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FACOLT DI MEDICINA E CHIRURGIA DI CATANIA

Appunti di Immunologia
Descrizione schematica di Immunologia
A cura di Damiano Cantone

SOMMARIO:
Par
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Capit 1 I tr

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4 6 12 25 29

e panorami a su sistema immunitari o

Capitolo 2 L immunit innata Capitolo 3 Le cellule del sistema immunitario Capitolo 4 Or ani e tessuti del sistema immunitario Capitolo 5 Il sistema del complemento

Par

II:
40 44 48 59 60

Gli antic rpi


Capitolo 6 Gli anticorpi Capitolo 7 Genetica molecolare della diversit anticorpale Capitolo 8 Anti eni, anti enicit e immunogenicit Capitolo 9 Interazioni antigene-anticorpo Capitolo 10 Attivazione dei linfociti B e produzione degli anticorpi

Parte III:
I unita cellulare
65 74 76 84 89
2

Capitolo 11 Il sistema maggiore di istocompatibilit Capitolo 12 Presentazione e processazione dell antigene Capitolo 13 La maturazione delle cellule T e la loro attivazione Capitolo 14 Interazioni cellulari Capitolo 15 Riepilogo sull immunit specifica, l immunit cellulo -mediata

Parte IV
I plicazi ni patologiche legate ad alterazioni del sistema immunitario
Capitolo 16 Le immunodeficienze Capitolo 17 Reazioni immunopatogene Capitolo 18 Autoimmunit 94 98 103

IMMUNOLOGIA PARTE I
FUNZIONE E COMPOSIZIONE DEL SISTEMA IMMUNITARIO

CAPITOLO 1:
I NTRODUZIONE E
PANORAMICA SUL SISTEMA IMMUNITARIO

Defini ione d immunologia e immunit


L immunologia lo studio dei meccanismi iologici cellulari e molecolari del sistema immunitario l immunit una reazione del nostro organismo nei confronti di sostanze che che considerate estranee come agenti micro ici macromolecole proteiche e polisaccaridi comunque non comporti una conseguenza patologica. Il ruolo fisiologico del S.I quello quindi di difenderci e per raggiungere taleo ietti o produce mediatori molecolari e cellulari ingrado di eliminare i patogeni interagendo con il microrganismo stesso per promuo ere la sua uccisione ed eradicazione.

Caratteri tic e del i tema immunitario


Il sistema immunitario costituito da molecole cellule tessutie organi che mediano questa protezione. Il S.I ha le caratteristiche di pecificit e memoria. La memoria la capacit che ha il S.I di riconoscere strutture che ha gi incontratoprima e tutte le olte che le riconosce comeself, non le attacca. La specificit la reazione immunitaria montata nei confronti di un antigene ed seletti a per esso, e quindi non agisce s altre strutture (entro certi limiti). I sistemi di difesa attuati erso i u microrganismi patogeni possono essere raggruppati schematicamente in 3 linee:

1. La prima linea, presente in corrispondenza delle vie utilizzate dai microrganismi per penetrare nell organismo ospite, costituita da un insieme di barriere meccaniche e chimiche, come cute integra che grazie alla cheratina indigeribile per i patogeni costituisce una valida barriera, sudore, succo gastrico (ph acido), lacrime, saliva (allontanamento meccanico), muco (inglobamento dei microrganismi, mascheramento dei recettori presenti sulla superficie cellulare), ciglia vibratili di rivestimento di alcuni epiteli, flora batterica saprofitica (competizione per sostanze nutritizie e produzione di sostanze antimicrobiche come le bacteriocidine.) 2. La seconda linea, rappresentata da fattori umorali e cellulari dell immunit innata, naturale, o aspecifica e dai meccanismi dell infiammazione. 3. La terza linea, rappresentata, a sua volta, dai fattori umorali e cellulari dell immunit specifica o acquisita o adattiva.

Immunit innata:
Si divide in immunit congenita e naturale. L immunit congenita quel tipo d immunit propria di una specie e viene trasmessa in maniera ereditaria, quindi le caratteristiche genetiche di passaggio, sono tipiche di una specie. L immunit naturale dovuta alla presenza nel sangue di anticorpi naturali diretti verso sostanze estranee che non sono mai venute a contatto con l organismo, per non sono anticorpi prodotti dai linfociti B. I meccanismi dell immunit innata sono non specifici, cio le cellule e le molecole che costituiscono l immunit innata rispondono in modo simile a una variet di stimoli estranei, quali le proteine, gli acidi nucleici, i carboidrati, e strutture dei microrganismi. Nelle fasi iniziali di una risposta antigenica, essi possono aumentare in numero e concentrazione, ma ritornano a livelli basali quando lo stimolo antigenico non pi presente. I componenti dell immunit innata sono efficaci nei confronti di vari tipi d infezione, in quanto sono in grado di riconoscere e possono rispondere a molecole e a strutture prodotte dai microrganismi patogeni che sono state conservate durante l evoluzione. Essi svolgono la loro funzione in maniera non specifica, nel senso che riconoscono strutture comuni a microrganismi diversi.

Immunit acquisita:
I meccanismi dell immunit acquisita sono quiescenti fino a quando non ve ngono in contatto con un particolare antigene. L immunit acquisita pu essere suddivisa in immunit umorale e cellulomediata. L immunit umorale implica l attivazione dei linfociti B e la produzione di anticorpi da parte di questi. Gli anticorpi sono presenti in forma solubile in vari liquidi biologici, un tempo denominati umori, e da cui deriva il nome. L immunit cellulo-mediata implica l attivazione dei linfociti T in seguito al riconoscimento dei complessi MHC-peptide. I linfociti T possono attivare altri tipi cellulari potenziando la loro capacit di uccidere ed eliminare i microrganismi, o pi direttamente uccidono le cellule dell organismo infettate dai microrganismi; questa capacit viene detta citotossicit. Le risposte immunitarie adattive o acquisite sono generalmente rivolte nei confronti di qualsiasi antigene estraneo, sia esso un costituente o meno di un microrganismo. Inoltre le risposte immunitarie adattive possono essere dirette nei confronti delle cellule tumorali e contribuire potenzialmente alla resistenza alle neoplasie. Nei casi in cui l antigene non necessariamente nocivo, pu essere stimolata una risposta immunitaria adattiva indesiderata. Questo quello che avviene nell allergia o ipersensibilit, quando la risposta immunitaria nei confronti di antigeni solitamente innocui, quali pollini o le noccioline, diventa dannosa piuttosto che protettiva per l organismo. In maniera analoga il sistema immunitario dell individuo che riceve il trapianto, spesso riconosce come estraneo il tessuto trapiantato e viene indotta una risposta indesiderata che distrugge il tessuto trapiantato. In altre 5

occasioni, il S.I perde la refrattariet a rispondere agli antigeni self e si innesca quindi una risposta nei confronti delle cellule e dei tessuti dell individuo stesso, determinando cos l insorgenza di malattie autoimmunitarie.

Panoramica sul sistema immunitario:


La funzione principale del sistema immunitario quella di difenderci dalle malattie infettive. Tale difesa mediata da un sistema di cellule, tessuti e organi che forniscono sia una protezione globale nei confronti di microrganismi (immunit innata) sia specifica per un determinato patogeno (immunit acquisita). Tra i meccanismi dell immunit innata possiamo avere le barriere anatomiche quali la cute, che impediscono l ingresso dei microbi nell organismo, cos come una variet di enzimi, proteine, mediatori non proteici, che uccidono e inibiscono la loro crescita. Le difese patogeno specifiche sono classificate come umorali (linfociti B e anticorpi) o cellulo-mediate (linfociti T citotossici). L immunit innata possiede il vantaggio di agire rapidamente in risposta ad un infezione e di essere attiva nei confronti di un ampia variet di microrganismi. Tuttavia, i microrganismi patogeni sono in grado di contrastare le difese dell immunit innata e possono stimolare una risposta da parte dei sistemi dell immunit acquisita. Il sistema dell immunit acquisita possiede il vantaggio che i linfociti T e B possono espandersi in modo esponenziale nel corso di una risposta immunitaria e riconoscere specificatamente un determinato microrganismo uccidendolo ed eliminandolo. Inoltre la risposta immunitaria acquisita caratterizzata dalla memoria immunologica, che consente una risposta pi rapida e pi efficiente in seguito ad incontri successivi con lo stesso microrganismo o patogeno. L immunit innata e acquisita si completano e cooperano al fine di raggiungere la protezione massima per l ospite. Le risposte immunitarie innate e acquisite devono confrontarsi continuamente con batteri, virus, protozoi, vermi e funghi, perch l ospite possa mantenersi sano in un ambiente ricco di micr obi. Questi diversi tipi di microrganismi combattono il sistema immunitario ognuno con armi proprie.

CAPITOLO 2: L IMMUNIT INNATA


Durante la loro vita, gli individui vengono a contatto con una variet di microrganismi e sostanze tossiche, e devono dunque proteggersi da questi agenti con una risposta rapida ed efficace. Questa funzione svolta dalle risposte dell immunit innata. Le difese dell immunit innata sono costituite da meccanismi molteplici spesso dotati dalla stessa funzione, che agiscono in varie fasi nel corso di un infezione per impedire che i microrganismi invadano l ospite e per limitare l entit dell infezione. Tra le difese dell immunit di tipo innata, possiamo annoverare: le barriere fisiche che impediscono l ingresso dei microbi nell organismo; le barriere fisiologiche che inibiscono la replicazione dei microrganismi; vari meccanismi effettori enzimatici e cellulari che uccidono o inattivano l agente estraneo e difese non specifiche particolarmente idonee per prevenire le infezioni virali. Tutti questi fattori possono agire prontamente nei confronti di un patogeno, non appena questo invade i tessuti dell ospite. Questo tipo di risposta differisce in maniera sostanziale dall a risposta acquisita che attivata solo 1-2 settimane dopo che un antigene estraneo, dopo che un antigene estraneo penetrato nei tessuti dell organismo ed venuto a contatto con i linfociti. Le risposte immunitarie innate non possono espandersi in maniera esponenziale in seguito al contatto con un agente estraneo e possono essere sopraffatte ed esempio da una carica batterica elevata, e non sono dotate di memoria, cos che non sono capaci di evocare una risposta pi rapida e potente nei confronti di un antigene con cui 6

vengono a contatto frequentemente. Le risposte immunitarie, innata e acquisita, agiscono in maniera complementare e si stimolano e si regolano reciprocamente.

Barriere fisiche e fisiologiche:


Le abbiamo gi incontrate parlando della prima linea: costituita da un insieme di barriere meccaniche e chimiche, come cute integra che grazie alla cheratina indigeribile per i patogeni costituisce una valida barriera, sudore, succo gastrico (ph acido), lacrime, saliva (allontanamento meccanico), muco (inglobamento dei microrganismi, mascheramento dei recettori presenti sulla superficie cellulare), ciglia vibratili di rivestimento di alcuni epiteli, flora batterica saprofitica (competizione per sostanze nutritizie e produzione di sostanze antimicrobiche come le bacteriocidine).

ffettori enzimatici e proteici:


L organismo possiede una vasta batteria di enzimi che possono danneggiare batteri, virus, e anche altri antigeni estranei non viventi . Questi effettori enzimatici dell immunit innata danneggiano generalmente l integrit strutturale della superficie batterica, svolgendo tuttavia questa funzione con modalit diverse.

Effettori enzimatici e proteici delle mucose:


Il Lisozima: Presente nelle secrezioni mucose quali lacrime e saliva, ha azione antibatterica. La sua azione degradativa sulla parete cellulare batterica. Le Proteasi: Sono meccanismi effettori dell immunit innata di natura enzimatica, che agiscono a livello delle superfici mucose. Distruggono le proteine di ancoraggio batteriche e i capsidi virali. I Peptidi-antimicrobici: Sono piccoli peptidi (30-40 aa) capaci di inserirsi nel doppio strato di fosfolipidi della membrana e distruggere la permeabilit della cellula batterica. Si distinguono in defensine e -defensine. Alcuni tipi di cellule del S.I contengono quantit elevate di questi peptidi, tipo i granulociti neutrofili ( -defensine), utili per il killing intracellulare. Proteine leganti il ferro: La disponibilit di ferro un fattore determinante per la crescita microbica durante l infezione, quasi tutti i batteri lo utilizzano come cofattore nelle reazioni enzimatiche. La lattoferrina e la transferrina. Queste proteine permettono il trasporto selettivo del ferro in quei siti anatomici dov necessario. Legando il ferro queste proteine, non lo rendono disponibile per i microrganismi.

I meccanismi effettori, enzimatici e proteici del sangue: il sistema del complemento


Il sistema del complemento costituito da una famiglia di circa 30 proteine seriche che svolgono numerose funzioni effettrici e regolatorie sia dell immunit innata che acquisita. In condizioni normali le proteine del complemento circolano nel sangue in forma di precursore inattivo (proenzimi, zimogeni), tuttavia in seguito all attivazione sono in grado di uccidere direttamente cellule bersaglio e di regolare altre funzioni immunitarie. Il sistema del complemento pu essere attivato in diversi modi. I tre stimoli principali che lo attivano sono: 7

1. I complessi antigene-anticorpo. 2. Le superfici biologiche dotate di forti cariche ioniche come la membrana pi esterna dei Gramnegativi, e la parete cellulare dei Gram-positivi. 3. I carboidrati con un elevato contenuto di mannosio, che sono per lo pi diversi da q uelli prodotti dalla gran parte dei mammiferi. Questi tre meccanismi di attivazione sono denominati rispettivamente, la via di attivazione classica, alternativa e lectinica. Di solito, la via classica ha bisogno della produzione di anticorpi specifici per l antigene da parte dei linfociti B. La via lectinica si realizza grazie ad una proteina del complemento denominata MBP, proteina legante il mannosio, che lega direttamente i carboidrati presenti sulle superfici dei microrganismi, ed attiva altre proteine del sistema del complemento. Una volta attivato, il sistema del complemento genera molte proteine attive che mediano numerose funzioni immunologiche. Un meccanismo attraverso il quale il complemento uccide direttamente i microrganismi il MAC o complesso di attacco alla membrana , un complesso multiproteico che si inserisce nella membrana della cellula bersaglio e forma grossi pori transmembrana. Alcuni prodotti di attivazione del complemento possono legarsi in maniera covalente al microrganismo, incrementando la capacit fagocitaria dei neutrofili e dei macrofagi, attraverso un meccanismo che prende il nome di opsonizzazione, ed dovuto all espressione dei recettori per il complemento espressi sulla membrana dei macrofagi e dei neutrofili. Alcuni prodotti del complemento sono anche in grado di attivare e regolare la risposta infiammatoria, un meccanismo di coordinamento di numerose attivit biologiche, al fine di ottenere una risposta innata particolarmente efficace.

Effettori cellulari dell immunit innata:


Diversi tipi di globuli bianchi (leucociti) partecipano alla risposta immunitaria di tipo innato. Tra di essi si possono annoverare i neutrofili (denominati anche polimorfonucleati PMN), i monociti, i macrofagi, mastociti, ed un tipo di linfociti noto con il nome di cellula natural killer (NK). I PMN, i monociti ed i macrofagi sono capaci di pinocitosi, endocitosi e fagocitosi cio ingeriscono e internalizzano sostanze particolate (cellule microbiche, virus e particelle inerti). Le cellule NK sono importanti per il riconoscimento di cellule danneggiate o alterate come cellule infettate da virus o cellule tumorali. Le cellule NK mediano un attivit citotossica contro queste cellule bersaglio, e ne inducono la morte, generalmente per apoptosi. I microrganismi vivi che sono fagocitati, vengono generalmente uccisi o degradati all interno del leucocita. I monociti, i macrofagi e i PMN presentano nel citoplasma strutture vescicolari dense denominati granuli o lisosomi. Essi contengono numerosi enzimi litici quali le proteasi, glicosidasi, peptidi-antimicrobici ed il lisozima. Queste proteine degradano le sostanze che sono state fagocitate del leucocita. Non tutte le sostanze tossiche di queste cellule sono di natura proteica e contenute in granuli. Alcune sostanze sono sintetizzate del leucocita in seguito ad attivazione. Dopo la captazione del materiale estraneo mediante fagocitosi, i monociti, i macrofagi ed i PMN iniziano un processo denominato burst respiratorio (esplosione ossidativa). Durante questo processo, sono attivate diverse vie enzimatiche con la produzione di composti altamente reattivi. Tra questi prodotti, si possono annoverare ioni, radicali liberi, ossigeno reattivo, che uccidono i microrganismi estranei denaturando le loro proteine, carboidrati ed acidi nucleici. Le cellule NK rappresentano uno stipite di linfociti che non sono ne T ne B. Le cellule NK svolgono un ruolo nell identificazione ed eliminazione di cellule potenzialmente cancerose prima che esse abbiano dato luogo alla formazione di una massa tumorale. Inoltre sono anche una sorgente di potente di citochine, e la loro capacit di produrre tali mediatori considerata rilevante per il ruolo nella resistenza alle neoplasie. In maniera analoga le cellule NK sono in grado di uccidere le cellule infettate 8

da virus. Sono inoltre una potente sorgente di IFN- (interferone-gamma) che ha la capacit di indurre la resistenza della cellula bersaglio all infezione virale. Sia i tumori che le cellule infettate da virus, spesso presentano delle alterazioni di membrana, ed in particolare un espressione ridotta di molecole dell MHC (complesso maggiore di istocompatibilit) di classe I. ( Le molecole di istocompatibilit espletano una funzione indispensabile ai fini del riconoscimento degli antigeni proteici da parte dei linfociti T in quanto legano frammenti di tali antigeni detti epitopi ad una particolare porzione della loro molecola , definita tasca, esponendoli al riconoscimento da parte dei TCR che sono recettori dei linfociti T per queste molecole. Si dividono in molecole MHC di classe I, espresse sulla superficie di tutte le cellule dell organismo, con l eccezione degli eritrociti, e molecole MHC di classe II, espresse sulla superficie di cellule del sistema immunitario, come cellule dendritiche, linfociti B e le cellule APC. Tornando al discorso sulle cellule infette o tumorali che presentano un'espressione ridotta delle MHC di classe I, sicuramente un fenomeno che induce l attivazione del processo citotossico. I mastociti, sono un altro tipo di leucocita coinvolto nell immunit innata. Anche queste cellule possiedono granuli citoplasmatici; tuttavia i loro granuli contengono sostanze vasoattive quali l istamina. Nonostante l istamina sia nota per il suo ruolo nelle reazioni allergiche, i mastociti e le sostanze vasoattive che rilasciano , giocano un ruolo importante nella regolazione dei processi infiammatori. Le cellule dendritiche (DC) sono cellule APC specializzate nella cattura di antigeni. A differenza dei macrofagi, esse non sono in grado di fagocitare l'antigene ma lo espongono direttamente in seguito all'interazione sulla loro superficie. Le cellule dendritiche sono presenti in piccole quantit nei tessuti a contatto con l'ambiente esterno, principalmente la pelle (dove si trova un particolare tipo di cellula dendritica chiamata cellula Langerhans) e il rivestimento interno del naso, polmoni, stomaco e intestino.

Meccanismi di riconoscimento delle cellule dell immunit innata:


La risposta immunitaria innata, nonostante non abbia la specificit caratteristica della risposta immunitaria acquisita, ha bisogno di meccanismi che le consentano di identificare la cellula o la particella estranea e di evitare che le cellule sane di un individuo siano danneggiate. Uno degli strumenti di riconoscimento stato gi discusso: il legame di proteine del complemento ad una superficie estranea (che potenzia la fagocitosi). In modo analogo, il legame di anticorpi ad un microrganismo, sebbene richieda l intervento dell immunit acquisita, opsonizza il microrganismo e ne favorisce la fagocitosi.

ecettori toll-like: Il sistema dell immunit innata dotato di una famiglia di recettori noti come TLR (toll-like-receptor). Ne esistono circa 10, di cui la maggior parte di essi interagisce con prodotti microbici denominati PAMP (pathogen-associated-molecular-pattern). Questi sono ad esempio LPS batterico, pezzi di RNA, peptidoglicano ecc. Recettori endocitici: I recettori endocitici stimolano l endocitosi e la fagocitosi. Ad esempio il recettore del mannosio espresso sulla membrana plasmatica dei macrofagi e delle cellule dendritiche, che lega i carboidrati ricchi in mannosio che si trovano tipicamente sulle superfici batteriche.

Il riconoscimento di tali strutture, operato dei suddetti recettori non serve solo all interazione con il bersaglio; essa , difatti, seguita dalla trasduzione di un segnale, che attraverso l attivazione di fattori di trascrizione, raggiunge il nucleo, stimolando nel DNA la trascrizione di diversi geni , tra i quali quelli 9

che codificano per le proteine coinvolte nella fagocitosi, nella presentazione dell antigene, nelle risposte immunitarie, aspecifica e specifica, nella risposta infiammatoria.

Le risposte innate nei confronti delle infezioni virali:


Il sistema immunitario deve combattere molti patogeni diversi, tra cui i funghi, i virus, i protozoi, e i parassiti pluricellulari (vermi). I virus sono ubiquitari nell ambiente e attaccano in molti modi il S.I. A differenza di molti batteri, i virus possono replicarsi solo all interno delle cellule. Una volta che il virus penetrato all interno della cellula, esso diventa resistente a molti meccanismi effettori extracellulari del sistema immunitario, ad esempio gli anticorpi e il complemento. Per il suo ciclo vitale, un virus dipende dal macchinario metabolico della cellula ospite. Questa dipendenza metabolica alla base di molte strategie di difesa dell immunit innata nei confronti delle infezioni virali.

Gli interferoni:
Gli interferoni (IFN) sono proteine elaborate e secrete prevalentemente, ma non esclusivamente, dalle cellule che hanno subito un infezione virale, che espletano per quanto riguarda la difesa immunitaria dell organismo una serie di funzioni, di cui la prima ad essere stata scoperta fu quella antivirale. Il termine interferon indica per l appunto l interferenza con questo processo: nelle cellule che hanno subito l infezione virale ed in cui in atto la replicazione del virus, il segnale che innesca la produzione degli IFN dato dal riconoscimento, da parte di determinati sensori, degli acidi nucleici virali, diversi da quelli della cellula ospite. Nel caso invece delle infezioni microb iche, il segnale parte dall interazione dei recettori di membrana, espressi dalle cellule dell immunit innata, con le molecole microbiche che fungono da ligando. Si conoscono 3 IFN: IFN- , prodotto dai linfociti B e dai macrofagi IFN- , prodotto prevalentemente dai fibroblasti IFN- , prodotto dai linfociti T e B attivati

Gli interferoni e , pur essendo strutturalmente diversi, reagiscono con lo stesso recettore, mentre il su un altro recettore. L attivit antivirale non espletata direttamente dagli IFN sui virioni; essi agiscono sulle cellule infettate dal virus, determinando un vero e proprio blocco del ciclo e della replicazione virale. Per espletare le loro molteplici funzioni, gli IFN devono essere necessariamente secreti dalle cellule che li hanno sintetizzati e, una volta liberi, devono interagire con specifici recettori di membrana con meccanismo autocrino, paracrino o endocrino. L interferon un potente attivatore dei macrofagi; esso favorisce anche la presentazione dell antigene da parte delle cellule APC, stimolando l espressione di molecole dell MHC.

Funzioni dell IFNAttivazione dei fagociti mononucleati. Incremento dell espressione di molecole MHC di I classe e di II classe. Stimolazione della differenziazione dei linfociti T CD4+ verso il tipo Th1 ed inibizione verso il tipo Th2. Stimolazione della risposta anticorpale dei linfociti B. Attivazione dei neutrofili. Stimolazione dell attivit citolitica delle cellule NK.

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Le citochine:
Le citochine costituiscono un vasto gruppo di molecole proteiche, sintetizzate e secrete , in seguito alla ricezione di determinati segnali, non solo dalle cellule che partecipano alle reazioni infiammatoria ed immunitaria, ma praticamente da tutte le cellule dell organismo. Nel caso delle infezioni i segnali, che innescano la sintesi ed il rilascio di citochine, sono dati da alcune molecole, espresse dagli agenti microbici, e recepiti dai recettori espressi dalle cellule dell immunit innata, in particolare q uelli della famiglia Toll-like. Nel loro insieme, le citochine si comportano da molecole trasportatrici di segnali; esse, interagendo con recettori di membrana espressi dalle cellule bersaglio, trasducono un segnale che, attraverso varie vie e vari fattori di trascrizione, modulano la trascrizione dei geni che codificano per proteine responsabili di importanti funzioni cellulari. Gli effetti sulle cellule bersaglio possono essere sia di tipo stimolatorio che inibitorio. Diverse citochine sono definite interleuchine perch inizialmente vennero identificate nei leucociti e ritenute capaci di trasferire segnali solo a tali cellule; il numero che segue al termine di interleuchina (IL) indica la cronologia della scoperta. Altre citochine sono definite con un termine indicante il primo effetto messo in evidenza; ad esempio Trasforming Growth Factor- (TGF- ) ed il Tumor Necrosis Factor (TNF). Le citochine agiscono non solo localmente con meccanismo autocrino e paracrino, ma anche con meccanismo endocrino, cio a distanza, venendo in questo caso trasportate col sangue, dal sito di rilascio fino a quello dove trovano cellule che espongono i recettori con cui possono interagire. Diverse citochine agiscono su numerosissimi citotipi, producendo in alcuni casi effetti sin ergici ed in altri effetti contrastanti, ed per questa ragione che l azione da essa espletata definita pleiotropica, cio rivolta in molte direzioni. Molte citochine, rilasciate prevalentemente dalle cellule che agiscono da protagoniste dell immunit innata e dell infiammazione, trovano recettori sui linfociti che sono i protagonisti della reazione immunitaria specifica; questo fenomeno, insieme a quello della presentazione dell antigene, rappresenta il meccanismo essenziale di collegamento tra l immunit innata e quella acquisita o specifica. Alcuni esempi importanti di citochine: IL-2: Citochina prodotta dai linfociti Th (helper) che lega un recettore espresso dai linfociti T citotossici. Tale legame un requisito essenziale per l attivazione del linfocita T citotossico. TGF- : Prodotto da macrofagi, neutrofili, fibroblasti, questo fattore regola l emopoiesi e il riparo delle ferite, inibendo la proliferazione cellulare, inoltre controlla lo scambio isotipico dei linfociti B. IL-10: Tra le citochine con attivit soppressiva (detta anche citochina antinfiammatoria). IFN- e IL-4: possono guidare lo sviluppo di una risposta immunitaria adattiva, determinando se la risposta dell ospite comporter principalmente la produzione di anticorpi o l attivazione dei linfociti T citotossici.

Pertanto, la presenza delle citochine pu determinare non solo l induzione o meno di una risposta immunitaria, ma anche la natura della risposta immunitaria stessa. Un altra famiglia di citochine, le chemochine, in gran parte responsabile della regolazione della chemiotassi e del traffico dei leucociti nell organismo. Ad esempio, durante una risposta infiammatoria locale, l IL-8, rappresenta il 11

segnale chiave per istruire i leucociti ad abbandonare il torrente circolatorio e migrare nel tessuto laddove presente il sito di infezione. Una volta innescata, la produzione di citochine generalmente di durata limitata nel tempo; ci avviene non solo in conseguenza della scomparsa dei microbi, produttori di molecole che ne stimolano la sintesi, ma anche per l entrata in azione dei meccanismi regolatori, rappresentati dalle citochine antinfiammatorie (IL-10).

Il dialogo tra le componenti dell immunit innata ed acquisita:


Nonostante sia conveniente trattare le risposte naturali ed acquisite come due processi separati, in realt questi due tipi di risposta interagiscono per proteggere un individuo dall infezione, stimolando e regolando in maniera reciproca le loro funzioni. Ad esempio, la fagocitosi un meccanismo dell immunit innata; tuttavia gli antigeni che sono fagocitati da un macrofago o da una cellula dendritica sono spesso presentati ai linfociti T helper in associazione a molecole MHC di classe II, stimolando cos una risposta immunitaria acquisita. In maniera analoga, nonostante gli interferoni e , inibiscono la replicazione del virus all interno della cellu la, possono aumentare i livelli di espressione di molecole MHC di classe I, sulla cellula infettata da virus, aumentando la probabilit che un linfocita T citotossico sia attivato da parte della cellula infettata. Le proteine del complemento possono uccidere un microrganismo attraverso la formazione del MAC o possono opsonizzare il batterio favorendo la fagocitosi ed entrambi sono meccanismi dell immunit innata. Il rivestimento di un antigene da parte delle proteine del complemento pu anche promuovere l attivazione dei linfociti B che rispondono all antigene estraneo. Tutti questi sono esempi di come una risposta naturale sia importante per la stimolazione dell immunit acquisita. La regolazione reciproca tra l immunit innata ed acquisita pu avvenire anche nell altra direzione, in cui l immunit acquisita regola i meccanismi dell immunit innata. Le citochine prodotte dai linfociti T nel corso di una risposta immunitaria acquisita possono potenziare la funzione fagocitaria dei macrofagi e stimolare altre attivit di queste cellule come ad esempio il metebolismo ossidativo. Infine gli anticorpi possono opsonizzare i microrganismi o altri antigeni, rendendoli pi facilmente suscettibili alla fagocitosi.

CAPITOLO 3: LE CELLULE DEL SISTEMA IMMUNITARIO


Ematopoiesi e generazione delle cellule del sistema immunitario: Cellule staminali, cellule mieloidi e cellule linfoidi:
Le cellule del sistema immunitario vengono generate durante tutta la vita da una cellula staminale pluripotente comune, mediante un processo chiamato ematopoiesi. Queste cellule comprendono: Granulociti polimorfonucleati (neutrofili, eosinofili, basofili) Mastcellule Monociti 12

L ematopoiesi a iene di norma nel midollo osseo. Il precursore mieloide d origine ai granulociti, Il monociti e megacariociti. I megacariociti a loro olta si frammentano per dare origine alle piastrine. precursore linfoide d origine ai linfociti T e B.Nella maggior parte dei mammiferi le cellule immunitarie maturano nel midollo osseo. Comunque, i precursori dei Linfociti T lasciano il midollo osseo in una forma immatura ed necessario il passaggio attra erso il timo per progredire dallo stadio di progenitore ad uno stadio maturo, immunocompetente.

Fattori di cre cita e origine delle cellule del i tema immunitario


L ematopoiesi regolata sia da fattori prodotti dalle cellule del midollo osseo che da fattori prodotti al di fuori di esso. L organismo, infatti, produce fattori che segnalano alle cellule precursori di produrre pi cellule immunitarie di un appropriato tipo questa generazione diretta di una specifica sottopopolazione di leucociti iene chiamataemato o esi inducibile. Numerose citochine sono coin olte nell ematopoiesi, alcune delle quali stimolano pi di una linea differenziati a, ed influenzano il processo maturati o a pi stadi di s iluppo. La cellula staminale pluripotente si di ide in risposta a due tipi di interleuchine, in particolare IL-3 e IL-6, in precursore linfoide e precursore mieloide, questi a loro olta engono stimolati da altri fattori, ad esempio il fattore di stimolazione delle colonie granulocito-macrofagiche (GM-CSF) che agisce sul precursore mieloide, oppu la IL-15 che regola lo re s iluppo delle cellule NK.

Cellule Dendritic e Linfociti Pia trine

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Morfologia e fun ione delle cellule mieloidi Monociti - Macrofagi

I monociti s olgono di erse funzioni nella risposta immunitaria e prendono parte sia al meccanismo innato che specifico del sistema immunitario. Le cellule di questa linea differenziati a comprendono i monociti che circolano nel sangue, ed i macrofagi che sono localizzati nei tessuti. I monociti hanno un diametro di circa 10 m e rappresentano dall 1 al 6 % dei leucociti circolanti. I monociti possono muo ersi all interno dei tessuti e differenziarsi in macrofagi. In alternati a, i monociti possono differenziarsi in cellule dendritiche. I macrofagi possono sopra i ere nei tessuti per di ersi mesi. Alcuni macrofagi hanno una localizzazione relati amente sta ile e possono assumere caratteristiche peculiari che dipendono dagli organi nei quali risiedono. Nel polmone queste cellule sono chiamatemacrofagi alveolari, nel fegato cellule di Kupffer, nel cer ello microglia. I monociti contengono granuli e sono dotati di molti lisosomi.


Fun ioni
. . 3. .


FAGOCITOSI E BURST RESPIRATORIO PRESENTAZIONE DELL ANTIGENE PRODUZIONE D CITOCHINE EFFETTORI DELL IMMUNITA

Fagocito i

I monociti sono cellule fagocitiche mononucleate. Durante la fagocitosi, imacrofagi emettono lunghi prolungamenti citoplasmatici per circondare ed inglo are il materiale particolato. Il sistema costituito dai macrofagi tissutali, dalle cellule endoteliali e dai granulociti iene chiamato sistema , reticoloendoteliale. Questo insieme di cellule rimuo e dalla circolazione il materiale particolato estraneo all organismo, le cellule morte ed i detriti cellulari. I fagociti possono pure raggiungere i siti di c infiammazione o di lesione nel corpo per rimuo ere i detriti cellulari ed attacare i microrganismi. I monociti ed i macrofagi spesso utilizzano una molecola come recettore Cluster differentation) detta ( CD14 per riconoscere la componente lipopolisaccaridica (LPS) della parete dei atteri gram negati i. In maniera simile, i macrofagi utilizzano i recettori per il mannosio per il riconoscimento dei microrganismi. La fagocitosi fortemente fa orita quando i ersagli engono opsonizzati, cio legati prima da anticorpi o da proteine del complemento presenti nel siero. Infatti i macrofagi possiedono i recettori per il componente del complemento C3 (chiamato recettore CR1) ed anche quelli per la porzione Fc dell anticorpo. Il C3 una forma atti ata del componente C3 del complemento, che iene generata dopo l atti azione della cascata de complemento. Al contrario la porzione Fc dell anticorpo l sempre presente come parte della molecola anticorpale. I macrofagi costantemente monitorano il loro 14

ambiente usando la pinocitosi. Quando i macrofagi incontrano uno stimolo attivante, si ha un rap ido aumento del loro metabolismo, mobilit e fagocitosi. Dopo la fagocitosi, i fagociti mononucleati digeriscono o distruggono le particelle inglobate con le idrolasi acide e le perossidasi contenute dentro i loro lisosomi. I monociti attivati possono uccidere i patogeni mediante la produzione di intermedi reattivi dell ossigeno, come il perossido di idrogeno, i radicali idrossilici, l anione superossido e l ossido nitrico generati durante un processo chiamato burst respiratorio. I macrofagi possono essere attivati da un ampio spettro di stimoli, che comprendono: il materiale particolato ed i prodotti batterici (LPS), componenti attivate dal sistema del complemento, citochine, in particolare IFN- . Burst Respiratorio:

Sia nei polimorfonucleati che nei monociti/macrofagi la fagocitosi si associa costantemente ad un imponente aumento del consumo di O2, causato dall aumento della NADPH-ossidasi, che un sistema multienzimatico, localizzato sia nella membrana plasmatica che nel citoplasma. Una volta attivato, esso, catalizza la riduzione dell O2, trasferendo ad esso un elettrone proveniente dal NADPH, che conseguentemente viene ossidato a NADP, mentre l O2 viene trasformato in anione superossido (O2 .). L anione superossido viene trasformato dall enzima superossido-dismutasi in H2O2, cio perossido di idrogeno o acqua ossigenata:

O2

--superossido-dismutasi--> H2O2

L H2O2 in parte va nel citoplasma, in parte va nel fagosoma. Quello nel citoplasma viene trasformato dall enzima catalasi in H20 e O2. Quello nel fagosoma svolge in parte azione battericida, in parte viene trasformato in altre sostanze antimicrobiche da alcuni enzimi presenti in queste cellule:

H2O2 -- mieloperossidasi--> H20 + O(ossigeno atomico) H2O2 + Cl- -- mieloperossidasi--> H20 + OCl-(ione ipoclorito)
L importanza dell esplosione respiratoria nell uccisione intracellulare dei microrganismi stata dimostrata nello studio della malattia granulomatosa cronica (vedi patologia). I bambini affetti da questa forma sono soggetti ad infezioni persistenti, sostenute da germi catalasi positivi che non possono essere uccisi dai fagociti perch non sono in grado di effettuare l esplosione respiratoria.

Presentazione dell antigene:

La seconda maggiore funzione dei monociti la presentazione dell antigene. L attivazione dei linfociti T helper in risposta ad un antigene non pu avvenire fino a quando l antigene non esposto su una cellula che presenta l antigene (APC), ed in un contesto tale che le cellule TH lo possano riconoscere, come ad esempio un peptide antigenico complessato con le proteine di classe II del Complesso Maggiore di Isocompatibilit (MHC). L abilit di una cellula di funzionare come una APC richiede che la cellula abbia la capacit di compiere diversi meccanismi molecolari: Processare un antigene proteico talgliandolo in una serie di piccoli peptidi, e poi collocare questi brevi peptidi nella tasca che lega l antigene di una proteina MHC di classe II. 2. Presentare o esporre questo complesso antigene-MHC ad un linfocita TH antigene-specifico. 15 1.

3. Fornire a quel linfocita TH altri segnali di atti azione, che insieme con l antigene, stimolano la cellula TH ad atti arsi. - Produ ione di citoc ine Quando i monociti incontrano determinati stimoli, particolarmentequelli di origine atterica, engono atti ati e producono una ariet di citochine. Queste citochine sono capaci di pro ocare effetti locali e sistemici. Le citochine prodotte includono le IL IL-6, IL-10, IL-15, TNF- , TGF- , IFN- e . Le -1, interleuchine 1, 6 e il TNF- sono chiamate citochine infiammatorie. Esse possono pro ocare cam iamenti sistemici come la fe re, e stimolare la funzione delle cellule citotossiche. La IL10 ini isce la risposta citotossica e agisce infatti da citochina antinfiammatora. I macrofagi atti ati inoltre i producono il fattore stimolante le colonie (GM -CSF), che responsa ile della ematopoiesi induci ile, per aumentare la capacit di contrastare le infezioni.
   

Effettori dell immunit

Oltre al suo ruolo come cellula fagocitica, il macrofago pu agire come una cellula killer per distruggere le cellule ersaglio ed i patogeni senza fagocitarli. I macrofagi si legano ed uccidono determinate cellule tumorali e cellule percepite come estranee ed uccidono inoltre le cellule che son ricoperte di o anticorpi mediante un processo no come citotossicit cellulo mediata anticorpo dipendente. I to mediatori citotossici dei monociti comprendono l ossido nitrico e la citochina TNF , inoltre IFN- e possono ini ire direttamente le infezioni irali.
 

Granulociti neutrofili, eo inofili e ba ofili


Rappresentano una cospicua frazione dei leucociti (60-70%) circolanti, e rapidamente escono dal circolo ematico, tramite diapedesi, e si indirizzano erso i siti infiammatori. La sottoclasse maggiore dei granulociti sono i neutrofili (90%). Contengono granuli azzurrofili contenenti idrolasi acide, mieloperossidasi, elastasi, lisozima. Analogamente ai monociti, i neutrofili esprimono numerosi differenti recettori (CD) che legano la porzione Fc dell anticorpo. Gli eosinofili costituiscono il 2-4% dei leucociti circolanti. Essi sono presenti nel midollo osseo e nel connetti o. Hanno la caratteristica di esprimere l FcR ad alta affinit per le IgE. Si ritiene che questo recettore a ia un ruolo imp ortante nella difesa contro i parassiti e sono inoltre , mediatori chia e della risposta infiammatoria. I asofili esprimono il recettore per le IgE, e rilasciano il contenuto dei loro granuli dopo aggregazione del recettore per le IgE. Perci i asofili ha un ruolo nno fondamentale nelle reazioni da ipersensi ilit di tipo immediato, comunemente chiamate, risposte allergiche. Le mastcellule sono, sotto molti aspetti, simili ai asofili. Comunque, di ersamente dai asofili, si tro ano lungo le superfici mucos oppure sui tessuti connetti i A differenza dei soggetti e, . normali, quelli allergici sono geneticamente predisposti a sintetizzare un eccesso di IgE specifiche, quando engono a contatto con un allergene (es. polline). Il primo contatto con questo costitu il isce fenomeno della sensi ilizzazione (innesco della sintesi di IgE specifiche), alla quale non consegue alcuna sintomatologia. Di queste IgE, un aliquota rimane in circolo, ed un'altra si fissa, tramite i 16

frammenti Fc, ai recettori espressi da diverse cellule, in particolare dai mastociti e dai basofili. Al momento del secondo contatto con l allergene, questo interagisce con la porzione Fab delle IgE fissate ai recettori, e induce alla comparsa di una serie di fenomeni, che culminano con la liberazione da parte delle cellule di una serie di molecole responsabili delle manifestazioni cliniche (Istamina, prostaglandine, citochine ecc). Quindi le mastcellule svolgono un importante ruolo nel regolare la permeabilit vascolare durante eventi infiammatori.

Funzioni:
1. FAGOCITOSI 2. PRODUZIONE DI CITOCHINE 3. EFFETTORI DELL IMMUNITA

Fagocitosi:

Tutti i granulociti sono cellule fagocitiche, bench i neutrofili sono i fagociti pi numerosi ed importanti. Quando il materiale particolato viene fagocitato dai neutrofili, il fagosoma contiene la particella inglobata, si fonde con il lisosoma che contiene gli enzimi degradativi e si forma cos una struttura chiamata fagolisosoma. I granuli di deposito si fondono con il fagolisosoma dove il materiale inglobato viene degradato. Oltre agli enzimi, i neutrofili rilasciano peptidi chiamati defensine che alterano la permeabilit della membrana dei batteri o dei funghi. Inoltre, le ossidasi dei neutrofili generano gli intermedi reattivi dell ossigeno altamente tossici, come detto per i macrofagi. Come con i macrofagi, il legame sui granulociti dei recettori del complemento e/o dell Fc aumenta molto la ingestione delle particelle e gli eventi di attivazione conseguenti. Il rilascio di enzimi degradativi e di prodotti tossici dai granulociti attivati pu provocare danno ai tessuti circostanti, come avviene nell infiammazione cronica. Produzione di citochine:

I granulociti producono diverse citochine, tra cui molto importanti sono quelle prodotte dai neutrofili, che sono le citochine proinfiammatorie TNF- , IL-1, IL-6, IL-8. Effettori dell immunit:

I neutrofili sono i leucociti pi numerosi del sangue e la componente cellulare pi importante del sistema immunitario per distruggere batteri e funghi mediante la fagocitosi. Come tali, i neutrofili sono la prima e pi importante linea di difesa contro tali infezioni. Essi sono le cellule pi abbondanti che partecipano negli stadi pi precoci dell infiammazione. In tali circostanze, i neutrofili non solo uccidono i patogeni, ma rilasciano pure enzimi digestivi e prodotti ossidativi nei tessuti circostanti. Ci fa s che i neutrofili sono un importante causa di danno alle cellule circostanti. Bench gli eosinofili siano capaci di fagocitosi, essi sono meglio conosciuti per aderire al bersaglio mediante i recettori del complemento o i recettori per la porzione Fc, e rilasciare i granuli, in maniera da esporre il bersaglio al contenuto tossico dei granuli. Il numero degli eosinofili aumenta nel corso delle malattie parassitarie e si ritiene che svolgano un importante ruolo nella eliminazione dei parassiti extracellulari. 17

L aggregazione del recettore per le IgE delle mast ellule con le IgE complessate all allergene, ne c pro oca la degranulazione, ed insieme ad esse si degranulano i asofiliInoltre si producono e si . rilasciano una serie di fattori responsa ili dei sintomi di una reazione allergica, compresa la asodilatazione, la contrazione della muscolatura liscia e la secrezione di muco. Insieme, questi effetti danno luogo al rigonfiamento, arrossamento ed irritazione che sono segni caratterstici della reazione allergica. Questi fattori comprendono l istamina, la maggior molecola effettrice preformata di queste e cellule e le prostaglandine ed i leucotrieni, sintetizzati dopo l atti azione.

Cellule dendritic e
Sono cellule APC. Si originano o dalla cellula staminale mieloide nel midollo osseo, o dai monociti del sangue. Le cellule dendritiche sono cos chiamate per le sottili proiezioni citoplasmatiche stellate che caratterizzano la loro mem rana plasmatica Nella . cute engono chiamate cellule di Langherans. Queste cellule possono migrare rapidamente ai linfonodi drenanti do e di entano cellule reticolari che portano l antigene alle regioni delle dei linfociti T del linfonodo.

Fun ioni


. PRESENTAZIONE DELL ANTIGENE

Le cellule dendritiche sono le pi efficienti APC presentinell organismo. Per s olgere questo ruolo, fagocitano antigeni estranei, processano l antigene catturato migrano in un tessuto immunitario , secondario tipo un linfonodo, e lo presentano ai linfociti T associato alle molecole MHC di classe II. L alta espressione costituti a di molecole MHC di classe II da parte delle cellule dendritiche spiega la loro potenza nella presentazione dell antigene.

Morfologia delle cellule linfoidi Le cellule linfoidi


I linfociti sono cellule rotondeggianti di 10m di diametro. La maggior parte dei linfociti sono deri ati dal midollo osseo (linfociti B) o dal timo (linfociti T). Il 5% dei linfociti contiene granuli azzurrofili e sono chiamati cellule NK (natural killer .
%

"

Pre enta ione dell antigene

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Le principali popola ioni e ottopopola ioni di linfociti Linfociti T


I linfociti T si producono inizialmente nel midollo osseo e migrano nel timo per completare la loro maturazione. Essi esprimono sulla mem rana cellulare una proteine denominata TCR (t cell-receptor). I TCR sono codificati da geni che su iscono modificazioni durante la differenziazione dei linfociti T. Durante queste modificazioni genetiche ( riarrangiamenti), alcuni segmenti genici si congiungono. Le proteine codificate dai geni riarrangiati sono specifiche per og linfocita T. Il TCR ni come un pezzetto di un puzzle e l antigene riconosciuto dai linfociti T come un pezzetto che tro a la giusta collocazione nel puzzle. L interazione del TCR con l antigene specifico induce l atti azione del linfocita T. In realt l antigene de e essere presentato da una cellula APC. Durante la processazione, l antigene iene tagliato in piccoli frammenti peptidici e si associa a molecole MHC mediante un legame non co alente. Una porzione della molecola MHC contiene una tasca in cui engono alloggiati i frammenti peptidici. Il TCR riconosce il complesso MHC-peptide antigenico. Oltre al TCR, il linfocita T esprime altre proteine con il nome di corecettori (denominate CD4 e CD8) che interagiscono con le molecole MHC sulla superfic della cellula APC. Il ie CD4 interagisce con molecole MHC di classe II, il CD8 con molecole MHC di classe I. Premessa:
&

Il sistem m ggiore di istocomp tibilit o MHC (Major Histocompatibility Complex ed il suo ruolo nella risposta immunitaria
Nell uomo il MHC costituisce una por ione del genoma in cui sono presenti geni polimorfi, di cui la maggior parte codifica per proteine, definite molecole o antigeni di istocompatibilit , inserite nel contesto della membrana cellulare dalla quale sporgono verso l esterno. Le molecole di istocompatibilit espletano una funzione indispensabile ai fini del riconoscimento degli antigeni proteici da parte dei linfociti T in quanto legano frammenti di tali antigeni (epitopi) ad una particolare porzione della loro molecola,definita tasca, esponendoli al riconoscimento da parte dei TCR dei linfociti T. I geni del MHC vengono cos classificati: 1. Geni di classe I, che codificano per antigeni di istocompatibilit di classe I, espressi con varia intensit sulla superficie di tutte le cellule dell organismo. 2. Geni di classe II, che codificano per antigeni di istocompatibilit di classe II, che sono espressi sulla superficie di cellule del sistema immunitario, come i linfociti B e le cellule APC.
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Gli epitopi degli antigeni proteici estranei, espressi in associazione a molecole dello MHC di classe I sono riconosciuti dai TCR dei linfociti CD8+, mentre quelli espressi in associazione a molecole MHC di classe II sono riconosciuti dai linfociti CD4+.

Diversi tipi di linfociti T sono deputati a svolgere funzioni immunitarie specifiche, ma in qualche modo differenti. I linfociti T helper, cos denominati perch potenziano l attivit di altre cellule del sistema immunitario tramite la produzione di molecole note come citochine, sono identificati in base all espressione del co-recettore CD4 sulla membrana cellulare. Quindi, i linfociti T CD4+ interagiscono in maniera specifica con i peptidi associati alle molecole MHC di classe II sulle cellule APC professionali. Una sottoclasse di linfociti Th, i linfociti Th1, produce un repertorio di citochine che inducono lo sviluppo di una risposta immunitaria nei confronti di agenti patogeni intracellulari che spesso risiedono nelle cellule fagocitiche dell ospite, e non vengono cos uccisi. Le citochine prodotte dai linfociti Th1 favoriscono l uccisione intracellulare dei patogeni che invadono i fagociti. Al contrario le cellule Th2 producono un repertorio di citochine che stimolano la produzione di anticorpi efficaci nel mediare l opsonizzazione e la lisi dei patogeni extracellulari che in condizioni normali non vivono all interno delle cellule dell ospite. Spesso i linfociti Th1 producono citochine che inibiscono le risposte mediate dai linfociti Th2 e viceversa. La seconda popolazione di cellule T rappresentata dai linfociti T citotossici, che esprimono il co-recettore CD8 (linfociti T CD8+). Questa molecola interagisce con molecole MHC di classe I che sono espresse su tutte le cellule nucleate dell organismo. La molecola MHC presente sulla membrana cellulare anche essa associata ad un peptide, ma normalmente questo peptide deriva da un antigene self, e quindi la cellula viene ignorata dal sistema immunitario. Tuttavia, se un agente patogeno, quale un virus, infetta una cellula dell ospite, allora la molecola MHC di classe I legher i peptidi virali, in quanto tali peptidi derivano da proteine virali che sono sintetizzate nella cellula infettata, come le proteine self. Il linfocita T citotossico attivato, induce la lisi della cellula bersaglio, distruggendola. Inoltre i linfociti T citotossici possono esprimere altri mediatori antimicrobici che uccidono direttamente i parassiti intracellulari ed impediscono che essi infettino altre cellule.
-

Linfociti T CD4+ e CD8+:

I pi precoci progenitori delle cellule T nel timo non esprimono recettori CD4 e CD8 sono quindi chiamate cellule doppio-negative. Quando questi progenitori delle cellule T maturano, i geni che codificano il TCR vengono riarrangiati per dare origine ad un recettore funzionale per l antigene, che poi espresso sulla membrana cellulare. Quando i timociti completano con successo il primo stadio di riarrangiamento del gene TCR, vengono espressi sia CD4 che CD8, e vengono chiamati cellule doppiopositive. Queste cellule risiedono nella regione corticale del timo. Con la ulteriore maturazione, i timociti diventano CD4+ CD8- oppure CD4- CD8+ e sono chiamate singolo-positive. Le CD4 e le CD8 sono importanti nel determinare quali molecole sono riconosciute dal TCR. La CD4 si lega alle molecole MHC di classe II, aiutando il TCR a riconoscere l antigene presentato dalle molecole dell MHC di classe II. Al contrario la CD8 si lega alle molecole MHC di classe I e le cellule CD8+ riconoscono l antigene presentato dalle molecole MHC di classe I.

Linfociti Th1 e Th2:

Le cellule T sono state suddivise in categorie in base alle citochine che producono in seguito all attivazione. Le cellule T CD4+ Th1 secernono la IL-2, l IFN- e il TNF- . Le cellule T CD4+ Th2 secernono IL-4, IL-5, IL-6, IL-9, IL-10 ed IL-13. 20

TH1:
IL-2
Le cellule Th1 preferenzialmente stimolano l immunit T cellulo-mediata e sono proinfiammatorie. Le citochine Th1 favoriscono le risposte immunitarie che coinvolgono i fagociti, e quindi attivazione macrofagica, produzione di anticorpi opsonizzanti e fissanti il complemento, citotossicit anticorpo indipendente.

IFN-

TNF-

TH2:
IL-4 IL-5 IL-6 IL-9 IL-10 IL-13

Le cellule Th2 stimolano la produzione di anticorpi favorendo la crescita e la differenziazione dei linfociti B. Le citochine Th2 promuovono le risposte immuni di tipo umorale, stimolano i linfociti B a proliferare ed a sintetizzare anticorpi, stimolano anche le reazioni immunitarie contro i parassiti e gli elminti, ed esercitano un ruolo cruciale nella genesi e nel mantenimento delle reazioni da ipersensibilit di tipo I (vedi oltre).

Linfociti B:
I linfociti B costituiscono dal 5 al 15% dei linfociti circolanti. Come i linfociti T, a loro volta essi esprimono sulla membrana cellulare una proteina specifica di questo tipo cellulare, in grado di legare l antigene e che quindi funge da recettore. Tuttavia questo recettore viene anche prodotto in forma solubile; questa forma denominata anche anticorpo o immunoglobulina (Ig). Quindi l anticorpo lo troviamo come recettore ancorato alla membrana del linfocita B e in forma solubile prodotto e 21

rilasciato nell area circostante. L anticorpo costituito da due catene pesanti e due leggere. Sia le catene pesanti che le catene leggere possiedono regioni costanti, ed una regione propria di ciascun anticorpo denominata regione variabile. Le regioni aria ili conferiscono all anticorpo la specificit per l antigene e legano direttamente l antigene. Il repertorio di di ersit molecolare, che permette l interazione degli anticorpi con un numero ele atissimo di antigeni differenti, generato attra erso meccanismi di riarrangiamento genico. Questo processo a iene durante lo s iluppo dei linfocitiB nel midollo osseo. Quando i linfociti B completano la loro maturazione nel midollo osseo e d entano quindi immunocompetenti, lasciano il i midollo e migrano nel sistema linfatico. Essi circolano nell organismo migrando attra erso i linfonodi nel sistema linfatico, e nel circolo sanguigno. Tutto ci permette ai linfociti B di entrare negli organi linfatici secondari quali la milza, o in altri siti, in risposta ad uno stimolo antigenico. Per l atti azione dei linfociti B sono necessari due segnali. Il primosegnale si genera in seguito all interazione tra l Igdi mem rana e l antigene specifico e successi a aggregazione( complesso Ag-Anticorpo). Il complesso a antigene-anticorpo internalizzato all interno del linfocita B, l antigene iene processato e present to al linfocita T che riconoscer il complesso MHC -peptide tramite il TCR. Il linfocita Th fornisce una serie di segnali di co-stimolazione mediati sia dal legame di recettori non specifici per l antigene presenti sui linfociti B con i rispetti i ligandi sui linfociti T, che dal rilascio di fattori solu ili I linfociti B atti ati, si . differenziano ulteriormente dando luogo a due tipi di cellule: laplasmacellula che la sorgente della sintesi di li elli ele ati di anticorpi specifici, e il linfocita B della memoria, che medier risposte rapide in seguito ad un incontro successi o con lo stesso antigene. Le plasmacellule sono cellule specializzate Il nella sintesi e secrezione di grandi quantit di anticorpi in forma solu ile. primo anticorpo che sintetizzato da una plasmacellula atti ata appartiene alla classe delle IgM.Questa produzione iniziale di anticorpi rappresenta la fase precoce di una risposta immunitaria primaria. Via ia che il linfocita B e matura, la specificit dell anticorpo per l antigen che ne ha stimolato la sintesi, non cam ia, ma cam ia la classe dell anticorpo attra erso un processo denominatoswitch isotipico. Le di erse classi di anticorpi, s olgono nell organismo funzioni immunologiche e iologiche distinte. Ad esempio le IgM sono molto efficaci nell atti azione del sistema del complemento. Le IgG sono importanti nell atti azione del processo della fagocitosi ekilling intracellulare.

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l I linfociti B della memoria si s iluppano dai linfociti B maturi in risposta ad una prima stimoazione antigenica, e producono rapidamente, in risposta ad una stimolazione antigenica secondaria, li elli ele ati di anticorpi, non tutta ia della classe delle IgM, ma di altre classi. Le cellule B della memoria fungono da sentinelle pronte a produrre ra pidamente gli anticorpi per neutralizzare un microrganismo patogeno o una tossina. La produzione pi rapida e pi ele ata di anticorpi, da parte dei linfociti B iene definita risposta immunitaria secondaria e rappresenta le asi molecolari della memoria immunologica. Esistono tutta ia alcuni antigeni, denominatiantigeni T-indipendenti, che possono stimolare direttamente i linfociti B, senza a er isogno dell assistenza dei linfociti Th. Un esempio di tali antigeni rappresentato dall endotossina, LPS aterico. t L immunoglo ulina trans-mem rana dei linfociti B ha funzione di recettore per l antigene. Le molecole immunoglo uliniche sono di ise in classi, chiamateisotipi sulla ase della sequenza amminoacidica della regione costante della loro catena pesante. Gli isotipi immunoglo ulinici sono IgG, IgM, IgA, IgE ed IgD. I differenti isotipi hanno propriet iologiche distinte, ma tutti gli isotipi possono essere prodotti come proteine trans-mem rana che funzionano come recettore per l antigene della cellula B. Le cellule B mature appena prodotte esprimono sulla mem rana le IgM, mentre dopo atti azione, altri isotipi. I linfociti B esprimono costituti amente le molecole MHC di classe II. Altri recettori, sono que lli per il complemento (tipo il CD35) e i recettori per le porzioni Fc degli anticorpi solu ili che stanno opsonizzando. Oltre il loro ruolo di cellule che producono immunoglo uline, le cellule B possono presentare l antigene alle cellule T. Intera ione tra i linfociti T e B: Bench le cellule B possano legare antigeni solu ili direttamente mediante il loro recettore per l antigene, esse comunque richiedono ulteriori segnali per di entare produtti amente atti ate. particolarmente antaggioso per la cellul B, presentare l antigene alla cellula T, poich questo pone la a 23
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cellula B nella condizione di rice ere ulteriori segnali dalla cellula Th. I recettori delle cellule T atti ate sono rappresentati dai CD40L. I rispetti i controrecettori sulle cellule B sono CD40. Questo legame i fornisce alle cellule B un segnale co-stimolatorio. Il risultato finale una produzione di citochine da parte dei linfociti T atti ati che sono necessarie alle cellule B per proliferare, per eseguire lo switch dell isotipo immunoglo ulinico, per secernere gli anticorpi, per di enire cellule della memoria. In particolare sono le citochine Th2: IL IL-5, IL-6. -4, Intera ione fra le cellule T: Oltre a riconoscere un complesso MHC-antigene su una APC, la cellula T richiede aiuto da altrecellule T per la proliferazione ed ulteriore differenziazione. In seguito alla atti azione, mediante il TCR ed il segnale co-stimolatorio, la cellula T indotta ad esprimere nuo i prodotti genici., tra cui l IL2 ed il recettore per IL-2. La IL-2 una importante citochina che stimola le cellule T che sono state atti ate a -2 proliferare. Poich le cellule T stimolate esprimono simultaneamente sia l IL che il suo recettore, la cellula T pu stimolare se stessa erso la sua completa atti azione (azione autocrina).
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Effettori cellulari dell immunit: I linfociti T citotossici sono importanti nell uccidere le cellule infettate e le cellule tumorali. Entram e le cellule T CD8+ e CD4+ possono a ere un atti it citotossica, ench le cellule citotossiche sono di solito le CD8+. Le cellule CD8+ generalmente uccidono il loro ersaglio mediante l uso della proteina perforina, che forma pori nella mem rana plasmatica di una cellula ersaglio. I pori permettono l entrata dei granzimi, che sono proteasi che inducono apoptosi. Entro pochi minuti dal legame alla cellula ersaglio, le cellule killer atti ate CD8+ dirigono l esocitosi della perforina preformata e degli altri mediatori (TNF- ) erso la cellula ersaglio. Il killing da parte delle cellule CD4+ atti ate, realizzato da molecole di mem rana chiamate e Fas ligando Fas. L aggregazione dei recettori Fas (cellula ersaglio)- ligando Fas (cellula T citotossica atti ata), induce apoptosi nella cellula ersaglio.

Cellule Natural Killer (NK):


La cellula natural killer un tipo di linfocita dotato di atti it citotossica. Le cellule NK agiscono principalmente come sentinelle in grado di riconoscere cellule con un espressione alterata di molecole MHC di classe I. Queste alterazioni si osser ano nelle cellule in seguito ad infezioni causate da microrganismi intracellulari o in alcune cellule tumorali. Le cellule NK possiedono un programma gi predisposto per uccidere i ersagli che incontrano. Le celluleNK esprimono recettori in grado di riconoscere molecole MHC di classe I espresse dalle cellule normali sane l interazione del recettore con una molecola MHC self ini isce l atti it citotossica della cellula NK. Queste cellule riconoscono come noci e e distruggono principalmente le cellule con un espressione anomala di molecole di MHC. Le cellule NK

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sono efficaci nell uccisione di cellule tumorali e di cellule infettate dai irus, che esprimono assi li elli di MHC di classe I e che pertanto sono resistenti alla lisi da parte dei infociti T citotossici. l Le cellule NK sono pri e di TCR e di BCR (cio l anticorpo di mem rana del linfoc B che funge da ita recettore). Rappresentano il 15% dei linfociti circolanti. Non necessitano del timo per lo s iluppo . Fun ioni: Le cellule NK fanno parte della difesa immunitaria innata e sono capaci di agire rapidamente. Esse sono la prima linea di difesa contro le infezioni irali e hanno un ruolo in determinate infezioni atteriche. Esse possono uccidere direttamente le cellule infettate dai irus. Sono state definite le molecole recettoriali che le cellule NK usano per distinguere fra le cellule intatte e le cellule infette o alterate. Alcuni di questi recettori rispondono alla diminuita espressione dell MHC di classe I su una cellula infettata o su una cellula tumorale. Le cellule NK producono IFN , che ha numerosi effetti nati e anti irali diretti, stimola l atti it citotossica delle cellule T e dei macrofagi e spinge le cellule T a differenziarsi in TH1. I recettori sulla mem rana di una cellul NK hanno un ruolo critico importante a nel determinare se la cellula ersaglio a cui la cellula NK legata err uccisa o no. Recettori itori ini impediscono alla cellula NK di distruggere la cellula ersaglio. Le cellule NK sono atti ate in risposta all citochine prodotte in seguito all infezione da altrecellule e dell immunit innata come ad esempio IL-2 e IL-12 prodotta dai macrofagi e dalle cellule dendritiche. Le cellule NK sono inoltre stimolate a differenziarsi ed a di enire atti ate in risposta al IFN- , l prodotto dalle cellule T e da altre NK. Le cellule NK, analogamente alle cellule citotossiche T CD8+, uccidono mediante perforine, granzimi eTumor Necrosis Factor (TNF). In seguito al legame delle cellule NK a ersagli non ancora defi iti, la citotossicit rapida, si compie nell arco di un paio d ore. n
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CAPITOLO 4:

ORGANI E TESSUTI DEL

SISTEMA IMMUNITARIO

I ari tipi cellulari che fanno parte del sistema immunitario sono distri uiti in tutto l organismo ma sono maggiormente concentrati negli organi e nei tessuti che sostengono lo s iluppo delle cellule immuni e che fa oriscono il loro funzionamento. In gene rale, gli organi e i tessuti del sistema immunitario engono classificati in relazione al ruolo che essi s olgono nella risposta immunitaria. Si riconoscono gliorgani linfoidi primari, che sono quelli nei quali a iene lo s iluppo delle cellule del sistema immunitario, e che nei mammiferi comprendono ilmidollo osseo e il timo. Ci sono poi gli organi linfoidi econdari, do e si realizzano le funzioni delle cellule del compartimento linfoide in quanto iene fa orita al massimo la pro a ilit che queste cell le incontrino l antigene u specifico. Gli organi linfoidi secondari, che comprendono lamilza e i linfonodi, hanno anche la caratteristica di essere interconnessi dal sistema circolatorio del sangue e della linfa. Le cellule del sistema immunitario si muo ono continuamente attra erso il corpo tramite questi due sistemi circolatori, pattugliando in questa maniera i tessuti alla ricerca dei segni di infezione. Gli antigeni estranei all organismo
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possono anche essi essere trasportati lungo questi sistemi, potendo cos raggiungere e attraversare gli organi linfoidi secondari.

Organi linfoidi generativi:


Sono quelli che producono le cellule ematopoietiche che sono coinvolte nelle difese dell ospite. Nella maggior parte dei mammiferi questi sono rappresentati dal midollo osseo e dal timo.

Il Midollo osseo:
Il midollo osseo rappresenta, nei mammiferi adulti, la pi importante fonte di cellule ematopoietiche. un tessuto contenuto nei compartimenti interni dell osso, in particolare ossa piatte. Le cellule ematopoietiche si originano da una cellula staminale indifferenziata da cui deriva una progenie che in grado di dare origine a tutte le linee ematopoietiche. Una volta che le cellule ematopoietiche si differenziano in leucociti maturi, questi escono dal compartimento ematopoietico e infine escono dal midollo attraverso la vena centrale.

Il Timo:
I linfociti T non completano il loro processo maturativo nel midollo osseo ma, in forma di precursori, escono dal midollo osseo e migrano nel timo, che rappresenta infatti un importante sede per la crescita e la maturazione dei linfociti T. Quando i precursori dei linfociti T entrano nel timi essi non sono funzionalmente competenti, cio non sono in grado di determinare una risposta immunitaria. Essi, infatti, non esprimono il complesso recettoriale delle cellule T (TCR) o altre molecole accessorie, come CD4 e CD8 che sono invece presenti nelle cellule T mature e funzionalmente competenti. Una volta all interno del timo i precursori linfoidi T (timociti) vanno inc ontro ad un processo di selezione in cui pi del 90% di essi destinato ad essere eliminato. Solo una piccola percentuale dei timociti giunti nel timo vengono stimolati a proliferare, a differenziarsi e quindi lasciare il timo in qualit di linfociti T maturi. Il processo di selezione timica, comprende: 1. Una fase di selezione positiva di quei linfociti T che sono in grado di riconoscere antigeni estranei in associazione con molecole codificate dal complesso maggiore di istocompatibilit (MHC) 2. Una fase di selezione negativa, di quei linfociti T che si legano con alta avidit agli antigeni propri (in associazione a molecole MHC). Il processo di selezione positiva assicura che i linfociti che alla fine emergono dal timo siano in grado di riconoscere l antigene in associazione alle molecole codificate dall MHC. Il processo di selezione negativa elimina cloni di linfociti T potenzialmente autoreattivi che possono potenzialmente causare malattie autoimmuni. I timociti che non vengono coinvolti n nella selezione positiva n in quella negativa vanno invece incontro ad una morte per apoptosi. Il timo localizzato nel mediastino anteriore, vicino alla base del collo. Istologicamente il timo presenta una regione esterna, caratterizzata da un abbondante presenza di linfociti, detta corticale ed una regione interna molto meno popolata da cellule detta midollare. I precursori linfoidi T entrano nel timo sotto la capsula timica, nella parte pi superficiale delle corticale. Questi timociti primitivi, proliferano attivamente. Alcuni di questi precursori proliferanti vengono a contatto con un tipo specializzato di cellule epiteliali, le cosiddette cellule balia . I contatti con le cellule balia promuovono la proliferazione e le differenziazione di almeno alcune delle cellule progenitrici T. Nel corso della loro 26

proliferazione i timociti si differenziano, acquisendo nuovi marcatori di superficie, in particolare il complesso TCR, le molecole CD4 e CD8. Contemporaneamente, mentre si stanno differenziando, essi migrano in profondit verso la giunzione cortico-midollare. In aggiunta alle cellule timiche balia , il timo contiene anche cellule dendritiche e macrofagi, derivati dal midollo osseo. Mediante il contatto con tali cellule, i timociti, che si stanno differenziando, incontrano una serie di antigeni propri in associazione con prodotti dei geni MHC. Questi diversi antigeni propri forniscono segnali stimolatori per un ulteriore crescita e differenziazione dei timociti, o, in alternativa, segnali inibitori che portano all apoptosi degli stessi.

Anatomia della risposta immunitaria: Ricircolazione linfocitaria:


I linfociti ricircolano continuamente attraverso l organismo seguendo strade ben definite dal sangue verso gli organi linfoidi. Questa modalit di circolo permette ai linfociti di pattugliare la loro area per rilevare la presenza di antigeni estranei. I linfociti entrano nei linfonodi e nel tessuto linfoide associato alle mucose (MALT) in corrispondenza di letti vascolari specializzati detti venule post-capillari. In un linfonodo a riposo, non sottoposto a stimolo antigenetico, entrano molti meno linfociti rispetto a uno che si trova in uno stato infiammatorio. Quando avviene una stimolazione antigenetica, il ritmo di entrata delle cellule aumenta considerevolmente. I linfociti risiedono nei tessuti linfoidi per periodi di tempo variabili, la cui durata dipende principalmente dal fatto di venire o meno attivati dall antigene. Se i linfociti vergini, vengono attivati in seguito all incontro con l antigene di un organo linfoide, essi vengono trattenuti in sede e proliferano. Se non vengono attivati, questi linfociti escono dal linfonodo, attraverso la midollare, per raggiungere i vasi linfatici efferenti. Alla fine rientrano nel circolo sistemico attraverso il dotto toracico, e ricomincia un nuovo ciclo.

Centri germinativi:
Dopo che le appropriate interazioni cellulari hanno avuto luogo, i linfociti migrano in microambienti specializzati che si trovano negli organi linfoidi periferici che sostengono la loro differenziazione. Questi microambienti sono i centri germinativi, detti anche follicoli secondari, che infatti derivano dai follicoli primari dopo stimolazione antigenetica dei linfociti. I follicoli primari sono presenti in tutti gli organi o tessuti linfoidi periferici: milza, linfonodi, placche di Peyer e MALT. I follicoli primari contengono un pool di linfociti B ricircolanti. La maggior parte di questi linfociti esprimono le immunoglobuline di superficie M (IgM). Le cellule dendritiche follicolari (CDF) rappresentano un altro importante tipo cellulare presente nei follicoli, ed sono dotate della capacit di captare gli antigeni tramite recettori di tipo immunoglobulinico presenti su caratteristiche estroflessioni citoplasmatiche di tipo dendritico. Questi recettori catturano gli antigeni formando immunocomplessi, espondendoli per mesi o anni. Le CDF, quindi, agiscono da trappola antigenetica concentrando antigeni per una presentazione continua ai linfociti B follicolari, sostenendo la differenziazione dei linfociti B in cellule della memoria e plasmacellule. In seguito all esposizione dell antigene immunogenetico, i follicoli primari vanno incontro ad una trasformazione: i piccoli linfociti B non attivati, localizzati nel follicolo primario, sono spostati verso la periferia, mentre la regione centrale del follicolo diviene un centro germinativo detto anche follicolo secondario. I centri germinativi sono siti importanti per la differenziazione del linfociti B. L attivazione iniziale dei linfociti B avviene probabilmente al di fuori dei centri germinativi. I linfociti B attivati dunque migrano verso un follico lo primario e vanno incontro ad espansione colonale. 27

Organi linfoidi periferici:


La milza e i linfonodi sono i siti principali per l inizio della maggior parte delle risposte immunitarie primarie. In generale, i linfonodi drenano specifiche regionianatomiche del corpo, mentre la milza la sede delle risposte immunitarie nei confronti di agenti patogeni eicolati dal sangue. Entram i gli organi contengono regioni ricche di linfociti T e B, inclusi i centri germinati i ed entram i sono in grado di produrre tipologie di risposta umorale e cellulare simili.

La mil a:
La milza possiede due funzioni principali. Ser e da arriera filtrante, depurando il sangue da agenti patogeni e cellule morenti o danneggiate questa funzione di filtrazione, a iene nell polpa rossa. La a polpa ianca, in ece funziona da importante organo immunologico. Se un agente patogeno, ad esempio un atterio, entra in circolo esso err rimosso nella polpa rossa, mentre la risposta immunitaria dell ospite err organizzata nella polpa ianca. I linfociti si aggregano attorno alle arteriole centrali formando manicotti detti guaine linfoidi. La polpa rossa la componente ascolare pi distale della milza e forma un confine indistinto con la zona marginale (zona ricca di capillari ch compresa tra e polpa ianca e rossa). Comprende una asta serie di capillari filtranti che si anastomizzano tra loro e con ergono nella ena splenica. Le superfici filtranti sono ricoperte da cellule reticolari (fi ro lasti e ) macrofagi. Come la zona marginale, la polpa rossa possiede la capacit di rimuo ere dal circolo ematico agenti patogeni e cellule morenti o danneggiate. Il sangue filtrato esce dalla milza attra erso le ene spleniche presenti nell ilo.

I linfonodi:
La linfa deri a dalla filtrazione del plasma e pu contenere cellule mononucleate. I linfatici sono asi a parete sottile che con ergono mano a mano che si a icinano al cuore, trasportando la linfa e immettendola nel circuito ematico. I asi linfatici originano al di sotto delle superfici degli epiteli, con ergono e alla fine confluiscono nel dotto toracico che si getta nelle grandi ene alla ase del collo. I linfonodi sono interposti in posizioni strategiche lungo questa ia, costringendo la linfa che origina da una specificaregione anatomica a passare attra erso il linfonodo stesso. I linfonodi consistono in un insieme organizzato di linfociti e cellule accessorie concentrate in un area fornita di capsula. Essi si tro ano in arie regioni del corpo. I linfonodi setacciano lalinfa mano a mano che essa passa attra erso di essi per portarsi al dotto toracico, controllandola continuamente alla ricerca della presenza di antigeni estranei o agenti i patogeni. I linfonodi sono un sito di con ergenza di due sistemi circolatori distint e non so rapposti: quello sanguigno e quello linfatico. In una risposta immunitaria primaria, l antigene giunge di solito attra erso la linfa, mentre i linfociti T ergini arri ano dal torrente circolatorio. L antigene iene trasportato nella linfa sottoforma di proteina solu ile o iene eicolato da cellule mononucleate 28

(linfociti, monociti-macrofagi) dopo essere stato internalizzato. I linfonodi sono organizzati in aree B e T distinte. I follicoli sono principalmente, anche se non esclusi amente, una re gione linfocitaria B. Come isto in precedenza sono siti di formazione dei centri germinati i. I linfociti T si tro ano tra i follicoli, nella regione interfollicolare del linfonodo, do e sono presenti anche delle cellule dendritiche che esprimono molecole MHC di classe II sulla superficie, e sono importanti per la presentazione dell antigene a linfociti T CD4+.

Il MALT:
Le superfici mucose del tratto gastrointestinale, respiratorio e urogenitale posseggono un proprio sistema immunitario, adatto alle proprie esigenze funzionali, denominato MALT. Il tessuto linfoide associato alle mucose strutturato per proteggere contro l in asione di microrganismi che possono penetrare in un area piuttosto asta. Il MALT composto da tre componenti: la arriera muc osa (ri estimenti epiteliali ari), il tessuto linfoide organizzato e disperso lungo il canale alimentare (placche di Peyer, tonsille, appendice) e le cellule linfoidi disperse negli epiteli delle lamine proprie dei tessuti. Il MALT esegue la sua funzionedi difesa in parte attra erso la produzione di anticorpi di tipo IgA.

CAPITOLO 5: IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO


Il sistema del complemento, costituito da numerose proteine plasmatiche indipendenti, indicate come componenti del C , sono state scoperte dal franceseJules Bordet. Queste proteine s olgono molteplici funzioni sia nell immunit innata che acquisita. Tali funzioni comprendono la distruzione diretta di cellule estranee e la regolazione di differenti meccanismi effettori della risposta immunitaria. La funzione attericida e citolitica del complemento richiede la formazione di ampi pori (chiamati complesso di attacco alla membrana o MAC) nella mem rana della cellula ersaglio, causando l alterazione di tutti i gradienti chim Nella gran ici. parte delle cellule questo determina un influsso massi o di acqua e una lisi cellulare quasi immediata. La funzione immunoregolatoria richiede oltre alle stesse proteine complementari, la partecipazione di una famiglia di loro recettori, espressi su molteplici tipi cellulari dell organismo. Molti di questi recettori legano specificatamente alcuni frammenti proteolitici delle proteine complementari, generati durante il processo di atti azione del complemento. Gli effetti iologici del legame delle proteine complementari ai loro recettori sono principalmente: chemiotassi (attrazione chimica) delle cellule immunitarie, regolazione della permea ilit asale, opsonizzazione e l atti azione dei linfociti.

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Le proteine del complemento:


Le proteine complementari possono essere suddivise in tre ampi gruppi. Il primo gruppo comprende le proteine complementari del siero, che reagiscono con i componenti estranei sia in modo anticorpo dipendente che indipendente. La maggior parte delle proteine di questo gruppo sono denominate con la lettera C ed un numero. Sfortunatamente, i numeri sequenziali attribuiti alle proteine complementari (C1, C2, C3) non corrispondono alla loro reale sequenza di reclutamento durante l attivazione complementare, in quanto esse sono state identificate e denominate prima dell esatta comprensione della via di attivazione biochimica del complemento. Le proteine della sequenza di attivazione complementare sono coinvolte in una serie di fasi ben delineate che portano alla generazione di forme attive di ogni componente complementare, man mano che si procede nell attivazione. Ogni proteina della sequenza di attivazione definita zimogeno o proenzima (ovvero un enzima che normalmente presente nella forma di precursore inattivo). L attivazione di ogni zimogeno richiede la sua proteolisi per la rimozione di un piccolo frammento inibitorio. Generalmente questi frammenti proteolitici (prodotti di degradazione) sono definiti in base al frammento originale da cui derivano, seguiti dalle lettere minuscole a o b (ad es. le degradazione del C3 d origine ai frammenti C3a e C3b). Per convenzione il frammento pi grande, che acquista attivit enzimatica dopo la degradazione, denominato frammento b , mentre quello pi piccolo, che di solito d iffonde nel mezzo, denominato frammento a . In questo caso fa eccezione la proteina C2, dove la nomenclatura invertita. La sequenza di attivazione complementare pu essere considerata una reazione a catena in cui ogni componente scisso ed attivato dal componente precedente e, una volta attivo, acquista la capacit di scindere e quindi attivare quello successivo. Questa reazione a catena porta all attacco covalente del prodotto di degradazione complementare noto come C3b su un componente estraneo (fissazione del complemento) ed infine alla formazione del MAC (che comprende le proteine C5b, C6, C7, C8 e C9). Il secondo gruppo di proteine complementari costituito da proteine regolatorie presenti nel siero. Esse proteggono queste cellule da danni eventuali ed accidentali. Queste proteine inibiscono fasi della sequenza di attivazione complementare e possono essere pertanto considerate coinvolte in essa. Il terzo gruppo di proteine comprende i recettori che legano i prodotti derivati dall attivazione complementare e le cellule dell organismo, partecipando alle risposte infiammatorie ed immunitarie. L interazione dei vari componenti del sistema del complemento gioca un ruolo chiave nell assicurare che si verifichi il minor danno possibile all organismo quando il sistema del complemento attivato.

L attivazione del complemento:


Il sistema del complemento organizzato in modo tale da reclutare un ampio numero di meccanismi effettori immunitari quando riconosce tessuti infetti o danneggiati. Tuttora, sono conosciute tre vie di attivazione del complemento: la via classica, la via alternativa e la via lectinica. La via alternativa e quella lectinica sono considerate parte del sistema immunitario innato e le pi antiche dal punto di vista evoluzionistico. Tuttavia, la prima ad essere stata descritta stata la via classica, che si basa sull interazione altamente specifica tra gli anticorpi dell organismo con gli antigeni delle cellule bersaglio per indirizzare efficacemente l attivazione del complemento su cellule e tessuti estranei. Per svolgere questa funzione, il sistema del complemento deve essere in grado di distinguere i tessuti sani propri dell organismo da quelli estranei danneggiati. Una volta attivato il sistema del complemento marca quest ultimi per la distruzione operata da effettori cellulari del sistema immunitario. Questa marcatura avviene grazie all attacco covalente del prodotto di degradazione complementare C3b 30

all organismo o tessuto che ha determinato l atti azione del complemento.Una seconda ed importante funzione del C3 quella di fungere da e ento cruciale di iniziazione per la successi a formazione del MAC sulle mem rane delle cellule ersaglio. Data l importanza del C3 , il sistema immunitario ha s iluppato pertanto molteplici meccanis per la generazione di questo prodotto di degradazione. mi L atti azione del complemento assume nei meccanismi di difesa antimicro ica un grande significato per arie ragioni, di cui le principali sono le seguenti: a) I prodotti terminali dell atti azione, formanti il cosiddetto complesso d attacco MAC, inducono la lisi dei atteri, dei irus o di complessi immuni. ) Alcune componenti agiscono da opsonine, cio fissandosi sulla superficie, facilitano la ni. fagocitosi dei microrganismi, dei irus o dei complessi immu c) I frammenti, che non partecipano alla cascata enzimatica, contri uiscono ad innescare ed ampliare la reazione infiammatoria, in corrispondenza del focolaio in cui sono annidati i micro i. Tra questi C3a e C5a agiscono daanafilotossine, cio inducono la degranulazione dei mastociti mentre altre agiscono da fattori chemiotattici.

Attiva ione per via cla ica:


I principali atti atori della ia classica sono icomple i immuni antigene-anticorpo. Gli antigeni possono essere sia molecole li ere, che inte grate nelle strutture superficiali di cellule micro iche o eucariotiche o anche irus. Gli anticorpi, complessati ai relati i antigeni, appartengono ad alcune sottoclassi delle IgG o IgM. 1. Il primo componente del complemento il C1, che un complesso plurimolecolare molto sta ile presente nel plasma. Esso costituito da tre su unit che sono C1q, C1r e C1s, riunite tra loro da legami, che richiedono la presenza di Ca2+. 2. Il C1 riconosce, a mezzo della sua porzione C1q, i frammenti Fc degli anticorpi, aggregati con i loro frammenti Fa all antigene, ed interagisce con essi. 3. In seguito a tale interazione il C1r modifica la sua conformazione, acquisendo atti it enzimatica (serina-esterasi), ed atti a il C1s, facendo acquisire anche ad esso atti it serina-esterasica.
55

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4. Il C1s atti ato cli a (spezza) il C4 in due frammenti (C4a e C4b), dei quali il C4a rimane libero mentre il C4b si adsorbe sul C2 in modo tale da renderlo suscettibile all azione enzimatica di C1s, che lo cli a in due frammenti: C2a e C2b. Mentre C2b si perde nel plasma, permane il complesso C b2a, che fornito di atti it enzimatica sul C3, per cui definitoC3 converta i.
7 6

5. Questa C3 con ertasi si fissa sulla superficie delle cellule bersaglio ed in questa sede che essa cli a il C3 in due frammenti C3a e C3b. Il frammento C3a iene liberato e non prende pi parte all ulteriore decorso della cascata enzimatica, ma partecipa alla concomita te reazione n infiammatoria, agendo da fattore chemiotattico, che richiama sul posto i leucociti. Il C3b, interagisce sempre sulla membrana (cellulare o microbica) con la C3 con ertasi (C4b2a) formando un complesso trimolecolareC b2a3b che acquisisce una nuo a atti it enzimatica, quella della C converta i.
8 @ 9

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6. Il C5 iene cli ato da questo enzima in due frammenti C5a, rilasciato in fase liquida, e C5b che rimane adeso alla membrana, legandosi anche a C6 ed a C7 co formazione del complesso n C5b-6-7 che iene poi legato da una molecola di C8.

7. Il complesso che risulta C5b-6-7-8 attacca l ultimo componente della cascata complementare, il C9 che un monomero. Molte molecole di C9 engono assemblate con formazione di un polimero a forma di anello, il cosiddetto MAC (Membrane Attack Complex), che costituisce nel contesto della parete delle cellule bersaglio una specie di anello che delimita un poro che forma un canale transmembranaceo.

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Attra erso i numerosi pori, che si sono cos formati nella membrana cellulare ioni Na+ e K+ ed acqua penetrano all interno della cellula, che a incontro a morte per lisi. Il MAC anche atti o sull in olucro di alcuni irus e sulle cellule dello stesso organismo.

ia alternativa:
La ia alternati a pu essere innescata da stimoli che prescindono alla presenza di anticorpi, questa capacit imputabile all instabilit intrinseca del componente complementare C3 che pu andare incontro ad atti azione spontanea. Se tale atti azione del C3 a iene in prossimit di una appropriata superficie come una membrana biologica, il frammento atti o si lega co alentemente ad essa. La cascata enzimatica della ia alternati ainizia infatti direttamente con il coin olgimento di C3. I frammenti di C3 atti ato (C3i) in questo modo sono in grado di legare un componente complementare denominato fattore B. Si forma cos il complesso C3iB. Il fattore B, presente nel complesso, iene attaccato da un altro fattore complementare, dettofattore D, questo attacco produce la lisi del fattore B in due frammenti Ba e Bb, dei quali il primo si stacca ed il secondo imane adeso al complesso, che in r conseguenza di ci di enta C3iBb, assumendo l atti it di C3 con ertasi alternati a. Il destino della C3 con ertasi alternati a deciso dall atti it relati a di altri due componenti complementari: il fattore H e la properdina. Il fattore H pu legare e dissociare la C3 con ertasi, alternati amente la properdina pu legare e stabilizzare la C3 con ertasi, permettendo le fasi successi e dell atti azione. 34

La C3 con ertasi lega un altra molecola di C3. Il componente Bb della C3 con ertasi in grado di legare e tagliare molte molecole di C3, molte delle quali si legano direttamente alla superficie antigenica. Una piccola frazione del C3 tagliato dal complesso C3 con ertasi si associa con esso per formare il complesso C3iBb che -3b possiede atti it di C5 con ertasi alternati a, funzionalmente analoga a quella della ia classica. Noti atti atori del complemento ai siti di danno o di infezione sono gli acidi nucleici, le proteine denaturate, i tessuti danneggiati ed i complessi antigene -anticorpo.

ia lectinica:
Premessa: Le lectine sono una famiglia di proteine che sono altamente specifiche per determinati zuccheri. Svolgono un importante ruolo biologico nel processo di ricono scimento delle proteine cellulari. Per esempio alcuni virus utilizzano le lectine per riconoscere e legarsi alle strutture di carboidrati delle membrane cellulari dell'organi mo ospite nel processo s infettivo. MBL o proteina legante il La ia della lectina prende inizio dal legame di una proteina chiamata mannosio, con residui di mannosio o N -acetilglocusamina presenti su superficicellulari estranee come i microbi (i carboidrati di membrana dei mammiferi di solito sono pri i di strutture ricche in mannosio). La MBL trutturalmente collegata al C q e quindi molto simile, iene a legarsi
B A

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specificatamente con il mannosio, e quindi pu legars a molti patogeni. La differenza fondamentale i consiste nel fatto che si tratta di una ia di atti azione a partenza da uno zucc ero, piuttosto che da un fattore complementare. La proteina MBL presente in basse concentrazioni nel plasma normale di molti indi idui, iene prodotta dal fegato. Analogamente al C1q della ia classica la MBL possiede 6 estremit che formano un complesso con due proteasi zimogene, la MASP-1 e la MASP-2 rispetti amente omologhi del C1r e del C1s. si iene cos a costituire un complesso formato da mannosio-lectina-MASP1-MASP2. Le MASP1 e MASP-2 quando engono atti ate portano al cli aggio del C4 e del C2, con la formazione della C3-converta i, proprio come nella ia classica, ed anche gli e enti che si susseguono sono gli stessi. definiti a la ia lectinica In una ia molto simile alla ia classica, con la differenza che la ia classica parte dal C1(qr-s), la ia lectinica parte dal legame mannosio-lectina. Il deficit del complesso mannosio-lectina porta ad un incremento delle infezioni, soprattutto nella prima infanzia. Logico perch nelle prime fasi di ita il bambino non fa anticorpi, se non quei pochi che la madre gli passa.
D C

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Le funzioni del complemento:


L attivazione del complemento, che porta all ultimo alla formazione del MAC sulla superficie di un attivatore, costituisce una delle funzioni principali del sistema del complemento. Tuttavia esistono molti altri eventi consequenziali all attivazione del complemento, rilevanti per la risposta immunitaria. Molti di essi sono dovuti all interazione dei vari prodotti di degradazione del complemento con i recettori proteici espressi sulle superfici di moltissimi elementi cellulari del sistema immunitario.

I recettori del complemento:


Grazie alle loro interazioni con i prodotti di degradazione del complemento, i recettori del complemento utilizzano i prodotti proteolitici derivati dall attivazione complementare per regolare molteplici funzioni chiave della risposta immunitaria. Tabella riassuntiva dei principali recettori del complemento e delle loro funzioni:

Recettore Frammento legato


C3b

Funzione

Cellule che esprimono il recettore


Neutrofili, monociti, macrofagi, eosinofili, linfociti B e T, eritrociti

CR1

un recettore di superficie per il C3b, promuove la fagocitosi di immunocomplessi contenenti il complemento. In qualit di regolatore dell attivazione complementare, il CR1 riduce l attivazione complementare sulle cellule ospiti in quanto partecipa al taglio proteolitico del C3b operato dal fattore I (vedi dopo regolazione del complemento). Legano forme inattivate del C3b che rimangono adese alla superficie patogena. Similmente a molti altri componenti del complemento, il C3b sottoposto a meccanismi di regolazione e pu essere clivato in derivati che non possono formare una convertasi attiva. Uno dei derivati inattivi del C3b, denominato iC3b attacca come una opsonina e si lega al recettore CR2 o CR3, e questo legame sufficiente a stimolare la fagocitosi. Lega il frammento solubile C5a prodotto durante il taglio del C5 da parte della C5 convertasi. Questo legame responsabile degli effetti biologici prodotti dall anafilotossina C5a, tra cui la chemiotassi e la degranulazione delle cellule mieloidi.

CR2 CR3

iC3b

Linfociti B, monociti, macrofagi, neutrofili, cellule NK

C5aR

C5a

Mastociti, basofili, monociti, macrofagi, neutrofili

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Opsonizzazione: L opsonizzazione un termine di ampio significato con cui ci si riferisce all aumento della fagocitosi che si verifica quando corpi estranei vengono ricoperti da proteine dell organismo. Le opsonine del siero comprendono gli anticorpi e le proteine del complemento. I fagociti dell organismo, come i neutrofili ed i macrofagi, presentano dei recettori proteici sulla loro superficie che riconoscono in modo specifico parti della molecola anticorpale (recettori per Fc), i frammenti del complemento (recettori per il C3). L ingaggio di questi recettori da parte dei rispettivi ligandi, genera segnali di attivazione per la cellula, a cui il materiale opsonizzato legato, permettendone l ingestione. Gli anticorpi sono fermamente saldati a bersagli estranei e danneggiati, grazie ai loro siti di legame ad alta affinit per l antigene ingaggiato. Il processo con cui il complemento si fissa a tali complessi antigeneanticorpo viene definito fissazione del complemento. La capacit di legarsi covalentemente al bersaglio una propriet importante per la fissazione del complemento (C3). La chemiotassi e l attivazione cellulare: Durante la cascata complementare oltre ai frammenti grandi, durante i vari clivaggi si generano i frammenti piccoli, alcuni dei quali svolgono importanti funzioni. Di questi frammenti quelli importanti sono il C3a, il C4a ed il C5a, e sono collettivamente noti come anafilotossine, in quanto hanno la propriet di indurre la degranulazione dei mastociti che tipica delle reazioni anafilattiche. Ognuno di questi peptidi in grado di determinare in cellule muscolari lisce rilassamento o contrazione, ci dipende dalla dose di peptide. In un sito infiammatorio l effetto finale netto la vasodilatazione con l aumento del flusso ematico locale. Aumenta, inoltre, la permeabilit capillare ed i mastociti rilasciano istamina. Il C5a induce l espressione dei recettori di membrana che mediano l opsonizzazione, come il CR1 e il CR3, sui neutrofili che, nei siti infiammatori, possono inglobare il materiale opsonizzato. Per quanto riguarda i monociti ed i macrofagi, il C5a induce anche la produzione di citochine proinfiammatorie con l ulteriore amplificazione del processo e dell infiltrato infiammatorio.

La regolazione dell attivazione del complemento:


Alcune fasi della cascata complementare hanno le caratteristiche di un sistema di amplificazione; il complemento, pertanto, presenta una intrinseca predisposizione ad un attivazione incontrollata. Dato che i prodotti dell attivazione complementare inducono permeabilit vascolare e risposte infiammatorie generalizzate e possono permeabilizzare le membrane biologiche, le conseguenze di una eventuale attivazione complementare incontrollata potrebbero essere disastrose per l ospite. L attivazione del complemento regolata a differenti livelli per assicurare che essa si verifichi solo in opportune circostanze. Proteine regolatorie del complemento: Partendo dalla prima proteina complementare, il C1 viene inibito da un C1 inibitore (C1-inh) con un meccanismo molecolare molto semplice: il C1 in condizioni normali si trova gi inibito dal C1 -inh. In seguito ad interazione antigene-anicorpo, la quale come sappiamo scatena la via classica, il fattore C1 inibitore viene portato via, il C1 libero quindi si attiva. Quan do C1-inh non presente insorge una malattia molto grave, mortale, che prende il nome di angioedema ereditario di Quinke, con formazione di edemi e rigonfiamenti ripetuti in vari tessuti dovuti a reazioni incontrollate del complemento. Il passaggio successivo a C1 nella via classica l attivazione di C4. Il C4b a sua volta, cio il fattore che deriva dal clivaggio di C4, viene legato a un cofattore chiamato C4 binding protein 38

(C4BP), il quale costituisce uno dei regolatori della via classica e della fase fluida, la sua funzione quella di dissociare la C3 convertasi. Il C3b invece, continuando con i fattori che seguono nell attivazione del complemento, viene regolato da varie proteine, tra le quali ricordiamo il fattore B e il fattore D, proteine che portano alla produzione di C3; ci sono inoltre altre proteine che invece inibiscono il C3, che sono il fattore H che accelera il decadimento della C3 convertasi e il fattore I che inattiva il C3b. Tra le molecole della membrana cellulare dell ospite che regolano il complemento c il cosiddetto DAF e il CR1, due fattori che promuovono la dissociazione della convertasi, cos facendo bloccano la formazione dell enzima C3 convertasi. Quando il DAF non funziona si ha quella malattia che prende il nome di emoglobinuria parossistica notturna, caratterizzata da episodi di emolisi; in condizioni normali infatti il C3, che presente sulla superficie dei globuli rossi, bloccato dal DAF. In caso contrario l eccessivo C3 libero porta alla formazione di pori sulle membrane degli eritrociti.

Ruolo del complemento nelle malattie:


Il ruolo primario del sistema del complemento quello di neutralizzare e distruggere gli organismi patogeni. Tuttavia possono insorgere dei quadri patologici associati al complemento: 1. Biocompatibilit e shock y Shock anafilattico y Reazione post-trapianto. Il trapianto sempre un evento traumatico in quanto si parla di un corpo estraneo, e una volta che il complemento viene a contatto con cellule estranee, tende a non riconoscerle. y Reazioni infiammatorie al catetere y Reazione infiammatoria al by-pass

2. Reazioni dermatologiche autoimmuni y Malattie autoimmuni a carattere dermatologico, come le connettiviti autoimmuni 3. Sindromi neurologiche y Miastenia, lupus cerebrale, sclerosi multipla 4. Patologie ai reni Ci sono batteri che si oppongono all attivazione del complemento, si sono evoluti mettendo in atto particolari strategie: Salmonella: Blocca il C3. Escherichia coli: Interferisce con le ultime fasi complementari, C8 e C9, quindi blocca la formazione del MAC. Pseudomonas: Taglia il frammento C1q.

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PARTE II
GLI ANTICORPI

CAPITOLO 6: GLI ANTICORPI


Gli anticorpi, o immunoglobuline, sono glicoproteine multimeriche che possono essere espresse come immunoglobuline di membrana oppure essere secrete in forma solubile. Le immunoglobuline di membrana caratterizzano la popolazione dei linfociti B e costituiscono il componente antigene-specifico del complesso recettoriale. Il recettore per l antigene dei linfociti B interagendo con l antigene promuo e l atti azione dei linfociti B durante la risposta immunitaria e consente l internalizzazione dell antigene che iene poi processato e presentato ai linfociti T. Gli anticorpi secre circolano nel sangue e sono presenti nelle secrezioni do e ti s olgono la funzione di effettori dell immunit umorale riconoscendo ed eliminando gli antigeni estranei presenti in circolo. L eliminazione dell antigene richiede spesso l inter ento di altri componenti presenti nel siero, tra cui il complemento ed i fagociti. Gli anticorpi rappresentano quindi gli effettori specifici della risposta immunitaria adatti a umorale. Gli anticorpi sono caratterizzati da un enorme eterogenicit strutturale in quanto possibile generare anticorpi specifici nei confronti di un ampia gamma di sostanze chimiche di erse. D altra parte, poich gli anticorpi s olgono le funzioni effettrici richieste per l eliminazione degli antigeni estranei, anticorpi di ersi de ono possedee anche r caratteristiche strutturali conser ate.

Struttura dell anticorpo:


Tramite elettroforesi, possibile e idenziare il peso di arie proteine del siero, tra cui le globuline, osser ando il diagramma elettroforetico di un soggetto normale sano, notiamo che le proteine sieriche hanno un peso molecolare di erso, per cui migrano in maniera di ersa:

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Tra le frazioni globuliniche, possiamo edere che c un picco nella frazione , queste sono appunto le -globuline, o anticorpi. In generale possiamo dire c gli anticorpi possiedono strutture in comune he con altri anticorpi e strutture di erse, inoltre si di idono in 5 classi. Per quanto riguarda le strutture comuni diciamo che sono costituiti da una coppia di catene pesanti H), e una coppia di catene legger ( e (L). Posseggono un frammento monomericocontenente il sito di legame dell antigene denominatoFab (la parte che si lega all antigene) e un frammento dimerico della regione costante denominatoFc (la parte che si lega o gi legata al linfocita, oaltre cellule del S.I). Nell uomo le classi di anticorpi sono denominate IgA, IgD, IgE, IgG e IgM,caratterizzate da differenze strutturali e funzionali. e Secondo il modello preposto i domini di legame dell antigene, sono costituiti da entrambe le catene H -terminale), mentre il dominio Fc, L, sono localizzati ad un estremit della molecola (quella amino composto dalla sola catena pesante orientato in corrispondenza dell altra estremit (quella carbossi terminale). La regione N-terminale delle catene leggere risulta essere variabile nelle di erse proteine e quindi fu chiamata regione ariabile ( L), mentre la regione C-terminale era molto pi conser ata e fu chiamata regione co tante (CL). Nelle catene pe anti la situazione analoga a quella delle catene leggere. La sequenza del dominio N -terminale risulta essere molto ariabile nelle di erse catene pesanti confrontate tra loro e tale dominio fu pertanto chiamato regione ariabile ( H), il resto della catena era pi conser ato e fu pertanto definito regione costante CH). Le catene sono legate tra ( loro da ponti di olfuro. Le interazioni antigene-anticorpo a engono mediante legami non co alenti e l pertanto sono re ersibili ed entrambe le catene sono coin olte ne legame con l antigene. Mentre i domini delle regioni ariabili sia delle catene pesanti che leggere sono responsabili del riconoscimento antigenico, i domini delle regioni costanti, specialmente quelli delle catene H, sono responsabili delle arie funzioni biologiche delle molecole anticorpali. Inoltre il dominio costante conferisce flessibilit alla molecola mediante una regione definitaregione cerniera (quella nera nell immagine), consentendo alla molecola di torcersi, ruotare e flettersi in maniera diersa a seconda dell isotipo anticorpale fa orendo in tal modo sia la fase di legame dell antigene che l atti it biologica. I recettori per la porzione Fc sono espressi su di ersi tipi cellulari incluse le cellule dell immunit innata quali macrofagi, neutrofili, cellule NK. Il legame dei recettori per l Fc espressi sulla superficie dai fagociti facilita la fagocitosi del complesso. Il legame dei recettori per l Fc delle cellule NK agli anticorpi fissati a una cellula bersaglio, porta alla lisi di tali celule, inducendo la citotossicit cellulare l anticorpo dipendente, che rappresenta un'altra importante funzione effettrice degli anticorpi.
E F E F F

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Poich le principali funzioni degli anticorpi sono s olte dalle forme secrete, essenziale che le cellule capaci di produrre anticorpi, engano opportunamente stimolate nel corso della risposta immunitaria. m Questa funzione s olta dal recettore per l antigene dei linfociti B. Questo co plesso formato da una Ig di membrana e proteine accessorie e s olge almeno duefunzioni. Per prima cosa ser e a selezionare le cellule in base alla loro specificit antigenica ed a fornire un segnale atti atorio dopo il legame con l antigene. Inoltre, l antigene legato iene internalizzato, trasportato negli endosomi, processato ed esposto in membrana associato a molecole MHC di classe II. Questo permette ai linfociti B di presentare l antigene ai linfociti T specifici, garantendo la specificit della risposta e contemporaneamente facilitando l atti azione dei linfociti T.

I determinanti antigenici delle immunoglobuline:


Le immunoglobuline sono glicoproteine e se introdotte in specie di erse engono riconosciute come sostanze estranee e funzionano da potenti immunogeni. Gli anticorpi possono quindi essere utilizzati per stimolare mediante immunizzazione la produzione specifica di anti-anticorpi. Questi hanno permesso di di caratterizzare le di erse classi di anticorpi. Poich gli anticorpi sono glicoproteine complesse, a seconda dei di ersi protocolli di immunizzazione usati, possible indurre una risposta i specifica erso differenti epitopi (o determinanti antigenici). Gli epitopi riconosciuti sono classificati in tre categorie definite i otipo, allotipo e idiotipo e sono localizzati in siti caratteristici dell immunoglobulina. Isotipi anticorpali:
G

I determinanti isotipici sono epitopi localizzati a li ello della regione costante dell anticorpo che permettono di classificare le catene H di una data specie animale in 5 classi (che poi saranno IgG, IgM, IgE, IgD). Tutti gli indi idui di una specie possiedono gli stessi geni per la regione costante ed esprimono nel siero tutti i possibili isotipi e le possibili combinazioni di classi anticorpali di erse. Allotipi:

Sebbene tutti i membri di una data specie ereditino un identico gruppo di geni isotipici, alcuni di questi presentano alleli multipli che riflettono una lie e differenza tra un indi iduo ed un altro. Determinanti idiotipici:

I determinanti idiotipici sono presenti nelle regioni variabili delle molecole anticorpali. Ciascun anticorpo a li ello della combinazione VH-V L contiene pi determinanti o idiotipi che nel loro insieme engono definiti idiotipo. Data la natura clonale della risposta anticorpale, gli anticorpi prodotti in forma secreta o come recettori di membrana dai linfociti B deri atida una stessa cellula esprimeranno lo stesso idiotipo. 42

La classificazione degli anticorpi:


IgM: Le IgM sono il primo isotipo secreto nel corso della risposta immunitaria primaria e sono anche le prime ad essere espresse come immunoglobuline di membrana del linfocita B. Come anticorpi di superficie sono espressi in forma monomerica. In seguito al legame con l antigene ed alla stimolazione da parte di mitogeni o di linfociti T atti ati, i linfociti B di entano linfoblasti, entrano nel ciclo cellulare e si differenziano in plasmacellule, le cellule responsabili della sintesi e secrezionedi enormi quantit di anticorpi di una determinata classe. Nell ambito della progenie deri ata da uno stesso clone alcuni linfociti B continueranno a secernere IgM mentre altre cellule, dopo a er subito lo switch isotipico, inizieranno a sintetizzare e secernere anticorpi dotati della stessa regione ariabile ma di di erse regioni circostanti a li ello della catena pesante. Le IgM rappresentano il 5% delle Ig totali del siero. Le IgM sono secrete dalle plasmacellule in forma polimerica, sono molto efficac nell i atti azione del complemento. IgG: Sono l isotipo pi abbondante nel siero e rappresentano circa l 80% delle immunoglobuline circolanti. Gli anticorpi IgG ad alta affinit possono direttamente inatti are particelle irali e neutralizzare tossine batteriche. Tutta ia gli effetti biologici principali degli anticorpi IgG consistono nella loro capacit di interagire con il complemento ed i recettori Fc espressi su di ersi tipi cellulari. La funzione principaledella IgG quella di atti are la ia classica del complemento tramite l interazione con il C1q. Le IgG possono legare mediante la porzione Fc, recettori specifici per tale regione, che si tro ano sulle membrane di cellule mieloidi potenziando la fagocitosi e fungendo quindi da opsonine. Interagisc ono anche con le cellule NK promuo endo la citotossicit cellulare anticorpo dipendente. IgA: Le IgA rappresentano solo il 10-15% degli anticorpi sierici, ma sono quelle sintetizzate e secrete in quantit pi ele ate rispetto alle altre classi anticorpali. Le IgA sono l isotipo pi abbondante nelle a secrezioni esterne, come lacrime, sali a e bile, l maggior parte di esse sono secrete da plasmacellule preferenzialmente localizzate nel tessuto connetti o situato sotto la membrana basale di molti epiteli. Le IgA secretorie forniscono una prima linea contro gli organismi patogeni che penetrano a li ello delle mucose essendo presenti nel tratto gastrointestinale, a li ello dell apparato respiratorio e nel tratto urogenitale. Il legame delle IgA agli antigenidi superficie dei batteri e irus pre iene ladesione di questi agenti patogeni alle pareti degliepiteli e inibisce cos l infezione irale e la colonizzazione batterica. I complessi formati da IgA e antigeni sono facilmente intrappolati dal muco presente a li ello 43
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delle superfici mucose, e sono successivamente eliminati dalle cellule epiteliali ciliate del tratto respiratorio, o dalla peristalsi intestinale. IgE: Le IgE come le IgA, si trovano principalmente nelle secrezioni mucose respiratorie e gastrointestinali. Nel siero, sono presenti in concentrazioni molto basse. Le IgE interagiscono con le mast-cellule; il legame simultaneo di due molecole di IgE da parte di un allergene pu provocare la degranulazione delle cellule, con il rilascio di mediatori chimici che causano una risposta di tipo allergico. I livelli sierici delle IgE sono elevati nelle malattie atopiche (es. asma allergico o estrinseco, febbre da fieno e dermatite atopica), nelle malattie parassitarie, nel morbo di Hodgkin fase molto avanzata. Le IgE possono svolgere un ruolo positivo nella difesa contro i parassiti. IgD: Le IgD sono presenti nel siero in concentrazioni estremamente basse, ma compaiono anche sulla superficie delle cellule B in via di maturazione e potrebbero svolgere un ruolo importante nella loro crescita e nel loro sviluppo.

CAPITOLO 7: GENETICA MOLECOLARE DELLA DI


ANTICORPALE

ERSIT

Organizzazione dei geni nelle immunoglobuline:


I geni che codificano le immunoglobuline hanno una organizzazione unica. Le catene L e le catene H delle immunoglobuline sono codificate da famiglie multigeniche distinte localizzate su cromosomi differenti. Ognuna di queste famiglie multigeniche consiste di geni che codificano i domini della regione costante, preceduta da un gran numero di geni che formano la regione che codifica per il dominio variabile legante l antigene. Durante la produzione di un gene anticorpale funzionale e completo, questi geni sono fisicamente riarrangiati per formare un singolo esone che codifica il dominio variabile. In altre parole la natura ha risolto questo problema adottando un efficiente sistema di ricombinazione genica, ovvero un processo, casuale, mediante il quale un numero relativamente piccolo di geni viene ricombinato per determinare una variabilit dell'ordine di diversi miliardi di codifiche differenti. La ricombinazione genica un processo che avviene all'interno del linfocita B immaturo e il suo completamento determina la creazione di un linfocita B funzionale. L informazione genetica necessaria per codificare una regione variabile completa contenuta in geni separati. Tre tipi di geni conosciuti come geni V (variabile), D (diversit), e J (giunzione) devono essere riarrangiati perch la regione variabile della catena H e della catena L siano complete.

Meccanismo di assemblaggio dei geni nella regione variabile:


Durante la differenziazione dei linfociti B, l esone codificante il dominio variabile legante l antigen e assemblato a partire dai geni componenti V, D, J, mediante un processo chiamato appunto 44

ricombinazione DJ, per cui il DNA del locus delle immunoglobuline facilmente riarrangiato. Si tratta di un processo a tappe, multifasico, ed un processo ristreto alle cellule linfoidi, che poi t , di enteranno linfociti. Affinch questo sia un processo esclusi o di questo tipo di cellule i sono appunto dei fattori proteici esclusi i di queste cellule, che iniziano questo processo s olgono e . determinate funzioni nel portarlo a anti, o ero trascrizione e/o ricombinazione Questi fattori proteici sono chiamati prodotti del gene attivante la ricombinasi 1 e 2 ma bre emente RAG-1 e RAG-2. , La ricombinasi appunto un enzima necessario alla ricombinazione genica per le catene delle Ig. L introduzione di un gran numero di potenziali ariazioni genetiche durante le fasi della ricombinazione VDJ pu pro edere un grado molto pi ele ato di di ersit del sito legante l antigene. Il meccanismo principale della di ersificazione anticorpale il riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline. Questo meccanismo da luogo ad una di ersit anticorpale uguale al prodotto dei numeri dei geni VDJ.
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Il differenziamento delle cellule B:


Sviluppo antigene dipendente: Il differenziamento delle cellule B un processo finemente regolato che procede attra erso ari stadi e coin olge numerosi riarrangiamenti dei geni delle immunoglobuline che a engono con una ordinata successione ed espressione di prodotti funzionali dei geni delle immunoglobuline. Tale spressione, e 45

risultato di molteplici riarrangiamenti genici andati a buon fine serve a regolare gli eventi evolutivi durante la maturazione delle cellule B. Il differenziamento dei linfociti B inizia allo stadio di pro enitore (pro-B) in cui si verifica il riarrangiamento del gene della catena H delle immunoglobuline. Se questo si svolge nella maniera corretta, il procedimento avanza, e si verifica la successiva espressione di un surrogato della catena L, a questo stadio la cellula B prende il nome di cellula pre-B. Il tutto si svolge dietro ad una serie di stimoli generati da vari ligandi durante il processo maturativo. Successivamente la cellula pre-B, stimolata da diversi segnali attiva la ricombinazione dei geni VDJ, che come conseguenza porta alla formazione di un prodotto proteico, dal quale si determina l assemblaggio di una molecola IgM completa, ancorata alla membrana della cellula B che a questo punto prende il nome di cellula B immatura. A questo punto abbiamo un pool di cellule B che teoricamente sono gi i n grado di interagire con gli antigeni, ma succede che subiscono una selezione negativa, cio gran parte di esse reagiscono con loro stesse, cio sono autoreattive, questo fenomeno induce alla morte di queste per apoptosi, mentre sopravvivono solo quelle non autoreattive, queste quindi possono completare il loro sviluppo. Questo passaggio finale dello sviluppo determinato dalla comparsa sulla membrana dei linfociti B, delle IgD di membrana, in aggiunta alle IgM. I linfociti B maturi, a questo punto, con un recettore immunoglobulinico completo possono migrare negli organi linfoidi periferici (milza, linfonodi, placche di Peyer) nell attesa di incontrare un antigene estraneo.
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Sviluppo antigene dipendente: Il riconoscimento dell antigene da parte di un BCR ( B-Cell-Receptor, o Ig di membrana che funge da recettore per l antigene) indurr l espansione clonale del linfocita B che esprime il recettore specifico per l antigene, cio se un linfocita B maturo, incontra l antigene, e lo lega esprimendo il recettore specifico, questo andr incontro ad una serie di divisioni in cui ogni membro cellulare un clone, specifico per l antigene in questione, e solo per quell antigene. Durante l espansione, il processo di maturazione regola finemente l affinit e la specificit del recettore della cellula B. I linfociti B del clone selezionato si possono differenziare in plasmacellule a breve vita, che sopravvivranno per molti giorni e secerneranno abbondanti quantit di molecole di immunoglobuline solubili. Alcune delle cellule B che derivano dall espansione guidata dall antigene, invece, diventeranno cellule della memoria a lunga vita. Tali cellule della memoria sono in grado di dare inizio rapidamente ad una risposta immunitaria se e quando l organismo ospite sar riesposto allo stesso antigene. Durante questo processo di differenziamento, le cellule B attivate, possono andare incontro ad un altro tipo di riarrangiamento genomico, noto come ricombinazione CS che determina la produzione di isotipi anticorpali IgG, IgA, e IgE. Questo processo ottimizza l efficienza di produzione anticorpale, creando diversi isotipi che mantengono la stessa specificit antigenica dell anticorpo originario, ma possiedono differenti funzioni effettrici.

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Il Networ idiotipico:
Consideriamo un antigene e un anticorpo, l antigene si lega specificatamente al suo anticorpo. L anticorpo una struttura a Y e quindi doppia nella porzione Fab. Se una parte lega l antigene, l altra parte libera, nel senso che potrebbe le gare una altro antigene oppuresi pu legare ad un altro anticorpo. In questo caso il secondo anticorpo, contrapposto al primo, quasi a formare un immagine a specchio, si chiama omocorpo, e questo omocorpo a sua olta si pu andare alegare ad un altro anticorpo e un altro ancora e cos ia. Questa connessione a rete (network) ha arie funzioni: 1. 2. 3. Pu a ere una funzione di amplificazione di risposta con trasmissione di informazione. Amplifica quindi anche il reclutamento di cellule nella maniera pi rapida possibile Effetto opposto che a alle della catena a iene unblocco (adeguamento gaussiano della risposta immunitaria).

CAPITOLO 8: ANTIGENI, ANTIGENICIT E IMMUNOGENICIT


Generalmente si intende la parola antigene come qualcosa che assolutamenteestraneo al nostro corpo e in effetti questo ero per certi ersi, per spesso si tende ad associare il concetto di estraneo con al di fuori del nostro corpo se noi parliamo di batteri, di irus, di sostanze pericolose nell aria o di qualunque altra cosa che dall esterno iene a contatto con il nostro corpo, questa sostanza esterna potrebbe essere rile ata realmente come sostanza antigenica, ma gli antigeni nel senso medico, biologico del termine sono delle strutture ben di erse, hanno delle caratteristiche ben precise, al di fuori delle quali non possono essere considerate antigeni. Possiamo portare un esempio pratico: ci sono molte sostanze che produciamo noi stessi, anche dei cataboliti tossici o qualunque altra sostanza 48

che non viene riconosciuta come facente parte del self, cio del proprio , di noi , dal sistema immunitario, queste sostanze vengono di conseguenza considerate estranee e quindi potenzialmente antigeniche. Il tutto viene a complicarsi di pi quando si parler, dei cosiddetti antigeni di istocompatibilit: questi vengono considerati tali, cio sono indicati con la parola antigeni , pur non essendo assolutamente degli antigeni in senso stretto. Sulla superficie di quasi tutte le nostre cellule, esistono delle proteine di membrana che non sono altro che dei biglietti da visita , delle impronte molecolari, impronte biologiche di ognuno di noi: proprio come le impronte digitali differenziano un individuo dall altro, ci sono allo stesso modo altre strutture che fanno parte di noi e sono assolutamente differenziate per ciascuno di noi. Questa caratteristica permette di chiamare questo sistema MHC (sistema maggiore di istocompatibilit) o antigeni HLA. Questi antigeni prendono questo nome (cio vengono comunque definiti antigeni ) pur facendo parte di noi perch nell eventualit che ad esempio noi dovessimo donare un organo nostro ad una persona che ne ha bisogno, nel momento in cui non c un adeguato riconoscimento di questo organo del donatore da parte del sistema immunitario del ricevente, si ha il fenomeno del rigetto. Il rigetto una cosa molto semplice e complessa allo stesso tempo: il sistema immunitario del ricevente non riconosce come facenti parte del self proprio questi antigeni che si trovano sulla superficie delle cellule dell organo del donatore. In definitiva queste strutture, nel momento in cui si trovano sulla superficie delle cellule di ognuno di noi tutto possono essere tranne che antigene, perch non hanno le caratteristiche antigeniche classiche che andremo a vedere, ma nel momento in cui queste cellule vengono trasportate in un organismo ricevente, tranne che non vi sia una compatibilit, in quel senso diventano antigeni. il sistema immunitario del ricevente le rigetta, le rifiuta come se fossero antigeni. Ecco spiegato perch si chiamano antigeni di istocompatibilit e si capisce inoltre come a tutt oggi il concetto di antigene sicuramente da modulare, da adattare alle circostanze. Definizione di antigene : L antigene una sostanza qualsiasi che, introdotta in un organismo, capace di suscitare una reazione immunologica che si manifesta mediante la produzione di anticorpi. sostanza qualsiasi qualunque sostanza pu essere potenzialmente antigenica, inoltre stato visto pi volte che il concetto di introdotta dall esterno non esatto, perch l antigene potrebbe essere anche nato da noi stessi (es. cellula tumorale). Quindi anche se spesso per comodit di studio si pensa all antigene come al batterio, al virus molto importante ricordare che la parola antigene ha un significato pi ampio. capace di suscitare una reazione immunologica questo il cardine del concetto, infatti non vero che qualunque sostanza capace di suscitare una reazione immunologica o meglio ancora potenzialmente potrebbe farlo, ma queste sostanze sono antigeni quando sono capaci di suscitare una reazione immunologica: infatti vi sono anche sostanze estranee a noi che non sono capaci di suscitare una reazione immunologica. reazione immunologica vuol dire: produzione di qualcosa da parte dell or anismo c e sta subendo il contatto di questa sostanza dove principalmente per questo qualcosa si intendono gli anticorpi, ma non solamente questi. Al concetto di antigene viene anche associato il concetto di antigenicit, con il quale si intende l azione dell antigene, in particolare l antigenicit la capacit di essere riconosciuto dalle strutture specifiche della risposta immune. E chiaro che ci deve essere una corrispondenza di azione e reazione: l azione data dall antigene che esprime la sua antigenicit, capace di suscitare il sistema immunologico, il quale a sua volta risponde, deve dare una risposta. La sequela di questi eventi fondamentale: se non sono sostanze capaci di suscitare la risposta del sistema immunitario e se questo non capace di dare una risposta di un certo tipo, ha senso considerare questa sostanza antigenica. L antigene una molecola che, venendo a contatto con il sistema immunitario, evoca in esso una risposta specifica nei
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suoi confronti. Il termine antigene deriva dalla contrazione di due parole: antibody enerator, ovvero generatore di anticorpi. L antigene ha poi una sorta di sottoclassificazione: Un antigene, quando da solo, riesce a stimolare completamente il sistema immunitario viene definito immuno eno, ovvero generatore di immunologia ed l antigene completo. L aptene invece un antigene incompleto, cio l aptene una sostanza che di per s, cos com , non capace di fare nulla, ma nel momento in cui l aptene viene a legarsi a un carrier, allora in quel caso questa sostanza capace di avere caratteristiche antigeniche, quindi immunogene. Quindi l antigene completo stimola il sistema immunitario, l antigene incompleto non lo stimola, ma pu legarsi ad una sostanza che di solito una proteina (ad es. siero albumina bovina, BSA) che funge da carrier, allora in questo caso pu diventare immunogena e stimolare la produzione di anticorpi. Il concetto di antigenicit non implica dunque quello dell a immunogenicit: L immunogenicit la capacit di un antigene di indurre una risposta immune mediata da linfociti T e B. Quindi anche se valido il discorso della produzione di anticorpi, poich vedremo che il primo atto del sistema immunitario, una volta avvenuto il contatto con l antigene, proprio la produzione di anticorpi vero anche che il sistema immunitario non si ferma l. Il sistema immunitario fa anche altre cose, ovvero comincer a stimolare contestualmente linfociti B e T, a questo proposito esistono infatti delle sostanze cosiddette immunogene . L aptene quindi una sostanza capace di indurre la sintesi di anticorpi solo se legati a un carrier.
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Concetto importante: nella molecola antigenica, qualunque essa sia (batteri, irus o sostanze chimiche), . non tutta la struttura dell antigene a caratteristic e antigenic e Immaginiamo la struttura di un batterio, cio una struttura complessa con tutto quello che fa parte di una cellula: ero che tale struttura iene a contatto con il sistema immunitario (linfociti B, engono prodotti anticorpi), ma nella realt se pro iamo a immaginare un anticorpo che si a icina a un batterio, quasi come una mosca (anticorpo) che si a icina a un elefante (batterio) Cio dobbiamo considerare una proporzione di . questo genere. In queste condizioni una mosca che si a icina non riesce a fare nulla! ma quindi qual il concetto? Di tutta la struttura dei batteri, non tutto antigene il batterio come qualunque altra : cellula, comincia a produrre all interno tutta una serie di sostanze di natura proteica, le porta sulla superficie e le espone fuori a titolo di biglietto da isita (un po come accad per le nostre cellule con e gli antigeni di istocompatibilit ) queste sono le proteine che caratterizzano il batterio Come gli . antigeni di istocompatibilit sono le proteine che caratterizzano le nostre cellule, nei batteri con queste proteine accade un po la stessa cosa. Immaginate cosa succede: questa batterio iene a contatto -enterica o anche attra erso la cute se c con il nostro corpo, iene introdotto per ia inalatoria, gastro una soluzione di continuo, questa struttura molto grossa rice e l assato degli anticorpi. Questi l anticorpi, che come edremo nella lezione successi a, sono strutture molto piccole, vanno a legare si proprio su queste proteine! E chiaro che per queste proteine non corrispondono a tutta la membrana citoplasmatica, non corri pondono a tutto il batterio ma sono una parte di esso Il senso di s . questi e enti la possibilit di a ere migliaia e migliaia di anticorpi, i quali si attaccano ognuno a puzzle, ad incastro molecolare perfetto con queste proteine, in modo tale che la moca singola non s riesce a fare nulla, ma se si a icinano migliaia di mosche sull elefante possono fare qualcosa .
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Determinante antigenico (Epitopo): Il determinante antigenico quella parte della molecola antigenica c e reagisce con l anticorpo. Questo un esempio semplice: se consideriamo nella parte centrale l antigene, quelle strutture che si tro ano sul bordo di esso sono i cosiddetti determinanti antigenici o epitopi, i quali determinano e danno la natura dell antigene e sono anche quelli sui quali si attaccano proprio gli anticorpi (nell immagine con la tipica struttura a Y).
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Differenza tra un antigene (A) e un aptene (B): Nell antigene i sono di erse strutture (indicate in figura cometriangoli, quadrati) e l anticorpo ha la caratteristica di adattarsi perfettamente a puzzle sul determinante antigenico.

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L aptene, rappresentato in figura da piccole sferette rosse, le quali non farebbero nulla per possono attaccarsi a una grossa molecola carrier e in questo caso l anticorpo si attacca allo stesso modo, come se fosse un antigene. spesso la natura dell antigene proteica o glicoproteica Voi ricorderete, dalla chimica e dalla . biochimica, che le proteine si presentano in natura come struttura primaia, secondaria, terziaria e r cos ia e pi a anti si a con la struttura pi complesse sono, hanno una struttura molecolare pi complessa. Immaginiamo di mettere a confronto una proteina lineare e una prot eina terziaria pi complessa: nel caso di una proteina lineare, caratterizzata da una sequenza di amminoacidi isibili, arri a l anticorpo, riesce a leggere tutte queste sequenze e si att cca in maniera molto facile una a proteina in ece spazialmente tridimensionale, si aggro iglia su se stessa e crea una situazione nella a quale la parte di proteina con natura antigenica si tro a nell porzione centrale, quella pinascosta, pi celata. Allora in questo caso, tra le due situazioni, la prima con tutti i determinanti espsti (forma o lineare), la seconda con met dei determinanti nascosti (parte terziaria), l anticorpo che arri a per o i moti i si legher pi facilmente sulla parte lineare Quindi la natura dell antigene importante, . inoltre pu erificarsi anche che la stessa molecola proteica nelle arie fasidella sua ita possa a ere una forma o primaria o terziaria. Dove ritroviamo questo discorso nella pratica immunologica Questo discorso lo ritro iamo soprattutto ? li, perch certe molecole proteiche, prodotte da cellule infettate da irus e da cellule tumora sono proteine molto complesse (non sono come le proteine dei batteri si tratta infatti di proteine che, !), facendo parte di un sistema pi complesso, proprio perch non nostre ma create da un irus o da una cellula che si trasforma in senso tumorale, allora il sistema immunitario stenta, la ora male, non riconosce del tutto queste strutture e di conseguenza la risposta immunitaria depleta, diminuita: s questo spiega perch certe infezioni irali, i tumori sono pi difficili da debellare da parte del istema immunitario.

Caratteristic e degli antigeni:


-fisico-biologiche: Un antigene de e a ere particolari caratteristiche chimico Il peso molecolare de e essere superiore ai 10000 daltons poich pi piccoli sono apteni, per o , moti i, cio di entano antigeni se legati a un carrier ma di natura non lo sono. meglio se le proteine si mescolano con adiuvanti Cosa sono gli adiuvanti? Spesso la molecola . proteica antigenica non esiste da sola, ma assume migliori caratterizzazioni di antigenicit nel momento in cui si tro a legato ad altre molecole che prendono il nome di adiuvanti. 52 i

La forma, meglio se pi rigida. L antigene pu essere disciolto in una soluzione oppure essere una sostanza pi rigida, se vogliamo fare un esempio pratico una sostanza chimica sciolta in soluzione, un batterio invece una struttura pi rigida: anche se pu sembrare strano tra questi due l antigene che viene pi facilmente aggredito, cio che stimola maggiormente il sistema immunitario, la sostanza pi rigida, infatti la rigidit d la possibilit all anticorpo di potersi legare in maniera pi statica rispetto a una sostanza disciolta in una soluzione. La solubilit, pi le molecole sono insolubili, pi sono immunogeniche; lo stesso discorso visto con la rigidit: pi rigide e meno solubilizzate sono, pi antigeniche sono le molecole. Accessibilit, lo stesso discorso visto con la mobilit: pi il determinante antigenico esposto, pi immunogenico. La carica elettrica di superficie, meglio se positiva perch di solito l anticorpo carico negativamente per attenzione: se le cariche positive presenti sulla superficie di un batterio sono troppe c un effetto opposto e anzich avvicinarsi c una certa repulsione. L anfipaticit, una tecnica dell antigene per predire siti antigenici specifici per i linfociti T. Cosa vuol dire? Questo un discorso un po pi complesso per certi versi: in pratica la caratteristica che hanno alcune strutture, soprattutto proteine, di orientarsi con una faccia idrofobica o idrofilica, permette un legame migliore nel momento in cui un antigene ad es. preferisce legarsi a una struttura T o a una struttura B Le cellule B ad es. riconoscono meglio una struttura terziaria, ovvero le proteine che in natura hanno una struttura terziaria si legano pi facilmente ai linfociti B , mentre invece i piccoli frammenti in associazione con le molecole MHC (antigeni di istocompatibilit) preferiscono invece i linfociti T. Quindi un po la natura della proteina e un po la sua distribuzione sulla membrana della cellula, che sia batterica o sia una cellula del nostro corpo, fanno scegliere quale tipo di linfocita preferisce legare. estraneit: pi una molecola filogeneticamente lontana, tanto pi immunogenetica. Questo lo stesso discorso di base del trapianto: negli anni 60- 70 il signor Christian Barnard, un cardiochirurgo, fu il primo a eseguire un trapianto di organo. In Sud Africa il dott. Barnard prov a trapiantare un cuore di scimmia in un uomo che era sicuramente spacciato, destinato a morire e quell uomo visse un giorno! perch per ovvi motivi le cellule del cuore di scimmia presentano degli antigeni di istocompatibilit, il famoso MHC, assolutamente diverso da quello che l adeguato riconoscimento da parte del sistema immunitario di queste strutture di natura antigenica, di conseguenza quell organo fu rigettato immediatamente. In ogni caso quel trapianto rappresent un apertura importante verso quello che oggi il concetto moderno di trapianto: oggi si trapiantano organi da specie filogeneticamente vicine, tanto vicine che possono essere la madre e il figlio, il fratello con il fratello e cos via. Come si vedr quando terremo la lezione sui trapianti, il concetto di accettabilit di un organo dipende dalla compatibilit che c tra l immunit del ricevente e gli antigeni di istocompatibilit del donatore: pi sono compatibili queste due strutture, pi possibile trapiantare gli organi. Di fatti esiste anche una banca mondiale degli organi con i controlli di istocompatibilit, per cui possibile ricevere un organo dall altra parte del mondo se il caso.

Struttura chimica degli antigeni:


Dopo aver considerato le caratteristiche fisiche, prendiamo adesso in considerazione le caratteristiche chimiche. Gli antigeni possono essere:

PROTEINE E importante in questo caso la polarizzazione delle proteine, proprio per il discorso dell anfipaticit che stato visto prima. Anche gli stessi anticorpi sono antigeni. 53

Cosa vuol dire? Un anticorpo, nella misura in cui viene ad essere inoculato in un soggetto estraneo, che non quello che lo ha prodotto, pu stimolare una reazione immunitaria e comportarsi in questo caso come antigene. Quindi paradossalmente il ricevente comincia a creare un anticorpo anti-anticorpo. Sono i cosiddetti anticorpi monoclonali. Questo concetto viene anche utilizzato nella diagnostica clinica. Nella diagnostica di laboratorio, spesso si vanno a dosare, a ricercare alcuni anticorpi nel nostro sangue in seguito a un infezione: molti di noi avranno sentito dire che nei soggetti in cui si sospetta la brucellosi si fa la siero-diagnosi, oppure ancora avranno sentito parlare della ricerca di anticorpi anti-toxoplasma; vuol dire andare a ricercare nel sangue di quel paziente la presenza di anticorpi prodotti dal paziente contro quel determinato batterio o protozoo. Come si fa a individuare questi anticorpi? Il prelievo di sangue si mette a contatto con degli anticorpi monoclonali specifici per un determinato anticorpo e che quindi si vanno a legare specificatamente sull anticorpo prodotto dal paziente. Quindi in definitiva dobbiamo distinguere due anticorpi: l anticorpo anti batterico che funge da antigene in questo caso, il quale si va a legare all anticorpo monoclonale prodotto iniettando un animale da laboratorio (capra, coniglio) e questa reazione verr poi evidenziata in un certo modo. POLISACCARIDI Gli antigeni batterici non sono proteine bens polisaccaridi appartenenti a batteri gram-positivi (pneumococco) e le endotossine in genere per i gram-negativi. Anche i gruppi sanguigni sono caratterizzati da antigeni polisaccaridici. I gruppi sanguigni non sono altro che antigeni polisaccaridici sulla superficie dei globuli rossi. Nel momento in cui si fa una trasfusione di sangue la prima cosa che deve essere vista il concetto identico a quello degli antigeni di istocompatibilit - che gli anticorpi del ricevente non devono essere compatibili con gli antigeni, in altri termini il gruppo sanguigno del donatore, cio gli antigeni dei globuli rossi del donatore, devono essere accettati dal ricevente, altrimenti si ha una sorta di rigetto simile a quello che avviene nel caso del rigetto di un organo. LIPIDI Si fa poco con i lipidi, difficile che una molecola solo lipidica sia antigenica, di solito si tratta di lipoproteine o glicolipidi, cio i lipidi sono associati ad altre molecole che sono invece pi antigeniche. ACIDI NUCLEICI E rarissimo che gli acidi nuclei si possano comportare come antigeni, di solito sono apteni, cio possono diventare antigeni nel momento in cui si legano a proteine di trasporto.

Riassumendo, le caratteristiche che condizionano la potenza di un antigene sono: caratteristiche chimiche (solubilit, rigidit); - massa della molecola, perch pi grande pi antigenica sar la molecola; - solubilit, meno solubile, pi antigenica; - conformazione spaziale (struttura primaria, secondaria e cos via); - disponibilit dei determinanti antigenici, forse l aspetto pi importante; Quando tutte queste 5 caratteristiche rientrano entro parametri ben precisi, allora la sostanza un buon antigene.

Basi molecolari dell antigenicit:


Classificazione degli antigeni naturali: Vediamo quali sono le caratteristiche degli antigeni dal punto di vista biologico. Quali possono essere gli antigeni biologicamente? ANTIGENI ESOGENI chimiche diverse. Provenienti dall esterno come batteri, virus, protozoi, pollini e sostanze 54

ANTIGENI ENDOGENI Antigeni che produciamo noi, i quali possono essere: antigeni eterologhi o eterofili ai quali appartengono antigeni di Forsmann e antigeni di Paul -Bunnel. Sono antigeni che alcuni indi idui possiedono e altri no, si tratta di sostanze che si tro ano nel nostro sangue ma non fanno assolutamente nulla: queste sostanze engono considerate antigeni perch si comportano come antigeniche nelle altre specie. Antigeni isologhi o omologhi, rappresentati da gruppi sanguigni e antigeni di istocompatibilit . antigeni autologhi, sono gli antigeni che danno una specifici t indi iduale, sono alcuni antigeni che caratterizzano la differenza di ognuno di (non confonderli con gli antigeni di istocompatibilit ). Gli antigeni di istocompatibilit infatti sono antigeni di superficie, di cellula, o ero sono antigeni nati da cellule, gli antigeni autologhi in ece, detti ancheantigeni privati, sono antigeni sparsi , che girano nel nostro corpo al pari degli antigeni eterologhi, ma a differenza di quelli non caratterizzano una specie bens un indi iduo. L antigene eterologo della specie uomo (antigene eterologo caratterizza la specie) L antigene autologo caratterizz ognuno di a noi (antigene autologo caratterizza l indi iduo). Quelli considerati finora sono antigeni endogeni fisiologici, ma dobbiamo ricordare che i son anche antigeni endogeni patologici rappresentati da o antigeni della autoimmunit.

Attivazione delle cellule T e delle cellule B da parte dell antigene: Natura degli epitopi riconosciuti dalle cellule B e T:
Uno dei segnali richiesti per inizare unarisposta immune erso una proteina consiste nel complesso peptide antigenico deri ante dalla proteolisi della proteina primaria, e una molecola di MHC, presentato sulla superficie di una APC. Questo complesso prender successi amente contatto con il TCR ancorato alla membrana di una cellula T. Cos solo una piccola porzione della proteina antigenica iniziale prende effetti amente contatto con il TCR. La maggior parte degli altri antigeni non proteici non possono essere processati e presentati alle cellule T del sistema immunitario dei mammiferi poich i mammiferi non posseggono gli enzimi che digeriscono sostanze quali i lipopolisaccaridi batterici in strutture sufficientemente piccole per legarsi lano una buona risposta anticorpale a molecole MHC. Tutta ia, poich questi antigeni spesso stimo debbono chiaramente legarsi ai recettori immunoglobulinici di membrana delle cellule B. La maggior parte degli antigeni esprimono epitopi multipli, cio sono multi alenti, ed chiaro che si possono produrre distinti effettori immuni contro differenti epitopi sulla stessa molecola. Tutta ia, i TCR e gli anticorpi riconoscono epitopi completamente differenti. I TCR delle cellule CD4+ riconoscono solo segmenti di antigeni proteici legati a molecole MHC di classe II. Ogni an tigene proteico internalizzato e processato nei suoi frammenti peptidici attra erso enzimi digesti i citoplasmatici o contenuto nei acuoli delle APC. I TCR delle cellule T CD8+ riconoscono porzioni di antigeni proteici complessati a molecole MHC di classe I. Ci sono due ie riconosciute di processazione delle proteine in peptidi antigenici da parte delle cellule APC la ia endogena coin olge la processazione di peptidi 55

prodotti all interno della cellula e risulta generalmente nel legame del peptide alle molecole MHC di classe I. L altra via, cosiddetta esogena, capta antigeni dall esterno internalizzandoli e li processa e li processa per il legame alle molecole MHC di classe II. Per legarsi i frammenti peptidici devono essere prodotti all interno di una APC, adeguatamente trasportati in vescicole endosomiche dove possono associarsi non covalentemente con una molecola MHC di classe II, e da qu essere trasportati alla superficie cellulare. Inoltre l ospite deve avere un TCR capace di riconoscere il complesso peptide-MHC per contattare fisicamente l epitopo antigenico presentato e successivamente produrre l attivazione della cellula T. Le immunoglobuline di superficie delle cellule B legano spesso superfici non contigue dell antigene, in quanto esso possiede una sua struttura ripiegata tridimensionale. Le superfici cos fisicamente riavvicinate si legano quindi alla regione variabile della molecola immunoglobulinica. A questi tipi di determinanti antigenici stata assegnata la definizione di epitopi conformazionali. Un epitopo lineare, conseguenza di una sequenza continua di aminoacidi, forma pi raramente un determinante antigenico per la cellula B. Questo tipo lineare definito determinante sequenziale.

Legame del peptide alle molecole MHC di classe I: Le molecole MHC di classe I presentanti i peptidi antigenici alle cellule T CD8+. Questi peptidi sono usualmente, ma non sempre, derivati da proteine presenti nel citosol della cellula che sono successivamente digerite in frammenti peptidici da strutture proteolitiche. In condizioni di equilibrio le proteine di classe I legano peptidi derivati da molecole endogene o proprie dell individuo (self). Tuttavia, a causa della rimozione delle cellule T che reagiscono contro il self durante la loro maturazione nel timo, questa presentazione di peptidi self, in genere non produce autoimmunit o conseguenze patologiche. I peptidi generati nel citosol sono veicolati dal citoplasma all interno del reticolo endoplasmatico dove la proteina di classi I viene sintetizzata. Qui il peptide viene complessato alle molecole MHC di classe I nascenti, formando una struttura stabile che viene trasportata alla superficie della membrana cellulare. Legame del peptide alle molecole MHC di classe II: Le molecole MHC di classe II presentano peptidi antigenici alle cellule T CD4+. Di norma questi peptidi derivano da proteine esogene internalizzate dalle cellule mediante pinocitosi o fagocitosi, anche se alcuni antigeni prodotti nel citosol possono anch essi essere complessati a molecole MHC di classe II. Questo processo di caricamento avviene nelle vescicole endosomiali.

Il modello del superantigene :


Cos il superantigene? Possiamo portare un esempio pratico per dare una spiegazione. Sappiamo che esistono alcune malattie infettive generate da alcuni batteri, quali per esempio il Clostridium tetani e Clostridium botulinum, malattie tristemente famose perch provocano il tetano, il botulismo. Questi batteri purtroppo non danno soltanto una reazione immunitaria classica, ma iniziano a produrre tutta una serie di sostanze, le emettono fuori e le mandano in circolo nell organismo che li ha ospitati: queste sostanze vengono definite spore. Queste sostanze chiamate spore persistono perch sono strutture termo-resistenti, difficilmente aggredibili da parte del sistema immunitario, difficilmente riconoscibili e quindi difficilmente ven gono eliminate. Il batterio nel frattempo muore perch finisce il suo ciclo vitale o la cura antibiotica ha funzionato, apparentemente sembra che sia 56

finito tutto, in ece rimangono ancora in circolo queste spore Anzi addirittura durante l infezione di . alcuni di questi pazienti le spore gi sono presenti, infatti molte olte soggetti contetano, botulismo muoiono proprio perch la presenza non solo dell infezione ma anche di queste spore comporta tutta una serie di problemi di ordine clinico, soprattutto neurologico. Tralasciando co unque la parte m clinica, ediamo qual l aspetto immunologico: queste spore si anno ad attaccare in un certo punto di contatto, di risposta tra quello che l antigene classico (cio il batterio) e il sistema immunitario, o ero fa da terzo incomodo . Q ueste sostanze sono chiamate ancheendotossine e si engono a legare in un punto ben preciso con l effetto di dare una risposta anomala rispetto a quella che la normale risposta immunitaria che sta a enendo in quel momento nei confronti del batterio. La figura A mostra nella parte superiore un antigene che la parete di un batterio: questo presenta i suoi antigeni attra erso il suo MHC, arri a il sistema immunitario (con il linfocita B o il linfocita T), riconosce questi antigeni come estranei, si lega attra erso i suoi recettori e atti a un certo tipo di risposta. Nell esempio in figura iene riportato il linfocita T, il quale ricordiamo non produce anticorpi, d una risposta cellulo-mediata, ha i suoi recettori TCR. Questi recettori si attaccano dunque all antigene presente sulla superficie del batterio e atti ano una risposta. La figura B riproduce un meccanismo similare, con la differenza che in una nicchia laterale ben precisa di collegamento tra queste due strutture (antigene batterico e linfocita T), c un piccolo

spazio in cui si attacca questo Superantigene , del quale poi edremo la natura, infatti pu trattarsi di spore o altro, ma comunque non n il batterio, n il frammentino antigenico e d un certo tipo di risposta. Quale pu essere questo tipo di risposta?Il superantigene o deprime, blocca la risposta immunitaria normale c e stava avvenendo, oppure la amplifica. Vediamo quali sono gli effetti in entrambi i casi:

se il superantigene riesce a bloccare la risposta si ha una reazione immunitaria calata, depleta e quindi un sopra ento consequenziale dell antigene: il battero si sente meno bersagliato e i quindi la risposta definiti a diminuita e questo come e ento clinico porta a malattia gra i, croniche o addirittura mortali. se il superantigene stimola, sollecita, amplifica la risposta che sta a enendo fisiologicament e fino a quel momento accade che il linfocita T, deputato in quel momento alla produzione di tutta una serie di sostanze chiamatelinfochine, citochine per distruggere l antigene, produce una quantit una quantit enorme di queste sostanz . e

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E fino a quando la situazione questa potrebbe anche funzionare, in realt per c un altro problema per capire il quale dobbiamo comprendere un concetto fondamentale. Il sistema immunitario vive su due cose: 1. caratterizzazione auto-equilibrantesi 2. caratterizzazione auto-regolamentantesi. Il sistema immunitario infatti non lavora sempre: inizia una reazione, raggiunge un acme, ma anche un suo momento di fine. Nel momento in cui un anticorpo, un linfocita B o T, innescano una risposta immunitaria, questa risposta pu essere portata avanti fino a un certo punto, dopodich questa risposta immunitaria deve finire e finisce generalmente quando finisce la noxa patogena, cio l evento che ha scatenato la risposta immunitaria. Quindi fisiologicamente in questo modo che deve avvenire questo processo, ovvero non possiamo produrre anticorpi all infinito, non avrebbe senso. Nel momento in cui invece il superantigene determina una produzione esagerata di citochine, di anticorpi, pur terminando la presenza batterica (perch possibilmente la risposta normale avviene e il batterio viene debellato) si ha la permanenza della risposta immunitaria che invece dovrebbe finire (rimane quasi come un binario preferenziale con un treno che sta andando a folle velocit). E come se fossimo con il piede premuto sull acceleratore continuamente, anche se c un muro davanti, per cui prima o poi si va a sbattere contro quel muro. Le implicazioni patologiche dei superantigeni possono comprendere anche la malattie autoimmunitarie perch il linfocita B, attivato in maniera permanente, continua a produrre anticorpi che invece normalmente dovrebbero finire: questi anticorpi, non potendo pi attaccare il batterio (perch questo gi stato distrutto), si cercano altri organi bersaglio, ovvero strutture del nostro organismo!! Questa una teoria possibile per spiegare come avvengano certe malattie auto-immunitarie. Un evento similare potrebbe essere il seguente: come visto si ha produzione di citochine, interleuchine, interferoni anche a infezione conclusa, per cui queste sostanze libere vanno a legarsi su recettori specifici per queste sostanze che si trovano su cellule varie. Queste cellule subiscono una internalizzazione della risposta, con mediatori vari che si portano fino al nucleo della cellula bersaglio; ma ricordiamo che nel nucleo presente il DNA, il DNA si altera e comincia a produrre proteine anomale: in poche parole questa diventa una cellula neoplastica. Ecco spiegato perch molti tumori oggi hanno o potrebbero avere una genesi virale, non ci sarebbero altre spiegazioni possibili. I superantigeni sono la Yersinia Pseudotubercolosis, il micobatterio della tubercolosi (bacillo di Koch), il virus della rabbia, il virus Epstein -Barr EBV (virus della mononucleosi infettiva) e il virus HIV (cio il virus dell AIDS), questi ultimi due accompagnati da un punto interrogativo perch in questi casi non si ha la sicurezza, si stanno ancora studiando. Si tratta quindi di virus, purtroppo molto frequenti, che potrebbero produrre superantigeni e vedremo studiando le malattie infettive che alcune delle complicanze dell infezione da EBV (mononucleosi infettiva conosciuta anche come malattia del bacio ) sono proprio il carcinoma rino-faringeo e linfoma di Hodgkin, sono tumori.

Implicazioni patologiche dei superantigeni:


Cosa fanno i superantigeni? - iperproduzione di citochine , si legano a pi molecole MHC di II classe: l antigene si lega a Ma che c entra il virus con il tumore? Il virus per dare il tumore pu agire in due modi: - perch ha infettato la cellula e la sta trasformando in senso neoplastico; - perch produce sostanze di questo genere (superantigeni) e indirettamente cortocircuita la risposta immunitaria e va a stimolare altre cellule a diventare tumori; Lo studio del modello del superantigene diventa quindi fondamentale e ogni giorno viene scoperto un nuovo superantigene. 58

Caratteristiche varie:
Differenze di risposta immunitaria tra i linfociti T e B: come accennato il linfocita B esagera con gli anticorpi, il linfocita T con le interleuchine. Differenze di comportamento tra antigene e superantigene: l antigene d una risposta normale, il superantigene amplifica o deprime. Le endotossine batteriche si comportano come superantigeni. I superantigeni possono essere: eso eni alcuni batteri, micoplasmi, virus, enterotossine stafilococciche (attenzione non lo stafilococco di per s ma le enterotossine che produce), enterotossine della sindrome dello shock tossico. endo eni alcuni retrovirus, come il famoso virus MMTV, responsabile del tumore mammario del topo. nuovi possibili produttori una molecola di MHC, cio si lega in un frammento, un puzzle perfetto, dando la risposta classica; invece nel momento in cui arriva un superantigene, questo riesce a legare 4-5 molecole di MHC, in questo modo pi molecole di MHC vengono coinvolte dal linfocita e pi la stimolazione che trasduce all interno amplificata. Coinvolgimento dei linfociti B come ottimi presentatori di superantigeni: si parlato di cellule APC (antigen presenting cells), macrofagi in testa, tuttavia cellule APC oltre alle cellule macrofagiche sono anche le cellule dendritiche e i linfociti B. A quanto pare dunque i linfociti B non producono solo anticorpi ma svolgono anche altre azioni e una di queste sembra quella di portarsi sulle spalle un superantigene, cio loro stessi presentano (in quanto cellule APC) il superantigene ai loro fratelli linfociti. Il linfocita T pu ricevere un segnale pi basso (tolleranza) o soccombere, cio come visto il superantigene pu determinare o una iperrisposta o una ipo-risposta. Le cellule stimolate dai superantigeni potrebbero contenere un clone di cellule reattive con possibile insorgenza di malattie autoimmunitarie. I superantigeni potrebbero inoltre avere un ruolo importante in alcune patologie quali AIDS, artrite reumatoide, processi di immunotolleranza e immunodeficienza in genere.
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CAPITOLO 9: INTERAZIONI ANTIGENE-ANTICORPO


L interazione dell anticorpo con l antigene uno dei meccanismi fondamentali dell immunit dell ospite. Si tratta di interazioni che per molti aspetti sono paragonabili alle interazioni enzima substrato in quanto altamente specifiche, reversibili e basate su interazioni intermolecolari non covalenti (legami idrogeno, forze elettrostatiche, interazioni idrofobiche). Concetto di specificit: Poich molte delle reazioni mediate dagli anticorpi e coinvolte nell eliminazione dei batteri invasori e dei virus sono potenzialmente dannose anche per i tessuti dell ospite non infettati, la specificit degli anticorpi essenziale per indirizzare queste reazioni immuni nei confronti del materiale estraneo, risparmiando le cellule e i tessuti non infettati dall ospite. Con specificit ci si riferisce alla reattivit di un anticorpo nei confronti di un solo det erminante antigenico. Poich ci sono milioni di strutture 59

antigeniche possibili, il sistema immunitario deve essere in grado di creare altrettante popolazioni differenti di molecole anticorpali. Le basi strutturali della specificit di legame di un anticorpo per l antigene risiedono nella porzione Fab dello stesso anticorpo, all estremit amino-terminale delle catene pesanti e leggere. Sia la specificit che l affinit del legame antigene-anticorpo dipendono dalla conformazione tridimensionale di entrambe le molecole. Nell insieme, la natura del legame antigene-anticorpo varia da una coppia all altra di antigene-anticorpo. Alcune coppie si legano secondo il modello chiaveserratura, mentre altre seguono in parte quello dell adattamento indotto, che presuppone che l antigene, l anticorpo o entrambi possano cambiare la loro conformazione per permettere l adattamento migliore tra le due molecole.

CAPITOLO 10: ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B E PRODUZIONE


DEGLI ANTICORPI
Gli anticorpi sono dei mediatori essenziali dell immunit nei confronti degli agenti patogeni che sopravvivo e si moltiplicano negli spazi extracellulari e utilizzano il mezzo extracellulare per diffondere all interno dei tessuti dell ospite. I linfociti B sono le principali cellule effetrici della risposta immunitaria umorale, attraversano vari stadi maturativi, uscendo maturi dal midollo osseo, circolano nel sangue e nei vasi linfatici e, in seguito all incontro con l antigene, maturano in plasmacellule e cellule della memoria. Gli anticorpi fanno anche parte del complesso recettore per l antigene della cellula B. Il processo di maturazione avviene nel midollo osseo e coinvolge l assemblaggio genico della regione variabile e un riarrangiamento genico produttivo per formare un largo repertorio di diversit di anticorpi. Il processo coinvolge anche il progredire delle cellule B attraverso numerosi stadi associati all eliminazione delle cellule B autoreattive, mediante la selezione negativa ed infine il rilascio, alla periferia, dei linfociti B maturi, che esprimono le immunoglobuline di membrana IgM e IgD. Tale processo si svolge in un contesto antigene indipendente. Una volta entrati in periferia, le cellule B sono gi mature per rispondere al loro corrispettivo antigene, ci comporta l attivazione delle cellule e la produzione di anticorpi. Questo processo coinvolge numerose componenti dei linfociti B, in particolare le IgM di membrana espresse in superficie e le strutture associate, che formano il recettore per l antigene delle cellule B (BCR) e il complesso corecettoriale delle cellule B, che implicato nel segnale di trasduzione e di attivazione dei linfociti B in risposta allo stimolo antigenico. Tali cellule rispondono agli antigeni sia in maniera T-dipendente che T-indipendente, ci sar deciso dalla natura dello stimolo antigenico e la produzione di anticorpi da parte delle plasmacellule risulter fortemente influenzata dall interazione delle cellule B con altre cellule e dalla produzione di citochine in grado di attivare e guidare la risposta anticorpale.

L interazione tra l antigene e il linfocita B: il BCR


Il BCR costituito da una immunoglobulina, in parte legata alla membrana, che appartiene alla classe dei recettori che comprendono il recettore della cellula T (TCR) e il recettore per il frammento Fc per le IgE (FCR I) e per le IgG (FCR III). Tutti questi recettori contengono un complesso strutturale , 60

costituito da subunit collegate al ligando e subunit per la trasduzione del segnale. La porzione del BCR che lega l antigene la Ig di membrana, che nella struttura simile all anticorpo che viene secreto. L isotipo delle Ig di membrana, varia da cellula B a cellula B e dipende, principalmente, dallo stadio di maturazione della cellula B e dalla sua storia immunologica. Le cellule B immature, che non hanno ancora raggiunto la competenza funzionale, esprimono solo IgM di membrana, le cellule B mature, che non abbiano ancora incontrato il loro corrispettivo antigene (cio cellule B vergini), oltre alle IgM esprimono anche le IgD. In seguito all attivazione da parte dell antigene, avviene lo scambio (switch) isotipico (cambio della classe) e l espressione delle IgM di membrana viene cambiata con l espressione delle di immunoglobuline di isotipi diversi (IgG, IgA e IgE). Quindi la membrana delle cellule B della memoria, che hanno effettuato uno switch isotipico, possono esprimere IgG, A ed E di membrana. In periferia, le cellule B mature sono pronte ad interagire con l antigene, vengono attivate, si differenziano, si espandono come cloni e maturano in plasmacellule secernenti anticorpi. Tale processo completamente guidato dall antigene. In assenza dell antigene, la cellula B ha una vita relativamente breve, a partire da alcune settimane e non oltre due mesi. Quando una cellula B, tuttavia, incontra un antigene, si verificano una serie di segnali, inviati prima dal BCR, poi dal corecettore del BCR, seguiti dall interazione con altre cellule, in particolare le cellule T e le cellule dendritiche, e tutto porta alla produzione di anticorpi e allo sviluppo delle cellule della memoria. Regolazione della trasduzione del segnale del BCR: Il legame con l antigene e la trasduzione del segnale, tramite il BCR, forniscono solo una parte della cascata di segnali necessari per attivare le cellule B. Per una completa funzionalit delle cellule B, si richiede anche l intervento di altre molecole presenti sulla superficie della cellula B, le citochine e i ligandi espressi sulle cellule T e sulle cellule dendritiche. Durante l attivazione e la differenziazione delle cellule B, avvengono altri numerosi cambiamenti, compresi lo switch isotipico e la mutazione somatica. Al fine di coordinare e controllare tutti questi importanti processi, una variet di fattori sono in grado di influire sui segnali che, inizialmente, vengono inviati al BCR in seguito al legame con l antigene. I corecettori della cellula B sono CD19/CD21/CD81, e sono un complesso proteico espresso sulla superficie dei linfociti B, dove svolgono un ruolo co-stimolatorio nell attivazione delle cellule B.

I centri germinativi e la maturazione della cellula B:


Il linfonodo e i tessuti linfoidi analoghi, in particolare la milza, sono il centro dell attivit di proliferazione delle cellule B e delle loro mutazioni somatiche che portano alla maturazione dell affinit e allo switch isotipico. La risposta immunitaria ha inizio con le cellule dendritiche che sono migrate nel linfonodo ed esprimono sulla loro superficie sia l antigene intatto che l antigene processato. All inizio le cellule dendritiche sono cellul e immature presenti nei tessuti, dove catturano l antigene. Durante la migrazione e l ingresso nel linfonodo, le cellule dendritiche maturano in cellule presentanti l antigene (APC), che possono presentare l antigene alle cellule T. Le cellule dendritiche sono presenti nella zona ricca di cellule T, attraverso la quale circolano i linfociti T vergini. Ci consente ai pochi linfociti T che possono riconoscere il complesso MHC-antigene processato, l opportunit di incontrare l antigene appropriato e venire attivati. Questa interazione viene stabilizzata da molecole co-recettoriali e altre molecole di adesione che legano le cellule dendritiche alle cellule T. Una cellula B antigene-specifica, per incontrare l antigene, deve anche essere passare attraverso l area delle cellule T e rimanere intrappolata in una zona dove ha inizio la prima risposta immunitaria. Il viaggio della cellula B vergine, antigene specifica, inizia quando la cellula B di nuova formazione entra in circolo e si dirige nel linfonodo tramite le venule, o va incontro ai tessuti linfoidi. Data l eccezionalit di cellule B che esprimono Ig di membrana per un antigene specifico e la necessit 61

di trovare cellule T helper (TH) che possono legarsi ai frammenti peptidici dell antigene processato e presentato, in qualche modo straordinario che, in seguito all ingresso nei tessuti linfoidi, una cellula B sia in grado di trovare l area dove ha luogo l attivazione da parte dell antigene. In seguito al legame con l antigene della cellula B, ad opera delle Ig di membrana, il linfocita B pu processare l antigene e presentare l antigene alle cellule T che sono in vicinanza. Moltissime delle cellule T sono state ormai attivate dalle cellule dendritiche, che le hanno rese fortemente responsive all antigene presentato dalle cellule B. Quando si verifica ci le cellule T possono attivare le cellule B tramite l interazione CD40-CD40L e MHC-TCR. (Vedi pag.21, interazioni tra linfociti B e T). Durante l espansione clonale dei linfociti B antigene-specifici, una singola cellula B pu espandersi in una popolazione di cellule che presentano varianti di anticorpi con diverse affinit per l antigene. Questa maturazione di affinit dovuta a ipermutazioni somatiche che provvedono a scambi genetici, dando luogo ad un aumento dell affinit anticorpale. La maturazione iniziale ha luogo nel centro germinativo durante la fase di espansione clonale. A questo punto i linfociti B esprimono dei BCR mutati e vengono selezionate le cellule B con le Ig di membrana con maggiore affinit per l antigene, mentre le cellule che mostrano bassa affinit vanno incontro ad apoptosi. Lo switch isotipico si verifica in questo stadio. Precocemente l isotipo di Ig di membrana M o D. Dopo ipermutazione somatica, la maturazione dell affinit e la selezione delle cellule B che producono anticorpi altamente affini (come determinato dall interazione della Ig di membrana con l antigene) l isotipi della Ig cambia verso altri isotipi come le IgG, le IgE e le IgA.

La produzione di anticorpi da parte dei linfociti B:


L attivazione delle cellule B, per differenziarsi in plasmacellule producenti anticorpi e in cellule della memoria, inizia con l impegno delle Ig di membrana da parte dell antigene, poich esistono, tuttavia, molti differenti tipi di antigene, le successive fasi che portano alla produzione di anticorpi e alla formazione delle cellule della memoria possono essere completamente differenti, in funzione del tipo di antigene verso il quale la cellula B sta rispondendo. Gli antigeni vengono classificati in due classi principali, a seconda che le cellule B abbiano bisogno o meno dell aiuto delle cellule T per produrre anticorpi. L aiuto delle cellule T si basa sulla capacit delle cellule APC, compresi i linfociti B, di processare e presentare l antigene ai linfociti T. Gli antigeni indipendenti dai linfociti T (T-Ind), come i polisaccaridi e lipopolisaccaridi batterici, non possono essere processati e presentati da parte delle APC e quindi e quindi non possono attivare le cellule TH. Questi antigeni stimol ano la maturazione delle plasmacellule e la produzione di anticorpi ma generalmente non inducono memoria immunologica. Moltissimi, ma non tutti, gli antigeni T-Ind inducono risposte con la produzione solamente di immunoglobuline dell isotipo IgM e falliscono nell indurre lo switch isotipico. Gli antigeni T dipendenti (T-Dip), principalmente rappresentati da proteine, vengono presentati e processati dalle APC ai linfociti T e inducono la produzione di anticorpi, lo switch di classe e la memoria immunologica. Antigeni T-Ind: Tipo 1: componenti della parete cellulare batterica, LPS batterico, sono potenti attivatori dei macrofagi. Tipo 2: capsule polisaccaridiche e i flagelli batterici. Si legano alla cellula B tramite il BCR, questo legame provoca l attivazione del linfocita B che si differenzia in plasmacellula senza l aiuto delle cellule T. 62

Antigeni T-Dip: Proteine batteriche come le tossine, del tetano, del botulino, irus, parassiti. Le componenti fondamentali della risposta nei confronti di questiantigeni sono le APC. Gli antigeni processati engono associati a molecole MHC esposte sulla superficie delle APC, consentendo a tali cellule di interagire con le cellule T tramite il legame con il loro TCR. L aiuto della cellula T pu anche essere fornito ad una cellula B, quando quest ultima presenta l antigene proteico processato ad una cellula T antigene specifica. Una cellula B per internalizzare gli antigeni, in modo che possano essere processati e presentati associati alle molecole dell MHC di classeII, pu utilizzare il suo recettore per l antigene (Ig di membrana) per atti are un processo di endocitosi mediato da recettore. L antigene proteico internalizzato, iene processato mediante proteolisi e ridotto in piccoli frammenti, e questi epitopi perle cellule T, engono associati a molecole MHC di classe II. Il complesso MHC -peptide iene quindi esposto in superficie della cellula B do e pu essere riconosciuto dalle cellule T CD4+ antigene specifiche. La cellula T atti ata, fornisce, allora, segnali di atti azione, proliferazione e differenziazione.

Le cinetic e della risposta anticorpale verso gli antigeni T-Dip:


In seguito a una prima immunizzazione con un antigene, si osser a una fase, durante la quale non si riscontrano nel siero di un soggett anticorpi specifici per quell antigene. Durante questa fase, o, \l antigene iene riconosciuto, processato e presentato alle cellule T appropriate, che a loro olta sono state atti ate, hanno proliferato e si sono differenziate in cellule TH mature e attiate. Tali cellule TH possono allora aiutare la completa atti azione delle cellule B in plasmacellule producenti anticorpi. Dopo questa fase (solitamente dai 7 ai 10 giorni), nel siero possibile riscontrare anticorpi specifici per l antigene. Nella fase precoce della risposta primaria, pre ale l isotipo IgM, mentre le IgG specifiche compaiono nel siero successi amente, quando si erificato lo switch isotipico. La produzione di anticorpi specifici decresce rapidamente in seguito alla scomparsa degli stimoi antigenici. l Quando un soggetto incontra nuo amente lo stesso antigene, la sua risposta immunitaria risulter pi efficace e pi eloce. La risposta immunitaria secondaria , per di ersi aspetti, superiore alla risposta primaria. Il grado di produzionedegli anticorpi pi ele ato nel corso della seconda esposizione all antigene, portando ad un rapido incremento dei li elli anticorpali nel siero e in una risposta d secondaria iene prodotta una maggiore quantit di anticorpi totali. A causa del processo i ipermutazione somatica che si sta erificando e il processo che si associa alla maturazione dell affinit , 63

gli anticorpi prodotti nella risposta secondaria, presentano una maggiore affinit per l antigene. Infine nella risposta secondaria gli anticorpi prodotti rappresentano i ari isotipi (IgG, IgA e IgE), in quanto nella fase finale della risposta primaria si erificato lo switch isotipico. Gli anticorpi di questi isotipi presentano un ampia gamma di funzioni effetrici.

L interazione tra i linfociti B e i linfociti T:


L atti azione delle cellule B e T implica un dialogo reciproco tra i due tipi cellulari, il cui risultato l atti azione di entrambi i tipi di cellule. Durante questo dialogo, le cellule B funzionano come APC per atti are le cellule TH, mentre le cellule TH si occupano delle cellule B fornendo loro segnali di atti azione essenziali per una completa atti azione. Come nell atti azione delle cellule T ad opera di altri tipi di APC, si richiedono due segnali: il segnale 1 rilasciato tramite l interazione dell MHC sulla APC e il TCR sui linfociti, mentre il segnale 2 o segnale costimolatorio, iene rilasciato in seguito al legame tra CD 80 e 86, cio cluster differentation che sono proteine di riconoscimento molecolare delle cellule B, conquelli delle cellule T che sono i CD 28.

L effetto delle citoc ine. L attivazione e la produzione di anticorpi:


Uno dei principali meccanismi regolatori per lo switch isotipico e l induzione della produzione di anticorpi la secrezione di citochine daparte dei linfociti T. per quanto sia ero che le interazioni tra la molecola CD40 e la molecola CD40L diano inizio al meccanismo dello switch isotipico, dopo lo switch si erifica la produzione delle citochine che determinano quale sar l isotipo/i delle immunoglobuline che err prodotto. Le cellule TH1 atti ate, principalmente, secernono le citochine -2, coin olte nelle risposte cellulo-mediate, come ad esempio la IL l IFN- e la IL-12, mentre le cellule TH2 secernono, principalmente, le citochine implic nella risposta immunitaria umorale, come ad ate esempio la IL-4, IL-5, IL-6 e la IL-10. ( edi pag 19).

Lo switc isotipico:
Dopo la stimolazione da parte dell antigene, si erifica l atti azione della cellula B e la sua proliferazione, a cui segue la produzione di anticorpi di isotipi di ersi dalle IgM. Tale meccanismo, lo switch isotipico, rende gli anticorpi, specifici per uncerto antigene, in grado di cambiare la loro 64

funzione effettrice biologica tramite il cambio delle catene H che sono codificate dai geni delle regioni costanti delle immunoglobuline. Lo switch isotipico, implica dei riarrangiamenti genici che portano le regioni VDJ riarrangiate, che codificano per la specificit antigenica, in prossimit dei differenti geni della regione costante, eliminando le sequenze di DNA interposte, danno luogo alla produzione di mRNA per differenti isotipi di immunoglobuline Si ritiene che le citochine che inter engono nello . switch isotipico, agiscono in modo da rendere i siti di ricombinazione per lo switch accessibili alle ricombinasi il risultato che ne deri a il riarrangiamento genetico che porta appunto allo switch isotipico.

PARTE III
IMMUNITA CELLULARE

CAPITOLO 11: IL SISTEMA MAGGIORE DI ISTOCOMPATIBILIT


Il sistema maggiore di istocompatibilit o MHC :
Uno dei punti fermi del sistema immunitario, al di l di gruppi di cellule che lo costituiscono, resta la possibilit di riconoscere ci che de e essere aggredito, distrutto, cio che non funziona da ci che in ece funziona. Fino adesso si parlato di cellule, complemento, di tanti elementi del sistema immunitario che in un certo senso perseguono questo obietti o, tutta ia c un sistema, c iamato sistema maggiore di istocompatibilit, c e caratterizza ogni nostra cellula. Le nostre cellule, qualunque esse siano (cellule con nucleo, cellule senza nucleo), potremmo dire quasi il 90% e pi delle nostre cellule, tranne le cellule di alcuni organi particolari quali cristallino e cornea, possiedono tutte questo sistema. Quando si parla di sistema si intende un insieme di pi elementi, apparentemente di ersi tra di loro ma accomunate da un unico intento: a questo proposito il sistema maggiore di istocompatibilit lo possiamo definire come le impronte molecolari di ognuno di noi. Come ognuno di noi possiede le impronte digitali che lo differenziano dagli altri indi idui, a li ello molecolare siamo caratterizzati da questo sistema. Sulla superficie delle nostre cellule, soprattutto quelle che hanno un nucleo, sono presenti una serie di proteine, sintetizzate a partre dall informazione genetica contenuta i in alcuni cromosomi ben particolari, e queste proteine una olta sintetizzate engono presentate fuori, sulla superficie della cellula, come se fosse un biglietto da isita. Queste proteine, o meglio questi 65
a a

piccoli frammenti proteici (poich si tratta proprio di frammenti che oscillano tra 8-15 amminoacidi), possono essere presentati da cellule normali fisiologiche, cellule infettate da un virus, cellule che stanno subendo un effetto tossico, cellule in trasformazione neoplastica, in poche parole vengono presentati da tutte le cellule qualunque esse siano e in qualsiasi situazione fisiologica o patologica si trovino. Per fare un esempio pratico: se stiamo parlando di una cellula che sta subendo l infezione da un virus, ad es. gli epatociti che stanno subendo l infezione da virus dell epatite, cosa fa questo virus? Il virus dell epatite vive all interno del nucleo di queste cellule, ingloba il suo acido nucleico con il DNA del nucleo della cellula e comincia a produrre le sue proteine; queste proteine escono dal nucleo, vanno nel citoplasma, arrivano sulla membrana citoplasmatica ed escono fuori, ma in che modo escono? Esiste un sistema di altre proteine, le proteine del sistema maggiore di istocompatibilit, le quali non sono altro che il vassoio , il contenitore, il supporto di questi piccoli frammenti proteici nati da un virus, da una cellula alterata o da una cellula sana. Viene definito vassoio non casualmente ma proprio perch vedremo anche nella forma, c una sorta di piattaforma sulla quale si appoggiano questi piccoli peptidi che fanno da biglietto da visita per la cellula: questi piccoli peptidi infatti si devono fare riconoscere da una classe linfocitaria particolare che deriva dai linfociti T. I linfociti T comprendono infatti diverse sottoclassi caratterizzate dall acronimo CD (cluster differentation), le classi che interessano questo sistema sono CD4 e CD8. Se consideriamo quindi una cellula che ha subito l infezione da un virus o una cellula che ha subito una trasformazione neoplastica, si tratta purtroppo di cellule destinate a morire, l una perch infettata, l altra perch trasformata; tuttavia queste cellule non sono in grado di morire da sole , ma ci deve essere un elemento esterno alla cellula che la provochi: la morte viene provocata dai linfociti CD8, chiamati anche linfociti T citotossici (adesso capiamo perch citotossici ), i quali una volta venuti a contatto, come l incastro perfetto di un puzzle, con questi piccoli frammenti peptidici nati dalla cellula stessa, il riconoscimento provoca una chemio maturazione dei linfociti CD8 citotossici che cominciano a produrre tutta una serie di sostanze (interleuchina, citochine, interferone) che servono per andare ad aggredire la cellula che sta subendo l infezione e distruggerla. Se questo discorso di base chiaro, allora possiamo dire che la corrispondenza avviene tra una cellula infettata, il suo sistema MHC, il frammento peptidico che presenta fuori, il TCR (T cell receptor) cio il recettore che si trova sulla superficie della cellula T e lo stesso linfocita T. Il linfocita T in questo caso quindi sta riconoscendo strutture non-self, tuttavia lo stesso linfocita T capace di riconoscere anche le strutture self. La cellula sana, normale, ha la capacit di produrre i suoi frammenti peptidici, li porta sul suo MHC e li presenta al TCR dei linfociti: una volta che il linfocita riconosce il frammento sano, v oltre e non succede nulla. Perch accade questo evento? Per un motivo molto semplice, affinch vi sia sempre una ricognizione, un riconoscimento continuativo, di tutte le cellule dell organismo, una specie di rassegna che fanno i linfociti T di tutte le nostre cellule, fino a quando incontrano una cellula alterata e la distruggono. Questa la ricostruzione generale degli eventi. Domanda: ma come fa il linfocita realmente a conoscere, a discernere se quella cellula che ha davanti deve distruggerla oppure non la deve toccare? Il linfocita riconosce la cellula che non deve toccare perch la conosceva prima, l ha gi vista prima. Quando un individuo nasce, nei primi giorni di vita, possiede un immunit fondamentalmente naturale, trasmessa dalla madre e costituita da pochi elementi cellulari: i macrofagi, qualche linfocita B che fa qualche anticorpo. Si tratta di un immunit che potremmo definire grossolana , aspecifica che manteniamo per i primi mesi di vita. Ma una volta che il midollo osseo comincia a produrre una grande quantit di linfociti, in quanto si sta venendo a definire l immunit che ci porteremo dietro per tutta la vita, questi linfociti riversati in circolo, i quali ancora non sanno fare nulla, vanno a finire nei territori 66

di competenza, negli organi di specializzazione che sono linfonodi, milza e soprattutto il timo per i linfociti T. Questo significa che si differenzia gi nei primi anni di vita l immunit umorale da quella cellulare, cio l immunit che dipende dagli anticorpi dall immunit che dipende dai linfociti T. Questi distretti (linfonodi, timo e organi borsa-equivalenti) lavorano molto nei primi anni di vita, tanto che in un emocromo di un bambino di qualche anno di et non deve stupire la formula leucocitaria invertita. In un soggetto adulto i leucociti maggiormente rappresentati fisiologicamente sono i granulociti neutrofili (68-70%), seguono i linfociti (25-28%). La formula leucocitaria invertita significa che il bambino di pochi anni di vita presenta 45% di neutrofili e 40 -42% o addirittura 30% di neutrofili e 60% di linfociti. Se un bambino che sta bene e si presenta co n una formula leucocitaria cos non fate saltare dalla sedia la madre: quel bambino sta facendo immunit! perfettamente normale che stia avendo una linfocitosi, una linfocitosi fisiologica. Come la sta facendo questa immunit? (torniamo in questo modo al nostro discorso sul sistema MHC). Nel momento in cui questi linfociti vanno in circolo la prima cosa che fanno proprio quella di andare in tutti i tessuti, i linfociti vanno a contattare, a legarsi, a riconoscere, a presentarsi a tutte le strutture peptidiche presenti sull MHC delle cellule, si contattano, prendono l informazione, la memorizzano e la portano nel timo. A livello del timo si verifica una situazione di trasferimento dell informazione a tutti I linfociti che man mano passano dal timo. Ma quindi spontaneo chiedersi: visto che il timo dura qualche anno e poi ipotrofizza, cosa succede dopo, come facciamo a mantenere l informazione? L informazione viene mantenuta comunque perch esistono cellule che memorizzano quell informazione su altri linfociti T, innescando una catena praticamente infinita, per cui anche se il timo non ci sar pi, l informazione e la conoscenza degli antigeni presenti sull a superficie delle cellule rimarr per sempre. Questi meccanismi sono meccanismi ancestrali, iniziali della vita di ognuno di noi ma che si preserveranno per tutta la vita nella capacit di poter discernere realmente il self dal non self. E chiaro che gli stessi linfociti, nel momento in cui andranno in ricognizione e troveranno frammenti peptidici diversi anche di un solo amminoacido, non lo riconoscono pi come self, si legano e innescano una serie di meccanismi che vedremo. Cosa succede purtroppo in alcune situazioni patologiche? Purtroppo in alcuni casi si verificano alcuni meccanismi che invece portano a cloni linfocitari abortiti: se l individuo programmato per fare un certo numero (poniamo 1000) di linfociti T, i quali devono andare in rassegna a riconoscere frammenti antigenici diversi, ma realmente di questi cloni ne riescono a produrre solo 800, perc h 200 sono abortiti, bloccati ci ritroviamo un immunit zoppa, viene meno una parte di questo riconoscimento (quell informazione e nel momento in cui vanno a morire, trasferiscono l informazione su altri linfociti T le motivazioni sono ancora oggi sconosciute nel senso che quei 200 linfociti non hanno memorizzato l informazione); succede cos che una parte di linfociti, i quali dovrebbero andare a riconoscere strutture facenti parte del self e non fare nulla, si trovano davanti strutture che non hanno mai conosciuto prima, le riconoscono quindi come non-self e le aggrediscono. Vi sono delle malattie legate a queste alterazioni che possono essere: malattie da iporisposta immunitaria, il sistema immunitario non lavora in maniera adeguata e cos facendo ci ritroviamo ad avere distrutte cellule che non dovevano essere toccate o all opposto a non toccare cellule che dovrebbero essere distrutte. Consideriamo l esempio di una cellula infettata da un virus: questo virus infatti per istinto di sopravvivenza incomincia a produrre una serie di frammenti peptidici, legati all MHC della cellula che ha infettato, con analogie amminoacidiche identiche a frammenti fisiologici: il linfocita T cos riconosce questi frammenti come fisiologici, va oltre e la cellula rimane indisturbata, l evento virale non viene 67

tamponato, non viene distrutto; questa tra l altro una delle motivazioni per le quali molti virus (HIV in testa) per anni albergano nelle nostre cellule senza essere assolutamente toccati. Per quanto riguarda l HIV infatti, dal momento dell infezione a quando si ha la malattia manifesta AIDS passano parecchi anni, non come il virus dell influenza che ha un periodo di incubazione molto breve, per l HIV la situazione diversa. Il sistema MHC dunque quel sistema che funge da presentatore , gioca un ruolo molto importante, fondamentale. Per concludere questa parte introduttiva, ricordiamo che il sistema MHC anche purtroppo legato a molte malattie, ci sono malattie in cui alcuni geni coinvolti nella produzione di questo sistemi vengono over espressi, cio vengono espressi in maniera esagerata e a tutt oggi il motivo non molto chiaro. * Ad es. non si capisce perch un DR-3 o DR-4, i quali non sono altro che dei frammenti dell MHC di II classe, vengono ad essere espressi massivamente nel diabete oppure altri di questi geni in malattie quali l Alzheimer, spondilite anchilosante, la sclerosi multipla. Il diabete mellito quindi legato a un alterazione HLA.

Concetti generali:
La funzione delle molecole MHC quella di legare i frammenti peptidici derivati dai patogeni e quelli derivati dalle cellule del self ed esporli sulla superficie delle cellule in modo che vengano riconosciuti dagli appropriati linfociti T. L MHC quindi presenta sia frammenti normali self o di patogeni e quindi non-self. Il sistema MHC viene anche definito HLA perch i geni che producevano questo sistema furono scoperti per la prima volta sui globuli bianchi, sui leucociti (da cui human leukocyte antigen). Il termine HLA venne poi aggiornato e nacque la definizione di sistema MHC, poich si vide che questi antigeni erano praticamente presenti su quasi tutte le cellule. Ma perch questi frammenti del sistema MHC vengono chiamati antigeni? Ricordiamo che l antigene qualsiasi molecola che ha una caratterizzazione immunogenica, cio che riesce a stimolare il sistema immunitario tuttavia, anche se i frammenti del sistema MHC non stimolano in questo senso il sistema immunitario, sono anch essi chiamati antigeni..perch? Quando un individuo ha bisogno di ricevere un rene o un cuore o qualsiasi altro organo da un donatore, tale organo costituito da cellule che sulla superficie hanno il proprio sistema MHC, cio l individuo sta ricevendo un organo formato da cellule che presentano in superficie il sistema MHC del donatore: una volta che il sistema MHC del donatore viene trasferito nel sistema immunitario del ricevente si comporta da antigene! proprio perch ognuno di noi ha le proprie impronte molecolari, l MHC del donatore diverso dall MHC del ricevente (questa la risposta alla domanda, per questo si parla di antigeni di istocompatibilit). Ci ritroviamo quindi in una situazione in cui il sis tema immunitario incontra l organo trapiantato, si trova davanti una serie di proteine mai viste prima, si attacce porta a quello che viene definito rigetto (questi concetti verranno ripresi parlando dei trapianti). Qual l unica situazione in cui il rigetto del trapianto praticamente nullo? Il caso di gemelli omozigoti l unico in cui i due individui geneticamente identici, hanno un MHC quasi identico; pi ci si allontana filogeneticamente con la specie pi il sistema MHC si differenzia (ecco perch l individuo sul quale Barnard aveva trapiantato un cuore di scimmia camp un giorno). Prima di eseguire i trapianti infatti viene fatto il test di istocompatibilit, cio viene verificata la compatibilit dei tessuti, che in realt per non tanto tra tessuti, bens una compatibilit tra il tessuto del donatore e il sistema immunitario del ricevente. I geni del sistema MHC, detto anche HLA, furono scoperti per prima nel topo e poi si vide che giocavano un ruolo importante nella risposta immune (geni della risposta immune, Immune response, Ir, assegnati ad una area detta regione I e le molecole associate ad essa vennero dette I region associated, Ia). 68

Un altro concetto importante: l MHC di un individuo deriva dall MHC della madre e del padre, cio insieme agli altri caratteri ereditari viene trasmesso anche il sistema MHC, rispetto al quale ciascun individuo ha le parti molecolari, genetiche del padre e quelle della madre ( vedi figura), con una particolarit: i geni MHC sono codominanti, cio i prodotti proteici vengono espressi sia da un cromosoma che dall altro.

Quindi ciascuno di noi ha un patrimonio doppio, molecole MHC provenienti dalla madre e dal padre, e l insieme di tutte queste molecole viene definito aplotipo. Tuttavia la caratterizzazione sta nel fenomeno della ricombinazione genica o allelica. Come sappiamo dalla genetica la ricombinazione tra geni, tra alleli, ci permette una grande variet di produzione di proteine ed questo l aspetto che caratterizza ognuno di noi, per cui vero che l MHC deriva dal padre e dalla madre, ma nel momento in cui i cromosomi si incontrano i geni si ricombinano in maniera diversa: questa situazione porta a una variabilit allelica infinita ed questo che permette la differenzazione, la personalizzazione di ogni MHC. L unicit dell MHC un modo per preservare l individuo, rende l individuo unico dal punto di vista molecolare, ma diventa anche la bestia nera dei trapianti. Quali sono gli alleli coinvolti? Gli alleli coinvolti sono A, B, C, DR, DQ e DP con tutte le combinazioni possibili tra di loro. I geni dell HLA si trovano sul braccio corto del cromosoma 6 (lo stesso per il complemento) e vengono divisi in 3 gruppi: geni di classe I, geni di classe II e geni di classe III 1. GENI DI CLASSE I (o MHC di classe I) detti geni A- B- C, sono importanti perch producono quella parte di MHC che deputata al riconoscimento di sostanze estranee sulla superficie di cellule nucleate. L MHC di I classe nasce da geni A, B, C che si trovano sul cromosoma 6 ed deputato alla presentazione di frammenti peptidici provenienti da cellule nucleate infettate da un patogeno e che vengono presentati ai linfociti T CD8 - in poche parole la I classe si occupa dei virus, anche se non esclusivamente. 2. GENI DI CLASSE II (o MHC di classe II) sono rappresentati dalle altre tre varianti alleliche DP, DQ, DR; le proteine in questo caso si trovano su cellule come monociti/macrofagi, cellule dendritiche cio si trovano sulle cellule APC (cellule presentanti l antigene) e i frammenti antigenici (soprattutto batteri) in questo caso vengono presentati ai linfociti T helper (linfociti CD4) . La II classe si occupa dei batteri Attenzione per Anche i macrofagi hanno l MHC di I classe ma in pi hanno l MHC II che permette di presentare ci che viene digerito, quindi appannaggio di cellule che lavorano in maniera diversa da una cellula ad es. infettata da un virus; queste cellule infatti per via delle loro funzioni (attivit fagica) distruggono batteri, producono frammentini che non possono presentare con l MHC I. Questi concetti sono i pilastri dell informazione dell MHC e una volta compresi questi le nozioni che seguono sono molto semplici da capire. Riassumendo MHC di I classe - a partire da geni A, B, C - si trovano su tutte le cellule nucleate, l MHC I presente un po ovunque perch ricordiamo deve essere il biglietto da visita anche di una situazione di normalit, cio non serve a presentare solo frammenti patologici. Presentano frammenti peptidici di patogeni virus I frammenti vengono presentati ai linfociti T citotossici (CD8) 69

MHC di II classe Loci DP, DQ, DR - si tro ano sulle cellule APC (macrofagi, cel ule dendritiche, linfociti). l Presentano frammenti peptidici nati dalla digestione, dalla fagocitosi dei patogen batteri i I frammenti engono presentati ai linfociti T helper (CD4)

3. GENI DI CLASSE III (o MHC di classe III) - esiste poi una terza classe pi piccola, con loci meno rappresentati e geni che sono legati soprattutto aifattori complementari (C2, C4a, C4b), fattore properdinico, TNF, HSP (heat shock protein, proteine da shock caldo). L MHC di III classe costituisce una classe a parte c e raccoglie l attivazione di fattori complementari in situazioni un po particolari. Il sistema MHC formato quindi da tutta una serie di proteine legate tra di loro, con una conformazione che alla fine crea una piattaforma chiamata nicchia sulla quale si a a disporre il piccolo frammento peptidico antigenico.I loci delle prime due classi sono altamente polimorfi con pi di 10 alleli per locus. Ognuno di noi possiede due aplotipi HLA ( uno paterno ed uno materno) e la frequenza delle associazioni data dal prodotto delle frequenze di ciascun allele nella popolazione . Cosa vuol dire questo discorso? La possibilit di dire se un allele iene espresso pi di quell altro, se un gene la ora pi di un altro, dipende dalla frequenza che c nella popolazione di un certo frammento MHC. Ci sono delle situazioni particolari nelle quali i piccoli frammenti MHC sono maggiorment e frequenti in certe popolazioni rispetto ad altre e questo aspetto legato alla ricombinazione genica dei geni MHC materni e paterni, la quale crea una situazione di trasmissibilit di alcuni caratteri che engono trasferiti quindi c una persistenza, u continuit di alcune caratteristiche rispetto ad altre: na infatti alcune combinazioni di due alleli si erificano pi frequentemente rispetto al pre isto ed esiste in genetica un fenomeno che prende il nome dilinkage disequilibrium. Il linkage disequilibrium il disequilibrio che c nei legami: non si capisce perch purtroppo in alcune popolazioni alcuni alleli stranamente engono espressi pi spesso di altri e questo fenomeno si calcola dalla differenza tra la frequenza che ci aspettiamo, la pre isionedi un allele e la presenza che realmente ediamo. Illinkage disequilibrium spiega perch alcune malattie sono legate ad una frequenza di espressione di alcuni geni: nel diabete ad es. il DR3 e il DR4 engono maggiormente espressi. In definiti a alcuni ge che ni normalmente nella popolazione engono espressi in una certa quantit , in ece in alcune malattie engono espressi cos frequentemente da far pensare ad un alterazione di questi geni che causa la malattia stessa. Vi sono su questi aspetti degli studiepidemiologici, studiosi che anno a ricercare quali sono le forme alleliche presenti una certa popolazione.
b

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Struttura dell MHC di classe I:


Gli antigeni di I classe sono presenti su tutte le cellule nucleate, sono glicoproteine della membrana cellulare costituite da una catena pesante di 44 kD ed una leggera di 12 kD detta 2-microglobulina n codificata per da un cromosoma di erso (non dal 6 be s dal cromosoma 15). La 2-microglobulina una proteina che si assembla dopo, cio nel momento in cui una cellula costruisce all interno il proprio MHC di I classe per poi portarlo fuori, una parte di catene sono create dal cromosoma 6 e un altra parte dal cromosoma 15, la 2-microglobulina, la quale poi si assembla per costituire l MHC di I classe completo. La struttura dell MHC di I classe comprende una parte intracitoplasmatica, una transmembrana e delle regioni esterne alla membrana c e sono 1, 2, 3 insieme a 2. Anche nell MHC di I classe ritro iamo al pari degli anticorpi una regione ipervariabile. Studiando il sistema MHC edremo molte analogie con gli anticorpi, nonostante le strutture e le funzioni siano di erse, i sono delle caratterizzazioni comuni, i geni che li producono si tro ano sugli stessi cromosomi. La regione ipervariabile si trova nel a cosiddetta nicc ia . l
d e c d

Nella molecola dell MHC, tolta la parte chiamata nicchia , cio la piattaforma che realmente porta al di sopra il frammento peptidico, tutto il resto della molecola solo un supporto, non fa nulla e di fatto , proprio questa piccola porzione chiamatanicchia ad essere caratterizzata da una sequenza di qualche decina di amminoacidi i quali si modificano da una molecola all altra.La variabilit dell MHC, la differenza di MHC tra cellule diverse e tra diversi soggetti alla fine riguarda soltanto la variabilit della nicc ia. Qual il significato della regione ipervariabile? Questa variabilit si a perc bisogna avere la caratterizzazione di poter creare un MHC c e deve essere in grado di legare qualsiasi tipo di frammento antigenico. Per comprendere questo discorso molecolare possiamo porre un esempio pratico: nel momento in cui una cellula iene infettata da un irus e questo irus comincia a produrre i suoi peptidi, l MHC (il quale de e presentar questi peptidi) si de e e 71
g g f hg

adattare a questi frammenti. Il concetto da capire che non esiste un MHC unico che pu legare qualsiasi peptide. l MHC nasce dalla conoscenza del frammento peptidico che deve portare fuori: l MHC si forma adattandosi al peptide che deve portare fuori e la caratterizzazione di formare una struttura che si pu legare al frammento peptidico, patologico o fisiologico che sia, nasce dalla solo dalla capacit che la nicchia ha di potersi variare in maniera indefinita. Questo spiega fenomeni come la variabilit dei geni, cio il polimorfismo genico porta alla fine a una nicchia variabile. Al di l della classificazione generale nelle tre classi, la caratterizzazione dei diversi tipi di MHC legata sia alla tipologia cellulare ma anche a quella funzionale: se una cellula sana deve presentare al linfocita T frammenti fisiologici, la cellula crea un MHC per quei frammenti, ma nel momento in cui quella stessa cellula subisce una trasformazione e deve andare a presentare frammenti patologici, l MHC che aveva creato fino a quel momento non li riconosce pi e pertanto ne deve creare un altro che nasce dalla conoscenza dei frammenti nuovi. Quindi la capacit che ha l MHC di adattarsi a frammenti peptidici variabili nel tempo ci permette di avere un MHC che nasce ipervariabile e adattabile a tutte le circostanze possibili, perch comunque vada in un modo o nell altro l MHC deve fare sapere al mondo esterno quello che sta succedendo dentro la cellula. se la cellula sta bene o sta male. I due segmenti omologhi 1 e 2, della catena polipeptidica interagiscono formando una piattaforma costituita da otto componenti in configurazione unite tra di loro a griglia che sorreggono le due eliche parallele ed intrecciate E su questa base che si lega il frammento peptidico esogeno di massimo 10-20 amminoacidi. Dopo questo legame avviene poi la presentazione al linfocita T. La nicchia in figura contiene un piccolo peptide lineare nonamerico (9 amminoacidi), anche se vedremo che la cellula che ha l MHC I in realt al suo interno non produce frammenti peptidici di 9 a.a. ma proteine di centinaia di amminoacidi . ( le proteine di un virus ad es. sono molto lunghe) per cui all interno della cellula viene operata una ulteriore suddivisione ad opera dei proteasomi, complessi che spezzettano le proteine in frammenti peptidici pi corti i quali solo cos possono essere presentati dall MHC I. Il linfocita T purtroppo riconosce infatti solo piccoli frammenti, non riconosce sequenze molto lunghe, il TCR non legherebbe tali proteine e passerebbe oltre. Ma perch il linfocita T riconosce i frammenti piccoli e non quelli pi grandi? In effetti se legasse i frammenti pi grandi non ci sarebbe la necessit di frammentarli prima e poi presentarli: il motivo comunque che nei frammenti pi grandi facile trovare qualche sequenza amminoacidica che non viene adeguatamente riconosciuta dal linfocita T; immaginate di avere un meccanismo a puzzle, cio di perfetto incastro molecolare tra strutture totalmente diverse tra di loro: se avessimo una sequenza amminoacidica troppo lunga il TCR, per com costituito, potrebbe saltare qualche amminoacido e non riconoscere la sequenza, andrebbe oltre lasciando la cellula indisturbata. La cellula in definitiva si autodifende frammentando le proteine, presentando al TCR pochi amminoacidi e facilitando cos il riconoscimento (anche se cos facendo possibilmente la cellula si condanna a morte in quanto poi verr distrutta..ma giusto che sia cos!) Si capito dunque il motivo per cui importante presentare frammenti piccoli, di pochi amminoacidi.

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Struttura dell MHC di classe II:


Gli antigeni di classe II sono eterodimeri costituiti da una catena e da una catena , anch essi presentano una nicchia, ma ci che fa la differenza conformazionale tra II classe e I classe la presenza di una piccola regione che prende il nome diregione invariante (o regione ). Questa parte in ariante stata scoperta in un secondo tempo e a lungo non si cap quale fosse la funzione, il suo ruolo sua nell MHC di II classe, a tal proposito sono state fatte delle ipotesi: ipotesi del blocco: la regione impedisce il legame di peptidi endogeni ipotesi conformazionale: mantiene la fenditura delle molecole MHC in uno stato conformazionale a bassa affinit per i peptidi ipotesi del sorting: dirige le molecole di classe II erso gli endosomi do e a iene l incontro con il peptide esogeno
p

La regione invariante quella regione c e permette realmente il vero legame soltanto di quei frammenti peptidici nati dalla degradazione del patogeno inglobato Ricordiamo infatti che l MHC . II si tro a nel macrofago, o ero una cellula dotata di atti it fagica, ma sul sistema MHC II de ono essere presentati solo quei frammentini deri ati dalla degradazione del batterio inglobato.La regione invariante capace di legare solo quei frammenti e nessun altro Questa distinzione importante . perch o iamente potrebbero anche essere presenti all interno della cellula frammenti nati dal macrofago e non dal patogeno che ha inglobato La regione invariante quindi d una specificit di . legame solo per quei frammenti nati dal patogeno stesso .

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CAPITOLO 12: PRESENTAZIONE E PROCESSAZIONE


DELL ANTIGENE
Il principale tipo di antigene responsabile di una risposta immune una proteina o una glicoproteina. Altri tipi di antigene, come polisaccaridi e glicolipidi, sono bersagli altrettanto importanti nei processi immunitari che proteggono da infezioni, ma per lo pi sono gli antigeni proteici a stimolare il pi ampio spettro di risposte immuni. Quando un antigene proteico estraneo intatto riconosciuto come estraneo, esso frammentato in piccoli peptidi da proteasi all interno della cellula e posto sulla superficie di molecole del Complesso Maggiore di Istocompatibilit (MHC) di classe I o II. La degradazione di proteine e formazione di peptidi antigenici viene definita processazione dell antigene, mentre l esposizione del peptide sulla superficie cellulare in associazione con molecole MHC viene chiamata presentazione dell antigene. Una volta processati e presentati, gli antigeni sono pronti ad interagire con i linfociti T, che riconoscono specificatamente questi complessi peptide-MHC mediante il recettore per l antigene delle cellule T (TCR). I linfociti T s ono classificati in due principali sottopopolazioni, CD4 e CD8, in base all espressione sulla superficie cellulare di uno di questi due corecettori. il particolare tipo di corecettore espresso a determinare l interazione della cellula T con una particolare classe di proteine MHC: le cellule T CD4+ interagiscono con l MHC di classe II prodotte dalle APC mentre cellule T CD8+ legano peptidi presentati dall MHC di classe I.

APC:
La capacit di processare e presentare antigeni su molecole dell MHC una caratteristica di tutte le cellule di mammifero. Questa propriet correlata alla presenza di molecole MHC di classe I sulla maggior parte delle cellule. Tuttavia, la capacit di processare e presentare gli antigeni mediante l MHC di classe I non d di per s inizio ad una risposta immune. Piuttosto antigeni estranei presentati dall MHC di classe I inducono i linfociti T CD8+ citotossici (CTL) a distruggere la cellula. Perci le cellule che presentano un antigene estraneo vengono denominate cellule bersaglio. Al contrario, APC professionali si definiscono cellule in grado di processare e presentare antigeni associati all MHC di classe II. Questo processo iniziale risulta critico nell induzione di una risposta immune. Sono state identificate APC di diversa natura: tra le principali vi sono le cellule dendritiche, i macrofagi e le cellule B.

Meccanismi di processazione dell antigene:


I peptidi antigenici derivano da due ovvie fonti: essi possono essere prodotti all interno della cellula o possono essere acquisiti dalla cellula mediante endocitosi, pinocitosi o fagocitosi. In linea di principio, i peptidi antigenici che derivano da proteine sintetizzate all interno della cellula sono processati e presentati dell MHC di classe I mediante un meccanismo di processazione endogeno o citosolico. Al contrario, gli antigeni provenienti dall esterno sono processati mediante meccanismo esogeno o endocitico e vengono presentati dall MHC di classe II.

Presentazione dell antigene da parte dell MHC di classe I:


Una delle funzioni principali delle cellule T CD8+ che rispondono a peptidi antigenici presentati da molecole MHC di classe I quella di uccidere, mediante attivit citotossica, la cellula che presenta l antigene. Questo processo utile quando la cellula infettata da un agente patogeno intracellulare o 74

si trasformata in una cellula tumorale che quindi necessita di essere eliminata. I irus sono esempi classici di patogeni intracellulari che pro ocano una risposta da parte dei CTL CD8+, dal momento che i irus sono obbligati ad utilizzare la macchina di sintesi delle proteine propria delle cellule che essi infettano per potersi replicare e crescere. Uccidendo le cellule infette quindi, la risposta immune pu tte limitare un ulteriore crescita irale e perme ad altre molecole effettrici, immunitarie, quali gli anticorpi, di legare le particelle irali e distruggerle tramite fagocitosi.

Presentazione dell antigene da parte dell MHC di classe II:


Il meccanismo di processazione dell antigene mediato dall MHC di classe II, di ersamente da quello dell MHC di classe I, generalmente presenta antigeni pro enienti dall ambiente extracellulare mediante endocitosi. Poich questi antigeni deri anoper lo pi dall esterno(principalmente organismi che causano infezione extracellulare), essi sono chiamatiantigeni esogeni. Il ruolo delle APC professionali (cellule dendritiche, macrofagi e cellule B) nella presentazione di antigeni ristretti per l MHC di classe II porta la risposta immune acquisita alla produzione di molecole effettrici con funzione protetti a, come gli anticorpi, cellule helper CD4+ ed effettori cellulari. Internalizzazione dell antigene ed ingresso nel percorso lisosomale -endosomale: Gli antigeni esogeni possono essere catturati dalle APC attra erso meccanismi di ersi. Il meccanismo prescelto dipende in ogni caso da ari fattori, tra cui il tipo di APC e la presenza o assenza di pre esistenti anticorpi specifici per quell antigene esogeno. Quatt o di ersi meccanismi sono utilizzati r 75

dalle cellule APC per internalizzare antigeni esogeni:fagocitosi, endocitosi mediata da recettore, pinocitosi e macropinocitosi. I macrofagi e le cellule dendritiche immature sono cellule fagocitarie atti e in grado di internalizzare grossi antigeni particolati, come ad esempio batteri interi. Infatti la fagocitosi il principale meccanismo con cui i macrofagi e le cellule dendritiche immature internalizzano gli antigeni. Per di pi, sia le cellule dendritiche che i m acrofagi hanno recettori sulla superficie cellulare che riconoscono frammenti del complemento e regioni Fc degli anticorpi. Quindi gli antigeni esogeni che sono ricoperti da anticorpi e/o da parti del complemento engono internalizzati pi elocemente di antigeni pri i di questo ri estimento. Le cellule B sono meno efficienti delle cellule dendritiche e dei macrofagi nel catturare gli antigeni. Nonostante ci , esse sono delle APC potenti per ia della produzione di immunoglobuline di membrana, che costituisono parte dei recettori per gli c antigeni esposti sulla superficie delle cellule B. Dopo che l antigene stato internalizzato dalle APC, l endosoma (o fagosoma) si fonde con le escicole specializzate chiamate lisosomi, che contengono arie proteasi e altri enzimi idrolitici. La fusione del fagosoma con il lisosoma forma una escicola chiamata fagolisosoma che entra nella ia di n processazione endosomale. Durante la formazione del fagolisosoma, il pH delle escicole dimi uisce. Il decremento del pH essenziale per la processazione dell antigene dal momento che molti enzimi idrolitici funzionano solo a basso pH. Gli antigeni proteici all interno del fagolisosoma sono degradati in peptidi che possono quindi essere presentati da molecole MHC di classe II. I fagolisosomi incontrano le molecole dell MHC di classe II durante il processo endosomale mediante fusione con escicole che contengono MHC di classe II.

CAPITOLO 13: LA MATURAZIONE DELLE CELLULE T E LA LORO


ATTIVAZIONE
Si conoscono gi un po dall istologia, un po dalla fisiologia, quali sono le tappe maturati e dei linfociti, le quali passano anche attra erso organi linfoidi periferici come il timo e organi borsaequi alenti. Se per i linfociti B e NK la maturazione si forma principalmente nel midollo, il linfocita T purtroppo ha bisogno di una tappa maturati a in pi che pre ede il passaggio attra erso il timo. Il linfocita T esce quindi dal midollo come cellula non matura e completa la sua maturazione nel timo. Nel ti c una mo capsula immediatamente sotto la quale si tro a una zona sottocapsulare e quindi a seguire la corticale e la midollare, nelle quali dall esterno erso l interno si esplicano un po le tappe maturati e timo del stesso: ognuno di questi strati rappresenta una tappa maturativa differente per il linfocita T . 76

Il linfocita T giunge prima nella zona sottocapsulare poi nella corticale infine nella midollare cio passa dall esterno verso l interno, in questo percorso il linfocita maturer progressivamente e assumer una definitiva specializzazione, le interazioni che il linfocita ha nei vari strati sono fondamentali per le sue tappe maturative. Nella corticale sono presenti le cellule epiteliali timiche, nella giunzione cortico-midollare sono presenti le cellule dendritiche ed proprio la presenza di queste differenti cellule timiche che caratterizza la maturazione completa del linfocita T. I linfociti che partono dal midollo osseo e arrivano direttamente sulla superficie del timo sono linfociti vergini e non hanno recettori CD4 e CD8, i quali sono quelli che fondamentalmente caratterizzano questi linfociti: in questo caso si parla di cellule doppio ne ativo, perch mancano ambedue i cluster. Man mano che il linfocita migra verso l interno si osserva l acquisizione di recettori, tipo TCR e successivamente anche di CD4 e di CD8 e a quel punto la cellula sar definita doppio positivo. Questo tipo di cellule interagisce con le cellule epiteliali della corticale. Attenzione l aspetto importante il seguente: purtroppo non tutte le cellule, cio non tutti i linfociti che arrivano al timo raggiungono la maturazione completa, soltanto il 5% in grado di farlo, il restante 95% muore per apoptosi formando degli aggregati che prendono il nome di corpuscoli di Hassal. La morte di questo gran numero di linfociti potrebbe sembrare uno spreco ma alla fine, per l efficienza della risposta immunitaria addirittura un bene che sia cos, perch il 5% di cellule che restano sono cellule assolutamente mature, complete e capaci di lavorare nel sistema immunitario nella maniera migliore possibile. Purtroppo succede anche che alcuni cloni di quel 95% di cellule che dovrebbero morire per apoptosi, possono sopravvivere e tali cloni aspecifici, anomali possono diventare poi cellule patologiche. La fase di riconoscimento, di contatto tra il linfocita T e l epitelio del timo avviene solo se su entrambe le cellule presente uno stesso recettore, cio il giusto riconoscimento tra il timo e il linfocita dipende dall unione di due recettori, quello del linfocita e quello delle cellule epiteliali timiche: l unione di questi due recettori permette l internalizzazione del linfocita nel timo. Sulla cellula epiteliale sono riconosciute le MHC di I e di II classe; si formano complessi tra peptidi self e MHC ed proprio questo complesso che solo il 5% di linfociti T riesce a riconoscere. Il riconoscimento avviene soltanto se sul linfocita presente il recettore per il complesso MHCpeptide self, il timo dunque costituisce non solo un elemento importante per le tappe maturative del linfocita T ma anche importante per la formazione del TCR, il quale a sua volta diventer indispensabile per il riconoscimento dell MHC sulle altre cellule. Infatti l unione che andremo a vedere tra il linfocita T e le cellule che hanno gli antigeni di istocompatibilit, avviene nella maniera ideale quando si completa la formazione del TCR, e questo si ha a livello del timo: ci permette la specializzazione ma anche la capacit che ha il linfocita T di potersi legare a tutte le cellule di competenza. Tutti questi eventi che avvengono a livello del timo alla fine portano quind i alla cosiddetta selezione positiva: chi non ha il recettore viene eliminato per apoptosi.
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Se ne deduce quindi che quel 95% dei linfociti che poi vanno a morte perch non hanno un recettore di questo tipo o comunque hanno delle anomalie tali che non completano la fase maturativa, vengono distrutte all interno del timo stesso e non usciranno mai fuori dal timo per andare in periferia ad assolvere delle funzioni: questo quello che accade in condizioni fisiologiche ma vedremo che non sempre cos. In definitiva recettore non presente linfocita non funzionante linfocita che muore !

Nella corticale del timo quindi il linfocita impara a riconoscere l antigene quando legato alla molecola dell MHC. Questi concetti sono fondamentali per capire il meccanismo adeguato del riconoscimento del self dal non self, ci potremmo chiedere infatti: ma come fa il sistema immunitario a conoscere anticipatamente quali sono le strutture che non deve attaccare e le strutture che invece deve andare a combattere in quanto di natura antigenica? La conoscenza avviene nei primi anni di vita quando tutti gli antigeni proteici fisiologici, presenti sulle cellule epiteliali e presentati dall MHC, passano con queste cellule attraverso la corticale del timo e vengono presentati tipo biglietto da visita a tutti i linfociti. I linfociti che si trovano nel timo e che hanno il TCR gi formato (come visto il 5%), sono cellule in grado di andare a riconoscere tutte queste strutture come self e acquisire una memoria che durer tutta la vita, almeno fino a quando il linfocita T lavora regolarmente. Questo un evento fisiologico, da questo momento in poi il linfocita conoscer e riconoscer solo le strutture peptidiche normali sulla superficie delle nostre cellule, tutti gli altri peptidi pre sentati dalle cellule sempre con il sistema MHC ma che non vengono conosciute e riconosciute dal linfocita T vengono considerate come estranee e si innesca cos il meccanismo immunitario, un esempio per tutti gli antigeni che presenta il macrofago sul suo MHC ai linfociti T: in quel caso infatti si tratta di antigeni diversi, perch sono antigeni nati dalla digestione di un batterio, in definitiva l MHC del macrofago presenta antigeni, peptidi che non sono mai stati visti dal linfocita nel timo, nelle prime tappe maturative della nostra vita. Il neonato, il bambino nei suoi primi anni di vita, fino agli 8 -9 anni di vita sempre in fase di immunit, fa un immunit che gli servir per tutta la vita e da cui deriva la conoscenza del self dal non self; questo un discorso fondamentale sul quale gioca tutta l immunologia. Dopo la selezione positiva il linfocita T raggiunge alla fine la giunzione cortico-midollare e si ha in questa fase una ulteriore specializzazione, una ulteriore selezione degli stessi recettori: il TCR che si formato e ha cominciato a lavorare a livello della corticale, nella giunzione cortico-midollare acquisisce una ulteriore funzione, pu diventare recettore ad altissima affinit o recettore a bassissima affinit. Questa capacit di affinit vuol dire sensibilit al riconoscimento pi o meno efficace nei confronti degli antigeni questo permette al linfocita T di poter avere eventi di tolleranza verso le strutture del self e legami invece ad altissima affinit soprattutto verso le strutture non-self, quindi la possibilit di un ulteriore, pi fine reg olazione di riconoscimento tra le strutture self e non self. Spesso accade, anche negli eventi patologici, che i piccoli frammenti peptidici anomali rispetto a quelli fisiologici si differenziano solo per un amminoacido, immaginate due frammenti peptidici, patologico e fisiologico, identici tranne che per un solo amminoacido. Questo ci fa capire come il linfocita T deve svolgere la sua funzione con una affinit tale da andare a riconoscere quel singolo amminoacido e allora innescare la risposta: ecco l importanza dell affinit del linfocita T.

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In periferia necessario che non siano presenti recettori ad affinit medio-alta perch altrimenti sarebbero riconosciute anche minime concentrazioni di antigene. Cosa vuol dire questo concetto? Quando il linfocita T ha acquisito queste informazioni, questa capacit riconoscimento con maggiore o minore affinit, una volta che va in periferia non deve avere un recettore ad alta affinit perch in questo modo potrebbe riconoscere anche concentrazioni minime di antigene che magari non sono significative per quanto riguarda una vera e propria risposta immunitaria e che si possono eventualmente anche trascurare. Per questo motivo i recettori ad altissima affinit di solito restano in zona timica, invece i recettori a bassa affinit li ritroviamo in periferia, dove questa bassa affinit tra l altro permette la capacit di poter discernere una quantit di antigeni sicuramente pi vasta, infatti anche se pu sembrare una contraddizione, un affinit pi bassa permette di legare pi cose. Nella giunzione cortico-midollare vengono quindi eliminati i linfociti con recettori ad alta o altissima affinit mediante l interazione in quest area con cellule dendritiche. Se da un lato le cellule timiche della zona corticale sono quelle che danno ai linfociti T la specializzazione (TCR e cos via), nella zona pi interna le cellule dendritiche cominciano a eliminare proprio i linfociti con TCR ad altissima affinit che non devono andare in periferia, in questo caso si parla di selezione ne ativa. Quindi: in zona corticale selezione positiva, TCR i linfociti acquisiscono capacit recettoriale selezione negativa, distruzione delle cellule che hanno recettori ad
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in zona cortico-midollare altissima affinit.

A questo livello i linfociti T che sono rimasti sono solo quelli capaci di discernere adeguatamente il self dal non self, arrivano le cellule che cominciano a presentare i frammentini self, i linfociti T riconoscono in questa tappa maturativa tutti i frammenti che fanno parte delle nostre cellule ed esprimono il fenomeno della tolleranza centrale, quindi la capacit di acquisire il discernimento tra i frammentini che devono riconoscere e quelli che invece devono combattere. Questa tolleranza viene definita centrale per distinguerla dalla tolleranza periferica che si acquisir in un secondo tempo quando i linfociti lasceranno il timo e andranno in periferia ad assolvere funzioni operative. A questo punto il linfocita T per non sar pi un doppio positivo e q uindi potr esprimere sulla membrana CD4 o CD8 che determinano le sue capacit di legame con l MHC di competenza. Ricapitolando: arrivano i linfociti riescono a superare la capsula che avvolge il timo entrano dentro la corticale acquisiscono la capacit TCR (selezione positiva) passano nella giunzione cortico-midollare e nella midollare a questo livello un altissima percentuale di linfociti T muore (selezione negativa) per quelli che restano hanno capacit di discernimento dei frammentini peptidici fisiologici presentati dall MHC, ovvero acquistano la cosiddetta tolleranza centrale. A questo punto il linfocita T completo, perch una cellula che ha completato la fase maturativa, ha il suo TCR che riconosce i frammenti peptidici e il CD4 o CD8 i quali daranno al linfocita T una ulteriore specializzazione nel riconoscimento fra cellule macrofagiche, cellule infettate da virus etc. E importante fare uno schema mentale di tutti questi passaggi che portano al linfocita T maturo, che pronto a lasciare il suo timo e migrare a colonizzare gli organi linfoidi secondari dove normalmente soggiorna pronto ad esplicare le sue funzioni che possono essere CD4 e CD8. 79

La maturazione dunque si svolge in due fasi: Selezione positiva: interazione tra TCR e complesso proteine self-molecola MHC esposto sulle cellule epiteliali; avviene nella corticale. Selezione ne ativa: interazione tra TCR e complesso proteine self-molecola MHC esposto sulle cellule dendritiche; avviene al livello della giunzione cortico-midollare. Nella selezione positiva viene acquisita la specificit per il complesso MHC-peptide self. Un certo numero di cellule mature riconosce il self per non provoca la distruzione degli organi perch in periferia esistono una serie di meccanismi che sviluppano la tolleranza verso gli organi. Si parla di TOLLERANZA PERIFERICA in complementariet con la tolleranza centrale. E chiaro che le informazioni che il linfocita T acquisisce a livello timico se le porta dietro per tutta la sua vita, la quale avviene per fuori dal timo, per cui il linfocita T esplicher i suoi fenomeni di tolleranza verso le cellule che trova in circolo, ma anche verso le cellule nelle sedi in cui il linfocita T v a lavorare una volta che lascia il torrente circolatorio (ad es. i linfociti passano attraverso i vasi, si portano negli interstizi e qui esplicano le proprie funzioni immunitarie e flogistiche). Allora in questo caso il bagaglio di informazioni che acquisiscono nel timo e che si portano durante il loro tragitto, lo esplicano anche sui tessuti in periferia ed a questo proposito che si parla di tolleranza periferica. Perch importante parlare sia di tolleranza centrale che di tolleranza periferica? Perch pu capitare che una volta uscito dal timo, questo linfocita facendo un certo percorso fino al target finale (ad es. una cellula infettata da un virus o in trasformazione neoplastica) in un qualsiasi tessuto, possa incontrare cellule che in periferia presentano un MHC con degli antigeni di superficie che possono creare dei fenomeni di mimetismo, fenomeni i quali comunque portano a mostrare dei frammenti peptidici anomali che invece il linfocita riconosce come self e non combatte (lo vedremo soprattutto parlando di immunit e cancro). Esistono due tipi di molecole MHC: di I e di II classe; entrambe presentano peptidi antigenici, i primi per li presentano a CD8 e i secondi a CD4 . I CD8 sono importanti nella risposta a virus, perch fanno parte dei l infociti T citotossici; I CD4 sono importanti nella risposta a batteri, infatti sono legati ai linfociti T helper, per cui lavorano molto bene con i macrofagi, con i linfociti B quindi sono presenti in una cooperazione di risposte. CD8 e CD4 sono corecettori c e le ano rispettivamente le molecole MHC di I e di II classe. In questa figura vengono rappresentati i meccanismi di legame con i vari attori di questi eventi. Una cellula infettata da un virus con le proteine virali, queste proteine virali vengono poi a loro volta frammentate (ridotte a 10-15 amminoacidi), si uniscono all MHC di classe I. L MHC I presenta il frammento antigenico e arriva cos la cellula CD8 citotossica con il suo TCR. Si visto parlando del sistema MHC come il fulcro di tutta la risposta non l unione delle due cellule, la quale comunque importante, ma proprio questo incastro a puzzle MHC-antigene-TCR. Se questo incastro avviene perfettamente dal punto di vista molecolare, il linfocita T citotossico in grado di dare una risposta adeguata con la produzione di citochine e cos via. Per quanto riguarda il CD4 invece consideriamo l esempio di un macrofago (in alto nella figura), il quale possiede anch esso delle proteine virali ricordiamo infatti che un virus pu essere inglobato anche da un macrofago. 80
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I frammenti antigenici engono legati questa olta all MHC di II classe e si ha l unione con il TCR del linfocita Th con un meccanismo simile a quanto isto in precedenza. Si ricordi che comunque in generale il linfocita CD8 la ora su cellule infettate da irus o cellule trasformate, in ece il linfocita CD4 pu la orare anche con i irus ma soprattutto con i batteri.

L antigene stato internalizzato e degradato a peptidiantigenici dalla cellula dendritica; i peptidi antigenici vengono legati dalle molecole MHC. Quindi la cellula dendritica si porta nella paracorticale del linfonodo dove avviene l interazione tra linfocita T CD4 e antigene.

Il linfocita T CD8 indicato come citotossico; il linfocita T CD4 invece aiuta altre cellule del SI come nel caso dei linfociti B nella produzione di anticorpi; in carenza di CD4 (come si ha nelle malattie da immunodeficienza) i linfociti B hanno grossa difficolt nella produzione di anticorpi. - Il virus HIV ha come bersaglio CD4. In ogni caso l interazione tra il linfocita T e il complesso MHC-Ag molto debole e iene stabilizzato dall inter ento di tre molecole: molecola dell MHC, CD e CD che si tro ano sulla cellula dendritica e interagiscono con altrettante molecole sul linfocita T che engono espresse durante la loro maturazione.In definiti a questa unione a ruota dentata , questi collegamenti di cui si parlato si esprimono come una era e propria sinapsi immunologica che pre ede anch essa, un po come le sinapsi del sistema ner oso, collegamenti tra due strutture e passaggio di prodotti. L interazione quindi tra cellule dendritiche e linfocita T dinamica, come un contatto tra due ruote dentate e questo perch cos si possono atti are pi linfociti T inoltre cellula la dendritica passando da un linfocita all altro cerca il linfocita specifico per la sua attivazione . Attenzione Questo un altro concetto importante: ero che lecellule dendritiche sono tante, per potrebbe anche essere che un esercito di cellule dendritiche a enti tutte lo stesso frammento antigenico, si tro ano da anti un esercito di linfociti T i quali per non sono tutti gli stessi ! La selezione clonale che a iene a li ello del timo e dei linfonodi, permette infatti la formazione di una : quantit infinita di linfociti T con caratteristiche di riconoscimento di ersificate per questo moti o la cellula APC (cellula dendritica, macrofago) che presenta il suo fram mento, de e andare a cercare il suo linfocita specifico. 81
x w x y v

Il primo segnale di attivazione l interazione tra MHC e TCR ed questo il segnale specifico, il trigger cio il grilletto : l inizio della reazione parte dal legame MHC-TCR. Si parla invece di secondo segnale quando c l unione tra tutti gli altri recettori. In definitiva il meccanismo che innesca la reazione tra queste due cellule MHC-TCR, dopodich si stabiliscono gli altri legami, il pi importante dei quali quello tra cd80 e/o cd86 (sulla cellula dendritica) con il cd28 sul linfocita T. - Anche se per comodit di studio queste interazioni successive prendono il nome di secondo segnale, il termine secondo non vuol dire che sono meno importanti, perch pur riconoscendosi MHC e TCR, se non si innescano le altre interazioni, cio in assenza di secondo segnale il meccanismo molecolare si ferma, le cellule non interagisce proprio perch non si ha un interazione piena, completa. In assenza di un secondo se nale impossibile ottenere l attivazione. Primo segnale: MHC Secondo segnale: cd28 TCR cd80 e/o cd86

Cosa succede una volta che le due cellule (cellula APC e linfociti T) si sono presentate, conosciute, scambiate informazioni? L informazione arriva all interno del linfocita T, dove a livello del nucleo inizia la trascrizione, l espressione di quei geni che servono per andare a formare alla fine quelle sostanze prodotte dal linfocita T come risposta. L interleuchina 2 prodotta dalle cellule APC si lega all IL-2 recettore e questo trasduce un informazione all interno che permette la proliferazione, il mantenimento in vita e l attivazione del linfocita. Quindi l MHC passa al linfocita T informazioni sulle caratteristiche antigeniche, i recettori permettono il riconoscimento pieno tra le due cellule, l IL-2 mantiene in vita il linfocita T: tutte queste informazioni arrivano nel nucleo, la cellula inizia a trascrivere RNA e si originano nuove proteine che diventano poi citoc ine. Il secondo segnale arrivando all interno della cellula blocca l apoptosi. Il linfocita T per sua natura, una volta finita la sua funzione deve morire, per cui il contatto tra il linfocita T e la cellula APC preserva il linfocita T da una morte apoptotica prematura: in poche parole il contatto tra queste due cellule mantiene in vita il linfocita T per il tempo necessario affinch questo produca quelle sostanze importanti alla distruzione dell antigene. Dopo questo evento, come avrebbe detto Luigi XIV apres moi le deluge , pu succedere il diluvio non interessa, cio dopo che il linfocita ha prodotto tali sostanze pu anche andare incontro ad apoptosi, ma in quel preciso momento il linfocita T deve rimanere funzionale. Inoltre l unione del ligando cd80 o cd86 con il cd28 a sua volta induce l espressione del ligando cd40 in modo tale che si possa incrementare l interazione tra linfocita T e cellule dendritiche. In altri termini si innesca un meccanismo meraviglioso: primo contatto MHC con TCR poi si attivano cd80 con cd28 il cd80 attiva altri recettori come il cd40 una sorta di cascata di attivazione .

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In assenza di un secondo segnale non si ha attivazione del linfocita T: come visto l MHC lega il TCR (primo segnale), ma necessariamente per avere l attivazione completa devono partire gli altri segnali nati dall unione ligando-recettore. Quindi pure in presenza di un primo segnale, se il secondo segnale non c la cellula si blocca nelle sue funzioni e c il meccanismo della aner ia, cio la cellula diventa incapace di reagire a qualsiasi stimolo antigenico, significa che in un successivo eventuale futuro incontro con un antigene (anche se lo stesso antigene!), pure se si dovesse realizzare un interazione completa con la cellula dendritica, questo linfocita T (cellula anergica) non sarebbe ugualmente attivato. ! in poche parole se dopo un mese o un anno lo stesso linfocita incontra lo stesso antigene e l MHC con l antigene si lega un altra volta al TCR, anche se questa volta si dovesse attivare pure il secondo segnale, la cellula non diventa comunque attiva per dare la risposta, proprio perch l anergia che si porta dietro dal primo contatto sbagliato purtroppo la deve scontare anche sugli altri contatti che verranno dopo. ricordare fino a stancarsi questo concetto Non basta soltanto l unione MHC TCR, devono unirsi, collegarsi, reagire tutti i recettori adeguati per una risposta piena del linfocita T. - La tolleranza che si pu instaurare nel nostro organismo determinata al livello della risposta immune dall aner ia clonale. - A seguito di anergia le cellule epiteliali non esprimono molecole costimolatrici ovvero CD80 e CD86 e per questo si sviluppa tolleranza. - Se blocco il secondo se nale blocco la risposta. C un ulteriore modalit di interazione tra linfocita T e cellula dendritica: si ha sempre interazione tra MHC e TCR; CD80 e/o CD86 per non interagiscono con CD28 ma con CTLA-4. In questo caso la conseguenza l arresto del ciclo cellulare. Esistono dunque tre modalit di interazione che portano a tre diverse conseguenze: 1. aner ia 2. proliferazione,differenziamento e funzioni effettrici 3. arresto del ciclo cellulare

Cooperazione tra CD4 e CD8:


In assenza del CD4 il CD8 non viene non viene n attivato n in grado di mantenersi in vita: il linfocita CD4 fornisce al linfocita CD8 un interleuchina 2 (IL-2) e in questo modo attiva il CD8 e lo mantiene in vita a lungo. Affinch il CD4 attivi il CD8 mediante produzione di IL -2 le due cellule devono trovarsi sulla stessa sede, ovvero nella paracorticale del linfonodo, nello stesso momento; inoltre deve essere presente anche la cellula dendritica per l attivazione del CD4. In termini probabilistici purtroppo difficile che si verifichino queste condizioni, in realt il CD8 pu essere attivato in due modi: con un CD4 presente o con un CD4 assente, cio possiamo avere un attivazione CD4-dipendente ed un attivazione CD8-indipendente. Attivazione CD4 dipendente: La cellula dendritica dopo aver legato l antigene si porta nella paracorticale dove attiva il linfocita CD4 vergine; necessitano a tal fine un primo segnale ed un secondo segnale, e a questo punto l ulteriore legame tra CD40 e CD40L, permette al CD4 di stimolare la produzione di una citochina da parte della cellula dendritica che la IL-12 che va a stimolare il CD8 che viene indotto alla proliferazione e diventa cos citotossico. 83

Attivazione CD4 indipendente: In questo caso la cellula dendritica non viene attivata dall interazione CD40 e CD 40 L ma dal segnale trasdotto dai recettori Toll attivati dall interazione con il patogeno e con le molecole da questo prodotte. In questo caso il CD8 non ha bisogno della presenza di CD4 perch la sua stimolazione deriva dall attivazione dei recettori Toll. La cellula dendritica attivata inoltre anche in questo caso produce IL12 che va ad agire sul CD8. In definitiva il CD8 viene comunque attivato.

CAPITOLO 14: INTERAZIONI CELLULARI


Molti meccanismi immunologici dipendono dalle interazioni tra le diverse componenti cellulari del sistema immunitario. Queste interazioni si basano su due meccanismi specifici: il contatto diretto tra le cellule del sistema immunitario oppure la secrezione da parte di queste cellule di molecole solubili (citochine e chemochine) che si legano a specifici recettori presenti sulle cellule bersaglio. La conseguente proliferazione e/o differenziazione cellulare determina una specifica risposta immunitaria. Le principali cellule del sistema immunitario che devono interagire e quindi h anno bisogno di comunicare tra di loro sono le cellule presentanti l antigene (APC) ed i linfociti T e B. Le cellule B possono anche funzionare da APC per alcuni tipi di cellule T. Anche le attivit di altre cellule del sistema immunitario, come i monociti, i macrofagi ed i granulociti, possono essere influenzate dalle interazioni cellulari. noto, infatti, che diversi tipi di cellule dell organismo sono in grado di rispondere a specifici segnali provenienti dalle cellule del sistema immunitario; queste ul time fungono da mediatori primari della fisiologia tissutale nel corso delle risposte immunitarie. Per esempio, l esposizione sulla superficie cellulare di peptidi antigenici associati all MHC di classe I in grado di trasformare la cellula di un tessuto in una cellula bersaglio che verr successivamente distrutta dai linfociti T citotossici (CTL). Le APC sono in grado di presentare frammenti di peptidi antigenici in associazione a molecole MHC di classe II espresse sulla propria superficie cellulare; in tal modo facilitano il riconoscimento dell antigene stesso da parte dei linfociti Th (helper) CD4+ mediante i recettori di superficie TCR presenti sulle cellule T. L interazione specifica tra molecole di superficie in grado di legarsi tra di loro viene definita interazione affine e determina l attivazione delle cellule T che viene amplificata da ulteriori interazioni tra molecole costimolatorie presenti sulla superficie delle cellule T e delle APC. Una volta attivate con la modalit suddetta, le cellule T so no in grado di comunicare con le altre cellule attraverso la sintesi e la secrezione di molteplici mediatori solubili denominati citochine. Le citochine sono in grado di indurre un ampio spettro di attivit biologiche riguardanti prevalentemente le risposte immunitarie. Uno degli eventi pi importanti per l attivazione delle cellule T rappresentato dalla produzione della interleuchina 2 (IL -2). L IL-2 un fattore di crescita prodotto dalle cellule T in grado di promuovere la proliferazione delle stesse cellule T che esprimono recettori specifici per questa citochina. Sebbene la formazione del complesso MHC-peptideTCR rappresenti un evento precoce e fondamentale per l attivazione delle cellule T, necessario che le APC forniscano anche una serie di ulteriori segnali costimolatori per le cellule T. Infatti, le molecole costimolatorie attraverso le interazioni con i loro recettori specifici, forniscono segnali importanti per le cellule che esprimono questi recettori. Pertanto, l attivazione delle cellule T risultante dal legame tra TCR e complesso antigene-MHC si svolge in parte sotto il controllo di un ampio spettro di citochine e di molecole costimolatorie presenti sulle APC e sulle cellule T. In numerose circostanze immunologiche, le cellule T helper si differenziano nei sottotipi TH1 o TH2 che producono specifiche citochine in grado di attivare una risposta cellulo-mediata o citotossica da parte di altre cellule T oppure di promuovere 84

la differenziazione delle cellule B in plasmacellule. In conclusione, s ia le molecole di membrana sia le citochine solubili, attraverso il legame ai loro recettori specifici partecipano alle comunicazioni tra le cellule del sistema immunitario che sono fondamentali per inizare e mantenere attiva una specifica risposta immunitaria.

Meccanismi delle interazioni cellulari:


Contatto cellula-cellula: E il contatto tra due cellule dove si verifica l attivazione specifica di cellule in grado di promuovere la risposta immunitaria nei confronti di un antigene estraneo. Nel controllo di queste interazioni cellulari sono coinvolte una miriade di molecole di adesione e di ligandi. Trasduzione del segnale nelle cellule T e B: Si verifica per le cellule T con due principali vie, che sono idrolisi dei fosfolipidi contenenti inositolo dalla membrana plasmatica e la fosforilazione di proteine di membrana e/o citoplasmatiche. Per le cellule B l interazione tra l antigene e le Ig di membrana (M o D) attiva una cascata di eventi molecolari all interno delle cellule. Un ruolo di estrema importanza nell attivazione delle cellule B svolto dall aumento della espressione delle molecole di superficie che mediano il contatto cellule-cellula con le cellule T. A sua volta il contatto con le cellule TH fornisce i segnali necessari per l attivazione delle cellule B. (CD40 nelle cellule B con CD40 L nelle cellule T, il complesso antigene -MHC II nelle cellule B con il TCR nelle cellule T).

Mediatori solubili citochine e chemochine:


Cosa fanno le citochine? La produzione di diverse citochine rappresenta una prima risposta difensiva contro le infezioni. Tale risposta tende inizialmente a contenere la replicazione del patogeno inducendo uno stato infiammatorio ed, in un momento successivo, a ristabilire l omeostasi all interno dell organismo.

Propriet biologiche delle citochine:


Le interazioni iniziali tra le cellule APC, i linfociti T e B, stimolano la produzione di molteplici molecole solubili definite citochine che regolano le interazioni tra le diverse cellule del sistema immunitario. Le citochine vengono sintetizzate e secrete da cellule immunitarie attivate e svolgono importanti funzioni biologiche nell ambito delle risposte immunitarie umorali e cellulo-mediate. Alcuni tipi di citochine appartengono alla classe delle chemochine, costituita da molecole a basso peso molecolare in grado di stimolare la migrazione cellulare e la chemiotassi.

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Le citochine sono molecole a basso peso molecolare che possiedono alcune propriet comuni: 1. Hanno una bre e emi ita, non sono accumulat nelle cellule in forma preformata, ma e sintetizzate de no o e secrete durante l atti azione cellulare 2. Sono prodotte da di erse cellule del sistema immunitario e possiedono molteplici atti it s biologiche a seconda del tipo cellulare al quale si legano queto fenomeno definito pleiotropismo. 3. Le loro funzioni biologiche possono essereridondanti, o ero due di erse citochine possono a ere effetti so rapponibili sulla cellula bersaglio. 4. Molte citochine possono indurre o inibire la produzione di altre citochine creando complessi network regolatori in grado di modulare finemente gli effetti biologici delle citochine. 5. Possono influenzare l atti it di altre citochine, inducendo effettiantagonistici o sinergici. 6. Inducono i loro effetti biologici atti ando specifici recettori presenti sulla superficie cellulare. Possono agire sulla stessa cellula dalla quale sono state secrete (atti it autocrina) oppure su cellule icine (atti it paracrina). In genere le citochine agiscono pre alentemente nel microambiente limitrofo nel quale sono prodotte tutta ia, possono essere presenti nel sangue circolante ed esercitare effetti sistemici o di tipo endocrino. 7. Generalmente le risposte cellulare alle citochine si esplicano nell arco di alcune ora e richiedono la produzione de no o di mRNA e la sintesi di specifiche proteine.

Le citochine s olgono un ruolo fondamentale nelle interazioni cellulari e nella risposta immunitaria. Queste molecole esercitano una miriade di atti it biologiche, che in definiti a coordinano molteplici aspetti di ersi della risposta immunitaria dell ospite. Infatti, esse sono in grado di indurre sia risposte it infiammatorie aspecifiche sia risposte specifiche dell immun acquisita. Le citochine engono prodotte da molteplici elementi cellulari: monociti, macrofagi, cellule dendritiche, cellule B e T, mastociti e basofili. In alcuni casi queste cellule producono una gamma specifica di citochine tipiche di una determinata cellula. Tutta ia, spesso una particolare citochina pu essere prodotta da di ersi tipi cellulari. Le citochine sono in grado di amplificare o di inibire molteplici funzioni biologiche. Lo studio delle caratteristiche immunologiche delle citochine comp licato dalle suddette propriet : pleiotropismo, ridondanza, regolazione dellaproduzione di altre citochine, sinergismo ed antagonismo. Per esempio, la IL-1 una citochina coin olta nell atti azione dei linfociti T, che un 86

evento centrale dell immunit acquisita. Contemporaneamente la IL-1 attiva la produzione di mediatori dell immunit innata come le proteine di fase acuta dagli epatociti ed implicata nel rialzo di temperatura corporea attraverso il legame con i recettori presenti nell ippocampo che ospita il termostato del corpo umano. Un altro esempio fornito dalla IL-4 che pu influenzare la crescita delle cellule T, delle cellule B e dei mastociti. La ridondanza un'altra complessa propriet delle citochine; analogamente alla IL-1, anche il TNF- pu indurre il rialzo della temperatura corporea agendo a livello dell ippocampo; d altra parte la IL-6 pu stimolare la sintesi di proteine di fase acuta dagli epatociti. Le cellule B proliferano in risposta alle IL-2 , IL-4 ed IL-5. Diverse citochine sono in grado di indurre risposte cellulari del tutto simili: ad esempio, le IL-2 ed IL-5 promuovono la proliferazione delle cellule T; le IL-4, IL-10 e IL-13 inibiscono il rilascio di citochine proinfiammatorie; le IL-12 ed IL18 promuovono entrambe la sintesi di IFN- . La maggior parte delle citochine non sono prodotte e non agiscono in maniera isolata, ma funzionano come parte di un network complesso nell ambito del quale svolgono sia attivit di regolazione della produzione di altre citochine sia attivit effettrici. Il sinergismo un'altra importante caratteristica di alcune citochine. Il meccanismo dello switch isotipico che regola la produzione di IgE da parte delle cellule B richiede l intervento di delle IL -4 ed IL-5. Le IL-2 e le IL-12 agiscono insieme nel modulare l attivit delle cellule CTL. L antagonismo rappresenta l altro importante aspetto tipico delle interazioni tra le diverse citochine. La produzione di IL-10 da parte delle cellule TH2 inibisce l attivazione d elle cellule TH1. Il bilancio complessivo delle citochine , in definitiva, responsabile dell inizio, del mantenimento e della risoluzione delle risposte immunitarie ed infiammatorie.

Citochine dell immunit innata:


TNF: Principale mediatore della risposta infiammatoria acuta ai batteri Gram-negativi ed altri agenti infettivi, viene prodotto dai fagociti mononucleati attivati, ma anche da NK e linfociti T. Il suo ruolo quello di favorire il reclutamento di neutrofili e monociti nei focolai di infezione, a ttivandone le funzioni microbicide. Chemochine: Prodotte dai leucociti, Esibiscono diverse attivit biologiche, anche se la loro funzione principale (e pi nota) consiste nell'attivazione e nel reclutamento (chemiotassi) dei leucociti nei siti di flogosi. IL-1: Prodotta dai fagociti mononucleati in seguito ad infezione batterica, induce nelle cellule endoteliali l espressione di molecole di adesione per i leucociti. IL-12: Rappresenta un anello di congiunzione tra le immunit innata e specifica, dato che prodot ta nelle fasi precoci delle risposte innate contro i microrganismi intracellulari e stimola risposte specifiche protettive verso tali microbi. prodotta dai fagociti mononucleati attivati e dalle cellule dendritiche. IL-10: Prodotta dai macrofagi ha un azione inibitoria sui macrofagi stessi e sulla risposta innata in generale.

Citochine dell immunit specifica:


IL-2: prodotta dai linfociti CD4+ e in minor misura dai CD8+. Agisce prevalentemente in maniera autocrina legandosi alle cellule che esprimono il recettore per IL-2. La loro funzione quella di indurre un espansione clonale dei linfociti. 87

IL-4: Prodotta dai linfociti CD4 appartenenti alla sottopopolazione TH2 e da mastociti. Si comporta come fattore di crescita autocrino inducendo la differenziazione dei linfociti CD4+ in senso Th2. Inoltre la principale citochina responsabile dello scambio isotipico ersola classe IgE nei linfociti B. Antagonizza l atti azione macrofagica esplicata dall IFN , inibendo cos le reazioni immunitarie cellulo-mediate. IL-5: E un atti atore degli eosinofili, capaci di uccidere elminti e stimola la proliferazione dei linfociti B e la produzione di IgA. INF- : Secreto dai linfociti Th1 il principale atti atore dei macrofagi, lo strumento attra erso il quale le cellule T ed i NK stimolano i macrofagi ad uccidere i microbi fagocitati, stimola l espressione da parte delle APC di molecole MHC di classe I e II e costimolatorie promuo e la differenzazione dei linfociti T in Th1 e inibisce quella in Th2.

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CAPITOLO 15: RIEPILOGO SULL IMMUNIT SPECIFICA,


L IMMUNIT CELLULO-MEDIATA
Se l infezione si estende perch i meccanismi difensivi cellulari ed umorali dell immunit innata e dell infiammazione non sono riusciti a bloccare i microrganismi invasori, l organismo tutt altro che debellato. Esso, difatti, pu allestire la sua difesa su una terza linea, che ha una maggiore poten zialit offensiva perch i suoi meccanismi sono specificatamente diretti alla distruzione del particolare organismo invasore. Si tratta di un insieme di meccanismi, sotto l aspetto evolutivo pi sofisticato di quello che presiedono l immunit naturale, dai quali si differenziano per molte ragioni, tra le quali, oltre alla specificit, riveste importanza anche la capacit a rinforzarsi in occasione di incontri successivi con gli stessi agenti che ne avevano in precedenza indotto la comparsa. Ci significa che la prima stimolazione induce non solo una risposta, ma anche la comparsa di una memoria del riconoscimento effettuato. Questo fenomeno di estrema importanza per il fatto che la risposta immunitaria specifica diventa efficiente dopo un certo tempo dal momento in cui i linfociti hanno la prima volta riconosciuto un determinato agente invasore, mentre diventa pi rapida in occasione di ulteriori contatti con lo stesso agente.

L immunit specifica consta: a) Di fattori cellulari, rappresentati esclusivamente dai linfociti b) Di fattori umorali, rappresentati esclusivamente dalle immunoglobuline.

Attivazione dei linfociti B:


Il linfocita B, una volta attivato, si trasforma in linfoblasto il quale si divide, formando due cellule, di cui una la plasmacellula, che sintetizza e secerne gli anticorpi specifici per l antigene stimolante, e l altra il linfocita della memoria, che presieder alla risposta secondaria. La risposta anticorpale, che consegue al primo contatto con un antigene, viene definita risposta primaria; quella che consegue al secondo, ed eventualmente ad ulteriori contatti con lo stesso antigene, viene detta risposta secondaria. Quest ultima sempre di maggiore intensit rispetto a quella primaria. Gli anticorpi che passano nel sangue durante la risposta primaria sono nella prima fase della classe IgM e successivamente della classe IgG e sono destinati a scomparire nel giro di qualche settimana. Nella risposta secondaria, che segue ai successivi contatti con lo stesso antigene, gli anticorpi sono sempre della classe IgG e permangono per molti mesi in circolo. Questo effetto alla base della cosiddetta memoria immunologica, che consente all organismo, grazie alla persistenza per un periodo di tempo piuttosto lungo di un numero elevato di linfociti della memoria, che sono antigene specifici, di rispondere pi prontamente e pi intensamente alla stimolazione con lo stesso antigene. La risposta immunitaria secondaria risulta, quindi, pi precoce e pi intensa di quella primaria. I linfociti B vergini, tramite i loro recettori di membrana (Ig di membrana) riconoscono direttamente sia antigeni di natura proteica che antigeni di natura polisaccaridica e lipidica. Questa precisazione si rende necessaria perch la risposta agli antigeni proteici da parte dei linfociti B avviene solo se seguita da una seconda stimolazione effettuata dalle citochine (IL-2, IL-4, IL-5, IL-6) sintetizzate e secrete dai 89

linfociti T helper CD4+. Per tale ragione gli antigeni proteici sono considerati antigeni antigeni Tdipendenti a differenza di quelli polisaccaridici e lipidici che sono detti antigeni T-indipendenti, perch capaci di indurre la formazione di anticorpi senza l intervento dei linfociti T. Gli antigeni proteici, riconosciuti dai linfociti B, sono da questi internalizzati in vescicole citoplasmatiche e processati (digeriti). I frammenti che originano dalla processazione (epitopi) vengono complessati a molecole MHC di classe II ed espressi sulla superficie cellulare, fenomeno questo che consente il riconoscimento di essi da parte dei linfociti T tramite il loro TCR. Sotto tale aspetto, i linfociti B si comportano nei riguardi dei linfociti T da APC, cio da cellule presentanti l antigene. Essi, inoltre, iniziano a produrre e ad esprimere sulla loro superficie molecole costimolatorie, dette B7, che vengono anch esse riconosciute da recettori di membrana dei linfociti T. Questi, una volta ricevuto il doppio segnale dall antigene associato alla molecola MHC di classe II e dalle molecole B7, sono stimolati a produrre citochine, in particolare la IL-2, che stimola i linfociti B a proliferare ed a differenziarsi in plasmacellule e linfociti della memoria. Altre citochine, invece, determinano nei linfociti B il cosiddetto s itch isotipico, indirizzandoli a produrre immunoglobuline di una classe piuttosto che di un altra. Si viene in conseguenza di ci, a creare una condizione di stimolazione reciproca (cooperazione T-B). I linfociti T helper, inoltre, sono stimolati, oltre che dai linfociti B, anche da altre APC, che presentano ad essi l antigene in associazione a molecole MHC di classe II.

Attivazione dei linfociti T:


Anche l attivazione dei linfociti T necessita di un doppio segnale: 1. Riconoscimento dell antigene ad essi presentato dalle APC in associazione a molecole MHC di classe II. 2. Stimolazione operata da citochine secrete dalle stesse APC. L attivazione dei linfociti T comporta la loro espansione clonale, che ha per risultato la formazione di cellule effettrici, cio capaci di partecipare specificatamente alla difesa antimicrobica ed in cellule della memoria, fornite di vita molto pi lunga dei linfociti T vergini. Le funzioni difensive dei linfoci ti T helper CD4+ sono diverse da quelle espletate dai linfociti citotossici CD8+. I linfociti T CD4+, una volta attivati, iniziano a produrre citochine che facilitano le funzioni sia dei linfociti B che di quelli T. I linfociti T CD8+, vengono definiti anche CTL (cytotoxic T Lymphocytes) dopo il riconoscimento, dell antigene, ad essi presentato da vari tipi di cellule in associazioni a molecole MHC di classe I, si differenziano in cellule effettrici, capaci di determinare fenomeni di citotossicit a carico delle cellule che espongono, sempre in associazione a molecole MHC di classe I, lo stesso antigene che ha indotto la loro attivazione. Di conseguenza, essi sono molto attivi nella difesa contro i microrganismi intracellulari ed in primo luogo contro i virus che sono parassiti intracellulari obbligati. Un linfocita T citotossico nell uccidere una cellula in cui in atto una replicazione virale, uccide contemporaneamente numerosissimi virioni in via di assemblaggio. Da quanto detto si evince che il sistema immune pu rispondere alla stimolazione antigenica con modalit diverse, nel senso che alla risposta possono partecipare prevalentemente i linfociti B produttori di immunoglobuline, ed in particolare quelli che producono immunoglobuline di una determinata classe, come possono 90

partecipare i linfociti T. La prevalenza dell uno o dell altro tipo di risposta determinata dal tipo di stimolazione antigenica e dalla liberazione preferenziale di alcune piuttosto che di altre citochine.

Il paradigma TH1-TH2:
I linfociti T helper CD4+, richiamati nel focolaio flogistico, possono differenziarsi, a seconda del tipo di stimolazione innescato dai vari agenti patogeni e/o da vari antigeni o anche da citochine stimolatrici, in due sottopopolazioni, TH1 e TH2, ognuna delle quali sintetizza e rilascia determinate citochine, destinate a condizionare il tipo di risposta immune e distinte anche esse in due gruppi Th1 e Th2. Queste citochine vennero definite Th1 e Th2 perch inizialmente si ritenne che esse venissero rilasciate esclusivamente dai linfociti T helper CD4+, rispettivamente dopo la differenziazione di essi in Th1 e Th2, ma in realt esse sono sintetizzate e secrete da altre cellule. Ne viene, di conseguenza che, a seconda delle citochine prodotte, la risposta immunitaria risulta polarizzata in senso Th1 o Th2, anche perch le citochine di un tipo inibiscono la produzione di quelle dell altro tipo. La polarizzazione TH1 della risposta, indotta dalla produzione di citochine di questo tipo, si verifica nelle infezioni da microrganismi intracellulari ed innescata dalla produzione da parte dei macrofagi e delle cellule dendritiche di interleuchina 12 (IL-12), che promuove la differenziazione dei linfociti vergini CD4+ (TH 0) in TH1, caratterizzati dalla biosintesi e secre zioni delle seguenti citochine Th1: IFNInterleuchina 2 (IL-2) Tumor Necrosis Factor di tipo (TNF- )

Le citochine Th1 favoriscono le risposte immunitarie che coinvolgono prevalentemente le cellule fagocitarie, stimolando l attivazione macrofagica, l espressione di molecole MHC di classe II e, quindi la presentazione dell antigene. Inoltre, stimolano la produzione di anticorpi opsonizzanti (facilitanti la fagocitosi) e fissanti il complemento, la citotossicit anticorpo indipendente e l ipersensibili t di tipo ritardato. La polarizzazione TH2 della risposta, indotta dalla produzione di citochine di questo tipo, associata alle infezioni parassitarie ed alla stimolazione da allergeni e consegue alla produzione macrofagica di Interleuchina 4 (IL-4) che promuove, invece, la differenziazione dei linfociti TH 0 in TH2. Le citochine TH2 sono: Interleuchina 4 (IL-4) Interleuchina 5 (IL-5) Interleuchina 9 (IL-9) Interleuchina 13 (IL-13)

Esse promuovono le risposte immuni di tipo umorale, in quanto stimolano i linfociti B a proliferare ed a sintetizzare anticorpi, stimolano anche le reazioni immunitarie contro i parassiti e gli elminti, ed esercitano un ruolo cruciale nella genesi e nel mantenimento delle reazioni di ipersensibilit di tipo I (vedi dopo). Le cellule Th1 preferenzialmente stimolano l immunit T cellulo-mediata e sono proinfiammatorie. Le citochine Th1 favoriscono le risposte immunitarie che coinvolgono i fagociti, e quindi attivazione macrofagica, produzione di anticorpi opsonizzanti e fissanti il

IL-2 IFN91

complemento, citotossicit anticorpo indipendente.

TNF-

Le cellule Th2 stimolano la produzione di anticorpi favorendo la crescita e la differenziazione dei linfociti B. Le citochine Th2 promuovono le risposte immuni di tipo umorale, stimolano i linfociti B a proliferare ed a sintetizzare anticorpi, stimolano anche le reazioni immunitarie contro i parassiti e gli elminti, ed esercitano un ruolo cruciale nella genesi e nel mantenimento delle reazioni da ipersensibilit di tipo I (vedi oltre).

IL-4 IL-5 IL-6 IL-9 IL-10 IL-13

Immunit specifica umorale:


E caratterizzata dalla formazione d anticorpi sintetizzati dalle plasmacellule, che li secernono nel sangue, dove si accumulano. Essi sono in grado di interagire con gli antigeni che ne hanno stimolato la sintesi, sia che questi siano liberi sia che siano adesi alla superficie di cellule o facenti parte della struttura della membrana cellulare. La reazione antigene-antigene anticorpo seguita dalla formazione di un complesso, definito appunto complesso antigene-anticorpo. Gli anticorpi sono pertanto molecole effettrici dell immunit specifica umorale. Essi sono molto efficaci, nel neutralizzare le tossine batteriche ed, in associazione col complemento, nel determinare la lisi dei microrganismi extracellulari e dei virioni liberi; inoltre, fissandosi con i loro frammenti Fab alle cellule che esprimono gli specifici antigeni, inducono il fenomeno della opsonizzazione: in conseguenza di ci il frammento Fc, che rimane libero, pu interagire, oltre che con i fagociti, anche con i linfociti T citotossici, cellule che esprimono sulla loro superficie recettori specifici per tale frammento. L opsonizzazione, quindi, facilita sia la fagocitosi che la citotossicit. In quest ultimo caso si parla di citotossicit anticorpo mediata. Nel corso delle infezioni l intervento degli anticorpi avviene a distanza di qualche tempo dall inizio dell infezione; per tale ragione l immunit specifica inclusa nella terza linea di difesa. L eccezione a questa regola generale rappresentata dagli individui vaccinati e da quelli che hanno superato una precedente infezione indotta dallo stesso agendo microbico nei quali la comparsa di Ig specifiche avviene in maniera molto pi rapida per la presenza dei linfociti della memoria. Le Ig partecipano anche alla difesa antivirale sia opsonizzando i virioni liberi sia neutralizzandoli.

L immunit specifica cellulo-mediata:


L immunit specifica cellulo-mediata una forma di immunit molto complessa, i cui protagonisti essenziali sono i linfociti T. Schematizzando al massimo la situazione, si pu ritenere che alla sua realizzazione partecipano sia i linfociti T CD4+, in quanto produttori di citochine attivanti, che i linfociti T CD8+ (CTL) che esercitano il ruolo di cellule effettrici con attivit citotossica sulle cellule bersaglio. Nel caso delle malattie infettive, l immunit specifica cellulo-mediata particolarmente attiva nelle infezioni sostenute da microrganismi intracellulari o da virus. Le cellule che ospitano parassiti endocellulari digeriscono i loro antigeni proteici ed esprimono i relativi epitopi sulla loro superficie in associazione alle molecole MHC, che vengono, come si detto riconosciuti dai linfociti T. Una volta sensibilizzati dal primo contatto con il complesso epitopo-molecola MHC di classe I, i linfociti T CD8+ si differenziano in cellule effettrici che riconoscono ed uccidono le cellule bersaglio che 92

espongono, associato a molecole dell MHC di classe I, l antigene che ha determinato la loro attivazione. I linfociti T CD4+, invece, riconoscono gli stessi epitopi ad es si presentati in associazione a molecole MHC di classe II dalle cellule APC ed in seguito a tale interazione sintetizzano citochine che contribuiscono all attivazione dei linfociti T CD8+. L attivit citotossica delle cellule bersaglio presuppone la presa di contatto di questa con i CTL e viene attuata con un duplice meccanismo: da un lato la produzione di perforine e dall altro la stimolazione della morte cellulare programmata con un meccanismo di apoptosi. importante tenere presente che, come avviene per le cellule NK, anche i CTL, dopo avere indotto la morte della cellula bersaglio, sopravvivono e possono essere riciclati per un ulteriore attacco ad altre cellule.

Immunit delle cellule NK:


I linfociti NK sono un gruppo di cellule a parte. Rappresentano una piccola frazione di cellule assolutamente importantissime perch riconoscono tutto ci che antigene indipendentemente dalla forma, dimensioni, self e non self. Questa possibilit ci permette di avere cellule assolutamente aspecifiche. Basta che il linfocita NK ha un antigene davanti che lo riconosce come tale e lo distrugge, questa la nostra salvezza quando: Una cellula viene infettata da un virus Una cellula in trasformazione neoplastica presenta frammentini peptidici elaborati dal suo MHC che sono tanto simili a quelli del self da eludere soprattutto il linfocita T citotossico e quindi quella cellula vive indisturbata.

In questi casi arriva il linfocita NK, proprio perch lui non lavora con l MHC. I linfociti NK non esprimono sulla membrana recettori specifici e non necessitano della stimolazione antigenica per essere attivati e quindi uccidere. La cellula NK fortunatamente riesce a fare quello che non fa il CD8. Le cellule NK riconoscono e quindi uccidono tutte le cellule che non esprimono molecole MHC di classe I. Le cellule neoplastiche durante il loro sviluppo perdono e quindi non esprimono molecole MHC di classe I, pertanto vengono immediatamente legate dalle NK. Ci sono dei citotipi che fisiologicamente non esprimono molecole MHC di classe I nel nostro organismo e sono globuli rossi e piastrine, per cui c una contraddizione. Questi citotipi non vengono riconosciuti dalle NK perch queste (NK) non esprimono sulla superficie della membrana recettori specifici ma esprimono solamente due famiglie di recettori: KIR e KAR. KIR: il recettore inibitore dei linfociti NK, cio un recettore presente sulla superficie dei NK che ha un attivit inibente, cio una volta legato al suo ligando, inibisce i meccanismi di cit otossicit dei linfociti NK. KAR: al contrario un recettore presente sulla superficie degli NK che una volta legato al suo ligando attiva i linfociti, cio attiva i meccanismi di citotossicit. I recettori KIR legano molecole MHC di classe I, quindi ogni volta che lega questo tipo di cellule si spegne l attivit della cellule NK. I recettori KAR legano molecole ubiquitarie, cio che si possono trovare un po ovunque. Affinch il linfocita NK sia indotto ad uccidere necessario che il recettore KIR sia libero da molecole MHC di prima classe e che il recettore KAR sia legato al suo ligando. Dal momento che n sui globuli rossi n sulle piastrine presente il ligando per il KAR, nonostante KIR non sia legato alle molecole MHC di classe I, non si avr attivazione delle cellule NK. 93

Le molecole KAR sono espresse su cellule stressate, ovvero su cellule in trasformazione neoplastica oppure sottoposte ad infezione. Un esempio di queste molecole stressate rappresentato dalle heat shock proteins, che sono proteine non costitutive della membrana cellulare, che normalmente non si producono, ma sono proteine che vengono espresse solo in seguito ad uno shock, che in laboratorio di tipo termico. La cellula NK opera secondo gli stessi meccanismi del linfocita CD8, e quindi liberazione di perforine, l interazione tra fas e fas ligando che determina attivazione della caspasi e della successiva morte per apoptosi. Inoltre la cellula NK in grado di produrre alcune citochine particolari come l interferon gamma e il TNF. Il primo prodotto dai linfociti Th1 e potenzia l azione dei macrofagi, il TNF coinvolto in numerosissimi processi come la morte apoptotica delle cellule, la proliferazione, il differenziamento, la cancerogenesi e la replicazione virale.

PARTE IV
IMPLICAZIONI PATOLOGICHE LEGATE AD ALTERAZIONI DEL SISTEMA IMMUNITARIO

CAPITOLO 16:

LE IMMUNODEFICIENZE

Le immunodeficienze sono condizioni patologiche che inducono nei soggetti che ne sono affetti un notevole rischio di contrarre infezioni e di sviluppare malattie autoimmuni o tumori a causa di alterazioni del sistema immunitario. Sono causate da alterazioni di uno o pi meccanismi del sistema immunitario e sono divise in: 1- primarie o congenite, quando hanno un substrato ereditario, consistente nella mutazione di uno o pi geni i cui prodotti presiedono al normale funzionamento dei fattori ce llulari o umorali dell immunit sia innata che acquisita. La maggior parte di esse si manifesta alla nascita, ma alcune inducono la comparsa della sintomatologia nell infanzia o anche successivamente 2- secondarie o acquisite, quando la loro comparsa si manifesta nel corso della vita postnatale in conseguenza ad una delle seguenti cause:

infezioni virali tumori farmaci immunodepressivi 94

carenze alimentari gra i stress prolungati in ecchiamento

Immunodeficienze ereditarie:
Si tratta di numerose patologie ereditarie che sono correlate a deficit dei meccanismi umorali o cellulari dell immunit innata o di quella acquisita. Deficit primari dell immunit innata:

sono do uti a mutazioni a carico dei geni che codificano per una o pi delle proteine che costituiscono questo sistema e sono generalmente ereditati con meccanismo autosomico recessi o. Possono essere coin olti sia i singoli componenti che partecipano alla cascata enzimatica (C1 -C9), che le proteine regolatrici dell atti azione per ia classica o per ia alternati a (fattori H ed I). Sotto l aspetto clinico i deficit del sistema complementare pro ocano una note ole suscettibilit alle infezioni da germi e lo s iluppo delle malattie autoimmuni, specialmente il lupus eritematoso sistemico, vasculiti, glomerulonefriti . Tra i deficit delle proteine regolatrici abbiamo il deficit del C1 inibitore, che pro oca l edema angioneurotico ereditario, malattia caratterizzata dalla comparsa, inconcomitanza ad e enti stressanti, di crisi dolorose di eritema ed edema della cute o delle mucose in arie regioni del collo.

Tra i deficit dei fagociti si ricorda la malattia cronica granulomatosa, una sindrome, fortunatamente infezioni batteriche molto rara, anch essa a trasmissione ereditaria, caratterizzata da gra i e ricorrenti e funginee, e da formazione di granulomi ari organi del corpo. I fagociti dei pazienti affetti da questa malattia fagocitano i microrganismi ma non rie scono ad ucciderli a causa di un difetto nel burst respiratorio., che comporta scarsa o mancata formazione dei deri ati dell O2. Altri deficit riguardano l impossibilit dei leucociti di aderire alle cellule bersaglio per mancanza o alterata sintesi delle molecole di adesione leucocitaria ( LAD = Leucocyte Ad esion Deficiency). Deficit primari dell immunit specifica: Riguardano anch essi sia i meccanismi umorali che quelli cellulari o anche gli uni e gli altri contemporaneamente.

Causano l incapacit o la ridotta capacit alla sintesi di una o pi classi di immunoglobuline, che determina una note ole suscettibilit alle infezioni. Si tratta di una sindrome, nota come agammaglobulinemia di DiGeorge 95

e icit del sistema del complemento:

e icit dei fagociti:

eficit dell immunit specifica umorale:

o ipoplasia timica congenita, caratterizzata da agenesia del timo e assenza o riduzione dei linfociti T. Sono state indi iduate altre deficienze immunitarie ereditarie tipo lataxia teleangectasica, caratterizzata da atassia cerebellare e dilatazione dei piccoli asidella cute e dell occhio associata ad agenesia del timo e di erse anomalie dei linfociti T e B. Lasindrome di Wiskott Aldric , responsabile, oltre che della comparsa di eczema cutaneo e di una gra e piastrinopenia, anche di alterazioni dei linfociti T e B che rendono i pazienti suscettibili a gra i infezioni. A trasmissione ereditaria sono do uti anche i cosiddettiimmunodeficit combinati tipo la SCID o Severe Combined cellulo Immuno Deficiency, che interessano contemporaneamente sia l immunit umorale che quella mediata. I soggetti che non sono affetti anno incontro a gra issime infezioni di ario tipo e di lunga durata con frequenti recidi e.

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Immunodeficienze acquisite:
Delle immunodeficienze acquisite ricordiamo in particolare lAIDS per la sua diffusione in tutti i continenti. Sono stati identificati due agenti eziologici, appartenenti alla categoria irale. Si tratta di retro irus HIV-1 e HIV-2, strutturalmente simili tra loro, dei quali il primo diffuso in tutto il mondo ed il secondo, particolarmente in Africa. Sono stati identificati anche altri irus, che presentano omologie pi o meno spiccate con gli HIV e che causano malattie simili all AIDS. I irus HIV infettano essenzialmente, i linfociti T helper CD4 ed i monociti/macrofagi. Per pen etrare nelle cellule esse utilizzano principalmente una molecola di superficie, la gp120, che iene riconosciuta da un recettore, che la molecola CD4, espressa dai linfociti T helper ed anche dai macrofagi. CD4 certamente il pi importante e diffuso recettore cellulare per i irus. Il contagio a iene per ia sessuale, per inoculazione di sangue o di suoi deri ati infetti o per uso di siringhe infette ed anche per ia transplacentare dalla madre al feto. La sintomatologia inizia generalmente dopo uno o due mesi dal contagio con febbre, eruzioni cutanee e linfoadenopatia diffusa. Durante questo periodo, che costituisce lo stadio I, il irus, che replicato nei linfonodi, diffonde nell organismo e stimola una risposta anticorpale erso alcuni suoi costitu enti proteici. La diagnosi difatti, iene eseguita con identificazione nel sangue di antigeni irali e di anticorpi diretti erso alcune proteine irali. Al primo stadio, che di durata ariabile da caso a caso, subentra un lungo periodo di latenza asinto matico, o quasi, anch esso di durata ariabile, durante il quale si ha una lenta ma progressi a distruzione dei linfociti T helper CD4+ ed un aumento della risposta anticorpale erso antigeni irali (stadio II). Lo s iluppo di una linfoadenopatia in pi re gioni dell organismo caratterizza lo stadio III della malattia . Subentra, infine, il IV stadio della malattia, durante la quale, a causa dell immunodeficienza, i pazienti anno incontro ad infezioni ripetute, indotte sia da germi patogeni che opportunistic Durante questo i. stadio finale si possono a ere anche altre complicanze, quali il coin olgimento del sistema ner oso e la comparsa del sarcoma di Kaposi, che un tumore sostenuto da un irus erpetico. La morte subentra in to seguito ad un gra e deterioramen di tutto l organismo. Tutte le complicanze, infetti e e neoplastiche, dell AIDS, sono causate dalla gra e immunodeficienza che subentra sia in conseguenza dell effetto citopatico esercitato dal irus sui linfociti CD4+, sia nella distruzione delle cellu che esprimono le -mediata dell organismo. La prognosi dai antigeni irali, effettuata dalla risposta anticorpale e cellulo malati di AIDS, ritenuta sicuramente mortale nel periodo successi o alla scoperta del suo agente eziologico, il retro irus HIV, alquanto migliorata, dopo la scoperta dei farmaci anti retro irali. -

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CAPITOLO 17:

REAZIONI IMMUNOPATOGENE

Definizione e classificazione:
Le reazioni immunopatogene sono reazioni immuni che provocano nell organismo in cui si svolgono la comparsa di manifestazioni patologiche sia localizzate che sistemiche. La classificazione delle reazioni immunopatogene basata su differenti meccanismi patogenetici, responsabili dell effetto dannoso e , conseguentemente, dei sintomi. Si dividono in 7 tipi differenti. Lo schematismo di questa classificazione non prende in considerazione il fatto che alcune patologie possono essere provocate dalla contemporanea coesistenza di reazioni immunopatogene di tipo diverso.

T IPI DEFINIZIONE
I II III IV V VI VII REAZIONI ANAFILATTICHE O ALLERGICHE REAZIONI CITOLITICHE O CITOTOSSICHE REAZIONI DA IMMUNOCOM PLESSI REAZIONI DI IPERSENSIBILIT RITARDATA O CELLULO-MEDIATA REAZIONI STIMOLATORIE MEDIATE DA ANTICORPI ANTIRECETTORE REAZIONI CITOTOSSICHE MEDIATE DA ANTICORPI E DA CELLULE KILLER REAZIONI INIBITORIE MEDIATE DA ANTICORPI ANTIRECETTORE

Reazioni immunopatogene di tipo I:


Dette anche anafilattiche o allergiche, sono indotte dalla penetrazione nell organismo di antigeni innocui definiti allergeni. Questi stimolano in alcuni soggetti geneticamente predisposti una eccessiva produzione una eccessiva produzione di anticorpi specifici appartenenti alla classe delle IgE. Che diventano responsabili della comparsa di fenomeni patologici ogni qual volta ripenetra nell organismo lo stesso allergene che ha stimolato la sintesi. Si tratta quindi di una risposta immunitaria abnorme verso una categoria di antigeni che sono definiti innocui perch nei soggetti normali non inducono la comparsa di manifestazioni dannose. TERMINOLOGIA: Atopia: abnorme capacit di alcuni individui a sviluppare con facilit manifestazioni di ipersensibilit di tipo I, sinonimo di allergia I soggetti normali rispondono agli allergeni o con la sintesi preferenziale di IgM e di IgG con scarsissima produzione di IgE. In essi, quindi la risposta immune prevalentemente polarizzata in senso Th1 con produzione di IL-12 e IFN che da un lato favoriscono lo sviluppo delle cellule Th1 e dall altro bloccano quello delle cellule di tipo Th2 che invece facilitano la sintesi di IgE. A differenza dei soggetti normali, i soggetti atopici o allergici, sono geneticamente predisposti a sintetizzare un eccesso di IgE specifiche quando vengono a contatto con un allergene. Il primo contatto con questo costituisce il fenomeno della sensibilizzazione e quindi l innesco di IgE specifiche. Di queste IgE una aliquota rimane in circolo ed un'altra si fissa, tramite i frammenti Fc, ai recettori espressi da diverse cellule, in particolare dai mastociti e dai loro equivalenti ematici i basofili. La reazione allergica subentra al momento del secondo contatto con l allergene, in quanto questo, interagendo con la porzione Fab delle 98

IgE legate ai recettori, induce la comparsa di una serie di fenomeni, che culminano della liberazione da parte delle cellule di una serie di molecole( istamina, proteasi, prostaglandine, leucotrieni, citochine) responsabili delle manifestazioni cliniche. Le principali manifestazioni allergiche sono dermatite allergica, orticaria, congiuntiviti, stomatiti, asma bronchiale atopico. Shock anafilattico: Lo shock anafilattico la pi grave delle manifestazioni sistemiche dell ipersensibilit di tipo I, che causa di una massiva liberazione di IgE specifiche che saturano i recettori di cellule effettrici presenti nelle cellule del sistema circolatorio. Conseguentemente, lo scatenamento induce una notevole liberazione di mediatori chimici in quasi tutti i distretti dell organismo e soprattutto in quello vasale. La diffusa vasodilatazione causa una grave ipotensione e riduce l apporto di ossigeno e di metaboliti ai tessuti, determinando uno shock, che viene per l appunto definito anafilattico, che pu essere causa di morte. Principali allergeni: Pollini, Acari, forfore, spore funginee, sulfamidici, alcuni antibiotici, molecole presenti in alcuni alimenti come grano, albume, mandorle, arachidi ecc.

Reazioni immunopatogene di tipo II:


Sono provocate dalla reazione di anticorpi circolanti verso antigeni fisiologicamente espressi sulla superficie cellulare, ovvero verso antigeni o apteni estranei che si sono fissati stabilmente su questa. Sono aggettivate citolitiche o citotossiche perch l interazione dell anticorpo con l antigene seguita dalla distruzione della cellula bersaglio che si verifica con due modalit: per lisi: indotta dal complemento, che viene attivato per via classica per fagocitosi: facilitata dalla opsonizzazione delle cellule bersaglio, causata dalla presenza sulla superficie cellulare degli anticorpi, che hanno reagito con gli antigeni, o del C3b. I danni pi frequentemente indotti da questo tipo di reazione immunopatogena coinvolgono: le cellule del sangue (eritrociti, leucociti, piastrine) le cellule endoteliali della parete vascolare, la membrana basale delle cellule del rene, degli alveoli polmonari e della cute. Gli anticorpi responsabili della comparsa di tali reazioni sono gli autoanticorpi verso antigeni cellulari superficiali, gli alloanticorpi, cio anticorpi diretti verso antigeni presenti in individui geneticamente diversi ma appartenenti alla stessa specie, detti appunto alloantigeni, anticorpi diretti verso antigeni o apteni estranei, complessati con proteine della superficie di alcune cellule. Manifestazioni cliniche: Da autoanticorpi: Anemia emolitica autoimmune, piastrinopenia autoimmune, leucopenia autoimmune, sindrome di Goodpasture. Da anticorpi diretti verso anti eni o apteni estranei: Reazioni indesiderate a farmaci Da alloanticorpi: Reazioni post-trasfusionali, malattia emolitica del neonato, reazioni B-mediate al trapianto di organi e tessuti.

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Reazioni immunopatogene di tipo III:


La reazione tra antigeni solubili e relativi anticorpi, definita reazione di precipitazione, determina la formazione di complessi immuni che sono di vario tipo, a seconda del rapporto quantitativo tra i due tipi di molecole che prendono parte alla reazione. La formazione in vivo di notevoli quantit di immuno-complessi avviene nel sangue circolante e provoca la comparsa di manifestazioni patologiche perch il sistema monocito-macrofagico, che fisiologicamente provvede a fagocitarli quando non sono molti, non riesce ad eliminarli tutti. Di conseguenza, gli immunocomplessi residui, che vengono intrappolati dalle cellule della parete vasale, diventano responsabili di due fenomeni, che provocano una risposta infiammatoria e cio: Attivazione per via classica del complemento: con formazione di C3a e C5a che reagendo coi recettori della superficie delle piastrine, inducono la liberazione di molecole vasoattive. Attivazione dei macrofagi: causata dall interazione tra i frammenti Fc degli anticorpi presenti negli immunocomplessi ed i relativi recettori, con conseguente liberazione di citochine proflogistiche. Queste richiamano sul posto neutrofili, che dopo aver fagocitato parte degli immunocomplessi, liberano enzimi lisosomiali che amplificano la reazione fino a determinare necrosi tissutale. Forme cliniche conseguenti a reazioni immunopatogene: Le principali patologie causate dalla presenza nell organismo di una marcata quantit di immunocomplessi sono: La malattia da siero L artrite reumatoide La glomerulonefrite

La malattia da siero si manifesta dopo 7-10 giorni dall inoculazione in dose massiva di siero eterologo (siero iperimmune di cavallo usato nella profilassi). Gli anticorpi specifici di nuova formazione compaiono in circolo prima che sia avvenuta l eliminazione delle molecole antigeniche per cui si formano numerosi immunocomplessi in zona di eccesso di antigene. Questi si depositano nei piccoli vasi, particolarmente quelli dei reni, del cuore, dei polmoni, della cute e delle articolazioni, determinando la comparsa di vasculiti o processi infiammatori a carico dell organo interessato. La capacit dei vari antigeni di determinare la malattia da siero, tanto pi grande quanto pi elevata la loro concentrazione e quanto pi duratura la loro permanenza nel sangue. L artrite reumatoide colpisce varie articolazioni, soprattutto quelle degli arti, ed ha un decorso progressivamente ingravescente, caratterizzato da alternanza di periodi di riacutizzazione e di periodi di remissione. Si tratta di una malattia autoimmune, determinata dalla comparsa di autoanticorpi (IgM e IgG), definiti fattore reumatoide, diretti verso il frammento Fc delle IgG. Dall interazione nel sangue tra le molecole di fattore reumatoide e quelle degli antigeni, si formano immunocomplessi, che vengono intrappolati nei vasi della sinovia. Questa va incontro ad una reazione infiammatoria, amplificata dal richiamo dei linfociti T, che liberano citochine proflogistiche, e si ipertrofizza comprimendo non solo la cartilagine ma anche il tessuto osseo sottostante, che vengono irreversibilmente danneggiati. La gromerulonefrite da immunocomplessi, di cui sotto l aspetto istopatologico si conoscono varie forme, si manifesta anch essa in seguito alla presenza di immunocomplessi, formati dall interazione tra antigeni streptococcici e i relativi anticorpi, che vengono bloccati in corrispondenza dei capillari 100

glomerulari, dove generano un processo infiammatorio, che pu culminare nell insufficienza renale. La malattia interviene in soggetti che hanno subito in precedenza un infezione a carico delle prime vie respiratorie sostenuta da ceppi nefritogeni dello streptococco emolitico.

Reazioni immunopatogene di tipo IV:


Sono dette anche di ipersensibilit ritardata, perch le prime manifestazioni patologiche compaiono a distanza di non meno di 24 ore dai contatti con l antigene, successivi a quello che ha determinato la sensibilizzazione. Esse si differenziano da tutte le altre reazioni di ipersensibilit perch non vengono mediate da anticorpi ma da cellule che sono essenzialmente i linfociti T helper CD4+, linfociti T CD8+ CTL ed i macrofagi. Per quanto riguarda i linfociti T CD4+, nell ipersensibilit ritardata il ruolo essenziale giocato da TH1, a differenza di quanto avviene nell ipersensibilit immediata nella quale, determinante l intervento dei TH2. stato dimostrato che le citochine prodotte dai TH2 bloccano l attivit dei TH1. Come nell ipersensibilit di tipo I, anche le reazioni immunopatogene di IV tipo compaiono al secondo contatto con l antigene o ai contatti successivi al primo, per cui constano di tre fasi: 1. Una fase di sensibilizzazione o afferente 2. Una fase di scatenamento o efferente 3. Una fase di risoluzione La fase afferente o di sensibilizzazione , nella maggioranza dei casi, determinata da antigeni incompleti (apteni), che acquistano immunogenicit coniugandosi covalentemente con una proteina e formando con essa un composto stabile, che viene captato da cellule APC, che nel caso della cute sono rappresentate da cellule di Langherans e dalle cellule dendritiche del derma. Queste fagocitano il complesso e lo digeriscono, ricavando peptidi immunogeni, che vengono espressi in associazione a molecole MHC di I e II classe. Quindi, migrano nella zona paracorticale dei linfonodi, dove avviene la presentazione dell antigene ai linfociti T helper CD4+ ed ai CTL, che lo riconoscono tramite i loro TCR. Riconosciuto l antigene, i T helper iniziano a produrre IL-2 ed esprimono il recettore per questa citochina (IL-2R) con la conseguenza, che in maniera autocrina, vengono stimolati alla proliferazione. Generalmente questa fase si svolge nell arco di qualche settimana. Nella fase di scatenamento, causata da una rinnovata penetrazione dell antigene, i linfociti T C D4+ o eventualmente i CD8+, stimolati alla proliferazione dal precedente riconoscimento dell antigene e quindi numericamente aumentati, migrano e lentamente si accumulano nel sito dove presente l antigene, che viene da essi riconosciuto. In conseguenza di ci, essi liberano un eccesso di citochine TH1. Alcune di queste, stimolano le cellule endoteliali a produrre mediatori chimici vasodilatatori, tra i quali l ossido nitrico (NO), e ad esprimere molecole di adesione, alle quali aderiscono i leucociti (neutrofili, linfociti e monociti), che vengono bloccati in corrispondenza della parete vascolare prima di attraversare per diapedesi le giunzioni interendoteliali e passare nel compartimento nel compartimento extracellulare, fenomeno questo favorito da alcune chemochine (IL-8 e MCP-1) rilasciate dalle stesse cellule endoteliali. Contemporaneamente i mastociti, stimolati da sostanze vasopermeabilizzanti rilasciate dai linfociti, si degranulano, liberando i loro mediatori della reazione flogistica. Si forma in tal modo un infiltrato, ricco di linfociti e monociti, che determina un indurimento dell area in cui presente. Le citochine liberate dai linfociti (IL-2, TNF- , IFN- ) trovano recettori su molte cellule presenti nel focolaio flogistico (neutrofili, eosinofili, endoteliociti, monociti) le quali vengono da esse attivate ad espletare determinate funzioni, che nel loro insieme danno origine alla reazione. In particolare, sono i macrofagi, che si formano per differenziazione dei monociti, i quali una volta attivati soprattutto ad opera dell IFN- , incrementano la produzione di radicali 101

liberi dell ossigeno e dell NO, facendo aumentare l entit del danno a carico dei tessuti, iniziato dagli enzimi lisosomiali, liberati dai neutrofili e dai macrofagi stessi. La fase di risoluzione si erifica in seguito all eliminazione dell antigene effettuata dai macrofagi ed operata dai fibroblasti che, stimolati da alcune citochine, si moltiplicanoe sintetizzano molecole di , collegene. Si erifica cos la cicatrizzazione che quando estesa, pu portare alla fibrosi dell organo in cui si s olta la reazione. Le reazioni di ipersensibilt ritardata insorgono in patologia umana in conseguenza della sensibilizzazione effettuata da numerosi antigeni tra cui i principali sono: a) Costituenti di microrganismi intracellulari come il Mycobacterium tubercolosis, di miceti, di irus b) Composti di origine egetale c) Molecole secrete da numerosi insetti d) Agenti chimici come il nickel, il cromo, il berillio, lo zirconio e tanti altri e) Antigeni di istocompatibilit nel caso del rigetto di trapianti f) Agenti irionici espressi in associazione a molecole MHC di classe I nel caso di infezioni irali g) Autoantigeni della superficie cellulare in alcune malattie autoimmuni h) In molti casi sia la sensibilizzazione che lo scatenamento a engono a li ello cutaneo tanto che si parla di dermatiti da contatto. reazione Un esempio di utilizzazione diagnostica delle reazioni di ipersensibilit ritardata dato dalla alla tubercolina, che un insieme di proteine secr dal M.tubercolosis. ete

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CAPITOLO 18:
Autoimmunit:

A UTOIMMUNIT

L autoimmunit un fenomeno abnorme nel quale alcuni costituenti dell organismo diventano bersaglio del proprio sistema immunitario con conseguente comparsa di manifestazioni patologiche di vario tipo, che costituiscono le malattie autoimmuni. Queste sono distinte in due gruppi principali: 1. Organospecifiche, nelle quali un solo organo danneggiato perch la risposta immunitaria diretta prevalentemente, anche se non esclusivamente, verso una o pi molecole (autoantigeni), espresse esclusivamente dalle cellule di un determinato organo, come avviene per esempio, nel diabete mellito insulino-dipendente in cui la maggior parte dagli autoanticorpi diretta verso antigeni delle cellule del pancreas. 2. Sistemiche, nelle quali sono invece coinvolti pi organi; ci si verifica perch il bersaglio molecolare del sistema immunitario un costituente comune a molte cellule dell organismo o perch esso fa parte di tessuti ampiamente presenti nell organismo, quali ad esempio il connettivo ed il muscolare. Nel lupus eritematoso sistemico (LES), per esempio, l autoanticorpo maggiormente presente diretto verso il DNA. La reazione immune verso gli autoantigeni pu essere mediata sia da autoanticorpi della classe IgG che da linfociti autoreattivi, che specificatamente li riconoscono ed interagiscono con essi. Si tratta di una risposta di tipi Th1, a differenza di quella IgE mediata (allergica), che di tipo Th2. Nei siti in cui avviene la reazione autoimmunitaria, sia che essa sia anticorpo-mediata che cellula-mediata, si manifesta un processo infiammatorio, indotto con uno dei meccanismi caratterizzanti le reazioni immunopatogene di II, III e IV tipo, che pu in alcuni casi, culminare nella distruzione tissutale. Gli autoanticorpi diretti verso epitopi presenti nei recettori, determinano due condizioni patologiche nettamente contrastanti sotto l aspetto funzionale: 1. Una reazione immunopatogena di V tipo che induce un effetto stimolatorio in quanto l anticorpo interagendo col recettore occupa il sito destinato al ligando fisiologico e mima l azione di questo. questo il caso del morbo di Basedow, Graves causato da autoanticorpi contro i recettori per il TSH della tiroide, i quali esercitano la stessa azione fisiologica espletata dalla tireotropina ipofisaria TSH, con conseguente stimolazione di tutte le funzioni della ghiandola che determina in questa iperplasia (gozzo) ed iperproduzione di ormoni (ipertiroidismo). 2. Una reazione immunopatogena di VII tipo (reazione inibitoria antirecettore) come avviene nella miastenia gravis, causata da autoanticorpi antirecettore per l acetilcolina e nel diabete mellito insulino-resistente, causato anche esso da autoanticorpi antirecettore per l insulina. In questi casi l interazione anticorpo autoantigene determina il blocco funzionale dei recettori, impedendo ai ligandi fisiologici di interagire con essi. L insorgenza delle malattie autoimmuni subdola, tanto che in molti casi non si riesce ad individuare una causa sicuramente responsabile della loro comparsa.

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Autoreattivit:
Nettamente distinta dalle malattie autoimmuni la cosiddetta autoreattivit, cio una condizione fisiologica, e quindi del tutto asintomatica, caratterizzata dalla presenza in circolo di una piccola quantit di autoanticorpi della classe IgM, ed anche di linfociti T autoreattivi, specifici per alcuni costituenti dell organismo. L autoreattivit venne inizialmente messa in evidenza con l osservazione della comparsa per un periodo limitato di tempo di autoanticorpi della classe IgM, diretti verso costituenti dei tessuti danneggiati, nel corso della guarigione di un infarto o di una grave ustione, di recente, per, si visto che una piccola aliquota di autoanticorpi della classe IgM e di linfociti T autoreattivi, costantemente presente in tutti i soggetti normali e si stabilito che essa non assolutamente responsabile di manifestazioni patologiche. Gli autoanticorpi naturali (NAA), che caratterizzano l autoreattivi, si differenziano da quelli responsabili delle malattie autoimmuni, non solo perch, come si detto, appartengono alla classe delle IgM, ma anche per la loro polispecificit, cio per la loro capacit di riconoscere diversi gruppi di determinanti antigenici differenti ed anche appartenenti a specie animale diversa.

Eziologia delle malattie autoimmuni:


Fattori genetici: Le malattie autoimmuni, soprattutto quelle organo-specifiche, si presentano molto spesso con caratteristiche di familiariet, cio coinvolgono soggetti consanguinei. Ci significa che sotto l aspetto eziologico, debbono essere coinvolti fattori genetici. Tra questi, l associazione di molte malattie autoimmuni ad alcuni aplotipi HLA conosciuta da tempo. Fattori acquisiti: Alcune malattie autoimmuni insorgono in soggetti che hanno superato malattie infettive batteriche e virali, fatto questo che trova l esempio pi significativo nella glomerulonefrite post-streptococcica. Un ruolo sembra essere giocato anche dalla costellazione ormonale per il fatto che le malattie autoimmuni colpiscono con notevole maggiore incidenza il sesso femminile.

Meccanismi patogenetici delle malattie autoimmuni:


Perdita della tolleranza: a) Perdita della tolleranza centrale un meccanismo supposto su base speculativa ma non dimostrato sperimentalmente e privo di ogni riscontro clinico: negli organi linfoidi primari non verrebbero presentati alcuni autoantigeni con la conseguenza che i linfociti forniti di recettori per essi sopravviverebbero indisturbati. evidente che gli stessi dovrebbero sfuggire anche alla tolleranza periferica. b) Riduzione o perdita della tolleranza periferica per deficienza di aner ia clonale un meccanismo noto per i linfociti T. La presentazione dell antigene effettuata dalle APC una condizione necessaria, ma di per se non sufficiente, ai fini della risposta da parte dei linfociti T. Perch questa avvenga necessaria la concomitante attivazione macrofagica con produzione di molecole costimolatorie attive sui linfociti. La presentazione alla periferia di autoantigeni da parte delle APC a linfociti T autoreattivi (sfuggiti quindi alla selezione timica) pu innescare una risposta 104

autoimmunitaria soltanto se avviene in concomitanza di un processo infiammatorio che comporti l attivazione dei macrofagi (le pi diffuse cellule APC) con conseguente rilascio di molecole costimolatorie. Questa verosimilmente la ragione per cui alcune malattie autoimmuni organospecifiche possono essere indotte negli animali da esperimento con l inoculazione contemporanea dell autoantigene e di un adiuvante che stimola nei macrofagi il rilascio di molecole costimolatorie. Questo meccanismo presuppone la presenza in circolo di linfociti autoreattivi quiescenti, cio funzionalmente inattivi. c) Riduzione o perdita della tolleranza periferica per inattivazione dei meccanismi di apoptosi Per questo meccanismo vi stata per alcuni anni solo evidenza sperimentale. Sono stati ottenuti topi con difetti genetici consistenti in mutazioni coinvolgenti i geni che codificano per un solo recettore sulla superficie cellulare denominato fas e per il suo ligando denominato ligando fas, la cui interazione induce la morte cellulare programmata dei linfociti T helper e dei linfociti B attivati dall antigene.

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