumidit e la sua resistenza al vento, e la corretta forma e la favorevole disposizione delledificio. Una applicazione corretta del sistema di isolamento riveste in questi casi un ruolo molto significativo, e dovrebbe essere eseguita solo da imprese altamente specializzate. Applicazione dei pannelli isolanti senza ponti termici La posa dei pannelli isolanti ad alto spessore deve essere molto accurata in modo da evitare

discontinuit nellisolamento. Fissaggio meccanico con rivestimento isolante delle teste dei tasselli Anche i tasselli a taglio termico consentono una dispersione di calore: perci necessario inserire i tasselli forzandoli almeno 1,5 cm entro lisolante, e tapparli con un disco (Dbelkappe) dello stesso materiale isolante. Vedere i componenti alle pagine 22 e 23. Giunzioni agli elementi costruttivi a tenuta Per impedire una ventilazione non controllata, e eventuali infiltrazioni dacqua, tutti i punti di collegamento alle parti murarie delledificio e a elementi come finestre, porte, lattonerie, etc. sono da eseguire a tenuta. Questo accorgimento basilare per una casa di tipo passivo. Strati di rasatura armata a spessore maggiorato Maggiore lo spessore di isolante, pi alte sono le variazioni di temperatura nello strato superficiale di rivestimento. Le conseguenti alte tensioni possono essere sostenute solo da uno strato di rasatura armata consistente (almeno 5 mm). Alta qualit delle finiture Pi alto lo spessore di isolante, minori sono le trasmissioni di calore dallinterno allesterno, e dunque la superficie esterna subisce maggiori e pi durevoli raffreddamenti. Le superfici fredde favoriscono la presenza di umidit, perci necessario utilizzare finiture altamente idrorepellenti e elastiche a base di resine silossaniche. Trattamenti protettivi supplementari Pi spesso lisolante, pi alto e lungo nel tempo il carico di umidit sulla facciata. Un possibile rischio di infestazione di muffe o alghe, in particolar modo in zone esposte in modo particolare, come le superfici a Nord, pu essere limitato con lapplicazione di una protezione supplementare altamente idrorepellente e antimuffa.

29 - Cosa si intende per "casa passiva" (passivhaus) la casa passiva uninnovazione tecnologica dovuta al fisico tedesco Wolfgang Feist e allo svedese Bo Adamson, professore alla Lund University. Lobiettivo che si prefiggeva era quello di ridurre i consumi energetici di unabitazione. Il primo tentativo fu fatto a Darmstadt, Germania, nel 1990, ed ottenne risultati eccellenti dal punto di vista del risparmio energetico, tuttavia il costo di produzione non la rese molto popolare. Altri esperimenti si susseguirono negli anni, finch nel 1996 nacque la fondazione Passivhaus-Institut a Darmstadt, con il tempo anche i costi si sono abbassati, anche se alcuni materiali hanno ancora prezzi elevati. I vantaggi in termini di consumo energetico sono enormi: una casa passiva consuma il 90% in meno rispetto alle case tradizionali, e circa il 75% in meno rispetto alle nuove case costruite secondo la regolamentazione termica attuale. La casa passiva si basa dunque sul concetto di costruzione a consumi molto ridotti, quindi il riscaldamento non ottenuto mediante un normale impianto attivo a consumo energetico, bens tramite tutte quelle che vengono chiamate fonti passive di calore: la radiazione solare, le persone, linerzia termica. Molto importanti sono i fattori come lisolamento termico, lassenza di ponti termici, lelevata impermeabilit allaria, il controllo della ventilazione. Molto importanti sono anche lesposizione della casa e la forma, preferibilmente compatta cos da disperdere meno calore a parit di volume. Lefficacia dellisolamento termico di tutto linvolucro permette di conservare calore allinterno in inverno e di non farlo entrare in estate. Listituto passivhaus ha stabilito dei criteri generali riassumibili in quattro punti, necessari oltretutto per ottenere il certificato energetico casa passiva. - Consumo di energia primaria totale annuo che non superi i 120 kWh/mq; - Riscaldamento inferiore ai 15 kWh/mq annui; - Tenuta allaria di n50<0,6 h-1; - Trasmittanza U = 0,15 W/m2K per le pareti opache e U = 0,8 W/m2K per le parti finestrate. Punti che, insieme a tanti altri accorgimenti e consigli che, rispettati, garantiscono nefficienza globale massima della casa passiva. Tra le critiche al concetto di casa passiva, soprattutto la sua scarsa adattabilit ai climi temperati, che hanno bisogno di accorgimenti diversi, primo fra tutti quello di schermare completamente la casa

dal sole in estate. Tuttavia da qualche anno i criteri per ottenere il certificato hanno compreso un punto che permette di evitare leccessivo surriscaldamento estivo: non si pu cio superare del 10% i 25C di temperatura interna nel periodo estivo. Il comportamento della casa passiva, come gi stato verificato, efficace. Resta solo da prendere esempio dagli esperimenti piloti, numerosi anche in Italia, per realizzare una sempre migliore efficienza, non soltanto dal punto di vista energetico, ma anche dal punto di vista economico, che ancora crea difficolt per la diffusione a larga scala di questo tipo di edilizia.

Casa Passiva Rockwool:


Una Casa Passiva, per essere certificata come tale, deve essere caratterizzata da un fabbisogno termico non superiore ai 15 kWh/m2a e da un fabbisogno energetico totale inferiore a 42 kWh/m2a, comprensivo di riscaldamento, acqua calda sanitaria ed elettricit utilizzata per illuminazione ed elettrodomestici. In generale, per quanto riguarda il riscaldamento invernale, una Casa Passiva in Italia consente un risparmio energetico di circa il 90% rispetto ad un edificio tradizionale e dell'80% rispetto a una moderna casa standard conforme ai pi avanzati regolamenti edilizi europei. Una Passivhaus, dunque, rientra nell'obiettivo del "fattore 10", ossia utilizza solo il 10% dell'energia rispetto ad un edificio tradizionale. In una Casa Passiva, l'energia necessaria a riscaldare un appartamento di 100 m2 in anno equivalente a 150 litri di gasolio, ossia 2 pieni dell'automobile. Per costruire una casa passiva in fase di progettazione necessario prendere in considerazione i seguenti aspetti: - la forma dell'edificio: tanto pi la superficie che racchiude il volume elevata, tanto pi elevato lo scambio termico e quindi le perdite termiche; - l'orientamento delle stanze, delle finestre e delle superfici vetrate: per sfruttare al meglio la luce del sole nei diversi periodi dell'anno, di essenziale importanza valutare i guadagni in termini di energia derivanti dalla radiazione solare/dagli apporti solari. Ad esempio sono ideali ampie aperture rivolte verso sud che permettano al sole di entrare durante linverno e siano facilmente schermabili durante lestate per non dar luogo ad un eccessivo surriscaldamento; - l'utilizzo di fonti rinnovabili di energia: i bassi consumi elettrici totali di una casa passiva possono essere coperti totalmente mediante l'uso di energie rinnovabili; - il super isolamento: il super-isolamento delle pareti e del tetto impedisce al calore di disperdersi verso lesterno nella stagione invernale e per contro riduce lentit della calura estiva; un opportuno sistema di isolamento, ad esempio a cappotto, consente di ridurre drasticamente o eliminare i ponti termici (discontinuit tra materiali) che costituisce una via privilegiata per gli scambi di calore da e verso l'esterno; - la ventilazione meccanica controllata con recupero di calore in uscita: il flusso dell'aria viene regolato in modo tale da assicurare precisamente la quantit di aria richiesta per avere un'eccellente qualit dell'aria interna. Uno scambiatore di calore ad alta efficienza (>80%) viene utilizzato per trasferire calore dall'aria interna in uscita con l'aria fresca in entrata, che viene pulita attraverso un filtro; - serramenti ad elevati standard prestazionali: questi dovranno essere altamente isolati per evitare il pi possibile le dispersioni di calore mentre le finestre saranno costruite con vetri tripli basso emissivi. Casa Passiva nel Mediterraneo: parametri da considerare Quindi, se nel centro Europa sono importanti lesposizione vetrata a sud, limpermeabilit allaria e il controllo della ventilazione, nel Mediterraneo sar piuttosto il caso di prevedere un accurato sistema di oscuramento dal sole, mentre non sar cos necessaria limpermeabilit allaria (considerando anche gli aspetti culturali che ci comporta, in un territorio in cui lesterno e linterno sono sempre stati in stretta relazione) e infine considerare comunque unappropriata ventilazione. Il parametro sicuramente pi importante in clima mediterraneo sar linerzia termica dellinvolucro: unelevata inerzia termica garantisce infatti un passaggio di calore tra esterno e interno graduale, cosa

che permette di giorno di mantenere una temperatura pi bassa rispetto allesterno, mentre il calore accumulato nella parete, venendo rilasciato di notte, quando le temperature esterne sono molto pi basse, potr facilmente essere controllato mediante unadeguata ventilazione. Linerzia termica della parete collegata alla massa della parete, e su questo parametro sono in corso diversi studi per verificarne il comportamento in diversi tipi di involucri esterni in area mediterranea; in particolare, uno studio condotto dal professor Fabio Fantozzi delluniversit di Pisa e dagli architetti Caterina Gargari e Francesca Reale, delluniversit di Firenze, stato condotto su quattro tipi di involucri in laterizio, con lutilizzo di alcuni software di ultima generazione, che permettono di simulare condizioni climatiche dinamiche di specifiche localit, ed in questo caso hanno scelto un edificio semplice e compatto in prossimit di Napoli; mentre Elisa Di Giuseppe, Lorenza Fantini, Marco DOrazio e Costanzo Di Perna, dellUniversit Politecnica delle Marche, di Ancona, hanno preso in considerazione tre tipologie di edificio tipiche del panorama italiano (un edificio a torre, una villetta e un condominio di quattro piani), e ne hanno studiato il comportamento per la zona climatica D. In tutti e due i casi studio, i parametri considerati, sono stati definiti, in accordo con lultima Direttiva Europea 2010/31/Eu sulla prestazione energetica nelledilizia (di cui per non sono stati ancora emanati i decreti attuativi), attraverso le norme UNI 10375 del 2011, Metodo di calcolo della temperatura interna estiva degli ambienti, che integrano e migliorano lanalisi del comportamento estivo degli edifici rispetto al modello della UNI Ts 11300, metodo di calcolo affidato a modelli semistazionari (queste per la definizione del comportamento estivo si limitavano alla sola trasmittanza termica periodica, mentre le ultime tengono conto delloscillazione delle temperature operanti estive). Attraverso studi come questi e una rinnovata attenzione per gli aspetti geografici e culturali dellarchitettura, possibile avvicinarsi alla realizzazione di case passive anche per il mediterraneo

30 - Cos' la "lana di roccia" e a cosa serve La lana di roccia stata scoperta sulle isole Hawaii agli inizi del secolo scorso e deve la sua origine al processo di solidificazione, sotto forma di fibre, della lava vulcanica, lanciata in aria durante le attivit eruttive. Il processo produttivo molto simile all'azione naturale dei vulcani. La lana di roccia , infatti, ottenuta a partire dalla fusione di rocce vulcaniche, presenti in quantit praticamente inesauribile in natura, insieme a brichette e ad altre materie prime, a una temperatura di circa 1500 C. E quindi un prodotto completamente naturale che coniuga in s quattro doti fondamentali: Isolamento termico: La struttura a celle aperte, tipica della lana di roccia, consente di ostacolare il passaggio di caldo e freddo, assicurando unelevata performance isolante. Fonoassorbente: La struttura a celle aperte della lana di roccia favorisce lassorbimento delle onde acustiche e permette di attenuare lintensit e la propagazione del rumore. Comportamento al fuoco: la lana di roccia un materiale inorganico, che fonde a temperature superiori ai 1000 C. Contribuisce, pertanto, a rallentare la propagazione di un incendio e a limitare lemissione di gas tossici. Inoltre, la lana di roccia stabile al variare delle condizioni termiche e igrometriche dellambiente in cui viene installata. 31 - Dove si fanno passare normalmente i tubi dell'impianto di riscaldamento
La rete di distribuzione del calore mediante acqua realizzata con tubazioni in acciaio opportunamente coibentate. La posizione dei tubi varia a seconda del tipo di impianto che si vuole realizzare. Gli impianti si distinguono fondamentalmente in due categorie: quelli a circolazione naturale (senza organi di spinta); quelli a circolazione forzata con elettropompe.

Anche se oggi gli impianti a circolazione naturale sono quasi in disuso in Italia, a causa degli elevati diametri delle tubazioni e della necessit di grandi serbatoi collocati sui tetti dei fabbricati, in molti altri paesi del mondo rappresentano ancora la soluzione pi usata. Le reti di distribuzione possono essere: - "a colonne montanti" prevede la realizzazione di una tubazione verticale in corrispondenza di ogni allineamento verticale di corpi scaldanti, quindi, in tal caso, i tubi si troverebbero all'interno delle pareti perimetrali verticali; "a collettore complanare" prevede per ogni appartamento o unit da servire, collettori di distribuzione collegati alle colonne montanti e una rete di tubazioni orizzontale generalmente installata sotto il pavimento. - "orizzontale" prevede che lungo il perimetro dell'edificio si realizzi una tubazione ad anello cui siano collegati i radiatori. Nel caso di distribuzione orizzontale con montanti e distribuzione al piano, le colonne possono essere inserite nella muratura o in appositi cavedi ispezionabili, mentre i collegamenti ai radiatori sono realizzati in traccia sotto il pavimento. Nel caso di edifici adibiti ad ufficio si pu prevedere l'installazione delle tubazioni nel controsoffitto con collegamento ai radiatori del tipo a pioggia. anche possibile alloggiare le tubazioni all'interno di pavimenti sopraelevati.

32 - Che diametro devono avere i tubi che portano l'acqua negli impianti di riscaldamento Il diametro della tubazione legato alla portata del fluido termovettore e quindi al flusso termico e alla velocit massima del fluido che nell'impiantistica civile compresa tra 0,8 e 1,8 m/s. I circuiti che richiedono tubazioni di maggiore diametro sono quelli dell'acqua refrigerata dove si utilizzano salti termici da 5-6 C tra la mandata ed il ritorno. I circuiti caldi utilizzano normalmente un salto termico pari a 10-15 C. Nell'edilizia civile le reti di distribuzione principale non hanno mai diametri superiori a 200 mm (20 cm), mentre i rami secondari richiedono tubazioni di diametro non superiore ai 100 mm. 33 - Che cos' il decibel e come si calcola Il decibel l'unit di misura convenzionale con la quale in acustica si indica il livello del fenomeno acustico. La relazione che lega la sensazione sonora al fenomeno che l'ha generata di tipo esponenziale e non lineare. Per cui si riscontrato che raddoppiando la pressione emessa da una sorgente, non segue un raddoppio della sensazione sonora, ma al contrario si avr un aumento maggiore. Da queste considerazioni, nasce una misurazione di tipo logaritmico: il decibel (indicativamente, ad un aumento dell'intensit sonora di 3 decibel corrisponde circa un raddoppio della percezione soggettiva del rumore). Il decibel (dB) definito come: 10 * log10P/P0 dove P la misura in Pa(Pascal) della pressione sonora e P0 il livello standard di riferimento, cio il livello minimo di udibilit stabilito in 20 micro pascal, essendo questo il pi piccolo valore di pressione in grado di produrre una sensazione sonora in un orecchio normale (prescindendo per il momento dalla dipendenza di tale sensazione dalla frequenza). Il valore 0 di questa scala deve quindi essere definito con una convenzione, consistente nel fissare un valore di riferimento a cui far corrispondere lo zero e a cui rapportare i valori delle grandezze in esame. E' bene quindi sottolineare che il dB non una unit di misura, ma un modo di esprimere una certa misura: esso adimensionale. 34 - Quali sono le modalit di trasmissione del rumore e quali i limiti di intensit sonora all'interno degli edifici per garantire condizioni di benessere acustico La trasmissione del suono da una sorgente al ricevitore pu avvenire in diversi modi e per diverse vie.

Le traiettorie seguite possono riassumersi in due gruppi: via aerea; via strutturale A sua volta il primo gruppo pu essere ricondotto a due sottogruppi: il primo, rumore trasmesso attraverso condotti, finestre, ed altri passaggi daria; il secondo riconducibile ad una trasmissione del rumore aereo attraverso la struttura. Tali traiettorie solamente in alcune parti risultano essere in aria.

35 - Quali sono e quali propriet devono avere i materiali isolanti acustici I materiali con capacit fonoassorbenti devono essere in grado di intrappolare l'energia di vibrazione delle onde sonore e di dissiparla, trasformandola in calore a mezzo degli attriti, in modo tale che la quantit di energia sonora trasmessa sia molto ridotta rispetto a quella assorbita. E' evidente che inserendo uno strato di materiale fonoassorbente nell'organizzazione di un divisorio, si ha un notevole miglioramento acustico fornito da quest'ultimo. Se lo strato o l'elemento fonoassorbente si affaccia direttamente nell'ambiente dove si trova la sorgente di rumore, si avr anche una notevole riduzione della riflessione delle onde sonore nell'ambiente stesso. Risultano dotati di capacit fonoassorbente tutti i materiali porosi e fibrosi specie se caratterizzati da basso peso unitario. In ogni caso il coefficiente di assorbimento, inteso come frazione di energia non riflessa e non trasmessa, funzione della frequenza incidente cos come delle modalit di assemblaggio e messa in opera dell'elemento assorbente. Le principali soluzioni adottate per aumentare l'assorbimento di superfici affacciate su ambienti fonti del rumore sono: strati porosi, piastrelle acustiche, pannelli vibranti, risuonatori ecc. Qualora lo strato di materiale poroso sia di dimensioni limitate, il coefficiente di assorbimento dello stesso viene ridotto dalla porzione di suono riflessa dalla superficie rigida retrostante. Lo strato pu essere installato anche ad una certa distanza dalla parete, in modo tale da incontrare l'onda incidente in punti dove la velocit delle particelle d'aria massima, ne consegue a parit di altre condizioni, un pi alto assorbimento. 36 - Qual lo schema statico di una capriata (schema prontuario)
La capriata, se riceve carichi solo nei nodi e se in questi gli assi degli elementi convergono in uno stesso punto, soggetta a sforzi di trazione (il monaco e soprattutto la catena) o compressione (i puntoni); altrimenti i carichi che gravano sui puntoni generano in essi dei momenti flettenti mentre le eccentricit nei nodi generano dei momenti in ogni membratura ivi convergente. Non si possono infatti tollerare azioni orizzontali che non siano dovute la sisma, perch si creerebbe un effetto cumulativo molto dannoso per la stabilit della struttura.

37- Trave a spessore


Sono travi la cui altezza compresa nello spessore del solaio, sono spesso usate negli edifici d'abitazione che non richiedono luci troppo elevate. La forma della sezione di solito sensibilmente appiattita poich, restando fissata l'altezza in misure generalmente inferiori a quelle derivanti dai proporzionamenti ordinari, la larghezza, derivante dalla condizione di resistere alle sollecitazioni massime, risulta notevole. Con le travi a spessore conviene, quando possibile, impiegare solai con soletta di calcestruzzo che, collaborando con la trave, contribuisce ad aumentare il momento d'inerzia della sua sezione retta e a diminuire quindi la deformabilit. Infatti, le travi a spessore risultano in genere sensibilmente pi deformabili delle travi con nervatura sporgente, e una eccessiva deformabilit pu causare lesioni alle tramezzature, e alle pavimentazioni. Generalmente l'altezza di tali travi bene che non sia inferiore a 1/20 della luce massima, quindi spesso opportuno adottare solai di spessore leggermente sovradimensionato e, nel caso di maglie rettangolari, disporre le travi nella direzione del lato pi corto.

Un problema particolarmente delicato per le travi in spessore quello relativo al trasferimento del taglio in corrispondenza dei pilastri, infatti, avendo questi larghezza in genere sensibilmente inferiore a quella delle travi, tendono a punzonarle. Se le tensioni tangenziali medie superano i valori limiti consentiti dalla normativa, indispensabile disporre convenienti armature che possono essere costituite da ferri piegati, possibilmente di piccolo diametro e molto ravvicinati al pilastro, talvolta, in alternativa, s'impiegano staffe disposte attorno al pilastro, che hanno la funzione di cerchiatura. Per quanto riguarda l'armatura d'intradosso delle travi, la normativa italiana prescrive che, in corrispondenza di ciascuna sezione estrema, essa debba essere tale da resistere, con adeguato ancoraggio, ad uno sforzo pari al taglio relativo. Almeno due barre superiori devono essere mantenute all'estradosso, per l'intera estensione, con funzione di reggi staffe e analoga disposizione deve essere adottata, per l'intradosso. Sempre secondo la normativa le staffe devono assorbire non meno del 40% del complessivo sforzo di scorrimento. Di solito le staffe sono mantenute di diametro e passo costanti per l'intera lunghezza della trave. Le travi vanno dimensionate in funzione della luce (la distanza che intercorre tra gli interassi di due pilastri (o setti) successivi) e generalmente si usa il criterio secondo il quale lo spessore longitudinale delle travi (o altezze) deve essere pari a 1/10 o 1/12 della luce. Ci significa che nel caso si abbia una luce di 6 m la trave dovr essere approssimativamente alta 60 cm. Ne consegue che risulter sporgente verso l'intradosso del solaio di circa 30 cm (ipotizzando un pacchetto solaio standard di circa 30 cm). In tutti quei casi in cui tale sporgenza, sia nelle travi di bordo che in quelle intermedie, risulti poco opportuna, quando ad esempio si sceglie un taglio della finestra tale da non consentire, per insufficiente altezza, l'alloggiamento del cassonetto per l'avvolgibile, o quando non si vuole vedere al centro delle stanze il rilievo delle travi sui soffitti e non sia possibile controsoffittare, si ricorre all'uso delle travi "a spessore", cos definite perch vengono alloggiate completamente nello spessore del solaio, facendo scomparire rispetto ad esso ogni sporgenza. In pratica supponiamo di utilizzare la stessa trave di prima con un h di 60 cm ed una base di 20 cm e di ruotarla di 90 gradi in modo che l'altezza risulti di 20 cm e la base di 60 cm. Da un punto di vista statico il comportamento della trave normale e di quella a spessore sostanzialmente diverso, infatti nel primo caso la trave offre una maggiore resistenza alla flessione in quanto il suo momento di inerzia pi grande rispetto al momento di inerzia della trave a spessore. Quindi, essendo sottoposta a sollecitazioni maggiori, la trave a spessore deve essere pi armata di una trave normale e a volte anche un p pi lunga (invece di soli 20 cm, 30 cm ad esempio). 38 - Solaio in laterocemento I solai in laterocemento sono solai in cui ad elementi in calcestruzzo armato, normalmente travi con funzioni prevalentemente resistive-strutturali, si uniscono elementi in laterizio con funzioni prevalentemente di alleggerimento e di coibentazione, generalmente blocchi (tipo tavelle, tavelloni e tavelline oppure pignatte). Sono classificati come strutture miste poich ottenute dall'assemblaggio di questi due tipi di materiale che hanno fra loro buona affinit. Gli elementi in laterizio possono essere collaboranti con la struttura in calcestruzzo ai fini della staticit. Il laterizio viene usato per delimitare, con le sue pareti, i canali all'interno dei quali viene disposta l'armatura di acciaio e che, successivamente, vengono riempiti di calcestruzzo. Questi canali, a calcestruzzo indurito, rappresenteranno le nervature resistenti dell'intera struttura. La funzione resistiva pu essere assunta in parte anche dal laterizio che, nello specifico, presenter particolari requisiti e forme. I solai in laterocemento possono essere fatti in opera, parzialmente in opera o prefabbricati e sono la tipologia pi diffusa tra le strutture piane orizzontali adoperate nell'edilizia comune. Nel caso di solai parzialmente o totalmente prefabbricati, l'armatura contenuta all'interno dei

componenti prefabbricati. I solai in laterocemento con travi prefabbricate sono molto diffusi nell'edilizia contemporanea. La tipologia delle travi pu variare, ma in generale tutti i solai in laterocemento sono piuttosto leggeri e garantiscono un buon isolamento termo-acustico, hanno una notevole rigidezza flessionale e ripartiscono in maniera uniforme i carichi sugli appoggi. Infine, non necessitano di impegnative opere di casseratura e risultano di rapida e semplice esecuzione. Di norma alle travi si associano le pignatte (collaboranti o meno), ma quando necessario realizzare solai ad intercapedine pu essere vantaggioso il ricorso al solaio con travi di tipo "Varese" (detto anche solaio "Varese"), insieme ad elementi di alleggerimento tipo tavelloni o tavelle. Se si prevedono in fase di montaggio elementi di plafonatura rimovibili, la camera d'aria pu essere ispezionabile.

39 - Qual il peso di 1 mc di CLS ed il peso di 1 mc di acciaio e quali sono le loro caratteristiche di resistenza
Il calcestruzzo (cls) un impasto di pietrisco, ghiaia, sabbia ed eventuali additivi, legato con acqua, calce idraulica o cemento, usato nelle costruzioni stradali ed edili. Il calcestruzzo pesa circa 2300 kg/mc; - la Resistenza Caratteristica Cubica a 28 giorni di maturazione (Rck) compresa fra 150-400 kg/cmq - la Tensione Massima Ammissibile (sigma) a compressione del cls sc = 60+(Rck-150/4 Lacciaio una lega metallica di ferro (Fe) e carbonio (C)) di colore grigio , molto dura, resistente ed elastica. Possono essere presenti altri elementi accompagnatori e di lega. Tra gli elementi accompagnatori si hanno: fosforo (P), zolfo (S), azoto (N). Tra gli elementi di lega si hanno: manganese (Mn), silicio (Si), Cromo (Cr), Nichel (Ni), molibdeno (Mo). Lacciaio pesa circa 7860 kg/mc; Le resistenze ammissibili variano a seconda del tipo di acciaio che si sta considerando, i tipi pi usati sono (ai diversi gradi corrispondono diverse caratteristiche meccaniche del materiale): Fe 360 - S 235 Fe 460 - S 275 Fe 510 - S 355 I valori ricorrenti delle Resistenze sono: sa = 1200-1600-2200-2400-2600 kg/cmq Le barre utilizzate nel c.a. sono prevalentemente di acciaio con resistenza sa = 2200 o 2600 kg/cmq, corrispondenti alle barre ad aderenza migliorata; mentre i valori di sa = 1200-1600 kg/cmq corrispondenti alle barre lisce sono sempre meno usati.

40 - Nel caso di una struttura di tipo puntiforme (pilastri e travi) come si contrasta l'azione del vento La funzione di controventamento pu essere assolta con l'inserimento di nuclei irrigidenti (blocchi scala e/o ascensore) ai quali verr aggrappata, tramite gli orizzontamenti, l'intera maglia strutturale. Nel contesto strutturale il posizionamento dei nuclei di controventatura deve risultare il pi simmetrico possibile rispetto agli assi principali dell'edificio. Se necessario inoltre, questi possono unirsi con setti in c.a. in corrispondenza della muratura di divisione degli alloggi per irrigidire l'intera struttura. In caso contrario, in condizioni sismiche, i nuclei stessi possono trasformarsi in "pivot" attorno ai quali pu avvenire l'avvitamento dei piani orizzontali con pesante coinvolgimento dei telai pi lontani dall'asse verticale di rotazione (torsione di piano). La presenza dei nuclei di controventamento diviene essenziale in casi particolari di sistemi interamente prefabbricati nei quali le modalit di assemblaggio non arrivano a garantire la perfetta continuit e quindi la monoliticit tra i diversi elementi.

41 - Strutture di fondazione

Le strutture di fondazione collegano le strutture di elevazione al terreno, in modo tale da garantire che queste ultime siano sostenute dal terreno stesso. Dovr pertanto sussistere una condizione di equilibrio fra le sollecitazioni trasmesse dalla sovrastruttura e la reazione del suolo. A tal fine si dovr sempre verificare il comportamento del suolo per determinarne la sua resistenza in rapporto alle sollecitazioni trasmesse dalle fondazioni. Il criterio di resistenza del terreno viene stabilito in funzione delle caratteristiche meccaniche del suolo e delle caratteristiche geometriche della fondazione. Si determina il valore della tensione al limite del collasso per il terreno e si fissa come carico ammissibile quello corrispondente ad un terzo del carico limite. Le fondazioni si suddividono in: -fondazioni dirette, possono essere isolate (plinti) o continue (travi rovesce e platee) e trasferiscono al terreno i carichi superiori per semplice appoggio sul piano di posa di una superficie pi o meno estesa; -fondazioni indirette o profonde (plinti o travi su pali) trasmettono i carichi a strati di terreno non superficiali utilizzando particolari strutture (pali) e con modalit differenti dalla semplice posa. La scelta della tipologia fondale da adottare di volta in volta condizionata dalla natura del terreno su cui si deve intervenire. 42 - Tetto Ventilato La copertura si configura come un sistema edilizio complesso, finalizzato a fornire determinate prestazioni in relazione alle azioni esterne a cui sottoposta (impermeabilit allacqua, isolamento termico, resistenza al vento, ecc.) con un proprio funzionamento dal punto di vista termoigrometrico, statico, idraulico, ecc. Essa costituita da una serie di elementi e strati, ognuno con precise funzioni, tra i quali, durante la vita utile, si creano interazioni di tipo fisico e chimico che occorre conoscere, e delle quali necessario tener conto nelle fasi di progettazione e realizzazione. Dal punto di vista funzionale, si possono individuare una serie di elementi e strati, che fornendo ciascuno specifiche prestazioni, concorrono a realizzare la copertura stessa e a determinarne il comportamento globale. La norma UNI 8089 Terminologia funzionale delle coperture elenca tali elementi e strati, che vengono definiti in relazione alle funzioni svolte e suddivisi in elementi primari (elemento di tenuta, elemento termoisolante, elemento portante) ed elementi e strati complementari (elementi di collegamento, di supporto, strato di barriera al vapore, strato di ventilazione). La presenza o meno di alcuni degli elementi o strati funzionali della copertura, porta ad un diverso tipo di funzionamento della stessa. Ai fini della progettazione di una copertura discontinua si possono individuare 4 schemi di funzionamento, dal punto di vista termoigrometrico, ai quali possibile ricondurre la maggior parte delle tipologie attuali: 1: COPERTURA NON ISOLATA NON VENTILATA 2: COPERTURA NON ISOLATA VENTILATA 3: COPERTURA ISOLATA NON VENTILATA (TETTO CALDO) 4: COPERTURA ISOLATA VENTILATA (TETTO FREDDO) COPERTURA NON ISOLATA NON VENTILATA il tipo di copertura pi semplice, dove non sono previsti n lelemento termoisolante, n lo strato di ventilazione. Questa copertura risulta di impiego limitato ai casi in cui non richiesto un isolamento termico del sistema (es. tettoie, edifici agricoli, coperture di ambienti non riscaldati, ecc.). Gli elementi o strati presenti sono: elemento portante (continuo o discontinuo), elemento di supporto, elemento di tenuta. COPERTURA NON ISOLATA VENTILATA Rispetto alla precedente esiste in pi uno strato di ventilazione, al di sotto dellelemento di tenuta, che ha lo scopo di migliorare il comportamento complessivo della copertura specialmente in clima estivo,

ove la ventilazione riduce gli effetti del riscaldamento dovuto allirraggiamento solare. Pu essere utilizzata nelledilizia agricola. OPERTURA ISOLATA NON VENTILATA (TETTO CALDO) In questo tipo di copertura esiste lelemento termoisolante, ma non lo strato di ventilazione. Lelemento termoisolante generalmente disposto lungo la falda inclinata e lo spazio sottotetto quindi utilizzabile. COPERTURA ISOLATA VENTILATA (TETTO FREDDO) Questo tipo di copertura quello che, dal punto di vista termoigrometrico, offre le migliori garanzie di buon funzionamento. Lo strato di ventilazione allestradosso dellelemento termoisolante evita la formazione di condensazioni del vapore dacqua allinterno degli strati. possibile anche creare unintercapedine ventilata, a spessore costante, lungo la falda, rendendo utilizzabile lo spazio sottotetto. LISOLAMENTO TERMICO Con il termine isolamento termico si fa riferimento a tutta una serie di disposizioni riguardanti il rivestimento delledificio al fine di ottenere una temperatura confortevole per luomo. Il passaggio di calore pu avvenire in modi differenti: per conduzione nei materiali solidi, per convezione nelle sostanze liquide e gassose, per irraggiamento in quelle permeabili alle radiazioni. Il valore viene definito in fisica tecnica come coefficiente di conducibilit termica, espresso in W/mK ed esprime la capacit di un materiale di lasciar passare il calore. Tanto minore il valore, tanto meno il materiale conduce calore, cio tanto meglio il materiale "isola". Laria statica possiede una capacit di conduzione termica molto bassa, per questo i materiali che contengono molta aria hanno una penetrazione di calore scarsa; per cui, pi poroso il materiale e pi sar ridotta la sua capacit di conduzione termica (da tempo si utilizzano anche materiali porosi sintetici, le cui cellule non contengono aria ma gas, es. poliuretano). Lo strato isolante pu essere inserito all'interno della struttura portante oppure sopra di essa. 43 Sistema Ytong SISTEMA DI COSTRUZIONE COMPLETO Ytong offre unampia gamma di blocchi per divisori interni e murature esterne, e di lastre autoportanti per la realizzazione di solai e tetti. Il sistema assicura risposte sia per edifici tradizionali con telaio in c.a. e tamponamenti in blocchi, sia per edifici in muratura portante ordinaria, garantendo quindi una risposta ottimale, sia per la nuova costruzione che per la ristrutturazione di edifici residenziali e non. ISOLAMENTO TERMICO E RISPARMIO ENERGETICO Ytong un sistema autoisolante e le ottime caratteristiche del materiale, permettono il rispetto dei parametri di isolamento termico richiesti dal 2010 dal D.Lgs. 311/2006, senza luso di ulteriori costose coibentazioni, come gli intonaci termici o sistemi a cappotto. Con Ytong il caldo ed il freddo non sono pi un problema, garantendo una temperatura interna sempre ottimale con un notevole risparmio energetico. ISOLAMENTO TERMICO E RISPARMIO ENERGETICO Il principio di un materiale isolante consiste nellimprigionare laria in celle indipendenti luna dallaltra, creando cos una rottura termica, proprio come avviene per un maglione invernale. Per garantire un ambiente confortevole allinterno delledificio necessario che i materiali posseggano diverse caratteristiche tra cui: n buon isolamento termico per diminuire le dispersioni e quindi i consumi energetici, n che non siano igroscopici e quindi deperibili con lumidit. Un buon isolamento termico contribuisce in modo sensibile ad aumentare il livello di comfort ambientale. Inoltre riveste una grande importanza economica, in quanto incide direttamente sul fabbisogno termico e, di conseguenza, sui costi di gestione del riscaldamento invernale o del condiziona mento estivo. Il calcestruzzo cellulare Ytong, con i suoi numerosi microalveoli pieni daria distribuiti uniformemente, possiede eccellenti caratteristiche di isolamento termico (bassa conducibilit, elevata resistenza ter-

mica R), per cui gi con spessori non importanti dei materiali, senza sostanze isolanti supplementari, vengono ampiamente superate le restrittive prescrizioni previste dal Decreto Legislativo 192 del 2005 e successivi aggiornamenti. Il sistema di costruzione Ytong risponde ampiamente ai requisiti delle attuali e future normative, che hanno imposto una drastica limitazione al fabbisogno di energia e quindi, anche una conseguente riduzione di emissione di CO2 e dei carichi ambientali. INERZIA TERMICA E TRASPIRABILITA Una costruzione in Ytong garanzia di comfort interno. I tre criteri che garantiscono un elevato comfort dal punto di vista termico allinterno di unabitazione sono: n linerzia termica: la capacit di un materiale di immagazzinare calo- re e poi di rilasciarlo per mantenere una temperatura interna pressoch costante; n lisolamento termico: la capacit di non condurre calore; n la capacit di un materiale di smaltire la naturale umidit del- laria allinterno dellabitazione. Si tratta di tre criteri che Ytong soddisfa a pieni voti. 44 Impianto Geotermico (Schema Enel Green Power) Perch dobbiamo puntare allutilizzo dellenergia geotermica: la geotermia rappresenta una fonte energetica rinnovabile a elevato potenziale applicativo; d un fondamentale contributo alla riduzione della nostra dipendenza dai combustibili fossili; fa uso di una tecnologia rispettosa dellambiente e vantaggiosa dal punto di vista economico. Nellambito della geotermia classica, di solito, si parla di impianti di grandi dimensioni situati in aree ove relativamente facile estrarre calore ad alte temperature (in genere superiori ai 100 C) sia per il riscaldamento che per la generazione di elettricit tramite turbine a vapore. Con il termine geotermia a bassa temperatura o a bassa entalpia, si individuano invece gli impianti per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti che utilizzano il calore terrestre o delle falde acquifere. Si tratta di una tecnologia che pu trovare applicazione praticamente ovunque nei pi svariati contesti. La presente guida tratta esclusivamente questa seconda tipologia dimpianto. Un impianto geotermico a bassa temperatura sfrutta la temperatura costante del terreno durante tutto lanno negli strati pi superficiali fino a una profondit di 100 metri circa, in Italia compresa tra i 12 e i 17 C. Questa propriet caratteristica del terreno superficiale consente di estrarre calore da esso in inverno in modo semplice ed efficiente e di utilizzarlo come sorgente fredda in estate. In alternativa al terreno, come si vedr pi avanti, possibile utilizzare lacqua di falda o di bacini lacustri con soluzioni tecniche similari. La geotermia a bassa temperatura ideale sia per applicazioni di piccola scala (abitazioni singole) che di scala medio-grande (condomini, terziario, industriale). Essa permette un ottimale riscaldamento invernale e raffrescamento estivo degli ambienti, nonch la produzione di acqua calda sanitaria. Per poter usufruire della naturale energia contenuta nel sottosuolo necessario avvalersi di pompe di calore in genere elettriche, accoppiate a scambiatori termici detti sonde geotermiche. Le pompe di calore geotermiche rappresentano lelemento fondamentale dellimpianto, in quanto permettono il trasferimento dellenergia termica presente nel terreno agli ambienti da riscaldare (funzionamento invernale) e viceversa (funzionamento estivo). In natura il calore tende a spostarsi da una zona a temperatura pi alta a una a temperatura pi bassa. La pompa di calore, tramite la somministrazione di energia elettrica, contrariamente a quanto avverrebbe naturalmente, trasferisce il calore da una sorgente a temperatura pi bassa (denominata sorgente fredda) a una sorgente a temperatura pi alta (denominata pozzo caldo). Nel caso delle pompe di calore geotermiche la sorgente fredda rappresentata dal calore della terra, mentre la sorgente calda dallaria o dallacqua che circola allinterno dei terminali di riscaldamento. Bench facciano uso di elettricit, gli impianti geotermici sono considerati una forma di energia rinnovabile in quanto la quantit di energia termica prodotta ben superiore allenergia primaria

(gas, petrolio, ecc.) resasi necessaria per generare lelettricit che alimenta la pompa di calore stessa. Questo anche il motivo della riduzione drastica dei consumi rispetto ai sistemi di riscaldamento tradizionali a gas/elettrici. SISTEMA DI CAPTAZIONE DEL CALORE Parte essenziale di un impianto geotermico rappresentato dal sistema di captazione del calore. Tale elemento permette al calore di passare da uno stato di dispersione allinterno del terreno o della falda acquifera a uno stato pi concentrato, e quindi utile, allinterno dellimpianto di climatizzazione. Le sonde di captazione geotermica sono generalmente in materiale plastico (polietilene) o in rame. hanno diametro di pochi centimetri (3-4 cm) e sono inserite nel terreno in prossimit delledificio formando un circuito nel quale scorre il fluido termovettore che scambia calore con il terreno; la disposizione e il numero di sonde variano in funzione dellenergia termica richiesta, delle caratteristiche del terreno e del fluido termovettore utilizzato. Le tubature possono essere interrate verticalmente nel terreno fino a grandi profondit, 70-130 metri (sonde geotermiche verticali), oppure orizzontalmente a 13 metri di profondit (sonde o collettori orizzontali). I tubi affondati verticalmente nel terreno possono avere varie sezioni trasversali: singolo o doppio tubo a U, tubi coassiali semplici o complessi. La scelta degli scambiatori a U risulta essere la scelta adottata nella maggior parte dei casi, in quanto se ben dimensionata il sistema a pi elevata affidabilit. Nelle configurazioni a sviluppo orizzontale, si possono avere circuiti ad anello chiuso o aperto, a serpentina, a spirale. Un impianto a sonde orizzontali di pi facile posa in alcune condizioni (edificazioni e/o sbanchi terra per altri scopi), risente dellinfluenza stagionale dellapporto solare e ha bisogno di unarea pi ampia per la posa in opera delle sonde rispetto agli impianti a sonde verticali. Il fluido termovettore che scorre allinterno delle sonde pu essere costituito da acqua semplice o da glicole etilenico (miscela di acqua e anticongelante non tossico). In questo secondo caso si pu far circolare il fluido a temperature inferiori a 0 C, con il vantaggio di avere un flusso termico pi elevato. In alternativa, alcune soluzioni impiantistiche (impianti a espansione diretta) prevedono la circolazione diretta nelle sonde del fluido refrigerante della pompa di calore (gas della famiglia degli idro-fluorocarburi utilizzati anche nei sistemi a pompa di calore tradizionali tipo split). I tubi delle sonde sono collegati in superficie a un apposito collettore connesso alla pompa di calore, installata allinterno delledificio. MPIANTI CON SONDE GEOTERMICHE VERTICALI una soluzione che sfrutta il calore presente in profondit nel terreno, che fino a 100-130 metri presenta temperature fisse di 12-17 C. Viene praticato un foro (di circa 10-15 cm di diametro) nel terreno per mezzo di una macchina perforatrice e viene inserita una sonda geotermica: tramite la circolazione del fluido termovettore in profondit viene assorbito il calore, scambiato in superficie allinterno della pompa di calore. Limpianto occupa poco spazio e pu essere installato anche su piccoli terreni; anche il lavoro di ripristino dopo avere effettuato la perforazione minimo. IMPIANTI CON SONDE GEOTERMICHE ORIZZONTALI Questa tecnologia oltre a sfruttare il calore del terreno risente dellirraggiamento solare accumulato negli strati superficiali del terreno. I collettori orizzontali sono, come le sonde verticali, degli scambiatori in materiale plastico, interrati orizzontalmente a circa 1-2 metri di profondit. Allinterno dei collettori circola, a circuito chiuso, una soluzione di acqua e antigelo che assorbe il calore del terreno e lo cede alla pompa di calore geotermica. La posa di collettori orizzontali richiede grandi superfici, che a seconda dei casi corrispondono dalle due alle tre volte la superficie interna da riscaldare/raffrescare. Una variet di tali soluzioni prevede lutilizzo di sonde orizzontali in rame al cui interno viene fatto circolare direttamente il fluido frigorifero delle pompe di calore, con conseguente semplificazione impiantistica (impianti a espansione diretta). IMPIANTI CHE SFRUTTANO LACQUA COME SORGENTE TERMICA Lacqua per essere sfruttata come sorgente termica, in alternativa al terreno, deve essere vicina alledificio in cui installata la pompa di calore. Negli impianti che utilizzano lacqua di falda o di superficie, lacqua stessa che pu fare sia da fluido termovettore che da sorgente termica. Questi sistemi, detti a circuito aperto, necessitano di attente valutazioni e analisi sulla qualit dellacqua e sulla quantit disponibile, al fine di evitare impatti negativi sulla falda acquifera. Di norma va prevista la

reimmisione in falda dellacqua prelevata: vanno realizzati quindi due pozzetti, uno di estrazione e laltro di reiniezione dellacqua di falda. Gli impianti geotermici ad acqua di falda sono particolarmente validi per edifici di medie e grandi dimensioni, anche in considerazione del fatto che oltre al consumo imputabile alla pompa di calore, occorre prevedere una pompa elettrica per lestrazione dellacqua. Qualora si disponga in prossimit degli ambienti da climatizzare di uno specchio dacqua possibile anche realizzare sistemi a circuito chiuso con sonde orizzontali poste al di sotto del livello dellacqua. FUNZIONAMENTO INVERNALE In modalit riscaldamento il fluido termovettore scende attraverso la sonda di mandata a una temperatura inferiore a quella del terreno (per esempio a 3-4 C se costituito solo da acqua, o a 0 C se additivata con glicole) e risale a una temperatura di 4-5 C superiore, dopo avere estratto calore dal terreno per conduzione. La pompa di calore in grado di trasferire il calore estratto dal terreno allimpianto di distribuzione facendo uscire acqua a una temperatura di 30-35 C (nel caso dei pannelli radianti); lacqua di ritorno dallimpianto rientra nella pompa di calore a una temperatura di 4-5 C inferiori, dopo avere ceduto calore allambiente. FUNZIONAMENTO ESTIVO Il raffrescamento attivo presuppone il funzionamento della pompa di calore anche in estate. Il fluido di circolazione deve scendere attraverso la sonda di mandata a una temperatura superiore a quella del terreno (per esempio a 25-30 C) e risalire a una temperatura di 4-5 C inferiore, dopo avere ceduto calore al terreno. Anche in questo caso la pompa di calore trasferisce il calore dal corpo pi caldo (ambiente), a quello pi freddo (terreno) operando linversione del ciclo rispetto alla modalit di funzionamento invernale. In uscita dalla pompa lacqua pu raggiungere la temperatura necessaria per il raffrescamento con pannelli radianti (16-20 C) o con i fancoil (7-12 C). Il raffrescamento attivo va abbinato alla deumidificazione degli ambienti. possibile, in alternativa a quanto sopra detto, raffrescare naturalmente gli ambienti attraverso il cosiddetto free-cooloing: questa particolare applicazione permette la climatizzazione estiva semplicemente facendo circolare allinterno dei pannelli radianti lacqua di ritorno dalle sonde geotermiche. necessaria a tal fine la predisposizione del bypass della pompa di calore. Il free-cooling un sistema di condizionamento molto economico ed ecologico.

45 Impianto Fotovoltaico (Schema Enel Green Power) Un impianto fotovoltaico un impianto per la produzione di energia elettrica. La tecnologia fotovoltaica permette di trasformare direttamente lenergia solare incidente sulla superficie terrestre in energia elettrica, sfruttando le propriet del silicio, un elemento semiconduttore molto usato in tutti i dispositivi elettronici. Installare un impianto fotovoltaico sulla propria casa non una spesa come comprare un elettrodomestico o unautomobile. un investimento. In termini economici, lenergia prodotta da un impianto fotovoltaico sul tetto di una casa genera ricavi superiori allesborso necessario per installarlo e mantenerlo. Una corretta preventivazione pu esser fatta solamente a valle di un sopralluogo che valuti accuratamente le caratteristiche del sito dinstallazione. Questo perch il costo pu variare, a seconda che linstallazione avvenga a terra, su fabbricati nuovi o gi esistenti, che la posa sia in sovrapposizione o integrazione della copertura, che si debbano sostenere spese per i permessi di costruzione, allacciamento alla rete, cavi che coprano grandi distanze (pannelliinverter e inverter-quadro utente), utilizzo di attrezzature durante il montaggio (gru, impalcature). Il costo annuo di manutenzione in generale trascurabile, normalmente nelle analisi economiche si stima inferiore all1% del costo dimpianto, da conteggiare sullintera vita. In tale stima sono compresi gli eventuali costi di manutenzione straordinaria, dovuti alla riparazione o sostituzione di qualche componente dellimpianto.

Il costo di esercizio dipende dalla taglia dellimpianto. Per impianti con potenza fino a 20 kWp limitato al canone annuo da pagare alla societ elettrica per linstallazione e la gestione dei sistemi di misura dellenergia prodotta e immessa in rete (attualmente circa 55 lanno). a realizzazione di un impianto fotovoltaico comporta un esborso di denaro che viene compensato nel corso di alcuni anni. Per limitare tale esborso possibile utilizzare uno dei finanziamenti ad hoc concesso da un istituto bancario. Se si utilizzano tali strumenti possibile pagare limpianto mediante delle rate, normalmente semestrali, che vengono parzialmente e a volte totalmente coperte dagli utili derivanti dallesercizio dellimpianto fotovoltaico e dai risparmi sulla bolletta elettrica. Le societ che installano impianti fotovoltaici hanno spesso delle convenzioni con uno o pi istituti bancari mediante i quali possibile ottenere dei finanziamenti con caratteristiche vantaggiose. Un ulteriore strumento costituito da prodotti assicurativi dedicati a impianti fotovoltaici. Tali assicurazioni possono coprire anche il rischio derivante dalla mancata produzione e quindi dalla perdita allincentivo in conto energia oltre ai rischi derivanti da eventi dolosi, catastrofici e guasti. I MODULI FOTOVOLTAICI Costituiscono lelemento principale dellimpianto in quanto la loro esposizione alla radiazione solare determina la produzione di energia elettrica (in corrente continua). Allinterno del modulo ci sono le celle fotovoltaiche, generalmente costituite da sottilissime fette di silicio che, opportunamente trattate, danno luogo alla conversione diretta dellenergia luminosa in energia elettrica. Sulla base delle caratteristiche della cella si parla di celle a silicio monocristallino (la cella ricavata da un lingotto in cui gli atomi di silicio sono disposti a costituire un unico cristallo), celle a silicio policristallino (analoghe alle monocristalline, con gli atomi di silicio comunque ordinati ma a costituire molti cristalli uniti fra loro) e celle a film sottile o thin film (utilizzano materiali semiconduttori sottili depositati direttamente su materiali vari di supporto come il vetro o il metallo). Queste tre tipologie di celle, e conseguentemente i moduli da esse ricavate, si differenziano per svariate ragioni fra le quali laspetto esteriore e lefficienza, questultima via decrescente passando dalla tecnologia monocristallina a quelle a film sottile. Ci significa che a parit di potenza dellimpianto fotovoltaico, lo spazio occupato da un impianto a film sottile superiore rispetto a quello in silicio policristallino. Nondimeno gli impianti a film sottile presentano alcuni vantaggi fra i quali un aspetto pi uniforme che consente in genere un migliore inserimento nel contesto esistente. I moduli fotovoltaici pi diffusi sono rettangolari delle dimensioni di 1-1,5 m2, le celle sono superiormente protette da un vetro con particolari caratteristiche di resistenza e trasparenza, il peso si aggira intorno ai 15/20 kg. La potenzialit del modulo si esprime in watt di picco (Wp) il cui valore indica la quantit di energia che il modulo in grado di produrre nellunit di tempo in condizioni standard di irraggiamento solare e temperatura che corrispondono indicativamente a quelle riscontrabili a mezzogiorno di una giornata fredda e soleggiata. Generalmente i moduli fotovoltaici per le applicazioni trattate in questa guida hanno potenze comprese fra 100 e 300 Wp. STRUTTURE DI SOSTEGNO DEI MODULI Sono le strutture che sorreggono i moduli e provvedono al loro orientamento, dando uninclinazione rispetto al piano orizzontale. In Italia linclinazione ottimale di circa 30 e lorientamento dei moduli verso sud. Le strutture possono essere in acciaio zincato a caldo o in alluminio, e vengono vincolate sulla superficie di installazione mediante degli ancoraggi o delle zavorre. INVERTER un dispositivo elettronico che consente di adeguare lenergia elettrica prodotta dai moduli alle esigenze delle apparecchiature elettriche e della rete, operando la conversione da corrente continua a corrente alternata con una frequenza di 50 hz. Normalmente gli inverter incorporano dei dispositivi di protezione e interfaccia che determinano lo spegnimento dellimpianto in caso di black-out o di disturbi della rete. SISTEMA DI MONITORAGGIO Il monitoraggio locale costituito da un dispositivo elettronico opzionale che comunica con linverter e con eventuali sensori accessori (misure metereologiche ed elettriche). Mediante tale apparecchiatura possibile tenere sotto controllo il funzionamento dellimpianto, registrare le misure su un PC e visualizzare alcune grandezze caratteristiche su schermi o display luminosi. Il monitoraggio da remoto consente di inviare i dati dellimpianto e leventuale presenza di guasti via internet, e-mail, SMS.

MISURATORI DI ENERGIA Sono degli apparati che vengono installati sulle linee elettriche e misurano lenergia che li attraversa, ad esempio vengono utilizzati per conteggiare lenergia prodotta dallimpianto e quella immessa in rete. QUADRI ELETTRICI E CAVI DI COLLEGAMENTO Quadri, cavi, interruttori ed eventuali ulteriori dispositivi di protezione sono i componenti elettrici che completano limpianto. I moduli fotovoltaici possono essere collocati su tetto (sia piano che a falda), sulla facciata di un edificio o a terra. La decisione in merito alla fattibilit tecnica si basa sullesistenza nel sito dinstallazione dei seguenti requisiti, che dovranno essere verificati dal progettista/installatore in sede di sopralluogo: disponibilit dello spazio necessario per installare i moduli (per ogni 1.000 Wp di potenza installata occorrono circa 7/8/12 m2 di moduli con celle monocristalline/policristalline/thin film); corretta esposizione e inclinazione della suddetta superficie; assenza di ostacoli in grado di creare ombreggiamento. Le condizioni ottimali per lItalia sono: esposizione SUD (accettata anche SUD-EST, SUD-OVEST, con limitata perdita di produzione); inclinazione 30-35 (accettata anche 15-45 con limitata perdita di produzione). La produzione elettrica annua di un impianto fotovoltaico pu essere stimata attraverso un calcolo che tiene conto: della radiazione solare annuale del luogo; di un fattore correttivo calcolato sulla base dellorientamento, dellangolo dinclinazione dellimpianto e di eventuali ombre giornaliere e/o stagionali; delle prestazioni tecniche dei moduli fotovoltaici, dellinverter e degli altri componenti dellimpianto; delle condizioni operative dei moduli (con laumento della temperatura di funzionamento diminuisce lenergia prodotta). La potenza di picco di un impianto fotovoltaico si esprime in kWp (chilowatt di picco), cio la potenza teorica massima che limpianto pu produrre nelle condizioni standard di insolazione e temperatura dei moduli (1.000 W/m2 e 25 C). La mappa a sinistra mostra la produzione elettrica annua per un impianto fotovoltaico da 1 kWp, installato in Italia, considerando le migliori condizioni locali dinstallazione (inclinazione 30 rispetto allorizzontale, orientamento a SUD, assenza ombreggiamenti). Si tratta di valori medi indicativi. La reale produzione dellimpianto pu variare leggermente (anche di un pi o meno 10%) di anno in anno e da sito a sito in funzione della stagionalit e del microclima. Si conclude che un impianto da 1 kWp in Italia centrale pu contribuire a coprire circa il 40% dei consumi elettrici medi di una famiglia (3.000 kWh/anno). La vita utile di un impianto fotovoltaico almeno pari a 25 anni. Considerando separatamente i componenti pi rilevanti si verifica che: i moduli hanno una durata di vita da 25 a 30 anni, con una diminuzione delle prestazioni energetiche inferiore al 20%. Generalmente la garanzia fornita dai produttori sul mantenimento di tali prestazioni arriva a coprire 25 anni; gli inverter, apparecchi a elevata tecnologia, hanno una durata nel tempo abbastanza lunga, ma generalmente inferiore a quella dei moduli; il loro costo peraltro assai contenuto. Un impianto fotovoltaico un sistema completamente modulare, e la sostituzione di un qualsiasi componente generalmente facile e veloce, a condizione che questa sostituzione sia prevista nella fase di progetto. 46 Pannello solare (Schema Enel Green Power) Un impianto solare termico permette di trasformare direttamente lenergia solare incidente sulla superficie terreste in energia termica, senza nessuna emissione inquinante e con il risparmio economico associato al mancato utilizzo di fonti energetiche tradizionali (energia elettrica o combustibili fossili).

Lenergia termica cos prodotta viene raccolta in genere sotto forma di acqua calda. Attualmente la tecnologia solare termica viene utilizzata principalmente per la produzione di calore a bassa temperatura (45-65 c) per il riscaldamento dellacqua sanitaria e per il riscaldamento degli ambienti. Esistono inoltre impianti solari termici per la produzione di calore a media e alta temperatura (100-250 c) per applicazioni in processi industriali e per la produzione del freddo (solar cooling). Un impianto solare termico standard composto da diversi elementi, ognuno con una funzione specifica. I principali sono il collettore, che serve a captare la radiazione solare e trasformarla in energia termica, e il serbatoio per accumulare il calore generato. completano limpianto altri componenti, presenti o meno a seconda della tipologia dinstallazione: la pompa solare, la centralina solare, il vaso di espansione, le valvole di sicurezza, ecc. Il cuore dellimpianto costituito dal collettore solare (pannello solare) che opera la conversione in calore dellenergia solare che penetra al suo interno. Il pannello solare pi utilizzato e diffuso il collettore solare vetrato piano, caratterizzato dalla presenza di una intercapedine tra una superficie trasparente e una piastra assorbente. Viene utilizzato per riscaldare lacqua a temperature medie di utilizzo comprese tra 45 e 65 c. Sul mercato esistono anche altre tipologie di collettori: collettori non vetrati scoperti, semplicemente realizzati con tubi in materiale plastico, sono molto economici, ma forniscono prestazioni accettabili solo se utilizzati durante la stagione estiva; collettori sottovuoto, sono realizzati eliminando laria nellintercapedine tra la tubazione e la copertura in vetro. In tal modo si riducono le perdite di calore ed possibile lavorare in ambiente pi freddo e con temperature del fluido riscaldato pi elevate (70-80 c). Essi sono pi efficienti dei collettori vetrati piani, ma sono pi fragili e costosi; collettori a concentrazione, sono caratterizzati da un elemento assorbitore lineare o puntuale sul quale viene concentrata la radiazione solare tramite uno specchio concentratore. Tale sistema viene utilizzato per la produzione di calore ad alta pressione e temperatura (100-250 c). Lelemento principale del collettore lassorbitore (piastra assorbente), che ha la funzione di assorbire la radiazione solare incidente e di trasformarla in calore. costituito da una sottile piastra di metallo termicamente conduttivo, normalmente di rame (in commercio si trovano anche assorbitori in lega rame-alluminio oppure in acciaio al nickelcromo), verniciata o trattata con uno strato di materiale selettivo per avere un alto grado di assorbimento della radiazione solare e per ridurre le perdite di calore verso lesterno. Il calore sviluppato nellassorbitore, viene trasferito a un fluido termovettore (acqua o una miscela di acqua e antigelo) che fluisce in appositi tubi di rame fissati o saldati sulla superficie posteriore dello stesso. Il collettore solare dotato di una copertura trasparente (vetro o materiale plastico) posta frontalmente allassorbitore che ha lo scopo di mantenere intrappolato il calore allinterno, permettendo nel contempo il passaggio della radiazione solare. Inoltre, presente una coibentazione (isolamento termico) laterale e posteriore che ha lo scopo di limitare il pi possibile la dispersione di calore verso lambiente esterno. Laltro elemento fondamentale di un impianto solare termico rappresentato dal serbatoio (isolato termicamente) che ha lo scopo di immagazzinare il calore ceduto dai collettori, per renderlo disponibile nel momento in cui risulta necessario (ad esempio quando si sta facendo la doccia). La configurazione ottimale per un impianto solare termico definita sulla base dei fabbisogni dellutenza, della posizione geografica e delle condizioni climatiche del luogo dinstallazione. Le configurazioni degli impianti solari termici possono essere raggruppate in due principali categorie. Impianti a circuito aperto: il fluido caldo proveniente dal collettore proprio la stessa acqua, che raggiunta la temperatura desiderata, arriva allutenza. Impianti a circuito chiuso: il fluido caldo scorre in un circuito chiuso (circuito primario) che cede il calore, attraverso uno scambiatore, allacqua allinterno di un serbatoio. Lacqua calda cos accumulata viene inviata allutenza tramite un circuito secondario. Attualmente la quasi totalit degli impianti solari termici esistenti realizzata con un circuito chiuso. Lutilizzo della configurazione a circuito aperto limitato dai problemi di congelamento dellacqua e dalla deposizione del calcare nelle tubazioni.

Gli impianti a circuito chiuso possono a loro volta essere suddivisi in due tipologie. IMPIANTI A CIRCOLAZIONE NATURALE Il serbatoio di accumulo, dotato al suo interno di scambiatore, viene posto al di sopra del collettore stesso. La circolazione garantita dalla differenza di densit del fluido tra il ramo freddo e caldo del circuito chiuso. una soluzione impiantistica, interamente installata in esterno, semplice, compatta ed economica, adatta prevalentemente per piccoli impianti. IMPIANTI A CIRCOLAZIONE FORZATA Per impianti di taglia medio-grande e in previsione di un utilizzo durante tutto lanno, da preferire lo schema a circolazione forzata con pompa di ricircolo del fluido, che permette di svincolare completamente il posizionamento dei collettori dal sistema di accumulo. Tale soluzione garantisce anche una migliore integrazione architettonica e un migliore risultato estetico, consentendo di collocare il serbatoio in un idoneo locale tecnico e non sul tetto. Il sole una fonte energetica non costante nel tempo e legata alle condizioni climatiche. Per tali ragioni gli impianti solari necessitano di un sistema di riscaldamento integrativo di tipo convenzionale per garantire la continuit nella produzione del calore. A tal fine possono essere integrati nellimpianto i seguenti sistemi: resistenza elettrica, installata direttamente nel serbatoio solare; caldaia istantanea che riscalda lacqua in uscita dal serbatoio solare; caldaia che tiene in temperatura lacqua nel serbatoio solare mediante uno scambiatore di calore posto nella parte superiore del serbatoio stesso. In definitiva, un impianto solare termico, oltre ai collettori, comprende: un serbatoio di accumulo; uno o pi scambiatori di calore; una pompa di ricircolo e relativa centralina di comando (se limpianto a circolazione forzata); un sistema integrativo del calore di tipo tradizionale (gas, gasolio, elettricit, biomasse); valvole, tubazioni e altri componenti per la sicurezza. collettori solari possono essere collocati su qualsiasi pertinenza dellimmobile di propriet dellutente. La decisione in merito alla fattibilit tecnica si basa sullesistenza nel sito dinstallazione dei seguenti requisiti, che dovranno essere verificati dal progettista/installatore in sede di sopralluogo: disponibilit della superficie necessaria per installare i pannelli; corretta esposizione e inclinazione della suddetta superficie. Le condizioni ottimali per lItalia sono: esposizione SUD (accettata anche SUD-EST, SUD-OVEST, con limitata perdita di produzione); in caso di fabbisogno costante di acqua calda durante lanno, linclinazione consigliata pari indicativamente alla latitudine del luogo (35-45); in caso di fabbisogno di acqua calda prevalentemente estivo, linclinazione consigliata pari alla latitudine del luogo diminuita di 15 (20-30); in caso di fabbisogno di acqua calda prevalentemente invernale, tipicamente per sistemi solari per il riscaldamento degli ambienti, linclinazione consigliata pari alla latitudine del luogo aumentata di 15 (50-60); assenza di ostacoli in grado di creare ombreggiamento. In ogni caso, per quanto riguarda i tetti a falda, poich le differenze di prestazioni alle diverse inclinazioni non sono particolarmente significative, il posizionamento dei collettori parallelamente alla falda sempre da preferire per una migliore resa estetica e per la semplicit dinstallazione.

47 Impianto Minieolico (Schema Enel Green Power) Eredi dei mulini a vento, i sistemi eolici di piccola taglia, anche detti per semplicit mini eolici, sfruttano la risorsa vento per produrre energia elettrica. Si d a questi sistemi il nome di mini per differenziarli dai grandi impianti che costituiscono le centrali eoliche, le cosiddette wind farm. Proprio per effetto delle ridotte dimensioni e della semplicit di installazione si adattano molto bene allinserimento presso insediamenti esistenti di privati e aziende. In questa vasta famiglia di impianti rientrano sistemi dalle caratteristiche e applicazioni pi svariate.

La tabella in basso fornisce una prima indicazione delle diverse tipologie di turbine eoliche classificate per potenza elettrica nominale e per applicazione. Unulteriore classificazione pu risultare utile, in base alla tecnologia utilizzata: impianti ad asse orizzontale (bipala, tripala, multipala). Sono i pi diffusi, derivati dalla tecnologia delle grandi centrali eoliche. Il rotore disposto verticalmente e si orienta inseguendo la direzione del vento; impianti ad asse verticale. Il rotore si presenta in svariate forme e geometrie sulla base della soluzione tecnica individuata dal singolo produttore. Hanno caratteristiche interessanti in termini di robustezza e silenziosit anche se in genere sono pi costosi dei precedenti. Un sistema mini eolico connesso alla rete elettrica costituito dai seguenti componenti: sostegno, generalmente costituito da un palo in acciaio infisso nel terreno (direttamente o pi spesso tramite fondazione in c.a.) o posto sulla sommit degli edifici. Laltezza del palo correlato alla potenza dellimpianto e pu variare da un minimo di 2 metri (piccoli sistemi da qualche centinaia di watt di potenza) a oltre 50 metri per sistemi da 200 kW di potenza; turbina, costituita a sua volta dal rotore (le pale) e dalla navicella che contiene gli organi meccanici di trasmissione del moto impresso dal rotore e il generatore elettrico; sistema di controllo del generatore e inverter, ovvero le apparecchiature elettroniche che gestiscono il funzionamento del sistema rotore-generatore in tutte le condizioni di vento e che consentono ladeguamento dellenergia elettrica prodotta alle caratteristiche della rete elettrica. come reagisce un impianto alle sollecitazioni del vento Lintensit del vento viene misurata attraverso la sua velocit (in metri al secondo o chilometri allora). Per una quantificazione immediata dei valori di velocit del vento si veda a livello indicativo la scala Beaufort qui riportata. In genere un impianto eolico di piccola taglia non reagisce alle sollecitazioni del vento sino a una velocit di circa 3-3,5 metri al secondo (circa 11-13 km/h). Superata questa velocit minima del vento il rotore si avvia spontaneamente e inizia a generare energia elettrica. Tuttavia ai bassi regimi di vento corrispondono esigui valori di potenza erogata dalla macchina. Ci significa che, ad esempio, una turbina da 1 kW di potenza nominale, in condizioni minime di vento tali da farla avviare potr generare una potenza trascurabile, non superiore a qualche decina di watt. Al crescere del vento, la potenza prodotta dalla macchina aumenta in modo pi che proporzionale, sino a raggiungere i valori dichiarati come nominali a 12-14 metri al secondo (circa 40-50 km/h). Velocit del vento superiori alla nominale determinano incrementi di potenza elettrica generata assai limitati poich i sistemi di controllo (elettronici e/o meccanici) intervengono per ridurre le sollecitazioni a cui vengono sottoposti gli organi meccanici ed elettrici. In condizioni estreme di vento quasi tutti i sistemi eolici si arrestano per evitare danneggiamenti. Considerando quanto sopra detto, necessario scegliere un sito che non solo sia in grado di mettere in movimento il generatore eolico ma che sia mediamente tale da garantire nel tempo una potenza erogata, e conseguentemente una energia generata, adeguata a giustificare la spesa iniziale sostenuta. Il dato che fornisce un buon criterio di valutazione, sia pure indicativo, la velocit media del vento su base annuale del sito prescelto. Si tratta di un parametro che si mantiene abbastanza costante negli anni e garantisce, quindi, stabilit di benefici in termini di energia prodotta. In linea del tutto generale e intuitiva, escludendo considerazioni di carattere ambientale e autorizzativo, si pu convenientemente installare un impianto mini eolico laddove le condizioni di vento nellarco dellanno siano tali da garantirne un adeguato funzionamento e una produzione di energia che garantisca unaccettabile remunerazione del costo sostenuto. Ma come si pu valutare il sito dal punto di vista della sua idoneit a produrre una quantit di energia soddisfacente? Si fa ricorso come gi detto alla velocit media del vento su base annuale. quindi importante valutare tale grandezza nel punto esatto e laltezza in cui si intende installare il generatore mini eolico. Siti con velocit media annua inferiore a 4,5 metri al secondo (circa 16 km/h) non sono in generale considerati remunerativi. Il territorio italiano contraddistinto da valori della velocit media del vento di solito non elevati. Ad altezze contenute dal livello del terreno sottostante (non superiori a 25 metri di altezza) questo valore generalmente compreso fra 2 e 7 metri al secondo.

48 Consolidamento strutturale 1 RIPARAZIONE DI LESIONE A CUCI E SCUCI 1) Rimuovere il vecchio intonaco mettendo a vivo la muratura; 2) asportare gli elementi di muratura interessati dalla lesione e alcuni adiacenti fino a formare un vano di dimensioni atte a ricevere nuovi elementi murari, ponendo cura nel formare un andamento perimetrale del vano con buoni ammorsamenti fra nuova e vecchia muratura; 3) inserire i nuovi elementi (laterizio, pietrame), previa pulizia e lavaggio del vano ponendo particolare cura nella realizzazione dei detti ammorsamenti, usando malte a ritiro nullo o meglio leggermente espansive, confezionate comunque con inerti simili a quelli che costituiscono la malta esistente. 2 RIPARAZIONE DI LESIONE CON INIEZIONI DI MALTA 1) Rimuovere lintonaco per una ampiezza di circa 40 cm a cavallo della lesione; 2) pulire i lembi della lesione asportando le parti di muratura degradate e lavare con getto di acqua a pressione; 3) scegliere accuratamente i punti in cui praticare i fori in funzione dellandamento della lesione e delle porosit del muro; in genere sono sufficienti 3/4 fori a ml di fessura; 4) eseguire fori di 30 mm di diametro e di profondit uguale a quella della lesione; 5) disporre i boccagli di iniezione e stuccare la lesione con malta cementizia; 6) eseguire liniezione di malta idonea cementizia con lausilio di un tubicino secondario per lo spurgo dellaria esistente nella lesione, procedendo dal basso verso lalto; 7) a iniezione avvenuta, chiudere il tubicino di sfiato e tenere per qualche minuto la lesione sotto leggera pressione. 3 RIPARAZIONE DI LESIONE ISOLATA MEDIANTE INIEZIONI ARMATE 1) Rimuovere lintonaco esistente mettendo a vivo la muratura su entrambe le facce per una striscia della larghezza di circa 80 cm a cavallo della lesione; 2) asportare le parti di muratura deteriorate, lavare con getto di acqua a pressione la zona di intervento e la lesione, eventualmente ripristinare la muratura, sigillare la lesione; 3) sbruffare la muratura con malta cementizia e applicare rete esl diametro 5/10x10; 4) eseguire con perforatrice a rotazione fori di diametro 36 mm (non passanti) disposti su ogni faccia della muratura a coppia, inclinati verso il basso di circa 15 e incrociati in modo tale da cucire la lesione con passo dei fori su ogni faccia pari a 80 cm; sfalsamento, rispetto ai fori dellaltra faccia, pari a 40 cm; 5) lavare accuratamente i fori; 6) iniettare idonea malta cementizia a ritiro compensato nei perfori con leggera pressione, procedendo dal basso verso lalto; 7) inserire nei perfori le barre di armature sagomate come da disegno; 8) applicare intonaco di malta cementizia 4 PLACCATURA ARMATA 1) Rimuovere lintonaco esistente riportando a vivo la muratura, pulire la superficie della stessa con getto di acqua e sbruffare con malta di cemento e sabbia; tale operazione va eseguita con le dovute cautele ed eventualmente a strisce alternate; 2) applicare sulla parete una rete els diametro 6/10x10 cm, fissandola provvisoriamente con chiodi e tenendola convenientemente staccata dalla muratura; ) procedere alla realizzazione di perfori con attrezzo a rotazione (preferibilmente mediante carotatrice), come indicato nel grafico allegato; 4) lavare i perfori; 5) iniettare nei perfori malta preconfezionata sino a completo assorbimento della malta da parte della muratura; la malta va iniettata a bassa pressione; 6) inserire nei perfori barre di acciaio, precedentemente tagliate e sagomate come indicato sul disegno, fissando opportunamente le estremit di queste alla rete elettrosaldata; 7) applicare idonea malta cementizia preconfezionata, mediante apposita macchina miscelatrice e spruzzatrice, a passate successive, sino a realizzare lo spessore necessario (circa 4 cm).

5- RINFORZO DI SOLAI ESISTENTI IN C.A. 1) Pulizia dellestradosso del solaio e martellinatura della superficie; 2) esecuzione dei fori sui muri dambito, come indicato nel grafico allegato; 3) applicazione di rete els del diametro di 8/15x15 cm, collegandola al solaio con ferri diametro 8 in numero di almeno 4 per ogni mq, (armatura da predisporre in fori non passanti praticati nel solaio); 4) predisposizione delle armature di collegamento ai campi di solaio contigui, (arma- tura minima 2 diametro 14/100 cm); 5) bagnatura del solaio esistente; 6) getto della soletta e sigillatura delle armature poste nei fori sui muri dambito, usando cls avente CK 250 kg/cm2, additivato con opportuni prodotti per la ripresa di getto

49 - Facciata ventilata l sistema caratterizzato dalla presenza di unintercapedine ventilata (spessore = 20-60 mm) tra lisolante e il rivestimento esterno, che elimina i problemi di con- densa e attenua gli effetti dellirraggiamento solare. Opportune aperture sulla parete, sia superiormente che inferiormente, provvedono ad attivare la ventilazione. Pertanto, nella stagione estiva si produce leffetto camino: laria nellintercapedine si trova a temperatura maggiore di quella esterna e tende a salire. Il moto ascensionale contribuisce alla riduzione dellenergia termica, smaltisce leventuale presenza di condensa e abbassa la temperatura superficiale esterna dellisolante; in inverno leffetto camino molto ridotto e lisolante riduce la trasmissione del calore dagli ambienti interni verso lesterno. Il rivestimento applicato mediante un telaio fissato al supporto, che svolge anche la funzione di distanziatore. Le lastre di rivestimento sono indipendenti e autoportanti e non devono esserne impedite le dilatazioni termiche; devono assicurare la tenuta allacqua, agli agenti atmosferici e agli urti; devono avere buone caratteristiche meccaniche. Tra i materiali impiegati per il rivestimento vi sono lalluminio, il legno, il PVC, le pietre, i laterizi, i prodotti lapidei agglomerati (pietre ricomposte), lintonaco idraulico di forte spessore (3 cm) su armature di lamiera stirata e protetto da intonaco plastico o doghe di calcestruzzo 50 Solaio Predalle e Spirol
Il solaio a lastra Predalle nato per servire grossi cantieri nelledilizia civile e industriale. Viene utilizzata per la realizzazione di cantine, garage, edifici industriali dove sono richiesti sovraccarichi notevoli, grosse luci da coprire e resistenza al fuoco REI posizionando larmatura a momento positivo sopra la lastra che ha gi uno spessore di 4 cm. Riduce notevolmente i tempi di posa e la manovalanza grazie allausilio di mezzi idonei per il sollevamento e posizionamento. Questo tipo di solaio composto da una soletta in c.a. su cui sono affogati tralicci tipo bausta e sopra la quale sono posizionati blocchi di polistirolo espanso che costituisce lalleggerimento del solaio il tutto a formare pannelli di luci diverse a seconda dellesigenza e larghezze di 120 cm o 250 cm standard o variabili. Soletta in c.a.: la soletta (lastra), di spessore 4 cm. modulo 120 cm o 250 cm, viene gettata in stabilimento previa posizionatura dellarmatura, costituita da rete e traliccio elettrosaldati pi il tondo in acciaio B450C. Tralicci: tipo bausta distanziati a formare le nervature del solaio. Polistirolo espanso: costituisce lalleggerimento del solaio finito e determina laltezza, la larghezza e linterasse tra le nervature. b)Montaggio Il solaio a lastra di facile e veloce messa in opera su cantieri dove possibile piazzare gru di sollevamento. Il montaggio avviene mediante lausilio di una struttura provvisoria rigida controventata (puntelli rompitratta) per il sostegno delle lastre, opportunamente calcolata. Le lastre vengono montate parallele una di fianco allaltra Terminata la fase del montaggio si aggiungono, in corrispondenza dei

vincoli (cordolo o trave), larmatura a momento negativo (monconi superiori) e a momento positivo (monconi inferiori) opportunamente calcolati e idonea armatura di ripartizione (rete elettrosaldata). Bagnare abbondantemente prima del getto delle nervature e della soletta collaborante in cls. c)Vantaggi Velocit di posa: avendo le lastre un modulo di 120 o 250 cm, evidente che si abbattono notevolmente i tempi di posa in opera. Riduzione manovalanza: grazie allausilio di mezzi idonei per il sollevamento e posizionamento. Isolamento termico-acustico: il polistirolo espanso un materiale coibentante e fonoassorbente. Eliminazione dellintonaco: a superficie inferiore completamente liscia, complanare e verniciabile. I giunti delle lastre possono essere rasati con apposite malte. Versatilit: risolve gran parte dei problemi costruttivi dovuti a carichi, luci, vincoli, forme architettoniche e forometrie. Soluzioni REI: ottime per ottenere resistenze al fuoco REI. Funzione cassero: le lastre sono particolarmente adatte a fungere da cassero per le travi a spessore. Leliminazione in cantiere dei tralicci consente lalloggiamento delle armature delle travi (vedi travi TMR senza piatto), garantendo idoneo copriferro ed eliminando completamente le operazioni di carpenteria. Solaio Spirol DESTINAZIONE DUSO La destinazione duso del pannello alveolare precompresso la realizzazione di solai in molteplici contesti costruttivi, ed in particolare lesecuzione degli impalcati di parcheggi e autorimesse, interrati multipiano, edifici direzionali commerciali in elevazione multipiano, strutture antisismiche, coperture di complessi industriali e coperture di capannoni in genere, in totale assenza di puntellazione. CARATTERISTICHE Il solaio alveolare precompresso un pannello in CLS prodotto per estrusione con CLS vibrato. Nella ricetta per il confezionamento del CLS viene utilizzato un rapporto di acqua e cemento atto a garantire una resistenza alla compressione e alla trazione di grado elevato. La precompressione viene raggiunta impiegando trefoli in acciaio armonico stabilizzato. Quindi il pannello alveolare armato con acciaio in pretensione e fornito di fresature allestradosso in corrispondenza degli appoggi. Tali caratteristiche permettono un semplice e sicuro collegamento direttamente alle strutture portanti e la realizzazione di pannelli con luci fino a 22 metri. Lesecuzione del getto su casseri metallici perfettamente levigati fa si che la superficie dintradosso risulti liscia e priva di macroporosit. Tale caratteristica permette che i solai alveolari possano essere impiegati senza lapplicazione di intonaci. La superficie a vista dellintradosso di gradevole finitura liscia fondo cassero, da lasciare a vista (standard medio di produzione industriale). I solai alveolari precompressi presentano vantaggi nellimpiego che si possono apprezzare sin dal momento della loro messa in opera grazie alla completa autoportanza, evitando cos ogni puntellazione intermedia. Un adeguato dimensionamento della profondit degli appoggi, della precompressione da indurre agli elementi, in funzione della luce del solaio, della natura dei materiali e dei carichi di prima fase, ne garantiscono lequilibrio e la portanza nelle fasi transitorie senza lausilio di puntellazioni alle estremit. Qualora il solaio richieda la realizzazione di una cappa collaborante, le prestazioni attese in esercizio si ottengono solo a maturazione avvenuta dei getti integrativi; tuttavia, per lo svolgimento dellordinaria attivit di cantiere, il solaio pu essere caricato prima della realizzazione dei getti o della loro completa maturazione.

Leggi Urbanistiche
51 - Come organizzata la gerarchia delle strade Decreto Legislativo 30 aprile 1992 - Nuovo Codice della strada (D.L. 285/1992) Art. 2 Definizione e classificazione delle strade Le strade sono classificate riguardo alle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, nei seguenti tipi: 1. Autostrade; 2. Strade extraurbane principali; 3. Strade extraurbane secondarie; 4. Strade urbane di scorrimento; 5. Strade urbane di quartiere; 6. Strade locali 52 - Standard urbanistici D.M. 1444 del 1968 Decreto sugli Standard: Limiti inderogabili di densit edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati e i rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali produttivi e spazi pubblici o riservati alle attivit collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.17 della legge 6 agosto 1967 n765. Con questo decreto vengono fissati i valori dei limiti introdotti dalla Legge Ponte per quanto riguarda gli indici e gli standard urbanistici; vengono altres definite le zone territoriali omogenee in cui si applicano tali limiti. Per abitante: 4,50 mq destinati all'istruzione 2,00 mq destinati alle attrezzature di interesse comune 9,00 mq destinati agli spazi pubblici attrezzati 2,50 mq destinati a parcheggi. Ai fini dell'osservanza dei rapporti suindicati nella formazione degli strumenti urbanistici, si assume che, salvo diversa dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente 25 mq. di superficie lorda abitabile (pari a circa 80 mc. vuoto per pieno), eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq. (pari a circa 20 mc. vuoto per pieno) per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessit, servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, ecc.). 53 - La legge 1150 del 1942 di cosa tratta La legge innanzi tutto riordin la materia relativa agli strumenti di piano, affidandone la principale responsabilit ai Comuni, anche se fu previsto un sistema gerarchico che avrebbe dovuto garantire un completo e capillare controllo del territorio. - A livello pi generale venne istituito il Piano Territoriale di Coordinamento, finalizzato ad orientare e coordinare l'attivit urbanistica di aree vaste e vincolante per i piani subordinati; - A livello comunale sono invece previsti il Piano Regolatore Generale e i Programmi di Fabbricazione (quest'ultimi per i Comuni non obbligati a redigere il PRG); - La legge poi prevede che i PRG siano attuati attraverso i Piani Particolareggiati, redatti dal Comune. Per ciascuno di questi strumenti di piano sono indicati specificamente i contenuti, le modalit di formazione e le procedure per l'adozione, la pubblicazione, la presentazione di osservazioni e l'approvazione. E' inoltre definita la loro validit nel tempo: il PRG ha validit a tempo indeterminato, fin quando non venga modificato da una "variante". I Piani Particolareggiati hanno validit di 10 anni, entro i quali devono essere attuati. La legge disciplinava anche dettagliatamente l'attivit privata, con una serie di norme che introducono le lottizzazioni ed i comparti edificatori (strumenti esecutivi per attuare i piani particolareggiati), la licenza edilizia per l'edificazione nei centri abitati e nelle zone di espansione, le sanzioni per chi viola le norme urbanistiche. Per quanto riguarda l'esproprio, infine, la legge si rifaceva alle norme del 1865. 54 - L'art. 13 della legge 1150/1942, quali strumenti urbanistici introduce

L'art.13 della legge 1150/42 introduce i piani particolareggiati esecutivi, che sono il mezzo di attuazione del P.R.G. In detti piani devono essere indicati le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati: le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze; gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico; gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione, ovvero soggetti a restauro o a bonifica edilizia; le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano; gli elenchi catastali delle propriet da espropriare o da vincolare; la profondit delle zone laterali a opere pubbliche la cui occupazione serva ad integrare le finalit delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future.

55 - Legge 457/1978 Piani di Recupero

Art. 27. Individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente
1. I comuni individuano, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonch edifici da destinare ad attrezzature. 2. Le zone sono individuate in sede di formazione dello strumento urbanistico generale ovvero, per i comuni che, alla data di entrata in vigore della presente legge ne sono dotati, con deliberazione del consiglio comunale sottoposta al controllo di cui all'art. 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 (controllo soppresso dalla legge n. 127 del 1997). 3, Nell'ambito delle zone, con la deliberazione di cui al precedente comma o successivamente con le stesse modalit di approvazione, possono essere individuati gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le aree per i quali il rilascio della concessione subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui al successivo art. 28. 4. Per le aree e gli immobili non assoggettati al piano di recupero e comunque non compresi in questo, si attuano gli interventi edilizi che non siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici generali. Ove gli strumenti urbanistici generali subordinino il rilascio della concessione alla formazione degli strumenti attuativi, ovvero nell'ambito delle zone destinate a servizi i cui vincoli risultano scaduti, sono sempre consentiti, in attesa di tali strumenti urbanistici attuativi, gli interventi previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31 che riguardino singole unit immobiliari o parti di esse. Inoltre sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'art. 31 che riguardino globalmente uno o pi edifici anche se modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti purch il concessionario si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n.10, e successive modificazioni. (il comma 4 ha sostituito gli originari commi quarto e quinto per effetto dell'articolo 14 della legge n. 179 del 1992)

Art. 28. Piani per il recupero del patrimonio edilizio esistente


1. I piani di recupero prevedono la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree di cui al terzo comma del precedente articolo 27, anche attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica, individuando le unit minime di intervento. 2. I piani di recupero sono approvati con la deliberazione del consiglio comunale con la quale vengono decise le opposizioni presentate al piano, ed hanno efficacia dal momento in cui questa abbia riportato il visto di legittimit di cui all'articolo 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 (visto soppresso dalla legge n. 127 del 1997).

3. Ove la deliberazione del consiglio comunale di cui al comma precedente non sia assunta, per ciascun piano di recupero, entro tre anni dalla individuazione di cui al terzo comma del precedente articolo 27 ovvero non sia divenuta esecutiva entro il termine di un anno dalla predetta scadenza, l'individuazione stessa decade ad ogni effetto. In tal caso, sono consentiti gli interventi edilizi previsti dal quarto e quinto comma del precedente articolo 27. 4. Per quanto non stabilito dal presente titolo si applicano ai piani di recupero le disposizioni previste per i piani particolareggiati dalla vigente legislazione regionale e, in mancanza, da quella statale. 5. I piani di recupero sono attuati: (il comma 5 ha sostituito gli originari commi quinto, sesto e settimo per effetto dell'art.13, comma 1, della legge n. 179 del 1992) a) dai proprietari singoli o riuniti in consorzio o dalle cooperative edilizie di cui siano soci, dalle imprese di costruzione o dalle cooperative edilizie cui i proprietari o i soci abbiano conferito il mandato all'esecuzione delle opere, dai condomini o loro consorzi, dai consorzi fra i primi ed i secondi, nonch dagli I.A.C.P o loro consorzi, da imprese di costruzione o loro associazioni temporanee o consorzi e da cooperative o loro consorzi; b) dai comuni, direttamente ovvero mediante apposite convenzioni con i soggetti di cui alla lettera a) nei seguenti casi: 1) per gli interventi che essi intendono eseguire direttamente per il recupero del patrimonio edilizio esistente nonch, limitatamente agli interventi di rilevante interesse pubblico, con interventi diretti; 2) per l'adeguamento delle urbanizzazioni; 3) per gli interventi da attuare, mediante cessione volontaria, espropriazione od occupazione temporanea, previa diffida nei confronti dei proprietari delle unit minime di intervento, in caso di inerzia dei medesimi, o in sostituzione dei medesimi nell'ipotesi di interventi assistiti da contributo. La diffida pu essere effettuata anche prima della decorrenza del termine di scadenza del programma pluriennale di attuazione nel quale il piano di recupero sia stato eventualmente incluso. 6. I comuni, sempre previa diffida, possono provvedere allesecuzione delle opere previste dal piano di recupero, anche mediante occupazione temporanea, con diritto di rivalsa, nei confronti dei proprietari, delle spese sostenute. 7. I comuni possono affidare la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ai proprietari singoli o riuniti in consorzio che eseguano gli interventi previsti dal piano di recupero.

56 - Piani decennali della legge 457/1978


Legge 5 agosto 1978, n. 457 - GU 19 agosto, n. 231 | Norme per l'edilizia residenziale. Nell'articolo 1 vengono definiti i contenuti del Piano decennale di edilizia residenziale Titolo I | Piano decennale per l'edilizia residenziale. Organi e funzioni 1. Contenuti del piano.
25

A partire dall'anno 1978 attuato un piano decennale di edilizia residenziale riguardante: a) gli interventi di edilizia sovvenzionata diretti alla costruzione di abitazioni e al recupero del patrimonio edilizio degli enti pubblici (1/a); b) gli interventi di edilizia convenzionata e agevolata diretti alla costruzione di abitazioni e al recupero del patrimonio edilizio esistente; c) l'acquisizione e l'urbanizzazione di aree destinate agli insediamenti residenziali (1/a). I finanziamenti per l'edilizia residenziale agevolata e sovvenzionata possono essere destinati ad interventi di edilizia residenziale pubblica o ad opere ad essi funzionali, da realizzare su aree o immobili demaniali concessi a comuni o ad altri enti ai sensi della normativa vigente. Tali aree o immobili devono comunque essere ricompresi in piani di recupero ovvero in programmi integrati di intervento, di riqualificazione urbana o di recupero urbano (1/b). Il piano indica e quantifica le risorse finanziarie e creditizie da destinare all'edilizia residenziale pubblica e determina i criteri per la loro gestione coordinata, tenuto conto delle linee generali di intervento nel settore dell'edilizia residenziale indicate dal C.I.P.E. Il piano decennale definisce il programma operativo per il primo quadriennio ed soggetto a revisione

ogni quattro anni. Sulla base del piano nazionale le regioni formulano propri programmi quadriennali e progetti biennali di intervento. Alla relazione previsionale e programmatica ed alla relazione generale sulla situazione economica del Paese, allegata una relazione sull'andamento del settore edilizio e sullo stato di realizzazione dei programmi di edilizia residenziale.

57 - Cosa sono e come sono organizzati i P.I.P. (Piani di Insediamento Produttivo) Sono piani di iniziativa pubblica attuativi del Piano Regolatore Generale. Possono essere progettati per accogliere o solo attivit monotematiche (artigianali, industriali, commerciali e turistiche), oppure un insieme di attivit tra quelle sopra elencate. Sono strumenti che possono essere realizzati soltanto su aree individuate, ai sensi dalla normativa urbanistica, come "aree industriali". Le aree su cui sorgeranno i fabbricati sono espropriate dal Comune e sono successivamente ricedute agli operatori o in diritto di propriet, oppure in diritto di superficie. Qualunque intervento edilizio in dette aree regolato da un atto notarile (convenzione) con cui sono disciplinati i rapporti e gli obblighi dei singoli operatori nei confronti del Comune. I compiti assegnati al Comune, oltre a quelli strettamente tecnici, riguardano:
26 verifica che i futuri operatori possiedano i requisiti soggettivi previsti dalle vigenti disposizioni legislative in materia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico, per poter essere assegnatari di un lotto; esercizio del diritto di prelazione sulla cessione dei fabbricati; formazione ed aggiornamento annuale di una graduatoria di soggetti a cui assegnare gli eventuali lotti liberi.

58 - Come si attua il P.R.G. con quali procedure Attraverso i piani attuativi che non sono altro che i piani di dettaglio con i quali vengono attuati i P.R.G. I piani di dettaglio quindi sono piani particolareggiati o anche detti p.p di iniziativa pubblica e rappresentano lo strumento attuativo del piano regolatore generale predisposto dal Comune e inerente all'ambito territoriale stesso. 59 - Qual la differenza tra Piani Intercomunale e Piano di Coordinamento Territoriale I Piani Territoriali di Coordinamento e i Piani Regolatori Intercomunali furono introdotti dalla Legge n1150 del 1942. I P.T.C., detti anche piani regionali, di norma si estendono nell'ambito della regione e coincidono col suo territorio. La funzione di detti piani quella di coordinare armonicamente lo sviluppo dei vari centri, sia per quanto riguarda l'assetto edilizio presente e futuro, sia per quanto riguarda le principali vie di comunicazione, la creazione, la ubicazione e sistemazione delle industrie e delle altre attivit economiche in un insieme unitario e completo nello stesso tempo. Non sono piani essenzialmente urbanistici perch costituiscono degli strumenti di coordinamento di tutte le forme di attivit e quindi, oltre all'edilizia, disciplinano i trasporti, le comunicazioni, le industrie, insomma tutta l'attivit economica e sociale delle Regioni. Hanno durata illimitata e obbligano i Comuni ad uniformare ad essi i propri piani regolatori. Sono in sostanza provvedimenti amministrativi che creano soltanto oneri in quanto dispongono che volendo eseguire degli interventi, essi non potranno essere attuati che con l'osservanza di certe modalit e limitazioni. I Piani Intercomunali si redigono quando, per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o pi Comuni contermini, si riconosce opportuno il coordinamento delle direttive riguardanti l'assetto

urbanistico dei comuni stessi. Le aree per le quali si pensato ai P.I., sono innanzi tutto quelle di una grande citt che dal punto di vista dei servizi e dello sviluppo urbanistico si estende oltre la circoscrizione comunale ed interessa con la sua espansione, una serie di comuni satelliti. In secondo luogo il riferimento alle aree complementari, che nell'insieme hanno uno sviluppo unitario, ma differenti caratterizzazioni delle sue parti, per cui i Comuni devono coordinare il loro sviluppo urbanistico se non vogliono creare squilibri nell'utilizzazione del territorio.

60- Che cosa prevede la legge sull'Impatto Ambientale


Normativa sui beni culturali LEGGE n.490 D.L. 29 1999. TESTO UNICO in materia di beni culturali e ambientali. VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE: la legge prevede che l'approvazione, in base alla norma dell'art.6 della legge n.349 /'86per i progetti di opere sottoposte a valutazione di impatto ambientale, sia rilasciata dal ministero il quale si pronuncia sulla base del progetto definitivo sulla compatibilit dell'impatto ambientale. In caso di incompatibilit di tutela e conservazione del bene con il progetto redatto il ministero si pronuncia negativamente, quindi la procedura si considera conclusa.

61- Cosa sono i Piani Paesistici Codice dei beni culturali e del paesaggio Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Il Piano paesaggistico uno strumento che permette di individuare e tutelare i beni paesaggistici. I contenuti del Piano sono individuati dall'articolo 143 del Dlgs 42/2004
PARTE TERZA Beni paesaggistici - TITOLO I Tutela e valorizzazione - Capo III Pianificazione paesaggistica - Articolo 143 Piano paesaggistico
1. In base alle caratteristiche naturali e storiche ed in relazione al livello di rilevanza e integrit dei valori paesaggistici, il piano ripartisce il territorio in ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a quelli significativamente compromessi o degradati. 2. In funzione dei diversi livelli di valore paesaggistico riconosciuti, il piano attribuisce a ciascun ambito corrispondenti obiettivi di qualit paesaggistica. Gli obiettivi di qualit paesaggistica prevedono in particolare: o a. il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonch delle tecniche e dei materiali costruttivi; o b. la previsione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e tali da non diminuire il pregio paesaggistico del territorio, con particolare attenzione alla salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dellUNESCO e delle aree agricole; o c. il recupero e la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, al fine di reintegrare i valori preesistenti ovvero di realizzare nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati con quelli. 3. Il piano paesaggistico ha contenuto descrittivo, prescrittivo e propositivo. La sua elaborazione si articola nelle seguenti fasi: o a. ricognizione dellintero territorio, attraverso lanalisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare; o b. analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso lindividuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilit del paesaggio, la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo; 28 o c. individuazione degli ambiti paesaggistici e dei relativi obiettivi di qualit paesaggistica; o d. definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e luso del territorio compreso negli ambiti individuati; o e. determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge e, ove necessario, dei criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli

immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico; o f. individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate; o g. individuazione delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio nel contesto paesaggistico, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate; o h. individuazione, ai sensi dellarticolo 134, lettera c), di eventuali categorie di immobili o di aree, diverse da quelle indicate agli articoli 136 e 142, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione. 4. Il piano paesaggistico, anche in relazione alle diverse tipologie di opere ed interventi di trasformazione del territorio, individua distintamente le aree nelle quali la loro realizzazione consentita sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni, delle misure e dei criteri di gestione stabiliti nel piano paesaggistico ai sensi del comma 3, lettere d), e), f) e g), e quelle per le quali il piano paesaggistico definisce anche parametri vincolanti per le specifiche previsioni da introdurre negli strumenti urbanistici in sede di conformazione e di adeguamento ai sensi dellarticolo 145. 5. Il piano pu altres individuare: o a) le aree, tutelate ai sensi dellarticolo 142, nelle quali la realizzazione delle opere e degli interventi consentiti, in considerazione del livello di eccellenza dei valori paesaggistici o della opportunit di valutare gli impatti su scala progettuale, richiede comunque il previo rilascio dellautorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159; o b) le aree, non oggetto di atti e provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 138, 140, 141 e 157, nelle quali, invece, la realizzazione di opere ed interventi pu avvenire sulla base della verifica della conformit alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico, effettuata nellambito del procedimento inerente al titolo edilizio e con le modalit previste dalla relativa disciplina, e non richiede il rilascio dellautorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159; o c) le aree significativamente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi di recupero e riqualificazione non richiede il rilascio dellautorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159. 6. Lentrata in vigore delle disposizioni previste dal comma 5, lettera b), subordinata allapprovazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico ai sensi dellarticolo 145. Dalla medesima consegue la modifica degli effetti derivanti dai provvedimenti di cui agli articoli 157, 140 e 141, nonch dallinclusione dellarea nelle categorie elencate allarticolo 142. 7. Il piano pu subordinare lentrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di opere ed interventi ai sensi del comma 5, lettera b), allesito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi leffettiva conformit alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate. 8. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui allarticolo 5, lettera b), siano effettuati controlli a campione sulle opere ed interventi realizzati e che laccertamento di un significativo grado di violazione delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dellobbligo dellautorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni. 9. Il piano paesaggistico individua anche progetti prioritari per la conservazione, il recupero, la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione del paesaggio regionale indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti. 10. Le regioni, il Ministero e il Ministero dellambiente e della tutela del territorio possono stipulare accordi per lelaborazione dintesa dei piani paesaggistici. Nellaccordo stabilito il termine entro il quale completata lelaborazione dintesa, nonch il termine entro il quale la regione approva ilpiano. Qualora allelaborazione dintesa del piano non consegua il provvedimento regionale, il piano approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dellambiente e della tutela del territorio. Il decreto non soggetto alle disposizioni dellarticolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20. 11. Laccordo di cui al comma 10 stabilisce altres presupposti, modalit e tempi per la revisione periodica del piano, con particolare riferimento alla eventuale sopravvenienza di provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 140 e 141. 12. Qualora laccordo di cui al comma 10 non venga stipulato, ovvero ad esso non segua lelaborazione congiunta

62 - Di cosa tratta la legge n. 2359 del 1865


Si tratta della prima legge italiana riguardante le disposizioni in materia di Esproprio per Pubblica Utilit, con lo scopo di introdurre norme per il risanamento e l'ampliamento delle citt, viste le precarie condizioni, soprattutto igieniche di molti aggregati urbani.

Furono introdotti due importanti strumenti urbanistici: i Piani Regolatori Edilizi ed i Piani di Ampliamento. I Piani Regolatori Edilizi, attuabili entro 25 anni, erano obbligatori soltanto per i Comuni con oltre 10.000 abitanti e, una volta approvati, contenevano implicitamente, il riconoscimento della dichiarazione di opera di pubblica utilit. Norme simili erano previste anche per i Piani di Ampliamento, dove si stabiliva l'obbligo di cedere il terreno necessario alla costruzione di vie pubbliche "senza altra formalit", ma sempre dietro compenso per l'esproprio. Secondo quanto stabilito dagli art.39, 40, 41 di tale legge, l'indennit di esproprio era pari al Valore di Mercato (Vm) del terreno espropriato, dove per Vm si intende il prezzo pagato da un privato per l'acquisto del terreno in regime di libera contrattazione e senza speculazioni. Si comprende che per l'elevato onere finanziario dovuto alle indennit di esproprio, questa legge non ebbe applicazione molto estesa, tranne in alcuni casi eccezionali, per ragioni di grave morbilit, in cui si fece ricorso alla formazione di piani regolatori edilizi o di veri e propri piani di risanamento. Per la prima volta si offriva ai Comuni la possibilit di fare partecipare l'iniziativa privata ai costi di realizzazione dei nuovi insediamenti.

63 - Di cosa tratta la legge n. 2892 del 1885, cosiddetta legge "Napoli"


A seguito di una grave epidemia di colera che colp la citt di Napoli nel 1884 fu emanata la legge 2892 per il risanamento della citt. Tra le cause dell'epidemia vi erano l'affollamento abitativo e le pessime condizioni igieniche sanitarie. Per porre fine all'insalubrit, il piano di risanamento, prevedeva ampie zone di demolizione e ricostruzione. Per attuarlo venne messo in discussione per la prima volta il diritto di propriet a beneficio del fine sociale ed un provvedimento, nato esclusivamente per far fronte a delle esigenze di tipo igienico e sanitario, rappresent un momento evolutivo fondamentale per la legislazione urbanistica sul tema dell'esproprio e del calcolo dell'indennit. Questo calcolo non si basava pi sul semplice Valore di Mercato (Vm) dell'immobile, infatti le propriet da espropriare erano, in questa particolare situazione, edifici dei quartieri pi poveri e degradati della citt, di cui la maggior parte dati in locazione. Era per tanto necessario tenere conto del calcolo dell'indennizzo, del reddito che i proprietari percepivano con gli affitti. Per tale ragione l'art. 13 della legge prevedeva che l'indennit dovesse essere calcolata "come media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decennio, purch essi abbiano data certa, corrispondente di rispettivo anno di locazione. In difetto dei fitti accertati, l'indennit sar fissata sull'imponibile netto agli effetti delle imposte sui terreni e sui fabbricati. I periti non dovranno tenere conto nella stima dei miglioramenti e delle spese fatte dopo la pubblicazione del Piano". In questo modo l'esproprio si basava sul criterio dell'indennit che sommava il valore di mercato alla reddittivit dell'immobile e i proprietari percepivano un indennizzo molto pi alto rispetto a quello calcolato sul solo Vm, in quanto il Saggio di Capitalizzazione Annuo (relativo agli affitti) era allora parti a circa il 14-18% (oggi inferiore al 4%).

64 - Quali sono gli strumenti legislativi che regolano l'esproprio


Testo unico esproprio: D.P.R. 327/2001 (come modificato dal D.Lgs. 302/2002) Il testo disciplina lespropriazione, anche a favore di privati, dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili per lesecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilit.

65 - Il Piano Territoriale di Coordinamento esiste sempre


Il PTC, normato secondo lo schema degli articoli 5-6 della legge urbanistica 1150/42 tuttora vigenti, ha

funzione di Piano-quadro riguardo alla gestione e lo sviluppo dei territori regionali. La legge 142/90 (ora inserita nel testo Unico DLgs 267/200) assegna alle regioni un compito di programmazione economico-sociale, non tanto di pianificazione (ruolo svolto pi dalle province o dalla Citt metropolitana).

66 - Opere di urbanizzazione primaria Sono opere d'urbanizzazione primaria (art. 4, legge 29 settembre 1964, n. 847):
le strade a servizio degli insediamenti, compresi gli allacciamenti alla viabilit principale dei lotti edificabili; gli spazi necessari per la sosta e il parcheggio degli autoveicoli, in relazione alle caratteristiche degli insediamenti; i condotti idonei alla raccolta ed allo scarico delle acque luride (nere) ed i relativi allacciamenti alla rete principale urbana, compresi gli impianti di depurazione; la rete idrica, costituita dalle condotte per lerogazione dellacqua potabile e relative opere per la captazione, il sollevamento ed accessorio, nonch dai necessari condotti dallacciamento alla rete principale urbana; la rete per lerogazione e la distribuzione dellenergia elettrica per usi domestici e industriali comprese le cabine secondarie; la rete del gas combustibile per uso domestico ed i relativi condotti dallacciamento; la rete telefonica, comprese le centraline telefoniche a servizio degli edifici; la pubblica illuminazione comprendente le reti e gli impianti per lilluminazione delle aree e delle strade pubbliche e duso pubblico; gli spazi di verde attrezzato, le aree a servizio dei singoli edifici mantenute a verde con alberature ed eventuali attrezzature.

Alle opere durbanizzazione primaria sono equiparati:


gli impianti cimiteriali, cio gli ampliamenti e le costruzioni dei cimiteri, compresi le vie daccesso, le zone di parcheggio, gli spazi e i viali destinati al traffico interno e le costruzioni accessorie (art. 26- bis, D.L. n. 415/1989 convertito dalla legge n. 38/1990); i parcheggi realizzati nel sottosuolo o nei locali siti al piano terreno dei fabbricati esistenti (art. 11, legge n. 122/1989).

Opere di urbanizzazione secondaria Sono opere d'urbanizzazione secondaria (art. 44, legge n. 865/1971 e successive modifiche):
gli asili nido; le scuole materne; le scuole dellobbligo; i mercati di quartiere; le delegazioni comunali; le chiese ed altri edifici religiosi; gli impianti sportivi di quartiere; i centri sociali e le attrezzature culturali e sanitarie; le aree verdi di quartiere.

67 - Legge 167 del 1962


Questa legge introduce i Piani di Edilizia Economica Popolare (PEEP). Lo scopo fondamentale quello di fornire all'ente pubblico, gli strumenti concreti per programmare gli interventi nel settore della casa, e per incidere tramite questi, sull'assetto del territorio urbano, contrastando la speculazione fondiaria e indirizzando lo sviluppo edilizio con i piani di zona (di contenuto analogo ai piani particolareggiati) da realizzare su aree espropriate, all'edilizia economica e popolare. Per la prima volta l'esproprio era utilizzabile non solo per i terreni destinati per i terreni pubblici, ma anche per quelli destinati a residenza, e veniva stabilita un'indennit di esproprio inferiore al valore di mercato, fissata al valore che le aree avevano sul mercato due anni prima dell'adozione del piano PEEP. Questo doveva consentire ai comuni (e agli enti, istituti e cooperative costruttori case popolari, cui potevano essere assegnati i terreni edificabili) di acquisire ad un costo relativamente contenuto aree pi centrali e di dotarle di tutti i servizi sociali necessari, che dovevano essere previsti nello stesso piano di zona. Si prevedeva, infine, di innescare un processo di finanziamento a rotazione: i comuni, ottenendo i terreni a basso prezzo e rivendendoli (una volta urbanizzati) agli assegnatari pubblici e privati, avrebbero potuto ricavare fondi da reinvestire in acquisto di altre aree ed in costruzione di servizi.

68 - Legge 765 del 1967

La Legge n765 del 1967, nota come Legge Ponte, apporta alla Legge Urbanistica del 1942 una serie di ampie modifiche, determinanti per razionalizzare il sistema di strumenti e di controlli, dandogli la configurazione tutt'ora vigente. Le pi importanti modifiche si possono raggruppare secondo i tre obiettivi che la legge si propone: 1. Avviare una estesa applicazione dei piani urbanistici, e garantirne il rispetto. Vengono cos fissati i termini entro i quali il Comune, obbligato a redigere il PRG, viene sostituito dagli organi statali; si decentra agli uffici regionali del Ministero dei Lavori Pubblici l'approvazione degli strumenti minori (piani particolareggiati, regolamenti edilizi, programmi di fabbricazione). Inoltre si rende obbligatorio il regime di "salvaguardia" dei piani gi adottati ma non ancora approvati, per impedire che i piani stessi siano vanificati da licenze edilizie rilasciate in contrasto con le loro previsioni. Si precisano sanzioni per le violazioni delle prescrizioni. 2. Porre un freno allo sviluppo edilizio incontrollato. Vengono poste drastiche limitazioni all'edificazione in assenza di strumenti urbanistici e si stabilisce che la licenza edilizia possa essere concessa solo quando le opere di urbanizzazioni siano gi esistenti o siano previste dai piani particolareggiati di iniziativa pubblica o lottizzazioni private, gi approvati nelle zone di espansione. 3. Ottenere la partecipazione dei privati alle spese di urbanizzazione, fino ad allora gravanti esclusivamente sui Comuni. Viene prescritto che siano a carico dei privati la realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione primaria (compresa la cessione gratuita dell'area occorrente) e il versamento del contributo corrispondente a una quota dei costi delle opere di urbanizzazione secondaria. Tale obbligo deve essere sancito da una convenzione tra privato e Comune, necessaria per ottenere l'autorizzazione a lottizzare. La lottizzazione privata si affiancherebbe cos al piano particolareggiato di iniziativa pubblica come strumento ordinario di attuazione del PRG nelle nuove zone urbane. La sentenza della Corte Costituzionale n55 del 29 maggio 1968 vanificava gli effetti della Legge Ponte, dichiarando illegittimi gli articoli della legge urbanistica che non prevedevano un indennizzo per l'imposizione di limitazioni operanti immediatamente e a tempo indeterminato nei confronti dei diritti reali, quando le limitazioni abbiano contenuto espropriativo. In altri termini, rilevando che la legislazione vigente identificava di fatto il diritto di propriet di un suolo con il diritto di edificarlo (jus aedificandi), la sentenza stabiliva che un vincolo di non edificabilit costituisce un danno al proprietario da risarcire con un indennizzo, e che il diritto all'indennizzo decorre dal momento stesso di adozione del PRG.

69 - Quali sono i contenuti fondamentali della legge 865/1971


Legge di riforma della casa, "Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sull'espropriazione per pubblica utilit". La legge stabiliva l'impiego unitario dei fondi stanziati per l'edilizia economica e popolare, con un coordinamento a livello nazionale tramite il CER (Comintato Edilizia Residenziale) e l'effettiva distribuzione affidata alle Regioni, in base a piani di localizzazione da esse approvati. Veniva anche prevista la creazione di Consorzi regionali degli IACP, il loro riordinamento ..., e la determinazione dei canoni di affitto e delle quote di riscatto. Gli elementi fondamentali della legge 865 riguardano i problemi di pianificazione del territorio. Venivano ampliate le possibilit di intervento dei Comuni, consentendo l'espropriazione delle aree edificate e non - per la formazione non solo dei PEEP, ma anche di Piani per gli Insediamenti Produttivi (PIP). Veniva inoltre stabilito che le aree PEEP possono coprire fino al 60% del fabbisogno totale di edilizia abitativa per un decennio. Innovazioni importanti contenute in questa legge sono l'estesa introduzione del diritto di superficie, con conseguente propriet del bene edificato, su un terreno che rimane di propriet altrui. Queste norme miravano evidentemente ad aumentare lo spazio a disposizione dell'edilizia pubblica, nell'intento di ridurre il peso della speculazione fondiaria. L'indennit venne riferita non pi al valore di mercato delle aree, ma al loro valore intrinseco. Nelle

aree esterne ai centri edificati l'indennizzo veniva posto pari al valore agricolo medio corrispondente alle colture in atto nell'area da espropriare, con un raddoppio a favore del proprietario diretto coltivatore. Nelle aree comprese nei centri edificati e nelle zone delimitate come centri storici, veniva assunto come base il valore agricolo medio della coltura pi redditizia fra quelle praticate nell'intera regione agraria. Tale valore doveva essere moltiplicato per un coefficiente (tra 1 e 5) per tenere conto dell'andamento di mercato delle aree.

70 - Cosa sono i comparti edificatori


Il concetto di comparto edificatorio viene introdotto dall'art. 23 della legge n. 1150 del 1942 abrogato dall'art. 58 del DP.R. n. 327 del 2001 - Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilit - limitatamente alle norme riguardanti lespropriazione Il comparto edificatorio definisce gli ambiti territoriali minimi entro cui l'intervento edilizio deve essere realizzato in modo unitario da pi aventi titolo. Viene introdotto per superare le difficolt di attuazione del piano dovute alla eccessiva frammentazione della propriet fondiaria.

71 - Programma di Fabbricazione. Quale legge lo introduce


introdotto dalla legge fondamentale dell'urbanistica, la n1150/1942. Il programma di fabbricazione previsto per i Comuni non obbligati a redigere il P.R.G. definito come un allegato del Regolamento Edilizio e indica solo le zone di espansione dell'abitato e i tipi edilizi delle aree fabbricabili.

72 - Cosa contiene il Regolamento Edilizio In linea generale il contenuto dei regolamenti edilizi stabilito dall'art.33 della Legge Urbanistica, che elenca una serie di materie che devono essere precipuamente disciplinate. Ci significa che ogni Comune pu adottare norme anche in materie diverse da quelle previste nell'articolo predetto, sempre che riguardino l'attivit edilizia. Con l'art.31 il legislatore ha voluto stabilire solo il minimo a cui i Comuni debbono uniformarsi nei rispettivi regolamenti. Il Regolamento Edilizio nel dettare norme deve distinguerle a seconda che riguardino:
il nucleo edilizio esistente; le zone di ampliamento dell'abitato; il restante territorio comunale.

Le norme regolamentari possono dividersi in tre gruppi:


norme di procedura, riguardanti la composizione, la competenza ed il funzionamento dei vari organi e uffici cui attribuita la disciplina urbanistica, la licenza di costruzione, la progettazione, la esecuzione e la vigilanza dei lavori. norme di carattere urbanistico riguardanti la distanza e l'altezza dei fabbricati, i tracciati stradali, la tipologia degli edifici secondo le zone di territorio, l'aspetto estetico degli stessi. norme di carattere igienico- sanitario, riguardanti le dimensioni delle costruzioni ed i servizi tecnici, igienici e l'osservanza delle prescrizioni relative ai materiali da costruzione.

La funzione del regolamento edilizio complementare alla disciplina urbanistica, ma non sostitutiva ad essa. Le sue disposizioni, anche se in qualche caso contengono prescrizioni tecniche, sono in prevalenza di ordine giuridico-amministrativo. Le limitazioni imposte dai regolamenti edilizi sulle altezze, sulle distanze, sul volume degli edifici, essendo diretti alla tutela degli interessi pubblici, sono inderogabili da parte dei privati, i quali devono uniformarsi sotto pena di sanzioni che possono giungere all'abbattimento di quanto costruito contro le prescrizioni. Il regolamento edilizio si applica a tutto il territorio comunale nel momento stesso in cui entra in vigore.

73 - Cosa contiene lN.T.A consentono la specificazione e il dettaglio della zonizzazione 74 - A cosa serve lo zoning E' uno dei fondamentali e pi diffusi strumenti di disciplina dello sviluppo urbano, che consiste, essenzialmente, nel vincolare l'uso del suolo a destinazioni prefissate (residenza, industria, commercio, ecc...), specificate nel piano regolatore; insieme alle disposizioni sulla viabilit e sulle attrezzature, esso costituisce l'ossatura del piano. Sotto l'aspetto tecnico, la zonizzazione anzitutto intesa al contatto delle densit urbane e quindi della distribuzione demografica degli insediamenti nel territorio; in secondo luogo essa mira a costituire la trama strutturale e quindi il sostegno logico della forma urbana. Questi scopi, tuttavia, sono difficilmente raggiungibili con la zonizzazione, che l'esperienza ha dimostrato strumento imperfetto. Nonostante la sua larghissima fortuna, essa resta in s un mezzo che ha il limite di accettare e radicalizzare la tendenza alla settorializzazione propria della societ contemporanea. Per questo la zonizzazione, anche se tutt'ora largamente impiegata, ritenuta strumento superato, ove non sia sorretta da altri accorgimenti. 75 - Zona territoriale omogenea La zona territoriale omogenea un'area omogenea del territorio urbano, omogenea in quanto a standard urbanistici. La divisione del territorio in zone territoriali omogenee uno degli strumenti fondamentali del Piano Regolatore Generale. Le zone territoriali omogenee sono principalmente 6: A, B, C, D, E, F. Il Piano Regolatore Generale pu prevedere delle sotto zone (es: A1, A2...) 76 - Cos' un'area CIF
Il Centro Internazionale di Formazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (CIF/OIL) lo strumento di formazione dell'ILO, un'agenzia delle Nazioni Unite impegnata a promuovere la giustizia sociale ed il rispetto dei diritti fondamentali nel mondo del lavoro. Nell'ambito del Centro, l'Amministrazione Interna garantisce il miglior utilizzo possibile delle strutture del Campus e la manutenzione di edifici e strutture.

77 - Si pu costruire in assenza di PRG o di qualsiasi altro piano

Si pu costruire in assenza di PRG o di qualsiasi altro piano ?


possibile purch vengano rispettati dei limiti. Tali disposizioni sono contenute nell'articolo 41 della legge 1150/1942: DENSIT MAX CONSENTITA NEL CENTRO ABITATO 1,5 MC/MQ DENSIT MAX CONSENTITA NELLE ZONE EXTRAURBANE 0,03 MC/MQ L'ALTEZZA DI UN EDIFICIO NON DEVE SUPERARE LA LARGHEZZA DEGLI SPAZI PUBBLICI O PRIVATI SU CUI ESSO PROSPETTA

78 - Riguardo a cosa la legge Tognoli sostituisce la 765/1967 o la 1150/1942 Secondo la legge 765/67 per ogni 20 mc di costruito si prevede 1 mq di parcheggi La legge Tognoli incrementa la superficie destinata a parcheggi prevedendone 1 mq per ogni 10 mc .

79 - Cos' la perequazione urbanistica una sorta di baratto tra il pubblico (le disposizioni dello strumento urbanistico) e il privato (il proprietario di un terreno affetto da tali disposizioni). un trasferimento "forzato" della propriet da un area spesso centrale ad una di eguale valore (di mercato) in un area spesso periferica o d'espansione. 80 Legge sugli ambienti di lavoro Ai fini dellapplicazione dei presenti indirizzi tecnici, i locali degli edifici di cui sopra sono cos classificati: 2.1 Locali di categoria 1 - Laboratori e locali adibiti ad attivit lavorativa (ambienti a destinazione duso industriale, artigianale, commerciale, produttivo o di servizio non ricompresi nei locali di cui alla categoria 2). - Archivi e magazzini con permanenza di addetti (locali destinati a permanenza di merci e materiali vari, utilizzati nello svolgimento di servizi logistici, commerciali o altro, dove sia prevista la permanenza di addetti). 2.2 Locali di categoria 2 - Uffici di tipo amministrativo e direzionale - Studi professionali - Sale lettura, sale riunioni Ambulatorio aziendale/camera di medicazione. - Refettorio - Locali di riposo 2.3 Locali di categoria 3 - Spogliatoi - Servizi igienici - WC - Docce - Disimpegni - Archivi e magazzini senza permanenza di addetti, depositi (luoghi destinati a raccogliere e custodire oggetti o merci per convenienza mercantile) ..Superficie dei locali di categoria 3 Per i seguenti locali di categoria 3 devono essere rispettate le seguenti s.u. minime: = spogliatoi (quando previsti): m2 1,2 per addetto per turno, con lato minimo di m1,2 e s.u. minima di m2 4; = servizio igienico: la superficie in pianta del locale W.C. con lavabo deve esserealmeno m2 2; nel caso che il lavabo sia posto nell'antibagno, la superficie del locale W.C. pu essere ridotta fino a 1 m2 con lato minimo comunque non inferiore a m 0,9. Il disimpegno con lavabo (antibagno) deve avere superficie minima di m2 1,5. Per i locali di categoria 3, accessori ad ambienti la cui destinazione duso prevede la produzione e manipolazione di alimenti e bevande, fatto salvo quanto previsto dalla deliberazione del C.R. n.273 del 28/6/1994 Regolamento locale tipo di igiene in materia di alimenti e bevande, in attuazione dellart.5 della L.R. 17 ottobre 1983, n.69 come modificata con L.R.14 aprile 1990, n.48. I servizi igienici e/o docce non devono avere accesso dai locali di categoria 1 e 2, se non attraverso disimpegno, corridoio o antibagno. Illuminazione naturale dei locali di categoria 2 I locali di categoria 2 devono essere illuminati con luce naturale proveniente da aperture attestate su spazi esterni. La superficie illuminante deve corrispondere ad almeno: = 1/8 della superficie utile del locale, se la superficie del locale inferiore a m2 100; = 1/10 della superficie utile del locale, con un minimo di m2 12,5, se la superficie del locale maggiore di m2 100. Come parametro di riferimento si ritiene che: = il 50% della superficie illuminante sia collocata a parete, se la restante parte costituita da lucernai; = il 25% della superficie illuminante sia collocata a parete, se la restante parte costituita da aperture a sheed o a lanterna. I locali di categoria 3 possono essere privi di illuminazione naturale Aerazione dei locali di categoria 2 e 3 a) Per i locali di categoria 2, le esigenze di ventilazione naturale comportano una superficie apribile attestata su spazi esterni pari a:

= 1/8 della superficie utile del locale, se la superficie del locale inferiore a m2 100; = 1/16 della superficie utile del locale, con un minimo di m2 12,5, se la superficie del locale maggiore di m2 100. Come parametro di riferimento le porte comunicanti direttamente con lesterno possono essere comprese nel computo della superficie apribile. b) Fatte salve eventuali norme specifiche, i locali di categoria 3, possono essere privi di areazione naturale ad esclusione di servizi igienici wc e spogliatoi per i quali, in caso di superficie apribile, attestata su spazi esterni, assente o inferiore ad 1/8 della superficie utile del locale, deve essere fatto ricorso allareazione forzata. I flussi di areazione devono essere distribuiti in modo da evitare sacche di ristagno. In caso di servizi igienici privi di areazione naturale, l'aspirazione forzata deve assicurare un coefficiente di ricambio minimo di 6 volumi ora se in espulsione continua, ovvero assicurare almeno 3 ricambi in un tempo massimo di 5 minuti per ogni utilizzazione dell'ambiente, se in aspirazione forzata intermittente a comando automatico temporizzato.

81 Legge sul risparmio energetico Un efficace isolamento termico deve essere in grado di contenere il calore allinterno degli edifici durante linverno e schermare dalla calura solare in estate. Per ridurre il flusso termico che avviene tra due ambienti a temperature differenti e migliorare le prestazioni energetiche degli edifici necessario principalmente realizzare un involucro edilizio con una bassa trasmittanza termica, utilizzare materiali isolanti, evitare i ponti termici, verificare la tenuta allaria e regolare la ventilazione. Il bilancio energetico tra entrate ed uscite di calore deve tendere al pareggio e il fabbisogno di energia deve mantenersi basso. Seguire la normativa italiana sul risparmio energetico e prendere piccoli accorgimenti, consente di migliorare le prestazioni di un edificio: meno sprechi, autoproduzione di energia, tecnologie pi efficienti, sostituire o restaurare gli infissi obsoleti, sostituire le vecchie caldaie altre pi efficienti, isolare le pareti. LEGGE NAZIONALE 9 GENNAIO 1991, n.10 Gi la legge nazionale n.10 del 1991- Norme per lattuazione del Piano Energetico Nazionale in materia di uso razionale dellenergia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili dellenergia - imponeva di verificare lisolamento di pareti murarie e coperture per evitare dispersioni di energia e sprechi. Le fonti considerate rinnovabili sono il sole, il vento, le risorse geotermiche, lenergia idraulica, le maree e la trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali. Anche la cogenerazione o il calore di recupero dai fumi di scarico degli impianti termici sono considerate fonti di energia assimilabili alle fonti rinnovabili. La norma obbliga inoltre alla manutenzione degli impianti ed alla emissione di ulteriori norme attuative per la certificazione energetica degli edifici. DECRETO LEGISLATIVO 19 AGOSTO 2005, n.192 Il 19 agosto 2005 viene emanato il D.Lgs. n.192, che recepisce la Direttiva Comunitaria 2002/91/CE relativa al rendimento energetico delledilizia. Anche questo decreto, come il precedente, richiede per la sua piena operativit una serie di decreti attuativi. In linea di principio la norma stabilisce criteri e modalit per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici e favorire lo sviluppo e lintegrazione delle fonti rinnovabili, disciplina la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici e i criteri generali per la certificazione energetica, invita allispezione periodica degli impianti di climatizzazione, che devono essere effettuate da esperti in certificazione energetica. DECRETO LEGISLATIVO 29 DICEMBRE 2006, n.311 Successivamente il D.Lgs.n.311 Disposizioni correttive ed integrative al Decreto Legislativo 19 Agosto 2005, n.192 modifica ed integra il D.lgs.192/2005. Innanzitutto amplia lambito di intervento che ora non riguarda solo gli edifici di nuova costruzione ma anche gli impianti in essi installati, i nuovi impianti installati in edifici esistenti, le opere di ristrutturazione degli edifici e degli impianti esistenti. La 311/2006 dispone, inoltre, che per migliorare le prestazioni energetiche del proprio edificio o del proprio impianto

possibile accedere ad incentivi o sgravi fiscali, presentando obbligatoriamente lattestato di certificazione energetica. DECRETO MINISTERIALE 26 GIUGNO 2009 Nel giugno 2009 viene emanato un ulteriore decreto: Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica degli edifici. Dal 25 Luglio 2009 le Regioni prive di norme sulla certificazione energetica degli edifici dovranno seguire le linee guida nazionali, mentre le Regioni che hanno gi recepito la direttiva comunitaria 2002/91/CE dovranno conservare le proprie norme, ma adeguarle a quelle nazionali.

82 Differenze tra Permesso a Costruire e S.C.I.A art. 77 Legge Regionale Toscana 1/2005 Il permesso rilasciato in conformit alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi. Il rilascio del permesso in ogni caso subordinata alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte dei comuni dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio o all'impegno dei privati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alle costruzioni oggetto della permesso. art. 78 Sono considerate trasformazioni urbanistiche ed edilizie soggette a permesso di costruire, in quanto incidono sulle risorse essenziali del territorio: a) gli interventi di nuova edificazione e cio di realizzazione di nuovi manufatti edilizi diversi da quelli di cui alle lettere successive del presente articolo ed all' articolo 79 ; b) l'installazione di manufatti, anche prefabbricati e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, quali esplicitamente risultino in base alle vigenti disposizioni; c) la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria da parte di soggetti diversi dal comune; d) la realizzazione di infrastrutture e d'impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato; e) la realizzazione di depositi di merci o di materiali e la realizzazione d'impianti per attivit produttive all'aperto, che comporti l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato; f) gli interventi di ristrutturazione urbanistica, cio quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico - edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico d' interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale; g) le addizioni volumetriche agli edifici esistenti non assimilate alla ristrutturazione edilizia; h) gli interventi di sostituzione edilizia intesi come demolizione e ricostruzione di volumi esistenti non assimilabili alla ristrutturazione edilizia, eseguiti anche con contestuale incremento volumetrico, diversa articolazione, collocazione e destinazione duso, a condizione che non si determini modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale e che non si renda necessario alcun intervento sulle opere di urbanizzazione. Art. 79 - Opere ed interventi sottoposti a SCIA 1. Sono soggetti a SCIA: a) gli interventi di cui allarticolo 78, comma 1, qualora siano specificamente disciplinati dal regolamento urbanistico di cui allarticolo 55, dai piani attuativi comunque denominati, laddove tali strumenti contengano precise disposizioni planivolumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata in base al comma 4; b) le opere di reinterro e scavo non connesse allattivit edilizia o alla conduzione dei fondi agricoli e che non riguardano cave e torbiere; c) i mutamenti di destinazione duso degli immobili, edifici ed aree, anche in assenza di opere edilizie, nei casi individuati dalla disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni di cui allarticolo 58; d) le demolizioni di edifici o di manufatti non contestuali alla ricostruzione o ad interventi di nuova

edificazione; e) le occupazioni di suolo per esposizione o deposito di merci o materiali che non comportino trasformazione permanente del suolo stesso; f) ogni altra trasformazione che, in base alla presente legge, non sia soggetta a permesso di costruire. 2. Sono inoltre soggetti a SCIA: a) gli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche e alladeguamento degli immobili per le esigenze dei disabili, anche se comportano aumento dei volumi esistenti oppure deroga agli indici di fabbricabilit; b) gli interventi di manutenzione straordinaria ossia le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti, anche strutturali, degli edifici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unit immobiliari e che si tratti di interventi diversi da quelli disciplinati dallarticolo 80, comma 2, lettera a); detti interventi di manutenzione straordinaria non possono comportare mutamenti della destinazione duso; c) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo, ossia quelli rivolti a conservare lorganismo edilizio e ad assicurare la funzionalit mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dellorganismo stesso, ne consentano destinazioni duso con essi compatibili; tali interventi comprendono il rinnovo degli elementi costitutivi delledificio, linserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze delluso, leliminazione degli elementi estranei allorganismo edilizio; tali interventi comprendono altres gli interventi sistematici, eseguiti mantenendo gli elementi tipologici formali e strutturali dellorganismo edilizio, volti a conseguire ladeguamento funzionale degli edifici, ancorch recenti; d) gli interventi di ristrutturazione edilizia, ossia quelli rivolti a trasformare lorganismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente; tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi delledificio, leliminazione, la modifica e linserimento di nuovi elementi ed impianti; tali interventi comprendono altres: 1) demolizioni con fedele ricostruzione degli edifici, intendendo per fedele ricostruzione quella realizzata con gli stessi materiali o con materiali analoghi prescritti dagli atti di cui allarticolo 52 oppure dal regolamento edilizio, nonch nella stessa collocazione e con lo stesso ingombro planivolumetrico, fatte salve esclusivamente le innovazioni necessarie per ladeguamento alla normativa antisismica; 2) interventi di recupero dei sottotetti a fini abitativi eseguiti nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge regionale 8 febbraio 2010, n. 5 (Norme per il recupero abitativo dei sottotetti); 3) modifiche alla sagoma finalizzate alla realizzazione di addizioni funzionali agli organismi edilizi esistenti che non configurino nuovi organismi edilizi, nel limite del 20 per cento del volume esistente. Non sono computate, ai fini dellapplicazione degli indici di fabbricabilit fondiaria e territoriale, le addizioni funzionali consistenti nel rialzamento del sottotetto al fine di renderlo abitabile o nella realizzazione di servizi igienici, qualora carenti, oppure nella creazione di volumi tecnici, scale, ascensori o autorimesse pertinenziali allinterno del perimetro dei centri abitati come definito dallarticolo 55, comma 2, lettera b); e) gli interventi pertinenziali che comportano la realizzazione, allinterno del resede di riferimento, di un volume aggiuntivo non superiore al 20 per cento del volume delledificio principale, ivi compresa la demolizione di volumi secondari facenti parte di un medesimo organismo edilizio e la loro ricostruzione, ancorch in diversa collocazione, allinterno del resede di riferimento. Non sono computati ai fini dellapplicazione degli indici di fabbricabilit fondiaria e territoriale gli interventi consistenti nella realizzazione di autorimesse pertinenziali allinterno del perimetro dei centri abitati come definito dallarticolo 55, comma 2, lettera b). 3. Fermo restando quanto previsto dallarticolo 83 bis, comma 1, sono altres realizzabili mediante SCIA le varianti ai permessi di costruire aventi ad oggetto le opere e gli interventi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo che risultino conformi alle prescrizioni contenute nel permesso di costruire. 4. La sussistenza della specifica disciplina degli atti, di cui al comma 1, lettera a), deve risultare da unesplicita attestazione del comune da rendersi in sede di approvazione dei nuovi strumenti o atti ovvero in sede di ricognizione di quelli vigenti, previo parere della commissione edilizia, se istituita, ovvero dellufficio competente in materia.

5. Le opere e gli interventi di cui al presente articolo sono subordinati alla preventiva acquisizione degli atti di assenso comunque denominati, qualora dovuti, rilasciati dalle competenti autorit ed in particolare qualora: a) lesecuzione delle opere interessi beni tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio; b) gli immobili interessati siano assoggettati alla disciplina di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette); c) gli immobili interessati siano assoggettati a disposizioni immediatamente operative dei piani aventi la valenza di cui allarticolo 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, alle prescrizioni oppure alle misure di salvaguardia dei piani di bacino di cui alla parte III, titolo II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); d) il preventivo rilascio dellatto di assenso sia espressamente previsto e disciplinato, in attuazione della presente legge, dagli strumenti della pianificazione territoriale oppure dagli atti comunali di governo del territorio, ancorch soltanto adottati, con riferimento alle zone territoriali omogenee classificate A di cui al d.m. 1444/1968, o ad immobili che pur non essendo compresi fra quelli di cui alle lettere a), b), o c), siano giudicati meritevoli di analoga tutela per particolari motivi di carattere storico, culturale, architettonico od estetico.

83 Linee guida Ispesl Nei casi in cui i lavori in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, devono essere scelte attrezzature di lavoro idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure dando priorit alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale. Qualora, ove queste misure da sole non bastino ad evitare o ridurre sufficientemente i rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, in relazione alla quota ineliminabile di rischio residuo, subentra lobbligo del ricorso ai Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). Nei lavori in quota si esposti a rischi, sia di caduta dallalto o strettamente connessi ad essa, sia di natura diversa in relazione alla attivit specifica da svolgere e che procurano morte o lesioni al corpo o danni alla salute. Si individuano le seguenti tipologie: a) rischio prevalente di caduta a seguito di caduta dallalto; b) rischio susseguente alla caduta derivante da: oscillazione del corpo con urto contro ostacoli (effetto pendolo); arresto del moto di caduta per effetto delle sollecitazioni trasmesse dallimbracatura sul corpo; sospensione inerte del corpo dellutilizzatore che resta appeso al dispositivo di arresto caduta e da tempo di permanenza in tale posizione; c) rischio connesso al DPI anticaduta derivante da: non perfetta adattabilit del DPI; intralcio alla libert dei movimenti causata dal DPI stesso; inciampo su parti del DPI; d) rischio innescante la caduta derivante da: insufficiente aderenza delle calzature; insorgenza di vertigini; abbagliamento degli occhi; scarsa visibilit; colpo di calore o di sole; rapido abbassamento della temperatura; e) rischio specifico dellattivit lavorativa: di natura meccanica (bordi spigolosi, attrezzi taglienti, caduta di oggetti, ecc.); natura termica (scintille, fiamme libere, ecc.); natura chimica;

natura elettrica; f) rischio di natura atmosferica derivante da: vento, pioggia o ghiaccio su superfici di calpestio, ecc. 84 Conto Energia Il Quinto Conto Energia il nuovo decreto che regoler il sostegno, tramite le tariffe incentivanti, agli impianti fotovoltaici. Si tratta, nello specifico, dellultimo regime di sostegno per gli impianti fotovoltaici che, trascorsi 5 semestri, non usufruiranno pi di alcun incentivo. Il nuovo regime incentivante parte dopo 45 giorni dalla data di comunicazione da parte dellAEEG del raggiungimento della soglia di 6 miliardi di euro di costo annuo degli incentivi. Tale tetto stato raggiunto il 12 luglio, data che segna la fine del Quarto Conto Energia e linizio del nuovo sistema di incentivazione. LAEEG ha cos comunicato, con apposita delibera, che il 27 agosto la data fissata per la decorrenza del nuovo regime incentivante. A sua volta il Quinto Conto Energia cesser dopo 30 giorni solari dal raggiungimento di un costo indicativo cumulato di 6,7 miliardi di euro lanno, tetto che rischia di esaurirsi gi prima della partenza del nuovo regime, data la minore convenienza del nuovo regime rispetto al precedente che ha innescato una corsa degli operatori per rientrare nel Quarto Conto Energia. Vediamo, in pillole, chi acceder direttamente al Quinto Conto Energia e chi avr priorit di accesso ai registri. Laccesso diretto alle tariffe incentivanti, ovvero senza i vincoli del registro, avverr per i seguenti impianti: a. impianti di potenza fino a 50 kW realizzati su edifici con moduli installati in sostituzione di coperture su cui operata la completa rimozione dell'eternit o dell'amianto; b. impianti di potenza non superiore a 12 kW, ivi inclusi rifacimenti e potenziamenti, che comportano un incremento della potenza dell'impianto non superiore a 12 kW; c. impianti integrati con caratteristiche innovative, o impianti realizzati da amministrazioni pubbliche, fino al raggiungimento di un costo indicativo cumulato degli incentivi di 50 ml; d. impianti a concentrazione fino al raggiungimento di un costo indicativo cumulato degli incentivi di 50 ml; e. impianti di potenza compresa tra 12 kW e 20 kW, ivi inclusi rifacimenti e potenziamenti, che richiedono una tariffa ridotta del 20% rispetto a quella spettante ai pari impianti iscritti al registro. Gli impianti non ricadenti fra quelli indicati precedentemente, qualora rispettino i requisiti stabiliti dal presente decreto, accedono alle tariffe incentivanti previa iscrizione in appositi registri. Per laccesso a tali registri la priorit verr data alle seguenti categorie: opere di bonifica dellamianto; efficienza energetica; realizzazione con componenti principali realizzati allinterno di un Paese che membro dellUE/SEE, realizzazione su terreni bonificati; impianti di potenza non superiore a 200 kW al servizio di attivit produttive. Per lo smaltimento dellamianto e lutilizzo di prodotti made in UE/SEE sono inoltre stati introdotti nuovamente dei premi dedicati, che saranno corrisposti mediante la tariffa autoconsumo.

85 Di cosa tratta la Legge 10 del 1977 (P.P.A.) Programmi pluriennali di Attuazione: Coordinano la realizzazione di quanto predisposto dagli strumenti pianificatori generali (P.U.C. e P.F). Assicurano che l'espansione e lo sviluppo degli insediamenti non avvenga in maniera episodica e casuale o comunque dettata da interessi privati. 86 - Definizione di propriet e di diritto di propriet L'art. 832 del Codice Civile definisce il Contenuto del Diritto di propriet Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.

l'articolo pone quindi un limite alla disposizione e godimento del bene


88- Di cosa trattano gli articoli 13, 15 e 26 della Legge 47 del 1985 sul primo Condono Edilizio il 13 dell'"accertamento di conformit" di un'opera realizzata senza titolo abilitativo il 15 delle "Varianti in corso d'opera" il 26 delle "opere interne". oggi sono stati abrogati ma inseriti in forma pi o meno identica nel dpr 380/01 88 - Differenza tra standards urbanistici e edilizi Limiti di densit edilizia, di altezza e di distanza tra fabbricati nonch quantit minime di spazi ed attrezzature pubbliche e di uso collettivo in rapporto agli insediamenti residenziali e produttivi. Devono essere osservati nella redazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi e nella revisione di quelli esistenti. I limiti attinenti l'attivit edilizia (anche detti "standards edilizi") ineriscono alla densit edificatoria, all'altezza degli edifici e alla distanza tra i fabbricati a seconda dell'appartenenza del lotto edificabile ad una delle diverse zone territoriali omogenee (zone A - centro storico; zona B - di completamento e cos via) previste dallo strumento urbanistico generale; gli "standards urbanistici" comunemente detti attengono, invece, ai rapporti massimi tra spazi edificabili e spazi destinati ad attivit collettive, verde pubblico e parcheggi, nonch al rapporto tra popolazione ed attrezzature sanitarie, ospedaliere, universitarie, parchi urbani e territoriali. A differenza degli standards edilizi, che attengono alle quantit e alle modalit dell'edificazione, gli standards urbanistici si configurano, negli strumenti urbanistici generali, come concreta individuazione di aree sottratte all'edificazione privata e riservate all'utilizzazione per scopi pubblici e sociali. Essi presuppongono, nella grande maggioranza delle ipotesi, la successiva espropriazione da parte della pubblica amministrazione e la realizzazione degli interventi per mano pubblica (per la disamina della relativa procedura si rinvia alla voce Espropriazione. Ne consegue che, una volta decorso un quinquennio dall'approvazione del PRG senza che sia stato approvato il piano particolareggiato di esecuzione, l'individuazione decade e gli immobili riacquistano una - limitata - capacit edificatoria, se esterni al perimetro del centro edificatorio, ovvero possono formare oggetto d'interventi di recupero se situati all'interno del perimetro. Sul tema della decadenza dei vincoli di PRG si rinvia alla voce Piano Regolatore Generale. 90- Nulla Osta Provvisorio NOP (Nulla Osta Provvisorio) Gli enti e i privati responsabili delle attivit sono tenuti a richiedere al comando l'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni o di modifiche di quelli esistenti. Il comando esamina i progetti e si pronuncia sulla conformit degli stessi alla normativa antincendio entro quarantacinque giorni dalla data di presentazione. Qualora la complessit del progetto lo richieda, il predetto termine, previa comunicazione all'interessato entro 15 giorni dalla data di presentazione del progetto, differito al novantesimo giorno. In caso di documentazione incompleta od irregolare ovvero nel caso in cui il comando ritenga assolutamente indispensabile richiedere al soggetto interessato l'integrazione della documentazione presentata, il termine interrotto, per una sola volta, e riprende a decorrere dalla data di ricevimento della documentazione integrativa richiesta. Ove il comando non si esprima nei termini prescritti, il progetto si intende respinto. 90 - Come si misura l'altezza degli edifici in base alla legge 818
MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 30 novembre 1983 Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi

Altezza ai fini antincendi degli edifici civili altezza massima misurata dal livello inferiore dell'apertura pi alta dell'ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno pi basso.

91- Cos' la compartimentazione antincendio La compartimentazione ai fini della Prevenzione Incendi, non altro che la suddivisione dell'edificio in aree delimitate da strutture con resistenza al fuoco predeterminata al fine di controllare e contenere la propagazione del fuoco in caso di incendio. Ad esempio, in edifici alti pi di 24 m si deve realizzare una compartimentazione verticale con strutture (solai e muri) che abbiano una resistenza al fuoco di almeno 120 minuti. Ogni compartimento non deve superare i 2000 mq per piano e non devono esserci aperture tra due compartimenti contigui. Nel caso di vani scala o ascensori, questi dovranno essere opportunamente protetti e isolati rispetto agli ambienti dei piani. 92 - Cosa significa REI
E' un acronimo che serve ad indicare la resistenza al fuoco di un elemento costruttivo (componente o strutturale) e compare nell'Allegato A del D.M. del 30 Novembre 1983. R, indica la stabilit intesa come attitudine a conservare la resistenza meccanica sotto l'azione del fuoco; E, indica la tenuta ai fumi intesa come attitudine a non lasciare passare n produrre (se sottoposto da un lato all'azione del fuoco) vapori o gas caldi sul lato non esposto. I, indica l'isolamento termico inteso come attitudine a ridurre entro un certo limite di tempo la trasmissione di calore. I numeri che seguono la sigla stanno ad indicare i minuti di stabilit, tenuta ed isolamento termico in caso di incendio. Ad esempio REI 120 indica che i tre criteri sopra citati saranno rispettati per 120 minuti, ossia 2 ore dallo scoppio dell'incendio. 93 - Quali devono essere le norme di sicurezza antincendio per gli edifici di civile abitazione E' del 24 settembre scorso la lettera-circolare emanata dal Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco che ha per oggetto alcuni chiarimenti al punto 8 (Norme transitorie) del Decreto Ministeriale n. 246 del 16 maggio 1987 "Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione". Si legge sulla circolare: "Pervengono richieste di chiarimenti circa l'obbligo di prevedere l'impianto idrico antincendio fisso in edifici aventi altezza superiore a 24 metri e fino a 32 metri (edifici di tipo "b"), preesistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 16/5/1987, n.246". Dopo una precisa motivazione la circolare conclude che "per gli edifici di tipo "b", esistenti alla data di entrata in vigore del citato decreto ed esclusi dalla precedente fattispecie, non prescritta l'installazione di impianti idrici antincendio di tipo fisso in quanto tale misura non contemplata tra le norme di adeguamento di cui al punto 8 dell'allegato al D.M. n. 246/1987."

94 - Come funziona un filtro a fumo e quale deve essere il senso di apertura delle uscite di sicurezza Un filtro a prova di fumo un vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata,

e comunque non inferiore a 60, dotato di due o pi porte munite di congegni di autochiusura con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0.10 m2 sfociante al di sopra della copertura delledificio, oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco e mantenuto in sovrappressione ad almeno 30 mbar, anche in condizioni di emergenza, oppure aerato direttamente verso lesterno con aperture libere di superficie non inferiore a 1 m2 con esclusione di condotti.

95 - Differenza tra scala protetta e scala antifumo interna


Decreto Ministeriale 30 novembre 1983 Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi SCALA PROTETTA una scala in un vano compartimento antincendio, con accesso diretto da ogni piano, con porte di sicurezza al fuoco REI, dotate di congegno di autochiusura. SCALA ANTIFUMO INTERNA una scala in un vano compartimento antincendio, con accesso da ogni piano attraverso un vano filtro a prova antifumo, con porte di sicurezza al fuoco REI dotate di congegno di autochiusura.

96 - Quali sono le norme antincendio per autorimesse in riferimento al D.M. del 1 febbraio 1986
Decreto ministeriale 1 febbraio 1986 (G.U. n. 38 del 15 febbraio 1986) NORME DI SICUREZZA ANTINCENDI PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI AUTORIMESSE E SIMILI Le norme del DM hanno per oggetto i criteri di sicurezza intesi a perseguire la tutela dell'incolumit delle persone e la preservazione dei beni contro i rischi di incendio e di panico nei luoghi destinati alla sosta, al ricovero, all'esposizione e alla riparazione di autoveicoli. Vedi D.M. 1 febbraio 1986

97 - Quali sono le norme antincendio per l'acciaio Va rivestito da materiale isolante, o protetto da vernici che aumentano il tempo di esposizione al fuoco senza collassare. 98 - Cosa dice la Legge 13/1989 circa le barriere architettoniche
Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (9 gennaio 1989)

Le prime disposizioni tecniche per il superamento delle barriere architettoniche sono contenute nella Circolare Ministeriale del 19 giugno 1968, successivamente riprese ed ampliate dal D.P.R. del 27 aprile 1978 che costituisce un punto fondamentale nella disciplina della materia, soprattutto per quanto riguarda le direttive di progettazione senza barriere architettoniche negli edifici pubblici a carattere collettivo e sociale. La legge 13 del 1989 affronta le problematiche della progettazione senza barriere nell'ambito dell'edilizia residenziale, quindi negli edifici privati di nuova costruzione, negli interventi di ristrutturazione, negli spazi esterni di pertinenza e di accesso. Precedentemente le prescrizioni normative si riferivano alle opere ed agli edifici pubblici e privati aperti al pubblico, e poco significativamente agli interventi di edilizia residenziale pubblica. Con la legge 13 le disposizioni per favorire la fruizione degli spazi vengono estese a tutti gli edifici privati, residenziali e non, in sede di nuova costruzione o di ristrutturazione degli stessi. Il 14 giugno dello stesso anno viene emanato il D.M. 236, il Regolamento di attuazione della Legge 13/89. Viene definito, in questa occasione ed in una accezione pi ampia, il concetto di "barriera architettonica" e si delineano tre livelli qualitativi di progettazione e costruzione, espressi attraverso i concetti di: accessibilit, visitabilit ed adattabilit.

All'art. 2 del decreto 236 del 1989 si legge:


a) per accessibilit si intende la possibilit, anche per persone con ridotta o impedita capacit motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio e le sue singole unit immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia. b) per visitabilit si intende la possibilit, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacit motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unit immobiliare. Sono spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo dell'alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta. c) per adattabilit si intende la possibilit di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacit motoria o sensoriale. Accessibilit (concetto pi importante). Un edificio e le singole unit immobiliari che lo compongono possono essere raggiunte e percorse senza limitazione alcuna da una persona portatrice di handicap che si muove su sedia a ruote. All'esterno deve esserci almeno un percorso senza barriere architettoniche (gradine ed ostacoli). Negli edifici con pi di tre piani obbligatoria l'installazione di un ascensore. Per gli edifici fino a tre piani deve essere garantito l'accesso al piano terra e la possibilit di una futura installazione di meccanismi di elevazione per i piani superiori, qualora se ne presenti l'esigenza. Almeno il 5% degli alloggi di edilizia sovvenzionata devono risultare accessibili con un minimo di 1 unit per ogni intervento. Visitabilit. Si tratta di un'accessibilit limitata ad alcune parti dell'edificio e delle singole unit immobiliari. Tale requisito si intende soddisfatto quando garantito l'accesso agli spazi di soggiorno, ad un servizio igienico e ai percorsi di collegamento. Adattabilit. Rappresenta un livello ridotto di qualit, infatti gli spazi devono essere progettati in modo tale da renderli accessibili con poche trasformazioni che abbiano un costo limitato (l'ampliamento delle forature per le porte, l'asportazione di un bidet per dare spazio di manovra ad una carrozzella in un bagno, ecc.).

Alcune soluzioni tecniche:


porte, larghezza minima 75 cm e spazi di manovra adeguati; infissi esterni, altezza della maniglia e/o del dispositivo di comando elettrico compresa tra 1,00 m e 1,30 m; servizi igienici, deve essere consentito l'accostamento laterale alla tazza wc, bidet, vasca, doccia, lavatrice e l'accostamento frontale al lavabo, tenendo in conto la necessit di tutti gli spazi di manovra. La doccia deve essere a sedile ribaltabile e dotata di telefono, devono inoltre essere presenti i maniglioni ed il corrimano per consentire lo spostamento dalla sedia ai sanitari; percorsi orizzontali e corridoi, devono essere larghi almeno 1,00 m e avere ogni 10 m circa degli slarghi per consentire l'inversione di manovra con la sedia a ruote; rampe, non possono superare un dislivello superiore a 3,20 m, larghezza minima di 0,90 m o 1,50 m, se si vuole consentire l'incrocio di due persone, ogni 10 m ed in presenza di interruzioni mediante porte, la rampa deve prevedere un ripiano di dimensioni 1,50 x 1,50 m. La pendenza non pu superare l'8%. ascensore di edifici nuovi non residenziali, cabina di dimensioni minime 1,40 (profondit) x 1,10 m (larghezza), porta sul lato corto e luce netta di 0,80 m. Pianerottolo antistante minimo di 1,50 x 1,50 m. ascensore di edifici nuovi residenziali, cabina di dimensioni minime 1,30 (prof.) x 0,95 (largh.), porta sul lato corto e luce netta di 0,80 m. Pianerottolo antistante minimo di 1,50 x 1,50 m. ascensore in caso di adeguamento di edifici preesistenti dove non sia possibile l'installazione di cabine di dimensioni superiori, dimensioni minime: cabina 1,30 x 0,95 m, porta sul lato corto e luce netta di 0,80 m, pianerottolo antistante minimo 1,50 x 1,50 m.

99 - Cosa prevede la normativa per le costruzioni in zona sismica Le azioni sismiche imprimono alle strutture delle sollecitazioni orizzontali simili a quelle del vento. I provvedimenti da prendere per garantire la stabilit degli edifici nei confronti di tali forze variano in base al grado di sismicit della zona stabilito dalla normativa per tutto il territorio nazionale. Le Regioni tramite il D.M. 3 Marzo 1985 hanno stilato una carta Sismica Regionale con evidenziati i movimenti ed eventuali scosse delle zone del territorio. Il citato D.M. affronta quattro argomenti:
Analisi del terreno di fondazione, presa visione del terreno si studia il grado di sismicit in base alle zone

evidenziate dalla suddetta carta; Tipi di costruzione, edifici in muratura portante, edifici a pannelli portanti, edifici con strutture intelaiate; Azioni sismiche, si basano su indagini statiche dei movimenti sussultori o ondulatori di ciascuna zona; Altezza dei nuovi edifici, vengono imposti dei vincoli sull'altezza dei nuovi edifici nelle zone pi colpite per il rilascio del Nullaosta.

Per le strutture in c.a. la normativa prevede alcuni accorgimenti tecnici per garantire migliori condizioni di stabilit:
la maggiorazione delle sezioni del 25% rispetto alle dimensioni ricavate dai calcoli, sia per le strutture di elevazione che per le fondazioni; interposizione dei giunti ogni 20 m di lunghezza del fabbricato; cordoli in c.a. di collegamento dei plinti da realizzarsi nel punto di innesto pilastro-plinto; cordoli in c.a. da realizzarsi a livello di ogni solaio in corrispondenza del nodo pilastro-trave-solaio, estesi a tutto il perimetro del fabbricato. Il cordolo deve essere anche a livello del solaio di gronda; evitare la disposizione di strutture spingenti a livello della copertura, disponendo cio i travetti dell'orditura primaria del tetto parallelamente alla pendenza della falda.

Per le strutture in muratura portante si devono osservare le seguenti disposizioni:


gli interassi massimi che si possono avere devono essere di 7 m; la rastremazione del muro deve essere fatta in modo tale che negli ultimi due piani ci sia almeno un muro di 2 teste, naturalmente lo spessore del muro alla base deve essere rapportato all'altezza totale dell'edificio; le finestre non devono stare ad una distanza inferiore a 1 m dagli angoli dell'edificio; le aperture interne nei muri non devono avere una larghezza maggiore del 50% della larghezza del muro stesso, ai lati dell'apertura deve sempre rimanere una lesena maggiore o uguale allo spessore del muro; a livello delle fondazioni e in corrispondenza di ogni solaio si deve realizzare un cordolo in c.a. di irrigidimento lungo tutto il perimetro del fabbricato e nelle murature interne, la cui h sia maggiore o uguale a 20 cm e la larghezza deve essere pari allo spessore del muro sottostante.

100 Ventilazione Meccanizzata Controllata La ventilazione meccanica controllata (VMC) un sistema integrato di ventilazione che permette allaria di accedere nellabitazione da dispositivi collocati nelle camere e nel soggiorno, gli ingressi aria. Le bocchette di estrazione collocate nei locali pi inquinati (bagno e cucina) provvedono a controllare il flussi di estrazione in base alle effettive necessit. Il trasferimento dellaria dai locali camera a letto e soggiorni verso cucine e bagni avviene dal sopralzo esistente delle porte dal pavimento (0,5 cm). si pu effettuare la ventilazione negli ambienti con diverse modalit: Autoregolabile La VMC autoregolabile un sistema di ventilazione permanente a portata costante. La portata di rinnovo dellaria viene fissata secondo la struttura delledificio, in funzione del volume degli ambienti. Questa tecnica permette di controllare costantemente i volumi daria di rinnovo. In questo modo, il rinnovo dellaria allinterno dellabitazione costante e controllato tutto lanno, in- dipendentemente dalle condizioni atmosferiche. semplicit e affidabilit per un sistema che si autoregola Igroregolabile La VMC igroregolabile un sistema di ventilazione dotato di prese daria e di bocchette destrazione provviste di sensori meccanici per lumidit. Questi sensori, collocati in ogni ambiente, permettono di adattare automaticamente la portata daria in entrata e in uscita al tasso di umidit interna. Questa rilevazione ha leffetto di produrre una migliore qualit dellaria evitando sprechi di energia, ventilando dove e quando occorre. Per queste caratteristiche il sistema igroregolabile maggiormen- te utilizzato nelle abitazioni progettate con i nuovi concetti della bioedilizia. Maggiore lumidit, maggiore il ricambio daria 101 Nuova Normativa Termica I DECRETI LEGISLATIVI 192/2005 - 311/2006
Con tali strumenti legislativi anche lItalia stata chiamata allapplicazione del contenimento dei

consumi energetici previsto dal protocollo di Kyoto, anche al settore delledilizia. Infatti secondo le recenti stime, lenergia impiegata nel settore delle costruzioni pari a circa il 40% del consumo totale allinterno dellUnione Europea. A tal fine i decreti legge introducono anche in Italia la Certificazione Energetica degli edifici che ha lobiettivo di sensibilizzare tutti gli attori del processo edilizio in riferimento alle problematiche energetico-ambientali e introdurre il para- metro efficienza energetica come valore del mercato edilizio. I D.Lgs. contengono prescrizioni che riguardano edifici nuovi ed esistenti. In questultimo caso le prescrizioni si articolano in funzione dellintervento. Le verifiche imposte riguardano esclusivamente il contenimento dei consumi energetici per il riscaldamento invernale degli edifici, trascurando completamente la climatizzazione estiva, se non per il control- lo dellinerzia termica minima delle pareti e delle coperture, che analizziamo nel seguito in dettaglio. Le verifiche sui consumi energetici invernali possono essere condotte in due modi alternativi, anche se non del tutto equivalenti: n Verifica semplificata - metodo delle trasmittanze limite: prevede il calcolo delle trasmittanze termiche U dei componenti edilizi che costituiscono linvolucro delledificio, e la verifica che i valori ottenuti siano inferiori ai valori limiti tabulati, in funzione delle varie soglie temporali. Per poter eseguire questa verifica devono essere rispettate alcune condizioni geometriche sulledificio e sui rendimenti degli impianti di generazione e distribuzione del calore. n Verifica completa - metodo dellEpi limite: prevede il calcolo dellindice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale dellintero edificio. I valori di Epi non devono essere superiori ai valori limite tabulati. Nel caso si ricorra a questo tipo di verifica, le trasmittanze degli elementi dellinvolucro possono superare al massimo del 30% i valori limite tabulati. Oltre a questo tipo di verifica, i D.Lgs. 192/05 e 311/06 impongono le seguenti verifiche aggiuntive: n trasmittanza termica massima delle pareti divisorie tra unit immobiliari, pari a 0,80 W/m2K, n trasmittanza termica massima delle pareti esterne di ambienti non riscaldati, n condensazioni superficiali e interstiziali, n analisi dei ponti termici strutturali, n massa superficiale (inerzia termica elementi opachi). Come anticipato, la verifica della massa superficiale dellinvolucro delledificio prescritta nellAllegato I comma 9 lettera b., garantendo un minimo controllo sullinerzia termica delledificio, ha la finalit di diminuire la potenza di picco degli impianti nel periodo invernale e di contenere indirettamente il ricorso alla climatizzazione estiva degli edifici. La norma prevede di verificare che (ad esclusione della zona F) per le localit in cui il valore medio mensile dellirradianza sul piano orizzontale nel mese di massima insolazione I 290W/m2: pareti opache esclusi gli intonaci (verticali, orizzontali e inclinate) sia maggiore di 230 kg/m2; n gli effetti positivi che si ottengono con il rispetto dei valori di massa superficiale delle pareti opache possono essere raggiunti, in alternativa, con lutilizzo di tecniche e materiali, anche innovativi, che permettano di contenere le oscillazioni della temperatura degli ambienti. In merito alle modalit di verifica degli effetti positivi di un elemento costruttivo dellinvolucro che non raggiunga il valore di 230 kg/mq, come finalmente chiarito dal DPR n.59 del 2 aprile 2009, necessario riferirsi a quanto gi previsto dal D.Lgs. 311/2006 nellAllegato M, ove in merito alle VALUTAZIONI PER IL PERIODO ESTIVO riportata la norma UNI EN ISO 13786:2001 Prestazione termica dei componenti per edilizia - Caratteristiche termiche dinamiche -Metodi di calcolo. Lesecuzione dei calcoli dinamici secondo tale norma, porta a valutare la prestazione di inerzia termica in termini di sfasamento del- londa termica, espresso in ore, e di fattore di attenuazione, adimensionale. Nei casi in cui il valore di sfasamento superi le 8-9 ore, dal punto di vista tecnicoenergetico, la prestazione dellelemento pu essere considerata sufficiente - valori ottimali di inerzia si hanno con uno sfasamento di 10-12 o pi ore. Il fattore di attenuazione limite consigliato a 0,40.

I pi recenti regolamenti termici locali, cos come anche il regola- mento attuativo del D.Lgs. 192/2005, DPR n.59 del 2 aprile 2009, per le pareti verticali opache riporta come valore limite alternativo ai 230 kg/mq, una trasmittanza termica periodica Yie (uguale al prodotto della trasmittanza termica dellelemento per il relativo fattore di attenuazione) pari a 0,12 W/m2K. Lo stesso regolamento prevede per le chiusure opache orizzontali e inclinate (coperture) un valori limite di trasmittanza termica periodica Yie di 0,20 W/m2K. evidente che per garantire una buona inerzia termica, importante la massa dellelemento quanto la conducibilit termica dello stesso, in modo da garantire una grande capa- cit di accumulo termico durante il periodo di esposizione ai raggi solari

102 - Direttiva 2010/31/UE Edifici a energia quasi zero: - dal 31 dicembre 2018 per gli edifici pubblici; - dal 31 dicembre 2020 per tutti i nuovi edifici. Definizione (art. 2): Edificio ad altissima prestazione energetica. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo [...] coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa lenergia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze.
103 - Quali sono le prestazioni che possono essere richieste ad un architetto 1. progettazione architettonica, urbanistica, strutturale; 2. restauro architettonico; 3. consolidamenti statici; 4. stime e perizie; 5. Direzione Lavori 6. coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione o in cantiere dopo corso 494/96 (ora sostituito da DL 81/2008) di 120 ore e esperienza di cantiere (1 anno); 7. progettazione antincendio (10 anni di iscrizione o 2 se si fa il corso presso i VV.FF); 8. collaudo statico; 9. collaudo amministrativo; 10. arredatore; 11. designer; 12. insegnante; 13. Dipendente pubblico del ASL, Comune, Provincia, Catasto.

104 - Come si prepara una parcella professionale Per preparare una parcella ci si deve basare sui Tariffari professionali stabiliti dalla Legge 143 del 1949 che fissano dei "minimi inderogabili" a cui fare riferimento a seconda della tariffa scelta. N.B. I minimi inderogabili sono stati aboliti dal c.d. Decreto Bersani. Pertanto il calcolo della parcella professionale ha solo una funzione indicativa. Ci sono 4 tipi di tariffe:
a percentuale, calcolata sull'importo delle opere, secondo la categoria e la prestazione professionale; per la progettazione si calcola in base al Computo Metrico Estimativo, per la Direzione dei Lavori si calcola in base all'importo dei lavori a consuntivo; a vacazione, calcolata in base al tempo che si impiega a svolgere un incarico; a quantit, calcolata in base alla produzione ripetitiva dei beni, molto usata nel campo del design industriale; a discrezione, calcolata sul confronto di casi analoghi, generalmente per "consulenze" e nei rapporti del professionista con la Committenza Privata.

Le tabelle da consultare sono la A e B per l'incarico parziale, la A e A1 per l'incarico totale, sempre dopo la conoscenza della Classe e Categoria dell'immobile e l'importo delle opere.

Da aggiungere all'onorario c' il rimborso spese che pu essere di due tipi da stabilire con il Committente:
analitico, con documentazione di tutte le spese sostenute; a forfait, in percentuale rispetto all'onorario totale (10% - 40%).

Per la progettazione di opere edilizie ripetitive (case a schiera, cellula tipo, ecc.) verr pagato al progettista il progetto della singola unit e per le unit successive e che si ripetono, l'onorario sar diminuito ad 1/5 o ad 1/2. L'onorario per prestazioni d'urgenza viene incrementato del 25%, mentre quello in sedi disagiate del 50%. Per le prestazioni urbanistiche valgono i tariffari della Circolare Ministeriale 6679 dei LL.PP. del 1969, in cui i tipi di onorari variano a seconda della prestazione urbanistica. In genere l'importo determinato dalla somma dei compensi relativi sia all'area interessata dal piano che alle volumetrie esistenti e da progetto, con l'applicazione di coefficienti decrescenti all'aumentare della superficie. Per superfici maggiori di 100 h. l'onorario a discrezione. Dati parcella
1. professionista: nome cognome qualifica, recapito, CF e P IVA; 2. data emissione notula(parcella) e n progressivo 3. committente: nome cognome o rag. soc. cliente, indirizzo, CF o P IVA; 4. rif. tariffa e aggiornamenti ministeriali, prestazioni compiute, tipo di onorario, quantificazione onorario accessori, e spese; 5. contributo cassa nazionale previdenza, IVA applicata, totale spettante in lettere.

105 - Che cosa si intende per "parcella a percentuale" e come si calcola La parcella a percentuale un tipo di tariffa professionale che per le prestazioni architettoniche prevede il calcolo dell'onorario in percentuale all'importo delle opere progettate, secondo la categoria e la prestazione professionale. Per poter determinare l'onorario bisogna conoscere: - l'esatta classificazione dell'opera in base alla classe e alla categoria (tabella A); -l'ammontare dell'appalto, a consuntivo dell'opera eseguita o l'importo presunto in caso di sola progettazione; -le prestazioni effettuate dal professionista (tabella B). Queste possono riguardare l'intero processo produttivo dell'opera o soltanto alcune fasi, cio delle prestazioni parziali; 106 - Direttore dei Lavori Il Direttore dei Lavori deve tutelare gli interessi della Committenza nei confronti dell'impresa e di terzi, controllando la buona riuscita delle opere in tutte le fasi del loro svolgersi. Le mansioni svolte dal Direttore dei Lavori riguardano diversi aspetti del processo operativo:
aspetto tecnico, consiste nella migliore realizzazione delle opere progettate; aspetto amministrativo, consiste nella verifica del rispetto delle norme contrattuali e dei capitolati; aspetto contabile, consiste nel continuo controllo per la misurazione e valutazione dei lavori da un punto di vista economico.

Per adempiere ai suoi doveri, il Direttore dei Lavori deve compilare durante lo svolgimento dell'opera stessa tutta una serie di documenti tecnici e contabili, a cui si aggiungono i verbali, le disposizioni, le relazioni aggiuntive, i certificati necessari per far rispettare i termini e le disposizioni contrattuali. I principali documenti che il D.d.L. deve tenere per conto della Committenza sono:
Manuale del D.d.L.: agenda in cui sono annotate, in ordine cronologico, le varie circostanze che possono aver influito sull'andamento tecnico ed economico del lavoro; Giornale dei Lavori: contiene la cronistoria del cantiere, l'ordine ed il modo con cui progrediscono i lavori, il numero di operai, i macchinari usati, le condizioni metereologiche. Normalmente redatto dall'Assistente dei Lavori, un tecnico di fiducia del D.d.L.; Libretti delle Misure: contiene la registrazione della quantit dei lavori svolti e la descrizione della qualit degli stessi. Le misurazioni vengono riportate a corpo e a misura, spesso affiancate da disegni esplicativi; Liste settimanali degli operai e delle provviste: vi sono riportate le giornate degli operai, i noli dei mezzi d'opera, le provviste fornite dall'Appaltatore in base al Capitolato, ecc.; Registro di Contabilit: il quaderno delle misure (prese dal Libretto delle Misure) per i prezzi unitari. Contiene anche le riserve dell'Appaltatore e deve essere firmato anche da quest'ultimo oltre che dal D.d.L.; E' senz'altro il pi importante in assoluto e

rappresenta il documento cardine su cui ruota tutta la contabilit. Il registro di contabilit serve per procedere all'emissione di uno stato di avanzamento lavori e relativo certificato di pagamento. Vi si annotano le riserve dell'appaltatore. Stati di Avanzamento dei Lavori: fornisce il quadro tecnico-economico dei lavori alla scadenza di ogni rata d'acconto prevista dal Capitolato Speciale; Certificati di Pagamento: il documento che autorizza i pagamenti all'impresa come da contratto; Registro dei Pagamenti: riepilogo di tutti i pagamenti effettuati all'Impresa dall'inizio alla fine. Permette il confronto tra il prezzo totale del realizzato e la spesa preventivata; Conto Finale: non altro che l'ultimo Stato di Avanzamento Lavori dove viene riportato tutto ci che a livello contabile intervenuto nel processo produttivo.

107 - Verbali
Consegna dei Lavori; Sospensione dei Lavori (e Ripresa dei Lavori); Certificato di Ultimazione Lavori; Esame delle Riserve formulate dall'Impresa; Emissione di Ordini di Servizio per la corretta gestione del cantiere; Valutazione della necessit di Varianti al contratto per cui redigere perizie supplettive; Valutazione di possibili revisioni dei prezzi contrattuali, ecc.

108 - Chi d l'incarico al Direttore dei Lavori


In campo amministrativo e penale sono fondamentali le disposizioni dellart.6 della legge 47/1985, nel testo modificato dal DL 146/1985 che si trascrive di seguito: Il titolare della concessione, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformit delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonch unitamente al Direttore dei lavori a quelle della concessione a edificare e alle modalit esecutive stabilite dalla medesima. Essi sono altres tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per lesecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dellabuso. Il Direttore dei lavori non responsabile qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni della concessione edilizia, con esclusione delle varianti in corso dopera di cui allart.15, fornendo al sindaco contemporanea e motivata comunica- zione della violazione stessa. Nei casi di totale difformit o di variazione essenziale rispetto alla concessione, il Direttore dei lavori deve inoltre rinunziare allincarico conte- stualmente alla comunicazione resa al sindaco. In caso contrario il sindaco segnala al Consiglio dellOrdine professionale la violazione in cui incorso il Direttore dei lavori, che passibile di sospensione dallAlbo professionale da 3 mesi a 2 anni.

109 - Capitolato Generale dello Stato Il Capitolato Generale dello Stato uno strumento, valido su tutto il territorio nazionale, che regola i rapporti tra committente ed appaltatore, attraverso una serie di norme (a cui bisogna riferirsi nella compilazione dei Capitolati Speciali) obbligatorie per l'esecuzione di ogni processo produttivo che riguardano: Capo I, aggiudicazione dei lavori; Capo II, esecuzione dei lavori; Capo III, pagamenti all'appaltatore; Capo IV, collaudo dei lavori; Capo V, disposizioni riguardanti eventuali scioglimenti del contratto; Capo VI, definizione di eventuali controversie. 110 - Capitolato Speciale d'Appalto
Il Capitolato Speciale un documento che regola i rapporti tra il Direttore dei Lavori e l'Appaltatore. Deve essere compilato per ogni lavoro dal progettista dell'opera e viene a costituire parte integrante di tutti gli elaborati, grafici e non, necessari alla realizzazione dell'opera stessa. Vengono esaminati gli

aspetti fondamentali dei lavori: oggetto ed importo descrizione dell'opera importo complessivo incidenza di ogni fase di lavorazione.

111 - Come funziona il contratto d'appalto il documento che regola i rapporti tra la committenza e l'appaltatore il quale si impegna a seguito di un corrispettivo in denaro, ad eseguire i lavori con organizzazione di mezzi necessari e a proprio rischio. Si registra con il contratto l'avvenuto pagamento della cauzione definitiva che il Capitolato Generale fissa pari al 5% dell'importo contrattuale e il Capitolato Speciale pu elevare fino al 10%. Fanno parte del contratto il Capitolato Speciale ed il progetto esecutivo. prevista sempre nel contratto la possibilit che l'appaltatore affidi ad un'altra ditta la realizzazione di una parte dei lavori, pur rimanendo unico responsabile nei confronti del Committente, oppure la possibilit, per l'Appaltatore di trasferire l'intero contratto ad un'altra ditta, in tal caso si tratta di cessione d'appalto ed il nuovo appaltatore si sostituisce al cedente in tutti gli oneri e i diritti nei confronti del committente. 112 - Con quale procedura il Direttore dei Lavori effettua i pagamenti all'impresa I pagamenti per i lavori eseguiti vengono versati all'impresa a scadenze prestabilite in sede di contratto o in base a delle date o in base ad un certo importo raggiunto. Il Direttore dei Lavori riporta la situazione amministrativa dei lavori eseguiti nel Registro di Contabilit, seguendo l'ordine cronologico delle diverse fase lavorative, quando si raggiunto un certo importo o dopo un certo periodo, come stabilito dal Capitolato Speciale, deve essere emesso uno "Stato di Avanzamento dei Lavori" (S.A.L.) dove vengono riportate le quantit e gli importi delle opere eseguite, nonch l'acconto da corrispondere all'impresa. Approvato lo S.A.L., si emette il Certificato di Pagamento con il quale si autorizza ufficialmente il pagamento all'impresa. 113 - Cosa sono le "riserve" Le riserve non sono altro che possibili contestazioni sollevate dall'imprenditore che esegue l'opera riguardo alla contabilit dei lavori, quando ci siano delle discordanze rispetto a quanto stabilito dal Capitolato d'Appalto in relazione ai criteri di misurazione, all'interpretazione nell'applicazione dei prezzi o ad altre voci del Capitolato Speciale d'Appalto. Tali riserve devono essere riportate nel Registro di Contabilit (pena la loro non validit), dove il Direttore dei Lavori conteggia le misure per i prezzi unitari contemporaneamente allo svolgimento dei lavori stessi, e presentate in occasione della redazione degli Stati di Avanzamento dei Lavori. compito sempre del Direttore dei Lavori prendere atto delle riserve presentare dall'impresa e valutare caso per caso se accettarle o respingerle. Le riserve possono essere presentate dall'appaltatore fino al momento della presentazione del Conto Finale dei Lavori. Le riserve devono essere esplicitate sempre nel termine di 15 giorni e confermate nel conto finale, pena la loro decadenza. 114 - Dove si stabiliscono gli Stati di Avanzamento dei Lavori
Si stabiliscono in sede contrattuale e vengono riportati nel Capitolato Speciale d'Appalto. Gli acconti possono essere suddivisi in funzione di intervalli di tempo prestabiliti (uno Stato di Avanzamento dei Lavori ogni 3 mesi) oppure in funzione di un importo prestabilito (uno S.A.L. ogni 50 mila euro di lavori eseguiti).

115- Chi effettua le perizie di variante e a chi vengono mandate

Il Direttore dei Lavori effettua la perizia di variante ogni qual volta si rende necessaria, durante l'esecuzione dei lavori, una variazione di spesa rispetto a quanto era stato preventivato, dovuta nella maggior parte dei casi alla necessit di interventi non prevedibili allo stato iniziale dei lavori. Le perizie vengono poi sottoposte ai Committente che deve dare il suo benestare alla variante e alla successiva continuazione dei lavori.

116 - A cosa serve il computo metrico Il computo metrico serve a determinare, prima della realizzazione, il costo di costruzione dell'intervento, sulla base di un progetto esecutivo e di specifici prezzari, forniti per le diverse zone dalle associazioni professionali, Camera di Commercio, Industria e Artigianato, dalle Regioni. Nella stesura del Computo devono considerarsi tutti i tipi di lavori da eseguire, le quantit e i prezzi ad essi relativi e sommare gli importi parziali per avere l'ammontare del costo totale. La stesura del computo metrico viene eseguita generalmente dall'impresa che deve fare un'offerta per aggiudicarsi i lavori. 117 - Cosa contiene il Verbale di Consegna dei Lavori Il Verbale di Consegna dei Lavori fa parte dei documenti che devono essere compilati dal Direttore dei Lavori e serve a stabilire ufficialmente la data di inizio dei lavori a partire dalla quale decorrono i tempi di esecuzione dell'opera in base a quanto stabilito dal Capitolato Speciale allegato al contratto. 118 - Come funziona una gara d'appalto I modi fondamentali di indire una gara d'appalto sono: a) L'asta pubblica a cui possono partecipare tutte le imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando d'appalto per lavori pubblici. L'aggiudicazione avviene in base all'offerta pi economica nel tipo di gara in corso, che pu essere ad "offerta di prezzo", cio si aggiudica i lavori l'impresa che propone il prezzo minimo in valore assoluto oppure ad "offerta a ribasso" quando viene fissato un prezzo a base d'asta e si aggiudica i lavori l'impresa che propone il maggior ribasso in percentuale sul valore stabilito. Lo svolgimento della gara si svolge in un'unica tornata che comprende redazione e pubblicazione del bando, ... dell'incanto, aggiudicazione. b) Licitazione privata uno dei modi pi diffusi di appaltare lavori e si riferisce alla legge n.14 del 2 febbraio 1973. Il committente sia pubblico che privato effettua una scelta delle imprese che a suo giudizio offrono le maggiori garanzie di professionalit, le quali possono partecipare solo dietro uno specifico invito. Successivamente i lavoro sono affidati all'impresa che propone l'offerta migliore rispetto ai valori della base d'asta. c) Trattativa privata il modo che offre maggiore libert sia nella scelta ... sia nella definizione dell'importo dei lavori. usata molto spesso dalla committenza privata ed eccezionalmente da quella pubblica che vi ricorre solo in condizioni di lavori particolari. d) L'appalto-concorso la forma pi complessa di affidamento dei lavori, si pu considerare simile alla licitazione privata per quanto riguarda la limitazione del numero di imprese partecipanti che devono essere specificatamente invitate, ma differente da un punto di vista economico, in quanto l'aggiudicazione prescinde dal prezzo pi conveniente. Infatti in questo caso la natura economica dell'offerta non costituisce l'elemento fondamentale, ma viene valutata unitamente all'aspetto qualitativo delle prestazioni da appaltare, considerando nel loro complesso le caratteristiche professionali dell'impresa, la quale chiamata ad elaborare il progetto e verr coinvolta tecnicamente nell'iniziativa. La commissione esaminatrice si trover a dover scegliere tra una serie di proposte progettuali molto diverse, per idee, soluzioni adottate, costi, strutture e caratteristiche estetiche e la scelta sar determinata sulla basi di parametri precisi per confrontare i rapporti qualit-funzione e qualit- prezzo. e) La concessione una forma meno usata perch si addice soltanto a lavori di notevole entit, consiste

nell'affidamento dei lavori da parte della pubblica amministrazione ad altro ente pubblico o privato che pu provvedere direttamente all'esecuzione dell'opera o gestire l'operazione facendo eseguire i lavori ad altri mediante appalto. La legge 80/1987 stabilisce di poter ricorrere alla concessione soltanto per opere di importi superiori ai 20 miliardi di lire. Con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M:) del 1988 sono stati indicati i requisiti minimi di carattere economico, finanziario, tecnico-organizzativo che devono avere le imprese, nonch i criteri di selezione delle stesse. La concessione basata sulla stipula di una Convenzione-Tipo con il concessionario, in base alla quale quest'ultimo si impegna a provvedere agli studi preliminari, al conseguimento delle autorizzazioni necessarie e a tutte le pratiche burocratiche per poter procedere all'esecuzione dei lavori.

Quando un ente pubblico pu ricorrere alla trattativa privata


Vi ricorre in circostanze particolari, quando ad esempio si debbano svolgere dei lavori con una certa urgenza e si vogliano eliminare i tempi, relativamente lunghi, delle altre forme di appalto, oppure quando le caratteristiche dell'opera da eseguire, necessitino di un'impresa specializzata e qualificata per eseguirle, oppure anche per altri generi di lavori, purch l'importo complessivo corrisponda ad una cifra inferiore ai 300 milioni di lire. Le nuove disposizioni contenute nella "Legge Quadro" (art. 24) hanno eliminato la limitazione dell'utilizzabilit di questo tipo di appalto unicamente per lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria, nei casi di urgenza, laddove si devono ripristinare opere gi esistenti, danneggiate o rese inutilizzabili da eventi imprevedibili di natura pericolosa. Sono confermate invece le disposizioni precedenti per il ricorso a tale procedura: scelta dell'impresa qualificata per quel tipo di opera; realizzazione di lotti successivi; utilizzo generale per importi fino a 300 milioni di lire.

Quali sono i tipi d'appalto


Si distinguono quattro tipi di appalto: Appalto a corpo o a forfait. Si presenta quando il compenso dell'imprenditore fissato invariabilmente in base alle parametrazioni risultanti dal contratto, l'importo totale dell'opera viene stabilito a monte del progetto, ci significa che a volte per rispettare l'importo contrattuale si effettuano poche varianti ai lavori durante la loro esecuzione, infatti in caso di modifiche al contratto l'appalto a corpo non risulta elastico e la direzione dei lavori deve tenere una contabilit in aumento ed una in detrazione rispetto all'ammontare dell'importo stabilito. Per tale motivo indispensabile una dettagliata elaborazione del progetto esecutivo. l'appalto preferito dalla committenza privata che si ... da eventuali rischi derivanti da lavori a consuntivo. Appalto a misura. Il credito dell'imprenditore nell'appalto a misura viene computato in funzione della quantit di lavoro effettivamente svolto rispetto alle singole categorie di lavori; in base ai singoli prezzi unitari si determina il credito dell'imprenditore. Lavori in economia Si ha quando il Committente partecipa direttamente all'esecuzione dell'opera, assumendo le vesti del Direttore dei Lavori. Viene normalmente usato per lavori di limitata entit e difficolt
52

tali da poter essere gestiti dallo stesso committente che provvede direttamente all'acquisto dei materiali necessari, al noleggio delle attrezzature, all'impiego della manodopera. L'appalto misto una forma di contratto in cui coesistono varie categorie di opere per ciascuna delle quali si stabilisce una differente retribuzione: a corpo, a misura e in economia. Si pu avere ad esempio che le strutture di un fabbricato vengano retribuite a corpo "vuoto per pieno", mentre le opere di fondazione vengano valutate a misura.

119- Qual la differenza tra il progetto di preliminare, definitivo ed esecutivo Il progetto preliminare rappresenta il primo dei tre livelli di definizione nella stesura di un progetto definiti dalla normativa italiana. Esso "stabilisce i profili e le caratteristiche pi significative degli elaborati dei successivi livelli di progettazione" in funzione del tipo di intervento. Esso si compone di vari elementi, la cui presenza tuttavia lasciata a discrezione del responsabile unico del procedimento, che ne valuta la necessit: relazione illustrativa; relazione tecnica; studio di

prefattibilit ambientale; indagini geologiche, idrogeologiche ed archeologiche preliminari; planimetria generale e schemi grafici; prime indicazioni e disposizioni per la stesura dei piani di sicurezza; calcolo sommario della spesa. Nel caso in cui il progetto debba essere posto a base di gara per concessioni di lavori pubblici o appalti dovr contenere ulteriore documentazione. Il progetto definitivo "contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio della concessione edilizia, dell'accertamento di conformit urbanistica o di altro atto equivalente". Rappresentando la fase successiva al progetto preliminare, redatto sulla base delle indicazioni contenute in quest'ultimo, e delinea gli aspetti fondamentali del progetto esecutivo. Esso comprende: una relazione descrittiva; le relazioni geologica, geotecnica, idrologica, idraulica e sismica; le relazioni tecniche specialistiche; i rilievi planoaltimetrici e lo studio di inserimento urbanistico; gli elaborati grafici; se previsto, studio di impatto ambientale o studio di fattibilit ambientale; calcoli preliminari di strutture ed impianti; disciplinare descrittivo e prestazionale degli elementi tecnici; piano particellare di esproprio; computo metrico estimativo; quadro economico. Se il progetto posto a base di gara, invece del disciplinare descrittivo e prestazionale presente un capitolato speciale d'appalto ed uno schema di contratto, in cui anche indicata la sede e i tempi di redazione del progetto esecutivo. Il progetto esecutivo rappresenta la terza ed ultima delle fasi in cui comunemente suddiviso un progetto e la sua stesura. Esso rappresenta l'ingegnerizzazione di tutti gli interventi previsti nelle precedenti fasi di progettazione in ogni particolare, rappresentando cos la fase tecnicamente pi definita dell'intera progettazione. Da esso risulta esclusa solo la progettazione del cantiere e delle relative opere provvisorie. Il progetto esecutivo redatto sulla base delle direttive fornite dal progetto definitivo e si compone dei seguenti elementi: una relazione generale; le relazioni specialistiche; gli elaborati grafici, anche quelli relativi alle strutture, agli impianti ed alle opere di risanamento ambientale; i calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti; i piani di manutenzione dell'opera nel suo complesso e nelle parti di cui composto; i piani di sicurezza e coordinamento; il computo metrico estimativo definitivo ed il quadro economico; il cronoprogramma dei lavori; elenco dei prezzi unitari ed eventuali analisi; il quadro dell'incidenza di manodopera per le diverse categorie di cui si compone la lavorazione; lo schema di contratto ed un capitolato speciale d'appalto.

120- Come si effettua il collaudo Si distinguono due tipi di collaudo: quello statico e quello amministrativo obbligatorio per la Committenza Pubblica, facoltativo per quella privata. Non si pu evitare di sottoporre l'opera al collaudo statico (Legge n.1086 del 5/11/1972). Il collaudo amministrativo non altro che la verifica di tutti i requisiti qualitativi e quantitativi dell'opera realizzata rispetto quanto era stato stabilito nel Capitolato Speciale d'Appalto. Il collaudo statico invece consiste nella verifica delle strutture attraverso le prove di carico dei solai, la verifica delle dimensioni dei vari elementi strutturali in c.a. che devono essere uguali a quelle previste dai calcoli, il controllo delle sezioni e della qualit dei tondini di acciaio usati per le armature, ecc. L'incarico per il collaudo spetta ad un tecnico di fiducia della Committenza che non sia n il Progettista n il Direttore dei Lavori dell'opera realizzata. Per quanto concerne il collaudo statico l'impresa deve mettere a disposizione del collaudatore alcuni operai e mezzi necessari allo scopo. Dopo aver verificato la regolare esecuzione dei lavori, il collaudatore redige il Verbale di Collaudo. Per quanto concerne il collaudo amministrativo il ... redige una Relazione Segreta... Ci sono dei casi in cui non obbligatorio il collaudo, ad esempio, per le opere pubbliche si possono distinguere tre categorie in base all'importo della spesa sostenuta per realizzarle:
per importi fino a 500 milioni di lire non previsto il collaudo, sufficiente il Certificato di Regolare Esecuzione dei Lavori, che deve essere compilato dal Direttore dei Lavori; per importi compresi tra i 500 milioni di lire ed un miliardo di lire il collaudo facoltativo; per importi superiori ad un miliardo il collaudo obbligatorio.

Nuove disposizioni introdotte dalla "Legge Quadro"

il collaudo va eseguito entro 6 mesi dalla dati di ultimazione dei lavori, il Certificato di Collaudo ha ora carattere provvisorio e assume valore definitivo, automaticamente, solo dopo due anni e due mesi dalla sua emissione; durante il periodo di provvisoriet, l'appaltatore deve rispondere per difformit e vizi dell'opera riconoscibili, purch tempestivamente denunciati dal titolare dei lavori stessi; i collaudatori sono tecnici nominati dall'amministrazione nell'ambito delle proprie strutture, salvo casi di carenza di organico.

121 - Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2008 Suppl. Ordinario n. 30 Il testo del Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008 Indice Generale Cap. 01 Premessa e oggetto delle norme Cap. 02 SICUREZZA E PRESTAZIONI ATTESE individua i principi fondamentali per la valutazione della sicurezza, definendo altres gli Stati Limite Ultimi (SLU) e gli Stati Limite di Esercizio (SLE) per i quali devono essere effettuate le opportune verifiche sulle opere; introduce, inoltre, i concetti di Vita nominale di progetto, Classi duso e Vita di riferimento delle opere; classifica, infine, le possibili azioni agenti sulle costruzioni ed indica le diverse combinazioni delle stesse e le verifiche da eseguire Cap. 03 AZIONI SULLE COSTRUZIONI codifica i modelli per la descrizione delle azioni agenti sulle strutture (pesi e carichi permanenti, sovraccarichi variabili, azione sismica, azioni del vento, azioni della neve, azioni della temperatura, azioni eccezionali). Cap. 04 COSTRUZIONI CIVILI E INDUSTRIALI tratta le diverse tipologie di costruzioni civili ed industriali in funzione del materiale utilizzato (calcestruzzo, acciaio, legno, muratura, altri materiali). Cap. 05 PONTI disciplina i criteri generali e le indicazioni tecniche per la progettazione e lesecuzione dei ponti stradali e ferroviari. Per i ponti stradali, oltre alle principali caratteristiche geometriche, definisce le diverse possibili azioni agenti, con i diversi schemi di carico per quanto attiene le azioni variabili da traffico. Per i ponti ferroviari particolare attenzione posta sui carichi ed i relativi effetti dinamici. Particolari e dettagliate prescrizioni sono, poi, fornite per le verifiche, sia agli SLU che agli SLE. Cap. 06 PROGETTAZIONE GEOTECNICA tratta il problema della progettazione geotecnica distinguendo, in particolare, il progetto e la realizzazione: - delle opere di fondazione; - delle opere di sostegno; - delle opere in sotterraneo; - delle opere e manufatti di materiali sciolti naturali; - dei fronti di scavo; del miglioramento e rinforzo dei terreni e degli ammassi rocciosi; - del consolidamento dei terreni interessanti opere esistenti, nonch la valutazione della sicurezza dei pendii e la fattibilit di opere che hanno riflessi su grandi aree. Nellarticolazione del progetto vengono introdotte, distintamente, la modellazione geologica e la modellazione geotecnica del sito i cui metodi e risultati delle indagini devono essere esaurientemente esposti e commentati, rispettivamente, nella relazione geologica e nella relazione geotecnica. Dopo le indicazioni relative alle verifiche agli stati limite, si fa un breve ma significativo cenno al metodo osservazionale ed al monitoraggio del complesso opera-terreno. E introdotto, infine, un importante paragrafo sui tiranti di ancoraggio, con le relative verifiche, regole di realizzazione e prove di carico. Cap. 07 PROGETTAZIONE PER AZIONI SISMICHE tratta la progettazione in presenza di azioni sismiche ed introduce un importante paragrafo riguardante esplicitamente i criteri generali di progettazione e modellazione delle strutture, per la evidente riconosciuta importanza che assume nella progettazione la corretta modellazione delle strutture, anche in relazione allormai inevitabile impiego dei programmi automatici di calcolo. Nel paragrafo inerente i metodi di analisi ed i criteri di verifica, viene opportunamente trattata, accanto a quella lineare, lanalisi non lineare. Sono, poi, fornite le disposizioni per il calcolo e le verifiche delle diverse tipologie di strutture (cemento armato, acciaio, miste acciaio-calcestruzzo, legno, muratura, ponti, opere e sistemi geotecnica). Cap. 08 COSTRUZIONI ESISTENTI

affronta il delicato problema della costruzioni esistenti; dopo i criteri generali sulle diverse tipologie di edifici e le variabili che consentono di definirne lo stato di conservazione, introduce la distinzione fondamentale dei tre diversi tipi di intervento che possono essere effettuati su una costruzione esistente: - interventi di adeguamento, atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle NTC; - interventi di miglioramento, atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle NTC; - riparazioni o interventi locali, che interessino elementi isolati e che comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti. Un ulteriore importante paragrafo riporta le disposizioni per la progettazione degli interventi in presenza di azioni sismiche nelle diverse tipologie di edifici. Cap. 09 COLLAUDO STATICO riporta le prescrizioni generali relative al collaudo statico delle opere e le responsabilit del collaudatore. Indicazioni sono fornite sulle prove di carico, con particolare attenzione alle prove di carico su strutture prefabbricate e ponti. Cap. 10 REDAZIONE DEI PROGETTI STRUTTURALI ESECUTIVI E DELLE RELAZIONI DI CALCOLO tratta le regole generali per la redazione dei progetti strutturali e delle relazioni di calcolo, ovvero della completezza della documentazione che caratterizza un buon progetto esecutivo. Qualora lanalisi strutturale e le relative verifiche siano condotte con lausilio di codici di calcolo automatico, un apposito paragrafo indica al progettista i controlli da effettuare sullaffidabilit dei codici utilizzati e lattendibilit dei risultati ottenuti. Cap. 11 MATERIALI E PRODOTTI PER USO STRUTTURALE completa i contenuti tecnici delle norme fornendo le regole di qualificazione, certificazione ed accettazione dei materiali e prodotti per uso strutturale, rese coerenti con le procedure consolidate del Servizio Tecnico Centrale e del Consiglio Superiore e le disposizioni comunitarie in materia. Cap. 12 RIFERIMENTI TECNICI infine, segnala a titolo indicativo, alcuni dei pi diffusi documenti tecnici che possono essere utilizzati in mancanza di specifiche indicazioni, a integrazione delle norme in esame e per quanto con esse non in contrasto.

Potrebbero piacerti anche