d e g l i
SCRITTORI
LATINI
C. PLINIUS SECUNDUS
I. NINI I I I
H I S T O R I A E MUNDI
LIBRI XXXVII
VOLUM EN PRIMUM
VENETUS
EXCUDIT JOSEPH
M.OOCC.XLIT
ANTONELLI
i i t s m ii n u i
DI
C. P L I N I O SECONDO
LIBRI XXXVII
TRADUZIONE
D I M. LODOVICO DOMENICHI
EMENDATA PER LA PRIMA TOLTA
SECONDO IL TOSTO U T I R O
VO LU M E PRIM O
VENEZIA
DALLA TIP. DI GIUSEPPE ANTONELLI ED.
PR E M U TO DI D* ORO
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C. PLINIO SECONDO
VITA E OPERE
DI
P L I N I O IL N A T U R A L I S T A
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T o m a malagevole, e taJora vicino che impossibile, divisare la vera patria di molti uomini nominali e famosi, onde s onora antichit. L a ninna cura de* concittadini di guarentirsi con memorie scritte il possedimento dell' illastre che loro s* attener* per nascita, e la gara degli stranieri di vantarlo per suo o pel soggiorno prestatogli, o pegli elementi della fama comunicatigli nna con le dottriue, cospirarono per diverso modo a renderne spesso via pi sospetta ed incerta la vera attenenza. Imper non si dibatt meno dai posteri di Omero, che non si facesse dai posteri di Plinio circa la terra della soa nativit. L a ereduzione pi profonda non varrebbe oggimai che a ripezzare le conghiettore, che non potuta render certe la investigazione di tanto secolo sopraccorso. Ma siccome non nostro proposito discorrervi sopra, e d altra parte veggiamo che alla quantit della fama di Plinio poco o nulla rileva il determinarne la patria, ce ne passeremo di leggeri, ricordando solo che le conghiettore pi probabili lo Canno nativo d1 osa terra del tenitorio Comense, anzi di Como medesima. Certo quivi fa e fior la famiglia Pliniana, quivi nacque Plinio fl nipote, quivi ebbe il zio di molti poderi, e quivi pi che altrove si ritrovano lapide e allusioni a quella famiglia. Noi rimettiamo chi ne volesse pi sapere alle due dotte dicerie di Paolo Cigalino, che fu professore di scienza medica a Pavia. Plinio nacque l anno di C riat xxn, di Tiberio ix ovvero x, da Celere e Mar cella nel consolato di Asinio Pollione e Antiatio Vetere. probabile che menasse
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la puerizia nella terra nativa, poich non si sa che venisse a Roma innanzi lo scorcio del terzo lustro di et. Qui ascolt, secondo che si pare, il grammatico Apione, uomo che in fatto d 'insegnamento andava per de' primi. Dire come Plinio vi profittasse soverchia cosa. 11 valore in che saliva dappoi e le opere che componeva dicono assai pi che non faremmo noi a parole. Y ' ha chi assevera, per ci eh' ei scrive intorno le gemme di Lollia PaoKna, che di questa pezza usasse a corte di Gaio Caligola. Ma questa asserzione non ha momento veruno : la sua verde et, stante che a detta del Rezzonico aggiungeva appena all anno sedecimo, non poteva averlo ancor sollevato alla stima del pubblico, alla conversazione de* grandi, e alle astuzie della cortigiania : la sua indole contegnosa, che gli conserv per tutta la vita un sommo disamore ad ogni gioia, salvo che alle purissime de' suoi studii, non poteva accostumarlo a quelle stemperate volutt che imbriacavano la corte d uno stolto tiranno, e finalmente, senza che si frammettesse altrimenti delle auliche faccende, quelle gemme gli potevano essere mostre in privato, o correre alla vista quando Lollia usciva di palazzo a solennit. Comunque sia, Plinio dava intanto gran mano agli studii suoi con quella agevolezza che comportava il suo alto ingegna, e con quella assiduit che la sua gran voglia di satollarsene. E codiava da per tutto, e notava ci che avesse del singolare, o di cui fosse nuovo e selvaggio, siocome quegli che giudicava ore perdute quelle che non avesse spese ad acquisto di cognizioni. L a sconfitta dell1 Orca abbattutasi di smarrirsi nel porto di Ostia (lib. ix, cap. 6), e le peregrine fiere che tenzonavano nelle lotte Circensi, gli offerivano bell1 agio di farvi sopra le pi importanti osservazioni. Sul tramontare dell' anno diciannovesimo dell* et si condusse in Africa. A questo viaggio vuolei attribuire la sua venata in Egitto e in Grecia a metter com pimento agli studii scolastici, tra perch risedevano quivi i pi gran maestroni di ogni scienza e d' ogni arte, e perch sentiva che il viaggiare il massimo espe diente a diventar sociabile il pi che si possa. D* altra parte, siccome il viaggio e la conoscenza della storia civile e naturale son due bisogni che nascono un dall al tro, non poteva Plinio per l ' aumento delle sue conoscenze limitarsi fra R om a e la patria, senza che i suoi studii patissero diffalta di ci che s apprende con la presenza dei sensi. Quinci per sembra che ritornasse dopo tre anni, o in quel torno ; poich nel vigesimoterzo il veggiamo far all* armi in Germania sotto le insegne di L . Pomponio, che gli pose amore pari che a germano, e il fece di corto comandante di cavalleria. Plinio sent vivamente quel carico, che rendeagli
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care gli appoggi dentro di s e nella possa del suo ingegno medesimo. Questo era forse il sentimento che moveva Plinio a comporre il libro Del saettare a cavallo. Le intermissioni dagli eserdzii militari gliene somministravano agio, e i canoni dell* arte per lo senno a mente saputi gliene agevolavano il trattamento. L amore alla osservazione, gi diventato in lai abituale, lo traeva in pari tempo a spiare le fonti del Danubio e le postare de* Cauri che tenevano le maremme settentrionali del mar di Germania ; n vuoisi miscredere che sceso per l Elba ed il W eser percorresse il Chersoneso Cimbrico e le riviere che morde il Baltico mare. Anzi par fona attribuire alla sua dimora in Germania la perizia acquistata dell arte marinaresca, che alcuni fuor di ragione attribuiscono al viaggio in Egitto, s perch Je necessit della guerra e insieme i riposi dalle armi lo mettevano in opportunit di conoscere il mare e il come del navigarlo, e s perch quel viaggio aveva oggetto di studii pi severi che gli educassero intelletto e la facolt del pensare. Di questi tempi medesimi ei discorreva le province Romane, ond era composta la terraferma occidentale del Reno, e contraeva amist con la famiglia di quel Tacito, che am poi s strettamente il nipote di lai, da prestargli e riceverne del pari aumento di sapienza con onor loro e vantaggio della Romana letteratura. Plinio per sentiva forte i beneficii che Pomponio gli veniva impartendo, e cercava nel suo ingegno il come ne lo potesse rimeritare. N poteva cercarlo in ionte pi abbondevole : anzi ci che veniva pi in grado a Pomponio era per Plinio la specie di rimerito pi agevole a prestare ; ond' ei dava mano di botto a due volumi, ne quali veniva narrando la vita e infiorando le imprese di quell' illu stre capitano. Non s tosto venne quest' opera a compimento, che Plinio vide in sogno immagine di Druso, s forte di fama in Germania, il quale gli raccoman dava il suo nome e confortavate a inserire agli annali Romani la storia delle guerre che aveva quivi condotte. Plinio ne fu commosso : il dovere di campar dalla dimen ticanza quello sventurato, che troncava le speranze comuni con l ' immaturo suo fine, il sospetto che correva che una colpa di corte avesse sacrificato all' invidia le virt di tanto giovine e quello splendore che prometteva solennissimi aumenti, e per giunta il desiderio di guadagnarsi il vanto di storico de' fatti Germanici, indus sero Plinio ad accollarsi questa novella faccenda. L a vita militere, come che in quietala da pericoli, da stragi, e talora da vittorie non meuo ingrate delle sconfitte
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medesime, il convitto con guerrieri attempati che fecero stipendii sotto Germanico, Draso e Tiberio, e finalmente i luoghi stessi e le vive immagini delle cose torna
vano molto pi acconce
a comporre s Catta storia, che non il fasto e le delicatare a non porre pi pensiero
di Roma, l ' agonia de* pretoriani di farsi autorevoli eolia imbecillit de* prncipi, e quella sonnolenza che risolveva il Romano valore, giunto
vuol porre cagione a quella sorte di faccende e di studii, a che aveva obbligato il suo ingegno. Nondimeno tenne aringhe e dicerie pubbliche, e tratt parecchie cause quando a Roma, e quando a Como, dove sovente riparava per amministarvi
i suoi poderi e levarsi dallo scombuglio cittadino e dalle sfacciate cose de* principi e de* liberti. Non pertanto il libro del saettare a cavallo, la vita di Pomponio e la
storia delle guerre Germaniche il fecero quant' altri nominato e famoso. A lle serie meditazioni della filosofia n alle cose poetiche non fece molta opera, amando meglio istruirsi in fatto di erudizione
non raggiungesse quella forza di discernimento, che lo avrebbe rattenato dal tra mestare, siccome ei fece, tante malvage cose alle buone, tante vili alle nobili, tante bugiarde alle vere. Contuttoci da maravigliare che Agrippina, mentre riforniva Nerone di precettori dotti che lo fermassero a savio e onesto regimine, non si ponesse in cuore di dare il figliuolo per alunno allo scrittore delle campagne G er maniche : se non che Anneo godeva allora in Roma la pi alta riputazione, tra per la novit della sua dizione e scrittura, per amore d* una donna che vantava A u gusto fra gli avi, e per la nota innocenza che non era potuta camparlo dal pi ingiusto esilio die s* intimasse di quella pezza. Intanto la sorella di Plinio ebbe un figliuolo, che il zio toglieva pur di buon* ora ad educare nelle scienze e nelle lettere, e via pi informava dell* arte del dire con tre volumi OdT eloquenza^ che per la vastit della materia sceverava poscia in sei. L a mente di quest* opera di scorgere 1*alunno da* primi studii per insino al foro: lo mepa al ginnasio, ai bagni, alle scuole di grammatica e di rettorca, e finalmente
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a rostri, toccando ancora I doveri del pi piccolo imporUre, come a dire in che modo $ abbia ad anim ar oratore, come comporre la chioma, come usar le pez zuole da sudore, ed altrettali ciuffole e parvit. Per il suo ingegno sentiva di bastare a pi elevate cose : quelle die ricordam mo, bench ei vi si fosse ritrovato molto sufficiente, non erano pi che il saggio eh ei faceva della sua possa. L*abbandono delle cose pubbliche lo concentravano vie meglio in s medesimo, e gli studii gi fatti si voleano riprodurre in opere degne della loro estensione. Ed eccovi perd Della continuatione di Aufidio Basso trentun libro, ne* quali conduce la storia de* contemporanei, gi cominciata da quello, fino all' impero di Tiberio, non s1 affidando di toccar punto le cose di Ne rone, come di quello che lo avrebbe con la sua natura crudele e diversa pericolato, per odio a un censore delle sue stolide ferit, se n* avesse racconto il vero ; o per odio all* adulazione studiata, se avesse lor posto orpello con uno stile fittizio, quale sogliono dettare i tempi di spavento e d* intrigo. G li uomini pi bizzarri nelle lodi die sanno di non meritare ravvisano spesso altrettanto sprezzo e rimprovero. Anzi furono questi i timori che mossero Plinio ad appartarsi e andare in {scrittore di altro tenore, che non toccassero lo stato, n i potenti che il dissipavano. G li otto libri Delle parole di duSbio senso, eh* egli pubblic anno di Cristo LXvm, degli ultimi di Nerone, suscitarono gran differenze, ma solo tra i grammatici e i filosofi, i quali per, bench facessero vista di averne a scrivere un mondo di opposizioni, soprastettero tanto, che o non prima di died anni, secondo che accenna Plinio nd proemio, o sfidati di s non le divulgarono pi mai. A questa pezza e* fu eletto procuratore di Cesare nella Spagna citeriore; carico che tutte le pi volte si con ferir alla nobilt equestre ; onde si pu inferire che Plinio avesse gi acquietato
il titolo di cavaliere nel ritorno dalla Germania, tra in premio della sua milizia,
e pel libro die avea composto attinente a cavalleria. L e soe ricchezze per patri monio familiare montavano a ben pi che non iacea luogo per essere ascritto a qoell* ordine, ma la dimora in Ispagna gliene procacd delle maggiori. Teneva ancora la penisola, quando per la morte di C. Cecilio, il figlinolo di sua sorella rimase orfano, e gi era passato sotto la tutela di Virginio Rufo ( anno di Cristo LXXi), quando ritornato egli in capo a due anni, adott il giovinetto in doe lustri d et, e gli si pose attorno per educarlo come dicemmo. ^ er amicizia contratta con Vespasiano fin da quando militava in Germania avea tacile accesso a quel grande, e specialmente nell ore mattutine eh erano le
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V ITI E OPERK
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pi franche dalle esigenze dello stato. Plinio sapeva che se non vogliono i grandi portar pericolo d 'esser idoli muti o divinit feroci, debbono levarsi alto dalla stregua delle persone che gl inchinano ; ma la sua indole che dal venire in tali amicizie lo spaventava, ne fa fede eh* ei non sacrificava mai le sue risoluzioni e le sue abitudini agl impronti bisogni delle circostanze. Il grande che lo voleva am ico dovea prediligere quella sua ingenua severit, che o lo teneva mutolo, o non lo voleva simulatore. Per questo discendere dell imperadore a lui il facea tanto pi tenersi, quanto che la natura contegnosa e severa di Vespasiano degnava pochissimi della sua confidenza. Ebbe amico eziandio Tito : basta leggere il proemio per vedere quanto si dicesse con lui il conquistatore della Giudea. Anzi per ci medesimo alcuni sospicarono che Plinio venisse con esso in oste a quella contrada ; ma oltrach non d ha storia che ne parli, d che Plinio ricorda della Giudea non ha caratteri tali di verit, che possano certificare com ei vedesse di presenza quel suolo. N men debole altra opinione da qualche storico portata, che fosse creato senatore da Vespasiano. Ne tace ei medesimo, ne tace Plinio il minore, ne tacdono gli annali. S arroge che V e spasiano, il quale da prindpio si dicea benissimo col senato, dopo l'insolente fare di Elvidio e la sua agonia di libert aveva mutato tenore e tolta l ' ingerenza negli affari al corpo senatorio. O r come avrebbe egli associato $ quel corpo una persona, se lo avesse volato onorare ? come dimostratogli di averlo a capitale, se lo avesse inserto a un branco di reietti, privati della sua confidenza e de'ministerii di stato ? Bens ebbe Plinio la prefettura della flotta nel Miseno e il governo dell1Adriatico, onde acquist del pari fama e ricchezze. L amiczia per de' Cesari e gli ufficii che esercit di tempo in tempo nelle repubblica non gli stremarono mai tanto 1' applicazione a' suoi studii, che per lo meno non andasse sfiorando i libri che leggeva con farsene note ed estratti. P er viaggio era questa la sola sua occupazione : teneva allato un menante, e dettavagli or d una, or d' altra materia ; o si faceva leggere, e tuttavia notava le cose che glimportavano. D i questo modo s'avea fatta una scelta di Commentarii che monta vano fino a censessanta libri,che trascrisse poi di sua mano in lettera minuta. Lidnio Largo n era s invogliato, che gli avrebbe comperi quattrocento mila sesterzii ; ma Plinio non volle mai partirli da s. Pare che vi capissero quelle stesse materie eh egli tratt poi con pi ordine nella Storia Naturale, opera vasta che gli frutt gran fama, quandoch non goduta a lungo, per che divqlgolla l anno 5 5 dell* et,
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che fa il penultimo della vita. Essa propriamente divisa in trentasei libri ; ma siccome Indice che va innanzi a tutta opera fu da Plinio stesso e dai posteri ritenuto per un libr, cosi essa ne conta volgarmente tremasene. Questo numero fu tenuto anche danoi, tra per fuggire confusione, e perch Plinio si richiama sovente ai varix libri secondo la divisione gi detta. Per lo scompartimento per capi ne sapeva male: la materia in essi trattata non sempre s'acconciava bene coi titoli rispettivi, traboccando spesso fuori del termine da essi voluto. Il perch, segnato lo scompartimento antico con le cifre arabiche, abbiamo partita la mate ria con quella discrezione che ne pareva pi decente, e numeratine i capi con le dfre Rom ane. Questa novit reca il vantaggio che non le edizioni antipassate, e non toglie agio di consultar nel tempo stesso il nostro autore secondo antica divisione. L anno seguente che Plinio divulg quest* opera fu contrassegnato da una ca lamit, che se rispetto al suo genere non era nuova all* Italia e ad altre regioni, era delle precedenti pi luttuosa per la morte'che incontr al nostro autore. Il monte Vesuvio, che per lo volger di pi secoli era stato come inerme e innocente, quell anno ruppe con tale veemenza, che della fitta cenere e delle pietre strabal zate e spinte immensamente di lungi nabiss Ercolano e Pompei con vastissima tratta della Campagna. Plinio che v era ito per vedere quel rovinio e studiarvi so pra, vi rimase affogato. Questa morte descritta da Plinio il nipote nella Xvi del libro vi. Cos finiva uomo pi erudito che vantasse Roma di quel tempo. Egli aveva emulato Empedocle nelle ricerche della natura, e pare che la stessa missione di spiare le forze vulcaniche li volesse somiglianti nella qualit del loro fine. Empedode, salito sul corazzo dell Etna gi tranquillo e sopito, v1 affond la persona mentre volea specularne il cratere. Plinio periva in un* et ancora vegeta. Non istraniero della filosofia, avvezzo attingere nelle fonti della fisica e della medicina, e profondato nello studio ddla natura, aveva raggiunto totta la scienza che si po teva in un tempo d1 ignoranza, o di sdenze guaste e adulterate. La sua vita, e di conseguente la sua indole, lo sceverava di gran lunga dalla volgar moltitudine : non ambi onori, ma ne merit : non fu servo delle circostanze, n piaggi mai persona : d ingegno pronto alle militari e alle civili incumbenze possedette pi che altri mai arte di non lasciar tramontare un ora senza che ne cogliesse van taggio alle faccende domestiche ed a*suoi studii: sufficiente a fatiche diverse in un
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tempo, intendeva a fini sempre alti e nobili, e vi riusciva con la felicit dell* uomo accorto e speculatore de1tempi e delle cose. Se ne vegga epistola v nel libro m del citato nipote. Nondimeno, come spesso addiviene, Plipio sera posto intorno a stadii, che non s addicevano in tatto alle eoe native facolt, o almeno difettava di quella forza di discernimento che ordina le cognizioni, le semplifica e le raddace a sistema ; difetto che fa dar sovente in assordi e puerilit. Laonde s' ei condusse opere che vantaggiavano quelle de1 contemporanei, non condusse per quella che noi conosciamo quale si doveva attendere dal suo ingegno, e quale bisognava per tener muta la censora degli avvenire. Delle opere di Plinio che pi non esistono si pu dire presso che nulla. La storia delle guerre Germaniche e la continuazione di Aufidio Basso sono pi volte commendate da Tacito e da Tranquillo. Degna di lode volea pur essere la Vita
di Pomponio, come quella che spesa per gran parte in Germania doveva aver luo
go e importanza nella descrizione di quelle guerre ; ed molto a dolere che tali memorie ne perissero, perch nella oscurit che avvolge le guerre di Roma con que barbari, condotte per ben quattro secoli in diverse fogge, si sarebbe potuta di esse raccogliere non iscarsa luce. Asserivano alcuni, non guari di tempo, che in Augusta di Germania se ne ritrovasse un codice manoscritto; ma dopo il testi monio di Simmaco, il quale fin dal secolo v lagnava sulla rarit di queste opere, giova ora avere per nulla o per sospetta un1 asserzione che non si folce di argo mento veruno. Quanto a' libri Del saettare a cavallo e Delle parole di dubbia
senso, le lodi che spesso ne movono Prisciano, Carisio e Diomede ben ci persua
dono che Plinio mostrasse in ess come ben & intendeva di cavalleria e di gram matica, e che anzi le sue cognizioni erano s vaste, qaant' era la sua usata bramo sia di aumentarne 1' acquisto. Rapporto ai tre libri Delf eloquenza se ne sa nalla affatto. Per giova credere che quest' opera non fosse da men che le altre, e che egli vi trattasse le disciplinee gli studii oratorii maestrevolmente, siccome colai che viveva a Roma in tempo, in cui arte de' rettori e degli oratori era in gran fiorire} dove non mancavano scuole e biblioteche, e dove finalmente non solo ei dettava precetti di quell* arte, ma vi trattava eziandio cause, ed aveva acquistato grande esperienza del foro. Ora verremo discorrendo della Storia Naturale, eh' la sola di lui opera da noi conosciuta. G li antichi intendevano per natura assai pi che non facciamo noi di presen te. Essi comprendevano il cielo, le meteore, gli animali, i vegetabili, i minerali, la
DI PLINIO IL NATURALISTA
fisica e la geografia, e avrebbero anche aggiunta la chimica e la geologia, se le ' avessero meglio conosciate, e annoverate fra le scienze naturali. G li obbietti che da questo lato presenta universo fanno per s medesimi un1estensione che a ma lo stento si pu percorrere, chi ne volesse toccare le parti pi minute. Aristotele stesso, postoch opera che compose sa questo tema un estratto di pi che mille volami, non pot abbracciare le tante minutezze che rendono pi maravigliosa la natura. Per universit delle cose che a noi spettano si dispaia in due spe cie: ci son cose che diconsi naturali, ci son che diconsi umane. L a forza onde quelle sono affaticate di moto in molo, immensa, eterna, universale e si doman da natura : la forza onde son governate e mosse queste, inferma, cascaticcia e in brevi termini ristretta, e si nomina umanit. Sono per ambedue queste forze in perpetua pugna tra loro, e umanit, non ostante che emerga dalla natura per poi ricadere in essa, non pertanto spinta da una cotale emulazione che vellica, ri stringe, emenda la natura, e talvolta ancora la muta. Per umana industria noi
a aduniamo le miglia sotto a quella terra medesima, che racchiude tanti arcani al
la geologia impenetrabili : ascendiamo per aere, emulatori de* volatili, fino a 5 6 oo metri, e valicando il mare vi tracciamo de* solchi, comech brevissimi, a somi glianza che noi ariamo il terreno. Queste modificazioni, queste novit che a quan do a quando opera nella natura industria dell* uomo compongono quella che tar da et nomin cultura della vita. L'uom o per in tali operazioni non s'adopera a caso: ei si muove dietro cognizioni certe ed evidenti che acquisi^ con l ' esperien za e con lo stadio, e dietro regole somministrategli dalle cognizioni stesse perch s* adoperasse con sicurezza. In queste cognizioni e regole fondano le scienze e le arti umane. Il perch le discipline liberali, la storia, le lingue, la legislazione, la politica e le antichit non cadono nella natura delle cose, ma solo si 'avvicinano ad essa per relazione. Plinio adunque, a volersi contenere dentro i limiti del suo assunto, doveva aggirarsi sulle scienze naturali, senza delibar punto le umane. Ma ei non avea l occhio a codesta distinzione. Adottava alla confusa e riteneva tutto che pensavasi emergere dalla sua materia spontaneamente : credeva alle cose naturali dover secondare appresso quando pi e quando meno ci che con la natura non ha che una lontana relazione, e intanto che riputava la natura troppo angusta di' estensione del suo ingegno, traboccava nell umanit e perdevasi nel immensa famiglia degli oggetti universi. Ma se questo trasalire era in parte un contraffare assunto, vorremo noi credere che trattasse a dovere la materia arro-
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gatasi ? Mai no. Ei s' aggira intorno le scienze amane, ma alla sfoggila : vi sor seggia appena, e gi ne sembra ristacco. E i d loro accesso in tatta opera, ma non laogo veruno che sia loro proprio : non le scevera per ispecie, non le dinota con rispettive indicazioni. Non di meno, intanto che biasimiamo i deviamenti, a coi lo traeva la troppa libert dell1 ingegno, noi d altra parte non possiamo che dolerci, che avendonela fatta sperare, non ne presentasse poi intera la pittura del umanit de* suoi tempi. Egli err adonqae, o per aver travarcati i confini della natura, o per aver troppo circoscritta universit nella qaale si era lanciato. Ma veniamo alla partizione dell opera. Il secondo libro parla i corpi celesti e le meteore : i quattro seguenti la geo grafia. I libri , vni, ix, x , xi discorrono di zoologia : di botanica gli otto appres so. Seguono poscia le medicine tratte dalla botanica, fino al libro xxvu : di quindi al xxxii altre cose attinenti a zoologia. Nel restante Plinio viene divisando le pie tre e ci che credette aver dipendenza da esse, le medicine trattene, la statuaria, la scultura, la pittura, e parecchie cose spettanti ad industria. N v' intrude in dustria solamenti qui : ei ve la annesta per tutta opera, tuttavolta che la si cre deva tornare acconcia, e specialmente nello scorcio del libro settimo. L a struttura dell1 opera a prima giunta pu parere ben condizionata : si co mincia dal cielo, poi segue la terra : di questa si tratta primamente la parte geo grafica (poich la geologia propriamente detta non era nota a que' tempi) * poi i regni di natura, qi sono gli animali, i vegetabili, i minerali. Nondimeno ci ha gravi difetti, chi ben vi mira, quali crediamo di dovere test mettere in mostra, per ch non iscorga altrui a mal passo la devozione degli antichi verso un libro, ch'essi erroneamente credevano da ogni parte perfetto. Noi dicemmo gi che Plinio in serta per tutto ci che pertiene all industria , n ripetiamo ora comessa inserta abusivamente : ma, quand1 anche si comporti, ella volessi allogar pi presto sicco me appendice in fine d1ogni trattato, di zoologia, di botanica, e di mineralogia, in capi separati e con i loro titoli rispettivi. Almeno si sarebbe conservato il decorso dell1 opera mondo da intoppi. Simile quell1 altro vizio d1 inchiudere nella mine ralogia le belle arti, la scultura, ecc. come se gli artefici non si valessero d assai pur delle sostanze organiche : certo che all1uopo essi operavan ebano non altra mente che i marmi ed i metalli. Ci nonostante si chiederebbe indarno a Plinio di c^e materia usassero le tele i pittori, di che i pennelli, e quante tinture compo nessero con elementi tratti delle piante. A che finalmente alle due parti di storia
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naturale g ii trattale non appicca di seguito la mineralogia, ma discorre di medi cina innanzi che delle pietre ? Certo ei sarebbe uscito meglio del suo debito, se avesse riserbata al fine d' ogni parte la sua terapeutica, e trasmessa a dopo che avesse ragionato delle pietre l ' universit della materia medica. Nella storia natu rale la botanica amava meglio antivenire la zoologia, e nella terapeutica la zooiogi, antivenire la botanica ; ma Plinio fa alla peggio. Nella mineralogia non cer cheremo ordine, ch ve n nulla. Non basta. Ninna scienza, dalla geografica in fuori, fornita della debita tassonomia. Nel libro che ragiona del cielo e del mondo, la differenza tra gli astri e le meteore a malo stento si ravvisa pur da chi vi badas se: della cosmogonia e cosmografia brevi cenni a spilluzzico: indi si ragiona degli elementi, di Dio, degli astri, dello ecclisse e de' fulmini : qui l ' autore tocca bom ba, e quasi se credesse che si possa allogare in qualsivoglia sito ci che si detrasse a ona materia non compiutamente trattata, ripara da capo agli astri per ricercar ne gl*intervalli, e intanto vi fa un solenne tramestio di cose meteorologhiche ed astronomiche. Nella botanica e nella zoologia v' ha un ordine, vero, ma solamente quale poteva approvarsi a* tempi di Plinio, quando la scienza anatomica non era conosciuta : le differenze delle specie e i caratteri loro si veggono determinati pi presto secondo uso de' diversi paesi, che dietro a canoni e norme generali. E come non dee strabiliare la scuola di Linneo vedendo i vegetabili sceverati in sette classi : piante esotiche e aromatiche, ortensi, salvatiche, piante sative, biade, lino, legumi ? perocch quantunque Plinio non tenga questa divisione a parole, ei la tiene per nel (atto. G li stessi libri che parlano degli animali, con tutto che meno Mfcttuosi, hanno molto di che vorrebbero essere ammendati. Della vita delle piante, della combinazione delle lor parti e del promuoverne la cultura, indarno s attende stabiliti di precetti e giustezza di osservazione. Ma siccome gli antichi non si conoscevano di ci che noi chiamiamo fisica particolare e sperimentale, non avvisavano i vantaggi che trar si possono dall' esame rigoroso e dall' esatta osservazione di tutte le parti di una pianta, o d un piccolo animale, e non vede vano le relazioni che ci aver poteva con la spiegatura de' fenomeni naturali. Non per questo l ' obbietto pi importante ; n convien credere che lo storico della natnra debba star contento delle descrizioni esatte e de' fatti particolari. E i dee sollevarsi pi alto, a cose pi degne de' pensieri nostri : combinar le osservazioni, rendere generali i latti, unirli insieme coi legami delle analogie, e procacciar di spargervi quella copia di cognizioni, per cui si possa addarsi che gli effetti parti-
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colari dipendono da effetti pi universali, e paragonare la natura con s mede sima per aprire cos la via al perfezionamento delle varie parti della fisica. Ma per Plinio un' erba e un insetto altro non erano che un insetto ed un' erba. Ei non li degnava della sua occupazione, perch non conosceva l ' importanza che hanno in natura ; ignorava le loro relazioni cogli oggetti di ordine pi alto, e la sciava intanto trascurata quella parte della natura, le cui fisiche propriet son dai moderni riputate s degne della loro attenzione. Conviene per ammentare che non era mente di Plinio far disquisizione sopra ogni cosa, ina solo raccozzarne le molte degli antichi, che trascrisse o volt di greco nel suo linguaggio. Questa in gran parte la ragione de1 difetti che viziano la sua enciclopedia. Per vediamo com' egli errasse quanto a s. Primamente ei non seppe far scelta de' suoi autori. Trascriveva Aristotele con tutta la fede che deesi a quell' immenso ingegno, ma troppo corrivo ad un tempo ricevea tutto che trovava affastellato in Ctesia, senza punto sfasciamelo dai miti, dai simboli e dai geroglifici dell' antica Persepoli. Preferiva spesso un' iper bole a una verit, n si asteneva dalle cose rancide, assurde e puerili pi che non adottasse le raccomandate dalla ragioue; e talora non levava pur truciolo a quante goflerie gli spiattellasse un autore. Ci che narra o descrive non vide di presenza kbe raro, e siccome tramuta spesso le cose credendo di non tramutarne che il nome, d nell' oscuro, o s' arresta nel bel mezzo ; il che massimamente interviene quando segna misure, distanze, specie o generi, e quando mette in latino gli autori Greci. Fa maraviglia come incespichi s sovente nel tradurre Teofrasto, e travisi il lettore con dargli per verit quegli strafalcioni, che ponderandoli avrebbe potuto evitare, se non li avesse troppo ciecamente perdonati a s stesso. Di nomenclatore troppo manco ed avaro. V ' ha fiere, alberi, pietre che non si conoscono a nome, ed alcune hanno imposto da lui, ma senza un aggiunto, senza una dichiarazione. Veggasi l'autore della Biographie universelt, t. xxxv, p. 72. Quanto per man chevole da questo lato, altrettanto soverchio nel ritornare sopra a materie di gi esaurite : le ripetizioni ristuccano per troppa frequenza, e in ispecielt nella bota nica e nella geografia. Non neghiamo che altri torr forse a giustificar questa p ecca col supporre in Plinio la mira di sfastidire il lettore che dovesse altrimenti rico r rere a' luoghi affini, o la cura di mettergli in pronto d che lo svolgerebbe dallo studio, se avesse a frugarlo altrove ; ma chi torrebbe a giustificarlo dal contrad dire a s stesso e alla sua materia quasi ogni volta che rapporta alla sbadata le v a
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rie opinioni altrui circa on soggetto medesimo ? Chi ben mira alla descrizione degli astri e alla geografia, le trova zeppe di contraddizioni, e di pareri volti a di struggersi a vicenda. L autore vi mostra come non avea raggiunta evidenza della cognizione, e come nel concorso di varii giadicii ei si stava neghittoso, senza di scernere quello che fosse pi consenziente con la ragione e con le dottrine de' suoi tempi : egli, a dir corto, in tali congiunture non s 'occupava che della parte mate riale del suo ufficio. Ma eoo avere s alla lunga incolpato Plinio (e confessiamo die molli altri errori si sono lasdati stare per amore di brevit) non vorremmo che il nostro gi dirio fosse tacciato di troppo severo a petto degli stemperati elogii che furono sempre a quest* opera prolusi. Laonde perseguiteremo ora le nostre osservazioni dal lato opposito, aggiungendo anche noi quella parte di lode verace, che giusta mente d persuadiamo di doverle. L a geografia antica sarebbe per gran parte ita in dileguo, o non si potrebbe conoscere abbastanza, se Plinio non d avesse conser vato tanti nomi di nazioni, di sili, di fiumi. L'origine delle arti, il progresso, i capHavori ne sono diciferati con la massima esattezza: menzionati gli autori, e sparse in boondato qua e l nozioni sopra le arti medesime. Certo se i moderni si fossero dati assai pi allo studio di questo autore, avrebbero acquistate pi aipie notizie arca industria antica, che i posteri troppo stracciarono, e perd non imitarono nelle parti pi principali. Anzi chi volesse apprendere per intero le Romane cose, i profitti dell* ingegno, lo stato dell umanit, delle scienze, deU agricultura e del1 industria ; quali arti, quali costumanze prevalessero al tempo spedalmente deCe
uei, avrebbe in Plinio solo d che gli potrebbe somministrare una copiosa biblio teca. G li antichi, ignoranti delle mende che viziano questa storia della natura, e lontani dal credere che Plinio dietro a tanti valentuomini che lo precessero avesse potuto cadere in errore, si tennero indifferenti sopra tutto d che richiedeva on esame, dicendo delle sole bellezze che chiaro vi scorsero i pi smoderati elogii che mai. Nondimeno il titolo di dottissimo che davano a Plinio era una giusta re tribuzione dello splendore alla nazione aumentato, e de vantaggi di'ei procacdava al mondo con la mirabile potenza del suo ingegno. L e et di poi fecero un passo pi : si valsero ddlaulorit di Plinio come d'infallibile, e spesso v'aggiunsero peso con la dtazione ddle stesse parole^ ned a stupire che Solino, per la reverenza in coi lo area, prendesse a imitarlo s da presso, da esser detto da Arduino scimia di Plinio. Giova credere che anche il libro De rimedit\ il quale passa per di Pii-
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nio Valeriano sia lavoro del nostro autore, bench disposto con altro ordine da qualche persona nominato Valerio. Di fatto, n da esso, n altronde si rileva che vivesse mai aatore di tal nome ; n fa contro alla boona latinit che opera di Plinio altramente disposta pubblicata da codesto Valerio si titolasse Plinio
Valeriano.
Qaanto poi alla utilit di qaesta storia, giova desumerne la misura da ci che dice Plinio medesimo nel suo proemio : Io ho ridotto in trentasei libri venti mila cose degne d' esser sapute (da formar, come dice Domizio Pisone, pi pre sto tesori che non libri), tratte fuori da intorno a due mila volumi, de quali pochi son tocchi dagli studiosi per rispetto della materia non comune, e da cento autori esquisiti, con la giunta d assaissime cose, le quali i primi non seppero, inge gno ha trovate poi. Non basta : ei dibatt contro un* immensa difficolt : dar in novazione alle cose vecchie, autorit alle nuove, splendore alle dismesse, luce alle oscure, grazia alle sazievoli, fede alle dubbiose, la sua natura a tutte, e tutte a lli natura loro, son le pi forti malagevolezze che possano incontrare ad uno scrittore. Ma Plinio vi riusc felicemente. Egli fu il primo che trattasse la natura con tanta estensione : conobbe il travaglio che la sua materia gli domandava, ma non se ne spavent punto ; e come se avesse misurato con essa il suo ingegno, si ritrov di tal possa da vantaggiare le pi prepotenti esigenze. Veggasi a maggior lode intero brano del proemio, che precede il test citato. Senzach Plinio a1 contemporanei piacque assai pel suo genere di scrittura acre e severo, ma bello ad un tempo e adattissimo a metter sott' occhio le cose. L a sua et non contava pi que nobili amatori della dizione Ciceroniana, perch al candore e alla sincerit dell'innanzi era succeduta l'agonia dello stile turgido e parolaio. Allora s' avea gi buscato Seneca il vanto del primato nell' eloquenza, eziandio che egli dall' andar sulle tracce di Tullio fosse le millanta miglia lontano. Plinio n amatore spasimato delle eleganze di Seneca, n graufatto seguace di Tullio, scrisse d' un suo modo, e intanto come era da meno di codesto sire del foro, tanto era da pi del precettor di Nerone. Il suo linguaggio un felice mistio del grave e semplice che contrassegn et pi cospicua della favella del Lazio, col lepido e fattizio deprimi tempi della sua dacadenza: v ha molta novit, e ci che v entra di antico, bellamente foggiato che par d' allora allora. L a scrittura robusta e relativa, e, che non piccola arte, le parole acquistano dalle parole stesse luce e potenza. Solo si amerebbe che non istesse s alla dura di voler pi
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brevit che chiarezza, e non affettasse quelle laute elissi e reticenze scabrose e a prima giunta inaccessibili ; avvegnach il suo stile non tora soverchiamente oscuro a chi vi si avvezzo, se non dove autore medesimo aveva oscura la idea del suo soggetto. Laonde non possiamo perdonare al Domenichi quel s sovente travedere e quel pigliare alla peggio i sensi dell autore, non solo dov egli in tralciato o pei guasti del testo, o per la malagevole locuzione ; ma eziandio dove la frase non ardua n il senso domanda meditazione veruna. Imper, quantun que per difetto di buone versioni s preferita quella del Domenichi, non ne sof ferse l'animo di darla s rimpinzata di aberrazioni, com essa era. Racconciammo alla meglio i luoghi dove il traduttore appannava, e non ligii alla dizione di lui, che pure assai pedestre e stemperata, ci studiammo pi presto di raddurre a corri spondenza i due testi che s 'affrontano. Nondimeno de primi libri (tranne l elenco, che si volgarizzalo di nuovo) s tocco presso che nulla, perch la minor copia derrori ne invogli di lasciare alla versione la sua nativa integrizia. Finalmente Plinio delle umane cose e della vita medesima tenne quel conio che d ridevoli e indegne della sua estimazione. Sebbene ottenesse li cospicui onori, fosse bene dell amore de principi, e avesse (ama onorata anche sempre che visse; non che ne menasse trasoneria, la contemplazione della natura e insieme dei deliri dell umanit gli destava un non so che di scontento, di maninconia, e di riso ama ro, che lo stornavano con fastidio da tutto che vedea fuori di s. Quantunque della metafisica oon si conoscesse a fondo, per fuor di dubbio che aveva il mondo e Dio per una cosa stessa : pensamento che non fu di lui solo, ma d altri eziandio che asserirono il Panteismo, e che molto scrissero per accreditare le loro opinioni.
11 perch que suoi superbi parlari, spesso acri e corrucciosi, e talvolta sparsi di
maligna derisione, intanto che mettono a ludibrio l umanit fanno rea la provvi denza divina. Per non vuoisi passare in silenzio il suo altamente sentire della virt, per cui inveisce di spesso contro la spietatezza, la libidine e il depravamento de suoi tempi ; trasanda le verit pericolose a dire, piuttosto che velarle di simu lazione, abborre la piagenteria usa a falsare l onest delle coscienze, e pare che portenda come scommessa dai vizii che avversa avesse finalmente a dissolversi la Romana potenza.
C. PLENTI SECUNDI
HISTORIARUM MUNDI
LIBRI XXXVI
C . PLINII SECUNDI
H IS T O R IA R U M MUNDI
LIBRI XXXVI
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PROOEMIUM
C. Pune Smccn>vs T. V iir u u io soo s.
PREFAZIONE
C. Pumo Sxcoroo a T. V m ii u i o suo saluti.
JCitbros naturalis Historiae, novitium Camoeais Quiritium tooram opus, natam apad me proxima f e t a n , licentiore epistola narrare constitui tibi, ja e u d iiiia K Imperator : ah enim haec toi praefelio veiiisim , dum Maximi consenescit in patre : .Kamqoe to solebas Meas esse aliquid potare no(M , * t objicere moliar Catuliam conterraneum meem. Agnoscis et hoc castrense verbam. Ille e n w , i t icis, permutatis prioribus etabis, duriai c u Iu b se fecit, quoniam volebat aestimari ea a VeranioKssBbetFabollis^imul at hac mea peto lanlia-fiat, quod proxime non fieri questus es in alia procaci epistola nostra, ut in quaedam acta exeant, scianlqoe omnes quam ex acquo tecam vivat iraperiam. Triumphalis et censorias tu, aexMsque consci, ac tribuoitiae potestatis partiecpc, et, quod his nobilius fecisti, dum illud patri pariter et equestri ordini praestas, prae fectas praetorii ejos; omniaque haec reipubUcae : t nobis quidem qualis in castrensi contubernio. Kee quidquam in te mutavit fortunae amplitudo, nisi ot prodesse tantumdem posses, nt velles. Itaque quam ceteris in venerationem toi pateant mala illa, nobis ad colendum te familiarius audacia sola saperest Hanc igitur tibi imputabis, et in nostra culpa tibi ignosces. Perfricui faciem.
I o ho deliberato, o giocondissimo imperador (e questo sia il tuo verissimo titolo, mentre che quel di Grandissimo invecchia in tao padre), di voler narrarti con nna epistola, forse troppo licensiosa, i libri dell*Istoria naturale, opera nuova alle Mose de tuoi Romani, nata appresso di me in questo altimo parto. Perci che tu pur solevi credere, che le mie ciance fossero qualche cosa, acciocch io usi il verso di Catullo mio eompatrioto. Tu pur conosci anco questa parola soldatesca. Perch egli, come tu sai, mutando le prime sillabe, si fece alquanto pi duro, eh non avrebbe voluto esser teouto da'suoi Veranioli e Fabulli. E parte ancora per fare con que sta mia domestichezza quello, che poco fji avesti per male, che io non facessi in un altra mia licenziosa lettera, acciocchella esca in certi atti, e sappia tutto il mondo quanto meritamente imperio sia nelle tue mani. Tu hai trionfato, tn sei stato censore, e sei volte consolo, e parte cipedella podest tribunizia, e quello ch molto pi nobile, che tutte queste cose, mentre che ci facesti per.piacere a tuo padre, e all'ordine equestre, fosti prefetto del suo pretorio, e tutto ci in servizio della repubblica. E come ti sei tu portato con esso noi alla guerra? Ni per la gran-
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Nec tamen profeci : quoniam alia via occurris ingens, etlongius etiam submoves ingenii fascibus. Fulgurat in nullo umquam verius dicta t u elo quentiae, tribunitiae potestatis facundia. Quanto tn ore patris laudes tonas? quanto fratris amas ? quantus in potica es? O magna fecanditas animi ! quemadmodum fratrem quoque imitareris, exeo g tasti. Sed haec qnis possit intrepidus aestimare, apbilurus ingenii tui judicium, praesertim lacessitum? Neque enim similis est conditio publi cantium, et nominatim tibi dicantium. Tum possem dicere : Quid ista legis, Imperator ? Humili *volgo scripta sunt, agricolarum, opificum turbae, deniqne studiorum otiosis. Quid te judicem facis? quum hanc operam condicerem, non eras in hoc sdbo. Maj orem te sciebam, quam ut descensurum bue putarem. Praeterea estquaedam publica etiam eruditorum rejectio. Utitur illa et M Tullius, ex tra omnem ingenii aleam positus, et (quod rai re mar) per advocatum defenditur, u Haec doctissi mum Persium legere nolo, Laelium Decimum vo lo. Quod si hoc Lucilius,qui primus condidit styli nasum, dicendum sibi putavit, si Cicero mutuandnm, praesertim quum de Republica scriberet ; quanto nos causatius ab aliquo judice defen dimus? Sed haec ego mihi nunc patrocinia ademi nuncupatione : quoniam plurimum refert, sor tiatur aliquis fudicem, an eligat: multumque afpparatus interest apud invitatum hospitem, et obtutum. Quum apud Catonem illam ambitus bostem, et repulsis tamqusm honoribus ineptis gaodentem, flagrantibus comitiis pecunias depo nerent candidati, hoc se facere pro innocentia ( quod in rebus hun^anis summum esset ) profi tebantur. Inde illa nobilis M. Ciceronis suspiratio : O te felicem, M. Porci, a quo rem improbam petere nemo audet ! Quum tribunos appellaret ti. Scipio Asiaticus, inter quos erat Gracchus, hoc ad testabatur, vel inimico judici se probari posse. Adeo summum quisque causae judicem facit quemcumque,quum eligit : unde provocatio appellatur. Te quidem in excelsissimo humaui generis fastigio positum, summa eloquentia, lumina eruditione praeditum, religiose adiri tiam a salutantibus scio. t ideo subit cura, ut quae tibi dicantur, te digna sint. Vernm et diis lacte rustici multaeque gentes snpplicaut, et mola tantum salsa litant, qui non habent thura : neo oUi fuit vitio deos eolerc quoquo modo posset.
desif della tua fortuna ha mutato in te nulla, e non che tu possa giovare altrui quanto tu vuoi. Essendo dunque tutte queste cose aperte agli altri per onorarti, a me rimane l'audacia sola per pi fymigUarmente farli oaore. Questo mio ardir dunque a te medesimo imputerai, e le mie colpe a te stesso perdonerai. Io ho fatto fronte. Ni per m ' giovato nulla, poich per altra via tu mi vieni innanzi maggior che mai, e mi fai star discosto eoo la grandezza del tuo inge gno. In ninno altro folgora pi veramente quella, che in te si chiama forza d'eloquenza. In te la facondia della podest tribunizia. Con quanto ' spirito intuoni tu le lodi di tuo padre ? quanto ami tu quelle di tuo fratello ? quanto se'tu grande nella facolt poetica? O gran fecondit danimo! Tu t'hai immaginalo ancora, come tu possa imi tar tuo fratello. Ma chi colui, che sicuramente possa considerar queste cose per venir sotto il giudicio del tuo ingegno, massimamente provo cata ? Perciocch non simile la condizione di coloro, che pubblicano alcun libro, e di quegli, che nominatamente te lo dedicano, lo potrei dire allora,perch leggi tu queste cose, o imperadore? Elle sono stale scritte per Tornii volgo, de'contadini, djlrtefici, e finalmente per gli oziosi studii: perch ne vuoi tu esser giudice ? Quando 10 scriveva queat'opera, tu non erj in questo ruolo. Io sapeva bene, che tu eri maggiore, tanto eh' io non pensava, che tu avessi a scender si basso. Olir di ci sempre gli scrittori fuggono 11 giudicio de' dotti. questo fa M. Tullio, il quale bench sia di tanto valore, che non abbi* a temere il giudicio di niuno, nondimeno, quel ch' da maravigliarsi, si difende per Io avvocato, Queste mie cose non vo che sien Ielle dal dottissimo Perseo, ma si bene da Lelio Decimo. Che se Locilio, il quale fu il primo che trov il naso dello stile, pens di poter dir questo ; se Cicerone anch'egli lo volse accattare, massimamente quando e' scriveva della Repubblica, quanr to pi giustamente sar io difeso da qualche giudice? Ma io m'ho levalo ora da me stesso questi patrocinii col dedicarli il libro. Perciocch gran differenza c', che altri abbia a sorte un giudice, o che se lo elegga da s stesso, e altro apparato rioerca un forestiero invitato, e uno improvviso. Quando appresso a quel Catone ni mico delle pratiche, il quale godeva delle repulse come altri fa degli onori acquistati, coloro che domandavano i magistrali nella furia dello squiU linio deponevano i lor denari, usavano dire, che ci facevano per la innocenza, la quale nelle cose del mondo molto stimata; quindi ne venne quel nobil sospiro di M. Cicerone : Felice tu, M. Porzio, da coi niuno ardisce chiedere cosa mal-
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Meae qaidem temeritati accessit hoc quoque, quod levioris operae hos tibi dedicavi libellos. Naa nec ingenii sunt capaces, quod alioquin nobis perquam mediocre erat: nec admittant excessas aut orationes, sermonesve, aut casus mirabiles, vel eventus varios, non alia jucunda di do,aut legentibus blanda, sterili maleria. Rerum natura, hoc est, -vita narratur, et haec sordidis sima sui parte, ut plurimarum rerum aut rusticis vocabulis aut externis, immo barbaris, etiam cum honoris praefatione ponendis. Praeterea iter est, non trita auctoribus via, nec qua peregrinari animus exspectat. Nemo apud nos, qui idem tentaverit, nemo apud Graecos, qui unus omnia ea tractaverit. Magna pars studiorum amoenitates quaerimus. Quae vero traotata ab aliis dicuntur immensae subtilitatis, obscuris rerum tenebris premuntur. Jam omnia attingenda, quae Graeci r ii iyxuxXonratiii vocant, et tamen ignota, aut incerta ingeniis /acta. Alia T ero ita multis prudila, et in fastidium sint adducta. Res ardua, vetusti novitatem dare, novis auctoritatem, obsoletis nitorem,obscuris lucem, fastiditis gratiam, dubiis fidem, omnibus vero nataram, et naturae suae omnia. Itaque etiam non assecutis, voluisse, abunde pulchrum alqne magnificum esi. Equi dem ita sentio, peculiarem in studiis causam orum esse, qui difficultatibus victis, utilitatem juvandi praetulerunt gratiae placendi : idque jam et in aliis operibus ipse feci : et profiteor mirari me T. Liviam, auctorem celeberrimum, in histo riarum suarum, quas repetit ab origine Urbis, quodam volumine sic orsum : Salis jam sibi gloriae quaesitum : et potuisse se desinere, ni animus inquies pasceretur opere. Profecto enim populi gentium victoris, et Romani nominis glo riae, non suae composuisse illa decuit. Majus meri tum emet, operis amore, non animi causa perseve rasse; et boc populo Romano praestitisse, non sibi,
fatta. Quando L. Scipione Asiatico appellava a' triboni, fra i quali era Gracoo, diceva questo, *Vch'egli poteva aneo esser approvato da un giu dice suo nimico. In modo che ciascuno fa giudice supremo della sua causa, quel che ai elegge, onde si appella la provocazione. Gii so bene io, come coloro che salutano, con grandis simo onore T e n g o n o a riverirti, essendo tu posto nella maggior dignit del mondo, e dotalo di grande eloquenza, e di singolare eruditione. E perci fra gli altri miei pensieri il maggior , che le cose, che si dedicano, sieno degne del tuo nome. Ma nondimeno contadini e molle nazioni supplicano agli dei col latte, e coloro che non hanno incenso, sacrificano solamente con polti glia insalata. N fu mai riputato a vizio a veruno, onorare gli dei in quel modo ch'e' pu. E alla mia presunzione questo s' aggiunto ancora, ch'io t ho dedicato questi miei libri, opera d'assai poco momento. Perciocch n essi sono capaci d ' ingegno, il quale per altro in me assai mediocre, n hanno digressioni, o orazioni, o ragionamenti, o casi maravigliosi, o varii successi, n altre cose piacevoli e grate a coloro che leggono. Ma con iste|il materia si rac conta in essi la natura, cio la vita delle cose, questa nella vilissima sua parte, in modo che bisogna porre di pi cose o con vocaboli rustici, 0 stranieri, anzi pi tosto barbari, e anco con prefazione d'onore. Olir di ci io mi son messo per una via, la quale non calpesta dagli autori, e per la quale non s'ha molto diletto camminare. Appresso di noi non c' niuno, che ci abbia lentato, n anco appresso de' Greci c' veruno, che abbia trattato tulle queste cose. La maggior parte degli uomini cerca la piacevolezza degli studii. E queste cose di gran sottilit, le quali si trovano trattate dagli altri, sono oppresse da oscurissime tenebre. Gi tutte le cose sono da es ser tocche, le quali da'Greci sono chiamate iynvxkonreuimfy e nondimeno sono oscure, o fatte incerte dagl ingegni. Alcune altre sono fatte tanto palesi a molli, che per ci vengono a noia. Egli mollo difficile, dar novit alle cose vecchie, autorit alle nuove, splendore alle dismesse, luce alle oscure, grazia alle sazievoli, fede alle dub biose, la natura a tutte, e tutte alla sua natura. Bella cosa dunque e onorata ancora aver vo luto fare, bench altri non sia giunto al suo desiderio. E veramente io sono di questa opi nione, che coloro negli studii abbiano fallo assai, 1 quali avendo vinte le difficolt, hanno messa innanzi la utilit del giovare alla grazia del pia cere, e il medesimo ho gi fatto ancora io in altre opere,e confesso maravigliarmi assai cheT. Livio, autore celeberrimo, in un certo volume delle sue
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istorie, ch'egli comincia dall'origine di Roma, dicesse in questo modo : u Ch* egli aveva gi acquistato gloria abbastanza, e che avrebbe po tuto lasciar lo scrivere, se l'animo inquieto non si fosse pasciuto della fatica. Perciocch vera mente convenne, ch'egli avesse composte quelle cose per gloria del popolo Romano vincitor del mondo, non per gloria sua. Maggior merito sa rebbe stato il suo, ch'egli avesse continuato' d scrivere per amor dell'opera, non per soddisfare all'animo suo ; ch'egli avesse fatto ci per piacere al popolo Romano, non a s stesso. Viginti millia rerum dignaram cara ( quo Io ho ridotto in trentasei libri ventimila cose niam, at ait Domitius Piso, thesauros oportet degne d'esser sapute (perch, come dice Domizio esse, non libros ), ex lectione voluminum circiter Pisone, bisogna che sieno tesori, e non libri ), duam milliam, quorum patica admodam studiosi tratte fuori d'intorno a due mila volumi, de'quali attingunt,, propter secretum materiae, exquisitis pochi son tocchi dagli studiosi per rispetto del auctoribus-centum, inclosimos triginta sex volu secreto della materia, e di cento autori esquisiti, minibus, adjectis rebus plurimis, qaas aut igno con la giunta d'assaissime cose, le quali i primi raverant priores, aot postea invenerat vita. Nec non seppero, o la vita ha trovate poi. E non ho dubitamus, malta esse, quae et nos praeterierint. dubbio ancora di non aver saputo molte cose. Perciocch io sono uomo, e occupato negli ufficii, Homines enim somos et occupati officiis : subcisivisqae temporibus ista caramus, id est, noctur e studio queste cose Quando io posso, e quando nis, ne quis vestrum putet his cessatum horis. m'avanza tempo, cio di notte, acciocch voi non Dies vobis impendimus: cum somno valetudinem credeste, che io avessi mancato alle vostre ore. computamus : vel hoc solo praemio contenti, quod II giorno lo spendo in servizio vostro. Dormo dum ista (ut ait M. Varro) musinamurypluribus poi quanto basta a mantenermi sano, contento di horis vivimus. Profecto enim vita vigilia est. questo premio solo, che mentre, come dice Var rone, m'impiego intorno a queste cose, vivo pi ore. Perciocch la vita veramente una vigilia. Per le quali cagioni e difficolti non avendo Quibus de causis atque difficultatibus nihil auso promittere, hoc ipsum tu praestas quod ad io ardire di prometter nulla, tu mi dai animo te scribimus. Nec fiducia operis haec est, sed di scriverti. N i questo fidanza dell'opera, ma indicatura. Molta valde pretiosa ideo videntur, come darne il saggio. Molte cose sono stimate quia sunt templis dicata. Nos quidem omnes, preziose, perch'elle sono dedicate a'tempi. E ve patrem, te, fratremque diximus opere justo,, ramente noi tutti abbiamo scritto di te, di tuo temporum nostrorum historiam orsi a fine Aufidii padre e di tuo fratello in un'opera giusta, avendo Bassi. Obi sit ea quaeres ? jam pridem peracta scritto istoria de' nostri tempi dalla fine d'Aufi sancitur : et alioquin statutum erat heredi man dio Basso. Turni domanderai forse dov' questa dare, ne quid ambitioni dedisse vita judicaretur. istoria? Egli gii un pezzo,che finita, e riposa. Proinde occupantibus locum faveo ; ego vero et E gii m'era risoluto d'ordinare al mio erede, posteris, quos scio nobiscum decertaturos, sicut che la pubblicasse egli acciocch non si credesse ipsi fecimus cum prioribus. ch'io l'avessi voluta pubblicare io per ambiuone. Perci favorisco io coloro, che occupano il luogo, e quei che verranno dopo noi, i quali son certo che contenderanno con esso noi, siecou) noi abbiamo conteso co' primi. Tu avrai lo argomento di questo mio stoma Argumentum hujus stomachi mei habebis, quod in his voluminibus auctorum nomina prae co, eh' io ho messo i nomi degli autori in questi texui. Est enim benignum, ut arbitror, et plenum volam i. Perciocch egli cosa ragionevole e ingenui pudoris, fateri per quos profeceris, non, di gentil creanza confessare da chi tu hai impa ut plerique ex iis, quos attigi, fecerunt. Scito rato, non come hanno g ii fatto molti di coloro, enim conferentem auctores me deprehendisse a eh* io ho letti. E voglio che tu sappia, che con juratissimis et proximis veteres transcriptos ad ferendo io insieme gti autori, ho trovato alcuni verbum, neque nominatos : non ilia Virgiliana approvatissimi, e vicini, che hanno trascritto g li virtute, ut certarent; non Ciceroniana simpli- antichi parola per parola, senza avergli nominali,
PROOEMIUM
citate, qui io libri de R publica, u Pia toma ae comitem profitetur, in Consolatione filiae, .Crantorem, Inquit, aequor, item uPanaetiom t de Offieiia : quae volumina ejus ediscenda, non nodo io manibuf quotidie habenda, nosti. Obnoxii profecto animi, et infelicis ingenii est, deprehendi in furto malle, quam mutuum red dere, quum praesertim aors fiat ex usura.
Inscriptioni apud Graecos mira felicitas : Kvf/er inscripsere, quod volebant intelligi favum: alii K *AftaXSi/af, quod Copiae cornu, ut vel lactis gallinacei sperare possis in volumine hau stam. Jam *1, Mgrai, IJaP&jxreUy 'Eyfcf/f/cf/or, AufaV, /, inscriptiones, propter quas vadimonium deseri possit. At quum intra veris, dii deaeque, quam nihil in medio invenies ! Nosiri crassiores, Antiquitatum, Exemplorum, Arliomque. Facetissimi Lucubrationem poto, ut qui Bibaculus erat et vocabatur. Paullo minus sdserit Varro in Satyris suis Sesculyssem, et Fiatatala. Apud Graecos desiit nugari Diodorus, et BjSXjoAixjk historiam suam inscripsit. Apion quidem grammaticus, hio quem Tiberius Caesar cymbalum mundi vocabat, qoum publicae famae tympanum potius videri posset, immortalitate donari a se acripeit, ad quos aliqua componebat. Me non poenitet nullum festiviorem excogitasse titolom. Et ne in totum videar Graecos insectari, ex illis oos velim intelligi pingendi fingendique conditoribus, quos in libellis his invenies, abso luta opera, et ilb quoque quae mirando non satiamur, pendenti titulo inscripsisse : ut, A fille * rACuaiT, aut P o ly c u tc s : tamquam inchoata semper arte et imperfecta, ut contra judiciorum varietates supereaset artifici regressus ad veniam, veiut emendaturo quidquid desideraretur, d non csaek interceptu. Quare plenum verecundiae iJJod est, qaod omnia opera tamquam novissima inscripsere, et tamquam singulis fato adempti. Tria ooa amplius, ut opinor, absolote traduntur inscripta, J u s fxcit, quae suis locis reddam : quo apparuit, summam artis securitatem auctori placuisse ; ek ob id magna invidia fuere omnia ea.
non con Ia virt di Virgilio per contrastare, non con la semplicit di Cicerone, il quale ne1 libri della repubblica ai chiama u compagno di Pla tone, e nella consolazione della figliuola dice, W io seguo Crantore, e Paoezio negli Officii. I quai suoi libri degni d'essere imparati, non pure desser di continuo tenuti in mano, tu gli hai ben veduti. Ed veramente cosa danimo servile e d* ingegno infelice voler pi tosto esser colto in furto, che rendere quello che gli stato prestato, massimamente facendosi il capitale eoa l'usura. Sono stati i Greci molto felici in fare i titoli loro: Kvf/tr intitolarono quello che volevano che a' intendesse per Salone. Alcuni altri hanno intitolato il libro Corno di dovizia, ovvero d Amaltea, acciocch tu possa sperare di trovare in tal libro fin del latte di gallina. Sonai trovati titoli 4 i questa sorte la , Muse, Pandette, Enchi ridionf Limotty Pinact, Schedion, per li quali libri ti farebbono lasciare il tuo mallevadore per leggerli. Ma quando ti metti poi a leggere, tu non vi truovi dentro nulla. I nostri sono molto pi grossi ne' titoli, nsando dire, delle Antichit, degli Esempli, e dcllArti. Valerio, il quale era e chiamavasi attedino Anziate, fu il primo, che intitol le sue fatiche Lucubrationi, e Varrone nelle sue satire Sesculisse e Flextabula. Appresso i Greci il primo, che lasci di cianciare, fu Dio doro, e intitol la sua istoria Biblioteca. E Apio ne grammatico, quello che Tiberio Cesare usava di chiamare cembalo del mondo, dove pi tosto pareva che fosse un tamburo della pubblica fama, si vant di donare la immortalit a coloro, ai quali egli intitolava alcuna cosa. Ma io non mi pento gi di non avermi saputo immaginare titolo alcuno pi piacevole. E acciocch non paia ch'io voglia perseguitare affatto i Greci, io voglio che tu sappia come quei componitori del dipingere e del formare, i quali tu troverai in questi libri, non fecero opere finite, ma quelle che ancora non ci saziamo di vedere intitolarono con titolo pendente, perciocch essi usavano dire, Apblls, a P o l ic l it o vacava, quasi che ci fosse sempre artificio incominciato e imperfetto, acciocch l'artefice potesse trovare perdono contra le va riet de' giudicii, s come quel ch'era per emen dare quel che vi mancava, se non fosse stato interrotto. Onde coja piena di modestia, il vedere, come essi intitolarono tutte l'opere loro come se ciascuna fosse stata l'ultima, e come se per morte non l'avessero potuta finire. Tre opere e non pi solamente, corte io stimo, fece colui, le quali s'intitolano come fornite, come io dir al suo luogo, onde si vide, che l'autore vi si com piacque molto, e mostr gran sicurezza darte,
P R ; 1 U
Ego plane meis adjici posse nulla confiteor ; nec his solis, sed et omnibus quae edidi : nt ob id caveam istos Homeromastigas. Ita enim verius dixerim, quoniam audio et Stoicos, et Dialecticos, Epicureos quoque ( nam de grammaticis semper exspectavi ) parturire adversus libellos, quos de Grammatica edidi, et subinde abortus facer jam decem aonis, quum celerius etiam elephanti pariant. Ceu vero nesciam, adversus Theophra stum hominem in eloquentia tantum, ut nomen divinam inde invenerit, scripsisse etiam feminam, cl proverbium inde natum, u suspendio arborem eligendi. Non queo mihi temperare, quominus ad hoc pertinentia ipsa censorii Calonis verba ponam : ut inde appareat, etiam Catoni de Mili tari disciplina commentanti, qui sub Africano, mmo vero et sub Hannibale didicisset mutare, et ne Africanum qnidem ferre potuisset, qui im perator triumphum reportasset, paratos fuisse islos, qui obtrectatione alienae scientiae famam sibi aucupantur. Quid enim ait in eo volumine ? u Scio ego qu ae seri pia sunt, si palam proferantur, multos fore qui vitilitigent : sed ii potissimum, qui verae laudis expertes sunt. Eorum ego ora tiones sino praeterfluere. Nec Plancus illepide, quum diceretur Asinius Pollio orationes in eum parare, quae ab ipso aut liberis post mortem Planci ederentur, ne respondere posset : Cum mortuis non nisi larvas luctari. Qao dicto sie repercussit i Has, nt aped eruditos nihil impu dentius jndicetur. Ergo secari etiam contra vit litigatores, quos Calo eleganter ex vitiis et litiga toribus composuit ( quid enim illi aliud quam litigant aut litem quaerunt? ) exsequemnr reliqua propositi. Quia occupationibus tuis publico bono parcendum erat, quid singuliscontineretur libris huic epistolae subjunxi : sunmaque cura, ne legendos eos haberes, operam dedi. Tn per hoe et aliis praestabis ne perlegant : sed ut quisque desideraverit aliquid, id tantum quaerat, et sciat quo loco inveniat. Hoc ante me fecit in literis nostris Valerius Soranus, iu libris quos E v r ii* * inscripsit. Vale.
e perci quelle opere gli acquistarono grande invidia. lo veramente confesso, che alle mie si possono aggiugnere di molte cose, n i solamente queste, ma a tutte quelle, eh4io ho composto, acciocch iu mi guardi da questi biasimatori dogni cosa. Perch cos dir meglio il vero, perciocch io odo dire, che e gli Stoici, e i Dialettici, e gli Epi curei (che de'grammatici io me l'h o sempre aspettato), stanno per partorire alcuna cosa con tra i libri, eh' io ho composto di grammatica, e tuttavia fare sconciature gi dieci anni, come che gli elefanti aneora partoriscano pi tosto. Quasi ehe io non sapessi aneora come fino a una donna scrisse conira Teofrssto, uomo di tanta eloquen za, che perci s'acquist nome di divino, onde ne nacque il proverbio, u di eleggersi un albero per appiccarsi. Io non mi posso tenere, eh' io non ponga qui le parole di Catone Censorino accomodale a questo proposito, acciocch si veg ga, come Catone ancora, il quale trattava della disciplina militare, che aveva imparalo a militare sotto Africano, anzi pur sotto Annibaie, e non poteva pur sopportare Africano, il quale capilan generale avea trionfalo, trov anchegti di colo ro, che cercano d'acquistarsi fama col biasimar l'altrui scieoza. Or che dice egli in quel libro ? a Gi io so bene, che se quelle cose, eh* io ho scritte, si metteranno fuori, che vi saranno molti, i quali le biasimeranno, e massimamente quegli, che non conoscono la vera lode. Lascer dunque scorrere*! ragionamenti loro. w E Planco aucora egli argutamente rispose, perch'essendogli detto, che Asinio Pollione gli componeva contra alcune orazioni, le quali da lui, o da figliuoli sarebhono stale pubblicate dopo la morte di Planco, acciocch'e'non potesse rispondere, disse, u che coi morti non combattevano se non le beffane. Col qual motto le ribatt in modo, che appresso agli uomini dotti non cosa tenuta pi vitupe rosa di quelle orazioni. Sendo io donque securo ancora contra i vitiligatori, i quali Catone ele gantemente compose da'vizi) e litigatori, per ciocch, che fanno essi altro, se non litigare, o cercar lite f seguir il mio proposito. E perch io ho conosciuto le tue occupazioni intorno al ben pubblico, io ho messo sotto questa epistola ci che si contiene libro per libro : e hovvi posto gran cura, acciocch ta noe gli abbia a legger tutti. Tu per questo sarai cagione ancora, che gli altri non gli avranno a legger tutti, ma se condo, che ciascuno desiderer alcuna cosa, cer cher quella sol, e sapr dove trovarla. Questo medesimo fece prima di me nelle lettere Valerio Sorauo in quei libri, ch'egli intitol Epoptidon. Si sano.
C. PLINII SECUNDI
HISTORIARUM MUNDI
ELENCHOS, QUI ET LIBER PRIMUS
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LIBRO
Corniranm db M ondo i t E luim tis.
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LIBRO n
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M ohdo
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E lbm bcti.
i. 9 il mondo finito e uno. . Delia forma sua. 3. Del moto di esso, e perch chiamisi mondo. 4. Degli elementi, e de* pianeti. 5. Di Dio. . Della natura delle stelle erranti. 7. Dell'eclisse del sole e della luna. 8. Della grandezza delle stelle. 9. Di quelle cose che alcuno ha trovate nella osservazione del cielo. 10. Del periodo degli eclissi solari e lanari. 11. Del moto della luna. a. Del moto de* pianeli, e de'caooni de' lami. 13. Perch le medesime stelle paiano ora pi alte, ora pi basse. 14. Perch le medesime abbiano movimenti diversi. 15 . Di alcune leggi costanti de' pianeti. 16. Che cosa muti i colori de' pianeti. 17. Del molo del sole, e perch i giorni non sono eguali. 18. Perch i folgori sono attribuiti a Giove, ig. Degl' iolervalli delle stelle. ao. Della musica delle stelle, ai. Della geometria del mondo, u. Delle stelle repentine, o comete. a3. Della natara, site, e specie loro.
*9
C. PUNII SECUNDI
ao
XXIV. Hipparchea, de sideribus. XXV. De coelestibus prodigiis, per exempla hi storica. Faces, lampades, bolides. XXVI. Trabes coelestes, chasma coeli. XXVII. De coeli coloribos, et flamma coelesti. XXVIII. De coronis coelestibus. XXIX. De circnlis repentinis. X XX . Solis defectas longiores. XXXI. Plores soles. XXXII. Piares lunae. XXXIII. Dierum lox noctibus. XXXIV. Clypei ardentes. XXXV. Ostentum coeli semel notatum. XXXVI. De discursa stellarum. XXXVII. De stellis quae Castores vocantur. XXXVIU. De aSre; et qaare lapidibns pluat. XXXIX. De statis tempestatibus. XL. De Caniculae orta. XLI. Vis temporum anni stata. X L 1I. De incertis tempestatibus. XLUI. De tonitribus et fulgetris. X L 1V. Ventorum origo. XLV. Ventorum observationes diversae. XLVI. Ventorum genera. X LV 1I. (* Ventorum tempora *) XLV1II. Naturae ventorum. XLIX. Ecnephias et Typhon. L. Turbines, presteres, vorlices et alia prodigiosa genera tempestatum. LI. De fulminibus : quibas ia terris non cadant, et quare. L 1I. Genera fulgurum, et miracola. LUI. Etrusca observatio in his, et Romana. LIV. De fulminibus evocandis. LV. Catholica folgoram. I/VI. Qaae num^uam feriantor. LV1I. Lacte pluisse, sanguine, carne, ferro, lana, lateribus coctis. LVIII. Armorum crepitum, et tubae sonitam de coelo oditam. LIX. De lapidibus coelo cadeotibos. Anaxagorea de his. LX. Arcus coelestis. LXI. Natara grandiois, nivis, pruinae, nebolae, ' roris : nubium imagines. LX 1I. Proprietates coeli in locis. LX1U. Natara terrae. LXIV. De forma ejas. LXV. An sint antipodes. LXVI. Quomodo aqua terrae inoexa. De oavigatiooe maris et flumioom. L X V il. An circomdatos terrae Oceanos. LXVI1I. Qaae portio terrae habitetor. LX1X. Mediam esse muhdi terram. LXX. De obliqoitate Zonarum. LXX1. De inaeqoalitate elimatam.
a4 - Delle opinioni d 'Ipparco intorno alle stelle. a5. De* prodigii celesti, per esempii storici : facelline, lampade, bolidi. a6. Travi celesti : casma, o aprirsi del cielo. 27. De'colori e fiamme del cielo. 38. Delle corone celesti. 39. De1 circoli repentini. 30. Di alconi oscuramenti del sole pi lunghi. 3 1. Pi soli. 33. Pi lune. 33. Loce di d nella notte. 34. Scudi ardenti. 35. Portento del cielo notato uoa sola volta. 36. Discorsi di stelle. 37. Delle stelle dette i Castori. 38. Dellaria, e peroh piovano sassi. 39. De1 temporali ordinarii. 40. Del nascimento della Canicola. 4 1. Influenze ordinarie deVarii tempi dell'anno. 4a. De* temporali straordioarii. 43. De* tuoni, e de lampi. 44* Origine de* venti. 45. Osservazioni diverse fatte sai venti. 46. Delle maniere de* venti. 47. De* venti periodici. 48. Varia natura de* venti. 49. Uragani e tifoni. 50. Turbini, presteri, vortici ed altre prodigiose maniere di tempeste. 5 1. Delle saette : in quali terre noo caggiono, e perch. 5a. Delle sorti e miracoli de* folgori. 53. Osservazioni sui folgori,Etnische e Romane 54. Evocazioni delle saette. 55. Cose universali de' folgori. 56. Cbe cose non sieno tocche dalla saetta. 57. Piogge prodigiose di latte, sangue, carue, ferro, lana, mattoni cotti. 58. Suono d'afrni e di trombe odilo in aria. 59. Pietre cadute di cielo : ci che narrasi di Anassagora intorno a questo. 60. Dellarco celeste. 61. Della gragouola, oeve, brinata, nebbia, ragiada ; delle imagini delle nugole. . Delle propriet dell'aria secondo i luoghi. 63. Della natara della terra. 64. Della forma della terra. 65 . Se vi siano Aotipodi. . Come lacqaa con giunta alla terra ; della a^ iguion e del mare e de* fiumi. 67. Se l*Oceano abbracci la terra. 68. Qual parte della terra abitata. 69. Come la terra in mezzo del mondo. 70. DeUobliquit delle zone. 71. Della inequalil de* climi.
ai
HISTORIARUM MUNDI LIB. 1. 72. Dove non paiano gli eclissi, e perch. 73. Disparit del giorno ne* varii luoghi. 74. Degli squadranti, allo stesso proposito. 75. Dove e quando non ombra ; 76. Dove due volte l'anno ombra, c dov'essa volgesi alla parte opposta. 77. Dove il giorno lunghissimo, e dove bre vissimo. 78. Del primo oriuolo. 79. Come s'osservino i giorni. 80. Differenze di genti secondo i climi. 81. De terremoti. 82. Dell'apritura della terra. 83. Presagii de* terremoti. 84. Aiuti con tra a* terremoti. 85 . Portenti della terra vedati uaa volta. 86. Miracoli di terremoti. 87. Da che luoghi i mari si sieno discostati. 88. Ragione delle isole nascenti. 89. Quali isole ed in che tempo son nate. 90. Quali terre i mari hanno trapassato. 91. Di quelle isole, che si son con giunte con terra ferma. 92. Di quelle terre,che in tatto sono ite in mare. 93. Delle terre che si sono inghiottite. 94. Delle cilt, che sono state inghiottite dal mare. 95. Delle esalazioni della terra in alcuni luoghi. 96. Terre che sempre tremano, ed isole ondeg gianti. 97. Luoghi dove non piove. 98. Miracoli yarii di alcune terre. 99. Con qual regola succedano i Bassi e refiussi del mare. 100. In quali luoghi il mare cresca e soemi fuor di regola. 101. Miracoli del mare. 102. Della possanza della lana in terra e in mare. 103. Della possanza del sole. 104. Perch il mare sia salso. 105 . Dove il mare altissimo. 106. De* miracoli de* fonti e de* fiumi. 107. Miracoli del fuoco e dellacqua congianti. 108. Della malta. 109. Della nafta. 110. De* luoghi che sempre ardono. 111. Miracoli del fuoco di per s. u . Misura di tutta la terra. 11 3. Ragione armonica del mondo.
S omma
LXXII. Ubi eclipses non appareant, et quare. LXXlll. Q aae ralio diurnae locis in terris. LXX1V. Gnomonica de eadem re. LXXV. Ubi, et qaando nullae nmbrae. LXXVI. Ubi bis anno : abi in contrarium umbrae ferantur. LXXYII. Ubi longissimi dies, ubi brevissimi. LXXVIII. De primo horologio. LXX1X. Quomodo observentur dies. LXXX. Differentia gentium ad rationem mundi. LXXXI. De terrae molibus. LXXX11. De terrae hiatibus. LXXX1II. Signa motas faturi. LXXX1V. Auxilia contra motus futuros. LXXXY. Portenta terrarum semel tradita. LXXXVI. Miracula terrae motus. LXXXVIi. Quibas locis maria recesserint. LXXXV11I. Insularum enascentium ratio. LXXX1X. Qaae et qnibus temporibus enatae sint. XC. Qaas terras interruperint maria. XCI. Quae insnlae continenti adjunctae sint. XC1I. Qaae terrae in totam mari permutatae. XCI1I. Quae terrae ipsae se sorbuerint. XC1V. Urbes haustae mari. XCV. De spiraculis terrarum. XGV1. De terris semper trementibus: et de fluc tuantibus insulis. XCV 11. Quibus locis non impluat. XCVUI. Acervata terrarum miracula. XC1X. Qua ratione aestus maris accedant et re cedant. C Ubi aestus extra rationem idem faciant. Cl. Miracula maris. CII. Qaae potentia lunae ad terrena, et maria ; CHI. Quae solis. C 1V. Quare salsam mare. CV. U bi allissimum mare. CVI. Mirabilia fontium et flominom. CV 11. Igniam et aquarum juacta miracola. CVIII. De maltha. C1X. De naphtha. CX. Quae loca semper ardeant. CX 1. Igniam per se miracula. CX U . Terrae universae mensura. CX 1II. Harmonica mundi ralio. Smns a : Res, et historiae, et observationes ccccxvii. EX AUCTORIBUS M . Varrone. Solpicio Gallo. Tit$ Caesare imperatore. Q. Tuberone. Tallio Tirone.
Marco Varrone. Sulpicio Gallo. Tito Cesare imperadore. Quinto Tuberone. Tal-
23
C. PLINII SECUNDI
>4
L. Pilone. T. Livio. Gorn. Nepote. Sutio Seboso. Caelio Antipatro. Fabiano. An tiate. Modano. Caecina, qui de Etrusca disciplina scripsit. Tarquitio, qui item. Julio Aquila, qui deEtrnsca disciplina scripsit. Sergio Paolo.
lio Tirone. Lacio Pisone. Tito Livio. Cornelio Nipote. Statio Seboso. Celio An tipatro. Fabiano. Anxiate. Mutano. Cecina, che scrisse della disciplina Etrosca. Tarquitio, che scrisse similmente. Giulio Aquila, scrittore anchesso della disciplina Etru sca. Sergio Paolo. STRANIERI Platone. Ipparco. Timeo. Sosi gene. Petosiri. Necepso. Pitagorici. Posi donio. Anassimandro. Epigene gnomonico. Euclide. Cerano filosofo. Eudosso. Democrito. Critodemo. Trasillo. Sera pione. Dicearco. Archimede. Onesicrito. Eratostene. Pitea. Erodoto. Aristo tele. Ctesia. Artemidoro d*Efeso. Isidoro Caraceno. Teepompo.
EXTERNIS Platone. Hipparcho. Timaeo. Sosigene. Petosiri. Necepso. Pythagoricis. Po sidonio. Anaximandro. E pi gene gnomonico. Euclide. Coerano philosopho. Eudoxo. Democrito. Critodemo. Thrasyllo. Sera pione. Dicaearcho. Archimede. Onesi crito. Eratosthene. Pythea. Herodoto. Aristotele. Ctesia. Artemidoro Ephesio. Isidoro Characeno. Theopompo. ---- ----
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LIBRO m
CoiTntxrrcm sitos, gbrtbs, maim , opw m , portcs, ORTIS, PLUM 1 M I U, BBSOBAB, POPOLI Q I SOBT, O aut fobbust. I. (* E obopab in oniversom fines ac sinos prae mittantur : II. Tom Hispaoiae totios *) : III . Baeticae. IV. Hispaniae citerioris: V. Narbonensis provinciae : VI. Italiae. VII. I Nona Italiae regio : VIII. Septima Italiae regio : IX. Prima Italiae regio *), Tiberis, Roma. X. (* Tertia Italiae regio *) : XI. Inanlarom lxiv. In his, Balearium : XII. Corsicae : XIII. Sardioiae : XIV. Siciliae. XV. (* Magna Graecia *) a Locris. XVI. (* Secanda Italiae regio. XVII. Quarta Italiae regio. XV III. Quinta Italiae regio. XIX. Sexta Italiae regio. XX. Octava Italiae regio *) : de Pado. XXI. (* Undecima Italiae regio *) : It alti trans Padom : XXII. (* Decima Italiae regio *) XXIII. Istriae sitos et populi : XXIV. Alpiom, et gentiom Alpinarom :
LIBRO
T ratta db siti , , mabi, citt, forti, M OtITl, FIUM M SO E POPOLI CH SO O IR I, 1 RB E N BSSBBB, gi sono stati. 1. Premettonsi in generale i confini e i seni < Europa. T 2. P oi delP intera Spagna. 3 . Della Betica. 4 Della Spagna Citeriore. 5 . Della Provenza. 6. Dell* Italia. 7. Nona regione <f Italia. 8. Settima regione d Italia. 9. Prima regione cT Italia, il Tevere, Roma. 10. Terza regione cT Italia. 11. Delle sessautaquattro isole, e fra queste delle Baleari. 12. Della Corsica. 13. Della Sardegna. 14. Della Sicilia. 15 . La Magna Grecia, da Locri. 16. Seconda regine d 'Italia. 17. Quarta regione d*Italia. 18. Quinta regione d Italia. 19. Sesta regione d* Italia. 30. Ottava regione < Italia. Del fiume Po. T 21. Dell'Italia oltre il Po, regione undecima. 22. Della regione decima <f Italia.
*5
XXV. Liburniae, et Illyrici : XXVI. Dalmatiae. XXVII. Noricorum : XXVII I. Pannoniae : XXIX. Moesiae : XXX. Insolaram Jooii et Adriatici maris. S n u : Oppida et gentes..... Flumina clara.... Montes dari.... Insalae.... Qaae intercidere oppida aot gentes. Res, et historiae, et observationes cccxxvi. E X AUCTORIBUS Toranoio Gracile. *r Corn. Nepote. T. Livio. Catone censorio. M. Agrippa. M. Varrone. Diro Aogosto. Varrone Atacino. Antiate. Hygino. L. Vetere. Mela Pomponio. -Curione patre. Coelio. Arraotio. Seboso. Licinio Muciano. Fabricio Tosco. L. Atteio Capitone, - r Verrio Flacco. L. Pisooe. GeUiaoo. Valeriano.
EXTERNIS Artemidoro. Alexandro Polyhistore. Thacydide. Theophrasto. Isidoro. Theo pompo. Metrodoro Scepsio. Callicrale. Xenophonte Lampsaceno. Diodoro Syracnsaoo. Nymphodoro. Calliphane. Timagene.
LIBRO IV
Ce n u t i m sitos , gbbtbs, maz ia , offid a , v o i TBS MOOTBS, FLOMIBA, MIMOSA, POPOLI QUI
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LIBRO IV
d b ' s it i , o a z io h i , m a b i, c it t , p o b t i,
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p o u o rr.
J. Epiri. & II (* Acarnaniae. III. Aetoliae. IV. Locridis, et Phoddis. V. Peloponnesi *) VI. Achajae. VII. (* Messeniae. VIIL Laconiae. IX. Argolidis. X. Arcadiae*) 11. Atticae. X1 l* Boeotiae. L
1. Dell Epiro.
5. D el Peloponneso.
6. Dell* Acaia. 7. Della Messenia. 8. Delia Laconia. 9. Dell1 Argolide. 10. DelF Arcadia. 11. Dell1 Attica,
is . Della Beozia.
*7
C. PLINII SECONDI
1 3. Delia Doride. 14. Delia Ftiotide. 1 5. Della Tessaglia. 16. Della Magnesia. 17. Della Macedonia. 18. Della Trada, e del mare Egeo. 19. Delle Isole di faccia a quelle terre ; fra le qnali, ao. Di Creta, ai. Di Eubea. . Delie Cicladi. a 3. Delie Sporadi. 24. Dell' Ellesponto, e della Meolide. a 5. Dacia e Sarmatia. . Scizia. a7. Isole del Ponto, e delF Oceano settentrio nale. a8. Germania. 39. Delle Isole nel mar di Gallia, in tutte 96 : e fra queste, 30. Della Bretagna. 3 1. Della Belgica. . Della Gallia Lionese. 33. Dell' Aquitania. 34. Della Spagna Citeriore, dal mar di Gallia. 35. Della Lusitania. . Delle Isole nell* Atlantico. 37. Della misura di tutta Europa.
S omma
XIII. Doridis. XIV. Phthiotidis *) XV. Thessaliae. XVI. Magnesiae ! XVII. Macedoniae : XVIII. Thraciae : (* Aegaei maris *) : XIX. Insularum ante eas terras : inter quas XX. Cretae. XXI. Enboeae. XXII. Cycladum. XX II I. Sporadum. XXIV. Hellesponti, Maeotidis. XXV. Daciae, Sarmatiae. XXVI. Scythiae. XXVII. Insularum Ponti: (* Insularum Oceani Septentrionalis XXV III. Germaniae. XXIX. Insularum in Gallico Oceano xcvi : quas inter XXX. Britanniae. XXXI. Belgicae Galliae: XXXII. Lugdunensis Galliae : XXX III. Aquitanicae Galliae : XXXIV. Citerioris Hispaniae, ab Oceano Gallico. XXXV. Lusitaniae. XXXVI. Insularum in mari Atlantico. XXXVII. Universae Europae mensura. S omma : Oppida, et gentes.... Flumina clara.... Montium dari.... Insulae.... Quae intercidere oppida, aut gentes.... Res, historiae et observationes.... EX AUCTORIBUS Varrone (M.). Catone (* M. Porcio *) cen sorio. M. Agrippa. Divo Augusto. Var rone Atacino. Corn. Nepote. Hygino. L. Ve tere. Pomponio Mela. Licinio Muciano. Fabricio Tusco. Attejo Capitone. Attejo Philologo. EXTERNIS Polybio. Hecataeo. Hellanico. Dama ste. Eudoxo. Dicaearcho. Timosthene. Eratostbene. * Ephoro. Cratete gramma tico. Serapione Antiochense. Callimacho. Artemidoro. Apollodoro. Agathode. Eamaeho. Timaeo Siculo. Myrsilo. Ale xandro Polyhistore. Thucydide. Dosiade. Anaximandro. Philistide Mallote. Dionysio.
; Citt e genti .... Fiumi illustri.... Monti famosi .... Isole .... Citt e genti che sono mancate ....
Fatti, storie ed osservazioni .... AUTORI Marco Varrone. Marco Porzio Catone Censorino. Marco Agrippa. Augusto imperadore. Varrone Atacino. Cornelio Nipote. Igino. Lucio Vetere. Pomponio Mela. Licinio Muziano. Fabrizio Tosco. Atteio Capitone. Atteio Filologo. STRANIERI Polibio. Ecateo. Ellenico. Damaste. Eudosso. Dicearco. Timostene. Eratostene. Eforo. Cratete grammatico. Serapione d 'Antiochia. Callimaco. Artemido ro. Apollodoro. Agatocle. Eumaco. Timeo Siciliano. Mirsilo. Alessandro Poliistore. Tucidide. Dosiade. Anassi mandro. Filistide di Mallo. Dionisio.
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3o
Aristide. Callidemo. Menaechmo. Aglosthene. Antidide. Heraclide. Phile mone. Xenophonte. Pythea. Isidoro. Philonide. Xenagora. Astynomo. Staphjlo. Aristocrito. Metrodoro. Gleobulo. Posidonio.
Arisi ide. Callidemo. Menecmo. A gio itene. Antidide. Eraclide. Filemone. Senofonte. Pitea. Isidoro. Filonide. Senagora. Astioomo. Statilo. Aristo crito. Metrodoro. Cleobulo. Posidonio.
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LIBRO V
C o n t i n e n t u r s i t o s , g b n t e s , M ARIA, o p p i d a , p o r
tu s,
LIBRO V
T ra tta d e 1s i t i , r a z io n i, m a r i, c itt , p o e ti, MONTI, FIUM I, MISURE E POPOLI CHE SONO O GI SONO S T A T I.
SUNT A O T F O U D B T .
I. Maaritaniaram. U. Nomidiae. 11 . Africae. 1 IV Syrliam. V. Cyrenaicae. Tl. ( Libyae Mareotidis *). VII. Insularam arca Africam. Vili. Aversorum Africae. IX. Aegypti et Thebaidis. X. Nili. XI. (* Urbiam in Aegypto *). XII. Arabiae, qaae est ad mare Aegyptiam. XIII. Syriae. XIV. Idumaeae, Palaestinae, Samariae. XV. Jodaeae. XVI. (* Decapoleos *). XF1L Phoenices. X?II1. Syriae Antiochiae. XIX. (* Reliquae Syriae ad Euphratem *). XX. Eophratis. XXI. (* Syriae ad Euphratem *). XXII. Ciliciae, et adjunctae gentes. XXIII. Isauricae, et Homonadam. XXIV. Pisidiae. XXV. Lycaoniae. XXVI. Pamphyliae. XXVII. Tauri montis. XXFIII Lydae. XXIX Cariae. XXX. < Lydiae*). * XXXI. Joniae. XXXU. Aeolidis. XXXIII. Troadis, et adjanetae gentes. XXXIV. Insolaram ante Asiam ccxu : in bis XXXV. Cypri. XXXVI. Rhodi. XXXVU. Sami. XXXVIII. Chii.
i. Delle Maaritanie. . Della Numidia. 3. Dell1Africa. 4 - Delle Sirti. 5. Della Cirenaica. . Della Libia Mareotide. 7. Delle Isole intorno alPAfrica. 8. Dell* Africa ulteriore. 9. Dell1Egitto e della Tebaide. 10. Del Nilo. 11. Delle citt che son nelP Egitto. ia. Dell1Arabia sul mar d Egitto. i 3. Della Siria. i 4 - Dell1 Idomea, Palestina e Samaria. 1 5 . Della Giudea. 16. Della Decapoli. 17. Della Fenicia. 18. Della Siria Antiochena. 19. D el rimanente della Siria. ao. Dell' Eufrate. ai. Della Siria su lt Eufrate. aa. Della Cilida, e de1popoli che vi sono ap presso. a3. Dell1Isauria e degli Omonadi. a4 Della Pisidia. a5. Della Licaonia. 36. Della Panfilia. 37. Del monte Tauro. a8. Della Licia. ag. Della Caria. 30. Della Lidia. 3 1. Della Ionia. . Dell Eolide. 33. Della Troade e de1popoli annessi. 34. Delle novantadue isole innanzi allAsia : fra le quali, 35. Di Cipro. . Di Rodi. 37. Di Samo. 38. Di Chio.
3.
XXXIX. Lesbi. XL. Hellespontus, el Mysia. XL 1. Phrygia. XL1I. Galatia, et adjanetae gentes. XLUI. Bithynia. XL 1V. Insulae in Propontide *).
S om m a
: Oppida et gentes... Flamina clara... Montium clari... Insulae, cxvit. Qoae intercidere oppida aut gentes... Res, historiae, et observationes... EX AUCTORIBUS
Fiumi illustri .... Monti famosi.... Isole 117. Citt o popoli che son mancali.... Fatti, storie ed osservazioni.... AUTORI Agrippa. Svetonio Paulino. Marco Var rone. Varrone Atacino. Cornelio Nipote. Igino. Lucio Vetere. Mela. Domizio Corbulone. Licinio Muziano. Gaudio Ce sare. Arronzio. Livio figliuolo. Seboso. Gli atti de Trionfi. STRANIERI
Agrippi. Suetonio Paulino. M. Varro ne. Varrone Atacino. Corn. Nepote. Hy gino. L. Vetere. Mela. Domitio Corbu lone. Licinio Mociano, CI. Caesare, Arrun tio. Livio filio. Seboso. Actis trium phorum. EXTERNIS Juba rege. Hecataeo. Hellanico. Da maste. Dicaearcho. Baetone. Timosthene. Philonide. Xenagora. Astynomo. Staphylo. Aristotele. Eratoslhene. Hip parcho. Panaetio. Serapione. Antioche no. Callimacho. Agathocle. Polybio. Timaeo mathematico. Herodoto. Myrsito. Alexandro Polyhistore. Metrodoro. Po sidonio qui TltfTXow aot . Sotade. Periandro. Aristarcho Sicyonio. Eudoxo. Antigene. Callicrale. Xenophonte Lam psaceno. Diodoro Syracusano. Hannone. Himilcone. Nymphodoro. Calliphane. Artemidoro. Meg*sthene. Dionysio. Aristocrito. Ephoro. Isidoro. Cleobulo. Aristocreonte.
11 re Giuba. Ecateo. Ellenico. Da maste. Dicearco. Belone. Timostene. Filonide. Senagora. Astinomo. Sta tilo. Aristotele. Eratostene. Ipparco. Paneiio. Serapione Antiocheno. Cal limaco. Agalocle. Polibio. Timeo mate matico. Erodoto. Mirsilo. Alessandro Poliistore. Metrodoro. Posidonio, il quale scrisse il Periplo o il Periegesi. Sotade. Pe riandro. Aristarco di Sicione. Endosao. Antigene. Callicrale. Senofonte di Lam psaco. Diodoro Siracusano. Annone. Imilcone. Ninfodoro. Callifane. Artemi doro. Megastene. Dionisio. Aristocrito. Eforo. Isidoro. Cleobulo. Ariatocreonte.
l ib r o
vi
O PPID A , p o b t v s , T b a tta
LIBRO VI
d b ' SITI , GBRTI , , C IT T ,
C o rtm u tu i s i t u i , g b r t b s , ,
A C T FOXBOBT.
r o tti,
I . Ponti et Maryandinorum.
II. Paphlagonum : III. Cappadocum. IV. Themiscyrena regio, et in ea genles.
1. Del Ponto e de' Mariaodini. a. De' popoli Paflagoni. 3. De'Cappadoci. 4 De' popoli della region Temiscira.
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V. Regio Colchica, t gqptes Achaeorum, et cete rae eodem tractu gente*. VI. Bosporus Cimmerius. VII. Maeotis, et gentes circa Maeotim. V ili. (* Cappadociae sitos *). IX. Artnenia major, et minor. X. Cyrus fluvius, et Araxes. XI. Albania, lberia, et junctae gentes. XII. Portae Caucasiae : XUI. Insulae in Ponto. XIV. Gentes a Scythico Ooeano.. XV. Caspium et Hyrcanium mare. XVI. Adiabene. XVII. Media, et Portae Caspiae. XVIII. Gentes circa Hyrcaniam mare. XIX. Scytharum gentes et situi b Oceano Eoo. XX. Seres. XXI. Indi. XXII. Ganges. XXIU. Indas. XXIV. Taprobane. XXV. Ariani et janctae gentes. XXVI. Navigationes in Indiam. XXVII. Carmania. XXVIII. Sinos Persicas, et Arabicas. XXIX. Parthorum regna. XXX. Mesopotamia. XXXI. Tigris. XXXU. Arabia. XXXIII. Siaus maris Rabri. XXXIV. Troglodytice. XXXV. Aethiopia. XXXVI. Insulae Aethiopici maris. XXV1I. De insulis Fortunatis. XXXVIII . Terrae per mensuras comparatae. XXXIX. Digestio terrarum io parallelos et umbras pares. Somma : Oppida, mcxcv. Gentes, dlxxvi. Flamina dara, cxv. Montes clari, xxxvni. Insulae, cvni. Quae intercidere oppida aut gentes, xcv. Res, historiae et observationes, mmccxiv. EX AUCTORIBUS M. Agrippa. M. Varrone. Varrone Ata cino. Corn. Nepote. Hygino. L. Vetere. Mela Pomponio. Domitio Corbulone. Licinio Modano. Clandio Caesare. Arrun tio. Seboso. Fabricio Tosco. T. Livio. Seneca. Nigidio.
Popoli 576. Fiumi illustri 180. Monti famosi 38. Isole 108. Citt e popoli che sono mancati 95. Cose, storie ed osservazioni a s i 4 AUTORI Marco Agrippa. Marco Varrone. Var rone Atacino. Cornelio Nipote. Igino. Lucio Vetere. Mela Pomponio. Domizio Corbulone. Lidnio Muziano. Claudio Cesare. Arrunzio. Seboso. Fabriio Tosco. Tito Livio. Seneca. Nigidio.
35 EXTERNIS
G. PLINII SECUNDI
STRANIERI
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Juba rege. Heeataeo. Hellanico. Da maste. Eudoxo. Dicaearcho. Baetone. Timosthene. Patrocle. Demodamante. Clitarcho. Eratosthene. Alexandro Magno. Ephoro. Hipparcho. Panaetio. Callima cho. Artemidoro. Apollodoro. Agatho cle. Polybio. Eutnacho. Timaeo Sicnlo. Alexandro Polyhistore. Isidoro. Amoneto. Metrodoro. Posidonio. Onesicrito. Nearco. Megaslhene. Diogneto. Aristocreonte. Bione. Dalione. - Simonide minore. Basile. Xenophonte Lampsaceno.
Il re Giuba. Ecateo. Ellamco. Da maste . Eodosso. Dicearco. Belone. Timostene. Patrocle. Demodamante. Clitarco. Eratostene. Alessandro Ma gno. Eforo. Ipparco. Paoezio. Calli maco. Artemidoro. Apollodoro. Aga~ tocle. Polibio. Ennaco. Timeo Siciliano. Alessandro Poliislore. Isidoro. Amometo. Metrodoro. Posidonio. Onesicrito. Nearco. Megastene. Diogneto. Aristocreonle. Bione. Dalione. Simonide minore. Basile. Senofonte Lampsaceno.
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LIBRO Vn
Si T R A T T A
DELLA GBRBRAZIOHB B DBLLB ISTITUZIONI DEGLI D O N ISI, BOB C U DBLLB A B TI TB O VA TB .
CoNTIBBHTDB H M U GERERATIO BT IHSTITOTIO, O 1R H ATQGB IH TIO ABTICM VBH . I. De homine. II. Gentinm mirabiles figurae. III. Prodigiosi partas. IV. De homine generando : pariendi tempora perillnstria : exempla a mensibus vii ad xm. V. Signa sexus in gravidis pertioentia ante par tam. VI. Monstruosi partas. VII. Excisi aler. VIII. Qai sint vopisci. IX. De concepta hominum et generatione. X. Similitudinum exempla. XI. Ad quos hominam generatio. Numerosissimae obolis exempla. XII. Ad quos annos generatio. XIII. Mensium in feminis miracula. XIV. Quae ratio generandi. XV. Historica circa dentes. Historica circa in fantes. XVI. Magnitudinum exempla. XVII. Praeproperi infantes. XV II I . Insignia corporum. XIX. Vires eximiae. XX. Velocitas praecipua. XXI. Visus eximii. XXII. Auditus miraculum. XXIII. Patientia corporis. XXIV. Memoria. XXV. Vigor animi. XXVI. Clementia et animi magnitudo. XXVII. Reram gestarum claritas summa. XXVUI. Tres summae virtutes in eodem, et inno centia summa.
i. Dell'uomo. . Delie mirabili figure di aleone genti. 3. De' parti prodigiosi. 4 DelPuomo da generarsi : notabili tempi di partorire : esempli da sette mesi agli nudici. 5 . De segni di maschio o femmina, che prece dono il parto. . De* parti mostruosi. 7. De' tagliati fuor del corpo alla madre. 8. Quali sieno i vopisci. 9. Della concezione e generazione dell'uomo. 10. Esempii di somiglianze. 11. Quali sieno atti alla generazione. Esempli di prole assai numerosa, ia. Fino a quanti anni duri la virt generativa. 13. De'mirabili menstrui delle femmine. 14. Della ragione del generare. 1 5. Esempii storici rapporto a denti, non che rapporto a infanti. 16. Esempii di stature. 17. Infanti morti per tempo. 18. Certe propriet dei corpi. 19. Forze stragrandi, ao. Mirabile velocit, ai. Viste acutissime, aa. Miracolo dell'udito. a3 . Pazienza del corpo. 34. Memoria. a5. Franchezza d'animo. 36. Clemenza e grandezza d'animo. 3 7 . Somma celebrit di condotte imprese. a8. Tre virt somme congiunte a somma inno cenza in uno stesso uomo.
HISTORIARUM MONDI L 1B. 1. XXIX. For Iit ado sommi. XXX. Ingenia praecipo*. XXXI. Qui sapientissimi. XXXII. Praecepta vitae utilissima. XXXIII. De divinatione. XXXIV. Vir optimas jadicatus. XXXV. Matronae pudidssimae. XXXVI. Sommae pietatis exempla. XXXV II . Artibus excdlentes: astrologia, gram matica, medicina. XXXVIII. Geometria, et architectura. XXXIX. Pictura, scalpi ara aeraria, marraoraria, eboraria, caelatara. XL. Prelia hominam insigoia. XLI. De felicitate summa. XL11. Raritas continuatioois in familiis. XL1I1. Varietatis exempla mirabilia. XUV. Honoram exempla mirabilia. XLV. Decem res in uno felicissimae. XLV1. Divi Augusti adversa. XLVU. Qaos dii felicissimos judicaveriut. XLVI11. Qaem viventem at deam coli jasseriat. Falgar mirabile. XL1X. De spatiis vitae longissimis. L De varietate nascendi. LI. In morbis exempla varia. L1I. De morie. LUI. Qai elati revixerint. L 1V. Sabitae mortis exempla. LV. De sepultura. LVI. De Manibus : de anima. LVII. Qaae qais in vita invenerit. LV1U. In qaibus rebas primi gentium consensus. De antiqais literis. LIX. Qaando primum tonsores. LX. Qaando primum horologia. S m u : Res, historiae et observationes, d c c x l v i i . EX AUCTORIBUS Verrio Flaceo. Cn. Gellio. Lidnio Mueiaoo. Masurio Sabino. Agrippina Claudii. M. Cicerone. Asinio Pollione. Messala. Rofo. Cora. Nepote. Virgilio. Livio. Cordo Melisao. Seboso. Corn. Celso. Maximo Valerio. Trogo. Nigidio Figulo. Pomponio Attico. Pediano Asconio. Fabia no. Catone censorio. Actis. Fabio Ve stale.
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39. Somma forlezta. 30. Ingegni predpui. 3 1. Uomini sapientissimi. . Precetti ntilissimi alla vita. 33. Dell divinazione. 34* Chi fu giudicalo ottimo uomo. 35. Matrone di somma pudicizia. . Esempii di bellissima piet. 37. Uomini eccellenti in arti, in astrologia, in grammatica, in medicina. 38. Di altri in geometria e architettura. 39. Di altri in piltnra, in scollare di bronzo, di marmo, di ebano e in intaglio. 40. DfeUeccellenza di alcuni uomini. 41. Della felicit suprema. 4a. Di poche famiglie eh* ebbero uomini onorali di seguito. 43. Mirabili esempii di varia fortuna. 44 Mirabili esempii di onori. 45. Dieci felicissime cose in un solo uomo. 46. Travagli del divo Augusto. 47. Quali furono giudicali i pi fdici dagli dei. 48. Q*uale vivendo comandarono che fosse ado rato per dio. Folgore prodigiosa. 49. De* lunghissimi pazii della vita. 50. Della variet del nascere. 5 1. Varii esempii nelle infermit. 5a. Della morte. 53. Di alcuni, che portati alla sepoltura ritorna rono vivi. 54. Esempii di morie subitane. 55. Della sepoltura. 56. De1Mani ; dellanima. 57. Degl' inventori delle cose. 58. Sopra di che consentirono la prima volta le genti. Delle lettere antiche. 5g. Quando cominciarono i barbieri. 60. Quando cominciaronsi usare gli oriuoli.
S omma : fra cose, storie ed osservazioni 747
AUTORI Valerio Flacco. Gneo Gellio. Lidnio Mudano. Masurio Sabino. Agrippina di Claudio. Marco Cicerone. Asinio Pollione. Messala. Rufo. Cornelio Nipote. Vir gilio. Livio. Cordo Melisso. Seboso. Cornelio Celso. Valerio Massimo. Tro go. Nigidio Figulo. Pomponio Attico. Asconio Pediano. Fabiano. Catone Censorino. Gli Atti de*trionfi. Fabio Vestale.
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EXTERNIS
4*
Herodoto. Aristea. Baetone. lsigono. Cratete. Agatharchide. Calliphane. Aristotele. Nymphodoro. Apollonide. Phylarcho. Damone. Megasthene. Ctesia. Taurone. Eudoxo. Onesicrito. Clitar cho. Doride. Artemidoro. Hippocrate medico. Asclepiade medico. Esiodo. Anacreonte. Theopompo. Hellanico. Da maste. Ephoro. Epigene. Beroso. Pe tosiri. Necepso. Philostephano. Egesia Archimacho. Thocydide. Mnesigitone. Xenagora. Metrodoro Scepsio. Antidide. Critodemo. Alexandro Polyhistore. Xeno phonte. Callimacho. Democrito. Diyllo historico. Stratone qoi contra Ephori Edfiijuara scripsit. Heraclide Pontico. Asdepiade qoi TfayfM ppa.
Erodoto. Aristea. Belone. lsigono Cratete. Agatarchide. Callifane. Ari stotele. Ninfodoro. Apollonide. Filarco Damone. Megastene. Ctesia. Tau rone. Eodosso. Onesicrito. Clitaroo Doride. Artemidoro. Ippocrate medico. Esiodo. Anacreoate. Teopompo. El lenico. Damaste. Eforo. Epigene. Beroso. Petosiri. Neeepso. Filostefano. Egesia. Archimaco. Tuddide. Mnesigitoae. Senagora. Metrodoro Sepsio . Antidide. Critodemo. Alessandro Poliistore. Senofonte. Callimaeo. Demo, crito. Diillo storico. Stratone che scrisse contro gli evremi di Eforo. Eradide Pontico. Asdepiade che fece i tragodumeni.
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LIBRO VIU
Cortirertdr tbbbbstbicm arimalicm raturar. 1. De elephantis : de sensu eorum. U. Quando primom juncti. III . De docilitate eorom. IV. Mirabilia in faetis eorum. V.De natura ferarum ad pericola oa intelligenda. VI. Quando primum in Italia visi elephanti. VII. Pugnae eorum. VIII. Qoibu modis capiantur. IX. Qaibos domentar. X. De partu eorum et reliqua natora. XI. Ubi nascantur : discordia eorum et draconum. XII. De solerlia animalium. XIU' De draconibus. XIV. Mirae magnitudinis serpentes. XV. De Scythicis animalibus : de bisontibus. XVI. De septentrionalibus : alee, achli, bonaso. XVII. De leonibos : quomodo gignantor. XV 11L Qoae genera eornm. XIX. Qoae propriae natorae. XX. Quis primas leontomachiam Romae, quis plurimos in ea leones donaverit. XXL Mirabilia in leonam factis. XXII. A dracone agnitas et servatas. XXIII. De pantheris. St T R A T T A
lib r o
vm
. Degli elefanti : del sentimento loro. . Qaando la prima volta furono giunti insieme. 3 . Della loro dodlit. 4 Meravigliosi tratti che osano. 5. Della natara delle fiere che intendono loro pericoli. . Qaando la prima volta si videro elefanti in Italia. 7. Loro combattimenti. 8. Come si piglino. 9. Come si domino. 10. Del parlo e natura loro. 11. Dove nascano: della discordia tra essi e i dragoni, a. Dell* indostria degli animali. 13. De dragoni. 14. Serpenti di singoiar grandezza. 1 5. Degli animali di Scizia : de* bisonti. 16. Di quelli del settentrione : deli* alce, adi, bonaso. 17. De* leoni : come s1 ingeoerano. 18. Quali le specie loro. 19 Quale la propria loro natara. ao. Chi fu il primo ehe desse a Roma combatti mento di lioui, e chi ne pose pi in com battimento, a i. Fatti loro maravigliosi. aa. D ano conosciuto e salvato da an dragone. a3. Delle pantere.
HISTORIARUM MUNDI LIB. I. XXIV. Senatusconsultum et leget de Africani*. Qais priatu Romae Africane : qoi plurimas. XXV. De tigribns. Quando primum Romae visa tigris. De natura earum. XXVI. De camelis. Geoera eorum. XXVII. De camelopardali. Quando primam Ro mae visa. XXVIII. De chao : de cephis. XXIX. De rhinocerote. XXX. Delynee, et sphingibus. De crocotis. De cercopithecis. XXXI. Indiae terrestria animalia. XXXII. Item Aethiopiae. Bestia viso interficiens. XXXIII. De basiliscis serpentibus. XXXIV. Da lupis. Unde fabula versipellis. XXXV. Serpentium genera. XXXVL De ichneumone. XXXVU. De crocodilo. XXXVIII. De scinco. XXIX De hippopotamo. XL. Quis primus ostenderit eum Romae, et crocodilom. XLI. Medicinae ab animalibus repertae. XLU. Prognostica periculorum ex animalibus. XL111. Gente ab animalibus sublatae. XUV. De hyaenis. XLV. De coroeottu. De mantichoris. XLVL De onagris. XLV1I. De castoreo. De aquaticis, et iisdem terre stribus : de lutris. XLVIII. De ranis rubetis. XLIX. De vitulo marioo: de fibris. De stellionibus. L. De cervis. U . De chamaeleonte. UL De reliquis colorem mutantibus : tarando, lyeaone, thoe. LU. De hystrice. LIV. De ursis : de feta eorum. LV. De muribus Ponticis, et Alpinis. LVI. De herinaceis. LVII. De ieontophono : de lynee. LVUI. Mdes: sciuri. LIX. De viperis et cochleis. I X Ile lacerti. * LXL Canum natur. Exempla coram cire domi nos: qui proeliorum cauta canes habuerint. LXIL De feneratione eorum. L U I . Contra rabiem remedia. LXIV. Equorum natura. (XV. Da ingeniis equorum. Mirabilia quadri garum. s f. Seoatoconsulto e leggi sopra le penlre Afri cane. Chi fu il primo a tradurne a Roma : chi ne tradusse pi. -Delle Aegri. Quando Ia prima volia se ne videro a Roma. Delia natura loro. 25. De* cammelli. Raxie loro. 27. De* cammellopardali. Quando Ia prima volta se ne videro Roma. 28. Del cao, e de' cefi. 29. Del rinoceronte. 3. De' lupicervieri, e delle sfinge. De* croeuti. De* cercopiteci. 3 i. Degli animali terrestri dell'india. . Di quelli dell* E tiopi. Fiera che uocide guardando. 33. De* basilischi, specie di serpi. 34 De* lupi. Onde venne 1 favola dl versi pelle. 35. Varia sorte di serpenti. . Dell* icneumone. 37. Del erooodilo. 38. Dello scinco. 39. Dell* ippopotamo. 40. Chi primo a Roma mostr ippopotami e crocodili. 4 1. Medicine scoperte da animali. 4a. Pronostici tratti degli animali sopra a* pe ricoli. 43. Popoli disfatti da animali. 44 Delle iene. 45. Delle crooute. Delle menticore. 46. Degli onagri. 47. Del castoreo animale si d*acqna, come di terra. Delle lontre. 48. Delle rane rubete. 49. Del vitello marino : de* libri. De* ramarri. 50. De* cervi. 5 1. Del camaleonte. 5*. Degli altri che mutano colore : del tarando, del licaone, del toe. 53. Dell' istrice. 54 Degli orsi : del parto loro. 55. De' topi Pontici, e Alpini. 56. De' ricci. 57. Del leontofooo : del lapoeerviero. 58. De* meli : degli suri. 59. Delle vipere e delle chiocciole. 60. Delle lucertole. 61. Natura dei cani. Esempii di fedelt loro verso i padroni. Chi us schiere di eani nelle battaglie. 6 a. Della loro generazione. 63 . Rimedii contro la rabbia di essi. 64. Natura de* cavalli. 65. Dell1ingegno de'oavalli. Maraviglie operate da certe quadrighe.
C. PLINII SECONDI LXVI. Generatio equorum. LXVII. Vento concipientes. LXVIII. De asinis : generatio in his. LXIX. Mularum natura, et reliquorum jumen torum. LXX. De bubus, et generatio eorum. LXXI. Apis in Aegypto. LXXII. Pecorum natura, et generatio orum. LXX1II. Genera lanae et colorum. LXXIV. Genera vestium. LXXV. (*De pecorum forma, et de musmonc*). LXXV1. Caprarum natura et generatio. LXXVII. Suum item. LXXV1U. De feris subus. Quis primos vivaria bestiarum instituit. LXX 1X. De semiferis animalibus. LXXX. De simiis. LXXXI. De leporum generibus. LXXX 1I. De nec placidis nec feris animalibus. LXXXUI. Quae quibus in locis aoimalia non sint. LXXXI V. Ubi et quae advenis, tantum noceant : ubi et quae indigenis tantum.
S umma
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66. Generazione de' cavalli. 67. Come s'impregnano le cavalle Tolte al vento. 68. Degli asini, e loro generazione. 69. Natura delle mule, e degli altri giumenti. 70. De' buoi, e loro generazione. 71. Del bue Api in Egitto. 72. Della natura delle pecore, e loro generazione. 73. Specie di lane e di oolori. 74. Specie di vestimenti. 75. Della form a delle pecore^ e del musatone. 76. Natura e generazione delle capre. 77. Similmente de' porci. 78. De' porci cinghiali. Chi fece il primo serba toio di bestie. 79. Degli animali mezzo fiere. 80. Delle scimmie. 81. Delle specie di lepri. 8a. Degli aoiraali n salvatioi n domestici. 83. Quali animali in quai luoghi non sieno. 84. Dove e quali facclan danno a' soli forestieri : dove e quali ai soli paesani.
S omma
EX AUCTORIBUS Muciano. Procilio. Verrio Flaoco. L. Pi sone. Corn. Valeriano. Catone censorio. Fenestella. Trogo. Actis. Columella. Virgilio. Varrone. Lucilio. Metello Sci pione. Corn. Celso. Nigidio. Trebio Ni* gr. Pomponio Mela. Mamilio Sura.
Muciano. Procilio. Verrio Flacco. Lucio Pisone. Cornelio Valeriano. Catone Censorino. Fenestella. Trogo. Gli Atti de' trionfi. Columella. Virgilio. Varro ne. Lucilio. Metello Scipione. Cornelio Celso. Nigidio. Trebio Nigro. Pomponio Mela. Mamilio Sura. STRANIRI
EXTERNIS Juba rege. Polybio. Herodoto. Antipatro. Aristotele. Demetrio pbysico. Democrito. Theophrasto. Evanthe. Agrippa qui nrtovixafy Hierone rege. Attalo Philometore rege. Ctesia. Duride. Philisto. Archy ta. Phylarcho. Amphilocho Athenaeo. Anaxipoli Thasio. Apollodoro Lemnio. Ari stophane Milesio. Antigono Cymaeo. Aga thocle Cbio. Apollonio P e r g a in e n o . Aristandro Athenaeo. Bacchio Milesio. Bione So lerne. Chaerea Athenaeo. Diodoro Prienaeo. Dione Colophonio. Epigene Rhedio. Evagone Thasio. Euphronio Athenaeo. Hegesia Maroneo. Menandris Prienaeo et Hera cleote. Menecrate pota. Androtione qui de agricultura scripsit Aescrione qui de agricul tura scripsit. Lysimacho qui item. Dionysio qui Magonem]transtolit. Diophanequi ex Dio nysio epitomen fecit. Archelao rege. Nicandro.
11 re Giuba. Polibio. Erodoto. An tipatro. Aristotele. Demetrio fisico. De mocrito. Teofrasto. Evante. Agrippa che scrisse le Olimpioniche. 11 re lerone. II re Attalo Filometore. Ctesia. Doride. Filisto. Archita. Filarco. Anfiloco A te neo. Anasipoli Tasio. Apollodoro Lennio. Aristofane Milesio. Antigono Cimeo. Agatode Chio. Apollonio Pergameno. A ristandro Ateneo. Bacchio Milesio. Bione Solense. Cherea Ateneo/ Diodoro Prieneo, Dione Colofonie. Epigene Rodio. Eva gone Tasio. Eufronio Ateneo. Egesia Ma roneo. Due Menandri, il Prieneo e l ' Eradeote. Menecrate poeta. Androtione,che scrisse di agricoltura. Escrione, che scrisse anoh'egli di agricoltura. Lisimaco, ohe anoh'egli. Dionisio che tradusse Magone. Diofrne, che epitom Dionisio. 11 re rchdao. Nicandro.
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LIBRO IX
CotnmiBVTVB a q u a t il iu m b a t u b a b .
LIBRO IX
S i DISCOBBE LA ff ATUBA DEGLI ABUSALI D 1ACQUA.
I. Quare maxima in mari animalia. II. Indici maris belluae. III. Qnae in qaoqoe Oceano maximae. IV. De Trilonum el Nereidum figaris. De ele phantoram marinoram figaris. V. De balaenis : de orcis. VI. An spirent pisces : an dormiant. VII. De delphinis. Vili. Qaos amaverint. IX. Quibus in locis societate cum hominibas piscentar. X. Alia circa eos mira. XI. De torsioni bns. XII. De testadinibns. Qaae genera aquatilium testudinum, et quomodo capiantur. XIII. Qais prima testudinem secare institaeril. XIV. Digestio aqaatiliam per species. XV. Qaae pilo vestiantur, aot careant : et quomodo pariant. De vitalis marinis, sive phocis. XVI. Quot genera pisciam. XVII. Qui maximi pisces. XVU 1. Thynni, cordylae, pelamides. Membralim ex his salsura : melandrya, epolecti, cybia. XIX. Amiae : scombri. XX. Qai nou sint pisces in Ponlo : qai intrent, et qai ali redeant. XXI. Quare pisces extra aquam exsiliant. XXU. Esse angaria ex piscibus. XXIII. In quo genere pisciam mares non sint. XXIV. Qai calcolata in capite habeant : qai la teant hieme: et qai hieme non capiantur, nui statis diebus. XXV. Qui aestate lateant : qui siderentur pisces. XXVI. De mugile. XXVII. De acipensere. XXVII I. De lupo : de asello. XXIX. De scaro : de mustela. XXX. Mullorum genera : et de sargo comite. * XXXI. Mirabilia piscium pretia. XXXII. Nou ubique eadem genera placere. XXXIII. De branchiis : de squamis. XXXIV. Vocales, et sine branchiis pisces. XXXV. Qui in terram exeant. Tempora capturae. XXXVI. Digestio pisciam in figaras corporis.
i. Perch in mare sono grandissimi animali. . Animali del mare ri* India. 3 . Quali e in qual mare sieno grandissimi. 4 Della figura de1 Tritoni e delle Hereidi. Della figura degli elefanti marini. 5. Delle balene: delle orche. . Se i pesci alitano : se dormono. 7. Dei delfini. 8. A chi abbiano portato amore. g. In quali sili peschino essi in compagnia degli uomini. 10. Altre loro maravigliose cose. 11. De' lursioni. 1 3 Delle testuggini. Quali specie di testuggini d'acqua, e come si piglino. i 3 . Chi fa il primo che seg il goscio della te stuggine. i 4>Degli acquatici distinti per ispecie. 1 5. Quali si vestono di pelo, quali no ; e come partoriscono. De'vitelli marini, ovvero delle foche. 16. Quanti generi di pesci ci ha. 17. Quali sieno i pi grandi. 18. De' tonni, cordilli, pelamidi. Tagliati a pexzi, s 'insalano : melandrie, apbletti, cibii. 19. Amie : sgombri. ao. Quali pesci non sieno nel Ponto : quali v'en trino, e quali altre volte ritornino. 3i. Perch i pesci saltino fuori dell'acqua. 3 3 Che si pigliano augurii dai pesci. 33. In che genere di pesci non si dieno maschi. 34. Quali abbiano una pietra nel capo : quali stieno nascosti il verno, e quali di qaesto tempo non si piglino che a certi giorni. 35. Quali sieno nascosti la siate : quali restino assiderati. 36. Del muggine. 37. Dell'accipensere. a8. Del lupo : del tnullo. 39. Dello scaro : della mustella. 30. Specie di mulli : del sargo che s'accompagoa al mollo. 3 1. Enormi prezxi di pesci. 3s. Non da per tutto piacciono le stesse ragioni di pesci. 33. Delle branche : delle squame. 34 Pesci che hanno voce, e sono senza branche. 35. Qnali escano io terra. Tempi da pigliarli. 36. Distinxione dei pesci secondo le lor figure.
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G. PUNII SECONDI
Rhomborum et passerum differentia. De lon gis piscibus. XXXVII. De piseium piani et flatandi ratione. XXXVIII. Anguilla* XXXIX. Muraenae. XL. Planorum piseium geoera. X L 1 Echeneis, et veneficia ejus. . XLII. Qoi pisces colorem mutent. XL 1I1. Qai volitent extra aquam : de hirundine : de pisce qui noctibos lucet : de cornuto : de draoone marino. XLIV. De piscibus sanguine carentibus : qui pi scium molles appellentur. XLV. De sepia, de loligine, de pectunculis. XLVI. De polypis. XLVII. De navigatore polypo. XLV 11I. (*Polyporum genera : solerti*). XL 1X. De navigatore nauplio. L. Crosta intecti : de locustis. LI. Cancrorum genera : de pinnotbere, echinis, cochleis, pectinibus. LII. Concharum genera. L I 1I. Quanta luxuriae materia sit in mari. LIV. De margaritis : quomodo nascantur, et ubis LV. Quomodo inveniantur. LVI. Quae genera unionnm. LV 1 Quae observanda in his. Qaae natura I. eorum. LVIII. Exempla circa eos. L 1X. Quando primum in usura venerint Romae. LX. Muricum naturae, et purpurarum. LXI. Quae nationes purpurae. LXII. Quomodo ex his lanae tingantur. LX 11I. Qaando porpurae usus Romae: quando laticlavi, et praetextae. LX 1V. De conchyliatis vestibus. LXV. De amethysto lingendo : de tyrio, de hysgino, de cocco. LXVI. De pinna et pinnothere. LX VII. De sensu aquatilium : torpedo, pastinaca, scolopendrae, glanis : de ariete pisce. LXVI1I. De his quae lertiam naturam habent animalium et fruticum. De urticis. LX 1X. De spongiis : quae genera earum, et nbi nascantur : animal esse eas. LXX. De caniculis. LXXI. De his quae silicea testa clauduntur. Qnae sine sensu ullo in mari. De reliquis sordium animalibus. LXXII. De venenatis marinis. LXXI II. De morbis piscium. LXX 1V. De generatione eorum. LXXV. Qui intra se ova pariant, et animal
Differenza tra i rombi le passere. De1pe sci lunghi. 37. Delle penne de* pesci, e del modo di nuotare. 38. Anguille. 39. Murene. 40. Pesci schiacciati. 4 >. Dell'echeneide e suo veaeficio. 4a. Quali pesci mutino colore. 43. Quali volino fuor d'aoqua : della rondine : di un pesoe che nella notte riluoe : d i n o che ha corna : del dragone marino. 44 De' pesci che nen hanno sangue : quali ai chiamino pesci morbidi. 45. Della seppia, della loligine, de* pettuoculi. 46. De* polpi. 47. Del polpo navigatore. 48. Specie di polpi : loro solerzia. 49. Del nauplio navigatore. 50. De' pesci coperti di crosta : ddle locuste. 5 1. Delle specie de' granchi : de' pinnoteri, echini, chiocciole, pettini. 5a. Varie sorte di conche. 53. Quanta materia di lusso sia nel mare. 54 Delle perle : come nascano, e dove. 55. Come si trovino. 56. Specie degli unioni. 57. Quali cose sono da osservarsi in essi. Quale la natura loro. 58. Esempii rapporto ad essi. 59. Quando la prima volta vennero in oso a Roma. 60. Natura delle muriei e delle porpore. 61. Di quante razze sieno le porpore. . Come se ne tingano le lane. 63. Quando si cominci Mare 1 porpora a R o ma : quando il latodevo e la pretesta. 64. Delle vesti couchiliate. 65. Del modo di tingere l'ametisto : del tirio, dell' isgino, dell grana. . Della pinna e del pinnotere. 67. Del sentimento degli acquatici : torpedine, pastinaca, scolopendre, glano: del pesce montone. 68. Di quelli che hanno una U na natura, fra d'animali e d'alberi. Delle ortiehe. 69. Delle spugne : loro specie, e deve nascano : si mostra che sono animali. 70. Ddle canicole. 71. Di quelli ebe si chiudono in gusdo di pietra. Quali sieno in mare allatto privi di senso. Degli altri vili animaloszi. 73. Degli animali velenosi di mare. 73. Delle malattie de' pesd. 74. D d generar de' pesd. 75. Quali partoriscono entro di se l'oova e l'a n i male.
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So
L&XVi. Quorum io partu rumpatur venter, dela coeat. LXXVI1. Qui vulvas habeant : qai te ipsi ineant. LXXV1II. Quae longissima vita pisciam. LXXlX.Quis primus vivaria ostrearum invenerit. LXXX. Quis primus reliquorum piscium vivaria instituerit. LXXXL Quis muraenarum vivaria iustituerit. LXXXU. Quia primus cochlearum vivaria insti tuerit. LXXX111. Pisces terreni. LXXX1V. De muribus in Nilo. LXXXV. Quomodo capiantur anthiae pisces. LXXXV1. De stellis marinis. LXXXV11. De dactylorum miraculis. LXXXV1U. De inimicitiis inter se aquatilium, et amicitiis.
Sc m m a
76. A1 quali nel partorire si spezzi il ventre, e poi se ne risaldi la piaga. 77. Quali abbiano matrici : quali usino il coito fra s stessi. 78. Quale sia la pi lunga vita dei pesci. 79. Chi us primo i vivai delle ostriche. 80. Chi primo ordin vivai pegli altri pesci. 81. Chi fece i vivai delle murene. 8a. Chi fu il primo che ordinasse i vivai delle chiocciole. 83. Pesci terreni. 84. De' topi del Nilo. 85. Come si pigli il pesce antia. 86. Delle stelle marine. 87. De1 dattili e loro maraviglie. 88. Delle inimicizie amicizie che hanno i pesci fra loro.
S om m a
dcl.
Turranio Gracile. Trogo. Maecenate. Alfio Flavio. Corn. Nepote. Laberio mimo grapho. Fabiano. Fenestella. Muciano. Aelio Stilooe. Statio Seboso. Melisso. Scseca. Cicerone. Maero Aemilio. Messala Corvino. Trebio Nigro. Nigidio. EXTERNIS Aristotele. Archelao rege. Callimacho. Democrito. Theophrasto. Thrasyllo. Hegesidemo Cythnio. Alexandro Polyhistore.
Turranio Gracile. Trogo. Mecenate. Alfio Flavio. Cornelio Nipote. Laberio mimografo. Fabiano. Fenestella. Mu ciano. Elio Stilooe. Stazio Seboso Me lisso. Seneca. Gcerone. Marco Emilio. Messala Corvino. Trebio Nigro. Nigidio. STRANIERI Aristotele. Il re Archelao. Callimaco. Democrito. Teofrasto. Trasillo. Egesidemo Citnio. Alessandro Poliistore.
libr o
ComamHToa
LIBRO X
S i T R A T T A DELLA KATUftA D a ' VO LATILI.
v o lc c b c m i a t o u .
I. De strathiocamelo. II. De phoenice. III. Aquilarom geoera. IV. Natura earum. V. Quando legionam signa esse coeperint. YL De aquila, qoae io rogum virginis se misil. V|l. De vulture. >111. Sanqualis avis, et immussulus. IX. Accipitres : buteo. X. In quibus locis societate accipitres et homines aucupentur.
1. Dello struzzo. . Della fenice. 3 . Specie di aquile. 4 Natura loro. 5. Quando cominciarono usarsi come insegne delle legioni. . Di un'aquila che gittossi nel rogo dove ardeva una fanciulla. 7. Dell'avoltoio. 8. Del sanguale, e dell'immussulo. 9. Sparvieri : buteone. 10. In che luoghi gli sparvieri uccellano con una certa compagnia.
C. PLINII SECUNDI
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XI. Quae avis tola a soo genere interimatur : quae avis singula ova pariat. XII. Milvi. XIII. Digestio avium per genera. XIV. Cornices : inauspicatae aves. Quibus men sibus non sint inauspicatae. XV. De corvis. XVI. De bubone. XVII. Aves, quarum vita aut notitia intercidit. XVlil. Quae a cauda nascantor. XIX. De noctuis. XX. De pico Martio. XXI. De bis qui uncos ungues habent. XXII. De pavonibus. XXIII. Quis primum pavonem cibi causa occide rit. Quis farcire instituerit. XXIV. De gallinaceis. XXV. Quomodo castrentur. De gallinaceo locuto. XXVI. De ansere. XXVII. Quis primum jecur anserinum instituit. XXVIII. De commageno. XXIX. Chenalopeces, chenerotes, tetraones, oti des. XXX. Grues. XXXI. De ciconiis. XXXII. De oloribus. XXXIII. De avibus peregrinis quae veniunt : co turnices, glotlides, cychramus, otus. XXXIV. Hirundines. XXXV. De avibus nostris quae discedunt, et quo abeant : turdi, merulae, sturni. De avibus quae plumas amittunt in occultatione : tur tur, palumbes. Sturnorum et hirundinum vo latus. XXXVI. Quae avium perennes, quae semestres, quae trimestres : galguli, upupae. XXXVII. Memnonides. XXXV III . Meleagrides. XXXIX. Seleucides. XL. Ibis. XL1. Quae quibus locis aves non sint. X L 11. De oscinum generibus, et quae mutant co lorem et vocem. XL 1II. De lusciniis. XL 1V. De melancoryphis, critachis, phoenicuris. XLV. Oenanthe : chlorio : merulae : ibis. XLVI. Tempus avium geniturae. XLV1I. Halcyones : dies earum navigabiles. XLV 111. De reliquo aquaticarum genere. XLIX. De solertia avium in nidis. Hirundinum opera mira. Ripariae. L. Acanthillis, etc. LI. Merops. De perdicibus. LII. De columbis.
i i . Del solo uccello che morto da quelli della sua specie : quale fa un uovo solo. ia. Nibbii. i 3. Distinzione di uccelli secondo specie. i 4 Cornacchie: uccelli di malo augurio. In quali mesi non sieuo di malo augurio. 15 . De'corvi. 16. Del barbagianni. 17. Uccelli, la cui vita e notizia non si sa pi. 18. Di quali esce prima nel nascere la parte del la coda. 19. Delle civette. ao. Del picchio Marzio. ai. Di quelli che hanno le unghie uncinate. . De' pavoni. a3. Chi fu il primo che uccidesse i pavoni per mangiarli. Chi ordin a ingrassarli. a 4- De' galli. a 5. Come si castrino. Di un gallo che favell. . Dell'oca. 27. Chi fu il primo che mangi fegato doca. 28. Dell'oca Comagena. 39. Chenalopeci, chenero li, tetraoni, otide.
30. Delle gru. 3 1. Delle cicogne. . De' ceceri. 33. Degli uccelli che vengono di lontano: cotur
nici, gioii, cicramo, oto. 34. Delle rondini. 35. Degli uccelli nostrali che te ne vanno via, e dove : tordi, merli, stornelli. Di quelli che perdono le piume in siti errai : tortora, co lombi salvatichi. Volare degli stornelli delle rondini. . Quali uccelli stieno sempre in una regione, quali sei mesi, quali tre : gogoli, bubole. 37. Mennouidi. 38. Meleagride. 39. Seleucidi. 40. Ibi. 4 1. Quali uccelli in quali luoghi non sieno. 4a. Delle specie degli oscini, e quali mulino colore e voce. 43. De' luscignuoli. 44 De' melancorifi, eritachi, fenicuri. 45. Enante, clorioni, merli, ibi. 46. Tempo del figliare gli uccelli. 47. Alcioni, e giorni loro navigabili. 48. Delle altre torte di uccelli d'acqua. 49. Dell'astuzia degli uccelli nel fare i nidi. Mira bili cose che fanno le rondini. Delle rondini di ripa. 50. Acanlille, ecc. 5 1. Merope. Delle pernici. 5a. De' colombi.
HISTORIARUM MUNDI L1B. 1. Opera earum mirabilia, et pretia. [sIV. Differentiae volatos, et incessas. L .V . Apodes, sire cypseli : LV1. De pastu avium : caprimulgi : platea. LY11. De ingeniis aviam. Carduelis, laurui, anthns. LV1U. De avibas qaae loquantur : psittaci. LIX. Picae glandares. LX. Propter corvum loquenlem seditio populi Romani. LXI. Diomedeae. LX1I. Qnae animalia nihil discant. LXIII. De potu aviam : de porphyrione. LX1V. Haemalopodes. LXV. De pasla avium. LXVI. Onocrotali. LXV11. De peregrinis avibas : phalerides, phatianae, Numidicae. LXV111. Phaenicopleri, attagenae, phalacrocora ce*, pyrrhocoraces, lagopodes. LX1X. De novis avibus : bibiones. LIX. De fabulosis avibus. LXXI. Quis gallinas farcire instituerit : quique hoc primi censores vetaerint. LXX1I. Quis primus aviaria instituerit. De Aesopi patina. LXXIlf. Generatio aviam : qaae praeter aves ova gignant. LXXI V. Ovorum genera, et natarae. LXXV. Vitia, et remedia incubantium. LXXVJ. Augustae ex ovis angarium. LXXYII. Quales gallinae optimae. LXXV1II. Morbi earnm, et remedia. LXX1X. (* Quando aves, et quot ova pariant. Ar deolarum genera *). LXXX. Quae ova hypenemia : qaae cynosara : quomodo optime servealar ova. LXXXI. Quae volucram sola animal pariat, et lacie nutriat. LXXXII. Quae terrestrium ova pariant. Serpen tino! genera. LXXX111. Terrestrium omnium generatio. [IX IIY . Qaae sit animalium in uteris positio. LXXXV. Quorum animalium origo adhac in certa sit. LXXXVI. De salamandris. LXXXV1I. Quae nascantur ex non genitis. Quae nata nihil gignant : in quibas neuter sexas sit.
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86. Delle salamandre. 87. Quali animali nascono de' non nati. Quali, essendo nati, nulla generano : in quali non ci ha n l'uno, n l'altro sesso. 88. De' sensi degli animali. Che tutti hanno il LXXXV11I. De sensibus animalium. Tactam latto e il gusto. Quali abbiano pi acuta omnibos esse : item gustatum. Qaibus visus vista : quali l'odorato : quali l'udito. Delle praecipuas : qaibas odoratas : qaibus audi talpe: se le ostriche abbiano udito. tas : de talpis. An ostreis auditas. 89. Quali tra i pesci odano assai distintamente. LXXX1X. Qui ex piscibus clarissime audiant. I 90. Quali specialmente abbiano odoralo. XC. Qai ex piscibos maxime odoreotar. I 91. Diversit degli animali quanto a pasto. XC1. Diversitas animalium in pastu.
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C. PLI1NI SECUNDI
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XCII. Quae venenis vivant. XCI1J. Quae terra : quae fame aul sili nou inte reant. XCIV. De diversitate polus. XCV. Quae inter se dissideant. Amicitiam ani malium esse : et affectus auimalium. XCVI. Exempla affectus serpentium. XCVII. De somno animalium. XCVUI. Qaae somnient.
S umma : Res, e l h is to r ia e ,e t o b se rv atio n es,
dccxciv
92. Quali vivauo di veleni. g 3. Quali vivano di terra : quali non muoiano di fame n di sete. 94. Della diversit del bere. 95. Quali animali usino fra loro avversione. Cht si d Amicizia fra gli animali : affetti di etti. 96. Esempii di affetto ne1serpenti. 97. Del sonno degli animali. 98. Quali sognino. Somma : fra cose, storie e osservazioni 794. AUTORI Manilio. Cornelio Valeriano. Gli Atti de trionfi. Urabricio Meliore. Masurio Sa bino. Antistio Labeone. Trogo. Cremazio. Marco Varrone. Marco Emilio. Mei i m o . Muciano. Nipote. Fabio Pitto re. Tito Lucrezio. Cornelio Celso. Orazio. D. Eculeone. Igino. I Saserni. Nigidio. Mamilio Sura. STRANIERI Omero. Femonoe. Filemone. Bee che scrisse 1 Orntogonia. Ila che scrisse degli augurii. Aristotele. Teofrasto. Callimaco. Eschilo. 11 re lerone. Il re Filometore. Archita Tarentino. Anfiloco Ateniese. Anassipoli Tasio. Apollodoro Lennio. Aristofane Milesio. Antigono Ci meo. Agatoele Chio. Apollonio Pergameno. Aristandro Ateniese. Bacchio Milesio. Bione Solense. Cherea Ateniese. Diodoro Prieneo. Dione Colofonio. Democrito. Diofane Niceense. Epigene Rodio. Evagoue Tasio. Eufronio Ateneo. Giuba. Androzione, che scrisse di agricoltura. Escriooe che lo stesso. Lisimaco che lo stesso. Dionisio che tradusse Magone. Diofane che epitom Dionisio. Nicandro. Onesicrito. Filarco. Esiodo.
EX AUCTORIBUS Manilio. Corn. Valeriano. Actis. Urabricio Meliore. Masurio Sabino. Antistio Labeone. Trogo. Cremutio. M. Varrone. Macro Aemilio. Melisso. Muciano. Ne pote. Fabio Pictore. T. Lucretio. Corn. Celso. Horatio. D. Eculeoae. Hygino. Sasernis. Nigidio. Mamilio Sura.
EXTERNIS. Homero. Phemonoe. Philemone. Boee qui 'OfrtSoyotiant. Hyla de auguriis. Aristo tele. Theophrasto. Callimacho. Aeschylo. Hierone rege. Philometore rege. Archyta Tarentino. Amphilocho Atheniense. Ana* xipoli Thasio. Apollodoro Lemnio. Aristo phane Milesio. Antigono Cymaeo. Agatho cle Chio. Apollonio Pergameno. Aristandro Atheniense. Bacchio Milesio. Bione Solense. Chaerea Atheniense. Diodoro Prienaeo. Dione Colophonio. Democrito. Diophane Nicaeense. Epigene Rhodio. Evagone Tha sio. Euphronio Athenaeo. Juba. Andro tione qui de agricultura. Aeschrione qui de agricultura. Lysimacho item. Dionysio qui Magonem transtulit. Diophane qui ex Diony sio epitomen fecit. Nicandro. Onesicrito. Phylarcho. Hesiodo.
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LIBRO XI
C otm itB N TU X IKSBCTOBUM A RIMALI UM OBNEXA.
LIBRO XI
Si TBATTA DEGLI A 1 AL1 IHSBTTI. HM I. Sottilit della natura in qoesli insetti, a. Se alitino e abbiaa sangue. 3. Del loro corpo. 4 . Delle pecchie. 5. Quale sia l'ordine del lavoro che fanno.
I. Subtilitas in his rebus naturae. II. An spirent, an habeant sanguinem. III. De corpore eorum. IV. De apibus. V. Qui ordo in opere earnra.
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VI. Quid sit ia eo commoti, pissoceros, propolis. VII. Quid erithace, sive sandaraee, sive crinthos. Vili. Ex qaibus floribus opera fiant. IX. Apium stadio capti. X. Ratio operis. XI. De focis. XII. Qaae natara mellis. XIII. Quae optima mella. XIV. Qaae genera mellis in singulis locis. XV. Qaomodo probentur. De erice, sive tetradice, sive sisyro. XVI. Quomodo apes generent. XVII. Quae regiminis ratio. XVIII. Aliquando et laetam omen esse examinam. XIX. Genera apiom. XX. De morbis apium. XXL Qaae inimica apibas. XXII. De continendis apibus. XXIU. De reparandis. XXIV. De vespis et crabronibus. Qua animalia ex alieno soum faciant. XXV. De bombyce Assyria. XXVI. De bombyliis necydalis. Quae prima inve nerit bombycinam vestem. XXVII. De bombyce Coa. Quomodo conficiatur Coa vestis. XXVIII. De araneis : qui ex bis texant : quae materiae natora ad texendam. XXIX. Generatio aranearum. XXX. De scorpionibus. XXXI. De stellionibus. XXXII. De cicadis : sine ore esse, sine exitu cibi. XXXIII. De pinnis insectorum. XXXIV. De scarabaeis. Lampyrides. Reliqaa sca rabaeorum genera. XXXV. De locastis. XXXVI. De formicis. XXXVII. Chrysalides. XXXVIII. De his animalibus, quae ex ligno, ut in Ugno nascuntur. XXXIX. Sordium hominis animalia. Quod ani mal minimam : etiam in cera animalia. XL. Animal cui cibi exitos non est. XL1. Tineae, cantharides, calices. Nivis animal. XLI1. Igniam animal: pyralis, sive pyranstes. XL11L Hemerohion. XL1V. Animalium omnium per singula membra, naturae, et historiae. Quae apices habent, qaae cristas. 1 LV. Cornuom genera. Quibus mobilia. XLVI. De capitibus, et qnibns nnlla.
6. Che sia comosi, pissocero, propoli. 7. Che sia eritace, ovvero sandraca, o cerinto. 8. Di qnali si facciano i lavor loro, g. Degli amatori delle pecchie. 10. Del modo di lavorare. 11. De' fuchi. 12. Qual sia la natura del mele. . Quale sia il mele migliore. 3 il). Quali specie di mele iu ciascun luogo. 1 5. Come si provi. DeUerice, ovvero tetradiee, o sisiro. 16. Come le pecchie generino. 17. Del modo del loro governo. 18. Talvolta i loro sciami sono di lieto aagario. 19. Specie delle pecchie. 20. Delle infermiti delle pecchie. 21. Quali sieno i loro nemici. 22. Come si ritengano. a3. Come si rifacciano. a 4 - Delle vespe e calabroni. Quali animali si appropriino il non suo. a5. Del bombice Assirio. 26. De' bombili necidali. D una donna, che invent la veste bombicina. 27. Del bombice di Coo. Come ai formi la vette Coa. 28. De* ragni : quali fra questi lessano : di che materia si valgano a tessere. 29. Generazione de' ragni. 30. Degli scorpioni. 3 1. Delle tarantole. . Delle cicale : che sono senza bocca, senza orificio da rimandare lo escremento. 33. Delle penne degli insetti. 34 Degli scarafaggi. Lampiride. Le altre specie degli scarafaggi. 35. Delle locuate. . Delle formiche. 37. Crisalide. 38. Degli animali che nascono dal legno, o nel legno. 3g. Animali negli escrementi delPnomo. Quale sia il pi piccolo animale : ve n' ha pur nella cera. 40. Animale, che non ha ascita al cibo. 41. Tignuole, cantarelle, zanzare. Animale che nasce nella neve. 42. Animale che vive nel fuoco : pirale, ovvero pirausta. 43. Emerobione. 44 Nature e storie degli animali per ciascun membro. Quali hanno apice, quali cresta.
45. Specie delle corna. Quali le abbiano mobili. 46. Del capo, e quali animali non ne abbiano.
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C. PLINII SECUNDI
47. Del capello.
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XLVII. De capiUo. X LVI 1I. De ossibus capitis. XL 1X. De oerebro. L. De auribus : qoae ine auribus, el tine foraminibas audiant. LI. De facie, de fronte, et superciliis. LII. De ocalis : quae tioe oculit animalia t qaae singulos oculos tantam habeant. LIII. De diversitate oculorum. L 1V. Quae ratio ritus. Noeta videntes. LV. De natura papillae. Qoae non conniveant. LVI. De palpebris, et quibas non sint : quibas ab altera tantum parte. LV 1I. Quibut genae non tint. LVlII. De malit. LIX. De naribot. LX. De buccit, labris, mentis, maxillis. LXI. De dentibus : quae genera eorum : quibas non atraqae parte sint : quibas cavi. LXII. De terpentiom dentibus: de veneno eorum. Cui volucri dentes. LX 11I. Mirabilia dentiam. LXIV. Aetas animantium ab his. LXV. De lingua, el quae tine ea : de ranarum tono. De palato. LXV1. De tonsillis. Uva, epiglossis, arteriae, gula. LXVII. Cervix, collum, spina. LXVIII. Guttur, fauces, stomachus. LX 1X. De corde, sangoine, animo. LXX. Qaibos maxima corda : quibat minima : quibut bina. LXXI. Quando in extis aspici coepta. LXX 1I. De pulmone : et quibas maximus, qui bus minimas : quibas nihil aliud qaam pul mo intus : qoae causa velocitatis aaimaliam. LXXI 1 De jocinere, et quibus animalibus, et in I. quibus locis bina jocinera. LXXIV. De felle : nbi, et in quibus geminam. Qaibas aoimaliam non sit: et'quibut alibi quam in jocinere. LXXV. Qaae vis ejas. LXXVI. Qoibas cresca t cum lana et decrescat jecur. Aruspicum circa ea observationet, et prodigia mira. LXXV 1I. Praecordia. Risus natara. LXXV 1II. De ventre, el quibat nallas. Qaae sola vomant LXX1X. Lactes, billae, alvos, colon. Qoare quae dam insatiabilia animalia. LXXX. De omento, et de splene, et quibus ani malium non sit.
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LXXXI. De renibus, el obi quaterni animalibus : quibus Dalli. LXXXI 1. Pectas : ooslae. LXXX1II. Vesica : et qaibas animalibus non sii. LXXX1V. De vulvis : de suum valva : de sa mine. LXXXV. Qaae sevom habeant, qaae noa pin guescant. LXXX VI. De medullis, et qaibus non sint. LXXX VII. De ossibas et spini. Qaibas nec ossa, nec spina. Cartilagines. LXXXVUI. De nervis. Qaae sine nervis. LXXX1X. Arteriae, venae : quae nec venas, nec arterias habent. De sauguine et sudore. XC. Quorum celerrime sangnis spissetur ; quo rum non coeat : quibus crassissimus, quibus tenuissimas, qaibas nallus. XC1. Quibas certis temporibus anni nullus. XCU. An in sanguine principatus. XC1II. De tergore. XC1V. De pilis et vestita tergoris. XCV. De mammis, et qaae volacram mammas habeant. Notabilia animalium io nberibus. XCVI. De lacte, de colostris, de caseis ; ex qai bas non fiat : de coagulo. Genera alimenti ex lacte. XCV11. Genera caseorom. XCV 11I. Differentiae membrorum hominum a reliquis animalibus. XCIX. De digitis : de brachiis. C. De simiarum similitudine. Cl. De anguibus. Cll. De genibus, et poplitibus. CUI. In qaibas membris corporis humani sacra religio. CIV. Varices. CV. De gressa, et pedibas, et cruribus. CVI. De angulis. CV11. Volacram pedes. CVUI. Pedes animalium, a binis ad centenos. De pomilionibus. CIX. De genitalibus : de hermaphroditis. CX. De testibus. Trium generum semiviri. CXI. De caudis. CX1I. De vocibus animalium. CX11I. De agnascentibus membris. CX1V. Vitalitatis et morum notae, ex membris hominum. CXV. De anima et victu. CXVI. Qaae veneno pasta ipsa non pereunt, et gustata necant. CXV1I. Quibus de caasis homo non concoquat. De remediis cruditalom.
81. Degli araioni, e dove sienei animali che ne abbiano quattro. Quali non ne abbiano. 82. Petto : coste. 83. Vescica : quai animali ne sien privi. 84. Delle vulve : della vulva delle troie : della sugna. 85. Che animali abbiano sevo, e che altri non ingrassino mai. 86. Delle midolle, e quai animali non n ab
b ia n o .
87. Delle ossa e delle spine. Quali non abbiano n oesa, n spine. Cartilagini. 88. De nervi. Quali sien privi di nervi. 89. Arterie, vene : quali non abbiano n arterie, n vene. Del sangue e del sudore. 90. Di quai animali il sangue s rappigli pre stissimo : di quali no. Qaali lo abbiano grossissimo, quali sottilissimo : qaali non ne abbiano. 91. Quai non ne abbiano solo in certi tempi delPanno. 92. Se il principato nel sangue. g 3. Del tergo. 94. De' peli e copritura del tergo. 95. Delle poppe, e quali uccelli ne abbiano. Notabili cose rapporto alle poppe. 96. Del latte, delle coloatre, del cacio : quai animali non facciano cacio: del presame. Specie degli alimenti che si (anno col latte. 97. Specie dei formaggi. 98. Differenza dei membri dell'uomo dagli altri
an im ali.
99. Delle dita : delle braccia. 100. Della somiglianza delle scimmie. 101. Delle unghie. 102. Delle ginocchia e de'garetti. 103. In quali membra del corpo umano sia on che di religione. 104. Varici. 105. Dell'andare, de' piedi, delle gambe. 106. Delle ugne. 107. Piedi degli uccelli. 108. Piedi degli animali, da dne fino cento. De* nani. 109. Delle membra genitali : degli ermafroditi, n o . De' testicoli. Mezziuomini di tre specie, i n . Delle code. 112. Delle voci degli animali. 11 3 . De' membri superflui. n 4 Segnali di lunga vita e de'costumi, che ap pariscono nelle membra dell'oomo. 11 5 . Deiranima e del vitto. 116. Di quegli animali ebe cibando veleni non periscono, ma ammazzano chi ciba di essi. 117. Per quali cause l'aomo non ismallisca il cibo. De' rimedii all' indigestione.
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G. PLINII SECUNDI
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CX.VIII. Quemadmodum corpulentia conligat : quo modo minuatur. CX 1X. Quae gustu famera itimque sedent.
i 8. Come i formi la corpulenza : come si cerni, 119. Di quelle cose che gustaudole cacciano la fame e la sete.
S omma
S umma: Re*, et historiae, et observationes, DCCLZX. M EX AUCTORIBUS M. Varrone. Ily gno. Scropha. Saserna. Celso Cornelio. /Emilio Macro. Virgilio. Columella. Julio Aquila qui de Etrusca disci plina scripsit. Tarquitio qui item. Urobricio qai itera. Catone censorio. Domitio Calvioo. Trogo. Melisso. Fabiano. Modano. Nigidio. Mamilio. Oppio.
AUTORI Marco Varrone. Igino. Scrofa. Sa serna. Cebo Cornelio. Emilio Macro. Virgilio. Columella. Giulio Aquila, che scrisse della disciplina Etrusca. Tarquizio, che del pari. Umbricio, che del pari. Ca tone Censorino. Domizio Calvino. Trogo. Melisso. Fabiano. Muciano. Nigidio. Mamilio. Oppio. STRANIERI Aristotele. Democrito. Neottolemo, che scrisse di meliturgia. Aristomaco,che del pari. Filislo, che del pari. Nicandro. Mene crate. Dionisio, che tradusse Magone. Em pedocle. Callimaco. Il re Attalo. Apol lodoro, che scrisse delle bestie avvelenate. Ippocrate. Erofilo. Erasistrato. Ascle piade. Temisone. Posidonio Stoico. 1 due Menandri, il Prieoense e l'Eracleote. Eufronio Ateneo. Teofrailo. Esiodo. Il re Filometore.
EXTERNIS Aristotele. Democrito. Neoptolemo qui MXjro0f?*x0t. Aristoraacho qui item. Phi listo qui ilem. Nicandro. Menecrate. Dionysio qui Magonem transtulit. Empedo cle. Callimacho. Attalo rege. Apollo doro qui de bestiis venenatis. Hippocrate. Herophilo. Erasislralo. Asclepiade. Themisone. Posidonio Stoico. Menandri* Prienense et Heracleote. Euphronio Athe naeo. Theophrasto. Esiodo. Philome tore rege.
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LIBRO XII
CoBTiHEirrca arborum hatdrae.
1 e t II. H o b o r e a ru m .
LIBRO XII
Si
TRATTA d e l l a m a t u r a d e g l i a l b e r i.
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I l V. Piperi* arbores. Genera piperis : brecma. Zingiberi, sive zimpiberi. XV. Caryophyllon. Lycium, sive pyxacanlbum chironium. XVI. Macir. XVII. Saccharon. XVIII. Arbores Ariana e geniis, liem Gedrosiae : item Hyrcaniae. XIX. Item Bactriae. Bdellium, sire brochon, sire malacham, sive malodacum. Scordacti. In omnibus odoribus aut condimentis dicuntur adulterationes, experimenta, prelia. XX. Persidis arbores. XXI. Persici maris insularum arbores. GossypiD u m arbor. XXII. Chynas arbor- Ex quibus arboribus lina in Oriente fiant. XXJ1I. Quo in loco arborum nulla folia decidant. XXIV. Quibus modis constent arborum fructus. XXV. De costo. XXVI. De nardo. Differentiae ejus xu. XXVII. Asaron. XXVIII. Amomum : amomis. XXIX. Cardamomum. XXX. De thurifera regione. XXXI. Quae arbores thus ferant. XXX1L Quae natura thuris,, et quae genera. XXXIII. De myrrha. XXXIV. De arboribus quae feruut eam. XXXV. Natura et genera myrrhae. XXXVI. De mastiche. XXXVII. De ladano et stobolo. XXXVIII. Enhaemon. XXXIX. Bratus arbor. XL. Slobrum arbor. XL1. De felicitate Arabiae. XLU. De cinnamo. De xylocinnamo. XLU1. Casia. XL1V. Cancamum. Tarum. XLV. Serichalum. Gabalium. XLV1. Myrobalanus. XLVII. Phoenicobalanos. XLVUL De calamo odorato : de junco odorato. XL1X. Hammoniacum. L Sphagnos. Ll. Cypros. L1 Aipalatbos, sive erysisceplrum. I. L1 Maron. II. L1 De balsamo, opobalsamo, xylobalsamo. V. LV. Styrax. LVI. Galbanum. LVU. De panace. LV1U, Spondylion. LIX. De malobathro.
14. Dellalbero del pepe. Specie del pepe : breemo : zingiberi, ovvero zimpiberi. 15. Del gherofano. Licio, o sia pissacanto Chi ronio. 16. Del macir. 17. Dello zucchero. 18. Alberi del paese Ariano. Altri del paese dei Gedrosii. Altri dell' Ircania. 19. Alberi del paese de' Ballriani. Bdellio, o sia broco, o sia malaca, ovvero malodaco. Scorda Iti. Falsificazioni, esperimenti, prezzi di tutti gli odori e conditure, ao. Degli alberi della Persia, ai. Degli alberi cbe nascono nelle isole del mar Persico. Gossipino. aa. Dell'albero china. Di quali alberi in Oriente s tragga lioo. a 3. In quel sito non cadano mai le foglie agli alberi. a4 In quali modi stieno i frutti degli alberi. a 5. Del costo. 26. Del nardo. Dodici differenze di esso. 37. Dell'asaro. 28. DeHamomo : del l'amo mi de. 29. Del cardamomo. 30. Del paese che produce incenso. 3 1. Quali alberi lo producano. . Della natura dell incenso, e quali ne sieno le specie. 33. Della mirra. 34. Degli alberi che la producano. 35. Natura e specie della mirra. . Del mastice. 37. Del laudano e dello strobo. 38. Enemo. S9. Dell'albero brato. 40. Dell'albero strobo. 41. Della felicit dell'Arabia. 42. Del cinnamomo. Del silocinnamomo. 43. Della cassia. 44 Del cancamo. Del taro. 45. Del sericato. Del gabalio. 4 6. Del mirobalano. 47. Del fenicobalano. 48. Del calamo odorato : del giunco odorato. 49. Dellammoniaco. 50. Dello sfango. 5 1. Del cipero. 5a. Dell'aspalato, ovvero erisiscellro. 53. Del maro. 54. Del balsamo, opobalsamo, silobalsamo. 55. Dello stirace. 56. Del galbano. * 57. Del panace. 58. Dello spondilio. 59. Del malobatro.
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LX. De omphacio. LXI. Bryon, oenanthe, massaris. LXII. Elate, vel spalhe. LXIII. Cinnanum, comacum.
S omma
C. PLINII SECONDI
60. Dellonfacio. 61. Del brio, enante, massari. 62. Dellelate, ovvero pate. 63. Del cinnamo, comaco.
S omma : fra cose, storie e osservazioni 468.
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EX AUCTORIBUS. M. Varrone. Muciano. Virgilio. Fabia no. Seboso. Pomponio Mela. Flavio. Procilio. Trogo. Hygino. Claudio Cae sare. Corn. Nepote. Sextio Nigro qui grae ce de medicina scripsit. Cassio. Hemina. L. Pisone. Tuditano. Anliale. EXTERNIS Theophrasto. Herodoto. Callisthene. lsigono. Clitarcho. Anaximene. Duri de. Nearcho. Onesicrito. Polycrito. Olympiodoro. Diogneto. Nicobulo. Anliclide. Charete Mitylenaeo. Menaechmo. Dorotheo Athenaeo. Lyco. Antaeo. Ephippo. Chaerea. Democle. Ptole maeo Lago. Marsya Macedone. Zoilo item. Deiribcrito. Amphilocho. Aristomacho. Alexandro Polyhistore. Juba. Apollodoro qui de odoribus scripsit. Heraclide medico. Archidemo item. Dionysio item. Democede item. Euphronio itero. Mneside item. Diagora item. lolia item. Heraclide Taren tino. Xenocrate Ephesio. ---- *0 *----
AUTORI Marco Varrone. Muciano. Virgilio. Fabiano. Seboso. Pomponio Mela. Fla vio. Procilio. Trogo. Igino. Claudio Cesare. Cornelio Nipote. Sestio Nigro, che scrisse in greco di medicina. Cassio Emina. Lucio Pisone. Tuditano. Ansiate. STRANIERI Teofrasto. Erodoto. CalHstene. Is gono. Clitarco. Anassimene. Duride. Nearco. Onesicrito. Polierilo. Olimpiodoro. Diogneto. Nicobulo. Antidide. Carete Mitileneo. Menecmo. Doroteo Ateneo. Lieo. Anteo. Efippo. Cherea. Dmod. Tolomeo Lago. Marsia Mace done. Zoilo Macedone. Democrito. Anfiloco. - Aristomaco. Alessandro Poliistore. Giuba. Apollodoro,che scrisse sopra gli odori. Eraclide medico. Archidemo medico. Dionisio medico. Democede medico. Eufronio medico. Mneside medico. Diagora me dico. lolla medico. Eraclide Tarentino. Senocrate Efesio.
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LIBRO
CoHTM EHTITR HISTORIAE DB PBRBGR 1N1S ARBORIBUS, ET UHOOEWTIS.
LIBRO
Si
LB STORIE D E G ALBERI FO RESTIERI, E DBGLI U BGUEBTI.
i. Degli unguenti : quando si conobbero. . Spede degli unguenti, e dodid composizioni. 3 . Diapasmati, magmi : come se ne pigli esperi mento. 4 . Come fossero gli unguenti oggetti di gran lusso. 5. Quando la prima volta vennero in uso presso i Romani. . Delle palme. 7. Ddla natura loro. 8. Come si piantino. g. Specie delle palme, e lor segnali. 10. Degli alberi di Siria : pistacchi, cottani, Da masceni, misa.
XI. Cedros. Qoae arbores triom annorum fmctum pariter habeant. XII. Terebinthus. XIII. Rhus. XIV. JSgypti arbores : ficus Alexandriua. XV. Ficus Cypria. XVI. Siliqua ceraunia. X VII. Persica arbor : t qaibus arboribas subna scantur fractas. XVIU. Caci. XIX. Spina iEgyptia. XX. Gummium genera ix. Sarcocolla. XXI. De papyro : de chartae osa : quando coeperit. XXII. Quomodo fiat. XX III. Genera ejus ix. XXJV. Probatio chartarom. XXV. Vilia chartarum. XXVI. De glutino chartarum. XXVU. De libris Numae. XXVIII. tUopiae arbores. XXIX. Atlantica arbor. De citri arbore, et de citreis mensis. XXX. Qoae probentur, aut vituperentur in his. XXXI. Bfalum citreum. XXXII. Lotos. XXXII I. Cyrenaicae arbores : paliurus. XXXIV. Punici mali genera ix. Balaustium. XXXV. Asiae et Graeciae arbores : epicaclis, erice; granum Cnidium, sive thymelaea, sive pyrosachne, sive cneslrum, sive coeo rum. XXXVI. Tragion : tragacantha. XXXVII. Tragos sive scorpio : myrice, sive brya; ostrys. XXXV1U. Evonymus. XXXIX. Eon arbor. XL. Andrachle. XL1. Coccygia : apharce. XL1I. Ferola. XL111. Thapsia. XL1V. Capparis, sive cynosbaton, sive ophiostaphylon. XLV. Saripha. XLV1. Spina regia. XLV1I. Cytisos. XLV111. Arbores et frutices in mari nostro. Phy cos, uve prasoo, sive zoster. XUX. Bryon marinam. L. la mari Rabro. U. Item in Iodico. Ul. Item Troglodytico : Isidis plocamos : charitoblepharon. : Rs, et historiae, et observationes,
CCCCLXVIII.
u . Del cedro. Qaali alberi tengano il fratto di tre anoi contemporaneamente, ia. Del terebinto. i 3. Del ras. 1 4 Degli alberi deil'Egitto: del fico d 'Ales sandria. 15. Del fico di Cipri. 16. Della siliqua Ceraunia. 17. Dell'albero persico ; e a qaali alberi nascano i frutti nella scorza. 18. De' cuci. 19. Della spina Egiziana. ao. Nove specie di gomma. Sarcocolla. a i. Del papiro: dell'uso della carta: qaando cominci osarsi. . Come si faccia. a3 . Nove specie di essa. 24. Della prova delle carte. a5. De* difetti delle carte. . Della colla delle carte. 37. De libri di Naina. 28. Degli alberi dell' Etiopia. 39. Degli alberi del monte Atlante. Dellalbero cedro, e delle tavole di esso. 30. Di ci che in esso lodato o biasimato. 3 1. Del fruito cedro. . Dell'albero loto. 33. Degli alberi Cirenaici : del paliuro. 34 Nove specie di melagrani. Balaustio. 35. Alberi dell'Asia e della Grecia : epicatti, en ee : granello Gnidio, ovvero timelea, o pirosacne, o cnestro, o cneoro. . Tragioo : tragacante. 37. Del trago, ovvero scorpione : della mirice, ovvero bria : dell'oslri. 38. Dell'evonimo. 39. Dell'albero eone. 40. Dellandracle. 4 1. Della cocci gi : dell' afarce. 42. Della ferula. 43. Della tapsia. 44 Del cappero, o cinosbato, ovvero opiostafilo.
47. Del citiso. 48. Alberi e sterpi del nostro mare. Del fico, o prason, ovvero zostera. 49. Del brione marino. 50. Alberi e sterpi del mar Rosso. 5 |. Quelli del mar Indiano. 5a. Quelli del mar Trogloditico : capello d* Iside : caritoblefaron. S o n u : fra cose, storie e osservazioni 468.
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EX AUCTORIBUS
C. PLINII SECUNDI AUTORI Marco Varrone. Muciano. Virgilio. Fabiano. Seboso. Pomponio Mela. Fa bio. Igino. Trogo. - Procilio. Claudio Cesare. Cornelio Nipote. Sestio Nigro, che scrisse in greco della medicina. Cassio Emina. Lucio Pisone. Tudtlano. Anziate. STRANIERI Teofraslo. Erodoto. Catlistene. - lsi gono. Clilarco. Anassimene. Dnride. Nearco. Onesicrito. Policrito. Olim* piodoro. Diogneto. Cleobulo. Antidide. Carete Mitileneo. Menecmo. Doroteo Ateniese. Lieo. Efippo. Dione. A dimanto. Tolomeo Lago. Marsia Macedone. Zoilo Macedone. Democrito. Anfiloco. Alessandro Poliistore. Arisloroaco. 11 re Giuba. Apollodoro, che scrisse sugli odori. Eradide medico. Botrie medico. Archidemo medico. Dionisio medico. Democede medico. Eufronio medico. Mueside medico. Diagora medico. lolla medico. Eradide Tarentino. Senocrate Efesio.
M. Varrone. Muciano. Virgilio. Fabia no. Seboso. Pomponio Mela. Fabio. Hygno. Trogo. Procilio. Claudio Cae sare. Coro. Nepole. Sextio Nigro qai graece de medicina scripsil. Cassio Hemina. L. Pisone. Tuditaoo. Aoliale. EXTERNIS Theophrasto. Herodoto. Callisthene. lsigono. Clitarcho. Anaximene. Doride. Nearcho. Onesicrito. Polycrito. Olympiodoro. Diogneto. Cleobulo. Auticlide. Charete Mitylenaeo. Menaechroo. Doro theo Atheniense. Lyco. Antaeo. Ephippo. Dione. Adimanto. Ptolemaeo Lago. Marsya Macedone. Zoilo item. - Demo crito. Amphilocho. Alexandro Polyhisto re. Aristomacbo. Juba rege. Apollodoro qai de odoribus scripsit. Heraclide medico. Botrye item. Archidemo item. Dionysio item. Democede item. Euphronio item. Mneside item. Diagora item. lolla item. Heraclide Tarentino. Xenocrate Ephesio.
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LIBRO XIV
COBTIRBRTCE FACCT1FB&AB AEBOBBS
L IB R O X IV
Si tratta degli albbri fbuttifbm. e a. Della natura delle vili : e come elle faccian frutto. 3. Della natura delle uve, e della cura delle viti. 4 Novantuna specie di vili. 5 . De modi di governare le vigne. 6. Quali sieno i vini pi antichi. 7. Della natura del vino. 8. Cinquanta specie di vini generosi. 9. Trentotto di vini oltremare. 10. Sette di vini salsi. 11. Diciotto di vini dolci. Del vin passo, e del la sapa. 12. Tre specie di vin secondario. >3 . Che tardi ebbero i vini riputazione in Italia. 14. Dell osservazione de vini intimata dal re Romolo. 15. Quali vini usassero gli autichi. 16. Notevoli cose circa le canove. Del vino Opi miano.
i.
I e t II. V itiu m n a ta r a : q u ib u s m odis ferant. III. De uvarum natura, t cura vitium. IV. Earom genera xci. V. Insignia culturae vinearum. VI. ( * Quae vina antiquissima* ). VII. De natura vini. VIU. Vina generosa l . IX. Vina transmarina xxxvm. X. Vini salsi genera vn. XI. Dulcium genera xvm. De passo, el hep semate. XII. Secundarii vini genera 111. XIII. Quam noper coeperint vina generosa in Italia. XIV. De vini observatione a Romulo rege posita. XV. Qaibus vinis usi anliqui. XVI. Notabilia circa apothecas. De vino Opi miano.
HISTORIARUM MUNDI LIB. I. XVII. Qaando primam vini qaatuor genera po sito. XVni. Ex labnuca aras : et quis frigidissimas natara saccas. XIX. Vini fictili* genera u n . XX. Hydnuneli, sive saelicraton. XXI. OxymeK. . Vini prodigio genera xn. XXIII. Qaibas vinis ad sacra ali non sit fas. XXIV. Qaibas generibus inasta condiant XXV. De pice, resinis. 1. De aceto : de faece. XXVlI. D e n m vinariis : de allia. XXVUl. De ebrietate. XXIX. Ex aqoa et frngibas vini viin fieri.
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17. Qaando st diedero Ia prima volta quattro sorti di vino a convito. 18. Vino fatto di labrasca : qaal sia il sacco pi frigido per natara. 19. Sesaantaqoattro spede di vini contraffatti, ao. Dell idromele, ovvero metterato. ai. DdPosimele. . Dodici spede di vini prodigiosi. a 3. Di qaali vini non si possa far oso nesaerifizit. a4 Di qnali sorti si aoeoncino i vini. a5. Della pece, della ragia. . Dellaceto : della feeda. 37. De vasi da vino : delle cantine. 28. Della ubbriachessa. 29. Che con acqua e biada ai fanno bevande che paion vino.
S om ma:
px
Corn. Valeriano. Virgilio. Celeo. Catone censorio. Sasernis patre et filio. Scropha. Varrone. D. Silano. Fabio Pictore. Tra go. Hygino. Flacco Verrio. Graeeino. lolio Attico. ColnmeUa. Masorio Sabino. Fenestella. TergMa. M. Aodo Planto. Flavio. Dosseno. Scaevola. Aelio. Attejo Capitone. Cotta Messaline. L. Pi sone. Pompejo Lenaeo. Fabiano. Sextio Nigro. Vibio Rnfo. EXTERNIS Henodo. Theophrasto. Aristotele. Deatoailo. Attalo Philometore rege. Hierone rege. Archyta. Xenophonte. Amphilo cho Athenaeo. Anaxipoli Thasio. Apollo doro Lemnio. Aristophane Milesio. Anti gono Cymaeo. Agathode Chio. Apollonio PergBBMno. Aristandro Athenaeo. Botrye item. Bacchio Milesio. Bione Solerne. Chaerea Atheniense. C haeristo item. Dio doro Prienaeo. Dione Colophonio. Epige ne Rhodio. Evagone Thasio. Eupbronio Athenaeo. Androtione. qai de agricoltura scripsit. Aeschrione qoi de agricedtata scrip* sit. Lysimacho qni item. Dionysio qui Magonem franatoli t. Diophane qni ex Diony sio epiiomed fecit Asclepiade medico. Onesicrito. Jnba rege.
Corndio Valeriano. Virgilio. Celso. Catone Censorino. 1 Saserni, padre e figlio. Scrofa. Varrone. D. Sillano. Fabio Pittore. Trogo. Igino. Flacco Verrio. Gredno. Giulio Attico. Columella. Masario Sabino. Fenestella. Tergilla. Marco Aedo Plauto. Flavio. Dosseno. Scevola. Elio. Atteio Capitone. Cotta Messalino. Lodo Pisone. Pompeo Leneo. Fabiano. Sestio Nigro. Vibio Rafo. STRANIERI Esiodo. 'l'eofrasto. Aristotele. De mocrito. 11 re Attalo Filometore. Il re Ierone. Archila. Senofonte. Anfiloco Ateneo. Anassipoli Tasio. Apollodoro Lennio. Aristofane Milesio. Antigono Cimeo. Agatode Chio. Apollonio Pergameno. Aristandro Ateneo. Botrie Ateneo. Bac chio Milesio. Bione Solense. Cherea Ate niese. Cheristo Ateniese. Diodoro Prieneo. Dione Colofonio. Epigene Rodio. Evagone Tasio. Eufrouio Ateneo. Androzione, che scrisse di agricoltura. Escrione, che por di agricoltura scrisse. Lisimaco, che del pari. Dionisio che tradusse Magone. Diofane che epitom Dionisio. Asdepiade medico. One sicrito. 1 re Giuba. 1
G. PUNII SKCUNDI
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LIBRO XV
CoHTiHKirrra h a t u e a e
I. D b
f b u g if b r a b d m a e b o b o m .
libro
Si
xv
T U T T A LA NATOBA DEGLI A LB E M F B U T T IF B E I.
olea : q u a n d i o a p a d Graecos tantum fuerit. Quando prinaura in Italia, Hispania, Africa, esse coeperit. II. Quae naturae oliva*, ei olei incipientia. III. De oleo : nationes, el bonitates old. IV. Olivarum genera xv. V. De natura olei. VI. Cultura olearnm : de aervandia olivis. Quo modo faciendum sit oleum. VII. Olei fictitii genera x l v iii . Cici arbor, site croton, aive Irixis, sive sesamum. V ili. De amurca. IX. Genera pomorum, et naturae. Nucum pinea rum genera . X. Coloneorum genera, . Strutheorum ge nera IV. XI. Persicorum genera v. . PruDoinm genera xn. X m . De Persea. XIV. Malorum genera xxx. Quo quaeque tem pore externa poma venerint in Italiam, et nude. XV. Qnae novisalme. XVI. Pirornm genera xli. XV I I . De insitorum varietate, et fulgurum ex piatione. XV III. De pomia servandis, et ovis. XIX. Ficorum genera xxix. XX. De ficis historica. XXI. De aprificatione. XXII. Mespilorum genera 111. XX II I. Sorbo rum genera v. XXIV. Nuenm genera xi. XXV. Castaneartim genera xvm. XXVI. Siliquae. XXVII. De carnosis ponis. De morie. X X V ili. Da unedone. XXIX. Achrtrum naturae. XXX. Cerasosum genera ix. XXXI. Corna : lentisd. XXX II . Soccorum diflerentiae xm. XXXIII. ( * De colore succi, et odore. XXXIV. Pomorum naturae diversae *). XXXV. Myrtos. XXXVI. Historica de myrto. XXXVU. Genera ejus xi. XXXVIII. (* Usus Romae in ovatione *). XXXIX. Laurus : genera ejus xm. XL. (* Historica de lauro *).
S umma :
i. Dell* nlivo : fino a qaando si conserv fra i soli Greci. Qaando oominoi spargersi per Italia, la Spagna, l Africa. . Della natura dell*oliva, e dell'olio da prin cipio. 3. Dell* olio : del nascere e della bont dell* olio. 4 Quindici specie di ulive. 5. Della natura dell* olio. . Della cultore delle Uve : del modo di ser barle. Come s* abbia a far l olio. 7. Quarantotto specie di olio fittzio. Dell* al bero dei, o crotone, o trissi, o sesamo. 8. Della morchia. 9. Specie e nature de* pomi. Quattro sorti di noci pine. 10. Quattro sorti di mele cotogne: quattro di strutee. 11. Sd specie di pesche. 1 a. Dodici spede di susine. 13. Della pesca di.Persia. 14. Trenta specie di mele. In tjual tempo ciascu na di queste spede s'introdusse in Italia, e d* onde. 15 . QaaK pi di fresco. 16. Quarantena apede di pere. 17. Della diversit de* nesti, e dell* espiazione de* folgori. 18. Del conservar le mele e le uve. 19. Ventinove sorti di fichi, ao. Cenui storici sopra i fichi, a i. Ddla caprificazione. . Tre spede di nespole. a 3. Qoattro di sorbe. aj. Undici di nod. a5. Didotto di castagne. . Delle silique. 27. De* pomi carnosi. Delle more. a8. Ddle corbezzole. 39. Della natura degU acini. 3o. Nove spede di ciriegie 3>. Del corniolo : del lentisco. 3a Tredtd sorti di spghi. 33. D el colore e odore del sug. 34 D berte nature di pomi. 35. Del mirto. 36. Centri storici sopra il mirto. 37. Undici specie di mirti. 38. Roma ne usava nelT ovazione. 39. Dell* alloro : tredid specie di esso. 40. Cenni storici sopra aUoro.
S omma
77
Fenestella. Fabiano. Virgilio. Corn. Valeriano. Celso. Catone censorio. Sasernis patre et filio. Scropha. M. Varrone. D. Silano. Fabio Pictore. Trogo. Hygino. Flacco Verrio. Graecino. At tico Jnlio. Masurio Sabino. Tergilla. Colla Messalino. Columella. L. Pisone. Pompeio Lenaeo. M. Accio Planto. Fla io. Dosseno. Scaevola. Aelio. Attejo Capitone. Sextio Nigro. Vibio Rufo. EXTERNIS Hesiodo. Aristotele. Democrito. Hie rone rege. Archyta. Attalo Philometore rege. Xenophonte. - Amphilocho Athenaeo. Anaxipoli Thasio. Apollodoro Lemnio. Aristophane Milesio. Antigono Cymaeo. Agathocle Chio. Apollonio Pergamo. Aristandro Athenaeo. Bacchio Milesio. Bio ne Solense. Chaerea Athenaeo. Chaeristo ilem. Diodoro Prienaeo. Dione Colopho nio. Epigene Rhodio. Evagone Thssio. Eophronio Athenaeo. Androtione qui de agricultor a scripsit. Aeschrione qui de agri cultura scripsit. Dionysio qai Magonem trans tulit. Diophane qui ex Dionysio epitomen fecit, Asclepiade medico. Erasistrato item. Cominiade qui de conditura vini. Aristomacho qni item. Hicesio qui item. Themisone medico. Onesicrito. Juba rege.
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--4--
LIBRO XVI
C o i m i m silvestrium a m oio x m t o u e . I. Garris sine arbore. U. Miracula in septemtrionali regione arborum. HI. De glandiferis : de civica corona. IV. De coronarum origine. V. Qui trondea corona donati. VI. Glaodium genera xm. VII. De fago. Vili. De reliqais glandibus : de carbone. IX. De galla. X Quam multa praeter glandem ferant eaedem arbores. XI. Cachrys. Si
LIBRO XVI
DISCORRE LA R T D l i DBOLl ALBERI SILVESTRI.
i. Popoli senza alberi. . Maraviglie negli alberi de* paesi settentrio nali. 3. Di quelli che portan ghiande : della corona civile. 4 DeUorigine delle corone. 5. Di que'che furono donati di corona di frondi. . Tredici specie di ghiande. 7. Del faggio. 8. Delle altre ghiande : del carbone. 9. Della galla. 10. Quante altre cose, oltre le ghiande fanno questi stessi alberi. 11. Delle cacrie.
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C PLINII SECONDI
lo
XII. Coccum.
XIII. Agaricum. XIV. Quarum arborum cortices in uso. XV. De scandulis. XVI. De pino. XVII. De pinastro. X V ill. Picea : abiete. XIX. Larice : taeda. XX. De taxo. XXI. Quibus modis fiat pix liquida. Quomodo cedrium fiat. XXII. Quibus modis spissa pix fiat. XX III . Quibus resioa zopissa. XXIV. Quarum arborum materue^in pretio. Fraxini genera iv. XXV. Tiliae genera 11. XXVI. Aceris genera x. XXVII. Bruscum : molluscum : staphylodendron. XXV II I. Buxi genera m. XXIX. Ulmorum genera i t . XXX. Arborum natura per situs : quae monta nae : quae campestres. XXXI. Quae siccaneae : qoae aquaticae : quae communes. XXXII. Divisio generum. XXX II I. Quibus folia non decidant. De rhodo dendro. Quibus non omnia folia cadant. Quibus in locis nulli arborum. XXXIV. De natura faliorum cadentium. XXXV. Quibas foliorum varii colores : quorum foliorum figurae mutentur. Populorum ge nera m. XXXVI. Quae folia versentur omnibus annis. XXXVII. Foliorum e palmis cura, et usus. XXXVIII. Foliorum mirabilia. XXXIX. Ordo naturae in satis. XL. Qoae arbores namquam floreant. De ju niperis. XL 1. De concepta arborum. De germinatione : de partu. XLII. Quo ordine floreant. XL 11I. Quo quaeque tempore ferant. De corou. XL 1V. Anniferae. In triennium ferentes. XLV. Qaae fructum nou ferant: quae infelices ' existimentur. XLVI. Qaae facillime perdant fractam, aut florem. XLV 1I. Quae ubi non ferant. X LV 1II. Quomodo ferant. XL1X. Quibus fructus, antequam fqiia nascantur.
ia. Del cocce. 13 . Dellagarico. 14. Di quali alberi si usi la scorza. 15. Delle scandole* 16. Del pioo. 17. Del pino silvatico. 18. Delia picea : dellabete. 19. Del larice : della teda, ao. Del tasso. a i.ln c h e modi si fa la pece liqoida: inebe il cedrio. . In che modi la pice spessa. a3. In che la ragia zopissa. a 4 Degli alberi, il cui legno in prezzo. Quattro specie di frassini. a 5. Due sorti di tiglio. . Dieci sorti dacero. 37. Del brusco, mollusco, stafilodendro. 38. Tre specie di bosso. 39. Quattro specie di olmo. 30. Natura degli alberi secondo i luoghi : quali montani, quali campestri, 3 1. Di quelli che non amano acque, di quelli che s, di quelli che son comuni allamido e allasciutto. . Divisioue delle sorti degli alberi. 33. Di quelli, a cui non cadono le foglie. Del rododendro. Di quelli, a coi non latte cadono le toglie. In quali sili non staci albero venuto. 34 Della natura delle foglie che cadono. 35. Di quelle che hanno pi colori : di quelle che mutano figura. Tre specie di oppio.
L Biferae: triferae. LI. Qaae celerrime senescant, qaae tardissime. L1I. In qaibas plora reram genera gignantur. Crataegum. LUI. Differentiae arborum per corpora et ramos. L1V. De ramis. LV. De cortice. LFI. De radicibus. LV1I. Arbores quae sponte resurrexerint. LV11I. Quibus modis sponte nascuntur arbores. Naturae differentiae, non omnia ubique ge nerantis. LIX. Ubi qaae non nascantur. LX. De cupressis. LXI. Nasci saepe ex terre, qaae antea nata non siot. LX11. De edera ; genera ejus xx. LX111. Smilax. LX1V. De aqaaticis : de calamis : arundinum ge nera XXYIll. LXV. De sagittariis, et scriptoriis calamis. LXVI. De fistulatoriis. De Orchomenia arundine, et aucupatoria, et piscatoria. LXVU. De Tioitoria arundine. LXVU1. De salice : genera ejus tiii. LX1X. Qoae praeter salicem alligando utilia. LXX. De seirpis, candelis, cannis, tegulis. LXXI. De sambucis : de rubis. LXXII. De arborum succis. LXXI1I. ( * De arborum venis et pulpis * ). LXXJV. De arboribus caedendis. LXXV. ( * Catonis ea de re placita * ). LXXVI. De magnitudine arborum. De natara materiarum : de sapino. LXXV1I. Igniaria e ligno. LXXVIII. Quae cariem non sentiat : quae rimam. LXX1X. Historica de perpetuitate materiarum. LXXX. Teredinum genera. LXXXI. De materiis architectonica. LXXX1I. De materiis fabrilia. LXXX11I. De glutinanda materia. LXXX1V. De laminis sectilibus. LXXXV. Arborum durantium vetustas. Ab Afri cano priore sata. In urbe Roma D. annorum arbor. LXXXVI. Ab Urbe condita arbores. LXXXVII. Vetustiores Urbe io suburbanis.
50. Di quelli he fruttano dae 1 'atrtio, o tre. 5 1. Degli alberi che assai tosto invecchiano;
di qoelli che assai tardi. 5a. Di quelli che generano pi cose. Cratego.
83
G. PUNII SECONDI
LXXXVIII. Ab Agamemnone Mte: arbore a primo anno belli Trojani : ab Ilii appellatio ne: arbores apud Trojam antiquiores bello Trojano. XXXIX. Item Argis ab Hercule satae. Ab Apol line satae. Arbor antiquior qnam Athenae. XC. Quae genera arborum minime darent. XCI. Arbores ex eventa nobiles. XCII. Qnae sedem nascendi suam non habeant : quae in arboribus vivant, et in terra nasci non possinf. Genera earum ix. Cadytas : polypodion : phaanos : hippopha^ston. XC 1 Visci tria geqera. De visci et similium na II. tura. XC 1V. De visco faciendo. XCV. ( * De visco historica ).
S um m a:
88. Di alberi piantati da Agamennone : d'altri il primo anno della guerra Troiana : d'al tri che hanno nome da Ilio. Alberi presso Troia pi antichi della guerra Troiana. 89. Dalberi in Argo piantati da Ercole: di pian tati da Apollo. D'uno pi antico che Atene. 90. Di quegli alberi che duran poco. 91. Di quelli che acquistarono onore per qualche fatto. 92. Di alcune cose che non hanno sito proprio a nascere : alcune vivono negli alberi, e non possono nascere io terra. Nove specie di queste. Erba cadila : polipodio, fanno, ippofesto. 93. Tre specie di visco. Della natura del vtsca e simili. 94 Del fare il visco. 95. Cenni storici sopra il visco.
S omma
M.Varrone. Fetiale. Nigidio. Cornelio Nepote. Hygino. Masario. Catone. Muciano. L. Pisone. Trogo. Calpurnio Basso. Crematio. Sextio Nigro. Corn. Boccho. Vitruvio. Graecino. EXTERNIS Alexandro Polyhistore. Hesiodo. Theo phrasto. - Democrito. Homero. Timaeo mathematico. ---- <0.----
Muciano. Lacio Pisone. Trogo. Cal purnio Basso . Cremuzio. Sestio Nigro. Cornelio Bocco. Vitruvio. Grecno. STRANIERI Alessandro Poliistore. Esiodo. Teofre sto. Democrito. Omero. Timeo mate matico.
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LIBRO XVII
CoRTISEirrUR SATIVARUM ABBOB U . H
I . A rborum p r e t i a m ir a b ilia .
L IB R O X V II
S i T R A T T A D E L LA NATURA D EG LI ALBERI S A T I V I.
III . Qoalis terra optima. IV. De terris quas Graeciae et Galliae jaciant ge nera VIII. V. De cineris usu. VI. Dfimo. VII. Quae sata aberiorem terram fisciant : qaae arant. VUI. Quibas modis fimo utadam. IX. Quibus modis arbores feraat. X. Semine nascentia.
i. Mirabili pregi degli alberi. . Della natura del cielo quanto agli alberi : a qual parte del cielo debbano esser volte le vigne. 3 . Quale sia ottima terra. 4. Quattro specie di terra, di che la Grecia e la Gallia si vanta. 5 . Dell'uso della cenere. . Del li lame. 7. Quali piante rendano pi grassa : quali la brucino. 8. In che modi vogliasi osare il litanie. 9. In che modi gli alberi producano. 10. Di quelli che nascono di seme.
85
16
XI. Quae namqaam degenerent. XU. PliDtis nascenti. XIII. Avulsione nascentia : a surculo. XIV. De seminariis. XV. De almis serendis. XFJ. De scrobibas. XVII. De intervallis arboram. XVIII. De ambra. XIX De stillicidiis. XX. Qaae tarde crescant ; qaae celeriter. XXI. Propagine nascentia. XXU. De insitione ; quomodo inventa it. XXII I. Inoculatio. XXIV. Genera insitionum. XXV. De vite inserenda. XXVI. Emplastratio. XXVII. Ramo nascentia. XXYU1. Quae taleis : et quomodo serantur. XXIX. Olearum cultura. XXX. Operum surcularium per tempora anni di gestio. XXXI. De ablaqueandis, et accumulandis. XXXII. De salicto. XXXIII. Arundineta. XXXIV. Dc ceteris ad perticas et palos caeduis. XXXV. Vinearum ratio et arbastoram. XXXVI. Ne arae ab animalibus infestentur. XXXVII. Morbi arborum. XXXVIII. Prodigia ex arboribus. XXXIX. Medicinae arborum. XL. Quomodo rigandum. ILI. Mirabilia de riguis. XLII. Castratio arboram. XLI1I. ("Alia arborum remedia*). XLIV. Caprificatio, (*et de firis*). XLV. Quae putationis vilia. XLVI. De stercoratione. XLV 1 Arboribus medicamenta. L S m A : Res, et historiae, et observationes,
MCCCLXXXI.
Di quelli che mai non degenerano, is. Di quelli che nascono dalle piante. i 3. Di quelli che si spiccano dalla madre. Di quelli che mellon da sorcolo. > De seminarii. 4 1 5. Del piantare gli olmi.
16. Delle fosse.
17. Delle distanze degli alberi. 18. Dell'ombra. 19. Delle grondaie. ao. Di quetle piante che lardi crescono; di quelle che tosto, ai. Delle propagini. 33. Dell1 innestare : come sia trovata questa ma niera. s 3. Dell' innestare ad occhio. s 4 Delle specie di nesti. 35. Dell' innestare le viti. 36. DelP impiastrare i nesti. 27. Delle piante che vengono di rami. 38. Di quelle che de' piantoni, e come si piantiuo.
39. Cultura degli ulivi.
30. Del por gi i sorcoli in varii (empi dell'aono. 3 1. Dello scalzare e accumulare intorno gli alberi. . Del salceto. 33. Del canneto. 34 Degli altri che si tagliano per fiir pertiche
o pali.
35. Della disciplina nel governare le vigne e gli
arbusti.
. Del guardar le uve che non sieno molestale
dagli animali. 37. Delle infermit degli alberi. 38. Di alberi prodigiosi. 39. Rimedii per le infermit degli alberi. 40. Come debbasi adacquare. 4 1. Maraviglie rapporto allo adacquare. 42. Castratura degli alberi. 43. A ltr i rimedii pegli alberi. 44 Caprificazione : de' fichi. 4 5 . De1 difetti del potare. 4 6 . Della stercorazione. 47. De1 rimedii pegli alberi contro gli animali. Som * : fra cose, storie e osservazioni i 38i .
EX AUCTORIBUS Corn. Nepote. Catone censorio. M. Var rone. Celso. Virgilio. Hygino. - Sasernis patre et filio. Scropba. Calpurnio Basso. Trogo. Aemilio Macro. Graecino. Colamella. Attico Julio. Fabiano. Sura Ma milio. Dosseno Mundo. C. Epidio. L. Pisone.
AUTORI Cornelio Nipote. Catone Censorino. Marco Varrone. Celso. Virgilio. Igino. I due Saserni, padre e figlio. Scrofa. Cal purnio Basso. Trogo. Emilio Macro. Greci no. Columella. Attico Giulio. Fa biano. Sura Mamilio. Dosseno Mando. Caio Epidio. Lacio Pisone.
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C. PUNII SECUNDI
EXTERNIS STRANIERI
88
Hesiodo. Theophrasto. Aristotele. Democrito. Theopompo. Hierone rege. Philometore Attalo rege. Archelao rege. Archyta. Xenophonte. Amphilocho Athe niense. Anaxipoli Thasio. Apollodoro Le mnio. Aristophane Milesio. Antigono Cy maeo. Agathocle Chio. Apollonio Perga meno. Bacchio Milesio. Bione Solense. Chaerea Atheniense. Chaeristo item. Dio doro Prienaeo. Dione Colophonio. Epigene Rhodio. Evagone Thasio. Euphronio Athe naeo. Androtione qui de agricultura scripsit. Aeschrione qui item. Lysimacho qui item. Dionysio qui Magonem transtulit. Diopha ne qui ex Dionysio epitomen fecit. Aristandro qui de portentis. ---- ----
Esiodo. Teofrasto. Aristotele. De mocrito. Teopompo. U re Ierone. 1 re 1 Attalo Filometore. U re Archelao. Archita. Senofonte. Anfiloco Ateniese. Anassipoli Tasio. Apollodoro Lennio. Aristofane Milesio. Antigono Cimeo. Agatocie Chio. Apollonio Pergameno. Bacchio Milesio. Bione Solense. Cherea Ateniese. Cheristo Ateniese. Diodoro Prieneo. Dione Colofonio. Epigene Rodio. Evagone Tasio. Eufronio Ateneo. Audrozione, che scrisse di agricultura. Escrione, che del pari. L i simaco, che del pari. Dionisio, che tradusse Magone. Diofane, che epitom Dionisio. Aristandro, che ragion de'portenti.
LIBRO x vin
ComniSTCX hatubab feugom.
1. Astiquo&um studium in agricultura.
i
l ib r o
Si
.
tbatta la
xvm
n a t u r a d i l l i b ia d e .
U. Quae prima Romae corona spicea. III. De jugero. IV. Quoties el quibus temporibus fuerit summa vilitas annonae. V. Qui illustres de agricultura praeceperint. VI. Quae observanda in agro parando. VII. De villarum positione. VIII. Praecepta antiquorum de agro colendo. IX. Genera frugum. X. Natura, per genera, frumenti. XI. De farre. XII. De tritico. XIII. Hordeo : oryza. XIV. Polenta. XV. Ptisana. XVI. Trago. XVII. Amylo. XVIII. (* Hordei natura *). XIX. De arinca, et reliquis in Oriente generibus. XX. De siligine ; de similagine. XXI. (* De fertilitate tritici in Africa *). XXII. De sesama : de erysimo, sive irione : de hormino. XXIII. De pisturis.
Dello studio che posero gli antichi neUagricultura. . Della prima corona di spighe a Roma. 3. Dell' iugero. 4- Quante volte e in che tempi le vettovaglie valsero poco. 5. Di quelli che pi si distinsero in dar precetti di agricultura. . Che debbasi osservare nel preparar il campo. 7. Come si debba edificare la villa. 8. Precetti degli antichi intorno a lavorare i poderi. 9. Delle specie delle biade. 10. Natura del frumeuto secondo specie. 11. Del farro. , ia. Del grano. 1 3. Dellorzo : del riso. 14. Della polenta. 15. Della orzata. 16. Del trago. 17. Dell'amido. 18. Natura dell'orto. 19. Dell'arinca e d'altre sorti di grano, che sono in* Levante, ao. Della segala : della similagine, ai. Della jertilit del grano in Africa. aa. Della sesama : deir erisimo, ovvero irione : dell'ormiuo. 3. Delle macine.
90
XXIV. De milio. XXV. De panico. XXVI. De fermenti!. XXVII. Pani faciendi ratio, el origo. XXVIII. Qaando pistorum initiam Romae. XXJX. (*De alica *). XXX. De leguminibus : faba*: XXXI. Lente : piso. XXXII. Ciceris genera. XXXII I. Faseoli. XXXIV. De rapis. XXXV. De napis. XXXVI. De lupino. XXXVII. Vicia. XXXVIII. Erraro. XXXIX. Silicia. XL. Secale, sire asia. XL 1. Farrago : cracca. XLU. De ocjmo : ervilia. XL1 1. Medica. 1 XL1V. Morbi fragum : de avena. XLV. Remedia. XLV1 Quod in quoque terrae genere debeat . seri. XLVII. Diversitas gentiam in sationibus. XLV111. Vomerum genera. XLIX. Ratio araodi. L. De occando, runcando, sarriendo, per genera hugnio. De cratitione. LI. De samma fertilitate soli. L1I. Balio saepias anno sereodi. Llli. Stercoratio. L1V. Seminam probatio. LV. Quantum ex quoque genere framenti in ju gero serendum. LV1 De temporibus serendi. . LV1I. Digestio siderum in dies et noctes ter restres. LV11I. Exortus, occasusqae siderum. LIX. Cardines temporum. LX. Qaae sementis hibernae tempora. LXI. Qaae leguminum et papaveris serendi *). LX11. Rerum in agro agendarum, et quid quo que mense fieri in agro oporteat. LXI1I. (* Quid bruma. LX1 Quid a bruma in Favonium. V. LXV. Quid a Favonio in aequinoctium vernum. LXV1. Quid ab aequinoctio. LXVU. Quid a Vergiliarum exorta *). De feno. LXVUI. (* Solstiliam *). LXIX. Caasae sterilitatum. LXX. Remedia. LXXI. ( Quid a solstitio fieri oporteat *).
24. Del miglio. a5. Del panico. 96. Del lievito. 37. Del modo di fare il pane, e origine di esso. 38. Quando prima furono i fornai in Roma. 39. Deiralica. 30. D e'legumi: della fava. 3 1. Della lente : del pisello. . Delle specie del cece. 33. De' faglinoli. 34 Delle rape. 35. De* navoni. . Del lupino. 37. Della veccia. 38. Della robiglia. 39. Della silicia. 40. Della segala, ovvero asia. 4 * Della farragine : della cracca. 4a. Dell'ocimo : della cicerchia. 43. Della medica. 44 De' malori delle biade : deH'avena. 45. De' rimedii loro. 46. Di ci che dee seminarsi in ogni genere di terreno. 47. Diversit di seminare fra le nasioni. 48. Delle maniere de'vomeri. 49. Del modo di arare. 50. Dellerpicare, arroocare, sarchiare, secondo le specie delle biade. Dell'erpice con astili di ferro. 5 1. Della somma fertilit del suolo. 5a. Del come seminare pi volte l'anno. 53. Del letamare. 54. Della bont de' semi. 55. Quanto grano d'ogni specie sia da seminare in un iugero. 56. De' tempi di semioare. 57. Compartimento delle stelle in d e notti.
58. Nascimento ed occaso delle stelle. 59. De'cardini de' tempi. 60. Quali sieno i tempi per le semente d'inverno. 61. Quali per seminare i legumi e i papaveri. . Replica di tutta la coltura* e che debba farsi in ciascun mese nel campo. 63. Che debba farsi nella bruma. 64 Che dalla brama insino al vento Favonio. 65. Che dal Favonio insino all' equinozio di primavera. . Che dopo l'equinozio. 67. Che dopo il nascimento delle Vergilie. Del ' fieno. 68. Solstizio. 69. Cagioni della sterilit. 70. Rimedii. 71. Che debba farsi dopo il solstitio.
C PLINII SECUNDI
9*
LXXII. De messibos. LXX 1II. De frumeuto servando. LXXIV. De vindemia, et alumni operibus. LXXV. Lanaris ratio. LXXVI. Ventorum ralio. LXXVII. Limitatio agrorum. LXXVIII. Prognostica: a sole. LXXIX. A luna. LXXX. Slellis. LXXXI. T'onitribus. LXXX 11. Nubibus. LXXX11I. Nebulis. LXXXIV. Ignibus terrestribus. LXXXV. Aquis. LXXXV 1. Ab ipsis tempestatibus. LXXX VII. Ab animalibus : ab aquatilibus : a vo lucribus. LXXXV III. A quadrupedibus. LXXX 1X. Ab herbis. XC. A cibis. S omma : Res, et historiae, et observationes, mmlx. EX AUCTORIBUS Masurio Sabino.-Cassio Hemina. Verrio Flacco. L. Pisone. Coro. Celso. Turranio Gracile. D. Silano. M. Varrone. Catone censorio. Scropba. Sasernis patre et filio. Domitio Calvino. Hygino. Virgilio. Tro go . Ovidio. Graeciuo. Columella. Tu berone. L. Tarutio, qui graece de astris scri psit. Caesare dictatore qui item. Sergio Paulo. Sabino. Fabiano. M. Cicerone. Calpurnio Basso. Allejo Capitone. Mamilio Sura. Accio qui Praxidica.
72. Delle messi. 73. Del conservare il frumento. 74 Della vendemmia, e delle opere di autunno. 75. Della ragione della lana. 76. Della ragiooe de' venti. 77. Del termiuare de'campi. 78. Pronoslici dal sole. 79. Dalla luna. 80. Dalle stelle. 81. Dai tuoni. 82. Dalle nubi. 83. Dalle nebbie. 84. Dai fuochi terrestri. 85. Dalle acque. 86. Dalle slesse tempeste. 87. Dagli animali : dai pesci : dagli uccelli. 88. Dai quadrupedi. 89. Dalle erbe. 90. Dai cibi.
Somma*, fra cose, storie e d o sserv a zio n i
2060.
AUTORI Masurio Sabino. Cassio Emina. Verrio Flacco. Lucio Pisone. Cornelio Celso. Turranio Gracile. D. Silano. Marco Var rone. Catone Censorino. Scrofa. I due Saserni, padre e fllio. Domizio Calvino. Igino. Virgilio. Trogo. Ovidio. Grecino. Columella. Tuberone. Lucio Taruzio, che scrisse in greco degli astri. Ce sare dii latore, che del pari. Sergio Paolo. Sabino. Fabiano. Marco Cicerone. Calpurnio Basso. Atteio Capitone. Mamilio Sura. Accio, che scrisse le prassidiche. STRANIERI Esiodo. Teofraslo. Aristotele. De mocrito. 1 re Ierone. 1 re Attalo Filome* 1 1 lore. Il re Archelao. Archita. Senofonte. Anfiloco Ateneo. Anassipoli Tasio. Aristo fane Milesio. Apollodoro Lennio. Antigono Cimeo. Agalocle Chio. Apollonio Perga meno. Aristandro Ateneo. Bacchio Milesio. Bioue Solense. Cberea Ateniese. Cheristo Ateniese. Diodoro Prieneo. Dione Colofonie. Epigene Rodio. Evagone Tasio. Aufronio Ateneo. Androzione, che scrisse di agricoltura. Essrione, che del pari. Lisi maco, che del pari. Dionisio, che tradosae Magone. Diofane, che epitom Dionisio. Talete. Eudosso. Filippo. Callippo. Dositeo. Parmenisco. Melone. Ori-
EXTERNIS Hesiodo. Theophrasto. Aristotele. De mocrito. Hierone rege. Attalo Philometore rege. Archelao rege. Archyta. Xenephonte. Amphilocho Athenaeo. Anaxipoli Tha sio, Aristophane Milesio. Apollodoro Lem nio. Antigono Cymaeo. Agathocle Chio. Apollonio Pergameno. Aristandro Athenaeo. Bacchio Milesio. Bione Solense. Chaerea Atheniense. Chaeristo item. Diodoro Prienaeo. Dione Colophonio. Epigene Rhodio. Evagone Thasio. Enphronio Athenaeo. Androtione qui de agricultura scripsit. Aeschrione, qui item. Lysimacho, qui item. Dionysio, qui Magonem transtulit. Diophane, qoi ex Dionysio epitomen fecit. Thalete. Eadoxo. Philippo. Gallippo. Dositheo.
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Parmenisco. 'Melone. Critooe. OCMpidt Zenone. Eoe temone. Harpalo. Hecataeo. Anaximandro. Sosigene. Hippar cho. Aralo. - Zoroastre. Archibio. ---- < .
tone. Enopide. Zenone. Eaetemone. Arpalo. Ecateo. Anassimandro. Sosige ne. Ipparco. Arato. Zoroastre. Ar chibio.
LIBRO XIX
C o * T l H* TDR LIBI BATCBA, * T CULTOS BORTBBSIOBO*.
LIBRO XIX
Si
TRATTA D ILL A BATCH A DEL U B O , E DELLA CURA DEGLI ORTI.
I. Libi natura, et miracola. II. Qaoraodo seratar, et genera ejus excellen tia XXVII. I I I . Quomodo perficiatur. IV. (* De lino asbestino. V. Qaando linam lingi coeptaro *). VI. Qaando primnm in thetris vela.
VII. De sparti natara. Vili. Quomodo perficiatur. IX. Qaando primos usos ejus. X. De eriophoro bulbo. XI. Quae sine radice nascantor et vivaot : qnae nascantur et seri non possint* XII. Misy, iton, geranion. XIU. De taberibus. XIV. pezicae. XV. De laserpitio, et lasere : maspetum. XVI. Majtydaria. XVII. De rubia. XYHI. De radicala. XIX. Hortorum gratia. XX. Digestio lerrae. XXI. Nascentiam, praeter fruges, et frutices. XXII. Nalura, et genera, et historiae nascentiam in bortit reram xx. In omnibus dicilur quo modo qaaeque seranlur. XXIII. (*Quae cartilaginei generis : cucumeres : pepones. XXIV. Cucurbita. XXV. De rapis : napis. XXVI. De raphanis. XXVII. Pastinaca. XXVIII. Sisere. XXIX. Ioala. XXX. Balbis, scilla, aro *). . XXXI. De omnium earnm radicibus, floribas, follis. Qaibus hortensiorum folia cadant. XXXII. (* Caeparum genera. XXXIII. De porro.
i. Natara e maraviglie del lino. . Come si semini, e venselte migliori specie di esso. 3. Come si c o n d u c e. 4 D el lino asbestino. 5. Quando si principi tingere il lino. . Quando si cominci usare vele di lino nei
( a t r i .
7. Della natura dello sparlo. D. Come si conduca, g. Quando si cominci usare. 10. Del bulbo erioforo. 11. Delle piante che nascono e vivono sente radice: di quelle che nascono e non si possono seminare, ia. Misi, itone, geranio. 1 3. De' tartufi. 14. Delle vescie. 1 5. Del laserpitio e del lasere : del maspeto. 16. Magidari. 17. Della robbia. 18. Della radicala. 19. Della cura degli orti. 20. Distinzione delle cose che nascono in terra, a i. Di quelle che nascono, oltre le biade i
f r u ll i .
22. Nalura e specie e storie di venti cose che nascono negli orti. D'ognuna si dice come si semini. a 3. Di quelle che sono cartilaginose : cotonieri, poponi. 24. Della tacca. a5. Delle rape : de*navoni. 26. De' raiaoi. 27. Della pastinaca. 28. Del sisero. 29. Dell enala. 30. Della cipolla, della scilla, dell'aro. 3 1. Delle radici, fiori, foglie di tutte queste piante. A quali piante da erto cadane le foglie. 3a. Specie di cipolle. 33. Del porro.
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C. PLINII SECUNDI
34. Dell aglio. 35. In quanti giorni ne nasca ciascuna. 36. Nalura de' semi. 3;. Quali piante hanno una sola specie, qaali pi. 38. Natara, specie e storie di ventitr piante
XXXIV. De allio *). XXXV. Quoto quaeque die nascantur. XXXVI. Seminum natara. XXXVII. Quorum singula genera, quorum plu ra sint. XXXVUl. Natara et genera, et historiae ia horto sataram rerara x x i i i . (* De lactuca ; genera ejus. XXXIX. De intabis. XL. De beta ; genera iv. XL1. De brassica ; genera ejas. XL1I. De asparagis : de corruda. X L 1 De cardais. II. XLIV. De reliqais in horto satis. Ocimum. Eru ca. Nastartiam. XLV. De rata. XLVI. De apio. XLV 1I. Menta. XLV 1II. Olusatrum. X L 1 Careniti. X. L. Ligusticum. LI. Lepidiora. L 1I. Gith. LUI. Papaver. L1V. Reliqua saliva aequinoctio autumni. LV. Serpyllum, et sisymbrium *). LVI. Ferulacea genera quatuor. Cana abis. LV 1I. Morbi hortensiorum. L V 111. Remedia. Quibas modis formicae necen tur. Contra erucas remedia : contra calices. LIX. Qaibas salsae aquae prosiot. LX. Ratio rigandi hortos. L X 1. De succis et saporibus hortensiorum. LXII. De piperitide, et libanotide, et srayrnio.
41. Del cavolo : specie di esso. 4a. Degli sparagi : ddla corruda. 43. Dei cardi. 44 Delle altre piante da orto. Basilico : ruchet ta: nasturzio. 45. Della ruta. 46. Dell'appio. 47. Della menta. 48. Dell'olusalro. 49. Del careo. 50. Del careo ligustico. 5 1. Del lepidio. 5a. Del gii. 53. Del papavero. 54 Delle altre piante da seminarsi neU'equinozio d'autunno. 55. Del sermollino e del sisimbrio. 56. Quattro specie di ferule. Canape. 57. Delle io fermila degli orli. 58. De' rimedii. Come si ammazzino le formiche. Rimedii contro i bruchi, contro le zaozare. 59. A quali piante giovino le acque salse. 60. Modo di adacquare gli orti. 61. De'sughi e sapori dellerbe d'orto. 6a. Della peperuola, del libaooto, del cavolo smirnio.
S omma
Som m a
m c x l iv ,
M. Accio Planto. M. Varrone. - D. Silano. Catone censorio. Hygino. Virgilio. Mu ciano, Celso. Columella. Calpurnio Basso. Mamilio Sora. Sabino Tirone. Licinio Macro. Q. Hirtio. Vibio Rufo. Caesennio qui KtiTovfjxd scripsit. Castritio item. Fir mo item. Petricho.
Marco Accio Pianto. Marco Varrone. D.Silano. Catone Censorino. Igino. Vir gilio. Modano. Celso. Columella. Calpurnio Basso. Mamilio Sura. Sabino Tirone. Licinio Macro. Quinto Irzio. Vibio Rufo. Ceseanio, che scrisse le cepuriche. Castrizio, che del pari. Firmo, che del pari. Petrico. STRANIERI Erodoto. Teofrasto. Democrito. Aristomaco. Menandro, che scrisse le biocreste. Anassilao.
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LIBRO XX
CoVTIMITUa M ICIN EX H QOAE SEEUBTDE ED AE IS BOETIS. I el II. Cocumere silvestri, xxvi. III. Elaterio, xxvu. IT. Anguino cucumere, uve erratico, v. V. Cucumere salivo, ix. TL Pepone, xi. VII. Cucurbita, xvn. TUI. Colocynthide, x. IX Rapis, ix. . X.Rapo silvestri, i. IL Napis, sire bunio, sive buniade, t . XIL Raphano silvestri el armoracia, i. X Raphano sativo, xlui. III. X T. Pastinaca, v. Hibisco, sive moloche agria, 1 ave pislolOchia, xi. XT. Staphylino, sive pastinaca erratica, xxii. XTI. Gingidio. XVII. Sisere, xi. XVlILSile, xii. XIX. Inula, xi. XX. Caepis, xxvii.. XXI. Porro sectivo, xxxn. XXII. Porro capitato, xxxix. XXIII. Allio, l x i . XXIV. Lacloea, Xl i i . Caprina, iv. XXV. Caesapo, i. Isati, i. Laetuca silvatica, vii. XXVI. Hieraeia, xvu. XXVU. Beta, xxi. XXVIII. Limonio, sive neuroide, lu. XXIX. Iolubo, iv. XXX. Cichorio, sive chresto, sive pancratio,quae ambubaja, xu. XXXI. Hedypnoide, iv. XXXII. Seris genera m. Medicinae vn. XXXIII. Brassica, lxxxvii. (* Catonis placita. fcXXIV. Graecorum placita *). XXXV. Cyma. XXXVI. Brassica silvestris, xxvu. XXXVII. Lapsana, t. XXXVIII. Marina brassica, i. XXXIX. Scilla, xxi u. XL. Bulbis, xxx. XLI. De bulbine, i. De bulbo vomitorio. XUl. De asparagis. XUI1. De corruda, sive libyco, uve hormioo, XX IV. XLIV. De apio, xvu. ^LV. De apiastro, aivc mdittopbyllo.
LIBRO XX
Si TIATTA DELLE IIEDICIH CHE SI PAREO DI CI E CHE NASCE NEGLI OET1 . i c a. Del cocomero salvalico, 36. 3. DelPelaterio, 37. 4. Del cocomero serpentino, o erratico, 5. 5. Del cocomero seraioato. 9. 6. De! popone, 11. 7. Della zucca, 17. 8. Della coloquinlida, 10. 9. Delle rape, 9. 10. Della rapa selvatica, 1. 11. Del navone,ovvero bunio,ovvero buniada, 5. a . Del ravano salvalico e armoracia, 1. 13. Del ravano seminato, 43. 14. Della pastinaca, 5. Dell'ibisco, ovvero mo loche agria, o pistolochia, 11. 15. Dello slafilino, o pastinaca erratica, sa. 16. Del gingidio. 17. Del sisere, i t . 18. Del sesele, 1 3 . 19. D e ll'inula, 11. 3 0 . Della cipolla, 37. 31. Del porro setlivo, 3s. 33. Del porro capitato, 39. 33. Dell'aglio, 61. 34. Della lattuga, fa . Della lattuga caprina, 4 35. Del cesapo, 1. Dell'isali, 1. Delia lattuga sai valica, 7. 36. Della ieracia, 17. 37. Della bietola, 34. 38. Del limouio, o neoroide, 3. 39. Dell' endivia, 4 30. Della cicoria, o eresio, o pancratio, che pur si dice ambnbagia, 1a. 31. Dell edipnoida, 4. 3s. Specie del seri 3. Medicine 7. 33. Del cavolo, 87. Opinioni di Catone. 34. Opinioni de' Greci. 35. Del broccolo. 36. Del cavolo salvalico, 27. 37. Della lapsana, t. 38. Del cavolo marino, 1. 39. Della scilla, a3. 40. De' bulbi, 3o. 4 Del bulbine, 1. Del bulbo vomitorio. 4a. Degli asparagi. 43. Della corruda, o libico, ovvero orminio, 24. 44 Dell'appio, 17. 45. Dell'appiastro, o melissofllo.
O D
C. PLINII SECUNDI
XI.VI. De olusafro, si ve hipposelino, xt. Oreoselino, ii. Heleotelino, i. XLVII. Petroselino, i. Basetino, i. XI.Vili. De ocirao, xxxv. XI.IX. Eruca, xi.
L.
1
Nasturtio, x l i i . 1 Rota, l x x x i v . .
MI. Mentastro, xx. II. Menta, & 1.1 V. Pulegio, xxv. LV. Falegio silvestri, xvm. LVI. Nepela, t x . I.VII. Cumino, xtvm. Camino silvestri* xxvi. J-VIII. De animi, x. l.IX. De cappari, xviu. l.X. Ligustico, sive panace, v.
JjXI. Cunila bubnla, v.
] fXlI. Cunila gallinacea, sive origano, v. 1.1 Cunilagine, vm. . I.X 1V. Conila molli, in. Conila libanotide, m. LXV. Conila saliva, w . Conila montana,
v ii.
selino, a. Qell'elioseljno, i. 47. Del petroselino, 1. Del baselino, t. 48. Del basilico, 35. 49. Della rucchelta, 11. 50. Del nasturzio, 42. 51. Della raia, 84. 52. Del meotastro, 20. 53. Della menta, 4 54 Del paleggio, 25. 55. Del paleggio salvalico, 18. 56. Della nepitella, 9. 57. Del cornino, 48. Del cornino salvalico, 16. 58. Dell'ammi, 10. 59. Del cappero, 18. 60. Del ligustico, o panace, 4 61. Della cunila bobula, 5. 62. Della cunila gallinacea, ovvero origano, 5. 63. Della caailagioe, 8. 6^ Della cunila molle, 3. Della conila libano tide, 3. 65. Della conila saliva, 3. Della caaila monlana, 7.
66. Del piperile, o siliqoatlro, 5,
LXVI. Piperitide, sive siliquastro, . LXYI 1. De origano onili, sive prasio, vi. LXVII1. Tragorieano, ix. LX 1X. Origano heraclio : genera m. Medicinae xxx. LXX. Lepidio, m. LXXI. Gilb, sive melanlhio, xxm. LXX 1I. Aneso, sive aniceto, l x i . LXXI 1I. (* Ubi optimum, et reliquae medicinae ex eo *). LXX 1 Anetho, ix. V. LXXV. Scopenio, sive sagapeno, xui. LXXVI. Papavere albo, in. Papavere nigro, viti. De sopore : da opio, i. Contra potiones, quas et //^riffy et /, et xotXiaxf vocant. De meconio, i. Qaomodo succus herbaram colligendas. I.XXYIL Papavere rhoea, n. LXXV 1I 1 Papavere silvestri ceratili, si ve giaccio, . sive palatio, vi. LXXIX. Papavere silvestri heraclio, sive aphro, v. Diacodiou. LXXX. Papaver lithymalom sive paraliom, m. LXXXI. De porcilaca, quae et peplis, x l v . LXX X 1I. Pe coriandro, \. LXXXI 1I. De allriplice, xni. LXXXIV. Malva malope, xin. Malva malache, i. Malva alinea, sive plistolocia, u x. LXXXV. Lapalho silvestri, sive oxalide, sive 1 *Iho cantherino, sive rumice, i. De hydrolapatho, ii. Ilippolapatho, vi. Oxylapatho, v.
L X X X VI. De lapalhn yalivo, x x i . B u i* pallio, i.
<7. Dell'origano onili, o prasio, 6. 68. Del tragorigano, 9. 69. Dell'origano eraclio : specie 3 Medicine 3. 70. 71. -i. 73. Del lepidio, 3. Del gii, o melantio, a3. DeH'aniso, o aniceto, 61. Dove si trovi il migliore, e delle altre medicine che si fanno di esso. 74. Dellaneto, g. 75. Dello scopenio o sagapeno, i 3. 76. Del papavero bianco, 3. Del nera, 8. Del sapore; delloppio, 1. Contro le bevande che appellano anodini, e lessipireti, e peptiche, e cliache. Del meconio, x. Co me s'abbia a raccorre il sago dell'erbe. 77. Del papavero rea, a. 78. Del papavero selvatico, ceratiti, o glaucio, p paralio, 6. 79. Del selvatico eraclio,o afro, 6. Del diacodio, 80. Del papavero lilimalo, o paralio, 3. 81. Della porcellana, ovver peplio, 49 82. Del coriandolo, 21. 83. DelPattriplice, i 3. 84 Della malva malope, i 3. Della malva mala che, 1. Malva altea, o plistotocia, 59. 85. Del lapato salvalico, ovvero ossa li de, o la pato canterino, o rumice, t. Dell idrola palo, a. Dell' ippolapalo, 6. Dell' ossila palo, 4. 80 . D lupaio salivo, 21. Del bulapalo, 1 . *l
Jot
I>XXXVII. Sinapi, genera iti. Medicinae i l i v . LXXXVIU. De adarca, x l v i i i . LX X X 1X. De tharrubio sire plruio, sive linostropbo, sive philopaede, sive philochare, xxix. XC. Serpyllo, xvnl. XC 1. Sisymbrio, sive thymbraeo, xiiu . K I I . Lini semine, xxx. XC1 I. Blito, TI. 1 XQ?. De meo; de athamantico, vii. XCV. Feniculo, xxii. XCVI. Hippomarathro, sive myrsineo, f . XCVII. De Cannabi, ix. XCVIII. De ferula, vm. XCIX. De cardao, sive scolymo, vi. C Theriacae compositio.
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h is to r ia , e t o b s e rV a lio n e s *
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BX AUCTORIBUS Calotte censorio. M. Varrone. Pompe ja Lenaeo. C. Valgio. i Hygino. Sextio Nigro, qoi graeee scripsit. Julio Baftso, qui graeee scripsit. Celso. Antonio Castore.
Catone Censoriuo. -* Marco Varrone. Pompeo Leneo. Caio Valgio. Igino. Se stio Nigro, che tcHsse in greco. Giulio Basso, che pure scrisse in greco. Celso. Antonio Castore. STRANIERI Democrito. Teofrasto. Orfeo Me* naudro, che scrisse i biocresti. Pitagora.
EXTERNIS DeidOcrito. Theophrasto. Orpheo. Menandro, qui Btoxgn icripsit. Pytha gora. MEDICIS Hippocrate. Nicandro. Chrysippo. Diode. Ophelione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Tarentino. Apol lodoro Citiense. Pragaxora. - Plistonico. > Bcdio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asdepiade. Crateva. Petronio Diodoto. lolia. Erasistrato. Diagora. Andrea. -Maeside. Epicharmo. Damione. Dalione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco. Olympiade Thebana. PhiCso. Petricho. Mictone. Glaucia. Xe terate.
MEDICI Ippocrale. Nicandro. Crisippu. Dio. eie. Ofelione. Eraclide. lce*io. Dioni sio. Apollodoro Tarentino. Apolloduro Citiense. Prassagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleofanto. Filistioue. Ascle piade. Crateva. Petronio Diodoto. lolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicarmo. Damione. Dalione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lieo. Olimpiade Tebana. Filino. Petrico. Milione. *Glaucia. Senocrate.
C. PLINII SECUNDI
LIBRO XXI
CoHTINBRTUR RATDKE FLO MRT CO O R TO . RU R VAM H fcVM
1 et II. De strophiolis : serta. III. Qoi invenerint miscere flores, et qaando primam corollae appellatae, et quare.
l ib r o
Si
xxi
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t r a t t a d k lla r a td r a
R DRLLR GBIRLAHDR.
IV. Quis primus coronas foliis argenteis et aureis dederit. Quare corollaria dicta. De lemniscis. Quis primam caelaverit eos. V. Quantus honor coronaram apud antiquos fuerit. VI. Severitas antiquorum in coronis. VII. Quem floribas coronaverit populus Rom. VIII. Pactiles coronae. De sutilibus coronis : de nardinis : de sericis. IX. (* De floribus qai scripserint *). Cleopatrae reginae factum in coronis. X. De rosa ; genera ejos xii. XI. Lilii genera iv. XII. Narcissi genera m. XIII. Quantam semen tinguatur, un infecta nas cantur. XIV. Quemadmodum quaeque nascantur seran tur, colantur, sub singulis generibus. Violae colores in. Luteae genera v. XV. De caltha : regius flos. XVI. De bacchare. De combreto. De asaro. XVII. De croco: ubi optime florei : qui flores Trojanis temporibus. XVIU. De natura odorum. XIX. Iris. XX. De saliunca. XXL Polium, sive teuthrion. XXII. Vestium aemulatio cum floribus. . Amarantus. XXIV. Cyanos : holochrysos. XXV. Petilium : bellio. XXVI. Chrysocome, sive chrysitis. XXVII. Qui frutices flore coronent. XXVIII. Qui folio. "XXIX. Melothron, spiraea, origanum : cneoron sive casia, genera dao : melissophyllam sive raelittaena. Melilotos, quae sertula Campana. XXX. Trifolii, genera m. Myophonom. XXXI. Thymi genera m. Flore nascentia, non semine.
i e a. Delie slrofiole : de' serti. 3. Da chi vuoisi ripetere aso per U prima volta di mescere fiori, e quando ebber nome le corooe, e perch. 4 Chi fu il primo che dispensasse ghirlande con foglie di argento e d'oro. Perch co rollarii furon dette. De lemnisci. Chi fu il primo a farli scolpire. 5. In qaan to onore fossero le corone presso gli antichi. 6. Severit degli antichi rapporto a queste. 7. Chi fa coronato di fiori dal popolo Romano. 8. Ghirlande di pi fiori. Delle ghirlande cu cite ; di quelle di foglie di nardo : delle fornite di seta. 9. Quali autori scrivessero sopra i fio r i. Fallo della regina Cleopatra rispetto ai fiori. 10. Della rosa : dodici specie di essa. 11. Quattro specie di ggli, ia. Tre specie del narciso. 13. Come si tinga il seme, perch il giglio nasca di quel colore. 14. Come ogni fiore, secondo la sua specie, si semini, nasca e si coltivi. Tre colori del le viole. Cinque specie delle gialle. 15. Della calta : fior regio. 16. Del baccare : del combreto : dellasaro. 17. Del zafferano : dove meglio fiorisca : quali fiori erano in pregio ai tempi di Troia. 18. Della natura degli odori. 19. Dell1 iride, ao. Della saliunca. a i. Del polio, o leutrio. . Delle vesti che hanno imitalo il colore de fiori. a3. Dellamaranto. a4- Del ciano e d^llolocriso. a5. Del pelilio : del bellione. . Del crisocome, o crisiti. 37. Di quelle piante che dan fior per le corone. a8. Di quelle che sole foglie. 39. Del melotro, spireo, origano, cneoro o casi j di due specie: del melissofillo o mettitene. Del meliloto, che anche dicesi sertul* Campana. 30. Di tre ragioni di trifoglio. Del miofono. 3 1. Di tre ragioni di timo. Nasce dal fiore se minato, non dal seme.
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XXXII. Conyza. XXXHI. Jovis flos: hemerocalles. Helenium. Phlox. Quae ramis el folio odorata. XXXIV. Abrotonum. Adonium, genera n. Ipsa se propagantia. Leueanthemum. XXXV. Amaraci genera duo. XXXVI. Nyctegretum, sive chenomycbos, ite nyctalops. XXXVII. Melilotos. XXXV I I I. Quo ordine temporum flores nascan tur. ( * Verni flores : viola * : ) anemone coro naria : oenanibe herba : melantbium : beliochrysos : gladiolus : hyacinthos. XXXIX. ( * Aestivi flores * : ) lychnis : tiphyon : amaracus Phrygias. Pothi geoera duo. Orsi nae genera duo. Vincapervinca, sive chrfmaedaphne.Quae semper vireat herba. XL. Quam longa cuique florum vita. XLI. Qoae propter apes serenda inter flores. Cerinthe. XLII. De morbis earum, et remediis. XLIU. De pabulo apium. XLIV. De venenato meile, el remediis ejus. XLV. De meile insano. XLVI. De meile qaod muscae non attingunt. XLVI 1. De alveariis, de alvis, et cura eorum. XLY11I. Si (amem apes sentiant. XL 1X. De cera facienda. Quae optima ejus ge nera. De cera Punica. L. Sponte nascentium herbarum in quibusque gentibus usus, naturae, miracula. Fraga, tbamnum ruscum. Batis : genera duo. Pasti naca pratensis : lupus salictarius. LI. Colocasia. LII. Cichorium. Anthalium, oeturo, arachidna, aracos, candryala, liipocboeris, caucalis, anthriscum, scandix, parthenium, strychnum, cor chorus: aphace, acynopos, epipetrou. Qnae numquam floreant, quae semper. LUI. Cneci genera iv. LIV. Aculeati generis herbae : eringiou, glycyrrhiza, tribulus, ononis, pheos sive sloebe, hippophaes. LV. Urticae genera iv. Lamium scorpio. LVI. Carduus, acorna, sive phonos, leucacanlhcs. Chaloeos, cnecos, polyacanthos, onopyxos, helxioe, scolymnos. Chamaeleon, tetralix, acanthice mastiche. LYII. Ectacus, sive cactus. pternix, pappus, ascalia. LV 1 I. Tribulus : ononis. 1
. Delia conisa. 33. Del fior di Giove ; delPeroeroealle. DelPelenio. Del flox. Piante odorose nelle rame e nelle foglie. 34. Dell'abrotono. DelPedonio di <loe maniere. Piante che si propagano da a. Del leucantemo. 35. Di due specie delTamaraeo. . Del nittegreto, o chenomico o nittalopa. 37. Del meliloto. 38. Con qual ordine di tempi nascano i Bori. F iori di prim avera: la viola: lanemone coronaria: Perba enante: il melantkr Peliocriso : il gladiolo : il giacinto. 3g. F iori d i sta te: il licni il tiAo: lfcmaraco Frigio : due sorti di poto, due di orsina : la vincapervinca, o camedafae. Dell'erba sempreverde. 40. Quanto duri la vita a ciascun fiore. 41. Quali fiori vogKonsi piantare per le pec chie. Del cerinte. 43. Delle infermit di esse, e de* rimedi. 43. Della pastura delle peechie. 44 Del mele avvelenato, e de'rimedii contro esso. 45. Del mele patio. 46. Del mele, che le mosche non toccano. 47. Delle casse, degl alvi, e loro governo. 48. Se le pecchie sentano fame. 49. Come si fa la cera. Quali ne sono le qualit migliori. Della cera Punica. 50. Uso, natura e meraviglie delPerbe che na scono spontanee presso ciascun popolo. Le fragole, il tanno, il ruseo. La bali di due specie. La pastinaca pratese: il lupo aalittario. 5 1. Della colocasia. 5a. Del cieorio, antalio, eto, arachidna, araoo, candriala, ipoeheri, caucali, antrisco, scan dice , partenio, stricno, corcoro, aface, acinoro, epipetro. Quali piante non mai fioriscano, quali sempre. 53. Quattro apecie del cnico. 54. DelPerbe spinose : eringio, glieirrito, tri bolo, onone, feo, ovvero stebe, ippofae. 55. Quattro specie di ortiche. Del lamio, dello scorpione. 56. Del cardo, acorna o fono, leucacanto,cakeo, cnico, poliacanto, onopisso, elsine, scolm ilo. Del camaleonte, telraliee, acanlice mastiche. 5;. DelPettaco, ovvero catto, pternica, pappo, ascalia. 58. Del tribolo : dell'onone.
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C. PLINII SECONDI
fu8
LIX. Herbarum genera per caoles. Coronopus : aochusa, anlhemij, phyllanlhes, crepis, lotos. LX. Differentiae herbarum per folia. Qaae par ticulatim floreant: quibds folia non decidant: heliotropium, adianlum. LXI. Spicatarum genera: stanyopos, alopecuros, stelephuros, sive ortyx, sive plantabo. ThryaHis. LXII. Perdicium. Ornithogale. LX 1II. Poat annum nascentes : a summo floreAtes : item ab im 'o LX1V. Lappa herba* qaae intra se parit. Opatrtia, e folio radicem faciens; LXV. Iasione, condrilla, picris, quae toto antio floret. LXVL Quibus flos, aatequam caules exeant : qui bus caulis, antequam flos.exeat: quae ter floreant. LXV1I. Cypiros* medicinae t u i . Thesion. LXVIII. Asphodelus, sive hastilia rgia. Anthericiu* LXIX. Junci genera vi. Medicinae iv* LXX. Cyperus, medicinae xiv. Cyperis, cypira. LXXI. Holoschoenos. LXXII. Medicinae ex junco odorato, sive leu chite, x.. LXXI11. Medicinae ex supradiclis floribus: ex rosa med. xxxu. LXX 1V. Lilio, xxi. LXXV. Narcisso, xvi* LXXVI. Violis, xxviii. LXXVII. Bacchare, xvu. Combreto, i. LXXVUI. Asaro, vui. LXX1X. Nardo Gallico* vm. LXXX. Uerba ,quam phu vocant, iv. LXXXI. Croco, xx. JLXXXII. Syrium orocomagma : medie, ii. LXXXUI. Medicinae ex iride; xu . Saliunca, m. LXXXIV. Polio, xix. LXXXV. Holochryso, ni; Chrysocome, vi. LXXXVI. Melissophyllo, xm. LXXXV1I. Meliloto, xm. LXXX VIII. Trifolio, iv. LXXX1X. Thymo, xxix. XC. Hemerocalles, medie, iv. XCI. Helenium, medie, v. XCII. Abrotonum, medie, xxn. XC1II. Leueanthemum, i. Amaracum, ix. XCIV. Anemone, sive phrenion, medie, x. XCV. Oenanthe, medie, vi. XCVI. Heliochrysum, medie, xi. XCV1I. Hyacinthus, medie, vm. XCV 1II, Lychnis, medie, vn.
crouop, Pancusa, antemi, il fillatfte^ il cre^i, il loto. Co. Differenze delPerbe rispetto alle foglie. Quali fioriscano * parte a parte : qfiali nou per dano le foglie : girasole, adianto. 61. DelPerbe spiegale : lo staniopo, Palopecuro, lo slelefuro, ovvero ortiga, o piantaggine. Della trialli. Ca. Del perdicio: dell'or miogale. 63. Erbe che nascono dopo un anno : di quelle che fioriscono in sommo: d! quelle ehi abbasso. 64 L'erba lappa germoglia entro di s. DelPopanzia, che si fa radici delle sae foglie. 65. DelP iasione, della condrilla, della picri, che fiorisce tutto Panno. 66. Di qaali erbe esce il fiore prima che il gam bo : di quali il gambo prima che il fiore : di quelle che fioriscono tre volte. 67; Del cipiro, medicine 8. Del terio. 68. Asfodelo, ovvero astula rega. Anlerico. 69. Di sei specie di giunco. Medicine 4 70. Del cipero, medicine i 4 Cperi, cipirt. 71. DelPoloscheno. 73. Medicine che si fanno del giiinco odorifero, - o teuchite, 10. 73. Medicine che si fanno dei suddetti fiori : della rosa, 33. 74. Del giglio, 3 1 . 75. Del narciso, 16. 76. Delle viole, 38. 77. Della baccara, 17. Del combreto, 1. 78. Dell'asaro, 8. 79. Del nardo Gallico, 8. 80. Dell'erba che s'appella fu, 4 81. Del croco, 3 0 . 83. Del crocomagma Sirio, 3 . 83. Medicine che si fanno dell' Iride, 4 (> Della salianca, 3. 84<Del polio, 19; 85. Dell'olocriso, 3. Della crocome, 6. 86. Del melissofillo, i 3. 87. Del melilolo, i 3. 88. Del trifoglio, 4 89. Del timo, 39. 90. DelPemerocalle, 4 91. Dell'elenio, 5. 93. DeU'abrotino, 3 3 . 93. Del leucantemo, 1. Dell'amaraco, 9. 94. Dellanemone, o frenio, 10. 95. DelPenanle, 6. 96. Dell'eliocriso, 11. 97. Del giacinto, 8. 98. Della licni, 7.
,J0 1
ito
XCIX. Vino pervinca, medie. v. C. Ruscum, medie, in. CI Batis, medie, n. CII. Colocasia, medie, n. CIII. Aalhylliiim , sive anlhyl)um , medici nae, vi. CIV. Parthenium, sjreleucanthes, siye amnacum, medie, vm. CV. Trychnon, sive strychnoo, sive halicacabara, sive calliada, sive derycoion, sive manicon, sive periiton, sijre neuras, sive moriop, sive moly, medie, vm. CV1. Corcborus, medie. CVII. Coeco, medie, m. CVIII. Peraolota, medie, i. ClX.Graecoram nominum in pouderibusel men suris interpretatio. Sumu : Medicinae, et historiae, et observationes,
DCCXXX.
S om m a :
E X AUCTORIBUS Catone censorio. M. Varrone. - Masnrio. Antiate. Caepione. Vestino. Vibio Ru fino. Hygino. Pomponio Mela. Pompejo loaeo. Corn. Celso. Calpurnio Basso. C. Valgio. Licinio Macro. Sextio,Nigro qui graece scripsit. Julio Basso <jui grsece scripsit.
AUTORI Calone Censorino. Marco Varrone. Ma stino. Anziate. Cepione. Vestino. Vibio Ru6no. Igino. Pomponio Mela. Pompeo Leneo. Cornelio Celso. Cal purnio Basso. Caio Valgio. 1 Licinio Maero. Sestio Nigro, che scrisse in greco, Giulio * Basso, che pure scrisse in greco. STRANIERI Antonio Castore. ->- Teo(Vasto. Democrito. Orfeo. Pitagora. Magone. MEDICI Menandro, che scrisse i biocresti. Nican dro. - Omero. * Esiodo. Museo. Sofo cle. Anassilao. Mnesileo, che scrisse delle corone. Callimaco, che del pari. Fania fisico. Simo. Timaristo. Ippocrate. Crisippo. Diocle. Ofelione. Eraclide. -r- Icesio. 1 Dionisio. Apollodoro Citiense. Apollodoro Tarentino. Prassagor*. Plistonico. Medio. Dienche. Cleofanto. t - Filistione. Asclepiade. Crateva. Petrqnio Piodoto. lolia. Erasistrato. Dia gora. Andrea. Mneside. Epicarmo. . Damione. r Dalione. Sosimene. Tle polemo. Metrodoro. Solone. Lieo. Olimpiade Tebana. Filino. Petrico. Mil ione. Glaucia. Senocrate.
EXTERNIS Antonio Castore. Theophrasto. Demo crito. Orpheo. Pythagora. Magone. MEDICIS Menandro, qui scripsit.Nicandro. Homero. - Hesiodo. Musaeo. Sophocle. Anaxilao. - p Mnesilbeo, qui de coronis. Cal limacho, qui item. Phania physico. Simo. Timaristo. Hippocrate. Chrysippo, Diocle. Ophelione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Citiense. Apollo doro Tarentino. Praxagora., P listoni co. Medio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asclepiade. Cratere. Petronio, Diodoto. lolla, t- Erasistrato. Diagoft. r Andrea. Mneside. Epicharmo. Damione. Daliof. Sosimene.t Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco.* Olympiade Thebana. Phili no. Petricho. Mietope. Glaacia. Xenocrate.
Ili
C. PUNII SECONDI
11 2
LIBRO
CoBTIBETVB AUCT0B1TAS U I I 41D ET FBCGD1I. M 1 el li. G b rtu herbi formae gratia nti. III. Herbis infici vestes. ltem de sagminibus, de verbenis, de clarigatione. IV. De corona graminea : de raritate ejas. V. Qai oli corona dooati. VI. Qai olas centurio. VII. Medidnae ex reliquia coronamentis. V ili. Erynge, ve crjngion. IX. Cen tuancapila, xxx. X. De acano, i. XI. Glycyrrhiza, sive adipso, x v . XII. Tribali genera ii, medicinae xii. XIII. Stoebe. XIV. Hjppophyes genera ii, medie, n. XV. Urtica, medie, un . XVI. Lamium, tu . XVII. Scorpionis genera ii, medie, i. XVIII. Leucacaatba, aive phyllos, sive ischias, sive polygouatos, v. XIX. Helxine, xii. XX. Perdiduro, sive partheniam, qnae urceola ris, sive astericom, xi. XXI. Chamaeleon, sive ixias, sive ulophylon, aive cynozolon : genera ejns n, medie, su. XXII. Coronopns. XXIII. Anchasa, xiv. XXIV. Pseudoanchasa, sive echis, sive doris, in. XXV. Onochilon, sive archebion, sive onocheli, sive rhexia, sive enchrysa, xxx. XXVI. De antbemide, sive leucanthemide, sive chamaemelo, aive melaothio : genera in ; medidnae xi. XXVII. Loto herba, ir. XX V ili. Lotometra, u. XXIX. Helotropion, genera n. Hdioscopiam, sive verrucaria, xm. Triooccon, sive scorpiurum,
XIV.
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xxn
Si u o iM i n ^ M T o m l p n i ' i n i a D8 LLB BIADI. i e a. Di popoli che si valgono dell* erbe a crescer bellezza. 3. Come con lerbe si tingono le vesti. De* sag mini, delle verbene in occasione di rap presaglia. 4 Della corona di gramigna : deHa sua rari l. 5. A quali soli fu donala questa corona. 6. Qual solo centurione ne fa <*>ronato. 7. Medidne che si (anno delle altre erbe, onda si faceao le corone. 8. Delleringe, ovvero eringio. 9. DelPerbe centocapi, So. 10. Delincano, 1. 11. Della glidrriza, ovvero adipso, i 5. 12. Due specie di tribolo, mediane ia. 13. Ddla stebe. 14. DelT ippofie, specie dee, medicine a. 15. DdPortica, 61. 16. Del lamio, 7. 17. Due spede di scorpione, medie. 1. 18. Della leooacanta,o filio, o ischiada, o poligo
n le 4 a, .
19. DeUelsine, ia. ao. Del perdicio, o partenio, detta anche erba urceolare o aaterioo, 11. ai. Del cameleone, o isia, o olofilo, o cuozolo : ve a ha due spede, medie, ia. . Del coronopo. a3. DelPancusa, 14. a4 Della pseudancasa, ovvero echi, o dori, 3 . a5. DelPonochilo, o archebio, o onocheli, o rea sia, o encrisa, 3o. . DelTantemide, o leacantemide, o paescmela, o melantio : spede tre, medie. 1 . 7. DdPerba loto, 4 *6. Della lotometra, a. 99. Dell' eliotropi) specie a. Dell1 dioecopio, verracaria, i 3. Del triooeeo, o aoorpin* *0, 1 . 4
50. Del caUitrioo, o adianto, o. tricomane, o pobtrico, o sassifrago; specie medie. sS.
XXX. De caNitridio, sive adianto, sive trchomane, sive polytricho, sive saxifraga : genera n, medidnae xxvm. XXXI. De picride, f. Thesium, i. XXXII. Asphodelum, l i . XXXIII. Alimon, xiv. XXXIV. Acanthos, ve paederos, aive melamphyllos, v. XXXV. Bupleuron, v.
51. Ddla picride, 1. Del tesio, 1. Sa. DeUasfodelo, 5 i. 3$. DelPalimo, 14. 34. Dell'acanto, o pederole, o mdanfiUo, 5.
35. Del bupleuro, 5.
37. Ddl'elafobosco, 9. 38. Della scandica, 10. DeH'anlrisco, a. 39. Dell* iasione, 4 40. Del caacale, la. 41. Del sio, 6. 4a. Del silibo. 43. Dello scolimo, o limonio, 5. 44 Del sooco, specie a, medie. i 5. 45. Del condrillo o condrille, 3. 46. Boleti : loro propriet nascendo.
47 Fanghi ; segni degli avvelenati. Mediein. che
se ne fanno, 9.
48. Del silfio, 7.
costami.
5a. Dell'acqua melata, 18. 53. Del vino melato, 6. 54. Della melitite, 3. 55. Della cera, 8. 56. Con ir le compositioni M medici.
57. Medicine che si Canno M ie biade : <NBr s*^ gala, 1. Del grano, 1. Della paglia, . Del farro, 1. Della crusca, 1. Dell'olke arine*,. 58. Farine per ispecie : medie. a8. 59. Ddla polenta, 8. 60. Del fior di farina, 5. Della pultiglia, 1. Del la farina da incollare, 1. 61. Dell'alice, 6. . Del miglio, 6. 63. Del panico, 4* 64 Della aesama, 7. Del aeaarnoide, 3. Detl'an tieirieo, 4 65. Dellorto., 9. Dell'orto di topi, 3. . Dell'ortala, 4 . 67. Dell'amilo, 8. Dell'* vene, 1. 68. Del pane, ai. 69. Della fava, 16. 70. Della lente, 17. 71. Dell elelisfaco, o sfece, ebo dioeai pur sal via, i 3. 7a. Del ceee, e della cerchio, a l 7$. Ddla robiglia, ao. 74 Del lupino, a5. 75. Dell* irione, o erisimo, che i Golii dico* vela, i 5. 76. Dell'ormino, 6. 77. Del loglio, 5. 78. Dell'erba miliaria, 1. 79. Del bromo, 1. 80. Dell'orobanche, aeiuomorso, 1. 81. Bastinole che nascono Ara i lego*. 8. Zito e cervogia.
ii5
S umma
DCCCCVI.
C. PLINII SECUNDI
: Medicinae, et historiae, et observatione*,
S om m a
ii6
EX AUCTORIBUS Iisdem, quibas priore libro ; et praeter eos : Chrysermo. Eratostbene. Alcaeo.
AUTORI Queglino stessi che son citati nel libro d so pra, ma oltre a questi : Crisermo. Eralostene. Alceo.
9-------
LIBRO XTCta
C ortireutur mediciwae ex abbobibus cdltis. I et II. De vitibus, xx. III. De foliis vitium, et pampino, v. IV. De ompbaoio vitium, xrv. V. De oenantbe, xxi. VI. De uvis mataris, recentibus. VII. De uvis conditis, medie, xi. VIII. De sarmentis uvarum, i. IX. De nucleis acinorum, vi. X. De vinaceis, vm. XI. Uva theriace, iv. XII. Uva passa, sive astaphis, xiv. XIII. Astaphis agria, sive staphis, sive pituita ria, xn. XIV. Labrusca, xii. XV. De scalicastro, xn. XVI. De vite alba, sive ampelolence, sive staphy le, sive melothron, sive archezostis, sive cedron, sive madon, xxxv. XVII. De vite nigra, sive bryonia, sivechironia, sive gynaecanthe, sive apronia, xxxv. XVIII. De musto, xv. XIX. De vino. XX. De Surrentino, m. Albano, ii . Falerno, vi. XXI. Setino, i. Statano, i. Signino, i. XXII. De reliquis vinis, lxiv. XXIII. Observationes circa vina, l x i . XXIV. Quibus aegris danda, et quando danda. XXV. Quomodo danda. Observationes circa ea, xci. XXVI. De vinis fictitiis. XXVU. De aceto, xxviii. XXVIII. Aceto scillino, xvu. XXIX. Oxymelite, vn. XXX. De sapa, vu. XXXI. De faece vini, xn. XXXII. De faece aceti, xvu. XXXIII. De faece sapae, iv. XXXIV. De foliis oleae, xxiu. Si
LIBRO
x a o io it a d e l l b m e d ic in e t b a t t e d a a l b e r i
DOMESTICI.
6. Uve mature e fresche. 7. DeU'ove conservate, medie. 11. 8. De* sarmenti delluve, 1. 9. De' gusci degli acini, 6. 10. De* vinacciuoli, 8. 11. Delluva teriaca, 4 ia. Dell'uva passa, o astafida, 14. 13. Dell'aslafisagria, o stafi, o pituitaria, ia. 14. Della labrusca, ia. 15. Del salicaslro, ia. 16. Della vite alba, ovvero ampeloleuee, o slafile, o melotro, o archesosti, o cedrone, o mado, 35. 17. Della vite negra, o brionia, o cbironia, ginecante, o apronia, 35. 18. Del mosto, i 5. 19. Del vino. ao. Del Surrenlino, medie. 3. Dell'Albano, a. Del Falerno, 6. ai. DelSelno, 1. Dello Statano, 1. Del Signino, 1. aa. Degli altri vini, 64. a3. Osservazioni circa i vini, 61. 24. A quali malati vogliansi dare, e quando. 25. Come s'abbiano a dare. Osservazioni circa ' ci, 91. 26. De* vini fitlizii. 27. Dell'aceto, medie. 28. 28. Dell'aceto scillino, 17. 29. Dell'osimele, 7. 30. Della sapa, 7. 3 1. Della feccia del vino, ia. 3a. Della feccia dell'aceto, 17. 33. Della feccia della sapa, 4 34. Delle foglie dell'oliva, a3.
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IXXV. De flore, . De olea ipsa, . XXXVI. De divis albis, ; nigris, m. XXXVa Amarca, m . XXXVIII . De foliis oleastri, xvi. XXXIX. De omphaao, ui. XL. De oenanthino, et de omni oleo, xxvm. XL1. De eirino deo, m XLII. Amygdalino, xvi. XL1 I. Laurino, u . 1 XLIV. Myrteo, u . XLV. Chamaemyrsinae, sive oxymyrsinae : cu pressino, citreo, caryino, cnidio, lentiscino, Ulamno. XLV1 De cypro, et cyprino, xvi. Gleucino, i. .
XLV11. De balsamino, xni.
35. Del fiore deil'olira, 4. Dell'oliva stessa, 6. 36. Delle olive bianche, 4 Ddle negra, 3.
XLVni. Malobathro, vm. XLIX. Byoscyamino, u. Tbermino, i. Narcissino, j. Rapbasino, v. Sesamino, ui. Lirino, m. Sdgitico, i. Igoviuo, i. L. De daeomdi, u. De pissino, n. LL De palmis, ix. LU. De palma myrobalano, 111. LI1I. Palma elate, xvi. UV. Medicinae ex singulorum generum flore, foliis, fracto, ramis, cortice, succo, ligno, radice, cinere. Malorum observationes, vi. Coloneorum, xxn. Struthioraro, i.
LV. Duldom malorum, vi. Austerorum, iv. LVI. Citreorum, v. LY1L Panicorum, xxvi. LVDl. Stomatice, xxiv. LIX. Cytiso, vm.
LX. Balaustio, xn.
LX1. Panico silvestri.
LXI 1. Pirorum observationes, xn. LXlIi. Fkornm, exi. LXiV. Caprificorum, u u . LXV. Eliaco bcrba, m. LXV/. Prunis, iv. LX VII. De persici, n. LXVIII. De prunis silvestribus, ii . LXIX. De limo, sive Kchene arborum, n. LXX. De moris, xxxix. LXXI. Stomatice, sive arteriace, sive panchres tos, iv. LXXIL De cerasis, v. LXXI1I. Mespilis, 11. Sorbis, n. LXXIV. D e nucibus pineis, xm, LXXV. Amygdalis, xxtx. LXXVI. Nodbus Graecis, . LXXVH. Juglandibus, xxiv.
40. Dell'olio d'enante, e d'ogni altro olio, 28. 41. Ddl'olio deino, 16. 4a. Dell'olio ddle mandorle, 16. 43. Dell'olio dellalloro, 9. 44 Dell'olio della moriina, ao. 45. Olio ddla camemirsina ovvero osimirsina : olio di cipresso, di d iro : olio cariino, di grano gnidio, di lentisco : olio ba lanino. 46. Del cipro, ddlolio di esso, med. 16. Del l'olio gleucino, 1. 47. Del balsamino, i 3. 48. Del malobatro, 8. 49. Dell'olio dell' iosciamo, a. Ddl'olio termino, 1. Del narcisino, 1. Del rafanino, 5. Del sesamino, 3. D d lirino, 3. Del sdgitico, 1. Dell'iguvino, 1. 50. Dell'elotnelo, a. Del pissino, a. 5 1. Delle palme, medie. 9. 5a. Del mirobalano palma, 3. 53. Della palma elate, 14. 54 Medicine di ciascuna sorte di fiori, tratte dalle foglie, dd fruiti, dai rami, ddla cor teccia, dal sugo, dal legno, ddla radice, dalla cenere. Osservazioni rapporto alle mele, 6. Rapporto a'eotogni, aa. Rapporto alle mele strutie, 1. 55. Medicine delle mele dolci, 6. Ddle acerbe, 4 56. Delle citree, 5. 57. De melagrani, a6. 58. Della stomatica, a4 59. Del citino, 8. 60. Del balaustio, ia. 6. Melagrano salvalico. . Osservazioni sopra i pari, ia. 63. Sopra i fichi, 111. 64 Sopra i caprifichi, 4&. 65. Sopra l'erba erineo, 3. . Sopra le prugnole, 4 67. Ddle pesche, a. 68. Delle prugnole selvatiche, a. 69. Della belletta o lichene degli alberi, a. 70. Delle more, 39. 71. Ddla stomatica, o arteriace o panereste, 4 73. Ddle ciriegie, 5. 73. Delle nespole, a. Delle sorbe, a. 74 Ddle noci pine, i 3. 75. Delle mandorle, 39. 76. Ddle noci Greche, 1. 77. Delle noci, a4-
19
C. PUM I SECUNBl
ao
LXXV 1II. Avellanis, ui. Pistaciis, vm. Casta nei, y. LXXIX. De siliquis, v. De corno, i De unedone. LXXX. De la u r is , l x i x . LXXXI. De myrlo, ix . LXXXII. Myrtidano, xm. LXXX 11I. Myrto silvestri, sive oxymyrsine, sive chamaemyrsine, sive rusco, vi.
S ciima : Medicinae, el historiae, el observationes,
MCGCCXVIU.
78. Delle noocinole, 3. De[pistacchi, 8. Delle ca stagne, 5. 79. Delle carobe, 5. Del qorniola, 1. Del cor bezzolo. 80. Degli allori, 69. 81. Della .mortine, 60. 8a. Del mirlidano, i 3. 83. Della mortine selvatica, ovvero osiminine, o camemirsine. o rusco, 6.
S omma
EX AUCTORIBUS C. Valgio. Pompejo Lenaeo. Sextio Nigro, qni graece scripsit. Corn. Celso. Fabiano. Jnlio Basso, qui graece scripsit. Antonio Ca store. M. Varrone. EXTERNIS, ET MEDICIS. Iisdem, quibus libro xxi.
AUTORI Caio Valgio. Pompeo Leneo. Sestio Nigro, che serisse in greco. Cornelio Celso. Fabiano. Giulio Basso, che serisa in f r e e o . Ao ionio Castore. Marco Varrone. STRANIERI E MEDICI Qneglino stessi che son citati nel libro y if* simoprimo.
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LIBRO XXIV
CoHTIBBVTtJB M BDIC1BAE EX ABBOBIBOS S1LVESTB1 S. BU
1. (* Discordiae in arboribus et herbis, alque
LIBRO XXIV
S i DBLLB MEDICI BS CHI SI WAM90
concordiae *). U. Medicinae ex loto Italica, vi. III. Glandibus, xm. IV. Cocco ilicis, m. V. Galla, xxni. VI. Visco, xi. VII. Pilulis roboris : carro, vm. V ili. Subere, 11. IX. Fago, iv. X. Copresso, xxm. XI. Cedro, xm. XII. Cedride, x. XIII. Galbano, xxm. XIV. Hammoniaco, xxiv. XV. Styrace, x. XVI. Spondylio, xvu. XVII. Sphagno, sive sphaco, sive XVIII. Terebintho, vi. XIX. De picea, et larice, vm. XX. Chemaepily, x. XXI. De pityusa, . XXII. Resinis, xxn.
b ryo ,
t.
i. Discordie e concordie tra alberi e tra erbe. . Del loto d* Italia si fanno medicine, 6 . 3. Delle ghiande, i 3. 4. Del granello del leccio, 3. 5. Della galla, a3. . Del ts c o , 11 . y. Delle pillole del rovere : del oerro, 8. 8. Del sughero, a. 9. Del faggio, 4. 10. Del cipresso, a3. 11. Del cedro, i 3. ia. Del cedride, 10. 13. Del galbano, a3. 14. DeU'ammoniaco, a4 15. Dello slirace, 10. iG. Dello spondilio, 17. 17. Dello sfagno, o sfaco, o brio, 5. 18. Del terebinto, 6. 19. Della picea, e del larice, 8. ao. Del camepiti, 10. a i. Della pilinsa, 6. aa. Delle ragie, aa.
III
a?. Della pece, 3$. a4- Del pisseleo, o palimpissa, 16. 25. Del pissasfalto, a. 26. Delia zopissa, 1. 27. Della teda, 1. 28. Del lentisco, 22. 29. Del platano, 25. 30. Del frassino, 5. 3 1. Dellacero, 1. 32. Dell'oppio, 8. $3. Dellolmo, 16. 34 Del tiglio, 5. Dell'olivo salvalico, 1. 35. Del sambuco, 5. 36. Del ginepro, a t . 37. Del salcio, 4 Del salcio amerino, 1. 38. Delia vitrice, 33. 3g. DeIFerice, 1. 40. Della ginestra, 5 . 4 1. Della mirice, o tamarice 3. 4. Delia bria, 29. 43. Della verga del sanguine, 1. 44 Del silero, 3. 45. Del ligostro, 8. 46. Dell'ontano, 1. 47. Dellellera, 38. 48. Del cisto, 5. 49. Del cisso eri trano, 2. Del camecisso, 2. Del io smilace, 3. Del clematide, 18. 50. Della canna, 19. 5 1. Del papiro, carta, 3 . 52. Dell'ebeoo, 5. 53. Del rododendro, 1. 54. Del roe, specie 2 : medicine 8. Dello sto matiee, 1. 55. Del me eritro, 9. 56. DelFe ri trodano, 11. 57. DelTalisso,,2. 58. Delio strnlio o radicula, . Dellapocino, a. 3 59. Del ramerino, 18. 60. Del cacri. 61. Dell'erba savina, 7. 62. Delia selagine, 2. 63. Del samolo, 2. 64. Della gomma, 11. 65. Della spina Egiiia o Arabica, 4 66. Della spina bianca, a. Dell'acaatio, 1. 67. Dell'acacia, 8. 68. Dell'aspalato, 1. 69. DeU'eristseellro, o adipsateo, o diatiro, 8. 70. Della spioa appendice, 2. Della piraeanta, 1, 71. Del paliuro, 10. 72. D eir agrifoglio. Dell acquifoglia, 1 . Del tasso, 1. 73. De' rovi, 2. 74. Del cinosbato, 3.
ia3
C. PLINII SECUNDI
75. Del rovo Ideo. 76. Del ranno, specie a. Medicine 6. 77. Del licio, 18. 78. Delia sarcocolla, a. 79. Delloporice, a. 80. Della trissagine, o camedrie, o camerope, o teucria, 16. 81. Del camedafne, 5. 8a. Della camelea, 6. 83. Del camesice, 8. 84. Dellerba camecisso, 1. 85. Del cameleuce, o farfaro, o farfugio, 1. 86. Delia camepeuce, 5. Del caraeciparisso, a. DelPampelopraso, 6. Delio stachie, 1. 87. Del clinopodio, 3. 88. Del centonchio, 1. 89. Della clematide, o echite, o scamonea. 90. Della clematide Egizia, o dafnoide, o poli gonoide. 91. Circa il dragonzio. 93. Dell'aro, i 3. 93. Del dragoncolo, a. 94. DeH'ari, 3. 95. Del millefoglio, o miriofillo, 7. 96. Del pseudobunio, 4 97. Della mirride, o mirra, o miriza, 7. 98. Dell'onobrichi, 3. 99. Circa l erbe magiche. Della coracesia , e della callicia. 100. Della miniade, o corisidia, 1. 101. DelPaprossi, 6. ioa. Circa le medicine magiche scritte da Democrito. DelPaglaofoti, o marmante : delPacbemenido o ippofovada : del teombrozio, o semnio : delPadamantida, aria nide, terionarca, Etiopide, o Meroide : della ofiusa, talassegle, o potamucide : del la teangelida, della gelotofillida : dellestiatoride, o protomedia : della cassigoeta, o Dionisoninfada : delPeliante o eliocallide : delPermesia, eschinomene, crocide, enoteride, anacampserote. 103. Erifia. 104. Dell'erba lanaria. 1. Dell'erba lettore, 1. Dell'erba militare, 1. 105. Delle atratiote, 5. 106. Dell'erba nata in capo a qualche statua, 1. 107. DelPerba de' fiumi, 1. 108. DelPerba lingua, 1. 109. DelPerba colta nel vaglio, 1. 110. DelPerba nata nei letami. u t . DelPerba, presso cai i cani urinano, 1. 11 a. Della rodora, 3. 11 3. Dell'impia, a.
LXXV. Rabo Idaeo. LXXVI. Rhamni genera ti. Medie, r. LXXV1I. De lycio, xvm. LXXVIII. Sarcocolla, u. LXXIX. Oporice, u. LXXX. Trixagine, aire chamaedrye, sive chamaerope, sive teucri, xvi. LXXXI. Chamaedaphne, v. LXXX1I. Chamaelea, vi. LXXXI1I. Chamaesyce, vm. LXXXIV. Cbamaecisso herba, i. LXXXV. Chamaeleuce, sive farfaro, sive farfu g l i * LXXXVI. Chamaepeuce, v. Chamaecypa risso, u. Ampelopraso, vi. Slachye, i. LXXXV1I. Clinopodio, iii. LXXXV1II. Centunculo, i. LXXX1X. Clematide, sive echite, sive scam monia. XC. Clematide Aegyptia, sive daphnoide, sive Polygonoide. XCI. De dracon lio lis. XCU. De aro, xm. XC1II. De dracunculo, u. XCIV. De ari, m. XCV. Millefolio, sive myriophyllo, v i i . XCV1. Pseudobunio, iv. XCV1I. Myrrhide, sive myrrha, sive myrixa, vii. XCVI1I. Onobrychi, m. XCIX. De magicis herbis. Coracesia, et callicia. C. Minyade, sive corysidia, i. CI. Aproxi, vi. CU. (* A Democrito fabulose scripta *). De aglaophotide, sive marmaritide : acbaemenide, aive bippopbobade : theorabrotio, sive semnio : adamantide, arianide, tberionarca, Aethiopide, aive Meroide : ophiusa, thalassegle, sive potamucyde : theangelide, gelotophyllide : heatiatoride, sive protomedia : cassignete, sive Dionysonympbade : heliantbide, sive beliocallide : bermesiade, aeschynomene, eroeide, oenotheride, anacampserote. C11I. Eriphia. C1V. Herba lanaria, i. lactoris, i. militaris, i. CV. Slratiotis, t . CV1. Herba de capite statuae, i. CV1I. Herba de fluminibus, i. CVIII. Herba lingua, i. CIX. Herba de cribro, i. CX. Herba de fimetis. CX1. Herba a canum urina, i. CX11. Rhodora, ut. CXUI. Impia, u.
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CX1V. Veneris pecten, . CXV. Exedam, sive nodia, u. CXVI. Philanthropos, i. lappa canaria, u. CXV1I. Tordylon, sive syreon, m. CXV11I. Gramen, x t i i . CXIX. Dactylos, t . CXX. Fenum Graecam, qaae silicia, xxxi.
Somma
114. Del pettine di Venere, 1. 1 15. Dell'essedo, o nodia, a. 116. Del filantropo, 1. Della lappola canaria, 1. 117. Del lordino, o sireo, 3. 118. Della gramigna, 17. 119. Del dattilo, 5. lao. Del fieno Greco, che par si dice silicia, 3i.
S omma
EX AUCTORIBUS C. Valgio. Pompejo Lenaeo, r Sextio Niffo, qai graece scripsit. Julio Basso, qai item. Antonio Castore. Cornelio Celso. EXTERNIS Iisdem, qaibas libro xxi, et praeler eos Jaba, et Xantho.
AUTORI Caio Valgio. Pompeo Leneo. Sestio Nigro, che scrisse in greco. Giulio Basso, che del pari. Antonio Castore. Cornelio Celso. STRANIERI Sono i citati al libro vigesmoprimo, ag giunti 1 re Giuba e Santo. 1 MEDICI Sono i citati al libro vigesmoprimo. ---- ----
LIBRO XXV
CoBTIBBBTOB BATUBAB HBBBABOM SPOBTB BASCEOTTOM, BT ACCT0 B1TAS.
LIBRO XXV
Si tbatta della batoea bd aotobit dbll' bbbb CIB 1ASCO O da . 1 R 1. Origine delloso di esse. . Di coloro che hanno scritto in latino sopra Fuso loro. 3. Quando i Romani n'ebbero cognizione. 4. Degli autori Greci che dipinsero le erbe. 5. De' primi fra i Greci che scrissero sopra le erbe. . Perch non si faccia aso di cotali rimedii; Dell'erbe per modo maraviglioso ritrovate. Del cinorodo, medicin. a. Del dragoncolo detto canle, 1. Dell'erba britannica, 5. 7. Inventori di erbe molto ripatate. 8. Del moli, 3. 9. Del dodecateo, 1. 10. Della peonia o pentorobo, o gliciside, 1. 11. Della panace, o asclepio, a. ta. Della panace Eradia, 3. 13. Della panace Chironia, 4> 14. Della panace cenlaurea, o farnacea, 3. 15. Dell'eradeo, o sidereo, 4 16. Dell'ampelo Chironio, 1.
m I. De origine nsus earum. IL Qoi latine usus earum scripserint. HI. Qaando ad Romaoos ea notitia pervenerit. IV. De Graecis ancioribus, qui herbas pinxerant. V. Qai primi Graecorum de his composuerint. VI. Quare minus exerceantur ea remedia. Her bae mirabiliter inventae. Cynorrhodon, me dicinae it. Dracunculus caulis, i. britannica, v. VII. Nobilium herbarum inventores. VIII.Moly, m. IX. Dodecatheon, t. X. Paeonia, sive pentorobus, sive glycysides, i. XI. Panace, sive Asclepion, u. XII. Paoace Heraclion, 111. XHL Panace Chironion, it . XIV. Panace centaureon, sive pharnaceon, m. XV. Beracleon, sive siderion, iv. XVI. Ampelos Chironia, i.
C.PL11NI BCONDI
XVII. HjfOKjuno, sive Apottiasrii, sire allercum, genera u. iu. XVIII. Linozostis, sive partheoion, sive ber* mupoea, qoae mercuriali* : genera n. Me
die. XXII.
17. DelPiosciamo, o ApoUfcna*, o ritorco, spe de a. Medidn. 3. 18. Del liaoxoste, o partenio, erarapea, ohe pur dicesi mercuriale, spede 9. Medie, aa. 19. Dellachilleo siderite,o millefoglio, o panace eraeleo, o soopa regie, 6. ao. Del teucrio, o emione, o splenio, a. ai. Melampodio, o elleboro, detto anche vera tro, spede 3. Come ai raccolga, come ci sperimenti. aa. Mediane del melampodio nero, a4 Come debba pigliarsi. a8. Melampodio biauce : medicine, che w ne fanno, a3. 34. Osservazioni sopra ciascuna specie, 88. s5. A chi non s'abbia dare.
36. Del mitridatio,
3.
XIX. Achillea sideritis, sive millefolium, sive pa nace heradeum, sive scopa regia, . XX. Teucria, sive hemioae, sive splenios, 11. XXL Melampodium, sive elleborum, quod vera trum, genera m. Quomodo colligatur, quo modo probetur. XXII. Medicinae ex nigro, xxiv. Quomodo su mendum. XXIII. Item in albo : medicinae ex eo xxm. XXIV. Observationes circa utrumque genus,
LXXXVIII.
XXV. Quibus non dandum. . XXVI. Mithridatia, u. XXVII. Scordoli*, sive scordion, iv. XXVIII. Poiemonia, sive Philelaeria, sive ebilio dynama, vi. XXIX. Eopatoria, i. XXX. Centaurion, sive cbirooion, xx. XXXI. Centaurion lepton, sive libadion, quod fel terrae, xxn. XXXII. Centauris triorchis, 11. XXXIII. Clymenos, n. XXXIV. Gentiana, xm. XXXV. LysinuncbMt tui . XXXVI. Artemisia, sive partbenis, sive botris, sive ambrosia, v. XXXVII. Nymphaea, sive heradion, sive rfcopalon, sive madon, genera duo, medie, xiv. XXXVIII. Euphorbiae genera u. Medie, iv. XXXIX. Plantaginis geoera n. Medie, xxn. XL. 60 glossas, 11, XLI. Cyooglossos, 111. XL 1 Bophlhilmos, sire ceehtam. I. XLIII. Herbae, quas gentes invenerant : seylhice, m. XL 1V. Hippace, 111. XLV. Ischaemon, n. XLV1. Cestros, sive psycbotropfcon, qnae vellonica, sive serratula, xlvui. XLVII. Cantabrica, u. XLV 1II. Consiligo, 1. XL 1X. Iberis, vn. L. Herbae ab animalibus repertae: chelidonia, vi. LI. Canaria, 1. LU. (* Elaphoboscos : seseli *). L11I. Dictamnum, viu. Pseudodictaromim. Quibus fod* poterilifsimae herbae : propter her bas in Areadia lae poturi.
a8. Della poiemonia, ovvero fileteria, chili* dinama, 6. 39. DelPeupatoria, 1. 3o. Della centaurea, ovvero chironia, ao. Si. Del centaureo lepto, o libadio, che pur dicesi fide ddla terra, aa. . Del centauri triorche. 33. Del climeuo, a. 34. Della genziana, i 3. 35. Della lisimad*, 8. . DelPartemisia, o partenide, o botri, o am brosia, 5. 37. Ddla ninfea, o eraeleo, e ropsdo, o madoo, specie due, medidn. 14. 38. Specie dne dclPenforbio. Medie. 4 39. Della piantagine, specie a. Medie. s6. 40. Della buglossa, a. 41. Della cinoglossa, 3. 4a. Del buftalmo o cada. 43. Erbe che furono ritrovate dagli uomini. Della sdtica, 3. 44 Della ippice, 3. 45. Della ischemone, a. 46. Del cestro, o psicoirofb, detto anche Tetto nica, o serratola, 4& 47. Della cantabrica, a. 48. Della consiligine, r. 49. DelP iberida, 7. 50. Erbe che furono ritrovate dagli animali : ddl* chelidonia, 6. 51. Della canaria, 1. 5a. Elafobotco : seseli. 53. Del dittamo, 8. Pseudodittamo. In (bali looghi $ieno erbe di grandissima vhrt. I o Arcadia si bee il latte per Perbe mangiai* dagli animali.
*P9
it
LIV. Aristolochia, ite im Creiica, site pii jiplpchia, sire lpchjjpolyrrhieo*, qee malum terne, 11. LV. Usai herbarpm conica serpentina* iplm. LVI. Argemonis, . LVII. Agarfanro, xgauu. LVIU. Echio*, genera ui. Medie, u. L 1X. Bierahotan, ire peristereon, qua* verbe naca, genera u. Medie. i. LX. Blattaria, i. LXL U nM um , ( LX1I. Pentapete, sive peolaph yUon, sire chamaexelon, qoae quinquefoliam, medie, xxxui. LXiU. Sperganjon, i. LX1V. Dauci genera ir. Medie, xrui. LXV. Therionarca, . LXV 1. Persolata, aire arcion, u n . LXV 11. CjpeUminps, qu*e lober (erra, u i. LXV 1II. Cyclaminos cimnlbemM, ijr. LX1X. Cyclamino* d u m M c i n o i , m i . LXX. Peacedamu, L U I . Ebolum, ri. LXXI1. Polemooia, i. LXXlII.Phlomos, qaae rerbaacam ite lyehnitis, sire thryallis, xr. LXXIV. Pblomides, i. LXXV. Thelyphonon, sire scorpion, i. LXXVI. Pbrynion, sire neara, sire poterion, i. LXXVII. Aliama, U damasoniam , tire )y> ron, xix. LXXVJil, Pcriatereoe, vi. LXXIX. (* Rimedia adraraos rniQ*). LXXX. Aotirrhinam, ire anarrhinam, sire lychnis agria, in. LXXXI. Eoplea, i. LXXXII. Ptricarpum, fcnana u. Madie, u. LXXX 11I. Remedia ad ri tia capili, i. Nymphaea heraclia, u. LXXXIV. Lingulaca, . LXXXV. CacaUa, sire ltontice, m. LXXX VI. CjdJUbeix. **. LXXXV1 Hyssopum, x. I. LXXXVIII. Lonchitis, ir. LXXXIX. Xiphion, sire phasganion, ir. XC. Psyllion, sire cyooides, sire chrysallion, sive oeelioon, ire yaomyia, j . XCI. Remedia ocaloram. XCU- AnsgaUis, ire apq|to>tt, #t qnae ferus oenius, genera . Medie, hi. XC1 I. Aegilops, u. 1 XC1V. Mandragoras, sire circaeop, sive otriop, e r e hippophlomon : genera n. Mediana*, xxir. XCV. Cicala, xiu. XCVI. Crethmos agrios, i.
pUsteJoehia, Uchta polirete, della por mela della terra, aa. 55. Uso delPerbe contro il monw dalla serpi. 56. Dell'argemonia, 4. 57. DelPagarieo, 83. 58. Delleobio, specie 3. Medie. 10. 5g. Dell' ieraboten*, o peristereo, o rerfceaaca, apecie a. Medie, lo. 60. Della blaLUria, <. 61. Del temoni, 1. . Del pentapete, pestatilo, o eemexelo, che Tolgarmente einquefoglio, medie. 3S. 63. Dello sparger, 1. 64. Quattro sorti di dauco. Medie. 18. 65. Della teriooarea, 1. . Della persolata, a areio, 8. 67. Del ciclamino, dello dei Lalini tuk*r ter rae, o panporcino, ia. 68. Del ciclamino cissantemo, 4 69. Del ciclamino camoeisso, 3. 70. Del peecednno, 8. 71. Dell'ebbio, 6. 73. Della peUmooia* 1. 73. Del fiomo, detto rerbasco o lienite, o triti le, i 5. 74. Delle flonide, 1 75. Del telifono, o scorpione, 1. 76. Del frinion, o nearada, o peterio, t . 77. Dell'alisnuu daaaasoaio, o liro, 19. 78. Del periatereo, 6. 79. Rimedii copti* i eleni. 80. DeUantirrino, o anarrino o lienis agria, 3. 81. Dell'euplea, 1. 89. Djftl perioerpo, apecie e. Medicin. a. 83. Rimedii a' mali del capo, 1. Della ninfea
eraclia, 3.
84. Della lingalaca, 1. 85. Della cacalia, o leontica, 3. 86. Della callitrica, a . 87. Dell' issopo, 10. 88. Della lonchile, 4 89. Del sifio, o fasganio, 490. Del psillto, o cnoide, o crisallio, o cicelico, o cinomia, *. 91. Rimedii a' mali degli occhi. 93. Deil'enegallide, o ceroore, detto enobe firo occhio, speee a. Medie. 8. 93. Dell'egilope, 3 . 94. Della mandragora, o droeio, o meno, o ippoflomo, specie 3. Medie. a 4 95. Della cicuta, i 3. 96. Del cretmo agrio, 1.
C. PLINII SECONDI
XCVII. Molybdaena, i. XCV 1II. Capnos prima, qaa pede* gallinacei, i. XC1X. Capnos fruticosa, ui. C. Acoron, sive agrion, xtv. CI. Cotyledon, genera u. Medie, u i . CII. Aizoom majus, sive buphthalmon, ive zoophthalroon, sive stergethron, sive ambro sion, sive amerimnon, qoae sednm magnam, aat oculus, aat digitella* : medie, xxxi. Aizoam minas, sive eritbales, sive trithales, sive chryso thales, qoae isoetes, aat sedam,
XXXII.
99. Delia molibdena, 96. Delia capnos prima, detta anche pii di gal lina, 1. 99. Della capnos cespugliosa, 3. 100. Dellacoro, o agrio, 14. 101. Del cotiledo, specie a. Medie. 6f. oa.Dell aizao maggiore, o buftalmo, o zooftahno, o stergetro, o ambrosia, o amerinno, detto anche sedo magno, o occhio, o digitello; medie. 31. Dell aizoo minore, o erilale, o tritale, o crisotale, detto anche isoete, o sedo, 3a. 103. Dell* andrache agria, detta anche illece bra, 3. 104. Rimedii a mali del naso. 105. Rimedii a' dolori dei denti. 106. Dell'eriger, o pappo, o acantide, detto anche senecio, 8. 107. Dell'efemoro, a. 108. Del labro di Venere, . 109. Del balrachio, eh* il ranuncolo, o strano, specie 4 Medie. 14. 110. Due specie di medicine contro il paca* dellalito.
S o m m a : fra m e d ic in e , s t o r ie e o s s e r v a z io n i 1 3 9 3 .
C1II. Andrachle agria, qnae illecebra, xxxu. C1V. (* Remedia ad narium vitia. CV. Remedia ad dentiam dolorea *). CVI. Erigeron, siv pappos, sive aeanthis, qaae senecio, vm. CV 11. Ephemeron, . CVUI. Labrum veneream, i. C 1X. Batrachion, qaae ranunculus, ive strumos, genera iv. Medie, xiv. CX. Stomatice, ad foetorem, genera ii.
S omma
EX AUCTORIBUS Iisdem, qaibus libro xxtv, et praeter eos Pe tronio, Diodoto, qai graece scripsit. EXTERNIS Iisdem, quibas sapra, et praeter eos Apol lodoro. MEDICIS Iisdem, qaibas libro xxtv. ---------
AUTORI Sono i citati al libro precedente, aggiuoi Petronio, e Diodoto, che scrisse in greco. STRANIERI Sotao i citati *1 predetto libro, aggiunto Apollodoro. MEDICI Sono i citati al predetto libro a4
LIBRO XXVI
C o ron am
r e l i q u a e b x h b b b is pbk g s h e e a
LIBRO
Si
xxvi
TRATTA DELLE ALTEE M E D IC I CHE SI TRAGGONO DALLE EBBE >fe& OGNI SPBCTB DI MALE.
MOBBOBDM MEDICIHB.
I. Da novi* morhis. II. Qaid sint lichenes. III. Qaando primum in Italia coeperint. IV. Ilem carbanculas. V. Item elephantiasi.
i. De* mali nuovi, a. Che sia la liohene. 3. Quando si sparse per Italia. 4. Del carboncello. 5. Dell'elefantiasi.
.33
i34
VI. liem colam. VII. De b o t i medicina. De Asclepiade medico. V ili. Qua ratione medicinam veterem mutaverit. IX. Contra magos. X. Lichenis remedia : liehen herba, medie, v. XI. I* Anginae; XII. Strnmis *). XIII. Bellis, u. XIV. Condurdum, u. XV. ( Tnssi *). XVI. Bechion, sive chamaeleuce, quae tostilago, m. XVII. Bechion, qaae salvia, iv. X V II I. (* Lateris et pectoris ac stomachi dolori bus *). XIX. Molon, sive sjron : amoraon, ut. XX. Ephedra, sive anabasis, m. XXI. Geum, m. XXU. < Hepa li, renibus, vomitioni, i *). Tri po * lium, III. XXII I . Gromphaena. XXIV. Malundrum, ii. XXV. Cbalcetum, t. Molemonium. i. XXVI. Halas, sive cotonea, v. XXVI I . Chamaerops, i. Stoechas, i. XXVIII. (* Alvi remedia*). XXIX. Astragalos, m. XXX. Ladanum, xvm. XXXI. Chondris, sive psendodictamnum. Hypocislhis. XXXil. Laver, sive sion, n. XXXIII. Potamogeton, viti. Slatice, ui. XXXIV. Ceralia, n. Leontopodion, sive leu ceoron, sive doribetbron, sive thoribethron. Lagopus, in. XXXV. Epithymon, sive hippopheos, vm. XXXVI. Pycnocqmon, iv. . XXXVII. Polypodion, m. XXXVIII. Scammonia, viu. XXXIX. (* Tithymalos characias, xxi *). XL. Tithymalos. myrtites, sive caryiles, xxi. XLI. I* Tithymalos paralius, iv. XL1 Tilbymalos helioscopios, xvm *). I. XLIli. Tithymalos cyparissias, xvm. XL1V. Tithymalos plalyphyllos, sive corymbite*, sive amygdaliles, m. XLV. Tilhymalos dendroide, sife cobios, sive leptopbyllos, xvm. XLV 1. Apios ischas, sive raphanosgna, n. XLV1I. ( Torminibus medendis. XLV 11I. Lieni sanando. XLIX. Calculis et vesicae *). k Crethmon, xi. Cachrys. U. Anthyllion, u Anthyllis, n.
6. Del colo. 7. Delia medicina nuova . Del tnedico Ascle piade. 8. Come mut l'antica medicina. 9. Contro l'arte magica. 10. Rimedii alla lichene : dell'erba lichene, me die. 5. 11. Alla squinanzia. 1a. Alle scrofe. 1 3. Dell'erba belli, 2. 14. Del condurdo, a. 15. Rimedii alla tosse. 16. Del bechio, o cameleuce, detto anche tussi lagine, 3. 17. Del bechio, eh' la salvia, 4. 18. Rimedii a'dolori de'fianchi, del petto, dello stomaco. 19. Del molo, o siro : dell'amomo, 3. . 20. Dell'efedra, o anabase, 3. ai. Dell'erba geo, 3. aa. A l fegato, alle reni, al vomito, 1. Del tripolio, 3. a3. Gronfena. 24. Del malundro, 2. i 5. Del calcelo, 1. Del molemonio, 1. 26. Dell'aio, o cotonea, 5. 27. Della camerope, 1. Della stecade 1. 28. Rimedii a' mali del ventre. 29. Dell'astragalo, 3. 30. Del ladano, 18. 3 1. Condri, o pseudittamo. Ipocisti.
32. Dell'erba laver, o sio a. 33. Del potamogeto, 8. Della statice, 3.
39. Del titimalo caracia, 21. 40. Del titimalo mirtite, o cariite, ai. 4 1. Del titimalo paralio, 4 42. D el titimalo elioscopio, .18. 43. Del litimalo ciparissia, 18. 44 Del titimalo platifillo, o corimbi te, oamigdalite, 3. 45. Del titimalo dendroide, o oobio, o leptofillo, 18. 46. Dell'appio ischias, o ravanos agria, 2. 47. Rimedi ai dolori colici. 48. Rimedii al mal di milza. 49. Ai calcoli e alla vescica. 50. Del cretmo, 11. Del cacri. 51. Dell'antillio, a. DeH' aotille, a.
C. PUNII SECONDI
L 1I. Cepae, . LUI. HypeiHoon, SiVe chamaepit ys, sire coriioti, ix. L 1V. Caros, sive hypericon, x. LV. Calli ih rix, i. Perpes, i. Chrysaotbtimum, i. Anthemis, i. LV 1. Sitai. LV 11. Herba Folviana. LVIII. (* Testium ac sedis vitiis *). LIX. Inguinatis, sive argemo. LX. ( Ad panos *). Chrysippeos, *. LX1. (* Ad venertm *). LXII. Orchis, sive serapia, v. LXIII. Satyrion, sive erythraicon, iv. LX 1V. (* Ad podagram, et morbos pedina *). LXV. Lappago, sive mollugo, . Asperugo, i. LXVI. Phycos, quod fucos marinas, genera, ut. Lappa boaria. LXVII. (* Ad m li, quae totis corportbas gras santur *). LXVI1 Geranion, sive myrrhis, sive myrti* : I. genera m . Medie, vi. LX 1X. Onolhera, aive onuris, ut. LXX. (* Ad comitiales. LXXI. Ad fefarto. LXXII. Ad phreneriife, lethargum, carbuncolo. LXXUI. Ad hydropicos *). - Aci, sive ebulum. Chamaeacte. LXXIV. (* Ad ignem sacrum medendum. LXXV. Ad luxata sananda. LXXVI. Ad morbum regium. LXXVIf. Ad foruncolo-. LXXXI1I. Ad fistulae sanandas. LXX 1 Ad collectiones, et doritias. X. LXXX. Ad ambusta. LXXXI. Ad nervos et articolo. LXXXII. Ad sanguinis profluvium *). LiXXXIIl. Hippuris,sive ephedron, sive anabasi^ quae equisetum, genera u. Medie, xviii. LXXXIV. Stephanomelis. LXXXV. (* Ad repta etconvolsa*). Er ysit hales. t. LXXXVI. (* Ad phlktrmsia. LXXX VII. Ad uleera et volnera ). LXXXVIII. Polycnemoo, i. LX&X1X. ( Ad verruca tollendas, et cicatrici! sanandas. XO Ad mulierum morbos *). XCI. Arsenogonon, i. Thelygonon, i. XC 1 Mastos. I. XC 111. (*d capili oi*). Lysim achi*- Ophrys,u
5a. Delia cepea, i. 53. Dell* iperie, o eanMpfei, o evrisvn, 9.
crisantemo, 1. DcH'antemo, 1.
56. Silao.
57. Erba Fulviana. 58. Rimedii al male de' testicoli e &tfondu* mento. 5g. Erba inguinaria, o argemo. 60. A gli enfiati deir angunagtin. lM Cridp* peo, 1. 6t. A lla lussuria. . Dellorchi, o serapia, 5. 63. Del satirico, o eritnrico, 4* 64 Contro le gotte e i mali de' piedi. 65. Della lappagine, o roollugine, t . Dello * aspervgo, . . Del ficos, o fuco marino, specie S. U p p lk boaria. 67. Cntro i mali che discorrono per tkH il corpo. 68. Del geranio, o mirri, o mirti: s e ie a Uff* pc . die. 6. 9. Della onotera, o rari, 3. 70. Contro il mal caduco. 71. Contro le febbri. 78. Contro la frenesia, il letargo, i earboooeltf. 73. Contro idropisia. DHTirtla, o abbiA Della cameatta. 74 Contro il faoco saero. 75. Contro le sconciature de' membri. 76. Contro l'itterizia. 77. Control farunculi. 78. Contro lefistole. 79* Contro 1 raccolte e le duneti. 80. Contro le cotture. 81. Contro il male decervi e i delofi aftiootari. 8a. Contro il Busso del saligne. 83. Dell'erha ippuri, o efedre, ti aiutasi, e h i 4 l'equiseto, specie a. Medie, l i 84 Slefaaomele 85. A'm ati d iro tti e sconvolti. D**Trbitaly r. 86. Alla ftiria si. 87. A lle ulcere e all* piaghe. 88. Della polieMtno, 1. 89. A leoar via le verruche, e risafire lo cr eatrici. 9. A i muli delie dbnn. 91. Dellarseuogono, 1. Del tMg*r, 1. 93. Del malte. 93. A tingere i tapitti. Lisiittkcbia. Del l'ofri, 1. Somma: fra medicine, itorieeOsJferftlibtii 1 t*6;
LIBRO XXVH
CoansBBTDft bbliqca o i h i a i i i m i o h , *T i l D IIAB. ICI
I. 1' Antiquorum circa haec cara *). II. Aconitum, sive thelyphonn, sive cammoron,
S i o is c o n s B
LIBRO XXVH
obx. l ' a l t x b
som
d' bb b b
i m a m .
sire scorpion. Medie, iv. 01. Aethiopi, v. IT. Ageraton, ir. T. Aloe, xxix. . lic e ., i. Tll. Alypoa, i. Vili. Abine, ad eadem quae belline, . II Androsaces, ti, X. Androsaemon, sive ascyron, vi. XI. Ambrosia, aive botry, live artemisia, tu. XU. Anooia, sive ononis, v. XIII. Anagyros, sive acopon, rii. XIV. Anonymos, . XV. Aparine, aive omphacocarpos, sive philan> ihropo, v. XVI. Arction, sive arctorum, v. XVU. Asplenon, sive hemionios, it. IVI 1I. Asclepia, 11. XIX. Aster, sive bnbonion, m. XX. Ascyron, sive ascyrdtdtfe, v. XXI. Aphaca, ni. . Aldbiom, i. XXUI. Alectorolophas, qaae crista, . XXIV. Alon, quod symphytoh petfaihm, xiv. XXV. Alga rata, i.
t. Della cura degli antichi circa esse. . Dell'aconito, o telifono, o cammoro, o pardalianche, o scorpione. Medid. 4* 3. DelTetiopide, 4 4- DelTagerato, 4. 5. DelPaloe, 39. . Dell'alcea, 1. 7. DeHalipo, 1. 8. Dellalsine, quelle stesse medidne che dell'elsine, 5. 9. DelPaodrosace, 6. 10. DelPaodrosem, o asciro, 6. 11. Dell'ambrosia, o botriaa, o artemisia, 3. 13. Dellanonide, o anonide, 5. 1 3. Dellanagiro, o acopo, 3. 14. Dell'anonimo, 5. 15. Dell'aparine,o onfacocarpo, o filantropo, 4 16. Dell'artio, o arturo, 5. 17. Dell'aspleno, o emionio, 3 .
1 8 . D e l l 'a s c l e p i a d e , 3 .
31. Dell'afaca, 3.
32 . D e l l 'a l c i b i o , 1.
a 3. Dell'aleltorolopo, eh' la ertila, 3. a4 Dell'aio, eh' il sinflto petreo, 4 35. Dell'alga rossa, 1.
>39
C. PLINII SECONDI
a6. Dellaltea, i. 27. Dellampelos agria, 4 28. Dellassenzio, specie v . Medie. 48. 29. Assenzio marino, o serifio. 30. Del ballote, o porro nero, 3. 3 1. Del botris, o ambroria, o artemisia, 1. 32. Dalla brabila, 1. 33. Del briou marino, 5. 34. Del bupleuro, 1. 35. Delia catanance, 1. Del cemo, 1. 36. Della calsa, 3. 37. Di altra calia, o aneusa, o rinchisia, 2.
XXVI. Aclaea, i. XXVII. Ampelos agria, i t . XXVIII. Absinthium, genera m. Medie, x l v i u . XXIX. Absinthium marinum, sive seriphium. XXX. Ballotes, sive porrum nigrum, tu. XXXI. Botrys, sire ambrosia, sive artemisia, i. XXXII. Brabyla, i. XXXIII. Bryon marinum, v. XXXIV. Bupleuron, i. XXXV. Catanance, i. Cemos, i. XXXVI. Calsa, m. XXXVII. Calsa allera, sive anchusa, sive rhiuochisia, n. XXXVIU. Circaea, m. XXXIX. Cirsion, i. XL. Crataeogonon, genera m. Medie, vm. XLI. Crocodilion, n. XLU. Cynosorchis, sive orchis, iv. XLI II. Chrysolachanum, genera ii. Medie, m. Coagulum terrae, n. XL 1V. Culicus, sive strumus, sive strychnos, vi. XLV. Conferva, n. XLVI. Coccum Gnidium, u. XLVII. Dipsacos, m. XLVI 1 Dryopteris, u. I. XLIX. Dryophooon, i. L. Elaitae, ir. Ll. Empetros, quae calcifraga, iv. LII. Epipactis, sive elleborine, u. L1II. Epimedion, m. LIV. Enneaphyllon, m. LV. Filicis genera duo, quam Graeci pteriu, alii blachnon, item thelypterin, nymphaeam pterin vocant, xi. LVI. Fermur bubulum. LV1I. Galeopsis, sive galeobdolon, sive gallio, vi. L Y 1 Glauz, i. II. LIX Glaucion, m. Collyrium, u. LX. Glycyside, sive paeonia, sive pentorobon, xx. LXI. Gnaphalium, sive chamaexelon, vi. LXU. Gallidraga, i. LXUI. Holcus, i. LXIV. Hyosiris, i. LXV. Holesleon, m. LXVI. Hippophaeston, vi. LXV 11. Hypoglossa, i. LXV 1II. Hypecoon. LX 1X. Idaea, iv. LXX. Isopyron, ii. LXXI. Lathyris, u. LXXU. Leontopetalon, u. LXX 11I. Lycapsos, 11. LXXIV. Lilhospermon, sive aegonychon, sive diospyron, sive heracleos, n. LXXV. Lapidis museut. LXXVI. Limeum, i.
38. Della circea, 3. 39. Del cirsion, 1. 40. Del crategono, specie 3. Medie. 8. 4 1. Del crocodilio 2. 42. Del cinosorchi, o orchi, 4 43. Del crisolacano, specie 2. Medie. 3. Del presame della terra, 2. 44* Del culico, o strumo, o stricno, 6. 45. Della conferva, 2. 46. Della grana di Gnido, 2. 47. Del dipsaco, 3. 48. Della drioptere, 2.
49. Del d riofono, 1. 50. Della elatine, 2. 5 1. Dellempetro, detto calcifraga, 452. DeUepipatte, o elleborine, 2. 53. Dellepimedio, 3. 54. Dellenneafillo, 3. 55. Di due specie della felce, ebe i Greci appel lano l'una pteri, altri blaqno l'altra telipteri, o ninfea pteri, 11. 56. Del petignone di bue. 57. Della galeopse, o galeobdolo, o gallio, 6. 58. Della glauce. 59. Del glaucio, 3. Del collirio, 2. 60. Della gliciside, o peonia, o pentorobo, ao. 61. Del gnafalio, o camezelo, 6. 62. Della gallidraga, 1. 63. Dellolco, t. 64. Della iosiri, i. 65. Dellolosteo, 3. 66. Dell ippofeslon, 6. 67. Della ipoglossa, 1. 68. Dell ipecoo. 69. DelP idea, 4. 70. Dell* isopiro, 2. 71. Del laliri, 2. 72. Del leontopelalo, 2. 73. Della licapside, 2. 74. Del litospermo, o egonico, o diospiro, 9 eraeleo, 2. 75. Del mujBchio di pietra. 76. Del limeo, 1.
77. Della leuce, o mesolenco, e leuca, 3. 78. Delia leucografe, 5. 79. Del medio, 3. 80. Della miosota, o raiosoti, 3. 81. Del miagro, 1. 8a. Delia nima, 1. 83. Della natrice, 1. 84 DelFodontile, t. 85. DeU'otouna, 3. 86. DelPonosma, 1. 87. DelPonopordo,. 5. 88. Deir-osiri, 4. 89. Delloti, a. 90. Del polianlemo, o batrachio, 3. 91. Del poligono, o talassia, o carcinelro, o ete rna, o mirtopetalo, ch la sanguinaria, ovvero oreo : specie 4 Medie. 43. 93. Del pancrazio, 12. 93. Del peplo, o sice, o meconio afrode, 3. 94. Del periclimeno, 5. 95. Del pelecino, 2. 96. Della poligaia, 1. 97. Del poterio, o frinio, o neurada, 4 98. Del'falangite, o falangio, o laeucanto, 4 99. Delia fiteuma, 1. 100. Del fillon, 1. :o i. Del felandrio, 2. loa. Del falari, 2. io 3. Del polirriio, 1. 10. Delia proserpina, 5. 105. Delia racoma, 36. 106. Delia reseda, 2. 107. Delia steca, 3. 108. Del solano, che Greci chiamano selan strieno, 2. 109. Dello smirnio, 32. Del sino, 1. 110. Del telcfio, 4 111. Del tricomaue, 5. 112. Del talitruo, 1. n 3. Del tlaspo, 4 114. Delia trachinia, 1. 11 5. Del tragoni, 1. 116. Del trago, o scorpio, 4> 117. Del tragopogo, 1. 118. Sopra l'et delle erbe. 1 19. Come sia ciascuna di maggiora virt. 120. Vizii diversi tra le genti.
S om m a :
EX AUCTORIBUS
c. PUNII SECONDI
AUTORI
>kk
Pompejo Lenaeo. Sexlio Nigro, qoi graece scripsit. Julio Basso, qui item. Antonio Ca store. Corn. Celso. EXTERNIS Theophrasto. Apollodoro Citiense. De mocrito. Aristogitone. * Orpheo. Pytha gora. Magone. Menandro,qui B/o*fWT seri* psit. Nicandro. MEDICIS Mnesitheo, et celeris iisdem, qaibus ra priore libro. ---- .----
Pompeo Leneo. Sestio Nigro, he sor Use in greco. Giulio Basso, che del pari. Anto nio Castore. Cornelio Celso. STRANIERI Teofrasto. Apollodoro Citiense. Demo crito. Aristogitone. Orfeo. Pitagora. Magone. Menandro, che scrisse 1 Biocriste . Nicandro. MEDICI Meesiteo, e gli altri citati nel libro prece dente. ----
LIBRO XXVIII
CotmRBBTPE medici bab bx asinalibus.
1 et II. Ex homine remedia.
LIBRO xxvm
CoevaeooMi u w q u i ena ss tiagooio
DAGLI A BUCALI.
IIL An sit in medendo verborum vis aliqua. IV. Ostenta et sanciri, et depelli. V. (*Varii mores*). VI. Ex viro medicinae, et observationes, ccx*ei : pnero, vm. VII. (* Ex saliva. VIII. Ex sordibus anriam. IX. Ex capillo, dente, ete X. Ex sanguine, Venere, etc. XI. Ex mortuis. XII. Magorum commenta vari*. XIII. Ex sordibas hominis. XIV. Ab animo hominis pendentes aaedicinae. XV. Ex sternutamento. XVI. Ex Venere. XVII. Promiscua remedia. XV II I. De urina. XIX. Auguria valetudinis ex urina*). XX. Ex muliere, medictae xli. XXI. (*Ex lacte mnlieris. XXII. Ex saliva mulieris. XX II I. Ex mensibns *). XX? V. Ex peregrinis animalibus: elephante, vui. XXV. Leone, x. XXVI. Camelo, x. XXVII. Hyaena, lixjx .
i e 2. Medicine che traggonsi dall'uomo. 3. Se nel medicare abbiano alena petere le parole. 4- Dei prodigii da osservare, o negligere. 5. Fa r ii costumi. 6 Medicine che si traggono dalTneno, osser vazioni a26 : da' fanciulli, 8. 7. Dalla sciliva. 8. Dalle brutture delle orecchie. 9. Dai capelli, dai denti, eoe. 10. Dal sangue, dal coito, ecc. 11. Dai morti. ia. Varie inventioni de magi. 13. Dal loto dell*uomo. 14. Medicine che procedono dell* animo del uomo. 15. Dallo starnuto. 16. Dal coito. 17. Rimedii promiscui. 18. DelPorina. 19. Augurii di sanivi traili dell'orina. ao. Medicine 4 1 tratte dalle donne, ai. D al latte della donna. . Dalla sciliva della donna. a3. Da' menstrui. Dagli animali forestieri : deUclefote 8. a5. Dal leone, 10. . Dal cammello, 10. 37. Della iena, 79.
45
,46
XXVIII. Crocodilo, xxi. Crocodilea, xi. XXIX. Chamaeleone, xt. XXX. Scinco, iv. . XXXI. Hippopotamo, vn. XXXII. Lynce, v. XXXIII. Medicinae communes ex animalibus fe ris, aut ejusdem generis placidis. Laciis usus, et observationes, l i v . XXXIV. De caseis, x i i . XXXV. Butyro, xxv. XXXVI. Oxygala, i. XXXVII. Adipis usus, et observationes, mi. XXXVIII. De sevo. XXXIX. De medulla. XL. Felle. XLI. Sanguine. XL1I. Privatae ex animalibus mediciuae digestae in morbos. (* Contra serpentes *). Ex cer vis. Hinnuleo. Ophione. Apro. Ca pris, et hoedis. Asino. XL11I. (* Contra canis rabidi morsus * ). Ex vi tulo. Hirco. Diversis animalibus. XLIV. (* Contra veneficia. XLV. Contra venena. XLVI. Ad caput, et alopecias. XLV1I. Ad o c u lo r u m Titia. XLV11I. Ad aurium dolores, et vitia. XL1X. Ad dentium dolores. L . Ad faciei vilia. LI. Ad tonsillas, et strumas. L ll. Ad cervicum dolores. LUI. Ad tussim, et sanguinis cxcrealiones. L1V. Ad stomachi dolores. LV. Ad jocineris dolores, et suspiria. LVI. Ad lumborum dolores. LVU. Ad lienem sanandum. LV1I1. Ad alvum. LIX. Ad tenesmum, lineas, colum. LX. Ad vesicam, et calculos. LXI. Ad genitalium el sedis vitia. LX11. Ad podagram et pedum dolores. LXUl. Ad comitialem morbum. LX1V. Ad morbum regiam. LXV. Ad ossa fracta. LXV1. Ad febres. LXVU. Ad melancholicos, lethargicos, phthi sicos. LXVUI. Ad hydropicos. LX1X. Ad ignem sacrum, et eruptiones pituitae. LXX. Ad luxata, ad duritias, et furunculos. LXXI. Ad ambusta*). De glutino taurino pro bando, et medicinae ex eo, vn. LXXII. I* Ad nervorum dolores, et contusa.
a8. Dal crocodilo, ai. Delia crocodilea, u . ag. Dal caroeleone, i 5. 30. Dallo scinco, 4 3 1. Dall ippopotamo, 7. . Del lupo cerviero, 5. 33. Medicine comuni tratte dagli animali salvalichi, o da* domestici della stessa spede. Usi del latte osservazioni, 54. 34 D e'caci, ia. 35. Del burro, a5. . Del latte acido, 1. 37. Usi della sugna a osservazioni 5a. 38. Del sevo. 39. Della midolla. 40. Del fiele. 4 1. Del sangue. 4a. Medicine speciali tratte da aoimali per tulle le malattie. Contro i serpenti. Dai cer vi. Dal cerviatlo. Dall'ofio. Dal cinghiale. Dalle capre e dai capretti. Dall'asino. 43. Contro il morso del cane arrabbiato. Dal vitello. Dal becco. Da varii altri animali. 44 Contro le malie. 45. Contro i veleni. 46. Ai mali del capo, e alla tigna. 47. Ai mali d'occhi. 48. Ai dolori e mali d'orecchie. 49. Ai dolori dei denti. 50. Ai difetti del viso. 5 1. Alle tonsille e alle scrofe. 5a. Ai dolori ddla collottola. 53. Alla tosse e al recere sangue. 54. Ai dolori dello stomaco. 55. Ai dolori del fegato, e ai sospiri56. Ai dolori de' lombi. 57. A risanare la milza. 58. A ristagnare il corpo. 59. Al mal de' pondi, ai vermini, ai dolori colici. 60. Alle doglie d'orina e al mal di pietra. 61. Alle malattie de'membri genitali e del fonda mento. 62. Alla gotta e a' dolori de' piedi. 63. Al mal caduco. 64. Al morbo regio. 65. Alla frattura delle ossa. 66. Alla febre. 67. A' maninconici, letargici, tisici. 68. 69. 70. 71. A' rilruopici. Al fuoco sacro, c agli umori della flemma. A' membri sconci, alle durezze, ai Agnoli. Alle incollure. Della colla bovina da sceglie re, e medicine, che se ne fanno, 7. 72. Ai dolori de' nervi, e alle contusioni.
147
C. PLINII SECUNDI
73. A ristagnare il sangue.
74 Alle ulcere, e piaghe infistolite.
LXX 11I. Ad sanguinem sistendum. LXXIV. Ad ulcera, et carcinomata. LXXV. Ad scabiem. LXXVI. Ad extrahenda qnae sunt infixa corpori, et ad cicatrices sanandae. LXXVU. Ad muliebria mala*). LXXV 1II. Ad iufantium morbos. LXX 1 (* Ad somnum et sudorem. X. LXXX. Ad Venerem, et ebrietatem. LXXXI. Mira de animalibus*). Snnt medici nae ex apro, xii. Sue, l x ; Cervo, m ; Lupo, xxvu ; Urso, xxiv ; Onagro, xii ; Asino, l k x v i ; Polea, ui ; Equifero, xi; Equulei coagulo, i ; Equo, x l i i ; Hip pace, i ; Bobus feris, u ; Bove, l x x x i . Tauro, l u i ; Vitato, l i x ; Lepore, l x i ? ; Volpe, xx ; Mele, n ; Fele, Ca ; pra, cxvi ; Hirco, xxxi ; Hoedo, xxi.
75. Alla rogna. 76. A estrarre ci che s infisso nelle membra, e a levare le margini delle piaghe. 77. Ai mali delle donne. 78. Ai mali de* bambini. 79. Al sonno e al sudore. 80. Alla lussuria e all'ubbriachezza. 81. Maravigliose cose d animali. Traggonsi medicine dal cinghiale, 12. Dal porco, 60 ; Dal cervo, 3 ; Dal lupo, 37 ; Dall'orso, 2$; Dall'onagro, 1 2 ; Dal l'asino, 76 ; Dallo sterco del feto asine sco, 3 ; Dal cavallo salvalico, 11; Dal coagulo del puledro, 1 ; Dal cacio caval lo, 42 Da'buoi salvatichi, 2; Dal * bue, 81 ; Dal toro, 53 ; Dal vitello, 59; Dalla lepre, 64; Dalla volpe, 20; Dal martorn, 2; Dal gatto, 5 ; Dalla capra, 116; Dal becco, 3 ; Dal ca pretto, 11. Somma : fra mediciue, storie e oservazioni 1682.
EX AUCTORIBUS M. Varrone. L. Pisone. Fabiano. Va lerio Antiate. Verrio Flacco. Catone censo rio. Servio Sulpicio. Licinio Macro. Celso. Masurio. Sextio Nigro, qai graece scripsit. Bytho Dyrracheno. Opilio medico. Granio medico. EXTERNIS Democrito. Apollonio, qai Mc?fatvtv. Mi leto. Artemone. Sextilio. Antaeo. Ho mero. Theophrasto. Lisimacho. Attalo. Xenocrate. Orpheo, qui . Archelao, qui i lem. Demetrio. Sotira. Laide, Ele phantine. Salpe. Olympiade Thebana. D io lim o Thebano. lolia. Mictone Smyroaeo. Aeschioe medico. Hippocrate. Ari stotele. Metrodoro. Icetida medico. He siodo. Dalion?. Caecilio. Bione, qui <r*f/ . Anaxilao. Juba rege.
AUTORI
Marco Varrone. Lacio Pisone. Fabiano. Valerio Amiate. Verrio Flacco. Catone Censorino. Servio Sulpicio. Licinio Macro. Celso. Masurio. Sestio Nigro, che scrisse in greco. Bito Dirracheno. Opilio medico. Granio medico. STRANIERI Democrito. Apollonio, che scrisse degli unguenti. Milelo. Artemone. Sestilio. Anteo. Omero. Teofrasto. Lisimaco. Attalo. Seuocrate. Orfeo, che scrisse le Difie. Archelao, che del pari. De metrio. Sotira. Laide. Elefantine. Salpe. Olimpiade Tebana. Diotimo l'ebano. lolla. Milione Smirneo. Eschine me dico. Ippocrate. Aristotele. Metrodoro. Icetida medico. Esiodo. Dalione. Cecilio. Bione, che scrisse della virt delTerbe. Anassilao. Il re Giuba.
LIBRO XXIX
CORIRMTOI KDKIHiB BX EBLIQOIS ASIMAL1 S, BO Q0AB AUT PLACIDA SOS SOST, AOT F&BA. I. De origine medicinae. II. De Hippocrale: qaando primum clinice, quan do primum iatraliptice.
I I I . De Chrysippo, et Erasistrato.
libro xxix
Si mscoa&E delle medicisb a u si farso oboli ALTRI ASHMLI, 1 QUALI H DOM 0 ESTICI SOSO, u SALVATICI. i. Dell'origine della medicina. . Di lppocrale : quando fu istituita la medi cina pratica, quando quella che cura con unzioni e frega menti. 3. Di Crisippo e di Erasistrato. 4. Della medicina che basa sull'esperienza. 5. Di Erofilo, e degli altri illustri medici : quan te volte siasi mutala la ragione della me dicina. . Chi fu il primo medico in Roma, e qaando. 7. Che giudicio facessero i Romani de'medici antichi. 8. Difetli della medicina. 9. Rimedii traili dalla lana, 35. 10. Dalla lana sucMa, 3a. 11. Dalle uova, a i. ia. Delle uova de' serpenti. Come si faccia il comageno. Medicine di es3. so, 4.
IV. De empirice. V. De Herophilo, et reliqais illustribus medicis : quoties ratio medicinae mutata sit. VI. Quis primas Romae medicas, et qaando. VII. Qaid de medicis anliqais Romani judica verint. V ili. Vilia medicinae. IX. Remedia ex lanis, xxxv. X. De oesypo, xxxii. XI. Ovis, xxi. XII. De serpentium ovis. XIII. De commageno conficiendo. Medicinae ex eo, iv. XIV. (* Remedia ex cane *). XV. (* Remedia per morbos corporis digesta. Ad versas serpentium ictus. Ex mure. XVJ. Ez mustela. XVII. Ex cimicibus. XV I I I . De aspidibus. XIX. Ex basilisco. XX. Ex dracone. XXI. Ex vipera. XXII. Ex reliquis serpentibas. XXIII. De salamandra. XXIV. Ex volucribus, adversus serpentes. Ex vallare. XXV. Ex gallinaceis. XXVI. Ex reliqais avibus. XXVII. Ex phalangiis. Eorum genera, et ara neorum. X X V ili. Ex stellione. XXIX. Ex diversis insectis. XXX. Ex cantharidibus. XXXI. Contra venena aliqua. XXX I I . Contra canis rabidi morsus. XXX I I I . Contra reliqua venena. XXXIV. Ad alopecias. XXXV. Ad lendes et porrigines. XXXVI. Ad dolores et vulnera capitis. XXXY1I. Ad palpebras. XXXV 1U. Ad ocaloram vilia.
C. PLINII SECUNDI
XXXIX. Ad aurium dolores, el vilia. XL. Ad parotidas *).
S omma
40. Alle posteme dietro gli orecchi. Somma: fra-medicine, storie e osservazioni 621.
EX AUCTORIBUS M. Varrone. L. Pisone. Verrio Flacco. Antiate. Nigidio. Cassio Hemina. Ci cerone. Pianto. Celso. Sextio Nigro, qoi graece scripsit. Caecilio medico. Metello Sci pione. Ovidio poeta. Licinio Macro.
AUTORI Marco Varrone. Lucio Pisone. Verrio Flacco. Anziate. Nigidio. Cassio Emina. Cicerone. Plauto. Celso. Seslio Ni gro, che/scrisse in greco. Cecilio medico. Metello Scipione. Ovidio poeta. Licinio Macro. STRANIERI Filopatro. Omero. Aristotele. Orfeo. Democrito. Anassilao. MEDICI Botrie. Apollodoro. Archidemo. Aristogene. Senocrate. Democrate. Diodo ro. Crsippo filosofo. Oro. Nicandro. Apollonio Pilaneo. fi*----
EXTERNIS Philopatore. Homero. Aristotele. Or pheo. Democrito. Anaxilao. MEDICIS Botrye. Apollodoro. Archidemo. Aristogene. Xenocrate. Democrate. Diodoro. Chrysippo philosopho. Horo. Nicandro. Apollonio Pilaoaeo. ---- ----
LIBRO X X X
CorriN BHTum m e d i c i n a e e x a n i m a l i b u s b e l i q o a e .
LIBRO XXX
Si
VBBSA SULLE MEDICINE TRATTE DAGLI ALTEI ANIMALI.
I. De origine magices. II. Quando et a quo coeperit : a quibas celebrata sit. III . An exercuerit eam Italia : quando primum senatns vetuerit hominem immolari. IV. De Galliarum druidi. V. De generibus magices. VI. Magorum perfugia. VII. De talpis opinio magorum, medie, v. V ili. Reliquae medicinae per morbos digestae ex animalibus. (* Ad dentium dolores. IX. Ad oris saporem et ulcera. X. Ad faciei maculas. XI. Ad vitia faucium. XII. Ad anginas t strumas. 11. Ad humerorum dolores. XIV. Ad praecordiorum dolores. XV. Ad stomachi dolores. XVI. Ad jocinoris dolores, et rejectiones san guinis. XVU. Ad lienem.
i. DeU'origine dell'arte magica. . Quando e da chi ebbe principio ; da chi fu celebrala. 3. Se P Italia la esercit : quando viet la prima volta il senato che si sacrificassero uomini. 4 . Dei druidi della Gallia. 5. Delle specie della magia. . Falsit dei magi. 7. Opinioni de1 magi sopra le talpe, medie. 5. 8. Altre medicine, tratte dagli animali, secondo le specie delle malattie. Ai dolori dei denti.
9. Al cattivo alito e alle ulceie della bocca.
12. Alle gavine e alle scrofe. 1 3. Ai dolori delle spalle. 14. Ai dolori de' polmoni. 1 5. Ai dolori dello stomaco. 16. Ai dolori del fegato, e allo spular sangue. 17. Alla milza.
,54
18. Ai dolori de' fianchi e de' lombi. 19. Al male de' pondi. ao. Ai mali dell' intestino ileo e dei ventre ai. Al mal della pietra, e della vescica, aa. Ai mali del fondamento e del sesso. a3. Alle gotte e a' mali de piedi. a4 Ai mali di tutto il corpo. a 5. Alle grattatare. 36. Al morbo regio. 37. Al mal caduco. 38. Al morbo regio. 39. Alla freoesia. 30. Alla febre. 3 1. Alla idropisia. . Al fuoco sacro. 33. Ai carboncelli. 34 Ai fignoli. 35. Alle incotture. . Al dolore de nervi. 37. Ai malori dell unghie e delle dita. 38. A ristagnare il sangue. 39. Alle ulcere e alle ferite. 40. Alle tratture delle ossa. 41. Alle margini delle ferite, e alla morfea. 4a. A cavare dal corpo ci che vi si infisso. 43. Ai mali delle donne. 44 Ad agevolare il parto. 45. A conservare le poppe. 46. A svellere i peli. 47. Ai mali de bambini. 48. Al sonno. 49. Alla lussuria. 50. Al male de' pidocchi, e altri rimedii pro miscui. 5 1. Alla ubbriache. 5a. Delle maraviglie di alcune bestie. 53. Altre maraviglie.
Somma:
EX AUCTORIBUS M. Yarrroue. Nigidio. M. Cicerone. Vilio Nigro, qui grace scripsit. Licinio Macro.
AUTORI Marco Varrone. Nigidio. Marco Cice rone. Sestio Nigro, che scrisse in greco. Licinio Macro. STRANIERI Eudosso. Aristotele. Erroippo. Omero. Apione. Orfeo. Democrito. Anassilao.
155
C. PLINII SECONDI
MEDICIS MEDICI Botrie. Apollodoro.; Menandro. A r* chidemo. Aristogene. Seaocnile. D * iodoro. Crisipp. Oro. Nicandro. Apolioato Pitaneo. ---- ----
Botrye. Apollodoro. * Menandro Archidemo. A ristogene. Xenocrate. Diodoro. Chrysippo. Horo. Nicandro. ApolIonio Pitanaeo. ---- *----
LIBRO XXXI
CoBTIH TOm M D CIBAB BX AQUATILIBUS. EW B1
I . Aquarum mirabilia. I I . Aquarum differentiae.
LIBRO XXXI
CoNTBBGOaSI LB MBDICIKB CHB SI & DAGLI ABUSALI ACQUA.
IU. Aqnarnm medicinae : observationes, cclxvi. IV. Quales fecandidatem faciant, qaales insaniae medeantur. V. Qaales calculosis. VI. Qaales vulneribus. VII. Quales partum custodiant. VIII. Quales vitiliginem tollant. IX. Quae colorem lanis faciant. X. Qaae hominibus. XI. Qaae memoriam : qoae oblivionem. XII. Qaae sensas subtilitatem : quae tarditatem : quae canoram vocem. XIII. Quae vini taedium : qnae inebrient. XIV. Quae olei vicem praestent. XV. Quae salsae, et amarae. XVI. Quae saxa egerant : quae risum, et plora tam adaat : qaae amorem sanare dicantor. XVII. Per triduum calentes haustu. XV II I. Aquarum miracula. Iu quibus omnia mergantur : in quibus nihil. XIX. Aqnae necantes : pisces venenati. XX. Quae lapideae fiant, aat lapidem laciant. XXI. De salubritate aquarum. XXU. De vitiis aquarum. XX 1U. Probatio aquarum. XXIV. De equa Marcia. XXV. De aqua Virgine. XXVI. Aquas inveniendi ralio. XXVU. Signa aquarum. XXV 11I. Differentiae aquarum per genera terrae. XXIK. Ratio quarum per tempora anni. XXX. Aquarnm subito nascentium aut desinen tium observatio historica. XXXI. Ralio aquae ducendae.
i . Maraviglie delle acque. . Della differenza delle eque. 3. Medicine di acque e osservazioni *66. 4 Qaali acque producano fecondit, quali sito buone alla pazzia. 5. Quali al mal della pietra. . Quali alle ferite. 7. Quali conserviuo il parto. 8. Quali levino la morfea. 9. Quali diano colore alle lane. 10. Quali agli uomini. 11. Quali facciano memoria, qaali oblivione. 1 a. Quali rendono i sensi pi sottili, quali pii grossi : quali canora la voce. 13. Quali facciano venire a noia il vino : qua ubbriachino. 14. Qoali abbiano la virl dell'oiio. 15. Quali sieno salse, quali amare. 16. Quali mandino fuori i sassi: qoali inducali 'al riso e al pianto: quali facciano depi lamore. 17. Dellacqua, che attinia dura calda per ti giorni. 18. Maraviglie delle acque. In quali ogni co vada al fondo, in quali ninna cosa. 19. Acque micidiali : pesci avvelenati. ao. Quali s1 impietrino, quali impietrino altro, ai. Della salubrit delle acque. . Dei difetti delle acque. a3. Del conoscere le acque. a4 Dell'acqua Marcia. a5. Dellacqua Vergine. . Del modo di ritrovar acqua. 37. Degl indizii per ritrovar delle acque. 38. Della differenza delle acque secondo li qt liti della lerra. 39. Propriet delle acque secondo le stagioni. 30. Osservacene storica sopra le acque che bito nascono, o spariscono. 3 1. Del come coudurre le acque.
.57
i58
XXXII. Quomodo medicali utendum. XXXUI. Item marinis. Quis prosit navigatio. XXXIV. Quomodo marina aqua in mediterraneo fieri possit. XXXV. Quomodo lhfessomeli. XXXVI. Quomodo hydromeli. XXXVII. Remediam contra peregrinas aquas. X X X V ili. Ex mosco, medioinae . Medidnae ex arenis. XXXIX. De salis geneneribas, et confecturis, et mediciois, observationes, cctv. XL. De maria. XLI. De salis auctoritate, historica cxx. XLII. Floa salis, xx ; salsugo, n. XLU1. De garo, xv. XLIV. De mora, xv ; de alece, vm. XLV. De natara salis : de spoma salis. XLVI. De nitri generibus, et confecturis, el me dicinis, observationes ccxxi. XLVIl. De spongiis, medidnae et observatio*
e s ,
x c ii.
. Come sabbiano a usare le medicinali. 33. Come quelle di mare. A che giovi il navigare.
l'arena. 39. Delle specie del sale, e come si fa, e sue mediane : osservazioni 204. 40. Della muria. 41. Dellautorit dd sale: ceani storia 120. 42. Del fior del sale.raedic. 20 : della salsugine, 2. 43. Del garo, i 5. 44 Della muria, i 5 : dellalece, 8. 45. Della natura dd sale : della schiuma di esso. 46. Delle specie del nitro, e come si fa, e sue medicine : osservazioni aai. 47. Delle spugne, mediane e osservazioni 92.
EX AUCTORIBUS
M. Varrone. Cassio Parmense. Cicerone. Muciano. Caelio. Celso. Trogo. Ovi dio. Polybo. Sornatio.
AUTORI Marco Varrone. Casato Parmense. Ci cerone. Muciano. Celio. Celso. Trogo. Ovidio. Polibo. Sorna zio. STRANIERI Gilliraaco. Cecilio. Ctesia. Eudico. Teofraslo. Endosso. Teo pompo. Polidito. Giuba. Lieo. Apione. Epigene. Pelope. Apelle. Democrito. Trasillo. Nicandro. Menandro comico. Attalo. Sallustio Dionisio. Andrea. Nicerato. Ippocrate. Anassilao.
EXTERNIS Callimacho. Caecilio. Ctesia. Eudico. Theophrasto. Eudoxo. Theopompo. M ydyto. Juba. Lyeo. Apione. Epi geo*. Pelope. Apelle. Democrito. Thra*yllo. Nieaadro. Menandro comoedo. At talo. Sallustio Dionysio. Andrea. Niceralo. Hippocrate. Anaxilao.
LIBRO XXXII
Si
C o a T ia B B T o a m e d ic h i a b e x a q d a t i l i b o s .
LIBRO XXXII
VBBSA SULLB MEDICINE TBATTE DAGLI ANIMALI
d acqua.
I. De echeneide, 11. IL De torpedine, v i i . III. De lepore marino, v. IV. Mirabilia Robri maris. V. De ingeniis piseium. VI. Proprietates pisdam mirabiles. VII. Ubi edant e manu.
1. Dal pesce echeneide, 2. . Dalla torpedine, 7. 3. Dalla lepre marina, 5. 4. Maraviglie del mar Rosso. 5. Dell industria de pesci. . Mirabili propriet dd pesci. 7. Dove piglino il mangiare dalle mani-
i59
C. PLINII SECUNDI
160
VIII. Ubi vocem agnoscant, et ubi responsa den tur ex piscibus. IX. Ubi amari sint pisces, ubi salsi, ubi dulces. X. Quando marini pisces in usu primum esse coeperint. Nomae regis constitutio de pi scibus. XI. De curalio, medicinae et observationes, xi.iv. XII. Esseet locorum sympathiam, et antipathiam, et de discordia inter se marinorum. De galeo, mullo, xv ; et pastinaca, ix. XIU. De his, quibus in terra et in aqua victus esi. De castoreis, medicinae et observationes,Lxvi. XIV. De testudine, medicinae et observationes,
8. Dove conoscano la vooe,e dove diano augurii I 9. Dove i pesci sieno amari, dove .salsi, dove dolci. 10. Quando i pesci marini abbiano cominciato 1 venire in uso. Ordinarono di Numa rap porto ai pesci. 1 1. Del corallo, medicine e osservazioni, 44la. Che i pesci hanno simpatia e antipatia per certi luoghi ; e della discordia fra loro. Del galeo e del muggine, medicine e osser vazioni, i 5 j e della pastinaca, 9. 13. Di quelli che vivono in terra, come in acqua. Decastorei,medicine e osservazioni, 66. 14. Della testuggine, medicine e osservazioni, 6& 15. Rimedii tratti dai pesci, proprii di dascuas malattia. 16. Contro i veleni e i veneficii. Ddla orala, medie. 3. Della stella marina, 7. 17. Contro i morsi deserpenti, e decani, e ara tro le cose velenose. Del dragone mari no, e de pesci serbati in sale, a5. Ddle sardelle, 1. Del dbio, 11. 18. Della ranocchia marina, 6. Della ranoochia di fiume, 5 i. Della ranocchia ru beta, 1. Osservazioni drca esse, 35. 19. Dei chdidri, 6. D d granchi di fiume, 7. Ddle chiocciole di fiume, 7. Deppor celi, o pord, a. ao. Del vitello marino, 10. Ddla murena, 1. Degli echini, 11. a i. Specie delle ostriche, osservazioni e medi ane, 9. . Deiralg* marina, a. a 3. Contro la tigna, i difetti de'capellie le ul cere del capo. Dell ippocampo, 1 1 . Dd topo di mare, a. Dello scorpione ma rino, a. Delle sanguisughe, 7. Ddla murice, i 3. Della conchiglia, 5, ecc. a4' Rimedii al male degli occhi e delle pal pebre. Del grasso de pesci, 1. Del callionimo, 4* Del fiele del coraci no, 1. Della seppia, a3. Dell ittio colla, 5, ecc. a5. Contro i mali delle orecchie. Della bala, 1. Del bacco, o missona, a. Depedan elili marini, a, ecc. . Contro i dolori dei denti. Della cani cula, 4, ecc. 27. Contro le volatiche, e le macchie d e l ei*o. Del delfino, 8. Ddla colitia, o eoritia, 4 Dell* alciooeo, 7. Del ton no, 5, ecc. a8. Contro le scrofe, le parotide, le angine, i mali della gola. Della menola, 12.
LXVI.
XV. (*Remedia ex aquatilibus in morbos digesta. XVI. Contra venena, et veneficia *). Ex aura ta, m. Ex stella marina, vn. XVU. (* Contra serpentium ictus, et canum mor sus, et venenata *). Ex dracone marino, et salsamentis, xxv. Ex sardis, 1. Ex cy bio, XI. XVIII. Rana marina, vi. Fluviatilis, l i . Ra na rubeta, 1. Observationes circa eas, xxxv. XIX. Enhydris, vi. Cancri fluviatiles, vn. Cochleae fluviatiles, vu. Porcelli, sive porci, 11. XX. Vitulus marinus, x. Muraena, 1. Echi ni, XI. XXI. Ostreorum genera, et observationes, ac medicinae, ix. XXII. Alga marina, n. XXIII. (* Ad alopecias, et capillos et capitis ul cera *). Hippocampus, xi. Mus marinus, 11. Scorpio marinus, xu. Sanguisugae, vn. Murices, xm. Conchylia, v, etc. XXIV. (* Ad oculos, et palpebras *). Piscium adeps, 1. Callionymus, iv. Coracini fel, 1. Sepiae, xxm. Icbthyocolla, v, etc.
XXV. (* Ad aurium vilia *). Balia, 1. Bac chus, sive myxon, u. Marini pediculi, 11, etc. XXVI. (*Ad dentium dolores*). Canicula, iv, etc. XXVU. (*Ad lichenas, et faciei maculas*). Del phinus, vm. Colylia, sive corytia, iv. Halcyoneum, vn. Thynnus, v, elc. XXV 1U. (*Ad strumas, parotidas, anginas, et faucium vilia*). Maenae, xu. Scolopen-
i6a
dra, u. Sinroi, i. Conchae, i. Silu ro, xt, eie. XXIX. (* Ad tussim, et pector vitia. XXX. Ad jocfaeru, et lateri* dolores *). Strorabos, sive concha longa, t i . Tethea, r, ie. XXXI. (* Ad alvi viti *). Olus marinum, . Myaces, xxv. MyIuli, m. Pelorides, i. Seriphiam, u. Maenae, xu. Erythinus, u, etc. XXXII. (*Ad lienem, calculos,ac vesicae vitia*). Solea piscis. Rhombus, i. Blendea, i . Urtica marina, it. Pnlmo marinus, vi. Ooyches, etc. XXXIII. (* Ad euterocelas; el sedis vilia *). Ex colubro aquatico, i. Ex hydro, i. Mugi le, i. Pelamide, m, etc. XXXIV. (* Ad panos, el verendorum vilia*). Sciaena, i. Percae, iv. Squatinae, 11. Smarides, ifi, etc. XXXV. (* Ad urinae incontinentiam *). Ophidion, i, etc. XXXY 1. (* Ad podagras, el pedum dolores *). Ex fibro, iv. Bryon, i, elc. X X X V ll.f Ad comitiales. XXXVUI. Ad febres *). Ex asello pisce, i. Ex pagro, i. Ex baiaeoa, i, elc. XXXIX. (*Ad lethargicos, cachecticos, hydro picos. XL. Ad ambusta, el ignes sacros. XLI. Ad aervoruro vitia. XL1I. Ad sistendum sanguinem, et ad extrahen dam *). Ex polypo, i. Ex sanguisu gi, etc. XLIII. (* Ad extrahenda corpori inhaerenlia. XLIV. Ad ulcera, carcinomata, et carbunculos. XLV. Ad verrucas, et ungium scabritiem*). Ex glano i. etc. XLV 1. (*.Ad mulierum morbos *). 7- Ex glaucisco, 1. etc. XLVII. (* Ad pilos tollendos, psilothra. X L V llI. Ad infantium morbos. XL 1X. Ad ebrietatem arcendam *). Rubellio, 1. Anguilla, 1. Uva marina, 1. L. (* Ad Venerem iuhibendam, vel concitandam*). Hippopotamia, 1. Dens crocodili, 1, elc. Ll. (* Ad animalium morbos. LII. De reliqais aquatilibus*). Adarca, sive calamochnus, 111. Calamus, vm. (* Sepiae atramentum *), etc.
Della scolopendra, a. Del Muro, 1. Della conca, 1. Del siluro, i 5, ecc. ag. Contro la tasse, e i mali del petto. 3o. Contro i dolori del fegato, e de'fianchi. Dello strombo, o conca lunga, 6. Della letea, 5, ecc. 3i .C ontro i mali del ventre. Dell' erbag gio marino, 1. Del miaco, a5. Dei mitili, 3. Della peloride, 1. Del serifio, a. Della roenola, 11. DelPeritiuo, a, ecc. . Contro i mali della milza, della pietra e della vescica. Del pesce soglia. Del rombo, 1 . Della blendea, 1 . DeU'orlca marina, a. Del polmone marino, 6. Deironiche, ecc. 33. Contro le crepature e altri mali delfonda mento. Del colubro acquatico, 1. Del idro, 1. Del muggine, 1. Della pe lamide, 3, ecc. 34 Contro i carboncelli e altri mali delle parti vergognose. Della sciena, 1. Della perca, 4 Della squatina, a. Della smaride, 3, ecc. 35. Rimedii per ritenere orina. Dell' ofidio, 1, ecc. . Contro le gotte e i dolori dei piedi. Del fibro, 4 Del brione, 1. 37. Contro il mal caduco. 38. Contro le feb r. Del pesce asino, 1. Del pagro, 1. Delia balena, f, ecc. 3g. Contro i letargici, cachettici e i rilruopichi
4o. Contro le incolture e il fuoco sacro. 4 . Contro i mali dei nervi.
4a. A ristagnare e cavare il sangue. Del poli po, 1. Delle sanguisughe, ecc.
43. Ad estrarre del corpo che vi si infisso. 44 Contro le ulcere, i cancri e i carboncelli. 45. Contro le verruche, e la scabia delle unghie.
sco, 1, ecc. 47. A levare i peli, depilatorii. 48. Contro i mali de' bambini. 4g. Per allontanare l'ubbriachetta. Del fragolino, 1. Dell'anguilla, 1. Dell'uva marina, 1. 5o. P er sedare e destare la lussuria. Dell'ippopotamia, 1. Del dente di crocodi lo, 1, ecc. 5 t. Contro le malattie degli animali. 5a. Degli altri animali d'acqua. Dell'adarca, o calaraocno, 3. Del calamo, 8. Del inchiostro della seppia, ecc.
63
C. PUNII SECUNDI
6 4
LUI. Animalium omnium in muri viventium no mina, c l x x v i . L 1V. (* Apud Ovidium posita nomina *). LV. Pisce a nullo auctore nomioati.
S um m a
53. Nomi di tatti gli animali che vivono in na re 176. 54 Nomi citati da Ovidio. 55. Pesci non nominati da veruno autore. S omma : fra medicine, storie e osservazioni 990.
EX AUCTORIBUS Licinio Macro. T rebio Nigro. Sextio Ni gro, qoi graece-scripsit. Ovidio poeta. Cas sio Hemina. Maecenate. L. Attejo. Sor natio. EXTERNIS Juba. Andrea. Salpe. Apione. Pe lope. Apelle Thasio. Thrasyllo. Nicandro.
AUTORI Lieinio Macro. Trebio Nigro. Seslio Nigro, che aerisse in greco. Ovidio poeta. Cassio Emina. Mecenate. Lucio Atteio. Soruazio. STRANIERI Giuba. Andrea. Salpe. Apione. Pelope. Apelle Tasio. Trasillo. Nicandro.
LIBRO
CoUTIHRHTUR M ETALLORUM NATURAR.
LIBRO
Si
TRATTA LA NATURA DB! MBTALL1.
1. De* metalli. . Dell'oro. 3. Quando cominci l'oro avere autorit. 4. Dell'origine delle anella d'oro. 5. Del modo dell'oro presso gli antichi. . Del privilegio delle anella d'oro. 7. Delle decurie dei giudici. 8. Dell'ordine equestre. 9. Quante volle il nome dell ordine equestre mut. 10. De doni militari d'oro e d'argento. 11. Quando fu data la prima volta corona doro, ia. Delluso delloro fra le donne. 13. Della moneta d oro. Quando si cominci coniare loro e largento. Come s usasse il rame, innanzi che si coniassero monete, e quale fu la maggior somma di danari nel primo ceuso. Quante volte e in q u lii tempi il rame coniato fu in riputazione. 14. Della cupidit delloro. 1 5. Dei pi gran possessori d'oro e dargento. 16. Qusndo si cominci nsare dapparati argeatei nell'arena. Quando nelle scene. 17. In quali tempi fu nell'erario del popolo R o mano maggior somma doro e dargento. 18. Quando si cominci inorare i soffitti. 19. Delle cause, onde loro ha tanta riputazione, ao. Moo d inorare. a i. Del modo di ritrovare Toro.
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166
XXII. De auripigmento. XX I I I . De electro. XXIV. Primae aureae statuae. XXV. Medicinae ex aaro, vm. XXVI. De chrysocolla. XXVU. Ralio ejus in pictoris. XXVUI. Ex chrysocolla medicinae, . XXIX. De aurificum chrysocolla, sive satem a. XXX. Mirabilia nalorae, glutinandis inter se, et perficiendis metallicis rebos. XXXI. De argento. XXXII. De argento vivo. XXXII I. De stimi, sive slibi, stive alabastro, sive larbaso, sive platyophthalmo. XXXIV. E x eo medicinae vu. XXXV. De scoria argenti. Medicinae ex ea. XXXVI. De minio. Quam religiosam apad antiqoos fuerit. XXXVII. De inventione ejus, et origine. XXXVUl. De cinnabari. XXXIX. Ralio cinnabaris et minii io picturis. XL. Genera minii. Medicinae ex minio. XLI. D e bydrargyro. XLII. De argento inaurando. XL1I1 De coticulis aurarii. . XL 1 Argenti genera, et experimenta. V. XLV. De speculis. XLVI. De Aegyptio argento. X L Y ll. De immodica pecnoia : quorum maximae opes foerint. XLVJ1I. Quando primum populus Romanus stipem sparserit. XLIX. De luxaria in vasis argenteis. L. Frugalitatis antiquae in argento exempla. LI. Qaando primum lectis argentum additum. UI. Qaando lances immodicae factae. Quando primum tympana facta. L lll. Immodica argenti pecunia. L 1V. De statuis argenti. LV. Nobilitates operum, et artificum in argento. LV1. De sile, et qoi primi sile pinxerint, et qaa ratione. LVU. De caeruleo. LV1 Medicinae ex coeruleo. U. S o n i : Medidnae, et historiae, et observationes,
MCXXV.
. Dell'orpimento. a 3. Dell'elettro. a 4 Prima statue d'oro. a5. Dell'oro si fanno medicine 8. . Delia crisocolla. 37. Come se ne usi nella pittura. a8. Della crisocolla si fanno medicine 6. 39. Delia crisocolla degli orefici, o santerna. 30. Maraviglie della natura nel commettere fra loro, e formare i diversi metalli. 3 1. Dell'argento. . Dell'argento vivo. 33. Dello stimi, o stibio, o alabastro, o larbaso, o platioflalmo. 34. Se ne fanno medicine 7. 35. Della scoria dell'argento. Medicine che se ne fanno. . Del m ioio. Quanto ei fosse religiosa cosa presso gli antichi. 37. Dell' invensione e origine di esso. 38. Del cinabro. 39. Come s'osi il cinabro e il minio nella pittura. 40. Specie del minio. Medicine che se ne /anno. 41. Del lilargiro. 4a. Del modo d ' inorare l'argento. 43. Delle pietroline che trovansi fra l'oro. 44 Specie dell'argento, e come si esperimenti. 45. Degli specchi. 46. Dell'argento Egiziano. 47. Della stragrande pecunia : chi ebbe le mag giori ricchezze. 48. Qaando la prima volta il popolo Romano gett danari. 49 Del lusso in vasi d'argento. 5o. Esempli della frugalit antica rispetto all'ar gento. 5 {.Q uando si cominci fornire le Ietta con argento. 5a. Quando furon fatti sontuosissimi bacini. Qaando timpani dargento. 53. Stragrande somma d'argento. 54 Delle statue d'argento. 55. Della eccellenza di molte opere e di artefici in argento. 56. Del sile, e de' primi che giunsero con esso, e in che modo. 57. Del ceruleo. 58. Medicine che si fanno del ceruleo. Somm a : fra medicine, storie e osservazioni 11 a5 .
EX AUCTORIBUS L. P is o n e .A n tia t e . Verrio. M. Var rone. Corn. Nepote. Menala. Rufo. Ju-
AUTORI Lucio Pisone. Anziale. Verrio. Marco Varrone. Cornelio Nipote. Messala. Rufo.
167
G. PLINII SECUNDI
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nio Gracchano. Attico Pomponio. Muciano. Calvo Licinio. Boccho. Fetiale. Fene stella. Valerio Maximo. Julio Basso, qui de Medicina graece scripsit. Sextio Nigro, qui item. Marso poeta. Fabio Vestale.
Giunio Graccano. Attico Pomponio. Muciano. Carlo Lioinio. Bocco. Feriale. Fenestella. Valerio Massimo. Giulio Basso, che scrisse in greco sulla medicina. Sesiio Nigro, che del pari. Marso poeta. Fabio Vestale. STRANIERI Democrito. Teofrasto. Giuba. T i meo storico, che scrisse della medicina metallica. Eraclide. Andrea. Diagora. Boi rie. Archidemo. Dionisio. Aristogene. D mod. Mneside. Alialo medico. Senocrate di Zenone. Teonnesto. Niufodoro. lolla. Apollodoro. Pasitelle, che scrisse mirabili opere. Antigono, che scrisse dell'arte di scolpire. Menecmo, che del pari. Senoera te, che del pari. Duride, che del pari. Meuandro, che scrisse dei rilievi. Eliodoro, che scrisse sugli anatemi degli Ateniesi. Mtrodoro Scepsio.
EXTERNIS. Democrito. Theophrasto. Juba. Ti maeo historico, qui de Medicina metallica scri psit. Heraclide. Andrea. Diagora. Botrye. Arcbidemo. Dionysio. Aristogene. Deraocle. Mneside. Attalo medico. Xe nocrate Zenonis. Theoronesto. Nymphodoro. lolla. Apollodoro. Pasitele, qui Mira bilia opera scripsit. Antigono qui de Toreutice. Menaechmo item. Xenocrate, qui item. Duride, qui item. Menandro, qui de Toreutis. Heliodoro, qui de Atheniensium Anathematis. Metrodoro Scepsio.
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LIBRO XXXIV
CORTIREKTOR ABIS MBTALLA.
I . Aeris metalla. II. Genera aeris. III. Quae Corinthia. IV. Quae Delaca. V. Quae Aegineliea. VI. De candelabris. VII. De Ifemplorura ornamentis ex aere. VIII. De tricliniis aereis. * IX. Quod primum dei simulacrum Romae ex aere factam. De origine statuarum, et honore. X. Statuarum genera et figurae. XI. Quibus primum publice positae: quibus pri mum in eolumna : quando rostra.
1.
LIBRO XXXIV
S l DBLLB MIN1EKB DEL RAME.
5. Dell' Eginelico.
XII. Quibus externis Romae publice positae. XIII . Quae prima Romae statua equestris publice posita, et qnibus Romae mulieribus in publi co positae. XIV. Quando omnes privatim et publice statuae ex publico sublatae. XV. Quae primae ab externis publice positae. XVI. Fuisse antiquitus in Italia statuarios. XVII. De pretiis signorum immodicis. XVIII. De colonis in urbe celeberrimis.
Degli ornamenti di rame pei templi. Dei triclinii di rame. Quale fu la prima statua di rame a Roma. Dell'origine e onore delle statue. 10. Specie e figure delle statue. 11. A chi furono poste la prima volta in pub blico : a chi la prima volta sopra colonne : quando furono posti i rostri, a. A quali stranieri furono pubblicamente poste in Roma. 13. Quale fu la prima statua equestre posta pub blicamente in Roma, e di quali donne ne furono poste in pubblico. 14. Quando tulle le statue s pubblicamente che privatamente furono lolle vie del pubblico. 15. Quali furono le prime poste in pubblico fra gli stranieri. 16. Che ci furono in Italia anticamente statuarii. 17. Dei precetti esorbitanti delle statue. 18. Dei colossi ctlebratissimi di Roma.
. 7. 8. 9.
De candelieri.
*>
CCCLXVI.
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XIX. Nobilitates ex aere operam, et artificum, XX. Differentiae aeris, et mixturae. De pyropo. De Campano aere. XXI. De servando aere. XX1J. De cadmia. XXIII. Medicinae ex ea xv. Aeri usti effectas in medicina. XXIV. De scoria aeris : XXV. De stomomate aeris : medicinae ex his itv n . XXVI. Aerugo. Medicinae ex ea xtii. XXVH. Hieracinm. XXVIII. Scolex aeris : medicinae ex eo, xv. XXIX. De chalciti : medicinae ex ea, t u . XXX. Sory : medicinae ex eo, vm. XXXI. Hisy : medicinae ex eo, xiv. XXX I I . Chalcanthum, sire atramentum auto ritun : medicinae ex eo, xvi. XXXUI. Pompholyx t XXXIV. Spodium : medicinae ex bis, vi. XXXV. Antispodii genera, xv. XXXVI. Spegma. XXXVII. De diphryge. XXXVII I . De triente Servilio. XXXIX. De ferri metallis. XL. Simalacra ex ferro. Caelaturae ex ferro. X U . Differentiae ferri, et temperatura. XL 1I. De ferro quod vivum appellant. X L lll. Rubiginis remedia. X U V . Medicinae ex ferro, v i i . XLV. Medicinae ex rubigine, xiv. XL Vi. Medicinae ex squama ferri, xvn. Hygremplastrum. XLV1I. De plumbi metallis : de plumbo albo : de nigri origine duplici. XLV1II. De stanno : de argentario. XLIX. De plumbo nigro. L. Ex plumbo, medicinae xv. LI. Ex scoria piambi, medicinae xvi. LII. Spodium ex plumbo. L 1 De molybdaena : medicinae ex ea, xv. U. LIV. De psimmylhio, sive cerussa, medie, vi. LV. Sandaracba : medicinae ex ea, xi. Arsenicum.
S c n u : Medicinae, et historiae, et observationes,
DCCCCXV.
ao. Differenze e misture del rame. Del piropo. Del rame Campano, a i. Del modo di conservare il rame. . Della cadmia. a3. Medicine, che se ne fanno, i 5. Effetti in medicina del rame brucialo. a4 Della scoria del rame. a5. Dello stomomate del rame : medicine, che se ne fanno, 47. . Della ragine. Medicine, 17. V). Del ieracio. a8. Della scolecia del rame: medicine 17. 39. Del calcile : medicine 7. 30. Del sori : medicine 8. 31. Del misi : medicine 14. . Del calcanto, o inchiostro da calzolai : me dicine 16. 33. Della ponfolige : 34 Dello spodio : medicine tratte da essi, 6. 35. Specie delPantispodio, i 5. . Dello spegma. 37. Del difrige. 38. Del triente Servilio. 39. Del ferro e sne miniere. 40. Delle statae di ferro. Scollar nel ferro. 41. Differente e tempera del ferro. 4a. Di quello che appellano ferro vivo. 43. Rimedii alla rogine. 44 Medicine che si traggono dal ferro, 7. 45. Mediciue che dalla rugine, i 4 46. Medicine che dalla squama dd ferro, 17. Dell' igremplasto. 47 Del piombo e sue miniere : del piombo bian co di doppia origine del nero. 48. Dello stagno : del piombo argentario. 49. Del piombo nero. 50. Medicine, che si fanno del piombo, i 5. 5 1. Medicine, che della scoria del piombo, 16. 5a. Dello spodio del piombo. 53. Della molibdena : medicine i 5. 54. Del pimmiiio, o biacca, medie. 6. 55. Della sandraca : medie. 11. Dello arsenico.
S o m a : fra medicine, storie e osservazioni, 915.
G. PUNII SECONDI
i7a
LIBRO XXXV
COKTIVBTVE D FICTCBA BT COLOJUBCJ. E I. Honos picturae. II. Hooot imaginum. IH. Quando primum clypei imaginum instituti : et quando primum in publico positi. IV. Quando in domibus. V. De piclurae initiis : de monochromatis pictu ris : de primis pictoribos. VI. Antiquitas picturarum in Italia. VII. De pictoribus Romanis. V ili. Quando primum externis picturis dignitas Romae. IX. Quando primum dignitas picturae, et quibus publice Romae. X. Qui victorias suas pictas proposuerunt. XI. Ratio pingendi. XII. De coloribus nativis, et de coloribus factitiis, et de pigmentis, praeter metallica. XIII.De sinopide : medicinae ex ea, xi. XIV. De rubrica : de terra Lemnia : med. ex ea, ix. XV. De Aegyptia terra. XVI. De ochra. XVII. Leucophorum. XVIII. Paraetonium. XIX. Melinum : medie, ex eo, . XX. Cerussa usta. XXI. Eretria terra : medie, ex ea, . XXII. Sandaracha. XXIII. Sandyx. XXIV. Syricum. XXV. Atramentum. XXVI. Purpurissum. XXVII. Indicum : medicinae ex eo, it. XXVIII. Armenium : medicina x eo, i. XXIX. Viride Appianum. XXX. Annulare. XXXI. Qai colores udo non inducantur. XXXII. Qaibus coloribus antiqui pinxerint. XXXIII. Quando primum gladiatorum pugnae et picturae propositae sint. XXXIV. De aetate picturae : nobilitates operum, et artificum in pictara, ccct. XXXV. Picturae primam certamen. XXXVI. Qui penicillo pinxerint, et quae quis primus invenerit in pictura, et quid difficil limum in ea. Si
l ib r o
f a iu
xxxv
d il l a f it t u a b d b c o l o b i .
i . Della nobilt della pittura. . Della nobilt delle imagini. 3. Quando si cominci usare di scudi con so prani imagini : e qaando si posero la prima volta in pubblico. 4. Quando nelle case. 5. Del principio della pittura : della pittura d'un color solo : dei primi pittori. . Antichit delle pitture in Italia. 7. De* pittori Romani. 8. Qaando s'ebbero in riputaxione le pitture estere in Roma. 9. Qaando la pittura cominci salire in dignit, e quali pubblicamente furono in credit a Roma. 10. Di quelli che fecero dipingere le proprie vittorie. 11. Del modo di pingere. a. Dei colori naturali, e de* fittixii, e della bel letta, oltre i colori che si Canno dai metalli. 13. Della sinopia : medicine, che se ne fanno, 11. 14. Della terra rossa : della terra Lennia : medi cine 9. 1 5. Della terra Egizia. 16. Della ocra. 17. Del leocoforo. 18. Del paretonio. 19. Del melino : medie. 6. ao. Della biacca bruciata. a i. Della terra Eretria : medie. 6. . Della sandaraca. a 3. Del sandice. a4 Del sirico. a5. Del trementaio. . Della porporioa. 37. Dell' Indico : medicine 4 a8. Dell* Armenio : medicin. 1. 39. Del T e rd e Appiano. 30. Dell*anulare. 3 1. Quali colori non si mettano in fresco. . Con quali colori pingessero gli antichi. 33. Qaando furono la prima Tolta dipinte le pugne dei gladiatori, ed esposte in pub blico. 34. Dell* et della pittura : eccellenti opere, artefici in pittura, 3o5. 35. Prima gara in pittura. . Di quelli che pinsero col pennello, e di chi fece qualche invenzione in queU'art, in che si la somma difficolt di essa.
7*
XXXVII. De generibus picturae. XXXVIII. De aviam canta compescendo. XXXIX. Qai encausto et penicillo pinxerint. Quii primas lacunaria pinxerit: quando primum camerae pictae. Prelia mirabilia pi ctura rum. XLI. De encausto. XLII. (* De vestiam pictara *). X L I 1I. Plastices primi inventores. XL 1V. Quis p<rimuro ex facie, et de signis, ima ginem expresserit. XLV. Nobilitates artificum in plastice. XLVI. De figlinis operibus. XLV 11. Terrae varietates. De pulvere Puteolano. Qoae in lapidem verlilur. XLVI 11. De parietibus formaceis. XLIX. De lateritiis, et de laterum ratione. L. De sulphure, el generibus ejus: medicinae
xvm
LI. De bitumine, et generibus ejus : medicinae xxvu. LII. De alumine, et generibus ejus : medicinae
XXXIX.
LUI. De terra Samia : med. ex ea, m. LIV. Eretriae terrae genera. LV. De terra ad medicinas lavanda. LVI. De Chia terra: medie, ex ea, m. De Selinusia: medie, ex ea, m. De pnigilide: medie, ex ea, ix . De ampelitide : medie, ex ea, iv. LV 11. Cretae ad T e s t i u m usas. Cimolia : medici nae ex ea, ix. Sarda : nmbrica : saxum. LV1II. Argentaria. Qaa liberti praepotentes no tati. LIX. Terra Galata, Clupea, Balearica, Ebositana : medicinae ex his, i t . $ a u : Medicinae, et historiae, et observationes,
DCCCCLVI.
57. Della creta per aso delle vesti. Della cimolia : medie. 9. Della Sarda: della Umbrica: del sasso. 58. Della creta argentaria. Con quale si segnas sero i liberti potentissimi. 59. Della terra Galata, Clupea, Balearica, Ebusitana : medicine, che se ne fanno, 4 So m a : fra medicine, storie e osservazioni 956.
EX AUCTORIBUS Messala oratore. Messala sene. Fenestel la. Attico. Verrio. M. Varrone. Corn. Repole. Decio Eculeone. Muciano. Melis so. Vitruvio. Cassio Severo Longalano. Fabio Vestale, qui de Pictura scripsit.
AUTORI BTessala oratore. Messala il vecchio. Fe nestella. Attico. Verrio. Marco Varrone. Cornelio Nipote. Decio Eculeone. Mu dano. Melisso. Vitruvio. Cassio Severo Longulano. Fabio Vestale, che scrisse sopra la pittura. STRANIERI Prasitele. Apelle. Melantio. Asclepiodoro. Eufranore. Parraaio. Eliodoro, che scrisse % A natemi degli Ateniesi. Metro \i doro, che scrisse di architettura. Democrito.
EXTERNIS Pasitele. Apelle. Melanthio. Asclepio doto. Eapbranore. Parrhasio. Heliodoro, qai ' scripsit Athenis. Metrodoro, qui de Architectonice scripsit. Democrito.
C. PLINII SECUNDI
Theophrasto. Apione grammatico, qui de me tallica Medicina scripsit. Nymphodoro. An drea. Heraclide, lolla. Apollodoro. Dia gora. Bolrye. (Archidemo. Dionysio. Arislogene. Democle. Mneside. Xenocra te Zenonis. Theoroneslo. Teo ir lo. A piene grammatico, che scrisse della medicina metallica. Ninfodero. An drea. Eraclide. lolla. Apollodoro. ' Diagora. Botrie. Archidemo. Dionisio. Arislogene. Democle. Mneside. Se nocrate di Zennone. Teonneslo. ---- ----
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LIBRO XXXVI
C o n t in e t o r
l a p id c m natura.
LIBRO XXXVI
Si
TRATTA DELLA BATORA DBLLB PIETRE.
I. Luxuria in marboribas. II. Quis prirauin in pablicis operibus raarraor ostenderit. III . Quis primas peregrino marmore columnas Romae habaerit. IV. Qai primam laudali in marmore scalpendo, el qaibus temporibus. Nobilitates operum et artificum in marmoribus, ccxxv. V. Quando primum marmorum in aedificiis usus. VI. Qui primi marmora secuerint, et qaando. VII. Qui primus Romae crustaverit parieles. VIII. Qaibus aetalibus quaeque marmora in usu Romae venerint. IX. Ratio secandi marmorat De arenis, quibus secantur. X. De Naxio : de Armenio. XI. De Alexandrinis marmoribus. XII. De onyche, de alabaslrite : medie, ex his, vi. XIII. De Lygdino : Corallico : Alabandico : Thebaico : Syenite. XIV. De obeliscis. XV. De eo, qoi pro guomone in campo Marlio. XVI. Opera mirabilia io iis terris. Pyramides. XVII. Sphinx Aegyptia. XVIII. Pharos. XIX. Labyrinthi. XX. Pensiles horti : pensile oppidum. XXI. De templo Ephesiae Dianae. XXII. Aliorum templorum admirabilia. XX II I. De lapide fugitivo. Ecbo septies resonans Cyzici. Sive clavo aedificia : et Romae. XXIV. Romae operam miracula, xvm. XXV. De magnete lapide, medie, ex eo, x. XXVI. Scyrius lapis. XXVII. De sarcophago, medie, x. XXV II I. De chernile, de poro. XXIX. De lapidibus osseis : de palmatis : de taenariis : de nigris marmoribus.
1. Lusso nei marmi. 2. Chi fu il primo che ne ns negli edificii pubblici. 3. Cbi ebbe il primo colonne di marmo stra niero a Roma. 4 Di quelli ch'ebbe lode i primi come scnltori in marmo, e in quali tempi. Eccellenti opere e artefici in marmo, aa5. 5. Quando si cominci usare il mrmo negli edificii. 6. De' primi che segarono i marmi, e qaando. 7. Del primo che a Roma intonac le pareti. 8. In quali tempi i diversi marmi vennero in uso a Roma. 9. Del modo di segare i marmi. Delle rene, con che si segano. 10. Del marmo Nassio : deir Armeno. 11. Dei marmi Alessandrini. 12. Delloniche : dellalabastro : medieine 6. 13. Del Ligdino: del Corallico: dell'Alabandico : del Tebaico: del Sienile. 14. Degli obelischi. 15. Di quello eh' nel campo Marzio per isquadrame. 16. Delle opere maravigliose in quelle terre. Delle piramidi. 17. Della sfinge d 'Egitto. 18. Faro. 19. Dei labirinti. 20. Degli orti pensili : d'un castello pensile, a i. Del tempio di Diana in Efeso. aa. Delle maraviglie di altri templi. a3. Della pietra fuggitiva. Della eco di C ixio, che risuona selle volte. Di edificii acoza chiodi, che sono anche a Roma. 34. Maravigliosi edificii in Roma. a5. Della calamita : medicine 10. 36. Della pietra di Sciro. 37. Della pietra sarcofago : medie, io. 28. Della pietra chernite : della pietra poro. 39. Delle pietre d'osso : delle palmate : de* tenarii: de* marmi negri.
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176
XXX. De molaribus lapidibus. Pjrites : med. ex eo, vii. XXXI. Ostracites : medie, ex eo, iv. Amiantus : medie, ex eo, 11. XXX I I . Gaeodes : medie, ex eo, m. XXXIII. Mililites : medie, ex eo, vi. XXXIV. Gagales : medie, ex eo, vi. XXXV. Spoogites : medie, ex eo, vi. XXXVI. Phrygius. XXXVII. Haematites : medie, ex eo, v. Schistos : medie, ex eo, vn. XXXVIII. ("Aethiopicus*). Androdamas : medie, ex eo, n. Arabicas. Milites, sive elatiles. Anthraciles. XXXIX. Aetites. Taphiasius. Callimus. XL. Samius : medie, ex eo, vm. XLI. Arabus : medie, ex eo, 11. XL1I. De pomice : medie, ex eo, ix. XL 1 I. De mortariis medicinalibus, et aliis. Ete 1 sias lapis, thebaicus, cbalazius. XLIV. Siphnins. Lapides molles. XLV. Lapis specularis. XLVI. Phengites. XLVII. De cotibus. XLV III. De tophis. XLIX. De silicam nataris. L. De reliqais ad structuras lapidibus. LI. Genera structurae. L1I. De asternis. LI1I- De calce. L 1V. Arenae genera. Arenae et calcis mixturae. LV. Vitia structurae. De tectoriis. LVI. De columnis. Genera columoaram. LV1I. Medicinae ex calce, v. LV]II. De maltha. LIX. De gypso. LX. De pavimentis : de asaroto oeco. LX1. Qaando primum pavimentum Romae. LXII. De subdialibus pavimentis. LX 11I. Graecanica pavimenta. LX 1V. Qaando primum lithostrota. Quando primum camerae vitreae. LXV. Origo vitri. LXVI. Genera ejus, et ratio faciendi. LXV 1I. De obsidianii. LXVII1. Miracula ignium. LXIX. Ex igni et cinere : medie, m. LXX. Prodigia foci.
30. Delle pietre molari. Della pirite : medie. 7. 3 1. DeUos traci te: medie. 4 Dell'amianto: me
die. a. . Della geode : medie. 3. 33. Delia melitite : medie. 6. 34. Della gagate: medie. 6. 35. Delia spongite : medie. 6. . Della pietra frigia. Zj. Della ematite : medie. 5. Dello schisto : me die. 7. 38. D eir Etiopico. Dell androdama : medie, a. DellArabico. Della miltite, o elatite. Del lantracite. 39. Delletite. Del tafiusio. Del callimo. 40. Del samio : medie. 8. 41. Dellarabo : medie, a. 4a. Della pomice : medie. 9. 43. Delle pietre demortai medicinali, e di altre. Della pietra Etesia, della Tebaica, del ca lazio. 44 Della pietra di Sifnio. Delle pietre tenere. 45. Della pietra speculare. 46. Della fengite. 47 Della cote. 48. Del tufo. 49. Della natura delle selci. 50. Delle altre pietre che servono a costruire. 51. Delle varie specie di costruire. 5a. Delle cisterne. 53. Della calcina. 54. Delle specie dellarena. Misture di calcina e arena. 55. Difetti nel costruire. Degl intonacati. 56. Delle colonne. Specie delle colonne. 57. Medicine, che si fanno delia calcina, 5. 58. Della malta, 59. Del gesso. 60. De1 pavimenti : delPaiaroto eco. 61. Quando si fece a Roma il primo pavimento. 62. De pavimenti allaria aperta. 63. De1 pavimenti alla greca. 64. Quando s introdussero i litostroti. Qaando le volle di vetro. 65. Origine del vetro. 66. Specie del vetro, e modo di farlo. 67. Del vetro ossidiano. 68. Maraviglie del fuoco. 69. Del fuoco e della cenere : medie. 5. 70. Auspicii tratti del fuoco.
S cmma : Medicinae,
et historiae, et observationes,
DXXUI.
S omma
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C. PLINII SECONDI
AUCTORIBUS AUTORI Marco Varrone. Celio. Galba. Caio Izio. Muciano. Cornelio Nipote. Lucio Pisone. Tuberone. Seneca. Fabio VestaleN Annio Feziale. Fabiano. Calone Censorino. Vitruiio. STRANIERI Teofrasto. Presitele. 1 re Giuba. Ni 1 candro. Sotaco. Sudine. Alessandro Poliistore. Apione. Plistonico. Deride. Erodoto. Eterner. Dionisio. Arte midoro. Butorida. Antisten. Demetrio. Demotele. Lice.
M. Varrone. Caelio. Galba. C. Ictio. Muciano. Nepote Cornelio. L. Pisone. Tuberone. Seneca. Fabio Vestale. An nio Fetiale. Fabiano. Catone censorio. Vitruvio. EXTERNIS Theophrasto. Pasitele. Juba rege. Ni candro. Solaco. Sudioe. Alexandro Po lyhistore. Apione. Pii* tonico. Duride. Herodoto. Eviietnero. Aristagora. Diony sio. Artemidoro. Butorida. Antisthene. Demetrio. Demotele. Lycea.
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LIBRO XXXVII
G em m ai c o n t ir iit o i.
l ib r o
Si
xxxvn
T I ATTA D I L L I GIMME.
I. Origo gemmarum. II. De Polycratis tyranni gemma. III. De gemma Pyrrhi regis. IV. Qui scalptores optimi. Nobilitates scalpturae. V. Quae prima Romae dactyliotheca. VI. Gemmae in Pompeji Magni triumpho trans latae. VII. Quando primum inveuta murrhina. Luxu ria circa ea. V ili. Natura murrhinorum. IX. Natura crystalli i mediciuae ex ea. X. Luxuria in crystallo. XI. De succino : qui inventi suut auctores de eo. X1L Genera succinorum, vi ; medie, ex his. XIU. Lyngurium : medie, it. XIV. De gemmis per genera colorum principa lium. XV. Genera adamantis, vi : medie, il XVI. De smaragdis. XVII. Genera eorum xu. XV I I I . Vilia eorum. XIX. Tanos. Chalcosmaragdos. XX. De beryllis : genera eorum vm. Vitia eorum. XXL De opalis : geuera eorum v i i . XXII. Vitia et experimenta eorum. XXIII. De sardonyche.
i . Origine delle gemme. . Della gemma del tiranno Policrate. 3. Della gemma del re Pirro. 4 Quali furono ottimi intagliatori. Nobilt dell* incisori. 5. Quali fu la prima dattilioleca in Roma. . Gemme porlate nel trionfo di Pompeo il Grande. 7. Quando fu trovala la murrina. Lusso di essa. 8. Nalura della murrina. g. Nalura del cristallo : medicine, che se ne fanuo. 10. Lusso del cristallo. 11. Dellambra. 1 a. Specie dell'ambra, 6 : medicine, che se ne fanno. 13. Del lincurio : medie, a. 14. Delle gemme secondo i principali colori. 15. Specie del diamante 6 : medie, a. 16. Degli smeraldi. 17. Specie di essi, a. 18. Difetti loro. ig. Del tano. Del calcosmeraldo. ao. Dei berilli : 8 specie di essi. Loro difetti. ai. Degli opali : 7 specie loro. aa. Difetti ed esperimenti di essi. a 3. Del sardonico.
41. Del giadnto. 4a. Del crisolito, 7 specie di esso. 43. Del crisdeltro. 44 Del leococriso : 4 specie di est. 45. Del mdieris. Del santi. 46. Del pedero, o sageno, o teoite. 47. DelPasteria. 48. DelPastrico. 49. DelTastroite. 50. Dell'astrobolo. 51. Della ceraania : 14 specie di essa. Delle belali. 5a. Dell* iris : %specie di essa. 53. Del lepor. 54 Delie gemme per ordine alfabetico: Acate : acope t medicine che se ne fanno. Alebaslrite, e soe medicine. AleUorie, and roda rne, argirodama, ntipale, rabica, arama tile, asbesto, espiseli, atizone, agite, afi dane, o crisocolla, afrodisiaca, psitto, egittilla. 55. Balanite, dalla batrachsta, balta, e echi di Belo, Belo, baropteuo o barpe, botrite, bostriebite, bacardia, brontea, bolo, 56. Cadmite, caHais, capoite, Cappadocia, Callaica, ea lochile, catopiiite,eepite o cepolatite, ceremite, cinedie, cerile, circe, conoide, coralloaeate, coralli, craUrite, erocaHi, citi, calcofano, chelidonia, cbdonia, chetante, dorile, coaspi te, eriaekmpe, eri* pi, cepionide.
57. Defni, diadoeo, difie, dieassa, dracoalUe.
erottilo, o anfieoae, ieronnemo, eameee, eamkre, capotale, canea, eqrotie, eveebe* epimd.
5$. G sIum , ga lattile, o Uacogeo, o lenoofeafia.
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Leucographias, aive Synophilis ; Gallaica, Gassidiana, Glossopetra, Gorgonia, Goniaea. LX. Heliotropion, Hephaestitis, Hermuredian, Hexecontalithos, Hieracitis, Hammonis cornu, Hormision, Hyacniae. LXJ. Idaei dactyli, Iclerias, Jovis gemma, Indi ca, lon. LXII. Lepidotis, Lesbias, Leucophlhalmos, Leucopoecilos, Libanochrus, Limoniatis, Lipare, Lysimachos, Leucochrysos. LXIII. Memnonia, Medea, Meconitis, Mithrax, Morochites ; Morion, sive Pramnium, sive Alexandrinum ; Myrrhitis, Myrmeeias, Myrsinilis, Mesoleucos, Mesomelas. LX 1V. Nasamonitis, Nebrilis, Nympharena. LXV. Olea, Ombria, sive Notia, Oritis, sive Si deritis, Ostracias, sive Ostracitis, Ophicardelos, Obsidiana. JL.XV1. Panchrus, Pangonius, Paoeros, sive Paederastos. Ponticarum genera iv. Phloginos, sive Chrysitis, Phoenicitis, Ph} citis, Perileucos, Paeantides, sive Gaeanides. LXVII. Solis gemma, Sagda, Samothracia, Sauritis, Sarcitis, Seleni tis, Sideritis, Sideropoecilos, Spongitis, Synodontitis, Syrtitis, Sy ringi tis. LXVI11. (* Trichrus, Telirrbizos *), Telicardios, sive Mncbul, Thracia, genera 111. (*Tephritis *), Tecoliriios. LX 1X. Veneris crines, (* Vejentana *). LXX. (*Zantbene, Zmilampi *), Zoramea. LXXI. (* De gemmis, quae a membris corporis habent nomina*): Hepatitis, (*Steatiti*), Adadunepbros, Adaduophthalmos, Adadudactylos, Triopbthalmos. LXXII. (*De gemmis, quae ab animalibus habent nomina *) : Carcinias, Echitis, Scorpitis, Sca riti*, Triglitis, Aegopblhalmos, Geranilis, Ac ti tis, Myrmecitis, Cantbarias, Lyoophthalmos, Taos. LXXIIL (*Quae a ceteris rebus *) : Ammochrysos, Cenchritis, Dryitis, Cissi lis, Narcissitis, Cyamea, Pyren, Chalazias, Pyritis, Polyzonos, Astrapias, Polytrichos, Leontios, Pardalios, Melichras, Melichloros, Polias, Spartopolia, Rboditis, Melitis, Chalcitis, Sycilis, Borsycitis, Gemitis, Ananchitis, Synochitis, Dendri ti, etc. LXXIV. De gemmis repente novis, ac sine nomi nibus : Cochlides. LXXV. De figaris gemmarum. LXXV 1. Ratio probandarum. LXXV 11. Comparatio naturae per terras. Laus Italiae et Hispaniae.
Sm o u : Res, et historiae, et observationes, acce.
o sinofite; gallaica, gassidiana, glossopetra, gorgonia, goniea. 60. Elitropio, efestite, ermuredia, essecontalito, ieracite, corno di Ammone, ormisio, ienie. 61. Idei dattili, itteria, gemma di Giove, indi ca, ion. 62. Lepido te, lesbia, leucoftalmo, leucopecilo, libanocro, limoniate, lipare, lisiraaco, leucocriso. 63. Mnemonia, medea, mecon i te, tnitrace, morochite, morione, o prannione : mirrile, mirmecia, mirsinite, mesolenco, mesoraela.
64. Nasamonite, nebrile, ninfarena.
cia o astraci te, oficardelo, obsidiaua. 66. Paner, pangonio, paner o pederasto. Quat tro specie delle ponliche. Flogino o crisi te, fenici te, ficite, perii eneo, peantide o geanide. 67. Gemma del sole, sagda, samotracia, saurite, sarcite, selenite, siderite, sideropecilo , spongite, sinodontite, sirtite, siringite. 68. Triero, telirrizo, telicardio o roucul. Tracia di tre specie. Tefrite, tecolito. 69. Capelli di Venere, veientana. 70. Z ante ne, zmilace, zoramea. 71. Delle gemme) che hanno preso il nome dal le membra deir uomo. Epatite, steatite, adadunefro, adaduoftalmo, adadudattilo, trioftalmo. 72. Delle gemme, che hanno preso ii nome da g li animali. Carcinia, echite, corpite, scarite, triglite, egoftalmo, geranite, etite, mirmecite, cantarla, licoftalmo, taos. 73. Delle gemme, che hanno preso il nome da altre cose. Ammocriso, ceucrite, driite, cissite, narcissi te, ciamea, piren, calazia, pirite, polizono, astrapia, politrice, leonsio, pardalio, melicro, melicloro, polia, sparto polia, rodite, melite,calcite, sicite, borsicite, gemite, ananchite, sinochite, dendrite, ecc. 74. Delle gemme che ad un tratto si rinovano, e son senza nome. Delle coeltde. 75. Delle figure delle gemme. 76. Del modo di conoscerle. 77. Paragone 'della natura secondo le diverse terre. Lode dell* Italia e della Spagna.
Somma ; fra cose, storie e osservisioni i 3oo.
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EX AUCTORIBUS. M. Varrone. Actis triumphorum. Mae cenate. Jaccho. Coro. Boccho. EXTERNIS Juba rege. Xenocrate Zenonis. Sodine. Aeschylo. Philoxeno. Euripide. Nican dro. Satyro. Theophrasto. Charete. Philemone. Demostrato. Zenothemi. Me trodoro.' Sotaco. Pythea. Timaeo Siculo, Nicia. Theochreslo. Asaruba. Mnasea. Tbeomene. Ctesia. Mithridate. Sopho cle. Archelao rege. Callistrato. Democri to. Ismenia. Olympico. Alexandro Po lyhistore. Apione. Horo. Zoroastre. Ztchalia.
AUTORI Marco Varrone. Gli atti dei trionfi. Mecenate. lacco. Cornelio Bocco. STRANIERI 11 re Giuba. Senocrate di Zenone. So dine. Escbilo. Filosseno. Euripide. Nicandro. Satiro. Teofrasto. Carete. Filemone. Demostrato. Zenotami. Me trodoro. Sotaco. Pitea. Timeo Sicolo. Nicia. Teocresto. Asaruba. Mnasea. Teomene. Ctesia. Mitridate. Sofocle. 1 re Archelao. Callistrato. Democrito. 1 Ismenia. Olimpio. Alessandro Poliistor. Apione. Oro. Zoroastre. Zacalia.
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i s r i B i T o s n o n n u s , b t ah u ru s.
i l m o rd o k f i n i t o b d r o .
I. i. iUandam, e l hoc quod nomine alio Coelom appellare libnit, cujus circumflexu leguntur concia, ooinen esse credi par est, aeternum, irameaium, neqae genitum,neque interiturum u a qaam. Hujus extera indagare, nec interest homiaa, nec capit humanae conjectura mentis. Sacer et, aeternus, immensus, totos in toto, immo T ero ipie totam; finitus, et infinito similis; omniam rema certus, et similis incerto ; extra, intra, cun cta complexus in se; idemque rerum naturae opos, et rerum ipsa natura. Furor est, mensuram ejoi animo qnosdam agitasse, atque prodere ao* ; alios rursoa, occasione hinc sumpta, aut his tola, innomerabiles tradidisse mondos, ot totidem rerea natoras credi oporteret, aot, si ana omnes incubaret, totidem tamen soles, totidemqoe lanas, et cetera, ut jam in uno,et immensa et innumera Wia sidera : quasi non eadem quaestione semper ia termino cogitationis occursora, desiderio finis beajos; aut, si haec infinitas natorae omniam rtifici possit adsigneri, nou illud idem in ooo W i n sit intelligi, tanto praesertim, opere. Fo rar est, profecto foror, egredi ex eo, et, tamquam interna ejos concia plane jam sint nota, ita scrulari extera : quasi vero mensnram ullios rei possit
1. i. v T li da credere, che il mondo, e tolto questo, che per altro nome ci piacioto chiamar cielo, dal coi giro tutte le cose son coperte, sia una divinit eterna, immensa, non generata, n per dover mai mancare. Non appartiene gi agli uomini, n cape ancora nella congettura del l'umana mente, il voler investigare le cose estrin seche d'esso. Egli sacro, eterno, immenso, tutto nel tutto, anzi egli proprio il tolto ; finito, simile all' infinito ; certo di tolte le cose, e simile all' incerto; di foori e di dentro in si stesso ogni cosa abbracciando, ed egli opera della natura delle cose, e l ' istessa natura delle cose. E fu ve ramente pazzia espressa d'alcuni, laver voluto tentare di misurarlo, e dipoi l'aver avolo ardir di esprimere la misura di esso ; e che alcuni altri di qui pigliando occasione, o dandola a questi, dicessero, che i mondi fossero infiniti, perch sa necessario credere, che altrettante ancora siano le nature delle cose ; o se pure una sola le ricuopre tntte, eh per vi siano altrettanti soli e altrettante lune, e per ciascun modo ancora altre grandi e innumerabili stelle: qoasi ch'essi non siano per dover sempre avere la me desima qoistione del termine del pensiero, e il
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desiderio loro nota sia per aver mai fine. E quan do pur volessero attribuire questa infinit alla natora artefice di tutte le cose, non sia pi facile intendere questo medesimo in un mondo solo, massimamente essendo egli opera s grande. Ed veramente pazzia, uscir d'esso ; e come se noi avessimo piena cognizione delle sue cose inte riori, metterci poi a investigar quelle di faori, qaasi che possa trovare la misera dalcuna cosa colui, che non sa quella di s stesso, o la mente delPuomo possa vedere, quel che il mondo pro prio non cape.
D e l l a fobm a sua.
agere qai sai nesciat, aat mens hoentnis yidere qaae mundas ispe non capiat.
D b v o b m a bjds.
II. 2. Che la forma sua sia ri tonda in forma 11. 2. Formam ejus in speciem orbis absolati globatam esse, nomen in primis et consensas in eo d'un cerchio perfetto, il nome prima, e dipoi la opinione di tutti gli uomini, che lo chiamano mortalium, orbem appellantium, sed et argumen orbe, e gli argomenti delle cose ancora ce Io ta rerum, docent: non solum quia tali 6gara om nibus sai partibus vergit in sese, ac sibi ipsa fanno credere ; non solamente perch tal figura toleranda est, seque includitel continet,nullarum con tutte le sue parti si rivolge in s stessa, ed egens compaginano, nec finem aut initium ullis essa a s medesima sostegno, e se rinchiude e sui partibus sentiens ; nec quia ad motum quo contiene, non avendo bisogno di commessura subinde verti debeat, ut mox apparebit, talis alcuna, e non avendo anche fine, o principio in Icona sna parte ; n perch tal figura, come si aptissima est ; sed oculorum quoque probatione, quod convexus mediusque quacumque cernatur, vedr poi, sia attissima al moto, ond'elta ai dee volgere, ma ancora con la pruova degl'occhi, quum id accidere in alia non possit figura. perciocch da ciascuna sua parte si vede convesso, e mezzo, non potendo avvenir ci in altra figura.
Db
b jd s m oto. C o r m o rd o s d i c a t o r . D e l m o t o d i esso, e p b r c h c h ia m a s i i o h d o .
IU. 3. Hanc ergo formam ejus aeterno et ir requieto ambito, inenarrabili celeritate, viginti quatoor horarum spatio circumagi, solis exortos t occasas haud dubiom reliquere. An sil immen sas et ideo sensam aariam excedens tantae molis rotatae vertigine assidua sonitus, non equidem fa ile di-xerim, non hercle magis quam circumaclorom simal tinnitas sideram saosque volventium orbes, an dulcis quidam et incredibili suavitate concentus. Nobis qoi intus agimus, juxta diebus oetibosque tacitas labilur mandus. Esse innu meras ei effigies animalium rerumqoe conctaram impressas, nec, ut in volucrum notamus ovis, lie vitate continua lubricum corpus, qood clarissimi actores dixere, reram argumentis indicatur: qooniam inde deciduis rerum omnium semini bus innumerae, in mari praecipue, ac plerumque confusis monstrificae, gignantor effigies; praete rea visus probatione, alibi plaustri, alibi ursi, taori alibi, alibi lilerae figura, candidiore medio per verticem crcolo-
I II . 3. Il nascimento dunqoe, e il tramontar del sole ci fanno conoscere, come questa sua forma in ispazio di ventiquatlr'ore gira intorno con eterna e continua rivoluzione, e con incredibil prestezza. Ora se il suono di cos gran macchina, che di continuo gira sia grandissima, e perci trapassi il sentimento delle orecchie, difficilmente lo saprei dire ; come ne anco direi, quale sia il suono acuto delle stelle, le quali gi rano e volgono le loro sfere, o se pur se ne sente una dolce e incredibil soavit di concento. A noi, che ci siam dentro, gira d e notte il inondo senza alcun romore. Ora che in esso siano im presse infinite figure d'animali, e di tutte le oose, e che il suo corpo non sia liscio, come si vede nell'oova degli uccelli secondo che famosissimi autori hanno detto, si conosce per questo a rg o mento ; perciocch da'semi di tutte le cose, e le pi volte confusi che di l cascano, vengono a nascere poi infinite mostruose figure, e massima mente in mare. Questo ci mostra ancora l'occh io nostro, perch vegghiamo in esso dove la figu ra dun carro, dove quella d'un orso, dove d 'ttn toro e dove d'una lettera, essendo il circolo d mesco opra Settentrione molto bianco.
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4 Eqaiem at coaaeneo fw tiom moveor. H u i f o e n wivpm Graeci, nomine x>rnamenti, appellavere, eum nos, a perfecta ahsolotaqne eie ( t a t , mundum, Coelum qaidem haud dubie c e d a li argomento didmoa, ot interpretator M. Varro. Adjuvat rerum ordo, descripto circulo, q a i signifer vocator, in doodecim animalium effi gies, et per illa solia cursus eonfroena tot acco lis ratio.
4 qoesto sono io coi parere di tutto Ia persone. Perciocch quello che i Greci chiama rono cosmo, con nome d'ornamento, noi ancora per la sua perfetta eleganxa Tabbiam chiamato mondo. Chiamiamolo ancor cielo, come lo ioterpreta M. Varrone, per essere egli celato, cio scolpito. Ci ne conferma P ordine delle cose, essendo disegnato il circolo, che si chiama Zo diaco, in dodici figure danimali, per le qaali si gira il ole, gi tanti anni sono senta mai fer marsi. D igli tLxmtrri * piaubti db
D b aunuim s st i u i i t u .
IV. 5. Non veggo ancora, cha niono dubiti, IV. 5. Nec deelamentia video dobilari qnatuor che gli elementi non sien qaattro. Quel del fuoco eaeaae. leniam sammum ; inde tot ateUaram colil primo, il pi alto, onde veggiamo gli occhi loceaiiom illoi oculos. Proximam spirita qoem di tante (acidissime stelle. Vicino a questo Io Graeci nostriqae eodefa vocabolo era appellant; spirito, il quale i Greci e i nostri con an mede vitalem boae, et per enneta rerom meabilem, simo vocabolo chiamano aere. Questo quello totoqne oonaertom. Hojos vi suspensam, com elemento, che ci d la vita, e passa per tutta quarto aqoarom elemento, librari medio spatio la cose, ed inserto oel tatto, e la terra sospesa telis rem. Ita matoo complexo diversitatis effici dalla forza desso, si sta bilaaeiata nello spatio nexam, et levia ponderibos inhiberi qoo minos di metto, col quarto elemento dellacqua. E eoal evolent, controque gravia, ne ruant, snependi leabbracciandosi insieme gli elementi, si viene a vibos in obiime tendentibus. Sic, pari in diverso fare un nodo di diversit ; onde le cose leggieri niso, in sno qoaeqoe eoosistere, irrequieto mondi sono ritennte dalle gravi, perch elle non volino; ipsios constricta dreoito : qoo semper in se cor* e all'incontro acciocch le gravi non rovinino rente, imam atqoe mediam in toto esse terram, in gi, sono sospese dalle leggieri, che vanno eamdemqne aniversi cardine stare pendentem, librantem per qnae pendeat; ita solam immobilem all' ins. Cos con pari sforzo, tirando ciascuna irea eam volabtli universitate, eamdemex omaiin diversa parte, per la lor forza vengono a fer baa necti, eidemqoe omnia inniti. marsi , essendo ristrette insieme dal continuo circuito desso mondo : il quale correndo sempre in a medesimo, la terra viene ad essere la pi bassa in metzo, e stasai sospesa sul perno del l'universo, e tiene sospesi quegli elementi, par li quali essa pende. E cos ella sola sta immobile, girandosi gli altri intorno a lei ; e la medesima collegata da tutti gli altri, e tatti gli altri si appoggiano a lei. Fra la terra e il eielo, per Io medesimo 6. later hanc coelomqoe eodem spirita pen 6. spirilo, pendono selle stelle separate ira laro dent, cerlie discreta spatiis, septem sidera, qaae con certi spatii, le quali per il moto loro chia ab inaerai voeamna errantia, qoom errent nolla miamo stelle erranti, dove non ce n' ninna, m nae illis. Eorum medias sol Certor, amplissima magaitediae ac potestate ; neo temporom modo ch'erri meno d'esse. Per mezzo di queste va il icm rnm qoe, sed sideram etiam ipsorum coeliqae sole d'infinita grandezza e possanza, il quale non solo rettore de'tempi e della terra, ma rector. Hone mondi esse totius animam aeplaoias ancora delle stelle istesse e del cielet E chi co n calat, bone principale natone regimen ac na s c a credere decet, opera ejos aestimantes. Hic sidera bene lopere di esso, dovr creder, che locem rebus ministrat, aufertqoe tenebras; bic egli sia l'anima di tutto il mondo, anzi pio ttosto r d i q u sidera occultat, illustrat; hic vices tempo- la mente, e il principal reggimeoto e divinit della natura. Questo quel che ministra la laoe, rom amaomque semper renascentem ex asu natu rae temperat; biceoelrtristitiam discutit, atqoe e leva le tenebre dalle cose ; questo nasoonde le altre stelle, e questo secondo l'uso della natura etiam humani nubila animi serenat; hic soum tempera le scambievoli mutazioni de tempi, e lam a ceteria qooqoe sideribus fenerat: praecla Tanno, che sempre rinasce : questo discaccia la ras, eximia, omnia inluens, omnia etiam exau-
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in uno eo video.
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mestizia del cielo, e rasserena aneora i angoli dell'animo umano ; questo presta il soo lam e ancora alle altre stelle, e come chiarissimo grandissimo ch'egli latte le cose risgaardt, e latte le ode, siccome io veggo esser pisciato ad Omero principe delle lettere. Di Dio.
D b D bo.
7. E per io giudico debolezza um il ana V. 7. Quapropter effigiem Dei formamque V. quaerere imbecillitatis humanae reor. Quisquis voler cercare la figura e forma di Dio. Qualun est Deas, si modo est alias, et quacumque in parte, que Dio (se pur v ' altro), e in qualunque parte si sia, tatto del senso, tatto della vista, totas est sensus, totas visus, totus auditas, totus tutto del l'udito, tutto dell'animo, tutto delfini animae, totus animi, totuj sui. Innumeros quidem credere, atque etiam ex virtutibas vitiisqae homi ma, e finalmente tutto di s stesso. E veram ente num, ut pudicitiam, concordiam, mentem, spem, pazzia grandissima credere, che vi siano infi honorem, clementiam, fidem, aut ( ut Democrito niti dei secondo le virt a i vizi degli nom ini, ente, h placnit) duos omnino, poenam et beneficium, siccome la castit, la coneordia, la m speranza, l'onore, la clemenza, la fede, 0 co e m majorem ad socordiam accedit. Fragilis et labo volle Democrito, due in tatto, la pena e il ben e riosa mortalitas in partes ista digessit, infirmita ini tis suae memor, ut portionibus coleret quisque, fizio. Ma la debole e faticosa natura degli nom ella quo maxime indigeret. Itaque numina alta aliis divise queste cose in parti, ricordandosi d gentibus, et nomina in iisdem innumerabilia re- infermit sua, acciocch ciascuno adorane in perimus; inferis quoque in genera descriptis, parti, quelle di che pi avea bisogno. Noi ritro morbisque, et multis etiam pestibus, dum esse viamo dunque varii nomi in diverse Dazioni, e e placatas trepido metu cupimus. Ideoque etiam in esse ancora innumerabili deit, essendo d scritti fino agli dei dell inferno in generi, e publice Febris fanum in Palatio dicatum est, e Orbonae ad aedem Larium, et ara Malae For infermit, e molte pesti ancora, mentre ch i* tunae Exquiliis. Quamobrem major coeli tum sovrappresi da spaventosa paura desideriamo p populas etiam qaam hominam intelligi potest, carie. E perci fu dedicato un tempio allaFebre in Palazzo, nel tempio dOrbona laltare degli quum singuli quoque ex semetipsis totidem deos dei Familiari, e nel monte Esquilino alla faciant, Junones Geniosque odoptando sibi ; gen Fortuna. Onde si pu stimare, che molto m ag tes vero quaedam animalia et aliqua etiam obscoena pro diis habeant, ac mnlta dictu magis giore sia il popolo degli dei, che degli nomini, poi che tutti da s medesimi si fanno altrettanti pudenda, per foetidos cibos et alia similia juran dei adottandosi le Giunoni e i Genii Ed aiw he tes. Matrimonia quidem inter deos credi,tantoque aevo ex his neminem nasci, et alios esse grandae alcuni popoli hanno per dei certi anim ali, e pnr vos semperque canos, alios juvenes atque pueros, degli sporchi, e molle cose ancora pi disoneste a dirsi, giurando per cibi stom acosi, e simili altre atri coloris, aligeros, claudos, ovo editos, et al cose. Il creder ancora, che fra gli dei ci * in0 ternis diebus viventes morientesque, puerilium mariti e mogli, e che per tanto tempo di loro prope deliramentorum est. Sed super omnem non nasca veruno, chalcuni dessi siano veccki, impadentiam, adulteria inter ipsos fingi, mox e sempre canuti, altri giovani e fanciulli, di colot jurgia et odia, atque etiam fuGlorumesse et sce nero, alati, zoppi, nati d'un uovo, e di lerum numina. Deus est mortali juvare morta che partendo le volte fra loro, m entre che In lem, et haec ad aeternam gloriato via. Hac proce res iere Romani ; hac nunc coelesti passu cum vive, laltro si muoia, scioccheria q0* ' fanciullesca. Ma vince ogni afacciatezM, he ,r* . liberis suis vadit maximus omnis aevi rector Ve loro si fingano adulterii, villanie e odii, e che spasianus Augustus, fessis rebus subveniens. Hic est vetustissimus referendi bene merentibus gra siano ancora gli dei de' furti e delle #ce*kr*,e**^ Do , che l'uomo aiuti l'altro uom o, e i oe* tiam mos, ut tales naminibas adscribant. Qaippe la via all'eterna gloria. Per questa via canna* ^ et omnium aliorum nomina deorum, et quae su pra retuli siderum, ex hominum nata sunt me rono i principi Romani, per questa ort ^ ritis. Jovem quidem aut Mercurium, aliterve alios con celeste passo, insieme co'suoi figH spassano Augusto il maggior principe, * inter se vocari, et esse coelestem nomenclaturam, viva, soccorrendo a travagli del mondo. quis oon interpretatione naturae fateatur? 1' antichissimo costume, che per ,0
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Irridendam vero, agere curam rerum hama naram illad quidquid est summum. Anne tam tri ti alqoe multiplici ministerio non pollui creda mus dubitemosve? Vix prope est judicare utrum magis conducat generi humano quando aliis nui Ius est deorum respectus, aliis pudendus. Exter nis famulantur sacris, ac digitis deos gestant monstraqae quae colunt ; damnant et excogitant cibos; imperia dira in ispos, ne somno quidem quieto, irrogant ; non matrimonia, non liberos, aoa denique quidquaro aliud, nisi juvantibus sa cris, deligunt. Alii in ipso Capitolio fallunt, ac fulminantem pejerant Jovem. Et hos juvant ce ler, illos sacra sua poenis agunt.
Invenit tamen inter bas utrasque sententias medium sibi ipsa mortalitas numen, quo minus etiam plana de Deo conjectatio esset. Toto quip pe mundo, et locis omnibus, omnibusque horis, omnium vocibus Fortuna sola invocatur: una nominatur, una accusatur, una agitur rea, una cogitatur, sola laudator, sola arguitur, et cum eonviciis colitur: volubilis, a plerisque vero et caeca etiam existimata, vaga, inconstans, incerta, varia, indignorumque fautrix. Huic omnia expen sa, haic omnia feruntur accepla ; et in tota ratione mortalium,sola utramque paginam facit. Adeoque obnoxiae sumus sortis, nt Sors ipsa pro Deo sit, qua Deus probator incertos.
Pars alia et banc pellit, astroque soo eventus adsignat, et nascendi legibus; semelqoe in omnes fataros nmquam Deo decretam, io reliquam vero otiam datum. Sedere coepit sententia haec, pariterque et eruditum vulgus et rude in eam cursu vadit. Ecce fulgurum monitus, oraculorum prae fata, aruspicum praedicta, atque etiam parva di eta, in angariis sternumenta, et offensiones pe dam. Divus Angustus laevum prodiditsibi calceum praepostere indootum qao die seditione militari
coloro che hanno fatto beneficio, essi sieoo posti nel numero degli dei. E certo che i nomi di tutti gli altri dei e delle stelle, che io ho raccontato di sopra, sono nati da'meriti degli uomini. E chi , che non confessi Giove, e Mercurio, e altri altrimenti esser chiamati fra loro, ed essere la denominazione celeste per la interpretazione della natara. Ma egli bene anche da ridere, che quel grande e supremo qualunque ei si sia, abbia la cura delle cose di questo mondo. Or non crederemo noi senza dubbio alcuno, che per cosi tristo e diverso maneggio egli venga a macchiarsi ? E certo che con difficolt si pu giudicare, qual de'due metta pi conto alla generazione umana, poi che alcuni sono, che non hanno rispetto alcuno agli dei, e' altri Tanno tale, che i da vergognarsene. Perciocch servono ai sacri ficii stranieri, portano gli dei con le mani, e an che adorano i mostri, dannano alcuni cibi, e se ne vanno fantasticando de'naovi, impongono crudeli imperii a s stessi, n posson pure aver sonno quieto. Non fanno maritaggi, non haono cura de' figliuoli, e finalmente alcuna altra cosa non trattano, se non in quanto ne sono consi gliati da'sacrificii. Alcuni nel Campidoglio istesso ingannano altri, e giurano il falso per Giove folgorante : e questi nelle ribalderie sono favo riti, quegli altri cou tulli i lor sacrificii son puniti. Ha per la generazione umana trovatasi una deit di mezzo fra l'una e laltra di queste due opinioni, per la quale verrebbe anche men chiara la congiettura di Dio. Perciocch in tutto il mondo, in tutti i luoghi, da tutte l'ore, con le voci di tutti invocata la Fortuna sola: ella nominala, ella accusata, ella incolpata, ella pensata, ella lodata, ella ripresa, e con villanie adorata, ma da molli ancora stimata e volu bile e cieca e incostante e incerta e varia, e fau trice degli uomini indegni. Costei governa ogni cosa, e da lei si riconosce il tolto ; e in tutto quanto il maneggio di questo mondo essa empie l'una e l'altra carta. E siamo tanto soggetti alla sorte, che la Sorte istessa si tien per Dio, per la quale si proova Dio essere incerto. Sonci alcnoi altri, che la rifiatano, attri buendo i successi delle cose agli influssi delle stelle, e alle condizioni del nascere : e questi tali vogliono, che Dio abbia deliberato una volta quel che ha ad essere di tutti, e che del rima nente poi non tenga conto aleono. E questa opinione gi cominciata a piacere, e non pare al volgo ignoranle, ma ancora agli uomini dotti. E di qui viene, che noi ci siamo dati a credere, che i folgori ci facciano avvertiti delle cose av-
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C. PUNII SECUNDI
venire, che gli oracoli sappiano le cose innanti, e gl indovini le predicano, tanto che fino a piecoli starnati, e i percotimenti di piedi si mettono fra gli angarii. L'imperadore Angusto ebbe t dire, com'egli s'avea messa la calza manca in cambio della ritta, qael giorno che fu qatsi morto da*soldati ammutinati. E tutte queste cose aggirano gli uomini poco accorti, tanto che la pi certa cosa, che sia fra esse, il non esservi nulla di cerio, e che non vi sia cosa alcuna pi infelice, n pi superba delPuomo. Perciocch gli altri animali non hanno cura d'altro se non del vitto, nel qaale la benignit della natura supplisce loro abbastanza. Oltra di ci hanno ancora una cosa, la qual merita d* esser post* innanzi a tutti i beni, ch'essi non pensano punto n alla gloria, n a* denari, n all'ambizioue, n alla morte. Ma per in queste opinic* torna bene a eredere, che gli dei abbiano cura delle eoee del mondo ; e che se ben lalora i maleficii tardi son puniti, ci avvenga per esser Dio occupato in tanta macchina, non gi che mai ne vadano esenti. N perci l'uomo fu generalo prossimo a Dio, acciocch per vilil fosse presso alle be stie. Bene vero, che principal conforto ddls imperfetta natura dell' u o m o questo, che n anche Dio pu ogui cosa. Perciocch egli non si pu uccider da s stesso, quando anche et volesse : la qual cosa fu dala per ottimo conforto all'uomo in tanti travagli di questa vita : a pu ancora fare gli uomini immortali, o ritornare i morti in vita, n fare che chi vissuto, noo sia visso, chi ha avolo degli onori, non gli abbia avuti, e in somma egli non ha ragione a la rn e nelle cose passate, fuor che l'oblivione ; e ( p e r unire ancora con faceti argomenti- questa com pagnia con Dio) e'non pu fare, che due vo lta dieci non sian venti, e molte altre simili eoee : per le quali ragioni si viene a conoscere la poesanza della natura, esser quello, che noi chia miamo Dio. N per sar stato fuor di prope silo, aver fatto questa digressione, per la contiatta investigazione, che si fa di Dio.
D e l l a v a tu b a d b lle st bllb b e b a n ti.
prope afflictus est.Quae singula improvidam mor talitatem involvant, solam at inter isla certam sil nihil esse certi, nec miserias qaidqaam homi ne aat superbius. Ceteris quippe animantium so la victo cara et, in qoo sponte naturae benigni tas afficit; ano qaidem vel praeferendo cunctis bonis, qaod de gloria, de pecania, ambitione, superque de morie non cogitant.
Verum in his deos agere curam rerum huma narum credi, ex usu vitae est; poenasqae male ficiis aliquando seras, occupato Deo in tanta mole, numquam autem irritas esie; nec ideo proximam illi genitam hominem, at vilitate jaxta belluas esset. Imperfectae vero in homine naturae prae cipua solatia, ne Deum quidem posse omnia. Namqae nec sibi potest mortem consciscere, si velit, quod homioi dedit optimum in tantis vitae poenis; nec mortales aeternitate donare, aat re vocare defunctos ; nec facere ut qui vixit non vi xerit, qui honeresgessit non gesserit; nulluraqae habere ia praeterita jus, praeterquam oblivionis ; atque (at facetis quoque argumentis societas haec eum Deo copuletur) ut bis dena viginti non sint, ac multa similiter, efficere non posse : per quae declarator haud dubie natarae potentia, idqae esse qaod Deam vocamus. In haec divertisse non fuerit alienam, vulgata propter assiduam quaestionem de Deo.
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sidbeum natcaa .
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r VI. 8. Hinc redeamus ad reliqua naturae sidera, VI. 8. Ora torniamo alPaltre cose della a e quae affixa diximus mando. Non illa, at existi tura. Le stelle, che noi diciamo essere appiccate mat vulgus, singulis attributa nobis, et clara di al cielo, non sono, come s crede il volgo, a U rivitibus, minora pauperibus, obscara defectis, ac bui te a ciascun di noi, le chiare a' ricchi, l e mi pro sorte cajusqae lucentia, adnumerata mortalinori a poveri le scure agli storpiati, e eoe bos; nec eum suo qaaeqae homine orta moriunsecondo la sorte di ciascuno a chi pi, e a ehm. meno rilucenti : n alcuna d'esse nata co l a tnr, nec aliquem exstingui decidua significant Non tanta coelo societas nobiscam est, at nostro uomo muore insieme con esso ; n anche q u a n d o foto mortalis sit ibi quoque sideram fulgor. Illa elle cascano, significano che alcun mnoia. N o ia
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nimio alimeli io tracti humoris ignea vi abun dantiam reddant, qaam decidere creduntor : at pad nos qaoqae id, luminibus accensis, liquo re olei notamus accidere. Ceteram aeterna eat coelestibus natura, intexentibus mandam, iatextaqoe concretis; potentia autem ad terram ma gno pere eorum pertinens, quae, propter effectu daritateroqae et magnitudinem, in tanta subtili tate nosci potuerant, sicut auo demonstrabimus loco. Circulorum quoque coeli ratio in terrae mentione aptias dicetur, qaando ad eam lota pertinet, signiferi modo inventionibus nou dila tu. Obliquitatem ejus intellexisse, hoc est rerum fores aperuisse, Anaximander Milesius traditur, primos, olimpiade quinquagesima oclava. Signa deinde in eo Cleostratus, et prima Arietis ac Sa gittarii. Sphaeram ipsam ante multo Atlas. Nuuc, relicto mondi ipsius corpore, reliqua inter coe lum terrsque tractentur.
Summum esse quod vocant Salami sidas, ideoqoe minimam videri, et maximo ambire cirtalo, ac tricesimo anno ad brevissima sedis saae principia regredi, certam est. Omnium autem er rantiam siderum meatus, interque ea Solis et La nae, contrariam mundo agere cursum, id est lae vum, illo semper in dexteram praecipi ti. Et quamvis assidua conversione immensae celeritati attollantur ab eo, rapianturque in occasum, ad verso tamen ire motu per suos quaeque passui, lia fieri, ne convolatas aer eamdem in partem, aeterna mundi vertigine, ignavo globo torpeat, sed findatur, adverso siderum verbere discretus et digestus. Saturni autem sidus gelidae ac ri gentis esse naturae ; mulloque ex eo inferiorem Jovis circulum, et ideo mota celeriori duodenis drcnmagi annis. Tertium Martis, quod qaidam Herculis vocant, ignei, ardentis a Solis vicinitate, binis fere annis converti. Ideoque hujus ardore nimio el rigore Salumi, interjectum ambobus, ex alroque temperari Jovem, satotaremque fieri. Deinde Solis meatum esse partium quidem trecen tarum sexaginta: sed ut observatio umbrarum ejus redeat ad nota quinos annis dies adjici, wperque quartam partem diei. Quam ob causam quinto anno unus intercalaris dies additur, ut temporum ratio Solis itineri coqgruat.
ha il cielo tanta compagnia con essonoi, che per nostro (alo quivi sia mortale ancora lo splen dore delle stelle. Elle abbondanti per lo troppo alimento dell'umor tratto a s, rigettano quel vapor di fuoco, quando pare altrui che caschino, come si vede ancora appresso di noi avvenire a* lumi accesi . Ma la natura de* corpi celesti eterna, perciocchessi intessono il mon do, e sono in esso tessuti, e la possanza loro mollo grande sopra la terra, perch per la chia* ril e grandezza dcU'effetlo si sono potuti cono scere in tanta sottigliezza, come mostreremo al suo luogo. Parleremo anche pi a proposito dei circoli del cielo nella menzione, che si far delia terra, poi che tutta la compositura del Zo diaco appartiene ad esso. Trovasi, come A na si mandr Milesio neirolimpia cinquanfotlesimp fu il primo, che io lese la obbliquit di questo Zodiaco, e ci fu uno aprir le porte delle cose. Cleostrato poi conobbe i segni in esso, e prima lAriele e il Sagittario. Ma molto tempo innanzi Atlante ebbe cognizione della sfera. Ora lascian do il corpo desso mondo, trattiamo delle altre cose, che sono fra il cielo e la terra. Chiara cosa che il pi allo di tutti il pia neta di Saturno, e perci poco si vede, e fa un grandissimo cerchio, tanto che in spazio di trenta anni ritorna a brevissimi principii della sua stanza. E che il viaggio di tutte le stelle erranti, e fra l'al tre del Sole e della Luna, fanno il corso contrario al mondo, cio vanno a man manca, dove il mondo precipitosamente va sempre a man ritta. E bench per la continua rivoluzione d'una gran prestezza sieno innalzali da esso, e tirati a poneute, nondimeno essi con moto op posito, vanno co* passi loro verso levante. E ci si fa, perch laere rivolto nella medesima parte, per la eterna rivoluzione del mondo non rimanga immobile e pigro, ma si venga a fendere dallopposito ripercotimento delle stelle, divenendo separabile e digesto. Ora la stella di Saturno di natura gelata e fredda : e il circolo di Giove mollo inferiore ad esso, e perci con pi veloce moto finisce il suo corso in dodici anni. 11 terzo il pianeta di Marte, chiamato dalcuni d Erco le, igneo e ardente per la vicinit del Sole, il quale quasi in due anni compie il suo corso. E perci Giove essendo posto in mezzo fra il troppo ardor di questo, e il freddo di Saturno si viene a temperare per luno e laltro, e farsi benigno. S ha dipoi da sapere, come il corso del Sole di trecento sessanta gradi ; ma accioc ch loserva*iooe dellombre sue ritorni asegni notali, a ciascuno anno s aggiungono cinque giorni, e di pi la quarta parte dun giorno. Per questa cagion Panno quinto vi s'aggiufoe
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C. PLINII SECONDI
an d di bisesto, acciooch la ragion del tempo si confaccia col viaggio del Sole. Infra Solem ambii ingens sidas, appellatum Sotto il Sole gira la grande stella chiamata Veneris, alterco meata vagum, ipsisqae cognomi Venere, con iscambievole corso vagabonda, e nibus aemulum Solis ac Lunae. Praeveniens quip per li saoi cognomi concorrente del Sole e del pe et aate matutinum exoriens, Luciferi nomen la Luna. Perciocch prevenendo il Sole, e aa accipit, nt Sol aller diem maturans : contra, ab scendo innanzi il mattino, si chiama Lucifero, occasa refulgens, nuncupatur Vesper, at proro come snella fosse an altro Sole, che affrettasse gans lucem, vicemque Lunae reddens. Qaam na il giorno ; e all* incontro rilucendo dopo il tra taram ejus Pythagoras Samius primus deprehen montar del Sole, si chiama Vespero, quasi che dit, olympiade circiter l x i i , qui fuit urbis Romae prolunghi la luce, e faccia lufficio della Luna. annas ccxxn. Jam magnitudine extra cuncta 11 primo, che conoscesse la natura d'essa, (u alia sidera est; claritatis qaidem tantae, at unius Pittagora Sa mio intorno alla quarantesima se hujus stellae radiis umbrae reddantur. Itaque et conda olimpia, che fu l'anno cento quaranta d ae in magno nominum ambitu est. Alii enim Juno dell' edificazione di Roma. Ora di graodezza nis, alii Matris dem appellavere. Hujus natara avanza ella tutte l'altre stelle; ed di tanto splen cuncta generantor in terris. Namqoe in alteratro dore, che i raggi di qnesta stella fanno ombra, exortu genitali rore conspergens, non terrae mo e perci onorata di molti nomi. Perciocch do conceptus implel, verum animantium qaoque chi ha chiamata Giunone, chi Iside, chi madre omnium stimulat. Signiferi autem ambitum pe degli dei. Dalla natura di questa stella tutte le ragit trecenis et duodequinquagenis diebus, ab cose si generano in terra. Perciocch nell'ano Sole numquam absistens partibus sex atque qua e laltro suo nascimento spargendo umor geni draginta longius, ut Timaeo placet. tale, nou solamente empie i concetti della terra, ma incita ancora quei di lutti gli animali. fa il suo corso per lo Zodiaco in trecento quaranta otto giorni, non s'allontanando mai dal Sole pi. che quarantasei gradi, come vuol Timeo. Di simil maniera, ma non gi di grandezza, Simili ratione, sed nequaquam magnitudine aut vi proximum illi Mercurii sidus, a quibusdam o forza la stella di Mercurio a lei vicina, chia appellatum Apollinis,inferiore circulo fertur, no mata da alcuni Apolline, la quale per avere il circolo inferiore, fa il suo cono nove giorni vem diebus ociore ambitu: modo ante Solis exor tam, modo post occasum splendens, numquam ab prima, rilucendo ora innanzi il nascimento del eo viginti tribus partibus remotior, ut hio idem Sole, e ora innanzi ch'ei tramonti : n mai si discosta da esso pi che ventitr gradi, sicoome et Sosigenes docent. Ideo et peculiaris horum Ctesia e Sosi gene dimostrarono, fi per la stanza sfderum ratio est, neque communis cum supra dictis. Namqae ea et quarta parte coeli a Sole di queste stelle peculiare, e non ha ponto ch e fare con le sopnddette. Perciocch'elleno si veg abesse, et tertia; et adversa Soli saepe cernuntur. gono esser lontane dal Sole per la quarta e tersa Majoresqae alios habent cuncta plenae conversio nis ambitas, in magni anni ratione dicendos. parte del cielo, e talon anche opposte. E latte hanno maggiori gli altri circuiti della piena conversione, de'quali si ragioner nel tntlato dell'anno grande. Vince poi le maraviglie di tatti la Luna, 9. Sed omnium admirationem vincit novissi 9. ultima stella, e faraigliarissima alla terra, trovata mam sidas, terrisque familiarissimum, et tene dalla natura per rimedio delle tenebre. Questo brarum remedium ab natura repertum, Lanae. pianeta ha travagliato molto gl* ingegni de'conMultiformi haec ambage torsit ingenia contem plantium, et proximam ignorari maxime sidas ' templativi, i qoali si sdegnavano grandemente indignantium. Crescens semper, aat senescens : di non conoscere questa stella tanto vicina, la et modo curvata in cornua facie, modo aequa quale sempre cresce, o scema : e o n si spiega portione divisa, modo sinuata in orbem ; macu in due corna, ora si divide in egual porzione, quando si fa di tutto tondo, quando piena losa, eademqae subito praenitens; immensa orbe di macchie, quando tutta rilucente, e grandissi pleno, ac repente nulla ; alias pernox, alias sera, ma col cerchio pieno, e in un subito divien nulla. et parte diei Solis lucem adjuvans; deficiens, Alcuna volta riluce tatta la notte, e talora si tin defectu tamen conspicua; quae mensis exita latet, qaam laborare non creditur; jam vero ha leva tanto tardi, che ana parte del giorno aiata mitis, et exoeisa, et ne id qaidem una modo, sed la luce del Sole. Manca talora di lame, e aon-
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dimeno nel mancar ai vede ; e nel fine del mese si nasconde, n per si crede ch'ella patisca. Ora appar bassa e ora alta, n perci fa questo a un modo solo, perch alcuna volta s* innalza fino al cielo, e talora pare che tocchi i monti ; ora la veggiamo volta a tramontana, ora chi nata verso mezzogiorno : e il primo che conobbe queste particolarit di lei^ fu Endimione, il qaal perci si fnge che fosse innamoralo d' esu. E veramente che noi siamo poco grati verso di coloro, i quali con fatica e cura ci hanno aperta la luce in questa luce ; l dove con rairabil danno degli umani ingegni ci dilettiamo di mettere il sangue e luccisioni sulle istorie, acciocch le scelleraggiui degli nomini sieno note a chi non ha cognizione d'esso mondo. Essendo adunque la Luna vicina al cardine Proxima ergo cardini, ideoque miifimo ambi to, vicenis diebus septenisque et tertia diei parte, del cielo, e perci di minimo giro, in ventisette giorni e la terza parte d'un d fornisce quel peragit spatia eadem, qaae Saturni sidas ellissimedesimo corso, che rallissima stella di Saturno, anom triginta,at dictam est, annis. Deinde,morata come a* detto, fa in trenta anni. Stata dipoi in coito Solis bidao, quum tardissime tricesima loce rursus ad easdem vices exit, haud scio an due giorni nella congiunzione del Sole, al pi omnium, quae in coelo pernosci potuerunt ma tardi il trentesimo giorno torna di nuovo alle gistra : ia duodecim mensium spatia oportere sue medesime volte : e non so s'ella sia mastra dividi annum, quando ipsa tolies Solem redeun di tntte le cose, che si sono potote conoscere in tem ad principia consequitur ; Solis fulgore eam cielo : che sia necessario divider l'anno in dodici ot reliqua siderum regi, siquidem in totum mu mesi, dove essa altrettante volte rsggiugne il tuala ab eo loce fulgere, qualem in repercussa Sole che ritorna a'suoi principii: ch'ella come aquae volitare conspicimus; ideo molliore et im l'altre stelle sia retta dallo splendore del Sole. perfecta vi solvere tantum humorem, atque etiam Perciocch ella risplende con quella luce, che in aogere, quem Solis radii absumant ; ideo et inae tutto ha ricevuta da lu i, siccome la veggiamo quali lumine adspici, quia, ex adverso demum volare nel ribattere dell'acque. E perci eoa plena, reliquis diebus tantam ex se terris osten molto molle e imperfetta forza risolve, e accresce dat quantam ex Sole ipsa concipiat; in coilu qui ancora tanto umore, quanto i raggi del Sole dem oon cerni, quoniam haustam o unem lucis possono consumare. Per questa cagione non ap pare sempre con lume eguale, perchi nella oppo adversa illo regerat onde acceperit ; sidera vero sizione si vede tutla, dove gli altri giorni mostra haud dubie humore terreno pasci, quia orbe ditanto di s alla terra, quanto ella riceve dal Sole. oidio nonnumquam maculosa cernatur, scilicet Nella congiunzione non si vede, perciocch tutta nondum suppetente ad hauriendum ultra justa vi; maculas enim non aliud esse qaam lerrae ra quella luce, che piglia, la rigetta, donde l ' ha avuta. Le stelle poi senza alcun dubhio si pa ptas cum humore sordes ; scono d 'umor terreno, perch talora essendo mezzo tonda, si vede tutta piena di imicchie; atteso che la forza non basta a tirare a s com petente materia. Perciocch le macchie non sono altro, che lordure della terra tirate in alto con l'umore. io. Gli eclissi suoi e del Sole, cosa in tutta la 10. defectos autem suos et Solis, rem iu lota contemplazione della natura molto maravigliosa, contemplatione naturae maxime miram el osten to similem, eorum magnitudinum umbraeque in e simile a un prodigio, sono segni della gran dezza e dell'omhre loro. dices exsistere.
D a L o n a b b t S o l i s d e fe c t ib u s . D e l l ' e c l is s e d b l S o l b
b della
lias admota coelo, alias contigua montibus; nane in aqailonem elata, nunc in austro dejecta : quae singola in ea deprehendit hominum primus En djmion, et ob id amore ejas captas fama tradi tor. Non somos profecto grati erga eos, qui labore c u raq u e locem nobis aperuere ia hac loce ; raira qoe humani iogenii peste, sanguinem et caedes condere annalibus juvat, at scelera hominam noscantnr mundi ipsias ignaris.
L otta.
VII. Perciocch chiaro , come il Sole ci si VII. Quippe maoifestum est Solem interventu L*aae occultari, Lunamque Terrae objectu; ac viene a nascondere, quando la Luna si mette
C pumi SECUNDI .
vice reddi, eosdem Soli radios Luna interpositu ao afferente Terrae, Terraque Lunae. Hac subeunte repentinas obduci tenebras,rarsomqae il lius umbra sidus hebetari. Neque aliud esse no ctem, qaam Terrae umbram. Figuram autem umbrae similem metae, ac turbini inverso: quan do mucrone tantum ingruat, neque Lunae exce dat altitudinem; quoniam nullum aliud eodem modo obscuretur, et talis figura semper mucrone deficiat. Spatio quidem consumi umbras, indicio sunt volucruro praealti volatui. Ergo confinium illis est aeris terminns, initiumque aetheris. Supra Lanam pura omnia ac diuturnae luris plena. A nobis autem pernoctem cernuntur sidera,nt reli qua lumina a tenebria Et propter has causas no cturno tempore deficit Luna. Stati autem atque menstrui non sunt ntrique defectus, propter obli quitatem signiferi, Lunaeque multivagos, ut di* ctom est, flexus, non semper in scrupulis partium congruente siderum motu. in ntezto, e la Lana per laoppositione dalla Terra ; e rendonsi lo acambio l'un l'altro, parchi la Luna eoi frammettersi kya i raggi del SoleaUt Terra, e 1 Terra aUa Lvaa. Perch sottentraedo qaeato abito si viene a far baio, e per l'ombra d'essa il pianeta perde fi suo lame. N altro notte, che l'ombra della terra. E la figura del l'ombra simile a una meta, o palo volto sotto sopra, perch se gli volta solamente con la pasta, e non trapassa la larghezza della Luna, percioc ch ninna altra stella s'oscura in quel modo, e tal figura sempre viene scemando nella panta. E che per lungo tratto vengano manco l'ombre, si pu vedere per gli altissimi voli, che gli accedi fanno. Il confine lor dunque il termine del* l'aria, e il principio del fuoco. Sopra la Lana poi tutte te cose son pure e piene di diurna tace. E noi di notte tempo veggiamo le stelle, o o b k si veggono gli altri lumi al baio. E per quest cagione la Lana s'oacura di notte. E gli editai dell'uno e dell'altro non sono i tempi fermi e determinati d'ogni mese, per rispetto dell'obbiiquit del Zodiaco, e per li molto varii rivolgi menti, come s' detto della Luna; perqh il mota delle stelle non conviene sempre nelle divisioni delle parli.
D e l l a g r a n d e zza d e ll e St e l l e .
D k MAGNITUDINE SIDEEOM.
VIII i i . Haec ratio mortales animos subducit in coelum, ac, velut inde contemplantibus, trium maximarum rerum naturae partium magnitudi nem delegit. Non posset quippe lotus Sol adimi terris in tercedente Luna, si Terra major esset quam Luna. Tertia ex atroque vastita Solis aperitur, ut non sit necesse amplitudinem ejusocalorum argumen tis atque conjectnra animi scrutari : immensum se, quia arboram in limitibus porrectarum in quotlibet passuum millia umbras paribus jaciat intervalli, tamquam tolu spatio medius ; et quia per aequinoctium, omnibus in meridiana plaga habitantibus, simul fiat a vertice; ilem quia ci tra solstitialem circulum habitantium meridie ad septemtrionera umbrae cadant, orlu vero ad oc casum : qaae fieri nullo modo possent nisi multo quam Terra major esset; nec quod montem Idam exoriens latitudine exsuperet, dextra laevaque large amplectens, praesertim tanto discretus in tervallo.
Vili. i i . Questa considerazione tira gli imi nostri in cielo, e quasi che di l contemplassimo, ci scuopre la grandezza di tre grandiasi me oaw, che sono parli della natura. E certamente, che non si potrebbe levare lotto il Sole alla Terra, interponendosi la Lana, e la Terra fosse maggiore, che la Lana. Dall'ana e l'altra poi si vede pi certa la grandezza del Sole in modo che non fa bisogno speculare l'am plitudine sua con la pruova degli occhi, e con la congettura delTanimo. E cos non dubbio, che questo Sole smisurato, perciocch noi reg giamo, ch'essendo molti alberi posti alla fila per ispazio di quante miglia si voglia, esso getta l'ombre loro con eguale intervallo, oome se foaae in mezzo di lutto lo spazio; e perch nello equi nozio, tulli coloro, che abitano nella parte meri dionale, hanno l'ombra del mezzogiorno per pendicolare sopra la lesta ; e perch l ' ombre degli abitatori del circolo aolstiziale nel mezzo giorno caggiono a tramontana, e al nascer del Sole caggiono a ponente : le qnali cose per alena modo non s potrebbon fare, s'ei non fosse molto maggior che la Terra ; e perch quando nasce, con la sua latitudine trapassa il monte Ida, lar gamente abbracciandolo da man ritta e man manca, massimamente essendo separato per tanto intervallo.
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Defectas Lanae magnitudinem ejus haud dubi ratione declarat, sica t Terrae parvitatem ipse deficiens. Namque, quum sint tres umbrarum figorae,constetque, ai par Jumini sit materia quae jactat umbram, columnae effigie jaci, nec habere finem; si vero major materia quam lumen, turbi nis recti, ut sit imum ejus angustissimum, et si mili modo infinita longitudo ; si minor materia qaam lux, metae exsistere effigiem in cacuminis fioera desinentem ; talemque cerni umbram de ficiente Luna, palam fit, ut nulla amplius relin quatur dubitatio superari magnitudine Terram : id quidem et tacitils ipsius naturae indiciis. Cur eoira partilis vicibus anui brumalis abscedit? nt noctium opacitate terf-as reficiat, exusturus baud dubie, et sic quoque exurens quadam in parte; tanta magnitudo est.
L'eclisse poi della Luna mostra con manifesta ragione la grandezza del Sole, siccome oscuran dosi esso, si viene a conoscere quanto aia picciola la Terra. Perciocch essendo tre le figure dellombre, ed essendo cosa chiara, che se la mate ria, che gella l'ombra, pari al lume, si viene a fare una figura di colonna, e se la materia maggior che il lume, lombra simile a un paleo diritto, in modo che la parte sua bassa sotti lissima, e similmeute la lunghezza infinita ; se la materia minore che la luce, lombra somiglia una meta, il cui fine sia appuntalo, e tal si vede l ' ombra oscurando la Luna : chiaramente si truova, senza averci dubbio alcuuo, che la Terra vinta di grandezza. E questo ancora si conosce per tacili segni d essa natura. Perch qual la cagione, che il Sole si discosta il verno? se non acciocch la freschezza della notte ristori la Terra : perciocch senza dubbio egli labbracierebbe, e cos ancora l abbrucia in alcuna parte; tanta la sua grandezza.
D i QUELLE COSE CBB ALCUBI BAH TEOVATE,
h e l l o s s e a v a z io b e d e l c ie l o .
IX. ia. Et rationem quidem defectus utriusque primus Romani generis in vulgus extulit Sulpicius Gallus, qui consul cum Marcello fuit, sed tum tribunus militum, sollicitudine exercitu libera to, pridie quam Perseos rex superatus a Paulo est, in concionem ab imperatore productus ad praedicendam eclipsiro, mox et composito volu mine. Apud Graecos aulem investigavit primos omnium Thales Milesius, olympiadis x l v u i anno quarto praedicto Solis defectu, qui Alyatte rege factos est, Urbis conditae anno c l x x . Post eos atriosque sideris cursum in sexcentos annos praecinait Hipparchus, menses gentium, diesque et horas, ac situs locorum, et visus populorum coro plexos, aevo teste, haud alio modo quam consi liorum naturae particeps. Viri ingentes, supraque mortalia, laniorum numiuum lege deprehensa, et misera hominum mente absoluta, in defectibus scelera aut mortem aliquam siderum pavento (quo in melu fuisse Stesichori el Pindari vatum sublimia ora palam est deliquio Solis), et in Lu na veneficia arguente mortalitate, et ob id crepi tu dissono auxilianie. Quo pavore, ignarus cau sae, Nicias Atheniensium imperator, veritus clas sera porlo educere, opes eorum afflixit. Macti ingenio este, coeli interpretes, rerumque naturae c4paces,argumenli repertores quo deos hominesqoe vinxistis ! Quis enim haec cernens, et statos siderum (quoniam ita placuil appellare) labores, non suae necessitati morlalis genilus ignoscat?
IX. a. Il primo, che in Roma trov la ra gione delleclisse delluno e Pai Ir, fu Sulpizio Gallo, il quale fu consolo insieme con M. Mar cello ; ma allora era tribuno de' soldati, libe rando lesercito da una gran paura, il giorno avanti che il re Perseo fu vinto da Paolo, che dal generale fu presentato in pubblico parla mento, a fare intendere loro leclisse; e dipoi anche sopra ci compose un libro. Ma appresso i Greci, il primo che la investig fu Talete Milesio, Panno quarto della quarantesima ottava olimpia, predicando Peclisse del Sole, che si fece sotto il re Asliage, cento e sellante anni dopo 1 edificazione di Roma. Dopo questi Ipparco predisse i corsi del Sole e delia Luna per seicento anni, comprendendo i mesi delle genti, e i di, e Pure, e i sili de luoghi e i borghi de popoli, essendone testimone il tempo, non per altro modo, che se fosse stalo partecipe de consigli della nalura. Sono stali quegli uomini eccellenti, i quali avendo sopra Puso della natura umana compresa la legge di s gran deit, liberarono la misera mente degli uomini, la quale nelPoscurar delle stelle, temeva d alcuna scelleraggine, omorte desse (nella qual paura si legge che furono ancora Stesicoro e Piudaro,eccellentissimi poeti,pei- leclissi del Sole descritto neforo versi) e gli uomini, che giudicavano la Luna esser tra vagliala dagl incanti, e perci laiutavano con lo strepito di varii tuoni. Per lo quale spavento Nicia capitan generale degli Ateniesi, non sapendone
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C. PUNII SECUNDI
a ia
Nunc confessa de iisdem breviter atque capi tulatim attingam, raiione admodum necessariis locis strictimque reddita; nam neque instituti operis lalis argumentatio est, neque omniam rerum afferri posse causas minus mirum est quam constare in aliqaibns.
la cagione, temendo di menare Parmala fuor del porto, mise io travaglio grande lo stato loro. Voi siete veramente uomini di grande ingegno, interpreti del eielo, e capaci della natara delle cose, avendo il modo da viocere gli uomini e gli dei. Perciocch quale colui, che vegga queste cose, e l'ordinate fatiche delle stelle, poieh cos ci piace chiamarle, che non abbia per iscusata la saa necessit, essendo nato mortale? lo toccher ora brevemente, e per capitoli le cose, che de' gi delti si confessano, rendendo strettamente la ragione, o in luoghi molto neces sarii . Perciocch tal discorso non secondo il proposito nostro, ed meno da maravigliarsi, ehe non si possa allegare la cagione di tulle le cose, ehe non di poterla dire in alcune.
D e l FE110D0
o b o li sc u ssi so lasi
Q uando e b c d r e a n t S o l is ac L u n a s d e fe c t o s .
e lo h a e i .
X. i 3. Defestus ducentis viginti tribus mensi X. i 3. Chiara cosa , che gli eclissi ritornano bai redire in saos orbes certum est;Solisque defe ne' loro cerchi in dugento ventidue mesi ; e die ctum non nisi novissima primave fieri Luna,qnod l 'eclisse del Sole non si fa, se non nell' ultima, vocant coitum ; Lunae autem non nisi plena, sem- o prima Luna, che si chiama congiunzione. Ma perque cifra quam proxime fuerit. Omnibus eclisse della Luna non si fa se non qaando dia autem annis fieri ntriusque sideris defectus, statis piena, e sempre prossimamente di qua dall'opdiebus horisque, sub terra. Nec tamen, qaam su posisione. Bene vero, che ogni anno a certi perne fiant, ubiqae cerni, aliqaando propter nu giorni e ore determinale si viene a (are P edisse bila, saepius globo terrae obstante convexitatibus dell1uno e l ' altro pianeta sotto terra. N per mundi. Intra ducentos annos Hipparchi sagacitate quando e' si (anno sopra la terra, si veggono per compertum est, et Lanae defectum aliquando tutto, e ci talora avviene per cagione dei m * quinto mense a priore fieri, Solis vero septimo ; goti, e spesse volte ancora perch il globo della eamdem bis in triginta diebus supra terras occul terra s 'oppone alle convessit del mondo. Sap tari, sed ab aliis atqne aliis hoc cerni ; quaeque piamo ancora da dugento anni in qna per la in saot in hoc miraculo maxime mira, quum con dustria d 'lpparco, come l 'eelisse della Leoa al veniat umbra terrae Lunam hebetari, nunc ab cuna volta si fa cinque mesi dopo il primo, e occasus parte boc ei accidere, nane ab exortos ; qnel del Sole sette mesi ; e che la medesima Lana et quanam raiione, quam Solis exorta ambra s'asconde due volte in trenta giorni sopra la illa hebetatrix sub terra esse debeat, semel jam terra, e che ci non si pu vedere da tatti, e acciderit at in occasu Luna deficeret, utroque qaello che maggior maraviglia in qaesto mira super terram conspicuo sidere. Nam ut quinde colo , essendo necessario che la Luna s' oscuri cim diebus utrumque sidus quaereretur, et nostro per l ' ombra della Terra, che qaesto ora le av aevo accidit, imperatoribus Vespasianis, patre m, viene dalla parte di ponente, e ora di levante ; e per qual ragione, dovendo al nascere dd Sole, filio iterum coniulibas. quella ombra, che la fa osearare, esser sotterra, fa che uaa volta egli avveone, che la Lana oscnr nel tramontare ; veggendosi l ' ano e l ' altro pianeta sopra la terra. A' tempi nostri avvenne ancora, che l ' nna e 1*altra stella non si vide per quindici giorni, e ci fu l ' anno, che gli imperadori Vespasiani furono consoli, il padre la tersa volta, e il figliuolo la seconda.
D e L unae m otu.
D bl m oto d e l l a L o r i .
XI. 14. Lunam semper averris a Sole cornibus, XI. 14. Ei non dubbio alcuno, che la Luna si crescat, ortus spectare, si minuatar, occasus, sempre con le corna volle al contrario del Sole,
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HISTORIARUM MUNDI L1B. II. s ella cresce, guarda levante, se ella scema, po nente. E riluce, aggiugnendo ogni d, comin ciando dal secondo, iusino al pieno tondo circa quattro quinti d ora, e cos ne leva in diminu zione. E non appare, se non s* allontana dal Sole quattordici gradi. Per lo quale argomento si comprende, che la grandezza delle stelle erranti maggiore, che quella della Luna, perciocch quelle appaiono alcuna volta, se sono sette gradi lontane dal Sole. Ma P altezza loro le fa paref minori, come le stelle fisse per lo splendor del Sole non si veggono di giorno, bench elle rilu cano non meno ebe la notte : il che manifeslamente si vede negli eclissi del Sole, e negli alti*, simi pozzi. Dbl m oto db p ia n e ti,
b d e c a n o r i d b ' lu m i.
haud dubiam est. Lacere dodrantes semuncias boraram ik secanda adjieientem usque ad ple nam orbem, detrahea lemque in diminalioneni. InIra quataordecim autem partes Solis, semper occultam esse. Quo argomento amplior erran tium stellarum quam Lonae magnitudo colligi tor, quando illae et a septenis interdum partibus emergant. Sed allilado cogit minores videri, sical affixas coelo Solis fulgor iolerdiu non carni, qaam aeque ac noeta luceant, idqae manifestam fiat defecta Solis et praealtis puteis.
XII. i5. Errantium autem Ires, quas supra XII. 15 . 1 tre pianeti, che noi abbiamo detto Solem diximus silas, occultantor, meantes eam esser posti sopra il Sole, si nascondono quando eo. Exoriuntur Tero maialino, discedentes parti- camminano con esso lui, ma essendosi dilungati bas numquam amplias undenis. Postea radiorom da lui non pi che undici gradi, si cominciano ejas contacta reguntur, et in triquetro, a parti a vedere, e nascono da mattina. Dipoi si reggono bus cenlam viginti, stationes matalinas faciunt, tocchi da raggi d'esso: e in trino da gradi cento qoae et primae vocantor ; mox in adverso, a venti fanno le stazioni mattatine, le quali si chia partibus centum octoginta, exortas vespertinos ; mano eneo le prime : dipoi alP incontro da' gradi iteramqae, io eentam viginti ab alio latere ap cento ottanta, fanno i nascimenti di sera. E pa propinquantes, stationes vespertinas, quas et rimente ne'cento venti gradi dalP altro lato, che secandas vocant; donec assecutae in partibas a appressa, le stazioni della sera, le quali si chia duodenis occultet illas, qoi vespertini occasns mano seconde, infinch il Sole appressandosi ai appellantur. Martis stella, ut propior, eliam ex dodici gradi a quelle stelle, le nasconde : e que qaaJrmto sentit radios, ab oonaginta parlibus : sti si chiamano oocasi vespertini. La stella di unde et nomen accepit is raolus, primus et secun Marte, come pi vicina, sente ancora i suoi raggi das nonagenarios dictus ab utroque exorlu. Ea dal quadrato, che sono novanta gradi : onde an dem stationalia senis mensibus commoratur in che questo moto prese il nome, e fu chiamato aigms, alioqui bimestris, quum ceterae utraque primo e secondo nonagenario dall uno e P altro slattone qoa ternos menses non iroplent. nascimento. Questa medesima stella stazionale dimora sei mesi ne* segni, altrimenti due, bench l altre nelP una e P altra stazione non fornisca no quattro mesi. Inferiores autem duae occultantur in coito I due pianeti, che sono sotto il Sole, si na vespertino,simili modo; relicloque Sole, totidem scondono nella congiunzione di sera per simil in partibas faciant exortus matutinos ; atque a modo, e abbandonati dal Sole, in altrettanti longissimis distantiae suae melis Solem insequun gradi fanno i nascimenti mattutini ; e seguono tor, adeptacque occasu matutino condantur ac il Sole, da remotissimi termini della sua distanza, praetereant; mox eodem intervallo vespere ex e avendolo ragginolo col mattutino occaso si ornator, uaqoe ad quos diximus terminos ; ab cuoprono, e passano oltre. Poco dipoi col mede his retrogradiantur ad Solem, et occasu9vesper simo intervallo da- sera nascono fino a quei ter tino deli meant. Veneris stella et stationes duas, mini, che abbiamo detto. E da quegli retrogra mata linam veapertinamque, ab utroque exorlu dando tornano al Sole, e si nascondono col tra facit, a loagissimis distantiae suae finibus. Mer montar la sera. La stella di Venere fa due sta tem stationes breviore momento quam nt depre zioni, Puna la mattina, P altra la sera dalP uno e : P altro nascimento da lunghissimi confini della c a t i poasiot. sua distanza. Le stazioni di Mercurio sono di s breve momento, che non si pu comprendere.
G. PLINII SECUNDI
QuABE EADEM ILIAS ALTIOBA, ALIAS FBOPIOBA VIDBAKTUa.
6 orna n
alte ,
Pisaeae
lb m edesim e s t e l l e p a ia n o
PI BASSE.
E questa la ragione de' lumi, e delle XIII. Haec esi luminum occultationumque Xlll. ratio, perplexior motu, mullisqae involata mira loro occultazioni, inviluppata da troppo intrica culis. Siquidem magnitudines suas el colores to molo, e da molti miracoli. Perciocch molano mutant; et eaedam ad septemtrionem accedunt, le grandezze, e i colori loro, e le medesime s' ac abeuntque ad austrum; terrisque propiores aut costano a tramontana, e partono a mezzogiorno, coelo repente cernuntur. In quibus aliter malta e veggonsi a on tratto ora vicine alla terra, e ora quam priores tradituri, fatemur ea quoque illo ritirate al cielo. Circa le quali stelle essendo io rum esse muneris, qui primi quaerendi vias de per mostrare molte cose altrimenti che non fe monstraverunt : modo ne quis desperet secula cero gli antichi, confesso che ci era ufficio di proficere semper. Pluribus de causis haec omnia coloro, i quali furono i primi a mostrar le vie di cercarle, pur che altri non perda la speranza, accidunt. che il mondo non vada sempre migliorando. Per pi cagioni avvengono tutte queste cose. La prima de' circoli, quali i Greci chiamano Prima circulorum, quos Graeci io nelle stelle abside ; perciocch s* hanno da osare stellis vocant: etenim Graecis utendum erit vocabulis. Suut autem h^ui cuique earum, alii- i vocboli Greci. E ciascuo pianeta ha le oe qne quam mando : quoniam terra, a verticibus abside, le qoali sono differenti da quelle del mon duobus, quos appellaverunt polos, centrum coeli do ; perciocch la terra il centro del cielo fra i est, nec non signiferi, oblique ioter eos sili. due poli, e del Zodiaco ancora, obbliquaraente Omnia autem haec coostant ratione circini sem posti fra loro. E tutte queste cose con la ragione per indubitata. Ergo ab alio cuique centro absi delle feste vengono chiare, e senza dubbio alcuno. des suae exsurgunt; ideoque diversos habent Nascono dunque le absidi da diversi centri a orbes, motusque dissimiles, qnoniam interiores ciascun pianeta. E perci hanno diversi circoli, e differenti moli, perch necessario che le ab absidas necesse est breviores esse. side di dentro sieno pi brevi. 16. Dal centro della terra dunque 000 di 16. Igitur a terrae centro absides altissimae sunt, Saturn in Scorpione, Jovi inVirgine, Marti scoste, e altissime le abside, a Saturno nello Scor in Leone, Soli in Geminis, Veneri in Sagittario, pione, a Giove nella Vergine, a Marte nel Leone, Mercurio in Capricorno,mediis omnium partibus. al Sole ne' Gemini, a Venere nel Sagittario, a Et e contrario, ad terrae centrum haroillimae Mercurio nel Capricorno, nel mezzo de* gradi atque proximae. Sic fit at tardius moveri videan tutti. E per lo contrario al centro della terra tur, quum altissimo ambita feruntur : non quia bassissime e vicine. E perci pare che ai mova accelerent tardentve naturales molus, qui certi no pi tardi, quando sono portate nel pi allo ac singuli sunt illis ; sed quia deductas ab sum circuito, non ch'elle affrettino, o tardino i moli ma abside lineas coarclari ad centrum necesse naturali, i quali ciascun pianeta ha proprii e est, sicut io rotis radios ; idemque motus alias determinati ; ma perch lirate le linee dalla som major, alias minor, centri propinquitate sentitor. ma abside, necessario che si ristringano al centro, siccome fanno i raggi nelle ruote, e il medesimo molo quando si sente maggiore, e quando minore per la vicinila del centro. Ecci un* altra ragione delle loro altitudini, Itera sublimitatum causa, quoniam a sno centro absidas altissimas habent in aliis signis : perch bauno le absidi altissime dal loro centro Saturnus in Librae parte vicesima, Jupiter Cancri in altri segni. Salarno nel ventesimo grodo di quintadecima, Mars Capricorni vicesima octava, Libra, Giove ne'quindici di Cancro, Marte nei Sol Arietis decima nona, Venus Pisciam vicesima veni' olio di Capricorno, il Sole ne' venti nove septima, Mercorios Virginis decima quinta, La d Ariete, Venere ne'sedici di Pesce,. Mercurio ne quindici di Vergine, e la. Luna ne'quattro na Tauri tertia. di Tauro. La terza ragione delle alliludini * intende Tertia altitudinum ralio, coeli mensura, 009 circuli, iptelligitur ; subire eas aut descendere per la misura del cielo, e non del circolo, perch gli occhi giudicano quegli o salire, o discendere per profundam aris, oculis existimantibus. per la profondit dell' aere.
aiS
Huic connexa latitudinum signiferi, obliquit lisqne, causa est. Per hunc stellae, quas dixiraos, feruntur; nec aliad habitatur in terris quam quod illi subjacet, reliqua a polis squalent. Vene ria tantum stella excedit eum binis partibus ; quae causa intelligilur efficere ut quaedam ani malia et io desertis mundi nascantur. Luna quo que per totam latitudinem ejns ugalnr, sed orouino non excedens eum. Ah his Mercurii stella laxissime, ut tamen e duodenis partibus (tot enim sunt latitudinis) non amplius octonas pererret, neque has aequaliter, sed duas medio ejus, et supra quatuor, infra duas. Sol deiude medio fertur inter duas partes flexuoso draco num meatu inaequalis. Martis stella quatuor medias, Jovis mediam et super eam duas ; Satur ni duas, ut Sol. Haec erit latitudinum ratio ad austrum descendeutium, aut ad aquilonem sube untium. Hac constare et tertiam illam a terra subeuntium in coelum, et pariter scandi eam qaoqoe, existimavere plerique falso ; qai ut coarguantur, aperienda est subtilitas immensa, et omnes eas complexa cautas.
Convenit stellas in occasu vespertino proxi mas esse terrae et latitudine et altitudine ; exortusqoe matutinos in initio cojusque fieri ; statio nes in mediis latitudinum articulis, quae vocant Ecliptica. Perinde confessum est motum augeri qoamdiu in vicino sint terrae; quum abscedant m altitudinem, minui. Quae ratio Lunae maxime sublimitatibus adprobator. Aeque non est dubiam io exortibus matutinis etiam numerum augeri ; atque a stationibos primis tres superiores diminai sqae ad stationes secundas. Quae quum ita sint, manifestam erit ab exor ta matutino latitudines scandi, quoniam in eo primum babitu incipiant parcius adjici motus; ia stationibus vero primis altitudinem subire, qaoniam tum primum incipiat detrahi numerus, stellaeque retroire. Cujus rei ratioprivatim red denda est. Percussae in qua diximus parte, et triangulo Solis radi^ inhibentnr rectum agere cursam, et ignea levantur in sublime. Hoc non protinus intelligi potest visu nostro; ideoqae existimantur stare, onde et nomen accepit statio. Progreditor deinde ejosdem radii violentia, et retroire cogit vapor repercussus. Molto id magis io vespertino earum exortu, toto Sole averso, qaamio summas absida expelluntor, minimeque
A questa congiunta la causa delle latitudini, e della obbliquit del Zodiaco. Per questo cam minano le stelle, che noi chiamammo erranti ; n altra parte della terra abitata fuor di quella, che sottoposta ad esso. Il resto sotto i poli in culto e disabitato. Solamente la stella di Venere lo trapassa di due gradi; la qual cosa cagione, che alcuni animali nascono nelle parti deserte del mondo. La Luna ancora cammina per tutta la latitudine del Zodiaco, ma per non la passa punto. E dopo questi la stella di Mercurio pi che P altre prende della latitudine del Zodiaco, in modo per, che de' dodici gradi ( perch tanti son quegli della sua latitudine ), non n trapassa pi che otto, n anco questi egualmente ; perch al mezzo di quello due, e di sopra quattro, e di sotto due. Il Sol dipoi ne va per lo mezzo, ine guale fra i due gradi, a guisa di serpente torto. La stella di Marte tieoe i quattro del mezzo: Giove quel di mezzo, e due sopra quello, Salurno due, come il Sole. E questa la ragione delle latitudini de pianeti, o quando discendono a mezzogiorno, o quando salgono a tramontana. Molti sono stati, i quali hanno falsamente credu to, per questa stare quella terza di quegli, che dalla terra vanno al cielo, e parimente ancora salir quella ; i quali acciocch sien riprovati, ei bisogna aprire una gran sottilit, la quale abbrac cia tutte le gi dette cause. Bisogna che le stelle nel tramontar della sera sieno vicine alla terra e di latitudine, e d altitu dine, e che i nascimenti mattutini si facciano nel priucipio da ciascuna, e le stazioni in mezzo gli articoli delle latitudini, che si chiamano Ecliptici. Perci chiara cosa che il moto ' accresce, men tre che elle son vicine alla terra, e ch'egli scema, quando ne vanno in alto. La qual ragione per le sublimit dulia Luna molto s 'approva. Ei non dubbio ancora, che ne5nascimenti mattutini il numero s 'accresce, e ehe dalle prime stazioni le tre superiori scemano fino alle seconde stazioni. Le qoali cose essendo in questo modo,sar ma nifesto dal nascimento mattutino salir le latitudi ni, perch in quel primo andamento cominciano adagio ad aggiugnersi i moti ; e nelle stazioni prime e altitudini tendere in s ; perch allora i numeri cominciano a scemarsi e le atelle a re trogradare. Della qual cosa privatamente s ha da rendere la ragione. Le stelle percosse nella parte, che abbiamo delta, e dal raggio triangolare del Sole, non possono fare il corso retto, e dalla fo cosa forza, del Sole sono levate in alto. E questo non si pu subito comprendere dalla vista no stra ; e per ci crediamo eh' elle stieno ferme, e d qui viene questo nome stazione. La violenza poi di qoesto raggio passa innanzi^ e il vapore
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C. PLINII SECUNDI
aao
cernantur, quoniam atlissime absunt, et minimo ferantur motu, Unto minore quum hoc in altis simis absidam evenit signis. Ab exortu vesper tino latitudo descenditur, parcius jam se miiiueole motu; non tameo anlc stationes secundas angeote, quum et altilado descenditor, superve niente ab dio latere radio, eademqae vi rursus terras deprimente, qoae sustulerit io coelum ex priore triquetro. Tantum interest, subeant radii, an superveniant. Malloqae eadem magis in ve spertino occasa accidunt. Haec est superioram stellarum ratio ; difficilior reliqaarum, et a nullo ante nos reddita.
percotendole le costrigne a ire addietro. E ci molto pi avviene nel loro nascimento vesperti no, avendo tatto il Sole opposto, quando U sono spinte nelle sommit delle absidi, e non ai veggono punto, perch altissimamente sono di scoste, e vanoo con pochissimo moto, e tanto mi nore, qaando ci avviene negli altissimi segai delle absidi. Nel nascimento vespertino si discesa de la latitudine, scemandosi gi il moto pi ada gio; ma nondimeno crescendo innanti le seconde stazioni, qaaodo anche si scende altitudine, sopraggiognendo dall altro lato il raggio ; e per la medesima forza sono di nuovo spinti a terra, la quale gli alz al cielo dal primo trino. Tanta differenza c' , che i raggi vengano di sotto, o di sopra. E molto pi questo avviene nel tramonta re della sera. E questa la ragione delle stelle superiori : molto pi difficile quella dell1 altre, e da ninno innanzi a me stata assegnala.
Coa
Paaca l b
17. Prima daoqae da dire qaale la XIV. 17. Primum igitur dicatur car Veneris XIV. stella numquam longius x l v i partibas, Mercarias cagione, eh1 essendo diverse stelle, la stella di viginti tribas a Sole abscedant, saepe citra eas ad Venere non si discosta mai dal Sole pi di qua Solem reciprocent. Conversas habent ulraeqoe rantasei gradi, Mercurio ventitr, e spesse volle absidas, at intra Solem sitae ; tantumque circulis di qua da questi gradi ritornano al Sole. L* uoo earum sobter est, quantum superne praedicta e altro pianeta ha le sue absidi rivolle siccome rum ; et ideo non possunt abesse amplius, quo' quegli che sono posti sotto il sole ; e tanto de' lor niam curvatura absidam ibi non habet longitu circoli di solto, quanto de' gi detti di aopra ; dinem majorem. Ergo atriqae simili ratione, e perci non possono esser pi discosti, perch modum statuant absidum soarom margines, ac per rispetto della piegatura delle absidi, quivi spatia longitudinis latitudinum evagatione pen non hanno maggior longitudine. Ambidoe dun sant. At enim cur non semper ad qaadraginta que per simil ragione slatuisoono il modo, e i sex, et ad paries viginti tres perveniunt ? lmmo margini delle absidi, e compensano gli spasii del vero. Sed ratio Canonica fallit. Namqoe apparet la longitudine con le latitudini. Ma peroh non absidas quoque earum moveri, quod oumqoam giungono essi sempre l ' uno ai gradi quarantasei, transeant Solem. Itaqae quum in partem ipsam al ir a' ventitr ? Anzi vi giungono-essi. Ma la ejus incidere margines alterutro latere, tum et ragione inganna coloro che faono le regole di stellae ad longissima soa intervalla pervenire astronomia. Perciocch si vede che anche le ab intelliguntor ; quam citra fuere margioes toti sidi loro si muovono, perch non passano mai il dem partibas, et ipsae ocias redire creduntor, Sole. Quando danque in essa parte caggiono le qaam sit illa semper atriqae extremitas summa. sae estremit dall1 uno, o dall' altro lato, allora Hinc et ralio molaom conversa intelligitur. Su si conosce che le stelle giungono ai lunghissimi periores enim celerrime ferantur ia occasa ve loro intervalli, bench sieno di qua dalle estre spertino, hae tardissime ; illae a terra altissime mit altrettanti gradi, allora si crede, che ritor absunt qoam tardissime moventor, hae quum nino pi ratto addietro ; perciocch quella sem osissime. Qoia, sicut ia illis propinquitas centri pre la maggiore estremit dell' uno, e dell1 Atro. accelerat, ita in his exlremitas circuli. Illae ab Di qui s'intende ancora la ragione dei moti esser exorta matetino minuere oeleritatem incipiunt, rivolta ; perch i superiori sono pi velocemente hae vero angere. Illae retro cursum agant a sta portati nel tramontar della aera, dove questi van tione matutioa asqne ad vespertinam ; Veneri, no molto pi tardi ; quegli sono altissunamente a vespertina asqne ad matutinam. Incipit autem discosti dalla terra, qaando lardissiaiamente si ab exortu matutino latitadinem scandere, allitu- muovono,questi qaando velociaaiinamenteJ*ercfc dinem vero ac Solem insequi a statione matutina, siccome in quegli la vicinit del centro affretta, ociseima in occasu maialino, et altissima ; degre- e cos in questi la estremit del circolo. Quegli
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di autem latitudine, motumqae minuere ab exor Iu vespertino ; retro quidem ire, aimulque alti tudine degredi a statione vespertina. Mercorii rursus stella utroque modo scandere ab exortu matutino, degredi vero latitudine i vesper tino ; consecatoque Sole ad quindecim psrtium inter vallum, consistit quatriduo prope immobilis. Mox ad altiladine descendit, retroque graditor ab occam vespertino usque ad exortam matuti num. Tantnmque baec, et Luna, totidem diebus quot subiere, descendunt. Veneris quindecies plu ribus subit Rursus Saturni et Jovis duplicalo de grediantur; Martis etiam quadruplicato. Tanta ertnaturae varietas. Sed ratio evidens: nam qnae n vaperem Solis nituntur, etiam descendunt *re.
dal nascimento mattutino incominciano a sce mare la prester, e questi a crescerla. Quegli sono retrogradi dalla stazione della mattina fino a quella della sera, e Venere dalla sera sino alla mattina. Comincia poi dal nascimento mattutino a salire la latitudine, e a salire P altitudine, e a seguitare il Sole dalla stazion mattutina, essendo velocissima e altissima nel tramontare della mat tina. Comincia partirsi dalla latitudine, e a sce mare il moto del nascimento mattutino, e a re trogradare, e a partire dalP altitudine da quel della sera. Mercurio nell' uno e P altro modo co mincia a salire dal nascimento mattutino, e a par tirsi dalla latitudine da quel della sera ; e avendo raggiunto il Sole appresso a' quindici gradi, si ferma quasi immobile per quattro giorni. Scende poi dalP altitudine, e retrograda dat tramontar della sera fino al nascimento della mattina. E questa, e la Luna scendono altrettanti giorni, quanto son salite. Venere saglie quindici giorni, e pi. Saturno e Giove scendono il doppio pi. Marte quattro volte pi. Tanta le variet della natura, ma la ragione chiara ; perch quegli che vanno contra il vapor del Sole, con difficolt scendono. Di
ALCUNE LEGGI COSTASTI DE* PIANTI.
C in o L K i n o n n i txa a r t iu m .
Molte cose ancora si posson dire ia ma XV. Multa promi araplins circa baec possunt XV. secreta naturae, legesque, quibus ipsa serviat. teria di questi secreti e leggi della nalura, alle Exempti gratia : m Martis sidere, cujus est ma quali essa serve. Come per cagion d 'esempio : la xime inobservabilis cursus, numqoam id statio stella di Marte, il cui corso poco si pu osservare, nem facere Jovis sidere triquetro; raro admodum non far mai stazione quando Giove d'aspetto sexaginta partibus diAreto, qui numerus sexan trino, e molto di rado, essendo quello distante gulas mundi efficit formas ; nec exortus, nisi in da lui sessanta gradi ; il qual numero fa le forme dnofau signis tantum, Cancri et Leonis, simul del mondo sessangolari. N insieme nascono, se edere. Mercurii vero sidus in Piscibu exortus non solamente in due segni, cio Cancro e Leone. vespertinos raros facere, creberrimos in Virgine, Mercurio fa di rado i nascimenti vespertini nella in Ubra matutinos. Item matutinos in Aquario, sera, e spessissime volte in Vergine ; in Libra i rarissimos m Leone. Retrogradum in Tauro et mattutini. 1 mattutini in Aquario, e rarissimi in Geminis non fieri ; in Cancro vero non citra vi Leone. Non si fa mai retrogrado n in Tauro, cesimam quintam partem. Lunam bis coitum cum n in Gemini ; ma in Cancro se non di l dai Sole et in nullo alie signo facere quam Geminis, venticinque gradi. La Luna non fa due volte mai n e coire aliquando m Sagittario tantum. Novis la congiunzione col Sole in nessuno altro segno, simum vero primamque eadem die vel nocte, fuor che in Gemini : e non avvien mai che in nullo alio m signo quam Ariete, conspici: id ogni segno non si cooginnga, te non in Sagitta quoque pancia mortalium contingit; et Inde fama rio. Non si vede mai in un medesimo d, o in cernendi Lyneao.Non comparere in coelo Saturni nna medesima notte in alcun altro segno, che mm et Martis, quum plurimum, diebus centum io Ariete, e questo ancora stato veduto da po rcylnagmta ; Jovis triginta sex, aut quam mini chi : e di qui nacque il motto del veder di Lin mam denis detractis diebus ; Veneris sexaginta ceo. Stanno ascosi Saturno e Marte al pi cento u n ta i, uni qunm minimum quinquaginta duo settanta giorni : Giove trentasei, o almeno ventibua;.Mercurii tredecim, aut quum plurimum sei. Venere sessantanove, e quando meno, cinoetodeeun. quantadue. Mercurio tredici, e quando pi, diciotto.
C. PLINII SECONDI
Q
oab s a t io colobbs b o b u m m o t e t .
**4
XVI. (8. Colores ralio altitudinum temperat: XVI. 18. La variet delle altitudini cambia siquidem earum similitudinem trahunt,* inqua- il color de pianeti, perciocch essi pigliano la rara aera venere subeundo, tingitque adpropin- sembianza di quelle, nelParia delle quali aono quantes utralibet alieni meatus circulus: frigidior venuti salendo, e il circolo del corso dun altro in pallorem, ardentior in ruborem, ventosus in pianeta tigne qoegli da qualunque parte a'aocohorrorem; Sol, atque commissurae absidum, stino ad esso. Il freddo gli mostra pallidi, Pardente rossi, il ventoso scuri e spaventosi. Il Sole, exlremaeque orbitae, atram in obscuritatem. Snus quidem cuique color est: Saturno candi e le commessure delle absidi, e gli estremi bassi dus, Jovi clarus, Marti ingneus, Lucifero can circuiti gli mostrano oscuri. Ciascun pianeta ha dens, Vesperi refulgens, Mercurio radians, Lu il suo colore. Saturno bianco, Giove chiaro, nae blandus, Soli quum oritur ardens, postea Marte focoso, Venere, quando delta Lucifero, radians. His causis connexo viso et earuro, quae come ferro rovente ; quando Vespero, r iv e n coelo continentur. Namque modo multitudo con dente : Mercurio radiante, la Luna bianchiccia ; ferta inest circa dimidios orbes Lunae, placida il Sole, quando si leva, ardente, dappoi radian nocte leniter illustrante eas; modo raritas, ut fu te. Per questa medesima cagione congionta la gisse miremur, plenilunio abscondente, aut quum vista il color di quelle, che sono fisse al cielo. Solis soprave dictarum radii visus perstrinxere Perciocchi ora se ne vede una mollitudine pi nostros. Et ipsa autem Luna ingruentium Solis spessa, quando la Luna ha il mezzo tondo, in radiorum haud dubie differentias sentit, hebe tan una notte placida, che dolcemente le illustra; te cetero inflexos mondi convexitate eos, praeter ora si veggon rade, in modo che ci maraviglia quam ubi secti angulorum competunt ictus. Ita mo, come selle si fossero fuggite ascondendole que in quadrato Solis dividua est, in trique il plenilunnio, o quando i raggi del Sole, o dei tro seminani ambitur orbe, impletur autem in pianeti sopraddetti abbagliano la nostra vista. La adverso ; rursusque minuens easdem effigies pa Luna ancora senza dubbio sente le differenze ribus edit intervallis, simili ratione qna supra de1 raggi del Sole, i quali per la convessit del Solem tria sidera. mondo, che gl ingrossa, si fanno piegati, e non diritti, infuor che dove gli angoli sono retti. E per quando la Luna in quadrato del Sole, si vedo mezza ; quando in trino, circondata del suo tondo ; quando in opposizione, diventa piena ; e similmente nella diminuzione pipita le medesime forme, con'pari intervallo per simil ragione, la quale dimostrammo ne* tre pianeti posti sopra il Sole.
D bl m oto d e l S olb, b pebch i G io b b i
S o lis
m otos , s t s id e r u m in a e q u a l it a t is b a t io .
XVII. 19. Sol autem ipse quatuor differentias habet, bis aeqnata nocte diei, vere et autumno, et in centrum incidens terrae, octavis in partibus Arietis ac Librae ; bis permutatis spatiis, in auc tum diei, bruma, octava in parte Capricorni ; ooctis vero, solstitio, totidem io partibus Can cri. Inaequalitatis causa obliquitas est signiferi, quum para aequa mundi super suhlerque terras omnibus fiat momentis. Sed quae recta in exortu suo consurgant sigoa, longiore tractu lucem; qoae vero obliqua, ociore transeant spatio.
XVII. 19.11 Sole ha quattro differenze, per ch due volte pareggia la notte al giorno, la primavera e Pau tuono, e cade nel ceutro della terra negli otto gradi dAriete e di Libra ; e due volte muta gli spazii nell'accrescimenlo del gior no, il verno, negli otto gradi di Capricorno; e della notte, nel solstizio, in altrettanti gradi di Cancro. La cagione di questa inegualit, la ob liquit del Zodiaco ; perciocch sempre a tutta i momenti si fa la met del mondo, e di sopra e sotto la terra. Ma i segni, che nel lor nasci mento salgono su relti, con pi tango spazio tengono la luce ; quei che nascono obbliqui , passano piuttosto.
HISTORIARUM MUNDI LIB. II. Q iw n n u n u I oti asmeaxrrua. 1VU1. ao. La lei pleroaque, magna coeli ssectatione compertum a prindpibus doctrinae viris, taperioroni trio sideram ignes esse qoi decida ad terras fulminum nonen habeant; sed a u i a e t t iis taedio looo siti, fortassis qoo. msb contagium nimii homorii ex superiore circale, atque ardoris ex subjecto, per hunc modum gerat ; ideoqoe dietum Jovem fulmina jaculari. Ergo at e flagraste ligno carbo cum crepitu, sic a sidere coelestis igni exspuitor, praescita secum effertos, ne abdicata quidem sni parte in divinis assaate operibus. Idqoe maxime turbato fit aCce; quia collectu humor abundantiam stinolal, aat quia turbatur quodam ceu gravidi rideris farta. Paaca i
p o lo o x i
soie
Giova.
XVIII. ao. Molti non sanno, come con lunga osservazione del cielo nomici dottissimi autori di questa dottrina, hanno trovato, che i fuochi die cadendo in terra pigliano il nome di saette vengono da' primi tre pianeti, e massimamente da Giove, posto nei mezzo d'essi ; e ci forse, perch per qaesto modo parga la contagione dd troppo amore, il quale tira da Saturno, che gli di sopra, e dell'ardore di Marte, che gli d sotto ; e perci detto che Giove lancia le saette. Siccome dunque da legno ardente viene con istrepito il carbone, cos dalla stdla il faooo celeste mandalo fuori, R qcale apporta seco presagio di cose avvenire, e non cessa di far divine operazioni in cielo, con quella parte anoora, che da esso scacciata. E ci massimamente si fa essendo Paria turbata, perch l'amor rac colto stimola l'abbondanza, o peroh Paria si turbe, come se 11 pianeta gravido avesse a par torire.
D w u imrtavALLi
d il l i s u l l .
l im v iL U in> nn.
XIX. ai. Intervalla quoque sideram a terra XIX. ai. Molti ancora hanno tentato < in T alti indagare lentaverunt ; et Solem abate a vestigare le distanze, che tono dalla terra a' pia Lnaa andevtginti parte, quantam Lanam ipsam neti ; e hanno avuto a dire, che il Sole lontano a terra, prodiderant. Pythagoras vero, vir sagacis dalla Luna diciannove parti, pi che non I animi, a terra ad Lunam oentum viginti sex mil Luna da essa terra. Bla Pitagora, uomo d'animo lia ik d io r ia eme collegit ; ab ea asque ad Solem sagace, raccolse che dalla terra alla Lana sono dnpJoaa; inde ad duodedm signa triplicatum : in cento ventisei mila stadii, e da quella sino al Sole qna sententia at GaUas 9ulpidus noster fait. due tanti, e dal Sole a'doded segni tre volte tanto. Del qual parere fu anco Gallo Salpizio nostro. D b n m n v i io a u .
D ella
musica delle stelle .
XX. n . Sed Pythagoras interdum ex musi XX. aa. E Pitagora dalla ragion musicale ca ratione appellai tonam quantum absit e terra chiama tuono lo spazio, eh' dalla terra insino f j i m . Ah ea ad Mercurium patii ejus dimidiam ; alla Luna. Da quella a Mercurio pone la met, e t s b e o s J Venerem fere tsnlamdem. A qaa ad di qaeilo ; e da esso a Venere quasi altrettanto; Solent sesquiplum ; a Sole ad Martem tonum, id E da essa al Sole la met meno. Dal Sole a Marte est quantum ad Lunam a terra. Ah eo ad Satar un tuono, cio quanto dalla terra alla Luna. Da a m dimidium, et inde sesquiplam ad signiferam. Marte a Giove la met ; e da Giove a Saturno Ila septena tonos effici, qaam diapafon harmo- la meli ; e da Saturno al Zodiaco la met meno. E cos si vengono a far sette tuoni ; la quale mim vocant, hoc est universitatem concento. m In aa Saturnum Dorio moveri phthongo, Jovem armonia d chiama diapason, cio universit di et in reliquis similia, jocanda magis concento. In questa armonia dice che Saturno d muove con concento Dorio ; Giove con Frigio, p n necessaria subtilitate. e cos negli altri va immaginando cose simili* con variet piuttosto dilettevole, che necessaria.
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C. PLINII SECUNDI
D b m o n d o , g b o m b to c a . D e lla g z o m b tx ia o b i. b o i d o .
a3. Lo stadio fa cento venticinque di XXI. a3. Stadium centum viginti quinque XXI. nostros efficit passus, hoc est pedes sexcentos vi nostri passi, cio seicento venticinque piedi. Possidonio scrive, che dalla terra a dove si fanno giliti quinque. Posidonius non minns quadraginta stadiorum a terra altitudinem esse, in qua nubila, le nebbie, i venti e le nugole, non V meno di ac venti, nubesque proveniant. Inde purum, li- quaranta stadii ; e sopra questo spazio esservi quidumque, et imperturbatae lucis aerem. Sed a l'aere puro chiaro, e di serena luce. Ma dal tor turbido ad Lunam vicies centum millia stadiorum. bido alla Luna due mila stadii. Dalla Luna al Inde ad Solem quinquies millies. Eo spatio fieri Sole cinque mila stadii. E per questo spazio av ut tam immensa ejus roaguitudo non exurat ter viene, che la cos smisurata grandezza di lui non ras. Plures autem nubes nongentis stadiis in alti arde la terra. E molti ancora dissero, che le nu tudinem subire prodiderunt. Incomperta haee gole salgono in alto novecento stadii. Questa et inextricabilia ; sed tam prodenda quam sunt sono cose incognite e inestricabili, ma per da prodita. In queis tamen una ratio geometricae dirsi, perch gi sono state dette; nelle quali collectionis numquam fallacis possit non repu- non da rifiutare una ragione di geometria non diari, si cui libeat altius ista persequi; nec ut mai fallace, se alcuno volesse investigare queste mensura ( id enim velle pene dementis otii est), cose. Non per mostrar la misura (che ci sarebbe sed ut tantum aestimatio conjectanti constet ani cosa quasi da un ozio stolto), ma solamente per mo. Nam quum trecentis sezaginta et fere sex istabilir nell'animo la estimazione del congettu partibus orbis Solis,ex circuitu ejus, patere appa rare. Perciocch veggendosi che il circolo, per reat circulum per quem meat ; semperque dime 10 quale va il Sole, di trecento sessanta e quasi tiens tertiam partem ambitus, et tertiae paullo sei parti dal circuito d'esso, e che sempre mi minus septimam colligat, apparet, dempta ejus sura la terza parte del circuito, e raccoglie poco dimidia (quoniam terra centralis interveniat), meno che la settima della terza; appare, le textam fere partem hujus immensi.spatii, quod vando la sua met (perch la terra come cen circa terram circuli solaris animo comprehendi tro in quel mezzo), che quasi la sesta parte tur, inesse altitudinis spatio; Lunae vero duode di questo grande spazio sia nello spazio delPal cimam, quoniam tanto breviore quam Sol ambitu litudine del circolo solare intorno alla terra, che currit ; ita ferri eam in medio Solis ac Terrae. con l'animo si comprende. Ma dalla Luna, la Mirum quo procedat improbitas cordis humani ! duodecima, perch ella corre con pi breve cir Parvulo aliquo invitata successu, sicut in supra- colo, che il Sole ; e. cos ella passa in mezzo del dictis, occasionem impudentiae ratio largitur; Sole e della terra. Ed .cosa maravigliosa, quanto ausique divinare Solis ad terram spatia, eadem proceda avanti la maligna natura del cuore uma ad coelum agunt, quoniam sit medius Sol: ut no, invitata da un piccolo successo, che la ragione protinus mundi quoque ipsius mensura veniat ad le dia, come nelle sopraddette cose, occasione di digitos. Quantas enim dimetiens habet septimas, impudenza. Talch avendo avuto gli uomini tantas habere circulum duo et vicesimas ; tam ardire d indovinare lo spazio del Sole alla terra, quam plane a perpendiculo mensura coeli constet ! fanno che il medesimo sia insino al deio, perch 11 Sole v in mezzo, di maniera che subito han no anco la misura del mondo alle dita. Perch quante settime ha il misurante, tanti ventiduesimi dicono avere il circolo, come se del tutto ci fosse nota la misura del cielo a perpendicolo. Aegyptia ratio, quam Petosiris et Necepsos La ragione Egiziaca, la quale fu trovata da ostendere, singulas partes in lunari circulo ( ut Petosiri e da Necepso, raccoglie che ciascun dictum est) minimo, tribus stadiis paullo amplius grado nel circolo lunare minimo, come a' detto, patere colligit; in Saturni, amplissimo, duplum; s'allarga poco pi di trentatr stadii, nel maggior in Solis, quem medium esse diximus, ulriusque circolo di Saturno il doppio, in quel del Sole, mensurae dimidium. Quae computatio plurimum che dicemmo essere in mezzo, la met dell'una habet pudoris, quoniam, ad Saturni circulum e l'altra misura. 11 quale conto ha in s molto addito signiferi ipsius internilo, innnmerabilis di sfacciatezza, perch aggiunto al circolo di multiplicatio efficitur. Saturno lo spazio di esso Zodiaco, si viene a fare innumerabile moltiplicazione.
a*)
in
c o m e tis .
D e lle s t e l l e b e p e b t i r b ,
o c o m e te .
XXII. 4- Restant pauca de mundo ; oamque XXII. 24. Restano alcune poche cose del et in ipso coelo stellae repente nascuntur. Plura mondo, perciocch in esso cielo nascono a un earum genera. tratto stelle, le quali sono di pi sorti. a5. Cometas Graeci vocant, nostri Crinitas, a5 .1 Greci chiamano Comete, e i nostri Cri horrentes crine sanguineo, et comarum modo in nite, quelle stelle, che appaiono spaventevoli per vertice hispidas. Iidem Pogonias, qaibus, inferiore il loro sanguinoso crine, e come se avessero la ex parte, in speciem barbae longae, promittitur chioma, pilose in cima. I medesimi Greci chia juba. Acontiae jaculi modo vibrantur, ocissimo mano Pogonie quelle, che hanno i crini di sotto significatu. Haec fuit, de qua quinto consulatu a guisa di barba. Alcune desse sono chiamate suo Titus imperator Caesar praeclaro carmine Aconzie, le quali si lanciano a modo di dardo, perscripsit, ad hunc diem novissime visa. Easdem e tosto adempiono il siguificato loro. Questa fu breviores et in mucronem fastigiatas, Xiphias quella, della quale Tito imperadore nel suo quin vocavere, qnae sunt omniam pallidissimae, et to consolato scrisse cos bei versi, ultimamente quodam gladii nitore, ac sine ullis radiis ; quos apparsa a questi giorni. Le medesime pi brevi, Discens, suo nomini similis, colore autem electro, e con la cima appuntata, furono chiamate Xifie, raros e margine emittit. Pilheteus doliorum cerni e sono le pi pallide dellaltre, con quello splen tur fignra, in concavo fumidae lucis. Ceratias dore, che si vede nel coltello, e senza alcuni cornus speciem habet, qualis fuit quum Graecia raggi : i quali Disceo, simile al suo nome, ma apud Salamina depugnavit Lampadias ardentes del colore dell'ambra, manda fuori rari dalla sua imitatur faces ; Hippeus equinas jubas, celerrimi estrema parte. Pilhete si vede in figura di doglo, motas, atque in orbem circa se euntes. Fit et nel concavo suo di luce affumicata. Cerazia candidae cometes, argenteo crine, ita refulgens un'altra sorte di cometa fatta in foggia di corno, vix contueri liceat, specieque humana dei siccome fu quella, quando i popoli della Grecia t effigiem in se ostendens. Fiunt et hirti, villorum combatterono a Salamina. Altre si chiamano specie, et nnbe aliqua circumdati. Semel adhuc Lampade ardenti, le quali somigliano le fiaccole. jubae effigies mutata in hastam est, olympiade Ippeo ha forma di crini di cavallo, di velocissi ceutesima nona, Urbis anno trecentesimo nona mo moto, che girano intorno a s stesso. Ecci gesimo octavo. Brevissimum, quo cernerentur, anco la cometa candida, col crin d'argento, tanto spatium septem dierum annotatum est ; longissi- rilucente, che a fatica si pu guardare; la quale u u d , ccntom octoginta. sotto specie umana dimostra in s figura divina. Nascono ancora altre comete irsute con certi velli, e circondate d'alcnna chioma. Una sola volta insino a'nostri tempi la forma della chioma s mutata in asta, l'olimpia centesima ottava, e trecento nenanla otto anni dopo l'edificazione di Roma. 11 pi breve spazio, che le comete si son vedute, s' osservato esser stato sette giorni, il pi lungo ottanta.
NaTUXA, ET SITUS, ET GIUBBA BOBOM. Della
r a t u b a , s it o b s pe c ie l o b o .
XXIII. Moventur autem alii errantium modo, dii immobiles haerent. Omnes ferme sub ipso septemtiione, aliqua ejus parte non certa, sed maxime in candida, qnae lactei circuli nomen accepit. Aristoteles tradit et simul plures cerni ; nemini compertum alteri, quod equidem sciam. Ventos antem ab iis graves aestusque significari. Fiunt et hibernis mensibus, et in austrino polo, sed ibi citra ullum jubar. Diraque comperta Aethiopum et Aegypti populis,cui nomen aevi ejus rex dedit Typhon, ignea specie, ac spirae modo intorta, visa quoque torvo, nec sldla verius quam
XXIII. Muovonsi alcune d'esse come fanno i pianeti, e alcune altre stanno immobili. E quasi tutte appariscono sotto tramontana, ma non per in alcuna certa parte, bench per lo pi si veg gano nella candida, che si chiama il circolo latteo. Aristotele scrive, che se ne veggono pi ad un tratto, il che niuno altro, eh' io sappia, ha pi detto. E dice, che significano venti, e grandissimi caldi. Vengono ancora di verno, e nel polo di mezzogiorno, ma quivi senza alcuno splendore. Apparve crudel cometa a'popoli dell'Etiopia e d'Egitto, a cui diede
G. PLINII SECONDI
quidam igneus nodas. Sparguntur aliquando et errantibus stellis, ceterisque, crines. Sed cometes numquam in occasura parte coeli est : terrificum magna ex parte sidus, ac non leviter piatum, ut civili molu Octavio consule, iterumque Pompeji et Caesaris bello) in nostro vero aevo circa venelicium, quo Claudius Caesar imperium reliquit Domitio Neroni ; ac deinde principato ejus, as siduum prope ac saevum. Referre arbitrantur in quas partes sese jaculetur, aut cujus stellae vires accipiat, quasque similitudines reddat, et quibus in locis emicet; tibiarum specie, musicae arti portendere; obscoenis autem moribus, in veren dis partibus signorum ; ingeniis et eruditioni, si triquetram figuram quadratamve paribus angu lis ad aliquos perennium stellarum silus edat; venena fundere, in capite septemtrionalis austriaaeve Serpentis. Cometes in nno totius orbis looo colitur in templo Romae, admodum faustus divo Augusto judicatus ab ipso ; qui, incipiente o, apparuit ludis, quos faciebat Veneri Gene trici, non multo post obitum patris Caesaris, in collegio ab eo instituto. Namque his verbis id gaudium prodidit : u lis ipsis ludorum meorum diebus, sidus crinitum per septem dies, in re gione coeli, quae sub seplemtrionibus est, con spectum. Id oriebatur circa undecimam horam diei, claramque et omnibus e terris conspicuum fuit. Eo sidere significari vulgus credidit, Caesa ris animam inter deorum immortalium numina receptam 4 quo nomine id insigne simulacro ca pitis ejas, qaod mox in foro consecravimus, adje ctam est. Baec ille in publioum; interior gaadio sibi illum natum, seque in eo nasci inter pretatus est ; et, i veram fatemur, salutare id terris fuit ii suo nome Tifone, che regnava in quel tempo, di specie affocata, e rivolta ia pi giri, l i vieta molto spaventosa ; e ci fa piuttosto un nodo affocato, che stella. Spargoosi alcuna volta ancora i crini a1 pianeti, e allaltre stelle. Ma la cometa non mai nella parta occidentale del cietoj stella in gran parte terribile, e diffteilmente pla cata , siccome fa nel tumulto civile, essendo Ottavio consolo, e un'altra volta nella guerra di Pompeo e di Cesare. E nella nostra e ti, qaan do fa avvelenato Claudio imperadore, che lasci F imperio a Domitio Nerone, e dipoi nel princi pato suo apparve continua e crudele. bicone esservi gran differenza in qual parte si gotti la cometa, o di quale stella ella pgli le fon , quai somigliante renda, in che luogo risplenda. S'ella in forma di pifferi, significa travaglio all'arte della musiua. S'ella nelle parti vergo gnose de'segni, minaccia a'costami lascivi. Ai begli ingegni, e alle lettere, s'ella fis figura trian golare, o quadrata oon angoli pari ad alcani siti di stelle perpetae. Dimostra veleno, in capo dd Serpente settentrionale, ovvero dell* aoatrale. adorata la cometa in un sol luogo di tatto il mondo, in un tempio di Roma, giudicata dal* P imperadore Augusto, molto felice a s stesso. Apparve questa cometa al principio del ano im perio ne' giuochi, che faeeva in onore di Venere Genitrice, poco dopo la morte di Cesare sao padre, nel collegio ordinato da lai. Perciocch egli con queste parole manifest la ana allegrez za : Ne' giorni proprii de'miei giaoehi apparve la cometa per sette giorni, nella regione del esalo, eh' sotto tramontana. Nasceva questa cometa d intorno alle undici ore del giorno, e fu vedata per tutto il mondo. E per questa stdla credette il volgo, che significasse l'anima di Cesare essere stata rioevuta fra gli dei: per la qual cosa fa aggiunto al simulacro del capo suo, che poco dipoi gli consacrammo in piazza, qaesto notahil segno. E queste parole diss'egli in pubblico ; ma nella sua allegrezza di dentro interpret, die qndla cometa fosse nata per lai, e ch'egli fsse nato in essa ; e, se vogliamo confessare il vero, ella fu molto utile al mondo. Sono di quegli ancora, che credono queste Sunt qui et haec sidera perpetua essccredaat, saoque ambitu ire, sed non nisi relicta ab Sole stdle esser perpetue, e che vadano co' loro pro etrni. Alii vero qai nasci humore fortuita t prii moti ; ma eh' elle non si veggano, se non qaando sono abbandonate dal sole. Alcani altri ignea vi, ideoqoe solvi. tengono, ch'elle nascano di fortuito uoaovo, e di forsa di fuoco, e che perci si risolvano.
H ir f A t a u A db sid b b ib v s .
D sulb o rim o B i o ' I p ? a b o o ik t o b v o a * u b m t u . XXIV. a6. 1 medesimo Ipperco, non s i 1 abbaileoca lodato, perch ninno pi di lai ap-
XXVI. 6 . Idea Hipparchus numquam satis kmdatas, t quo nemo magis adprobaverit co
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334
gnalionem eum homine sideram, animasque nostras pariem esse coeli, noram ateilam el aliam ia aevo ano genitam deprehendit; ej usque molo, qua die fulsit, ad dubitationem eat adductus, anne hoc saepius fieret, moverentorque et eae, qsas putamas affixu. Idemque ausus, rem etiam deo improbam, adnumerare posteris stellas, ac aidera ad nomen expungere, organis excogitatis per quae singularum loca atque magnitudines signaret; ut facile discerni posset ex eo, non modo an obirent nascerenturve, sed an omnino {diqaa transirent moverenturve, item an cresce reni miaaerenlurque; coelo in hereditate cunctis relicto, si qoisquam qui cretionem eam caperet inventus esset.
prov la oonvenienza della stella con l'uomo, e che l'anime nostre sono parte del cielo ; ritrov un'altra nuova stella esser nata nel tuo tempo ; e per lo moto d'essa, dal d, eh'ella cominci a risplendere, stette in dubbio, se ci spesso acca deva, e se si movevano ancora quelle stelle, che noi pensiamo esser fisse. 11 medesimo ebbe ar dire di tentar cosa, la quale sarebbe ancora difficile a dio, cio, d'annoverar le stelle a coloro, che avevano a venir dopo lui, e le compose per regola con islromenti trovati da esso, i quali segnavano i luoghi, e le maguitudini di ciascuna: talch agevolmente da ci si poteva conoscere, non pure s'elle tramontavano o nascevano, ma ancora s'elle passavano in alcun luogo, o selle si movevano, o se crescevano e scemavano ; la sciando a questo modo a tutti il cielo in eredi t, se si fosse trovalo alcuno capace di questa ragione.
Db* f b o d ig ii
c b l b s t i , p b b bsb m pu s t o b io
O i f i o t t U T i i n ra o D iG n s , r n u i u u F
ac as, l a m p a d is , b o u d b s .
w s t o b ic a .
XXV. Emicant et faces, non nisi quum deci XXV. Risplendono ancora quelle comete,che dant visae; qualis Germanico Caesare gladiato si chiaman fiaccole, le quali non si veggono se rum spectacula m eden te, praeter ora popu non quando elle caggiono, siccom fii quella, li meridiano transcucurrit. Duo genera earum : che trascorse di mezzogiorno al cospetto di tutto lampade vocant plane faces; alteram bolidas, il popolo, quando Germanico imperatore fece quale Mutinensibus malis visum est. Distant lo spettacolo de' gladiatori. Queste sono di due quod faces vestigia longa faciant, priore ardente sorti, perch chiamano le fiaccole lampade; Pat ire bolide, simile a quella, che fu veduta nelle parte; bolis vero perpetua ardens, longiorem sciagure di Modena. Hanno questa differenza trabit tiaitetp. tra loro, che le fiaccole si lasciano addietro le vestigie lunghe, ardendo la parte loro dinanzi : ma la bolide ardendo tutta, tira pi lungo tratto di fiamma.
T
b a b b s co b lb s tb s , ch asm a
COBLI.
XXVI. Emicant et trabes simili modo, quas Docos vocant ; qnalis quum Lacedaemonii classe vieti imperium Graeciae amisere. Fit el coeli ipaaas hiatos, qaod vocant Chasma.
XXVI. Risplendono anco le travi in questo medesimo modo, le quali si chiaman doci ; sic come furono qoelle, che apparvero, quando i Lacedemoni rotti in mare perderao l ' imperio della Grecia. Fassi aneora l'apritura del cielo, che si chiama casma.
D b'
c o l o b i b f ia m m k d b l
Db eoa l i
c o lo b ib o s ,
rr
f l a m m a c o b lb s ti .
XXVH. a?. Fit et sanguinea specie ( quo aihilterribilius mortalium timori est) ineendinm, ad terras cadens inde, sicut olympiadis centesi* u stpimnr anno tertio, quum rex Philippus Graeciam qaateret. Atque haec ego statis tem poribus natura, ot cetera, arbitror exsistere ; aoa,at pleriqae, variis de causis, quas ingeniorum aoomen excogitat. Quippe ingentiam nialo-
XXVII. vj. Fassi ancora il cielo alcuna volta di color sanguigno, della qual cosa non nulla, che metta pi spavento alle persone, e l'incendio, che di l casca in terra, siccome avvenne il terzo anno della olimpia centesima settime, quando il re Filippo travagliava la Grecia. Ma 10 aon di parere, che queste cose avvengono in certi tempi ordinati dalla natura, siccome l'altre cose,
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C. PLINII SECONDI
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rum fuere praenuntia : sed ea accidisse, non qai haec (acta suoi, arbitror ; veram haec ideo fecla, quia incasura eraot illa. Raritate autem occul tam eorum ewe rationem, ideoque non, sicut exortus supra dictos, defectusque, et malta alia, nosci.
e non, come certi si pensano, per diverse cagioni imaginate dalla sottigliezza degl'ingegni, le quali significarono grandissimi mali. Ma credo che quelle calamit accadessero, non perch queste cose erano fette in cielo, ma che queste fossero fette, perch quelle erano per avvenire ; e che per avvenire elle di rado sia nascosa la ragion desse, e per questo non si conoscano, come i sopraddetti nascimenti, e la eclissi, e molte altre cose.
D elle
cobohb c b l e s t i .
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c o b o r u c o b lk stib c s .
XXVIII. 28. Cernuntur et stellae cum Sole totis diebus, plerumque et circa Solis orbem, ceu spiceae coronae, et versicolores circuli : qualiter Augusto Caesare in prima juventa Urbem in frante, post obitum patris, ad nomen ingens capessendum. 39. Exsistunt eaedem coronae circa Lonam, et circa nobilia astra, coelo quoque inhaerentia.
D b CI&CDLIS BBPEHTIRIS.
XXVIII. a8. Veggonsi ancora certe stelle col Sole per lutto il giorno, e spesso intorno al tondo del Sole, come corone di spiche, e cerchi di pi colori, siccome avvenne, quando Augusto imperadore nella sua prima giovanezza entr inRoma dopo la morte del padre, a prendere il gran nome. 39. Le medesime corone si veggono intorno la Luna, e intorno a certe stelle fisse pi nobili.
D b * c ib c o l i
.
XXIX. Circa Solem arcus apparuit, L. Opi mio, Q. Fabio consulibns ; orbis, C. Porcio, . Acilio ; 3o. Circulus rubri coloris, L. Julio, P. Ruti lio coss.
S o l is
d e f ic t u s l o h g io b b s .
XXIX. Intorno al Sole apparve un arco, es sendo consoli Lucio Opimio e Quinto Fabio; e un cerchio essendo consoli L. Porzio e M\ Acilio. 3o. Un circolo di color rosso apparse essendo consoli L. Giulio e Publio Rntitio. Di
ALCOHI OSCCBAMBHTl DEL SOLE PI L O G H I.
XXX. Fiunt prodigiosi et longiores Solis defectus, qualis occiso dictatore Caesare, et An toniano bello, totius pene anni pallore continuo.
XXX. Fannosi alcuna volta reclusi del Sole prodigiose, e molto lunghe, siccome fo quella, quando fu morto Cesare dittatore, e nella guerra di E Antonio, che il Sole quasi tutto an anno fu pallido e scoro. Pi S o l i .
P l u b b s S o lb s .
XXXI. 3i. Et rursus plures Soles simul cer XXXI. Si. Appariscono ancora pi Soli in nantur : nec supra ipsum, nec infra, sed ex obii sieme, n sopra esso, n sotto, ma a traverso ; quo ; numquam juxta, nec contra terram ; nec non mai appresso, n contra la terra, n di not noctu, sed aut oriente aut occidente. Semel et te, ma qaando il Sole in levante, o in ponente. meridie conspecti in Borsphoro produntur, qui Dicesi pure, che una volta furono vedati di mez a matutino tempore duraverunt in occasum. zogiorno in Bosforo, i quali durarono dalla mat Trinos Soles antiqui saepius videre: sicut Sp. tina fino a sera. Gli antichi videro spesse Tolte Postumio, Q. Mucio ; et Q. Marcio, M. Porcio ; tre soli, siccome fo essendo Sp. Postomio, Q. etM. Antonio, P. Dolabella; etM. Lepido, L. Modo ; e Q. Marcio, M. Porzio ; e M. Antonio, Planco coss. Et nostra aetas vidit divo Claudio Pub. Dolabella ; e M. Lepido, L. Planco consoli. principe, consolata ejus, Cornelio Orfito collega. E l'et nostra ancora ha veduto il medesiaoo Plores, simul quam tres visi ad hoc aevi num al tempo di Clandio imperadore, essendo egli quam produntur. consolo, Cornelio Orfito suo collega. Ma inaino a questo giorno non si trova che ne sieno mm tati vedati pi che tre a an tratto.
a3S
Pi Lem.
XXXII. 3a. Lanae quoque trinae, ut Ca. Domitia, G. Fannio consulibus, apparuere: quos pleriqoe appellaverant soles noctarnos.
XXXII. 3a. Sonosi viste ancora tre Lune, come fu al tempo, che Gn. Domizio e G. Fannio furono consoli, i quali furono chiamali da molti soli notturni. Luca
DI D NELLA BOTTE.
D i u r n i LUX IfOCTIBDS.
XXXIII. 33. Lumen de coelo nocto visam est, C. Caecilio, Cn. Papirio consnlibas, et saepe alias, ot diei species noeta laceret.
XXXIII. 33. ssi yeduto lume dal cielo di notte tempo, essendo consoli G. Cecilio e Gn. Papirio, e di molte altre volte, di maniera che egli era chiaro di notte, come se fosse stato di giorno.
S c o d i a b d b b t i.
C t n u ABDBBTES.
XXXIV. 34 Clypeas ardens ab occasa ad ortum scintillans transcucurrit, solis occasa, L. Valerio, C. Mario consulibus. '
OsTEBTUM COELI SEMEL BOTATO.
XXXIV. 34 Essendo L. Valerio e G. Mario consoli, nel tramontar del Sole, scorse uno scodo ardente sfavillando da ponente a levante.
POETENTO DEL CIELO BOTATO OBA SOLA VOLTA.
XXXV. 35. Scintillam e stella cadere, et augeri terrae adpropinqnantem, ac postquam lunae magnitudine facta sit, illuxisse ceu nubilo die : deia qaam in coelum se reciperet, lampadem fa ctam, semel umquam proditur, Cn. Octavio, C. Scribonio ooss. Vidit hoc Silanus proconsul cum comitata sao.
XXXV. 35. Una favilla cadde gi da ano stella, e crebbe nell'appressarsi alla terra ; e poi chella fa fatta della grandezza della Luna, fece tanto lume, qnanto di giorno, quando nu golo : dipoi quando ritorn in cielo, divent una lampada. Ci fu essendo consoli Gn. Ottavio e G. Scribonio. Questo fu veduto da. Licinio Silano proconsolo con la saa compagnia.
D
isco rsi d i s t e l l b .
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discob so s t e l l a b o .
XXXVI. 36. Veggonsi fare i discorrimenti XXXVI. 36. Fieri videntur, et discursu stel larum, numquam temere, at non ex ea parte delle stelle, n mai senza cagione; perch da qoella parte nascono sempre Tenti terribili. truces venti cooriantur.
D e LLB STELLB DETTE I C a STOKI.
Ds STBLLIS
XXXVII. Sono le stelle anebra e in mare XXXVII. . Exsistunt stellae et in mari e in terra. lo ho gi vednto, quando i sol terrisqae. Vidi nocturnis militum vigiliis, inhae dati fanno le guardie in campo di notte, in sulle rere pilis pro vallo fulgorem effigie ea. Et anten punte delle lande come splendore di baleno, e nis navigantium, aliisque naviam partibus, cea in quella guisa ancora sulle antenne de'navi vocali quodam sono insistunt, at volucres sedem ganti, e in altre parti de' navili ; e quivi starsi, ex sede mutantes : graves,quum solitariae venere, facendo un certo saon di voce, siccome fanno mergentesque navigia : et si in carinae ima deci gli uccelli, quando si mutano da luogo a luogo. derint, exurentes : geminae autem salutares, et Se vengono sole, sono pericolose, e fanno affo prosperi cursus praenuntiae: quarum adventa gare i navili : e se cascano nel fondo della carena, fugari diram illam ac minacem, appdlatamqae ardono la nave. Se sono due, sono salutifere, e Helenam, ferunt. Et ob id Polluci et Castori id promettono buon viaggio ; e per la lor venuta nomen adsignant : eosque in mari deos invocant. dicesi, che si mette in foga quella crudele e mi Hoainam qaoqae capita vespertinis horis, magno nacciosa stella, che si chiama Elena. E perci
. PLINII SECUNDI
praesagio drcnmfolgent. Omnia inceri ratione, el in natnrae majestate abdita. attribuiscono questa deit a Polluce e Castore, e gli invocano in mare come dei. I capi degli uomini ancora, nellora della aera, risplendooo con grande e buon prodigio. E di tatto qaeste eose non si pud rendere cagione alcuna, perch elle sono poste nella maest della natura.
D ell a b i a , x r n a d
p io va h o s a s s i.
Db a b b b
e t q u a b b l a p id ib u s p l u a t .
XXXVIII. 38. Hactenas de mando ipso, si- XXXVIII. Insino a qui abbiamo ragionato deribasqae. Nane reliqaa coeli memorabilia. dd aaoodo e ddle stelle. Restano ora da dire Namqae et hoc ooelam appellavere majores, l*al tre cose notabili dd deio. Perciocch i nostri qaod alio nomine aera, omne qaod inani simile, antichi chiamarono qaesto cielo, ehe per altro vitalem hanc spiritum fandit. Infra lanam haec nome si domnda aria, tutto quello, che simile sedes, maltoqae inferior ( ut animadverto pro- al vano, manda fuori qaesto spirito vitale. E pemodnm constare ), infinitam ex superiore na questa sede dalla lana in gi e molto pi tura airii, infinitam et terreni halitas miscens, bassa (siccome io consideroesser quasi manife atraque sorte confunditor. Hinc nubila, tonitrua, sto), mescolando lo infinito della natara supe t alia foltaina. Hinc grandines, proinae, imbres, riore dell'aria, e l ' infinito deU'aKto terreno, si procellae, tarbines. Hinc plarima mortalium ma confonde con l'una e l'altra sorte. Di qai Ten la, et rernm naturae pugna secum. Terrena in co gono le nngole, i taoai e gli diri folgori. Di qai lom tendentia deprimit siderum vis: eademque, le gragnaole, le brine, le piogge, le procelle e qoae sponte non subeant, ad se trahit. Decidant tempeste. Di qai procedono le infinite sciagure imbres, nebalae subeunt, siccantur amnes, rount delle persone, e contrasto ddle cose dell natara. grandines, torrent radii, et terram in medium La forza ddle stelle reprime le cose terrene, che andiqae impellant. Iidem infracti relilionl : et, tendono al odo; e le medesime tirano a a quella qaae potuere, auferant secum. Vapor ex alto cose, che non salgono da loro. Cascan le piogge, cadit, rorsamque in altam redit. Venti ingrunnt le nebbie salgono, i fiumi d seccano, rumam inanes, iidemque cum rapina remeant. Tot ani- le gragooole, i raggi abronsano, e dogoi parte maliom haustus spiritum e sublimi trahit. At ille spingono la terra in meno. Quei reedesimi per contra nititur, tellosque, ut inani coelo spiritam riverberatione tornano in so, e portano seco infundit. Sic altro citroque eommeante natura, quelle cose, che possooo. Il vapore cade da alto, at tormento diqao, mundi celeritate discordia e di nuovo torna in su. 1 veoti soprastanno alla accenditor. Nec stare pugnae licet, sed assidoe terra vani, e i medesimi ritornano con ruina. rapta convolvitur, et circa terram immenso rerom E tanti animdi, che aooo aopra la terra, tirano causas globo ostendit : subinde per nubes coelum lo spirito da alto. Ma esso repagna, e la terra aliod obtexens. Ventorum hoc regnum. Itaque come a vano in delo infonde lo spirito. E cos praecipua eorum natara ibi, et ferme reliquas andando qua e l la natara, come da qoalche complexa causas : qooniam et tonitroom et ful stromento da lanciare, con la prestessa del a o * minum jactus, horum violentiae plerique adsi- do la discordia saccende. N pad star addo al gnant. Qain et ideo lapidibus ploere interim, contrasto, ma continoamente rapita s'aggira, e qaod vento sint rapti, et multa similiter. Quam con no qaasi iofinito globo di cose tendo intorno la terra, dipoi per le nngole d cuopre Pdtro b rem plora simul dicenda sant. deio. Qaesto il regno de* venti : per lo lor priudpal natura quivi, la quale ha qoasi ab bracciate laltre eause j perciooeb molti attri buiscono i tuoni e i folgori dia videns di que sti. Dicono aneora che se piovra pietre, d av viene, perch son tirate dal vento ; e molte altre cose simili. Per d restano aneora da dir pi cose.
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s t a t u t bmpbst a t t p s .
Db* t o m p o b a l i
o b u b a b ii.
XXXIX. 39. Tempestatum, rerumqae quas dam statas ess caos : quasdam vero fertaiUs,
XXXIX. 3g. K non dubbio afono, che de* temporali, e dalle cose. seno, alone cagioni
HISTORIARUM MUNDI MB. II. aut adhuc rationis incompertae, manifestum est. certe e determinate, e alcune altre fortuite, Quis taim aestates, et hiemes, quaeque in tempo aneora non intese. Perciocch chi colui, che ribus annua vice intelligoutor, sideram motu dubiti che le stati e i verni, e tutte 1' altre mu fieri dubitet ? Ut soli ergo natura temperando tazioni dell* anno non si facciano dal moto delle iulelligitor anno,sic reliquorum qnoqne sideram stelle? Siccome dunque la natara del Sole si propria est quibusque vis, et ad suam cuique conosce nel temprar dell anno, cos aucora cia nataram fertilis. Alia snnt in liquorem soluti scuna altra stella ha la sua propria fona, e humoris fiacunda, alia concreti in pruinas, aut fertile a produr quello, eh secondo la natura eoecti in nives, aut glaciati in grandines : alia di ciascuna. Alcune son feconde nella risoluzione Battis, alia teporis, aha vaporis, alia roris, alia dell* umore, alcune nel rassodarlo in brine, o rigoris. Nee vero baec tanta debent existimari, ristrignerloin nevi, od agghiacciarlo in gragnaoquanta cernuntor: quam esse eorum nallam le : alcune fanno veoto, alcune temperamento, minus luna tam immensae altitudinis ratio de aleooe vapore, alcune rugiada, e alcune freddo. d eret Igitur in soo quaeque motu naturam suam N per dobbiamo stimare queste stelle di tanta exercent: quod manifestum, Saturni maxime quantit, quanto si vede, come che la ragione di trausitua imbribus faciunt. Nee meantium modo cos grande altezza mostra che ninna desse non siderem haee vis est, sed multorum etiam adhae i minor della luna. Ciascuna dunque, nel suo rentium coelo, quoties errantium accessu impnlsa, moto esercita la sua natura, il che principalmen aat conjectu radiorum exstimulate soni : qaali- te dimostra il moto di Saturno, che tuttavia les in Suculis sentimus accidere, quas Graeci ob produce piogge. N solameute questa la forza id pluvio nomine Hyadas appellante Quin et sua delle stelle erraoti, ma delle fisse ancora, quante poote quaedam, statisque temporibus, ut Hoe- volte neU'accoslari che fanno loro i pianeti sono dorum exortus. Arcturi vero sidus non ferme spinte, o sono stimulate dal gettar de* raggi: corae veggiamo avvenire nelle Sucnle, le quali ioe procellosa grandine emergit. stelle furono da' Greci chiamate lade per rispetto delle piogge, che menano. Ma alcune ancora da s stesse a certi tempi ordinati inducono piog gia, come veggiamo farsi nel nascimento de' Ca pretti. Ed anco la stella d 'Arturo non nasce quasi mai senza ruinosa tempesta. De CASICCLAB
ORTU. D el
n asc im en to d ella c a n ic o l a .
XL. 4o Nam caniculae exortu accendi solis vapores quia ignorat? cujus sideris effectas am plissimi in terra sentiuntur. Fervent maria exo riente eo, fluctuant iu cellis vina, moventor uagna. Orygam appellat Aegyptus feram, quam ia exortu ejus contra stare, et contueri tradit, ac velut adorare, quum sternuerit. Canes quidem loto eo spatio maxime in rabiem agi non est dubiam.
XL. 40. Chi colui che non sappia, che nel nascere della canicola s 'accendono i vapori del sole? gli effetti della quale stella si sentono grandissimi in terra. Ribollono i mari, quando ella nasce, vanno sottosopra i vini nelle cantine, e si inuovooo gli stagni. L* Egitto chiama Orige una fera, la quale dicesi che quando la canicola nasce, vi si mette all'incontro, e la guarda, e quasi che I' adora, quando starnuta. E non dubbio alcuno che i cani, per tutto quello spazio eh ella i vede, vanno grandemente in rabbia.
iMrLDBHZB OBDIBAB1B Db'vAEII TEMPI DELL'aHBO.
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t a t a .
XLI. 41. Quin partibus quoque signorum inorumdem sua vis inest, ut autumnali aequino ctio, brumaque, cum tempestatibus confici sidus intaUigimus. Nec imbribus tantum tempestatibusqae, sed multis et corporum, t ruris experimen ti. Afflantur alii sidere, alii commoventur, sUtis temporibus, alvo, nervis, capite, mente. Olea, et pepalus alba, et satiees,solstitio folia circumagant. Floret ipso bramali dic suspensa io tectis arentis
XLI. 41. Hanno le parti ancora d 'alcani segni la forza loro, siccome nell' equinozio dell'autunno, e nel solstizio del verno, qnando veggiamo la stella essere oppressa dalle tem peste , n solamente dalle piogge, e tempeste, ma ancora per molti esperimenti de'corpi e delle terre. Alconi sono come percossi dalla stella, alcuni altri in certi tempi determinali sentono mutazioni nel ventre, ne' nervi, nel capo e nella
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G. PLINII SECONDI
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herba pulegii, rumpantur intentae spiritu mem branae. Miretur hoc, qui non observet quotidiano experimento, herbam unam, quae vocatur heliotropium, abeuntem solem intueri semper, ornnibusque horis cum eo verti, vel nubilo oburabrante. Jam quidem lunari potestate ostrearum, conchyliorumque, et concharum omniam corpo ra augeri, ac rursus minui. Quin et soricum fibras respondere numero lunae, exquisivere diligenliores : minimumque animal formicam, sentire vires sideris,interlunio semper cessanlem. Quo turpior homini inscitia est, fatenli praecipue jumentorum quorumdam in oculis morbos cum luna increscere, ac minui. Patrocinatur vastitas coeli immensa, discreta altitudine in duo atque septuaginta signa. Hae sunt rerum, aut animan tium effigies, in quas digessere coelum periti. Ia his quidem mille sexcentas adnotavere stellas, insignes videlicet effectu, visuve. Exempli gratia, in cauda Tauri septem, quas appellavere Vergilias, in fronte Suculas, Booten, qui sequitur Seplemtriones.
mente. L olivo, l ' oppio bianco e i sala nel sol stitio ginno le lor foglie. L'erba secca del pa leggio appiccata sotto i tetti fiorisce il di proprio della brama, e romponsi le carte pergamene gon fiate. Maraviglisi di questo chi non lha esperimentato ogni giorno, che una erba che si chiama eliotro pio, guarda sempre il sole, quando ei si parte, e di continuo si volge insieme con caso, bench sia coperto da nugoli. La luna ancora ha possanza di fare crescere e scemare i corpi dell1 ostriche e de'granchi. E quei, che sono stali pi diligenti, dicono, che le venoline del fegato de* topi rispondono al numero della luna : e la formica, animai cos piccolo, sente le forze della luna, perciocch quando la luna non si vede n vecchia, o nuova, si rimane dal suo lavoro. Ed tanto pi bratta la ignoranza dell' uomo, il quale coofessa, che negli occhi d1alcune bestie crescono e scemano i mali insieme con la luna. Aiutaci la smisurata graodezza del cielo con la sua altitudine partita in quaraota due segni. E questi tutti sono figure di cose, o d'animali, nelle quali gli uomini scien ziati anno compartito il cielo. In questi segni alcuni hanno notate mille seicento stelle, cio le pi eccellenti e per effetto, e per apparenza. Come per esempio, nella coda del Tauro sette, le quali chiamarono Vergilie ; nella fronte sono le Sucule, e Boote che seguita i Settentrioni.
Da' t e m p o e e l i
s t e a o r d i n a b ii .
D e inCE&TIS TEMPESTATIBUS.
XL1I. 4a. Extra has causas non negaverim exsistere imbres venlosque : quoniam humidam a terra, alias vero propier vapores furaidam ex halari caliginem certum est. Nubesque liquore egresso in sublime,aut ex aere coacto in liquorem, gigni. Densitas earum, corpusque, haud dubio conjectatur argumento, quum solem obumbrent, perspicuum alias etiam urinantibus iu quamlibet profundam aquarum altitudinem.
XL1I. 4a 1 negher gii, che fuor di queste cagioni non possano essere le piogge e i venti : perciocch egli cosa chiara, che dalla terra esala certa caligine umida, e alcuna volta ancora per li vapori fumicosa. Onde o per la umidit, che monta in alto, o per l ' aria conden sata in liquore, si generano le nugole. E la den sit, e il corpo di quelle si vede certo, perciocch elle cuoprono il sole : e ci veggono ancora coloro, che si tuffano in qual si voglia profonda altezza d 'acqua.
Db' t u o n i
e d e ' l a m p i.
De
t o n it b ib u s e t p u l g e t b is
XL11I. 43. Igitur non eam inficias, posse in has et ignes superne stellarum decidere, quales sereno saepe cernimus, quorum ictu concuti aera verum est, quando et tela vibrata stridunt. Quum vero in nubem pervenerint, vaporem dissonura gigni,ut candente ferro in aquam demerso, el fumidum vorticem volvi. Hinc nasci procellas. Et si in nube luctetur flatus aut vapor, tonitrna edi : si erumpat ardens', fulmina : si longiore tractu nitatur, fulgetra. His findi nnbem, illis perompi. Et esse tonitrua impactorum ignium
XL111.43. Non negher adunque poter cadere in queste nugole di sopra fuochi dalle stelle, quali spesso veggiamo nel sereno, dal percoti mento de' qaali commossa l'aria, come qaando le saette lanciate si sentono stridere. Quando dunque que' fuochi giungono alla nugola, gene rano vapore dissonante, siccome ferro rovente tuffato nell'acqaa, e gira intorno ana certa rivo luzione di famo. Di qai nascono le tempeste. E se nella nugola.combatte il vento, o il vapore, si fanno i tuoni ; ma s'egli esce ardente, nascono le
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plagas: idcoqne protinus coruscare igneas Dubium rimas. Pone et reputai siderum depressum, qui a terra meaverit, spiritum nube cohibitum to nare, ualora strangulanto sonitum dum rixetur, edito fragore quam erumpat, ut in membrana spirito intenta. Poase et attritu, dom in praeceps feratur, illam, quisqois est, spiritum accendi. Posse et conflicto nubium elidi ot doorom lapi data, scintillantibus fulgetri. Sed haec omnia esse for Init. Hinc bruta fulmina et vana, ot quae aulla veniant ratiooe naturae. His percoli montes, his maria, omnesqae alios irritos jactas. Illa vero fatidica ex alto, statisque de causis, et ex sois ve nire sideribus.
saette : e se per longo spazio fa tal forza, vengo no i baleni. Perciocch qoesti tendono le nugole, e quei le rompono. i tnoni sodo le percosse, che fanno i fuochi, che battono nelle nugole, c perci subito le focose fessure loro vengono a lampeggiare. Pu bene anco tal volta lo spirito, ehe si lev da terra, rispinto in gi dalla forza delle stelle, e ristretto nella nugola, tonare, strangolando la uatura il suono, mentre che si combatte, ma finalmente mandando fuori il suo no, rompe come in carta pergamena gonfiata. Pu qoello spirito ancora, qoalunque e* si sia, raccendersi, per lo stroppiccamento, mentre che furiosamente portato. Pu ancora per il riper cotimnto delle nngole spezzarsi, come veggiamo le scintille sfavillare da due pietre percosse insie> me. Ma tolte queste cose vengono a caso. E di qoi nasce, che tai folgori son vani, siccome quei, che vengono senza alcuna ragione di natura. Qoesti percootono i monti e i mari, e tutti gli altri luoghi battuti in vano. Ha i folgori, che predicano le cose avvenire, vengono da allo, e da cause determinate, e dalle loro stelle.
V aaroam s o aieo.
O aiGina Da va* t i .
XL1V. Simili modo ventos, vel polius flatus, pone et ex arido siccoque anhelitu terrae gign oon negaverim : posse et aqois ara expirantibos, qai aeqne in nebolam densetur, uec crassescat in nube* : posse et solis impulso agi : qooniam vesto* non aliod intelligatur, quam fluxus sri* : ptaribosque eliam modis. Namque et e fluroinibos, ac sino bus, et e mari videmus, et qaidem tranquUWi, et alios quos vocant Altanos, e terra consorgere. Qai qaidem quum e mari redeunt, Tropaei vocantur : si pergunt, Apogei.
Montium vero flexus crebriqoe vertices, et conflexa cubito, aut confracta in homeros jaga, concavi valliom sinos, scindentes inaequa litate ideo resultantem aera ( quae causa etiam voces multis in locis reciprocas facit sine fine ), ventos generant. Alcune spelonche ancora generano venti, 45. Jam quidam et specus,qualis in Dalmatiae 45. ora, vasto in praeceps hiatu, in quem dejecto siccome una eh' in Dalmazia, la quale ha una levi pondere, quamvis tranquillo die, turbini grande e precipitosa apri tura, nella quale getta maifia emicat procella. Nomen loco est Senta. tovi cosa di poco peso, bench di giorno tran Quin t in Cyrenaica provincia rupes qoaedam quillo, ne nasce nobiloso vento di pioggia, che terribilmente s* aggira. Questa spelonca si chia Anatro traditor sacra, qaam profanam sil attre ctari hominis maoo, confestim Aostro volvente ma Santa. Dicesi ancora ehe nella provincia Cire arenas. In domibus etiam molti, manu facta naica v ooa oerta ripa consacrata al vento
XM V. Per questo modo non negher ancora, che non possano nascer venti, o pi tosto fiati da arido e secco vapor della terra : possono nascere ancora dalle acque, ch'esalano aria, la quale non si condensi in nebbie, n ingrossi in nugole : possono eziandio essere spinti dal sole; percioc ch il vento non si tiene che sia altro, che onde di aria : possono ancora nascere in molti altri modi. Perciocch veggiamo procedere e da'fumi, e dalle nevi, e dal mare, quando egli pi tran quillo, e altri venti, che si chiamano Altani, levarsi da terra. I quai venti, quando ritornano dal mare, si chiamano Tropei; e, se seguitano, Apogei. 44 1 ripicchi de'monti, e le spesse sommit, e i gioghi svolti, con aperture, e le concavit delle valli rompendo l'aria,che di l inegualmente risulta ( la qual cagione fa in molti luoghi ancora le voci reciproche senza fine) generano venti.
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C. PLINII SECONDI Austro, la quale non si pu toccare da mas d* uomo, che subito si leva questo vento, e rivolge l'arena. In molte case ancora sono ricetti fatti a mano, dove rinchiuso il fresco, i quali hanno i lor venti, in modo ehe non manca mai la cagione di fargli naaoere.
OsSBftVAZIONI DIVBSIB FATTE SD VESTI.
inclusa opacitate conceptacula aursi sani habent, adeo causa non decst.
XLV. Ma c' gran differenta, s 'egli fiato, o vento. Perch qnegli on venti ordinarii, che spirano, i quali non son particolari in alcun luo go, ma universali per molte terre, i quali non per ra, n per burrasca, ma di nome aneora *00 maschi : e nascono o per lo continuo incitamento del moudo e contrario occorso delle stelle, o questo quello spirilo generabile della natara delle cose che scorre qua e l, come in qualche ventre: o noi diremo il vento essere aere percosso da ioegual colpo di stelle erranti, e da dissimili raggi di pianeti : o pure questi venti escono dalle proprie stelle loro, o da quelle, che son fisse al cielo. Ma comunque si sia, chiaro , ch'esai hanno una legge certa di natura non incognita, bench n anco per ancora del tutto conosciuta. Pi di venti antichi autori Greci hanno 46. Vigiuti amplius auctores Graeci veteres 4 6 . prodidere de his observationes. Quo magis miror, scritto osservazioni di questi venti. Onde mag orbe discordi, et in regna, hoc est, in membra, giormente mi maraviglio, eh' essendo il mondo diviso, tot viris carae fuisse, tam ardua inventu : in tanta discordia, e diviso in regni, cio membri, inter bella praesertim et infida hospitia, piratis tanti uomini si sieno curati di ccroar cose cos etiam omnium mortalium hostibus transitus fer difficili a trovarsi, massimamente fra le guerre, me tenentibus : nt hodie quaedam in suo quisqae e gl' infedeli alberghi, e per li eorsali nimici di tracta ex eoram commentariis, qui numqnam eo tutte le persone, i quali tengono quasi lutti i accessere, verins noscat, qaam indigenarum scien passi : in modo che oggi ciascuno in oasa sua, tia : nane vero pace tam festa, tam gaudente da' libri di coloro, che non vi sono mai iti, ha p i* proventu rerom artiumque principe, omnino vera cognizione di questa cosa, ohe gli uomini nihil addisci nova inquisitione, immo ne veterum proprii del paese. Ed ora in cosi lieta pace, dove quidem inventa perdisci. Nou erant majora prae il principe s'allegra del miglioramento delTarli, mia, in mnltos dispersa fortunae magnitudine : e di latte le cose, non s 'impara pi sulla per et ista piares sine praemio alio, quam posleros nuova investigazione, anzi n anco pure s 'impa juvandi, eruerant. Mores hominum senuere, non rano le cose trovate e scritte dagli antichi. Non fractus : et immensa mollitudo aperto, quodeura- erano proposti maggiori premi i, perch la gran que est, mari, hospitalique lilornm omnium ap- dezza della fortnna fosse sparsa in molli : e non palsu, navigat: sed lucri, non scientiae gratia. dimeno ci furon molli, che investigarono queste Nec reputat caeca mens, el tantum avaritiae cose senza speranza d 'altro premio, che di gio intenta, id ipsum scientia posse tutius fieri. Qua vare a' posteri. 1 costumi degli uomini sono propter scrupulosius, quam instituto fortassis invecchiati, e non i frutti : e gran numero di conveniat operi, tractabo ventos, tot millia navi persone, essendo aperti e sicuri tutti i mari, e con festa di tuiti i liti, i quali amorevolmente gli gantium cernens. ricevono, vanno navigando, ma per cagion di guadagno, e non di scienza. E la mente cieca, e solamente intenta all'avartua, non crede che ci pi sicuramente si possa fare con la scienza. Per la qual cosa forse pi che non si converrebbe all'opera cominciata, tratter devenli, leggendo esserci tante mi gliaia di naviganti. XLV. Sed plariroum iulerest, fUtu sii, an Tentai, Illos sUitos atque perspirantes : qnos non tractas aliquis, veram terrae sentiant : qai non aura, non procella, sed mares appellatione quo que ipM venti sunt : sive assiduo mundi tacitala, et contrario sideram occursa nascuntur ; sive hic est ille generabilis rerum aa lurae spiritus, huc illuc tamquam in aler aliquo vagus : sive dispa rili errantiam siderum ictu, radiorumque multi formi jactu flagellatus aer, sive a suis sideribus exeunt his propioribus, sive ab illis coelo affixis cadunt, palam est illos quoqne legem naturae habere non ignotam, etiamsi nondum perco gnitam.
VtKOiai e u iu .
XLV1. 4?. Veteres quatnor omnino servaTe re, per totidemmoodi partes (ideo n e e Homerus piare nominat ), hebeti, ut max judicato Ml, ratione. Secata aetas octo addidit, nimis subtili, et concisa : proximis inter utramque media pia eaitf ad brerem ex nnmerosa additis quatuor. Sant ergo bini in quatuor coali partibus: ab oriente aequinoctiali Subsolanos, ab oriente bra mali Valtunms : illum Apelioten, hunc Eurum Graeci appellant. A meridie Auster, et ab occasu brumali Africas : Noton, et Liba nominant. Ab occasu aequinoctiali Favonius, ab occasu solsti tiali Cocus : Zephyrum, et Argesten vocant. A septemtrionibus, Sfeplemirio: inlerque eum et exorluaa solstitialem, Aquilo : Aparctias et Bo reas dietL Kemerosior ratio qoatuor bis interje cerat, Thraseam, media regione inter septemtrio a, el occasum solstitialem : itemque Caeeiam, aen media inter Aquilonem et exortum aequinoctialem, ab ortu solstitiali : Phoenicem, media re gione inter ortum brumalem et meridiem. Item inter Liba et Noton, compositum ex utroque medium, inter meridiem et hibernum occiden tem, Libonotos. Nec finis. Alii quippe Mesen nomine *"""" addidere inter Borean et Caecian: el inter Eurum et Noto, Euronotum. Soni etiam quidam peculiares quibusque genti bus venti, nou ultra certum procedentes tractum, nt Atheniensibus Sciron, paallum ab Argeste de flexus reliquae Graeciae ignotus. Aliubi elatior, idem Olympiae vocator. Consuetudo omnibus hia noaainabna Argesten iatelligit: et Caecian abqp vocant Hellespontiam, et eoedem alibi aliter. Item in Narbonensi provincia clarissimus ventorum est Circias : nec alio violentia inferior, Oaliam plerumque recta Ligustico mari perfe rens : idem non modo io reliquis partibus eoelr ignotas est, sed ne Viennam qaidem, ejusdem provinciae orbem, attingens, paucis ante limiti bus, jugi modici occorso tantus ille ventorum coercetur. Et Austros in Aegyptum penetrare negat Fabianus. Quo fit manifesta lex naturae, ventae etiam et tempore, et fina dido.
C. PUNII SECUNDI
(* V kHTOBU H f *).
Da v b i t i naioDici. XLVII. La primavera danqae apre il mare ai navigaoli ; nel principio della quale i venti Fa vonii addolciscono aere del verno, essendo il sole ne' venticinque gradi d Aquario. qaesto agli otto d di Febbraro. E conviene qaesto a tutti quegli, eh' io porr dipoi per da sena a in tercalazione anticipando giorno, e di noovo servando l ' ordine nel seguente lustro. Percioc ch alenai a1 ventitr di Febbraro chiamano Fa vonio Chelidonia, perch si comincia a veder le rondini. Altri lo domandano Oroilia, se ila n t' nno d dopo la brama, dalla veouta degli uc celli, soffiaodo egli per oove giorni. A Favonio contrario il vento, che noi chiamammo Sab b iano. A qaesto vento assegnato il nascimento delle Vergilie in altrettanti gradi di Tauro, ai nove giorni di Maggio, il qual tempo Austrino, essendo il Settentrione contrario a questo vento. I*a stella della Canioola.nasce nell' ardentissimo tempo della stale, entrando il Sole nel primo gra do di Lione, il qual giorno a'sedici di Loglio. Nascono i venti Aquiloni otto d inoanzi la Cani cola, e chiamansi Prodromi. Due giorni dopo il nascimento di tali stelle, i medesimi venti aqui lonari soffiano pi assiduamente per quaranta di, e son chiamati Etesie. Da questi si tiene che sia mollificato il vapore del sole raddoppiato gi dal ardore della stella : n alcuno altro vento pi fermo, e pi ordinato di qoesti. Dopo loro si le vano di nuovo i venti di mezzogiorno frequenti fino alla stella d' Artaro, la quale nasce undici giorni avanti 1 equinozio dell'autunno. Con questo comincia Coro, e regna nell' autunno ; a coi contrario Volturno. Uopo qaesto equino zio d'intorno a ventiquattro giorui, tramontando e Vergilie, incomincia il verno, il qoal tempo uole venire agli undici di Novembre, cio nei tempo dello Aqailooe del verno, ed molto dif ferente da quello della state ; e all' incontro di questo il vento Africo. Ora innanxi il verno sette giorni, e altrettanti dopo, viene bonaccia io mare, avendo a covare gli uccelli alcioni ; e <i qui presero il nome questi giorni : il rato del tempo continua il verno. N per l ' asprezza del le burrasche serra affatto il mare, che non si na vichi. Forono i primi i corsali, che costrinsero col perioolo della morte correre alla morte, e ten tare i mari di verno : ora l ' avarizia sfona gli uomini a fare il medesimo.
XLVII. Ver ergo perit navigantibus maria : cujas in priocipio, Favonii hibernam molliunt coelum, sole Aquarii xxv obtinente partem. 1$ dies sextus est ante Februarias idos. Competit ferme et hoc omnibus, quos deinde pooam, per singulas intercalationes ano die aalicipanlibns : rursumqae lustro sequeoti ordinem servantibus. Favonium quidam ante diem vm kalendas Mar tii, Chelidonian vocant, ab hirundinis visu : non nulli vero Ornithian, uno et l x x in die post brumam ab adventu avium, flantem per dies novem. Favonio contrarius est, quem Subsolanum appel lavimus. Datus est autem huic exortns Vergilia rum in totidem partibas Tauri, sex diebus ante Majas idus, qaod tempus aastrinum est, haic vento Septemtrione contrario. Ardentissimo aa tem aestatis tempore exoritar Caniculae sidus, sole primam pariem Leonis ingrediente : qai dies xv ante Augustas kalendas est. Hujus exor tam diebus octo ferme Aquilones antecedant, quos Prodromos appellant Post biduum autem exortos, iidem Aquilones constantius perflant his diebus, qaos Etesias appellant. Mollire eos cre ditor solis vapor gemioatus ardore sideris : nec olli ventorum magis stati sant. Post eos rursus Austri frequentes, usque ad sidus Arctari, quod exoritar andecim diebus ante aequinoctium Au tumni. Cum hoc Corus incipit. Corus aulamoat: buie est contrarius Volturnus. Post id aequino ctium diebus fere qaatoor et qaadragiota, Vergiliarom occasas hiemem iachoat : quod tempas ia m idas Novembris incidere consuevit : hoc est Aquilonis hiberni, roaltamque aestivo illi dissimilis, cujos ex adverso est Africus. Ante bru mam autem septem diebus totidemqne postea, sternitor mare halcyonum feturae, onde nomen hi dies traxere : reliqoum tempus hiemat. Nec tamen saevitia tempestatum eludit mare. Piratae primam coegere mortis pericolo io mortem rue re, et hiberna experiri maria : none idem hoc avaritia cogit.
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V a b ia h a tc b a na*
XLV111. Ventorum frigidissimi suot, quos a septemtrioae diximus spirare, et vicinus his Co ros. Hi et reliquos compescunt, et nubes abigunt. Humidi, Africus, et praecipue Auster Italiae. Narrant et io Ponto Caecian in se trahere nu bes. Sicci Corus, et Vulturnus, praeterquam de sinentes. Nivales, Aquilo et Septeratrio. Grandi nes Septem trio impoclat, et Corus : aestuosus Auster : tepidi Vulturnus, et Favonius, lidera Subsolano sicciores, et in tolura omnes a septem trione et occidente sicciores, quam a meridie et oriente. Saluberrimus autem omnium Aquilo: noxius Auster, et magis siccus; fortassis quia bomidus, frigidior est. Minus esurire eo spirante creduntur animantes. tesiae noctu desinunt fere, cta tertia diei hora oriuntur. In Hispania et Asia ab oriente flatus est eorum : in Ponto ab Aqui lone, reliqais in partibus a meridie. Spirant au tem et a bruma, cum vocantur Ornithiae, sed kaiores paucis diebus. Permutant et duo natuitm cqio situ. Auster Africae serenus, Aquilo aabilus. Omnes venti vicibus suis spirant majore ex parte, aat ut contrarius desinenti incipiat. Qaam proximi cadentibus surgunt, a laevo Ia tere in dextrum, ut sol, ambiunt. De ratione eorum menstrua, quarta maxime luna decernit. Iisdem autem ventis in contrarium navigatur prolatu pedibus, ut noctu plerumque adversa vela concurrant. Austro majores fluctus eduntur qaam Aquilone : quoniam ille infernus ex imo maris spirat, hic summo. Ideoque post Austros noxii praecipue terrae motus. Noctu Auster, interdiu Aquilo vehementior. Et ab ortu flantes diuturniores sunt ab occasu flantibus. Septemtriones impari fere desinunt numero: quae ob servatio et in aliis multis rerum naturae parti bus valet. Mares itaque existimantur impari numero.
Sol et auget, et comprimit flatui. Aaget exo riens occidensque ; comprimit meridianus aesti vis temporibus. Itaque medio diei aut noctis plerumque sopiuntur : qui aut nimio frigore, aut aestu solvuntur. Et imbribus venti sopiantur. Exspectantur autem maxime, unde nubes discus sae adaperuere coelum. Omnium qaidem (si li beat observare minimos ambitui) redire easdem vices quadriennio exacto Eudoxus putat : non
XLVIII. 1 pi freddi venti son quegli, che noi abbiano detto, che soffiano da tramontana; e vicino a questi il vento Coro. Questi fermano gli altri, e scacciano le nugole. Umidi sono Afri co e Austro, e massimamente in Italia. Dicesi ancora, che in Ponto Cecia tira a s le nugole. Secchi sono Coro e Vulturo, eccetto che nella fiue. Aquilone e Settentrione menan neve. Set tentrione e Coro portaoo gragnuola. Austro vento caldo. Vulturno e Favonio sono tiepidi. I medesimi pi secchi che Sussolano, e univer salmente lutti i venti, che vengono da tramonta na e da ponente sono pi secchi, che di mezzod e d* Levante. Ma il pi salutifero di tutti Aqui lone, perch' egli secco, e molto freddo. Austro nocivo, forse perch'egli pi freddo. E quan do tira questo vento, tiensi che gli animali ab biano manco fame. L' Etesie si fermano di notte, e si levano a tre ore di giorno. In Ispagna e in Asia il soffiar loro da levante : in Ponto da tra montana : nell' altre parti da mezzogiorno. Sof fiano di verno quei venti, che si chiamano Omi lle, ma molto piacevoli, e per pochi giorni. Due venti ancora cambiauo natura insieme col sito, Austro sereno in Africa, a Aquilone nubiloso. Tutti i venti soffiano scambievolmente per la maggior parte, ovvero quando un fluisce, comin cia il suo contrario. Quando i prossimi si levano in luogo di quei che caggiono, girano, siccome il sole, dal lato manco al ritto. E la quarta luna far giudizio di quel che sieno per fare il mese. E co' medesimi venti si naviga in contrario, di stendendo i piedi, in modo che il pi delle volle di notte s 'incontrano le vele contrarie. Austro fa molto maggiori onde che Aquilone : percioc ch quello vien dalla bassa parte del mare, e que sto dall'alta. E per questo i terremoti, che vengon dopo Austro son mollo dannosi. Austro di notte, e Aquilone di di pi veemente. E i venti orientali durano pi che gli oecidenlali. 1 setten trionali restano per lo pi in numero caffo, la quale osservazione vale ancora in molte altre parti delle cose della natura. I maschi danque si stimano di numero caffo. 11 sole accresce e reprime i venti. Accresce quando nasce, e quando tramonta ; e scema di mezzogiorno la state. Il pi delle volte dunque si fermano da mezzod, o da mezzanotte, per ch si risolvono per troppo freddo, o per troppo caldo. Le piogge ancora fanno cessare i venti. E principalmente sogliono nascere da quella parte, onde le nugole risospinte cominciano aprire il cielo. d 'opinione Eudosso ( se par vogliamo
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C. PLINII SECONDI1 ancora osservare i minimi circuiti ), che in capo di quattro anni tutti i vanti ritornino die lor medesime volle, e non solamente i venti, ma in gran parte aneora I* altre conditioni de' tempi. E il principio di questi quattro anni sempre l anno del bisesto nel nascere della Canicola. E questo basti avere detto de' venti generali.
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Tentorum modo, verum et reliquarum terapestatara magna ex parie. Et est principiora lustri ejus, semper intercalari anno, Caniculae ortu. De generalibus ventis haec.
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XL1X. 4 Nunc de repentini flalihus, qui exhalaote terra (ut dictum est) ooorti, rursusqoe dejecti, inierim obducta nubium cule, multifor mes exsistunt. Vagi quippe et ruentes torrentium modo ( at aliquibus placere ostendimus) tonitrua et fulgura ednnt. Majore vero illati pondere incuraoque, si late siccam rapere nubem, procellam gignunt, quae vocatur a Graecis Eenephias. Sin T e r o depresso sinu arctius rotati effregerint, sine igne, hoc est, sine fulmine, vortieem faciunt, qni Typhon vocatur, id est, vibratas Eenephias. De fert bic secum aliquid abruptam e nube gelida, eoo voi vena, versansque, et ruinam suam illo pon dere aggravans, et locum ex loco mutans rspida vertigine: praecipua narigantiam pestis, non antennas modo, verum ipsa navigia contorta fran gens ; tenui remedio aceti in advenientem effusi, cui frigidissima est natura. Idem illisu ipse re percussus, correpta secum in coelum refert, aorbetque in excelsum.
XLIX. 49. Ora 11 ha da trattare de* fiati re pentini, i quali nati, come s ' detto, quando la terra esala, e di nuovo gettati a terra, facendosi come una pelle di nugole, sono di molte e varie forme. Periooeh* essendo eglino vagabondi e rumori a modo di torrenti, sicoome ho gii mo strato essere opioione d* alcani, mandano fuori tuoni e folgori. Ma quando sono traportati con maggior peso ed empito* se largamente rompono la secca nugola, generano procella, la quale dai Greci chiamata Ecnefia. Ma se abbassali,pii strettamente aggirandosi rompono senta fuoco, cio senta saette, fanno un gruppo di Tento, X qua! si chiama Tifone,cio lanciato Ecnefia. Porta sempre seco qoesto tal groppo alcuna cosa tolta dalla gelata nugola, rivolgendo e aggirando ; e aggravando la sua ruina con quel peso, e con pre cipitosa vertigine e aggiramento, mutando da luogo a luogo, fa grandissimo danno a'naviganti: perch non solamente spetta lor antenne, m a ancora essi navili : e a ci si ripara picciolo ri medio d* un poco d* aceto sparsogli alT incontro, quando e' viene ; il quale aceto di natura frigi dissima. E questo medesimo, non si facendo tal rimedio, ripercosso da esse percosse, porta seco in cieli le cose, eh* ei piglia, e le inghiottisce in alto. Tonami, p b e s t b b i ,
v o b t ic i , bd a l t e e p r o d ig io s e
T r a im i)
p b b s t e u c s , v o b t ic b s , e t g io sa
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MAR1BBB DI TBMPBSTB.
L. Quod si majore depressae nubis eruperit specu, sed minus iato quam procella, neo sine fragore, turbinem vocant, proxima quaeque pro sternentem. Idem ardentior, accensusqae dum furit, Prester vocatur, amburens contacta pari ter, et proterenr. 49. Non fit autem aquilonius Typhon, nec nWilis aut nrve jaeente Eenephias. Qnod si si mul rupit nubem, exarsitque, et ignem habuit, non postea concepit, fulmen est. Distat a Preste re, quo flamma ab igni. Hic late fandi tur flatu, illad conglobatur impetu. Vorter autem remean do distat a turbine, quomodo stridor a fragore. Proeetta latitudine ab ntroque; disjecta nube
L. Ma s 'egli avvien eh1ei rompa con mag giore apritura della nugola bassa, non manco aperta, che la procella, n senta rumore, ai chia ma turbine, e gelta a terra tutte le cose, eh' ei trova. E questo medesimo, pi ardente e acceso, mentre che infuria, chiamato Preste, e abbru cia, e trita tutto quel eh* ei tocca. 49. Non si genera il Tifone aquilonare, n il nevoso Ecnefia. E se quando ruppe la nugola, e arse, e prese fuoco, non dipoi coneepe, saetta. Fra il Tifone e H Prestere, c quella differenta, che tra la fiamma e il fuoco. Qoesto largamente si sparge e diffonde col suo vento, a quello si congloba con lo impeto. La bufera col ritornare addietro di ftreirte dal turbine, quanto lo atri-
*7
HISTORIARUM MUNDI LIB. 11. dor dal fragore. La procella con tanta larghexu esce dall' an lato e dall* altro, che la nngola pare pi veramente divisa, che rolla. Fassi anco ana caligine simile a nna bestia, cosa molto crudele a naviganti. Chiamasi anCbra colonna, qaando l'amor si condensa, e divenendo rigido, s stesso sostiene. Del medesimo genere la nugola, che in forma di cannon lungo tira a s acqua.
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Ttriu, <md >rapta. Fil et caligo belluae similis, ( nabe dira navigantibus. Voeatar et columna, qaum spisulus humor rigensqae ipse e sustinet. E x eodem genere, et ia longam velali fistula adbei aquam trahit.
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i r q u a l i t e r r e r o r c a g g io v o , x v b r c h .
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LJ. So. Hieme et aestate rara fai mina, con trariis de camis : quoniam hieme densatas aer nubiani crassiore corio spissatar : omoisqae tern ra n exhalalio rigens, ac gelida, qaidquid acci pit ignei vaporis, exstinguit. Qnae ralio imma nem Scythiam et circa rigentia a fulmina m casa praestat : et e diverso nimius ardor Aegyptam. Siquidem calidi sicciqae halitas terrae, raro admodtt, tenuesque densanlar in nabes. Vere aalem et aotnmno crebriora falmina, corruptis atroqae tempore aestatis hiemisqne causis. Qua ratione crebra in Italia : quia mobilior aSr nitiore hieme, et aestate nimbosa, semper quo dammodo vernat, vel anlamnat. Italiae qnoqne partibas iis, qaae a septem trione discedunt ad teporem, qualis et Urbis et Campaniae tractus, juxta hieme et aestate (ulgarat, quod non in alio sita.
LI. 5o. Di verno e di state caggiono rare saette, e ci per contrarie cagioni : perciocch di verno I' aria si condensa con pi grosso cuoio di nngole; e ogni esalazione della terra rigida e gelata spegne tulio quello vapor focoso che pi glia. questa la ragione, che la Scizia e tutti i paesi freddi all' intorno sono sicari dalle saette : e per contrario il troppo ardore ne assicura anco l ' Egitto. Perciocch i vapori caldi e secchi della terr si condensano in rare e mollo debli e inferme nngole. Ma di primavera e d autunno vengono molto spesse le saette, essendo corrotte le cagioni nell' uno e l ' altro tempo della state e del verno. Per questa ragione caggion s spesso le saette in Italia, perch 1 aria pi mobile, ' essendo il verno piacevole, e la state nubilosa, sempre in cerio modo vi fa la primavera, o l ' au tunno. In quelle parti ancora d 'Italia, le quali partono da tramontana a regione tiepida e tem perata, siccome il paese di Roma, e Terra di Lavoro, vi folgora il verno e la state ; il che non avviene altrove.
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UI. 5 . Falminnm ipsorum plora genera Iradantar. Qaae sicca veniant, non adarant, sed dimpant. Qaae hamida, non arant, sed infuscant. Tertiam est, qnod claram vocant, mirificae ma xime naturae, quo dolia exhauriuntur intactis operimentis, nulloqae alio vestigio relicto. Au rem, et aes, et argentum liquatur mias, saccalis ipsaallo modo ambustis, ac ne confuso quidem signo cerae. Marcia, princeps Romanorum icta gravida, parto exanimato, ipsa citra nUam aliad incommodam vixit. Ia Calilinanis prodigiis Pom peiano ex manicipio M. Herennius decario sere ne die fulmine ictas est.
LII. 5i. Sonci diverse sorli di folgori. Quel le che vengon secche, non abbruciano, ma fra cassano. Quelle che sono umide, non ardono, ma infocano. Eocene una terza sorte che si chia ma chiaro, di molto maravigliosa natara, il quale vota le botti, senza toccar i coperchi, e senza la sciarvi di s alcuno altro segno. L 'oro, il rame e argento ai strugge nelle borse, non si abbru ciando per alcun modo le borse ; e se son suggel late, non guasta pnre il segno della cera. Marzia nobilissima donna Romaoa, essendo gravida, fu percossa da tal saetta, di che la creatura si mori, ed essa rimase viva, senza aver male alcuno. Tro vasi scritto ne' prodigii di Catilina, corae nel ca stello Pompeiano M. Erennio decurione fu per cosso della saetta, essendo il tempo sereno.
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C. PLINII SECUNDI
E t b d s c a o b s b b v a tio 1 b is , i t R om aica. OSSB*VAUOM1 SVI FOLGOBI, BTBUSCBB .
LUI. 5a. Tuscorum lilerae novem deos emit* tere fulmina existimant, eaque esse undecim ge nerum : Jovem enim trina jaculari. Romani duo tantum ex iis servavere : diurna adtribuentes J , nocturna Summano, rariora sane eadem de causa frigidioris coeli. Etruria erumpere terra quoque arbitratur, quae infera appellat, brumali tempore facta, saeva maxime et exsecrabilia : quum sint omnia, quae terrena existimant, non illa generalia, nec a sideribus venientia, sed ex proxima atque turbidiore nalura. Argumentum evidens, quod omnia a superiore coelo decidentia obliquos habenl ictus : baec aulem, quae vocant terrena, reclos. Sed quia ex propiore materia cadunt, ideo creduntur e terra exire, quoniam ex repulsu nulla vestigia eduat, quum sit illa ratio non infieri iclus, sed adversi. A Saturni ea sidere proficisci subtilius ista consectati putant : sicut cremantia, a Martis. Qualiter, quum Vol sinii oppidum Tuscorum opulentissimum totum concrematum est fulmine. Vocant et familiaria in tolam vilip fatidica, quae prima fiunt fami liam suam cuique indepto. Ceterum existimant non ultra decem annos portendere privata, prae terquam aut matrimonio primo facta, aut natali die : publica non ultra tricesimum aenum, prae* terquam in deductione oppidorum.
LUI. 5a. 1 libri de' Tom ai dicono che a w sono gli dei, che mandano.le saette, c che etts sono d 'undici sorti, e che Giove ne lancia di tre sorti. 1 Romani n hanno osservate solamente dee sorti, attribuendo quelle del giorno > Giove, e quelle della notte a Sommano. Le notturne sono pi rare per la medesima cagione della frigidit dell'aria. 1 Toscani tengono che di sotto terra ancora vengano le saette, le quali da loro sono chiamate infernali, ed essendo falle di verno,sono molto crudeli e pestifere, perciocch tutte le cose, che stimano terrene, non sono generali, ne ven gono dalle stelle, ma da prossima, e pi torbida nalura. Di questo manifesto segno, che tulle le cose, che caggiono dal cielo superiore, fanuo sempre i lor colpi a traverso ; e queste, che si chiamano terrene, gli fanno diritti. Ma perch cascano da materia pi vicina, perci ai crede eh* elle escano della terra, perciocch dalla riperoossa non fanno alcun segno, essendo la ra gion questa non d 'un colpo di sotto, ma all* in contro. Coloro che sottilm ente hanno investigate queste cose, tengono ch'elle vengano da Saturno, siccome quelle che ardono, vengon de Marte, quale fu quella, che abbruci gi tutta Bolaena, citt potentissima di Toscana. Chiamano lacon famigliar! le pronosticati ve in tutta la vite, le quali vengono prima a ciascuno, che ha consti tuito la sua famiglia, dandogli principio. Ma per tengono che le saette de'privali non facciano pronostico, che passi dieci anni, fuor che quell che vengono nel giorno del matrimouio, o nel d della nascita. Ledette pubbliche non si di stendono pi che treni' anni, eccello quelle, che vengono.nella edificazione delle citt.
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D e FOLMIKIBUS EVOCANDIS.
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d b llb sa b ttb .
LIV. 53. Exstat Annalium memoria, sacris quibusdam, et precationibus, vel cogi fulmina, vel impetrari. Vetus fama Eiruriae est, impetra tum, Volsinios urbem agris depopulatis subeunte monstro, quod vocavere Voltam. Evocatum et a Porsenna suo rege. El ante eum a Numa saepius boc faclilalura, in primo Annalium suorum tra dii L. Piso, gravis auctor : quod imitatum parum rile Tullum Hostilium iclum fulmine. Lucosquc et aras el sacra habemus : interque Statores, ac Tonantes, el Feretrios, Elicium quoque accepi mus Jovem. Varia in hoc vitae sententia, et pro cujosque animo. Imperari naturae audacis est credere ; nec minus hebetis, beneficiis abrogare vires ; quando in fulgurum quoque ioterprela-
L 1V. 53. Trovasi scritto nelle istorie, che era certi sacrificii, o preghi, si costringono a venire, o s'impetrano le saette. Ragionasi per cosa antica in Tpscana, che la citt di Bolsena la impetr, essendo guasti i lor campi da un m o stro , che v'era entrato sotto, il quale essi chiamarono Vol ta ; e fu scacciato dal loro re Porsena. E L. Pi sone, scriltor di grande autorit, scrive nel prisno libro delle sue istorie, che innanxi a lui ci pi volte fu fatto da Numa : il che avendo volato imitare Tulio Ostilio, e non osservando quello che bisognava, fu percosso dalla saetta. Abbiamo anoora e boschi, e altari, e sacrificii, e fra gli S u tori, i Tonanti e i Feretrii, v' anche Giove Elicio. Diverse sono in questo le opinioni degli
HISTORIARUM MUNDI LIB. II. tiooe o profecit scientia, ot ventare alia finito die praecinat; et aa peremptura sint fatum, aat apertura potias alia fata quae lateant, innumera bilibus m utroque publicis privatisque experi mentis. Quamobrem sint ista, ut rerum naturae liboit, aliis certa, aliis dubia, aliis probata, aliis damnanda: nos cetera, quae sunt in his memo rabilia, non omittemus.
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uomini, e secondo U parer di ciascuno. Ma gran de ardire il credere che si comandi alia natu ra ; e non minor pazzia persuadersi di levarle le forze co'sacrificii; poich ancora tanto avanti passata 1^ scienza della interpretazione de* fol gori, ch'ella predice con definito giorno quel che ha a venire; e s'elle sono per levar via il fatto, o piuttosto per iscoprire altri fatti, che stanno ascosi, con infiniti esperimenti pubblici e privati neU'una e nellaltra cosa. Per sirn pure queste cose (siccome piace alla natura) ad altri certe, ad altri dubbiose, da alcuni approvale e da alcuni biasimate: noi non lasceremo di dire le altre cose, che in questa materia sono degne di memoria.
C o s e OHIVEtSALl !>* FOLGORI.
a t h o l ic a
r o to c ira .
LV. 54 Fulgetram prias cerni, quam toni trum andiri, qunra simul fiant, certum est. Nec iram ; quoniam lux sonitu velocior. Ictura au temel sonitam congruere, ita modulante natu ra ; sed sonitum profecti esse fulminis, non illati. Etiamnam spiritum ociorem tolmine : ideo quali prius omne et afflari, quam perenti : nee quemquam tangi, qui prior viderit fulmen, aut toni tru audierit. Laeva prospera existimantur, quo niam laeva parte mundi ortus est Nee tam adven ias spectatur, quam reditus : sive ab ictu resilit ignis, sive opere confecto, aut igne consumpto spiritus remeat. In sedecim partes coelum in eo aspecta divisere Tusci. Prima est a septemtrionibus ad aequinoctialem exortum : secunda ad aaeridiem , tertia ad aequinoctialem occasum : quarta obtinet quod reliquum est ab occasu ad septemtriones. Has iterum in quaternas divisere partes, ex quibas octo ab exortu sinistras, toti dem e contrario appellavere dextras. Ex his maxime dira, quae septemtrionem ab occasu at tingant Itaque plurimum refert, unde veneriut falauna, et quo concesserint. Optimum est, in exortivae redire partes. Ideo cum a prima coeli parte venerint, et in eamdem concesserint, sum ma felicitas portenditur, quale Syllae dictatori stentum datum accepimus. Cetera ipsius mundi portione minus prospera, aut dira. Quaedam folgnra eountiare ion putant fas, nec audire, praeterquam si bospiti indicentur, aut parenti. Magna hujus observationis vanitas, tacta Junonis ede, Romae deprehensa est Scaaro consule, qui o i princeps fuit.
LV. 54 Egli cosa certa, che prima si vede il baleno, ancorach si facciano insieme, che non s'ode il tuono. E ci non maraviglia , perch la luce pi veloce che il suono. Ma 1 * percossa e il suono s'accordano, perciocch cosi l'ordine della natura. 11 suono della saetta venuta, non mandata : e similmente il vento pi veloce che la saetta : e perci avviene che la cosa trema, e sente il vento, prima che sia percossa dalla saetta. N alcun sari mai tocco, che prima abbia veduto il folgore, o udito il tuono. 1 folgori, che vengono dalla man manca del cielo, sono tenuti prosperi, perch il levante dalla man manca del mondo. N si considera tanto la venuta della saetta, quanto la pattila, o che il fuoco dalla percossa risalii indietro, o che finita l'opera,e consumato il fuoco,il vento ritorni addietro. In questo aspetto i Toscani divisero il cielo in sedici parli. La prima da tramontana a levante equiuoziale, la seconda a mezzogiorno, la terza a ponente equinoziale, la quarta tiene quel che rimane da ponente a tramontana. E cia scuna di queste divisero di nuovo in quattro par ti, delle quali olio da levante chiamarono sinistre, e altrettante all'incontro destre. Di queste le pi pestifere e dannose son quelle, che da pooente vengono a tramontana. Importa dunque mollo sapere, onde le saette sien venute, e dove hanno dato. Ottima cosa , ch'elle ritornino nelle parti orientali. E per questo quando elle vengono dal la prima parte del cielo, e tornano nella medesi ma, significano somma felicit, il qual pronostico leggesi che fu dato a Siila dittatore. Nelle altre parti d'esso mondo per proporziono son manco prospere. Certe saette nou pensano che sia lecito narrarle, ne udirle, fuor che se son denunziate al padre, o al forestiero, che ha a l b e r g a l o in casa. Grande la vanit di qneita osservazione.
C; 'PL1MI SECONDI Fa percossa la chiesa di Giunone in Rohm , es tendo Scauro consolo, il quale fa poi principe. La notte pi eh il giorno folgora senxa tuo ni. L'uomo solo fra tutti gli altri animali ra t i sempre morto dalla saetta : gli altri subito moo iono ; perciocch la natura a lui d questo ooore, laddove tante bestie lo vantaggiano di farse. Tutti gli altri animali percossi giacciono rovesci: luomo, se non rivolto nelle parti peroosK, non muore. Quegli, che sono percossi di sopra, stanno a sedere. Quel che veggbiando percosso, si trova con gli occhi chiusi; e colui che dorme con gli occhi aperti. L'uomo, eh' morto di que sta maniera, non lecito che s'arda ; ma la reli gione vuole che sia sotterrato. Nessuno animale, se prima non morto, arde per saetta, e le ferite di quegli che sono stali fulminati, son pi fred de, che il resto del corpo.
Q uali c o n m i o t o c c u d alla sabtta .
Noeta magi quam ialerdia, line tonitribus fulguret Unum animai bominem non emper exstinguit, cetera illico : hunc videlicet D atu ra tribuente honorem, quum tot belluae viribus praestent. Omnia contrarias inenbant in partes : homo, nisi convertatur in percussas, non exspi rat. Saperne icti considunt. Vigilans ictus conniventibus ocalis, dormiens patentibus reperitur. Hominem ita exanimatum cremari fas non est : condi terra religio tradidit. Nullum animal, nisi exanimatum, fnlmine accenditur. Vulnera fulmi natorum frigidiora sant reliquo corpore.
LVI. 55. Ex iis, quae terra gignantur, lauri fruticem non icit ; nec umquam quinque aliius pedibus descendit in terram. Ideo pavidi altiores specas tutissimos putant : aut tabernacula e pel libus bellaarum, quas vltalos appellant : quoniam hoc solum animal ex marinis non percutiat : si cut nec e volucribus aquilam, quae ob hoc armi gera hujus teli fingitur. In Italiainler Terracinain et aedem Feroniae, tarres bellicis temporibus desiere fieri, nulla non earum fulmine diruta.
LVI. 55. Di quelle cose, che nascono in terra, l'alloro aoo tocco dalla saetta ; la snello non Iscendemai in terra pi che cinque piedi. E per ci i paurosi tengono per sicurissime le spelonche profonde; ovvero i padiglioni fotti di pelli 4be stie, che si chiamano vitelli marini, perciocch qoesto animai solo fra tutti quelli, ohe nascano in mare, non tooco dalla saetta, come anche fra gli uccelli l'aquila, la quale per qnesto ai finge eh porti queste arme a Giove, lo Itali* fra Terra cina e il tempio di Feronia restarono di farti torri ne* tempi della guerra, essendo roviaaU tutte dalla saetta.
PlOGOft PRODIGIOSI DI LATTE, SA ODE, C i M I ,
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f l u i s s i , sa h g u ih e , c a s h e ,
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LATMUBUS COCTIS.
LV1I. 56. Paeter haec inferiore coelo relatam in monumenta est, lacte et sanguine pluisse M. cilio, C. Porcio coss. et saepe alias : sicut carne, P. Volumnio, Servio Sulpicio coss., exque ea non putruisse, quod non diripuissent aves. Item ferro in Lucanis, anno antequam M. Crassus a Parthis interemptas est,oranesque cum eo Lucani milites, quoram magnus numerus in exercitu erat. Effi gies, quae pluit, spongiarum fere similis fuit : aruspices praemonuerunt superna Vulnera. L. autem Paulo, C. Marcello coss. lana pluit circa castellum Carissanura, juxta quod postaunam T. nnius Milo occisus est. Eodem causam dicente lateribus coctis pluisse, in ejus anni acta rela tam est.
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LV111. S7. Armorum crepitile et tubae soni tns andito e coclo Cimbrieia belli aecepimus : crcbroqoe el pritu, et poUca, Tertio vero conio iato Marti ab Amerinis el Tuderlibu spectata ama codesti*, ab orla occasnqae inter se con correnti*, polsi qaae ab occasa erant. Ipsum ardeae coelam t minime miram est, et saepies lito , majore igne nobibos correptis.
LV1IL 57. Leggesi, coma nella guerra dei Cimbri, e spesse volte ancora e prima e poi. C o rono oditi strepiti d 'arme, soon di trombe dal cielo. E nel terso consolato di Mario, in Amelia, e in Todi furono vedale armi celesti da levant a ponente correre ad incontrarsi fra loro, dove quelle di ponente furon messe in fo ga. E non anche maraviglia che il cd arda, perch ci s ' visto pi volte, essendo entrata nelle nngole grande abbondansa di fuoco.
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A m assaooba ib t o r r o a c i .
U 1 SS. Celebrant Graed Anaxagonm Qaw w h i , lympiadis septuagesimae octavae se condo au to , praedixisse coelestium li terarum aprali, qaibas diebus saxom casuram esset e ole. Idque factam interdia in Tbraeiae paria si g o s flamen. Qai lapis etiaaa non ostenditor, spiladiae vehis, colore adusto, ooaaete quoque illi aoctiboa flagrante. Qaod si quis praedictam credei, aonl Calcator necesse est, majoris miraooK dnisutatem Anaxagorae fuisse, solviqa acaa naturae intellectum, et confondi omnia ; si aut ipso sol lapi esse, aat nmquam lapidem in eo Ansae credatur: decidere tamen crebro, non eril dabiom. In Abydi gymnasio ex ea caos eolitor bodieque, modica qaidem, sed quem in medio larrantm casurum idem Anaxagora praedixi namlar. Colitor el Cassandriae, Potidaea vocitata eat, ob id dedneta. Ego ipse vidi in Vocontiorum agro panilo ante dela tam.
LIX. 58. Celebra i Greei Anassafors CU- ' tomento, il qual lanno secondo dell* olimpia settantesima ottava per la sdenta delle lettere celesti predisse in che giorno sarebbe caduto nn sasso dal sole. E ci avvenne di giorno in Tracia appresso il fiume Ego. Le qual pietra oggi si moatra ancora, della grandetta don carro, di colore arsiccio : in quelle medesime netti rilu ceva la cometa. La qual cosa, se alcuno erede eh fosse predetta, bisogna ancora ebe confessi la divinili d Anassagora esser tata di maggior maravigli, eh lo intettetto ddla natara dd le cose si dissolve, e ogni cesa si confonda, se si eroda ehesso sol *ia pietra, o ehe in lei fesso mai pietra; e nondimeno chiara cosa , che pcsso caggiono dell pietre dal deio. Nel ginna sio d* Abido per questa cagione oggid ancora onorata una pietra non molto grande, la qoale dicesi che il medesimo Anassagora avea predet to, che doveva cadere nel metto della terra adorata anche in Cassandria, la qnale si chia ma Potidea, e per qoesto condotta da luogo a luogo. Ed io medesimo ho veduta nd territo ri d* Vocoozii, dove poco avanti era tata oondotla.
D b ix * a r c o c a n a r i.
Amcm coxuras. LX. 59. Areo vocamus, extra miraculum frcqoenle, et extra ostentam. Nrm ne plnvios qnidem, aat sereno dies, corn fide portendant. Manifestam est, radiam solis immissam cavae subi, repalaa sd e in solem refringi, colorumque 'varietatem mixtura nobium, airi, igninmque fieri. Certe nisi solo adverso non fiant, nee quam, nisi dimidia circoli forma 1 nec noeta, qmamvia Aristotele prodat aliquando visam,
I X . 5. Quei, che noi chiamiamo archi, av vengono molto spesso, e ci non maraviglia, n prodigio; perciocch essi non predicono al sicuro n pioggia, n sereno. Certa cosa , che il raggio del spie percolendo in una nugola concava, rispinta la punta nd sole viene a spez iarsi, e fa qadJa variet de'colori con la misura delle nugole, ddl'aria e de fuochi. Bene vero che non si fanno mai, se non all1incontro dd
G. PLINII SECUNDI qaod tamen fatetor idem non nisi quartadecima lana posse. Fiunt antem hieme maxime ab aequi noctio aatamnali die decrescente. Quo rarsas crescente ab aequinoctio verno non exsistant : nee circa solstitium longissimis diebas : brama Tero, hoc est, brevissimis diebas, frequenter, lidem sublimes humili sole, hamilesqoe sublimi, el minores oriente, aut occidente, sed in latitudi nem diffusi : meridie exiles, veram ambitas ma joris. Aestate vero per meridiem non cernantur: post aatumui aequinoctium quacumque hora: nec umquam piares simul quam doo. sole, n mai se non con la mena forma del cir colo, n di notte tempo; bench Aristotele scri ve, che pure alcuna volta s visto : e nondimeno confessa, che ci non pu essere se non nella quartadecima luna. Vengono questi archi di verno, e massimamente dopo l'equinozio del l'autunno, quando i giorni scemano. E quando i giorni crescono dopo l'e q u in o z io della prima vera, non si veggono ; n anco d 'intorno il sol stizio, quando i giorni son lunghissimi : di verno poi, qaando i d son brevissimi, si veggono mol to spesso. Sono questi archi alti, qaando il sole basso ; e bassi, qaando egli alto ; e minori, qaando il sole va sotto, o qaando e' si leva, ma diffusi in lunghezza ; di mezzogiorno sottili, ma di maggior circuito. Ma la state non si veggono di mezzogiorno : dopo l'equinozio deli'aatunno, da ciascuna ora : n mai pi che doe insieme.
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LXI. Cetera ejusdem natorae non multis do* LXI. L'altra coso della medesima natara bia esse video. veggo che son chiare a molti. 60. Grandinem conglaciato imbre gigni, el 60. Nasce la gragnuola di pioggia agghiac nivem eodem humore mollias coacto : pruinam ciata, e la neve del medesimo umore, ma pi aulem ex rore gelido. Per hiemem nives cadere, dolcemente congelato; ma la brina ai genera non grandines : ipsasque grandines interdio sae di rugiada agghiacciata. Di verno veogono la pius, quam noctu, et mallo celerius resolvi, quam nevi e non le gragnuole ; le qnali gragnnole ven nives. Nebulas nee aestate, nee maximo frigore gono pi spesso di giorno, che di notte, e si exsistere. Rores neque gelu, neque ardoribus, risolvono molto pi presto, che le nevi. Le neb neque veniis, nee nisi serena nocle. Gelando li bie vengono di state, n per grandissimo freddo. quorem minui, solotaque glacie non eumdem Le rugiade non si fanno quando freddo, n inveniri modum. caldo, n vento, n mai se non di notte serena. L'umore quando s'agghiaccia, e disfatto il ghiac cio, non si trova essere quanto prima. 61. Veggonsi le di versili de colori, e delle 61. Varietates colorum figurarumque in nu bibus cerni, prout admixtus ignis superet, aut figure nelle nugole, secondo che il fuoco mesco latoti vince, o vinto. vincator. P io n n u n s
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d b l l ' a b i a sb c o k d o i l v o o t i .
LX1I.6a. Praeterea quasdam prorietates qui busdam locis esse. Roscidas aestate Africae noctes. In Italia Locris, et in Iaco Velino, nullo non die apparere arcus. Rhodi et Syracusis numquam tanta nubila obduci, ot non aliqua hora sol cer natur : qoalia aptios soia referentur locis. Haec sint lieta de aere.
LXII. 6a. Sono oltre a ci certe proprieti d'aria in alcuni luoghi. In Africa la state vi sono le notti rugiadose. In Italia a Locri, e nel Iago Velino ogni d si vede 1*arco celeste^ Io Rodi e in Siracusa non mai tanto nugolo, che da qualche ora non si vegga il sole. E queste cose pi comodamente si diranno a* noi luoghi. E questo basti aver detto dell'aria.
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LXI1I. 63. Sequitur terra, cui nni rerum naturae jfartium, eximia propter merita, cogno men indidimus maternae venerationis. Sie homi-
LX1II. 63. Segoe ora la terra, alla qoale ano parte della natura delle cose, per li suoi grandiasimi meriti, abbiamo dato nome di madre. E cesi
69
270
anni in t ul coelam Dei : qaae no nascente excipit, nato alit, emelque editos sustinet semper : novssime complexa gremio jim a reliqua natura abdicatos, tam maxiine ut mater, ope riens : nollo magie sacra merito, qaam qoo nos quoque sacros facit, etiam monumenta ac titulos gerens, nomenque prorogans nostrum, et memo riam extendens contra brevitatem aevi. Cujus numen nllimum jam nullis precamur irati grave: tamquam nesciamus hanc esse solam, quae namqaam iriscatur homini. Aquae subeunt in imhres, rigescunt in grandines, tumescant in doctas, praecipitantor in torrentes: aer densatur nubibos, furit procellis. At haec benigna, mitis, indulgens, usnsque mortaliam semper ancilla, quae coacta generat ! quae sponte fundit ! quos odores saporesque ! quos succos ! quos tactus ! quos colores ! quam bona fide creditum fenus reddit ! quae no stri causa alit
Pestifera enim animantia, vitali spiritu habente culpam, necesse est illi seminata excipere, et genita sustinere. Sed in malis generantium noxa est. Illa serpentem homine percusso non amplias recipit, poenasqae etiam ioertium nomine exigit: ilia medicas fundit herbas, et semper homini pariant. Qain et venena nostri misertam insti tuisse credi potest: ne in taedio vitae fames, mors terrae meritis alienissima, lenta nos conia laerei tabe : ne lacerum corpas abrupta disper gerent : ne laquei torqueret poena praepostera, incluso spiritu, cui quaereretur exitus: ue in profundo quaesita morte, sepultura pabulo fieret: ne ferri cruciatas scinderet corpus.
Ita est, miserta genuit id, cujus facillimo haustu, illibato corpore, el cum tolo sanguine exstingueremur, nullo labore sitientibus similes : qualiter defunctos, non volucris, non fera attin gerei, lerraeque servaretur, qui sibi ipsi perisset. Veram Caleamur, terra nobis malorum remedium genuit, nos illud vitae fecimus venenum. Non euim et ferro, quo carere non possumus, simili mo do ulimur? Nec tamen quereremur merito, etiamsi auleficii causa tulissel : adversus unam quippe ualurae pariem ingrati sumus. Quas non ad deli
questa degli uomini, come il cielo di Dio : ella nascendo noi d riceve, nati d alleva ; e poi che una volta siam nati, sempre d sostiene : final mente d riceve nel suo grembo, quando gii siamo scacciati dalla natara, e pare allora d aspetta come madre ; con nessun maggior sacra mento che quello, per lo qual fa noi ancora sacri, e ritiene i ricordi e i titoli di noi, e pro lunga il nome nostro, ampliando la memoria contra la brevit del tempo. La coi ultima divi nit noi. non preghiamo mai adirati che faccia male a veruno, quasi che non sappiamo, che questa ola quella, che mai non s'adira con l'uomo. Le acque s'innalzano in piogge, si rasso dano in gragnuole, si gonfiano con Tonde, rovi nano in fiumi di rapina : l'aria si condensa in nugoli, e infuria per le tempeste. Ma questa beoigna, mansueta, amorevole e sempre serva al bisogno delle persone, che cosa fa ella costret ta e coltivata ! quante ne produce ella da si stessa J quanti odori e sapori ! quanti saghi ! quante cose che dilettano il tatto ! quanti colori! con quanta buona fede, e con che usura ci rende il seme,che le abbiamo fidato ! e in somma quante cose nodrisce ella per nostra cagione 1 Che ci sieno degli animali pestiferi e vele nosi, la colpa non di lei, ma dello spirilo vi tale ; perch'ella sforzata pigliare il seme ddle cose, e generale sostenerle. Ma ne' mali, la colpa di chi ingenera. Ella non riceve pi il serpente, poich ba percosso l'uomo, e fa la vendetta anche de'pigri, che non sanno vendicarsi da loro: ella fa l'erbe medicinali, e sempre partorisce alcuna cosa a beneficio dell'uomo. Ami si pu credere ancora, che per aver compassione di noi ella abbia fallo i veleni, acciocch nel tedio della vita, la fame della crudel morte, troppo contraria a'meriti della terra, non ci consumasse con un Iango penare; acciocch i precipiti! non disper gessero il corpo sbranato ; acciocchi il capestro non chiudesse la via dell'uscire allo spirito; ac ciocch ricercando la morte io qualche profon dit, non si facesse la sepoltura di chi lo pasce; acciocch il lormenlo del ferro non dndschiasse il corpo. E cos senza dubbio, che per compassione di noi ella ha generato cosa, la quale agevolissimamenle beendosi, e con tutto il sangue noi venissimo a mancare, senza fatica veruna, a guisa di coloro, che hanno seie : acciocch es sendo l'uomo morto di questa maniera, n uccel lo, n fera lo toccasse ; ma si serbasse alla terra, la quale a s medesima l'area partorito. E per confessare il vero, la terra ci ha generalo il ri medio de'mali, e noi l abbiamo fatto veleno dell* vita. Perciocch noi anche nel medoiino
*7*
c. p u n ii secundi
viat, quasque non ad oonltundia* servit homini ! In muria jaatar, at, nt freta admittamus, ero di lar aqaia : ferro, lig no, igne, lapide, froge, omnibus eradatur horia, maltoqae pia at deli ciis, qaam nt alimentis famuklnr nostri. Nisi tamen, qaae summa patiatur, atque extrema cate, tolerabilia rideantur. Penetramus in viscera, auri argentique venas, et aeris c plumbi metalla fodktotes : gemma etiam et quosdam parvaloi quaerimus lapide, scrobibus in profundum actis. Vijcera ejus extrahimus, ut digito gestetur gem ma, quam petimus. Quot manas alterantur, ot nnus niteat articulus ! Si ulli essent infert, jam profecto illos avaritiae atque laxartae cuniculi -refodissent. Et miramur ti eadem ad noxam ge nuit aliqua ! Ferae enim, credo, custodiunt illam, arceat que sacrilegas manus. Non inter serpentes fodimus, et venas auri tractamos cum veneni -radicibus t Placatiore tamen dea ob hoc, quod omnes hi opulentiae exitus ad scelera, caedesqae, et bella tendant : quamque sanguine nostro irri gamus, insepultis ossibus tegimus. Quibas tamen, vehit exprobrato furore, tandem ipsa se obducit et seelera quoque morlaKum occultat.
Inter crimioa ingrati animi et hoc duxerim, quod naluram ejus ignoramus.
*7 i modo usiamo il frro, senza il qaale non possiai d o fare. N per anche a ragione ci dorremmo, < quando ella l'avesse Catto per far male. Perei ooeh i noi siamo ingrali contro una parte della natura ; i quasi ch'ella non serva all'uomo in tutte le deli: zie, non pure alle ingiurie e agli oltraggi. Ella , gittata in mare, o, per ricevere i mari, vien rosa dall'acque : da ferro, da legno, da fuoco, da pie tre, da biade tormentata ogni ora ; e molto pi per servire alle delizie, che agli alimenti : nostri. E nondimeno quel ch'ella patisce a som mo della pelle, si potrebbe sopportare. Noi te en triamo fin nelle viscere, e cavando le vene del l'oro e dell'argento, e 1 metalli del rame e del ]piombo, cerchiamo aocora delle gioie, e d'alcune pietre piccole, facendo le fosse sotterra. Noi le caviamo le viscere, per portare in dito nna gioia, < abbiamo cara. Quante mani si logorano, per che far rilucere un sol dito ! Se vi fosse alcuno in ferno, veramente che gi le cave dell'avarizia e della lussuria l'avrebbon trovalo. E poi ci maravigliamo, chella abbia generalo alcuna cosa i a danno nostro ! Ed io mi credo, che le fere Ila custodiscano, e le lengan discosto le sacrleghe imani. Non caviam noi fra i serpenti, e maneg 1giamo le vene dell'oro con le radici del veleno ? INoi abbiamo nondimeno questa dea pi amore vole, perciocch tutto il soverchio delle nostre i morbidezze tende a scelleraggini, a uccisioni e ia guerre; e quella, che noi bagniamo col nostro isangue, la copriamo con l'ossa insepolte. Ma jper essa come si rinfacciasse il nostro furore, < si mette intorno, e ricuopre anche le ribaldeci i rie nostre. E beo porr ancora fra i peccati del nostro animo ingrato, che noi non sappiamo la sua natura.
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LXIV. 64 Bit aulem figura prima, de qua consensus judicat. Orbem certe dicimu* terra, globo mqu verticibus includi falemur. Neque enim absoluti orbis esi forma, in tanta monlinm excelsitate, tanta camporum planitie : sed cujus amplexus, si capita linearum comprehendantur ambitu, figuram absoluti orbis efficiat : id quod ipsa rerum naturae cogit ratio, non eisdem causis, quas attulimus in coelo. Namque in illo cava in se convexitas vergit, et cardini suo, hoc est, terrae, nndique incumbit. Haec, ut solida atque conferta dsnrgit, intumescenti similis, extraque proten ditur. Mundas in centram vergit: at terra exii 'a centro, immensnm ejus globum in formam orbis assidua circa eam mundi volubilitate cogente.
LXIV. 64. La figura della terra sferica e tonda, secondo l'opinione universale delle perso ne ; perch diciamo il circuito della terra, e con fessiamo il globo suo esser rinchiuso da* monti. Ne per la sua forma di perfetta rotondit, in tanta altezza di monti, e tanta pianura di cao pagne: ma l'abbracciamento d'essa, se i capi delle linee saranno compresi da giro, viene a far la figura d'un tondo perfetto : il che ci mostra la ragione della natura delle cose, non per per le medesime cagioni, che abbiamo dette nel cielo. Perch in esso la cava convessit rivolta in's, e al cardine suo, cio alla terra, per tutto soprasta. Questa dunque siccome soda e raccolta s 'innalza, come fa chi gonfia, e si prolunga in fuori. Il cielo si volge al centro; ma la terra esce dal centro,
74
costrignendo in forma sferica i tonda Io im menso globo di essa P assidua volubilit del mondo intorno a quella.
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s u b o a n t ip o d i .
LXV. 65. Ingens hic pugna literarum, contraque volgi: circumfundi teme undiqae homi nes, conversisque inter se pedibas stare, el cuncti similem esse coeli verticem, c simili modo ex quacumque parte mediam calcari : illo qoaereo te, car non decidant contra siti : tamquam non ratio praesto sit, at nos non decidere mirentur illi. Intervenit sententia, quamvis indocili probabilis turbae, inaequali globo, ut si sit figura pineae a acis, nibilomiou terram undique incoli. Sed qai hoc refert alio miraculo exoriente ? pendere ipsam, ac non cadere nobiscum, ceu spiritus vis mundo praesertim inclusi, dubia sit: aut possit cadere, natura repugnante, et quo cadat, negante. Nam, dcot ignium sedes non est nisi in ignibus, quarum nisi in aquis, spiritus nisi in spiritu : ita terrae, arcentibus cunctis, nisi in se, locus non est. Globum tamen effici mirum est, in tanta planitie maris, campornmque. Cui sententiae adest Dicaearchus, vir in primi eruditus, regum cara permensa montes, ex quibus allissimum prodidit Pelion, > c a passuum, ratione perpen diculi , nullam esse eam portionem universae rotunditatis colligens. Mihi incerta haec videtur conjectatio, haud ignaro quosdam Alpium vertices, longo tractu, nec breviore quinquaginta millibus passuum adsurgere. Sed vulgo maxima haec pugna est, si coactam in verticem aquarum qaoque fignram credere cogatur. Atqui non aliud ia rerum natura aspectu manifestius. Namque et dependentes ubique guttae parvis globantor orbibas: et polveri illatae, frondiumque lanugini impositae, absoluta rotonditele cernuntur : et in poculis repletis media maxime tument: quae propter subtilitatem humoris, mollitiamque in ae residentem, ratione facilius, quam visu, de prehenduntur. ldqne etiam magis mirum, m poculi repletis, addito humore minimo circum fluere quod supersit : contra evenire ponderibus additis ad vicenos saepe denarios : scilicet quia intus recepta liquorem in verticem attollant, ac a i l io eminente infusa dilabantur. Eadem est caesa, propter quam e navibus terra non cernatar, e navium malis conspicoa : ao procul rece dente navigio, si quid, quod fulgeat, religetur ia mali cacumine, paullatim descendere videatur, et postremo occultetur. Denique Oceanus, quem litemur ultimum, quanam alia figura cohaereret, atque non decideret, nullo ultra margine inclu dente? Ipsum id ad miraculum redit, quonara
LXV. 65. Nasce qui un gran disparere fra gli nomini letterati e gP idioti, se la terra abitata per tutto, e se gli uomini stanno con le piante de'piedi rivolte Pun contra l'altro, e se tutti hanno la medesima sommit del cielo, e la terra per simil modo da ogni parte calcata nel mezso; cercando sapere il vulgo perch non caggiauo quegli, che ci sono opposti ; come subito non ci sia la ragione in pronto, ch'essi non si maraviglino ancora, come noi non caschiamo, Intravienci una ragiou probabile, bench a turba ignorante, per lo globo ineguale, sebbene sia di figura di pina, nondimeno la terra essere per tutto abitala. Ma che importa questo, nascendo un'altra maraviglia? che la terra penda e non caschi con esso noi, come la forza d^llo spirito massimamente rinchiuso nel mondo, sia dubbio sa ; o possa cadere, repugnando la natura, e non lasciando luogo, dove possa cadere. Perciocch siccome la sedia de' fuochi non se non ne1fuo chi, dell'acque se non nelPacque, e delParia se non nell'aria ; cos la terra, spingendola tutti gli altri elementi, non ha luogo se non in s stes sa. Ma per da maravigliarsi com'ella si faccia tonda, in tanta pianura di mare e di campagne. E di questo parere Dicearco, uomo molto scieniiato, il qoale per ordine d'alcuni principi misur i monti ; fra i quali disse che Pelio altissimo, mille dugento cinquanta passi, con la ragione del perpendicolo; e nondimeno con chiuse questa non essere alcuna proporzione di tutta la rotondit. Questa congettura a me pare che sia incerta, sapendo io, come alcuni gioghi delPAIpi s 'innalzano per lungo tratto, e non meno che cinquanta mila passi. Grandissima disputa ancora fra le persone, se Pacqua pari mente di figura sferica. Ma non cosa al mon do, che sia pi chiara a vedersi di questa. Per ch dovunque pendono le gocciole, per tutto si riducono in picciole rotondit; e cadute nella polvere, e poste sopra la lanugine delle foglie, si veggono essere perfettamente rotonde : e nei bicchieri pieni, i mezzi son pi rilevati : i qual per rispetto della sottigliezza dell'umore e mol lezza, eh' in essi, pi facilmente s 'intendono per ragione, che per vista. E questo ancora maggior maraviglia, che ne'bicchieri pieni, se vi s'aggiunge un poco d'acqua, subito si versa quello che vi si mise : ma mettendovi qualche peso avviene il contrario spesse volte insino a
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modo, etiamsi globetur, extremam* non decidat mare. Contra qnod, at sint plana maria, et qua identar figura, non posse id accidere, magno sao gaudio, magnaqne gloria inventores Graeci subtilitate geometrica doceat. Namque qaam e sublimi in inferiora aquae ferantur, et sit haec natura earum confessa ; nec quisquam dubitet in litore ullo accessisse eas, quo longissime de vexitas passa sit : procul dubio apparere, quo quid humilius sit, propius centro esse terrae; omnesque lineas, qaae eraittaatur ex eo ad proximas aquas, breviores fieri, quam quae ad extremam mare a primis aqnis. Ergo lotas omniqae ex parte aquas vergere in centrum; ideoque non decidere, quoniam in interiora nilanlur.
venti denari. E avvien d , perch quel che vi si mette dentro fa rigonfiar Tacqna in alleila, e cos infusi scorrono per quel mucchio emi nente. Per questa medesima cagione, coloro che sono nelle navi, non posson vedere la terra, che dagli alberi delle navi si vede benissimo. E te alcuna cosa, che riluca, fia legata in cima dellal bero, quando si parte il naviglio, a poco a poco pare che s'abbassi, e finalmente s'asconde. E in somma 1 Oceano, il quale l'ultimo, che dopo * s non ha chi lo tenga, e che cinga la terra, con quale altra figura se gli accosterebbe, e non cederebbe, non lo richiudendo pi olire alcoo margine? Questo medesimo ancora ha in s ma raviglia, in che modo, bench si riduca in tondo lo estremo pi alto, si sostenga*che non ricaggia in mare. Contra il qual dubbio, cio che i mari sien piani, e di quella figura ch'essi paiono, eoa grande allegrezza e gloria loro gli autori Greci mostrano per ragion geometrica. Perch essendo portale Tacque da allo io basso, siccome ri ri chiede alla lor natura ; e niuno ne dubita in alcoo lito quelle essere ite tanto oltre, quanto la de vessit ha patito; senza dubbio si T e d e , d e quanto una cosa pi bassa, pi presso al centro della terra ; e tulle le linee, che Tengono da esso centro alle prossime acque, dWengono pi corte, che quelle che dalle prime acque al l'estremo mare. Tutte l ' acque dunque e da ogoi parte si volgono al centro ; e perci non cascano, perch elle vanno alle parli di dentro.
CoMB L'ACQCA COHGIOKTA ALLA TBBBA.. D ella
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L X V 1. Quod ita formasse artifex natura credi debet, ut quum terra arida et sicca constare per se ac sine humore non posset, nec rursus stare aqua, nisi sustinente terra, mutuo implexu jun gerentur : hac sinus pendente, illa T e r o per meante totam, intra, extra, supra, venis, ut vin culis , discurrentibus, alque eliam in summis jugis erompente, quo spiritu acta et terrae pondere expressa, siphonum modo emicat : lantumque a periculo decidendi abest, nt in summa quaeque et altissima exsiliat. Qua ratione mani festum est, quare tot fluminum quotidiano ac cessu maria non crescant.
66. Est igitur in tolo sno globo tellus medio ambitu praecincta circumfluo mari. Nec argu mentis hoc investigandum, sed jam experimentis cogoilom.
LXVI. 11 che si debbe credere, che cos fo r maste l'artefice natura ; acciocch la terra, non potendo stare per s senza umore, per essere arida e secca, e l'acqua ancora, se la terra non la sostiene, con iscambievole abbracciamento si venissero a congiugnere insieme ; sicch la terra aprisse i suoi seni, e l'acqua scorresse per la terra di dentro e di fuori e di sopra, con vene, come legami, discorrenti. E spunta fuori ancora n eg li alti gioghi, dove spinta dal vento, e premuta dal peso della terra, salta fuori, ad aso di zam p illi ; ed tanto lontana dal pericolo di cadere, che sale in dma a tutte le altissime parti. E per q a esto si viene a conoscere la ragione, perch il m a r non cresca, entrandovi di continuo dentro tali fiumi. 66. La terra dunque in tutto il suo to n d o 4 tutta nel mezzo del arenilo anta dal m are, c h e la circonda. E ci non s ha investigare con a r g o menti, essendo gi conosciuto per esperienza.
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i CIRCUMDATOS OcBtSIJS.
St
l O c e a s o a bb r a c c i la t e b b a .
LXVU. 67. A Gadibus,columnisque Herculis, Hispaniae el Galliarnm circuilu, totus hodie na vigator occidens. SeptemIrionalis iero Oceanus, maj ore ex parie navigatus est, auspiciis divi Augusti, Germaniam classe circumvecta ad Cim brorum promontorium : et inde immenso mari prospecto, aut fama coguito, ad Scythicam pia* gam, e l humore nimio rigentia. Propter quod minime verisimile est illic maria deficere, ubi humoris via superet. Juxta vero ab ortu ex Indico mari, sub eodem sidere pars tota vergens iu Caspium mare, pernavigata est Macedonum armis, Seleuco atque Antiocho regnantibus, qui et Seleuada atque Antiochida ab ipsis appellari voluere. Circa Caspium quoque multa Oceani litora explorata, parvoque brevius, quam totus, hinc a a t illinc septemtrio eremigatus. Ut tamen conjecturae locum sic quoque non relinquat, ingens argnmentum paludis Maeoticae, sive ea illins Oceani sinus est, ut multos adverto credi disse, sive angusto discreti situ restagnatio. Alio Utere Gadium, ab eodem occidente, magna pars meridiani sinus ambita Mauritaniae navigatur hodie. Majorem quidem ejus partem, et orientis, victoriae Magni Alexandri lustravere, usque in Arabicum sinam. In quo res gerente C. Caesare Aogusti filio, signa naviam ex Hispaniensibus naufragiis feruntur agnita. E t Hanno, Cartha gin is potentia fiorente, circumvectus a Gadibus ad finem Arabiae, navigationem eam prodidit scripto : sicut ad extera Europae noscenda mis sas eodem tempore Himilco. Praeterea Nepos Cornelius auctor est, Eudoxum quemdam sua aetate, quam Latharum regem fogeret, Arabico sina egressum, Gades usque pervectum : multoque ante eum Caelius Antipater, vidisse se, qui navigauet ex Hispania in Aethiopiam commercii gralia. Idem Nepos de septemtrionali circuitu tradit, Quinto Metello Celeri, L. Afranii in con solatu collegae, sed tum Galliae proconsuli, Indos a rege Suevorum dono datos, qui, ex India commercii causa navigantes, tempestatibus essent in Germaniam abrepti. Sic maria circum fusa undique dividuo globo partem orbis auferunt nobis : nee inde hoc, nec hinc illo pervio tracto. Qaae eontemplatio apta detegendae mortalium vanitati, poscere videtar, a l totam hoc, quidquid est, in q u o singulis nihil satis est, ceu subjectum oculis, quantam sil ostendam.
LXVH .67. Da Gadi e dalle coloane d Erco le, per lo a rcuilo della Spagna e della Francia oggid si naviga tutto il ponente. Ma il mar di tramontana per la maggior parte s navigato per opera dello imperadore Augusto, avendo la sua armala girata Lamagna sino al promon torio de1Cimbri, e quindi scoperto un grandis simo mare, o conosciuto per fama, sino al paese della Scizia, ed i mari agghiacdati per troppo umore. E per questo non punto verisimile, che i mari quivi manchino, dove supera l'abbon danza dell* umore. E appresso, da levante per lo mar d'India, sotto la medesima tramontana, tutta la parte, cb' volta al mar Caspio, stata navigata con l'arm i de'Macedoni, regnando Se leuco Antioco, i quali fecero due citt chia mate da'nomi loro luna Seleacia e l'altra Antio chia. Intorno ancora al mar Caspio sono stati co nosciuti di molti liti, di maniera che poco manca che di qua e di l tutto settentrione non sia stato navigato. Nondimeno, acciocch non rimanga luogo alla congettura, grande argomento n ' la palude Meotide, o ch'ella sia un golfo di quel m are, o por che quivi sia un ristagnamento, con piccol sito di separazione, siccome io veggo essere stato creduto da m olti. Dall' altro lato di Gadi, dal medesimo ponente, gran parte del golfo meridiano col circuito della Barberia oggi si naviga. E certo che le vittorie d'Alessandro Magno hanno scoperto la maggior parte d'essa e di levante, fino al golfo d'Arabia. Nel qual golfo al tempo di Caio Cesare, figliuol d'Augusto, dicooo che farono conosciute l ' insegue de navili d a 'naufragii di Spagua. Ed Annone,essendo al lora in fiore la grandezza di Cartagine, avendo navigato da Gadi sino al fine dell'Arabia, mise quel viaggio in iscritto : come fece anco Imilcone, essendo stato mandato nel medesimo tempo a sco prire i mari di fuori dell' Europa. Scrive ancora Cornelio Nipote,che un certo Eudosso al suo tem po, fuggendo dal re Laturo,uscito del golfo d'A ra bia, giunse fino a Gadi. E Celio Antipatro, mollo innanzi a lui, dice daver veduto persona, .che di Spagna navig in Etiopia per far mercanzia. 11 medesimo Cornelio Nipote scrive, trattando del circuito settentrionale, come a Q. Metello Celere, consolo insieme con Lucio Afranio, ma allora proconsolo della Francia, furono mandati a donare dal re di Svevia certi Indiani, i quali navigando d 'India per mercatantare, erano stati trasportati dalle fortune del mare fino in Lama gna. E cosi il mare sparso per tatto intorno alla terra ci leva una parte d'essa, perch n di
C. PLINII SECUNDI l qua, n di qua l si pu ire. La qual contem plazione, atta a scoprire la vanit delle perso del mondo, pare che ricerchi eh io scriva, ponga quasi innanzi agli occhi tatto questo eh' abitato, qualunque sia, e di che grandexaa sia, nella quale aiooo contento di quel che pes* siede. Q ui
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b a b it e t c s .
LXVIII. 68. Jvn primum ia dimidio compu tari videtor, tamquam nulla portio ipsi decidatur Oceano : qoi toto circumdatu medio, et omne* ceteras fandens recipiensque aquas, et quidquid exit in nubes, ac sidera ipsa tot et tantae magni tudinis pascens, quo tandem amplitudinis spatio credetar habitare? Improba et infinita debet esse tam vastae molis possessio. Adde quod ex relicto plus abstulit coelum. Nam quum sint ejus qninque partes, quas vocant zonas, infesto rigore et aeterno gelu premitur omne, quidquid est subjectnm duabus extremis, utrimque circa ver tices : hunc qui septemtrio vocator, eumque qui adversus ilii, austrinus appellatur. Perpetua ca ligo utrobique, et alieno molliorum siderum adspectu, maligna, ac pruina tantum albicans lux. Media vero terrarum, qua soli orbita est, exosta flammis et cremata, cominus vapore tor refar. Circa dnae tantum, inter exustam et rigentes, temperantur :*aeque ipsae ioter se non perviae, propter incendium siderum. Ita terrae tres partes abstulit coelum : Oceani rapina in incerto est.
Sed et relicta nobis una portio, haud scio an etiam in majore damno sit. Idem siquidem Oceann infusus in mullos (ut dicemus) sinus, adeo vicino accessu interna maria adlatrat, ut centum quindecim millibus passuum Arabicos sinus distet ab Aegyptio mari : Caspius vero c c c l x x v millibus a Pontico. Idem interfusos in trat per tot maria, quibus Africam, Europam, Asiamque dispescit;quantum terrarum occupai! Computetur etiam nunc mensura tot fluminum, tantarum paludum : addantur et lacus, et stagna. Jam elata in coelum, et ardua adspectu quoque juga : jam silvae, vallesque praeruptae, et soli tudines, et mille causis deserta detrahantur. Hae tot portiones terrae, immo vero, ut plures tra didere, mundi punctus (neqne enim est alivd terra in universo), haec est materia gloriae no strae, haec sedes ; hic honores gerimps, hie exer cemus imperia, bic opes cupimus, hie tumaMua-
LXV1I1. 68. E prima it> voglio discorrere di quella parte, che rimane al mare, il quale avendo circondata tutta la terra, e spandendo, e riceven do in s tutte Paltre acque, e ci ch'esce nelle nuga le, e tante stelle a di tanta grandetta paeoende, quanto spazio sia quello, che si creder abitare? Certo che insatiabile e infinita debbe eeaere la possessione di tanta macchina. Aggio gni, che da quello che lascia, la maggior parte ne porta via il cielo. Perci che essendo diviso il mondo hi cinque parti, le qoali chiamano zone, tatto quello della terra, eh* sotto le due estreme zone, travaglialo da grandissimo freddo e per petuo ghiaccio, di qua e di l intorno a1 poli ; cio intorno a questo, che si chiama Settentrione, e quello che gli ali incontro, detto Austrino. E cosi nell* uno e nel!1 altre luogo una perpetua calgine, e per Io alieno aspetto delle pi modi stelle, una maligna luce, e bianca eolamente per la brinata. Ma la parte di metto della terra, dove il carro del sole, arsa e abbronaata daHe fiamme e dal vapore, che ha di o alieno appres so. Due dunque, fra la torrida a le dee gelate, sono le temperate, ma non si pn ire dall* noe all1 altra, per Io incendio del sole. E cos il c id e n ha tolte le tre parti della terra t e la rapina che a ha fatta 1*Ooeano, incerta. Ma quella parte ancora, che n' rBsaaa, bob so se riceva maggior danno, perch il modorso Oceano, in molti golfi, come noi dicemmo, en trando fra terra, $ avvicina talmente a* mari mediterranei, che il golfo di Arabia non lontano dal mare Egizio pi che canto quindici miglia ; e il Caspio trecento eeltantadnqoe mglia dal Pontico. Il medesimo Ooeano entra per tatti i mari, pei quali esso divide lAfrica,l E uropa e Asia : quanta terra egli occupa ! Contisi a e o n la misura di tanti fiami, e di tante paludi : ag giungaci i laghi, gU stagni, elevati al ciclo, i gioghi aspri a guardare. Cavinsi pei da goasts porzione le selve, e le valli dirupate, e i la o g U deserti per mille cagioni. Qoeste sono le ta n ta parti della terra, anti piuttosto, come m o lti hanno detto, un punto del mondo ( pereioocfc altro non la terra in universo), questa i le m a teria della gloria nostra, questa la sedia : q u i
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L X 1X . 69. Mediam esse mandi totias hud dubiis constat argtupentis : sed clarissime aequi noctii paribus horis. Nam nisi in medio esset, aeqpalea dies noctesqae haberi non posse de prehenderunt et dioptrae, quae vel maxime id confirm ent: quam aequinoctiali tempore ex eadem linea ortos occasusqae cernatur, et solsti tialis exortos per suam lineam , brnmalisque occasos. Q oae accidere nollo modo possent, nisi in centro sita esset.
LX1X. 69. Che la terra sia il mezzo di tatto il mondo, per chiari argomenti manifesto; ma chiarissimamente per l ore pari dello equioozio. Perciocch s'ella non fosse in mezzo, non potrebbono esser pari i giorni e le notti, come dimo strano gli squadranti, i quali massimamente confermano questo: perch nel tempo dell*equi nozio da una medesima linea si vede 1 oriente, e l occidente, e Ponente solstiziale per la sua liuea, e l'occidente brumale. Le quali cose per alcon modo non potrebbono accadere, se la terra non fosse posta nel centro.
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o b b l iq c it d b l l b z o r b .
D b o b l i q c i t a t b zo ra b cm .
L X X . 70. Tres autem circuli supra dictis Mnis im plexi, inaequalitates temporum distin guant : solstitialis a parte signiferi excelsissima nobis, ad septemtrionalem plagam versos: contraqoe ad aliam polam brumalis : item medio ambita signiferi orbis iocedens aequinoctialis.
LXX . 70. Tre circoli implicatinelle zone dette di sopra distinguono la inequalil dei tempi: l uno il solstiziale della parte del zodiaco altissima a noi verso tramontana: il secondo il brumale, posto all1 incontro di questo : il terzo l equinoziale, il qual passa per mezzo del circuito del zodiaco.
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e l l a ib e q o a l it d b ' c l i m i .
1BABQUALITATB CUMATUM.
L X X I. Reliquorum, qnae miramur, causa in ipsios terrae figura est, qaam globo similem, et eom ea aqoas, iisdem intelligilur argumentis. Sic enim fit haod dubie, ut nobis septemtrionalis plagae sidera nnmqoam occidant : contra meri dianae nnmquam oriantur: rursusque haec illis e n cernantur, attollenle se contra medios visus terrarum globo. Septemtriones non cernit Trogbd ylice, et confinis Aegyptus: nec Canopum Italia, et qoem vocant Berenices crinem : item quem sub divo Augusto cognominavere Caesaris Throoon, insignes ibi stellas. Adeoqne manifesto adsurgens fastifiom curvatur, ot Canopus quar-
LX X I. La cagione poi dell'altre cose, delle quali ci maravigliamo, nella figura di essa terra, la quale che sia tonda, si come ancora l ' acqua, si conosce per li medesimi argomenti. E cosi avviene senza dubbio, che le stelle della region settentrionale mai non ci tramontano ; e per contrario, le meridionali mai non ci nascono : e di pi, queste non son vedute da loro, perci* ch il globo della terra viene a innalzarsi, e interporsi alla vista loro. La Trogloditica, e l ' Egitto, che le a' confini, non vede la tramon tana : e l ' Italia non vede Canopo, e quella stella, che si chiama la chioma di Berenice, n quella
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Um fere pariem ligni unias sapra terram emi nere Alexandriae in tuentibus videatur: eadem a Rhodo terram quodammodo ipsam stringere : in Ponto omnino non cernatur, ubi maxime su blimis septemtrio. Idem a Rhodo absconditur, magisque Alexandriae. In Arabia Novembri mense, prima vigilia occultos, secunda se osten dit : in Merog solstitio vesperi paullisper apparet, paacisqae ante exortam Arcturi diebus pariter cum die cernitur. Navigantium haec maxime cursus deprehendant, in alia adverso, in alia prono m ari, subitoque conspicuis, atque ut e freto emergentibus, quae in anfractu pilae la tuere, sideribus. Neque enim (ut dixere aliqui ) mundus hoc polo excelsiore se attollit; aut undique cernerentur haec sidera: verum haec eadem quibusque proximis sublimiora credun* tur, eadem que demersa longinquis ; utque nunc sublimis in dejectu positis videtur hic vertex, sic illam terrae devexitatem transgressis, illa se at tollunt, residentibus quae hic excelsa fuerant: quod, nisi in figura pilae, accidere non posset.
ancora, che sollo imperadore Angusto fu chia mata il trono di Cesare, stelle qaivi notabili. E alzandosi eoa tanto manifesta altezza T ie n e piegarsi la stella di Canopo, che a chi la guarda in Alessandria pare ch'ella avanzi quasi la quarta parte d1 un segno sopra la terra : a chi in Rodi pare che in un certo modo ella tocchi la terra : e in Ponto ella non si vede pure un poco, laddove altissima la tramontana. La medesima stella s asconde da Rodi, e mollo pi in Alessandria. Nell'Arabia, del mese di Novem bre, nella prima vigilia della notte sta ascosa, nella seconda si mostra : in Meroe nel solstizio sulla sera si vede un poco, e pochi giorni innanxi al nascimento d Arturo si vede insieme col gior no. 1 naviganti hanuo cognizione di queste cose, perch nel mare ora elevalo, ora depresso in un subito appariscono, e come s'elle uscissero del mare, quelle stelle, che s'ascondevano dietro al globo della terra. Perciocch non, come dissero alcuni, questo mondo s'innalza pi al nostro polo, in modo, che per tutto non appaiono queste stelle: ma le medesime a coloro, che son pi vicini, si veggono pi alte, e a chi pi discosto, pi basse. E siccome ora questo polo par pi alto a coloro, che son posti in luogo basso, cosi a quei che soo passali in qaella de vessi l deHa terra, quelle stelle s ' innalzano, e par loro, che questo polo sia basso, che qui era allo : la qual cosa non potrebbe accadere, se la terra non fosse in forma di palla.
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b c l ip sb s ro r a p p a b b a r t , b t q u a bb.
LXX II. Ideoque defectus solis ac lunae ves pertino Orientis incolae non sentiunt: nec mata tinos ad Occasum habitantes: meridianos vero saepius. Nobili apud Arabiam magni Ale xandri victoria, luna defecisse noctis secanda hora prodita est : eademque in Sicilia exoriens. Solis defectum, Vipsanio et Fontejo coss. qui faere ante paacos annos, factam pridie kalendas Majas, Campania, hora diei inter-septimam et octavam, sensit : Corbulo dux in Armenia inter horam diei decimam et andecimam prodidit Tisum, circuitu globi alia et aliis detegente et occultante. Qaod si plana esset terra, simul omnia apparerent cunctis, noctesque non fierent inaequales: nam aeque aliis, quam in medio sitis, paria duodecim horarum intervalla cerne rentur, qnae nunc non in omni parte simili modo congruunt.
LXXII. E perci coloro che sono in levante non conoscono gli ecdissi del sole e della Luna in sulla sera, e quei che stanno in ponente non veggono quei della maltina; ma bene spesso quei di mezzogiorno. In quella nobil vittoria che Alessandro Magno ebbe appresso Arbela trovasi che la luna eccliss alle due ore di notte ; e la medesima apparve in Sicilia, quando si levava l'ecdisse del sole, che fu nel consolalo di Vipsa nio e di Fonteio, i quali furono pochi anni sono, fallo a' trenta d'Aprile, fu veduto in Campagna fra le sette e otto ore di giorno : e Corbulone capitano in Armenia lo vide fra le dieci e ondici ore di d : e ci avviene, perch il circuito del globo altrove copre, e altrove scopre. Ma se la terra fosse piana, tutte le cose apparirebbono insieme a tutti, e le notti non sarebbono dise guali ; n altri che coloro che son posti in mezzo, vedrebbono gli spazii eguali dell* ore, le quali cose ora in ogni parte non convengono per simi! modo.
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LXX11I. 74. Ideo nee nox diesque quaevis eadem toto orbe rimai est, opposita globi noctem, al ambila diem afferente. Mallis hoc cognitam experimentis. In Africa Hispaniaque, turrium Hannibalis: in Asia vero propter piraticos terrores, simi/i specularum praesidio excitato: ia queis praenuntiativos ignes sexta hora diei accensos, saepe compertam est, tertia noctis a tergo allimis visos. Ejusdem Alexandri cnrsor Philonides, ex Sicyone Elin mille et daceata stadia novem diei confecit horis : indeque, qaamvis declivi itinere, tertia noctis bora remensas est saepias. Causa, qood eunti eam sole iter erat : eamdem remeaas obviam contrario praetervertebat occorsa. Qaa de caosa ad occasam navigantes, qaamvis brevis simo die, vineuot spatia nocturnae navigationis, ut solem Ipsum comitantes.
LXXI1I. 71. Perci n la notte, n il giorno, sia qaal si voglia, non una medesima in tatto il mondo, per l'opposizione del globo, che addace la notte, o del circuito, il quale apporta il giorno. Qaesto s* veduto chiaro per molti esperimenti, la Africa e in Spagna per le torri d Annibaie; e in Asia per paura de1corsali, si eressero delle vedette, nelle quali i fuochi, che v erano accesi a sei ore di giorno spessore trovato, che sono stati vedati addietro a tre ore di notte nell*alti mo. E Filonide corriere del medesimo Alessan dro and da Sicione in Elide, che vi sono cento venti miglia, in nove ore del d : e nel tornare non gingnea prima che a tre ore di notte, bench la via fosse alquanto pi china. La cagion di ci era, che andando egli col sole camminava, e quando ei tornava, gli andava incontro. Per coloro, che navigano in ponente, bench il d sia brevissimo, fanno pi viaggio, che nella notte lunga, perch accompagnano il sole.
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s q u a m a r t i a l l o s t e s s o p b o p o s it o .
LXX1V. 72. Vasaque horospica non ubique eadem soni usui, in treceotis stadiis, aat, at longissime, in quingentis, mutautibas semel umbris solis. Itaque umbilici ( quem gnomonem appellant ) umbra, in Aegypto meridiano tempo re. aequinoctii die, panilo plus qaam dimidiam gnomonis mensuram efficit. In urbe Roma nona pars gnomonis deest umbrae. In oppido Ancona saperest quinta tricesima. In parte Italiae, quae Venetia appellatur, eisdem horis umbra gnomoni par fit
LXX1V. 72. Gli slnunenti da conosoere P ore non sono per tutto i medesimi baoni io ogni paese, perch in ispazio di trecento, o al pi di cinque cento stadii, l'ombre si molano. Lombra dunque dello squadrante a mezzo d in Egitto nel giorno deir equinozio fa Pombra pi che la meli della lunghezza dello squadrante. Nella citt di Roma la nona parte dello squadrante manca alP ombra. In Ancona v avanzano delle trenta parli le cinqae. In quella parte dell* Italia, che si chiama Venezia, nelle medesime ore ombra si fa pari allo squadrante.
D ovb,
b q o a bd o b o b b o m b b a .
LXXV. 73. Dicono similmente, che nella citt LXXV. 73. Simili modo tradant in Syene oppido, quod est supra Alexandriam quinque , di Siene, la qual seicento miglia o pi sopra Alessandria, nel mezzogiorno del d del solstizio m iilib o j stadiorum, solstitii die medio nullam umbram jaci : poteumqae ejas experimenti gratia non si vede ombra alcuna, e che un pozzo, il factum, totum illuminari. Ex quo apparere, tum quale fatto quivi per questa prova, tolto solem illi loco sopra verlicem esse : quod et in alluminalo. E perci si vede che il sole allora India sopra Bumen Hypasin fieri tempore eodem a dirittura sopra quel luogo : e ci scrive ancora Oaesacritus scripsit. Constatque in Berenice, Onesicrito, nel medesimo tempo avvenire in India orbe Troglodytarum, et inda stadiis qaataor sopra il fiume lpasi. Trovasi parimente che in millibus ncccxx in eadem gente, Ptolemaide Berenice, citt de Trogloditi, e pi l seicento ppido, qaod in margine Rubri maris ad primos miglia, nell1istesso paese, e nella citt di Toledeplumiorum venatus conditum est, hoc idem maide, la quale nelP estremit del mar Rosso, aate solstitium quadragenis quinis diebus, toli- dove incomincia la prima caccia degli elefanti, demque postea fieri, et per eos xc dies in meri questo medesimo avviene quarantacinque giorni d iem umbras jaci. Rursus in Meroe ( insula haec innanzi il solstizio, ed altrettanti dopo, e che per
a8?
C. PUNII SECONDI
quei novanta d 1' ombra si getta verso mezzod. Di pi nell' isola di Meros, la quale capo dell Etiopia, ed discosto seicento miglia da Siene osi Nilo, due volte l'amo non vi ombra, l'ana, qnando il sole ne'diciotto gradi del Tauro, l altra ne' quattordici del Leone. Nell' India un monte ebiamato Maleo, dove lombre la state vanno verso mezzod, e verno tramontana. I E quivi per quindici notti solo si vede le tnn oatens. Nella medesima India nel famosisaiaao porto di Patate, il sole nasce dalla parte diritta, e loaabre vanno a mezzogiorno. Ed essendo quivi Alessandro, fu considerato che la tramontana ai vedeva solamente la prima parte della notte. E Onesicrito capitan di lai scrisse, in quei luoghi dell' India, dove non sono l'ombre, non si vedere la tramontana, e che quei laoghi si chiamano Aseii, e che quivi non si osotau 1 ore. *
D ova DOS v o l t b l '
capatque genti Aethiopum, qainqae millibus stadiorum Syene in arane Nilo habitatur ) bis anno absumi umbras, sole duodevicesimam Tauri partem, et quartamdecimam Leonis obtinente. In Iftdiae genti Oretum, mons est Maleus nomi ne, juxta quem umbrae aestate in austrum, hieme in septemtrionem jaciuntur. Quindecim tantum noetibosibi apparet septemtrio. Iu eadem India Palali celeberrimo porto, sol dexter oritur, umbrae in meridiem cadunt. Septemtrionem, ibi Alexandro morante, adnotatum prima tantum noctis parte adspici. Onesicritus dux ejus scripsit, quibus in locis Indiae umbrae non sint, septem trionem non conspici, et ea loca appellari sei, nec boras dinumerari ibi.
Ubi b i s
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co H T U u m m a u t
ino
i om bba, b d o t * e s s a
n iu m . LXXVI. 74 At i tota Troglodytice, umbras bis quadraginta quinque diebus in anno Erato stbenes in contrariam cadere prodidit.
U bi l o n u n i i d i s , o b i b u tis s i m i.
LXXV1. 74. Scrive Eratostene che in tutto il paese chiamato Trogloditico, l'ombre due volte l ' anno in quarantacinque d vanno al contrario. Dova i l Mono i
c o im is n o , t
dve
n ifu s s o .
LXXVI1. 75. Sio fit, ut vario locis incremen to, in MeroS longissimus dies xn horas aequino ctiales, et octo paries unias horae colligat : Ale xandriae vero xiv bora : in Italia quindecim : in Britannia xvn ubi aestate lucidae noctes, haud dubie repromittant id, quod eogit ratio credi, solstitii diebus accedente sole propius verticem arandi, augusto lucis ambitu, subjeeta terrae continuos dies habere senis mensibus, noctesque e diverso ad brumam remoto. Quod fieri in insula Thule, Pytheas Massiliensis scripsit, sex dierum navigatione in septemtrionem a Britannia distante : quidam vero et in Mona, quae distat a Camaloduno Britanniae oppido circiter docentis millibus adfirmaut.
LXXV1I. 75. E oos avviene, che per lo vario accrescimento della luce, in Meroe il d tanghiimo di dodici ore equinoziali, e due terzi : in Alessandria di quattordici ore : in Italia di quin dici : in Inghilterra di diciassette, dove la state le notti chiare ci mostrano quel che la ragione sforza a credere : cio, che i giorni del solstizio, quando il sole pi s'appressa verso il polo dd mondo, per lo stretto circuito della luce, le ta r e sottoposte per sei mesi hanno di continuo giorno, e le notti per opposito di verno. E il medesimo scrisse Pittea da Marsitia avvenire nelP boia di Tuie, la quale discosta sei giorni di naviga zione dell' Inghilterra verso tramontana : e certi altri affermano che questo ancora e in Mona, lontano da Camaloduno eitt d'Inghilterra urea ducento miglia.
De ramo
h o b o l o o io .
Dal ramo
o b io o l o .
LXXVIII. 76. Umbrarum hanc rationem, et quam vocant gnomonicen, invenit Anaximenes Milesius, Anaximandri ( de quo diximus ) et Thaletis discipulas: prknutque horologium, qaod appellant sciothericon, Lacedaemone ostendit.
LXXVI1I. 76. Anasimene Milesio, discepolo d 'Aoasimandro, del quale gi pariamolo, fu quel che trov gi questa rapone dell' ombre, la quale t chiama gnomonica} s fa il primo ancora, che asostr in Lacedemone P orinolo dello scioterioo.
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LXX1X. 73 . Ipsum < alii alitor obeervareie. Babylonii inter duo# oli exorta* : Athe niense* inter dopa ocuiui Unibei a meridie io merklica> valgy* omne * lue# ad tenebra* : sacerdote* Romapi, ei qui dieta diftniere cin t a i, item Aegyptii, et tfippacqhus, a media nocte in mediam . Minora autem intervalla ose loda in ter ortussolis jnxta solstitia, qaam aequinoctia, apparet : qoia positio signiferi drea niniia ani obliquior est; juxta solstitium rero rectior.
LXX1X. 77. II giorno stato distinto da molti, da ehi in un modo, e da ehi ia an altro. 1 Babilouii lo fanno da un levante all* altro : gli Ate niesi dall* uno occaso all* altro : gli Umbri da menogierno in mezxogiorno ; e tutto il volgo lo fa daHa mattina alla sera : i sacerdoti Romani, e quei che diffinirono il giorno civile, e gli Egitti ancora e Ipparco, dalla metzanotte ftao elT rttra mescanone. E si vede ohe minori sono gl* inter valli della luce fra H nascimento del sole appres to i solstisii, che gli equinosii, perch la positura del sodiaeo circa il suo meteo pi obbliqna, ma appresso il solstizio pi retta. DirraaEEXB d i
g e s t i secon do 1 clim i.
O im a u T u o u t m
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LXXX. 78. Contexenda suat bis coaleslibas nexa camis. Namque Aelbiopas vicini sideris vapore torreri, adustisque similes gigni, barba el eapiUo fibrato, non esi dubium. Et adversa plaga mandi, atqoe glaciali, candida cate esse genica, flavis pooroiseas erinibus ; Iruees vero ex coeli rigora ha, illas mobilitate hebetes ; ipsoque erarum argumento, illis- in supera succum revo cari, natara vaporis: his in inferas partes depelli, humore deciduo* Hie gtanes fefts* illic varias effigies animalium provenire, el maxime alitam, ia innha* figuras gigni volucres., Corporata natem proceritatem utrobiquo, illi ignium nisa* hin bataori alimento. Medio voro leuree salubris utrimque mixlnra, fertilis ad omnis {radua* .mo dico* corporum habitos, magna et in eoiore tem peries, ritas molies, sensus liqaidus, ingenia fecunda, totiusque naturae capaeia. Iisdem im peria, qaae numquam extimis gentibus fuerint : sicut ne illae quidem his paruerint, avulsae, ac ft o immanitate naturae urgentis illas* solitariae.
LXXX. 76. Ora s* hanno d* aggiagnere a qual ehe s* detto, le cose ebe dipepdooo dalle canee celesti. Perciocch ei non dubbio, che feti Btiopi per lo vapore del sole, eh* lor vicino, sono riarsi, e nascono simili agli abronzati, con la barba e i capei riccioli. E quegli che tono a tra montana* hanno la pelle bianca, co* capei biondi, e luoghi ; ma di terribile aspetto per lo rigor del cielo. E queste e quelle genti sono assai poco stabili. E con esao argomento de ctpegli, si vede, che gli Etiopi hanno il sago ritirato ins, per rispetto della natura del caldo ; devi questi altri lo maadan gi naUe parli inferiori, per ugiou dall* umor, che rioade. Qui nascono terribili fiere! e quivi varie specie d* animali, e massimamente d* uccelli, e in diverse fonde. Nondimeno nel* 1* uno e altro luogo nascono corpi grandi, quivi per la forua de* fuochi, e qui per lo alimeolo del l ' umore. Ma il paese posto in questo messo sano, e fertile a tutte le cose, per la mistura di qua e di l ; e i coppi sono di mediocre statore. Sono anco di eeior molto temperato, I notturni loro sono molto umani, i sentimenti pori, gl* in gegni fecondi, e capaci d'tateoidre tutta 4 na lura. I medesimi hanno gl* imperii* i<juali mai non furono nelle naoni straniere; come n anco quelle ubbidirono a questi, e per la indineouc della natura, che le sforza, sono solitarie. De* TEftasM OTi. LXXXI. 79.1 Babilonii sono d* opinione* che i terremoti, e le opriture della terra, e tutte Fai* tre eose simili si facciano per la forma delle stelle* ma da quelle tre, alle quali ailribqiscono le saette: e che si fanno, quando vanno eoi sole, e conven gono con esso, e massimaaleute nella quadratura
De
t e s e as
uoTiBOs.
'LX X X I. 99. Babyloniorum placita, motus Icrrue, hiatnsque, ei cetera oannia, vi siderum alisiaatfieri,sed illotum trium, quibus iulmina adsipanl : fieri autem, meantium eum sole, aut ronfiari>tjnp. et maxime circa quadrata mundi, PruecUt* pandem esaa el immortalis in eo, si
C. PLINII SECUNDI credimus, divinitas perhibetur Anaximandro Milesio physico, quem ferant Lacedaemonii* praedixisse, ot urbem ac tecta custodirent : insta re enim motum terrae, quum et urbs lota eorum corruit, et Taygeti montis magna pars ad formam pappis eminens abrupta, cladem insaper eam ruina pressit. Perhibetur et Pherecydi Pythago rae doclori alia conjectatio, sed et illa divina : hausta aquae e puteo praesensisse, ac praedixisse ibi terrae motum. Quae si .vera sunt, quantam a deo tandem videri possent tales distare, dum vivant? Et haec quidem arbitrio cujusque existi manda relinquantur : ventos in causa esse non dubiam reor. Neque enim omquam intremiscant terrae, nisi sopito mari,coeloqoe adeo tranquillo, ut volatus avium non pendeant, subtracto omni spiritu qui vehit : nec umquam, nisi post ventos, condito scilicet in venas et cava ejus occulta flata. Neque aliud est in terra tremor, qaam in nube tonitruum : nec hiatas aliad, quam quum fulmen erumpit, incluso spiritu luctanle, et ad libertatem exire nitenle. del cielo. Dicesi avere avuta in ci ana molio onorata e immortai diviniti ( se pure lo vogliamo credere) Anasimandro Milesio fisico, il quale dicono aver predetto a' Lacedemoni, che guar dassero bene la citt e le case, perciocch egli aveva da venire un terremoto ; dove allora min tutta la citt loro, e una gran parte del monte Taigete, rilevata a guisa d* una poppa di nave, oppresse la citt con la sua ruina, oltre a quella disfasione. Truovasi ancora on* altra congettura di Ferecide maestro di Pitagora,.che fu veramen te divina ; il quale con un sorso d acqua di pos to, previde che quivi aveva a essere terremoto. Le quai cose se sono vere, quanto pare che que sti uomini s*accostino a dio, meotre che vivono? Ma creda pure ognuno ciocch gli pare di queste cose, io per me tengo che il vento ne sia cagione. Perciocch la terra non treAia mai, se nou quan do bonaccia in mare, e aria tanto tranquilla, ohe il volar degli uccelli non penda punto, levato ogni spirilo che gli porta ; e ci non avvien mai se non dopo che i venti son rinchiusi nelle caver ne sotterra. E non altro il tremore nella terra, che il tuono nelle nugole. E apritura delle nu gole altro non , che quando la saetta vien fuora, avendo rinchiuso lo spirito, il qual combatte, e si sforza d 'uscir fuora in luogo libero.
D e l l * a t r it o r a
d il l a t e r r a .
Db m i i i h u iiid i. LXXXU. 80. Varie itaque quatitur, et mira edantar opera ; alibi prostratis moenibus, alibi hiatu profundo haustis, alibi egestis molibos, ali bi emissis amnibus : nonnumquam etiam ignibas, calidisve fontibus, alibi averso flumiqum cnrsu. Praecedit vero comitatorqae terribilis sonus, alias murmur similius mugitibus, aut clamori humano, armorumve pulsantium fragori : pro qualitate materiae excipientis, formaque vel ca vernarum, vel cuniculi, per quem meat, exilius grassanle ia angusto, eodem rauco in recurvis, resultante in duris, fervente in humidis, fluctuante in stagnantibus: item fremente contra solida. Itaque et sine motu saepe editur sonus. Nec sim plici modo quatitur, sed.tremit vibratque. Hiatus vero alias remanet, ostendens quae sorbuit, alias oocultatore compresso, rursusque ita inducto solo, ul nulla vestigia exstent, urbibus plerumque devoratis, agrorumque tractu hausto. Maritima autem maxime quatiantur. Neo montuosa tali malo carent. Exploratum est mihi, Alpes, Apenninnmque saepius tremuisse. Et autumno ac vere terrae crebrius movenlur,sicut fiunt fulmina. Ideo Galliae et Aegyptus minime quatiuntur: quoniam hie aestatis causa obstat, illic hiemis. Item noctu saepius, quam interdiu. Maximi autem motus
LXXXII. 80. In pi modi dunque scossa la terra, e maravigliose opere ne vengon fuori ; per ciocch in alcun luogo getta le mura per terra, altrove con grande apritura le inghiotisce, al trove manda fuora alcune moli, in qualche luogo i fiumi, e talora anco fuochi, o fonti caldi, e al trove rivolta il corso de' fiumi. Ala per va in nanzi al terremoto e l ' accompagoa un terribil suono, altrimenti mormorio, simile al mugliare, o al grido umano, o allo strepilo dell* armi, che percuotono insieme, secondo la qualit della ma leria che riceve, o la forma delle caverne, o stret te vie sotterranee, per le quali e* passa. Perciocch pi sottilmente passa per luogo stretto; nello storto risalta con suon roco ; nel duro strde ; net luoghi umidi e stagnanti risuona a guisa d* on da , e romoreggia contra le cose sode. Spesse volte dunque senza il moto si sente il suono. N per un modo solo si scuote la terra, ma trema e si batte. Ma apritura alcuna volta rimane, mostra qael che ha inghiottito, alcuna Tolta In asconde riserrando la bocca : e talora anche in modo si riempie, che non rimane segno alcuno delle citt divorate, e lungo tratto di paese in ghiottito. Ma sopra tutto i luoghi marittimi sono battati : e i montuosi ancora non son sicari d a
*93
exsistant matutini, vespertinique : sed propinqua luce crebri: interdiu autem circa meridiem. Fiaut et solis lunaeque defectu, quoniam tempestates tone sopiuntur. Praecipue vero, quum sequitur imbrem aestus, imbresve aestum.
294 tale oltraggio. E lo so chiaro, che Alpi, e Apennino spesse volte hanno tremato. E nell1 au tunno e nella primavera sono pi spessi i terre moti, che di verno e di state, come avviene anco delle saette. E per questo la trancia e Egitto non senton terremoto, perciocch nell Egitto s'oppone la causa della siate, e in Francia del Terno. Vien similmente il terremoto pi spesso di notte che di giorno. E grandissimi son quei, che vengono la mattina e la sera ; e quei, che son presso al d, son pi spessi. E di giorno si fanno intorno al mezzod, e nell* ecclisse del sole e della luna, perch allora cessano le tempeste. Ma soprattutto, quando dopo la pioggia viene il caldo, o dopo il caldo le piogge.
PXESAGI DB1 TBBEBMOTI.
LXXX1I1. 81. Navigantes quoque sentiunt non dubia conjectura, sine flatu intumescente flucta sabilo aat qnatiente icti. Intremunt vero et in navibus posila, aeque quam in aedificiis, erepituqae praenuntiant : ' quin et volucres non iapavidae sedentes. Est et in coelo signum, praeceditqae mota futuro, aut interdiu, aut paullo post occasum sereno, ceu tenuis linea nubis in longum porrectae spatium. Est et in puteis tur bidior aqua, nec sine pdoris taedio.
LXXX1II. 81. 1 naviganti aucora con manife sta congettura s'accorgono quando il terremoto ha da venire, quando in un subito son percossi dall onde, che senza Tento rigonfiano, o percuo tono. Tremano ancora le cose, che son ne* navili, siccome quelle, che son nelle case, e con lo stre pilo lo predicono : e pi gli uccelli sparentali si riposano. Ma in cielo ancora viene un segno in nanzi al terremolo, o di giorno, o poco dopo il tramontar del sole al sereno, una linea sottile di nugola tirala in lungo spazio. E anco 1 acqua * de* pozzi pi torbida, n senza cattivo odore.
A iuti c o n t e a a * t b e e e m o t i .
A u x iu a c o n t e a m o tu s f o t o b o s .
LXXXIV. 8a. Sicut in iisdem est femedinm, quale et crebri specus praebent : conceptam enim spirilam exhalsnt, quod in cerlis notatur oppi dis, qoae miaus quatiuntur, crebris ad eluviem cuniculis cavata. Maltoqae sunt luliora in iisdem iUis qaae pendent : sicut Neapoli in Italia intelligitur, parte ejus, quae solida est, ad tales casus obnoxia. Tutissimi sunt aedificiorum fornices, angoli quoque parietum, postesque alterno pul sa renitente. Et latere terreno facti parietes mi nore noxa qaatiunlur. Magna differentia est et in ipso genere motus : pluribus siquidem modis qoalilar- Tulissimum est, quum vibrat crispanle aedificiorum crepita : et quum intumescit adsurgens, alternoqae mota residet: innoxium et qaam concurrentia lecta contrario icta arietant, quoniam alter : motus alteri renititur. Undantis inclinatio, et fluctus more quaedam volutatio infesta est : aut quom in unam partem tolus se motos impellit. Desinunt autem tremores, quum ventus emersit: sio vero duravere, non ante quadraginta dies sistunlur : plerumque et tar-
LXXX1V. 82. A questi terremoti utile e buon rimedio il far sotterra di molle fogne, e sfogatoi : perch essi mandano fuori il vento con cetto, e ci s* conosciuto in alcune citt sicure, le quali manco che 1* altre tremano, per rispetto delle spesse fogne, che hanno da purgar le brut ture. E molto pi son sicure in questi terremoti quelle che pendono, come in Italia si vede a Napoli, essendo una parte di quella citt, eh* soda, e non cavata, soggetta molto a tai casi. Si curissimi sono gli archi negli edifici, i canti delle mura, e le porte, che resistono con iscambievole percossa. E le muraglie ancora fatte di mattoni di terra sono con minor danno percosse. Oltra di ci anco gran differenza nella qualit del moto, perciocch in pi modi viene il terre moto. Sicurissimo quello, che fa il suo moto ne gli edificii simile a quel d* una spada, quando brandita, e quando gonfiando s* innalza, e dipoi sgonfiando risiede. Poco fa danno ancora, quan do gl* edificii s* urtano infra di loro a guisa di montoni, perch l* un moto fa forza all* altro.
C. PUNII SECUNDI dias, utpotf qaam quidam miao et bieanii ap> (io durtveriat. lluito dannoso il moto simile a qeMdT onda del mare, che s 'aggira, o quando Hmoto si epi gee tutto in una parte. Restano i lettemeli, quan d i il vento uscito ; ma se por contrariane, non restano innanzi *quaranta giorni, molte volte anco pi tardi, perci che alcuni ne son durati e un anno e due.
PoiTBim DBLLA TBBBA VEDUTI UBA VOLTA.
POBTBHTA T B lB i lD I S K V It TBA0ITA.
LXXXV. 83. Faotum eat et Koc semel, quod quidem Io Etruscae disciplinae voluminibus inveni, ingens terrarum portentum, L Marcio, Sex. Julio coss in agro Mutinensi. Namque mootes duo inter se ooncuirerunt, crepitu maximo adsullantes, recedentesque, inter eos flamma fu moque in coelum exeunto ioteidid, spedante e via Aemilia magna equitum Romanorum, familiaramque el viatorum multitudine. Bo concnrsu villae omnes lidie : animalia permulta, quae in tra fuerant, exanimata sunt, anno ante sociale bellam, quod bfcad scio an funestius terrae ipsi Italia fuerit, quam d vilia. Non minus miram ostentam ei nostra cognovit aetas, anno Neronis principi* supremo, sicnt in rebus ejus exposuimns, pratis oleisque, intercedente via publiea, in contrarias sedas tuansgrestis, in agro Marrucino, praediis Vestii Marcelli, equilis Romani, res Ne ronis procurandis-
LXXXV. 83. Avvenne una volta, siccome io ho trovato ne* libri della disciplina Toscana, an gran portento della terra, essendo consoli L. Marcio e Sesto Giulio nel contado di Modena. Perch due monti corsero l un contra I*altro, con grande strepito costando, e tornando addie tro, e dello spati, eh* era fra loro, usciva di gior no fiamma e fumo al deio, stando ci a vedere dalla via EmiKf gran moltitudine di cavalieri Romani, di famiglie e di viandanti. Le ville, ehe erano in quel metto, furon lotte fraeoassele, e assaissimi animali, che v* eran dentro, rimaaero morti ; e eifa un anno innanti alla guerra chia mata Sociale, la quale non saprei dire, se fa di maggior danno alP Italia, che le guerre ri vili. Non fu punto minor portento a* tempi nostri, ultimo apno dell'imperio di Nerone, siccome io ho scritto nelle eie istorie, pereioaoh i prati e gli ulivi, eh* erano nel contado Marrucino, nelle possessioni di Vezio Marcello cavalier Romano, il quale faceva i fatti di Nerone, passarono da un luogo all'altro, essendovi la via di metto.
MlBACOLI OBI .
LXXXV!. 84 Fiunt simul cum terrae motu et inundationes maris, eodem videlicet spiritu infusi, ac trree residentis sinu recepti. Maximus terrae memoria mortalium exstitit molus, Tiberii Caesaris prineipafu, xn urbibus Asiae una nocte prostratis. Creberrimus Punico bello, intra eumdem annum septies atque quinquagies nuntiatus Romam. Quo quidem anno ad Trasymenum la cum dimicantes, maximam motum neque Poeni sensere, nec Romani. Nec vero simplex malum, aut in ipso tantam motu perioulum est : sed par aut majus ostento. Numquam urbs Roma tremuit, ut non futuri eventus alicujos id praenuntium esset.
LXXX VI. 84 Vengono insieme col terremoto, inondazioni di mare, o infuso per 1*istesso vento, o ricevuto in qualche seno. Il maggior terremoto, che sia alato a ricordo delle persone, fa nelPimperio di Tiberio, ehe dodici dtt dell' Asia furo no minate in una notte. Per la guerra Cartagi nese ne furon molti, perciocch venne nuova a Roma, che in un anno v* eran venuti ringnaula selle. E di questo anno mentre che si faceva la giornata al lago Trasimeno, venne un grandissi mo terremto, il-quale non fo sentito da* Car taginesi, n da' Romani. N semplice m ie il terremoto, e non solamente pericolo in esee moto | ma pari, o maggior presagio di melet Non trem mai Roma, che ci non gli foeae aa annuntio di qualche danno avvenire. Da c n
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LXXXVIL 85. Eadem nascentiam causa terquum idem ille spiritus attollendo po
LXXX VII. 85. La medesim cagione fa aaace re le terre in nuire, quando il medesimo, spirito
HISTOUAftDM MCMCUfclB. II. MMsolo, fa lslt m n p e n . Naseu t t i nec flamiaam tantam invecta, sicolEhfade insula ai Achdoo imoe congestae, majorqne pars Aegypti a Mila, iqenikeoM Q kno eli* l diet canoni faine Homero credimtu : sed etm iw n wrib, sioat idem de Ckodii. ^uod leodiae ( ia Ambraciae porti deetea atHftun p u m a ia te m llo , el A lhttieirfM quinqoe a W ea ad P m a w ammontar t el BphaA, airi quondam aede Diana adlufbat. Herodotaqaidn si credimus, mare fuit sopra Mempbim osqne ad Aethsopuna aaonlest itarntyae- a plaid Ara biae. Mare el'circa Biam,-et loia Teulhrania, qoaqoe campo* intulerit Maeaoder.
9*
possente ad alzar la Urr, e non pu uscirne fuori. Perciocch isole nascono non solamente per il portare, che fanno i fiumi al mare, siccome isole IM himI, le qaali fa rea fatte dal fiume Acheloo, e la maggior parte dell* Egitto dal Nilo, mi f a t e secondo Omero, et dall1 isola del Caro il viaggio d 'un d e d una notte} 'ma aMora dalla partita del mare, come si ha dal medesimo de1Greci. Il che si dice essere avvenuto nel por lo d Ambracia per spazio di dieci miglia, e de gli Ateniesi per cinque miglia sino al Pireo : e in Efeso, dove egli bagoava gi il tempio di Pia na. E se vogliamo creder a Erodoto, il mare fu sopra Menfi fino a' monti dell Etiopia ; e me desimaroeeta delle pMHire dell Arabia. Fo il mare anearv, intorno a Ilio, e lotta la Teatro nia, e per qoe1campi, dove va il fame Meandro.
R a g io n i d e l l e i s o l e b a s c i s t i .
LXXXVJ11. 66. Naacnnlor et die modo lercae, ssr y aieiia aliqa mari emerguat, veM paria secam faciente natura : quaeque bn ierK Status, alio loco reddeale.
LXXX.Vili. 86. Nascono anco io ahvo modo le isole, e in nn tratto vengono fuora in qualche mare ; come se la natura volesse ricompensare la terra, e quelle cose, che l apertura ha inghiot tite,Oaderla ia altra laogo.
Q d h i is o le , ib
Q tia n o m n u d in o a m i
n*r.
dm* v a a v o a i a t i .
LXXX1X. 8 7 . Clarae jam pridem iasalae, Do lo el I hodos, mcmovlae prodantur enalae. Po* sAea Manans, altra Melo, Abaphe : ioler Lem eoa I Hellespootom, Nea : inter Lebedum el Tsea, Halona : inler Cydadas, olympiadis a l x t u no quarto, Thera et Tkerasia. In ter easdem post annos cxxx, Hiera, eademqne Automate. Et ab ca daofc ria tti post aaaaa caia noUaotaevo, as M. Junio Silano, L. Balbo coss. a. d. vm idus
Wu.Thifc.
88. Aate nos I joita UaUam inler Aeolias insalai, ilcas jaxla Crelam emereit e aari aa f a m w una co n caldi (eatibas : altara olya* f indir ex m i aaaa leali in Teoo aina, flagra! faina t U m Io cam flato. Prodiiarqae memoriae magna rca illam nudtituclae piscia fluitant, coafestim exspirasse, quibus ex his cibus fuisset. Sic et PiMaasas sa Campano sian tenuti ortas. Mox in bis montai Epopon, qaum repente Assumi ex eo emicaisset, campestri aeqoatum fiaaile. la cadane el oppidom haustpm profundatalioqae mola terrae atagnam eaaersisee : <t hs.pooistH mpntibus insulam exstitieee Prock |U a
LXXXIX. 87. Trovasi par memoria, ooane I gii buon UmpOjcfce nacquero le isole di Clarat di Deb e di Rodi : e dipoi altra minori, soooolitaMelone, Aoafc; fra LeUnoed Ellasprta* to, Nea; fra>Lebfdo Teee^Alone; faa U Ciala. di il quarto aono dellolimpia centesima trentesi ma quinta, Tera e Terasia; e fra queste mede sime dopo aanlo teeala anni, lem, -che eri menti si chiama Antomate. E lontano da quella il quarI d tn mi^io dopo conto dieci ptnni aVet nostra, essendo coasoli Marco Giono Sfilane Lucio Balbo, ad tei di Loglio, naoque Tia. 88. Dinansi a noi, e appresso l Italia fra l isole Eolie* similmente appresso Creta dueaaille daqoeeento passi, ne venne fuori nn altra con feali aldi * nn'altra il terzo anno dell ofim^li centesima quarti) tmlme tersa nel mar Tirana la quale ardeva con vento molto violente. Tro vasi scritto ancora, che intorno a questa isola era una gran moltitudine di poaao, e tutti coloro, che ne mangiarono, subito morirono. Cos si dice ancora che nacque l isola di Pilecusa nel golfo di-Cmpegoa. E subito in Questi iaaU il dftmte Epopoi avendo ia aa tratto ibandato.fnori una gan fiamma* si pareggi alla pianura. Nella madssiaaa teofa fa inghiottita ana lcM | 4 par an ai Ira terremoto uso) foori una stega; eper e
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XC. Namqoe et hoc modo insolas rerum na tura fecit. Avellit Siciliam Italiae, Cyprom Syriae, Euboeam Boeotiae, Euboeae Atalanten et Macrin, Be&bicum Bithyniae, Leucosiam Sirenum promontorio.
Q
u a e ih s u l a e c o h t iv e n t i a d ju h c t a e s ih t .
XC. Perciocch a questo modo la natara ha fatto le isole. Ella stacc la Sicilia dall Italia, Cipri dalla Soria, Negroponte dalla Beozia, Atlante e Macrino dall' Eubea, Besbico dalla Bi tinta, Leucosia dal promontorio ddle Sirene.
D i QUBLLE ISOLE, CHE SI SO * COBGIUETB COM TEEEA FEBMA.
XGI. 89. Rursus abstulit insulas mari, junxi tqae terris : Antissam Lesbo, Zephyrium Halicar nasso, Aethnsam Myodo, Dromiscon et Perneo Mileto, Narthecusam Parthenio promontorio. Hybanda quondam insula Joniae, cc nuoc a mari abest stadiis. Syrien Ephesus in mediterranea habet : Derasidas et Sophoniam vicina ei Magne sia. Epidaurus et Oricam insulae esse disieruot.
XC1.89. E di nuovo la natura ha levate isole al mare e congiunte alla terra, siccome fu An tissa a Lesbo, Zefirio ad Alicarnasso, Elusa a Mindo, Dromisco e Perne a Mileto, Nartecosa al promontorio Partenio. E Ibanda, che g ii fo isola del mare Ionio, ora lontana dal mata venticinque miglia. Efeso ha Sirie fra terra, e Magnesia a lei vieina . ha Derasida e Sofooia. Epidauro e Orico, che gi furono isole, ora noo son pi.
D i QUELLE , CHE IH TUTTO SOHO IT E IR MAE E.
ua
t e e b a b ih t o t u m m a h p e r m u t a t a * .
XCII. 90. In totnm abstulit terras, primum omnium ubi Atlanticum mare est, si Platoni ere dimus, immenso spatio. Mox interno, quae vide mus hodie, mersam Acarnaniam Ambracio sino, Achajam Gorinthio, Europam Asiamqoe Propon tide et Ponto. Ad hoc perrnpit mare Leocada, Antirrhium, Hellespoutuna, Bosporos duos.
XCII. 90. Ha levato anco iu.tutto. la terra, e prima dove ora il mare Atlantico, se crediamo a Platone, con grande spazio. Dipoi pi dentro quelle che oggi si veggono sommerse nel mare, 1' Acarnania nel golfo di Larta, l Acaia nel Co rinzio, 1' Europa e Asia ndla Propontide e in Ponto. Ruppe il mare ancora Leneade, Antirrio, Ellesponto a i due Bosfori.
D bllb
t e e b b ch e s i
u a e t e b e Ae ip s a e s e s o b b o b b ih t .
sono .
XCI1I. 91. Atque ot sinus et stagna praete ream, ipsa se comest terra : devoravit Gybotum altissimnm montem, cum oppido Curile : Sipy lum in Magnesia : et prius in eodem loco claris simam urbem, quae Tantalis vocabatur. Galenes et Gamales orbium in Phoenice agros cum ipsis : Phegiam Aethiopiae jogam excelsissimam : tanquam non infida grassarentur et litora.
XC1II. 91. E per non dir de1 golfi, e degli stagni, essa terra si medesima inghiottendo, divor gii Cboto altissimo monte, con la citt di Curile; Sipile in Magnesia; e prima nd medesimo luogo una chiarissima dtt, che si chiamava Tantali. Profond ancora > paese di 1 Galene e di Gamale, citt in Fenicia, insieme 000 esse ; e Fegio altissimo giogo dell* Etiopia; come se non assaltassero i liti infedeli.
Delle
c it t c h b soho s t a t b i u g h i o t t i t e dal m abb.
U ebes
h a u s t a e m a x i.
XCIV. 93. Pyrrham et Antissamcirca Maeotim poutus abstulit: Helicen et Baram in sinu Corinthio, quarum ia alto .vestigia appareot. Ex insola Cea amplios triginta millia passuum abru pta subito cura plurimis mortalibus rapai t. Et in
XC1V. 93. Il mare appresso alla palude Meotide inghiott gi Pirra e Antissa* Elice e Bara nel golfo Corinzio, i cui vestigii si veggono an cora oggi in alto mare. Dell1isola di Cea fa in un subito sommerso per pi di trenta miglia,
Soa
Sicilia dimidiam "Tyndarida urbem, ac quidquid ab llalia deest. Similiter in Boeotia Eleusina.
insieme con ausissime persone. E in Sicilia la met della citt di Tindarida, e ci che manca dalla parte d*Italia. E similmente in Beozia Eleusina.
D bllb
e sa l a z io n i d e l l a t b b b a i r a lc u n i l u o g s i .
Oa
s n b a c o l is t e b b a b u m .
X CV, 93. Motus enim terrae sileantur, et quidquid est, obi saltem busta urbium exstant : amai ot terrae miracola potius dicamus, quam scelera natorae. Et bercole non coelestia enarratu difficiliora foerint. Metallorum opulentia tam varia, tam dives, tam fecunda, tot seculis subo riens, qoom tantam quotidie orbe toto popalenIsi ignes, ruinae, naufragia, bella, fraodes : tan tam vero luxuria, et tot mortales conterant: gemmarum pictnra tam multiplex, lapidum tam discolora maculae, interqoe eos, candor alicujus, praeler locem omoia excludens : medicatorum fontium vis : ignium tot locis emicantium perpeiaa tot secalis ioceadia : spiritus letales ali bi, aat scrobibus emissi, aat ipso loci sita mor tiferi, libi volucribus tantam, at Soracte vicino Crbi tracto : alibi praeter hominem, ceteris animanlibas: aonoamquam et homini, ot in Sinuessaao agro, et Puteolano : spiracula vocant, alii Charooeas scrobes, mortiferum spiritum exha lantes. Item io Hirpinis Amsaocti, ad Mephitis aedem, locum, quem qui iotravere, moriuolar. Simili modo Hierapoli io Asia, Matris taotom Magnae sacerdoti innoxium. Alibi fatidici spe cus, quorum exhalatione temulenti fatura prae cinant, at Delphis, nobilissimo oraculo. Quibas ia rebus quid possit aliud causae afferre morta lium quispiam, quam diffusae per omne natorae Su biade aliter mimen erumpens ?
XCV. 93. Ma lasciamo oggimai il parlar dei terremoti, e di tutto qoello, ove restano almeoo i sepolcri delle citt, e ragioniamo piuttosto dei miracoli della terra, che delle scelleraggini della natura. E certo che le cose del cielo non saranno pi difficili da narrarsi. La dovizia ,dei metalli cos riccs, cos varia, cosi abbondante, e che per tanto tempo non ancora mai man cata ; bench di continuo per tutto il mondo tanto ne consumino i fuochi, le ruine, i naufragii, le guerre, gl' inganni, e tanto ne porti via la lus suria, e tanti uomini. E la terra produce cos varia pittura di gioie e pietre pretiose, di tanto diversi colori, e fra quelle la bianchezza d'alcuna, che ogoi altra cosa vince in fuor che la loce. Prodace diversi fonti medicinali, e perpetui incendii de* fuochi, i quali per tanti secoli rilu cono in tanti luoghi. In alcun luogo vento, o aria pestifera, la quale o esce per le caverne, o in esso luogo del silo mortifero. Altrove mortifero solo agli uccelli, come nel monte Sorelle vicino a Roma ; altrove fuor che alluomo nuoce a.tutti gli animali ; e talora anco all* oomo, come nel contado di Sessa a di Pozzuolo: qoesti si chia mano spiragli, ovvero fogne Caronee, le quali mandano fuori fiato mortale. Similmente nel paese degli lrpini in Anunto, al tempio di Mefi te, dove tutti colorp eh1entrano, muoiono. A Gierapoli ancora in Asia luogo mortifero, eccetto che al ucerdote di Cibele. Altrove sono spelonche, che predicono le cose avvenire, per la esalazione delle quali gli uomini fatti come ebbri, indovinano quel che dee essere, siccome nel uobiliuimo oracolo di Delfo. Nelle quai. cose che altra cagiooe potrebbe assegaare alcuno, se non la deit della natura, la quale di continuo penetra per tutto, ed esce diversamente di varii luoghi.
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X CVI. 94* Quaedam vero terrae ad ingres sas tremaot* sicut in Gabieasi agro, non procal albe ftoaw, jugera ferme duoenta, equitantium cursa 1 similiter io-Reatino.
XCVI. 94. Sono alcune terre, che quando vi si va, tremano, come nel contado di Gabio, poco lootano da Roma, intorno a dugento iageri, che trema al corso dei cavalli : similmente nel terriI torio di Rieti.
3*3
fC' P ittili SECUNDI 95. Aloune iabk obde|gan sonare, come ad contado di Ceeubo, i qafet di Rieti, di Masia e di Statonia. Nel lago di Vadimone, e ai bagai di Culilia i una selva ombrosa, la quale di e notte non ai vede mai in un medesimo luogo. In Lidia sono quelle, che si chiamano Calamine, le qaali non aolamente sono spinte da* venti, ma dalle pertiche ancora dovunque l'uomo vuole, il che C u la salale di molli studini nella gaetra di Mitri date. Sono antera in Ninfeo aleute isole, pioeoi, chiamale Salinari, perciocch nel canta della sinfonia si muovono al percotimento de* piedi, che dansabo. Nel grata lago/L'arqainiese d 'it a li sono due boschi, i quali ora ai moetrno in fanne di triangolo, e ora di tondo, seconda che i vaiti gli spingono ; ma non mai di quadro.
L u o g h i,
g5. Quaedam insula semper flucluaal, sicat io afro Caecabo, et eodem Reatino, Mutinensi, Stalonioosi. In Vadimonia lacu, el ad Culiliia aquaa opaca silva, quae nuraquam die ac notte eodem loco visitur. Lydia quae vocantur Calaminae, non ventia aolura, aed etiam contis quo libeat impulsae, mallorum civium Milhridalico bello salus. Sunt et in Nympheo parvae, Saltuaroa dictae: quoniamin symphoniae cantu Uclus modulantium pedum moventur. In Tarquiniensi lacu augno Italiae, duae nemora circumferunt, ounc triquetram figuram edentes, nane rotortdamcomplexa, ventis impellentibus : quadratam namqaam.
Q o ia o s
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p io v b .
XCV11. 96. Celebre Canum habet Veneria Paphos, ia caja quamdam aream non impluit. J a ia Nea, oppido Troadia, circa .simulacrum 4e Miafertae. Ia eodem et relicta sacrificia non paUescant.
ACBBVATA T U l i U WtACULA.
XCVU. 96. In Paio an famoso tempio di Venere, e in esso certo chiostro, dove non piove mai. E in Nea citt di Troade ancora non piove ialar noalleatatua di Minerva. E i sacrificii lasciati sa quel medesimo luogo non mareiscon aui.
MlBAOOLI VAEII DI ALCUHH T B B B B .
XCVIII. Juxta HarpaSa oppic^pm Asiae cau tes stat horrenda, digito mobilia: eadem, si toto corpore impellatur, resistens. In Taurorum |>eninsula ia eivitate Parasino terra eat, qua sa nantor omnia vulnera. At ai rea Assoo Troadis lapis nascita^ quo oonsumuotur omnia corpora : Sarcophagus vocabar. Dao suat monles juxta flo* mea Indam : alteri natura eat at ferram omne teneat, alteri at respuat. Itaque si aint elati ia cahmnevto, vestigia avelli ia allero non posse, in altero arati. Locria et Crotone pestilentiam mmqaim fuisse, nec tillo terrae mota laboratua^, a d tr ttr tu n est In Lycia vero semper a latra* mota x l dies serenos e s s e , la agro Arpano fra mentam saluto neu nascitur. Ad aras Muoias ia Yejente, et apad Tusculanum, et ia siivi Cimi* aia loca sUnt, in qaihas in terra de^aclA noa xtrahfentar. Crustumino natam fenum ibi noxium : extra, salubre est.
XCVlil. Appresso Arpeao citt dell* Asia, i una frribil pietra, la quale si muove con an sol diio,1e se altri la muovere con tutto il corpo sta ferroa. Nel Poterne dei Tauri, nella citt detta Coracna; d*ana terra, cbv guarisce tutte le ferite. E intorno Assooe di Traoda nasce ual |klrat to' quale consuma tolti i corpi ; e chiamasi sarcofago^ Sono due monti approsso il fiume Inno, 1* ano dei quali tir* a s ogni ferro, e l* altro lo ribalta. .Ond ehi h scarpe o stivali ferrati, nell* ano d* essi non pu apiccare i piedi da terra, nell* altro non pu fermargli. Trovasi, che in Locri e in Crotone non fu mai peste, n terremoto alcuno. E in Licia sempre dopo il ter remoto sono quaranta d di sereno. Nel territorio Ardano non nasce il grano, che vi si semina. Agli altari Munii in Veienle, in Tusculano e nd bosco Cimiuio sono luoghi, onde non s possoa cavare le cose, che vi son piantale. 11 fieno, che nasce nel territorio Crustumino, quivi nocivo, e fuor di l aalulifero. Con QUAL BSGOLA AOCCBDABO I
DCL MABB. FLUSSI B BIFLC SSI
oA
XC1X. 97. Et de aquarum nalura complura 'dicta auot : sed Matas maria accedere, et nei procas, onusae mirum, pluribus quidam mo dii , veram causa in sole, Iuuaqite. Bis inter
cresca e scemi, e ci..in>pi iodi; aia le cagione di ci il sole e la luna. Fra i due nascimenti
So5
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vicenis quaternisque semper borii. Et primato ttolleate se eoa es nando intumescentes, mox meridiano coeli fastigip Tergente, in occasum residentes : rursusqe sb occasa subter coeli ima, et meridiano contraria accedente, inundantes. Nec omquam eodem tempore, qoo pridie, re flui, ut ancilia nte sidere, trahenteque secum arido haustu maria, et assidue aliunde, qaam pridie, exoriente : paribus tamen intervallis reci proci, senisque sempre horis, non cujusque diei aut noctis, aut loci, sed aequinoctialibus: ideoque ioaequales vulgarium horarum spatio, utcumque plures ia eas aut diei aut noctis illarum mensurae cadant, et aequinoctio tantam pares ubique, lageae argumentum, plenumque lucis ac vocis etiam diurnae, hebetes esse, qui negent subter meare sidera.acrursus eadem resurgere: similem que terris, immo vero universae naturae exinde iaciem, in iisdem ortus occasusque operibus : non aliter sub terra manifesto sideris cursu, aliove affeelu, quam quum praeler oculos nostos fera tur. Multiplex etiaronum lunaris differentia, primumque septenis diebus. Quippe modici a nova ad dividuam aestus, pleniores ab ea exundant, plenaque maxime fervent. Inde mitescunt. Pares ad septimam primis : iterumque alio latere divi dua augentur. In coitu solis pares plenae. Eadem Aquilonia, et a terris longius recedente mitiores, quam quam, in austros digressa, propiore nisu vim suam exercet. Per octonos qaoqoe annos ad principia motus et paria incrementa centesimo lunae revocantur ambita, aagente ea cuncta, so lis annuis causis, duobus aequinoctiis msxime tumentes, et autumnali amplius, qaam verno: inanes vero bruma, et mfigis solstitio. Nec tamen in ipsis, quos dixi, temporum articulis, sed pau cis post diebus : siculi neque in plena aut novis sima, sed postea : nee stalim ut lunam mundus ostendat occo Itet ve, aut media plaga declinet, verum duabus fere horis aequinoctialibus serius : tardiore semper ad terras omnium, quae gerun tur in coelo, effectu cadente, quam visu, siculi Jbifuris, et tonitrus, el fulminum.
della luna due volte cresce il mare, e due volte riloroa, e ci sempre ventiquattro ore. E prima, quando la luna monta per lo cielo, il mar rresce, e dipoi quando dalla meridiana cima del cielo incomincia a calare verso ponente, il mare sce ma. E dipoi insino a che sale al mezzo del cielo, in quell'altro emisfero rresce, e cosi scema, quando di li scende verso il nostro levante, ini sino a che di nuovo nasce. N mai nel medesimo tempo, che il giorno avanti, scema in modo, che servendo il piaoeta, e tirando seco con ingordo sorso il mare, continuamente nasce d'altronde che il giorno avanti : nondimeno con eguali spatii il mare scambievole a crescere e scemare di sei ore iu sei ore sempre, non di qualunque d, o notie, o luogo, ma ore equinoziali. E per questo i (lussi e i riflussi sono ineguali, secondo lo spazio dell1 ore volgari in modo, che pi misure di quello caggiono in esse o del di, o della notte, e solamente nell* equinozio son pari. E questo grande, e pieno argomento, che sono di gros so intelletto coloro, che negano le stelle girarsi di' sotto, e di nuovo le medesime venir su ; e di qui osservare la medesima norma alla terra, anzi alla uni versai nalura, nelle medesime ope re del nascere e del tramontare : e non altri menti sotterra, per lo manifesto corso della lu na, o altro effetto, che quando scorre innanzi agli occhi nostri. Varia e diversa ancora la differenza della luna, e prima dei giorni a selle a selle. Perch i primi sette d, Tonde e i cre scimene son minori, infino a che ella mezza; e come comincia a esser piena, sono pi abbon danti, e quando del tulio piena, maggiormente rigonfiano ; dipoi ritornano minori, e pari ai primi fino alla seltima ; e dipoi quando dall'allro lato mesta, crescono. Nella oongiunzione del sole sono pari. Sono ancora minori ioondasiooi quando la luna setteolrionale, e pi lungi dalla terra, che quando abbassata verso mezzogiorno pi il' appresso esercita la sua forza. E ogni otto anni ancora, nel qual tempo la luna fa cento volte il suo corso, il mare ritorna ai principii del moto, e ai pari accrescimenti, accrescendo tutti quegli per le cause annuali del sole, massima mente rigonfiando ne1 due equinozii, e pi nel l'autunnale, che in quel della primavera. Ma nondimeno son vani di verno, e molto pi nel solstizio. Per queste cose, che si dicooo, non appaiono punto in essi tempi, eh' io ho delti, nta pochi giorni dopo ; come n nella pieoa, o nella nuova, ma dipoi. N subito che il cielo ci mostra la luna, o l ' asconde, o che la declina a mezzo il cielo, ma pi tardi, quasi due ore equinoziali, perch l ' effetto di tutte le cose, che si fanno in cielo, cade pi tardi sempre alla terra, che nou
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g.
PLINII SECONDI
3o6
Omnes autem sesta io Oceano m ijon inte gant spatia inundantque, qaam in reliquo mari : aive quia totam in universitate animoaius est qaam in parte, sive qaia magnitudo aperta side ris vim laxe grassantis efficacia* sentit, eara desti agnstiis srcentibus. Qos de causa nec lacus, nec amnes similiter moventur. Octogenis cubi tis supra Britanniam intumescere aestus Pythess Massiliensis auctor est. Interiora autem maris terris claudunlur, at porta. Quibusdam tamen in locis spatiosior laxitas ditioni paret: utpote quum plura exempla int, in tranquillo mari, nulloque velorum impulsu, tertio die ex Italia provectorum Uticam, aestu fervente. Circa litora aatem magis quam in alto deprehenduntur hi motus : quoniam et in corpore extrema pulsam veaaram, id est, spiritas magis sentiant. In plerisque tamen aestuariis propter dispares sideram in quoque tracta exortus, diversi exsistunt ae stus, tempore, non ratione, discordes, sicut in Syrtibus.
fa la vista ; come si pu intendere par lo baleno, per lo taono, e per le saette. E tutti gli accrescimenti nell* Oceano son maggiori, e occupano pi spazio, che nelP altro mare ; o che ci sia perch il tutto pi potente nell1 universit che nella parte ; o perch ls grsndezzs sus sperts sente pi efficacemente ls forzs del pianeta, ls qusle ampiamente si disten de, rispignendo la medesima in luoghi stretti. E per qaesta cagione n i laghi, n i fiami si muovo no in an medesimo modo. Pitea da Marsilia scri ve, che sopra la Britannia il mar gon6a ottanta gomiti. Ma i mari mediterranei sono rinchiusi dalle terre, come da un porto. Nondimeno ia alcuni luoghi la larghezza pi spszioss ubbidisce meglio; di che si veggono pi esempi: perciocch qaando il mare tranquillo, il nsvilio, che parte d Italia, senza alcuno aiuto di vele, per il ribol lire del mare, giunge in tre d a Utica. Ma soprat tutto questi moti si conoscono meglio sppresso si liti, che in allo mare, perch nel corpo ancora le parti estreme sentono meglio il polso delle vene, cio gli spiriti.Nondimeno in molte lagone, dove il mare cresce e scema, perch i pianeti non ci nascono in un medesimo tempo, in ciascun paese diversi sono i crescimenti del mare, discor di per tempo, non per ragione, siccome avviene nelle secche di Barberia.
I r q u a li lu o g h i i l
i m i cb b sca s
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FUOH DI UGOLA.
C. Et quorumdam tamen privala natura est, velut Tauromenitani Earipi saepius,et in Euboea septies die ae nocte reciprocantis. Aestns idem triduo in mense consistit, septima, octava, nonaq*e luna. Gadibos, qui est delubro Herculis pro ximus, fons inclusas ad putei modum, alias simul cum Oceano augetur minui turqne, alias vero ntramque contrariis temporibus. Eodem in loco alter, Oceani motibus consentit. In ripa Baetis oppidum est, cujas potei crescente aesta minuun tur, augesount decedente, mediis temporara im mobiles. Eadem natara in Hispali oppido uni pateo, ceteris volgari. Et Pontos semper extra meat in Propontidem, introrsus in Pontum numqaam refluo mari.
C. E noodimeno certi luoghi hanno Ia lor particolar natura, siccome spesso avviene nel canale di Tauro Minio, e in Negroponte, dove sette volte fra il d e la notte cresce e scema. E il medesimo flusso tre d del mese sta fermo, cio nel settimo, ottavo e nono d della lana. In Gadi, vicino al tempio drcole, una fonte rinchiusa in modo di pozzo, la quale talora in sieme col mare cresce e scema, e talora fa Tono e laltro effetto per contrsrii tempi. Nel medesi mo luogo unaltra fonte, la quale saccomoda co movimenti del mare. Nella ripa del finme Beti una citt, i pozzi della qaale crescendo il flusso del mare scemano, e quando egli scema, essi crescono ; e ne mezzi tempi non si muovo no. Di questa medesima natara un fiume solo in Siviglia, e tutti gli altri sono ad an modo. Ed il mar Pootico va sempre nella Propontide dalla parte di fuori, n mai ritorna addietro il mare nel Ponto.
3o9
M MACOLA MAEIS.
3io
CI. 98. Omnia plenilunio maria purgantur : quaedam et stalo tempore. Circa Messanam et Mylas fimo similia exspuuntur in litus purga menta: unde fabula, solis boves ibi stabulari. His addit ( ut nihil, quod equidem noverim, praeteream ) Aristoteles, nullum animal nisi ae stu recedente exspirare. Observatum id multum in Gallico Oeeano, et dumtaxat iu homine com pertam.
Cl. 98. Tatti i mari si purgano a piena luna, ed alcuni in certo tempo ordinato e fermo. D 'in torno a Messina e Mila escono fuora sul lito purgamenti ad uso di letame; onde ha avuto luogo la favola, che i buoi del sole stallano quivi. Aggiugne a questo Aristotele (acciocch io non lasci addietro nulls di quel eh* io ho inteso), che ninno animale si muore, se non quando il mare scema. E questo s' molto osservato nel mar di Francia, e solamente s' trovato nell'uomo.
D blla
fo ssa b z a d e l l a l o h a i > t b b b a , b d ih
uas
FOTSBTIA LO * AS AD T U U I A , ET .
MAE*.
CII. 99. Quo vera conjectatio exsistit, haud frustra spiritus sidus lunam existimari. Hoc esse quod terras ssturet, sccedensque corpora im pleat, abscedens inanis t. Ideo cum incremento ejus augeri conchylia, et maxime spiritum senti re, quibus ssnguis non sit. Sed .et sanguinem hominum etiam cum lumine ejus augeri ac mi nui : frondes quoque ac psbuls ( ut suo loco dicetur ) sentire, in omnia eadem penetrante vi.
CII. 99. Onde rimane vera congettura, che non in vano stimiamo la luna essere spirito; e eh' esso sia quello, che sazii la terra, e che appressandosi loro empia i corpi, ed allontanan dosi gli vuoti. E perci, quando la luna cresce, crescono l'ostriche, e maggiormente sentono lo spirito quegli animali, ehe non hanno sangue. Ma il sangue degli uomini ancora cresce e scema, secondo il lume d'essa; e le frondi e l'erbe, come si dir al suo luogo, sentono la forza di quella, la qoale penetra in tutte le cose.
D blla
po ssa n za d b l s o l b .
Q uab
s o l is
CUI. 100. Itaque solis ardore siccatur liquor : et hoc esse masculum sidus accepimus, torrens caucta sorbensque.
CUI. 100. E cos per l'ardor del sole si secca 1* umido ; e di qui intendiamo questo pianeta essere mascolino, il quale abbronza e succa ogni cosa.
P bech
i l m a e b s ia s a l s o .
o a b b sa lsu m m a e b .
CIV. Sic mari late patenti saporem incoqui salis, aut quia exhausto inde dulci tenuique, quod bcillimeirahat vis ignea, omne asperius crassiusque linquatur : ideo summa aequorum aqua dul ciorem profundam : hanc esse vesiorem causam asperi saporis, qjam quod nare terrae sudor sit aeternus: aut quia plurimum ex arido misceatur illi vapore : aut quia terrae natura sicut medicatas aquas inficiat. Est in exemplis, Dionysio Siciliae tyranno, quum pulsus est ea potentia, accidisse prodigium, ut uno die in porto dulcesceret mare.
101. E contrario ferunt lunse femineum sc molle sidus, atque nocturnum, solvere humorem, et trahere, non auferre. Id manifestum esse, quod ferarum occisa corpora ia tabem visu suo resol vat, somnoqu sopitis torporem contractum in
C1V. Per ci il mare, che molto s'allarga, ha sapor di sale, perciocch trattone il dolce e sottile, il quale agevolissimamente tirato dal la forza del fuoco, vi lascia tutto il pi aspro e pi grosso. E per l'acqua, eh' nella superfi cie pi dolce. E queste la pi vera cagione del sapor pi aspro, che non il dire, che il mare sia sudore eterno della terra, o perch assai dell'arido si mescoli con quel vapore, o perch la nalura della lerra infetti l'acque con taminate. Ecci un esempio, che qusndo Dionigio tiranno di Sicilia fu cacciato di signoria, avvenne un prodigio, che per un giorno il mare fu dolce in porto. 101. Per Io contrario dicono che il pianeta della luna femminino e molle, e che risolve l'umor della notte, e che lo tira, ma non lo leva via. E ci manifesto, perch i corpi morti dalI le fiere si Tengono a corrompere, essendo posti
3*1
C. PUNII SECUNDI
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caput revocet, glaciem refundat, cunctaque humi fico spiritu laxet. Ila pensari natnrae vices, semperquesufficere,aliissiderom elementa cogentibus, aliis vero fundentibos. Sed in dulcibus aquis lu nae alimentum esse, sicul in marini solis.
al lume della lana, e a chi dorme al suo lame revoca ogni sonnolenza contraria nel capo, distrugge il ghiaccio, e con lo spirito , il quale inumidisce, fa vincide e molli tutte le cose. E cos la natara ricompensa bene, e sempre oppKace, perciocch aleoni pianeti restringono gli elementi, alcnni gli risolvono. Ma nelPaeqoe dolci la luna di quel nutrimento, che fa il aele nell'acque marine.
D ovb i l m a h i a l t i s s i m o .
U bi
a l t im im u m m a b s .
GV. io*. Altissimum mare xv stadiorum Fabia nos tradit. Alii in Ponto ex a d T e rs o Goraxorum genti (Tocanl Botfet Pooti) trecenti fere a continenti stadiis immensam altitudinem maris tradunt, vadi* numquam repertis.
CV. ioa. Scrive Fabiano, che il maggior fondo del mare intorno a due miglia. Altri dieono, che in Ponto all' incontro del paese dei Corassi (chiamasi qoel luogo Bata del Ponto) circa a treotasei miglia discosto da terraferma ona smisurata altezza di mare, dove mai non s' trovalo fondo.
D b'
b ib a c o l i
M ib a b i l i a
p o u t io m b t p l u m ib c m .
ne' roirn
b db* p id m i.
GVI. io3. Mirabilius id faeiont aquae dolce, joxta mare ot fistolls emicantes. Nam nec aquarom natura a miraculis cessat. Dolces mari inve huntor, leviores haud dubie. Ideo et marinae, quarum natora gravior, magis invecta sustinent. Qoaedam vero et dolce inter se sopermeant alia. Ut in Fucino laeta invectos amnis, in Lario Addua, in Verbano Ticinus, in Benaco Mincius, in Sevino Ollius, in Lemano Rhodanus, hic trans Alpe, uperiore in Italia, multorum millium transito hospitales sua tanto m, nec largiore qoam intulere, aquas evehentes. Proditam hoc et in Oronte amne Syriae, moltisque aliis.
Quidam vero odio maris obeunt vada, sicot Arelhnm fooe Syracusanus, in quo reddantur jacta in Alpheam, qui per Olympiam flnens, Pe loponnesiaco lilori infunditor. Sabeunt terras, rarsasqne redduntur, Lycus in Asia, Erasinus Argolica, Tigris in Mesopotamia. Et quae in Aescnlapii fonie Athenis immersa sunt, in Pha lerico reddontur. Et in Atinate campo flovios menas, post xx m pass, exit, et in Aquilejenn . Timavo.
Nihil m AspbaHite Jndaeae lacu, qoi bitumen gignit, mergi potest ; nee in Armentae majoris Arethusa : ia qaidem nitrosus pisces alit. In Salentino juxta oppidum Manduriam lacus ad mar-
CTI. io3. Maggior maraviglia fanno l'acqae dolci appresso il mare, le qaali zampillano a goisa di cannoni. Perciocch la natura delfacqoe fa de'miracoli anch'ella. L'acque dolci stanno di sopra in mare, siccome quelle, che senza deb bio son pi leggiere. E perci l'acqua marina, che per nalura pi grave, sostiene pi le cosa, che vi son messe dentro. Alcaoe acqae dola ancora fra s scorrono sopra l 'altre. Siccome il fiume, ch'entra nel lago Facino ; l ' Adda nel lago di Como ; il Tesino nel lago Maggiore ; il Mincio nel lago di Garda ; l'Oglio nel lago dIaeo; il Rodano nel lago Lemauo. Qoesto fiume di li dall'Alpi, gli altri sono io Italia} e nuotando sopra l altre acque, per molte miglia, non ne portan pi aeqoa di qoella che vi eondasser den tro. Qoesto medesimo accora e' visto oellOroote fiome della Soria, e in molti altri. E certi fiumi ancora, che hanno in odi il mare, entrano sotto i lor fondi, come Arefusa, fonte di Siracusa, nella quale rieaoono le co** gettate nel fiume Alfeo ; il quale correndo per Olimpia, entra nel mare della Morea. Entrano sotterra, e di nuovo escon fuori il fiame Lieo in Asia, 1' Erasino in ArgoHca, il Tigre in Meso potamia. E in Atene quelle cose, che son mese nel fonte d'Esculapio, riescono nel Falerieo. E nel territorio d'Atina nn fiome entra sotterra, e scorre venti miglia, e dipoi sbocca. Il medesi mo fa il Timavo in qoel d'AqaUeia. Io Asfaltile lago della Giudea, che prodnoo il bilame, tolte le cose che vi messe stanno a galla ; e il medenaao nelTAretaaa delTAnmaoia maggiore : questo abbonda di nitro, e prodnca
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(iaci piena, neqoe exhausti* qui miouitur, acque ioftm aofclnr. la Ciconum flamine, et in Piceno lacu Velino lignum dejectum, lapidea cortice obducitur, et in Surio Colchidis fin aline, adeo ai lapidem plerumque duram adhuc iutegat cortex. Similiter in Silaro, ultra Surrentum, non TirfalU modo immersa, retem et folia lapi descunt, alias aalobri poto ejus qaae. In exitn palad Reatina a s m crescit. Et in Rubro aaari oleae, virentesque frutices enascuntur.
Sed et fontium plurimorum natura mira est r ik c . Idque etiam in jugia Alpium, ipaoqoe in maxi inter Italiam et Aeuariam, at in Bajana aaaa, et m Liri fluvio, multiaque alii*. Nam dui eia franato* in aaari plurimis locis, ut ad Chelidooias insolas, et A raduna, et in Gaditano Oceano. Patavinorum aquis calidi berbae virentes innaseontur : Pisanorum, ranae : ad Velulooios in Etraria non procul a mari, pisces. In Casinate florius appellatur Scatebra, frigidus, abundanlior aestate. In eo, at in Arcadiae Stymphali, enascuntur aquatiles museali. In Dodo Jovis foas quum ait gelidas, et immersas face* extingaat, si extinctae admoveantur, aeeendil. Idem meridie semper deficit : qua de causa ANnracw ftf*m vocant. Mox increscens ad medium noctis xuberat : ab eo rursus sensim defidl. Ia Illyriis sepra foeUm frigidum expansae vestes accendon ter. Jovis Ammoni* stagnum interdiu frigi dum, noctibus fervet. Io Troglodytis fons Solis appellator dulci, circa meridiem maxime frigi das : mox pauUatim tepescens, ad noctis media fervore et amaritudiae infestatur.
Padi foo mediis diebus aestivis velut inter quiescens semper aret. In Tenedo insula fona, aaanpcr a tertia aoctis hora iu sextam ab aestivo ollitio exundat. Et in Delo insula Inopus fons aodema, quo Nilus, modo, ac pariter cum eo de crescit angeturqne. Contra Timavum amnem ia m l* parva in mari est cum fontibus calidis, qoi pariter con aestu maris crescunt, mieuunturque. In aro Pilinale trans Apanninum fluvius Novaan s Manibus solstitiis torrens, bruma siccatur.
I d Falisco omnis aqua pota candidos boves fia d t : ia Boeotia amni* Mela* oves nigras : Ce
pesei. In terra d'Otranto, appresso a Manduria un lago pieno sino alle prode, il quale cavan done acqua, non isceroa, e aaetteadovene non cresce. Nel fiume de Ciconi e nel Ugo Velino nella Marca, se vi si getta nn legno, fa di fuora una crosta di pietra; e il medesimo ancora nel Surio fiome di Colchide, in modo che spesse volte ancora la corteccia indurando cuopre la pietra. Similmente nel fiume Silari di l da Sorrento, non solamente i legni massivi dentro, ma le fo glie ancora diventan pietre ; nondimeno la sna acqua per altro buona e sana da bere. AITasrila della palude di Rieti crescono i sassi. E nel mar Rosso nascono olivi e molli altri arboscelli. Maravigliosa ancora la natura di molti fonti per lo bollir che faaeo. E ci si vede ne* gioghi dell* Alpi e nel mare fra Italia e Ischia, come nel golfo di Posinoli, e nel fiume Gsrigliano a in molti altri. Perciocch in mare in pi laogbi si trovano acque dolci, come nell* isola Chelido nie e Arado, e nel mar di Calia. A bagni che sono in quel di Padova, nascono erbe verdi ; a que'di Pisa, ranocchi ; a' Velokmii in Toscana poco discosto dal mare, di pesci. Nel territorio di Catino un fiume che si chiama Scatebra, freddo, e mollo pieno d'acqaa la stale ; nd qua le, come nello Stiafali d Areadia, nascono topo lini d'acqua. Nella selva Dodona di Giove una fonte gelala, la qaale spegoe lo faceIKoe accese messevi dentro, e s'elle sono spente, ebe vi s'accostino, le raccende. La medesima fonte manca sempre sul mezzogiorno, e perci si chiama Anapavomenon, cio riposantesi. Dipoi crescendo sulla mezzanotte trabocca, e di nuovo vien man cando a poco a poco. In Ischiavonia le vesti di stese sopra una fonte fredda s'accendono. La fonie di Giove Ammone di giorno fredda, e di notte bolle. Nel paese de'Trogloditi una fonte, che si chiama del Sole, dolce, intorno il mezzogiorno mollo fredda : dipoi a poco a poco intiepidisce, e sulla mezzanotte bolle, e si fa amara. L& fonte del Po di state sol mezzod, come se si riposasse, sempre secca. Nell'isola di Te nedo ona fonte, la qual sempre dalle tre alle sei ore di notte nel solstizio della state trabocca. E nell' isola di Deio una fonte, che si chiama lnopo, la quale, in quel medesimo cho il fium Nilo cresce, scema. All' incontro del fiume Ti mavo ona isolella in mare con fonti caldi, i quali crescono e scemano insieme col mare. Nel territorio Pilinate di l dalTApennino il fiume Novano, che ne sol*li zi della stata corra grosso, e di verno si secca. Nel paese de'Falisci lacqua del fiume d i latino bevuta fa i buoi bianchi; in Beozia il
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phissoe ex eodem Ucu profluens, alba : rorsos nigni Peneus, rufasque juxla lliam Xanthus, aade et nomen amni. In Ponlo fluvios Astaces rigat campos, in quibus pastae nigro lacte equae gentem aloni. In Reatino fona Neminie appella tu, alio atque alio loco exoritur, annouae muta tionem significans. Brundisii in porta font incor rupta praestat aquas navigantibus. Lyncestis aqua, quae vocatur acidula, vini modo temulen tos facit. Item in Paphlagonia, et in agro Galeno. In Andro insula templo Liberi patris fontem nonis Januariis semper vini sapore fluere Mu cianus ter cons. credit : /* Oloioola vocatur. Juxta Nonacrin in Arcadia Slyx, nec odore dif ferens, nec colore, epota iliaco necat. Item in Libroso Taurorum colle tres fontes, sine remedio, sine dolore mortiferi. In Carrineosi Hispaniae gro doo fontes juxta fluunt, alter omnia re spuens, alter absorbens. In eadem gente alius, aurei coloris omnes ostendit pisces, nihil extra illam aquam ceteris differentes. In Comensi juxta Larium lacum, fons largus, horis singulis semper intumescit ac residet. In Gydonea insula ante Leabon fons calidus, vere tantum fluit. Lacus Sinnaus iu Asia circumnascente absinthio infici tur. Golophone in Apollinis Clarii specu lacuna est, cujus potu mira redduntur oracula, biben tium breviore vita. Amnes retro fluere et nostra vidit aetas, Neronis principis annis supremis, sicnt in rebus ejus retulimus.
Jam omnes fontes aestate quam hieme geli diores esse, quem fallit T Sicut illa permira na turae opera, aes et plumbum in massa mergi, di latata fluitare : ejusdemque ponderis alia sidere, alia invehi. Onera in aqua facilius moveri. Scy rium lapidem quamvis grandem innatare, eumdemque comminutum mergi. Recentia cadavera ad vadum labi, intumescentia attolli. Inania vasa haud facilius, quam plena, extrahi. Pluvias salinis aquas utiliores esse, quam reliquas : nec fieri salem, nisi admixtis dulcibus. Marinas tardius gelare, celerius accendi. Hieme mare calidius esse,
fiume Mela i le pecore nere : il Cefiso, chesce del medesimo lago, le fa bianche; il Peneo aere; il fiume Xanto, che passa appresso Ilio, rosse, il quale n ha perci preso questo nome. 11 fiume Astace, eh nel paese di Ponto, innaffia le cam pagne, dove le cavalle pasciute, nodrite di latte nero, danno il vitto alle persone. Nd territorio di Rieti una fonte, che si chiama Neminia, la quale nasce, quando in nn luogo, e quando in un altro, e con tal mutazione significa ora dorizia, ed or carestia. Nd porto di Brandizzo oat fonte, onde i naviganti tolgono lacqua, che non si guasta mai. A Lncesti un acqua, la qual si chiama addala, che ad uso di vino imbriaca le persooe. Il medesimo in Paflagonia, e nel paese Caleno. Scrive Moziano, il quale fu tre volte consolo, che nell isola d* Andro, nel tem pio di Bacco una fonte, la quale sempre a* cin que di Gennaio ha sapor di vino : e chiamasi qaesto fonte Dio Teodosia. In Arcadia, appresso a Nonacria una fonte chiamata Stige, la cui acqua non punto differente dallaltre, n di odore, n di colore ; e nondimeno subito ch bevuta uccide altrui. In un poggetto ancora dd paese de Tauri, chiamato Libroso, soa tre fonti, senza rimedio, e senza dolore alcuno mor tiferi. In lspagna nd territorio Carrineae cor rono due fonti luna appresso laltra ; l'una ri fiuta, ,laltra inghiottisce ogni cosa. Nel medesi mo paese ve n unaltra, la quale mostra tutti i pesci di color doro, i quali fuor di quell'acqua non sono ponto differenti dagli altri. Nd contado di Como sul lago una fonte larga, che ogni ora cresce e scema. Nell' isola Cidonia dinansi a Lesbo una fonte calda, la quale corre solamente la primavera. Il Ugo Sinnao in Asia ha l'aeque sue per lo assenzio, che gli nasce attorno, amare. A Colofone nella spelonca dApolline CUrio upa laguna, la cui acqua chi ne bee, maraviglio samente predice le cose avvenire, ma ha corta vita. Allet nostra ancora si son veduti i fiumi correre all ins, e d fu gli ultimi anni d d l' im perio di Nerone, siccome io ho scritto Delie sue istorie. E chi colui, che non sappia che tutti i fonti son pi freddi la state che il verno ? Siccome ancora opera mollo meravigliosa della natara, che il rame ed il piombo, quando in massa^ van no a fondo, e fatti in piastra stanno a galla. Ed altre cose del medesimo peso vanoo a fondo, altre stanno di sopra. 1 pesi pi facilmente si muovono nell'acqua. Una pietra, che ai chiama Sciria, bench grande sta a nuoto, e quando falla in pezzi, va sotto. 1 corpi morti di fresco vanno al fondo, e quegli che gonfiano poi, ven gono a gdla. I rasi vuoti pi d ift la e n te ai
HISTORIARUM MUNDI L1B. 11. 3i8 3*7 tamno alsias. Omne oleo tranquillari. E t ob traggon fuor dell'acqua, che i pieni. Lacque id urinantes ore spargere : quoniam mitiget na che piovono, son pi utili alle saline che Taltre ; taram asperam, lucemque deportet. Nives in alto e non si pu fare il sale, se non vi si mescola mari non cadere. Qaam omnis aqua deorsam delPacqaa dolce. Lacqaa del mare pi tardi si feratur, exsilire fonte : atque etiam ia Aetnae raffredda, e piuttosto si scalda. Di verno il mare radiet bos flagrantis in tantam, at qainquageoa et pi caldo, l'autunno pi salso. Ogni mare si ceoleoa millia passaam areoas flammaram globo fa tranquillo per Polio. E perci coloro che eructet. si tuffano, lo spargono con la bocca, perch mitiga la natara aspra, e rischiara. La oeve non cade in alto mare. E bench latte Tacque vadano all ingi, nondimeno veggiamo i fiumi salir iosa : e ancora nelle radici del moote Etna iotaato ardente, che il globo delle fiamme getta Parane cinquanta e cento miglia. tamm
s t a q c a b o m j u h c t a m ib a c o l a .
M ix a c o l i
d b l fuo co b m l l
* a c q u a c o a o im m .
CV11. lamqne et ignium, qaod est naturae quartam dementnm, reddamaa aliqua miracola. Sed primam ex aquis.
D b m a lts a .
CV1I. Racconteremo anoora alcuni miracoli del fuoco, il quale il quarto elemento della na tura. E prima dell* acque.
D blla
ia
^t a .
CVIII. 104. In Commagenes urbe Samosatis stagnum esi, emittens limam (maltham vocant ) flagrantem. Quum qaid attigit solidi, adbaeret: praeterea tacta aeqaitar fugientes. Sic defendere moros oppugnante Lucullo : flagnbatque miles armis mia. Aquis etiam accenditur. Terra tantum restingui docuere experimenta.
CV1I1. 104. In Samosata d iti ddla Sonai ano slagno, che manda fuori una belletta arden te, la qual si chiama malta, che quando toooa alcuna cosa soda, attacca ; e il tatto seguita quei che fuggono. Con questa difesero le lor mura contra l* esercito di Lucullo, dove i soldati arde vano nelle proprie armi. S accende ancora con acqua, e per la prova s* visto, che solo si spegne con la terra.
D blla
n afta.
Da i a v b t i a . CIX. io 5. Similis est natura naphthae: ita appellator circa Babylonem, et in Astacenis Par thiae, profluens, bituminis liquidi modo. Huic magna cognatio igniam, transilinntqae protiaas in eam undecumque visam. Ita ferant a Medea pellicem crematam, postqoam sacrificatura ad ara accesserat, corona igne rapta.
CIX. io5. Della medesima natura la nafta : cos si chiama intorno a Babilonia, e nel paese degli Astaceni popoli della Partia uno umore, che scorre a modo di liquido bitume. Qaesto amore si confa talmente col faoco, che subito vi s1 appicca, comunque lo vede. Cos si dice che Medea abbrun Creusa poich'ella and a far acrifido all' altare, essendosi appiccato il fuoco nella corona, che aveva in capo.
D b* LUOGHI, CHS sbm pbs a e d o h o .
u a s loca
su ra s
asd bah t.
CX. 106. Veram in montiam miracoli, ardet Aetna noctibus semper, tantoque aevo ignium materia afficit, nivalis hibernis temporibus, egeatnmqne cinerem pruini operiens. Nec in illo tantam natura sa erit, exustionem terri denun tians. Flagrat in Phaselide mons Chimaera, et quidem immortali diebns ac noctibus flamma. Ignem ejus accendi aqua, exstingui vero terra, aat feno, .Cnidina Ctesias tradit. Eadem in Lycia
CX. 106. Ma ne* miracoli de* monti, Etna arde sempre la notte ; e per tanto tempo non mancata ancora la materia al fuoco, bench a ll verno si ricuopra di neve, e la cenere mandata fuora sia coperta dalle brinate. N solo in questo monte infuria la nalura, minaedando arsura alla terra. Arde in Fasda il monte Chimera, e vera mente d* un fuoco, che dura lutto il giorno, e la nette. Scrive Ctesia da Guido, che il fuoco d* esae
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C. PL1NU SECONDI
Sto
Hephaettii monte, tieda fiammante lacti, flagrant adeo, ut lapidat quoque ri torum, et arenae in iptit aqui* ardeant : alilorque igni iUe pluviis. Bacalo si qai ex iis accento traxerit sulcos, rivo igniam aequi narrant. Flagrat in Bactria Cophauli noctibus vertex. Flagrat in Medis, et Stilacene, confinio Persidi: Sosi quidem ad Torrim albam, e xv camini, maximo eorum et interdiu. Campus Babyloniae flagrat, quadam velali piscina jugeri magnitudine. Item Aelhiopum juxta Heaperium montem, stellarum modo campi noeta nitent. Similiter in Megdopolitanorum agro: tametsi internus sit ille, jucundas, frondemque deosi supra se nemoris non adureos. Et juxta gelidum fontem semper arden Nym phe* crater dira ApotlonialU suis portendit, ut Theopompu tradidit. Augetur imbribus, egeritque bitumen, temperandum fonte illo ingustabili : alias omni bilomine dilutius. Sed qui baec mi retur ? in medio mari Hiera inaula Aeolia juxta Italiam cum ipso mari arsit per aliquot dies sociali bello, donec legatio senatus piavit. Maximo tamen ardet incendio Theon Oshema dictum, Aethiopum jugum, torrentesque solis ardoribus flammas egerit. Tot loci, tot incendiis rerum natura terra cremat.
s accende con l ' acqua, e si spegno con I terra, o ool fieno. Nella medesima Licia sono i monti Efeslii, i quali quando son tocchi con fiaccole ar denti, s'accendono in modo, che inmio alle pietre e l'arene de ri vi ardono nellacque; e qnd fuoco si mantien con le piogge. Se alcuno con una massa di qael fuoco facesse solchi, dicono che rimango no rivi di fuoco. Nd paese dei Battriani arde di notte la dota del monte Cofanto. Il medesimo avviefie in Media e nella Stilacene a confini di Persia : e in Susia alla Torre bianca, de* quindid camini, dal maggior d essi, e di giorno. Un cam po di Babilonia arde per ispazio d* un iugero, di maniera che pare un vivaio di fuoco. Le campa gne anco degli Etiopi appresso il monte Esperio ardono la notte a uso di tulle. E sirailnaeale nel paese di Megalopoli, bench sia giocondo di den tro, e non arda le frondi dd boaeo folto sopra di s, sempre arde pretao a on fonte d1 acqua fred dissima. Scrive Teopompo, che in Apollona i un* acqua chiamata la tasta di Ninfeo, che pro dice le loro sciagure agli Apolloniati. Questa acqua cresce per te piogge, e manda fuori bitu me, e temperasi con l'acqua dd medesimo fonte, che non si pu gustare ; altrimenti pi liquido d* ogni bitume. Ma chi si far maraviglia di gas ale cose ? lera una dell isole Eolie appresso P Ita lia insieme col mare arse per alcani giorni nella guerra sodale, infin che'gli ambasdadori Romani ebbero placati gli dd co' sacrifidi. Arde nondi meno con grandissimo iocendio on monte in Etiopia detto Theon Ochema, e per gli ardori del sole manda fuori cocentissime fiamme. E cosi in tanti luoghi, e con tanti incendii la natara arde la terra.
Miracoli dbl rooco 01 m si.
Ientm
w u c o u .
CX1. 107. Praeterea quum ait boja unius dementi ralio fecuuda, aeque ipsa pariat, et mi nimi oreteat scintillis, quid fore potandone eat io tot rogU terrae f Quae est illa natora, quae voracitatem in toto mundo avidissimam sine damno sui pascit f Addantur iis sidera innumera, ingensquesol. Addantur humani ignea, el lapidum quoque insiti natorae, attrita inter se ligna, jam nubium et origines fulminum. Excedit profecto omnia miracula ullum diem fuisse, quo non cuncta conflagrarent : qaam specula qaoqae con cava adversa solis radiis facilius etiam accendant, quam Ilus alius ignis. Quid quod ionumerabiles parvi, sed naturales scatent f In Nymphe exit e petra flamma, qoae pluviis accenditur. Exit et ad aquas Scantias. Haec qaidem invalida, qoom transit, oec longe in alia materia duraus. Viret eterno bone fontem ifoam contegens fraxino.
CX1. 107. d ira di ci eaaando la oondizieoe di qoesto elemento feconda, in maniera eh par torisce s stesso, e cresce per piccolissime scin tille, che cosa de pensare, che abbia a estere in tanti luoghi ardenti ddla terra ? Quale quella natura, che senza suo danno pasca una voracit ingordissima in tutto il mondo ? Aggiungane a questi fuochi innumerabili stelle, e qoegli ancora che per natura sono rinchiusi nelle pietre, quegli che ai fanno oon lo stropicciare due legni insie me ; e quei de' nugoli, e ddle saette. Certo che questo il maggior miracolo del mondo, cobo non tia stato qualche d, nel quale sieno arac lat te le cose ; poich fino agli tpecchi concavi posti contra a' raggi del tole, pi facilmente s* aooomdono, eh'alcuno altro fuoco. Che direaao a o i aneora degli infiniti pioooli, ma naturali fuochi, die sorgono f In Ninfeo esce de una pietre ea a
HISTORIARUM MUNDI L1B. II. Exit io Mutinensi agro statis Vulcano diebus. Reperita* pad auctores, subjectis Ariciae arvis, carbo deciderit, ardere terram. Ia agro Sabino et Sidicino unctum flagrare lapidem. In Salentino oppido Egnatia, imposito ligno in saxum quoddam ibi sacrum, protinus flammam exsistere. In Laciniae Junonis ara sub dio sita, cinerem immo bilem esae, perflantibus undique procellis.
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Quia el Kpenlinos exsistere ignes, et iu aquis, et in corporibus etiam humanis. Trasymenum lacum ararne lotum : Servio Tullio dormienti in pueritia, ex capile flammam emicuisse : L. Marcio in flispaaia interemptis Scipionibus condonanti, et milites ad ultionem exbortanli, arsisse simili modo, Valerio* An lias narrat. Plura mox et distinctius, nunc eoim quadam mixtura rerum oaaaium exhibeatur miracula. Verato egressa mens interpretationem natnrae, festinat legen tium animos per totom orbem velut manu ducere.
fiamma, che s* accende con l acqua. Escene an cora a uo luogo, che si chiama acque Scauci. Ben' vero, che quando questa fiamma passa, i debole, e poco dura in altra materia. Sopra di questo foote di fuoco un frassino, il quale sla sempre verde. Nel contado di Modena sorge fuoco in certi giorni ordinati a Vulcano. Trovasi ap presso gli autori, come nelle campagne dell1 Aric cia se un carbone cadde in terra, l'abbrucia. Nel territorio della Sabina, e nel Sidicino le pie tre unte s'avvampano. In Egoazia citt della Ca labria se si pone legbo sopra un sasso consacrato in quel luogo, subito n esce la fiamma. Nell'altare di Giunone Lacinia, la quale allo scoperto, la cenere non si muove, ancorch sia gran furia di vento. E di pi nell'acque nascono fuochi repentini, e ne'corpi umani ancora. Scrive Valerio Anziale, che il Iago di Perugia arse gi tulio, e sopra il capo di Servio Tullio, dormendo in fanciullezza, si vide una fiamma : e che similmente parlamen tando Lucio arcio a' soldati in Ispagna dopo che furono morti i due Scipioni, e confortando gli alla vendetta, se gli vide fuoco intorno al capo. Ma poco pi di sotto diremo altre cose, e pi distintamente ; perciocch ora ragioniamo cos alla rinfusa di molli miracoli della natura. Ora poi che la mente di gi oscita della inter pretazione della natura, dia s* affretta a condur re gli animi de' lettori per tutto il mondo, come per mano.
M is u r a
d i t u t t a la t e r r a .
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CXII. 108. Pars nostra terrarum, de qua memoro, ambienti (ut dictum est) Oceano velut innatans, longissime ab ortu ad occasura patet, hoc est, ab India ad Herculis columnas Gadibus meratas, ocluagies quinquies cenlena septuaginta odo mill. past. ut Artemidoro auctori placet. Ut vero lsidoro, nonagies octies centena et xvm m ill. Artemidorus adjicit amplius, a Gadibus circuita sacri promontorii ad promontorium Arlabrom, quo longissime frons procurat Hispa niae, ncccxa. Id mensurae duplici currit via. A Gange amne oatioque ejus, quo se in Eoum Oceanum effundit, per Indiam Parlhienenque ad Myriandrura ur bem Syriae in Issico sinu positam, quinquagies bis centena xv mill. pass. Inde proxima naviga tione Cyprum insulam, Patara Lyciae, Rhodum, Astypalaeam in Carpathio mari insolas, Laconicae Taenarum, Lilybaeum Siciliae,CalarimSardiniae, tricie quater centena el quinquaginta mill. pass. D eioJe Gades qualuordecics cenlena cl quinqua-
CX1I. 108. La nostra parte della terra, di cui io tratto, la qual, come s ' detto, circondala da mare, e quasi vi nuota per entro, molto lunga da levante a ponente, cio, dall* India alle colonne d'rcole consacrate in Caliz, ottantacinque centinaia e seltanlaotto mila passi, come scrive Artemidoro. Ma secondo Isidoro, novantaollo centinaia, e diciotto mila. Artemidoro v'aggiuoge di pi, da Caliz col circuito dd sacro promontorio al promontorio Artabro, dove la fronte della Spagna pi distende, ottocento novantaono mila passi. Questa misura corre per doppia via. Dal fiu me Gange, e dalla foce d 'esso, dove egli mette nel mare Orientale, per l ' India e per la Parliene a Miriandro citt della Soria, posta nel golfo di Laiazzo, cinquantadue centinaia, e quindici mila passi. Di quivi per la prossima naviga zione nell'isola di Cipri, Patara di Licia, Rodi, e Aslipalea isole del mar Carpazio, Tenaro di Lacedemonia, Lilibeo di Sicilia, Cagliari di Sardigua, trentaqualtro centinda, e cinquanta
3a3
G. PLINII SECUNDI
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(iota mill. pus. Quae mensura universa ab eo mari efficit octuagies quinquies centena, l i x v i i i mill. pass. Alia via, quae certior, ilinere terreno ma xime palei, a Gange ad Euphratem amnem quin quagies centena mill. pass. et xxi. Inde Cappado ciae Mazaca, cc m x u t . Inde per Phrygiam, Cariam t Ephesum, cccc xcvm ; ab Epheso per Aegaeum pelagus Delum, cc. Isthmum, ccxn. Inde terra, et Lechaico mari, et Corinthiaco sinu Patras Peloponnesi, c c ii m quingenti . Leuca dem l x x x vi millia quingenti: Corcyram totidem : Acroceraunia cxxxu millia quingenti :Brundisium l x x x t i millia quingenti : Romam ccc i lx. Alpes usque ad Cingomagum vicum d x v i i i . Per Galliam ad Pyrenaeos montes 1Iliberi m quiogenla quinquaginta sex mill. Ad Oceanum el Hispaniae oram cccxxxu. Trajectu Gadis vu millia quiagenti, Quae mensura Artemidori ratione efficit octuagies sexies centena l x x x v .
Latitudo anlem terrae a meridiano situ ad se ptemtrionem, dimidio fere minor colligitur, qua dragies quater centena xc millia. Quo palam fit, quantum et hinc vapor abstulerit, et illinc rigor. Neque enim deesse arbitror terris, aut non esse globi formam: sed inhabitabilia utrimque incom perta esse. Haec mensura currit a litore Aethio pici Oceani, qua modo habitatur, ad Meroen d l mill. Inde Alexandriam, duodecies centena millia qninqoaginta.Rhodum, o l x x x u i . Cnidum, l x x x i v millia quingenti. Con,xxv millia. Samum, c mill. Chium, l x x x i v millia. Mitylenen, l x v millia. Tenedon, xxvm millia. Sigeum promonto rium, xn millia quingenti. Os Ponti, cccxn millia quingenti. Carambin promontorium, c c c l . Os Maeotidis, cccxu mill. quingenti. Ostium Tanais, c c l x v mill. qui cursus compendiis maris brevior fieri potest, l x x x i x mill. Ab ostio Tanais nihil modicum diligentissimi auctores fecere : Artemi dorus ulteriora incomperta existimavit, quum circa Tanaim Sarmatarum gentes degere faleratar ad septemtriones versas. Isidorus adjecit duodecies centena millia quinquaginta, usque ad Thulen, quae conjectura divinationis est. Ego non mino re, quam proxime dicto spatio Sarmatarum fines nosci iutelligo. At alioquin quantum esse debet, quod innumerabiles gentes subinde sedem mutan tes capiat ? Unde ulteriorem mensuram inhabita bilis plagae, mullo esse majorem arbitror. Nam
mila passi. E di quivi a Caliz quattordici centi naia, e cinquanta mila passi. La qual misura dal mare Orientale fa la somma dollantacinque cen tinaia, e sellantaotlo mila passi. L 'altra via, la quale pi certa, va per terra con pi certo viaggio, dal Gange al fiume Eufrate cinquanta centinaia, e venliuno mila passi. Di quivi a Mazaca di Cappadocia dugento mila quaranta quattro. Di quivi per la Frigia, Caria, Efeso quattrocento mila passi, uovantaotto. Da Efeso per Arcipelago a Deio dugento mila. Al P Istmo dugento dodici mila. Dipoi per terra, e per lo mar Laconico, e per lo golfo di Corinto a Patrasso della Morea, dugento due milacinquecenlo : a Leucade, altrimenti Santa Maura, ottantaselte mila cinquecento : a Corf altrettanto : alle montagne della Cimer centotrentadue mila cinquecento : insino a Brndisi ottantaselte mila cinquecento: insino a Roma tre cento mila sessanta. Alle Alpi insino al villaggio di Cingomago cinquecento diciottomila. Per la Francia ai monti Pirenei e Illiberi cinquecento cinquantasei mila. Insino alP Oceano e fine della Spagna trecento irentadue mila. E nel tragetto di Caliz sette mila cinquecento. La qual misura, secondo che scrive Artemidoro, fa ottanlasei centinaia, e ottanlacinque mila passi. Ma la latitudine della terra dal sito di mezzo giorno a tramontana quasi la met meno, cio cinquantaquallro centinaia, e sessaoladue mila passi. E quinci si conosce quaata da questa parte abbia tollo il caldo, e da quella il freddo. Perch 10 non penso, che alla terra manchi, o non abbia forma rotonda, ma i luoghi inabitabili dell una e dell'altra parte ci sono incogniti. Questa misura corre dalla riviera del mar d'Etiopia, dove ora abitala, fino a Meroe cinquecento cinquanta mila passi. Di l fino in Alessandriai dodici centinaia di migliaia, e mille cinquecento. A Rodi cinquecento ottantatr migliaia. Insino alP isola di Gnido otlantaquattro mila cinque cento. Insino a Coo venticinque mila. A Samo centomila. A Scio otlantaquattro mila. A Melelino sessantacinque mila. A Tenedo ventiotlo mila. Al promontorio Sigeo dodici mila cinquecento. Alla bocca del Ponto trecento dodici mila cinquecen to. Al promontorio di Carambi trecento cin quanta mila. Alla foce della palude Meotide trecento dodici mila cinquecento. Alla foce del Taoai dugento sessantacinque mila. 11 quel viag gio per tragalti di mare si pu far pi breve otlantanove mila. Dalla foce del Tanai in l diligentissimi autori non vi fecer nulla. E Arte midoro fu d 'opinione,' che pi l non si avesse cognizione, ancora che ei confessasse, cbe circa 11 fiume Tanai abitassero i popoli Sarmati verso
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De longitudine ac latitudine haec suoi, qaae digna memorata patem. Universum autem hunc circuitum Eratosthenes io omnium quidem literarum subtilitate, et in hac uliqae praeler ceteros soler, quem cunctis probari video, ducentorum quinquaginta duorum millium stadium prodidit. Qaae mensura Romana computatione efficit tre centies quindecies centena millia pass. Improbam ausum : feram ita subtili argumentatione com prehensum, ut pudeat non credere. Hipparchus et in coarguendo eo, et in reliqua omoi diligentia ruirus, adjicit stadiorum paullo minus ix t millia.
109. Alia Dionysodoro fides : neque enim subtraham exemplam vanitatisGraecae maximum. Melius hic fuit, geometrica scientia nobilis. Sene cta diem obiit in patria. Funus duxere ei propin quae, ad quas pertinebat hereditas. Eae, quum secutis diebus justa peragerent, invenisse dican tur in sepulcro epistolam Dionysodori nomine ad superos scriptam : u Pervenisse eum a sepulcro ad infimam terram, esseque eo stadiorum qua draginta duo millia, Nec defuere geometrae, qui interpretarentur, significare epistolam, a medio terrarum orbe missam, quo deorsam ab sommo longissimum esset spatium, et idem pilae medium. Ex quo consecuta computatio est, ut circuita esse duoenta quinquaginta quinque mil lia stadiorum pronunciareut.
settentrione. Isidoro v'aggiunse dodici ceatinaia di migliaia, e cinquanta mila passi insino a Tuie, la qual cosa piuttosto congettura d 'indovinarione. Io non con miaore spazio di quel poco fa si detto penso che sieno i confini dei Sarraati. E veramente che debbe esser grandissimo, poi che capace d innumerabili genti, le quali di continoo mulaoo abitazione. Onde io mi do a credere, che la misura, la quale si distende pi oltre della parte, che non si abita, sia mollo maggiore. Perci che io odo dire che dalla parte di Lamagna sono grandissime isole per addietro non conosciute. Quanto dunque alla longitudine, e alla latitu dine questo quello, che mi par degno di con siderazione. Ed Eratoslene in ogni sottilit di lettere, e in questa certamente oltre agli altri acutissimo, il quale io veggo essere da tutti approvato, scrisse, che tutto questo circuito di dugento cinquantadue mila stadii. La qual misura secondo il conto Romano fa trecentoquindici centinaia di miglia. Troppo ardita presunzione in vero ; nondimeno con si sottil conto compresa, che vergogna sarebbe non crederlo. Ma Ipparoo, il quale e in correggere quello, e in ogni altra diligenza fu uomo meraviglioso, v'aggiunse poco meno di venticinque mila stadii. 109. Altra fede quella che si d a Dionisodoro : e certo eh' io non voglio passare uu grandissimo esempio della vanit Greca. Costui fu Candiotto, e molto famoso geometra, e mori vecchio nella sua patria. Gli fu fatto il mortorio da alcaoe donne sae parenti, alle quali apparte neva l ' eredit di lui. Queste donne dopo alcani gioroi essendo ite a fargli certi rinovali, dicesi, che trovarono nella sepoltura una lettera scritta in nome di Dionisodoro agli uomini di questo mondo, u Come egli era giuntp dal sepolcro al centro della terra, e che v' era di spazio quaran tadue mila stadii, n E n furono certi geometri, i quali interpretano che la lettera era stata man data dal mezzo tondo della terra, per lo quale dalla sommit in gi il lunghissimo spazio il medesimo mezzo della palla. Oade ne segue il conto, e dissero, eh* ella per circuito dugento cinquantacinque mila stadii.
R a g io n e
arm onica d e l mondo .
CXIII. Harmonica ratio, quae cogit rerum naturam sibi ipsam congruere, addit huic mensu rae stadia vn millia : terramque nonagesimam sextam millesimam totius mundi partem facit.
CX11I. L'armonica ragione, la qual costrigne essa natura delle cose avere vera proporzione con s stessa, aggiogne a questa misura sette mila stadii, e fa la terra essere la novantesima sesta millesima parte di tatto il mondo.
* E c b o f a b m UfflVBBSUM F i n i a c sib u s p b a b m it t u b t u b . *
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I CONFINI
b i sbm
F .u b o p a .
I. Prooemium. Bactenut de sita et miraculis terrae aquarumque et siderum, ac ratione uni versitatis, atqoe mensura. None de partibas: quamquam infinitum id quoque existimator, nee temeresine aliqua reprehensioue tractatam; haod ullo in genere venia justiore, si modo minime miram esi hominem genitam non omnia hamana novisse. Quapropter auctorem neminem unum sequar ; sed nt quemque verissimam in qaaque parte arbitrabor: quoniam commane ferme omni bus fuit, at eos qaisqae diligentissime sitas dice ret, in qaibas ipse prodebai : ideo nec culpabo, aat coargaam qaemqaam. Locornm noda nomi na, et quanta dabitur brevitate ponentur, clari tate causisqne dilatit in suat partet : nunc enim sermo de toto est. Quare sic accipi velim, ut si vidaa fama eoa nomina, qualia fuere primordio ante res ollas gestas, nnneapentar; et sit quae dam in bit nomenclatura quidem, sed mundi rerumque natarae.
1. Jntino a qui noi abbiamo ragionato del tito e de'miracoli della terra, dell'acqua, e delle stelle, e della ragione e misura di tatto il mondo. Ora ragioneremo delle parti, bench qaesto aocora sia giudicato cosa infinita, n senza qualche ri prensione presonluosamente trattata. N per in alcuna qualit di cose pi giusta la scusa, se pare non maraviglia che l ' uomo non sappia tutte le cose del mondo. Per non seguir io alcun autor solo, ma secondo eh* io giudicher ciatcuno in ogni parte esser veritiero. Percioc ch stato quasi cornane a tatti, che ciascuno diligentissimamente conosca quei siti dove na to, e per qaesto io non tasser, n riprender persona. Metterannosi i nomi ignudi, e con quella maggior brevit, che sar possibile, riser bando la chiarezza, e le cause a* suoi luoghi ; perch ora s 'ha a parlar del tatto. E per vor rei che cos t ' intendesse, che i nomi de luoghi t ' hanno a por vedovi d'ogni fama, quali farono da prima, avanti che ti facette cosa alcuna. Ab biano dunque essi certo nome, ma come del mondo, e della nalura delle cote. Tutto il mondo divito in tre parti, Europa,
C. PLINII SECONDI partes, Europam, Asiam, Africa. Origo, ab occasu solis ei Gaditano freto, qoa irrumpens Oceanus Atlanticus in maria interiora diffunditur. Hinc intranti dextra Africa est, laeva Europa : inter has Asia. Termini, amnes Tanais et Nilus. Quindecim pass, in longitudinem, quas dixi mus, fauces Oceani patenl, quinque n in latitudinem, a vico Mellaria Hispaniae ad promonto rium Africae Album, auctore Turrajiio Gracili juxta genito. 1'. Livius, ac Nepos Cornelius lati tudinis tradiderunt, ubi minus; vu m pass., ubi . vero plurimum, x m . Tam modico ore tam im mensa aequorum vastitas panditur. Nec profunda altitudo miraculum minuit. Frequentes quippe taeniae candicantis vadi carinas territant. Qua de causa Limen interni maris multi eum locum ap pellavere. Proximis autem faucibus utrimque im positi montes coercent claustra. Abyla Africae, Europae Calpe, laborum Herculis metae. Quam ob causam indigenae columnas ejus dei vacant, creduntque perfossas exclusa antea admisisse ma ria, et rerum naturae mutasse faciem.
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Asia edj Africa, L'origUje da ponente, e dallo stretto di Gibilterra, per jlove entrando il mare Atlantico, si diffonde nemari mediterranei. Chi entra dunque di qui ha Africa da man ritta, e da man manca P Europa : fra queste due l'Asia. I termini sono due dami, cio la Tan^ed il Nilo. Lo stretto dell*Oceano, che poco avanti dicem mo, luogo quindici migtia, e largo cinque, da Mellara, castello di Spagna, instno ad Albo, pro montorio d Africa, secondo che scrive Turranio Gracile, il quale nacque quivi appresso. T. Li vio e Cornelio Nipote scrissero, che la larghezza sua dove manco, sette miglia, e dove pi, dieci. E per cos piccola bocca, entra s smisu rata grandezza di mari. N la profonda altezza scema punto la maraviglia. ^Perch le molle pie tre acute dal fondo, che biancheggia, spaventano i navili. E per questa cagione molti chiamarono quel luogo la soglia del mar Mediterraneo. Que sto stretto fra due monti, Abila in Africa, e Calpe in Europa, ultimi termini delle fatiche d'rcole. Per la qual cosa gli uomini del paese le chiamano le colonne di quel dio, e tengono ch'essendo rotto, egli vi facesse entrare il mare, che prima non v'entrava, e cos si mutasse aspetto alla natura delle cose. 1. Primum ergo de Europa altrice victoris Parleremo dunque prima dell* Europa, noomnium gentinm populi, longeqne terrarum pul drice del popolo vittorioso di tutte le nazioni, e cherrima, quam plerique merito non tertiam bellissima sopra tutte le terre del mondo ; U portionem fecere, verum aequam ; in duas partes, quale da molli, e certo gran ragione, stata ab amne Tanai ad Gaditanum fretum, universo fatta la terza parte, n a pari a tutto il resto, orbe diviso. Oceanus hoc, quod dictum est, spatio divdendo tutto il mondo in due parti dal fiume Atlanticum mare infundens, et avido meatu, della Tana allo stretto di Gibilterra. L'Oceano tertas, quaecumque venientem expavere, demer entrando per questo spazio, eh1 detto mure gens ; resistentes quoque flexuoso litorum anfra Atlantico, e con ingordo discorso le terre, che cta lambit : Eoropam vel maxime recessibus ebber paura d esso, sommergendo ; e quelle che erebris excavans : aed in quatoor praecipuos fecero resistenza ancora con tortuosi liti va tinus. Quorum primus a Calpe Hispaniae extimo leccando. Ma soprattutto co' suoi spessi ricetti, a (nt dictum est) monte, Locros et Brutium usque come incavando l ' Europa ; e quattro sono i golfi principali, il primo de qoali da Calpe, promontorium immenso ambitu flectitur. ultimo monte della Spagna, come s detto, con un grandissimo giro si distende fino a Locri, e in Cnlabria.
H is f m u i
t o t iu s .
Poi
d ell' i i t h
Spagiu.
II. In eo prima Hispania terrarum est ulterior II. In esso la Spagna ulteriore, come la appellata, eadem Baetica. Mox a fine tingitano prima parte del mondo, e per altro nome Betka. citerior, eademque Tarraconensis ad Pyrenea Dipoi dopo il confine Urgitano, la Spagna juga. Ulterior in duas, per longitudinem, pro citeriore, la quale si chiama anco Tarragonese, vincias dividitur. Si quidem Baeticae latere se- instno a' monti Pirenei. La ulteriore si divide ptemtrionali praetenditur Lusitania, amne Ana in due province per la lunghezza. P erciocch discreta. Ortus hic Laminitano agro citerioris dal lato settentrionale della Betica si distende Hispaniae, et modo se in stagna fundens, modo la Lusitania, separata dal fiume Ana. Questo in angustias resorbens, aut ia totum caniculis fiume nascendo nel territorio Laminitano della eondens, ct saepius nasci gaudens, in Atlanticum Spagna citeriore, ora spargendosi in istagni, ora
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Oceanum effunditur. Tarraconensis autem affixa Pyrenaeo, totoque ejus latere decurrens, et simul ad Gallicum Oceanum Iberico a mari transversa se pandens, Solorio monte, et Oretanis jugis, Carpetanisque, et Asturum, a Baetica atque Lusitania distinguitur.
ritirandosi in stretture, o nascondendosi in tolto sotterra, e spesse volte allegrandosi di nascere, entra nel mare Atlantico. Ma la Tarraconese, la quale da un lato congiunta col Pireneo, e tra scorre per tutta la sua costiera, e infine 1 mar di Francia dal mar di Spagna si mostra per traverso, il monte Solorio, e i gioghi Oretani, e quelli d 'Austria la dividono dalla Betica e dal la Lusilania.
D e l l a B b t ic a .
B a b t ic a b .
HI. Belica, a flumine eam mediam secante cognominala, cunotas provinciarum di vite cnltu, et quodam fertili ac peculiari nitore praecedit. Juridici conventas ei quatuor, Gaditanus, Cordu bea, Astigitanus, Hispalensis. Oppida omnia numero c l x x v . In iis coloniae v n , municipia v m . Lalioantiquitus donata xxtx, liberiate vi, foede re j i , stipendiaria cxx. Ex his digna memoratu, aut Latiali sermone dictu facilia, a flamine Ana, li* lore Oceani, oppidum Ossonoba, Lustoria eogno* minatam: Interfluentes,Luxie, et Urium. Ariani montes: Baetis fluvios: Litus Corense inflexo sinu; cujus exadverso Gades, inter insulas di cendae. Promontorium Junonis, Portus Baesippo. Oppida : Belon, Mellaria : fretum ex Atlantico mari. Carteja, Tartesso* a Graecis dicta. Mons Calpe. Dn litore interno oppidum Barbesula cum fluvio. Item Salduba oppidum, Suel MalacKa cum flavio foedaralorum.DeinMenobacum fluvio. Sexifirraum cognomine Julium, Selambins, Ab dera. Margis Baeticae finis Oram eam universam origiais Poenorum existimavit M. Agrippa. Ab Ana autem Atlantico Oceano obversa Bastulorum Tardulorumque est. In universam Hispaniam M. Varro pervenisse lberos, el Persas, et Phoe nica*, Cellasque, et Poenos tradit. Lusum enim Liberi patris, aut Lyssam cum eo bacchaolium nomen dedisse Lusitaniae, et Pana praefectum ejus universae. Atque de Hercule ac Pyrene, vel Saturno traduntur, fabulosa in primis arbitror.
Baetis in Tarraconensis provinciae, non ut aliqui dixere, Mentesa oppido, sed Tygiensi exo riens saltu, juxta quem Tader fluvius, qui Car thaginiensem agrum rigat, llorci refugit Scipio nis rogaro : versasque in occasum, Oceanum At lanticam provinciam adoptans petit, modicus pri mo, sed mullorum fluminum capax, qaibus ipse famam aquasque aufert. Baeticae primum ab Os
111. La Betica, la quale cos chiamala dal fiume Beli, che va per mezzo, avanza tutte le altre provioce di ricchezze, e di pompa, e d aa certo e peculiare splendore. Ella ha quattro raunauze, dove si rende ragione, ci sono Caliz, Cordova, Astigilta, e Siviglia. Le citt sono in lutto cento seltantacinque. Fra le quali sono otto colonie, otto municipii, e venti nove che hanno i privilegii del Lazio anticamente donatigli; e sei, le quali soa libere, due confederate, e cento venti tributarie. Fra queste, quelle che sono de gne di memoria, o pi facili a dirsi in lingua Latina, comincier dal fiume Ana : lungo il lilo del mare la citt delta Ossonoba, cognominala Losturia. I fiumi vicini Lussia, e Urio. 1 monti Ariani. 11 fiume Beti U lito Corense in golfo ri piegalo, a dirimpetto del quale Caliz, la quale si pu contare fra 1* isole. Il promontorio di Giu none, il porlo Besippo. Le citt Belone e Mellara. Lo stretto dal mare Atlantico. Carteia, detta dai Greci Tartesso. Il monte Calpe. Dipoi bel lito pi addentro la citt di Barbasela insieme col fiome. E ancora la citt di Salduba, Suel Malaca, col fiume deconfederali. Dipoi Menoba col fiume Sessifirmo, cognominato Giulio, Selambina e Abdera. Murgi confine della Betica. Fu di parere M. Agrippa, che tulta quella contra avesse avuto origine da' Cartaginesi. Ma da Ana verso il mar delle cannarie, tutto de Basluli, e de* Tur doli. Scrive M. Varrone, che gl lberi, i Persiani, i Fenici, i Celti e i Cartagine*! vennero in tulta la Spagna. E che il Luso di Bacco, e Lissa, che con lui beccava, diedero il nome alla Lusilania, e Pa na suo governatore a tutto il paese. Ma io credo bene che quanto si ragiona di Ercole, c di Pire ne, e di Saturno, sia tutto favola. Il fiume Beli, il qual nasce nella provincia Tarraconese, non come dissero alcuni appresso alla citt di Mentesa, ma nel monte Tigiense, ap presso il quale il fiume Tader, che bagna il ter ritorio di Cartagine, e fugge ratio la sepoltura di Scipione, e voltando verso ponente, ne va nel mare Atlantico adottandola provincia; piccolo I da principio, ma poi riceve in s molli fiumi, ai
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G PUNII SECONDI
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sigitauia Infusus, amoeno blandus alveo crebris dextrae laevaque accolitur oppidis.
Celeberrima inter hunc et Oceani oram in mediterraneo Segeda, quae Augurine cognomi natur : Julia, quae Fidentia : Virgao, quae Alba : Ebnra, quae Cerealis : Iliberi, quod Liberini : llipula, quae Laus: Artigi, quod Julienses: Ve sci, quod Faventia: Singilia, Hegua, Arialdunum, Agla minor, Baebro, Castravinaria, Episibrium, Hippo nova, Ilurco, Osca, Escua, Succubo, Nuditanum, Tacci vetus, omnia Bastetaniae vergen tis ad mare. Conventus vero Cordubensis circa flumen ipsum Ossigi, quod cognominatur Laco nicum : Iliturgi, quod Forum Julium : Ipasturgi, quod Triumphale : Satia, et xiv passuum re motum in mediterraneo Obulco, qood Pontificense appellatur. Mox Ripepora foederatorum, Sacili, Martialium Onoba. Et dextra Corduba, colonia Patricia cognomine: inde primum na vigabili Baeti. Oppida : Carbulo, Decuma : fluvius singulis eodem Baetis latere incidens. Oppida Hispalensis conventus : Celliaca, Vacamana, Evia, Uipa cognomine Italica. Et a lae va, Hispalis colonia, cognomine Romulensis. Ex adverso oppidum Osset, quod cognominatur Jolia Constantia : Vergentum, quod Julii genitor, Hip po, Caurasiarum, fluvius Menoba, Baeti et ipse a dextro latere infusus. At inter aestuaria Baetis oppidum Nebrissa, cognomine Veneria, et Colo bona. Coloniae : Asta, quae regia dicitur : et in mediterraneo Asido, quae Caesariana. Singulis fluvius in Baetin, quo dictum est ordine, irrumpens, Astigitanam coloniam adluit, cognomine Augustam Firmam, ab ea navigabilis. Hujus conventus sunt reliquae coloniae immuaes : Tucci, quae cognominatur Augusta Gemella: Ilucci, quae Virlus Julia : Attubi, quae Claritas Julia : Urso, quae Genua Urbanorum : quae fuit Munda cum Pompeji filio capta. Oppida libera : Astigi vetus, Ostippo. Stipendiaria : Cal let, Calucula, Castra Gemina, llipula minor, Merucra, Sacrana, Obulcula, Oningis. Ab ora venienti prope Menobam amnem et ipsum navi gabilem, haud procul accolunt Alontigiceli, Alostigi. Quae autem regio a Baeti ad fluvium Anam tendit extra praedicta, Baeturia appellatur, in duas divisa partes, totidemque gentes : Celticos, qui Lusitaniam attingunt, Hispalensis conventus : Turdulos qui Lusitaniam et Tarraconensem accolunt, jura Cordubam petunt. Celticos a Cel tiberis ex Lusitania advenisse manifestum est,
quali egli leva il nome e 1* acque. Dipoi da Ossigetania entrato nella Betica, piacevole,con ameno fondo, da man manca e man ritta abitato da molte citt. La pi celebrala di queste fra esso e il mare in fra terra Segeda, la quale si chiama per so prannome Augurine ; Giulia detta Fidentia, Vir gao, detta Alba ; Ebura, detta Cereale ; lliberi detti Liberini: Ilipula, la quale detta Laos; Artigi detti Giulieasi ; Vesci chiamati Faenza. Singilia, Egua, Arialduno, Agla minore, Bebro, Castravinaria, Episibrio, Ipponova, llurco, Osca, Esoua, Snocubo, Nudilano,Tucciveechia, tutti lu o ghi della Bastetania, che confina col mare. E la raunanza di Cordova intorno al fiume Ossigio, che si chiama Laconico. Iliturgi detta Foro lalio, Ipasturgi detta Trionfale: Sicia, e quattordici mi glia pi addentro fra terra, Obulco, che si chia ma Pontificense. Dipoi Ripepora de* confederati, Sacili, Marcialio Onoba. E da man ritta Cordova, cognominata colonia Patricia, dove prima si co mincia a navigare il fiume Beli. Quivi sono due ci Iti, 1 una Carbulo, l ' altra Decuma, e ciascuna * ha il Beli, che le corre da un medesimo Iato. Le citt della raunanza di Siviglia sono Celliaca, Vacamana, Evia e llipa, cognominala Ita lica. E da man manca la colouia di Siviglia, co gnominata Romulense. Dirimpetto v la citt Osset, detta Giulia Costanza, o Vergente, che fa fatto dal padre di Giulio, Ippone de* Cariasi, il fiume Menoba, il quale corre anch* egli da man ritta. E fra le lagune del fiume Beli, v* la citt di Nebrissa, delta Veneria, e Colobona. Colonie : Asta, che si chiama, regia. E fra terra Asido, chiamata Cesariana. Tutte queste citt hanno un fiume, che eoa quell* ordine, che s* detto, entra nel Beti, e ba gna la colonia Astigi lana, detta Augusta Firma, e quivi navigabile. L* altre colonie di questo convento sono eseoti, Tucci, che si chiama Augu sta Gemella, ltucci della Virt Giulia, Attubi detta Chiarit Giulia, Urso detta Genova degli Urbani, fra le quali fu Munda presa insieme col figliuolo di Pompeo. Citt libere sono, Astigi vecchio e Ostippo. Tributarie, Callet, Calucula, Castrage mina, llipula minore, Merucra, Sacrona, Obul cula e Onioge. E a chi viene di verso la riva, presso Menoba, fiume anch*esso navigabile, poco discosto abitano gli Alontigiceli e gli Alostigi. Ma quella regione, che va dal Beti al fiume Beta, fuor delle predette, si chiama Beluria, d i visa in due parti, e altrettante nazioni ; i Celtici, che confinano con la Lusitania, del convento di Siviglia ; e i Turduli, che abitano la Lusitania e la Tarraconese, vanno per ragione a Cordova. Chiara cosa , che i Celti vennero da* Celtiberi di
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sacris, linga, oppidorum vocabulis, qoae cogpomioibus in Baetica distinguuutur : Seria, quae dicitur Fena Julia, Vertobrige, Concordia Ju lia , Segede, Restituta Julia, Contribula Julia, Ucul Ioniacum, quae et Curiga uunc est : Lacon iraurgi, Constantia Julia : Teresibus Fortunales, el Callensibus Emanici. Praeter haec in Celtica Aciuipo, Aruuda, Arunci, Turobriga, Lastigi, Alpesa, Saepona, Serippo. Altera Baeturia, quam diximus Turdulorum, el conventus Cordubensis, babel oppida non ignobilia, Arsam, Mellariam, Mirobricara ; regiones Osinligi, Sisaponem.
Gaditani conventus civium Romanorum, Re giua, Latinorum, Regia, Carissa, cognomine Au* relia, Urgia cognominata Castrum Julium : itera Caesaris Salulariensis. Stipendiaria, Besaro, Belippo, Barbesula, Lacippo, Baesippo, Callet, Cappagutn, Oleatro, llucci, Braua, Lacibi, Saguntia, An<lorisippo. Porro longitudinem ejus prodidit M. Agrippa c c c c l x v passuum, latitudinem c c l v i i m ; sed quum termini Carthaginem usque procederent : quae caesa magnos errores computatione mensu rae saepius parit, alibi molato provinciarum modo, alibi itinerum auctis aut diminutis passibos. incubuere maria tam longo aevo alibi, pro cessere litora, torsere se Ruminum aut correxere flexus. Praeterea aliunde aliis exordium mensu ra est, et alia meatus: ita fit, ut nulli duo concinant.
Lusitania per gli sacrificii, per Ia lingua, per gli vocaboli delle citt, le quali cose sono distinte nella Belica per li cognomi : Seria, la qual si chia ma Fama Giulia, Vurlobrige, Concordia Giulia, Segede, Giulia Restituta, Contributa Giulia, Ucultuniaco, ia quale oggi anco Curiga, Laconimurgi, Giulia Costatila: ne' Teresi i Fortunali, e nei Callensi gli Emanici. Oltre a queste sono anche nella Celtica Acinipo, Arunda, Arunci, Turobrica, Lasligi, Alpesa, Sepona e Serippo. Un al tra Beturia, che noi dicemmo de' Turduli, e del convento di Cordova, ha alcune citt nobili, cio Arsa, Mellara, Mirobriga : le regioni d 'Osinligo e Sisapone. Del convento di Caliz de' cittadini Romani Regina, de' Latini Regia, Carisa detta Aurelia, Uria cognominala castello Giulio, e di Cesare Salutariense. Stipendiaria, Besaro, Belippo, Bar besula, Lacippo, Besippo, Callet, Cappago, Olea tro, llucci, Brana, Lacibi, Sagnnzia, Andorisippo. Scrive M. Agrippa, che tutta la sua lunghez za quattrocento sessantacinqae miglia, la lar ghezza dugento cnqoantasette miglia ; ma an dando i termini d 'essa fino a Cartagine : la qual cagione partorisce spesso grandi errori per conto della misura, mutando in un luogo il modo delle province, altrove accresciuti e scemati i passi de' viaggi. Il mare in cos loogo tempo veouto pi fra terra, o s pi discostato, e i liti soao ili pi l, e lorsonsi, e corressoosi le rivolte dei fiomi. Olir di ci chi comincia la misura da un luogo, echi da un'altro, onde avviene che non si trovano pur due soli che sien d 'accordo. a. La longitudine della Belica al presente dal confiue di Castulone infino a Gade quattro cento settanlacinque miglia, e dalla spiaggia di Murgi venlidue miglia pi larga. La latitudine dalla estremit di Carteia dugento ventiquattro miglia. Ora chi crederebbe, che Agrippa,il quale fu uomo di tanta diligenza, fuor che nella cura di quest' opera, quando volle mettere in disegno a Romani la figura del mondo, pigliasse errore, e con esso lui l ' imperadore Augusto f Perciocch questi rec a fine il portico, dov' era tal cosmo grafia, comincialo dalla sorella d'Agrippa secondo il suo ordine, come lasci per ricordo.
D e l l a S p a g n a C it e b io e e .
a. Baeticae longitudo nunc a Castulonis op pidi fine Gades, c c c c l x x v m ; et a Murgi maritima ora xxii m pass. amplior. Latitudo a Carlejana ora ccxxiv m pass. Agrippam quidem in tanta viri diligentia, praeterquc in hoc opere cura, orbem quum terrarum orbi spectandum propositurus esset, errasse quis credat, et com eo divum Augustam f Is namqae complexam eum porticum ex destinatione et commentariis M. Agrippae a sorore sua inchoatam peregit.
H is p a n ia e
C it e b io b is .
IV. 3. L 'antica forma della Spagna citeriore, IV. 3 . Citerioris Hispaniae, sicut complurium provinciarum, aliquantum vetus forma mutala mutala alquauto, come anco qoella di molle est: ut pote quum Pompejus Magnus tropaeis altre province ; perch Pompeo Magno ne' suoi suis, qoae statuebat in Pyrenaeo, d c c c x l v i op trofei, i quali egli faceva ne' monti Pirenei, pida ab Alpibus ad fines Hispaniae ulterioris in afferm ch'egli avea soggiogate al popolo Roma no ottocento quarantasei citt dalle Alpi sino ai ditionem a se redacta testatus sit. Nunc universa aa P l i n i o 1. N.
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C. PLINII SECONDI
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provincia dividitor in conventas septem : Car thaginiensem, Tarraconensem, Caesarangustanom, Claniensem, As tarum, Lucensem, Braca rum. Accedant insulae, qoaram mentione seposi ta, praeter civitates contributas aliis ccxcm, provincia ipsa continet oppida c l x x i x . In iis colonias x i i , oppida civium Romanorum xm. Latinorum veterum x v n , foederatorum unum, stipendiaria cxxxvn.
confini della Spagna ulteriore. Ora tutta la provincia divisa in sette conventi, nel Cartagi nese, Tarraconese, Cesaraugusto, Cluniense, Asturo, Lucense e Bracaro. Oltre di d vi son V isole, di cui lasciando il ragionare, Ia provincia istessa, oltra le dugento novantatr citt contri buite all altre, contiene cento settantanove ter re. Fra queste vi sono dodici colonie, terre di cittadini Romani tredici, di Latini antichi dicias sette, di confederali uns, tributarie cento tren tasette. I primi nella riviera sono i Bastoli : dopo loro Primi in ora Bastuli : post eos, quo dicetar ordine, intus recedentes Mentesani, Oretani, et con quello ordine, che si dir, passando addentro i Mentesani, gli Oretani, e sul fiume Tago i ad Tagum Carpetani : juxta eos Vaccaei, Vecto nes, et Celtiberi Arrebaci. Oppida orae proxima : Carpetani : appresso a loro i Vaccei, i Veltooi, i Celtiberi e gli Arrebaci. Le citt vicine alla Urei, adteripiamque Baeticae Barea : regio Maviriviera sono, gli Urei, e Barea attribuita alla tania, mox Deitania, dein Conlestania, Carthago Belica, la region Mavitania, dipoi la Deitania, nova, colonia; cujus a promontorio, quod Saturni dipoi la Contestarne, Cartagine nuova, colonia : vocatur, Caesaream Mauritaniae urbem c l x x x v i i dal cui promontorio, che si chiama di Saturno, m pass. trajectus. Reliqua in ora : flumen Tader : colonia immunis Illici, unde Ulicitauus sinus. In insino a Cesarea citt di Mauritania, vi un cammino di cento ottantasette miglia. Vi poi il eam contribuuntur Icositani. Mox* Latinorum Lucentam, Dianiam stipendiarium: Sucro flu fiume Tader, e gli Illici, colonia esente, onde vi il golfo Illicitano. In quella si contribuiscono vius, et quondam oppidum, Contestaniae finis. gl Icositani. Poi v Lucento citt dei Latini, Regio Edetania amoeno praetendente se stagno, ad Celtiberos recedens. Valentia colonia 111 Dianio tributario, il fiume Sucrone, e gi citta, pass, a mari remota : flumen Durias, et tantom- confine della Contestante. La regione Edetana, la dem a mari Saguntum, civium Romanorum op quale con uno ameno stagno si distende fino ai pidum, fide nobile : flumen Idubeda : regio lier Celtiberi. Valenza colonia lontana tre miglia dal gaonnm.lberus amnis navigabili commercio dives, mare : il fiume Duria : altrettanti discosto dal ortus in Cantabris, haud procul oppido Juliobrimare Sagnnto citt de cittadini Romani, nobile ga, per c c c c l m pass. fluens : navium per c c l x h a per la sua fede: il fiume Idubeda, la regione degli Varia oppido capax, quem propter universam llergaoni. Il fiume Ibero, ricco per Io suo naviHispaniam Graeci appellavere Iberiam. Regio gabil commercio, il qoale nasce in Cantabria, Cossetania, flumen Subi, colonia Tarraco Scipio poco discosto dalla citt di Giuliobriga, e corre num opus, sicut Carthago Poenoram. Regio Iler quattrocento cinquanta miglia, e dalla citt d getum, oppidum Subur : flumen Rubricatum, a Varia per dagento sessanta miglia capace di quo Laletani et Indigetes. Post eos, quo dicetur or navili, per cagion del quale i Greci chiamarono dine, intus recedentes radice Pyrenaei, Ausetani, tutta la Spagna Iberia. La region di Cosaetania, Itani, Lacetani; perque Pyrenaeum Cerretani, il fiume Subi, la colonia di Tarracone impresa dein Vascones. In ora autem colonia Barcino, co* degli Scipioni, siccome Cartagine ft dei Cartagi gnomine Faventia. Oppida civium Romanorum : nesi. Nella regione d'ilergelo la citt di Snbar : Baetulo, llluro, flumen Lamum, Blandae : flumen il fiume Rubricato, onde sono i Laletani e gli Alba : Emporiae : geminam hoc, veterum inco Indigeti. Dopo questi, per seguire con ordine, larum, et Graecorum, qui Phocaeensium fuere ritirandosi verso le radici del Pireneo, sono gli soboles. Flumen Tichis. Ab eo Pyrenaea Venus Auselani, gl Itani, i Lacetani, e per lo Pireneo i in latere promontorii altero, x l m. Cerretani, dipoi i Guasconi. E lungo la riviera ci la colonia di Barcellona, cognominata Faveozia. Citt di cittadini Romani, Belalo, IUuro, il fiume Larno, Blande, il fiume Alba, Eroporie ; e questo parte dei vecchi abitatori, parte dei Greci, i quali vennero da Focide. Il fiume Tihi. Vi poi Venere Pirenea nell altro lato del Pi reneo, quaranta miglia lontano. Nunc per singulos conventos reddentur insi Ora si diranno per ciascun convento le cose gnia praeter sopradicla. Tarracone disceptant pi notabili oltra le sopraddette- In Tarracooe
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populi x u v , quorum celeberrimi, civium Roma norum Derlusani, Bisgargitani : Latinorum, Au selani, Cerreiani : qui Juliani cognominantur, et qui Augustani: Sedetani, Gerun denses, Gessorienses : Teari, qui Julienses. Stipendiariorum : Aquicaldenses, Oneuses, fiaetulonenses.
Caesaraagusta colonia immunis, amne Ibero adfusa, ubi oppidum antea vocabatur Salduba, regionis Sedetaniae, recipit populos c l i i . E x his civium Romanorum Bellitauos, Celsenses. Ex co lonia, Calagurritanos, qui Nassici cognominan tor : Jlerdenses, Surdaonum geniis, juxla quos Sicoris fluvias : Oscenses, regionis Vescitauiae : Turiasooeoses.Latinorum veterum: Cascantenses Ergavicenses : Graccuritanos, Leonicenses, Ossigerdenses. Foederatos, Tarragenses. Stipendia rios: Arcobricenses, Andologenses, Arocelilanos, Bursaonenses, Calagurritanos qui Fibulareuses cognominantur, Complutenses, Carenses, Cincenses, Cortonenses, Daiumanitanos, Larnenses, Lureenses, Spalenses, Illnmberitanos, Lacetanos, Vibienses, Pompelonenses, Segienses. Carthaginem conveniunt populi l x i i , exceptis insularum incolis. Ex colonia Accilana Gemellenses, et Libisosona cognomine Foroaugustana, quibus dnabas jus llaliae datum : ex colonia Salariense oppidani Latii veteris Castulonenses, qui Caesari venales appellantur. Selabilani, qui Augustani : Valerieuses. Stipendiariorum aulem celeberrimi : Babanenses, Battilani, Consaborenses, Dianeoses, Egeleslani, llorcitani, La mini (ani, Mentesani qui et Orilani, Menlesani qui et Bastuli, Oretani qui et Germani cognominaotur : caputque Celtiberiae Segobrigenses : Carpe taniae, Toletani Tago flumini impositi : dein Viacienses, el Virgilienses. Iu Cluniensem conventum Varduli ducunt populos xiv,ex quibus Albanenses tantum nomi nare libeat : Turmogidi quatuor, in quibus Segisamonenses, et Segisamajulienses. Iu eumdem conveutum Carieles et Venneuses quinque civi tatibus vadunt, quarum sunl Velienses. Eodem Pelendones Celtiberorum qaatuor pupulis: quo rum Numantini fuere clari : sicut iu Vaccaeorum xvta civitatibus, lnlercalienses, Pallanlini, Lacobrigenses, Caucenses. Naiu in Cantabricis iv populis, Juliobriga sola memoratur. In Aulrigod d o decem civitatibus, Tritium, el Virovesca. Arevacis nomeo dedit fluvius Areva. Horum sex oppida : Saguutia,et Uxama, quae numiua crebro aliis in locis usurpautur : praeterea Segovia, et Nora Augusta, Termes, ipsaque Clunia Celtibc-
vanno a ragione quarantaquattro popoli, t pi celebrati dei quali, e cittadini Romani sono i Derlusani, i Bisgargitani. Dei Latini gli Ausetani, i Cerretani : queli che sono cognominati Giuliani, quelli che Augustani : i Sedetani, i Gerundensi, i Gessorieusi, e i Teari delti Guliensi. Citt tri butarie sono gli Acquicaldensi, gli Onensi e i Betulonesi. Saragozza colonia esente bagnata dal fiume Ibero, dove prima la citt si chiamava Salduba, della regione Sedelana, riceve cinquantadue po poli. Fra questi dei cittadini Romaoi sono i Bel li tao i, i Celcensi. Della colonia, i Calagurritani, i quali si chiamavano Nassici. Gli Ilerdesi della nazione dei Surdaoni, appresso i quali passa il fiume Sicori : gli Oscensi della regione Vescitaua, e i Turiasonesi. Degli antichi Laliui i Cascante!, gli Ergavicesi : i Graccuritani, i Leonicesi, gli Ossigerdesi. 1 Terragesi confederali. Tributarii gli Arcobricesi, gli Andologesi, gli Arocelitani, i Bursaonesi, i Calagurritani, che son cognominati Fi bularesi, i Compiutesi, i Caresi, i Cincesi, i Corlonesi, i Dammanitani, i Larnesi, gli llurcesi, gli Spalesi, gli lllumberitani, i Lacetani, i Vibiesi, i Pompolonesi e i Segiesi. A Cartagine si radutiano sessantadue popoli, eccelli gli abitatori dell isole. Della colonia Accitana i Gemellesi, e Libisosona chiamata Foraognstana, alle quali due fu conceduta la regiooe d Ilalia. Della colonia Salariese i Castulonesi ciltadiui deUantico Lazio, i quali sono chiamali da Cesare venali. 1 Setabitani, che si chiamano Augustani, e i Valerieii. Dei tributarii i pi celebrati sono, i Babanesi, i Baslitaui, i Consaburesi, i Dianesi, gli Egelestani, gli llorcitani, i Lara ini (ani, i Men tesani,che si chiamano ancheOritani. I Mentesani, che son delti Bastuli, gli Oretani, che son cogno minati Germani, e capo della Celtiberia i Segobrigesi : i Carpetani, e i Toletani posti sul fiume Tago. Dipoi i Viaciesi e i Virgiliesi. Nel convento Cluniese i Varduli conducono quattordici popoli, dei quali solamente ci piacer nominare gli Albanesi : Turmogidi quattro, fra i quali souo i Segisamonesi e i Segisamaiuliesi. Nel medesimo convento vanno t Carieli, e i Vennesi, con cinque citt, delle quali sono i Veliesi. Quivi vanno anco i Pelendoni, con quat tro popoli dei Celtiberi, dei quali i Numantini furon gi i pi illustri ; siccome nelle diciolto citt dei Vaccei gl lntercaziesi, i Pallanlini, i Lacobrigesi e i Caucesi. Perciocch nei quattro popoli di Cantabria, nominala sola Giuliobriga : nelle dieci cilt degli Aulrigoni v'Tricio e Virovesca. Agli Arevaci diede il nome il fiume Areva. Co storo hanno sei citt, cio Sagunlia e Uxama, i quali nomi spesso si sono presi in altri luoghij
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C. PLINII SECUNDI
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riae finis. Ad Oceanum reliqua vergunt, Varduliqoe es praedictis, et Cantabri. Jangnntnr his Asturam xu populi, divisi in Augustanos, et Transmontanos, Aslurica urbe magnifica. In his snnt Giguri, Paesici, Lancienses, Zoelae. Numerus omnis multitudinis ad ccxl m liberorum capitum. Lucensis conventas populorum est xvi praeter Celticos, et Lebunos, ignobilium, ac barbarae appellationis : sed liberorum capitum ferme
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M.
Simili modo Bracarum xxiv civitates c c l x x v m capitum, ex quibus praeter ipsos Bracaros, Vibali, Celerini, Gallaeci, Aeqnesilici, Limici, Quer quero, citra fastidium uominentur. Longitudo Citerioris Hispaniae est, ad finem Castalonisa Pyrenaeo, sexcenta seplem m pass. et ora paullo amplius. Latitudo a Tarracone ad litus Olarsonis, cccva. E radicibus Pyrenaei, ubi cu neatur angustiis inter dao maria, paullatim deinde se pandens, qaa contingit Ulteriorem Hispaniam, tantnmdem et amplius latitudini adjicit. Metallis plumbi, ferri, aeris, argenti, auri tota ferme Hispania scatet: Cilerior et speculari bus lapidibus: Baetica et minio. Sunt et marmo rum lapicidinae. Universae Hispaniae Vespasianus imperator Augustus jactatas procellis reipublicae Latii jus tribuit. Pyrenaei montes Hispanias Galliasque disterminant,promontoriis in duo diversa maria projectis.
e Sagovia, e Augusta nuora, e Termes, e Clunia, confine della Celtiberia. L'altre guardano verso il mare, e fra i predetti i Varduli e i Cantabri. Con questi si congiungono dodici popoli degli Asturi divisi in Augustani e Tramontani, in Astnrica citta magnifica. Fra questi son i Giguri, i Pe sici, i Lanciesi e i Zoeli. Il numero di tutta la mol titudine da dugentoquaranta mila capi liberi. Il convento Lucense di sedici popoli, oltre i Celtici e i ,ebani, popoli ignobili e di barbari nomi ; ma d'intorno a centosessantasei mila capi liberi. Per simil modo ventiquattro citt de Bracari con dogento settanlacinque mila capi, fra i qaali oltre ad essi Bracari, sono i Vibali, i Celerini, i Galleci, gli Equesilici, i Querquerni, seni* fasti dio nominati. La lunghezza della Spagna Citeriore dal Pireneo sino al confine di Castulone, seicentosette miglia, e la riviera poco pi. La larghezza da Tarracone al lito d'Olarsone trecentosette. Ed alle radici del Pireneo, dov'ella s'asottiglia a guisa di conio, ristrignendosi fra due mari, e poi a poco a poco s'allarga, per dove tocca la Spagna Ulteriore, allrettauto, e pi, larga. Quasi tutta la Spagna produce metalli, piom bo, ferro, rame, argento ed oro : la Citeriore fa delle pietre lucide : la Betica del minio. VI sono anco le cave de'marrai. L imperador Vespasiano, travagliato dalle procelle della repubblica, con cesse gi a tutta la Spagna que'medesimi privi legii, che ha il Lazio. 1 monti Pirenei partono la Spagna e la Francia, gettando i promontorii in due mari diversi.
D e l la P bovbrza.
Nabbohbnsis vrovmcuk.
4. Una parte della Francia si chiama Gal V. 4 Narbonensis provincia appellatur pars V. Galliarnm, quae interno mari adluilur, Braccata lia Narbonense, la quale bagnata dal mar Medi terraneo, detta prima Braccata, divisa dall'Italia ante dicta, amne Varo ab Italia discreta, Alpiumdal fiume Varo, e da' gioghi delle Alpi, salutiferi que vel saluberrimis Romano imperio jugis. A mollo al popolo Romano. Dal resto della Frauda reliqua vero Gallia latere sepleratrionali, monti la dividono verso tramontana i monti Gebeona bus Gebenna el Jura : agrorum cuba, virorum, moramque dignatione, amplitudine opura, nulli e lura, e non cede qaesto paese a ninna altra provinciarum postferenda, breviterque Italia ve provincia di fertilit di terreno, di dignit di rius quam provincia. In ora r?gio Sardoo una, uomini e di costumi, n di grandezza di facolt, intusque Consuaranorum. Flumina : Tecnm, ed in somma piuttosto Italia, che Provenza. Vernodubrum. Oppida : Illiberis, magnae quon Nella riviera v' la regione de' Sardoni, e fra dam orbis tenue vestigium : Ruscino, Latinorum. terra i Consuarani. 1 fiumi Teco e Veroodubro. Flamen Atax e Pyrenaeo Rabrensem permeans Le citt sono, Illiberi, oggi piceiol vestigio d'vna lacant: Narbo Martius, Decumanorum colonia, citt gi graude, Rossiglione de'Latini. Il fiame xn pass. a mari distant. Flumina : Araris, Atace, il quale dal Pireneo entra nel lago Ru. Liria. Oppida de celero rara, praejaceo libas brense. Narbone Marzio, colonia de'Decumani, stagnis : Agatha quondam Massiliensium, et regio dodici miglia lontano dal mare. 1 fiumi, la SonVolcarum Tectosagum : atque ubi Rboda Rho na e il Liri. Del resto le citt vi son rare, per diorum fait, unde dictas malto Galliarnm fertiessere tramezzate da'stagni : Agata gi de'Marsi-
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HISTORIARUM MUNDI L1B. UI. gliesi, e Tettosago regione de' Volci : e dove gi fu Roda de'Rodiani, il Rodano, onde prese il nome, fertilissimo fiume della Francia, il quale scende dalle Alpi per il lago Lemano, e mena seco oltre la Sonna, 1 Isara e la Drnenza, t quali * non sono meno furiosi di lui. Chiamanti Libici i suoi due piccoli rami. Di questi l'uno l'ispaniese, l ' altro il Metapino ; il terso, che molto maggiore, Massaliotico. Scrivono molli autori, che sulla foce del Rodano fu gii una citt detta Eraclea. Cento passi oltra la fossa del Rodano ecci uno stagno, il qual fu fatto, e prese il nome da Mario : Astromela citt, e i luoghi marit timi degli Avatici, e pianure sassose, memoria delle battaglie d 'Ercole : il paese degli Anatalii, e fra terra de* Desuviati e dei Cavari. Di nuovo alla marina Tricorio, e fra terra sono i Tricollori, i Vocoozii e i Segovellanni, poi Allobrogi; e alla riviera Marsiglia confederata dei Focesi Greci. Il promontorio Zao, il porto Citari sta, e la regione dei Camalullici. Dipoi gli Svelteri, e di sopra i Verrucini. Ma in questa riviera v' Atenopoli, colonia de'Marsigliesi, e Forogiulio, colonia degli Ottavani, che si chiama Pacete, e Classica : in essa il fiume Argeuteo. La regione degli Oxnbii e dei Ligauni, sopra i quali sono i Suetri, i Quariati e gli Adunicati. Alla riviera poi v ' Antipoli, citt latina. La regione de'De ciati, il fiume Varo, che nasce da Cerna, monte delle Alpi. Infra terra v ' Arelate, colonia de'Sestani, Blilera de'Set tu mani, Arausio de'Secondani. Nel paese de'Cavari Valenzia, e Vienna di Savoia, citt latine: Asaix de'Salluvii, Avignone dei Cavari, Apta Giulia d e 'Vulgienzi, Alebece degli Apollinari, Alba degli Elvi, Augusta dei Tricastini : Anatilia, Aeria, Bormannico, Maci na, Cavaglione, Carcassone dei Volci Tettosagi : Cessero, Carpentras, Meminoro : i Cenicesi, i Camboletri, i quali si chiamano Atlantici : il Fo ro di Voconio, Giano di Livio, i Luterani, che si chiamano ancora Foroneroniesi : Nimes degli Arecomici, Piscene, i Ruteni, i Sanagesi, i Tolo sani dei Tettosagi, confini della Guascogna : i Tascodunitari, i Cononiesi, gli Umbranici: due capi della citt confederata de'Voconzii, Vasco e Luco d 'Augusto. Le citt ignobili sono diecinove, siccome sono ventiquattro le a tiribuite a Nimes. L'imperador Galba aggiunse alla formula degli Alpigiani gli Avantici, e gli Ebrodunzii, la cui citt Dinia. Agrippa scrive, che la Provenza lunga dugentose!tanta miglia, e larga dugentoquarant'olto.
listimus Rhodanus amnis, ex Alpibus se rapiens per Lemanum lacum, segnemque deferens Ara rim, nec minus seipso lorrentes Isaram, et Druentiam. Libica appellantur duo ejus ora modica : ex his alterum Hispaniense, alterum Metapinum : tertium, idemque amplissimum , Maasaliolicum. Sunt auctores, et Heracleam oppidum in ostio Rhodani fuisse.
Ultra fossam ex Rhodano c pass. Marii ope re et nomine insigne slagnum : Astroraela oppi dum, maritima Avaticorum : superque Campi lapidei, Herculis proeliorum memoria : Regio Anatiliorum,et intus Desuviaiium, Cavarumque. Rursus a mari Tricoriura : et intus Tricollorum, Vocontiorum, et Segovellaunorum, mox Allobro gum. At in ora Massilia Graecorum Phocaeensium foederata. Promontorium Zao : Citharista portus. Regio Camatuliicorum. Dein Suelteri, supraque Verrucinl. In ora autem Athenopolis Massilien sium, Forum Julii Octavariorum colonia, quae Pacensis appellatur, et Classica : amnis in ea Argenteus. Regio, Oxubiornm Ligaunorumque, super quos Suetri, Quariates, Adnnicates. At in ora oppidum latinum Antipolis. B?gio Deciatium: amnis Varus, ex Alpium monte Cerna profusus.
In mediterraneo coloniae : Arelate Sextano rum, Bliterae Septumanorum, Arausio Secunda norum. In agro Cavarum Valentia, Vienna Allo brogum. Oppida latina : Aquae Sextiae Salluvio rum, A venio Cavarum, Apta Julia Vulgientium, Alebece Reiorum Apollinarium, Alba Helvorum, Augusta Tricastinorum: Anatilia, Aeria, Bormannico, Macina, Cabellio, Carcasum Volcarum Tectosagum : Cessero, Carpentoracte Meminorum : Ceoicenses, Cambolectri, qui Atlantici co gnominantur: Forum Voconii, Glamim Livii, Luterani, qui et Foroneronienses : Nemausum Arecomicorum, Piscenae, Ruteni, Senagenses, Tosolani Teetosagum, Aquitaniae contermini : Tascodunitari, Cononienses, Umbranici : Vocon tiorum civitatis foederatae duo capita, Vasco, et Lucus Augusti. Oppida vero ignobilia xix sicut xxiv Nemausiensibus attributa. Adjecit formulae Galba imperator ex Inalpinis Avanticos, atque Ebroduntios, quorum oppidum Dinia. Longitu dinem provinciae Narbonensis ccr.xx m pass. Agrippa tradit, latitudinem ccxivm.
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I t a l ia b .
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VI. 5. Itali* dehinc, primiqoe ejui Ligures : VI. 5. Segue dipoi 1' Italia, e i primi popoli d'essa sono i Liguri, dipoi la Toscana, l ' Umbria, mox Etruria, Umbria, Latium, obi Tiberina osti*, et Roma terrarum caput, xvi m pass. inter il Lazio, dove sono le foci del Tevere, e Roma capo del mondo, sedici miglia discosto dl mare. vallo a mari. Volscorum postea litos, et Campa Dipoi la riviera de' Volsci, e di Campagna : ap niae: Picentinum inde, ac Lucanum, Brutiureque, presso il Picentino, il Lucano, il Bruzio, dove quo longissime in meridiem, ab Alpium fine lunatis jugis in maria excurrit Italia. Ab eo pi a lungi verso mezzod, da' gioghi quasi lunati dell'Alpi, scorre l'Italia al mare. Poi la riviera Graeciae ora, mox Salentini, Pediculi, Apuli, della Grecia, i Salentini, i Pediculi, i Pugliesi, Peligni, Frentani, Marrucini, Vesliui, Sabini, i Peligni, i FereuUni, i Marrociui, i Vesliui, i Picentes, Galli, Umbri, Etrusci, Veneti, Carni, lapides, Istri, Liburni. Nec ignoro, ingrati ac Sabini, i Piceuti, i Galli, gli Umbri, i Toschi, segni* animi existimari posse merito, si breviter i Veneti, i Carni, i Giapidi, gl' Istri e i Liburni. E ben so io, che sarebbe stimala cosa d'animo in atque in transcursu, ad hunc modum dicatur terra, omnium lerrarnm alumna, eadem et pa grato e da poco,se brevemente,e quasi in un certo rens, numine dem electa, quae coelum ipsum modo per transito io venissi a parlare della terra, darius faceret, sparsa congregaret imperia, rilus- nutrice e madre di tutte le terre, stata elella da dio, per fare pi chiaro il cielo, per iadunare que molliret, et tot populorum discordes ferasque linguas, sermonis commercio contraheret, collo gl* imperii sparsi, e per addolcire i costumi, e quia et humanitatem homini daret, breviterque, oltre a ci per riducere le discordi ed efferate lingue di tanti popoli col commercio del periate una cunctarum gentium in toto orbe patria fieret. a un sol idioma, e per dare I* umanit all* uomo, Sed quid agam ? Tanta nobilitas omnium loco e, brevemente, acciocch iu tutto il mondo si rum, (quosquis attigerit?) tanta rerum singula facesse uni sola patria di tutte le nazioni. Ma che rum populorumque claritas tenet. Urbs Roma, vel posso fare io ? essendo tanta la nobilt di lutti i sola in ea, etdigoa tam festa cervice facies, quo luoghi, che si potrebbon toccare, e tanta la gnutandem narrari debet opere? Qualiter Campaniae ora per se, felixque illa ao beata amoenitas ? ut d eus delle cose particolari, e dei popoli ? Sola palam sit, uno in loco gaudentis opus esse natu la citt di Roma, che in essa, e il viso suo degno di cos allegro capo, con quale ornamento si rae. Jam vero tanta ea vitalis ac perennis salubri tatis coeli temperies, tam fertiles campi, tam apri potr lodare ? In che modo parler io del paese di Terra di Lavoro, e di quella felice e beata ci colles, tam innoxii saltus, tam opaca nemora, tara munifica silvarum genera, tot montium affla amenit ? in modo che si conosca, come la natura ha voluto mostrare in un luogo 1*allegrezza e la tus, tanta frugum et vilium, olearumque fertilitas, forza sua ? Ha questo paese tutta laria temperala tam nobilia pecori vellera, lot opima tauris colla, tot lacus, tot amnium fontiumque ubertas, e sana, U n t o fertili i campi, tanto piacevoli i colli, totam eam perfundens, tot maria, portus, gre tanto san e le pasture, tanto ombrosi i boschi, mium terrarum commercio paiens undique : et tanto abbondanti maniere di selve, tante respira tamquam ad juvandos mortales, ipsa avide in zioni di monti, tanta fertilit di biade, di viti e maria procurrens. Neque ingenia, rilusqoe, ac d'ulivi, laute lane fine, tanti grassi armenti, viros, el lingua manuque superatas commemoro tanti laghi, tanti fiumi, tanti fonti, lauti mari e gentes. Ipsi de ea judicavere Graeci, genus iu tanti porti: onde ella un grembo aperto al gloriam suam effusissimum : quotam pariem ex commercio di lutto il mondo, e come per aiutare eo appellando Graeciam magnam ? Nimirum id, tutte le persone, ella ingordamente scorre in tutte quod in mentione coeli fecimus, hac quoque in le marine. E uon ragiono delle genti viole da essa parte faciendum est, ut quasdam nolas ac pauca con la lingua e con la mano, non degl* ingegni sidera attingamus. Legentes tantum quaeso memi e costumi. 1 Greci stessi, uomini mollo liberi in nerint, ad singula toto orbe edisserenda festinari. lodarsi da loro medesimi, fecero gi il giudizio di lei : perciocch una picciola parte d'essa chiamarono la magna Grecia. E verameule quel eh' io feci gi ragionando del cielo, debbo fare auco in questa parte, come se io toccassi certe uole e poche stelle. Solamente prego coloro che leggono, a voler ricordarsi, come io m'affretto a ragionar di tutte le cose di tutto il mondo.
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Est ergo folio maxime qoerno adsimolata, multo proceritate amplior, qaam latitudine : in laeva se flectens cacumine, et Amazonicae figura desinens parmae, ubi a medio excursu Cocinthos vocatur, per sinos lunalos duo cornua emittens, Leucopetram dextra, Lacinium sinistra. Patet longitudine ab Alpino fine Praetoriae Augustae, per Urbem Capiiam<|ue cursu meante, Rhegium oppidum in humero ejus situm, a quo velali cervicis incipit flexus, decies centena et viginti millia passuum : maltoque amplior mensura fie ret Lacinium usque, ni talis obliquitas in latus digredi videretur. Latitudo ejus varia est : cc^cx millium inter duo maria, iofernm et superum, amnesqoe Varum alque Arsiam : mediae, atqoe ferme circa urbem Romam, ab ostio Alerni amnis 111 Adrialicum mare infloenlis, ad Tiberina ostia, cxxxvi, et paullo minus a Gastro novo Adriatici maris Alsium ad Tuscum aequor : haud ullo inde loco cc in latitudinem excedens. LT niversae autem arobilus aVaro ad Arsiam vicies centena xux mefficit. Abest a circumdatis terris, Islria ac Luburnia quibusdam locis centena pass. Ab Epiro et Illyrico quinquaginta. Ab Africa minus cc, ut auctor est M. Varro. Ab Sardinia, cxx v. Ab Sicilia v ccccc. A Corsica minus l x x . Ab Issa quioqua gioia. Incedit per maria coeli regione ad meridiem quidem : sed si quis id diligenti subti litate exigat, inter sextam horam primamque brumalem. None ambitam ejas, arbesque enumerabimus. Qna in re praefari necessarium est, auctorem nos Divum Augostom secuturos, descriptionemque ab eo factam Italiae lotius in regiones xi, sed ordine eo , qui litorum tractu fiet, urbium quidem vicinitates oralioue utique praepropera servari non posse : itaque interiori in parte dige stionem in literas ejusdem nos secuturos, colo niarum mentione signata, quas ille in eo prodidit numero. Nec silus origiuesque persequi facile est, Ingaonis Liguribus ( ut ceteri omittantur ) agro tricies dato.
L' Italia dunque s'assomiglia molto alla foglia d una quercia, ed pi lunga assai che larga. Piegasi da man manca nella cima, e finisce in forma d' ona targa d Amazone, dove dal mezzo del suo corso delta Cocinto facendo due corna per i golfi lunati, Leucopetra a uian ritta, e Lacinio a man manca. E di lunghezza dall* Alpi, dove Pretoria Augusta, per Roma e Capova scorrendo fino a Reggio citt posta nell'omero suo, dal quale comincia la piegatura del collo, mille venti miglia, e mollo pi sarebbe insino a Laci nio, se tale obbliquit non paresse piegandosi fat Iato. La larghezza sua i varia,di qttallrocentodieci miglia fra i due mari, l'Adriatico e il Tirreno, e i fiumi Varo e Arsia : nel mezzo, e quasi circa la citt di Roma, dalla foce del fiume A terno, che entra nel mare Adriatico, alla foce del Tevere cento trentasei miglia, e poco meno da Castelnuovo del mare Adriatico fino ad Alsio presso al mare Tirreno : in nesson luogo passa dugento miglia di larghezza. Ma il giro di tutta Italia dal Varo all'Arsia di due mille quaraolanove miglia. lontana dalle terre intorno, dall'Islria e dal la Liburnia in certi luoghi cento miglia: dall' Al bania e Schiavonia cinquanta. Dall'Africa manco di dugento, come afferma M. Varrone. Dalla Sardigna centoventi miglia. Dalla Sicilia cinquecento miglia. Da Corf manco di settanta. Da Issa cinquanta. Va per li mari con la regione del cielo a mezzod ; ma se alcutio con diligenza lo vorr vedere, fra la sesta ora e la prima brumale. Racconter ora il circuito e le citt d'essa. Nella qual cosa m ' necessario avvertire, come io son per seguire l ' imperatore Augusto, e la descrizione fatta da lui di lutla l'Italia in ondici regioni ; ma con quello ordine, il quale per Io tratto dei liti, non si potr gi osservare, cos in fretta ragionando, le vicinanze delle citt. Per nella parte mediterranea io ho seguito la disposizione e ord suo disegnato con la men zione delle colonie, le quali esso in quel numero pose. Sar difficile ancora descrivere l'origine, e i siti, essendo stato trenta volte dato luogo per abitare solo agl' Inganni popoli della Ligaria, per non dir nulla degli altri.
N or a bb g io r r d ' I t a l i a .
* N o h a I t a l i a a o io .
VII. Igitur ab amne Varo Nicaea oppidum a Massiliensibus conditnm : flo vias Padus : Alpes, populique Inalpini multis nomiuibus, sed maxime Capillati: oppidum Vediantiornm civitatis Cemelion : portus Hercolis Monoeci, Ligustica ora. Ligorum celeberrimi altra Alpes Sallyi, Deceales, Oxubii : citra, Veoeni, et Caturigibus orti Vagienoi, Statielli, Vibelli, Magelli, Eaburiales,
VII. locominciando dunque dal fiome Varo, v' la citl di Nizza edificata dai Marsiliesi. Il fiu me del Po: le Alpi, e i popoli dell'Alpi hanno mol ti nomi, e massimamente i Capillati : Ceraetione terra della citt de'Vedianzii. Monaco, e la riviera di Genova. I pi celebrati popoli della Liguria oltra Alpi sono i Sallii, i Deceali e gli Oxobii : di qua dall'Alpi i Veneni, e i Vagienni nati dai
C. PL1N1J SECUNDI Casmonates, Veliales, el quorum oppida in ora proxime dicemus. Flumen Butuba, oppidum Albium lutemelium, flumen Merula, oppidum Albium lngaunum : portus Vadorum Sabatium : flumen Porcifera, oppidum Genua : fluvius Feri tor, portus Delphiui : Tigullia : in Ius et Segesta Tigulliorum : flumen Macra, Liguriae finis. A tergo autem supra dictorum omnium Apenninus mons Italiae amplissimus, perpetuis jugis ab Al pibus tendens ad Siculum fretum. Ab altero ejus latere ad Padum amnem Italiae ditissimum,omnia nobilibus oppidis nitent : Libarna, Dertona co lonia, Iria, Barderate, Industria, Pollentia, Car rea, quod Potentia cognominatur : Forofulvi, quod Valentinum : Augusta Vagiennorum, Alba Pompeja, Asta, Aquae Statiellorum. Haec regio ex descriptione Augusti nona est. Patet ora Ligu riae inter amnes Varum et Macram, ccxi m passuum.
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Caturigi, gli Statielli, i ^ b d li, i Magelli, gli Euburiali, e i Casmonati, i Vel iati, e quegli, le cui citt porremo nella prossima riviera. 11 fiume Rutuba, la citt di Venliraiglia, il fiume Merula, la citt d' Albenga, il porto di Ve, il fiume di Pozze vera, la citt di Genova, il fiume di Besagno, porlo Delfino, Tigullia, e pi addentro Sastri de Tigullii, il fiume della Magra, fine della Liguria. Dietro a tutti questi eh' io ho detto, l'Apennino grandissimo molile d'Italia, il quale con perpetui gioghi arriva dall' Alpi fino al golfo di Sicilia. Dall'altro Uto suo fino al Po ricchissimo fiume dell' Italia, ogui cosa riluce per le nobili citt, Libarna, Dertona colonia, Iria, Barderale, Indu stria, Pollencia, Carrea cognominata Potenzia, Forofulvio, che si chiama anco Valentino, Augu sta dei Vagienni, Alba Pompea, Asti e Acqui. Questa regione,secondo la descrizione d'Aogusto, la nona. V' poi la riviera di Genova tra il Varo e la Magra, dugento undici miglia.
S e t t im a k e g io h e d ' I t a l ia
S e pt im a I t a l i a e be g io
V ili. Adnectilur seplimae, in qua Elruria est, ab amneMacra, ipsa mutatis saepe nominibus. Umbros inde exegere antiquitus Pelasgi : hos Lydi, a quorum rege Tyrrheni, mox a sacrifico ritu, lingua Graecorum Tusci sunt cognominati. Primum Etruriae oppidum Luna portu nobile. Colonia Luca a mari recedens, propiorque Pisae inter amnes Auserem et Arnum, ortae a Pelope Pisisque, sive ab Alinlanis, Graeca gente. Vada Volaterrana: fluvius Caecinna,Populonium Etru scorum quodam, hoc tantum in litore. Hinc amnes Prilie, mox Umbro navigiorum capax, et ab eo tractus Umbriae, portusque Telamon : Cosa Volcientium a populo Romano deducta : Graviscae, Castrum novum, Pyrgi. Caeretanus amnis, et ipsum Caere intus m pass. quatuor, Agylla a Pelasgis conditoribus dictum: Alsiuui, Fregenae, liberis amnis a Macra c c l x x x iv m pass. Intus coloniae : Falisca Argis orla ( ut auctor est Cato), quae cognominatur Etruscorum, Lucus Feroniae,Rusellana, Seniensis,Sutrina. De cetero Arelini veteres, Aretini Fidentes, Aretini Julienses, Amitiuenses, Aquenses cognomine Taurini, Blerani, Cortonenses, Capenates, Clusini novi, Clusini veteres, Florentini praefluenti Arno adposili, Fesulae, Ferentinum,Fescennia, Hortanum, Herbanum, Nepet, Novem Pagi, Praefectura Clandia, Foroclodii, Pistorium, Perusia, Suanenses, Saturnini qoi antea Aurinini vocabantur, Subertani, S tatones, Tarquinienses, Tuscanienses, Vetolonienses, Vejentani, Vesentini, Volaterrani, Volcentini cognomine Etrusci, Volsinienses. In
Vili. La quale s'attacca con la settima regione, dove la Toscana, dalla Magra, mutando spesso nomi. 1 Pelasgi anticamente cacciarono di qai gli Umbri, e questi i Lidii, dal re dei quali furooo chiamati Tirreni, dipoi dal sacrifizio secondo la lingua Greca furono detti Toschi. La prima citt di Toscana Luni nobile per il porto. Lucca colonia, la quale si discosta dal mare : Pisa, che v' pi presso fra due fiumi, l Auseri e l'Arno ; la quale ha avuto origine da Polope e da' Pisi, ovvero dagli Atiulani, popoli della Grecia. Vada di Volterra, il fiume Cecinna, Populonia gi dei Toscani, questa solo alla marina. Di qui sono i fiumi, cio il Prille, poi 1' Oinbroue capace di navili, e da esso il tratto d 'Umbria, porto Tela mone, Cossa Volcienzia colonia del popolo Ro mano, Moni*allo, Cornetto, Civitavecchia, il fiume Ceretano, e esso Cere, addentro quattro miglia, Agilla detta da' Pelasgi edificatori suoi. Alsio e Fregena. 11 fiume Tevere discosto dalla Magra dugento otlantaquattro miglia. Colonie fra terra: Falisca la quale ebbe origine dagli Argi, come scrive Catone, che si chiama dei Toscani, il Luco di Feronia, Rusella, Siena, Sulri. Dipoi gli Aretini vecchi, gli Aretini Fidenziori, gli Are tini Giuliesi, gli Amitinesi, gli Acqaesi chiamati Taurini, i Blerani, i Cortonesi, i Capenati, i Chiusini nuovi, i Chiusini vecchi, i Fiorentini posti sulla riva d' Arno, Fiesole, Ferentino, Fescennia, O rli, Erbano, Nepi, i nove Pagi, prefettura di Claudia, Foroclodio, Pistoia, Peru gia, Soana, Saturnia, che prima si chiam Aur
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nino, i Subertani, gli Slatoni, i Tarqninieai, i Toscaniesi, i Vetuloniesi, i Veienlani, i Vesentini, i Volterrani, i Volcenlini, cognominati Toscani, e i Volsioiesi. Nella medesima parte le citt riten gono i nomi antichi dal paese Crastumino, Caletrano.
P rim a b e o io n b d I t a l i a , il T bvbbe , R oma .
IX. Tiberis antea Tibris appellata, et pria* IX. Il Tevere dinanzi chiamalo Tibri, e Albata , e media fere longitudine Apennini, prima Albula, quasi dal mezzo della lunghetta finibus Arelinoram profluit ; tenuis primo, nec deir Apennino, corre per quel d 'Arezzo. Nel aisi piscinis corrivatas emissusqae, naviga b'lis, principio piccolo, n si pu navigare, se non si sica ti Tinia et Glanis influentes in eam, nove riduce in canale con certe ratlenute, come la norum ita concepta dierum, si non adjuvent Tinia e la Chiana, che entrano in esso, cos con imbres. Sed Tiberi* propter aspera et confragosa, la retlenula di nove giorni, se non aiuti la ne sic quidem, praeterquam trabibus verins quam pioggia. Ma il Tevere correndo per luoghi rapidi ratibns, longe meabilis fertur, per centum quin e aspri, non si pu passare se non con le travi, quaginta millia passuum non procul Tiferno, pi loslo che le navi : corre ceolo cinquanta Perusiaque, et Ocriculo, Etruriam ab Umbris ac miglia poco discosto da Tiferno, Perugia e OcriSabinis : mox citra trededm millia passuum Urbis coli ; e cos parie la Toscana dall1 Umbria e dai Vejentem agrum a Crustumino, dein Fidenatem Sabini : dipoi tredici miglia di qua da Roma divide i Veienti dai Crustumini, poi i Fidenati Lalinamque a Vaticano dirimens : sed infra A re e i Latini dal Vaticano. Ma di sotto la Chiana tia um Glanim duobus et quadraginta fluviis d* Arezzo accresciuto da quarantadue fiomi, e auctas, praecipuis autem Nare el Aniene, qui el ipse navigabilis Lalium includit a tergo : nec massimamente dalla Nera e dal Teverone, il quale minas tamen aqais ac lol fontibus in Urbem anco esso navigabile rinchiude il Lazio dalle perductis : et ideo quamlibet magnarum navium spalle, e per tanti fonti e acque ridotte nella ex Italo mari capax, rerum in toto orbe nascen citt capace di qualsivoglia gran navilio del tium mercator placidissimus, pluribas prope so mar d 'Italia ; e cos diviene placidissimo merca lus, quam celeri io omnibus terris amnes, accoli tante delle cose che nascono in tatto il mondo. tu r, adspiciturque villis. Nullique fluviorum miEsso solo abitato, e veduto quasi da pi ville, ans licet, inclusis atriraque lateribus: n<c tamen che gli altri fiumi in tutte le terre. Nessuno altro ipse pago at, quamquam creber ac sobilus incre fiume ha manco licenza d'allargarsi di lai, essen mentis, et nusquam magis aquis quam in ipsa do da ogni parte chiuso dalle ripe : nondimeno Urbe stagnantibus. Quin immo vales inlelligilur ni esso coutrasla, bench spesso sia accresciuto potias ac monitor, aclu semper religiosus verius, da acque e piogge, che non s allagano mai se quam saevus. non nella citt. Ed in oltre che pi tosto i profeta e ammonitore, perch sempre col suo crescere veramente pi religioso che crudele. Latium antiquum a Tiberi Circeios servatum L aolico Lazio dal Tevere a Circeo lungo est, l m pass. longitudine. Tam tenues primordio cinquanta miglia. Cos da principio furono debili le radici dell imperio Romano. E questo, mutan imperii fuere radices. Colonis saepe innlatis, te nuere alii aliis temporibus, Aborigines, Pelasgi, d o s i spesso gli abitatori, fu da diversi in varii tempi abitato, siccome furono gli Aborigini, i Arcades, Siculi, Aarunci, Rululi. Et altra Circeios Volsci, Osci, Ausones, unde nomen Lalii proces- Pelasgi, gli Arcadi, i Siculi, gli Aurunci e i Rutali ; e olir a Circeo furono i Volsci, gli Osci e gli ait ad Lirim amnem. In principio est Ostia, co lonia a Romano rege dedocta. Oppidum Lau Ansoni, onde il nome di Lazio si distese insiuo al Liri. Nel principio Ostia, colonia condotta da rentum, lucus Jovis Indigetis, amnis Numicias, Ardea a Danae Persei matre condita. Dein quon un re Romano. La cilt di Laurento, il bosco dam Apbrodisium, Antium colonia, Astara fla di Giove Indigete, il fiume Nnmicio, e Ardea edi ficata da Danae madre di Perseo. Dipoi quel che men et insala. Flavius Nymphaeas, Clostra Ro gii si chiam Afrodisio, Anzio colonia, Aslura mana. Circeii quondam insola immenso quidem fiume ed isola. Il fiame Ninfeo, Chiostri Romani. mari circumdata ( at ereditar Homero ), at nane planitie. Miram eat, quod hac de re tradere Circeo, che gi fa isola circoadata da un grandis simo mare, se si crede ad Omero; ma al presente hominum notitiae possumus. Theophrastus, qai primas externorum aliqaa de Romauis diligentias pianura. Maraviglio sa osa qoel che noi di Punio 1. N.
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C. PLINII SECUNDI
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scripsit (nam Theopompus, anle quem nemo mentionem habuit, Urbem domtaxat a Gallis captam dixit, Clitarchus ab eo proximus, lega tionem tantam ad Alexandrum missam), hic jam plus quam et fama; Circeiorum insulae mensuram posoit stadia octoginta, in eo volumine, quod scripsit Nicodoro Atheniensium magistratui, qui fuit Urbis nostrae cccclx anno. Quidquid est ergo terrarum, praeter decem millia passuum prope ambilus, adnexum insulae.
Post eum annum aocessit Italiae aliud mi raculum : A Circeiis palus Pomptina est, quem locum xxxm urbium fuisse Mucianus ter con sul prodidit. Dein flumen Ufeus, quod Terracina oppidum, lingua Volscorum Anxur dictum, et ubi fuere Amyclae serpentibus deletae. Dein locus speluncae, lacus Fundauus, Cajeta portus. Oppidum Formiae, Hormiae prius olim dictom : ut existimavere, antiqua Laestrygonam sedes. Ultra fuit oppidum Pyrae : colonia Minturnae, Liri amne divisa, Giani appellato. Oppidum Si nuessa extremum in adjecto Latio, quam quidam Sinopem dixere vocitatam.
Hinc felix illa Campania est. Ab hoc sinu inci piunt vitiferi colles, et temulentia nobilis succo per omnes terras inclyto, atque (ut veteres dixe re) summum Liberi patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protendentur agri. His junguntor Falerni, Caleni. Dein consurgunt Mas sici, Gaurani, Surreutinique montes. Ibi Laborini campi sternuntur, et in delicias alicae populatur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur : praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnolantur. Nusquam generosior oleae li quor : et hoc quoque certamen humanae volu ptatis tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Cam pani.
In ora Savo fluvius : Vulturnum oppidum cum amne, Liternnm, Cumae Chalcidensium, Misenum, portus Bajarum, Bauli, lacus Luorinus, et Avernus, juxta quem Cimmerium oppidum quondam. Dein Puteoli,colonia Dicaearchia dicti: postque Phlegraei campi, Acherusia palus Cumis vicina. Litore autem Neapolis Chalcidensium t ipsa, Parthenope a tumulo Sirenis appellata: Herculanium Pompeji, haud procul adspectante monte Vesuvio, adluente vero Sarno amne : ager Nucerinus : et novem millia pascuam a mari ipsa
possiamo dar notizia alle persone. Teofrasto, il quale fu il primo degli stranieri, che mollo dili gentemente scrisse alcune cose dei Romani ( per ciocch Teopompo, dinanzi al quale niuno fece menzione di Roma, solamente disse, che la d u i era stala presa da'Galli, e Clilarco dopo lui scrisse solo dell'ambascera mandata ad Alessandro), e qui con mollo pi fondamento che non chi sta alla fama, pose la misura dell' isola de'Circei died miglia, in quel volume, ch'egli scrisse a Nicodoro magistrato degli Ateniesi, il qual fu nell'anno qualtrocentosessanta dall* edificazion di Roma. Tutto il terreno adunque, che v' di arenilo oltre alle dieci miglia, stato aggiunto all' isola. Dopo quell' anno successe un altro miracolo io Italia. Dopo Circeo la palode Pontina, il qual luogo scrive Muziano, tre volte console, essere slato di ventitr citt. Dipoi il fiume Ufente, sopra il quale la dtt di Terracina, della in lingua de' Volsci Ansure, e quivi fa gi Annida ruinata dalle serpi. Dipoi v ' il luogo della spelunca, il lago Fondano, Gaeta porto. La citt di Formia, detta Ormia, siccome gi fu creduto, antica abitazione dei Lestrigoni. Pi oltra vi fu la citt di Pira. La colonia di Minturna divisa dal fiume Garigliano chiamato Glanico. La citt di Sinuessa ultima nel Lazio aggiunto, la quale secondo alcuni fu gi detta Sinope. Qui quella felice Campagna. Di qui comin ciano quei colli pieni di viti, e la nobile ebriet per lo sugo notabile per tutte le terre, e, come dissero gli antichi, gran combattimento del padre Bacco con Cerere. Qni sono i campi Setini e i Cecubi. Con quesli si congiungooo i Falerni e i Caleni. S'innalzano poi i monti Massici, i Gaura ni e i Sorrentini. Quivi si distendono i piani di Terra di Lavoro, e la raccolta che si fa della spel da torna in oggelto di delizia. Queste riviere sono bagnate da' fonti caldi, e oltre all' altre cose sono notate d' avere le migliori ostriche, e i pi nobili pesci, che sieno in tutto il mare. Nessuno altro paese ha miglior olio di questo; E questo combattimento ancora deU'omano diletto hanno tenuto gli Osci, i Greci, gli Umbri, i Toscani e i Campani. Nella riviera v' il fiume Savo: la dtt di Vulturno col fiume del medesimo nome, Literno, Cama de'Calddesi, Miseno, il porto di Baia, Bauli, il lago Lucrino e Averno, presso il qoale Cimmerio gi citt. Dipoi Pozzuolo colonia, delta Dicearchia ; poi le campagne Flegree, e la palude Acherusia vidna a Cuma. In questa rivie ra Napoli, edificata anche ella da' Calcidesi, chiamata Partenope dalla sepoltura d'una Sirena : Erculanio di Pompeo, poco discosto dal monta Vesuvio, e bagnato dal fiume Sarno : i canapi
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Nuceria. Surrentum cam promontorio Minervae, Sirenam quondam sede. Navigatio a Circeiis duo deoctoginta millia passuum patet. Regio ea a Ti beri prima Italiae servator, ex descriptione An gusti. latos ooloniae: Capua ab campo dicta, Aquinum, Suessa, Venafram, Sora, Ttanum Si dicinum cognomine, Nola. Oppida: Abellinum, Arida, Alba longa, Acerraui, Allifani, Atinates, Aletrinate, Anagnini, Atellani, Asolaci, Arpinates, Auximates, Avellani, Allaterni; etqni ex agro La tino, item Hernico, item Labicano cognominati: Bovillae, Calatiae, Casinum, Calenam, Capitatum Hernicum,Cerae tani,qui Mariani cognominantur: Corani Dardano Trojano orti : Cubulterini, Castrimonieoses, Cingulani Fabienses, in monte Albano Foropopulieuses. Ex Falerno : Frusina tes, Ferentinates, Fregsnates, Fabraterni veteres, Fabraterni novi, Fieolenses, Foroappii, Forentaoi, Gabini, Interamnates, Suceasini, qui et Lirinates vocantur: Diopenses Lavinii, Norbani, Nomen tani, Praenestini, urbe quondam Stepbane dicta, Privernates, Setini, Signini, Suessulani, Telini, Trebulani cognomine Balinienses, Trebani, Tu sculani, Verulani, Veliterni, Ulubrenses, Ulvernates: soperqne Boma ipsa: cujus nomen alterum dicere, arcanis caerimoniarum nefas habetor : optimaque et salutari fide abolitum enuntiavit Valerius Soranus, Iuitque mox poenas. Non alie num videtur inserere hoc loco exemplum religio nis antiquae, oh hoc maxime silentium institutae. Namque An gerona, cui sacrificatur ante diem xii kalend. Januarii, ore obligato obsignatoqae si mulacrum lubet.
Urbem tres portas habentem Romulus reli quit, aut ( I plurimas tradentibus credamus) qoatnor. Moenia ejos collegere ambitu imperato ri bos cenmribnsque Vespasianis anno conditae Doocxxvm, pass. xm mcc . Complexa montes se ptem, ipsa dividitur in regiones quatuordecim, compita Lariam c c l x v . Ejusdem spatium, menaora c o m a t e a milliario in capite Romani fori statolo, ad singulas portas, qoae sunt hodie num ero triginta septem, ita ut duodecim semel n a a e re a ln r, praetereanlorqoe ex veteribus se ptem , quae esse desierunt, efficit passuum per directam xxx m d c c lx v . Ad extrema Tero tectorata ca m castris praetoriis ab eodem milliario per v ic o omnium viarum mensura colligit panilo amplius septuaginta millia passuum. Qoo si quis altitadiaem tectorqm addat, dignam profecto aestimationem concipiat, fatealorqee oattis nr-
Nocerini, e essa Nooera, lontana nove miglia dal mare. Sorrento col promontorio di Minerva, che g ii fu stanza delle Sirene. Lontano da' Circei per navigazione settautaotto miglia. Qoesta regione, incominciando dal Tevere, la prima d* Italia, se condo la descrizione deU imperador Angusto. Fra terra sono colonie, Capova cos detta da campo, Aquino, Suessa, Venafro, Sora, Teano, cognomi nato Sidicino, Nola. Le citt, Avellino, Aricia, Alba lunga, Acerrs, Alise,Atioa, Aletrina, Anagni, Atella, Asola, Arpina, Osimo, Avellano, Alfaterno; e quegli ancora che sono stati cognominati dal paese Latino, dall* Eroico e Labicano, sieoome sono Bovilla, Calazia, Casino, Caleno, Capitolo degli Ernici, e i Cernetani chiamati Mariani : i Co rani discesi da Dardano Troiano: i Cubulterini, i Castri moniesi, i Cingolani : i Fabiesi, e i Foropopuliesi nel monte Albano. Di Falerno, i Frusinati, i Ferentinati, i Freginati, i Fa braterni vecchi, i Fabraterni nuovi, i Ficolesi, i Foroappii, i Forentani, i Gabini, gli Inte ramnati, i Succasanf, che si chiamano ancora Lirinati. Gli llionesi, i Lavinii, i Norbani, i No mentani, Prenestini, citt gi detta Stefane, i Privernati, i Setini, i Signini, Soessulani, i Te lini, i Trebulani, cognominati Bagnesi, i Trebani, i Tusculani, i Verulani, i Veliterni, gli Ulubresi, gli Ulvernati : e inoltre essa Roma, la quale,come che avesse un altro nome, non era per lecito mentovarlo per rispetto della religione. Onde perch Valerio Sorano a buona fede ebbe a ri cordarlo, essendosi gi dimenticato, ne fu punito. Non mi pare fuor di proposito mettere in questo luogo uno esempio dell antica religione, massi mamente per questo silenzio ordinata. Perciocch la dea Angerona, a coi si fa sacrifizio a1veni uno di Decembre, ha la sua statua con la bocca legata e suggellata. Romolo lasci Roma, che aveva tre porte, o quattro, se vogliamo credere a chi dice di pi. Le sue mura nel tempo de'due Vespasiani imperadori e censori, cio dopo la edificazio ne d essa ottocento veni* otto anni, abbracciava no di circuito tredici mila dugento passi. Conte nendo entro a s i monti,ella si divide in quattor dici regioni, e i capi delle vie sacri ai Lari, sono dngento sessantacinque. Lo spazio di essa, cor rendo la misura del miglio ordinato in capo del foro Romano a ciascuna porta, le quali sono oggi a novero Irentaselte, in modo che dodici porte a no tratto si contano, e lasciansi fuora selle delle antiche, che son mancate, fa a dirittura trenta mila settecento sessantacioque passi. Ma instno agli ultimi tetti, coi campi pretori!, dal medesimo miglio per li borghi la misura di tolte le vie raccoglie poco pi di settanta mila passi. Dove se
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bit magnitudinem iti tlo orbe potuisse ei com parari. Clauditur ab oriente aggere Tarqoioii Su perbi, inter prima opere mirabili. Namque eum maris aequavit, qaa maxime patebat adita plaoo. Cetero munita erat praecelsis moris, aat abru ptis montibus, nisi qaod exspatiantia tecta maltas addidere arbes.
In prima regione praeterea fuere: in Latio clara oppida, Satricani, Pometia, Scaptia, Pitulum, Politorium, Tellene, Tifata, Caenina, Fica na, Crustumeriam, Ameriola, Medullia, Comica lam, Saturnia, abi nane Roma est: Antipolis, quod nane Janicalam in parte Romae: Antemnae, Cameriam, Collatia, Amiternum, Norbe, Salmo : et cum his carnem in monte Albano soliti acci pere popoli Albenses, Albani, Aesolani, Acienses, Abolani, Babetani, Bolani, Casvetani, Coriolani, Fidenates, Foretii, Hortenses, Latinienses, Longalani,Manales,Macrales, Matucamenses, Munienses, Naminienses, Olliculani, Octulani, Pedani, Pollnstini, Querquetulani, Sicani, Siiolenses, Tolerienses, Tatieoses, Virai tellarii, Velienses, Venetulani, Vitellenses. Ita ex antiquo Latio liii populi interiere sine vestigiis. In Campano antem agro Stabiae oppidam fuere nsqae ad Cn. Pompejam et L. Catonem consules, pridie kalend. Maji, qao -die L. Silia bello sociali id delevit, quod nnne in villam abiit. Intercidit ibi' et Taarania. Sunt et morientis Casilini reliquiae. Praeterea aactor est Antias, oppidam Lalinoram Apiolas captam a L. Tarqaino rege, ex cajas praeda Capitolium ia inchoaverit. A Surrento ad Silaram amnem triginta millia passaom ager Picentinas fait Tu scorum, templo Janonis Argivae ab Jasone con dito insignis. Intas oppidum Salerni, Picentia.
alenilo vi vorr aggi ugnerei* altezza de' tetti, la giudicher degna di grande stima, e confesser che non i citt in tatto il.mondo, che se le possa agguagliar di grandezza. serrata verso levante dall argine di Tarquinio Superbo, opera mare vigliosa fra le prime. Perciocch egli lo pareggi con le mora, dove l'entrata era pi piana. Al trove era fortificata da altissime mora, o dai monti discoscesi, senonch i tetti, i qoali esco no fnora del loro spazio, vi aggiunsero di molte citt. Oltra di ci nella prima regione forano : nel I<azio citt nobili, Satrico, Pomezia, Scaptia, Pitulo, Politorio, Tellene, Tifata, Cenina, Ficana, Crastamerio, AmerioK, Medallia, Cornicolo, Sa turnia, dove ora Roma : Antipoli, che ora laniculo in ana parte di Roma : Antenna, Carnerio, Collazia, Amiterno, Norbe, Sulmone : e con questi erano usati pigliar carne nel monte Albano i popoli Albesi, gli Albani, gli E solani, gli Aciesi, gli Abolani, i Babetani, i Bolaoi, i Casvetani, i Coriolani, i Fidenati, i Forezii, gli Ortensi, i Latiniesi, i Longulani, i Manali, i MacraK, i Matuoumesi, i Muntesi, i Numiniesi, gli Otlicalani, gli Oltulani, i Pedani, i Pollastini, iQuerquetalani, i Sicani, i Siaolesi, i Toleriesi, i Tutiesi, i Vimitellarii, i Veliesi, i Venetalani, i Vitellesi. E cos dell'antico Lazio sono mancati cinquantatr popoli, che non se ne vede vestigio. Ma nel ter ritorio di Campagna fu gi Stabi citt fino al tempo che Gneo Pompeo e L. Catone erano consoli a' trenta d* Aprile, nel qaal di L. SiHa legato nella guerra sociale la distrasse, ed o r ridotta a villaggi. Manc quivi ancora Taarania. Vi sono anco le reliquie di Casilino, che a* morto. Scrive Anziate ancora, che Apiola citt de' Latini fa presa dal re L. Tarquinio, dell coi preda esso cominci il Capitolio. Da Sorrento al fiume Silaro per ispazio di trenta migli fa il territorio Picentino de1 Toscani, illastre per lo tempio di Giunone Argiva edificato sotto Gisisae. Fra terra v' la citt di Salerno e Piacenza.
T e m a u h o m ' I t a l ia .
* T ta tiA I t a l i a e
r e g io .
X. Dal Silaro comincia la tersa regione e il X. A Silaro regio tertia, et ager Lucanus Braterritorio Locano e il Bratto, e qaivi c o ra tiasqae incipit : nec ibi rara incolarum mota tione. Tenuerunt eam Pelasgi, Oenotrii, Itali, stata gran mutaziooe di abitatori. Abitaronl gi Morgetes, Sleali, Graeciae maxime popoli : novis i Pelasgi, gli finotrii, gl' itali, iMorgeti, i Sleali, sime Lacani a Samnitibus orti dace Lacio. e massimamente i popoli della Greci, e nltinaa Oppidam Paestam, Graecis Posidonia appella mente i Lucani discesi d* Sanniti, essenti Lucio tam, sinas Paestanas; oppidam Elea, qoae nane lor capo. Le citt sono Pesto chiamato d* Greci Velia. Promontorium Plinaram : a qao sina re Posidonia, il golfo di Pesto ; li citt Elia, ehe ora cedente trajectas ad eolamnam Rhegiara centam ti chiama Velia, il promontorio Paliaon, donde m pass. Proximam aatem haic flamen Melpes : I fino a Reggio sono cento migli. Vicino a qaeslo oppidam Baxentam, graeoe Pyxus : Laus amnis : I il fiame Melf. La citt di Bassento, detta ia
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foit I oppidum eodem nomine. Ab eo Brulium lilua : oppidum Blanda, flumen Batnm : portus Parthenius Phocensium : sinus Vibonensis, locus Clampeliae: oppidum Tamsa, a Graecis Temese dictum, et Crotonieosiura Terioa, sinusque in gens Terinaeas. Oppidum Consentia. Intus in peninsula fluvius Acheron, a quo oppidani Ache ron tini. Hippo, quod nnnc Vibonem Valentiam appellamus, Portus Herculis, Metauras amnis, Taaroentnra oppidum, Portas Orestis, et Medua. Oppidum Scyllaeam, Cratais fluvius, mater ( ut dixere ) Scyllae. Dein columna Rhegia : Siculum fretum, ae duo adversa promontoria : ex Italia Cacnys, ex Sieilia Peiorum duodecim stadiorara intervallo. Unde Rhegium duodecim m d pass. Inde Apeonini silva Sila, promontorium Leuco petra. xn i pass. ab ea Locri cognominati a promontorio Zephyrio, absunt a Silaro cgciii * passonm. Et includitur Europae sinus primus, in eoque maria naocapantur : unde irrumpit Atlanticum, ah aliis magnum : qua intrat, Porthmos a Graecis, a nobis Gaditanum fretum : qunm intravit, Hispa num, quatenus Hispanias abluit: ab aliis Ibericnm, aut Balearicum : mox Gallicum ante Narbonensem provinciam : hinc Ligusticum. Ab eo ad Siciliam insulam Tuscum : quod ex Graecis alii Notium, alii Tyrrhenam, e nostris plurimi Inferum vocant. Ultra Siciliam ad Salentinos, Ausoninm Polybius appellat. Eratostbenes aulem inter ostinm Oceani et Sardiniam quidquid est, Sardoum. Inde ad Siciliam Tyrrhenam. Ab hac Cretam asque SicuInm. Ab ea Creticum.
Greco Pixo : il fiume Lao : fuvvi anco una citt del medesimo nome. ipo il lito Brusio : Blanda citt, il fiume Bato : Partenio porlo de1 Focesi : il golfo di Vibona, il luogo di Clampezia : la citt di Temsa da'Greci delta Temese, e Terina dei Croloniesi, e il gran golfo di Terineo. La citt di Coseoza. Fra terra nella penisola v il fiume Acheronte, dal quale i cittadini sono chiamati Acheronlini. Ippone, che oggi si chiama Vibone Valenza, porto Ercole, il fiume Metauro, Tauroento citt, porto dOreste e Medua. La citt di Scilleo, il fiume Crate, madre, come dissero, di Scilla. Dipoi colonia Reggia : il golfo di Sicilia, e i due promontorii lun di rimpetto all'altro : cio, Ceni d Italia e Peloro di Sicilia con intervallo di nn miglio e mezzo. Donde a Reggio dodici mi glia e mezzo. Quiodi la selva Sila d Apennino, il promontorio di Leucopetra, e dodici miglia dipoi sono i Locri, cognominali dal promontorio Zefirio: sono discosti da Silaro trecentolr miglia. E ribchiudesi il primo golfo d biuropa, e in esso si chiamano i mari: onde sbocca Atlantico, da altri detto Magno: dove egli entra, chiamato da Greci Porthmos, e da noi stretto di Calis : quando egli entrato, Spagnuolo, per quanto egli bagna la Spagna: da alcuni Iberico, ovver Balearico : dipoi Gallico innanzi la Provenza : poi Ligustico. Da questo in Sicilia, Toscano; dove de* Greci alcuni lo cbiaman Nolio, altri Tirreno, e l maggior parte de nostri lufero. Di l dalla Sicilia fino in terra d Olranto, Polibio lo domanda Ausonio. Ma Eralostene tutto quel eh fra la foce dell Oceano e la Sardegna, Sardoo. Di qui fino in Sicilia Tirreno. Dalla Sicilia fino a Creta Siciliano. Da quello Cretico.
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l a r a u i r a l x iv .
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B a l b a b iu k .
Le prime isole in questo mare sono chia XI. Insulae per haec maria primae omnium XI. Pityosae a Graecis dictae, a frutice pineo : nunc mate daGreci Piliuse, perch abbondan di pini : ora si chiamano entrambe Ebuso, essendo l una Ebusus vocator utraque, civitate foederata, an e laltra citt confederata, e divise da ano stretto gusto freto interfluente, patent x l i i x pass. di mare : sono di larghezza quarantadue miglia. Absunt a Dianio septingentis stadiis : totidem Sono discosto da Dianio ollantasette miglia a Dianium per continentem a Carthagine nova. Tantaradem a Pityusis in altam, Baleares duae, mezzo, e altrettanto Dianio per terra ferma da Cartagine nuova. Altrettanto dalle Pitiose in allo et Sucronem versos Colubraria. Baleares fuada mare sono le due Baleari, e la Colubraria verso bellicosas, Graeci Gymnasias dixere. Ma)or c u Sucrone. Le Baleari bellicose per la fromba, o pass. est longitudine, circuitu vero c c c lxx x m . Oppida habet civium Romanornm Palmam et scaglia, furono chiamale da Greci Ginnaste. La PoUeuliam : Latinorum civium et Tnsdam, quod maggiore lnnga cento miglia, e circonda tre foederatam Bocchorum fuit. Ab ea xxx pass. cento ottanta. Ha due citt di cittadini Romani, 4 Utal minor : longitudine, l x m, circuitu c l cio, Palma e Pollentia; di Latini ha anche Tuscio, pass. Civitates habet lamnonem, Saniferam, Ma . che fu confederato dei Bocchi. Trenta miglia di gonem. A majore xu u pass. in altum abest scosto da lei la minore, lunga sessanta miglia, e d circuito cento cinquanta. Ha tre citt, Iannone, Capraria : insidiosa naufragiis, et e regione Pal-
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mae orbis Menariae, ac Tiqaadra, et parra Hanni balis. Ebasi terra serpentes fogat, Colabrariae parit. Ideo infesta omnibus, nisi Ebositanam terram inferentibas. Graeci Ophiusiam dixere. Nec cuniculos Ebusus gignit, populantes Balea rium messes. Sunt aliae xx ferme parvae mari vadoso.
Galliae autem ora, in Rhodani ostio, Melina, mox quae Blascon vocatur : tres Stoechades a vicinis Massiliensibus dictae propter ordinem, quas item nominant singulis vocabulis, Proten, et Mesen, quae et Pomponiana vocatur: tertia Hy paea. Ab his Sturium, Phoenice, Phila: Lero, et Lerina adversum Anlipolim, in qua Vergoani oppidi memoria.
C oxsicae.
Sanifera e Magone. Lontano dalla maggiore io alto mare Capraria, insidiosa per naufragii, e dirimpetto alla citt di Palma Menaria, e Tiquadra,ela piccola citt d*Annibale. La terra dEbuso caccia le serpi, e quella di Colubraria le produce. Per questo nuoce a tultr, se non a coloro, che vi portano la terra d Ebuso : i Greci la chiamarono Ofiusa. Ebuso non genera conigli, i quali gua stano le biade delle Baleari. Sono circa a venti altre isolette in qoesto mar guadoso. E la riviera della Francia, nella foce del Ra dano, ha Melina, che poi si chiama Blascon, e le tre Stecade oos chiamate da* vicini Marsiliesi per l'ordine che son poste, una Prole, altra Mese, detta anco Pomponiana, e la lena Ipea. Dopo queste v Sturio Fenice, Fila: Lero e Lerina dirimpetto Antipoli, nella quale sono le vestigia della citt di Vergoano.
D b l l a C o r s ic a .
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XII. 6. In Ligustico mari est Corsica, quam XII. 6. Nel mar Ligustico la Corsica chia Graeci Cyrnon appellavere, sed Tusco propior: a mala da Greci Cimo, ma presso al Toscano: septemtrione in meridiem projecta, longa passuum distendesi da tramontana a mezzo giorno, luoga c l millia : lata majore ex parte quinquaginta : cir cento cinqaanla miglia, larga per la maggior parte cinquanta, di circuito trecento venti due. cuitu qgcxxii m . Abest a vadis Volaterranis l x i i m pass. Civitates habet x x x iii , et colonias Maria discosto da Vada di Volterra sessantadue nam, a C. Mario deductam, Aleriam, a dictatore miglia. Ha trentalrcitt,e due colonie,. Mariana Silia. Citra est Oglasa : intra vero sexaginta condotta da G. Mario, e Aleria da Siila dittatore. millia passuum a Corsica, Planaria a specie dicta, Di qua Oglasa, e addentro sessanta miglia dalla aequalis freto, ideoque navigiis fallax. Amplior Corsica, la Pianosa, cos detta per la sua forma, Urgo, et Capraria, quam Graeci Aegilon dixere : per essere eguale al mare, e. per questo fallace item Aegilium : et Dianium, quam Artemisiam : a* navili. Pi grande Urgo e la Capraia, la ambae contra Cosanam litus : et parvae Mena quale da* Greci fu detta Egilo. Ecci Egilio, e ria, Columbaria, Venaria. Ilva cum ferri metal Dianio chiamata Artemisia : ambedue poste allis, circuitu centum millia, a Populonio decem, incontro della riviera di Cosa ; e Ire piccole, Menaria, Colombaria, Venaria. L'Elba doviziosa a Graecis Aethalia dicta. Ab ea Planasia, xxxix v. Ab his ultra Tiberina ostia in Antiano Astura, di ferro, di giro cento miglia, discosta da Popu lonia dieci, da* Greci chiamata Etalia. Lontano mox Palmaria, Sinonia, et adversum Formias da questa treotanove miglia la Pianosa. Dopo Pontiae. In Puteolano autem sinu Pandataria, Prochyta, non ab Aeueae nutrice, sed quia pro queste oltre la foce del Tevere alla spiaggia di fusa ab Aenaria erat. Aenaria ipsa a statione Nettuno Astura, poi Palmaria, Sinonia e all* in navium Aeneae, Homero Inarime dicta, Graecis contro di Formia Ponzo. Nel golfo di Pozzuolo Pithecusa, non a simiarum multitudine ( ut ali v la Pandataria e Procida, cos chiamata, non qui existimavere), sed a figlinis doliorum. Inter gi dalla balia d Enea, ma perch* era presso a JPausilypum et Neapolim Megaris : mox a Sur Enaria. Ed essa fu detta Enaria, perch le navi rento octo millibus passuum distantes, Tiberii d* Enea si fermaron quivi, e da Omero chiama principis aro nobiles Capreae, circuitu xi m la Inarime, da* Greci Pitecusa, non gi dalla pass. moltitudine delle cimie, come alcuni credettero, ma perch era abitata da stoviglia*! maestri di vasi di terra.Tra Pausilippo e Napoli v* Megari: poi discosto da Sorrento otto miglia, Capri no bile per la rocca che vi fece Tiberio imperadore, di giro undici miglia.
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X lll. Mox Leucothea : exlraqoe conspectura, XIII. Poi Leucoteca : fuor della vista di questa pelagos Africam itUngeni, Sardinia, minos no- la Sardegna, che tocca il mar d* Africa, manco em millibos passnam a Corsicae extremis, etiam* di nove miglia lontana dalla Corsica, oltre che nam angustias eas arctantibus insulis partis, quae alcune isolette, le quali si chiamano le Conigliaie, Cnniculariae appellantur : itemque Phintonis, et ristringono ancora pi quello stretto. Sonvi anco Fossae, a quibas fretum ipsum Taphros nomi le fosse di Piatone, per le quali questo stretto si natur. chiama Tafro. 7. Sardinia ab oriente patens, c l x x x y i i i 7. La Sardegna da levante si distende cento millia passuum : ab occidente, c l x x millia : a ottanlaolto miglia, da ponente centosettanta, da meridie, l x x i v millia : a septemtrione, cxx. mezzo d settantaquattro, da tramontana cento Circuita d l x millia : abest ab Africa Caralitano ventidue, di circuito cinquecento sessanta. promontorio ducenta millia, a Gadibus quatuor lontana dall* Africa dal promontorio di Cagliari decies centena. Habet et a Gorditano promonto dugento miglia, da Caliz mille quattrocento rio duas insulas, quae vocantur Herculis: a miglia. Ha ancora dal promontorio Gorditano Salcensi, Euosin: a Caralitano, Ficariam. Qui due isole, le quali si chiamano d Ercole : da Suldam haud procul ab ea etiam Berelidas ponunt, censi, Enosin : da Cagliari, Ficaria. Alcuni altri et Collodem, et quam vocant Heras lutra. Cele pongono appresso a quella ancora le Berelide, e berrimi in ea populorum, Ilienses, Balari, Corsi. Collode, e quella che si chiama Eraslutra. I pi Oppidorum xir, Sulcitani, Valentini, Neapolita celebrati popoli in essa sono gli lliesi, i Balari e ni, Bosenses, Caralitani civium Romanorum, et i Corsi. Le citta son quattordici, i Sulcitani, i Norenses. Colonia autem ona, quae vocatur Valentini, i Napoletani, i Bosesi, i Caralitani dei ad turrim Libysonis. Sardiniam ipsam Timaeus cittadini Romani, e i Noresi. Evvi una colonia,che Sandaliotin appellavit ab effigie soleae, Myrsilus si chiama alla torre di Libiione. Fu chiamata la Ichnusam a similitudine vestigii. Contra Paesta Sardegna stessa Sandalioti da Timeo, perch ella nam sinum Leucasia est, a Sirene ibi sepulla ha forma duna pianella ; e Mirsilo la chiam lcappellata. Cootra Veliam, Pontia, et Iscia, utrae- nusa dalla somiglianza del suolo del pi. in qne ano nomine Oenotrides argumentum pos contro del golfo di Pesto Leucaiia, cos chia sessae ab Oenotriis Italiae. Contra Vibonem mata da una Sirena quivi sepolta. Contra Velia parvae, quae vocantur Ithacesiae, ab Ulyssis sono Polizia e lscia, ambedue per un nome dette Enotride, e ci segno che l ' Italia sia stata pos specula. seduta dagli Enotrii : e dirimpetto a Vibone sono alcune isolette chiamate Itacesie, dagli spettacoli d Ulisse.
SlClLIAB. D b l l a S ic il ia .
XIV. 8. Verum ante omnes claritate Sicilia, XIV. 8. Vince di eccellenza tutte le altre isole la Sicilia, chiamata da Tucidide Sicania, da Sicania a Thucydide dicta, Trinacria a pluribus, aot Triquetra, a triangula specie : circuitu pa molti Trinacria, ovvero Triquetra, per avere la forma d triangolo : ella circonda, come scrive tens, ut auctor est Agrippa, d c x v i ii m pass. qooudam Brutio agro cohaerens, mox interfuso Agrippa, seicento diciotto miglia: era gii unita mari avolsa xn 11 in longitodinem freto, in lati con la Calavria, dipoi fu dispiccata dal mare, che tudinem aotem 11 d pais. juxta columnam Rhe- vi si mise in mezzo con ispazio di dodici miglia giam. Ab hoc dehiscendi argomento, Rhegium in lunghezza, e in larghezza un miglio e mezzo Graeci nomen dedere oppido, in margine Italiae appresso a Reggio. Da qaesto rompimento i Greci sito. In eo freto est scopulus Scylla, item Charyb diedero il nome di Reggio alla citt posta nello dis, mare vorticosum : ambo clara saevitia. Ipsius estremo d Italia. In questo stretto sono due Triquetrae, ut diximus, promontorium Pelorus scogli, 1 uno Scilla e altro Cariddi, il mare vocator, adversus Scyllam vergens in Italiam : pieno di ritrosie, ed ambedue famosi per la ruina Pachynum in Graeciam, c x l i v ii ab eo distante e morte di molti. II promontorio di essa Sicilia, Peloponneso: Lilybaeum in Africam c l x x x x come abbiamo detto, si chiama Peloro, verso Scilla guardando in Italia : Pachino in Grecia, intervallo Mercorii promontorio : et a Caralita no Sardiniae cxx ii. Inter se autem haec proipon- cento quarantaquattro miglia lontano dalla Mooria ac latera distant his spatiis. Terreno itinere rea ; Lilibeo in Africa cento ottanta miglia di
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a Peloro Pachynum c l x v i mpai*. Inde Lilybaeum, cc m. Inde Peiorum, c l x x m. Coloniae immune quinque : nrbes ac civitates l x x i i i . A Peloro mare Jonium ora spedante, oppidum Messana civium Romanorum, qui Mamertini vocantur. Promon torium Drepanum, colonia Taurominium, qnae anlea Naxo*, flumen Asines: mons Aetna noctur nis mirus incendiis. Crater ejus palet ambitu stad. xx. Favilla Tauromioium el Calauam usque pervenit fervens, fragor vero ad Maronem et Gemellos colles. Scopuli tres Cyclopuro, portus Ulyssis, colonia Catana. Flumina : Symaethum, Terias. Intus Laestrygonii campi. Oppida : Leon tini, Megaris : amnis Pantagies. Colonia Syracu sae, cum fonte Arethusa ; quamquam et Temeni tis, et Archidemia, et Magaea, et Cyane, et Milichie fontes in Syracusano potantur agro. Portu Naustalhmus, flumen Elorum, promontorium Pachynum : a qua fronte Siciliae flumen Hirminium, oppidum Camarina, fluvius Gelas, oppi dum Acragas, quod Agrigentum nostri dixere. Thermae colonia : amnes, Aly* el Hypsa. Selinus oppidum. Lilybaeum ab eo promontorium, Dre pana, mons Eryx. Oppida, Panormum, Solus, Hymera cum fluvio, Cephaloedii, Aluntium, Aga thyrnum, Tyudaris colonia, oppidum Mylae, et unde coepimus, Pelorus.
Intus, Latinae conditionis, Centuripini, Neti ai, Segestani. Stipendiarii, Assorini, Aelnenses, Agyrini, Aceslaei, Acrenses, Bidini, Citarli, Cacyrini, Drepanitani, Ergetini, Eceslienses, Erycini, Entellini, Etini, Enguini, Gelani, Galatani, Halesini, Hennenses, Hyblenses, Herbitenses, Herbessenses, Herbulenses, Halicyenses, Hadranitani, Imacarenses, Ichanenses, lelenses, Mutustratini, Magellini, Mnrgentiui, Mulyenses, Menanini, Naxii,Noaeni, Petrini, Paropini, Pbinthienses, Semellilani, Scherini, Selinuntii, Symethii, Talarenses, Tissinenses, Triocalini, Tyracienses, Zanclaei Messeniorum in Siculo frelo. Insulae sunt in Africam versae : Gaulos, Me lita a Camerina l x x x i v m pass., a Lilybaeo cxm. Cosyra, Hieronesos, Caene, Galata, Lopadusa, Aethusa, quam alii Aegusam scripserunt : Buci na : et a Solunte l x x v i i Osteodes: conlraqne Paropinos Ustica. Citra verj Siciliam ex adverso Metauri amnis, xn millibus ferme pass. ab Italia, v i i Aeoliae appellatae. Eaedem Liparaeorum, et Hepbaesliades a Graecis,a nostris Vulcaniae: Aeo liae, quod Aeolus iliacis temporibus ibi regnavit.
intervallo dal promontorio di Mercurio : e da Cagliari di Sardegna cento venti. E questi pro montorii o fianchi sono distanti fra loro con qoesli spazii. Pachino da Peloro per terra cenlo sessantasei miglia. Di l a Lilibeo duecento miglia. Quindi a Peloro cento settauta miglia. Colonie esenti cinque, e citt setlantatr. Dalla parte nel silo che guarda il mar Ionio, ew i Messina, citt di cittadini Romani, che si chiamano Mamertini. Il promontorio di Trapani,Tauromioio colonia, che prima si chiam Naxo, il fiume Asine, il monte Etna roaraviglioso per li fuochi notturni. L 'ap ri' tura sua circonda ben due miglia e mezzo. Le sue faville affocate giungono fioo a Tauromioio e Ca tania ; e il romore fino a Marone, e i colli chiama ti Gemelli. Vi sono poi i tre scogli di Ciclopi, il porlo di Ulisse e la colonia di Catania. Due fiumi il Simeto e la Teria. Fra terra le campagne dei Lestrigoni. Le citt, i Leontini, Megari, e il fiume Pantagie. Siracusa colonia, col fonte dAretusa ; bench nel territorio di Siracusa si bea d molli altri fonti, siccome sono Temenite, Arcbidemia, Magea, Ciane e Milichie. Il porlo Naustalmo, il fiume Eloro, il promontorio Pachino : dalla qoal fronte di Sicilia v* il fiume Irminio, la citt di Camarina, il fiume Gela, la cilt d' Acraga, che da nostri fu chiamata Agrigento. Terme colonia: Ati e Ipsa fiumi, la citt di Seiino. Dipoi Lilibeo promontorio, Trapani, il monte Erice. Le citt, Palermo, Solo, Intera col fiume, Cefal, Alunno, Agaiirno, Tindaride colonia, la cilt di Mile, e Peloro, onde noi cominciammo. Fra terra di condizion Latina sono i Centu ripini, i Netini, i Segestani. Tributarii, gli Asso rini, gli Etnesi, gli Agirini, gli Aceslei, gli Acresi, i Bidini, i Citarli, i Cacirini, i Drepanitani, gli Ergetini, gli Ecestiesi, gli Ericini, gli Entellini, gli Elini, gli Enguini, i Gelani, i Gala tani, gli Alesini, gli Eunesi, gli lblest, gli Erbilesi, gli Erbessesi,gli Erbulesi, gli Aliciesi,gli Adranitani, gli lmacaresi, gli Icanesi, i letesi, i Mutustralini, i Magellini, i Murgenlini, i Mutiesi, i Menanini, i Naxii, i Noeni, i Petrini, i Paropini, i Finliesi, i Semellilani, gli Scherini, i Selinunzii, i Simezii, i Talaresi, i Tissinesi, i Triooalini, i Tiraciesi, i Zanclei de Messenii nello stretto di Sicilia. Le isole volte verso Africa sono : Gaulo, Malta ottantaquallro miglia discosta da Camerina, da Lilibeo cento tredici. Cosira, leroneso, Cene, Galala, Lopadusa, Elusa, la quale alcuni scris sero Egusa : Bucina, ed Osteode settanta cinque miglia lontano da Solonte, e Ustica dirimpetto ai Paropini. Ma di qua dalla Sicilia all* incontro del fiume Metauro, lontano da dodici miglia dell Italia, son te selle isole chiamate Eolie. E le medesime sono dette de* Lipariotti, ed Efcstiade
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9. Lipara com eiriam Romanorum oppido dieta a Liparo rege, qui soecessit Aeolo : antea Mekgonis, vel Me&gunis, vocitata : abtit xxu pesi ab Italia, ipM circuito peuKo minor, Inter hanc el Siciliam altera, antea Therasia appellata, nooc Hiera, quia sacra Valcano est, colle in ea noctaroas eromenle flammat. Tertia Strongyle, a Lipara 11 pass, ad exortam solis rergens, in in qaa regnarti Aeolos; qaae a Lipara liquidiore flamma tantum differt: e cajas famo, qainam flalor sint venti, in triduam praedicere incolae tradaainr : onde renlos Aeoto psraisse existima tam. Qoarta Didyroe, minor qaam Lipara. Quin ta Ericasa. Sexta Phoenicusa, pabulo proxima mn rdiela : novissima eademqaa mioima, Evo aymos. Haclenas de primo Europee sina.
daGreci, da' nostri Vulcanie : Eolie, peroioodt quivi regnava Eolo al tempo de* Troiani. 9. Lipari con la citt de* cittadini Romani, fa cos detta da Liparo re, il quale successe ad Eolo, chiamata prima Melogoni, ovvero Meti* goni, discosto dodici miglia da Italia, ed essa gira poco meno. Fra questa e la Sicilia re u un1 altra, prima detta Terasia, ed ora lera, perch eUa sacrata a Vulcano, dor an colle, che di notte getta faoco. La tersa Slrongile, lontana un miglio da Lipari, volta verso Levante, neHa quale regn Eolo ; la quale solo differente da Lipari, perch getta pi chiara fiamma : dal coi fumo dicesi che gli uomini del paese sanno predire per tre d che vento ha a soffiare ; onde fu tenu to che i venti ubbidissero ad Eolo. La qoarta Didime minor di Lipari. La quinta Ericasa. La sesta Fenicuss, lasciata per pascione delle isole vicine. Lultima, ch ia minor di latte, Evomioo. E qaesto basii qaanlo al primo golfo di Europa.
L a M a o b a G r e c ia , d a
G kucm *
Locais.
Locai.
XV. 10. A Locris ltatiae firons incipit, Magna XV. 10. Da Loori comincia la fronte d'Italia Graecia appellata, ia tres sinas recedens Aasonii chiamata la Gran Grecia, la quale riduce in tre maris ; qaoniam Aasones lenoere primi : palei golfi del mare Ausonio, perciooch gli Ausata elogiata duo millia pass, at aactor est Varr. furono i primi che abitarono quivi: lunga Pleriqae u x i i m fecere. ;la ea ora flamioa im a ottantadue miglia, come scrive Varrone. Molti nera, ed memoralo digaa a Locris Sagra, et dissero seltantadue miglia. In quella riviera sona vesti gi oppidi Caolonis, Mystia, Contili num ca infiniti fiumi, ma le oose notabili cominciando da stram, Conlhum, qaod esse longissimum Ita Loeri sono, Sagra e i vestigii dlia citt di Cau liae promontorium aliqui existimant. Dein sinas lone, Mistia, il castello di Consilino, Cocinto, il Scyllaceas: et Scylacium, Scylletiam Athenien- quale alcani tengono che ria nn lunghissimo ibas, qaam conderent, dictam : quem locum promontorio d Italia. Dipoi v1 il golfo Scillaceo, occurrens Terinaeas sinas peainsulam efficit: e Seilacio, dagli Ateniesi detto Scillezio quando I in ea portas, qai rocalar Castra Hannibalis, edificavano ; al qaal luogo occorrendo il golfo Terineo lo fa penisola : in essa vi un porlo che nosquam angustiore Italia : xx m pass. latitudo est. Itaqne Dionysias major intercisam eo loco si chiama gli AUoggiamenti di Annibale, e quivi il pi stretto luogo d*Italia, che non pi adjieere Siciliae roloit. Amnes ibi navigabiles: largo di venti miglia. Per Dionisio il maggio; Caenos, Crolalus, Serairus, Arocba, Targines. volle tagliarla quivi, e aggiugrterla alla Sicilia. Oppidum intus Petilia : mons Clibanos, promon torium Laciniam : cujas ante oram insola x m Sono quivi fiumi navigabili, il Cecino, Crotalo, Semiro, Aroca e Targine. Citt fra terra Petita : pass. a terra Dioscoron : altera Calypsus, quam il monte Clibano, il promontorio Lacinio : a Ogygiam appellasse Homeras existimator : prae dirimpetto del quale Dioscoro, isola lontana terea Tiris, Eranusa, Meloessa. Ipsum a Caalone dieci miglili da terra : l altra Calipso, la quale si abesse l x x pass. prodidit Agrippa. tiene che sia quella, ehe Omero chiam Ogigia : e oltre a ci Tiri, Eranusa e Meloessa. Scrive Agrippa, che lontano da Caulone settanta miglia. 11. Dal promontorio di Lacinio comincia il 1. A Lacinio promontorio secuoda Europae secondo golfo d Europa, il qoal rivolge oott un * incipit, magno ambita flexas, et Acroceraugran giro, e finisce alla Cimer, promontori? Epiri finitas promontorio, a qoo abest l x x v d Albania, da cui discosto settantacinque mi m pass. Oppidam Croto, amnis Neaethos. Oppiglia. La citt di Crotone, il fiume Neeto. La citt < Thurii, inter daos amnes Cratbita et Sybarin, di Turio fra i due fiumi il Crete e il Sibari, dove mbl f t urbs eodem nomine. Similiter est inter
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G. PLINII SECUNDI
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Sirio et Acirin Heraclia, liquando Siris vocitata. Flumina : AcaUadrain, Casventum : oppidum Metapontum, quo tertia Italiae regio finitur. Mediterranei Brutiorem, Aprastaai tanlarn : Lu canorum autem, Atinates, Bantini, Eburini, Grumentioi, Potentini, Sontini, Sirini, Tergilani, Ursenlini, Volcentani, quibus Numeslraai juuguntur. Praeterea inleriisse Thebas Lucanas Ca to auctor est. Et Pandosiam Lucanorum urbem fuisse Theopompus, in qua Alexander Epirotes occubuerit.
fu una citt del medesimo nome. Similmente fra il Siri e lAciri v* la citt d'Eraclea gi chiamata Siris. 1 fiumi, Acalandro e il Casvento : la citt di Metaponto, dove finisce la terza regiooe d Ita lia. I popoli mediterranei della Calabria sono solamente gli Apruslani : e di Lucania gli Atinati, i Bajitini, gli Ebaripi, i Grumentini, i Potentini, i Son Uni, i Sirini, i Tergilani, gli Ursenlini, i Voloentani, coi quali si congiangono i Numestra ni. Olire a ci scrive Calone, che in Lucania perita una cilt, che si chiamava Tebe. E Teopompo dice, che Pandosia fn gi citt di Lucania, dove fu morto Alessandro re degli Epiroli.
S ecoitda n* I t a l m u
*SSCCVDA l T
i l U l &BG10. *
Congiugnesi la seconda regione con XVI. Connectitur secunda regio,amplexa Hir XVI. pinos, Calabriam, Apuliam, Salentinos c c l v sinu, questa, la quale abbracci* gli Irpini, la Calabria, qui Tarentinus appellatur,ab oppido Laconum, in la Puglia, e lerra d O Iran lo col golfo di dugento recessu hoc intimo silo, contribui^ eo maritima, cinquanta miglia, il qual si chiama Tarenlino da colonia quae ibi fuerat. Abest cxxxvi m pass. a una citt di Lacedemoni posta in questa ultima Lacinio promontorio, adversam ei Calabriam in parte, contribulavi una colonia marittima, che fa peninsulam emittens. Graeci Messapiam a duce quivi. E lootano cento trenlasei miglia dal pro appellavere ; et ante Peucetiam, a Peucetio Oe montorio Lacinio, mettendo nella Calabria, peni notri fratre. In Salentino agro inter promonto sola che gli opposta. 1 Greci la chiamarono ria c at pass. intersunt: latitudo peninsulae a Messapia da Messapo lor capitano, e prima PeuTarento Brundisium lerreno itinere xxxv m pass. oecia, da Peucezio fratello d Enotro. Nel paese Satentino fra i promontorii cento miglia di patet, multoque breviasa porta Sasina. Oppida spazio : la larghezza della penisola da Taranto per continentem a Tarento, Varia, cui cognomen Apulae, Messapia, Aletium. In ora vero Senonum, Brindisi per lerra Irenlacinque miglia, e moli Callipolis, quae nune est Anxa, l x i i m pass. a meno dal porLo di Sasina. Le cill per terra fer Tarento. In x x x i i x promontorium, quod Acran ma da Taranto, Varia, cognominata la Pugliese, Iapygian vocant, quo longissime in maria excur Messapia, Lezze. E alla riviera, Gallipoli dei rit Italia. Ab eo Basta oppidum et Hydruntum Seuoni,che ora Anza, sessaniadue miglia da T a decem ac novem pass. ad discrimen Jonii et ranto. Indi Irentadue miglia il promontorio, e h * Adriatici maris, qua in Graeciam brevissimus si chiama Acragiapigia, per dove l ' Italia lunghis transitus : ex adverso Apolloniatum oppidum, la sima mente si distende in mare. Dipoi v1 Basla titudine intercurrentis freti, quinquaginta m non citt, e Otranto diciannove miglia di spazio fra il amplius. Hoc intervallum pedestri continuare mare Ionio e Adriatico, dove un bravissimo passaggio in Grecia. incontro v la citt di transitu pontibus jactis primum Pyrrhus Epiri rex cogitavit : post eum M. Varro, quum classibus Apollonia, con larghezza del mare, ch'entra fra Pompeji piratico bello praeesset. Utrumque aliae lerra, cinquanta miglia, e non pi. Questo inter vallo pens gi Pirro re degli Epiroli di volerlo impedivere curae. Ab Hydrunte, Soletum deser tum, dein Fratruerlium : portus Tarentinus, statio congiugnere in modo, che si camminasse a piedi militum Lupia, Balesium, Caelium, Brundisium per ponti falli : dopo lui M. Varrone eb be il medesimo disegno, quando egli governava ar x. mpassuum ab Hydrunte, ia primis Italiae por ta nobile, ac velut certiore transitu, sic utique mata di Pompeo nella guerra de* Corsali. E e l'altro fu impedito da altri pensieri. Dopo Ioogiore, excipiente Illyrica urbe Dyrrhachio ccxx ii trajeetn. Brundisio conterminus Pedi Otranto v ' Soleto abbandonato, dipoi Fratuerculorum ager. Novem adolescentes totidemque zio : il porto di Taranlo, Lupia stanza di soldati, virgines ah Illyriis tredecim populos genuere. Balesio, Celio, Brindisi cinquanta miglia da Pediculorum oppida, Rudiae, Egnatia, Barion, Otranto, nobilissimo porto d 'Italia, e bench di ante Iapyx a Daedali filio, a quo et Iapygia* pi. lungo, di pi certo e sicuro passaggio, dal Amnes, Paetius, Aufidas ex Hirpinis montibus quale a Durazzo cilt di Scbiavonia sono dugen Canusiam praefluens. to venti miglia. Con Brindisi confina il paese dei Pediculi. Nove giovanetti, e altrettante fanciulle
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Hinc Apulia Dauniorum cognomine, a dnce Diomedis socero. In qua oppidum Salapia, Han nibalis meretricio amore inclytum: Sipontum, Uria : amnis Cerbalns, Dauniorum finis : portus Agasus, promontorium montis Gargani, a Salenlino sive Iapygio ccxxxiv x pass. ambilo Gargani : portas Garnae, lacus Pantanns. Flumen portuo sum Frento, Teannm Apulorum: itemque Lari natum Gliternia: Tifernus amnis. Inde regio Frentana. Ita Apulorom genera tria : Teani, dnce e Grajis : Lucani, sobacti a Calchante, quae loca nnnc tenent Atinates. Daunioram praeter sopra dicta coloniae, Lnceria, Venusia. Oppida : Canusium, Arpi, aliquando Argos Hippium Dio mede condente, mox Argy ri ppa dictam. Diomedes' ibi delevit gentes Monadornm, Dardorumqne, et orbes duas, quae in proverbii ludicram vertere, A pinam et Tricam.
Cetero intos in secanda regione, Hirpinorum colonia ana Beneventum, auspicalius mutato no mine, ,qoae quondam appellata Maleventum: Aasecolani, Aquiloni, A bellina tes cognomine Protropi, Compsani, Caudini : Ligures, qui cognominantur Corneliani, et qui Bebiani: Vescellani, Deculani, Alelrini, Abelliuates cognominati Marsi, Atrani, Aecani, Alfellani, Altinates, Arpaui, Borcani, Collalini, Corinenses, et nobiles, clade Romana Cannenses, Dirini, Forenlani, Genasini, Hordonienses, Hyrini, Larinates, cogno mine Frentani, Metinales, ex Gargano Mateolani, Neritini, Malini, Rubustini, Syluini : Strabellini, Turmentini, Vi bina tes, Venusini, Ulurtini. Cala brorum mediterranei : Aegetini, Apamestini, Ar gentini, Buluntinenses, Deciani, Brumbestini, Norbanenses, Palionenses,Slurnini,Tutini. Salentinorum: Aletini, Basterbini,Nerelini, Valentini, Vere tini.
venendo quivi di Schiavonia generarono tredici popoli. Le citt de* Pediculi sono, Rudia, Egnazia, Barione, prima chiamata lapide dal figliuolo di Dedalo, da cui anco ebbe il nome la Iapigia. I fiumi, il Paltio, e P Aufido, il quale scendendo dai monti Irpini va a Canusio. Dipoi v la Puglia de* Dauni, cos chiamata dal duce loro suocero di Diomede. Nella quale la cilt di Salapia, famosa per l amor meretricio d 'Annibaie : Siponto e Uria : il fiume Cerbalo, confine de'Dauni: il porto Agaso, il promontorio del monte Gargano, lontano da Salenlino, ovvero lapigio dugento trentaqualtro miglia col circuito di Gargano : il porto di Garna, il lago Pantano. II fiume portuoso di Frento, Teano di Puglia: Larino, Cliternia, il fiume Tiferno. Dipoi la re gione Frentana. E cos ti sono tre sorti di Puglie si : iTeani, cos delti dal dace loro, uno de'Greci : i Lucani, soggiogati da Calcante, i quali luoghi sono ora posseduti dagli Alinali. Oltra le soprad dette, v la colonia de' Dauni, Luceria, Venosa : la citt Canosa, Arpi gi detto Argo lppio, edifi candolo Diomede, dipoi chiamato Argirippa. Qoivi Diomede disfece i popoli Monadi, e i Dardi, e due citt, le quali si voltarono in ischerno di proverbio, Apina e Trica. L altre fra terra nella seconda regione, Benevento una colonia degli Irpini,avendo con miglior augurio cambiato nome ; perch gi fu chiamata Malevento. Gli Ausccalani, gli Aquiloni, gli A bel linati cognominati Protropi,i Coro pisani, i Caudini: i Liguri, che son chiamali Corneliani, e i Bebiani ancora: i Vescellani, i Deculani, gli Aletrini, gli Abellinati cognominali Marsi, gli Atrani, gli Ecani, gli Afellani, gli Attinati, gliArpani, i Borcani, i Collatini, i Corinesi e i Cannesi, nobili per la rolla dei Romani, i Dirini, i Forenlani, i Genusi ni, gli Ordoniesi, gli Irini, i Larinali, cognominati Frenlani, i Meliual), i Mateolani da Gargano, i Njerilini, i Malini, i Robuslini, i Siluini, gli Stra bellini, i Turmentini, i Vibinaii, i Venusini, gli Ulurtini. 1 mediterranei di Calabria, gli Egetini, gli Apamestini, gli Argentini, i Butuoiinesi, Deciani, i Brumbestini, i Norbaniesi, i Palionesi, gli Sturnini, i Tulini. Di terra d 'Otranto, gli Aletini, i Baslerbini, i Neretini, i Valentini, e i Vereliui.
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ia. Segue la quarta regione delie pid XVII. ia. Sequitur regio quarta gentium vel XVII. fortissimarum Italiae. In ora Frentanorum a valorose genti d Italia. Nella riviera de'Frentani Tiferno : flamen Triniam portuosum. Oppida : da Tiferno, il portuoso fiume Trinio. Le citt, Hbtonium, Baca, Ortona : Alernus amnis. Intus Istonio, Buca, Ortona, il fiume di Pescara. Era Anxani cognomine Frentani. Carenlini superna terra sono gli Ansani, detti Frentani, i Carenlini disopra e quei disotto, i Lanuesi : i Tealini dei tes, et infernates, Lanuenses : Marrucinorum
C. PLINII SECONDI Teakini : Pelignorura Corfiniense, Sopereqoani, Solmopen*es : Marsorara Amantini, Atinates, Facente, Locenses, Maruvii : Albentium Alba ad Focinom lacum : Aeqaiculanorum Cliternini, Carseolani : Vestinorum Angolani, Pinnenset, Peltuinetes, quibus junguntur Aufinates Cismon tani : .Samnitium, quos Sabellos, et Graeci Seunitas dixere* colonia Bovjenum vetus, el alterum cognomine Undecumanorum. Aufidenates, Esernini, Fagifulani, Ficolenses, Saepinates, Treventinates: Sabinorum Amiternini, Curenses, Forum Decii, Forum Novum, Fidenates, Interamnates, Nnrsini, Nomentani, Reatini, Trebulani, qoi co gnominantor Mutusceei, et qui Suffenates,Tiburtes, Tarinates. In hoc situ ex Aequicolis interiere Comini, Tediate, Acedici, Aliatemi. Gellianus auctor est, lacu Fucino haustura Manorum oppi dum Archippe,conditum a Marsya duce Lydorum: iiem Vidicinorum in Piceno deletum a Romanis, Valerianas. Sabini (ut quidam existimavere, a religione et deorum culto Sevini appellati ) Veli no accolant lacu, roscidis collibus. Nar amnis exhaurit illos sulphurei aquis. Tiberim ex his petent replet, e monte Fiscello labens, joxta Va cunae nemora et Reate in eoedera conditus. At ex alia parte Anio, io monte Trebanorum ortos, lacus tre amoeoi tate nobiles, qui nomen dedere Sublaqueo, defert in Tiberim. In agro Reatino Cutiliae lacuna, in quo fluctuet insula, Italiae umbilicum esae M. Varro tredit. Infra Sabinos Letum est, a latere Picenam, a tergo Umbria, Apenaioi jugi Sabino utrimque vallantibus.
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Marrucini : i Corfinteu dePeligni, i Soperequani e i Sulmooesi : gli Aosantini de* Marsi, gli Atinati, i Fucent i, i Lucesi, i Maruvii : AJba degli Albesi appresso il lago Fucino : i Cliternini degli Equiculani, i Carseolani : gli Angulani de* Vetiini, i Pi noesi, i Peltoinati, con i quali si congiuugono gli Aufinati di qna da1 monti : de Sanniti, i quali furono chiamati Sabelli, e dai Greci Sanniti, colo nia Bovian vecchio, e l'altro detto degli Undecu mani. Gli Aufidenati, gli Esernioi, i Fagifulaoi, i Ficolesi, i Sepinati e i Tre ventinati : de* Sabini, gli Amitermini, i Curesi, foro di Deeio, Foroooovo, i Fidenati, luteranno, Norcia, Nomento,Rie le, Trebola cognominata Mutusca, e i Suflenati, Tivoli, Tarma. In questo aito degli Equieolt sono periti i Comini, i Tediali, gli Acedioi, gli Alfaterni. Scrive Gelliano, che nel lago Fucino profond Archippe, edificato da Marsia capitano de Lidi : Velerieno afferma, che i Romeni disfeoer Vidicv noro nel paese di Piceno. I Sabini ( secondo che alcuni stimarone, dalla religione e dal colto degli dei,chiamati Sevini),abitano eoi Ughi Vettni,dove hanno i freschi e raggiadosi poggi. E quivi il fiume delle Nere gli vuota con le sue acque ingol fate e riempie d'esse il Tevere, uscendo del monte Fiscello, presso a bosohi di Vacane e Riete ne*medesimi nascosto. Ma d altra parte 1' Aniene, nato nel monte de Trebani, porla seco nel Tevere tre bellissimi laghi, i quali diedero il nome a Subiaco. Scrive M. Varrone, che nel territorio di Riete il lego di Cutila dove ano isola ondeggia, e chegli il messo dell Italia. D i sollo a Sabini il Lesio, da lato il Piceno, da dietro l ' Umbrie ; e i gioghi dell' Apennino dalTona filtr a parte chiudono i Sabini.
Q ortrrA u e t o r a
d * I ta l ia .
Qoiwta
I t a l ia e
ascio.
i 3. La quinta regione del Pfeeoo, XVIII. i> Quinta regio Piceni est, quondam XVIII. 8. dove gi fu grandissimo numero di gente, per uberrimae multitudinis. Trecenta l x millia Picen tiam in fidem populi Romeoi venere. Orti sunt a ciocch treoentoseuanta mila Pieenti vennero gi alla divosione del popolo Romano. Esei eb Sabinis voto vere sacro. Tenuere ab Aterno am ne, ubi mme ager Adrianas, et Adria colonia a bero origine da Sabini, per voto di primavera aera. Tennero dal fiume di Peteere, dov ora mari vn pass. flumen Vomennm, ager Praetu il territorio dAdrie, e la colonia dAdrie, te li tianus, Palmensiaqoe. Item Castroni Novum, flu miglia discosto dal mere, il fiume Vomano, i l men Batinum, Truentum cum amae : quod solum Liburnorum in Italia reliquum est. Flumina, Al- territorio Pretusiano ed il Palmese. Similmente Ceslelouovo, il fiume Belino e la citl di Tron pulates, Sninura, Hei vinum, quo finitur Praetu to col fiume del medesimo nome ; le qual citt tiana regio,et Picentium incipit. Cupra oppidum, castellum Firmanorum : et super id colonia Ascu sola rimene oggi de Liburni in Italie. I fiumi, lum, Piceni nobilissima. Intus, Novana : io ora, rAlpulate, il Suino e l Elvino, dove finisce la region Pretusiane, e incomincia il Piceno. Copro Cloana, Potentia, Numana, a Siculis coodite. Ab iiadem colooia Ancona, adpoeita promontorio citt, castello de Fermani, e sopra eseo la colo Camero in ipso flectenti *e orae cubito: a Gar nia d Assoli, nobilissima del Piceno. Fra terra, gano c l x x x u i v pes. Intuc Amimele, Beregra- Novena. Alla riviera, Claana, Poleosia, N u n aaa oi, Cingulani, Caprenses cognomine Montani? edificala da Siciliani. Dai medesimi fo fatta lo
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Falarienses, Paosolani, Pleoinenses, Ricinenses, Septcmpedani, Tol leo lio ates, Triacenses, urbs Salvia Polka lini.
colonia d'Ancooa appresso il promontorio Ca mero nel gomito stesso della riviera, che si piega lontano dal monte Gargano cent'ottantatr mi* glia. Fra terra Osirao, Veregra, Cingoli, i Capresi cognominati Montani, Falariesi, i Pau sala oi, i Pleoinesi, i Ricinesi, i Settempedani, i Tollenti nati, i Triacesi, la citt Salvia e i Pol lentini.
L a sbsta b b g io r b 0 ' I t a l i a .
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Emoto.
XIX. 14. Jungitor his sexta regio, Umbriam complexa, agromqoe Gallicam circa Ariminum. Ab Ancona Gallica ora incipit, Togatae Galliae cognomine. Siculi et Liburni plurima ejos Iractus tenoere, in primis Palmensem, Praetutianam, Adrianumque agrum. Umbri eos expulere, hos Etraria, haoc Galli. Umbrorom gens aoliqoissima Italiae existimator, ut qoos Ombrios a Grae cis pateo! dictos,quod inundatione terrarum im bribus superfuissent. Treceni a eorum oppida sci debellasse reperiunlur. None in ora flumen Aesis, Seoogallia, Metauros flavius : coloniae, Fa num Fortunae, Pisaorum coni amoe. E l iotos Hispellom, Tuder. De cetero Amerini, Attidiates, Asirinates, Arna tes, Aesioales, Camertes, Casuentillani, Carsolaoi, Dolates cognomine Salentini, Folginales, Foroflaminienses, Forojolieoses, co gnomine Concopieoses: Forobrenlani, Forosempronienses, Igaini, Interamnates, cognomine Nar tes: Mevanates, Mevanionenses, Matilicates: Nar nienses, qnod oppidum Neqoioom aotea vocatam est : Nacerini, cognomine Favonieases, et Camellaai: Ocricolaoi, Ostrani, Pitolani, cogoomioe Pisuertes, ct alii Mergentini: Pelestini, Seminales, Sarsinales, Spoletini, Suarani, Sestioates, Suillates, Tadinates, Trebia tes, Toficani, Tifernales, cognomine Tiberini, et alii Metaoreoses: Verfooicates, Urbinates, cognomine Melaorenses, et alii Hortenses: Vellinenses, Vindinates, Viventani. Io hoc sita interiere Feliginates, et qoi Clnsiolam tenoere supra Ioteramnam: el Sarranates, cum oppidis, Acerris, qoae Vafriae cognominabantor, Taracelo, qaod Vetriolum. Idem SolinaWs, Soriales, Fallieoates, Apienoales. Interiere et Arienates cam Crinovolo, et Usidicani, et Piangense, Pisinates, Coeleslini. Ameriam suprascriptam Cato ante Persei bellam conditam annis DOGCCLXiv prodidit.
* O c t a v a I t a l i a * b b g io * : 0 1 P a d o .
XIX. 14. Congiugnesi a queste la sesta re* gione, la qoale abbraccia Umbria, il territorio Gallico intorno A rimino. Da Ancona comincia la riviera Gallica, detta Gallia togata. 1 Siciliani e i Libami possederono gi molti laoghi di questo paese, e massimamente il territorio Palmense, il Pretoriano e Adriano. Gli Umbri gli cacciaron poi; questi furon cacciati da'Toscani, i Toscani da' Galli. Sono stimati gli Umbri popoli antichissimi d1 Italia, tenendosi ebe sien chia mati Ombri da* Greci, perciocch rimasero dopo innondazioni del mondo per le piogge. Tro vasi, che i Toscani s*insignorirono gi di tre cento loro citt. Ora alla riviera v ' il fiome Esi, Sinigaglia, il fiome Metauro, la colonia di Fano, Pesaro col fiome del medesimo nome. E fra terra Ispello e Todi. Segoe dipoi Amelia, Atlidia, Asirina, Amate, lesi, Camerino, Caraco llila, Carsola, i Dolati delti Salentini, Fuligno, Foroflaioinio, Foroiolio, detto Coneobino, Forobremizio, Fossombrono, Ingoino, Terni, Mevana, Mevagnia, Matelica, e Narni,che gi si chiam Nequino : Nocera detta Favonio, Camelia, Ocricoli, Oslra, Pilulo delta Pisuerte,ed altri Mergentini : Pelestino,Sentino, Sarsina,Spoleto, Soara,Sestina, Suillali, Tadinati, Trebiati, Tuficani, Tifernati, delti alcuni Tiberini ed alcuni Melauresi : Vesionicati, Urbioali, cognominati alconi Melauresi ed altri Orlesi : Vezzionesi, Vindioali, Viventan. In questo silo sono mancali i Feliginati, e quei che abitarono Clusiolo sopra Terni : e i Sarre nati, con la citt d Acerra, che si chiamava Vafria, e Turocelo, detto Velriuolo. E similmeote i Solinati, i Suriati, i Fallienati, gli Apiennali: e gli Arienari con Crinovolo, gli Usidicani, i Plagesi, i Pisinati ed i Celestini. Scrive Catone, che la soprascritta Amelia fu edificata novecentose* santaquatiro acni ionaozi la guerra di Perseo.
O t t a v a b b o i b b d I t a l i a . D b l
ruma Po.
XX. i 5 . Oolava regio determinator Arimino, Pado, Apennino. In ora fluvias Crastamiam, Arin im a colonia cam amnibas Arimino et A prosa. FJavios hinc Rubico, quondam finis Italiae. Ab eo
XX. i 5 . L ottava regione terminata dAri mino, dal Po e dall'Apennino. Alla riviera v il fiume Croslumio, Arimino colonia eoa due fiumi, l'uno Ia Marecchia e l altro l'Apruaa. Dipoi il
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Sapi, et Vili, et Anemo: Raveoua Sabiaorom oppidam, cum amne Bedese, ab Ancona cu m paas. Nec procul a mari Umbrorum Batrium. lu tus coloniae: Bononia, Felsina tocitala, quam princeps Etruriae esset: Brrxillum,Mutina, Par ma, Placentia. Oppida: Caesena, Claterna, Forum Clodii, Livii, Popilii, Truentinorum, Cornelii, Licini, Faventini, Fidenlini, Otesini, Padinales, Regienses a Lepido, Solonate, salt usque Galliani qui cognominantur Aqainates:l'anetani, Veliates, cognomine Vederi Regiates: Ombrali les. In ho'c tractu interierunt Boji, quorum tribus cxn fuis se auctor est Cato : itero Senones, qui ceperant Romam.
16. Padus e gremio Vesuli montis celsissimum io'cacumen Alpium elati, finibus Ligurum Vagieunorum, tisendo fonte profluens, condensque sese cuniculo, et in Forotibiensium agro iterum exoriens, nulli amnium claritate inferior: Graecis dictus Eridanus, ac poena Phaethontis illustratus. Augetur ad Canis ortus liquatis nitibus: agris quam navigiis torrenlior, nil tamen ex rapto sibi vindicans,atque ubi liquit agros, ubertate largior: trecentis n pass. a fonte addens meatu duodeno naginta,nec amnes tantum Apenninos Alpinosque navigabiles capiens, sed lacus quoque immensos in eum sese exonerantes, omni numero xxx flurniua in mare Adriaticum defert. Celeberrima ex iis, Apennini latere jactum Tanarum : Trebiam, Placentinum, Tarum, Inciam, Gabellum, Scullennam, Rhenum: Alpium tero Siuram, Morgum, Durias duas, Sessiten, Ticinum, Lamhrum, Adduam, Olium, Mincium. Nec alius amnium tam brevi spatio majoris incrementi est. Urgetur quippe aquarum mole, et in profundum agitur, gravis terrae, quamquam deductns in flumina, et fessas inter Ravennam Altinumque per cxx pass. tamen qua largius vomit, septem maria di tius facere.
Augusta fossa Ravennam trahitur, ubi Padusa vocatar, quondam Messanicus appellatus. Proxi mum inde ostinm magnitudinem portus habet, qui Vatreni dicitor, quo Claudius Caesar e Bri tannia triumphans, p r a e g r a n d i illa domo verius quam nave intravit Adriam. Hoc ante Eridanum ostium dictam est, aliis Spinelicum, ab urbe Spi na, qaae fuit jaxta, praevalens, nt Delphicis cre ditam est thesauris, condita a Diomede. Auget ibi P dom Vatrenus amnis, ex Forocorneliensi agro.
fiume Rubicone gi confine d* Italia. Appresso il Satio, il Vili e Anemone: Ravenna citt deSabini col fiume Bedese, discosto d'Ancona cento due miglia , e poco lontano del mare Butrio degli Umbri. Fra terra, Bologna colonia, detta Felsioa, quando ella era capo della Toscana; Brescello, Modena, Parma, Piacenza. Le citt, Cesena, Claterna, Foroclodio, Forl, Forlimpopoli, Brettinoro, Imola, Forolicini, Faenza, Fidenzia, Otesini, Pedinati, Reggio di Lepido, Solonati e i boschi Galliani, che sono detti Aqui nati: Tanetani, Veliati, cognominati Velieri, Reggiati, ed Umbranati. In qoesti luoghi sono mancati i Boii, le trib de* quali, come scrive Catone, furono cento dodici : e i Senoni ancora, che avevan presa Roma. 16. Esce il Po del grembo al monte Vesulo altissimo, e da fonte eccellente, scorrendo per il paese de Ligari Vsgienni : dipoi * asconde sotterra, e di nuovo esce fuora nel territorio de Forovibiesi, e non cede a verun altro fiume: da Greci detto Eridano, ed i illustrato per 10 gastigo di Fetonte. Ingrossa nel nascimento della Canicola, quando si slruggon le nevi ; ed pi rapido per li campi, che per li navili, ma non per s'appropria nulla di quel che to glie : e dove lascia i campi, quivi rimane pi grasso e pi civizioso. Trecento miglia va lon tano dal fonte, e ne aggiugne ottantotto per le giravolte. N solamente riceve in si i fiumi navigabili dell'Apennino e dell Alpi, ma ancora grandissimi laghi, che si scaricano in esso; e finalmente porta trenta fiumi a novero nel ma re Adriatico. 1 pi celebrati di qoesli fiumi dal lato dell' Apennino sono il Tanaro, la Trebbia, 11 Piacentino, il Taro, 1 Enza, la Secchia, Pana ' re ed il Reno. Quei dell' Alpi sono, la Stura, il Morgo, due Dor, la Sesia, il Tesino, il l*arubro, lAdda, lOlio ed il Mincio. N valcuno altro fiume, che in cos poco spazio sia di maggior crescimento. Egli viene spinto dalla gran furia dell'acqua, e profondasi ; grate alla terra, ben ch sia diviso in fiumi, ed in fosse fra Ravenna ed Aitino centoventi miglia : ma nondimeno, perch mollo largamente manda fuori, ai dice che fa sette mari. Per nna stretta fossa tirato a Ravenne, dove si chiama Padusa, chiamato gi Messanico. Dipoi la prossima foce ha grandezza d i porto, il qual si chiama Vatreno, per dove Claudio im peratore trionfiindo dell Inghilterra, con quella piuttosto grandissima casa, che navilio, entr nel mare Adriatico. Questa foce gi fu chiamata Eridano, e da tienili Spinetico, per 1 citt di Spina, che vera presso, possente per li tesori di Delfo, come gi fa creduto, che fo edificata
Ut
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Proximum inde osliam Caprasiae, dein Sagis, inde Volane, quod aule Oboe vocabatur. Omnia ea flamina, fossasque, primi A sagi fecere Tosci: egesto amnis impetu per transversum in Atrianoram paludes quae septem maria appellantur, nobili portu oppidi Tuscorum Atriae, a quo Atriaticam mare ante appellabatur, quod nunc Adria(icam. lude ostia pleoa,Carbonaria, ac fossiones Philislinae, quod alii Tartarum vocant : omnia ex Philislinae fossae abundatione nascentia: acce dentibus Atesi ex Tridentinis Alpibus, et Togiso* no ex Patavinorum agris. Pars eorum et proxi mam portum fecit Brundulum, sicut Edrooem Medaaci duo, ac fossa Clodia. His se Padus miscet, se per haec effunditur, plerisque, ut in Aegypto Silus, quod vocant Delta, triquetram figuram in ter Alpes alque oram maris facere proditus stad. duum m circuitu. Pudet a Graecis Italiae ratio nem mutuari. Metrodorus tamen Scepsius dicit, qoouiam circa fontem arbor multa sit picea, qua les gallice vocentur Padi%hoc nomen accepisse. Ligurum quidem lingua amnem ipsum Bodin cum vocari, quod significet fundo carentem. Cui argomento adest oppidum Industria, vetusto no mine Bodincomagum, ubi praecipua altitudo incipit:
da Diomede. Quiri cretee il Po per il fiume Va treno, che viene dal territorio d Imola. Dipoi la prossima foce Caprasia, poi Sago, poi Volana, che prima si chiamava Olane. Tutti qoe fiumi e fosse furono fatti da' Toscani Asagi, i quali derivarono la furia del fiume per traverso nelle paludi degli Atriani, le quali si chiamano i sette mari, col nobil porto d'Atria citl de'Toscani, dalla quale per avanti si chia mava mare Atriatico, quel ch'ora delio Adria tico. V' poi la foce piena, Carbonara, e le fossone Filisline, che alcuni chiaman Tartaro; le quali nascon lutle dall'abbondanza della fossa Filisi ina, entrandovi dentro due fiumi, l'Adige, che viene dall'Alpi di Trento, e il Togisono del contado di Padova. Una parte di loro fece il prossim porto di Brondolo, siccome i due Meduaci, e fossa Clodia fecero l ' Edron. Con questi si me scola il Po, e per essi il pi delle volle si spande, come in Egitto il Nilo, dove si chiama Della ; e dicesi che fa tra l'Alpi ed il mare una figura triangolare di dugenlocinquanta miglia per cir cuito. Io mi vergogno pigliar da'Greci la ragione d 'ilalia. Nondimeno Metrodoro Scepsio dice, perch d'intorno alla fonte di questo fiume sono di molli alberi, che fanno la ragia, la quale in lingua Gallica si chiama Padesy il Po aver prese questo nome di P aio: e che nella lingua de' Li guri questo fiume si chiama Bodinco, che vuol dire senza fondo. Della qual cosa ne fa testimo nio la citl d 'Industria, che gli appresso, la quale anticamente si chiam Bodincomago, dove comincia la sua gran profondit.
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17. Da questo fiume tutta la regione si XXI. 17. Transpadana appellatur ab eo regio XXI. chiama Transpadana, tutta mediterranea, alla undecima, tota in mediterraneo, cui maria cuuquale ci che ha il mare porta il Po col frut e U fructuoso alveo importat. Oppida : Vibiforum, tuoso suo letlo. Le citl d'essa sono: Vibiforo e Segusto. Coloniae ab Alpium radicibus, Augusta Susa. Le colonie dalle radici delle Alpi, Augusta Taurinorum, anliqoa Ligurum stirpe, inde navi de'Taurini, antica stirpe de'Liguri ; e quivi co gabili Pado. Dein Salassorum Augusta Praetoria, juxta geminas Alpium fores Grajas atque Peninas. mincia il Po a navigarsi. Dipoi Augusta pretoria de' Salasi, posta presso alle due foci delle Alpi, His Poenos, Grajis Herculem transisse memoraot. Oppidom Eporedia, Sibyllinis a populo Romano cio le Graie e le Penine. Da queste dicono che coodiium jussis.Eporedicas Galli bonos equorum passarono gli Africani, e dalle Graie Ercole. Evvi la citt d' Eporedia, la quale fu edificata dal po domitores vocant. Veroellae Libycorum exSallupolo Romano per comandamento de' libri Sibil viis ortae, Novaria ex Vertacomacoris, Vocontio lini. 1 Galli chiamano Eporediche i buoni doma rum bodieqne pago, non ( ut Cato existimat) Litori de cavalli. Vercelli edificata da'Salii, popoli forum: ex quibus Laevi et Marici condidere Tici num, non procul a Pado : sicut Boji transalpibus della Libia, Novara da' Vertacomacori, ed oggi villaggio de'Voconzii, non (come vuole Catone) profecti Laudem Pompejam, Insubres Mediola num. Orobiorura stirpis esse, Comum, atqne Ber de' Liguri, de' quali i Levi ed i Marici edifica gomum, e t Liciniforum, e t aliquot circa populos rono Ticino, poco discosto dal Po, siccome i Boii, awclor est Cato : sed originem gentis ignorare se i quali vennero di qua dalle Alpi, fecero Lodi, e
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fatetur, quum docet Cornelius Alexander ortam Graeci, interpretatione etiam nominis, vitam ia montibus degentibus. In hoc situ interiit oppi dam Orobioram Barra, unde Befgomates Cato dixit ortos, etiamnum prodente se altius qaam fortunatius situra. Interiere et Caturiges Insu brum exsules, et Spina supra dicta. Item Melpum opulentia praecipuum, quod ab Insubribus, et Bojis, et Senonibos deletam esse eo die quo Ca millus Vejos ceperit, Nepos Cornelius tradidit.
gl*Insubri Milano. Scrive Catone, che Como e Bergamo e Licinoforo, ed alcuni altri popoli all1 intorno sono della stirpe degli Orobi : ma confessa bene di non sapere la origino di quella nazione, la quale, secondo Cornelio Alessandro, venne di Grecia per la interpretazione ancora del nome, perch vivon ne* monti. In questo sito mancala Barra, citt degli Orobi), onde Catone disse esser nato Bergamo, il quale oggi dimostra ancora essere pi alto di silo, che fortunato. Mancarono ancora i Catarigi fuoruscili degl' In subri, e Spina sopraddetta. E similmeole Melpo, citt ricca, la quale scrive Cornelio Nipote, che fu rovinata dagl* nsubri e Boii e Senoni, quel giorno che Camillo prese Veio.
'D ecim a. I t a l i a e r e g i o *.
R s o io h b d e c is a d I t a l i a .
18. Segue la decima regione d'Italia^ XXII. 18. Seqnitur decima regio Italiae, A- XXII. driatico mari adposita: cujus Venetia: florias posta sul mare Adriatico, chiamata Venezia, il Silis ex montibas Tarvisanis. Oppidam Altinum, cui fiume il Sile nato dalle montagne di Tre vigi. Evvi la citt d'Altino, il fiume della Liflamen Liquentia ex montibus Opiterginis, et portus eodem nomine : colonia Concordia : fla T e n ia da monti d* Uderzo, ed il porto del me desimo nome: Cooeordia colonia, il fiume e porto mina et portas, Romalinura, Tiliaventum majus, minusque, Anassum quo Varranus defluit: Alsa, di Romazio, il Tagliamento maggiore e minore, Natiso, cura Turro, praefluentes Aquilejam colo e PAnasso, dove scorre Varrano: lAlsa, il Nati niam, xn 11 pass. a mari sitam. Carnorum haec re sene insieme col Tarro, quali corrono presso gio, junctaque Iapydum: aranis Timavus,castellum alla colonia dAquileia, posta dodici miglia lungi nobile vino Pucinum : Tergestinas sinas, colonia dal mare. Questa regione de Carni e dilapidi Tergeste, xxm m pass. ab Aquileja. Ultra quam, insieme : evvi il fiume Timavo : Pucino castello nobile per il vino, che ti nasce : il golfo di Trie v i 11 pass. Formio amnis, ab Ravenna c l x x x i x pass. antiqaus auctae Italiae terminus, nane vero ste, e la colonia di Trieste ventitr miglia di Jstriae: quam cognominatam a flamine Istro in scosto d'Aquilea. Di l da questa citt sei miglia Adriam effluente e Danubio amne, eodemque vi il fiume Formione, lontano da Ravenna Istro, adversum Padi fauces, contrario eoram cent'ottantanove miglia, antico termine dell* Ita percussa mari interjecto dulcescente, plerique lia accresciuta, ma ora deiristria, la quale dico dixere falso, et Nepos etiam Padi accola. Nullus no che chiamata cos dall Istro, fiume che enim ex Danubio amnis in mare Adriaticam ef dal fiume Danubio scorre in Adria all* incontro fondi lar. Deceptos credo, quoniam Argo navis delle bocche del Po ; onde il mare, eh* in quel flumine in mare Adriaticum descendit, non pro mezzo, percosso di qua e di l, addolcisce ; e cul Tergeste, nee jam constat quo flumine. B ame molli hanno falsamente ci detto, e fra gli altri ris travectam Alpes, diligenliores tradunt. Subiis- ancora Cornelio Nipote, il quale abitava sul Po. se autem Istro, deio Savo, dein Naaporto, cui Perciocch nessun fiume dal Danubio entra nel nomen ex ea cansa est, inter Aemonam Alpesque mare Adriatico. Io credo che costoro si sieno exorienti. ingannati, perch la nave d* Argo entr per on fiume nel mare Adriatico, poco lontano da T r ie ste, n si sa per qual fiume. Ma i pi diligenti scrittori dicono, ch'ella fu portata sulle palle di qua dalle Alpi, e messa nell* Istro, dipoi nel Sao, e finalmente nel Nauporto, il quale per tale cagiope fo cosi chiamato, il quale naso fra Emona e le Alpi.
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IsTftlAB
SITU KT POPOLI.
XXIII. 19. Istria, ut peninsula, excurrit. Lati XXIII. 19. L' Istria corae penisola scorre ; la tudinem ejus x l n pass., circuitum vero cixu 11 cui latitudine, secondo alcuni, quaranta miglia, prodidere quidam. Itera adhaerentis Liburniae e il circuito centoventidue. E cos della Libur et FJanatici sinu. Alii Liburniae c l x x x x . Non nia, che con lei confina, e del golfo Flanatico. nulli in Flanaticum sinum Iapydiam promovere, Alcuni, della Liburnia cent ottanta miglia. Al a tergo Istriae, cxxx u pass. Dein Liburniam cuni pongono U lapidia nel golfo Flanatico, alle c l u fecere. Tuditauus, qui domuit Istros, in slaspalle dell' Istria centotrenta miglia. Dipoi fe tua sua ibi inscripsit, ab Aquileja ad Titium flu cero la Liburnia di centocinquanta : Toditano, men slad. m Oppida Istriae civium Romanorum che dom gl Istriani, scrisse nella sua statua . Aegida, Parentium : colonia, Pola, quae nunc quivi, da Aquilea al fiume Tizio venticinque mi Pietas Julia, quondam a Colchis condita. Abest glia. Le citt dell lslria di cittadini Romani sono. a Tergeste c 11 pass. Mox oppidum Nesactium : Egida e Parenzo : colonia Pola, la quale si chia et nunc finis Italiae fluvius Arsia. Polam ab An ma ora Piet Giulia, edificata gi da' Colchi. E cona trajectus cxx 11 pass. est. lontana cento miglia da Trieste. Evvi poi la citt di Nesaltio, e il fiume Arai ora fine d Italia. D Ancona a Pola c un passaggio di centoventi miglia. In mediterraneo ragionis decimae, coloniae : Nel mediterraneo della decima regione sono Cremoua, Brixia,Cenomanorum agro; Venetorum colonie, Cremona, Brescia, nel territorio de Ce autem, Ateste, et oppida Acelum, Patavium, Opinomani ; ma in qoel de Veneti Este, e le citt tergium, Belunnm, Vicetia : Mantua l uscorum Acelo, Padova, Uderzo, Beluno, Vicenza : Manto trans Padom sola reliqua. Venetos trojana stirpe va la quale sola de* Toscani resta di l dal Po. ortos, auctor est Cato: Cenomanos juxta Massi Scrive Catone, che i Veneti hanno avoto origine liam habitasse in Volcis. Fertini, et Tridentini, dai Troiani, e che i Cenomani abitarono appres et Beroenses, Raetica oppida: Raetorom et Eu so a Marsilia nel paese dei Volci. Feltrini, Tren ganeorum Verona, Julienses Carnorum. Dein tini e Bernesi, citt Retice ; e Verona de Reti quos scrupulose dicere non attineat, Alutrenses, e degli Euganei, i Giuliesi de Carni. Dipoi al Asseriates, Flamonienses, Vannienses, el alii co cuni, che scrupolosamente non monterebbe gran gnomine Culici: Forojulienses,cognomine Trans fatto a nominargli, gli Alulresi, gli Asseriati, i padani, Foret ani, Venidates, Quarqueni, TauriFlarooniesi, i Vauniesi, e altri detti Culici : i Fosaoi, Togienses, Varuani. In hoc situ interiere roiuliesi cognominati Transpadani, i Foretani, i per oram tramine, Pellaon, Pallicium : ex Vene Venidati, i Quarqueni, i Taurisani, i Togiesi e i tis Atina et Caelina : Carnis, Segeste et Ocra : Varuani. In questo sito sono mancati per lo paese Tauriscis Noreia. Etab Aquileja ad duodecimum tramine, Pellaone, Palsicio: de Veneti A lina e lapidem, deletum oppidum etiam invito senatu, Celina : de Carni, Segesle e Ocra : de Tanrtsci, a Claodio Marcello, L. Piso auctor est. In hac Norea. E lontano dodici miglia da Aquilea fu regione et undecima lacus inclyti sunt, arqnesque disfatta una citt da M. Claodio Marcello, contra eorum partus aut alumni : si modo acceptos red la volont del senato, come scrive Lucio Pisone. In questa regione sono ancora dieci bellissimi dunt, ut Addoam Larius, Ticinum Verbanus, Mincium Benacus, Ollium Sebinus, Lambrnm laghi, e i fiumi lor figliuoli, o allievi ; se pur si Kupilis, omnes incolas Padi. riconoscon venire da essi ; siccome il lago di Co mo, che fa l Adda; il lago Maggiore, il Tesino ; il lago di Garda, il Menzo; il lago Sebino, lOIIio ; e il lago d Is, il Lamhro, e tutti questi entrano nel Po. Scrive Celio, che la longitudine dell Alpi Alpes in longitudinem x pass. patere a supe ro mari ad inferum, Caelius tradit : Timagenes dal mare Adriatico al Tirreno, dieci miglia, T i magene dice ventidue, e la latitudine, secondo xxn m pass. deductis : in latitudinem autem Cor nelius Nepos centum m. T. Livius tria m stadio Cornelio Nipote, cento miglia. Tito Livio tre mila stadii : l uno e laltro in diversi luoghi. Percioc rum : uterque diversis in locis. Nam et centoni millia excedunt aliquando, ubi Germaniam ab ch passano talora cento miglia, l dove partono Italia submovent: nec l x x n explent reliqua la Germania dall Italia, n arrivano a settanta su i partejraciles, veluti naturae providentia. La- miglia nellaltra parte loro,assottigliandosi mollo,
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titudo Italiae, subter radices earam a Varo, per vada Sabatia, Taurinos, Comum, Brixiam, Vero nam, Vicetiam, Opitergium, Aquilejam,Tergeste, Polam, Arsiam, d c c x m i millia passuum colligit.
quasi che ci sia provvidenza di natura. La latitudine d* Italia sotto le radici loro dal Varo per Vada, Torino, Como, Brescia, V erona, Vi cenza, Oderzo, Aquilea, Trieste, Pola e Arsia, seltecentoquarantadue miglia.
D e l l 'A l p i, e db1popoli A l p ib i.
A l p ic m , e t g e n t iu m A l p i iu h c m .
XXIV. ao. Incolae Alpium multi populi, sed XXIV ao. Molti sono i popoli, che abitano nell Alpi, ma gl* illustri da Pola alla regione di illustres a Pola ad Tergestis regionem Secasse*, Subocrini, Catali, Meuocaleni : juxtaque Carnos Trieste sono i Secassi, i Subocrini, i Calali, i quondam Taurusci appellati, nunc Norid. His Menocaleni, e appresso alla Carnia quei cbe gi contermini Raeti et Vindelici, omnes in mullas si chiamarono Taurisci, e ora Norici. Confina no con questi i Reti, i Vindelici, tutti divisi in civitates divisi. Raetos Tuscorum prolem arbi molte citt. Tiensi che i Reti abbiano avuto ori trantur, a Gallis pulsus duce Raeto. Verso deinde gine da* Toscani, scacciati da* Galli, essendo Reto Italiam pectore Alpium, latini juris Eoganeae lor capitano. Volto dipoi il petto dalPAIpi all* Ita gentes, quarum oppida xxxiv enumerat Cato. Ex iis Trinmpilini, venalis cam agris suis populus : lia, vi sono i popoli Eugaoei della medesima au dein Camuni, compluresque similes finitimis torit e privilegio che i Latini, le cui citt, secon do il conto di Catone, son trentaqualtro. Fra adtribnti mnnicipiia. (pontios et Salassos, Tauriscae gentis idem Calo arbitratur. Ceteri fere questi sono i Triumpilini, popolo venduto Insie me col suo paese : dipoi i Camuni, e molti altri Lepontios relictos ex comitato Herculis, interpre tatione graeci nominis credant, praeustis in simili, attribuiti a'vicini castelli. Il medesimo Catone tiene che i Leponzii, e i Salassi abbiano transitu Alpium nive membris : ejusdem exerci tus et Grajos fuisse, Grajarum Alpium incolas, origine da* Taurisci. Altri scrittori dicono, che i praestantesque genere Euganeos, inde tracto Leponzii siano stati lasciati dalla compagnia d'r nomine. Capat eorum Stoenos : Raetorum Venno- cole, e ci per la interpretazione del nome gre netes, Sarunetesque ortus Rheni amnis accolunt : co, avendo quasi perduto le membra per lo fred Lepontiorum, qui Viberi vocantur, fontem Rho do nelTAlpi. Tengono ancora, che di questo me dani, eodem Alpium tracta. Sunt praeterea Latio desimo fossero morti i Graii posti nel passaggio, donati incolae, at Octodarenses, et finitimi Cen abitatori dell* Alpi Graie, e gli Euganei persone trones, Cotliaaae civitates: Caturiges, et ex molto nobili, che di qui presero il nome. Capo Caturigibus orti Vagienni Ligures, et qui Alonta di questi sono gli Steni. De* Reti i Vennoni e i ni vocantur: Capillatorumque plura genera ad Saruneli, i quali abitano dove nasce il Reno : dei Leponzii quei che si chiamano i Viberi, abitano confinium Ligustici maris. alla fonte de Rodano nel medesimo tratto dello Alpi. Son vi ancora altri abitatori, i quali hanno i medesimi privilegii e immunit dei Latini, sic come sono gli Ottodnresi, e i lor vicini Centroni, citt Cottiane : i Caturigi e i Vagienni Liguri discesi da* Caturigi, e quegli che si chiamano Montani; e molti geoeri de*Capillati a*confini del mar Ligustico.
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Non alienum videtur hoc loco sobjioere in scriptionem a tropaeo Alpium, quae talis est:
Non mi pare fuor di proposito mettere in questo luogo una inscrizione del trofeo dell* Al pi, la quale questa : 1 iraperador Cesare, figliuolo di Giulio Ce sare, Augusto, Pontefice massimo, Imperadore, stato quattordici volte tribuno, il senato e po polo Romano ha fatto questo onore, perch sotto la condotta e autorit di lui tutti i popoli delle Alpi dal mare Adriatico al mar Tirreno vennero alla ubbidienza del popol Romano. I popoli delle Alpi soggiogati sono, i Triurapilini, i Camuui, i Venesti, i Vennoneti, gli lsarci, i Breuni, i Nanni, i Focanati : quattro popoli di Vindelicia; i Consuaneti, i Virucinaii, i Licati, i Catenati : gli Abisonti, i Rugusci, i Suaneti, i Caluconi, i Brizenti, i Lepontii, i Vi beri, i Nantuati, i Seduni, i Ve ragri, i Salassi, gli Acitavoni, i Medulli, gli Uceni, i Caturigi, i Brigiani, i Sogionzii, gli Ebroduntii, i Nemaloni, gli Edenati, gli Esubiani, i Veamini, i Galliti, i Triulatti, gli Ettini, i Vergunni, gli Eguiluri, i Nementuri, gli Oratelli, i Nerusi, i Velauni, i Suetri.
s. v . q . a .
QVOD BJVS DVCTV AVSPIC1ISQVB G BITTE* ALPIRAB OMRBS, Q f AB A A B I I T P U O AD IHFERVM PBRTIHEBAST. SVB IM PBU V X POP. BOB. SVRT REDACTAB. GBRTBS ALPIRAB DBVICTAB : T B IV lIP lL IIfl, CAKVR1, VB5ESTBS, VBRHORBTBS, ISARC1, BBBVRI, SAVNE3, FOCVRATBS : VIRDBLICOBVM GBRTBS QVATDOR, CAHSVARBTBS, VIRTC1HATES, LICATBS, CATBRATBS : ABISORTBS, BVGVSC1, STARBTBS, CALVCORBS, BBIXBRTBS, L tPO R T II, TIBBBI> RAJITVATBS, SSD V M , VERAGRI, SALAMI, AC1TA VORES, MBDVLLI, VCBHI, CATT R IG E , B IG IA R I, SOGIORTIl, EBBODIORT1I, RKJSALORI, BDBR4TBS, BSVBIARI, VSAMI NI, GALLITAE, TB IT LA TTI, BCTIR1, VBBGVRRI, BGVITTBI, RBMBHTVB1, OBATBLLI, RB RV 5I, VBLAVBI, SVETRI.
Noai sunt adjectae Cottiaoae civitates xn, qoae n on fuerant hostiles : item adtribatae municipiis leg e Pompeja. Baec est Italia diis aera, hae gentes ejus, haec oppida popalorom. Saper haec Italia, L. Aemilio Paulo, C. Atilio Regalo consalibas, nuo tis to Gal lica tumulto, sola sine externis ollis auxiliis,atque etiam tunc sine Transpadanis, eqaitom l x x x m , peditam d c c 11 armavit. Metallorum omniam fertilitate nallis cedit terris. Sed interdictam id r e t e r e consulto patrum, Italiae parci jubentium.
Non vi sono aggiunte le dodici citti Cottiane, le quali non furon nemiche, ma attribuite a' ma nicipii, per la legge Pompea. Questa e Italia consacrata agli dei, questi i popoli suoi, e queste le citt de' popoli. Olir di ci questa quella Italia, la quale essendo con soli Lucio Emilio Paolo, e Caio Atilio Regolo, avuta la nuova del tumulto de Galli, sola senza alcuno aiuto straniero , e anco allora seoza i Transpadani, arm ottanta mila cavalli, e sette cento mila fanti. Ella non cede a verno paese di dovizia di tutti metalli. Ma ci fu interdetto per antica ordinazione de' padri, i qoali volevano che la Italia si risparmiasse.
D b l l a L ib o b r i a b d e l l ' I l l i b i c o .
L ib u b b ia b , b t I l l t b i c i .
a i . Con l Arsia si congiugne la Libor XXV. ai. Arsiae gens Liburnorum jungitur, XXV. usque ad 0 amen Titiam. Pars ejas fuere Mentore, nia, sino al fiume Tizio. Una parte d 'essa furono Hjmani, Encheleae, Dudini, et quos Callimachus i Mentori, gli Imani, gli Enchelee, i Dudini, e quegli che Callimaco chiama Peocezii: ora si chia Peacetias appellat : nane totum aoo nomine Il ma tutto con un nome solo generalmente lo Illi lyricam vocator geueratim, populomm paoca cHalu digna, aut facilia nomina. Conventum rico. Di questi popoli vi sono pochi nomi degni Scardonitauum petunt Iapydes, et Liburnorum e agevoli da parlarsi. Vanno a Scardona per ra gione i lapidi, e quattordici citti de' Liburni, civitates xiv, e qaibus Lacinienses, Stulpinos^arnistas, Albonenses nominare non pigeat. Jas dei quali non mi increseer ricordar i Laciniesi,
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C. PLINII SECUNDI
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italicum habent eo conventu Alulae, Flanates, a quibas sinat nominatur : Lopsi,Varubarini,iramunesque A ssesia les, et ex insulis Fertinale, Curi ctae. Ceterum per oram oppida a Nesactio, Alvona, Flanona, l'arsatica, Senia, Lopsica, Ortopula, Vegiurn, Argyruntum, Corinium, Aenooa civitas, Pausinos flumen, Tedanium, quo finitur Iapydia. Insulae ejus sinus cum oppidis, praeter supra significatas, Absyrtium, Arba, Tragurium, Issa : Pharos, Paros ante: Crexa, Gissa, Portunala. Rursus in continente colonia Jadera, quae a Pola c l x m pass. abest : inde triginta m Colentum insula : xvm ostium Titii fluminis.
gli Stalpini, i Burnisti, e gli Albanesi. Hanno i privilegii d1Italia in quel conveuto gli Alati, i Flanati, da*quali il golfo ha preso il nome: i Lopsi, i Varubarini, e gli Asserfati esenti, e del isole i Fulsinati e i Cariti. Nella riviera sono le citt dopo Nesattio, Alvona, Flavona, Tarsatica, Senia, Lopsica, Ortopala, Vegia, Argironto, Corinio, Enona, Pausino fiume, Tedanio dove finisce la la pidia. Le isole di quel golfo con le citt loro, oltra le dette di sopra, sono, Absirto, Arbet, Trau, Issa, Faro prima detta Paro : Cres sa, Gissa e Portunata. In lerra ferma poi v la colonia di Zara, la qaale lontana da Pola cento sessanta miglia : di l a trenta miglia P isola di Colento, e a diciotto miglia la foce del fiume Tizio.
Da u u z u .
D a u u t ia b .
XXVI. aa. Liburniae finis, et initium Dalma XXVI. aa. 11 fin della Libarnia e il principio tiae Scardona, in amne eo, xn m pass. a mari. della Dalmazia Scardona, in quel fiume dodici Dein Tariotaram antiqua regio, et castellum miglia diseosto dal mare. Dipoi la antica regione 'J'ariona : promontorium Diomedis, vel ut alii de1Tarioti, e il castello Tariona : il promontorio di Diomede, o come vogliono alcuni, Illi penin peninsula Hyllis, circuitu c m pass. Tragarium civium Romanorum, marmore notum: Sicam, sula, che gira cento miglia. Trau di cittadini Ro in quem locum divus Claudias veteranos misit. mani, famoso per il marmo : Sieo dove impera Salona colonia, ib Jadera cxxn m pass. Petant dor Claudio mand i soldati veterani. La colonia ia eam jura descripti in decurias ccclxxu Dal di Salona, lontana da Zara dagentoventidae mi glia : vanno in essa a farsi far ragione descritti matae ; xxii Decuni ; ccxxxix Ditiones ; lx ix Mazaei; lii Sardiates. In hoc tractu sunt,Burnum, in decurie trecentoseltantadue Dalmati, ventidue Mandetrium,'Tribulium, nobilitata populi Romani Decuni, dugento trentanove Dizioni, sessantanove Mezei, e cinquanladue Sardisti. In questo proeliis castella : petunt et ex insulis, Issaei, Cotratto sono, Burno, Mandetro e Tri balio, castelli lentini. Separi, Epetini. Ab his castella, Peguntium, Rataneum: Narona colonia tertii conventus, nobilitati per le battaglie del popol Romano. a Salona lxxii m pass. adposita cognominis sai Vannovi ancora dall* isole, gli Issei, i Colentini, fluvio, a mari xx m pass. M. Varro lxxxix civita i Separi, e gli Epetini. Dopo questi sono i castelli, tes eo ventitasse auctor est. Nunc soli prope Pigunzie, Rataneo : Narona colonia del terzo noscuntur Cerauni decuriis xxiv, Daorizi xvii, convento, da Salona settantadoe miglia, posta sol Daesitiales ciii, Docleatae xxxui, Deretini xiv, fiume del suo nome, venti miglia dal mare. Scrive Deremi stae xxx,Dindari xxxiii, Glmditionesxi.iv, Marco Varrone, che ottantanove citt venivano Meloomani xxiv, Naresii cit, Scirtari lxxu , Sicu quivi a ragione. Ora quasi soli si conoscono i lo lae xxiv, populatoresque quondam Italiae Var Cerauni in ventiquattro decurie, i Daorizi con daei, non amplius quam xx decuriis. Praeter hos dicesette, i Desiziati con cento tr, i Dodeati con tenuere tractum eum Oenei, Partheni, Hemasini, irentatri, i Deretini con quattordici, i Deremisli Arthitae, Armistae. A Narone amne c m pass. con trenta, i Dindari con trenlatr, i Glmdizioni abest Epidaurum colonia. Oppida civium Ro con quarantaquattro, i Melcomani con ventiquat manorum , Rhizinium, Ascrivium, Butua, 01tro, i Naresii con centodue, gli Scirtari con set chinium, quod antea Colchiniam dictum est, tantadue, i Siculo ti con ventiquattro, e i Vardei a Colchis conditum : amnis D rilo, superque gi guastatori dell Italia, con non pi che venti eum oppidum civium Romanorum Scodra, a decurie. Olir questi abitarono gi in quel luogo mari xvm m pass. Praeterea multoram Grae gli Enei, i Parteni, gli Emasimi, gli Arii ti, gli ciae oppidorum deficiens memoria, nec non et Armisti. Lontano dal fiume Narone cento miglia civitatum validarum. Eo namque tractu fuere v la colonia d* Epidauro. Le citt de' cittadini Labea tae,Enderoduni, Sassaei, Grabaei, proprie Romani sono, Rizlnio, Ascrivio, Bahia, Olchique dicti Illyrii, et Taulantii, et Pyraei. Retinet nio, che gi fu detto Colchinio, edificato daColuomen in ora Nymphaeum promontorium: Lischi : il fiume Drilo, e sopra esso Scodra citt di
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a3 . A Lisso Macedoniae provincia : gentes Partheni, el a tergo eorum Dassarelae. Montes Candaviae a Dyrrachio u x ix m pass. In ora civium Romanorum Epidamnum colonia, pro pter inauspicatum nomen a Romanis Dyrrachium appellata : flumen Aous, a quibusdam Aeas nomi natum : Apollonia, quondam Corinthiorum colo nia, vii n pass. a mari recedens: cujus in finibus celebre Nymphaeum accolunt barbari, Amantes et Buliones. At in ora oppidum Oricum e Colchis conditum. Inde initium Epiri, montes Acrocerau nia, quibus hunc Europae determinavimus sinum. Oricum a Salenlioo Italiae promontorio distat l x x x v m passuum.
cittadini Romani, lontana dal mare diciotto mi glia. Oltra di questo perduta la memoria di molte citt della Grecia, e di citt possenti. Per ciocch in quel paese furono gi i Labeati, gli Enderoduni, i Sassei, i Grabei, e quei chepropri mente son detti Illirii, e i Taulanzii, e i Pirei. Ritiene ancora il nome in quella contrada il pro montorio Ninfeo, e Lisso citt di cittadini Roma ni, lontana cento miglia da Epidauro. a3. Da Lisso comincia la provincia della Ma cedonia, i popoli Parteni, e alle spalle di loro i Dassareti. I monti di Candavia lontani da Durazzo settantanove miglia. Alla riviera Epidanno colonia di cittadini Romani, chiamata da' Ro mani Dirrachio, per rispetto del nome di cattivo augurio ch'ella avea : il fiume Aoo, chiamalo da alcuni Aea : Apollonia colonia gi de' Corintii lontana selle miglia dal mare : ne' confini della quale abitano i barbari il nobil Ninfeo, gli Aman ti e i Buiioni. Ma nella riviera v' la citl di Orico edificata da'Colchi. Quindi comincia lAl bania, e le moolagne della Cimer, con le quali ho finilo questo seno d Europa. lontana Orico da Salentino, promontorio d 'Italia,ottantacinque miglia.
N om ic i .
Noxicoxu*.
24. Alle spalle de Carni e de' lapidi, XXVII. 4 A tergo Carnorum et Iapydum, XXV 11. dove ti presenta il grande Istro, i Norici confi qua se fert magnus Ister,Raelis junguntur Norici. nano co' Reti. Le citt loro sono, Virano, Celeia, Oppida eorum : Virunum, Celeia, Teumia, Aguntum, Viana, Aemonia, Claudia, Flavium, Soluense. Teurnia, Agunto, Viana, Emonia, Claudia, Fla Norici* junguntur lacus Peiso, deserta Bojorum: vio e Soluense. Co' Norici si congiugne il lago jam tamen colonia divi Claudii Sabaria, et oppiPeiso, e i deserti de' Boii : nondimeno oggi tono du Sca rabant ia Julia habitantur. abitate Sabaria colonia di Claudio imperadore, e la citt di Scarabanzia Giulia.
P a h r o h ia b .
XXVIII. a5 . Inde glandifera Pannoniae, qua XXVIU. a5. Sono dipoi i selvosi paesi della Pannonia, per dove i gioghi dell' Alpi manco mitescentia Alpium juga, per medium Illyricum aspri per mezzo della Schiavoni voltati da tra a septem trione ad meridiem versa,molli in dextra montana a mezzo giorno, con piacevole china da ac laeva devexitate considunt. Quae pars ad mare man ritta e man manca si vengono a posare. Quel Adriaticum spectat, appellatur Dalmatia, et Illy la parte, che guarda verso il mare Adriatico, si ricum supra dictam. Ad septem triones Pannonia chiama Dalmazia, Illirico la delta di sopra. La vergit : finitur inde Danubio. In ea coloniae, AePannonia volta a tramontana, e finisce al Da mona, Siscia- Amnes clari et navigabiles in Danu bium defluunt, Dravus e Noricis violentior, Sa- nubio. In essa sono le colonie, Emona, e Siscia. Due fiumi nobili e navigabili vanno nel Danu vo ex Alpibus Carnicis placidior : cxv . pass. bio, la Drava dal paese de' Norici pi violento, e intervallo. Dravus per Serretes. Serrapillos, lala Sava dell* Alpi della Carnia pi placido, di sos, Sandrizetes : Savus per G o la p ia n o , Breucosque. Populorum haec capita. Praeterea Arivales, centoquindici miglia d 'intervallo. La Drava pat ta per lo paese de' Serreti, Serrapilli, lasi e SnAzali, Amantes, Belgi tes, Calari, Coreates, Aradrizeli: la Sava per quel de' Colapiani e de'Breuvisci, Hercuniates, Latovici, Oseriates, Varciani. chi. 1capi de'popoli son qnesli. Inoltre gli Arivati, Mons Claudius, cujus in fronte Scordisci, in ter gli Azali, gli Amanti, iBelgiti, i Catari, i Corneali, go Taurisci. Insula iu Savo Metubarris, aranica-
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C. PLINII SECONDI
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rum maxima. Praeterea amnes memorandi, Calaps io Savnm influens jaxta Siseiam, gemino alveo insulam ibi efficit, quae Segestica appella tnr. Alter amnii Bacnntins ip Savoni Sirmio oppi do influit : ubi civitas Sirmientium, et Amantinorupi. Inde x l v m passuum Taorunnm, ubi Da nubio miscetur Savus. Supra influunt Valdanus, Urpanus et ipsi non ignobiles.
gli Aravisoi, gli Ercaniati, i Latovici, gli O se riali, e i Vardani. Monte Claudio, nella cai fronte sono gli Scordisci, e alle spalle i Taorisci. Nella Sava l'isola Metobarri, uoa delle maggiori isole, che sieno ne' fiumi. Oltra di ci vi sono due fiomi notabili, il Calapi, eh1 entra nella Sava appresso Siscia, che con due rami fa quivi una isola, la quale si chiama Segestica. L 'altro fiome il Bacuotio, eh' entra nella Sava alla citti di Sirmio, dove qnesta citt e Amantia. Di qaa a quarantacinque miglia v* Tauruno dove la Sava entra nel Danubio. Pi sopra v'entrano il Valdano, Urpano, fiumi anch' essi illustri. Mesia.
M O U I AB.
XXIX. 26. Pannoniae jungitur provincia,quae XXIX. a6. Con Ia Pannonia si congiugne la provincia, che si chiama Mesia, la quale insieme Moesia appellator, ad Pontum usque coro Danu con il Danubio si distende insino al mare. Co bio decurrens. Incipit aoonfluentesupra dicto. In mincia dal detto fiume. In essa sono i popoli ea Dardani, Celegeri, Tribali!, Trimachi, Moesi, Thraces, Pontoqoe contermini Scythae. Flomina Dardani, i Celegeri, i Triballi, i Trimachi, i Mesi, i Traci, e gli Sciti, che confinano colmare. I fioclara, e Dardania Margis, Pingus, Timachus : ex mi, che vengon dai Dardani, sono il Magi, il Pin Rhodope Oescus: ex Haemo, Utus, Escamus, go, il Trimaco : viene dal monte Rodope, lEsco: leter os. dal monte Emo, l'Uto, l Escamo, e l Ietero. La maggior latitodioe dell' Illirico trecento Illyrici latitudo, qua maxima esl, cccxxv m pass, colligit. Longitodo a flumine Arsia ad flu venticinqoe miglia. La longitodioe dal fiome men Drinium d ccc m. A Drinio ad promonto Arsia al fiome Drinio ottocento miglia. Dal rio Acrocerannium, c l x x i i . M. A grippa prodidit Drinio al promontorio della Cimer centosettantadue miglia. Scrive M. Agrippa, che tutto questo oniversum hunc sinam Italiae et Illyrici ambita xm. In eo duo maria, quo distinximus fine : In seno dell' Italia e della Schiavonia per circuito tredici miglia. In esso aono dne mari, per lo fernum, sive Jonium, in prima parte, inlerins qual fine facemmo la distinzione, cio Inferno, Adriaticum, qaod Superum vocant. ovvero Ionio nella prima parte, addentro lAdria tico, che si chiama Supero.
InstJLA&UM J o n i i BT A d r i a t i c i MAaiS. I sole d e l l I o n io x d e l l A d r ia t ic o .
XXX. Insulae io Ausonio mari, praeter jam dictas, memoratu digoae nullae: in Jonio pau cae: Calabro litore ante Brandusium. quarum objectu portus efficitur : contra Apulum litus Dio medea, conspioua monumento Diomedis: et al tera eodem nomine, a quibusdam Tentria appel lata. Illyrici ora mille amplias insnlis frequentator, natura vadoso mari, aestuariisqne tenoi alveo intercorsantibus. Clare ante ostia Timavi calido rum fontium cum aestu maris crescentium : ju xta Istrorum agrum, Cissa, Pullariae, et Absyrtides Grajis dictae, fratre Medeae ibi interfecto Absyrto. Juxta eas Electridas vocavere, in qnibos proveoiret saccinum, qaod illi electrum appel lant, vanitatis graecae certissimum documentum : adeo ut quas earum designent, haud umquam
XXX. Dell Isole nel mare Ausonio, oltra le gii dette, oion v degna di memoria ; nell Io nio poche. Nella riviera di Calabria, dinanzi a Brindisi, per l opposizione delle quali ai la il porto, all incontro del lito di Puglia v isola Diomedea, notabile per la sepoltura di Diomede ; e un altra del medesimo nome, chiamata da alcuni Teutria. La Schiavonia ha pi di mille isole, perch il mare v pieno di seochi, ed ha piccol fondo. Di nanzi alla foce del Timavo con fonti caldi, i quali crescono secondo il crescere del mare, v l isola di Clare : appresso il territorio degl latri v' Cissa, le Pullarie, e le Absirtide cosi dette dai Greci, da Absirto fratello di Medea che quivi fa morto da lei. Appresso a quelle sono lElettride perch quivi nasce l ambra, da lor chiamalo elettro, certissimo segno della vaniti de Greci :
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HISTORIARUM MUNDI U B . IU. perciocch non si pu intendere, di quali isola essi voglian dire. All' incontro di Zara Lissa ; e all* incontro alla Liburnia alcune chiamate le Cretee ; e le Liburniche, che non sono punto meno, le Celadusse. Di fronte a Surio i Brattia, lodata molto per bori e per capre : Issa rimasavi de' cittadini Romani, e Faria insieme con la citt. Dopo queste Corcira, cognominata Melena, con la citt de'Gnidii, lontana ventidue miglia; fra la quale e la Schiavonia Melita (onde vengono cani chiamati Melitei, secondo Callimaco). Dodi ci miglia lontana da essa, sono le tre Elafite ; e nel mare Ionio lontano dne miglia da Orico, Sasoni, famosa per lo ricetto che oi hanno i corsali.
constiterit. Contra Jader st Litu ; et quae appdU tie contra Libnrnos Creteae aliquot; nec pauciores Liburnicae, Celadussae. Contra Snrinm bobus et capris laudata Brattia : Ista civium Ro manorum reliqua, et cum oppido Pharia. His Corcyra, Melaena cognominata, cum Gnidiorara oppido, distat xx m passuum ; inter quam et Illyricum Melita, unde catulos Meiitaeos appellari Cailima chos auctor est: xu millia passunm ab ea tres Elaphites. In Ionio autem mari ab Orico n millia passnom, Sasoni piratica statione nota.
C. PLINII SECUNDI
H IS T O R IA R U M MUNDI
LIBER IV
SITOS, GENTES, MARIA, OPPIDA, PORTUS, MONTES, FLUMINA, MENSURAE, POPULI QUI SUNT AUT FUERUNT.
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E v ir i.
D aL L 'E viao.
I. Europae sina* Acrocerauniis inci pit montibus, finitor Hellesponto : amplectitor, praeter minores sinos xix, h t centena millia passaam. In eo Epiros, Acarnania, Aetolia, Pho cis, Locris, Achaja, Messenia, Laconia, Argolis, Attica, Boeotia: iteromqoe alio mari, eadem Pho cis et Locris, Doris, Phthiolis,Thessalia,Magnesia, Macedonia, Thracia. Omnis Graeciae fabulosi tas nent et literarum claritas, ex hoc primum si n a effulsit. Quapropter in eo paullolum com m o rabimur. Epiros in nniversnm appellata, Acrocerauniis incipit montibus. In ea primi Chaones, a quibus Chaonia : dein Thesproti, Antigonenses : locus Aornos, et pestifera avitas exhalatio: Cestrini, Perrhaebi, quorum mons Pindus, Cassiopaei, Dryopes, Selli, Hellopes, Molossi, apnd quos Do onaei Jovis templum, oraculo illustre : Tomarus mons, centum fontibus circa radices, Theopompo debratus.
a. Epiros ipsa, ad Magnesiam Macedoniamq tendes, a tergo suo Dassaretas sopra dictos,
I. i. I l terxo golfo di Eoropa comincia dai monti Acrocerauni, e finisce nello Ellesponto : contiene oltra i minori golfi diciannove e venticinque mila passi. In esso sono l1 Epiro, l'Arcanania,l*Etolia, la Focide, Locri, TAcaia, la Messenia, la Laconia, Argoli, lAttica e la Beozia. E di nuovo dall'altro mare la medesima Focide, Locri, la Dorica, la Ftiotide, la Tessaglia, la Magnesia, la Macedonia, e la Tracia. Tulle le favole della Grecia, come anco lo splendor delle lettere, vennero prima di questo seno, e perci ci fermeremo on poco in esso. Qaella provincia, che universalmente si chia* ma Epiro incomincia da* monti Acrocerauni. In essa i primi sono i Caoni, dai quali detta la Caonia : dipoi i Tesproti, gli Anligonesi : il luogo Aorno, detto con, perch volandovi sopfo gli uccelli muoiono : i Cestrini, i Perrebi, il monte de* quali i Pindo, i Cassiopei, i Driopi, i Selli, gli Ellopi, i Molossi, appresso de* quali il tem pio di Giove di Dodona, illustre per l oracolo : il monte Tomaro, con cento fonti intorno alle sue radici, celebrato da Teopompo. a. L Epiro, il quale aggiugne sino alla Ma gnesia e alla Macedonia, ha dietro a si i Dassa-
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C. PLINII SECUNDI reti detti di sopra, gente libera, poi i Dardani popoli fieri. Co Darihtoi confinano da man man ca i Triballi, e altri popoli della Mesia: da fronte i Medi e i Densdati, coi quali confinano i Traci sino al Ponto. Cosi cinto Rodope, e dipoi avallata altezza 4*1 monte Emo. Nella riviera delf Epiro fi castello della Chimera ne1 monti Acrocerauni, e sotto esso la la fonte, che si chiama regia. Le citt sono Mean dri, Cestria : il fiume Tesprozia Tiami : la colo nia di Butroto, e il golfo Ambrado molto nobi litato, il quale largo ndla foce mezzo miglio, e riceve in s un mare spazioso lungo trentanove miglia, largo quindici. In esso entra il fiume Aceronte, il quale esce di Acherusia lago di Te sprotia trentase miglia di l, e con un ponte di mille piedi d maraviglia a quei che ammirano tutte le cose di esso.Nel golfo la dtt d Ambraeia. I fiumi de* Molossi sono I1Afa e Aratto : la citt Anattoria, il lago Pandosia.
D e l l A c a b b a b ia .
liberam gentem, mox (eram, Dardane habet. Dardanis laevo Triballi praetepduntur latere, et Moesicae gentes: a fronte jungantur Medi ac Denseletae, quibas Thrace, ad Pontum nsqoe pertinentes. Ita saccincta Rhodopea, mox et Hae mi vallator excelsitas. In Epiri ora castellum in Acrocerauniis Chimera, sub eo aqnae regiae fons. Oppida : Mae andria, Cestria: flumen Thesprotiae Thyamis: colonia Buthrotum : maximeque nobilitatus Am bracias sinus, d pass. faucibus spatiosum aequor accipiens, longitudinis xxxix n pass., latitudinis xv x. In eum defertnr amnis Acheron, e lacu Thesprotiae Acherusia profluens xxxvi u pass. inde, et mille pedum ponte mirabilis omnia sua mirantibus. In sinu oppidum Ambracia. Molos sorum flumina, Aphas et Arachthus. Civitas Ana ctoria : lacus Pandosia.
* A c a b b a b ia s .
11. Acarnaniae, quae antea Curetis vocabatur, II. Le dtt dell* Acarnania, che prima si oppida : Heradia, Echinus, et in ore ipso colonia chiam Careti, sono : Eradia, Echino, e nella Augusti Actiam, cum templo Apollinis nobili, ac bocca istessa Azzio colonia d 'Angusto, eoi nobil dvitate libera Nicopoli tana. Egressos sinu Ambra tempio dApolline e la citt libera di Nicopoli. cio in Joninm excipit Leucadium litus: promon Uscendo del golfo Ambrado nello Ionio, si trova torium Leucates. Dein sinus, ac Leucadia ipsa il lito Leucadio ed il promontorio Leucate. Di peninsula, quondam Neritis appellata, opere ac poi il golfo e la penisola di Leucadia, detta gi colarum abscisn a continenti, ac reddita vento- Neriti, per opera degli uomini dd paese spiccata da terraferma, aaa rieoogiantavi dai venti, i quali rnm flata congeriem arenae aocumalantinm, qai locus vocatu* Dioryctos, stadiornm longitudine radunan quivi gran massa d'arena ; il f a al laogo trium. Oppidum ia ea Leucas, quondam Neri- si chiama Dioritto, lungo meno di mezzo miglio. tum dictum. Deinde Acarnanam turbes, Alyzea, In essa la dtt di Leucade, detta gi Nerito. Dipoi le dtt degli Acaruas sono : AUrea, Strato, Stratos, Argos Amphilochicam cognominatam. Amnis Achdous e Piudo fluens, atque Acarna Argo, cognominato Aafilochieo. 11 fiume Adae* * niam ab Aetolia dirimens, et Ar terni tam insulam loo, che viene dal monte Pindo, e parta 1 Acar nania dall* Etolia ; e di contnuo portando terra assiduo terrae inveotu continenti adnectens. congiugne I* isola Artemita a terraferma.
A b t o l ia b .
D b l l ' E t o l ia .
III. Aetolorum popoli Athamanes, Tympbaei, III. 1 popoli dell* Etolia sono gli Atamani, Ephyri, Aenienses, Perrhaebi, Dolopes, Maraces, i Tintisi, gli Efiri, gli Eaiesi, I Perrebi e i Dolo^ Atraees,aquibas Atrax amnis Jonio mari iofnndi- pi, i Maraoi, gli Atrad, da'quali venendo il fiu t tar. Aetoliae oppidum Calydon est septem millibus A trace mette noi mare Ionio. Citt deM'EtoUa 4 quiogratis pese, a mari, juxta Evennm amnem. Calidoae lontaM sette miglia e messo dalla ma Dein Macyma, Molyeria : cujus a tergo Chalda, ria a, appresso il fiome Eveno. Dipoi Maemia e et mons Taphiassus. At inora promoatoriom An- MoUeria; dietro alla quale Caldde ed 1 monte 1 tirrhiom, ubi ostium Corinthiad sinus, mfaxne Tafiasso. Alla riviera B promontorio Aalirrio, mille passuum latitudine influentis, Aetolosqae dove la foce del golfo di Corinto, si qoale dicimeatis a Peloponneso. Promontorium, quod lungo manco d 'un miglio, e parte gli Etoli dal contra procedit, appellator Rhion. Sed in Corin Peloponneso. 11 promontorio, che gli a dirim thiaco sina oppida Aetoliae, Naopaetn, Pylene: petto, si chiama Rion. Ma nel golfo di Corinto el in mediterraneo Plearon, Halicyraa. Montes le dtt dell* Etolia sono : Naupatie e Pilean ;
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diri: io Dodonfc, Tornirai : io Ambracia, Crania : io Acarnania, AraCynthos: io Aetolia, Acanlhon, Panaetoliiun, Macyninm.
e fra terra Pleurone e Alidrna. I monti femori aono: in Dodona, Tornar : in Ambrada, Crania : in Acarnania, Aracinto : in Etolia, Acantone, Paoetolio e Macinio.
D e l l a L o c r id e e d e l l a F o c id e .
L o c r id is , t P b o c id i s .
IV. 3. Presimi Aetolis Locri, qui cognomi IV. S. Vicini agli Etoli sono i Locri, cognomi nantor Ozolae, immune*. Oppidom Oeanthe. nati Ozoli, esenti. La citt loro Eante. Il porto Porto Apolliois Phaestii, ainoa Crissaeu*. loto* d Apolline Festio, ed il golfo Crisseo. Le citt oppida : Argjna, Eupalia, Phaettum, Calamissos. fra terra sono : Argina, Eupalia, Festo e Cala misto. Pi oltre sono i campi Cirrei di Focide, Ultra Cirrhaei Phocidis campi, oppidom Cirrha, porto Chataeon, quo pass, introrsus libe la citt di Cirra, porto Caleone, dal quale sette ram oppidom Delphi, sub monte Parnasso, claris miglia lontano fra terra Delfo, citt libera, simam io terris oracolo Apollinis. Fons Castalius, otto il monta Parnaso, famosissima al mondo suoni* Cephissos praefluens Delphos, ortos in per loraeolo d'Apolline. Il fonte Castalio, il fiome Cefiso, che corre appresso a Delfo, nato in Lilea lila ea quondam orbe. Praeterea oppidom Criisa, gi cilt. Oltre di questo la citt di Crissa, i popoli e t cum Bulensibus Anticyra, Naulochum, Pyr Bulesi, Anticira, Hauloco, Pirra, Anfitsa esente, rha, Amphissa immanis, Tithrone, Tritea, Am iirysus, Drymaea regio, Daolis appellata. Dein in Titrona, Tri tea, Ambriso, la regione Drimea, chiamata Daoli. Dipoi nel golfo pi addentro intimo sino angelos Boeotiae adlaitar caro oppi dis, Sipbis, Thebis, qoae Corsicae cognominatae bagnato 1' angolo di Beozia con le dtt Sifi e suat, juxta Heliconem. Tertiam ab hoc mari Tebe, le quali son cognominate Corsiche, presso Elicona. Dipoi Page, da questo mare terza Boeotiae oppidom Pagae, uode Peloponnesi pro cilt della Beozia, donde sorge il capo del Pelo silit cervix. ponneso.
P e l o p o r r e s i *.
D e l P elovouh rso .
V - 4 - Peloponneso*, Apia ante appellata, et Pelasgia, peninsula haad alii terrae nobilitate posteferenda, inter duo maria Aegaeum et Joniom, platani folio similis, propter angulosos re cesso, circuitu d l x i i i k pass. colligit, auctore Isi doro. Eadem per aioos paene tantumdem adjicit. Angustiae, onde prooedit, Isthmos appellantor. In eo loeo erumpentia e diverso, quae dicta sunt, maria, a septemtrione et exorto, ejos omoem ibi latitudinem vorant, donec contrario incursu ae quorum tantorum, in qainque pass. inter vallo, exesis utrinque lateribus, angusta cervice Peloponneso m contineat Hellas. Corinthiacas hinc, illinc Saronicus appellator sioos : Lecheae hioc, Cenchreae illinc, angustiarum termini, loogo et ancipiti navium ambitu, quas magnitu d o pleostris transvehi prohibet: qoam ob causam perfodere navigabili alveo aogostias eas tentato re, Demetrias rex, dictator Caesar, Cajos prineeps, Domitio Nero, infaasto ( ut omoiom pa teat exito ) incepto. Medio hoe intervallo, qood Isthmoo appellavimus, applicata colli habitator ooloaia Corinthus, antea Ephyra dieta, sexageuls ab utroque litore stadiis, e somma sua area, quae ocater Acrocorintho, in qua fons Pira ne, di versa duo u r i t prospettane, l x x x v h mill. pass. ad Corinthiacam watim trajectos est Patra* a
V. 4 11 Peloponneso, detto prima Apia e Pelasgia, ana penisola, la quale non cede a paese alcuno di nobilt, fra due mari l Egeo e Ionio, simile alla foglia del platano per le angolose sue rivolte : gira, secondo Isidoro, cin quecento sessantatr miglia. E la medesima per li golfi aggiagne quasi altrettanto. Lo stretto, donde procede, si chiama Istmo. In questo luogo vengono a percuoter da diverse parti i due mari gi detti, da tramontana e levante, e divoran quivi tnlta la latitudine, insino a che per Topposito corso di tante acqoe lo ridooono di cinque miglia d intervallo, avendo roso di qaa e di l i lati, in modo che la EUade col soo collo stretto tocca il Peloponneso. Da una parte si chiama golfo di Corinto, dall'altra golfo Saronico: di qua Lecbea, e di l Cenere, termini dello stretto, con lungo e dubbioso circuito de* navili, i quali per la grandezza loro non si possono traghettar sai carri. Per la qoal cosa tentarono gi di ta gliar questo stretto con navigabil canale, il re Demetrio, Giulio Cesare dittatore, Caligola imperadore e Domizio Nerone, niun de' quali (co me manifesto ) condusse altrimenti a fine il qo prindpio. Nel mezzo di questo Intervallo, che noi chiamammo Istmo, applicata al eolie s'abita Corinto colonia, prima detta Efira, loo-
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C. PLINII SECUNDI
*0
Leacade. Patrae, colonia in longissimo promon torio Peloponnesi condita, ex adverso Aetoliae et flaminis Eveni, minas mill. pass. (ot dictam est) intervallo in ipsis faucibus, sinam Corinthiacam l x x x v millia pass. in longitudinem asque ad 1sthmon transmittunt.
tana dall'una e l'altra riviera da otto miglia; e dallalta sua rocca, la qaale si chiama Acroco rin lo, nella quale il fonte Pirene, scuopre i due mari diversi. Ottantasette miglia da Leu cade a Patrasso per lo golfo di Corinto. La colo nia di Patrasso edificata nel lunghissimo promon torio del Peloponneso, all' incontro dell' Etolia e del fiume Eveno, con manco d'un miglio d 'in tervallo, come s ' detto, in essa bocca, il golfo di Corinto ottantacinque miglia ia longitudine insino all' Istmo trapassa.
D e l l ' A g a ia .
A ch a ja b.
VI. 5. Achajae nomen provinciae ab Isthmo incipit; antea Aegialos vocabatur, propter orbes in litore per ordinem dispositas. Primae ibi, quas diximus, Lecheae, Corinthiorum portus. Mox Oluros, Pellenaeorum castellum. Oppida: Helice, Bura: in quae refugere, haustis prioribus, Si cyon, Aegira, Aegion, Erineos. lutus Cleonae, Hysise. Panhormus porlus, demonstratumqne jam Rhium : a quo promontorio quinque mpass. Absunt Patrae, quas supra memoravimus: locus Pherae. In Achaja, ix montium Scioessa notissi mus, fons Cymothoe. Ultra Patras oppidum Ole num, colonia Dyme: loca, Buprasium, Hyrmine: promontorium Araxum, Cyllenes sinus, promon torium Chelonates : unde Cyllenen quiuque u pass. castellum Phlius : quae regio ab Homero Araethyrea dicta, postea Asopis.
Inde Eliornm ager, qui antea Epei vocaban tur: ipsa Elis in mediterraneo, et a Pylo xn m passuum. Intus delubrum Olympii Jovis, ludo rum claritate fastos Graeciae complexum. Pi saeorum quondam oppidum praefluente Alpheo amne. At in ora promontorium lchlhys. Amnis Alpheus navigatur vi mill. pass. prope oppida, Aulone, et Leprion. Promontorium Platanodes; omnia haec ad occasum versa.
* M e s s b h ia b .
VI. 5.11 nome della provineia d 'Acaia inco mincia dall' Istmo : prima si chiamava Egialo, per rispetto delle citt poste per ordine nella riviera. La prima quivi, che abbiamo detto, Lecche porto de' Corintii. Poi Olaro castello de'Pellenei. Le citt sono: Elice, Bura j dove rifuggirono, essendo inghiottite le prime, Sici. ne, Egira, Egione, Erineo. Fra terra v' Cleone ed Isia. Panormo porto, e Rio gi nominato, dal qual promontorio, lontano cinque miglia Patrasso, da me di sopra ricordato. Il luogo di Fera. In Acaia, di nove monti Scioessa notissi mo, ed il fonte Cimotoe. Di l da Patrasso la citt d'Oleno, la colonia di Dime, i luoghi, Buprasio, lrmiuo, ed il promontorio d'Arasso : il golfo di Cilene, il promontorio di Cbelonate, ed il castello di Flio, lontano due miglia da Cillene : la qual regione da Omero fa chiamata Arelirea, poi Asopi. V' poi il paese degli Elii, i qaali prima si chiamavano Epei. Evvi Elide fra terra, e lontana da Pilo dodici miglia. Pi addentro vi il tem pio di Giove Olimpio, il quale per la darit dei giuochi abbraccia i giorni sacri della Grecia. Pisa gi citl, dove passa il fiome Alfeo, e nella riviera il promontorio Itti. Il fiume Alfeo navi gabile sei miglia appresso le citt d'Aulone e Leprioue. 11 promontorio Platanode: tatti questi souo volli a ponente.
D b l l a M bssb h ia .
VII. Ad meridiem autem Cyparissius sinus cum urbe Cyparissa l x x i i millium passunm cir cuitu. Oppida: Pylos, Metbone: locus Helos, promontorium Acritas : sinus Asinaeus, ab oppido Asine, Coronaeus a Corone. Finiuntur Taenaro promontorio. Ibi regio Messeuia duodeviginti -montium. Amnis Pamisus. lutus autem ipsa Mes sene, libarne, Oechalia, Arene, Pteleon, Thryon, .Dorion, Zancle, variis clara temporibus. Hujas sinas circuitus l x x x m pass., trajectus vero xxx v.
VII. Ma verso mezzod il golfo Ciporicao con la citt Ciparissa di settantadue m igli di circuito. Le citl, Pilo e Modone: il laogo di Eia, il promontorio Aerila, il golfo Asineo,cosl dello dalla citl d'Asine, ed il Coroneo da Corone : finiscono nel promontorio Tenaro. Quivi la region Messenia che ha dieciotto monti. Il fiume Pamiso. Fra terra poi v' Messene, Itome, Ecalia, Arene, Pteleone, Trione, Dorione, Zande, famosa in diversi tempi. 11 golfo d'essa ha ottanta migli di circuito, ed il traghetto trenta miglia.
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L a c o k ia b .
VIII. Dehioc a Taenaro ager Laconica*, libe V ili. Dopo Tenaro v ' il paese Laconico, rae gentis: el inos cireaita cn ini 11., trajecta di popoli liberi ; ed il golfo di circuito dugento sei miglia, e di traghetto trentaoove. Le citt xxxix mill. Oppida : Taenarum, Amyclae, Phe rae, Leuctra : et intaa Sparta, Theramne : atque sono: Tenaro, Araicla, Fera, Leutra: e pi ad dentro, Sparla, Teranne; e dove gi fu Cardaraile, abi faere Cardamele, Pilane, Antbane: Locus Pitane, Antane, il luogo di Tirea, Gerania. 11 Thyrea, Gerania. Mons Taygetus, amnis Euro monte Taigeto, il fiume Eurota, il golfo Egilodo, tas, sieus Aegilodes, oppidum Psammathus. Sinus Gytheates ab oppido: ex quo Cretam insulam la citt di Psammato. Il golfo Giteate, donde certissimo corso all' isola di Creta. E tutti questi certissimus cursus. Omnes autem Maleae pro montorio ioeluduntor. luoghi sono rinchiusi dal promontorio dalla Malea.
A i &o l l d is .
D b l l ' A b g o l id b .
1 IX. Qoi sequitor sinus ad Scyllaeum, Argo IX. 1 golfo, che segue fino a Scilleo, si chia ma Argolico, di traghetto di cinquanta miglia, licos appellatur, trajectu quinquaginta i* pass. e di circuito di ceoto settantadue. Le citt, Boea, ideai ambita c l x i i millium. Oppida: Boia, Epi d a u r u s limer cognomine, Zarax, Cyphanla por Epidauro detto Limera, Zarax ed il porto Citas. Amnes : Inachus, Erasinus inter quos Argos fanta. I fiumi, 1* Inaco, lo Erasino, fra i quali i Hippium cognominatum, supra locum Lernen, Argo cognominato Ippio, sopra il lago di Lerna, a mariduobns m pass. novemqoe additis millibus, lontano due miglia dal mare, e pi oltre nove Mycenae : et ubi fuisse Tiryntha tradunt : et lo miglia Micene ; e dove si dice, che gi fu Ticus Mantinea. Montes : Artemius,Apesantus,Aste rinta ; ed il luogo di Mautinea. I monti : Artemio, rion, Parparus, aliique undecim numero. Fonte* : Apesanto, Asterione, Parparo ed atiri, a numero Niobe, Amymone, Psamathe. A Scyllaeo ad Isth venti. I fonli : Niobe, Amimone, Psammale. Da mum cxxxfu m pass. Oppida : Hermione, TroeScilleo all* Istmo sono centosettantasette miglia. zen,Corypba*tum: appellatumque alias Inachium, Le citt : Hermione, Treiene, Corifasio, ed Argo, alias Diasium Argos. Portus Schoeoitas, sinus chiamato quando Inachio, e quando Diasio. Il Saronkns olim qaerno nemore redimitus, unde porto Scenite, il golfo Saronico, ornato gi d'un nomen, ila Graecia antiqua appellante quercum. bosco di quercia, ond'egli prese il nome, perch In eo Epidaurum oppidum, Aesculapii delubro l'antica Grecia cos chiamava la quercia. In esso celebre, Spiraetrm promontorium, portus Anthe la citt d* Epidauro, celebralo per lo tempio don, et Bucephalus: el quas supra dixeramus, d Esculapio, il promontorio Spireo, porto AnCenchreae, Isthmi pars altera cum delubro Neptu tedone, e Bucefalo ; e Cencrea, che dicemmo di ni quinquennalibus inclyto ludis. Tot sinus Pelo sopra, l'altra parte dell Istmo col tempio di Net ponnesi oram lancinant, tot maria adJatrant. Si tuno, illastre per i giuochi, che vi si fanno ogni quidem a septentrione Ionium irrumpit : ab occi cinque anni. Tanti golfi lacerano il Peloponneso, dente, Siculo palsatur : a meridie, Cretico urge e tanti mari lo intronano. Perciocch da tra tor : ab oriente brumali, Aegaeo : ab oriente sol montana v'entra il mare Ionio, da ponente stitiali, Myrtoo, qnod a Megarico incipiens sino, bussato dal Siciliano, da mezzogiorno stretto io tam Atticam adlait. dal Cretico, da levante di verno dalTOgeo, da levante di state dal Mirtoo, il quale incomin ciando dal golfo di Megara, bagna tutto il paese d 'Atene.
A i o d u i *.
L 6. Mediterranea ejus Arcadia maxime tenet ,undiqoe a mari remota : initio Drymodes, mos Pelasgis appellata. Oppida ejas : Psophis, Mantinea, Stymphalum, Tegea, Antigonea, Or chomenum, Pheneum, Palantium, unde Palatiom Romae : Megalopolis, Gortyna, Bucolium, Car-
X. 6. Il suo paese fra terra per la maggior parte 1Arcadia, d'ogni parte discosto dal mare ; * prima chiamata Drimode, e poi Pelasgi. Le citt sue sono : Psofi, Mantinea, Stinfalo, Tegea, An tigonea, Orcomeno, Feneo, Palanzio, onde detto Palazio in Roma : Megalopoli, Gortina, Bu-
C. PUNII SECUNDI
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nion, Parrhasie, Thdpusa, Melaenae, Herae, Py lae, Pallene, Agrae, Epiam, Cynaetha, Lepreon Arcadiae, Partheniam, Alea, Methydriom, Enispe, Maciitum, Lampe, Clitoriam, Cleonae, io ter qnae dao oppida, regio Nemea, Bembinadia vo citata. Monica in Arcadia, Pholo com oppido : item Cyllene, Lycaea a, quo Lycaei Jovis de labrum : Maenalus, Artemisias, Parthenias, Lam pe at, Nonacris : praeterqoe, ignobiles octo. Am ne : Ladon, e palodibas Phenei : Erymanthus e monte ejusdem nominis, ia Alpheam defluentes. Heliqaae civitates in Achaja dicendae, Afiphi raei, A beatae, Pyrgenses,Paroreatae, Paragenitae, Tortoci, Typaaei, Thriasii, Tritienses. Coiveraae Achajae libertatem Domitias Nero dedit. Pelo ponnesus in latitudiae a promontorio Maleae, ad oppidam Aegiam Corinthiaci sinutexc m pass. pa tet At ia transversum ab Elide Epidaurum, cxxv M ab Olympia Argos per Arcadiam l u x mill. Ab eodem loco ad Phliunta dicta meoaura eat. Uoiirersa autem, velut pensante aequorum incursus natura, in montes vi atqoe l x x adtoUitar.
colio, Caroione, Parrasia, Tdpusa, Melena, Erea, P ile, Pallena, Agrf, Epio, Cineta, Lepreone d'Arcadia, Partenio, Alea, Metidrio, Enispe, Madsto, Lampe, Clitorio, Cleooa, fra le quali due (tti . la regione Nemea, chiamata Bembi nadia. I monti d'Arcadia son queati : Foloe oso 1 citti del medesimo nome, Ottiene, Liceo, dov' il tempio di Giove Lieeo: Menalo, Artemisio, Partenio, Lampeo, Nonacri ; oltre gli otto igno bili. 1 fiumi, il Ladone che viene dalle palndi di Feueo : l ' EHmanto dd monte del medesimo nome, ed amendue vanno nell' Alfeo. Le altre citti, che si posson dir in Acaia, sono Alifi rea, Abeata, Pirgo, Parorea, Paragenita, Tortono, Ti pania, Triasio, Trita. Domixio Ne rone mise in liberti tutta l'Acaia. 11 Peloponneso i in latitudine da capo di Malea alla d iti di Leche del golfo di Corinto centonovanta miglia. Bla per traverso da Elide ad Epidauro oentoventicinque miglia. Da Olimpia ad Argo per l ' Ar cadia aeasaotanove miglia. Dal medesimo luogo a Flinnta v' la detta misura ; e cosi tutto il Peloponneso, oome se la natura lo ri compensasse di qud trasoorrimenti di mari, eh gli entrano oome in grembo, s 'innalza io settantasei monti.
A t t ic a s .
Dux' A t t i c a .
7. Dallo stretto ddl' Istmo incomincia XI. 7. Ab Isthmi angustiis Hellas incipit, no XI. stris Graecia appellata. In ea prima Attica, anti l EUade, da' nostri chiamata la Grecia. In essa quitus Acte vocat. Adttogit Iathmum parte sui, prima l Attica, anticamente detta Atte. Ella quae appellatu Megaris, a colonia Megara, e re tocca l ' Istmo eoo una sua parte, che si chiama gione Pagarum. Duo haec oppida excurente Pelo Megare, dalla colonia di Megara, dirimpetto a ponneso sita sunt, utraque ex parte velut in hu Pagaro. Queste due citti, scorrendo il Pelopon neso, sono poste dall'nna e l'altra parte, come meris Helladif. Pagaei, et amplias Aegosthenenses contributi Megarensibus. In ora autem, portas nelle spalle dell' Elade. 1 Pagei, e gli Egaatenmi, i quali sono contribuiti eo* Megaresi. In questa Schoenos. Oppida: Sidus, Cremmyon; Scironia riviera vi porto Scheno. Le a tti, Sido e Gesaxa vi mill. longitudine, Geranea, Megara, Eleu sin. Fnere et Oenoa, Probalinthos : nunc sunt mioue : i sassi Sdronii di lungheua sd migli, ab Isthmo l v millia pass. Piraeeus, et Phale Geranea, Megara, Eleusina. Vi furono anco gii, ra portus, quinque millia pass. maro -recedeoti che oggi pi non sono, Enoa e Probalinto: lon bas Athenis fanati. Libera haec civitas, nec indi tano dall' Istmo einquantadue miglia sono il Pireo e porto Falera, congiunti oen on muro ga ulli os praeconii amplius: tanta duritas super di cinque miglia con Atene, ehe si disoosta. fluit. Iu Attio fontes, Cephissi, Larine, Calli rhoe, Enneacrunot. Montes: Brilemas,Aegialeo*, Questa dtt libera, e non ha pi bisogno di Icaiiua,Hymettos, Lycabettus : locus Ilissos. A Pi lode alcuna, tanto per s stessa illustre. In At raeeo x l v mill. pass. Sunium promontorium, tica sono questi fonti, Cefis^, Larine, Calliroe, Thoricos promontorium. Potamos, Steria, Brau Enneacruni. Monti: Brilesso, Egialeo, Icario, ron, quondam oppida. Rhamnus pagus, locus MaImetto, Licabetto, la terra d* llisso. Lontano dal mthon, campos Thriasios, oppidam Melita, et Pireo qoarantadnque miglia il promontorio Oropos, in confinio Boeotiae. Sunio ed il promontorio Torioo. Potamo, Steri, prauron gii dtt. Ramno villaggio, Maratona, la campagli Triassa, la dtt di Mdita, ed Oropo a' confini di Beozia.
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XII. Cujas Anthedon, Onchesto, Thespiae li beram oppidom, Lebadea : oec cedentes Athe nis claritate, quae cognominantur Boeotiae The bae, duorum numinum Liberi atque Herculis (ut volunt ) patria, bt Musis natale in nemore Heliconis adsignant. Datur et his Thebis saltus Cithaeron, amnis Ismenus. Praeterea fontes in Boeotia : Oedipodi, Psamathe, Dirce, Epierane, Arethusa, Hippocrene, Aganippe, Gargaphie. Montes extra -praedictos* Mycalessus, Hadylius, Aeontins. Reliqua oppida, inter Magaram t The bas: Eleutherae, Haliartus, Plataeae, Pherae, Aspkdon, Hyle, Thisbe, Erylhrae,Gli*sas,Copae : juxta Cephissum amnem Larymna, et Anchoa : Medeon, Phlygone, Aeraephia, Coronea, Chaero nea. In ora autem infra Thebas: Ocalee, Heleon, Scolo*, Schoenos, Peteon, Hyrie, Mycalessus, Hileaioo, Pteleon, Olyros, Tanagra liber populus : et in ipsis faucibus Euripi, quem facit objectu insulae Euboeae, Aulis capaci nobilis portu. Boeo tos Hyantas antiquitus dixere. Locri deinde Epicnemidii cognominantur,olim Leleges appellati, per quos amnis Cephissus de fertur in mare. Oppida : Opus, unde et sinua Opuntius, Cynos. Phocidis in litore unum Da~ phrna. Introrsus in Locris, Elatea, et in ripa Cephissi ( ut diximes ) Lilaea, Delphosque ver sus , Coemis, et Hyampolis. Rursus Locrorum ora, in qua Larymna, Thronium, juxta quod Boa frias amnis defertur ia mare. Oppida: Narycion, Alope, Scarphia. Postea Maliacus sinus ab incolis dictas : in qno oppida, Halcyona, Econie, Pha lara. Doaiots. XIII. Doris deinde, in qua Sperchios, Erineon, Boion, Pindo, Cytinum. Doridis a tergo mons est Oeta.
XII. Nella quale Antedene, Onehealo, Tespia citt libera, e Lebadea: e Tebe di Beozia, la quale non cede di splendore ad Ateoe, patria, come si dice, di due dei, Bacco ed Ercole. Asse gnano ancora il nascimento delle Muse nel bosco di Eliconia. Dassi patini ente a qoeata Tebe il bosco Citerone ed il fiume lsmeno. Oltre di d sono qaesti fonti in Beozia: Edipodia, Psamate, Dirce, Epierane, A retusa, Ippocrene, Aganippe e Gargafie. 1 monti olire ai gi delti, Micalesao, Adilio, Aconzio. L 'altre citl fra Megara e Tebe sono : Elenlera, Aliarlo, Platee, Fere, Aspledone, Ile, Tisbe, Eritra, Glissas, Copa : appresso il fiu me Cefiso, Larinna e Ancoa : Medeone, Fligone, Acrefia, Coronea, Cheronea. E odia riviera sot to Tebe: Ocale, Eleone, Scolo, Scheno, Peteone, Irie, Micalesso, Mestone, Pteleone, Olir, Tana gra popolo franco ; e nelle foci del canale, il quale fa con l'opposizione dell isola Eobea, Au lide nobile per il porto, che ha capace. Furono t Beozii anticamente chiamati lauti. Dipoi i Locri cognominati Epicnemidii, gi chiamati Lelegi, per H quali passa il fiume Cefi so, e va in mare. Le citt loro sono : Opo, onde dello il golfo Opnnlino, Cino. Nel lito di Foci de, Dafuo una. Fra terra in Locri, Eiatea, e nelle rive del Cefieo, come dicemmo, Lilea, e verso Delfo, Cnemi, e lampoli. Di nuovo la riviera dei Locri, nella quale Larinna, Troeio, appresso il quale il fiume Boargio entra In mare. Le citt, Naricione, Alope, Searfia. Dipoi il golfo di Malea cos chiamato dagli uomini del paese, nel quale sono queste dtt : Aldone, Eeonia, Falara.
D e l l a D o e id e .
XIII. Ecci poi la Dorica, nella quale sono Sperchio Erineone, Boione, Pindo e Citino. Die tro alla Dorica i il monte Oeta.
P h t h i o t i d i s *.
D e l l a F t io t id b .
XIV. Sequitur mutali* saepe nominibus Aemo nia: eadem Pelasgicum Argos, Hellas, eadem Thessalia, el Dryopis seroper a regibus cognomi nata. Ibi genitus rex nomine Graecus, a quo Graeciaa : ibi Hellen, a qno HeUenes. Hos eosdem Homerus tribus nominibus appellavit, Myrmido nes, et HeUena*) et Achaeos. Ex his Phthiotae nominantur Dorida adcolentes. Eorum oppida, Echino in faucibus Sperchii
XIV. Segue l ' Emonia che spesso ha mutato nomi, siccome quella eh* ora stata detta Argo Pelasgico, Eliade, Tessaglia, e Driopi, sempre da1suoi re. Quivi nacque il re ch'ebbe nome Greco, da cui fa detta la Grecia : quivi EUen, da cui i Greci furon detti Elleni. Questi popoli furono chiamati da Omero con tre nomi, do Mirmidoni, Elleni, e Achei. Fra questi, quei die abitano la Dorica si chiamano Ftioti. Le dtt loro sono, Echino
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C. PLINII SECONDI
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flaminis, Thermopylarum angustiae : quo argu mento iv millia pass. inde Heraclea, Trachin dicta eat. Mona ibi Callidromus: oppida celebria, Ballai, Halos, Lamia, Phthia, Arne.
nella foce del fiame Sperchio, lo stretto delle Ter mopile : per lo quale argomento Eraclea quattro miglia discosto di 1& detta Tranne. Quivi il monte Callidromo : citt illustri : Alla, Alo, Lamia, Ftia e Arne.
D e l l a T e ssa g l ia .
T h bssa lia b .
XV. 8. In Thessalia autem Orchomenos, Mi XV. 8. In Tessaglia Orcomeno, detto prima nyeus antea dictas : et oppidum Alroon, ab aliis Minieo ; e la citt d' Almone, da alcuni chiamata Salmon, Alrax, Pelinna : fons Hyperia. Oppida, Salmone, Atrace, Pelinna: la fonte Iperia. Le citt Pherae, quarum a tergo Pieris ad Macedoniam sono : Fere, dietro la quale il Piero si distenda portenditur, Larissa, Gomphi, Thebae Thessaliae, verso la Macedonia, Larissa, Gonfi, Tebe, Tessa nemus Pteleon, sinus Pagasicas. Oppidum Pa glia, il bosco di Pteleone il golfo Pagasico. La gasae, idem postea Demetrias dictum, Tricca, citt di Pagasa, detta poi Demetriade, Tricca, le Pharsalici campi cum civitate libera, Cranon, campagne di Farsaglia con la citt libera, Cra llelia. Montes Phthiotidis, Nyrapheus, quodam none, Uezia. I monti di Ftiotide, il Ninfeo, gi nobile per un certo topiario opera di maraviglioaa topiario naturae opere spectabilis : Buzigaeus, Donacesa, Bermius, Daphissa, Chimerion, Atha natura: Buzigeo, Donacesa, Bermio, Defissa, Chlmas, Stephane. In Thessalia sunt quatuor atque merione, Atamante, Slefane. Nella Tessaglia ne triginta, quorum nobilissimi, Cerceti, Olympus, sono trentaqualtro, fra i quali i nobilissimi sono: Cerceti, Olimpo, Piero e Ossa, a cui dirimpetto Pierus, Ossa : cujus ex adverso Pindus etOlhrys, Lapit harum sedes : hi ad occasum vergentes : ad sono Pindo e Otri, abitazione de Lapiti: questi ortus, Pelios : omnes theatrali modo inflexi, ca sono volti verso ponente: a levante, il Pelo: tatti piegati a modo di teatro, e hanno avanti a veatis ante eos septuaginta qainque urbibus. Flu mina Thessaliae : Apidanus, Phoenix, ' Epineus, loro settantacinque citt. 1 fiumi della Tessaglia Onochonus, Pamisus. Fons Messeis. Lacus Boe- sono: Apidano, Fenice, Enipeo, Onocono, Pamiso. beis. Et ante cunctos claritate Peneus, ortusjuxta 11 fonte Messei. Il lago Bebei. E il pi illustre di Gomphos : interque Ossam et Olympum nemo tutti il Peneo, il qual nasce appresso a Gonfi, a rosa convalle defluens quingentis stadiis, dimidio dipoi passa fra Olimpo e Ossa per una valle piena ejus spatii navigabilis. In eo cursu Tempe vocan di boschi da sessanta miglia, ed navigabile per tur quinque mill. pass. longitudine, et ferine la met di quello spazio. In quel corso Tempe sesquijugeri latitudine, ultra visum hominis ad- lungo cinque miglia, e largo quasi mezzo iugero; tollentibus se dextera laevaque leniter convexis tanto alto, che la vista dell uomo non t 1 aggiugne jugis. Intus sua luce viridanle adlabilur Peneus, da man ritta, e man manca. Per lo mezzo vi corre viridis calculo, amoenas circa ripas gramine, il fiume Peneo con la sua chiara luce, per la canorus avium concentu. Accipit amnem Orcon, gioia verde, e ameno intorno alle rive per l'erba nec recipit, sed olei modo supernatantem (ut fresca, e canoro per lo canto degli uccelli. dictum est Homero) brevi spatio portatum ab Questo fiume piglia il fiume Orco ; non per lo dicat : poenales aquas dirisque genitas, argenteis riceve, ma correndo sopra di lui a guisa 8' olio ( come dice Omero) portalo per breve spazio da snis misceri recusans. s lo scaccia ; siccome quello, che rifiata di mescolar le torbide acque di quello con le sue, le quali paion proprio d argento.
D e l l a M a g n e sia .
M aom esiak .
XVI. 9. Thessaliae adnexa Magnesia est, cujas XVI. 9. Con la Tessaglia attaccata la Ma fons Libethra. Oppida : Jolcus, Hormenium, gnesia, il cui fonte Libetra. Le dtt sono : Iolco, Pyrrha, Melhone, Olizon. Promotorium Sepias. Ormenio, Pirra, Metone, Olizone. Il promontorio Oppida : Casthanaea, Spalathra. Promontorium Sepia. Le ci U , Castanea, Spalatra. 11 promontorio Eanzio. Le citt, Melibea, Rizo, Erinne. La foca Aeantium. Oppida: Moeliboea,Rhizus, Erymnae. Ostium Penei. Oppida : Homolium, Orthe, Thes del Peneo. Le citt, Omolio, Orte, Tespie, Falanpiae, Phalanna, Thaumade, Gyrton, Cranon, na, Taumade, Girtone, Cranone, Acarae, Do ttane, Melitea, Filace. D dl Epiro, dell Acaia, Acharne, Dotion, Melitaea, Phylace. Porro Epiri,
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Achajae, Atticae, Thessaliae in porrectum longitudo quadringentorum octoginta mill. pass, traditur, latitudo centum nonaginta septem millium,
M a c e o o h ia e .
dell'Attica, Iella Tessaglia a dirittura Ia longi ladine quattrocento ottanta miglia : cento no vanta selle miglia la latitudine.
D e l l a M a c e d o n ia .
XVII. io. Meoedonia postea centnm quin XVII. io. Segue poi la Macedonia, di cento quaginta populorum, duobus inclyta regibus, cinquanta popoli, famosa gii per due re, e per qnondamque terrarum imperio, Ematha antea imperio ch'ebbe del mondo, prima detta Ema dicta. Haec ad Epiroticas gentes in solis occasum zia. Questa provincia da ponente volta verso recedens posi terga Magnesiae atque Thessaliae, I' Epiro dietro alle spalle della Magnesia e della infestatur a Dardanis. Partem ejus septemtriona- Tessaglia travagliata da' Dardani. La parte sua settentrionale la guardano da Triballi la Peo leaa Paeouia ac Pelagonia protegunt a Triballis. Oppida: Aege, in quo mos sepeliri reges : Beroea; nie e la Pelagonia. Le sue citt sono: Ege, dove et in regione quae Pieria appellatur a nemore, usano i re seppellirsi : Berea, e nella regioue, Aeginium. In ora Heraclea, flumen A pilas. Op che dal bosco che v si chiama Pieria, Eginio. Alla riviera Eraclea, il fiume Apila. Le citt: pida: Pydna, Aloros. Amnis Aliacmon. Intus: Aloritae, Vallaci, Phylacaei, Cyrrbestae, 1yrissei. Pidna, Aloro. Il fiume Aliacmone. Pi addentro, Pella colonia. Oppidum Stobi civium Rom. Mox gli Aloriti, i Vaitei, i Filacei, i Cirresti, i Tiri ssei. Pella colonia. Stobi citl di cittadini Romani. Antigonea, Europus ad Axium amnem,eodemque Dipoi Antigonea, Europo sul fiume Assio, e nomine, per quod Rhoedias fluit. Eordeae, Scyaltro del medesimo nome, per lo quale scorre dra, Mieza, Gordyniae. Mox in ora Ichnae: fluvius Axius. Ad hunc finem Dardani, Treres, la Redia. Eordea, Scidra, Mieza, Gordinia. Dipoi Pieres, Macedoniam adcolunt. Ab hoc amne Paeo nella rivira lene: il fiume Assio. A questo confine i Dardani, i T reri, i Pieri abitano la niae gentes : Paroraei, Eordenses, Almopii, PelaMacedonia. E da questo fiume in l i Peonii, i gooes, Mygdones. Montes: Rhodope, Scopius, Parorei, gli Eordesi, gli Alinopii, i Pebgoni, e i Orbelus. Dein praejacente gremio terrarum, Migdoni. I monti sono: Rodope, Scopio e Orbelo. Arethusii, Antiochenses, ldomenenses, Doberi, Aestraeenses, AUautenses, Audarislenses, Morylli, Dipoi come nel grembo della terra, gli Aretsii,gli Antiochesi, gli Idomenesi, i Doberi, gli Estreesi, G aresci, Lyncestae, Olhryonei, et liberi Amantini atqoe Orestae: coloniae, Bollidensis, et Diensis : gli Allantesi, gli Aadaristesi, i Morilli, i Garesci, i Lincesli, gli Otrionei, e gli Amantini e gli Xylopolitae, Scotussaei liberi, Heraclea Sintica, Oresti liberi: due colonie, la Bullidese, e la Diese: Tympheci, Toronaei. i Xilopoliti, gli Scutussei franchi, Eraclea Sinti ca, i Tinfei, e i Toranei. Nella riviera del golfo Macedonico la citt In ora sinus Macedonici, oppida Chalastra, et intus Phileros, Lete : medioqne flexu litoris Thes di Calastra, e fra terra Filer, e Lete : e in mezzo salonica, liberae conditionis. Ad hanca Dyrrachio della piegatura del lito, Tessalonica, citt franca. c c l x v u millia passaam. Terree. Iu Thermaico Da questa a Dnrazzo sono dugento sessantasette sinu oppida, Dicaea, Pydoa, Derrha, Scione. miglia. Terme. Nel golfo di Terme son queste Promontorium Canastraeum. Oppida : Pallene, citt : Dicea, Pidna, Derra, Scione: il promonto Phlegra. Qua in regione montes, Hypsizorus, rio Canaslreo. Le citt, Pallene e Fiegra. Nella E pi tus, Halcyone, Levomne. Oppida: Nyssos, qual regione son questi monti : Ipsizoro, Epito, Phinelon, Mandae : et in Pallenensi Isthmo quon Alcione, Levomne. Le citt, Nisso, Finelodam Potidaea, nunc Cassandria colonia : Anthe- ne, Mende: e nell'Istmo di Pallene gi Folidea, mus, Olophyxos : sinos Mecybernaeus. Oppida : ora colonia Cassandra: Antemo,01ofisso: il golfo Physcella, Ampelos, Torone, Singos: fretum, Meciberneo. Le citt, Fiscella, Ampelo, Toro qoo montem Atbon Xerxes i*ex Persarum conti ne, Singo : lo stretto, dove Xerse re de* Persi nenti abscidit, in longitudine passuum mn. Mons spicc il monte Ato da terraferraa in lunghezza ipse a planitie excurrit in mare l x x v mill. pass. d 'un miglio e mezzo. Esso monte dalla pianura Ambitus radicis centum quinquaginta mill. col ai distende in mare seltantacinque miglia. Il giro ligit. Oppidam in cacumine fuit Acrolhon, uunc dalla radice centocinquanta miglia. In sulla sunt Uranopolis, Palaeoriurn, Thysaus, Cleonae, cima vi fu gi la citl Acrolon : ora vi sono UraApollonia, cujus incolae Macrobii cognominan nopoli, Paleorio, Tisso, Cleone, Apollonia, i cui abitatori si chiamano Macrobii. La citl di Cesse tur. Oppidum Casaera, feucesque alterae Isthmi, r, e Altra foce dell' Istmo, Acanto, Stagira, Acanthus, Stagira, Sithone, Heraclaea, el regio
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G. PUNII SECUNDI Sitone, Eraclea; ed evvi sotto il paese della Migdonia, dove lontano dal mare sono Apollonia, e Aretosa. Di naovo alla riviera sono, Posidio, il golfo con la citt di Cermoro, Anfipoli citt fran ca, e i Bisalti. Dipoi il Rame Strimene termine della Macedonia, che nasce nel monte Emo. Cosa meravigliosa di qaesto fiume : egli si sparge in sette laghi, prima che drizzi il suo corso. Questa quella Macedonia ch'ebbe gi limpe rio del mondo, questa pass l'Asia, l'Armenia, Plberia, PAlbania, IaCappadocia, la Siria,lEgitto, il monte Tauro e il Caocaso : questa signoreggi i Battri, i Medi, i Persi, -e possedi tatto {Orien te: questa fa anco vincitrice dell India, vagando per li vestigii del padre Bacco e d'rcole : questa quella Macedonia ancora, di coi Paolo Emilio nostro capitano vend settanladae citt saccheg giate. Tanta differenza di fortuna fecero dae uomini.
D e l l a T i a c i a , b d b l m a b b E co.
Mygdoniae subjacens, in qua recedente* a mari Apollouia, Arelhasa. In ora rarsus Poaidiam, et sinus cam oppido Cermoro, Amphipoli liberam, gea* Bisaltae. Dein Macedoniae terminas amnis Strymon, ortns io Haemo : memorandam, in se ptem lacu* eam fandi, priusquam dirigat curtum.
Haec est Macedonia, lerraram imperio potita quondam: haec Asiam, Armeniam, lberiaro,Albauiam, Cappadociam, Syriam, Aegyptum, Taurum, Caucasum transgressa: haec ia Bactris, Medis, Persis dominata, toto Oriente possesso : haec etiam Indiae victrix, per vestigia Liberi patris atque Herculis vagata : haec eadem est Macedo nia, cujus uno die Paulus Aemilius imperator noster septuaginta duas urbes direptas vendi dit. Tantam differentiam sortis praestitere dao homines.
T h b a c i a b : (* A b g a b i m a b i s *).
XV 11I. it. Thracia seqailur, inter validissiXVIII. i l . Viene appresso la Tracia, fra le mas Europae gentes, ia strategias quinquaginta fortissime nazioni dell* Europa, divisa in cin divisa. Populorum ejus, quos nominare non quanta strategie. De1 popoli suoi, quegli che pigeat, amnem Strymonem adcolunt dextro latere meritano di esser nominati, abitano sol fiume Denseletae et Medi, ad Bisaltas usque supra di Strimone dal lato destro i Denseleti e i Medi, cto* : laevo, Digeri Bessorumque multa nomina ad fino a Bisalti sopraddetti : dal manco i Diger e Nestum amnem Pangaei montis ima ambientem, molti nomi de'Bessi insino al fiume Nesto, il inter Elethos, Diobessos, Carbilesos : inde Bry- qaal gira le radici del monte Pangeo, fra gH Eiesas, Sapaeos, Odomantes. Odrysarum gens fundit ti, i Diobessi, i Carbiiesi : e poi i Brisi, i Sapei e Hebrum, adcoleotibus Cabylelis, Pyrogeris, Drugli Odomanti. La nazione degli Odrisi infonde geris, Caenicis, Hypsaltis, Benis, Cor pili is, Bot- l'Ebro fiume a* Cabileti, a'Pirogeri, a Drugeri, tiaeis, Edonis. Eodem sunt in tractu Selletae, a Cenici, agli Iptalli, a'Beni, a Corpilli, a Bollici Priantae, Doloncae, Thyni, Coeletae majores e agli Edoni. Nel medesimo contorno sono i SelleHaemo, minore* Rhodopae subditi. Inter qaos ti, i Prianti, i Dolonci, i Tini, i Celeti maggiori Hebrus amnis : Oppidum sub Rhodope Ponero- posti sotto Emo, i minori sotto Rodope. Fra polis antea, mox a conditore Philippopolis, none questi il finme Ebro, e una citt sotto il monte a sita Trimontium dicta. Haemi excelsitas sex Rodope, prima chiamata Poneropoli, poi FilippomilL pass. subitnr. Aversa ejus et in Istrum de poli da chi la edific ; e ora dal sito detta Trivexa Moesi, Getae, Aorsi, Gaudae, Clariaeqae, monzio. 11 monte Emo i alto sei miglia. Nella par et sub iis Arraei Sarmatae, quos Areatas vocant, te di quello, che volta verso V Istro, sono i Mesi, t Scy thaeque : et circa Ponti litora Moriseni, SilhoGeli, gli Aorsi, i Gaudi, e i Ciani, e sotto questi niique Orphaei vatis genitores oblinent, gli Arrei Sarmati, che s chiamano Areati, e gli Sciti : e circa le riviere di Ponto i Moriseni, e i Sitonii, i quali furono padri del poeta Orfeo. Ita finit liter a septemtrione. Ab orlu Ponlas Cosi fioisce 1*lstro da tramontana. Da levan ac Propontis. A meridie Aegaeam mare, cajus in te il Ponto, eia Propontide. Da mezzod PEgeo, ora a Strymone, Apollonia, Oesyma, Neapolis, nella cui riviera da Strimone Apollonia, Esima, Datos. Intus Philippi colonia, absunt a Dyrra Napoli e Dato. Fra terra, Filippi colonia, eh* chio cccxxv mill. pass. Scotusa, Topiris, Nesti lontana da Durazzo trecento venticinque miglia. amni* ostium. Mons Pangaeus, Heraclea, Olyn Scotusa, Topiri, la foce del fiume Nesto. Il monte tho*. Abdera libera civitas, stagnum Bistonum Pangeo, Eraolea, Olinto. Abdera citt libera, lo et gens. Oppidum fuit Tirida,. Diomedis equo stagno e popolo de1 Bistoni. Fuvvi gi la citt di rum stabulis dirum. Nunc suntDicaeae, lsmaron : Tirida,crudele per le stalle decavalli di Diomede. locus Parthenion, Phalesina, Maronea prius Or Ora vi sono, Dioea, Ismaro, il luogo di Partenio,
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legare dieta: mons, Serrium et Zone: tum locas Doriscus decem mill. hominum capax. Ita Xer xes ibi dinumeravil exercilam. Os Hebri. Porlus Stentoris. Oppidam Aenos liberum cum Polydo ri tomaio, Ciconum quondam regio. A Dorisco incurvatur ora ad Macroo Tichos centum viginti duorum mill. pass.. Circa quem locum fluvius Melas, a quo einns appellatur. Oppida : Cypsella, Bisanthe, Macron Tichos dictaro, qua a Propon tide ad Mdanem sinum inter duo maria porrectus murus procurrentem excludit Cherroneeum.
Falesina, Maronea, prima detta Orlagurea. II monte Serrio, e Zone : e Dorisco luogo capace di centoventi mila uomini. Cos Serse rassegn quivi il suo esercito. La bocca dell* Ebro. Il porto di Stentore. La citl d' Eno libera col sepolcro di Polidoro, gi paese de' Ciconi. Da Dorisco si comincia a piegare il lito fino a Macron lico cento ventidue miglia. Circa il qual luogo il fiume Mela, da cui si chiama il golfo. Le citi sono: Cipsella, Bisanle, detta Macronlico, la quale divide il Cherroneso, che scorre dalla Propontide al golfo di Malea fra due mari con due alle mura. Perciocch la Tracia dallaltro lato, incomin Jaroque Thracia altero latere a Pontico li lore incipiens ubi Ister amnis immergitur, vel pul ciando dalla riviera di Ponto, dove il fiume Istro cherrimas in ea parte urbes habet, Islropolin enlr.a in mare, ha iu quella parte bellissime citt, Milesiorum, Tomos, Calatinque, quae antea Istro poli de' Milesii, Tomo, e Calati, che dianzi Acervetis vocabatur. Heracleam habuit, et Bizo> si chiamava Acerveti. Ebbe ancora Eraclea, e nem terrae hiatu raptam : nunc habet Dionyso- Bizone,che fu inghiottita dalla terra : ora ha Diopolin, Crunos antea dictam. Adluit Ziras amnis. nisopoli, gi della Cruno. Bagnata il Huiue Zira. Totum eum tractum Scythae Aroleres cognomi Tutto quel tratto fu abitato dagli Sciti cognomi nati lenuere. Eorum oppida : Aphrodisias, Libi- nati Aroteri. Le citt loro sono: Afrodisia,Libisto, slot, Zigere, Boreobe, Etimenia, Parthenopolis, Zigere, Borcobe, Eumenia, Pari eno poli, Gerania, Gerania, uhi Pygmaeorum gens fuisse proditur, dove si dice che gi furono i popoli Pigmei, i Callusos Barbari vocant, creduntque a gruibus quali sono chiamali dai barbari Cattuzi, e creJesi fugatos. In ora a Dionysopoli est Odessus Mile che fossero cacciati dalle gru. Alla riviera dopo siorum. Flumen Panysus. Oppidum TelranauDionisopoli Odesso de'Milesii. II fiume Palochus. Mons Haemus vasto jugo procumbens in niso. La citl Telranauloco. 11 monte Emo, Pontum, oppidam habuit in vertice Aristaeum. che con uno altissimo giogo spinge nel Ponto, Nunc in ora Mesembria, Anchialum, ubi Messa ebbe nella sua cima una citt chiamata Aristea. fuerat. Astice regio habuit oppidum Anlhium : Ora alla riviera Mesembria Anchialo, dove nunc est Apollonia. Flumina: Panisa, Rira, era stata Messa. La regione d 'Astica ebbe una Tearas,Orosines. Oppida: Thynias, Halmydessos, citt, che fu Anzio : ora v' Apollonia. I fiumi : Develton cum slagno, quod nunc Deultum voca Pauissa, Rira, Te*ro, Orosine. Le citl, Tinia, tur. Veteranorum Phinopolis, juxla quam Bos Almidesso, Develtone con uno stagno, eh' ora si porus. Ab Istri ostio ad os Ponti pass. d l v mill. chiama Deulto. Finopoli de' Veterani, presso la alii fecere. Agrippa adjecit l x . Inde ad .raurum quale il Bosforo. Dalla foce dell' Istro alla bocca supra dictum centum quinquaginta : ab eo Cher- del Ponto alcuni fanno cinquecento cinquautaronesus cxxv mill. cinque passi, alcuni altri un miglio. Agrippa ve u'aggiunse sessanta. E di l al sopraddetto muro cento cinquanta : e da quello il Cherroneso cento venticinque miglia. Dopo il Bosforo il golfo Caslene. Il porto Sed a Bosporo, sinus Caslhenes. Portus Se nam : et alter, qui Mulierum cognominatur. de' Vecchi, e l'altro, che si chiama delle Donne, Promontorium Chrysoceras, in quo oppidom il promontorio Crisocera, dov' c la citt di Bifiyzanlium liberae conditionis, antea Lygos di zanzio, citt franca, delta prima Ligo. Egli ctam. Abest a Dyrrachio septingentis undecim lontano da Durazzo settecento undici miglia. E millibus past. Tantum palet longitudo terrarum tanta la longitudine della terra fra il mare inter Adriaticum mare et Propontidem. Amnes : Adriatico e la Propontide. 1 fiumi : Batinia, PiBathynias, Pydaras, tive Atyras. Oppida, Selym- dara, ovvero Atira. Le citl, Selitnbria, e Perinlo bffia, Perinthus latitudine cc pedum continenti aggiunta a terraferma con una latitudine di daexa. Intus Bixya, arx regum Thraciae, a dugento passi. Fra terra Bizia rocca dei re di le r c i nefasto crimine invisa hirundinibus. Regio Tracia, odiata dalle rondini per lo scellerato delitto di Tereo. La region Cenica, la colonia Caenica, colonia Flaviopolis, ubi antea Zela op Flaviopoli, dove prima si chiamava Zela citt. E pidum vocabatur. Et a Byzia quinquaginta millia passuum Apros colonia, quae a Philippis abest lontana da Bizia cinquanta miglia Apro colonia, cenlnm octoginta octo mill. pass. At in ora amuis la quale discosta da Filippo cento ottantaotlo
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C. PLINII SECUNDI
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Erginus : oppidom fuit Ganos : deserilur et Lysimachia jam in Cherroneso. Alius namque ibi Isthmos angustia simili est, eodem nomine, et pari latitudine : illustrant duae urbes ntrinque li tora, quae haud dissimili modo tenuere, Pactye a Propontide, Cardia a Melane sinu, haec ex facie loci uomioe accepto : utraeque comprehen sae postea Lysimachia quinque mill. pass. a Longis muris. Cherronesos a Propontide habuit Tirislaain, Crilholem : Cissam flumini Aego ad positam, nuoc habet a colonia Apro x x i i mill. passuum Resislon ex adverso coloniae Parianae. Et Hellespontus, septem (ut diximus) stadiis Europam ab Asia dividens, qualuor inter se contrarias urbes habet, io Europa Callipolin et Seston, et in Asia Lampsacum et Abydon. Dein promontorium Cherrouesi Mastusia adversum Sigeo, cujus in fronte obliqua Cynossema ; ita appellatur Hecubae tumulus, statio Achaeorum. Turris et delubrum Protesilai. Et in extrema Cherronesi fronte, quae vocatur Aeolium, oppi dum Elaeus. Dein petenti Melanem sinum, pbrtus Coelos, et Panhormns, et supra dicta Cardia.
Tertius Europae sinus ad hunc modum clau ditur. Montes extra praedictos Thraciae Edonus, Gigemoros, Meritus, Melamphyllos. Flumina in Hebrum cadentia, Bargus, Suemus. Macedoniae, Thraciae, Hellesponti longitudo est supra dicta. Quidam septingentorum viginti millium faciunt. Latitudo c c l x x x i v millium est. Aegaeo mari r.oraen dedit scopulus inter Tenum et Chium verius, quam insula, Aex no mine a specie caprae, quae ita Graecis appella tur, repente e medio mari exsiliens. Cernunt eum a dextra parte Andrura navigantes ab Achaja, dirum ac pestiferum. Aegaei pars Myrtoo datur : appellatur ab insula parva, quae cer nitur Macedoniam a Geraesto petentibus, haud procul Euboeae Carysto. Romani omnia haec maria duobus nominibus appellant: Macedoni cam, quacumque Macedoniam aut Thraciam adtingit: Graeciense, qua Graeciam adinit. Nam Graeci et Jonium dividunt in Sicntam, ac Creti cum, ah insulis. Item Icarium, quod est inter Samum et Myconum. Cetera nomina sinus de dare, quos diximus. Et maria quidem genlesque in tertio Europae sin ad hanc modam se habent.
miglia. Alla riviera il fiome Ergino, e gi vi fti anco l citl di Gaq? ; abbandonasi anco oggi mai Lisimachia nel Cherroneao. Perciocch quivi un altro Istmo e di simile strettura, del mede simo nome, e di pari latitudine. Due citt illu strano di qua e di l i liti,coi tennero gi per simi! modo, Paltie dalla Propontide, e Cardia dal golfo di Melana, la quale ha preso il nome dalla forma del luogo : e luna e laltra fa poi compresa nel nome di Lisimachia, cinque miglia lontana dai Lunghi muri. 11 Cherroneso ebbe dalla Propon tide Tiristasi, Cri tot e , Cissa posta sul fiume Ego : ora ha Resisto, lontaoa dalla colonia Apro trentadue miglia, dirimpetto alla colonia Pariana. L Ellesponto, il qoale, siccome io dissi, parte 1*Europa dall' Asia con selle Itavi di miglio, ha quivi quattro citt contraria fra loro. In Europa Gallipoli e Sesto: in Asia Lampeaco e Abido. Dipoi v* Mastusi* promontorio del Cbarroneso dirimpetto a SigeO, nella cui torta fronte Ciao sema ; cosi si chiama la sepoltura d* Ecoha, stanza degli Achei. La torre e il tempio di Protesilao. Nell'estrema fronte del Cherroneso, che si chia ma Eolio, la citt d Eleo. Andando poi verso il golfo di Melane porto Celo, e Panormo, e la sopraddetta Cardia. Il terzo golfo d 'Europa si chiude in questo modo. 1 monti oltre i gi detti della Tracia tatto Edono, Gigemoro, Merito, Melanfillooe. 1 fiumi, che mettono nell Ebro, Bargo e Sverno. La sopraddetta la longitudine della Macedo nia della Tracia, e dell* Ellesponto. Alcuni la fanno di settecento venti miglia. La latitudine dugento ottantaqualtro miglia. Il mare Egeo prese il nome da uno scoglio piuttosto che isola, il quale fra Teno e Chio, chiamato Ex, dalla figura di capra, che cosi la dicono i Greci, la quale subito salta in messo il mare. Coloro che navicano in Andro, trovanlo a man ri Ila di verso Achaia, crudele e pestifero. Parte del mare Egeo si d al mar Mirloo ; che cos si chiama una isoletta, la quale si vede da quegli, che da Geresto vanno in Maoedooia presso a Carisio d Eubea. 1 Romani chiamano tatti questi mari c to due nomi : Macedonico latto qaello che tocca la Macedonia, o la Tracia, e Greco, dove egit bagna la Grecia. Perciocch i Greci dividono anch essi Ionio in Sieolo e C re tico dall isole. E cos icario, quel eh tra Santo e Micoao. Tatti gli altri nomi gli danno i golfi, i quali abbiamo delti : e in questo modo, ataona i mari e i popoli nel temo seno d Europa.
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I k D U K D N ASTB l i ) TERRAS.
XIX. ia. Insulae autem ex adverso Thespro XIX. ia. L 'isole, che sono alPinconlro d Tetiae, Corcyra a Bulhrolo duodecim millia pas sprozia, sono: Corciralontana daButrintododici suum : eadem ab Acrocerauniis quinquaginta miglia, da' monti Acrocerauni cinquanta, con la mill. cam urbe ejusdem nominisCorcyra, liberae del medesimo nome Corcira, citt libera ; e citt civitatis, el oppido Cassiope, temploque Cassii Cassiope, e il tempio di Giove Cassio, la quale Jovis, passuum nonaginta septem millia in longi isola lunga novantasette miglia,detta da Omero tudinem patens: Homero dicta Scheria et Phaea Scheria e Feacia, e da Callimaco ancora Dre cia, Callimacho etiam Drepane. Circa eam aliquol, pane. D intorno a essa sono alcune isole,ma volta sed ad Italiam vergens Thoronos: ad Leucadiam verso Italia Torono,verso Leucadia le due Paxe, Paxae duae quinque m discretae a Corcyra. Nec discoste cinque miglia da Corcira : e poco lonta procol ab iis ante Corcyram E ricusa, Marathe, no da esse dinanzi a Corcira sono Ericusa, Ma Elaphusa, Mallhace, Trachie, Pylhionia, Plychia, rate, Elafnsa, Mallace, Trachie, Pitionia, Plichia, Tarachie. Et a Phaiaero Corcyrae promontorio Tarachie. E da Falacro, promontorio di Corcira, scopulus, in qoem rootaiam Ulyssis navem a uno scoglio, nel quale, secondo le favole, per simili specie fabula est Ante Leucimnam, Sybota. ch n ha forma, dicono cjie fu mutata la nave Inter Leucadiam aolem et Achajam permultae, d 'Ulisse. Dinanzi a Lencinna Sibota. Fra Leu quarum Teleboides eaedemque Taphiae, ab in- cadia e l Acaia ve ne sono molte, fra le quali colis ante Leucadiam appellantor, Taphias, Osono le Teleboide, dette ancora Tafie da quegli xiae, Prinossa; et ante Aetoliam Echinades, che abitano avanti a Leucadia, Tafia, Ossia, Pri Aegialia, Co tonis, Thyatira, Geoaris, Dionysia, noessa ; e innanzi all* Etolia, l ' Echiuade, EgiaCyrnus, Chalcis, Pi naca, Mysios. lia, Cotoni, Tialira, Geoari, Dionisia, Ci i no, Calcide, Pinaca e Misto. Ante eas in alto Cephalenia, Zacynthus, Dinanzi a esse in alto mare Cefalonia, Zautraque libera : Ithaca, Dulichiam, Same, Crocinto, amendue libere, Itaca, Dulichio, Same, cylea. A Paio Cephalenia, quondam Melaena Crocilea. Da Paxo Cefalonia, gii detta Melena, dicta, nodecim millibus pass. abest, circuitu patet discosto undici miglia, e gira novantatr mi xciii. Same diruta a Romanis, adhuc tamen op glia. Seme fu minata da Romani; ma nondi pida tria habet. Inter hanc et Achajam, cam meno ha ancora tre citl. Fra questa e 1 Ach'aia, * oppido magnifica et fertilitate praecipua, Zacyn con citt magnifica, e di gran fertilit, Zacinlo, thus, aliquando appellata Hyrie, Cephaleniae a chiamata alcuna volta Irie, lontana dalla parte meridiana parte xxv millia abest. Mons Elatus ibi meridiana di Cefalonia venticinque miglia. Quivi nobilis. Ipsa circuitu colligit xxxv millia. Ab ea il nobil monte Elato. Essa ha di circuito trentacinque miglia. Loutano da essa quindici miglia Ithaca xv millia distat, in qua mons Neritus. Tota Itaca,nella quale il monte Nerito. Gira tutta ven vero circuitu patet xxv mill. pass. Ab ea Araxam ticinque miglia. Discosto dodici miglia da questa Peloponnesi promontorium xn mill. pass. Ante Araxo promontorio del Peloponneso. Dinanzi hanc in alto Asteris, Prote : ante Zacynthum x x x t mill. pass. in Eurum ventum Strophades a essa in alto mare Asteri e Prote: diuanzi a Zacinto trentacinque miglia, verso il vento Euro, duae, ab aliis Plotae dictae. Ante Cephaleniam Letoia. Ante Pylum tres Sphagiae : et totidem sono le due Strofade, da altri dette Piote. Dinan ante Messenen Oenussae. zi a Cefalonia Letoia. Dinanzi a Pilo le tre Sfagie, e dinanzi a Messene altrettante Enusse. In Asinaeo sinu, tres Thyrides : in Laconico, Nel golfo Asineo sono le tre Tiride : nel La Teganosa, Cothon, Cythera cum oppido, antea conico Teganusa, Cotone, Citer con la citt pri Porphyris appellata. Haec sita est a Maleae ma chiamata Porfiride. Questa posta lontano promontorio v millia pass. ancipiti propter an dal Capo di Malea cinque miglia, pericoloso ai gustia ibi navium ambitu. In Argolico, Pityusa, navili per le stretture. Nel golfo Argolico Pi liusa, Irine, Efire : contra il paese Ermionio, Titrine, Ephyre : contra Hermioninm agrum Tipapareno, Eperopia, Coloni, Aristera : contra il renus, Aperopia, Coloni, Aristera : contra Troe xenium Calantia, quingentos passus distans Trezenio, Calauria, lontana mezzo miglio da Pla Plateis: Belbina, Lasia, Baucidias. Contra Epi tea : Belbiua, Lasia e Baucidia. Contra Epidauro, daurum, Cccryphalos, Pityonesos vi millibus Cecrifalo, Pilioneso sei miglia discosto da terra passaam continente. Ab hac Aegina liberae ferma. Da questa Egina di condizion libera ha
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conditionis x n millia pass. praeternavigatio est. Eadem aulem a Piraeeo Atheniensium porta xxx mill. pass. abest, ante Oenone voci Lata. Spiraeo promontorio objacent Eleusa, Adendros, Craugiae duae, Caeciae duae, Selachusa, Cenchreis, Aspis. Sunt et in Megarico sinu Methurides qua tuor. Aegila autem xv mill. pass. a Cythera, eademque a Cretae Phalasarna oppido xxv mill.
C lB T A B .
sedici miglia di navigazione : ed essa anopra lontana dal Pireo, porto degli Ateniesi, dodici miglia, prima chian|ata Enone. All'incontro del promontorio Spireo sono Eieusa, Adendro, due Craugie, due Cecie , Selacusa, Ceneri, Aspi. E nel golfo di Megara le quattro Meturide. Egila lontana quindici miglia da Citer, e da Falasarna citti di Creta, venticinque miglia. . Di C ebta..
Creta volta da un lato verso mezzod, XX. Ipsa Creta allero lalere ad austrum, XX. e da un altro a tramontana, si distende fra le altero ad septemtrionem versa, inter ortum oc vante e ponente, chiara per la fama di cento casumque porrigitor, centum urbium clara fama. Dtfsiades eam a Crete nympha : Hesperidis filia, citti. Dosiade volle che ella fosse cos chiamata Anaximander : a rege Curetum, Philislides da Creta ninfa : dalla figliuola d'Esperide, Anasimandro: da un rede'Cureti, Filistide Mallote; e Mallotes : Crates primum Aeriam dictam : dein Crate ritiene, che prima si chiamasse Aeria, di de postea Curetin, et Macaron nonnulli tempe rie coeli appellatam existimaverant. Latitudine poi Cureti, e alcuni che Macaron dalla temperie dell' aria. Ella non larga in alcun luogo pi nusquam quinquaginta millia pass. excedens, et circa mediam sui partem maxime patens, lon che cinquanta miglia, e circa il suo mezzo molto larga, e lunga.dugenlosettanta miglia, e gira cingitudinem implet c c l x x millium passuum, cir quecent'ottantauove, e piegasi nel mare Cretico cuitum d l x x x i x , fleclensque se in Creticum pelagus ab ea dictum, qua longissima est ad cos detto da lei : dove pi lunga a levante ha il promontorio Sammonio dirimpetto a Rodi,e ver orientem Sammonium promontorium adversum so ponente, Criumetopon incontro a Cirene. Le Rhodo : ad occidentem Criumetopon Cyrenas citli sue notabili sono, Falasarne, Etea, Cisamo, versus expellit. Oppida ejus insignia, Phalasarne, Etea, Cysamum, Pergamum, Cydon, Minoum, Pergamo,Cidone,Minoo^ Apterone, Pantomalrio, Aafimalla, Riliona, Panormo, Citeo, Apollonia, Apteron, Pan tornatrium, Amphimalla, Rhilhymna, Panborraum, Cytaeum, Apollonia, Matium, Malio, Eraclea, Mileto, Ampelo, lerapitna, Lebe Heradaea, Miletos, Ampelos, Hierapytna, Lebena, na, Ierapoli ; e fra terra, Gorlina, Feslo, Gnosso, Hierapolis : et in mediterraneo, Gortyna, Phae Polirrenio, Mirina, Licasto, Ranno, Lillo, Dio, stum, Gnossus, PoJyrrhenium, Myryna,Lycastus, Aso, Piloro, Rilion, Elatos, Fara, Olopisso, Laso, Rhamnus, Lyctus, Dium, Asum, Pyloros, Rhy- Eleuterna, Terapne, Maralusa, Cilisso : edei me moria ancora di intorno a sessanta altre citl. I tion, Elatos, Pharae, Holopyxos, Lasos, Eleuthernae, Therapne, Marathusa, Cylissos : et alio monti sono, Cadislo, Ideo, Ditlinneo e Corico. rum circiter l x oppidorum memoria exstat. Essa lontana col suo promontorio, che si chiama Criumetopon, siccome scrive Agrippa, da Ficunte Montes: Cadistus, Idaeos, Dictymnaeus, Corycus. Ipsa abest promontorio suo, quod vocatur Criu- promontorio di Cirene, dugento venticinque mi melopon, ut prodit Agrippa, a Cyrenarum pro glia : medesimamente da Malea del Peloponneso montorio Phycunte, ccxxv milia passuum. Item a Cadislo, settantacinque miglia. Dall'isola di Cadisto a Malea Peloponnesi l x x v . A Carpatho Carpalo al promontorio Sammonio, sessanta mi glia, verso il vento Favonio. Questa isola ia insula, promontorio Saroraonio l x mill. in Fa vonium ventum. Haec inter eam et Rhodum mezzo fra essa e Rodi. interjacet. Le altre intorno ad essa, avanti alla More, Reliquae circa eam ante Peloponnesum duae due Corice e due Mile : e dal lato di tramontana, Coricae, totidem Mylae : et latere septemtrionali, dextra Cretam habenti contra Cydoniam Leuce, a chi ha Creta a man rilta contra Cidonia Leoce et duae Budroae. Contra Matium, Dia. Contra e due Budroe. All' incontro di Matio, Dia. AU'iaItanum promontorium, Onisia, Leuce : contra contro del promontorio ltano Onisia e Leuce : Hierapytnam, Chrysa, Gaudos. Eodem tractu, contra lerapitna Crisa e Gando. Nel medesimo tratto Ofiutsa, Butoa e Arado: e girando at Ophiussa, Butoa, Aradus : circumvectisque Criu metopon, tres Musagores appellatae. Ante Sam torno Criumetoppn, si trovano le tre isole chiama nioD ium promontorium, Phoce, Plaliae, Sirnides, te Musagore. Dinanzi al promontorio Sammonio sono : Foce, Pialle, Sirnide, Nauloco, Armedone Naulochos, Armedon, Zephyre. e Zefire..
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At in Hellade, eliamnura in Aegaeo, Licbades, Scarphia, Caresa, Phocaria, comphiresque aliae ex adverso Atticae ine oppidis, et ideo ignobi les. Sed contra Eleusina, clara Salamis: ante eam Psytalia : aSnnio vero Helene quinque mill. pass. distans. Dein Ceos ab ea totidem, quam nostri quidam dixere Ceam, Graeci et Hydrussam. Avulsa Euboeae, quingentis longa stadiis fnit quondam : mox quatuor fere partibus, quae ad Boeotiam vergebsnt, eodem mari devoratis, oppida habet reliqua, Iulida, Carthaeam : inter cidere Coressus, Poeeessa. Ex hac profectam delicatiorem feminis vestem, anclor est Varro.
Ma in Eliade, ed ancora neU'Egeo sono, Licade, Scarfia, Caresa, Focaria, e molte altre all*incontro dell*Attica, senza citt, e perci igoobili. Ma all* incontro d* Eleusina la nobil Salamina : innanzi essa Psilalia : e discosto da Sunio cinque miglia Elene. Dipoi Cea, lontana da quella altrettanto, la quale alcuni de*nostri chiamarono Cea, ed i Greci Idrussa. Spiccata dall* Eubea, fu gi lunga d intorno a sessanta miglia : dipoi essendone stale inghiottite dal medesimo mare quasi le quattro parti che guar davano verso Beozia, quelle che vi restano son due citt, lulida e Carteia. Sono perite Coresso e Peeessa. Scrive Varrone, che da questa isola eb bero le donne una sorte di veste molto dilicata.
D b l l * E cbba.
E obobab.
XXI. Euboea* et ipsa avulsa Boeotiae, tam XXI. L*Eubea anch'essa fu spiccata dalla Beo modico interflnente Euripo, ut ponte jungatur : zia, essendovi in mezzo un cos piccol canale, che a meridie promontoriis duobus, Geraesto ad At congiungesi con essa per un ponte. Ha due pro ticam vergente, ad Hellespontum Caphareo in montorii da mezzod, Geresto, che guarda verso signis : a septemtrione, Cenaeo : nusquam latitu l*Altica,e Cafareo verso l*Ellesponto : da tramon dinem ultra i l millia passuum extendit, nusquam tana Ceneo ; e non in alcun luogo pi larga di intra duo millia contrahit : sed in longitudinem quaranta miglia, n manco di due. La lunghezza universae Boeotiae, ab Attica Thessaliam usque, di tutta la Beozia, distesa dall*Attica fino in Tes praetenta in c l mill. pass., circuitu vero trecenta saglia, centocinquanta miglia, ma di circuito sexaginta quinque. Abest ab Hellesponto parte trecento sessantacinque. lontana dall* Elle sponto dalla parte di Cafareo dugento venticin Capharei, ccxxv mill. passuum, nrbibus clara que miglia, illustre gi per queste citt, Pirra, quondam, Pyrrha, Porthmo, Neso, Cerintho, Portino, Neso, Cerinto, Orio, Dio, Edepso, Oreo, Dio, Aedepso, Ocha, Oechalia, nunc Chal cide, cujus ex adverso in continenti Aulis est ; Oca, Ecalia, ora Calcide, all'incontro della quale Geraesto, Eretria, Carysto, Oritano, Artemisio, in terraferma Aulide; Geresto, Eretria, Cari fonte Arethusa, flumine Lelanto, aquisque cali ato, Oritano, Artemisio, il fonte Aretusa, il fiume dis, quae Ellopiae vocaotur, nobilis: notior Lelanto, e nobile ancora per li bagni di Etiopia, tamen marmore Carystio. Antea vocitata est ma molto pi illustre per il marmo Caristio. Gi Chalcodotis, aut Macris, ut Dionysius et Epho fu chiamata Calcodote, ovvero Macri, siccome rus tradunt: ut Aristides, Macra : ut Callidemus, scrivono Dionisio ed Eforo: secondo Aristide Chalcis, aere ibi primum reperto: ut Menaechmus, chiamasi Magra, e secondo Callidemo Calcide, essendo trovato quivi la prima volta il rame : Abantias : ut poetae vulgo, Asopis. come vuol Menecmo, detta Abanzia, e volgar mente, secondo i poeti, Asopi.
CYCLADUM. D b l l b C ic l a d i.
XXII. Extra eam in Myrtoo multae, sed ma xime illustres Glauconoesos et Aegilia. Et a promontorio Geraesto, circa Delum in orbem sitae ( unde et nomen traxere) Cyclades. Prima earum Andrus cum oppido, abest a Geraesto x mill. pass., a Ceo xxxix mill. Ipsam Myrsilus Cauron, deinde Antandron cognominatam tra dit : Callimachus Lasiam,alii Nonagriam,Hydrussam, Epagrin. Patet circuitu xcvi mill. pass. Ab eadem Andro passus mille, et a Delo quindecim mill. Tenos, cum oppido in xv mill. pass. por
XXII. Oltre a questa molte altre ne sono nel mar Mirtoo, ma le pi illustri sono Glaoconneso ed Egilia. E dal promontorio Geresto, quelle che sono poste in cerchio intorno a Deio, ond*elle presero anco il nome, le Ciclade. La prima d*esse chiamata Andro con la citt lon tana da Geresto dieci miglia, da Ceo trentanove. Scrive Mirsilo, ch*ella si chiam Cauro, dipoi fu detta Antandro : Callimaco vuole ch'ella si chia masse Lasia, altri Nonagria, Idrussa, Epagri. Ha di circuito novantasei miglia. lontano da questa
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recta, qaam propter aquaram abundantiam, Aristotele* Hydrussam appellatam ait, aliqui Ophiussam. Ceterae : Myconos cum monte Dimaslo, Delo quindecim mill. passoum. Siphnus, ante Meropi*, et Acis appellata, circuitu viginti octo mill. pass. Seriphus xt. Prepesinthus, Cylhnos. Ipsaque longe clarissima, et Cydadum media, ac templo Apollinis et mercatu celebrata, Delo* : qnae diu fla c U ia la , ut proditur, sola mo tum terrae nou sensit ad M. Varronis aetatem. Mucianus prodidit bis concussam. Hanc Aristo teles ita appellatam prodidit, quoniam repente apparoerit enata. Aegioslhenes Cynthiam, alii Ortygiam, Asteriam, Lagiaro, Chlamydiam, Pyrpilem igne ibi primum reperto.Cingitur quinque mill. passuum : adsurgit Cynthio monte. Proxima ei Rhene,quam Anticlides Celadussam vocal: item Artemin Hellanicus. Syros, qnam circuitu patere viginli millia pass. prodidere veteres, Mucianus oentum sexaginta. Oliaros, Paros cura oppido, ab Delo xxxrni mill. marmore nobilis, quam primo Platean, postea Minoida vocarut. Ab ea septem mill. quingentis Naxus ; a Delo xvm cum oppido, quam Strongylen,dein Dian, mox Dionysiada a vinearum fertilitate, alii Siciliam mino rem, aat CalHpolin appellarunt. Patet circuitu septuaginta quinque mill. pass., dimidioque ma jor est qoam Paros.
Andro un miglio, e 4 Delo quindici Teno con la d iti, la quale per longitudine quindici miglia, la quale per l ' abbondanza deir acqua dice Aristotile, ehe fu chiamata ld russa, ed al cuni Ofiussa. Le altre sono : M icooo, col monte Dimas to, da Deio qnindid miglia. Sifno, prima detta Meropia ed Ad, di circuito vent'otto mi glia. Serifb di quindici, Prepesinlo, Ci ino. La pi illustre di tutti, che 4 nel mezzo delle altre Cidadi, celebrata per lo tempio d 'Apolline, e.per lo mercato, Deio, la quale aveudo lungo tempo ondeggialo, come si dice, sola non sent mai terremoto fino all'et di M. Varrone. Mudano scrive, ch'ella trem due volte. Dice Aristotele, ch'ella fu chiamata cos, perch in un tratto ap parve nata. Eglostene la nom Cinzia, alcuni-altri Ortigia, Asteria, Lagia, Clamidia, Pirpile, es sendoti trovato qoivi la prima volta il fuoco. Ha cinque miglia di circuito^ ed ha il monte Cinto. Vicina ad essa Rene, la quale Antidide chiama Celadussa, ed Ellenico Artemi. Siro, la quale secondo gli antichi ha venti miglia di d r enilo, secondo Muziaoo centosessanta. Olearo, Paro con la citti lontana da Delo trent'ollo miglia, nobile per la cava del marmo, la quale prima fu detta Platea, dipoi Minoida. Lontano da quella sette miglia e mezzo Naxo, da Deio dieiotto, con la dtt, che alcuni chiamarono Strongile, poi Dia, finalmente Dionsiada dalla fertili l del le vigne, altri Sidlia minore, ovver Callipoli. Ha di circuito seltanlacinque miglia, ed la met maggior di Paro.
D ell S p o b a d i.
S po ra d u m .
XXJll. Et hactenus quidem Cycladas servant : teleras, quae sequuntur, Sporadas. Suat .autem Helene, Phacussa, Nicasia, Schinussa, Pholegandros: et a Naxo xxxvm mill. passuum, Icros; quae nomen mari dedit, tantumdem ipsa in longitudinem patens, cum oppidis duobus, tertio amisso: ante vocata Doliche, et Macris, et lchlhyoessa. Sita est ab exortu solstitiali Deli, lii mill. pass. Eadem a Samo triginta quinque mill. Inter Euboeam et Andrum decem mill. freto, ab ea Geraestum centum duodecim nuli, quingenti pass. Nec deinde servari potest ordo. Acervatim ergo ponentur reliquae. Scyros : los a Naxo viginti quatuor mill. pass. Homeri sepulcro veneranda, longitudinis viginti quinque mill. ante Phoenice appellata. Odia, Letandros, Gyaro* cum oppido, circuitu duode cim mill. passuum^ Abest ab Andro sexaginta duobus mill. pass. Ab ea Syrnos octoginta mill. pass. Cynaethus : Teios unguento nobilis, a Cai* limacbo Agathussa appellata. Donusa, Patmo*
XXIII. E queste sono le Cidadi : l'altre, che seguono, son le Sporadi. E sono : Elene, Facussa, Nicasia, Schinussa, Folegandro, e trentotto mi glia discosto da Naxo, Icaro, la qual diede il nome al mare, essendo anch'essa tanto di longi tudine, con due citt, essendosi perduta la terza: prima si chiamava Dolica, e Macri, ed Iclioessa. situala da levante solstiziale cinquanladue mi glia lontano da Deio, e da Samo trentacinque. Fra Eubea ed Andro v ' dieci miglia di stretto. Lontana da essa Geresto cento dodici miglia. N dipoi si pu servare ordine. L'altre dunque si porranno alla rinfusa. Sciro: Io da Naxo ventiquattro migli, vene rabile per la sepoltura d Omero, lunga venti cinque miglia, prima chiamata Fenice. Odia, Lelandro, Giaro con la citt, di circuito dodid miglia. lontana da Andro sessanladue miglia. Da essa lungi Sirno ottanta miglia. Cineto: Tdo nobile per l'unguento, chiamata da Callimaco Agalusaa. Donusa, Palmos, di circuito trenta
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circuitu triginta mill. pass. Corasiae, Lebinlhus, Leros, Cinara : Sicinus, quae antea Oenoe : Hieracia, quae Onus ; Casus, quae Astrabe : Cimolus, quae Echinussa : Melos cum oppido, quam Ari stides Byblida appellat, Aristotoles Zephyriam, Callimachos Mimallida, Heraclides Siphnuro, el Acytou. Haec insularum rotundissima esi. Post Machia : Hypere, quondam Patage, ut alii Platage, none Amorgos : Polyaegos, Phyle, Thera, quum primum emersit, Calliste dicla. Ex ea avulsa po stea Th orasia : atque inter duas enata mox Auto mate, eadem Hiera : et in nostro aevo Thia juxta eamdem Hieram nata. Distat los a Thera viginti quinque mill. pass. Sequantur Lea, Ascania, Anaphe, Hippuris. Astypalaea liberae civitatis, circuitu lxxxix mill. passuum : abest a Cadisto Cretae cxxv mill. Ab ea Platea sexaginta mill. Unde Camina triginta octo mill. Azibinlha, Lanise, Tragi, Pharmacu sa, Techedia, Chalcia : Calydna, in qua oppidum Coos : Calymna, a qua Carpathum, quae nomen Carpathio mari dedit, xxv mill. passuum. Inde Rhodum Africo vento quinquaginta ai pass. A Carpatho Cason vii m . A Caso Sammonium Cre tae promontorium xxx mill. In Euripo autem Euboico, primo fere introitu, Petatiae quatuor insulae, et in exitu Atalante. Cyclades, et Spo rades, ab oriente litoribus Icariis Asiae, ab occi dente Myrtois Atticae, a septemtrione Aegaeo mari, a meridie Cretico et Carpathio inclusae, per d c c in longitudinem, et per cc in latitudi nem jacent Pagasicus sinus ante se habet Elitychiam, Cicynethum, et Scyrum supradictam, sed Cycla dum et Sporadum extima : Gerontiam, Scandilam : Thermaeus, Irrhesiam, Solimniam Eudemiam, Neam, quae Minervae sacra est Athos ante se quatuor : Peparethum cnm oppido, quondam Evoenum dictam, novem mill. pass. Sciathum xv mill. Imbrum cum oppido lxxxviii mill. pass. Ea dem abest a Mastusia Cherronesi, xxv mill. pass. Ipsa circu Iu lxxii mill. pass. perfunditur amne Uisso. Ab ea Lemnos viginti duo mill. quae ab Atho lxxxvii mill. pass. Circuitu patet cxn d pass. Oppida habet, Hephaestiam, el Myrinam, in cujus forum solstitio Athos ejaculatur umbram. A b ea Thassos libera quinque mill. pass., olim Aeria, vel Aethria dicta. Inde Abdera continen tis, xx mill. passuum. Athos sexaginta duo mill. o. Tanlumdem ad insulam Samothraccn, quae libera, ante Hebrum, ab Imbro xu mill., a Lem no viginti duo m d , a Thraciae ora Iriginta octo mill., circuitu Iriginta du mill. adtollitur mon te Saoce decem mill. passuum altitudinis, vel importuosissima omnium. Callimachus eam anti-
miglia. Corasia, Lebinlo, Lero, Cinara, Sicino, che prima si chiamava Euoe, Erasia, chVra detta Onus ; Casus, che fu delta Astrabe, e Cimolo delta Echinussa. Melos con h citt, che Aristi de chiama Biblide, Aristotile Zefiria, Callimaco Mimallida, Eraclide Sifoo ed Acilo. Questa la pi tonda isola che si truovi. Evvi poi Macchia: lpere, gi delta Patage, secondo alcuni Platage, ora Araorgos: Poliego, File, Tera, quando prima apparve, delta Calliste. Da quesla si spicc poi Torasla, e fra le due nacque Automate, che anco della Iera, e a' tempi nostri l'ia nata appres so la medesima Iera. E lontano da Tera venti cinque miglia. Seguono Lea, Ascania, Anafe, Ippuri. Astipalea citt libera, di circuito ottantanove miglia, discosto da Cadisto di Creta centoventicinque miglia. Da essa Platea sessanta miglia. Onde Ca mina treni olto miglia. Azibinta, Lanise, Tragia, Farmacusa, Techedia, Calcia, Calidna, nel la quale la citt di Coo : Calinna, dalla quale discosto Carpato, che diede nome al mar Carpazio, venticinque miglia. Quindi fino a Rodi per vento Africo cinquanta miglia. Da Carpato a Caso sette miglia. Da Caso a Sammonio pro montorio di Creta trenta miglia. Poi nel ca nale d Eubea quasi nella prima entrata sono le quattro isole Petalie, e nell'uscita Atlante. Sono le Cicladi e le Sporadi rinchiuse verso levante da' liti Icarii d'Asia, da ponente da'Mir tei dell'Altica, da tramontana dal mare Egeo, da mezzogiorno dal Cretico e Carpazio, per dugento miglia in lunghezza. Il golfo Pagasico ha dinanzi a s Eutichia, Cicineto e Sciro sopraddetta, ma l'ultima delle Ci cladi e delle Sporadi: Geronzia, Scendila, Termeo, Irresia, Solimnia, Eudemia, Nea, la quale i con secrata a Minerva. Alo n'ha dinanzi a s quattro : Pepareto con la citl gi detta Eveno, nove mi glia. Sciato quindici miglia, imbro con la citt ottant'otto miglia. La medesima lontana da Mastusia del Cherroneso venticinque miglia. Essa ha di circuito settantadue miglia : ed bagnata dal fiume llisso. Lontano da essa ventidue miglia Lemno, dalla quale ad Ato sono ottantasette miglia. Ha di circuito centododici miglia e mezzo. Ha due cilt, Efeslia e Mirina, nella cui piazza per lo solstizio il monte Ato fa ombra. Da essa a Tasso citt libera sono cinque miglia, gi detta Aeria, ovvero Etria. Dipoi Abdera di terraferma ventiduo miglia. Alo sessantadue miglia e mezzo. Altrettanto fino all'isola Samotrace libera, prima detta Ebro, da Imbro dodici miglia, da Lemno ventidue miglia e mezzo, dal lito della Tracia trentotto miglia, con circuito di trentadue mi glia : innalzasi per il monte Saoce dieci miglia,
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qao nomine Dardaniam vocat. lnler Cherronenm el Samothracen, ulrinqae fere qaindecim mill. Halonesos : altea Getbone, Lamponia, Alopeconuesus, haud procul a Coelo, Cherronesi porta, et quaedam ignobile. Deteri is qooqne reddantur in hoc sinu, quarum modo inveniri potuere nomina : Destico, Lar nos, Cyssiros, CarbruM, Cala Ihosa, Syha, Draconon, Arconesus, Dietbuaa, Scapos, Capheris, Mesate, Aeanlion, Pateria, Calathe, Neriphus, Polendo.
ed al tutto sensa porto. Callimaco col nome antico la chiama Dardania. Fra il Cherroneso e Samotraee, dall'uno e l'altro lato quasi quindici miglia discosto Aloaeio. Dipoi Gelone, Lampo nia, Alopeconneso poco lontano da Celo, porto del Cherroneso, ed alcune altre ignobili. Di quelle, che sono abbandonale in questo golfo, delle quali solamen le si son potuti trovare i nomi, Dcstioo, Larno, Cissiro, Carbrusa, Calata, Siila, Draconone, Arconeso, Die tosa, Scapo, Caferi, Mesate, Eanzione, Pateria, Calate, Nerifo, Polendo.
D b l l ' E llbspohto, e d il l a
H iu u ro s T i,
M a b o t io is .
Mi o t i d b .
II quarto golfo de'grandi di Europa, XXIV. Quartus e magni* Europae sinus ab XXIV. incominciando dall'Ellesponto, finisce nella foce . Hellesponto incipiens, Maeotidis ostio finitur. della Meotide. Ma io abbraccer brevemente Sed totius Ponti forma breviter amplectenda est, nt facilius partes noscantur. Vastum mare prae la forma di tutto il Ponto, acci le parti pi facilmente sieno conosciute. Il gran mare, che jacens Asiae, et ab Europa porrecto Cherronesi litore expulsam, angusto meato irrumpit in bagna l'A sia, spinto dall'Europa per il lito terras, septem stadiorum, ut dictum est, inter del Cherroneso, che in l si distende per pieeoi vallo Eurcfpam auferens Aaiae. P ri osa* angustias corso, entra nella terra con intervallo di sette Hellespontum vocant. Hao Xerxes rex, constrato ottavi di un miglio, come s' detto, levando in navibu* ponte, duxit exercitum. Porrigitur l ' Europa dall' Asia. Il primo stretto chiama Ellesponto. Per di qui Serse re de' Persi avendo inde tenuis Euripus l x x x v i mill. pasa. spatio ad Priapum urbem Asiae, quam magnus Alexander fatto un ponte di navi, men il suo esercito. Distende! poi uno stretto canale di sessantaei transcendit Inde exspatiatur aequor, rursusque in arctum coit : laxitas Propontis appellatur : miglia fino a Priapo citt dell'Asia, dove pass Alessandro Magno. Quindi s'allarga il mare, e angustiae, Thracius Bosporus, latitudine d pas suum, qua Darius pater Xerxis copias ponte di nuovo la larghezza d'esso si viene a restrin gere. Questa si chiama la Propontide. Lo stretto transvexit. Tota ab Hellesponto longitudo ccxxxix detto Bosforo Tracio largo mezzo miglio, dove m pass. Dein vastum mare, Pontus Euxinus, qui Dario padre di Serse pass lesercito sopra il quondam Axenus, longe refugientes occupat ter ponte. Tutta la lunghezza dell' Ellesponto du ras, magnoque litorum flexu, retro curvatas ia corona, ab hi* utrinque porrigitur, ut sit plane gento trentanove miglia. V' poi il gran mare, arcus scytbici forma. Medio flexa jungitur ostio il Ponto Easino, che gi fu detto Asseno, il quale Moeotici laeus.Cimmeriu* Bosporus id os vocatur, occupa la terra, che rifugge, e con gran ripie-1 ii mill. n pass. latitudine. At inter duos Bosporos gatura de' liti, ripiegato addietro in corni, da qoesti di qua e di l si distende, di maniera Thracium et Cimmeriam directo cursu, ut auctor che somiglia un arco scitico. Nel mezzo detta sua est Polybius, n u pass. intersunt. piegatura si congionge con la foce del lago Meo lico. Chiamasi quella bocca il Bosforo Cimmerio, largo due miglia e mezzo. Ma fra questi due Bosfori il Tracio e Cimmerio, per diritto corso, come scrive Polibio, d sona cinquecento miglia. Circuitu vero totius Ponti vicies semel cen Ed il circoito di tntto il Ponto due mila cento tena quinquaginta m, ut auctor est Varro, el fere cinquanta miglia, secondo Varrone, e quasi tutti veteres. Nepos Cornelius trecenta quinquaginta gli antichi, Cornelio Nipote v'aggiugn trecenlo millia adjicit. Artemidorus vicies novie* centena cinquanta miglia. Artemidoro lo fa due mila no xix a facit : Agrippa xxm siexaginta mill. Mucia vecento diciannove. Agrippa dae mila trecentonus xxiv xxv mill. Simili modo de Europae latere, sessanta miglia. Muziano due mila quattrocentomensuram alii qualuordecies centena l x x v i i i o venticinque miglia. Per simil modo, dal lato determinavere: alii undecies centena sepluagiuta dell'Europa, allri Canno la misura mille qnaltroduo millia. M. Varro ad hunc modum metitur. centose ttanl'otto miglia, altri mille cenlosettnoAb ostio Ponti Apolloniam c l x x x v i i u o pass. tadue. M. Varrone misura per questo Modo. Calatin tantumdem. Ad ostium Istri cxxv. Ad Dalla foce del Ponto in Apollonia cent'ottanU-
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Borysthenem exi. Cherronesum Heraeleotarum oppidom c c c l x x v m pass. Ad Panlicapaeurn, quod aliqui Bosporum vocant, extremam in Europae o r a , ccxu m o , quae l a m m i efficit x x x v i i m d . Agrippa a Byuotio ad flamen Istrum, d l x . Inde Panticapaeam ocxxxv. Lacus ipse Maeotis, Ta nain amnem ex Riphaeis montibos defluentem accipiens, novissimam inter Earopam Asiamque finem, a circuitu patere traditur. Ab aliis xi xxv m Ab ostio ejus ab Tanais ostium dire . cto cursu c c c l x x x v pass. esse lstropolim usque constat. Accolae sinus, in meotione Thraciae dicti sunt. Inde ostia Istri.
Ortas hic in Germaniae jugis montis Abno bae, ex adverso Raurici Galliae oppidi, multis ultra Alpes millibus, ac per innumeras lapsas gentes Danubii nomine, immenso aquaram au cta, et ande primam Illyricam adlait, Ister ap pellatus, sexaginta amnibus receptis, medio ferme numero eorum navigabili, in Pontum va stis sex flaminibus evolvitar. Primum ostium Peuces : mox ipsa Peuce insala, a qua proximas alveus appellatas, xix millia pass. magna palade sorbetor. Ex eodem alveo et saper lstropolim lacus gignitur l x i i i m pass. ambita : Halmyrin vocant. Secuadum ostium Naracastoma appella tur. Tertiam Calonstoma, juxta insulam Sarma ticam. Qaarlum PseaJostomoo, et in insula Gooopoo diabasis : postea Boreostoma et Spireostoma. Singula aatem ora tanta sunt, ut prodatur io quadraginta millia passuum, longitudinis viod mare, dulcemque intelligi haastum.
sette miglia e mezzo. A Calasi altrettanto. Alla foce dell Islro centoventicinque. Al Boristene centoquaranta. A Cherroneso citt degli Eracleoti trecentosettantacinque miglia. A Panlicapeo, che alcuni chiamano Bosforo, ultimo nella riviera d 'Europa, dugentododici miglia e mezzo, la qaal somma fa mille trecentotrentasetle miglia e mezzo. Agrippa da Bisanzio al fiume Istrp cinquecentosessanta, lodi a Panlicapeo seicentotrenlanque. Quindi il lago Meolico, il qual riceve il fiume Tanai, che viene de' monti Rifei, si dice che mette l'ultimo fine tra l ' Europa e l'Asia, quattordici e sei miglia. Secondo altri ondici e venticinque miglia. Dalla foce di quello alla foce della Taua per diritlo corso sono treceniosetlantacinque mi* glia. Gli abitatori di quel golfo sono stati ricordati facendosi menzione della Tracia sino ad Istropoli. Dipoi la foce dell' Islro. Questo fiume nasceudo ne' gioghi dell' Abnobe monte di Lamagna, dirimpetto a Raurico citt della Gallia, e scorrendo di molte miglia dalle Alpi e per infinite nazioni con nome di Danubio, mollo grosso d'acqua, e donde prima bagna la Schiavonia,chiamato Islro, ricevuti in s sessanta fiami, quasi per mezzo del numero loro navigabile, e cosi se ne va nel mar maggiore con sei fiami grandi. La prima foce desso Peace, dipoi isola Peace ; dalla qaale il pros simo golfo ha preso il nome, che inghiottito da una gran palade di diciannove miglia. Dal medesi mo lei lo, e sopra btropoli nasce un lago di circuilo sessantatr miglia, che si chiama Almiri. La seconda bocca delta Naracastoma. La terza Calostoma appresso isola Sarmatica. La quarta Pseudostoma e Conopon isola diabasi, dipoi Bo reostoma e Spireosloma. E ciascuna di queste foci s grande, che si dice, come ben quaranta miglia fra mare vincono l'acqua salsa, e tengono Pacqaa dolce.
D a c ia e S a i m a z i a .
D a c u b , S a r m a t ia e .
Da questo fiume in l del tatto certo XXV. Ab eo in plenam qaidem omnes Scy> XXV. son popoli Sciti, ma sono diversi che abitano tharum sunt gentes : variae tamen litori adposita tepuere : alias Getae, Daci Romanis dicti : alias le parli vicine al mare. Alcnna volta son chiamati Geli, da'Romani Daci, e quando Sarmali, dai Sarmatae, Graecis Sauromatae, eoramqae Hamaxobii, aut Aorsi : alias Scythae degeneres et a Greci Sauromali : e di loro gli Amaxobii, o gli Aorsi, altrimenti Sciti tralignati, e nati da' servi ervis orti, aut Troglodytae : mox Alani, et Rho0 Trogloditi, dipoi Alani e Roxalani. Ma le parti xalani. Bupenoca autem inter Danubium et di aopra fra il Danubio ed il monte Ercinio, per Hercynium saltum, usque ad Pannonica hiberna fino a Pannoni, sono abitate da Carnunti, e Carnunti, Germanoramque ibi confinium, cam pos et plana Jaiyges Sarmatae ; montes vero et quivi sono i confini di Lamagna : gli Iaxigi ed 1 Sarmati abitano le campagne e le pianure, ma saltus polsi ah his Daci ad Palhyssum amoem. A Maro, sive Duria est, a Suevis regnoque Vanta i Daei cacciati da questi abitante i monti e i bo schi, dal Maro o Daria che si chiami, parten no dirimens eos, adversa Basternae tenent, aliidoli dagli Svevi e dal regno Vaniano. La parte que inde Germani. Agrippa totum eum tractum
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ab Istro ad Oceanum bis ad decies centena mill. pass, in longitudinem, qnatnor millibus et quadriogentis in latitudinem ad flumen Vistulam a desertis Sarmatiae, prodidit. Scytharum nomen usquequaque transit in Sarmatas atqne Germa nos. Nec aliis prisca illa duravit appellatio, quam qui extremi gentium harum ignoti prope celeris mortalibus degunt.
opposila posseduta da'Basterai e da altri popoli Germani. Scrive Agrippa, che tatto qoel tratto dal Danubio all'Oceano lungo da doe mille miglia, e dove meno largo, quattromila e quat trocento passi, da'deserti della Sarmaiia al fiume Vistola. Il nome degli Sciti passa fino a Sarma ti, ed a' Germani. N in altri duralo quel nome antico, che in quegli, qaali aitimi di queste genti vivono quasi incogniti agli altri uomini.
S a z i a.
S cythub .
XXVI. Dopo P Istro sono queste citt: CremXXVI. Verum ab Istro oppida, Creraniscos, Aepolium : montes Macrocremnii, clarus amnis nisco, Epolio : i monti Macrocremnii, la Tira Tyra, oppido nomen imponens, ubi antea Ophiu fiume illustre, il quale mette il nome alla citt, sa dicebatur. In eodem iusulam spatiosam inco dove ella si chiamava prima Oiiusa. Nel medesi lunt Tyragetae. Abest a Pseudostomo Islri ostio mo luogo abitano i Tirageti una isola molto centum triginta millibus passuum. Mox Axiacae grande, la quale lontana da Pseudosiomo, foce cognomines flumini, ultra quos Grobyzi : flumen delP Istro, centotrenta miglia. Sono dipoi gli Rhode, sinus Sagaricus, portus Ordesus. Et a Axiaci, cognominati dal fiume, oltre i quali sono Tyra centum viginti millibus passuum flumen i Crobisi, il fiume Rode, il golfo Sagarico ed il Borysthenes, lacuique et gens eodem nomine, et porto Ordeso. E da l'ira centoventi miglia oppidum a mari recedens xv millibus passuum : il fiume Boristene, e un lago, ed an popolo del medesimo nome, ed ana cilli discosta quindici OlbiQpolis, et Miletopolis, antiquis nominibus. Rursus in litore portus Achaeorum. Insula Achil miglia dal mare: Olbiopoli e MUetopoli oonomi lis, tnmuloejus viri clara. Et ab ea cxxv millibus antichi. E nella riviera ancora il porto degli passuum peniusula, ad formam gladii in trans Achei. L isola d'Achille, illastre per la sua se versum porrecta, exercitatione ejusdem cogno poltura : e da quella lontano centoventidnque minata Dromos Achilleos, cujus longitudinem miglia una penisola distesa per traverso in guisa di coltello, chiamata il Dromo d'Achille, percioc octoginta millium passuum Iradit Agrippa. To tum eum tractum 'lauri Scythae, el Siraei te ch egli vi si soleva esercitare, la quale seoondo nent. Inde silvestris regio Hylaeum mare, quo Agrippa lunga ottanta miglia. Tatto quel con adluilur, cognominavit: Enaecadloae vocantur torno abitalo da' Tauri, Scili e Sarmati. Dipoi incolae. Ultra Panticapes amnis, qui Noma das quella region piena di selve diede il nome al et Georgos disterminat : mox Acesinus. Quidam mare Ileo, che la bagna : Enecadloi si chiamano Panlicapen confluere infra Olbiam cum Bory gli uomini del paese. Pi l il fiome Panlicape, sthene tradunt : diligenliores Hypanin ; tanto il qual divide i Nomadi e i Georgi; dipoi l'Aceerrore eorum, qui ilium in Asiae parte pro sino. Alcuni tengono che il Panlicape corra sotto Olbia col Boristene : i pi diligenti dicono, che didere. egli Ipani ; con tanto errore di coloro, i qaali 1 hanpo messo in una parte dell' Asia. 11 mare dipoi torna addietro, intanto che Mare subit vasto recessa, donec quinque millium passaum intervallo absit a Maeotide, per ispazio di cinque miglia egli discosto dalla vasta ambiens spatia, maliasque gentes. Sinus Meotide, grandi spazii, e molti popoli abbrac Garciniles appellatur, flumen Pacyris. Oppida : ciando. Chiamasi golfo Carcinite, il fiume Pa Naubarum, Carcine : a tergo lacus Buges fossa dri. Citt : Naubaro e Carcine. Dietro il lago emissas in mare. Ipse Buges a Coreto, Maeotis Buge, che per ana fossa entra in mare. Esso lacus sina, petroso discluditur dorso. Recipit Buge da Coreto, golfo della palude Meotide, amnes Bugem, Gerrhum, Hypanin, ex diverso separato con una costa pietrosa. Esso riceve que venienles tractu. Nam Gerrhus Basilidas, et No sti fiumi, cio Buge, Gerro ed Ipani, i qaali made separat. Hypaois per Nomadas et Hylaeos vengono da diversi luoghi. Perciocch il Gerro flluit mana facjto alveo in Bugen, naturali in separa i Basilidi ed i Nomadi. L* Ipani passa per Coretam. Regio Scylhia Sendica nominatur. lo paese de' Nomadi e degl' Ilei, con un canale Callo a roano nel Bage, e col naturale nel Coreto. La region di Scizia si chiama Sendica.
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Sed a Carcinite Taurica incipit, quondam mari circumfusa et ipsa, quaqua nunc jacent campi. Deinde vastis adlollitur jugis. Triginta sunt eorum populi. Ex iis mediterranei, xxiv. Sex oppida : Orgocyni, Chara ceni, Lagyrani, Tra ctari, Archilachitae, Caliordi. Jugum ipsum Scythotauri tenent. Clauduntur ab o<;cidente Cher roneso, ab orto Scythis Satarchis. In ora a Carcine oppida: Taphrae, in ipsis angustiis penin sulae : mox Heraclea Cherronesos, libertate a Romanis donatum. Megarice vocabatur antea, praecipui nitoris in loto eo tractu, custoditis Graeciae moribus, quinque millia pass. ambiente mnro. Inde Parthenium prompntorium, Tauro rum civitas, Placia. Symbolon portus. Promon torium Criumetopon, adversum Carambi Asiae promontorio, per medium Euxinum procurrens c l x x x ii pass. intervallo, quae maxime ratio scyihici arcus formam efficit. Ah eo Taurorum por tus muki et lacus. Oppidnm Theodosia a Criumetopo cxxv m pass. A Cherroneso c x l v m pass. Ultra fuere oppida: Cytae, Zephyrium, Aerae, Nympheum, Dia. Restat longe validissimum in ipso Bospori introitu, Panlicapaeurn Milesiorom, a Theodosia l x x x v i i m pass. ; a Cimmerio vero oppido trans fretum sito m o (ut diximus) pass. Haec ibi latitudo Asiam ab Europa separat, eaque ipsa pedibus plerumque pervia glaciato freto. Bospori Cimmerii latitudo xn d pass. Oppida habet, Hermisium, Myrmecium: inlus insulam Alopecen.Per Maeotin autem ab extremo Isthmo, qui locus Taphrae vocatur, ad os Bospori c c u m passuum longitudo colligitur.
A Taphris per continentem introrsus tenent Auchelae,apud quos Hypaois oritur ; Neuri, apud quos Borysthenes ; Geloni, Thussagetae, et cae ruleo capillo Agathyrsi. Super eos Nomades: dein Anthropophagi. A Buge super Maeotio Sauromatae, et Essedones. At per oraro Tanaim usque Maeotae, a quibus lacus nomen accepit: ultimique a tergo eornm Arimaspi. Mox Riphaei montes, et assidoo nivis casu pinnarum similitudine Pterophoros appellata regio: pars mundi damnata a rerum natura, et densa mersa caligine : neque in alio qnara rigoris opere, gelidisque Aquilonis cooceptaculis.
Pone eos montes, ultraque Aquilonem, gens felix (si credimus) quos Hyperboreos appellavere,
Ma da Carcioite comincia la Taurica, gi ba gnata anchella dal mare, per lutto dove sono ora campagne. Ha dipoi monti molto alti. Trenta sono i popoli loro. Fra i quali ventiquallro ne sono fra terra. Sei citt : gli Orgocini, i Caraceni, i Lagirani, i Trattari, gli [Arcilachiti ed i Ca liordi. Gli Scilotauri abitano appunto sul giogo. Da ponente sono serrati dal Cherroneso, da le vante dagli Scili Satarchi. Alla riviera dopo Carcinite sono queste citt : Tafre, nello stretto della peuisola, dipoi Eraclea Cherroneso fatta libera dai Romani. Chiamossi prima Megarice, il pi civil luogo che sia in quelle parti, per mantenervisi tuttavia i costumi della Grecia, con una muraglia di cinque miglia, che la circonda. Dipoi Partenio promontorio, e la citl de Tau ri, Placia. Porto Simbolo. 11 promontorio Criu metopon, dirimpetto a Carambi promontorio dell* Asia, che scorre per messo lo Eusino per ispasio di cenlottanta miglia, la qual computa sen e fa la figura di un arco scitico. Dopo quello sono molti porti e laghi de*Taori. La citt diTeodosia, lontana da Criumetopo cento venticinque miglia. Dal Cherroneso cenloquarantacinque. Pi oltre furono gi alcuoe citt, Cile, Zefirio, Acre, Ninfeo e Dia. Resta vene ora una fortissima pro prio nell*entrata del Bosforo, che si chiama Panlicapeo de Milesii, lontano da Teodosia ottantaselte miglia; e dalla citt di Cimmero posta, come dicemmo, oltre allo stretto, due miglia e mezzo. QuestH larghesza quivi separa l Asia dall* Europa, e le pi volte si pu fare a piedi, quando lo stretto sagghiaccia. Il Bosforo Cim merio largo dodici miglia e mezzo. Ha due citt, Ermisio e Mirmecio, e pi addentro isola Alopece. E per la Meotide dallestremo Istmo, il qual luogo si chiama Tafre, alla bocca del Bos foro , v una lunghezza di dugentosessanta miglia. Dopo Tafre per lerra addentro abitano gli Aucheli, dove nasce il fiume Ipani : i Neuri, ap presso dei quali il Roristene ; i Geloni, i Tussageli e gli Agatirsi, che hanno i capagli verdi. Sopra questi sono i Nomadi, dipoi gli Antropo fago Dopo Buge sopra la Meotide i Sauromali e gli Essedoni. Ma per la riviera insino al Tanai i Meo ti, dai quali il lago ha preso il nome ; e gli ultimi alle loro spalle sono gli Arimaspi. Dipoi i monti Rifei, e la regione, che chiamata Ptero foro, per le continue nevi, che vi cascano, a guisa di penne : questa parte del mondo dannata dalla natura, e sommersa in una folta caligine; n in altra opera, che di freddo ghiaccio, e gelidi ricetti di Aquilone. Dopo questi monti, e di l da Aquilone, po poli molti felici, se pur ci si dee credere, i quali
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annoto degit aevo, fabulosis celebrata miraculis. Ibi creduntur esse cardines mundi, exlremique siderum ambitus, semestri luce, et una die solis aversi: non, ut imperiti dixere, b aequinoctio verno in autumnum. Semel in anno solstitio oriuntur iis soles, brnmaque semel occidunt. Re gio aprica, felici temperie, omni afflatu noxio carens. Domus iis nemora, lucique, et deorum cultus viritim gregat imqne, discordia ignota et aegritudo omnis. Mors non nisi satietate vitae, epulatis delibutoque senio luxu, ex quadam rupe in mare salientibus. Hoc genus sepulturae beatis simum. Quidam eos in prima parte Asiae litorum posuere, non in Europa, quia sunt ibi simili consuetudine et situ, Altacorum nomine. Alii medios fecere eos inter utrumque solem, antipo dum occasum exorientemqne nostrum: quod fieri nnlla modo potest, tam vasto mari interveniente. Qui non alibi quam in semestri luce constituere eoa, serere matutinis, meridie metere, occidente sole foetus arborum decerpere, noctibus in spe cas condi tradiderant. Nee libet dubitare de gente ea, quum tot auctores prodant frugum primitias solitos Delon mittere Apollini, qaem praecipue colunt. Virgines ferebant eas, hospitiis gentium per anno aliquot venerabiles: donec iolata fide, in proximis accolarum finibus depo nere sacra ea instituere, hique ad conterminos deferre, atque ita Delon usqao. Mox et hoc ipsum exsolevit. Sarmatiae, Scythiae,Tauricae, omnisque a Borysthene aia ne tractus longi tudonccccLxxx u, latitudo d c c x y ii m a M. Agrippa tradita est. Ego incertam in hac terrarum parte mensuram arbitror.
sono stali chiamati Iperborei, vivono lunghissi mo tempo, e sono celebrati per miracoli favo losi. Quivi si credono essere I cardini del mondo, e gli ultimi circaiti delle stelle* con lace di sei mesi ed an giorno di sole da lor rimosso ; non, come dissero gl'ignoranti, dall'eqainozio della primavera all'antuoao. Una volta l'anno per lo solstitio della state si leva loro il sote,ed:una volta di verno tramonta. Paese solatio, con felice tem peramento, e setiz'alcun vento nocivo. Le case loro sono selve e boschi, e ciascun per s adora gli dei ; e quivi non discordia, n malattia ve runa. Essi non muoiono mai, se non quando vien loro a noia la vita ; perciocch quando son ben vecchi, dopo che hanno ben mangiato, e meglio bevuto, si gettano da una ripa in mare. Questa una felicissima sorte di sepoltura. Al cani gli hanno posti nella prima parte delle ri viere dell'Asia, non in Europa, perch ci sono qaivi gli Aitaci, che hanno con essi somigtiansa, rispetto alle costumanze e alla postura. Altri gli hanno posti in mezzo fra Pano e laltro sole, cio fra il ponente degli Antipodi, ed il nostro levante, il che per alcun modo non pud essere, interponendo visi cos gran mare. Coloro, chenon gli hanno messi Altrove, se non dove sei mesi giorno, dicono che la mattina seminano, di mezzogiorno mietono; quando il sol tramonta, raccolgono i frutti degli alberi, e la notte si ri traggono nelle spelonche. N si pn dubitare di questa gente, scrivendo tanti autori, ch'essi soglion mandare le primizie delle biade ad Apol line in Deio, il qnale da loro principalmente adorato. Usavano di portare queste primizie le fanciulle vergini, le quali per alcuni anni farono molto rispettate dov'elle alloggiavano, ma dipoi mancando la fede e la bonl nelle persone, si risolsero di mettere quelle cose sacre ai confini del paese, e di mano in mano di vicini in vicini passavano fino a Deio : hanno dipoi ancora dis messa questa usanza. La longitudine della Sarmazia, Scizia e Tanrica, e di tatto quel tratto dal fiame Boristene, novecento ottante miglia. La latitudine settecentodiciassette, secondo che scrisse M. Agrippa, lo tengo, che non si possa dare certa misura in questa parte del mondo.
I s o l e d e l P o r t o , e d e l l O c* a e o s e t t e b t u o v a l e .
I hsulaxtjm P o n t i : ( * I h s u l a i o m O c x a x i S e p t e m t e i o h a l i s *. )
X XVil. Veram instituto ordine, reliqua hu jus sinus dicantur; et maria qaidem ejas nuncu pavimus. iS. Hellespontus insolas non habet in Europa dicendas. In Ponto duae, d pass. ab Europa, xi? ab ostio, Cyaneae, ab diis Symplegades appellatae, tfaditaeque fabulis inter se concurris
XXVII. Ora secondo l'ordin preso ragione remo delle altre parti di qaesto seno : de' suoi mari se n' discorso. i 3. L 'Ellesponto non ha iaole in Europa da nominarsi. In Ponto ne son due, lontane un mi glio e mezzo dell Europa, e quattordici miglia dall foce, da alcuni Cianee, e d'alcuni alivi chia-
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ce: quoniam parvo discretae intervallo, ex ad ver* ao intrantibus geminae cernebantur, paullumquc deflexa aoie^coeantiuin speciem praebebant. Citra Istrum, Apolloniatarum una, l x x x a Bosporo Tbrado, ex qua M. Lacullas Capitolinum Apol linem advexit. Inter ostia Istri quae essent, diximas. Ante Borysthenem Achillea esi sapra dicta: eadem Leuce, et Macaroa appellata. Hanc tempo rum horam demonstratio a Borysthene c x l po n it, a Tyra cxx a, a Peace insula qainqaaginta u. Cingitor circiter decem m passaam. Reliqaae in Carcinite sina, Cephalonesos, Rhosphodosa, Ma cra. Non est omittenda multorum opinio, prius quam digrediamur a Ponto, qui maria omnia interiora illo capite nasci, non Gaditano Creto, existimavere, haud improbabili argomento : quo niam aestas semper e Ponto profluens, nomquam reciprocetor.
mate Simplegade, le qoali secondo le favole cor sero I ana contra altra ; perch essendo elle divise eoo poco intervallo, a coloro che ventra vano parevano dae, e piegando un poco la vista mostrava che si congiu gnessero.Di qua dallIstro, degli Apolloniati n una, lontana ottanta miglia dal Bosforo Tracio, della qaale M. Lucollo port lApolline Capitoliao. Fra le foci dell'Istro dissi gi quali elle erano. Dinansi al-Boriatene lAchil le sopraddetta, la quale chiamata Leuce e Ma cerone. La dimostrazione di questi tempi mette questa isola lontana dal Boristene, centoquaranta miglia, dalla Tira centoventi, dalTisola di Peace cinquanta. Ha dintorno da dieci miglia di circui to. Laltre nel golfo Carcinite, sono : Cefaloneso, Rosfodusa e Macra. Non da passar lopinione di molti, prima che ci partiamo dal Ponto, i quali hanno tenuto, che tutti i mari mediterranei na scono da quel capo, non dallo stretto di Gade, e ci con verisimile argomento; perciocch il flusso, ch esce del Ponto, non torna mai ad dietro. Ma egli da uscir di qoesto, per ragioua Exeoadom deinde est, at extera Europae di delle parti di foora dell Europa. Qoegli che cantor, traosgressisque Riphaeos montes, Ktas hanno passato i monti Rifei, debbono pigliar a Oceani septentionalis in laeva, donee pervenia tur Gades, legendam. Insulae oumplures sine m n manca il li lo del mar settentrionale, fiso oomiaiboe eo sita tradantar. Ex quibas ante che sarriva a Gade. Sono in quel sito molte Scythiam, quae appellator Raononia, onam isole senza nome. Fra le quaK dinansi alla Sei abesse diei corsa, in quam veris tempore flucti- sia quella, che si chiama Raunonia, lontana bos electrum ejiciatur, Timaeot prodidit. Reliuna giornata dalla Sdsia, nella quale, secondo qoa litora incerta ugnata fama. Septemtrionalis ehe scrive Timeo, per la temperie della prima Oceanus : Amalcbiam eum Hecataeos appellat, a vera Tonde del mare vi gettano ambra. Delle Paropamiso amne, qua Scythiam adloit, quod altre riviere non s ha alcuna certa cognizione. nomen ejus gentis lingua significat congelatam. Il mar settentrionale, Ecateo lo chiama Amalcbio, Philemon Morinwrasam a Cimbris vocari, hoc dal fiame Paropamiso, dove egli bagna la Scisia, est, Mortaom mare, usqoe ad promontorium il qdal nome in lingaa di quella nazione significa Robeas : altra deinde Croniam. Xenophon Lam agghiaeeiato. Filemone vuole che da Cimbri si psacenus, a litore Scytharnra tridui navigatione, chiami Morimarusa, cio, mar Morto, fino al insulam esse immensae magnitudinis, Baltiam promontorio di Robe, e dall in l poi Cronio. tradit. Eandem Pylbeas BasUiam nominat. Fe Senofonte da Lampsaco scrive, che dalle riviere rantur et Oonae in quibus ovis aviam et arenii della Scizia tre giornate di viaggio, una gran incolae vivaot. Aliae, in qaibos eqainis pedibas dissima isola, che si chiama 'Baltia. E questa homines nascantur, Hippopodes appellati : Fanemedesima Pitea la chiama Basili. Dicesi ancora sioram aliae, in qnibos noda alioquin corpora esservi le isole Oonc, dove gli abitatori vivono praegrandes ipsorum aeres tota contegant. duova duccelli e di forestieri, chessi mangia no. Altre isole vi sono, dove gli uomini ci na scono co piedi di cavallo, e perci son chiamati Ippopodi : altre sono de Fannesi, nelle quali gli uomini vanno ignudi, ed hanno cos grandi le orecchie, che con essi si vengon tutti a coprire. Incipit deinde clarior aperiri fama ab gente Dipoi comincia paese che se n ha maggior Ingaevonum, qnae est prima. Inde Germania. cognizione, ^incominciando da popoli Ingavoni, Sevo mons ibi immensus, nec Riphaeis jugis i quali quivi sono i primi di Lamagna. Quivi minor, iasmanem ad Cimbrorum usqoe promonil gran monte Sevo, non punto minore degioghi torian dficit sinum, qui Codanus vocatur, refer Rifei, il quale fino al promontorio de Cimbri fa tos insalis : qaarum daristima Scandinavia est, un gran golfo, che si diiama Codano, pieno
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incomperta: magnitudinis, portionem tantam ejus, qaod sit notum, Hillevionam gente quin gentis incoiente pagis, quae alterum orbem ter rarum eam appellat. Nec est minor opinione Eningia. Qaidam haec habitariad Vistulam usque fluvium, a Sarmatis, Venedis, Sciris, Hirris tra dant. Sinum Cylipenum vocari: et in ostio ejus iosulam Latrin. Mox alteram sinum Lagnam, con terminam Cimbris. Promontorium Cimbroram excurrens in maria longe peninsulam efficit, quae Cartris appellatur. Tres et viginti inde insulae Romanorum armis cognitae. Earum nobilissi mae, Burchana, Fabaria a nostris dicta, a frugis similitudine spoute provenientis, liem Glessaria, a succino militiae appellata, barbaris Aastrania, praeterque Actania.
d isole, fra le quali la pi famosa Scandinavia, d'incognita grandezza. La porzione solamente di quel tanto, eh1 nolo, abitata da' popoli Ulevioni, i quali hanno cinquecento villaggi, ed chiamata un altro mondo. N minore dopi nione Eningia. Dicono alcuni, che questa fino al fiume Vistola abitata di Sarmati, Venedi, Sciri e Irri ; chella si chiama golfo Cilipeno, e che nella bocca d'esso isola Latri. Dipoi nn altro golfo detto Lagno, confine co1 Cimbri. 11 promontorio de1Cimbri, il quale si distende molto in mare, fa uaa penisola,la quale si chiama Cartri. Di l poi ci sono ventitr isole conosciute alParmi de Romani. Le pi nobili d'esse sono Barcana, detta danostri Fabaria, dalla similitu dine di tal legame, il quale nasce da s in quel luogo. E Glessaria, chiamata cosi dall'ambra, da1Barbari Anstrania, e di l Allania.
G b k m a r ia .
G b im a iia b .
XXVIII. Toto autem hoc mari ad Scaldim XXVIII. E per tallo qaeslo mare, fino al usque flaviam, Germanicae accolunt gentes haud fiome Scalde abitano popoli di Germania con explicabili mensara, tam immodica prodentium incerta misora ; tanto grande la discordia di discordia est, Graeci el quidam nostri xxv m pas coloro, che ne parlano. 1 Greci, ed alcuni nostri suum oram Germaniae tradiderunt. Agrippa cum dicono, che la riviera della Germania venticin Raetia et Norico longitudinem d c x c v i millia pas que miglia. Agrippa scrisse, che insieme con suum, latitudinem c x l v u i millium. la Rezia ed il Norico ella lunga seicentonovantasei miglia, e larga centoquarantolto. 14. Raetiae prope unius majore latitudine, 14. La Rezia quasi sola di maggior latitu sane circa excessum ejus subactae. Nam Germa dine, certo circa lo eccesso di quella, eh' sog nia mnltis postea aonis, nec tota, percognita est. giogata. Perch molli anni dopo non s anco Si conjectare permittitur, haad multum orae avola cognizione di tulta la Germania. Ma se si deerit Graecorum opinione, et longitudini ab pu far congettara, non sar mollo lontana la Agrippa proditae. Germanorum genera quinque: riviera all'opinion de'Greci, ed alla lunghezza Vindeli, quorum pars Burgundiones, Varini, Ca posta da Agrippa. Di cinque sorti sono i Ger rini, Guttones. Alteram genus, Ingaevones, quo mani: i Vindeli, parte de'quaii sono i Borgogno rum pars Cimbri, Teutoni, ac Chaucorum gentes. ni, i Varini, i Carini, i Gattoni. La quinta specie Proximi autem Rheno, Istaevooes, quorum pars sono gl* lngevoni, parte de1 quali sono i Cimbri, Cimbri. Mediterranei, Hermiones, quorum Suevi, i Tentoni ed i Cauchi. Vicini al Reno sono gli Hermunduri, Catti, Cherusci. Quinta pars Peu- Istevoni, parte de' qaali sono i Cimbri. Mediter cini, Basternae, supra dictis contermini Dacis. ranei sono gli Ermioni, fra i qaali gli Svevi, gli Amnes clari in Oceanum deflaunt,Gattaiux,Vietil Ermonduri, i Catti, i Cherusci. La quinta parte, los sive Vistula, Albis, Visurgis, Amisias, Rhenas, sono i Peucini ed i Basterai, confini a' soprad Mosa. Introrsas vero, nullo inferius nobilitate, detti Daci. I fiumi suoi illustri, che mettono in Hercyniam jugum praetenditur. mare, sono : il Gultaio, il Vistillo, ovver Vistola, l ' Albi, il Visurge, l ' Amisio, il Reno e la Mosa. Addentro poi il giogo Ercinio, il qaal di no bilt non cede a veruno.
I h s v la x o m ib G a l l ic o ocbah o x c v i. D e l l I s o l b , c h b soh o h b l m ax d i G a l l i a , m tu ttb 9 6 .
XXIX. i 5. In Rheno ipso, prope centam m XXIX. i 5. Nel Reno istesio, quasi cento mi passuam in longitudinem, nobilissima Batavorum glia in lunghezza, la nobilissima isola de' Batavi insala et Cannenafalum : et aliae Frisiorum, e de' Cannenufati, ed altre de' Frisii, de' Cauchi,
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Chaucorum, Frisiavonom, Tusiorum, Marw clo ruro, quae sternanlar ialer Helium ac Flevum. I u appellantur ostia, in qaae effusas Rhenas, ab aeptemtrione in lacus, ab occideote in amnem Motam se spargit: medio inter haec ore, modicani nomini sao custodiens alveum.
Bu t a v n ia b .
de* Frisiavoni, de'Tusii, de' Marsaci, le quali si distendono fra Elio e Flevo. Cos si chiamano le foci, nelle qaali mette il Reno, da tramontana ne' laghi, da ponente nel fiume della Mosa: e fra questi con la meli dell'acqua mantiene al sno nome piccol ietto.
D blla Brettagna.
XXX. 16. Ex adverso hujus silu s Britannia XXX. 16. All* incontro di queslosito l'isola di Brettagna, illustre per gli scrittori Greci, e per insala, clara graecis nostrisque monumentis inter eplemlrionem et occidentem jacet: Germaniae, i nostri, e giace fra tramontana e ponente, e in Galliae, Hispaniae, malto maximis Europae partigrande distanza dirimpetto alla Germania, alla bas magno intervallo adversa. Albion ipsi nomen Gallia ed alla Spagna, grandissime parti dell' Eu fait, qaam Britanniae vocarentur omnes : de quiropa. Ella gi si chiam Albione, quando Bretta bua mox paullo dicemus. Haec abest a Gessoriaeo gne si chiamavano tutte le isole, delle quali ragio Morinorum geniis litore, proximo Irajecla quin ner poi. discosto da Gessoriaeo, lito del paese q u a g i n t a m. Circuita vero patere tricies octies de' Morini, nel prossimo traghetto cinqaanta mi centena viginti qninqne m Pytheas et Isidorus glia. Pitea ed Isidoro scrivono, che il circuito suo tradant, Ir ig in ta prope jam annis notitiam tre mila ottocento venticinque miglia, aven e}aa Romanis non ultra vicinitatem silvae Ca done avuta gi notizia i Romani trenta anni sono, non essendo eglino iti con Tarmi loro oltre la ledoniae propagantibus. Agrippa longiladinem selva Calidonia. Agrippa tiene, ch'ella sia lunga d c c c m pass. esse: latitudinem ccc m credit. ottocento miglia, e larga trecento; e che la IberEam dem Hiberniae latitudinem, sed longi tatndinem cc mill. passaam minorem. Super eam nia sia della medesima latitudine, ma di longita dine dngenlo miglia meno. Questa siloata sopra haec sila abest brevissimo transita a Silurum essa, lonlaaa con brevissimo traghetto verso i genie xxx pass. Reliquarum nulla cxxv mill. circuitu amplior proditur. Sunt autem u Or popoli Siluri trenta miglia. Nessuna dalle altre si dice esser di circuito pi di cento venticinque cades, modicis inter se discretae spatiis: se miglia. Sonovi le quaranta Orcade, poco lontane ptem Acmodae, et xxx Hebndes: el inter Hiber l'nna dall' altra : sette Acmode, e trenta Ebueiaro ac Britanniam, Monapia, Ricina, Vectis, de; e fra la Ibernia e la Rretlagna, Monapia, Limnos, Andros. Infra vero Siambis, et Axanlos. Rcina, Vetti, Limno ed Andro. Pi sotto sono E t ab adverso in Germanicum mare sparsae Gles Siambi ed Assanto. Ed all'incontro sparse nel sa ria e, quas Electridas Graeci recentiores appel mar Germanico, sono le isole Glessarie, chiamale lavere, quod ibi electrum nasceretur. Ultima oinninm, quae memorantur, Thule: in qua sol da'Greci pi moderni Elellride, perch quivi stitio nullas esse noctes indicavimus, Cancri si nasce lo elettro, cio l'ambra. L'ultima di tulle qnelle che si contano, Tuie, nella quale da gnum sole transeunte, nullosque contra per bru mam dies. Hoc quidam senis mensibus continais mezza stale dicemmo che non mai notte, quando il sole passa il segno del Granchio; e per fieri arbitrantor. Timaeus historicas a Britannia introrsus sex dierum navigatione abesse dicit contrario di verno non v' mai girno. E questo dicono alcuni farsi sei mesi continui. Timeo iste insulam Mictim, in qua candidum plumbum pro rico dice, cbe sei giornate di l dalla Brettagna veniat. Ad eam Britannos vitilibus navigiis corio l'isola Milti, dove nasce il piombo bianco; drcamsulis navigare. Sunt qui el alias prodant, Scandiam, Dumuam, Bergos: maximamqne om e che i Britanni navigano qnivi con navili fatti nium Nerigon, ex qua in Thnlen navigetur. A di vermene congiunte, e coperte di cuoio. Sono anco alcnni, che mettono delle altre, come Scan T ale unius diei navigatione mare concretum, a dia, Dumna e Bergo; e la maggior di tutte Ne* nonnullis Cronium appellatur. rigo, dalla quale si naviga a Tuie. Di l da Tuie per nna giornata il mare agghiacciato, che da alcuni si chiama Cronio.
B b l g ic a b G a l l ia . D e l l a G a l l ia B e l g ic a .
XXXI. 17. Gallia omnis Comata ano nomine XXXI. 17. Tutta Ia Gallia, detta per un nome appellata, ia tria populorum genera dividitor, Comata, si divide io tre sorti di popoli, ed
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amnibus maxime Alstincla. A Scaldi ad Seqaanam Belgica. Ab eo ad Garumnam, Celtica, eademque Lagdonensis. lode ad Pyrenaei montis excursum Aquitanica, Armorica antea dicta. Universam oram xvm pass. Agrippa : Galliarnm Inter Rhenom et Pyrenaeum, atqae Oceanum, ac mon te Gebeonam et Jaram, qaibus Narboneosera Galliam exdudit, longitadinem nccxx i pastuum, lalitadinem c c c x t i i i computavit. A Scaldi inco lunt externi Toxandri ploribus nominibns.Deinde Menapii, Morini, Oromaosaci juncti pago, qoi Gessoriacns vocator: Britanni, Ambiani, Bello vaci. Introrsus Catustugi, Atrebates, Nervii libe ri, Veromandui, Sacconi, Suessiones liberi,Dima ne Jies liberi, Tnngri, Sanaci, Frisiavones, Belasi, Leuci liberi, Treveri liberi antea, et Lingones foederati, Bemi foederati, Mediomatrici, Sequani, Raurici, Helvetii. Coloniae : Equestris,et Rauriaca. Rhenam aatem accolentes, Germaniae gentium in eadem provincia, Nemetes,Triboci, Vangiones: hinc Ubii, Colonia Agrippinensis, Gugerni, Ba tavi, et quos in insulis diximas Rheni.
distinta molto da'Aumi. DaHo SciM alla Se quana s'appella Belgica. Da eno aIlaGaronna,CeTtica, ed anco Lionese. E di li fino amonti Pirenei Aquitania, detta prima Aremorica. Agrippa metta la longitudine di tulta la Gallia fra il Reno, il Pireaeo, e l'Oceaao, ed i monti Gebenna e Iura, per li quali separa la Gallia Narbonese, settecento venti miglia, e la latitudine trecento diciotto. Lungo lo Scalde abitano popoli forestieri, detti Tossandri, con pi nomi. Dipoi I Menapii, i Mo rini, e gli Oromansaci congiunti ad una terra, che si chiama Gessoriaco : i Britanni, gli Ambia ni, i Bellovaci. Pi addentro i Catustugi, gli Atrebati, i Nervii liberi, i Veromandui, gli Sveeoni, i Saessioni liberi, gli Ulmaneti par liberi, I Tun gri, i Sonuci, i Frisiaroni, i Betasi, i Leuci Hbert, i Treveri prima liberi, i Lingoni confederati, i Bemi confederati, i Mediomatrici, I Sequani, i Ranrid, gli Elvezii. Due colonie : la Equestre t la Rauriaca. E qoegli che abitano tal Reno nella medesima provincia de' popoli di Germania, sono i Nemeti, i Triboci, i Vangioni : dipoi gli Ubi, Colonia Agrippina, i Gugerni, i Baiavi, e quegli che abbiamo nominati nelle isole dd Reno.
D b l l a G a l l i a L io n b s b .
L u g d u n e n s is
G alliae.
18. Nella Gallia Lionese sono qoesti XXXII. 18. Lugdunensis Gallia habet Lexo XXXII. popoli, cio i Lessovii, i Velocassi, i Galleti, i Ve vios, Veliocasses, Galletos, Venetos, Abrincatuos, Osismios : flumen clarum Ligerim. Sed peniusu- neti, gli Abrincatai, gli Osismii, ed il Ligeri fiam lam speciatiorem excurrentem in Oceanum a fine notabile. Ed anco una penisola molto illustre, Osismiorum circuitu d c x x v m pass. cervice in lati la quale si distende nelPOceano da* con fini degli tudinem cxxv m. Ultra eam Nannetes. Intus aulem Osimii, la quale ha di circuito seicento venticin Aedui foederati, Carnuli foederati, Boji, Senones, que miglia, e di latitndine in fronte, cento tentiAulerci, qui cognominantur Eburovices, et qui cinque. Di l da essa sono i Nauneti. E pi ad Cenomani, Mddi liberi, Parisii, Trecasses, Ande dentro gli Edui confederati, i Carnuti confederati, cavi, Vidocasses, Bodiocasses, Unelli, Cariosveli- i Boii, i Senoni, gli Aulerci, I qaali sono cogno minati Eburovici, e quelli che Cenomani, i Meldi tes, Diablindi, Rhedones, Turones, Atesui, Secu* siani liberi, in quorum agro colonia Lugdunam. liberi, i Parisii, i Trecassi, gli Andecavi, i Viducassi, i Bodiocassi, gli Unelli, i Cariosvditi, i Diablindi, i Redoni, i Turoni, gli AtesvJ, i Secasiani liberi, nel cui territorio la colonia di Lione.
A q o it a b ic a s G a l l ia e . D b l l a A r s it a ai a .
X XX lll. 19. Aquitaaicae sunt Ambilatri,Ana- XXXUl. 19. Popoli delPAquitania sono gli gootes, Pictones, Santones liberi: Bituriges liberi Ambilatri, gli Anaguuli, i Pittoni, i Santoni liberi, cognomine Ubisci : Aquitani, unde nomen pro i Biturigi liberi, cognominati Ubisci, gli Aquilani, che hano dato il nome alla provincia, i Sedibovinciae, Sediboniates. Mox in oppidum contriniati. Vennero poi ad abitare in una stessa terra, boli Convenae, Begerri, Tarbelli quatuorsignani, Cocosates sexsignani Venami, Onobrisates, Be- i Convni, i Begerri, i Tarbelli quattrosignani, lendi, saltas Pyrenaeus. Infraque Monesi, Oscida- i Cocosati sesignani, i Venami, gli Onobrisali, tes montani, Sibyllates, Camponi, Bercorcates, i Belendi, la selva Pirenea. Pi sotto tono i Bipedimui, Sassumini, Veliate, Tornate, Conso- Monesi, gli Osddati montani, i Sibilla ti, i Cam ranni,Ausci, Elusates, Sotliats, Oscidate campe poni, i Bercorcati, i Bipedimui, i Sassumioi, i Vellati, i Tornati, i Consoranoi, gli Aosd, (K stres, Saccasses, Tarusates, Basabocates, Vassei,
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Stanale, Cambolcctri, Ageainatcs Pictonibus j an eti. Dine Bitariges liberi, qui Cabi appellantor. O do Lemovices, Arverni liberi, Gabales. Rursus Narbonensi provinciae <00termini Ruteni,Cadur ci, Antobroges,Tarneque amni discreti aTolosanis Petrocori. Maria circa oram : ad Rhenom septemIrionali* oceaaus, inter Rhenom et Sequanam .Britannicas, inler cam at Pyrenaeam Gallicus, iosaJae campi ores Veneto rara, qose et Veneticae appellantor, et in Aquitanico ina Uliaras.
Elusati, i Sozziati, gli Oscidati campestri, i Su cassi, i Tarusati, i Basabocali, i Vassei, i Sennali, i Cambolettri, gli Agesioali congiunti co'Piltoni. Dipoi i Biturigi liberi, che si chiaman Cubi. Poi i Lemovici, gli Arverni liberi, i Gabali. Confi nano la provincia Narbooese i Ruteni, i Cadurci, gli Anlobrogi, ed i Petrocori partiti da'Tosolani dal fiume Tarne. 1 mari intorno alla riviera sono, il mar settentrionale al Reno, fra il Reno e la Senna il Britannico, fra esso ed il Pireneo il Gallico. Vi sono poi molte isole de* Veneti, che si chiamano par Venetiche, ed Oliaro nel golfo Aquitanico.
D b lla S m g ra
Crrsaioais H u ta iiu ,
ab
ocaavo G allico .
Crraxioae,
dal i u
ni G a l l i a .
XXXIV. ao. A Pyrenaei promontorio Hispa XXXIV. 30. Incomincia la Spagna dal pro nia incipit, angustior non .Gallia medo, veram montorio del Pireneo.pi ristretta non solamente etiam seaetipsa, at diximos, immensum quan della Gallia, ma di si stesse ancora, come dicem t i hinc Oceano, illinc Iberico mari comprimen mo, rislrignendo quel tanto spazio di qoa lOceatibus. Ipaa Pyrenaei juga ab exorto aeqoinoctiali no, e di l il mare Iberico. Gli stessi gioghi del foia in r brumalem, breviores latere sePireneo distesi dal levante equinoziale fino al po ptemtrionali quam meridiano Hispanias facinnt. nente brumale, fanno la Spagna assai pi breve Proxima o n citerioris est, ejosdemque Tarracodal lato di tramontana, che di mezzogiorno. La nensis situs: a Pyrenaeo per Oceanum, Vasconum vicina riviera della citeriore offre la poslora della sallas: Olarso: Vardo loram oppida: Morosgi, Spagna Tarragonese : dal Pireneo lungo l'Oceano .Menosca, Vesperie, Amanum portus, abi nane si va alle selve de' Guasconi, Olarso, le cilt dei Vardali, i Morosgi, Menosca, Vesperie, il porto Flaviobriga colonia. Civiialam ix regio Canta* hroruu, flumen Sanda, portus Victoriae Juliodegli Amani, dove ora Flaviobriga colonia. La jbrigmiBD. Ab eo loco fontes Iberi quadraginta ragione de Cantabri con nove cilt, il fiume San da, il porto di Vittoria de* Giuliobrigesi. Lontano millia passuam. Porlas Blendiam. Orgenomesci e di l quaranta miglia sono le fonti del fiame Cantabris. Portas eorum Ve reasaeca. Regio As la ibero. Porto Blendio, gli Orgenomesci mescolali rum, Noga oppidom. In peninsula, Paesici. Et coi Canlnbri. 11 porto loro Vereasoeca. La re deinde conventos Lucensis, a flomine Navilobiogione degli Astori, Noega citt, Pesici in penisola. ne, Cibarci, Egorarri cognomine Namarini, JaE dipoi il convento Lucense, dal fiome Navilobiodoni, Arrotaebae, promontorium Celticum. Am ne, i Cibarci, gli Egorarri,cognominali Namarini, aca: Florius, JSelo. Celtici cognomine Neriae, gli Iadoni, gli Arrotrebi, promontorio Celtico. seperqne Tamarici, quorum in peninsala Iras I fiami : il Florio, il Nelo. 1 Celtici cogaominati arae Sestianae Augusto dicatae : Caperi, oppidom Koala. Celtici cognomine Praesamarci, Cileni. Nerie, e pi sopra i Tamarici, nella cui penisola sono tee are Sestiane dedicate ad Angusto : i CaE x insolis nominandae, Corticata, et Auaios. A Cilenis, eonventos Bracarum, Heleni, Gravii, ca pori, la citt di Noela. 1 Celtici cognominati Presamarci, i Cileni. Delle isole voglionsi no stellum Tyde, Graecorum sobolis omnia. Insulae minare Corticata ed Aanio. Dopo i Cileni il Cicae. Insigne oppidom Abobrica. Minius amnis, iv m pass. ore spatiosos. Le uni, Senrbi. Bracaram convento di Bracato, gli Eleni, i Gravii, il castello oppidum Augusta, qoos sopra Gallaecia. Flamen, di Tide, tutti discesi da' Greci. Le isole Cice. La nobil citt dAbobrica. 11 fiume Minio, largo Limia: Dudnsamnisex maximis Hispaniae ortas quattro miglia nella foce. 1 Leoni, i Scorbi. in Pelendonibus, et justa Nomantiam lapsas, dein Augusta citt de' Bracari, sopra i quali Galleper Arevacos Vacoaeosque, disterminatis ab Astu eia. 11 fiome Limia, il fiome Dario de' gracilis ria Vettonibus, a Lusitania Gallaecis, ibi quoque Tardalo* a JBraearis arcens. Omnisque dicta simi di Spagna, che nasce nel paese de' Pelendoni, e scorre appresso a Numanzia : e dipoi passa regio a Pyrenaeo metallis referta, aori, argenti, feni, plumbi nigri albiqae. per gli Arevaci ed i Vaccei, partendo i Vettoni dall'Astaria, ed i Galleci dalla Lusitania, quivi ancora separando i Turduli da'Bracari. E tatto questo paese, incominciando dal Pireneo, pieno
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di metalli, d'oro, d'argento, di ferro, e di piombo nero e bianco. L ositariab. XXXV. a i. A Durio Lusitania incipit,Tarda li veteres, Paesuri: flumen Vacca. Oppidum Talabrica. Oppidam et flumea Aeminiam. Oppida: Conimbrica, Collippo, Eaborobritium. Excurrit deinde ia altam ratto cornu promontorium, quod alii Artabrum appellavere, alii magnum, multi Olisiponense, ab oppido, terras, maria, coelum disterminans.Illo finitur Hispaniae latas, et a cir cuita ejus incipit frons.
D e ll a L u s it a m a .
XXXV. a i . Dal fiume Durio incomincia la Lasitania, i Turduli vecchi, i Pesori, il fiume Vacca. La citt di Talabriga. La citt ed il fiome Eminio. Le citt, Cornobriga, Collippo, Euborobrizio. Scorre poi in alto mare con un gran corno uu promontorio, il quale alcani hanno chiamato Artabro, altri grande, molti Olisiponese dalla citt, il quale divide terre, mari e cielo. In qoel luogo finisce il lato della Spagne, e dal circuito d1 esso incomincia la fronte. a a . Di qua i il settentrione e l'oceano della a a . Septemtrio bine, oceanusque Gallicns, Gallia, e di l il ponente e l'oceano Atlantico. occasas illinc, et oceanus Atlanticus. Promonto rii excursum l x M prodidere, alii xc m pass. Ad La longitudine del promontorio in mare , se Pyrenaeum inde non pauci xn quinquaginta mil condo alcuni, sessanta miglia, secondo alcuni altri lia, et ibi gentem Artabrum, quae numquam fuit, novanta. E di qui al Pireneo molti dicono esservi manifesto errore. Arrotrebas enim, quos ante seicento miglia, e con error manifesto, esser quivi popoli ArUbri, che mai non furono. Perciocch Celticum diximus promontorium, hoc in loco po posero in questo luogo gli Arrotrebi, i qaali noi suere literis permutatis. dicemmo dinanzi promontorio Celtico, scam biando le lettere. Hanno anco preso errore ne'fiumi illustri. Erratum et in amoibus inclytis. Ab Minio, quem supra diximus, cc m pass. ( ut auctor est Dal Minio, ch'io dissi di sopra, come scrive Varrone, lontano l'Emioio dugenlo miglia, Varro) abest Aeminius, quem alibi quidam intelil quale da alcuni posto altrove, e chiamato ligunt, et Limaeam vocant, Oblivionis antiquis Limea, detto dagli antichi il fiume dellObliviodictus multumque fabulosus. Ab Durio Tagus cc m passuum {intervenienteMunda. Tarus auriferis ne, e molto favoloso. Dal Dario lontano il Tago arenis celebratur. Ab eo c l x m passuum Sacrum dugento miglia, intravenendo Munda. 11 Tago e media prope Hispaniae fronte prosilit : xiv celebrato per l'arena d'oro. Da esso lontano pass. inde ad Pyrenaeam medium collgi Varro cento sessanta miglia il promontorio Sacro, il tradit. Ad Anam vero, qao Lasitaniam a Baetica quale esce di mezzo la fronte deUa Spagna. Var discrevimus, cxxvi m passuum : a Gadibus cii h rone scrive, che di quivi a mezzo il Pireneo ooo quattordici miglia : di quivi all*Ana, per la quale pass. additis. dividemmo la Lasitania dalla Betica, cento ventisei miglia : da Gade cento dae. 1 popoli sono : i Celtici, i Tardali, e re* H Gentes: Celtici, Tardali, et circa Tagum Vettones. Ab Ana ad Sacrum, Lusitani. Oppida Tago i Vettoni. Dall'Ana al Sacro, i Lusitani. memorabilia a Tago in ora, Olisipo equarum e Le citt notabili dopo il Tago io riviera sono, Favonio veulo conceptu nobile : Salacia cogno Olisipo nobile, perch quivi ingravidano le ca minata urbs Imperatoria: Merobrica. Promon valle da loro stesse, qaando tira il veuto Favo torium Sacrum : et alterum Cuneus. Oppida : nio : Salacia cognominata citt Imperatoria, MeOssonoba, Balsa, Myrtilis. robriga. Il promontorio Sacro, ed no altro detto Cuneo. Citt : Ossonoba, Balsa, Mirtili. Universa provincia dividitur in conventus Tulta la proviocia divisa in tre conventi : tres. Emeritensem, Pacensem, Scalabilanum. To l'Etperitese, il Pacese e lo Scalabitano. Ha in ta populorum x l v i , in quibus coloniae sunt quin tutto quarantasei popoli, fra i qaali sono cin que, municipium civium Rom. unum: Latii que colonie, an manicipio di cittadini Roma antiqui tria : stipendiaria, xxxvi. Coloniae : An ni : tre de) Lazio antico, e trentasei tribolarli. gusta Emerita, Anae fluvio adposita : Metallinen- Le colonie sono, Augusta Emerita posta sul fi a me sis, Pacensis, Norbensis, Caesariana cognomine. Ana, la Metallinese, la Pacese, la Norbese, co Contributa sunt in eam Castra Julia, Castra Cae gnominata Cesariana. A questa sono attribaite cilia. Qaiou est Scalabis, qoae Praesidium Ju- Castra Giulia e Castra Cecilia. La quinta Set-
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lium vocatur. Municipium civiam Rom. Olisipo, FelicilM lolii cognominatolo. Oppida veteris Latii: Ebora, quod item Liberalit Julia: et Myrtilis, ac Salacia quae diximus. Stipendiario rum, quos nominare non pigeat, praeter jam di ctos in Baelicae cognominibus, Augustobrigenses, Ammienses, Aranditani, Arabricenses, Baienses, Caesarobricenses, Caperenses, Caurenses, Colami, CibiliUni,Concordienses, Elbocorii, In terannienses, Lancieses, Mirobrigeoies, qui Cei lici cognominantur: Medubrieenses, qui Plum barii: Ocelenses, qui et Laneienses: Turduli, qui Bardali, et Tapori. Lusitaniam cum Asturia et Gallaecia patere longitudine x l m passuum : Jatitudine oxxxvi * Agrippa prodidit. Omnes au lem Hispaniae, a duobus Pyrenaei promontoriis per maria, totius orae circuitu passuum xxxix xxu colligere existimantur , ab aliis xxv M1I.
labi, la quale si chiama Presidio Giulio. Munici pio di cittadini. Romani Olisipo, cognominalo Feliciti Giulia. Citt del Lazio antico : Ebora, chiamala Liberalit Giulia, e Minili, e Salacia, eh* io dissi. De' tributarii, i qoali non ci parr fatica a nominare oltre a'gi detti necognomi della Betica, sono gli Aogustobrigesi, gli Am miesi, gli Arandi lani, gli Arabricesi, i Balsesi, i Cesarobricesi, i Caperesi, i Caures, i Colami, i Ci bili tsui, i Concordiesi, gli Elbocorii, gl* Inlrauniesi, i Lanciesi, i Mirobrigesi, che son cognominali Celtici : i Medubricesi detti Plum barii: gli Ocelesi chiamati Lanciesi: i Turduli detti Barduri e Tapori. Scrive M. Agrippa, che la LusiUnia con l'Astnria, e colla Gallecia ha di lunghetta cinquecento quaranU miglia, e di larghetta cinquecento trentasei. K tutu la Spagna dai due promontorii del Pireneo, an dando per mare, col circuito di tntU la riviera, si tien che sia trentanove mila ventidue, da al cuni si tien che venticinque mila.
D b llb iso l e h b l l A t l a n t ic o .
IascLABtv ra u t i A t l a n t ic o .
Dirimpetto alla Celtiberia sono di XXXVI. Ex adverso Celtiberiae complores XXXVI. Mot insulae, Cassiterides dictae Graecis, a ferti- molte isole, dette da' Greci le Cassileride, dal la fertilit del piombo, e sei rimpetto al pro liute plumbi : et e regione Arrotrebarom pro montorio degli dei nel paese degli Arrolrebari, montorii deorum, sex, qus aliqui FortunaUs ap pellavere. In ipso vero capite Baelicae, ab ostio le quali da alcuni sono state chiamate le Fortu freti pass. xxv mill. Gadis, longa ( ut Polybius nate. E nel capo della Betica venticinque mi acrihit ) xu mill., lata ut mill. passuum. Abest a glia discosto dalla foce dello stretto, Gade, continente proxima parte minus pedes d c c reli lunga, come acri ve Polibio., dodici miglia, e larga qua plus septem m passuum. Ipsius spatium xv m tre. lontana da terraferma, dove pi presso, passuum est. Habet oppidum civium Romanorum, poco pi di metto miglio, altrove pi di sette miglia. Lo spatio d'essa ben quindici miglia. quod appellatur Augusta urbs Julia GadiUna. Ab eo latere, qno Hispaniam specUt,passibos fere Ha una cilt di cittadini Romani, che si chiama Augusta cilt Giulia Gaditana. Da quel lato, che centum, altera insula est longa m, passus laU, in qua prius oppidum Gadium fuit. Vocatur ab guarda la Spagna, quasi cento passi, un'altra isoletU lunga tre miglia, e larga uno, nella quale Ephoro et Philistide, Erythea : a Timaeo et Si prima fu la citt Gadio. chiamaU da Eforo e leno, Aphrodisias : ab indigenis, Junonis. MajoFilistide, Eri tea : da Timeo e Sileno, Afrodisia ; rem Timaeus Cotinosam apud eos vociutam ait: dagli uomini del paese Giunonia. Dice Timeo, nostri Tartesson appellant. Poeni Gadir, iU pu nica lingua sepem significante. Erythea dicta est, che la maggior fu chiamaU da loro Cotinusa : i nostri la domandano Tartesso : i Cartaginesi Ga quoniam Tyri Aborigines eorum orti ab Ery dir, perch in lingua loro coti si chiama la siepe. thraeo mari ferebantur. In hac Geryones habitas Fu chiamaU Elitea, perciocch i Tirii, nati dal se a quibusdam existimantur, quorum armenta l'origine di quegli, eran venuti dal mare Eritreo. Hercules abduxerit. Sunt qui aliam esse eam, et Tengono alcuni, che in questa isola abiUsaero i contra Lositaniam arbitrentur, eodemque nomi Gerioni, i cui armenti Ercole men via. Souoci ne quondam ibi appellatam. di quegli che pensano, che quesU sia nn'altra, all1 incontro della LusiUnia, e per lo medesimo nome quivi gi chiamaU.
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U i t f u m E vkopab ttiw n u .
D u u a i s n u d i t p t t a t E d m a .
a3. Poich fornito il circuito delXXXVII. a3. Peracto ambitu Europee, red XXXV 11. 1* Europa, bisogna darle ultima perfezione, denda conium aut io est, ne quid non ia expedite aocioochi non rimanga cosa veruna da sapersi sii, noscere volentibus. Longitudinem ejus Arie jnidorus alque Isidoro a Tanai osqoe Gades a coloro, che vogliono intendere. La longitudine sua dal Tanai insino a Gade, secondo Artemido m i n xiv n prodiderant. P1jbiosjlatitudioem Eoropae ad Oceaoom sccipsit xi l mill. esse, ro ed Isidoro, otlantaquattro mila quattordici etiam tam incomperta magnitudine ejus. Est miglia. Polibio scrisse, ebe la latitudine del autem ipsius Italiae (at diximus) xi xx n ad AI* Europa dall'Italia all'Oceano undici mila cinquanta, non si essendo per aneora trovata pes. Unde per Lugdnnam ad portam Morino rum Britannicam, qua ridebar mensuram agere allora la grandeua d'essa. Ed di essa Italia, Poljbias,xin m xvm. Sed certior mensara ac loa> come noi abbiam detto, undiei mila venti e fino gior ad ooeasum solis aestivi ostiumqne Rheni alle Alpi. Onde per Lione al porto Britannico per castra legionum Germaniae ab iisdem diri de' Morini, la qual misura pare ohe faeeia Polibio fila r Alpibus, x t x liu u passuam. Hinc deia de tredici mila e diciotto. Ila la pi certa misu Africa atqoe Asia dieentnr. ra, e la pi lunga s 'indritta da esse Alpi insino airOccidente estivo, ed alla foce del Reno per li campi delle legioni di Germania, dodici mila quarantatr miglia. Ragioneremo ora dell'Asia e dell' Africa.
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D b l l a M a v k it a b ia ,
1. A f r i e u i Gneei Libyam appellavere, qua mare ante eae Libycum incipiens Aegyptio fini tor. Nec alia pars terraram paaciores recipi l sinos, longe ab occidente litorom obliquo spatio. Po pulorum ejos, oppidorum nomina, vel maxime soni ineffabilia praeterquam ipsorum linguis, et alias castella ferme inhabitant.
. Principio terrarum Mauritaniae appel lantur, osque ad C. Caesarem Germanici filiam regna, saevitia ejus in duas divisae provincias. Promontorium Oceani extimam Ampelusia noarfnatur a Graecis. Oppida fuere, Mssa, et Cot ta nitra columnas Herculis: nane est Tingi, quon dam ab Antaeo conditum : postea a Claudio Cae sare, quum coloniam faceret, appellatum Tratta c i lolia. Abest a Belone oppido Baeticae, pro ximo trajecto xxx pass. Ab eo xxv n pass. in ora Oceani, colonia Angusti Julia Constantia, Olis, regum ditioni exempta, et jnra Baeticam petere jossa : et ab ea xxxu n passoam colonia a Qaodio Caesare facta Lilos, vel fabulosissime antiquis narrata. Ibi regia Antaei, eertamenque cum Hercule : et Hesperidum horti. Adfanditur sestuariam e mari fiexooso meatu, in quo dra-
I. J j Africa fu chiamata da* Greci Libia, do ve il mar Libico, incominciando avanti ad essa, finisce in Egitto. N altra parte del mondo , che abbia manco golfi, perch fin da ponente comiociauo i liti esser obbliqui. I nomi de po poli e delle citti d'essa sono in modo, che quasi non si possono ridire se non in lingua loro, ed altrimenti abitano qoasi tatti villaggi. i. Dal priocipio del mondo farono chiamati questi paesi Mauritanie, fino all* imperio di Caio Cesare figliuolo di Germanico e per la crudelt di lai divise in dae province. Il promontorio delPOceano, eh* di fuori, si chiama da*Greci Arapolasia. Le citl farono, Lisss, e Cotta oltra le colon ne d* Ercole : ora Tingi gii edificato da Anteo, dipoi da Claudio Cesare, quaodo lo faceva coloionia, chiamato Giulia tradotta. lontana da Belone citti della Betica, nel pi vicino traghetto, trenta miglia. Discosto da esso venticinque miglia nella riviera la colonia d* Augnilo Giulia Co stanza Ziti,esente dalla signoria dei re del paese, e obbligata per ragione alla Belica: da essa lontana trenladae miglia Lisso fatta colonia da Claudio imperadore, favoleggiata anoora dagli antichi. Quivi fa la reggia d* Anteo, il combattimento
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conis custodiae instar finisse none interpretantor. Amplectitor intra se insalane, quam solam e Ti cino tracta aliquanto excelsiore, non tamen ae stas maris inondat. Exstat in ea et ara Herculis, nec praeter oleastros aliad ex narrato illo auri fero nemore. Minus profecto mirentur porten tosa Graeciae mendacia, de iis et amne Lixo prodita, qui cogitent nostros nuper paullo mi nus monstrifica quaedam de iisdem tradidisse. Praevalidam hanc urbem raajoremque Carthagi ne magna ; praeterea ex adverso ejus silam, et prope immenso tracta ab Tingi : quaeque alia Cornelius Nepos avidisiime credidit. Ab Lixo x l in mediterraneo altera Augusti colonia est Babba, Julia Campestris appellala : et tertia Banasa, l x x v m Valentia cognominata. Ab ea xxxv pass. Volubile oppidum, tantamdem a mari utroque distans. At in ora a Lixo quinqoaginta m amnis Subur, praeter Banasam coloniam de fluens, magnificas et navigabilis. Ab eo totidem m pass. oppidum Sala, ejusdem nominis fluvio impositum, jam solitudinibus vicinum, elephantorumque gregibus infestum, multo tamen magis Aotololum gente, per quam iter est ad montem Africae vel fabulosissimam Atlantem.
E mediis hanc arenis in coelam adlolli prodi derunt, asperam, squalentem, qaa vergat ad litora Oceani, cui cognomen imposoit ; eumdem opacam, nemorosamque, et scatebris fontium riguum, qna spectat Africam, fructibus omnium generum sponte ita suboasceatibus, ut numquam satietas voluptatibus desit. Incolarum neminem Interdiu cerni : silere omnia, haud alio, quam solitudinum horrore : subire tacitam religionem animos propius accedentium, praeterque horro rem elati super nubila, atque in viciniam lunaris circuli. Eumdem noctibus micare crebris ignibus, aegipanom satyroruraque lascivia impleri, tibia rum ac fistulae cantu, tympanorumque et cym balorum sonito strepere. Haec celebrati auctores prodidere, praeter Herculi et Perseo laborata ibi. Spatium ad eum immensum incertumque.
d'esia con Erede, e git orti delP Esperidi. In torno questa si sparge una laguna di mare eoa tortuoso giro, nel quale, perch somiglia un dra gone, s'interpreta al presente che vi sia stato come un dragone di guardia. Abbraccia dentro di s un'isola, che sola alquanto pi bassa del vicin tratto : nondimeno il flusso del mare non la soverchia. In essa ancora l'altare d 'Ercole, o altro pi che ulivi salvalichi sono in quel celebra giardino, che avea gi gli alberi carchi d'oro. E veramente manco si maraviglieranno delle mira colose bugie della Grecia fiate sopra di queste cose e del fiome Lisso, coloro che penseranno, come i nostri ancora nuovamente hanno trovato certe ciance poco meno miracolose sopra simili oggetti : che questa citt sia fortissima, e maggio re di Cartagine la grande ; oltre a ci, ch'ella sia posta dirimpetto ad essa, e quasi per gran tratto lontana da Tingi ; ed altre cose, le quali Cornelio Nipote ingordissimamente ha credale. Lontano da Lisso qnaranta miglia fra lerra un'altra co lonia d'Augasto, Babba, chiamata Gialia campe stre ; e la terza Bansa, lontana settantacinqoe miglia, cognominata Valenzia. Discosto da essa trentacinque miglia la citt di Volubile, distante altrettanto dall'ano e l'altro mare: e nella riviera da Lisso cinquanta miglia il fiume Sabur, il qual passa appresso alla colonia di Banasa, fiome magnifico e navigabile. Da esso altrettante miglia la citt di Sala, posta sul fiome del medesimo nome, gi vicina alle solitudini, e molestata dai branchi degli elefanti, ma molto pi da'popoli Autololi, per li quali si passa andando al favolo sissimo monte Aliante d'Africa. Dicono che questo monte dal mezzo dell'arene s* ionalza fino al cielo, aspro e squallido l dove egli- guarda verso le riviere dell'Oeeano, al quale egli diede il nome: e ch'egli lutto om broso, pieno di boschi e di fontane vive, dove volto verso l ' Africa, con frutti di tolte le sorti, i quali nascono da loro stessi, in modo che non manca mai la dovizia alla voglia : che di giorno non vi si vede persona, ed ogni cosa hi gran silenzio, e non con altro orrore, che d solitu dine. Onde negli animi di coloro, che vi s'acco stano, entra una certa tacita religione, oltre alla maraviglia, ch' a vederlo innalzato sopra le nu gole, e vicino al cerchio della Iona. Di notte poi riluce con grandissimi fuochi, e per la lascivi degli egipani e de' satiri sempre pieno di canti e suoni di pifferi e di zampogne, e di strepito soono di cembali e di tamburi. Queste cose ai trovano scritte da famosi autori, oltre alle cose fatte quivi da .Ercole e da Perseo. Lo spazio insino a questo monte grande ed incerto. Annone capitano de* Cartaginesi, nel teaopa
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commentarii, punicis rebus Uorealiuirais explo rare ambitum Africae jussi : quem secali plerique e Graecis noslrisque, el alia quidem fabulosa, et urbes mullas ab eo couditas ibi prodidere, quarum acc memoria ulla, oec vestigium exslal.
scrutandi illius orbis gratia circum vectos, prodidit a moule eo ad occasum versus, saltus plenos feris, quas generat Africa, ad flamen Analin ccc clx v x v m pass. Ab eo Lixura ccv m passuum : a Gaditano frelo exii passaum abesse. Inde sinum qui vocetur Saguli. Oppidam in promontorio Mulelacha. Flumina, Suburet Salarn. Portuni Rutu bis a Lixo eexui mpassuum. Inde promontorium Solis : portum Risardir : Gaeluloa Autololes : flumen Cosenum : gentes, Scelaticcs el Masalos. Flumen Masalat, flumen Darai, in quo crocodi los gigni. Deinde sinum ocxvi m pass. includi rooniis Barce promontorio excurrente in occa sam, qaod appellat Surrentini. Poslea flumen Salsum, ultra quod Aethiopas Perorsos, quorum a tergo Pharusios. lis jangi mediterraneos Gae tulos Daras. A l in ora Aethiopas Daralilas, flumen fiambo tum, crocodilis et hippopotamis refertum. Ab eo mantes perpetuos usque ad eum, quem Theon Odierna dicemus, lude ad promontorium Hesperium navigatione dierum ac noctium de cera , in medio eo spalio Atlantem locavit, a celeris omnibus in extremis Mauritaniae pro ditum.
Romana arma primum, Claudio priucipe, in Mauritania bella vere, Ptolemaeum regem a C. Caesare interemptura uleiscente liberto Aede nooe, refugienlibasque barbaris, ventum con stat ad montem Atlantem. Nec solum consulatu perfunctis, alque e senalu ducibus, qui tum res gessere, sed equitibas quoqoe Romanis, qui ex eo praefuere abi, Atlantem penetrasse iu gloria fuit. Quinque sunt (ut diximus ) Romanae colo niae in ea provincia, perviomque fama videri potest. Sed id plerumque fallacissimum experi mento deprehenditur, quia digaitales, quam in dagate vera pigeat, ignorantiae pudore mentir i aoa piget : haud alio tulei proniore lapsu, quam abi falsae rei gravis auctor exsistit, Et qaidem uau miror ineoraperU quaedam esse equestris ordinis viris, jam vero el senatum inde intrantibus, quam luxuriae, cujus efficacissima vis sentitur al que ma&ima^quumebori cilroqae silvae exquiran tur, omnes scopuli Gaetuli muricibus ac parpuris.
che le lor cose erano in fiore, fu mandalo ad intendere il circuito dell'Africa; e sopra ci scrisse alcuui commentarii, i quali sono seguili assai da' Greci e danostri. Costoro, olire alle al tre cose favolose scrissero, ch'egli edific quivi di molte citt, delle quali oggi non memoria, n segno alcuno. Qaando Scipiooe Emiliaao era con l'esercito in Africa, Polibio scrittor d'istorie, ricevuta da lui una flotta, e passalo qua e l per informarsi diligentemente di quel sito, scrisse, che da quel monte verso ponente sono boschi pieci di fere, le quali l'Africa produce, di spatio di quattrocento otlantaciaque miglia Gno al fiome Acati. Di quivi a Lisso dugeulo cinque miglia : dallo stret to di Gade cento dodici miglia. Dipoi il golfo, che si chiama Saguli. Malelaca citl nel promon torio. 1 fiumi Subur e Sala. Il porto di Rulubi discosto da Lisso dugento tredici miglia. Dipoi il promootorio del Sole, il porlo Risardir, i Ge lali Aulololi : il fiume Coseno : i popoli Scelalici ed i Masali. 11 Itane Masalat, il fiume Darai, dove nascono i cocodrilii. Dipoi an golfo d sei cento sedici miglia serrato dal promontorio del monte Barce, eh' entra iu mare, e si chiama Surrenzio. V il fiume Salso, oltra il quale sono gli Etiopi Perorsi, dietro a' quali sono i Far usi. Con questi si congiuugono i mediterranei Getuli Da ri. Ma nella riviera sono gli Etiopi Datatili, ed il fiume Bambolo pieno di cocodrilii ed ippopo tami. Sono dipoi monli continui insino a quello, che diremo Teon Ochema. Da quivi al promon torio Esperio il viaggio di died di e di dieci notti, e in quello spazio di raeizo pose il monte Atlante, posto da tutti gli altri ndl'estreme parli della Mauritania. Le armi Romane comballerono la prima volta nella Mauritania essendo Claudio imperadore, perch volendo Edemone liberto veudicare la morte dd re Tolomeo fallo morire da Caio Ce sare, e fuggendo i barbari, i Romani andarono fiuo al monte Aliante. N solameli le agli uomini stali consoli, ed 'senatori, che allora trattarono la guerra, ina ancora aeavalieri Romani, i quali guerreggiarou quivi, fu gloria aver passalo il monte Aliatile. Cinque colonie de* Romani, co me dicemmo, sono iu quella provincia, onde pare che ci sa modo e via da poterne intendere. Ma ci le pi volle con la esperienza fallacissimo si Iruova, perch parendo agli uomini fatica ricercar la verit, seoondo che richiede la cosa, nou si vergognano mentire, per non parere ignorauli : e uon si scorre pi prontamente iu troppa fede, che quando del falso autore uomo di gravit. E veramente io nou mi maraviglio gran fallo, che cavalieri e senatori ancora non
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abbiano avolo cognizione di molte cote, poich essi non attendono altro che alla lussuria, le eoi forze sono grandissime e di molla gagliardia, quando ci ricercano le selve per l'avorio e per il cedro, e tulli gli scogli di Getulia per le murici e per le porpore. loti i genae tamen I r a d u D l in ora ab Sal cen Dicono nondimeno gli oomini del paese, che tuno quinquaginta mill. passuum, flumen Asa- 10 riviera lontano da Sala cento cinquanta miglia nara marino haustu, sed portu spectabile : mox il fiume Asana di aequa marina, ma di ootabil amnem quem vocant Fui: ab eo ad Dyrin ( hoc porto : dipoi on altro fiome, chessi chiamano enim Atlanti nomen esse eorum lingua convenit) Fut: da esso al Diri (perciocch in lingua loro pare che cos si chiami PAtlante) dugento miglia, ducenta mill. passuum interveniente flumine, cui nomen est Vior. Ibi fama, exslare circa vestigia essendovi in mezzo un fiome, che si chiama Vior. habitati quondam soli, vinearum palmelorum- Quivi dicono esser reliquie di vili e di palme, 11 che segno, che quel paese foste gii abitato. que reliquias. Svetonio Paolino, che noi vedemmo consolo, Suetonius Paulinus ( quem consulem vidi mus) primus Romanorum ducum transgressus primo de'capitani Romani, che passasse l'All ante quoque Atlantem aliquot millium spatio, prodi per ispazio d'alquante miglia, quanto allaltezza dit de excelsitate quidem ejus, quae ceteri: imas d'esso scrisse quel ehe gli altri : le radici sue esser ripiene di folti ed altissimi boschi d 'alberi inco radices densis altisque repletas silvis incognito genere arborum, proceritatem spectabilem esse gniti, i quali sono per pi mirabili, che cosi alti enodi nitore, frondes cupressis similes, praelerson senza nodi, ed hanno le frondi simile al ci que gravitatem odoris, tenui eas obduci lanugi presso, ed olire alla gravit dell'odore, sono co ne: quibus addita arte, posse, quales e bombyce, perti d'una lanugine sottile; della quale,usandovi vestes confici. Verticem altis, etiam aestate, ope arte, si possono far vestimenti, come quella dei riri nivibus. Decumis se eo pervenisse castris, et bachi, de' quali si fa la seta; e che la cima sua di ultra ad fluvium, qui Ger vocaretur, per solitudi state ancora coperta di neve.Che egli era giunto nes nigri pulveris eminentibus interdum velul quivi iu dieci alloggiamenti, ed olir, presso al exuslis cautibus, loca inhabitabilia fervore, quanfiume, che si chiama Ger, per deserti di polvere quam hiberno tempore, expertum. Qui proximos nera, dalla quale uscivan fuor talora massi come inhabitent saltus, refertos elephantorum, fera- arsi, avea trovato luoghi inabitabili per l'ardore, rumque, el aerpentium omni genere, Canarios bench vi s*andasse di verno. Quegli che abitano appellari. Quippe victura ejus animalis promi le prossime selve, o gioghi, pieni d'elefanti, di fie scuum his esse, el dividua ferarum viscera. Jun re e d'ogni sorte di serpenti, si chiamano Cana ctam Aethiopum gentem, quos Perorsos^ocanl, rii. Perciocch vivono alla mescolata con i cani, salis constat. Juba, Ptolemaei paler, qui primus dividendo con quegli le carni delle fiere. Chiara utriqoe Mauritaniae imperavit, studiorum cla cosa , che quivi appresso sono gli Etiopi, che si ritate memorabilior etiam, quam regno, similia chiaman Perorsi. Giuba, padre di Tolomeo, il prodidii de Atlante: praelerque gigni ibi her quale fa il primo, che signoreggi l'una e l'altra bam euphorbiam nomine ab inventore medico Mauritania, assai pi illustre ancora per lo splen suo appellatam. Cujus lacteum succum miris lau dore de'suoi studii, che per il regno, scrisse il medesimo dell'Atlanle; e di pi quivi nascere dibus celebrat in claritate visns, contraque ser un'erba detta euforbia, cos chiamala dall' in pentes, et venena omnia, privatila dicato volumi ne. Et salis superqtie de Atlaote. ventore suo medico, il coi sogo di lalle egli con meravigliose lodi celebra per buono a rischiarare la vista, e contra i serpeali e tulli i veleni ; della quale ha fallo un parlicolar volarne. E qaesto basti aver dello del monte Atlante. La provincia Tingitania lunga cento set a. Tingitaniae provinciae longitudo clxx mill. a. passuum est. Genles in ea, quondam praecipua tanta miglia. 1 popoli gi principali d'essa faro no Maurorum,unde nomen,quos plerique Maurusios i Mauri, onde la provincia prese il nome, i quali dixerunt. Attenuata bellis ad paucas recidit fami da molti sono siati chiamati Maurosii. Q uesto lias. Proxima illi Massaesylorum fuerat, sed simili paese essendosi indebolito per le guerre, s modo exstincta est. Gaetulae nunc tenent gentes, ridotto in poche famiglie. Vicini a questi furoeo Baniurae, mulloque validissimi Autololes: et ho gi i Maisesili, i qoali nel medesimo modo sono rum pars quondam Vesani, qui avolsi his pro- spenti. Abitano ora qoivi i Gelali, i Baniari, e
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priam fecere geu lem, versi ad Aethiopa*. Ipta provincia ab oriente montuosa, fert elephantos. Ia Abyla quoque moute, et quos Septem fratres a simili altitudine appellant: ii frelo imminent juncti Abylae. Abhis ora interni maris. Flumen Tamuda navigabile, quondam et oppidum. Fla men Laud, el ipsum navigiorum capax. Rusadir oppidum et portus, Mal vana fluvius navigabilis.
Siga oppidani ex adverso Malachae in Hispa nia silae, Syphaci regia, alterius jam Mauritaniae. Namque dio regam nomina obtinuere, ut Bogudiana appellaretur extima : itemque Bocchi, quae nane Caesariensis. Ab ea portus Magnus a spatio appellatas, civium Romanorum oppidum. Amnis Malacha, Bocchi Massaesylorumque finis. Quiza Xenilana peregrinorum oppidum, Arsennaria Latinorum, tribas millibus passaum a mari. Cartenna colonia Aognsti, legio secanda. Itera colo nia ejusdem, dedacta cohorte praetoria, Gunugi. Promontorium Apollinis: oppidumque ibi cele berrimum Caesarea, antea vocitatam lol, Jubae regia, a divo Clandio coloniae jure donata: ejus dem jussa deductis veteranis. Oppidam novum, et Latio dato,Tipasa. Itemque a Vespasiano impe ra to re eodem manere donatum Icosion. Colonia Augusti Rnsconiae. Rusocnrinm civitate hono rafani a Claodio. Rouzus colonia Angusti. Salde colonia ejusdem. Item Jgilgili. Oppidura 1 'ucca impositum mari, et flumini Aropsagae. Intus colonia Augusta, quae item Succabar: item Tu bosoptus. Civitates : Timici, Tigavae. Flumina : Sardabai, Aves, Nabar : gens Macnrebi : flumen Usar: gens Nabades. Flumen Aropsaga, abest a Caesarea ccxxn millibus passuum. Ulriusque Mauritaniae longitudo decies tringinta novem mill. Latitudo quadringentorum sexaginta septem mill. pass.
gli Aatololi molto pi forti di loro. Di questi furono gi parte i Vesuni, i quali spiccatisi da loro fecero una propria nazione, volgendosi agli Etiopi. Questa provincia verso levante montuo sa, produce gli elefauti. Nascono ancora nel monte Abila, e in quegli che per esser tutti d'una medesima altezza si chiamano i Sette fra telli : questi congiuuti ad Abila soprastauno al lo stretto. Da questi comincia la riviera del mar mediterraneo. Il Tamuda fiume navigabile, e gi una cilt del medesimo nome. 11 fiume Laud, capace anch' esso di natili. La citt ed il porlo di Rusadir, la Malvana fiume navigabile. Siga cilt dirimpetto a Malaca, la quale in Ispagna, sedia reale di Siface, gi dell altra Maaritaaia. Perciocch i nomi dei re hanno lun gamente ottenuto, ch'ella fosse chiamata la Bogudiana esteriore ; e la di Bocco anco, quella che ora si chiama Cesariese. Dopo questa porto Magno, cos chiamato dalla sua graudezza, cilt di cittadini Romani. Il fiume Muluca, con fi e di Bocco e de' Massesili. Quiza Senitana citl di fo restieri. Arsennaria di Lalini, lootana Ire miglia dalla marioa. Cartenna colonia d'Augusto, legion seconda. Similmente un'altra colonia del mede simo, falla dagli uomini deHa guardia della sua persona,dettaGonogi.ll promontorio d'Apolline: 4 quivi Cesarea citt celeberrima, gi chiamata lol, sedia reale di Giuba, falla colonia da Clau dio iraperadore, sendovisi per suo-Tmnandaroenlo condotti i soldati veterani. Tipasa, citt nuova e privilegiala, come i Latini. Ed Icosio do nala del medesimo privilegio da Vespasiano imperadore. Rusconia colonia d'Augusto. Rusucurio onoralo da Claodio dei privilegi della cilt. Rusazo colonia d'Augusto. Salde colonia del mede simo. Igilgili. Tueca posta sai mare, e sul fiume Aropsaga. Pi addentro Augusta colonia, la quale si chiama ancora Succabar: Tubusupto. Citl: Timido e Tigava. 1 fiumi, Sardabaia, Aves, Na bar : i popoli Macurebi, il fiume Usar, i popoli Nabadi. 11 fiume Aropsaga lontano da Cesarea dugento ventidue miglia. L' una e L altra Mau ritania lunga ottocento trenlanove miglia, e larga qoaltrocenlo sessantaselte.
D e l l a N c m id ia .
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II. 3 . Ab Ampsaga Numidia est, Masinissae clara nomine, Melagonitis terra a Graecis appel lata: Numidae vero Nomades a permutandis pa bulis, mapalia ana, hoc est, domus plaustri circamfcrente. Oppida : Colla, Rusicade, et ab eo ad qoadraginta octo 11 passaum in mediterraneo colonia Cirla, Sittianornm cognomine : et alia intas Sicca :liberam qae oppidam Balla Regia.
II. 3. Dopo Ampsaga la Numidia famosa per il nome di Masinissa, da' Greci chiamala lerra d e'Metagoniti : i Numidi pure soa da lor delti Nomadi dal matare alloggiamenti, siccome quegli che porlaoo attorno le lor case sui carri. Le citt loro sono: CaUa, Rusicade, e lontano da esso quaranl'otto miglia Ira (erra la colonia di Cirta, cognominata de' Sizziani, ed on'altra
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Al in ora Tacalca, Hippo Regius, flumen Armua. Oppidum Tabraca civium Romanorum. Tusca fluvius, Numidiae finis: nee praeter marmoris Numidici, ferarumque provenlum aliud insigne.
addentro della Sicca, e Bulla Regia citl libera. Nella riviera Tacalua, Ippo Regio, il fiome Arniua. Tabraca citt di cittadini Romani, il fiume Tusca, confine della Namidia : n altro v di notabile, fuor che > marmo Namidico, el 1 abbondanza di fiere.
D e i .l ' A f i i i c a .
A f r ic a e .
UI. 4 A Tusca, Zeugilana regio, el quae pro prie vocetur Africa, esi. Tria promontoria: Can didum : mox Apollinis, adversum Sardiniae: Mercurii, adversum Siciliae, in altum procurren tia, duos efficiuntsinus: Hipponensem,proximum ab oppido, quod Hipponem dictum vocant, l)iarrhylum a Graecis dicioni, propter aquarum irri gua. Cui finitimum Theudalis immune oppidum, longius a litore. Dein promontorium Apollinis, el in altero sinu Utica civium Romanorum, Ca tonis morte nobilis: flumen Bagrada. Locus, Ca stra Cornelia: colonia Carthago magnae in vesti giis Carthaginis : colonia Maxulla. Oppida: Carpi, Misua,et liberum Clupea in promontorio Mercu rii. Item libera Curabis, Neapolis. Mox Africae ipius alia distinctio. Libyphoenices vocantur, qui Byzacium incolunl. Ita appellatur regioccl m pass. per circuitum, fertilitatis eximiae, cum centesima fruge agricolis fenus reddente terra. Hic oppida libera, Leptis, Adrumetum, Ruspina, Thapsus. Inde Thenae, Macomades, Tacape. Sabrata con tingens Syrlim minorem, ad quam Numidiae et Africae ab Ampsaga longitudo d l x x x mill. pas suum : latitudo, qua coguitum est, cc mill. Ea pars, quam Africam appellavimus, dividitur in deas provincias, velerem et novam, discretas fos sa, inter Africanum sequentem et reges, Theuas usque perducta, quod oppiduro a Carthagine abest ccxvi mill. passaum.
III. 4 D Tusra comincia la regione Zeugi lana, ed quella, la quale propriamente si chia ma Africa. Ha Ire promontorii: il Candido, quel d Apolline verso la Sardegna, il terzo di Mer curio all' incontro della Sicilia, i quali entrano in allo mare, e fanno due golfi : il primo lpponese cos dello da quella vicina citt, che ai chiama Ippone, detto Diarrilo da' Greci, per la dovizia dell acqua; a coi vicino Teudali citt libera, loulana dal lito. Dipoi il promontorio d 'Apolline, e nellaltro golfo Ulica di cittadini Romani, nobile per la morie di Catone. 11 fiume Bagrada. Il luogo, detto Castra Cornelia: Carla" gine colonia, posta dove fii gi la gran Carta gine, e Massulla colonia. Citt : Carpi, Misua, e Clupea libera nel promontorio di Mercurio : e Cnrubi libera, e Napoli. Fassi poi un'altra di stinzione dell'Africa. Quegli che abitano Bizacio, si chiamano Libifenici. Cos si chiama il paese, che ha di circuito dugento cinquanta miglia, di grandissima fertilit, rendendo la terra cen to per uno a suoi coltivatori. Quivi son queste citt libere: Lepti, Adrumeto, Ruspina e Tapso. Dipoi Tene, Macomade, e Tacape. Sabrata, la quale tocca la Sirte minore : alla quale da Ampsaga la longitudine della Nurrtidia e dell ' Africa cinquecent1 otUnta miglia, e la latitudiue , per quanto s1 ha cognizione, dugento. Quella parte, che noi chiamiamo Africa, si divide in due province, la vecchia e la nuova, parlile per una fossa, fra l'Africano seguente, ed i re, tirala fino a Tene, la qual citt discosta da Cartagine dugento sedici miglia.
D b llb
Syrti om.
S ir t i .
1 V. Tertius sinus dividitur iu geminos,duarum IV. Il terzo golfo si divide in due, crudeli per Syrtinm vadoso ac reciproco mari diros. Ad pro lo guadoso e reciproco mare delle due Sirti. Da ximam, quae minor est, a Carthagine ccc n pass. Cartagine alla vicina, che la minore, scrive Poli Polybius tradit, ipsam centum mill. passuum adi bio che sono trecento miglia ; ed essa i cent mi tu, ccc mill. ambitu. Et terra autem, siderum glia di lunghezza, e trecento di circuito. Qai vi observatione, ad eam per deserta arenis, perqae si va per terra con l'osservazione delle stelle per serpentes iter est. Excipiunt saltus repleti fera luoghi deserti, arenosi e pieni di serpi. Soavi rum multitudine: el introrsus elephantorum so luoghi montuosi e pieni di fiere, e pia addentra litudines, mox deserta vasta, ultraque Garaman sono solitudini d'elefanti, dipoi gran deserti, c tes, ab Augyli dierum xu itinere distantes. Saper di l i Garamanti dodici giornate dagli AngUi. illos fnere gens Piylli, super qaos lacus Lycorae* Sopra di loro gi farono Psilli, sopra de' quali
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lis, desertis circumdatas. Augylae ipsi medio fere spatio locantur ab Aetiopi, quae ad occidcn tero vergit, et a regione quae duas Syrtes interja* cet, pari ulrinque intervallo. Sed litore inter duas Syrtes, c c l mpassuum. Ibi civitas Oeensis, Cinypt fluvias ac regio. Oppida: Neapolis, 'l'aphra, AbrotoD um , Leptis altera, quae cognominatur ma gna. Inde Syrtis major, circuitu d c x x x v , aditu autem cccxa mill. pass. Inde adcolit gens Cisipadum. Iu intimo sinu fuit ora Lolophagon, quos quidam Alachroas lixere, ad Philaenorum aras: ex arena sunt eae. Ab his non procul a continente palas vasta amnem Tritonem ab eo accipit, Pal lantias appellata Callimacho, et citra minorem Syrtim esse dicta: a multis vero inter duasSyrtes. Promontorium, quod tuajorem includit, Borion appellatur. Ultra Cyrenaica provincia.
Ad bnnc finem Africa a fluvio Aropsaga po pulos d x v i habet, qui Romano parent imperio. In his colonias vi praeter jam supradictas, Uthinam, Tuborbin. Oppida civium Romanorum xv, ex qoibos in mediterraneo dicenda Azuritanum, Abu Incense, Aboriense, Canopicum, Chilmanense, Simitluense, Thanosidense, Tubarnicense, Tynidrnmense, Tibigense, Ucilana duo, majus et sninus : Vagense. Oppidum latinum unum Usalitauum. Oppidom stipendiarium anum, Castris Corneliis. Oppida libera tringinta, ex quibus dicenda intos Acolitanum, Acharilanura, Avinense, Abziritanom, Canopilannm, Melxitanom, Materense, Salaphitanum, Tusdritanom, Tiphicense,Tuniceose,Theudense,Tagestense,Tigense, Ulusubritanum, Vagense aliud,Visense, Zamense. x reliquo numero non civitates tantum, sed pleraeqoe etiam nationes jure dici possunt, at Natabudes, Capsitani, Misulani, Sabarbares, Masiyli, Nisives, Vamacures, Elhini, Mussini, Marchubii, ct tota Gaetulia ad flumen Nigriu, qni Africam ab Aethiopia dirimit.
il lago di Licomede, circondato da deserti. Gli Augili stessi sono posti quasi nel mezzo di esso spazio dall* Etiopia, che guarda verso ponente, e dalla regione, che fra le doe Sirti, con eguale intervallo di qua e di l i ; ma per riviera fra le doe Sirli ci sono dugento cinquanta miglia. Quivi la cilt Oeese, il fiume Cinps e la regione. Citl, Napoli, Tafra e Abrolono: l'altra Lepti, la quale cognominata la grande. Dipoi la Sirie maggiore, la quale ha di circuito seicento trenlacinque miglia, e di lunghezza trecento dodici. Abitano poi quivi intorno i popoli Cisipadi. Nel golfo addentro fu gi il paese de1Lotofagi, i quali furono da alcuni chiamati Alacroi, agli altari de1 Fileni, i quali sono fatti di arena. Dopo que sti, poco lontano da lerraferma, una gran palude infino al fiume Tritone, la quale prese il nome da esso, e da Callimaco chiamala Pallanzia ; e dicesi che di qua dalla Sirti minore ; ma da molli posta fra le doe Sirti. Il promontorio, che rinchiude la maggiore, si chiama Borione : pi oltra la provincia di Cirene. Ha Africa dal fiume Ampsaga fino a questo conGne cinquecento sedici popoli, i quali ubbidi scono all imperio Romano : e fra questi sei colo nie,oltre le gi dette,Utina cTuburbi. Cilt di cit tadini Romani quindici, delle qoali fra terra sono da poter ricordarsi, PAzurilana, AbuIncese, TAboriese, la Canopica, la Chilmanese, la Sirnittuese, la Tonusidese, la Tuburnicese, la Tinidrumese e la Tibigese. Due Ucitane, cio, la mag giore e la minore, e la Vagese. Una cilt dei (<alini, ch la Usalitana. Una citl tribolarla, detta Castra Cornelia. Trenta citl libere, fra le qoali si posson nominare queste: PAcolitana, caritana, l'Avinese, l'Abziritana, la Canopilana, la Melzilana, 1* Malerese, la Salafilana, la Tusdritana, la Tificese, la Tunicese, la Teudese, la Tagestese, la Tigese, la Ulusubritana, un'altra Va gese, la Visese e la Zamese. Del numero restante non solamente citt, ma molte altre nazioni ancora si possou dire, siccome sono i Natabodf, i Capsitani, i Misulani, i Sabarbari, i Massili, i Nisivi, i Vamacori, gli Etini, i Massini, i Marcubii, e tolta la Getulia fino al fiume Nigri, il qoale parte P Africa dall1 Eliopia.
D i l l a C ik e iu ic a .
C ymhaicab .
5. La region Cirenaica, la qoale s chiama V. 5 . Cyrenaica, eadem Pentapolitana regio, V. ancora Pentapolitana, illastrata per l'oracolo illustratur Hammoni oraculo, quod a Cyrenis di Giove Aminone, il quale i lontano da Cirene abeat cccc passuum : fonte Solis : urbibus maxi quattrocento miglia ; per la fonte del Sole ; ma me qotnqne, Berenice, Arsinoe, Ptolemaide, Apollonia, ipsa Cyrene. Berenice in Syrtis exti mollo pi per le cinque citt, cio, Berenice, mo cornu est,quondam vocata Hesperidum sopraArsinoe, Tolemaide, Apollonia e Cirene istessa. dictarum, vagant ibus Graeciae fabulis. Nec procul Berenice posta nelPestremo corno della Sirie,
C. PUNII SECUNDI
ante oppidum fluvius Lethon, lutus sacer, ubi Hesperidum horti memorantur. Abest a Lepli c c c l x x v mpass. Ab ea Arsiuoe, Teuchira vocitata, x l i i i m passuum. Et deinde Ptolemais, antiquo nomine Parce, xxu m passuum. Mox x l m pass. promontorium Phycus per Creticum mare excur rit, distans c c c l m passuum a Taenaro Laconicae promontorio. A Creta vero ipsa ccxxv m Post id . Cyrene,a mari undecim x passuum. A Phycunte Apolloniam xxiv mill. pass. Ad Cherronesum Lxxxvui mill. passuum. Unde Catabathmum ccxvi mill. passuum. Adcolunt Marmaridae, a Paraeto nii ferme regione ad Syrtin usque majorem por recti. Post eos Ararauceles, et jam in ora Syrtis Nasamones, quos antea Mesatnmones Graeci ap pellavere, ab argumento loci, medios inter arenas sitos. Cyrenaicus ager xv m passuum latitudine a litore, arboribus fertilis habetur. Intus eodem spatio frugibus tantum: mox triginta mill. pas suum latitudine, el c c l mill. passuum longitudi ne, lasere modo.
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Post NasHmones, Asbystae, ut Macae vivunt. Ultra eos Haromanientes xi dierum itinere a Syrtibus majoribus ad occidentem, et ipsi quaqua versus arenis circumdati: puteos tamen baud difficiles binum ferme cubitorum inveniunt alti tudine, ibi restagnantibus Mauritaniae aquis. Domos sale montibus suis exciso, ceu lapide, construant. Ab his ad Troglodytas hiberni occasus plaga dierum septem iter, cum quibus com mercium gemmae tantum, quam carbunculum vocamus, ex Aethiopia iovectae. lotervenil ad solitudines Africae, supra minorem Syrtin dictas, versa Phazania,ubi gentem Pbazaniorum, urbesque Aleleu et Cillabam subegimus. Item Cydamum regione Sabratae. Ab his mons longo patio in occasum ab ortu tendit, Ater nostris dictus a natura adusto similis, aut solis repercus su accenso. Ultra eam deserta: Matelgae oppidum Garamantum : itemque Debris, adfuso fonte, a medio die ad mediam noctem aquis ferventibus, totidemque horis ad medium diem rigentibus: darissimumque oppidum Garama caput Gara mantum : omnia armis Romanis superata, et a Cornelio Balbo triumphata: uni baie omnium externo curru et Quiritium jure donato : quippe Gadibas genito civitas Romana cum Balbo majore patruo data est. Et boc miram, sapradicta oppida ab eo capta, auctores nostro prodidisse : ipsum
gi detta essere una delle sopraddette Esperidi, secondo le favole della Grecia. E poco lontano innanxi la citt il fiume Letone, ed il bosco Sacro, dove si dice che il giardino dell' Espe ridi. discosto da Lepli trecento-aettantacinqoe miglia. Da essa Arsinoe, chiamata Teuchira, qaarantatr miglia. E dipoi Tolemaide, anticamente detta Barce, ventidue miglia. Dopo quaranta miglia il promontorio Fico, il quale scorre per lo mar di Creta, lontauo trecento cinquanta miglia da Tenario, promontorio di Laconica : e da essa Creta dugento venticinque. Dopo qoesto Cirene discosta dal mare uodici miglia. Da Ficunte ad Apollonia ventiquattro miglia : e insino al Cherroneso ottani1otto miglia. Donde insi no a Catabatmo, dugento sedici miglia. 1 Marmaridi abitano quasi dalla regione di Parelonio distesi fino alla Sirie maggiore. Dopo loro gli Ararauceli, e nejla riviera della Sirie i Nasamoni, i quali da' Greci prima furono chiamali Mesamraoni dalPargomento del luogo, essendo eglino posti nel mezzo delle arene. Il paese di Cirene quindici miglia per la li Indine dal lito, molto fertile d'alberi. In fra terra per lo medesimo spazio solamente dovizioso di biade : dipoi trenta miglia per larghezza, e dugento cinquanta per lunghezza, non produce altro che un albero detto larice. Dopo i Nasamoni abitano gli Asbisti e i Mac* ; ed oltra essi gli Ammanienti, undici giornale lontani dalle Sirti maggiori verso ponente, in torniali anch'eglino da ogni parte dell'arene : trovano nondimeno agevolmente acqua per l pozzi, cavando sotterra appena due braccia, per ciocch quivi ristagnano le acque della Maurita nia. Fanno le case loro di sale, cavalo da'monti, come si cavan le pietre. Da questi si va al paese de'Trogloditi per la regione dell'occaso del ver no, per cammino di sette giornate; coi quali hanno commercio solo d' una gioia, che noi chiamiamo carbonchio, portata d'Etipia. Presso alle dette solitudini d 'Africa, sopra la Sirie mi nore Fasania, dove noi soggiogammo i popoli Fasanii, e le citt, Alele e Cillaba ; c Cidamo ancora all' incontro di Sabrata. Dipoi s* innalza on monte da levante verso ponente con lungo spazio, detto da'nostri Ater, il quale da natura pare arso o acceso della ripercussione del sole. E dopo esso sono deserti : Malelge citt de' G a ramanti, e Debri, con un fonte d'acque bollenti dal mezzogiorno insino alla mezzanotte, e per altrettante ore insino al mezzogiorno con acque freddissime: e la chiarissima citt di Garama, capo de Garamanti, tutte superate dall'arm e de' Romani, e delle quali trionf Cornelio Balbo ; a cui solo O tatti i forestieri fu conceduto il ra
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in triaropho, praeter CyJarnum et Gararaam, omnium aliarum gentium arbiumque nomina ac simulacra duxisse, quae iere hoc ordine. TaBilium oppidum. Niteris natio, Negligemela oppi* duro, Bobeium natio, vel oppidum, Enipi natio, Thuben oppidum: mons nomine Niger: Nitibrom, Rapsa, oppida : Discera natio, Debris op pidum, flumen Nathabur, Tapsagnm oppidum, Nannagi natio, Boin oppidum, Pege oppidam, fiuinen Dasipari. Mox oppida conlinua, Rarcura, Baluba, Alasi, Balsa, Galla, Maxala, Zizama. Mons Gyri, in quo gemmas nasci titalus praecessit. Ad Garamantas iter inexplicabile adhac fuit, latro nibus gentis ejus pateos (qui sunt non alte fo diendi, si locorum notitia adsit) arenis operien tibus. Proximo bello,quod cora Oeensibus gessere initiis Vespasiani imperatoris, compendium viae quatridui deprehensum est. Hoc iter vocatur Praeter caput, saxi. Finis Cyrenaicus Catabathmos appellatur oppidum et vallis repente con vexa. Ad eum terminum Cyrenaica. Africa a Syrti minore decies centena l x passuum in longitu dine palet: in latitudine, qua ccgnitum est, occc.
carro e la ragione de' cittadini Romani ; peroc ch egli nato a Gade, fu fatto cittadin Romano insieme con Balbo suo zio maggiore. E questo pure maraviglia,che nostri autori abbiano scrit to, le dette citt essere state prese da lui, ed aver egli portato nel trionfo i nomi e le figure di tulle le altre genti e citl, fuor che di Cidamo e di Garama, le quali andarono con questo ordine. Tabidio cilt, Niter nazione, Negligemela citl, Bnbeio nazione, ovvero cilt, Enipi nazio ne, Tuben citt, Nero monte, Nilibro e Rspsa cilt, Discera nazione, Debris cilt, Niiabar fiume, Tapsago citt, Nannagi nazione, Boia cill, Pege cilt, Dasipari fiume. Dipoi citt con tinue, Baraco, Buluba, Alasi, Balsa, Galla, Massaia e Zizama. Giri monte, col titolo che mostrava, come in essa nascon le gioie. Il viaggio da ire ai Garamanli insino a qui non stato compiuto per rispetto degli assassini del paese, i quali cuoprono con l'arena i pozzi, che non mollo addentro s' hanno a cavare per chi ha cognizione de luo ghi. Nella prossima guerra, che i Romani fecero con gli Eesi, sollo l imperio di Vespasiano, si trov da raccorciare la via quattro giorni. Que sto cammino si chiama allato a capo del sasso. Il confine di Cirene si domanda Calabalmo, citt e valle tutta posta alla china. Dalla Sirie minore insino a quel termine la Cirenaica. I/ Africa dalla detta Sirte in lunghezza mille sessanta miglia, ed in larghezza, per quanto se ne ha potuto aver cognizione, ottocento.
D b l la L ibia M a b b o t id b .
* L ib y a s M a b b o t is . *
VI. G. La regione, che segue, si chiama Libia VI. 6. Qnae sequitur regio, Mareotis Libya appella tur, Aegypto contermina.Tenent Marmari Mareotide, la quale confina con Egitto. Quivi dae, Adyrraachidae : dein Mareotae. Mensura a abitano i Marmaridi, gli Adirmachidi ed i Marcoti. La misura da Calabalmo a Parelonio ollanlaCatabathmo ad Paraetonium l x x x v i mpassuum. sei miglia. In questo mezzo Api villaggio, luog<f In eo tractu vicus Apis iuterest, nobilis religione Aegypti locus. Ab eo Paraetonium l x i i v pas nobile per la religione d Egilto. Da questo luo go a Parelonio sono sessanladue miglia, e di quivi suum. Inde Alexandriam cc millia passuum : lati in Alessandria dugento miglia, e la larghezza cen tudo c l x i x est. Eratostbenes a Cyrenis Alexan to sessantanove. Eralostene scrive, che da Cirene driam terrestri itinere d x x v prodidit. Agrippa in Alessandria per terra sono cinquecento venti totius Africae a mari Atlantico cum inferiore sette miglia. Ed Agrippa mette, che Inlta lAfrica Aegypto x x x xi. mill. passuum longitudinem. dal mare Atlantico con Egitto inferiore sia Polybius et Kratosthenes diligentissimi existima di lunghezza trenta, quaranta miglia. Polibio ti, ab Oceano ad Carthaginem magnam, xi mill. ed Eralostene riputati diligentissimi fanno dalpessonm: ab ea Canopicam Nili proximum ostium, Oceano a Cartagine grande undici miglia : da xv xxviii fecerunt, lsidorus a Tingi Canopnm essa a Canopo prossima foce del Nilo quindici xxxv x cix m ill. pass. Artemidorus x l mill.minus, miglia, venliotto. Isidoro da Tingi a Canopo quam Isidoros. trentacinque, novantanove miglia. Artemidoro quaranta, meno che Isidoro.
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I nsularum circa A f r ic a .
C. PLINII SECUNDI
D e l l e is o le
1 to r no u
a l l A frica .
VII, 7. Insolas non ila mullas complectuntur VII. 7. Questi mari non hanuo troppe isole. haec rosria. Clarissima esi Meninx, longitudine Chiarissima Meninx, lunga venticinque mi* xxv mill. pass. latitudine xxu ab Eratoslheoe glia, e larga venlklue, chiamata da Eratoslene Lotofagite. Ha due citl, dal lato d'Africa Me Lotophagilis appellala. Oppida habet duo, Me ningem ab Africae latere^ et Itero, Tboar: ipsa ninge, e daU'allro Toar; ed essa lontana dal a dextro Syrtis minoris promontorio passibus promontorio destro della Sirte minore un miglio mille quingentis sila. Ab et^centum mill. passuum e metto. Da essa discosto Cercina cento mi contra laevum, Cercina, cura urbe ejusdem nomi glia all1incontro del sinistro, con una citt libera nis libera, longa xxv mill. pass. lata dimidium del medesimo noibe lunga venticinque miglia, e ejns, ubi plurimum : at in extremo non plus larga per met, dove pi ; ma neU'allimo non quinque mill. passuum. Huic perparva, Cartha pi che cioque miglia. A questa verso Cartagine ginem versus, Cercinilis ponte juugilur. Ab his si congiugne con un ponte la piccola Cereinite.' quinquaginta mill. fere passuum Lopadusa, longa Lontana questa circa cinquanta miglia Lopa vi mill. passuum. Mox Gaulos et Galala, cujus dusa lunga sei miglia. Dipoi Gaalo e Galata, la terra scorpionem, dirum animal Africae, necat. cui terra ammazza lo scorpione, animai molto Dicuntur et in Clupea emori, cujus ex adverso crudele d1Africa. Dicesi ancor, che muoiono Cosyra cum opdido. At contra Carthaginis sinum in Clupea, a cut dirimpetto Cosira con la citl. duae Aegimori arae, scopuli verius, quam insulae, Ed all incontro del golfo di Cartagine sono le inter Siciliam maxime et Sardiniam. Auctores due are dette Egimori, le quali si posson piuttosto chiamare scogli, che isole fra la Sicilia e la Sar sunt, el has quondam habitatas subsedisse. degna. Scrivono alcuni autori, che queste ancora furono gi abitale.
A versorum A f r ic a e .
D e l l 1 A f r ic a O l t b r io r e .
Vili. 8. E nel circuito pi addentro delVIII. 8. Interiori autem ambitu Africae ad meridiem versus, superque Gaetulos, intervenien l1Africa, verso mezzogiorno, e sopra i Getuli, tibus desertis, primi omnium Libyaegyplii, de dopo i deserti, abitano prima i Libiegiiii, e inde Laucaethiopes habitant. Super eos Aethio- dipoi i Lauceliopi. Sopra questi sono i Nigrili, pnra gentes Nigritae, a quo dictum est flumine: popoli d'Etiopia, i quali hanno preso il nome dal fiume : i Gimneli, i Puarisi,che confinano cou Gyroneles, Pnbarisi jam Oceanum adlingentes, el quos iu Mauritaniae fine diximus, Perorsi. Ab la marina, e i Perorsi, che da me sono stati no his omnibus vastae solitudines orientem versus minati uel fine della Mauritania. Dopo tulli usque ad Garamaulas, Augylasque et Troglody quesli sono grandissime solitudini verso levante tas: verissima opinione eorum, qui desertis Afri fino a1 Garamanti, Augili e Trogloditi ; estendo cae duas Aelhiopias superponunt, et ante omnes verissima la opinione di coloro, i quali aopra m Homeri,quibipertitos tradit Aethiopas, ad orien desert