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Giorno per Giorno Giuseppe Ungaretti

"Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto"


E il volto gi scomparso ma gli occhi ancora vivi dal guanciale volgeva alla finestra, e riempivano passeri la stanza verso le briciole dal babbo sparse per distrarre il suo bimbo... Ora potr baciare solo in sogno le fiduciose mani... E discorro, lavoro, sono appena mutato, temo, fumo... Come si pu chio regga a tanta notte?... Mi porteranno gli anni chiss quali altri orrori, ma ti sentivo accanto, mavresti consolato... Mai, non saprete mai come millumina lombra che mi si pone a lato, timida, quando non spero pi... Ora dov, dov lingenua voce che in corsa risuonando per le stanze, sollevava dai crucci un uomo stanco?... La terra lha disfatta, la protegge un passato di favola... Ogni altra voce uneco che si spegne ora che una mi chiama dalle vette immortali... In cielo cerco il tuo felice volto, ed i miei occhi in me nullaltro vedano quando anchessi vorr chiudere Iddio...

E tamo, tamo, ed continuo schianto!... Inferocita terra, immane mare mi separa dal luogo della tomba dove ora si disperde il martoriato corpo... Non conta Ascolto sempre pi distinta quella voce danima che non seppi difendere quaggi... Misola, sempre pi festosa e amica di minuto in minuto, nel suo segreto semplice... Sono tornato ai colli, ai pini amati e del ritmo dellaria il patrio accento che non riudr con te, mi spezza ad ogni soffio... Passa la rondine e con essa estate, e anchio, mi dico, passer... Ma resti dellamore che mi strazia non solo segno un breve appannamento se dallinferno arrivo a qualche quiete... Sotto la scure il disilluso ramo cadendo si lamenta appena, meno che non la foglia al tocco della brezza... E fu la furia che abbatt la tenera forma e la premurosa carit duna voce mi consuma... Non pi furori reca a me lestate, n primavera i suoi presentimenti; puoi declinare, autunno, con le tue stolte glorie: per uno spoglio desiderio, inverno distende la stagione pi clemente!... Gi m nelle ossa scesa lautunnale secchezza, ma, protratto dalle ombre, sopravviene infinito un demente fulgore: la tortura segreta del crepuscolo inabissato... Rievocher senza rimorso sempre unincantevole agonia di sensi? Ascolta, cieco: Unanima partita dal comune castigo ancora illesa... Mi abbatter meno di non pi udire i gridi vivi della sua purezza che di sentire quasi estinto in me

il fremito pauroso della colpa? Agli abbagli che squillano dai vetri squadra un riflesso alla tovaglia lombra, tornano al lustro labile dun orcio gonfie ortensie dallaiuola, un rondone ebbro, il grattacielo in vampe delle nuvole, sullalbero, saltelli dun bimbetto... Inesauribile fragore di onde si d che giunga allora nella stanza e alla freschezza inquieta duna linea azzurra, ogni parete si dilegua... Fa dolce e forse qui vicino passi dicendo: Questo sole e tanto spazio ti calmino. Nel puro vento udire puoi il tempo camminare e la mia voce. Ho in me raccolto a poco a poco e chiuso Lo slancio muto della tua speranza. Sono per te laurora e intatto giorno 17 frammenti, scritti tra il 1940 e il 1946, dedicati alla prematura morte del figlio di nove anni Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto, 8 febbraio 1888 - Milano, 1 giugno 1970)

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