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PARTITA DOPPIA

U N MODELLO DI INDUSTRIA MUSICALE TRA ECONOMIA, CULTURA E TERRITORIO

Alberto Cottica

0. Quanto segue si riferisce prevalentemente alla musica extracolta, e comunque a


musica per cui esista un mercato nel quale il settore pubblico non sia l’acquirente
principale o unico. Di questa musica utenti e produttori principali sono i giovani.

1. Il mercato del prodotto musica, sia registrata che dal vivo, è caratterizzato a
una forte interdipendenza tra domanda e offerta, tra sfera della produzione
e sfera del consumo. Questo è perché le preferenze dei consumatori non sono
esogene, ma si formano all’interno del contesto culturale in cui ogni consumatore
cresce ed evolve. Per fare un esempio, la presenza di molti appassionati di heavy
metal può fare sì che in una certa città nascano uno o più negozi specializzati di dischi
di heavy metal (la domanda traina l’offerta, come avviene in tutti i mercati); ma è anche
vero che la presenza sul territorio di un negozio specializzato e ben condotto
influenza e attira verso il “suo” stile giovanissimi fans che altrimenti non si sarebbero
mai accostati a quella musica (l’offerta traina la domanda, cosa che NON avviene nella
maggior parte dei mercati). Questo fenomeno è descrivibile sia dal lato
economico (produzione e consumo) che da quello culturale (creazione ed
esperienza): questa duplice caratterizzazione è indispensabile per
comprendere la scena musicale. L’acquisto di musica è una transazione di
mercato, ma è anche altro. I musicisti tendono ad intrattenere con i fruitori un rapporto
ben più complesso di quello mercantile. Chi suona e canta viene spesso utilizzato
come modello, punto di riferimento, portatore di senso e identità: allo stesso modo
l’artista vede nei fans la “sua” comunità di riferimento, con cui si misura anche sul
piano personale. Come nella partita doppia dei contabili, ad ogni flusso economico di
merci o servizi corrisponde un flusso culturale di relazioni e contaminazioni; circola il
denaro e circolano le idee.

2. Nel tempo, questa interdipendenza può generare effetti cumulativi.


Tornando all’esempio precedente, è possibile che un singolo negoziante di dischi
heavy metal, motivato e competente, riesca ad allevare una generazione di fans del
genere nella città A, inducendo un promoter di concerti ad organizzare alcuni eventi
dal vivo dedicati al metal. L’effetto combinato del negoziante, del promoter e di una
certa dotazione di talento e voglia di fare nei giovani fans può portare la città A ad
esprimere una scena underground di gruppi di base di buon livello. Un passaggio
successivo, poi, può essere la scalata al successo da parte di una o più delle bands
cittadine, che cominciano a farsi sentire al di fuori della scena cittadina; più oltre, poi,
potrebbe nascere un’etichetta discografica indipendente legata a questa scena. Nel

Alberto Cottica
economia creatività cultura
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frattempo, niente di tutto questo avviene nella città B, che ha caratteristiche


socioeconomiche equivalenti a quelle di A ma manca del negoziante di dischi leader
della prima fase: nella città B i giovani che ad A avrebbero fatto o ascoltato musica
vanno allo stadio, o si occupano d’altro.

3. Di conseguenza, creatività e industria musicale tendono a presentarsi


agglomerati in veri e propri “distretti sonici”. Come i distretti industriali, anche
queste agglomerazioni hanno spesso specializzazioni in termini di prodotto, che in
questo campo equivale ad uno stile o genere musicale. Non è un caso che si parli della
“scena elettronica di Colonia”, del “Seattle sound”, dello “Shibuya sound” e così via. A
differenza dei distretti industriali canonici, che non producono per il mercato interno, i
distretti sonici sono anche fortissimi consumatori, per cui anche il consumo di musica
tende a presentarsi in modo agglomerato. In Italia si stima che due regioni del nord,
Lombardia e Emilia Romagna, valgano oltre la metà del mercato discografico nazionale.

4. In questo contesto, un ruolo molto importante è giocato dai musicisti dilettanti


delle bands underground, che si trovano in un luogo strategico di cerniera tra la
produzione e il consumo, tra la creazione e la fruizione. Essi sono produttori di musica
nel loro specifico (la band), ma anche consumatori forti e criticamente molto attrezzati.
La ragione di ciò è che stare in un gruppo, anche il più scalcinato dei gruppi da
cantina, significa confrontarsi con un progetto culturale, e questo è fortemente
educativo rispetto ad un modo sempre più passivo di fruire della cultura. Le bands,
quindi, hanno su un territorio il ruolo delicatissimo di decodifica degli stili e di loro
divulgazione; possono fungere da antenne per le tendenze e da opinion leaders nei
confronti dei loro amici e coetanei. Più direttamente, essi forniscono all’industria
musicale le sue nuove leve, sia a livello di artisti che, spesso, di figure organizzative1.
Non c’è dubbio che i gruppi di base siano una risorsa decisiva per il music business. Il
caso dell’Emilia Romagna ne è una testimonianza: la nostra regione presenta
contemporaneamente il più alto numero di bands pro capite, la più alta spesa per
spettacoli pro capite, il più alto (o uno dei più alti) consumo pro capite di CD.

5. Un distretto sonico, quindi, è un forte produttore e consumatore di musica. Al suo


interno i consumatori possono fruire di un’offerta ampia ed articolata di
musica registrata e dal vivo per tutti i gusti; ai produttori il distretto offre servizi
di filiera (managers, etichette, promoters, agenti, studi di registrazione, videomakers;
l’esatto equivalente dei servizi alle imprese nei distretti industriali) e soprattutto una
cosa che nei distretti industriali classici non c’è: il mercato interno come facility
collettiva di “test sul campo” delle idee prodotte dagli artisti locali. Ogni
musicista sa che è sul palco, nei negozi di dischi, nel rapporto con il pubblico (quindi,
da un punto di vista economico, con il mercato), che si cresce, è nel feedback del
pubblico che le idee forti prendono la loro forma definitiva e vincente. La Seattle culla
del grunge pullula di bands che si formano, fanno tre concerti, si sciolgono, si
riformano con un nome diverso e un nuovo chitarrista e ci riprovano e così via: è
questo a produrre Nirvana e Pearl Jam. Imprese e creativi del distretto sono quindi in
vantaggio rispetto a quelle e a quelli che ne sono fuori.

6. Quella di distretto sonico è dunque una condizione assai desiderabile. In omaggio alla
regola della “partita doppia”, lo è sia dal punto di vista economico che da quello sociale
e culturale. Sul piano economico (1) l’industria musicale genera ricchezza; (2) l’alta
intensità di lavoro di questo settore consente un tasso di disoccupazione minore che
in altri a parità di valore aggiunto prodotto; (3) il settore è parte dell’”industria dei

1 Il Centro Musica di Modena ha consolidato un’esperienza di formazione di neoimprenditori musicali a partire


dalle bands: sono stati valorizzati i “cervelli organizzativi” dei gruppi di base, quelli che hanno dovuto misurarsi
con il mercato (ricerca dei concerti) e l’organizzazione (prove ecc.) e portano nel settore musicale la loro
grandissima carica motivazionale di appassionati di musica.
3

contenuti”, che mostra una tendenza inarrestabile alla convergenza industriale con
quella di Internet e delle telecomunicazioni2. Ciò colloca l’industria musicale in un punto
strategico nel cuore della nuova economia dell’informazione. Sul piano sociale e
culturale (4) si riconosce generalmente che la diversità culturale sia un valore in sé;
(5) la musica produce aggregazione giovanile; (6) la musica produce senso e identità
per le giovani generazioni; (7) il settore musicale offre uno sbocco lavorativo a molti
giovani vagamente ribelli, a rischio di esclusione perché a disagio in ambienti lavorativi
più formali. Vivere in un distretto sonico, dunque, ha conseguenze positive in
termini di dinamismo economico, diversità culturale, integrazione sociale.

7. L’Emilia Romagna non è un distretto sonico. Sul territorio regionale sono presenti
parecchie imprese (soprattutto nel campo della musica dal vivo e dei servizi
multimediali), molti artisti, una buona dotazione di servizi sia di base (sale prove
comunali) che professionali (studi di registrazione, live club, la rete dei circoli Arci,
quella delle feste dell’Unità). E’ presente, elemento importantissimo, un gran numero di
bands di base (circa 2500). Manca, però, la ricchezza di interconnessioni che
contraddistingue una filiera efficiente (sul lato economico) e una scena
vivace (su quello culturale). Sul lato economico, alcune delle imprese di punta non
fanno indotto per la bassa visibilità di cui godono nell’ambito locale3. Sul lato culturale,
gli interscambi sono davvero pochi: gli amministratori locali sanno bene come sia
difficile, per una band di Modena, fare un concerto a Ferrara. La nostra regione
avrebbe probabilmente una dimensione sufficiente a raggiungere la massa critica che
permetterebbe di innescare il circolo virtuoso consumo-produzione-fruizione-creatività
descritto più sopra: anzi, tra le regioni italiane appare forse la più adatta a questo
percorso. Per avviarlo serve, tuttavia, un catalizzatore.

8. Questo pone il problema delle politiche per la musica, ossia di come attrezzarsi per
favorire l’avvio di questo processo. L’elaborazione di strumenti di intervento appropriati
ad un contesto dalle caratteristiche così insolite è appena all’inizio: le esperienze
condotte finora, però, sembrano segnalare che le politiche settoriali hanno limiti
importanti. La politica culturale in senso stretto, quella del finanziamento di produzioni,
non trova un perno e oscilla perennemente tra l’inutile riproduzione di ciò che il mercato
produce perfettamente per conto suo4 e la proposta high-brow, priva di qualunque
appeal di mercato e spesso creativamente sterile. Le politiche per l’aggregazione
giovanile hanno prodotto spazi per le prove, ma non sono riuscite a risolvere i problemi
di di accesso al mercato (quindi al pubblico) delle bands. Le politiche economiche, tra
formazione professionale e servizi alla piccola impresa sembrano ottenere qualche
risultato in più, ma mancano ancora di quel “mercato interno” fortemente interconnesso
su cui collaudare i nuovi prodotti di cui si è parlato. Sembra assai probabile che, poiché
il settore su cui intervenire esiste sia nella sfera economica che in quella culturale, il

2 Ha fatto scalpore la fusione America Online – Time Warner del gennaio 2000. Una parte importante della dote
di Time Warner è WEA, una delle majors discografiche.

3E’ il caso delle etichette dance bolognesi Irma e Expanded Music, che vendono milioni di dischi in tutto il
mondo. Expanded collabora con la londinese Incentive, l’etichetta dei Prodigy; Irma ha concluso con Benetton un
accordo per la sonorizzazione a livello mondiale dei negozi del gruppo. Un consorzio di promoter nato in Emilia
ha dato luogo al più grande concerto a pagamento della storia, quello degli U2 alla Festa dell’Unità di Reggio
Emilia del 1997, con 150.000 spettatori paganti e oltre 10 miliardi di incassi di sola biglietteria (quindi senza
contare sponsorizzazioni, ristorazione, alberghi, trasporti ecc.) in una sera sola. Eppure queste imprese “non si
vedono”.

4 Il Comune di Milano ha organizzato, per il capodanno 2001, un concerto in Piazza Duomo di Claudio
Baglioni. Questo cantautore include Milano in tutti i suoi tour, e suona allo stadio, quindi davanti ad una folla
equivalente a quella che si è radunata in Piazza Duomo. L’iniziativa dunque, equivale a un sussidio dalla
generalità dei contribuenti ai fans milanesi di Baglioni.
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modo appropriato di intervenire sia un mix di strumenti economici (politiche


industriali, politiche attive del lavoro) e strumenti culturali (disseminazione di nuove
tendenze, esperienze di scambio, insegnamento della creatività,“vivaio” di giovani
artisti). Sviluppare, integrare e fare funzionare questi strumenti è il compito che
attende gli economisti e decisori pubblici della nuova economia dell’informazione.

QUESTA VERSIONE: 28 JAN 2001

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