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Corso biblico diocesano

La lettera ai Romani
Conversazioni bibliche
di don Claudio Doglio
Questi nostri incontri sono un cammino di formazione nellascolto
della parola di Dio per crescere nella comprensione della Sacra Scrittura,
per maturare come persone di fede. Iniziamo insieme questo cammino
formativo con taglio ecclesiale perch siamo insieme come comunit di
Chiesa che si pone allascolto della parola di Dio per lasciarsi costruire.
Vogliamo ascoltare la parola di Dio nella lettera che san Paolo ha scritto
ai Romani, un testo fondamentale per la storia della Chiesa e per la
dottrina cristiana.
Iniziamo il nostro corso nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo. Ci rivolgiamo al Signore con le parole dellapostolo Paolo e a lui
chiediamo la grazia di crescere nella fede.
Eterno Padre, Dio nostro, la tua giustificazione arriva mediante la
fede in Ges Cristo a tutti quelli che si aprono a te nella mente e nel
cuore. Noi tutti abbiamo peccato, ma tutti siamo liberati dalla colpa con
la tua grazia per mezzo della redenzione che in Cristo. Se essa altro
non che un dono, dove sta dunque il motivo del nostro vanto, esso
stato eliminato. Tu sei quel Dio che d la vita ai morti e chiama
allesistenza cose mai esistite. Nella speranza Abramo, il padre dei
credenti credette contro ogni speranza, non fu debole nella fede, la
sfiducia non lo fece vacillare riguardo alla tua promessa, o Dio, ma
nella sua fede si rafforz, pienamente convinto che tu saresti stato
capace di mantenere le promesse. Con il tuo aiuto, o Signore, vogliamo
anche noi credere consegnandoci nei nostri pensieri, amore ed opere, a
te che hai risuscitato Ges, nostro Signore, messo a morte per i nostri
peccati, ma risuscitato per la nostra giustificazione.

1. Introduzione allepistola ai Romani


Leggere, meditare e studiare la lettera ai Romani significa per noi
entrare nel vivo della teologica cristiana ed essere vivacemente inseriti
nella storia della interpretazione di questo testo cos importante, che ha
insegnato la via e la vita di una infinit di persone che hanno incontrato
il Cristo proprio attraverso queste parole, che si sono lasciati illuminare e

guidare nella comprensione e nella scoperta del mistero della salvezza


attraverso le parole che lapostolo aveva scritto circa 2.000 anni fa.
Potrebbero essere molti gli esempi da citare allinizio per mostrare
limportanza della lettera ai Romani, ma mi soffermo soltanto su due,
altamente significativi per ogni epoca.
Agostino, giovane professore di retorica, in crisi, durante lestate del
386 mentre si trovava in una villa nella campagna milanese, era
tormentato da dubbi e questioni, si rendeva conto di dover prendere una
decisione e non sapeva scegliere. La sua mente gi era stata illuminata
dallinterpretazione biblica del vescovo Ambrogio, ma il suo cuore
ancora non si decideva. Egli stesso, nelle Confessioni, al libro 8,
racconta che al vertice della sua crisi, in un momento di particolare
angoscia e dubbio, sent dalla casa vicina una voce come di fanciullo che
ripeteva una nenia insistente, diceva tolle et lege, tolle et lege, prendi
e leggi, prendi e leggi sul tavolo Agostino aveva il Codice
dellEpistolario paolino, lo prese, lo apr a caso e lesse la prima frase che
gli cadde sotto gli occhi. Era una frase della lettera ai Romani, al capitolo
13 e Agostino lesse: Non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra
impurit e licenze, non in contese e gelosie, rivestitevi invece del
Signore Ges Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri.
Chiuse in Codice e si accorse che quelle parole gli avevano illuminato
il cuore. La lettera ai Romani segn, per il grande dottore la svolta
decisiva, lincontro amoroso con il Cristo; lesse quella parola come fosse
diretta personalmente a lui. Da quel momento decise di rivestirsi del
Signore Ges Cristo e di non seguire la carne, la decisione era presa.
Negli anni seguenti Agostino ormai prete affront la spiegazione
della lettera ai Romani, due volte, nel 394 e nel 395 pi di 1600 anni fa.
La spieg ai preti di Cartagine nei punti pi difficili, affrontando
alcune questioni, inizi un commento integrale allopera, ma la ritenne
troppo impegnativa. Scrisse un libro intero per commentare i primi 7
versetti e poi interruppe e non la termin, ma per tutta la vita vi torn
insistentemente sopra, lesse e rilesse, citando i passi fondamentali della
lettera come elementi decisivi per chiarirsi le idee di fronte a tante
questioni che, come vescovo, doveva affrontare in un periodo
particolarmente turbolento. Alcuni secoli dopo un discepolo di Agostino,
un monaco agostiniano, Martin Lutero, nella primavera del 1515 inizi il
commento alla lettera ai Romani, nella scuola teologica di Wittenberg e
fu proprio il commento a questa lettera che permise al monaco
agostiniano di esprimere il suo problema angosciante di fronte alla
salvezza e fu proprio nellinterpretazione delle parole di Paolo che
Lutero trov una risposta ai suoi problemi e credette di trovarla anche
per lintera situazione della Chiesa. Riteneva che questo testo fosse
fondamentale e scrive proprio allinizio del suo commentario: questa
epistola il vero brano principale del Nuovo Testamento, levangelo pi
puro e bisognerebbe che il cristiano non solo la sapesse a memoria,

parola per parola, ma la leggesse quotidianamente, come il pane


quotidiano dellanima.
Tutta la vicenda della Riforma protestante punt proprio sulla
interpretazione della lettera ai Romani e cos i teologi cattolici risposero
agli evangelici commentando la lettera ai Romani e divenne oggetto
fondamentale di controversia, di commenti polemici. Fu questo un modo
un po negativo di affrontare lo studio della lettera ai Romani e il
carattere polemico ha segnato questo commento quasi fino ad oggi.
Il primo grande commentatore della lettera ai Romani Origene, il
grande maestro di esegesi di Alessandria dEgitto nel 3 secolo, egli
quando commentava le parole dellapostolo aveva di mira gli gnostici
valentiniani e contro di loro interpretava il testo biblico.
Agostino, quando spiega la lettera ai Romani ha davanti il problema
dei manichei e il problema dei pelagiani, nella prima parte della sua
produzione teologica Agostino spiega la lettera ai Romani contro i
manichei per dimostrare che luomo libero; nella seconda parte, verso
la fine della vita, quando Agostino spiega la lettera ai Romani polemizza
contro i pelagiani per dimostrare che luomo non pu salvarsi da solo,
non ha le forze autonome.
E cos Lutero adoper la lettera ai Romani per polemizzare contro una
impostazione di teologia cattolica degenerata e i teologi cattolici
risposero commentando la lettera ai Romani contro le cattive
interpretazioni dei protestanti e si and avanti cos per alcuni secoli,
leggendo la lettera ai Romani contro qualcuno.
Oggi limpostazione esegetica, grazie a Dio, maturata e ha superato
questa fase di commento polemico; noi, dunque, ci poniamo in questa
linea e non intendiamo commentare la lettera ai Romani contro nessuno.
Non ci poniamo contro qualche idea, vogliamo semplicemente ascoltare
la parola di Dio, contenuta in questo testo biblico per la nostra
formazione, vogliamo ascoltare per noi, vogliamo che questa parola
formi ciascuno di noi e la comunit. Il nostro intento sar proprio quello
di leggere il testo in s, senza la pretesa di usarlo a nostro vantaggio
contro altre impostazioni.
il modo corretto con cui dobbiamo sempre porci di fronte alla parola
di Dio, una parola viva che il Signore rivolge adesso a me, rivolge a
noi, come comunit di chiesa e non ci parla per darci delle informazioni,
ma per formarci, per farci maturare nella nostra fede, perch la nostra
adesione a lui possa essere pienamente matura.
Dunque noi avremo, nei confronti della lettera ai Romani un
approccio storico. Dobbiamo cio innanzitutto collocare questo testo
letterario nel suo ambiente storico di origine, vedendo quando stato
composto, da chi, perch e a chi stato diretto, con quale intenzione e
finalit lautore si accinto a scrivere proprio questo testo e in questo
modo.

Possiamo dire innanzitutto che la lettera ai Romani stata scritta


dallapostolo Paolo molto probabilmente dalla citt di Corinto
nellinverno del 57 ed stata indirizzata alla comunit cristiana che
viveva nella capitale dellimpero a Roma.
Ma forse necessario allargare un po il nostro orizzonte e inquadrare
la lettera nella vita di Paolo, nellinterno della sua evoluzione umana e
teologica.
Sappiamo che Paolo era un fariseo, un fariseo convinto e accanito,
cio un dotto nella legge, aveva studiato con grande attenzione e metodo
i testi sacri, ne era diventato, noi diremmo, professore, ma apparteneva
anche a questo movimento religioso del fariseismo che ha come esigenza
primaria la coerenza di vita e limpegno forte nelleseguire
scrupolosamente tutta la legge. Il giovane Paolo un fariseo convinto, un
uomo che ama la legge, che osserva la legge, che la insegna e la vuole
eseguire. Paolo inizia la sua vita e la sua esperienza come uomo
religioso, molto religioso, attaccato a dei principi religiosi fermi e ferrei,
al punto che quando a Gerusalemme si organizza la nuova comunit dei
seguaci di Ges di Nazaret che le autorit giudaiche chiamano per
disprezzo i nazareni, Paolo non pu tollerare questi uomini che
annunciano qualche cosa di contrario alle sue impostazioni religiose e li
ritiene bestemmiatori, eretici pericolosi e allora, conservatore delle
tradizioni antiche, Paolo diventa un persecutore dei seguaci di Ges. con
la forza e lentusiasmo giovanile, dovremmo dire con un atteggiamento
fanatico e integralista, Paolo organizza retate di cristiani, li vuole
umiliare, li vuole scoraggiare e, se necessario, anche punire e uccidere.
Tutto questo egli lo fa per la gloria di Dio, ma proprio durante una
spedizione di questo genere, Paolo ha lincontro decisivo nella sua vita;
incontra il Cristo risorto e sulla via di Damasco, come scrive egli stesso
nella lettera ai Galati, Dio gli rivela suo Figlio Ges. Lilluminazione
divina lo colpisce, gli fa capire che Ges di Nazaret non un impostore,
ma veramente il Figlio di Dio, veramente il messia, veramente il
suo Salvatore. Questa illuminazione avviene in un modo drammatico
perch Paolo umanamente sulla via di Damasco subisce un colpo
tremendo, perde la salute; probabilmente possiamo immaginare anche
una concomitanza traumatica e patologica. Luomo perde la salute, perde
la forza perde la vista, perde lautosufficienza. Il Paolo convinto di
sapere, convinto di poter eseguire la legge in un atteggiamento che noi
possiamo giudicare presuntuoso e prepotente, si trova improvvisamente
nella debolezza del bambino che si fa condurre per mano perch non ci
vede pi, perch non sa pi quel che deve fare perch rimasto stordito e
perplesso e Dio in questo modo si fa largo nella dura mentalit di Paolo e
lo illumina, gli rivela semplicemente il principio fondamentale: non sei
tu lartefice della tua salvezza.
Anche tu, Paolo, fariseo integralista, osservante scrupoloso della
legge, hai bisogno di essere salvato, hai bisogno di ricevere la forza, il

dono dallalto e umilmente Paolo accetta di essere battezzato da Anania


e nel battesimo Paolo viene incorporato a Cristo e inizia la vita da
cristiano; il fariseo morto nelle acque del battesimo ed nato il
cristiano Paolo, colui che si appoggia a Ges Cristo. Rimase nelle
regioni dellArabia, un po a Damasco, poi sal a Gerusalemme qualche
anno dopo, incontr gli apostoli, ma la situazione era diventata molto
difficile per lui e quindi fu costretto a ritirarsi a Tarso e a riprendere una
vita privata. Questa vocazione folgorante sulla via di Damasco la
chiamata a diventare cristiano, ma sar Barnaba, qualche anno dopo,
intorno agli anni 42 ad andare a cercare Paolo nella sua dimora di Tarso
e Barnaba convincer Paolo a seguirlo ad Antiochia di Siria, una grande
citt cosmopolita, centro di cultura greca, una citt molto vivace in cui
casualmente o provvidenzialmente era nata una comunit cristiana
formata da greci, non ebrei di razza; era la prima volta che succedeva
una cosa del genere. Ad Antiochia si formata una comunit di greci che
credono in Ges di Nazaret e lo riconoscono come il Cristo, Barnaba
stato mandato a Gerusalemme come delegato apostolico, proprio per
verificare quella situazione e si accorto che l era allopera la grazia di
Dio e Barnaba, uomo virtuoso e pieno di Spirito Santo si rallegr di
quella novit, si rallegr di vedere qualche cosa che non corrispondeva
alla sua mentalit e chiedendo la collaborazione di Paolo si impegn
attivamente per formare quella giovane comunit. Ad Antiochia Paolo e
Barnaba lavorano per qualche tempo educando la gente che era venuta
alla fede, insegnando a leggere la Scrittura, insegnando ad interpretare la
propria vita alla luce di Ges Cristo, insegnando che lunica salvezza
viene da Ges Cristo.
La seconda vocazione stata mediata da Barnaba, e la terza ancora
inserita in questo contesto di Antiochia e racconta Luca, negli Atti degli
apostoli che mentre la comunit di Antiochia era riunita in preghiera lo
Spirito Santo disse: Riservate per me Barnaba e Paolo per la missione
alla quale li ho destinati. La comunit cristiana di Antiochia, illuminata
dallo Spirito Santo, matura la scelta missionaria e vengono scelti, per
questo incarico Paolo e Barnaba inizia lattivit esterna, Paolo parte per
annunciare il Cristo.
Lannuncio non progettato di Cristo alla gente di Antiochia aveva
prodotto un ottimo risultato, molta gente si era convertita e ad Antiochia,
senza che le previsioni apostoliche lo progettassero, nata una bella
comunit cristiana. Allora possibile che lo stesso fenomeno si ripeta
anche altrove, possibile che il Signore Ges chieda a noi, sua chiesa, di
annunciare la salvezza anche a coloro che non la conoscono, fidandoci di
lui, sono i ragionamenti dei cristiani di Antiochia; Paolo e Barnaba
partono e iniziano quello che abitualmente chiamiamo il primo viaggio
missionario negli anni 45-48 e vengono fondate alcune comunit
cristiane nelle citt dellAnatolia, nel centro dellattuale Turchia,
comunit a Listra, Iconio, Derbe e forse altri paesi.

Gli apostoli tornano ad Antiochia entusiasti perch hanno veramente


sperimentato la potenza di Ges Cristo, la forza della risurrezione che
convince queste persone e che fa nascere delle comunit vivaci,
entusiaste. Nel frattempo per si venuto a creare qualche problema
perch alcuni fratelli, legati alle tradizioni di Gerusalemme, un po pi
conservatori, ritenevano necessario che i nuovi convertiti passassero
attraverso lebraismo per diventare cristiani. In sostanza ritenevano che,
per essere cristiani, prima bisogna essere ebrei.
Lidea di base che motivava questi predicatori era che il Cristo,
sostanzialmente, per gli ebrei, il messia del popolo di Israele, il
messia salva Israele; chi non appartiene materialmente al popolo di
Israele non ha niente a che fare con il messia. Se vuole entrare nel
gruppo eletto dal messia deve per forza entrare nella comunit storica di
Israele, quindi deve accettare tutte le regole, le pratiche, le norme legali
che reggono il popolo di Israele; attraverso la partecipazione al popolo di
Israele possibile accogliere la grazia del messia.
Paolo non accetta assolutamente questa impostazione e non condivide
lidea di fondo, ritiene che il messia sia per tutti i popoli, che Israele
abbia preparato la venuta del messia, ma che non ne abbia assolutamente
il monopolio; crede fermamente che la salvezza sia per tutti gli uomini e
che la salvezza sia mediata da Ges Cristo e solo da Ges Cristo non
dalle formule legali o dalla partecipazione ai riti storici di Israele e
pensare che Paolo era un ebreo convinto e praticante, legato con forza
alla mentalit ritualista di Isralele, eppure lincontro con il Cristo ha
veramente capovolto la sua mentalit, lo ha aperto alla verit intera, gli
ha permesso di cogliere la forza del Cristo per ogni uomo, a prescindere
da ogni situazione materiale, storica o personale. Per risolvere la
questione Paolo e Barnaba salgono a Gerusalemme e incontrano gli
apostoli e insieme discutono di questa situazione e si chiariscono le idee,
proprio da un punto di vista teologico per sapere come comportarsi di
fronte a questa situazione che si venuta a creare, un po imprevista e
nuova. Decidono tutti daccordo di non imporre nulla alle comunit dei
greci, di coloro cio che arrivano alla fede senza essere ebrei di razza;
concordano pienamente, nel cos detto Concilio di Gerusalemme, nel
ritenere che solo Ges Cristo necessario per la salvezza.
Gli apostoli, le colonne della Chiesa, Pietro, Giacomo, Giovanni,
danno la mano a Paolo e Barnaba in segno di comunione e questi ultimi
ripartono per la loro missione, ormai sicuri di avere lappoggio della
Chiesa intera.
Paolo, senza pi la compagnia di Barnaba, inizia il secondo viaggio,
attraversa le regioni dellAnatolia, giunge in Grecia, fonda le comunit
cristiane di Filippi, di Tessalonica, poi scende a Corinto. Da questa citt
Paolo comincia a scrivere; la prima volta che manda una lettera e la
scrive ai cristiani di Tessalonica, quella che noi chiamiamo la prima
lettera ai Tessalonicesi, il pi antico scritto del Nuovo Testamento. una

lettera familiare con cui lapostolo dice la sua gioia per le buone notizie
che ha ricevuto e d alcune indicazioni concrete per la vita pastorale e
per illuminare alcune credenze un po incerte nella mente die
tessalonicesi. Da Corinto Paolo ritorna da Antiochia, la sua chiesa madre
e l si ferma per alcuni anni. Riparte nel 54 e si ferma per ben tre anni
nella citt di Efeso, citt cosmopolita, importantissima dal punto di vista
religioso e culturale; custodiva il santuario della dea Artemide, visitato
da tutti i popoli del Mediterraneo antico ed era una citt di alto livello
culturale per le ricche biblioteche che conservava ed era centro e meta di
incontri di grandi studiosi, noi diremmo una citt universitaria di prima
qualit.
Paolo trova ad Efeso lambiente ideale per la predicazione del
vangelo, nasce una chiesa vivace, con molti esponenti coraggiosi e
intraprendenti che fondano molte comunit cristiane nella zona asiatica.
Ma Efeso anche il periodo del turbamento di Paolo; intorno allanno 56
Paolo vittima di una serie di problemi molto gravi, riusciamo a dedurre
dalle sue lettere anche una malattia, ma soprattutto una persecuzione
violenta, deve essere stato arrestato e incarcerato, addirittura deve essere
stata emanata contro di lui una condanna a morte. Lapostolo ha visto in
faccia la sua fine, poi per un intervento che non riusciamo a conoscere
stato liberato e forse allontanato dalla citt. La vita salva, ma ci che si
aggiungeva a questi problemi fisici e politici sono le crisi delle sue
comunit. La chiesa di Corinto si sta ribellando a Paolo, lo rifiuta,
protesta contro la sua autorit, non vuole accettare le sue indicazioni.
Dallaltra parte le chiese di Galazia quelle fondate nel primo viaggio
hanno accettato la predicazione dei giudaizzanti e sono tornate indietro,
hanno accettato il giogo della legge di Mos, si sono messi cio ad
osservare di nuovo le regole mosaiche: del sabato, della distinzione tra
cibi puri e cibi impuri e hanno accettato lidea che la circoncisione sia
necessaria per essere salvi, sono tornati cio al principio che per essere
cristiani bisogna per forza prima essere ebrei. Paolo scrive con forza e
decisione ai Corinti e scrive con furore ai Galati. Scrive una lettera di
getto per sottolineare che solo Cristo la salvezza, la legge non
giustifica, non mette nella situazione di salvezza.
Il tema molto importante, ma la situazione gli permette solo di
affrontarlo con la decisione del momento e scrive di getto.
Lasciando Efeso, Paolo, attraverso la Macedonia scende a Corinto; si
riconciliato con quella comunit, la tempesta dellanno precedente si
calmata, ormai Paolo accolto con grande benevolenza nella citt
sullistmo e trascorre in quiete linverno tra il 57 e il 58 a Corinto.
Ed proprio in questa occasione di calma e tranquillit che lapostolo
ripensa alla tematica cos importante di cui ha scritto ai Galati e vuole
ritornare su questo argomento. Ecco il momento ben preciso, la
situazione storica, in cui nata la lettera ai Romani.

La lettera stessa ci d delle indicazioni personali, Paolo ospite in


casa di Gaio e ha al suo servizio uno scrivano che si chiama Terzo, lui
che materialmente scrive la lettera sotto la dettatura dellapostolo e una
volta terminata, la lettera sar portata a Roma da una donna Febe, una
persona impegnata nel servizio alla comunit di Cencre, uno dei porti di
Corinto. Possiamo, con un po di fantasia, immaginare lapostolo Paolo
che durante questo inverno, nella calma mediterranea di Corinto,
passeggiando in casa pensa e detto, mentre Terzo accovacciato, con la
tavoletta di cera tra le mani, scrive velocemente i caratteri greci per
mettere sulla cera le parole e i pensieri di Paolo, poi Paolo ci ripensa, si
fa rileggere la frase, forse non gli piace, cancella, cancella gli dice, e
Terzo con la spatola spiana la cera ed pronto a ricominciare e Paolo
ripensando riformula la frase, cerca di calibrare la parola, di adattarla, se
la fa rileggere, decide di cambiare una parola, e prosegue. Cos,
lentamente, poco al giorno, Terzo riesce a stendere questo testo che
nasce dal pensiero attento e puntuale di Paolo; quando ha la tavoletta
cerata piena trascrive su carta e poi ancora dovr mettere insieme le varie
parti, rileggerle, rivederle, ritoccarle, finch alla fine scriver in bella
copia il testo su un bel foglio di pergamena, lo arrotola, lo sigilla e
lapostolo lo pu consegnare a Febe, la quale lo porter alla comunit di
Roma.
A Roma esiste un gruppo di cristiani, ma non ne sappiamo quasi nulla;
non sappiamo chi sia stato levangelizzatore della citt imperiale.
Abbiamo soltanto una notizia, dello storico latino Svetonio, il quale parla
di una cacciata di giudei da Roma sotto limperatore Claudio. Questa
cacciata era dovuta, secondo la versione dello storico, a delle continue
sommosse che nellambiente giudaico della capitale si verificavano e
causa di questi turbamenti era un certo Cresto. Con ogni probabilit,
Svetonio scrive Cresto, anche se sente dire Cristo, soltanto che non
riesce a capire che cosa possa significare questa strana parola Cristo e
allora per il fenomeno dello iotacismo per cui la e e la i si
leggevano con lo stesso suono: i, scrive Cresto che vuol dire utile,
un nome pi ricorrente soprattutto fra gli schiavi. Svetonio dunque
testimonia una turbolenza continua nel gruppo giudaico di Roma:
impulsore Cresto.
Questo episodio datato nel 49, dunque significa che la comunit
giudaica di Roma aveva ricevuto lannuncio del Cristo negli anni 40 e
alcuni si dichiaravano favorevoli ad accogliere Ges come il Cristo ed
altri rifiutavano la proposta e di fronte a questa problematica si pone la
controversia che culmina talvolta nei tumulti e nelle sommosse. La
comunit giudaica di Roma era molto numerosa, gli storici parlano di
20.000 o addirittura 50.000 giudei, residenti nella capitale, ma nel primo
secolo Roma arrivava ad un milione di abitanti. La comunit giudaica
era divisa, per quello che ci hanno rivelato le scoperte archeologiche,
almeno in 13 sinagoghe, noi diremmo 13 parrocchie, forse erano anche

di pi, ciascuna di oltre 4-5000 abitanti ed proprio in queste comunit


giudaiche che si sviluppato lannuncio di Cristo e la comunit cristiana,
la quale convive ancora naturalmente con lambiente giudaico e molti
romani o greci, residenti nella capitale, erano filo-giudei, cio
simpatizzanti del mondo giudaico, avevano forse letto qualche testo
biblico, erano interessati a quella cultura e si erano anche avvicinati
allannuncio cristiano. Dunque la comunit cristiana di Roma formata
da giudei di razza e da pagani greci o romani, che filo-giudaici sono
adesso diventati parte della comunit stessa di coloro che credono in
Cristo. Al loro interno qualche cosa non deve essere chiaro, una certa
tensione tra giudei di razza e stranieri deve esistere e Paolo, conoscendo
per fama la comunit cristiana della capitale, decide di indirizzare
proprio a questo gruppo una sua lettera teologica, profondamente
pensata, come un modo per presentare se stesso prima di affrontare il
grande viaggio verso Gerusalemme in cui sa che verr processato e,
forse, potr anche perdere la vita.
<>

Indirizzandosi ai Romani, Paolo non pu fare riferimento ai passati


rapporti, visto che non c mai stato a Roma e non conosce la comunit,
piuttosto scrive un testo per preparare una visita, la lettera ai Romani
un vangelo, cio lannuncio della buona notizia di Ges Cristo. Non si
tratta di una lettera scritta per risolvere delle controversie, non neanche
una apologia dellapostolo, egli non scrive per difendere se stesso, non
neppure un compendio della dottrina cristiana, come qualcuno ha voluto
vedere, nella lettera ai Romani non c tutto quello che lapostolo ha
insegnato o intendeva insegnare, tanto meno non c tutto ci che rientra
nel credo cristiano. La lettera ai Romani uno scritto con cui Paolo
presenta ai cristiani di Roma il contenuto della sua predicazione in un
momento abbastanza calmo della sua vita, ma che ha fatto seguito ad un
periodo fortemente tempestoso e vuole far conoscere in sostanza se
stesso.
Il tema della giustificazione per fede, che Paolo ha dovuto affrontare
durgenza con i Galati, meritava una riflessione pi pacata e anche pi
approfondita. Dato che non si tratta di una questione marginale, bens
dellessenza stessa del vangelo cristiano, lapostolo decide di ritornarvi
sopra, con calma e di inviare questo testo allimportante comunit di
Roma per preparare la propria visita e iniziare gi a distanza, lopera di
formazione. Dunque, lungo tutto linverno del 57 58 Paolo detta, allo
scrivano Terzo, il suo capolavoro. Gli esegeti, pi che lettera,
preferiscono chiamarla epistola c una differenza fra i due termini?
S! A livello letterario la distinzione stata delineata. Si definisce infatti
lettera uno scritto che non ha pretese letterarie, un semplice mezzo di
comunicazione tra persone che sono separate le une dalle altre, di natura
confidenziale, personale, una lettera pensata e scritta solo per i

destinatari, con esclusione del pubblico o di qualsiasi altro tipo di


pubblicit. Per forza in una lettera lo stile, il tono e la forma sono
generalmente liberi, intimi, familiari, esattamente come una
conversazione; tuttavia si pu anche parlare di lettera ufficiale, con tono
distaccato e burocratico, ma indirizzato ad un destinatario ben preciso
per una determinata circostanza. Invece i letterati chiamo epistola una
forma letteraria artistica, paragonabile al dialogo, allorazione, al
dramma; in comune con la lettera ha solo la forma, mentre per il resto se
ne allontana del tutto. Il contenuto di una epistola, infatti, destinato a
una pubblica diffusione, mira a suscitare un interesse nel pubblico, non
scritta ad un individuo come collegamento tra mittente e destinatario, ma
lo stile e la forma della lettera solo un rivestimento per rivolgersi ad un
grande pubblico. Pensiamo alle lettere a Lucilio scritte da Seneca,
sembrano delle lettere personali, ma in realt sono un trattato di morale
per un vasto pubblico e, chi compone unepistola, cura con attenzione lo
stile, cura il linguaggio, adotta la forma della lettera, ma in realt vuole
scrivere un trattato, un saggio, dedicato a un tema generale. Il
destinatario in genere fittizio perch lautore si rivolge a tutti i
potenziali lettori. La lettera ai Romani, dunque, unepistola? Se lo
intendiamo perch tratta un argomento dottrinale profondo potremmo
dire di si, ma non ha dellepistola, assolutamente, il tono fittizio perch i
destinatari sono effettivamente i cristiani della comunit di Roma e non
affatto probabile che Paolo pensasse ad una diffusione pubblica di questo
testo. Dunque meglio continuare a chiamarla lettera perch, anche se
tratta di un argomento teologico importante, lapostolo realmente scrive
ad un destinatario ben preciso e aggiunge molti particolari narrativi e
personali che creano il collegamento fra il mittente e il destinatario e,
come in ogni lettera, anche in questo caso il testo inizia con la
presentazione del mittente, dei destinatari e con il saluto.
Si tratta dellintestazione che occupa i primi 7 versetti del primo
capitolo, ma mentre in genere in una lettera questa intestazione
brevissima: nome del mittente, nome del destinatario e una sintetica
forma di saluto, nel caso della lettera ai Romani noi troviamo una
intestazione potremmo addirittura dire prolissa, molto ampia e
sviluppata. La traduzione italiana pone due volte la fine del periodo per
dare un respiro al lettore, ma nel testo originale greco di Paolo si tratta di
un unico periodo, con molte frasi dipendenti e subordinate, al punto che
il lettore perde il filo e, analizzandola con attenzione, ci si accorge che il
legame grammaticale molto debole. Ha voluto dire molte cose
lapostolo, infatti.
Se noi riduciamo allessenziale questi sette versetti di intestazione
troviamo:
allinizio il nome del mittente: Paolo servo di Cristo Ges,
al versetto 7 i destinatari: a quanti sono in Roma diletti da Dio e poi
il saluto: grazia a voi e pace da Dio.

Tutto il resto che troviamo in questi versetti unaggiunta per


esplicitare, chiarire e approfondire; quasi che lapostolo fin dallinizio
voglia introdurre le tematiche principali che poi affronter.
Lautore si presenta con tre titoli: servo di Cristo Ges, apostolo per
vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio.
Il primo titolo suona strano, soprattutto per un uomo della mentalit
greco ellenista; in greco Paolo adopera il termine (dulos),
che vuol dire schiavo, ci che poteva essere un titolo di insulto, di
vergogna, diventato il titolo di onore, Paolo si presenta con
lappellativo di schiavo, schiavo di Cristo Ges, altrove ha gi scritto di
essere stato conquistato, di essere stato comperato dal Cristo, a caro
presso. Con questo termine Paolo dichiara la sua appartenenza al Cristo,
si sente sua propriet, si considera suo strumento e antepone al nome
proprio Ges il titolo di Cristo per evidenziare il ruolo importante che ha
il messia: Ges, in quanto il Cristo, il suo proprietario. Egli apostolo
per vocazione o, come dice pi sinteticamente nel testo greco, chiamato
apostolo, non nel senso che ha il nome di apostolo, ma nel senso che la
sua funzione di apostolo, cio di mandato, di delegato, non se l data da
solo, non gli venuta come iniziativa privata, ma proprio perch stato
chiamato, implicitamente Paolo fa riferimento allepisodio fondamentale
della sua vita, cio la chiamata sulla via di Damasco, ed quella
chiamata, seguita poi da diverse altre, quella di Barnaba, quella dello
Spirito nella comunit di Antiochia, ad averlo costituito apostolo, non
una sua iniziativa, la risposta ad una vocazione, ad una chiamata e in
quanto tale egli stato prescelto, dice, (aforismenos)
segregato, messo a parte, quasi tirato fuori da un insieme di altre
persone, con un atteggiamento di scelta, per un compito: il vangelo.
Paolo stato, dice, tirato fuori dal gruppo a cui apparteneva ed stato
destinato al vangelo, lo scopo della sua vita, della sua missione
apostolica, il vangelo. Notiamo quante volte ricorre, in questa
introduzione, il termine vangelo cio buona notizia, ma non termine
banale, per indicare qualunque buona notizia, era gi un termine tecnico
nellAntico Testamento ed stato usato in questo senso dalla comunit
cristiana: la buona notizia lintervento di Dio nella storia,
lintervento salvifico, decisivo e definitivo.
La buona notizia il fatto che Dio, qui e adesso salva noi, propri noi,
questa la radice del vangelo, la buona notizia di Ges Cristo. Qui Paolo
dice il vangelo di Dio la presenza di Dio nella storia per salvare
luomo, per mezzo di Ges Cristo e amplia il concetto di vangelo con i
versetti che seguono: il vangelo di Dio
2che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre
Scritture,
non una novit, nel senso di inattesa, ma il compimento di un
progetto che si conosceva, per la rivelazione dei profeti, contenuta nelle

sacre Scritture e il vangelo di Dio ha come proprio oggetto fondamentale


il Figlio di Dio.
A questo punto Paolo inserisce, come una citazione, un testo antico
che era gi scritto e che probabilmente la comunit cristiana di Roma gi
conosceva. Gli esegeti ritengono che si tratti di una formula cristologica
molto antica, cio una sintesi della presentazione del Cristo con una
mentalit giudeo-cristiana, che presenta i due livelli: la carne e lo spirito,
lumanit e la divinit, lincarnazione e la risurrezione. Dice:
nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, 4costituito Figlio di Dio
con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione
dai morti,
La formula arcaica, che Paolo cita, mostrava un chiaro parallelismo,
due frasi che si somigliano in modo parallelo:
nato costituito;
la stirpe di Davide Figlio di Dio;
secondo la carne secondo lo spirito.
Il primo membro della frase mostra lumanit, la carne del Cristo, la
sua nascita storica inserita in una famiglia, la stirpe di Davide, una realt
umana, ma nello stesso tempo appartenente alla storia della salvezza,
quindi preparata e conosciuta da molto tempo.
La seconda parte della frase invece mostra lesaltazione del Cristo
glorioso, costituito Figlio di Dio secondo lo Spirito.
Lelemento decisivo che segna il passaggio dalla prima alla seconda
parte la risurrezione dai morti. Nel momento della risurrezione il Cristo
costituto con potenza. Sembra che questo lo abbia aggiunto Paolo, cio
con potenza unaggiunta paolina per evitare un fraintendimento
perch qualcuno potrebbe pensare che Figlio di Dio lo diventato
dopo la risurrezione. Paolo ha chiara lidea che il Cristo Figlio di Dio
gi da prima, ma vuol far comprendere come la potenza, la pienezza
della realizzazione della sua persona si abbia proprio mediante la
risurrezione da i morti e lo Spirito, secondo il quale si realizza questa
potenza, lo Spirito della santificazione, lo Spirito di Dio che rende
Santo; egli solo santo e quindi santificazione significa partecipazione
alla vita stessa di Dio, accoglienza nella comunit divina.
5Per mezzo di Ges Cristo continua lapostolo , che nostro
Signore, noi abbiamo ricevuto la grazia dellapostolato.
Lessere apostolo, per Paolo una grazia, un dono, gi una presenza
di Dio nella sua vita lessere apostolo, non un fare, quanto un
essere; la presenza di Dio che lo porta ad essere apostolo e il fine di
questa sua missione lobbedienza della fede.
Si tratta di due parole, ma il concetto unico, lobbedienza che la
fede, ovvero la fede in quanto obbedienza. La fede intesa qui da Paolo
come lascolto della parola, della proposta di Dio, del vangelo di Dio e
laccoglienza di questo vangelo; lascolto accogliente che determina una

conseguenza concreta nella vita si chiama lobbedienza della fede e a


questa obbedienza sono chiamate tutte le genti, indistintamente, a gloria
del suo nome, per rendere presente lopera di Ges, per rendere evidente
la sua persona che allopera ancora oggi. Tra queste genti ci siete anche
voi, dice Paolo, voi che abitate a Roma e siete , (agapeti)
amati, carissimi, ripete lo stesso termine che nei vangeli viene
attribuito al Figlio prediletto del Padre, nel quale Dio ha posto tutta la
sua compiacenza. I cristiani si sentono diletti da Dio e chiamati da Ges
Cristo, santi per vocazione. Altre due volte ritorna laggettivo verbale
(clets) = chiamati; la comunit a cui destinata la lettera
una comunit di chiamati di Ges Cristo, chiamati santi, come
lapostolo stato chiamato al ministero apostolico, cos i destinatari sono
stati chiamati e appartengono a Ges Cristo e sono inseriti nella santit
divina. Il nome greco per indicare la chiesa: (ecclesia),
contiene in s proprio la radice del verbo chiamare, la comunit dei
chiamati, potremmo dire la con-vocazione; i cristiani sono i convocati, coloro che hanno risposto a questa chiamata di Ges Cristo e la
chiamata comporta la santit.
Non intende Paolo una santit morale, basata sulle opere di
comportamento, la santit la qualit di Dio trascendente, santi per
vocazione significa chiamati a partecipare alla santit di Dio, ad entrare,
cio, in comunione di vita con il Dio che santo.
Dopo questa lunga presentazione del mittente e dei destinatari, Paolo
giunge finalmente alla formula di saluto, semplice:
grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Ges Cristo.
Due sono i termini di saluto: grazia e pace e riassumono bene i due
tipi di saluti delle comunit ebraiche e greche. I greci infatti salutano
abitualmente con la formula (kair), rallegrati, che contiene la
stessa radice di (karis) = grazia, mentre gli ebrei usano come
formula di saluto abituale salom = pace e Paolo abitualmente nelle
sue lettere fonde insieme le due caratteristiche culturali: grazia e pace, a
greci e a giudei dalla fonte unica che Dio Padre e il Signore, il
Kirios, Ges Cristo.
Al versetto 8, dopo lintestazione inizia propriamente la lettera con
una formula di ringraziamento introduttivo.
Dice lapostolo:
8Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Ges Cristo riguardo
a tutti voi, perch la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo.
I letterati parlano a questo proposto di captatio benevolentiae,
lautore cio inizia a parlare ai suoi destinatari cercando la loro benevola
attenzione, facendo loro i complimenti; ringrazio sempre dice perch
la vostra fede famosa in tutto il mondo: siete famosi per la fede.
Non casualmente lapostolo inizia cos la trattazione. Mette al primo
posto, come elogio per i destinatari, la fama della fede. Dovr poi

ritornare insistentemente su questo tema dicendo che lunica strada per


la salvezza e quindi non vuole insegnare qualche cosa di nuovo, ma si sta
rivolgendo a persone che gi sono famose per la fede, non per le opere, e
invoca, come garante e testimone di quello che sta dicendo, soprattutto
del suo ricordo costante dei destinatari romani,
9

Quel Dio, al quale (dice Paolo) rendo culto nel mio spirito annunziando il
vangelo del Figlio suo.

Ritorna il termine vangelo e inserito in un contesto linguistico di


culto. Lapostolo dice di rendere culto a Dio nello Spirito annunziando il
vangelo. La predicazione del vangelo il culto spirituale, il sacrificio
spirituale che lapostolo sta offrendo a Dio, la sua celebrazione
sacerdotale, lannuncio del vangelo, la predicazione della buona notizia,
la presentazione di Ges Cristo come lunico che pu dare la salvezza.
Paolo si ricorda sempre dei suoi destinatari e chiede nelle sue
preghiere che, se Dio vuole, gli sia aperta una strada per poter andare a
far visita ai cristiani di Roma.
Scrive infatti:
11Ho infatti un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono
spirituale perch ne siate fortificati,

ha voglia di dare qualche cosa, qualche (carisma) dice,


qualche dono, frutto dello Spirito Santo; per poi, aggiunge anche, che
non pensa di dare solo, convinto che la comunicazione con i cristiani di
Roma possa essere anche a vantaggio,
12o meglio, (ho desiderio di vedervi) per rinfrancarmi con voi e tra
voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io.
Di nuovo linsistenza sulla fede e Paolo auspica un incontro con la
comunit cristiana di Roma per trovare consolazione e un po di quiete
perch possano rinfrancarsi a vicenda grazie alla fede che hanno in
comune.
13Non voglio pertanto che ignoriate, fratelli, che pi volte mi sono
proposto di venire fino a voi ma finora ne sono stato impedito
e la mia intenzione motivata da questo fine: io vorrei
raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra gli altri Gentili.
Questa una parola che non mi piace troppo, ma siamo spesso
costretti ad usarla perch non ne abbiamo altra. Il termine gentile, in
questo contesto teologico, adoperata come termine tecnico per indicare
i non giudei. Gli ebrei infatti distinguevano gli uomini in due categorie:
gli ebrei e i non ebrei. I non ebrei erano chiamati le genti, tutti gli altri
e frequentemente nel linguaggio biblico e poi teologico si adoperato la
formula gentile per indicare un non ebreo, cio uno che aderisce alla
fede senza passare attraverso lappartenenza al popolo ebraico. Si
potrebbe usare il termine pagano, per etimologicamente significa
abitante del villaggio ed un termine nato tardi e in senso

dispregiativo per indicare gli uomini di campagna che erano rimasti


ancora fedeli alla vecchia religione pre-cristiana proprio perch incolti e
rozzi. Ora, parlare della cultura filosofica e letteraria del mondo classico
con il termine di paganesimo, etimologicamente non regge, perch
dare a tutto questo mondo cos elevato della letteratura e della filosofia
classica il titolo di paesano, di rozzo. Lo possiamo usare in senso
tecnico, come non ebrei, per pagano sembra anche non credente,
ecco quindi evidente come la terminologia non sia facile da scegliere; se
la comprendiamo, poi la possiamo utilizzare anche se non ci piace del
tutto, limportante che comunichi il significato.
Al versetto 14 Paolo continua dicendo che questo suo desiderio di
raccogliere frutti anche a Roma radicato in un suo stato danimo:
14Poich sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i
dotti come verso gli ignoranti:
Avendo ricevuto la grazia dellapostolato, sapendo di essere
destinatario di questo ricco dono, si sente in debito, proprio perch egli
ha ricevuto tanto, sente il dovere di comunicare, di trasmettere quel
tesoro della fede che egli ha ricevuto. Ed in debito verso tutti, greci e
barbari; questa era la distinzione classica del mondo ellenista specificata
con dotti e ignoranti.
15sono quindi pronto, per quanto sta in me, a predicare il vangelo
anche a voi di Roma.
Paolo con questa lettera intende predicare il vangelo ed ecco, negli
ultimi versetti dellintroduzione, 16 e 17, la chiarificazione del vangelo.
16Io infatti non mi vergogno del vangelo,
cosa intende lapostolo con questa frase, non fa riferimento al libro,
quello che noi chiamiamo il vangelo, non sono ancora stati scritti,
nessuno dei quattro, fa riferimento alla predicazione apostolica, al nucleo
fondamentale della predicazione degli apostoli; il vangelo la parola
della croce, lannuncio della salvezza attraverso la morte in croce e la
risurrezione di Ges Cristo. Paolo, schiavo di Ges Cristo, annuncia ai
romani un uomo crocifisso, annuncia la salvezza che passa
esclusivamente attraverso questuomo crocifisso. Ha gi scritto ai Corinti
che una tale predicazione sembra stolta ai greci, sembra scandalosa agli
ebrei, ma chi la accoglie capisce che la forza e la sapienza stessa di
Dio. Il vangelo per Paolo la logica della Croce di cui egli non si
vergogna, la accolta pienamente, anzi, diventa lorgoglio; terminava la
lettera ai Galati dicendo: io non mi vanter di nientaltro fuorch della
croce del Signore nostro Ges Cristo. E inizia la lettera ai Galati sullo
stesso argomento dicendo: io non mi vergogno del vangelo, non lo
taccio, lo presento nella sua forza dirompente, perch potenza di Dio
per la salvezza di chiunque crede.

potenza di Dio, la croce di Cristo; il mistero della salvezza la


potenza di Dio, ma deve essere accolta dalla fede, deve trovare
lobbedienza della fede.
Il vangelo ci che Dio pu fare, mentre luomo non pu; Dio ne
capace e attraverso la parola del vangelo Dio pu compiere la salvezza.
16Io infatti non mi vergogno del vangelo, poich potenza di Dio per
la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco.
Da parte delluomo necessaria laccoglienza della fede e non c
distinzione: chiunque crede dal giudeo prima e poi dal greco. Il giudeo
messo prima in ordine cronologico e logico: la storia della salvezza
stata rivolta al popolo ebraico e nel popolo di Israele si manifestato il
Salvatore secondo la carne e i suoi discepoli primi, il suo gruppo
fondamentale fatto di israeliti. Ma loro stessi hanno bisogno di questa
fede per essere salvi, per accogliere il vangelo, potenza di Dio, e poi di
tutti gli altri.
Il greco qui riassume linsieme dei popoli.
17E` in esso (in questo vangelo) che si rivela la giustizia di Dio
il termine giustizia di Dio molto complesso e ci occuper nei
prossimi incontri.
Paolo annuncia una rivelazione (apocaluptetai),
una apocalisse: nel vangelo Dio rivela, toglie il velo al mistero stesso
della sua vita, la sua giustizia, il suo essere personale, la sua relazione
damore al proprio interno e verso lumanit. nel vangelo che diventa
chiara la relazione a cui Dio chiama gli uomini e questo avviene
interamente in un contesto di fede. Questo processo di rivelazione della
giustizia di Dio si basa tutto sulla fede.
Con una formula di tipo semitico Paolo dice:
di fede in fede;
partendo dalla fede per arrivare alla fede; tutto ruota in questo ambito.
Lespressione pu essere intesa anche in altri modi, del tipo: partendo
dalla fede dellAntico Testamento per giungere alla fede
qualitativamente nuova della nuova alleanza; oppure dalla fede iniziale
fino ad una fede pi matura, oppure da una fede intesa come fiducia fino
alla fede come assenso completo delle capacit delluomo, o ancora, da
una fedelt divina fino alla fede umana, oppure partendo dalla fede di chi
annuncia per giungere alla fede di chi accoglie. In ogni caso linsieme
della rivelazione della giustizia di Dio avviene in questo ambito di fede e
non una sorpresa che Paolo voglia fare ai cristiani di Roma, sta gi
scritto nel profeta Abacuc, capitolo 2 versetto 4:
Il giusto per fede vivr
e con questa citazione lapostolo pone il titolo e formula il tema della
lettera ai Romani.

Lordine delle Parole molto importante. Mettendo al centro il


riferimento alla fede, crea una espressione ambigua, difatti io posso
leggere: il giusto, per fede vivr, oppure il giusto per fede, vivr.
Forse il senso che intendeva il profeta era il primo: il giusto, proprio
perch giusto, vivr grazie alla sua fede. Ma sembra, dal seguito della
lettera, che lapostolo preferisca laltro significato: vivr, cio entrer
nella vita futura, colui che giusto in base alla fede, colui che nella
relazione con Dio basata sulla fede.
Il grande tema posto, lannuncio del vangelo come la giustizia di
Dio che si basa sulla fede presentato solennemente, adesso lapostolo
deve iniziare la trattazione.
E noi la leggeremo e la studieremo a partire dalla prossima volta.

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