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L’affermazione dell’assolutismo in Francia

La Francia dopo le guerre di religione

Enrico IV di Borbone si era convertito al cattolicesimo, conquistandosi così l’approvazione


della nobiltà di toga e della popolazione parigina. Ad ogni modo vi erano altre
problematiche:

Bisognava trovare un equilibrio fra la nobiltà ugonotta e quella cattolica, quest’


ultima infatti si vedeva minacciata osservando il calvinismo che diminuiva.
La nobiltà di spada invece si sentiva intimorita dall’emergente classe borghese che
poteva acquistare le cariche pubbliche che davano un titolo di nobiltà di toga (come
quella di membro del parlamento di Parigi). Dal 1604 questi uffici pubblici
diventarono anche ereditari.

Intanto la nobiltà sperava di poter contrastare un eventuale stato assolutista, e anche a


questo proposito furono convocati gli Stati generali (da ottobre 1614 a marzo 1615).
Dopo di questi la nobiltà di spada ottenne che la nobiltà di toga sedesse a fianco alla
borghesia, ma non passò la richiesta di abolire l’ereditarietà delle cariche. Anni prima, nel
1610, Enrico IV fu ucciso e salì al trono Luigi XIII, che avendo solo 9 anni, nominò reggente
la madre Maria dei Medici.

La politica interna del cardinale Richelieu

Quando Luigi XIII prese potere assunse come primo ministro il cardinale Richelieu (1585-
1642). Questo aveva un programma assolutista che si avviò in diversi ambiti:

Lotte Religiose: abolì i privilegi degli ugonotti che si erano ribellati. Nel 1627 fu
ordinato l’assedio a La Rochelle, principale città ugonotta, che cadde nel 1629. Qui
il cardinale fece distruggere ogni edificio e l’organizzazione politica e militare venne
abolita. Al tempo stesso fu riconfermato l’editto di Nantes per quanto riguardava la
libertà di culto.
Amministrazione: cercò di controllare gli atti regi che il parlamento di Parigi
rivendicava fra i propri compiti. Costituì quindi una nuova burocrazia, parallela a
quella convenzionale, costituita da “intendenti” ovvero commissari di nomina regia
e dotati di pieni poteri in campo fiscale, militare, amministrativo e di polizia. Questo
concentramento delle funzioni era dato anche da una forte necessità di aumentare
le entrate a causa della politica estera. Scoppiarono così, in tutto il paese,
numerose sommosse contro il fisco, fra cui la jacquerie, la più estesa rivolta
contadina francese.

Il governo del cardinale Mazzarino

Dopo la morte di Luigi XIII e Richelieu nel 1642, la Francia si trovò nuovamente con un re
bimbo, Luigi XIV. Quindi la madre reggente affidò il governo al cardinale italiano Mazzarino.
Costui diresse ingegnosamente le trattative gestite nel congresso di pace, assicurando alla
Francia una posizione di forza politica e militare in Europa. Fu però contrastato dall’interno,
infatti i costi della guerra gravavano sui ceti minori e la borghesia mercantile risentiva
della limitazione dei traffici imposta dalla stessa guerra. Nobili e magistrati vedevano i loro
poteri sfuggirgli di mano, e inoltre, aveva contro anche i signori feudali che non lo
vedevano di buon occhio.
La fronda contro la monarchia

Così questo malcontento generale confluì in una serie di rivolte contro la monarchia, fra il
1648 e il 1653, che presero il nome di “fronda”:

1. La prima fronda, detta “fronda parlamentare”, fu diretta appunto dal parlamento, e


aveva lo scopo di abolire gli intendenti. Così Mazzarino lasciò Parigi nel 1649, ma nello
stesso anno vi fu una grave carestia e il parlamento della città, avendo paura dei
contadini, riaprì le porte al cardinale.
2. La seconda fronda, quella “dei principi”, scoppiò nel 1650. Era guidata questa volta
dalla grande nobiltà, la quale desiderava tornare ad essere l’unica forza a fianco del re.
Allora Mazzarino lasciò nuovamente la città, e la nobiltà ottenne l’appoggio del popolo
parigino e un accordo con i magistrati del parlamento. Tutto ciò fu però alquanto
precario, e il cardinale optò ingegnosamente per una politica che si rivelò vincente:
saper aspettare. E infatti i vari interessi delle forze che si allearono erano discordanti
e in breve tempo entrarono in collisione fra loro. Dopo Mazzarino rientrò a Parigi e mise
fine agli ultimi resti delle rivolte nobiliari.

L’Europa nella seconda metà del seicento (pag 435-436)


L’Inghilterra dalla restaurazione alla “gloriosa rivoluzione”

Tornato Carlo II in Inghilterra c’era il problema della minoranza cattolica. Nel 1673 il
parlamento approvò il Test Act, una legge sulla professione di fede, che imponeva un
giuramento di totale dissociazione dal papa e dalla chiesa di Roma a chi svolgesse funzioni
pubbliche. Carlo II sembrava però favorevole ad una libertà religiosa e per questo era
sospettato di volersi riconciliare con la chiesa cattolica. Il suo successore, Giacomo II
Stuart, dichiaratosi cattolico, volle istituire un esercito permanente anche se sarebbe
dovuto essere il parlamento a scegliere un esercito in caso di guerra. Il culmine fu
raggiunto quando Giacomo II volle abolire il Test Act ed essere indulgente verso cattolici e
dissidenti religiosi. La chiesa anglicana allora rifiutò questa restaurazione del
cattolicesimo. Dopo la nascita di un erede maschio, il parlamento ebbe paura
dell’affermarsi di una dinastia cattolica e si rivolse a Guglielmo d’Orange, che aveva la
carica di statolder (=luogotenente) in Olanda. Costui accettò di salvare la religione
riformata, preparando una spedizione che sbarcò nel novembre 1688. Non ci fu neanche
bisogno di combattere che Giacomo II fuggì in Francia e successivamente Guglielmo e la
moglie furono proclamati sovrani d’Inghilterra, accentando il documento Bill of Right,
dichiarazione dei diritti.

La monarchia costituzionale inglese

Dopo la rivoluzione, i sostenitori di questa dovettero “giustificare” il trasferimento di


corona da Giacomo II a Guglielmo e consorte. Decisero di non attribuire la scelta al popolo,
dato che ciò avrebbe fatto sembrare tutto troppo vicino alle temute idee di uguaglianza e
democrazia. Allora citarono una frase del Bill of Right, che diceva che il trono era vacante,
e ciò autorizzava il parlamento a intervenire, assegnando appunto la corona a chi riteneva
più giusto. Proprio nella dichiarazione dei diritti erano espressi i tre fondamentali princìpi
della nuova costituzione:

➢ Rifiuto della sovranità assoluta del monarca.


➢ Il parlamento era ad un livello pressoché pari a quello del re.
➢ Complesso delle garanzie alla libertà individuale; ovvero libertà di stampa,
associazione, religione e conoscenza, per ogni imputato, della causa del proprio
arresto.

Inoltre questa rivoluzione non aveva cambiato la legge secondo cui il diritto di voto
spettava solo ai proprietari terrieri indipendenti e ai membri delle città riconosciute
ufficialmente come borghi elettorali.

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