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UniversitCaFoscariVenezia

DottoratodiRicercainStudiSulVicinoOrienteeAsiaMeridionale,XXIII ciclo (A.A.2007/2008A.A.2010/2011)

Sognoosondesto? Prolungamentioniricinella letteraturasapienzialeindiana conparticolareattenzione allAdvaitaVednta


SETTORESCIENTIFICO-DISCIPLINAREDIAFFERENZA: L-OR/18INDOLOGIAETIBETOLOGIA

T ESIDI D OTTORATODI G IANNI P ELLEGRINI numerodimatricola 955511


CoordinatoredelDottorato Prof.RosellaMamoliZorzi

TutoredelDottorando Prof.GianGiuseppeFilippi

INDICE S OGNO
P ROLUNGAMENTI
O SON DESTO ?

ONIRICI NELLA LETTERATURA SAPIENZIALE INDIANA CON PATICOLARE ATTENZIONE ALL A DVAITA

V EDNTA

- I NDICE

pp. I-III

- P REFAZIONE

pp. IV-VIII

- I NTRODUZIONE

pp. IX-XVII

- T AVOLA

DELLE ABBREVIAZIONI

pp. XVIII-XXI

- C APITOLO 1: P ANORAMICA I.1: RIFLESSIONI LINGUISTICHE

LETTERARIA SULLE ORIGINI DELL ONIROLOGIA IN I NDIA

pp. 3-11 pp. 11-28 pp. 29-51 pp. 52-53 pp. 53-70 pp. 70-88 pp. 89-95 b

I.2: LA PRIMA FASE: IL SOGNO NEL VEDA I.3: LA SECONDA FASE: LATHARVAVEDA PARIIHA (AVP) I.4: LA TERZA FASE: FISIOLOGIA E ONIROMANZIA A CONFRONTO I.4.1: ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL SOGNO: I TESTI MEDICI I.4.2: LO SVAPNAVICRA COME ARGOMENTO ASTROLOGICO E OLTRE I.5: SPIGOLATURE TANTRICHE

C APITOLO 2: I L

SOGNO NELLA LETTERATURA DEI DARANA

II.1: PROLEGOMENA DOTTRINALI II.2: VAIEIKA II.3: NYYA II.4: SKHYA II.5: YOGA II.6: PRVA MMS

pp. 96-130 pp. 131-144 pp. 144-160 pp. 160-168 pp. 168-178 pp. 178-198

- C APITOLO 3: M ATERIALI III.1: GENESI DI UNANALISI

PER LO STUDIO DELL ONIROLOGIA NELL A DVAITA

pp. 199-201 pp. 201-217 pp. 217-233 pp. 233-240 pp. 241-267 pp. 267-286 pp. 286-298

III.2: MISCELLANEA ADVAITIKA III.3: LA VEGLIA E LA PERCEZIONE DIRETTA NELLADVAITA VEDNTA III.4: SKIN, IL TESTIMONE IMMOBILE III.5: ADHYSA, SATTTRAYA E MITHYTVA III.6: KHYTIVDA E SOGNO III.7: DISIVDA E SATPABHMIK

- C APITOLO IV (I

PARTE ):

S VAPNA :

LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE

U PANIAD

E NELLE

LORO INTERPRETAZIONI

A DVAITA (1) pp. 299-308 pp. 308-329 pp. 330-393

IV.I.1: SAGATI IV.I.2: UPANIADVICRA I: SPIGOLATURE UPANIADICHE IV.I.3: UPANIADVICRA II: LA TRADIZIONE DELLA BHADRAYAKA UPANIAD

- C APITOLO IV (II

PARTE ):

S VAPNA :

LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE

U PANIAD

E NELLE

LORO INTERPRETAZIONI

A DVAITA (2) pp. 394-404 II

IV.II.1: SINAPSI UPANIADICA

IV.II.2: UPANIADVICRA III: LA MKYA UPANIAD E LE GAUAPDA KRIK IV.II.3: BHAGAVADGTVICRA

pp. 404-468 pp. 468-476

- C APITOLO V: L OTTICA

ONIROLOGICA DELL A DVAITA NEL

B RAHMASTRA

E NELLA

TRADIZIONE COMMENTARIALE

V.1: BRAHMASTRABHYAVICRABHMIK V.2: IL SOGNO NEL SAMANVAYDHYYA V.3: LAVIRODHDHYYA E IL SUO RABHADHIKARAA V.4: IL SADHYDHIKARAA ALLINTERNO DEL SDHANDHYYA V.5: IL SADHYDHIKARAA NELLINTERPRETAZIONE DELLA BHMAT V.6: AKARA SULLUSO VIJNAVDIN DELLA SIMILITUDINE ONIRICA

pp. 477-479 pp. 479-487 pp. 487-505 pp. 505-530 pp. 530-548 pp. 548-558

- C ONCLUSIONE

pp. 559-573

- B IBLIOGRAFIA

pp. 574-594

III

PREFAZIONE

Durante la stesura di queste pagine mi sono reso conto di una cosa e, per lo meno, di quella cosa sono sicuro. Se invece di riportare i risultati di frettolose ricerche, compiute in sempre troppo poco tempo e analisi troppo superficiali, avessi scritto tutti i miei dubbi, le cose che avrei voluto trattare in questo lavoro, nonch le difficolt di fronte alle quali mi sono trovato, di certo avrei riempito queste pagine con considerazioni pi interessanti. Per, si sa che questo non sarebbe stato il metodo corretto di ricercare. Sta di fatto che la vastit disciplinare e lestensione cronologica dellargomento che ho cercato di indagare mi hanno costretto pi e pi volte a ripiegare su restringimenti sempre maggiromente necessari al fine di dare alla luce un elaborato, che seppure incastonato di limiti e imprecisioni, fosse un discorso unitario e non una serie di appunti senza collante. Nel cominciare questavventura ero convinto che fosse improbabile prefissarsi una meta prima che dei dati e delle fonti fossero adeguatamente indagati e, inoltre, ero sicuro di quanto difficile fosse prevedere i risultati ai quali uno studio potrebbe condurre. Per, lavorando per molto tempo sulle fonti, impegnandomi pi a scartare che ad aggiungere, mi sono accorto che la stessa questione vale sia quando si propone unanalisi sia quando si affronta la scrittura di un elaborato, che si presume sia il frutto di una ricerca. Bene, io, personalmente, sono sempre pi dellidea che ogni minimo particolare di questa tesi, come di ogni altra, sarebbe valso mille tesi, e cos via. Questo atteggiamento tuttavia, sebbene penso tocchi ogni ricercatore in fasce come il sottoscritto, non deve frenare dal compiere un qualche passo, perch, come dicono i testi indiani, non saggio non seminare per paura che gli uccelli, gli animali selvaggi o i ladri ci mangino i semi, le piante o il raccolto. Allo stesso modo, ferma restando nella speculazione indiana linnegabile interconnessione degli argomenti anche pi distanti, al fine di giungere a qualche conclusione o anche per cercare di chiarire qualcosa e, come direbbero i trattatisti stessi, anavasthbhiyt, per tema del regressus ad infinitum pare opportuno porre dei paletti. qui che interviene il primo seme che ha permesso a questo lavoro di germogliare e, spero vivamente, continuer a fruttificare. In effetti, affinch divampi la fiamma di una ricerca, necessaria la scintilla di unidea, la cui essenza dovr essere sviluppata secondo modalit congetturate in precedenza. Come suggerisce il termine medesimo col suo prefisso, RICERCA indica un nuovo sforzo nellorganizzazione e presentazione critica di materiali gi analizzati o, per lo meno, IV

gi riconosciuti. Lo stesso concetto fu espresso da Jayantabhaa (IX sec.), autore di un commentario autonomo ai Nyya Stra di Gautama Akapda (I-II sec.), il Nyyamajar:
kuto v ntana vastu vayam utprekitu kam/ vaco vinysavaicitryamatra vicryatm// 8 // Come possiamo noi essere in grado di escogitare una realt novella? Tuttal pi lecito aspirare alla sola originalit nellesposizione del discorso (8).

Ora, tra gli innumerevoli problemi e questioni che nel panorama degli studi indologici sono ancora aperte o non esaminate propriamente, il nostro interesse si focalizzato su un argomento gi proposto allattenzione degli studiosi anche se in sporadiche, se non rare occasioni. Il mio lavoro unindagine sul sogno o, per meglio dire, lesperienza onirica nella sua accezione pi ampia. Il titolo finale, anchesso non scevro da numerosi e reiterati ripensamenti, sebbene non incontri il mio favore pi sentito, riunisce varie fasi e idee che questa tesi vuole esprimere: Sogno o son desto? Prolungamenti onirici nella letteratura sapienziale indiana con particolare attenzione allAdvaita Vednta. La prima parte del titolo, scherzosa e provocatoria, introduce molto precisamente vari atteggiamenti Advaitin nei confronti del sogno e le conclusioni a cui siamo giunti. Il mondo di cui abbiamo ogni giorno esperienza vero o solo frutto di un gigantesco malinteso? Se vero, di che natura partecipa la sua verit? Se reale non , allora ci cosa comporta? A fianco di queste domande implicite nel titolo, vi un velato anticipo di un altro quesito che si pongono quanti hanno indagato le loro profondit interiori e, dopo ci, si ritrovano, stupefatti, nuovamente di fronte a questo mondo. Questo epitaffio iniziale cela le posizioni pi estreme e pi elevate dellAdvaita Vednta, secondo le quali il saggio, compresa e penetrata la propria vera natura, non vede pi differenza tra il sogno e la veglia, poich entrambe le condizioni sono per lui state solo il frutto di unindebita sovrapposizione tra ambiti altrimenti inconciliabili. Lahim lunga seconda parte del titolo, il sottotitolo Prolungamenti onirici nella letteratura sapienziale indiana con particolare attenzione allAdvaita Vednta vuole rappresentare il corpo e la struttura dellintero elaborato. Le parole chiave sono prolungamenti onirici. Si noter che il lavoro idealmente diviso in due parti. Un primo capitolo dintroduzione generale, un secondo capitolo in forma di survey e su alcune implicazioni mitologiche e sulle posizioni dei darana ortodossi rispetto al sogno. Il terzo V

capitolo, poi, pur essendo sbilanciato sullanalisi di temi cari allAdvaita, vuole fungere da filo dArianna tra la prima parte generale e la seconda specifica sullAdvaita, che trattata dalle due parti del quarto capitolo e dal quinto. Qui entra in gioco il primo senso di prolungamento onirico. Potevo soffermarmi anche su uno solo degli argomenti esaminati nei primi due capitoli, ma ho scelto di estendere e focalizzare la tesi sullAdvaita Vednta prolungandone, appunto la gittata dottrinale e storica. Questo si ritrova nella seconda parte del sottotitolo nella letteratura sapienziale indiana con particolare attenzione allAdvaita Vednta in cui, indicando il fulcro della ricerca nellAdvaita e il taglio esegetico come Advaitin, cerco di mostrare di non aver tralasciato le origini letterarie e linquadramento dottrinale delle concezioni onirologiche indiane. Questo per non lunico prolungamento. Ne esistono altri, cosa che mi consente di spiegare il plurale nel titolo. Nella letteratura speculativa sanscrita sono presenti dei concetti espressi anche tramite massime e analogie tratte dalla vita ordinaria. Fra queste vi il dpadehalnyya, ovvero lanalogia della lanterna posta sulla soglia, la cui luce in grado di illuminare sia quanto sta dentro una stanza, sia quanto sta fuori. Secondo questo nyya, grazie alla conoscenza di una certa entit che si situa in una posizione intermedia rispetto ad altre due, si pu avere una visione dinsieme di tutte e tre le condizioni. Vedremo che la sola trattazione del sogno implica una serie enorme di altre concezioni strettamente connesse tra loro, senza accennare le quali non si pu comprendere veramente il modo indiano di guardare al fenomeno onirico. Per questo largomento sogno, per essere penetrato pi a fondo, presenta numerosi prolungamenti in vari ambiti, che esulano da un contesto strettamente legato al sogno in s e per s. Ultimo prolungamento, ma non per importanza, quello che concerne una delle posizioni dellAdvaita stesso. Di fronte allinfinit e alla luce di conoscenza della realizzazione suprema, ogni altra condizione, sia essa veglia, sogno o sonno profondo, rappresenta il sonno onirico e non altro. Quindi, lappellativo sogno va esteso, prolungato anche alle altre condizioni. Daltra parte il realizzato che, permanendo nella sua assoluta realizzazione, vede il resto come fosse un sogno, prolungando luso di questo termine anche altrove. Ora, senza nulla aggiungere a questa presentazione, passiamo a quello che potrebbe essere lelenco pi lungo di tutta questa ricerca, ossia il riconoscere il mio debito enorme nei confronti di tutti coloro che sono stati daiuto a questo studio e, ancor di pi al sottoscritto prima, dopo e durante la sua elaborazione. mia sincera convinzione che tale VI

debito sar difficilmente ripagabile, per mi si lasci esprimere la pi profonda riconoscenza a varie persone e personalit che ho avuto lonore e la fortuna di incontrare. Il primo della lista Colui a cui il lavoro dedicato, che incarnava lidea che io mi sono fatto si sthitapraja, lunico di cui il nome non sar menzionato. Oltre e insieme a Costui, rammenter, reverente, due grandi personalit dellantica contemporaneit dellIndia, il Jagadguru akarcrya Dvayaphdhvara, Pacimmnya Dvrak radphdhvara e Uttarmnya Jyotiphdhvara Svm Svarpnanda Sarasvat e la sua ombra vigile e splendente da Svm Avimuktevarnanda Sarasvat, essi che con tanta saggezza, calore e vicinanza hanno accompagnato e istruito chi vi scrive. Un ricordo particolare va a una persona, prematuramente scomparsa durante la stesura di questa tesi, con il quale posso dirmi privilegiato dei lunghi anni di studio alla Saprnanda Saskta Vivavidylaya. Mi riferisco allimpressionante, dottissimo paita Prasantha Dvived, il cui ricordo e i cui insegnamenti mai mi lasceranno. Oltre allcrya di qui sopra grande significato ebbe per me il paita Rmacandra Triph, acerrimo nemico dellAdvaita, colonna portante del Viihdvaita di K e grande Naiyyika, alla cui memoria rendo omaggio. Poi ancora grande contributo e guida costante a ogni passo che negli anni ho mosso timidamente nello studio degli stra sono stati gli insegnamenti di quattro persone: il paita Prof. Rma Kiora Triph, con cui abbiamo letto molti testi Advaitin, il poliedrico genio del Prof. rnryaa Mira, il paita Vaidyntha Triph dottissimo Vaiykaraa e gentiluomo daltri tempi, nonch laffezionato paita Rma Nivsa Tivr. A tutti loro va la mia pi reverente ironati. Anche se, in un lavoro dottorale cosa implicita, non posso esimermi dal ringraziare non solo per il paziente e ponderato aiuto, ma per mille altri motivi, il Prof. Gian Giuseppe Filippi, mio mentore e guida. Grazie ancora al Prof. Gianni Torcinovich per laffetto dimostratomi e i suoi sempre preziosi consigli, egli che, mi si consentir lespressione os, ma ne sa una pi del diavolo. Come dimenticare poi le molte e proficue chiacchierate con il Prof. Antonio Rigopoulos. Ora, tra gli scholar che mi hanno dato consigli e confortato con la loro esperienza e anche, e ne meno vanto, amicizia, ci sono in primis due nomi che per me significano molto: il Prof. Raffaele Torella e forse lunico vero paita doccidente, laffezionato Prof. Kamleswar Bhattacharya. Altri nomi importanti che non voglio tralasciare perch a costoro debbo consigli e istruzioni sono: Johannes Bronkhorst, Eli Franco, Ram Prasad Chakravarty, Velizar Sadovsky, Alexander Lubotsky, Werner Knobl, Giuliano Boccali, Jonardon Ganeri, VII

Michel Hulin, Victoria Lysenko, Catherine Clementine Ojha e gli amici/studiosi Alessandro Cancian, Jean Louis Gabin, Miquel Peralta, Federico Squarcini, Vincenzo Vergiani, Daniele Cuneo, Alessandro Graheli e sua moglie Elisa Freschi, Vincent Eltschinger, Luca Picardi, e David Mellins. Infine, un ricordo particolare va al mio compagno inseparabile dei lunghi e fecondi anni in India, che ahim non ha potuto vedere la fine di questo lavoro: Corrado Puchetti. La mia memoria riconoscente torna inoltre sullenigmatica figura di altre due persone il cui valore e saggezza incarnano il nebuloso calore senza tempo del mito indiano. Io conobbi costoro coi nomi di Sarvajit Phak e Dpak Giri. Altri cari amici e saggi consiglieri sono stati Marco Zolli, Fabian Sanders, Stefano Beggiora, Thomas Dhnardt, Monia Marchetto, Mario Freschi, Maurizio Verardo e Guido Zanderigo. Labbraccio pi avvolgente e la riconoscenza vita natural durante va alla mia famiglia e a Francesca che, suo malgrado, la prima vittima di chi vi scrive. Infine, ribadisco solamente che quanto ho qui riportato un timido tentativo di scalfire la profondit abissale del pensiero Advaita. Dunque, nessuno me ne voglia se per ora lo scritto che seguir frutto del limite a cui si spinta la mia comprensione attuale. Ferma resta comunque una consolante convinzione, che mi piace esprimere con la consueta efficacia cristallina di akara, na hi mithyjna paramrthavastu duayantu samartham

VIII

INTRODUZIONE B HMIK

bhmir eva bhmik, Il terreno invero lintroduzione. In effetti, lintroduzione quel terreno fertile su cui crescer la pianta di una ricerca, per il quale ovviamente si spera sia robusta, rigogliosa e dai molti rami. Nellintroduzione si spargono i semi della ricerca, ognuno dei quali dovrebbe germogliare nelle varie sezioni. Certo, si sa, che come molte sementi di una semina non avranno mai la possibilit di dischiudersi, allo stesso modo anche qui molte porte non sono state aperte, per impossibilit, cautela o tema: al lettore la sentenza. Quello che speriamo di proporre con questo incipit una vera e propria guida di lettura al nostro elaborato, il perch si sono fatte certe scelte e perch altri filoni non sono stati indagati, nonch la vera e propria chiave ermeneutica dellelaborato. La scelta del tema del sogno (svapna), oltre che dalla spinta iniziale del professor Filippi, si pu dire motivata dai nostri studi degli ultimi anni, indirizzati soprattutto alla metafisica e al dibattito sulla teoria della conoscenza nei darana ortodossi, la voglia di confrontarli con quelli eterodossi, da un punto di vista che non sia quello in genere trattato, ma coinvolga anchesso, in un ambito analizzato dottrinalmente ed esperito quotidianamente da ogni essere vivente; originale e tradizionale allo stesso tempo, capace di coinvolgere molteplici branche del sapere. Queste considerazioni ci hanno condotto a porci alcune domande, a cui lo svolgimento della tesi avrebbe lambizione di rispondere. Qual lo status metafisico, o meglio ontologico del sogno? Come si pone il sogno rispetto alla veglia (jgta) e al sonno profondo (suupti)? Come rispetto allassolutezza del quarto stato (turya)? Quanti altri concetti e dottrine prevede la comprensione della condizione di sogno? Lo sguardo indiano sul sogno sempre stato uniforme o mutato nel corso dei secoli? Qual luso che nella letteratura, per lo pi dei darana e in special modo dellAdvaita Vednta, si fatto del sogno e del fenomeno onirico nella sua interezza? Quali sono le posizioni predominanti rispetto allesperienza onirica? Quanti tipi di sogni esistono? Come si sviluppa il sogno e a cosa dovuto? Qual la sua natura e le cause che lo determinano? Qual il fondamento sul quale ha origine e poggia? Sullargomento specifico sogno, a parte un libello scritto da Satyajit Layek pubblicato nel 1990 An Analysis of Dream in Indian Philosophy e un lavoro oramai datato IX

(1929) di Umesh Mishra Dream Theory in Indian Thought, certamente di sicuro valore anche se troppo spesso superficiali, non esiste ancora una monografia, per quanto possibile completa, sul sogno e tutto ci che esso comporta. A parte molti validi articoli di ottimi studiosi, tra i quali ricordo quelli di A. O. Fort e R. P. Chakravarthi, spesso gli articoli che si occupano del sogno, valutano la problematica sempre in modo troppo specifico e circostanziale. Un lavoro che certamente va nella stessa direzione che ci siamo proposti, il libro in sanscrito Svapnavimara scritto, ormai nel 1987, da Rma Nryaa Triph e pubblicato a Vras dalla Saprnanda Saskta University. Fatta eccezione per queste comete, nel cielo dei lavori indologici concernenti lonirologia tout court, si staglia lammissione di P. T. Raju (RADHAKRISHNAN RAJU, 1995 [1960]: 234, n. 21) che nel 1960 ebbe ad affermare:
The philosophical importance of dream has not been brought out by any one so far. It has real epistemological implications also.

Il nostro iter passato attraverso varie tappe e ha cercato di proporre molte risposte, anche se purtroppo moltissimi sono ancora i dubbi legati allargomento. Ci stato di aiuto cercare di trattare in modo quasi scolastico gli argomenti, dividendoli in sezioni ben definite. Diciamo ci perch latteggiamento poco sistematico degli indiani emerso anche in questa ricerca: autori e maestri appartenenti alla stessa scuola sembrano avere pareri discordanti a proposito della natura del sogno e degli enti onirici. Probabilmente uno studio pi approfondito e durevole di ognuna delle sezioni proposte potrebbe condurre in futuro a risvolti decisivi. Un rimpianto, che anchesso una scelta metodologica anche se sofferta, limpossibilit di riflettere e valutare il sogno nella letteratura classica, nelle epiche e penetrare anche le anguste profondit del Tantra, che finora nessuno ha fatto. Chiss, vedremo cosa ci riserver il futuro. Una questione che avremmo voluto analizzare a parte, ma su cui vorremmo tornare la posizione concernente svapna per i successori di akara, anche se, come abbiamo detto e come si vedr, le loro posizioni emergono spessissimo lungo tutta lattuale stesura: per corroborare le affermazioni akariane, per spiegare dottrine che in akara rimasero solo accennate o per contrasto con altre opinioni. Per questa ragione, siffatta mancanza tale solo in parte.

Una viva speranza che, comunque, questo lavora possa essere, se non per altri, almeno per noi, non un traguardo, ma un trampolino di lancio, un punto di partenza per un successivo approfondimento, anche settoriale, per il quale sar ovviamente necessaria una ben differente precisione, chiarezza e durata. Abbiamo scelto di trattare largomento in sezioni per molti e svariati motivi. In primo luogo vi stato il bisogno di rendere pi vicino e palpabile il concetto di sogno nei differenti ambiti, sia storico-letterari, sia speculativi. Ci rendiamo senza dubbio conto che unaltra possibilit sarebbe stata quella di proporre un numero minore di suddivisioni interne, cercando di modellare un discorso maggiormente unitario, tuttavia uno dei pericoli in cui saremmo incorsi certamente di creare, con una troppo vasta mescolanza, un gran calderone in cui arduo sarebbe stato districarsi, e per chi legge e per chi scrive. Lenorme quantit e variet dei materiali da vagliare e utilizzare sarebbe divenuta di certo un freno, se non addirittura un ostacolo nella ricerca di un unico e unitario centro da indagare. Sicuro che una delle nostre scelte metodologiche pi importanti, stata quella di lasciar parlare i testi, tentando di dare una traduzione anche dei pi tecnici e specifici. Questo stato uno dei fattori determinanti del taglio qui proposto. Sta di fatto che il genere di testi presentati sono ben lungi dallessere comprensibili e dominati con la mera traduzione, sia pure essa ampiamente annotata. In ambiti prettamente intellettuali, la cui natura congiuntamente sintetica e analitica, la vera penetrazione di un testo richiede profonde riflessioni anche dopo aver fornito una valida traduzione, scevra da dubbi, ancorch legittimi. Per giungere a ci sono necessarie vaste analisi interdisciplinari e intertestuali, cosa che ci pone dinnanzi a sempre nuovi e crescenti problemi interpretativi ed esegetici. Figlia legittima della prima decisione lattitudine ermeneutica che abbiamo voluto trasparisse in tutto lelaborato. Questa scelta, che per qualcuno potrebbe anche risultare avventata, per altri coraggiosa, per altri insensata ancorch saggia, che abbiamo inteso e spiegato lAdvaita pi antico, prettamente quello akariano, mediante la scuola e la tradizione stessa dellAdvaita, ossia i successori di akara. Questo rappresenta senza dubbio la vera novit del nostro lavoro. Certamente molti studiosi hanno stigmatizzato questo tipo di atteggiamento, relegandolo perci a folkloristica lettura a beneficio di pochi fedeli indigeni. Tuttavia, noi crediamo di non proporre nulla di illogico o accademicamente sfrontato, n dal punto di vista della storia delle idee, n tanto meno dal punto di vista interpretativo. XI

vero che akara si occup principalmente dellassoluto guardandolo da un punto di vista strettamente pramrthika, anche quando affronta la sua relazione col mondo assumendo dunque unottica vyvahrika, senza peraltro mai deviare dalle sue abissali radici metafisiche, dalla profondit delle quali egli non ha avvertito la necessit di giustificare le sue posizioni. Laddove lha fatto, la cosa accade mediante citazioni della sua sorgente principale di conoscenza: la ruti. Da questo punto di vista si pu capire come egli abbia tralasciato argomenti squisitamente legati alla teoria della conoscenza empirica, che gli studiosi chiamano epistemologia, ma anche ambiti psicologici, arrivando, nelle sue concessioni al mondo, al massimo a toccare livelli cosmologici. Ciononostante, questa di peculiare non gli ha impedito, come accade spesso nella letteratura indiana, di porre le basi e seminare delle teorie a livello germinale, che poi i suoi successori hanno sviluppato, difeso e ampliato, in taluni casi interpretando fedelmente lcrya, anche se non si pu dire che ci sia sempre avvenuto. Quanto diciamo vuole, in parte, mettere in luce le nostre scelte durante tutto lo svolgimento della tesi. In effetti, come abbiamo gi anticipato, si cercato di spiegare alcuni passaggi di akara analizzandoli con le chiavi forniteci dai suoi successori, anche molto distanti temporalmente. Come detto in precedenza, in questa nostra modalit non vediamo pi difetti di quanti potrebbero esservene altrove. Durante lancora breve storia degli studi indologici, grande spazio stato dedicato a akara, per rendersene conto basti dare unocchiata al volume Bibliography dellEncyclopedia of Indian Philosophies edita da K. H. Potter. Di contro, negli ultimi anni si verificata una contro-tendenza, un tentativo di obliare akara, quasi a riscatto della troppo marcata attenzione precedente. Si ricordi per che akara stato interpretato in molteplici modi propriamente occidentale: in chiave psicologica e psicanalitica, con ottiche storiche, cosmologiche, teologiche, fenomenologiche ed epistemologiche. Spesso tutto ci stato costruito su rigidi canoni esegetici e filosofici occidentali, talvolta non si convengono alle posizioni akariane, fino anche a ridimensionarne lindiscutibile profondit. Questultima va ricercata, per quanto concerne akara, nellambito strettamente metafisico indiano. Importante e del tutto legittima stata, altres, la lettura di akara attraverso gli occhi dei suoi avversari, siano essi degli altri darana, tanto ortodossi, quanto eterodossi, oppure seguaci delle altre scuole vedntiche. Per, a monte noi ci chiediamo: se tutte queste interpretazioni sono possibili perch allora non provare, anzi, riprovare quella tradizionale che scorge in tutto il percorso XII

dellAdvaita un unico flusso ininterrotto, viatico attraverso il quale molti autori si sono succeduti ampliando punti tralasciati, solamente accennati o anche rimasti oscuri in akara? Sebbene questo nostro taglio non possa prescindere da basi storiche, ci pare riduttivo largomento che autori successivi a akara, che siano pure Citsukha, piuttosto di Vcaspati Mira o Madhusdana Sarasvat, o altri della successione disciplica Advaitin, non potessero dare delle letture di akara pi penetranti e aderenti al vero di quanto non si possa produrre altrove. Tanto pi in un paese come lIndia, in un mondo come quello indiano, in cui laspetto meramente cronologico nettamente subissato di fronte a quello dottrinale. Non va dimenticato comunque che gli Advaitin successivi e gli stessi glossatori di akara, pur restando fedeli a uno zoccolo duro, modellarono e svilupparono le loro trattazioni non solo attorno alle esigenze pratiche e intellettuali degli iniziati alla scuola, ma anche di fronte alle sempre pi pressanti obbiezioni, confutazioni, dubbi e attacchi provenienti dalle scuole antagoniste. Dopo aver messo al corrente il lettore di queste scelte ermeneutiche e metodologiche, non resta che presentare brevemente i capitoli e le loro ragioni uno a uno. Il primo capitolo funge da vero e proprio apripista allargomento. Il pensiero onirologico indiano ha, secondo noi, dei momenti e delle circostanze che si differenziano notevolmente. Si vedr come abbiamo diviso in tre differenti fasi la nostra analisi. La prima riguarda lincipit esclusivamente vedico dellapproccio al sogno. In origine, nelle Sahit vediche abbiamo una ben specifica visione di cosa sia il sogno e di quale la sua natura. Il termine svapna era per lo pi connesso a un evento sgradevole, sfavorevole per chiunque lo vivesse, cosicch il brutto sogno (dusvapna), causato da squilibri interni o addirittura lincubo, fomentato da agenti esogeni, diventano le manifestazioni pi conosciute e dalle quali ci si deve difendere mediante veri e propri scongiuri rituali, messi in pratica dal sognatore destatosi oppure, nei casi pi gravi, con rituali attuati da sacerdoti professionisti. La seconda fase rappresentata da una prima uscita dal rapporto quasi solo fenomenico con il sogno. Il tentativo di interpretare lesperienza a cui si soggetti durante il sogno, sia in senso interno e fisiologico, facendo ricorso a concetti che si svilupperanno nella scienza medica, sia in senso ampiamente esterno attraverso lo studio dellinflusso planetario sui sogni degli individui. Anche questa tendenza trover in seguito dei riverberi in alcuni tipi di testi propri della scienza astronomico-astrologica, il Jyotia. In XIII

primis, questa suddivisione scolastica in aspetti medici e astrologici si trova in un importante testo, che abbiamo cercato di rendere in traduzione, il capitolo 68 dellAtharvavedapariia, il primo esempio in cui appare una trattazione, per cos dire, quasi sistematica del sogno. La terza fase, come da noi recepita, quella riguardante una decisa distinzione tra laspetto fisiologico e medico del sogno e quello astrologico delloniromanzia. Per questo abbiamo diviso in due diversi sottoparagrafi il punto di vista yurvedico sul sogno e quello oniromantico. Altri, prima di noi come Rainer Stuhrmann nel 1982, adottarono questa tripartizione, indicando per nella terza fase lemergere della speculazione relativa al sogno, con la Bhadrayaka Upaniad. Noi abbiamo scelto un itinerario discordante, sia per le nostre esigenze contenutistiche, sia perch la nostra terza fase ci pare un livello pi immediatamente prossimo e conseguente al tipo di taglio dato dallAtharvavedapariia. Oltre a questo c da fare i conti con la nostra scelta di percorso, per la quale abbiamo voluto leggere i testi upaniadici solo attraverso gli occhi dellAdvaita, giungendo a piccoli passi a questa analisi per noi centrale, preparandone perci il terreno con una trattazione dottrinale generale e alcune pi specifiche, concernenti i rimanenti cinque darana ortodossi. Prima di passare a questo, per abbiamo ritenuto opportuno presentare un breve florilegio dimpressioni e punti di vista tantrici sul sogno, le cui basi ci sono state fornite gi da alcuni testi astrologici. Il secondo capitolo lo sviluppo e il retroterra della terza fase ipotizzata da Stuhrmann. Per noi , invece, una possibile introduzione ideale a una quarta fase, che sar sviluppata nelle due parti del capitolo IV. La prima parte del secondo capitolo rappresenta tanto uno strascico dei temi del primo capitolo, come linterpretazione di un mito particolarmente significativo, quanto lapertura ai capitoli successivi, mediante una breve analisi dottrinale dellargomento onirico negli stika darana. Mentre la seconda parte molto semplicemente e scolasticamente suddivisa in tanti paragrafi quanti sono i cinque darana ortodossi avversari dellAdvaita Vednta, a partire da Vaieika e Nyya, passando per Skhya e Yoga, per terminare con la scuola ritualistica della Prva Mms. La prima parte Prolegomena dottrinali, tratta vari argomenti legati non solo al sogno, ma anche ad altre condizioni e stati (avasth) come per esempio il coma, lincoscienza o la morte. Oltre a ci, prendendo le mosse da un mito ben noto in cui il saggio Mrkaeya protagonista, saranno

XIV

sinteticamente accennate alcuni usi realizzativi della dottrina delle tre avasth attraverso cui lanima individuale (jva) passa quotidianamente. Il capitolo 3 invece un vero e proprio ponte, leffettivo prolungamento e collegamento dalla prima parte pi generale della tesi, con la seconda parte dedicata quasi esclusivamente allAdvaita. qui che abbiamo potuto utilizzare il gi citato dpadehalnyya sia strutturalmente, sia metodologicamente, come anche dottrinalmente. Abbiamo per questo scelto di intitolare il capitolo Strumenti per lo studio dellonirologia nellAdvaita Vednta, pensando di presentare in questa circostanza tutta una serie di concetti e termini chiave atti a comprendere quale sia il profilo dottrinale tenuto nei secoli dallAdvaita e che anche oggi domina nelle elitarie cerchie di paita e samnysin Advaitin. Il secondo paragrafo del capitolo 3 il tessuto connettivo rispetto al resto della tesi e analizza alcuni concetti chiave: i tre corpi e la loro formazione, collegandoli con i cinque involucri e la dottrina delle rispettive continuit (anvaya) e discontinuit (vyatireka) del S e del non-S in ognuno di essi. Lindagine prende le mosse anche da una nostra convinzione, cio che per esaminare il sogno decisamente consigliabile analizzare anche le altre due avasth direttamente connesse a esso: il sonno profondo e la veglia. Infatti, lultima parte del secondo paragrafo riguarda proprio un esame, ancorch superficiale, del sonno profondo, ove alcune domande ricorrenti saranno risposte alla maniera Advaitin, attraverso il consueto nostro ricorrere alla miniera della chiarezza testuale. Si cercato, in seguito con il terzo paragrafo di analizzare la veglia, o meglio come in essa si acquisisce la conoscenza, in modo particolare grazie al mezzo di conoscenza (prama) pi pesantemente rappresentativo della coscienza di veglia, ossia la percezione diretta (pratyaka). Poich nelle opere di akara manca uneffettiva trattazione di una teoria della conoscenza, questa e la percezione diretta sono state presentate attraverso il Vedntaparibh, testo sicuramente molto tardo, ma che rappresenta il punto darrivo e la disamina pi completa dellottica Advaitin rispetto alla percezione diretta e gli altri prama. Questo ci porter inevitabilmente a scoprire molte suddivisioni allinterno della stessa percezione diretta. Il paragrafo successivo tratta di un concetto fondamentale allinterno della trattazione onirologia e delle avasth in generale, ossia il testimone immobile, colui che in grado di conoscere eventi, oggetti empirici, apparenti e ultra-sensibili anche laddove lazione dei sensi e della mente si sia ritratta. XV

Passiamo poi al quarto paragrafo in cui abbiamo tentato di districarci attraverso la fitta selva dottrinale del concetto di mutua (itaretara) sovrapposizione (adhysa) nelle sue svariate sfaccettature e nelle sue naturali esondazioni verso i concetti del triplice livello di realt (satttraya) e di falsit (mithytva). Tutto questo ci ha poi convinti a dover toccare marginalmente anche le complesse teorie dellerrore (khytivda), poich le varie interpretazioni delle percezioni erronee della veglia sono direttamente responsabili delle analisi e dei pronunciamenti sullesperienza onirica. Inoltre, lanalisi della teoria dellerrore percettivo propria dellAdvaita, si collega precisamente con il sogno, anchesso fenomeno dalla natura ontologica illusoria. Ivi si sono eviscerate anche il locus e la materia prima del sogno. Il terzo capitolo si chiude con una breve trattazione dellelevatissima dottrina Advaitin del Disivda e dei suoi prolungamenti nello Yogavsiha. Questo ci ha condotto a presentare i sette livelli della conoscenza come indicati da questultimo testo, nel quarto dei quali lindividuo ormai realizzato vede il mondo intero come fosse un sogno, per cui manifestazione del tutto illusoria. Il quarto capitolo , per quanto possibile, una trattazione generale delloceanico argomento sogno nelle Upaniad. Per ragioni tipografiche abbiamo scelto di dividere lo stesso capitolo in due grandi tronconi, il capitolo IV.I e il IV.II. Oltre alla ragione squisitamente tecnica, va registrato che vanno addotte anche delle ragioni contenutistiche. Nella prima parte del capitolo, dopo un primo survey sullintera letteratura upaniadica e i rispettivi commenti e giudizi della tradizione Advaita, a partire da akara e i suoi successori, ci siamo concentrati sulla ponderosa trattazione della Bhadrayaka Upaniad relativa alla sezione IV.3. Ivi, oltre alle opinioni di akara, abbiamo utilizzato spesso le innovazioni e le precisazioni del Vrtika di Surevara, discepolo diretto di akara, nonch di altri testi della medesima tradizione testuale, passando attraverso concetti fondamentali come quello dellauto-luminosit del S (svayajyotiva). La seconda parte del medesimo capitolo tratta la tradizione relativa alla Mkya Upaniad, alle Krik di Gauapda e al dibattuto commento attribuito a akara, che la tradizione intitola gamastravivaraa. Ivi, ponendoci dal punto di vista di un Advaitin contemporaneo che cerca di armonizzare lottica degli antichi crya, abbiamo tentato di abbozzare delle risposte alle apparenti divergenze tra Gauapda e akara, discutendo leggermente pi in profondit alcuni legami con il buddhismo, soprattutto quello dei Vijnavdin. Infine, per amor di completezza, abbiamo apposto un paragrafo relativo alla Bhagavad Gt, che non tratta direttamente il sogno, anche se secondo noi, pone le basi per XVI

una tendenza Advaitin nei confronti tanto della realizzazione quanto del mondo, che fa pandan con il punto di vista delle Upaniad maggiori, con un chiarissimo passo dellAitareya Upaniad (I.3.12) e con la trattazione dei sette livelli di conoscenza dello Yogavsiha. La riflessione sulla Bhagavad Gt stata proposta facendo leva sullidea vedntica del prasthtray, che oltre alle Upaniad e al Brahmastra, include anche la Bhagavad Gt. Questi ultimi due rami del medesimo capitolo, introdotti entrambi da delle considerazioni generali sul sogno nellAdvaita Vednta, sebbene trattino uno stesso argomento generale, ragione che li unisce fondamentalmente, sono certamente distinguibili perch le due trattazioni principali, quella della Bhadrayaka Upaniad e quella delle Mkya Krik sono certamente molto distanti tra loro. Ecco il motivo contenutistico e strutturale della divisione del quarto capitolo. Il quinto e ultimo capitolo prende in considerazione lultimo tassello del prasthtray, ossia il Brahmastra, naturalmente letto con il commento di akara. Si cercato di proporre vari contesti in cui il sogno e i tre stati sono protagonisti, basando lindagine sulla suddivisione interna del Brahmastra in capitoli (adhyya), quarti di capitolo (pda) e sezioni (adhikaraa). Certamente tre sono stati i punti pi importanti. Lrabhdhikaraa (II.1.1420) che getta le fondamenta dellidea concernente il sogno nel Brahmastra e la successiva analisi nel sadhydhikaraa (III.2.1-6). Come si vedr, il punto di vista pi importante espresso nel sadhydhikaraa per cui ci siamo premurati di accompagnare il commento di akara anche con molte note che presentano la visione di altri interpreti. Oltre a ci, abbiamo presunto opportuno fornire una traduzione e analisi delle glosse redatte da Vcaspati Mira nella sua Bhmat, probabilmente il sub-commento pi importante al bhya di akara. Infine, oltre ad altri brevi passaggi proposti, separato dal resto per via del suo contenuto differente, vi la risposta di akara (II.1.14) alle posizioni Vijnavdin relative alluso della similitudine onirica nel giudicare il livello ontologico del mondo empirico. Sappiamo inoltre che molto sarebbe da rivedere, soprattutto le traduzioni e la scelta dei termini in esse, sia per la difficolt intrinseca dei testi, sia per unoggettiva mancanza di tempo. Speriamo di avere loccasione di ritornarvi in futuro con maggiore calma e incisivit. Che dire di pi, oltre a manifestare il desiderio di procedere, sistemare e approfondire la ricerca di questo stesso argomento, non ci resta che lasciare il lettore o il critico alla lettura di quanto abbiamo scritto e, come spesso amano fare in India, ricordargli che: gacchata skhalana kvpi bhavaty eva pramdata/ hasanti durjans tatra samdadhati sajjan// XVII

T AVOLE

DELLE ABBREVIAZIONI SANSCRITE

KT: Kalpataru; KTP: Kalpataruparimala; KB: Kumrila Bhaa; KYVTS: Taittirya Sahit; KV: Kiraaval; KV/ BP: Krikval/ Bhpariccheda; KS: Kauika Stra; KaU: Kaha Upaniad:; KaUB: Kaha Upaniadbhya; KaR: Kadarahasyam; KS: Khaka Sakalana; KuS: Nyyakusumajali; KeU: Kena Upaniad; KauU: Kautak Upaniad; GA: Gautama Akapda; GP: Gauapda; GPur: Garua Pura; GoB: Gopatha Brhmaa; CS: Citsukha; CaS: Carakasahit; CpD: Cakrapidatta; ChU: Chndogya Upaniad; ChUB: Chndogya Upaniadbhya; JM: Jayamagal; JMV: Jvanmuktiviveka; T: Tarkmta:; TU: Taittirya Upaniad; TUB: Taittirya Upaniadbhya; TT: Triatik; TP/NP: Nayanaprasdin; TB: Tarkabh; TR/JK: Tripurrahasya Jnakhaa; TV: Tattvavairad; XVIII Tattvapradpik/

A: Adhyy; AK: Amarakoa; AD: Appaya Dkita; APU: Annapropaniad; AVP: Atharvavedapariia; AVS: Atharvavedasahit aunakya; AS: Advaitasiddhi; AS: Anubhtisvarpcrya; AH: Agahdaya; AVG: Avakragt; AS: Agasagraha; G: nanda Giri; : gamastra; V: gamastravivaraa; AV: Aniruddhavtti; AkU: Akyupaniad; InS: Indriya Sthna; U: a Upaniad; U: Upaniat; UK: Uddyotakara; US: Upadeasahasr; Ud: Udayancrya; UpS: Upaniatsagraha; UpB: Upaniat karabhya; V: gveda; Ai: Aitareya rayaka; AiU: Aitareya Upaniad; AiUD: Aitareyopaniaddpik; AiUB: Aitareya Upaniadbhya; KU: Kaivalya Upaniad; KKK: Khaanakhaakhdya;

TS/D/NyB: Tarkasagraha/ Dpik/ Nyyabodhin; TaP: Tattvapradpik; TaS: Tattvasagraha; TaiB: Taittirya Brhmaa; DK: Dharmakrti; D: Daalok; DHBSV: Dkitadpik; DhS: Dharmasindhu; NV: Nirlabanavda; NKS: Naikarmyasiddhi; NPTU: Upaniad; NBi/DNBi: Dharmottarak; NS: Naikarmyasiddhi; NSM: Nyyasiddhntamuktval; NyKa: Nyyakaik; NyK: Nyyakandal; NyKo: Nyyakoa; NyB: Nyyastrabhya; NyBV: Nyyastrabhyavrtika; NyBVT: Vrtikattpryak; NyBVTP: Nyyastrabhya Vrtikattpryapariuddhi; NyRK: Nyyaratnkara; NyL: Nyyallvat; NyS: Nyyastra; NyS/NyBh: Nyyabhaa; PAS: Paramrthasra; PK: Prabhkara; XIX Nyyasra/ Nyyastrabhya Nyyabindu/ Nsihaprvatpanya Brahmastra Hari

PK/PKV: Pacikaraa/ Pacikaraavrtika; PT: Pacatantra; PD: Pacada; PDS: Padrthadharmasagraha:; PPur: Padma Mahpura; PP/PPV: Pacapdikvivaraa; PV: Pramavrtika; PSM: Prthasrathintha Mira; PP: Padmapda; PrP: Praastapda; PrPa: Prakaraapacik; BG: Bhagavadgt; BGB: Bhagavadgtbhya; BTP: Brahmatattvaprakik; BLNS: Bhuvanealaukikanyyashasr; BS: Brahmastra; BSJ: Bhasarvaja; BSBNN: Nyyaniraya; BSBPAV/ BSBBBP: Brahmastra Prakarthavivaraa/ Bhyabhvaprakik; BSBB: Brahmastra Bhskarabhya; BSB: Brahmastra karabhya; BSBB: Bhmat; BSBRP: Ratnaprabh; BSi: Brahmasiddhi; BU: Bhadrayaka Upaniad; BUB: Bhadrayaka Upaniadbhya; BUBV: Upaniadbhya Vrtika; BVS: Bhadrayaka Vrtikasra; Bhadrayaka Brahmastrabhya Pacapdik/

BS: Bhat Sahit; BbU: Brahmabindu Upaniad; BrU: Brahma Upaniad; BhP: Bhgavata Pura; MU: Mahopaniad; MD/B: MK: Mkya Krik; MV: Mharavtti; MS: Manusmti; MS: Madhusdana Sarasvat; MaK: Mdhyamikakrik; MaP: Matsya Pura; MaMi: Maana Mira; MU: Mukya Upaniad; MUB: Mkya Upaniadbhya; MS: Mnasollsa; MK: Mmskoa; MuU: Muaka Upaniad; MeK: Medinkoa; MaiU: Maitr Upaniad; MhB: Mahbhrata; YT: Yogatrval; YD: Yuktidpik; YVKS: Yajurvedy Khakasahit; YV/MU: Yogavaiha/ Mokopaya; YVVMS: Vjasaneyi Mdhyandina ukla Yajurveda Sahit; YS: Yogastra; YSB: Yogastrabhya; YV: Yogastrabhyavrtika; YSBV: Yogastrabhyavivaraa; YU: Yogaikhapaniad; RM: Rjamrtaa; XX Mmsstra/ Jaiministra/ barabhya;

RM: Rmyaa; LAS: Lakvatrastra; LG: Laghucandrik; LYV: Laghuyogavaiha; LVV: Laghuvkyavtti; LSK: Laghusiddhntakaumud; VCM: Vivekacmai; VP: Vedntaparibh; VPS: Vivaraaprameyasagraha; VB: Vijna Bhiku; VM: Vcaspati Mira; VMS: Vijaptimtratsiddhi; VV: Vibhramaviveka; VS: Vedntasra; VSNB: Viusahasranma Bhya; VSM: Vedntasiddhntamuktval; VcP: Vcaspatyam; VB: Vgbhaa; ViDhPur: Viudharmottara Pura; ViVi: Vidhiviveka; VaiS: Vaieikastra; VaiSU: Vaieikastra Upaskra; VyV: Vyomavat; Vy: Vyomaivcrya; : akara; : ivditya; KD: abdakalpadruma; GV/US/PK: rkara Granthvali/ Upadeashasr/ Pacikaraam; D: stradpik; B: atapathabrhmaa; V: lokavrtika; M: akara Mira; S: abara Svmin;

SaSa: di Sadivendra Sarasvat; U: rrakopaniad; B: barabhya; S: rrasthna; iD: ivadi; rD: rdhara Bhaa; vU: vetvatara Upaniad; SK: Siddhntakaumud; SB: Siddhntabindu; SP: Saptapadrth; SVS: Smaveda Sahit; SVSSS: srasagraha; SBSV: SS/SPB: Sadivendra Sarasvat Brahmatattvaprakik; Skhyastra/ Skhyapravacana Bhya; SaU: Sanysa Upaniad; Sa: Sakeparraka; S: khyana rayaka; SK/GB: Skhya Krik/ Gauapda Bhya; STK: Skhyatattvakaumud; SPS: Skhyapravacanastra; SV: Smaveda:; Sur: Surevara; SuS: Surutasahit; SU: Stra Sthna; SvK: Svapnakamalkara; SvC: Svapnacintmai; SvV: Svapnaviveka; HD: Hari Dkita; Sarvavedntasiddhnta-

T AVOLA

DELLE ABBREVIAZIONI

ABORI: Annals of the Bhandharkar Oriental Research Institute; ALB: Adyar Library Bulletin; AS/A: Asiatische Studien/ tudes Asiatiques; CHI: Cultural Heritage of India; Caus.: causativo; comp.: composizione; desid.: desiderativo; EJVS: Electronic Journal of Vedic Studies; EIP: Encyclopedia of Indian Philosophies; HDh: History of Dharmastra; HIR: History of Religions; IE: Indo-europeo; IIJ: Indo-Iranian Journal; IT: Indologica Taurinensia; IS: Indische Studien; JAOS: Journal of American Oriental Society; JIP: Journal of Indian Philosophy; lett.: letteralmente; ME: middle English; OE: old English; PEW: Philosophy East & West; pass.: passivo; SBE: Sacred Book of the East; sec.: secolo; sing.: singolare; WZKS; Wiener Zeitschrift fr Kunde Sdasiens;

XXI

CAPITOLO 1: PANORAMICA LETTERARIA SULLE ORIGINI DELLONIROLOGIA IN INDIA

CAPITOLO 1 P ANORAMICA
LETTERARIA SULLE ORIGINI DELL ONIROLOGIA IN I NDIA

In questo primissimo capitolo cercheremo di delineare le varie fasi evolutive dellonirologia (svapnavijna/ svapnavicra) nellIndia pi arcaica. Naturalmente, in questa circostanza, il nostro approccio sar soprattutto testuale, mettendo in evidenza il messaggio dei testi attraverso i testi stessi. Tutto ci vuole solo essere una breve introduzione allargomento, soprattutto dal punto di vista letterario o, se si vuole, storico-letterario. In effetti, il rapporto con il fenomeno onirico ebbe differenti fasi nel panorama della letteratura pi arcaica. Non solo mut da periodo in periodo, ma, com intuibile daltronde, nelle differenti scienze. Questo tipo di incipit ci sar utile per introdurre tutto quanto sar trattato nei capitoli successivi, che si focalizzeranno sugli ultimi risvolti dellonirologia, che sinteressano sempre di meno della cosiddetta oniromanzia o interpretazione dei sogni, per giungere ad analisi sempre pi speculative, in senso precipuamente ontologico, nei primi tempi, e decisamente improntato sulla cosiddetta teoria della conoscenza in seguito. In una tesi dottorale discussa alla Eberahrd Karls Universitt di Tbingen nel 1982, Rainer Stuhrmann propose una suggestiva categorizzazione delle concezioni onirologiche nellIndia pi ancestrale (2009: 16-18, 19-44). Egli identific e divise tre maggiori concezioni sottostanti la letteratura vedica che si originano a partire dalle Sahit pi antiche, fino a giungere agli albori della speculazione onirica propriamente detta intorno al 500 a. C., sezione che Stuhrmann definisce filosofica. La prima fase dominata da una concezione soggettiva del sogno in cui lindividuo considera s stesso il soggetto dei sogni, attivo e responsabile dei contenuti e delle attivit oniriche. Il secondo periodo quello in cui prevale unattitudine oracolare e mantica nei confronti del sogno. La letteratura di questa fase tratta delle prospettive pratiche relative al contenuto dei sogni e le connette agli eventi futuri, aprendo due grandi porte, quella medica e fisiologica e quella interpretativa e astrologica. La terza fase quella trascendente, in cui si viene via via a riflettere su entit esteriori, oltre i confini del sogno, come le potenze sovrannaturali. Il vertice speculativo di questa fase rappresentato dalla Bhadrayaka Upaniad (BU), ove si insiste sul fenomeno onirico come permanente nella coscienza pi interiore dellindividuo (HOUBEN, 2009: 1

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39). Noi qui, per non ricalcare pedissequamente lopera, seppur importantissima di Stuhrmann, ci sentiamo di dissentire lievemente su questultimo punto. Certo che fino a oggi, con lespressione comunemente utilizzata in hind mujhe svapna y, letteralmente mi arrivato un sogno, mi venuto un sogno, si indica il sogno come qualcosa di esteriore, che viene da fuori. Tuttavia, il taglio particolare che intendiamo far trasparire in questo lavoro non pu che considerare il sogno come qualcosa di sviluppatosi allinterno dellindividuo, mediante stimoli avuti, vero, dallesterno. Certo, come vedremo, vari sono i tipi di sogni, tra i quali abbiamo quelli veicolati da divinit o spiriti malefici ossia gli incubi. Nonostante ci, le profondit speculative pi recondite sono state scandagliate proprio considerando il sogno un fenomeno dellindividuo, o meglio, dellanima individuale. Certo che in un panorama come quello indiano, in qualsiasi epoca lo si analizzi, considerare lindividuo smarcato dallambiente sociale, religioso, geografico, epocale, cosmico e universale in cui vive e opera, a nostro parere non fa che rendere la comprensione dellintero argomento difficilmente raggiungibile. Tale una delle ragioni per cui la nostra analisi upaniadica stata relegata ad altro capitolo (IV.I e IV.II) e, in luogo di essa, abbiamo posto un sostituto bipolare ovvero una breve analisi separata del sogno nei testi medici e in quelli astrologici. Questa stessa scelta frutto di una leggera revisione della seconda fase di Stuhrmann, secondo il quale questo momento deve essere considerato solo mantico. Lungi dallessere in disaccordo, per maggiore chiarezza ci concentreremo sul solo Atharvaveda Pariia (68), testo in cui non vi ancora una chiara differenziazione tra laspetto strettamente fisiologico e quello propriamente astrologico. Per questo, sebbene il nostro indebitamento dalla ricerca di Stuhrmann sia ragguardevole, il taglio sensibilmente diverso, un rimpasto di unidea gi condivisa anche da chi vi scrive. In ogni modo, secondo un gi ampiamente collaudato iter, il primo passo verso lo studio di un argomento resta sempre lanalisi del termine di riferimento sia dal punto di vista grammaticale, sia da quello linguistico.

CAPITOLO 1: PANORAMICA LETTERARIA SULLE ORIGINI DELLONIROLOGIA IN INDIA

I.1: R IFLESSIONI

LINGUISTICHE

Da tempo immemorabile lessere umano ha vagheggiato a proposito della natura del fenomeno onirico e delle visioni a esso connesse. Ci non poteva che avere un riverbero sul vocabolario e le espressioni proprie di questo campo semantico. Vediamo, prima daltro, come intende il termine svapna, sogno, la scienza linguistica ed etimologica. Innanzitutto sar duopo specificare che la radice svap, da cui deriva appunto il termine svapna, ha due significati principali: sognare e dormire. Solitamente la radice pu presentarsi in due forme al grado forte e accentato, lo swep delle lingue proto Indo-Europee (PIE) o al grado zero, come avviene nel sanscrito svap.1 In un recente volume miscellaneo (The Indian Night. Sleep and Dreams in the Indian Culture), al quale faremo spesso riferimento, il professor Georges-Jean Pinault (2009: 225-259) ha scritto delle pagine importanti per lo studio linguistico comparativo dei termini indicanti sogno e sonno. Pinault, per prima cosa, partendo dallopera monumentale di R. L. Turner, A Comparative Dictionary of the Indo-Aryan Languages (1966: 411, 777, 804), indica le due parole per indicare il sonno, il dormire: svapna2 e nidr.3 Accompagnati a questi due termini chiave troviamo vari composti o derivati, quali ghanidr, o suupti (lett.: buon sonno) entrambi indicanti il sonno profondo. In ogni modo, nellambito vedico si devono isolare non meno di tre differenti e coesistenti radici per indicare il dormire e altri termini affini al campo semantico del sonno: svap/sup, sas4 e dr. La prima radice trova attestazione esclusivamente nel
Satyajit Layek (1990: 8) mostra alcuni sinonimi indo-europei (IE) della parola sanscrita svapna: greco en-ypnion; latino somnium, sogno, antico inglese (OE) swefn, tedesco schlaf (sonno) e medio inglese (ME) sweven. Tendenzialmente, la variazione radicale fluttua tra questi due aspetti suap e sva-ap, questultima indicherebbe per i soffi vitali (pra). Altri studiosi (SURYAKANTA, 1989: 281) suggeriscono svap = dormire (in seguito al saprasraa, nel participio passato sup-t): IE *svepnos, antico norvegese svefn, latino somnus (forme piene) e le forme ridotte del vedico sup, greco con la riduzione vocalica della semivocale (saprasraa): v > u (PINAULT, 2009: 242-246). Unaltra possibilit fornita da N. Verma (1991: 427) Sv = indicherebbe i soffi vitali: quando un uomo si riposa e anche i suoi soffi vitali si riposano, quella condizione si dice sogno. Egli continua citando lIE *swapnos, il greco , lirlandese suan, lantico inglese swefen, il latino somnus, il lituano spna-s, il lettone sapnis, sapns, il tocario aspan e il russo spat. 2 Il termine di genere maschile e seconda che si presenti con gradi apofonici zero, si rende il sostantivo un aggettivo verbale supti al femminile o supta al neutro; in pl e prakta la forma sutta, fino ad arrivare allhind son o soy hu. In ogni accezione, per, il senso rimane quello di calmato, disteso, assopito, che riposa, fino alluso come eufemismo di morto (PINAULT, ibid.: 225). Si veda anche il contributo di Nalini Balbir al volume succitato (BALBIR, 2009: 104). 3 Nidr invece sostantivo femminile i cui corrispondenti pl e prakta sono rispettivamente nidd e idd (IBID.). 4 Numerosi riferimenti alluso vario delle due radici appaiono nellopera di Pinault (2009: 235-239): V I.29.3-4, I.117.5, I.124.4 e 10, I.134.3, I.135.7, I.161.13, IV.19.13, IV.51.3 e 5c, VII.18.14, VII.55.2-8, VIII.97.3.
1

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gveda (V, WHITNEY, 1997 [1885]: 184; MAYRHOFER, 1986-2001, vol. II: 712). Per esempio, in V VII.55.2-8 e I.29.3ab, abbiamo varie alternanze della prima e della seconda delle radici proposte. La radice dr (drai se presa la forma del presente), priva del preverbio (upasarga, solitamente ni e ava) molto rara e attestata solamente nelle forme del presente e futuro (MAYRHOFER, 1986-2001, vol. I: 757-758). In vedico la si ritrova solo dopo il V, in forme del presente drti, ottativo ni-dryt, participio medio dr e futuro drsyati. Nonostante ci abbiamo un riferimento nel V (VIII.48.14) della radice, usata per nella sua forma sostantivale, cio come ni-dr.5 Nel sanscrito epico si trovano comunemente forme tipo dryate (passivo: dormito, si dorme), dadrau (perfetto attivo dorm) e didrsati (desiderativo presente: desidera dormire); abbiamo inoltre la forma accompagnata dal prefisso rafforzativo ni, successivamente inseparabile, con un presente di decima classe tematica nidryati (pl: niddyati). Proprio questa forma verbale con upasarga, getta le fondamenta per il nomen agentis pi noto: ni-dr, gi attestato nel V. In seguito si predilige luso nominale della radice, accompagnato da radici indicanti movimento, soprattutto gam: nidr gacchati, egli va a dormire, egli penetra nel sonno, ecc. Comunque, il modo pi accreditato di esprimere lazione del dormire con la radice svap (WHITNEY, 1997: 201; MAYRHOFER, 1986-2001, vol. II: 791) con un presente alternato di sesta svapati (passivo: supyate) e seconda classe svapiti (PINAULT, 2009: 226). La nozione di sogno, invece, trova comunque la sua modalit prediletta despressione con una delle stesse radici che intendono il sonno e il dormire: svap, poich non esiste una radice indipendente per indicare il sognare. Il termine maschile che ne deriva svpna. Il processo si esprime con la forma denominativa svapnyate che significa anche essere assonnato o con locuzioni quali svapnam lokate, svapnam lokayati, vede un sogno, che ricorda la forma vedica svapna d- da cui deriva il nome dagente svapna-d/dk, colui che vede il sogno, il sognatore e i sostantivi indicanti azione svapna-darana o svapna-nidarana e svapna-sadarana.6

5 In AVS VIII.1.13 abbiamo un altro esempio di uso della radice dr, accompagnata ad ava. Nella fattispecie abbiamo il participio medio an-avadr- chi non sta dormendo coordinato con a-svapn- senza sonno. Queste due parole corrispondono con un valore positivo a jgvi- sveglio. 6 Esistono espressioni analoghe in altre lingue dello stesso ceppo: nel greco omerico o nel latino arcaico del 28 frammento degli Annales di Ennio aliquid in somns vidre (Pinault, 2009: 227). Per altre

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Innumerevoli e fondamentali sono altres le informazioni forniteci dal grande dizionario di San Pietroburgo di Otto Bhtligk e Rudolph Roth ([1855-1875] 1990, vol. VII: 1429-1433). Ivi la lista dei dati si svolge in tre punti: una prima sezione generica di fonti,7 una seconda serie di definizioni e riferimenti riguardanti traum, il sogno appunto,8 e una terza parte dedicata alle parole derivare e composte dal sostantivo svapna.9 Ancora, la famosa editio princeps del dizionario di V. S. Apte (1959, part III: 17381739) The Practical Sanskrit-English Dictionary riporta alcune informazioni tecniche riguardanti la radice svap e i suoi derivati primari (kdanta) e secondari (taddhitnta):
-Svap: 2nd Pa (svapiti, supta; pass. supyate; desid. suupsati, rarely 1 Ub svapati-te): 1) to sleep, fall asleep, go to sleep: asajjtakiaskandha sukha svapiti gauai KP 10; ita svapiti keava BhP II.76; 2) to recline, repose, lay down, rest; 3) to be absorted in: svpa vcasi cen nirargalasukhe ceta sakhe supyatm, Bv 4.19; Caus. svpayati-te: to

molto dotte indicazioni rispetto alle altre lingue IE, nelle quali si vede chiaramente la stretta relazione tra lidea di dormire e sognare, si consulti ancora il saggio di Pinault (ibid.: 226-234). 7 La prima parte di citazioni listate nel Sanskrit-Wrterbuch : Udistra III.10 [kvjsidrupanyanisvapibhyo nit]; Adhyay di Pini III.3.91; Amarakoa I.1.2.36; Trikaea III.3.270; Hemacandra Abhidhnacintamani II.289; Medinkoa 22; Vopadeva 26.180; gveda I.120.12, II.15.9, VII.86.6 (mantra usato per la purificazione da una polluzione notturna di un brahmacrin, Yjvalkyasmti II.181), VIII.2.18; Atharvaveda IV.5.7, VI.46.1, XVI.5.1; Taittirya Sahit I.2.14.5, V.5.10.4; Nsiha Tpanya Upaniad IX.126, 131; Rmatpanya Upaniad 342; Manusmti I.57, 65, II.181, XII.33; la Bhajjtaka Varhamihira S. 93.5; Pacatantra III.9.6; Caurapacaikha 18; Bhagavata Pura VI.17; Raghuvaamahkvya XII.70 ecc. Si veda anche il dizionario di Monier-Monier Williams (1280-1). 8 La seconda serie di rifermenti dal dizionario di Saint Petersburg la seguente: Trikaea, Hemacandra Abhidhnacintamani (145, a, 14) e Medin Koa (svapne bhaya bhrave mahyamha), gveda II.28.10, X.162.6; Atharvaveda VII.101.1, X.3.6; Vajasney Sahit XX.16; atapatha Brhmaa III.2.2.23, XIV.7.1.19; Ktyayana rauta Stra XXV.11.20; valyana Gha Stra III.6.5; Bhadrayaka Upaniad (col commento di kara) 248 (?); Chndogya Upaniad V.2.9; Prana Upaniad IV.1; Kauitaki Upaniad IV.19; Nsiha Tpanya Upaniad IX.125 e 131; Aitareya Upaniad I.3.12 (svapno yam); Rmatranya Upaniad 338; Mahbhrata III.16819.2497; Rmyaa II.69.12, 8 (Gorresio 71.1-2), II.88.5, II.91.73 (yat svapne labhate vittam), III.43.34, III.47.14, III.58.5, III.61.35, III.76.30, V.27.6, V.30.14; Harivaa 11379; Manusmti XII.122; Suruta Sahit I.8.15, I.104.14, I.109.17; Cakya IX.2.7; Abhijnaakuntala 137, 149; Raghuvaa Mahkvya XII.36; Vikramorvaya 29; Meghadta 88, 95, 105, 110; Bhajjtaka di Varhamihira S. 48.22, 8.22; Kathsaritsagara 2.3, 13.121, 18.241, 21.147, 23.3, 14 e 21, 31.12 e 26, 52.391, 54.201, 57.37, 119.95; Rjtaragin II.112, IV.100; Prabodhacandrodaya 16.17, 31.1; Svapnavsavadatta 30 (svapnacintmai 31); Dhrtasamgama 92.15; Bhgavata Pura IV.29.34, XI.11.8, VII.14.4; Pacatantra (? I.12.31 e 1.4.41) 134.6; Vedntasra 63 (svapnd yathotthita); Vyutpatti/ Mahvyutpatti 154; ecc. 9 Lultima una lista di 14 termini, per lo pi composti con la parola svapna, ma anche derivati da essa: 1) svapnaj: Pini III.2.172, VII.1.19; Amara Koa III.1.33; Hemacandra Abhidhnacintamani 442; Vopadeva 26.161; Mahbhrata III.10648; Bhaikvya VII.25. 2) Svapnajna: Cnakya IX.2.8. 3) Svapnanaana: gveda X.86.21; Nirukta XII.28. 4) Svapnapramava: Kathsaritsgara 6.137, 72.103, 107, 112, 152. 5) Svapnamukh: Atharvaveda VII.100.1; Ktyayana rauta Stra 25.11.20. 6) Svapnay: Adhyay di Pini VII.1.39 e vrtika; Atharvaveda V.7.8 (svapnyay); Kauitaki Upaniad IV.15; atapatha Brhamaa XIV.5.1.19. 7) Svapnas (su + a) gveda X.63.3, X.78.1. 8) Svapnasthna (come sostantivo): Kathsaritsgara 32.68. 9) Svapnasthna (come aggettivo): Nsiha Tpanya Upaniad IX.125 e 133; Rmatpanya Upaniad 338; atapatha Brhamaa XIV.7.1.14, 17, 19; Chndogya Upaniad VI.8.1; Kaha Upaniad IV.4. 10) Svapnntika: Cnakya IX.2.8; Vyutpatti 110. 11) Svapnbhikaraa: Atharvaveda V.5.7. 12) Svapny (-yate, -yamna): Mahbhrata VII.8381; Harivaa 3940; Bhgavata Pura X.70.28. 12) Svapnlu: Suruta Sahit I.323.12. 13) Svapne duvapyna: Atharvaveda XVI.6.9. 14) Svapnya: Atharvaveda VII.101.1, ecc.

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cause to sleep, rack to sleep with ava, ni, pra o sam: to sleep, lay down: prasuptalakaa, Ml. 7, vjyate sa hi sasupta, Ku. 2.42, tat prasuptabhujagendrabhaa vkya darathir dada dhanu, R. 11.44.

In seguito, la stessa opera fornisce una serie di altre definizioni, riferimenti e citazioni che vale la pena di riportare tout court:
-Svapanam: 1) sleeping, dreaming, sleep; 2) numbness (of the skin), SuruS. -Svapna [svap bhvam nak]: 1) sleeping, sleep: akle bodhito bhrtr priyasvapno vth bhavn, R 12.81, 7.61, 12.70, Ku 2.8; 2) a dream, dreaming: svapnendrajlasada khalu jvaloka ntiP. 2.2, svapno na my na matibhramo nu, 6.10, R 10.60; 3) sloth, indolence, sleepiness, Ms 9 (o 1).13, 12.33; 4) the state of ignorance (?): bhvdvaita kriydvaita dravydvaita tathtmana/ vartayan svnubhtyeha trn svapnn dhunute muni// BhP 7.15.62. - In comp. -antikam: consciousness in dream; - avasth: a state of dreaming; -upama (a): 1- resembling a dream; 2- urea or illusory (like a dream); - kara, kta (a): inducing sleep, soporific, narcotic; gham, niketanam: a sleeping room, bed chamber: dukhena loka pakhnivgt samutsuka svapnaniketanebhya, BK 11.17; -ja (a): dreamt; - tandrit: languor produced by drowsiness; -daranam: dream vision; -d (a): dreaming; -doa: involuntary seminal discharge, polluctio nocturna; dhgamya (a): perceptible by the intellect only when it is in a state of sleep like abstraction: rukmbha svapnadhgamya vidyt ta purua parama, Ms 12.122; - prapaca: the illusion of sleep, the world appearing in a dream; -vicra: interpretation of dreams; -la (a): disposed to sleep, sleepy, drowsy: na cti svapnalasya jgrato naiva crjuna, BG 6.16; -si (f): the creation of dreams or illusions in sleep. -Svapnaja: sleepy, sleeping, drowsy: aha svapnak prasdena tava vandrubhi saha, BK 7.25. -svapnay, svapnjyay (ind.): in dream: sa yataitat svapnay carati, BUp II.1.18. -svapnlu: sleepy, drowsy.

Certamente, dopo aver riportato per intero la serie di esempi e riferimenti di Apte, non ci resta che presentare il punto di vista dei grammatici indiani. Secondo il Dhtupha (n. 1839) la radice (dhtu) si presenta nella forma ivap aye (2.57, TRIPH B. P., 1984: 546-547) esclusivamente nella sua forma con presente

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della seconda classe (addigaa).10 Pini, nel stra della sua Adhyy (A, III.3.91) svapo nan, indica precisamente che alla radice svap si unisce il suffisso (pratyaya) nan nel significato proprio della radice stessa (bhvrtha), che dopo le dovute elisioni si riduce a na, arrivando alla forma svapna, che in seguito al processo proprio dellassegnazione delle desinenze (prtipadikakrya) arriva al morfema (pada) definitivo svapna (TRIPH R. N., 1987: 27). Il celebre dizionario11 dei sinonimi sanscriti, lAmarakoa (AK, I.7.36b),12 ci offre una folto gruppo di parole dallo stesso significato: svapanam, svpa, supti, suupti, ayanam, saprasda, nidr.13 Il testo dellAK non pone per alcuna linea di demarcazione tra sogno e sonno, anzi, sembra che lago della bilancia penda dalla parte della resa della parola svapna come sonno.14 Comunque, prima di procedere alla trattazione vera e propria sar il caso di proporre anche qualcuna delle delucidazioni semantiche (nirvacana/ nirukti),15 ossia quel genere di assonanze atte a spiegare termini particolarmente criptici che si ritrovano nelle scritture, soprattutto vediche, non basandosi solo sulletimologia, ma anche sul valore simbolico ed evocativo delle singole sillabe che compongono la parola in esame.

Esistono tre letture del presente indicativo (la) della radice: svpiti e svpatti e svaptti (Ahdhyy, A VI.1.188). Laccento acuto (udtta) opzionalmente sulla prima sillaba quando vi una terminazione personale, mentre segue svap quando vi una desinenza legata a un tempo srvadhtuka iniziante per vocale, fermo restando che la vocale non sia relativa al pratyaya i. 11 Due opere monumentali che di certo non possono essere taciute sono lo abdakalpadruma, (Rdhkntadeva, vol. 5, 1987 [1835]: 470-473) e il Vcaspatyam (Tarkavcaspati Trntha, vol. 6, 2006 [18531884]: 5378-5381). Il primo elenca questa serie di riferimenti: Suruta Sahit arrasthne, 4 adhyya; anche Medin Koa; per susvapna: Brahmavaivarta Pura, rkajanma khaa, susvapnapradaranam 77 adhyya; 70.118; cap. 63 e 82; Vgbhaa, arrasthne 6 adhyya. Si veda anche Brahmavaivarta Pura, rgaea khaa, 33 adhyya 33, 34; Dev Pura adhyya 22; Klik Pura puybhieka adhyya 87; Matsya Pura adhyya 242. La seconda opera, Vcaspatyam, riporta: svapa, bhve nan; nidrym; ayane; mnasikajnabhede; darane; poi indica solo i passi dal Brahmastra (BS) III.2.1-6 (svapnadapadrthasya mymtratvam) e del Matsya Pura 242. Per il resto pressoch identico allo abdakalpadruma. 12 Si confronti anche con un altro dizionario, che ebbe grande successo anche per le sue dimensioni ridotte e le notevoli affinit con il ben pi corposo e celebre AK, cio il Medinkoa (MeK, a 22). 13 Il pi autorevole commento allAK (il cui verso preciso : syn nidr ayana svpa svapna savea ityapi), la Vykhysudh, meglio conosciuta come Rmram di Bhnuji Dkita aggiunge questi particolare tecnici: syd iti. nidraam. dr kutsy gatau (. pa. se.). ta copa- (III.3.106) itya. nidranam, nindyate nay, iti v. ninder nalopa ca (U. 2.17) iti rag, iti v. svapne (a. . se.) bhve lyu (III.3.115). ayana surate nidrayyayo ca napusakam [iti me. 93/37]. ivap aye (a. pa. a.). gha (III.3.18). svpa ayananidrayo. sparjatym ajne [iti me. 102/12]. svapo nan (III.3.91). svapna svpe prasuptasya vijne darane pumn [iti me. 84.82]. saveanam. via praveane (tu. pa. a.). gha (III.3.18). savea svpastrratabandhayo. supti apy atra. [supti sparjatnidrvirambhe ayane striym iti me. 59.72]. pancanidry ... 14 Si veda il paragrafo I.4.1 dedicato allyurveda, in cui la CaS (Strasthna XI.35) e il commento di Cakrapidatta talvolta intendano allo stesso modo i due termini come sinonimi (MURTHY, 2004: 197). 15 Yaska, nel suo Nirukta (XII.28, 37), riporta varie volte la parola svapna, senza purtroppo darne unetimologia (LAYEK, 1990: 9).
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Tra le tante derivazioni possibili soprattutto nel significato legato al sonno, ne proponiamo alcune, sulle quali torneremo anche in seguito (VERMA, 1991: 427; VAIDIKA, 2003: 227-230). La prima che proponiamo e, per noi, la pi significativa nella ChU VI.8.1:
yatraitat purua svapiti nma sat somya tad sapanno bhavati svam apto bhavati tasmd ena svapitty cakate sva hy apto bhavati ... O caro, quando quellessere dorme allora dotato di essere, immerso in s, perci lo si indica come svapiti, infatti immenso (apta) in s stesso (svam) ...

In questa circostanza il passo sembra pi riferirsi a un sonno privo di sogni, profondo e inattivo, ove non funzionano pi n i sensi, n la mente. Sempre in ChU (VI.8.1) il veggente Uddlaka rui spiegando al figlio vetaketu la terza condizione di tman, il sonno profondo (suupti) usa entrambi i termini: svapnnta e svapiti: uddlako hrui vetaketuputram uvca svapnnta me somya vijnhti ..., Uddlaka rui un tempo disse al figlio vetaketu: O caro, apprendi da me la verit riguardante il sonno ...16 Per di pi, in questa stessa sede il S sar chiamato catupd, dai quattro quarti, analogamente a Mkya Upaniad (MU 2): so yam tm catupd , Quello questo S dai quattro quarti Nella condizione di sogno, la creazione onirica avviene per mezzo della mente, tuttavia nel sonno senza sogni, il purua, abbandonata la condizione individuale di jva dovuta alla commistione con laggregato psico-fisico, qui ritrova la sua natura propria di sat, che suprema verit, perci svapiti. Questo appellativo ha da leggersi come svam = tmnam, il S, apta = prpta, ottenuto. Cos Uddlaka intende dire che durante suupti il jva, poich attinge la natura dellessere (sadrpa), chiamato svapiti. Questa condizione di suupti si ha con lo sforzo compiuto in veglia. Durante la veglia luomo, fruendo degli oggetti mediante i sensi e la mente, rimane costantemente attivo, ci lo stanca (BU I.5.21): rmyati eva vk rmyati caku rmyati rotram , [Durante lo stato di veglia] la parola si stanca, si stanca la vista e si stanca ludito ...
Lopinione di akarcrya (), come vedremo nei capitoli seguenti, differente da quella di alcuni dei traduttori moderni. Egli, nel suo commento ad ChU VI.8.1, interpreta il composto svapnnta come la realt del sogno, cio la condizione di sogno. Il termine svapnnta si trova ripetuto in anche altre Upaniad (U) maggiori, per un totale di sei volte (JACOB, 1963 [1891]: 1060), con lo stesso significato.
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Analoghi a questi sono alcuni passaggi dello atapatha Brhmaa (B X.5.2.11, 1415) (HASARJA - BHAGAVADDATTA, 2002 [1926]: 622-623). Seppure anchessi tendono a spiegare pi da vicino svap e le sue derivazioni come svapiti e altre, nel senso proprio di sonno profondo. Riteniamo, tuttavia, di proporli per la loro grande importanza, anche nello sguardo dinsieme che in tutta la tesi intendiamo far emergere:17
tau hdayasyka pratyavetya. mithunbhavatas tau yad mithunasynta gacchato tha haitat purua svapiti // 11 // Quei due [esseri negli occhi]18 essendo discesi nello spazio del cuore, questi due si uniscono. Quando giungono alla fine del loro unione, allora luomo dorme (11). ea u eva pra. ea hm sarv praj praayati tasyaite pr sv. sa yad svapiti athainam ete pr sv apiyanti. tasmt svpyaya19 svpyayo ha vaita svapna ity cakate. paro ka, paro kakm hi dev// 14 // Questi20 in verit il soffio vitale; questi infatti conduce avanti tutte queste creature: questi soffi vitali sono suoi. Quando egli assopito, allora questi suoi soffi vitali lo penetrano. Per questo [egli chiamato] penetrato dai suoi (svpyaya): svpyaya certamente quello che chiamano sonno (svapna), oltre locchio. Le divinit amano quanto celato (14).21

Comunque, per una panoramica completa delluso del termine svapna nelle U si veda linsostituibile opera del colonnello Jacob (IBID.). Comunque torneremo su questi argomenti nello specifico al capitolo 4. 18 I due purua ai quali si fa riferimento sono quello risiedente nellocchio sinistro, nominato in B X.5.2.8: ya ca savye kan purua e quello che sta nellocchio destro: yo ya dakie kan puruo (B X.5.2.9). 19 Il termine svpyaya andrebbe qui come quando i soffi vitali si riposano, ricordandoci del riferimento a sv nel senso di pra. 20 Il purua qui nominato quello di B X.5.2.13, che sta nellocchio destro e che la morte stessa: sa ea eva mtyu yo ya dakie kan puruas 21 Naturalmente la traduzione qui proposta mutuata da Julius Eggeling (1995 [1885], VOL. 4: 370-372), con qualche minima variante. La datata, ma sempre corretta traduzione menzionata recita cos al passo 15: And when he is asleep, he does not, by means of them, know of anything whatever, nor does he forms any resolution with his mind, or distinguish the taste of food with (the canne of) his speech, or distinguish any smell with (the canne of) his breath; neither does he see with his eye, nor hear with his ear, for those (vital airs) have taken possession of him, whilst being one only, he (the men in the eye) is numerously distributed among living beings: whence the Lokamprin (represenying the man in the sun), whilst being one only (in kind), extends over the whole altar: and because he (the man in the eye) iso ne only, therefore (the Lokamprin) is one. Si veda anche il passaggio della prima sezione (prvabhga) del Gopatha Brhmaa (GoB II.2) dellAtharvaveda (AV) che menziona il sonno prolungato e inerte simile a quello dei boa, come uno dei sette difetti mentali che lo studente brhmaico (brahmacrin) dovrebbe domare: ajagara svapna
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Nel sonno profondo tutte le facolt sensoriali (indriya) si riassorbono nel pra,22 che rimane costantemente attivo e mantiene il corpo in vita. In questo momento il jva ritrova la sua natura essenziale di sat, cosa che egli compie al fine di allontanare le pene relative al mondo di veglia e a quello di sogno. Vediamo ancora un passaggio analogo della stessa tradizione di Yajurveda (YV) bianco (ukla), testimoniato dalla BU (II.1.17):
yatraia etat supto bhd ya ea vijnamaya puruas tad e prn vijnena vijnam dya ya eo ntarhdaya kas tasmi chete. tni yad ghaty atha haitat purua svapiti nma. tadghta eva pro bhavati. ght vg. ghta caku. ghta rotra. ghta mana. L dove questo che fu assopito, quellessere sostanziato dintelletto, avendo radunato il potere cognitivo di questi soffi insieme alla cognizione, quello che allinterno del cuore, cio letere, in quello riposa. Quando egli li [= i soffi] trattiene allora si dice che questuomo dorme: il soffio dunque da lui trattenuto, la parola trattenuta, la vista trattenuta, ludito trattenuto, la mente trattenuta (17).

Terminiamo questa sezione sulle derivazioni tradizionali legate alla radice svap, nella sua funzione svapiti, con un breve passaggio dialogico della Prana Upaniad (PrU IV.1-2). La domanda posta al venerando saggio Pippalda viene da Sauryya Grgya:
atha haina sauryya grgya papraccha. bhagavann etasmin purue kni svapanti ... // 1 // Poi Sauryya Grgya gli chiese: O Signore, chi sono quelli che dormono in questo essere (1). ... yath grgya marcayo rkasysta gacchata sarv etasmis tejomaala ekbhavanti t puna punar udayata pracaranti eva ha vai tat sarva pare deve manasy ekbhavati. tena tarhy ea puruo na oti na payati na jighrati na rasayate na spate nbhivadate ndatte nnandayate na visjate neyyate svaptty cakate// 2 //

Si confronti con il famoso episodio narrato in ChU V.1, riguardante la superiorit (jyehatva) e preminenza (rehatva) del soffio vitale (pra) su tutte le altre facolt, molto simile allapologo raccontato ai plebei dal Tribuno Menenio Agrippa in occasione della secessione sul colle Aventino (493 a. C.).
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Come, o Grgya, i raggi solari, quando il sole tramonta tutti si riuniscono in questo cerchio di luce e quelli [stessi] quando il sole sorge si propagano, allo stesso modo tutto questo si unisce nella mente, la divinit suprema. Per tale ragione, allora, questessere non ode, non vede, non odora, non gusta, non tocca, non parla, non prende, non prova piacere [sessuale], non evacua, non si muove: lo chiamano egli dorme (svapiti) (2).

In questo caso vi una bella metafora dei raggi solari come i sensi, che quando tramontano, cio quando la mente si assopisce, questi tutti si riuniscono in essa, che ne la scaturigine. Ivi lanima individuale svapiti, nel sonno profondo ossia sperimenta la completa immersione in S.

I.2: L A

PRIMA FASE : IL SOGNO NEL

V EDA

Pare ora il caso di iniziare la vera e propria trattazione relativa a questo capitolo, ossia mostrare come da una fase vedica (o meglio g-vedica) originaria, in cui il sogno era principalmente visto come fenomeno da cui difendersi, per lo pi nefasto poich brutto sogno o addirittura incubo (dusvapna), attraverso la fase interpretativa e mantica, passando per le ragioni fisiche e fisiologiche (adhibhautika) del sogno, legandole poi a quelle astrali e dellintero mondo (adhidaivika), per giungere alle sottili e rarefatte altitudini delle riflessioni legate al sogno come entit ontologica, da leggersi con la lente della teoria della conoscenza, il cui scrutinio ha per fini unicamente metafisici. Vedremo ora, purtroppo in modo molto superficiale e sintetico, le sfaccettate vicissitudini che condussero gli indiani a spingersi sempre pi in profondit nellanalisi del fenomeno onirico. Certo che linizio di questo sentiero nella letteratura prettamente vedica non pu che trovarsi nella raccolta (sahit) del gveda (V),23 passando poi attraverso le

Satyajit Layek propone alcuni dati interessanti, anche se in un futuro sarebbe il caso di valutarli ulteriormente. Effettivamente, il suo volumetto spesso di sensibile aiuto, anche se troppo gravemente superficiale e, talvolta, pure scorretto. In ogni modo ottimo piede dappoggio per tutta questa tesi. Nel gveda la parola svapna appare 40 volte come nominativo singolare (sing.), 10 come accusativo sing., 6 come strumentale sing., 9 come dativo sing., una come genitivo sing. e 13 come locativo sing. e una come locativo plurale. Lautore aggiunge le medesime note per i Brhmaa: 6 nominativo sing., 6 accusativo sing., 2 strumentale sing., 1 dativo sing., 1 ablativo sing., 2 locativo sing., per un totale di 18 riferimenti (LAYEK, 1990: 8).
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altre Sahit e i Brhmaa, per sublimarsi allalba della speculazione con le Upaniad pi antiche. Nel panorama pi antico leggiamo comunque di sogni molto simili a quelli che luomo ordinario esperisce anche tuttoggi, siano essi aspirazioni, trasfigurazioni o visioni fantastiche come anche sogni proibiti. Tuttavia, se lesperienza in s non appare sostanzialmente differire, linterpretazione del fenomeno sembra davvero difforme. In primis non si deve scordare che la tendenza indiana fu, fin dagli albori, a voler correlare il sogno alla veglia. Nel periodo vedico il sogno e lesperienza onirica in toto era sentita come un mondo parallelo colmo di vita e realt (ESNOUL, 1959: 214). Sembra che il sognatore vedesse nei sogni s stesso come la persona attivamente agente, lautore stesso delle azioni, accettandone le conseguenze, soprattutto quelle derivanti dalle trasgressioni oniriche, come riverbero nella sua vita quotidiana di veglia. Questo genere di trasgressioni sono appunto lo sbilanciamento di equilibri e regolamenti propri della societ vedica, come la rottura di voti (vrata), la menzogna (asatyavadana), oppure sogni erotici in cui ci si congiungeva con colei o colui con cui non si avrebbe dovuto (agamyagamana). Il pericolo derivante da ci, ovvero i risultati e le conseguenze del sogno proibito o dellincubo (duvpnya) causano un vero e proprio danno allindividuo con i suoi molteplici strascichi, in quanto tali frutti indesiderati (ania) si avvinghiano al sognatore e al suo entourage domestico. Lunica risposta a tutto ci erano dei rituali precisi e mirati.24 Le sei menzioni del V della parola svapna come sogno e come sonno, sono molto simili a quelle dellAVS. Certo che nel V la connotazione che si d al sogno solitamente negativa, soprattutto nellunico riferimento presente nei cosiddetti family books del V (dal II al VII maala).25 Importante anche la caratteristica impropria del sonno mattutino, che assale luomo nel momento migliore per compiere i riti e lo costringe a destarsi quando gi il sole alto. Le due radici di cui abbiamo
Sebbene centrato su un periodo ben pi recente, vorremmo attrarre lattenzione su un interessante articolo che delinea alcuni esempi di rottura di voti e le conseguenti espiazioni (pryacitta), come trattate nei dharmastra, quali la Manusmti e altri, compresi i commentari pi autorevoli. Il contributo in questione parte del volume gi citato The Indian Nighted di Jean Fezas (2009: 173-191) e sintitola Dreams and Transgression in the Sanskrit Prescriptive Texts. 25 Questa concezione prettamente negativa del sogno, come qualcosa venuto per arrecare danno, spedito dai nemici, chiarisce il perch della grande abbondanza di formule e inni la cui unica funzione era lallontanamento e la distruzione dei sogni nefasti e dei loro effetti indesiderati, conosciuti col nome etichetta di dusvapnaghna, dusvapnana o dusvapnanana: AVS VI.46, VII.100, VII.101, XVI.5, XIX.56, XIX.57 e AVSP II.37, ecc. La grande attenzione nei confronti della cura dei sogni da parte dei saggi atharvanici cifra di come il sogno, o meglio lincubo, fosse considerato alla stregua di una malattia, un avvelenamento, uno squilibrio da allontanare e rispedire al mittente (Si veda la nota n. 55).
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accennato, sas e svap nelle loro forme derivative, sembrano riflettere unopposizione tra ci che oramai sopito e quanto desto per pregare e sacrificare.26 Esiste una forte relazione tra il sonno e le connotazioni pi oscure delle tenebre, ossia il caos e la dissoluzione. Si noti che in V VII.55.7-8 utilizzano la radice svap al causativo, (al presente svpyati, allaoristo sivapa), col significato di far dormire, lasciar dormire. Il termine spesso utilizzato in senso eufemistico traslando lidea di lasciar dormire affinch il dormiente pi non si levi, muoia (V II.15.9 e X.86.21, PINAULT, 2009: 250-251). Accanto a quanto detto, va pure ricordato che il sognatore vedeva s stesso come oggetto passivo di esseri onirici, siano stati essi divini e celesti o demoniaci e oscuri, i quali agendo dallesterno erano in grado di visitarlo o, addirittura, possederlo durante la sua fase onirica. Comunque sia, questo genere di sogni profetici o divinatori convogliano messaggi nei quali gli esseri divini, assunte le spoglie di amici, parenti o familiari, impartiscono consigli provvidenziali oppure imbrogliano e architettano malefici.27 Queste brevi informazioni ci convincono del fatto che spesso, oltre al carattere oracolare e divino di alcuni rari messaggi onirici, vi una vivida possibilit che il messaggio sia veicolato da esseri demoniaci, tuttaltro che inclini al bene del sognatore. Tra le varie funzioni di questultimo genere di sogno vi quella espletata nei sogni lascivi ed erotici, che erano interpretati come lazione di queste esogene entit malvagie al fine di concupire, turbare e volgere il sognatore alla sfera del proibito, avendone in cambio, per esempio, una polluctio nocturna. Viste queste premesse, non sar fuori posto affermare che in principio linterpretazione e la mantica legata a svapna fu oltretutto un timoroso tentativo di decifrare le parole e le azioni di queste esogene entit oniriche e le loro variegate trasformazioni. Un problema significativo che si trovarono a dover affrontare gli interpreti e vati delle esperienze oniriche fu di certo il come comprendere se le visioni in sogno fossero da considerarsi propizie o infauste. Questo determin una particolare traiettoria dellinterpretazione mantica e divinatoria dei sogni. Per prima cosa si cominciarono a indagare le condizioni retrostanti alla produzione di determinati

26 Sul carattere dei dormienti si leggano V I.124.10, I.135.7, IV.51.3, VII.97.3. Solitamente, lessere vigile e sveglio cos come il ridestarsi si esprimono con le radici budh e jar. Questultima presenta un tema raddoppiato con un grado forte e uno debole jgra/jgr (PINAULT, 2009: 250). 27 Per i dati fin qui forniti ricordiamo le analogie molteplici con i poemi omerici, nei quali il sogno ha uguale importanza divinatoria.

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sogni, quali lo stato fisico e psichico, nonch il quadro medico del sognatore, il suo status sociale e la sua situazione specifica di vita. Tutto ci fu perpetrato per ottenere, mediante un processo di esclusione, le necessarie e dovute indicazioni per linterpretazione dei sogni pi vivi e impressionanti. Tra i sogni pi importanti ricordiamo quelli avuti durante le fasi di partecipazione o commissione di determinati rituali e sacrifici, i quali erano letti come veri e propri oracoli in relazione a quesiti posti in precedenza, oppure risultavano determinanti nel convogliare decisioni finali riguardo ad altri rituali o iniziazioni. Questo stesso genere di svolta delloniromanzia, fu, ed tuttora, utilizzato in ambito tantrico, per indirizzare sia il maestro, sia il discepolo verso le scelte pi corrette. Un paio di chiari esempi opposti di questaspetto si hanno nella ChU (V.2.8/ o 9)28 dove si dice che quando qualcuno impegnato nella celebrazione di un rito solenne al fine di ottenere dei benefici, se allora vede in sogno una donna, allora il suo rito avr successo. Oppure in Aitareya rayaka (Ai III.2.4), si elencano i segni che preannunciano la morte, uno dei quali vedere in sogno un uomo scuro con denti neri. Insieme a ci vi anche lindicazione del rito riparatore per evitare gli effetti nefasti del sogno:
yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane tasmin svapnanidarane ... Quando qualcuno vede nei sogni una donna, durante i riti per ottenere [la soddisfazione di] un desiderio, allora riconosca in ci il successo, in quella visione di sogno, in quella visione di sogno (V.2.8/ o 9). ath svapn.29 purua ka kadanta payati sa ena hanti varha ena hanti markaa enam skandayaty u vyur ena pravahati suvara khditvpagirati madhv anti bisni bhakayaty ekapuarka dhrayati kharair varhair yuktair yti k

In talune edizioni del testo risulta come V.2.8, per esempio nei testi della Gt Press, ma nelledizione di Olivelle V.2.9. Questi due passaggi testuali saranno in seguito utilizzati da nel suo commento ad BS II.1.14, come vedremo nel capitolo 5: yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane [ChU V.2.8/9] ity asatyena svapnadaranena satyy samddhe pratipatti darayati. tath pratyakadaraneu keucid arieu jteu na ciram iva jviyatti Interessante anche ChU VIII.10.1. 29 Il termine svapna appare anche in due rayaka: nellAitareya due volte e in khyyana, quattro volte. Gli rayaka del gveda contengono una lista di sogni e dei loro significati, cos come dei pratyakadarnni, scene viste con i propri occhi: Ai III.2.4; khyana rayaka (S) VI.2, XI.3; Kauika Stra XLVI.9 ecc. (MACDONELL - KEITH, 1995 [1912], VOL. 2: 493). In Ai (III.2.4, 16-18) e S (XI.3) il sogno un simbolo, ossia un indicatore di eventi futuri. Il primo passaggio insegna che se il sognatore vede qualcosa di simbolico in un sogno, a causa di quel contenuto, in futuro pu accadere qualcosa di fausto o infausto (LAYEK, 1990: 13).
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dhenu kavats naladaml dakimukho vrjayati. sa yady ete kicit payed upoya pyasa sthlpka rapayitv rtrsktena30 pratyca hutvnyennnena brhman bhojayitv caru svaya prnyt ...31 Ora i sogni. Colui che vede un uomo nero, con denti neri e questi lo uccide; [quando] lo uccide un cinghiale; una scimmia salta su di lui; il vento lo trasporta velocemente via; dopo aver ingoiato delloro lo sputa; mangia del miele; si ciba di germogli; porta un solo loto; se ne va con degli asini e cinghiali; con una ghirlanda di fiori [rossi] nalada (Hibiscus Rosa Sinensis) egli, diretto verso il sud, conduce una vacca nera, con un nero vitello.32 Se costui vedesse qualcosa tra queste [elencate], dopo aver digiunato [quel giorno], avendo fatto cuocere del riso nel latte in un piatto di terracotta e averlo oblato [nel fuoco] con ogni strofa33 dellinno alla notte (rtrskta) e con dellaltro cibo avendo fatto mangiare dei brhmaa, egli stesso si cibi delle focacce sacrificali 34

Questa per noi la prima delle tre fasi attraverso le quali dovette passare lo studio del sogno e la riflessione su di esso (svapnavicra) nel periodo pi arcaico della storia letteraria e del pensiero indiano. Prima di presentare brevemente le altre due, provvediamo a entrare pi nello specifico di questa prima fase antica propria della letteratura vedica in quanto tale, nelle sue espressioni quali le Sahit, i Brhmaa, gli rayaka e le Upaniad, riservandoci di chiarire o leggere passaggi pi sintetici e criptici mediante opere recenziori, come le due maggiori epiche e la letteratura purica, forzieri immani di esperienze, esempi e trattazioni riguardanti il sogno. Nelle Sahit la parola svapna usata in varie accezioni (BLOOMFIELD, 1990 [1906]: 1048-1049), nel senso sia di sonno generico, 35 sia di sonno profondo,36 poi nel senso di
V X.127. Alcuni passaggi del AiB qui citati sono molto simili Mrkaeya Pura (40.1-33). In particolare si veda 40.27: urarsabhaynena ya svapne daki diam/ prayti ta ca jnyt sadyomtyu narevara//. Sempre nello stesso capitolo si elencano dei segni di avvicinamento della morte, tra i quali quelli narrati ai versi 15-20, 27, 29 e 31-33 riguardano i sogni. 32 Si noti che il cadavere di un hitgni deve essere abbigliato con una ghirlanda di fiori nalada (KANE, 1977 [1962], VOL. IV: 203, n. 481); il sud direzione dei pit (B I.2.5.17), cosicch il sogno indica una morte vicina (KANE, 1977 [1962], VOL. V, PART 2: 731, n. 1163). 33 Keith (1995 [1909]: 254) indica il solo mantra 16 dellinno X.127. Noi, invece, leggiamo con Syaa lintera recitazione dellinno a partire dalla prima formula, accompagnando a esse le oblazioni di latte, o, non dimentichiamolo, di riso cotto nel latte poich pyasa pu avere entrambi i significati. Anzi, per evidenti ragioni fisiche, ossia per evitare lo spegnimento del fuoco potrebbe essere pi indicata la resa come riso cotto nel latte. 34 Esiste un passaggio parallelo in Skhyana rayaka (S VI.2). Non possiamo concordare con coloro che intendono qui e in Ai il termine svapna come sonno (LAYEK, IBID.), poich ogni visione sarebbe menzionata non potrebbe verificarsi se non in sogno. 35 Proponiamo alcuni passaggi nei quali, a nostro parere, la parola svapna indica decisamente il sonno (V VIII.2.18): icchanti dev sunvanta na svapnya sphayanti/ yanti pramdam atandr//, Le divinit desiderano [luomo] che sacrifica per ottenere il soma, non [lo] desiderano per il sonno, [cos] essi privi di pigrizia raggiungono lebbrezza. Per Syaa svapna significa svapnvasth e anche il contesto indica che il
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sogno (PINAULT, 2009: 235-254) e nel senso di entit o principio divino tutelare dellattivit onirica (LAYEK, 1990: 8). Il pi antico riferimento al sogno in quanto tale proprio nel testo del V, dove si descrive un incubo. Nonostante ci, non appare chiaro se a far paura sia semplicemente lesperienza e la possibilit di fare un brutto sogno o il contenuto del sogno, con la probabilit che esso si attui durante la veglia (DONIGER, 2005 [1984]: 3637). Qui troviamo un esempio in un inno a Varua (V II.28.10), in cui il poeta canta in questo modo (PINAULT, 2009: 251-252; ESNOUL, 1959: 214):
yo me rjan yujyo v sakh v svapne bhaya bhrave mahyam ha/ steno v yo dipsati vko v tva tasmd varua phy asmn// O re! Chiunque, sia esso un aiutante o un amico o chiunque altro, annuncia a me impaurendomi che, in un sogno, ha colto un pericolo, ladro o lupo che intenda arrecarci danno, da ci tu proteggici, o Varua.

In questa circostanza il testo intende come reali ambedue le paure rappresentate dal ladro o dal lupo, il cui pericolo colto nel momento onirico. Ivi, le due condizioni sono poste sullo stesso piano, ci che veramente si teme e da cui si chiede la salvaguardia che la visione onirica del possibile attacco durante la veglia non si trasformi in realt nella sfera della quotidianit (MACDONELL KEITH, 1995 [1912],
VOL. 2: 493).
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Ancora questambiguit protagonista in ci che potremmo chiamare sogno a occhi aperti e che ritroveremo trattato in epoca ben differente e con ben diverso taglio. Tuttavia quello che nelle opere vedntiche sar chiamato jgtsvapna, ovvero sogno mentre si veglia, fin dallalba dei testi vedici assume le stesse tinte opache e
significato sia pi plausibilmente sonno. Infatti, il sacrificatore non pu spremere le piante per preparare la bevanda inebriante, se dorme. Lo stesso mantra appare in Jaiminya Sahit (III.7.9), Kauthumya Sahit (II.31) e AVS (XX.18.3). Anche nel Jaiminiya Brhmaa (I.98, II.363 e II.370) la parola svapna significa sonno. Lo stesso vale per lo atapatha Br. III.2.2.23, XII.9.2.2; Upnayana Brhmaa e Agnydheya Brhmaa III: va dhsyamna rtr jgrati tamo v andha svapnas tamaso eva enam andhaso mucati ilpair gyanti (LAYEK, 1990: 9-10). 36 Esempi di questa funzione di svapna si hanno in V II.15.9a, dove Gtsamadha prega Indra dicendo che lui ha ucciso Camuri e Dhuni gettandoli in svapna: svapnenbhyupy camuri dhuni ca jaghantha dasyu pra dabhtimva/, Tu hai ucciso i dasyu Camuri e Dhuni avendoli ghermiti con il sonno profondo, proteggesti Dabhti, Qui Syaa interpreta il termine svapna con drghanidr, un sonno prolungato. Qui svapna impiegato come unarma capace di tenere i demoni lontani dal sacrificio. Il sonno li assale acciocch essi non possano nuocere durante allintero svolgimento del rito. Vekaamdhava commenta cos: nidr nidhya svapnantam ta dasyu hatavn asi, Avendolo gettato nel sonno, tu hai ucciso quel dasyu mentre dormiva. Wilson (1997 [1850-188], VOL. 2: 38) interpreta sonno profondo, in quanto in questa condizione la mente cessa di funzionare, rimane inattiva. Per questo il desiderio distruttivo dei demoni non pu porsi in atto (IBID.: 9-10). 37 In AVS X.3.6 c un passaggio analogo, dove un brutto sogno viene identificato a una fiera selvaggia.

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infide dellottundimento. Il V (X.164.5) ancora, considera ci come un male che si desidera capiti ai propri nemici:38
ajaimd ysanma cbhmngaso vayam/ jgratsvapna sakalpa ppo ya dvimas ta sa cchatu yo no dvei tam cchatu// Noi abbiamo conquistato oggi, abbiamo vinto, divenimmo privi di colpa. Il pensiero colpevole che si ha col sogno durante la veglia, questo raggiunga chi odiamo, quello raggiunga chi ci odia.

Nella terza strofa del medesimo inno (X.164.3) sembra che gi ci sia un accenno alla contrapposizione tra veglia e sogno o sonno, mantenendo che qualsiasi colpa si commetta in una o laltra condizione, questa va comunque rimossa da parte del benigno Agni:
yad as niasbhiasoprima jgrato yat svapanta/ agnir vivny apa duktny ajuny re asmad dadhtu// Qualsiasi colpa abbiamo commesso per desiderio, senza volerlo o contro il nostro volere, vegliando o dormendo, il fuoco possa allontanare da noi tutte quelle indegne male azioni.39

Suggestivo altres il richiamo dello Yajurveda bianco (YVVMS) nel primo mantra del celebre passaggio denominato anche ivasakalpa skta (34.1-6). Queste battute, che meriterebbe grande attenzione esegetica, racchiudono implicazioni che potrebbero ricordare quelle della lingua ossimorica delle Upaniad, indubbiamente significative per la successiva speculazione sul mondo mentale e le sue svariate condizioni:
yaj jgrato dram udaiti daiva tad u suptasya tathaivaiti/

La recitazione di questinno, a cominciare da X.164.1: apehi manasaspate pa krma paracara fino alla fine di X.164.5: ya dvimas ta sa cchatu yo no dvei tam cchatu//, utilizzata per eliminare le conseguenze nefaste di alcuni tipi di sogni. La testimonianza ci viene dal gvidhna IV.20.1: apehti japet skta ucir dusvapnananam/ (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 728-729 e n. 1157). 39 Wilson (1997 [1850-1888], VOL. 4: 558) propone unaltra traduzione: Whatever sin we have committed by speaking to (others), speaking against (others), speaking (evil) about (others), whether waking or sleeping, may Agni remove all such hateful sins far from us. Noi per seguiamo pi da vicino Syaa che interpreta as con abhilea, per cui rimaniamo fedeli fino alla fine alla lettura proposta.
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dragama jyoti jyotir eka tan me mana ivasakalpam astu// Quel divino che per chi veglia sorge lontano, quello che invero per chi dorme allo stesso modo ritorna, lunica luce delle luci che va lontano, quella, la mia mente abbia una benevola determinazione.

Ritorniamo ora sul tracciato principale, quello relativo a dusvapnya. Unimportante sezione dellinno V VIII.47 (14-18) riguardante ancora gli incubi,40 presenta notevoli analogie con quanto qui sopra presentato e con AVS XIX.56.4 (corrispondente ad AVSP III.8.4)41 (STUHRMANN, 2009: 21-22; TRIPH, 1987: 158). Una delle analogie, oltre che alcune parti delle strofe quasi identiche, il riferimento a Trita ptya, che come abbiamo riferito in nota (52), seguendo le indicazioni di Syaa, sembra appunto il vate mantradra di questo skta e di altri ancora con contenuti simili. In una nota alla sua traduzione H. H. Wilson (1997 [18501888],
VOL.

3: 527) scrive che secondo Roth, Trita ptya deve essere considerato una

divinit dwelling in remote distance, and consequently evil was sought to be transferred to him :
yac ca gou dusvapnya yac csme duhitar diva/ tritya tadvibhvaryptyya par vahnehaso va taya sutayo va taya// 14 // nika v gh kavate sraja v duhitar diva/ trite dusvapnya sarvam ptye pari dadmasy anehaso va taya sutayo va taya//15// tad annya tad apase ta bhgam upasedue/ tritya ca dvitya coo duvapnya vahnehaso va va taya sutayo va taya// 16 // yath kal yath apha yatha a san naymasi/ ev dusvapnya sarvam ptye sa naymasy anehaso va taya sutayo va taya// 17 // ajaimd ysanma cbhmnagaso vayam/ uo yasmd duvapnyd abhaimpa tad ucchatv anehaso va taya sutayo va taya// 18 // Figlia del cielo [Ua, LAurora], qualsiasi genere dincubo sui nostri armenti si posa, o su noi, o figlia della luce, mantienilo lontano per Trita ptya: le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (14). Figlia del cielo qualsiasi sogno si posa su coloro che modellano loro, noi rimettiamo tutti i nostri incubi a Trita

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A proposito dellallontanamento degli incubi si vedano anche V X.36.4 e X.37.4 (KANE, 1977 [1962], VOL. 5,

PART 2: 729).

Pinault (2009: 241-242) afferma che in questo passaggio e in AVSP II.57.4 esiste una precisa correlazione tra i termini jlpi- sciocchezza, scemenza e il contesto dellincubo.

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ptya; le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (15).42 Ua, conduci [altrove] lincubo per Trita e Dvita,43 a colui il cui cibo e attivit questo, a colui che viene a prendere la propria parte: le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (16). Come [nel sacrificio] noi raduniamo le porzioni cos come si deve e [come si deve] lo zoccolo, e come ci liberiamo di un debito, cos noi rimettiamo tutti i nostri incubi a Trita ptya; le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (17). Noi abbiamo conquistato oggi, abbiamo vinto, divenimmo privi di colpa. Ua che quellincubo se ne vada, ci da cui fummo atterriti; le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (18).

In quelle che sono probabilmente le strofe pi antiche relative a duvapnya (V V.82.4-5), il poeta prega (HOUBEN, 2009: 44-45, 55-56):44
ady no deva savita prajvat sv saubhagam/ par dusvapnya suva// 4 //45 vivni deva savitur duritni par suva/ yadbhadra tan na suva// 5 // O dio Savit! Oggi produci per noi benessere provvisto di progenie e allontana atterriti gli effetti degli incubi (4); o dio Savit conduci lontano tutte le colpe e conferisci a noi ci che di buon auspicio (5).

42 Si registri che lvalyana Ghya Stra prescrive la recitazione di questi due mantra in seguito alla visione di un incubo. Il Kautaki Ghyastra (V.5.1-2) procede cos: svapnadarane niym. kkaabdakrnte ca. anyeu cdbhuteu ca payas caru rapayitv sarpavatsy go payasi. na tveva ky. rtrisktena pratyca juhuyt. hutaea mahvyhtibhi prya bhadra karebhir iti karau atam in nu arado anti dev ity tmnam abhimantrya brhmaebhya kicid dadyt ..., Se un uomo vede un incubo o il gracchiare di un corvo udito durante la notte, o nel caso di altri accadimenti straordinari (adbhuta), costui dovrebbe cuocere dei chicchi di riso nel latte di una vacca cha abbia un vitello dello stesso [suo = della vacca] colore, anche se mai di una vacca nera, e sacrifichi ci mediante il Rtrskta (gveda X.127) verso per verso e avendo consumato i resti delloblazione con le mahvyhti, nonch, avendo recitato ai suoi orecchi il verso bhadra karebhir (gveda I.89.8) e avendo recitato su di s il verso atam in nu (gveda I.89.9) doni qualcosa ai brhmaa ... Si compari con Mava Ghya Stra (MGS) II.15: yadi dusvapna payed vyhtibhis tiln hutv dia upatiheta e MGS II.14.1-3 (STUHRMANN, 2009: 26). 43 Per linterpretazione di Dvita si veda Syaa ad B I.2.3.1. 44 Houben (2009: 44-47, 54-56) aggiunge che il mantra si ritrova anche nel Smaveda (SVS I.2.1.5.7 = I.333) con minime variazioni e serve da base per un canto, in metro gyatr nel V. Il verso, come anche altri dello stesso genere (V VIII.47.14-18) in questione era chiaramente inteso a procurare benessere (saubhaga) e a prevenire o annullare duvapnya, probabilmente nellevolversi di un piccolo rituale, per cui si veda valyana Ghya Stra (III.6.5). Il Smavidhna Brhmaa (I.8.7) prescrive lintonare una specifica melodia con un certo verso, in occasione di cattivi sogni. Nella fattispecie il testo ingiunge di cantare il secondo sman del testo gvedico V.82.4, quindi con intonazione propria del SV, delineando una precisa connessione rituale tra i due passaggi. 45 Lo stesso mantra appare in Smaveda (SVS) al samn numero 141.

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A questo proposito si pu riscontrare una tendenza ben precisa. Il cantare o salmodiare delle formule, la recitazione di mantra con la richiesta a una divinit di annullare o allontanare gli incubi e i loro effetti, oppure la richiesta posta direttamente allessere sottile che provoca gli incubi di andare a far visita al proprio nemico, tutto ci non provoca degli effettivi cambiamenti nel mondo esterno, infatti, questo tende a rimanere relegato a una sfera decisamente mentale. A ci si aggiunge la credenza, poi divenuta regola scritta (Svapnacintmai I.21; Suruta Sahit Stra Sthna 29.67) che se i sogni sono ricordati e, se ricordati, poi esternati e raccontati a qualcuno, solo allora producono effetti. Questo suggerisce che le azioni correttive e di pacificazione sindirizzano precipuamente e precisamente alla psiche dellindividuo, alle impressioni di un incubo che egli mantiene, nonch allinterpretazione che egli stesso ne d (HOUBEN, 2009: 54). Risulta dunque chiaro che il sogno e la simbologia a esso legata non tratta di una realt oggettiva del sogno, o meglio di una realt oggettiva tout court, questione che nel Vednta registreremo come differenziazione tra reame vyvahrika e prtibhsika. Altri tre mantra gvedici (X.162.5-6) gettano le fondamenta a quello che diverr in seguito un topos letterario. Si racconta di un incubo che incanta una donna assopita. Questa stessa entit presente nellincubo si trasforma in una persona che possiede la donna, o si muta quando costei si desta o anche manipolandone la mente quando la donna sotto il potere di un incantesimo o preda di unillusione (STUHRMANN, 2009: 2425; PINAULT, 2009: 252):46
yas tv bhrt patir bhtv jro bhtv nipadyate/ praj yas te jighsati tam ito naymasi// 5 //

yas tv svapnena tamas mohayitv nipadyate/ praj yas te jighsati tam ito naymasi// 6 //
Colui che, essendosi mutato in tuo fratello, in tuo marito o nel tuo amante, ti si approccia, colui che desidera uccidere la tua progenie, noi lo scacciamo di qui (5). Colui che, avendoti incantato col sogno o con la tenebra, ti si approccia colui che desidera uccidere la tua progenie, noi lo scacciamo di qui (6).

In V X.162, il i Rakoha va da Agni per fare in modo che di indicare unespiazione alla grave colpa delluccisione di un embrione, in qualsiasi forma essa sia (si confronti con la nota 47): yadas nivasbhiasoprima jgrato yat svapnanta/ agnir vivannyapa duktnyajunyre asmad dadhtu// 3 //, Possa Agni allontanare da noi tutte le azioni cattive e indesiderabili che noi possiamo aver commesso mentre svegli o mentre sogniamo, sia pure siano state esse per nostro desiderio o imprecazione o per mancanza di esso [= desiderio] (IBID.).
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Il termine svapna indicherebbe ancora lincubo, dusvapna, poich negli incubi creature infere possono apparire e ingannare le donne, tanto da arrecare danno ai feti che giacciono nei loro grembi. Nel sonno profondo questaccadimento non possibile. NellAVS (V.7.8) il kavi vedico cerca di propiziarsi Arti, rendendole omaggio ripetutamente, affinch costei freni la sua bramosia. Lei, identificata alla mancanza di generosit e allinvidia, capace di sconvolgere lintelletto degli uomini assumendo laspetto di una donna nuda, anche in sogno e provocare una polluzione involontaria, conosciuta anche col nome di svapnadoa:
uta nagn bobhuvat svapnyay sacase janam/ arte citta vrtsanty kt puruasya ca// O Arti, oppure prese le forme di una donna nuda visiti in sogno una persona, sconvolgendo la mente e linterno delluomo.

Nel Kma Brhmaa del Khaka Sakalana (KS, 20), si fa menzione di unespiazione nella quale, al fine di essere liberati dalla colpa delluccisione di un embrione durante un sogno o da una polluzione notturna,47 si dovrebbero offrire delle zucche in oblazione (1981 [1943]: 87):
o atha kmair juhuyd yo pta iva manyeta yad arvcnam eno bhrahatyys tasmn mucyeyam ity ayonau v reta siktvny atra svapnd / Ora offra oblazioni con delle zucche, colui che si ritiene come fosse impuro: Che io mi possa liberare da ci, dallassassinio di un embrione, ci che sia una colpa recente, oppure durante il sogno avendo emesso il seme in una matrice non consona o altrove

Anche qui il significato del termine svapna sogno, perch la polluzione notturna, di qualsiasi natura sia, pu presentarsi solo quando si hanno sogni os, non

In questo caso sembra quasi che il testo ponga sullo stesso piano la polluzione e luccisione di un embrione durante il sogno. Probabilmente quelleiaculazione non essendo stata correttamente indirizzata alla matrice della moglie, seme sprecato e pertanto come se fosse stato ucciso. A nostro parere i termini iva e arvcna sono la riprova che il tutto avviene in sogno (si veda la nota 46).
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di certo durante il sonno profondo. Questespiazione stata concepita per purificare colui che ha avuto una polluzione notturna. In ogni modo, ci che a noi importa, che in tutti questi passaggi vi la certezza che la parola svapna conviene il significato di sogno. Per questa ragione sembra che una condizione di causa-effetto possa essere stabilita tra il contenuto della conoscenza onirica e alcuni avvenimenti futuri. Il sogno in verit duplice: un sogno che si fa a occhi aperti (jgratsvapna) e un sogno che si fa dormendo (suptasvapna). Solitamente il primo si ha durante il d (divsvapna), mentre il secondo con la discesa delle tenebre notturne (rtrisvapna). Se dovessimo per sommare queste possibilit, ci troveremmo di fronte a una quadripartizione del sogno, come sembra confermare lAK (X.7.4): yaj jgrad yat supto yad div yan naktam Queste divisioni possono essere raggruppate in due grandi sezioni, a seconda del punto di vista. Se lottica temporale allora abbiamo il sogno notturno e diurno, se invece il taglio riguarda gli stati di coscienza, allora avremo il sogno nella veglia e il sogno nel sonno (TRIPH, R. N., 1987: 157). Comunque sia, da qualunque ottica lo si osservi, il sogno ha, di fatto, un duplice effetto: fausto e infausto. Per questo la recensione aunakya dellAtharvaveda Sahit (AVS), dedicando due interi inni al sogno (XIX.56-57, WHITNEY, 1996 [1905],
VOL.

2: 993-998), entrambi sarebbero

presentano unapplicazione (viniyoga) allinterno dei riti atti a cancellare gli effetti dei sogni malaugurali. Il secondo dei due, per mostra come il veggente inneggi al sogno cantandone anche gli aspetti propizi (XIX.57.3):
devn patnn garbha yamasya kara yo bhadra svapna/ sa mama ya ppas tad dviate pra hima// lembrione delle mogli degli di, la mano di Yama, il buon sogno; quello stesso mio [sogno] malefico, quello noi lo mandiamo a colui che ci odia.

Ancora la stessa Sahit (AVS)48 al passo XIX.56.1, descrive il lato oscuro del sogno, o del sonno (difficile qui tracciare una netta linea di demarcazione tra i due), e la sua provenienza.49 Non certo chi sia lasura di cui parla linno, ma con tutta
Lo stesso senso infausto espresso nella recensione Paipplada dellAtharvavedasahit (AVSP) in numerosi inni e mantra, tra i quali ricordiamo: XVII.24.1, III.8.1. 49 Whitney (1996 [1905], VOL. 2: 993) sottolinea correttamente che durante tutto il breve inno la parola svapna, deve essere intesa nel senso di dusvapna, evil-dreaming. Si veda altres la considerazione proposta
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probabilit Yama (HALE, 1999 [1986]: 100-101). Il verso significa che il sogno stato creato nel mondo governato da Yama (WAYMAN, 1967: 6), prima che giungesse nel mondo degli uomini:50
yamsya lokd adhy babhvitha pramd mrtyn pr yunaki dhra/ ekkn sartha ysi vidvnt svpna mmno surasya ynau// 1 //51 bandas tv gre vivacay apayat pur rtry janitor eke ahni/ tata svapnedam adhy babhvitha bhiagbhyo rpam apaghamna// 2 // bhadgvsurebhy dhi devn pvartata mahimnam icchn/ tsmai svpnya dadhur dhipatya trayastrisa svr nan// 3 // nait vidu pitaro neti dev ye jalpi caraty antaredam/ trite svapnam adadhur ptye nara dityso varuennuih// 4 // yasya krram abhajanta dukto svapnena sukta puyam yu/ svar madasi paramea bandhun tapyamnasya manaso dhi jajie// 5 // vidma te sarv parij purastd vidma svapna yo adhip ih te/ yaasvino no yaaseha phy rd dviebhir apa yhi dram// 6 // Tu sei sorto dal mondo di Yama. Tu saggio, ti unisci ai mortali a tuo piacimento; tu che sai, vai in alleanza con il solitario, forgiando il sogno nella matrice del titano (1). In principio il tuo amico ti ha visto un solo giorno, prima del nascere della notte. Da allora, o sogno, tu sei venuto qua, celando ai medici il tuo aspetto (2). Egli dai grandi armenti, cercando grandezza si volse dai titani verso gli dei. A quel Sogno i trentatre, raggiunto il cielo, concessero la supremazia (3). Non lo conoscono n gli antenati n gli dei, questi il cui mormorio si aggira qui. In Trita ptya52 gli uomini e gli ditya istruiti da Varua posero il [brutto] sogno (4). Di colui del quale i malvagi condivisero la malvagit; i pii invece, per la mancanza di questo sogno [parteciparono di] una vita pura; tu nel cielo ti inebri col tuo amico migliore, tu che nascesti dalla mente di colui ch tormentato (5)53 Noi conosciamo tutti i tuoi servi [che ti stanno] dinnanzi; o Sogno, noi conosciamo chi

dallAnukramai dellAVS, cio che gli inni 56 e 57 sono da leggersi insieme come un inno unico in undici stanze. La supposizione sarebbe suffragata da V VIII.47.15 e 17, materiale che corrisponde a AVS 56.4 e 57.1. 50 La frase surasya ynau appare anche in gveda X.31.6. 51 Il verso corrisponde ad AVSP III.8.1. 52 Trita il nome proprio di un saggio vedico, mentre ptya il suo patronimico significante progenie delle acque. Si confronti con V VIII.47.13-18. 53 Il participio medio tapyamnasya potrebbe indicare anche chi pratica lausterit, o colui che ha una mente infervorata, surriscaldata. Questultima accezione potrebbe precorre le questioni fisiologiche relative al sogno dovuto allumore biliare (pitta), che provoca grande calore fisico, rossore e agitazione mentale.

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qui il tuo reggitore. Proteggi noi con la gloria del glorioso, vattene lontano insieme agli odi (6).54

Questi versi lasciano intuire una personificazione del sogno (sonno). Vi troviamo anche un certo eco allaspetto del sogno come divinit. 55 S. Layek (1990: 12), proprio a questo proposito, ossia della vera e propria deificazione di svapna, afferma vi siano rare ma significanti illustrazioni, soprattutto nella letteratura vedica pi tarda. Per esempio, ancora Layek (IBID.) dice che nella Khaka Sahit (YVKS 37.15), una delle recensioni dello Yajurveda (YVS) nero (ka), siano menzionati dei sacrifici non meglio identificati se non col lappellativo sab sacrifices, ma di cui non si ha notizia, nei quali si offrirebbe unoblazione al dio Svapna per sopraffare un attacco avversario di qualcuno che vuole nuocere al sacrificatore mentre addormentato:
pthivyai svhntarikya svh dive svh kmya svh svapnya svh ahne svh rtryai svh Alla Terra svh, allAtmosfera svh, al Cielo svh, al Desiderio svh, al Sogno svh, al Giorno svh, alla Notte svh56

Seguiamo la traduzione italiana di C. Orlandi e S. Sani (1992: 341-342) con qualche variante dettata dalla nostra sensibilit e dalla resa di Whitney (1996 [1905], VOL. 2: 994-996); per le discussioni prettamente linguistiche e filologiche rimandiamo a queste opere. Vari traduttori e studiosi vedono questinno volto al sonno, per, sebbene la sfumatura sia minima, a noi piace intenderlo come dedicato al brutto sogno. 55 Un mantra interessante in AVS X.3.6 (AVSP XVI.63.1): svapna suptv yadi paymi ppa mga sti yati dhvd ajum/ parkavc chakune ppavdd aya mair varao vrayiyate//, Se dopo esserti addormentato avrai un cattivo sogno, se un animale silvestre correndo ha un movimento sgraziato, da un eccessivo starnutire e dal malaugurante verso di un uccello, questo amuleto varaa [ti] protegger. Esiste unaltra lectio della voce verbale vrayiyate come vraytai. Si confronti con Kauika Stra (KS) 46.9: paro pehi yo na jva iti svapna dv mukha vimri. Questultimo pure fa parte di quella serie di versi inclusi conosciuta come dusvapnanana gaa. Interessante altres notare che il i della stragrande maggioranza dei mantra di questa serie sempre Yama, di cui abbiamo visto il sogno essere strumento principale. In effetti, vedremo come tra i segni precursori della morte vi siano sogni molto peculiari e ben caratterizzati (Si veda la nota n. 25). 56 Comunque, sebbene si possa anche sostenere una personificazione del sogno come divinit, o come essere divino da pacificare, la relazione pi ovvia ci pare con entit s da pacificare e con una certa patina divina, ossia con un principio che governa il fenomeno onirico in quanto tale. Si sappia inoltre, per inciso, che svh linvocazione che accompagna tutte le oblazioni rivolte ai deva, contrapposta a svadh, legata alle oblazioni ai pit. Secondo la tradizione svh va cos interpretata: sva nyatti svh, ci che distrugge il proprio [ego], cosa che permette di non auto-discriminarsi dallego universale ed usata solo per i viventi. Svadh invece, sarebbe: sva dhrayatti svadh, mantenere [indistinto] il proprio [dallego universale]. Il termine viene inoltre cos interpretato su obhana sarvath ha tyga, il che richiama precisamente la definizione di sacrificio. Oltre a ci, vi uninteressante risvolto grammaticale. Il termine svh, come altri, richiede sempre il dativo, in quanto tale caso indica tecnicamente una totale cessione dei diritti esercitati su qualcosa a beneficio di qualcun altro: svasvmitvasabandhatygaprvakam aparasvmitvasabandhasthpanam, per cui anche la grammatica richiama questidea. Se la cessione fosse solo temporanea e non definitiva, ci al quale qualcosa andrebbe prestato, si esprimerebbe in genitivo (PELLEGRINI, 2010: 168, n. 80).
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In un altro testo della tradizione dello YVS,57 questa volta il bianco, ovvero nella Mdhyandina Sahit (MS 30.10) in un sacrificio umano (puruamedha) il veggente prega anche la divinit tutelare che presiede il sogno e, diciamolo pure, il sonno, offrendogli un uomo cieco:
utsdebhya kabja pramude vmana dvrbhya srma svapnyndham adharmya badhira pavitrya bhiaja prajnya nakatradaramikyai prainam upaiky abhipranina marydyai praavivkam ...58 [Si offra in oblazione] un gobbo alle [divinit delle] sventure, un nano alla [divinit della] gioia, alle [divinit delle] porte un uomo con occhi [costantemente] umidi, alla [divinit del] sogno un uomo cieco, alla [divinit dell] ingiustizia un sordo, alla [divinit di] ci che puro un medico

Layek (1990: 12) interpreta cos il passaggio concettuale da svapna come sogno a svapna come divinit:
I would like to throw some light on how this dream has been elevated to the status of the deity. As it is well known, one performs an expiation, in order to satisfy the concerned deity when some shortcomings take place in that performance. Whenever may be the consequence, no one knows that. Still then, after performing the expiation a performer feels satisfaction. Of course, whom we worship he has to be superior one. And having known His functional aspect only we pay our homage to Him. Keeping this view in mind our mentality has developed to treat Him as deity. And hence, in the later Sahits dream has got the status of a deity ...

Certamente, la conclusione di Layek un po troppo superficiale e frettolosa, perch nei testi successivi lequazione sogno divinit tuttaltro che comune ed evidente. Comunque largomento meriterebbe uno studio a parte. Altri passaggi interessanti, nei quali i veggenti vedici si premurano di procurare uno scudo di formule alluomo che si imbattuto i sogni infausti in AVS VI.46.1-2 (analoghi a AVSP III.30.3-4)59 e AVS VII.100.1:
57

Si vedano anche Vjasaneyi Sahit XX.16; atapatha Brhmaa III.2.2.23 (MACDONELL-KEITH, 1995 [1912],

VOL. 2: 493).

Si veda anche Taittirya Brhmaa (TaiB) III.4.6, ove si riscontrano gli stessi mantra. Syaa glossa svapnya con svapnbhimnine [devya].

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yo na jvo si na mto devnm amtagarbho si svapna/ varun te mt yama pitrarur nmsi// VI.46.1 // vidma te svapna janitra devajmn putro si yamasya karaa/ antako si mtyur asi/ ta tv svapna tath sa vidma sa na svapna dusvapnyt phi// 2 // Tu che sei vivo, non morto, o sogno, sei lembrione immortale degli dei: tua madre Varun, tuo padre Yama e il tuo nome Araru60 (1). O sogno! Noi conosciamo il luogo della tua nascita; tu sei il figlio delle sorelle degli dei; tu sei laiutante di Yama; tu sei il distruttore; tu sei la morte; o sogno! Noi conosciamo te come tale: o sogno! Salvaci tu dai sogni malefici (2).61 paryvarte dusvapnyt ppt svapnd abhty/ brahmham antara kve par svapnamukh uca// VII.100.1 // Io mi giro [e giaccio sullaltro mio lato] dai sogni malefici, dagli incubi, dalla mala sorte; io rendo il brahman [= la preghiera vedica] la mia difesa; io allontano le pene che vengono dai sogni.62

Luomo vedico, oltre a richiedere la costante protezione dai brutti sogni, dagli incubi e dagli effetti nefasti dei sogni, si dimostra anche conscio degli errori e delle mancanze che potrebbero venire da lui. Questi sono possibili tanto durante la veglia quanto durante il sonno, ma, ci sentiamo di specificare che la natura attiva della
AVS XVI.5.1-10 (analoghi a AVSP XVII.24.4-11) riprendendo questo stesso passo dedica un intero inno al principio tutelare del sogno come liberatore dagli incubi. La differenza notevole con il VI.46.2 che in ognuno dei mantra di XVI.5 muta la dicitura a proposito di chi sia figlio il sogno. Avremo dunque in sequenza: figlio di ci che ghermisce (1, grh), dellozio (2, nirt), dellinsuccesso (3, abht), della deviazione (4, nirbht), della sconfitta (5, parbht), delle mogli degli dei (6, devajm) (TRIPH, R. N., 1987: 158-160). 60 Secondo V X.99.10 Araru un demone con quattro piedi (ORLANDI-SANI, 1992: 338). Impossibile qui evitare di ricordare le quattro avasth o le quattro forme di vc. 61 Il Kauikastra (KS, 8.20; 46.11) prescrive vari versi dellAV come pacificatori (nti) in caso di brutti sogni: Vedendo un [brutto] sogno, un uomo si lava la faccia con i versi dellAV (VI.45.1 e 46.1); se vede un sogno terribile offre nel fuoco delle focacce di granaglie miste, oppure in unaltra direzione [quella del campo del suo nemico]; muta il lato su cui dorme con il mantra dellAV (VII.100.1); vedendo s stesso che in sogno mangia, egli recita il mantra dellAV (VII.101.1) e guarda oltre; con il verso vidma te (AV VI.46.2) tutti i sogni brutti svaniscono. Ancora il Ktyyana rauta Stra (25.11.10) prescrive una formula simile per la ripetizione, quando un iniziato (dkita) ha un sogno non propizio: dkito manoja svapna dv japet paryvarte dusvapnyt ppt svapnd abhtyai/ brahmham antara karave para svapnamukh kdhti// (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 732). 62 Di seguito abbiamo AVS VII.101.1: yat svapne annam nmi na prtar adhigamyate/ sarva tad astu me iva nahi tad dyate div//, Quel cibo che io mangio in sogno e che non viene trovato al mattino, tutto quello mi sia propizio, poich quello non si vede durante il giorno. Si veda un verso corrispondente in pastamba rauta Stra (X.13.11) e Hirayakein Ghya Stra (I.17.4) (WITHNEY, 1996 [1905], VOL. 1: 461).
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visione onirica pi adatta a compiere un qualche tipo di colpa che, come abbiamo visto, ha la possibilit di essere espiata (AVS VI.96.3): yac caku manas yac ca vcoprima jgrato yat svapanta/ somas tni svadhay na puntu// Se abbiamo recato offesa con gli occhi, con la mente e con la voce, vegliando o dormendo, Soma ci purifichi da ci mediante svadh.63 Oltre a quanto detto,64 questi passaggi ci offrono un primo scorcio di quanto i veggenti vedici e luomo vedico in generale vedessero legati il sogno e la veglia, nonch il sogno e ogni entit illusoria.65 Infatti, il V (I.120.12) sembra gi segnalare un atteggiamento di doveroso distacco dal sogno,66 come qualcosa di non reale, di illusorio appunto, che non pu permanere oltre il risveglio (PINAULT, 2009: 251):
adha svapnasya nirvide bhujata revata/ ubh t bastri nayata// Ora io sono distaccato dal sogno e dal ricco che protegge [gli altri]:67 questi entrambi allalba periscono.68

Il testo ricorda da vicino le ben pi recenti le richieste di perdono (kamprrthan) degli inni purici (stotra/stuti) e le lodi in generale. Vediamo anche, come vi sia la richiesta di purificare tanto il verbo e quanto la mente. La menzione dellocchio pu riguardare tutti i sensi, per cui sarebbe da estendere al corpo intero, completando il quadro con una purificazione anche fisica. Orlandi e Sani (1992: 529) intendono la parola svadhay in modo avverbiale, anche se pare poco plausibile. A prima vista sembrerebbe un rimando alla formula che accompagna le oblazioni agli antenati. Si veda la nota 56 (PELLEGRINI, 2010: 168, n. 80). Analogo a questo passaggio c AVS VI.115.2: yadi jgrat yadi svapann ena enasyo karam/ bhta m tasmd bhavya ca drupadd iva mucatm//, Se io comp una colpa vegliando o dormendo, da questa, per il passato e il futuro mi si sciolga come da un ceppo. (STUHRMANN, 2009: 21; TRIPH, 1987: 158). 64 V VIII.2.18 afferma senza mezzi termini come le divinit apprezzino luomo che sacrifica e non lo vogliono che dorma, sogni oppure ozi: icchanti dev sunvanta na svapnya sphayanti/ yanti pramdam atandr//, Gli dei desiderano colui che offre libazioni, non [lo desiderano] per il sonno. Essi, senza ottundimento giungono allebbrezza [provocata dal soma]. 65 Pinault (2009: 246-250) riflette sul sogno come base per le nozioni di visione e delirio nel contesto indoeuropeo. 66 Vale la pena di citare un bel verso messo in bocca al i Agiras da Bhaa Nryaa (VIII sec.) nel suo Vesahra (II.14): grah carita svapno nimittautptika tath/ phalanti kkatlya tebha prj na bibhyati//, I movimenti dei pianeti, i sogni, i segni (nimitta) [come il tremolio], i portenti (utpta) per caso producono alcune conseguenze; gli uomini saggi non sono intimoriti da essi. 67 Altra resa possibile del participio al genitivo presente attivo singolare abhujata di colui che non ne gode, di colui che non ne fa profitto. 68 Si veda la discussione sul passaggio in Triph R. N. (1987: 132).
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Il sogno e il sonno sono elementi imprescindibili per luomo. Daltro canto le divinit sono sempre sveglie, non hanno bisogno di dormire. Chiunque, anche tra gli uomini, per quanto possibile, si privi del sonno (asvapnaj, asvapn) partecipa sempre di pi di caratteristiche divine poich non cede alloscurit, invecchia meno precocemente e permane in una costante attenzione (PINAULT, 2009: 250-251).69 Solo chi sveglio e attento, mentre compie i suoi doveri rituali, quali lo studio e la recitazione ottiene conoscenza (V V.44.13): anubruvo adhy eti na svapan//, colui che ripete comprende, non il dormiente. Come testimoniano vari passi vedici, luomo pu comunque rendersi artefice di colpe in sogno.70 Tenendo ben presente questo fatto dopo lepoca vedica, ossia delle Sahit, ci fu un tentativo di indagare il sogno nelle sue profondit anche psicologiche, al fine di comprendere come il sogno si legasse alle forze caotiche delloscurit. Ivi si inserirono, nei secoli successivi, le opere ancillari quali le appendici (pariia) e i Khilaskta. Naturalmente non possiamo omettere che questo solo un breve e impreciso survey generale sulla letteratura pi arcaica. Innumerevoli altri sono i passaggi che potrebbero esserci daiuto e valutati, tuttavia, per il taglio prettamente vedntico del nostro lavoro, andare oltre non sarebbe opportuno. Ricordiamo inoltre che, proprio per lo sbilanciamento cercato verso lorizzonte del Vednta, abbiamo pensato di trattare le Upaniad allinterno del capitolo 4, interpretandole secondo i commenti dei seguaci della scuola dellAdvaita. Si consideri infatti, che nel Vednta non-duale, ogni volta che si parla di vednta si intendono le Upaniad. Concludendo questa sezione, si valuti che la teoria indiana che gravita attorno allelemento sogno, non soltanto offusca la linea di demarcazione tra sogno e veglia, ma corrobora con dovizia di prove limportanza del sogno come una sorta di fenomeno di mediazione fra i due estremi della veglia e del sonno profondo. Il quarto e inesprimibile stato invero il punto darrivo di tutta lanalisi upaniadica (ESNOUL, 1959: 210-212). Questultimo , in un certo senso, estraneo ma soggiagiente ai primi tre stati presi nel loro insieme, lunico e solo punto a cui tutti gli altri tendono (WAYMAN, 1967: 10). Poich il percorso dei quattro stati considerato come una triplice tappa
69 Si vedano per questi passaggi V II.27.9 dove gli ditya non dormono mai, IV.4.12 dove Agni non dorme (asvapnaj) o anche I.53.1, in cui un dormiente non pu trovare gioielli, simile al nostro chi dorme non piglia pesci (n cid dhi ratna sasatm ivvidan na duutir draviodeu asyate//), VII.2.18, X.63.4, I.143.3 (con la radice sas, -sasant). NellAV si vedano V.30.10, VIII.1.13, XII.1.7, XIX.56.5 e B III.2.2.22. 70 A riprova di ci si dia uno sguardo a V VIII.47.13-18, X.164.3 e AVS VI.45.2

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culminante in una meta assolutamente vera (paramasatya), alcuni pensatori indiani si spinsero a vedere nel sogno una realt pi rarefatta, pi sottile e pi vicina al quarto, ergo pi vera della veglia. Nei sogni si scorgono tanto il reale (sat), quanto ci che tale non (asat, PrU IV.5). Proprio questa natura liminare del sogno la chiave del suo potere e del suo fascino, esercitato anche sui testi successivi. Come la ChU V.2.9, innumerevoli sono i passi in cui il contenuto onirico collegato esplicitamente e ha delle prosecuzioni e ripercussioni sul mondo oggettivo (DONIGER, 2005: 40).71 Al significato del contenuto del sogno dedicato un testo molto interessante, forse la pi antica testimonianza esistente (probabilmente tra il II e il V sec. d. C.; MODAK, 1993: 470-473) che tratti questi argomenti in modo analitico, seppure non ancora in modo strettamente sistematico. Si tratta del capitolo 68 delle cosiddette appendici (pariia) dellAVS.72

I.3: L A

SECONDA FASE : L A THARVAVEDA

P ARIIHA (AVP)

Come si diceva, nel corso dei secoli dalla pratica rituale si svilupp una tendenza indipendente allinterpretazione simbolica dei sogni. Questo nuovo orizzonte prese forma concreta nel 68 capitolo (adhyya) del Pariia allAV,73 nel quale per la prima volta il principio dellinterpretazione dei sogni si riflett con modalit teoretiche. Per via degli elementi specifici dei sogni si fece derivare il loro valore dalla vita reale e, per tale ragione, si azzardarono delle vere e proprie predizioni, che in seguito sfociarono nella redazione di una casistica pedante e cavillosa.

Una delle differenze maggiori tra linterpretazione dei sogni in Grecia e in India sembra proprio la concezione del distacco tra sogno e veglia. Nellorizzonte indiano la distanza tra i due stati ben minore e poco definita, per cui lesperienza onirica era percepita in modo pi vivo e drastico, per cui anche considerata pi pericolosamente riguardo alle sue conseguenze, piuttosto che in Grecia. Oltre a ci, grande la distanza temporale tra lindagine indiana e quella greca, ben pi tarda. Questa minore distanza determin il fronteggiare e affrontare le responsabilit sorte anche da azioni oniriche in modo ben pi netto per gli indiani. Questo atteggiamento si mantenne anche allepoca in cui i sogni erano spiegati come prodotti mentali, immanenti la coscienza individuale. In questo panorama, come vedremo nei capitoli seguenti, la realt cominci a essere dipinta con le tinte del sogno. Di seguito gli Indiani approdarono alla riflessione sul fenomeno onirico anche come metodo realizzativo, inserito nel pi ampio raggio dellavasthtrayavicra. 72 Anche in altri capitoli del testo dellAtharvaveda Pariia troviamo riferimenti al sogno. Per ovvie ragioni ne diamo solo la collocazione: 8.2.5; 30.2.7-8; 32.8; 33.1.10; 33.6.10; 37.5.5; 40.5.4; 46.5.2; 49.4.9; 67.3.2; 69.5.5; 69.6.1. 73 Un testo analogo l di Artemidoro di Daldi (II sec. d. C.) ultima di una serie di opere dedicate allinterpretazione dei sogni i cui antecedenti pi remoti vanno fatti risalire quanto meno allet di Pericle, sette secoli prima. Una delle opere passate alla storia fu quella di Antifonte Sofista, rivale di Socrate, che esercitava la professione di interprete di sogni e portenti (ARTEMIDORO, 2006: 5).
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Le radici delloniromanzia si trovano molto marcate nello sgomento delluomo che cerca di dare un significato a sogni particolarmente vivi, di contenuto traumatico e dagli effetti nefasti. In effetti, sebbene non manchino descrizioni di sogni propizi e di buon augurio, la stragrande maggioranza delle pagine dei testi che trattano dellargomento sono zeppe di descrizioni e risultati degli incubi e dei sogni pi tremendi. Grande dovizia di particolari concessa alle esposizioni di sogni premonitori di malattie e morte. Solitamente proprio per prevenire, lenire o placare il loro effetto che si corre ai consueti ripari rituali. Interessante un particolare analogo sia in Grecia sia in India. Spesso il sognatore vede persone ormai decedute, i quali sono coloro che ora soddisfano quella stessa funzione che nei testi precedenti compivano gli esseri esogeni a cui abbiamo gi accennato nello scorso paragrafo. Questi defunti vengono da una condizione, da un regno, che quello delloltretomba, che sar la condizione futura del sognatore, e per questo sono in grado di rivelargli ci che lo coinvolge ma non ancora accaduto. In seguito, questo genere di eziologia dellaltro mondo lasci gradualmente il posto a uninvestigazione delle condizioni fisiologiche, psicologiche e astrali entro le quali si aveva un determinato sogno piuttosto di un altro. In principio, ed proprio il caso dellAVP 68, non si pot distinguere una netta linea di separazione tra gli argomenti tecnicamente medici, pertinenti alla scienza ancillare (upaveda) dellyurveda, e le questioni nettamente interpretative e astrali, dominio del vedga astronomico-astrologico, il jyotia. La spiegazione dei sogni come fenomeni immanenti la coscienza individuale riguard, in diverse epoche, la diagnosi medica di Caraka, Suruta e Vgbhaa, in quanto specchio di processi fisiologici pi ampi, in fieri allinterno dellorganismo del sognatore. Di contro, una certa patina che potremmo a malincuore anche intendere come psicologica, fu mostrata dalle Upaniad, che giunsero anche a intendere il contenuto onirico come un indicatore della condizione karmica dellindividuo sognante, relazionandolo poi a una preavviso concernente la nascita futura dello stesso. In questo paragrafo ci concentreremo sullanalisi di alcuni dei versi che abbiamo trovato pi significativi dellAVP 68. Prima per di cominciare con la pi specifica trattazione del sogno nellAVP, duopo presentare brevemente questo testo cos poco conosciuto, al quale per si possono riconoscere delle solide radici nella letteratura vedica pi arcaica e che si

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proietta decisamente nella successiva letteratura classica, sia delle epiche, sia dei Pura, come anche dei trattati scientifici: medici, astronomici, diplomatici, ecc ... Un appunto, che pare fondamentale, che il testo come noi labbiamo nelledizione di Leipzig (1909) a cura di George Melville Bolling e Julius von Negelein come affermano gli stessi curatori nella prefazione (1909: v) lungi dallessere definitivamente ristabilito, corretto e attendibile:
We feel no hesitation in declaring that a perfect text of the Pariias is at present unattainable

I due studiosi affermano altres che gli undici manoscritti a loro disposizione erano stati sufficienti per ricostruire uno stemma codicum, in cui sindividu un archetipo delle varie linee tradizionali, databile circa al XVI secolo, sebbene ancora grandemente corrotto. Nonostante i loro sforzi per correggere ed emendare quanto pi possibile, i due dovettero lungamente soppesare leventualit o meno di posticiparne la pubblicazione. Abbiamo proposto questa breve digressione per evidenziare quanto dubbia e difficile sia la traduzione e linterpretazione di molteplici passi del testo in questione, spesso non si ha lidea di come si possa persino arrivare a una soddisfacente costruzione sintattica.74 Comunque, alcune parti del testo sono interamente leggibili e comprensibili. Come afferma A. M. Esnoul (1959: 215) sarebbe duopo una traduzione integrale del capitolo 68, anche se molti passaggi non sono direttamente connessi al nostro studio e molti altri risultano difficilmente comprensibili:
Il ne saurait tre question de traduire cet ouvrage in extenso dautre part, il comporte un certain nombre de digressions sans rapport direct avec notre sujet. Enfin, de mombreaux vers sont corropous ou douteux; les termes y sont donns dans un tel dsordre que, souvent, on hsite devant leur interprtation

Negli ultimi anni, vari studiosi hanno ricominciato a occuparsi dellAVP, in primis il Professor Arlo Griffiths (Jakarta), che in un colloquio personale mi ha confermato di aver reperito altri manoscritti e che in futuro desidererebbe cimentarsi con una nuova edizione del testo. Ricordiamo inoltre, la traduzione congiunta di Griffiths e del Professor Peter Bisschop (Leiden) del capitolo 40, riguardante il Pupatavrata dellAVP, apparsa nellIndo-Iranian Journal del 2003, volume 46 (pp. 315-348) e The Practice Involving the Ucchumas (Atharvavedapariia 36), apparso nella rivista Studien zur Indologie und Iranistik, volume 24 del 2007 (pp. 1-46).
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Vi sono anche sezioni, come la quinta e ultima per esempio, che sembrano non appartenere e partecipare del medesimo discorso delle altre quattro. Tendenzialmente lAVP scritto in versi (padya), anche se vi sono sporadici passaggi in prosa (gadya). Molti capitoli usano lespediente letterario dialogico, gi noto alle Sahit e Upaniad e ripreso negli Itihsa e Pura. Il metro (chandas) pi usato lanuubh sebbene non manchino anche altri temi prosodici. Nel nostro capitolo 68 abbiamo: indravajr al 68.2.61, mentre la strofa successiva presenta un metro ardhasama con quarti (caraa/pda) spaiati.75 Come si diceva, un comune denominatore che attraverso tutto il testo una certa vaghezza e approssimazione nello stile. Moltissime sono le parole e le frasi del tutto peculiari e inusitate (kasyaptr, 68.5.5). Vi sono pure irregolarit nei fenomeni di sadhi come anche doppi sadhi. Troppo libera e non rispettosa delle regole grammaticali la costruzione delle frasi in molteplici passaggi. Per esempio talvolta manca il soggetto reggente, talaltra assente il verbo principale, altre volte ancora delle parole sono troppo vaghe o di significato eccessivamente distante rispetto alla frase alla quale dovrebbero legarsi; in certi termini si riscontra uninversione dei generi e numeri. Un paio di esempi propri del capitolo che stiamo per trattare sono a 68.1.33 dove laggettivo kunda-gokra-gaurbhi manca di un sostantivo a cui riferirsi e a 68.1.47 la parola maschile plurale knan, usata in luogo del plurale neutro knanni. Tutte queste lacune possono essere attribuite al rispetto degli stretti dettami della versificazione metrica, per cui certe parole devono essere modificate e altre omesse. Va per detto che anche quando la struttura metrica non deve essere rispettata, si trovano le stesse lacune grammaticali: kovid in luogo di kovidai (68.2.8), matta kareum per matt kareum (68.2.28), le parole allaccusativo skarm, mahim, hastinm e akunm dovrebbero essere al nominativo (68.2.32) oppure il nominativo pthivpati dovrebbe trovarsi in accusativo pthivpatim (68.5.19). Vi sono anche parole con sillabazioni differenti dal normale: kahlatin invece di khalati (68.1.11). Ancora singolarit stilistiche si scorgono nel fatto che certe parole e frasi che si ripetono spesso: sarvadiku-prakalpitai (68.5.21-22) (MODAK, 1993: 463-469). LAVP mostra di avere una certa confidenza con svariati argomenti, soprattutto quelli legati allastrologia e allastronomia, come i fenomeni legati a sole e luna e gli altri astri, le costellazioni, pianeti, usando i termini tecnici del jyotia, nonch
I quarti da dodici sillabe presentano i gaa NA, NA, RA e YA e quelli in undici sillabe, al secondo e quarto posto presentano le gaa SA, SA, JA il primo e BHA, SA e JA il secondo, ambedue seguiti da sillabe guru.
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fenomeni meteorologici quali le nubi, tuoni, fulmini, arcobaleni, piogge, tifoni, tornado, grandini e quantaltro. Stupisce ancora la serie di conoscenze botaniche, farmacologiche e geografiche, riguardanti fiumi, monti, citt, mari, come anche una profonda consapevolezza della dislocazione di certi ceppi tribali o popolazioni in determinate regioni. Questo ci fa capire che il testo segue una gi lunga e consolidata tradizione astrologica. Gi allinizio del capitolo 68 (1-3a), intitolato svapndhyya (Capitolo sul sogno), infatti, come anche in precedenza (50.4.5), come referenza si nominano due astrologi, uno di nome Krouki e laltro Padmayoni. Il primo avrebbe redatto un trattato dal titolo simile al capitolo in questione, Svapndhyya appunto, che fu insegnato a aunaka, veggente dellAV (VON NEGELEIN, 1909,
VOL.

I: 438-439; ESNOUL,

1959: 215). Laltro, Padmayoni redasse unopera in appendice a un testo non meglio identificato, lo ukracra, con tutta probabilit riguardante il moto di Venere.76 Il primo dei cinque capitoli tratta del rapporto tra i tre tipi di umori (doa) e i temperamenti che ne derivano con i sogni che fa un individuo dominato da un certo umore (68.3b-8). Questi umori, come vedremo nel prossimo paragrafo, sono tre e sono connessi ai segni zodiacali: coloro che sono sotto segni di fuoco avranno una natura biliare (pitta), quelli dominati da pianeti dacqua avranno una predominanza della flemma (kapha) mentre in coloro che nascono in segni daria prevarr appunto laria (vt).77
Krouki o Krauuki, oppure iputra nominato nella Gargasahit, in quanto lui a porre una serie di domande al saggio Garga (PINGREE, 1981: 69-71) Si veda anche Mrkaeya Pura 101, dove Krauuki interroga il saggio Mrkaeya a proposito delle antiche genealogie. AVP 68.1.1-3a: o ath ta sapravakymi yad ukta padmayonin/ upga ukracrasya ubhubhanivedakam// 1 // svapdhyya pravakymi krouker vacana yath/ aaire pur ya hi aunakya mahtmane// 2 // nimittajnakual sarva tasya tu pcchata/, Ora, in seguito narrer ci che fu enunciato da Colui che sorto dal loto, lappendice dello ukracra che rivela ci che fausto e ci che infausto (1). [Inoltre], riveler il capitolo sul sogno come parola di Krouki che in principio, coloro che sono abili nella conoscenza dei portenti rivelarono interamente alla grande anima aunaka (2), dopo che lui [li] aveva interrogati (tasya ca pcchata, tasya = aunakasya). 77 grah bhrgavabhaumrk paittik dptitejasa// 3b // kaphapraktayo madhy bhaspatibudhendava/ vtapraktaya krr rhuketuanaicar// 4 // te tath phala vidyt sanipte yathkramam/ ete nava grah jey vtapittakaphtmak// 5 // e praktitulyn niiktn tu teu vai/ sayogeu ca jtn tulyapraktit bhavet// 6 // arkenduprabhav deham upatihanti dehina/ tasmn niicyamneu vtapittakapheu ya// 7 // e anyatamo deho yo tirikta/ prakate/ pracakate s prakti praktijnakovid// 8 //, I pianeti dominati dal fuoco [dalla bile] sono Venere, Marte e il Sole, dallardente splendore (3b). Quelli mediani sono Giove, Mercurio e la Luna, dalla natura flemmatica, mentre quelli crudeli, aventi la natura dellaria sono Rhu, Ketu e Saturno (4). Al momento della congiunzione (sanipte = quando in un solo segno si congiungono pi di un pianeta) a seconda del loro ordine si riconosce il loro frutto quale che sia (tath). Questi nove pianeti devono essere conosciuti come sostanziati di aria, bile e flemma (5). Quando questi che hanno una natura simile si sono congiunti (niiktnm) allora i nati dopo che essi si sono riuniti possiedono una natura simile tra loro (6). [Per esempio], gli esseri corporei che sono nati con la predominanza del Sole e della Luna presentano (upatihanti) un corpo [di un certo tipo], perci quando i temperamenti di aria, bile e flemma si sono congiunti, chi (7) tra questi un corpo qualunque, costui si manifesta come differente (atirikta). Questa,
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I primi a essere descritti dal testo sono coloro che hanno un temperamento biliare (68.1.12) i quali sono contorti (java), amanti della confusione e irascibili (kalahapriya), caldi di temperamento (ua) e rossastri di colore (kapilaromaa), sudano molto (svedan) e sono poco riflessivi (anavekaa). Spesso costoro mangiano molto (bahvi) e sono sfortunati (durbhaga), hanno delle membra morbide (mdvaga) e flosce (ithilga), amano il freddo (iirapriya), quando non sono calvi (khalati) hanno molte rughe e capelli grigi (valpalitabhyiha). Ogni qual volta gli si fa indossare una ghirlanda floreale essa appassisce immediatamente e un unguento si secca in men che non si dica (68.1.12a: glyate uyate cai u mlynulepanam). Quanti hanno un temperamento pitta rimangono ardenti (dhtmika) anche quando vi sia la luna (pianeta notoriamente di natura fredda e dai freschi raggi) (aake pi) nel loro segno (ABEGG, 1959: 17-18):
svapne caiva prapayanti dia kanakapigal/ maalni samh ca diku ptruaprabhn// 13 // grimadirn de chuk malajal mahm/ ukagulmadrumalat dahyamna mahad vanam// 14 // viuki ca vastri rudhirgas tathaiva ca/ dahand ca dev ca raktam indu sugandhikn// 15 // palni ca pupi karikravanni ca/ digdhavidyudulk ca dpyamna ca pvakam// 16 // bhyiha bhit cpi pibanti subahdakam/ saritsaravannteu kpaprasravaeu ca// 17 // urt takms tu nimajjanti pibanti ca/ kalaha caiva kurvanti dukhny anubhavanti ca// 18 // strbhi caiva vimnyante kayante klmayanti ca/ ity eva paittik jeya praktisvapnalakae// 19 // In sogno essi vedono le regioni dello spazio giallo oro e in questi paesaggi circoli e moltitudini che hanno una luce rossa-giallastra della bile (13), [vedono] distese ebbre di fiori rossi, la terra arida e con acqua putrida, cespugli, alberi e rampicanti secchi, una grande foresta che arde (14), abiti logori e inoltre [vedono] dei corpi sanguinanti, immagini di divinit che bruciano o altro, una luna rossa o [si vedono] mentre inalano profumi (15), ancora [vedono] fiori di pala (Butea Frondosa) e boschi di karikra (Cassis

dicono, sia la natura di coloro che sono esperti nella conoscenza della natura fisiologica (8). Alquanto dubbia la resa di 7b e 8a.

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Fistula) fulmini e meteore fiammeggianti o un fuoco ardente (16), [si vedono] molto ben agghindati mentre bevono davvero molta acqua in fiumi o stagni al limitare di una foresta, oppure da pozzi o fontane (17). Costoro sono tormentati dal calore e desiderano la frescura, simmergono e bevono, creano confusione ed esperiscono pene (18); sono offesi dalle donne e si avviliscono, nonch provocano dolori [ad altri]. Cos devono essere identificati coloro sono biliosi in accordo ai segni (lakae) propri dei sogni del loro temperamento (19) ...78

In questi passaggi vediamo come il sognatore crei un mondo intero, paesaggi terresti e celesti, in accordo al proprio temperamento interiore, dominato dal calore e dallagitazione propri della qualit rjasika, che si sfogano nel gran predomino del colore rosso acceso (DONIGER, 2005: 41). Dopo aver brevemente descritto i sogni di coloro che hanno temperamento bilioso (paittika), il testo procede a caratterizzare coloro che sono dominati dalla flemma (68.1.20-28), per poi descriverne i sogni. Gli esseri dominati dallumore della flemma, lema o kapha, hanno capelli, unghie e barba, nonch pelle e pori di essa untuosi (snigdha), grande stomaco, grandi braccia e petto, lunghi capelli, unghie e denti (dvija), amano portare occhi di gatto e altre pietre preziose e seguono nobili precetti, hanno tutte le membra ben tornite e decorate e sono solitamente fortunati. La testa, la pancia, la vita, le spalle, i fianchi sono senza difetti e lo sguardo puro, sono amati e parlano dolcemente, valorosi e riconoscenti come anche fortemente devoti al divino. Sono molto tolleranti e sopportano le avversit per molto a lungo, non si arrabbiano, ma se lo fanno avviene dopo molto tempo e diventano spaventosi tanto da sembrare la morte stessa (antakopama). Costoro necessitano di molto spazio per soddisfare i loro doveri rituali, per le loro qualit uniche e innegabili rendono famosa la loro stirpe, amano la carne, i cibi molto caldi, i dolci e il latte, hanno molti e buoni figli. Quando si fa indossare loro una ghirlanda, per molto tempo questa non appassisce, n si seccano gli unguenti, dormono sul fianco tenendo gli occhi e la bocca chiusi, senza russare o tremare e quando si risvegliano sono subito di buon umore. Coloro che hanno come natura quella flemmatica vivono senza troppe pene, anche se la loro nascita non di certo facile. La loro pelle olivastra e splendente, non si ammalano facilmente e se si ammalano non hanno problemi che durano a lungo, conseguono gran gloria durante
Si veda anche la traduzione di questi passaggi proposta da A. M. Esnoul (1959: 215-216), dalla quale in alcuni passaggi dissentiamo.
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la loro esistenza terrena. Essi mangiano poco e sopportano facilmente fame e sete, desiderano grandi cose, anche se ne tollerano tranquillamente la mancanza. Il testo continua il suo ordinato cammino presentando i sogni che esperiscono questo genere di persone (AVP 68.1.29b-37a):
svapneu caiva payanti ramya candanaknanam// 29b // vikumalapalni pauarkavanni ca/ ubh ca iirapry nadya ubhajalvah// 30 // turevt cpi himaughapaalni ca/ muktamaisuvg mlaphalakni ca// 31 // varhakhagamahi mg ca rathakujar/ spaatra has ca vyapohanti nabhastalam// 32 // kundagokiragaurbhir indo kragabhastiu/ protphullakumudkr vyomni sudhbusaprabhai// 33 // rjahasapratka aka cmaladyutim/ ubhrai ca vimnni phalni madhuri ca// 34 // ktapupopahri mahnti bhavanni ca/ brham[n] yajavd[] ca dadhikrmtni ca// 35 // striya ca paramodkt suve svabhyalakt/ madhuravetaptni pryaa ciram eva tu// 36 // svapneu caiva payanti kaphapraktayo nar/ 37a / Nei sogni costoro vedono una fresca foresta di sandalo (29b), fiori di pala (Butea Frondosa) senza bocciolo e folti assembramenti di loti, propizi e alquanto freschi fiumi, che convogliano acque pure (30), [vedono] anche gruppi di catene montuose ricoperte di neve le cui vette offrono abbondanza di perle e gemme e [colme] di letti di steli di loto (31). [Vedono] altres cinghiali, istrici [o rinoceronti] e bufali, antilopi ed elefanti [ai quali sono aggiogati] dei carri e, chiaramente, oche selvatiche che solcano il cielo (32), i raggi sparsi79 della luna dalle bianche tinte come i fiori di kunda [un tipo di gelsomino] e il latte di vacca che, nel cielo, hanno laspetto di una [bianca] ninfea sbocciata, tali da sembrare acque nettaree (33). [Vedono] poi la luna della stessa luce dei cigni reali, dal puro splendore, ancora meravigliosi veicoli e dolci frutti (34), maestosi palazzi ornati con giochi floreali, nonch brhmaa che salmodiano durante i sacrifici e poi yogurt, latte e ambrosia (35). [Vedono] per lungo tempo anche donne cosparse di

Certamente qui il locativo plurale kragabhastiu deve essere letto come nominativo plurale kragabhastaya.
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profumi, ben vestite e ben adornate, poi, per la maggior parte, dolci piante bianche o gialle (36): cos vedono nei sogni gli uomini con temperamento flemmatico (37a) ...

Contrariamente a quanto visto con i paittika, i sogni degli esseri con temperamento flemmatico sono popolati di visioni di frescura, vette innevate e cieli tersi, con grande predominanza dacqua e dalla fredda natura. Il terzo gruppo di versi (68.1.37b-44a), non poteva che essere dedicato agli individui dominati dallumore dellaria (vt). Costoro sono inquieti e paurosi, parlano molto velocemente (kipra pralapina) anche mentre dormono (supt pralapina), amano alimenti astringenti e piccanti (kayakaupriya), la pelle, i peli, le unghie, i denti, le labbra, le mani, i piedi sono ruvidi e di brutto aspetto, essi sono deboli e sfortunati, le loro membra sono legnose, dure e non ben proporzionate, hanno intelletti confusi (bhrntacitta) e occhi pieni di lacrime, costoro dalle menti instabili parlano molto e sono irascibili, amano canti, balli e storielle, sbadigliano molto (jabhina) sono soggetti a molte pene (dukhabhgina). Hanno una peluria poco folta (hrasvalom) ma un bel corpo seppur debole, sono crudeli (dhaman), esili (km), tristi (bhinn), errano spesso (sado) e sono sempre disorganizzati (satata vnavasthit), possono avere malattie o deformit (vikaria) alle braccia, alle unghie, alla pelle, alle labbra o ai piedi. Si adirano (kopan) improvvisamente (akasmt) senza motivo e seppur malvagi piangono (rodan), agiscono solo se spinti da altri, sputano spesso (parapraktil), nonch amano il ballo e il dimenarsi, sono deboli e freddolosi (iir). Questultimo gruppo di persone presentato nella prima sezione di AVP 68, ovvero gli uomini dominati dalaria, vedono in sogno cose aeree e volatili. Queste sono visioni sempre confuse e agitate: animali selvaggi aggirarsi in pena che si trascinano con fatica, che corrono e precipitano da alture e orridi abissali; costoro scorgono anche le stelle e i pianeti come fossero bui, mentre le orbite di sole e luna appaiono scompigliate (68.1.44b-48a):
svapneu caiva payanti vtbhravimal dia// 44b // mrutavegatugni bhuvanni vanni ca/ ymtrgrahagaa vidhvastkendumaalam// 45 // dhrcaradbhir vivbhai sakulagagana ghana/ bhramanta pakisagh ca mg codbhrntaythap// 46 // any cpi abar ca girigahvaraknan/

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bhramanti ghnanti dhvanti rdhvebhya prapatanti ca// 47 // svapneu etni payanti vtapraktayo nar/ 48a / [Gli uomini ariosi] nei sogni vedono le direzioni dello spazio terse e colme di venti [che trasportano le] nubi (44b), palazzi, foreste e monti scossi dalla veemenza dei venti, le schiere di stelle e pianeti oscure, le sfere di sole e luna prive di splendore (45), il cielo pieno di nubi che si muovono in fila ed estese ovunque, stromi duccelli che vagano e animali selvaggi,80 e altri tipi di cervi che confusi senza il loro capobranco (a-ytha-pa) (46) vagano per monti, caverne e foreste, si colpiscono a vicenda, corrono e cadono da grandi altezze (47): queste cose vedono nei sogni gli uomini che hanno temperamento arioso (48a) ...

Infine, gli ultimi versi della prima parte (68.1.48b-55) del testo sono dedicati prima a una menzione an passant sui temperamenti misti (48b-49a). Poi parte una serie di passaggi un po farraginosi che sembrano indicare che i sogni che non sono generati dal temperamento proprio di un individuo o che non nascono dal risveglio di una qualche memoria dimpressioni ed esperienze sensoriali depositatesi durante la veglia, siano da considerarsi di origine divina (50-52a) (VON NEGELEIN, 1909: 438; ABEGG, 1959: 23) Purtroppo, il testo non approfondisce questa laconica affermazione, ma prosegue sorvolando largomento. Per cui, nella maggior parte dei casi, accade che luomo sogna quello stesso oggetto su cui i suoi sensi si erano concentrati durante la veglia.81 Si dice pure che secondo il i Garga,82 quelle serie di sogni sconclusionati che si vedono, ma che al risveglio difficilmente si ricordano, questi non portano con s alcun tipo di frutto (52b-53a). Il passaggio termina ammonendo che, dopo aver avuto un sogno ben augurale, non si dovrebbe pi riaddormentarsi al fine di goderne gli effetti benefici (54b: dtv boga asuptavya tata prpya ubha phalam/) (ESNOUL, 1959: 217). Il messaggio centrale , in ogni caso, che i sogni riflettono la condizione psico-somatica del sognatore, cosa che oggetto di studio particolare da parte dei testi medici. Sta di fatto che il sogno il primo elemento di una concatenazione di
Vero che la traduzione pi letterale di mga antilope nera o gazzella, o meglio, cervo pomellato, comunque questo termine pu estendere il suo significato fino a identificare la categoria degli animali silvestri, liberi e selvaggi. Tale parola viene spesso a contrapporsi con pau, appunto lanimale captivus, in cattivit, ridotto in ceppi. Questo secondo noi ci che qui intende il testo, dando unidea pi ampia di quella legata ai soli bovidi o cervidi. 81 Si noti come qua e l va strutturandosi la dottrina secondo la quale la causa materiale dei sogni sono anche le impressioni lasciate dalle percezioni sensoriali degli oggetti durante la veglia. Vedremo pi a fondo tali questioni nei prossimi capitoli, soprattutto 2, 3, 4 e 5. 82 Fu il purohita dalle stirpe di Yadu, grande conoscitore dellastrologia e interprete dei segni e portenti (akuna/nimitta) che redasse unopera astrologica intitolata Gargasahit.
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cause che non n un traguardo, n il mero riflesso di un fenomeno gi destinato ad accadere, per cui si tratterebbe solo di una rivelazione fatta al sognatore attraverso la fase onirica (DONIGER, 2005: 41-42). La maggior parte del secondo paragrafo dellAVP 68, affronta la questione della corrispondenza tra determinati simboli onirici e il loro significato. Spesso i sogni qui descritti, sebbene siano concepiti come traghettatori di buona sorte, a noi possono sembrare degli incubi (ESNOUL, 1959: 217-219). Particolare degno di nota di questo capitolo, cosa che si ritrover sia nei testi medici, sia in quelli segnatamente astrologici, nei Pura, cos come nelle interpretazioni popolari, che anche se un sogno sembra spiacevole o addirittura tremendo, spesso considerato dagli interpeti e dai testi indiani come forieri di buon augurio e capace di preannunciare la soddisfazione di unaspirazione o quantaltro. La cosa singolare che dallaltra parte non che i sogni piacevoli diano risultati nefasti, anzi sono ancora i brutti sogni e gli incubi, ancorch daltro genere, a produrre risultati funesti. Certo che non vi una norma o una regola da seguire per individuare e catalogare un sogno tra quelli fausti o tra quelli infausti. Va rilevato che unanalisi sistematica della letteratura indiana in generale, sui vari generi ed esempi onirici, potrebbe rivelare svariate sfaccettature ancora sconosciute dellIndia classica. A occhi occidentali con una punta di cinismo, anche se ineccepibilmente da un punto di vista propriamente upaniadico, W. Doniger nota (2005 [1984]: 43-44):
Dato che buono e cattivo non sono etichette affidabili con cui caratterizzare qualsivoglia realt, necessario interpretare le immagini oniriche allinterno del loro contesto culturale. Termini quali fausto e infausto (ubha, aubha) indicano qualcosa che vogliamo ci accada e qualcosa che non vogliamo, ma potremmo essere in errore nel volerla o non volerla. Per chi sia legato al mondo del sasra, ad esempio, la morte di un figlio la cosa peggiore che possa succedere; per chi persegua il moka, la morte di un figlio potrebbe essere il primo passo sulla via dellilluminazione. Pertanto il sogno della morte di un figlio pu essere di buono o di cattivo auspicio, a seconda del punto di vista non del sognatore individuale , ma piuttosto dellautore di un particolare manuale di sogni

Senza nulla togliere a queste giuste osservazioni, sta di fatto che nellambito empirico nel quale si situano i sogni e i loro effetti, la morte di un figlio non pu che essere interpretata con mezzi empirici, per cui una morte cattiva, perch avvenuta 39

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prima del suo tempo (aklamtyu), vale a dire una scoparsa che avviene senza lasciare che possibilit insite nellindividuo in quel preciso corpo si sviluppino nella loro completezza. Comunque lasciamo parlare il testo:
ght samudgendvindravyvagnyarkanad kitim/ samudra vhan dvpa laghayed v vasudharm// 1 // vhan caturag ca jvachattrapatkinm/ dorbhy ca pratighyt tathketuvasudharm// 2 // ekapukaripare sauvare bhjane pi v/ sarpi pyasa bhukte g duhan ya ca budhyati// 3 // parivea svaya candre yo navastravasudharm/ parvatgra samruhya kiti ya cvalokayet// 4 // kaha majjate yo hi mnava oitrave/ rathena sihayuktena parvata cdhirohati// 5 // mah v kampayed yas tu clayed v punar girn/ vetam avam athruhya pura vpi yo gajam// 6 // bhukte pukaripare pyasa vpi sarpi/ agavddhi irovddhi prpnuyd yas tu mnava// 7 // brhmao vpi rj v svapne yad abhiecayet/ rj tu prthivo jeya krouker vacana yath// 8 // iro v chidyate yasya vimna oita tath/ senpatya mahac cyur arthalbha tathaiva ca// 9 // vibhaa ca vidy[] ca karachedam avpnuyt/ hastachede labhet putra bhuchede dhangamam// 10 // ura sahasralbha syt pdachede tathaiva ca/ uraprajananachede atyanta sukham edhate// 11 // chattrdaraphaloauklamlygame tath/ matsyamsadadhikrarudhirgama eva ca// 12 // aktyakuapatkn chatrsidhanu tath/ vimaln jaln ca prvokta tu nidaranam// 13 // skarakharavhyn vadha caikapaor api/ narayuktasya ynasya nikiptasya gavasya ca// 14 // darana cpy adnm agamygamana tath/ kri phalavk daranrohi ca// 15 // viadaranasasapro dhnyenotsagapraam/ dasyubhir hanyamnasya rudata pratibodhanam// 16 // dvijebhyo dadhimsasya lbha piitabhakae/ abhak[y]abhakae cpi vetamlynulepanam// 17 //

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ghtana vpadn ca pau ca rudhirgama/ arthalbhya boddhavya suhnmitrasamgama// 18 // labhate ntra sadeho bhrgavasya vaco yath/ ukl sumanasa kany dadhigobrhmaa vam// 19 // daivatni npdhyak puri ghi ca/ suhda saphal vk nakatry amala jalam// 20 // iakalyaabd ca uklmbaradhar striya/ nabho vimalanakatra pvaka viamrciam// 21 // dv yas tatkaa budhyet tasya kalya diet/ vkn gulm ca vall ca svaghe pupit nara// 22 //83 uklavs striya cpi ya payec chrs tu ta bhajet/ viaoitadigdhga prtim pnoti mnava// 23 // dptgo labhate bhmi vardhamnga eva ca/ parivrybhirudito bndhavai karua nara// 24 // okrto labhate tui mta cyur avpnuyt/ uklamlymbaradharo dahyamna pralyate// 25 // ya svapne sabhayed ugra prakya so rtham pnuyt/ ngadantakamudr ca v mljana tath// 26 // kcana payate yas tu tath str labhate nara/ uyamnn vihagn tath pukarigatn// 27 // matta kareum ruhya parastr labhate nara/ kumr labhate nr yasai nigaair nara// 28 // // cipita klako nagna ravao mehate yadi// 31b // vidik[s]tha sravate cormi svapne vara samdiet/ skar mahi vpi hastin akun tath// 32 // svapne yad prasyeta subhika nirdiet tad/ ayansanaynni ghagrmapuri ca// 33 // ye svapne pralyante te vddhi athdiet/ gova purua vka hastina parvata gham// 34 // narasyrohad vddhi puri vieata/ daivatni dvij gva pitaro ligino grah// 35 // yad vadanti nara svapne tat tathaiva vinirdiet/ saritsarasamudr tarae okatraam// 36 // narasya oita ptv praktl labhate nara/ 37a / Colui che afferri [in sogno] la terra con la luna sorgente, la folgore, il vento, il fuoco, il sole o i fiumi, oppure che attraversi loceano, un fiume, un continente o la terra intera

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Naturalmente la lettura corretta dovrebbe essere pupitn, concordata con gli altri accusativi plurali.

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(1), colui che prenda con le due braccia un esercito dai quattro corpi militari [fanti, cavalieri, carri ed elefanti] il cui stendardo un ombrello della vita (jvachattrapatkinm) e sotto lo stesso stendardo la terra intera (2), colui che in una foglia di loto o un recipiente doro mangia del riso cotto nel latte mescolato a burro chiarificato e chi si risveglia mentre munge una vacca (3), oppure chiunque, quando egli stesso avvolto in vesti, veda sulla luna la terra non ignuda, oppure colui che salito sulla vetta di un monte guadi la terra (4). Quelluomo che immerso fino al collo in un mare di sangue ascende a un monte con un carro aggiogato a un leone (5); chi faccia tremare la terra o ancora, faccia muovere i monti, oppure in seguito, essendo montato su un cavallo bianco o un bianco elefante (6), o ancora mangia del riso cotto nel latte condito con burro chiarificato in una foglia di loto, o colui a cui cresca una parte del corpo o la testa (7), sia egli un brhmaa o un sovrano, colui che sia incoronato in sogno, costui, secondo la parola di Krouki, deve essere riconosciuto re della terra (8). Chiunque [sempre in sogno] abbia la testa mozzata o veda un carro insanguinato otterr di diventare generale, una lunga vita e ricchezze (9). Quando vi sia il taglio dellorecchio, costui otterr gloria e conoscenza; se vi fosse il taglio della mano avr un figlio, quando il taglio del braccio [significa] arrivo di ricchezza (10), [col taglio del] petto mille ottenimenti, cos come con la recisione del piede, con il taglio del petto e del pene egli ottiene estrema felicit (11), quando vi sia larrivo di un ombrello, uno specchio, un turbante o una ghirlanda bianca, o ancora con larrivo di pesce, carne, yogurt, latte, e sangue (12) e vi sia la gi menzionata visione di lance, uncini e stendardi, parasoli, spade e archi, di acque pure (13) e luccisione di un animale tra [questi], cio il maiale, lasino o un'altra bestia da soma o la visione di un veicolo con un uomo o di un bue gi per terra (14), e ancora di cose mai viste, come anche la congiunzione carnale con qualcuno a cui non bisognerebbe congiungersi, il salire o la vista di alberi da frutto lattiginoso (15), il tocco o la vista del veleno, il riempirsi le mani poste a conca (utsaga) di granaglie. Vi vantaggio per colui che venendo picchiato dai servi mentre piange si risveglia (16) oppure nel mangiare della carne con lo yogurt da parte dei brhmaa, oppure nel mangiare ci che non permesso o nel [indossare] una ghirlanda bianca o cospargersi [dunguento profumato] (17), luccisione di predatori e la venuta di sangue sulla mano, anche la venuta di amici e compagni, tutto ci si deve riconoscere [come propizio] per ottenere ricchezze (18): secondo la parola di Bhrgava, non v dubbio a questo proposito, che costui ottiene tutto ci. Si determina che vi sar il benessere per chi si svegli proprio in quel momento dopo aver visto84 candidi fiori, vergini, yogurt, una vacca o un brhmaa, un toro (19) divinit o i re dei re, case biancastre, amici, alberi

Per una corretta costruzione italiana siamo costretti a porre qui la traduzione di 22a. Si noti comunque che quasi tutti i casi di questi versi sono usati in modo improprio, cio in nominativo in luogo dellaccusativo.
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con frutti, le stelle, acqua cristallina (20), [avendo udito] parole desiderate e benefiche, donne vestite di bianco, il cielo con le stelle candide,85 un fuoco con le fiamme impari86 (21). Luomo che vedesse alberi, cespugli e liane fiorite in casa propria (22) e anche donne con vesti bianche, costui partecipa delle glorie, se [in sogno] le membra sono cosparse di veleno e sangue, luomo ottiene affetto (23), colui le cui membra sono in fiamme o le cui membra si accrescono, costui ottiene la terra, luomo pietosamente compianto dai familiari che lo circondano (24), tormentato dal dolore attinge la soddisfazione e [se morto in sogno], ottiene lunga vita. Chi porta ghirlande e vesti bianche e bruciando sesaurisce (25) e chi in sogno simpaurisca per un terribile nemico, costui otterr ricchezza. Colui che vede dellavorio o una moneta, un liuto e anche una ghirlanda, del collirio (26) o delloro, quelluomo ottiene una donna, [chi vede] uccelli che volano o che stanno in un laghetto pieno di loti (27) o, essendo montato su un elefante imbizzarrito, quelluomo prende la donna di un altro oppure, quelluomo ottiene una giovane donna con catene di ferro (28).87 Se un monaco col naso schiacciato, scuro di pelle e nudo, orina (31b) e il getto va nella direzione opposta, ci indicher la pioggia. Quando in sogno si desse alla luce una scrofa o una bufala, unelefantessa o un uccello femmina (32) allora sindicherebbe un buon raccolto; coloro dei quali il letto, il seggio e i veicoli, la casa il villaggio o la citt (33) in sogno sono distrutti, ci indica per costoro prosperit. Dal salire su una vacca o un toro, un uomo, un albero, un elefante, un monte o una casa (34) in modo particolare se sono chiari, [sindica] la crescita delluomo. Quello che divinit, due volte nati, vacche, antenati, asceti e pianeti (35) dicono alluomo in sogno, questo accade cos com. Quando vi nuoto in fiumi, stagni o mari, si attraversano i dolori (36); avendo bevuto del sangue umano, luomo ottiene un figlio (37a)

Fino a questo punto AVP 68.2 ha raccontato a proposito dei segni favorevoli dei sogni, da qui (37b) fino al verso 56 si parla di sogni che veicolano oscuri presagi
Rispettiamo qui il testo, anche se sarebbe plausibile e logico tradurre come il cielo limpido con le stelle. Si veda a questo proposito Stuhrmann (2009: 33). 86 Naturalmente bisogna evocare limmagine di un fuoco che arde, le cui fiamme non si allineano mai e sono in costante movimento. 87 Sinceramente non riusciamo a comprendere in modo soddisfacente i versi che vanno dal 29 al 31a. Notiamo altres che sia Doniger, sia Esnoul saltano a pi pari tutti i passi in cui il testo sia pi problematico. Comunque, per quanto improbabile sia la traduzione, potrebbe suonare cos: baddhv nav tu yo mlm utpaln vubudhyate/ kavake ca sayuktetathaivotpalahastake// 29 // bhgro darpao vpi labdhv putrgama vadet/ tagramakpn purrajanayor api// 30 // prakubhasya cdeya vara uttarad dhruvam/ 31a /, Chi si sveglia dopo aver indossato [in sogno] una ghirlanda fresca di loti; avendo visto un otre oppure uno specchio quando una porta sia chiusa o un loto sia nelle mani [di qualcuno] (29b), indica la venuta di un figlio, [se vi fosse la visione] di bacini, giardini o pozzi, di fortezze o luoghi di sollazzo (30), di un vaso pieno, allora in seguito deve essere presagita una pioggia certa (31a). Il lettore ci consenta di esprimere comunque qualche dubbio anche sul resto della traduzione, viziata da troppe ambiguit e corruzioni del testo originale. Ci permettiamo di dissentire dalla traduzione di Doniger di 68.2.25-29 (2005 [1984]: 45), plausibile in certi passaggi, ma in certi altri realmente approssimativa.
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(STUHRMANN, 2009: 32-33). In effetti, le questioni pi interessanti e strettamente connesse con quanto gi riportato nel paragrafo precedente sono appunto con il sogno dai simboli nefasti (ESNOUL, 1959: 219; ABEGG, 1959: 29). Vediamo anche qui, come gi nelle Sahit, come la consapevolezza del sognatore circa la negativit di certi sogni, culturalmente definiti come funesti, sia ritenuta foriera di avversit anche nella sua esistenza quotidiana. In altre parole i suoi sogni sono in grado di prefigurare, attraverso dei segni gli eventi futuri che accadranno non solo al sognatore stesso, ma al suo pi intimo circolo famigliare, come la moglie e il figlio (DONIGER, 2005: 44):
candrendradhvajasry patane npater bhayam// 37b // maharavamahendr kobhe kobha vinirdiet/ keamarunakhn ca patane okasabhava// 38 // kmiatva bhaved dhanya krouker vacana yath/ kravydair daribhi cpi vino bhtavigrahe// 39 // atramuiprahreu vijnyj jvargamam/ yad yad ujjvalavad dravya tat tat sukhakara bhavet// 40 // //88 upnahabalachattradarane ca grahe tath/ hasadbhir v parivto ntyadbhi svajanair api// 42 // sayukta skarakharair urai kacatupadai/ ratham ruhya yo yyd akatas tu yugadhara// 43 // prakrakeo hriyate dakienparea v/ dakiengat kany klikkulavsin// 44 // nyate puruair ya ca pahastair vieata/ nirastn viam pretenkuala bhavet// 45 // piykasya tiln ca karasu lavaasya ca/ rhamarunakhn ca duceln vsasm// 46 // virgavsas vpi viktn tathaiva ca/ sarsp vyln atr cpi daranam// 47 // knm cpi sarve rjadvijavd te/ darana gamana vpi okam yasavedanam// 48 // padmair v jalabhair v kritysadaranam/ padmni vharet svapne hastachedam avpnuyt// 49 // prasanne tu dhruva oko rajjuchede mriyeta sa/ rhasya srotas oko mtyu srotasi nayata// 50 // dant bhu tath ro chinnadravyadaranam/

Non riusciamo a dare un senso alla strofa 41: yad yad virudhyate vpi svapne tasya nirdiet/ [nopnena] prajtn darane sthnam diet// 41 //.
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bhrtara pitara vpi putra nayanti te // 51 // dvre v srgale vpi ayy kh tathaiva ca/ svapne yasya pranayanti bhry tasya vinayati// 52 // kkalso vko vpi puruo vpi pigala/ ayy yasydhirohanti bhry tasypi duyati// 53 // svapne yo mrayet sarpa vetaptakalohitam/ kasya v ira chindyt putras tasya vinayati// 54 // rjaputra ca cora ca rjabhtya ca yo bhavet/ tasya svapn phala dadyur eteu yad udhtam// 55 // ye lbhe bhaved vddhis te ne guo bhavet/ ye lbhe bhaved dhnis te lbhe guo bhavet// 56 // Quando vi sia la caduta della luna, della folgore, della bandiera o del sole, vi sar paura del re (37b);89 quando vi sia il tremore delloceano e dei monti, ci indica scompiglio; con la caduta di capelli, barba e unghie c lorigine di un dolore (38). Secondo la parola di Krouki prevedibile il divenire vermi quando vi sia la distruzione nel corpo fisico da parte delle fauci di fiere mangiatrici di carne (39). Si comprenda che quando vi siano colpi con armi o pugni c la venuta della febbre, mentre qualsiasi sostanza lucente quella portatrice di felicit (40) Quando c la visione o lafferrare scarpe, bimbi o un parasole, oppure [il sognatore] sia circondato dai suoi parenti che ridono e ballano (42), oppure leunuco che porta il giogo essendo montato su un carro aggiogato con maiali e asini, cammelli o quadrupedi neri, se ne vada (43), o coi capelli scompigliati viene trascinato con la [mano] destra o laltra, o [vi sia in sogno] una vergine giunta da sud vestita con abiti disordinati e neri (44) o in particolar modo colui che condotto da uomini con lacci nelle mani, costui quando siano terminate le disparit, come defunto diventa infausto (45)90 o [quando vi sia la visione] dellasa foetida (piyka) e del sesamo, del sale nelle [sue] unit di misura, di barba e unghie cresciute e di abiti molto sporchi (46), oppure di vesti scolorite e anche lacerate, oppure la visione di esseri striscianti, di serpenti o di nemici (47), quando vi sia ancora la visione o la venuta di tutte le cose scure, eccezione fatta per il re, i due volte nati e un toro, vi sar turbamento e dolore e tribolazioni (48). Il vedere un gioco che si fa con sforzo con loti o piante acquatiche di bha (Thespesia Populeoides), oppure colui che rubi in sogno dei loti, otterr lamputazione di una mano (49). Quando sia felice, sicuro il patimento, se vi fosse il taglio di una corda costui morirebbe; la pena per colui che si buttato in un

89 Questo passaggio interpretabile in due modi, in quanto npate pu essere tanto ablativo quanto genitivo singolare. Noi qui, come Esnoul (1959: 219), lo intendiamo genitivo, per potrebbe essere anche ablativo, poich sappiamo che i verbi e i sostantivi che indicano paura si costruiscono con lentit temuta allablativo. Allora qui la frase dovrebbe essere intesa: vi sar paura proveniente dal re. 90 Verso particolarmente oscuro.

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torrente, nel quale vi la morte per annegamento (50). Con la visione di cose una parte delle quali sia tagliata, di denti, braccia e testa, a costoro moriranno il fratello, il padre o il figlio [del sognatore] (51); quando in sogno le due porte chiuse di qualcuno e un letto e uno stipite siano distrutti, la moglie di costui perir (52), colui che vede un geco o un lupo o un uomo giallo che sale sul [proprio] letto, sua moglie si corrompe [= lo tradir] (53). Colui che in sogno uccida un serpente bianco, giallo o rosso o mozza la testa di un [serpente] nero, allora suo figli morr (54). Colui che divenga figlio del re, ladro e servo del re, i suoi sogni daranno il frutto come stato illustrato in essi (55). [In conclusione, in sogno] quando vi sia il vantaggio di certuni allora vi sar prosperit, quando vi sia la distruzione di costoro vi sar fortuna, quando vi sia il vantaggio di alcuni allora vi sar salvezza, quando vi sia il vantaggio di costoro vi sar benessere (56) ...

In queste battute finali del testo (68.2.57-59), esso ricorda come il momento della notte in cui il sogno avvenuto sia fondamentale per comprendere come e quando i suoi effetti saranno attivi. Questo passaggio sar poi ripreso e riadattato da tutti i testi successivi che si occupano dellinterpretazione dei sogni (ESNOUL, 1959: 217).91
ubha dv tu ya svapne puna payaty apjitam/ ubha vpy aubha vpi yat pact tat phala labhet// 57 // svapns tu prathame yme savatsaravipkina/ dvitye asu mseu ttye tu tadardhabhk// 58 // msiko govisarge tu sadya pka prabhtike/ kla pacasv avasthsu arvary krtita pthak// 59 // Colui che dopo aver visto in sogno qualcosa di propizio e poi di nuovo vede ci ch malaugurale, che quello sia propizio o infausto otterr il frutto di ci che [vede] dopo (57). I sogni [che si fanno] nella prima parte della notte maturano [il loro frutto] in un

Il Matsya Pura (242.15-20): e sakahn dhanya bhya prasvpana tath/ kalkasnna tilair homo brhman ca pjanam/ stuti ca vsudevasya tath tasyaiva pjanam/ ngendramokaravaa jeya dusvapnananam// svapns tu prathame yme savatsaravipkina/ abhir msair dvitye tu tribhir msais ttyake/ caturthe msamtrea pacyante ntra saaya/ ekasy yadi v rtrau ubha v yadi vubham/ pacd das tu yas tatra tasya pka vinirdiet/ tasmc chobhanake svapne pact svapno na asyate//, Raccontando un brutto sogno ad altri, si raccomanda anche di tornare a dormire in seguito averlo visto, bagnarsi con acqua mescolata al sedimento untuoso di sostanze oleose, lhoma di sesamo, onorare i brhmaa, inni di lode a Vsudeva e la sua adorazione, lascolto della storia della liberazione di Gajendra (Gajendramoka anche Ngendramoka): tutto ci rimuove gli effetti malefici degli incubi. I sogni visti nella prima parte della notte portano frutti in un anno, quelli visti nella seconda parte dopo sei mesi, quelli visti nella terza parte dopo tre mesi e quelli visti nellultima frazione in un mese. Se qualcuno vede durante la medesima notte sia sogni propizi, sia infausti, allora [lastrologo] dovrebbe dichiarare che solo lultimo sogno condurr a delle conseguenze. Pertanto, quando una persona ha un sogno propizio non dovrebbe poi tornare a dormire in seguito. Tutto ci citato da Adbhutasgara (pp. 501, 502 e 514); i primi quattro versi sono anche in Viudharmottara Pura. Si confrontino anche Vmana Pura 85; Viudharmottara Pura I.194; Padma Pura VI.11.218-20 e il Vesahra II.2-3 (KANE, 1977 [1962], VOL. V, PART 2: 778-779).
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anno, quelli nella seconda parte in otto mesi, mentre quelli nella terza parte fruttificano in met di quel periodo (58), [i sogni che si fanno] al momento dello scioglimento delle vacche [hanno risultati] in un mese e [quelli fatti] il mattino presto sono immediatamente maturi [per il frutto]. La durata della notte detta essere divisa in cinque fasi (59) ...

Infine (68.2.60-62), non potevano mancare alcuni succinti suggerimenti rituali su come prevenire o lenire le conseguenze nefaste dei sogni (ESNOUL, 1959: 220).92 Va da s che i sogni propizi non hanno bisogno di rituali riparatori ma solo di mantenersi svegli dopo averli visti. Si noti pure che il verso 61 sembra una parafrasi pi estesa del verso 60 (ABEGG, 1959: 22):93
viprebhyo aktito dna nti svayayandaya/ vinayanti dusvapna prta cvatthasevanam// 60 // avatthasev tilaptradna gosparana brhmaatarpaa ca/ ntikriy svastyayanakriy ca dusvapnam etni vinyanti// 61 // vasanakanakadnadevapj gurugohanievitni kuryu/ dvijavabhagavvaprthivn daranam itihsamagal syu// 62 // Distruggono [gli effetti del] brutto sogno il donare ai brhmaa quanto si pu, un rito per placare [gli effetti] e il rito svayayana94 e altri, nonch il mattino presto il servizio allavattha (Ficus Religiosa) (60). Il servizio allavattha, il dono di un vaso [colmo] di semi di sesamo, il tocco di una vacca e il soddisfacimento dei brhmaa, il rito di placamento e il rito che conviene benessere: questi annientano [leffetto dei] brutti sogni (61). Si doni una veste o delloro, si adori la divinit, si compiano dei servizi alla stalla del

Si veda anche il terzo pariccheda del Dharmasindhu (DhS, UPDHYYA, 2006 [1967]: 715): atha dusvapnadarane ktyam. yo me rjann ity c sryopasthne dusvapnana. atha svapnasyeti japd v kvacid daravac chrddhena dusvapnana, casaptaatphena v. yad v rviusahasranmastotrajapa krya. athav rbhratasthasya rbhgavatasthasya v gajendramokasya ravaa pho v. Linno di V II.28.10 (vedi p. 16 e pp. 78-82 di questo capitolo) prescritto tra i vari rimedi per evitare le conseguenze nefaste dei sogni, insieme anche al passaggio della Taittirya Sahit IV.14-123. Poi, si dovrebbe recitare senza essere uditi il verso adha svapnasya, (V I.120.12) o celebrare uno rddha come quello della luna vuota o recitare la Durgsaptaat o il Viusahasranmastotra del Mahbhrata (Anusanaparvan 1490.14-120) oppure il Gajendramoka del Bhgavata Pura (VIII.3) (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 780-781). 93 il Ktya Kalpataru (sezione sui vrata pp. 178-179), cita il Bhaviya Pura (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 779, 178-179): dv tu obhana svapna na bhya ayana vrajet/ prta ca krtayet svapna yath da khagdhipa/ prjo bhojakaviprebhya suhd devatsu ca/, Dopo aver visto un sogno propizio non si torni pi a coricarsi e al mattino lintelligente racconti il sogno cos come stato visto, o re degli uccelli, a dei brhmaa che mangiano, a degli amici o di fronte alle divinit. Si veda pure Dikshitar (1995 [1955], vol. III: 726) che cita come fonte principale il Matsya Pura 142.1-29. 94 In alcuni passaggi si propone la lettura svayayana come qui sopra, in certi altri svastyayana, che noi preferiamo.
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maestro, vedere i due volte nati, i tori, le vacche, i cavalli o il re sono di buon augurio secondo (62) ...

Gli altri tre paragrafi restanti sono senza dubbio meno interessanti per la nostra trattazione, comunque forniamo alcune spigolature, pescando dai versi pi interessanti:
imn dvubhn svapnn prtar utthya satvara/ nadsagamatoyena mukha samrjya tattvata// 3.1 // hirayavarbhir udaka attyamayobhuv/ abhimantrya prayatnena mukha samrjya tattvata// 2 // Avendo visto questi sogni infausti, essendosi levato al mattino presto,

immediatamente dopo essersi lavato il volto secondo la regola con acqua della confluenza di due fiumi (1), con uno sforzo avendo chiamato lacqua con i mantra che cominciano con hirayavar [rskta V Khilaskti II.6] e con linno attya [V VII.35], essendosi ancora lavato il volto secondo la regola (2) 95

Dal quinto verso in poi di questo paragrafo ci sono dei consigli rivolti a un re che desideri partire per un viaggio o una campagna militare per annettere nuovi territori al suo regno. I sogni che sono descritti dal verso 10 al 13, sono ubha e gli permetteranno di partire per la spedizione:96
yad tu ytr npati kartum icched vidhnavit/ atha svastyayanai [saumyai] saumyais tam abhimantrayet// 5 // tata uklmbaradharo vgyata sayatendriya/ t ni savied rj bhmau caivbhimantrayet// 6 // // evam uktv narapati prayattm tata svapet// 7b // praastasvapnat dv tato yyn nardhipa/

Abbiamo qui proposto i versi perch sono interessanti perch mostrano i primi antidoti contro lincubo, tuttavia il lettore attento avr gi notato come manca di un verbo principale di tempo finito. Il verso 68.3.3 yo na jva paro pehi vidma te svapna vedanam, richiama evidentemente altri passaggi, certamente il Kauika Stra 46.9 paro pehi yo na jva iti svapna dv mukha vimri (si veda la nota 55), ma ancor prima AVS XIX.56.6: vidma te sarv parij purastd vidma svapna yo adhip ih te (si veda p. 23) e AVS VI.46.1: yo na jvo si na mto devnm amtagarbho si svapna (si veda p. 26). 96 Il Matsya Pura (243.2-12) descrive i segni sfortunati per un re che sta per invadere un regno nemico e i rimedi. Lo stesso fa lo Yogaytr (13.4 e ss.) (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 778). Ancora il Matsya Pura (243.15-25 e 27; Viudharmottara Pura II.163.32) descrive i segni di buon augurio (vedi anche Bhadyogaytr, [mss. XIV1-3 e XIX.1] in KANE, ibid., vol. II: 511, 876, n. 1192 e n. 2048); lo stesso fa Jyotistattva (IBID.: 729-730; anche Vasantarjakuna V.2-6, 50 oggetti ben augurali allinizio di un viaggio ecc.).
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svapneu cpraasteu tata nti samrabhet// 8 // // rajanikaradivkarau karbhy spati yad grasate tha v narendra/ lavaajalanidhi nad ca dorbhy tarati hradpadakardama tamo v// 10 // naraturagamahruhn nagn v bhavanacarn na virohayed gajn v/ jvalanamaraaklavddhayogn yadi npa tmagat ca payatha// 11 // yadi ca npatir tmano bhracrair bhramati mah sapur parikipet/ yadi ca sa ciramagnagtramtro bhramati npo grasate tha medin v// 12 // yadi ca jayati dario narn v yadi ca bhavet sitamlyadnadhr/ yadi ca ruditi caivam di dv paraviaya hitas tatas tu yyt// 13 // Quando un re che conosce le regole desideri fare un viaggio [= una spedizione], allora con i rituali pacifici che convengono benessere richiami quello97 (5). In seguito, indossate vesti bianche, con la parola controllata e i sensi domi, il re quella notte si corichi sulla terra e inviti (6) (7a)98, in seguito, avendo il re cos parlato, con la mente ben controllata, dorma (7b). Avendo visto sogni buoni allora il reggente degli uomini prosegua, quando invece i sogni siano brutti intraprenda i rituali per placarli (8) Quando il signore degli uomini con le mani tocca la luna e il sole oppure li ingoia, o ancora con le braccia nuota in mare salato, un fiume o un oscuro lago pieno di fango (10), se sale su uomini, cavalli, alberi, monti o elefanti alti come palazzi, oppure se il re ivi vede a proposito di s che brucia, muore o vecchio (11), e ancora se il re [vede] s stesso che vaga con coloro che si muovono sulle nubi [= gli uccelli] e abbraccia tutta la terra con le sue citt; se inoltre quel re le cui membra sono da lungo tempo immerse vaga, oppure ingoia la terra (12), e se ancora vince degli elefanti o degli uomini, o se divine uno che porta offerte di ghirlande bianche e se piange, avendo visto cos e ancor altro, in seguito felice prosegua pure verso qualcun altro (13) ...

I sogni ritratti nei sei versi del quarto paragrafo (AVP 68.4.1-4) sono aubha e necessitano dei riti di pacificazione (nti). Le ultime due stanze riassumono gli ultimi versi del paragrafo precedente:
sa kaluasalilvapsumagno madhuvasanaghtatailavasapradigdhagtra/ malinavasanajraraktavs yadi sumanobhir alakta svaya v// 1 // svapiti jayati khdati praho vilapati nartati gyanaprahsai/ bhavati ca mudito labheta kany yadi npatir nayao brave jayrth// 2 //

Non si capisce a cosa si riferisce laccusativo maschile tam in quella posizione. Rimane non chiaro il primo emistichio del settimo verso, proposto tra parentesi quadre nel testo di Negelein e Bolling: [anyathaiva hi na svapnadaranrthanidaranam], azzardiamo altrimenti non ci sarebbe la visione digli oggetti nella visione onirica . Comunque, di fatto manca linvocazione che il re dovrebbe compiere prima di dormire.
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mayakharaskaravnardhirho htamukugadavastracihnanagna/ vinihataturagadvipo narendro yadi patitadhvajavs tato na yyt// 3 // narapatir aparjita parair yo yadi ca parai parihasyate mahadbhi/ yadi ca bhavati durdograrpo [atha] na sa daka parn prayyt// 4 // svapnn dv ubhn rj japadbhir abhimantrita/ yukta sa akunair bhpa utptagaavarjita// 5 // sahyavn susanaddho nimittajai samanvita/ sumuhrte sunakatre prayyd vasudhdhipa// 6 // Questi [il re vede] se stesso immerso in acque putride o nella polvere, o col le membra ricoperte di miele, burro chiarificato, olio, grasso, o vestito con abiti sporchi, logori o rossi o adornato con un fiore (1); se il re allegro dorme, trionfa, mangia, chiacchiera, danza con risate e canti e [se] felice, se ottiene una fanciulla, se agognante la vittoria fosse senza gloria (2), se salito su un cammello, un asino, un maiale o una scimmia, se privo della corona e spoglio del bracciale, delle vesti e dei segni [regali], il re il cui elefante e i cavalli sono stati uccisi e i cui stendardi sono caduti, non si muova da l (3). Quel re che non stato sconfitto da altri, se da nemici potenti deriso e se diventa brutto da vedersi o daspetto tremendo, allora questo, tale com, non assalga i nemici (4). Il re, avendo visto sogni propizi, supportato da coloro che lo invocano, il protettore della terra provvisto di segni ben augurali e privo della serie di calamit (5), insieme agli alleati, ben preparato e circondato dai conoscitori dei portenti, quel sovrano in un buon momento99 e sotto una buona stella attacchi (6) ...

Abbiamo infine il quinto paragrafo dellAVP in 31 versi, anche se sembra proprio che solo i primi 14 (1-14a) versi siano connessi con il resto dellopera, precipuamente con il primo paragrafo. Il resto (5.14b-31) un brevissimo compendio astrologico, che sconfina con la meteorologia e la sismologia. Interessanti sono gli ultimi passaggi in cui si tirano in ballo i sacerdoti Atharvan con i loro assistenti, capaci di attuare grandi rituali di pacificazione (mahnti), per i quali sono specificate le tariffe e i doni. Il nostro compito si limiter, pertanto, alla presentazione dei primi versi, connessi con il nostro argomento:
tailbhyakta ca ksar bhukte tailapariplutm/

Si dice muhrta un lasso di tempo di 24 minuti, 60 dei quali formano una giornata. Ogni muhrta o gruppo di questi periodi, reca con s possibilit benigne o nefaste. Naturalmente con un buon muhrta si possono cominciare varie imprese, non invece con un cattivo muhrta, in cui, se non si pu stare fermi, bisogna almeno stare molto attenti.
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mtara pravied ya ca jvalita ca hutanam// 1 // prsdt parvatgrd v pated ya cpi mnava/ magna kardamakpeu jale ya cpi nayati// 2 // drumam unmlayed yas tu payed rjopasevakam/ kumrvadane ya ca vnar vdhigacchati// 3 // raktakahagate vpi yasya kahe visarjati/ vivaro vpi pair yo badhyate mriyate tu sa// 4 // vpi ksyaptr v yasya tejo dhirohati/ acireaiva klena so sin vadhyate nara// 5 // ypgram adhiruhytha nvgram adhirohati/ acireaiva klena lgra so dhirohati// 6 // mua kyavso v vetaraktapao pi v/ svapne yasydhirohanti vydhis tasydhirohati// 7 // v v ajagaro godh taraku alyako pi v/ kkalso rurur vyghro dvp yasy dhirohati// 8 // ahi ca raudrajaila vetaraktapao pi v/ svapne yam upatihanti vydhis tam upatihati// 9 // mahbhasmapradigdhgo nirvaraa eva ca/ samasyn sajtn utsavn ca darana// 10 // durgam adhvnagamanam anpan ca sevanam/ abhyaga caiva gtr tilagomayakardamai// 11 // suvaramaimuktni bhaam rajatni ca/ darana vpy athaite vydhn sapraveanam// 12 // gyana nartana hsya vivhakaraa tath/ nanda ca pramoda ca vyasanasya ca daranam// 13 // puraghtadigdhgo naro maraam pnuyt/ 14a/// Colui che cosparso dolio mangia del riso cotto con le lenticchie immerso nellolio o entri dentro la madre o in un fuoco ardente (1), quelluomo che cade da un palazzo o dalla cima di un monte, e chi intrappolato nel fango o in un pozzo o nellacqua, costui perisce (2). Chiunque sradica un albero o che vede un poliziotto o chi vede una scimmia nel volto di una fanciulla (3), oppure quando qualcuno espelle in un usignolo (raktakaha) o nella gola,100 o chi emaciato legato con delle funi, costui muore (4). Colui il cui fulgore riflesso sullottone o su un recipiente dottone quelluomo nellarco di un periodo non lungo viene ucciso con una spada (5). Colui che dopo esser salito sulla

Davvero poco chiaro questemistichio. Certamente non possiamo trovare nemmeno lontanamente soddisfacente la traduzione di Doniger (2005 [1984]: 43-44) di tutti questi versi: Chiunque sogni di o di avere rapporti sessuali con una scimmia femmina o nella bocca di una fanciulla o di vomitare sangue dalla gola, o di essere legato con delle funi, morir
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cima del palo sacrificale, sale sulla punta di una barca, quelluomo in nellarco di un periodo non lungo sale sul patibolo (6). Chi in sogno ha la testa rasata, una veste ocra, o una veste bianca o rossa, costui lo assale la malattia (7). Colui sul quale sale un cane, o un boa, un varano, una iena oppure un istrice, un geco o unantilope, una tigre o un elefante (8) un impressionante serpente attorcigliato o un panno bianco o rosso, tutti questi lo avvicinano in sogno, allora la malattia pure lo avvicina (9); le membra cosparse di terra o cenere e inoltre senza vestimenti, anche la visione di problemi appena sorti e di festivit (10), [vedere] un forte, landare a un sacrificio, il frequentare dei luoghi desertici, il cospargersi delle membra con sesamo, sterco bovino o fango (11), la visione di tutti questi: oro, gemme e perle, un ornamento e largenteria, [significa] la penetrazione delle malattie (12); il canto, la danza, le risa e anche una celebrazione nuziale, la gioia e la letizia la visione del vizio (13), luomo le cui membra sono ricoperte di burro chiarificato stantio trova la morte (14a) ...

Si sar notato che in questi ultimi passi proposti molti sono i riferimenti, pi chiari che in precedenza alle malattie. Questo rimarca la connessione di AVP 68.5 con AVP 68.1. Oltre a ci, proprio per il naturale svolgimento del testo, vediamo come lattenzione si sposti sulle cause fisiologiche e prettamente fisiche del sogno. Questo un passo fondamentale per comprendere che la base effettiva di quelle visioni che esperiamo nello stato di sogno nello stato di veglia. Per tali motivi necessaria una digressione sui testi medici.

I.4: L A

TERZA FASE : FISIOLOGIA E ONIROMANZIA A CONFRONTO

Come gi anticipato, il terzo passo della nostra marcia sar bipartito. Soprattutto nel primo e nel terzo paragrafo dellAVP stato delineato un chiaro segmento che unisce lonirologia a due scienze, lyurveda e il Jyotia, questultimo nel suo senso pi ampio e comprensivo. Testimone della comunione di argomenti delle due discipline invero anche il fatto che grande attenzione dedicata in ambedue gli ambiti ai sogni annunciatori di malattia o morte. Nonostante il legame profondo tra i due riguardo allanalisi del fenomeno onirico, gi segnato nellAVS stessa, cionondimeno bisogna tener ben presente gli ambiti squisitamente peculiari e tecnici delle due vidy.

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Questa fase, rispetto a quella precedentemente investigata mediante il capitolo 68 dellAVP, reca con s la novella capacit di poter districare con nettezza tutto ci che appartiene alla sfera medica, dalle questioni stellari e meramente interpretative proprie del Jyotia. Di contro, per, non va dimenticato quanto le due scienze siano entrate in numerosi ambiti, utilizzandosi vicendevolmente al fine di completare e precisare una diagnosi medica o un quadro astrale. Il fatto che sia il Jyotia sia lyurveda non hanno solo i loro testi di riferimento, ma sono pure argomenti lungamente protagonisti nei compendi dei Pura o degli Itihsa. Si ricordi pure quanto inchiostro, per esempio, si sia versato per indagare le variegate conoscenze scientifiche dei grandi poeti e drammaturghi delle belles lettres dellepoca classica indiana, quali Klidsa, Mgha o Bhravi.101 Si dica pure, infine, che se si volesse esaminare il sogno con occhi indiani, ogni scienza e ogni orizzonte speculativo avrebbe la propria ricetta e i propri paradigmi. per questo che, sebbene i prossimi due paragrafi siano dedicati alle scienze succitate, il lettore non ci far una colpa se saremo costretti ad anticipare questioni che tratteremo pi avanti, a ripeterci o ad affermare qualcosa, che in unaltra parte della tesi potremo pure negare. Per questo ci si consenta di considerare i due paragrafi nel senso pi ampio possibile, sfociando anche in considerazioni e analisi a latere del solco primario. In definitiva come buona traccia di partenza si valuti che lambito in cui sembra pi a proprio agio lyurveda quello che potremmo definire adhibhautika, per la costante attenzione al corpo e ai suoi elementi costituenti, siano essi fisici o psichici. Daltro canto abbiamo il Jyotia, il cui raggio dazione si spinge e indaga la sfera segnatamente adhidaivika, nelle sue componenti cosmiche pi ampie, come anche nelle loro pieghe pi vicine allindividuo che sogna.

I.4.1: A NATOMIA

E FISIOLOGIA DEL SOGNO : I TESTI MEDICI

Nella sezione denominata rrasthna (S) della sua Sahit, Suruta (SuS III-IV sec.) parlando di vari organi corporei giunge al termine del passaggio in prosa IV.31 a
Per la trattazione pi analitica del sogno nella letteratura classica, nelle epiche e nei Pura rimandiamo alle opere in bibliografia, poich purtroppo la loro discussione ci condurrebbe troppo lontano dal taglio del nostro lavoro. Beninteso che solo per discutere anche sommariamente il sogno nei Pura, per esempio, non basterebbe di certo una semplice dissertazione dottorale.
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parlare del cuore come il luogo della coscienza: tadvieea cetansthnam, atas tasmis tamas vte sarvaprina svapanti/, Quello [= il cuore]102 in particolar modo seggio della coscienza, dunque quando questo avvolto dalla tenebra gli esseri viventi dormono. Continua lautore descrivendo ancora la situazione del cuore per chi dorme e chi veglia, dando una suggestiva e, nel contempo, significativa indicazione della tendenza individuale durante il sonno e durante la vita attiva (SuS S IV.31):
puarkea sada hdaya syd adhomukham/ jgratas tad vikasati svapata ca nimliati// Il cuore sia simile a un loto rivolto verso il basso; quello sboccia per chi veglia e si richiude per chi dorme.

Di grande interesse anche laccostamento del sonno con il potere illusorio (my) proprio di Viu (vaiav), della divinit che dorme e sogna lillusione del mondo, motivo che vedremo tra breve (FILLIOZAT, 1974: 216-217), di notevole utilit per comprendere gli sviluppi successivi, soprattutto relativi alla letteratura purica, ma anche lo Yogavsiha o Mokopya (YV/MU), nonch il Vednta pi recente e lo aktdvaita del Tripurrahasya.103 A questo punto il datato ma utile studio di Umesh Mishra (1929: 270-271), fa uninteressante digressione, che egli sembra attribuire a Suruta stesso, anche se il testo non gli di conforto. Tuttavia, gran parte delle considerazioni sono condivisibili. Secondo Mishra, il sonno prende possesso solo di quanti hanno in s una qualche forma di colpa o demerito (adharma), per cui un uomo pio e puro non dovrebbe dormire. Questo sarebbe il motivo per cui le divinit non sono toccate dalle tenebre del sonno e sono costantemente vigili e veglianti. Daltra parte, invece, per luomo e gli altri esseri viventi non possibile questa purezza assoluta,104 per cui essi cadono preda delloscurit che il sonno reca con s.
Naturalmente nel passaggio si stava parlando gi del cuore (hdaya), per cui qui sufficiente il pronome a richiamarlo. 103 Filliozat (1974: 216-217) nota una somiglianza tra questo passaggio della SuS e del Bhgavata Pura (BhP X.2.11), che riguarda la yoganidr o yogamy. Come qui sopra menzionato vi una stretta relazione tra il sonno o il sogno e Viu, che mediante esso illude il mondo intero (vivamohana, BhP X.13.44). 104 Il Nyyabhya ad Nyyastra I.1.2 indica sinteticamente quali siano le tendenze che conducono alle colpe di cui luomo si macchia senza tregua, dividendole in fisiche, verbali e mentali: rgadvedhikrc csatyerymylobhdayo do bhavanti. doai prayukta arrea pravarttamno hissteyapratiiddhamaithunny carati, vc ntaparuascan sabaddhni manas paradroha paradravybhips nstikya ceti. seya
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Mishra corretto nellaffermare che le divinit non sono sopraffatte dal sonno, perch la loro natura sovra individuale in quanto il loro corpo non soggiace ai limiti imposti dallindividualit che si muove allinterno delle strette maglie di nome (nma) e forma (rpa). Gli dei sono sostanziati dintelletto (buddhi), del grande principio (mahat), che secondo il Skhya (Skhya Krik, SK 23) dominato dal sattva gua, lucente e vigile. Questo il motivo principale del fatto che le divinit conoscono meno il sonno e lottundimento, rispetto agli esseri ordinari. Tuttavia va precisato che il sonno il ristoro di tutti gli esseri, tanto che alcuni fanno risalire letimo di iva alla radice svapne, che significa appunto dormire. Per questo, il luogo in cui ogni essere riposa non che lo stesso benevolo Principio che concede una tregua dalla convulsione della veglia: erate prino yatra sa iva (SARASVAT, HARIHARNANDA, 2000: 42; PELLEGRINI, 2009: 187-206). Sebbene bisogna certamente comprendere che il sonno determinato in ultima analisi dallignoranza (avidy) e ne partecipa della natura tenebrosa (tmasika), con un mutamento di prospettiva questo pu essere anche considerato il luogo dove gli esseri meritori, riposandosi, riescono a ricaricarsi. Ogni essere ha in s tre qualit (gua), tre tendenze: sattva, rajas e tamas, che variano di grado da individuo a individuo (FILLIOZAT, 1974: 213). Quando il cuore umano, la sede della coscienza individuale, catturato dal tamas si ha il sonno (IV.34), mentre il sattva responsabile del risveglio.105 La SuSa (S IV.33) descrivendo il sonno, ricorda da vicino lo Yoga Stra (YS I.10), col il commento Rjamrtaa (RM) del re Bhoja (XI sec.), secondo il quale il sonno una vtti della mente che non comprende lesistenza degli oggetti esterni (MISHRA, 1929: 271).106 La mente giunge a questa situazione per una preponderanza di tamas. a questo punto che il testo divide nidr in tre grandi sezioni, ognuna delle quali dominata da un gua:
pptmik pravttir adharmya ..., A causa del predominio di attaccamento e avversione sorgono i difetti quali la menzogna, linvidia, lillusione, lavidit e altri. [Lindividuo] mosso dai difetti, agendo col corpo compie violenze, furti, unioni carnali proibite e quantaltro, con la parola [dice] il falso, [parla] rudemente o fa discorsi sconnessi, con la mente odia gli altri, brama le sostanze altrui e non crede. Questa colpevole tendenza [conduce] al demerito ... 105 hdaya cetansthnam ukta suruta dehinm/ tamobhibhte tasmis tu nidr viati dehinam// 34 // nidrhetus tama sattva bodhane hetur ucyate/ svabhva eva v hetur garyn parikrtyate// 35 //, O Suruta, il cuore stato detto essere il seggio della coscienza di coloro che possiedono un corpo (34). Quando questo sopraffatto dal tamas, allora il sonno penetra lessere vivente. Il tamas detto essere causa del sonno, il sattva causa del risveglio, oppure, pi la causa importante definita la natura propria (35). 106 Bhojadeva commentando YS I.10: abhvapratyaylambana vttir nidr, definisce il sonno: jgratsvapnavttnm abhvas tasya pratyaya kraa buddhisattvcchdaka tamas tadev lambana viayo yasy s tathokt vttir nidr. buddhisattve hi trigue yad sattvarajas abhibhya samastakaravarakam virasti tamas tad buddher viaykraparimbhvd udbhtatamomay buddhim avabudhyamna purua suupto ntasaja ity ucyate.

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nidr tu vaiav ppmnam upadianti, s svabhvata eva sarvaprino bhisparati.107 tatra yad sajvahni srotsi tamobhyiha lem pratipadyate tad tmas nma nidr sabhavaty anavabodhin, s pralayakle, tamobhyihnm ahasu nisu ca bhavati, rajobhyihnm animitta,108 sattvabhyihnm ardhartre, kalemam anilabahuln manaarrbhitpavat ca naiva, s vaikrik bhavati // 33 // ... Insegnano che il sonno il potere illusorio di Viu ed colmo di colpa. Tale, per sua natura sopraffa ogni essere. Ivi, quando la flemma dominata dal tamas raggiunge i canali che convogliano la coscienza, allora sorge un sonno di nome tmas,109 dal quale nessuno si desta (anavabodhin): questo si ha al momento della distruzione [del mondo],110 Per coloro che hanno un grado maggiore di tamas [il sonno comune] avviene durante i d e durante le notti, per coloro che hanno invece un grado maggiore di rajas, si ha irregolare, per coloro che hanno un grado maggiore di sattva, si ha a mezzanotte. Per coloro che sono [quasi completamente] privi di flemma, che sono eccessivamente ariosi o che hanno tribolazioni della mente o del corpo, non si ha affatto: questo [il sonno] anormale (33).

Per lyurveda ogni genere di sonno corrisponde e pu essere fatto rientrare in questi tre tipi: 1) tmas nidr: pur portando con s le impressioni delle cognizioni, il sistema nervoso riempito di flemma e per lintensit del tamas, il sonno sovrasta lessere vivente. Nessuno si sveglia da questo sonno, in quanto ha luogo solo al momento della distruzione del mondo (pralaya). Questo stato chiamato tmas per la predominanza del tamas. 2) svbhvik nidr: il sonno naturale degli esseri viventi. Se in un individuo predomina sattva, allora il sonno che egli sperimenter questo; infatti se
107 alhaa commenta afferma che il sonno colpevole perch determina il cessare del compimento di azioni virtuose, facendo leva pi su una sua natura omissiva piuttosto che negativa: vior iya vaiav myaiva. ppmna kasmd mananti? ktsnaubhavypranirodht 108 alhaa chiarisce cosa sintenda per animittam, ovvero senza alcuna stretta osservanza temporale, talvolta di giorno, talvolta di notte, proprio per la natura movimentata del rajas: animittam aniyatakla, calatvd rajasa kadcid div kadcid ratrv ity artha. 109 alhaa aggiunge che sebbene ogni genere di sonno sia determinato dalla sovrabbondanza di tamas, questo preciso tipo di nidr si chiama tmas perch in esso la quantit di tamas davvero superiore: yady api sarvsm api nidr tamo hetus tathpi prakatamastvt tmasya nidr kathyate 110 Il passaggio un po ambiguo. Evidentemente si comincia parlando di un dominio individuale con i canali sottili protagonisti. Poi vi la menzione al pralaya. Se badiamo allaspetto individuale di questo sonno allora laggettivo anavabodhin del sonno deve essere tradotto come senza alcun genere di conoscenza. Comunque parleremo pi avanti del nitya pralaya che coinvolge il mondo, corrispondente nellindividuo a suupti. Si vedano anche le considerazioni di G. G. Filippi (2011: in via di pubblicazione).

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qualcuno ha in s un maggiore grado di rajas, allora il suo sonno sar irregolare, in quanto la natura stessa di rajas movimento (cala) (SK 23). Questo sonno naturale predomina a met della notte. 3) vaikrik nidr: questo tipo di sonno esperito da colui che ha un minor grado di flemma e maggiore vento. alhaa spiega che quando qualcuno esausto per la grande attivit fisica, la flemma di un individuo diminuisce e aumenta laria, ci determina una maggiore difficolt al sonno. Tuttavia questa stanchezza fisica si accompagna anche a una stanchezza mentale, per cui la mente si ritira in un luogo privo di oggetti esterni. A questo proposito alhaa (XII sec.), commentando la SuS ad S IV.33, cita un verso dalla Caraka Sahit (CaS, Strasthna 21.35):
yad tu manasi klnte karmtmna klamnvit/ viayebhyo nivartate tad svapiti mnava// Quando la mente stanca e insieme ai sensi (karmtmna) inattivi (klamnvit), si distoglie dagli oggetti, allora luomo dorme.

Nel commento allo rrasthna (S) dellAgahdaya (AH VI.39) di Vgbhaa (VB VII sec.) si cita un paio di versi del Strasthna (SS) dellAgasagraha (IX.2021) dello stesso autore, che ci ricordano alcuni passaggi della BU (IV.3.21), che analizzeremo nel capitolo IV.I:
lemvteu srotasu ramd uparateu ca/ indriyeu svakarmabhyo nidr viati dehinam// sarvendriyavyuparatau mano nuparata yad/ vieyebhyas tad svapna nnrpa prapayati// Quando tutti i canali (srota) appartenenti allorganismo sono riempiti di flemma (kapha) e gli organi di senso, stanchi, si ritirano dai loro campi dazione, allora il sonno sopraffa un uomo (20). Quando poi tutte le facolt sensoriali sono ritirate e la mente non ritirata dagli oggetti, allora [lindividuo] sperimenta il sogno dallaspetto molteplice (21).

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Questo sonno diviso ancora in due categorie: il sogno, o la coscienza nella condizione di sogno (svapna) e il sonno profondo (suupti) (MISHRA, 1929: 272-273). Il sogno uno stato specifico la cui origine, non indipendente, si ha nel jgaritasthna. La veglia ha, nel sogno, la funzione di impressione latente (saskra), per questo Layek (1990: 91) definisce svapna come un fenomeno secondario. Esso un tipo di conoscenza, unesperienza accompagnata da oggetti (viaya), che per ha luogo solo quando tutti i sensi si sono ritirati dalle loro funzioni normali. Questo punto di vista assomiglia a quello dei Vedntin. Il sogno una condizione mentale, o meglio, uno stato del tutto psichico in cui domina la mente che coglie un mondo di proiezioni creato da essa stessa e che risulta in esperienze di varia, se non divergente natura, che possono o meno recare significati nascosti (MURTHY, 2004: 195). Una cosa che comunque non chiara se il punto di vista yurvedico consideri il sogno un tipo di cognizione a s stante, quindi attiva nel suo sviluppo come la percezione vera e propria, o un tipo di conoscenza pi vicina al ricordo (smti) con funzioni pi rappresentative e passive. La SuS (S IV.36) d qualche ragguaglio in merito (FILLIZAT, 1974: 217-218):
prvadehnubhts tu bhttm svapata prabhu/ rajoyuktena manas ghty arth ubhubhn// Il S incarnato, il signore del [corpo] dormiente111 coglie gli oggetti fausti e infausti che sono stati esperiti in precedenza, grazie a una mente dotata di rajas.

Commentando il passo alhaa, prendendo spunto da unipotetica domanda di un obbiettore, scrive:

Il commentatore chiarisce il significato di svapata prabhu: svapata svpayuktasya arrasya prabhu svm ketraja ity artha, tadvaena sarvakriypravtte Molto interessante per lo sviluppo futuro della tesi la questione del signore del corpo dormiente, di chi lo governa, ovvero lo ketraja di BG XIII. Vedremo che rapporti ha questo concetto con quello vedntico di skin. Questo padrone del corpo addormentato, che con laiuto della mente, nella quale pure domina il rajas, causa delle cognizioni oniriche fondate su esperienze precedenti, della veglia o di altre vite, buone o meno che siano (MISHRA, 1929: 296). alhaa aggiunge che la possibilit che si rimanga costantemente in sogno e non si passi al sonno profondo non si d. La mente, infatti, provoca la visione onirica solo quando dominata dallagitazione del rajas, mentre quando il tamas si diffonde su essa, si passa inevitabilmente allinerzia e al velamento: katha punar arthn indriyagrhyn, nidrev indriyeu ghtty ha manaseti. manasa sarvadaiva sabhavt sad svapnadaranaprasaga ity ha rajoyukteneti, rayopreritenety artha, rajasa pravartakatvt, tamoyuktena ca manas na kim api supta payati, tamasa varatmakatvt ...
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nanu ca, ya kacid arthvabodha sa sarvo pi bhyrthvalambo da, na ca svapne bhyrthasya sattva vidyate, tat katha tatrrthvabodha iti? ucyate smtir eveya prvnubhte rthe, na cnanubhtaviay parisphurati [Obbiezione:] Per, qualsiasi sia una cognizione di oggetti, ognuna vista avere come base un oggetto esterno. Nel sogno non vi lesistenza di un oggetto esterno, allora l come avviene la cognizione delloggetto? [Risposta:] Si risponde: quella in verit una memoria che ha come contenuto loggetto esperito in precedenza, [un ricordo] il cui oggetto non sia [gi] stato esperito non si determina

Simile la descrizione del Cikits Sthna della Bhel Sahit (23.7), come riporta Murthy (2004: 196), nella quale Bhela (risalente ad alcuni secoli prima dellera cristiana) definisce il sogno come uno stato in cui i sensi esausti si ritraggono dai loro rispettivi oggetti anche se la mente continua a godere della loro percezione: sevate gocara te viddhi ta svapnanmakam.112 Per la genesi del sogno si richiede una previa relazione con i sensi e, di conseguenza, una relazione con la veglia. La continuit dellesperienza il ponte che riunisce il sogno alla veglia: ossia sia nella veglia, sia nel sogno si hanno delle cognizioni (CaS, Indriya Sthna [InS] IV.42). La cognizione di jgrat determina delle impressioni, le quali generano il sogno e le sue cognizioni. In verit sono proprio le impressioni che transitano da una condizione allaltra. Pi precisamente le impressioni di quanto si esperito, producono dei ricordi, i quali possono riaffiorare sia durante la veglia, sia durante il sogno, determinando il sogno di un qualche oggetto gi visto di giorno. Abbiamo gi visto come nel Veda spesso ci si trovi imbarazzati a tradurre il sostantivo svapna, oppure una forma qualsiasi della radice svap come sonno o sogno. Lo stesso accade anche in contesto yurvedico, nel quale in talune occasioni svapna viene inteso anche come sonno (CaS, SS XI.35): traya upasthabh iti hra, svapno brahmacaryam iti, Tre sono i supporti vitali: il cibo, il sonno e la castit. Anche Cakrapidatta (CpD, IX sec.), glossando CaS SS XXI.35 resta ambiguo. Anche se va ricordato che il verso di riferimento intende precisamente il sonno, egli in una frase sembra interpretare la parola svapna in entrambi i sensi: svapna ca
112 Murthy (2004: 196) menziona anche altri due versi molto simili attribuendoli a unopera intitolata Vaidyakya Subhita Shitya (21.22, 26): indriym uparame mano nuparata yadi/ sevate viayn eva tad vidyt svapnadaranam// 22 // // bhukte ca bhyakaraais tu jgradda bhavet/ svapno pi bhyanyasya bhoktur bhukti prakrtit// 26. Si confronti con YV/MU IV.19.11.

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nirindriyapradee manovasthnam., e il sonno il risiedere della mente in una regione priva di facolt sensoriali. Una doverosa anticipazione, come anche degno proseguo della nostra trattazione sta nel menzionare la triplice divisione del sogno del commentatore principale del Vaieika Stra (VaiS), ovvero Praastapda (PrP, V sec.).113 Egli, nel suo Padrthadharmasagraha (PDhS ad VaiS IX.2.7-9) propone una suddivisione dei sogni sulla base delle loro cause. Per cui avremo sogni nati dalle impressioni della veglia (saskra), sogni nati dallo squilibrio degli umori corporei (dhtudoa) e i sogni dovuti al bagaglio invisibile di meriti e demeriti che il sognatore porta inconsapevolmente con s (ada):114
uparatendriyagrmasya pralnamanaskasyendriyadvreaiva yad anubhava mnasa tat svapnajnam tat tu trividham saskrapavd dhtudod adc ca ... Quellesperienza mentale che si ha attraverso il senso [della mente] di colui il cui insieme dei sensi ha cessato [la sua attivit] e la mente si ritirata la cognizione

Secondo alcuni la classificazione quadripartita, perch aggiungono lo svapnntikajna ossia il sogno allinterno del sogno di cui lo stesso PrP parla nel medesimo passaggio (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 316, 321). Ganganath Jha, nella sua traduzione inglese del PDhS traduce il termine come dream-end cognition dicendo che si tratta di dream-within-dream; in this dream-end cognition a dream is the object of another dream (JHA, G. N., 1982 [1915]: 388). Per altri la quadripartizione di questo genere: 1) sogni dovuti a disturbi organici o muscolari; 2) sogni dovuti a esperienze precedenti; 3) sogni dovuti a suggestioni da parte di entit sottili; 4) sogni profetici. I primi due non corrispondono a dei fatti, mentre, secondo i buddhisti, i sogni profetici sono sempre veritieri. La terza variet pu essere vera o falsa, a seconda della verit o falsit del messaggio dellentit sottile o divina. Secondo i Bauddha tutti sognano, eccetto gli arhant, che appartengono a una classe superiore, in quanto la loro mente non soffre di viparyaya. Il monaco Ngasena, nel testo pl Milindapaha (IV.8.33), afferma che il sogno non n veglia n sonno, ma accede nella transizione tra loro. Gli atti onirici o i sogni stessi sono propizi (kuala), mal augurali (akuala) o indefiniti (avyakta)? Insomma, i sogni producono effetti? Nel sogno il controllo volontario sospeso e il monaco assolto dalle attivit compiute in sogno. Inoltre, il potere di volont del sogno non abbastanza forte da produrre rinascita, per se rafforzato da esperienze precedenti pu produrre effetti successivi nella vita stessa (CHI, 2001 [1953], VOL. 3: 596-598). 114 Ancora nel Milindapaha (IV.8.33) Ngasena di fronte a Milinda, sostiene che i sogni sono visti quando la mente attiva si trova in un sonno leggero, durante il quale si ha esperienza di pensieri sconclusionati e sparsi. In sonno profondo, invece, la mente diviene inattiva (IBID.). Secondo Ngasena i sogni sarebbero dovuti alla flemma, la bile, laria, linfluenza di divinit, linflusso delle abitudini proprie del sognatore (ESNOUL, 1959: 231234). Ariyavansa diccarans tent una classificazione sistematica del sogno, sempre dal lato del Buddhismo antico. Egli riconobbe quattro generi di sogno: 1) sogni dovuti a disturbi muscolari o dellorganismo, ovvero squilibri umorali, questi sono i sogni che si possono anche definire incubi; 2) sogni ricorrenti, che presentano costantemente lo stesso tipo di sogno, dovuti a precedenti esperienze avute in veglia; 3) sogni dovuti allintromissione di esterna di qualche essere sottile o rituale; 4) sogni profetici (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. I: 316, 321). Doniger (2005 [1984]: 48) legge la suddivisione come triplice invece che quadruplice. Intrigante altres la classificazione tipicamente Jaina dei sogni (WAYMAN, 1967: 4-5). Secondo il testo Jaina dedicato ai segni precursori, Agavijj, i sogni devono essere divisi in quelli che riflettono cose viste (diha=da), quelli che riflettono cono non viste (adiha=ada) e quelli visti in modo indefinito, senza confini ben torniti (avattadiha = avyaktada). Caraka, dal canto suo, include gli ultimi due tipi di sogni tra i sogni immaginati (kalpita) (DONIGER, IBID.; BALBIR, 2009: 140-141). Segnaliamo comunque il saggio di N. Balbir per chiunque volesse approfondire le implicazioni relative a sonno e sogno nella letteratura Jaina (IBID.: 103-158).
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onirica Quella [cognizione] triplice: [si ha] dalla forza delle impressioni latenti, dallo squilibrio degli umori e dalla forza invisibile 115

Pu accadere che un uomo desideri qualcosa in modo particolare e su quella cosa si posa costantemente il suo pensiero. Quando questi andr a letto sar preda della stessa serie di pensieri anche durante il sogno. Questo quello che si dice un sogno sorto per via della forza delle impressioni latenti (saskrapaut). Saltiamo dal primo tipo di sogni direttamente al terzo, perch il secondo sar argomento trattato pi estesamente qui sotto. Abbiamo parlato anche di sogni nate da forze invisibili (ada). Nel lessico tecnico dei darana quando si parla di ada si intende sia il risultato positivo e meritorio (dharma) dellinsieme delle attivit compiute, sia il frutto negativo e veicolante demerito (adharma) delle attivit proibite. Per questo, eventi non ancora percepiti (apratta) durante la vita di veglia del sognatore, oppure gi noti (pratta), come il cavalcare un elefante, ottenere un ombrello simbolo di regalit -, salire su un monte, mangiare riso cotto nel latte possono indicare buoni avvenimenti futuri; o ancora cose conosciute ma da cui ci si tenuti alla larga oppure situazioni mai viste in questa vita come la salita del monte Meru, percepire la presenza di divinit o anche abluirsi nella Gag, questi tutti sono sogni indicanti meriti del sognatore. Daltro canto, vi sono sogni indicatori di demerito e forieri di sventura, per esempio cospargersi il corpo dolio, salire su un cammello, cadere da unaltura, sprofondare nel pantano (MISHRA, 1929: 289-291).116 Il terzo tipo di sogni quello sorto dagli squilibri umorali. Come gi abbiamo visto, lyurveda indaga le malattie e gli squilibri psico-fisici mediante lesame del bilanciamento dei tre umori (doa), ossia flemma (kapha), bile (pitta) e aria (vta) (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 319-320). Quando tutti e tre gli umori sono nella loro forma viziata, allora i canali che collegano la mente al cuore sono parzialmente o completamente ostruiti, allora una persona vede vari generi di sogni terribili, addirittura la sua morte approcciarsi o altri del genere. Il sogno una peculiare esperienza mentale causata dalle facolt sensoriali in riposo. Per questo un individuo sogna vari tipi di visioni oniriche, sia di buon augurio, sia mal augurali (CaS InS V.41-42):
manovahn pratvd doair atibalais tribhi/

115 116

Rimandiamo per approfondimenti al capitolo 2 (pp. 134-136). Si noti quanto i testi successivi hanno preso a prestito dalle indicazioni dellAVP.

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srotas drun svapnn kle payati drue// ntiprasipta purua saphaln aphals tath/ indriyeena117 manas svapnn payaty anekadh// A causa del riempimento dei canali mentali [attaccati al cuore]118 con i tre umori estremamente aggravati, allora [luomo] vede dei sogni terribili in un momento [altrettanto] terribile (41). Un uomo che non completamente dormiente, con una mente che domina i sensi, vede sogni variegati che portano buoni frutti e infruttuosi (42).

Come gi accennato, uno degli aspetti fisiologici di svapna il bisogno dellabbondanza di rajas per manifestarsi. Secondo la SuSa (S IV.36-37) talvolta i sogni sono legati a vite precedenti. La mente ha solo limbarazzo della scelta, dallenorme magazzino delle passate esperienze, di questa e delle altre esistenze pu pescare accadimenti sia piacevoli sia spiacevoli. Quando poi tutti i sensi non sono completamente attivi, ci significa che hanno perduto il loro potere e sono soggiogati dal tamas, anche se lindividuo, pur sembrando assopito, non lo . In quel momento ha luogo il sogno:
prvadehnubhts tu bhttm svapata prabhu/ rajoyuktena manas ghty arth ubhubhn// karan tu vaikalye tamas bhipravardhite/

Nella sua yurvedadpik (VD), Cakrapidatta glossa il termine indriyeena (un bahuvrhi su di uno ah tatpurua: indriynm a, tena), come indriyaprerakea, che stimola i sensi. 118 CpD ad InS IV.41-42 spiega cosa siano i canali mentali attaccati al cuore: manovahni srotsi yady api ptha noktni, tathpi manasa kevala cetanvac charram ayanabhtam [vimnasthnae 5.7] ity abhidhnt sarvaarrasrotsi ghyante, vieea tu hdayritatvn manasas tadrit daa dhamanyo manovah abhidhyante ... Sebbene i canali che conducono la mente non siano stati trattati separatamente, tuttavia con la menzione della mente hanno il loro luogo solo nel corpo provvisto di coscienza , si considerano tutti i canali corporei, ma in particolare, poich la mente ha il proprio seggio nel cuore allora le dieci arterie (dhaman) che sono poste in esso sono chiamate manovah ... Si veda anche Singh (2008 [1958], VOL. 1: 322-323) in cui, analizzando i passi di CaS si spiega la ragione fisiologica di questi sogni terribili. Si hanno appunto delle forti correnti di ognuno dei tre umori allinterno delle manovah na. Egli continua citando akara Mira (aM, XV sec.) e il suo Kada Rahasya (KaR, STR, D. R. [ED.], 2007: 120) secondo il quale i sogni sono prodotti quando la mente, disconnessa dai sensi esterni eccetto il tatto, si trova allinterno delle svapnavah na: atha svapna. sa ca siddhopayuktntakaraajanya jna siddh ca nidr yad svapnavahanmadhyavarti mana tad bahirindriyasabandhaviraht svapnajnny eva jyante. tatrpi yad tvagindriyasypi sabandhavirahe suupti. tad ukta yad tvacam api parihtya mana purtati vartate tad suuptir iti Quando anche questultimo contatto sensoriale viene meno la mente penetra nella purtat na e, assopendosi, si entra nel sonno profondo. In questo panorama sembra esservi una contraddizione tra aM e Caraka, quando invece sono spesso in accordo. B. N. Seal (1985 [1915]: 222-225) cerca di risolvere la questione indicando che le manovah na sono dei canali mediante i quali lanima individuale con il manacakra. Quando le sensazioni iniziano, come avviene nelle allucinazioni e nei sogni interviene una particolare sezione della manovah na che si chiama appunto svapnavah na (si veda il capitolo 2, pp. 139-140).
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asvapann api bhttm prasupta iva cocyate// Il S incarnato, padrone, con una mente provvista di rajas, dormendo coglie enti propizi e non propizi esperiti con i corpi precedenti (36). Quando, poi i sensi sono deboli per la sopraffazione da parte di tamas, allora pur non dormendo, si dice che il S incarnato come assopito (37).

Il sogno uno stato in cui lattivit della mente non cessata (anuparatamanastva), mentre il sonno la cessazione dellattivit mentale esteriore (uparatamanastva). Pi precisamente, la mente in sogno attiva solo internamente e non allesterno del corpo: questo il retroterra in cui si vedono i sogni (LAYEK, 1990: 93). La CaS continua, come nella sua natura, nella categorizzazione del sogno. In un passaggio successivo (V.43) a quelli gi menzionati, classifica sette suddivisioni di sogni (STR, V. K., 1975: 92-98):119
da rutnubhta ca prrthita kalpita tath/ bhvika doaja caiva svapna saptavidha vidu// [I saggi nella materia medica] conobbero il sogno di sette tipi: visto, udito ed esperito, desiderato, inoltre immaginato, profetico e di certo nato dallo squilibrio degli umori.

Naturalmente lyurveda ha definito tutti e sette i tipi di svapna (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 315-316; WAYMAN, 1967: 5-6; MITTWEDE, 2009: 28-29). Nella fattispecie: 1) dasvapna: Sogno visto. quando si parla di visione (di) il fattore anatomico locchio, mentre quello fisiologico la visione. Certo si necessit di facolt ben funzionanti, cosa che sottende un rapporto, un filo di collegamento tra la realt onirica e quella empirica. Ogni uomo pu, infatti, sperimentare che quanto si vede durante la veglia poi riportato, con le sue peculiarit, nel sogno. In questo ponte sta lorigine di questo genere di sogno visto, che si fonda appunto sulla vita ordinaria di jgtavasth. 2) rutasvapna: Sogno udito. Il fattore anatomico , come la denominazione stessa suggerisce, lorecchio e la facolt coinvolta quella uditiva.
Il verso si ripete in AH S VI.61 (FILLIOZAT, 1974: 220). I versi seguenti (62-65a) ricalcano precisamente, con pochissime differenze, la CaS. Poi la disamina continua (65b-71a) indicando quali siano le visioni propizie in sogno.
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Anchesso forma, mediante il senso delludito un traid union con lesperienza di veglia (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 318). 3) anubhtasvapna: Sogno esperito. Tutto ci che si esperisce durante la veglia rivisto nel processo di rielaborazione onirica di quella stessa conoscenza. In parole pi semplici vi una riproduzione di esperienze passate. 4) prrthitasvapna: Sogno desiderato. Coinvolge pi da vicino dei fenomeni strettamente mentali, specialmente legati ad aspirazioni, desideri, brame. Per tal motivo senza dubbio un evento fisiologico e ancor pi psicologico. Per questo al di l di ogni visione o audizione e si collega direttamente alla coscienza (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 320). 5) kalpitasvapna: Sogno immaginato. connesso a un genere di immagine, una creazione del tutto mentale che potrebbe avere le sue radici nellesperienza quotidiana. Nessun prama in grado di cogliere questo genere di fenomeno. 6) bhvikasvapna: Sogno profetico. Il desiderio, la volont di divenire qualcosa la sua causa prima. Lindividuo, mosso da certi stimoli desidera diventare qualcosa che ancora non .120 7) doajasvapna: Sogno nato dagli umori. Lo squilibrio tra gli umori (dhtudoa) kapha, pitta e vta genera questi sogni. In aggiunta, anche il temperamento, le condizioni psicologiche e la condizione fisica possono aver qualcosa da dire nel sogno, in quanto tutto ci strettamente connesso alla natura fisiologica propria dellindividuo dovuta a un certo tipo di bilanciamento degli umori (doajaprakti). Anche i sogni sono causati da queste mescolanze, nature e squilibri. Per esempio limperante presenza del rosso, indica una preponderanza di pitta, quella del bianco di kapha e con il blu si ha vta. Anche commistioni sono possibili: il blu indica unazione congiunta di vta e pitta, per esempio (LAYEK, 1990: 94). Il commento allAH di Arua Datta, intitolato Sarvgasundara analizza uno a uno i sette tipi (prabheda) di sogno (MISHRA, 1929: 301-303):
da sa ucyate, ya caku jgradavasthy kicid vastujta dv tadn suptvasthy tda vastujta savittirpatay nubhyate// 1 // ya ca abdamtrea vstujta rotrendriyea ghyate tadn suptvasthy tdksavittirpatay nubhyate, sa ruta ucyate// 2 // yas tu jgradavasthy yathyatham indriyair anubhyate

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Bdaryaa (BS III.2.4) usa il termine scaka per indicare questo tipo di sogni.

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suptvasthy tdgantasavittirpatay nubhyate, so nubhta ucyate// 3 // yasmin de rute nubhte v yat prva jgradavasthy vastujta manas bhyarthyate tathaiva ca suptvasthym antasavittirpatay nubhyate, sa prrthita ucyate// 4 // yas tu abhi pratyaknumndibhir na do npi ruto npy anubhto darutnubhtatvbhvd ata eva na prrthita, api tu kevala manas yatheccham utprekya yat kicanarpbhi kalpanbhis tbhis tbhi kalpito jgradavasthy vastujto ntasavittv uprha, tadn suptvasthy tdg anubhyate, sa kalpita ucyate// 5 // ya ca darutdibhya svapnebhyo nyo vilakaasvapno yath dyate suptvasthym uttarakla tathaiva tatsvapnadarin narea tanmukhvagatatadarthair anyair api pratyakato dyate, sa bhvika// 6 // doaja sa svapna yo vtaja pittaja kaphajo v yathyatha doagunurpo ntasavittv anubhyata iti// 7 // Si dice visto quel [sogno] che [si ha] dopo aver scorto una qualche entit con la vista durante la condizione di veglia, e in seguito, durante il sonno si esperisce tale entit in forma di cognizione (1). Si dice invece udito quel [sogno che si ha] quando si coglie unentit che esclusivamente suono mediante la facolt uditiva, e in seguito, durante il sonno quella stessa si ha in forma di cognizione (2). Si dice ancora esperito quel [sogno che si ha quando] mediante i sensi si esperisce qualcosa cos com nella condizione di veglia e [poi] durante il sonno si esperisce quella stessa cosa in forma di cognizione interna (3). Quando si visto, udito o esperito in precedenza una certa entit nella condizione di veglia e la si desidera mentalmente, [e poi] proprio cos durante il sonno si esperisce quella stessa cosa in forma di cognizione interna: questo il sogno desiderato (4). Si dice immaginato quel [sogno che si ha quando] n si visto, n udito n esperito mediante i sei [mezzi di conoscenza] che iniziano dalla percezione diretta, linferenza e gli altri, a causa della mancanza delle [rispettive] propriet dellessere visto, udito o esperito, per cui [lente] non desiderato ma, avendo solamente immaginato con la mente secondo il proprio desiderio con delle immagini dalla forma indefinita e, nella condizione di veglia, mediante ognuna di quelle [immagini] si immaginato un certo ente che si dunque sviluppato sulla coscienza interna, e in seguito, durante il sonno quella stessa si ha in forma di cognizione (5). Si dice invece profetico quel [sogno] diverso dai sogni visti, uditi ecc., un sogno differente, ossia si vede durante il sogno qualcosa di tale quale a ci che luomo che ha visto quel sogno vede al momento successivo [= al risveglio] e, inoltre, lo conoscono anche altri che direttamente hanno appreso dalla sua [= del sognatore] bocca a proposito degli oggetti [visti in quel sogno] (6). Il sogno nato dallo squilibrio degli umori quello sorto [rispettivamente] dallaria, dalla bile e dalla flemma e rispettando i propri difetti e delle proprie qualit [umorali], esperito proprio allo stesso modo nella coscienza interna (7).

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Il testo di CaS (V.44-46) continua enunciando i risultati dei sette tipi di sogni, tra i quali i primi cinque non producono risultati (aphala), mentre gli ultimi due, bhvika e doaja recano con s dei frutti. Il primo dei due pu presentare, a seconda della sua natura, sia risultati positivi, sia negativi,121 mentre il secondo per lo pi un campanello dallarme per la nascita di malesseri e malattie e anche la recrudescenza di essi o addirittura annunciare la morte (FILLIOZAT, 1974: 218-219; MURTHY, 2004: 198199; MITTWEDE, 2009: 29):122
tatra pacavidha prvam aphala bhiag diet/ divsvapnam atihrasvam atidrgha ca buddhimn// 44 // da prathamartre ya svapna so lpaphalo bhavet/ na svaped ya punar dv sa sadya syn mahphala// 45 // akalyam api svapna dv tatraiva ya puna/ payet saumya ubhkra tasya vidyc chubha phalam// 46 //123 Il medico insegni che tra quelli i primi cinque tipi sono privi di frutto, sogni avuti durante il giorno, troppo brevi o troppo lunghi (44). Il sogno visto nella prima parte della notte ha un frutto minimo, mentre se non ci si riaddormentasse nuovamente dopo averlo visto, immediatamente il frutto diverrebbe grande (45). Chiunque pur avendo visto un sogno non propizio ivi [= nel sonno] vedesse di nuovo [in sogno] qualcosa di pacifico e propizio, si riconosca il risultato fausto di ci (46).124

Probabilmente questo il genere di sogni a cui fa riferimento nel suo commento ad BS II.1.14: yady api svapnadaranvasthasya sarpadaanodakasnndikryam anta tathpi tadavagati satyam eva phala, pratibuddhasypy abdhyamnatvt, na hi svapnt utthita svapnada sarpadaanodakasnndikrya mithyeti manyamnas tadavagatim api mithyeti manyate kacit. etena svapnado vagaty abdhanena dehamtrtmavdo dito veditavya. tath ca ruti yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane [ChU V.2.8/V.2.9] ity asatyena svapnadaranena satyy samddhe pratipatti darayati. tath pratyakadaraneu keucid arieu jteu na ciram iva jviyatti vidyt ity uktv atha svapn purua kadanta payati sa ena hanti ityadin tena tensatyenaiva svapnadaranena satya maraa scyata iti darayati. prasiddha ceda loke nvayavyatirekakualnm dena svapnadaranena sdhvgama scyata densdhvgama iti. tathkrdisatykarapratipattir d rekhntkarapratipatte Per la traduzione del passaggio si veda il capitolo 5 a pp. 494-496. 122 Lultimo verso del capitolo visto sin qui della CaS (V.47) sostiene, crudamente, che un medico non dovrebbe intraprendere alcun trattamento per un paziente che abbia avuto sogni che preannunciano la propria morte: prvarpy atha svapnn ya imn vetti drun/ na sa mohd asdhyeu karmy rabhate bhiak//. 123 CpD glossa in questo modo la capacit di avere dei risultati sia di buon auspicio, sia nefasti, da parte degli ultimi due tipi di sogni: prieyd bhvika doajanya ca saphalam. tatra bhvika ubhubharpatay ubhubhaphalaprada yat tu doajanya tad doaprakopajanyavydhirpaphalascakatay saphalam , Per esclusione [allora] il sogno profetico e quello sorto da squilibri umorali portano frutto. Tra questi quello profetico, poich ha un aspetto che pu essere tanto propizio quanto infausto, concede frutti sia propizi sia infausti, mentre quello che nato dallo squilibrio umorale reca un frutto perch informa del risultato che non altro che la malattia causata dalleccesso umorale ... 124 Si confronti con lAVP 68.2.57-59.
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Uninteressante nota la fornisce anche il celebre florilegio di insegnamenti etici e diplomatici (nti) del Pacatantra (PT) nel quinto e ultimo capitolo denominato Apariktakraka (I.11):
vydhitena saokena cintgrastena jantun/ kmrtena tha mattena da svapno nirarthaka// Il sogno avuto da un malato, da una persona sofferente, da una persona ghermita dalle preoccupazioni, da qualcuno tormentato dal desiderio e anche da un matto privo di significato.

Come gi abbiamo visto nellAVP 68.1 e 5, ogni uomo sogna diversi enti a seconda del proprio temperamento fisiologico e della propria natura (prakti). Per esempio un uomo arioso in sogno si vedr volare, arrampicarsi su vette inaccessibili o salire su alti alberi.125 Individui con temperamento spiccatamente bilioso vedranno alberi di pala (Butea Frondosa), oro, fuoco, saette, meteore incandescenti (ulka) o quantaltro sia connesso con la luce e il calore.126 Infine coloro che hanno natura flemmatica sognano bianchi fiori, cigni, laghetti e fiumiciattoli dalle acque limpide e quiete e nubi cariche di pioggia rinfrescante.127 Spingendoci oltre, interessante anche una brevissima trattazione su quali siano i sogni presagenti la morte.128 LAH (S VI.60) parla di sogni terribili che preannunciano la morte del sognatore:
dyante dru svapn rog yair yti pacatm/

Si vedano a questo proposito Sus S IV.65: viyati ca gacchati sabhramea supta., e AH S III.88: ailadrums te gamana ca ynti. 126 Sus S IV.69: supta san kanakapalakarikrn sapayed api ca hutavidyudulk, e AH S III.93: supta payed palakarikrn paln digdholkvidyudarknal ca. Si noti che il pala un albero il cui legno considerato di particolare calore e i suoi medicamenti sono indicati per ristabilire il giusto calore a quanto si era oltremodo raffreddato, per esempio degli occhi che perdono il loro calore, ossia la loro capacit e acutezza di vedere. Oltre a ci, si ricordi che loro considerato fuoco metallico reperibile nelle miniere (karaja TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 8). 127 Esempi di sogni visti da persone kaphaja sono presentati in Sus S IV.73: supta san sakamalahasacakravkn sapayed api ca jalayn manojn e AH S III.102: svapne sapadmn savihagamls toyayn payati toyad ca. 128 Si consideri che lintero primo capitolo del S della CaS dedicato ai segni premonitori della morte (MITTWEDE, 2009: 24-28). Senza entrare nel dettaglio riferiamo che anche un altro testo yurvedico molto noto, la rgadhara Sahita (I.3.14-26) presenta una lista di visioni oniriche nefaste (14-21) e propizie (22-26), per la traduzione si veda Wujastyk (2001 [1998]: 318-320). Analogamente si veda il Mastya Pura 242 (HOUBEN, 2009: 63, n. 58).
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aroga saaya prpya kacid eva vimucyate// Sogni terrificanti sono visti, attraverso i quali il malato giunge alla morte,129 [mentre] alla persona sana sorge un dubbio, solo qualcuno si salva [dalla morte].

I testi medici, come si addice a una professione rivolta in primo luogo alla diagnosi della malattia, danno notevole importanza e rilievo ai sogni violenti e che facciano presagire realt cruente. Per esempio salire su un asino o un somaro indica lessere colto da malattie incurabili e morire, anche violentemente.130 Chi vede spiriti spaventosi, beve vino in compagnia o trascinato da cani, dopo essere stato colto da febbre, spira. Chi vede in sogno il cielo rosso, si ammala di coliti ulcerative (raktapitta) e muore per emorragia. A chiunque in sogno cresca un rampicante spinoso nel cuore, si ammala di gulma, un tipo di tumore. Chi in sogno nudo mentre una persona cosparsa di burro chiarificato (ghta) offre oblazioni al fuoco quando dal suo petto nascono loti, si ammaler gravemente sulla pelle, per esempio diverr lebbroso; chi invece beve sostanze oleose con dei cala, morir di diabete (madhumeha); chi ancora, in sogno, danza con mostri antropofagi nottivaghi (rkasa), ballando sotto la piaggia si ammaler tanto da diventare pazzo e morir, e moti altri (MITTWEDE, 2009: 24-28).131 Altri sogni presagiscono solo malattie. Vedere uneclissi di sole o luna preannuncia una malattia agli occhi (akiroga), mentre se cade da uno dei due astri diverr cieco. Per un individuo in degenza medica sono di cattivo augurio sogni che indicano: lo spuntare di piante rampicanti dalla testa o la costruzione di un nido sul capo o su di esso lindugiare in volo di avvoltoi e corvi, lauto decapitazione, tagliarsi qualche parte del corpo con piante come bamb, erbe, spine, la caduta di ceneri o polvere, auto trascinarsi in acque melmose, vomitare, pur essendo sposati radersi da s, mangiare cibi ricchi, pieni di condimento e oleosi, bere vino, ottenere oro e argento. Chi vede durante il sogno che pianeti o stelle, denti o occhi delle divinit cadono, sar distrutto. Colui che sogna una foresta colma di fiori rossi, diverr un
Lespressione letterale andare allessere cinque, pacatvagamana, significa morire, in quanto morendo il corpo restituisce i propri cinque elementi ai cinque elementi naturali. 130 Si confronti con gli oscuri presagi visti in sogno dalla rkas Trija che preannunciano limminente fine di Rvaa (Rmyaa V.27; DONIGER, 2005: 52-54). akarcrya, commentando Vedntastra III.2.4, afferma che coloro che hanno studiato lo Svapndhyya dichiarano che vedere s stessi montati un elefante o cose analoghe, di buon auspicio e vedere s stessi seduti su un mezzo di trasporto trainato da asini infausto: cakate ca svapndhyyavida/ kujarrohadni svapne dhanyni kharayndnyadhanynti 131 Si veda anche la lunga lista degli incubi riportata da Doniger (2005 [1984]: 46-49) che cita come fonte SuS I.29.54-64, 67, 68, nonch Esnoul (1959: 225).
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peccatore accanito. Tutto quanto elencato conduce a sfortuna certa. Daltro canto vi sono anche sogni che veicolano buoni auspici: se si vedono vacche e tori, divinit, due volte nati, amici ancora in vita, re, saggi, una riserva dacqua pura, fuoco sfavillante, una donna dalla pelle chiara vestita di bianco. Se ancora qualcuno si vede in sogno circondato da rkasa i cui corpi sono coperti di sangue e per questo sembrano splendenti, allora ci sar una buona notizia lindomani. Chi riceve un ombrello, una veste bianca o uno specchio anche andr incontro a qualche fortuna. Monti, elefanti, alberi colmi di frutti, una persona che nuota in un fiume, un lago o loceano sono tutti segni benaugurali. Anche muoversi in sogno da est a nord pu indicare una lunga vita.132 Comunque, senza continuare in questelencazione rimandiamo ad altri che lhanno prodotta prima di noi (ESNOUL, 1959: 223-226; LAYEK, 1990: 94-96).133 Una rassicurazione degna di nota, consta nel fatto che quando un sogno non sia ricordato, per cui non possibile esternarlo o narrarlo a qualcuno, questo non avr le stesse conseguenze che avrebbe potuto avere una volta raccontato (SuS, SS 29.67), proprio perch la narrazione di esso contribuisce a donargli verit:
yathsva praktisvapno vismto vihatas tath/ cintkto div do bhavanty aphals tu te// Il sogno che in accordo alla propria natura umorale, quello dimenticato e quello contraddetto, quello causato dalle preoccupazioni e quello diurno, tali sono privi di frutto.

Tuttavia lo stesso testo continua (SuS SS 29.71b-74) offrendo degli antidoti rituali ai brutti sogni, agli incubi e ai loro effetti, come presentati nella lunga lista del testo (SuS SS 29.54-71a):
Si veda lAH di Vgbhaa nello S VI.40-58 per una trattazione generale sui sogni da esiti infausti, mentre i versi da 59 a 61 ripetono CaS S V.43-46. Si vedano anche Ca InS V.7-39, Nidhna Sthna II.6, 17. I versi che vanno da 62 a 73 rivelano i segni propizi di un sogno, come anche Sus SS 29.75-81 (TRIPH, R. N., 1987: 153-156). 133 Unultima questione che merita di essere riportata, anche se superficialmente, il rapporto delle anime trapassate con il fenomeno onirico. Spesso per spiegare degli incubi, come gi avevamo visto nel Veda, si ricorre alla momentanea possessione o penetrazione di spettri, spiriti, defunti (preta) o quantaltro nella psiche del sognatore. Per esempio assistere alla morte di famigliari o amici dovuto allinflusso di qualche spiritello. Accade talvolta, infatti, che questi, sotto le mentite spoglie di elefanti, cavalli o tori, appaiano in sogno a figli, parenti, mogli o mariti (Garua Pura, Uttara Khaa XI.5-12) (ESNOUL, 1959: 221-222). Lo spettro funge, per certi versi, da mediatore, da congiunzione tra il sognatore e il mondo dei defunti. Gli spettri sono anche chiamati in causa ogni qual volta il sognatore desidera liberarsi degli effetti indesiderati dei brutti sogni.
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svapnn evavidhn dv prtar utthya yatnavn// 71b // dadyn ms till loha viprebhya kcana tath/ japec cpi ubhn mantrn gyatr tripad tath// 72 // dv tu prathame yme svapnyd dhytv puna ubham/ japed v nyatama veda brahmacr samhita// 73 // na ccakta kasmaicid dv svapnam aobhanam/ devatyatane caiva vased rtritraya tath/ vipr ca pjayen nitya dusvapnt pravimucyate// 74 // Dopo aver visto siffatti sogni, essendosi levato il mattino presto colui che si sforza (71b) offra dei legumi,134 del sesamo, ferro e oro ai brhmaa e reciti delle formule fauste come la gyatr dai tre quarti135 (72). Se lo studente brhmaico avendo visto [un sogno] nella prima parte [della notte], dormisse nuovamente dopo aver meditato qualcosa di propizio oppure concentrato reciti una formula vedica fra tante (73), oppure [qualcuno] avendo visto un sogno nefasto non lo riveli ad alcuno e risieda per tre notti nella dimora di una divinit136 e onori sempre i brhmaa, in tal modo si libera dal brutto sogno (74).

Innumerevoli sono gli esempi e le liste nei testi sia medici, sia astrologici, cos come i Pura pullulano di segnali provenienti dai sogni, anche se, come abbiamo gi detto, i nostri obbiettivi vanno oltre la trattazione oniromantica, argomento gi studiato molte volte.

I.4.2: L O

SVAPNAVICRA COME ARGOMENTO ASTROLOGICO E OLTRE

Siamo dunque giunti allultima sezione vera e propria di questa prima parte del lavoro. Come il titolo preannuncia, il nostro obbiettivo di trattare s sommariamente alcune questioni legate allinterpretazione dei sogni nel vedga Jyotia, soprattutto nei suoi sviluppi pi recenti, ma soprattutto prestare il fianco a spunti e considerazioni che se la nostra tesi andasse a indagare altrove, sarebbero di fondamentale utilit.
M un tipo di legume chiamato in hind uad, tradotto in inglese con black gram o lenticchia nera. Il metro vedico gyatr ha 24 sillabe, otto per ogni pada o quarto/piede. 136 La stessa Wendy Doniger (2005 [1984]: 47) commenta in questo modo: Laffermazione secondo la quale il non raccontare il sogno fa parte del processo attraverso cui lo si rende irreale certamente significativa
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Abbiamo visto come nei paragrafi precedenti si sia seguita la traccia della triplice fase, lambendo in pi circostanze i testi dei darana, addirittura accennandovi ove il contesto ce lo richiedeva, restando per sempre al di qua di quella barricata ideale che divide il contesto rituale, medico, interpretativo o semplicemente letterario da quello marcatamente speculativo. Queste ultime riflessioni, insieme ai dati raccolti prendono il via da considerazioni astrologiche, per giungere poi ad altri ambiti, con brevi indicazioni riguardanti i Pura137 e le due maggiori epiche, Rmyaa (RM) e Mahbhrata (MhB), fino a presentarci di fronte allaltro vastissimo contesto, che da solo meriterebbe lunghe ricerche, ossia il Tantra.138 In questo frangente, senza entrare in tecnicismi fuori luogo propri dello stra in questione, vorremmo solo presentare brevemente lottica con cui il sogno viene letto e utilizzato praticamente, ma soprattutto il punto centrale dellonirologia astrologica, cio linterpretazione. Innanzitutto bene che si sappia che il Jyotia uno stra complesso, di grande vastit e fondato su solidi presupposti scientifici e applicazioni pragmatiche, che presuppongono lunghe osservazioni e sperimentazioni. Certamente nella formulazione pi antica di Lagadha era, com tuttora, validissimo punto dappoggio rituale per determinare i momenti pi propizi per certi sacrifici e per evitare o
Il Bhgavata Pura, testo di rara bellezza, intensit e aperto a innumerevoli implicazioni dottrinali, nomina il sogno svariate volte, trattandolo sempre con un occhio riguardoso di vari ambiti, sia quello divinatorio e mantico gi descritto, sia quello dottrinale di cui ci occuperemo nei capitoli seguenti. Si noti come negli ultimi tre skandha, che si prestano alle pi profonde osservazioni speculative vi sia la maggior concentrazione di riferimenti al sogno, soprattutto come metro di paragone di questo mondo e della sua realt ontologica. Si vedano comunque i seguenti passaggi, di cui faremo uso se e quando loccasione lo render opportuno: II.9.1, IV.12.15, V.14.17, VI.4.54, VI.15.21-23, VII.14.3-4, IX.4.15-16, IX.18.49, IX.19.26, IX.21.17, X.6.24, X.14.22, X.40.24, X.42.28-31, X.47.31-32, X.49.25, XI.2.38, XI.3.35, XI.11.8, XI.13.31, XI.14.28, XI.21.31, XI.22.40, XI.22.54-55, XII.4.20-21, XII.7.19, XI.10.31-32. 138 Al fine di avere alcune indicazioni sul sogno e le sue trattazioni nella letteratura classica si vedano vari contributi: Wayman (1967: 2-3) in cui si accenna al Kathsarirsgara di Somadeva (XII sec.); questo articolo riprende, in verit, le considerazioni di A. M. Esnoul (1959: 226-228) in cui lo stesso testo citato riferendo del sogno parallelo del re Vikrmditya e della principessa Malayavat. Altri due lavori interessanti sono apparsi ancora nel volume The Indian Night; il primo dei due, di Jean-Pierre Osier Common Dream and Its Interpretation according to Indian Narrative Material (2009: 260-274) che indaga principalmente Kathsarirsgara e la novella Kuvalayaml in prakta di Uddyotanasri; laltro articolo di Sylvain Brocquet, Between Dream and Reality: Literary Function of Dreams (2009: 275-302), che analizzando varie opere letterarie classiche quali il Nyastra, il Veisahra, la Svapnavsavadatt e il Daakumracarita, sullo sfondo delle quali aleggia la presenza della Bhatkath di Guhya, ahim tuttoggi perduta. Questultimo lavoro propone uninteressante lettura del sogno. Mentre nei darana si indaga il sogno come testimone di una penetrazione in altri domini di coscienza, un fenomeno che aiuta ad andare da un livello ontologico a un altro, in letteratura la questione muta. Il personaggio la cui vista limitata dalle ristrettezze della veglia, in sogno in grado di ottenere una visione e una capacit dazione pi completa e soddisfacente. Poi ancora il volume in sanscrito di R. N. Triph (1987) riporta lunghe sezioni di opere ad amplissimo raggio e dargomento vario, limitandosi per a scarse valutazioni o brevi commenti. Infine, tutto il volume della W. Doniger, sebbene spesso noi non ne condividiamo il taglio e le approssimazioni, resta importante miniera di dati e informazioni.
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prevenire linflusso particolarmente negativo di passaggi planetari e periodi astrali. Questo condusse la scienza al rango di membro ausiliario del Veda (vedga). Questa vidy, esprimendone le competenze con linguaggio pi vicino alla nostra sensibilit, un insieme difficilmente districabile di astronomia e astrologia, lungi dal limitarsi a banali ipotesi divinatorie. La Pinya k (41) fornisce unimmagine suggestiva della collocazione del Jyotia nel panorama dei vedga. Se il Veda venisse considerato come un gigantesco essere (vedapurua), ognuna delle sue parti corporee o facolt corrisponderebbe a una scienza, tra le quali lo studio e lanalisi del moto dei corpi celesti rappresenter locchio o la vista stessa del macrantropo: jyotim ayana cakur Il Jyotia ha tre filoni principali, ossia tre applicazioni effettive (skandha) (PINGREE, 1981: 1-2).139 La prima e pi nota lhorstra, lastrologia propriamente detta, ovvero il ramo della scienza che studia la genetliaca, le suddivisioni temporali e lindagine sui momenti propizi o meno per matrimoni o altri riti di passaggio (saskra). La seconda invece lastronomia scientifica, il siddhnta o gaita, che si occupa dei calcoli matematici delle posizioni dei pianeti, rivoluzioni, rotazioni, eclissi o quantaltro. Possiede tre divisioni principali quali laritmetica (pt o vyaktagaita), lalgebra (bjagaita) e la geometria (rekhgaita), che concorsero a formare grandi parti degli ulvastra. La terza sezione e quella che pi da vicino ci interessa riguarda una funzione che potremmo definire congiuntamente augurale e aruspicina, fondata sullinterpretazione dei segni (utpta, nimitta), il volo degli uccelli (akuna), dei portenti (adbhuta) provenienti dalla natura e da ogni suo elemento e la successiva divinazione. Questa scienza passa sotto il nome di Sahit, poich raccoglie una quantit non ben definita di materiali compositi di varia provenienza che si occupano dei pi disparati argomenti. allinterno di questultimo ramo che si situa lo svapnavicra, la scienza dei sogni e la costante ricerca per una loro interpretazione (DANILOU, 2007: 61). Il perch i sogni avvengono e il loro significato, sono sempre stati un oggetto di curiosit e indagine. Il valore profetico di alcuni di essi fece scaturire molteplici riflessioni in tutte le civilt arcaiche. In India, la teoria onirica e la ricerca dei significati dei sogni apparsa in molti testi, ovunque per si conosce con lappellativo
Il veda la Bhat Sahit (BS) I.9 di Varhamihira (VI sec.): jyotistram anekabhedaviaya skandhatraydhihita In questo verso lautore divide in primis lo stra in tre parti: gaita o tantra, hor e agavinicaya.
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generico di svapnavicra o, tuttal pi, facendo eco alle opere scritte di questa scienza per lo pi orale, svapndhyya. I sogni sono di vario genere. Essi prendono forma sulla falsa riga del pensiero discorsivo, sulla base di molteplici dati immagazzinati nel bagaglio della nostra memoria. Questo elemento interno, essenzialmente personale e contingente, pu essere accompagnato da elementi esogeni, che possono essere percezioni extrasensoriali, oppure anche lintrusione di pensieri esterni di altri essere viventi o entit sottili. Per vari motivi, allora, il fenomeno onirico conosce in s dei distinguo, cosicch si evidenziano vari tipi di sogni differenti tra loro. Lo yoga, soprattutto tantrico, rivela di tecniche in grado di permettere alle nostre energie vitali di penetrare in qualcun altro e, persino, di rianimare un cadavere. Allo stesso modo uno spirito, un essere sottile o persone addestrate a fare ci (maghi o tantrici), possono prendere possesso degli esseri viventi e parlare attraverso di loro. La stessa cosa pu avvenire anche con vati ed esseri divini. Questo fenomeno prende forma nel sogno profetico, quel bhvikasvapna di cui si gi parlato, nel quale una divinit o quantaltro pu avvisarci di un pericolo e consigliarci sul come evitarlo, indirizzarci verso una scelta piuttosto di unaltra (DANILOU, 2007: 63). Poich il pensiero razionale sospeso durante il sonno, difficile differenziare le varie fonti da cui il sogno trae il suo materiale.140 I lavori sullinterpretazione dei sogni cercano di stabilire le caratteristiche del sogno, la presenza di certi elementi simbolici che aiuta a determinare il suo carattere e la sua natura. In questottica la prima e pi elementare suddivisione dei sogni: sogni di buon auspicio (ubha) e sogni di malaugurio (aubha). Questa senza dubbio la pi antica classificazione, che tuttavia ripresa nelloniromanzia (WAYMAN, 1967: 3).141 In principio, lastrologia classica si occupa marginalmente del sogno. Vediamo, per esempio, come la BS menzioni il sogno solamente in due passaggi. Il primo (II.19) spiega quali siano gli argomenti legati alla scienza che sta dietro alla preparazione dei viaggi, pellegrinaggi e delle spedizioni militari (ytr), tra i quali
Secondo Danilou (2007: 62) esiste una memoria ancestrale innata (jtismaraa). Secondo lui certi elementi della nostra memoria genetica connessi alla trasmissione della vita sopravvivono da un passato molto remoto. Per questo motivo il feto, ancora nel ventre materno sogna di muoversi, camminare, mangiare (FILIPPI, 2005 [1996]: 52-54). Gi dalla nascita ogni essere vivente pronto ad agire secondo le proprie inclinazioni naturali. Questo tipo di comportamento istintivo particolarmente evidente negli animali, che gi alla nascita appaiono, a occhi umani, particolarmente autosufficienti. 141 Per chi volesse consultare e analizzare le questioni prettamente tecniche dellastrologia rimandiamo a Triph (1987: 185-191). Egli presenta anche uno schema utile per indicare quali siano gli influssi di ciascuno dei nove pianeti sui sogni degli uomini (185).
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scopriamo

vi

anche

il

sogno:

ytry

tu

tithidivasakaraanakatramuhrtavilagnayogadehaspandanasvapna- Molto pi avanti nel testo (48.22) troviamo una breve delucidazione in merito a questa nuda elencazione. In particolare tutto il capitolo 48 dedicato alla consacrazione regale nella quale necessario intraprendere un pellegrinaggio verso un trtha percorso da sacre acque, al fine di mondare il futuro sovrano da ogni colpa. I ministri, gli astrologi e i sacerdoti devono trascorrere fuori citt la notte precedente labluzione, preoccupandosi di fare delle offerte di cibo agli dei, chiamandoli poi a presenziare e a offrire le loro benedizioni al re in fieri.
vhiteu ktv pj t arvar vaseyus te/ sadasadsvapnanimitta ytry svapnavidhir ukta// Invocate [le divinit] e avendo compiuto ladorazione, essi [gli astrologi, i ministri e i sacerdoti] spendano [l] quella notte [per indagare se] la natura dei sogni sia buona142 o cattiva.143 La regola rispetto ai sogni stata trattata nella Ytr.

In questo frangente Varhamihira fa un preciso riferimento a unaltra sua opera, conosciuta col nome di Bhadytr,144 che il verso nomina semplicemente come Ytr per non infrangere il metro.145 Temi analoghi sono trattati nel Viudharmottara Pura (II.176) e nellAgni Pura (236.1-18),146 in cui si scrive che un re nei sette giorni precedenti linvasione di
Ricordiamo lAVP 68.3.5-10 che tratta di questi argomenti, in particolare 3.11-13 descrive i sogni di buon auspicio fatti non dai dignitari di corte o dai ministri, ma dal re stesso. 143 Ancora lo stesso testo (AVP 68.4.1-4) parla dei sogni nefasti di un re, visti i quali o si dovrebbe desistere da un viaggio o dallinvasione di altri regni. 144 Purtroppo non siamo riusciti a consultare lopera di cui stiamo parlando, perci basiamo le nostre considerazioni sulle opere degli studiosi a nostra disposizione. Esiste comunque una traduzione tedesca di H. Kern Die Yogaytr des Varhamihira, (IS) 10, 1868 dei primi nove capitoli (pp. 161-212); 14, 1976 (pp. 312-358) e 15, 1878 (167-184). Unedizione completa stata poi preparata a Lahore da Jagadish Lal nel 1944 (PINGREE, 1981: 108-109, n. 53). Kane (1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 774) menziona per precisamente dei versi di questopera riguardanti la divinazione e la previsione del futuro, cio 16.1-31. 145 Lo Yogaytr (13.4 e ss.) descrive i segni nefasti per un re che sta per invadere un regno nemico e i rituali per porre rimedio a ci. Lo stesso fa il Matsya Pura (243.2-12). Sempre Matsya Pura (243.15-25 e 27) e il Viudharmottara Pura (II.163.32) descrivono i segni di buon augurio per il re che sta intraprendendo la ytr (KANE, 1977 [1962], VOL. 2: 511, 876, e n. 1192, 2048). Analogamente si veda lo stesso Jyotistattva e anche Vasantarjakuna (V.2-6, 50) che elencano la visione di oggetti ben augurali allinizio di un viaggio (IBID., VOL. 5, PART 2: 729-730). Comunque vi sono alcuni versi riguardanti i susvapna dello Yogaytr nello Svapnaviveka (3847). 146 La divinazione attraverso i sogni argomento di numerosi capitoli purici: Vyu Pura 19.13-18; Matsya Pura 242; Viudharmottara Pura II.176; Bhaviya Pura I.194; Brahmavaivarta Pura Gaea Khaa 34.10-40; Agni Pura 229 (con molti versi simili e ripresi da Matsya Pura 242); lAdbhutasgara (pp. 493-515) si
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un regno avversario deve adorare e presentare varie offerte alle divinit, primo Gaapati, ai guardiani delle direzioni dello spazio (dikpla), ai pianeti (graha), agli Avin, Viu, iva e ad altre icone templari della sua capitale. Fatto ci deve prendere nota dei bei sogni e degli incubi avuti in quei giorni e considerarne le conseguenze.147 In varie riprese il Rmyaa descrive numerosi sogni, fatti da altrettanti personaggi del poema. Nel Sundaraka (27.23-54), per esempio la rkas Trija racconta in dettaglio di alcuni sogni tremendi avuti, che mostrano la distruzione dei rkasa da parte di Rma (DONINGER, 2005 [1984]: 52-53). Tra i segni nefasti che lei vide in sogno cera Rvaa intossicato, con il capo rasato, vestito di vesti rosse, mentre beve dellolio con il quale si insozza. Egli descritto mentre in sogno indossa corone di fiori oleandro (karavra) e cade a terra con il suo carro pupaka. Successivamente, assiso su un carro trainato da asini porta indumenti rossi ed cosparso di rossi unguenti (V.19-27).148 NellAyodhyka (69.8-20) mentre Bharata era con suo zio materno vede in sogno suo padre Daaratha sporco e con i capelli arruffati cadere da un picco montano in un lago torbido formato da sterco, per poi bere quellacqua sozza mescolata allolio. Egli vede anche loceano prosciugato e la luna caduta sulla terra, suo padre assiso su uno scuro seggio di ferro, vestito di nere vesti e picchiato da una donna scura e fulva; lo vede ancora andare verso sud seduto su un carro trainato da asini. Dopo aver scorto questoscuro presagio, Bharata certamente a conoscenza della tradizione dellinterpretazione simbolica dei sogni,149 dice che tutto ci avrebbe potuto significare la morte o del re Daaratha o di Rma o di Lakmaa (DONINGER, 2005 [1984]: 56-57).150

occupa anche dei sogni nefasti e dei riti capaci di pacificarne gli effetti (nti) (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 774-775). 147 Si vedano anche Matsya Pura 242 e Agni Pura 229. Varhamihira (Bhadyogaytr citato da Adbhutasgara p. 494: yajjgrato dram udaiti daivam vartya mantrn pratas triretn/ laghvekabhugdakiaprvay svapna parketa yathopadeam// nama ambho trinetrya rudrya varadya ca/ vmanya virpya svapndhipataye nama// bhagavan devadevea labhdvavhana/ inie samcakva svapne suptasya vatam//) prescrive che il re ben vestito e ornato, accompagnato dagli astrologi e dal purohita, entri nel tempio della sua divinit delezione e dopo aver adorato i guardiani delle regioni dello spazio, ponga 4 vasi pieni dacqua in ognuna delle direzioni e ripeta per tre volte il mantra di Vjasaney Sahit 34.1: yajjgrato dram udaiti daiva tadu suptasya tathaiveti/ dragama jyoti jyotir eka tan me mana ivasakalpam astu//. Poi mangi una volta sola al giorno, dorma sul suo lato destro e preghi Rudra ed esamini i sogni, fausti o infausti che siano, visti verso la fine della notte. I due versi nama ambho appaiono in Viudharmottara Pura II.176.9-10. 148 Vi sono sogni simili anche nel Vanaparvan del MhB 280.64-66. 149 Si rammenti quanto indicavano soprattutto i paragrafi 68.2 e 4-5 dellAVP. 150 Per uno sguardo dinsieme sul sogno nelle varianti delle Rmakath si veda il contributo di Eva De Clercq Sleep and Dreams in the Rma-Kaths (2009: 303-328).

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Anche nel Mausalaparvan del MhB (3.1-4), gli Ydava vedono in sogno una donna nera con denti biancastri mentre corre verso Dvrak e, ridendo rapisce le loro donne. Terribili avvoltoi si vedono mentre divoravano i Vi e gli Andhaka nello loro case, proprio nella parte in cui installato il fuoco rituale domestico (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 775).151 Vero e proprio oceano di esempi di sogni propizi e incubi lAdbhutasgara (pp. 502-513)152 di un certo Satycrya, che raccoglie e cita da Pura, dalle smti, come la Pararasmti, cos come dai lavori di Varhamihira. Il testo dellAdbhutasgara (pp. 502-503) cita dal Matsya Pura (242.2-14), che in varie battute ricorda ci che lAVP153 gi aveva anticipato rispetto ai sogni nefasti: lo sbocciare di erbe e piante dal corpo di qualcuno, eccetto che dallombelico, vassoi di bronzo spaccati sulla testa di qualcuno e poi polverizzati, il rasarsi il capo, la nudit, indossare vesti sporche, il bagno con oli, lessere imbrattati di fango, cadere da un luogo posto in alto, sedendo su unaltalena raccogliere fango e ferro, uccidere cavalli, salire su alberi fioriti e sopra cerchi e cavalcare cinghiali, orsi, asini o cammelli, cibarsi della carne di uccelli o pesci e olio e riso mischiato a legumi mudga e lenticchie nere (m), danzare, ridere, sposarsi e cantare, suonare uno strumento musicale non a corda, andare al fiume per lavarsi, bagnarsi con acqua mista a sterco bovino o fango o con acqua caduta sulla nuda terra, entrare nel grembo della propria madre, salire su una pira funeraria, la caduta dello stendardo di Indra, la caduta del sole o della luna, vedere portenti di tre tipi (celesti, atmosferici o terrestri), lira degli di, dei brhmaa, del re e del proprio guru, abbracciare vergini, sodomia, la perdita di un proprio arto, vomitare e spurgare pus, dirigersi verso sud, essere sopraffatti da una malattia, caduta di frutti e fiori, la caduta di case, ramazzare la casa con una scopa, giocare con nani, uccelli o animali che si cibino di carne putrida, scimmie, orsi o uomini, umiliazione da parte di stranieri o nemici, sorgere di calamit causate da altre persone, indossare vesti color ocra, giocare con donne, tuffarsi nellolio o in bevande, indossare vesti rosse e cospargersi di rossi unguenti.
Sar bene ribadire che in queste battute non intendiamo di certo essere esaustivi, anche perch lindagine solo relativa ai sogni nelle epiche potrebbe riempire enormi volumi. Queste note hanno solo il valore di materiali per introdurre allo studio dellonirologia nelle epiche. Per altri sogni significativi raccolti nel MhB e Brahmavaivarta Pura si veda per esempio quello narrato e analizzato da W. Doniger (2005 [1984]: 57-61) che ha come leroe tragico Kara (MhB V.141.5-42), mentre nel Gaapati Khaa del Brahmavaivarta Pura (33.35-43, 58-62) narra prima i sogni fausti di Paraurma alla vigilia dello scontro con Arjuna Krtavrya, e di contro (34.10-14) racconta i sogni nefasti di questultimo. 152 Non siamo riusciti a controllare personalmente il testo di cui stiamo parlando, per cui la trattazione prende le mosse da History of Dharmastra (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 776). 153 Si veda AVP 68.2.37b-54 e 68.5.1-14a.
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CAPITOLO 1: PANORAMICA LETTERARIA SULLE ORIGINI DELLONIROLOGIA IN INDIA

Il Matsya Pura (242.21-35),154 descrive i segni propizi visti nei sogni, dopo i quali si ha successo in unimpresa o si liberati da una sofferenza:155 salire monti, palazzi, elefanti, cavalli e tori; muoversi tra alberi con fiori bianchi; germogliare di alberi ed erbe dallombelico e vedere il sognatore stesso dotato di molte mani e piedi; portare ghirlande di fiori bianchissimi e indossare vesti candide; eclissi di sole, luna e gli asterismi; aspergersi tutto il corpo dacqua; abbracciare o sollevare la bandiera di Indra; la presa della terra e dei mari; uccisione dei nemici; vittoria in dispute, nel gioco dazzardo e in battaglia; mangiare carne fresca o pesce e riso cotto nel latte (pyasa); vedere sangue o lavarsi con quello; bere liquore, sangue, intossicanti e latte; essere circondato a terra da intestini; vista del cielo splendente; succhiare il latte direttamente dalle mammelle dalle vacche e da quelle delle bufale, dalle leonesse, elefantesse o cavalle; ricevere favori dalle immagini di divinit, brhmaa o dal guru; lavarsi con acqua che scorre dalle corna delle vacche o dalla luna presagisce lacquisizione di un regno; essere incoronato; il taglio della propria testa; la propria morte; essere bruciato dal fuoco; la propria casa, o altro bene proprio raso al suolo dal fuoco; assicurarsi le insegne reali; suonare il liuto; nuotare attraverso luoghi difficoltosi fino allaltra riva; il parto in casa propria di vacche, cavalle o elefantesse; essere assiso su un cavallo; il pianto; ottenimento di donne affascinanti o abbracciare costoro; essere legato con catene; essere cosparso di escrementi; vedere re e amici viventi; vedere le immagini degli dei o acque cristalline.156 Come ci si poteva immaginare, ci sono comunque in India dei testi esclusivamente dedicati al sogno e, con taglio squisitamente oniromantico, come testimonia il Catalogus Catalogorum (2001 [1891], VOL. 1: 749) sono una decina. Tra essi spiccano alcune lo Svapndhyya, attribuito a un certo Bhaspati e lo Svapnacintmai di Jagaddeva (XII sec., ESNOUL, 1959: 222-223). Questultima opera senza dubbio la pi importante, in quanto compendio sommo di tutta lIndia brhaica sul sogno, nonch quella a cui lo stesso curatore dellAVP, Julius von Negelein, diede maggiore attenzione dandone nel 1912 unedizione a stampa, corredata da una traduzione

Questo passaggio citato Adbhutasgara (pp. 499-500), come appartenenti a Viu Pura e Viudharmottara Pura (IBID.: 777, n. 1255). 155 Si confronti con APV 68.2.1-37a. 156 Nel Kalpastra Jaina di Bhadrabhu (JACOBI, 1996 [1884], PART 1: 229) sono enumerati 14 sogni molto propizi visti dalla brhma Devnand: un elefante, un toro, un leone, ungere la dea r, una ghirlanda, la luna, il sole, una bandiera, un vaso, un lago di loti, loceano, una dimora celeste, un mucchio di gioielli, una fiamma (IBID.: 231-238, elaborano i dettagli di questi sogni).
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annotata in tedesco. Ivi si offre un vasto e dettagliato inventario di tutte le variet di sogni.157 In nostro possesso sono altre due brevi opere, certamente molto recenti in forma per lo pi di florilegio antologico: lo Svapnakamalkara di un certo astrologo (jyotirvid) rdhara, che rivendica per s il titolo di Svapndhyya158 e unaltra raccolta, pi completa, dal titolo Svapnaviveka, curata e commentata in hind da Vidhyevar Prasda Dvived. Alex Wayman menziona pure unopera in hind, lo Svapnavicr e una traduzione sempre in hind dello Svapndhyya, condotta per i tipi della celebre Vekaevara Steam Press di Bombay nel 1927 (1967: 1, 3).159 Ancora Wayman (IBID.: 3) afferma che lo Svapndhyya si fonda su una duplice divisione dei sogni: quelli che conducono a un risultato desiderato (iaphala) e quelli che conducono a un risultato non desiderato (aniaphala). Egli riporta anche alcuni versi, che descrivono sia i sogni dalliaphala (2-4), sia quelli dallaniaphala (39-40). In un compendio160 a uso del pio hind, che getta luce su innumerevoli questioni rituali e comportamentali, noto come Dharmasidhu (DhS), il suo compilatore Kntha Updhyya (fine XVIII sec.) e nellultimo capitolo della prima met (prvrdha) del terzo pariccheda, pone lo svapnavicra. Ivi (DhS, 2006: 710-713) ritroviamo dei versi corrispondenti a quelli appartenenti allo Svapndhyya, riportati e tradotti da Wayman (1967: 3, n. 10).161 Vale la pena di vederne alcuni passaggi:162
svapno dvividha iaphalo niaphala ceti. tatra smnyata iaphalo yath

Si veda Pingree (1981: 77, n. 67). I.2: svapndhyya pravakymi muhyante yatra sraya/ nnmatni sacintya yathbuddhibalodayam//. 159 Purtroppo non siamo riusciti a reperire il volume. 160 Inutile ribadire che moltissimi versi sono ripresi dai numerosi svapndhyya dei vari Pura (in primis Mastya, Garua, Viudharmottara, Brahmavaivarta, Agni, ecc.; VON NEGELEIN, 1912: XIX-XX) dallAVP, dallo Yogaytr, dallo Svapnacintmai e dai vari Dharmastra. Talvolta troviamo anche versi in disaccordo tra loro, per bene chiarire che i versi presenti in ognuno di questi contesti, quando non siano identici, sono analoghi uno allaltro. Se ci vero per opere pi antiche come Svapndhyya e Svapnacintmai, ci si potr figurare compendi molto recenti come Svapnaviveka, Svapnavicr, Svapnakamalkara e qualsiasi altra antologia non abbiamo potuto esaminare. Si consideri comunque che lAVP sembra davvero essere stato un testo fondamentale per lo sviluppo dello studio e lanalisi onirologica. 161 Quelli che Wayman riporta sono: nadsamudrarataam ka yath/ bhskarodayana caiva prajvalana ta hutanam// 2 // grahanakatratr candramaaladaranam/ harmyeu rohaa caiva prsdaikhare pi v// 3 // evam dni sadv nara siddhim avpnuyt// 4 // ditya vtha candra v vigacchavika yath/ potata ctha v nakatra trakdi ca v yadi// 39 // aoka karavra v pala vtha pupitam/ svapnn te yas tu payeta nara okam avpnuyt// 40 //. Wayman traduce cos: If a man sees a crossing over of a stream or body of woter, the sun rising into the sky, a blazing fire, the vision of the moon-disk among the asterism and planets, a mounting in palaces or to the summit of temples, he attains success (2-4) If one sees the sun or moon devoid of light or the asterisms and the stars tumbling down; or sees the Aoka tree, the Oleander, or the Pala tree in full bloom [apparently all of red blossoms], he attains sorrow. 162 Lo Svapnaviveka (24-30) indica questi versi come appartenenti allo Svapndhyya dellcramaykha.
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nadsamudrataraam kagamana tath/ grahanakatramrtaacandramaaladaranam//163 harmyasyrohaa caiva prsdairaso pi v/ svapne ca madirpna vasmsasya bhakaam// kmivinulepa ca rudhirebhiecanam/ bhojana dadhibhaktasya vetavastrnulepanam// ratnnybharadni svapne dv prasiddhyati/ devatviprapthivn praastbharagan// vabhaparvatakriphalivkdhirohaam/ darpamiamlypti uklapupbarritn/ drau svapne rthalbha syd vydhimoka ca jyate// Il sogno di due tipi: che ha effetti desiderati e che ha effetti indesiderati. Tra questi, generalmente quello che ha effetti desiderati [si presenta] in questo modo: il nuoto nei fiumi o nel mare e il movimento in cielo, la visione dei pianeti, degli asterismi, della regione del sole e della luna, salire su un grande edificio oppure anche sulla cima di palazzo, e in sogno bere bevande alcoliche, mangiare grasso o carne, cospargersi di vermi o escrementi, lavarsi con il sangue, mangiare riso con yogurt, avvolgersi in bianche vesti, colui che vede in sogno anche pietre preziose, gioielli o quantaltro, costui ha successo. Vi sia ottenimento della felicit e si produce la liberazione delle malattie per colui che in sogno vede divinit, brhmaa, il re, bei gioielli e belle donne, salire su tori, monti, alberi il cui frutto lattiginoso, lottenimento di uno specchio, di carne o di ghirlande, persone ornate con fiori bianchi o bianche vesti.

Vediamo ora i passaggi riguardanti i sogni dal frutto indesiderato:


dua kiukavalmkapribhadrdhirohaam/ tailakrpsapiykalohaprptir vipattaye// vivhakaraa svapne raktasragvastradhraam/ srotasharaa nea pakvamsasya bhojanam// dityasytha cendrasya niprabhasyvalokanam/ nakatrde ca ptasya svapne maraaokakt// aokakaravrapaln pupitn svapne darane oka. naukrohae prasva. raktavastragandhadhriy striy ligane mtyu. ghtataildinbhyage vydhi. keadantapte dhanana putraoko v. kharoramahiair yne tadyuktarathrohae v

Nel testo il verso inizia con la parola gha, ma ci pare opportuno emendare in graha, per coerenza con lintero emistichio e per analogia con i versi dello Svapndhyya.
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mtyu. karanskardicchede pakamajjane tailbhyage viabhakae pretligane naladamlino digambarasya yne kapuruadarane ca mtyu ... Mal augurale la salita di alberi di pala, di termitai e di alberi di pribhadra;164 per [determinare] la sventura invece vi lottenimento di olio, boccioli di cotone, asa foetida (piyka) e ferro, oppure sposarsi in sogno o indossare ghirlande o vesti rosse, non desiderabile essere trascinato via da una corrente [dacqua] e il mangiare carne cotta, vedere il sole e la luna privi di luce, in sogno la caduta di stelle o altri [corpi celesti] conduce alla morte o al dolore. Vi sar dolore se quando in sogno si vedono alberi di aoka, oleandro e pala fioriti; nel salire su una nave vi sar il risiedere allestero; nellabbraccio di una donna che indossa vesti rosse e profumi vi sar la morte; malattia nel cospargersi con burro chiarificato, olio o altre [sostanze untuose]; vi sar esaurimento delle ricchezze o un dolore legato al figlio se [si sogna] la caduta di capelli o denti; nellavere veicoli asini, cammelli o bufali, oppure salire su carri aggiogati a essi ci sar la morte; ancora vi sar la morte se [si sogna] il taglio di orecchie, naso, mani e altro, sprofondare nel fango, cospargersi di olio, mangiare veleno, abbracciare un defunto, salire su un uomo nudo che indossa una ghirlanda di fiori di nardo (nalada) e vedere un uomo scuro ...

Il testo continua con altri passaggi riferenti ai sogni fausti:165


yas tu payati vai svapne rjna kujara hayam/ suvara vabha g v kuumba tasya vardhate// va vka vruhya tatrasthasya jgare dhanpti. vetasarpea dakiabhujadae daadine sahasradhanalbha. jalasthasya vcikoragagrse jayaputradhanni. prsdaailrohae samudratarae rjyam. tagamadhye padmapatreu ghtapyasabhojane rjyam. balkkukkurkraucdarane bhryprpti. nigaair bandhe bahupbandhe v putradhandi. sane ayane yne arre vhane ghe/ jvalamne vibudhyeta tasya r sarvatomukh// sryacandramaaladarane rogio rogano nyasya dhanam. surrudhirayo pne viprasya vidy drder dhanam. uklmbaragandhadhriy subhagastriylihane sapatti. chatrapdukopnatkhagalbhe dhanam. vabhayuktarathrohae dhanam. dadhilbhe vedpti. dadhipayapne ghtalbhe ca yaa. ghtabhakae klea. antrair veane rjyam.

Lalbero qui citato conosciuto in hind col nome di nm, e questo stesso appellativo sanscrito si applica a vari nomi botanici: Erithrina Indica, Azadirachta Indica, Pinus Deodora o Longifolia. 165 Moltissimi dei versi che seguono sono contenuti nello Svapnaviveka e ritenuti utili per numerose attivit riguardanti la sfera rituale dellindividuo.
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manuasya

caraamsabhakae

ata

lbha.

bhubhakae

sahasram.

ramsabhakae rjya v, sahasradhana v. saphenakrapne somapnam. godhmadarane dhanalbha. yavadarane yaja. gaurasarapadarane lbha. ngapatra labhe svapne karprgama tath/ candana pura pupa tasya r sarvatomukh// sarvi uklnyatiobhanni krpsabhasmaudanatakravarjyam/ sarvi kny atininditni gohastidevadvijavjivarjyam// svapnas tu prathame yme vatsarnte phalaprada. dvitye amsais ttye trimsnte, caturthe yme msnte, aruodaye dahnte. sryodaye sadyaphalam ...

Colui che invero nel sogno vede il re, un elefante, un cavallo, delloro, un toro o una vacca, per costui saccresce la famiglia. Si ha lottenimento di ricchezza al risveglio per chi sta, dopo esservi salito, su un toro o un albero; vi il profitto di mille ricchezze in dieci giorni quando vi sia il morso sul braccio destro da parte di un serpente bianco; [si ottengono] gloria, figlie e ricchezze quando vi sia il morso di uno scorpione o un serpente per qualcuno che sta in acqua; un regno quando si salga su un palazzo o un monte o si nuoti in mare, ancora un regno nel cibarsi di riso cotto nel latte con burro chiarificato in foglie di loto nel mezzo di uno specchio dacqua; si ottiene una moglie con la visione di una gru, di una gallina o di un chiurlo femmina; [si ottengono] figli, ricchezze e altro nellessere legati da catene o nellessere chiusi con molte corde. Colui che si svegli dopo aver visto il suo seggio, il letto, il mezzo di trasporto, il corpo, il veicolo, la casa che bruciano, costui avr fortuna su ogni fronte. Quando vi la visione della regione del sole o della luna da parte di un malato, termina la malattia, [se] di un altro allora vi ricchezza; nel bere liquori o sangue per un brhmaa c erudizione e per uno dra o altra ricchezza; vi sono possedimenti quando si abbraccia una bella donna che indossa vesti bianche e profumi; se si ottengono ombrelli, zoccoli,166 scarpe o una spada, vi sar ricchezza; ancora ricchezza salendo su un carro aggiogato a tori; con lottenimento di yogurt acquisizione del Veda [= erudizione vedica]; quando si bevono yogurt o latte, oppure si ottiene burro chiarificato si avr fama, mentre quando si mangia del burro chiarificato vi [una qualche] afflizione; [si ottiene] il regno con lessere avvolti da intestini. V il vantaggio di cento [monete] col cibarsi della carne dei piedi di un uomo, [mentre] col cibarsi [della carne] delle braccia mille; un regno col cibarsi della carne della testa oppure mille ricchezze; si berr il soma col bere latte con la schiuma; vi il vantaggio di [acquisire] ricchezze con la visione del grano, di sacrificio con la visione dellorzo e [qualsiasi genere di] vantaggio vedendo dei semi di

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Tecnicamente le pduk sono gli zoccoli di legno portati dai rinuncianti.

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senape bianchi. In sogno chi ottenga la ngapatra (Artemisia Vulgaris o Alpinia Nutans)167 o larrivo della canfora e il sandalo, la pura168 o un fiore, costui avr fortuna su ogni fronte. Tutte le cose bianche sono davvero propizie, eccetto il cotone, la cenere, il riso bollito e il siero burroso del latte (takra), mentre sono oltremodo infauste tutte le cose scure, eccetto le vacche, gli elefanti, le divinit, i due volte nati e i cavalli. Il sogno che si ha nella prima parte [della notte] d frutto dopo un anno, nella seconda [parte] nellarco di otto mesi, nella terza dopo tre mesi, nella quarta parte dopo un mese, allalba [il frutto si ha] dopo dieci giorni e al sorgere del sole il frutto immediato.

Infine abbiamo una serie di versi, sempre presi da varie fonti, che si occupano di fornire dei consigli per quanti vogliono liberarsi ritualmente dagli effetti dei brutti sogni:
yo me rjann ity c sryopasthne dusvapnana, adhasvapnasyeti japd v. kvacid daravacchrddhena dusvapnana, cadsaptaatphena v. yad v rviusahasranmastotrajapa krya. athav rbhratasthasya rmadbhgavatasthasya v gajendramokasya ravaa pho v. iti dusvapnanakavidhi ... Vi la distruzione dei brutti sogno con ladorazione del sole mediante la strofa yo me rajan [V II.28.10] o grazie alla ripetizione di adhasvapnasya;169 talvolta anche facendo i rituali per i defunti alla luna vuota vi lannientamento degli incubi, oppure con la recitazione della Durgsaptaat,170 o ancora si faccia la recitazione dellinno ai mille nomi di Viu [MhB Anusana Parvan 149], o ancora vi sia lascolto o la recitazione dell[inno della] liberazione del signore degli elefanti che sta nel Mahbhrata171 o nel Bhgavata Pura [VIII.4]: tale lingiunzione che elimina i brutti sogni ...

Infine abbiamo il gi citato lo Svapnacintmai (SvC) senza dubbio il testo pi antico e importante tra quelli interamente dedicati allo svapnavicra. Lastrologo Durlabharj, della famiglia dei Prgva del Gujart, intraprese la redazione di uno dei primi trattati di fisiognomica (smudrika) e chiromanzia (hastarekhvijna), il Smudrikatilaka. Purtroppo questi mor lasciando al dotto figlio
Si tenga presente che ngapatra indica anche un incantesimo contro i serpenti e il loro veleno. Si tratterebbe o dellAnogeissus Latifolia o dellAndropon con fiori bianchi. 169 Non siamo, per il momento, riusciti a rintracciare questa formula. 170 Contenuta nel Mrkaeya Pura 81-93. 171 In verit nel MhB non c un nuovo racconto della storia di Gajendra, ma solo la narrazione riguardante il re Indradyumna, discendente di Svayabhuva Manu che nella sua vita successiva sarebbe divenuto il signore degli elefanti (Vana Parvan 198).
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lincombenza di terminare il trattato. Il figlio, di nome Jagaddeva, intorno al 1175 fu anche autore dellimportante trattato di oniromanzia che qui sommariamente discutiamo. Il testo fu il primo nel suo genere, sebbene potesse basarsi su una letteratura precedente, che andava dal V stesso, allAV con lAVP. Oltre a ci, erano gi presenti, probabilmente non nella forma che oggi possediamo, altri svapndhyya del Matsya Pura (242) e dei capitoli 77 e 83 del Kajanma Khaa del Brahmavaivarta Pura (PINGREE, 1981: 76-77). Anche questo testo, come i pochi che lo precedono cronologicamente, oltre a redigere una casistica dei sogni, si occupa di proporre delle pratiche legate ai sogni avuti, o anche per veicolare determinati sogni, particolare che nella letteratura tantrica si ritrova molto spesso. In questo caso, va ricordato che per lenorme variet e nebbiosit del materiale onirico, resta comunque difficile proporre una precisa categorizzazione e casistica, in quanto spesso i sogni sfuggono a questo genere di incasellamento.172 Comunque il cuore dello SvC votato ad accertare a quale sogno sia prognosticabile un esito ubha e a quale uno aubha e soprattutto, enunciando lo scopo del suo lavoro, Jagaddeva scrive che egli sta solo riunendo e riassumendo in un solo testo tutte le caratterizzazioni in sogni fausti e infausti fornite dai vati in modo frammentario (I.2):
kavibhi ktni khaoddeena svapnalakany agre tny ekasthni ubhubhni sakepato vakye. In principio i vati fornirono mediante frammenti le descrizioni dei sogni, io descriver sinteticamente quelli fausti e infausti [riunendoli] in un solo testo.

Gi in queste battute iniziali lautore mostra di accettare la divisione primaria in sogni ubha e aubha, sebbene non siano categorie a compartimenti stagni. Egli propone comunque una divisione dei sogni in nove variet, distinguendoli attraverso la loro causa scatenante (I.4), specificando che i primi sei, per quali esiste o si pu tentare una spiegazione naturale, sono sterili, privi di frutto (niphala), mentre gli
Von Negelein (1912: XI) marchiando con la prima delle categorizzazioni lintera onirologia indiana come superstizione, scrive: Eine Darstellung des indiche Traumberglaubens hat schlechtin ihr Recht, che Houben (2009: 39) rende in inglese come: [an] ex position of the Indian superstition of dreams is definitely justified .
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ultimi tre in breve condurranno a fortune o sventure (HOUBEN, 2009: 41; ABEGG, 1959: 23):173 svapnanidnni nava. rutam anubhta pradaritam anurpa cint praktivikro dev puyni ppni// 4 //174 dya aka te ivam aiva vpi niphala bhavati. antyatrika ca te ubhubha sucayaty acirt// 5 //
Nove sono le cause dei sogni: udita, esperita, vista, la disposizione, la preoccupazione, una modificazione della propria costituzione [psico-]fisica, le divinit, attivit meritorie e attivit colpevoli (4). La prima serie di sei [tipi di sogni], di quelli sia ci che benevolo sia ci che infausto privo di frutto. Il trittico finale informa in breve sul loro risultato propizio o infausto (5).

Sono ancora privi di risultato altri generi di sogni (I.6-7), come quelli sorti da forti emozioni e bisogni fisici impellenti (I.8):
jeya prjena div da. ktaparicayas tathbhihita. dhivydhibhavo v. mlsvapno pi phalavihna// 6 // svapna pranaavastuprabhavo drghas tath tihrasvo v. dapramarpa. sa cirt kicitphalo bhavati// 7 // ratihsakopaokotshajugupsbhaydbhutotpanna. vitatha kudhpipsmtrapurodbhava svapna// 8 // Il saggio dovrebbe riconoscere [il sogno]: visto durante il giorno, quello con cui si gi fatta conoscenza e quello cos enunciato, oppure quello sorto da agonia psichica (dhi) e dolore fisico (vydhi) e anche i sogni in sequenza sono privi di risultato (6). Il sogno la cui sorgente dalla distruzione di qualcosa, quello lungo o molto breve, oppure quello la cui forma vista e subito dimenticata: questi hanno un certo piccolo frutto dopo lungo tempo (7). Ancora sono falsi i sogni sorti da passione sessuale, risa, pena, entusiasmo, ribrezzo, paura e portenti, o prodotti da fame, sete, [bisogno] di urinare o di defecare (8).

Di seguito il testo ribadisce quanto gi lAVP 68.1 e le Sahit yurvediche avevano indicato, cio le differenze nelle visioni oniriche per individui di temperamento flemmatico (I.9-10, kaphasvarpa), bilioso (I.11-12, pittaprakti) e arioso
Si confrontino CaS InS V.41-46 e AH S VI.60. Si vedano Viudharmottara Pura II.176.1-60, Mastya Pura 242.1-34 e Padma Pura Bhmikhaa 120.10-11 e 45-48.
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(I.13-14, pavanaprakti; ABEGG, 1959: 18, 24) nonch le gi pi volte citate differenziazioni nel momento notturno in cui il sogno vissuto (I.15-17). Subito dopo cominciano i consigli veri e propri dellautore al fine di salvaguardarsi dai brutti sogni e dai loro frutti e ottenere quanto pi vantaggio possibile dai sogni belli (I.18a). Non solo questo, ma per prevenire i dusvapna, prima di addormentarsi si dovrebbe meditare su Viu, iva o Brahm, sul sole o sacri guadi come le acque di Gag o altri (I.19-I.19a, ESNOUL, 1959: 223; HOUBEN, 2009: 42; ABEGG, 1959: 24):
ia dv svapna yadi supyate n pyate phala tasya. ney ni tu sudhiy dinarjastavanasastavanenaiva// 18 // prta snta purugurupj ktv dvij ca sasarpya. phalakusumaprapi(r) nivedayed devaviprebhya// 18a // devagurupjanapara pacanakaskrasaskta prta na ca phalavihnahasta kathayed atha buddhivddhnm// 19 // hariharaviricisryn dhytv gagdipuyatrthni satatam ya svapiti naro, na kad vypnoti dusvapnam// 19a // Se dopo aver visto un sogno desiderato nuovamente si dorme, non si attinge il suo frutto, invece un uomo dallintelletto sano dovrebbe trascorrere la notte proprio innalzando lodi al signore del giorno [il Sole] (18). Abluitosi al mattino presto, dopo aver offerto adorazione a molti maestri e aver approcciato i due volte nati con le mani piene di frutti e fiori, si racconti ai brhmaa [il sogno] (18a); dopo ladorazione alle divinit e ai maestri, purificato dalle cinque prosternazioni, il mattino di buon ora, non a mani vuote, racconti allora a coloro che sono pi anziani in merito allintelletto (19). Quelluomo che costantemente saddormenta dopo aver meditato su Hari, Hara, Virici o Srya, oppure i puri guadi sacri a cominciare dalla Gag e altri, [costui] mai lo pervade il brutto sogno (19a). prvam ania dv svapne ya prekate ubha pact, sa tu satphalo sya bhavati draavya tadvad eva nee pi// 20 //175 svapnam ania dv supyt punar api nivasne pi. na katha katham api kathayet ke cid api phalati sa na tasmt// 21 // utthya tata prtar dhyyati yo vastuto pi dinamitra, pacanamasktimantra vitathatva kathayati sa tasya// 22 // pjdny api racayed devagur tapa ca nijaakty, satata dharmaratn dusvapno bhavati susvapna// 23 // devagur smaraa nmagrahaa sutrthavipr, viracayya svapiti sad na kadpy pnoti dusvapnam// 24 //

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Analogo ad AVP 68.2.57.

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Colui che in sogno ha precedentemente visto qualcosa di indesiderato, in seguito vede qualcosa di fausto, suo quel frutto buono; deve essere visto allo stesso modo anche in ci che non desiderato (20). Dopo aver visto un sogno nefasto si dorma di nuovo fino alla fine della notte e per nessuna ragione si dica nulla ad alcuno e allora quel [sogno] non avr effetto (21). Poi dopo essersi alzati al mattino presto colui che secondo verit medita sul sole, [recita] i cinque mantra di saluto, per costui quel [sogno nefasto] dice il falso (22). Ognuno dovrebbe compiere ladorazione e gli altri [atti rituali] verso le divinit e il maestro, nonch lausterit secondo la propria capacit: immediatamente lincubo di coloro che sono intenti al dharma diviene un bel sogno (23). Colui che quotidianamente dorme avendo ricordato le divinit e il maestro, nominato i guadi sacri o i saggi, costui mai fa brutti sogni (24).

Dopo questi primi versi iniziali Jagaddeva prende a discutere nello specifico una lunghissima lista di cose e fenomeni che se visti in sogno sono da considerarsi estremamente positivi e forieri di risultati vantaggiosi (SvC I.25-150, ABEGG, 1959: 28, 31-33). Poi, nella seconda parte del lavoro (II.1-161), lautore lista i segni di cattivo auspicio visti in sogno (ABEGG, 1959: 25-28, 32).176 Particolarmente interessante il fatto che anche Jagaddeva, come gi visto in altre occasioni esclude i sogni causati da condizioni naturali e sforzi mentali, da quei fenomeni onirici che provocano degli strascichi e degli effetti attivi, oltre a ci molto semplice e in linea con la cultura del suo tempo la serie di rimedi e atti preventivi177 che egli indica per lenire o annullare dusvapna e accentuare gli effetti di susvapna (HOUBEN, 2009: 42-43). I due florilegi Svapnaviveka (SvV) e Svapnakamalkara (SvK), sebbene di scarso valore scientifico, risultano molto utili proprio per il loro valore antologico e di raccolta, nonch per la specifica indicazione delle applicazioni (viniyoga) di determinati mantra e versi a specifici rituali e ripetizioni (japa). Lambiente di redazione di questi due brevi e analoghi testi certamente quello astrologico, per con un quid pluris marcatamente tantrico. Dei due il pi corretto e sistematico sembra lo SvK, diviso in quattro onde (kallola). La prima di queste si occupa di listare una serie di mantra al fine di veicolare
Si notino alcune analogie: SvC II.24 con AVP 68.5.1e SS I.29.8 e Agni Pura 229.5; ancora SvC II.137 con SuS I.28.8. 177 Lo SvV I.21-23 propone tre versi da ripetere prima di dormire, i quali avrebbero il potere di veicolare bei sogni e allontanare gli incubi: durge devi namas tubhya sarvakmrthasiddhaye/ mama siddhim asiddhi v svapne sarva nivedaya// 21 // nama abho trinetrya rudrya varadya ca/ vmanya virpya svapndhipataye nama// 22 // bhagavan devadevea labht vavhana/ inie samcakva svapne suptasya vata// 23 //. Di particolare importanza sembra essere il mantra dedicato a Svapnavarh, menzionato nel Mantramahodadhi di Mahdhara X.465, SvK I.24-28. Si nomina Svapnavrahik come akti anche nel Brahma Pura IV.36.
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particolari sogni (svapnapradamantra) con precisi effetti, i quali sono il darana o linsegnamento di particolari divinit o riguardo a particolari divinit.178 Rispettivamente, la seconda e la terza onda propongono i sogni dagli effetti ubha e aubha; la quarta, infine dedicata ai vari generi di cognizioni, oniriche o meno, che si hanno al momento della morte (mtyuklajna), ma soprattutto ai sogni premonitori della morte. Di questo testo proponiamo solo alcuni versi iniziali:
svapna caturvidha prokta daivika kryascakam/ dvitya ca ubhasvapna ttyam aubha tath// 3 // mira turyam khyta munipugavakoibhi/ tatrdau daivikasvapne mantrasdhanam ucyate// 4 // taddau klymn vicra kurmahe vayam/ tatra ca prathame yme svapna varea sidhyati// 5 // dvitye msaakena abhi pakais ttyake/ caturthe tv ekamsena pratye taddinena ca// 6 // goreccharae ctha tatkla jyate phalam/ svapna da nii prtar gurave vinivedayet// 7 // tadantarea mantraja svaya svapna vicrayet/ yni ktyni bhvni jnagamyni tni tu// 8 // tmajnptaye tasmd yatitavya narottamai/ karmabhir devasevbhi kmdyarigaakayt// 9 // cikrur daivatopstim dau bhvi vicintayet/ snnadndika ktv smtv haripdbujam// 10 // ayita kuaayyy prrthayed vabhadhvajam/ tatrdau svapnapradaivamantra/ o hili hili lapaye svh/ ima mantram aottataatavra japitv ktjali saprrthayet/ o bhagavan devadevea labht vabhadhvaja/ inie samcakva mama suptasya vatam// 11 //179 namo jya trinetrya pigalya mahtmane/ vmya vivarpya svapndhipataye nama// 12 //180

178 Ricordiamo solo alcune delle divinit pregate nello SvK: iva (I.11-15), Rudra (I.16-17), Gaapati (I.18), Viu (I.19-24), la gi menzionata Svapnavarh (I.25-28), Punindin (I.29-30), Svapnevar (I.31-32), Siddhilocan (I.33), Svapnacakrevar (I.34), Ghakar (I.35), Vidy (I.36-40) e infine Mtyujaya (I.41-44). 179 Analogo a Viudharmottara Pura II.176.10, dove in luogo di vabhadhvaja si legge vavhana, come in SvV I.23.

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svapne kathaya me tathya sarvakryev aeata/ kriysiddhi vidhsymi tvatprasdn mahevara// 13 // o nama sakalalokya viave prabhaviave/ vivya vivarpya svapndhipataye nama// 14 //181 Il sogno stato tramandato di quattro tipi: quello divino informatore di eventi, il secondo il sogno propizio mentre il terzo il sogno infausto (3), il quarto chiamato misto da milioni di tori tra i saggi silenziosi. Tra questi, allinizio si rivela il metodo relativo al sogno divino (4). Dunque allinizio noi riflettiamo sulle parti del tempo. Tra quelle il sogno [avuto] nella prima parte [della notte] si realizza in un anno (5), nella seconda parte in sei mesi, nella terza parte nellarco di sei quindicine [= tre mesi], mentre nella quarta parte in un mese e al momento dellaurora [si realizza] allinterno di quel giorno (6). Poi [il sogno avuto] al momento del levarsi della polvere [dai piedi] delle vacche [= al mattino al momento di sciogliere le vacche], dona il suo frutto immediatamente. Al mattino presto si racconti al maestro il sogno visto durante la notte (7), in assenza di quello [= il maestro], il conoscitore del mantra da solo rifletta sul sogno e su tutte quelle attivit future che sono ottenibili con la conoscenza (8). Per questo i migliori tra gli uomini dovrebbero sforzarsi per attingere la conoscenza del S, poich grazie a rituali e al servizio delle divinit v la distruzione della schiera dei nemici, come desideri ecc. (9). Colui che desidera compiere ladorazione della divinit rifletta sulle cose future, poi dopo essersi abluito e aver fatto delle offerte o altre [attivit pie] e dopo aver ricordato il loto dei piedi di Hari (10), si distenda una stuoia di erba ku e preghi colui la cui insegna il toro [= iva]. L in principio vi il mantra di iva che concede sogni [propizi]: o hili hili a colui che ha nelle mani la lancia svh. Dopo aver ripetuto cento e otto volte questo mantra, con le mani giunte si preghi: O, o glorioso Signore, o Signore del Dio degli dei, che porti il tridente, o tu la cui insegna il toro, rivelami eternamente ci che propizio e ci che nefasto per me che sono assopito (11). Sia lode al non nato, a colui che ha tre occhi, a colui che giallastro, alla grande anima, alla divinit sinistra, a colui che ha laspetto di tutto, al signore dei sogni182 sia lode (12). Rivela a me senza nulla tacere (aeata) la realt rispetto a tutti gli

Analogo a Viudharmottara Pura II.176.9, dove in luogo di namo jya trinetrya pigalya mahtmane/vmya vivarpya, si legge nama abho trinetrya rudrya varadya ca/vmanya virpya, come in SvV I.22. 181 SvK I.14 riporta un verso analogo a I.12, per rivolto a Viu. Secondo il commento hind del testo sarebbe da recitarlo e dopo aver spostato la propria testa verso est ed essersi distesi sul fianco destro si dorma, analizzando poi i sogni avuti. 182 Nel Brahma Pura (IV.28.41, 34.64) Svapnea, attacca il daitya Magala.
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effetti nel sogno, per la tua grazia, o grande Signore, io soddisfer pienamente lattivit rituale (13) ...183

I.5: S PIGOLATURE

TANTRICHE

Un ultimo, brevissimo ma doveroso accenno, inteso pi a far comprendere quanto si omesso piuttosto che quanto si detto, allatteggiamento tantrico nei confronti del sogno che, come abbiamo a pi riprese accennato in questo ultimo paragrafo fenomeno utilizzato con grande disinvoltura e frequenza.184 Ci non dovrebbe stupire, in quanto si sa che il sogno creazione decisamente psichica e sottile, dominio che tenuto in particolare considerazione dai Tantra, di qualsiasi estrazione essi siano. Va da s che indicare quali siano le peculiarit relative al sogno anche solamente nelle maggiori scuole richiederebbe ben altro sforzo, cosa che ci condurrebbe molto lontano dal nostro tracciato principale. Interessante sarebbe soffermarci, a lungo sulla manipolazione del sogno stesso grazie alluso di tecniche ben precise, questione su cui mostrarono grande esperienza e perizia in Tibet (WAYMAN, 1967: 11). Linfluenza tibetana pass ben presto attraverso il Kamr, a tutta lIndia. In questa situazione lo studio dei sogni condusse allo sviluppo di una tecnica mediante la quale il sognatore poteva far s che al risveglio loggetto delle sue percezioni oniriche si materializzasse. Questa pratica yogica doveva avvenire proprio al limen che separa la veglia dal sonno, nella transizione tra i due mondi (ESNOUL, 1959: 229).185 Abbiamo gi visto nel paragrafo precedente a proposito delle possibilit di evocare sogni precisi mediante dei mantra. Lo yogin in un istante particolare riesce ad
Certamente non va tralasciato un accenno, seppur brevissimo, al sogno nel buddhismo antico Hinyana, nonch le enormi implicazioni dottrinali del sogno nelle scuole logiche e soprattutto in quelle idealistiche del Mahyana. Comunque, rimandiamo ad alcune opere di studiosi che hanno trattato alcuni aspetti del sogno nel buddhismo: Doniger (2005 [1984]: 61-64), Wayman (1967: 2, 4, 6-12), Esnoul (1959: 231-242), Triph (1987: 192198). Oltre a ci, troviamo unintera sezione del volume The Indian Night dedicata allargomento Dreams in Buddhism, che contiene quattro articoli: Mys Dream from India to Sauthest Asia di Anna Maria Quagliotti (349-417), The Presence of the five Dreams of the Bodhisattva in the Murals of Pagan di Claudine Bautze-Picron (418-451), Dreams about the Buddhas Departure from Home and the Construction of a Buddhist System of Dream Interpretation di Serenity Young (452-467) e infine Riding the Ass of the Great Vehicle Backwards: Dreams and Revelations in the Life and Songs of Milarepa di Danile Masset (468-490). 184 R. N. Triph (1987: 69-70, 72-75, 98-100, 118-122, 142-144) offre unidea di quanto estesa sia la trattazione nei Tantra: Mantramahodadhi 7.60-64a, 25.82-94; Paraurma Kalpastra 7, Varhkrama; Gandharvatantra 26.81-84; Svacchandatantra IV.3-28; Parasahit IX.2, 12-2-34a, XI.50-54, ecc. 185 Vasugupta Spanda Krik III.33-34: yathecchbhyarthito dht jgraty arthn hdi sthitn/ somasryodaya ktv sampdayati dehina// 33 // tath svapne py abhrthn praayasynatikramt/ nitya sphuatara madhye sthitatavad ya prakayet// 34 //.
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evocare il sogno desiderato, in grado di veicolare le immagini oniriche fino a farle divenire reali, in quanto la sua capacit e i suoi poteri (siddhi) si estendono oltre che sul sogno anche su tutti gli enti e gli eventi percepiti in esso (DONIGER, 2005 [1984]: 51).186 Il Tantrloka (XV.474b-498a; GNOLI, 1999 [1972]: 388-390; BARAZER-BILLORET, 2009: 161-163) di Abhinavagupta (X sec.) spiega come ci avvenga. Durante liniziazione (dk) il maestro e il discepolo dormono accanto allaltare sacrificale e, visto che gli eventi di veglia che hanno vissuto sono similari, si sforzano di vedere lo stesso sogno. Il sognatore intenzionalmente attivo nel sognare qualcosa, non solo per lui stesso, ma riesce a conformare il proprio sogno a quello dellaltro, discepolo o maestro che sia (ESNOUL, 1959: 231). Questo genere di rituali comune a moltissime delle iniziazioni tantriche, che siano iniziali (smnyadk) o di livello pi elevato (nirvadk).187 La tecnica sempre pressoch la stessa. Il discepolo, con o senza il suo guru, istruito da questultimo secondo le scritture va a dormire dopo aver mangiato determinati cibi, in un luogo preciso e in un momento preciso, ripetendo formule e compiendo riti prima di addormentarsi.188 Al risveglio racconter al maestro il suo sogno e il rito diniziazione sar modellato di conseguenza. A partire dallambito kamro, dagli ivastra di Vasugupta (IX sec.) continuando con la ivadi di Somnanda (iD, 875/900-925/950; TORELLA, 2002 [1994]: XII) e le varapratyabhijkrik (III.2.16-18)189 di Utpaladeva (900/925-959/975, IBID.: XX) fino a
Il nostro potere di percezione pi vasto di quanto pensiamo, con lo yoga si superano le limitazioni alle quali si ordinariamente sottoposti. Queste stesse limitazioni scompaiono durante la fase di sonno e i poteri in questione ci permettono di percepire oggetti o luoghi molto distanti: questo potere di visione sindica come dkakti. Possiamo pure prendere parte a eventi molto lontani nel tempo, futuro o passato , grazie al potere prakmya. Queste facolt sono tutte parti integranti dellorgano interno degli esseri viventi (antakaraa), che, per la maggior parte, costituisce il corpo sottile (ligaarra). Tutto ci non accessibile durante la veglia, a meno che, appunto, non si possiedano dei poteri yogici (DANLOU, 2007: 62-63). 187 Le dottrine tantriche ivaite identificano varie origini per il sogno. La prima e pi naturale eziologia ricorda quella proposta nei testi medici, ossia la divisione dei sogni in base al temperamento umorale del sognatore, kapha, pitta o vta (Matagapramevargama Kriypada 6.23b-32a, BARAZER-BILLORET, 2009: 161, 170, n. 7). Il sogno pu anche essere provocato dallattivit (karman) (IBID. 6.32b-37a; IBID.). Comunque i sogni volontari, cio provocati dal maestro per il suo discepolo o da uno yogin per s stesso sono i pi comuni nel Tantra e per lo pi veicolati dai mantra per il sonno o per il sogno (ibid.: 163-164). 188 Swami Satyananda Saraswati parla di un particolare nysa tantrico, lo yoganidr, un metodo per instillare una consapevolezza vigile su un solo punto durante il sonno, attraverso visualizzazioni guidate (TANDAN, 2009: 216-217, n. 28). 189 In questo frangente Utpaladeva definisce il sogno: manomtrapathe py akaviayatvena vibhramt/ spavabhsa bhvn si svapnapada matam// 16 // sarvkagocaratvena y tu bhyatay sthir/ si sdhra sarvapramt sa jgara// 17 // hey tatrya prde prdhnyt karttgue/ taddhnopacayapryasukhadukhdiyogata// 18 //. Raffaele Torella (2002 [1994]: 206-207) traduce cos i passaggi: The clearly manifested creation of things in the mental sphere alone which are mistaken for objects of the senses, is called the dream state (16). Utpaladeva stesso spiega nella sua Vtti che lo stato di sogno si riduce a una creazione di oggetti che sono percepiti come fossero realmente stati creati. Tutto ci avviene solo grazie al potere della mente, senza lausilio dei sensi. Utpaladeva aggiunge pure che questa creazione opera
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giungere allimmenso Tantrloka, moltissimi sono i riferimenti al sogno e alle pratiche legate a esso. Specialmente per quanto concerne i primi due lavori, vi la specifica menzione testuale sia di Kemarja (X-XI sec.) nellintroduzione al suo ivastravimarin, sia di Bhaa Bhskara (X-XI sec.) nello ivastravrtika, che Vasugupta avrebbe ricevuto la rivelazione degli ivastra da iva stesso apparsogli in sogno (PANDEY, 2000 [1935]: 154), che gli affidava la missione di diffondere nuovamente lantica dottrina del nondualismo oramai obliterata da una congerie di nuove false concezioni (TORELLA, 1999 [1979]: 34):
Ora che lumanit quasi tutta fissata in concezioni di carattere dualistico, bisogna che la trattazione segreta non sinterrompa: questo si proponeva il supremo iva, allorch un giorno, mosso dal desiderio di soccorrere gli uomini, si chin grazioso sopra Vasugupta in sogno e ne dischiuse lintuizione. Su questa montagna in una grande roccia, custodito linsegnamento segreto. Dopo averlo penetrato, manifestalo a quelli che sono atti a ricevere la grazia. Vasugupta, risvegliatosi, si mise in cerca fino a che giunse al cospetto di questa grande roccia, la quale, a conferma del sogno, al solo tocco della mano ruot su se stessa. In questo modo entro egli in possesso degli ivastra, compendio della dottrina segreta (upaniad) di iva (IBID.: 50).

Secondo quanto abbiamo gi spiegato questo un tipo di sogno profetico bhvika, in cui non solo la divinit agisce con misericordia, mossa dal desiderio di risollevare le sorti dellumano genere, ma anche il sognatore ha il merito di credere alla visione onirica e recarsi al luogo che gli era stato rivelato. Analogo a questo passaggio pure quello della ivadi (VII.106) di Somnanda (PANDEY, 2000 [1935]: 161) ove egli dice non solo di essere stato ispirato in sogno da iva per raggiungere uniscrizione misteriosa, ma pure di sistematizzare i contenuti speculativi dei Tantra dorizzonte non dualista.
del Signore ed unillusione come la percezione delle forme e altre. Torella traduce gli altri versi: The creation which is stable, in that it is the object of all the senses and external, common to all knowing subjects, is the waking state (17). Anche durante la veglia possibile unillusione o un errore percettivo come vedere due lune o quantaltro, proprio analogamente a quanto accade in sogno. Una nota interessante che propone Torella (IBID.: 206, n. 28) che la khyti relativa alla scuola Pratyabhij si dice aprakhyti. Ancora secondo il curatore, le considerazioni di Utpaladeva sarebbero una traccia della concezione secondo la quale allinterno di ogni stato esistono altri stati analoghi ai tre principali. Per esempio nella veglia il sogno presente come illusione: This triad is to be abandoned, since, as the pra etc. predominate and, consequently, [authentic, free] agency becomes subordinated in it, there is union with pleasure and pain, essentialy consisting in the attenuation or intensification of this (18). I tre stati devono essere abbandonati in quanto in essi i pra, identificati al S, sono preminenti e la libert si riduce.

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Prima ivastra (8-10) e poi il commento Vimarin, spiegano pure cosa siano le tre condizioni del S (TORELLA: 1999 [1979]: 66-67):
8. La veglia la conoscenza. (jna jgrat). 9. Il sogno sono le rappresentazioni mentali. (svapno vikalp). 10. Il sonno profondo di my il non-discernimento. (aviveko mysauuptam). Lo stato di veglia corrisponde al comune conoscere mondano che deriva dai sensi esterni ed ha per oggetto entit dotate di una realt obiettiva, da tutti esperibile. Lo stato di sogno consiste nelle rappresentazioni prodotte dalla sola mente (manas) e che hanno per oggetto entit la cui esistenza limitata alla sfera soggettiva; tale stato , infatti, costituito essenzialmente da siffatte rappresentazioni mentali. Infine, il non discernimento, ossia lassenza di discriminazione, la non-percezione, costituisce appunto il sonno profondo, naturato di offuscamento la cui essenza My. Tale definizione dello stato di sonno profondo si estende implicitamente anche alla natura di My, che da sopprimere Quello poi che ivi [nello stato di veglia]190 sono le rappresentazioni mentali, quello il sogno vero e proprio anche uno stato di sogno, consistente in rappresentazioni mentali create dalle impressioni karmiche ...

Il testo, continua indicando a cosa corrispondono questi tre stati ordinari nelle esperienze straordinarie degli yogin (IBID.):
Se poi vogliamo riferire questi stra allesperienza degli yogin, allora diremo che in essi prima si ha la veglia ossia la conoscenza -, come concentrazione su questo o su quelloggetto; quindi il sogno ovvero le rappresentazioni mentali , vale a dire il continuo fluire di queste percezioni; infine il sonno profondo e cio il samdhi, in cui cessa ogni coscienza di distinzione tra oggetto percepito e soggetto percettore

In vari Tantra si afferma che i sogni sono generati nei centri sottili, le cosiddette ruote (cakra). Lego, insieme alle facolt di percezione si muove su e gi con inconcepibile sveltezza, attraverso il canale verticale, assimilabile alla spina dorsale, entro il quale si situano idealmente i cakra. Secondo i Tantra dai cakra che gli elementi, i principi (tattva) promanano e si evolvono, cosicch nei sogni la facolt percettiva coglie i riflessi di questi principi allinterno dei cakra stessi. Oltre ai sei cakra

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Nostra aggiunta, ripresa dalle righe precedenti.

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pi noti ed estesi, ve ne sono due minori: il manascakra, e il gurucakra.191 Questi due cakra hanno una doppia funzione: evolvere i tattva, fino a trasformarli in forme vere e proprie e poi, riportare tutto ci a un livello mentale: come uno specchio pu riflettere degli oggetti anche ben pi estesi di s stesso, similmente la facolt percettiva allinterno dei centri sottili pu riflettere anche forme gigantesche assunte dai tattva. Per questo si comprende che ogni sogno cha abbia a che fare con la terra sorge nel mladhra, quelli legati ai fluidi sono prodotti in svdhihna, quelli legati al fuoco sorgono in maipura, in anahata invece si generano quelli connessi allaria, mentre i sogni connessi alletere si sviluppano nel viuddhacakra. Il fatto che alcuni eventi onirici siano talvolta confusi e si affievoliscano molto rapidamente confondendosi luno nellaltro, dovuto alla grande velocit con cui il complesso psichico si sposta attraverso differenti cakra (ACHARYA, 1985: 381-390). Sappiamo comunque che anche nei Tantra presente la concezione dei quattro stati di coscienza che vedremo nel secondo e terzo capitolo pi in dettaglio. Certamente ivi giunge da varie fonti e aggiunge ai quattro stati gi noti, veglia (jgrat), sogno (svapna), sonno profondo (suupti) e quarto (turya), un quinto stato, oltre ogni determinazione del quale si pu solo affermare che al di l del quarto (turytta), che nellorizzonte tantrico del Kamr corrisponde a una seconda fase del samdhi, quando la prima il turya (BARAZET-BILLORET, 2009: 161-162). Secondo lo Spanda Niraya (III.12) lo yogin che ha raggiunto il grado pi alto di risveglio e realizzazione della pienezza pi assoluta:
prabuddha sarvad tihej jnenlokya gocaram/ ekatrropayet sarva tato nyena na pyate//

Egli rimarr risvegliato in tutti gli stati: contemplando il mondo con la conoscenza, tutto riferir allunica realt. Pertanto non potr essere tormentato da ci che altro. (TORELLA, 1999 [1979]: 103, n. 179).192

Si tratta probabilmente del sahasrracakra. Si ricordi comunque che ogni scuola tantrica ha la sua suddivisione dei cakra, allinterno della quale ve ne sono sempre alcuni, due o tre, non noti, accessibili solo agli iniziati. 192 La strofa qui menzionata citata da Kemarja come proemio dellaforisma II.10: vidysahre tadutthasvapnadaranam, Venuta meno la conoscenza, ha la visione del sogno che nasce da essa. Il commentatore, sapientemente tradotto da R. Torella, chiarisce: Se la conoscenza, pure sostanziata dal rifulgere di questa esperienza, viene meno, allora si produce la visione, la chiara emersione del sogno che da essa trae origine (tadutthasya). Quello che chiamato sogno lo stato in cui gli impulsi prodotti dalla conoscenza si hanno via via affievolendo stato che consiste nella differenziazione e nel vario dispiegarsi delle rappresentazioni discorsive. In una nota (106-107, n. 183) Torella propone anche la visione di Bhskara
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CAPITOLO 1: PANORAMICA LETTERARIA SULLE ORIGINI DELLONIROLOGIA IN INDIA

Terminando questa carrellata proponiamo alcune strofe dalla sezione della conoscenza (jnakhaa) del Tripurrahasya (TR/JK), un testo di ispirazione aktdvaita, propria della scuola di rvidy, che comunque sembra essere maturato nello stesso clima culturale dello Yogaviha e dei testi della scuola Pratyabhij, quindi probabilmente kamro nel suo cuore pulsante. Il testo era originariamente diviso in tre sezioni: quella della magnificazione della dea (mhtmya), quella della condotta rituale (cary), non pervenutaci, e quella della conoscenza (jna). Esso racchiude gli insegnamenti riguardanti la dea Tripur trasmessi dallavadhta Datttreya al suo discepolo Paraurma, che a sua volta li trasmise a Sumedha Hrityana (PELISSERO, 1995: I-XII). Nella settima lettura (VII.82) offre un chiaro passaggio di come lo aktdvaita sia strettamente influenzato dallAdvaita Vednta upaniadico (BU IV.3.7-10):
yata svapnev aya jvo hitv sthla arrakam/ caitanyamayadehena sarvn abhimatn sjet// Perci questanima individuale, avendo nei sogni abbandonato il corpo fisico, mediante un corpo sostanziato di coscienza crea tutti gli oggetti desiderati.193

Naturalmente innumerevoli sono i versi simili e i contesti analoghi, in cui questa creazione mentale utilizzata sia a confronto della realt empirica, sia come metro di paragone della veglia al fine di screditare lo status ontologico di entrambe. Come vedremo nei prossimi capitoli, questo fu latteggiamento che accompagn i primi passi dellAdvaita, fulcro centrale del nostro lavoro, in opere come le Mkya Krik di Gauapda, ove in ogni parola e strofa aleggia un atteggiamento

sul stra in questione. Secondo vrtikakra la conoscenza quella empirica e limitata che percepisce oggetti. Solo quando questo genere di cognizione viene meno, allora il mondo fenomenico si mostra nella sua natura illusoria, come fosse un sogno, che traeva il suo sostentamento da quella erronea percezione oramai terminata. 193 Si confronti con BU IV.3.10. Si noti in questo verso simbolo unidea sottostante testi come quello a cui appartiene il verso o lo YV/MU, nei quali sindagano, pi che i rapporti delluomo con lesterno, i rapporti delluomo con linterno, ovvero soprattutto con il mondo mentale. Un principio fondamentale il fatto che sullo schermo della mente, sebbene inerte, trasparente e purissimo per natura, vengono proiettate innumerevoli immagini. Dietro a questo si nasconde una luce, la quale lunica sorgente di verit, che permette a enti che sono puramente psichici o fisici, di essere considerati assolutamente reali. Per esprimere questanalogia del riflesso delloriginale (bimba) su una superficie inerte ma abbastanza pura (svaccha) da essere in grado di riproporre il riflesso (pratibimba), si usa spesso la metafora dello specchio.

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a cavallo tra solipsismo Vijnavdin e unestrema attitudine metafisica di stampo Disivda dello Yogaviha. In ultima analisi, tutte le suddivisioni proposte, le varie fasi dellevoluzione dellonirologia furono tutte tese a indagare pi a fondo un fenomeno esperito da ogni essere. Questo stato fu scorto alla stregua di un ponte, come un luogo mediano rispetto ad altre due condizioni direttamente sperimentabili da tutti gli esseri: la veglia e il sonno profondo. Sin dalle Upaniad pi antiche questottica e la riflessione sapienziale che ne deriv, furono fautori dinnumerevoli sviluppi in tutti i rami dellindagine intellettuale indiana.

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C APITOLO 2: I L SOGNO NELLA LETTERATURA DEI DARANA

CAPITOLO 2 IL

SOGNO NELLA LETTERATURA DEI DARANA

II.1: P ROLEGOMENA DOTTRINALI In India il simbolismo matematico e la riflessione sui numeri ha rivestito fin dagli albori della speculazione una notevole importanza. Gi nel camaka, che la seconda parte del famoso inno a Rudra dello Yajurveda, lo atarudrya o Rudrdhyay (KYVTS IV.5.1-11; YVVMS XVI.1-64) si trova una misteriosa sequela di cifre. Certamente pi daltri i primi cinque numeri, il nove e i suoi multipli sono stati utilizzati in molteplici ambiti. Detto questo, la nostra riflessione prende le mosse dallanalisi pi accurata delle implicazioni di due tra questi numeri: il tre e il quattro. In India il numero quattro sinonimo di stabilit, giacch si forgiata nellimmaginario collettivo e nellambito testuale una specifica simbologia della legge perenne che sostiene sia luniverso sia lindividuo in ogni suo moto e disposizione. Tale principio di ordine superiore, conosciuto con il nome di dharma, raffigurato come un toro (o una vacca) saldamente retto sulle sue quattro zampe, ognuna delle quali rappresenta una virt (BhP I.16.18-36; 17.142). Sin da questillustrazione il numero quattro, con tutta la sua carica simbolica, stato considerato elemento di fissit e completezza, capace di veicolare idee di felicit e benessere, sia per lindividuo, sia per la collettivit. Si pensi che fin dallantichit il numero quattro nel suo aspetto quadratico stato legato allinamovibilit della terra e, nel suo aspetto dinamico, alle quattro braccia della croce e alla loro ideale prosecuzione. Il quattro si ritrova applicato a molte condizioni e concezioni: le quattro caste, i quattro stadi di vita, i quattro fini delluomo, i quattro Veda, la quadripartizione interna dei testi vedici, le quattro et dellumanit e molto ancora.

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C APITOLO 2: I L SOGNO NELLA LETTERATURA DEI DARANA

Questo sistema quaternario presenta delle uscite o eccezioni a s stesso. In primis, nella sua manifestazione pi sublimata, ovvero nel ternario, o meglio nel ternario pi uno. Chiariamo il nostro punto di vista. cosa molto comune nella tradizione sapienziale indiana riferirsi a concetti e dottrine quadripartite specificandole in due sezioni. La prima raccoglie solitamente tre dei quattro principi, e la seconda ne esprime uno soltanto, che lasciato da solo a cagione della propria differente natura, talvolta pi universale, talaltra pi grossolana rispetto agli altri. Questa possibilit pu essere indicata tanto come il culmine dei quattro, quanto come il quarto dei tre, essendo per lo pi un principio di ordine trascendente che tuttavia penetra, sostiene e fornisce agli altri la profonda ragione dessere, pur rimanendone al di l. Accade anche altrimenti, che un principio di ordine inferiore sia volutamente discriminato da un trittico di enti superiori. Comunque noto lesempio dei quattro fini delluomo (pururtha) divisi in due sezioni. Il primo gruppo raccoglie il kma, i desideri legittimi che un uomo deve soddisfare nellarco della sua vita, lartha, gli interessi sociali ed economici per il sostentamento delluomo e il dharma, quel complesso di regole religiose e rituali che accompagna lindividuo fin dalla nascita. Questo chiamato trivarga. Oltre a questo gruppo abbiamo il quarto tra i fini delluomo che permea e sottende gli altri tre, rimanendone non toccato per la sua natura assoluta. Si tratta della liberazione, il moka.1 Ogni qual volta si senta parlare in India di tradizione hind, gli ambienti ortodossi amano indicare s stessi con letichetta di seguaci del santanadharma, la lex perennis. Se si dovesse richiedere a costoro di parafrasare questo termine la risposta sarebbe senza dubbio La legge perenne il principio distituzione delle caste e degli stadi di vita (varramadharma). Per prima cosa va puntualizzato che per definire, seppur in modo sommario, queste dottrine necessario scomodare vari altri concetti indissolubilmente connessi. Per esempio, una dottrina legata alle caste di certo quella della triplice qualit della natura o sostanza (prakti), il trigua. Allinterno di ogni ente manifestato agiscono tre tendenze costantemente in moto, che condizionano la
Si badi bene, comunque, che questo tipo di ragionamento potrebbe essere applicato a ogni serie di quattro principi o entit.
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natura e le attivit degli esseri viventi. Queste tre qualit sono chiamate con lappellativo di gua e sono trattate con grande precisione nella dottrina Skhy. La pi volatile, di natura luminosa, candida e tendente allascensione il sattva; quella dominata dalla passione, il vigore dellattivit costante, il rossore e la tendenza orizzontale il rajas; mentre quella oscura, ottundente, pesante, inerte e tendente al basso il tamas. Le quattro caste sono ognuna determinata dalla diversa mescolanza e quantit di una di queste tendenze. Pi daltri concetti, quello che interessa a noi nello specifico la dottrina del catupd, i quattro piedi o quattro quarti.2 Sembra che la prima menzione riguardante una quadripartizione con tre elementi che stanno insieme e un unico elemento che sta altrove, sia da attribuirsi al celebre Puruaskta (V X.90.1-4). In questo caso i quattro quarti sono considerati macrocosmici, quasi divisioni spaziali. Per leggere questi versi, le nostre considerazioni test riportate, vanno di necessit ribaltate perch nellelemento in esame tre sono le parti divine e una, vale a dire la quarta, quella relativa al mondo manifestato degli esseri:3
sahasrar purua sahasrka sahasrapt/ sa bhmi vivato vtvtyatihad dagulam// 1 // purua eveda sarva yad bhta yac ca bhavyam/ utmtatvasyeno yad annentirohati// 2 // etvn asya mahim to jyy ca prua/ pdo sya viv bhtni tripd asymta divi// 3 // tripd rdhva udait purua pdo syehbhavat puna/ tato viva vyakrmat sanane abhi// 4 // LEssere dalle mille teste, mille occhi, mille piedi, questi avendo ricoperto la terra la sovrastava di dieci dita (1). LEssere invero tutto questo, ci ch stato e ci che ha da essere e il controllore dellimmortalit, [colui] che cresce mediante il cibo (2). Siffatta la sua grandezza, per cui questEssere il pi grande: un quarto sono tutti gli esseri e i tre quarti di lui sono immortali nel cielo (3).

Nello atapatha Brhmaa (B), oltre a varie indicazioni di gruppi di quattro, come le stagioni, le direzioni, i sacerdoti, in particolare V.2.4 e XIV.8.15 menzionano un sacrificio di nome Indraturya, in cui il termine turya sembra applicarsi allo splendente e ultimo quarto della strofa gyatr. Si parla anche dei quattro quarti della parola in B IV.1.3.16 (FORT, 1990: 16). Anche in ChU III.18.2 si parla del catupd brahman connesso con gli organi di senso, chiamati nel passo pra. 3 In BU I.5.21 si accenna a quattro stati delltman e alla loro importanza dottrinale (KEITH, 1970, [1925], VOL. 2: 567-570).
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LEssere ascese per tre quarti e nuovamente un quarto di questo stava qui, perci ha pervaso da ogni parte questi, chi mangia e chi non mangia (4) ...4

Altra valida considerazione che la dottrina del catupd decisamente pi centrale ed evoluta in un testo atharvanico, la Mkya Upaniad (MU 1-2) in cui il primo emistichio di V X.90.2 sembra essere ricalcato per introdurre limmensit del sacerrimo monosillabo, il praava:
om iti etad akaram ida sarva tasyopavykhyna bhta bhavad bhaviyad iti sarvam okra eva/ yac cnyat trikltta tad apy okra eva// 1 // sarva hy etad brahmyam tm brahma so yam tm catupt// 2 // O, questa la sillaba,5 questo ogni cosa. C la sua spiegazione: ci che stato, ci che e ci che sar, tutto in verit lokra. Ci che altro, oltre il triplice tempo, anche quello okra (1). Infatti, tutto ci brahman; questo S brahman, quella [= sillaba] che questo S ha quattro piedi (2) ...

Se volessimo gi introdurre qualche nozione vedntica, in queste brevi note introduttive, un appunto che sapplica a quanto fin qui detto riguarda appunto la dottrina delle avasth, degli stati o condizioni dellanima individuale. A seconda di come li si voglia considerare essi sono tre o quattro, o meglio ancora tre pi uno, quando quelluno da considerarsi infinitamente superiore e differente dagli altri, rappresenta appunto il quarto dei tre, il turya o caturtha. Gli altri tre stati sono la veglia (jgt), il sogno (svapna) e il sonno profondo o sonno senza sogni (suupti).6 Anche in questo caso troviamo uno schema quadripartito in cui i primi tre elementi, sebbene in gradi e modalit differenti, sono ancora sottoposti al dominio relativo dellignoranza. Come si sa dal punto di vista vedntico quanto caratterizzato dalla relativit sottost a tre condizioni o tre limitazioni
Anche Paul Deussen individua nei tre piedi pi uno della formula gyatr i prodromi della dottrina del catupd (2000 [1906]: 122-123, 310-312). Nello specifico, secondo lautore, la questione prenderebbe le mosse da ChU III.12, le cui basi sono da ricercare nel Puruaskta del V (X.90). 5 Akara ha due significati principali connessi tra loro. Entrambi si possono applicare nel caso in questione, il primo sillaba, laltro imperituro: na karati iti akara. 6 Timalsina S. (2006: 110, n. 26) parla di unassimilazione molto interessante, la quale potrebbe avere delle implicazioni dottrinali di grande valore. Essa compiuta da un autore davvero poco conosciuto, Amarnanda in unopera altrettanto poco nota, la Svyogapradpaprabodhin (II.3). Ivi si fanno corrispondere alle tre condizioni jgat, svapna e suupti, rispettivamente sat, cit e nanda.
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(pariccheda), cio delle ampie parentesi entro le quali racchiusa la manifestazione. (rpa) e Queste possono essere considerate oppure in due triadi apparentemente differenti, ma senza dubbio gemelle: nome (nma), forma causalit (kryakraabhva) limitazione temporale (klaktapariccheda), limitazione spaziale (deaktapariccheda) e limitazione dovuta alla reificazione (vastuktapariccheda). Di questi due trittici il nome, nma, corrisponde o si esplicita nel tempo, mentre la forma nello spazio. La causalit determina una precisa appartenenza e inserisce un ente in ristretti confini (vastu) che lo collocano in precise condizioni delimitanti. Il cosiddetto turya oltre ogni limitazione (aparicchinna), indicibile, pur trascendendo e rimanendo assolutamente altro dai tre, li compenetra, li sostiene e attraversandoli li pervade.7 Unassimilazione che fa da ponte tra lambito esclusivamente dottrinale (MU 8-12) e quello mitologico lassociazione di ognuna delle lettere che compongono il monosillabo okra con le divinit della cosiddetta trimrti e anche a molti altri concetti triadici. Naturalmente, queste associazioni possono mutare a seconda del testo o dellottica del sapradya con la quale ci si pone. Allora la A corrisponde a Brahm, quindi alla manifestazione (si), al gua rajas e quindi alla veglia e al corpo grossolano (sthlaarra); Viu corrisponde alla U, alla conservazione (sthiti), al sattva, allo stato di sogno e al corpo sottile (skmaarra); infine la nasalizzazione dellanunsika , rappresenta la dissoluzione (laya), loscurit del tamas, il sonno profondo e il corpo causale (kraaarra). Certamente non poteva mancare laccostamento allunica Divinit Suprema, di cui manifestazione, mantenimento e dissoluzione sono solo funzioni relative, Paramevara, in quanto sagua brahman o, nel suo aspetto nirgua, paramtman. Questi sassocia alla prosecuzione non udibile della nasalizzazione dellanunsika, vibrazione che continuata si immerge in una
Sempre nello B (I.2.4.11-14) vi un passaggio che evoca la diversit di ci che quarto rispetto ai tre che lo precedono. Ivi le divinit, capeggiate da Agni, sbaragliano gli asura. Questi ultimi sono detronizzati dal trimundio e relegati in un indefinito quarto mondo, che non si comprende se sia o meno oltre i tre. Da questo mondo essi non risorgono pi. Nella BU (V.14.1-7) si discutono invece prima i tre piedi (pda) del mantra gyatr, connettendo ognuno dei quali con i tre mondi, i tre Veda e i pra (1-4); continuando (3-7) si parla di un quarto piede che trascende i tre, simbolo del sole, oltre le tenebre e senza macchia. La gyatr si sostiene su questo quarto piede, che si fonda sulla verit (satya). In definitiva, per sottolineare la natura differente di questultimo quarto rispetto agli altri tre, esso chiamato anche non-quarto (apada) (FORT, 1990: 16).
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dimensione trascendente, nella pienezza e profondit del silenzio di un suono superiore (amtr) oltre lultimo elemento (sakala) del praava, il bindu, penetrando poi nellassoluto privo di parti (nikala) del quarto (turya), dellassenza di ogni relazione coi gua, nelleterno presente oltre ogni corpo e definizione. Molte considerazioni dottrinali sarebbero qui da aggiungere, riferendosi ai due aspetti riportati gi in MU (1) dellokra, quello in cui definito come ogni cosa e quello in cui oltre ogni cosa. Senza entrare in tecnicismi che andrebbero oltre il nostro scopo, si sappia solo che nellgamastravivaraa (V), in primis,8 i due volti di o sono legati alla possibilit di indicare (abhidhna) il significato (abhidheya) di un qualsiasi termine direttamente (skt) e letteralmente (mukhyatay), quando esso sia legato al suo aspetto savikalpa. Laltro versante riguarda la capacit dello stesso o, nel suo aspetto ineffabile e indiviso, nirvikalpa, di veicolare significati implicati (lakyrtha), indiretti (paraparay), comprensibili mediante implicazione (lakaay). Insomma, lo stesso monosillabo da un lato il significato letterale e ultimo di ogni suono, fonema, lettera, sillaba, morfema, parola o frase, cos come pure il significato implicito che travalica ogni esplicitazione letterale e letteraria, situandosi nella pura intuizione. Talvolta il numero delle avasth si allarga. Sebbene sia dibattuta la loro menzione separata, si riconoscono anche altre due condizioni, oltre alle tre o quattro gi citate. La prima e pi semplice da trattare la condizione di perdita di conoscenza o incoscienza, talvolta considerata come il coma o lo svenimento (mrcchvasth/ mugdhvasth). Laltra il fenomeno ben pi complesso e misterioso della morte (mtyu, maravasth). Apriamo a questo proposito una breve parentesi. Nel Viayapariccheda del Vedntaparibh (VP) trattando a proposito dellutilit nel concepire la modificazione dellorgano interno (vtti), come vedremo pi approfonditamente nel terzo capitolo, si definiscono le varie condizioni. Nella trattazione Dharmarja Adhvarin (XVII sec.) afferma (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 424):

Molti sono i passaggi vedici e upaniadici che spiegano e approfondiscono le valenze del sacro monosillabo: V I.164.39; ChU I.1.1-9; TaiU I.8, I.2.16-17; MaiU VI.3, 22; MuU II.2.3-4; PrU V.1-7; Manusmti II.74, 85 e di certo innumerevoli altri.
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atra kecit maraamrcchayor avasthntaratvam hu. apare suuptv eva tayor antarbhvam hu. tatra tayor avasthtrayntarbhvabahirbhvayos tvapadrthanirpae upayogbhvn na tatra yatyate ... A questo proposito alcuni predicano lessere diverse condizioni della morte e della perdita di conoscenza. Altri considerano linclusione di queste due proprio nel sonno profondo. In entrambi i casi, poich non c alcuna utilit rispetto allinclusione o allesclusione di quelle due [condizioni] nellesposizione del significato del termine tu [del mahvkya Tu sei Quello] non si fa alcuno sforzo a proposito di esse ...

Nonostante il disinteresse di Dharmarja, che comunque propone una collocazione sia di mrcch, che etimologicamente rinvia allappassimento che si ha in seguito a uno svenimento o un trauma, sia dello stato di morte, akara (), commentando il Brahmastra (BS) III.2.10 pi prodigo dinformazioni. La condizione di perdita di coscienza o di svenimento, sarebbe uno stato intermedio tra il sonno profondo e la morte, avendo sia fattori in comune sia in disaccordo con entrambi. Anche se manca una consapevolezza, come nel sonno profondo, questultimo si distingue per la pace che lindividuo prova in esso, mentre nellincoscienza vari segni indicano la sofferenza. La condizione mugdha, come la chiama , pu essere anche foriera di morte, ove chi vi cade non abbia pi attivit da compiere nella vita:
asti mugdho nma ya mrcchita iti laukik kathayanti. sa tu kim avastha iti parikym ucyate tisras tvad avasth arrasthasya jvasya prasiddh jgarita svapna suuptam iti. caturth arrd apaspti, na tu pacam kcid avasth jvasya rutau smtau v prasiddhsti. tasmc catasm evvasthnm anyatamvasth mrcchety eva prpte brma na tvan mugdho jgaritvastho bhavitum arhati. na hy ayam indriyair viayn kate mugdhas tu labdhasajo bravti andhe tamasy aham etvanta kla prakipto bhva na kicin may cetitam iti. jgrata caikaviayaviaktacetaso pi deho vidhriyate, mugdhasya tu deho dharay patati. tasmn na jgarti npi svapnn payati, nisajakatvt. npi mta, promaor bhvt. mugdhe hi jantau mto ya syn na v mta iti saayn msti nstti hdayadeam labhante nicayrtha pro sti nstti ca nsikdeam. yadi promaor astitva nvagacchanti, tato mto yam ity adhyavasya dahanyraya nayanti. atha tu pram ma v pratipadyate tato nya mta ity adhyavasya

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sajalbhya bhiajyanti. punar utthnc ca na dia gata. na hi yama gato yamarrt pratygacchati. astu tarhi suupta, nisajatvd amtatvc ca. na, vailakayt. mugdha kadcic ciram api nocchvasiti, savepathur asya deho bhavati, bhaynaka ca vadana visphrite netre. suuptas tu prasannavadanas tulyakla puna punar ucchvasiti, nimlite asya netre bhavata, na csya deho vepate. pipeaamtrea ca suuptam utthpayanti, na tu mugdha mudgaraghtenpi. nimittabheda ca bhavati mohasvpayo, musalasaptdinimittatvn mohasya, ramdinimittatvc ca svpasya. na ca loke sti prasiddhir mugdha supta iti. paried ardhasapattir mugdhatety avagacchma. nisajatvt sapanna itarasmd vailakayd asapanna iti. katha punar ardhasapattir mugdhateti akyate vaktum? yvat supta prati tvad ukta ruty sat somya tad sapanno bhavati [ChU VI.8.1] iti, atra steno steno bhavati [BU IV.3.22], naita setum ahortre tarato na jar na mtyur na oko na sukta na duktam [ChU VIII.4.1] itydi. jve hi suktaduktayo prpti sukhitvadukhitvapratyayotpdanena bhavati. na ca sukhitvapratyayo dukhitvapratyayo v suupte vidyate, mugdhe pi tau pratyayau naiva vidyete. tasmd updhyupaamt suuptavan mugdhe pi ktsnasapattir eva bhavitum arhati, nrdhasapattir iti. atrocyate na brmo mugdhe rdhasapattir jvasya brahma bhavatti. ki tarhi? ardhena suuptapakasya bhavati mugdhatvam ardhenvasthntarapakasyeti brma. darite ca mohasya svpena smyavaiamye. dvra caitan maraasya. yadsya svaea karma bhavati, tad vmanase pratygacchata. yad tu niravaea karma bhavati, tad promv apagacchata. tasmd ardhasapatti brahmavida icchanti. na pacam kcid avasth, prasiddhsti naia doa, kdcitkya avastheti na prasiddh syt. prasiddh cai lokyurvedayo. ardhasapattyabhyupagamc ca na pacam gayata ity anavadyam// 10 // ... Svanito colui che le persone comuni indicano come svenuto. [Domanda] Costui che condizione ha? A proposito di questesame si dice: tre sono le condizioni note dellanima individuale che risiede nel corpo, la veglia, il sogno e il sonno profondo. La quarta luscita dal corpo [= la morte], mentre non nota n nella ruti n nella smti una qualche quinta condizione. Pertanto avendo cos compreso che lo svenimento una condizione tra le quattro condizioni, diciamo: il venire meno non pu essere allora la condizione di veglia. Costui, invero, non vede gli oggetti sensoriali mediante le facolt Poi lo svenuto, quando riprende conoscenza dice: Non sono stato cosciente di nulla per un certo periodo io fui gettato in una cieca tenebra. E il corpo di colui che veglia, la cui attenzione diretta su un unico oggetto, si sostiene, mentre il corpo dello svenuto cade a terra. Ergo, n veglia e neppure vede dei sogni, poich privo di conoscenza. Non nemmeno morto perch vi sono il respiro e il calore [corporeo]. Quando un

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individuo svenuto allora [le persone] pongono dei dubbi: Che sia morto o non sia morto?; C calore o non c e per assicurarsi toccano la zona del cuore e C il respiro o non c [si avvicinano] alla zona del naso. Se non colgono la presenza di respiro e calore, allora avendo concluso Costui morto, lo conducono alla foresta per la cremazione, mentre se comprendono il respiro o il calore allora, avendo concluso Costui non morto, col suo riprendere conoscenza lo curano. Infatti, se vi di nuovo la ripresa di conoscenza, [ci significa che] costui non andato per la sua sorte [= non morto]: nessuno andato da Yama [= alla dimora di Yama] ritorna dal regno di Yama. Che allora sia sonno profondo, sia perch privo di conoscenza sia perch non morto? [Risposta:] No, poich v differenza. Chi svenuto, talvolta non respira anche a lungo, il suo corpo caratterizzato da tremore, pauroso il volto e sbarrati gli occhi. Chi profondamente addormentato ha un volto sereno e respira costantemente a intervalli regolari, i suoi occhi sono chiusi e il suo corpo non trema. [La gente] risveglia il dormiente con il solo tocco delle mani, mentre non [risvegliano] lo svenuto nemmeno con un colpo di martello. C anche differenza di cause tra lincoscienza e il sonno, difatti lincoscienza ha per causa la percossa con una mazza o altro, mentre il sonno ha per causa la stanchezza o qualcosa [di simile]. Neppure nella vita comune c questo sentire comune Lo svenuto addormentato. Per esclusione comprendiamo che la condizione di svenimento una mezza unione [= mezzo sonno]. Poich privo di conoscenza unito (sapanna) e poich diverso dallaltro [dal sonno profondo] non unito. [Obbiezione:] Dunque come si pu affermare che la mezza unione lo svenimento? [Risposta:] Tramite siffatti passaggi scritturali a proposito del dormiente si detto: Allora, o caro, unito con lessere, e Ivi il ladro diviene non ladro e ancora Il giorno e la notte non superano questo ponte, n la vecchiaia n la morte, n ci che ben fatto e neppure la malefatta ecc. [Obbiezione:] Nellanima individuale comprensione relativa a buone azioni e a malefatte avviene tramite linsorgenza della cognizione di felicit e dolore. Certamente, nel sonno profondo non si ha cognizione della felicit o del dolore, e cos anche nello svenimento entrambe le cognizioni non ci sono. Per cui col cadere del fattore condizionante anche nello svenimento, come per il sonno profondo ci pu essere unintera unione, non una mezza unione. [Risposta:] A questo proposito si dice: noi non affermiamo che nello svenimento vi una mezza unione dellanima individuale con il brahman. [Obbiezione:] Che cosa allora? [Risposta:] Noi rispondiamo che lo svenimento avviene con met della parte del sonno profondo e con met della parte di unaltra condizione. Sono gi state mostrate le analogie e differenze dellassenza

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di conoscenza con il sonno. Questo la porta della morte: quando di chi [ svenuto] vi dellattivit residua [da compiere], in quel caso la parola e la mente ritornano [al loro posto]. Mentre quando non vi sia attivit residua, dunque il soffio vitale e il calore corporeo sallontanano. Per questo motivo i conoscitori di brahman lo [= lo svenimento] considerano una mezza unione [= mezzo sonno profondo]. Non nota alcuna quinta condizione. Tale non un difetto, in quanto questa condizione saltuaria che pure non sia nota, per questa nota nella vita comune e nella scienza medica. Per cui, dallaccettazione della mezza unione, non contata una quinta condizione. Dunque, non vi errore (10).

Abbiamo visto qui come la consueta chiarezza akariana riesca a descrivere sia la condizione propria di mrcch, sia la morte, nonch il loro rapporto con i pi conosciuti altri tre stati. Unaltra considerazione di transito tra quanto abbiamo finora mostrato e quanto intendiamo proporre prima di terminare questo breve incipit concettuale alla letteratura onirologica dei darana ortodossi (stika) riguarda due circostanze. La prima si basa sullanalisi del momento in cui lindividuo, prima della nascita e dopo la morte del corpo, si trova in un limbo tra questo e laltro mondo, in un momento di latenza; la seconda riguarda il pralaya e i suoi rapporti con il sonno. Si sa che luomo, per rinascere in una condizione attiva e riprendere il suo percorso karmico, ha bisogno di una via sessuata. A questo punto, individuato un possibile gruppo familiare, un essere con le dovute qualifiche karmiche (anuayijva) e guidato dai frutti del suo prrabdha karman, sebbene dimorante in uno stato dincoscienza,9 in questo momento critico sinsinua nel seme maschile, eleggendolo a suo veicolo (BU III.7.23), al fine di tornare a manifestarsi nel mondo dominato dallattivit dei mortali e raccogliere i frutti karmici che ancora non si sono presentati. In questa fase lessere che preme per essere dato alla luce si dice pia, per indicare questa sua situazione ambigua di preformazione e stasi in una condizione mediana tra il causale e il sottile (FILIPPI, 2005 [1996]: 37-49). Durante il periodo di latenza, il pia ha la coscienza individuale inviluppata in s stessa. La coscienza individuale (ahakra) che ancora non ha dispiegato le sue potenze, si trova in una situazione di inerzia (tmasika),
Il commento di ad ChU V.10.6 chiarisce in cosa consista lo stato di incoscienza del pia dal momento della sua discesa sulla terra fino al momento del concepimento.
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che identica a quella delluomo che dorme senza sognare (suupta). Con il garbhdhna, ossia linseminazione rituale di una coppia regolarmente sposata, dopo che il seme maschile ha incontra lovulo femminile, inizia lo sviluppo dellembrione. Lo sperma maschile ha la capacit di fecondare lovocita femminile solo grazie alla presenza in s dellessere nello stato di pia. Deposto nellutero materno, il pia si associa allovulo materno fecondato. Lo sviluppo durante la vita intrauterina passa per diversi stadi che riassumono lo sviluppo degli esseri terrestri, dal minerale, al vegetale, allanimale. Tecnicamente i vari stadi di crescita passano da kalila, il nodulo che si forma la notte successiva allaccoppiamento; dopo sette giorni sorge una sorta di bolla (budbuda), dopo quindici una palla di carne (pe) molto simile a un vegetale, ove i differenti organi cominciano a differenziarsi. Tra il terzo e quarto mese il feto diviene un embrione (garbha), con uno stato vicino a quello animale per il ben avanzato sviluppo degli organi. In questo momento il feto comincia a muoversi, il che indica la presa di possesso da parte delle facolt sensoriali (indriya) dei propri seggi (golaka).10 A questo punto sia la coscienza individuale sia il mentale sono penetrati nel garbha. Ivi lembrione, che sperimenta una condizione di sogno costante, viene a essere considerato un essere umano. Il sogno comunque uno stato mentale in cui il sognatore sia attore, sia spettatore del sogno, ove ogni scena presa a prestito dal mondo esterno: i sensi colgono gli stimoli, li immagazzinano come impressioni e li conservano come ricordi allinterno dellorgano mentale, continuando a implementarne il numero e la forza, nonch servendosene quando altri stimoli della veglia, ridestino le impressioni latenti. Durante il sogno la mente entra in quel deposito senza un programma definito, prendendo qua e l.11 Per questo sono possibili strane combinazioni e commistioni impossibili da vedere nella veglia. Per
Si veda a questo proposito la Garbha Upaniad (3) e larticolo di G. G. Filippi The Secret of the Embryo according to the Garbha Upaniad (1992: 304). Naturalmente, gran parte della discussione qui presentata presa da Filippi (2005 [1996]: 47-61), per cui l si vedano la discussione completa e le altre fonti. 11 I sogni sono dovuti alle impressioni lasciata dallo stato di veglia, anche se non si consci delle impressioni come tali, per cui i sogni sono differenti dal ricordo. Nel sogno si in un corpo sottile e il mondo in cui esso si muove anchesso formato da elementi sottili. Nella transizione tra veglia e sogno, il corpo lasciato sotto il controllo dei soffi e la mente e le sue funzioni sono ritratte e usate nel sogno. Pi elevata della mente vijna (buddhi) che opera sia durante il sogno sia durante la veglia. Anche durante il sonno profondo il corpo lasciato ai soffi, mentre la mente e i sensi si ritraggono in vijna, che in uno stato germinale si ritrae in avidy: questo il corpo causale. Nel sogno le vsan o saskra lavorano come universali dinamici o forze producenti esperienze, divise in soggetto e oggetto. Il mondo di veglia e quello di sogno sono molto differenti e, per di pi, non connessi tra loro. Il tempo, come esperito nel sogno, non pu essere misurato come si fa durante la veglia: in unora di sogno potremmo aver sperimentato una serie intera di vite (CHI, 2001 [1953], VOL. 2: 596-598). Celebri sono gli episodi narrati in Tripurrahasya (XII.1-96), Yogavsiha (VI.2.56-94) e anche Devbhgavata Pura (VI.28.1-54 e VI.29.1-66).
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esempio se vi sono i ricordi di animali cornuti quali vacche, gazzelle o antilopi e pure cavalli o elefanti, semplice prendere delle caratteristiche proprie delluno e sovrapporle sullaltro, come pu accadere quando si sogna un liocorno. La mente12 potr dunque comporre lidea di corno con quella di cavallo, elaborando cos lidea del liocorno, che reale nella condizione di sogno e irreale nello stato di veglia (FILIPPI, 2005 [1996]: 53-54).13 Comunque la cosa certa che il feto sogna. Ma cosa sogna se ancora non ha mai fatto esperienza del mondo esterno e nemmeno dello stato di veglia? In cosa constano le scene e gli oggetti che egli coglie in quella fase? Secondo il Garua Pura (GPur II.48.23) il feto conserva delle memorie delle sue esistenze precedenti. Utilizzando quel materiale gi esperito in grado di pescare e forgiare ex novo delle visioni oniriche. In seguito, ogni movimento e sviluppo del feto scandito da altrettanti saskra, che accompagneranno il nascituro fino alluscita del grembo materno e, per la prima volta, la condizione di veglia. Durante lintero arco della sua esistenza terrena, lindividuo poi si trova in un quotidiano avvicendamento delle tre condizioni. Arrivano per, ahim, inesorabilmente gli ultimi attimi di vita e coscienza vigile. Quando il morente sta per lasciare questo mondo offre, se ne ancora in grado, come suo ultimo una serie di doni ai brhmaa, anche simbolici. Dopo di ci perde progressivamente conoscenza e, accortisi di ci, i familiari lo adagiano delicatamente sulla nuda terra debitamente purificata, con la testa a nord e i piedi che fronteggiano il sud, la dimora dei trapassati. , infatti, credenza comune nella tradizione indiana che luomo non debba esalare lultimo respiro a mezzaria, come potrebbe accadere se fosse steso su un letto. Quel dominio assimilabile alla sfera di mezzo (antarika) popolata da esseri sottili di varia natura quali i vetla, i pica, rkasa, guhya, gandharva, apsaras, kinnara, o quantaltre entit disturbatrici, pronte a possedere o invadere il corpo del morente (GPur II.29.10). In questo momento lanima dellindividuo sospesa a met tra terra e cielo, in una condizione mediana di sogno, privo di qualsivoglia contatto con la realt oggettiva e imprigionato in un panorama immaginario. Egli, non essendo vigile, non pi in
Questi processi mentali formano una triangolazione di funzioni i cui vertici sono la memoria, deposito di dati tratti dal mondo esterno, la capacit di scomporre e ricomporre concetti tratti dalla memoria (citta), e limmaginazione, ovvero la formulazione di nuove immagini (kalpan). 13 Si veda nel capitolo 5 la trattazione e traduzione di BSB III.2.3.
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grado di distinguere tra reale e irreale, confondendo cos le visioni oniriche con le interferenze psichiche provocate dagli esseri sottili. Per queste ragioni, il morente, posto sul terreno, ha maggiori possibilit di rimanere aggrappato alla veglia fino allesalazione del suo ultimo respiro, concentrandosi sul fenomeno che sta vivendo (FILIPPI, 2005 [1996]: 115-116).14 Certo che a questo punto anche le facolt abbandonano il morente in senso inverso a quanto avevano fatto durante la loro presa di possesso dei rispettivi seggi. Naturalmente, tutti gli indriya smettono la loro funzione e si raccolgono attorno alla mente. Questa altres una condizione analoga a quella di sogno, le cui visioni sono una rapida e tumultuosa sequela di impressioni e immagini immagazzinate durante la vita, spesso in ordine inverso al loro presentarsi. Questa turbinosa attivit mentale di l a poco termina in un unico flusso di immagini per poi cessare definitivamente. qui che lintero organo interno simmerge nei pra, costringendo la coscienza individuale a lasciare definitivamente il sogno e penetrare nel sonno profondo. Continuando, i soffi si riuniscono e penetrano nel calore determinato da tejas, o uma, come elemento sottile (tanmtra) e fonte del calore fisico: ora la respirazione si arresta e il processo di morte oramai pressoch inarrestabile. Questo, come conseguenza, provoca larresto del flusso sanguigno e degli altri fluidi corporei, impedendo definitivamente una comunicazione 122-125). Se, per un essere umano, tale il transito dalla vita alla morte e da una condizione allaltra dellanima individuale, in virt della corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo espressa dalla famosa equazione yath pie tath brahme,15 non si pu fare altrimenti che desumere lo stesso iter anche per luniverso intero. Nel VP, compenetrata nella discussione relativa alle avasth, alla fine della trattazione della manifestazione (si) degli elementi (bhta) e dei loro derivati (bhautika), troviamo lennesima suddivisione quadripartita. Questa volta a essere quattro sono le distruzioni, i pralaya, il primo dei quattro quello quotidiano
14 In un suo articolo in hind, Gopinath Kaviraj (KAVIRAJ, 1987: 242-244) fornisce alcune considerazioni sulla morte dellindividuo: con la morte del corpo grossolano, il jva supporta s stesso su un corpo formato di impressioni latenti (vsanarra) simile al corpo onirico (svapnaarra). 15 La formula senza dubbio notissima, anche nelle sue varianti non sanscrite. Tuttavia non ci siamo mai imbattuti in un effettivo riscontro testuale di essa.

del

corpo

con

lesterno

favorendo

il

successivo

raffreddamento: questi sono i primi segni di putrefazione e rigor mortis (IBID.:

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(nitya), il quale non altri che suupti, mentre quello occasionale (naimittika) la fine di un ciclo (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 395-400):
idn pralayo nirpyate. pralayo nma trailokyana. sa caturvidha nitya, prkto naimittika tyantika ceti. tatra nitya pralaya suupti. ca tasy tad vinena tadupalabdhe sakalakryyapralayarpatvt. smaranupapatti. na dharmdharmaprvasaskr ca suuptv vastuta antakaraasya pi

kratmanvasthnam. tena suptotthitasya na sukhadukhdyanupapatti, na v tadadhnaprdikriynupapatti, vsdyabhve

puruntaravibhramamtratvt, suuptaarropalambhavat. na caiva suptasya paretd aviea, suptasya hi ligaarra saskrtmantraiva vartate paretasya tu lokntara iti vailakayt. yadv antakaraasya dve akt jnaakti kriyakti ceti. tatra jnaaktiviintakaraasya suuptau vino, na kriyaktiviihasyeti prdyavasthnam aviruddham yad supta svapna na kacana payati, athsmin pre ekadh bhavati, athaina vk sarvair nmabhi sahpyeti [KauU IV.19], sat somya tad sapanno bhavati svam apto bhavati [ChU VI.8.1] itydirutir uktasuuptau mnam 16 kryabrahmao divasvasnanmittakas trailokyamtrapralayo naimittikapralaya brahmadivasa caturyugasahasraparimitakla. caturyugasahasri brahmao dinam ucyate iti vacant. pralayakla divasaklaparimita rtriklasya divasatulyatvt naimittikapralaye ca puravacanni pramni ea naimittika prokta pralayo yatra vivask/ ete nantsane nityam tmaskty ckhilam// iti vacanam naimittike pralaye mnam 17 ... Ora trattata la distruzione. Si dice pralaya la distruzione del trimundio. Questo di quattro tipi: giornaliero, naturale, occasionale e assoluto. Tra questi la distruzione quotidiana il sonno profondo, perch ha come aspetto la dissoluzione di ogni effetto. In quelloccasione c la permanenza in una condizione causale di merito, demerito e precedenti impressioni latenti. Per questo per chi si destato dal sonno non c unincongruit con felicit, dolore o quantaltro, come anche non v unincongruit col ricordo. Nemmeno [si ha che] nel sonno profondo, con la

Saltiamo la trattazione del prktapralaya, non attinente al nostro obbiettivo. Comunque, questo tipo di pralaya avviene quando si ha la fine di ogni effetto determinata dal termine della funzione di Hirayagarbha, altres noto come kryabrahman, ossia linsieme della totalit degli effetti: ... prktapralayas tu kryabrahmavinanimittaka sakalakryana (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 399-400). 17 Il quarto e ultimo genere di pralaya, quello assoluto (tyantika) dovuto alla realizzazione del Supremo brahman e alla conseguente liberazione: ... turyapralayas tu brahmasktkranimittaka sarvamoka Il testo continua affermando che mentre i primi tre tipi di pralaya sono causati dalla cessazione di attivit, il quarto invece, dovuto al baluginare della conoscenza avviene simultaneamente alla fine dellignoranza: ... tatrdys trayo pi pralay karmoparamanimitt. turyas tu jnodayanimitto jnena sahaiveti viea (IBID.: 400).
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sparizione dellorgano interno non possa darsi lattivit dei soffi vitali e altri elementi dipendenti da quello [= lorgano interno]; in verit, pur in assenza del respiro e altre [funzioni], la sua percezione solamente dovuta allillusione di un altro uomo, proprio come la cognizione del corpo di un dormiente. Neppure non c differenza del dormiente da un morto, poich tale la distinzione: il corpo sottile del dormiente proprio l in forma di impressione latente, mentre [quello] del trapassato in un altro mondo. Oppure, lorgano interno ha due potenze: la potenza di conoscenza e la potenza dazione. Tra queste nel sonno profondo si ha la distruzione dellorgano interno distinto dalla potenza di conoscenza, non di quello distinto dalla potenza dazione, perci non contraddetta la permanenza dei soffi vitali o altre [funzioni]. A proposito del suddetto sonno profondo, ne sono una prova questi passaggi scritturali: Quando assopito non vede alcun sogno, allora in questo soffio diviene uno, allora la parola penetra in questo con tutti i nomi, Allora, o caro, unito con lessere, immerso in S, ecc. ... La distruzione occasionale quella distruzione del solo trimundio la cui causa il termine del giorno di Brahm come effetto. Il giorno di Brahm quel tempo delimitato da mille [cicli] di quattro ere, come dallaffermazione Si dice giorno di Brahm mille [cicli] di quattro ere. Il periodo della dissoluzione ha la stessa misura del giorno, poich la durata della notte pari a quella del d A proposito della dissoluzione occasionale le affermazioni dei Pura sono prove: Questa detta quella dissoluzione occasionale ove il genitore delluniverso dorme costantemente sul giaciglio del [serpente] Ananta, dopo aver inglobato in S ogni cosa ...18 Tale affermazione mezzo di prova riguardo alla dissoluzione occasionale

Quindi, in analogia con quanto detto, la transizione da un manvantara allaltro comporta un passaggio (pralaya) della terra attraverso uno stato di sogno. In questo passaggio onirico avviene unelaborazione macrocosmica delle forme che permette, nel nuovo manvantara la comparsa di nuove specie. Al contrario, il passaggio (nityapralaya) tra kalpa e kalpa come se avvenisse nello stato di sonno profondo. Si tratta del ritorno a Brahm, con conseguente distruzione del mondo corrispondente. Questultima affermazione allude al fatto che il kalpa formato da quattordici manvantara o ere di umanit diverse. Come si diceva innanzi il kalpa concluso da un mahpralaya con cui il mondo riassorbito nella mente divina in uno stato paragonabile al sonno senza sogni. Si ricordi pure che la condizione terrestre di manifestazione corrisponde allesperienza della coscienza in stato di
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Non siamo riusciti a reperire la provenienza della citazione.

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veglia. Detto ci aggiungeremo che ogni singolo manvantara, di cui il kalpa composto, termina con un pralaya che corrisponde anchesso a una reintegrazione del mondo in mente Dei, anche se nello stato di sogno. Poich la condizione onirica lambiente di rielaborazione delle immagini immagazzinate nella memoria, ivi il sognatore universale modifica le forme a proprio piacimento. per questo che, non appena il pralaya termina e una nuova generazione posta in fieri, gli enti che ritornano a presentarsi allessere, mostrano specifiche differenze formali adattate alle nuove condizioni vigenti nella nuova manifestazione. In questo panorama sinserisce un tema di grande suggestione, dalle mille implicazioni mitologiche e dottrinali, ossia il sogno delluniverso da parte della divinit.19 Non solo questo, ma spesso abbiamo anche analoghe indicazioni, ove la Divinit Suprema come un illusionista (myvin) tesse la rete dellillusione (myjla) del mondo;20 oppure formula la determinazione volitiva (sakalpa) dellinizio, della conservazione e della fine di esso;21 o ancora come un bimbo, privo di ogni logica razionale, mosso dal solo desiderio di compiacersi e
19 Gopinath Kaviraj (KAVIRAJ, 1987: 241) afferma che nel Datttreya mata ci sono 5 tipi differenti di pralaya. Per esempio il pralaya giornaliero, ovvero il sonno delluniverso, yoganidr la condizione di battito di ciglia del paramtman (nimevasth), in quanto Egli sempre vigile e mai dorme davvero. Anche M. Hiriyanna (1993 [1932]: 367) esprime qualche considerazione in merito When we consider the universe in reference to this supreme subject, there is only one type of reality in place of the two found in the case of the jva; and that is of the phenomenal or prtibhsika type. For by hypothesis whatever is, is known to vara and no part of it lasts longer than the time during which it is experenced. In this sense, vara may be descrive as an eternal reame. But we must not think that he is deluded. That would be so if he did not realise the identity of the objective world with himself, or if any aspect of the truth about it remain unrevealed to him. What is meant by describing varas world as prtibhsika is that its unity with himself being always realised, all veariety as such is known to him to be a mere abstraction 20 Indubbiamente, il riferimento testuale pi illustre vetvataropaniad (IV.10): my tu prakti vidyt myina tu mahevaram, Si riconosca la Sostanza come illusione e il Grande Signore come lillusionista. Questo passaggio stato poi variamente chiarito e commentato, comunque una delle implicazioni ha cui ha dato origine, trattata spesso dagli autori della scuola vedntica del Vivaraa prasthna, la distinzione tra my e avidy. Per esempio, Vidyrayamuni, nella Pacada (I.15-17) scrive che mentre il Signore vara ha in s lupdhi, caratterizzato dalla purezza primordiale (uddhi) del sattva insito nella my, questa tuttavia non lo condiziona, anzi Lui (bimba), lonnisciente a governarla (vaiktya tm). Al contrario avidy lupdhi caratterizzato da unimpurit (aviuddhi) del sattva insita nella condizione individuale del jva, il quale non riesce a uscire dallignoranza, anzi ne vittima in modo talmente grave che non si rende nemmeno conto di esserlo. Si veda il secondo paragrafo del terzo capitolo. 21 Si veda un accenno al sakalpa o daivasakalpa nella nota 61 del capitolo 5. Comunque si sappia che tale tipo di determinazione operazione del tutto mentale che vari testi vedici menzionano usando varie radici, tutte dai connotati molto simili, talvolta indicanti un mero pensiero, talaltra un desiderio pi marcato, conseguenza di un bisogno effettivo. In alcuni casi la radice si presenta in forme derivative dal desiderativo, come sisk, si, visi, visarjana, tutte indicanti unemissione volontaria e differenziatrice; ancora altrove sembra che lazione creatrice avvenga esclusivamente dentro la Divinit, in mente Dei. In ChU (VI.2.3) tad aikata bahu sym prajyeyeti ; TaiS (VII.1.1.4) prajpatir akmayata prajyeya e TaiU (II.6.1) so kmayata, bahu sym prajyeyeti e (II.7) sad ajyata/ tadtmna svayam akuruta ; MaiU (II.6) prajpatir v eko gre tihatsa nramataika so tmnam abhidhytv bahv praj asjata/ (CHENET, 1998, VOL. 1: 42-46).

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divertirsi (ll), mette in piedi la struttura del mondo, la guarda per un attimo e poi annoiatosi di essa la rade al suolo senza alcuna ragione apparente;22 senza poi parlare dellantichissima concezione di Dio come artista o artigiano celeste, direttamente connessa con la sua funzione illusionistica.23 Ora, senza allontanarci troppo dalla nostra trattazione, abbiamo dei passaggi interessanti nel Matsya Pura (MaP 167.13-67). Il palcoscenico oscuro, nebbioso, la scena dellintervallo temporale che intercorre tra una manifestazione e laltra. Ivi la Suprema Divinit, il brahman, in questo caso24 Viu-Nryaa (SHARMA, Arvind, 2006: 115-116), in forma di cigno (hasa)25 disteso sulle acque diluviali che pervadono lintero universo. In questa situazione il grande essere splendente (mahdyuti) gener le sedici classi di sacerdoti (tvik). Il primo nato fu Brahm, dalla sua bocca, dalle sue quattro braccia presero forma i quattro sacerdoti sacrificali e da altre membra i loro accoliti.26 Egli, il vedapurua stesso, sul quale trovano fondamento i sacrifici (113).
Il BS (II.1.33) dichiara che il solo scopo per cui lEssere Supremo diviene simile al mondo per suo divertimento: lokavat tu llkaivalyam. Glossando il passo afferma che la Divinit senza alcun motivo preciso (prayojana), ma per sua stessa natura tende esclusivamente a rallegrarsi e divertirsi. In effetti, questa ragione non si pu trovare n con la logica, n indagando nelle scritture: varasypy anapekya kicit prayojanntara svabhvd eva kevala llrp pravttir bhaviyati. na hvarasya prayojanntara nirpyama nyyata rutito v sabhavati Seppure si possa trovare anche una qualche ragione per il divertimento degli uomini nel mondo, ci non pu essere spiegato per il Signore, che ha in S leterna soddisfazione di ogni brama (nityatpti) e ha gi in S raggiunto ogni desiderio (ptakma). Neppure si pu relegare la manifestazione delluniverso a una mancanza dazione (apravtti) o lazione di un pazzo (unmattapravtti), poich abbiamo i passaggi scritturali che riguardano la manifestazione e quelli concernenti lonniscienza di vara. 23 il caso di ricordare alcuni appellativi vedici del Principio generatore, quali: Tva (V I.13.10, I.20.6, I.32.2, I.52.7, I.95.5, I.161.2, X.184.1; AVS V.25.5, VI.78.3, VI.92.1-3, VII.74.3; B III.7.2.8; BU VI.4.21), Dht (V X.184.1-2, X.190.3; AVS VII.17-18, 20), Vidht (V VI.50.12), Savit (B XIII.2.7.12, XIII..8.3.3) e Vivakarman (V X.81.2-3, X.82.2; B XIII.7.1 e seguenti) o Prajpati (V X.121.1; AVS XI.4.12; B IV.5.7.2, VII.3.2, 14-15, XI.1.8.2; TaitB I.6.2.1; Nirukta X.43) stesso. Si vedano a questo proposito Zimmer (1993 [1946]: 31-34, 34-56. 56-60), Arvind Sharma (2006: 115-130) e Doniger (2005 [1984]: 123-175, 396-405). 24 Diciamo in questo caso perch altrove Brahm che ha questo ruolo, ossia di manifestare la volizione delluniverso e, anche in quel frangente, la manifestazione non che sakalpamtra. Si veda per esempio YV/MU III.55.47. 25 Lo hasa solitamente il veicolo (vahna) di Brahm e la sua controparte animale. Tuttavia in situazioni come quella descritta dal testo sinonimo dello Spirito Assoluto che volando a pelo della superficie delle oscure acque della non-manifestazione depone luovo da cui sar generato luniverso oppure, agitando le acque provoca linizio dellattivit. Il cigno, come vuole la tradizione indiana, ha in s la capacit innata di dividere spontaneamente il latte dallacqua quando questi siano mescolati (nrakraviveka). In questo caso sinonimo del paramtman che dorme senza dormire, che posato sulle acque senza toccarle, che osserva senza agire. 26 Conosciamo i quattro sacerdoti principali: per il V abbiamo loblatore, lo hot con i suoi accoliti (altri sacerdoti sono il maitravarua, lacchvk, che invita le divinit alla libagione rituale, il gravastut, che loda le pietre preposte alla spremitura delle bevande sacrificali), che siede a nord della piattaforma sacrificale e, rivolgendosi a Oriente, cantilla delle invocazioni indirizzate agli dei, disponendo le offerte a essi destinate. Poi abbiamo ladhvaryu, il sacrificatore, preposto allo YV a cui spetta il compito di
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In questa situazione, il Pura afferma che il i senza et Mrkaeya, dallaspetto di un eterno sedicenne, fu ingoiato (gr) da Viu. Nel suo stomaco che contiene luniverso, il saggio rimase per migliaia di anni peregrinando per ogni luogo sacro e ogni mondo, ogni citt e guado sacro, ogni paese e ogni regno, dedicandosi ai sacrifici, alla ripetizione dei mantra e allascesi (13-16). Col procedere delle ere la manifestazione termina. Dorme (svapiti) Viu sulloceano primordiale (ekrave), dopo che ogni cosa scomparsa e in lui si reintegrata. Quando, a un certo momento, accade qualcosa di meraviglioso mentre Mrkaeya vaga per i mondi:
mrkaeyas tatas tasya anair vaktrd vinista/ sa nikrman na ctmna jnte devamyay// 17 // nikramypy asya vadant ekravam atho jagat/ sarvatas tamascchanna mrkaeyo nvaikata// 18 // tasyotpanna bhaya tvra saaya ctmajvite/ devadaranasaho vismaya parama gata// 19 // cintayan jalamadhyastho mrkaeyo nvavaikata/ kintu syn mama cinteya moha svapno nubhyate// 20 // vyaktam anyatamobhvas te sabhvito mama/ na hda jagat kleam ayukta satyam arhati// 21 // naacandrrkapavane naaparvatabhtale/ katama syd aya loka iti cintm avasthita// 22 // dadara cpi purua svapanta parvatopamam/ salile rddham atho magna jmtam iva sgare// 23 // jvalantam iva tejobhir goyuktam iva bhskaram/ rvary jgratam iva bhsanta svena tejas// 24 // deva draum ihyta ko bhavn iti vismayt/ tathaiva sa muni kuki punar eva praveita// 25 //

apprestare larea sacrificale ove si siede con i suoi accoliti (il pratiprasthat, lantepositore del recipiente contenente il latte, il ne, conduttore della moglie di chi offre il sacrificio, lo yajamna; lo unnet, versatore del soma) e con i secondari (lo samit, acquietatore, che uccide la vittima sacrificale; il vaikart, lo squartatore di essa e il cmasdhvaryu, il quale maneggia i cmas, i recipienti quadrangolari del soma). Poi vi il cantore dei sman, ludgat, del SV, il cantore delludgith, ossia la parte centrale e pi importante dei canti, spesso identificata lokra. Questo sacerdote con i suoi assistenti (il prastotar, preludiatore, che intona la pre-lode, prastva, che apre il canto; pratihrtar, che si unisce al canto nel pratihra, il momento corale e il subrhmaya, dal buon potere brahmanico, deputato al canto di specifici mantra), gira attorno alla piattaforma sacrificale, salmeggiando alcuni inni con caratteristiche melodie, cariche di potenza. Infine vi il sacerdote dellAV, il brahman, lantistes del rito, deputato a seguirne landamento segnalando con il continuo mormorio dellokra se lesecuzione impeccabile, intervenendo invece in caso di errori degli altri officianti con i necessari riti espiatori, che egli stesso esegue o di cui si occupano i suoi accoliti (il brhmacchasin, che recita dopo il brahman, lagnidh, accenditore del fuoco e il potar, il purificatore del sacrificio) (PELLEGRINI, 2008: 113-115).

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sapravia puna kuki mrkaeyo tivismaya/ tathaiva ca punar bhyo vijann svapnadaranam// 26 // sa tathaiva yath prva yo dharm aate pur/ puyatrthajalopeta vividhny rami ca// 27 // kratubhir jamn samptavaradakin/ apayad daivakukisthn ataodvijn// 28 // sadvttam sthit sarve varbrhmaaprvak/ catvra cram samba yathoddi may tava// 29 // eva varaata sgra mrkaeyasya dhmata/ carata pthiv sarvm na kukyanta samkita// 30 // In seguito lentamente Mrkaeya usc dalla sua bocca. Questi per la potenza della divinit, uscendo non riconobbe neanche s stesso (17). Dopo essere uscito dalla sua bocca, Mrkaeya scorse lunico oceano e luniverso coperti da ogni parte dalla tenebra (18). Di lui simpossess una tremenda paura e il dubbio a proposito della propria vita. Rapito dalla visione divina fu colto da grande stupore (19). Mrkaeya, che stando in mezzo allacqua stava riflettendo, consider: Ma che cosa sar questo mio pensiero, sto vivendo unallucinazione o un sogno? (20). Forse io ho dato unorigine percepibile a una tra queste entit; non di certo un tale universo, afflitto e illogico pu essere vero (21). Il sole, la luna e il vento sono distrutti, finiti i monti e la terra: qual questo mondo? Cos fu immerso nella preoccupazione (22). Poi vide un essere dormiente, simile a un monte, mezzo sommerso, come una nuvola sul mare (23), che splendeva di luci, come il sole dotato di raggi e per il proprio ardore brillante era come fosse stato sveglio durante la notte (24). Per vedere la divinit venne vicino e con meraviglia [chiese] Chi Lei?. E cos nuovamente quel saggio silenzioso penetr nello stomaco [del Dio] (25). Rientrato di nuovo nello stomaco, Mrkaeya, oltremodo meravigliato, riconobbe ancor di pi quella come la visione di un sogno (26). Egli, poi, come in precedenza vag per la terra dotata di guadi sacri e acque benedette, nonch di svariati eremitaggi (27). Vide sacrificatori di rituali che gi avevano consegnato i doni e i pagamenti per i riti e sacerdoti che stavano allinterno dello stomaco e centinaia di due volte nati (28). Intenti nella condotta pia erano tutti i brhmaa [nati] nella casta e i quattro stadi di vita erano corretti, come da me ti era stato insegnato (29).27 Cos anche dopo Mrkaeya continu a vagare per lintera terra per cento anni e oltre, ma non vide la fine dello stomaco (30) ...

Si tenga qui presente che la narrazione sta avvenendo per bocca dellavatra Matsya, che come era gi accaduto al momento del diluvio, sta narrando a Manu lepisodio di qui sopra.
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Ovviamente questa prima parte della narrazione unallegoria che indica come durante il riposo delluniverso ogni cosa sia reintegrata nella divinit. In ogni modo, la scena del tutto peculiare. Il venerando saggio, a cui iva stesso aveva donato una vita senza fine, vaga libero per luniverso. Vagabondando egli ha come sola meta i luoghi sacri e per caso si trova allimprovviso di fronte a un paesaggio, una scena mai vista prima nella sua lunga vita. Dapprima sbigottito e impaurito si chiede cosa sia successo al mondo che conosceva, che genere di visione o pensiero avessi innanzi.28 Era quello rispondente al vero o un sogno, oppure unallucinazione. In questo caso molte sarebbero le considerazioni rispetto allo status ontologico del vero e dellillusorio, per le lasciamo ai capitoli seguenti. Certamente abbiamo qui di fronte due realt contrastanti, una nota e apparentemente solida e ben organizzata, unaltra ignota e assolutamente priva di appigli e punti di riferimento. Questo effettivamente il punto di vista dellessere comune, ordinario, legato ai parametri della dualit (ZIMMER, 1993 [1946]: 42-49). Per Mrkaeya davvero vittima di un tale errore? Un saggio plurimillenario, figlio di saggi e istruito da iva, pu davvero essere terrorizzato come un uomo ignorante di fronte alloscurit principiale? forse altrove il senso implicito della prima parte del mito? Sar facile rammentare il verso della Bhagavad Gt (BG II.69):
y ni sarvabhtn tasy jgarti sayam/ yasy jgrati bhtni s ni payato mune// Quella ch notte per tutti gli esseri, in essa veglia luomo ben domo, l dove vegliano gli esseri, quella notte per il saggio silenzioso che vede.

Riprendiamo con un altro quesito. Come si affaccia il sdhaka, lo yogin alla visione totale (sarvasvadarana). Sebbene sia ormai penetrato in uno stato superiore, n immediatamente consapevole? Oppure necessita, come potremmo affermare in modo colloquiale, di stabilire una certa confidenza con quella condizione?
Si confronti con Mkya Krik (III.39), in cui quei sedicenti yogin che si dedicano alla dualit, sono enormemente atterriti di fronte allabisso non duale, che pure lunica, pura e totale assenza di timore (BU IV.2.4, IV.5.14-19): asparayogo vai nma durdara sarvayogibhi/ yogino bibhyati hy asmd abhaye bhayadarina//, Questo yoga il cui nome disciplina priva di contatto [con lalterit], difficile da realizzare da parte di tutti gli yogin. Sebbene esso sia lassenza di paura, gli yogin che vedono la paura [= la dualit] lo temono.
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Proponiamo

alcuni

passaggi

dal

gi

ricordato

Janakhaa

del

Tripurrahasya (IX.39b-54). Questi sinseriscono nella bellissima storia del re Hemaca e della sua saggia moglie Hemalekh, dalla quale egli prende insegnamenti spirituali. Dopo lennesimo upadea, il sovrano si rinchiude in s e ha questo tipo desperienza, del quale non si capacita e ha bisogno nuovamente delle spiegazioni della moglie:
athpayad andhakra gha tat kaamtrata/ ida mamtmano rpam iti nicitamnasa// 40 // praharam atula lebhe ctha bhyo vyacintayat/ nna puna prapaymty eva citta rurodha vai// 41 // cacala hahayogena niruddha samvaikata/ tejapujamandyanta bhsvara kaamtrata// 42 // prabuddha cintaymsa kim etad iti vismita/ aho paymi vividha kim tmna katha tv idam// 43 // bhya paymi eva rurodha svamanas tad/ vilna nidray citta babhau ciratara dham// 44 // tatrpayat svapnajla vicitrnekadaranam/ atha prabuddho tyanta vai cint prpa mahattarm// 45 // kim aha nidraycchanna svapnn samavalokayam/ tamas teja cpi dam aho svapntmaka bhavet// 46 // svapnas tu mnasollsas tadeta varjaye katham/ bhyo nighya paymty eva nicitya vai dham// 47 // rurodha citta tu haht tad eyad abhavat sthiram/ tadnandasamudrntar nimagna iva so bhavat// 48 // puna cittapracalant prabuddho bhavad ajas/ kim ea me bhavat svapna cthav cittavibhrama// 49 // hisvit satya ea syd avicintya vibhti me/ nnvabhva kicid api sukham pta katha may// 50 // aho sya sukhaleasya tulya nsty atra kicana/ aha suuptavan mha katham etat sukha sthiram// 51 // ntra hetu kicid api lakaye tat katha bhavet/ tmvagamanyha pravtto py adya nvidam// 52 // tmnam anyac cnyac ca paymi kim ida bhavet/ prako vndhakro v sukha vnyad athpi v// 53 // tm bhaven mama tath kramikaitat svarpaka/ nntam emy atra bhyast pcchmi vidu priym// 54 //

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Di seguito scorse una densa tenebra e quello solamente un attimo, [ed egli] con la mente convinta [pens]: Questa la natura propria del mio S (40). Attinse una gioia incomparabile e di nuovo riflett: Certamente rivedr ancora [quella visione]! e, in tal modo arrest la mente (41) instabile, con la disciplina ostinata. Fermata [quella], per un solo istante percep una massa di fulgore senza inizio o fine, splendente (42). Ridestatosi, pens meravigliato: Che cosera quella cosa? Oh, come posso scorgere il S di forme cos varie?29 Com possibile ci (43). [Lo] vedr ancora! Cos in quel momento arrest la sua mente. Assorbita la sua mente dal sonno, ferma risplendette per una durata pi lunga (44). L scorse un crogiuolo di sogni con la visione di molteplici meraviglie. In seguito, svegliatosi piomb in unestrema preoccupazione sempre maggiore (45): Io, avvolto dal sonno, che genere di sogni stavo scorgendo? Oh, forse anche la tenebra e la luce che ho visto sono di matrice onirica (46). Ma il sogno un bagliore della mente, come allora posso evitarlo? Avendo domato di nuovo i sensi lo rivedr. Avendo cos tenacemente deciso (47) ferm la mente con lo sforzo e allora essa divenne stabile. Egli era come immerso in un oceano di beatitudine (48), ma per lagitazione della mente, improvvisamente si ridest ancora: Cos questo che mi accaduto, un sogno oppure unillusione della mente (49), o che forse questa sia verit? A me pare inconcepibile, io non percepivo alcunch; come ho attinto una tale felicit? (50) Oh, nulla vi qui eguale alla minima parte della gioia derivante da quello! Io ero inerte come qualcuno che sia profondamente assopito: come si verificata una tale felicit? (51) Non vedo, a questo proposito, la minima ragione di come ci possa essere [accaduto]. Io, pur impegnato per comprendere il S, oggi non lho riconosciuto (52). Colgo il S in un modo e poi ancora altrimenti: che cosa sar ci? Luce o tenebra, oppure felicit o ancora qualcosaltro? (53) O forse il mio S una siffatta successione, tale la sua natura? Non ne giungo al termine! Interrogher nuovamente lei, la mia cara che sapiente (54)

Qui il re cerca di interpretare con i mezzi dello stato ordinario quella serie di esperienze che ha vissuto. Analizzando la condizione ultima (caramvasth), o quegli stadi transitori che in breve conducono a essa, sembra che i rapporti della normale realt fenomenica si ribaltino (FALK, 1986: 171). Ci che sembrava solido
Il commento di rnivsa fa riferimento allopposizione tra le due visioni: la forma oscura percepita nella prima e quella splendente della seconda: etat tamas teja ca ida viruddharpatvam tmana katham iti vismita.
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e duraturo, appare effimero e vano, ci che splendeva diviene oscuro e viceversa: la notte giorno e il giorno notte Quella realt che allinterno di Viu, myvin per eccellenza, addormentava il saggio, non era che un sogno della Divinit Suprema. LEssere Supremo, splendente di luce propria, lunica e ultima Realt (paramatattva), serenamente assiso sulle acque diluviali, immerso nella notte delle notti, sembra un sogno al saggio, un miraggio, un portento che mai ha contemplato prima. Sia Mrkaeya, sia Hemaca, hanno delle visioni molto simili: prima la tenebra, poi una massa di luce. Entrambi sono prima sconvolti, poi si chiedono quanto quellesperienza rispondesse a verit. Hanno entrambi, in modalit diverse beninteso, bisogno di entrare e uscire ancora da quello spettacolo, di penetrarvi pi profondamente. Lo yogin che allinizio del suo percorso spirituale si affaccia allabissale profondit interiore, non comprende immediatamente quanto vede, ne confuso, spaventato, ha bisogno di tornarvi. Mrkaeya ha di fronte a s Viu fulgido e oscuro, vegliante e dormiente, unico locus atto allacquietamento di ogni contrasto. Lo vede cos meraviglioso e il suo cuore si pacifica, cosicch trova il coraggio di avvicinarsi e chiedergli chi fosse. Hemaca dopo vari tentativi ha visioni sempre pi lunghe e stabili, che comunque lo conducono a una confusione pi profonda. Pur tornando sempre alla coscienza ordinaria, sinterroga ripetutamente sulla natura della sua visione. Ha infine bisogno di chiarimenti da parte della sua sposa-maestro. I chiarimenti arriveranno anche per Mrkaeya, ma nella seconda parte del mito, che qui sotto traduciamo. Comunque ambedue arriveranno alla meta del loro percorso. Noi seguiremo Mrkaeya, nella fattispecie, al quale Viu stesso si riveler nella sua totalit. Prima di procedere con la traduzione, proponiamo unultima interpretazione. Dentro a Viu che sta sognando, allinterno del suo stomaco, ovvero nel contenitore delle possibilit formali e informali della manifestazione, in scena una realt mentale, quasi apparente (prtibhsika), che per lungo tempo il saggio considera effettiva e stabile.30 Mrkaeya in questo caso incarna lago della bilancia, il punto di vista relativo della realt empirica (vyvahrika), che ha confidenza solo con ci che appare di fronte, non con ci
Si veda ChU VIII.12.3, ove mentre si sogna sparisce il mondo esterno. In questo caso una sottolineatura del fatto che il mondo esiste solo allinterno dello stomaco di Viu e non altro che un sogno.
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che trascende quella visione. Fuori da quella finzione, al di l del sogno, c la realt vera, ultima, indivisa (pramrthika), ove un principio metafisico eterno e immoto sembra dormire agli occhi di un uomo, ma sta invero al di l di sonno, sogno e veglia, nella condizione di turya, incomprensibile allignorante che dallesterno la scruta. Unica fonte di luce nelloscurit del sogno o del sonno dellignoranza il S, ltman, Viu, il paramtman, auto-luminoso (svayapraka), che con lo spegnersi dogni altra luce lultimo faro, luce delle luci,31 immobile osservatore dogni cosa. Vediamo ora cosa succede a Mrkaeya quando, dopo la prima visione del Supremo, ritornato a vivere una vita ordinaria per lunghissimo tempo, si ritrova di nuovo al cospetto di Viu, o se si preferisce, del proprio S:
tata kadcid atha vai punar vaktrd vinista/ gupta nyagrodhakhy blam eka niraikata// 31 // tathaivekravajale nhrevtmbare/ avyagra krate loke sarvabhtavivarjite// 32 // sa munir vismayvia kauthalasamanvita/ blam dityasaka naknod abhivkitum// 33 // sa cintayas tathaiknte sthitv salilasannidhau/ prvadam ida manye akito devamyay// 34 // agdhasalile tasmin mrkaeya suvismaya/ plavas tathrttim agamat bhayt santrastalocana// 35 // sa tasmai bhagavn ha svgata blayogogavn/ vabhe meghatulyena svarea puruottama// 36 // m bhair vatsa na bhetavyam ihaivyhi me ntikam/ mrkaeyo munis tv ha bla ta ramapita// 37 // mrkaeya uvca/ ko mm nmn krtayati tapa paribhavan mama/ divya varasahasrkhya dharayann evam eva ya// 38 // na hy ea va samc ro devev api mamocita/ m brahmpi hi deveo drghyur iti bhate// 39 // kas tapo ghoram sdya mm adya tyaktajvita/ mrkaeyeti mm uktv mtyum kitum arhati// 40 // evam bhya ta krodhn mrkaeyo mahmuni/ tathaiva bhagavn bhyo babhe madhusdana// 41 //

Si vedano BU IV.3.9, e BG XIII.18: jyotim api taj jyoti ; MuU II.2.9: jyoti jyotis tad yad tmavido vidu .
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bhagavn uvca/ aha te janako vatsa hkea pit guru/ yupradt paura ki m tva nopasarpasi// 42 // m putrakma prathama pit te giraso muni/ prvam rdhaymsa tapas tvra samrita// 43 // tatas tv ghoratapas prvod amitaujasam/ uktavn aham tmastha maharim amitaujasam// 44 // ka samutsahate cnyo yo na bhttmakmaja/ draum ekravagata kranta yogavartman// 45 // tata prahavadano vismayotphullalocana/ mrdhni baddhjalipuo mrkaeyo mahtap// 46 // nmagotre tata procya drghyur lokapjita/ tasmai bhagavate bhakty namaskram athkarot// 47 // mrkaeya uvca/ iccheya tattvato mym im jtu tavnagha/ yadekravamadhyastha ee tva blarpavn// 48 // ki saja caiva bhavagan loke vijyase prabho/ tarkaye tv mahtmna ko hy anya sthtum arhati// 49 // rbhagavn uvca/ aha nryao brahman sarvabh sarvanana/ aha sahasrarkhyair ya padair abhisajita// 50 // dityavara puruo makhe brahmamayo makha/ aham agnir havyavho ydas patir avyaya// 51 ////32 aha caiva sarid divy kroda ca mahra/ yat tat satya ca paramam aham eka prajpati// 55 ////33 aha bhtasya bhavyasya vartamnasya sambhava/ yat kicit payase vipra yac choi ca kicana// 60 // yalloke cnubhavasi tat sarva mm anusmara/ viva sa may prva sjya cdypi paya mm// 61 // yuge yuge ca sakymi mrkaeykhila jagat/ tad etad akhila sarva mrkaeyvadhraya// 62 //

Non ci pare il caso di proporre tutti i versi qui elencati, ma solo una loro selezione, con particolari attinenti alla trattazione da noi svolta. Comunque li diamo qui di seguito: aham indrapade akro var parivatsara/ aha yog yugntvarta eva ca// 52 // aha sarvi satvni daivatny akhilni tu/ bhujagnm aha eo trkyo vai sarvapakim// 53 // ktnta sarvabhtn vive klasajita/ aha dharmas tapa cha sarvramanivsinm// 54 //. 33 aha skhyam aha yogo py aha tat para padam/ aham ijy kriy cham aha vidydhipa smta// 56 // aha jyotir aha vyur aha bhmir aha nabha/ aham pa samudr ca nakatri diodaa// 57 // aha varam aha soma parjanyo ham aha ravi/ kirodasgare cha samudre vaavmukha// 58 // vahni savartako bhtv pibas toyamaya havi/ aha pura parama tathaivha paryaam// 59 //
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urur mama dharm ca kukau cara sukha mama/ mama brahm arrastho devai ca ibhi saha// 63 ////34 In seguito questi, una volta di nuovo fuoriusc dalla bocca e scorse un fanciullo nascosto sul ramo di un albero nyagrodha (Ficus Indica o Ficus Bengalensis)35 (31). Cos nellacqua delloceano primordiale, il cui cielo sovrastante era avvolto dalla nebbia, quello tranquillo giocava in quel mondo privo di ogni essere vivente (32). Quel saggio, colto da meraviglia, provvisto di curiosit, non riusciva a fissare quel bimbo dallo stesso splendore del sole (33). In tal modo, stando in disparte nelle vicinanze dellacqua, egli riflettendo [pensava tra s e s]: Io ho visto ci in precedenza, ma sono confuso dalla potenza della divinit! (34). Mrkaeya, alquanto stupito, stando a galla in quellacqua insondabile, cos affranto e con gli occhi atterriti dalla paura [lo] approcci (35). Quel glorioso Signore gli disse: Benvenuto fanciullo dotato di disciplina! Cos parl il migliore tra gli esseri (puruottama) con una voce simile a una nube [tonante] (36). Non temere, o figlio! Non aver paura, viene qui vicino a me! A quel fanciullo rispose laffaticato saggio Mrkaeya (37). Mrkaeya disse: Chi mi chiama per nome, disonorando la mia ascesi?36 Chi, cos ha una tale impudenza con [me] dallet di mille anni divini? (38). Non di certo questa una buona condotta per voi e che degna di me, anche se foste divinit; anche invero Brahm, il signore degli dei, mi chiama O longevo (39). Chi oggi, rinunciando alla vita, sapproccia a me dallardore tremendo, chiamandomi Mrkaeya e vuole vedere la morte? (40). Dopo che il grande saggio Mrkaeya aveva cos parlato a quello per via dellira, di nuovo parl il Signore uccisore del demone Madhu (Madhusdana) (41). Il Signore disse: O figlio, io sono il tuo genitore! Io sono Hikea, il padre, il maestro. Colui che dona la durata della vita,37 lantico, perch non ti avvicini a me? (42). In principio, tuo padre, il saggio Agirasa, desideroso di un figlio, impegnato in una tremenda ascesi onor me per primo (43). In seguito, grazie alla terribile austerit, scelse come dono te dallincommensurabile ardore. Io dissi al grande veggente dallincommensurabile ardore, che stava raccolto in s (44): Chi altro, in virt della via yogica, in grado di vedermi sulloceano primordiale mentre gioco, se

vyaktam avyaktayoga mm avagacchsuradviam/ aham ekkaro mantras tryakara caiva traka// 64 // paras trivargd okras trivargrthanidarana/ evam dipureo vadann eva mahmati// 65 // vaktram htavn u mrkaeya mahmunim/ tato bhagavata kuki pravio munisattama// 66 //. 35 il famoso albero che cresce verso il basso, ossia le cui radici vanno dallalto al basso, chiamato anche vaa e baniano. 36 Tuttoggi costume in India non chiamare per nome le persone che godono di stima e rispetto sia nella societ sia in famiglia, bens sarebbero da indirizzare con un titolo onorifico. 37 Si fa qui riferimento ad alcune versioni marcatamente vaiava del mito di Mrkaeya, in cui il saggio ottiene il dono di lunga vita da Viu e non da iva: Narasiha Pura (7-8), BhP (XII.8).
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non chi figlio del S incarnato38 stesso (45). Poi, col volto raggiante di gioia, gli occhi sbarrati per la meraviglia, Mrkaeya dalla grande ascesi, chiusi i palmi delle mani sulla fronte (46), dopo aver pronunciato il suo nome e il suo gotra,39 il longevo venerato dal mondo, con devozione rese omaggio al Signore glorioso (47). Mrkaeya disse: O senza macchia, questo il mio desiderio, ossia di conoscere secondo verit questa tua potenza dillusione, cio che tu sei assiso nel mezzo delloceano primordiale con un aspetto da fanciullo (48). O Signore, con quale appellativo sei conosciuto nel mondo, o potente? Ti considero un principio grandioso, chi altri pu stare [cos] (49). Il Glorioso Signore rispose:40 Io sono Nryaa, io sono il brahman, lorigine di tutto e la distruzione di ogni cosa; io sono chi stato indicato come quello dalle mille teste e dai [mille] piedi (50),41 io sono lessere dal colore del sole,42 nel sacrificio il sacrificio sostanziato di brahman (brahmamaya), io sono il fuoco che conduce le oblazioni, io il signore immutabile delle acque (ydas) (51) Io sono in verit il fiume divino [= Gag] io sono il grande oceano le cui acque sono latte (kroda), ci che la verit e il supremo io sono, lunico signore delle creature (55) 43 Io sono lorigine del passato, del futuro e del presente, tutto ci che, o saggio, vedi e quanto senti (60). Ci che esperisci nel mondo, ricorda tutto ci come fossi io. Io, in principio, ho generato luniverso e anche oggi guarda me come ci che da generare (61). Era dopo era, o Mrkaeya, sono testimone dellintero mondo, per cui, o Mrkaeya, comprendi tutto questo (62). Sii desideroso di udire le mie virt, entra felicemente nel mio ventre, Brahm, insieme alle divinit e ai veggenti, sta nel mio corpo (63). 44

Uno dei nomi di Viu che appare nel Viusahasranmastotra (14) (MhB Anusana Parvan 149.1142 [135 nelledizione critica di Poona]). glossa il nome intendendolo come il S di tutti gli esseri, il controllore interiore: bhtnm tm antarym. ea ta tm antarymy amta [BU III.7.3] iti rute. 39 Il gotra quella comune discendenza dai i ancestrali che accomuna in senso endogamico gruppi brhmaici e spartiacque che segnala limpossibilit di prendere come moglie una donna dello stesso gruppo. 40 Questa serie di nomi ricorda da vicino anche BG X.20-42. 41 Ovvio il richiamo a essere il soggetto cantato degli inni vedici, quali il Puruaskta (V X.90.1). 42 Si vedano vU III.8, BG VIII.9, V Khilaskta (rskta) V.87.10. 43 Di nuovo saltiamo alcuni versi (56-59) suggestivi, ma non estremamente utili alla nostra disamina. Si riferiscono a Nryaa indicandolo come ogni elemento singolo e come linsieme di essi, il Skhya, lo Yoga, il sacrificio, lazione sacrificale, la divinit della sapienza, la luce, loceano, le stelle, le dieci direzioni dello spazio, lanno, Soma, Parjanya, il sole, il fuoco di fine ciclo, lantico, il rifugio sommo degli esseri, loblazione sacrificale. 44 Anche qui passiamo sopra ad alcuni versi (64-66) comunque interessanti, secondo i quali Viu sia lo yoga vyakta, esplicito, manifesto, esteriore, sia lo yoga avyakta, implicito, interiore, il monosillabo o, il mantra liberatore (traka) di tre sillabe, il supremo, i tre primi fini delluomo, cio dharma, artha e kma, nonch la liberazione stessa.
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Infine Viu, dopo questinsegnamento riprese in s Mrkaeya ingoiandolo ancora (66). Il saggio condusse una vita beata, oramai libero, senza turbamenti, col cuore ebbro di beatitudine divina (SHARMA, Arvind, 2006: 116123). In questa seconda parte del mito, Mrkaeya, come Hemaca, ha un secondo genere di approccio alla divinit, differente da quanto gli era accaduto in precedenza. Scorge un fanciullo sereno e senza tempo, dal fulgore incontrollabile, che egli non riesce a contemplare per quanto lo desideri. Nel vate sono ancora presenti delle impurit, dovute alla sua posizione privilegiata tra gli esseri delluniverso intero, per cui, quando il bimbo lo chiama direttamente per nome, senza attribuirgli alcun onore, Mrkaeya monta su tutte le furie. Per, la voce pacata ma ferma e tonante del fanciullo gli spiega come stanno le cose, lo calma e lo mette nella giusta disposizione per linsegnamento.45 Viu gli insegna lidentit degli opposti nellunico principio che ne la scaturigine, il sostegno e il luogo di ristoro, per cui oscurit e luce sono entrambi aspetti del Supremo, la differenza sta solo nella prospettiva da cui li si osserva. Ma come continua la sua vita Mrkaeya. Il MaP (167.67) aggiunge:
sa tasmin sukham eknte urur hasam avyayam/ yo ham eva vividhatanu paririto mahrave vyapagatacandrabhskare/ anai caran prabhur api hasasajito sja jagadvirahitaklaparyaye// 67 // Questi [=Mrkaeya] in quello [stomaco], in un luogo appartato, [fu] desideroso di udire lhasa imperituro. Mentre io, situato in corpi molteplici muovendomi lentamente nel grande oceano da cui sono assenti la luna e il sole, io sono anche il Signore chiamato Hasa, forgiai luniverso [e sono] nel ciclo del tempo che ne privo (67).

Da queste righe, certamente non senza zone dombra, sembra che Nryaa in forma di Hasa, di cigno, conceda linsegnamento hasa a Mrkaeya. nozione ben nota nel panorama indiano la scomposizione del termine hasa in due sezioni: ham e sa. Questa formula sarebbe costantemente
La giusta modalit spiegata come upasdanavidhi, lingiunzione relativa allapproccio, ovviamente al maestro. Si veda BG IV.34 e MuU I.2.12.
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ripetuta a ogni respiro dalle anime individuali che, inspirando ripetono ham ed espirando sa. Esse hanno di fronte a s la costante formula didentit col Supremo, ma non se ne rendono conto. La loro consapevolezza di hasa sopita. Il maestro vivifica questo insegnamento, ammaestrando lallievo sul come renderlo effettivo e ribaltando lordine di hasa in sa e ham. Chiunque abbia una bench minima cognizione di sanscrito comprende i due termini come sa, quello, egli il pronome dimostrativo al maschile e il pronome personale aham, io, che in seguito al sadhi divengono un unico suono armonioso so ham, Quello io sono (ZIMMER, 1993 [1946]: 52-54). Sebbene questa formula non possa dirsi propriamente un mahvkya vedntico, ne ha tuttavia tutte le caratteristiche. Innanzitutto, la fonte testuale pi nota della formula la a Upaniad (16), che per un passo tradizionalmente commentato come appartenente al contesto dellupsan. In ogni modo, pare proprio che Viu, la Suprema divinit, insegni a Mrkaeya il modo di uscire dalle strette maglie empiriche in cui era prigioniero, mostrandogli la via per trascendere ogni contrasto e differenza, sublimandoli nellidentit. Oltre alle illustrazioni di luce e tenebra egli fornisce anche la formula pi efficace a compiere questa introspezione. Mrkaeya, pur uscito dallo stomaco del Dio, in verit profondamente assorto dentro di s, di fronte alla vera essenza della divinit. Egli sta dopo aver udito linsegnamento (ravaa) e sta cercando di privarlo da ogni contraddizione interna (manana). Linsegnamento hasa pone in una posizione di omogeneit ed equivalenza (smndhikaraya) i significati letterali (abhidheya) del termine aham, io, ossia Mrkaeya nel suo stato ordinario, legato a un preciso momento, a un preciso luogo e a un preciso aggregato psico-fisico. Dallaltra parte vi il termine sa, con tuttaltro significato letterale: indica Quello, la divinit onnisciente, onnipotente, onnipresente e onnipervadente. Abbiamo dunque di nuovo a confronto la realt empirica di Mrkaeya e quella assoluta di Nryaa, inconciliabili se considerati i loro significati primari. Quando poi, come vuole la tradizione vedntica per i mahvkya, i due significati letterali non possano fondersi per evidente incompatibilit di nature (ttprynupapatti), immediatamente interviene la potenza dimplicazione (laka), che in questo caso capace di mantenere una parte del significato della frase so ham e di 124

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eliminarne unaltra (jahadajahallaka/ bhgatygalaka). Il significato implicato (lakyrtha) sar dunque direttamente teso a cogliere il senso profondo della frase, eliminando i contrasti superficiali. Aham sar appunto lessenza stessa di Mrkaeya, il suo puro tman, purgato da tutte le sovrapposizioni di luogo, tempo, circostanza e da ogni sovrapposizione psico-fisica; anche sa sar liberato dalle condizioni limitanti, per quanto infinitamente superiori rispetto a quelle individuali, di onniscienza, onnipotenza e quantaltro, per giungere alla purezza priva di qualificazioni propria del paramtman. Cos, dopo una lunga frequentazione dellupadea, oramai cristallino, ci che rimane delle due entit mondate da ogni distinzione pronto a fondersi come acqua mescolata nellacqua, permettendo allhasa di essere ci che sempre stato: paramahasa.46 Queste considerazioni proposte a titolo del tutto personale e interpretativo, si collegheranno con quelle espresse nella conclusione e riguardanti limportanza della dottrina delle avasth, e in special modo del sogno nella realizzazione vedntica, in quanto si vedr che il sogno in primis il campo privilegiato in cui luomo pu scorgere la natura auto luminosa di tman (BSB III.2.1-6, BUB ad IV.3.9). Qui la digressione aveva lo scopo, mediante la valutazione e interpretazione di un mito abbastanza noto, di fornire una lettura del celebre sonno o sogno della divinit. Tornando invece a un ultimo pensiero rispetto a questo cappello introduttivo, non solo per questo capitolo, ma pure per tutti i prossimi, pare appropriato fornire un breve esame della natura propria del sogno in generale. Quali siano le sue cause (kraa), quella materiale (updna) ed efficiente (nimitta); quale sia loperazione o la causa intermedia (vypra) capace di generarlo; su cosa si sostenga (adhihna)47 e se esiste o meno una definizione, per quanto possibile, che possa essere accettata dai vari darana.
Va da s che in queste poche righe riassunto linsegnamento dellAdvaita riguardo alla realizzazione dellAssoluto mediante le grandi sentenze upaniadiche. Inutile proporre una fonte testuale precisa, perch innumerevoli sono quelle in cui si possono trovare informazioni sullintero processo. Comunque molto efficace ai fini della comprensione iniziale e la trattazione del Vedntasra di Sadnanda Yogndra. 47 Questa parte riguardante il locus dei sogni sar analizzata nel capitolo 3, soprattutto perch argomento specifico dellultima parte del Pratyakapariccheda del VP. Comunque vi un paragrafo precisamente puntato a trattare ci in R. N. Triph (1987: 203-205), del tutto sbilanciato sul lato vedntico.
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Per prima cosa cerchiamo di dare una definizione (lakaa) di sogno, fornendo alcune indicazioni preliminari. uso comune nel dibattito filosofico iniziare la discussione sulla base di una massima (laukikanyya) ben nota: lakaapramabhy hi vastusiddhi, la determinazione di unentit si ha mediante la definizione e i validi mezzi di conoscenza.48 Lagile raccolta Sarvalakaasagraha (BHIKU, 2003: 149) offre tre brevi definizioni della condizione di sogno (svapnvasth), le prime due leggermente sbilanciate sul lato vedntico, tuttavia utili al nostro scopo:
svapnvasth jgradavasthvyvttyartham ativyptivraya antakaraeti. Si dice condizione di sogno la condizione della modificazione dellorgano interno che coglie direttamente un oggetto che non raccolto dai sensi. Per discriminare dalla condizione di veglia c [la qualificazione] non raccolto dai sensi (indriyjanya); per scongiurare leccessiva estensione nel sonno caratterizzato dalla presenza della modificazione dellignoranza, c [il termine] organo interno. jgradbhogapradakarmoparame sati indriyoparame jgradanubhavajanyaindriyjanyaviayagocarparokntakaraavttyavasth. indriyjanyeti. avidyvttimaty suuptv

saskrodbhtaviayatajjnvasth Si dice condizione di sogno la condizione di una cognizione il cui oggetto risvegliato dalle impressioni latenti sorte nellesperienza di veglia e che

Sebbene questa regola sia davvero molto comune fin da tempi antichi ed pure citata a ogni pi sospinto, labbiamo reperita in questa forma solo nellintroduzione di Syaa al suo commento del V. In ogni modo, lidea deriva sicuramente dal commento di Vatsyyana ad Nyyastra (NSB) I.1.3: trividh csya trasya pravtti uddeo lakaa park ceti. tatra nmadheyena padrthamtrasya abhidhnam uddea. tatra uddiasya tattvavyavacchedako dharmo lakaam. lakitasya yathlakaam upapadyate na veti pramair avadharaa park., Triplice la tendenza di questa scienza: la denominazione, la definizione e la verifica. Tra queste la denominazione la sola espressione dellentit mediante un appellativo. La definizione lespressione di una caratteristica di ci che stato denominato, che differenzi la sua essenza [da quella di altre entit]. [Infine], la verifica laccertamento tramite i corretti mezzi di conoscenza dellesattezza o meno della definizione di ci che stato definito. Naturalmente, testi successivi (Tarkasagraha Dpik [TS/D] ATHALYE, 1988 [1897]: 4) hanno chiarito sempre di pi la natura della definizione, arrivando a definire la definizione in modo particolarmente preciso: ativyptyavyptyasabhavadoatrayarahitatve sati asdhraadharmavacanatva lakaatvam, La definizione lespressione di una propriet peculiare non comune [ad altri], caratterizzata dallassenza del triplice difetto quale leccessiva estensione, lestensione insufficiente e limpossibilit.
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caratterizzato sia dellattivit che conferisce la fruizione [degli oggetti] di veglia, sia dal ritiro delle facolt sensoriali. vipartadaranatva svapnatvam. Lessere sogno la propriet di essere una visione distorta [rispetto a quella della veglia].

Ma queste non sono le uniche definizioni. Vari trattati di altrettanti stra, tanto ortodossi, quanto eterodossi, si sono cimentati nel tentativo di definire il sogno e la condizione che lo racchiude. Senza entrare qui nello specifico, e lasciando poi la parola ai diversi darana, proponiamo noi un possibile svapnalakaa, anche se va detto che esso non sar del tutto condivisibile da parte dei Naiyyika come anche da svariati crya di altre scuole: smtibhinnajgratsaskrajanyendriyjanyamnasvasth svapnvasth, la condizione di sogno quello stato mentale differente dalla memoria e nato dalle impressioni residue dello stato di veglia e non generato dalle facolt sensoriali. In ogni modo, al fine di penetrare la bont di una definizione o comunque il suo messaggio, necessario un esame delle cause e degli elementi costitutivi che modellano il sogno. Molteplice la divisione dei generi di causa. Dai testi introduttivi al Nyya, come il TS, sappiamo di almeno cinque divisioni: causa comune (sdhraakraa),49 causa non comune (asdhraakraa). Vi poi unaltra divisione del complesso causale (kramagr) in tre sezioni: causa inerente (samavyikraa), causa non-inerente (asamavyikraa) e causa strumentale o efficiente (nimittakraa). Cos mentre la causa inerente e quella non-inerente fanno parte delle cause non comuni, la causa strumentale pu essere sia parte delle cause comuni a tutti gli effetti, sia contata insieme alle cause specifiche. Poi tra queste tre cause, quella causa non comune che provvista di una certa

I logici contano un complesso di nove cause che sarebbero comuni a ogni effetto: vara, la conoscenza propria di vara (varajna), il desiderio di vara (varecch), lazione di vara (varakti), lo spazio (dik), il tempo (kla), merito e demerito (dharmdharma/ada) e lassenza antecedente (prgabhva) e lassenza di un ente che ostacola (pratibandhakbhva).
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attivit (vypra)50 conosciuta col nome di mezzo o strumento (karaa): vypravad asdhraakraa karaam (TS/D/NB, ATHALYE, 1988 [1897]: 25-29). Accanto alla causa efficiente possono esserci una o pi cause ausiliari (sahakrkraa). Altri darana chiamano il samavyikraa del Nyya-Vaieika col nome di causa materiale (updnakraa), mentre lasamavyikraa pu essere indicato come una particolare relazione, solitamente un contatto specifico (sayogaviea) tra i componenti (avayava) delleffetto (avayavin). La questione riguardante le cause comuni non pone problemi nemmeno per quanto riguarda il sogno, essendo esso un comune effetto. Qualche complicazione comincia a presentarsi con asdhraakraa. Tralasciamo in questa sede la distinzione tra cause samavyi e asamavyi, perch richiederebbe di entrare nella complessa nozione peculiare a Nyya-Vaieika e Navya Nyya della relazione di inerenza (samavyasabandha), ci limitiamo a discutere su updna e nimittakraa del sogno. Abbiamo gi visto nel capitolo precedente e vedremo pi nello specifico nel quarto capitolo che il sogno prevalentemente visto come fenomeno mentale, relegabile al rango di mera apparizione momentanea (pratibhsa), una creazione fatta di impressioni e immagini (vsanmay) lungi anche dalla durata relativamente pi solida della realt empirica (BU IV.3.7). Il Vednta non duale considera questo mondo semplicemente un prodotto dellignoranza. Se per gli Advaitin questo mondo grossolano, vale a dire ci di cui abbiamo esperienza durante la veglia, illusorio, a maggior ragione lo sar anche il sogno. Lo studio in sanscrito di R. N Triph (1987: 199) riporta una citazione che egli indica come affermazione del maestro, cryoktau, quindi con tutta probabilit una sentenza di : suuptkhya tamo jna yad bja svapnabodhayo, la tenebra, lignoranza chiamata sonno profondo che la causa del sogno e della veglia.51

Il concetto di vypra, o causa intermedia, davvero fondamentale per comprendere il meccanismo di causalit e produzione degli effetti (krya) nel Nyya. La definizione di vypra : tajjanyatve sati tajjanyajanako vypra, loperazione prodotto di qualcosa e genera ci che nato [= leffetto] di quella cosa. Per esempio la scure un esempio di strumento: il taglio di un albero il risultato finale mentre il contatto tra la scure e il legno loperazione intermedia, in quanto prodotta dalla scure e produce il taglio finale. Talvolta si aggiunge una qualificazione (vieaa) alla definizione, per evitare leccessiva estensione nelle sostanze (dravya): dravyabhinnatve sati, cio caratterizzata dalla diversit dalle sostanze. 51 Purtroppo non siamo riusciti a reperire la fonte della citazione.
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Spesso nel linguaggio della letteratura dei darana si usa il termine bja, letteralmente seme per indicare specificamente nimittakraa,52 anche se qui la questione leggermente differente. Questa considerazione presenta lignoranza nella suo aspetto di suupti, come la causa non solo del sogno, ma pure della veglia, come vedremo nelle MK. Questa avidy affiancata da alcune cause secondarie, ausiliarie, conosciute nella letteratura vedntica pi recente come difetti avventizi (gantukadoa). Uno di questi difetti, nati dalla stanchezza e dalla sopraggiunta debolezza dellindividuo il sonno (nidr), condizione basilare del sogno. Inoltre, per identificare precisamente la causa strumentale, il nimittakraa del sogno, dobbiamo tornare indietro al paragrafo I.4.1 (pp. 59-60) ove yurveda e Vaieika concordano nellindicare un insieme di tre cause principali: le impressioni latenti immagazzinate a seguito di esperienze avute durante la veglia (saskra), lo squilibrio degli umori (dhtudoa) e il bagaglio invisibile di meriti e demeriti del sognatore (ada), che comunque farebbe anche parte del complesso di sdhraakraa. Sebbene, come vedremo nel prossimo capitolo, poich condividono un gradi di realt apparente, esistono svariate analogie tra il sogno e le percezioni erronee (vibhrama) o le allucinazioni. Tuttavia, c una differenza fondamentale tra i due: nelle percezioni erronee fondamentale un contatto sensoriale diretto (indriyasaprayoga), nelle percezioni oniriche, invece, funziona esclusivamente la mente e con le sue impressioni latenti e i sensi sono inattivi, dormienti (TRIPH, R. N., 1987: 200). Nonostante ci, sebbene il contatto sensoriale non sia direttamente (skt) responsabile del sogno, non si pu negare la sua importanza come causa della percezione e del successivo immagazzinamento delle vsan, per cui lutilit pi lontana (rdupakraka), mediata e indiretta (paraparay), ma pur sempre innegabile. Per quanto concerne la causa materiale o sostanziale dei sogni e delle visioni oniriche. Solitamente lupdnakraa identificato come la causa mutante (pariamin), ossia quella sostanza che mutando la propria forma, in virt di svariate relazioni genera una moltitudine di effetti. Ci scarta fin dal principio caitanya, in quanto immutabile (kastha), ma pone due possibili candidati: ancora lignoranza primordiale (mlvidy) o la mente (manas/
Si veda la parte finale della disamina del Magalavda della Nyyasiddhntamuktval (NSM, 1988: 37-38).
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antakaraa), entrambe entit estremamente cangianti. Il VP (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 181) sembra dare credito alla prima ipotesi, armonizzandola comunque con la seconda:
svpnagajdaya sknmyparim iti kecit. antakaraadvr tatparim ity anye Alcuni [dicono] Gli elefanti53 e gli altri [oggetti] onirici sono un mutamento diretto della my [= avidy], Altri [affermano] [gli oggetti onirici] sono un mutamento di quella [= dellignoranza] attraverso la mediazione dellorgano interno

Questo passaggio abbastanza chiaro. Oltre a ci, la questione corroborata, almeno dal punto di vista Vaieika, da un passo della Vyomavat di Vyomaivcrya che vedremo tra breve. La mente ha delle caratteristiche che la legano allambito dellupdnakraa, pi che a quello del nimittakraa. Difatti, essendo sia indispensabile (ananyathsiddha) al sorgere di un effetto, sia di regola presente prima delleffetto (niyataprvavtti), funge da sostegno a tutte le immagini oniriche, mutando la propria forma confacendosi al procedere del sogno.54 Infine, nei brevi paragrafi che seguiranno potremo proporre solo alcune linee guida su come leggere il fenomeno onirico nei diversi ambiti. Una cosa di cui sar bene tener conto che i darana non sembrano fornire specificazioni o distinguere decisamente tra sogno (svapna), condizione di sogno (svapnvasth) e conoscenza onirica (svapnajna/svpnajna). Sebbene a noi pare che il sogno sia quel contenuto che si coglie in una condizione precisa che ne funge da contenitore, allinterno della quale si svolgono numerose attivit tutte mentali e tutte convengono delle cognizioni pi, o meno chiare.

Indica un oggetto onirico come un altro. Lasciamo ora alla trattazione specifica dei darana, analizzando quelli ortodossi (stika) uno a uno, concludendo questa doverosa introduzione concettuale con una simpatica similitudine. Si compari il sogno con la proiezione di una pellicola cinematografica. Solitamente accadeva questo: dietro a un proiettore entro al quale era posta una pellicola cera una luce che infrangendosi sul rullino in movimento circolare riusciva a riflettere su uno schermo le immagini stampate sulla pellicola in forma molto ingigantita. Nel sogno succede lo stesso: leterna luce di tman sinfrange sullorgano interno che, non ancora sopito, si muove. L, la luce colpisce e rimescola le impressioni latenti, proiettandole infine ingigantite sullo schermo mentale.
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Diciamo che comunque, in tutti i darana, si distinguono due linee principali dinterpretazione del sogno. Una che vede svapna come un fenomeno nuovo, indipendente, prodotto dalla mente durante il sogno e capace di rappresentare immagini differenti da quelle della veglia, pur venendo costruito sulla base delle immagini di questultima. In inglese questa natura del sogno definita come presentative nature (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 307-309). Altre scuole vedono il sogno come una semplice ripetizione, per quanto bizzarra, di esperienze gi avute, con delle forti radici nella veglia, capace solo di ripresentare una serie di immagini anche sovrapposte, viste in precedenza. Per questi darana il sogno pi simile a un ricordo che a unesperienza novella. Per costoro il termine da usare per la natura del sogno rappresentative nature (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 308-309, 314; INDICH, 1995 [1980]: 82-85).

II.2: V AIEIKA Com costume nei manuali di stampo filosofico, il primo punto di vista a dover essere analizzato di solito il Vaieika. Sembra che il Vaieika, appartenga a questultimo tipo di approccio nei confronti del fenomeno onirico, ossia allattitudine rappresentativa. Innanzitutto Kada (II sec. a. C.) nei suoi Vaieika Stra (VaiS IX.2.6-7) menziona il sogno ponendolo immediatamente sotto questa luce:
tmamanaso sayogaviet saskrc ca smti// 6 // tath svapn// 7 // Il ricordo [sorge] da un particolare contatto dellanima con la mente e dallimpressione latente (6). Allo stesso modo [si generano] i sogni (7).

Comunque sia Kada, sebbene avvicini molto il sogno al ricordo, lascia trasparire una differenza di fondo: mentre il sogno rimane solamente un particolare tipo di ignoranza, o cognizione erronea, il ricordo invece

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annoverato tra le cognizioni valide (MISHRA, U., 1929: 278; TRIPH, R. N., 1987: 176).55 Alcuni considerano i sogni un particolare tipo di ricordo che invece di avvenire durante la veglia, avviene durante il sonno. Il ricordo, invece, presenta un insieme connesso, unimmagine coerente con le impressioni gi immagazzinate, mentre il sogno sempre disconnesso e non costituisce un unicum ben definito: una percezione falsa e non valida, perch si ha solo con i sensi addormentati e grazie a un residuo di impressioni mentali (ACHARYA, 1985: 377-379). Si sa che il Vaieika, cos come il Navya Nyya, riconosce sette categorie.56 Di queste sette la seconda quella delle qualit (gua), variamente numerate nel corso della storia del darana, anche se cristallizzate a 24 nei periodi successivi di produzione letteraria.57 Tra i gua vi buddhi, letteralmente intelletto, ma che qui ha un significato pi affine a conoscenza e anche a cognizione. Questa cognizione ha due variet principali, il ricordo (smti) e lesperienza diretta (anubhava) (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 21-22):
sarvavyavahrahetur buddhir jnam. sa dvividh smtir anubhava ca. La cognizione ossia la conoscenza la causa di ogni comportamento quotidiano. Questa divisa in due tipi: ricordo ed esperienza diretta.

Sebbene la suddivisione proposta in tempi recenti da Annabhaa (XVII sec.) sia la pi utilizzata, Praastapda (PrP, V sec.), il primo e maggiore commentatore di Kada, premettendo la possibilit di dividere in molteplici modi questa qualit, vede come plausibile unaltra categorizzazione (BRONKHORST - RAMSEIR, 1994: 40):
Cos come lavidy di quattro tipi, anche la vidy tale: pratyakalaigikasmtyralaka (BRONKHORST - RAMSEIR, 1994: 44). 56 In primis VaiS I.1.4 parla di sei categorie (padrtha): dharmavieaprastd dravyaguakarmasmnyavieasamavyn padrthn sdharmyavaidharmybhy tattvajnn nireyasam In seguito fu aggiunta una settima categoria, lassenza abhva. 57 VaiS I.1.6: rparasagandhaspar sakhy parimni pthaktva sayogavibhgau paratvparatve buddhaya sukhadukhe icchdveau prayatv ca gu. In questo aforisma sono enumerati solo diciassette qualit. Secondo PrP il ca finale del stra evocherebbe altre sette qualit, raggiungendo la quota finale di 24: ca abdasamuccit ca gurutvadravatvasnehasaskrdaabd satptaivety eva caturviatir gu Ricordiamo inoltre che per il Vaieika la sostanza (dravya) tman di per s inerte (jaa), anche se a essa ineriscono (samaveta) otto specifiche qualit (vieagua), tra le quali vi buddhi, la conoscenza.
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tasy saty apy anekavidhatve samsato dve vidhe vidy cvidy ceti. Sebbene di essa [= della cognizione] vi siano molteplici variet, in breve ha due variet: la conoscenza e lignoranza. 58

Tra queste PrP, nel suo Padrthadharmasagraha (PDhS ad VaiS IX.2.7-11; ABEGG, 1959: 16-17), comincia a trattare lavidy, di cui riconosce una manifestazione quadruplice: tatrvidy caturvidh saayaviparyaynadhyavasyasvapnalaka, Tra queste lignoranza di quattro generi: la cui caratteristica il dubbio, la comprensione erronea, la cognizione indefinita e il sogno. PrP propone una suddivisione dei sogni sulla base delle loro cause. Per cui avremo sogni nati dalle impressioni latenti avute durante la vita di ogni giorno (saskra), sogni sorti dallo squilibrio dei dhtu (dhtudoa) e i sogni determinati da meriti e demeriti che il sognatore ha immagazzinato dentro di s (ada). Pu accadere che qualcuno brami tanto una certa cosa da posare costantemente su di essa il proprio pensiero. Giunto il momento di coricarsi, costui sar ancora in balia degli stessi pensieri che ha coltivato durante tutto il giorno. La costanza e la freschezza delle impressioni immagazzinate durante la veglia determineranno il sogno (saskrapaut). Il secondo tipo di sogni, indagato soprattutto dallyurveda, quello sorto dagli squilibri umorali, lesame dallo sbilanciamento dei tre umori (doa): flemma (kapha), bile (pitta) e aria (vta). Il terzo genere di sogni sorge da una certa forza invisibile (ada). Nel lessico tecnico dei darana, quando si parla di ada si intende sia il risultato positivo e meritorio (dharma) dellinsieme delle attivit compiute, sia il loro frutto negativo e veicolante demerito (adharma). (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 319-320):59

I stra IX.2.11 e 12 spiegano le differenti caratteristica di avidy e vidy: tad duajnam, Quella cognizione difettosa [ ignoranza] e adua vidy, La conoscenza [una cognizione] valida. 59 Alcuni propongono una classificazione quadripartita, aggiungendo lo svapnntikajna (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 316, 321). G. N. Jha, traduce il termine come dream-end cognition intendendo per dream-within-dream; in this dream-end cognition a dream is the object of another dream (JHA, G. N., 1982 [1915]: 388). Si veda la nota 113 (p. 59) del capitolo I.
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uparatendriyagrmasya pralnamanaskasyendriyadvreaiva60 yad anubhava mnasa61 tat svapnajnam. katham? yad buddhiprvd tmana arravyprd ahani khinnn prin nii viramrtham hraparimrtha v dakritaprayatnpekd tmntakaraasabandhn manasi kriyprabandhd antarhdaye nirindriya tmapradee nicala manas tihati tad pralnamanaska ity khyyate.62 pralne ca tasmin uparatendriyagrmo bhavati. tasym avasthy prabandhena saskrc
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prpnasantnapravttv cendriyadvreaivsatsu

tmamanasayogaviet pratyakkra

svpkhyt

viayeu

svapnajnam

utpadyate.64 tat tu trividham saskrapavd dhtudod adc ca. tatra saskrapavd tvat km kruddho v yad yam artham dta cintayan svapiti tad saiva cintsantati pratyakkr sajyate. dhtudod vtapraktis taddito v kagamandn payati. pittaprakti pittadito v gnipraveakanakaparvatdn payati. lemaprakti lemadito v saritsamudraprataraahimaparvatdn payati. yat svayam anubhtev ananubhteu v prasiddhrthev aprasiddhrtheu v yac chubhvedaka gajrohaacchattralbhdi tat sarva saskradharmbhy bhavati. vipartam ca tailbhyajanakharorrohadi tat sarvam adharmasaskrbhy bhavati. atyantprasiddhrthev add eveti Quellesperienza mentale che si ha attraverso il senso [della mente]65 di colui il cui insieme dei sensi ha cessato [la sua attivit] e la mente si ritirata la

Alcune interessanti precisazioni ci vengono dalla Vyomavat (VyV) di Vyomaivcrya (Vy, VIII sec.) il pi antico sub-commento del PDhS pervenutoci: kim artha pralnamanasendriyadvreeveti padadvayam? lakantarrtham. tath hi, pralnamaskasya yad anubhavana mnasa tat svapnajnam iti dvitya lakaam. pralnamaskasya svapnntikam api bhavatty anubhavanapadam. anubhavana ca sukhdiu bhavatti pralnamanaskapadam indriyadvreevotpadyate svapnntikam ato nubhavanam iti. anubhavana ca sukhdv api bhavatti indriyadvreeveti padam ... 61 Ancora la VyV: manasi bhava mnasa tac ca smaraasukhdy api bhavatti tannivttyartham anubhavanapadam. anubhavana ca bhyendriyajam apti mnasagrahaam 62 Di nuovo Vy riscrive chiarendo i passaggi centrali della prima frase di PrP: puruabhedpekay samasta vyasta caitad vivakitam. kasyacid eka prayojana kasyacid ubhayam api bhavatti. ki viiasya prina? ahani khinnasya. kuta? arravyprt. sa ca nvdyrasypi sabhavati na ca tasmt kheda, tadartham buddhiprvt buddhi ca smaraecchdvrea vyprotpattau kraa na skt. tathpi arrntareu buddhiprvako vypro niyogadvrea sabhavati, na ca tasmt khedas tadartham tmana svaarrasyeti. evam uktakramea nirindriyapradeasabaddha pralna mano padiyate. pralne ca tasmin uparatendriyagrma puruo bhavati, manasnadhihitnm indriy svaviaye vyprsabhavt. jvana tu tasym avasthym anumyate. prabandhena statyena, prpnasantnasya pravttau satym 63 La VyV riporta che anche il saskra indica una causa nel sorgere della cognizione onirica, come testimoniato dal caso ablativo: saskra smty utpattidvrea svapnajnotpattau kraam iti. 64 Vy afferma chiaramente la non differenza del sogno rispetto ad altri generi di percezione erronea: atha svapnajna na viparyaydibhyo rthntaram. tath hi, svapnajnam atasmis tad ity utpadyamna viparyayajnam eva. kim ata sthu puruo vety ubhayollekhitve sati saayajnam. ki nmyam iti cotpde nadhyavasya iti na svapnajnam etebhyo rthntara. pthag abhidhna tu ubhubhascakatvd iti ... 65 In verit, il composto indriyadvreaiva pu avere altre due interpretazioni. Nel primo caso, pi chiaro, si potrebbe pensare che in sogno le cognizioni mentali si hanno come se fossero colte attraverso i sensi. Unaltra lettura potrebbe essere anche che sintenda indriyadvreaiva, invece che attraverso i sensi come attraverso unimposizione, ovvero attraverso le impressioni latenti che sono prodotte
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cognizione onirica. [Domanda:] Come possibile? [Risposta:] Quando per la propria attivit fisica scientemente [compiuta] di giorno gli esseri viventi si sono stancati e nella notte allo scopo di riposarsi o di digerire il cibo, e necessitando dello sforzo fatto compiere dal potere invisibile e per il rapporto tra il s e lorgano interno, nonch per la serie di attivit [avvenute] nella mente,66 la mente stessa rimane inattiva allinterno del cuore, nella regione del s che priva delle facolt sensoriali, in quel momento si dice che luomo ha la mente ritirata. Quando essa sia ritirata anche linsieme delle facolt sensoriali inattivo. In quella condizione, per laumento nellattivit della successione del soffio ascendente (pra) e di quello discendente (pna), che un particolare contatto del S con la mente, che chiamato sonno, e a causa delle impressioni latenti sorge, come fosse per via sensoriale, una cognizione onirica che ha laspetto di una percezione rispetto a degli oggetti che pur non sono presenti. Quella [cognizione] triplice: [si ha] dalla capacit delle impressioni latenti, dallo squilibrio degli umori67 e dalla forza invisibile. Tra queste, quella che si ha dalla capacit delle impressioni latenti tale: un uomo lussurioso o adirato quando dorme pensando costantemente (dta: [lett.: onorato]), allora proprio quel flusso di pensieri assume una forma direttamente percepibile. Poi [il sogno] sorto dallo squilibrio degli umori: un uomo di temperamento arioso oppure affetto da quello [= dal vento] vede che va in cielo e altre [visioni simili]; oppure chi ha una natura biliosa o colui che affetto da bile vede che entra nel fuoco, un monte doro o cose [analoghe]; colui che ha natura flemmatica o affetto da flemma vede che nuota in un fiume o nel mare, monti innevati o altro [del genere]. Quanto di per s indicatore di buona sorte a proposito a ci che stato esperito o a ci che non stato esperito, oppure a oggetti noti oppure oggetti non noti, come salire su un elefante, lottenimento di un ombrello o quantaltro, tutto ci viene dalle impressioni latenti e dal merito. Al contrario il cospargersi di olio, la

in seguito alle esperienze sensoriali e che permangono anche quando i sensi sono ritratti. Udayana dice che PrP ha usato quel composto per sottolineare che ci sono dei sogni in cui la cognizione onirica si ha effettivamente attraverso i sensi (MISHRA, U., 1929: 286, n. 1 e 4). 66 La VyV inserisce un passaggio molto importante, che si ricollega a quanto espresso alla fine dellintroduzione a questo capitolo, ossia rispetto alle cause del sogno, come viste nel linguaggio del Vaieika: sa ca viitmasabandha kriyprabandht kriysantnd bhavati. kriyprabandha ctmntakaraasayogd adakritd prayatnpekd utpadyate. tath hi mana samavyikraam, tmamanasayogo samavyikraam, adakritaprayatno nimittakraam ity eva manasi kriyprabandhd viitmapradeena sayoga svpkhya sapadyate ..., E quella relazione con il S provvisto delle sue speciali qualit si ha per kriyprabandht, ovvero per la successione delle attivit. La successione delle attivit sorge per il contatto del S con lorgano interno e per la necessit dello sforzo che fatto compiere dalla forza invisibile. Cos, infatti, la mente la causa inerente, la causa non inerente il contatto tra il S e la mente, mentre la causa strumentale lo sforzo che fatto compiere dalla forza invisibile. In tal modo nella mente, per una successione di attivit si determina un contatto con la regione del S dotato di qualit, che chiamato sonno ... 67 Rimandiamo per approfondimenti al capitolo 1 (pp. 59-62).

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salita su asini, cammelli o altro, tutto ci si ha dalle impressioni latenti e dal demerito. [Infine], per quanto concerne eventi che sono totalmente sconosciuti, essi sono prodotti dalla forza invisibile 68

I commentatori di PrP, rdhara Bhaa (rD, X sec.) nel Nyyakandal (NyK) e Udayancrya (Ud, X sec.) nella Kiraval (KV),69 trattano largomento in modo approfondito. Per esempio rD inizia considerando smti parte di vidy, mentre Ud molto duro con quanti considerano il sogno e la conoscenza onirica un caso di ricordo (MISHRA, U., 1929: 279).70 Vediamo pi da vicino il NyK (IBID.: 287-288):
svapnanirpartham ha uparatendriyagrmasyeti. uparata

svaviayagrahad virata indriyagrmo yasya asv uparatendriyagrma. prakarea sarvtman lna mano yasysau pralnamanaska iti. tasyoparetendriyagrmasya pralnamaskasyendriyadvrea yad anubhavana prvdhigamnapeka paricchedasvabhva mnasa manomtraprabhava tat svapnajnam. yad yath puruasya mana pralyate, indriyi ca viramanti tad darayati katham itydin. tmana arravyprd gamangamand ahani khinnasya parirntasya prino nii rtrau krita prayatnam apekamd tmnatakaraasayogn manasi ya kriyprabandha kriysantno jtas tasmd atarhdaye nirindriye bhyendriyasabandhanye tmapradee nicala manas tihati yad, tad purua pralnamanaska ity khyyate. pralne ca tasmin manasy uparatendriyagrmo bhavati, antakaranadhihitnm indriy viayagrahabhvt. tasy pralnamanaskvasthy prabandhena bhulyena prpnavyusantnasya

Il Nyyakandal (NyK, VYAS, R. T. [ED.], 1991: 432) di rdhara Bhaa chiarisce questo passaggio troppo sintetico del PDhS: atyantprasiddheu svata parata cpratteu candrdityabhakadiu jna tad add eva, ananubhteu saskrbhvt ..., La conoscenza che si ha a proposito di eventi che sono assolutamente sconosciuti [al sognatore] stesso e mai colti da qualcun altro, come mangiare la luna o il sole, ecc., quella viene dalla forza invisibile, poich non c alcuna impressione latente riguardo quelle cose che non sono state esperite ... 69 Udayana sostiene che sebbene nella condizione onirica le facolt sensoriali cessino di agire, il dormiente ha una chiara esperienza di oggetti come se li stesse percependo attraverso la vista o qualsiasi altro senso (MISHRA, U., 1929: 279). Udayana ammette che nello stato di sogno i sensi periferici, come il tatto, non cessano di operare tutti insieme. Gli stimoli esterni, quando non sono sufficientemente efficaci per svegliare una persona, possono agire sui sensi periferici producendo delle cognizioni oniriche. Cos che Udayana riconosce sogni causati sia da organi centrali, sia da organi periferici. Egli asserisce inoltre che seppure i sogni siano per lo pi percezioni dirette, in casi particolari possono assumere la forma di ragionamenti inferenziali. Per esempio, quando qualcuno sogna di vedere del fumo in un certo luogo, allora dalla visione di quel fumo in grado di inferire il fuoco (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 307-308). 70 Per quanto ci riguarda S. Layek (1990: 73) prende un granchio colossale rispetto alla concezione di sogno in PrP. Egli scrive Praastapda says: The dream-knowledge is remembrance because it looks back to the past knowledge. Egli confonde la trattazione di svapnntika, considerato un tipo di smti, quindi conoscenza corretta, con svapnajna considerato allinterno di avidy.
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nirgamapravealakay deaklavyavahiteu

pravttau

sabhavantym

tmamanasayogt

svpkhyt svpa iti nmadheyt saskrc ca prvnubhtaviayd asatsu viayeu


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pratyakkram

aparokasavedankra

svapnajnam utpadyate

yady api saskrapavd dhtudod add v

samropitabhyasvarpa svapnapratyayo bhavann atasmis tad iti bhvd viparyaya, tathpy avasthvieabhvitatvt pthag ukta Per trattare il sogno [PrP] dice: uparatendriyagrmasyeti. Colui il cui complesso sensoriale ha cessato lattivit, ossia distolta dal cogliere il proprio oggetto, costui qualcuno la cui attivit sensoriale cessata.72 qualcuno che ha la mente che si ritirata colui la cui mente estremamente e in modo completo ritratta. Lesperienza mentale che si ha attraverso il senso [mentale], indipendente dalle cognizioni precedenti e dalla natura ben definita (paricchedasvabhva), nata dalla sola mente delluomo il cui complesso sensoriale ha cessato la sua attivit e la cui mente si ritirata, quella la cognizione onirica. Ora [PrP], mediante katham ecc., mostra quando la mente delluomo in tal modo si ritrae e le facolt sensoriali cessano. Per la propria attivit fisica, ossia dallandare e venire durante giorno dellessere vivente khinnasya esausto, nii nella notte, viramrtham, per allontanare la fatica e per la trasformazione in succhi vitali del cibo che ha mangiato e bevuto, nonch per la necessit dello sforzo fatto compiere grazie alla forza invisibile e per la congiunzione tra la il S e lorgano interno, il kriyprabandha, quella successione di attivit che sorta nella mente, allora quando a causa di ci la mente rimane priva di moto allinterno del cuore nella regione del S che nirindriye, cio in quella dove non vi rapporto con i sensi esterni, a quel punto luomo chiamato pralnamanaska. Quando la mente si ritirata, allora egli qualcuno il cui complesso sensoriale ha cessato di agire, in quanto non vi possibilit di percezione degli oggetti per i sensi che sono fondati sullorgano interno. In quella condizione della mente

Questi passaggi centrali di NyK (NyK, VYAS, R. T. [ED.], 1991: 431-432) non aggiungono nulla di focale a PDhS, pertanto non riteniamo opportuno tradurli, li si veda qui sotto: tat tu trividham. kuta ity ha saskrapavd saskrapavd tvat km kruddho v yad yam artham priyatam atru vdto numanyamna cintayan svapiti, tad saiva cintsantati smtisantati saskrtiayt pratyakkr skd arthvabhsin sajyate. arradhrad dhtavo vassmsamedomajjsthiukrtmana, tea dod vtdiditatvd viparyayo bhavatty ha vtapraktir yadi v kutacin nimittd upacitena vtena dita svtmana kagamanam itas tato dhvanam itydika payati. pittaprakti pittadito v agnipraveakanakaparvatbhyuditrkamaaldika payati. le maprakti lemadito v saritsamudraprataraahimaparvatdn payati. svayam anubhteu paratrprasiddheu svayam ananubhteu v paratra prasiddheu satsu yad gajrohaacchatralabhdika ubhvedaka svapne dyate, tat sarva saskradharmbhy bhavati. ubhvedakaviparta tailbhyajanakharorrohadyadharmasaskrbhy bhavati 72 Questa costruzione un po sui generis in italiano, corrisponde alla vigraha del bahuvrhi sanscrito, molto comune negli stra.
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ritratta per prabandhena, ossia in virt della maggiore quantit dellattivit generatasi che della natura delle uscite ed entrate della successione del soffio ascendente e del soffio discendente, che un particolare contatto del S con la mente che svpkhyt, il cui appellativo sonno e per le impressioni latenti il cui oggetto stato esperito in precedenza, sorge una cognizione onirica che ha pratyakkram, laspetto di una presentazione diretta (aparokasavedana) rispetto a degli oggetti che pur asatsu, che pur sono distanti per spazio e tempo Sebbene la cognizione del sogno sorta a causa della chiarezza delle impressioni latenti, per lo squilibrio degli umori o per la forza invisibile abbia una natura per la quale gli oggetti esterni [risultano] sovrapposti [su di essa] e che perci sia [una cognizione] di qualcosa su ci che non tale,73 sia [in definitiva] una percezione erronea (viparyaya). Tuttavia, poich sorge in una particolare condizione, trattata separatamente ...

Si noti come anche rD veda nel sogno una natura pi attiva, capace di presentare delle proprie cognizioni indipendenti, seppure con forti radici nelle esperienze precedenti, pur non essendone mere ripetizioni. Il sogno deve la propria natura differente e indipendente al fatto di essere sia produzione del tutto mentale (manomtraprabhava), quando la mente ha ritratto in s le facolt rendendole inattive, sia al fatto che la natura delle immagini presentate nel sonno onirico ben definita, tanto da renderle talvolta simili alle percezioni dirette della veglia, anche se gli oggetti visti in sogni sono tuttaltro che reali. Questa caratteristica di percezione mentale di oggetti apparentemente veri che sembrano essere dove in realt non sono, rende il sogno un tipo di percezione erronea, anche se le sue caratteristiche peculiari lo dipingono come differente dagli altri tipi di errori percettivi (SINHA J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 306-307; LAYEK, 1990: 71-72). Lopinione a questo proposito di akara Mira (M, XV sec.), autore del commento indipendente ai VaiS Vaieikastra Upaskra (VaiSU, 2002: 513-515), leggermente differente. Secondo lautore svapna una forma di esperienza (anubhavana) mentale erronea, non valida, non un ricordo posto tra le variet di

Sembra che qui rD prenda a prestito la seconda delle definizioni di adhysa data da nelladhysabhya del BSB: atasmis tadbuddhi, della quale parleremo nel prossimo capitolo, o questa doveva essere un modo codificato per tutti i darana di intendere lerrore percettivo. Forse in questa luce che bisogna leggere anche la definizione di .
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vidy.74 Il VaiSU non aggiunge nulla che non sappiamo, solamente si dilunga maggiormente nellelenco degli effetti relativi ai sogni dovuti agli squilibri umorali:
yath tmamanaso sayogaviet saskrc ca smtis tath svapnajnam apty artha. uparatendriyagrmasya pralnamanaskasya indriyadvrea yad anubhavana mnasa tat svapnajnam. tac ca trividham Come da un particolare contatto della mente con il S e dalle impressioni latenti si ha il ricordo, allo stesso modo si ha anche la conoscenza onirica: questo il senso. Quellesperienza mentale di colui il cui insieme dei sensi ha cessato lattivit e la cui mente si ritirata, che sorge attraverso il senso [mentale], quella la cognizione onirica. Tale di tre tipi

Anche akara Mira divide il sogno in tre classi. I sogni dovuti al meccanismo delle impressioni subconscie. Un uomo sogna scene, eventi e oggetti in accordo con le proprie tendenze individuali e il proprio temperamento. Poi i sogni scaturiti dagli costituenti corporei (dhtu) o dagli umori corporei, quali kapha, vta, pitta. Coloro che hanno una natura (prakti) affetta da vento, sogneranno di volare, di viaggiare in terre lontane o fuggire dagli attacchi di fiere. Coloro che sono dominati dalla bile sogneranno scene di fuoco, gettarsi tra le fiamme o provare ad abbracciarle, altrimenti vedranno monti dorati, lastre splendenti o lintero orizzonte in fiamme. Infine, coloro che sono dominati dalla flemma sognano di attraversare il mare o dragare un fiume, grandi piogge o montagne dorate. Infine, ci sono i sogni dovuti sia a esperienze gi vissute in questa vita, sia a vite precedenti. In essi il risultato delle azioni pie si muta in sogni di buon auspicio come cavalcare un elefante, arrampicarsi su un monte, ricevere il dono di un ombrello, mangiare riso bollito, vedere un re o una regina regnanti. Di contro le azioni empie del passato generano brutti sogni come cavalcare un cammello, essere cosparso dolio, essere gettato in una fossa scura, vedere il proprio matrimonio o sprofondare nel pantano.75

Ancora una volta Layek (1990: 73) sbaglia affermando che M sostiene che il sogno un ricordo. Inutile proporre tutta la traduzione di un passo solo leggermente differente da quelli gi visti, comunque per il testo originale si veda ledizione da noi consultata, commentata da uirja str e curata da rnryaa Mira (2002: 514-515).
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Unaltra opera di M poco conosciuta, ma che riferisce del sogno il Kada Rahasya (KaR, STR, D. R. [Ed.], 2007: 120). In questo testo M sostiene che i sogni sono prodotti quando la mente si trova allinterno delle svapnavah na, disconnessa dai sensi esterni, eccetto il tatto. Quando anche questultimo contatto sensoriale termina, la mente penetra nella purtat na e, assopendosi, entra nel sonno profondo privo di sogni:76
atha svapna. sa ca siddhopayuktntakaraajanya jna siddh ca nidr yad svapnavahanmadhyavarti mana tad bahirindriyasabandhaviraht svapnajnny eva jyante. tatrpi yad tvagindriyasypi sabandhavirahe suupti. tad ukta yad tvacam api parihtya mana purtati vartate tad suuptir iti. svapnntikapratyaya kvacit katha pram iti cet na khavy ayno smtydipratyaynm apy roparpatvt khavntarbhedagrahd iti syt ... Ora il sogno. Quello una cognizione nata dallorgano interno di cui si quietato limpiego, quando il sonno sopraggiunto e la mente si trova nel mezzo di un canale sottile che convoglia i sogni, allora, per la mancanza di un contatto con i sensi esteriori sorgono delle cognizioni oniriche. Anche in quella situazione, quando non vi pi una relazione con il senso del tatto, si ha dunque il sonno profondo. [Infatti] stato detto questo: Quando essendosi ritratto anche il tatto la mente si trova nella ghiandola pineale, allora c il sonno profondo.77 [Obbiezione:] Com possibile che in taluni casi la cognizione della fine del sogno (svapnntika) sia una conoscenza valida? [Risposta:] No, poich anche cognizioni come Io sono addormentato sul letto e altre del genere a causa della percezione della non differenza con un altro letto, possiedono una forma imposta ...

ivditya (, circa 950) nel Saptapadrth (SP, 252) lapidario nel definire il sogno, anche se si dilunga leggermente di pi con il sonno (nidr):78

Si veda la nota 118 a p. 62 del capitolo I. Non siamo riusciti a risalire alla provenienza di questa citazione. Oltre a ci la puritat n quel canale sottile allinterno del quale la mente si ritira ogni qual volta si entra in sonno profondo. Secondo A. B. Keith (1970 [1925], VOL. 2: 569-570) in sogno lanima si muove liberamente allinterno delle 72000 n che pervadono il corpo sottile di un individuo. 78 Il sonno definito come: yogajadharmnughtasya manaso nirindriyapradeavasthna nidr// 253 //, Il sonno la condizione che, non essendo connessa allo stato sorto dalla pratica yoga [del samdhi], prodotta quando la mente permane nella regione in cui non ha contatto con i sensi.
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nidrduntakaraaja jna svapna.79, Il sogno quella conoscenza che sorge in un organo interno afflitto dal sonno.80 Unaltra concezione a cui accenna Kaada (VaiS X.2.8) e i suoi successori sviluppano la cognizione finale del sogno (svapntikajna), ossia una cognizione che accompagna il sogno, che interviene nel sogno: svapnntikam (JHALAKKAR, 1978 [1893]: 1054). Egli tent di rispondere a una domanda: come spiegare lesperienza proposta dai sensi nel momento in cui la mente sta vedendo un sogno? Per spiegare questo tipo di cognizione apparentemente in contrasto con la visione onirica vera e propria, il veggente Kaada introduce il concetto di svapnntika, come entit distinta dal sogno: svapnntika una conoscenza percettiva e una manifestazione della memoria attiva. PrP non ancora molto chiaro nel trattare il concetto:
svapnntika yady apy uparatendriyagrmasya bhavati, tathpy attasya jnaprabandhasya pratyavekat smtir eveti bhavaty e caturvidh vidyeti ... Sebbene la cognizione finale del sogno si ha per un uomo il cui insieme dei sensi ha cessato la sua attivit, tuttavia in definitiva un ricordo poich guarda indietro alla successione delle cognizioni oramai passata. Ecco, questa lignoranza di quattro tipi ...

Certamente pi utile alla comprensione finale di svapnntika il commento di rdhara (NyK, VYAS, R. T. [ED.], 1991: 432) ai passi di qui sopra:
kadcit svapnadasyrthasya svapnvasthym eva pratisadhna bhavati aya may da iti, tac ca prvnubhtasya svapnsyante vasne bhavatti svapnntikam ucyate. tad apy uparatendriyagrmasya bhvt svapnajnam iti kasyacid akm apanetum ha svapnntika yady apy uparatendriyagrmasya bhavati, tathpy attasya prvanubhtasya svapnajnaprabandhasya pratyavekad anusadhnt smtir eveti ...

Lunico commento a nostra disposizione, quello del Jaina Jinavardhana Sri (JETLY, J. S. [ED.], 2003 [1963]: 71) non aggiunge nulla di importante allaforisma di : nidray duam udbhrnta yad antakaraa mana, tasmj jta yaj jna sa svapna. jna svapna ity ukte rpdijnetivypti tannirsrtha nidreti ... 80 Lautore della Vtti gi citata, Candrkanta, considera la cognizione onirica differente dalla smti, altrimenti non vi sarebbe alcuna ragione per la menzione separata da essa nei stra.
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Talvolta proprio nella condizione di sogno avviene una rammemorazione di un oggetto visto in sogno: Io ho visto questo; questa ha luogo alla fine, al termine del sogno di cui prima si fatta esperienza: ci si dice svapnntika. Per allontanare il dubbio di qualcuno [secondo il quale] anche quella una conoscenza onirica, poich si ha per colui i cui sensi hanno cessato lattivit, si risponde svapnntika yady apy uparatendriyagrmasya bhavati, tathpy attasya per la pratyavekat, a causa della revisione della successione delle cognizioni oniriche esperita in precedenza, in verit un ricordo ...

A questo proposito M nel VaiSU puntualizza che la visione del sogno dovuta a esperienze di oggetti fisici o mentali, avute in precedenza, quando svapnntika imputata a impressioni prodotte dagli organi corporei simultaneamente alla visione del sogno. A svapna corrisponde una conoscenza non valida, mentre svapnntika, la percezione associata al sogno, valida: 81
nanu yaj jna svapnamadhye svapnajnnubhtasyaivrthasya smtirpa jyate tatra svapnatva na varttate svapnasynubhavarpatvt tath ca kasmt krat tadutpattir ity ata ha svapnntikam// 8 // tatra svapnas tath svapnntikam apty artha. etvn eva vieo yat svapnajna prvnubhavajanitatvt attajnapratyavekat saskart, smtir eva iti. svapnntika ukta ca tu vttikrai tatklotpannnubhavajanitasaskrd eva. tad ukta praastadevcryyai anubhtavastusphurarthatay na smarad arthntara svapnajnam iti. svapnamadhye prbhta yaj jna tat svapnntikam iti kecit. yath ayyy ayno smtydi ... [Obbiezione:] Ma quella cognizione che sorge nel mezzo del sogno come un ricordo di un oggetto esperito nella cognizione onirica, ove non presenta la propriet di essere sogno, in quanto il sogno in forma di esperienza. Inoltre, da quale causa avviene la sua nascita? [Risposta:] Perci si dice: svapnntikam. Dallaforisma precedente si mutua tath, per cui cos come per un particolare contatto della mente e del S e dalle impressioni latenti v il sogno, cos accade anche svapnntika. Questo il significato. Tale la differenza, ossia che la

Leggendo il VaiSU il stra dharmc ca (IX.2.9) che lo intende come lindicazione di una causa comune di svapnajnam e svapnntikajnam sarebbe da interpretare cos: [La cognizione onirica e la cognizione finale del sogno] vengono anche dal merito (dharma).
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conoscenza onirica sorge da unimpressione latente nata da una precedente esperienza, mentre svapnntika invero dallimpressione latente nata da unesperienza sorta in quellistante. Questo stato detto dal maestro Praastadeva [= PrP]: in definitiva un ricordo poich guarda indietro alla successione delle cognizioni oramai passata Mentre stato detto dallautore della Vtti:82 La conoscenza onirica, poich ha come oggetto la conoscenza di una cosa gi esperita, non qualcosa di diverso dal ricordo. Quella conoscenza che divenuta valida nel mezzo del sogno svapnntika, [dicono] alcuni. Come io sono addormentato sul letto , ecc83

Infine, ricapitolando, abbiamo visto come i seguaci del Vaieika considerino che nella condizione di ritiro della mente (pralnamanaska) i sensi esterni cessano di funzionare non essendo pi in grado di carpire alcun oggetto. In questo stato, per lintensit del soffio ascendente (pra) responsabile dellinspirazione e di quello discendente (apna), preposto allespirazione, si ha uno speciale contatto di tman con manas, chiamato sonno (svpa), durante il quale si genera la conoscenza onirica (svapnajna). Questa causata dalle impressioni depositate dagli oggetti esperiti in precedenza. Per via di queste impressioni, nel sogno la mente esperisce oggetti non-reali in una forma non percettiva. Questa percezione mentale determinata da un contatto straordinario (alaukikasanikara):84 atra ca mnasa jna

Certamente il Vttikra pi famoso Candrnanda, ma sembra proprio che il testo della sua Vtti pubblicato dallOriental Institute di Baroda nel 1961 e curato da Muni r Jambuvijaya non comprenda il passaggio qui citato dallUpaskra. Probabilmente si tratta di una Vaidikavtti al VaiS di un certo Bharadvja, che non abbiamo reperito. Oltretutto questo passaggio sembra non corrispondere al senso della frase. anche possibile che sintenda dare un contrasto rispetto alla citazione precedente da PrP, cosa che per non sembra troppo plausibile; oppure, al posto di svapnajnam finale si deve leggere svapnntikam, altrimenti c una chiara affermazione di identit tra ricordo e conoscenza onirica. Umesh Mishra (1929: 280, n. 1) del nostro stesso parere e aggiunge che di regola, in quel caso, dobbiamo leggere il composto svapnajnam nel senso di svapnntikam. 83 Interessante sarebbe trattare un testo di grande importanza, spesso tralasciato, la Nyyallvat (NyL, STR, H. H. [ED.], 1991: 454-470) di rvallabhcrya (XI sec.), da non confondersi con lomonimo maestro del puimrga, per per la sua grande difficolt e per la sua importanza secondaria nella nostra ricerca decidiamo di non analizzarlo. Si sappia solo che il testo (p. 765) indica la sua posizione sul sogno in modo preciso: nidrbhibhtajna svapna, il sogno una cognizione sopraffatta dal sonno. 84 I Naiyyika distinguono due generi di percezione sensoriale: la normale percezione diretta (laukikasannikara) e la percezione straordinaria (alaukikasannikara). I testi del Nyya elencano tre tipi di contatti (sannikara/ pratysatti) straordinari (alaukika) tra i sensi e i loro oggetti: basata su una caratteristica comune (smnyalakaa), cognitiva (janalakaa) e dovuta alla disciplina yogica (yogaja). Senza entrare in tecnicismi, si sappia qui che il janalakaasannikara una percezione straordinaria, che accade cio non con le modalit consuete di contatto tra i sensi e gli oggetti, che le facolt sensoriali sensi e il loro viaya (MATILAL, 1961: 286-292). Per approfondimenti si veda la nota 181 del capitolo 3.
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jnalakaarplaukikasanikart bhavati ,85 Ivi la conoscenza mentale si ha per il contatto straordinario la cui forma quella jnalakaa ... (JHALAKKAR, 1978 [1893]: 1053-1054). Sebbene questo risvolto della questione non sia trattato nella teoria iniziale e certamente lasciato da parte dai commentatori, vedremo anche nel prossimo capitolo come lanyathkhyti, supportata da Nyya e Vaieika, si fondi su questo genere di percezione.

II.3: N YYA La letteratura delle scuole del Nyya, sia nella sua forma antica (prcna), sia nei suoi nuovi sviluppi di convergenza con la scuola sorella del Vaieika nel Navya Nyya ha sempre avuto un atteggiamento pressoch unico e unanime riguardo allesperienza onirica. Per inquadrare il punto di vista del Nyya nella considerazione fatta alla fine del paragrafo introduttivo, dobbiamo incasellare la tendenza di questo darana tra quelle che vedono il sogno come una semplice ripetizione, anche se sui generis, di esperienze vissute in precedenza, proponendo una natura passiva, capace di sola rappresentazione. Per questo la posizione naiyyika non pu che prendere le mosse da unanalisi della memoria, il ricordo, smti. Innanzitutto nel Nyyastra (NyS, IV.2.31) Gautama Akapda (GA, II sec.) esamina una posizione indubbiamente Yogcra, a proposito delle nozioni di prama e prameya. Secondo questa ambedue gli enti sono vuoti di realt propria in quanto sono forme di conoscenza, proprio come il sogno (TRIPH, R. N., 1987: 178; SINHA, J. N., 1999 [1938]: 207):86
svapnaviaybhimnavad aya pramaprameybhimna// 31 //

Questo passaggio del Vaieikastravivti ad VaiS IX.2.2-7 citato da Layek (1990: 99, n. 5). Tutto il prakaraa, chiamato bhyrthabhaganirkaraaprakaraa si estende dal stra IV.2.26 fino a IV.2.37. Prima di questa risposta di GA due stra sono da considerarsi. Il primo il IV.2.29 pramata crthapratipatte, E perci si ha la comprensione delloggetto tramite il mezzo di conoscenza. La risposta alla posizione buddhista esposta a IV.2.26 si trova anche in questo aforisma e il IV.2.31: pramnupapattyupapattibhym, [Lobbiezione svuotata di valore] per il non esserci [in un caso] e lesserci [nellaltro] dei mezzi di conoscenza.
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mygandharvanagaramgatikvad v// 32 //87 Questa nozione [di realt] riguardo ai mezzi di conoscenza e ai loro oggetti come la nozione riguardante gli oggetti onirici (31), oppure come la magia,88 la citt dei Gandharva [= il castello in aria] o il miraggio [= di cui preda lantilope] (32). 89

Il commentatore del NyS, Vtsyyana (V, 350-450 d. C. circa), mettendo in bocca qualche considerazione alloppositore buddhista, aggiunge:90
yath svapne na viay santy atha cbhimno bhavati, eva na pramani prameyi ca santy atha ca pramaprameybhimno bhavati ... Come nel sogno gli oggetti non sono [veramente] presenti, per cui [solo] una nozione, allo stesso modo i mezzi di conoscenza e gli oggetti di conoscenza non ci sono, perch c [solo] la nozione dei mezzi di conoscenza e dei loro oggetti ...

Vivantha (XVII sec.), autore della Vtti (NySV) indipendente al NyS non si discosta dai suoi predecessori. Aggiunge solo che se qualcuno vede in sogno qualcosa mai accaduto prima come, per esempio, mangiare s stessi o la propria auto-decapitazione, ci dovuto a unerrata comprensione delle relazioni tra oggetti ed eventi, proprio come accade nel caso di un errore percettivo di veglia. Comunque, anche lui sostiene che la cognizione onirica getta le basi nel mondo esterno (NySV, TARANATHA NYAYA-TARKATIRTHA-AMARENDRAMOHAN TARKATIRTHA [ED.], 2003 [1936-44]: 1086): yath smtydi prvopalabdhaviayaka tath svpnapratyayo pi na nirviayaka. na ca svapne svam api khdati, nijairakhaanam api payati, na tv ida prvopalabdham iti vcyam, svasya khdanasya ca nijairasa khaanasya ca prvopalabdhatvt, sasargabhnasya ca bhrntatvt, na v hetukatva smtydidntena, saskrasya smtau smte ca viiabuddhau hetutvasybhimatatvt. tatra bhrame doa klavieo davieodbodho vety anyad etat (32). 88 Qui due sono le interpretazioni possibili: o sintende il composto uno dvandva, come abbiamo fatto, in cui ogni elemento ha una sua valenza sostantivale e allora my corrisponde alla magia dellillusionista (myvin), oppure si legge my come fosse un aggettivo, interpretando questa parte del composto come karmadhraya, per cui la traduzione sarebbe la fatata citt dei Gandharva o lillusorio castello in aria. 89 Naturalmente, la traduzione di gandharvanagara come castello in aria tuttaltro che letterale, anche se concettualmente la pi vicina allidea che sta dietro al termine. Unaltra nota fata Morgana. Oltre a ci, mgata indica di solito il miraggio. Lespressione per spiegata in due modi leggermente differenti e, a seconda del contesto, ugualmente applicabili. Secondo il modello attinente al nostro caso, lantilope preda di un miraggio dacqua vero e proprio: tremendamente assetata corre incontro allacqua che mai giunge, fino a che muore stremata. Laltra spiegazione della parola prende come metro di paragone il piccolo cervide chiamato kastrimga che vive sulle prime fasce boschive della catena himlayana. Secondo i racconti popolari e la letteratura questo cervo sarebbe vittima del suo spiccatissimo senso dellolfatto. In effetti, nei pressi del suo ombelico cresce una ghiandola dal profumo inebriante, usata sia nella medicina sia nel Tantra. Questa ghiandola, kastri appunto, in certi periodi dellanno pi profumata e fa impazzire il cervo che ne inconsapevole veicolo. Esso, infatti, continua a correre strenuamente nel bosco per scovare la fonte dellirresistibile fragranza, fino a che, dopo lennesimo vano tentativo cade morto. 90 Vtsyyana gi commentando NyS I.1.16 enumerava gli indicatori (ligni) al fine di provare lesistenza della mente (manas). Questi sono: il ricordo, linferenza, la testimonianza autorevole, il dubbio, lintuizione, la conoscenza onirica, il ragionamento (ha), la percezione mentale di felicit e dolore e il desiderio (MISHRA, U., 1929: 274): smtyanumngamasaayapratibhsvanajnoh sukhdipratyakam icchdaya ca manaso ligni
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A questo punto si apre la risposta (uttarapaka) del siddhntin Naiyyika che trova immediatamente delle incoerenze logiche nella posizione buddhista, scomodando la pseudo ragione logica (hetvbhsa) denominata non stabilita (asiddha):91
hetvabhvd asiddhi// 33 // [bhya] svapnnte92 viaybhimnavat pramaprameybhimno na punar jgaritnte viayopalabdhivad ity atra hetur nstti. hetvabhvd asiddhi. svapnnte csanto viay upalabhyanta ity atrpi hetvabhva. pratibodhe nupalambhd iti cet? pratibodhaviayopalambhd apratiedha. yadi pratibodhe nupalambht svapne viay na santi tarhi ya ime pratibuddhena viay upalabhyante te upamabht santti viparyaye hi hetusmarthyam. upalambht sadbhve saty anupalambhd abhva siddhyati. ubhayath tv abhve nnupalambhasya smarthyam asti, yath pradpasybhvd rpasydaranam iti tatra bhvenbhva samarthyata iti. svapnntavikalpe ca hetuvacanam. svapnaviaybhimnavad iti bruvat svapnntavikalpe hetur vcya. kacid dhi svapno bhayopasahita, kacit pramodopasahita kacid ubhayaviparta, kacic ca suupta svapnam eva na payatti. nimittavatas tu svapnaviaybhimnasya nimittavikalpd vikalpopapatti. La mancanza di stabilimento a causa della mancanza di una ragione logica [probans] (33). [Commento:] Non c alcuna ragione a questo proposito ovvero [nel dire che] nella condizione di sogno la nozione di mezzo di conoscenza e oggetto di conoscenza come la nozione di oggetto, non per come la cognizione degli oggetti nella condizione di veglia [che veritiera]. La mancanza di stabilimento si ha a causa della mancanza di una ragione logica. Anche a questo

In NyS I.2.4-9 si presentano le cinque pseudo-ragioni (hetvbhsa), tra le quali troviamo la menzione riguardante lhetvbhsa sdhyasama (NyS I.2.8) che una ragione logica dubbia tanto quanto ci che si cerca di provare, il probandum (sdhya). Questo significa che essa non ben stabilita, non ancora comprovata, per cui nei testi successivi, soprattutto dal XII secolo in poi sar conosciuta come asiddha (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 46-48). La pseudo ragione logica o pseudo probans non stabilito ha tre variet: non stabilito nel locus (raysiddha), non stabilito per natura (svarpsiddha) e non stabilito nella sua concomitanza invariabile (vypyatvsiddha). 92 Vcaspati Mira (VM, X sec.) nel suo sub-commento al NySBV, il Nyyavrtikattparyak (NyBVT) spiega il significato di anta termine che troviamo composto con svapna e jgara soprattutto. Secondo VM, sebbene il termine indichi letteralmente la parte (avayava) di un insieme ivi utilizzato solamente per indicare lessere stabilito in una precisa condizione: antaabdo vayavavacano py ritatvamtrevasthy prayukta. tena svapnvasthy jgaritvasthym ity artha Udayancrya (Ud, X-XI sec.), nella sua ulteriore glossa al lavoro di VM, il Nyyavrtikattparyapariuddhi (NyBVTP), aggiunge che il termine non pu essere interpretato nel suo significato primario di fine, parte, ma appunto nel suo significato secondario: antaabdasya mukhyrthsambhavena gaurtham ha antaabda iti Il testo del NyBVT, comunque, segue linterpretazione del Vrtika di Udyotakara per quanto riguarda il sogno, definendolo differente dal ricordo.
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proposito non vi una ragione, cio che nella condizione di sogno sono conosciuti degli oggetti che non ci sono. [Obbiezione:] [Se si dicesse che gli enti onirici sono irreali],93 poich al risveglio non se ne ha la cognizione? [Risposta:] Non c negazione [degli oggetti], poich c la cognizione degli oggetti al risveglio. Se poi [si dicesse] nel sogno gli oggetti non ci sono poich non li si coglie al risveglio, allora quegli oggetti che sono conosciuti da colui che si destato esistono per via della cognizione [propria della veglia]. Nel caso contrario, [ammettendo la realt degli oggetti], c infatti il supporto della ragione logica [della non cognizione]. Difatti, quando non vi sia la cognizione, per la mancanza appunto di questa cognizione, si prova lassenza mentre quando vi sia lassenza in entrambi i casi [= tanto nel sogno quanto nella veglia], non c supporto per la non cognizione, proprio come con lassenza di un lumino non si pu distinguere una forma.94 Anche l mediante una presenza si stabilisce lassenza. Inoltre, vi lenunciazione della ragione riguardo la molteplicit presente nel sogno. A questo proposito colui che sostiene [le nozioni di prama e prameya] sono come la nozione degli oggetti allinterno del sogno deve mostrare una ragione per la molteplicit interna al sogno: qualche sogno accompagnato da paura, qualche altro accompagnato da euforia, qualcuno ancora contrario a entrambi, talvolta [luomo] non sogna proprio. Inoltre, grazie alla molteplicit delle cause, si ha una tenuta logica della molteplicit nella cognizione degli oggetti onirici che pure dovuta a una causa effettiva.95

La vera e propria analisi del sogno e della sua natura intrinseca comincia con il stra successivo (IV.2.34). Ivi GA afferma che loggetto dellesperienza onirica simile agli oggetti di cui si ha conoscenza mediante il ricordo e la volizione o immaginazione (sakalpa), che ammonta al desiderio di ottenere un qualcosa di cui si appreso in precedenza (LAYEK, 1990: 65). Questanalogia con il ricordo o la volizione, o anche limmaginazione, distingue nettamente gli oggetti di sogno da quelli assolutamente illusori, i quali scompaiono appena si conosce la verit (RIZZI, 1987: 101).
La connessione sottintesa che noi proponiamo tra parentesi quadre ci viene da una domanda e da una successiva espressione del Nyyastrabhyavrtika (NySBV) di Udyotakara (UK, vissuto tra il 550620): ya ete svapnvasthy viay khynti na te cittavyatirikt ity atra ko hetu? ... ye pratibuddhenopalabhyante te santti prptam 94 In questo caso il termine bhvena nella proposizione generalizzante indica la presenza effettiva della forma-colore di un qualche oggetto, che per non pu essere identificato al buio per lassenza di una qualsiasi forma di luce. Per questo, un ente presente ed esistente, anche se non percepito, in grado di provare lassenza di un altro fattore (JHA, G. N., 1999 [1912-1919] VOL. 4: 1635). 95 Poich i buddhisti idealisti negano lesistenza di ogni ente, questo genere di soluzione non pu incontrare il loro plauso (IBID.: 1636).
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smtisakalpavac ca svapnaviaybhimna// 34 // [bhya]96 prvopalabdhaviaya. yath smti ca sakalpa ca prvopalabdhaviayau na tasya pratykhynya kalpete, tath svapne viayagrahaa prvopalabdhaviaya na tasya pratykhynya kalpata iti. eva daviaya ca svapnnto jgaritntena. ya supta svapna payati, sa eva jgratsvapnadaranni pratisadhatte. idam adrakam iti. tatra jgradbuddhivttivad svapnaviaybhimno mithyeti vyavasya. sati ca pratisadhne y jgrato mithyeti. buddhivttis ubhayviee tadvad tu aya vyavasya yasya svapnaviaybhimno sdhannarthakyam.

svapnntajgaritntayor avieas tasya svapnaviaybhimnavad iti sdhanam anarthaka tadrayasya pratykhynd iti. atasmis tad iti ca vyavasya pradhnraya apurue sthau ya purua iti vyavasya, sa pradhnraya. na khalu purue nupalabdhe purua ity apurue vyavasyo bhavati. eva svapnaviayasya vyavasyo hastinam adrka parvatam adrkam iti pradhnrayo bhavitum arhatti. E la nozione di oggetto onirico come un ricordo o unimmaginazione (34). [Commento] [La cognizione] il cui oggetto stato precedentemente conosciuto.97

UK distingue immediatamente gli oggetti ricordati, quelli immaginati e quelli sognati da quelli totalmente irreali (tuccha, alka), perch non vi alcuna prova a sostegno della loro identit, come vorrebbero far credere i Vijnavdin: mygandharvanagaramgatikvad veti na, prambhvt In aggiunta, la conoscenza di oggetti non esistenti non pu essere citata come causa della conoscenza che si ha al termine del sogno. Ma allora se dopo la fine del sogno gli oggetti di conoscenza di cui si avuta esperienza in quel mentre sono inesistenti, allora qual stata la causa di quella conoscenza, quando si sa che loggetto una delle cause della conoscenza di s stesso: svapnntavad avidyamneu viayeu abhimna ity atra na hetur ucyata iti. svapnnte csanto viay iti ko hetur iti? ... Se si afferma che la cognizione stessa la causa, cio gli oggetti esperiti in sogno non hanno alcuna esistenza separata rispetto alla coscienza, per questo motivo accettare la cognizione come causa equivale a un sogno: khytir iti cet? aya jgradavasthopalabdhnn viay cittavyatirekim asattve hetu khyti svapnavad iti? ... Il siddhntin rifiuta la possibilit propostagli in quanto lesempio portato tanto dubbio e non stabilito quanto il probandum stesso: na, dntasya sdhyasamatvt. 97 Questo composto serve a completare il stra. Oltre a ci, la diatriba tra i Vijnavdin e i Naiyyika riportata ancora nel NySBV. Dopo le prime battute riassunte nella nota precedente (93), UK fa formulare alloppositore buddhista unaltra domanda: se qualsiasi oggetto percepito in sogno non differente dalla coscienza allora qual la ragione del loro essere separati da essa? ya ete svapnvasthy viay khynti na te cittavyatirikt ity atra ko hetu. La risposta molto semplice, ossia gli oggetti onirici smettono di esistere non appena il sognatore si desta pratibuddhennupalambht na santti cet. Certamente non si pu sostenere che dopo il risveglio ci che non viene colto non esiste, infatti gli oggetti a cui si fa riferimento sono chiamati questi ete e per questa loro qualificazione risultano esistenti. Tale qualificazione non avrebbe ragione desserci se dopo il risveglio non ci fosse la cognizione di quegli oggetti, per questo gli oggetti esistono nella veglia. Se ancora gli idealisti pensano che gli oggetti onirici non esistano nella veglia, come fanno allora a provare lesistenza della coscienza corrispondente? Inoltre, la ragione logica addotta a provare la non cognizione degli oggetti durante la veglia non ha sostenibilit, in quanto la cognizione implica lesistenza di un ente e la non cognizione il contrario, per questo la non cognizione contraddice la posizione buddhista (LAYEK, 1990: 67): atha manyase yasmt ete pratibuddhena nopalabhyante tasmt na santti? na, vieaopdnt. ye pratibuddhenopalabhyante te santti prptam. vyartha v vieaa pratibuddhennupalambhd iti. yadi copalambhyamna jgradavasthy svapnvasthy ca viayam asanta manyase, atha cittam astti ko hetur iti. viparyaye ca smarthybhvd ahetu jgrato nupalabdher iti. yady upalabdhi sattvasdhana tato
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Proprio come il ricordo e limmaginazione hanno come oggetti ci che stato colto in precedenza e non sono in grado di contraddire quelli [= gli oggetti], allo stesso modo nel sogno il cogliere loggetto ha come contenuto ci che in precedenza stato colto e non in grado di contraddirlo [= loggetto].98 In tal modo la condizione di sogno possiede un oggetto visto durante la condizione di veglia. Colui che addormentato vede un sogno, costui sveglio ripercorre le visioni oniriche: Io vidi questa cosa A quel proposito per vi una prima impressione (vyavasya),99 a causa della modificazione dellintelletto che si ha durante la veglia, la cognizione delloggetto onirico falsa. Dopo che vi stata la rimembranza [dellente onirico] si ha la modificazione mentale di chi desto e a causa di essa giunge la prima percezione che la cognizione delloggetto onirico sia falsa. Ma se vi una distinzione di entrambi gli stati [= sogno e veglia] allora [a risultare sar] linutilit della prova.100 Il che significa che per chi sostiene la non differenza tra la condizione di sogno e la condizione di veglia, per costui la ragione [la nozione di prama e prameya] come la cognizione degli oggetti di sogno [NyS IV.2.31] insensata, perch si nega il suo proprio fondamento. Inoltre, una prima impressione come [la cognizione] di qualcosa su ci che tale non ha come fondamento un ente reale (pradhna).101 [Per esempio], la prima

nupalabdhir asattva sdhayati. viparyaye hi heto smarthya dam iti (JHA, G. N., 1999 [1912-1919] VOL. 4: 1639-1640; SINHA, J. N., 1999 [1938]: 176-179). 98 Ancora UK continua dicendo che se qualcuno sostiene che la diversit della cognizione corrisponde alla diversit dei sogni, bisogna aggiungere che le impressioni lasciate dalle percezioni della veglia sono responsabili della molteplicit che si vede nei sogni. La differenza allinterno del sogno quindi dovuta alla molteplicit delle impressioni immagazzinate: svapnavad vijnabheda yadi pratipadyase, so pi dnumitnm arthn bhvanvaena vijnabheda pratipadayitavya. atha svapnapake pi bhvanbhedd vijnabheda pratipadyata so pi bhvanbhvakavargayor bhedena pratyavastheya, nbhinna bhvya bhvaka ceti (LAYEK, 1990: 68; JHA, G. N., 1999 [1912-1919] VOL. 4: 1641). 99 Il concetto di vyavasya, prima impressione o prima percezione molto importante nel Nyya, in quanto questa laccertamento della presenza delloggetto sensoriale, prima la consapevolezza di esso che riguardi il percettore. Per esempio quando le facolt sensoriali colgono un vaso, allora la prima appercezione sar: aya ghaa, questo un vaso. In seguito sorge il bisogno di collegare questa cognizione con colui che lha colta. Si avr quindi la successiva impressione, cognizione, percezione, lanuvyavasya. Allora la prima impressione diviene il contenuto della successiva cognizione (jnaviayakajna) (MOHANTY, J. N., 2002 [2000]: 13): la conoscenza che si avuta del vaso prima esperito diviene consapevolezza da parte del percettore di aver esperito il vaso: ghaajnavn aham, Io possiedo la conoscenza del vaso oppure ghaam aha janmi, Io conosco il vaso. La nozione di anuvyavasya la chiave per comprendere la dottrina dellautorevolezza determinata da altri, estrinseca (parata prmya), legata alla teoria della dipendenza di ogni conoscenza da unaltra conoscenza (jnaparata prkatva), entrambe avvocate dai logici. 100 Il testo riporta il termine sdhana, letteralmente il mezzo, lo strumento. Nel linguaggio proprio dellinferenza sdhana equivale a hetu, al probans, in quanto questultimo quel mezzo mediante il quale si prova lesistenza o la presenza del probandum (sdhya) sul locus (paka). 101 Abbiamo qui un uso molto particolare del termine pradhna, letteralmente principale, come controparte reale di un errore percettivo (viparyaya), questione alla quale nella fattispecie i Naiyyika tengono particolarmente, dal momento che i Bauddha non hanno la stessa posizione riguardo alla percezione erronea. Si noti che soprattutto i Mdhyamika nyavdin cercano di provare che lallucinazione o lerrore percettivo non ha alcun fondamento veritiero, anzi anche loggetto su cui si

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impressione che si ha in ci che non un uomo, in un tronco un uomo ha come fondamento loggetto reale.102 Difatti, sicuramente quando non vi sia la presenza di un uomo, si pu avere la percezione un uomo, su ci che uomo non . Allo stesso modo la percezione delloggetto onirico [come]: Io vidi un elefante, Io vidi un monte deve avere come fondamento un ente reale (34).103

Vtsyyana inizia a spiegare lanalogia tra gli oggetti onirici e gli oggetti ricordati o immaginati servendosi della loro comunanza di origine: entrambi gli ambiti affondano le loro radici nello svolgersi del processo conoscitivo
costruisce la sovrapposizione dellillusione tanto irreale quanto la sua proiezione stessa. Vedremo nel prossimo capitolo questo atteggiamento buddhista. Il NySBV di UK scrive che le cognizioni oniriche che rivelano citt, carri volanti e altri simili sono analoghe alle percezioni erronee dello stato di veglia. UK sfida gli idealisti buddhisti, che non accettano nulla al di fuori della coscienza, a spiegare la differenza tra lo stato di veglia e quello di sonno: ye caite svapndipratyay puravimnodynayndibhednuvidhyina te mithypratyay iti mithypratyayn ca jgradavasthpratyayasmnyd bhva. mampi sarva eva mithypratyay bhavantti bruva pradhnam anuyoktavya. na nipradhna viparyayapratyaya payma iti. cittavyatirekia ca viayam apratipadyamna sdhanadaayo svabhva paryanutoktavya ... 102 Lesempio di qui sopra riguarda il dubbio (saaya), uno dei quattro tipi di ignoranza (avidy) per il Vaieika, o conoscenza non valida (apram) per il Nyya. Lillustrazione riportata quella classica. Nella penombra, in lontananza un uomo scorge un qualcosa che riesce a vedere ma non a determinarne la corretta natura. In lui si formano due correnti di idee preliminari a proposito delloggetto che intravede, entrambe con delle caratteristiche e qualificazioni ben differenti luna dallaltra, anche se accomunate da qualche analogia. Abbiamo due immagini, quella di uomo e quella di tronco, ben differenti, perch entrambe le figure sono longilinee e presentano delle membra allungate, le braccia in un caso e dei rami secchi nellaltro. Luomo che ha questo dubbio lo formula in tal modo aya [purovrt] sthur v puruo v?, Quello [che ho di fronte] un tronco o un uomo? La definizione del dubbio data da Annabhaa rispecchia quanto detto (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 56-57): ekasmin dharmii viruddhanndharmavaiiyvaghi jna saaya , Il dubbio una conoscenza che coglie la qualificazione da parte di molteplici qualit [reciprocamente] contraddittorie in un unico ente qualificato. Ancora pi chiara la glossa al TS Nyyabodhin (NyB) di Govardhna, espressa con la tecnica del Navya Nyya: ekadharmvacchinnavieyatnirpitabhvbhvaprakraka jna saaya iti. bhvadvayakoikasaayaprasiddhe sthur vety atra sthutvasthbhvapuruatvapuruatvbhvakoika saaya ity artha , Il dubbio una conoscenza la cui qualificazione di presenza e assenza precisamente rappresentata dalla propriet dellessere qualificato da ci che delimitato da una sola propriet. Per via della comune nozione del dubbio che si presenta con una duplice alternativa di modi desistenza, nella fattispecie un tronco [oppure un uomo?], il dubbio possiede lalternativa della propriet dellessere tronco o della mancanza della propriet dellessere tronco e della propriet di essere uomo o della mancanza della propriet di essere uomo. 103 Secondo la dottrina Yogcra gli oggetti della veglia sono della stessa natura degli oggetti onirici, per, chiede UK, come si fa a spiegare allora la distinzione che si compie normalmente tra stato di sogno e stato di veglia: jgradavasthy viay na santi svapnvasthy ceti iya svapnvasth iya jgradavastheti kuta etat? Se non si distingue tra i due, continua UK, non ci sar pi differenza tra merito e demerito, tanto che compiuta una colpa in ognuna delle due avasth, non potrebbe pi far sorgere il demerito corrispondente. Anche se riconosciuto da tutti che il sogno caratterizzato dal sonno, tuttavia come fa una persona a comprendere che la particolare disorganizzazione che si ha nel sogno dovuta allinfluenza del sonno. Secondo gli Yogcra la chiarezza o la non chiarezza delle cognizioni lunica differenza che si pu considerare tra i due stati, per non ci pu essere una distinzione tra chiarezza e non chiarezza delle cognizioni se non vi fossero degli oggetti reali distinti dalle cognizioni (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 178-179): dharmdharmavyavasthna ca na prpnoti, yath svapnvasthym agamygamand adharmotpattir na bhavaty eva jgradavasthym api na syt. atha middho[nidro-]paghtnupaghtau bhedakau pratipadyeta? tad api tdg eva? middhopaghta cetaso vaikttyahetur ity etat katham avagamyate? atha vijnasya spaat cspaat ca bheda pratipadyeta? viayam antarea jnasya spaat cspaat vaktavy (LAYEK, 1990: 68-69).

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allinterno della condizione di veglia.104 Non si pu di certo negare che un oggetto immaginato o ricordato sia stato il contenuto di una precedente esperienza (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 221). Lo stesso dicasi per la visione onirica. Per questo, tanto gli oggetti di smti e sakalpa, quanto quelli di svapna devono essere considerati reali, in quanto il loro fondamento saldamente posto nella veglia. La prova logica centrale scardina innanzitutto la possibilit di considerare falsi i concetti di prama e prameya, dando come esempio105 chiaramente valido la falsit del sogno (LAYEK, 1990: 66; SINHA, J. N., 1999 [1938]: 175-176).106
Nel NyBVT, VM ha pressoch lo stesso punto di vista di UK, cio anche secondo costui loggetto di una cognizione onirica affonda le sue radici in un oggetto esterno reale. A causa di un qualche difetto della mente o del senso che percepisce un oggetto, oppure delloggetto stesso si ha la cognizione onirica o la percezione illusoria (THAKUR, A. L. [ED.], 1996: 631): svapnajnam api pramparyea bhyanibandhanam ity artha. abhyanimittatvam svapnapratyayasybhyupety ha atha svapnapake pi iti. varga paka. na caika vijna cintanyam apara cintakam iti vaktavyam, vyatiriktlambanatvnabhyupagamd iti bhva. abhyupetya cbhyanimittatva svapnapratyaynm etad uktam. bhyanimittatvam eva tu yad ukta tad eva pramrthikam ity ha ye caite svapnapratyay iti akate asaty arthe vijnabhedo da iti cet? svapnamygandharvanagaramgatdivijnev anuvartamneu viayendriyamanodoanimittatvam astu 105 Secondo i logici indiani non possibile stabilire una premessa generale (pratij) senza un esempio (dnta) a supportare ci. Lesempio pu essere di due tipi: un esempio in accordo (sdharmyadnta) e un esempio in disaccordo (vaidharmyadnta). Un esempio in accordo una circostanza in cui hetu e sdhya siano presenti insieme; al contrario nellesempio in disaccordo entrambi sono assenti (MATILAL, 2005 [1971]: 97-98). In questo caso la lettura Naiyyika della posizione Yogcra sembra indicare che questi ultimi usino la condizione onirica e la conoscenza acquisita in essa come metro di paragone, come esempio di una possibile inferenza. ben noto come vi sia la necessit che quando un certo ente presentato come lesempio di uninferenza, questultimo sia illustrazione o istanza positiva (sapaka), ovvero che in quella determinata circostanza illustrata dallesempio la bont del probandum e la sua presenza nel locus, sia gi stata ineccepibilmente verificata in precedenza. 106 Sempre Satyajit Layek (1990: 69-70, 76 n. 37 e 38) riferisce di un testo da noi non esaminato ovvero il commento di Vsudeva al Nyyasra di Bhasarvaja. Secondo Layek lautore avrebbe interesse a comprendere le differenze di tutti i generi di cognizione non valida e invalidare la posizione del Vaieika secondo la quale il sogno differente da dubbio, errore percettivo, valida cognizione e ricordo: sakalaviparyayaprabhedvabodhrtham udharaadvayam uktam. vaieik khalu saayaviparyayapramitisamraebho vilakaa svapnajna manyante ... Secondo il commentatore di Vsudeva, svapna un tipo di cognizione valida (pram) perch proviamo piacere nel vedere anche in sogno delle scene liete, come lincontro con un amico: svapne bandhudaranajanitasukhnubhavas tu pram. BSJ indica anche il criterio di realt di un ente. Per lui una conoscenza sar veritiera se possiede: utilit pratica (arthakriykritva), corrispondenza con la natura delloggetto che coglie (savditva) e una reale apprensione (upalabdhitva) (LAYEK, 1990: 70). BSJ tocca largomento svapna in vari altri punti, soprattutto nel suo NyBh (YOGNDRNANDA [ED.], 1968: 32-33, 145-146, 150-151), anche se sono per lo pi loci in cui si tira in ballo il nirlambanavda dei Vijnavdin, ossia la teoria che predica gli oggetti come stanti sul nulla, cio privi di supporto alcuno, che sia i Naiyyika sia i Mimsaka fanno oggetto di dure critiche. Sarebbe per troppo lungo e difficile questargomento per relegarlo in poche note allinterno di questo paragrafo. Tuttavia, si sappia che BSJ nel NyBh nel paragrafo Svapnrthavimara riflette su cosa ci sia di contrario, illusorio nella cognizione onirica. Egli dice che certamente loggetto cognitivo non nei pressi del sognatore, per cui afferma che tutto ci che appare viene poi rielaborato e riorganizzato al risveglio. Certo che ci che precedentemente esperito o meno, oppure presente o assente, tutto ci viene rielaborato al momento del risveglio attraverso una condizione che contraddice quanto sognato, quelloggetto opposto per diversit di luogo, tempo e natura rispetto alla sua apparizione nella cognizione onirica. Per esempio, in sogno si vede il padre morto, il figlio che vive allestero, il cieco vede. Il sogno pure simile a un altro errore percettivo, ossia al keoraka, ossia quel difetto ottiche in cui sembra che dei capelli ostacolino il campo visivo, ma ci
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mithyopalabdher vinas tattvajnt svapnaviaybhimnapraavat pratibodhe// 35 // [bhya] sthau puruo yam iti vyavasyo mithopalabdhi, atasmis tad iti jnam. sthau sthur iti vyavasyas tattvajnam. tattvajnena ca mithopalabdhir nivarttyate, nrtha sthupuruasmnyalakaa. yath pratibodhe y jnavttis tay svapnaviaybhimno nivarttyate, nrtho viayasmnyalakaa, tath mygandharvanagaramgatikm api y buddhayo tasmis tad iti vyavasyas tatrpy anenaiva kalpena mithyopalabdhivinas tattvajnn nrthapratibodha iti. updnavac ca mydiu mithyjnam. prajpanyasarpa ca dravyam updya sdhanavn parasya mithydhyavasya karoti s my, nhraprabhtn nagarasrpyasanniveaviee drn nagarabuddhir utpadyate, viparyaye tadabhvt. sryamarciu ca bhaumenoma saseu spandamnedakabuddhir bhavati smnyagrahat, antikasthasya viparyaye tadabhvt. kvacit kadcit kasyacic ca bhvn nimitta mithyjnam. da ca buddhidvaita myprayoktu parasya ca, drntikasthayo nopapadyata iti. Grazie alla conoscenza [veritiera] della realt, si ha leliminazione della falsa cognizione, come al risveglio scompare la cognizione degli oggetti onirici (35).107 [Commento:] La percezione che si ha a proposito di un tronco come Questo un uomo una falsa cognizione, una conoscenza [del tipo]: [la cognizione] di qualcosa su ci che tale non . Invece la percezione che si ha a proposito di un tronco come Questo un tronco! una conoscenza [veritiera] della realt; con la conoscenza della realt si ritira la cognizione falsa, non per loggetto la cui caratteristica comune sia al tronco, sia alluomo. [Per esempio], come al risveglio vi una [particolare] forma di conoscenza e mediante quella la cognizione delloggetto onirico si ritira, ma non il suo contenuto [in quanto tale], che ha come caratteristica comune loggetto stesso, allo stesso modo anche le ca gandharvanagaramgatiksu, suuptapratibuddhayo ca svapnaviayeu. tad etat sarvasybhve nirupkhyaty nirtmakatve sarva

non corrisponde a realt: atha svapndijne kas tarhi viparto rtha iti? taddeastha khavdir ity eke. tan na, prambhvt. na hi sanihitatvd eva jnasya viaya, ki tarhi? ya pratibhti sa cottarakla pratisadhnabalenpi vyavasthpyate. na ca khavdau pratisadhnam apy asti, tasmn nsau viaya, ki tarhi? prvopalabdho nupalabdho v vidyamno vidyamno v ya pratibuddhvasthy bdhakapratyayena sthvdivad anusadhyate, sa khalu deaklasvabhvnyatvena svapnajne pratibhsant viparta ity ucyate. tath hi - prabuddha san kathayati - maydya svapne mta pit jvatti da, putras tu dentarasthita ihasthita iti, andho nndha ity evam di. keoukajne pi avidyamna keasamha sadkratay pratibhti, bdhakotpattau tathnusadhnt 107 Questo aforisma vuole essere la risposta a un ipotetico quesito. Se anche la cognizione erronea, quella conoscenza che pare valida ma che in ultima analisi tale solo apparentemente, ha come oggetto un ente reale, come pu essere che non sia valida o che essa sia in breve contraddetta?

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cognizioni della magia, del castello in aria, del miraggio sono percezioni [del tipo]: [la cognizione] di qualcosa su ci che tale non e pure in quel caso attraverso questopzione, ossia grazie alla conoscenza [veritiera] della realt, si ha leliminazione della falsa cognizione ma non la negazione del [suo] oggetto. Inoltre, la falsa cognizione rispetto alla magia e altri simili ha una causa materiale [specifica]. Chiunque ne abbia i mezzi [= lillusionista], dopo aver preso una sostanza apparentemente simile a quella che intende mostrare, provoca una percezione illusoria a un altro individuo: quella unillusione. Quando, invece, [con laddensarsi in cielo] vi unapparenza simile a una citt di nuvole e altri fattori simili [= foschia o nebbia], a causa della distanza sorge una nozione di citt [in quelladdensamento], al contrario [quando non c addensamento] allora non c quella [= lidea di citt]. Ancora, quando i raggi solari mescolati al calore terrestre vibrano, allora in essi si ha lidea di acqua, per il fatto che si colta una propriet comune mentre, al contrario, colui che sta vicino non ha questidea. Perci, poich la conoscenza illusoria sorge in un certo luogo, in una certa circostanza e per qualcuno in particolare, non priva di una causa [precisa]. Viene anche vista una duplicit dellidea [a proposito dellillusione] di chi provoca lillusione e dellaltro [che ne spettatore], rispettivamente di chi sta lontano e di chi sta vicino, a proposito della citt dei Gandharva e del miraggio, di chi addormentato e di chi sveglio a proposito delloggetto onirico, allora ci [= questa differenza di visioni] non sarebbe logicamente plausibile se si mantenesse [come vuole il prvapakin] lassenza di tutto, lirrealt di ogni cosa,108 lessere privo di essenza di tutto (35).

Una chiara presa di posizione ci viene da Udayancrya (tra la fine del X e la prima met dellXI sec.) nel suo Nyyakusumajali (NyKu ad III.1) (MISHRA, U., 1929: 291-292):109
Traduciamo qui nirupkhyat con irrealt, sebbene sia un termine tecnico del linguaggio Mdhyamika che indica limpossibilit di predicare qualsiasi cosa a proposito di un oggetto, in quanto questultimo assolutamente vuoto, vano e irreale (asat). 109 Mishra (1929: 291-292) riporta la posizione di Udayana, il quale afferma che le apparizioni oniriche sono prodotte dal ricordo di eventi precedenti, risvegliato quando si dischiudono le impressioni latenti. Queste si sollevano per la forza del contatto sensoriale con un particolare oggetto. Egli afferma inoltre che nel sogno cose o eventi che appartengono a differenti luoghi o tempi, sovvengono alla coscienza quando le facolt sensoriali hanno cessato la loro attivit. Ci non prova che la coscienza onirica sia un ricordo chiaro, senza il sorgere di dubbi (asadigdha), in quanto la nozione successiva al sogno non io ricordo, io ricordai un sogno, ma io vidi un sogno. Questo genere di esperienza non dovuto a una sovrapposizione, in quanto non ci sono ostacoli e anche perch nel sogno noi vediamo eventi mai avvenuti, come il taglio della nostra testa. Ci non pu essere se si considera la cognizione onirica un ricordo, perch il ricordo solo la ripetizione di eventi passati. Egli aggiunge anche che il sogno non pu nemmeno essere un ricordo dal contenuto erroneo (smtiviparysa), poich non possibile cogliere un oggetto attraverso una forma di esperienza
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svpvasthy katha jnam iti tattatsaskrodbodhe viayasmaraena svapnavibhramm utpatte ...110 Nella condizione di sonno come si ha la conoscenza? Con il risvegliarsi delle impressioni di questo e quello [oggetto], per mezzo del ricordo delloggetto si ha lorigine delle illusioni oniriche ...111

Ancora Udayana, nel suo auto-commento ad NyKu V.17 afferma che esistono delle percezioni oniriche veritiere, in quanto hanno una corrispondenza con la realt (savda). Sebbene esse siano accidentali o casuali (kkatlya), non si pu relegarle a fenomeno senza causa. Lunico elemento capace di agire, in quel caso, sono le attivit meritorie del sognatore:
asti ca svapnnubhavasypi kasyacit satyatva, savdt. tac ca kkatlyam api na nirnimittam. sarvasvapnajnnm api tathtvaprasagt. hetu ctra dharma eva. sa ca karmamajavat yogajo
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pi

yogavidher

avaseya,

karmayogavidhyos

tulyayogakematvt

mediante la quale esso non sia gi stato colto (IBID.: 276-277). Il commentatore Varadarja (XII sec.) nella sua Bodhin aggiunge che anche nel sogno possibile un contatto sensoriale sebbene molto ottenebrato, anche se sufficiente a far risvegliare le impressioni, oppure grazie al calore interno (mdi) che il tatto riesce a percepire in quanto nel sogno ancora in contatto con la mente. In verit, la posizione che Mishra riporta quella dei commentatori di Udayana, nella fattispecie del Praka di Vardhamna Updhyya (XIII/XIV sec.) e il Makaranda di Rucidatta Mira (XV sec.). 110 Varadarja (XII sec.) cos glossa il passaggio: svapne v katha suuptivanmanaso vypriyamendriyasayogbhvt janotpattir ity ha svapna iti. tattadviayendriyavyprbhve pi prvnubhavajanitasaskrodbodhaprabhvitatattadviayasmaraa-sahakta mana svapnabhramn utpdayatty ha tattat iti ..., Inoltre, nel sogno come avviene il sorgere della conoscenza per una mente addormentata a causa della mancanza del contatto con i sensi attivi? A questo proposito [Udayana] dice svapna. Pur non essendoci la funzione dei sensi rispetto a questo o quelloggetto, la mente, aiutata dal ricordo di questo o quelloggetto originato dal risveglio delle impressioni latenti nate da una precedente esperienza, genera le illusioni oniriche. Cos [Udayana] dice tattat 111 Sadanada Bhaduri (1975 [1947]: 158-160) discutendo la funzione di ognuno dei cinque sensi nel Nyya-Vaieika, rivendica lindipendenza di ognuno verso il proprio oggetto. Tuttavia, egli afferma che nelle fasi successive rispetto allantichit della scuola, la teoria della percezione si basa grandemente sul contatto (sayoga), in un certo senso tattile, nel quale la mente la condizione essenziale per il sorgere di una qualsiasi nozione. Questa conclusione viene dallosservazione delle cognizioni relative al sogno e al sonno profondo. Lattivit residua del sogno spiegata tirando in ballo la stimolazione delle impressioni latenti dovute a esperienze precedenti (saskrodbodha) che si ha da un certo stimolo sensoriale. In quella condizione di sonno solo il senso del tatto ancora attivo, anche se non articolatamente, soprattutto quello interno. Questo contatto tra la mente e il senso del tatto persiste fino allentrata di essa nella purtat n e il successivo sonno profondo, in cui la mente smette di essere in contatto pure con il tatto. Si veda a pagina 140 di questo capitolo la trattazione dellopera di akara Mira intitolata Kada Rahasya. 112 Il Praka di Vardhamna Updhyya (ad NyKu V.17) fa in modo che un ipotetico prvapakin sollevi unobbiezione. Quando si parla di pram, la mente dipende dai sensi per avere un contatto con il mondo esterno, per cui dipende dai sensi per cogliere i propri oggetti. Nel caso dei sogni, per, che non

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Si ha pure la veridicit di qualche esperienza onirica, poich corrisponde alla realt. Quella, pur essendo casuale, non priva di causa, altrimenti per ogni conoscenza onirica sorgerebbe il problema di essere tale [= senza causa]. Per cui la causa, in questo caso, di certo il merito. Questo, come quello nato dal sacrificio pure sorto dalla disciplina yogica che deve essere accertata dallingiunzione dello Yoga, infatti, sia per lingiunzione sacrificale sia per quella dello Yoga il risultato ottenuto e la conservazione di quello sono gli stessi

Nel paragrafo precedente, trattando del Vaieika antico abbiamo mostrato quale sia la posizione di questa scuola rispetto al sogno, indicando in primo luogo la divisione della conoscenza in vidy e avidy, per poi suddividere ognuna in quattro. In quella circostanza abbiamo riportato come smti stesse allinterno di vidy e svapna con avidy. La posizione del Nyya, per lo meno quello antico, differente. Innanzitutto, il Nyya divide buddhi, la conoscenza, una delle qualit specifiche di tman (vieagua), in due categorie: ricordo (smti) ed esperienza diretta (anubhava). Ognuna delle due ha poi varie suddivisioni, anche se la pi generale si fonda sul criterio di validit (yathrthya) o invalidit (ayathrthya). Avremo dunque tanto lesperienza come valida o invalida (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 23-24), quanto il ricordo valido o invalido (IBID.: 57). Questultimo un tipo di conoscenza sorta esclusivamente dal risveglio delle impressioni latenti sorte da esperienze precedenti e immagazzinate in tman: saskramtrajanya jna smti. (IBID.: 22).113
sono pram, la mente non forzata a funzionare in accordo ai sensi: nanu pramym eva manaso bahir asvtantrya svapnajna tv apram ity ata ha asti ceti. tathpi sktkro bhramo vsanprabhavatvt kmturakminsktkravad ity akya tatpramtvam upapdayati sa ceti Questo spiegherebbe sia il perch della falsit dei sogni, sia perch alcuni di essi sono veritieri. Il S onnipervadente (vibhu) e come tale in costante contatto con ogni sostanza mrta e la mente. La mente si muove liberamente attraverso il complesso psico-fisico in virt della fitta rete di canali sottili (n, [si veda anche BUBV 334]). Per esempio pu accadere che la mente sia anche libera di uscire dal corpo, tanto da acquisire esperienze di luoghi ed eventi distanti sia nel tempo sia nello spazio. La loro apparizione dipende da una precisa causa ausiliaria (sahakriviea): il dharma. Per questo, solo coloro che hanno delle cause ausiliarie presenti e pronte saranno prodotti, non altri eventi (BUBV 840, 843, 846, 853). 113 Il NySB ad III.1.13-14 tratta il concetto di smti come tmagua. La TS/NyB offre qualche informazione in pi, oltre che definire il ricordo con il linguaggio navya, spiega il perch di ogni singolo termine allinterno della definizione (padaktya). Due sole cose vanno ricordate. In primis una definizione ha sempre due sezioni: la sezione delle qualificazioni o aggettivi (vieaakoi) e la sezione del qualificato o soggetto (vieyakoi), che il definiendum (lakya): bahirindriyjanyatvaviihasaskrajanyatvaviihajnatva smter lakaam. vieanupdne pratyakdyanubhave tivypti. tadvraya vieaopdnam. saskradhvase tivyptivraya vieyopdnam. dhvasa prati pratiyogina kraatvt saskradhvase pi saskrajanyatvasya sattvt. pratyabhijym ativyprivraya mtrapadam , La definizione di ricordo lessere una cognizione caratterizzata dalla propriet di non essere nata dalle facolt sensoriali e caratterizzata dalla propriet di essere nata

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Il ricordo appunto di due tipi: smtir api dvividh. yathrthyathrth ca. pramjany yathrth. apramjanyyatharth., Anche il ricordo di due tipi: valido e non valido. Il [ricordo] valido nato dalla valida conoscenza, mentre il [ricordo] non valido originato dalla conoscenza non valida. Il ricordo valido si ha quando a causarlo siano delle impressioni sorte da una conoscenza validamente acquisita, cio che colga la vera natura delloggetto percepito. Il ricordo difettoso o non valido, si ha invece quando le impressioni dalle quali prodotto presuppongono un tipo di conoscenza difettoso, ossia in cui si colga un oggetto altrimenti rispetto alla sua vera natura. Vediamo dunque come per determinare la natura di un ricordo, fondamentale sia la bont o meno dellesperienza precedente (prvnubhava) (CHATTERJEE - DRAVID, 1978 [1939]: 2324). Infatti, nel Tarkmta (TA, DKITA, P. K. [ED.], 2003: 109), Jagada Tarklakra (XVII sec.), dopo aver ribadito cosa si intenda nel Nyya per validit e invalidit, esprime il medesimo concetto:
tadvati tatprakrakatva yathrthatvam, tadabhvavati tatprakrakatvam ayathrthatvam.114 prvnubhava saskradvr smaraa janayati. tatra

dalle impressioni latenti. Con la non inclusione delle qualificazioni ci sarebbe leccessiva estensione alla percezione diretta e ad altri tipi di esperienza; al fine di evitare ci si menzionano le qualificazioni. Il menzionare il soggetto per evitare leccessiva estensione nella distruzione delle impressioni latenti. Infatti, il suo contro positivo causa nei confronti della distruzione, poich anche la distruzione dellimpressione latente sorta da [unaltra] impressione latente. Per evitare leccessiva estensione nel riconoscimento [si pone] il termine solamente va anche detto che per il Nyya unimpressione latente, come ogni altro tipo di qualit specifica del S dura solo tre momenti (kaa): lattimo della nascita (si), quello della conservazione (sthiti) e quello della fine (laya). La nascita nel S di una successiva qualit causa della distruzione della qualit precedente. Nel nostro caso avremo che una prima impressione dopo esser nata, perdura per un attimo e poi termina. Al momento della distruzione della prima impressione sorge una seconda impressione. Altra cosa da ribadire, per comprendere appieno gli appunti della NyB, la natura del riconoscimento (pratyabhij), ossia un tipo di conoscenza in cui confluiscono in un unico ente una percezione diretta e un ricordo. Lesempio classico so ya devadatta, Questo quel Devadatta. In precedenza si era visto Devadatta altrove e poi lo si rivede di fronte hic et nunc, cosicch Devadatta lunico soggetto di una cognizione lontana determinata dal quello (sa) che confluisce in una cognizione diretta, indicata dal questo (ayam). 114 Si veda la medesima definizione in TS (ATHALYE, 1988 [1897]: 23-24). Per esempio Bhasarvaja (BSJ, circa 950), nel suo Nyyasra (NyS, YOGNDRNANDA [ED.], 1968: 25) definisce il viparyaya come una falsa determinazione (mithydhyavasya), dandone due esempi: la visione di due lune o la visione quando si addormentati di elefanti o altri enti simili: mithydhyavasyo viparyaya. tad yath dvau candrv iti, suptasya gajdidarana ceti Lo stesso autore, nellauto-commento al NyS, il Nyyabhaa (NyBh) spiega il perch della citazione del secondo esempio [sul NyBh si baser nel XIV sec. il commentatore Jaina Jayasiha Sri, MISHRA, U. 1929: 274]. BSJ cita lesempio per riunire ogni genere di conoscenza erronea e per confutare i pareri degli avversari. Secondo alcuni, i seguaci del Vaieika, la cognizione onirica qualcosa di differente rispetto al valido mezzo di conoscenza, al risultato del mezzo di conoscenza, al ricordo e al dubbio. Comunque, sebbene la cognizione onirica sia differente da viparyaya vero e proprio, pur sempre qualcosa non diverso dallavidy. Per, anche il ricordo come la cognizione onirica, sono un tipo di conoscenza che appare solo da un oggetto che gi stato esperito. Oltre a ci, anche le percezioni erronee sono di tanti tipi, quante le cause da cui scaturiscono, per esempio nelluniverso individuale (adhytmikanimittapradhna), quando le impressioni latenti si risvegliano al

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prvnubhavasya yathrthatvyathrthatvbhy smaraam api ubhayarpa bhavati Validit [vedere] una qualificazione di un ente in ci che provvisto di quella; invalidit [vedere] una qualificazione di un ente in ci che non provvisto di quella. Lesperienza precedente genera il ricordo attraverso le impressioni latenti. L, a causa della validit o invalidit della precedente esperienza anche il ricordo pu avere aspetto di entrambi

La conoscenza onirica, allora, non pu essere designata come percezione diretta, in quanto non soddisfa il criterio della conoscenza percettiva (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 29): indriyrthasanikaajanya jna pratyakam, la percezione diretta una conoscenza prodotta dal contatto dei sensi con i [propri] oggetti. Per questo motivo la conoscenza onirica ha una parentela pi prossima con la rimembranza: entrambe le cognizioni non hanno bisogno della presenza fisica di un oggetto al fine di sorgere essendo generate da unimpressione latente. Vi per un distinguo di fondo: smaraa una cognizione reale che pu essere verificata grazie alloggetto che ne costituisce il contenuto. Lo stesso non si pu per dire per la conoscenza onirica che, non presentando una corrispondenza reale con unentit esterna, non pu essere considerata valida. Se la conoscenza onirica causata da impressioni latenti erronee, allora sar da considerarsi come erronea; mentre se generata da impressioni valide, anchessa sar valida.115
memento del sonno, si ha lesperienza onirica: suptasya gajdidarana ca ity udahrantara kim artha? sakalaviparyayasagrahrtha matntaraniedhrtha ca. kecid atra svapnajna pramaphalasmtydibhyo rthntaram icchantty atas tanniedha kriyate yad api svapnajna viparyaydivilakaa, tad api nvidyntaram yac cnubhtrthamtrvabhsisvapnajna, tat smaraam nimittabhedenpy anekadh viparyayo bhidyate, tad yath tath nidrsahitebhyo saskrtiaydibhya svapnajna veditavyam iti Mishra (1929: 275) afferma che prima di BSJ la coscienza onirica era considerata differente dal ricordo, ma lui sembra il primo ad assimilarla a smti. Jayasiha Sri scrive che le cognizioni erronee sono di due tipi: anubhyamnropa, ossia dove la sovrapposizione erronea si ha per via di unesperienza diretta, cio di un oggetto percepito su un altro oggetto percepito, e smaryamropa, dove la sovrapposizione erronea avviene via ricordo, ossia si sovrappone un ricordo a un oggetto percepito. In questultima casella va inserito il sogno (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 309). 115 Il Nyya un convinto sostenitore della intrinseca non autorevolezza della conoscenza, ovvero della sua estrinseca autorevolezza (parata prmya). Secondo i logici assumere che alcuni casi di cognizione siano intrinsecamente validi, altri intrinsecamente invalidi si presta a varie obbiezioni. La prima senza dubbio che il criterio definitivo per i due generi di cognizione pu essere supplito solo da un fattore esterno. Per questo pi logicamente congruo accettare una non-autorevolezza intrinseca della cognizione, fondando la sua autorevolezza su una cognizione successiva, che coglie le cause della prima. Questa dottrina spiega le cognizioni oniriche: non sono valide, poich le loro cause sono imperfette. La cognizione di veglia, invece, se basata su una fonte valida, anchessa, ma non altrimenti (KEITH, 1978 [1921]: 17-18).

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Keava Mira (XIII sec.), nel Tarkabh (TB, BHANDARKAR [ED.], 1979: 79) fuga ogni dubbio, affermando che ogni genere di cognizione che si ha allinterno di un sogno un tipo di ricordo, anche se senzaltro non valido. Certamente la conoscenza onirica legata agli oggetti reali della veglia oramai passati, anche se intrinsecamente falsa. Il tipo di conoscenza che si ha degli oggetti come se essi fossero direttamente accessibili ai sensi delladdormentato e questo ammonta a una falsa cognizione, ove si vede in un oggetto ci che quello non ha, proprio come enunciato della formula atasmis tad (KEITH, 1977 [1919]: 66-67). Per questo il sogno non pu in nessun caso essere considerato un valido mezzo di conoscenza (CHATTERJEE - DRAVID, 1978 [1939]: 25-26; SINHA, J. N., 2008 [1958],
VOL. 1: 309):

smaraam api yathrtham ayathrtha ceti dvividham. tadubhaya jgare. svpe tu sarvam eva jna smaraam ayathrtha ca. doavaena tad itisthne idam ity udayt Anche il ricordo di due tipi: valido e non valido. Entrambi quei due si hanno nella veglia. Nel sonno invece ogni genere di conoscenza un ricordo non valido. Infatti, a causa del difetto, al posto di quello si ha il sorgere di questo ...

Ancora il Tarkmta di Jadada riporta che il sogno e la nozione incerta, indefinita (anadhyavasya) sono da includersi nella cognizione erronea (viparyaya). Oltre a ci, si evidenzia una comunanza di vedute rispetto alleziologia delle cause, cio dalla rimembranza di oggetti gi esperiti che corrisponde al risveglio delle impressioni latenti, la forza invisibile corrispondente a merito e demerito (ada) e gli squilibri umorali (dhtudoa): 116

116 Tra gli studiosi sembra esservi un po di confusione riguardo la posizione del Nyyamajar di Jayanta Bhaa (IX sec.) rispetto ai sogni. Per alcuni Jayanta sembra considerare le cognizioni oniriche come recollections of past experience (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 309) o He follows his own way and holds that dream-consciousness is Remembrance (MISHRA, U., 1929: 276). Per, queste sarebbero da includere nella categoria del viparyaya anche se non senza eccezioni. Alcuni sogni hanno una natura valida. Inoltre, una grande differenza che nella percezione erronea i sensi sono in funzione, cosa che non avviene nel sogno (MISHRA, U., 1929: 285). Layek (1990: 70-71, 77 n. 42, 43, 44, 45), come al solito in modo molto superficiale, afferma che Jayanta vede gli oggetti delle cognizioni oniriche come reali. Per esempio se una persona vede in sogno qualcosa dimpossibile da vedere altrimenti, come il taglio della propria testa, si deve comunque dire che questa visione onirica possibile e la conoscenza scaturita da essa veritiera, in quanto nel sogno una visione o un oggetto non esperiti finora possono comunque venir visti. I seguaci della Prabhkara Mms obbiettano sollevando la questione di come si possa etichettare unesperienza mai avuta come reale. Jayanta risponde che se il sognatore stesso non lha avuta, sar pure stata sperimentata da altri, per cui loggetto di quella cognizione reale. Per questo

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svapnas tu anubhtapadrthasmaraair adena dhtudoea ca janyate. anadhyavasya ca kicid iti jna viedarand bhavati tatra naiyyikamate svapndhyavasyau viparyayamadhye praviau Mentre il sogno sorge mediante i ricordi di oggetti ormai percepiti, dalla forza invisibile e dallo squilibrio umorale. La nozione indefinita una conoscenza come qualcosa senza che vi sia la percezione della particolarit A questo proposito nel punto di vista dei logici il sogno e la nozione indefinita sono fatti rientrare allinterno della percezione erronea 117

Infine, col consumarsi della confluenza di Nyya e Vaieika nel Navya Nyya,118 le differenti posizioni delle due scuole non si mitigano. Ci sono autori come Kua Bhaa119 e Keava Mira che sostengono che il sogno e la cognizione onirica sono vividi esempi di memorie, anche se di invalida natura. Altri autori, come un certo Raghuntha Paita, menzionato da Umesh Mishra (1929: 278, 306) che, per certi versi, supporta il punto di vista di Udayana. Secondo questi svapna un tipo di anubhava, se dovuto ai meriti (dharma) va trattato come pram, se dovuto ai demeriti (adharma) come apram. Sempre Mishra conclude, in modo condivisibile, indicando una virata da parte degli autori Naiyyika medievali e pi recenti, rispetto a quelli antichi. Riassumendo, si pu affermare che mentre gli ultimi considerano il sogno un tipo di ricordo, i primi lo considerano per lo meno differente da smti.
motivo, visto che lesperienza di un individuo non pu essere ricordata da un altro, i Mmsaka non possono provare il fatto che il sogno sia un ricordo. Per i logici il sogno una percezione diretta e non un ricordo, in quanto il ricordo rimane oscuro, finch, infine, se ne va: anubhavapratyaka ca svapna savedyate, na smaranullekhamtram iti Beh, naturalmente questa posizione ci lascia per lo meno dubbiosi. Purtroppo per, in mancanza delledizione di Mysore, al momento la pi attendibile, non riusciamo ad andare a fondo alla questione. Comunque sia, in unaltra opera U. Mishra (2006 [1936]: 43) molto chiaro: According to Nyya dream-cognition in both true and false. If it is produced from merits then it is true and if from demerits then it is included under erroneous cognition 117 Umesh Mishra (1929: 285) scrive che il NySB (IV.2.34) includerebbe svapna allinterno di saaya. Certamente questo punto di vista non ci risulta. Comunque Mishra stesso afferma un fattore fondamentale alla distinzione tra dubbio e sogno. Mentre nel dubbio la cognizione sospesa tra due oggetti, nel sogno la cognizione riguarda un solo oggetto. Anche se alcuni sogni possono sembrare dei dubbi, non possibile indicare il sogno come un dubbio in ogni caso (VaiSU ad IX.2.6-7). 118 Il grande iniziatore del Navya Nyya, Gagea Updhyya (XIII sec./ 1320), nel suo magnum opus, la Tattvacintmai (TCM) afferma, prima nel Pratyakakhaa che il sogno, o meglio la cognizione onirica una creazione mentale illusoria per natura: svapnavibhramavat svotprekitapadrtha mnaso yam In seguito, nell Anumnakhaa scrive che: nidrsahakrea bhyasvapnnubhava (LAYEK, 1990: 73, 77 n. 46-47). 119 In un testo da noi non esaminato conosciuto come Padrthadpik (MISHRA, U., 1929: 278).

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Concludendo con una nostra valutazione, si pu affermare che nella conoscenza sorta dai sogni tman o manas possono essere considerati la causa inerente (samavyikraa), contatto tra la mente e il S la causa non inerente (asamavyikraa), mentre gli squilibri umorali (dhtudoa) ne risultano la causa efficiente (nimittakraa), mentre il sonno e il merito o il demerito sono le cause secondarie o ausiliarie (sahakrikraa).

II.4: S KHYA Inngabilmente la trattazione del sogno nel Skhya tuttaltro che centrale, anzi diremmo pure che del tutto periferica. Per esempio, nellopera principale, le Skhya Krik (SK) di varaka (IV-V sec.) non se ne fa menzione. Fatte salve alcune sporadiche e brevissime menzioni nei commenti principali,120 come per esempio nella Yuktidpik121 (YD ad SK 34), purtroppo commenti altrettanto significativi, come quello il commento di Gauapda (VIVII sec.), il Gauapdabhya (GB), il Skhya Tattvakaumud (STK) di Vcaspati Mira, la Mharavtti (MV) di Mhara (tra il VI lVIII sec.),122 lAniruddhavtti (AV) di Aniruddha (XV sec.) e la Jayamagal (JM) di un certo akara (IX [LARSON, 1998 [1969]: 149, 282] o XV sec. ?)123 non ci dicono nulla. Le uniche occasioni in cui al sogno si presta una bench minima attenzione nel commento di Vijna Bhiku (VB, XVI sec.) chiamato Skhyapravacanabhya (SPB) al testo tardo e falsamente attribuito al mitico fondatore della scuola Kapila, il Skhya Stra (SS) o Skhyapravacana Stra (SPS). Il testo, che in forma di aforismi segue le pi famose strofe di varaka,
Secondo S. Layek (1990: 52, n. 55) vi una menzione di sogno nel Gauapdabhya: svapnaindrajlasadam iti il cui riferimento dato dallautore come (Gau. Bh. p. 113) Nonostante la citazione non presente nelle edizioni a nostra disposizione. Oltre a ci Layek non fornisce in bibliografia quale sia ledizione del testo da lui usata. 121 Nel colofone del manoscritto scoperto agli inizi del secolo scorso si indica VM come autore del testo, anche se il dibattito sulla paternit del testo tuttaltro che chiuso (HULIN, 1978: 140). 122 C anche una menzione unica nella Mharavtti ad SK 12 mentre si spiega cosa significhi la natura offuscatrice (vidtmaka) di tamas si glossa il termine con mohalakaa, la cui caratteristica lottundimento, di cui si danno vari esempi tra cui lultimo il sogno: ajnamadlasyabhayadainykarmayatnstikyavidasvpndi 123 Layek (1990: 52, 55 n. 6) indica un breve passo nel commento denominato Jayamagal (JM, ad SK 5) e attribuito a un certo akara, assolutamente non identificabile con il grande , maestro indiscusso dellAdvaita (HULIN, 1978: 140). Nel testo lautore, trattando la natura e le variet della percezione diretta, non si sbilancia in una discussione sulla natura del sogno, bens si limita a dire di cosa esso sia il risultato: yat svapnadarana tad indriyavyatireki, nidropaplutatvd idriym , Quello che la visione onirica [sorge] priva dei sensi, [cio] quando i sensi sono immersi nel sonno
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sembra una composizione risalente al XIV o XV secolo in sei capitoli, che in toto contengono 526 aforismi. Oltre al commento principale di SPB, abbiamo una glossa redatta da Mahdeva Vedntin (XVII sec.) che riassume fedelmente il commento di VB (HULIN, 1978: 153-155). Sembra comunque che la scuola evochi unidea rappresentativa del sogno. Per questo motivo ogni cognizione onirica considerata analoga al ricordo (smti) posto per allinterno del contenitore del sonno. Sono per lo pi modificazioni dellintelletto (buddhivtti) prodotte dalle impressioni latenti che ne sono la causa vera e propria (TRIPH, R. N., 1987: 174), per cui i sogni non sono altro che ricordi illusori, in quanto i ricordi sono determinati dai saskra (MISHRA, U., 1929: 281). In essi non vi interferenza o produzione alcuna data dalle facolt sensoriali o da stimoli esterni. Sono comunque considerati in definitiva dei fenomeni di natura illusoria (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 493). Abbiamo nel Nyyakoa un brevissimo accenno a questo atteggiamento dellintera scuola, ripreso dal commento di VB ad SS I.148 (JHALAKKAR, 1978 [1893]: 1053; ABEGG, 1959: 15):
skhy myvdivedntina ca saskramtrajanya svapnvasthabdavcyo buddher viaykra parima svapna ity hu ... I seguaci del Skhya e i Vedntin sostenitori dellillusoriet [del mondo] affermano che il sogno una modificazione dellintelletto che ha forma loggetto, nato dalle sole impressioni latenti ed esprimibile direttamente dalla parola condizione onirica ...

Come dicevamo una menzione si trova nel commento ad SK 34 nella Yuktidpik, nella quale si chiarisce definitivamente che per certi versi il sogno un ricordo, ma la sua natura illusoria:
mgatiksvapnaviayair asadbhi satm asattvam icchatas tadvad eva vipartadaranaprasaga. tath hi gandharvanagardiu kadcit tam evrtha g payati, kacit gaja payati, kadcit patkm. svapne caikamrtipatitn

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gopuruvarsabhanadvkaprabhtn darana smarae viparyayea dam 124 vicchinnn cvayavn puna sadhnam kagamanam anvarasynimitta rjyalbha iti. tad itaratrpi syt. na tv asti. tasmd ayukta mgatiksvapndivad asattva bhvnm. arthakriy ca na syt. dam, yath evam ihpi svapne syt. sntnuliptitaptavastrcchditnm aphalatva

ukravisargavad iti cet. syd etat yath dvayasampattiprvaka ukravisarga sa ca tadabhve pi svapne bhavati, evam itaras syd iti. tad ayuktam, rgdinimittatvt. tath hi jgrato pi tat dvayasampattim antarea bhavati. tasmn manorajannimitta tat Per colui che crede nella non esistenza degli enti attraverso [lanalogia con] ci che non reale come il miraggio, gli oggetti onirici o quantaltro, sorge un problema di visione opposta proprio come quello [di questi oggetti illusori]. In questo modo nella citt dei Gandharva e in altre [illustrazioni illusorie] qualcuno coglie il medesimo oggetto talvolta come vacca, qualcuno lo vede elefante, talaltra bandiera. Nel sogno vi la visione di vacche, uomini, cavalli, asini, fiumi, alberi e altri come fossero riuniti in ununica immagine, nel ricordo visto in modo opposto Attaccare nuovamente delle membra ormai staccate, camminare in cielo, lottenimento di un regno da parte di un uomo non qualificato senza causa, e altri [esempi]. Quello potrebbe darsi anche altrove, per non avviene. Pertanto, non sostenibile la non esistenza degli enti come nel caso del miraggio, del sogno o altri simili. Anche lutilit pratica non si da: cos come nel sogno si vede la sterilit per colui che si lavato, cosparso [di unguenti], che ha mangiato e bevuto, si vestito o quantaltro, allo stesso modo deve essere anche in questo caso. [Obbiezione:] [Se si dicesse] che come la fuoriuscita del seme [durante il sonno]? [Risposta:] [Risponderemmo che] Ci pu essere: per esempio leiaculazione si ha previa unione di una coppia, [anche se] in sogno questa avviene anche senza quel [requisito]; allo stesso modo pu essere anche in altra circostanza. Ma questo non plausibile perch ha come causa lattaccamento, per cui ci avviene anche per una persona che veglia senza [che vi sia] lunione della coppia. Per questo motivo ci non ha come causa il divertimento 125

124 La Yudtidpik stata recentemente scoperta e si ritrova in un unico manoscritto. Questa parte indica un passaggio del testo non completo per la cattiva conservazione del codice, in cui troviamo solo alcune parole iniziali: tath vtyanena hastiythapraveane 125 Prendiamo spunto dalla traduzione di Shiv Kumar e D. N. Bhargava (1992, VOL. 2: 270-271), sebbene quanto proponiamo sia nostra lettura e rielaborazione.

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C da dire che, sebbene il fulcro della discussione sul sogno si concentri nellaforisma III.26-27 del SS, vi una trattazione previa (I.148), in cui si fa menzione in primis di suupti, ma anche di tutte e tre le avasth. La discussione verte su una precedente obbiezione secondo la quale purua, lEssere, sinonimo di tman nel Skhya sarebbe inerte (jaa) e non senziente (acetana).126 La risposta si ha col stra suuptydyaskitvam, secondo il quale se il S dovesse essere considerato privo di coscienza non vi potrebbe essere alcuna testimonianza derivante dallesperienza del sonno profondo. Secondo la Vtti di Aniruddha, il termine di, eccetera, indicherebbe appunto il sogno.127 Comunque sia, VB sempre il pi esaustivo, dando varie definizioni di ognuna delle condizioni:
suuptydy asyvasthtrayasya buddhiniasya skitvam eva pusty artha. tad uktam jgrat svapna suupta ca guato buddhivttaya/ ts vilakao jva skitvena vyavasthita// [BhP XI.13.27] iti. tatra ts buddhivttn skitvena tadvilakao jgraddyavasthrahito nirita ity artha. jgran nmvasth indriyadvr buddher viaykra parima. svapnvasth ca saskramtrajanyas tda parima. suuptyavasth ca dvividh arddhasamagralayabhedena. tatrrdhalaye viaykr vttir na bhavati, kintu svagatasukhadukhamohkraiva buddhivttir bhavati, anyathottitasya sukham aham asvpsam itydirpasuuptiklnasukhdismaranupapatte. tad ukta vysastrea mugdhe rddhasampatti pariet [BS III.2.10] iti. samagralaye tu buddher vttismnybhvo maradv iva bhavati. anyath samdhisuuptimokeu brahmarpat [SS V.16] ity gmistrnupapatter iti. s ca samagrasuuptir vttyabhvarpeti puruas tatsk na bhavati, puruasya vttimtraskitvt, anyath saskrder api buddhidharmasya skibhsyatpatte. suuptydiskitva tu tdabuddhivttn svapratibimbitn prakanam iti vakyma [SPB ad I.161]. ato jnrtha puruasya na parimpeketi La propriet di essere testimone di questa triplice condizione, cio il sonno profondo ecc., sita nellintelletto esiste invero nellEssenza: tale il significato. stato detto ci: La veglia, il sogno e il sonno profondo sono modificazioni dellintelletto in accordo alle [loro] qualit. Lanima individuale differente da quelle in quanto presente in forma di testimone (BhP XI.13.27). A questo

VB esplica la domanda: nanu yadi prakarpa evtm tad suuptydyavasthbhedo nopapadyate, sad prakanpyd iti 127 Aniruddha scrive: yady tm jaa syt, suuptydau askitvam ajttva syt, na caivam, sukham aham asvpsam iti pratibhsant. diabdt svapnagrahaam.
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proposito [lEssere] stabilito come il testimone di quelle modificazioni dellintelletto, differente da esse, cio privo appunto delle condizioni di veglia e delle altre. Questo il senso. La condizione di veglia la trasformazione attraverso i sensi dellintelletto in forma delloggetto. La condizione di sogno una siffatta trasformazione nata esclusivamente dalle impressioni latenti. La condizione di sonno profondo di due generi per via della suddivisione in mezza latenza e completa latenza. Tra queste, nella mezza latenza non vi una trasformazione mentale in forma delloggetto, bens una modificazione dellintelletto in forma della felicit, del dolore, della confusione relative a s, altrimenti non si spiegherebbe il ricordo della felicit e quantaltro del momento di sonno profondo la cui forma Io dormii felicemente.128 Questo stato affermato da un aforisma di Vysa: Per esclusione, nello svenimento vi una mezza unione (BS III.2.10). Daltro canto nella latenza completa la generale mancanza di una qualche modificazione dellintelletto come nello stato di morte o affini, altrimenti non vi sarebbe tenuta logica del prossimo aforisma Laspetto di brahman si ha nelle condizioni di contemplazione, sonno profondo e liberazione. (SS V.16). [Se si sostiene] Quel completo sonno profondo ha laspetto di assenza di modificazioni mentali lEssere non suo testimone, poich egli testimone delle sole modificazioni mentali, altrimenti [si presenterebbe il problema che] anche le impressioni mentali e altre propriet dellintelletto diverrebbero illuminabili dal testimone. Noi sosterremo [invece] che la propriet di essere testimone del sonno profondo e delle altre [condizioni] la capacit di illuminare siffatte modificazioni dellintelletto che sono in esso stesso [= nellEssere] riflesse. Per questo motivo, lEssere non ha bisogno di una trasformazione ai fini della cognizione 129

Vedremo, soprattutto nel prossimo capitolo, come questa formula dallaspetto di ricordo, che si ha al risveglio dal sonno profondo e denominata prasadhna, indichi con esattezza quali siano stati i contenuti di suupti. Nel Vednta la si cita come sukha aham asvpsa na kicid avediam, Io dormii felicemente, non conobbi nulla. 129 Un volume da noi preso in esame, non molto attendibile, ma che tuttavia fornisce alcuni spunti originali. Secondo lautore (ACHARYA, 1985: 383-390) Vijna Bhiku, interpretando Skhyastra (SS), fornirebbe una ricetta su come differenziare sonno profondo da samdhi e moka. Egli indica che questi tre stati hanno fattori comuni: 1) brahmarpat: divenire della natura di brahman; 2) updhirahitatva: dissociazione con le aggiunte limitanti come piacere, dolore e dal corpo e dalla mente; 3) cinmayabhvatva: cio che dopo aver vagato in sogno la mente diviene conscia di s stessa, lintelletto smette di creare forme e, a causa di questa cessazione, la mente diviene una massa omogenea di coscienza, dalla quale ogni vtti e impressione sono escluse. In ogni modo, vi una grande differenza tra i tre: i primi due sono sabja, mentre la liberazione nirbja. Nel sonno profondo esistono ancora dei germi latenti di desiderio di ritornare alla condizione individuale rappresentata dalla condizione di veglia, per cui in questi due stati ci che ci riporta alla veglia assopito. VB paragona le impressioni latenti del sonno profondo ai canali circolari concentrici delle ammoniti fossili (lagrmal). Se questo vero per il sonno profondo, la cosa applicabile pure al samdhi. Nel samdhi inferiore vi sono ancora tracce dimpressioni, ma non in quello superiore, in cui non v segno di memoria. Infatti, VB puntualizza che il S non seggio di memoria e impressioni, bens sono tali gli updhi. Con la
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In ambito dottrinale il stra che pi ci interessa, anche perch capace di demarcare una linea di differenziazione tra il Skhya e lAdvaita Vednta, il gi citato III.26 (LAYEK, 1990: 52): svapnajgarbhym iva myik myikbhy nobhayor mukti puruasya// 26 //, Come attraverso il sogno e la veglia che sono rispettivamente illusorio e non illusorio, la liberazione dellEssenza non [viene] da entrambi (26). A questo proposito Aniruddha traccia uno spartiacque fondamentale, in modo molto chiaro, spostando il discorso su un tema tutto vedntico, anche se condiviso dal Skhya, ovvero verso limpossibilit di giungere alla meta ultima mediante la commistione (samuccaya) di due metodi opposti per natura, qualificazioni richieste e risultato finale, cio jna e karman. Lautore individua nellattivit della veglia un corrispettivo della natura sempre cosciente e vigile del S mentre il sogno presenta unanalogia con la limitazione dellanima individuale nella condizione legata dallazione. Egli continua sostenendo che per avere una commistione, una mescolanza feconda necessario che i due o pi enti in questione siano presenti nello stesso tempo. Cos non accade per quanto riguarda il sogno-azione e la veglia-conoscenza. Come il sogno si ha in un momento diverso dalla veglia, cos la conoscenza o il desiderio verso essa albeggia nelluomo quando la tendenza ad agire si sopisce:
myika svapna, amyiko jgara. svapnavat karma, jgaravaj jnam. tulyaklayor hi samuccaya, na tu svapnajgarayos tulyaklatvam. tasmn na jnakarmasamuccaya ... Il sogno illusorio, la veglia non illusoria. Lazione come il sogno, come la veglia la conoscenza. La commistione, infatti, si ha per due momenti uguali, ma il sogno e la veglia non hanno un tempo uguale, perci non possibile la commistione di conoscenza e azione ...

Pi elaborato, ma dello stesso stampo, il commento di VB. Egli specificamente asserisce lillusoriet del sogno rispetto alla veglia e, afferma
liberazione persino queste condizioni avventizie limitanti sono annichilite, lasciando il S nella sua condizione pi pura, ossia come Conoscenza suprema e universale. Dunque, se dal samdhi e da suupti c ritorno, ci non si pu dire per la liberazione.

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pure un minore status ontologico degli oggetti di veglia, caratterizzati da instabilit, origine e fine, rispetto allinattaccabile immutabilit di purua:
samuccayavikalpayor abhve dntam ha svapna-. yath myikmyikbhy svapnajgarapadrthbhym anyonyasahakribhvenaika pururtho na sambhavati, evam ubhayor myikmyikayor anuhitayo karmajnayo puruasya muktir api na yuktety artha. myikatva csatyatvam, asthiratvam iti yvat. tac ca svpne rthe sti. jgratpadrthas tu svpnpekay satya eva kasthapurupekayaivsthiratvensasyatvd ata svapnavilakaasnndikrya-kara. eva karmpy asthiratvt praktikryatvc ca myikam. tm tu sthiratvd akryatvc cmyika. atas tayor anuhitakarmajnayo samnaphaladttvam ayauktikam iti vilakaam eva krya yuktam ... A proposito della mancanza della [loro] commistione e alternanza [VB] presenta un esempio: svapna. Poich non possibile [realizzare] un unico fine del purua mediante una modalit di cooperazione reciproca in virt dei significati dei termini sogno e veglia che sono rispettivamente illusori e non illusori, allo stesso modo non logicamente tenibile la liberazione del purua quando vi sia una messa in pratica [commista] di entrambi, ci che illusorio e ci che non illusorio, vale a dire rispettivamente lazione e la conoscenza. Tale il senso. Allora lillusoriet menzogna, assenza di fissit e si d nelloggetto onirico. Loggetto [percepito] durante la veglia, in confronto a quello [onirico], certamente reale, [sebbene] vista la sua instabilit rispetto allEssere immutabile130 [pu delinearsi] una sua non [totale] verit, perci quello lattore di attivit [empiriche] quali il lavaggio e altre simili, che differente da [quanto accade] nel sogno. Cos anche lazione illusoria poich instabile ed un effetto [dovuto] alla Sostanza (prakti). Daltra parte il S non illusorio perch stabile e non un effetto. Per tale ragione non logicamente sostenibile il fatto che lazione e la conoscenza praticate [congiuntamente] concedano uno stesso risultato, allora solo un effetto differente sostenibile ...

Appare subito chiaro da queste poche battute come vi sia una somiglianza di fondo con il Vednta non duale della scuola Skhya, sebbene la differenza di fondo rimane. La comunanza di vedute di certo con la natura illusoria (myika)
Il concetto di khastha riferito al S riempie molte pagine di altrettanti trattati. In primo luogo ci piace ricordare la BG XV.16 in cui il purua immutabile definito come incorruttibile e indistruttibile (akara). Naturalmente, sia il Skhya sia il Vednta Advaita, sono concordi nel considerare tale tman. Ricordiamo in pi solo la Pacad di Vidyraya (XV sec.) VI.18-60.
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del sogno, anche se balza pi agli occhi la grande diversit nellinterpretazione del mondo empirico esperito in veglia, che a occhi Skhya veritiero (amyika) (LAYEK, 1990: 52). Oltre a ci resta da valutare unaltra identit di ottica con il Vednta, concetto espresso mediante il stra successivo SS III.27: itarasypi ntyantikam/, Anche dellaltro non c assoluta [non illusoriet], per il quale vale la pena di riprodurre sia la Vtti di Aniruddha, sia il commento di VB:
pratyayatvt svapnapratyayavaj jgratpratyayasypi mithytvam ity atrha itarasypi. svapnapratyayasypi ntyantika mithytvam, khapupavat. na ca svtmany api mithytvam, anyath svapna ity eva na syt. na ctyantde svapna, kintu jgradde rthe. Poich la cognizione di veglia una cognizione, come la cognizione di sogno allora vi [la sua] falsit. A questo proposito [lautore dellaforisma] dice: itarasypi. Anche la cognizione onirica non partecipa del tutto della falsit, come nel caso di un fiore [che cresce] in cielo. Nemmeno nella sua natura c falsit [totale], altrimenti [dire] un sogno non sarebbe pi possibile; neppure vi un sogno a proposito di ci che assolutamente non visto, ma di un oggetto che stato visto durante la veglia.

Ora, il SPB sposta la discussione su un altro punto di vista. Lautore afferma che proprio giacch ltman in s puro considerato ente su cui meditare (upsya), non si pu escludere che vi siano delle qualit, non del tutto vere, sovrapposte alla sua vera natura:
nanv evam apy tmopsankhyajnena saha tattvajnasya samuccayavikalpau sytm upsyasymyikatvd iti, tatrha itarasy. itarasypy upsyasya ntyantikam amyikatvam upsytmany adhyastapadrthnm api praved ity artha. [Obbiezione:] Se cos fosse, allora [si potrebbe sostenere che] insieme alla conoscenza che chiamata la meditazione sul S, ci siano la commistione e lalternanza della conoscenza dei [25] principi (tattva), per il fatto che loggetto della meditazione (upsya) non illusorio. A questo proposito [lautore dellaforisma] dice: itarasypi. Anche di un altro, ossia delloggetto della meditazione, non vi unassoluta non illusoriet, perch vi la penetrazione

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anche di enti sovrapposti sul S che loggetto della meditazione. Questo il significato.

Infine, si pu delineare unulteriore traccia comune con la veglia. Come in essa si esperiscono vari generi di cognizione a causa della mescolanza dei gua, allo stesso modo anche il sogno ha tre variet principali, come abbiamo gi visto per il sonno nei testi medici, cio ci sono sogni sttvika, rjasa e tmasa. Questi tre generi di sogni sono esperiti da individui in cui domina la stessa qualit che d il nome al sogno (TRIPH, R. N., 1987: 175).

II.5: Y OGA La scuola alleata e corrispondente (samnatantra) del Skhya lo Yoga classico, come codificato dal i Patajali (circa tra il 350-400 [EIP, 2008, vol. 12: 21]). Allinizio degli Yogastra (YS), testo principale del darana, e precisamente nella prima sezione,131 I.4132 e I.5133 si indica in cinque il numero delle modificazioni mentali (vtti) e la loro natura afflitta (klia) e non afflitta (aklia) e poi v lenunciazione vera e propria di esse menzionando i loro nomi: i mezzi di conoscenza (prama),134 lerrore percettivo (viparyaya),135 lastrazione (vikalpa),136 il sonno (nidr) e il ricordo (smti).137
Lo YS suddiviso in quattro capitoli o quarti (pada): il primo dellenstasi (samdhipada), il secondo del metodo (sdhanapada), il terzo dei poteri sovrannaturali (vibhtipada) e il quarto dellisolamento (kaivalyapada). 132 vttaya pacatayya klikli. Le cinque modificazioni mentali sono i vortici interni che la pratica yoga mira a far cessare (YS I.2: yoga cittavttinirodha). Ogni genere di modificazione ha due modi di presentarsi, come afflitta e come non afflitta. Una vtti klia una modificazione mentale che rafforza le cinque afflizioni (klea, YS II.3: avidysmitrgadvebhinive kle; YS II.3-9) ponendo degli ostacoli sulla via del praticante. Le modificazioni aklia, sono vtti che coltivate conducono alleliminazione delle afflizioni e aiutano ad arrivare al successo nella via. Lo yogin dovrebbe impegnarsi ad annullare le vtti klia con le vtti aklia, per poi estinguere (nirodha) anche queste ultime. 133 pramaviparyayavikalpanidrsmtaya. 134 YS I.7: pratyaknumngam pramni, lo Yoga riconosce tre validi mezzi di conoscenza: percezione diretta, inferenza e testimonianza autorevole. 135 YS I.8: viparyayo mithyjnam atadrpapratiham, Lerrore percettivo quella conoscenza fallace il cui fondamento in una forma che non quella [delloggetto percepito]. 136 YS I.9: abdajnnupt vastunyo vikalpa, Lastrazione si ha insieme alla conoscenza verbale ed vuota di un ente reale. Quella vtti che si ha solo nellimmaginazione che sorge da unenunciazione verbale senza alcuna corrispondenza nella realt empirica con un oggetto, si dice astrazione. Per esempi si dice aaga, corno di lepre: riusciamo a costruirci unimmagine mentale ma che non pu avere corrispettivo in un oggetto reale. 137 YS I.11: anubhtiviaysapramoa smti, Il ricordo la ritenzione di un oggetto gi esperito.
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Vediamo appunto come laforisma I.10 si occupi del sonno, che come gi pi volte detto, argomento gemello rispetto al nostro: abhvapratyaylaban vttir nidr, Il sonno la modificazione mentale il cui oggetto la cognizione di assenza. Lautore Vysa (met del IV-V sec.) del primo commento, Yogasstrabhya (YSB) agli YS, descrive brevemente alcuni tratti del sonno considerandolo un genere di conoscenza la cui causa prima il tamas, le cui caratteristiche ci riportano immediatamente a quanto abbiamo gi detto e vedremo successivamente a proposito di suupti:138
s ca saprabodhe pratyavamart pratyayaviea. katham? sukham aham asvpsam, prasanna me mana praj me viradkaroti,139 dukham aham asvpsa styna me mano bhramaty anavasthitam, gha mho ham asvpsam, guri me gtri, klnta me cittam alasa muitam iva tihatti. sa khalv aya prabuddhasya pratyavamaro na syd asati pratyaynubhave. tadrit smtaya ca tadviay na syu. tasmt pratyayavieo nidr. s ca samdhv itarapratyayavan niroddhavyeti ...140 Quello [= il sonno] una particolare cognizione per il pensiero che formula al risveglio. Come? Io dormii felicemente, la mia mente era serena, ha purificato il mio intelletto; [oppure] Io dormii malamente, la mia mente appesantita vaga instabile; [o ancora] Io, privo di coscienza dormii profondamente, le mie membra sono pesanti, la mia mente era afflitta, se ne stava pigra come svanita. Se non ci fosse stata lesperienza di una cognizione, questa riformulazione di colui che si risvegliato non ci potrebbe essere; nemmeno ci potrebbero essere memorie fondate su essa [= tale cognizione], n che hanno essa come contenuto. Per questo motivo, il sonno una particolare cognizione. Quello [= il sonno], come ogni altra cognizione nella contemplazione profonda [= enstasi, samdhi] deve essere estinta.

Corrado Pensa (1978 [1962]: 44, n. 1), nella sua traduzione del commento di Vysa, che seguiamo per fornire la nostra, indica in nota un particolare interessante. Sembra che VM, autore di un subcommento al bhya di Vysa conosciuto col titolo di Tattvavairad, sostenga che il termine pratyaya deve essere inteso nel significato di causa (kraa), che appunto il tamas dalla natura ottenebrante. 139 VM glossa viradkaroti con svacchkaroti, mentre VB, nel suo Yogavrttika (YV) scrive skmrthapratibimbodbhgrhi karoti. 140 Nel testo scoperto nel 1958 e conosciuto come Yogastrabhyavivaraa (YSBV) e attribuito a akara stesso si esprime con forza il fatto che qui nidr indica il sonno profondo: s nidr suuptvasth. nanu ca svapnvasth pi nidraiva naia doa. svapnanidrjnlabana v [I.38] iti strakrea bhedenopadiatvd iha suuptvasthaiva nidr bhipret svapnasya cittavttit svasavedyeti ...
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VM, nella sua Tattvavairad (TV) per prima cosa chiarisce il motivo della ripetizione del termine vtti che sotto esame nella sezione. Secondo lautore non vi differenza di opinioni (vipratipatti) rispetto alla natura di modificazione mentale di prama, viparyaya, vikalpa e smti, allora nei loro stra di riferimento non c necessit di reiterare (anuvda) il termine vtti. La diatriba sorge per per quanto concerne nidr, in quanto non tutti gli attenti scrutatori (parkaka) sono concordi nel valutarne la natura di modificazione mentale (vttitva). Il poligrafo glossatore continua:
jgratsvapnavttnm abhva tasya pratyaya kraa141 buddhisattvcchdaka tama, tad evlabana viayo yasy s tathokt vttir nidr. buddhisattve hi trigue yad sattvarajas abhibhya samastakaravarakam virasti tamas tad buddher viaykraparim bhvd udbhtatamomay buddhim avabudhyamna purua suupto ntasaja ity ucyate 142 Si dice sonno quella cosiddetta modificazione mentale il cui supporto (alabana), ossia il cui oggetto una cognizione (prayaya), cio la causa della mancanza delle modificazioni quali quelle relative alla veglia e al sogno che lottundimento (tamas) che ricopre la sostanza dellintelletto. Quando nella sostanza dellintelletto che ha tre qualit, il tamas che ricopre tutti i sensi, dopo aver sopraffatto il sattva e il rajas, sopravviene poi, per la mancanza della trasformazione della sostanza dellintelletto nella forma delloggetto sensoriale, il purua [= il S] assopito, che coglie la cognizione della natura di tamas che sorta, chiamato colui la cui consapevolezza interna143

Certamente per nello Yoga darana non vi chiarezza, o meglio non vi accordo tra gli autori sulla natura rappresentative o presentative del sogno. Sembra che Vysa (ad YS I.11) legga nel sogno un tipo di ricordo, mentre la TV smentisce il bhya, oppure rende pi chiaro quale sia la vera intenzione di esso.
Anche lo YV sostanzialmente dello stesso parere di VM, e in questo casa anche lui interpreta pratyaya come causa, in quanto il luogo di origine (pratisakramasthna). 142 Pressoch identico il commento Rjamrtaa (RM) del re Bhoja o Bhojadeva (XI sec.), secondo il quale il sonno una vtti della mente che non comprende lesistenza degli oggetti esterni (MISHRA, 1929: 271). Bhoja commenta definendo il sonno: jgratsvapnavttnm abhvas tasya pratyaya kraa buddhisattvcchdaka tamas tadev lambana viayo yasy s tathokt vttir nidr. buddhisattve hi trigue yad sattvarajas abhibhya samastakaravarakam virasti tamas tad buddher viaykraparimbhvd udbhtatamomay buddhim avabudhyamna purua suupto ntasaja ity ucyate. Si veda anche il capitolo I, paragrafo I.4.1 (pp. 55-56). 143 Si confronti con Mkya Upaniad 4 e 5.
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Vysa, commentando la natura del ricordo, dice espressamente:


grhyoparakta pratyayo grhyagrahaobhaykranirbhsas tajjtyaka

saskram rabhate. sa saskra svavyajak janakas144 tadkrm eva grhyagrahaobhaytmik smti janayati. tatra grahakraprv buddhi. grhykraprv smti. s ca dvay bhvitasmartavy cbhvitasmartavy ca. svapne bhvitasmartavy. jgratsamaye tv abhvitasmartavyeti La cognizione tinteggiata dalloggetto ha come apparenza la forma di entrambi, sia loggetto colto, sia la cognizione [stessa] e d inizio a unimpressione latente dello stesso genere. Quellimpressione latente che ha la stessa tinta di ci che lha generata, produce un ricordo di quella forma che connaturato sia delloggetto colto sia della cognizione. A questo punto lesperienza diretta (buddhi)145 prelude a una forma di cognizione, mentre il ricordo ha la forma delloggetto. Questultimo duplice: quello in cui ci che da rammentare immaginato [= illusorio] e quello in cui ci che da rammentare non immaginato [= reale]. Nel sogno c [il ricordo] in cui ci che da rammentare immaginato, mentre al momento della veglia c [il ricordo] in cui ci che da rammentare non immaginato

Rileggendo questi passi VM, rielabora quello che lui crede sia il vero messaggio di Vysa. Secondo lui il sogno non sarebbe da considerarsi un tipo di ricordo, anche se dal contenuto non reale, bens un vero e proprio errore percettivo (viparyaya)146 (MISHRA, U., 1929: 281):147
nanv asti smter api sapramoa. darayati hi pitrder attasya

deaklntarnubhtasynamubhtacaradeaklntarasabandha svapna ity ata ha s ca dvayti. bhvita kalpita smartavy yay s tathokt. abhvito kalpita

VM legge vyajakam come udbodhakam, che risveglia, e ajanam come phalbhimukhkaraam, che conduce verso un risultato. 145 Intendiamo qui buddhi nel senso ristretto di anubhava. 146 Per esempio si veda anche YSB ad IV.14: jnaparikalpanmtra vastu svapnaviayopama na paramrthato sti (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 79). 147 Si confronti con unaltra grande opera del poligrafo VM, il sub-commento al BSB, la Bhmat (ad II.2.29), nella quale egli afferma che tra veglia e sogno esiste un rapporto di contraddittore (bdhaka) e contraddetto (bdhya), cio il sopravvenire della veglia contraddice il sogno, il che rende la cognizione onirica illusoria (mithy). Non altres possibile che la cognizione di veglia possa essere contraddetta da quella onirica, poich chi contraddittore non pu essere eliminato da quando aveva in precedenza contraddetto. E, allo stesso modo, un ente contraddetto non pu contraddire ci da cui era stato contraddetto.
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pramrthika iti yvat. neya smti, api tu viparyaya tallakaopapannatvt. smtybhsatay tu smtir ukt prambhsam iva pramam iti bhva [Obbiezione:] ma se si dicesse che anche il ricordo unomissione. Infatti, il sogno mostra il rapporto con un altro tempo e un altro spazio di ci che non era mai stato esperito di ci che stato esperito in un altro tempo e un altro spazio come per esempio il padre defunto o altri. [Risposta:] Perci [il commentatore] dice: s ca dvay. Ci mediante il quale quanto da rammentarsi bhvita [che significa] immaginato, quello cosiddetto. Allora abhvita [significa] non immaginato, quindi reale. Questa [bhvitasmartavy = il sogno] non un ricordo, bens una percezione erronea, in quanto gli si applica la sua [= della percezione erronea] definizione. Poich appare come un ricordo detta ricordo, similmente ci che appare come un mezzo di conoscenza [anche se non lo ] detto mezzo di conoscenza. Questo il senso ...148

Anche VB nello YV interviene nella questione di cosa sintenda per bhvitasmartavy:


svapnadaranam eva hi bhvyarthascakatay stre siddha na tu jgratkln smtir iti. nanu svapne prvadatvsmarat saskramtrajanyatvbhvc ca katha smtitvam iti ced? na, aatas tadubhayarpatvasya svapnajnev api sattvt tdasya svapnasyaivtropanysd iti Nella scrittura stabilito che la visione onirica capace di informare a proposito di eventi futuri149 e non il ricordo pertinente al tempo della veglia. [Obbiezione:] [Se si dicesse che] in sogno poich non vi ricordo di quanto stato precedentemente esperito e perch vi lassenza della propriet dellessere nati dalle sole impressioni latenti, allora come pu esserci [in esso] la propriet di
148 Umesh Mishra (1929: 281-282) riferisce a proposito di una nota (ippaa) di un certo Blarma alla TV in cui si sottolinea quanto gi affermato da VM: If dream-consciousness is to be taken to be Smti, there can be no knowledge of the form of This horse runs and similar other dream, nor can there be any recognition to a man who has got up from sleep, in the form I saw a king; for such forms of cognition are not found in Smti, which, on the other hand, assumes forms, That horse, or I remembered a king, etc. Thus dream-consciousness is quite different from Smti. He further quotes a ruti Neya Smtir api tu viparyaya. [BU] In his support he says that it has been so called only because of its remembrance with Smti. Again he says iti is the very sense in which akarcrya uses the word Smti in Smtir e yatsvapnadaranam [BSB ad II.2.29] Nel suo commento in hind, la curatrice delledizione da noi usata per i testi originali dello Yoga, Vimal Karaka (1992, VOL. 1: 217-218) imbastisce il medesimo discorso. 149 Ancora lo stesso autore menzionato nella nota precedente (MISHRA, U., 1929: 307) ribadisce che il fatto che VB consideri la capacit dei sogni di veicolare informazioni su eventi futuri, la cosa implica un conseguente fondo di verit in essi.

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essere un ricordo? [Risposta:] Non cos, in quanto anche nelle cognizioni oniriche c in parte lessere della natura di entrambe quelle [= lassenza di memoria di quanto gi esperito e il non essere stati prodotti dalle impressioni latenti], ma solo siffatta parte del sogno la quale trova qui la [propria] trattazione

Ci che comunque lo Yoga considera accadere nellesperienza onirica che, sebbene non vi sia la presentazione di un oggetto esterno, lorgano mentale (citta), grazie allaiuto delle impressioni latenti (saskra), assume un certo aspetto, si ha cio una modificazione in forma di un oggetto del tutto mentale (DASGUPTA, 2005 [1930]: 272). Negli YS troviamo una sola ricorrenza della parola svapna (I.38): svapnanidrjnlabana v. Naturalmente questo stra, per avere un senso, ha bisogno di qualche aggiunta, un ritornare a presentarsi di termini gi espressi da stra precedenti (anuvtti).150 A tal cagione dallaforisma I.34 prenderemo il termine sthitinibandhin151 e da I.37 la parola cittam,152 tanto da avere una iscrizione del stra come: svapnanidrjnlabana [cittam] v [sthitinibandhin], il cui significato Oppure [la mente] il cui oggetto la conoscenza del sogno e del sonno [diviene salda]. Purtroppo il commento di Vysa non aggiunge molto allaforisma in questione, anche se sottolinea la tinteggiatura realizzativa del stra che appunto suggerisce una pratica allo yogin, quella che altrimenti conosciuta come yoganidr:153
Noto il meccanismo dellanuvtti nella grammatica piniana come spiega Varadarja (XVII sec.) nella sua vtti ad I.3.3 nel Laghusiddhntakaumud (LSK): strev ada pada strntard anuvartanya sarvatra, Il morfema che non visibile negli aforismi, deve essere in ogni caso ripreso da un altro aforisma. Nonostante ci, il principio dellanuvtti pu essere tacitamente applicato a ogni componimento aforistico. La nozione sottostante a ci quella che aleggia in tutta la letteratura dottrinale, cio che unopera ununica grande frase (mahvkya) mantenuta unita e coerente dal principio di unit o conformit di essa dallinizio alla fine, una fusione sintattica (ekavkyat). 151 Ovviamente nel stra I.34: viayavat v pravttir utpann manasa sthitinibandhin il termine sthitinibandhin al femminile perch legato a pravtti, tuttavia nellaforisma in esame deve essere trasformato al neutro sthitinibandhini. 152 Lintero aforisma recita cos: vtargaviaya v cittam. 153 In unaltra opera attribuita ancora a akara, chiamata Yogatrval (YT) due stanze (24-25) richiamano questa pratica: prataygvimartiayena pus prcnagandheu palyiteu/ prdurbhavet kcid ajyanidr prapacacint parivarjayant// 24 // vicchinnasakalpavikalpamle nieanirmlitakarmajle/ nirantarbhysanitntabhadr s jbhate yogini yoganidr// 25 //, Per via dellenorme riflessione interiore per gli uomini, quando i vecchi profumi se ne sono fuggiti, sorge un certo sonno privo dottundimento, che ben oltre il pensiero del mondo (24). Nello yogin che ha troncato la radice della volizione e dellalternativa a essa, che ha sradicato interamente la rete delle azioni, [in costui] sorge quel sonno yoghico oltremodo propizio in virt della pratica incessante (25).
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svapnajnlabana v nidrjnlabana v tadkra yogina citta sthitipada labhata iti ... Lorgano mentale dello yogin ottiene la condizione di stabilit quando ha la forma del contenuto della cognizione onirica o del contenuto della cognizione del sonno.

Una questione degna di nota che nelle Upaniad si compara spesso il sonno senza sogni allintuizione dellassoluto, in quanto in quella condizione ogni entit esterna e ogni dualit scompaiono,154 mentre nello Yoga si prendono in considerazione come oggetti su cui focalizzare la mente per concentrarla tanto il sogno, nel quale non si ha alcuna cognizione esteriore ma solo interiore, quanto il sonno, dove sia la cognizione interiore, sia quella esteriore terminano. La cessazione delle modificazioni o fluttuazioni mentali pu agevolmente essere ottenuta in quelle condizioni, in quanto la preclusione allambiente esterno e poi addirittura al sogno presuppone un numero e unintensit grandemente inferiore di vtti (CHI, 2001, [1937, 1953] VOL. 3: 64-65). VM, nella TV continua con unimmagine molto poetica nel suo solito stile elegante e cristallino, rincalzando sullimportanza del sogno nella pratica yogica:
svapnanidrjnlabana v. utkrm yad khalv iva aya svapne upetm manohar

viviktavanasaniveavartinm komalamlaakalnukribhir abhijtacandrakntamaimaym

candramaalt

agapratyagair atisurabhimlatmallikmlhri

bhagavato mahevarasya pratimm rdhayann eva prabuddha prasannamans tad tm eva svapnajnlabanbhtm anucintayatas tasya tadekkramanasas tatraiva citta sthitipada labhate. nidr ceha sttvik grahtavy, yasy prabuddhasya sukham aham asvpsam iti pratyavamaro bhavati. ekgra hi tasy mano bhavati. tvan mtrea coktam etad eva brahmavido brahmao rpam udharanti suuptvastheti. jna ca jeyarahita na akya gocarayitum iti jeyam api gocarkriyate ...

Ununica breve annotazione che nel linguaggio yoghico talvolta vsan e gandha sono sinonimi, per cui col termine profumo sintende linsieme delle impressioni. 154 Si vedano per esempio testi come BU II.1.15-17; ChU VI.8.1, VIII.3.2; PrU IV.4 o le discussioni di studiosi (RANADE, 1986 [1926]: 125; DEUSSEN, 2000 [1919]: 248-249, 297-298).

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Oppure [la mente] il cui oggetto la conoscenza del sogno e del sonno [diviene salda]. Quando quello [= lo yogin] si desta con la mente serena proprio mentre stava adorando durante il sogno unimmagine del grande glorioso Signore Mahevara, che sta in una foresta disertata [dalluomo] ed come se fosse scaturita dalla sfera lunare, dotata di membra e appendici corporee che in morbidezza seguono un filamento dello stelo del loto, forgiata dal prezioso gioiello candraknta, che indossa una ghirlanda di profumatissimi fiori di gelsomino (mlat) e mallik [= Jasminum Zambac], affascinante, allora riflettendo poi proprio su quella [immagine] che divenuta loggetto della sua cognizione onirica, quando la sua mente ha raggiunto una forma unica con quella, davvero in quel momento la sua mente attinge lo stato di stabilit. In questo caso, il sonno deve essere concepito come pervaso dalla qualit sattva, da quel [sonno] vi la rammemorazione di chi si ridestato come Io dormii felicemente. In quella condizione la sua mente si concentra su un unico punto. Allora per questo stato detto solamente ci: Questa davvero quella forma del supremo che ci illustrano i conoscitori del brahman, la condizione di sonno profondo Inoltre non possibile cogliere una conoscenza priva delloggetto da conoscere, anche loggetto di conoscenza viene reso passibile di cognizione ...

Anche il gi citato Rjamrtaa (RM) del re Bhojadeva ci offre a questo punto unanalisi simile, con il plus valore della definizione di sogno (ABEGG, 1959: 16). Quando le facolt sensoriali esterne hanno smesso di funzionare e si presenta una tendenza interna di tman esclusivamente tesa al godimento, allora si ha il fenomeno denominato svapna:
pratyastamitabhyendriyavtter manomtreaiva yatra bhokttvam tmana sa svapna. nidr prvoktalaka, tadlabana svapnlabana nidrlabana v jnam labyamna cetasa sthiti karoti ... L dove per la cessazione della funzione dei sensi esterni vi , mediante la sola mente, lesperienza del S, quello il sogno. Il sonno ha gi visto fornita la propria definizione in precedenza [YS I.10]. Fondandosi su una conoscenza il cui

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contenuto quello, cio il cui contenuto o il sogno o che ha per contenuto il sonno, [lo yogin] raggiunge la stabilit dellorgano interno ...155

Lo YSBV aggiunge qualche particolare interessante alla trattazione dello YSB:


... eva svabhva hi citta yadlabate tadkra bhavati. svapne ca abddiviayanya viaayea khalkro jnam. jnasypi svabhvo tu vabhsakat. tatrpi jnasvarpam evlabate. na tu smaryamaviayasvarpam. smaryamenpi dyate. nidrjna viegrahatmakam abhvapratyaylabana ntam anantam anubhyamncalanadharmakam. tata ca tadlabana sac citta sthitipada labhata iti yuktam. La mente ha una siffatta natura che acquisisce la forma di ci [delloggetto] su cui si supporta. Nel sogno la conoscenza priva di oggetti come il suono o altri; inoltre la natura della conoscenza la capacit di illuminare. Anche in quel caso si fonda sulla natura della conoscenza, non la natura degli oggetti che sono ricordati. [Per] per via di un oggetto che ricordato si vede [nella mente] un maltrattamento. Daltro canto la conoscenza del sonno profondo della natura della mancanza di cognizione specifica e il suo oggetto una cognizione di mancanza, [essa] pacifica e infinita e ha come caratteristica lesperienza dellimmutato. Dunque, congruo che la mente che ha un tale contenuto attinge la condizione di stabilit.

Vediamo poi che VB nello YV, prende direttamente dal commento di Vysa. Notiamo comunque che il punto di vista del vrttikakra differente da quello di VM. Egli, molto vicino a posizioni Ajtivdin e Vijnavdin, sostiene che la mente che ha per oggetto il sogno vede anche lo stato di veglia come fosse un sogno:
svapnanidrjnlabana v. svapnajna svapnarpa jna

tadlabanaka citta prapacajne svapnadimac cittam iti yvat. tath coktam drghasvapnam ima viddhi drgha v cittavibhramam/ iti. iya ca di kmadughatvdiguair
155

vci

dhenudivat

kaabhaguraviayakatvdiguair

Layek (1990: 53, 55 n. 4) aggiunge una nota sul parere dello Yogamajar che definisce il sogno: when all sorts of external sensory-function is abandoned and the mind alone acts internally that is svapna , bhyasakalavttiparitygena cetaso bhyantaravhit svapna iti yogamajar.

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jgradjne svapnadirpeti. etad api vairgyadvr cittastharyahetur ity aya. nidrjnlabana ceti. nidrrpa jnam evlabana yasya tat tath sarvajveu vismttmakeu suuptadimac cittam iti yvat. tad uktam brahmdya sthvarnta ca prasupta yasya myay/ tasya vio prasdena yadi kacit pramucyate// carcara laya iva prasuptam iha payatm/ ki m vyavahreu na virakta bhaven mana// iti //156 bhya ca sugamam. Oppure [la mente] il cui oggetto la conoscenza del sogno e del sonno [diviene salda]. La conoscenza del sogno [significa] la conoscenza che ha per forma il sogno, lorgano mentale che ha per contenuto quello, allora [questa] mente durante la cognizione del mondo [di veglia] ha [lidea di scorgere] una visione di sogno. Cos stato detto: Concepisci ci come un lungo sogno o come una lunga percezione mentale erronea. Questa visione, provvista delle qualit quali lavere come contenuto limpermanenza e altri [concetti], come la visione di una vacca nella parola che provvista delle propriet quali quelle di poter [ottenere] qualsiasi oggetto desiderato (kmadughatva), si ha nella cognizione di veglia ed conforme alla visione onirica.157 Anche questa, per mezzo del distacco causa della stabilit dellorgano mentale. Questo il significato. E [la mente] il cui oggetto la conoscenza del sonno: [la conoscenza del sonno significa] la conoscenza che ha per forma proprio il sonno, colui che la possiede, [vale a dire che] allora [questa] mente ha una visione di sonno profondo su tutte le anime individuali che hanno obliato la loro vera natura. stato detto ci: Colui per lillusione del quale assopito Brahm per primo fino agli esseri inerti, se per la grazia di quel Viu qualcuno si libera, lascia che ivi veda [luniverso] degli esseri mobili e immobili assopito come durante la distruzione. [Il resto del] commento facilmente comprensibile. A che proposito [concepire] la falsit nelle attivit empiriche, quando la mente non diviene distaccata. [Il resto del] commento facilmente comprensibile.

vero inoltre che la mente pu utilizzare un qualsivoglia evento o operazione come oggetto (YS I.39).158 Lunica entit che non pu essere
La citazione corrisponde pressappoco al Garua Pura I.224.6-7. Il senso della frase che secondo questa particolare ottica ogni oggetto percepito durante la veglia altrettanto illusorio di un oggetto onirico. Lesempio fornito a corroborare il punto di vista che cos come si scorge nella forza della parola unentit, come la vacca divina Kmadhenu, capace di soddisfare ogni aspirazione, allo stesso modo una visione alla quale ogni cosa appare transeunte come unimmagine onirica permette a chi la possiede di raggiungere ogni meta. Certamente la traduzione del sanscrito molto arzigogolato qui non cos semplice, sebbene il messaggio sia chiaro. 158 Laforisma recita cos: yathbhimatadhynd v. Il re Bhojadeva introduce il stra affermando che dal momento che le propensioni degli esseri sono molteplici, lo yogin pu raggiungere la meta
157 156

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considerata come contenuto di pratiche meditative il S, in quanto soggetto conoscitore, anche se questo suo essere soggetto non va inteso nel senso fenomenico di essere il possessore dellego, ossia chi sperimenta gli stati o coglie gli oggetti. Per questo motivo persino il Signore e altre entit divine possono divenire possibili oggetti di cognizione fenomenica, ma non il S, perch nella cognizione assoluta il S perde ogni traccia di dualit e si isola (kevalin)159 (CHI, 2001, [1937, 1953] VOL. 3: 665).

II.6: P RVA M MS Nella nostra breve carrellata dei cosiddetti sistemi filosofici siamo giunti a esaminare la posizione della scuola esegetica delle sezioni ritualistiche del Veda, baluardo dellortodossia brhmaica, la Prva o Adhvara o Karma Mms. Non nascondiamo che la Mms stessa potrebbe da sola essere il referente dellargomento trattato, viste la complessit e le innumerevoli sfaccettature che la condizione onirica presenta in questa scuola. Sar gi noto agli studiosi che una delle sezione pi complesse dello lokavrtika (V) di Kumrila Bhaa (KB, VII sec.), il Nirlabanavda (NV), potrebbe da solo essere argomento di una tesi sul sogno. Il fulcro della questione sta nelle risposte dei Mmsaka alla dottrina buddhista del nirlabana ossia che rivendica la totale mancanza da parte degli enti di un qualsiasi sostegno o fondamento, il che li rende poggiati sul nulla e pertanto anchessi vuoti di realt. Naturalmente, i Bauddha prediligono corroborare questa loro teoria mediante inferenza la quale cerca di provare linanit di ogni ente e cognizione sulla base dellanalogia con il sogno o la cognizione onirica (NV 23). Idealmente la scuola, per soddisfare il suo proposito fondante, cio il supportare il ritualismo vedico, si occupa con grande profondit e seriet di due
agognata meditando su un qualsiasi oggetto, purch lo faccia con fede e applicazione: nnrucitvt prin yasmin kasmicid vastuni yogina raddh bhavati, tasya dhynenpasiddhir iti 159 Si vedano anche altri passi degli YS come: II.18, 20, 25; III.50; IV.34. A questo proposito si esprime ancora la YT (15), dando una brillante descrizione dellisolamento del rjayoga: aeadyojjhitadmayn avasthitnm iha rjayoge/ na jgaro naiva suuptibhva na jvita no maraa vicitram // 15 //, Ivi, nella condizione di rjayoga, per [quegli yogin] che si sono stabiliti nella condizione di osservatore da cui ogni visione se n andata, [per costoro] n la veglia, neppure il sonno profondo, n tanto la vita e neanche la morte sono degne di nota.

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grandi sezioni speculative. Da una parte loggetto di studio lesegesi, mediante la quale si fornisce una metodologia interpretativa delle varie sentenze vediche (vaidikavkya), soprattutto le ingiunzioni (vidhi), col fine di comprendere, armonizzare e mettere in pratica ogni precetto vedico senza incorrere in vizi o errori. Laltra tendenza del mmsnaya fornire fondamenti dottrinali e speculativi alle sezioni ritualistiche (CHATTERJEE DATTA, 1984 [1939]: 315). In questo secondo gruppo di grande importanza sono di certo gli argomenti ontologici, metafisici ma soprattutto legati alla teoria della conoscenza, poich questo il campo su cui si dipana la diatriba dialettica con le scuole avversarie. appunto in questultimo segmento che si situa la discussione su svapna e svapnapratyaya allinterno della Mms. Ritorniamo per un momento al nostro intendimento di fondo, ovvero il tentativo di collocare il pensiero relativo al sogno in ogni darana allinterno delle due grandi parentesi che abbiamo proposto alla fine dellintroduzione, cio se il sogno assomiglia o pi una forma di ricordo o un altro genere di cognizione. Sembra che la Mms sia pi incline a incasellare il fenomeno della cognizione onirica allinterno di quellorizzonte che la considera non differente dal ricordo (smti),160 sebbene vi siano delle differenze di vedute intestine alla scuola, per esempio abara Svmin (S, circa intorno al 350-400), nel suo commento ai Jaimini o Mmsstra (MS), conosciuto come barabhya (B), sembra incline a considerare il sogno pi come un errore percettivo (viparyaya), piuttosto che un ricordo. altres dominio comune che nella scuola gi dal settimo/ottavo secolo si consumato uno scisma, che ha dato origine a due scuole gemelle,161 anche se dai contorni ben definiti e diversi, ossia i seguaci di Prabhkara (PK, fine VII sec.), i Prbhkara appunto - conosciuto anche come Guru162 - e i seguaci di Kumrila, i Bha. Nonostante le differenze di posizione
Si veda per esempio il capitolo nyavda dello lokavrtika di Kumrila Bhaa. Nelle strofe 51-52 si dice che i ricordi, sogni e simili non sono prodotti dal contatto degli oggetti con le cognizioni. Essi sono cognizioni che esistono in un momento in cui il loro oggetto, il loro contenuto non c. Nei ricordi e nei sogni le cognizioni sono dovute alle impressioni subconscie, non a oggetti esterni (57) (SINHA J. N., 1999 [1938]: 105). 161 Esiste una terza scuola di Prva Mms, il cui stendardo portato da Murri Mira (XII sec.), del quale per non si conservata integralmente nemmeno unopera. La terza scuola sarebbe differente dalle altre due, sia a sua dire sia per conferma da parte degli altri Mmsaka: murres ttya panth. 162 Un racconto che i paita tradizionali amano narrare rispetto a Kumrila e Prabhkara mette in evidenza il loro rapporto e il perch del soprannome Guru di questultimo. Tramandano che Prabhkara fosse un allievo di Kumrila. Un giorno, mentre leggevano e commentavano dei passi, il
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su molti argomenti, sembra per che sulla trattazione del sogno non vi siano diversit sostanziali (MISHRA, U., 1929: 280). Innanzitutto, anche se il bandolo della matassa sembra delinearsi intorno al stra di Jaimini (II sec. a. C.) I.1.5, abbiamo tra gli aforismi della Mms ununica menzione diretta al sogno (XI..4.50): svapnanadtarabhivaramedhyapratimantreu caivam, E cos [anche] nelle risposte ai sogni, allattraversamento di fiumi, alleccessiva pioggia, a ci che non adatto al sacrificio (amedhya). A questo proposito ci viene in aiuto il monumentale dizionario di Kevalnanda Sarasvat, il Mmskoa (MK, 1992 [1956], Jaiministravtti:
jyotiome svapnasya nidry pratimantrae tvam agne vrat asi iti mantra, nadtarae devr pa iti, abhivarae undatrojo dhatte iti, amedhyadarane abaddha caku iti. yad tu ekasy rtrau pratibuddha puna svapiti, anekasrotasasa nad tarati, satnena abhivyate, anekam amedhyam ekakla payati v tad mantrasya pratyekam vtti dau sakd v prayoga iti vicre siddhntam ha. svapnasya nadtaraasya abhivaraasya
163

VOL.

7: 4450) che cita

una sua stessa opera che commenta direttamente i stra originali, il

amedhyasya

ca

pratimantreu ca eva kayanavat mantrasya sakt prayoga.

Durante il sacrificio jyotioma nella risposta al sogno, al sonno [si usa] il mantra tvam agne vrat asi [V VIII.11.1], nellattraversare un fiume [il mantra] devr pa , quando vi pioggia eccessiva [il mantra] undatrojo dhatte , quando si ha la visione di ci che non adatto al sacrificio [il mantra] abaddha caku Quando in una stessa notte svegliatosi, dorme di nuovo, attraversa un fiume dalle

maestro si aren su un passaggio tatra tunoktam, atra apinoktam. Sebbene continuasse a scervellarsi, non riusc a risolvere il problema, cosicch fu costretto a rimandare la lezione al giorno successivo per riflettere con calma sul passaggio. La sera, mentre il maestro era al fiume a compiere i riti serali, Prabhkara and a casa di Kumrila e dopo aver reso omaggio alla gurupatni chiese di poter vedere il manoscritto del maestro e poi se ne and. Quando Kumrila torn si rimise a riflettere sul passaggio incriminato e con grande sorpresa vide una nota al margine del libro, in corrispondenza del passo non compreso: tatra tun, tuabdena uktam, atra apin apiabdena uktam, l stato detto con il tu, con la parola tu, qui stato detto con api, con la parola api. Immediatamente il passaggio fu chiaro. Egli chiese alla moglie chi avesse toccato il libro e lei rispose che per un attimo laveva guardato Prabhkara. Il giorno successivo Kumrila chiam a s il discepolo dicendogli che il suo studio era terminato e ora lui poteva fregiarsi dellappellativo di maestro, Guru. Cosicch il punto di vista di Prabhkara anche ricordato come il gurumata. 163 Si veda ancora il MK (1992 [1956], VOL. 7: 4450) alla voce svapnrtha: mantra tvam agne vratap asi iti. ktsna rtrim uddiya asau mantra prayukte. yad pratibuddha puna svapiti tad mantrasya nvtti, jyotiome. (bh. 11.4.17.50).

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molte braccia, piove con un flusso continuo, oppure vede molteplici oggetti non adatti al sacrificio in un unico momento, allora ci si chiede se luso del mantra per ognuno allinizio o una volta sola. A questo proposito [Jaimini] enuncia la dottrina: nelle risposte al sogno, allattraversamento di un fiume, alleccessiva pioggia, alla visione di ci che non adatto al sacrificio, si ha luso del mantra una volta sola, proprio come [si fa con] latto di sfregarsi [le membra].

Il passaggio in questione deve essere letto con altri stra che lo precedono (XI.4.47-49)164 e comunque non di interesse sostanziale nella nostra discussione che, come gi anticipato, si sviluppa soprattutto attorno allaforisma di Jaimini I.1.5:
autpattikas tu abdasyrthena sabandhas tasya jnam upadeo vyatireka crthe nupalabdhe tatprama bdaryaasynapekatvt. Mentre il rapporto della parola con il significato connaturato;165 listruzione il mezzo di conoscenza di quello [= del dharma] ed senza vizio riguardo a un ente che non sia percepibile, autorevole, poich anche per Bdaryaa indipendente.166

Nella discussione di questo aforisma S, citando lungamente il Vttikra, delinea brevemente quali siano i mezzi di conoscenza validi per la Mms e ne descrive la natura. Naturalmente egli prende le mosse dalla percezione diretta (pratyaka). Secondo lui si dice percezione diretta quella conoscenza che sorge in un individuo in seguito al contatto sensoriale di un ente (tatsaprayoga, V, NV 20).167 In essa intervengono tre fattori fondanti (tripui): il conoscitore
Gli aforismi precedenti sono: ekasya v guavidhir dravyaikatvt tasmt sakt prayoga syt// 47 //, Daltra parte lingiunzione della qualit di uno per via dellessere una della sostanza, perci lusa sar una volta sola (47); kayane pratyagakarmabhedt syt// 48 //, Nellatto di sfregare ogni parte del corpo a ragione della differenza dellazione (48); infine api v codanaikaklam aikakarmya syt// 49 //, Ci accade allo stesso tempo dellingiunzione ed un unico atto (49). Tutto ci esposto al fine di chiarire che vi pu essere solamente unazione in un preciso momento e non una molteplicit di esse. 165 Secondo S autpattika significa eterno, originale, naturale (svbhvika). Il termine sarebbe un derivativo secondario (taddhitnta) che alla parola utpatti, nascita, unisce il suffisso secondario (taddhitapratyaya) dhak. Questo connubio indicherebbe, come Purushottama Bilimoria (1990: 190) giustamente sottolinea originating or arising instantaneously, inseparably, or without interruption. 166 Lindipendenza data dal fatto di non fondarsi sulla percezione diretta (pratyaka) o sullinferenza (anumna). 167 La conoscenza che non partecipi di questo schema, cio il cui contenuto si altro dallinformazione pervenuta alla mente, quella deve essere considerata un errore percettivo, come accade nel caso in cui i sensi giungano in contatto con un pezzo di madreperla (ukti), ma la cognizione che si sta avendo
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(pramt), lente da conoscere (prameya) e il mezzo per congiungere i due (prama). Il discorso si fa ora davvero molto complesso. Dobbiamo considerare lambiente culturale di quellepoca tra la fine del quarto e linizio del quinto secolo della nostra era. Lorizzonte dottrinale indiano era dominato, dalla parte ortodossa da un eccessivo ritualismo, che trovava il suo fondamento filosofico in uno spiccatissimo realismo. I detrattori dellortodossia, soprattutto i neonati buddhisti Mdhyamika e Yogcra, con in testa Ngrjuna (II-III sec.) e successivamente Vasubandhu (IV-V sec.), sinsinuarono ben profondamente allinterno delle strutture di pensiero brhmaiche di allora, minandone le basi con una dialettica aggressivamente negativa, fondata sul rifiuto nel considerare reale qualsiasi ente.168 Il cruccio buddhista stabilire la dottrina della vacuit (nyat) del mondo attraverso la co-produzione condizionata (prattyasamutpda): per fare ci essi negano la realt empirica di ogni ente postulando lidentit degli oggetti di veglia con quelli onirici (V, NV 14-19).169 Si sa che i buddhisti considerano retti mezzi di conoscenza solo la percezione diretta e linferenza. Con entrambi
quella di argento (rajata). Vediamo le parole dello stesso S: tatsaprayoge puruasyendriy buddhijanma satpratyakam. yadviaya jna tenaiva saprayoga indriy. puruasya buddhijanma satpratyakaam. yad anyaviayajnam anyasaprayoge bhavati na tat pratyakam 168 Naturalmente, tutte le scuole ortodosse e in special modo Mms, Nyya e Vednta, si adoperarono a rispondere a tono alle critiche buddhiste. Sembra che comunque sia possibile, come stato fatto da illustri studiosi nel passato, un preciso iter letterario di botta e risposta tra stika e Bauddha. Lo nyavda, soprattutto il Vigrahavyvartin di Ngrjuna, si premur di confutare le composizioni aforistiche di Gautama e Bdaryaa. Con il sorgere dei commenti ai stra, in primis barabhya (B) e NyB, si risponde a tono alle critiche del Vijnavda. Dinga (480-540), nel Pramasamuccaya e nelllabanapark confuta i commenti ortodossi. A sua volta Uddyotakara e Kumrila rispondono a Dinga, che difeso dal suo pi grande discepolo e interprete Dharmakrti (530-600) nel Pramavrttika. Ovviamente anche , si frappone alle teorie di Dinga, mentre VM e Jayanta Bhaa rifiutano le posizioni di Dharmakrti (VIJAYA RANI, 1982: 13-17). 169 Nella Viatik della Vijaptimtratsiddhi spiega in primo luogo (16) come si debba trasportare lidea della cognizione diretta di veglia anche in sogno: pratyakabuddhi svapndau yath s ca yad tad , La cognizione della percezione diretta come quella [che si verifica] in un sogno (SFERRA, 2007: 357). La strofa successiva (17) recita cos: ukta yath tadbhs vijapti smaraa tata/ svapne dgviaybhva nprabuddho vagacchati//, Come stato detto, la rappresentazione mentale ha lapparenza di esso [oggetto]. La memoria dipende da essa. Chi non risvegliato non comprende il nonessere degli oggetti che vede in sogno. Lauto-commento (svavtti) dello stesso Vasubandhu spiega, da un punto di vista realizzativo, lequazione sogno-veglia. Secondo lui una persona dormiente non ha coscienza della falsit dei sogni, finch poi, risvegliatosi la comprende. Allo stesso modo un uomo sotto linfluenza delle impressioni latenti (vsan) causate da falsi vikalpa, non comprende lirrealt del mondo di fuori, finch non si risveglia a una conoscenza superiore. Questa conoscenza trascendentale la conoscenza capace di svilire lordinaria cognizione di veglia, verificandone linanit. Allora veglia e sogno sono poste sullo stesso piano: eva vitathavikalpbhysavsannidray prasupto loka svapna ivbhtam artha payann aprabuddhas tadabhva yathvan nvagacchati. yad tu tatpratipakalokottaranirvikalpajnalbht prabuddho bhavati, tad tatphalabdhauddhalaukikajnasamukhbhvd viaybhva yathvad avagacchatti samnam etat

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essi cercano di giocare la carta della confutazione delloggettivit empirica, tuttavia in questo caso che a noi interessa si affidano al mezzo logico del sillogismo inferenziale. Secondo i Vijnavdin ogni cognizione occorsa durante la veglia priva di un reale sostrato, poich una cognizione proprio come le cognizioni oniriche:170 nel sogno le cognizioni non si fondano saldamente su oggetti esterni. Nella veglia, quando si percepisce una colonna o quantaltro, anche quel fenomeno una cognizione; per analogia con lo stato di sogno allora anche la cognizione di veglia priva di conferma negli oggetti esterni, come accade per svapnvasth (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 98). A questo punto interviene S, che mentre cita un secondo Vttikra,171 puntualizza la diversit effettiva tra le cognizioni di veglia e quelle oniriche:
nanu sarva eva nirlabana svapnavat pratyaya. pratyayasya hi

nirlabanatsvabhva upalakita svapne. jgrato pi stabha iti v kuya iti v pratyaya eva bhavati. tasmt so pi nirlabana. ucyate stabha iti jgrato buddhi suparinicit katha viparyasiyatti. svapne py evam eva suparinicit st prk prabodhant, na tatra kacid viea iti cen? na, svapne viparyayadarand. aviparyayc cetarasmin. tatsmnyd itaratrpi bhaviyati iti cet? yadi pratyayatvt svapnapratyayasya mithybhva, jgratpratyayasypi tath bhavitum arhati. atha prattis tathbhvasya hetu, na akyate pratyayd ayam anya iti vaktum. anyatas tu svapnapratyayasya mithybhvo viparyayd avagata. kuta iti cet? sanidrasya manaso daurbalyn nidr mithybhvasya hetu svapndau svapnnte ca. suuptasya pratyaybhva eva. acetayann eva hi suupta ity ucyate. tasmj jgrata pratyayo na mithyeti. nanu jgrato pi karaadoa syt? yadi syd, avagamyeta. svapnadaranakle pi nvagamyata iti cet? tan na. prabuddho hy avagacchati nidrkrnta me mana sd iti

170 Layek propone (1990: 56), senza indicare la fonte, ognuna delle cinque membra (pacvayava) del sillogismo (nyyavkya) incriminato. Lipotesi (pratija) : tutte le cognizioni sono prive di oggetto corrispondente; la ragione logica (hetu) addotta : poich sono cognizioni; lesempio (udharaa) : come le cognizioni oniriche, le quali sono s cognizioni, ma senza corrispondenza con oggetti empirici; lapplicazione (upanaya) dellesempio alla situazione presentata : nello stato di veglia sorgono cognizioni di colonne, mura o altro che sono dello stesso tipo delle cognizioni oniriche; infine la conclusione (nigamana) : per cui anche questa cognizione di veglia senza corrispondenza con loggetto. Comunque sia, linferenza completa sembra essere tale: sarvo pi jgratpratyayo nirlabana pratyayatvt, svapnapratyayavat. 171 S ci d notizia di un primo Vttikra gi commentando i Mmsstra (MS I.1.1 e I.1.4) probabilmente di nome Bhavadsa, che potrebbe essere gi stato citato e confutato da Dinga (480540), per cui si situerebbe poco prima di questultimo. Il secondo Vttikra, citato nel commento ad MS I.1.5 sembra posizionabile circa una cinquantina danni prima di S, ovvero tra il 300 e il 350 (VERPOORTEN, 1987: 7-8).

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[Obbiezione:] [Se si dicesse:] Ogni cognizione invero priva di fondamento, come [la cognizione del] sogno. Nel sogno, infatti, indicato che la cognizione ha come natura lessere priva di contenuto. Si ha anche una cognizione di veglia come La colonna, Il muro, pertanto anche quella cognizione priva di fondamento. [Dubbio del siddhntin:] Si dice che la cognizione della veglia la colonna sia ben stabilita, come [dunque] pu diventare erronea? [Risposta del prvapakin:] Anche in sogno, prima del risveglio, allo stesso modo era ben stabilita; non vi alcuna differenza a questo proposito. [Risposta del siddhntin:] Non cos, poich in sogno c una visione erronea, nellaltra [= nella veglia] [invece] non c errore. [Obbiezione:] [Se dicessimo, ] per la somiglianza con quella [= con la percezione onirica, che] sar cos anche nellaltra [= nella veglia]? [Risposta:] Se per il fatto di essere una cognizione la cognizione onirica ha una natura falsa, allora pu essere lo stesso anche per la cognizione di veglia. Quindi, se la cognizione [di veglia] causa di una tale natura [= illusoria], non si pu dire Questa [= la cognizione onirica] altra dalla cognizione [di veglia]. Mentre, daltro canto, lillusoriet della cognizione onirica si capisce dal suo erroneo modo di percepire. [Dubbio:] Da che cosa [si apprende ci]? [Risposta:] Per la debolezza della mente addormentata, il sonno la causa dellillusoriet sia allinizio del sogno, sia alla fine del sogno. Per chi profondamente addormentato davvero non si presenta alcuna cognizione. Si dice Non essendo cosciente invero profondamente addormentato. Per questo motivo la cognizione di veglia non falsa. [Obbiezione:] [Se si dicesse che] ci pu essere un difetto sensoriale anche di chi veglia? [Risposta:] Se ci fosse, si capirebbe. [Obbiezione:] [Se si dicesse che] anche durante la visione onirica non si capisce? [Risposta:] [Allora risponderemmo che] ci non cos, [infatti] lindividuo non appena desto comprende La mia mente era assalita dal sonno

Ora, abbiamo visto come S (ad I.1.5) sostenga che le cognizioni oniriche non sono false perch sono cognizioni, cosa che renderebbe false anche le cognizioni di veglia,172 bens il bhyakra specifica che quando un uomo si
Espresso in termini pi tecnici i buddhisti stanno cercando di provare il probandum della falsit (mithytva) in due diversi paka, jgratpratyaya e svapnapratyaya, mediante un unico probans, pratyayatva, che effettivamente risiede in entrambi i paka. Nonostante ci, S sembra contrapporre unaltra inferenza, la quale sarebbe capace di evidenziare il fatto che una cognizione onirica illusoria poich contraddetta al risveglio, ossia ponendo come criterio (prayojaka) di falsit il probans bdhitatva: svapnapratyayo mithy bdhitatvt rajjusarpdivat. Dallaltra parte il probans bdhitatva non si riscontra nella cognizione di veglia, dove vi al contrario come criterio abdhitatva o satyatva, pur rimanendo inalterata la propriet pratyayatva. Allora nelle cognizioni oniriche il criterio definitivo di falsit nel fatto che in esse manca la propriet abdhitatvaviiapratyayatva, che per presente nelle cognizioni di veglia.
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addormenta, la sua mente diventa debole (durbala) e per questo motivo egli percepisce i sogni: per questo la mente indebolita dal sonno la causa della falsa apparizione (mithybhva) (KEITH, 1978 [1921]: 44-45). Kumrila riprende la trattazione del NV con nuovo impulso e nuova forza. In primo luogo egli presenta il punto di vista Bauddha come permeato su una visione ontologica legata a due ranghi di realt: la verit apparente (savtisatya) e la verit assoluta (paramrthasatya).173 Sar facile paragonare ci con gli Advaitin, che per riconoscono un terzo genere di realt, cio quella fenomenica del mondo empirico. I buddhisti sostengono limpermanenza (kaabhaguravda) di ogni ente, per cui non sentono la necessit di postulare lesistenza di una realt vyvahrika, considerando che quanto lo veramente ed reale, mentre quanto non c, non ha alcun tipo di permanenza ed irreale (NV 10).174 La negazione della realt degli oggetti esterni (bhyrthpahnava) degli Yogcra, comunque riconducibile ai due prama utilizzati dai buddhisti: pratyaka e anumna. Uno, appunto, si fonda sullesame delloggetto stesso (prameya), laltro si fonda su una discussione rispetto ai mezzi di conoscenza (NV 17).175 Nel nostro caso per, KB avverte che il primo metodo sar messo da parte e ci si concentrer sul secondo (NV 18a).176 Anche il secondo metodo conosce due variet, ossia una per inferenza e laltra lesame dellapplicabilit della percezione sensoriale. Nella fattispecie il tentativo fatto mediante inferenza (NV 18b-19).177 La percezione detta essere quella cognizione che nasce dal contatto (saprayoga) dei sensi con i loro oggetti, per essa non assolutamente reale (na paramrthata); lo stesso genere di contatto
Si vedano a questo proposito le Mdhyamikakrik (MK) di Ngrjuna (XXIV.8): dve satye samupritya buddhn dharmadean/ lokasavtisatya ca satya ca paramrthata. 174 Lautore del Vrtika pone alcuni distinguo sulle due scuole Mahyaa: tatrrthanyavijna yogcr samrit/ tasypy abhvam icchanti ye mdhyamikavdina// 14 // tatra bhyrthanyatva tulya dvayor api/ nivttysya tato jne tadvat savtikalpan// 15 // tasmt sdhraatvena tanmlatvena cpy ayam/ bhyrthasadasadbhve yatno bhyakt kta// 16 // Ivi gli Yogcra sono fondati sulla cognizione vuota di contenuto, mentre quelli che sono i Mdhyamika sostengono lassenza anche di quella (14). Tra questi, per entrambi identica la vacuit degli oggetti esterni, poich con la negazione di quella allo stesso modo si ha lidea di falsit nella cognizione (15). Per tale ragione per questa comunanza e anche per il fatto di essere radicati su quella [negazione], il commentatore ha compiuto un sforzo a proposito della realt o irrealt degli oggetti esterni (16). 175 La strofa 17 recita cos: bhyrthpahnave dvaidham eko rthasya parkat/ pramam rita caikas tatrst ya prameyata// Il secondo argomento sembra quello utilizzato da Vasubandhu nelle strofe 11-15 della sua Viatik, interna alla Vijaptimtratsiddhi (VMS). 176 NV 18a: pramasthas tu mlatvd ihedn parkyate/ 177 La duplice azione del secondo metodo cos spiegata: prastuta sa dvidh ctra prathama tv anumnata// 18 // pratyakabdhane cokte pact tacchaktyavekat/ tatrnumnam heda nanv iti asya ca sagati// 19 // Il metodo dellinferenza senza dubbio quello dei logici Dinga prima e Dharmakrti poi.
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immaginario si ha pure nelle cognizioni oniriche. Per questa ragione non vi uneffettiva e plausibile differenziazione tra una percezione di veglia e una cognizione occorsa in sogno (20-21).178 I buddhisti iniziano il loro percorso demolitore appunto con uninferenza (NV 23):
stabhdipratyayo mithy pratyayatvt tath hi ya/ pratyaya sa m da svapndipratyayo yath// La cognizione di una colonna o altro falsa, poich una cognizione; cos, infatti, qualsiasi sia la cognizione, questa vista essere falsa, come la cognizione onirica o altre [simili].

Abbiamo qui uninferenza con le sue varie parti: il paka stabhdipratyaya, in cui la colonna fa le veci di un qualsiasi oggetto di veglia; la falsit (mithytva) di questi enti il probandum (sdhya); la propriet di essere una cognizione (pratyayatva) presentata come ragione logica, probans (hetu); poi viene mostrata la concomitanza invariabile positiva (anvayavypti) tra lhetu, pratyayatva e il sdhya, mithytva; per finire con lesempio (dnta), in questo caso unistanza positiva, cio una circostanza in cui il probandum gi stato stabilito definitivamente (sapaka): la cognizione onirica. Evidentemente, i Vijnavdin postulano la falsit di ogni genere di cognizione grazie allinferenza sarvapratyayo nirlabana pratyayatvt svapnapratyayavat, altrimenti non si spiegherebbe lutilizzo del suddetto probans.179 Comunque sia, dal punto di vista di KB siamo di fronte a vari errori logici, tra i quali la natura deviata (vyabhicra) del probans, ossia quel pseudo-probans in cui non vi una reale concomitanza invariabile tra lo hetu e il sdhya, in quanto essa ha dei casi in cui non mostra congruit (TABER, 1994: 28).180
NV 20-21: tatsaprayogaja nma pratyakam iti bhitam/ tatrendriyrthasabandhabhedo na paramrthata// 20 // kalpita saprayogas tu svapndv api vidyate/ tadatadyogajanyasya vibhgas tena durlabha// 21 // 179 Si vedano anche gli argomenti addotti da Uddyotakara contro il buddhismo idealista nel subcommento al NySB ad IV.2.31-33. 180 Sappiamo dellesistenza di tre tipi di savyabhicri o anaikntika hetvbhsa: troppo esteso (sdhraa), troppo ristretto (asdhraa) e inconclusivo (anupasahr). Quello di cui stiamo parlando sembra il primo tipo, ossia sdhraa, la cui definizione sdhybhvavadvtti sdhrao naikntika (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 44-45): [Si dice] deviante troppo esteso [quel probans] che risiede anche l dove il probandum non presente. Caratteristica (rpa) propria della valida ragione logica (saddhetu) risiedere l dove sta il probandum, in quanto in essi vige un rapporto di vypya-vypaka, cio lo hetu
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Oltre a ci vi sono altri difetti della stessa inferenza. Linferenza predica ogni genere di cognizione priva di contenuto e fondamento. KB, nei panni dellobbiettore, introduce la discussione seguente dicendo che se nellinferenza usata nel commento di S la parola sarva rende paka anche le cognizioni oniriche, allora come si pu proporre come paka stabhdi (NV 24-25).181 In questinferenza vi in una parte lerrore di provare quanto gi stato provato (siddhasdhana), dacch anche i seguaci della Mms considerano prive di fondamento le immagini delle cognizioni oniriche, che sono incluse nel paka. Non si pu considerare un esempio corretto (dnta) nemmeno il composto svapnapratyaya, in quanto lesempio deve di necessit essere differente dal paka, per, come abbiamo test visto, svapnapratyaya fa parte del paka sarvapratyaya. Un terzo difetto (doa) linutilit (vyartha) dellavverbio eva, poich considerando allinterno del paka le cognizioni oniriche, esse non sono pi da considerarsi terreno comune e argomento condiviso da entrambi i contendenti (ubhayavdisiddha). KB continua cercando di vanificare ogni sforzo buddhista. Nellinferenza proposta sarvapratyaya da consideranti il soggetto, il paka cio il qualificandum (vieya); il termine nirlaba, il sdhya, funge invece da aggettivo, da qualificans (vieaa) (TABER, 1994: 31-32). Vediamo ora cosa dice KB (NV 35):
agrhyatvc ca bhedena vieaavieyayo/ aprasiddhobhayatva v vcyam anyatarasya v// Poich il qualificante e il qualificato per la [loro] differenza non possono essere colti, deve essere espresso il mancato stabilimento di entrambi o di uno dei due.

In questo caso, sarvapratyaya e nirlaba devono essere entit da comprovarsi mediante una certa nozione e quella stessa, partecipando della natura di pratyaya, sar priva di fondamento. Allora com possibile cercare di stabilire il paka o il sdhya stesso sulla base di cognizioni prive di fondamento? I buddhisti cadono qui nella loro stessa trappola, in quanto tre sono i possibili
pervaso (vypya) dal pervasore sdhya, che deve risiedere in un numero maggiore di luoghi rispetto allo hetu. 181 siddhasdhanabhve dntbhva eva ca/ m bhtm evaabda ca vyartho eaprasadhne// sarva eveti tentra jgradbuddhiparigraha/ svbhyupagamc cpi bhyagrhyanivraam//

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difetti: il mancato stabilimento del paka (paksiddhi), il mancato stabilimento del probandum (sdhyprasiddhi) o il mancato stabilimento di entrambi (etadubhayprasiddhi). Ci darebbe origine allimpossibilit da parte di un enunciatore (vakt) o di un uditore (rot) di comprendere il contenuto delle cognizioni del qualificante e del qualificato, con una conseguente negazione della realt di entrambi. Per questo largomento che equipara le cognizioni di veglia e di sogno cade da s.182 In ogni modo, senza continuare una discussione troppo tecnica e complicata che ci condurrebbe ben oltre i limiti del nostro lavoro,183 limportante comprendere che KB confuta ogni tentativo dei Vijnavadin di proporre lequazione sogno-veglia, come vedremo far anche akara (BSB II.2.29). Unultima sferzata KB la sferra (NV 79-80) col proporre un altro contro argomento (pratihetu) capace di vanificare (satpratipaka) quello presentato nellinferenza buddhista:
ittha sarveu pakeu vaktavya pratisdhanam/ bhyrthlaban buddhir iti samyak ca dhr iyam// 79 // bdhakpetabuddhitvd yath svapndibdhadh/ spi mithyeti ced bryt svapndnm abdhant// 80 // Cos, una contro-ragione deve essere enunciata in tutti i soggetti inferenziali: la cognizione che ha per contenuto un oggetto esterno, quella una cognizione valida (79), poich una cognizione da cui stato eliminata ogni contraddizione. Proprio come la cognizione [che si ha al risveglio]184 della contraddizione del sogno o quantaltro (80).

Ci vale a dire che ogni cognizione ha come parte del suo contenuto la nozione delloggetto esterno. Risulta chiaro, dunque, che KB riduce a uno

Queste considerazioni sono contenute in NV 36-37: vaktrotro ca yaj jna vieaavieyayo/ tannirlabanatvena svavgbodho dvayor api// 36 // sabhavo na ca bhedasya vieaavieyayo/ tasmn nirpaa nsti pratijrthasya obhanam// 37 // 183 Si consultino per completare pi precisamente il quadro dialettico tra Mmsaka e Yogcra J. N. Sinha (1999 [1938]: 117-124, 153, 160-161) e Vijaya Rani (1982: 179-181). 184 Seguiamo per la traduzione Prthasrathi Mira (PSM, IX sec.) nel suo commento Nyyaratnkara (NyRK): svapndn y bdhik dhr jgraddhs tadvad iti.
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pseudo-probans lo hetu usato dai Bauddha presentando di fronte a esso un altro hetu non viziato da difetti (asatpratipaka) (TABER, 1994: 41-42).185 Unultima considerazione indicativa dellatteggiamento dei Bha nei confronti della conoscenza sorta in sogno ci viene dal sub-commento di Prthasrathintha Mira (PSM, IX sec.) allo V, intitolato Nyyaratnkara (NyRK). KB, in NV 108-109a scrive:
sarvatrlabana bhya deaklnyathtmakam/ janmany ekatra bhinne v tath klntare pi v// 108 // taddeo vnyadeo v svapnajnasya gocara/ altacakre lta syc chghrabhramasasktam// 109 // In ogni caso il fondamento un oggetto esterno, [anche se] la sua sostanza si dispiega in altro luogo e tempo. In questa stessa nascita, o in unaltra, oppure in un altro momento (108), questo luogo oppure un altro luogo oggetto della cognizione onirica (109a) ...

PSM commenta cos le strofe (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 310):
anantaradivasnubhtasya svapne varttamnavad avagamt smtir eva tvat svapnajnam iti niciyate, anyatrpi smtitvam eva yuktam, tata csmin janmani ananubhtasypi svapne dyamnasya janmntardv anubhava kalpyata iti ... Poich in sogno la percezione di ci che stato esperito un altro giorno come se fosse presente, la cognizione onirica allora un ricordo invero: cos si accerta; anche altrove [il suo] essere ricordo davvero plausibile, inoltre anche per ci che non stato esperito in questa nascita, ma che visto in sogno, se ne immagina lesperienza in unaltra nascita, o altrove ...

Oltre al commento allo V, PSM scrive unopera fondamentale del pensiero della scuola dei Bha, la stradpik (D), che fu in seguito variamente commentata. Lopera un commento indipendente che cerca di gettare luce sullo
185 Lo asatpratipakatva una delle cinque caratteristiche (pacarpa) che un valido probans deve soddisfare. Tecnicamente, quando la caratteristica non soddisfatta ci si trova di fronte a un satpratipaka hetvbhsa: yasya sdhybhvasdhaka hetvantara vidyate sa satpratipaka, [Si dice] controbattuto quel [probans] di cui esiste un altro probans che stabilisce la mancanza del probandum [relativo al primo probans]. (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 46).

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V. Sempre commentando il MS I.1.5 (JHA, D. D. [ED.], 1988: 58) PSM espone il suo punto di vista (JHA, G. N., 1978 [1911]: 31-32; BHATT, 1962: 95-96):
katha tarhi svapne, tatrpi bhyam eva deaklntaragatam bhrnty

adodbodhitasaskravat

smaryama

nidrditamanaskatay

sanihitadeaklam iva manyate. vispaa caitad anantaradivasnubhtasya svapne vartamnvabhsadarant, anyatrpi svapne tathgkartu yuktam. irachedo py anyatrvagata svasabandhitay doavad avagamyate. sarvatra sasargamtram asad evbhsate. sasargias tu santa eva. seya vipartakhytir ucyate mmsaka. asatkhytivdinas tu sasargio py apalapantti viea. uktirajatavedane pi vidyamnaiva rajatatvajtir vidyamnasyaiva uktikakalasyntmabhtaivtmatayvagamyate, tath vandhysutdiv api vidyamna eva sutaabdrtho vandynvitayatay tatpadasanidhidod avagamyate Come accade allora nel sogno? Anche l [= nel sogno] proprio loggetto esterno, relativo a un altro luogo e tempo, che ricordato in virt delle impressioni latenti risvegliate dalla forza invisibile, per via dellillusione della mente che viziata dal sonno, ritenuto come fosse in un luogo e in un tempo vicini. Oltremodo chiaro che nel sogno vi la visione di unapparizione nel presente di ci che stato esperito il giorno precedente. lecito accettare ci anche altrove, oltre che nel sogno. [Per esempio], anche la decapitazione esperita altrove, a causa di un difetto [= il sogno], viene colta come fosse connessa a s stessi. Ovunque la sola relazione appare davvero irreale, mentre gli enti correlati sono veri. I seguaci della Mms chiamano questa vipartakhyti. I sostenitori della asatkhyti186 negano persino [lesistenza de-] gli enti correlati: questa la differenza [con i Mmsaka]. Pur essendo presente luniversale (jti) dellessere argento (rajatatva) nella cognizione dellargento [apparente] sulla madreperla [vera], il frammento di madreperla, che pure davvero presente e non interno alla coscienza, concepito come fosse forma di coscienza. Allo stesso modo accade anche nei casi come il figlio di una madre sterile o altri,187 in cui il significato della parola figlio esistente, poich costruito con [il termine] sterile per il difetto della vicinanza a quel termine viene recepito [come irreale]

Vedremo nel prossimo capitolo che si tratta degli nyavdin. Si tratta di quella categoria di idee del tutto inesistenti conosciute mediante aggettivi come tuccha, alka, atyanta asat o vikalpa, dei quali fanno parte il figlio di una madre sterile (vandhyputra), il latte di tartaruga (krmakra), il corno di lepre (aaga), il fiore che cresce in cielo (khapupa) e altri ancora.
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Siamo ora giunti alla brevissima trattazione dellaltro grande braccio della Prva Mms, ossia il Gurumata.188 Anche secondo Prabhkara (PK) i sogni sono per lo pi delle memorie di eventi o oggetti gi passati. In questo PK non differisce da KB, anche se egli introduce un fattore suo proprio, che rivedremo poi nella trattazione della sua teoria dellerrore, lakhyti. Lelemento novello definito come oscuramento di memoria (smtipramoa). Egli sostiene che le cognizioni oniriche sono effettivamente riproduzioni di eventi sperimentati durante la veglia, per proprio grazie al lapsus di memoria appaiono alla coscienza come fossero esperienze dirette. Smtipramoa, essendo letteralmente un furto di memoria, causa loblio del carattere rappresentativo dei ricordi, facendo s che le immagini mnemoniche presentate alla coscienza vengano recepite come percezioni (JHA, G. N., 1978 [1911]: 31). Insomma, anche se le cognizioni oniriche sono di natura rappresentativa analoga alla memoria, per via del lapsus, appaiono come vere e proprie presentazioni novelle (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 310-311, cfr. 312-313). Detto questo ci sembra opportuno riportare brevemente la diatriba dialettica tra Yogcra e Prbhkara sugli stessi argomenti gi trattati. In questa sede per, PK sembra leggere la cognizione onirica pi vicina allerrore percettivo, piuttosto che al ricordo, anche se non va dimenticata la peculiarit dellakhyti prabhkariana, ossia che nessuna cognizione in verit erronea. Il punto di partenza sempre lo stesso: ogni cognizione vuota del proprio contenuto, proprio come le cognizioni oniriche.189 A questo PK ribatte che una percezione diretta, per essere tale necessita di un oggetto reale e di una facolt percettiva che lo colga, facendo scaturire cos una cognizione. Come si
Purtroppo, in un primo momento, non siamo riusciti a reperire la Bhat di Prabhkara, poi, quando reperita non c pi stato il tempo per vagliarla con le dovute cautele, in quanto il testo, come ogni altra opera della Mms presenta grandi difficolt. Ci limitiamo a descrivere in generale, con le fonti secondarie a nostra disposizione, il punto di vista prabhkariano. Un altro testo che non siamo riusciti a consultare la Prakaraapacik (PrPa) di likantha Mira (M, tra 800 e il 950), fedele discepolo e interprete di Prabhkara, nelleditio princeps della Benares Hindu University. Un valido sostituto, anche se pi unopera antologica della PrPa quella curata da K. T. Pandurangi (2004), pubblicata per i tipi dellIndian Council of Philosophical Research di Delhi. L dove proponiamo i testi grazie al progetto GRETIL (Gttingen Register of Electronic Texts in Indian Languages) delluniversit di Gttingen e alle note delle fonti secondarie consultate. 189 Il testo della Bhat lo mutuiamo dalle note di Layek (1990: 64, n. 1), sebbene spesso gravemente scorretto: nanu sarva eva nirlabana svapnavat pratyaya, kutas tatsaprayuktatvam atatsaprayuktatvam v, yena vieea pratyakpratyakayor viea upalabhyate?
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pu allora sostenere lassenza di fondamento di tutte le cognizioni? Il buddhista ribatte che proprio grazie allanalisi di svapnajna che si pu giungere alla suddetta conclusione.190 Tuttavia, dice il Guru, questo non pu essere il caso delle percezioni illusorie poich ivi sinserisce una cognizione sorta dal ricordo (smtijna): la brillantezza di una madreperla di fronte agli occhi fa sorgere il ricordo dellargento che possiede un luccichio simile.191 Nel caso della cognizione onirica non sorge un ricordo relativo ad altri oggetti che siano esterni. Accade, solitamente, che la somiglianza di un oggetto ci fa ricordare un altro oggetto che possiede delle qualit analoghe. Ci pu accadere solo durante la veglia e non nel sogno, dove non c un vero e proprio oggetto, per questo motivo bisogna accettare che la conoscenza onirica modellata sulle impressioni latenti.192 Una causa ha come unico scopo la produzione di effetti, non di distruggerli. Senza leffettiva esistenza del mondo esterno non si pu verificare se in una conoscenza onirica appaiono degli oggetti esistenti anche allesterno, per questo non scorretto considerare la causa dellalbeggiare di una cognizione onirica un certo oggetto, anche se indirettamente.193 Per questo si pu spingersi persino ad affermare che una nozione non prodotta da unimpressione latente (vsan), ma dal contatto dei sensi con loggetto.194 Prabhkara continua sostenendo che anche una cognizione erronea ha bisogno di una causa per sorgere e nella fattispecie vymoha, una confusione mentale, unincertezza causa le impressioni mentali relative al mondo empirico, le quali, a loro volta, possono dare origine a una falsa cognizione (mithypratyaya).195 possibile che i sogni siano anche causati o da pensieri specifici (cint) o ancora dalla forza invisibile (ada). La derivazione da questultima testimoniata
katha puna sarva eva nirlabana pratyaya? pratyakasya hi nirlabanat svabhva upalakita svapne (IBID.: n. 2). 191 uktiky yad bhsvararpa caku paricchinna tad rajatasmter udbhodakam iti upapadyeta(IBID.: n. 4). 192 svapndiu puna kasyacid agrahad arthntare smtyudbhodaparihra, sadadarant sade rthntare smter udbhoda, svapne puna kasyacid agrahad itu uktam, tasmd vannidandhanam eva ida jnajlam iti pratipadymahe (IBID.: n. 5-7). 193 ucyate kryasiddhyartha hi kraa kalpyate, na puna kryavinaya, svapndiu ca bahir avabhs savit, s ca bhyam artham antarea na sabhavati, yena ca vin yad na sabhavati, tat tasya kraam, tasmd artha eva kraam iti yukta kalpayitum (IBID.: n. 10-13). 194 nirlabanat tu na eva savedyate pratyakvabodhena, tasmd akaja jnam, na vsannimittam ity uktam. nanu ca pratibuddhasya svapnopalabdha mithy (IBID.: n. 14-15). 195 nanu ca akraasya mithypratyayasya utpdo na ghaate, tad anuguye hi mithyjnat eva na syt, tasmd vymohahetavo mithypratyay vymohni bandhan ca ssrikyo vsan. ato vsan nibandhanam eva ida jnajlam udita tattvavidbhi (IBID.: 65, n. 17, 19-20).
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dallesperienza che talvolta si ha in sogno di eventi che procurano piacere o dolore. Per questo si pu concludere che la cognizione onirica prodotta da ada causata da un certo genere di pensieri (kiciccinthetuka) ed da consideransi alla stregua della conoscenza della madreperla che si pu avere al risveglio.196 in definitiva smtipramoa a determinare la falsit nel sogno: nel sonno, quando i sensi che non funzionano, la mente sopraffatta dalloblio che genera la falsit del sogno (LAYEK, 1990: 57-59).197 Il seguace di Prabhkara likantha Mira (M, tra l800 e il 950), invece, nella sua Prakaraapacik dice che la cognizione onirica dovuta al risveglio delle impressioni latenti per via della forza invisibile (ada), quando un individuo dorme. Questa forza invisibile altres la causa della felicit o della pena che il sognatore esperisce nel sogno. Se nel sogno il sognatore gode di piaceri allora significa che le impressioni risvegliate sono mosse dalla parte meritoria (dharma) della sua forza invisibile. Al contrario le pene oniriche, proposte da impressioni che risvegliano dolore, sono originate dalle colpe (adharma) del sognatore (MISHRA, U., 1929: 292). Nel terzo capitolo dellopera troviamo unesposizione della teoria dellerrore propria dei Prbhkara, lakhyti, con vari accenni al sogno. Certamente anche la cognizione onirica non fa differenza dalle altre cognizioni, ossia valida (yathrtha) (III.1): yathrtha sarvam eveha vijnam. Vediamo in specifico alcune considerazioni sul sogno, la relazione con lakhyti e la differenza con la vipartakhyti di KB (III.44-47):
eva svapne pi vastni smaryamni santy api/ anubhtamoea bhsante ghyamavat// 44 // grahaasya vieo hi ghtagrahaa smti/ s ghtamoea ghtir iva tihati// 45 // saskrodbodhahetu ca tatrda prakalpyate/ vipartakhytipake py e tuly hi kalpan// 46 // Cos anche in sogno gli enti che pur sono ricordati, per loffuscamento della parte direttamente esperita appaiono come fossero percepiti (44). Infatti, la differenza dalla percezione diretta che il ricordo una cognizione di ci che gi stato colto, per quel [ricordo] se ne sta come cosse una percezione diretta,

svapndau api hi cintddisabhavt, svapne pi sukhadukham anubhyate, sukhadukhahetu ca adam, ato dahetukam eva svapndijna kicid cintdihetukam iti upapanna uktydijnatulyatva svapndijnasya (IBID.: n. 22-23). 197 anyato hi svapnapratyayasya mithybhva iti pramoanimitta darayati(IBID.: n. 24).
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per via delloffuscamento della parte gi esperita (45). A questo proposito, come causa del risveglio delle impressioni latenti postulata la forza invisibile. Anche dal punto di vista della vipartakhyti vi lo stesso postulato (46).

Come ogni altra cognizione, anche le cognizioni oniriche sono veritiere e sono della natura del ricordo. Non possibile sognare qualcosa che non sia stato esperito in precedenza, anche se tale fatto non realizzato nel sogno stesso. questo il motivo per cui il sognatore ritiene di percepire per la prima volta quanto sta sperimentando in sogno, anche se le cognizioni avute in sogno non sono altro che ricordi scaturiti anchessi dal sorgere delle impressioni latenti (vsan) stimolate dallada. Una cosa degna di nota che se le cognizioni oniriche convogliano la visione di oggetti che erano stati colti correttamente in precedenza, anchesse devono partecipare della stessa natura di validit (yathrthya) (PANDURANGI, K. T., 2004: 40-41).198 Vorremo, infine, concludere con un argomento caro ai buddhisti, ma ripreso pi volte anche dai baluardi dellortodossia, come Maana Mira (MaMi VIII sec.) e VM (Bhmat ad BSB III.2.1-2) per confutarlo. Si tratta del sogno veritiero (satyasvapna), ossia un tipo di sogni che inevitabilmente risponde a verit una volta che il sognatore si sveglia. Vediamo ora come si sviluppa la questione del sogno in un passaggio del Vidhiviveka (ViVi) opera di MaMi:
adhigatasvtantya ca mana svapne. na ca svapnajna smti. atadrpatvt. naitat sram. tath hi arthpek mudh tulyam anykrapraveanam/ dehino vartamnbh svapne spa pi hi smti//199 cakurdayas tvad vrttamnam eva uktikakaldyartha darayanti, tadapekat. anyath vaiphalyt tatsannidhe tadasannidhv api rajatavedanaprpte. rajatatvabhsana yadi na uktiviaya vartamnbhsanam api tarhi n vartamnagocaram. doatas tathtvam itarasypi tulyam. vartamne c vartamn vabhso n vartamne vartamn vabhsa. arthasannidhe sphalyt. neda rajatam iti ca prasaktasya pratiedhopapatte.

Relativamente al dibattito con gli Yogcra, M, nell PrPa sostiene che essi argomentano erroneamente che in sogno sono manifeste delle semplici idee, anzi c da dire che in sogno le cognizioni colgono immagini di oggetti esterni gi percepiti: tatrpi bahiravabhsatvt savida I sogni sono della natura di ricordi rivitalizzati dal risveglio delle vsan lasciate dalla precedente percezione degli oggetti empirici. Per questo le cognizioni oniriche colgono oggetti esterni percepiti precedentemente e ricordati durante il sonno. Smtipramoa lunico a cui addebitare il fatto che i ricordi onirici siano scambiati per percezioni (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 166). 199 VM nella Nyyakaik (NyKa) presenta la stessa strofa ma con un secondo emistichio ben differente: doato varttamntva svapne spa api hi smti//
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taimirikasya keorbha jnam lokev iti nrthpeko vyabhicra. svapne pi ki smter vartamn vabhsatvam, uta manasa svtantryam iti? smter vartamn vabhsat yukt. anantaradivasnubhtasyvikalnadhikasya vispaasmte vartamnavad vedand doopaplavena. na tv ada manasa svtantryam. doata ca smarthy tireko, doasya tadapanayanahetutvt. satyasvapnadarana tu yadi vartamnasya tathgrahat tad adam. prabodhe svapnkhynrthasavdadarand dam iti cet? na. khynasavdbhvt. khynasavdas tu kkatlya. bhaviyatas tu vartamnavad darana katha satyam? m bht satyam. asti tvat svtantrya manasa. tad api tadvividhasy nubhtasya smaraam. itarath manaso dasmarthyasya kalpyatvt. dharmaviea ced yathrthadaranaprasagt. tasya krya praty adasmarthyasya kalpyatvt. yadi ca na smti svapnajna prama tarhi na pramam api. bahis tath grhyasy bhvt. na tarhi bahirarthe svatantra mana. svapne tasygrhyatvt. grhyatve v nubhtasya grahaa, tath datvt. na doato dasmarthy tirekakalpanety ubhayath na svatantra bahir mana ... [Obbiezione:] In sogno la mente acquisisce lindipendenza [dai sensi]. La cognizione onirica non un ricordo, poich non ha la medesima conformazione. [Risposta:] Ci non vero, infatti: Inutile il bisogno di un oggetto, lo stesso [dicasi] per la cognizione di unaltra forma; [sebbene] nel sogno lapparizione di un essere corporeo sia chiara, quella un ricordo. In quel momento gli occhi e gli altri [sensi] mostrano gli oggetti, ossia il frammento di madreperla o altri, come fossero presenti, poich hanno bisogno di essi altrimenti la vicinanza di quella [= della madreperla] sarebbe inutile,200 ma, per la sua mancanza di prossimit, si giunge alla cognizione dellargento. Se per lapparizione dellargento non ha come contenuto la madreperla, allora anche lapparizione di ci che presente non potrebbe avere come oggetto ci che presente non . Per difetto, tale caratteristica la stessa anche per laltro [cio]: in ci che presente appare ci che non presente e in ci che non presente appare ci che presente. Daltra parte quando si arriva in prossimit delloggetto si ha successo, giacch la negazione di quanto sotto esame come Questo non argento! diviene plausibile. Di contro, la devianza [dalla valida percezione] non ha bisogno di un oggetto [effettivo] per chi ha una vista indebolita dalla malattia, [infatti, costui ha] una cognizione in cui appare quel difetto che fa scorgere, in parti che sono ben illuminate, qualcosa di simile a un ciuffo di capelli (keorbha). [Dubbio:] Forse anche in sogno il ricordo ha la propriet di far apparire ci che presente

Interpretiamo i passi sulla base della NyKa, che in questo caso riporta: uktikdyapekat. anyath tanapekae vaiphalyt tasanidhe uktisanidhnasya
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oppure si ha lindipendenza della mente [dai sensi]? [Risposta:] Leffettiva propriet di far apparire del ricordo congrua, poich, per la sparizione dei difetti, come se fosse presente un ricordo alquanto chiaro che non n pi n meno di quanto stato esperito il giorno precedente. Mentre, la forza invisibile non lindipendenza della mente [nei confronti degli oggetti esterni]. Per difetto, si ha una sovrabbondanza di capacit, dacch a causarne leliminazione il difetto. satyasvapnadarana tu yadi vartamnasya tathgrahat tad adam Daltro canto, se si vedesse un sogno veritiero,201 per una percezione tale di qualcosa di effettivamente presente, allora quella [visione] sarebbe [sarebbe da imputarsi al-] la forza invisibile. [Domanda:] Ma [se si dicesse che] quanto si vede al risveglio avviene per via della visione corrispondente con il racconto del sogno. [Risposta:] No, poich non vi corrispondenza con il racconto del sogno. La corrispondenza con il racconto accidentale. Ma, come pu essere vera la visione di qualcosa di futuro come fosse presente. [Domanda:] Che pure sia [ammessa] non essere verit, siccome in quella circostanza la mente indipendente. [Risposta:] [No poich] anche quello un ricordo della molteplicit di ci che stato esperito, altrimenti si dovrebbe postulare una capacit della mente verso ci che non visibile. Se fosse una propriet specifica, allora il problema sarebbe che quello una visione veritiera, poich si dovrebbe postulare per ogni effetto tale capacit in ci che invisibile. Se la cognizione onirica non un ricordo allora anche un mezzo di conoscenza non un mezzo di conoscenza, perch allesterno non c un simile oggetto di cognizione. Per questo la mente non indipendente a proposito di un oggetto esterno, infatti, quello non percepibile in sogno. Se fosse percepibile allora la cognizione sarebbe di qualcosa di gi esperito, poich stato cos visto. La capacit verso ci che invisibile e relativa a unimmaginazione eccessiva non per un difetto: in entrambi i casi la mente non indipendente allesterno ...

La NyKa di VM d un esempio di satyasvapna che probabilmente una storia ascrivibile alla tradizione della scuola della vijaptimtrat di Vasubandhu. La questione che i buddhisti idealisti, sebbene per costoro il sogno sia solamente unillustrazione per determinare lillusoriet e la natura tutta interiore del paesaggio esteriore, considerano tuttavia lesistenza di un sogno particolare, con propriet uniche, che lo distinguono dagli altri generi di sogno.
La NyKa spiega cosa si intenda per sogno veritiero: yadi manyeta sti khalu satya svapnadaranam api. tad yath. vallabhligitam tmnam anubhya svapne jgarym api tathaiva payati. na caiya vartamnbhs smtir iti spratam.
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(HAYASHI, 2001: 564, n. 13-14).202 Il termine ha due campi semantici differenti di utilizzo, ognuno dei quali si suddivide in altri contesti. In primis, si usa in relazione alla percezione degli yogin (yogipratyaka): rispetto alla conoscenza delle loro menti; rispetto a oggetti appartenenti al passato o al futuro e, inoltre, rispetto alla corrispondenza con gli oggetti. Il secondo troncone in relazione alla dottrina del vijnamtra, della sola esistenza della coscienza. Il sogno veritiero si user allora in due contesti: rispetto alla non deviazione dalla verit (avisavditva)203 e rispetto ad alcune opposizioni alla non deviazione dalla verit di tale sogno veritiero204 (IBID.: 560). Nonostante ci, a noi interessa il fatto che VM confuti precisamente questo punto di vista degli Yogcra:
yad khalu svapne uklamlybaradharo brhmayanam ha somaarmann yuman pacame hani prtar eva bhpatir urvarpryabhuv grmavarea mnayiyati tvm iti, sa ca pacame hani prtar eva tath samnita somaarm bhavati satyasvapnavn ity artha. nirkaroti na. kasmt? khynasavdbhvt. khynena hi prabuddha somaarm smarann apy khytra brhmaya na payati tatpratat c khynasya smtyrhasya manyate iti. maiva bhd khynasavda svapnasystti, tath ca satyatety ata ha khynasavdas tu kkatalyo daivaprpto na svapnajna pramayati, yathvidhasyaiva tatsmagrkasya visavdavato bahulam upalabdhe. savdasya daivdhnatvt Quando invero in sogno qualcuno vestito con vesti bianche e una ghirlanda bianca dice a un brhmaa istruito: O Somaarman dalla lunga vita! Il re ti onorer col dono di un villaggio dalla terra fertile proprio alla mattina del quinto

Molteplici sono i riferimenti al sogno veritiero negli scritti di Dharmakrti, come il Nyyabindu o di Kamalaila nel suo commento al Tattvasagraha di ntarakita Tattvasagrahapajik. Si vedano anche il commento di Prajkaragupta al Pramavrtika di Dharmakrti, intitolato Pramavrtiklakra, nonch negli scritti di Ratnakrti e Jnarmitra e la Prajpramitopadea di Ratnkaranti (HAYASHI, 2001: 561-563). 203 Ratnkaranti riferisce del satyasvapna quando deve rispondere alla domanda: perch lo stesso errore percettivo sorge in molte persone? Egli risponde che si ha perch esistono delle impressioni pi solide di altre (ddhavsan). Anche Dharmakrti nel Pramavinicaya usa la stessa nozione. Egli divide i mezzi di valida conoscenza in due generi: dovuti a solide impressioni e pertanto compresi nellambito della verit ultima e altri sorti senza solide impressioni, applicabili al regno della verit convenzionale. Ratnkaranti conclude che i sogni veritieri sono causati dalle ddhavsan (HAYASHI, 2001: 563-564). 204 Alcuni buddhisti osteggiano questa nozione del sogno veritiero. Per esempio ubhagupta, nella Bhyrthasiddhikrik, nega leffettiva funzionalit (arthakriy), in quanto criterio di realt, al satyasvapna. Egli sostiene che se quel tipo di sogno fosse vero allora se ci fosse il sogno di un rapporto sessuale in un sogno veritiero e la sua funzione fosse effettiva, allora si dovrebbe avere un bimbo vero. Oltre al primo detrattore vi Durvekamira nel suo commento al Nyyabinduk di Dharmottara, il Dharmottarapradpa. Secondo questi sciocco assumere che un sogno veritiero possa avere un contenuto altrettanto reale (HAYASHI, 2001: 564).
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giorno [da oggi]. E, proprio al mattino del quinto giorno, egli in tal modo onorato, cos Somaarman diviene qualcuno [che ha visto] un sogno veritiero. Questo il significato. [Ora il testo] confuta [ci]: No. [Domanda:] Perch? [Risposta:] Poich non vi corrispondenza con il racconto. Risvegliatosi proprio col racconto, Somaarman, pur ricordando il brhmaa istruito narratore, non lo scorge e considera il racconto, che ormai gli salito alla memoria, come narrato da quello. E che cos non sia! C la corrispondenza del racconto col sogno, per cui [ci indica] la sua verit. Per [fugare] questo [lautore] dice: la corrispondenza con il racconto accidentale, dovuta al caso e non rende autorevole la cognizione onirica, poich in molti casi ci si trova di fronte a una mancanza di corrispondenza [con la realt] di siffatto genere e che ha lo stesso complesso causale, invece la corrispondenza dipende dal caso

A questo punto la nostra carrellata attraverso i darana ortodossi pu dirsi terminata. Altri riferimenti, soprattutto riguardanti le diatribe con lAdvaita Vednta, saranno accennati in seguito.

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CAPITOLO 3: STRUMENTI PER LO STUDIO DELLONIROLOGIA NELLADVAITA VEDNTA

CAPITOLO 3 S TRUMENTI
PER LO STUDIO DELL ONIROLOGIA NELL A DVAITA

V EDNTA

III.1: G ENESI

DI UN ANALISI

Ci si potrebbe chiedere, e a ragione, a che scopo prolungare una gi lunga, anche se necessaria, trattazione. Sar dunque duopo fornire qualche doverosa spiegazione sui motivi che ci hanno spinto a redigere questo capitolo in forma indipendente. Innanzitutto, va detto che nella letteratura dei darana sono presenti dei concetti espressi anche tramite massime e analogie tratte dalla vita ordinaria (laukikanyya). Fra queste vi il dpadehalnyya, ovvero lanalogia della lucerna posta sulla soglia che in grado di illuminare sia quanto sta allinterno di una stanza, sia quanto c allesterno. Secondo questo nyya, grazie alla conoscenza di una certa entit che si situa in una posizione intermedia rispetto ad altre due, si pu avere una visione dinsieme di tutte le parti: quella esterna, la congiuntura e la parte interna. Abbiamo visto in modo sommario e vedremo pi compiutamente nella prima parte del quarto capitolo che il sogno considerato la congiuntura (sadhyasthna) di due differenti ambiti e mondi (loka) nel quale il purua si situa al fine di osservare il mondo di l e il mondo di qua (BU IV.3.9).1 Questidea quella che ha mosso lintera struttura del nostro elaborato e ha fatto s che il sogno, la condizione di sogno, la cognizione onirica e gli oggetti onirici non fossero analizzati esclusivamente nel loro ambito e in s e per s. Si cercher di esaminare svapnvasth con attenzione sia a quanto viene idealmente prima del sogno, cio la veglia e quanto viene dopo, ossia il sonno profondo, anche se questa stessa organizzazione sequenziale non coglie nella sua interezza il fenomeno delle tre avasth. Questo breve capitolo ha due funzioni principali che sono strettamente connesse tra loro. In primis funge anchesso da sadhya, da congiuntura, o se si preferisce sagati, a quello che abbiamo scritto nelle fasi iniziali della tesi e nei primi due capitoli e,
1 In quella situazione centrale, il purua gode di maggiore libert, attore (kart) che crea (sjate) oggetti quali carri, animali e strade, vaga distaccato da ogni cosa esperita: asago hy aya purua (BU IV.3.16). Egli, infatti, passa da una condizione allaltra senza alcun attaccamento, proprio come un enorme pesce si muove nello specchio dacqua in cui vive, nuotando da una sponda allaltra (FORT, 1990: 17-20). Secondo R. King, il sogno fornisce un pi ampio livello di insegnamento sulla natura del S rispetto alla veglia (KING, 1997 [1995]: 62).

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simultaneamente, da cornice a quanto investigheremo in questo e nei prossimi due capitoli. Il fattore connettivo appunto nella liaison sia con il primo, sia con il secondo capitolo. Il primo di questi stato introduttivo allargomento onirico e ai passi successivi che hanno condotto le prime osservazioni e successive speculazioni sul sogno; il secondo capitolo, invece, oltre che lambire alcune questioni limitrofe allargomento principale, ha voluto fornire un survey generale sulle posizioni e sugli atteggiamenti degli altri darana ortodossi nei confronti del sogno. Quello che abbiamo invece definito come cornice laltro motivo che ci ha spinti a stendere questo capitolo. Esistono come si vedr, vari temi che sono indissolubilmente legati al fulcro del nostro esame. Taluni di questi punti sono ben noti e non richiederebbero spiegazioni particolari, per la gran copia di materiale accademico e divulgativo prodotto su di essi. Per, tali altre problematiche hanno bisogno di qualche ulteriore considerazione, non solo ai fini della trattazione generale, ma anche per veicolare a quelle che saranno le conclusioni. Oltre a questo il nostro argomentare ha cercato di porsi e di porre delle domande tentando di rispondervi mediante la trasmissione testuale o, laddove non fosse stato possibile, cercando di postulare una possibile risposta, per lo pi nellottica tradizionale.2 Sta di fatto che in questo capitolo si vogliono schematicamente fornire dei materiali e strumenti al fine di poter leggere con una visione dinsieme pi penetrante e connettiva sia quanto venuto prima sia quanto sar presentato in seguito. Probabilmente, ancora una volta, sorprender lo strumento ermeneutico, ossia la trattazione attraverso la cartina tornasole degli Advaitin successivi a , di argomenti che gi aveva presentato o solamente accennato. Questa metodologia, come abbiamo chiarito nellintroduzione generale, oltre che da una scelta concettuale dettata dal fatto che negli autori cronologicamente pi vicini a noi si segue un iter e si usa un linguaggio certamente meno arcaico di quello di , nonch le analisi sono pi sistematiche, il che rende lapproccio, lo studio, la traduzione e la spiegazione pi chiare. Pertanto, sulla scorta di quanto detto, utilizzeremo vari testi di autori successivi a stesso, ma ai cui la tradizione Advaita consegna interamente linterpretazione e ladattamento storico e concettuale del messaggio akariano.

Non si deve certamente dimenticare una cosa fondamentale, che distingue lIndia, la sua tradizione in toto e, in modo particolare, lAdvaita Vednta, ossia che sebbene c da ammettere che il fasto e la grandezza dellIndia antica e medievale sia considerevolmente rimaneggiato, tuttavia la tradizione vivente Advaita ancora fortemente rappresentata tanto al sud quanto al nord dellIndia.
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Non ci si stupisca dunque se faremo convivere testi come il BSB, con il Sakepa rraka, la Pacada, il Vedntasra, il Siddhntabindu, lAdvaitasiddhi, il Vedntaparibh e altri ancora.

III.2: M ISCELLANEA

ADVAITIKA

Per alcuni concetti, com costume dellAdvaita, saremo costretti anche in parte a ripeterci, tuttavia si noti che in ogni caso pure la ripetizione parte integrante di un preciso percorso logico. Abbiamo pi volte visto che lanima individuale (jva) transita ogni giorno della sua vita attraverso tre stadi (avasth): la veglia (jgrat), il sogno (svapna) e il sonno profondo (suupti). Oltre, e diverso da questi, vi un quarto stadio (turya/caturtha), che la naturale condizione pacifica (nta), fausta (iva) non duale (advaita) del S, ltman stesso, sempre identico, vigile testimone e immobile pervasore delle altre condizioni. Lanima individuale (vyaicaitanya), assume appellativi distinti a seconda che la sua coscienza sidentifichi (abhimnin) ai ranghi ristretti di una condizione specifica: nella veglia si chiama Viva, nel sogno Taijasa e nel sonno profondo Prja. A ognuno di questi stadi corrisponde un corpo, formato da certe guaine, o involucri (koa). Viva il jva identificato al mondo grossolano (sthla) proprio della veglia, per cui possiede un corpo della stessa natura (sthlaarra), formato dal solo involucro fatto di cibo (annamayakoa). Nello stato di sogno il S risplendente, Taijasa possiede un corpo sottile (skma/ligaarra), costituito da tre diversi involucri: quello formato dai soffi vitali (pramayakoa), quello fatto di mente (manomayakoa) e quello proprio dellintelletto (vijnamayakoa). Infine, a Prja appartiene un corpo causale (kraaarra), formato dallinvolucro fatto di beatitudine (nandamayakoa). La PD (I.15-29) di Vidyraya, come molti altri prakaraa vedntici, descrive il processo di quintuplicazione (packaraa)3 degli elementi sottili, argomento che ci aiuta a comprendere la formazione dei corpi sottili e grossolani dalla sostanza causale.
Il BS II.4.30 trivt kurvata upadet, secondo linterpretazione Advaitin difende la dottrina del packaraa secondo la quale il testo di ChU VI.3.3 trivta trivtam ekaik karavi , ... che io renda ognuno di questi [elementi] triplice ... non sono menzionati vyu e ka perch si sa da altri passi scritturali quali TaiU II.1.1 che la terra, lacqua e il fuoco sono stati manifestati per aggiunta di qualit dalletere e dallaria, quindi la loro inclusione automatica ma non altrettanto la loro menzione, che pu rimanere sottintesa. Si vedano le discussioni nel Siddhntabindu (SB, STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 389-392) di Madhusdana Sarasvat (MS); nel VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 382-395) e VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 4-7). Riassumendo, la quintuplicazione avviene quando la produzione sottile si determinata completamente e, in conformit al dettame di manifestazione del sakalpa divino, ognuno dei
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Secondo Vidyraya, seguace del Vivaraaprasthna, il riflesso di brahman cade sulla sostanza primordiale (prakti) entro la quale agiscono tre tendenze, tre qualit (gua): il sattva, il rajas e il tamas (PD I.15).4 Anche la prakti duplice, a seconda che in essa ci sia un riflesso puro (uddha) o impuro (aviuddha) del sattva insito in essa stessa. Ci d origine rispettivamente alla divisione tra my e avidy. Il S supremo riflesso in my lonnisciente Signore supremo che capace di controllare quella stessa my (PD I.16).5 Daltro canto, quando lo stesso S si riflette sullavidy, allora il prodotto generato il jva, incapace di controllare la stessa ignoranza da cui scaturito. Per via dellestrema variet (vaicitrya) delle gradazioni dellimpurit (aviuddhitrtamya) di questa sovrapposizione limitante (updhi) conosciuta come avidy, esistono innumerevoli generi (anekadh) di jva, a partire dagli esseri celesti fino alle forme di vita infime. Nellambito individualizzato del jva, questignoranza ne costituisce il corpo causale (kraaarra) e appunto lanima individuale che a quel corpo sidentifica (abhimnin), assumendo lappellativo di Prja (PD I.17).6 Da questo punto in poi dalla sostanza in cui predomina il tamas (tamapradhnaprakte) e per il desiderio o lordine iniziale del Signore (varjay) e per permettere allanima individuale di fruire di essi (tadbhogya) sorgono i cinque elementi sottili (apackta, PD I.18):7 letere (viyat), laria (pavana), il fuoco (tejas), lacqua (ambu) e la terra (bh). Questi cinque elementi, in quanto produzioni sono dotati di parti interne, ognuna delle quali corrisponde alle tendenze proprie dei gua. Dalle cinque parti dominate
cinque elementi sottili si divide prima in due parti. Poi di quei due mezzi se ne lascia una prima parte cos com, mentre la seconda suddivisa in quattro segmenti. Ogni elemento scambia uno dei quarti della seconda suddivisione con gli altri quattro, cosicch in ogni elemento grossolano vi sar una mescolanza di met dellelemento originale e laltra met sar divisa in quattro sezioni occupate rispettivamente dagli altri elementi. vara produce gi la natura degli elementi sottili con la tendenza alla quintuplicazione, che serve a far s che le anime individuali possano fruire di essi e affinch dagli elementi grossolani nascano i corpi fisici che sono strumenti di fruizione (PD I.26-27): tadbhogya punar bhogyabhogyatanajanmane pacikaroti bhagavn pratyeka viyaddikam// dvidh vidhya caikaika caturdh prathama puna/ svasvetaradvatyair yojant paca paca te// Ognuno degli elementi quintuplicati (packta), pur non essendo puro ma nato da una mescolanza (melana) di cinque elementi, comunque chiamato con il nome dellelemento preponderante. Si veda la discussione di ad BS II.4.22: vaieyt tu tadvdas tadvda. Da questi elementi grossolani (sthlabhta) nascono i corpi grossolani (sthlaarra) e altri prodotti derivati (bhautika). 4 cidnandamayabrahmapratibimbasamanvit/ tamorajasattvagu praktir dvividh ca s// Il VP, invece, fa partire il tutto dal sakalpa della divinit suprema che la ruti ricorda in molti modi: tad aikata bahu sy prajyeya ... (ChU VI.2.3); so kmayata bahu sy prajyeya ... (TaiU II.6.4). Da questa volizione, desiderio o determinazione iniziale hanno origine poi i cinque elementi (mahbhta) sottili non quintuplicati (apackta), come sono chiamati nel Vednta, oppure i tanmtra del Skhya. 5 sattvauddhyaviuddhibhy myvidye ca te mate/ mybimbo vaktya t syt sarvaja vara// 6 avidyvaagas tv anyas tadvaicitryd anekadh/ s kraaarra syt prjas tatrbhimnavn// 7 tamapradhnapraktes tadbhogyevarjay/ viyatpavanatejombubhuvo bhtni jajire// Si noti che ognuno degli elementi sottili ha una specifica qualit (gua) in s, che si somma anche alle qualit specifiche degli elementi che lhanno preceduto, ossia che ne sono stati causa indiretta: letere allora possieder il suono (abda), laria il suono e la capacit di essere tattilmente percepito (spara), nel fuoco, oltre a abda e spara si aggiunge la forma-colore (rpa), nelle acque troviamo tutti e tre pi la caratteristica peculiare di esse, la sapidit (rasa), infine nella terra, lelemento pi denso vi sono cinque qualit, le quattro gi viste pi la fragranza (gandha) (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 383-384). Il VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 4) spiega questa integrazione e aggiunta delle qualit dellelemento causante nellelemento prodotto con lespressione kraaguaprakranea.

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dal sattva dei cinque elementi sottili sorgono in ordine (kramt) le cinque facolt intellettive (jnendriya): ludito (rotra), il tatto (tvag), la vista (aki), il gusto (rasana) e lolfatto (ghra).8 Da quelle stesse parti sattvika degli elementi sottili, si forma lorgano interno (antakaraa) il quale, a seconda della sua funzione (vttibhedena) duplice: la mente (manas), deputata a una riflessione (vimara) altalenante tra lopzione (vikalpa) e la determinazione (sakalpa); poi vi la funzione accertatrice (nicaytmik) dellintelletto (buddhi).9 Proseguendo poi con il processo, grazie alle cinque parti dominate dal gua rajas si formano le cinque facolt dazione (karmendriya): la parola (vk), la facolt prensile (pi), la facolt di deambulazione (pda), lorgano escretorio (pyu) e la facolt riproduttiva (upastha).10 Poi ancora da quelle stesse parti pervase dal rajas nascono pure i cinque soffi vitali, ognuno dei quali con una precisa funzione (vttibhedt): pra, apna, samna, udna e vyna.11 Tutti questi 17 prodotti degli elementi sottili: lintelletto, la mente, le cinque facolt dazione, le cinque facolt conoscitive e i cinque soffi, contribuiscono tutti insieme a costituire il corpo sottile (skmaarra), conosciuto altres con lappellativo di ligaarra.12 Ora, dopo aver definito il corpo sottile e le sue componenti, non resta che spendere due parole sia per il singolo jva individuale (vyai) che sidentifica con esso e con le sue funzioni, sia per il principio universale (samai) che vi corrisponde. Naturalmente, quando Prja, che appunto lanima individuale la cui unica sovrapposizione lignoranza, derivata dalla duplicazione di prakti in my e avidy, sidentifica con unaltra condizione e
8 PD I.19: sattvai pacabhis te kramd hndriyapacakam/ rotratvagakirasanaghrkhyam upajyate// Si confronti anche con il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 384-386; anche il SB STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 384) che aggiunge due questioni leggermente differenti dalla PD. La prima che dalle parti dominate dal sattva degli elementi sottili sorgono le quattro funzioni dellorgano interno: manas, buddhi, ahakra e citta, ognuno dei quali con una divinit tutelare, Candra, Caturmukha [=Brahm], akara e Acyuta [= Viu]. Laltra informazione riguarda le divinit tutelari (adhiatdevat), ossia quei principi numinosi che fungono da fondamento sottile a entit altrimenti inerti. Allora la divinit correlata alludito Dig, al tatto Vt, alla vista Arka, al gusto Varua e gli Avin allolfatto. Ancora secondo il SB, nellorgano interno predomina una potenza di conoscenza mentre nei soffi vitali domina una potenza dazione: tasya ca jnaaktipradhno o ntakaraam. tac ca buddhir mana iti dvidhocyate. kriyaktipradhno a pra Il testo aggiunge inoltre che a seconda della predominanza di una potenza o dellaltra, appaiati a coppie corrispondenti, sorgono i jnendriya e i karmendriya (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 379-380). 9 PD I.20: tair antakaraa sarvair vttibhedena taddvidh/ mano vimararpa syd buddhi syn nicaytmik// Si veda inoltre il SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 378-379). Una sola questione che merita di essere chiarita che il VS menziona esplicitamente che nel computo dei 17 elementi che costituiscono laggregato sottile, la funzione di ricordo (citta) e il senso dellio (ahakra) ricordate dal VP, devono essere ricondotte rispettivamente alla mente e allintelletto: anayor [= manabuddhyo] citthakrayo ntarbhva (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 5). 10 PD I.21: rajoai pacabhis te kramt karmendriyi tu/ vkpipdapypasthbhidhnni jajire// Ancora il VP mostra la corrispondenza con il regno universale (adhidaivika) delle divinit tutelari rispettivamente con queste facolt individuali (adhytmika): Agni, Indra, Upendra, Mtyu e Prajpati (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 386-387); analogo il SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 383-384). 11 PD I.22: tai sarvai sahitai pro vttibhedt sa pacadh/ pro pna samna codnavynau ca te puna// Si vedano inoltre il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 387-388) e la discussione relativa al VS nella nota 32 del capitolo IV.II. 12 PD I.23: buddhikarmendriyaprapacakair manas dhiy/ arra saptadaabhi skma talligam ucyate//

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un altro corpo, cio quello sottile, prende il nome di Taijasa. Daltro canto, sul versante samai di questa corrispondenza, quello che nella condizione causale (kravasth) era vara controllore di my e di cui la stessa my costituisce lupdhi, diviene linsieme sintetico e universale di tutte le possibilit sottili e prende il nome di Hirayagarbha o Strtman. Questo tale poich ha una conoscenza totale della sua identit con tutti (sarvem) gli aggregati sottili individuali (svtmatdtmyavedant), i vari Taijasa, mentre questi ultimi rimangono in un dominio relativo perch mancano di questa conoscenza (tadabhvt), per cui si sentono altri dal loro Signore.13 Prima di passare alla questione degli involucri o guaine (koa) vale la pena di chiarire con un breve passo del VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 5-6) le questioni test menzionate, per lo pi relative al corpo sottile, che quello che pi da vicino ci interessa:
atrpy akhilaskmaarram ekabuddhiviayatay vanavaj jalayavad v samair

anekabuddhiviayatay vkavaj jalavad v vyair api bhavati. etatsamayupahita caitanya strtm hirayagarbha pra iti cocyate sarvnusytatvj jnecchkriyaktimadupahitatvc ca. asyai samai sthlaprapacpekay skmatvt skmaarra vijmaydikoatraya jgradvsanmayatvt svapno ta eva sthlaprapacalayasthnam iti cocyate. etadvyayupahita caitanya taijaso bhavati tejomayntakaraopahitatvt. asypya vyai sthlaarrpekay skatvd iti hetor eva skaarra vijnamaydikoatraya jgradvsanmayatvt svapno ta eva sthlaarralayasthnam iti cocyate. etau strtmataijasau tadn manovttibhi skmaviayn anubhavata praviviktabhuk taijasa vanavkavat [MU 2] itydirute. atrpi ca samaivyayos jalayajalavat tadupahitastrtmataijasor tadavacchinnkavac

tadgatapratibimbkavac cbheda. eva skmaarrotpatti

PD I.24-25: prjas tatrbhimnena taijasatva prapadyate/ hirayagarbhatm as tayor vyaisamait// samai a sarve svtmatdtmyavedant/ tadabhvt tato nye tu kathyante vyaisajay// Si veda anche il SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 370-372) in cui si mostra il triplice aspetto del jva rispettivamente come il principio identificato con la condizione di veglia e limitato dallavidy e dai suoi prodotti come lorgano interno e il corpo grossolano, che si definisce viva ( avidyntakaraasthlaarrvacchinno jgradavasthbhimn viva ). Si viene a chiamare Taijasa quando, privo dellidentificazione con il corpo grossolano sidentifica invece con il sogno ed provvisto delle stesse due condizione limitanti quali avidy e antakaraa ( sa sthlaarrbhimnarahita updhidvayopahita svapnbhimn taijasa ). Infine il terzo tipo di jva Prja, privo sia del corpo grossolano sia dellorgano interno e condizionato solamente dallignoranza che delimitata dal residuo latente dellorgano interno e sidentifica con il sonno profondo ( arrntakaraopdhidvayarahito ntakaraasaskrvacchinnvidymtropahita suuptyavasthbhimn prja ). Lanima individuale comunque la stessa nei tre stati e non vi differenza nel jva stesso poich non ha delle aggiunte limitanti indipendenti. In ognuna delle avasth vi un numero definito di updhi: nella veglia sono tre, due nel sogno e la sola avidy nel sonno profondo, per questo tali aggiunte non sono indipendenti o mutualmente esclusive. Tuttavia, sebbene ci sia unidentit dellanima individuale in ogni stato, per via di queste stesse condizioni avventizie secondarie, lo stesso jva chiamato con tre differenti epiteti: ete ca svatantropdhibhedbhvena svatantrabhedbhve py avntaropdhibhedd ekatve py avntarabhedo vyavahriyate Losservatore di tutto ci (sarvnusadht) il testimone (skin) il quarto (turya), sempre identico a S stesso (ekavidha). Egli, sebbene gli si sovrappongono differenti generi di updhi, non toccato da alcuna differenza poich il suo unico updhi il sattva che sempre identico: sk tu sarvnusadht sarvnugatas turykhya ekavidha eva. tatopdhibhedenpi na kvacid bheda, tadupdher ekarpatvt
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Anche in questo caso, quando oggetto di ununica cognizione la totalit dei corpi sottili, allora, come una foresta o come uno specchio dacqua, totale, mentre quando oggetto di molteplici cognizioni allora, come un albero o come dellacqua [= una goccia dacqua] anche singolare.14 Questo caitanya condizionato da una simile totalit si dice Hirayagarbha, Strtman15 o Pra, poich intrinseco in ogni cosa e perch condizionato dalle potenze di conoscenza, volont e azione. Questa totalit definita in questo modo, cio poich rispetto allo sviluppo fenomenico grossolano sottile, il corpo sottile costituito delle tre guaine quali linvolucro fatto di coscienza e gli altri, e poich costituito dalle impressioni latenti della veglia il sogno, per cui il luogo di reintegrazione dello sviluppo fenomenico grossolano. Il caitanya condizionato da una simile singolarit Taijasa, poich condizionato dallorgano interno sostanziato di luminosit. Anche questa sua singolarit definita cos, ossia per la stessa ragione secondo la quale rispetto allo sviluppo fenomenico grossolano sottile, il corpo sottile costituito delle tre guaine quali linvolucro fatto di coscienza e gli altri, e poich costituito dalle impressioni latenti della veglia il sogno, per cui il luogo di reintegrazione dello sviluppo fenomenico grossolano. In quella circostanza entrambi, il Strtman e Taijasa, esperiscono mediante le modificazioni della mente degli oggetti sottili, come [affermato] dalla ruti: Taijasa che fruisce di enti sottili Anche in questo caso come avviene per la foresta e lalbero e per letere da essi delimitato, oppure per lo specchio dacqua e la goccia dacqua e letere in essi riflesso,16 non vi differenza tra la totalit e la singolarit e tra il Strtman e Taijasa che sono da queste [= totalit e singolarit, rispettivamente] condizionati. Tale lorigine del corpo sottile

La PD (I.28-29) continua scendendo ancora nella concretizzazione degli elementi sottili nel dominio fisico (brahma), quindi gli elementi grossolani e i loro prodotti (bhautika), che vanno dai sette mondi (bhuvana) inferi (ptla) ai sette mondi superni (svar),17
Nel VS si usa gi prima, parlando dellignoranza (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 3), di questi passi lanalogia della foresta e del singolo albero o dello specchio dacqua e la singola goccia dacqua per spiegare il rapporto tra totale e singolare. 15 Nel SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 386-387) MS indica un differenza di natura tra Hirayagarbha e Strtman. Mentre il primo dominato dalla potenza di conoscenza (jnaaktiprdhnyena), il secondo lo dalla potenza dazione (kriyaktiprdhnyena). 16 Questo passaggio necessita di due brevi spiegazioni. La prima che letere si differenzia solo per via delle sue sovrapposizioni limitanti (updhi), non per sua natura, in quanto unico e onnipervadente. Letere, cos sovrapposto (updheya), limitato da vari fattori anche se, una volta caduti quegli agenti limitanti, la sua unicit nuovamente riaffermata. Solitamente, nei testi vedntici si parla del ghaka, inserito nel mahka che non differisce da mahka se non per via di qualche condizione avventizia. Il secondo chiarimento sta nel fatto che gli Advaitn considerano percepibili anche enti sottili quali il tempo e letere. Nella fattispecie si percepisce in uno specchio dacqua il riflesso dei corpi celesti, il sole, la luna o le stelle, o anche le nubi e si inferisce che essi non possono stare sospesi nel vuoto, quindi sono incastonati nelletere che viene riflesso insieme a essi. 17 Il VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 6) e il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 392-393) propongono anche lelenco dei sette mondi inferi: atala (ptla per VP), vitala, sutala, taltala (per VP e rastala per VS), rastala (taltala per VS), mahtala e ptla (lultimo mondo infero mahtala per VP); come pure dei mondi superiori: bh, bhuvas (antarka per VP), svar, mahar, janas, tapas e satya.
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passando ovviamente per la terra (bh), ove quello che era Hirayagarbha, con la sua nuova identificazione con la totalit grossolana assume il nome di Vaivnara, mentre nel complesso fisico individuale Taijasa diviene Viva, identificandosi al corpo grossolano (sthlaarra) e assolutamente privo di visione interiore perch volto solo alla fruizione degli oggetti.18 In seguito questi esseri, assunto un corpo grossolano, sono sottoposti a bisogni animaleschi per soddisfarne le brame, cosicch agiscono per fruire e fruiscono agendo, restando costretti nel vortice di nascite e morti (PD I.30). Tale prigionia si ha finch qualcuno non estrae i malcapitati dallimpeto della corrente e li poggia al sicuro sulla riva (I.31).19 Questo maestro (crya) insegna loro come distinguere la loro vera natura dalle cinque guaine che avvolgono il S (pacakoavivekena). Ritorniamo brevemente a un argomento qui sopra accennato e che ancora rivedremo nel prossimo capitolo (IV.I, pp. 343-344), ossia i cinque koa:20
anna pro mano buddhir nanda ceti paca te/ kos tair vta svtm vismty sasti vrajet// 33 // syt packtabhtottho deha sthlo nnasajaka/ lige tu rjasai prai pra karmendriyai saha// 34 // sttvikair dhndriyai ska vimartm manomaya/ tair eva ska vijnamayo dhr nicaytmik// 35 // krae sattvam nandamayo moddivttibhi/ tattatkoais tu tdtmyd tm tattanmayo brave// 36 // Questi sono i cinque involucri: il cibo, il soffio vitale, la mente, lintelletto e la beatitudine. Da questi il proprio S ricoperto e per la dimenticanza [del S, lanima individuale] entra nel vortice del divenire (33). Il corpo grossolano, sorto dagli elementi quintuplicati, ha come appellativo [involucro fatto di] cibo, mentre nel [corpo] sottile vi [linvolucro fatto di] soffio vitale, [costituito] dai soffi vitali [prodotti dalle parti] dominate dal rajas [degli elementi sottili] insieme alle facolt di azione (34). L[involucro] fatto di mente ha la natura riflessiva ed [originato dalla mente] insieme alle facolt intellettive [prodotte dalle parti] dominate dal

tair aas tatra bhuvana bhogyabhograyodbhava/ hirayagarbha sthle smin dehe vaivnaro bhavet// taijas vivat yt devatiryanardaya te pargdarina pratyaktattvabodhavivarjit// 19 kurute karma bhogya karma kartu ca bhujate/ nady k ivvartd vartntaram u te/ vrajanto janmano janma labhante naiva nirvtim// 30 // satkarmaparipkt te karunidhinoddht/ prpya tratarucchy virmyanti yathsukham// 31 // upadeam avpyaivam cryt tattvadarina/ pacakoavivekena labhante nirvti parm// 32 // 20 Si vedano le trattazioni di nel bhya ad TaiU II.2.1-II.2.6 e III.2.1-III.2.6 e BSB I.1.12-19, in cui il commentatore introduce il concetto di koa, guaina, involucro entro i quali e identificandosi ai quali, sta il S come un spada entro il suo fodero, immagine che spesso vedremo nel prossimo capitolo per evidenziare lassoluta distinzione del S dagli elementi avventizi, tanto fisici quanto sottili (CHI, 2001 [1953]: 589-601).
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sattva [degli elementi sottili]; insieme a questi stessi lintelletto caratterizzato dallaccertamento costituisce [linvolucro] fatto dintelletto (35). Nel [corpo] causale il sattva insieme alle modificazioni mentali quali la gioia e altre simili [linvolucro] fatto di beatitudine. Il S, per lidentificazione con ognuno di questi involucri diviene sostanziato di ognuno di essi (36)

Vediamo dunque che vi una strettissima relazione tra i cinque koa e i tre corpi, laddove lannamayakoa non che il corpo grossolano, mentre il corpo sottile formato da tre involucri, pramayakoa, manomayakoa e vijnamayakoa;21 infine il corpo causale costituto dallignoranza e dalla gioia indifferenziata causata da essa lnandamayakoa.22 Nella PD si accennata la discriminazione tra i vari involucri e il S immutabile che ne avviluppato. Alcuni versi successivi (I.37-42), che si collocano prima della discussione relativa alla purificazione da elementi estranei nel vero significato dei termini tat e tvam (padrthaodhana) nel mahvkya tat tvam asi. Ivi, si fa riferimento a una tecnica molto nota nellAdvaita, sulla quale torneremo anche pi avanti, cio lavayavyatireka. I due termini, sebbene siano per lo pi utilizzati nella determinazione di rapporti causali (kryakraabhva) e relazioni che presuppongono dei mezzi e un fine (sdhyasdhanabhva), tuttavia sono anche utilizzati nellAdvaita nel senso di continuit (anvaya) e discontinuit (vyatireka). Senza entrare nel complesso intrico dellinterpretazione dei mahvkya (CARDONA, 1981: 92-96), questa stessa tecnica dellanvayavyatireka ha varie estensioni,23 sia con lapofatismo della negazione di quanto non reale (atadvyvtti) mediante il celebre
Si veda il VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 5) nel quale si spiegano anche i predomini di una particolare delle tre akti in uno dei tre koa che contribuiscono a formare il corpo sottile. Pertanto nel pramayakoa domina la kriyakti, nel manomayakoa la icchakti e nel vijnamayakoa la jnaakti: ida prdipacakam karmendriyai sahita sat pramayakoo bhavati. asya kriytmakatvena rajoakryatvam. eteu koeu madhye vijnamayo jnaaktimn kartrpa. manomaya icchaktimn karaarpa. pramaya kriyaktimn kryarpa. yogyatvd evam ete vibhga iti varayanti. etatkoatraya milita sat skmaarram ity ucyate 22 In un importante articolo, Liga-Koa (1966: 6-13) Kamleswar Bhattacharya puntualizza delle questioni riguardo alla dottrina vedntica antica dei koa. Egli, a ragione (1966: 9), sostiene che nella TaiU II e III non si nomina il termine koa. Nonostante ci le interpretazioni akariane usano il termine. Il dotto Bhattacharya afferma ancora che nella dottrina derivata dalla TaiU non vi sono cinque koa, ma solo quattro, in quanto nandamaya considerato il S. I quattro altri koa rappresentano: at the same time, the different grades of the manifestation of the Absolute, and the different steps in the progressive quest of the human mind for the Absolute Lnandamaya non un involucro ma tman stesso nella sua pienezza. Gi nella BU IV.3.32 il sonno profondo idealizzato come la dimora suprema del S (param gati) e la beatitudine propria a quella condizione. In seguito si pens che la condizione di suupti non poteva essere considerata come assoluta e definitiva, poich in s conteneva i germi della manifestazione di sogno e veglia, per cui si postul un quarto stato assolutamente distinto dai tre. Questa degradazione del sonno profondo condusse a considerare lnandamaya come il quinto koa, il pi profondo. stesso (BSB I.1-12-19; III.3.1113) sembra aver considerato queste possibilit, anche se infine opta per porre il S oltre nandamayakoa. Si veda anche il commento ad MU 5. Senza nulla togliere allinterpretazione di Bhattacharya, dissentiamo solamente sul fatto dellintroduzione successiva di turya, ampiamente presente in MU, anche se bisogna ammettere che non se ne trova traccia nelle Upaniad considerate pi antiche. 23 Ricordiamo solamente che il SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 429-430) conta quattro tipi di anvayavyatireka: dkdynvayavyatireka, skiskynvayavyatireka, gampyitadavadhyanvayavyatireka e dukhiparamapremspadnvayavyatireka.
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neti neti (BU II.3.11), ma soprattutto nel metodo delladhyroppavda, lattribuzione e la successiva negazione di essa, che vedremo in seguito. Tendenzialmente, anche usa i due termini con lintenzione di comunicare la continuit o la discontinuit di un qualche ente, mediante le quali si raggiunge poi la discriminazione (viveka). W. Halbfass (1992 [1991]: 166167) sottolinea giustamente che gli stessi termini possono essere sostituiti da vyabhicara e avyabhicara (US II.89 [MAYEDA ED., 2006 [1973] VOL. 1: 210]),24 non usati per nel loro senso logico; inoltre enfatizza anche la persistente assenza di deviazione dallessenza del sonno profondo (US II.93; US I.18.97). Proprio in questo caso vediamo lutilizzo della terminologia in questione legata alle avasth e in particolare alla descrizione della relazione tra il quarto (turya) e gli altri tre stati. Il primo ltman stesso che mai devia dalla propria natura, mentre gli altri stati sono legati a precise condizioni, quindi accidentali, avventizi (gantuka). Infatti, spesso afferma che la conoscenza mai lascia non accompagnato loggetto della conoscenza (jeya): na jna vyabhicarati kadcid jeyam ( ad PrU VI.2; HALBFASS, 1992 [1991]: 167-168). Questo stesso percorso ribattuto dai versi di Vidyraya. Egli dimostra come la tecnica dellanvayavyatireka aiuti a separare i cinque koa dal puro S e quindi a realizzare il brahman nella sua natura pi immacolata (CARDONA, 1981: 93):
anvayavyatirekbhy pacakoavivekata/ svtmna tata uddhtya para brahma prapadyate// 37 // abhne sthladehasya svapne yadbhnam tmana/ so nvayo vyatirekas tadbhne nynavabhasanam// 38 // ligabhne suuptau syd tmano bhnam anvaya/ vyatirekas tu tadbhne ligasybhnam ucyate// 39 // tadvivekd vivikt syu ko pramanodhiya/ te hi tatra guvasthbhedamtrt pthakkt// 40 // suuptyabhbe bhna tu samdhv tmano nvaya/ vyatirekas tv tmabhne suuptyanavabhsanam// 41 // yath mujd ikaivam tm yukty samuddhta/ arratritayd dhrai para brahmaiva jyate// 42 // Grazie alla discriminazione dai cinque involucri mediante i metodi della continuit e discontinuit, dopo aver separato il proprio S da quelli, si attinge il supremo brahman (37). Quando nel sogno non vi cognizione del corpo grossolano, quella cognizione del S la

Si veda la nota n. 4 del capitolo IV.II. Si vedano comunque le illuminanti discussioni di Halbfass (1992 [1991]: 162-180) e di George Cardona (1981: 79-104).
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continuit, mentre la discontinuit la non cognizione degli altri quando si ha conoscenza di Quello [= del S] (38). Quando poi nel sonno profondo non vi la cognizione del corpo sottile, allora quella cognizione la continuit del S, mentre la discontinuit si dice essere la non percezione del corpo sottile quando si coglie Quello (39). Per la discriminazione da quello [= dal corpo sottile] gli involucri del soffio vitale, della mente e dellintelletto sono distinti [dal S]; infatti, quegli [involucri] sono ivi [= nel corpo sottile stesso] discriminati per la sola differenziazione nella sistemazione dei gua (40).25 Quando nel samdhi non si ha la cognizione del sonno profondo la percezione del S la continuit, mente la discontinuit la non cognizione del sonno profondo quando vi la percezione del S (41). Come dallerba muja si estrae lo stelo interno, cos mediante il ragionamento i saggi separano il S dal trittico dei corpi e si realizza il brahman (42)

Da questi versi e dalle considerazioni sopra proposte vediamo come vi sia uno strettissimo rapporto tra i tre corpi, i cinque involucri e le tre condizioni. Anche se abbiamo visto che le condizioni e tre corpi hanno dei riverberi nellambito universale, tuttavia tutto questo solitamente utilizzato per definire nel suo aspetto condizionato il jva che, come afferma Dharmarja (DVIVED, P. N., 2000: 414), pu anche essere definito come possessore delle tre condizioni di veglia, sogno e sonno profondo: jgratsvapnasuuptirpvasthtrayavn 26

Il commentatore della PD Rmaka ci aiuta a interpretare il testo. In primis, tadvivekd letto come tasya ligaarrasya vivekd vivecant e poi naturalmente il commentatore chiarisce che gli involucri sono distinti dal S: pramanodhiya etannmak ko vivikt tmana pthakkt syu In aggiunta, ci viene fornita una chiave di lettura della seconda parte del verso. Nel corpo sottile la differenziazione tra un koa e laltro si ha esclusivamente per una differente predominanza di due dei tre gua, cio sattva e rajas, che determinano una particolare condizione: hi yasmt krat te pramaydaya tatra tasmil ligaarre guvasthbhedamtrt guayo sattvarajasor avasthbhedamtrd guapradhnabhvenvasthvied eva pthakkt, bhedena nirdi. 26 Laffermazione del VP sinserisce in un pi ampio discorso che prima definisce le differenze tra lanima individuale e il supremo (jvaparabheda) e poi nella natura del jva allinterno della scuola Advaita del Vivaraaprasthna o Pratibimbavda. Nel particolare orizzonte dottrinale del Vivaraa si distinguono due indirizzi principali: la teoria dellunica anima individuale (ekajvavda) e delle molteplici anime individuali (anekajvavda). Secondo la prima lanima individuale va definita come il riflesso nellignoranza [della conoscenza universale], ekajvavde avidypratibimbo jva (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 412). Nella seconda teoria invece il jva il riflesso nellorgano interno [della conoscenza universale], anekajvavde antakaraapratibimbo jva (IBID.: 414). Unaltra nota interessante aggiunta dal SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 348-349) che nella migliore tradizione vedntica divide in due categorie (padrtha) luniverso: il veggente (dk) e loggetto visto (dya). Il dk uno (eka), il S, la realt suprema, costantemente identico a S stesso, che per per via di varie aggiunte limitanti assume tre differenti nomenclature: vara, jva e skin ( tatra dkpadrtha tm pramrthika eka eva sarvadaikarpo py updhibhedena trividha varo jva sk ceti ). Laltro padrtha losservato, dya, loggetto visto, loggetto inerte, che invece lignoranza e il suo prodotto, che dallignoranza pervaso, cio luniverso fenomenico: avidytatvypyatatkrytmaka prapaco dyapadrtha Sebbene questo dya sia lungi dallessere realmente esistente, gli si attribuisce una realt empirica. Questo, spesso descritto alla stregua di un ente onirico, ha una certa utilit nellupsan: tasya cpramrthikatve pi vyvahrikasattbhyupagamn na svpnikapadrthavan nirpaa vyartham, upsandau tadupayogd iti (IBID.: 372).
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Lasciamo ora da parte la discussione sulla veglia e, in conclusione di questo prima paragrafo, ci occuperemo sommariamente del sonno profondo che domina il corpo causale, con delle considerazioni novelle, ossia che proponiamo in questa circostanza. Vedremo anche nel capitolo successivo che la BU IV.3.21-33 si occupa del sonno profondo e della sua natura. Lo stesso avviene anche nel BSB.27 La trattazione di snocciola attorno a un unico adhikaraa, denominato tadabhvdhikaraa costituito da due aforismi III.2.7-8. Lanalisi si apre con il quesito a proposito di dove risieda il jva durante il sonno profondo: nei canali sottili (n), nel cosiddetto pericardio, il purtat oppure nel supremo S? (III.2.7). La risposta del siddhntin che, in certe circostanze, il jva risiede in entrambe le prime due opzioni, ma essenzialmente nel supremo brahman. Il prvapakin chiede ancora come si faccia a essere sicuri che il S che si risveglia dal sonno profondo sia lo stesso che entra in esso. Non vi pu essere assicurazione effettiva a questo prposito, non pi di quanto si possa affermare di poter estrarre la stessa goccia dacqua una volta che la si fatta cadere in un lago. risponde che ci sono parecchie ragioni che ci conducono ad affermare che lo stesso jva che si addormenta a risvegliarsi. In primo luogo, la persona che si destata dal sonno profondo ricomincia le proprie attivit da dove le aveva interrotte prima di coricarsi; egli ricorda le esperienze e le conoscenze avute in precedenza. Oltre a questo, se fosse come paventa lobbiettore, unanima individuale potrebbe liberarsi solamente cadendo addormentato, cosa che causerebbe linanit di ogni ingiunzione o proibizione scritturale. La goccia dacqua lasciata in un lago si dissolve completamente in esso, poich quella goccia pura tanto quanto il lago, priva cio di ogni aggiunta condizionante, cosa che ci potrebbe aiutare a identificarla anche dentro il lago. Lanima individuale, invece, rimane condizionata dagli updhi anche quando si dissolve nel brahman durante il sonno profondo. Per questo motivo, conclude , lanalogia non calzante (Potter, 1998 [1981]: 172-173). stesso per scrive di una certa grande approssimazione del sonno profondo alla vera natura del S (BSB III.2.7; SARASWATHI, SATCHIDNANDENDRA, 1998 [1973]: 45-46):
api ca na kadcij jvasya brahma sapattir nsti, svarpasynapyitvt. svapnajgaritayos tu updhisaparkavat pararppattim ivpekya tadupaamt suupte svarppattir vakyate

27 Si veda anche BSB IV.4.16, nonch vari passi upaniadici: PrU IV.2, IV.4, 6; ChU VI.8.1-2, VIII.3.2, VIII.6.3; BU II.1.15-17, 19; (RANADE, R. D., 1986 [1926]: 88-91; FORT, 1990: 55-61; CHI, 2001 [1953]: 226-230). Rimandiamo inoltre allarticolo di A. O. Fort interamente dedicato a suupti, apparso negli Annals of Bhandharkar Oriental Research Institute (1980: 221-228) e lintera monografia del 2004 di Aravind Sharma Sleep as a State of Consciousness in Advaita Vednta.

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CAPITOLO 3: STRUMENTI PER LO STUDIO DELLONIROLOGIA NELLADVAITA VEDNTA

Inoltre non mai che per lanima individuale non vi sia lunit con il brahman, poich la natura intrinseca non pu essere alienata. Per, per via del contatto con le aggiunte limitanti nelle condizioni di veglia e di sogno, rispetto a [una situazione in cui] come se vi fosse lattingimento di una natura estranea, a causa della dissoluzione di essa [= della natura estranea], nel sogno profondo si parler dellottenimento della propria natura intrinseca

proprio a cagione di questunione (sapatti) che lanima individuale non conosce pi nulla in modo distintivo (BSB III.2.7):28 sati sapannas tvat tadekatvn na vijntti yuktam , Immerso nellEssere allora per via di quellunit non conosce in modo distintivo. [Questaffermazione] congrua 29 Il sonno profondo trattato spesso come fosse il precursore della beatitudine di brahman. Nel sonno, chiamato pure saprasda, sereno riposo, gioiosa serenit, lindividuo diviene tranquillo, senza che emergano le impressioni, senza sogni, pura coscienza (prja), auto-luminoso, beato. Anche Surevara, nel suo Vrtika al commento di alla BU (BUBV IV.3.974-6, 983, 1360 e ss. e 1403) punta sulla descrizione della natura incondizionata del sonno: ivi il S separato dallignoranza, desideri e azioni, non c rapporto con il corpo o gli oggetti sensoriali. Egli usa le immagini gi in BU IV.3: in suupti non si conosce nulla, proprio come quando due innamorati sono uniti nellabbraccio dellamplesso (BU IV.3.21); il S come un falco che sta senza desideri, volando in stallo, dopo aver vagato in sogno e veglia (BU IV.3.18); o come un pesce che, distaccato, passa da una sponda allaltra della riva di un fiume (BU IV.3.19). Non vi nel sonno profondo una conoscenza particolare (vieajna), ma si conosce ogni cosa in modo indifferenziato, senza distinzione (prajnaghana, MU 3), ove si ha solo una coscienza, pervasiva e illuminante di tutta la condizione causale. Il sonno il seme, la causa delle altre condizioni. Ci mostra la sua posizione primaria, cos come la sua connessione con lignoranza causale. Questultima affermazione determina unambiguit nella descrizione di suupti, infatti Surevara talvolta dice che l non c ignoranza, talaltra dice che lignoranza pervade il sonno profondo (FORT, 1987: 162-163).
Si vedano anche BSB II.1.9, III.2.8-10, poi ChU VI.8.1-7, VI.9.1-4 e VIII.11.1-3, nonch la discussione di Svm Saccidnandendra Sarasvat relativa a BU IV.3.21-32 (1997 [1989]: 98-100). 29 VM nella sua Bhmat ad BSB III.2.7 fuga ogni dubbio residuo: atha tu paramtmaiva npurtatsptidvr suuptisthnam, tato vipartajnanivtte, asti mtray paramtmabhva upayoga. tay hi tvat ea jvas tadavasthno bhavati kevalam. tattvajnbhvena samlakam avidyy sakt jgratsvapnalakaa jvasya vyutthna bhavati , Oltre a ci, per, il supremo tman, attraverso la penetrazione nei canali sottili e nel pericardio, lo stato di sonno profondo e di seguito, per leliminazione della conoscenza erronea, vi il beneficio di una parziale realizzazione del supremo S. Per via di questa, infatti, lanima individuale rimane isolata in quella condizione per, per via della mancanza della conoscenza della realt e per la presenza dellignoranza insieme alla sua radice, si ha il ritorno caratterizzato dalla veglia e dal sonno dellanima individuale
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Innumerevoli sono anche le circostanze in cui ha usato lesempio del sonno profondo per illustrare la condizione della liberazione. Tuttavia, nei suoi scritti, non vi mai una vera e propria identificazione del sogno profondo con la mukti. Il realizzato eternamente libero dai tre corpi e dalle tre condizioni, ha troncato ogni identificazione con i cinque involucri e rimane assolutamente privo di qualsiasi legame. Daltra parte, suupti una condizione e in quanto tale non pu essere incondizionata, per cui essa stessa legame (bandhana). Il solo punto in cui insiste per tracciare una semplice analogia tra suupti e mukti che in entrambe il S rimane senza alcun tipo di legame particolare quali gioie e dolori, parenti, amici, famigliari o quantaltro. Per questanalogia limitata nel tempo: il jva si risveglia da suupti, ripiombando nel caos del divenire, mentre il realizzato non pi preda del sasra e la sua realizzazione non ha fine. Non si dimentichino, per esempio, le definizioni forniteci dagli Advaitin successivi (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 425): suuptir nmvidygocar vidyvttyavasth , il sonno profondo quella condizione in cui c una modificazione dellignoranza che ha come oggetto lignoranza stessa (TRIPH, R. N., 1987: 14). Nel SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 416-424) MS fornisce comunque una definizione ben precisa di suupti, collegandola con gli altri stati di coscienza:30
eva jgratsvapnabhogadvayena na kicid avediam pi rntasya iti jvasya tadubhayakraakarmakaye suupti. tatra

jnaaktyavacchinnasya savsanntakaraasya kratman vasthne sati viramasthna suutpyavasth. kraamtropalabha sukhkram jgratsvapnabhogyapadrthajnbhve skykra avasth jnkra

cvidyy vttitrayam abhyupeyate. ahakrbhvc ca naik viiavtti, suuptyabhvaprasagc ca ... iha ca sukham aham asvpsam, na kicid avediam iti suptotthitasya parmart. ananubhave parmarnupapatte. antakaraopargaklnnubhavajanyatvbhvc ca na tattollekhbhve pi smaraatvnupapatti. smarae tattollekhaniyambhvc ca. jgraddym asvpsam ity anubhavnupapatte ca. ligbhvenraysiddhy cnumanasysabhvt. ahakras tu utthnasamaya evnubhyate. suuptau lnatvena tasynanubhtatvt smaranupapatte Cos quando si ha lesaurimento del karman [= dei frutti dellazione] che causa di entrambi quelli [stati] e quando vi la permanenza nella condizione causale dellorgano interno insieme alle sue impressioni latenti, che qualificato dalla potenza di conoscenza si ha la condizione di sonno profondo il luogo di riposo per lanima individuale che esausta dalla duplice fruizione della veglia e del sogno. [Come si evince dal ricordo] Non conobbi nulla il

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Si confronti anche con lanalisi del VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 3).

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sonno profondo la cognizione della sola causa [= il corpo causale costituito dallignoranza]. Ivi, pur non essendoci la cognizione degli enti fruibili della veglia e del sogno, si accetta una triplice modificazione dellignoranza, in forma del testimone, in forma di felicit e in forma di ignoranza di quella condizione. Inoltre, per la mancanza del senso dellio non vi una sola modificazione [dellorgano interno] qualificata (viiavtti),31 [se ci fosse il senso dellego] non potrebbe darsi il sonno profondo ... Poich, a questo proposito, colui che si destato dal sonno ha un ricordo: Io dormii felicemente, io non conobbi nulla. Se non ci fosse unesperienza diretta [nel sonno profondo] non vi sarebbe possibilit di ricordo. Inoltre, poich manca la propriet dellessere sorti da unesperienza diretta contemporanea alla tinteggiatura [= alla vtti] dellorgano interno, non vi unincongruenza con lessere ricordo, pur mancando la menzione della tatt.32 Nel ricordo, invece, non vi alcuna regola rispetto alla menzione specifica [a quanto sia la] lontananza (tatt). Inoltre, nella condizione di veglia lesperienza diretta Io dormii non possibile [come percezione]. Non possibile neppure linferenza, poich manca il probans (liga = hetu) e il soggetto inferenziale (raya = paka) non stabilito.33 Infatti, il senso dellio viene percepito al momento del risveglio: esso, essendo assorbito durante il sonno profondo, non pu essere esperito, per cui non possibile il suo ricordo 34

Per viiavtti si intende un tipo di modificazione dellorgano interno che sia una cognizione qualificata, ovvero con un qualificante (vieaa), un qualificato (vieya) e un rapporto tra i due (sasarga), come potrebbe essere: Io conosco un vaso (aha ghaa jnmi). Dove il vaso il qualificante, la conoscenza il qualificato e il rapporto tra i due ci che permette laffermazione stessa del soggetto conoscitore di conoscere. Nel sonno profondo non esiste il senso dellio che faccia da collante a un qualificato e un qualificante. 32 Tat indica il pronome relativo quello che si pu usate per qualcuno o qualcosa lontano sia nel tempo sia nello spazio, per cui pu adattarsi facilmente alloggetto di un ricordo, che per sua natura lontano. Tatt il suo astratto e indica lastrazione del contenuto di ogni possibile ricordo. Evidentemente il termine intraducibile in italiano, in inglese si potrebbe tentare con that-ness. 33 In uninferenza tre sono le cose fondamentali: un soggetto inferenziale, ossia un paka sul quale siano presenti un probans (hetu) e un probandum (sdhya). Mediante il ragionamento inferenziale si deve cercare di provare la presenza del probandum nel paka mediante un probans. Evidentemente, la situazione richiede che almeno due dei tre elementi siano direttamente percepibili: il probans e il paka, pena limpossibilit di procedere con linferenza. Poniamo che nellesempio classico dellinferenza Il monte pervaso dal fuoco perch c fumo (parvato vahnimn dhmt) il monte (parvata) il paka, il fumo (dhma) lhetu e il sdhya fuoco (vahni). Qui sul monte si vede un filo di fumo e sinferisce la presenza del fuoco, perch laddove c fumo c anche fuoco (yatra yatra dhmas tatra tatra vahni). Poniamo che non potessimo vedere direttamente o non ci fosse il fumo e nello stesso tempo non ci fosse neanche il monte dalla cima del quale esce il fumo. Come si potrebbe allora inferire il fuoco? Oppure, laddove il paka non fosse comprovato da un qualche prama, o che fosse un ente inesistente come nellesempio classico: il loro del cielo profumato, poich un loto (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 46-47: gaganravinda surabhir aravidatvt sarojravindavat). Non serve di certo dire che il loto del cielo non esiste, per cui il paka stesso, il sostegno primario dellinferenza viene a cadere. Ora, nel nostro caso non presente alcun liga, ossia ragione o segno distintivo che vi sia stato un sonno nel passato poich, una volta che gli occhi siano chiusi, non vi pi conoscenza e ci si assopisce, pertanto cade la possibilit di avere un probans. Ma non solo il paka qui non stabilito. Se noi dovessimo abbozzare questinferenza la sua forma relativa a paka e sdhya sarebbe aha svpavn (io dormii), per abbiamo visto che esiste una mutua opposizione tra aham e svpa, tra io e sonno, in quanto nel sonno profondo scompare ogni traccia di ego, per cui non possibile una contemporaneit dei due. Per tale motivo aham, il paka dellipotetica inferenza, non esiste durante il sonno, per cui asiddha (SB1, ABHYANKAR STR, V., [ED.], 1986 [1928]: 122). 34 Il ricordo qui si riferisce al fatto che mentre nellinferenza comune possibile anche inferire che il monte pervaso dal fuoco per via del fumo che si vede, anche in seguito quando il monte (paka) non pi direttamente percepibile ma solo oggetto di un ricordo. Qui invece, nel sonno profondo il senso dellio assorbito nella sua causa
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Va ricordato anche che lo stesso SB, commentando lespressione suuptyekasiddha, lunico accertato nel sonno profondo del primo loka del Daalok (D) afferma che il S il testimone del sonno profondo. Se cos non fosse la consueta rimembranza (parmara) che si ha al risveglio sukham aham asvpsa na kicid avediam non potrebbe darsi. In suupti, quando la quadripartizione conoscitore, mezzo di conoscenza, conoscenza e oggetto conosciuto smette e devia dalla sua continuit, lunico che pu testimoniare la presenza o lassenza non altri che il S, sempre presente e mai deviante dalla propria natura di conoscenza (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 135-138).35 Un ultimo quesito al quale vorremmo rispondere il seguente. Abbiamo visto e vedremo successivamente che nel sonno profondo ogni ente esterno sia fisico, sia psichico riassorbito e ogni cosa cessa di esistere per il dormiente: suuptikle sakale vilne tamo bhibhta sukharpam eti, Quando nel sonno profondo ogni cosa riassorbita allora [lanima individuale] sopraffatto dalla tenebra [= dallignoranza] attinge una natura di felicit. (Kaivalya Upniad I.13). Abbiamo letto che il sonno profondo corrisponde allinvolucro fatto di beatitudine e al corpo causale, dal quale scaturiscono per aggiunta di accidenti tutti gli altri elementi costituitivi del jva. Nel sonno profondo sappiamo che si ritira tutto laggregato psichico, cio il corpo sottile simmerge nel corpo causale. Il corpo sottile formato da tre involucri: pramayakoa, manomayakoa e vijnamayakoa. Mentre gli ultimi due hanno evidentemente cessato la loro attivit, i cinque soffi vitali, di cui costituito il pramayakoa, rimangono desti e attivi, pena la morte del corpo fisico. Allora, ci si chiede, com possibile una reintegrazione parziale del corpo sottile nella propria causa? Si ha la sensazione che durante il sonno profondo, la mente lasci il corpo fisico sotto il controllo del soffio, penetrando nei canali sottili chiamati hit. stesso in due circostanze (ad PrU IV.3-4 e BSB I.3.8)36 fornisce una spiegazione. Il caso pi interessante e riassuntivo il commento upaniadico. Nel passaggio precedente (PrU IV.2) il saggio Pippalda spiega a Grgya che una volta che lessere (ea purua) giunto al sonno profondo n ode (na oti), n vede (na payati), non percepisce profumi (na jighrati), non gusta (na rasayate), non tocca (na sparate), non parla (na abhivadate), non prende (na datte), non prova piacere fisico (na nandayate), non espelle nulla (na visjate) e non si muove (na iyyate), ma semplicemente dorme (svapiti). Subito dopo lU (IV.3) con una
per cui non lo si pu esperire. Poi, al risveglio non si pu nemmeno inferirne la presenza grazie al suo ricordo, perch nel sonno profondo non mai stato oggetto desperienza. 35 ayam artha tmana suuptisktvn na tatra tadabhva. anyath mho ham sam iti parmaranupapatte. mtmnamitimeyn vyabhicritve pi tadbhbhvaskia klatraye py avyabhicrt 36 Sullo stesso argomento si vedano anche ChU VI.8.1-2 e VIII.3.2; BU II.1.15-17, 19.

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similitudine afferma: prgnaya evaitasmin pure jgrati , i soffi che sono i fuochi invero vegliano in questa citt , laddove il soffio discendente (apna) assimilato al fuoco domestico (grhapatya), il soffio che si muove in tutte le direzioni (vyna) il fuoco delle oblazioni ai Mani (anvhryapacana = dakigni), il fuoco per le oblazioni agli dei (havanya) il soffio ascendente (pra), poich scaturito (prayate)37 dal fuoco domestico, e per via di tale origine (praayant) si chiama cos. Il soffio samna cos chiamato perch conduce egualmente (sama nayati) le due oblazioni (hut), cio linspirazione (ucchvsa) e lespirazione (nivsa); di questo sacrificio la mente il sacrificatore (yajamna) e il risultato desiderato del sacrificio (iaphala) il soffio udna poich conduce (gamayati) quotidianamente (aharaha) il sacrificante [= la mente] al brahman (PrU IV.4). spiega la similitudine chiarendo che come durante il sacrificio agnihotra si da origine, cio si accende il fuoco havanya dal fuoco grhapatya, allo stesso modo pare che nel corpo del dormiente il pra si muova attraverso la bocca e le narici, in quanto si origina dallattivit dellapna. Invece il vyna, che dal cuore si fuoriesce attraverso il canale sottile di destra (dakiasuiradvrea) il dakigni, cio lanvhryapacana, il fuoco rivolto a meridione e usato per le oblazioni ai defunti.38 continua spiegando che come lo hot nellagnihotra quel celebrante che reca al fuoco equamente due oblazioni principali,39 allo stesso modo il soffio samna mantiene un costante equilibrio tra lespirazione e linspirazione, favorendo la vita e il sostentamento corporeo.40 La mente poi assimilata al sacrificante, poich come lo yajamna esplica la sua attivit rimanendo a capo dellaggregato psico-fisico e rimane sveglia dopo aver versato i sensi esterni insieme ai loro oggetti, negli ardenti, cio vigili fuochi del pra poi, questa stessa mente, resta protesa al conseguimento col brahman proprio come il sacrificatore che agogna i cieli quale il frutto dellagnihotra. Infine, il frutto desiderato del sacrificio corrisponde alludna, poich questo soffio conduce allottenimento del frutto. Difatti, il sacrificante identificato con la mente condotto ogni giorno durante il sonno profondo allimmutabile brahman da questo udna, come fosse il
Si fa qui un gioco di parole tipico dei nurukti upaniadici ove con la radice ni, condurre prefissata da pra si vuole intendere un senso affine a produrre, estrarre, trarre. 38 ad PrU IV.3: yasmd grhapatyd agner agnihotrakla itato gni havanya prayate praayant prayate smd iti praayano grhapatyo gni. tath suptasypnavtte prayata iva pro mukhansikbhy sacaraty ata havanyasthnya pra. vynas tu hdayd dakiasuiradvrea nirgamd dakiadiksabandhd anvhryapacano dakigni. 39 Nel rito giornaliero dellagnihotra le oblazioni principali sono due e ognuna rivolta a uno dei due fuochi principali, il grhapatya e lhavanya. 40 ad PrU IV.4: ya yasmd ucchvsanivsau agnihotrhut iva nitya dvitvasmnyd eva tv etv hut sama smyena arrasthitibhvya nayati yo vyur agnisthnyo pi hot chutyor nettvt. ko sau sa samna ... afferma inoltre che per colui che conosce anche il sonno pari a un agnihotra, da questo si deve intendere che il saggio non qualcuno che non compie azioni, infatti, continua ricordando la BU, tutti gli elementi che formano il corpo del saggio, anche mentre questi dorme, eseguono per lui il sacrificio: ata ca vidua svpo py agnihotrahavanam eva. tasmd vidvn nkarmty eva mantavya ity abhiprya sarvad sarvi bhtni vicinvanty api svapata iti hi vjaseneyake
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mondo celeste, dopo che esso ha sottratto la mente anche al vortice delle immagini oniriche.41 qui, pi che fornirci un perch della persistenza dei soffi nel sonno profondo, ci fornisce una spiegazione della loro utilit in quella circostanza. Quella che noi abbiamo trovato come vera e propria spiegazione nel VP, che sinserisce nella discussione relativa ai quattro tipi di pralaya, gi citata nel secondo capitolo (pp. 109-111) (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 396-398):
tatra nitya pralaya suupti, tasy sakalakryyapralayarpatvt.

dharmdharmaprvasaskr ca tad kratmanvasthnam. tena suptotthitasya na sukhadukhdyanupapatti, na v smaranupapatti. na ca suuptv antakaraasya vinena tadadhnaprdikriynupapatti, vastuta vsdyabhve pi tadupalabdhe puruntaravibhramamtratvt, suuptaarropalabhavat. na caiva suptasya paretd aviea, suptasya hi ligaarra saskrtmantraiva varttate paretasya tu lokntara iti vailakayt. yad v antakaraasya dve akt jnaakti kriyakti ceti. tatra jnaaktiviintakaraasya suuptau vino, na kriyaktiviiasyeti prdyavasthnam aviruddham Tra questi la dissoluzione giornaliera il sonno profondo, poich esso della natura della dissoluzione di ogni effetto. In quel momento vi la permanenza nella condizione causale dei meriti, dei demeriti e delle impressioni latenti, pertanto non vi incongruenza con [il ritrovare] piacere, dolore e quantaltro per chi si levato dal sonno e nemmeno incongruo il ricordo [di questi stessi]. Neppure [si dica] che, siccome nel sonno profondo vi lannullamento dellorgano interno, non possibile lattivit del pra e degli altri [soffi vitali] che dipendono da esso [= dallorgano interno]; perch, in realt, anche in assenza della respirazione ecc., la percezione di ci [= della respirazione] solamente un errore percettivo di unaltra persona [che osserva luomo assopito], proprio come la percezione del corpo del dormiente. Neppure [si pu dire che] non vi differenza tra un addormentato un trapassato. In effetti, vi una distinzione, [mentre] il corpo sottile di un dormiente resta proprio l in forma dimpressione residua, [quello] di un morto va allaltro mondo. Oppure [si deve postulare che] esistono due potenze dellorgano interno: la potenza di conoscenza e la potenza dazione. Tra queste, durante il sonno profondo, vi un annullamento dellorgano interno caratterizzato dalla potenza di conoscenza, non di quello caratterizzato dalla potenza dazione. Ergo non contraddittoria la persistenza del pra e degli altri [soffi vitali]

atra jgratsu prgniu upasahtya bhyakarani viay ca agnihotraphalam iva svarga brahma jigamiur mano ha vva yajamno jgarti yajamnavat kryakaraeu prdhnyena savyavahrt svargam iva brahma prati pratisthitatvd yajamno mana kalpyate. iaphala ygaphalam evodno vyu. udnanimittatvd iaphalaprpte. katham? sa udno mankhya yajamna svapnavttirpd api pracyvyharaha suuptikle svargam iva brahmkara gamayati. ato ygaphalasthnya udna.
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Sebbene la prima parte della risposta fornitaci da Dharmarja possa sembrare quantomeno strana e francamente poco condivisibile, nella seconda si evince un effettivo tentativo di risolvere lapparente incongruenza.42

III.3: L A

VEGLIA E LA PERCEZIONE DIRETTA NELL A DVAITA

V EDNTA

Nel presentare la ragione che ci ha condotto a redigere questo capitolo che funge da ponte, ci siamo riferiti al dpadehalinyya. Allo scopo di soddisfare questa connessione concettuale abbiamo scritto a proposito del sonno profondo. Ora, per completare il cerchio attorno al sogno non ci resta che proporre alcune riflessioni sullargomento oceanico della veglia (jgtvasth/jgaraa). Va da s che largomento davvero enorme, per cui ci limiteremo a sommarie considerazioni, prendendo come punto di riferimento quanto della veglia utile sapere rispetto al sogno, inserendola sia nel panorama delle tre avasth, sia come condizione indipendente, entro la quale si gioca gran parte della vita di ogni essere. Anche se non ci sembra il caso di penetrare questioni troppo tecniche, ossia le diatribe tra darana ortodossi ed eterodossi, cos come non v intenzione di trattare le polemiche intestine alle scuole dellAdvaita, quali lAbhsavda, il Pratibimbavda e lAvacchedavda, che sono questioni di grande difficolt e tecnicismo esasperato che ci condurrebbero den lontano dal solco di questo capitolo. Naturalmente, sotto gli occhi di tutti che la condizione di veglia uno stato in cui si fa esperienza del mondo sia fisico sia psichico, mantenendo comunque anche questultimo legato al suo riverbero esterno. In questa condizione lanima individuale (viva), identificata al suo corpo fisico (sthlaarra) congruente con lannamayakoa, fa esperienza del mondo circostante.43 Un primo chiarimento specifico lo forniamo usando le parole di Dharmarja (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 415-416):
jgradda nma indriyajanyajnvasth. avasthntare indriybhvn ntivypti. indriyajanyajna cntakaraavtt svarpajasynditvt

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Si vedano anche le riflessioni di U. Mishra (1929: 319-321) relative a suupti. Vi una breve ma esaustiva analisi nel VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 6-7).

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La situazione di veglia quella condizione di conoscenza sorta dai sensi. Non vi uneccessiva pervasione [della definizione], perch in altra condizione non vi sono i sensi, invece la conoscenza sorta dai sensi intende la modificazione dellorgano interno, poich la conoscenza che la natura intima [di ognuno] (svarpaja) non ha origine

Gi questa definizione (lakaa) ci pone di fronte a un grande tema dellAdvaita Vednta, su cui torneremo tra breve, cio la distinzione tra conoscenza sorta per via di una modificazione dellorgano interno (vttijna) e la conoscenza innata, che non altri che lo stesso S (svarpajna). Al fine di proseguire il nostro particolare processo danalisi, pi fedele a uninterpretazione tradizionale dei temi, piuttosto che a una lettura tipica della storia dei concetti, proponiamo anche alcune considerazioni rispetto alla condizione di veglia che MS tramanda nel SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 398-400). Queste riflessioni ci saranno utili per dimostrare che nella condizione di veglia che si usano i mezzi di conoscenza (prama) e la tripartizione o quadripartizione delle componenti del processo cognitivo ben definita. Sebbene appunto i prama siano tutti relativi alla veglia, certamente, valutate le varie definizioni della veglia, la percezione sensoriale diretta (pratyaka) sembra essere il biglietto da visita pi azzeccato per descrivere jgrat:
indriyavttiklno rthopalabho jgaraam. tatra mrta
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virkhya

bhogya

pratyakdipramaakena vyavahriyamnatvd vyvahrika vivkhyena jvenopabhujyate. sa ca dehendriydiu praved vypakatvd v viva ity ucyate. via praveane, vi vyptv iti ca smarat. atra yady api vivena amrtam avykta45 cnumndin nubhyate, tathpi vyvahrika sarva vivanaiva jyata iti niyamt sthlaarropdhyabhimnitvc ca na tasyvasthntaravypakatvam. uktirajatdijnnm aprmikatvt tadviayasyvyvahrikatve pndriyavypraklnatvt jgaraatvopapatti La condizione di veglia la percezione degli oggetti che si ha durante lattivit sensoriale.46 Ivi lanima individuale, chiamata Viva, esperisce il mondo fenomenico, perch ci che

Glossando il termine Gauabrahmnanda Sarasvat (XVII sec.), il grande commentatore di MS (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 499), nella sua Nyyaratnval, scrive: ajtaviayakadhviayatvena ajtatvt brahmajnt prvam abdhyatvc ca prttiknyadyatvena vyvahrikam , poich, essendo oggetto di una cognizione il cui contenuto non noto, ignota e perch, possedendo una percepibilit differente da quella della realt apparente, la realt empirica non contraddicibile prima [di attingere] la conoscenza di brahman 45 Laltro commentatore del SB r Nryaa Trtha, nella sua Nrya chiarisce cosa sintende per amrta e avykta, cio rispettivamente gli enti onirici e la manifestazione causale indifferenziata del sonno profondo: amrta svpna vastu, avykta sauuptam (IBID.: 499) 46 Sebbene il prama pi rappresentativo della condizione di veglia senza dubbio la percezione diretta, non va dimenticato che la definizione proposta da MS include anche linferenza e gli altri mezzi di conoscenza ammessi
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fruibile, il mondo grossolano (mrta) chiamato Vir pu essere oggetto desperienza attraverso i sei tipi di mezzi di conoscenza a cominciare dalla percezione diretta.47 Questi [= lanima individuale] si dice Viva poich penetrato nel corpo e nei sensi o quantaltro o perch [li] ha pervasi, infatti si ricorda48 [la derivazione del termine dalla radice] vi [che significa] entrare e [dalla radice] vi [che significa] pervadere. Qui, sebbene Viva possa esperire anche enti sottili e indifferenziati grazie allinferenza49 e altri [mezzi di conoscenza], tuttavia, per via della regola da parte di Viva viene conosciuto tutto [luniverso] empirico, siccome vi la sua identificazione con la sovrapposizione avventizia che il corpo grossolano, non si ha [una sua] pervasione anche delle altre [due] condizioni. Poich, inoltre, le cognizioni come quelle dellargento sulla madreperla e altre [simili] non sono sorte da una valida cognizione e, pur essendo il loro oggetto non di natura empirica, tuttavia plausibile il loro essere proprie della condizione di veglia in quanto sono contemporanee allattivit sensoriale

In questa circostanza sembra che il testo indichi come fruitore del mondo di veglia lanima individuale come Viva, che appunto fa esperienza di Vir, che qui appunto la totalit di quanto esiste di grossolano. Una breve spiegazione pare necessaria. Nel passo citato si fa esplicita menzione di una regola (niyama) secondo la quale solo Viva in grado di cogliere il mondo fenomenico. La ragione che si adduce a questo che nello stato di veglia il jva sidentifica con il corpo grossolano e tutto le limitazioni che ci comporta. La questione che il jva assolve il ruolo di soggetto conoscitore del mondo empirico ed protagonista del processo cognitivo (pramt) solamente nella veglia. Premettendo che il Vednta considera, oltre alla preesistenza delleffetto nella causa (satkryavda) e lillusoriet delleffetto rispetto alla causa (vivartavda), anche la presenza della causa nelleffetto. Gli updhi pi impalpabili del jva, quelli relativi alla condizione sottile e a quella causale, sono luno causa dellaltro per
come validi dallAdvaita Vednta. Vedremo tra breve che nella percezione diretta la modificazione dellintelletto in forma di un qualsiasi oggetto sensibile si ha al momento dellattivit sensoriale ed pertanto nata da quellattivit. Lo stesso lo si deve considerare per linferenza ove la modificazione mentale rappresentata dal probandum, nellesempio classico il fuoco, anchessa, anche se in senso indiretto, sorta dallazione degli indriya, attraverso la percezione del paka e dellhetu. Lo stesso dicasi per gli altri prama tutti considerati pratyakopajvya, dipendenti per la loro esistenza dalla percezione diretta. Nel sonno, invece, questa definizione non si applica, perch la via sensoriale preclusa e la mente vaga a suo piacimento. 47 Gli altri prama accettati da Advaitin e Bha Mmsaka sono: linferenza (anumna), la comparazione (upamna), la testimonianza verbale (abda), lassunzione (arthpatti) e la non-percezione (anupalabdhi). Il VP, nelle sue prime sei Pariccheda si occupa di ognuno di questi in modo approfondito. 48 Il termine smarat si riferisce al fatto che le radici nella forma presentata dal testo si ritrovano nel Dhtupha che la tradizione attribuisce a Pini, che evidentemente un testo della smti, nellaccezione pi ampia del termine. 49 Il jva, come Viva, dopo aver fatto esperienza degli oggetti grossolani, in grado di inferire da essi le loro cause sottili oniriche e dalle cause sottili quelle indifferenziate e non manifeste della condizione causale del sonno profondo (SB1, ABHYANKAR STR, V., [ED.], 1986 [1928]: 106).

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cui il causale penetra il sottile e il sottile penetra nel grossolano e non viceversa. Pertanto, entro il Viva che esperisce il mondo di veglia sono presenti (astitvamtra), in modo latente come aggiunte limitanti, la sua potenzialit di essere Taijasa (taijasatva) e la sua propriet di divenire Prja (prjatva), anche se stando in jgtavasth non pu essere inteso come protagonista di un processo cognitivo (pramt) di queste due condizioni. Lo stesso si pu dire quando si esperisce la condizione sottile onirica e lanima individuale diviene Taijasa. Ivi, il jva si liberato del corpo grossolano, ma pesa ancora sulle sue spalle lupdhi della condizione causale e di prjatva, anche se ora pu essere considerato pramt di svapnvasth. Divenuto, infine, Prja il jva si libera anche dellaggiunta sottile e gode della condizione causale, ove, dimentico delle altre due avasth, nuovamente un pramt, per di quella condizione particolare (SB1, ABHYANKAR STR, V. [ED.], 1986 [1928]: 106-107). Lanima individuale dunque pramt in ogni singola condizione, anche se in senso stretto, questo termine si affianca in modo pi armonico a Viva, che meditante vari generi di mezzi di conoscenza (prama) esperisce degli oggetti (prameya) e di questi ha una conoscenza che, come vedremo, pu essere valida (pramti/pram) o erronea (apram). A questo punto per necessario proporre delle altre considerazioni. Com possibile che il supremo S divenga pramt? Come si attua il processo cognitivo durante la veglia? Quanti tipi di percezione ci sono? Per cercare di rispondere a queste domande, come hanno fatto gli stessi seguaci dellAdvaita nel corso dei secoli, useremo questo e i paragrafi successivi. Gli Advaitin ritengono che vera (satya) sia ununica realt, inalterabile (akara), infinita (ananta): il brahman (TaiU II.1.1: satya jnam ananta brahma ). Ogni loro moto teso alla conoscenza (jna) di Quello (tat) e si volge esclusivamente alla realizzazione (sktkra/anubhti) di quel principio assoluto (bhman). Tuttavia, bench il reame assoluto preveda lesistenza di ununica realt, il mondo empirico, nel quale ogni individuo si trova prima di riconoscere la propria natura, sottoposto a condizioni ben precise. Ogni cognizione (jna/dhi/buddhi) ha in s tre fattori fondamentali (tripui): un conoscitore (pramt), un oggetto da conoscere (prameya) e un mezzo valido per acquisire la conoscenza (prama). Ogni cognizione corretta (pram), scaturisce da un processo rigoroso, durante il quale un soggetto conoscitore coglie un ente attraverso una modalit particolare. Lo strumento per giungere alla conoscenza valida (yathrtha) di un oggetto si indica col termine prama: pramkaraa pramam (VS, DVIVED, P. N. [ED.] 2000: 22). Il VP propone, altres, una definizione 220 di pram: pramtvam

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anadhigatbdhitrthaviayakajnatvam, La cognizione corretta quella conoscenza che coglie un oggetto non conosciuto in precedenza e non contraddicibile [successivamente] (IBID.: 22-23).50 NellAdvaita si accettano sei prama, anche se qui introdurremo la sola percezione diretta (pratyaka). Secondo la BU (III.4.1) solamente il brahman sempre immediatamente presente e direttamente percepibile: yat skd aparokt brahma La luce del principio illumina luniverso intero tanto che ogni atto cognitivo lespressione della pura conoscenza attraverso un modo mentale (vtti). In questo panorama si distinguono due tipi di conoscenza: la conoscenza pura e perfetta, che lassoluto stesso (svarpajna) e la conoscenza empirica, mediata dallatto cognitivo stesso, che si estrinseca attraverso le trasformazioni mentali (vttijna) ed capace di eliminare solo lignoranza relativa a un certo oggetto (PELLEGRINI, 2009: 73-74).51 Questaffermazione presta il fianco a un prvapakin che il VP esterna in questo modo (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 46-49):
nanu caitanyam andi tat katha cakurdes tatkaraatvena pramatvam iti. ucyate. caitanyasynditve pi tadabhivyajakntakaraavttir indriyasannikardin jyata iti vttiviia caitanyam dimad ity ucyate jnvacchedakatvc ca vttau jnatvopacra. tad ukta vivarae antakaraavttau jnatvopacrd iti ... [Obbiezione:] Per caitanya privo dorigine, allora com possibile affermare lessere mezzi di corretta conoscenza della vista e degli altri [sensi] quando essi ne [= di caitanya] sono

50 Nella definizione il termine anadhigata, non precedentemente conosciuto, vuole escludere qualsiasi ente, oggetto di ricordo (smtivyvtta). Il termine abdhita, invece, scansa la definizione dal tracimare nella conoscenza erronea (bhramajna), la quale contraddetta. Una delle cause pi plausibili per lesclusione di smti, da pram, la sua natura mediata, riprodotta. Infatti, come sostiene anche il TS (ATHALYE, 1988 [1897]: 21-22), la memoria saskramtrajanya jnam, una cognizione nata solo dalle impressioni latenti e, queste impressioni, sono state accumulate nellorgano interno (antakaraa) grazie a una precedente esperienza diretta (prvnubhava), per cui la novit di una conoscenza appare essere un suo aspetto fondamentale (DATTA, D. M., 1997 [1930]: 18-21). 51 Traduciamo e tradurremo la parola vtti come trasformazione mentale o trasformazione dellorgano interno, basandoci sulla definizione del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 63): tath taijasam antakaraam api cakurdidvr nirgatya ghadiviayadea gatv ghadiviaykrea pariamate, sa eva parimo vttir ity ucyate Oltre a ci, si veda sempre il VP (IBID.: 48-49) che, citando BU I.5.3, spiega come la vtti (= dhi) sia una propriet della mente, ossia dellorgano interno. La natura della vtti anche molto cangiante. Nonostante ci, una volta che un oggetto particolare divenuto il contenuto della vtti essa rimarr forgiata a immagine e somiglianza di quelloggetto fintanto che non vi sia la percezione di un altro oggetto e, di conseguenza, una nuova vtti della forma di questo. NellAdvaita, infatti, si considera che in un momento lintelletto pu essere occupato da uno e soltanto un pensiero. Nel VP (IBID.: 30-31) scritto: ki ca siddhnte dhrvhikabuddhisthale na jnabheda, kintu yvad ghaasphuraa tvad ghakrntakaraavttir ekaiva, na tu nn, vtte svavirodhivttyutpattiparyanta sthyitvbhyupagamt , Inoltre, nella [nostra] dottrina non vi differenza di cognizione nemmeno nel caso della cognizione con continuo flusso di un unico contenuto, bens finch si ha la rivelazione di un vaso, fino ad allora la modificazione dellorgano interno che ha la forma del vaso una solo, non di certo molteplice, poich si accetta la permanenza di ununica modificazione finch non sorge unaltra modificazione a essa contraria La dhrvhikabuddhi quel tipo di cognizione in serie che ha come contenuto un unico oggetto, finch non interviene una cognizione differente a bloccarla, per esempio: aya ghaa, aya ghaa, aya ghaa,

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gli strumenti? [Risposta:] Si risponde che sebbene caitanya sia privo dorigine, la modificazione dellorgano interno che lo [= caitanya] rivela sorge dal contatto sensoriale o quantaltro, pertanto si dice che caitanya qualificato dalla modificazione mentale ha unorigine e poich [la modificazione mentale] capace di delimitare la conoscenza, allora si fa un uso secondario [del termine] conoscenza riguardo alla modificazione mentale. Questo stato affermato nel Vivaraa:52 poich vi un uso secondario del termine conoscenza in riferimento alla modificazione dellorgano interno

Per via della sua natura stessa la conoscenza quale vtti estremamente mutevole, in quanto si modella a seconda della miriade di oggetti che coglie (vastutantra).53 La conoscenza suprema invece, seppure illimitata, unica, indivisibile e privo d'attributi nel processo cognitivo si riflette in molteplici modalit, cos da essere delimitata (avacchinna) da varie limitazioni o qualificazioni (avacchedaka). Questo trittico (tripui), in termini vedntici, si esprime cos: il pramt, diventa antakaravacchinnacaitanya, caitanya delimitato dallorgano interno, prama antakaraavttyavacchinnacaitanya, caitanya delimitato dal mutamento dellorgano interno, mentre viayvacchinnacaitanya, caitanya delimitato dalloggetto, il prameya (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 61-62). Ma come pu caitanya essere indicato come avaccchinna, poi da un semplice aggregato psichico, come lorgano interno? Innanzitutto, si deve pure ricordate che quando nellAdvaita Vednta parliamo di caitanya, esso pu assumere connotati apparentemente limitati solo nel suo domino vyvahrika, non di certo nella sua costante ed eterna realt pramrthika. In pi, lAdvaita pretende per s il posto supremo di legittimo interprete delle Upaniad e se la BU (III.4.1)
Il Pacapdikvivaraa il testo principale di Praktman (fine X sec.) che inizi la scuola intestina allAdvaita rivale della Bhmatprasthna iniziata da VM, che prende le mosse dal testo stesso e si viene a titolare Vivaraaprasthna e la dottrina pi rappresentativa di questa il Pratibimbavda. 53 , commentando il BS I.1.2 scrive vikalpans tu puruabuddhyapek. na vastuythtmyajna puruabuddhyapekam. ki tarhi? vastutantram eva tat. na hi sthv ekasmin sthur v puruo nyo veti tattvajna bhavati. tatra puruo nyo veti mithyjnam, sthur eveti tattvajnam, vastutantratvt. eva bhtavastuviay prmya vastutantram. tatraiva sati brahmajnam api vastutantram eva, bhtavastuviayatvt , Le alternative sono determinate dallintelletto delluomo, mentre la conoscenza secondo verit di un ente non dipende dallintelletto di un uomo. [Domanda:] [Da] cosa [dipende] dunque? [Risposta:] Quella dipende solo dallente. Di certo [laffermazione] a proposito di un unico tronco Questo un tronco, una persona o altro? non una conoscenza veritiera. Ivi una persona o altro? una conoscenza falsa, mentre Questo un tronco! una conoscenza valida, poich coincide con la natura dellente stesso. Ugualmente, la validit [delle conoscenza] i cui oggetti sono enti gi sempre reali (bhtavastu = siddhavastu [= brahman]) dipende dalla natura dellente; a questo proposito, dunque, stando cos le cose anche la conoscenza del brahman dipende dal principio [conosciuto], poich ha come contenuto unentit sempre esistente In un altro contesto (BGB ad II.16) si trova a dover inquadrare il reale (sat) attraverso una modalit certamente peculiare, ossia definendo la percezione veridica in termini di assenza di mutamenti, cosicch una cognizione che non devia dalla natura del suo contenuto reale, mentre se devia non lo . In un simile contesto, nel BSB II.1.11 sottolinea che la conoscenza corretta (samyagjna) un una natura unica (ekarp) poich dipende dalloggetto piuttosto che dalla volizione del percettore (BROOKS, 1969: 389).
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ruggisce yat skd aparokt brahma, allora la valutazione vedntica si ricalca su questo perentorio monito della scrittura. Per questo motivo ci che percepiamo e ogni altra cosa non pu che essere il brahman, uddhacaitanya. Allora anche l'oggetto percepito, il percettore e il medium percettivo devono essere tali. Ma, se fossero solo caitanya sarebbero indivisi, non percepibili distintamente, tanto da rendere inspiegabile la percezione diretta. Allora interviene un qualcosa a delimitare, anche se in modo fittizio, lonnipervadenza e lindivisibilit di caitanya. Questo agente limitante, secondo i casi, un avacchedaka. La questione che esistono tre tipi di avacchedaka, limitatori o delimitatori, che rendono qualcosa avacchinna, limitato o delimitato. Per cui, un avacchedaka ci che delimita la funzione o il campo d'azione di un ente, rendendolo differente da un altro ente. Si contano tre avacchedaka: vieaa, il qualificante, updhi, la sovrapposizione avventizia e upalakaa, un indicatore, un qualcosa che distingue un ente da un altro ma che non si trova in contatto con lente in questione al momento della sua percezione.54 La conoscenza che si dice vttijna in quanto cognizione partecipa della natura luminosa della conoscenza stessa e per espletare la sua funzione illuminante ha bisogno di un tramite, ossia lantakaraa.55 In questo caso, lantakaraa lupdhi di caitanya, che lo rende, illusoriamente condizionato (upahita) o limitato (avacchinna). Si consideri lesempio
Sebbene il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 115-116: vieaa ca kryynvayivyvartakam. updhi ca krynanvay vyvartako vartamna ca ) dia una spiegazione pi semplicistica, anche se sufficiente, il Prof. Prasantha Dvived e il Prof. Rma Kiora Triph con cui abbiamo studiato il VP, ci hanno fornito delle definizioni (lakaa) pi complesse e convincenti dei tre avacchedaka, nonch la seguente derivazione: avachintti anyebhyo vyvartayati ity avacchedaka. sa trividha vieaam updhir upalakaa ceti. vidyamnatve sati vidheynvayitve sati itaravyvartaka vieaam. yath nlo ghaa. vidyamnatve sati vidheynanvayitve sati itaravyvartakam updhi. yath karaakulyavacchinna nabha rotram. avidyamnatve sati vidheynanvayitve sati itaravyvartakam upalakaam. yath kkavanto devadattasya gh., Il limitatore divide, separa dagli altri. Esso di tre generi: il qualificante, la condizione avventizia e lindicatore. Il qualificante il [limitatore] che in grado di distinguere dagli altri [enti] quando [lente a cui si applica ] caratterizzato dalla [sua] presenza e dalla [sua] relazione con lente, come [per esempio] un vaso blu [= oppure scuro]. La condizione avventizia il [limitatore] che in grado di distinguere dagli altri [enti] quando [lente a cui si applica ] caratterizzato dalla [sua] presenza e dalla [sua] mancanza di relazione con lente, come [per esempio] ludito letere delimitato dal condotto auricolare dellorecchio. Lindicatore il [limitatore] che in grado di distinguere dagli altri [enti] quando [lente a cui si applica] non caratterizzato dalla [sua] presenza e dalla [sua] mancanza di relazione con lente, come [per esempio] la casa di Devadatta quella con un corvo. Mentre nel primo caso il blu una qualificazione effettiva del vaso ed indissolubile dal vaso stesso, tanto che rimarr finch il vaso rimarr. Nel caso dellesempio dellupdhi si dice udito letere delimitato dai contorni del condotto auricolare, ma quando questo perimetro sar eliminato, letere ritorner nella sua forma illimitata e priva di condizionamenti. Infine, il terzo un esempio in cui il corvo sulla casa di Devadatta stato presente solo al momento di una prima percezione, ma n aveva qualche relazione duratura e specifica con essa, n costituisce una qualit propria di essa. Una volta volato via non ve ne sar pi traccia. Tuttavia, nel momento in cui qualcuno ha visto per la prima volta la casa di Devadatta e su di essa un corvo appollaiato, si ricorder di quella per il corvo che aveva visto quellunica volta, fermo restando il fatto che il corvo potrebbe non rivedersi pi. Una sola nota tecnica che nellesempio dellupalakaa si usata la forma al maschile del termine gha, casa (solitamente al neutro) e, quando la parola si declina in questo genere possiede solo il plurale (nityabahuvacana). 55 Rispetto alla natura dellantakaraa non semplice evincere una teoria complessiva in anche se vi troviamo gi la quadripartizione delle funzioni (BSB II.3.6) o luso per esso stesso di quattro differenti nomenclature (BSB II.4.6): manas, buddhi, vijna o ahakra e citta. Si vedano i passi corrispondenti in VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 97-98). Per la discussione relativa a manas come indriya o meno rimandiamo ancora al VP (IBID.: 55-57), Mayeda (1968-69: 225228), Bilimoria (1980: 36-37), D. M. Datta (1998 [1930]: 40-61) e B. Gupta (1995 [1991]: 154-156).
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delletere. Letere contenuto in un vaso A, non differente dalletere contenuto in un vaso B, perch entrambi sono pervasivi e unici, tuttavia a causa della diversit dei due vasi, dei due limitatori (updhi), anche un ente illimitato come letere, diviene limitato (updheya) e appare molteplice, diversificato e provvisto di parti. Insomma, a causa dellupdhi che lupdheya appare diviso e confinato. In questo panorama, spesso in polemica con altri darana e in modo particolare col Nyya, lAdvaita Vednta presenta vari tipi e suddivisioni di percezione diretta. Prima di considerare la percezione mediante le lenti del VP, sar opportuno proporre una digressione su pratyaka nellAdvaita in generale. I maestri Advaitin antichi non si curarono dellaspetto empirico della conoscenza (vttijna), ma rimasero arroccati esclusivamente nella roccaforte non duale della metafisica, con lunico cruccio di stabilire lillusoriet del mondo e la realizzazione dellidentit col supremo. Secondo S. N. Dasgupta (1991 [1922], VOL. 2: 105-106) Praktman fu il primo a spiegare il processo percettivo in termini vedntici. In seguito, grande precisione e completezza fu raggiunta da MS e Dharmarja. , pur non occupandosi direttamente del cosiddetto pramastra, accetta che la conoscenza empirica sorga dai mezzi di conoscenza e, come abbiamo anticipato qui sopra, dipende dalla natura delloggetto sensibile (vastutantra) e non da un capriccio delluomo (puruatantra) e da una particolare ingiunzione (codantantra) (BSB I.1.2, I.1.4). Egli riconosce inoltre il senso dei mezzi di conoscenza, sostenendo che ogni cosa (sarvapadrtha) stabilita (siddhi) attraverso la testimonianza autorevole (abda), linferenza (anumiti) e altri mezzi di conoscenza (UpS II.18.133).56 Il S invece di per S stabilito per sua propria natura (svapramaka, svatasiddha), per cui non dipende da alcun mezzo di conoscenza, relegato al dominio dellignoranza (avidyvatviaya, adhysabhya ad BSB I.1.1). Cionondimeno i prama sono utilizzati al fine di saperne di pi sulla natura di tman (US II.18.134) e anche degli enti differenti da tman (antman, US I.2.93), anche se egli non si d pena allo scopo di proporne una definizione (MAYEDA, 1968-1969: 221-223). Giungendo poi alla visione di Dharmarja, questi al fine di mostrare un pi accurato e completo processo percettivo, fornisce un criterio (prayojaka), una caratteristica di definizione (tantra), che non , come vogliono i Naiyyika, il contatto dei sensi con i loro
in alcuni passaggi del BSB (I.3.8, III.2.24, IV.4.20) accetta la percezione diretta e linferenza come mezzi di conoscenza, anche se l esse sembrano avere un significato considerevolmente differente, cio rappresentano rispettivamente la ruti e la smti. Praktman invece ne usa quattro principali: pratyaka, anumna, arthpatti e abda. Solo MS e poi Dharmarja ne indicheranno chiaramente sei. In non si comprende con precisione quanti e quali siano i mezzi di conoscenza, anche se se ne contano come certi tre: pratyaka, anumna e abda (MAYEDA, 1968-69: 223224).
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oggetti,57 bens la non differenza, lidentit (abheda) tra vari tipi e gradi di caitanya condizionato.58 Per essere precisi, il processo del VP possiede due distinte fasi o criteri di percezione, cio la determinazione del carattere percettivo tanto della cognizione stessa (jnagatapratyakatva), quanto delloggetto (viayagatapratyakatva) (BILIMORIA, 1980: 35-36). La percepibilit della cognizione (jnagatapratyakatva) ha come criterio fondamentale (prayojaka) lunione (abheda) di questi tre modi di caitanya.59 La modificazione dellorgano interno esce attraverso i canali dei sensi e si congiunge alloggetto, lo pervade e mutandosi nella forma di quello (viaydykrapariama), elimina la patina di ignoranza che lo avvolgeva (varaabhaga).60 In questo processo, lorgano interno non pu disgiungersi
La complessa teoria della percezione Naiyyika, riassunta dal TS (ATHALYE, 1988 [1897]: 29-34) si fonda su due definizioni. La prima quella pi conosciuta : indriyrthasanikarajanya jna pratyakam , La percezione diretta quella conoscenza che sorge dal contatto dei sensi con gli oggetti Questa definizione per esclude (avypta) leterna percezione di vara e degli yogin realizzati che, al fine di conoscere ogni cosa perfettamente e simultaneamente, non hanno alcun bisogno di strumenti percettivi quali le facolt sensoriali. La seconda definizione, proposta nella Tattvacintmai da Gageopdhyya, comune anche a essi (varapratyakasdhraa): jnkaraaka jna pratyakam, la percezione diretta quella conoscenza che non ha unaltra conoscenza come strumento Questa definizione indica che ogni altra cognizione sorta dagli tre prama differenti dal pratyaka ha bisogno di una base, di uno strumento su cui fondarsi che proprio la percezione diretta. Evidentemente, per esistere, la percezione diretta non pu avere bisogno della percezione diretta (TS/NB, IBID.: 30-31). I Naiyyika, comunque, partendo da NySBV di Udyotakara svilupparono la prima teoria mostrando sei differenti tipi di contatto sensoriale: sayoga, sayuktasamavya, sayuktasamavetasamavya, samavya, samavetasamavya e vieaaviayabhva. 58 VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 101): na nndriyajanyatva pratyakatve tantra ditatvt. kintu yogyavarrtamnaviyakatve sati pramacaitanyasya viayacaitanybhinnatvam ity uktam 59 Il termine prayojaka indica il criterio, ossia le condizioni o le circostanze entro le quali pu avvenire qualcosa. NellAdvaita sia la conoscenza nel senso di modificazione mentale, cio antakaraavttyavacchinnacaitanya, sia loggetto (viaya), sono percepibili. La prima percezione avviene quando semplicemente diciamo Questo un vaso (aya ghaa), in quanto questa conoscenza stessa viene percepita. Ma anche il contenuto di questa cognizione, ossia il vaso anchesso percepito. Il nocciolo della discussione si svolge attorno alla diatriba con i Naiyyika rispetto a vyavasya, la prima percezione o impressione che si ha di un oggetto aya ghaa e la successiva cognizione che si ha di conoscere quelloggetto (anuvyavasya): ghaam aha jnmi (si veda la nota 99 del capitolo II). Per gli Advaitin questo non si pu sostenere, in quanto la conoscenza (caitanya) onnipervasiva, che si trova simultaneamente nelloggetto, nellantakaraa e nella vtti, percepisce ogni cosa per prima. In verit in caitanya non esiste alcun tipo di differenziazione (bheda), suddivisione o parte (avayava), per, quando si sovrappongono degli updhi esso diviene tripartito, come qui sopra descritto. Quando per avviene lunificazione (abheda) tra pramacaitanya e viayacaitanya in quel momento si ha la percezione anche della cognizione (jnapratyaka). In questo momento si conosce non solo loggetto ma anche di conoscere loggetto (jato ghaa, ghaam aha jnmi, ghaajnavn aha). Comunque, la definizione del testo la seguente (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 101): yogyavartamnaviayatve sati pramacaitanyasya viayacaitanybhinnatvam e il suggestivo esempio che si da della situazione recita cos (IBID.: 63): tatra yath tagodaka chidrn nirgatya kulytman kedrn praviya tadvad eva catukodykra bhavati, tath taijasam antakaraam api cakurdidvr nirgatya ghadiviayadea gatv ghadiviaykrea pariamate, sa eva parimo vttir ity ucyate , A questo proposito come lacqua di un bacino dopo essere uscita da unapertura ed essendo penetrata attraverso i canali di irrigazione nei campi assume un aspetto quadrangolare [= congruente alla forma dei campi stessi], allo stesso modo anche il luminoso organo interno, essendo fuoriuscito attraverso i canali della vista e degli altri [sensi] ed essendo giunto al luogo delloggetto, [che pu essere] un vaso o quantaltro si tramuta nella forma delloggetto, cio del vaso o altro ancora. Quella modificazione si dice vtti 60 Mentre nella nota 51 stata presentata la natura della vtti, qui si fa riferimento alla funzione della vtti. Leliminazione della copertura dignoranza che avvolgeva loggetto da parte della modificazione dellorgano mentale appunto il motivo del postulare la vtti da parte della scuola Advaita interna al Pratibimbavda, conosciuta come ekajvavda, per cui lanima individuale caitanya condizionato [= limitato] dallignoranza: s cntakaraavttir varabhibhavrthety eka matam. tath hi avidyopahitacaitansyasya jvastvapake Laltro punto di vista mantiene che la vtti serve a fine di stabilire una connessione tra il pramt e il prameya e questa causa, perorata da un altro punto di vista Advaitin non meglio specificato, prevede la definizione del jva come lanima individuale illimitata
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dalla

sua

modalit,

per

cui,

gi

alluscita,

vttyavacchinnacaitanya

antakaravacchinnacaitanya sono una sola cosa. Poi, quando queste due si congiungono a caitanya qualificato dalloggetto (prameyacaitanya), si ha la percezione (MAYEDA, 19681969: 228-229; BILIMORIA, 1980: 38-39). Completiamo brevemente questa carrellata sulla percezione saltando a piedi pari il complesso discorso sulla validit (prmya) intrinseca (svata) o estrinseca (parata) della conoscenza, ma proseguendo sul medesimo solco tracciato dal VP che adatta, a nostro avviso fedelmente, un complesso percorso di adattamento della dialettica alle dottrine vedntiche. Qualche riga pi su abbiamo accennato al secondo genere di percepibilit menzionato nel VP, la percepibilit relativa alloggetto viayagatapratyakatva. Il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 85-86), fedele alla questione principale della unicit e indivisibilit di caitanya, presenta in questi termini la definizione di viayagatapratyakatva: ghader viayasya pratyakatva prmtrabhinnatvam , La percepibilit delloggetto, quale il vaso o altri ancora la non differenza dal percettore quando per non differenza dal percettore anchessa intesa in senso tecnicamente e squisitamente vedntico:
pramtrabhedo nma na tvad aikya kintu pramtsatttitiktasattkarvbhva. tath ca ghde svvacchinnacaitanydhyastatay viayacaitanyasattaiva ghadisatt adhihnasatttiriktaty ropitasatty anagkrt. viayacaitanya ca prvoktaprakrea pramtcaitanyam eveti pramtcaitanyasyaiva ghadyadhinatay pramtsattaiva ghadisatt nnyeti siddha ghader aparokatvam La non differenza dal percettore non lunit con esso bens la mancanza del

possesso di unesistenza differente dallesistenza del percettore. Cos, siccome il vaso e altri oggetti sono sovrapposti su caitanya delimitato da essi stessi, invero lesistenza della consapevolezza delloggetto lesistenza dei vasi o quantaltro, poich non accettata lesistenza dellesistenza delloggetto sovrapposto indipendente dal proprio fondamento In questo caso sembra quasi di leggere unaffermazione Vijnavdin, ove lesistenza dellente percepito dipende unicamente dal percettore interno, il riflesso di caitanya

caitanya avente come sovrapposizione limitante lignoranza: sabandhrth vttir ity apara matam. tatrvidyopdhiko paricchinno jva (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 416-418).

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sullorgano interno (cidbhsa).61 Nonostante, per, la somiglianza con il punto di vista Yogcra, si staglia comunque una differenza sostanziale. La natura realmente empirica degli oggetti esteriori non viene negata, bens si afferma con decisione che allo scopo di cogliere un oggetto fondamentale la presenza attenta e vigile del soggetto conoscitore, pena la mancata percezione. osservato anche nella vita di tutti i giorni che se qualcuno ha i propri pensieri altrove non si rende conto di quanto gli accade di fronte. Ma il VP, oltre a questatteggiamento che potremmo definire psicologico, pone un effettivo precetto dottrinale. Ogni cosa, sia essa manifestazione fisica, psichica o causale sovrapposta sul S e non assolutamente accettabile lesistenza indipendente dal suo sostrato, dal suo fondamento (adhihna)62 di un ente sovrapposto. Prima di passare ad altro argomento, vorremmo anche menzionare anche qualche altro genere di percezione nominata dagli Advaitin.63 Dharmarja riconosce (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 98-100), come i Naiyyika,64 altri due tipi di percezione, quella indeterminata (nirvikalpaka) e quella determinata (savikalpaka).
Un altro concetto importante, che solamente menzioniamo quello concernente bhsa riflesso, falsa apparenza, di cui i termini pratibimba (US II.5.4), praticchy (BUB IV.3.7), chy (US II.12.6, II.14.33) rappresentano dei sinonimi. Quando il riflesso dellauto-luminoso S (caitanyapratibimba, US II.5.4) pervade lintelletto che, per sua natura, inerte ma dotato di capacit dazione, allora buddhi, per via di quel riflesso, appare falsamente (bhsa) come il conoscitore dotato di consapevolezza (bodha). A questo punto lintelletto, illuminato dal S, in grado di percepire gli oggetti esterni (US II.18.155, 157). Nonostante ci, come il volto riflesso da uno specchio differente dal volto stesso, cos il S differente dal suo riflesso sullo specchio limpido dellintelletto (US II.18.32-33, 40-46, 87) (MAYEDA, 1968-69: 232-233). Nel VP il termine cidbhsa, ossia ancora il riflesso di brahmacaitanya sullorgano interno, sembra anche congruente con la vtti. Esso, infatti, fuoriesce insieme allantakaraa e si modella trasformandosi una volta venuto a contatto con il dato percettivo, identificandosi con esso (BILIMORIA, 1980: 38). Si veda anche la lunga e dettagliata trattazione di S. Timalsina (2006: 69-101) e larticolo di A. O. Fort su questo stesso concetto nella PD (2000: 497-510). 62 Nel contesto della discussione delladhysa, Sarvajtman nel suo Sa (I.31-36) si trova a dover rispondere a unobbiezione relativa alla mutua sovrapposizione (itaretardhysa) del mondo fenomenico e del S (I.31 e III.239). Se, dunque, ogni cosa che sia sovrapposta successivamente negata, come avviene nel caso dellargento sovrapposto allelemento idam (questo) della madreperla, allora se ltman e lesistenza fenomenica sono mutualmente sovrapposti, ne segue che saranno entrambi negati e quindi si avr solo il vuoto. Sarvajtman ovvia a questa difficolt distinguendo tra adhihna e dhra. Lelemento presentato in relazione alloggetto sovrapposto detto dhra, mentre lelemento di cui si ha una percezione erronea, la quale conduce alla presentazione di un altro ente rispetto a quello che ci sta di fronte, detto adhihna. Ldhra dunque, nella percezione erronea dellargento sulla madreperla ida rajatam (questo argento), il questo (idam) connesso con largento illusorio, mentre ladhihna la vera madreperla la cui conoscenza pone fine allallucinazione ma che non appare mai in essa. Difatti, fintanto che percepiamo largento illusorio non si pu cogliere la madreperla, poich la percezione di essa cancella largento. Ldhra funge dunque da nesso tra largento falso e la madreperla vera, per cui loggetto dellignoranza specifica relativa alla madreperla identico alla base reale dellillusione (GUPTA, 1995 [1991]: 128-129). 63 Ricordiamo, succintamente, anche la suddivisione del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 146-151) in conoscenze percettive risultanti dal contatto sensoriale (indriyajanya) e quelle scaturite senza il contatto dei sensi (indriyjanya), come la percezione di piacere, dolore o quantaltro (sukhdipratyaka), corrispondenti rispettivamente alla percezione esterna (bhyapratyaka) e interna (ntarapratyaka) o mentale (mnasapratyaka) del Nyya (MAYEDA, 1968-69: 229). 64 Anche i seguaci del Nyya accettano questa suddivisione della percezione diretta (ATHALYE, 1988 [1897]: 29-31): indriyrthasanikarajanya jna pratyakam. taddvividha nirvikalpaka savikalpaka ceti. tatra viprakraka jna nirvikalpaka yatheda kicit. saprakraka jna savikalpaka yath ittho ya, brhmao ya ymo yam iti , La percezione diretta quella conoscenza sorta dal contatto dei sensi con i loro oggetti. Quella di due tipi: indeterminata e determinata. Tra questi due la conoscenza indeterminata priva di qualificazione, come [per esempio] Questo qualcosa ; la conoscenza determinata invece provvista di una qualificazione, come [per
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Questultima un tipo di conoscenza capace di veicolare la particolare relazione tra qualificato (vieaa) e qualificante (vieya) ed dunque: vaiihyvaghi jnam, come Io percepisco il vaso (ghaam aha jnmi); la percezione diretta indeterminata invece priva della capacit di veicolare la relazione (sasarga) tra vieaa e vieya (sasargnavaghi jnam), come accade nellesempio del riconoscimento (pratyabhij): Questo quel Devadatta! (so ya devadatta).65 Lultimo genere di percezione diretta peculiare del VP (DVIVED, P. N., 2000: 114-115, 129-133) lulteriore duplice suddivisione in percezione dovuta al jvaskin e la percezione dovuta allvaraskin (CHATTERJEE DRAVID, 1979: 28-29; FORT, 1984: 285-286), che per non si riscontra nei lavori di . Il testo, prima di analizzare cosa siano quei due tipi di pratyaka definisce i due concetti ai quali legata la percezione diretta in questo senso. Tanto il jva, quanto vara, sono entrambi forme di caitanya, anche se sono qualificate (avacchinna/viiha) in modo differente. Daltra parte il testimone, leterno e immobile osservatore (skin) associato a ognuno dei due , a seconda della circostanza, condizionato (upahita) in modo differente. La definizione che si fornisce del jva jvo nmntakaravacchinnacaitanyam, ... lanima individuale caitanya delimitato dallorgano interno , mentre il suo testimone tatski tv antakaraopahitacaitanyam , il suo testimone, invece, la caitanya condizionato dallorgano interno La partita si gioca sulla differenza tra qualificazione o attributo (vieaa) e condizione limitante avventizia (updhi) nei termini che abbiamo

esempio] Questo ittha [= nome proprio], questo un brhmaa, questo scuro. Mentre nel Nyya laccento rispetto ai due tipi di percezione posto alla cognizione del prakra ossia del modo qualificante proprio delloggetto sensibile; nellAdvaita si pone laccento sul rapporto (vaiihya = sabandha) tra la qualificazione e lente che ne qualificato. In ogni modo, le prospettive sono molto simili. La Nyyabodhin al TS (TS/NB, IBID.: 31) aggiunge che la percezione determinata dunque una conoscenza priva di modalit qualificante (prakrat) che diversa, per cui un quarto tipo di contenuto (caturth vaayat), dai tre modelli contenutistici proposti dal Nyya per predicare una conoscenza qualificata: giudizio espresso sulla base del qualificante (prakratnihaviayat), giudizio espresso sulla base del qualificato (vieyatnihaviayat) e giudizio espresso sulla base del rapporto tra i due (sasargatnihaviayat). La percezione indeterminata priva di tutti e tre i canoni. Oltre a questa suddivisione, il Nyya accetta anche unaltra divisione in percezione diretta ordinaria (laukika) e straordinaria (alaukika). Il primo caso appunto quello dei sei tipi di percezione sopra (n. 57) menzionati, mentre il secondo caso comprende tre generi di percezione, criticati e non condivisi dagli Advaitin, fatta eccezione per lultimo. Abbiamo dunque, nel commento alla Krikval intitolato Nyyasiddhntamuktval (ad I.63-65), la smnyalakaasannikara, jnalakaapratysatti e yogajasannikara (MATILAL, 1961: 286-292). Si veda qui sotto la nota n. 181. 65 Lesempio addotto da Dharmarja unico nella storia dellAdvaita Vednta, in quanto secondo lui anche la conoscenza sorta da un riconoscimento del tutto percettiva nel suo carattere, per cui anche il riconoscimento della propria natura, ossia quella conoscenza sorta dallascolto (ravaa) e dalla comprensione profondo del mahvkya tat tvam asi (ChU VI.8.7 e ss.) di natura percettiva. Secondo alcuni maestri Advaita se questo punto di vista dovesse affermarsi si incorrerebbe in un grosso errore, poich la conoscenza si avrebbe direttamente con laudizione del mahvkya sicch la riflessione su di esso (manana) e la costante meditazione sul suo significato (nidhidhysana) predicate dalla ruti (BU II.4.5, IV.5.6) sfocerebbero nellinutilit (vaiyarthypatti), conclusione intollerabile per gli Advaitin, ortodossi interpreti del jnaka.

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accennato qui sopra (nota 54) e se lorgano interno costituisce il vieaa o lupdhi dellanima individuale (antakaraasya vieaasyopdhitvbhym anayor bheda ). Lorgano interno , per sua natura, inerte (jaa) e privo di consapevolezza propria (acetana). Quandanche sembri possederla, gli viene dal riflesso della luce di tman. Per questo motivo la relazione tra caitanya e antakaraa solamente che questultimo in qualche modo qualifica caitanya, limitandolo tanto da renderlo jva. Di contro, quando si parla dellanima individuale conscia di qualcosa, si sta predicando il S attraverso lente di cui esso testimone. In definitiva questo contenuto oggetto di caitanya stesso e non dellorgano interno che fattore differenziante del S, pertanto tman come testimone si definisce attraverso un updhi, una condizione accidentale e avventizia piuttosto che una caratteristica permanente come potrebbe essere una qualificazione (vieaa) (POTTER, 1988: 111).66 Il jva, appunto, non altri che caitanya, anche se profondamente legato allorgano interno che ne costituisce un attributo qualificante. Il testimone, daltro canto, essenzialmente limmutabile spettatore di tutti i cambiamenti di ogni singolo jva. Se non si ammettesse che ogni jvaskin osservatore solo di un singolo jva, si dovrebbe accettare la scomoda posizione per cui ci che percepito da un persona viene riconosciuto o ricordato anche da unaltra.67 Il skin lelemento puro di ogni cognizione, conosce ogni cosa e assiste a ogni evento, auto-luminoso. Lanima individuale , per via della sua caratteristica qualificazione, analoga a un oggetto percepibile, ossia pu essere il contenuto di una cognizione di quello stesso skin. Un grande studioso e paita del passato, il Prof. Hiriyanna (1993 [1932]: 343-344) ha scritto che mentre il jva caitanya come immanente allantakaraa, il skin caitanya come trascendente lo stesso. Infatti, il jva agisce e quindi soggetto a trasformazioni e cambiamenti, dei quali non pu essere conscio per cui non pu esserne losservatore. In definitiva, il senso per cui si dice che lantakaraa un attributo qualificante dellanima individuale perch questo entra a farne parte sostanziale, vale a dire che finch c lantakaraa c il jva. Daltro canto lassociazione del jvaskin con lorgano interno solo al fine di differenziare il skin di una particolare
Unannotazione utile a comprendere la natura della distinzione in esame proposta da Prasantha Dvived nella sua edizione del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 114 n. 1). Egli scrive che la distinzione (bheda) tra jva e jvaskin come quella che si ha quando una stessa persona sia cuoco (pcaka = vieaa) sia lettore (phaka = updhi). Non vi distinzione nella persona (vyaktibheda), bens la distinzione si ha solamente nelle due differenti mansioni o caratteristiche, pcakatva e phakatva. Allo stesso modo vi un unico organo interno che pu essere un vieaa sia un updhi, cosicch non vi differenza effettiva tra il jva e il jvaskin ma solo tra le due propriet che li caratterizzano ossia jvatva (= vieaa) e skitva (= updhi). 67 Nel VP queste posizioni sono espresse mediante queste parole: prakte cntakaraasya jaatay viayabhsakatvyogena viayabhsakacaitanyopdhitvam. aya ca jvask pratytma nn, ekatve caitrasyvagate maitrasypy anusadhnaprasaga
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individualit rispetto a unaltra e non entra nella costituzione n essenziale n sostanziale del skin (GUPTA, B., 1995 [1991]: 70-71, 237-240). Abbiamo laltra parte della distinzione, ossia vara e lvaraskin (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 117, 131):
varask tu myopahita caitanyam. tac caika tadupdhibhtamyy ekatvt ...68 tac cndi tadupdher myy anditvt. myvacchinna caitanya paramevara. myy vieaatve varatvam updhitve skitvam itvaratvaskitvayor bheda, na tu dharmior varaskior bheda Il testimone del Signore caitanya condizionato dalla my; quella [consapevolezza] una, poich una la my che ne costituisce la condizione avventizia Quella altres senza origine, poich senza origine la my che ne costituisce la condizione avventizia.69 Il supremo signore caitanya limitato dalla my. Quando la my si presenta come un qualificazione allora si ha la propriet di essere Signore (varatva), mentre quando si presenta come condizione avventizia si ha la propriet di essere testimone (skitva), per cui la differenza tra l varatva e skitva, mentre non vi differenza tra i possessori di queste propriet (dharmin) ossia il Signore e il testimone

In questo passaggio vediamo riproposta la stessa distinzione tra vieaa e updhi, ovvero in un caso my un attributo qualificante del Signore mentre nellaltro caso solo una condizione avventizia e transeunte. Non vi differenza sostanziale tra i due principi (dharmin), bens la differenza effettiva solo tra le propriet che li separano (dharma), cio varatva e skitva. Una cosa da aggiungere che mentre lanima individuale attinge lo stato di testimone una volta realizzata la sua natura pura, dissipando ogni tenebra dellignoranza, il Signore invece eternamente libero (GUPTA, B., 1995 [1991]: 70-71, 240-243). Ora, vista la distinzione tra jva e jvaskin e vara e varaskin, il testo afferma la differenza dei due generi di conoscenza percezione diretta (pratyakajnadvaividhyam)
Il testo del VP chiarisce che my, il potere manifestante e illusorio che vara controlla uno e uno solo, a dispetto di apparenti contraddizioni con la ruti (BU II.5.19): indro mybhi pururpa yate ove la desinenza di strumentale plurale attaccata alla parola my definisce solamente una molteplicit di potenze di my e il suo essere caratterizzata dalle tendenze intrinseche di sattva, rajas e tamas. Infatti, varie solo i passaggi scritturali che predicano lunicit di mya: vU IV.1, IV.5, Viu Pura V.17.15. 69 NellAdvaita Vednta sono riconosciute sei principi senza origine (andi): jva o viuddh cit tath jveayor bhid/ avidy taccitayor yoga a asmkam andaya//, Lanima individuale, il signore, la pura conoscenza e la differenza tra il signore e lanima individuale, lignoranza e lunione tra essa e la conoscenza. Questi sono i nostri [= degli Advaitin] sei principi senza origine. Il verso lo abbiamo trovato citato nel primo volume (Ed. 2000, p. 82) del commento Blabodhin di Yogendranath Bagchi allAdvaitasiddhi (AS) di MS, anche se molto noto e menzionato tra i paita.
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dipendenti dal duplice genere di skin (skidvaividhyena). Tutto ci, per, sembra ricondurci a una ripetizione della prima distinzione ossia jnagatapratyakatva e viayagatapratyakatva, in quanto il VP scrive (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 133):
partyakatva ca jeyagata japtigata ca nirpitam. tatra japtigatapratyakatvasya smnyalakaa citava eva tattadviaye partyakatva prvoktam La percepibilit stata descritta come relativa alloggetto di conoscenza e come relativa alla cognizione. Tra queste la definizione generale della percepibilit relativa alla cognizione lessere caitanya stesso mentre la percepibilit relativa a una parte di questo o quelloggetto stata precedentemente espressa ...

Lunica sottigliezza differenziante che qui la percepibilit relativa alla cognizione considerata conoscenza stessa, cittva, come sinonimo di caitanya, ossia, se volgiamo la stessa natura veggente del testimone. Tutto ci ci riporta allinizio della discussione, con lepitome della BU (III.4.1) yat skd aparokt brahma, che costringe Dharmarja ad affermare che nellAdvaita Vednta lunica e vera conoscenza mediante percezione diretta non altri che caitanya: pratyakapram tv atra caitanyam eva (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 45). Una breve parentesi che ci connette ai prossimi paragrafi riguarda gli enti conosciuti come kevalaskibhsya o kevalaskivedya,70 ossia quelle entit che si colgono senza lausilio delle facolt sensoriali, ma solo tramite una percezione interna, proprio grazie al testimone. La funzione osservatrice del skin non ovvia alla necessit di postulare una modificazione dellorgano interno. Essere un oggetto del skin indica lessere conosciuto senza il bisogno dellintervento di un prama, ma non necessariamente di essere conosciuto senza una vtti dellantakaraa.71 Comunque anche tra le vtti se ne contano di due tipi. Una dellorgano interno e laltra dellignoranza (avidyvtti). La prima appunto lelemento dellindividualit che, oltre a quanto abbiamo gi detto, si presenta in forma di io. La seconda invece quella responsabile della cognizione dellargento (rajata) sulla madreperla (ukti), ove in realt esso non presente. Largento illusorio sovrapposto (adhyasta) su viayacaitanya che, essendo essenzialmente identico a skicaitanya, determina
Probabilmente, la prima definizione (lakaa) applicabile a questi concetti va ricondotta al commento al PPV: ... skivedyatay, manomtragamyatay v paroka ity artha ..., ... direttamente percepibile perch conoscibile mediante il testimone oppure poich conoscibile solo attraverso la mente. Questo il senso ... Si veda Padmapdcrya (STR, SUBRAHMAYA, 1992: 243). 71 Riassumiamo qui sopra in poche battute queste righe del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 90-91): eva cntakaraataddharmdn kevalaskivedyatve pi tattadkravttyabhupagamenoktalakaasya tatrpi sattvt nvypti. na cntakaraataddharmdn vttiviayatvbhyupagame kevalaskivedyatvbhyupagamavirodha iti vcyam, na hi vtti vin skiviayatva kevalaskivedyatva kintv indriynumndipramavypram antarea skiviayatvam
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che largento illusorio sia nello stesso tempo sovrapposto anche a questultimo. Tale il motivo per cui gli Advaitin sostengono che loggetto di una percezione erronea, come largento o il serpente sulla fune, rivelato esclusivamente dal testimone (kevalaskibhsya). Lo stesso vale per altre cose, come tutti gli esempi di allucinazione visiva, come il miraggio (marumarcik), lazzurro del cielo (gaganamlinya) o le percezioni interne come quelle di felicit o pena (sukhadukha), il merito o il demerito (dharmdharma), le vtti e lorgano interno stesso e le sue propriet (CHATTERJEA, 2008 [1982]: 21),72 lavidy e lavidyvtti,73 come anche il sogno (PELLEGRINI, 2009: 81; TRIPH, R. K., 1998: 97-99). Tutto ci che percepito solamente dal skin e non dal pramt illusorio e apparente (prtibhsika).74 La necessit di postulare unavidyvtti perch, sebbene largento illusorio sia direttamente rivelato dal testimone, skin non diviene identico al falso argento, altrimenti avremmo unesclamazione aha rajatam (io sono largento), cosa che avviene in casi di percezione interna, come aha sukh (io sono felice). Mentre, in questo ultimo caso, necessario lintervento di una vtti in forma di io (ahakravtti) e non si pu ammettere lidentit tra lio e largento illusorio mediante una vtti (TRIPH, R. K., 1998: 9094). Infine, ben nota laffermazione del Pacapdikavivaraa (PPV, STR, SUBHRAMAYA [ED.], 1992: 52): sarva jtatay ajtatay v skicaitanyasya viaya ,75 ogni cosa, sia pure essa nota o sia essa ignota, oggetto della conoscenza del testimone Il fatto stesso che ogni nostro moto mentale, desiderio, paura, dubbio o altri ancora, ci sia immediatamente noto prova che quanto avviene in quel momento nellantakaraa direttamente legato al testimone. Una cognizione deve, di necessit, possedere un
Ancora qualche testimonianza di ci in alcune righe successive del testo (IBID.: 91): ata eva ca prtibhsikarajatasthale rajatkr vidyvtti spradyikair agkt tath cntakaraataddharmdiu kevaskivedyeu 73 MS afferma si ripetutamente che lignoranza (avidy/ajna) conosciuta dal skin (skivedya). In questo modo il skin non limitato in alcun modo dalloggetto, piuttosto rivela tutti gli oggetti, inclusa lignoranza stessa. Si veda la lelaborata trattazione dellAS (AS1, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 557-558). Fort (1984: 285) si pone un quesito interessante: What is not entirely clear is how a fitness can observe (or grasp) ignorance as an object while being fundamentally linked with it Sullargomento si veda anche S. N. Dasgupta (1991 [1922], VOL. 4: 263-275, 290-294 e 307), secondo il quale non esiste skin senza avidyvtti. 74 Lottimo volume di A. K. Chatterjee e R. R. Dravid (1979: 44) riporta: Sk has to be accepted as self-luminous. In the waking life things can be revealed by external light, which however is absent in dreams and yet the dreamcontents are illuminated. This is possible only by the light of the self. And anything that is known by the sk alone, and not by the pramt as well, is illusory. Sk is pure consciousenss. Internal states like happiness etc, which are directly revealed by sk, should have been impersonal and not individualized. This does not happen since intellect (antakaraa) is imposed on sk consciousness so that the contents are apportioned to the individual jvas into which the sk is split. Le sensazioni interne come piacere e dolore non possono essere percepite dal pramt, ma solo dal skin. Il soggetto conoscitore sovrapposto sul skin e per questo tale sovrapposizione presenta quegli stati mentali come appartenessero al testimone, stampigliandolo con la nozione dellio. 75 Il testo del PPV continua stabilendo la diretta possibilit di percepire lignoranza: tatra jtatay viaya pramavyavadhnam apekate, anyas tu smnykrea viaykrea vjnavyvartakatay sad bhsata ity upapattisahitam ajnapratyaka bhrpam evtmany ajna gamayatti siddham
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contenuto, un oggetto. Ergo, loggetto della cognizione rivelato dal skin e la relazione richiesta ha per tramite la vtti. Il skin consapevole degli oggetti e anche delle cognizioni che hanno quegli oggetti come contenuto, per questo si dice che consapevole di ogni cosa in quanto conosciuta (jta). Una delle condizioni che abbiamo visto per pram, la valida conoscenza, anadhigatatva, ossia che loggetto, prima dellazione dei prama, sia stato presente come non conosciuto (ajta). Prima che una conoscenza sorga a rivelare loggetto, il skin consapevole anche del fatto che loggetto in questione sconosciuto. Questo modo di esprimersi ha come contraltare allaffermazione che il skin consapevole dellignoranza e delloggetto ancora ignoto che essa pervade. In questo momento il skin conosce il viaya come non ancora conosciuto, poich non vi ancora alcuna vtti che abbia assunto il suo aspetto (GUPTA, B., 1995 [1991]: 72).

III.4: S KIN ,

IL TESTIMONE IMMOBILE

Nel nostro esame a pi riprese stato menzionato o anche marginalmente toccato largomento del skin, appunto il testimone, il veggente immobile, questione davvero enorme e centrale nellAdvaita Vednta, e per questo trattata da penne ben pi capaci in svariate sedi, per tale motivo proporremo solo poche riflessioni e spunti. Diversamente dal buddhismo idealista, lAdvaita Vednta conserva in ogni sua manifestazione una patina realista. In un ambito empirico non si afferma mai che il soggetto conoscitore sia lunica realt, bens loggetto conosciuto egualmente reale. Esiste inoltre una duplice indagine sulla natura del fondamento sul quale ogni dualit poggia. In primo luogo si investiga sulla base del mondo fenomenico, cio sul principio sottostante a esso che convoglia la propria realt agli oggetti, grazie al quale essi divengono percepibili. Laltro filone di analisi lapprofondimento sul soggetto conoscente, ossia le complessit coinvolte nel processo conoscitivo, vale a dire unindagine sui vari livelli mediante i quali il S si presenta. Certamente varie domande sorgono da queste considerazioni: cos il S? Come si pu sostenere che il soggetto conoscente sia il S? In che senso esso distinto dagli oggetti? Come fa a rivelare gli oggetti? A queste domande lAdvaita risponde con la dottrina del skin,76 il S come testimone, ossia quel principio che si pone dietro ogni atto cognitivo, che brilla di luce propria, che
Il termine etimologicamente ricorda una percezione diretta o immediata, oppure anche lagente di una siffatta percezione. Abbiamo un stra di Pini (V.2.91) che fornisce lidea di questimmediatezza: skd draari
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privo di ogni relazione, ci che rivela ininterrottamente ogni cosa, che veglia quando ogni altri elemento dorme. Il skin rivela contemporaneamente non solo il fondamento del mondo empirico ma anche quello della nozione di io (ahapratyaya), fungendo da ponte tra la realt fenomenica e quella metafisica (CHATTARJEA, 2008 [1982]: 9; CHATTARJEE DRAVID, 1979: 4). Il skin quel principio presente in ogni individuo che osserva ogni esperienza e ogni trasformazione senza mai prendervi parte. Ognuna di queste modificazioni non che una vtti dellantakaraa, di cui questi lo spettatore passivo e consapevole. Il termine per non si trova nelle Upaniad considerate pi antiche, tuttavia in esse esistono una serie di termini e dottrine che certamente preludono a quelluso specifico della parola. Per esempio abbiamo il passaggio gi citato della BU (III.4.1) yat skd aparokt brahma , o il famoso passo della MuU (III.1.1) e vU (IV.6) in cui due uccelli dal bel piumaggio sono appollaiati sullo stesso ramo e mentre uno dei due mangia i frutti gustosi della pianta laltro osserva senza intervenire.77 Alcuni concetti gemelli sono per quelli del veggente (dra), del conoscitore (vijt, BU III.4.2), del controllore interiore (antarymin, BU III.7.23), di colui che luce a S stesso (tmajyoti, BU IV.3.6), lauto-luminoso (svayajyoti, BU IV.3.9). Un primo presentarsi del termine stesso nella sua forma si ha nella SvU (VI.11),78 passaggio che gi ricalca precisamente lottica Advaitin nei confronti della dottrina del skin:
eko deva sarvabhteu gha sarvavyp sarvabhtntartm/ karmdhyaka sarvabhtdhivsa sk ceta kevalo nirguna ca// Una la divinit celata in tutti gli esseri, onnipervadente, il S interiore degli esseri tutti, sovrintendente alle attivit, risiedente in tutte le creature, il testimone consapevole, assoluto e senza qualit.

La ChU VIII.11.1 riflette sulla continuit del S. Questo immortale (amta) e perdura in tutti gli stati: vede mediante gli occhi, altres colui che sogna senza lausilio dei sensi ed anche colui che non sogna nel sonno profondo, durante il quale rimane sempre presente. Naturalmente, non possiamo n vogliamo entrare ulteriormente nella trattazione
sajym. Questo indica che qualsiasi soggetto implicato in questa percezione immediata, sia esso in termini giuridici o propri della teoria della conoscenza, da considerarsi un testimone. 77 dv supar sayuj sakhy samna vka pariasvajte/ tayor anya pippala svdv atty anaann anyo abhickati// 78 Si veda anche la Maitr Upaniad VI.16: hot bhokt havir mantro yajo viu prajpati/ sarva kacit prabhu sk yo mumin bhti maale//

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upaniadica del skin, cosa che richiederebbe un analisi successiva anche dei commenti di , soprattutto alla BU.79 , in ogni modo, nelladhysabhya introduce la questione presentando il soggetto conoscitore (viayin) e loggetto (viaya) come due categorie dellesperienza opposte luna allaltra tanto quanto la luce alla tenebra. Il retroterra di questa distinzione presuppone una confusione atavica tra questi due ambiti. La discriminazione il conoscitore e loggetto conosciuto (dgdyaviveka) la realizzazione fondamentale sulla quale si fonda ledificio dottrinale Advaita. La differenza tra queste due categorie salta maggiormente agli occhi se si cerca di analizzare come si presenta la consapevolezza di s. Per esempio, estendendo il nostro senso di appartenenza ai nostri cari, si pu essere disturbati o felici quando questi siano a loro volta disturbati o felici; oppure ci si identifica con un aspetto fisico, sensoriale o psichico. Secondo tutti questi aspetti ci pervengono come contenuti oggettivi di unesperienza, per cui devono essere distinti dal S. Infatti, dietro a tutte queste esperienze, brilla il S come testimone e, pertanto, differente dallego, il S interiore (pratyaktman). Per tale ragione parla del S interiore come del testimone di ogni moto proprio dellintelletto su cui il soggetto individuale, identificato alla nozione dellio, sovrapposto (CHATTERJEA, 2008 [1982]: 10): evam ahapratyayinam aeasvapracraskii pratyagtmany adhyasya (BSB adhysabhya). , ancora, si riferisce al skin anche nel commento al BS e nellUS80 considerandolo un aspetto del S, leterno e auto-luminoso testimone della mente, delle sue modificazioni e dei sensi. Per esempio nel BSB egli afferma che il S il testimone della nozione dellio ed differente dallagente, non solo questa ma anche losservatore immobile delle tre condizioni di coscienza (BSB II.1.9), mentre (BSB III.2.23) brahman possiede la propriet di essere testimone (skitva) di ogni oggetto (dya) ed evento (skya). Vedremo come nel commento ad BS II.2.28-30 tratti largomento con maggiori dettagli. Ivi, egli afferma che
Nonostante la dottrina del testimone aleggi chiaramente in varie sezioni del commento alla BU, il termine skin non mai menzionato in tutto il testo. Uno dei motivi la reticenza di nellusare termini che non siano gi presenti nella ruti stessa. Si noti che nemmeno in passi come BU IV.3.6-9, ove si discute la tmajyotis o in BU IV.3.9, con lanalisi del svayajyotiva del S, il skin viene mai menzionato. Lo stesso dicasi per BU I.4.10 e III.4.2 ove due generi di visione sono analizzati, lokadi e tmadi, e neanche in questi passaggi leterno, auto-luminoso veggente mai chiamato skin, ma solo S. Secondo alcuni studiosi (FORT, 1984: 280) ci confermerebbe la stretta relazione tra il S e skin, indicando in questultimo un aspetto di tman. Per quanto riguarda la posizione di Surevara, non solo nella sua opera indipendente, la Naikarmyasiddhi, ma soprattutto nella BUBV si veda ancora Fort (IBID.: 280-281). 80 NellUS il termine skin usato invece liberamente, per cui ne fornisce unidea ben pi chiara. Nel testo il S ripetutamente chiamato il testimone dellintelletto (dh, buddhi) e le sue modificazioni. Egli, riprendendo la SvU VI.11, afferma che il skin puro, non duale e privo di qualit. Sebbene sia simile al concetto di dra, il skin meno legato di quello alla visione di ogni giorno (di). Nel verso I.XV.4 arriva a sostenere che mentre il skin differente da ogni attivit mentale, il dra differente da ogni oggetto particolare.
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oltre ogni cognizione particolare (pratyaya), esiste una consapevolezza immutabile. Il testimone e le cognizioni sono per nature differenti luno dalle altre e, per via di questa differenza, si fonda anche la relazione percettore-percepito. Il S, diversamente dalle cognizioni, auto-stabilito (svayasiddha) e innegabile, per questo il solo skin il fondamento (adhihna) inalterabile di ogni cognizione.81 Per il skin in particolar modo il conoscitore (boddh, cet), losservatore, in opposizione allattore. La pura osservazione del testimone non ha rapporti con i mutamenti (avikra) e le attivit (akriya, akraka), poich solo lintelletto limitato che si trasforma. In definitiva Andrew O. Fort individua tre punti maggiori riguardo alla concezione akariana del skin. Il primo che il skin un aspetto delleterno e immutabile S; poi differente dallorgano interno e tutte le sue funzioni e modificazioni. Infine, il skin osserva le nozioni dellintelletto come pure gli oggetti interni (FORT, 1984: 279-280).82 Per quanto concerne il S non vi pu essere alcuna evidenza percettiva, poich la percezione dipende dagli oggetti e gli oggetti sono costituiti di updhi. Il S non pu essere percepito come sono percepiti gli oggetti (BU III.4.2).83 Il S percepito come coscienza dellio limitato in quanto un riflesso nelle condizioni limitanti quali lintelletto, come testimoniato da giudizi quali Io sono felice!. In verit, il S non mai condizionato dalla felicit o quantaltro, in quanto qualit come sukha e altre sono percepibili (dya), diversamente da tman, che adya. Ovviamente, il soggetto differente da ci che esso percepisce, sebbene al skin si applichino delle funzioni come lessere veggente della visione (der dra), nel senso che esso mai devia da questa sua peculiarit. Questa visione ha due variet: una empirica e transeunte e quella eterna (nitya). Questultima viene a galla durante lesperienza onirica, dove ogni altra capacit visiva ordinaria sopita. Questa visione (di) ininterrotta e auto-luminosa identica al testimone costante degli altri generi di visione mutevole, come quelle di veglia e sogno. La visione empirica ha comunque alle sue spalle una visione superiore che, associandosi con essa, fa s che vi sia un trasferimento fittizio (upacarita) dellattribuzione empirica anche alla visione intrinseca e interiore. Per
La discussione riguardante la percezione del BSB II.3.32 e 40 fa luce sul ruolo del skin. Si discute riguardo la natura del conoscitore, che secondo solamente una limitazione avventizia (updhi) del S, ossia del testimone. Lantakaraa registra solamente le manifestazioni che sorgono dai sensi, mentre lattenzione (avadhna) o la non attenzione a questi dati sensoriali, ci che viaria nella percezione (upalabdhi). Per questo lintelletto la causa dellapparente cambiamento e dellapparente diversit. Il S, invece, il costante conoscitore (cetyat), il testimone dellintelletto ed esso stesso la base della percezione. Si veda il secondo capitolo della monografia di Bina Gupta (1998: 17-32) The Advaita Notion of Skin (Witness-Consciousness): Its Anticipations in the Upaniads and Gauapda. 82 Rimandiamo anche per le concezioni di sul testimone a Bina Gupta (IBID.: 33-56). 83 na der drara paye, na rute rotra uy, na mater mantra manvth, na vijter vijtra vijny Si veda anche il celebre mantra della KeU II.3: yasymata tasya mata mata yasya na veda sa/ avijta vijnat vijta avijnatm//
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cui il veggente non cessa mai di essere testimone: na hi draur de viparilopo vidyate vinitvt (BU IV.3.23). Per questo la visione intrinseca ed eterna la base su cui si sviluppa la visione empirica, per cui la prima non pu essere oggetto della visione della seconda. Vedremo come questo sia spiegato metaforicamente dalla BU IV.3.9 ove il S detto esistere tra due mondi, quello di qui (ihaloka), ossia la veglia e laltro mondo (paraloka), il sonno. Il sogno si situa tra questi due, posizione che permette unagevole transizione dalluno allaltro. Ivi, mancando ogni tipo dilluminazione esterna, le immagini oniriche sono illuminate e rivelate dalla stessa natura luminosa del S. Lanima individuale, in quella circostanza, con un corpo fatto di impressioni latenti (vsanmayaarra), per via di queste vittima di piaceri e dolori. Egli stesso comunque la luce che mai si spegne (aluptadksvabhva). Per tale ragione nel sogno lauto-luminosit del S diviene ancora pi trasparente, come stesso avr da affermare, come una spada sguainata dal suo fodero (CHATTERJEE DRAVID, 1979: 14-15). Saltando molto pi avanti temporalmente, vediamo come uno tra gli esponenti pi di spicco dellAdvaita del XVI secolo considera la dottrina del skin: MS.84 Nelle due opere principali di MS, il SB e il suo indiscusso capolavoro lAS, lanalisi del skin prende le mosse dalla trattazione della relazione di questultimo con lavidy. Secondo MS skin eterno, non duale e immutabile (kastha), il conoscitore e il veggente non visto, il principio che illumina ed altro dal mondo oggettivo (SB, STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 135145) ed anche distinto dalle tre condizioni (IBID.: 442). Come fecero molti suoi predecessori, anche MS enfatizza il fatto che il skin invariabile e non deviante (avyabhicra) in quanto losservatore della triade di conoscitore, conoscenza e conosciuto. Il soggetto conoscitore (pramt) non in grado di assistere ai suoi propri mutamenti (vikra), mentre il percepibile non invece dotato di capacit di visione e, poich il pramt anchesso soggetto a trasformazione percepibile.85 Oltre a questo nel SB sostiene che il skin acquisisce la funzione di essere soggetto conoscitore (pramttva) per via di un accrescimento di updhi: skia eva cdhikopdhiviiasya pramttvt (IBID.: 434).86
Un minimo, seppur sufficiente, sguardo dinsieme di Dharmarja sul concetto di skin gi stato fornito nel paragrafo precedente. Oltre a quanto detto si confronti con lo scritto di Tara Chatterjea (2008 [1982]: 11-12) e quella di Bina Gupta (1995 [1991]: 54-71) e la ben pi estesa analisi della stessa autrice (1998: 57-112 e 113-144). 85 SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 139-143): vikritvena svavikraskitvnupapatte dyasya dratvbhvt. pramtu ca parimitvena dyatvt ekasya kasthasyaiva sarvaskitvt 86 MS cita anche due strofe dal BUBV III.4.54-55: mtmnaprabhede pi pratideha na bhidyate/ sk bhyrthavad yasmt sa tmety ucyate tata// 54 // vyabhicro mitho yadvat pramtrde svaskika/ sarvamtrdyabhvrthaskitvn na tathtmana// 55 //, Pur essendoci una differenza tra conoscitori e mezzi di conoscenza come anche tra oggetti esterni, il testimone non differisce in ogni corpo, pertanto detto essere il S (54). Cos come c una mutua devianza tra il conoscitore e altri elementi [= il conosciuto e la conoscenza] che sono oggetti della testimonianza di S, cos non
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NellAS (AS1, STR, A. K. [ED.], 1997 [1937]: 395), in un contesto che spiega la natura della percezione del testimone, si puntualizza palesemente che il puro caitanya diviene testimone a causa di certe condizioni avventizie (GUPTA, 1998: 171):
nanu skipratyaka na bdhya dojanyatvt, pratyuta rutijanitdvaitajnam eva bdhyam ceti. na, caitanyasya svarpato dojanyatve pi tadavacchedaky avidyvtter doajanyatvt tatpratiphalitacaitanyasyaiva skipadrthatvt [Obbiezione:] Se si obbiettasse che la percezione del testimone, non essendo sorta da un difetto, non contraddicibile, mentre lo la conoscenza della non dualit scaturita dalla ruti [Risposta:] [Noi ribattiamo che] non cos, sebbene, nella sua vera natura, caitanya non sia sorto da un difetto, per quando limitato da ci, vale a dire dalla modificazione dellignoranza, dunque causata da un difetto, poich il principio del testimone invero caitanya riflesso su quella modificazione

MS chiarisce ulteriormente le sue affermazioni mediante lausilio di unaltra obbiezione (AS1, STR, A. K. [ED.], 1997 [1937]: 753-754):
nanu katha dgrpasya brahmaa skaddratvarpa skitvam? skddraari sajym ity anusand iti cet, avidytatkrynyatarapratiphalitacaitanyasyaiva skitvt. tath ca dgrpasypi updhin dratvam [Obbiezione:] Se si chiedesse com possibile che il brahman, che della natura della visione sia il testimone della natura dellimmediato osservatore? Come dallinsegnamento: [Il suffisso ini] va dopo la parola skt, nel senso di testimone diretto, quando la parola [cos formata] un sostantivo. (A, V.2.91). [Risposta:] Replichiamo che, poich il testimone invero caitanya riflesso su uno dei due, ossia lignoranza o un suo prodotto, allora bench [il brahman] sia della natura della visione, diviene il veggente per via di una condizione avventizia

Daltra parte lo stesso autore, stavolta nel SB, scrive che il jva, vara e il skin sono lo stesso S e sono visti come tre principi solo per via di differenti generi di aggiunte limitanti (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 349-350).87 In questa stessa circostanza MS propone anche una
c una simile [devianza] per il S, poich il testimone dellassenza di tutto ci, ossia il conoscitore e gli altri [= conosciuto e conoscenza] (55). 87 In primis il testo fa una grande suddivisione generale in due principi (padrtha): veggente (dk) e visto (dya), entro i quali possono includersi tutte le altre suddivisioni proposte da altri pensatori. Viene spontaneo anche laccostamento con il viaya e il viayin delladhysabhya: asmin mate padrtho dvividha, dk dya ca. anye vdiparikalpitn padrthnm atraivntarbhvt Il veggente, che il S, si presenta con tre suddivisioni, appunto

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definizione del skin, dividendo nelle due correnti principali allinterno della scuola del Vivaraa. Secondo la visione che interpreta vara come il riflesso (pratibimba) di brahman nellignoranza, allora il skin caitanya stesso, loriginale da cui parte il riflesso (bimba): avidypratibimbievarapake bimbacaitanya sk Nellaltra ottica, che vede vara come loriginale (bimba), il skin lesaminatore dellimmagine stessa (FORT, 1984: 284):88
bimbevapake tu bimbapratibimbamukhnugatamukhasvarpavaj jvevarnugata-

sarvnusadhatcaitanya skty ucyate. vrtikakramate tv vara eva skti dvaividhyam eva jvevarabhedena da Mentre, nellottica del Signore come originale (bimba) si dice testimone caitanya che esamina ogni cosa che sia relativa allanima individuale come al Signore, come il vero aspetto del volto in relazione tanto al volto originale quanto a quello riflesso. Dal punto di vista dellautore del Vrtika [= Surevarcrya] il testimone di certo il Signore, per cui il veggente solo duplice, per via della divisione in anima individuale e Signore

Riguardo al rapporto del skin con lignoranza, Sanjukta Gupta (1966: 134-138) sostiene che MS sembra usare il termine in due sensi: come realt metafisica e come atto conoscitivo, epistemologico afferma lautrice. In ultima analisi il skin non che tmacaitanya metafisicamente vero ed eterno. Tuttavia, nella sua manifestazione relativa allatto cognitivo epistemologicamente limitato dalla avidyvtti, il che significa che il skin sorge e tramonta solo in concomitanza con questa vtti. Come si gi detto, Lavidyvtti una trasformazione o modalit dellignoranza e non dellorgano interno, come le vtti comuni. Una delle caratteristiche proprie dellavidyvtti che, diversamente dallantakaraavtti essa non cessa mai, n nel sonno, n negli stati dincoscienza.
il Signore, lanima individuale e il testimone. Il primo ha come aggiunta limitante lignoranza causale. Il secondo invece, lanima individuale condizionata dallignoranza delimitata dallorgano interno e dalle sue impressioni residue: tatra dkpadrtha tm pramrthika eka sarvadaikarpo py aupdhikabhedena trividha, varo jvas sk ceti. tatra krabhtjnopdhir vara. antakaraatatsaskrvacchinnjnopahito jva 88 Il SB prosegue indicando anche una triplice divisione classica di vara prima (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 350351, 365-367), in forma maschile (pumkra) e dovuta alla predominanza di un preciso gua. Avremo allora Viu il conservatore (playit), Brahm il manifestatore (sra) e di Rudra il distruttore (sahart); oppure in forma femminile (strykra) come r [= Lakm], Bhrat [= Sarasvat] e Bhavn [= Um, Prvat]: tatrevaro pi trividha. svopdhibhtvidyguatrayabhedena viubrahmrudrabhedt. krabhtasattvaguvacchinno viu playit. krabhtarajaupahito brahm sra. hirayagarbhas tu mahbhtakraatvbhvt na brahm, tathpi sthlabhtasratvt kvacid brahmety upacaryate. krabhtatamaupahito rudra sahart. eva caikasyaiva caturbhujacaturmukhapacamukhdy pumkr rbhratbhavnydy ca strykr anye ca matsyakrmdayo nantvatr llayaivvirbhavanti bhaktnugrahrtham ity avadheyam cinmayasydvatyasya nikalasyarria/ upsakn kryrtha brahmao rpakalpan// Subito di seguito troviamo anche la gi nota suddivisione in tre dellanima individuale in Viva, Taijasa e Prja (IBID.: 370-372): jvo pi trividha. svopdhyavntarabhedena vivataijasaprjabhedt

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Per concludere, vi un comune denominatore in tutti gli autori Advaitin, da GP fino a Dharmarja, che individua nel skin il principio per nulla differente dal S, da caitanya, per cui non duale, auto-luminoso, eterno, non deviante. Il skin assolutamente differente da ogni moto dellorgano interno, cos come dallantakaraa stesso; differente altres dalla triade pramt, prameya e prama. Lappellativo di cui si fregia rispecchia la sua funzione di immobile osservatore, non solo dei fenomeni esteriori, bens anche della realt interna psichica relativa alle modalit mentali di veglia e del sogno, cos come il dominio causale del sonno profondo. Non altri che il skin a essere il testimone dellavidyvtti e dellavidy che si evincono dallesclamazione del ricordo di quanto si percepito durante il sonno profondo: non conobbi nulla (na kicid avediam). Unombra di updhi gettata su di lui dagli autori pi recenti, come MS e Dharmarja, che tuttavia esprimono conclusioni differenti, seppur connesse, riguardo al skin. Per MS skin il passivo osservatore, in qualche modo, implicato nella dualit per via di fattori avventizi, lultima vestigia dellindividualit che sottende a ogni atto cognitivo. Per Dharmarja, invece, il skin il principio luminoso, caitanya stesso (FORT, 1984: 287).89 In definitiva, il skin il fondamento stesso dellindividualit, il principio di essa che per non ne partecipa; per tale ragione esso, nel processo cognitivo e percettivo, la realt luminosa che rivela ogni ambito, dal grossolano al causale, passando per il sottile, ossio ci che permette al pramt di essere tale (TRIPH, R. K., 1998: 84-90).

III.5: A DHYSA ,

SATTTRAYA E MITHYTVA

Siamo qui giunti al cuore pulsante delledificio dottrinale dellAdvaita. In questo paragrafo, oltre a toccare uno dei metodi pi cari al Vednta non-duale quale lassunzione e la sua successiva negazione (adhyroppavda),90 penetreremo nellanalisi del concetto di sovrapposizione (adhysa/adhyropa) che reca con s lapertura enorme a dottrine come quella del triplice livello ontologico della realt (satttraya) e ha come figlio legittimo il
Evitiamo di appesantire ulteriormente lo scritto trattando anche le implicazioni del skin nella percezione degli enti di veglia, di sogno e di quelli illusori. Per questo rimandiamo ancora alle opere gi citate, con particolare attenzione al lavoro di Chatterjee e Dravid (1979: 16-44). 90 Il metodo o lanalogia (nyya) delladhyroppavda fondamentale per comprendere il procedere speculativo dellAdvaita, senza una seppur basilare comprensione di esso non possibile penetrare il messaggio vedntico per chicchessia. Molte delle numerose opere del grande Advaitin del XX sec., Saccidnandendra Sarasvat sono dedicate alla discussione di questo metodo, a partire dal suo magnum opus, il Vedntaprakriypratyabhij, che noi abbiamo utilizzato per lo pi nella resa inglese di J. Alston The Method of Vednta. Si veda anche la trattazione del Bhuvanealaukikanyyashasr (SHARMA, . D., 1989: 25-27).
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concetto di falsit che va di pari passo con la cosiddetta teoria dellerrore. In questo panorama sincastonano altre nozioni anchesse altrettanto pregnanti: il vivartavda, il parimavda e lenorme parentesi concernente lignoranza (ajna/avidy) e la my. Come in altri frangenti del nostro lavoro e come nelle corde di questo capitolo, ci limiteremo a presentare gli argomenti accennati al fine di mettere in una luce pi chiara luso che di questi si fa nellintera tradizione dellAdvaita e come essi sinseriscono nel tema della svapnvasth. Cominciamo col prendere in considerazione il metodo delladhyroppavda, il quale appunto una deliberata assunzione in un ente di attributi e qualificazioni al fine di individuarlo con precisione, per poi passare a negare quelle stesse attribuzioni fittizie da quello stesso. Il concetto prende le mosse da una strofa (krik) citata gi da (ad BG XIII.13; Sarvavedntasiddhntasrasagraha 295)91 e Maana Mira nella Brahmasiddhi (SASTRI, K. S. [ED.], 1937: 26)92 il cui autore sembra essere lantico Vedntin Sundara Pya93 (RAO, 1979: 13-14): adhyroppavdbhy niprapaca prapacyate , attraverso l[iniziale] assunzione e la [successiva] negazione, ci che privo di sviluppo viene sviluppato Secondo Sundara Pya non esiste altro metodo pi efficace per attingere la conoscenza suprema. Il supremo brahman, poich privo di ogni segno distintivo, pu essere colto solo mediante il metodo della sovrapposizione (adhyropa) su di esso di una serie di attributi e accidenti che non gli appartengono effettivamente. Poi, quando mediante questi appigli si giunti a isolare il supremo, si passa via via alleliminazione (apavda) di ogni impropria attribuzione. Naturalmente, questo un escamotage per giungere alla conoscenza, e i due

ity uktvbhimukhktya iya karuay guru/ adhyroppavdbhy niprapaca prapacayan// Maana Mira cita il passo al fine di suggellare con esso il suo punto di vista rispetto al metodo apofatico della tradizione upaniadica: neti neti (BU III.9.26). Il metodo sembra altres essere stato in uso anche nel buddhismo nyavda ove savti, essa stessa ignoranza, sovrapposizione e illusione, pure la causa della cognizione erronea. Questo non solo la mancata comprensione della verit, ma la proiezione di qualcosa di irreale sulla verit. Tuttavia, il fenomeno savti lunico ponte per giungere al supremo (paramrtha/nirva). Ngrjuna afferma (MaK XXIV.10) che lassoluto non pu essere spiegato senza fare ricorso a mezzi empirici come il linguaggio. Tuttavia, una volta penetrati nel nirva tutto ci perde anche lunica utilit che aveva. Sebbene savti distorga e fallisca nel rappresentare il supremo, tuttavia pu essere usata come simbolo di esso, attribuendo deliberatamente dei segni distintivi l dove non ce ne sono (Bodhicaryvatra IX.2). Questo metodo chiamato anche tra i Mdhyamika adhyroppavda (ROODURMUN, 2002: 263-264). 93 Questantico Advaitin, difficilmente databile anche se con tutta probabilit il suo periodo di floruit da considerasi nel VI-VII sec., fu autore di unopera non giuntaci dal titolo Vrtika. Il testo sarebbe una glossa al commento allopera di un altro grande maestro pre-, Upavara che scrisse una rrakammsvtti al BS. Sembra che oltre che per varie strofe che spesso cita (BSB I.1.4) lautore fu famoso perch port a sei il numero dei prama ammessi nel Vednta, come ordinarie sorgenti di conoscenza (RAO, 1979: 13), ove Upavara sembra essersi limitato a considerarne quattro come il Nyya (ROODURMUN, 2002: 16-17). Sundara Pya affermo altres che i comuni mezzi di conoscenza non sono utili per realizzare il S, ma anche perdono ogni loro validit una volta che il S sia realizzato. In questo contesto egli introduce il metodo sotto esame.
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strumenti complementari che permettono di attingerla non ne partecipano (ROODURMUN, 2002: 17).94 , commentando il capitolo XIII (ketraketrajayoga) della BG, nei versi 12-1395 trova loccasione giusta per mostrare luso Advaitin delladhyroppavda. Il capitolo parte con la distinzione tra il campo (ketra), ossia il complesso psico-fisico (BG XIII.1-2, 3-6) e il suo conoscitore (ketraja), lanima individuale (BG XIII.1-2, 12-17). Il brahman ha due generi di prakti, una superiore (par) e una inferiore (apar). La prima e superiore lo ketraja, vigile conoscitore di ogni moto dello ketra, composto di tre e diviso in otto elementi.96 Nel verso XIII.12 Ka parla del brahman come differente da sat e asat, mentre nello loka successivo si dice che le membra del supremo sono estese in ogni dove. , per spiegare che ognuna di queste attribuzioni non appartiene veramente allo ketraja, sostiene che esso, nella sua natura essenziale, assolutamente privo di ogni differenziazione causata dalle aggiunte limitanti:
sarvaprikaraopdhibhi ketrajstitva vibhvyate. ketraja ca ketropdhita ucyate. ketra ca pipddibhir anekadh bhinnam. ketropdhibhedakta vieajta mithy eva ketrajasya iti tadapanayanena jeyatva uktam na sat tan nsad ucyate iti Lesistenza del conoscitore del campo mostrata mediante le aggiunte limitanti dei sensi degli esseri viventi tutti. Il conoscitore del campo definito [tale] perch condizionato dal campo. Il campo suddiviso in molti modi, mediante mani, piedi e quantaltro. Linsieme delle differenziazioni del conoscitore del campo, dovuto alla suddivisione delle condizioni limitanti

Lo stesso metodo delladhyroppavda ha unestensione o, se vogliamo, un alter ego nell arundhatpradarananyya, lanalogia del mostrare la stella Arundhat e nel khcandranyya, lanalogia del ramo e della luna (SHARMA, . D., 1989: 27-28). Nel primo caso la scena questa: un uomo per mostrare a un altro la stella Arundhat, notoriamente difficile da individuare, che si trova accanto al grande carro dellorsa maggiore (saptari) mostra prima una stella pi grande accanto ad Arundhat affinch locchio vi giunga senza pena. Poi individuata quella stella pi visibile si fa in modo che lindividuo sposti locchio da l alla stella pi piccola che le sta accanto e che Arundhat. Allo stesso modo, le U e il Vednta in toto, insegnano in sequenza che la natura di tman , a partire dalla grossolanit dellannamayakoa, sempre pi sottile e, dopo aver negato i cinque involucri, giungono a identificare il S come ci che ne oltre ed privo di essi. Laltra analogia quella in cui il digito lunare che appare nel secondo giorno della quindicina chiara (dvityuklapaka) molto difficile da vedere. Chiunque labbia scorto desidera mostrare a un altro quella visione di buon auspicio. Il digito, nellorizzonte del cielo, sembra stagliarsi al di sotto del ramo di un albero, anche se la distanza tra i due enorme. Tuttavia, per mostrare la posizione del falcetto lunare si usa il ramo e si dice sotto il ramo c la luna di dvity. Dopo aver mostrato e aver negato lannamaya e gli altri quattro koa, anche questo nyya serve a identificare la trascendenza del S rispetto ai cinque involucri. 95 jeya yat tat pravakymi yaj jtvmtam anute/ andimat para brahma na sat tan nsad ucyate// 12 // sarvata pipda tatsarvato kiiromukham/ sarvata rutimal loke sarvam vtya tihati// 13 //, Ti riveler ci che deve essere conosciuto, avendo realizzato il quale si ottiene limmortalit: il supremo brahman privo dorigine che si dice non essere n Essere n non-Essere (12). Quello ha da ogni parte mani e piedi, da ogni parte ha occhi, teste e bocche, da ogni parte orecchi, sovrasta ogni cosa avendola avvolta (12). 96 Si veda il settimo capitolo della BG in cui (VII.4-5) si parla delle due nature del supremo. La prima e inferiore consta di otto sezioni: i cinque elementi, la mente, lintelletto e il senso dellio. Quella superiore invece il jva stesso.
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del campo, invero falso. Al fine di eliminare ci stata espressa la propriet di essere conoscibile cos detto essere, n essere n non essere

Tutta la variet pertinente allo ketra e che si attribuisce allo ketraja illusoria, poich questultimo invero privo di ogni sovrapposizione e puro. Non possibile identificarlo con categorie come sat e asat, che qui indicano manifestato (vyakta) e non manifestato (avyakta), perch esse sono applicabili a enti come i vasi e altri del genere: na ghadivad ubhayabuddhyanugatapratyayaviayam (BGB ad XIII.12), in quanto anche la KeU (I.3) predica per il S limpossibilit di essere conosciuto attraverso le strette maglie delle categorie di conoscibile o non conoscibile, bens afferma come Esso altro da ci: anyad eva tadviditd atho aviditd adhi , per cui esprimibile sola per via negativa e non dalle parole comuni, poich non un ente comune da conoscersi empiricamente (aviayatvt) in quanto non-duale (advayatvt). Per cui ha ragione, secondo ( na kenacit abdena ucyate ), la TaiU (II.4.9) a urlare: yato vco nivartante aprpya manas saha , ci da cui, non avendolo colto, le parole si ritraggono insieme alla mente Prosegue ancora :
updhikta mithyrpam api astitvdhigamya jeyadharmavad parikalpya ucyate sarvata pipdam itydi. tath hi sapradyavid vacanam adhyroppavdbhy niprapaca prapacyate iti ... Ci che causato dalle condizioni avventizie pur essendo ci una forma illusoria, [tuttavia] per far comprendere lesistenza [del conoscitore del campo] lo si esprime avendolo immaginato come provvisto di propriet conoscibili: Quello ha da ogni parte mani e piedi Oltre a ci, vi laffermazione di un conoscitore della tradizione: attraverso l[iniziale] assunzione e la [successiva] negazione, ci che privo di sviluppo viene sviluppato

Da

queste

considerazioni

risulta

chiaro

come

attraverso

il

metodo

delladhyroppavda, che utilizza commentando i versi che vanno da BG XIII.12 a XIII.16, si negano le attribuzioni dello ketra nello ketraja, poi si afferma con forza il radicamento dello ketra nello ketraja e infine si annulla lo ketra nel conoscitore del campo. Saltando molte generazioni di maestri e discepoli arriviamo al VS (HIRIYANNA, 2004 [1929]: 2-3, 8-9) che nella sua interpretazione del metodo inserisce spunti di grande importanza:

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asarpabhte rajjau sarpropavad vastuny avastvropo dhyropa. vastu saccidnanddvaya brahma. ajndisakalajaasamho vastu. ajna sadasadbhym anirvacanya trigutmaka jnavirodhi bhvarpa yatkicid iti vadanty aham aja itydy anubhavt devtmaakti svaguair nigm itydiruti ca97 apavdo nma rajjuvivartasya sarpasya rajjumtratvavad vastuvivartasyvastuno jnde prapacasya vastumtratvam. tad uktam satattvato nyathprath vikra ity udarta. atattvato nyathprath vivarta ity udhta iti ...98 Come la falsa sovrapposizione del serpente su una corda che non divenuta serpente, ladhyropa lattribuzione di ci che non reale sulla realt. La realt il brahman, essere, conoscenza e beatitudine, privo di dualit; ci che altro dalla realt invece linsieme di tutto ci che inerte come lignoranza e altro. Lignoranza altro dallessere e dal non essere, indefinibile, sostanziata delle tre qualit, opposta alla conoscenza, dalla natura positiva, per cui la definiscono che qualcosa, per via dellesperienza io sono ignorante e il passaggio scritturale La potenza del S che la divinit, celata nelle proprie qualit (SvU I.3) Come per il serpente il fatto di essere solo corda, che una falsa trasformazione della corda, la negazione il solo essere il principio dello sviluppo fenomenico come lignoranza e altro, ossia la non realt che una falsa trasformazione della realt. Questo stato detto: La trasformazione effettiva (vikra = parima) un presentarsi altrimenti provvisto di realt,

Ci limitiamo a chiarire un paio di questioni relative allignoranza (ajna), che pure argomento centrale dellAdvaita. Non vi un preciso accordo tra gli autori rispetto al fatto se vi sia differenza o meno tra ajna, avidy, my e mithy. Anche il termine adhysa potrebbe rientrare in questa considerazione, in quanto talvolta usato come sinonimo di avidy, talaltra come effetto di essa. Sta di fatto che il testo del kamro Sadnanda Yogndra, il VS (HIRIYANNA, 2004 [1929]: 3), afferma che sebbene sia una, in senso empirico, a seconda si applichi allindividualit (vyai) o alla totalit (samai), diviene molteplice (aneka) o unica (eka). Risulta opposta alla conoscenza, poich solo essa in grado di neutralizzarla. Vedremo appunto come MS stesso nellAS (STR, A. K. [ED.], 1997 [1937]: 160) considerer la terza delle cinque definizioni di falsit (mithytva): jnanivartyatvam. inoltre impossibile da definire come sat o come asat, come assolutamente vera o del tutto irreale. Se fosse assolutamente reale non scomparirebbe mai, mentre se fosse irreale non ne se avrebbe mai esperienza. Per, si sa che scompare e se ne ha unesperienza diretta mediante il testimone. Allora differente (vilakaa) sia da sat sia da asat (sadasadbhym) ed dunque indefinibile e indicibile (anirvacanya). Laltro grande argomento il fatto che ajna, in quanto causa materiale (updnakraa) della trasformazione effettiva (parima) non pu essere considerata unassenza (abhva) di conoscenza (jna), per cui una categoria negativa (abhvarpa) come fanno i Naiyyika, in quanto per lAdvaita e la Mms ritualista, ogni causa deve essere di necessit unentit positiva (MIRA, D. S., 1974: 301-304). Sulla stessa linea c il bel articolo di S. Revathy (1992: 99-115) ruti and arthpatti in Respect to Avidy. Ricordiamo la discussione analoga di Citsukha nella TP (YOGNDRNANDA [ED.], 1985 [1974]: 49-56, 58-60: andi bhvarpa yad vijnena vilyate ) riguardo alla natura positiva della tenebra (tamaso bhvarpatva), che contrasta la concezione del Nyya per il quale la tenebra solo mancanza di luce (SWAMI, PRAJNNANDA, 2002 [1971]: 188-192). Soprattutto i seguaci della scuola Avacchedavdin, divisero lignoranza in due grandi categorie: lignoranza originale e primordiale (mljna) cio lignoranza concernente il supremo stesso e lignoranza relativa (tljna), ossia lignoranza relativa ogni singola errore cognitivo, agli effetti dellignoranza capitale. Si ricordi che il termine tla indica il baccello che il frutto della pianta del cotone. In questo contesto il sogno considerato effetto di tljna. 98 La seconda parte del testo (VS, HIRIYANNA, 2004 [1929]: 8-9) presenta alcune considerazioni su quali siano i sostrati rispettivi di ognuno dei domini fenomenici, per cui la sfera grossolana ha il suo sostegno nel sottile, il sottile nel causale e il causale nel brahman turya. Lanalisi prosegue con le considerazioni concernenti il mahvkya tat tvam asi (ChU VI.8.7), che si aprono con questa sentenza: bhym adhyroppavdbhy tattvapadrthaodhanam api siddha bhavati , Mediante questi due, ossia lattribuzione e la [successiva] negazione [di essa] diviene stabilita anche la purificazione del significato dei termini Tu e Quello
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cos stato definito; mentre la trasformazione falsa (vivarta) stata definita un presentarsi altrimenti sprovvisto di realt 99

Va comunque notato che sebbene il significato tecnico in cui finora ci siamo riferiti ad adhyropa sia quasi del tutto sovrapponibile con il termine adhysa, nonostante ci luso e lanalisi di questo termine nella tradizione Advaita assume delle fattezze e sfumature peculiari. Si badi bene che quando diciamo che il concetto di sovrapposizione fu perno della dottrina Advaita, non vogliamo con ci dimenticare che lo stesso concetto si ritrova anche nel Skhya. Ladhysa, letto nel senso che un qualcosa si sovra impone su qualcosaltro che sostanzialmente differente, concezione comune a ogni darana, in specifico per quanto concerne lerrore percettivo. Premesso che la realt fondamentale del Vednta non duale una, mentre per il Skhya sono due, nel Skhya la sovrapposizione ha caratteristiche congruenti a quelle dellAdvaita.100 Nel Skhya i due principi (tattva) a confrontarsi per la loro opposta natura sono prakti e purua, i quali sono appunto per questo protagonisti della sovrapposizione di uno sullaltro (dharmyadhysa) e delle caratteristiche di uno sullaltro (dharmdhysa). La cosa avviene pressa poco cos: nellaffermazione io sono questo il termine io si riferisce al soggetto, al S, ossia purua, mentre questo alla sostanza, prakti. Lidentificazione di questi due enti, fondamentalmente opposti, la base dellerrore. Secondo Daya Krishna (2006: 371-372) ladhysa vedntica andrebbe vista altrimenti: io non sono questo, ove io corrisponde evidentemente al S, al soggetto conoscitore, cio lanima individuale, mentre questo loggetto, la natura, questa volta per nella sua forma essenziale, ossia il brahman stesso.101
Due tra i concetti relativi alla causalit pi importanti del pensiero indiano sono vivarta e parima o vikra. Dal punto di vista dellAdvaita Vednta comune intendimento che questo mondo, tanto empirico (vyvahrika) quanto apparente (prtibhsika), sia un vivarta, ossia un mutamento illusorio di brahman e un mutamento effettivo, un parima di my, avidy. Il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 155) scrive: parimo nmopdnasamasattkakryypatti. vivarto nmopdnaviamasattkakrypatti , il mutamento effettivo il sorgere di un effetto della medesima realt della sua causa materiale; il mutamento illusorio il sorgere di un effetto di una differente realt rispetto alla sua causa materiale Vediamo ora di armonizzare le definizioni proposte con la concezione dellAdvaita. Il mondo un vivarta di brahman nel senso che la realt assoluta di brahman diversa (viama) dalla realt propria delluniverso fenomenico, che pu essere prtibhsika o vyvahrika. Daltro canto my possiede un livello di realt ontologica vyvahrika e anche il mondo vyvahrika (o tuttal pi prtibhsika), pertanto ha una realt (satt) pari a quella del propria effetto. Ricordiamo limportantissimo studio monografico di P. Hacker Vivarta apparso nel 1953, interamente dedicato allargomento. 100 Va detto che il termine adhysa non si ritrova n nelle Upaniad n nei BS. Oltre al Skhya e ai Bauddha, per era nozione nota sia ai Pacartra sia ai Pupata (RAO, 2002: 88-89). 101 Il punto di vista di Daya Krishna di certo degno di nota. Nel suo articolo, in parte a ragione, sostiene che le fondamenta su cui si erige ledificio dottrinale dellAdvaita non sono affatto vedntiche. A parte che, come vedremo, stesso afferma che riguardo al fatto che nellerrore percettivo in definitiva non si fa che scambiare un oggetto per un altro, e su ci vi accordo tra tutti i pensatori. Gi con questo dice che non un concetto nuovo. La questione che nellAdvaita limportanza enorme delladhysa perch senza postulare questa non si comprende come il
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Veniamo ora alla trattazione centrale, che si interseca su due ambiti, quello della dottrina della triplice realt (satttraya) e delladhysa vera e propria, per sfociare infine nella concezione di mithytva. Abbiamo pi volte ricordato che il Vednta non duale, sebbene mantenga fede a ununica realt assoluta (pramthika), il nirgua brahman, tuttavia, dimostrando un grado eccezionale di comprensione della realt, costretto ad ammettere lesistenza di altri livelli ontologici del reale. Per lAdvaita assolutamente reale significa eterno e nella fattispecie triklbdhyam ci che non contraddicibile nel triplice tempo, ossia quella verit assoluta (paramrthasat) che non viene mai negata da alcunaltro principio, mentre la conoscenza di ci (brahmajna) capace di contraddire ogni altra conoscenza finita (BROOKS, 1969: 390). Nonostante questo sia lunico apice di realt a cui gli Advaitin aspirano ad ascendere, essi sono costretti a infondere varie sfumature nelle loro concezioni del reale.102 La parola sanscrita in uso solitamente sat, in contrasto con asat. Di fronte allunico che pu fregiarsi a ragione dellappellativo sat, linnegabile brahman, ogni altro livello ontologico comunque da considerarsi asat, poich in ultima analisi contraddicibile. Per, anche allinterno del termine asat vanno distinti vari livelli.103 Ci sar quindi un livello assolutamente e irrimediabilmente irreale (tuccha/tcchikalka), come il figlio di una madre sterile (vandhyputra), il corno di lepre (aaga), il latte di tartaruga (krmakra), il fiore in cielo (khapupa) e molti altri esempi (POTTER, 1991 [1962]: 166, 223; DASGUPTA, 1998 [1922],
VOL. 2: 2).
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principio purissimo possa rivestirsi di condizioni limitanti quali lio e il mio. Solo postulando la sovrapposizione reciproca possibile dare una spiegazione Advaitin alluso empirico dei prama da parte di un pramt che coglie dei prameya, non altrimenti. Di pi, gli sviluppi nella scuola di sono enormi e oltretutto veicolano nuovo vigore nella concezione dellanirvacanyat, questione del tutto specifica dellAdvaita. Oltre a ci, lesempio che porta Daya Krishna, anchesso condivisibile solo in parte e dopo aver sorvolato le implicazioni principali delladhysa. Egli sostiene giustamente che Io non sono questo frutto della sovrapposizione. Invero, la sovrapposizione in quanto avidy responsabile di questo giudizio qualora il questo sia da considerarsi come il puro brahman. Daltro canto le false attribuzioni come Io sono magro, grasso, cieco, zoppo, felice, infelice oppure Mia questa casa, questa famiglia, questo corpo sono esempi di come nel Vednta di ladhysa sia direttamente sperimentabile. 102 Il termine pu, infatti, essere letto come genuino, opposto a falso, oppure naturale come opposto ad artificiale, ma anche non illusorio, non immaginario, permanente ed esistente. 103 P. Hacker (1995b [1952]: 138-139) divide sapientemente in varie caselle la problematica. In un primo livello riconosce lopposizione di due termini satya e asatya. In seconda battuta mette a confronto cinque parole: sat, asat, sadasat, anirvacanya e pacamaprakra; infine parla del triplice livello ontologico: paramrthasat, vyvahrikasat e prtibhsikasat. Mentre per il primo caso satya e sat non siano distinguibili agli occhi degli Advaitin, lo stesso non pu dirsi di asatya e asat, che risultano ben differenziati: ci che davvero non esiste asat, mentre asatya qualcosa privo delle caratteristiche proprie del sat, ma che pu avere un certo grado di realt. Nelluso comune asatya significa non vero, falso o non veramente esistente e, anche per questo, non ha alcuna possibilit di emergere di fronte alla realt vera, per non pu essere negata a priori, in quanto possiede una seppur minima esistenza (HACKER, 1995b: 139140). Si veda anche Eliot Deutsch (1969: 15-26). 104 NellAS (STR, A. K. [ED.], 1997 [1937]: 50-51), MS fornisce una definizione molto puntuale di questo genere di cose: kvacid apy updhau sattvena pratyamnatvnadhikaraatvam asattvam , Essere irreale il non essere [un ente] percepito come esistente in un qualsiasi sostrato La concezione ha delle analogie sconcertanti con il nirupkhya dei Mdhyamika e la vikalpavtti dello Yoga (YS I.9): abdajnnupt vastunyo vikalpa. Il vikalpa,

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Accanto a questo vi sono per due livelli di realt, luno capace di contraddire laltro. Il primo di questi e pi debole la realt apparente (prtibhsika) poich illusoria, il cui corpo resiste finch la si percepisce e non oltre (prattimtraarratva).105 Tale la realt propria degli errori percettivi come largento sovrapposto o scambiato per la madreperla (uktirpya) o la fune scambiata per un serpente (sarparajju). Il sogno appartiene a questo genere di realt. Questa esistenza fittizia non del tutto irreale come pu essere il figlio di una madre sterile, non nemmeno totalmente reale, come il brahman. Allora (BSB I.1.5, I.4.3, II.1.14, II.1.27) stesso consider questo genere di enti impossibili da imprigionare entro le parentesi sia della realt (tattva), sia di ci che altro dalla realt (anyatva), lirrealt (atattva).106 Oppure, come si espressero i suoi successori, n essere (sat) n non essere (asat), differente (vilakaa) dallessere e dal non-essere (sadasadbhym/sattvsattvbhym), pertanto anirvacanya, ineffabile, indefinibile, indeterminabile.107 Hacker (1995b: 140-144), riprendendo lautore dellIasiddhi Vimukttman (X-XI sec.) e il suo successore nandabodha Bharaka (XI sec.) col suo Nyyamakaranda, ricorda pure il quinto modo (pacamaprakra), differente appunto da essere, non essere, da essere e non essere insieme (ubhayarpa) e anche dalla negazione di entrambi.108
infatti, quel genere di cittavtti il cui contenuto non corrisponde a un reale oggetto, che sorge solo da una parola (abda) e una cognizione (jna). In una qualsiasi cognizione si distinguono tre fattori: una parola, un significato di essa e una cognizione (jna/vtti) risultante dalla parola. Nelle parole come corno di lepre si ode la parola e di conseguenza sorge anche una cognizione mentale corrispondente, la quale per non ha alcuna corrispondenza con la realt. Si veda anche Brooks (1969: 392) 105 Unulteriore definizione della prtibhsikasatt brahmajnetarajnabdhyatva prtibhsikatvam, Lessere la realt apparente lessere contraddicibile da una conoscenza che altra rispetto alla conoscenza di brahman. Sulla stessa onda anche la definizione della vyvahrikasatt: brahmajnabdhyatva vyvahrikatvam, Lessere la realt empirica lessere contraddicibile dalla conoscenza di brahman (SWAMI, PRAJNNANDA, 2002 [1971]: 202-203). Comunque il lakaa della vyvahrikasatt che i paita sono soliti prediligere : brahmapramtiriktapram bdhaditatve sati cidbhinna sadrpa vyvahrikatvam, Lessere empirico lessere di natura reale, differente dal brahman [cit] quando non sia soggetto a contraddizione da parte di una valida conoscenza differente dalla conoscenza di brahman. 106 Lintera formula usata da per indicare lindeterminabilit quasi sempre tattvnyatvbhym anirvacanyam e si trova in quattro differenti contesti: tattvnyatvbhym anirvacanye nmarpe avykte vycikrite (BSB I.1.5); avyakt hi s my tattvnyatvanirpaasyakyatvt (BSB I.4.3); sarvajasyevarasytmabhta ivvidykalpite nmarpe tattvnyatvbhym anirvacanye sasraprapacabjabhte sarvajasyevarasya myakti praktir iti ca rutismtyor abhilapyete (BSB II.1.4) e avidykalpitena ca nmarpalakaena rpabhedena vyktvykttmakena tattvnyatvbhym anirvacanyena brahma parimdisarvavyavahrspadatva pratipadyate (BSB II.1.27) (HACKER, 1995a [1950]: 71-73). Questo concetto di andare oltre sia allessere sia al non essere prende le mosse dal celebre Nsadyaskta (V X.129.1): nsad sn no sad st tadnm , Allora n vi era non-essere, n essere vi era essere 107 Rammentare al lettore il parallelismo con il catukoi, il cosiddetto tetralemma buddhista dobbligo. Anche in questo caso Ngrjuna (MaK XXII.11) confuta quattro alternative rispetto alla natura della vacuit (nya). La trattazione nyavdin comunque legata alla dottrina del prattyasamutpda (MaK XVIII.10; XXIV.14, 18, 36, 40), la cosiddetta coproduzione condizionata e laccettazione di due realt, quella fittizia e convenzionale (savtisatya) e quella suprema (paramrthasatya) (MaK XXIV.8). In questottica la realt assoluta del Buddhismo corrisponde alla pramrthikasatt dellAdvaita, mentre savtisatya corrisponde congiuntamente alle realt prtibhsika e vyvahrika (STRENG, 1971: 262-271). Si veda anche C. Conio (1971: 91-94). 108 Il succitato per Vimukttman un modo dellesistenza che si presenta quando si in transizione tra lo stato di legame a quello di liberazione, in cui si eliminata lignoranza, ma deve ancora sorgere listante successivo la ove albeggia la conoscenza (HACKER, 1995b: 144). Questa posizione evidentemente in disaccordo con Citsukha (TP, IV.8),

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Questo tipo di realt apparente pu essere negato e sostituito dalla pi solida realt empirica (vyvahrikasatt), propria del mondo fenomenico. Anche questo tipo di realt pu sottostare alle stesse caratteristiche di indefinibilit di quella prtibhsika, anche se , da una prospettiva dialettica, necessario distinguere le due. Va detto, infatti, che senza una netta separazione tra la pramrthikasatt e la vyvahrikasatt da un lato e la vyvahrikasatt e la prtibhsikasatt dallaltro, la relazione di sovrapposizione (adhysa) di cui si parler e che la ragione dellillusoriet del mondo, rimarrebbe inesplicabile (BROOKS, 1969: 396). La realt apparente alquanto fugace ed contraddetta (bdhita) da quella empirica, la quale, a sua volta, soggetta a termine solo a seguito della realizzazione del supremo (DEUTSCH, 1969: 32-33; BROOKS, 1969: 393-394). La realt del mondo fenomenico, sebbene sempre sferzata dalla propria caducit intrinseca, rimane invariata finch la conoscenza suprema non ne mina le fondamenta (BSB II.1.14):
sarvavyavahrm eva prg brahmtmavijnt satyatvopapatte, svapnavyavahrasyeva prg prabodht Risulta plausibile la veridicit di ognuna delle attivit [ed entit] empiriche prima della conoscenza del S come brahman, come prima del risveglio [la veridicit] delle attivit [ed entit] oniriche 109

Unultima cosa che va ribadita a questo proposito che , nei suoi commentari, difficilmente asserisce che il mondo un sogno,110 mentre solito affermare che lesistenza
secondo il quale il S non che leliminazione dellillusione: nivttir tm mohasya ; il disaccordo sembra essere anche con Maana Mira, per il quale il tramonto dellignoranza equivalente e simultaneo alla liberazione, ossia al sorgere della conoscenza: avidystamayo moka (BS, SASTRI, K. S. [ED.], 1937: 119) e vidyaiva ca avidynivtti (IBID.: 121). Vale la pena di ricordare che lottimo e pionieristico Hacker discusse anche alcuni passaggi dellIasiddhi riguardo ai tre livelli di realt, entro i quali pullulano riferimenti alladerenza alla realt apparente del sogno (HACKER, 1995b: 145-149). 109 Ancora ad BS I.1.4 scrive: mithyjnpya ca brahmatmaikatvavijnd bhavati , lannientamento della conoscenza falsa avviene con la realizzazione dellunit del S e del brahman Lo stesso concetto espresso dal VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 40-41) nanu siddhnte ghader mithytvena bdhitatvt tajjna katha pramam? ucyate brahmasktkrnantara hi ghadn bdha yatra tv asya sarvam tmaivbht tat kena ka payet iti rute. na tu sasraday bdha yatra hi dvaitam iva bhavati tad itara itara payati iti rute ..., [Obbiezione:] Per nella [vostra = degli Advaitin] dottrina, per via della falsit dei vasi e degli altri oggetti essi sono contraddetti, quindi come pu essere la loro conoscenza una valida conoscenza? [Risposta:] Si risponde che solo dopo la realizzazione del brahman si ha la contraddizione dei vasi e degli altri [enti], come [affermato] dalla ruti: ma laddove per costui ogni cosa divenuta il S, allora [chi] mediante cosa e che cosa potrebbe vedere?...; non di certo la [loro] contraddizione si ha durante il permanere del divenire: Laddove come se ci fosse dualit, l dunque uno vede laltro, cos [dice un passaggio] della ruti (si veda la nota 28 del capitolo 5). 110 Piuttosto, svariate volte compara lignoranza o il mondo con il sogno, ma fa questo solo per puntualizzare che la somiglianza tra il sogno e lillusione stessa che my. Al modo in cui il sogno contraddetto dal risveglio, per cui

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fenomenica, in tutte le sue componenti sovrapposta sul brahman, per cui privo di una realt assoluta e lunica realt che gli si addice proviene dallinestricabile sovrapposizione con la realt del suo fondamento (adhihna), il brahman (SWAMI, PRAJNNANDA, 2002 [1971]: 201).111 Concludendo brevemente questa parentesi sul satttraya, nostra convinzione che questo trittico sia passibile di varie letture. Da una parte la triplice suddivisione come presentata in tutta la tradizione vera. Daltro canto per si possono ridurre i livelli di satt a due, in due maniere. Da una parte avremo una realt assoluta e dallaltra le due realt, empirica e apparente, che si congiungono a formare ununica possibilit. La differenza sta nel fatto che, come accade per gli nyavdin e GP, la vyvahrikasatt pu immergersi nella prtibhsikasatt creando un tuttuno (SHARMA, A., 2006: 147-148), oppure, la seconda opzione che la prtibhsikasatt si annulli nella vyvahrikasatt. Penetrando ancora pi in profondit si pu affermare che la realt una e unica, la sola pramrthika, poich di fronte alla sua infinit ogni altro genere di realt scompare. NellAdvaita Vednta ogni cosa sovrapposta sul brahman112 e, se qualcosa venisse immaginato come indipendente da brahman, sarebbe privo di ogni realt, perch la realt degli enti sovrapposti non loro connaturata, bens proiettata dal loro fondamento. Tutte queste delucidazioni ci conducono naturalmente a trattare pi precisamente il concetto di sovrapposizione, adhysa. Ogni studioso dei darana e in specifico della speculazione Advaita, per avere delle risposte su svariati argomenti cari al Vednta, non pu prescindere dallesame dellincipit del BSB, il celeberrimo adhysabhya.113 Questo anche ci che noi intendiamo proporre, anche se ladhysa argomento sviscerato in ogni trattato vedntico.
si ritiene falso, cos la realt fenomenica, anchessa illusoria perch prodotto di my, annichilita dalla conoscenza suprema e, pertanto, fasulla (SWAMI, PRAJNNANDA, 2002 [1971]: 201-202). 111 A questo proposito si veda il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 242-243): trividha sattvam. pramrthikasattva brahmaa, vyvahrika sattvam kde, prtibhsika sattva uktirajatde. tath ca ghaa sann iti pratyakasya vyvahrikasattvaviayatvena prmyam asmin pake ca ghader brahmai niedho na svarpea, kintu pramrthikatvenaiveti ..., La realt triplice: la realt assoluta del brahman, la realt empirica delletere e degli altri [elementi] e la realt apparente dellargento sulla madreperla e altri simili. Inoltre, la validit di questa percezione diretta Il vaso ! si ha poich essa oggetto della realt empirica. Secondo questa opzione, la negazione del vaso e altri [enti] in brahman non secondo la loro natura [che fenomenica], bens solo rispetto allassoluta realt 112 Uneco di questa concezione, spostata sul versante dellauto-luminosit, si ha nella sentenza upaniadica (KaU V.15/II.2.15; MuU II.2.10; SvU VI.14): tam eva bhntam anubhti sarvam, tasya bhs sarvam ida vibhti , essendoci quello solo che splende ogni cosa risplende, per la sua luce tutto questo splende 113 Sebbene ladhysabhya costituisca lintroduzione al commento ai BS, tuttavia, per la sua importanza, pu assumere una dimensione indipendente. Ramachandra Rao (2002: 88-89, 99-100) ne propone una struttura interna del tutto condivisibile: una presentazione del problema (pratijbhya), la natura della sovrapposizione (lakaabhya), un approccio razionale al problema (upapatti o sabhvanbhya), le prove della sovrapposizione (pramabhya) e le affermazioni conclusive (upasahrabhya), nel quale lascia intendere che il concetto implicito alla tradizione vedntica.

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Il cruccio primario degli Advaitin provare che la molteplicit e la caducit del mondo non sono reali. Vero solo ci che si pone a fondamento inalterabile del continuo divenire del sasra: il brahman o ltman, che in sono termini usati senza distinzione. La conoscenza di questo principio supremo conduce allannullamento della molteplicit. Il metodo che consiglia per attingere questo risultato lesame dellesperienza quotidiana, con le sue tre differenti condizioni: mentre esse vanno e vengono, lunico loro testimone il S, costante e pertanto reale, in opposizione ai fenomeni mutevoli. Il motivo per cui questo S non viene realizzato perch vi sono varie distrazioni che ci allontanano dal sua vera natura, le quali sono tutte prodotto di un unico agente, ladhysa. La comprensione di ci e la successiva eliminazione fa pervenire alla conoscenza liberatrice, che il tema centrale del BS e del suo commento (SARMA, S. E. R., 1984: 399-400). Il punto di partenza che lintero BS offre una prospettiva del tutto conoscitiva agli Advaitin, per cui nella pi stretta osservanza commentariale ortodossa,114 al fine di offrire unidea completa di jna nelle sue sfaccettature, necessario fornire anche dei parametri sul contrario di essa, ossia avidy. In effetti, sembra che consideri i termini adhysa e avidy come sinonimi.115 apre il testo con un dubbio, se davvero quel concetto che si cela sotto la parola adhysa sia effettivamente esistente o al contrario solo uninvenzione degli Advaitin. Vedremo come risponda che ladhysa contenuto comune nellesperienza di ognuno, qualcosa che difficile da provare logicamente, ma che ogni essere pu sperimentare:
yumadasmatpratyayagocarayor viayaviayios tamaprakavad viruddhasvabhvayor

itaretarabhvnupapattau siddhy taddharmm api sutarm itaretarabhvnipapattir ity ato smatpratyayagocare viayii cidtmake yumatpratyayagocarasya viayasya taddharm cdhysa, tadviparyayea viayias taddharm ca viaye dhyso mithyeti bhavitu yuktam. tathpy116 anyonyasminn anyonytmakatm anyonyadharm cdhyasyetaretarvivekena,

Ci riferiamo alla Mms, dove si afferma che per inquadrare nella sua completezza la natura del dharma, bisogna comprendere anche il suo opposto, ladharma. La parola avidy non comunque cos ricorrente nelle Upaniad (KaU I.2.4-5, MuU I.2.8, MaU 7, 9) anche se la si usa quasi invariabilmente come opposto (pratiyogin) del termine vidy. 115 La nostra traduzione di adhysa (adhi + as) per lo pi con il termine sovrapposizione anche se la cosa non cos semplice. Il campo semantico abbracciato affine anche a idee tipo falsa attribuzione, cognizione scorretta, proiezione. P. Deussen traduce come illegitimate transference. Altri sinonimi sanscriti sono adhyropa, avidy, viparyaya, moha, bhrnti, bhrama, tamas (RAO, 2002: 89). Sembra comunque che per i seguaci della scuola del Pratibimbavda, a partire gi da Padmapda, vi sia una distinzione tra avidy e adhysa, ove la prima causa del secondo. La Bhmat di VM, invece, anche se non si esprime chiaramente a questo proposito, sembra ricalcare la posizione stessa di , in cui i due termini sembrano ricalcare il medesimo principio (HASURAKAR, 1999 [1958]: 182-183). 116 VM e altri commentatori leggono lintero passaggio anteponendo lavverbio yadyapi, sebbene, che in un rapporto di invariabile e reciproco completamento (nityaspeka) con lindeclinabile tathpi, tuttavia.
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atyantaviviktayor dharmadharmior mithyjnanimitta satynte mithunktya, aham ida mamedam iti naisargiko ya lokavyavahra Quando sia comprovata limpossibilit della reciproca sovrapposizione tra oggetto (viaya)117 e soggetto conoscitore (viayin), che sono i contenuti [rispettivi] delle cognizioni tu e io118 e le cui nature sono contrastanti come la tenebra e la luce, allora ancor pi chiara119 limpossibilit della reciproca sovrapposizione delle loro propriet. Pertanto, la sovrapposizione delloggetto che il contenuto della cognizione tu e delle sue propriet sul soggetto conoscitore che il contenuto della cognizione io ed della natura della conoscenza e, di contro, la sovrapposizione del soggetto conoscitore e delle sue propriet sulloggetto plausibilmente [considerata] fasulla. Tuttavia, avendo sovrapposto luno sullaltro la reciproca natura e le reciproche propriet, per via della reciproca mancanza di discriminazione tra le propriet (dharma) e i loro possessori (dharmin) che sono alquanto distinti, avendo congiunto (mithunkaraa) la verit (satya) e la menzogna (anta) si ha questo naturale (naisargika)120 uso comune delle persone (lokavyavahra), la cui causa (nimitta =

Molto interessante letimo e la derivazione del termine viaya nella Bhmat (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 4). Tale nirukti comunque utilizzato da VM anche in altre sue opere (STK, NyVT) e parte dalla radice i bandhane, che significa legare, bloccare, a cui si antepone lupasarga vi. Ci determina una riflessione che VM propone, cio gli oggetti, che non sono solo gli enti sensibili, bens anche laggregato psico-fisico, avviluppano e legano il S dalla natura conoscitiva e lo rendono identificabile attraverso la loro stessa natura, ossia lo costringono ad assomigliare a loro: citsvabhvva tm viay, jaasvabhv buddhndriyadehdiviay viay. ete hi cidtmna visinvanti, avabadhnanti, svena rpea nirpaya kurvanti 118 Spontaneamente, si sarebbe propensi a considerare un maggiore contrasto tra lio (aham) e il quello (idam), piuttosto che con il tu. Per gli crya commentatori spigano che esiste un pi alto grado di opposizione tra il tu e lio in quanto i loro significati sono molto lontani, per cui pi semplice rappresentare lantman con il contenuto della cognizione yumat, tu e ltman con il contenuto della cognizione asmat, io, come spiega la Ratnaprabh (BSBRP, STR, J. L., 2000 [1980]: 4): atra yumadasmatpadayo ekrthavcitvbhvt, antman yumadarthn bahutvd asmadarthacaitanyasypi bahutvt Lo stesso scrive VP (BSBB, IBID.: 4), secondo il quale il vero opposto (pratiyogin) di aha tvam, non idam, perch possibile incontrare frasi e giudizi come noi siamo questo; io sono questo , mentre molto pi difficile trovarsi di fronte a sentenze come noi siamo te; io sono te , per cui la differenza pi marcata tra aham e tvam: idamasmatpratyayagocarator iti vaktavye yumadgrahaam atyantabhedopalakartham. yathhakrapratiyog tvakro naivaim idakra, ete vayam ime vayam smaha iti bahula prayogadarant (RAO, 2002: 103-104). Lestrema differenza (atyantabheda) tra io e tu a cui fa riferimento VM ha, secondo BSBRP (STR, J. L., 2000 [1980]: 5), tre componenti diversificanti: una differenza di natura (svarpabheda), una differenza di cognizione (prattibheda) e una differenza di uso comune (vyavahrabheda). Per quanto riguarda la prima il soggetto interiore, mentre loggetto (pratyak) sempre esteriore (park); la percezione che si ha delluno come lio cosciente, mentre laltro sempre differente e inerte, per cui il soggetto percepisce mentre loggetto viene percepito (dyatay). Infine, la terza differenza spiegata come un avviluppamento del S interiore da parte dellahakra, cio delloggetto, che determina il giudizio Io sono lagente (aha kart), invece la funzione del soggetto di eliminare tutto ci che antman attraverso la convinzione espressa dal mahvkya aha brahsmi (BU, I.4.10): tatra yumadasmatpadbhy parkpratyaktvena tmntmanor vastuto virodha ukta. pratyayapadena prattito virodha ukta. pratyata iti pratyayo hakrdir antm dyatay bhti. tm tu prattitvt pratyaya svaprakatay bhti. gocarapadena vyavahrato virodha ukta. yumadartha pratyagtmatiraskre karttham itydivyavahragocara. asmadarthas tv antmapravilpena aha brahsmti vyavahragocara iti tridh virodha sphukta 119 Il fatto che gi il dharmin, il possessore dei dharma, sia sovrapposto, non pu che convogliare allaffermazione che i dharma che gli appartengono sono, di conseguenza, ancor pi chiaramente (sutarm) sovrapposti uno sullaltro. 120 Laggettivo termine indica un qualcosa di svbhvika, connaturato, innato, naturale, perch coesistente al sostantivo stesso a cui si applica. Ci indica che ladhysa senza inizio, perch connaturata alla manifestazione stessa. VP (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 10) scrive che appunto questo genere di uso e nozione senza et, per cui innato e, se esso innato, tanto pi lo la sua causa, la sovrapposizione: svbhviko ndir aya vyavahra.
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updna) lignoranza dellillusione (mithyjna) [che assume tali fattezze]:121 Io sono questo Questo mio

Pur senza stare a vagliare le varie posizioni dei glossatori di , vale la pena di spendere alcune riflessioni su questi e i passaggi successivi. Luomo passa attraverso tre tipi di esperienza (anubhava) quotidiana: quella del mondo esterno, soggetto alle leggi di tempo e spazio, quella del proprio corpo e quella di s stesso. La prima e la seconda sono indicate da espressioni come questo (idam) e tu (tvam).122 La terza ha invece come modalit espressiva io (aham), che lunica maniera in cui il linguaggio possa esprimere il S interiore. Tuttavia, il S non lio, bens il principio inalterabile che sottende alla cognizione dellio (asmatpratyaya) che, per effetto della sovrapposizione, proiettato sullaggregato psico-fisico e il mondo (yumatpratyaya), ovvero si ha quindi unapparente commistione del reame assoluto (pramrthika) con il fenomenico (vyvahrika), cosicch il S infinito ed eterno appare come limitato e mortale. Il proposito della rrakamms di proprio lindagine nelle radici di questa fittizia trasformazione, con lunico scopo di eliminarla per rivedere il vero volto della realt.

vyavahrnditay tatkraasydhysasynditokt, Va notato comunque, come sottolinea Rao (2002: 108) citando un passo sanscrito, che per alcuni il termine naisargika certamente leggibile come andi ma non svbhvika, perch se ladhysa fosse davvero svbhvika, cio inscindibile dalla natura stessa del S, non sarebbe possibile eliminarla: naisargikapadena anditva vivakita na svabhvatvam. naisargikatve caitanyavat svabhvatve na ucchedyatsabhavt. 121 Traduciamo qui lignoranza dellillusione il composto mithyjna-, conformandoci alle glosse Ratnaprabh BSBRP e il Nyyaniraya (BSBNN) interpretano differentemente. Per loro lillusione determinata dallignoranza: mithy ca tadajna ca tannimittam updna yasya sa (BSBRP, STR, J. L., 2000 [1980]: 10) e mithy ca tadajna ca tannimittam updna yasya so dhysas tath (BSBNN, IBID.: 10). Si ricordi comunque che anche una traduzione come conoscenza illusoria sarebbe stata accettabile e sostenibile dottrinalmente. 122 S. Phillips (1987: 11-12, 20 n. 41 e 44) affronta il problema del locus (adhihna/lambana/raya) dellillusione dal punto di vista di Padmapda (PP) e della sua Pacapdik. Egli, in polemica con gli nyavdin, afferma che certamente unillusione abbisogna di un supporto reale, ponendo anche un argomento linguistico, cio un giudizio che esprime una cognizione contraddicibile, non manca di fare riferimento al lucus dove avviene il mutamento fittizio. Nellesperienza ordinaria, il supporto delloggetto di una cognizione pu essere o un ente fisico esterno (jaaka) o interno, come nel caso dei sogni. PP, discutendo i sogni come un caso dillusione, afferma che non si vuole soffermare sulla questione di interno (antar) o esterno (bahir), bens il suo punto di difendere la posizione da un punto di vista metafisico, che sia i sogni, sia le esperienze di veglia hanno in caitanya il loro supporto. Phillips traduce: Even in the waking state [as well as in dreaming] the immediacy [of consciousness aparokat] that involves [external] objects is not to be distinguished from inner immediate experience (anubhava) [at least not] according to [any] cognition that is valid for they are presented in the same way. Thus an object even in the waking state is experienced invariably (eva) as intimately associated with inner immediate experience. Otherwise the presentation of the material world would be impossibile. As a pot that is covered (avaguhita) by darkness is not presented [to cognition] without the [counter-]covering (avaguhana) of the light of a lamp, so it is here. Secondo i seguaci del Pratibimbavda (in opposizione a VM e agli Avacchedavdin, per i quali lignoranza fondata sul jva [jvritvidyvda]) il supporto di my, dellignoranza cosmica il S, brahman (brahmritvidyvda), la cui assolutezza vigila come raya di ogni cosa. Sebbene lesteriorit di un locus nella condizione di veglia sia passibile di contraddizione, un locus reale permane anche dopo lultima negazione. Per questo PP enfatizza limportanza di un adhihna in tutti i generi di cognizione. Si veda anche Saccidnandednra Sarasvat (1997 [1989]: 398-400).

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Ladhysa, nel suo senso pi preciso che andremo a spiegare a breve, al fine di compiersi pienamente ha bisogno di un sostrato. Infatti, senza la madreperla non possibile cogliere largento illusorio. Il S appunto il fondamento su cui sorge lillusione dellio. Ma c di pi. Al fine di poter scambiare il sostrato per loggetto sovrapposto (adhysta) vi deve essere una certa somiglianza (sdya) tra i due; per esempio si scambia la madreperla per argento perch entrambi luccicano. Per, il punto di vista dellobbiettore con cui apre il bhya al BS, ragionevolmente puntualizza che il S, il soggetto (viayin) luce (praka), mentre il non S, loggetto (viaya) tenebra (tamas), entit impossibili da paragonare o accostare perch estremamente contrastanti (atyantaviruddha). Il S come soggetto un dharmin, ossia il possessore di determinate caratteristiche (dharma) e propriet: consapevole (cetana), auto-luminoso (svayapraka) ed eterno (nitya). Il suo contrario, il non-S (antman) anchesso un dharmin, per, come oggetto, un coacervo di differenti caratteristiche per cui inerte (jaa/acetana) e transeunte (anitya). In questa distinzione si ha una prima divisione interna delladhysa. Esiste una sovrapposizione dei dharmin (dharmyadhysa) e una sovrapposizione dei dharma (dharmdhysa). Per cui, la sovrapposizione reciproca (anyonydhysa/itaretardhysa) del S sul non-S e viceversa un esempio di dharmyadhysa, mentre dharmdhysa la sovrapposizione reciproca delle propriet del S sul non-S e del non-S sul S. Un altro esempio di dharmdhysa anche nellesempio classico del fiore di ibisco (japkusuma) posto accanto a una gemma di cristallo (sphaika). In questo caso il rossore (lalim) del fiore si proietta sulla pura trasparenza (svacchat) del cristallo facendolo apparire rosso, ossia diverso da com realmente. Certo questo un esempio di dharmdhysa, per la sovrapposizione che sottende a ci quella in cui il fiore si riflette sul cristallo, i quali sono appunto i rispettivi possessori (dharmyadhysa) delle propriet del rossore e della trasparenza. Per questo senza dharmyadhysa non possibile dharmdhysa (GUPTA, B., 1995 [1991]: 152-154).123
123 Il VP mostra questo tipo di sovrapposizione con un esempio analogo allargento sulla madreperla o alla serpe sulla fune. Ci introduce anche la questione pi complessa della sovrapposizione non causata da aggiunte limitanti (nirupdhikdhysa) e quella causata dalle aggiunte limitanti (sopdhikdhysa). Vediamo prima il passo del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 49-52) che spiega con un esempio classico, come si pu spiegare laccostamento di caratteristiche proprie dellorgano interno esperite come fossero appartenenti al S: nanu kmder antakaraadharmatve ham icchmy aha jnmy aha bibhemtydy anubhava tmadharmatvam avaghamna katham upapadyate? ucyate ayapiasya dagdhtvbhve pi dagdhtvrayavahnitdtmydhysd yath yo dahatti vyavahras tath sukhdykraparimyantakaraaikydhysd aha sukh aha dukhtydivyavahro jyate , [Obbiezione:] Per se il desiderio e altri simili fossero propriet dellorgano interno, allora come si spiegherebbe lesperienza che li coglie come caratteristiche del S: Io desidero, io conosco, io temo ? [Risposta:] Si ribatte che come nel caso di un pezzo di ferro, che pur privo di capacit di ardere, per via della falsa identificazione con il fuoco che il seggio stesso della capacit di ardere si ha un uso comune come Il ferro arde!, allo stesso modo a causa della sovrapposizione unificante con lorgano interno che muta nelle forme di felicit e quantaltro, sorge unesperienza

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Oltre a questa suddivisione intestina al concetto di adhysa se ne riscontrano altre. Una che menzioniamo an passant quella in svarpdhysa e sasargdhysa. Il primo caso il classico esempio dellerrore percettivo e consiste nella sovrapposizione di un oggetto illusorio su qualcosa di reale, per esempio il serpente sulla corda o largento sulla madreperla. Dello stesso tipo la sovrapposizione dellignoranza e del mondo empirico su brahman, come esempio di errore di fondo. Il sasargdhysa invece la sovrapposizione di un attributo su un oggetto ove a essere falsa la relazione. Pertanto, nellesempio del japkusuma, avremo la falsa attribuzione del rossore (lalim) appartenente al fiore di ibisco al cristallo (sphaika) in prossimit del quale posto. Questi due oggetti entrano in una relazione fittizia. Come gi anticipa la nota 123 di qui sopra, vi sono altri due generi di adhysa che si possono tranquillamente appaiare a quelli test descritti, cio la sovrapposizione dellente (arthdhysa) e la sovrapposizione della cognizione (jndhysa).124 Quando si sovrappone largento (rajata/rpya) alla madreperla (ukti) giungendo a esclamare Questo argento! (ida rajatam) abbiamo un fenomeno di jndhysa. Per, non possibile giungere a una conoscenza senza che vi sia un oggetto di essa. per questo, come si vedr, lAdvaita sostiene che di fronte a chi vittima dellillusione sorge effettivamente un argento di natura indefinibile (anirvacanya) che gli permette di dire ida rajatam. Se questo non accadesse, non si potrebbe spiegare il moto dellindividuo che si reca laddove pensa si trovi largento per raccoglierlo (visavdipravtti). Allo stesso modo, sottolineano gli Advaitin, lintero universo che sovrapposto alltman-brahman accettato come esistente, anche se il suo grado di realt non quello assoluto del brahman. Nella prima parte dellenunciato che mette in bocca allobbiettore, dallinizio a sutarm itaretarabhvnipapatti illustro il jndhysa. La seconda parte del primo passo, da ity

come io sono felice, io sono addolorato e altre simili Ritorniamo ora per un attimo alla suddivisione in nirupdhikdhysa, i cui esempio sono largento sulla madreperla e la serpe sulla fune e sopdhikdhysa, illustrata dal pezzo di ferro incandescente, da esclamazioni come io desidero e altre simili e dallesempio della doppia luna. non accenna a questa distinzione, per discussa da Padmapda per il quale la prima scompare non appena sorge la corretta conoscenza, mentre la seconda persiste finch lupdhi presente. In ogni modo, la definizione di si presta a due differenti coperture e aspetti della sovrapposizione: scambiare un ente per un altro, come avviene con uktirpya e cogliere un oggetto in modo differente da quanto esso in realt, come avviene nel caso dellindividuo colpito da itterizia che vede ogni cosa gialla che, percependo una conchiglia bianca, esclama la conchiglia gialla (pta akh). Nel primo caso si attribuisce la natura di un ente su un altro e si di fronte alla sovrapposizione delloggetto (arthdhysa), mentre nel secondo si attribuiscono gli attributi di un ente a un altro e ci viene a chiamarsi sovrapposizione della cognizione (jndhysa). Scambiare un tronco per un uomo o il brahman per molteplice un esempio di arthdhysa e, il cristallo che appare rosso per la vicinanza con il fiore di ibisco o la conchiglia che appare gialla al malato di itterizia, sono esempi di jndhysa (GUPTA, B., 1995 [1991]: 163-165 n. 22). Si veda ancora B. Gupta per alcune riflessioni su sopdhikdhysa per VM (IBID.: 164-165, n. 24-25). 124 Chiaramente lo svarpdhysa corrisponde allarthdhysa e il sasargdhysa al jndhysa.

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ato smatpratyayagocare fino a mithyeti bhavitu yuktam si riferisce invece allarthdhysa.125 Comunque sia, loppositore immediatamente contraddetto da , non per la modalit con cui ha riportato la natura della dottrina delladhysa dellAdvaita Vednta, bens perch egli sostiene che quelladhysa una mera invenzione degli Advaitin. gli risponde che tale sovrapposizione cosa naturale ed esperibile da tutti mediante le espressioni comunemente usate dalle persone Io sono questo o quellaltro oppure Questo mio, quellaltro mio .126 Proprio qui si evince la sovrapposizione, dallaffermazione relativa alla copula, cio dallunione che dice avvenire tra la verit (satya), ossia limperituro tman e la menzogna (anta), lintero mondo fenomenico, vale a dire congiungere due dharmin che sono di per s impossibili da appaiare (RAO, 2002: 109-111).127 Continuiamo ora, ahim brevemente, con il cuore stesso delladhysabhya: la definizione (lakaa) e la discussione sulla natura della sovrapposizione:
ko yam adhyso nmeti. ucyate smtirpa paratra prvadvabhsa. ta kecid anyatrnyadharmdhysa iti vadanti. kecit tu yatra yadadhysas tadvivekgrahanibandhano bhrama iti. anye tu yatra yadadhysas tasyaiva vipartadharmatvakalpanm cakate iti. sarvathpi tv

Praktman (XIII-XIV sec.), autore del Pacapdikvivaraa e fondatore della scuola interna allAdvaita conosciuta come Vivaraaprasthna, riprendendo dei termini che us GP, afferma che lavidy differente da agrahaa e da anyathgrahaa ed in contatto con il brahman al modo in cui il colore blu sovrapposto al cielo. Secondo lui la falsa apparenza e la cognizione di essa sono dovuti allindicibile ignoranza (anirvacanyvidy), che opera nella forma di tre differenti cidbhsa (Viva, Taijasa e Prja) nelle tre condizioni di coscienza (jgrat, svapna e suupti) dando origine a tre diversi gradi dellessere, caratterizzati da tre variegate condizioni di pensiero. Anche Praktman, a questo proposito, parla dei due tipi di adhysa correlati, arthdhysa e jndhysa, in relazione allaffermazione di rispetto allanyonydhysa. Secondo il Vivaraakra, lente sovrapposto non irreale, poich ci che irreale non potrebbe mai e poi mai apparire come presente; cos finch non sorge la conoscenza lignoranza permane, che non irreale, ma viene eliminata allalbeggiare di jna, confermando che avidy illusoria solo dal punto di vista pramrthika (ROODURMUN, 2002: 41). 126 Il termine lokavyavahra, inteso da VM (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 9) al modo in cui noi lo traduciamo, ossia come linsieme degli usi linguistici adottati dalle persone comuni: lokavyavahro lokn vyavahra, sa cyam aham iti vyapadea La BSBRP e il BSBNN danno spiegazioni pi complesse e concettuali, legando rispettivamente il termine loka alla sovrapposizione tra il soggetto e una qualche attribuzione, come avviene nellarthdhysa e poi, inserendo il composto lokaviaya riferito a vyavahra, indicando cos unidentificazione che ha come oggetto una qualche sfaccettatura del mondo che riporta al jndhysa: lokyate manuyo ham iti abhimanyata iti loka arthdhysa. tadviayo vyavahro bhimna iti jndhyso darita (BSBRP, IBID.: 9) e lokyate manuyo ham iti jyata iti jnopasarjano rthdhyso lokaviayo vyavahra iti arthopasarjano jndhysa cokta (BSBNN, IBID.: 9). 127 Un espediente grammaticale sottolinea il fatto che lunione dei due ambiti non certamente assoluta. Si tratta del suffisso (pratyaya) cvi il cui significato specificato nel Vrtika di Ktyyana allA (V.4.50: kbhvastiyoge sapadyakartari cvi): abhtatadbhva iti vaktavyam. Il pratyaya cvi (la cui unica testimonianza la risultante) si applicherebbe al sostantivo che si pone in composizione con le radici k, bh e as, laddove un qualcosa che non era in un certo modo subisce una trasformazione tale da farlo essere cos come si presenta. Nel caso in esame il cvi si applica al sostantivo mithuna, indicando che questunione tra vero e falso non assoluta ma solo fenomenica. VM (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 9-10) afferma proprio questo: satya cidtm, anta buddhndriyadehdi, te dve dharmi mithunktya yugalktyety artha. na ca savtiparamrthasato pramrthika mithunam astti abhtatadbhvrthasya cve prayoga
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anyasynyadharmvabhsat na vyabhicarati. tath ca loke nubhava uktik hi rajatavad avabhsate, eka candra sadvityavad iti ... [Domanda:] Che cos dunque questa sovrapposizione? [Risposta:] Si risponde che la sovrapposizione unapparizione che ha forma di ricordo di un oggetto precedentemente visto altrove.128 Alcuni definiscono ci come la sovrapposizione che si ha altrove delle caratteristiche di qualcosaltro.129 Alcuni altri, invece, [dicono che] laddove si ha una sovrapposizione su qualcosa, quella un errore percettivo che dipende dalla mancata cognizione della distinzione tra questi [due enti].130 Mentre, altri ancora affermano che laddove vi sia una sovrapposizione su qualcosa, simmaginano per questo delle propriet opposte.131 In ogni modo, comunque non vi deviazione dallesserci unapparizione di propriet altrui su un altro [ente]. Cos si ha anche lesperienza nel mondo: la madre perla appare come largento o una sola luna [appare] come fosse due 132

, in due differenti passaggi (STR, J. L., 2000 [1980]:10-13, 24), definisce in altrettanti modi la sovrapposizione: smtirpa paratra prvadvabhsa , la sovrapposizione unapparizione che ha forma di ricordo di un oggetto precedentemente visto altrove. La seconda definizione, chiamata asserzione sintetica (sakepbhidhna), che richiama e parafrasa la prima, pi generale e non ricorre alla somiglianza con il ricordo: atasmin tadbuddhi , la cognizione di un oggetto su ci che tale oggetto non , e si applica perfettamente a tutti gli esempi di errore percettivo.133 Vale la pena di spendere alcune considerazioni su un lakaa tanto importante per lAdvaita, al quale si pu applicare, oltre alle istanze di errore percettivo, anche il sogno.
In questo caso fornisce la definizione di adhysa accettata dagli Advaitin, che predicano lanirvacanyakhyti. Vedremo in dettaglio questa teoria nel paragrafo successivo. 129 I commentatori attribuiscono questo tipo di concezione al Nyya e Vaieika, sostenitori dellanyathkhyti e alla Prva Mms dei Bha, la cui teoria dellerrore di poco differente dallanyathkhyti e viene nominata vipartakhyti. Non solo, ma la BSBRP (STR, J. L., 2000 [1980]: 13) aggiunge che anche i Vijnavdin sostenitori dell tmakhyti possono essere inclusi in questa descrizione. 130 Qui sono rappresentati chiaramente gli akhytivdin della scuola della Prva Mms dei seguaci di Prabhkara. 131 Infine, questa definizione si applica agli nyavdin che difendono lasatkhyti. 132 Ricordiamo che il primo esempio corrisponde al nirupdhikdhysa e il secondo al sopdhikdhysa. 133 discute brevemente questa definizione solo in seguito dicendo che la sovrapposizione determina un tale obnubilamento che chiunque vi sia sottoposto si rallegra o addolora a seconda della felicit o del dolore di figli, famigliari e amici, per cui si sovrappongono propriet esterne (bhyadharma) sul S, ma anche propriet del corpo (dehadharma) come la grassezza (sthlatva), la magrezza (katva), il colore della pelle (gauratva/ymatva) e attivit specifiche. Queste ultime, a nostro avviso, possono anche essere considerate unidentificazione con le propriet dei sensi dazione (karmendriya): io vado (aha gacchmi), io sto fermo (aha tihmi), io zoppico (aha laghaymi), ecc. Ancora, ci pu essere unidentificazione con le propriet dei sensi di conoscenza (indriyadharma): io sono muto (aha mka), io sono cieco (aham andha), io sono impotente (aha klba), io sono sordo (aha badhira) ; o con le propriet dellorgano interno (antakaraadharma), quali il desiderio (kma), limmaginazione (sakalpa), il dubbio (vicikits) o quantaltro (STR, J. L., 2000 [1980]: 24-25).
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Si ricordi che il termine centrale della definizione (sakiptalakaa) avabhsa apparizione, apparenza, che praticamente un sinonimo di mithyjna (BSBB: etvat mithyjnam ity ukta bhavati ). VM (IBID.: 11) fornisce due opzioni di significato altrettanto valide: avasanno vamato v bhso vabhsa ..., avabhsa unapparenza che terminata o deprecata , ove la terminazione implica lostruzione (uccheda) o linibizione della sovrapposizione al sorgere di un processo mentale differente rispetto a quello coinvolto nellapparenza illusoria. La deprecazione indica la produzione di uninabilit di funzioni (RAO, 2002: 115). Inoltre, lidea che sottende a questi difetti che la deprecabilit e la fine di tale avabhsa si ha mediante unaltra cognizione capace di contraddirla: pratyayntarabdha csya avasdo vamno v (SARASVAT, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 552). Grande importanza ha anche la prima parte della definizione: smtirupa.134 Di questa VM propone delle interessanti riflessioni anche per il nostro argomento principale, in quanto egli dimostra che la definizione si estende anche a coprire la cognizione onirica (IBID. 554-555):
smte rpam iva rpam asyeti smtirpa. asanihitaviayatva ca smtirpatvam, sanihitaviaya ca pratyabhijna samcnam iti ntivypti. nvypti, svapnajnasypi smtivibhramarpasyaivarpatvt. atrpi hi smaryame pitrdau nidropaplavavad asanidhnparmare, tatra tatra prvadasyaiva sanihitadeaklatvasya samropa Smtirpa ci che ha una natura che come la natura del ricordo. La propriet di possedere la natura del ricordo la propriet di avere un oggetto non prossimo e il riconoscimento, che valido, ha un oggetto vicino, per questo non c uneccessiva pervasione (ativypti) [nel riconoscimento].135 Non vi neppure una pervasione insufficiente

La BSBRP (STR, J. L., 2000 [1980]: 11-12) offre importanti ragguagli. Per Govindnanda il ricordo a cui si fa riferimento quello veritiero dellargento (smaryama), che si risveglia di fronte alla madreperla che luccica, per cui solo un falso ricordo, perch ora non vi un vero argento a risvegliarlo. Il testo fornisce altres una parafrasi interessante e chiara, quando dice che smtirpa, in definitiva, significa simile alloggetto del [precedente] ricordo (smaryamasada). Con lenunciazione della somiglianza si esclude lidentit, per cui ci che oggetto di ricordo e loggetto sovrapposto (ropyasya) sono differenti (bhedt): smtirpa iti. smaryate iti smti, satyarajatdi tasya rpam iva rpam asyeti smtirpa. smaryamasada ity artha. sdyokty smaryamd ropyasya bhedt, nnyathkhytir ity ukta bhavati Pi avanti il testo (IBID.: 13) modella lintera definizione della sovrapposizione sia allarthdhysa sia al jndhysa. Mentre nel primo caso lapparenza simile alloggetto ricordato, nel secondo caso la somiglianza si ha con il ricordo stesso: tatrrthdhyse smaryamasada paratra prvadarand avabhsyata iti yojan. jndhyse tu smtisada paratra prvadarand avabhsa iti vkya yojanyam iti sakepa 135 Si veda la nota 145 del capitolo 5. Qui, il problema che nella conoscenza sorta da un riconoscimento vi sono due elementi contrastanti che si fondono e ne formano uno armonico. Solitamente, si vede dinnanzi ci che si era osservato altrove tempo addietro. Qui il ricordo che si conserva di un altro luogo e di un altro momento risvegliato e trasformato insieme alla percezione diretta in ci che si definisce riconoscimento, che un tipo di valida percezione diretta. Proprio questa sua validit e il fatto che loggetto del riconoscimento sia prossimo a colui che lo percepisce evitano che la definizione della sovrapposizione si estenda erroneamente su pratyabhij.
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(avypti), poich anche la cognizione onirica ha la medesima natura della natura [che si attribuisce] al ricordo erroneo.136 Anche in questo caso, infatti, sebbene il padre e altri [parenti] siano ricordati, tuttavia, a causa dellimmersione nel sonno non si ha il ricordo della loro lontananza, e c talvolta lattribuzione di un luogo e un tempo vicino proprio di ci che stato visto in precedenza 137

La definizione di adhysa si applica anche al sogno in quanto anchesso unapparizione di qualcosa che stato visto precedentemente altrove, ossia sorto dalle impressioni residue della condizione di veglia e perch smtirpa, ossia simile a un ricordo, per cui non un ricordo vero e proprio. Sebbene talvolta anche e i suoi successori abbiano considerato il sogno ricordo erroneo, anche se sui generis, esiste comunque tra sogno e ricordo una grande differenza: il primo immediato, mentre il secondo mediato. Oltre alla discussione delle khyti Il resto della definizione paratra, altrove e prvada, visto in precedenza.138

Si ricordi quanto detto nel capitolo 2 e si vedano i capitoli successivi, ove talvolta il sogno considerato un ricordo sorto da una percezione erronea, per cui anchesso non risponde al vero al pari dellanubhava da cui si generato. 137 Anche il BSBNN (STR, J. L., 2000 [1980]: 12-13), seguendo da vicino la Pacapdik, produce delle indicazioni di grande valore, che ci permettono di individuare le tracce sia di arthdhysa, sia di jndhysa mentre sinterpreta in due modi differenti il composto smtirpa. Lanalisi ha come base due differenti aforismi di Pini che (normalmente ingiungono il suffisso gha), insieme al stra striy ktin (A, III.3.94), ingiungono il suffisso femminile ktin (di cui resta solo ti che nel nostro caso si applica alla radice sm). Il primo stra bhve (A, III.3.18) e il secondo akartari ca krake sajym (A, III.3.19). Nel caso in cui il suffisso ktin attaccato a smti sia usato nel significato stesso della radice (dhtvartha) allora si ha jndhysa (smaraa smti smte rpam iva ), poich ci che simile al ricordo non un ricordo, giacch in quel momento non vi la cognizione veritiera di ci che stato esperito in precedenza. Quando invece ktin usato insieme a sostantivi che non si presentino al nominativo (akartari) ma in qualsiasi altro caso (krake), allora si parla di arthdhysa (smaryate iti smti smaryamasya rpam iva), poich ci che simile alloggetto ricordato non , in quel frangente, ricordato, perch chiaramente di fronte agli occhi: smaryata iti smti smaryamo rtha. bhve akartari ca krake sajym iti stradvayam adhiktya striy ktin iti strea bhve, kartvyatirikte ca krake karmdau sajym asajy ca ktinvidhnt, akartari ceti cakrasya sajvyabhicrrthatvgkrt. smaryamasya rpam iva rpam asyeti smtirpo na tu smaryata eva, spaa purovasthitatvena bhnt. jnapake smaraa smti, bhve ktinvidhnt. smte rpam iva rpam asyeti smtirpo na smtir eva prvnubhtasya tath bhnt, smtirpat doditrayotthatvt, tdgdhviayatvd v 138 Ancora il BSBNN (STR, J. L., 2000 [1980]: 12), che ancora riprende la Pacapdik, afferma che in entrambi i generi di sovrapposizione, generalmente con il termine paratra si intende indicare un fondamento della cognizione erronea che sia passibile di percezione e, anche di natura differente rispetto alloggetto che su di esso si sovrappone: adhysadvaye pi paratreti smnyato dhyogyam adhihnam Dal lato dellarthdhysa abbiamo laffermazione che avabhsa loggetto apparso che differente dalla percezione di prima: arthapake vabhsyata ity avabhsa para csv avabhsa ceti cio largento che apparso dal gioielliere qualcosa daltro rispetto allargento apparso sulla madreperla. Dal lato del jndhysa, invece lapparizione delle due differenti circostanze a differire: una di un argento empirico (vyvahrika), laltra di un argento illusorio (prtibhsika): tath jnapake vabhsanam avabhsa parasyvabhsa parvabhsa Se il termine paratra non fosse specificato sincorrerebbe nellerrore di sovrapporre a un oggetto visto precedentemente, un vaso per esempio, un altro oggetto della stessa natura, un altro vaso o un panno (le due edizioni che abbiamo a disposizione del BSBNN riportano due differenti letture, una con ghaa, laltra con paa), e lapparizione sarebbe di questo, il che significherebbe che la natura delloggetto sovrapposto non sarebbe pi apparente, ma empirica e la cognizione sarebbe non pi simile a un ricordo, ma una percezione o un riconoscimento: tvaty ukte ghat parasya ghaasyvabhsa [paasyvabhsa], sa cvabhsamno dhysa syt, tannivttaye paratreti
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Il primo dei due termini, paratra, indica che lincipit della sovrapposizione deve essere ricercato anche in un altro oggetto. Se, infatti, un individuo non avesse mai visto largento o un serpente, non potrebbe essere vittima dellillusione nelle forme che conosciamo. Pertanto, la parola enfatizza la realt (satyat) delloggetto sul quale la sovrapposizione ha luogo (BSBB: ropaviaya satyam). Lapparizione illusoria ma non la base su cui ha luogo. La Pacapdik, invece, con il termine paratra intende lapparizione di un altro oggetto (parasya avabhsamnat), per cui sia paratra sia smtirpa sono qualificazioni di avabhsa.139 Qui, il concetto da enfatizzare che qualcosa appare su qualcosaltro che non ha una natura identica al primo (RAO, 2002: 115-116). Infine, il composto prvada (BSBB: prvadasyvabhsa prvadvabhsa ; STR, J. L., 2000 [1980]: 11) suggerisce che una cognizione precedente la causa dellapparenza. Anche la Pacapdik esprime lo stesso concetto con altre modalit, ribadendo la necessit che lente che appare nellillusione deve essere gi stato oggetto desperienza diretta, per cui per ladhysa necessario un bagaglio di impressioni latenti il cui contenuto sia anche loggetto che si sovrapporr. Ci conduce entrambi gli orizzonti dottrinali Advaitin, il Bhmatprasthna e il Vivaraaprasthna, a modellare larthdhysa e il jndhysa anche sul sogno e sulla cognizione onirica rispettivamente. Il testo di prosegue spiegando come avviene praticamente che tman, di per s privo di ogni relazione con mondo (asago hy aya purua BU IV.3.15-16; asago nahi sajjate BU III.9.26, IV.5.15), divenga il soggetto della sovrapposizione:
katha puna pratyagtmany aviaye dhyso viayataddharm. sarvo hi puro vasthite viaye viayntaram adhyasyati, yumatpratyaypetasya ca pratyagtmano viayatva bravi. ucyate na tvad ayam ekntenviaya, asmatpratyayaviayatvt, aparokatvc ca pratyagtmaprasiddhe. na cyam asti niyama puro vasthita eva viaye viayntaram adhyasitavyam iti. apratyake pi hy ke bls talamalinatdy adhyasyanti. evam aviruddha pratyagtmany apy antmdhysa. tam etam evalakaam adhysa pait avidyeti manyante. tadvivekena ca vastusvarpvadhraa vidym hu. tatraiva sati yatra yadadhysas tatktena doea guena v umtrepi sa na sabadhyate, tam etam avidykhyam tmntmanor itaretardhysa purasktya sarve pramaprameyavyavahr laukik vaidik ca pravtt sarvi ca stri vidhipratiedhamokapari. katha punar avidyvadviayi pratyakdni pramni stri ceti. ucyate dehendriydiv ahamambhimnarahitasya pramttvnupapattau pramapravttyanupapatte. na hndriyy anupdya pratyakdivyavahra sabhavati. na

Sia Pacapdik sia Bhmat sono concordi nellaccettare che il termine paratra serve anche a negare la validit dellasatkhyti, mentre smtirpa a minare le fondamenta delle due cosiddette satkhyti dei darana di marcata tendenza realista: anyathkhyti e akhyti.
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cdhihnam antareendriy vyavahra sabhavati. na cnadhyasttmabhvena dehena kacid vypriyate. na caitasmin sarvasmin asati asagasytmana pramttvam upapadyate. na ca pramttvam antarea pramapravttir asti. tasmd avidyvadviayy eva pratyakdni pramni stri ca [Obbiezione:] Ma com possibile la sovrapposizione delloggetto e delle sue propriet sul S interiore140 che non un oggetto. Ognuno, difatti, sovrappone un altro oggetto sulloggetto che gli sta dinnanzi141 e tu affermi che il S interiore, privo della cognizione del tu, non un oggetto? [Risposta:] Si risponde che dunque quello non invariabilmente un non-oggetto, in quanto il contenuto della cognizione dellio e poich ben noto che il S interiore direttamente percepibile. Inoltre, non vi una regola142 tale per cui si possa sovrapporre solamente su un oggetto che sta dinnanzi un altro oggetto. In effetti, pur essendo letere non direttamente percepibile, gli ignoranti vi sovrappongono le idee di concavit, impurit e altre, allo stesso modo si ha pure la sovrapposizione del non-S sul S interiore. I saggi considerano quella, che questa sovrapposizione che di siffatta natura, come lignoranza;143 mentre, per distinguerla da quella, chiamano conoscenza laccertamento della vera natura delle cose. Stando cos i fatti a quel proposito, laddove si ha la sovrapposizione su qualcosa, quel qualcosa non toccato minimamente dal difetto o dalla virt causati da essa [= dalla cosa sovrapposta]. Avendo cos presupposto questa che ci che chiamata ignoranza, la mutua sovrapposizione del S e del non-S, sono originati tutti i comportamenti relativi ai mezzi di conoscenza e ai loro oggetti, sia secolari sia vedici e tutte le scritture che riguardano le ingiunzione, le proibizioni e la liberazione. [Obbiezione:] Di nuovo, com possibile che i mezzi di conoscenza, a partire dalla percezione diretta e gli altri e le scritture siano oggetti di colui che ignorante? [Risposta:] Si risponde che quando non sia postulabile la propriet di essere il soggetto conoscitore per colui che privo dellidentificazione con lio e il mio rispetto al corpo e ai sensi e quantaltro, non plausibile [per costui] lazione dei mezzi di conoscenza; inoltre non nemmeno possibile lattivit della percezione diretta e degli altri senza aver presupposto le facolt sensoriali; non neanche possibile lattivit delle facolt sensoriali senza un loro fondamento, inoltre nessuno si adopera ad agire senza un corpo su cui sia stata sovrapposta la natura del S. Oltretutto, se tutto ci non fosse vero, non si spiegherebbe lessere soggetto conoscitore per il S privo di legame e, senza la propriet di essere il

La derivazione tradizionale, spiegataci dal compianto crya paita Prof. Prasantha Dvived, del termine pratyak, interiore, applicato ad tman tesa a evidenziare lauto-luminosit del S: pratpa vipartam [antmabhyo viayebhya] acati, jnti, prakate iti pratyak, cio Si dice interiore ci che brilla, conosce, riluce differentemente, in modo contrario [rispetto al non S che sono gli oggetti]. Simile anche la spiegazione della BSBB. 141 Con questa formula sintende loggetto direttamente percepibile. 142 Nei trattati dei darana col termine niyama si intende solitamente sahacryaniyama, ossia la concomitanza invariabile (vypti), che in questo caso, sebbene fallace, assumerebbe queste fattezze: yo viayntardhysa, sa puro vasthite eva viaye bhavati. 143 Questo il passaggio gi menzionato in cui espressamente sembra affermare lidentit di adhysa e avidy, come sostengono i seguaci dellAvacchedavda, in opposizione ai Pratibimbavdin.
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soggetto conoscitore, non vi propensione verso i mezzi di conoscenza. Ergo, i mezzi di conoscenza con la percezione diretta in testa e anche le scritture sono oggetto di coloro che sono vittime dellignoranza ...

Certo non possiamo pi dilungarci sul concetto di adhysa, anche perch la parte pi importante rappresentata dalla definizione, che abbiamo brevemente analizzato. Prima di passare alle ultime parti di questo paragrafo, ricordiamo che i succitati passi akariani rappresentano una risposta degli obbiettori rispetto alla possibilit (sabhvan) di ammettere o meno la sovrapposizione che, se il S non fosse inteso nel suo aspetto limitato e legato allindividualit, sarebbe inammissibile. ci informa per che, come avviene nellesempio dellargento sulla madreperla, dove la madreperla assolutamente indifferente alla proiezione fasulla dellargento, cos il supporto di una qualsiasi sovrapposizione non assolutamente toccato da quale che sia lente o dalle sue propriet che vi si sovra impongono. Tuttavia, senza che il S sia considerato pramt non si pu spiegare alcun genere di attivit conoscitiva che riguardi le vtti. Ma lesistenza stessa del jva in quanto soggetto conoscitore, poggia sullidentificazione con lego, quando si abbia a che fare con dharmyadhysa, e con il mio rispetto a dharmdhysa. Quando anche uno solo dei tre principi cognitivi costantemente correlati come pramt trovi la sua ragione di sussistere, immediatamente gli altri membri di questa relazione devono di necessit essere simultaneamente presenti. Un pramt non indipendente (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 20-21), ma tale quando in grado, mediante dei prama, di cogliere dei prameya e da essi acquisire una pramti. Il processo conoscitivo, per, non per chi gi conosce, anche quando riguardi argomenti ed entit vediche o anche legate al mondo profano. Per questo, colui che si sente ignorante o comunque privo di qualcosa che si mette in azione o cerca di imparare ci che ignorava, non di certo colui che privo di desiderio alcuno (akmhata) e che gi saggio. Per questo i prama, che qui rappresentano lincipit di ogni azione o processo cognitivo e gli stra144 che illustrano laspetto vedico sono a esclusivo uso degli ignoranti (avidyvadviaya).145
menziona tre oggetti delle scritture: le ingiunzioni (vidhi), le proibizioni (pratiedha) e la liberazione (moka). Evidentemente i primi due sono legati alla sezione rituale del Veda, mentre il terzo alla sezione conoscitiva, cio le Upaniad. 145 Dopo aver addotto alcune ragioni ribadisce che, finch non si sia raggiunta la conoscenza del S, che conoscibile dal solo Vednta, privo di fame e sete e qualsiasi altra debolezza umana, a cui estranea ogni differenziazione dovuta alle divisioni di casta, che immobile perch non partecipa del divenire (asasarin) e che non ha alcuna qualificazione per lattivit, sia essa vedica o secolare, perch inutile per lui na vedntavedyam aanydyattam apetabrahmakatrdibhedam asasrytmatattvam adhikre pekyate, anupayogt , fino ad allora non possibile sottrarsi ai dettami scritturali che adattano alle esigenze dellignorante, al fine di condurlo oltre lignoranza: prk ca tathbhttmavijnt pravartamna stra avidyvadviayatva ntivartate (si veda anche
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Ma qual la ragione (hetu) che induce a erigere questo complesso edificio dottrinale. Egli stesso ce lo spiega: pavdibhi cviet , poich non vi differenza rispetto agli animali e altri ... Dopo questa sentenza lapidaria, prosegue affermando che, effettivamente, le reazioni istintive degli uomini e degli animali a stimoli piacevoli (anukla) o meno (pratikla), sono le medesime.146 Infine, abbiamo nelle ultime righe delladhysabhya un riepilogo di quanto detto finora, con lesplicita dichiarazione dintenti del Vednta, anchesso destinato agli ignoranti, ma che sono provvisti del desiderio di eliminare questa sovrapposizione, la causa di ogni loro miseria:
evam ahapratyayinam aeasvapracraskii pratyagtmany adhyasya, ta ca

pratyagtmna sarvaskia tadviparyayentakaradiv adhyasyati. evam ayam andir ananto naisargiko dhyso mithypratyayarpa karttvabhokttvapravartaka sarvalokapratyaka. asynarthaheto prahya tmaikatvavidypratipattaye sarve vednt rabhyante Cos sovrapponendo il soggetto che possiede la nozione dellio147 sul S interiore che il testimone di tutti i propri movimenti [dellorgano interno]148 e di contro, sovrappone anche quel S interiore, testimone di tutto sullorgano interno e altri [componenti psico-fisici]. Dunque questa sovrapposizione che senza origine e senza fine, innata, che ha la forma di una cognizione illusoria e che pone in opera il senso di essere agente e di essere fruitore, direttamente percepibile da tutte le persone. Tutte le Upaniad hanno inizio per leliminazione definitiva di questa causa delle miserie e al fine di rivelare149 la conoscenza riguardante lunit del S150

BSB I.1.4, I.1.5 e II.1.14) Per questo ingiunzioni quali Il brhmaa sacrifichi. sono possibili solo quando sul S si sovrappongono idee di appartenenza a una casta, a uno stadio di vita, a unet e a una condizione particolare: tath hi brhmao yajeta itydni stri tmani varramavayo vasthdiviedhysam ritya pravartante (STR, J. L., 2000 [1980]: 21-24). 146 Qui sinserisce il famoso passaggio in cui descrive il diverso comportamento di un animale di fronte a qualcuno urlante, con un bastone in mano che vuole fargli del male fuggono (nivartante), mentre quando qualcuno gli si avvicina docilmente con del cibo nella mano essi gli si appropinquano (pravartante). Lo stesso si scorge nel comportamento umano. La differenza tra i due che mentre gli animali si muovono senza ragione e per istinto, gli uomini antepongono una ragione e non agiscono istintivamente. Si veda direttamente il passaggio di (STR, J. L., 2000 [1980]: 21). 147 Con lespressione ahapratyayinam ci si riferisce al soggetto conoscitore, al pramt, che protagonista dellidentificazione con lio. 148 Il termine svapracra-, utilizzato allinterno del composto aeasvapracraskii, indica con sva lorgano interno, antakaraa e con pracra [= prasra] lo sviluppo stesso dellorgano interno, che sono le vtti. 149 Il termine pratipatti pu indicare sia rivelazione di qualcosa, sia lottenimento (prpti), come afferma VM, come anche la conoscenza stessa, ossia limmediata realizzazione. 150 La conoscenza dellunit del S attingere uno stato in cui la molteplicit che si sovrappone sul S sia definitivamente svanita. Unespressione simile si ritrova in BSB I.2.8 ove si scrive che esiste una differenza tra la conoscenza falsa e quella corretta: la fruizione [del mondo fenomenico] immaginata per via della conoscenza falsa, mentre lunita vista grazie alla conoscenza corretta , vieo hi bhavati mithyjnasamyagjnayo. mithyjnakalpita upabhoga, samyagjnadam ekatvam

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Unultima parentesi a questo paragrafo va aperta per amor di completezza, rispetto a un concetto di grande importanza in tutto lAdvaita, ma che nei successori di trov grande sviluppo, fino al coronamento intellettuale e dialettico in MS. Ci riferiamo al concetto di mithy o mithytva,151 che come abbiamo visto sinonimo di adhysa. Lanalisi parte ancora dallosservazione dellinferenza classica dell'Advaita Vednta la quale ha come scopo il suggellare definitivamente lillusoriet del mondo fenomenico (mithytvnumna). La prima attestazione di questinferenza risale al testo Nyyaratnadpval di nandabodha Bharaka (XII sec.): vivdapada mithy dyatvd, yad ittha tat tath, yathobhayavdyavivdapada rajata, tathaitat tat tath , Loggetto della discussione falso, poich percepibile, infatti ci che siffatto [percepibile] (ittham) tale altres falso, come largento, che l'oggetto accettato concordemente da entrambi i partecipanti al dibattito (vdin) allora, se questo [largento] tale [allora anche] quello [= loggetto della discussione ovvero luniverso] cos.152 Nellinferenza in questione il probandum (sdhya) mithytva, concetto lo cui esistenza deve essere provata nel locus dellinferenza (paka), qui luniverso, mediante un probans (hetu). Nel caso in esame, a sostegno della tesi vi sono tre probans: la percepibilit (dyatva), lessere inerte (jaatva) e la limitatezza (paricchinnatva). Da definizione si sa che il paka sadigdhasdhyavn , il luogo in cui si sospetta sia presente il probandum (ATHALYE, 1988 [1897]: 43). In ogni modo, accanto al paka esiste una cosiddetta istanza similare (sapaka), nella quale lesistenza del sdhya gi stata provata (siddha) in diverse condizioni e mediante altri mezzi di conoscenza (nicitasdhyavn).153 Nel corpo dellinferenza questo si vede, nuovamente, con lesempio
La parola mithy , secondo Brooks (1969: 386), una contrazione di mithy, derivato dalla radice mith che ha tre significati principali unire, accappiare, incontrare o alternare. La parola mithy nella sua accezione conosciuta deriverebbe dalluso avverbiale del terzo senso proposto, quando si utilizzi il termine collegandolo al comportamento umano, per cui significherebbe contrariamente, in senso inverso, impropriamente, erroneamente poi, per estensione, il senso si applica alla forma nominale falso, fino a errato o percepito erroneamente. 152 Si veda a questo proposito la prima pagina delledizione oramai pi che secolare (1901) della K Saskta Series (Chawkhamba Sanskrit Series) Nyyamakaranda cryacitsukhamuniviracitavykhyopeta. Pramaml nyyadpval ca curata da Blarm Udaseen Swm. In seguito MS, riprendendo due prodandum (hetu) cari alla tradizione Advaita, li aggiunge a quello gi proposto da nandabodha, cosicch la sua inferenza diviene: vimata mithy dyatvd, jaatvt, paricchinnatvt uktirpyavat, Loggetto della disputa falso poich percepibile, poich inerte, poich limitato, come largento [sovrapposto] alla madreperla. In quest'inferenza il termine vimata, che rappresenta il locus (paka), glossato come vipratipattiviiam o vipratipannam. Si veda lAS1 di MS (1997 [1937]: 3031). 153 Al fine di chiarire il concetto di esempio nella teoria classica dell'inferenza si veda lilluminante articolo di Ernst Prets, Example and Exemplification in Early Nyya and Vaieika (2004: 197-224), nellottimo volume The Role of the Example (dnta) in Classical Indian Logic apparso a Vienna con la curatela di due tra i massimi specialisti di logica viventi, Shoryu Katsura ed Ernst Steinkellner.
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(dnta) in questo caso rappresentato dallargento nella madreperla, grazie al quale la tesi (pratij) fornita con i primi due membri, paka e sdhya, evita dincespicare nel cosiddetto vieasiddhi o sdhysiddhi doa, ovvero il difetto dellinfondatezza del qualificante o del probandum. Secondo i logici indiani, senza citare un esempio (dnta) non si pu in alcun modo supportare una premessa (pratij).154 Come spesso accade, i teorici dellAdvaita al fine di provare la fondatezza della concomitanza invariabile (vypti) tra i tre probans dellinferenza test citata e il probandum mithytva, usano ugualmente come dnta un preciso genere di entit, ossia quelle che si dicono percepibili solo mediante il testimone (kevalaskibhsya) e senza lausilio dei sensi. La cognizione mediata dal testimone diretta e intuitiva, perch non coinvolge alcuna relazione, come invece avviene con tutte le altre funzioni del soggetto conoscitore (pramt). Abbiamo gi detto che a questa categoria di padrtha appartengono anche la felicit e il dolore (sukhadukha), il merito e il demerito (dharmdharma), lorgano interno (antakaraa) e le modalit proprie dell'organo interno (antakaraavtti). Non ultimi tasselli di questo puzzle, e di certo i pi utili al mio ragionamento, sono tutti i cosiddetti enti illusori (prtibhsika), la cui realt coincide con la durata della loro apparizione (prattimtrarratva): largento sulla madreperla (uktirpya), la serpe sulla fune (rajjusarpa), il miraggio (marumarcik), lazzurro del cielo (gaganamlinya), cos come i sogni (svapna),155 la cui cognizione, mediata dal testimone, diretta e intuitiva, esclusivamente interiore, priva cio dellintervento mediatore delle facolt sensoriali perch non coinvolge alcuna relazione, come invece avviene con tutte le altre funzioni del soggetto conoscitore (pramt).156 Detto questo, va ricordato che per far s che il sdhysiddhi doa sia del tutto scongiurato, bisogna anche fornire una definizione (lakaa) della natura del probandum, qui la falsit stessa (mithytva), al fine di renderlo noto e, se necessario, uniformarlo al dnta. Per soddisfare questa necessit gli advaitcrya hanno fornito molte definizioni in
Il locus o soggetto di una qualsivoglia inferenza (paka) viene pure indicato come il qualificato (vieya) o la base (raya) per altre due entit, ovvero sdhya e hetu, le quale devono essere entrambe presenti nel paka, per cui sono conosciute anche come vieaa del paka (TORELLA, 2008: 40). 155 Il Pacapdikvivaraa (STR, SUBRAHMANYA, [ED.] 1992: 69) afferma espressamente che la falsit di enti come il corpo e altri, caratterizzati da una serie di difetti e non ultimo che questi enti solo immaginati, pu essere inferita mediante una serie di probans come il fatto di essere oggetto di fruizione, di essere oggetto di conoscenza e altri ancora; e, in questa inferenza, lesempio potrebbe benissimo essere il sogno: arrdipadrthascarpasya mithykalpitakartbhoktpramtdoasayukttmrthatayaiva kryatay prameyatay dveyatay ca tdarthyenaiva satvt svarpepi mithytva svapnadntennumtu akyata ity Poi la glossa Tattvadpana propone questinferenza: vimata kalpita kalpitopakaraatvt svapnptacchatrdivat 156 T. R. V. Murti, in una sua recensione, The Six Ways of Knowing, citando il Vedntaparibh (2000. 170), attesta che la conoscenza diretta da parte del testimone, non n falsa, n vera ... (skijnasya satysatyaviayatay) while that of the pramt implies the application of a standard ... (COWARD, [ED.], 1983: 122-123). Questo d la cifra di quanto il sogno e ogni altro genere di bhrama, siano da considerarsi anirvacanya, pratibhsika e perci mithy.
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altrettanti testi. LAS di MS ha il merito, non solo di aver riunito i cinque lakaa principali, ma anche di averli nuovamente discussi e liberati dai dubbi e i difetti sorti attraverso i secoli. Queste definizioni sono enunciati indipendenti luno dallaltro ed egualmente validi. Ovviamente, quando varie definizioni esprimono uno stesso definiendum (lakya) allora appaiono simili anche se ci da cui si deve astenersi lincorrere in difetti come linutile ripetizione (punaruktadoa).157 La prima di queste definizioni di falsit (prathamamithytva) riprese e analizzate da MS nellAS mutuata dalla Pacapdik di Padmapda (PP) che, come cita MS (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 48), scrive: mithyabdo nirvacanyatvacana , il termine mithy lenunciazione dellindescrivibilit (STR, SUBRAHMAYA, [ED.], 1992: 42-43). Proprio per questo PP, parafrasando il senso della parola anirvacanya, afferma che la falsit (mithytva) sadasadanadhikaraatva, definizione infine presentata e difesa da MS come: sadasadanadhikaraatvam anirvacyatva mithytvam , La falsit lindescrivibilit la cui forma limpossibilit di essere il supporto tanto dellessere quanto del non essere Abbiamo gi ricordato che MS (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 50-51) stesso fissa la definizione di assolutamente reale (sat) e di assolutamente irreale (asat) rispettivamente in triklbdhyatva sattvam , La realt lessere impossibile da contraddire nei tre tempi e kvacid apy updhau sattvena pratyamnattvnadhikaraatvam asattvam , ... Lirrealt il non essere supporto della possibilit di essere colto come esistente in un qualsiasi sostrato La nozione di falsit, come intesa dalla prima definizione, dunque il classico distanziarsi dalle due estremit di assoluta verit e assoluta irrealt, per porsi in modo differente da entrambi, per cui impossibile da esprimere (GUPTA, S., 1966: 25-26). La seconda definizione (dvityamithytva) senza dubbio la pi complessa ed da noi stata discussa in altra sede (PELLEGRINI, [forthcoming]), per la proponiamo comunque in modo riassuntivo, senza entrare nei complessi tecnicismi del dibattito. La definizione presa dal Pacapdikvivaraa di Praktman (STR, SUBRAHMAYA, [ED.], 1992: 106-107):158 pratipannopdhau traiklikaniedhapratiyogitva mithytvam , La falsit lessere il contro-positivo dellassenza nei tre tempi di unentit sullo [stesso] fondamento (updhi)159
Il NyS (V.2.1) pone allundicesimo posto tra i punti di sconfitta (nigrahasthna) il punarukta. Due aforismi successivi (V.2.14-15) affermano che il difetto non si ha solo quando si usa la medesima parola, bens anche usando differenti parole quando il concetto espresso sia lo stesso (PRETS, 2004: 440-441). 158 Il testo di Praktman scorre cos: pratipannopdhav abhvapratiyogitvam eva mithytvam nma. tac ca bdhakajne rajata pratipnnopdhv abhvapratity vabhsata iti pratyakam ity ha ten ahi tasyeti. bdhakajnasiddhasya pratpannopdhv abhvapratiyogitvalakaasya mithytvasya puna svaabdena parmarc ca mithytvam ity ha neda rajata mithyaiveti 159 Il termine updhi qui usato nel senso di fondamento, sostrato, supporto, locus, quindi in modo del tutto unico. Questo utilizzo sembra comunque essere recepito senza sorprese dagli Advaitin, che non sentono il bisogno di spiegarlo, fino al difficile su-commento Vihale alla glossa dellAS conosciuta come Laghucandrik. La derivazione
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in cui [essa] percepita (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 94). Il messaggio che MS, e prima di lui Praktman vogliono trasmettere che un qualcosa considerato mithy, falso se fosse colto nel medesimo luogo in cui, in seguito, si coglie anche la sua assoluta assenza (atyantbhva).160 Nellesempio dellargento sulla madreperla largento (rajata) il contropositivo (pratiyogin)161 della sua stessa assenza (abhva), ossia loggetto della propria mancanza che si apprende proprio sulla madreperla (ukti), dove lo si era precedentemente colto (pratipanna).162 Similmente, per gli Advaitin, la stessa definizione si applica anche al mondo: la costante assenza delluniverso predicata sullo stesso brahman che funge da fondamento delluniverso stesso, come testimonia il passaggio upaniadico (BU IV.4.19, KaU II.1.11) neha nnsti kicana , ivi non vi alcuna molteplicit La terza definizione di falsit (ttyamithytva) ancora opera del vivaracrya Praktman (STR, SUBRAHMAYA, [ED.], 1992: 244)163 e si ritrova comunque in molti altri autori dellAdvaita,164 poich la definizione pi immediatamente proponibile di falsit (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 160): jnanivartyatva v mithytvam , Oppure, la falsit la propriet di essere contraddetto dalla conoscenza (GUPTA, S., 1966: 29-31). La quarta definizione (caturthamithytva),165 creata da Citsukha (YOGNDRNANDA, [ED.], 1985 [1974]: 69-68), presentata da MS (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 182) come: svrayanihtyantbhvapratiyogitva v mithytvam , Oppure, la falsit lessere il contro-positivo della costante assenza che risiede nello stesso locus [dellente presentato] 166
proposta : upa sampe dhyate sminn ity updhir iti Il prefisso upa interpretato come vicino, o meglio sopra, mentre laltro prefisso che si frappone, , pu essere interpretato come samantt, a veicolare un senso di interezza e completezza, mentre la radice dh significa porre, mettere, per cui il senso che si tratta di ci sul quale si pone qualcosa (PELLEGRINI, [forthcoming]). 160 La mancanza o assenza costante (atyantbhva) definita, tra gli altri, dal TS (ATHALYE, [ED.], 1988 [1897]: 62) come: traiklikasasargvacchinnapratiyogitko tyantbhva , Lassenza costante [quellassenza] il cui contro-positivo delimitato da una relazione con il triplice tempo , che in termini differenti dal tecnicismo del Navya Nyya significa unassenza il cui oggetto non mai presente. 161 Il termine pratiyogin, che come la maggior parte degli indologi fa, traduciamo come contro-positivo un concetto estraneo alla logica aristotelica e successiva. Rappresenta loggetto di una mancanza, ossia ci che non c. la definizione pi immediata : yasybhva tat pratiyogi. 162 Con la parola pratipanna colto, percepito lautore vuole enfatizzare il fatto che lente illusorio ha comunque un certo grado di realt, quella apparente, o addirittura quella empirica, ma lungi dalla categoria di elementi assolutamente irreali (tuccha), i quali non possono mai essere colti o percepiti. 163 Praktman scrive: purukky anarthanivttiviayatvd anarthasyaivvidytvena jnanivartyatva vaktavyam 164 La definizione rassomiglia da vicino alla definizione di Citsukha di ajna e a una successiva affermazione (YOGNDRNANDA, [ED.], 1985 [1974]: 97, 102): anditve sati bhvarpa vijnanirasyam ajnam iti lakaam iha vivakitam jnanivartye myabdaprayogadarant 165 Se ne veda anche la discussione nel VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 239-240): mithytva ca svrayatvenbhimatayvannihtyantbhvapratiyogitvam. abhimatapadam asabhavavraya, yvatpadam arthntaravraya 166 Sostanzialmente questa definizione quasi identica alla seconda, per cui, per non incorrere nel difetto della ripetizione, MS propone unemendazione differenziando le parti del qualificante (vieaa) e del qualificato (vieya)

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La paternit della quinta e ultima definizione (pacamamithytva) di falsit, va ascritta ad nandabodha Bharaka nella sua Nyyadpval (UDASEEN, B. R., [ED.], 1901: 1).167 MS (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 195) per, adatta il testo alla sua sensibilit, fino a giungere a questa definizione: sadviviktatva v mithytvam , Oppure, la falsit lessere distinti dalla vero (GUPTA, S., 1966: 32-33).

III.6: K HYTIVDA

E SOGNO

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Nel paragrafo precedente abbiamo posto le premesse per una trattazione, per quanto possibile, soddisfacente sulla teoria dellerrore. Questo sguardo dinsieme vaglier in primis e come punto di partenza la cosiddetta teoria dellerrore propria dellAdvaita Vednta che, anche rispetto al sogno (svapna),169 scruta la problematica con un atteggiamento inconfondibile, strettamente coerente con i propri assiomi costitutivi. La conoscenza, sebbene nel suo aspetto assoluto sia pura (uddha), nel mondo fenomenico e in determinate circostanze pu anche proporsi erroneamente (apram) tradendo la realt (ayathrtha/mithypratyaya). Questa situazione si palesa nei classici esempi della serpe sulla fune, dellargento sulla madreperla, dei sogni, quando alla vtti dellorgano interno si sostituisce un altro genere di vtti propria della nescienza (avidyvtti), che sorge quando lignoranza vela il s, mutandosi in una molteplicit di trasformazioni (GUPTA, B., 1998: 57-60). Lerrore percettivo (bhrama) e la sua successiva contraddizione (bdha/niedha) si situano in questo contesto, che la letteratura classica dei darana variamente interpreta, indicandolo come khytivda. Per T. M. P. Mahadevan (2004 [1938]: 69) il sorgere dellerrore percettivo (bhrama) e della sua successiva contraddizione (niedha), spiegato differentemente dalle varie scuole
della definizione, per arrivare a questo significato (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 182-183): svtyantbhvdhikaraa eva pratyamnattvam , [la falsit ] la propriet di poter essere colto proprio nello stesso sostrato della propria assenza costante Rimandiamo ancora al paragrafo smk del nostro lavoro in via di pubblicazione per nel Journal of Indian Philosophy (PELLEGRINI [forthcoming]). 167 Il testo riporta: satyavivekasya mithybhvasya sdhyatvn nprasiddhavieaat, npasiddhnto pi, satyam abdhyam, bdhy mithyeti tadviveka 168 Questa ricostruzione prende le mosse da un nostro articolo apparso nel secondo volume dei Quaderni di Studi Indo-mediterranei (2009: 71-89), in un volume monografico interamente dedicato al sogno: Sogni e visioni nel mondo indo-mediterraneo. 169 Visto che la nostra breve analisi si baser soprattutto sul VP, ricordiamo la definizione che Dharmarja (VP, DVIVED, P. N., 2000: 415) fornisce della condizione di sogno: indriyjanyaviayagocarparokntakaraavttyavasth svapnvasth , La condizione di sogno quella condizione in cui una modificazione dellorgano interno coglie immediatamente un oggetto senza lausilio dei sensi La glossa Maiprabh precisa che indriyjanya, significa gantukadoajanya, nato da un difetto avventizio, nel caso del sogno il difetto il sonno (nidrdoa).

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di pensiero. Egli per le cinque principali modalit suggerisce una preliminare suddivisione in due classi. Da una parte si raggruppano le teorie secondo le quali il prodotto della percezione erronea un mero nihil, lasatkhyti, il cui unico esempio il punto di vista Mdhyamika. Dallaltro lato della barricata abbiamo tre satkhyti, ovvero concezioni secondo cui il risultato di bhrnti reale. Esse sono rappresentate dalla tmakhyti degli Yogcra, lakhyti della Prbhkara Mms e lanyathkhyti del Nyya, o altrimenti la vipartakhyti dei Bha Mmsaka. In verit, per noi la suddivisione dovrebbe riconoscere tre classi, in quanto lanirvcanyakhyti degli Advaitin si discosta sia dal giudizio conforme a sat, sia a quello asat. Lentit cos carpita possiede un livello ontologico di realt perdurante tanto quanto la sua cognizione, impossibile da predicarsi entro le parentesi di sat e asat, pertanto un quid indefinibile (sadasadvilakanirvcanya). Ogni punto di vista, ha una condotta dibattimentale comune: lascia che gli oppositori si annullino tra loro, mettendo in evidenza le reciproche incongruenze e impossibilit, per poi, infine, sventolare la bandiera di vittoria su degli avversari oramai ridotti ai minimi termini. Cos, a seconda dellorizzonte dottrinale del testo che ci troviamo ad affrontare, una khyti prevarr sulle altre quattro (PELLEGRINI, 2009: 74-75). Innanzitutto, si deve introdurre la problematica applicandola (samanvaya) allesempio classico con il quale queste teorie sono chiarite. Esso pu riguardare indistintamente la percezione dellargento sulla madre perla (uktirpya) o della serpe sulla corda (sarparajju). In un primo momento, chiunque si trovi in particolari condizioni, pu scambiare un ente per un altro e considerarlo tale finch non intervenga una conoscenza contraria a negare il primo giudizio. Tali condizioni sono svariate: un difetto sensoriale (indriyadoa), una qualit propria delloggetto percepito comune a un altro oggetto (sdydiprameyadoa), oppure delle tendenze, o meglio, dei residui psichici latenti (saskrdipramtgatadoa), quali possono essere il desiderio o la paura per esempio. In un secondo momento, percepiamo quellentit come qualcosa di diverso da quanto in verit e, di conseguenza, abbiamo delle reazioni. A seconda di quelle reazioni e del contesto in cui ci si trova, il primo giudizio erroneo pu mutare grazie alla cognizione della vera natura delloggetto che sta dinnanzi a noi (purovarttin). Per chiarire quanto teorizzato, riportiamo questi dati adattandoli allesempio pi usato nei testi: la madreperla (ukti) scambiata per argento (rajata). Un uomo giunge in una stanza nella penombra (ardhndhakra), vede in lontananza (drastha) qualcosa che luccica (ckacikydi), tuttavia il suo senso della vista (cakurindriya) non riesce a determinare con esattezza lentit delloggetto. Questo sfolgorio delloggetto 268

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che gli si para dinnanzi, risveglia (udbhva) in lui delle impressioni latenti (vsan/saskra) di un qualche oggetto che possiede le medesime caratteristiche (ekadeasdya), che lindividuo ha visto precedentemente (prvada). Questo risveglio si accompagna a delle tendenze intrinseche e innate (rgata prpta) presenti nella sua mente, quali il desiderio di ricchezza o la bramosia o quantaltro dello stesso genere (kmdi). Tutti questi fattori determinano in lui la nascita dellidea che quelloggetto sia argento, che egli desidera e ha visto, in precedenza, in un mercato (paastha). Cos egli determina: ida rajatam, questo argento. Questa cognizione, sebbene sia erronea, lo conduce a unazione (pravtti) conforme a quanto ha colto: egli vuole impossessarvi dellargento e va verso di esso per raccoglierlo (visavdipravtti). Quando poi lo solleva, si accorge che loggetto non era quanto si era prefigurato, bens un oggetto privo di valore, con solo qualche caratteristica in comune con largento. Egli ha raccolto, infatti, un pezzo di madreperla (ukti) e, resosi conto della beffa, esclama: neda rajatam, iya ukti, questo non argento, questa madreperla, contraddicendo il giudizio precedente (bdhakajna) (PELLEGRINI, 2009: 75).170 Sulle cause, sulla natura e le dinamiche di questo errore percettivo (bhrama/bhrnti), si leggono le dispute (vipratipatti) pi appassionanti tra le varie scuole. Questo dibattito permette di dare nuovo combustibile alla speculazione sulla teoria dell'errore e, per questa ragione, lerrore percettivo (bhrama) e la sua contraddizione (bdha) si situano in un contesto imprescindibile per la letteratura dei darana, che noto con lappellativo di khytivda.171 Cinque sono le principali e pi antiche teorie dellerrore nella filosofia classica indiana: asatkhyti, tmakhyti, akhyti, anyathkhyti e anirvacanyakhyti.172
Proprio in questo punto si ha la convergenza del sogno nei cosiddetti kevalaskibhsyapadrtha, ed per questa stessa ragione che come esempio dellillusoriet delluniverso potremmo trovare persino il sogno il quale ingannevole per definizione. 171 Il termine khyti indica in generale fama, reputazione. Tuttavia si usa solitamente col significato di conoscenza, come testimoniato dal iuplavadha (IV.55) di Magha, dove il termine khyti glossato da Mallintha come ... khyti jna .... Nonostante ci, nellambito specifico a cui faccio riferimento, sembra assumere la valenza particolare di errore percettivo (DUQUETTE RAMASUBRAMANIAN, 2009: 333). Ricordo che quelle elencate nel testo sono le cinque khyti classiche. A queste molte altre vengono aggiunte: la sadkhyti dei Jaina, o la yathrthakhyti dei Viidvaitin, la sadasadkhyti dei Skhya, come pure la Abhinavnyathkhyti dei Mdhva. Si vedano gli articoli di M. Hiriyanna apparsi come i primi sei capitoli di Indian Philosphical Studies I & II (2001 [1957]: 1-64) tra i quali ricordiamo degli studi specifici sulla teoria dellerrore nel Nyya (18-24), nella Mms (31-38), nel Skhya (25-30) e nel punto di vista di Rmnuja (53-64). 172 Vi sono un paio di famosi versi sanscriti, di cui non si traccia mai la provenienza che riassume cos le cinque teorie dellerrore (khytivda) pi conosciute: tmakhytir asatkhytir akhyti khytir anyath/ tathnirvacanakhytir ity etat khytipacakam// yogcr mdhyamiks tath mmsak api/ naiyyik myina ca paca khyt kramj jagu// Nonostante lappartenenza dei due versi sia sconosciuta, il primo emistichio corrisponde precisamente al primo emistichio del primo verso di un testo fondamentale per lo studio dellerrore percettivo, il Vibhramaviveka di Maana Mira: tmakhytir asatkhytir akhyti khytir anyath/ parkak vibhrntau vivdt s vivicyate// 1 // Il testo stato edito da un unico manoscritto nel lontano 1932, anche se ad oggi il lavoro di gran lunga pi valido sullargomento e sul testo rimane quello di Lambert Schmithausen: Maanamiras Vibhramaviveka, con uno studio
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Cominciamo ora la nostra breve carrellata con la pi estrema delle khyti: lasatkhyti dei Mdhyamika. Secondo costoro, ogni cosa (sarva) vuota (nya), irreale (asat), priva di una natura propria (nisvabhava). Se luniverso privo di realt, lo stesso deve intendersi per lerrore percettivo, il quale si palesa come unennesima falsa e vuota cognizione di unentit anchessa asat (RAO, S., 1998: 49-53). Secondo costoro, lillusione, lapprendimento di unentit irreale, come se fosse reale. I Mdhyamika si spingono oltre nella loro trattazione, sottolineando il fatto che pure largento che sta nel negozio dellorafo, come ogni altro ente, in verit vuoto di realt. Il termine asat si riferisce a ogni genere di cognizione. Esclamando ida rajatam, si presentano due differenti entit: lidamaa, che la parte indicata nella frase dal termine questo e che coglie direttamente loggetto posto di fronte (purovartittva), e una seconda entit, appunto loggetto di cui si falsamente avuta conoscenza (ropya). Entrambe queste parti largento e la madreperla -, nonch la relazione (sabandha) tra la madre perla e il falso argento, sono irreali (asat) e non sono altro che una mera concettualizzazione (kalpan) (BHATT, G. P., 1962: 101-102). Lillusione, come ogni altra cognizione apparentemente valida, pu aversi anche senza bisogno di un sostrato fondante (adhihna), come accade nel caso del keoraka.173 Essa consiste nel fatto che lasat viene erroneamente percepito come sat (KAR, 1990: 87-88). Si pu ben capire che, se persino loggetto che funge da sostrato a bhrama considerato asat, allora la conoscenza sorta durante un sogno non pu di certo essere uneccezione. Anche Ngrjuna stesso nelle MaK (VII.34) equipara il sogno allillusione (my), a una costruzione mentale senza supporto (gandharvanagara).174 Tuttavia, per lo scopo di questa riflessione la visione di ntarakita (725-788 d. C.) di certo pi utile ed esaustiva. In effetti, il noto autore del Tattvasagraha (TaS) scrive che la conoscenza sorta durante lo stato onirico una conoscenza mentale, la quale per nascere non richiede lausilio dei sensi, bens causata da una conoscenza precedente (prvabuddhi), ossia una conoscenza propria dello
sullevoluzione della teoria indiana dellerrore percettivo (Mit einer studie zur Entwicklung der Indichen Irrtumslehre), pubblicato a Vienna nel 1965 per i tipi dellAccademia delle Scienze Austriaca (Kommissionsverlag der sterreichischen Akademie der Wissenschaften). 173 Il keoraka o keouka anchesso un esempio di errore percettivo. Il termine significa letteralmente nodo di capelli e indica quelle apparizioni indecifrabili e scomposte che sintravedono mentre gli occhi sono chiusi (MAHADEVAN, T. M. P, 2006: 92). Il termine viene riportato da Vasubandhu nella Viatika (1) (TABER, 1994: 29). Oltre a ci anche Bhasarvaja nel suo auto commento al Nyyasra, il Nyyabhaa (YOGNDRNANDA, [ED.] 1968:), lo nomina in connessione al sogno: keoukakajne pi avidymna keasamha sadkratay pratibhti , Anche rispetto alla cognizione del ciuffo di capelli, ove il nodo di capelli anche se non presente appare come fosse reale Anche il Tattvadpana, glossa del Pacapdikvivaraa (STR, SUBRAHMANYA, [ED.] 1992: 103) chiarisce di cosa si tratta: hastena nayanasamrjana keorakdibhramanimittam , lo sfregare ben bene locchio con la mano causa dellallucinazione del ciuffo di capelli o quantaltro 174 MaK VII.34: yath my yath svapno gandharvanagara yath/ tathotpdastath sthna tath bhaga udhtam//, Come unillusione, come un sogno, come un castello in aria, allo stesso modo esemplificata la produzione, cos il perdurare e cos la distruzione.

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stato di veglia, che diviene la causa materiale (updnakraa) della svpnajna.175 Questa cognizione, per non veridica, anche se non la si pu valutare come assolutamente erronea, in quanto la sua causa materiale una conoscenza prodotta da un oggetto esistente (LAYEK, 1990: 80-83). La seconda khyti ltmakhyti, dei buddhisti idealisti (vijnavda) Yogcra.176 In accordo a questa scuola, il conoscitore (pramt) un flusso continuo didee subconscie indipendenti luna dallaltra e di natura istantanea (kaika). La coscienza (vijna) la sola realt metafisica. Per questo gli Yogcra spiegano lerrore percettivo in modo solipsistico, come mera esternalizzazione di unidea soggettiva. Nella fattispecie, nellesempio tradizionale uktirpya, la particolare cognizione dellargento si presenta come un oggetto esterno. Esso non assolutamente irreale, come mantengono gli nyavdin, bens ha realt solo come modo interiore. Lerrore avviene nel credere unentit esterna come avente realt ontologica propria. Nellillusione, pertanto, unidea istantanea riconosce s stessa come esterna (BHATT, G. P., 1962: 101-102; MAHADEVAN, T. M. P., 2006 [1938]: 75-76, 7780). Quando lindividuo raccoglie la madreperla, esclama neda rajatam, allora lunica cosa a essere negata lessere questo (idat), ossia lesteriorit dellargento, non largento di per s, che rimane interiormente plausibile (BALASUBRAMANIAN, R., 1976: 82-88). In ogni modo, la trattazione del sogno e della conoscenza onirica da parte degli Yogcra sembra in qualche modo differire dalla loro forma di khyti. Infatti, lo stesso nel commento allaforisma vaidharmyc ca na svapndivat (BS II.2.29), aveva fatto notare che lidea dei Vijnavdin riflette unassoluta equivalenza tra veglia e sogno, come testimoniato da Dharmapala, commentatore delllambanapark di Dinga (VI sec.). Secondo questi la conoscenza onirica pu essere addotta a provare che persino la coscienza non ha un supporto effettivo nel mondo esteriore e, proprio alla stregua di svpnajna, priva di un oggetto esistente allesterno (LAYEK, 1990: 81-82). Comunque, Dharmakrti, nel suo Pramavrtika osserva che la conoscenza avvenuta nel sogno non associata a un oggetto vero e proprio, per cui la cognizione derivante non pu di certo dirsi valida.177
svatantr mnas buddhicakurdyanapekat/ svopdnabalenaiva svapndviva varttate// 1929 //, Una cognizione mentale indipendente, poich non ha bisogno della vista e degli altri sensi. Essa dipende solamente dalla propria causa materiale, proprio come [avviene] nel sogno (TaS, 2006 [1968]: 462). 176 Secondo Bijayanand Kar (1990: 69) anche Vaibhika e Sautrntika sono sostenitori della medesima khyti con delle piccole differenze, tuttavia la nostra analisi si focalizza sui Vijnavdin. 177 Il Pramavrtika (PV, II.15), che interpretiamo grazie al commento di Prajkaragupta, riporta: sarvajnrthavattvccet svapndvanyathekat/ ayukta na ca saskrnnldipratibhsata//. Dharmakrti presuppone una concomitanza invariabile (vypti): yadyajjna tattadarthavat, ci che conoscenza, tutto ci ha un oggetto, altrimenti espressa come sarva jna slambanam, ogni cognizione possiede un supporto. Secondo lui, per, questa vypti non funziona in questo caso, ovvero contraddetta (vyabhicarita), poich considerandola valida cadrebbe ogni differenziazione (vibhga) tra ci che correttamente percepito e ci che non
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Lakhyti sostenuta dalla scuola ritualistica della Prva Mms fondata da Prabhkara (VIII sec.). likantha (VIII-IX sec.), principale discepolo di Prabhkara, nella sua Prakaraapacik (III.1) sostiene: yathrtha sarvam eveha vijnam iti, Qui, in verit, ogni cognizione veritiera (PANDURANGI, K. T., 2004: 33). Secondo i seguaci di questa teoria, con akhyti sintende unassenza di conoscenza (jnbhva), in quanto impossibile che una cognizione carpisca un oggetto e contemporaneamente sia priva di validit. Lopinione di questi Mmsaka che unillusione non pu essere considerata una cognizione unitaria, piuttosto si tratta di un giudizio composito, nel quale intervengono per lo meno due distinte nozioni. Lerrore sta nella mancata comprensione dellindipendenza delle due cognizioni. Bhrama non un concetto negativo, unassenza (abhvtmaka); non la si deve considerare come uno sbaglio, bens alla stregua di unomissione. Vediamo lapplicazione in uktirpya. In quel caso la madreperla a trovarsi di fronte allindividuo, ma, siccome il solo argento a venir carpito, il vero contenuto (viaya) della cognizione non pu che essere questultimo. Nel giudizio ida rajatam, due sono le componenti costitutive: la prima comprende il questo (idamaa) ed una percezione diretta (pratyakajna). Il cakurindriya, raccolta linformazione idam, si ritrae. La seconda parte, relativa a rajatam, non riguarda pratyaka in quanto largento non presente, ma vi solo un ricordo (smaraamtra) di un argento visto altrove. Queste due cognizioni sono intrinsecamente yathrtha, per, a causa della confusione intervenuta tra la cognizione percettiva (anubhvtmaka) e quella mnemonica (smaratmaka) e per via del lapsus di memoria (smtipramoa) intercorso tra loggetto percepito, idam, e quello ricordato, rajata, avviene un oscuramento della idat, che risulta nel mancato riconoscimento della diversit tra le due cognizioni (vivekgraha) (BALASUBRAMANIAN, 1976: 39-57; POTTER, 1991 [1962]: 197-200).178 La cognizione di Prabhkara del sogno , per molti versi, congruente alla sua akhyti. Sempre secondo Prabhkara, in una cognizione onirica, ci che colto un oggetto esterno
tale (bhrntbhrnta). Se si dovesse argomentare che ogni conoscenza non pu che avere un fondamento dal quale scaturisce: sakalasya slambanatvt, allora, proprio per questo motivo, la conoscenza onirica (svpnajna), in quanto nirlamba non pu essere concepita come valida. In ogni modo, la conoscenza onirica, pur essendo priva di un certo supporto, comunque indicata come conoscenza o come cognizione, proprio come ogni cognizione prodotta durante lo stato di veglia, perch anche in essa vi la possibilit di cogliere un oggetto antistante: purovarttigrahaasya datvt tasya cnyatrpi datvt Resta comunque da tenere presente che, la cognizione onirica non pu nemmeno essere confusa con lerrore percettivo (viparyaya). In effetti, lerrore percettivo una cognizione e, perci, possiede un lambana, sebbene questo supporto e la cognizione che ne deriva mostrino differenti qualificazioni (prakra). Daltro canto, svpnajna nirlamba, per cui priva di supporto. In conclusione, secondo Prajkaragupta, Dharmakrti intende che la vypti iniziale inconcludente (anaikntika): tasmt svapndvanaikntikatvamanyath darant (YOGNDRNANDA, [ED.], 1991: 468-469). 178 In forza di questo bhedjna, questa teoria conosciuta anche come vivekkhyti (RAO, S., 1998: 95).

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percepito altrove nel passato e ricordato durante il sonno. Sebbene in quel momento loggetto non sia riconosciuto come contenuto di unesperienza precedente, tuttavia, grazie a un oscuramento della memoria (smtipramoa), esso appare come fosse colto in quel preciso istante. Per quanto concerne loggetto in s, la cognizione valida perch loggetto fu davvero percepito nel passato. La non validit della cognizione data dal mal interpretare quel ricordo come fosse una cognizione appena percepita. Tale confusione pare derivare solo dal sonno, per cui svpnajna non mendace di per s, ma la sua invalidit deriva da condizioni accessorie (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 3: 123-124). Laltra grande scuola della Prva Mms, guidata da Kumrila Bhaa (VIII sec.) insieme ai realisti del Nyya-Vaieika, accettano la cosiddetta anyathkhyti o vipartakhyti.179 Solitamente si attribuisce lanyathkhyti al Nyya-Vaieika e la vipartakhyti ai Bha. Le due teorie sono pressoch identiche, siccome lidea di fondo che un oggetto esistente viene colto diversamente (anyath) o contrariamente (viparta), rispetto a com in realt (RAO, S., 1998: ).180 A ogni modo, oltre alla semplice denominazione, c qualche altra differenza tra i due sistemi. Kumrila non accetta luso del termine pratyaka in giudizi che riguardano linerenza (samavya) delluniversale (jti) essere argento (rajatatva) nellindividuo (vyakti) argento. Questo particolare conduce al fulcro della discussione tra le due dottrine, che riguarda appunto linerenza: i Naiyyika la accettano come categoria indipendente (padrtha) e come fondamentale tipologia di relazione (sabandha). I Bha, invece, rifiutano la definizione e lindipendenza stessa dellinerenza, postulando al suo posto ununit nella diversit (tdtmya) (POTTER, 1991 [1962]: 204-205, 210-211). Secondo il Nyya-Vaieika ogni cognizione sottost alla natura delloggetto colto (jeydhnajna). Quando i logici indagano sul carattere sulla natura dellargento sulla madreperla, asseriscono che loggetto che sta di fronte, il questo, ossia ukti, carpito mediante una normale percezione diretta (laukikasannikara). Daltro canto, la percezione dellargento frutto di unoperazione straordinaria (alaukikasannikara), di una particolare relazione esclusivamente notica (jnalakaasannikara),181 che si stabilisce tra i sensi e il
La terza scuola di Prva Mms ebbe come teorico Murri Mira (XI-XII sec.), vicino, comunque, al punto di vista dei Bha per quanto concerne la teoria dellerrore. Questa scuola ebbe particolare sviluppo, introducendo il concetto di un dio personale, in un sistema, che fino ad allora aveva sempre accantonato lidea. 180 Per un approfondimento sul tema della vipartakhyti si vedano i testi di Srinivasa Rao (1998: 59-85) e B. Kar (1990: 44-53). 181 Sappiamo che esistono tre tipi di percezione straordinaria (alaukikasanikara): smnyalakaapratysatti, jnalakaapratysatti e yogajapratysatti. I Naiyyika affermano che quando percepiamo un particolare oggetto, non percepiamo solo loggetto in quanto tale, ma anche luniversale (smnya) che in esso inerisce (samaveta). Per esempio, se si percepisce un vaso (ghaa), si coglie anche il ghaatva che in esso inerisce. Tuttavia, non vi un contatto diretto tra i sensi e ghaatva. Questultima propriet appresa in modo non immediato, ma per ricordo, solo quando si
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loro oggetto (ROODURMUN, 2002: 52-53).182 La caratteristica propria dellargento (rajatatva) che sta in un altro luogo, viene associata con idam, che sta dinnanzi. Ci conduce a esclamare: ida rajatam. Per i Naiyyika sia la madreperla, sia largento che si trova in un altro luogo, sono reali (sat). Lerrore nasce dal porre una relazione tra il purovarttin questo, con largento venduto nel negozio dellorafo (paastha). La frase neda rajatam, predica solamente che la relazione (sasarga) instaurata tra i due oggetti fasulla (BALASUBRAMANIAN, 1976: 59; MAHADEVAN, T. M. P., 2006 [1938]: 84-85). Udayancrya nella sua Kiraval affronta il problema. Secondo lui la percezione erronea propria della condizione di veglia e il sogno vanno distinti, in quanto la prima prodotta dai sensi vigili, mentre nel sogno i sensi sono dormienti e inattivi. Tuttavia egli ammette che le cognizioni oniriche sono percezioni illusorie, per il fatto che colgono oggetti non presenti in quel momento e in quel luogo. Anche lautore del Nyyakandal, rdhara, osserva che le cognizioni oniriche sorgono da vari fattori: disordini interni, impressioni latenti, mediante lintromissione di agenti alieni quali i meriti e le colpe. Esse sono puramente illusorie perch impongono una forma esteriore su unentit del tutto interiore. Comunque, in definitiva, lunico motivo per cui si pu differenziare svapna da bhrama, perch il primo accade durante il sonno, mentre il secondo fenomeno tipico della veglia.183 Il Nyya, ci pare, resta abbastanza chiaro nel distinguere lerrore percettivo dal sogno, in quanto questultimo ha per lo pi natura di ricordo. Per tale ragione lanyathkhyti non del tutto idonea per spiegare che tipo di illusoriet e invalidit si nasconde nel sogno. Infine gli Advaitin, fedeli allanirvacanyakhyti, considerano lerrore percettivo e
sar gi percepito almeno un vaso. Questo genere di contatto sensoriale straordinario si dice smnyalakaapratysatti (MATILAL, 1966: 290-291). La percezione yogica quella degli yogin che scorgono eventi ed enti oltre il dominio sensoriale e avviene solo grazie a pratiche di concentrazione e per via di meriti speciali (ada) (IBID.: 291). Infine, quella che ci interessa pi da vicino jnalakaapratysatti e che gli Advaitin rifiutano vigorosamente. Questo tipo di percezione fuori dal comune quando un tipo di cognizione d origine a unaltra cognizione di diversa entit. Per esempio, se vediamo da lontano, un pezzo di sandalo, immediatamente affermiamo anche che il sandalo profumato (surabhi candanam). Il profumo del sandalo, che si trova a distanza, non pu di certo essere percepito con la vista, ma solo con lolfatto; tuttavia troppo lontano perch lolfatto ci arrivi. Come si ha allora la percezione olfattiva del profumo? I logici spiegano ci mediante jnalakaapratysatti (GUPTA, B., 1995 [1991]: 161, n. 3; MATILAL, 1966: 288-289; SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 88). 182 Una cognizione che ha per oggetto la madreperla (ukti) ha come modo qualificante lessere madreperla (uktitvaprakraka), mentre una cognizione che ha per oggetto largento (rajata) rajatatvaprakraka: entrambe sono pram. Le propriet rajatatva e uktitva sono due caratteristiche generali (dharma) presenti rispettivamente in rajata e ukti, mediante uneterna relazione dinerenza (samavyasabandha). Per, quando si ha cognizione del rajata guardando ukti, il jna relativo alla madreperla sar rajatatvaprakraka. Si coglie di un oggetto (ukti), una modalit (prakra), che propria di un altro oggetto (rajata): questa una conoscenza erronea (apram). Secondo Kumrila ogni cognizione determinata da una caratteristica (dharma), che indica (bodhaka) una particolarit (viiat), che il Nyya chiama prakrat (RAO, S., 1998: 59-66). 183 yadyapi saskrapavddhtudodaddv samropitabhyasvarpa svapnapratyayo bhavannatasmistaditi bhvdviparyaya, tathpyavasthvieabhvitatvt pthagukta, (NyK, VYAS, [ED.], 1991: 122-123) e si veda Jadunath Sinha (2008 [1958], VOL. 3: 122-123).

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lillusione come pratibhsa, ovvero un quid n reale come brahman, n irreale (alka), come il figlio di una madre sterile (vandhyputra); perci bhrama indeterminabile (anirvacanya). Infatti, se la bhrnti fosse vera, non potrebbe essere contraddetta e se fosse totalmente irreale, non potrebbe essere percepita. Quindi uktirpya da considerarsi anirvacanya. Ivi la causa materiale (updnakraa) dellargento lignoranza (avidy) la quale, in virt della corrispondenza (tdtmya) tra effetto e causa (kryakraa) propria del Vednta non-duale, non pu che essere altrettanto indeterminabile (ROODURMUN, 2002: 114-115). Per cui, nel luogo in cui si esperisce la sovrapposizione (adhyropa) dellargento sulla madreperla, una causa materiale indeterminabile manifesta un oggetto indeterminabile su un sostrato (adhihna), legando la prima al secondo, con una relazione anchessa indeterminabile (RAO, S., 1998: 103-118). I non-dualisti, si spingono oltre: per loro anche ladhihna (la madreperla)184 dellargento illusorio indeterminabile, anche se questindeterminabilit differisce da quella dellargento (POTTER, 1991 [1962]: 222).185 Per esempio, largento dipende per la sua esistenza dalla madreperla, sulla quale proiettato. Se non vi fosse ukti, largento non potrebbe essere colto. Insomma, secondo gli Advaitin, la madreperla dotata di un livello di esistenza pi solido dellargento illusorio. Nel Vednta di , la realt (satt) propria delluniverso quella empirica (vyvahrika), mentre quella dellargento e degli altri oggetti nati da unesclusiva modalit di avidy, una realt ontologica illusoria (prtibhsika), riscontrabile solo fintanto che quelle entit vengono percepite (prattiklika). Gli oggetti visti in sogno, appartengono a questultimo livello, sono illusori, perch contraddetti dalla veglia (POTTER, 1991 [1962]: 166-167, 223). Come lesperienza onirica anche tutte le altre entit proprie del livello prtibhsika, godono di una certa realt finch non giunge una cognizione empirica (vyvahrika) capace di confutarle: nel caso del sogno sar il ridestarsi (prabodha), mentre per largento illusorio, sar il riconoscimento della madreperla. Sappiamo che gli oggetti che percepiamo durante lesperienza ordinaria di veglia sono
Qui scriviamo che il sostrato dellargento illusorio ukti. Tuttavia, per la precisione, il Vednta non-duale ammette un unico e solo adhihna, in quanto fondamento inalterabile su cui sorgono due tipi di illusione: bhrama e prapaca. Il vero sostrato di rajata, allora, caitanya limitato dalla madreperlit (uktitvvacchinnacaitanya). 185 Nel pratyakapariccheda del VP (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 133-173), Dharmarja Adhvarndra apre uninteressante parentesi sulla natura e le cause dellerrore percettivo. Secondo lautore, largento illusorio non nascerebbe dallinsieme di cause comuni, bens da unentit assolutamente distinta da esse (vilakaa). Colui che ha dei difetti visivi, quali la cataratta, pur vedendo di fronte a s una madreperla, a causa del luccichio di quella, nel suo organo interno (antakaraa) nasce una modificazione che riflette la coscienza limitata da idam. In seguito quella stessa vtti, come suo costume, fuoriesce e si unisce con caitanya limitato dal questo (idamavacchinnacaitanya) e a caitanya associato al soggetto conoscitore (pramtcaitanya). Allora, lignoranza primordiale, che ha qui aspetto di madreperla e che si fonda su caitanya associato alloggetto, diviene un tuttuno con caitanya associato al soggetto conoscitore che, unita ai difetti della vista e aiutata dalle vsan dellargento risvegliate dal luccichio, si muta in un oggetto che appare tale, generando una cognizione apparente di rajata (PELLEGRINI, 2009: 79, n. 16).
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dotati di una realt e durata differente rispetto agli oggetti della percezione erronea. Linadeguatezza temporale di bhrama sintomatica di una transitoriet pi profonda di quanto lo siano i comuni viaya, quali i vasi (ghadi), come rammenta Dharmarja (DVIVED, P. N., 2000: 171) apostrofando i logici:
tvanmate satyatvviee pi kecit kaikatva kecit sthyitvam ity atra yadeva niymaka tadeva svabhvaviedika mampi

... Anche secondo il tuo pensiero, sebbene [tutti gli oggetti] siano egualmente reali, tuttavia alcuni sono istantanei, altri duraturi, per cui qualunque sia il criterio [che tu assumi], quale la natura particolare [di un ente] o quantaltro, lo stesso vale per me ...

Seguendo questo tracciato, si riscontra che il VP (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 172-183) offre una trattazione tanto breve quanto interessante della teoria vedntica legata allesperienza onirica (FORT, 1987: 173-174). In apertura alla disamina Dharmarja afferma:
ghadyadhyse vidyaiva doatvena hetu uktirpydhyse tu kcdayo pi do. tath cgantukadoajanyatva prtibhsikatve prayojakam Per quanto riguarda la sovrapposizione del vaso e degli altri oggetti [empirici], la causa, in quanto difetto, di certo lignoranza, mentre per quanto riguarda la sovrapposizione dellargento [apparente] sulla madreperla, anche le distorsioni della vista come la cataratta (kca) e altre, sono [da considerarsi] difetti. Allora il sorgere da un difetto avventizio criterio [sufficiente] nella [determinazione] dellillusoriet

Subito di seguito la discussione si porta sul sogno (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 147): ata eva svapnopalabdharathdnm gantukanidradoajanyatvt prtibhsikatvam , Pertanto, poich anche i carri e gli altri oggetti [ricordati nellUpaniad] percepiti durante il sogno, sono sorti dal difetto avventizio del sonno, risultano illusori 186 Di seguito, lautore mette in bocca a un oppositore (prvapakin) Naiyyika una riserva, secondo la quale la percezione onirica un tipo di ricordo (MISHRA, U., 1929: 223-278;
Il testo fa riferimento al passaggio della BU (IV.3.9-10) nel quale si tratta la natura dellessere (purua) durante la condizione di sogno: ... atrya purua svaya jyotir bhavati, ... qui quell'essere luce di per s e na tatra rath na rathayog na panthno bhavantyatha rathn rathayogn patha sjate ..., L n vi sono carri, n animali aggiogati a essi, n strade, perci egli crea carri, animali aggiogati ai carri e le strade.... Si veda nuovamente (DUQUETTE RAMASUBRAMANIAN, 2009: 342-434). Nella prima parte del prossimo capitolo tratteremo il passo con dovizia di particolari.
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DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 147):


nanu svapnasthale prvnubhtarathde smaraamtraiva vyavahropapattau na

rathdisikalpana gauravditi cet [Obbiezione:] Per nella condizione di sogno, siccome di certo i carri e gli altri oggetti esperiti in precedenzasono solo un ricordo, possibile trattarli come empirici, perci lassunto della manifestazione di essi uninutile pesantezza?

La risposta di Dharmarja diretta e non si fa attendere (DVIVED, P. N., 2000: 147-149):


na, rathde smtimtrbhypagame ratha paymi svapne ratham adrkam itydy anubhavavirodhpatte. atha rathn rathayogn patha sjate [BU IV.3.10] iti rathdisipratipdakarutivirodhpatte ca. tasmc chuktirpyavat svapnopalabdharathdayo pi prtibhsik yvat prtibhsamavatihante [Risposta:] No, in quanto accettando la [natura di] solo ricordo per i carri e gli altri oggetti, sorgerebbe un problema di contrasto con le esperienze dirette quali io vedo un carro oppure, nel sogno io vidi un carro; nonch vi sarebbe una contraddizione col passaggio testuale che predica la manifestazione [onirica] dei carri, eccetera: E in seguito crea i carri, gli animali aggiogati a essi e le strade... (BU IV.3.10). Come largento sulla madreperla, quindi, anche i carri e tutti gli altri oggetti colti nel sogno sono illusori, ovvero rimangono finch sussiste lillusione 187

Il prvapakin obbietta (GUPTA, B. 1995 [1991]: 278-286; DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 177):
nanu svapne rathdyadhihnatayopalabhyamnadeavieasypi tadsannikatay

anirvacanyaprtibhsikadeo bhyupagantavyas tath cdhysa kutreti cet [Obbiezione:] Per nel sogno, poich il luogo particolare che si esperisce come sostrato dei carri e degli altri oggetti onirici, in quel momento non in contatto con i sensi, allora bisogner ammettere lesistenza di un luogo illusorio e indescrivibile. Allora, dove ha luogo la sovrapposizione [dei carri]?
187 Nel sub-commento intitolato Maiprabh, Amaradsa (XVIII sec.) chiarisce (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 175-176): nidrdoanivttikle pi svapne ratham adrkam ity eva prattir na tu rathdika smtv nityata uktapratyayavyavahrasya smtimtratvena nopapattir iti bhva , Quando persino il difetto del sonno si ritrae, la cognizione [residua] nel sogno vidi un carro, non di certo ho ricordato un carro e altri oggetti, pertanto non vi tenuta logica delluso comune di detta cognizione esclusivamente come ricordo. Questo il senso

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Il siddhntin, anche questa volta, non tarda a replicare (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 177181):
na, caitanyasya svayaprakasya rathdyadhinatvt. pratyamno hi rathdirasttyeva pratyata iti sadrpea prakamna caitanyam evdhihnam. deavieo pi cidadhyasta prtibhsika, rathdv indriyagrhyatvam api prtibhsika tad sarvendriym uparamt ... svpnagajdaya skanmyparim iti kecit antakaraadvr tatpariam ity anye [Risposta:] Non cos, poich il sostrato dei carri, eccetera la conoscenza auto-luminosa. In verit, cos vengono esperiti: i carri e quantaltro, colti [nel sogno], esistono e caitanya che si manifesta in forma di sat certamente il [loro] sostrato. Il luogo particolare, pure sovrapposto su caitanya, [perci] illusorio. In pi, anche la capacit di essere carpiti dai sensi, insita nei carri e negli altri oggetti, illusoria in quanto, in quella cognizione, tutti i sensi sono ritratti ... Tutti gli elefanti188 e gli altri enti propri del sogno sono un diretto reale mutamento di my, per alcuni. Per altri sono una trasformazione di my attraverso lorgano interno 189

MS (SB1, STR, T., [ED.] 1989 [1927]: 401-403) tratta la questione della causa del sogno, con toni analoghi a quanto osservato nel VP, per aggiungendo informazioni ulteriori:
tatra mana eva gajaturagdykrea vivartate avidyvtty ca jyate iti kecit. avidyaiva uktirajatdivat svapndyarthkrea pariate jyate cvidyvttyetyanye. ka paka reyn? uttara. avidyy eva sarvatrpy kvacin arthdhysajndhysopdnatvena nanu kptatvt tad manogatavsannimittatvena manapariamatvavyapadet. manasas

dykraparimnabhyupagame draritvasabhavena tmana svayajyotivsiddhir iti cet? na, bahirindriyavttyabhvena tadn manaso grhakatvt, tatsahakreaiva tasya grhakatvaniyamt.

In tutte le edizioni del testo finora esaminate troviamo un brusco cambiamento: prima si parlava di carri, ora di elefanti. Limportante comprendere che per lautore ratha e gaja, sono analoghi, in quanto illusorie manifestazioni oniriche. 189 Nel seguito di questa discussione Dharmarja introduce il punto di vista peculiare al VP stesso della distinzione tra nivtti e bdha, solitamente considerati sinonimi. Egli lo fa per rispondere a coloro che ritengono che sia uddhacaitanya il sostrato degli enti onirici, per cui, quando esso non fosse realizzato, ci risulterebbe nel proseguimento degli eventi e oggetti di sogno anche nella veglia. Allora Dharmarja afferma che la distruzione delleffetto di due tipi, qualche volta insieme alla causa materiale (updna) e questo si dice bdha annullamento e qualche altra leffetto distrutto e rimane per la sua causa materiale, allora ci troviamo di fronte a una nivtti ritrazione, cancellazione (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 182): nanu gajde uddhacaitanydhastatve idn tatsktkrbhvena jgarae pi svapnopalabdhagajdaya anuvarteran. ucyate. kryavino hi dvividha. kacid updnena saha, kacit tu vidyamne evopdne. dyo bdha, dvityas tu nivtti
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savttikntakaravacchinnasyaiva caitanyasya pramttvaniyamt tad ntakaraasattve pi pramtrabhva Secondo alcuni, in quella condizione la mente stessa assume la forma illusoria di elefanti, cavalli, eccetera ed conosciuta mediante una trasformazione dellignoranza. Secondo altri, invece, lignoranza stessa si muta nella forma di sogno e affini, come avviene per largento sulla madreperla ed conosciuta mediante una trasformazione della stessa ignoranza. Qual il punto di vista migliore? Il secondo, poich lignoranza concepita ovunque come la causa materiale della sovrapposizione degli oggetti [illusori] (athdhysa) e della sovrapposizione della cognizione [illusoria] (jndhysa);190 inoltre, in qualche occasione si predica il mutamento della mente [negli oggetti illusori], poich esso [= il mutamento] ha come causa efficiente le impressioni latenti che stanno nella mente. [Obbiezione:] Per, se in quella circostanza non si accetta il mutamento [nella condizione di sogno] in forma degli enti percepibili della mente, dunque, poich [essa] diviene losservatore, si giungerebbe allimpossibilit di provare lauto-luminosit del S?191 [Risposta:] Non cos, perch in quella situazione, per via della mancanza delle funzioni sensoriali, la mente non pu cogliere nulla. una regola precisa che la sua [= della mente] capacit di cogliere c solo grazie al loro [= della facolt sensoriali] aiuto; inoltre regola che caitanya assume la caratteristica di essere un soggetto conoscitore solo quando delimitato dallorgano interno provvisto delle sue modificazioni,192 per l [= nel sogno], pur essendo presente lorgano interno, non c [lanima individuale come] soggetto conoscitore (pramt)

In conclusione a queste considerazioni, proponiamo alcuni passaggi ancora del SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 400-416) in concomitanza del commento allottavo loka del Daalok di che, immediatamente prima di quanto proposto qui sopra, definiscono la condizione di sogno (svapnvasth) distinguendola dal sogno (svapna). Luna la condizione in cui si penetra addormentandosi quando si liberi dallidentificazione con il corpo grossolano e dallanima individuale come Viva, come anche dallattivit sensoriale. Il sogno invece la fruizione degli oggetti onirici stessi, prodotti dalle impressioni latenti nella condizione di sogno:
Per una breve, ma sistematica, analisi del sogno come esempio di adhysa, rimandiamo a R. K. Triph (1996: 425-427). 191 Ci conduce a due differenti errori. La contraddizione o, peggio, lerrore della ruti (BU IV.3.9) conduce in essa la mancanza di autorevolezza (aprmypatti), nonch gli Advaitin ottengono un risultato opposto rispetto a quello per cui si erano messi a dibattere (arthntara), ossia provare mediante il sogno la non auto-luminosit del S. 192 Ricordiamo solo una sottile differenza, ossia che il skin, conoscitivamente attivo durante il sogno definito come avidyvacchinnacaitanyam, caitanya delimitato dallignoranza, mentre il jva, che il pramt della condizione di veglia definito antakaravacchinnacaitanyam, caitanya delimitato dallorgano interno.
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eva jgradbhogajanakakarmakaye svpnabhogajanakakarmodaye ca sati nidrkhyay tmasy vtty sthladehbhimne drkte sarvendriyeu devatnugrahbhvd193 nirvypratay lneu vivo pi lna ity ucyate, tad ca svpnvasth. tatrntakaraagatavsannimitta indriyavttyabhvaklno rthopalabha svapna Cos, quando sannulla lattivit che produce la fruizione durante la veglia e sorge lattivit che genera la fruizione onirica, avendo allontanato lidentificazione con il corpo grossolano mediante una vtti dominata dal tamas che si chiama sonno e quando poi tutte le facolt sensoriali, per la mancanza della grazia delle divinit poich prive di funzione, si ritraggono e anche Viva si ritrae, allora si ha quella si dice la condizione di sogno. In questa [condizione] poi il sogno la percezione degli oggetti la cui causa sono le impressioni latenti che stanno nellorgano interno, al momento in cui non vi lattivit dei sensi

Il sogno evidentemente un esempio dillusione, una sovrapposizione e come tale ha bisogno di un sostrato, un locus, un fondamento vero su cui poggiare, poich non vi illusione o errore percettivo che non poggi su un adhihna il cui grado di realt sia superiore a quello dellente sovrapposto. Secondo gli esponenti della scuola non-dualista del Vivaraa, ai quali spesso Dharmarja si rif, il sostrato su cui si sviluppano lesperienza onirica e lerrore percettivo caitanya come testimone (skicaitanya) (GUPTA, B., 1995 [1991]: 298). Durante il sogno non sono presenti n, come si diceva, le facolt sensoriali, n i loro oggetti (viaya), ciononostante svapna non un ricordo, giacch ogni oggetto colto immediatamente. Tuttavia, il soggetto conoscitore proprio del mondo di veglia (viva) differente dal soggetto che percepisce il mondo del sogno (taijasa).194 Ognuno dei due pramt condizionato nelle proprie cognizioni da difetti avventizi (gantuka) e dalle impressioni latenti accumulate nel suo stato di coscienza (FORT, 1987: 173-174). Vediamo cosa dice di nuovo il SB a questo proposito (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 403-406, 412, 416):
kim adhihna svapndhysasya? mano vacchinna jvacaitanyam ity eke.

mljnvacchinna brahmacaitanyam ity apare. ki reya? matabhedenobhayam api. tath hi jgradbodhena svapnabhramanivttyabhyupagamd adhihnajnd eva ca bhramanivtter

Il commento Nrya della Nyyaratnval scrive che senza la grazia delle divinit (devatnugrahbhva) significa che per un breve periodo viene meno lo stimolo che le rispettive divinit tutelari dei sensi inviano a essi: tattatdindriydhihtdevatprerabhvt (SB1, STR, T., [ED.] 1989 [1927]: 401). 194 Di valore anche la spiegazione del termine Taijasa da parte di MS (SB1, STR, T., [ED.] 1989 [1927]: 416): atra ca svpnikapadrthabhokt taijasa ity ucyate, pittkhyatejapradhnatvt. ditydijyotir antarepi bhsakatvd iti v , Ivi Taijasa si dice il fruitore degli enti onirici, poich [in esso] prevale il fulgore che chiamato bile, oppure perch ha la capacit di risplendere anche senza la luce del sole
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brahmacaitanyasya cdhihnatve sasraday tadbhnbhvd, jne v sarvadvaitanivtter na jgradbodht svapnanivtti syt. sa hi kart [BU IV.3.10] iti jvakarttvaruter kdiprapacavat sarvasdhraatvpatte ca, na mljnvacchinna brahmacaitanyam adhihnam. nanu jvacaitanyasynvtatvena sarvad bhsamnatvt katham adhihnatvam? satyam, tatrpi svapndhysnuklavyvahrikasaghtabhnavirodhyavasthjnbhyupagamt. svapnaday cha manuya ity diprttikasaghtntarabhnbhyupagamt. ayyy svapimi iti ayyntarabhnavat. bhnasmagryabhva ca tulya eva ... jvacaitanyam evdhinam iti pake na ko pi doa yad punar brahmajnd evjnanivttyabhyupamas tad rajjv daabhramea sarpabhramatirodhnavad adhinajnbhve pi jgradbhramea svapnabhramatirobhvopapatter brahmacaitanyam eva svapndhihnam iti pake pi na kacid doa. pratijva svapndhyssdhraya tu manogatavsannm asdhrayd eva tasmn na pakadvaye pi kpy anupapatti [Domanda:] Qual il fondamento della sovrapposizione del sogno? Alcuni dicono caitanya come anima individuale delimitata dalla mente. Altri, invece, caitanya, che il brahman delimitata dallignoranza primordiale. Qual il migliore? [Risposta:] Entrambi, a seconda della differenza delle opinioni. Infatti, cos.195 Poich, con la conoscenza della veglia, si accetta la ritrazione dellillusione del sogno e la fine dellerrore percettivo a causa della conoscenza del [suo] sostrato, allora se caitanya, che il brahman, fosse il fondamento, dacch nella situazione del divenire non lo si conosce e, se ve ne la conoscenza termina lintera dualit, allora [in tale circostanza], [al riemergere della] coscienza di veglia il sogno non terminerebbe. Inoltre, per via del passaggio scritturale [che afferma] lessere agente dellanima individuale Quello invero il creatore [degli enti onirici] , ci si troverebbe a fronteggiare il problema che [anche il contenuto onirico] diverrebbe comune a tutti come lo sviluppo fenomenico delletere e degli altri elementi,196 allora caitanya, che il brahman delimitato dallignoranza primordiale non il fondamento [del sogno]. [Obbiezione:]197 Per, dal momento che la consapevolezza dellanima individuale, essendo non ricoperta,198 costantemente manifesta, allora come pu

Ora MS scredita la seconda ipotesi in favore della prima. Si ricordi che il dibattito sta avvenendo allinterno della scuola Advaita. La cosa ricorda da vicino il dibattito tra Avacchedavdin e Pratibimbavdin su chi sia il fondamento dellignoranza. Si sa che per VM e lintero Avacchedavda il brahman, mentre per Praktman e i suoi seguaci del Pratibimbavda il jva. 196 Qui sintende dire che gli elementi (bhta) e il mondo forgiato da essi (bhautika) sono manifestazioni provenienti da vara e sono fruibili e percepibili da tutti gli esseri, perch sono comuni per tutti (sarvasdhraa). Ora abbiamo visto che il brahman, quando delimitato o condizionato dallignoranza primordiale, appunto vara. Se vara fosse anche il fondamento e il creatore degli enti onirici, essi sarebbero comuni a tutti gli esseri come lo sono gli enti empirici. Per questo certamente non avviene. 197 Lobbiezione viene dai sostenitori della prima ipotesi, ossia che il jva il sostrato del sogno. 198 Un primo punto per capire cosa sintende con anvtatvena che il jva tale perch empiricamente connesso per via di un indissolubile legame con lorgano interno. Abbiamo visto, inoltre, che nellaggregato psico-fisico il skin veglia costantemente. Si ricorder anche che allinizio si era parlato della manifestazione sottile e della quintuplicazione degli elementi. Le porzioni dominate dal sattva, puro e trasparente, degli elementi sottili sono le responsabili della produzione dellorgano interno. Pertanto, per il fatto di essere puro e trasparente (svaccha) lantakaraa non costituisce una vera e propria copertura (varaa) del jva. Per questo il jva, che
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essere il fondamento [dellillusione onirica]? [Risposta:] vero [quanto dici], per si accetta unignoranza condizionale che favorevole alla sovrapposizione del sogno ed contraria alla conoscenza del complesso empirico,199 poich [la cognizione] io sono un uomo nella condizione di sogno si ammette come conoscenza di un complesso differente [rispetto quello empirico della veglia] che apparente e anche Io dormo sul letto [tale cognizione onirica] come la conoscenza di un letto differente [rispetto a quello della veglia].200 La mancanza del complesso causale (smagr) per [arrivare alla] conoscenza davvero uguale [in entrambi i casi] ...
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Dunque caitanya, come anima individuale invero il fondamento [del sogno], in

questottica non vi alcun vizio. Quando,202 poi si accetta che leliminazione dellignoranza si ha solamente dalla conoscenza di brahman, allora, pur mancando la conoscenza del sostrato, al modo in cui si sostituisce lillusione del serpente sulla corda, con lillusione del bastone,203 perci anche possibile nascondere lillusione del sogno attraverso lillusione della veglia, dunque caitanya, che il brahman, [delimitato dallignoranza primordiale] il fondamento del sogno. Anche in questopzione non vi alcun difetto. Dunque, daltro canto, giacch vi invero una differenza delle impressioni latenti proprie della mente, per ogni anima individuale vi differenza anche nelle sovrapposizioni oniriche204 ... Ergo, non vi alcuna incongruenza in entrambe le alternative 205

antakaravacchinnacaitanya resta privo di copertura vera e propria da parte dellignoranza, che a livello del suo prodotto antakaraa trasparente e non sufficiente a ricoprire la natura conoscitiva del S, che resta vigile testimone di ogni cosa. Ivi, lanima individuale si dice che anvta. Per questo le Upaniad sostengono che solo mediante buddhi, la funzione pi pura dellorgano interno, quando essa sia resa penetrante e purificata dallupsan, si pu realizzare il brahman: manasaivnudraavyam (BU IV.4.19) e manasaivedam ptvyam (KaU II.1.11); questo ci che nel lessico tecnico Advaitin si dice vttivypyatva, cio la possibilit cogliere il brahman attraverso la sola vtti dellantakaraa. Daltro canto, la natura di conoscenza del brahman sempre ricoperta dallignoranza primordiale, per questo gli esseri non lo realizzano. Quindi, solo il brahman che ricoperto dallignoranza pu essere il fondamento dellillusione onirica. 199 In sogno esiste un particolare tipo dignoranza condizionale, cio legata a una condizione precisa, che il responsabile della proiezione onirica. Contemporaneamente, questignoranza impedisce che sorga una qualsiasi conoscenza empirica, cio legata alla veglia. Il senso qui che tale ignoranza propria del sogno differente dallignoranza relativa alla veglia, altrimenti non si potrebbe spiegare la differenza tra sogno e veglia. 200 La cognizione onirica Io dormo sul letto ha come contenuto un letto che differente dal letto su cui si dorme nella condizione di veglia. 201 Evitiamo di entrare troppo in profondit in questioni molto tecniche, che ci condurrebbero a esplorare campi che volevamo tenere fuori in questa sede. Non escluso che in futuro ci impegneremo in uno studio pi sistematico sullAdvaita Vednta post-akariano. 202 Da qui in poi la teoria difesa e discussa e la seconda, cio che brahmacaitanya il fondamento su cui si basa lillusione onirica. 203 Di solito lesempio classico quello del serpente sovrapposto alla corda. Ma possono darsi altri tipi di illusione sulla stessa corda, ognuno dei quali presenta dei punti di analogia con il fondamento, la corda stessa. Avremo dunque possibilit di scambiare la corda per un bastone, una riga dacqua, e molto ancora. Tutto dipende dal tipo di impressioni che si risvegliano nel soggetto conoscitore alla vista delloggetto empirico. 204 A questo punto, terminata lesposizione della seconda, sinserisce una terza alternativa, che sembra mediare tra le due. Talvolta negli stra si dice anche che caitanya, che il brahman, delimitato dalla mente il fondamento del sogno, poich in questo caso lignoranza condizionale in grado di espletare la sua funzione di copertura (varaka): manovacchinna brahmacaitanyam eva v dhihnam. etasmin pake vasth jnasyaivvarakatvgkrn na k py anupapatti. ata eva streu kvacit kvacit tath vyapadea 205 Uninteressante opposizione si leva (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 413-416). Ma se il sostrato del sogno manovacchinnajvacaitanyam, allora perch non si ha la cognizione aha gaja (io sono un elefante) e non aya gaja (questo un elefante) in quanto lente sovrapposto, lelefante, e il suo sostrato, lio (aham), si presentano in

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cosa esperibile da ogni uomo che la percezione onirica, anche quando appare reale durante il sogno stesso, viene di certo contraddetta al risveglio. Lo svapna molto simile a smti, poich tutti e due scaturiscono dal risveglio dimpressioni latenti (saskra). Va notato per che il sogno appare pi dinamico e rappresentativo, mentre il ricordo riprende un episodio passato riconducendolo a unesperienza interna e limitata, la quale solamente presenta alla mente quanto gi accaduto. Problematiche affini a quelle a cui MS cerca di rispondere, sono anche argomento di riflessione per laltra grande opera di Vidyraya, il Vivaraaprameyasagraha (VPS, DVIVED, P. N., [ED.], 2005: 162-164). Il testo rappresenta una disamina su tutti gli argomenti pi importanti trattati nel Pacapdikvivaraa. Anche l, in varie sezioni, troviamo una trattazione interessante del sogno, che merita di essere riportata e commentata:
nanv astv eva mithyrajatajna bhrama. svapnapadrthajna tu na pramam, bdhitatvt. npi smti, aparokatvt. npi bhrama, tallakabhvt. bhramasya hi kraatritayasyajanyatva svarpalakaa jgarae paratra tahasthalakaam. parvabhsa ity na evarpa hi tatra tat svapne sti, paratrety dehd nidrkhyadoasydodbuddhasaskrasya ca sattve pi ttyasya saprayogasybhvt. npi sabhavati, antakaraasya uktasydhihnasybhvt. tatas tvatpake svapnapratyayasya k gatir iti. ucyate saprayogo hi bhyauktdamadigocarntakaraavttyutpdaka, bahirasvtantryt. svapne tu dehasyntar antakaraa svatantratvt svayam eva pravarttiyata iti nsti saprayogpek. tato jgarae svapne py antakaraavttir eva ttya kraam. adhihnam api sarvatra vttyavacchinna caitanyam eva. uktdamadisaprayogasyaiva

posizione omogenea (smndhikaraya), cio con lo stesso caso grammaticale, entrambi al nominativo, proprio come accade nella circostanza dellargento sulla madreperla: ida rajatam. Anche qui entrambi i componenti sono al nominativo, dove idam il sostrato mentre rajatam loggetto sovrapposto (adhyasta). La risposta molto tecnica. La cognizione aha gaja non si da perch il senso dellio (ahakra), come la madreperla, il limitatore, il qualificante del fondamento (adhihnvacchedaka) della percezione onirica. Allora, per la ragione per cui non si ha unillusione ukt rajatam (la madreperla argento) non si ha una cognizione onirica che sia aha gaja (io sono un elefante), in quanto la cognizione dellio, come la cognizione della madreperla, sono entrambe contrarie e capaci di annullare ogni illusione. Nellerrore percettivo dellargento sulla madreperla, idam non si oppone allapparizione dellargento illusorio. Nel sogno, poi, tanto la cognizione di ayam, come quella di gaja sono entrambe sovrapposte, immaginate (kalpita = adhyasta), poich in quella circostanza non vi alcun ente che soddisfi la stessa funzione di idam nellerrore percettivo di veglia. Infatti, ambedue sono negate al risveglio, mentre ci che rimane il fondamento di caitanya. Durante la veglia, invece, si vede che la cognizione erronea ida rajatam differente da quella valida iya ukti. Il Sa (I.36) afferma chiaramente che adhyastam eva hi parisphurati bhrameu ..., Difatti, nelle illusioni appare esclusivamente loggetto sovrapposto Certo che sebbene nellillusione la parte idam della madreperla comunque rivelata (uktdaaabhna), tuttavia la realt della porzione idam (idaaasatyatvam) non la condizione essenziale (na prayojakam adhyse) per la produzione dellillusione, bens la condizione che vi sia un sostrato reale (adhihnasatyatva). Nellesempio delargento sulla madreperla il vero sostrato non la madreperla, idam, ma caitanya associato alla madreperla (ukticaitanya), che per ancora ignoto (ajtam). Nel sogno accade lo stesso (iva atra api) il sostrato (adhihna) la consapevolezza del testimone (skicaitanyam).

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janaka anyath nirviayasya saprayogasynutpatte, adhihnacaitanyvacchedakopdhitvt. tato yath jgarae saprayogajanyavttyabhivyakte uktdamavacchinne caitanye sthit vidy rajatkrea vivartate tath svapne pi dehasynatar antakaraavttau nidrdidoopaplutym abhivyakte vttyavacchinnacaitanye sthit vidy dodbodhitannviayasaskrasahit prapackrea vivarttatm ...

[Obbiezione] Che allora la conoscenza dellargento illusorio sia pure un siffatto errore percettivo,206 poi la conoscenza di un ente onirico non un valido mezzo di conoscenza, poich contraddetta,207 non neanche un ricordo, poich ha carattere dimmediatezza.208 Neppure un errore percettivo, perch in essa non si applica la sua [= dellerrore percettivo] definizione.209 La definizione secondaria dellerrore percettivo la caratteristica di essere generato dalla triplice causa:210 quella [definizione della percezione erronea] non si applica al sogno, in quanto pur essendoci il difetto chiamato sonno e limpressione latente risvegliata dalla potenza invisibile,211 manca il contatto sensoriale. Ivi, neppure una definizione essenziale di tal fatta Lapparenza di un ente su di un altro [ente] (paratra) possibile, infatti [nel sogno] assente il fondamento, espresso [dalla parola] paratra. Allora, secondo il tuo [= dellAdvaitin] punto di vista, qual la posizione della cognizione del sogno? [Risposta:] Si risponde che nella veglia il contatto determina la modificazione dellorgano interno che ha come oggetto la madreperla esteriore che [nella percezione erronea] la parte del questo (idam). Difatti, lorgano interno non indipendente al di fuori del corpo; nel sogno, invece, allinterno del corpo lorgano interno indipendente e si attiver da s, cos non c necessit

Qui il testo parte da un dubbio dellobbiettore che propone il taasthalakaa della conoscenza illusoria, quale apparenza (avabhsa) nata dalla concomitanza di tre concause: il contatto sensoriale (indriyasaprayoga), limpressione latente di un oggetto che si in precedenza esperito (prvnubhtasaskra) e il difetto avventizio (gantukadoa). Di seguito, esprime anche lo svarpalakaa della falsa conoscenza, la quale , per certi versi, analoga a quella proposta da nelladhysabhya (atasmin tadbuddhi): lapparenza di un certo ente su di un altro ente. Per il prvapakin entrambe le definizioni sono macchiate dal difetto della poca pervasione (avypti) ai danni della conoscenza propria dei sogni, poich nel sogno mancano sia il contatto sensoriale, sia il fondamento stesso per esso. Di contro, non si pu certo dire che la conoscenza onirica rivesta il ruolo di prama, infatti, in essa si applica la definizione della percezione erronea (bhrama). Pertanto il senso del dubbio espresso riguarda limbarazzo nel porre in un ambito ben definito la conoscenza onirica. 207 La contraddizione si ha, naturalmente, al risveglio, per cui la conoscenza di un ente nel sogno pecca di scarsa durata e insufficiente validit. 208 Il ricordo un tipo di conoscenza sorta dal risveglio dimpressioni latenti di un oggetto o evento che stato precedentemente esperito, per cui la percezione che si ha di un oggetto non presente, per questo mediata. Il sogno, invece, sebbene sia anchesso determinato dalle impressioni latenti lasciate dalla condizione di veglia, vede in s la percezione di oggetti presenti al momento del sogno, sebbene onirici e illusori. Per questo la natura di questatto percettivo immediata. 209 La definizione appunto kraatritayajanyatva bhramasya lakaam, che, in questa forma, esprime solo laspetto secondario del definiendum (lakya). Il VP/MP/M (DVIVED, P. N, [ED.], 2000: 371) fornisce la definizione del taasthalakaa: taasthalakaa nma yval lakyaklam anavasthitatve sati yadvyvarttaka tad eva., Si dice definizione periferica proprio quella [definizione] che pur non sussistendo per tutta la durata della [permanenza] del definiendum ci che diversifica [da un altro ente]. 210 Rimandiamo alla nota 206 di qui sopra. 211 Il potere invisibile lada, ovvero linsieme delle attivit ingiunte dal Veda i cui frutti sono fausti (dharma) e lagire contrariamente ai precetti vedici, che produce effetti infausti e demerito (adharma).
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di contatto. Da ci [si evince] che la modificazione dellorgano interno la terza causa [di conoscenza] sia durante la veglia, sia pure durante il sogno.212 Anche il fondamento ovunque [nella veglia come nel sogno] caitanya limitato dalla modificazione mentale. Per, la parte del questo e quantaltro relativa alla madreperla, produce davvero il contatto con la vista e gli altri [sensi], altrimenti non sarebbe opinabile un contatto privo di oggetto, perch la condizione avventizia (updhi) ci che delimita caitanya in quanto fondamento. Perci, come nella veglia lignoranza sita in caitanya, delimitato dalla parte del questo propria della madreperla che rivelata dalla modificazione mentale sorta dal contatto [sensoriale], si trasforma [illusoriamente assumendo] laspetto di argento. Allo stesso modo anche nel sogno allinterno del corpo, che lignoranza muti pure nella forma del mondo [onirico], [essa] che sta in caitanya delimitato dalla modificazione mentale e che si manifesta nella modificazione dellorgano interno la quale sopraffatta dai difetti quali il sonno e altri ed affiancata dalle impressioni latenti di molteplici oggetti risvegliate dalla potenza invisibile ...213

In conclusione, lobbiettivo prefissoci era di mostrare come per certi versi la teoria delle khyti corra parallela a quella della percezione onirica. Partendo da una quasi assoluta congruenza del Vednta Advaita tra lanirvacanyakhyti e lo svpnajna dovuta allappartenenza alla categoria skibhsya sia di bhrama sia di svapna, abbiamo riscontrato una forte analogia anche nella scuola di Prabhkara, come pure nelle concezioni degli nyavdin. Lequazione, per, non del tutto invariabile, in quanto scuole come il Nyya e la Bha Mms, hanno concezioni ben differenti per quanto riguarda la teoria dellerrore rispetto alla ottica relativa alla cognizione onirica. NellAdvaita, come si cercato di mostrare, il sogno assomiglia pi da vicino a una cognizione erronea, seppure tra i due vi sia una differenza notevole: in bhrama, i sensi, guidati da una mente sveglia, si congiungono con loggetto esterno. Questo fattore non si presenta nello svapna, poich in esso i sensi si ritraggono. Nonostante ci, non si pu ignorare che al risveglio ogni oggetto e ogni esperienza onirica, per quanto realistici siano stati durante il sogno, scompaiono non lasciando talvolta dietro di s nemmeno un ricordo. Tale caratteristica, di essere negati da una cognizione successiva di differente rango ontologico, produce uneffettiva analogia con la cognizione erronea.

Sia durante la veglia, sia durante il sogno la funzione della terza causa, il contatto dei sensi con loggetto (indriyasaprayoga) svolto dalla vtti dellorgano interno. 213 Lasciamo da parte alcune altre considerazioni pi tecniche rispetto alladhihna del sogno che il VPS, rispondendo a varie obbiezioni, propone di seguito.
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III.7: D ISIVDA E S ATPABHMIK Siamo infine giunti alla conclusione di questo capitolo connettivo. Alcune precisazioni sono state fatte, molto stato per forza di cose tralasciato o solo accennato, anche se non ci sentiamo ancora di chiudere, anzi vorremmo proporre fugacemente un paio di argomenti. Questi due, sebbene apparentemente distanti, trovano un punto di collegamento in svariati ambiti, ma in primo luogo in alcuni testi dellAdvaita Vednta, in varie delle sue sfumature, anche non akariane. Ci riferiamo alle dottrine del Disivda e dei sette livelli di conoscenza (jnasaptabhmik). Su entrambi i punti non potremo dilungarci, anche se alcune brevi considerazioni vanno esposte. Solitamente, il Disivda214 associato per lo pi alla figura di Praknanda (1550-1620) che redasse il trattato dal Vedntasiddhntamuktval.215 Tra le altre posizioni uniche dellautore, vi troviamo il Disivda nella sua versione pi estrema, ossia lintera manifestazione solo frutto di una visione, di una cognizione e non che sogno. Praknanda non da solo, esistono delle tracce della dottrina gi in precedenza, oltre che stesso,216 suoi predecessori, come Maana Mira (CHENET, 1998, VOL. 1: 76-77) o successori come Vimukttman (XII-XIII sec.), Amlananda (XIV sec.) e Vidyraya, oppure ancora altri autori successivi, i cui nomi pi illustri sono quelli di Appaya Dkita (1550-1622) e il gi pi volte citato MS.217 Non va dimenticato per, tra queste fonti lo Yogaviha Mahrmyaa o Mokopaya (YV/MU) che, sebbene spesso sia su punti di vista differenti alla scuola Advaita di ,218
Accanto al Disivda esiste la dottrina dello Sidivda. Questa seconda dottrina accetta che le entit esistano indipendentemente dalla percezione e la consapevolezza di esse si basa sul loro essere fenomeniche: sau saty dir jnam, Quando la manifestazione esiste vi la visione, o la conoscenza Timalsina (2006: 33-35), basandosi su un sub-commento del XX sec. di un certo Devadatta arm sulla Grthadpik di MS, conosciuta come Grthatattvloka, suggerisce una decina di punti dottrinali fondanti. Lo SD accetta che il mondo sia una trasformazione dellignoranza sostanziata delle tre qualit, ove la volont del Signore la causa strumentale mentre lada la con-causa strumentale. Le entit hanno unesistenza fenomenica e poich permangono a lungo possono essere riconosciute da vari soggetti conoscitori, pertanto esse sono ben distinte dai sogni; esse sono sovrapposte al brahman non duale. Vi anche una terza categoria di realt (prttika), quella delle percezioni erronee e dei sogni, mentre le altre due sono quella empirica e quella assoluta (HIRIYANNA, 1993 [1932]: 367). 215 Un punto di vista per cui Praknanda molto discusso una conseguenza di una sua interpretazione estremista dellEkajvavda, che confluisce nella sua opinione che essendoci un solo jva, diviso in molteplici complessi psico-fisici, una volta che questo si liberato tutti dovrebbero liberarsi (sarvamukti). Tuttavia si vede che gli esseri viventi, avviluppati dallignoranza, soffrono e gioiscono. Ci significa che quellunico jva universale non si ancora liberato e per questo nessuno libero. I passaggi che sostengono che i saggi del passato erano realizzati sono solo enunciazioni laudatorie (arthavda) per far ricordare a quellunico jva che la mukti possibile. 216 Si veda la nota n. 51 del capitolo 5. Si veda lintera opera di S. Timalsina (2006: 20-42, 43-54, 69-101, 102-138, 139-146, 147-169, 195-200). 217 Oltre ad alcune affermazioni nel SB, lintero capitolo 36 del primo pariccheda dellAS interamente dedicato allargomento. 218 Per esempio per la questione focale per che la liberazione ottenibile solo grazie alla conoscenza, mentre egli rigetta vigorosamente in pi occasioni la commistione di conoscenza e azione (jnakarmasamuccaya) come mezzo di
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insieme alla Vedntasiddhntamuktval (VSM), fu una delle opere pi incisive dallorizzonte Disivdin (III.15.11; DASGUPTA, S. N., 1991 [1922], VOL. 2: 231).219 Si ricordi poi che sembra ormai quasi dato certo che lo YV/MU trova la sua area di sviluppo nella regione del Kamr, ove vari testi fecero circolare questa o simili idee, come le opere afferenti alle varie scuole ivaite dello Spanda, Trika e Pratyabhij o le loro propaggini pi marcatamente brhmaiche di cui il Tripurarahasya testimonianza. Il Disivda la dottrina secondo la quale gli oggetti che si considerano empirici sono una manifestazione della sola percezione soggettiva e non vi alcun fenomeno empirico a parte le cognizioni soggettive. Gli individui sono molteplici e lapparenza del mondo non unillusione identica per tutti questi individui, bens ognuno di essi crea una sua propria idea di mondo, mentre non vi alcun dato oggettivo che possa costituire un terreno comune per individuare unillusione identica per tutti. Per esempio, se dieci persone differenti fossero messe a confronto con la visione di una corda nella penombra, ognuna di esse avrebbe una visione differente: qualcuno vedrebbe un bastone, qualcuno una fune, qualcuno un serpente, qualche altro una linea dacqua, e cos via. Ci che comune solo il fatto che vi unillusione. I fenomeni oggettivi, di contro, sono modificazioni dellignoranza primordiale (ajna), mentre lesperienza individuale dovuta allavidy soggettiva o alle impressioni latenti, vale a dire prodotti della stessa avidy. C da precisare che, sebbene il Disivda e il Vijnavda buddhista appaiano vicinissimi, bisogna ricordare che nel buddhismo idealista non ammesso alcun S eterno e costante, mentre lAdvaita del Disivda concorde nellammettere brahman come la sola ed eterna realt immutabile, ove si sovrappongono le nozioni e gli oggetti illusori. Disivda un tipo di attitudine adatto ad Advaitin di pi elevato rango (uttamdhikrin)220 perch, in definitiva, con la stessa sigla della dottrina si vuole intendere che la realt del mondo meramente simultanea e coestesa alla sua percezione, unottica
realizzazione. Lo YV/MU, invece, gi dalle prime battute (I [Vairgyaprakaraa] 7-8) si mostra di diverso avviso, sostenendo che come gli uccelli per volare hanno bisogno di entrambe le ali, cos luomo giunge a realizzare la meta suprema grazie a conoscenza e azione. Non possibile attingere la liberazione solo grazie allazione o solo grazie alla conoscenza, ma esclusivamente con lunione di entrambe le vie: ubhbhym eva pakbhy yath khe paki gati/ tathaiva jnakarmabhy jyate parama padam// kevalt karmao jnn nahi moko bhijyate/ kitbhbhy bheven moka sdhana tbhaya vidu//. 219 Il punto di vista prende le mosse da passaggi upaniadici, come neha nnsti kicana, neti neti e altri simili procurando delle interpretazioni proprie. Poi, oltre allo YV/MU fonti chiare sono anche lAjtivda delle GK e, di certo, la letteratura Vijnavdin. 220 Citando B. L. Atreya, W. Doniger (2005 [1984]: 175) scrive: Il solipsismo sembra essere la conseguenza inevitabile dellidealismo. E vi sono stati filosofi in India, i di-si-vdin [coloro che sostengono che il vedere precede il creare], i quali hanno considerato il solipsismo la dottrina pi coerente. Di fatto, nessuna confutazione logica del vero solipsismo possibile Il solipsista viene confutato perch non pienamente consapevole del significato e delle implicazioni della parola mio e io Scoprendo il vero io, egli scoprir che lio nientemeno che la Totalit Assoluta vista attraverso la finestra di un particolare ed esclusivo punto di osservazione. Lio la Coscienza Assoluta nella quale il mondo intero presente sotto forma di idea

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che qualcuno ha voluto definire in termini pi consoni alla filosofia occidentale come esse est percipi (SHARMA, A., 2006: 72, 85).221 Quando questo punto di vista, che spesso congruente con quello Ajtivdin (YV/MU, III.13.50, III.15.14), certamente molto elevato e vicino a quello supremo. Potremmo considerarlo alla stregua della considerazione che facemmo parlando di satttraya, quando dei tre gradi di realt li riducemmo a due, assoluto e altro dallassoluto. In effetti, il Disivda afferma che sia le entit oniriche, sia gli errori percettivi appaiono fintanto che non sono contraddetti e perci sono differenti dallassoluta irrealt (tuccha). Tuttavia, non temono di affermare che il mondo empirico ha lo stesso grado di realt dei sogni (VSM 18-19). A questo proposito si prenda atto di alcune precisazioni. P. Hacker (1953: 223-225) analizza la figura di Praknanda,222 specialmente riguardo al vivarta. Egli sostiene che termini spesso usati dallautore della VSM, come prattimtra (sola cognizione) o vijnamtra (sola coscienza), sono analoghi alluso che di questi concetti si fa tra gli Yogcra. Nonostante ci, quando Praknanda usa vijnamtra, non lo fa nel senso strettamente buddhista di coscienza momentanea, bens si riferisce al S nel suo aspetto conoscitivo, tuttaltro che istantaneo. Lo stesso uso sembra quello di dimtra, intendendo con esso lesclusiva natura conoscitiva del S. Talvolta per, questo termine ha un significato anche affine a prattimtra, che invece evidenzia la natura del mondo, che non che una mera cognizione, qualcosa che proiettato dalla sola ignoranza. Allora, in questo caso, anche il significato del termine vijnamtra riprende le sue sfumature buddhiste, rappresentando la coscienza momentanea.223 Tuttavia, Praknanda sembra applicare questi termini a due differenti momenti della consapevolezza di un Advaitin. In uno stadio iniziale si rigetta la differenza tra gli oggetti colti e la cognizione stessa e poi questo stesso esercizio dovrebbe condurre a comprendere che la realt del mondo non che la realt del S, e quando si coglie il S quello ogni cosa (VSM 56).224 Il passo iniziale cancella dunque la differenza tra gli oggetti e la conoscenza corrispondente (VSM 18-19):
Arvind Sharma (2006: 84-86), citando come ideatore P. T. Raju, riporta che esistono tre tipi di Disivda. Nella prima sia il mondo sia lignoranza sono prodotti della mente dellanima individuale, senza sensi e contatto con gli oggetti esterni, proprio come la mente produce gli enti onirici. Nel secondo tipo la percezione del jva crea il mondo, ma non lignoranza, e questa corrisponderebbe, secondo Sharma, alla teoria di Berkeley sopra citata: esse est percipi (DAS, 1977: 159-160). Nella terza versione vi unaltra variante. La percezione non la stessa manifestazione, ma simultanea a essa. Questo punto di vista per vero solo per coloro che hanno oramai realizzato il brahman e il mondo s ricorda solo come unillusione. 222 Sebbene Praknanda sia il campione del Disivda, nella VSM tale sigla non appare mai, ma appaiono solo i termini succitati: prattimtra (17, 18), vijnamtra (19), dimtra (22, 23, 34) (TIMALSINA, 2006: 118). 223 Per unidea introduttiva sulle analogie del Disivda con il Vijnavda si veda Alex Wayman (1965: 65-73). 224 tmasattaiva dvaitasya satt nny yatas tata/ tmany eva jagat sarva de d rute rutam//.
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pratyetavyaprattyo ca bheda prmika kuta/ prattimtram evaitad bhti viva carcaram// 18 // jnajeyaprabhedena yath svapna pratyate/ vijnamtram evaitat tath jgraccarcaram// 19 // Come pu essere sorta da corretti mezzi di conoscenza la differenza tra loggetto colto e la cognizione? Invero, questuniverso di esseri monili e immobili appare solo come cognizione (18). Al modo in cui un sogno si coglie per via della distinzione tra conoscenza e oggetto della conoscenza, cos questuniverso di esseri mobili e immobili solamente una cognizione (19).

Poi, questatteggiamento protrattosi a livello fenomenico, conduce alla convinzione che ci di cui si ha esperienza non altri che vijna, che caitanya stesso, manifestatosi illusoriamente per via del suo vivarta. Con questo si passa al secondo livello, ove ogni differenza tra le cognizioni cade, perch lunica cosa colta sempre e invariabilmente vijna, finch non sorge la piena consapevolezza che il mondo fenomenico solo un costrutto mentale e lunica realt il solo S (TIMALSINA, 2006: 119-120). Come si era gi accennato tra le righe, il divario tra vyvahrikasatt e prtibhsikasatt si assottiglia di molto nel Disivda, tanto da portare, in casi estremi, fino a una sovrapposizione dei due ambiti. Questa certamente una tendenza che accomuna il Disivda degli autori gi citati con lAjtivda di GP. Comunque sia, il main stream dei Disivdadin accetta il fatto che di e pratti siano sinonimi, non solo nel senso di cognizione, percezione, visione, ma nel senso pi esteso di apparenza. Al modo in cui finch non appare la cognizione ida rajata sulla madreperla non esiste alcun argento, ugualmente le entit fenomeniche continuano a esistere finch non si giunge alla conoscenza della verit non-duale. Fintanto che esperiamo una modificazione dellorgano interno (vtti) che coglie uno e un unico oggetto, non vi alcun modo di provare che anche gli altri oggetti esistono. Per questo un oggetto si origina (sa) solo al momento in cui percepito e, in seguito il riconoscimento di quelloggetto, si ha solo al momento del riconoscimento stesso. Ogni cognizione simile a un errore percettivo o a una cognizione onirica. Anche i passaggi della ruti che predicano la manifestazione degli elementi e dagli elementi luniverso, sono paragonabili ai passi scritturali che descrivono le bizzarrie della manifestazione onirica. Insomma, ogni tipo di conoscenza che non sia quella del brahman definitivamente illusoria (IBID.: 35-37).

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Unaltra cosa da esporre che, come si diceva, il Disivda considerato un modello per Advaitin avanzati, poich in esso sembra vi sia un obliamento della distinzione tra empirico e illusorio. Questo per non del tutto vero, o se lo , lo in questi termini: tanto il lato vyvahrika, quanto quello prtibhsika dipendono esclusivamente dalla cognizione che se ne ha. Il mondo empirico causato dallignoranza primordiale, mentre nel mondo della realt apparente, oltre ad avidy, intervengono anche delle altre cause o dei difetti avventizi e ausiliari. Anche se gli Advaitin affermano che nel mondo empirico bisogna ammettere vari fattori coinvolti nella percezione erronea, i Disivdin per, guardano ci con un sorriso di superiorit. La ragione di ci che il vero Disivdin colui che a un passo dalla realizzazione, che ha appreso virtualmente linsegnamento supremo e possiede una conoscenza virtuale (parokajna), la quale pu tramutarsi in effettiva (aparokajna) da un momento allaltro.225 Il Disivdin ha compreso appieno la discriminazione vigente tra verit (satya) e menzogna (anta), la cui congiunzione (mithunbhva) aveva determinato la sovrapposizione del non-S sul S e viceversa. Lillusione non che unimpropria identificazione di ci che pramrthika con ci che apramrthika (DAS, 1977: 155). Il Disivda fa grande uso della metafora del sogno e, di conseguenza, anche degli enti illusori. Ogni ente visibile (dya) illusorio come gli enti onirici. Alcuni, come abbiamo visto nel secondo capitolo, affermano che il sogno per un tipo di ricordo e come tale riprende degli oggetti reali percepiti durante la veglia. A questo i Disivdin ribattono che gli enti onirici esistono solo per il sognatore e stanno solamente di fronte a lui. Com noto, qualsiasi ente che sta di fronte a colui che lo percepisce direttamente non pu essere considerato il contenuto di un ricordo, per questo anche il sogno, colto direttamente dal sognatore, non un tipo di ricordo, per via della sua immediatezza. Sebbene gli oggetti onirici non siano esperiti tramite i sensi, inattivi durante il sogno, abbiamo visto che gli Advaitin considerano questo genere di viaya come rivelati dallauto-luminosit del S testimone, che non conosce attraverso i comuni prama. Al risveglio, poi, si ha questo tipo di considerazione mnemonica (parmara), questo ricordo: Io ho sognato questo o quello. Se questo un ricordo, deve per forza provenire da unesperienza diretta (anubhava). Per cui il sogno deve essere di quella natura, ossia una cognizione o percezione diretta e

Il Disivdin ottimo colui che non conosce pi tramite i mezzi di conoscenza, ma la sua realizzazione della verit ultima lo ha condotto a conoscere ogni cosa simultaneamente, istantaneamente e senza intromissioni razionali.
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immediata del soggetto conoscitore (pramt) identificatosi con lo stato di sogno (taijasa).226 La cosa centrale che nel sogno, come nellerrore percettivo, il principale responsabile delle visioni di cui si fa esperienza lavidyvtti. Oltre a ci, in un sogno si possono vedere degli oggetti o esseri mai esperiti durante la veglia. Come pu essere quindi un semplice ricordo? Come abbiamo pi volte ricordato, non vanno ovviamente scordate le impressioni latenti della veglia, le quali possono appartenere sia allesistenza che il sognatore sta vivendo, sia a unesistenza precedente. Queste si possono considerare la valvola istigatrice di sogni unici, come il taglio della propria testa o eventi comunque mai vissuti. Vedremo nellultimo paragrafo del capitolo 5 che , in qualche caso,227 sostiene che il sogno sia un tipo di ricordo, distinguendo dalle esperienze di veglia con laffermazione che la falsit delle esperienze di veglia non pu essere pari a quelle oniriche. Ma qui il centro del suo discorso in primis la confutazione delle teorie dei Vijnavdin, per i quali il mondo di sogno e di veglia sono identici, nel senso che non esiste nulla che non sia solo una cognizione, fondata su un sabbioso flusso momentaneo dimpressioni istantanee. Inoltre, ci non implica che pensi veramente allidentit tra sogni e ricordi. Il suo intendimento indicare che tutto unillusione (BSB III.2.3) e lesperienza onirica, come lesperienza di veglia, non fanno eccezione a questo dogma. Tanto il mondo empirico, quanto quello apparente saranno prima o dopo oggetti della contraddizione, perch prodotti dellignoranza. Ma, mentre il mondo apparente lo da parte del mondo empirico, questultimo contraddicibile dalla sola conoscenza di brahman (IBID.: 155-157). Ora, si detto che altro grande baluardo del Disivda lo YV/MU, che per si discosta dallAdvaita ufficiale akariano. Nello YV/MU (VI.55.39-41) si sostiene che il jva e ogni sua condizione individuale collassa con la distruzione delle impressioni latenti dellesperienza soggettiva. La nozione retrostante allanima individuale permette di ammettere una pluralit di jva, paragonati alle onde di un unico oceano, con una sottile patina della dottrina che fu dellantico Vedntin Bhartprapaca (V-VI sec. ?), dellidentit nella differenza (bhedbheda). La colonna portante del Disivda dello YV/MU (VI.175.55) che il S conosce per sua propria natura e, quando percepisce, coglie S stesso come fosse un oggetto: tmnam evdau dyam ity eva payati Per, poich questo costrutto non reale, questo
Il VP sostiene proprio questo (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 175): rathde smtimtrbhyupagame ratha payami svapne ratham adrkam itydy anubhavavirodhpatte 227 BSB II.2.29: api ca smtir e yatsvapnadaranam anubhavat Anche unaltra opera attribuita a sembra essere una fonte importante per lo sviluppo del Dsivda, cio il atalok. Secondo Timalsina (2006: 93, n. 70) i contenuti e lo stile dellopera sembrano far naufragare la sua paternit akariana. Egli, riprendendo unipotesi del fecondo P. Hacker, afferma che, come fa il colofone dellopera, essa potrebbe essere di akara Bhagavatpda, da distinguersi da .
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modello si pu comparare agilmente con lidea di apparenza (abhsa) propria di GP, ove nulla realmente si origina, ma si tratta di tutta unapparenza. Vedremo nel prossimo capitolo che GP presenta sotto due differenti ma complementari prospettive questo atteggiamento. In primo luogo, accettando lAjtivda con il conseguente rifiuto di ogni origine veritiera e poi accettando che ogni apparizione illusoria alla stregua di un sogno. LAdvaita successivo si spost leggermente da queste posizioni cos totalitarie, o affermando che labhsa ha due tipi di interpretazione, tanto empirica, quanto apparente, oppure accettando insindacabilmente i tre livelli di realt. Lo YV/MU si costruisce adattandosi al modello che da una parte nega la manifestazione in nome di una realt ben pi alta e, dallaltra, presenta la realt in termini binari: o fenomenica o assoluta. Lo sviluppo fenomenico si origina e infine si annulla solamente nel puro sat (YV/MU III.1.10-11). Questa manifestazione pu essere comparata con i costrutti mentali, ove lunica differenza riscontrabile simile a quella tra loro e i monili forgiati da esso (YV/MU III.1.17-18; III.2.51; III.7.40; III.9.31). Lesempio succitato, quello delle onde e del mare, come anche lanalogia con il sogno e il mondo onirico, sono presenti in gran copia lungo tutto il testo. Ci suggerisce che entrambi i modelli potrebbero essere compatibili con il messaggio dello YV/MU. Difatti, tanto il testo in questione, quanto gli autori principali dellAdvaita, mantengono una certa distinzione solo laddove vi sia una situazione di relazione tra docente (deika) e discente (deya), nella quale necessario postulare una differenziazione, che per tuttaltro che in disaccordo con la dottrina centrale dellAdvaita (TIMALSINA, 2006: 92-93). Aleggia in tutto lo YV/MU ununica atmosfera misteriosa e rarefatta, entro la quale giocano un ruolo di primo piano limmaginazione creatrice (kalpan) e in particolare allimmaginazione onirica.228 Lungo il testo, il sogno appare come il polo opposto del samdhi, nel senso che in esso la mente proietta unintera fantasmagoria di parvenze da cui si lascia catturare come da una concatenazione reale di eventi. Pertanto, si pu anche sostenere che lo YV/MU non cerca di opporre il sogno allo stato di veglia, ma piuttosto di svalutarli entrambi di fronte al samdhi. Il risveglio empirico da considerarsi non tanto un riemergere sulla superficie del mondo oggettivo, quanto il passaggio a una forma di sogno
In vari miti e storie narrate dallo YV/MU il demiurgo Brahm gioca un ruolo mediatore fra lassoluto impassibile e la manifestazione (IV.44). Questa figura rappresenta la forma gi condizionata che il brahman assume quando, sognando, immagina il mondo. Egli poi proietta in sogno la vasta molteplicit delle creature e al tempo stesso la scena cosmica nella quale le fa evolvere. Se il mondo fenomenico non fosse altro che un groviglio di sogni elaborati da innumerevoli anime individuali, si presenterebbe come oscuro caos. Brahm svolge la funzione di sognatore per antonomasia, i cui sogni collegano e coordinano reciprocamente i sogni della miriade di anime individuali (HULIN, 2009 [1988]: 14-15).
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pi lungo (HULIN, 2009 [1988]: 11).229 Da uno stato allaltro la differenza solo di grado, di livello, non di natura, perch in ambo i casi quella che viene esercitata ununica e identica attivit di proiezione di forme, qui pi indeterminata e labile, l pi nitida e costante (YV/MU III.57; IV.31). Pertanto, la dualit tra spettatore e spettacolo non ha nulla di assoluto. Essa si instaura e si consolida esclusivamente nella misura in cui la mente perde di vista la sua capacit di proiettare. Non appena la recupera, lillusione della dualit si dilegua immediatamente (YV/MU II.18.27).230 La dualit, seppure apparente, reca con s lapparire di soggetti e oggetti di cognizione. Lignoranza determina, altres, la tendenza allidentificarsi dei soggetti con gli oggetti, sviluppando durante questa coabitazione un senso dellio (ahakra). Questo certamente il punto di svolta. Lapparizione spontanea nella coscienza, nella mente del soggetto conoscitore cambia ruolo, divenendo un mondo apparentemente solido, colmo di piaceri e dolori. Solo con una conoscenza che comprenda che il mondo non c mai stato (atyantbhva), simile alla conoscenza che sulla madreperla largento non c, non cera e mai ci sar, ritornando cos allinizio, al punto di distacco, prima che il soggetto percettore divenisse tale, solo allora la mente cessa di funzionare e la liberazione sorge spontanea. Ivi il mondo, la somma delle esperienze di veglia diviene dello stesso stato ontologico del sogno: sebbene appaia non reale. Lunica differenza tra i due stati che jgrat , come si diceva in precedenza, un lungo sogno (drghasvapna), anche solo dallangolo visuale del soggetto conoscitore (HANNEDER, 2009: 66-67).231 In definitiva, siamo daccordo con chi ha scritto che lanalogia del sogno ha due distinti significati nello YV/MU: la simultaneit e coesistenza dellapparizione degli enti e la loro esistenza e che lesistenza solo un concetto privo di un oggetto esterno corrispondente (TIMALSINA, 2006: 84). Sappiamo anche che lintera tradizione che fa capo allo YV/MU, di cui fa parte anche una versione ridotta e indipendente di esso, chiamata Laghuyogavsiha (LYV) fu fonte
Si veda YV/MU (IV.16.27, SLAJE [CR. ED.], 2002: 126): jvo yadvsansras tad evnta prapayati/ svapna evtra dnto drghasvapnas tu ida jagat//, Lanima individuale di qualsiasi impressione residua sia lessenza, quella la scorge al suo interno. A questo proposito lesempio di certo il sogno, mentre questuniverso un lungo sogno. Si compari questo passaggio con il BUBV IV.3.1512 e 129 e con la iD II.7 (TIMALSINA, 2006: 181, n. 83). 230 Questi passaggi che proponiamo sono solo di collegamento allultima parte che ci preme trattare, quella delle saptabhmik. Per una visione e analisi dettagliata dei miti in cui il sogno utilizzato rimandiamo alledizione italiana del volume di W. Doniger, Sogni, Illusioni e altre realt (2005), vera e propria miniera di dati e informazioni utili, anche se le interpretazioni sono spesso lungi dallessere condivisibili. Ricordiamo per esempio la storia del re Lavaa divenuto cala, la storia del brhmaa Gdhi e molte altre ancora. 231 Una breve disamina sulle tre avasth ci viene da YV/MU IV.19.8-32 (SLAJE [CR. ED.], 2002: 147-155).
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primaria per la redazione di un testo importantissimo di Vidyraya, il Jivanmuktiviveka (JMV).232 Proprio nellanalisi della liberazione (mukti) e delle varie sue divisioni lo YV/MU, oltre a conformarsi al punto di vista dominante dellAdvaita, indicando nel turya la condizione del jvanmukta, si spinge oltre, probabilmente influenzato dallambiente kamro di provenienza, indicando nel turytita, oltre il quarto, il grado di realizzazione del videhamukta. Questa connessione con le tre avasth (= veglia, sogno e sonno profondo) di prigionia e le due di libert trova ancora un altro terreno di analogia, ossia con i sette stadi della conoscenza (saptajnabhmik), conosciuti anche come sette stadi dello Yoga (saptayogabhmik).233 Prima per di terminare questo paragrafo con le saptabhmik dello YV/MU, vi sono molte Upaniad cosiddette minori o settarie che riportano questa stessa dottrina e suddivisione, anche se le nomenclature spesso non corrispondono.234 NellAkyupaniad (AkU, UpS, 1996 [1970]: 510-513) troviamo questi sette nomi: virga, vicra, asasarga, svapna, suupti, turya e videhamuktat. Nel primo stadio (AkU 4-9), virga praticando la purezza sorgono varie virt legate al sattvagua (BG XIV.5-18). Lindividuo, a questo punto, sempre felice, agisce sempre per il bene e aborra le colpe; questi dice la verit con dolcezza, sempre attento alla circostanza, seguendo costantemente i dettami scritturali. La seconda bhmik vicra (AkU 10-14), ossia in essa luomo si distacca dai difetti del rajas e sviluppa una sempre crescente discriminazione (viveka). Questi, impegnato a seguire i dettami scritturali, sempre immerso nella concentrazione (dhra) e nella meditazione (dhyna). Grazie a questa sua spontanea aderenza al dharma, compie senza tema ci che va fatto e allontana ci che va allontanato e, senza fatica, comprende tutto ci che va compreso; questi costantemente impegnato a vincere su nemici quali lego, la gelosia, lavidit, lattaccamento. Il terzo livello denominato asasarga (AkU 14-19), poich pone laccento sulla pratica del non
La menzione del LYV (III.9.113-114) dei i sette stadi di conoscenza citata da JMV nelle prime battute del IV capitolo Lo scopo della liberazione che interamente interessante per largomento qui sopra accennato. 233 Il termine bhmi indica la terra, il terreno, anche se nella terminologia tecnica dello Yoga assume valenze specifiche come stadio, livello. Un aforisma importante YS I.30: alabdhabhmikatva samdhibhmer albha, e Vysa interpreta il composto negativo alabdhabhmikatva come il fallimento di attingere il samdhi. Il termine bhmi si ritrova associato al numero sette anche in un altro stra (YS II.27): tasya saptadh prntabhmi praj. in questultimo caso lassociazione con le bhmik appare spontanea. Questa parola deriva da bhmi a cui si aggiunge il suffisso kan (= ka). I commentatori dello YS, hanno comunque classificato le sette bhmik in due categorie: le quattro kryavimukti e le tre cittavimukti (SHARMA, T. R., 1975: 281). 234 Nelle Upaniad, per, la parola pare significare non limite o stadio, ma comportamento o atteggiamento delluomo che ha intrapreso il cammino verso la liberazione o che giunto alla meta finale. Le Upaniad coinvolte sono in primo luogo lAkyupaniad che descrive le bhmik in dettaglio e poi lAtharvaikhopaniad, la Mahopaniad (V.23-35), lAnnapropaniad, Varhopaniad (IV.2.3-10) e la Paigalopaniad (II.13) (IBID.).
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attaccamento.235 A questo piano il sdhaka sempre pi impegnato nelle austerit (tapas), rimanendo equanime e sereno in qualsiasi situazione.236 Il quarto stadio denominato svapna (AkU 23-26), perch in esso, con la pratica delle tre bhmik precedenti, lignoranza viene distrutta, facendo s che un senso di equanimit sorga indisturbato. In questo momento il praticante si realizzato, la non dualit stabilita e la dualit cancellata come fosse un sogno. Per costui ogni visione esteriore , infatti, pari a una visione onirica. Questa la condizione che il Vednta classico chiama turya. La quinta bhmik suupti (AkU 3236). In essa la mente (citta) scompare come una nuvola invernale e lunica cosa che permane il brahman, mentre non si ha pi percezione n cognizione del mondo di veglia. Ogni residuo di dualit sparisce. Chiunque giunga a questo livello appare sempre svogliato e dormiente, sebbene al suo interno stia godendo della sua condizione non duale. Il sesto piano turya (AkU 37-39) ove non vi pi n sat, n asat; ogni residuo per sempre eliminato e resta solo una purissima conoscenza.237 Lultima e settima bhmik la videhamuktt (AkU 40-41), indescrivibile attraverso le parole e supremamente pacifica.238 Tra le Upaniad minori la pi vicina allo YV/MU la Mahopaniad (MU), che comunque pare influenzata dalla AkU. In effetti, i versi di MU V.23-35 sono molto simili a YV/MU III.18.5-15, ove la lista delle bhmik la seguente: ubhecch, vicra, tanumnas, sattvpatti, asasarga, padrthabhvan e turyag (SHARMA, T. R, 1975: 282-285).239 Surendranath Dasgupta identific tre passaggi nel testo dello YV/MU in cui si parla di queste yogabhmik: III.118.1-16, VI.120 e VI.126 (DASGUPTA, S. N., 1991 [1922],
Si confronti con BG II.47-48. Questa bhmik ha due divisioni intestine (AkU 20-23): il non attaccamento ordinario (smnya) in cui il praticante si esercita a distaccarsi dallidea di essere agente e fruitore; ponendo tutto nelle mani del Signore si allontana da ogni piacere e sollazzo. Il secondo non attaccamento migliore (reha), perch egli sente di non essere lagente delle azioni, ma che ogni cosa compiuta dalla volont del Signore. Egli siede in silenzio, perdendo ogni attaccamento alla parola, con una mente ferma e tranquilla. 237 Anche nella Atharvaikhopaniad (III.2) e altre cosiddette aivopaniad i quattro stati comunemente conosciuti trovano alcune descrizioni. Ivi, si predilige presentare il processo di dissoluzione progressiva di una condizione nellaltra da cui la prima proviene, mediante la meditazione sulle quattro mtr del praava: a, u, m e linaudibile ardhamtr. 238 LAkU descrive lultima bhmik in soli due versi, mentre lAnnapropaniad (APU, UpS, 1996 [1970]: 493-509; II.26-31) parla di videhamukti, distaccandola dalle altre bhmik. L si dice che il liberato in vita (jivanmukta) costantemente rinchiuso nella beatitudine di S; la sua mente annullata, non si cura di nulla al presente, non spera per il futuro e non ricorda il passato. Le altre bhmik sono trattate pi avanti ne testo. La prima vairgya che favorisce il desiderio di liberarsi (APU V.81); la seconda vicra; la terza sabhvan; la quarta vilpin, nella quale tutte le vsan sono rimosse (APU, V.82); la quinta suupti, ove chi vi giunge pare mezzo addormentato (APU V.83); la sesta turyag ove si sperimenta una condizione paragonabile al completo sonno profondo nei confronti del mondo (APU V.84). Infine, la settima e pi elevata (prauha) turytt (V.85) ove tre sono le grandiosit: possibilit infinite (kamat), purezza assoluta (svacchat) e serenit totale (saumya). Nella stessa APU (V.86-87) le prime tre bhmik sono considerate veglia (jgrat), ancora la quarta vilpin sogno (svapna), ove appunto il mondo appare come un sogno, mentre la quinta pari al sonno profondo (suupti). 239 Anche nella Varhopaniad (IV.2.3-10), corrispondenti a MU V.23-35 e YV/MU III.118.5-15- troviamo le stesse bhmik, con lunica sostituzione della quinta asasarga con il sinonimo asasakti.
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267).240 Tuttavia, nellambito del grande progetto tedesco del MU, Jurgen Hanneder e Walter Slaje hanno individuato altri passi assolutamente significativi. In primo luogo vi un passo in prosa dellUtpattiprakaraa (III.122) ove i primi due stadi iniziali sono chiamati i livelli di discernimento (vivekabhmi). Lo stadio di ubhecch una pura aspirazione a seguire le orme dei saggi e degli stra, cosa che lo conduce al progressivo indebolimento e assottigliamento delle vsan nella seconda bhmik, chiamata tanumnas. Ora il praticante diventa a tutti gli effetti uno yogin e, con la riduzione delle impressioni latenti, acquisisce una certa conoscenza (sattvpatti) e si distacca dalle azioni, raggiungendo asasakti. Proseguendo, per il fatto che la sua mente inattiva, egli non la cura (abhvitamanaska) e si trova in una condizione in bilico tra sonno e veglia. Questa la condizione abhvan, in contrasto con le due precedenti yogabhmi. Ora lo yogin oramai privo di pensieri e totalmente assorbito nel S, cosa che lo conduce al turya e alla condizione di liberato in vita (HANNEDER, 2009: 70-72). Il secondo passaggio, non ancora studiato, in poesia e fa parte del Nirvaprakaraa ed scomposto in varie sezioni.241 Esso senza dubbio la trattazione pi dettagliata delle yogabhmik e si ritrova solo nella trasmissione del MU, non dello YV, che lo ha soppiantato con la trattazione pi concisa del LYV. In questi passi Rma interroga Vasiha sui sette stadi della saggezza e le loro caratteristiche. Vasiha risponde che la radice del suo insegnamento mira alla distruzione dellignoranza. Lessere umano, da quando nasce vittima di un costante stato di sonno (suupti), per fuggire al quale deve cominciare a focalizzarsi sui vari oggetti che lo circondano; da questa pratica lintelletto si risveglia e comincia ad acquisire conoscenze, fino a diventare un uomo compiuto. Come tale egli pu dedicarsi alle azioni (pravtta) o ritrarsene (nivtta) e allora diviene un essere desideroso di liberazione (mumuku), egli a questo punto colui che pu intraprendere il cammino attraverso le yogabhmi. Distaccatosi dal mondo, egli comincia a riflettere (vicravn) sul modo di liberarsi incontrando saggi e studiando gli stra. Ora egli considerato un rya. Nel secondo stadio, vicra, continuando sulla via che aveva intrapreso egli acquisisce un discernimento nei confronti del mondo, divenendo cos bhmikvn. Servendo i maestri e i saggi egli
Dasgupta (1991 [1922], VOL. 2: 266) afferma che siccome ci sono sette stadi, ci devono essere anche sette nomi per lessere che giunto a questi stadi, a seconda della forza o debolezza delle impressioni latenti: svapnajgara, sakalpajgara, kevalajgratsthita, cirjjgratsthita, ghanajgratsthita, jgratsvapnasthita e kajgaraka (VI.207). Pi avanti nel testo (VI.262) un intero capitolo dedicato allidentit di veglia e sogno. 241 La discussione relativa alle prime tre bhmik si attua dal capitolo VI.140.1-50, fino al VI.141.1-47; la quarta bhmik appare in VI.148.8-10, VI.152.9-10 e VI.153.1-4, 8-9 e 29; la quinta comprende VI.154.1-7, 20-21; la sesta VI.155.1-12 e la settima VI.156.1-14 (HANNEDER, 2009: 73-81). Allinizio del capitolo VI.148.8-10 la narrazione si apre con un excursus su coloro che sono caduti dalla via dello Yoga, analoga a BG VI.41. Altre sezioni riguardanti i sette stadi, che purtroppo non tratteremo, sono sempre nel Nirvaprakaraa: VI.125.29-34 e 35-37, che Hanneder confronta con III.118.1-16 (IBID.: 84-86, 86-88).
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comprende il messaggio delle scritture con i loro pi intimi insegnamenti (sarahasyam) e penetra la terza bhmik caratterizzata dal distacco (asasagtmik).242 Raggiunto lapice del terzo stadio, il sdhaka pur agendo non toccato dalla sua azione e rimane interiormente imperturbato. Nel capitolo VI.148 Vasiha afferma che la realt divisa in sette stadi categorizzati in cinque condizioni spirituali. I primi tre stadi corrispondono alla veglia (jgrat), perch in essi lo yogin percepisce il mondo empirico della veglia. Con la pratica dei primi tre stadi, man mano lignoranza si affievolisce e la vera conoscenza comincia ad albeggiare, quando lo yogin penetra nella quarta yogabhmik (VI.153.1-2) considerando egualmente ogni cosa, poich egli ha raggiunto la non-dualit. Egli, in questo stadio, percepisce la manifestazione come un grande sogno (VI.153.3), come fosse mezzo addormentato e si comporta come un bimbo (VI.153.4-5). Per tale ragione, questa quarta bhmik corrisponde a svapna. Il capitolo VI.154 descrive il quinto livello, ove si giunge alla corrispondenza con suupti, nel quale lo yogin permane in una condizione di perfetto essere (sattvvaea) ove coglie solo una pacifica massa di conoscenza ed completamente rivolto allinterno di s. Egli, sebbene appaia attivo, ormai assopito per il mondo. Ora ogni vsan distrutta, tanto che la pratica di questo stadio conduce direttamente al sesto, turya, corrispondente al quarto stato, ove ogni attivit mentale terminata, non vi sono pi n impressioni latenti e nemmeno un senso dellio (ahakra). Ora il realizzato libero tanto dalla dualit, quanto dallunit, assolutamente indipendente (svatantra/svarjya) e guarda ogni cosa come qualcuno che da un monte vede le terre sottostanti, egli un jvanmukta. Infine, nel sarga 157 del medesimo Nirvaprakaraa, troviamo la settima e ultima bhmik, lo stato di videhamukta, la meta pi elevata, il brahman purissimo e non-duale, una condizione ineffabile, ove ogni definizione cade priva di senso, per cui lo si indica solo col termine turytta (HENNEDER, 2009: 81-84).243 Anche se i nomi delle varie bhmik mutano, ci che a noi interessa , in primo luogo lutilizzo delle avasth come differenti momenti della realizzazione spirituale e poi luso specifico della bhmik in cui lindividuo, oramai liberato, realizza la non dualit e lillusoriet del mondo, che in quel momento gli pare un sogno. Lo stesso atteggiamento lo vedremo in BG II.69, alla fine della seconda parte del capitolo 4. Il liberato dorme al mondo,
Anche qui, come nellAkU (20-23), troviamo due tipi di non-attaccamento: quello ordinario (smnya) e quello ottimo (reha), che il culmine della terza bhmik. 243 Vedremo in seguito che la Turiyttvadhta Upaniad (UpS: 473 [ringraziamo il Prof. Antonio Rigopoulos per la segnalazione]), descrivendo la condizione del liberato in vita riporta molteplici caratteristiche, tra le quali: ... sarvad divnaktasamatvensvapna , Sempre, giorno e notte ugualmente privo di sonno , ivi il passaggio rammenta il fatto che il liberato sempre vigile, in quanto il suo sonno, il suo obnubilamento alla conoscenza definitivamente terminato. Il termine chiave asvapna, che noi traduciamo genericamente privo di sonno, senza sonno. Si veda la nota 17 del capitolo IV.I.
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che per lui pari a un sogno, ma oltremodo vigile e consapevole della sua natura non duale.

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CAPITOLO 4
(I PARTE)

S VAPNA :

LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE INTERPRETAZIONI

U PANIAD

E NELLE

A DVAITA (1)

IV.I.1: S AGATI La connessione (sagati) parte fondamentale di un qualsiasi trattato dottrinale, perch in un testo permette di carpire il legame sottostante due capitoli o due argomenti, luno successivo allaltro. Seguendo tale linea concettuale, questo breve paragrafo ha la pretesa di collegare quanto scritto nei precedenti capitoli con quanto stiamo per introdurre. Abbiamo visto nel primo capitolo lo sviluppo dellidea di sogno, in varie delle sue componenti e classificazioni: il brutto sogno, lincubo, i sogni profetici e premonitori, le cause dei sogni e gli usi che di essi si facevano in antichit. Abbiamo brevemente tentato una summa dottrinale rispetto al sogno, la condizione di sogno e le cognizioni oniriche, inquadrandole in un contesto pi ampio, quale quello della avasthcatuaya. Siamo passati poi a riassumere il main trend dei cinque darana ortodossi antagonisti dellAdvaita Vednta, al fine che determinate posizioni di questo stra potessero essere comprese con pi scioltezza, dopo aver preso visione dei punti di vista contrari. La cosa dovrebbe facilitare, inoltre, anche la lettura dei testi che da qui in poi proporremo, riuscendo a identificare con maggiore sicurezza chi e perch sta sollevando un dubbio o unobbiezione. Il terzo capitolo, poi, vuole essere il tessuto connettivo tra la parte generale della tesi, con la parte pi specifica e localizzata, fornendo una cornice ad ampio raggio dei maggiori temi connessi alla teoria del sogno nel Vednta, ognuno dei quali potrebbe gi di per s essere argomento di volumi monumentali.

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In questo capitolo intendiamo sviluppare quel punto che nel primo capitolo avevamo lasciato in sospeso, proprio per il taglio specificamente vedntico della nostra discussione. Si ricorder che avevamo diviso in tre fasi lo studio dellonirologia in India, dalle sue origini vediche fino ai testi medici e astrologici. Trattando della prima fase avevamo detto che la sua origine coincideva appunto gi con alcuni inni delle fasi pi arcaiche del V, fino a lambire lalba della speculazione upaniadica. Ecco, quella lacuna nel primo capitolo intende essere colmata qui, nonch, questo completamento mira a penetrare pi in profondit nelle concezioni della tradizione commentariale dellAdvaita, in quanto, com noto fin dallantichit i termini Upaniad e Vednta sono stati letti come sinonimi, come ricorda il lapidario incipit del Vedntasra (VS): vednto nma upaniat prama tadupakri rrakastrdn ca , Il Vednta il mezzo di conoscenza delle Upaniad, e complementari a esso ci sono gli aforismi riguardanti il S incarnato e altri [testi, quali la Bhagavad Gt] ... per seguire questo percorso prima sulle Upaniad e poi sulla BG che intraprendiamo la stesura di questo quarto capitolo, che presenta quattro parti principali: la prima riguarda varie Upaniad in cui il sogno trattato pi o meno ampiamente; nella seconda tratteremo la BU, mentre nella terza vedremo la Mkya Upaniad (MU) con le Gauapda Krik (GK/MK). Nellultima parte vedremo brevemente come la Bhagavad Gt (BG) approcci largomento. Ovviamente, ogni trattazione sar letta alla luce dei commenti akariani. Questa suddivisione data dal contenuto peculiare di ognuna delle parti. Mentre nella prima sezione si parla delle U che si occupano solo marginalmente del sogno, nella seconda e nella terza, rispettivamente BU (IV.3) e MU con GK la posizione che assume il sogno senza dubbio di primo piano. Lultima parte, riguardante la BG, tale perch in essa i riferimenti a svapna sono minimi, anche nei commenti per, per il fatto che la BG investita della funzione di smtiprasthna, stato doveroso accennarvi, visto che la nostra analisi per lo pi focalizzata sulla prasthnatray. Oltre a ci, comune il fatto che la BG sia anche conosciuta come Gtopaniad, per il grande utilizzo di materiale upaniadico in essa e 300

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per il contenuto decisamente simile alle U, per lo pi poetiche. Questo ci ha fatto optare per lannessione del testo in questo capitolo, ma con unanalisi ridotta, anche se come vedremo le sfumature e il messaggio in essa espressi sono tra gli insegmaneti pi centrali dellAdvaita. A un primo esame contenutistico appaiono nella BU (IV.3) e nella MU con le GK due distinti ma complementari approcci al sogno. Nella BU (IV.3) lesame volto a utilizzare il sogno, ma anche il sonno profondo, come un tipo particolare di condizione e cognizione, capace di veicolare la conoscenza del S come auto-luminoso, distinguendolo da tutti i prodotti dellignoranza. Nella MU, ma soprattutto nelle GK, la tendenza lesame delle differenze e analogie tra sogno, veglia e sonno profondo, soffermandosi per sullidentit definitiva di veglia e sogno, allo scopo di stabilire lillusoriet del mondo visto con gli occhi di chi sveglio, proprio come fosse un sogno: GP analizza la coscienza onirica per stabilire lAjti e mostrare che tutto ci che appare sono false entit (TIMALSINA: 2006: 26). Visto che per non si sono presentate le generalit del sogno dal punto di vista strettamente Advaita, prima di arrivare alla carrellata testuale sar bene introdurre concettualmente, pi che storicamente, il fenomeno onirico anche nel Vednta akariano. Va detto in primis che la tradizione Advaita ha solitamente indirizzato lo studio dellonirologia in contesti di analisi o difesa di specifiche dottrine come la natura dellerrore percettivo, la percezione del solo testimone, la falsit, i vari gradi ontologici di realt, lauto-luminosit del S e lo stesso S (INDICH, 1995 [1980]: 82-83).1 LAdvaita Vednta descrive il sogno in due modi primari, cio gli stessi due per cui abbiamo visto un certo dibattito nelle altre scuole
J. N. Sinha (2008 [1934], VOL. 1: 308-323), che pi volte abbiamo citato e consultato, divide in sei i punti di vista relativi al sogno. I primi teorici, di cui abbiamo parlato nel capitolo 2, considerano i sogni esperienze con fattezze vivide come la percezione che partecipano di una presentative nature. Il secondo punto di vista presenta un aspetto molto pi simile alla memoria e pertanto una natura rappresentativa dei sogni. La terza teoria mantiene che i sogni costituiscono la soddisfazione di desideri (BU III.3.19) e riflettono il grado di attaccamento di un uomo a un oggetto (BSB III.2.4), cosicch lignoranza e le brame motivano le cognizioni oniriche piacevoli e spiacevoli, che sono i risultati rispettivi di meriti e demeriti (ChU VI.8.1). Il quinto approccio ai sogni come fenomeni profetici e veridici, dove ancora i meriti e le colpe dellindividuo hanno grande rilevanza rispetto alla natura della visione onirica. La quinta teoria descrive i sogni cosiddetti telepatici e non considerata dagli Avaitin. La sesta e ultima, invece, il sogno nel sogno, considerato dai seguaci dellAdvaita una sorta di ricordo (INDICH, 1995 [1980]: 82-83).
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(capitolo 2): come creazione mentale o anche come ricordo delle esperienze passate della veglia. Sebbene questa differenza appaia non riconciliabile negli altri punti di vista, nellAdvaita si tentato di armonizzare le due visioni. In certi casi, infatti, lorigine dei sogni vista nella condizione di veglia, anche se essi sono una ricostruzione sui generis di quella.2 Quando i sensi che convogliano i dati acquisiti dal contatto con gli oggetti, cessano la loro attivit e si penetra in un orizzonte del tutto mentale, quello stato si dice svapnvasth, condizione di sogno. In questa situazione, mediante il corpo sottile, lanima individuale nel suo aspetto luminoso (taijasa) esperisce oggetti la cui natura congruente con le impressioni latenti immagazzinate dalle esperienze di veglia. Nel sogno lanima individuale gode di maggiore libert e indipendenza. In uno stato in cui in definitiva non ci sono oggetti empirici, il jva stesso, mediante il materiale a sua disposizione, crea i propri oggetti di fruizione.3 Nel sogno lidentit con laggregato corporeo fisico sopraffatta da una tmas vtti propria di avidy, che crea il sogno. Anche qui lidentificazione col corpo non cessa, per il corpo in questione ora quello sottile (liga/skmaarra). importante notare immediatamente che tanto , quanto GP non sono interessati ad alcuna delle tre condizioni di coscienza come fini a s stesse e nemmeno alla descrizione delle loro funzioni psicologiche e, in special modo, ci vale per il sogno. Lo stesso susseguirsi quotidiano dei tre stati una materia desame per gli Advaitin, secondo i quali quei tre stati si muovono come perle infilate su un unico filo, differente da esse, senza il quale esse si disperderebbero, rimarrebbero prive di fondamento. Quellunica realt per lAdvaita ltman-brahman, immutabile, eterno e
Per alcune considerazioni sulla veglia e le concezioni Advaita legate a essa rimandiamo al capitolo 3. 3 Abegg (1959: 11) riporta un verso del Mahbhrata (XII.276.24) molto indicativo e riassuntivo rispetto alla natura del sogno: indriym uparame mano nuparata yadi/ sevate viayn eva tad vidyt svapnadaranam//, Quando i sensi si ritirano se una mente non ritratta fruisce solo degli oggetti, si conosca ci come una visione onirica. Anche lo YV/MU IV.19.33 fornisce una definizione di sogno: ankrntendriyacchidro yata kubdho ntareva sa/ savidnubhavaty u sa svapna iti kathyate//, F. Chenet (1998, VOL. 1: 148) traduce cos il verso: On nomme rve ltat dexprience dans lequel, en labsence de toute stimilation provenant des orifices des sens physiques (litt.: les orifices des sens ntant plus assaillis), la conscience, sujette une excitation (de nature exclusivement interne), peroit rapidement (des objets) lintrieur delle-mme.
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auto-luminoso. Questo la meta ultima alla quale i seguaci di aspirano. La descrizione dei tre stati ha come principale scopo la loro differenziazione dal principio indistruttibile che li collega. Considerare ogni genere di limitazione come vera , per , lignoranza che si estrinseca nella sovrapposizione del vero su ci che vero non e viceversa (itaretardhysa). Tanto la veglia, quanto il sogno ci seducono fino a farci considerare delle apparenze limitate e transitorie come fossero reali. Nel sonno profondo, invece, buona parte delle barriere e dei legami cadono; l la coscienza unica, serena e beata, molto vicina alla condizione di tman.4 Il problema retrostante alla coscienza individuale che sidentifica a ognuno dei tre stati che appunto ognuno di questi strettamente legato e limitato al suo dominio, non permettendo di distinguere ci che in essi si ripresenta e non muta, rispetto a quanto non continuo e decade (FORT, 1985: 377). Uno dei motivi per cui la condizione di sogno e, con essa, i molteplici usi metaforici e illustrativi dellesperienza e cognizione onirica, ci pare cos importante perch pi delle altre ci insegna lillusoriet del mondo; il sonno profondo invece pi una metafora dello stato incondzionato di tman, quando lillusoriet del mondo gi stata realizzata. Ci risulter chiaro dallesame di colui che assume il ruolo di soggetto conoscitore nel sogno. Nessun individuo, o meglio dire davvero pochi, crede che nel sogno vi sia una vera connessione con il corpo fisico o con i sensi. Tuttavia mentre ci si offre dinnanzi lesperienza onirica, lanima individuale, identificatasi a quella condizione, sembra il soggetto fruitore di quanto sperimenta l: sembra che l egli veda, oda, pensi, agisca e conosca. Proprio da questi fatti, riconosciuti quasi unanimemente come illusori, possibile tracciare un filo conduttore anche con la veglia. Anche durante la veglia il soggetto conoscitore agisce, ascolta, vede e conosce (PrU IV.9), oppure, come vogliono gli Advaitin, sembra farlo. Proprio perch il jva un soggetto conoscitore individuale che, mediante attivit, mezzi e sensazioni simili, sperimenta oggetti analoghi sia in sogno sia in veglia, si deve
A. O. Fort (1980: 221-228) in un suo brillante articolo The Concept of Suupta in Advaita Vednta afferma che il rango del sonno profondo ben pi elevato del sonno e del sogno dal punto di vista analogico, perch questo terzo stato in grado di rivelare con maggior chiarezza degli altri due quale sia la condizione illimitata di brahman.
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giungere alla conclusione che siccome il sogno chiaramente illusorio, tale deve essere anche la veglia, perch zeppa di sovrapposizioni limitanti. Ci testimoniato dal fatto che la ruti afferma che il S simmerge nella sua vera condizione durante il sonno profondo (ChU VI.8.1), nel quale nulla resta di quanto si era visto n in sogno, n in veglia (BU IV.3.22-32) (SARASWATI, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 96-97).5 Ancora Fort (1985: 378) afferma che presenta tre differenti punti di vista relativi al sogno, ognuno dei quali collegato con gli altri: i sogni sono creazioni mentali, queste crazioni mentali sono largamente ma non completamente derivate dalla veglia e quando li si considerino differenti dalla veglia, possiedono un grado ontologico inferiore a quella. Secondo la prima ottica, della quale si diffusamente discusso, gli enti onirici non sono altro che vsan prodotte dalle multiformi esperienze vissute in jgrat. Il processo, come vedremo nei brani di , sembra partire dalle modificazioni mentali (vtti) le quali scaturiscono dal processo percettivo di veglia e producono un bagaglio dimpressioni che poi andranno a forgiare lente onirico. Certamente, leminenza grigia responsabile di tutto ci lavidy (BU IV.3.9-13, ChU VIII.12.3). Per esempio, nel commento a MU IV, indica i sogni con lappellativo di vibrazioni (spandana) della mente che si modella per via degli stimoli di attivit, desideri e ignoranza. Tali stimoli causano le esperienze oniriche di sukha e dukha. ribadisce spesso che gli oggetti ivi percepiti sono solo impressioni psichiche illuminate dalla luce del S. In un passo della

Questo chiaramente espresso, oltre che come vedremo in BSB III.2.3 e 7, anche in BSB II.3.40: yath tu tak loke vsydikaraahasta kart dukh bhavati, sa eva svagha prpto vimuktavsydikaraa svastho nirvtto nirvypra sukh bhavaty evam avidypratyupasthpitadvaitasapkta tm svapnajgaritvasthayo kart dukh bhavati sa tacchrampanuttaye svam tmna para brahma praviya vimuktakryakaraasaghto kart sukh bhavati saprasdvasthym. tath muktyavasthym apy avidydhvnta vidypradpena vidhytmaiva kevalo nirvtta sukh bhavati , Come nel mondo un falegname che ha in mano attrezzi come la scure o altri, [quando] un agente infelice, poi quando ritorna a casa propria, liberatosi dagli attrezzi come la scure e gli altri torna in s [= nel suo proprio ambiente] e senza alcuna attivit felice. Al