Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Gabriele: Leggi!
Muhammad: Non so leggere
Gabriele lo strinse fortissimamente e insistette:
Leggi!
Muhammad: Non so leggere
Gabriele: Leggi!
Muhammad: Non so leggere
Leggi in nome del tuo Signore che ha creato * ha creato luomo da
unaderenza * leggi, ch il tuo Signore il Generosissimo * che ha
insegnato mediante il calamo * ha insegnato alluomo quello che
non sapeva. (Corano, XCVI: 1-5).
3
Universit di Ain Shams
Facolt di Lingue Al-Alsun
Dipartimento dItaliano
Tesi di dottorato in lingua italiana
LINTONAZIONE IN ITALIANO L2 DI
ARABOFONI
Studio sociolinguistico e analisi prosodica
Candidata:
Dalia Gamal Ibrahim Abou-El-Enin
Docente associato presso il Dipartimento dItaliano
Relatore: Ch.mo Prof. M. Sad Salem El-Bagury
Professore ordinario di linguistica presso il Dipartimento
dItaliano
Correlatore: Ch.mo Prof. Emad H. El-Baghdady
Professore di linguistica presso il Dipartimento dItaliano
Il Cairo 2005
4
Durante questo lavoro di ricerca ho avuto lopportunit di
conoscere molte persone per la prima volta e di conoscerne altre per
la seconda volta. Il lato sociolinguistico e la natura sperimentale
della ricerca mi hanno consentito il contatto proficuo con una sfera
pi larga di persone, ma la mia famiglia e il mio professore
rimangono i miei punti di riferimento cardinali.
Nella mia famiglia, soprattutto nei miei genitori, ho apprezzato
lambizione scientifica e da mia madre, tra mille cose inestimabili,
ho imparato ancora una volta la costanza e la dedizione alla
ricerca.
Con il professor Sad El-Bagury ho contratto un debito speciale
non solo per lattenzione con cui mi ha sempre seguito, ma anche
per i suoi insegnamenti e la sua personalit che hanno inciso sulla
mia carriera.
Desidero esprimere la mia riconoscenza alla professoressa Sausan
Zein-El-Abedin, capo del Dipartimento, sempre disponibile e
comprensiva. E ringrazio sentitamente il mio gentile e generoso
correlatore, il professor Emad El-Baghdady.
Devo anche ringraziare la dottoressa Adelia Rispoli, direttore
dellIstituto Italiano di Cultura al Cairo, per la gentile
partecipazione alla commissione desame.
Sono riconoscente al professor Federico Albano Leoni che mi ha
seguito in Italia per la seconda volta e mi ha accolto nuovamente al
CIRASS allUniversit degli Studi di Napoli, mettendomi a
disposizione tutte le ricche risorse del laboratorio.
5
Ringrazio di cuore le professoresse Miriam Voghera e Renata Savy
per il loro sostegno e per i loro suggerimenti preziosi.
Devo ringraziare i professori che mi hanno dato i loro consigli a
distanza: la professoressa Anna Giacalone Ramat, la professoressa
Marina Chini e il professor Massimo Vedovelli.
Con tanto affetto ricordo gli amici del CIRASS che mi hanno dato
una mano forte durante la mia permanenza in Italia. Desidero
inoltre ringraziare tutte le addette nelle biblioteche italiane ed
egiziane e nellIIC al Cairo per la gentilezza e la collaborazione che
hanno mostrato.
Il presente studio non sarebbe stato possibile senza la generosa
collaborazione dei docenti, dei professori del dipartimento e anche
degli assistenti e degli studenti che si sono offerti come informatori.
Un ringraziamento particolare dedicato
ai lavoratori egiziani in Italia
e a coloro che mi hanno messo in contatto con loro
per la ricca esperienza umana che mi hanno regalato
e per avermi dato la certezza e la speranza in un futuro
migliore.
6
SIGLE E ABBREVIAZIONI
AG apprendente/i guidato/i
AS apprendente/i spontaneo/i
AVIP Archivio delle Variet di Italiano Parlato (cfr.
2.1.4.3.).
API Archivio del Parlato Italiano (cfr. 2.1.4.3.).
G nel metodo di elicitazione Map Task (Instruction)
giver (cfr. 3.1.).
F nel metodo di elicitazione Map Task (Instruction)
follower (cfr. 3.1.).
INTSINT International Transcription System for INTonation
(cfr. 3.5.2.3.1.).
IPA International Phonetic Alphabet (cfr.
appendice 7).
ToBI Tone and Break Indices (indici di tono e
disgiuntura)
TU (Tone Unit) unit tonale
X-SAMPA extended SAM (Speech Assessment Methods)
Phonetic Alphabet (cfr. appendice 7).
I tre correlati acustici dei componenti prosodici:
d durata
f
0
(si pronuncia effe con zero) la frequenza fondamentale
I intensit
Per i codici dei dialoghi si veda appendice 4.
7
INTRODUZIONE
Questa tesi rappresenta uno studio cerniera fra tre ambiti
della ricerca linguistica: la linguistica acquisizionale, la
sociolinguistica e la fonetica. Lidea a base della ricerca nasce da
una lunga esperienza maturata allinterno della nostra facolt nel
campo dellinsegnamento della lingua italiana. Di fatto, la
diversit degli sfondi socioculturali degli studenti e degli esiti del
processo di insegnamento e soprattutto la grande variazione della
competenza fonologica raggiunta dai discenti, nonch la
mancanza di studi approfonditi sulle prosodie delle lingue
seconde ci hanno stimolato a percorrere questa strada poco
battuta nella ricerca fonetico-fonologica. Per offrire un primo
contributo allargomento mai prima esplorato in maniera
sistematica ci proponiamo nella presente indagine di condurre
unanalisi prosodica dellitaliano lingua seconda di apprendenti
egiziani che hanno sviluppato la loro conoscenza della lingua
italiana in ambiti sociali e culturali diversi (laureati in lingua
italiana al Cairo e immigrati in Italia).
ben saputo che la sociolinguistica ha tentato la
ricostruzione di una struttura sociolinguistica dei vari livelli
linguistici, ma, poich stato pi realizzabile, ha rivolto
maggiore attenzione ad altri livelli linguistici quali la morfologia
e il lessico (cfr. BERRUTO, 2001
6
: 159-161; EL-BAGURY, 1976) a
scapito della prosodia.
8
Infatti, gli studi sociofonetici sono a uno stato iniziale, o
forse sono ancora allo stato embrionale come affermano
CALAMAI et al. (2003: 1.):
negli studi di fonetica sperimentale la variabilit
sociolinguistica di fatto azzerata, vuoi per lancora relativa
novit dellapproccio, con la conseguente esigenza di ampliare
lentit delle conoscenze nel settore, vuoi per la quantit di
tempo necessario a campionare ed analizzare acusticamente i dati
di un campione di parlanti sociolinguisticamente e
statisticamente significativo.
Le autrici osservano, del resto, che i pochi contributi finora
apparsi da un lato si sono interessati solo alla variazione
diatopica a scapito degli assi di variazione diastratico e diafasico
e dallaltro partono da unipotesi che sembra riconoscere un
ruolo primario e fondamentale alle varianti segmentali e solo
secondario e succedaneo alla variazione melodica (ibidem).
Tale posizione, in effetti, non condivisa n dalle autrici n da
chi scrive.
La complessit dellargomento e la diversit degli ambiti di
ricerca coinvolti determinano larticolazione dei capitoli.
Innanzitutto, la lingua seconda degli apprendenti risente dei loro
sfondi socioculturali, cos come costituisce il mezzo di
comunicazione con i parlanti nativi e per gli immigrati
rappresenta anche uno strumento di autorealizzazione nella
societ ospite. La tesi inizia, dunque, con una premessa
sociolinguistica che evidenzia il rapporto tra lingua e societ;
introduce ai repertori linguistici arabo e italiano che sono
appunto i componenti della variazione linguistica con cui un
apprendente arabo dellitaliano deve fare i conti; presenta
9
presupposti e concetti di fondo che saranno un punto di
riferimento nella raccolta del materiale vocale e nel delineamento
dello sfondo socioculturale degli apprendenti egiziani della
lingua italiana.
Il capitolo 1 dedicato allacquisizione della lingua e alle
condizioni socioculturali in mezzo alle quali si sviluppa il
processo di apprendimento della lingua italiana sia in Italia che
in Egitto. ovvio che limmigrato affronta una realt e un
contesto culturale diversi dallambiente nativo in cui si colloca
lapprendente guidato in patria. Si presume inoltre che la
permanenza nel paese straniero abbia un esito linguistico
migliore dello studio in classe, ma la questione non semplice
come scopriremo dallesposizione dei ritrovamenti degli studi
linguistici sugli immigrati. Nel corso della preparazione di tale
rassegna sociolinguistica abbiamo affrontato lo scoglio
dellassenza di riferimenti sulle condizioni di vita degli studenti
egiziani e lo abbiamo superato tramite la costruzione di un
questionario per consentire la raccolta dei dati necessari (
1.3.2.2.1.).
Nelle ricerche di linguistica acquisizionale la conoscenza
della tipologia e della cultura linguistica dellapprendente un
fatto basilare per lelaborazione e linterpretazione dei dati
ricavati dalle loro L2. Le spiegazioni che si riscontrano in
letteratura di alcuni comportamenti linguistici degli arabofoni
trapelano di una conoscenza minima e frammentaria della lingua
araba; solitamente a tali scarse notizie che lo studioso non
arabofono n arabista ricorre nella ricerca di un quadro
esplicativo dei fenomeni che rinviene. Ma data linsufficienza
10
delle conoscenze sulla lingua araba nella cultura linguistica
occidentale, alcune interpretazioni risultano errate per chiunque
conosca bene le variet linguistiche che si affacciano a Sud del
Mediterraneo. Nel corso della tesi troveremo alcuni esempi di
tale lacuna negli studi sugli arabofoni (cfr. 1.4.2.3.).
Nel capitolo trattiamo anche dellacquisizione linguistica
che pi ci sta a cuore, quale lacquisizione fonologica. Purtroppo,
la fonologia e la fonetica sono tra le aree meno studiate
nellacquisizione dellitaliano come lingua seconda. Altri aspetti
della lingua, meglio studiati in italiano L2, sono la temporalit
(BERNINI & GIACALONE RAMAT, 1990), la flessione nominale
(CHINI, 1995; CHINI & FERRARIS, 2003), la modalit (BANFI,
1993; GIACALONE RAMAT, 1993), la sintassi della frase semplice
e la subordinazione (ANDORNO et al., 2003) e, infine, la testualit
(CHINI et al., 2003). Le ragioni di tale situazione verranno
comunque trattate nel corso del paragrafo 1.4.2.
Nel capitolo 2 passiamo alla dimensione fonetico-
fonologica nello studio linguistico e ci soffermiamo sulla
prosodia dellitaliano. Lo scopo dello spoglio prosodico nel
capitolo quello di introdurre a una serie di termini e di nozioni
basilari nello studio intonativo, nonch presentare una varia
gamma di impostazioni nella ricerca intonativa in una
introduzione teorica allindagine sperimentale nel capitolo 3.
In realt, lapplicazione delle teorie linguistiche nellambito
dellacquisizione di lingue seconde non deve essere
unoperazione meccanica. MAJOR (2001: 26-27) ricorda da una
parte laiuto che le teorie pi aggiornate forniscono
nellinterpretazione dei vari fenomeni rilevati in L2 e la ricca
risorsa di dati che queste produzioni costituiscono per la
11
linguistica, ma, dallaltra parte, sottolinea la necessit di non
considerare gli studi acquisizionali subordinati alla teoria
linguistica e, quindi, di non adottare fedelmente modelli astratti
che potrebbero essere inadeguati, dato che sono stati
originariamente modellati su lingue prime. Nel nostro caso, vista
la situazione degli studi prosodici in L2, dovremmo ricorrere
prima ai metodi fonetici di analisi; successivamente, dopo la
costruzione di un quadro descrittivo esaustivo, possiamo
impiegare modelli di analisi fonologica. Tale ragionamento
giustifica la nostra scelta delle analisi puramente fonetiche o
foneticamente orientate (cfr. 2.1.4. e 3.5.2.5.2.).
In un primo momento della ricerca si aspirava a sviluppare
una presentazione ampia dei sistemi intonativi sia in arabo sia in
italiano in base alle eventuali risultanze degli studi finora
condotti nelle due lingue; invece, risultato, purtroppo, che gli
studi sulla prosodia araba sono molto di meno e molto diversi di
prospettiva e dinteresse rispetto ai lavori sullitaliano. Inoltre, ci
siamo resi conto che in questo lavoro non possiamo permetterci
di contare tanto sulla letteratura prosodica in nessuna delle due
lingue per una serie di motivi. Innanzitutto, gli studi sulla
prosodia araba e italiana allo stato attuale non consentono il
confronto tra le due lingue, sia perch i due mondi linguistici non
seguono la stessa linea nella raccolta dei dati e nelle analisi sia
perch mancano ancora descrizioni sistematiche ed esaurienti
dellintonazione nelle due lingue. In secondo luogo, come
vedremo nel corso del capitolo gli informatori nei vari studi
italiani sono a livelli pi o meno medi distruzione e di cultura,
quindi i risultati non sono necessariamente validi per i ceti pi
bassi, quei ceti che appunto hanno pi contatto con i lavoratori
12
stranieri e possono essere considerati i loro insegnanti ditaliano.
In altre parole, linput degli apprendenti egiziani non identico
alle variet indagate dai prosodisti; lo stesso discorso vale anche
per gli apprendenti guidati, che hanno decisamente meno accesso
alla lingua parlata. Si aggiunga, infine, il problema interrelato
della variazione diatopica con tutte le difficolt che pone alla
raccolta di corpora omogenei e rappresentativi.
Per affrontare tale problematica abbiamo deciso di limitare
il campo dindagine e di ovviare alla mancanza di dati
sullintonazione araba analizzando lintonazione e laccento
negli atti illocutivi direttivi in un materiale appositamente
raccolto in italiano (lingua seconda) e nellarabo cairota (lingua
prima) registrato con apprendenti guidati al Cairo e apprendenti
spontanei in Italia. Intendiamo condurre confronti prosodici tra la
realizzazione fonetica nelle due variet linguistiche allo scopo di
scoprire in quali proporzioni la prosodia della L1 influenzi la L2
e di verificare, almeno parzialmente, se la prosodia costituisca un
campo di palese interferenza dalla lingua prima. Ci proponiamo
anche di condurre un confronto, qualora possibile, tra le
prestazioni dei due tipi di apprendenti per indagare se le
differenze socioculturali tra i nostri soggetti si riflettano sulle
loro prosodie.
La presentazione del corpus e delle analisi trovano luogo
nel capitolo 3 in cui cerchiamo di rilevare le differenze e le
somiglianze prosodiche tra le due lingue in un primo approccio
scientifico e cauto alla questione.
13
PREMESSA
FATTORI SOCIALI E STUDI LINGUISTICI
In una ricerca sulle produzioni linguistiche di
apprendenti appartenenti ad ambienti diversi non si pu
prescindere da una trattazione anche sintetica dei legami tra il
codice linguistico e i suoi utenti, i quali, con il proprio
retroterra storico, culturale e sociale, determinano il
comportamento linguistico delle comunit. La lingua, a sua
volta, rappresenta per i parlanti lo strumento di acquisizione di
conoscenza, di sviluppo delle capacit intellettuali e di
scambio di idee; oltre ad essere il mezzo di espressione dei
propri sentimenti e delle proprie esigenze, la lingua il mezzo
di comunicazione per eccellenza tra gli esseri umani e in
quanto tale essa il mediatore nei rapporti sociali; quindi, essa
un fenomeno sociale da vari punti di vista e per quanto
societ e linguaggio siano due concetti ben distinti, il loro
nesso strettissimo: non pare che possa costituirsi ed esistere
una societ senza linguaggio, o meglio senza lingua, e
certamente non pu esistere lingua che non sia usata da un
gruppo sociale (VARVARO, 1978: 5).
Per tale relazione fatale la lingua assolve a unaltra funzione
sociale diventando una chiave di identificazione dei gruppi
sociali (cfr. HUDSON, 1998: 11).
Se lapprendimento della lingua nativa garantisce la
comunicazione e la socializzazione allinterno della propria
14
societ, sar lecito pensare che lapprendimento di unaltra
lingua, o ancora di pi lingue, consenta lallargamento del
proprio spazio sociale e, di conseguenza, anche quello
culturale. Ma questo stesso aspetto, apparentemente positivo,
dellacquisizione multilinguistica non del tutto pacifico.
Come cercheremo di mostrare rapidamente nelle pagine
successive e come sembrerebbe, in fin dei conti, intuitivo, la
lingua considerata un deposito della cultura dei suoi parlanti,
il che rende lincontro di due lingue nella mente
dellapprendente un raffronto di due culture; e se il
comportamento linguistico diventa con gli anni unabitudine,
il cambiamento o la modificazione di alcune abitudini
sicuramente tuttaltro che semplice. Dunque, a parte i vantaggi
sociali e culturali, per niente messi in dubbio, della
conoscenza plurilinguistica, tale conoscenza, qualora si possa
considerare, con un termine per nulla scientifico, buona,
rappresenta lesito di un processo istruttivo che si sviluppa
man mano in funzione degli sforzi e della volont
dellindividuo, che ne costituisce il perno, e insieme in
relazione alle condizioni generali, prevalentemente sociali, in
cui si colloca lapprendente, come vedremo a suo tempo (cfr.
1.2.). Infatti, la grande variazione degli esiti
dellinsegnamento linguistico a parit di condizioni e di
procedure didattiche un semplice esempio che dimostra che
lapprendimento di una lingua seconda proprio il processo
che mette in evidenza la valenza della persona e delle sue
condizioni di vita nella formazione della lingua da lui usata.
Per evitare il pi possibile la superficialit, si dovr nel
corso di questa premessa trattare alcune delle nozioni e dei
15
postulati della disciplina che proclama di occuparsi del
binomio lingua e societ, ossia la sociolinguistica. I trattati di
sociolinguistica presentano una gamma di concetti e di termini
tecnici corredati di tanto in tanto da esempi di vita reale, ma la
letteratura sociolinguistica generica a nostra disposizione
sembra incentrata per lo pi sui parlanti nativi, pur senza
tralasciare del tutto un certo segmento di apprendenti, come
vedremo pi oltre (cfr. 0.3.). Considerazioni di tipo
sociolinguistico relative al processo di apprendimento si
riscontrano nei lavori dedicati allacquisizione di lingue
seconde (L2).
0.1. CENNI ALLA SOCIOLINGUISTICA
0.1.1. Definizione
Rientrano nei rapporti tra lingua e societ vari fenomeni
come per esempio la variazione di pronuncia e di assegnazione di
significato da una persona ad unaltra; i cambiamenti linguistici;
le differenze linguistiche tra le generazioni; la variazione della
lingua nel contenuto e nella forma con la variazione delle
circostanze, della stratificazione sociale e delle attivit
professionali; la presenza di parole interpretabili solo in funzione
di particolarit culturali. Di questi e altri argomenti si occupa la
sociolinguistica, il cui raggio di azione molto ampio e copre
una vasta gamma di tematiche eterogenee che si sovrappongono
ai domini di altre discipline (cfr. BERRUTO, 2001
6
: 1.1., 1.2.).
Questa disciplina ha varie definizioni e persino diverse
designazioni. FISHMAN (1975) parla di sociologia del
16
linguaggio che si occupa dellinterazione tra luso del
linguaggio e lorganizzazione sociale del comportamento e
quindi considera tutti gli argomenti connessi allorganizzazione
sociale del comportamento linguistico, comprendendovi non solo
luso del linguaggio in quanto tale, ma anche gli atteggiamenti
linguistici e i comportamenti palesi verso la lingua e i suoi
utenti (p. 65).
La sociologia del linguaggio come studio della societ in
rapporto con la lingua , secondo HUDSON (1998), linverso della
sociolinguistica, che egli definisce come lo studio della lingua
in rapporto con la societ, uno studio che ci pu dire molto sia
sulla natura del linguaggio sia sulla natura della societ (p. 9).
Invece, BERRUTO (2001
6
: pp. 6-7) ritiene che queste due
definizioni siano molto generiche e attribuiscano alla disciplina
un ambito molto vasto di applicazione e di analisi. Secondo la
sua definizione la sociolinguistica un settore delle scienze del
linguaggio [e non della sociologia] che studia le dimensioni
sociali della lingua e del comportamento linguistico, vale a dire i
fatti e fenomeni linguistici che, e in quanto, hanno rilevanza o
significato sociale (p. 10).
0.1.2. La variabilit linguistica
Essendo le definizioni comunque di maglia larga, BERRUTO
sottolinea che sarebbe utile discernere tra la sociolinguistica in
senso lato e tra il nucleo centrale della sociolinguistica, quale
lindagine della variazione della lingua (cfr. ivi: 12). Infatti, tra
gli assiomi della disciplina da lui esposti (cfr. ivi: 2.4.) si
segnala sotto la designazione assioma della variabilit
17
linguistica che ogni lingua, al suo interno, varia, conosce
differenziazioni, diversificata negli usi dei parlanti e si articola
quindi in tante variet di lingua (p. 60) e, pi oltre, che ogni
parlante normale capace di usare, e usa, pi di una variet di
lingua (p. 61).
La variazione linguistica appunto il tratto che rende la
lingua cos espressiva e deposito della cultura di una comunit; a
mo desempio, si osserva che il comportamento e gli usi
linguistici dellindividuo sono un buon indicatore del livello
sociale. In proposito BERRUTO sottolinea che il segreto di
questa propriet della linguasta nella sua natura intrinseca di
sistema con variabilit. Questultima soggetta alla
determinazione culturale [] (2001
6
: 143).
Nellesame del fenomeno della variazione, la
sociolinguistica definisce la nozione di repertorio linguistico,
quale linsieme dei sistemi linguistici o le risorse linguistiche a
disposizione di una comunit (cfr. ALTIERI BIAGI, 1995
6
: 313;
BERRUTO, 2001
6
: 72). VARVARO (1978: 53) lo definisce come
linsieme di variet congiuntamente disponibili ad un gruppo
sociale adeguatamente omogeneo. La disponibilit,come spiega
Varvaro, non proprio il potenziale, ma il reale accesso. Si
osserva, quindi, che il repertorio linguistico per definitionem non
di natura monolitica, anzi assai diversificato secondo vari
fattori: si suol trattare di variazioni a livello geografico
(variazione diatopica), sociale (variazione diastratica) e
situazionale (variazione diafasica).
Unaltra dimensione ben nota di variazione la variazione
nel tempo (variazione diacronica), che va scartata in questo
discorso, in quanto un oggetto desame della storia della lingua,
18
che ALTIERI BIAGI (1995
6
) considera una sociolinguistica
diacronica, allo stesso tempo in cui ritiene la sociolinguistica
una storia linguistica sincronica (corsivo dellautrice; pp. 303-
304). Dunque, i tipi di variazione che pi stanno a cuore della
sociolinguistica sono la variazione diastratica e diafasica, visto
che la variazione diatopica riscontra la massima attenzione nella
dialettologia (cfr. BERRUTO, 2001
6
: 147).
Traendo esempio della ricca variazione linguistica dal
repertorio degli italiani, si osserva che il singolo parlante dispone
di pi variet linguistiche allinterno della propria variet
geografica, in quanto il parlante impara una variet sociale
dellitaliano della propria regione, entro la quale impara diversi
registri adeguati a diverse situazioni (BERRUTO, 1997
3
: 11).
In Italia, inoltre, la maggiore marcatezza diatopica implica
spesso marcatezza diastratica, il che dimostra linterazione delle
dimensioni di variazione e la loro sovrapposizione (cfr. ID,
2001
6
: 149-150).
Tale padronanza si pu denominare competenza multipla, la
quale pu essere passiva o di sola comprensione oppure attiva,
cio insieme di comprensione e di produzione (cfr. VARVARO,
1978: 53-54).
0.1.2.1. Variazione diastratica
La variazione diastratica include non soltanto la
variazione linguistica per differenze di strato sociale, ma
anche in funzione delle differenze di identit sociale, di cui
sono tratti salienti la etnia, il gruppo sociale, il sesso e let
(cfr. BERRUTO, 2001
6
: 147; VARVARO, 1978: 59).
19
unosservazione unanimemente condivisa che ognuno di noi
fornisce tramite il proprio comportamento linguistico
informazioni sulla propria posizione sociale (BERRUTO, 2001
6
:
63-64) e che la lingua un comportamento immediatamente
connesso a fattori sociali.
Malgrado la classe sociale sembri la variabile pi
influente e rilevante nella diversificazione linguistica, la
collocazione sociale di una persona non un compito semplice
cos come il concetto di classe (o strato) sociale non risulta
facile da individuare, dato che la stratificazione di per s
rappresenta una forzatura concettuale allinterno del corpo
sociale, in cui non intercorrono interruzioni nette fra gli strati
(cfr. BERRUTO, 2001
6
:120-121). La stratificazione sociale,
infatti, serve in sociolinguistica come unimportante nozione
descrittiva di valore pratico; comunque, la disciplina non cerca
categorizzazioni minuziose come la sociologia, ma si
accontenta dellindividuazione di categorie elementari e
rudimentali con pochi strati in qualit di realia di riferimento
e non delle entit da studiare (ivi: 129)
1
. C una duplice
ragione a base della macroscopicit nella trattazione delle
categorie sociali da parte di questa disciplina: da una parte, la
determinazione della posizione sociale una procedura che
comporta grossi problemi a causa della sua
multidimensionalit, dato che vari fattori possono correlare a
determinare la collocazione sociale, e dallaltra parte per la
1
Converge con questa osservazione laffermazione di MIONI (1975: 35-36) che a
differenza del sociologo, il linguista sceglierebbe una quantit maggiore di varianti
linguistiche da correlare con pochi parametri extralinguistici. In altre parole, linteresse
analitico del sociolinguista, che in fondo un linguista, va sempre focalizzato in primo
piano sul livello linguistico.
20
mancanza di una correlazione biunivoca tra un certo strato
sociale e una determinata variet linguistica; il rapporto
societ-lingua, cio, non deterministico, ma probabilistico
(per una discussione approfondita si veda BERRUTO, 2001
6
:
cap. 4).
Detto ci, alcuni tratti sociali risultano spesso buoni
indici del ceto sociale. BERRUTO osserva che, almeno in un
paese come lItalia, linsieme del grado di istruzione e
loccupazione sembrano degli indicatori migliori per la
determinazione della posizione sociale (2001
6
: 129).
0.1.2.2. Variazione diafasica
La situazione comunicativa un altro concetto
importante a livello descrittivo per la sociolinguistica, nella
quale si distinguono alcuni elementi cardinali, quali i parlanti
(mittente e destinatario), il loro status o posizione nella societ
e i loro ruoli nella conversazione che sarebbero in questo caso
ruoli comunicativi. Le relazioni di ruolo allinterno della
situazione comunicativa o sociolinguistica sono molto
rilevanti per il sociolinguista. I ruoli degli interlocutori sono il
riflesso delle loro posizioni sociali e insieme del rapporto che
intrattengono; dalla lingua sintravvede, cio, se un individuo
ha potere rispetto al partner della comunicazione e se i parlanti
condividono caratteristiche e esperienze sociali o fatti intimi e
quanta distanza sociale intercorre tra i partecipanti allatto
comunicativo (cfr. HUDSON, 1998: 129). La variazione delle
posizioni di mittente e destinatario e dei loro ruoli luno
rispetto allaltro responsabile della variazione di registro che
21
costituisce, quindi, un indice del grado di formalit
dellinterazione. (VOGHERA, 1992: 39; BERRUTO, 1997
3
a:
3.1.). Un semplice esempio del riflesso linguistico dei rapporti
sociali si riscontra nelluso del pronome personale tu e la sua
variante di cortesia lei.
0.1.3. Variabile sociolinguistica e procedimento
danalisi
La variabile sociolinguistica ogni variabile linguistica
che vari in funzione di una o pi variabili sociali. costituita da
un insieme di varianti, ossia modi alternativi che presentano lo
stesso elemento linguistico (cfr. BERRUTO, 2001
6
: 158).
Eppure, il concetto stesso di variabile presenta alcuni
problemi di definizione, in quanto si presuppone che linsieme
di varianti debba essere caratterizzato dalluguaglianza
semantica e funzionale, il che praticamente risulta di difficile
realizzazione, specie a livello morfologico e, ancora di pi, a
livello sintattico, nonch agli altri livelli di una variet (cfr. la
discussione in BERRUTO, 2001
6
: 5.3.2.).
A parte il dibattito sulla puntuale definizione della
nozione di variabile, si propone che lo studio sistematico della
lingua in rapporto a fattori sociali, ossia lo studio delle
variabili sociolinguistiche, richieda una base di dati per la cui
costruzione e studio occorre una serie di procedimenti, che
HUDSON (1998: 158 e segg.) elenca e spiega. Innanzitutto, si
parte dalla determinazione del tipo di informanti
considerando che la disomogeneit del campione non
22
porterebbe a risultati attendibili
2
. La raccolta dei testi da
analizzare non risulta semplice, visto che lottenimento di una
produzione linguistica naturale e spontanea e una registrazione
di buona qualit, con la presenza del registratore e
dellintervistatore nel luogo di rilevazione, richiede fiducia e
una certa disinvoltura da parte degli informatori.
Lindividuazione delle variabili linguistiche da annotare nel
materiale registrato un passo che non dovrebbe porre
difficolt, anche se nel caso di identificazione di varianti
foniche potrebbe risentire della soggettivit del ricercatore. Il
passo successivo lelaborazione dei dati, che richiede
statistiche percentuali relative alle occorrenze dei fenomeni
dinteresse e il confronto dei dati ricavati dai vari testi sotto
esame. Alla fine, linterpretazione dei risultati di per s
consiste di pi fasi che iniziano con la descrizione dei
fenomeni riscontrati e finisce con la spiegazione di tali
fenomeni in termini generalizzabili. Occorre determinare nette
differenze tra due o pi gruppi di informanti tra cui
intercorrono divergenze anche a livello sociale (per esempio,
et, sesso o classe sociale) e cercare di superare i singoli casi
per determinare se una certa variabile linguistica correla
tendenzialmente o sistematicamente con una variabile sociale.
Si detto tendenzialmente perch, in realt, non si
possono verificare correlazioni socio-linguistiche
deterministiche e schematiche secondo cui una certa variabile
linguistica corrisponde sempre o al cento per cento a una
variabile sociale.
2
In merito BERRUTO sottolinea che spesso la sociolinguistica si basa su piccoli gruppi
di informanti piuttosto che grandi gruppi (2001
6
: 98).
23
Nellanalisi della variabilit sociolinguistica latto
linguistico costituisce lunit minima di analisi. La nozione di
atto linguistico supera linteresse nel solo livello della lingua
per legarlo al livello dellazione basandosi sul postulato che il
dire costituisce un atto (cfr. AUSTIN, 1974 [1962]; SEARLE,
1976 [1969]). Latto illocutivo (latto eseguito nel dire quale
la richiesta, il consiglio, ecc.) e latto perlocutorio (leffetto
esercitato sullinterlocutore tramite le parole) sono due
dimensioni della teoria degli atti linguistici che rendono conto
rispettivamente delle relazioni di ruolo tra parlante e mittente e
degli esiti della comunicazione, costituendo in tal modo un
riconoscimento esplicito dellaspetto interazionale e, quindi, il
ruolo sociale della lingua. Latto linguistico delimitato dalla
fine di unintenzione comunicativa o dallinterruzione da parte
dellinterlocutore (cfr. VARVARO, 1978: 25).
0.2. DUE REPERTORI LINGUISTICI
Abbiamo detto che la sociolinguistica ha come
preoccupazione centrale la variazione del repertorio, perci, in
questa ricerca che si propone di considerare alcuni aspetti
dellitaliano come lingua seconda di arabofoni, ci potremmo, e
forse ci dovremmo, chiedere quale sia la natura della
variazione sia del repertorio nativo degli apprendenti
considerati sia del repertorio a cui questi si avvicinano con
lapprendimento. Visto che ogni tentativo di individuazione
delle variet di un repertorio si conduce in base a criteri
24
geografici, sociali e situazionali, il profilo linguistico di una
comunit pu rispecchiare grosso modo la struttura della vita
sociale e della dinamica interazionale della comunit, cos
come, a livello individuale, la fisionomia socioculturale del
singolo pu far luce sulle variet da lui potenzialmente
utilizzabili; dunque, nel caso degli apprendenti potremmo
pervenire a un quadro generale delle conoscenze linguistiche
native di un apprendente qualora abbiamo a disposizione
alcuni dati sociogeografici e culturali che lo riguardano e
possiamo anche dedurre le variet italiane cui viene esposto in
base al tipo di apprendimento che riceve (cfr. 1.1.3.) e,
qualora impari in Italia, in base alla zona dove abita e lavora e
la gente che frequenta e dal contatto con la quale acquisisce la
lingua (cfr. 1.2.3.2.). Di pi, la natura della variazione nella
lingua madre offre unimmagine del grado di elasticit
linguistica del parlante-apprendente e la propria
consapevolezza di tale variazione della lingua nativa potrebbe
costituire una chiave daccesso allapprendimento della
variazione nella lingua straniera.
0.2.1. Repertorio italiano
Vi sono vari tentativi di classificazione delle variet
linguistiche italiane. Nelle pagine seguenti ne prenderemo in
considerazione alcuni.
MIONI (1975: 20-22) schematizza il repertorio verbale
degli italiani in sei livelli:
1- italiano aulico;
25
2- italiano parlato formale;
3- italiano colloquiale-informale;
4- dialetto di koin (di stile elevato);
5- dialetto del capoluogo di provincia;
6- dialetto locale;
e divide la struttura sociale in alta borghesia, piccola
borghesia, operai e contadini.
Lalta borghesia si presume padroneggi le variet da 1 a
4; la piccola borghesia ha una padronanza grosso modo delle
variet da 2 a 5, mentre gli operai si collocherebbero in una
posizione intermedia tra i piccoli borghesi e i contadini che
avrebbero una competenza che copre le variet da 3 a 6.
Lautore osserva che il borghese possibilmente anche a
conoscenza delle variet 5 e 6 e che tale padronanza di una
gamma pi ampia di variet una caratteristica della classe
borghese; e ritiene che la conoscenza di pi variet e la
capacit di scambiare le variet a seconda della situazione si
considerino uno strumento di emancipazione sociale
(MIONI, 1975: 21).
SABATINI (1985) espone varie classificazioni delle
variet del repertorio degli italiani nelle quali sono osservabili
tre tratti in comune, quali la presenza di una variet standard
di tipo colto e non marcata regionalmente
3
, di variet regionali
(koin) e di variet pi strettamente locali (dialetti). Si nota
come caratteristica pervasiva delle varie definizioni delle
3
Lo standard, come spiega SABATINI (1985), fissato e riconosciuto al pi alto livello
di istituzionalit (p. 177).
26
variet che il criterio diatopico preponderante rispetto a
quello diafasico.
Riguardo alla prima variet va sottolineato che lo
standard non marcato regionalmente stato sempre unideale
per lo pi scritto e molto meno usato dei dialetti che negli
ultimi decenni, risentono della forte presenza dellitaliano
normativo. Di fatto, per via dellalfabetizzazione degli italiani
e della diffusione dei mass media, italiano e dialetto si sono
influenzati a vicenda nelluso quotidiano dei parlanti istruiti.
Lesito di tale processo di italianizzazione stato da un lato la
formazione di una variet che non coincide perfettamente con
lo standard colto e normativo proposto dai libri di grammatica,
ma che presenta unattenuazione dei tratti regionali marcati
soprattutto a livello fonologico in certi ceti e livelli culturali e,
dallaltro lato, lingresso di tale variet nel repertorio,
togliendo una parte di egemonia ai dialetti (cfr. VOGHERA,
1992: 56 e segg.; SABATINI, 1985: 174). Tale variet viene
chiamata da BERRUTO (1997
3
: 14) neo-standard e
corrisponde grosso modo allo italiano delluso medio, che
SABATINI (1985) propone quale una variet nazionale che
dunque non risente tanto della variazione geografica n sociale
quanto della variazione situazionale (diafasica) e di canale
(diamesica). Lautore precisa per che tale variet coincide per
alcuni tratti con variet diatopiche e diastratiche e che la
pronuncia regionale del parlante si impone nelluso orale di
tale variet nazionale.
Accanto alla lingua nazionale articolata nello standard e
nellitaliano delluso medio che gode di maggior diffusione nel
27
parlato, SABATINI (1985) indica quattro classi regionali e
locali:
1- italiano regionale delle classi istruite;
2- italiano regionale delle classi popolari;
3- dialetto regionale o provinciale;
4- dialetto locale
4
.
Lautore fa notare che le prime tre variet non vengono
utilizzate dalle classi popolari, mentre delle ultime due le classi
istruite avrebbero piuttosto una competenza attiva limitata o
addirittura passiva (pp. 176-177).
0.2.2. Repertorio arabo
Da una prospettiva storica, cara alla linguistica araba
moderna quale punto di partenza indispensabile, si nota che la
classica tradizione normativa in arabo quella dei primi
quattro secoli dellIslam, a partire dal VII secolo d.C. non
manca di una visione socioculturale della variazione
linguistica. I trattati di sintassi, per esempio, abbondavano
sempre di esempi di varianti diverse a seconda della trib,
delle provenienze geografiche e delle situazioni comunicative.
BISHR (1997
3
) argomenta che la sintassi canonica dellarabo, a
parte le sue fonti diatopicamente diverse, porta elementi di
variazione in funzione della variazione situazionale. Per
esempio, oltre alla variazione della particella vocativa in base
alla lontananza o la vicinanza dellinterlocutore, il vocativo
4
La convergenza di vari fattori nella definizione di una variet che al tempo stesso si
sovrappone parzialmente ad altre variet spiega la diffusa considerazione delle variet
linguistiche come elementi di un continuum (cfr. BERRUTO, 1997
3
: 3).
28
determinato porta una marca sintattica diversa da quella
dellindeterminato o non definito
5
. Secondo lautore,
distinzioni del genere costituiscono un indizio della
differenziazione sintattica della variazione contestuale (pp. 99-
101). Infatti, nella morfosintassi sono ammesse come corrette
e standard pi variet geografiche. La stessa ricchezza del
lessico arabo lesito del riconoscimento di una gamma di
variet (al tempo si chiamavano lingue) diatopiche come
lingua araba standard. Furono queste le parlate degli arabi
beduini che non erano mai usciti dalla penisola e/o che non
hanno avuto contatti con le altre etnie, quali i persiani, gli
etiopi, gli egiziani, i romani, i greci e, in un momento
successivo, i turchi, poich si era consapevoli dellinflusso dei
contatti multirazziali sulla purezza e quindi la correttezza
dellarabo beduino (cfr. BISHR, 1997
3
: 294-296).
Gli arabi, divisi in trib continuamente in contatto per
commercio e altro, sono stati da sempre consapevoli delle
differenze che intercorrevano tra quelle che chiamavano le
rispettive lingue. noto, per esempio, che il Profeta pace e
benedizioni su di lui, nei ricevimenti dei rappresentanti delle
trib interessate alla nuova fede, compiva certe sostituzioni
5
Larabo standard dispone di cinque particelle vocative che corrisponderebbero alla o
vocativa in italiano, quali: , , , ,. [ja, aja, haja, ai, a]. Le ultime due (, ) si
impiegano nel richiamo prossimale, mentre e indicano il richiamo distale; .,
invece, vale per i due tipi di richiamo, a parte la distanza tra il parlante e il referente del
complemento di vocazione. possibile anche lomissione della particella nel richiamo.
Quanto alla marca sintattica troviamo per esempio che i sostantivi con cui si indicano
persone determinate sono del caso nominativo (come anche i nomi di persona), mentre i
complementi di vocazione contestualmente indeterminati, come nei richiami
generalizzati, hanno il caso accusativo.
Es.: [ja saGiru] o piccolo! (il parlante si
rivolge a un certo bambino; nominativo),
[ja ragulan hurran] o uomo libero! (accusativo,
indica qualsiasi uomo libero).
29
fonologiche per adattare la sua pronuncia al sistema
fonologico tipico delle variet tribali dei suoi interlocutori,
adattamento attribuibile semplicemente al suo bagaglio
culturale come arabo. Inoltre, si sa che malgrado la rivelazione
coranica sia prevalentemente nellarabo della Mecca, si
riscontrano nel libro sacro varianti fonologiche e costrutti
tipici di altre variet geografiche. Anche prima dellavvento
dellIslam documentata la presenza di una variet letteraria
adoperata nella poesia che accomunava le opere dei poeti di
varie provenienze nella Penisola come confermano le
congregazioni letterarie stagionali denominate i mercati
letterari in cui si recitavano in pubblico le propie poesie per
ricevere i vari commenti, anche linguistici (ivi: 288-289).
BISHR (1997
3
) sostiene che lungo la sua storia
documentata, la lingua araba disponeva, in una classificazione
a maglia larga, di tre variet principali: la lingua letteraria, la
lingua comune e i vari dialetti (p. 290). La prima variet
letteraria sarebbe lo standard (al-fusha )
6
,variet
letteraria del Corano e della letteratura pre e post-islamica, che
si sviluppata gradualmente fino a formare nei nostri tempi un
arabo neoclassico che dal punto di vista diamesico si ridotto,
nella sua forma corretta cio canonica, alluso scritto e varia
diatopicamente soprattutto a livello fonologico (nella
pronuncia, ma non nellortografia) e in parte a livello lessicale
e ancora meno a livello sintattico (cfr. ivi: 175-176)
7
.
6
fusha (agg. f.) significa fluente, eloquente e chiaro, intelligibile.
7
Ci nonostante, lautore respinge le etichette arabo saudita vs arabo egiziano, ecc.
proponendo, invece, arabo dellArabia e arabo dellEgitto, visto che le prime
denominazioni gli risultano esagerate, in quanto fanno pensare a una frattura
incolmabile tra le variet diatopiche dellarabo (p. 183).
30
BADAWI (1973) conduce uno studio minuzioso per
lidentificazione del repertorio linguistico dei cairoti che
costituiscono, secondo lautore, una comunit linguistica
integra e al tempo stesso modello della variazione linguistica
in Egitto (p. 53). Egli individua cinque variet, due standard e
tre colloquiali, secondo criteri prevalentemente diastratiche e
diafasiche (p. 89):
1. La prima larabo classico della tradizione, una
variet standard tradizionale ormai quasi cristallizzata, poich
non influenzata quasi dalla cultura dei nostri tempi
(ibidem);
2. lo standard moderno (il neoclassico di BISHR (1997
3
;
vedi supra) costituisce uno standard che si sviluppa con
levoluzione della societ e della cultura contemporanea;
3. larabo colloquiale dei colti mescola il lessico dello
standard e le strutture del colloquiale (cfr. p. 151) e di
conseguenza costituisce la variet pi ricca di risorse, in
particolare a livello fonologico, perch il parlante ha a
disposizione pi alternative;
4. larabo colloquiale degli istruiti il colloquiale per
eccellenza che si adopera a fini pratici nella vita quotidiana (p.
175);
5. larabo colloquiale degli analfabeti (e dei
semianalfabeti) rappresenta una variet quasi indifferente agli
influssi sia dello standard sia della cultura moderna che
abbonda cio di espressioni e di formule cristallizzate e manca
della creativit ed elasticit delle altre variet (p. 189).
31
Lautore afferma che tutte queste variet hanno la stessa
origine storica, il che lascia spazio al reciproco
condizionamento. In tutte le variet si mescolano
caratteristiche dello standard con tracce del colloquiale; il
primo si riscontra in dose minima nella quinta variet, mentre
il secondo non del tutto assente dalla prima. Nellarabo
colloquiale dei colti le caratteristiche standard si presentano
equamente accanto ai tratti colloquiali o per cos dire
dialettali; e pi si va verso la quinta variet i tratti dello
standard diminuiscono (cfr. pp. 104-106). I forestierismi
abbondano nella terza variet e si riducono pi si va verso le
due estremit (cfr. pp. 108 e segg.). Per quanto riguarda luso,
la prima variet utilizzata quasi esclusivamente da parte
degli uomini di religione e negli interventi ufficiali; la seconda
copre un largo spettro di usi nella societ e contiene i vari
sottocodici scientifico, politico, letterario, ecc. e si riscontra
normalmente in discorsi preparati in precedenza (cfr. p. 90); la
terza, invece, la variet delle discussioni spontanee su
argomenti scientifici o comunque culturali, mentre la quarta
impiegata da parte di tutti i non analfabeti (inclusi i colti) nella
vita quotidiana e negli ambienti informali sui vari argomenti
del parlato ordinario.
0.2.3. Alternanza di codice in variet arabe e italiane
Il passaggio da una variet allaltra regolato prima di
tutto, e com ovvio, dal livello culturale dei parlanti. Per
quanto riguarda larabo dEgitto, tutti gli egiziani sono capaci
di passare da una variet allaltra se non sono proprio
32
analfabeti e/o di limitata cultura
8
. Mentre questi ultimi che
sono gli utenti della quinta variet non mostrano di poter
uscire dai suoi limiti, i parlanti della seconda variet sarebbero
capaci, grazie alla loro istruzione, di usare la prima variet
quando necessario, oltre alla terza e alla quarta. Anche
allinterno dello stesso evento comunicativo o la stessa
interazione i parlanti possono adoperare pi di una variet.
Tale alternanza di codice secondo BADAWI (1973: 93) non
vincolata da regole precise, ma si verifica solo in alcune
condizioni osservate dallautore in un corpus di interviste
radiotelevisive e di lezioni universitarie e in altri testi. Si
segnala il passaggio ad un livello direttamente pi alto
quando si vuole sintetizzare quanto detto prima, mentre il
transito in direzione opposta si verifica proprio nelle situazioni
inverse, quando, in altre parole, ci si appresta ad una
spiegazione o si sente che linterlocutore non riesce a capire
(pp. 208-209). Luso di ogni variet, comunque, viene
associato a certe situazioni comunicative e a certi tipi di
parlanti, ragion per cui in alcuni contesti la sostituzione di
codice risulta completamente inappropriata o addirittura
comica (cfr. 206 e segg.), come per esempio luso dello
standard in una rissa dopo un piccolo incidente stradale o luso
da parte di giovani universitari di qualche espressione
cristallizzata mutuata dal colloquiale degli analfabeti solo per
ottenere effetti comici.
8
Si potrebbe argomentare a proposito, per, che lanalfabetismo in s stesso, malgrado
la riduzione culturale che comporta, non sia necessariamente un ostacolo
allacculturazione, visto che questultima dipende dallintelligenza e dalla curiosit
socioculturale dellindividuo, anche se resta vero che lalfabetizzazione consente, ormai
da secoli, laccesso allalta cultura e stimola lacculturazione individuale.
33
In Italia, in alcune localit della Puglia, SOBRERO (1992)
ha condotto un esperimento sullalternanza di codice in cui
rileva il passaggio nelle formule di routine, nellenfasi nei
momenti di forte emozione, e, come nellarabo cairota, nel
commento esplicativo (cfr. p. 145). Altre funzioni
dellalternanza di codice in alcune variet italiane sono
ladeguamento allinterlocutore, la segnalazione di preferenza
delluna o dellaltra variet, lautocorrezione per adattamento
del codice alla situazione e lindicazione della fine del
discorso (cfr. BERRUTO, 2001
6
: 259-260).
Da quanto detto sopra ci risultano delle somiglianze tra i
repertori delle due comunit italiana e egiziana, delle cui
risorse i nativi mostrano di essere consapevoli alternando
frequentemente e spontaneamente le variet a seconda delle
possibilit, delle circostanze e persino dellumore.
Un nativo pu rilevare semplicemente numerose
somiglianze tra il suo dialetto e la lingua standard, ma per un
apprendente la situazione non la stessa. Per quindici
arabofoni residenti a Torino e intervistati da CUZZOLIN (2001)
litaliano risulta non solo difficile ma anche molto diverso dai
dialetti e per qualcuno unaltra lingua (cfr. p. 100). Gli
informatori dichiarano quindi la necessit di imparare bene sia
litaliano orale che scritto, il che viene interpretato dallo
studioso come dovuto allinterpretazione della situazione
linguistica italiana alla luce della diglossia araba (cfr. p. 102),
ma in una visione, per cos dire, superficiale si osserva che,
malgrado le somiglianze tra i due codici scritto e parlato che
gli studi possano rilevare (VOGHERA, 1992), lapprendente
straniero della lingua italiana trova che lo scritto come
34
struttura, termini e anche come resa grafica dei suoni diverso
dal parlato, il che potrebbe costituire un fenomeno sano e
utile, perch rende disponibili gli apprendenti ad accettare la
polimorfia della lingua straniera e a trattare con cautela e con
occhio pi attento e analitico i vari codici cui vengono esposti.
0.3. LINGUA E IMMIGRATI, LINGUA E SOCIET
Le persone o le comunit che utilizzano la lingua italiana
come lingua seconda sono gli apprendenti che naturalmente
hanno una fisionomia socioculturale diversa dalla comunit degli
italiani, perch appartengono a universi socioculturali diversi. In
primo luogo, dobbiamo ricordare che alcuni apprendenti egiziani
imparano la lingua sul territorio italiano e altri la imparano in
istituzioni formative in patria, e questa differenza costituisce per
noi un criterio primario di suddivisione degli apprendenti che
segna la trattazione dellitaliano L2 in questa tesi. Quanto al
primo tipo di apprendenti identificato negli immigrati e nei
lavoratori stranieri, esso costituisce per la forte variabilit e
marcatezza sociale un fecondo campo di ricerca e di verifica
delle ipotesi e delle metodologie sociolinguistiche. Infatti, si
considera che le condizioni di vita degli immigrati sono marcate
quanto sono marcate le loro lingue seconde (v. 1.1.4.1.). Gli
immigrati costituiscono, ancora pi degli studenti in patria che
sono inseriti nel tessuto delle loro societ native, un segmento di
persone che vivono una situazione sociale molto particolare, in
quanto appartengono a comunit e societ diverse dalle societ
35
ospiti, per lapprendimento delle cui lingue devono convivere
come stranieri, migranti. La multietnicit e linstabilit
dellimmigrazione pongono continuamente sia gli immigrati che
la societ daccoglienza, in un continuo processo di confronto e
di scontro, di adattamento e di conflitto (PEROCCO, 1999: 47).
In Italia, e ugualmente in tutte le societ bersaglio di flussi
stranieri, limmigrazione rappresenta una realt composita e una
sfida sociale di primordine; essa costituisce un fenomeno
sociale totale che tocca in profondit sia le societ di partenza
che le societ di destinazione. Coinvolge pi dimensioni
dellesperienza sociale (salute, corpo, tempo, cura) ed
individuale, pi istituzioni (enti locali, mondo della scuola,
servizi sociosanitari) (ibidem; si vedano 1.3.1.2., 1.3.1.3.).
Visto che la sociolinguistica si considera una sorta di
linguistica dal volto umano, pi realistica, concreta e vicina
allesperienza quotidiana rispetto ad altre dimensioni della
linguistica (BERRUTO, 2001
6
: 3; cfr. ALTIERI BIAGI, 1995
6
:
301), essa dovrebbe avere le prospettive e i mezzi adatti per lo
studio delle lingue seconde. Infatti, VEDOVELLI (1993: 1 e
segg.) osserva che da una parte lo studio prettamente
linguistico delle produzioni degli immigrati non rende conto
soddisfacentemente dellincidenza dello sfondo socioculturale
di apprendimento sulle loro L2; dallaltra parte, gli studi
sociali sullimmigrazione non chiariscono il ruolo mediatore
della lingua nella socializzazione.
Detto ci, linteresse sociolinguistico per
lapprendimento recente e non sono state ancora elaborate
strutture sociolinguistiche dettagliate che spieghino la natura
della correlazione tra certi fenomeni linguistici e alcune
36
variabili sociali; di pi, la sociolinguistica si trova ancora in
una fase di non esaustiva definizione dei paradigmi
metodologici di rilevazione scientifica (VEDOVELLI, 1993:
5). Largomento, oltretutto, costituisce una sfida enorme a
causa dellinstabilit delle L2 e per la grande variazione
interna delle provenienze e dei profili socioculturali e le
condizioni di vita degli immigrati.
0.3.1. Ruolo della lingua nella comunicazione e
nellinserimento
La comunicazione rappresenta un evento in cui si manifesta
palesemente la rilevanza dellaspetto sociale della lingua. Visto
che la comunicazione unattivit sociale (HUDSON, 1998: 113),
la socializzazione e la comunicazione linguistica costituirebbero,
dunque, due facce della stessa medaglia sia nellottica secondo la
quale la comunicazione uno strumento integrativo, sia perch il
successo di questa ha certi requisiti sociali. Infatti, si ritiene che
la felice comunicazione comporti la conoscenza uguale, o quasi,
dei valori sociali e culturali dellinterlocutore; e persino nelle
conversazioni tra individui provenienti da una stessa area
geografica che condividono la medesima cultura, pu darsi il
caso di fraintendimenti e potrebbe sorgere la necessit di
chiarimenti, ripetizioni e altro (cfr. DITTMAR & STUTTERHEIM,
1986: 149).
La comunicazione tra nativi e non, ossia la comunicazione
interetnica, risente in maniera molto marcata delle discrepanze
linguistiche e socioculturali tra gli interlocutori. Per gli
immigrati, la lingua da un punto di vista oggettivo costituisce
37
uno strumento che agevola la socializzazione e quindi
lintegrazione sociale. La competenza linguistica, secondo
SAINT-BLANCAT (1999: 18), uno strumento fondamentale nei
processi dintegrazione; e forse lo anche dal punto di vista
della comunit ospitante, spesso curiosa di esplorare la mente e
la cultura dello straniero per saperne latteggiamento nei suoi
confronti e limmagine che serba in mente per loro; tale scoperta
dellestraneo potrebbe a sua volta aiutare i nativi ad accettarlo.
DITTMAR & STUTTERHEIM (1986: 189) osservano che la
competenza linguistica dei lavoratoti stranieri in Germania non
solo lesito della loro identit sociale, ma ha anche i suoi risvolti
nella loro posizione sociale: Infatti, lessere capaci ad articolare
un interesse la condizione prima per raggiungere qualcosa in
una societ: perci i lavoratori stranieri hanno poca opportunit
di mutare la propria condizione (corsivo degli autori). Dalla
parte dei migranti, invece, la lingua viene a volte sottovalutata, il
che porta a una situazione di convivenza con uno scarso contatto
inter-etnico e quindi una ridotta comprensione reciproca (cfr.
1.3.1.3.).
In questa prospettiva, il riconoscimento del peso della
lingua come chiave di socializzazione ha condotto
allavviamento in Germania di due progetti di ricerca
linguistica, il progetto di Heidelberg e il progetto ZISA, che
hanno battezzato lindagine sulla lingua seconda di lavoratori
stranieri in Europa. Questi progetti consideravano il
miglioramento della competenza comunicativa degli stranieri
uno strumento necessario per ridurre la marginalit
socioculturale e garantire unesistenza pi stabile e meno
precaria nel paese ospite. (GIACALONE RAMAT, 1986a: 9).
38
La presenza degli immigrati tra i membri della societ
ospite e limpiego da parte loro di una propria versione della
lingua del paese darrivo fa s che le L2 vengano considerate in
fin dei conti come facenti parte del repertorio linguistico della
comunit nativa (cfr. 1.1.1.). Ma le lingue seconde occupano
una posizione molto particolare, innanzitutto perch non
rappresentano variet native e, in secondo luogo, per lo status
che occuperebbero nel diasistema.
Allinterno di ogni repertorio linguistico riconosciuta la
disuguaglianza posizionale delle variet, per cui si suol parlare di
variet prestigiose rispetto ad altre. Le differenze di status e di
prestigio sono constatate in sociolinguistica, come prevede uno
dei postulati della sociolinguistica formulati in BERRUTO (2001
6
:
61). Il prestigio una valutazione sociale positiva (ivi: 106)
che rappresenta un fatto complesso che viene determinato da vari
elementi, tra cui ricordiamo:
a) la considerazione di una certa variet come simbolo della
comunit; b) lessere il mezzo di tradizione letteraria; c)
lutilizzo da parte dei gruppi sociali dominanti (p. 108).
Da questultima caratteristica sociale delle variet
linguistiche di prestigio si pu avviare una riflessione sulla
situazione delle parlate degli immigrati, che costituiscono un
segmento cospicuo degli apprendenti di lingue seconde. Infatti,
sembra che, da tutti i punti di vista, queste ultime siano destinate
ad essere considerate come poco prestigiose. Primo, i parlanti
non nativi nella terra ospite sono meno numerosi della
popolazione residente. Secondo, loro costituiscono gruppi poco
compatti e molto eterogenei in provenienza, cultura e lingua
nativa, che peraltro si trovano in un paese relativamente
39
omogeneo dal punto di vista linguistico. Insomma, limmigrato
si trova per lo pi in posizione subordinata rispetto al parlante
nativo (DITTMAR & STUTTERHEIM, 1986: 151) e laspetto
socioculturale della sua vita genera unimmagine non tanto
positiva della sua L2.
Un buon esempio della situazione linguistica
dellimmigrazione interna che varrebbe anche per gli immigrati
stranieri in generale presentato da VARVARO (1978), che
delinea un quadro della posizione delle variet linguistiche degli
immigrati italiani meridionali nel Nord dItalia. Si registra, per
prima cosa, la situazione di dominanza sociale che esercita la
variet linguistica dei nativi nei confronti delle variet degli
immigrati. Tale dominanza spesso lesito del mancato accesso
alle reti interazionali dei nativi come conseguenza del basso
livello economico e occupazionale dei migranti. Di conseguenza,
la variet parlata da questi viene marcata come variet diastratica
naturalmente dominata dalla variet dei nativi che da un punto di
vista oggettivo costituisce una variet geografica e da un punto di
vista relazionale viene considerata la variet parlata dalla
comunit pi avvantaggiata socialmente, quindi una variet
diastratica pi alta (p. 43).
In questa premessa abbiamo trattato, pur velocemente,
alcuni punti riguardanti lacquisizione che verranno
considerati insieme ad altri aspetti del fenomeno con maggiore
estensione nel capitolo seguente, dedicato interamente al
processo di apprendimento di L2 e ai suoi protagonisti.
40
CAPITOLO 1
APPRENDIMENTO E APPRENDENTI
In questo capitolo sintende introdurre una serie di argomenti
centrali nellambito delle ricerche sullacquisizione delle
lingue straniere. Il capitolo non pretende di esaurire tutto
quello che riguarda tale filone, che coinvolge un largo spettro
di indirizzi di ricerca (dalla linguistica tipologica, alla
linguistica generale, alla psicolinguistica, alla sociolinguistica,
alla pragmatica, alla glottodidattica); piuttosto una
presentazione a grandi linee dei ritrovamenti degli studi che
hanno approdato largomento sotto varie angolature. Un
discorso sullapprendimento linguistico non irrilevante per
una ricerca sulla prosodia perch introduce il quadro generale
in cui si inseriscono le produzioni linguistiche che verranno
analizzate dal punto di vista fonetico nel terzo capitolo.
Tuttavia, si conclude il capitolo con un paragrafo
sullacquisizione fonologica che tratta dei fattori che
condizionano questo livello di acquisizione e dello stato
dellarte di tali studi, inclusi quelli prosodici. Infine, trattiamo
di alcune caratteristiche fonologiche dellitaliano degli
egiziani.
41
1.1. CARATTERIZZAZIONE DELLA LINGUA SECONDA
1.1.1. Terminologia introduttiva
Occorre in questa sede chiarire i termini pi utilizzati nel
capitolo, in quanto basilari nel campo dellacquisizione:
L Li in ng gu ua a d d a ar rr ri iv vo o (o lingua bersaglio: target language): la
lingua usata dai nativi che viene appresa da uno straniero (nel
nostro lavoro si tratta della lingua italiana).
L Li in ng gu ua a s st tr ra an ni ie er ra a: si presume che la lingua non nativa, la
lingua parlata da una comunit o unetnia a cui non appartiene
lapprendente venga considerata una lingua straniera; il termine,
per, si usa pi specificamente per indicare la lingua appresa in
contesti istituzionali in paesi dove tale lingua non viene utilizzata
come mezzo di comunicazione quotidiana, quale la lingua
inglese imparata a scuola in Italia o in Egitto.
L Li in ng gu ua a s se ec co on nd da a (L2): la lingua che risulta dal processo
di acquisizione come viene parlata e scritta dallapprendente,
specie lapprendente spontaneo, che deve imparare la lingua per
usarla nella vita quotidiana nel paese straniero in cui viene a
trovarsi. In generale, la lingua seconda il prodotto del processo
di acquisizione e quindi il termine pu essere considerato
uniperonimo sotto cui subentra sia il prodotto dellacquisizione
spontanea che il risultato dellapprendimento guidato: the
acquisition of a new linguistic system is a second language
process (MAJOR, 2002: 78; cfr. GIACALONE RAMAT, 1986a: 11
e KLEIN, 1986: 19).
Come opposta alla L1 (lingua prima), la L2 quel sistema
linguistico che viene appreso in qualsiasi momento successivo
allinizio dellapprendimento della prima lingua, anche quando il
42
processo di acquisizione della L1 ancora in corso (KLEIN,
1986: 15). In molti casi, si tratta di pi di una sola L2, per cui si
potrebbe parlare di L3, L4, e cos via; resta, tuttavia, che ancora
una volta limpiego del termine lingua seconda si estende per
coprire tutte queste etichette.
La L2 viene anche denominata i in nt te er rl li in ng gu ua a (IL). La
nozione elaborata da SELINKER (1972; cit., tra gli altri, in
PALLOTTI, 2003
3
: 20 e in GIACALONE RAMAT, 2001: 69) punta
sulla considerazione della lingua seconda come un sistema
linguistico a s, che governato da regole, malgrado la
deviazione, a volte, molto grande dalla lingua bersaglio e
nonostante la sgretolatezza apparentemente inesplicabile della
produzione di molti apprendenti, specie nelle fasi iniziali di
acquisizione. La tradizionale valutazione della L2, sempre in
relazione alla grammatica normativa della lingua darrivo, non
rendeva giustizia alle produzioni degli apprendenti, perch le
giudicava come parole collocate luna accanto allaltra senza
logica o come costellazioni di errori fastidiosamente
ingiustificabili. Invece, con laccumulo degli studi, a partire dalla
met degli anni Sessanta diventa pienamente riconosciuta la
creativit dellapprendente che, nei suoi tentativi di avvicinarsi
alla L2
9
, costruisce un sistema linguistico vero e proprio, dotato
di regole e funzioni ben precise. (PALLOTTI, 2003
3
: 20). Tale
rivalutazione della L2 e la scoperta della sua sistematicit
trovano espressione nella nozione di interlingua
(interlanguage). Si osserva che la denominazione deriva da una
concezione che considera la L1 e la lingua darrivo come
9
Il termine L2 usato dallautore come sinonimo di lingua darrivo, il che costituisce
un impiego diffuso in inglese.
43
elementi costitutivi del sistema linguistico prodotto
dallapprendente straniero, ma, come vedremo pi avanti, la
lingua seconda risulta un sistema pi dinamico e assai
complicato, nella cui definizione subentrano vari elementi e
fattori (cfr. 1.1.2.).
Un altro sinonimo di L2 e di interlingua, che peraltro
guarda lo stesso oggetto di studio sotto unangolatura un po
diversa, v va ar ri ie et t d di i a ap pp pr re en nd di im me en nt to o, che implica che la
produzione linguistica dellapprendente rappresenta una variet
della lingua darrivo (GIACALONE RAMAT, 2001: 69)
10
.
Riconosciuta la sua sistematicit e essendo essa il frutto
dellapprendimento di variet native della lingua darrivo, le L2
si possono considerare, come propone BERRUTO, ai margini del
repertorio delle variet quali stadi di approssimazione pi o
meno elaborati ad una variet sociogeografica nativa di italiano
(1994
4
: 42). GIACALONE RAMAT precisa, tuttavia, che la
produzione dello straniero, anche se pu arrivare a livelli
avanzati, non raggiunge i livelli della competenza nativa e nelle
prestazioni avanzate degli apprendenti rimane il versante
fonologico a distinguere le variet dapprendimento dalle variet
dei nativi (cfr. 2001: 69; infra 1.2.2.1.).
VEDOVELLI (1994: 532) afferma che la variet di
apprendimento diversa nei suoi tratti specifici dalla lingua
darrivo. La diversit risale alla piena autonomia di tali variet
sul piano strutturale, su quello della gestione psico-cognitiva, su
10
KLEIN (1986) la denomina learner variety (alla lettera, variet dellapprendente) visto
che, comunque sia il contesto di acquisizione, lapprendente usufruisce dei mezzi a sua
disposizione, i quali sono tratti dalla lingua bersaglio. Tali mezzi formano il repertorio
dellapprendente e, quindi, la sua variet della lingua darrivo (cfr. p. 29).
44
quello socioculturale. In altri termini, linterlingua loutput
che non per forza identico allinput ( 1.2.3.2.).
Si parla spesso di variet di apprendimento, al plurale, e di
interlingue, perch non sussiste ununica interlingua anche a
livello individuale. Difatti, il processo di apprendimento
composto di una serie di transizioni da una variet allaltra,
transizioni che non sono prive di sistematicit (KLEIN, 1986: 29).
1.1.2. Un modello di acquisizione
Iniziamo questo sottoparagrafo con le parole di BERRUTO
che riassume la natura dei componenti dellinterlingua, termine
ormai diffuso pur essendo basato su una concezione non del tutto
corretta degli elementi costitutivi della L2 (cfr. supra):
le interlingue non si configurano affatto come variet in
certo modo intermedie fra la lingua materna e una lingua
seconda, risultato dellinterferenza fra le due, bens come
grammatiche semplificate e rielaborate sulla base di tendenze,
principi e processi naturali, andanti da un minimo a un massimo
di avvicinamento alla variet obiettivo (di solito una certa variet
diastratica e diatopica della lingua seconda; ma spesso anche un
insieme di variet diatopiche e diastratiche) (1994
4
: 173).
In questa sede verr presentato in breve uno dei modelli
proposti dagli studiosi per lacquisizione linguistica. Le
ricerche dei processi di acquisizione si appellano ora non solo
alla L1 e alla L2 per spiegare lo sviluppo del processo, ma
anche agli universali linguistici
11
. Un modello
11
Sono detti universali linguistici le propriet generalmente condivise dalle lingue
naturali non imputabili a condizionamenti reciproci conseguenti a fenomeni di
45
dellacquisizione di una lingua seconda che rende conto dei tre
elementi e della loro convergenza nella formazione
dellinterlingua The Ontogeny Phylogeny Model (OPM) di
MAJOR (2001)
12
.
Lassunto principale del modello che nellarco del processo
di acquisizione linflusso della lingua darrivo cresce,
diminuendo leffetto della L1; e, parallelamente col
decremento dellinterferenza dalla L1, i principi degli
universali linguistici si fanno sentire progressivamente, ma poi
il loro influsso decresce davanti allaffermazione della lingua
darrivo.
Il modello tiene in debita considerazione il ruolo della
similarit o vicinanza tipologica ( 1.4.2.2.1.) e della
marcatezza
13
, le quali, si presume, rallenterebbero relativamente
interferenza n a fattori genetici (Dizionario di linguistica, laccezione universali
linguistici). Gli universali sostanziali sono insiti nella facolt umana di linguaggio,
quale la presenza universale nelle lingue di vocali e consonanti; gli universali formali
riguardano i principi generali che governano lorganizzazione grammaticale; gli
universali implicazionali sono relativi ai rapporti di natura implicazionale che
intercorrono tra elementi presenti in una lingua (se A allora B; cfr. infra nota 5 sulla
marcatezza).
12
I due termini ontogenia e filogenia, mutuati dalla biologia, indicano in questa sede, il
primo il ciclo di sviluppo dellinterlingua di un individuo e i vari stadi che percorre, e
il secondo levoluzione di una lingua allinterno del gruppo che ne fa uso oppure
levoluzione di pi lingue e delle loro variet in intervalli pi lunghi e nellarco di
generazioni.
13
Con marcatezza, che difatti entra nel dominio degli universali linguistici, sintende
la presenza di una marca, cio di un tratto che distingue un fonema dallaltro. Per
esempio, la sonorit la marca che distingue /b/ da /p/, per cui locclusiva bilabiale
sonora si considera marcata rispetto allomorganica sorda, in quanto provvista della
marca della sonorit. A livello interlinguistico si osservata la preponderanza degli
elementi non marcati rispetto a quelli marcati, il che ha fatto pensare ad una maggiore
complessit intrinseca dei segmenti marcati. Da questa teoria deriva laccezione di
marcato/non marcato che equivale a meno/pi frequente e intrinsecamente naturale.
Tra gli elementi marcati e non ricorre un rapporto di carattere implicazionale, per cui si
ritiene che la presenza di un fono marcato implica necessariamente lesistenza nella
stessa lingua del corrispettivo non marcato senza che si dia il caso inverso. Per esempio,
nel caso delle lingue che possiedono vocali nasalizzate (marcate dal tratto [nasalit]) ci
46
lo sviluppo dellapprendimento. Tuttavia, la componente che
interviene nel rallentamento nei casi di similarit la L1, mentre
sono gli universali a incidere sul processo di acquisizione dei
fenomeni marcati. In altre parole, nel corso dellacquisizione di
fenomeni della lingua bersaglio che sono affini nella L1,
linterlingua segue questo andamento:
a) lincidenza della lingua bersaglio aumenta lentamente;
b) il ruolo della L1 diminuisce lentamente;
c) linfluenza degli universali cresce lentamente poi cala,
sempre lentamente.
Invece, quando si tratta dellapprendimento di fenomeni
marcati, linfluenza della lingua darrivo si sviluppa piano,
linterferenza dalla L1 decrementa a un ritmo normale che poi
diventa pi lento, mentre lincidenza degli universali aumenta
rapidamente e poi diminuisce lentamente, il che significa che,
negli stadi iniziali, questi ultimi esercitano un ruolo maggiore
rispetto alla L1.
Quanto al versante filogenetico lautore sostiene che sono
sempre gli stessi tre componenti a caratterizzare lo sviluppo delle
lingue attraverso le generazioni.
Nellelaborazione del suo OPM, MAJOR chiama in causa
molte ricerche empiriche e principi generali della teoria
dellacquisizione
14
, ma ammette allo stesso tempo che il modello
avanza ipotesi generali e non elabora assunti sullacquisizione di
si aspetta che il sistema vocalico della lingua contenga anche vocali orali (cfr.
Dizionario di Linguistica, 1996: le voci marca e marcato/non marcato). Tuttavia, la
regola non sembra applicabile tout court dal momento che la consonante /b/, marcata
dalla sonorit, presente nella lingua araba, mentre il corrispettivo non marcato /p/
assente dal sistema consonantico di questa lingua.
14
Come afferma BETTONI (2002
3
: 170), le teorie dellapprendimento della L2 sono
molto numerose e molto diverse le une dalle altre. Questo perch oggi nessuna teoria
perfettamente convincente, n in grado di spiegare tutti gli aspetti in gioco.
47
fenomeni linguistici specifici, affermando che le continue
ricerche sui particolari dellacquisizione possono o convalidare o
smentire alcune delle tesi del modello. Lo studioso, inoltre,
sostiene lapplicabilit del suo modello anche sullacquisizione
di pi lingue seconde, sulla perdita della L1 e sullacquisizione
mono e bilingue.
1.1.3. Tipi di apprendimento
Abbiamo introdotto il termine lingua straniera come
unespressione distinta da lingua seconda, che, tuttavia, pu
essere sovraestesa nelluso (cfr. 1.1.). Infatti, la distinzione tra i
due termini risale alla differenziazione tra due modalit di
apprendimento che variano in funzione delle variet di lingua cui
si espone lapprendente, del contesto di apprendimento e di uso
della L2 e anche in relazione allo sviluppo del processo di
acquisizione.
Infatti, una lingua pu essere appresa spontaneamente nel
paese straniero, o in patria sotto la guida di un insegnante oppure
con una modalit mista di apprendimento, il che sar
largomento dei seguenti sottoparagrafi.
1.1.3.1. Apprendimento spontaneo
Lapprendimento spontaneo (non guidato, non scolastico)
consiste nellacquisire una lingua tramite i contatti con parlanti
nativi della lingua nel corso della comunicazione quotidiana in
contesti naturali di interazione e senza interventi istruttivi
sistematici.
48
Spettano allapprendente in questo processo due compiti
basilari: il compito della comunicazione e quello
dellapprendimento (KLEIN, 1986: 17). I due sono fortemente
interrelati e interdipendenti, in quanto lindividuo deve entrare
nellatto di comunicazione per esporsi alla lingua e quindi
acquisirla; e pi si svolgono i contatti, pi si riesce ad eseguire il
compito di apprendimento. Entrare nella comunicazione senza
conoscenza linguistica di base sembrerebbe, a prima vista,
impossibile; invece, gli apprendenti di una seconda lingua, di
solito, ma non sempre, adulti con una cultura sociale alle spalle,
hanno a disposizione vari mezzi, come i gesti, per inserirsi in
qualche maniera nel discorso e quindi lanciarsi nel processo di
apprendimento. Ma gli apprendenti nel corso del loro compito
comunicativo, qualora si trovino incapaci di esprimere certi
concetti per mancanza dei mezzi linguistici, ricorrono non di
rado allaggiramento delle difficolt con espressioni
parafrastiche o persino allevitamento delle situazioni che
richiedono una conoscenza linguistica che va oltre le loro
capacit. Lelusione quindi costituisce una strategia che sembra
salvare la comunicazione (evitando il blocco totale), ma che non
aiuta molto il processo di acquisizione, compromettendo il suo
sviluppo.
Nellapprendimento spontaneo, malgrado la mancanza di
istruzione sistematica, la guida non completamente assente.
Durante linterazione capita a volte linterlocutore che corregge,
che suggerisce la parola sconosciuta o che addirittura spiega
unespressione difficile (ivi: 18).
Il compito di acquisizione spontanea, in effetti, tuttaltro
che semplice. Lapprendente si trova davanti ad un flusso di
49
suoni linguistici orientati contestualmente, da cui dovrebbe
estrarre le regole da seguire o gli elementi da imitare e
riprodurre. GIACALONE RAMAT (2001: 67) spiega che
nellapprendimento spontaneo intervengono vari fattori, tra cui la
capacit elaborativa dellapprendente che viene in primo
luogo, ancora prima del contesto e dellinterazione con parlanti
nativi e non.
1.1.3.1.1. Lapprendente e il contesto di
apprendimento spontaneo
Un modello tipico dellapprendente spontaneo il
lavoratore che approda una terra straniera, privo di alcuna
conoscenza precedente della lingua parlata nel paese raggiunto.
Sicch, a mo desempio, i Gastarbeiter turchi in Germania
hanno costituito una terra feconda per gli studi
sullapprendimento spontaneo e le loro condizioni di vita sono
state lo spunto per ampie ricerche su questo tipo di
apprendimento. forse per questo che linteresse per le
interlingue di apprendenti spontanei, grande in Europa ma non di
vecchia tradizione, comportava spesso interessi sociolinguistici
e socio-culturali legati al contesto migratorio (GIACALONE
RAMAT, 2001: 67).
Nel caso del lavoratore straniero il processo
dapprendimento gira nellorbita della vita lavorativa. Come
spiegano FIBBI & VEDOVELLI (1988: 24), la situazione lavorativa
si presenta come una risorsa sociale e linguistica, in quanto
costituisce il contesto socioculturale che induce
allapprendimento agendo in tal modo come una motivazione,
cos come funge da contesto sociolinguistico in cui il lavoratore
50
impara le strategie comunicative nella nuova lingua e attinge
conoscenze linguistiche. Per i lavoratori chiusi nella loro
comunit, il lavoro, oltretutto, costituisce lunica finestra aperta
alla lingua del paese ospite. In generale, per, lacquisizione
spontanea si verifica in condizioni di svantaggio caratterizzate
dalla lontananza culturale tra apprendenti e indigeni e dal ruolo
subalterno generalmente rivestito da quelli (per esempio, in
interazioni del tipo operaio/caposquadra, inquilino/affittacamere,
immigrato/autorit di polizia, dellufficio stranieri) (BERNINI,
1986: 179).
Di conseguenza, come dimostrano i dati raccolti da FIBBI &
VEDOVELLI a Roma in interviste a 150 soggetti capoverdiani,
etiopi, egiziani, filippini, marocchini e somali, evidente la
limitatezza e la rigidit delle L2 degli informanti, le cui
conoscenze rimangono nella sfera della comunicazione
colloquiale (cfr. p. 29).
Riguardo allapprendimento misto, FAVARO (1988: 48)
osserva che la frequentazione di corsi da parte degli immigrati si
considera spesso un lusso, che molto tempo dopo larrivo nel
paese ospite e dopo la soddisfazione di alcuni bisogni primari
potrebbe risultare unesigenza. Infatti, capita a volte che gli
immigrati seguono corsi di lingua sia nel paese dorigine che nel
paese straniero, ma per periodi ridotti rispetto allesposizione a
contesti di apprendimento spontaneo; di conseguenza, non
rivelano nella loro produzione la presunta conoscenza delle
norme grammaticali caratteristica dellistruzione formale, perci
vengono comunque considerati apprendenti spontanei (cfr.
ANDORNO & BERNINI, 2003: 31).
51
1.1.3.2. Apprendimento guidato
Considerando lacquisizione spontanea il processo naturale
che in prospettiva storica costituisce lattivit pi diffusa
nellacquisizione linguistica, KLEIN definisce lapprendimento
guidato come il rimaneggiamento del processo naturale: the
domestication of a natural process (1986: 19).
Lapprendimento guidato quello che si svolge in contesti
distruzione esplicita in cui linsegnante programma linput e
corregge e valuta la L2 dellapprendente. (cfr. GIACALONE
RAMAT, 1997
3
: 341; 2001: 67; BERNINI, 1986: 179).
In questo tipo la comunicazione non assume un ruolo
indispensabile, in quanto pu costituire una delle scelte
metodiche adoperate, non dallapprendente in questo caso, ma
dallinsegnante che cerca di coinvolgere il primo
nellinterazione. Questa viene avviata, quindi, a puri scopi
istruttivi e non come un mezzo che serve a portare avanti altre
attivit della vita quotidiana. Per la maggior parte del tempo si ha
accesso alla lingua scritta in un processo di acquisizione in cui la
lettura si profila come unattivit centrale che molto spesso, non
a ragione, emargina lascolto.
1.1.3.3. Confronto tra i due tipi
1.1.3.3.1. Divergenze
Tra i tratti che distinguono il processo spontaneo da quello
guidato segnaliamo le caratteristiche delle loro fasi iniziali, il
loro sviluppo e il loro scopo immediato. Per gli apprendenti
spontanei lacquisizione si avvia con parole isolate e formule
cristallizzate o sintagmi presi come un blocco unico, mentre la
52
grammatica viene appresa dopo (cfr. PALLOTTI, 2003
3
: 22), a
differenza degli apprendenti guidati che sin dallinizio imparano
le regole della lingua per iscritto, fissandosi le strutture che a loro
volta vengono di solito usate in contesti scritti.
Quanto al suo sviluppo, il processo di apprendimento
spontaneo tuttaltro che omogeneo e uniforme. Secondo BANFI
(1988), esso non segue un andamento lineare; invece, procede
mediante il consolidamento di pezzi del sistema della lingua
darrivo, i quali funzionano come nuclei di (potenziale)
aggregazione per lacquisizione di ulteriori, nuovi elementi (p.
127). Inoltre, la comunicazione in s, come spiega KLEIN (1986:
17), costituisce uno scopo fondamentale a cui lapprendente
presta la maggiore attenzione rispetto alla lingua e alla sua
correttezza che occupano posizioni marginali nella sua sfera
dinteresse. La riflessione metalinguistica sulle regole e sulle
forme della lingua non trova quasi un posto nel bagaglio
linguistico di questo tipo di apprendenti.
A ci si potrebbe ricondurre in parte lagrammaticalit che
persiste in molti apprendenti spontanei anche dopo anni di
apprendimento. Invece, nellapprendimento guidato la
correttezza linguistica considerata uno scopo essenziale, il cui
raggiungimento indica il successo del processo.
La variazione del grado dimportanza investita alla
comunicazione in ciascuno dei due tipi di apprendimento fa s
che lapprendente spontaneo debba usufruire di tutte le sue
conoscenze linguistiche, o quasi, in situazioni immediate, mentre
lapprendente guidato non si trova sotto questa pressione e le sue
conoscenze vengono applicate in esercizi e simili. KLEIN (1986:
21) paragona tale aspetto dellacquisizione guidata
53
allapprendimento delluso dei freni e lazionamento del cambio
quando la macchina spenta.
Riguardo allinteresse scientifico per i due tipi di
apprendimento, KLEIN (1986: 18) accenna alla facilit relativa
della ricerca empirica sullacquisizione guidata rispetto
allacquisizione spontanea: schoolchildren or students attending
language courses can be tested much more readily than migrant
workers or immigrants. Daltronde, la ricerca sullacquisizione
guidata si comprova proficua in campo pedagogico per
linsegnamento delle lingue straniere, ragion per cui ha destato
sempre maggiore attenzione (ibidem). Detto ci, CERIANA
(1988), oltre ad affermare che entrambi i tipi di acquisizione non
godono di una lunga storia di ricerca, fa notare che
lapprendimento guidato il tipo che ha avuto meno fortuna nel
ricevere lattenzione degli studiosi. Di conseguenza, la
letteratura esistente sullacquisizione di una L2 in contesto
guidato relativamente scarsa se apportata a quella esistente
sullacquisizione naturalistica di una L2 (p. 275). Le due
modalit, comunque, sono state sempre studiate da prospettive
diverse e come osserva VEDOVELLI (2001) lapprendimento
spontaneo ha maggiormente ricevuto lattenzione della
sociolinguistica a differenza di quello formale che stato
essenzialmente oggetto di studio della glottodidattica (p. 29).
1.1.3.3.1.1. Il foreigner talk
Nellapprendimento guidato il materiale linguistico a cui
viene esposto lapprendente selezionato e mirato
allinsegnamento. Di norma, chi offre tale materiale non un
54
parlante comune della lingua, ma un professionista (talvolta non
un parlante nativo), che si fissa certi scopi educativi tenendo
presenti le capacit linguistiche dellapprendente per non esporlo
a porzioni troppo difficili della lingua.
Ci non si verifica nellapprendimento spontaneo, in cui
bisogna affrontare varie difficolt, anche se i nativi ricorrono a
volte a un registro per stranieri, cio allo xenoletto o il
foreigner talk che costituisce una variet molto ridotta e
semplificata della lingua, che non sempre conforme alle norme
linguistiche. Si tratta, in comunicazioni interetniche, di un
adattamento della lingua da parte del nativo alla presunta
incompetenza dello straniero. Ma KLEIN (1986: 45) sostiene che
lopzione per lo xenoletto potrebbe risultare erronea in due casi.
Alcune volte, quando linterlocutore straniero conosce bene la
lingua, la semplificazione potrebbbe risultare inintelligibile; altre
volte, lapprendente si offenderebbe per tale atteggiamento nei
suoi confronti, considerandolo una sottostima da parte del
parlante nativo e un modo esagerato per imporre distanze sociali.
ORLETTI (1988) interpreta luso del foreigner talk in termini
di paradigmi sociali e ritiene che dietro il suo impiego ci sia una
valutazione negativa associata alla figura del lavoratore
immigrato (p. 144), valutazione che induce a semplificare a tutti
i livelli il codice normalmente usato con i connazionali (cfr.
BERRUTO, 1994
4
: 47).
Tale semplificazione caratterizza tutti i livelli: sul versante
fonologico il ritmo si rallenta e il parlante deliberatamente punta
sulliperarticolazione; a livello morfologico si utilizza linfinito
del verbo come forma basica; sintatticamente, si fa a meno della
copula, si preferisce la coordinazione e lordine delle parole
55
viene modificato; alcuni elementi lessicali vengono evitati e le
parafrasi sono frequenti; nella comunicazione, infine, ricorrono
spesso le domande di feedback che controllano la comprensione
dellinterlocutore (cfr. KLEIN, 1986: 45).
1.1.3.3.2. Somiglianze
GIACALONE RAMAT (1997
3
: 342) e BERNINI (1986: 183)
affermano che gli apprendenti guidati nelle conversazioni
naturali, fuori della classe e sotto lurgenza di una vera
comunicazione, si comportano in maniera simile a quelli
spontanei e la produzione spontanea dei due tipi di apprendenti si
somiglia molto, donde si potrebbe desumere, come sostiene
GIACALONE RAMAT, che al lungo andare la formazione non
influenzi, in modo necessariamente incisivo, lacquisizione della
lingua seconda. Questultima affermazione non si pu
naturalmente generalizzare perch si tratta, tra laltro, delle
capacit individuali di sfruttamento dellinsegnamento ricevuto.
PIENEMANN (1986) spiega che dati empirici
sullapprendimento misto rivelano che linsegnamento favorisce
lacquisizione solo quando il livello dellapprendente lo rende
pronto ad acquisire gli elementi insegnati, quando cio questi
ultimi appartengono a uno stadio di apprendimento vicino allo
stadio in cui si trova lapprendente (cfr. 1.1.4.2.). Tale
osservazione potrebbe mettere in dubbio lutilit
dellinsegnamento, ma lautore argomenta e dimostra che
qualora lapprendente sia pronto, linsegnamento formale
accelera lacquisizione.
CERIANA (1988) sostiene che le affinit rilevate tra i due
tipi di apprendimento favoriscano la tendenza a considerarli due
56
estremi di un continuum (p. 275), invece di trattarli come due
attivit completamente diverse, assolutamente da separare, nello
studio dellacquisizione linguistica. Infatti, lo studio condotto
dallautrice su allievi italiani di inglese a due diversi livelli
scolastici analizza dati scritti prodotti in classe e altri dati orali
registrati in interviste fuori della classe e conclude infine che i
principali meccanismi nellacquisizione guidata di una L2
devono essere gli stessi che agiscono nellacquisizione
naturalistica (p. 296). A risultati simili, in particolare riguardo al
percorso evolutivo dellacquisizione, arriva PAVESI (1988).
1.1.4. Caratteristiche delle variet di apprendimeto
1.1.4.1. Una descrizione globale
Si sostiene che le interlingue siano variet ridotte delle
lingue darrivo, variet caratterizzate anche dallinstabilit
perch soggette a un continuo processo di evoluzione
(GIACALONE RAMAT, 1986a: 11). Indice dellinstabilit si
riscontra, secondo BANFI (1988), negli errori, nelle esitazioni,
nelle false partenze, nelle pause immotivate e, in genere, in ogni
forma di rottura del discorso e di mutamento della strategia di
organizzazione degli enunciati (p. 128).
Nella letteratura sulle interlingue si riscontrano descrizioni
delle caratteristiche dellapprendimento spontaneo, in particolare
nelle fasi iniziali e intermedie. Disponiamo, quindi, di un profilo
generale che riassumiamo in quanto segue (cfr. BERRUTO, 1994
4
:
175-176; PALLOTTI, 2003
3
: 35-42; BETTONI, 2002
3
: 3.1.):
57
prevalenza delle parole di contenuto rispetto alle parole
funzionali (come articoli e preposizioni). Ne consegue,
per esempio:
lassenza dellarticolo o la sovraestensione nelluso di
una sola forma:
Es.: ancora volta, per piacere
15
;
trova l barche;
sopra barche;
allora arrivato a punto si chiama;
ellissi della copula
Es.: questo sotto gi;
tutti gli italiani bravi, mica cattivi;
ellissi degli ausiliari
Es.: non capito;
scambi di preposizioni, le quali nelle variet elementari
possono non apparire
Es.: cominci partenza? per dalla
partenza;
siamo weekend, no?; comportamento gente
per della gente;
utilizzo dei soli pronomi tonici: i clitici vengono appresi
dopo
Es.: il responsabile trovato me stai dormendo
per mi ha trovato dormire;
15
Tutti questi esempi sono tratti dal corpus raccolto per la presente tesi (cfr. 3.1.).
58
lassegnazione del genere ai nomi a volte deviante e
gli accordi nei nomi sono spesso errati
Es.: queste cosa, quanti diti?, il fiuma;
sistema verbale ridotto (allinizio si sovraestende
limpiego di una sola forma; cfr. infra);
il verbo non sempre accordato con il soggetto
Es.: si trovano unaltra posto per si trovano altri
posti;
prevalenza della paratassi e uso di congiunzioni fisse e
generiche
Es.: ha trovato tu dormi;
morfologia semplice; negazione con particella
invariabile di verbi, aggettivi e intere frasi;
lessico ridotto e incerto
Es.: questa lultima strada per la fine della
strada;
prima, dici prima per daccapo;
il ricorso alle perifrasi
Es.: quella di giocare per dado;
lordine in cui si dispongono i lessemi nellenunciato
rispetta lordine semantico-pragmatico a parte lordine
sintattico, come in: urla un pochettino poi s andato che
rispetta lordine cronologico, pragmatico degli eventi,
ordine preferito a livello sintattico rispetto a se n
andato dopo che mi ha urlato).
59
1.1.4.2. Sequenze di apprendimento
Come abbiamo accennato prima, il processo di acquisizione
segue un percorso evolutivo, avvicinandosi in una certa misura
alla lingua bersaglio, ragion per cui non si pu parlare di una
interlingua. Quindi, non ci dovremmo accontentare di una
presentazione globale e, quindi in un certo senso, piatta delle loro
caratteristiche, una presentazione, cio, che non renda conto della
gradualit dellacquisizione. Possiamo trovare unappagamento
nei risultati di ricerche empiriche, in base alle quali si sostiene
che lo sviluppo delle interlingue, a parte il variare del ritmo di
apprendimento da un individuo allaltro, definisca una tendenza
generale che accomuni, se non tutti, almeno una buona parte
degli apprendenti
16
. Dallosservazione dellandamento delle
interlingue e con riferimento al presupposto della loro
sistematicit si sono potuti individuare dei punti cruciali o
degli stadi di apprendimento segnati dallacquisizione o dal
consolidamento delluso di nuove strutture della lingua darrivo
(GIACALONE RAMAT, 2001: 70-71). La definizione di questi
punti cruciali, quindi, rapportata a certi tratti linguistici
attraverso i quali vengono descritti anche gli stadi avanzati,
qualora, nel miglior dei casi, lo sviluppo non si fossilizzi, cio
non si blocchi, in fasi iniziali. Va sottolineato, tuttavia, che le
sequenze finora delineate non esauriscono tutti i livelli della
lingua (il lessico, per esempio, tuttora meno indagato della
16
PIENEMANN (1986) osserva in base a dati ricavati da L2 di italofoni apprendenti del
tedesco che allinterno della gerarchia fissa degli stadi acquisitivi un apprendente
individuale ha spazio sufficiente per trovare la sua strada verso la lingua darrivo (p.
311; corsivo dellautore).
60
morfosintassi)
17
. Inoltre, tali schemi sono stati raggiunti in base a
ricerche empiriche su gruppi di informatori che non
necessariamente rappresentano tutti; tuttavia, si possono trarre
alcune generalizzazioni dalle tendenze comuni alla maggior parte
dei casi studiati. Infatti, queste sequenze, insieme al modello
dellontogenia e filogenia dellacquisizione (OPM) che abbiamo
trattato pocanzi ( 1.2.), hanno la preoccupazione di spiegare lo
sviluppo del processo, ma l si tratta di una rappresentazione
generica degli stadi che in teoria lapprendente potrebbe
percorrere.
1.1.4.2.1. Acquisizione del sistema verbale
Abbiamo a disposizione unipotesi sulla sequenzialit di
acquisizione del sistema verbale in italiano che stata maturata
dallosservazione delle produzioni di apprendenti spontanei (cfr.
GIACALONE RAMAT, 1997
3
: 369-381):
Il primo stadio che risente di problemi di comprensione
caratterizzato dalla prevalenza dei nomi e dalla mancanza di
rapporti sintattici chiari; la morfologia flessiva mancante,
compare la negazione e si estende luso di c. Tra le forme
verbali dominante limpiego della terza persona singolare del
presente indicativo come forma base estesa ai vari contesti
temporali e alle diverse persone (BERNINI, 1990). Molto meno
usato linfinito il cui utilizzo si limita per lo pi al valore
17
Va notato che nellanalisi delle interlingue e tra i vari livelli di analisi linguistica
stato certamente privilegiato quello grammaticale. Oggi si tenta di rimediare con la
fonologia e la pragmatica, ma rimane ancora trascurato il lessico (BETTONI, 2002
3
: 18).
61
modale non fattuale in contesti ipotetici e allaspetto abituale e
durativo (BERRETTA, 1990)
18
.
Nel secondo stadio si sviluppa lutilizzo del participio
passato con valore aspettuale perfettivo (che sottolinea la fine
dellazione) pi che temporale (passato). Limpiego dellausiliare
avviene in un momento successivo e rimane incerto e oscillante,
finch non si diventa consapevoli del ruolo dellausiliare,
insieme con il participio passato, nellespressione della
collocazione dellazione in un momento passato rispetto al
momento dellenunciazione. Parallelamente, si migliora anche
losservanza dellaccordo.
Lapparizione di forme dellimperfetto segna la transizione
al terzo stadio in cui compaiono per prime le forme
dellimperfetto della copula essere. Il quarto stadio, nella
classificazione di GIACALONE RAMAT copre pi variet di
apprendimento in cui lapprendente ha a disposizione vari modi e
tempi del sistema verbale dellitaliano, quali il futuro (modale e
temporale, il condizionale e, infine, il congiuntivo). Tuttavia, si
tratta di uno stadio che non viene raggiunto da tutti gli
apprendenti, di cui una buona parte si ferma agli stadi precedenti.
In questa fase si ha la possibilit di esprimere la distinzione tra la
fattualit e la modalit tramite i mezzi offerti dal sistema verbale.
Detto ci, si osserva che, a differenza dei nativi, gli apprendenti
nel loro impiego del futuro, per esempio, non ne sfruttano il
valore modale quanto lo usano per esprimere riferimenti
temporali (GIACALONE RAMAT, 1997
3
: 379).
18
Un ritrovamento generale delle ricerche empiriche finora condotte sulla morfologia
da un punto di vista funzionale che le funzioni delle forme presenti nelle interlingue
non corrispondono alle funzioni che le stesse forme hanno nellitaliano dei nativi
(GIACALONE RAMAT, 1997
3
: 368).
62
Per quanto riguarda la modalit, la sequenza di acquisizione
parte dai mezzi impliciti, quali i gesti, lintonazione e le
interiezioni per passare a mezzi lessicali, quali gli avverbi e i
verbi modali e infine, con lo sviluppo dellassimilazione del
sistema verbale flessionale, si arriva a esprimere la modalit con
mezzi grammaticali come i modi condizionale e congiuntivo.
1.1.4.2.2. Acquisizione dellaccordo
Quanto allacquisizione dellaccordo di genere in italiano
L2, stato riscontrato uno sviluppo graduale che CHINI (1995),
nel suo studio condotto su apprendenti di quattro L1 diverse,
individua in tre tappe, non necessariamente discrete. Il primo
stadio predominato dagli interessi comunicativi che non
lasciano spazio ad interessi grammaticali, per cui non si riscontra
alcuna regola di accordo e il genere latita (p. 284); lautrice lo
denomina fase fonologica, in quanto gli apprendenti sembrano
attirati e condizionati dalle alternanze vocaliche finali che
determinano il genere. Il secondo stadio (fase protomorfologica)
segna linizio dellimpiego non casuale di desinenze del genere,
impiego che si consolida e si sviluppa nel terzo stadio (fase
morfosintattica), in cui si registra lapparizione graduale di
marche di genere e di numero corrette.
Lacquisizione dellaccordo segue una gerarchia
convalidata dalle ricerche, ma non al cento per cento sicura, che
parte dagli anaforici della terza persona singolare per passare poi
allarticolo determinativo, larticolo indeterminativo, poi
laggettivo attributivo, quindi laggettivo predicativo e, infine, il
participio passato.
63
Tuttavia, lo sviluppo degli stadi di apprendimento non
procede semplicemente in maniera lineare e non si pu parlare di
discrezione degli stadi n di durate uguali delle fasi. Si riscontra
anche in alcuni casi una specie di non equilibrio qualora alcuni
elementi linguistici nella L2 si fossilizzino, mentre altri elementi
continuano a svilupparsi (cfr. VEDOVELLI, 2001a: 77-78).
Riassumendo le caratteristiche delle interlingue,
riprendiamo la constatazione di GIACALONE RAMAT (1997
3
) che
rispetto alla lingua dei nativi le variet di apprendenti adulti
mostrano una maggiore correlazione tra forma e funzione (cfr. p.
343). Si osserva questa logica pragmatico-funzionale
nellapproccio alla lingua darrivo in particolare agli stadi
iniziali, finch lesposizione prolungata e lelaborazione psico-
cognitiva dellinput non indirizzano lapprendente verso
losservanza di regole morfosintattiche. Il percorso
dapprendimento, infatti, subisce molti cambiamenti e
modificazioni sotto la pressione di vari fattori che tratteremo pi
oltre.
1.1.4.3. Fossilizzazione
Gli stadi che abbiamo preso in rassegna pocanzi (
1.1.4.2.) descrivono lo sviluppo costante e, se possiamo
chiamarlo cos, ideale dellitaliano L2. Invece, nelle variet di
apprendimento poco avanzate di immigrati si riscontra un
fenomeno frequente denominato fossilizzazione, cio blocco
dellapprendimento. Esso avviene quando la grammatica della
L2 smette di fare progressi verso la lingua bersaglio. Infatti, il
64
fenomeno normalmente non investe tutti i livelli della lingua, in
quanto laumento del patrimonio lessicale, a differenza della
grammatica, non si ferma (GIACALONE RAMAT, 2001: 69). Tale
fossilizzazione parziale spia del non equilibrio che
caratterizza le variet di apprendimento (VEDOVELLI, 2001a: 78).
Da una prospettiva psicosociale, si ritiene che gli immigrati
la cui L2 si fossilizza sono normalmente quelli che, per paura di
perdere la propria identit e dissolvere nella societ straniera,
non si sentono molto stimolati a passare a livelli pi alti (KLEIN,
1986: 36; VEDOVELLI 1994: 523).
1.1.4.4. Semplificazione o pidginizzazione?
La semplificazione che caratterizza le L2 fa s che alcuni
studiosi classifichino le interlingue come pidgin
19
. ORLETTI
(1988) definisce i fenomeni di semplificazione come fenomeni di
pidginizzazione che secondo lei sono il risultato della ridotta
conoscenza linguistica da parte dello straniero, nonch delle
limitazioni delle situazioni comunicative con i nativi e anche, di
19
Il pidgin o la lingua pidgin una variet nata dalla mescolanza di due (o pi) variet
preesistenti: si tratta di variet create con lo scopo molto pratico e immediato della
comunicazione tra persone che altrimenti non avrebbero nessuna lingua in comune
(HUDSON, 1998: 66). Essa rimane una lingua franca e non diventa una lingua madre di
nessuna delle comunit che la utilizzano. , quindi, una lingua semplice con
vocabolario e sintassi molto ridotti e una morfologia del tutto omessa, creata ad hoc per
servire alla pratica comunicazione quotidiana. Contesti tipici di creazione del pidgin
sono il contesto coloniale e commerciale e, sotto certe angolature, come in Germania,
anche il contesto migratorio (ivi: 67). Nel primo caso i colonizzatori cercano di
comunicare con la popolazione locale per trasmettere i loro ordini e anche per il
commercio e altro. Perci, il suo lessico normalmente basato sul vocabolario della
lingua della comunit dominante, ragion per cui sono diffusi pidgin a base inglese,
francese, portoghese, ecc.; intanto, esso risente della sintassi e della fonologia delle
lingue delle comunit subordinate. da ricordare, infine, che pidgin la forma
approssimativa della parola inglese business come veniva pronunciata dai cinesi che
avevano rapporti commerciali con lOccidente, diventati pi intensi nel diciottesimo
secolo.
65
conseguenza, del mutuo accomodamento o il compromesso a
cui arrivano i partner dellinterazione interetnica per poter
comunicare con la pi grande efficacia possibile (cfr. p. 144;
1.3.3.1.1.). Lautrice osserva, inoltre, che linterazione
nativo/lavoratore straniero finalizzata nella sua totalit a scopi
pratici strettamente legati allhic et nunc della situazione
comunicativa (p. 143, nota 1) cos come i pidgin servono come
strumenti di conseguimento di fini pratici della vita quotidiana.
Anche se un dato comprovato che la semplificazione
costituisce una caratteristica che accomuna i due tipi di variet
linguistiche (cfr. GIACALONE RAMAT, 1986a: 21), la somiglianza
in alcuni tratti non sufficiente per lidentificazione delle due
nozioni. VEDOVELLI (2001: 21-22) afferma che lipotesi
sullutilizzo di pidgin da parte degli immigrati, assunta fuori
lItalia, stata di poco successo e non risulta adatta in Italia
perch gli immigrati, anche tra di loro, adoperano una variet di
apprendimento dellitaliano (cfr. anche VEDOVELLI, 1993: 14).
BERRUTO (1994
4
: 51-52) si esprime a favore della separazione
dei pidgin dalle variet di apprendimento per una serie di motivi.
Innanzitutto, il rapporto tra le due comunit in contatto diverso
nel caso dei pidgin, i quali si formano quando una comunit
dominata deve comunicare sul proprio territorio con una
comunit dominante in situazioni coloniali; di pi, le due lingue
a base di questa variet sono molto lontane tipologicamente e
culturalmente. Questultima caratteristica non tipica del
rapporto tra lingue prime e lingue seconde. Inoltre, lo sviluppo
del pidgin non ha una lingua darrivo come un modello bersaglio.
Infatti, quando linterlingua continua il suo sviluppo si avvicina
alla lingua darrivo, mentre levoluzione del pidgin, quando
66
avvenga, si realizza ontogenicamente, cio sul piano collettivo e
nellarco di pi generazioni. Levoluzione si verifica
indipendentemente dalle due lingue di base, sfociando nella
formazione di un creolo che diventa lingua materna di una
comunit.
1.2. FATTORI CHE CONDIZIONANO LAPPRENDIMENTO
In questo paragrafo sfioreremo unangolatura molto rilevante
per i nostri interessi che peraltro presenta una ricchezza tale
nei suoi tratti al punto di richiedere una trattazione capillare
che non ci possiamo permettere in questo spoglio globale. Si
tratta delle variabili extralinguistiche che incidono sul
processo di acquisizione e sulle variet di apprendimento.
noto, infatti, che il processo di apprendimento varia da persona
a persona e che non tutti gli apprendenti raggiungono i livelli
avanzati n conseguono le stesse conoscenze con la stessa
velocit, perci si suol cercare le cause di tale variabilit in
tutto quello che concerne lapprendente: le sue caratteristiche
personali, il suo ambiente socioculturale e i suoi atteggiamenti
nei confronti della lingua imparata per capire le ragioni del
successo o del fallimento dellacquisizione.
1.2.1. Interrelazione e continuit tra le variabili
La sociolinguistica si presenta come protagonista negli studi
sui rapporti tra le variabili extralinguistiche e linguistiche, perch
67
una buona parte delle variabili sono socioculturali e contestuali;
inoltre, le variabili delle caratteristiche personali si traducono in
comportamenti sociali o incidono in qualche modo sulla vita
sociale dellindividuo (cfr. infra). Malgrado lindagine in
proposito prenda la forma della definizione di correlazioni tra i
componenti dei due livelli linguistico e sociale, va sottolineato
che una correlazione rigida e deterministica in termini di causa-
effetto sarebbe riduttiva e semplicistica e che il livello di
correlativit fra piano socioculturale e linguistico sicuramente
assumibile, ma va inserito in un paradigma probabilistico che
garantisca il margine di apertura, di variazione e di non
predicibilit della correlazione stessa (VEDOVELLI, 1994: 542;
cfr. VEDOVELLI, 1993: 6-7).
Nella classificazione di tali variabili si suol parlare di fattori
individuali e socioculturali: sotto i primi si raggruppano le
variabili di et, sesso, motivazione e personalit, che si
trovano nella letteratura su entrambi i tipi di apprendimento
(spontaneo e guidato); tra i secondi sono inclusi i fattori
sociali e situazionali sempre in riferimento allacquisizione
spontanea, il che ci fa ricordare le affermazioni di CERIANA
(1988) e di VEDOVELLI (2001) sugli interessi scientifici
dispari nei confronti delle due modalit di apprendimento (
1.1.3.3.1.).
La classificazione, comunque, non formalmente fissa, in
quanto variabili come il sesso e lintroversione che sono
rispettivamente di carattere biologico e personale hanno
risvolti sociali, per cui si possono considerare al tempo stesso
variabili sociali. Di conseguenza, cercheremo per la nostra
esposizione un altro criterio di classificazione. Essendo questa
68
una presentazione incentrata sul processo di apprendimento,
nelle pagine seguenti linizio dellacquisizione verr
considerato la svolta che divide due fasi: la fase antecedente e
quella seguente lavvio del contatto con la lingua e la cultura
straniere, sicch le variabili che incidono sullapprendimento
verranno esposte in funzione di questo momento importante
nella vita linguistica dellindividuo in quanto apprendente.
Detto ci, e date le premesse sul carattere non discreto dei
fattori influenti sullacquisizione, ovvio che tra le due fasi,
proposte pi che altro per comodit di chi scrive, non
intercorre alcuna discontinuit. Le variabili che caratterizzano
la prima fase, quali bagaglio linguistico, motivazione e
personalit, continuano naturalmente ad accompagnare
lapprendente, come sottofondo, durante e dopo il processo di
apprendimento, in cui si aggiungono altre pressioni a causa del
nuovo compito di acquisizione e di conseguenza vengono a
galla delle reazioni che comportano nuove variabili che
convergono a incidere sullapprendente e sullapprendimento.
Difatti, il processo di acquisizione, come viene descritto da
VEDOVELLI (2001) che con la sua affermazione coglie tutte le
fila di questo discorso, sfocia in una lingua mista che, in
quanto tale, rimanda al miscuglio di identit culturali che si
creano nel migrante. Tali nuove identit miste linguistiche e
culturali sono sensibili alle motivazioni verso lapprendimento
linguistico e linserimento sociale, sono condizionate dagli
atteggiamenti verso la lingua e la cultura degli altri, appaiono
sensibili agli effetti dei contesti sociali del migrante (p. 30).
69
Quindi, lapprendimeto, in quanto contatto con un altro mondo
diverso per cultura e per mezzi di espressione, caratterizzato
per lo pi da variabili di carattere interazionale e sociale, le
quali, a loro volta, subiscono lincidenza della personalit e
dellassetto socioculturale dellapprendente (variabili
sviluppati nella prima fase).
1.2.2. Prima del contatto con la lingua darrivo
1.2.2.1. Lingua prima (L1) e transfer
Lapprendimento di una lingua seconda implica
naturalmente la conoscenza di una lingua prima che implasma e
modella le capacit e le attitudini linguistiche dellindividuo. La
L1 praticamente la lingua di partenza, il bagaglio (linguistico)
che lapprendente porta con s, lo volesse o meno, nel suo
viaggio (linguistico) verso la lingua darrivo. Essa viene
considerata unanimemente uno dei fattori pi rilevanti, il cui
influsso viene dato per scontato, anche se la modalit e le
dimensioni di tale influsso rimangono tuttora sotto esame
(BROWN, 2000: 5). Infatti, nellanalisi contrastiva tradizionale la
L1 veniva considerata lunica causa di errori (cfr. 1.4.2.2.1.),
posizione che, pur modificata e attenuata dopo anni di ricerche
empiriche, non venne completamente screditata e continua
ancora a ricordarci limportanza del ruolo delle prime
conoscenze linguistiche.
Un fenomeno passivo che rispecchia linfluenza negativa
della L1 lelusione o levitamento di alcune strutture e
fenomeni della lingua darrivo che presentano caratteristiche
estranee o molto diverse da quelle tipiche della L1 (PALLOTTI,
70
2003
3
: 65-67). Ma la manifestazione pi nota e studiata del ruolo
della L1 il fenomeno dellinterferenza (il transfer). Si tratta del
risultato del trasferimento di caratteri sintattici, morfologici,
fonologici, ecc., dalla lingua materna alla L2. Il contatto nella
mente dellapprendente della L1 con la lingua darrivo provoca
vari fenomeni oltre allinterferenza, quali luso di pi lingue
nello stesso discorso (code switching) e il ricorso ai prestiti
(GIACALONE RAMAT, 2003: 26).
Si parla di transfer positivo quando le affinit tra L1 e lingua
darrivo fanno daiuto allapprendente che riprende in L2
strutture o foni della lingua materna che risultano corretti nella
lingua darrivo; il fenomeno positivo si manifesta anche
quando le conoscenze linguistiche native facilitano
lapprendimento in certe aree della lingua darrivo. Ad
esempio, si presume che gli apprendenti arabi possano
acquisire facilmente il fenomeno sintattico dellomissione
facoltativa del pronome soggetto in precedenza del verbo in
italiano, vista la presenza dello stesso fenomeno in lingua
araba, mentre per un apprendente inglese o tedesco tale
omissione risulta un fenomeno del tutto nuovo, in quanto
estraneo alla cultura linguistica della propria lingua.
Linterferenza negativa, al contrario, il trasferimento di
fenomeni linguistici dalla L1 che si rivelano devianti nella
L2
20
.
Nellacquisizione della morfologia nominale CHINI osserva
che qualora ci siano analogie nei criteri di assegnazione del
20
Sempre per quanto riguarda la caduta dei pronomi, avanzerei losservazione personale
che alcuni apprendenti egiziani di inglese o di tedesco, specie nelle fasi elementari,
iniziano gli enunciati con il verbo tralasciando il pronome soggetto, finch non si
abituano a considerarlo un elemento indispensabile.
71
genere (criteri formali o semantici)
21
, lapprendente appare
facilitato nel compito di riconoscerli nel sistema darrivo;
invece disorientato nei casi di divergenza (1995: 303). CHINI ha
notato le difficolt riscontrate da apprendenti persianofoni,
quindi con lingua prima che non riconosce la categoria del
genere, nellimpiego sistematico delle marche flessionali
distintive della data categoria.
Ma il transfer non incide su tutti i livelli linguistici nella
stessa misura. BERNINI (1999), nella sua indagine su italofoni e
tedescofoni apprendenti delle reciproche lingue, trae la
conclusione che il transfer non sembra avere un ruolo
significativo nellacquisizione della negazione. Al contrario, a
livello fonologico linterferenza si ritiene un elemento
caratteristico dellinterlingua nelle fasi iniziali di apprendimento.
Si osserva, per esempio, che molti apprendenti principianti
pronunciano la L2 tramite il filtro del sistema fonologico della
propria L1 (cfr. MAJOR, 2001: 31; ARCHIBALD, 1998: 9). Si
arriva ad affermare che per la fonologia, linterferenza indirizza
fin da subito liter di apprendimento e da essa vanno subordinati
i modi in cui questo si configura (BERNINI, 1988: 77). Di
21
In italiano, nellassegnazione del genere al nome, vige in linea di principio il criterio
della corrispondenza del genere grammaticale al genere naturale, cio sono rispettati
generalmente i tratti semantici maschio vs. femmina nei nomi che si riferiscono ad
esseri animati, specie gli esseri umani: es. il maestro, la maestra, regola per non senza
eccezioni: es. spia, soprano. Lopposizione di sesso non funziona naturalmente per i
nomi non animati, ma si possono registrare certe tendenze e regolarit (sempre, con
eccezioni). Per esempio, i nomi di alberi sono prevalentemente di genere maschile,
mentre ai frutti viene associato di solito il genere femminile; sono inoltre maschili i
nomi di metalli, mentre sono femminili i nomi di citt, come per assegnazione del
genere delliperonimo alliponimo. Dal punto di vista formale, per dare qualche
esempio, ai nomi che finiscono con le desinenze -o e -a sono normalmente assegnati i
generi maschile e femminile rispettivamente; ad alcuni suffissi viene associato il genere
maschile (es. -ile, -one, ecc.) e ad altri il femminile (es. -ione, -t, ecc.; cfr. CHINI, 1995:
83 e segg.).
72
contro, il fenomeno si verifica raramente a livello morfologico
(KLEIN, 1986: 27). Di pi, se nelle fasi pi avanzate di
apprendimento il fenomeno del transfer si attenua, in
particolare a livello fonologico che la L1 continua ad esercitare il
suo influsso s che rimane qualche tratto fonologico a
differenziare la produzione dellapprendente dalla produzione del
nativo, comunque gli altri livelli si presentino simili alla variet
di arrivo (BERNINI, 1986: 180).
Il patrimonio linguistico generale dellapprendente, cio
tutte le lingue conosciute dallapprendente, sia la lingua prima
che le eventuali lingue seconde, costituiscono una fonte di
interferenza (GIACALONE RAMAT, 1997
3
: 343). Ad esempio, si
osserva che gli apprendenti egiziani dellitaliano che sono
precedentemente a conoscenza della lingua inglese continuano a
trasferire la pronuncia di alcune vocali, in particolare i e e,
dallinglese in italiano finch non si sottraggono allinfluenza del
primo (vedi infra 1.4.2.3.).
Come precisa BERNINI (1986: 182-183) la prima lingua ha
un peso variabile in funzione di altri fattori, quali let giovane
che riduce la possibilit dinterferenza e il livello linguistico
(sintassi, morfologia, ecc.). In effetti, il livello fonologico sembra
il pi sensibile alleffetto della lingua materna e la sua incidenza
sintreccia con il fattore et, in quanto si crede che dopo o attorno
allet di 12 anni lapprendente non possa pi raggiungere la
pronuncia perfetta e che laccento straniero non si possa
perdere (vedi 1.2.3.1.1.). Conta anche il grado di parentela tra
le due lingue, visto che la vicinanza tipologica aumenta
linterferenza. Ma, al tempo stesso, la vicinanza tipologica
sembra esercitare un ruolo positivo sulla velocit del processo,
73
aiutando lapprendente a accedere pi facilmente alla lingua
darrivo (cfr. BANFI, 1993b: p. 37). Si presume infatti che quanto
pi grande la distanza tipologica tra la L1 e la lingua darrivo
tanto pi lento sia lapprendimento. I cinesi, per esempio,
passano per una fase di assenza delluso sistematico della
morfologia, per la mancanza di certe flessioni nella loro L1
(GIACALONE RAMAT, 1990).
1.2.2.2. Livello di scolarizzazione
Si ritiene che unistruzione alta implichi la conoscenza di
qualche lingua straniera e, di conseguenza, una certa familiarit
con lo studio delle lingue o, meglio, la conoscenza di qualche
lingua europea (per esempio: inglese, francese), il che pu
facilitare a sua volta lapprendimento dellitaliano (BANFI,
1993b: 37). Questo fattore viene spesso considerato con
riferimento ai migranti che, in assenza di una guida didattica,
sarebbero fortunati a poter attingere ad altre conoscenze
linguistiche sussidiarie. Ma i fatti non danno sempre convalida a
tale ipotesi. In una indagine condotta a Torino tra gli egiziani che
si registravano in corsi di formazione in lingua italiana si
riscontrata una certa discrepanza tra il livello di scolarit
dichiarata e le prestazioni mostrate nel corso dellapprendimento
della lingua. Alcuni laureati che si dichiaravano a conoscenza
della lingua inglese, e che sono stati dunque inseriti in un livello
pi alto rispetto ai meno scolarizzati, si sono rilevati a un livello
inferiore alle aspettative e rispetto agli altri corsisti di altre
provenienze (ALBERTO & ALLEMANO, 2001: 46).
74
1.2.2.3. Stile
C un notevole accordo tra gli insegnanti di lingue
straniere che gli apprendenti mostrano una maggiore accuratezza
nella pronuncia e, quindi, pi avvicinamento alla prestazione
nativa quando proferiscono parole isolate, mentre tale abilit
diminuisce nel discorso legato in cui emerge di nuovo laccento
straniero. MAJOR sostiene inoltre che nello stile informale il
transfer pi evidente e frequente, mentre nelle situazioni
formali, essendo il parlante pi attento alla sua produzione, il
fenomeno meno rilevabile, a meno che fattori extralinguistici,
come per esempio uno stato emotivo di turbamento per effetto
delle circostanze formali, non si ripercuotano sulla pronuncia
(2001: 95).
1.2.2.4. Sesso
La variabile sesso in fondo un fattore individuale di
carattere biologico, ma dimostra di avere in fin dei conti rilevanti
risvolti socioculturali. LABOV afferma che le differenze
biologiche sono irrilevanti per la variabilit linguistica, cosicch
il sesso va classificato come variabile sociale: Everyone agrees
that gender is a social factor language is not differentiated by
the biological aspects of sex differences (2001: 263). Le
differenze psicosociali tra maschi e femmine sono sempre state
oggetto di dibattito e attorno allargomento si sono create
innumerevoli credenze che risultano leggendarie nellottica della
ricerca scientifica e quindi soggette a convalide o smentite (cfr.
MACCOBY & JACKLIN, 1974; HUNTER & FORDEN, 2002). Il
quesito rimane ancora irrisolto, ma una distinzione tra i due sessi
75
a livello dellapprendimento delle lingue notata e viene tuttora
indagata.
Cominciamo con la differenza numerica (cfr.
1.3.2.2.1.2.1.). COOK (2001: 139) afferma in base alla sua
esperienza che in tutti i paesi i corsi di lingue seconde sono pi
frequentati dalle ragazze e che vari studi segnalano che le
femmine mostrano pi ricchezza nelle loro strategie di
apprendimento e si sentono pi imbarazzate per gli errori. Questi
naturalmente sono dati generali a cui si potrebbero trovare
smentite in alcuni casi. Daltra parte, persino a livello di
insegnamento delle lingue ormai una cosa ben nota che
modern language study is a womans area which, in terms of
jobs, leads to female dominance (NYICOS, 1990: 274).
Un altro ritrovamento degli studi interessati alla variabilit
in funzione di sesso si riscontra a livello fonologico, su cui gli
studi sono comunque pochi. Si osservato che, a parit di stile,
le femmine sembrano pi inclini a rendere gli allofoni considerati
pi formali e pi prestigiosi. Il dato vale sia per L1 che per L2
(MAJOR, 2001: 76-77).
1.2.2.5. Variabili individuali
A parit di provenienza e di caratteristiche socioculturali si
continua lo stesso a rilevare una variabilit nelle prestazioni degli
apprendenti. In effetti, le differenze di personalit che si
osservano palesemente nei contesti di apprendimento guidato, e
non solo, vengono considerate una discriminante tra un
apprendente e un altro. Si suol parlare, per esempio, di
apprendenti pi portati o pi motivati, pi intelligenti o pi sicuri
76
di s che arrivano a buoni livelli. La rigorosit scientifica,
tuttavia, non si accontenta di termini generici e descrizioni
superficiali, per cui le qualit individuali vengono classificate e
analizzate; ma va detto in proposito che queste non si articolano
in categorie discrete, oggettivamente rilevabili, cos come non
risulta semplice parlare di un calcolo preciso e non controverso
del buon livello linguistico. Eppure, ci non toglie credito al
ruolo dei tratti di personalit, ma ci rende attenti a non
precipitare a delineare rigidi schemi correlativi. In altre parole,
possiamo avanzare delle ipotesi fondate sullosservazione e
convalidate dai fatti, ma non dovremmo formulare equazioni.
1.2.2.5.1. La motivazione
There are numerous individual factors affecting L2
phonology, often subsumed under personality of the individual.
These include empathy, motivation, sense of identity, ego
permeability, self-esteem, risktaking, anxiety, and introversion
versus extroversion, musicality and field independence versus
field dependence (MAJOR, 2001: 66).
La motivazione che MAJOR, a differenza di altri studiosi
(cfr. BETTONI, 2002
3
; PALLOTTI, 2003
3
), include tra i tratti della
personalit comunque un fattore individuale che si sviluppa e
probabilmente anche si modifica nel corso del processo di
apprendimento. Essa si considera un fattore di base per
lacquisizione della lingua in generale e della fonologia in
particolare. Si possono individuare, con GARDNER & LAMBERT
(1972), due tipi di motivazione: integrativa e strumentale; la
prima indica laspirazione a integrarsi completamente nella
77
societ ospite e a inserirsi nel suo tessuto culturale, mentre la
seconda addita le limitate necessit dellapprendente che vuole
fare uso della lingua appresa per arrivare a certi scopi pratici,
come il conseguimento di un lavoro o la riuscita a un esame. La
motivazione integrativa, pi ampia e impegnativa, potrebbe
essere ritenuta la somma di varie motivazioni strumentali.
Per denominare gli stessi tipi di motivazione KLEIN (1986:
36-37) preferisce adoperare i termini integrazione sociale e
necessit comunicative per designare due componenti, in
interazione, della propensione
22
ad acquisire la lingua e ne
dichiara la coincidenza rispettivamente con la motivazione
integrativa e strumentale di GARDNER & LAMBERT. Lautore
spiega che per soddisfare le necessit comunicative
lapprendente pu arrangiarsi in vari modi e con meno mezzi e
inferiore conoscenza linguistica rispetto a chi auspichi
lintegrazione sociale.
Si ritiene che la motivazione conduca al successo
nellapprendimento; di pi, si tratta di un rapporto dinfluenza
reciproca, in quanto il raggiungimento di buoni risultati
incoraggia lapprendente e gli costituisce uno stimolo a
conseguire ulteriori successi Motivation can lead to success, but
success also can lead to motivation (MAJOR, 2001: 66).
In Italia, a livello di apprendimento sul territorio, BANFI
(1993b: 36) identifica la motivazione con il desiderio
dellimmigrato di inserirsi o meno nella societ di destinazione e
osserva, come ORLETTI (1988), la presenza di alcune comunit,
quali quelle cinese e filippina, che non mostrano alcuna
22
Nello schema di KLEIN (1986) la propensione costituisce una delle dimensioni del
processo di acquisizione e raggruppa linsieme di fattori che inducono lindividuo ad
attivare le sue capacit di apprendimento della lingua (pp. 35 e segg.).
78
motivazione dellintegrazione sociale, limitando al minimo
indispensabile i contatti con la comunit ospite e mantenendo al
tempo stesso una forte coesione di rapporti allinterno della
propria comunit per poter fare a meno della socializzazione con
i nativi. Sul versante linguistico tale motivazione ridotta o a volte
assente si traduce in un atteggiamento, spesso, di scarsa
disponibilit ad apprendere litaliano [] (BANFI, 1993b: 36).
Da quanto detto si desume che la motivazione si manifesti
con forza al piano sociale condizionando le variabili
socioculturali che caratterizzano lapprendimento, quali il
progetto migratorio e lintegrazione (cfr. 1.2.3.3.2. e
1.2.3.3.3.).
1.2.2.5.2. Personalit dellapprendente
Torniamo allaffermazione di MAJOR che raggruppa una
buona parte dei tratti della personalit di cui trattiamo in breve i
pi rilevanti (cfr. supra p. 75).
Lempatia: la disposizione dellapprendente ad assimilare la
cultura della societ straniera e a identificarsi con i suoi
membri un fattore affettivo che pu stimolare lapprendente
allintegrazione o, nel caso di apprendenti guidati, pu rendere
lo studio pi interessante e accelerare il processo di
acquisizione.
Senso didentit: si sa che, a differenza dellacquisizione di
una lingua prima, lapprendente di una L2 ha gi sviluppato,
almeno in parte, la propria identit socio-culturale, alla quale non
facile rinunciare. Si osservato che il desiderio di conservare la
propria identit pu essere un ostacolo alla padronanza di una
79
lingua seconda (KLEIN, 1986: 6). Per quanto riguarda i lavoratori
stranieri, alcuni studiosi sostengono che la persistenza nelluso di
una variet semplificata da parte loro sia addirittura voluta e che
miri al mantenimento della propria identit distinta da quella
della comunit ospite (ORLETTI, 1988: 144). La presunta scelta
dellapprendente potrebbe risalire alla consapevolezza del
rapporto tra lingua e identit. Infatti, la variet parlata dallo
straniero viene concepita come rappresentativa di una certa
cultura e posizione sociale, il che, a sua volta, sta alla base di
certi atteggiamenti da parte dei nativi.
Stima di s e disponibilit ad assumersi rischi: Si
presume in generale che gli apprendenti intraprendenti e sicuri di
s riescano ad arrivare a livelli linguistici pi avanzati che le
persone di carattere opposto.
Lansiet: lansia se non esagerata potrebbe in una certa
misura impegnare lapprendente.
Introversione vs estroversione: si sostiene che la persona
estroversa, aperta e socievole abbia pi opportunit di praticare
la lingua, in quanto cerca il contatto con gli altri, mentre la
persona introversa, essendo presumibilmente incline alla lettura,
dovrebbe mostrare pi capacit accademiche.
Dipendenza e indipendenza dal campo: si tratta della
capacit di elaborazione delle informazioni. Lindipendenza dal
campo la capacit di estrarre le informazioni da imparare senza
lasciarsi distrarre dal contesto. Dal loro canto, gli apprendenti
che sono dipendenti dal campo non possono sottrarsi
allinfluenza del contesto, dal quale potrebbero venire distratti.
Queste capacit cognitive si rispecchiano sul versante linguistico
80
in modo tale che gli indipendenti dal campo riescano a
concentrarsi sui compiti analitici, ottenendo migliori risultati
nelle prove linguistiche rispetto allaltro tipo di apprendenti che
potrebbero mostrare una maggiore capacit di sintesi delle
nozioni, raggiungendo una migliore competenza comunicativa
dato che sono pi interessati a far passare il senso e non si
lasciano intralciare dai dettagli grammaticali. Da quanto detto si
nota che queste caratteristiche non sono paragonabili in termini
di superiorit, ma si tratta di variazione negli stili cognitivi che
non devono escludersi a vicenda (MAJOR, 2001: 68; ARCHIBALD,
1998: 17).
La disposizione naturale (lattitudine) degli apprendenti e le
loro capacit individuali, che potrebbero essere di base genetica,
psicologica e sociale, possono distinguere gli apprendenti in
normali, buoni e non. La differenza, secondo MAJOR, si
manifesta in gran parte in termini di velocit di acquisizione: A
good learner will progress more rapidly through the various
stages than the normal learner, and a poor learner will progress
more slowly and often fossilize at an early stage of development
(2001: 117).
Infine, BETTONI (2002
3
) commenta gli studi sulle qualit
personali segnalandone la mancata capacit di affermare che un
tipo di personalit sia sistematicamente favorito o sfavorito
rispetto a un altro nel processo dacquisizione (p. 158; grassetto
dellautrice) e sottolinea che tali tratti devono essere presenti a
livelli medi per non provocare effetti negativi (ibidem).
81
1.2.3. Dopo il contatto con la lingua darrivo
Quando si parla di apprendimento di una L2, ci si chiede
sempre dellet in cui lindividuo ha cominciato lacquisizione
e in questa sede let sar il primo fattore da affrontare.
Lapprendimento, poi, comporta lesposizione alla lingua
darrivo, che avviene naturalmente in maniera graduale e si
pu considerare come la ricezione di una serie di dati e di
informazioni che sinseriscono nella sfera di percezione e di
elaborazione mentale dellapprendente, quindi se la pu
etichettare con il termine inglese ormai usato diffusamente
negli studi in italiano input. Inoltre, lo sviluppo del processo
di apprendimento risente delle condizioni di vita quotidiana
dellapprendente, in particolare lapprendente spontaneo per il
quale la vita quotidiana adempie alle stesse funzioni rivestite
dalla classe nel caso degli apprendenti guidati.
Continuano naturalmente a manifestarsi le caratteristiche
individuali dopo linizio dellapprendimento. Per esempio
laccuratezza e il controllo esercitati dallapprendente possono
caratterizzare, qualora presenti, un processo di apprendimento
relativamente veloce, una L2 pi libera dal transfer dalla L1 e un
accento straniero meno evidente (cfr. MAJOR: 2001: 117-119).
Detto ci, lautocontrollo non basta per garantire il buon
apprendimento e come abbiamo accennato prima e vedremo
ancora nel corso di questo sottoparagrafo, non si pu precisare
una percentuale di influenza di una variabile quando si tratta di
processi naturali, graduali e complessi che coinvolgono in varia
misura diversi tipi di fattori e portano ad esiti vari per la
82
variazione delle persone e delle variabili che di per s non sono
concrete in quanto socioculturali e psicocognitive.
1.2.3.1. La fascia det
Let dellapprendente, che costituisce un fattore legato
allindividuo, stata sempre considerata un fattore molto
rilevante che risulta addirittura decisivo quando si tratta
dellacquisizione fonologica. Limportanza di questa variabile
risale allosservazione generale delle differenze di velocit e di
capacit di immagazzinamento delle informazioni linguistiche tra
bambini e adulti. Tutti gli studi concordano sul fatto che la
giovane et determinante. A livello morfologico CHINI (1995)
segnala che Il fattore et, comunque, incide soprattutto sulla
velocit di acquisizione della morfologia di L2, pi che sulle
tappe seguite, le stesse a qualsiasi et e con qualsivoglia L1 (p.
305). E sul versante fonologico cases of adults acquiring a
second language without any accent are very rare (KLEIN,
1986: 24).
1.2.3.1.1. Il periodo critico
Losservazione che i pi giovani si apprestano meglio
allacquisizione trova pi concreta elaborazione ne lipotesi del
periodo critico o Critical Period Hypothesis, secondo la quale
lapprendente non riuscir pi ad acquisire la lingua darrivo
come i nativi se oltrepassa una certa et, arrivando, cio, alla fine
del periodo critico, entro il quale, in base a tale assunto,
lapprendimento procederebbe in modo pi naturale e con meno
difficolt e porterebbe allacquisizione di un accento nativo
83
(MAJOR, 2001: 7 e segg.; ARCHIBALD, 1998: 18 e segg.).
Lipotesi, ovviamente, ha i suoi oppositori e sostenitori che,
tuttavia, non sono arrivati a risolvere alcuni problemi: la durata e
la fine del periodo critico rimangono tuttora un punto
controverso. Infatti, non facile determinare con precisione una
certa et, ma alcuni ritengono che la pubert segni la fine di tale
periodo. LONG (1990) segnala la presenza di pi di un periodo
critico (o sensibile) e sostiene che in molti apprendenti le
possibilit di raggiungere prestazioni native a livello fonologico
si riducano dallet di sei anni e si azzerino a dodici, mentre,
secondo lautore, la morfosintassi apprendibile perfettamente
prima dellet di quindici anni. Intanto, altri studiosi, sebbene
relativamente pochi, non riconoscono nemmeno lesistenza di
una fascia det che favorisca lacquisizione della competenza
nativa, anche se stato osservato nella maggior parte delle
ricerche che quanto pi giovane lapprendente, tanto pi simile
al nativo il suo accento. In summary, research indicates that
when acquiring L2 phonology, the younger the better, but how
young and how much better remain unresolved (MAJOR, 2001:
11).
Dal loro canto, gli studiosi che si pronunciano contro
lipotesi del periodo critico sostengono che i fattori
extralinguistici possano neutralizzare linflusso dellet avanzata.
MOYER (1999) conclude in unindagine su statunitensi laureati in
lingua tedesca che let dellapprendente non agisce
indipendentemente sulla prestazione fonologica, anzi questa
variabile opera in combinazione con altri fattori quali la
motivazione, lempatia culturale (cfr. 1.2.2.5.1. e 1.2.2.5.2.), il
desiderio di parlare come i nativi e la qualit e la quantit
84
dellinput. Di questi fattori sono risultate pi significative,
secondo lautrice, la qualit dellinsegnamento e la motivazione
professionale. Detto ci, malgrado i livelli molto avanzati dei
soggetti, lo studio non ha screditato la rilevanza dellet e non
riuscito a dimostrare lipotesi di partenza, secondo cui altri fattori
quali la motivazione e listruzione possono neutralizzare il ruolo
della variabile.
Alla ricerca di chiarire le ragioni per cui le prestazioni degli
apprendenti adulti sono inferiori rispetto a quelle dei pi giovani,
FLEGE (1991: 285), riferendosi a dati empirici, sostiene che
laccento straniero non sia dovuto a un decremento delle capacit
di acquisizione per fattori di et e che, invece, possa essere
imputabile allo sviluppo del sistema fonetico della L1, per effetto
del quale lapprendente identifica alcuni foni nella lingua
darrivo con i foni abbastanza simili nella propria L1, senza
trattare tali foni come categorie separate da apprendere
accuratamente per arrivare infine a produrli come i nativi (cfr.
1.4.2.2.1.). Lautore spiega che gli apprendenti adulti hanno
svolto negli anni il processo cognitivo di stabilire il proprio
sistema fonematico individuando i fonemi dalle categorie
fonetiche, diversamente dai bambini che cominciano a
riconoscere le differenze fonetiche tra i suoni del linguaggio da
loro percepiti e, a partire da questi, devono gradualmente
ricostruire la struttura fonemica. Di conseguenza, quando gli
adulti imparano una lingua straniera, ricorrono direttamente al
proprio sistema fonematico e riconducono i suoni della lingua
darrivo ai fonemi che conoscono, non sempre senza forzature
come nota FLEGE, e quindi forcing square pegs into round
holes (1991: 251).
85
BROWN (2000) spiega, tramite la teoria dellinterferenza
fonologica, che una volta passata linfanzia, la percezione di una
lingua straniera viene sempre condizionata dalle propriet
fonologiche della lingua materna, perch il bambino perde
gradualmente le capacit di distinguere i contrasti fonologici non
nativi e si limita a percepire quelli nativi: more specifically, all
speech sounds (native and non-native) will be perceived in terms
of the features exploited by that particular language (p. 48).
Detto ci, i foni estranei al sistema fonetico e fonologico nativo
non si presentano allo stesso livello di difficolt percettiva per i
parlanti di una stessa L1; inoltre, alcuni di tali foni vengono
percepiti e acquisiti pi facilmente dai parlanti di alcune lingue
prime piuttosto che dai parlanti di altre lingue.
1.2.3.2. Linput
Il prestito inglese input quello pi usato negli studi
italiani, ma un corrispettivo italiano, dati dentrata, si riscontra
in AUER (1988) che traduce output in uscita(cfr. p. 53).
Linput che offre allapprendente la possibilit di aumentare
le sue conoscenze linguistiche costituito dalle stringhe di lingua
(input linguistico) accompagnate nello stesso tempo
dallinformazione contestuale a cui si riferisce il discorso
(KLEIN, 1986: 44). Nelle parole di VEDOVELLI (1994: 533),
linput contesto socioculturale, qualit strutturale, quantit di
esposizione ai testi (suoni, sensi) della L2.
Si presume che la frequenza di esposizione a un certo input
linguistico abbia un influsso sul ritmo di apprendimento dei
componenti del sistema linguistico, cio gli elementi pi
86
ricorrenti nellinput vengono acquisiti pi velocemente e
vengono anche memorizzati meglio. Lidea sembra sensata, ma
non valida in assoluto. Oltre a VEDOVELLI (1994: 534) che
afferma che la quantit di esposizione alla lingua non mero
fatto meccanico di frequenza, KLEIN (1986: 66- 67, 69-70)
avanza pi riserve in merito. Primo, se prendiamo il lessico come
esempio, la frequenza di una parola non facilmente
determinabile, in quanto varia a seconda dei campi e delle
situazioni. Cos, nellapprendimento guidato i lavoratori stranieri
imparano le parole pi frequenti come lavoro, ragazzo, casa, ecc.
e parallelamente le parole meno usate quali questura e permesso
di soggiorno. Secondo, nelle produzioni di alcuni apprendenti le
parole pi usate appaiono in un momento tardivo nel corso del
processo di acquisizione
23
. Terzo, le parole funzionali sono pi
frequenti nel lessico delle prime lingue finora studiate, ma queste
parole, in fin dei conti, non hanno un contenuto informativo a cui
lapprendente pu riferirsi nella sua elaborazione dellinput e per
questo, appunto, vengono tralasciate o utilizzate in maniera
confusa nelle fasi iniziali di apprendimento (cfr. 1.1.4.1.).
In effetti, le caratteristiche prosodiche e in particolare
lassegnazione degli accenti alle parole di contenuto piuttosto
che alle parole funzionali danno una certa salienza percettiva alle
prime, per cui si potrebbe pensare che il contenuto contestuale e
la prosodia siano, in una certa misura, degli strumenti che
favoriscono lacquisizione delle parole di contenuto prima delle
parole funzionali (nellapprendimento spontaneo, sintende). Ci
indica che malgrado la frequenza costituisca un fattore di rilievo,
23
Si osservato che uno dei soggetti, un lavoratore egiziano che risedeva a Milano da
tre anni, non conosce le parole pasticceria e albergo che si presumono di largo uso e
usa in alternativa dolce e hotel (la parola internazionale, a suo detto).
87
essa non basta per lo sviluppo dellapprendimento e che
sussistono altri tratti influenti, quale la salienza sia percettiva che
semantica (cfr. ELLIS, 2002).
Nellapprendimento guidato, la lettura si comprova una
valida risorsa di arricchimento del patrimonio lessicale. ROTT
(1999) conclude dalla sua ricerca che la lettura di testi
contestualmente ricchi, in tal modo da facilitare lassegnazione di
significati alle parole nuove, pu avere un effetto positivo
sullacquisizione al lungo termine. Si riscontrato anche che
lesposizione ripetuta allelemento lessicale (sei volte
nellesperimento, invece di due o quattro) pu accelerare
larricchimento del lessico dellapprendente.
Una caratteristica dellinput che condiziona fortemente
lacquisizione spontanea dellitaliano da parte degli immigrati
la multivariazione del repertorio linguistico italiano con cui il
migrante si trova a contatto e da cui apprende la sua L2 (BANFI,
1993b: 37). Il lavoratore straniero deve fare i conti con una realt
linguistica polimorfa e un repertorio variegato che va dalla
variet neostandard e eventualmente la variet burocratica alle
variet regionali, ai dialetti e ai linguaggi settoriali (cfr.
BERRUTO, 1994
4
; 1997
3
; supra 0.2.1.). Leterogeneit della
situazione linguistica si ripercuote sulle variet di apprendimento
spontaneo caratterizzate dalla compresenza di fenomeni
appartenenti a diverse variet linguistiche. Quanto pi diversi
sono i contesti di comunicazione e le variet con cui
lapprendente viene a contatto tanto pi variopinta la sua
produzione. In unottica ottimista, FIBBI & VEDOVELLI (1988)
vedono nellesposizione dello straniero a uno spettro allargato
88
di variet linguistiche una spinta allo sviluppo del processo di
acquisizione (p. 32).
A parte le variet usate nelle interazioni tra nativi, si
presenta una variet della lingua che molto spesso fa parte
dellinput dei non nativi. Si tratta del foreigner talk o lo
xenoletto che costituisce a volte una scelta del parlante nativo
quando ritiene che la riuscita della comunicazione interetnica
richieda la semplificazione della lingua (cfr. 1.1.3.3.1.1.).
FELICI (1994) espone i risultati di una sua ricerca che rileva
lincidenza della variazione del repertorio linguistico italiano
(come input) sulla L2 degli stranieri in Italia. Lanalisi dei dati
ottenuti da quattordici apprendenti spontanei in due zone diverse,
una settentrionale (provincia di Brescia) e laltra meridionale
(provincia di Latina), porta in evidenza la presenza di un
influsso, variabile di persona in persona, dellinput dialettale
delle zone di rilevazione. Lautrice ritiene che tale influsso
dellinput sia da collegare allinserimento socioculturale e al
grado di motivazione dellapprendimento delle variet dialettali
(cfr. p. 256). Dalle testimonianze degli informanti sembra che la
disposizione a imparare e utilizzare il dialetto sia a sua volta
scoraggiata dallatteggiamento dei nativi nei confronti delle
proprie variet dialettali, che rimane tuttora negativo, cos che
certe volte il dialetto viene considerato privo di prestigio
linguistico e culturale (cfr. p. 251).
FELICI (1994) nota che i tratti di variet pi frequenti nelle L2
esaminate sono quelli appartenenti alle variet regionali
piuttosto che alle strette variet dialettali e sono per lo pi di
tipo prosodico e fonologico, cio pi difficilmente
controllabili dalla capacit metalinguistica cosciente degli
89
apprendenti (p. 256). In altre parole, i soggetti che mostrano
capacit dialettali relativamente ridotte e atteggiamento
negativo verso il dialetto continuano a subire linflusso
dellinput dialettale maggiormente sul livello prosodico
(ibidem).
In generale, il campione studiato da FELICI dimostra una
maggiore influenza dei tratti dialettali fonetici e lessicali
rispetto alle costruzioni morfosintattiche dialettali che
scarseggiano nelle produzioni linguistiche dei soggetti.
Intanto, si osserva che il tratto della differenziazione tra le
vocali aperte e chiuse costituisce un elemento dincertezza per
gli stranieri cos come lo per i nativi (p. 258).
1.2.3.3. Le condizioni sociambientali
Abbiamo due tipi di apprendimento in cui i fattori
sociambientali agiscono in maniera diversa. Lavvio
dellapprendimento spontaneo al tempo stesso lavvio dei
contatti con la comunit ospite che, verificandosi sul territorio
straniero, segnalano il consumarsi di una vita diversa, nella cui
quotidianit, e solo in queste condizioni, si sviluppa
lapprendimento. Ci investe alle variabili sociambientali una
rilevanza che giustifica linteresse mostrato negli studi
sociolinguistici e di linguistica acquisizionale alle condizioni di
vita degli apprendenti spontanei. Si tenga presente che le
condizioni sociali degli immigrati sono marcati, in quanto questi
non conducono la stessa vita degli autoctoni e subiscono forti
pressioni dalla societ ospite a livello di struttura sociale
(VEDOVELLI, 2001: 22; cfr. infra).
90
Invece, non stato versato tanto inchiostro sul
condizionamento socioculturale dellacquisizione guidata, nella
quale le condizioni sociambientali fungono da sottofondo e non
vengono in primo piano; inoltre, lassimilazione culturale non
viene considerata una variabile del processo che in primo luogo
si sviluppa in classe.
Di seguito verr presentata una serie di fattori sociali, della cui
incidenza sul processo di apprendimento spontaneo si discute
molto in letteratura. Le variabili pi ricorrenti sono il progetto
migratorio, il grado dintegrazione sociale, latteggiamento
verso la lingua e la cultura straniere, nonch la nazionalit del
coniuge, lesposizione ai mass media del paese ospite e la
durata di permanenza.
Infatti, i fattori vengono esposti come categorie discrete che,
va detto, non esauriscono tutte le sfumature delle variabili
sociali che caratterizzano la vita di un individuo. Di pi, va
ribadito ancora una volta che in pratica non sussiste una
correlazione biunivoca tra certe variabili e le fasi del processo
dapprendimento, perch, come vedremo anche pi oltre, non
ci sono confini netti tra le sfere dincidenza di ogni variabile a
parte. In generale, tutti i fattori interagiscono insieme per
creare il profilo socioculturale degli individui, che incide sul
piano linguistico. In proposito FIBBI & VEDOVELLI si
esprimono con queste parole:
che, per, esista un notevole potere di condizionamento
reciproco fuori dubbio: pi che mettere in discussione tale
correlazione, sembra necessario fare riferimento a un modello
dei fatti sociali almeno tanto complesso quanto lo richiede il
91
carattere non semplice e non meccanicistico del rapporto fra i
due piani (1988: 23).
Lelaborazione di un modello del genere, tuttavia, un
compito molto arduo che richiede una marea di ricerche
empiriche corredate da una parallela riflessione teorica.
Invece, gli studi sullapprendimento spontaneo dellitaliano in
contesto migratorio sono ancora pochi e per quanti sforzi si
possano fare nel prossimo futuro difficilmente si raggiunger
una dimensione minimamente rappresentativa sul piano
statistico VEDOVELLI (1994: 541).
1.2.3.3.1. Tra assimilazione culturale e acquisizione
linguistica
BROWN (1980), partendo dallosservazione che gli adulti
variano tra di loro nel livello di padronanza della lingua
seconda, sostiene che lipotesi del periodo critico possa
diventare pi efficace se vengono inseriti i fattori
sociambientali, considerando cos il processo di
apprendimento linguistico in relazione allo sviluppo della
acculturazione dellapprendente. Lautore propone un
modello dellandamento del processo di acquisizione
spontanea sul territorio straniero, the optimal distance model,
come modello rappresentativo di un periodo critico
socioculturale. Egli argomenta che lapprendimento della
lingua nel paese ospite va di pari passo con
lapprendimento della cultura del paese:
The interaction of language and culture produces a
syndrome which gives rise to a certain stage during which
92
language learning achieves an optimal level. At that critical
stage, adults, and children, have an optimal chance to become
fluent in the second language. Since cultural distance is a
distinguishing feature of this optimal stage of learning, the
proposed hypothesis is termed the optimal distance model of
second language acquisition (p. 158).
Il modello lega lo sviluppo dellapprendimento agli stadi di
acculturazione che le persone, a parte la loro et, ripercorrono
finch non si adattino o assimilino una nuova cultura. In
sociologia si articolano quattro stadi:
leuforia: stadio in cui laltra cultura si presenta
nuova, e quindi entusiasmante e interessante;
lo shock culturale: lesito dellintrusione di
elementi di divergenza nel proprio quadro culturale. La
cultura straniera comincia a sembrare strana e noiosa, il
che provocherebbe sentimenti di ostilit, indecisione,
frustrazione, tristezza, solitudine e nostalgia,
accompagnati a volte da disturbi fisici. In questa fase si
cerca il riparo dai connazionali;
lanomia costituisce la prima sindrome della terza
fase, allinizio della quale ci si sente socialmente insicuri o
insoddisfatti e si comincia a perdere qualche legame con la
cultura nativa senza essersi ancora integrati nella nuova
societ per cui nasce la sensazione di essere senza patria
(homeless). Questa fase, per, vede successivamente un
graduale e lento recupero in cui limmigrato comincia ad
accettare le differenze di pensiero e di sentimento
diventando pi comprensivo ed empatico;
93
il recupero: con esso si guadagna un senso di agio e
conforto nei confronti della cultura straniera e, insieme,
una sicurezza di s e dello sviluppo del proprio carattere
allinterno della nuova societ.
BROWN avanza lipotesi che linizio della terza fase
lanomia presenta le condizioni ideali per lacquisizione
della padronanza della lingua, visto che offre la distanza
(sociale) ottimale e anche le tensioni cognitive e affettive
necessarie per stimolare allapprendimento, a differenza del
secondo stadio in cui la pressione molto alta e del quarto in
cui la pressione troppo debole. Intanto, la padronanza della
lingua pu fungere da strumento per il superamento della terza
fase e il raggiungimento della quarta. Se, invece,
lapprendente arriva culturalmente al quarto stadio senza aver
raggiunto la padronanza linguistica, la sua L2 subir la
fossilizzazione, dato che non avr bisogno di acquisire le
forme corrette quando avr gi raggiunto un modo di
esprimere le funzioni linguistiche. Daltra parte, le persone
che riescono ad impadronirsi presto della lingua non si trovano
motivate allacculturazione e non riescono a superare le
difficolt psicologiche riscontrate nel paese straniero.
Questultimo assunto pu essere applicato in parte
sullapprendimento guidato, che BROWN dichiara di non aver
preso in debita considerazione nel suo modello (cfr. 1980:
162). il caso dellapprendimento che comincia in classe nel
paese dorigine e poi continua nel paese straniero parlante
questa lingua, dove lapprendente che ha gi raggiunto un
buon livello linguistico soffrirebbe il processo di
acculturazione.
94
Quanto ai bambini lautore ritiene che loro passino per gli
stadi sopraindicati pi velocemente e quindi acquisiscono la
lingua presto perch non hanno una visione del mondo
subordinata a una certa prospettiva n hanno in generale un
assetto socioculturale ben definito e sviluppato in legame con
una cultura ben definita.
1.2.3.3.2. Il progetto migratorio
Le dimensioni del progetto migratorio si rapportano in linea
di principio alle motivazioni del trasferimento nel paese straniero
e si profilano poi nella determinazione del periodo di
permanenza allestero. Le previsioni di permanenza nel paese
ospite influenzano il rapporto che il migrante ha con la lingua di
questo paese e anche i passi compiuti verso lintegrazione sociale
ed economica (cfr. BANFI, 1993a: XII). Laspirazione a rientrare
nel paese dorigine dopo un breve periodo potrebbe non
stimolare limmigrato ad imparare la lingua del paese ospite con
la stessa determinazione che avrebbe coltivato qualora volesse
rimanerci per un lungo periodo o addirittura per sempre e quindi
inserirsi nella nuova societ.
Detto ci, il progetto migratorio non rimane fisso e risulta
sempre soggetto a modificazioni. Capita a volte che lo
straniero cambia i suoi piani dopo un po di tempo, decidendo
di allungare la permanenza e a questo punto potrebbe trovarsi
in una situazione linguisticamente svantaggiata, se sente il
bisogno di imparare bene le strutture della lingua, pur essendo
allo stesso tempo capace di comunicare in qualche modo con i
nativi. Molti avvertono tale bisogno in particolare quando i
95
figli crescono nel paese straniero e conquistano la
padronanza linguistica per cominciare a criticare la bassa
competenza e la cattiva pronuncia dei genitori. Abbiamo
quindi immigrati che vivono da anni in Italia e forse hanno
anche la cittadinanza italiana, ma che mostrano una
competenza linguistica notevolmente ridotta. Riprendendo il
modello di BROWN ( 1.2.3.3.1.), questo sarebbe il caso di chi
arriva al quarto stadio, raggiungendo cio una buona
acculturazione senza aver acquisito la padronanza della lingua.
1.2.3.3.3. Integrazione vs segregazione
1.2.3.3.3.1. Rapporto tra lingua e inserimento
lavorativo e sociale
unopinione diffusa tra i ricercatori che lacquisizione della
lingua del paese ospite il passaporto che consente allo
straniero lintegrazione sociale e lavorativa (ALBERTO &
ALLEMANO, 2001: 43). La conoscenza della lingua, anche a
livello elementare spesso molto importante, in particolare
quando il datore di lavoro italiano o straniero e non
condivide unaltra lingua con il nuovo arrivato. Durante la
registrazione con immigrati egiziani a Milano, uno degli
intervistati, che fa il saldatore e conosce molto poco la lingua,
ha raccontato di essere stato cacciato pi volte dal lavoro
perch non capiva gli ordini del capo e anche se allinizio,
accompagnato da un connazionale che faceva da interprete, gli
era possibile eseguire alcuni lavori, veniva poi lasciato al suo
destino senza mediazione linguistica e come prevedibile
sbagliava nellesecuzione dei compiti assegnatigli malgrado la
96
sua professionalit. La lingua, quindi, va considerata uno
strumento dimportanza non indifferente per conseguire un
felice inserimento nel mercato del lavoro, che a sua volta
trascina il lavoratore straniero a far parte in un segmento della
realt italiana, esponendolo pi frequentemente alla lingua,
aumentando le sue conoscenze linguistiche e forse anche
integrandolo, almeno parzialmente
24
, nella nuova societ.
1.2.3.3.3.2. Fattori confluenti allintegrazione
La prospettiva di permanenza in Italia considerata un forte
stimolo allinserimento sociale e non solo lavorativo, cio
allintegrazione nella societ ospite, in modo che lo straniero
comincia a diventare un membro attivo a tutti i livelli nella sua
nuova societ, avendo gli stessi diritti e doveri dei cittadini del
paese ospite. Eppure, si d a volte il caso che il migrante con un
progetto migratorio non breve opta per la chiusura dentro la
propria comunit e per lisolamento dalla societ ospite, come
nel caso dei cinesi e dei filippini. In tal caso lisolamento
intralcia e neutralizza limpulso del progetto migratorio (cfr.
ANDORNO & BERNINI, 2003: 30).
Lautosegregazione potrebbe avere come una delle cause la
scarsa motivazione di conoscere la lingua e la cultura del paese
24
C lopinione diffusa tra molti egiziani intervistati in Italia che la padronanza della
lingua italiana importa poco e che basta conoscere due parole per poi arrangiarsi con i
gesti o altro. Infatti, si sente dire che tra le problematiche a cui limmigrato arabo e
musulmano deve venir incontro la lingua sia una goccia nel mare. Tale tendenza viene
ancora pi favorita da due ragioni: 1- lineluttabile nostalgia per la casa e, insieme, la
determinazione a tornare prima o poi in patria, dopo essersi assicurati un futuro
economicamente pi stabile; 2- la solidariet tra i membri della stessa comunit e la
dipendenza, anche economica, del disoccupato dagli amici e/o dai parenti con cui
condivide labitazione.
97
ospite (cfr. 1.2.2.5.1.). In proposito, le comunit filippina e
cinese sono le pi citate come esempi di comunit chiuse e
isolate dal resto della societ. ORLETTI (1988) lega a tali
atteggiamenti disolamento la persistenza di spiccate
caratteristiche di semplificazione nelle interlingue di soggetti
filippini con una lunga permanenza in Italia. Infatti, la messa in
contatto con gli informanti risultata un processo lento che ha
richiesto la ricerca prolungata nei luoghi dincontro riservati ai
membri della comunit, che sono difficilmente ritrovabili altrove.
Lautrice avverte in tale chiusura un tentativo di mantenere le
barriere nei confronti della comunit ospite e delle altre comunit
con cui si viene a contatto sul territorio straniero. Sarebbe, in
ultima analisi, un atto di identit attraverso cui il parlante
comunica non la sua identificazione con un gruppo quanto la sua
volont di non identificarsi fino in fondo con la comunit ospite e
con quelle degli altri immigrati (1988: 157). Questa
interpretazione si rif in parte alla presunta personalit
dellapprendente, alla sua estroversione e al suo senso di identit
(cfr. 1.2.2.5.2.).
In unottica diversa, si potrebbe giustificare il fenomeno di
segregazione con il fatto che i nuovi migranti, al loro arrivo, si
trovano in grosse difficolt di orientamento e di ambientazione e
quando, per giunta, devono affrontare un fastidioso, in quanto
impegnativo e difficile, processo di acquisizione linguistica
potrebbero decidersi, qualora trovino una via duscita, a
concentrarsi esclusivamente sul lavoro, rifugiandosi nella propria
comunit per appagare le proprie esigenze sociali e psicologiche.
98
1.2.3.3.3.3. Elementi dellintegrazione
Cominciamo con la socializzazione nel tempo libero che
distingue le persone intente allintegrazione da coloro che
vogliono limitarsi a migliorare le proprie condizioni economiche.
Questi ultimi fanno una vita sociale molto ridotta, ma non del
tutto priva di contatti sociali, almeno con i connazionali. Invece,
limmigrato che frequenta italiani ha loccasione di praticare la
lingua, di conoscere pi da vicino i modi di vita degli italiani e di
abituarsi a gustare i loro stili di vita. Detto ci, la vita sociale non
si misura solo in funzione delle intenzioni integrative, ma anche,
pi profondamente, in funzione della personalit dellindividuo.
Laccesso ai mass media del paese ospite tramite la visione
della TV e la lettura dei giornali dovrebbe migliorare il livello
linguistico dellapprendente e insieme aiutarlo notevolmente
nellacculturazione. Ma la disponibilit allesposizione ai mass
media costituisce un comportamento di apertura e
dintegrazione nei confronti della societ, che richiede un
buon atteggiamento nei confronti della lingua e della cultura
del paese ospite e la tolleranza dei suoi valori sociali. Tale
apertura pu essere a sua volta stimolata da un progetto
migratorio abbastanza lungo, da condizioni di lavoro
perlomeno discrete, con orari non molto pesanti e, inoltre, da
condizioni economiche e abitative abbastanza decenti.
Lattivit lavorativa un tratto sociale che incide sia
sullatteggiamento verso la societ ospite sia sul progetto
migratorio, nonch sulla competenza linguistica. Indagando nella
loro ricerca il rapporto tra il tipo di occupazione e
lapprendimento, FIBBI & VEDOVELLI (1988) rilevano una
prestazione linguistica prevalentemente alta nei lavoratori
99
domestici e legano questo dato ai vantaggi offerti dal contesto
interazionale variato che tale tipo di lavoro consente.
La durata di permanenza teoricamente influente in base
alla considerazione che la presenza nel paese straniero debba
comportare la continua esposizione alla lingua bersaglio, ma tale
influsso diretto della permanenza prolungata non garantito
quando limmigrato si isola dalla comunit ospite sia inserendosi
nel mondo del lavoro dopo molto tempo di attesa sia lavorando
solo con connazionali o immigrati di altre nazionalit e, quindi,
comunicando in una lingua diversa dallitaliano. Inoltre, le donne
che restano in casa tardano nellapprendimento della lingua (cfr.
ALBERTO & ALLEMANO, 2001: 56). In altri termini, la durata di
permanenza importante solo in funzione di altri fattori quali gli
atteggiamenti sociali e il tipo e la quantit di input.
La nazionalit del coniuge costituisce un elemento decisivo
per linserimento sociale, essendo di rilevanza ineguagliabile
per lapprendimento linguistico e culturale. La vita con un/a
consorte italiano/a si pu considerare il grado pi intenso di
socializzazione e di acculturazione, poich inserisce
automaticamente lo straniero in un contesto italiano che lo
circonda sia dentro che fuori casa.
In casi contrari, come nelle coppie egiziane per esempio, si
osservato che le mogli, che di solito arrivano senza una
conoscenza precedente della nuova lingua e si annoiano a stare
tutto il giorno sole a casa, lontano dalla famiglia e dalle
amiche, si mettono a lamentarsi e incoraggiano continuamente
i mariti al ritorno in patria; e se non ci riescono per motivi
economici, cominciano a distrarsi solo quando fanno bambini.
Col passar del tempo, sotto le pressioni economiche e quando i
100
figli diventano culturalmente, linguisticamente e anche
ufficialmente italiani, molte donne egiziane si rassegnano alla
fine a cambiare paese,. Ma senza la consolazione datale dai
bambini le prospettive di una sistemazione definitiva allestero
continuano a presentarsi inaccettabili per la maggior parte
delle donne egiziane.
1.2.3.3.4. Latteggiamento
Latteggiamento una variabile rilevante a livello sociale, che
costituisce un punto dintreccio di altri elementi del profilo
socioculturale. Allatteggiamento nei confronti della societ
ospite potrebbero essere ricondotte le intenzioni
dintegrazione e la fisionomia del progetto migratorio e in
funzione di esso cambia la propensione ad imparare la lingua.
Latteggiamento positivo viene determinato da vari fattori,
tra cui, innanzitutto, segnaliamo la personalit, in specie
lempatia e il senso didentit (cfr. 1.2.2.5.2.). Inoltre, la
soddisfazione del proprio lavoro e del proprio guadagno coltiva
la stima del paese in cui si lavora. In altre parole, le condizioni
economiche, abitative, lavorative e anche sociali costituiscono un
fattore determinante dellatteggiamento, che si manifesta nella
velocit di apprendimento e nel livello raggiunto in L2 cos come
nella frequenza dimpiego dellitaliano nella comunicazione con
italiani e stranieri, sul lavoro e fuori. Sicch, i lavoratori che in
Italia tengono a parlare la L2 esprimono il loro atteggiamento
positivo verso la lingua e verso lintegrazione. Con questa
tendenza, loro aumentano anche le proprie conoscenze
linguistiche; e pi praticano la lingua e pi si acculturano, pi
101
acquisiscono la fiducia in s e la soddisfazione di aver imparato
cose nuove, il che agevola il processo dintegrazione. Questa
dinamica ci offre un esempio del fatto che i motivi che stanno
dietro alle scelte dellapprendente e gli effetti di tali scelte si
influenzano reciprocamente e si concatenano a determinare il
profilo psicosociale e sociolinguistico dellimmigrato.
Si osserva che linterazione delle variabili varia man mano che
si sviluppa il contatto con la cultura straniera. A mo
desempio, le condizioni di lavoro possono o stimolare gli
atteggiamenti positivi o soffocarli. La buona attitudine, come
tratto della personalit, pu essere neutralizzata
dallatteggiamento negativo o dalle cattive condizioni sociali
ed economiche; la socializzazione attiva allinizio
dellapprendimento potrebbe venir meno in conseguenza ad
attriti con i membri della comunit ospite o a causa della
sofferenza di differenze culturali che prima non erano
evidenti; e viceversa. Quindi, si pu concludere che le
variabili socioculturali e individuali vanno considerate
integralmente, in quanto concorrono tutte insieme a
condizionare il processo dapprendimento. Oltre a questa
complessit dello sviluppo sociolinguistico lapprendimento
spontaneo , in fin dei conti, un processo di carattere in gran
parte individuale e differenziato (BANFI, 1993b: 38).
1.2.3.3.5. Scala dei fattori sociambientali
Il rapporto tra il livello in lingua italiana e le variabili
socioculturali viene confermato empiricamente nello studio di
FELICI et al. (1994) dove si osserva una correlazione pi netta ai
102
livelli estremi della scala sociolinguistica, nel senso che i
soggetti che mostrano abilit linguistiche alte godono di buoni
condizioni e inserimento socioculturali e viceversa (pp. 490-
491).
FIBBI & VEDOVELLI (1988) analizzano le correlazioni tra il
percorso di apprendimento e i fattori sociambientali attraverso la
definizione del profilo socioculturale dei soggetti da un lato e la
determinazione del loro livello linguistico tramite varie prove
che ne testano le capacit comunicative e il patrimonio lessicale
dallaltro lato. Dallanalisi dei loro dati si riscontrato che la
durata di permanenza in Italia, assieme alla lunga esposizione
alla lingua, sembra il fattore pi incidente sulla competenza
linguistica. La ricca vita sociale, laccesso ai media e la lettura
dei giornali vengono parallelamente a favorire lacquisizione
linguistica. Leventuale frequenza di corsi di lingua italiana
incide positivamente sul processo di apprendimento anche se
rimane una percentuale considerevole di soggetti che non hanno
tratto il presunto vantaggio dallistruzione. Lintenzione di
rimanere in Italia si profila in questa ricerca come una variabile
neutralizzata da condizioni oggettive, che ostacolano la
realizzazione del progetto migratorio.
La determinazione della rilevanza o del rango rivestito da ogni
variabile dellapprendimento spontaneo costituisce, come
afferma VEDOVELLI (1994: 541), uno dei problemi pi delicati
e pi complessi in questo ambito di ricerca che diventa ancora
pi complesso per lesiguit degli studi empirici.
VEDOVELLI (1994: 541-542) e FELICI et al. (1994: 486-487)
espongono, in conclusione di una ricerca congiunta, la scala dei
103
fattori extralinguistici che condizionano lapprendimento in
ordine decrescente, cominciando al grado pi alto con let;
seguono al secondo posto la scolarit, la frequenza di corsi
preparativi ditaliano in patria e la lettura dei giornali.
Si profila subito dopo linserimento sociale nel paese
straniero: lattivit lavorativa, le persone frequentate nel tempo
libero, la lingua (o le lingue) usata nella comunicazione con
italiani e stranieri sul lavoro e fuori, il progetto migratorio e il
grado di soddisfazione della permanenza in Italia.
Al quarto posto di rilevanza VEDOVELLI colloca la
nazionalit del coniuge, la visione della TV e il livello di
soddisfazione del guadagno in Italia.
Di quinto grado sono la lingua usata con i figli, il luogo di
abitazione, le persone con cui si vive e la durata di soggiorno in
Italia, alla quale non si d un peso maggiore in quanto
considerata rilevante in relazione alla variabile dei contatti e la
frequenza desposizione allinput.
Al sesto grado figurano la conoscenza di altre lingue, la
professione in patria, latteggiamento verso litaliano e
lautovalutazione in questa L2.
In fondo alla scala restano, tra gli altri fattori, lattivit
scolastica dei figli e le amicizie con gli italiani.
FAVARO (1988: 49) si riferisce a un progetto di ricerca
tedesco condotto allUniversit di Heidelberg
25
sullinfluenza dei
fattori extra-linguistici sulla L2 di immigrati italiani in Germania
e arriva a scalare in ordine dimportanza tali fattori che
condizionano la qualit della L2, in particolare della
25
Il progetto tedesco stato il primo in Europa a considerare i problemi sociolinguistici
dellimmigrazione. Per una presentazione breve dei progetti di Heidelberg e ZISA si
veda GIACALONE RAMAT (1986a).
104
comprensione e dellespressione orale. Mentre la durata di
soggiorno non viene considerata un fattore principale (cfr.
supra), in cima alla scala si osservano i contatti con amici italiani
in ambienti extra-lavorativi;
al secondo let al momento darrivo nel paese
dimmigrazione;
al terzo i contatti con nativi sul lavoro;
al quarto posto la situazione abitativa e i rapporti sociali
di partecipazione o di ghettizzazione che sviluppano entro questo
ambito;
al quinto posto la professione in patria e al sesto la scolarit.
Lautrice (ivi: 50-52) verifica il ruolo di tali fattori sociali
nellapprendimento dellitaliano da parte di immigrati a Milano e
osserva la discrepanza dalla situazione in Germania. Le risulta
che i contatti con gli italiani al di fuori del lavoro sono scarsi, in
parte perch gli immigrati trovano pi sicurezza nel socializzare
con i loro connazionali. Let che potrebbe costituire una
variabile a favore dellimmigrato giovane viene non di rado
neutralizzata dallemarginazione sociale, cio dal mancato
scambio comunicativo. Riguardo ai contatti con autoctoni sul
lavoro FAVARO afferma che la comunicazione non prende la
forma di uno scambio alla pari, e rimane di solito passiva da
parte dellimmigrato a cui basta capire gli ordini e le istruzioni,
in quanto la maggior parte degli immigrati lavora nei servizi.
Inoltre, le degradate condizioni di abitazione degli immigrati, che
si trovano ammucchiati in piccole abitazioni con connazionali,
costituiscono un altro ostacolo allo sviluppo delle loro capacit
comunicative nella lingua italiana (cfr. 1.3.1.2.). Diversamente
dalla ricerca condotta sugli immigrati in Germania, dove la
105
scolarit determinante della qualit del lavoro e, di
conseguenza, del livello economico e sociale, in Italia la
qualifica professionale e la scolarit si limitano a rendere
limmigrato pi attivo e consapevole nel condurre il processo di
apprendimento (quindi privilegiano solo il processo cognitivo,
ma non lo superano per avere risvolti positivi sul piano sociale
garantendo, per esempio, maggiore esposizione alla lingua
darrivo).
In definitiva, i tratti socioculturali che abbiamo esposto
costituiscono un quadro generale di cui dovrebbero variare alcuni
tratti a seconda del paese ospite e delle comunit straniere. Il
paragrafo seguente cerca di rintracciare alcune delle condizioni
di vita degli apprendenti egiziani.
1.3. GLI APPRENDENTI EGIZIANI
Nelle due modalit di apprendimento (spontanea e guidata)
differiscono i contesti, i ruoli degli apprendenti e le loro
esigenze, nonch i pubblici che costituiscono largomento del
presente paragrafo, nel quale trattiamo degli apprendenti egiziani
della lingua italiana. Per introdurre agli apprendenti spontanei
occorre presentare dati generali sugli immigrati in Italia in specie
sulle comunit arabe di cui fa parte la comunit egiziana. Gli
apprendenti guidati in Egitto sono incentrati per lo pi al Cairo e
si collocano nel quadro ricco dello studio di lingue straniere nel
Paese. In merito, sono stati fondamentali e persino indispensabili
i dati raccolti per mezzo del questionario somministrato a ben
754 studenti di lingua italiana (cfr. 1.3.2.2.1.).
106
1.3.1. Limmigrazione straniera in Italia
1.3.1.1. Generalit statistiche
26
Il fenomeno dellimmigrazione, con i problemi che
comporta, ha assunto dimensioni ragguardevoli in Italia negli
ultimi ventanni, in quanto prima lItalia era un paese esportatore
di lavoratori e di emigrati in tutto il mondo, ma ora circa due
terzi degli immigrati in Europa vanno in Germania, Gran
Bretagna e Italia.
I lavoratori stranieri in Italia costituiscono gruppi molto
eterogenei per origini, scolarizzazione, religione, lingua e
cultura. Non possibile determinare con precisione le vere
dimensioni dellimmigrazione a causa degli ingressi
clandestini e anche per i frequenti cambiamenti di progetto da
soggiorno per studio, turismo o visita famigliare, ecc., a
immigrazione per lavoro. In effetti, lo studio una
motivazione della partenza per lItalia che non viene
veramente perseguita se non da una percentuale esigua (cfr.
ORLETTI, 1988: 145).
I dati confermano la crescita del numero degli immigrati
nellultimo decennio del secolo scorso e anche nei primi anni del
terzo millennio. Secondo le statistiche Istat del 2000, basate sulle
registrazioni anagrafiche dei comuni italiani, al 1 gennaio 1998,
lincidenza percentuale degli stranieri in Italia stata pari
all1,7% della popolazione residente, un valore che collocava
lItalia tra i paesi europei con la pi bassa percentuale di stranieri
26
I dati sugli immigrati sono riportati dai siti: www.istat.it,
www.caritasroma.it/immigrazione, www.ares2000.net, www.stranieriinitalia.it.
107
nella popolazione complessiva, ma la crescita negli anni
successivi si presenta molto rapida e nel 1999 gli stranieri
costituiscono nel loro totale il 2,6% della popolazione italiana.
Allinizio del 2003 il XIII rapporto Caritas
sullimmigrazione riporta i dati del Ministero dellInterno,
secondo i quali le presenze legali di stranieri contano circa
2,395,000, incidendo quindi del 4,2% sulla popolazione per
avvicinarsi cos alla media di presenza straniera in Europa
(5,2%).
La migrazione di norma per motivi economici, ma anche
spesso per motivi politici dai continenti extraeuropei e anche dai
paesi dellEst dEuropa. La popolazione straniera risiede
soprattutto nel Nord e nel Centro dItalia. Il primo paese di
provenienza il Marocco e i nordafricani costituiscono al 1
o
gennaio del 2001 il 19% degli stranieri in Italia. La migrazione
maschile comunque superiore nel suo totale alla migrazione
femminile, la quale proviene soprattutto dalle Filippine e dalle
isole di Capoverde.
Da met anni 90 simpone il fenomeno del
ricongiungimento familiare, che dimostra lintento dei cittadini
stranieri di stabilirsi in Italia e aumenta le presenze femminili e
di minorenni, in particolare per le comunit di pi antica
immigrazione come quelle dellAfrica settentrionale. Una buona
parte dellincremento della popolazione straniera dovuta,
inoltre, alle nascite in Italia oltre che allarrivo di minorenni per
ricongiungimenti familiari.
108
1.3.1.2. Condizioni di vita degli immigrati
Gli immigrati devono affrontare diversi problemi che
compromettono la loro sopravvivenza nella nuova societ:
dalla ricerca di lavoro e di alloggio, allo sfruttamento e il
rifiuto che segnerebbero drammaticamente la loro vita. FIBBI
& VEDOVELLI (1988) testimoniano la politica di
discriminazione degli immigrati, la manipolazione del
fenomeno dellimmigrazione a fini politici, la mancanza di
tutela legislativa della generalit dei lavoratori stranieri e, di
conseguenza, la loro posizione marginale in condizioni
socialmente svantaggiate. La discriminazione non consiste
solo negli atti compiuti per strada, ma comprende anche le
ingiustizie sul luogo del lavoro, il diverso trattamento
incontrato in banca al momento di accendere un conto corrente
e le difficolt incontrate nella ricerca di un alloggio presso le
famiglie o le agenzie (XI rapporto Caritas, 2001).
A livello economico gli immigrati svolgono un ruolo
innegabilmente positivo. Dati forniti dallAres (Associazione di
ricerca socio-economica) sulla produttivit degli immigrati in
Italia nel 2000 evidenziano che gli stranieri producono il 3,2%
del prodotto interno lordo (Pil) allanno. FIBBI & VEDOVELLI
(1988: 25) registrano un doppio ruolo degli stranieri nel mercato
del lavoro dove, da una parte, alcuni lavori non sono pi attraenti
per gli italiani come i servizi domestici, le pulizie e lartigianato,
e dallaltra, limpiego degli stranieri riduce i costi del lavoro nei
campi che richiedono molta manodopera, quale ledilizia,
lagricoltura e la ristorazione. Si osserva anche che, rispetto agli
altri paesi dEuropa, lItalia, in generale, non consente
109
linserimento professionale qualificato e non offre le possibilit
di carriera e di impieghi di prestigio: non se ne lamentano
solamente i filippini di alto profilo distruzione intervistati dagli
autori, ma anche gli egiziani incontrati nel corso della raccolta di
materiale fonico per la presente tesi. Non mancano, daltronde, i
problemi del lavoro nero che riguardano sostanzialmente il
settore dellagricoltura e, ancora di pi, quello dei servizi.
Le condizioni abitative sono alquanto deteriorate in case
sovraffollate e spesso occupate abusivamente come conseguenza
della disposizione degli stranieri ad accettare tutto. Molto spesso
la tolleranza di situazione abitativa degradata nasce dalla
determinazione a risparmiare il pi possibile in vista
dellimminente rientro in patria, il che va di pari passo con la
poca disponibilit a integrarsi e, insieme, aumenta il desiderio di
tornare a casa, ravvivando in tal modo la diffidenza reciproca tra
la comunit straniera e i nativi. Eppure, i lavoratori stranieri si
trovano molto spesso costretti a vivere tale precariet in quanto
estranei e disambientati e non di rado irregolari
27
. Un esempio
della discriminazione, come afferma il rapporto dellAres,
27
Dal dossier dellAres sugli alloggi degli immigrati nel 2000 riportiamo alcuni passi
rappresentativi Approfittando della disponibilit degli immigrati e della loro necessit
di gestire spesso situazioni di irregolarit, stato attivato un mercato specifico con
diffuso ricorso ad abitazioni sotto standard, ad un patrimonio fuori mercato di edifici
sotto i limiti di abitabilit gi considerati irrecuperabili alle esigenze della popolazione
locale. Circa 600.000 immigrati in Italia, sono in costante ricerca di un alloggio.
Nel frattempo sono costretti a dormire sotto i ponti, in macchina, in carrozze ferroviarie
abbandonate, in baracche, in centri di prima accoglienza, in dormitori pubblici, in centri
di detenzione "amministrativa", in magazzini [a pagamento] insieme ad altre
decine di sfortunati, in centri sociali, in case occupate, in edifici pericolanti oppure, i pi
fortunati, trovano ospitalit presso altre famiglie di immigrati. Per cercare di soddisfare
od alleviare questa fame di case gli interventi pubblici sono scarsi e disorganici, e ci si
affida quasi esclusivamente alle associazioni di volontariato (Il colore delle case, dal
sito: www.ares2000.net). Questo aspetto del fenomeno ci aiuta a capire le pressioni che
la societ e lo Stato italiano si trovano ad affrontare per neutralizzare gli effetti della
situazione che di giorno in giorno sta diventando insostenibile.
110
consiste nel rifiuto dei proprietari, diffidenti, di affittare a
stranieri o nellimposizione di garanzie esagerate che
normalmente non vengono richieste a connazionali. Ed agli
extracomunitari di colore la maggior parte dei proprietari
preferisce non dare la propria casa e tenerla sfitta ( Il colore
delle case, in www.ares2000.net).
A livello dinserimento sociale, dalla parte degli autoctoni
si osserva la prevalenza tra gli italiani della figura del tollerante
passivo che non ostile alle minoranze, ma non vuole che si
faccia qualcosa per favorirne lintegrazione
(www.stranieriinitalia.it).
In generale, le indagini dimostrano che i contatti degli
immigrati con gli italiani sono molto ridotti, non solo nel tempo
libero: Gli scambi comunicativi entro gli spazi del lavoro sono
inesistenti, ripetitivi, e, comunque, di tipo passivo: capire un
ordine, una consegna, unistruzione. (FAVARO, 1988: 51).
E dalla parte dei migranti, infatti, si rilevato negli ultimi
anni che, a differenza di prima, loro si chiudono in enclave
autoreferenti senza doversi mettere in contatto con la realt
italiana n inserire nella societ (ALBERTO & ALLEMANO, 2001:
48). Tale quadro oscuro della vita migratoria potrebbe avere
come elemento costitutivo il livello scolare e sociale basso degli
immigrati che, oltretutto, non riescono, davanti alle esigenze
economiche e il senso di estraneit, a mostrare il meglio di s per
avvicinarsi di pi alla comunit nativa e per migliorare la propria
vita.
111
1.3.1.3. Gli arabi e gli egiziani in Italia
28
Tra gli arabi che costituiscono circa il 18% degli stranieri in
Italia, i marocchini figurano come primi per consistenza
numerica. ALBERTO & ALLEMANO (2001) osservano nel
campione di studenti marocchini che frequentavano corsi di
formazione in lingua italiana a Torino due motivazioni principali
che stanno a cuore del loro progetto migratorio: la ricerca di
lavoro e una migliore realizzazione di s; unaltra motivazione
segnalata il ricongiungimento alla famiglia.
ALBERTO & ALLEMANO (2001: 53) registrano nella
maggior parte degli immigrati arabi da loro osservati una
28
In Occidente i musulmani vengono a torto identificati con gli arabi, ma resta vero
che una buona parte degli arabi musulmana, per cui le ricerche e le inchieste
sullIslam in Italia possono offrirci alcuni dati significativi e interessanti. In generale, i
flussi musulmani in Italia sono eterogenei nelle provenienze, nella composizione sociale
e anche nelle motivazioni allemigrazione. soprattutto immigrazione di operai che si
occupano in primo luogo delle mansioni pi insalubri e pericolose. Il loro inserimento
socioeconomico, per, risulta flessibile e le esigenze religiose non si trovano in
contrasto con le esigenze lavorative (cfr. PEROCCO, 1999: 51; 1999a: 103).
Uninchiesta pubblicata nel settimanale Famiglia Cristiana nel 18 marzo del 2001 tenta
di presentare un profilo dellinserimento socioculturale dei musulmani. I risultati si
possono riassumere come segue: il 70% degli intervistati frequenta solamente
connazionali; il 52% vive da solo o con amici, il 20% con il coniuge;
pi dell80% arrivato in Italia per motivi di lavoro e la maggior parte dei ricercatori di
lavoro sono di livello educativo basso.
Le difficolt maggiori che gli intervistati hanno affrontato al loro arrivo sono state la
ricerca di lavoro e alloggio, specialmente nel Centro-Sud e nelle isole. Per integrarsi
meglio si disposti maggiormente a rinunciare alle abitudini alimentari (41%); meno
immigrati possono rinunciare alle proprie tradizioni (20%), mentre il 13% rinuncerebbe
anche alle proprie idee religiose; da segnalare, in proposito, che le donne musulmane
sembrano pi legate alla propria fede e alle proprie tradizioni. Il trattamento degli
italiani considerato generalmente buono: il 60% lo ritiene buono, il 44% lo trova
sospettoso.
Gli immigrati musulmani, specialmente nel Nord, non accettano pi che altro i ritmi di
vita e i rapporti umani (37% e 35% rispettivamente). Sentono la mancanza soprattutto
dei familiari e poi dei luoghi di culto e di aggregazione con i membri della propria
comunit (il rapporto afferma che questo dato riguarda pi le persone a basso profilo
scolare). Inoltre, le persone arrivate in Italia da poco tempo e le donne sentono il
bisogno di informazioni in varie lingue e corsi di italiano.
112
precariet delle condizioni di vita. Negli anni Ottanta, a
Milano, BANFI rileva tale precariet nella difficolt sul lavoro,
labitazione degradata, lassenza del permesso di soggiorno e la
totale mancanza di assistenza sanitaria (cfr. 1986: 231).
In Lombardia, mentre i marocchini costituiscono la pi
grande comunit immigrata con il 43,8% degli stranieri, gli
egiziani vengono al secondo posto e a Milano rappresentano il
16,2% di commercianti, ristoratori e piccoli imprenditori.
Secondo lambasciata italiana al Cairo, i cittadini egiziani
che lavorano regolarmente in Italia sono 40 mila. Lambasciata
dEgitto in Italia non consente al pubblico dati ufficiali sui suoi
cittadini in Italia; tuttavia, dati ufficiosi si sono potuti ottenere
dal consolato egiziano a Roma che fa una stima anche degli
irregolari, che insieme ai regolari arriverebbero a 60 mila
persone. Secondo il consolato, oltre alla comunit abbastanza
numerosa a Roma, la maggior parte degli egiziani risiede al
Nord, in particolare a Milano e a Genova; nel Sud, invece, sono
incentrati in Sicilia e a Napoli, nelle periferie e in provincia.
I lavori che svolgono sono vari, ma sono sempre lavori
umili che variano dalla ristorazione alla vendita dei fiori. Alcuni
posseggono vivai e stazioni di servizio; pochi fanno i
commercianti e, da circa 4-5 anni, pescatori egiziani entrano
nelle acque italiane in piccole imbarcazioni. La criminalit tra gli
egiziani, secondo il console, ridotta al minimo rispetto alle altre
comunit. Senza un contratto regolare lottenimento del
permesso di soggiorno diventato ultimamente assai difficile,
specialmente per la diffidenza che si diffusa dopo l11
settembre del 2001. Inoltre, le prospettive di permanenza
duratura si dissolvono di fronte al carovita, per cui molti si
113
trovano costretti a tornare in patria anche prima di aver realizzato
gli scopi prestabiliti. Di quelli che arrivano con intenzioni di
lunga permanenza, secondo il consolato egiziano, si stabilisce
solo il 30%, costituito per lo pi da quelli che sono sposati con
italiane (il 10% al massimo) o da quelli che riescono a diventare
soci in ristoranti o simile.
A differenza di comunit compatte al loro interno, quali le
comunit filippina, cinese ed eritrea, gli arabi a Milano, e di loro
fanno parte gli egiziani, mostrano, per ragioni tra laltro politiche
ed economiche, pi appartenenza ai loro piccoli gruppi di amici
o, se presenti in Italia, ai nuclei familiari. I contatti, pur limitati,
con gli arabi di altre provenienze si verificano per motivi
religiosi nelle aggregazioni dei fedeli. Del resto, i contatti con gli
italiani sono generalmente ridotti al minimo indispensabile, il che
si potrebbe benissimo ricondurre alla prospettiva di un prossimo
rientro in patria dopo il miglioramento delle proprie condizioni
economiche (cfr. BANFI, 1993a: XII; 1988: 129).
Gli incontri svolti con lavoratori egiziani e con addetti
allambasciata dEgitto a Roma al fine di rinvenire dati per
questa ricerca hanno rivelato che il problema della lingua
considerato in coda alle difficolt che affrontano limmigrato,
se non fosse proprio insignificante (cfr. 0.3.1.). Molti
dichiarano che, in fin dei conti, si riesce a comunicare e che
qualora non sia possibile esprimersi in italiano, ci si pu
arrangiare un po con i gesti e un po con vocaboli inglesi o
francesi che, per vicinanza etimologica, somigliano alle parole
italiane. Tuttavia, non sembrano del tutto ignari
dellimportanza della lingua quelli che si lamentano di aver
perso il posto di lavoro per linfelice comunicazione con il
114
datore di lavoro (cfr. 1.2.3.3.3.1.). La comunicazione, per
quelli che sono poco intenzionati allapprendimento, rimane
limitata alla sfera professionale: molti degli intervistati a
Milano non conoscono parole come albergo, pasticceria,
barca e per qualcuno sono dei termini tecnici, irrilevanti per
il lavoro. Per la maggior parte degli egiziani il progetto
migratorio prevede il ritorno prossimo nel paese dorigine. Di
conseguenza, il lavoro diventa lunico scopo, mentre la vita
sociale e i divertimenti si riducono al minimo nellattesa del
ritorno definitivo in patria.
Dallosservazione dei questionari dei lavoratori egiziani
intervistati a Milano, Roma e Napoli si arrivati a conclusioni
concordi con quanto rilevato nelle statistiche e nelle inchieste
riportate pocanzi. I ventisei informatori, quasi tutti diplomati,
hanno come scopo il lavoro; il loro progetto migratorio di
breve termine, ma non di chiare dimensioni; le amicizie intime
sono con egiziani e la maggior parte non ha amici italiani: chi
ne ha, li chiama amici di lavoro. Si osserva che i parenti si
attirano e si convincono ad emigrare costituendo nuclei
abitativi di dimensioni non sempre piccole. Tutti ci tengono a
mantenere i contatti con lEgitto e la lingua da loro impiegata
in Italia prevalentemente larabo egiziano, mentre la lingua
italiana considerata non molto facile. Lultimo dato
rilevante e collima con la poca disposizione ad imparare
litaliano, in quanto si ritiene che limmagine di facilit della
lingua accresca la sicurezza psicolinguistica dellapprendente
(cfr. VEDOVELLI, 2001a: 136). Tuttavia, quasi tutti affermano
che se non fosse per la scarsit del tempo libero, avrebbero
sicuramente fatto in modo di impararla, mentre uno degli
115
informanti dichiara di non avere la serenit per studiare la
lingua.
1.3.2. Linsegnamento e lapprendimento dellitaliano
in Egitto
1.3.2.1. Linsegnamento dellitaliano in Egitto
Nellambito dellinsegnamento di lingue straniere, si nota
che le culture e lingue inglese e francese continuano a godere di
pi prestigio, da una parte per le relazioni politiche e
commerciali diffuse e radicate, e dallaltra per linvasione
culturale nei media, dove, solo per dare un esempio della
familiarit delle dette lingue, i film e le telenovelle, per lo pi
americani, non vengono doppiati, ma accompagnati dai
sottotitoli. Naturalmente, lattiva presenza delle comunit
parlanti linglese e il francese si rispecchia nellalta richiesta di
laureati in queste lingue sul mercato di lavoro egiziano.
Detto ci, negli ultimi anni le relazioni tra lEgitto e lItalia
si stanno riprendendo costantemente, sia a livello commerciale
29
sia a livello culturale, per la crescita notevole del flusso dei
turisti italiani, il che crea opportunit di lavoro per quelli che
29
Dal sito dellambasciata dItalia in Egitto (www.italembassy.org.eg) si ricava che
lItalia nel 2001 stata il terzo partner commerciale dellEgitto con un surplus a favore
della prima, la quale si presentata nello stesso anno come il quarto fornitore del
mercato egiziano dopo USA, Germania e Arabia Saudita, nonch uno dei principali
importatori dallEgitto con una quota del 9,2% delle esportazioni egiziane. Di pi, gli
anni Novanta hanno visto una crescita notevole del numero delle joint-ventures italo-
egiziane (123 dal 1991 al 2000) rispetto agli anni Ottanta (18 dal 1981 al 1990) e agli
anni Settanta (11 dal 1975 al 1980).
116
conoscono la lingua italiana in Egitto e incoraggia di
conseguenza i giovani a battere la strada di questa lingua
30
.
1.3.2.1.1. Istituti privati
I corsi privati costituiscono una soluzione per gli interessati
che non possono o non vogliono seguire un corso di laurea nella
lingua, e per le persone che, in qualsiasi et, sentono il bisogno o
la voglia di conoscere la lingua sia per usi pratici che per
passatempo. Nel caso degli studenti universitari di lingua
italiana, la frequenza di corsi rappresenta un modo per praticare
la lingua di pi (cfr. infra). LIstituto Italiano di Cultura (IIC), in
qualit di organo dellambasciata dItalia in Egitto, organizza
varie manifestazioni culturali quali mostre, proiezioni
cinematografiche e forum dedicati agli scambi culturali tra i due
paesi e, tra tante altre cose, tiene anche corsi di lingua italiana.
La crescita dellattivit didattica nellIstituto disegna un profilo
rappresentativo dello sviluppo dellinteresse nella lingua italiana
in Egitto.
Se attorno a met anni Settanta i corsi di lingua italiana
tenuti dallIstituto accoglievano circa 15 studenti divisi su
quattro livelli, agli inizi degli anni Ottanta il numero cresciuto
30
Un tempo, gli italiani svolgevano un ruolo importante e attivo nella societ egiziana,
un ruolo che venuto meno, per, a partire dagli anni Cinquanta del secolo passato.
Basti ricordare il calo forte della presenza fisica degli italiani che nel 2000, secondo dati
dellanagrafe consolare riportati nel sito dellAnsa (www.ansa.it), contano 5518 persone
al Cairo e ad Alessandria, mentre nel 1927 costituivano la seconda colonia dopo quella
greca con circa 52.500 persone coinvolte in attivit produttive. Gli italiani occupavano
vari posti nel mercato di lavoro egiziano, dalla meccanica, alla sartoria, la calzoleria, la
pesca, la costruzione e la navigazione marittima. Quanto alle relazioni commerciali,
lItalia, dopo lInghilterra e la Francia, occupava il terzo posto di esportatore allEgitto
(cfr. Cenni sullattivit economica degli italiani in Egitto in Il Giornale dOriente,
marzo 1933, riportato in una selezione di articoli sul Bollettino degli italiani dEgitto).
117
per toccare la soglia di 120 persone. Degli anni Novanta abbiamo
statistiche pi dettagliate. Nella sessione di fine 94 il totale degli
iscritti era di 350 studenti distribuiti in 5 livelli; nella sessione
settembre 1995-gennaio1996 hanno frequentato i corsi 756
studenti e 670 nel corso di settembre-dicembre 1997; stato
segnalato un calo allinizio del 2003 in cui si sono iscritti 478
studenti.
Le sessioni prima erano due; attualmente, invece, sono
quattro sessioni annue, di tre mesi ognuna. Inoltre, vista la
crescente richiesta si sono avviati corsi estivi intensivi solo per
alcuni livelli, in cui siscrivono in media 300 persone.
Concludendo, i dati egiziani collimano con le statistiche
internazionali riguardanti lincremento numerico degli studenti
negli IIC in tutto il mondo (cfr. VEDOVELLI, 2002: 3.5.2.).
1.3.2.1.2. A scuola
Litaliano veniva insegnato come prima lingua straniera
nelle scuole medie e superiori del Cairo, Porto Sad e Alessandria
(Cultura italiana in Egitto, in Bollettino degli italiani dEgitto,
aprile 1988); la fioritura dellinsegnamento ditaliano nelle medie
durata per circa 15 anni a partire dagli anni Sessanta, ma ora
linsegnamento si ridotto alle superiori in alcune scuole
pubbliche come seconda lingua straniera (facoltativa)
31
.
31
Secondo dati ufficiosi, sono attorno a 80 scuole al Cairo e 60 ad Alessandria con 7000
studenti circa al Cairo nella prima e la seconda di liceo e 5000 circa ad Alessandria.
118
1.3.2.1.3. Alluniversit
In alcune facolt di Lettere, Magistero e Belle Arti si tiene
un piccolo corso di lingua italiana. Ma la laurea nella lingua si
conferisce esclusivamente nel Dipartimento di Italiano nella
Facolt di Lingue Al-Alsun, alla fine di un corso di laurea di
quattro anni. La facolt conferisce, inoltre, i titoli di master e di
dottorato in lingua e letteratura italiana. Prima esisteva una sola
Facolt di Lingue allUniversit di Ain Shams al Cairo, ma nel
1997 stata inaugurata unaltra Facolt Alsun allUniversit di
Al-Minia nellAlto Egitto (Sud dEgitto) con un piccolo
dipartimento ditaliano.
Linsegnamento della lingua in facolt ovviamente di
stampo accademico (cfr. EL-BAGHDADY, 1988: 4). Infatti, lo
studio nella facolt variato e aiuta lo studente ad acquisire una
buona conoscenza sia della lingua sia della cultura italiana, in
particolare quella letteraria. Le materie principali sono la
linguistica (si parte dalla grammatica basilare per arrivare in due
anni alla sintassi del periodo); la traduzione dallarabo in italiano
e viceversa; letture varie di difficolt crescente con lo sviluppo
del corso; storia della letteratura italiana parallelamente con testi
letterari applicativi.
Infatti, la traduzione occupa un posto donore tra le altre
discipline, perch la facolt fu istituita nel diciannovesimo secolo
come scuola di traduzione. Gli studenti vengono addestrati a
svolgere composizioni scritte sin dal primo anno, ma non
assistono a lezioni esclusivamente dedicate alla conversazione n
accedono per una buona parte del corso ad altri mezzi
dinsegnamento al di fuori dellinsegnante, la lavagna e il libro,
119
vista la scarsit dei mezzi audiovisivi
32
. Laccesso alla lingua
italiana dei media richiede uno sforzo personale da parte degli
studenti. La radio egiziana offre un programma giornaliero in
varie lingue e trasmette unora in italiano in cui viene presentato
un giornaleradio, seguito da varie trasmissioni curate e presentate
prevalentemente da italiani. Negli ultimi anni si sono diffuse,
inoltre, le antenne paraboliche che richiedono, tuttavia, un certo
livello economico e una capacit di selezione del materiale adatto
per lapprendimento. Si possono consultare anche i libri corredati
da cassette, di cui si trovano alcuni nella biblioteca della facolt.
Va sottolineato, infine, che limportazione di libri dallItalia a
titolo personale non semplice sia per le pratiche richieste sia
per il costo elevato.
1.3.2.2. Gli apprendenti ditaliano in Egitto
Il quadro generale che abbiamo fornito dellinsegnamento
dellitaliano in Egitto e delle relazioni italo-egiziane fa parte
dello sfondo socioculturale degli apprendenti della lingua. Infatti,
si osserva che questi sono molto sensibili agli sviluppi dei
rapporti tra i due paesi e i due popoli, nonch alle conseguenti
fluttuazioni sul mercato di lavoro. Agli istituti privati, ancora pi
che alluniversit, si rileva un calo nel numero dei clienti
durante o subito dopo gli anni in cui diminuisce il numero di
turisti e viceversa. Sembra lecito a questo punto rivolgere
lattenzione al pubblico dellitaliano in Egitto al quale, per, non
32
stato ultimamente riaperto, dopo i rinnovamenti, un laboratorio linguistico pi
grande e moderno.
120
stato dedicato il debito lavoro di ricerca
33
. Per sopperire alla
mancanza di studi sullargomento si pensato di rilevare dati
attraverso la tecnica del questionario, per la cui ideazione,
peraltro, non esistono manuali. Quindi, per strutturare il
questionario distribuito agli studenti ci si armati della
sensibilit allargomento e ci si ispirati ad altre ricerche
sociolinguistiche che descrivono i questionari da loro impiegati
(cfr. ad esempio VEDOVELLI, 1994; VEDOVELLI et al., 2001).
1.3.2.2.1. Il questionario
1.3.2.2.1.1. Scopo e struttura del questionario
Abbiamo detto che il questionario mira a far fronte alla
mancanza di studi o sondaggi sociolinguistici sugli studenti di
lingua italiana in Egitto. stato sottoposto un questionario a 738
studenti del corso di laurea in italiano e a 16 studenti del corso
post-laurea nella Facolt di Lingue Al-Alsun dellUniversit di
Ain Shams al Cairo nellanno accademico 2001/2002
34
. Infatti,
gli studenti della Facolt di Al-Alsun di Ain Shams si
considerano un campione ricco e adatto a rappresentare gli
apprendenti guidati di questa lingua in Egitto sia per la loro
consistenza numerica (negli ultimi anni contano almeno 200
studenti in ogni anno di corso) sia per limportanza della loro
istituzione formativa, che costituisce la pi vecchia istituzione a
concedere la laurea in lingua italiana in Egitto. Questa facolt,
fino a pochi anni fa, stata lunica impegnata nellinsegnamento
33
In merito, EL-BAGHDADY (1988) si pu considerare un contributo importante, perch
offre una presentazione a grandi linee dello sfondo sociolinguistico degli studenti della
Facolt Al-Alsun al Cairo.
34
Lanno accademico in Egitto inizia a settembre e termina con la fine del secondo
semestre attorno alla fine di giugno.
121
approfondito della lingua italiana in Egitto fino allinaugurazione
di unaltra Alsun nellAlto Egitto.
Il questionario scritto in italiano con a fronte la traduzione
in arabo di ogni domanda. Vista la numerosit degli informanti
non se li poteva intervistare a uno a uno. Il foglio stato intestato
in arabo dallassicurazione che il nome dello studente non era
richiesto e dalla precisazione che il questionario serviva solo a
scopi di ricerca e non aveva a che fare con gli esami. Per
maggiore trasparenza stato anche scritto il nome della
ricercatrice e dei suoi tutor (si veda il questionario in appendice
1).
Le aree tematiche in cui diviso il questionario si possono
riassumere in variabili socioculturali, storia linguistica del
soggetto, motivazione e progetto professionale. Quanto ai dati
personali, si preferita lanonimia al fine di ottenere risposte il
pi possibile esatte ed oneste, dando agli studenti loccasione
di esprimersi liberamente, senza che si sentissero in imbarazzo
di dichiarare, per esempio, un livello economico o linguistico
basso. Poi sono stati richiesti dati riguardanti lo sfondo sociale
della famiglia; dati sulle conoscenze linguistiche precedenti,
sullatteggiamento nei confronti della lingua italiana e la
possibile esposizione ad essa; dati sui consumi culturali degli
studenti e sul livello da loro raggiunto nella lingua in ottica sia
soggettiva (lautovalutazione) sia oggettiva (i voti).
1.3.2.2.1.2. I dati ricavati dal questionario
Prima di presentare i dati e commentarli possiamo ricordare
alcune generalit statistiche. Si nota innanzitutto la crescita
122
costante del Dipartimento di Italiano in parallelo con laumento
del numero degli iscritti nella facolt negli ultimi ventanni.
Nellanno accademico 1977/78 il dipartimento contava il 16%
dei 1451 studenti della facolt; nel 2002/2003 la percentuale
rimane stabile con liscrizione del 17% dei 7051 studenti
dellistituzione universitaria.
Si osserva anche la preponderanza del sesso femminile in
tutti gli anni di corso e in tutti i dipartimenti: nellA. A.
1990/1991 le studentesse rappresentano il 72% degli iscritti alla
facolt e nel 2001/2002 costituiscono il 68% degli studenti del
dipartimento nel corso di laurea. Il dato corrisponde alle
osservazioni degli studiosi e degli insegnanti di lingua nel mondo
(cfr. 1.2.2.4.).
Nella tabella seguente (tabella 1
35
) sono disposti i dati
rilevati dal questionario che verranno commentati
successivamente. I valori sono in percentuale a eccezione della
prima riga dellet media e la riga della durata media di
soggiorno in Italia. Qui sono riportati i dati rispetto al numero
complessivo degli studenti, mentre nella tabella 2 i valori
percentuali sono calcolati non rispetto al totale di tutto il
campione, ma rispetto al numero degli appartenenti allo stesso
sesso in ogni anno di corso (cfr. 1.3.2.2.1.2.1.). Dopo il
confronto tra i due sessi verranno commentati alcuni dati non
inseriti nelle tabelle (cfr. 1.3.2.2.1.2.2.).
I pochissimi e brevi soggiorni in Italia ci rivelano che i
nostri apprendenti sono esclusivamente guidati, nel senso che
non hanno avuto loccasione di praticare la lingua e acquisire
35
V. la fine del capitolo per le tabelle 1, 2, 3.
123
nuove conoscenze linguistiche sul territorio italiano. La maggior
parte di loro ha cominciato lapprendimento dellitaliano allet
media di 17 anni, mentre quelli che ne hanno una conoscenza
precedente lhanno studiato nella scuola secondaria superiore
allet di 14 anni circa. Lalta assiduit nella frequenza delle
lezioni (il 70% in media) implica lesposizione intensa
allapprendimento e alle variet della lingua italiana in esso
impiegate. Va chiarito, per, che linsegnamento non si svolge
sempre in italiano, ma varia a seconda dellanno di corso e della
materia insegnata. A parte la lingua araba impiegata a volte dai
professori egiziani, gli insegnanti di provenienza italiana che non
conoscono larabo potrebbero ricorrere allinglese e al francese
per chiarire alcuni significati. La stima che gli studenti hanno del
proprio livello generalmente buona e si nota che loro sono
consapevoli dei loro limiti.
Le motivazioni degli informanti sono incentrate per lo pi
sul lavoro, quindi sono strumentali e non integrative. Ma una
percentuale non indifferente (attorno al 20%) aperta alla
possibilit di lavorare in Italia e, quindi, di viverci per qualche
periodo. In secondo piano dopo la professione viene linteresse
culturale da parte di circa un quarto degli studenti, anche se non
mancano gli invogliati che non hanno pretese, ma cercano una
laurea qualsiasi.
In genere, si registra unalta soddisfazione dello studio della
lingua italiana, che peraltro diminuisce pi ci si avvicina alla
laurea e pi le materie diventano impegnative. Ci implica la
soddisfazione sia dellindirizzo di studi e delle materie che
dello sviluppo del processo di apprendimento. Infatti, alcuni
scontenti avrebbero voluto studiare altre lingue e ad altri
124
sarebbe piaciuto fare lezioni di conversazione e non studiare
troppe materie.
Praticando litaliano, sembra che i ragazzi preferiscano
parlare pi che leggere: pi della met esercita spesso la lingua
con i compagni e un po meno della loro met ci tiene a leggere
qualcosa in italiano; e mentre il 7% circa esercita poco litaliano,
il 17% non prova per niente a parlare in L2 coi compagni e il
23% non ricorre alla lettura.
Potrebbe essere un caso, ma la percentuale di quelli che
hanno amici italiani collima con il dato sulla motivazione
culturale dellapprendimento della lingua. Il 25% ha amici
italiani in Italia o in Egitto. Tramite internet il 5% dei nostri
soggetti riesce ad annodare amicizie con italiani, un dato che
conferma limportanza della rete come strumento utile di
acculturazione e una finestra che d al mondo esterno. Infine, il
5% ha parenti egiziani in Italia.
I ragazzi consumano una buona parte del tempo libero
davanti alla televisione, guardando programmi in lingue diverse
dallitaliano. Poco pi del 25% non ha altri passatempi, mentre il
40% circa guarda la tv solo per una parte del tempo libero. Sar
vero che la lettura non abbia ancora perso il suo fascino, ma la
maggior parte dei lettori non la hanno come unico hobby. In coda
agli interessi viene lo sport con una percentuale bassa, ma
significativa.
Arriviamo alla valutazione oggettiva degli esami. Nei due
semestri in cui diviso lanno accademico lo studente deve dare
circa 10 esami scritti pi uno orale. Nel questionario si conta sui
voti per la formazione di unidea del livello degli studenti, ma
con questo siamo consapevoli del fatto che alcuni scrivono molto
125
bene, ma parlano molto male e che alcuni, per le crisi di panico e
altro, non danno il loro meglio sotto la pressione degli esami.
Inoltre, si d il caso di studenti che sinteressano a migliorare la
propria competenza linguistica, ma che non hanno la vocazione
per lanalisi del periodo o per la storia della letteratura e le
correnti letterarie, ragion per cui non ottengono buoni voti nelle
materie da loro trascurate. Detto ci, gli esami non perdono la
loro credibilit, perch linteresse nella lingua e il conseguimento
di un buon livello in essa si fanno sentire nei compiti scritti e
nella pronuncia degli esaminati, il che si rispecchia nella
consegna dei voti.
Il voto pi conseguito buono (tra il 65% e il 79%),
quindi il livello generale si potrebbe definire medio. Quanto a
livelli pi alti, risulta che il 15% circa supera l80% di voto e il
5% consegue il voto ottimo. Nel 2000/2001 i bocciati in alcune
materie costituiscono il 29% e nel 2001/2002 rappresentano il
17% del totale di quelli che hanno sostenuto gli esami nel
dipartimento.
1.3.2.2.1.2.1. Tra maschi e femmine
Abbiamo accennato prima alla superiorit numerica delle
ragazze che costituiscono la stragrande maggioranza in ogni
anno di corso. Dopo che abbiamo gi esposto i dati complessivi
possiamo cercare di verificare se ogni sesso si distingue
sociolinguisticamente dallaltro. Abbiamo optato per
lesposizione di questi dati in una tabella separata per comodit
espositiva e per una pi agevole impaginazione (vedi tabella 2).
126
facile notare che non si pu parlare di grandi differenze
tra maschi e femmine anche se si possono rilevare certe
tendenze, alcune delle quali potrebbero essere banali, come la
differenza di et media, ma costituiscono sempre tratti di
diversit. Infatti, si riscontra qui una conferma dellosservazione
di BERRUTO (2001
6
) riguardo al ruolo del sesso nelle correlazioni
sociolinguistiche, che tuttaltro che univoco (p. 99: cfr.
1.2.2.4.).
Innanzitutto, le ragazze si dichiarano sempre pi assidue nel
frequentare le lezioni. Il dato confermato dalla percentuale
delle informanti (75,5%) che supera la loro percentuale negli
elenchi degli iscritti nel dipartimento (68%).
Quanto allautovalutazione sembra che le femmine siano
comunque pi caute o forse modeste nel giudicarsi. Anche loro
considerano il lavoro in Egitto la motivazione principale pur
senza scartare la ricerca di un lavoro in Italia, che, comunque,
rappresenta una scelta pi frequente dei ragazzi, i quali nutrono
meno interesse per lapprofondimento di una cultura straniera
rispetto alle ragazze. Di contro, i maschi fanno pi amicizie con
gli italiani, ma la percentuale aumenta generalmente pi crescono
gli studenti.
Infine, i voti non risultano differenziati in funzione del sesso
degli apprendenti, anche se al terzo e al quarto anno le ragazze
conseguono voti comunque pi alti.
1.3.2.2.1.2.2. Altri dati non inclusi nella tabella
Riguardo al profilo multilingue degli studenti la lingua
inglese risulta conosciuta dal 100% degli informanti. I dati sulla
127
seconda lingua straniera (L3) non sembrano attendibili perch
alcuni non dichiarano di conoscere altre lingue oltre linglese.
Ci non pu essere conforme alla realt, in quanto il programma
scolastico in Egitto prevede linsegnamento di due lingue
straniere, di cui la lingua inglese obbligatoria. Nelle scuole
private francesi linglese diventa la L3, mentre nelle scuole di
lingua inglese e quelle statali linglese la L2, che si inizia a
studiare rispettivamente dalla scuola materna e dalla prima
media. Nelle scuole di stato una L3 viene studiata nelle superiori.
Lallievo sceglie tra il francese, il tedesco e litaliano che
divenne molto meno diffuso delle altre due lingue negli anni
Ottanta e Novanta. Quindi, linglese non pu essere lunica
lingua straniera conosciuta a scuola, ma forse la L3 viene scartata
perch meno studiata e usata della L2.
Il livello socioeconomico degli informatori risulta
impossibile da giudicare con precisione. Detto ci, le risposte dei
ragazzi ci offrono unimmagine non del tutto sfocata del loro
sfondo sociale. Combinando le tre variabili incluse nel
questionario, quartiere di residenza, professioni dei genitori e
numero dei fratelli, si potuto fare una stima, pur
approssimativa, che possiamo riassumere nella prevalenza degli
appartenenti agli strati medio e medio-basso rispetto a quelli dei
ceti medio-alto e alto. Ci si fondati sullipotesi che le
professioni dei genitori che richiedono un alto livello di
istruzione con il minor numero di fratelli siano indice di un
migliore livello socioculturale, che a sua volta dovrebbe creare
unatmosfera pi adatta allo studio e fornire i mezzi per una
migliore acculturazione. Abbinando il livello del quartiere a
128
queste due variabili si pu desumere con unapprossimazione
discreta il livello socioeconomico.
I lavori svolti destate sono vari e si possono denominare,
appunto, lavoretti. Come si vede dalla tabella 1 la percentuale
non supera il 25% tra gli studenti del quarto anno e pi si va gi
negli anni pi diminuisce la percentuale. Alcuni lavorano con i
padri, in particolare nellartigianato o sui campi; alcune ragazze
fanno le segretarie o le commesse; gli studenti pi grandi
svolgono lavori legati al campo del turismo, quale nella guida
turistica, nella vendita nei bazar, o nella traduzione per le agenzie
turistiche. Si osserva, nel contempo, una forte correlazione tra il
tipo di lavoro svolto e il livello socioeconomico. In generale, pi
della met di coloro che lavorano di livello medio-basso. Gli
appartenenti al ceto medio e medio-alto che lavorano
simpegnano nel turismo, nella traduzione o nellinsegnamento.
Gli informanti si sono dichiarati motivati professionalmente
pi che altro, e infatti le idee che hanno sul futuro lavoro
sembrano abbastanza chiare. Il 38% circa mira a lavorare nel
campo del turismo; il 35% nella traduzione scritta e simultanea;
l11% nellinsegnamento, mentre il 3% non ha ancora idee
precise.
Va sottolineato, infine, che la scelta di anonimit del
questionario si rivelata efficace, in quanto si nota che molti
studenti si sono espressi liberamente, anche se alcuni ragazzi
hanno adoperato termini generici che non dicevano molto.
129
1.3.2.2.1.2.3. I laureati
Gli studenti del corso di post-laurea (I e II anno
propedeutico) costituiscono un campione limitato e diverso dal
resto degli iscritti nel dipartimento dItaliano. Sono in tutto sedici
studenti e sono per lo pi assistenti universitari che si dichiarano
soddisfatti del loro studio e si giudicano a livelli alti nella lingua
(vedi tabella 3). I loro voti nel quarto anno si aggirano attorno a
ottimo(+90%) e molto bene (+80%). I voti in lingua araba
sono anchessi alti, il che fa pensare che la padronanza della
lingua madre non ostacoli lapprendimento di altre lingue; il dato
potrebbe essere anche indizio della disposizione degli studenti
per le lingue. Si nota che i voti pi bassi del 65% spariscono in
questa tabella. Le prospettive di lavoro per quelli che non hanno
ancora trovato posto sono proiettate sulla traduzione o
linsegnamento. I passatempi sono vari, tra i quali la lettura gode
di una certa importanza. La sfera di amicizie italiane grande, il
che garantisce laccesso degli apprendenti ad unulteriore risorsa
linguistica.
Infine, va sottolineato che il livello economico e sociale di
questi soggetti si profila medio-alto e che la correlazione tra i
livelli culturale e socioeconomico da una parte e il livello
scientifico dallaltra evidente. Visto che questi studenti
mostrano migliori prestazioni linguistiche, alcuni di loro sono
stati registrati nella raccolta del corpus rappresentativo degli
apprendenti egiziani guidati (cfr. 3.1.).
130
1.3.3. Litaliano degli apprendenti egiziani
In questo paragrafo cercheremo di presentare quanto
reperibile in letteratura sulla lingua italiana degli apprendenti
egiziani, sia spontanei che guidati. Tale presentazione, per, non
risulta facile dal momento che gli studi tipologici riservati a
questo segmento di apprendenti sono molto pochi.
Infatti, vista la storia recente della ricerca sullacquisizione
dellitaliano come lingua seconda e, quindi, per la carenza
relativa di studi tipologici esaustivi sulle L2 dei lavoratori e degli
immigrati provenienti dai diversi paesi, non ci aspetteremmo una
vasta bibliografia sullitaliano di una data comunit linguistica,
specie gli egiziani. Nella letteratura sulla linguistica
acquisizionale si osserva un grande interesse per i cinesi che
rappresentano una parte rilevante degli informanti di molte
ricerche. Parte dellattenzione rivolta ai cinesi potrebbe essere
ricondotta alla grande distanza tipologica tra il cinese e litaliano.
Per esempio, nello studio sullacquisizione dellespressione delle
relazioni temporali in italiano L2, si pensato che tale distanza
rendesse difficile e rallentasse lacquisizione, il che a sua volta
poteva consentire unosservazione migliore del processo di
acquisizione (GIACALONE RAMAT, 1990: 16). Tale interesse
potrebbe risalire, inoltre, alla peculiarit della loro collettivit
che si presenta numerosa, notevolmente zelante, compatta e
isolata dal resto della societ ospite.
Gli arabi in Italia, invece, sono molto di meno quanto a
consistenza numerica. E malgrado lopinione diffusa che larabo
sia una lingua tipologicamente lontana dalla lingua italiana, i
lavori incentrati sullacquisizione dellitaliano da parte degli
arabofoni sono scarsi. Lunico libro interamente dedicato alla L2
131
di arabofoni (VEDOVELLI et al., 2001) presenta i risultati di un
progetto di ricerca sociolinguistica, formativa e di linguistica
acquisizionale sugli immigrati arabi apprendenti dellitaliano.
Tale ricerca costituisce un passo rilevante verso una migliore
osservazione dei contatti culturali e linguistici con gli arabi sul
territorio italiano. Va sottolineato, per, che il libro non offre una
caratterizzazione tipologica delle produzioni in italiano degli
arabofoni. Non ci deve sorprendere quindi la mancanza in questo
libro e in altri lavori di studi fonologici e prosodici, dal momento
in cui non si pu pretendere di trovare analisi del livello meno
indagato in una delle comunit meno studiate
36
.
Nonostante il povero panorama di studi sugli immigrati arabi
possiamo rilevare pochi contributi dedicati ai lavoratori
egiziani in Italia. Faremo in seguito unesposizione di tali
studi, ma cercheremo prima di estrarre informazioni sparse su
soggetti egiziani da altri lavori che hanno come oggetto di
studio gruppi eterogenei di informanti non accomunati n
dalla provenienza n dalla lingua madre.
In uno studio condotto su immigrati di varie provenienze,
FELICI (1994) descrive la competenza linguistico-dialettale di un
egiziano residente a Fondi (provincia di Latina) e osserva il suo
atteggiamento negativo nei confronti del dialetto, che si
rispecchia anche nella sua competenza dialettale, inferiore
rispetto alla sua competenza linguistica generale che pi
orientata verso litaliano. Tuttavia, linformante presenta tratti
36
Le relazioni secolari tra Italia e Egitto (cfr. nota 22) si rispecchiano a livello culturale
in altri campi di studio. Da parte degli italianisti egiziani, per esempio, possiamo
osservare una lunga serie di contributi linguistici e letterari, in cui gli studi contrastivi e
la traduzione godono di una posizione importante (cfr. SAAD & ISKANDAR (1999);
Sahifat Al Alsun)
132
intonativi al cento per cento marcati regionalmente, mostrando la
massima percentuale di occorrenza di tali tratti rispetto a tutti gli
informanti. Tale dato collima con il profilo extralinguistico del
soggetto che mostra il pi alto grado di inserimento
socioculturale dellintero campione (cfr. p. 255) e, al tempo
stesso, potrebbe essere riconducibile al fatto che il livello
prosodico, a differenza di altri livelli, meno soggetto alla
selezione consapevole da parte del parlante dei tratti che lo
compongono; di conseguenza, lapprendente non ne pu
controllare la produzione in base a scelte contestuali o culturali
(cfr. infra 1.4.2.2.2. e conclusioni).
Studi centrati esclusivamente sulle produzioni di egiziani in
Italia si riscontrano nei contributi di BERNINI (1988) e di BANFI
(1986; 1988), che studia prevalentemente gli aspetti
morfosintattici pur senza tralasciare completamente la fonologia
segmentale che tratteremo con maggior dettaglio nel 1.4.
Sul versante morfologico BANFI (1988: 130) segnala
elementi di instabilit e di non omogeneit che si riassumono
nella povert della flessione nominale (spesso errata e con
accordi carenti) e verbale (mancanza dellaccordo,
sovraestensione dellinfinito).
A livello di organizzazione sintattica, i tre soggetti egiziani
di BANFI (1988) mostrano un buon livello di strutturazione
testuale e pragmatica, che rende decodificabili gli enunciati e,
conseguentemente, efficace la comunicazione, malgrado
lagrammaticalit segnata dallassenza della copula e dalla
scorrettezza della flessione verbale. Si nota luso prevalente
dellindicatore sintattico perch per le causali e di quando per le
temporali di fronte alla bassa ricorrenza della giustapposizione,
133
la quale, accanto alla carenza morfologica, potrebbe non far
passare il senso degli enunciati (pp. 130-137). evidente, inoltre,
la fissit delle congiunzioni quando, perch, per, cos/allora,
ognuna per una funzione (per una panoramica delle congiunzioni
temporali e causali cfr. EL-BAGURY, 1980). Tuttavia, Banfi
segnala la frequente occorrenza della giustapposizione, osservata
anche in unaltra sua indagine (BANFI, 1986), come un elemento
di semplificazione sintattica che accomuna le interlingue degli
apprendenti spontanei a livelli iniziali (cfr. 1.1.4.1.).
Linteresse per la competenza metalinguistica di
apprendenti arabi espresso in CEGLIA (2001), che osserva la
diffusa conoscenza e capacit di individuazione della categoria
del verbo da parte degli informanti arabofoni, rispetto a tutte le
altre categorie proposte (articolo, aggettivo, avverbio,
preposizione, pronome). Di contro, lavverbio risulta il meno
conosciuto come etichetta, il che concorda con la ridotta capacit
dei soggetti di individuarlo nella frase. Il dato conferma
laffermazione di VEDOVELLI (2001b) che come laltra faccia
della luna, anche la riflessione sulla lingua sorregge lazione
linguistica pur non apparendo sempre manifesta (p. 111).
Gli studi sopraccitati vertono sullitaliano appreso
spontaneamente sul territorio italiano. La ricerca di EL-
BAGHDADY (1988), invece, esamina la lingua degli apprendenti
guidati egiziani. Si tratta delle prestazioni scritte di quaranta
studenti della Facolt di Lingue del Cairo. In una sessantina di
compiti di traduzione lautore rileva una gamma di fenomeni
interessanti che non riguardano solo la sintassi e la morfologia,
ma che tradiscono anche la competenza fonologica degli
studenti. Lautore sceglie un campione rappresentativo di
134
studenti a un livello linguistico intermedio che hanno formato,
cio, una conoscenza della grammatica di base della lingua, ma
che non si sono ancora liberati dallinflusso delle altre lingue
europee studiate a scuola.
A livello morfosintattico sono segnalate le incertezze nella
flessione e nel genere delle parole che finiscono in e, come per
esempio buone lezione, le persone sofferente; la termine
il pace. Per quanto riguarda il genere, lautore fa notare che
alcuni sostantivi differiscono nel loro genere in arabo
dallitaliano, il che sembra condizionare gli studenti che molto
spesso attribuiscono alle parole il genere del corrispettivo arabo
(cfr. pp. 23-24). Ci non toglie la presenza di errori meccanici
non riconducibili a influssi esterni: tutto la citt. registrata
anche la sovraestensione nelluso del dimostrativo questo al
posto di quello. Malgrado linsegnamento sistematico in classe
delle regole e delle irregolarit, gli studenti continuano nei casi
irregolari e particolari ad adoperare meccanicamente le regole
generali della flessione nominale: tutti i nostri colleghe, bravi
strateghe, ecc. (p. 27); tale fenomeno si presenta anche nei verbi
irregolari: sosteneremo, anderemo (p. 30).
1.4. LACQUISIZIONE FONOLOGICA
Lapprendimento del livello fonologico implica
lacquisizione e limplementazione delle norme riguardanti i
segmenti, la fonotassi, la struttura sillabica, laccento e
lintonazione della lingua darrivo. La completa padronanza della
fonologia di una lingua straniera consiste nella padronanza, in
135
contemporanea, di tutti questi elementi, che si articolano come
precisa MAJOR (2001: 12-13), in tre componenti: i segmenti o i
foni, le sillabe oppure i nessi di foni, e la prosodia (accento,
ritmo, intonazione). E se non si raggiunge una realizzazione
nativa in tutte tre i componenti suindicati, laccento
dellapprendente non pu essere giudicato come nativo.
1.4.1. I fattori che condizionano lacquisizione
fonologica
Si dice spesso che la lingua rispecchia lidentit del
parlante, ma la fonologia in particolare assume una notevole
importanza nelle L2. La pronuncia e la prosodia, cio laccento
del parlante, entrano con lidentit e la personalit
dellapprendente in un rapporto di influenza reciproca. Quelli che
conseguono prestazioni pi vicine a quelle dei nativi vengono
presi a volte per nativi e man mano potrebbero acquisire
unidentit nuova e integrata, almeno agli occhi della societ
ospite; e pi questi apprendenti si sentono lusingati per gli esiti
raggiunti pi diventano motivati a raggiugere la lingua bersaglio,
il che li aiuta di pi a integrarsi nella societ. Infatti, va
sottolineato il ruolo della comunit ospite nella percezione e nel
giudizio dellaccento nativo. In proposito, ARCHIBALD si chiede
se alcune comunit di parlanti nativi siano pi rigide di altre nei
loro giudizi sullaccento dei loro interlocutori stranieri, il che
rende pi difficile il compito dellapprendente (cfr. 1998: 22-23
per discussione e riferimenti bibliografici).
136
Abbiamo accennato prima ( 1.2.2.1.) al fatto che il transfer
caratterizza linterlingua nelle fasi iniziali di apprendimento e in
momenti successivi, perch a livello fonologico rimangono
tracce dellinflusso della lingua madre persino negli stadi
avanzati, in particolare quando lacquisizione comincia in et
adulta. Quindi, il dibattito sullipotesi del periodo critico (
1.2.3.1.1.) assume una rilevante importanza e coinvolge gli
studiosi ancora di pi quando si tratta dellacquisizione
fonologica. Mentre SCOVEL (1988) sostiene che il periodo critico
finisce con la pubert e influenza solamente lacquisizione
fonologica, LONG (1990) ritiene che per questo livello il periodo
critico finisce in et pi giovane (6 o 7 anni), mentre dura di pi,
ancora oltre la pubert, per lacquisizione degli altri livelli della
lingua. Tuttavia, abbiamo visto che in alcuni studi leffetto
dellet viene neutralizzato da altre variabili individuali e
culturali ( 1.2.3.1.1.).
Quindi, i fattori individuali di carattere, in particolare il
senso didentit e let, nonch la L1 (cfr. infra), incidono
notevolmente sulla fonologia, forse ancora di pi che sugli altri
livelli linguistici acquisiti.
La lingua prima si considera la variabile determinante
quando si tratta di acquisizione fonologica. FELICI et al. (1994:
489) e VEDOVELLI (1994: 542) ritengono che il livello fonetico
sia quello meno condizionabile dalle variabili socioculturali di
apprendimento, mentre risente in misura maggiore dellinflusso
della lingua di partenza (cfr. anche BANFI, 1993b: 48). Di tutti i
livelli linguistici, la fonologia risulta secondo gli studiosi larea
linguistica pi influenzata dallinterferenza che non la
morfosintassi, per esempio, ed forse per questo che il
137
trasferimento dalla L1 stato pi sistematicamente studiato nella
fonologia (cfr. MAJOR, 2001: 31). Pi avanti tratteremo del
transfer in fonologia come la manifestazione pi immediata del
condizionamento della lingua di partenza (vedi infra
1.4.2.2.1.).
1.4.2. Studi fonetici e fonologici
1.4.2.1. Stato dellarte
Nel panorama degli studi sulla linguistica acquisizionale la
fonologia risulta larea meno studiata. In generale, le ricerche
focalizzano linteresse sui livelli morfosintattico e testuale. Detto
ci, lacquisizione di alcune categorie fonologiche diventata un
punto dinteresse in vari lavori, in cui la norma in italiano
costituisce il punto di partenza, sul quale ci si basa per la
descrizione e la valutazione delle produzioni degli apprendenti.
Tale scarsit di lavori fonologici si pu ricondurre a una gamma
di ragioni, una delle quali riguarda la storia relativamente breve
della ricerca sullacquisizione dellitaliano, la quale si avvia solo
a met degli anni Ottanta (GIACALONE RAMAT, 1997
3
: 346);
intanto, la ricerca sullapprendimento spontaneo di una L2 nasce
in Europa allinizio degli anni Settanta (GIACALONE RAMAT,
1986a: 9). Perci, il campo delle interlingue si pu benissimo
considerare una giovane area di ricerca; e ancora dopo circa
ventanni gli studi sullitaliano L2 non hanno fornito un quadro
completo di tutti i fenomeni riguardanti lapprendimento della
lingua (GIACALONE RAMAT, 2003a: 13). Daltra parte, si tratta
anche dello stato degli studi prosodici sullitaliano e possiamo
dire anche su tutte le lingue del mondo. MAJOR (2001: 13 e
138
segg.) fa una rassegna ragionata di studi sullacquisizione dei
vari componenti della fonologia, sottolineando la frammentariet
degli studi sullintonazione nellambito di lingue seconde (p. 17).
Se vero che la fonologia ha fatto grandi passi in avanti negli
ultimi trentanni, The field of acquisition, however, has been
slow to adopt and integrate new perspectives from theoretical
phonology (DEMUTH, 1995: 111). Di pi, occorre ancora
integrare tali sviluppi nellambito della teoria fonologica delle
lingue prime con la ricerca empirica nelle singole lingue per
arricchire gli assunti della teoria e per gettare le fondamenta di
una grammatica fonologica esaustiva a livello prosodico sia in
L1 che in L2.
1.4.2.2. Lo studio del transfer in fonologia
1.4.2.2.1. Lanalisi contrastiva
Un metodo di indagine che si occupato esclusivamente
dellincidenza della lingua prima sullinterlingua lanalisi
contrastiva, la quale rappresenta un filone di ricerca molto
radicato nellambito degli studi di L2 e prevede che il confronto
sistematico delle lingue di partenza e darrivo, in termini di
maggiore o minore affinit tra le loro strutture, consente di
additare gli elementi della lingua darrivo che presentino,
rispettivamente, minore o maggiore difficolt
nellapprendimento. Tale approccio si basa sullipotesi che
lacquisizione di una seconda lingua sia in gran misura
condizionata dalle caratteristiche della lingua precedentemente
appresa (KLEIN, 1986: 25). Nellarco della seconda met del
139
ventesimo secolo questa ipotesi di base dellanalisi contrastiva ha
avuto varie modificazioni che ne hanno attenuati gli assunti.
Per tanto tempo si presumeva che le divergenze dalla lingua
materna costituissero la fonte principale degli errori degli
apprendenti e lanalisi contrastiva veniva ritenuta, nella sua
versione primaria degli anni Cinquanta e Sessanta, uno strumento
di predizione degli errori e delle difficolt di acquisizione;
attualmente tale visione cambiata, in quanto prevale la
convinzione che le divergenze non sono lunica causa, nemmeno
quella primaria, delle deviazioni dalla lingua darrivo e, di
conseguenza, lanalisi contrastiva in questa sua versione forte
non pi rimasta il metodo per eccellenza per linterpretazione e
la giustificazione delle deviazioni dopo che stato provato che
non tutte le aree di divergenza dalla L1 costituivano degli
ostacoli allapprendimento (cfr. PALLOTTI, 2003
3
: 17-20). KLEIN
(1986: 25-26) diagnostica le ragioni del fallimento della versione
forte, spiegando che essa ha rivolto lattenzione al confronto tra
le propriet strutturali delle lingue, senza considerare lattivit a
base dellacquisizione, la quale consiste nellelaborazione da
parte degli apprendenti dei mezzi linguistici nel corso della
comprensione e della produzione. Infatti, pu darsi il caso di un
costrutto della lingua darrivo che lapprendente riesce a
percepire facilmente, ma che non riesce ad assimilare e
riprodurre.
A partire dagli anni Settanta stata introdotta una versione
moderata dellanalisi contrastiva secondo la quale, in base a
ricerche empiriche, i fenomeni linguistici affini in L1 e L2
presentano maggiori difficolt di acquisizione rispetto ai
fenomeni divergenti nelle due lingue. Nel quadro di tale indirizzo
140
di ricerca contrastiva la fonologia segmentale stata il livello pi
studiato allo scopo di verificare le ipotesi sul transfer dei
fenomeni affini e da tale livello linguistico sono stati tratti gli
esempi e gli spunti per ulteriori modificazioni dellipotesi (cfr.
MAJOR, 2001: 33 e segg., 100 e segg.; FLEGE, 1991 verifica
lipotesi con vari esperimenti condotti sulle vocali e sulle
occlusive a inizio parola: 265 e segg.). Per esempio, gli
apprendenti inglesi di spagnolo potrebbero identificare la /t/, che
in spagnolo si articola come unocclusiva dentale non aspirata
con la propria /t/ alveolare aspirata per i tratti che hanno in
comune
37
. La similarit, si presume, creerebbe uno stato di
confusione nella mente dellapprendente che di conseguenza non
riesce ad individuare le differenze sottili tra lelemento da
apprendere e lelemento gi conosciuto nella propria lingua
materna; tale elemento viene considerato identico e quindi
trasferito dalla L1 nella L2. In altre parole, lapprendente non si
accorge di dover condurre un processo di acquisizione dei tratti
di tale fenomeno. Gross differences are more often noticed, due
to their perceptual saliency, whereas minimal differences are
more likely to be overlooked and to result in confusion or
nonlearning (MAJOR & KIM, 1999: 154).
Vari esperimenti, come quelli di FLEGE hanno dato la prova
allipotesi sulla similarit, ma occorre sottolineare che la
similarit e la dissimilarit in s non sono nozioni facili a
determinare empiricamente (ARCHIBALD, 1998: 49, 52-53).
Intanto, si osservato che tale posizione non costituisce una
regola generalizzabile su tutti gli apprendenti. Inoltre, la
37
Oltre alla comunanza a livello fonetico, tutte due le categorie fonetiche sono espresse
graficamente dalla lettera t, il che favorisce ancora il processo di identificazione nella
mente degli apprendenti.
141
difficolt di rendere correttamente certi foni che si percepiscono
simili ad altri nella L1 non deve perdurare per sempre e
lapprendente riesce a un certo punto a superare questa
difficolt che, secondo MAJOR (2001), si spiega in termini di
tempo e velocit di acquisizione, nel senso che i foni dissimili
vengono appresi prima (pp. 39-40). Gli esperimenti di MAJOR &
KIM (1999) danno la conferma a questo assunto che, inoltre,
prevede la variazione della velocit di apprendimento da un
fenomeno allaltro (Similarity Differential Rate Hypothesis).
MAJOR rende conto del rapporto tra affinit linguistica e
marcatezza e delle loro ripercussioni sulla L2. Innanzitutto,
lautore segnala che i due fattori si convergono a rallentare il
processo di apprendimento e poi avanza il quesito sulla modalit
dinterazione dei due fattori. Quando, cio, si tratta
dellacquisizione di un fenomeno marcato che nello stesso tempo
ha un simile nella L1, quale dei due tratti costituirebbe la
variabile pi influente? La risposta secondo lo studioso che il
transfer risulta la variabile pi incidente in questi casi (2001:
113-115).
Nello studio dei fenomeni dinterferenza tramite il
confronto tra i sistemi fonologici di partenza e darrivo BERNINI
(1988) segnala un principio metodologico di primaria importanza
che, attraverso lattenzione alla variazione linguistica, mira a
conseguire la rigorosit nel paragone e che assume due
dimensioni applicative. Da una parte, vanno individuate e
studiate le variet di partenza e darrivo per determinare le
variet di lingue da confrontare; nel senso che non sarebbe una
scelta felice studiare, per esempio, il sistema fonologico della
variet standard della lingua dorigine di un soggetto che dichiara
142
(nellintervista o nel questionario) di avere un basso livello
distruzione e di non parlare bene le variet alte della lingua
prima. In tal caso il ricercatore potrebbe interpretare alcune
deviazioni nella L2 come fenomeni di transfer da una variet che
il soggetto non sa parlare e che, quindi, non pu incidere sulla
sua prestazione. Dallaltra parte, lindagine deve considerare
tutte le rese allofoniche previste dai sistemi linguistici in gioco,
anche in funzione delle variazioni diastratica e diafasica (cfr. pp.
79-80).
1.4.2.2.2. Studi prosodici
Se la fonologia ha goduto di minore interesse e attenzione,
il transfer a livello prosodico rimane lambito meno battuto in
fonologia, il che si potrebbe ricondurre allo status della ricerca
prosodica in tutte le lingue (cfr. supra). VOGEL (1991) conferma
la scarsit degli studi che indaghano il transfer prosodico e non
cita alcuno studio sullaccento o sullintonazione in L2. Dieci
anni dopo, lintonazione non trova giustizia: anche MAJOR
(2001) non ricorda ricerche sul transfer intonativo e, stando al
componente prosodico, cita solamente studi sulla struttura
metrica e sul ritmo (cfr. p. 36). VOGEL afferma che la ricerca
nella fonologia di L2 ha sempre focalizzato linteresse sui singoli
foni e che lunit pi grande esaminata stata la parola e
ricollega le motivazioni del fenomeno allo sviluppo della
fonologia in generale: these limitations should not come as a
surprise, however, since they closely parallel trends we have
seen in the development of theoretical phonology (p. 49).
Lautrice arriva, infine, a sostenere che il livello prosodico
143
potrebbe essere pi soggetto a trasferimenti dalla L1, vista
lastrattezza della sua struttura e la sua generalit (p. 55).
Abbiamo tuttavia un contributo interessante
sullintonazione di L2 in FELICI et al. (1994), i quali conducono
uno studio su 47 immigrati (tra cui sono stati selezionati 29 come
sottocorpus omogeneo) residenti in provincia di Brescia,
provincia di Latina e in area romana, che non hanno mai
frequentato corsi di lingua italiana. Tramite un questionario di
valutazione linguistica vengono presi in esame vari livelli
linguistici, tra i quali il livello fonetico, in cui gli autori puntano
sulla distinzione tra vocali aperte e chiuse, linversione o
lomissione delle vocali intense e landamento del profilo
intonativo. Gli studiosi (cfr. pp. 499-501) ricorrono al lavoro di
CANEPARI (1986) sulle pronunce regionali per ricavarne le
caratteristiche intonative di alcune variet dellitaliano e
usufruiscono di tali dati nellanalisi del loro corpus di italiano
L2, distinguendo tra le tonie conclusiva, sospensiva e
interrogativa (vedi infra 2.1.2.). Loro notano che gli informanti
residenti in Valle Sabbia (provincia di Brescia) e in Fondi
(provincia di Latina) presentano nella loro produzione, con una
percentuale alta, tratti regionali rispettivamente lombardi e
campani. Gli autori osservano che i tratti intonativi rilevati sono
tipici delle variet regionali dinteresse e non solo delle variet
strettamente dialettali e arrivano allipotesi che sussista una
correlazione tra la complessiva competenza linguistica e
linserimento socioculturale da un lato e tra la presenza di tratti
dialettali e regionali dallaltro lato, per cui si pu affermare che
quanto pi alta la competenza, tanto pi frequente la presenza
di tratti dialettali (cfr. p. 501).
144
ARCHIBALD (1995b; 1998: capitolo 6) conduce esperimenti
sullacquisizione dellaccento in inglese L2 da parte di soggetti
spagnoli, polacchi e ungheresi e osserva che malgrado una buona
parte degli errori si possa ricondurre al transfer degli schemi
accentuali dalle rispettive L1, la prestazione generale
nellassegnazione degli accenti risulta buona, in quanto gli
apprendenti, per la maggior parte del tempo, hanno assegnato
correttamente laccento alle parole sia in isolamento che in
contesti pi lunghi (frasi). Dai dati lautore desume che la
prestazione non nativa non debba per forza apparire nella
fonologia pi che negli altri livelli della lingua, quale la sintassi,
n manifestarsi nella fonologia tout court.
We need to look closely to which sounds cause difficulty
for a particular language group. Also, we need to acknowledge
that some areas of phonology may behave differently than others
(e.g. segmental versus prosodic phonology) (ARCHIBALD, 1998:
50).
Lautore ricava dai suoi dati che la percezione della posizione
dellaccento da parte degli informanti migliore della loro
produzione, il che non permetterebbe di sostenere che le
capacit percettive degli apprendenti possano dare una buona
idea della prestazione in L2.
ARCHIBALD offre anche un contributo sullaccento di frase
in L2 in uno studio pilota della produzione di due informanti, un
ungherese e una polacca, da cui conclude che il primo soggetto
trasferisce gli schemi della L1 assegnando sempre un solo
accento di frase e presentando spesso un pattern intonativo
ungherese ascendente-discendente (LHL), mentre nellaltra
informante, che mostra un livello pi alto di L2, lassegnazione
145
dellaccento di frase si avvicina alla prestazione nativa (1998:
261 e segg.).
1.4.2.3. Studi fonologici in soggetti arabi
In questo sottoparagrafo trattiamo solamente il livello
segmentale vista la mancanza di studi prosodici, in particolare
sullaccento e lintonazione. Nel corso della nostra trattazione,
tuttavia, sfioreremo la struttura sillabica.
Cominciamo con lunico contributo sugli apprendenti
egiziani guidati (EL-BAGHDADY, 1988) che registra la solita
confusione delle due occlusive bilabiali sorda e sonora /p/ e /b/
38
e dei grafemi che le rappresentano:
Es.: una tazza di borcellana, una pattaglia navale, ecc.
(p. 13).
frequentemente presente anche la sostituzione della o
con la u:
Es.: pulitiche invece di politiche
e della u con la o:
Es.: officiale al posto di ufficiale.
Unaltra deviazione che secondo lautore sembra da
imputare allinfluenza della lingua inglese sta nello scambio tra
la e e la i che in italiano rappresenta ortograficamente il fonema
/i/, reso spesso in inglese dal grafema e. Inoltre, il fatto che la e
38
Il fenomeno non estraneo ad altre lingue. Basti ricordare la mancata distinzione tra
occlusive sorde e sonore nel napoletano: le occlusive originariamente sorde possono
essere pronunciate anche in modo indebolito o lne, tanto da essere interpretate come
sonore (DE BLASI & IMPERATORE, 2000: 159).
146
porta in inglese il nome che la i porta in italiano /i/ provoca
maggior confusione, in particolare per i principianti:
Es.: notezia, comessione, melitanti, ecc. (p. 14).
Infatti, lautore non trova altre spiegazioni del fenomeno e
non cerca di ricondurlo a eventuali influssi della lingua madre,
come si osserva, per esempio, in PALLOTTI
39
.
BANFI (1988) accenna senza entrare nei dettagli a una evidente
interferenza dalla lingua prima a livello fonologico nella
produzione di 3 egiziani da lui studiati. In un lavoro
precedente (1986), invece, dedica uno spazio relativamente
grande alle osservazioni fonologiche e definisce la L2 di
quattro egiziani intervistati a Milano una lingua semplificata
a tutti i livelli. Viene considerata un tratto di semplificazione
la realizzazione dellaffricata (fono complesso) [ts] come
fricativa [s]:
Es.: [sensa] per senza; [marso] per marzo (p.
232).
La resa scempia di geminate,
Es.: [dotori] per dottori; [mile] per mille,
un segno di semplificazione che potrebbe pertanto risentire
dellinflusso del sistema fonologico dellitaliano popolare e
regionale lombardo (pp. 232-233). Lautore raggruppa altri
fenomeni che secondo lui sono riconducibili allinterferenza
39
PALLOTTI (2003
3
: 61) sostiene che Fatma, come tutti i parlanti arabofoni, faceva
fatica a distinguere tra /o/ e /u/ e tra /e/ e /i/: in arabo, infatti, esistono solo tre vocali /a/,
/i/ e /u/, e per un parlante di quella lingua difficile percepire la differenza che c tra
una [e] e una [i]: per lui, infatti, si tratta di due varianti dello stesso fonema, non di due
fonemi diversi.
147
dallarabo; primo tra questi fenomeni e ormai un classico in
tutti gli studi sugli arabofoni la realizzazione sonora
dellocclusiva bilabiale sorda [p]:
Es.: [tibo] per tipo; [barla] per parla.
Un altro evento di transfer si manifesta nella prostesi, cio
laggiunta di una vocale a inizio di parola per facilitare la
pronuncia di parole e sintagmi come:
sono stato che diventa [sono estato]
40
.
Lautore riconduce allarabo la resa sonora [g]
dellocclusiva velare sorda [k] e la realizzazione dellaffricata
alveopalatale [dZ] come [zdZ] (cfr. p. 233); tale ipotesi
dinterferenza, per, non mi risulta dal momento che, da una
parte, la sorda [k] presente nel sistema consonantico dellarabo
standard con le sue variet parlate in Egitto e, dallaltra parte,
larabo non conosce gruppi consonantici come [zdZ] o [sZ].
Quindi, tali errori potrebbero risalire alla mancata conoscenza
delle regole della lingua italiana e in parte anche alla percezione
dellapprendente, che, in effetti, non facile da stabilire: In
reality, it is difficult to establish accurately what subjects have
actually heard as they learned L2 (FLEGE, 1991: 285).
BERNINI (1988) studia il consonantismo nella produzione in
italiano di 7 soggetti egiziani, 2 palestinesi e un libico. Gli
egiziani hanno tra i 25 e i 38 anni con durata di permanenza in
Italia da 3 a dieci anni. Sono di istruzione medio-superiore e
svolgono lavori manuali e di servizio. Nessuno di loro arriva
al livello dei nativi nella distinzione tra le occlusive bilabiali
40
La prostesi e lepentesi sono fenomeni registrati anche nellinglese di egiziani (cfr.
COOK, 2001: 50).
148
sorda e sonora. Infatti, alcuni informanti sostituiscono
sistematicamente la sorda con la sonora, altri rendono
occlusive bilabiali pi o meno assordite o mormorate e
sporadicamente viene realizzata la sorda. Per il /v/ la
sostituzione con lomologo sordo rara e si rende in certi casi
come approssimante bilabiale sonoro [B]. Le affricate dentali
e alveopalatali /ts, dz; tS, dZ/ ricevono realizzazioni varie tra
le fricative omorganiche [s, z; S, Z], le semiaffricate [
t
s,
d
z;
t
S,
d
Z] e le realizzazioni corrette. Ricorrono, inoltre, scambi di
sonorit.
Laffricata alveopalatale sonora [dZ], non presente nel
sistema di partenza di alcuni suoi soggetti egiziani, ma presente
nella variet standard, sembra, dai dati di BERNINI, costituire una
difficolt per i soggetti, malgrado la loro istruzione media o
superiore (ivi: 82). Il dato potrebbe essere un risultato non solo
dellinflusso del dialetto nativo, ma anche delle abitudini
linguistiche trasferite e sviluppate nella prima lingua straniera (la
lingua inglese) e trasmesse automaticamente a tutte le L2 studiate
successivamente.
I soggetti palestinesi, invece, non mostrano difficolt
dacquisizione, neanche con i foni mancanti nel sistema
fonologico della loro variet parlata. I due soggetti sono di 21
e 23 anni, sono studenti universitari di Architettura e di
Lingue, da 4 anni in Italia. I dati socioculturali dei due
palestinesi ci delineano un profilo diverso da quello degli
egiziani (pi alto) e concorrono a favorire lapprendimento
come si presume negli studi sociolinguistici (cfr. 1.2.2.2.;
1.2.2.5.).
149
Abbiamo accennato prima alla scoperta che la lingua prima
non lunica responsabile delle deviazioni in L2 (cfr.
1.4.2.2.1.). Lassunto trova una conferma in questo studio di
BERNINI (1988) che segnala le rese imperfette dellaffricata
alveopalatale sonora /dZ/ in due arabofoni malgrado la presenza
di questo fono nelle loro variet di arabo e interpreta questo in
termini di evoluzione del processo di apprendimento, che in
alcuni casi impone le sue leggi universali a parte il sistema
fonologico della lingua madre. Lautore riconduce questo dato al
fattore di marcatezza (cfr. 1.1.2.). Tale fattore ha ripercussioni
sullacquisizione dei foni, in quanto si ritiene che gli elementi
non marcati presentino meno difficolt nellapprendimento e
possano, di conseguenza, apparire prima nel corso del processo
dapprendimento, mentre i foni marcati verrebbero acquisiti in un
secondo momento. In generale, secondo la scala di marcatezza,
le sorde sono considerate meno marcate delle sonore, e le
affricate alveopalatali meno marcate di quelle dentali. La
considerazione della marcatezza dei foni risulta quindi utile per
la giustificazione di alcune prestazioni in L2, le quali non entrano
sotto il fenomeno dellinterferenza.
Lipotesi dindipendenza parziale del processo di
apprendimento dalla lingua prima si riscontra anche in MULFORD
& HECHT (1980) che, daltronde, ammettono il peso
dellinterferenza nellacquisizione del vocalismo.
150
I anno
246
72%F+28%M
II anno
181
80%F+ 20%M
III anno
178
70%F+ 30%M
IV anno
132
80%F+ 20%M
Et media 17,7 18,6 19,7 20,7
% s 1 1 2 3
Soggiorno in
Italia
Durata
media
non risponde
10anni (un
caso)
2 mesi 2 mesi
Studio pre-universitario
dellitaliano
5 7 6 14
sempre 85 78 60 64
spesso 10 17 30 25
a volte 4 4 9 9
quasi mai 1 1
Frequenza
lezioni
non
risponde
1 1 1
ottimo 6 5 2 2
buono 46 57 60 65
Mediocre 48 38 38 32
Autovalu-
tazione
non
risponde
1
lavoro
Egitto
43+12 51+19 47+16 55+12
lavoro Italia 16+4 6+12 11+5 6+4
cultura 22+8 14+10 17+10 13+10
Motivazione
dello studio
*
laurea 6+1 8+2 8+2 11+2
Soddisfatti dello studio
dellitaliano
90 93 82 81
lettura 14+39 17+37 16+41 13+41
sport 9+27 4+16 7+22 6+15 Tempo libero
*
tv 26+42 29+40 24+40 31+44
Lavoro estivo 13 12 25 23
Pratica
parlare
poco
56 12
51
14
57
8
55 10
*
Visto che erano possibili le scelte miste, il primo valore indica la percentuale di quanti
hanno fatto una sola scelta, poi si aggiungono gli studenti che ne hanno incrociate pi di
una.
leggere
poco
38 4
38
6
55
4
68 5
Amici italiani 10 30 24 32
90% in su 3 1 1
80% in su 39 4 6
65% in su 45 70 64
Voto nellanno
precedente la
rilevazione
50% in su 6 16 15
90% in su 1
80% in su 25 10 5 5
65% in su 53 66 57 61
Voto nellanno
di rilevazione
**
50% in su 2 13 14 19
Tabella 1: dati (in percentuale) ricavati dal questionario sociolinguistico sugli
studenti universitari ditaliano nellUniversit di Ain Shams al Cairo.
leggere 88
Amici italiani 94
90% in su 19 Voto IV anno
80% in su 62