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UniversitCaFoscariVenezia

DottoratodiRicercainStudiSulVicinoOrienteeAsiaMeridionale,XXIII ciclo (A.A.2007/2008A.A.2010/2011)

Sognoosondesto? Prolungamentioniricinella letteraturasapienzialeindiana conparticolareattenzione allAdvaitaVednta


SETTORESCIENTIFICO-DISCIPLINAREDIAFFERENZA: L-OR/18INDOLOGIAETIBETOLOGIA

T ESIDI D OTTORATODI G IANNI P ELLEGRINI numerodimatricola 955511


CoordinatoredelDottorato Prof.RosellaMamoliZorzi

TutoredelDottorando Prof.GianGiuseppeFilippi

INDICE S OGNO
P ROLUNGAMENTI
O SON DESTO ?

ONIRICI NELLA LETTERATURA SAPIENZIALE INDIANA CON PATICOLARE ATTENZIONE ALL A DVAITA

V EDNTA

- I NDICE

pp. I-III

- P REFAZIONE

pp. IV-VIII

- I NTRODUZIONE

pp. IX-XVII

- T AVOLA

DELLE ABBREVIAZIONI

pp. XVIII-XXI

- C APITOLO 1: P ANORAMICA I.1: RIFLESSIONI LINGUISTICHE

LETTERARIA SULLE ORIGINI DELL ONIROLOGIA IN I NDIA

pp. 3-11 pp. 11-28 pp. 29-51 pp. 52-53 pp. 53-70 pp. 70-88 pp. 89-95 b

I.2: LA PRIMA FASE: IL SOGNO NEL VEDA I.3: LA SECONDA FASE: LATHARVAVEDA PARIIHA (AVP) I.4: LA TERZA FASE: FISIOLOGIA E ONIROMANZIA A CONFRONTO I.4.1: ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL SOGNO: I TESTI MEDICI I.4.2: LO SVAPNAVICRA COME ARGOMENTO ASTROLOGICO E OLTRE I.5: SPIGOLATURE TANTRICHE

C APITOLO 2: I L

SOGNO NELLA LETTERATURA DEI DARANA

II.1: PROLEGOMENA DOTTRINALI II.2: VAIEIKA II.3: NYYA II.4: SKHYA II.5: YOGA II.6: PRVA MMS

pp. 96-130 pp. 131-144 pp. 144-160 pp. 160-168 pp. 168-178 pp. 178-198

- C APITOLO 3: M ATERIALI III.1: GENESI DI UNANALISI

PER LO STUDIO DELL ONIROLOGIA NELL A DVAITA

pp. 199-201 pp. 201-217 pp. 217-233 pp. 233-240 pp. 241-267 pp. 267-286 pp. 286-298

III.2: MISCELLANEA ADVAITIKA III.3: LA VEGLIA E LA PERCEZIONE DIRETTA NELLADVAITA VEDNTA III.4: SKIN, IL TESTIMONE IMMOBILE III.5: ADHYSA, SATTTRAYA E MITHYTVA III.6: KHYTIVDA E SOGNO III.7: DISIVDA E SATPABHMIK

- C APITOLO IV (I

PARTE ):

S VAPNA :

LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE

U PANIAD

E NELLE

LORO INTERPRETAZIONI

A DVAITA (1) pp. 299-308 pp. 308-329 pp. 330-393

IV.I.1: SAGATI IV.I.2: UPANIADVICRA I: SPIGOLATURE UPANIADICHE IV.I.3: UPANIADVICRA II: LA TRADIZIONE DELLA BHADRAYAKA UPANIAD

- C APITOLO IV (II

PARTE ):

S VAPNA :

LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE

U PANIAD

E NELLE

LORO INTERPRETAZIONI

A DVAITA (2) pp. 394-404 II

IV.II.1: SINAPSI UPANIADICA

IV.II.2: UPANIADVICRA III: LA MKYA UPANIAD E LE GAUAPDA KRIK IV.II.3: BHAGAVADGTVICRA

pp. 404-468 pp. 468-476

- C APITOLO V: L OTTICA

ONIROLOGICA DELL A DVAITA NEL

B RAHMASTRA

E NELLA

TRADIZIONE COMMENTARIALE

V.1: BRAHMASTRABHYAVICRABHMIK V.2: IL SOGNO NEL SAMANVAYDHYYA V.3: LAVIRODHDHYYA E IL SUO RABHADHIKARAA V.4: IL SADHYDHIKARAA ALLINTERNO DEL SDHANDHYYA V.5: IL SADHYDHIKARAA NELLINTERPRETAZIONE DELLA BHMAT V.6: AKARA SULLUSO VIJNAVDIN DELLA SIMILITUDINE ONIRICA

pp. 477-479 pp. 479-487 pp. 487-505 pp. 505-530 pp. 530-548 pp. 548-558

- C ONCLUSIONE

pp. 559-573

- B IBLIOGRAFIA

pp. 574-594

III

PREFAZIONE

Durante la stesura di queste pagine mi sono reso conto di una cosa e, per lo meno, di quella cosa sono sicuro. Se invece di riportare i risultati di frettolose ricerche, compiute in sempre troppo poco tempo e analisi troppo superficiali, avessi scritto tutti i miei dubbi, le cose che avrei voluto trattare in questo lavoro, nonch le difficolt di fronte alle quali mi sono trovato, di certo avrei riempito queste pagine con considerazioni pi interessanti. Per, si sa che questo non sarebbe stato il metodo corretto di ricercare. Sta di fatto che la vastit disciplinare e lestensione cronologica dellargomento che ho cercato di indagare mi hanno costretto pi e pi volte a ripiegare su restringimenti sempre maggiromente necessari al fine di dare alla luce un elaborato, che seppure incastonato di limiti e imprecisioni, fosse un discorso unitario e non una serie di appunti senza collante. Nel cominciare questavventura ero convinto che fosse improbabile prefissarsi una meta prima che dei dati e delle fonti fossero adeguatamente indagati e, inoltre, ero sicuro di quanto difficile fosse prevedere i risultati ai quali uno studio potrebbe condurre. Per, lavorando per molto tempo sulle fonti, impegnandomi pi a scartare che ad aggiungere, mi sono accorto che la stessa questione vale sia quando si propone unanalisi sia quando si affronta la scrittura di un elaborato, che si presume sia il frutto di una ricerca. Bene, io, personalmente, sono sempre pi dellidea che ogni minimo particolare di questa tesi, come di ogni altra, sarebbe valso mille tesi, e cos via. Questo atteggiamento tuttavia, sebbene penso tocchi ogni ricercatore in fasce come il sottoscritto, non deve frenare dal compiere un qualche passo, perch, come dicono i testi indiani, non saggio non seminare per paura che gli uccelli, gli animali selvaggi o i ladri ci mangino i semi, le piante o il raccolto. Allo stesso modo, ferma restando nella speculazione indiana linnegabile interconnessione degli argomenti anche pi distanti, al fine di giungere a qualche conclusione o anche per cercare di chiarire qualcosa e, come direbbero i trattatisti stessi, anavasthbhiyt, per tema del regressus ad infinitum pare opportuno porre dei paletti. qui che interviene il primo seme che ha permesso a questo lavoro di germogliare e, spero vivamente, continuer a fruttificare. In effetti, affinch divampi la fiamma di una ricerca, necessaria la scintilla di unidea, la cui essenza dovr essere sviluppata secondo modalit congetturate in precedenza. Come suggerisce il termine medesimo col suo prefisso, RICERCA indica un nuovo sforzo nellorganizzazione e presentazione critica di materiali gi analizzati o, per lo meno, IV

gi riconosciuti. Lo stesso concetto fu espresso da Jayantabhaa (IX sec.), autore di un commentario autonomo ai Nyya Stra di Gautama Akapda (I-II sec.), il Nyyamajar:
kuto v ntana vastu vayam utprekitu kam/ vaco vinysavaicitryamatra vicryatm// 8 // Come possiamo noi essere in grado di escogitare una realt novella? Tuttal pi lecito aspirare alla sola originalit nellesposizione del discorso (8).

Ora, tra gli innumerevoli problemi e questioni che nel panorama degli studi indologici sono ancora aperte o non esaminate propriamente, il nostro interesse si focalizzato su un argomento gi proposto allattenzione degli studiosi anche se in sporadiche, se non rare occasioni. Il mio lavoro unindagine sul sogno o, per meglio dire, lesperienza onirica nella sua accezione pi ampia. Il titolo finale, anchesso non scevro da numerosi e reiterati ripensamenti, sebbene non incontri il mio favore pi sentito, riunisce varie fasi e idee che questa tesi vuole esprimere: Sogno o son desto? Prolungamenti onirici nella letteratura sapienziale indiana con particolare attenzione allAdvaita Vednta. La prima parte del titolo, scherzosa e provocatoria, introduce molto precisamente vari atteggiamenti Advaitin nei confronti del sogno e le conclusioni a cui siamo giunti. Il mondo di cui abbiamo ogni giorno esperienza vero o solo frutto di un gigantesco malinteso? Se vero, di che natura partecipa la sua verit? Se reale non , allora ci cosa comporta? A fianco di queste domande implicite nel titolo, vi un velato anticipo di un altro quesito che si pongono quanti hanno indagato le loro profondit interiori e, dopo ci, si ritrovano, stupefatti, nuovamente di fronte a questo mondo. Questo epitaffio iniziale cela le posizioni pi estreme e pi elevate dellAdvaita Vednta, secondo le quali il saggio, compresa e penetrata la propria vera natura, non vede pi differenza tra il sogno e la veglia, poich entrambe le condizioni sono per lui state solo il frutto di unindebita sovrapposizione tra ambiti altrimenti inconciliabili. Lahim lunga seconda parte del titolo, il sottotitolo Prolungamenti onirici nella letteratura sapienziale indiana con particolare attenzione allAdvaita Vednta vuole rappresentare il corpo e la struttura dellintero elaborato. Le parole chiave sono prolungamenti onirici. Si noter che il lavoro idealmente diviso in due parti. Un primo capitolo dintroduzione generale, un secondo capitolo in forma di survey e su alcune implicazioni mitologiche e sulle posizioni dei darana ortodossi rispetto al sogno. Il terzo V

capitolo, poi, pur essendo sbilanciato sullanalisi di temi cari allAdvaita, vuole fungere da filo dArianna tra la prima parte generale e la seconda specifica sullAdvaita, che trattata dalle due parti del quarto capitolo e dal quinto. Qui entra in gioco il primo senso di prolungamento onirico. Potevo soffermarmi anche su uno solo degli argomenti esaminati nei primi due capitoli, ma ho scelto di estendere e focalizzare la tesi sullAdvaita Vednta prolungandone, appunto la gittata dottrinale e storica. Questo si ritrova nella seconda parte del sottotitolo nella letteratura sapienziale indiana con particolare attenzione allAdvaita Vednta in cui, indicando il fulcro della ricerca nellAdvaita e il taglio esegetico come Advaitin, cerco di mostrare di non aver tralasciato le origini letterarie e linquadramento dottrinale delle concezioni onirologiche indiane. Questo per non lunico prolungamento. Ne esistono altri, cosa che mi consente di spiegare il plurale nel titolo. Nella letteratura speculativa sanscrita sono presenti dei concetti espressi anche tramite massime e analogie tratte dalla vita ordinaria. Fra queste vi il dpadehalnyya, ovvero lanalogia della lanterna posta sulla soglia, la cui luce in grado di illuminare sia quanto sta dentro una stanza, sia quanto sta fuori. Secondo questo nyya, grazie alla conoscenza di una certa entit che si situa in una posizione intermedia rispetto ad altre due, si pu avere una visione dinsieme di tutte e tre le condizioni. Vedremo che la sola trattazione del sogno implica una serie enorme di altre concezioni strettamente connesse tra loro, senza accennare le quali non si pu comprendere veramente il modo indiano di guardare al fenomeno onirico. Per questo largomento sogno, per essere penetrato pi a fondo, presenta numerosi prolungamenti in vari ambiti, che esulano da un contesto strettamente legato al sogno in s e per s. Ultimo prolungamento, ma non per importanza, quello che concerne una delle posizioni dellAdvaita stesso. Di fronte allinfinit e alla luce di conoscenza della realizzazione suprema, ogni altra condizione, sia essa veglia, sogno o sonno profondo, rappresenta il sonno onirico e non altro. Quindi, lappellativo sogno va esteso, prolungato anche alle altre condizioni. Daltra parte il realizzato che, permanendo nella sua assoluta realizzazione, vede il resto come fosse un sogno, prolungando luso di questo termine anche altrove. Ora, senza nulla aggiungere a questa presentazione, passiamo a quello che potrebbe essere lelenco pi lungo di tutta questa ricerca, ossia il riconoscere il mio debito enorme nei confronti di tutti coloro che sono stati daiuto a questo studio e, ancor di pi al sottoscritto prima, dopo e durante la sua elaborazione. mia sincera convinzione che tale VI

debito sar difficilmente ripagabile, per mi si lasci esprimere la pi profonda riconoscenza a varie persone e personalit che ho avuto lonore e la fortuna di incontrare. Il primo della lista Colui a cui il lavoro dedicato, che incarnava lidea che io mi sono fatto si sthitapraja, lunico di cui il nome non sar menzionato. Oltre e insieme a Costui, rammenter, reverente, due grandi personalit dellantica contemporaneit dellIndia, il Jagadguru akarcrya Dvayaphdhvara, Pacimmnya Dvrak radphdhvara e Uttarmnya Jyotiphdhvara Svm Svarpnanda Sarasvat e la sua ombra vigile e splendente da Svm Avimuktevarnanda Sarasvat, essi che con tanta saggezza, calore e vicinanza hanno accompagnato e istruito chi vi scrive. Un ricordo particolare va a una persona, prematuramente scomparsa durante la stesura di questa tesi, con il quale posso dirmi privilegiato dei lunghi anni di studio alla Saprnanda Saskta Vivavidylaya. Mi riferisco allimpressionante, dottissimo paita Prasantha Dvived, il cui ricordo e i cui insegnamenti mai mi lasceranno. Oltre allcrya di qui sopra grande significato ebbe per me il paita Rmacandra Triph, acerrimo nemico dellAdvaita, colonna portante del Viihdvaita di K e grande Naiyyika, alla cui memoria rendo omaggio. Poi ancora grande contributo e guida costante a ogni passo che negli anni ho mosso timidamente nello studio degli stra sono stati gli insegnamenti di quattro persone: il paita Prof. Rma Kiora Triph, con cui abbiamo letto molti testi Advaitin, il poliedrico genio del Prof. rnryaa Mira, il paita Vaidyntha Triph dottissimo Vaiykaraa e gentiluomo daltri tempi, nonch laffezionato paita Rma Nivsa Tivr. A tutti loro va la mia pi reverente ironati. Anche se, in un lavoro dottorale cosa implicita, non posso esimermi dal ringraziare non solo per il paziente e ponderato aiuto, ma per mille altri motivi, il Prof. Gian Giuseppe Filippi, mio mentore e guida. Grazie ancora al Prof. Gianni Torcinovich per laffetto dimostratomi e i suoi sempre preziosi consigli, egli che, mi si consentir lespressione os, ma ne sa una pi del diavolo. Come dimenticare poi le molte e proficue chiacchierate con il Prof. Antonio Rigopoulos. Ora, tra gli scholar che mi hanno dato consigli e confortato con la loro esperienza e anche, e ne meno vanto, amicizia, ci sono in primis due nomi che per me significano molto: il Prof. Raffaele Torella e forse lunico vero paita doccidente, laffezionato Prof. Kamleswar Bhattacharya. Altri nomi importanti che non voglio tralasciare perch a costoro debbo consigli e istruzioni sono: Johannes Bronkhorst, Eli Franco, Ram Prasad Chakravarty, Velizar Sadovsky, Alexander Lubotsky, Werner Knobl, Giuliano Boccali, Jonardon Ganeri, VII

Michel Hulin, Victoria Lysenko, Catherine Clementine Ojha e gli amici/studiosi Alessandro Cancian, Jean Louis Gabin, Miquel Peralta, Federico Squarcini, Vincenzo Vergiani, Daniele Cuneo, Alessandro Graheli e sua moglie Elisa Freschi, Vincent Eltschinger, Luca Picardi, e David Mellins. Infine, un ricordo particolare va al mio compagno inseparabile dei lunghi e fecondi anni in India, che ahim non ha potuto vedere la fine di questo lavoro: Corrado Puchetti. La mia memoria riconoscente torna inoltre sullenigmatica figura di altre due persone il cui valore e saggezza incarnano il nebuloso calore senza tempo del mito indiano. Io conobbi costoro coi nomi di Sarvajit Phak e Dpak Giri. Altri cari amici e saggi consiglieri sono stati Marco Zolli, Fabian Sanders, Stefano Beggiora, Thomas Dhnardt, Monia Marchetto, Mario Freschi, Maurizio Verardo e Guido Zanderigo. Labbraccio pi avvolgente e la riconoscenza vita natural durante va alla mia famiglia e a Francesca che, suo malgrado, la prima vittima di chi vi scrive. Infine, ribadisco solamente che quanto ho qui riportato un timido tentativo di scalfire la profondit abissale del pensiero Advaita. Dunque, nessuno me ne voglia se per ora lo scritto che seguir frutto del limite a cui si spinta la mia comprensione attuale. Ferma resta comunque una consolante convinzione, che mi piace esprimere con la consueta efficacia cristallina di akara, na hi mithyjna paramrthavastu duayantu samartham

VIII

INTRODUZIONE B HMIK

bhmir eva bhmik, Il terreno invero lintroduzione. In effetti, lintroduzione quel terreno fertile su cui crescer la pianta di una ricerca, per il quale ovviamente si spera sia robusta, rigogliosa e dai molti rami. Nellintroduzione si spargono i semi della ricerca, ognuno dei quali dovrebbe germogliare nelle varie sezioni. Certo, si sa, che come molte sementi di una semina non avranno mai la possibilit di dischiudersi, allo stesso modo anche qui molte porte non sono state aperte, per impossibilit, cautela o tema: al lettore la sentenza. Quello che speriamo di proporre con questo incipit una vera e propria guida di lettura al nostro elaborato, il perch si sono fatte certe scelte e perch altri filoni non sono stati indagati, nonch la vera e propria chiave ermeneutica dellelaborato. La scelta del tema del sogno (svapna), oltre che dalla spinta iniziale del professor Filippi, si pu dire motivata dai nostri studi degli ultimi anni, indirizzati soprattutto alla metafisica e al dibattito sulla teoria della conoscenza nei darana ortodossi, la voglia di confrontarli con quelli eterodossi, da un punto di vista che non sia quello in genere trattato, ma coinvolga anchesso, in un ambito analizzato dottrinalmente ed esperito quotidianamente da ogni essere vivente; originale e tradizionale allo stesso tempo, capace di coinvolgere molteplici branche del sapere. Queste considerazioni ci hanno condotto a porci alcune domande, a cui lo svolgimento della tesi avrebbe lambizione di rispondere. Qual lo status metafisico, o meglio ontologico del sogno? Come si pone il sogno rispetto alla veglia (jgta) e al sonno profondo (suupti)? Come rispetto allassolutezza del quarto stato (turya)? Quanti altri concetti e dottrine prevede la comprensione della condizione di sogno? Lo sguardo indiano sul sogno sempre stato uniforme o mutato nel corso dei secoli? Qual luso che nella letteratura, per lo pi dei darana e in special modo dellAdvaita Vednta, si fatto del sogno e del fenomeno onirico nella sua interezza? Quali sono le posizioni predominanti rispetto allesperienza onirica? Quanti tipi di sogni esistono? Come si sviluppa il sogno e a cosa dovuto? Qual la sua natura e le cause che lo determinano? Qual il fondamento sul quale ha origine e poggia? Sullargomento specifico sogno, a parte un libello scritto da Satyajit Layek pubblicato nel 1990 An Analysis of Dream in Indian Philosophy e un lavoro oramai datato IX

(1929) di Umesh Mishra Dream Theory in Indian Thought, certamente di sicuro valore anche se troppo spesso superficiali, non esiste ancora una monografia, per quanto possibile completa, sul sogno e tutto ci che esso comporta. A parte molti validi articoli di ottimi studiosi, tra i quali ricordo quelli di A. O. Fort e R. P. Chakravarthi, spesso gli articoli che si occupano del sogno, valutano la problematica sempre in modo troppo specifico e circostanziale. Un lavoro che certamente va nella stessa direzione che ci siamo proposti, il libro in sanscrito Svapnavimara scritto, ormai nel 1987, da Rma Nryaa Triph e pubblicato a Vras dalla Saprnanda Saskta University. Fatta eccezione per queste comete, nel cielo dei lavori indologici concernenti lonirologia tout court, si staglia lammissione di P. T. Raju (RADHAKRISHNAN RAJU, 1995 [1960]: 234, n. 21) che nel 1960 ebbe ad affermare:
The philosophical importance of dream has not been brought out by any one so far. It has real epistemological implications also.

Il nostro iter passato attraverso varie tappe e ha cercato di proporre molte risposte, anche se purtroppo moltissimi sono ancora i dubbi legati allargomento. Ci stato di aiuto cercare di trattare in modo quasi scolastico gli argomenti, dividendoli in sezioni ben definite. Diciamo ci perch latteggiamento poco sistematico degli indiani emerso anche in questa ricerca: autori e maestri appartenenti alla stessa scuola sembrano avere pareri discordanti a proposito della natura del sogno e degli enti onirici. Probabilmente uno studio pi approfondito e durevole di ognuna delle sezioni proposte potrebbe condurre in futuro a risvolti decisivi. Un rimpianto, che anchesso una scelta metodologica anche se sofferta, limpossibilit di riflettere e valutare il sogno nella letteratura classica, nelle epiche e penetrare anche le anguste profondit del Tantra, che finora nessuno ha fatto. Chiss, vedremo cosa ci riserver il futuro. Una questione che avremmo voluto analizzare a parte, ma su cui vorremmo tornare la posizione concernente svapna per i successori di akara, anche se, come abbiamo detto e come si vedr, le loro posizioni emergono spessissimo lungo tutta lattuale stesura: per corroborare le affermazioni akariane, per spiegare dottrine che in akara rimasero solo accennate o per contrasto con altre opinioni. Per questa ragione, siffatta mancanza tale solo in parte.

Una viva speranza che, comunque, questo lavora possa essere, se non per altri, almeno per noi, non un traguardo, ma un trampolino di lancio, un punto di partenza per un successivo approfondimento, anche settoriale, per il quale sar ovviamente necessaria una ben differente precisione, chiarezza e durata. Abbiamo scelto di trattare largomento in sezioni per molti e svariati motivi. In primo luogo vi stato il bisogno di rendere pi vicino e palpabile il concetto di sogno nei differenti ambiti, sia storico-letterari, sia speculativi. Ci rendiamo senza dubbio conto che unaltra possibilit sarebbe stata quella di proporre un numero minore di suddivisioni interne, cercando di modellare un discorso maggiormente unitario, tuttavia uno dei pericoli in cui saremmo incorsi certamente di creare, con una troppo vasta mescolanza, un gran calderone in cui arduo sarebbe stato districarsi, e per chi legge e per chi scrive. Lenorme quantit e variet dei materiali da vagliare e utilizzare sarebbe divenuta di certo un freno, se non addirittura un ostacolo nella ricerca di un unico e unitario centro da indagare. Sicuro che una delle nostre scelte metodologiche pi importanti, stata quella di lasciar parlare i testi, tentando di dare una traduzione anche dei pi tecnici e specifici. Questo stato uno dei fattori determinanti del taglio qui proposto. Sta di fatto che il genere di testi presentati sono ben lungi dallessere comprensibili e dominati con la mera traduzione, sia pure essa ampiamente annotata. In ambiti prettamente intellettuali, la cui natura congiuntamente sintetica e analitica, la vera penetrazione di un testo richiede profonde riflessioni anche dopo aver fornito una valida traduzione, scevra da dubbi, ancorch legittimi. Per giungere a ci sono necessarie vaste analisi interdisciplinari e intertestuali, cosa che ci pone dinnanzi a sempre nuovi e crescenti problemi interpretativi ed esegetici. Figlia legittima della prima decisione lattitudine ermeneutica che abbiamo voluto trasparisse in tutto lelaborato. Questa scelta, che per qualcuno potrebbe anche risultare avventata, per altri coraggiosa, per altri insensata ancorch saggia, che abbiamo inteso e spiegato lAdvaita pi antico, prettamente quello akariano, mediante la scuola e la tradizione stessa dellAdvaita, ossia i successori di akara. Questo rappresenta senza dubbio la vera novit del nostro lavoro. Certamente molti studiosi hanno stigmatizzato questo tipo di atteggiamento, relegandolo perci a folkloristica lettura a beneficio di pochi fedeli indigeni. Tuttavia, noi crediamo di non proporre nulla di illogico o accademicamente sfrontato, n dal punto di vista della storia delle idee, n tanto meno dal punto di vista interpretativo. XI

vero che akara si occup principalmente dellassoluto guardandolo da un punto di vista strettamente pramrthika, anche quando affronta la sua relazione col mondo assumendo dunque unottica vyvahrika, senza peraltro mai deviare dalle sue abissali radici metafisiche, dalla profondit delle quali egli non ha avvertito la necessit di giustificare le sue posizioni. Laddove lha fatto, la cosa accade mediante citazioni della sua sorgente principale di conoscenza: la ruti. Da questo punto di vista si pu capire come egli abbia tralasciato argomenti squisitamente legati alla teoria della conoscenza empirica, che gli studiosi chiamano epistemologia, ma anche ambiti psicologici, arrivando, nelle sue concessioni al mondo, al massimo a toccare livelli cosmologici. Ciononostante, questa di peculiare non gli ha impedito, come accade spesso nella letteratura indiana, di porre le basi e seminare delle teorie a livello germinale, che poi i suoi successori hanno sviluppato, difeso e ampliato, in taluni casi interpretando fedelmente lcrya, anche se non si pu dire che ci sia sempre avvenuto. Quanto diciamo vuole, in parte, mettere in luce le nostre scelte durante tutto lo svolgimento della tesi. In effetti, come abbiamo gi anticipato, si cercato di spiegare alcuni passaggi di akara analizzandoli con le chiavi forniteci dai suoi successori, anche molto distanti temporalmente. Come detto in precedenza, in questa nostra modalit non vediamo pi difetti di quanti potrebbero esservene altrove. Durante lancora breve storia degli studi indologici, grande spazio stato dedicato a akara, per rendersene conto basti dare unocchiata al volume Bibliography dellEncyclopedia of Indian Philosophies edita da K. H. Potter. Di contro, negli ultimi anni si verificata una contro-tendenza, un tentativo di obliare akara, quasi a riscatto della troppo marcata attenzione precedente. Si ricordi per che akara stato interpretato in molteplici modi propriamente occidentale: in chiave psicologica e psicanalitica, con ottiche storiche, cosmologiche, teologiche, fenomenologiche ed epistemologiche. Spesso tutto ci stato costruito su rigidi canoni esegetici e filosofici occidentali, talvolta non si convengono alle posizioni akariane, fino anche a ridimensionarne lindiscutibile profondit. Questultima va ricercata, per quanto concerne akara, nellambito strettamente metafisico indiano. Importante e del tutto legittima stata, altres, la lettura di akara attraverso gli occhi dei suoi avversari, siano essi degli altri darana, tanto ortodossi, quanto eterodossi, oppure seguaci delle altre scuole vedntiche. Per, a monte noi ci chiediamo: se tutte queste interpretazioni sono possibili perch allora non provare, anzi, riprovare quella tradizionale che scorge in tutto il percorso XII

dellAdvaita un unico flusso ininterrotto, viatico attraverso il quale molti autori si sono succeduti ampliando punti tralasciati, solamente accennati o anche rimasti oscuri in akara? Sebbene questo nostro taglio non possa prescindere da basi storiche, ci pare riduttivo largomento che autori successivi a akara, che siano pure Citsukha, piuttosto di Vcaspati Mira o Madhusdana Sarasvat, o altri della successione disciplica Advaitin, non potessero dare delle letture di akara pi penetranti e aderenti al vero di quanto non si possa produrre altrove. Tanto pi in un paese come lIndia, in un mondo come quello indiano, in cui laspetto meramente cronologico nettamente subissato di fronte a quello dottrinale. Non va dimenticato comunque che gli Advaitin successivi e gli stessi glossatori di akara, pur restando fedeli a uno zoccolo duro, modellarono e svilupparono le loro trattazioni non solo attorno alle esigenze pratiche e intellettuali degli iniziati alla scuola, ma anche di fronte alle sempre pi pressanti obbiezioni, confutazioni, dubbi e attacchi provenienti dalle scuole antagoniste. Dopo aver messo al corrente il lettore di queste scelte ermeneutiche e metodologiche, non resta che presentare brevemente i capitoli e le loro ragioni uno a uno. Il primo capitolo funge da vero e proprio apripista allargomento. Il pensiero onirologico indiano ha, secondo noi, dei momenti e delle circostanze che si differenziano notevolmente. Si vedr come abbiamo diviso in tre differenti fasi la nostra analisi. La prima riguarda lincipit esclusivamente vedico dellapproccio al sogno. In origine, nelle Sahit vediche abbiamo una ben specifica visione di cosa sia il sogno e di quale la sua natura. Il termine svapna era per lo pi connesso a un evento sgradevole, sfavorevole per chiunque lo vivesse, cosicch il brutto sogno (dusvapna), causato da squilibri interni o addirittura lincubo, fomentato da agenti esogeni, diventano le manifestazioni pi conosciute e dalle quali ci si deve difendere mediante veri e propri scongiuri rituali, messi in pratica dal sognatore destatosi oppure, nei casi pi gravi, con rituali attuati da sacerdoti professionisti. La seconda fase rappresentata da una prima uscita dal rapporto quasi solo fenomenico con il sogno. Il tentativo di interpretare lesperienza a cui si soggetti durante il sogno, sia in senso interno e fisiologico, facendo ricorso a concetti che si svilupperanno nella scienza medica, sia in senso ampiamente esterno attraverso lo studio dellinflusso planetario sui sogni degli individui. Anche questa tendenza trover in seguito dei riverberi in alcuni tipi di testi propri della scienza astronomico-astrologica, il Jyotia. In XIII

primis, questa suddivisione scolastica in aspetti medici e astrologici si trova in un importante testo, che abbiamo cercato di rendere in traduzione, il capitolo 68 dellAtharvavedapariia, il primo esempio in cui appare una trattazione, per cos dire, quasi sistematica del sogno. La terza fase, come da noi recepita, quella riguardante una decisa distinzione tra laspetto fisiologico e medico del sogno e quello astrologico delloniromanzia. Per questo abbiamo diviso in due diversi sottoparagrafi il punto di vista yurvedico sul sogno e quello oniromantico. Altri, prima di noi come Rainer Stuhrmann nel 1982, adottarono questa tripartizione, indicando per nella terza fase lemergere della speculazione relativa al sogno, con la Bhadrayaka Upaniad. Noi abbiamo scelto un itinerario discordante, sia per le nostre esigenze contenutistiche, sia perch la nostra terza fase ci pare un livello pi immediatamente prossimo e conseguente al tipo di taglio dato dallAtharvavedapariia. Oltre a questo c da fare i conti con la nostra scelta di percorso, per la quale abbiamo voluto leggere i testi upaniadici solo attraverso gli occhi dellAdvaita, giungendo a piccoli passi a questa analisi per noi centrale, preparandone perci il terreno con una trattazione dottrinale generale e alcune pi specifiche, concernenti i rimanenti cinque darana ortodossi. Prima di passare a questo, per abbiamo ritenuto opportuno presentare un breve florilegio dimpressioni e punti di vista tantrici sul sogno, le cui basi ci sono state fornite gi da alcuni testi astrologici. Il secondo capitolo lo sviluppo e il retroterra della terza fase ipotizzata da Stuhrmann. Per noi , invece, una possibile introduzione ideale a una quarta fase, che sar sviluppata nelle due parti del capitolo IV. La prima parte del secondo capitolo rappresenta tanto uno strascico dei temi del primo capitolo, come linterpretazione di un mito particolarmente significativo, quanto lapertura ai capitoli successivi, mediante una breve analisi dottrinale dellargomento onirico negli stika darana. Mentre la seconda parte molto semplicemente e scolasticamente suddivisa in tanti paragrafi quanti sono i cinque darana ortodossi avversari dellAdvaita Vednta, a partire da Vaieika e Nyya, passando per Skhya e Yoga, per terminare con la scuola ritualistica della Prva Mms. La prima parte Prolegomena dottrinali, tratta vari argomenti legati non solo al sogno, ma anche ad altre condizioni e stati (avasth) come per esempio il coma, lincoscienza o la morte. Oltre a ci, prendendo le mosse da un mito ben noto in cui il saggio Mrkaeya protagonista, saranno

XIV

sinteticamente accennate alcuni usi realizzativi della dottrina delle tre avasth attraverso cui lanima individuale (jva) passa quotidianamente. Il capitolo 3 invece un vero e proprio ponte, leffettivo prolungamento e collegamento dalla prima parte pi generale della tesi, con la seconda parte dedicata quasi esclusivamente allAdvaita. qui che abbiamo potuto utilizzare il gi citato dpadehalnyya sia strutturalmente, sia metodologicamente, come anche dottrinalmente. Abbiamo per questo scelto di intitolare il capitolo Strumenti per lo studio dellonirologia nellAdvaita Vednta, pensando di presentare in questa circostanza tutta una serie di concetti e termini chiave atti a comprendere quale sia il profilo dottrinale tenuto nei secoli dallAdvaita e che anche oggi domina nelle elitarie cerchie di paita e samnysin Advaitin. Il secondo paragrafo del capitolo 3 il tessuto connettivo rispetto al resto della tesi e analizza alcuni concetti chiave: i tre corpi e la loro formazione, collegandoli con i cinque involucri e la dottrina delle rispettive continuit (anvaya) e discontinuit (vyatireka) del S e del non-S in ognuno di essi. Lindagine prende le mosse anche da una nostra convinzione, cio che per esaminare il sogno decisamente consigliabile analizzare anche le altre due avasth direttamente connesse a esso: il sonno profondo e la veglia. Infatti, lultima parte del secondo paragrafo riguarda proprio un esame, ancorch superficiale, del sonno profondo, ove alcune domande ricorrenti saranno risposte alla maniera Advaitin, attraverso il consueto nostro ricorrere alla miniera della chiarezza testuale. Si cercato, in seguito con il terzo paragrafo di analizzare la veglia, o meglio come in essa si acquisisce la conoscenza, in modo particolare grazie al mezzo di conoscenza (prama) pi pesantemente rappresentativo della coscienza di veglia, ossia la percezione diretta (pratyaka). Poich nelle opere di akara manca uneffettiva trattazione di una teoria della conoscenza, questa e la percezione diretta sono state presentate attraverso il Vedntaparibh, testo sicuramente molto tardo, ma che rappresenta il punto darrivo e la disamina pi completa dellottica Advaitin rispetto alla percezione diretta e gli altri prama. Questo ci porter inevitabilmente a scoprire molte suddivisioni allinterno della stessa percezione diretta. Il paragrafo successivo tratta di un concetto fondamentale allinterno della trattazione onirologia e delle avasth in generale, ossia il testimone immobile, colui che in grado di conoscere eventi, oggetti empirici, apparenti e ultra-sensibili anche laddove lazione dei sensi e della mente si sia ritratta. XV

Passiamo poi al quarto paragrafo in cui abbiamo tentato di districarci attraverso la fitta selva dottrinale del concetto di mutua (itaretara) sovrapposizione (adhysa) nelle sue svariate sfaccettature e nelle sue naturali esondazioni verso i concetti del triplice livello di realt (satttraya) e di falsit (mithytva). Tutto questo ci ha poi convinti a dover toccare marginalmente anche le complesse teorie dellerrore (khytivda), poich le varie interpretazioni delle percezioni erronee della veglia sono direttamente responsabili delle analisi e dei pronunciamenti sullesperienza onirica. Inoltre, lanalisi della teoria dellerrore percettivo propria dellAdvaita, si collega precisamente con il sogno, anchesso fenomeno dalla natura ontologica illusoria. Ivi si sono eviscerate anche il locus e la materia prima del sogno. Il terzo capitolo si chiude con una breve trattazione dellelevatissima dottrina Advaitin del Disivda e dei suoi prolungamenti nello Yogavsiha. Questo ci ha condotto a presentare i sette livelli della conoscenza come indicati da questultimo testo, nel quarto dei quali lindividuo ormai realizzato vede il mondo intero come fosse un sogno, per cui manifestazione del tutto illusoria. Il quarto capitolo , per quanto possibile, una trattazione generale delloceanico argomento sogno nelle Upaniad. Per ragioni tipografiche abbiamo scelto di dividere lo stesso capitolo in due grandi tronconi, il capitolo IV.I e il IV.II. Oltre alla ragione squisitamente tecnica, va registrato che vanno addotte anche delle ragioni contenutistiche. Nella prima parte del capitolo, dopo un primo survey sullintera letteratura upaniadica e i rispettivi commenti e giudizi della tradizione Advaita, a partire da akara e i suoi successori, ci siamo concentrati sulla ponderosa trattazione della Bhadrayaka Upaniad relativa alla sezione IV.3. Ivi, oltre alle opinioni di akara, abbiamo utilizzato spesso le innovazioni e le precisazioni del Vrtika di Surevara, discepolo diretto di akara, nonch di altri testi della medesima tradizione testuale, passando attraverso concetti fondamentali come quello dellauto-luminosit del S (svayajyotiva). La seconda parte del medesimo capitolo tratta la tradizione relativa alla Mkya Upaniad, alle Krik di Gauapda e al dibattuto commento attribuito a akara, che la tradizione intitola gamastravivaraa. Ivi, ponendoci dal punto di vista di un Advaitin contemporaneo che cerca di armonizzare lottica degli antichi crya, abbiamo tentato di abbozzare delle risposte alle apparenti divergenze tra Gauapda e akara, discutendo leggermente pi in profondit alcuni legami con il buddhismo, soprattutto quello dei Vijnavdin. Infine, per amor di completezza, abbiamo apposto un paragrafo relativo alla Bhagavad Gt, che non tratta direttamente il sogno, anche se secondo noi, pone le basi per XVI

una tendenza Advaitin nei confronti tanto della realizzazione quanto del mondo, che fa pandan con il punto di vista delle Upaniad maggiori, con un chiarissimo passo dellAitareya Upaniad (I.3.12) e con la trattazione dei sette livelli di conoscenza dello Yogavsiha. La riflessione sulla Bhagavad Gt stata proposta facendo leva sullidea vedntica del prasthtray, che oltre alle Upaniad e al Brahmastra, include anche la Bhagavad Gt. Questi ultimi due rami del medesimo capitolo, introdotti entrambi da delle considerazioni generali sul sogno nellAdvaita Vednta, sebbene trattino uno stesso argomento generale, ragione che li unisce fondamentalmente, sono certamente distinguibili perch le due trattazioni principali, quella della Bhadrayaka Upaniad e quella delle Mkya Krik sono certamente molto distanti tra loro. Ecco il motivo contenutistico e strutturale della divisione del quarto capitolo. Il quinto e ultimo capitolo prende in considerazione lultimo tassello del prasthtray, ossia il Brahmastra, naturalmente letto con il commento di akara. Si cercato di proporre vari contesti in cui il sogno e i tre stati sono protagonisti, basando lindagine sulla suddivisione interna del Brahmastra in capitoli (adhyya), quarti di capitolo (pda) e sezioni (adhikaraa). Certamente tre sono stati i punti pi importanti. Lrabhdhikaraa (II.1.1420) che getta le fondamenta dellidea concernente il sogno nel Brahmastra e la successiva analisi nel sadhydhikaraa (III.2.1-6). Come si vedr, il punto di vista pi importante espresso nel sadhydhikaraa per cui ci siamo premurati di accompagnare il commento di akara anche con molte note che presentano la visione di altri interpreti. Oltre a ci, abbiamo presunto opportuno fornire una traduzione e analisi delle glosse redatte da Vcaspati Mira nella sua Bhmat, probabilmente il sub-commento pi importante al bhya di akara. Infine, oltre ad altri brevi passaggi proposti, separato dal resto per via del suo contenuto differente, vi la risposta di akara (II.1.14) alle posizioni Vijnavdin relative alluso della similitudine onirica nel giudicare il livello ontologico del mondo empirico. Sappiamo inoltre che molto sarebbe da rivedere, soprattutto le traduzioni e la scelta dei termini in esse, sia per la difficolt intrinseca dei testi, sia per unoggettiva mancanza di tempo. Speriamo di avere loccasione di ritornarvi in futuro con maggiore calma e incisivit. Che dire di pi, oltre a manifestare il desiderio di procedere, sistemare e approfondire la ricerca di questo stesso argomento, non ci resta che lasciare il lettore o il critico alla lettura di quanto abbiamo scritto e, come spesso amano fare in India, ricordargli che: gacchata skhalana kvpi bhavaty eva pramdata/ hasanti durjans tatra samdadhati sajjan// XVII

T AVOLE

DELLE ABBREVIAZIONI SANSCRITE

KT: Kalpataru; KTP: Kalpataruparimala; KB: Kumrila Bhaa; KYVTS: Taittirya Sahit; KV: Kiraaval; KV/ BP: Krikval/ Bhpariccheda; KS: Kauika Stra; KaU: Kaha Upaniad:; KaUB: Kaha Upaniadbhya; KaR: Kadarahasyam; KS: Khaka Sakalana; KuS: Nyyakusumajali; KeU: Kena Upaniad; KauU: Kautak Upaniad; GA: Gautama Akapda; GP: Gauapda; GPur: Garua Pura; GoB: Gopatha Brhmaa; CS: Citsukha; CaS: Carakasahit; CpD: Cakrapidatta; ChU: Chndogya Upaniad; ChUB: Chndogya Upaniadbhya; JM: Jayamagal; JMV: Jvanmuktiviveka; T: Tarkmta:; TU: Taittirya Upaniad; TUB: Taittirya Upaniadbhya; TT: Triatik; TP/NP: Nayanaprasdin; TB: Tarkabh; TR/JK: Tripurrahasya Jnakhaa; TV: Tattvavairad; XVIII Tattvapradpik/

A: Adhyy; AK: Amarakoa; AD: Appaya Dkita; APU: Annapropaniad; AVP: Atharvavedapariia; AVS: Atharvavedasahit aunakya; AS: Advaitasiddhi; AS: Anubhtisvarpcrya; AH: Agahdaya; AVG: Avakragt; AS: Agasagraha; G: nanda Giri; : gamastra; V: gamastravivaraa; AV: Aniruddhavtti; AkU: Akyupaniad; InS: Indriya Sthna; U: a Upaniad; U: Upaniat; UK: Uddyotakara; US: Upadeasahasr; Ud: Udayancrya; UpS: Upaniatsagraha; UpB: Upaniat karabhya; V: gveda; Ai: Aitareya rayaka; AiU: Aitareya Upaniad; AiUD: Aitareyopaniaddpik; AiUB: Aitareya Upaniadbhya; KU: Kaivalya Upaniad; KKK: Khaanakhaakhdya;

TS/D/NyB: Tarkasagraha/ Dpik/ Nyyabodhin; TaP: Tattvapradpik; TaS: Tattvasagraha; TaiB: Taittirya Brhmaa; DK: Dharmakrti; D: Daalok; DHBSV: Dkitadpik; DhS: Dharmasindhu; NV: Nirlabanavda; NKS: Naikarmyasiddhi; NPTU: Upaniad; NBi/DNBi: Dharmottarak; NS: Naikarmyasiddhi; NSM: Nyyasiddhntamuktval; NyKa: Nyyakaik; NyK: Nyyakandal; NyKo: Nyyakoa; NyB: Nyyastrabhya; NyBV: Nyyastrabhyavrtika; NyBVT: Vrtikattpryak; NyBVTP: Nyyastrabhya Vrtikattpryapariuddhi; NyRK: Nyyaratnkara; NyL: Nyyallvat; NyS: Nyyastra; NyS/NyBh: Nyyabhaa; PAS: Paramrthasra; PK: Prabhkara; XIX Nyyasra/ Nyyastrabhya Nyyabindu/ Nsihaprvatpanya Brahmastra Hari

PK/PKV: Pacikaraa/ Pacikaraavrtika; PT: Pacatantra; PD: Pacada; PDS: Padrthadharmasagraha:; PPur: Padma Mahpura; PP/PPV: Pacapdikvivaraa; PV: Pramavrtika; PSM: Prthasrathintha Mira; PP: Padmapda; PrP: Praastapda; PrPa: Prakaraapacik; BG: Bhagavadgt; BGB: Bhagavadgtbhya; BTP: Brahmatattvaprakik; BLNS: Bhuvanealaukikanyyashasr; BS: Brahmastra; BSJ: Bhasarvaja; BSBNN: Nyyaniraya; BSBPAV/ BSBBBP: Brahmastra Prakarthavivaraa/ Bhyabhvaprakik; BSBB: Brahmastra Bhskarabhya; BSB: Brahmastra karabhya; BSBB: Bhmat; BSBRP: Ratnaprabh; BSi: Brahmasiddhi; BU: Bhadrayaka Upaniad; BUB: Bhadrayaka Upaniadbhya; BUBV: Upaniadbhya Vrtika; BVS: Bhadrayaka Vrtikasra; Bhadrayaka Brahmastrabhya Pacapdik/

BS: Bhat Sahit; BbU: Brahmabindu Upaniad; BrU: Brahma Upaniad; BhP: Bhgavata Pura; MU: Mahopaniad; MD/B: MK: Mkya Krik; MV: Mharavtti; MS: Manusmti; MS: Madhusdana Sarasvat; MaK: Mdhyamikakrik; MaP: Matsya Pura; MaMi: Maana Mira; MU: Mukya Upaniad; MUB: Mkya Upaniadbhya; MS: Mnasollsa; MK: Mmskoa; MuU: Muaka Upaniad; MeK: Medinkoa; MaiU: Maitr Upaniad; MhB: Mahbhrata; YT: Yogatrval; YD: Yuktidpik; YVKS: Yajurvedy Khakasahit; YV/MU: Yogavaiha/ Mokopaya; YVVMS: Vjasaneyi Mdhyandina ukla Yajurveda Sahit; YS: Yogastra; YSB: Yogastrabhya; YV: Yogastrabhyavrtika; YSBV: Yogastrabhyavivaraa; YU: Yogaikhapaniad; RM: Rjamrtaa; XX Mmsstra/ Jaiministra/ barabhya;

RM: Rmyaa; LAS: Lakvatrastra; LG: Laghucandrik; LYV: Laghuyogavaiha; LVV: Laghuvkyavtti; LSK: Laghusiddhntakaumud; VCM: Vivekacmai; VP: Vedntaparibh; VPS: Vivaraaprameyasagraha; VB: Vijna Bhiku; VM: Vcaspati Mira; VMS: Vijaptimtratsiddhi; VV: Vibhramaviveka; VS: Vedntasra; VSNB: Viusahasranma Bhya; VSM: Vedntasiddhntamuktval; VcP: Vcaspatyam; VB: Vgbhaa; ViDhPur: Viudharmottara Pura; ViVi: Vidhiviveka; VaiS: Vaieikastra; VaiSU: Vaieikastra Upaskra; VyV: Vyomavat; Vy: Vyomaivcrya; : akara; : ivditya; KD: abdakalpadruma; GV/US/PK: rkara Granthvali/ Upadeashasr/ Pacikaraam; D: stradpik; B: atapathabrhmaa; V: lokavrtika; M: akara Mira; S: abara Svmin;

SaSa: di Sadivendra Sarasvat; U: rrakopaniad; B: barabhya; S: rrasthna; iD: ivadi; rD: rdhara Bhaa; vU: vetvatara Upaniad; SK: Siddhntakaumud; SB: Siddhntabindu; SP: Saptapadrth; SVS: Smaveda Sahit; SVSSS: srasagraha; SBSV: SS/SPB: Sadivendra Sarasvat Brahmatattvaprakik; Skhyastra/ Skhyapravacana Bhya; SaU: Sanysa Upaniad; Sa: Sakeparraka; S: khyana rayaka; SK/GB: Skhya Krik/ Gauapda Bhya; STK: Skhyatattvakaumud; SPS: Skhyapravacanastra; SV: Smaveda:; Sur: Surevara; SuS: Surutasahit; SU: Stra Sthna; SvK: Svapnakamalkara; SvC: Svapnacintmai; SvV: Svapnaviveka; HD: Hari Dkita; Sarvavedntasiddhnta-

T AVOLA

DELLE ABBREVIAZIONI

ABORI: Annals of the Bhandharkar Oriental Research Institute; ALB: Adyar Library Bulletin; AS/A: Asiatische Studien/ tudes Asiatiques; CHI: Cultural Heritage of India; Caus.: causativo; comp.: composizione; desid.: desiderativo; EJVS: Electronic Journal of Vedic Studies; EIP: Encyclopedia of Indian Philosophies; HDh: History of Dharmastra; HIR: History of Religions; IE: Indo-europeo; IIJ: Indo-Iranian Journal; IT: Indologica Taurinensia; IS: Indische Studien; JAOS: Journal of American Oriental Society; JIP: Journal of Indian Philosophy; lett.: letteralmente; ME: middle English; OE: old English; PEW: Philosophy East & West; pass.: passivo; SBE: Sacred Book of the East; sec.: secolo; sing.: singolare; WZKS; Wiener Zeitschrift fr Kunde Sdasiens;

XXI

CAPITOLO 1: PANORAMICA LETTERARIA SULLE ORIGINI DELLONIROLOGIA IN INDIA

CAPITOLO 1 P ANORAMICA
LETTERARIA SULLE ORIGINI DELL ONIROLOGIA IN I NDIA

In questo primissimo capitolo cercheremo di delineare le varie fasi evolutive dellonirologia (svapnavijna/ svapnavicra) nellIndia pi arcaica. Naturalmente, in questa circostanza, il nostro approccio sar soprattutto testuale, mettendo in evidenza il messaggio dei testi attraverso i testi stessi. Tutto ci vuole solo essere una breve introduzione allargomento, soprattutto dal punto di vista letterario o, se si vuole, storico-letterario. In effetti, il rapporto con il fenomeno onirico ebbe differenti fasi nel panorama della letteratura pi arcaica. Non solo mut da periodo in periodo, ma, com intuibile daltronde, nelle differenti scienze. Questo tipo di incipit ci sar utile per introdurre tutto quanto sar trattato nei capitoli successivi, che si focalizzeranno sugli ultimi risvolti dellonirologia, che sinteressano sempre di meno della cosiddetta oniromanzia o interpretazione dei sogni, per giungere ad analisi sempre pi speculative, in senso precipuamente ontologico, nei primi tempi, e decisamente improntato sulla cosiddetta teoria della conoscenza in seguito. In una tesi dottorale discussa alla Eberahrd Karls Universitt di Tbingen nel 1982, Rainer Stuhrmann propose una suggestiva categorizzazione delle concezioni onirologiche nellIndia pi ancestrale (2009: 16-18, 19-44). Egli identific e divise tre maggiori concezioni sottostanti la letteratura vedica che si originano a partire dalle Sahit pi antiche, fino a giungere agli albori della speculazione onirica propriamente detta intorno al 500 a. C., sezione che Stuhrmann definisce filosofica. La prima fase dominata da una concezione soggettiva del sogno in cui lindividuo considera s stesso il soggetto dei sogni, attivo e responsabile dei contenuti e delle attivit oniriche. Il secondo periodo quello in cui prevale unattitudine oracolare e mantica nei confronti del sogno. La letteratura di questa fase tratta delle prospettive pratiche relative al contenuto dei sogni e le connette agli eventi futuri, aprendo due grandi porte, quella medica e fisiologica e quella interpretativa e astrologica. La terza fase quella trascendente, in cui si viene via via a riflettere su entit esteriori, oltre i confini del sogno, come le potenze sovrannaturali. Il vertice speculativo di questa fase rappresentato dalla Bhadrayaka Upaniad (BU), ove si insiste sul fenomeno onirico come permanente nella coscienza pi interiore dellindividuo (HOUBEN, 2009: 1

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39). Noi qui, per non ricalcare pedissequamente lopera, seppur importantissima di Stuhrmann, ci sentiamo di dissentire lievemente su questultimo punto. Certo che fino a oggi, con lespressione comunemente utilizzata in hind mujhe svapna y, letteralmente mi arrivato un sogno, mi venuto un sogno, si indica il sogno come qualcosa di esteriore, che viene da fuori. Tuttavia, il taglio particolare che intendiamo far trasparire in questo lavoro non pu che considerare il sogno come qualcosa di sviluppatosi allinterno dellindividuo, mediante stimoli avuti, vero, dallesterno. Certo, come vedremo, vari sono i tipi di sogni, tra i quali abbiamo quelli veicolati da divinit o spiriti malefici ossia gli incubi. Nonostante ci, le profondit speculative pi recondite sono state scandagliate proprio considerando il sogno un fenomeno dellindividuo, o meglio, dellanima individuale. Certo che in un panorama come quello indiano, in qualsiasi epoca lo si analizzi, considerare lindividuo smarcato dallambiente sociale, religioso, geografico, epocale, cosmico e universale in cui vive e opera, a nostro parere non fa che rendere la comprensione dellintero argomento difficilmente raggiungibile. Tale una delle ragioni per cui la nostra analisi upaniadica stata relegata ad altro capitolo (IV.I e IV.II) e, in luogo di essa, abbiamo posto un sostituto bipolare ovvero una breve analisi separata del sogno nei testi medici e in quelli astrologici. Questa stessa scelta frutto di una leggera revisione della seconda fase di Stuhrmann, secondo il quale questo momento deve essere considerato solo mantico. Lungi dallessere in disaccordo, per maggiore chiarezza ci concentreremo sul solo Atharvaveda Pariia (68), testo in cui non vi ancora una chiara differenziazione tra laspetto strettamente fisiologico e quello propriamente astrologico. Per questo, sebbene il nostro indebitamento dalla ricerca di Stuhrmann sia ragguardevole, il taglio sensibilmente diverso, un rimpasto di unidea gi condivisa anche da chi vi scrive. In ogni modo, secondo un gi ampiamente collaudato iter, il primo passo verso lo studio di un argomento resta sempre lanalisi del termine di riferimento sia dal punto di vista grammaticale, sia da quello linguistico.

CAPITOLO 1: PANORAMICA LETTERARIA SULLE ORIGINI DELLONIROLOGIA IN INDIA

I.1: R IFLESSIONI

LINGUISTICHE

Da tempo immemorabile lessere umano ha vagheggiato a proposito della natura del fenomeno onirico e delle visioni a esso connesse. Ci non poteva che avere un riverbero sul vocabolario e le espressioni proprie di questo campo semantico. Vediamo, prima daltro, come intende il termine svapna, sogno, la scienza linguistica ed etimologica. Innanzitutto sar duopo specificare che la radice svap, da cui deriva appunto il termine svapna, ha due significati principali: sognare e dormire. Solitamente la radice pu presentarsi in due forme al grado forte e accentato, lo swep delle lingue proto Indo-Europee (PIE) o al grado zero, come avviene nel sanscrito svap.1 In un recente volume miscellaneo (The Indian Night. Sleep and Dreams in the Indian Culture), al quale faremo spesso riferimento, il professor Georges-Jean Pinault (2009: 225-259) ha scritto delle pagine importanti per lo studio linguistico comparativo dei termini indicanti sogno e sonno. Pinault, per prima cosa, partendo dallopera monumentale di R. L. Turner, A Comparative Dictionary of the Indo-Aryan Languages (1966: 411, 777, 804), indica le due parole per indicare il sonno, il dormire: svapna2 e nidr.3 Accompagnati a questi due termini chiave troviamo vari composti o derivati, quali ghanidr, o suupti (lett.: buon sonno) entrambi indicanti il sonno profondo. In ogni modo, nellambito vedico si devono isolare non meno di tre differenti e coesistenti radici per indicare il dormire e altri termini affini al campo semantico del sonno: svap/sup, sas4 e dr. La prima radice trova attestazione esclusivamente nel
Satyajit Layek (1990: 8) mostra alcuni sinonimi indo-europei (IE) della parola sanscrita svapna: greco en-ypnion; latino somnium, sogno, antico inglese (OE) swefn, tedesco schlaf (sonno) e medio inglese (ME) sweven. Tendenzialmente, la variazione radicale fluttua tra questi due aspetti suap e sva-ap, questultima indicherebbe per i soffi vitali (pra). Altri studiosi (SURYAKANTA, 1989: 281) suggeriscono svap = dormire (in seguito al saprasraa, nel participio passato sup-t): IE *svepnos, antico norvegese svefn, latino somnus (forme piene) e le forme ridotte del vedico sup, greco con la riduzione vocalica della semivocale (saprasraa): v > u (PINAULT, 2009: 242-246). Unaltra possibilit fornita da N. Verma (1991: 427) Sv = indicherebbe i soffi vitali: quando un uomo si riposa e anche i suoi soffi vitali si riposano, quella condizione si dice sogno. Egli continua citando lIE *swapnos, il greco , lirlandese suan, lantico inglese swefen, il latino somnus, il lituano spna-s, il lettone sapnis, sapns, il tocario aspan e il russo spat. 2 Il termine di genere maschile e seconda che si presenti con gradi apofonici zero, si rende il sostantivo un aggettivo verbale supti al femminile o supta al neutro; in pl e prakta la forma sutta, fino ad arrivare allhind son o soy hu. In ogni accezione, per, il senso rimane quello di calmato, disteso, assopito, che riposa, fino alluso come eufemismo di morto (PINAULT, ibid.: 225). Si veda anche il contributo di Nalini Balbir al volume succitato (BALBIR, 2009: 104). 3 Nidr invece sostantivo femminile i cui corrispondenti pl e prakta sono rispettivamente nidd e idd (IBID.). 4 Numerosi riferimenti alluso vario delle due radici appaiono nellopera di Pinault (2009: 235-239): V I.29.3-4, I.117.5, I.124.4 e 10, I.134.3, I.135.7, I.161.13, IV.19.13, IV.51.3 e 5c, VII.18.14, VII.55.2-8, VIII.97.3.
1

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gveda (V, WHITNEY, 1997 [1885]: 184; MAYRHOFER, 1986-2001, vol. II: 712). Per esempio, in V VII.55.2-8 e I.29.3ab, abbiamo varie alternanze della prima e della seconda delle radici proposte. La radice dr (drai se presa la forma del presente), priva del preverbio (upasarga, solitamente ni e ava) molto rara e attestata solamente nelle forme del presente e futuro (MAYRHOFER, 1986-2001, vol. I: 757-758). In vedico la si ritrova solo dopo il V, in forme del presente drti, ottativo ni-dryt, participio medio dr e futuro drsyati. Nonostante ci abbiamo un riferimento nel V (VIII.48.14) della radice, usata per nella sua forma sostantivale, cio come ni-dr.5 Nel sanscrito epico si trovano comunemente forme tipo dryate (passivo: dormito, si dorme), dadrau (perfetto attivo dorm) e didrsati (desiderativo presente: desidera dormire); abbiamo inoltre la forma accompagnata dal prefisso rafforzativo ni, successivamente inseparabile, con un presente di decima classe tematica nidryati (pl: niddyati). Proprio questa forma verbale con upasarga, getta le fondamenta per il nomen agentis pi noto: ni-dr, gi attestato nel V. In seguito si predilige luso nominale della radice, accompagnato da radici indicanti movimento, soprattutto gam: nidr gacchati, egli va a dormire, egli penetra nel sonno, ecc. Comunque, il modo pi accreditato di esprimere lazione del dormire con la radice svap (WHITNEY, 1997: 201; MAYRHOFER, 1986-2001, vol. II: 791) con un presente alternato di sesta svapati (passivo: supyate) e seconda classe svapiti (PINAULT, 2009: 226). La nozione di sogno, invece, trova comunque la sua modalit prediletta despressione con una delle stesse radici che intendono il sonno e il dormire: svap, poich non esiste una radice indipendente per indicare il sognare. Il termine maschile che ne deriva svpna. Il processo si esprime con la forma denominativa svapnyate che significa anche essere assonnato o con locuzioni quali svapnam lokate, svapnam lokayati, vede un sogno, che ricorda la forma vedica svapna d- da cui deriva il nome dagente svapna-d/dk, colui che vede il sogno, il sognatore e i sostantivi indicanti azione svapna-darana o svapna-nidarana e svapna-sadarana.6

5 In AVS VIII.1.13 abbiamo un altro esempio di uso della radice dr, accompagnata ad ava. Nella fattispecie abbiamo il participio medio an-avadr- chi non sta dormendo coordinato con a-svapn- senza sonno. Queste due parole corrispondono con un valore positivo a jgvi- sveglio. 6 Esistono espressioni analoghe in altre lingue dello stesso ceppo: nel greco omerico o nel latino arcaico del 28 frammento degli Annales di Ennio aliquid in somns vidre (Pinault, 2009: 227). Per altre

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Innumerevoli e fondamentali sono altres le informazioni forniteci dal grande dizionario di San Pietroburgo di Otto Bhtligk e Rudolph Roth ([1855-1875] 1990, vol. VII: 1429-1433). Ivi la lista dei dati si svolge in tre punti: una prima sezione generica di fonti,7 una seconda serie di definizioni e riferimenti riguardanti traum, il sogno appunto,8 e una terza parte dedicata alle parole derivare e composte dal sostantivo svapna.9 Ancora, la famosa editio princeps del dizionario di V. S. Apte (1959, part III: 17381739) The Practical Sanskrit-English Dictionary riporta alcune informazioni tecniche riguardanti la radice svap e i suoi derivati primari (kdanta) e secondari (taddhitnta):
-Svap: 2nd Pa (svapiti, supta; pass. supyate; desid. suupsati, rarely 1 Ub svapati-te): 1) to sleep, fall asleep, go to sleep: asajjtakiaskandha sukha svapiti gauai KP 10; ita svapiti keava BhP II.76; 2) to recline, repose, lay down, rest; 3) to be absorted in: svpa vcasi cen nirargalasukhe ceta sakhe supyatm, Bv 4.19; Caus. svpayati-te: to

molto dotte indicazioni rispetto alle altre lingue IE, nelle quali si vede chiaramente la stretta relazione tra lidea di dormire e sognare, si consulti ancora il saggio di Pinault (ibid.: 226-234). 7 La prima parte di citazioni listate nel Sanskrit-Wrterbuch : Udistra III.10 [kvjsidrupanyanisvapibhyo nit]; Adhyay di Pini III.3.91; Amarakoa I.1.2.36; Trikaea III.3.270; Hemacandra Abhidhnacintamani II.289; Medinkoa 22; Vopadeva 26.180; gveda I.120.12, II.15.9, VII.86.6 (mantra usato per la purificazione da una polluzione notturna di un brahmacrin, Yjvalkyasmti II.181), VIII.2.18; Atharvaveda IV.5.7, VI.46.1, XVI.5.1; Taittirya Sahit I.2.14.5, V.5.10.4; Nsiha Tpanya Upaniad IX.126, 131; Rmatpanya Upaniad 342; Manusmti I.57, 65, II.181, XII.33; la Bhajjtaka Varhamihira S. 93.5; Pacatantra III.9.6; Caurapacaikha 18; Bhagavata Pura VI.17; Raghuvaamahkvya XII.70 ecc. Si veda anche il dizionario di Monier-Monier Williams (1280-1). 8 La seconda serie di rifermenti dal dizionario di Saint Petersburg la seguente: Trikaea, Hemacandra Abhidhnacintamani (145, a, 14) e Medin Koa (svapne bhaya bhrave mahyamha), gveda II.28.10, X.162.6; Atharvaveda VII.101.1, X.3.6; Vajasney Sahit XX.16; atapatha Brhmaa III.2.2.23, XIV.7.1.19; Ktyayana rauta Stra XXV.11.20; valyana Gha Stra III.6.5; Bhadrayaka Upaniad (col commento di kara) 248 (?); Chndogya Upaniad V.2.9; Prana Upaniad IV.1; Kauitaki Upaniad IV.19; Nsiha Tpanya Upaniad IX.125 e 131; Aitareya Upaniad I.3.12 (svapno yam); Rmatranya Upaniad 338; Mahbhrata III.16819.2497; Rmyaa II.69.12, 8 (Gorresio 71.1-2), II.88.5, II.91.73 (yat svapne labhate vittam), III.43.34, III.47.14, III.58.5, III.61.35, III.76.30, V.27.6, V.30.14; Harivaa 11379; Manusmti XII.122; Suruta Sahit I.8.15, I.104.14, I.109.17; Cakya IX.2.7; Abhijnaakuntala 137, 149; Raghuvaa Mahkvya XII.36; Vikramorvaya 29; Meghadta 88, 95, 105, 110; Bhajjtaka di Varhamihira S. 48.22, 8.22; Kathsaritsagara 2.3, 13.121, 18.241, 21.147, 23.3, 14 e 21, 31.12 e 26, 52.391, 54.201, 57.37, 119.95; Rjtaragin II.112, IV.100; Prabodhacandrodaya 16.17, 31.1; Svapnavsavadatta 30 (svapnacintmai 31); Dhrtasamgama 92.15; Bhgavata Pura IV.29.34, XI.11.8, VII.14.4; Pacatantra (? I.12.31 e 1.4.41) 134.6; Vedntasra 63 (svapnd yathotthita); Vyutpatti/ Mahvyutpatti 154; ecc. 9 Lultima una lista di 14 termini, per lo pi composti con la parola svapna, ma anche derivati da essa: 1) svapnaj: Pini III.2.172, VII.1.19; Amara Koa III.1.33; Hemacandra Abhidhnacintamani 442; Vopadeva 26.161; Mahbhrata III.10648; Bhaikvya VII.25. 2) Svapnajna: Cnakya IX.2.8. 3) Svapnanaana: gveda X.86.21; Nirukta XII.28. 4) Svapnapramava: Kathsaritsgara 6.137, 72.103, 107, 112, 152. 5) Svapnamukh: Atharvaveda VII.100.1; Ktyayana rauta Stra 25.11.20. 6) Svapnay: Adhyay di Pini VII.1.39 e vrtika; Atharvaveda V.7.8 (svapnyay); Kauitaki Upaniad IV.15; atapatha Brhamaa XIV.5.1.19. 7) Svapnas (su + a) gveda X.63.3, X.78.1. 8) Svapnasthna (come sostantivo): Kathsaritsgara 32.68. 9) Svapnasthna (come aggettivo): Nsiha Tpanya Upaniad IX.125 e 133; Rmatpanya Upaniad 338; atapatha Brhamaa XIV.7.1.14, 17, 19; Chndogya Upaniad VI.8.1; Kaha Upaniad IV.4. 10) Svapnntika: Cnakya IX.2.8; Vyutpatti 110. 11) Svapnbhikaraa: Atharvaveda V.5.7. 12) Svapny (-yate, -yamna): Mahbhrata VII.8381; Harivaa 3940; Bhgavata Pura X.70.28. 12) Svapnlu: Suruta Sahit I.323.12. 13) Svapne duvapyna: Atharvaveda XVI.6.9. 14) Svapnya: Atharvaveda VII.101.1, ecc.

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cause to sleep, rack to sleep with ava, ni, pra o sam: to sleep, lay down: prasuptalakaa, Ml. 7, vjyate sa hi sasupta, Ku. 2.42, tat prasuptabhujagendrabhaa vkya darathir dada dhanu, R. 11.44.

In seguito, la stessa opera fornisce una serie di altre definizioni, riferimenti e citazioni che vale la pena di riportare tout court:
-Svapanam: 1) sleeping, dreaming, sleep; 2) numbness (of the skin), SuruS. -Svapna [svap bhvam nak]: 1) sleeping, sleep: akle bodhito bhrtr priyasvapno vth bhavn, R 12.81, 7.61, 12.70, Ku 2.8; 2) a dream, dreaming: svapnendrajlasada khalu jvaloka ntiP. 2.2, svapno na my na matibhramo nu, 6.10, R 10.60; 3) sloth, indolence, sleepiness, Ms 9 (o 1).13, 12.33; 4) the state of ignorance (?): bhvdvaita kriydvaita dravydvaita tathtmana/ vartayan svnubhtyeha trn svapnn dhunute muni// BhP 7.15.62. - In comp. -antikam: consciousness in dream; - avasth: a state of dreaming; -upama (a): 1- resembling a dream; 2- urea or illusory (like a dream); - kara, kta (a): inducing sleep, soporific, narcotic; gham, niketanam: a sleeping room, bed chamber: dukhena loka pakhnivgt samutsuka svapnaniketanebhya, BK 11.17; -ja (a): dreamt; - tandrit: languor produced by drowsiness; -daranam: dream vision; -d (a): dreaming; -doa: involuntary seminal discharge, polluctio nocturna; dhgamya (a): perceptible by the intellect only when it is in a state of sleep like abstraction: rukmbha svapnadhgamya vidyt ta purua parama, Ms 12.122; - prapaca: the illusion of sleep, the world appearing in a dream; -vicra: interpretation of dreams; -la (a): disposed to sleep, sleepy, drowsy: na cti svapnalasya jgrato naiva crjuna, BG 6.16; -si (f): the creation of dreams or illusions in sleep. -Svapnaja: sleepy, sleeping, drowsy: aha svapnak prasdena tava vandrubhi saha, BK 7.25. -svapnay, svapnjyay (ind.): in dream: sa yataitat svapnay carati, BUp II.1.18. -svapnlu: sleepy, drowsy.

Certamente, dopo aver riportato per intero la serie di esempi e riferimenti di Apte, non ci resta che presentare il punto di vista dei grammatici indiani. Secondo il Dhtupha (n. 1839) la radice (dhtu) si presenta nella forma ivap aye (2.57, TRIPH B. P., 1984: 546-547) esclusivamente nella sua forma con presente

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della seconda classe (addigaa).10 Pini, nel stra della sua Adhyy (A, III.3.91) svapo nan, indica precisamente che alla radice svap si unisce il suffisso (pratyaya) nan nel significato proprio della radice stessa (bhvrtha), che dopo le dovute elisioni si riduce a na, arrivando alla forma svapna, che in seguito al processo proprio dellassegnazione delle desinenze (prtipadikakrya) arriva al morfema (pada) definitivo svapna (TRIPH R. N., 1987: 27). Il celebre dizionario11 dei sinonimi sanscriti, lAmarakoa (AK, I.7.36b),12 ci offre una folto gruppo di parole dallo stesso significato: svapanam, svpa, supti, suupti, ayanam, saprasda, nidr.13 Il testo dellAK non pone per alcuna linea di demarcazione tra sogno e sonno, anzi, sembra che lago della bilancia penda dalla parte della resa della parola svapna come sonno.14 Comunque, prima di procedere alla trattazione vera e propria sar il caso di proporre anche qualcuna delle delucidazioni semantiche (nirvacana/ nirukti),15 ossia quel genere di assonanze atte a spiegare termini particolarmente criptici che si ritrovano nelle scritture, soprattutto vediche, non basandosi solo sulletimologia, ma anche sul valore simbolico ed evocativo delle singole sillabe che compongono la parola in esame.

Esistono tre letture del presente indicativo (la) della radice: svpiti e svpatti e svaptti (Ahdhyy, A VI.1.188). Laccento acuto (udtta) opzionalmente sulla prima sillaba quando vi una terminazione personale, mentre segue svap quando vi una desinenza legata a un tempo srvadhtuka iniziante per vocale, fermo restando che la vocale non sia relativa al pratyaya i. 11 Due opere monumentali che di certo non possono essere taciute sono lo abdakalpadruma, (Rdhkntadeva, vol. 5, 1987 [1835]: 470-473) e il Vcaspatyam (Tarkavcaspati Trntha, vol. 6, 2006 [18531884]: 5378-5381). Il primo elenca questa serie di riferimenti: Suruta Sahit arrasthne, 4 adhyya; anche Medin Koa; per susvapna: Brahmavaivarta Pura, rkajanma khaa, susvapnapradaranam 77 adhyya; 70.118; cap. 63 e 82; Vgbhaa, arrasthne 6 adhyya. Si veda anche Brahmavaivarta Pura, rgaea khaa, 33 adhyya 33, 34; Dev Pura adhyya 22; Klik Pura puybhieka adhyya 87; Matsya Pura adhyya 242. La seconda opera, Vcaspatyam, riporta: svapa, bhve nan; nidrym; ayane; mnasikajnabhede; darane; poi indica solo i passi dal Brahmastra (BS) III.2.1-6 (svapnadapadrthasya mymtratvam) e del Matsya Pura 242. Per il resto pressoch identico allo abdakalpadruma. 12 Si confronti anche con un altro dizionario, che ebbe grande successo anche per le sue dimensioni ridotte e le notevoli affinit con il ben pi corposo e celebre AK, cio il Medinkoa (MeK, a 22). 13 Il pi autorevole commento allAK (il cui verso preciso : syn nidr ayana svpa svapna savea ityapi), la Vykhysudh, meglio conosciuta come Rmram di Bhnuji Dkita aggiunge questi particolare tecnici: syd iti. nidraam. dr kutsy gatau (. pa. se.). ta copa- (III.3.106) itya. nidranam, nindyate nay, iti v. ninder nalopa ca (U. 2.17) iti rag, iti v. svapne (a. . se.) bhve lyu (III.3.115). ayana surate nidrayyayo ca napusakam [iti me. 93/37]. ivap aye (a. pa. a.). gha (III.3.18). svpa ayananidrayo. sparjatym ajne [iti me. 102/12]. svapo nan (III.3.91). svapna svpe prasuptasya vijne darane pumn [iti me. 84.82]. saveanam. via praveane (tu. pa. a.). gha (III.3.18). savea svpastrratabandhayo. supti apy atra. [supti sparjatnidrvirambhe ayane striym iti me. 59.72]. pancanidry ... 14 Si veda il paragrafo I.4.1 dedicato allyurveda, in cui la CaS (Strasthna XI.35) e il commento di Cakrapidatta talvolta intendano allo stesso modo i due termini come sinonimi (MURTHY, 2004: 197). 15 Yaska, nel suo Nirukta (XII.28, 37), riporta varie volte la parola svapna, senza purtroppo darne unetimologia (LAYEK, 1990: 9).
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Tra le tante derivazioni possibili soprattutto nel significato legato al sonno, ne proponiamo alcune, sulle quali torneremo anche in seguito (VERMA, 1991: 427; VAIDIKA, 2003: 227-230). La prima che proponiamo e, per noi, la pi significativa nella ChU VI.8.1:
yatraitat purua svapiti nma sat somya tad sapanno bhavati svam apto bhavati tasmd ena svapitty cakate sva hy apto bhavati ... O caro, quando quellessere dorme allora dotato di essere, immerso in s, perci lo si indica come svapiti, infatti immenso (apta) in s stesso (svam) ...

In questa circostanza il passo sembra pi riferirsi a un sonno privo di sogni, profondo e inattivo, ove non funzionano pi n i sensi, n la mente. Sempre in ChU (VI.8.1) il veggente Uddlaka rui spiegando al figlio vetaketu la terza condizione di tman, il sonno profondo (suupti) usa entrambi i termini: svapnnta e svapiti: uddlako hrui vetaketuputram uvca svapnnta me somya vijnhti ..., Uddlaka rui un tempo disse al figlio vetaketu: O caro, apprendi da me la verit riguardante il sonno ...16 Per di pi, in questa stessa sede il S sar chiamato catupd, dai quattro quarti, analogamente a Mkya Upaniad (MU 2): so yam tm catupd , Quello questo S dai quattro quarti Nella condizione di sogno, la creazione onirica avviene per mezzo della mente, tuttavia nel sonno senza sogni, il purua, abbandonata la condizione individuale di jva dovuta alla commistione con laggregato psico-fisico, qui ritrova la sua natura propria di sat, che suprema verit, perci svapiti. Questo appellativo ha da leggersi come svam = tmnam, il S, apta = prpta, ottenuto. Cos Uddlaka intende dire che durante suupti il jva, poich attinge la natura dellessere (sadrpa), chiamato svapiti. Questa condizione di suupti si ha con lo sforzo compiuto in veglia. Durante la veglia luomo, fruendo degli oggetti mediante i sensi e la mente, rimane costantemente attivo, ci lo stanca (BU I.5.21): rmyati eva vk rmyati caku rmyati rotram , [Durante lo stato di veglia] la parola si stanca, si stanca la vista e si stanca ludito ...
Lopinione di akarcrya (), come vedremo nei capitoli seguenti, differente da quella di alcuni dei traduttori moderni. Egli, nel suo commento ad ChU VI.8.1, interpreta il composto svapnnta come la realt del sogno, cio la condizione di sogno. Il termine svapnnta si trova ripetuto in anche altre Upaniad (U) maggiori, per un totale di sei volte (JACOB, 1963 [1891]: 1060), con lo stesso significato.
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Analoghi a questi sono alcuni passaggi dello atapatha Brhmaa (B X.5.2.11, 1415) (HASARJA - BHAGAVADDATTA, 2002 [1926]: 622-623). Seppure anchessi tendono a spiegare pi da vicino svap e le sue derivazioni come svapiti e altre, nel senso proprio di sonno profondo. Riteniamo, tuttavia, di proporli per la loro grande importanza, anche nello sguardo dinsieme che in tutta la tesi intendiamo far emergere:17
tau hdayasyka pratyavetya. mithunbhavatas tau yad mithunasynta gacchato tha haitat purua svapiti // 11 // Quei due [esseri negli occhi]18 essendo discesi nello spazio del cuore, questi due si uniscono. Quando giungono alla fine del loro unione, allora luomo dorme (11). ea u eva pra. ea hm sarv praj praayati tasyaite pr sv. sa yad svapiti athainam ete pr sv apiyanti. tasmt svpyaya19 svpyayo ha vaita svapna ity cakate. paro ka, paro kakm hi dev// 14 // Questi20 in verit il soffio vitale; questi infatti conduce avanti tutte queste creature: questi soffi vitali sono suoi. Quando egli assopito, allora questi suoi soffi vitali lo penetrano. Per questo [egli chiamato] penetrato dai suoi (svpyaya): svpyaya certamente quello che chiamano sonno (svapna), oltre locchio. Le divinit amano quanto celato (14).21

Comunque, per una panoramica completa delluso del termine svapna nelle U si veda linsostituibile opera del colonnello Jacob (IBID.). Comunque torneremo su questi argomenti nello specifico al capitolo 4. 18 I due purua ai quali si fa riferimento sono quello risiedente nellocchio sinistro, nominato in B X.5.2.8: ya ca savye kan purua e quello che sta nellocchio destro: yo ya dakie kan puruo (B X.5.2.9). 19 Il termine svpyaya andrebbe qui come quando i soffi vitali si riposano, ricordandoci del riferimento a sv nel senso di pra. 20 Il purua qui nominato quello di B X.5.2.13, che sta nellocchio destro e che la morte stessa: sa ea eva mtyu yo ya dakie kan puruas 21 Naturalmente la traduzione qui proposta mutuata da Julius Eggeling (1995 [1885], VOL. 4: 370-372), con qualche minima variante. La datata, ma sempre corretta traduzione menzionata recita cos al passo 15: And when he is asleep, he does not, by means of them, know of anything whatever, nor does he forms any resolution with his mind, or distinguish the taste of food with (the canne of) his speech, or distinguish any smell with (the canne of) his breath; neither does he see with his eye, nor hear with his ear, for those (vital airs) have taken possession of him, whilst being one only, he (the men in the eye) is numerously distributed among living beings: whence the Lokamprin (represenying the man in the sun), whilst being one only (in kind), extends over the whole altar: and because he (the man in the eye) iso ne only, therefore (the Lokamprin) is one. Si veda anche il passaggio della prima sezione (prvabhga) del Gopatha Brhmaa (GoB II.2) dellAtharvaveda (AV) che menziona il sonno prolungato e inerte simile a quello dei boa, come uno dei sette difetti mentali che lo studente brhmaico (brahmacrin) dovrebbe domare: ajagara svapna
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Nel sonno profondo tutte le facolt sensoriali (indriya) si riassorbono nel pra,22 che rimane costantemente attivo e mantiene il corpo in vita. In questo momento il jva ritrova la sua natura essenziale di sat, cosa che egli compie al fine di allontanare le pene relative al mondo di veglia e a quello di sogno. Vediamo ancora un passaggio analogo della stessa tradizione di Yajurveda (YV) bianco (ukla), testimoniato dalla BU (II.1.17):
yatraia etat supto bhd ya ea vijnamaya puruas tad e prn vijnena vijnam dya ya eo ntarhdaya kas tasmi chete. tni yad ghaty atha haitat purua svapiti nma. tadghta eva pro bhavati. ght vg. ghta caku. ghta rotra. ghta mana. L dove questo che fu assopito, quellessere sostanziato dintelletto, avendo radunato il potere cognitivo di questi soffi insieme alla cognizione, quello che allinterno del cuore, cio letere, in quello riposa. Quando egli li [= i soffi] trattiene allora si dice che questuomo dorme: il soffio dunque da lui trattenuto, la parola trattenuta, la vista trattenuta, ludito trattenuto, la mente trattenuta (17).

Terminiamo questa sezione sulle derivazioni tradizionali legate alla radice svap, nella sua funzione svapiti, con un breve passaggio dialogico della Prana Upaniad (PrU IV.1-2). La domanda posta al venerando saggio Pippalda viene da Sauryya Grgya:
atha haina sauryya grgya papraccha. bhagavann etasmin purue kni svapanti ... // 1 // Poi Sauryya Grgya gli chiese: O Signore, chi sono quelli che dormono in questo essere (1). ... yath grgya marcayo rkasysta gacchata sarv etasmis tejomaala ekbhavanti t puna punar udayata pracaranti eva ha vai tat sarva pare deve manasy ekbhavati. tena tarhy ea puruo na oti na payati na jighrati na rasayate na spate nbhivadate ndatte nnandayate na visjate neyyate svaptty cakate// 2 //

Si confronti con il famoso episodio narrato in ChU V.1, riguardante la superiorit (jyehatva) e preminenza (rehatva) del soffio vitale (pra) su tutte le altre facolt, molto simile allapologo raccontato ai plebei dal Tribuno Menenio Agrippa in occasione della secessione sul colle Aventino (493 a. C.).
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Come, o Grgya, i raggi solari, quando il sole tramonta tutti si riuniscono in questo cerchio di luce e quelli [stessi] quando il sole sorge si propagano, allo stesso modo tutto questo si unisce nella mente, la divinit suprema. Per tale ragione, allora, questessere non ode, non vede, non odora, non gusta, non tocca, non parla, non prende, non prova piacere [sessuale], non evacua, non si muove: lo chiamano egli dorme (svapiti) (2).

In questo caso vi una bella metafora dei raggi solari come i sensi, che quando tramontano, cio quando la mente si assopisce, questi tutti si riuniscono in essa, che ne la scaturigine. Ivi lanima individuale svapiti, nel sonno profondo ossia sperimenta la completa immersione in S.

I.2: L A

PRIMA FASE : IL SOGNO NEL

V EDA

Pare ora il caso di iniziare la vera e propria trattazione relativa a questo capitolo, ossia mostrare come da una fase vedica (o meglio g-vedica) originaria, in cui il sogno era principalmente visto come fenomeno da cui difendersi, per lo pi nefasto poich brutto sogno o addirittura incubo (dusvapna), attraverso la fase interpretativa e mantica, passando per le ragioni fisiche e fisiologiche (adhibhautika) del sogno, legandole poi a quelle astrali e dellintero mondo (adhidaivika), per giungere alle sottili e rarefatte altitudini delle riflessioni legate al sogno come entit ontologica, da leggersi con la lente della teoria della conoscenza, il cui scrutinio ha per fini unicamente metafisici. Vedremo ora, purtroppo in modo molto superficiale e sintetico, le sfaccettate vicissitudini che condussero gli indiani a spingersi sempre pi in profondit nellanalisi del fenomeno onirico. Certo che linizio di questo sentiero nella letteratura prettamente vedica non pu che trovarsi nella raccolta (sahit) del gveda (V),23 passando poi attraverso le

Satyajit Layek propone alcuni dati interessanti, anche se in un futuro sarebbe il caso di valutarli ulteriormente. Effettivamente, il suo volumetto spesso di sensibile aiuto, anche se troppo gravemente superficiale e, talvolta, pure scorretto. In ogni modo ottimo piede dappoggio per tutta questa tesi. Nel gveda la parola svapna appare 40 volte come nominativo singolare (sing.), 10 come accusativo sing., 6 come strumentale sing., 9 come dativo sing., una come genitivo sing. e 13 come locativo sing. e una come locativo plurale. Lautore aggiunge le medesime note per i Brhmaa: 6 nominativo sing., 6 accusativo sing., 2 strumentale sing., 1 dativo sing., 1 ablativo sing., 2 locativo sing., per un totale di 18 riferimenti (LAYEK, 1990: 8).
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altre Sahit e i Brhmaa, per sublimarsi allalba della speculazione con le Upaniad pi antiche. Nel panorama pi antico leggiamo comunque di sogni molto simili a quelli che luomo ordinario esperisce anche tuttoggi, siano essi aspirazioni, trasfigurazioni o visioni fantastiche come anche sogni proibiti. Tuttavia, se lesperienza in s non appare sostanzialmente differire, linterpretazione del fenomeno sembra davvero difforme. In primis non si deve scordare che la tendenza indiana fu, fin dagli albori, a voler correlare il sogno alla veglia. Nel periodo vedico il sogno e lesperienza onirica in toto era sentita come un mondo parallelo colmo di vita e realt (ESNOUL, 1959: 214). Sembra che il sognatore vedesse nei sogni s stesso come la persona attivamente agente, lautore stesso delle azioni, accettandone le conseguenze, soprattutto quelle derivanti dalle trasgressioni oniriche, come riverbero nella sua vita quotidiana di veglia. Questo genere di trasgressioni sono appunto lo sbilanciamento di equilibri e regolamenti propri della societ vedica, come la rottura di voti (vrata), la menzogna (asatyavadana), oppure sogni erotici in cui ci si congiungeva con colei o colui con cui non si avrebbe dovuto (agamyagamana). Il pericolo derivante da ci, ovvero i risultati e le conseguenze del sogno proibito o dellincubo (duvpnya) causano un vero e proprio danno allindividuo con i suoi molteplici strascichi, in quanto tali frutti indesiderati (ania) si avvinghiano al sognatore e al suo entourage domestico. Lunica risposta a tutto ci erano dei rituali precisi e mirati.24 Le sei menzioni del V della parola svapna come sogno e come sonno, sono molto simili a quelle dellAVS. Certo che nel V la connotazione che si d al sogno solitamente negativa, soprattutto nellunico riferimento presente nei cosiddetti family books del V (dal II al VII maala).25 Importante anche la caratteristica impropria del sonno mattutino, che assale luomo nel momento migliore per compiere i riti e lo costringe a destarsi quando gi il sole alto. Le due radici di cui abbiamo
Sebbene centrato su un periodo ben pi recente, vorremmo attrarre lattenzione su un interessante articolo che delinea alcuni esempi di rottura di voti e le conseguenti espiazioni (pryacitta), come trattate nei dharmastra, quali la Manusmti e altri, compresi i commentari pi autorevoli. Il contributo in questione parte del volume gi citato The Indian Nighted di Jean Fezas (2009: 173-191) e sintitola Dreams and Transgression in the Sanskrit Prescriptive Texts. 25 Questa concezione prettamente negativa del sogno, come qualcosa venuto per arrecare danno, spedito dai nemici, chiarisce il perch della grande abbondanza di formule e inni la cui unica funzione era lallontanamento e la distruzione dei sogni nefasti e dei loro effetti indesiderati, conosciuti col nome etichetta di dusvapnaghna, dusvapnana o dusvapnanana: AVS VI.46, VII.100, VII.101, XVI.5, XIX.56, XIX.57 e AVSP II.37, ecc. La grande attenzione nei confronti della cura dei sogni da parte dei saggi atharvanici cifra di come il sogno, o meglio lincubo, fosse considerato alla stregua di una malattia, un avvelenamento, uno squilibrio da allontanare e rispedire al mittente (Si veda la nota n. 55).
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accennato, sas e svap nelle loro forme derivative, sembrano riflettere unopposizione tra ci che oramai sopito e quanto desto per pregare e sacrificare.26 Esiste una forte relazione tra il sonno e le connotazioni pi oscure delle tenebre, ossia il caos e la dissoluzione. Si noti che in V VII.55.7-8 utilizzano la radice svap al causativo, (al presente svpyati, allaoristo sivapa), col significato di far dormire, lasciar dormire. Il termine spesso utilizzato in senso eufemistico traslando lidea di lasciar dormire affinch il dormiente pi non si levi, muoia (V II.15.9 e X.86.21, PINAULT, 2009: 250-251). Accanto a quanto detto, va pure ricordato che il sognatore vedeva s stesso come oggetto passivo di esseri onirici, siano stati essi divini e celesti o demoniaci e oscuri, i quali agendo dallesterno erano in grado di visitarlo o, addirittura, possederlo durante la sua fase onirica. Comunque sia, questo genere di sogni profetici o divinatori convogliano messaggi nei quali gli esseri divini, assunte le spoglie di amici, parenti o familiari, impartiscono consigli provvidenziali oppure imbrogliano e architettano malefici.27 Queste brevi informazioni ci convincono del fatto che spesso, oltre al carattere oracolare e divino di alcuni rari messaggi onirici, vi una vivida possibilit che il messaggio sia veicolato da esseri demoniaci, tuttaltro che inclini al bene del sognatore. Tra le varie funzioni di questultimo genere di sogno vi quella espletata nei sogni lascivi ed erotici, che erano interpretati come lazione di queste esogene entit malvagie al fine di concupire, turbare e volgere il sognatore alla sfera del proibito, avendone in cambio, per esempio, una polluctio nocturna. Viste queste premesse, non sar fuori posto affermare che in principio linterpretazione e la mantica legata a svapna fu oltretutto un timoroso tentativo di decifrare le parole e le azioni di queste esogene entit oniriche e le loro variegate trasformazioni. Un problema significativo che si trovarono a dover affrontare gli interpreti e vati delle esperienze oniriche fu di certo il come comprendere se le visioni in sogno fossero da considerarsi propizie o infauste. Questo determin una particolare traiettoria dellinterpretazione mantica e divinatoria dei sogni. Per prima cosa si cominciarono a indagare le condizioni retrostanti alla produzione di determinati

26 Sul carattere dei dormienti si leggano V I.124.10, I.135.7, IV.51.3, VII.97.3. Solitamente, lessere vigile e sveglio cos come il ridestarsi si esprimono con le radici budh e jar. Questultima presenta un tema raddoppiato con un grado forte e uno debole jgra/jgr (PINAULT, 2009: 250). 27 Per i dati fin qui forniti ricordiamo le analogie molteplici con i poemi omerici, nei quali il sogno ha uguale importanza divinatoria.

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sogni, quali lo stato fisico e psichico, nonch il quadro medico del sognatore, il suo status sociale e la sua situazione specifica di vita. Tutto ci fu perpetrato per ottenere, mediante un processo di esclusione, le necessarie e dovute indicazioni per linterpretazione dei sogni pi vivi e impressionanti. Tra i sogni pi importanti ricordiamo quelli avuti durante le fasi di partecipazione o commissione di determinati rituali e sacrifici, i quali erano letti come veri e propri oracoli in relazione a quesiti posti in precedenza, oppure risultavano determinanti nel convogliare decisioni finali riguardo ad altri rituali o iniziazioni. Questo stesso genere di svolta delloniromanzia, fu, ed tuttora, utilizzato in ambito tantrico, per indirizzare sia il maestro, sia il discepolo verso le scelte pi corrette. Un paio di chiari esempi opposti di questaspetto si hanno nella ChU (V.2.8/ o 9)28 dove si dice che quando qualcuno impegnato nella celebrazione di un rito solenne al fine di ottenere dei benefici, se allora vede in sogno una donna, allora il suo rito avr successo. Oppure in Aitareya rayaka (Ai III.2.4), si elencano i segni che preannunciano la morte, uno dei quali vedere in sogno un uomo scuro con denti neri. Insieme a ci vi anche lindicazione del rito riparatore per evitare gli effetti nefasti del sogno:
yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane tasmin svapnanidarane ... Quando qualcuno vede nei sogni una donna, durante i riti per ottenere [la soddisfazione di] un desiderio, allora riconosca in ci il successo, in quella visione di sogno, in quella visione di sogno (V.2.8/ o 9). ath svapn.29 purua ka kadanta payati sa ena hanti varha ena hanti markaa enam skandayaty u vyur ena pravahati suvara khditvpagirati madhv anti bisni bhakayaty ekapuarka dhrayati kharair varhair yuktair yti k

In talune edizioni del testo risulta come V.2.8, per esempio nei testi della Gt Press, ma nelledizione di Olivelle V.2.9. Questi due passaggi testuali saranno in seguito utilizzati da nel suo commento ad BS II.1.14, come vedremo nel capitolo 5: yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane [ChU V.2.8/9] ity asatyena svapnadaranena satyy samddhe pratipatti darayati. tath pratyakadaraneu keucid arieu jteu na ciram iva jviyatti Interessante anche ChU VIII.10.1. 29 Il termine svapna appare anche in due rayaka: nellAitareya due volte e in khyyana, quattro volte. Gli rayaka del gveda contengono una lista di sogni e dei loro significati, cos come dei pratyakadarnni, scene viste con i propri occhi: Ai III.2.4; khyana rayaka (S) VI.2, XI.3; Kauika Stra XLVI.9 ecc. (MACDONELL - KEITH, 1995 [1912], VOL. 2: 493). In Ai (III.2.4, 16-18) e S (XI.3) il sogno un simbolo, ossia un indicatore di eventi futuri. Il primo passaggio insegna che se il sognatore vede qualcosa di simbolico in un sogno, a causa di quel contenuto, in futuro pu accadere qualcosa di fausto o infausto (LAYEK, 1990: 13).
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dhenu kavats naladaml dakimukho vrjayati. sa yady ete kicit payed upoya pyasa sthlpka rapayitv rtrsktena30 pratyca hutvnyennnena brhman bhojayitv caru svaya prnyt ...31 Ora i sogni. Colui che vede un uomo nero, con denti neri e questi lo uccide; [quando] lo uccide un cinghiale; una scimmia salta su di lui; il vento lo trasporta velocemente via; dopo aver ingoiato delloro lo sputa; mangia del miele; si ciba di germogli; porta un solo loto; se ne va con degli asini e cinghiali; con una ghirlanda di fiori [rossi] nalada (Hibiscus Rosa Sinensis) egli, diretto verso il sud, conduce una vacca nera, con un nero vitello.32 Se costui vedesse qualcosa tra queste [elencate], dopo aver digiunato [quel giorno], avendo fatto cuocere del riso nel latte in un piatto di terracotta e averlo oblato [nel fuoco] con ogni strofa33 dellinno alla notte (rtrskta) e con dellaltro cibo avendo fatto mangiare dei brhmaa, egli stesso si cibi delle focacce sacrificali 34

Questa per noi la prima delle tre fasi attraverso le quali dovette passare lo studio del sogno e la riflessione su di esso (svapnavicra) nel periodo pi arcaico della storia letteraria e del pensiero indiano. Prima di presentare brevemente le altre due, provvediamo a entrare pi nello specifico di questa prima fase antica propria della letteratura vedica in quanto tale, nelle sue espressioni quali le Sahit, i Brhmaa, gli rayaka e le Upaniad, riservandoci di chiarire o leggere passaggi pi sintetici e criptici mediante opere recenziori, come le due maggiori epiche e la letteratura purica, forzieri immani di esperienze, esempi e trattazioni riguardanti il sogno. Nelle Sahit la parola svapna usata in varie accezioni (BLOOMFIELD, 1990 [1906]: 1048-1049), nel senso sia di sonno generico, 35 sia di sonno profondo,36 poi nel senso di
V X.127. Alcuni passaggi del AiB qui citati sono molto simili Mrkaeya Pura (40.1-33). In particolare si veda 40.27: urarsabhaynena ya svapne daki diam/ prayti ta ca jnyt sadyomtyu narevara//. Sempre nello stesso capitolo si elencano dei segni di avvicinamento della morte, tra i quali quelli narrati ai versi 15-20, 27, 29 e 31-33 riguardano i sogni. 32 Si noti che il cadavere di un hitgni deve essere abbigliato con una ghirlanda di fiori nalada (KANE, 1977 [1962], VOL. IV: 203, n. 481); il sud direzione dei pit (B I.2.5.17), cosicch il sogno indica una morte vicina (KANE, 1977 [1962], VOL. V, PART 2: 731, n. 1163). 33 Keith (1995 [1909]: 254) indica il solo mantra 16 dellinno X.127. Noi, invece, leggiamo con Syaa lintera recitazione dellinno a partire dalla prima formula, accompagnando a esse le oblazioni di latte, o, non dimentichiamolo, di riso cotto nel latte poich pyasa pu avere entrambi i significati. Anzi, per evidenti ragioni fisiche, ossia per evitare lo spegnimento del fuoco potrebbe essere pi indicata la resa come riso cotto nel latte. 34 Esiste un passaggio parallelo in Skhyana rayaka (S VI.2). Non possiamo concordare con coloro che intendono qui e in Ai il termine svapna come sonno (LAYEK, IBID.), poich ogni visione sarebbe menzionata non potrebbe verificarsi se non in sogno. 35 Proponiamo alcuni passaggi nei quali, a nostro parere, la parola svapna indica decisamente il sonno (V VIII.2.18): icchanti dev sunvanta na svapnya sphayanti/ yanti pramdam atandr//, Le divinit desiderano [luomo] che sacrifica per ottenere il soma, non [lo] desiderano per il sonno, [cos] essi privi di pigrizia raggiungono lebbrezza. Per Syaa svapna significa svapnvasth e anche il contesto indica che il
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sogno (PINAULT, 2009: 235-254) e nel senso di entit o principio divino tutelare dellattivit onirica (LAYEK, 1990: 8). Il pi antico riferimento al sogno in quanto tale proprio nel testo del V, dove si descrive un incubo. Nonostante ci, non appare chiaro se a far paura sia semplicemente lesperienza e la possibilit di fare un brutto sogno o il contenuto del sogno, con la probabilit che esso si attui durante la veglia (DONIGER, 2005 [1984]: 3637). Qui troviamo un esempio in un inno a Varua (V II.28.10), in cui il poeta canta in questo modo (PINAULT, 2009: 251-252; ESNOUL, 1959: 214):
yo me rjan yujyo v sakh v svapne bhaya bhrave mahyam ha/ steno v yo dipsati vko v tva tasmd varua phy asmn// O re! Chiunque, sia esso un aiutante o un amico o chiunque altro, annuncia a me impaurendomi che, in un sogno, ha colto un pericolo, ladro o lupo che intenda arrecarci danno, da ci tu proteggici, o Varua.

In questa circostanza il testo intende come reali ambedue le paure rappresentate dal ladro o dal lupo, il cui pericolo colto nel momento onirico. Ivi, le due condizioni sono poste sullo stesso piano, ci che veramente si teme e da cui si chiede la salvaguardia che la visione onirica del possibile attacco durante la veglia non si trasformi in realt nella sfera della quotidianit (MACDONELL KEITH, 1995 [1912],
VOL. 2: 493).
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Ancora questambiguit protagonista in ci che potremmo chiamare sogno a occhi aperti e che ritroveremo trattato in epoca ben differente e con ben diverso taglio. Tuttavia quello che nelle opere vedntiche sar chiamato jgtsvapna, ovvero sogno mentre si veglia, fin dallalba dei testi vedici assume le stesse tinte opache e
significato sia pi plausibilmente sonno. Infatti, il sacrificatore non pu spremere le piante per preparare la bevanda inebriante, se dorme. Lo stesso mantra appare in Jaiminya Sahit (III.7.9), Kauthumya Sahit (II.31) e AVS (XX.18.3). Anche nel Jaiminiya Brhmaa (I.98, II.363 e II.370) la parola svapna significa sonno. Lo stesso vale per lo atapatha Br. III.2.2.23, XII.9.2.2; Upnayana Brhmaa e Agnydheya Brhmaa III: va dhsyamna rtr jgrati tamo v andha svapnas tamaso eva enam andhaso mucati ilpair gyanti (LAYEK, 1990: 9-10). 36 Esempi di questa funzione di svapna si hanno in V II.15.9a, dove Gtsamadha prega Indra dicendo che lui ha ucciso Camuri e Dhuni gettandoli in svapna: svapnenbhyupy camuri dhuni ca jaghantha dasyu pra dabhtimva/, Tu hai ucciso i dasyu Camuri e Dhuni avendoli ghermiti con il sonno profondo, proteggesti Dabhti, Qui Syaa interpreta il termine svapna con drghanidr, un sonno prolungato. Qui svapna impiegato come unarma capace di tenere i demoni lontani dal sacrificio. Il sonno li assale acciocch essi non possano nuocere durante allintero svolgimento del rito. Vekaamdhava commenta cos: nidr nidhya svapnantam ta dasyu hatavn asi, Avendolo gettato nel sonno, tu hai ucciso quel dasyu mentre dormiva. Wilson (1997 [1850-188], VOL. 2: 38) interpreta sonno profondo, in quanto in questa condizione la mente cessa di funzionare, rimane inattiva. Per questo il desiderio distruttivo dei demoni non pu porsi in atto (IBID.: 9-10). 37 In AVS X.3.6 c un passaggio analogo, dove un brutto sogno viene identificato a una fiera selvaggia.

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infide dellottundimento. Il V (X.164.5) ancora, considera ci come un male che si desidera capiti ai propri nemici:38
ajaimd ysanma cbhmngaso vayam/ jgratsvapna sakalpa ppo ya dvimas ta sa cchatu yo no dvei tam cchatu// Noi abbiamo conquistato oggi, abbiamo vinto, divenimmo privi di colpa. Il pensiero colpevole che si ha col sogno durante la veglia, questo raggiunga chi odiamo, quello raggiunga chi ci odia.

Nella terza strofa del medesimo inno (X.164.3) sembra che gi ci sia un accenno alla contrapposizione tra veglia e sogno o sonno, mantenendo che qualsiasi colpa si commetta in una o laltra condizione, questa va comunque rimossa da parte del benigno Agni:
yad as niasbhiasoprima jgrato yat svapanta/ agnir vivny apa duktny ajuny re asmad dadhtu// Qualsiasi colpa abbiamo commesso per desiderio, senza volerlo o contro il nostro volere, vegliando o dormendo, il fuoco possa allontanare da noi tutte quelle indegne male azioni.39

Suggestivo altres il richiamo dello Yajurveda bianco (YVVMS) nel primo mantra del celebre passaggio denominato anche ivasakalpa skta (34.1-6). Queste battute, che meriterebbe grande attenzione esegetica, racchiudono implicazioni che potrebbero ricordare quelle della lingua ossimorica delle Upaniad, indubbiamente significative per la successiva speculazione sul mondo mentale e le sue svariate condizioni:
yaj jgrato dram udaiti daiva tad u suptasya tathaivaiti/

La recitazione di questinno, a cominciare da X.164.1: apehi manasaspate pa krma paracara fino alla fine di X.164.5: ya dvimas ta sa cchatu yo no dvei tam cchatu//, utilizzata per eliminare le conseguenze nefaste di alcuni tipi di sogni. La testimonianza ci viene dal gvidhna IV.20.1: apehti japet skta ucir dusvapnananam/ (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 728-729 e n. 1157). 39 Wilson (1997 [1850-1888], VOL. 4: 558) propone unaltra traduzione: Whatever sin we have committed by speaking to (others), speaking against (others), speaking (evil) about (others), whether waking or sleeping, may Agni remove all such hateful sins far from us. Noi per seguiamo pi da vicino Syaa che interpreta as con abhilea, per cui rimaniamo fedeli fino alla fine alla lettura proposta.
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dragama jyoti jyotir eka tan me mana ivasakalpam astu// Quel divino che per chi veglia sorge lontano, quello che invero per chi dorme allo stesso modo ritorna, lunica luce delle luci che va lontano, quella, la mia mente abbia una benevola determinazione.

Ritorniamo ora sul tracciato principale, quello relativo a dusvapnya. Unimportante sezione dellinno V VIII.47 (14-18) riguardante ancora gli incubi,40 presenta notevoli analogie con quanto qui sopra presentato e con AVS XIX.56.4 (corrispondente ad AVSP III.8.4)41 (STUHRMANN, 2009: 21-22; TRIPH, 1987: 158). Una delle analogie, oltre che alcune parti delle strofe quasi identiche, il riferimento a Trita ptya, che come abbiamo riferito in nota (52), seguendo le indicazioni di Syaa, sembra appunto il vate mantradra di questo skta e di altri ancora con contenuti simili. In una nota alla sua traduzione H. H. Wilson (1997 [18501888],
VOL.

3: 527) scrive che secondo Roth, Trita ptya deve essere considerato una

divinit dwelling in remote distance, and consequently evil was sought to be transferred to him :
yac ca gou dusvapnya yac csme duhitar diva/ tritya tadvibhvaryptyya par vahnehaso va taya sutayo va taya// 14 // nika v gh kavate sraja v duhitar diva/ trite dusvapnya sarvam ptye pari dadmasy anehaso va taya sutayo va taya//15// tad annya tad apase ta bhgam upasedue/ tritya ca dvitya coo duvapnya vahnehaso va va taya sutayo va taya// 16 // yath kal yath apha yatha a san naymasi/ ev dusvapnya sarvam ptye sa naymasy anehaso va taya sutayo va taya// 17 // ajaimd ysanma cbhmnagaso vayam/ uo yasmd duvapnyd abhaimpa tad ucchatv anehaso va taya sutayo va taya// 18 // Figlia del cielo [Ua, LAurora], qualsiasi genere dincubo sui nostri armenti si posa, o su noi, o figlia della luce, mantienilo lontano per Trita ptya: le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (14). Figlia del cielo qualsiasi sogno si posa su coloro che modellano loro, noi rimettiamo tutti i nostri incubi a Trita

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A proposito dellallontanamento degli incubi si vedano anche V X.36.4 e X.37.4 (KANE, 1977 [1962], VOL. 5,

PART 2: 729).

Pinault (2009: 241-242) afferma che in questo passaggio e in AVSP II.57.4 esiste una precisa correlazione tra i termini jlpi- sciocchezza, scemenza e il contesto dellincubo.

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ptya; le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (15).42 Ua, conduci [altrove] lincubo per Trita e Dvita,43 a colui il cui cibo e attivit questo, a colui che viene a prendere la propria parte: le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (16). Come [nel sacrificio] noi raduniamo le porzioni cos come si deve e [come si deve] lo zoccolo, e come ci liberiamo di un debito, cos noi rimettiamo tutti i nostri incubi a Trita ptya; le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (17). Noi abbiamo conquistato oggi, abbiamo vinto, divenimmo privi di colpa. Ua che quellincubo se ne vada, ci da cui fummo atterriti; le tue grazie non possono essere ostacolate da alcuno, le tue protezioni sono buone (18).

In quelle che sono probabilmente le strofe pi antiche relative a duvapnya (V V.82.4-5), il poeta prega (HOUBEN, 2009: 44-45, 55-56):44
ady no deva savita prajvat sv saubhagam/ par dusvapnya suva// 4 //45 vivni deva savitur duritni par suva/ yadbhadra tan na suva// 5 // O dio Savit! Oggi produci per noi benessere provvisto di progenie e allontana atterriti gli effetti degli incubi (4); o dio Savit conduci lontano tutte le colpe e conferisci a noi ci che di buon auspicio (5).

42 Si registri che lvalyana Ghya Stra prescrive la recitazione di questi due mantra in seguito alla visione di un incubo. Il Kautaki Ghyastra (V.5.1-2) procede cos: svapnadarane niym. kkaabdakrnte ca. anyeu cdbhuteu ca payas caru rapayitv sarpavatsy go payasi. na tveva ky. rtrisktena pratyca juhuyt. hutaea mahvyhtibhi prya bhadra karebhir iti karau atam in nu arado anti dev ity tmnam abhimantrya brhmaebhya kicid dadyt ..., Se un uomo vede un incubo o il gracchiare di un corvo udito durante la notte, o nel caso di altri accadimenti straordinari (adbhuta), costui dovrebbe cuocere dei chicchi di riso nel latte di una vacca cha abbia un vitello dello stesso [suo = della vacca] colore, anche se mai di una vacca nera, e sacrifichi ci mediante il Rtrskta (gveda X.127) verso per verso e avendo consumato i resti delloblazione con le mahvyhti, nonch, avendo recitato ai suoi orecchi il verso bhadra karebhir (gveda I.89.8) e avendo recitato su di s il verso atam in nu (gveda I.89.9) doni qualcosa ai brhmaa ... Si compari con Mava Ghya Stra (MGS) II.15: yadi dusvapna payed vyhtibhis tiln hutv dia upatiheta e MGS II.14.1-3 (STUHRMANN, 2009: 26). 43 Per linterpretazione di Dvita si veda Syaa ad B I.2.3.1. 44 Houben (2009: 44-47, 54-56) aggiunge che il mantra si ritrova anche nel Smaveda (SVS I.2.1.5.7 = I.333) con minime variazioni e serve da base per un canto, in metro gyatr nel V. Il verso, come anche altri dello stesso genere (V VIII.47.14-18) in questione era chiaramente inteso a procurare benessere (saubhaga) e a prevenire o annullare duvapnya, probabilmente nellevolversi di un piccolo rituale, per cui si veda valyana Ghya Stra (III.6.5). Il Smavidhna Brhmaa (I.8.7) prescrive lintonare una specifica melodia con un certo verso, in occasione di cattivi sogni. Nella fattispecie il testo ingiunge di cantare il secondo sman del testo gvedico V.82.4, quindi con intonazione propria del SV, delineando una precisa connessione rituale tra i due passaggi. 45 Lo stesso mantra appare in Smaveda (SVS) al samn numero 141.

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A questo proposito si pu riscontrare una tendenza ben precisa. Il cantare o salmodiare delle formule, la recitazione di mantra con la richiesta a una divinit di annullare o allontanare gli incubi e i loro effetti, oppure la richiesta posta direttamente allessere sottile che provoca gli incubi di andare a far visita al proprio nemico, tutto ci non provoca degli effettivi cambiamenti nel mondo esterno, infatti, questo tende a rimanere relegato a una sfera decisamente mentale. A ci si aggiunge la credenza, poi divenuta regola scritta (Svapnacintmai I.21; Suruta Sahit Stra Sthna 29.67) che se i sogni sono ricordati e, se ricordati, poi esternati e raccontati a qualcuno, solo allora producono effetti. Questo suggerisce che le azioni correttive e di pacificazione sindirizzano precipuamente e precisamente alla psiche dellindividuo, alle impressioni di un incubo che egli mantiene, nonch allinterpretazione che egli stesso ne d (HOUBEN, 2009: 54). Risulta dunque chiaro che il sogno e la simbologia a esso legata non tratta di una realt oggettiva del sogno, o meglio di una realt oggettiva tout court, questione che nel Vednta registreremo come differenziazione tra reame vyvahrika e prtibhsika. Altri tre mantra gvedici (X.162.5-6) gettano le fondamenta a quello che diverr in seguito un topos letterario. Si racconta di un incubo che incanta una donna assopita. Questa stessa entit presente nellincubo si trasforma in una persona che possiede la donna, o si muta quando costei si desta o anche manipolandone la mente quando la donna sotto il potere di un incantesimo o preda di unillusione (STUHRMANN, 2009: 2425; PINAULT, 2009: 252):46
yas tv bhrt patir bhtv jro bhtv nipadyate/ praj yas te jighsati tam ito naymasi// 5 //

yas tv svapnena tamas mohayitv nipadyate/ praj yas te jighsati tam ito naymasi// 6 //
Colui che, essendosi mutato in tuo fratello, in tuo marito o nel tuo amante, ti si approccia, colui che desidera uccidere la tua progenie, noi lo scacciamo di qui (5). Colui che, avendoti incantato col sogno o con la tenebra, ti si approccia colui che desidera uccidere la tua progenie, noi lo scacciamo di qui (6).

In V X.162, il i Rakoha va da Agni per fare in modo che di indicare unespiazione alla grave colpa delluccisione di un embrione, in qualsiasi forma essa sia (si confronti con la nota 47): yadas nivasbhiasoprima jgrato yat svapnanta/ agnir vivannyapa duktnyajunyre asmad dadhtu// 3 //, Possa Agni allontanare da noi tutte le azioni cattive e indesiderabili che noi possiamo aver commesso mentre svegli o mentre sogniamo, sia pure siano state esse per nostro desiderio o imprecazione o per mancanza di esso [= desiderio] (IBID.).
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Il termine svapna indicherebbe ancora lincubo, dusvapna, poich negli incubi creature infere possono apparire e ingannare le donne, tanto da arrecare danno ai feti che giacciono nei loro grembi. Nel sonno profondo questaccadimento non possibile. NellAVS (V.7.8) il kavi vedico cerca di propiziarsi Arti, rendendole omaggio ripetutamente, affinch costei freni la sua bramosia. Lei, identificata alla mancanza di generosit e allinvidia, capace di sconvolgere lintelletto degli uomini assumendo laspetto di una donna nuda, anche in sogno e provocare una polluzione involontaria, conosciuta anche col nome di svapnadoa:
uta nagn bobhuvat svapnyay sacase janam/ arte citta vrtsanty kt puruasya ca// O Arti, oppure prese le forme di una donna nuda visiti in sogno una persona, sconvolgendo la mente e linterno delluomo.

Nel Kma Brhmaa del Khaka Sakalana (KS, 20), si fa menzione di unespiazione nella quale, al fine di essere liberati dalla colpa delluccisione di un embrione durante un sogno o da una polluzione notturna,47 si dovrebbero offrire delle zucche in oblazione (1981 [1943]: 87):
o atha kmair juhuyd yo pta iva manyeta yad arvcnam eno bhrahatyys tasmn mucyeyam ity ayonau v reta siktvny atra svapnd / Ora offra oblazioni con delle zucche, colui che si ritiene come fosse impuro: Che io mi possa liberare da ci, dallassassinio di un embrione, ci che sia una colpa recente, oppure durante il sogno avendo emesso il seme in una matrice non consona o altrove

Anche qui il significato del termine svapna sogno, perch la polluzione notturna, di qualsiasi natura sia, pu presentarsi solo quando si hanno sogni os, non

In questo caso sembra quasi che il testo ponga sullo stesso piano la polluzione e luccisione di un embrione durante il sogno. Probabilmente quelleiaculazione non essendo stata correttamente indirizzata alla matrice della moglie, seme sprecato e pertanto come se fosse stato ucciso. A nostro parere i termini iva e arvcna sono la riprova che il tutto avviene in sogno (si veda la nota 46).
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di certo durante il sonno profondo. Questespiazione stata concepita per purificare colui che ha avuto una polluzione notturna. In ogni modo, ci che a noi importa, che in tutti questi passaggi vi la certezza che la parola svapna conviene il significato di sogno. Per questa ragione sembra che una condizione di causa-effetto possa essere stabilita tra il contenuto della conoscenza onirica e alcuni avvenimenti futuri. Il sogno in verit duplice: un sogno che si fa a occhi aperti (jgratsvapna) e un sogno che si fa dormendo (suptasvapna). Solitamente il primo si ha durante il d (divsvapna), mentre il secondo con la discesa delle tenebre notturne (rtrisvapna). Se dovessimo per sommare queste possibilit, ci troveremmo di fronte a una quadripartizione del sogno, come sembra confermare lAK (X.7.4): yaj jgrad yat supto yad div yan naktam Queste divisioni possono essere raggruppate in due grandi sezioni, a seconda del punto di vista. Se lottica temporale allora abbiamo il sogno notturno e diurno, se invece il taglio riguarda gli stati di coscienza, allora avremo il sogno nella veglia e il sogno nel sonno (TRIPH, R. N., 1987: 157). Comunque sia, da qualunque ottica lo si osservi, il sogno ha, di fatto, un duplice effetto: fausto e infausto. Per questo la recensione aunakya dellAtharvaveda Sahit (AVS), dedicando due interi inni al sogno (XIX.56-57, WHITNEY, 1996 [1905],
VOL.

2: 993-998), entrambi sarebbero

presentano unapplicazione (viniyoga) allinterno dei riti atti a cancellare gli effetti dei sogni malaugurali. Il secondo dei due, per mostra come il veggente inneggi al sogno cantandone anche gli aspetti propizi (XIX.57.3):
devn patnn garbha yamasya kara yo bhadra svapna/ sa mama ya ppas tad dviate pra hima// lembrione delle mogli degli di, la mano di Yama, il buon sogno; quello stesso mio [sogno] malefico, quello noi lo mandiamo a colui che ci odia.

Ancora la stessa Sahit (AVS)48 al passo XIX.56.1, descrive il lato oscuro del sogno, o del sonno (difficile qui tracciare una netta linea di demarcazione tra i due), e la sua provenienza.49 Non certo chi sia lasura di cui parla linno, ma con tutta
Lo stesso senso infausto espresso nella recensione Paipplada dellAtharvavedasahit (AVSP) in numerosi inni e mantra, tra i quali ricordiamo: XVII.24.1, III.8.1. 49 Whitney (1996 [1905], VOL. 2: 993) sottolinea correttamente che durante tutto il breve inno la parola svapna, deve essere intesa nel senso di dusvapna, evil-dreaming. Si veda altres la considerazione proposta
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probabilit Yama (HALE, 1999 [1986]: 100-101). Il verso significa che il sogno stato creato nel mondo governato da Yama (WAYMAN, 1967: 6), prima che giungesse nel mondo degli uomini:50
yamsya lokd adhy babhvitha pramd mrtyn pr yunaki dhra/ ekkn sartha ysi vidvnt svpna mmno surasya ynau// 1 //51 bandas tv gre vivacay apayat pur rtry janitor eke ahni/ tata svapnedam adhy babhvitha bhiagbhyo rpam apaghamna// 2 // bhadgvsurebhy dhi devn pvartata mahimnam icchn/ tsmai svpnya dadhur dhipatya trayastrisa svr nan// 3 // nait vidu pitaro neti dev ye jalpi caraty antaredam/ trite svapnam adadhur ptye nara dityso varuennuih// 4 // yasya krram abhajanta dukto svapnena sukta puyam yu/ svar madasi paramea bandhun tapyamnasya manaso dhi jajie// 5 // vidma te sarv parij purastd vidma svapna yo adhip ih te/ yaasvino no yaaseha phy rd dviebhir apa yhi dram// 6 // Tu sei sorto dal mondo di Yama. Tu saggio, ti unisci ai mortali a tuo piacimento; tu che sai, vai in alleanza con il solitario, forgiando il sogno nella matrice del titano (1). In principio il tuo amico ti ha visto un solo giorno, prima del nascere della notte. Da allora, o sogno, tu sei venuto qua, celando ai medici il tuo aspetto (2). Egli dai grandi armenti, cercando grandezza si volse dai titani verso gli dei. A quel Sogno i trentatre, raggiunto il cielo, concessero la supremazia (3). Non lo conoscono n gli antenati n gli dei, questi il cui mormorio si aggira qui. In Trita ptya52 gli uomini e gli ditya istruiti da Varua posero il [brutto] sogno (4). Di colui del quale i malvagi condivisero la malvagit; i pii invece, per la mancanza di questo sogno [parteciparono di] una vita pura; tu nel cielo ti inebri col tuo amico migliore, tu che nascesti dalla mente di colui ch tormentato (5)53 Noi conosciamo tutti i tuoi servi [che ti stanno] dinnanzi; o Sogno, noi conosciamo chi

dallAnukramai dellAVS, cio che gli inni 56 e 57 sono da leggersi insieme come un inno unico in undici stanze. La supposizione sarebbe suffragata da V VIII.47.15 e 17, materiale che corrisponde a AVS 56.4 e 57.1. 50 La frase surasya ynau appare anche in gveda X.31.6. 51 Il verso corrisponde ad AVSP III.8.1. 52 Trita il nome proprio di un saggio vedico, mentre ptya il suo patronimico significante progenie delle acque. Si confronti con V VIII.47.13-18. 53 Il participio medio tapyamnasya potrebbe indicare anche chi pratica lausterit, o colui che ha una mente infervorata, surriscaldata. Questultima accezione potrebbe precorre le questioni fisiologiche relative al sogno dovuto allumore biliare (pitta), che provoca grande calore fisico, rossore e agitazione mentale.

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qui il tuo reggitore. Proteggi noi con la gloria del glorioso, vattene lontano insieme agli odi (6).54

Questi versi lasciano intuire una personificazione del sogno (sonno). Vi troviamo anche un certo eco allaspetto del sogno come divinit. 55 S. Layek (1990: 12), proprio a questo proposito, ossia della vera e propria deificazione di svapna, afferma vi siano rare ma significanti illustrazioni, soprattutto nella letteratura vedica pi tarda. Per esempio, ancora Layek (IBID.) dice che nella Khaka Sahit (YVKS 37.15), una delle recensioni dello Yajurveda (YVS) nero (ka), siano menzionati dei sacrifici non meglio identificati se non col lappellativo sab sacrifices, ma di cui non si ha notizia, nei quali si offrirebbe unoblazione al dio Svapna per sopraffare un attacco avversario di qualcuno che vuole nuocere al sacrificatore mentre addormentato:
pthivyai svhntarikya svh dive svh kmya svh svapnya svh ahne svh rtryai svh Alla Terra svh, allAtmosfera svh, al Cielo svh, al Desiderio svh, al Sogno svh, al Giorno svh, alla Notte svh56

Seguiamo la traduzione italiana di C. Orlandi e S. Sani (1992: 341-342) con qualche variante dettata dalla nostra sensibilit e dalla resa di Whitney (1996 [1905], VOL. 2: 994-996); per le discussioni prettamente linguistiche e filologiche rimandiamo a queste opere. Vari traduttori e studiosi vedono questinno volto al sonno, per, sebbene la sfumatura sia minima, a noi piace intenderlo come dedicato al brutto sogno. 55 Un mantra interessante in AVS X.3.6 (AVSP XVI.63.1): svapna suptv yadi paymi ppa mga sti yati dhvd ajum/ parkavc chakune ppavdd aya mair varao vrayiyate//, Se dopo esserti addormentato avrai un cattivo sogno, se un animale silvestre correndo ha un movimento sgraziato, da un eccessivo starnutire e dal malaugurante verso di un uccello, questo amuleto varaa [ti] protegger. Esiste unaltra lectio della voce verbale vrayiyate come vraytai. Si confronti con Kauika Stra (KS) 46.9: paro pehi yo na jva iti svapna dv mukha vimri. Questultimo pure fa parte di quella serie di versi inclusi conosciuta come dusvapnanana gaa. Interessante altres notare che il i della stragrande maggioranza dei mantra di questa serie sempre Yama, di cui abbiamo visto il sogno essere strumento principale. In effetti, vedremo come tra i segni precursori della morte vi siano sogni molto peculiari e ben caratterizzati (Si veda la nota n. 25). 56 Comunque, sebbene si possa anche sostenere una personificazione del sogno come divinit, o come essere divino da pacificare, la relazione pi ovvia ci pare con entit s da pacificare e con una certa patina divina, ossia con un principio che governa il fenomeno onirico in quanto tale. Si sappia inoltre, per inciso, che svh linvocazione che accompagna tutte le oblazioni rivolte ai deva, contrapposta a svadh, legata alle oblazioni ai pit. Secondo la tradizione svh va cos interpretata: sva nyatti svh, ci che distrugge il proprio [ego], cosa che permette di non auto-discriminarsi dallego universale ed usata solo per i viventi. Svadh invece, sarebbe: sva dhrayatti svadh, mantenere [indistinto] il proprio [dallego universale]. Il termine viene inoltre cos interpretato su obhana sarvath ha tyga, il che richiama precisamente la definizione di sacrificio. Oltre a ci, vi uninteressante risvolto grammaticale. Il termine svh, come altri, richiede sempre il dativo, in quanto tale caso indica tecnicamente una totale cessione dei diritti esercitati su qualcosa a beneficio di qualcun altro: svasvmitvasabandhatygaprvakam aparasvmitvasabandhasthpanam, per cui anche la grammatica richiama questidea. Se la cessione fosse solo temporanea e non definitiva, ci al quale qualcosa andrebbe prestato, si esprimerebbe in genitivo (PELLEGRINI, 2010: 168, n. 80).
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In un altro testo della tradizione dello YVS,57 questa volta il bianco, ovvero nella Mdhyandina Sahit (MS 30.10) in un sacrificio umano (puruamedha) il veggente prega anche la divinit tutelare che presiede il sogno e, diciamolo pure, il sonno, offrendogli un uomo cieco:
utsdebhya kabja pramude vmana dvrbhya srma svapnyndham adharmya badhira pavitrya bhiaja prajnya nakatradaramikyai prainam upaiky abhipranina marydyai praavivkam ...58 [Si offra in oblazione] un gobbo alle [divinit delle] sventure, un nano alla [divinit della] gioia, alle [divinit delle] porte un uomo con occhi [costantemente] umidi, alla [divinit del] sogno un uomo cieco, alla [divinit dell] ingiustizia un sordo, alla [divinit di] ci che puro un medico

Layek (1990: 12) interpreta cos il passaggio concettuale da svapna come sogno a svapna come divinit:
I would like to throw some light on how this dream has been elevated to the status of the deity. As it is well known, one performs an expiation, in order to satisfy the concerned deity when some shortcomings take place in that performance. Whenever may be the consequence, no one knows that. Still then, after performing the expiation a performer feels satisfaction. Of course, whom we worship he has to be superior one. And having known His functional aspect only we pay our homage to Him. Keeping this view in mind our mentality has developed to treat Him as deity. And hence, in the later Sahits dream has got the status of a deity ...

Certamente, la conclusione di Layek un po troppo superficiale e frettolosa, perch nei testi successivi lequazione sogno divinit tuttaltro che comune ed evidente. Comunque largomento meriterebbe uno studio a parte. Altri passaggi interessanti, nei quali i veggenti vedici si premurano di procurare uno scudo di formule alluomo che si imbattuto i sogni infausti in AVS VI.46.1-2 (analoghi a AVSP III.30.3-4)59 e AVS VII.100.1:
57

Si vedano anche Vjasaneyi Sahit XX.16; atapatha Brhmaa III.2.2.23 (MACDONELL-KEITH, 1995 [1912],

VOL. 2: 493).

Si veda anche Taittirya Brhmaa (TaiB) III.4.6, ove si riscontrano gli stessi mantra. Syaa glossa svapnya con svapnbhimnine [devya].

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yo na jvo si na mto devnm amtagarbho si svapna/ varun te mt yama pitrarur nmsi// VI.46.1 // vidma te svapna janitra devajmn putro si yamasya karaa/ antako si mtyur asi/ ta tv svapna tath sa vidma sa na svapna dusvapnyt phi// 2 // Tu che sei vivo, non morto, o sogno, sei lembrione immortale degli dei: tua madre Varun, tuo padre Yama e il tuo nome Araru60 (1). O sogno! Noi conosciamo il luogo della tua nascita; tu sei il figlio delle sorelle degli dei; tu sei laiutante di Yama; tu sei il distruttore; tu sei la morte; o sogno! Noi conosciamo te come tale: o sogno! Salvaci tu dai sogni malefici (2).61 paryvarte dusvapnyt ppt svapnd abhty/ brahmham antara kve par svapnamukh uca// VII.100.1 // Io mi giro [e giaccio sullaltro mio lato] dai sogni malefici, dagli incubi, dalla mala sorte; io rendo il brahman [= la preghiera vedica] la mia difesa; io allontano le pene che vengono dai sogni.62

Luomo vedico, oltre a richiedere la costante protezione dai brutti sogni, dagli incubi e dagli effetti nefasti dei sogni, si dimostra anche conscio degli errori e delle mancanze che potrebbero venire da lui. Questi sono possibili tanto durante la veglia quanto durante il sonno, ma, ci sentiamo di specificare che la natura attiva della
AVS XVI.5.1-10 (analoghi a AVSP XVII.24.4-11) riprendendo questo stesso passo dedica un intero inno al principio tutelare del sogno come liberatore dagli incubi. La differenza notevole con il VI.46.2 che in ognuno dei mantra di XVI.5 muta la dicitura a proposito di chi sia figlio il sogno. Avremo dunque in sequenza: figlio di ci che ghermisce (1, grh), dellozio (2, nirt), dellinsuccesso (3, abht), della deviazione (4, nirbht), della sconfitta (5, parbht), delle mogli degli dei (6, devajm) (TRIPH, R. N., 1987: 158-160). 60 Secondo V X.99.10 Araru un demone con quattro piedi (ORLANDI-SANI, 1992: 338). Impossibile qui evitare di ricordare le quattro avasth o le quattro forme di vc. 61 Il Kauikastra (KS, 8.20; 46.11) prescrive vari versi dellAV come pacificatori (nti) in caso di brutti sogni: Vedendo un [brutto] sogno, un uomo si lava la faccia con i versi dellAV (VI.45.1 e 46.1); se vede un sogno terribile offre nel fuoco delle focacce di granaglie miste, oppure in unaltra direzione [quella del campo del suo nemico]; muta il lato su cui dorme con il mantra dellAV (VII.100.1); vedendo s stesso che in sogno mangia, egli recita il mantra dellAV (VII.101.1) e guarda oltre; con il verso vidma te (AV VI.46.2) tutti i sogni brutti svaniscono. Ancora il Ktyyana rauta Stra (25.11.10) prescrive una formula simile per la ripetizione, quando un iniziato (dkita) ha un sogno non propizio: dkito manoja svapna dv japet paryvarte dusvapnyt ppt svapnd abhtyai/ brahmham antara karave para svapnamukh kdhti// (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 732). 62 Di seguito abbiamo AVS VII.101.1: yat svapne annam nmi na prtar adhigamyate/ sarva tad astu me iva nahi tad dyate div//, Quel cibo che io mangio in sogno e che non viene trovato al mattino, tutto quello mi sia propizio, poich quello non si vede durante il giorno. Si veda un verso corrispondente in pastamba rauta Stra (X.13.11) e Hirayakein Ghya Stra (I.17.4) (WITHNEY, 1996 [1905], VOL. 1: 461).
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visione onirica pi adatta a compiere un qualche tipo di colpa che, come abbiamo visto, ha la possibilit di essere espiata (AVS VI.96.3): yac caku manas yac ca vcoprima jgrato yat svapanta/ somas tni svadhay na puntu// Se abbiamo recato offesa con gli occhi, con la mente e con la voce, vegliando o dormendo, Soma ci purifichi da ci mediante svadh.63 Oltre a quanto detto,64 questi passaggi ci offrono un primo scorcio di quanto i veggenti vedici e luomo vedico in generale vedessero legati il sogno e la veglia, nonch il sogno e ogni entit illusoria.65 Infatti, il V (I.120.12) sembra gi segnalare un atteggiamento di doveroso distacco dal sogno,66 come qualcosa di non reale, di illusorio appunto, che non pu permanere oltre il risveglio (PINAULT, 2009: 251):
adha svapnasya nirvide bhujata revata/ ubh t bastri nayata// Ora io sono distaccato dal sogno e dal ricco che protegge [gli altri]:67 questi entrambi allalba periscono.68

Il testo ricorda da vicino le ben pi recenti le richieste di perdono (kamprrthan) degli inni purici (stotra/stuti) e le lodi in generale. Vediamo anche, come vi sia la richiesta di purificare tanto il verbo e quanto la mente. La menzione dellocchio pu riguardare tutti i sensi, per cui sarebbe da estendere al corpo intero, completando il quadro con una purificazione anche fisica. Orlandi e Sani (1992: 529) intendono la parola svadhay in modo avverbiale, anche se pare poco plausibile. A prima vista sembrerebbe un rimando alla formula che accompagna le oblazioni agli antenati. Si veda la nota 56 (PELLEGRINI, 2010: 168, n. 80). Analogo a questo passaggio c AVS VI.115.2: yadi jgrat yadi svapann ena enasyo karam/ bhta m tasmd bhavya ca drupadd iva mucatm//, Se io comp una colpa vegliando o dormendo, da questa, per il passato e il futuro mi si sciolga come da un ceppo. (STUHRMANN, 2009: 21; TRIPH, 1987: 158). 64 V VIII.2.18 afferma senza mezzi termini come le divinit apprezzino luomo che sacrifica e non lo vogliono che dorma, sogni oppure ozi: icchanti dev sunvanta na svapnya sphayanti/ yanti pramdam atandr//, Gli dei desiderano colui che offre libazioni, non [lo desiderano] per il sonno. Essi, senza ottundimento giungono allebbrezza [provocata dal soma]. 65 Pinault (2009: 246-250) riflette sul sogno come base per le nozioni di visione e delirio nel contesto indoeuropeo. 66 Vale la pena di citare un bel verso messo in bocca al i Agiras da Bhaa Nryaa (VIII sec.) nel suo Vesahra (II.14): grah carita svapno nimittautptika tath/ phalanti kkatlya tebha prj na bibhyati//, I movimenti dei pianeti, i sogni, i segni (nimitta) [come il tremolio], i portenti (utpta) per caso producono alcune conseguenze; gli uomini saggi non sono intimoriti da essi. 67 Altra resa possibile del participio al genitivo presente attivo singolare abhujata di colui che non ne gode, di colui che non ne fa profitto. 68 Si veda la discussione sul passaggio in Triph R. N. (1987: 132).
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Il sogno e il sonno sono elementi imprescindibili per luomo. Daltro canto le divinit sono sempre sveglie, non hanno bisogno di dormire. Chiunque, anche tra gli uomini, per quanto possibile, si privi del sonno (asvapnaj, asvapn) partecipa sempre di pi di caratteristiche divine poich non cede alloscurit, invecchia meno precocemente e permane in una costante attenzione (PINAULT, 2009: 250-251).69 Solo chi sveglio e attento, mentre compie i suoi doveri rituali, quali lo studio e la recitazione ottiene conoscenza (V V.44.13): anubruvo adhy eti na svapan//, colui che ripete comprende, non il dormiente. Come testimoniano vari passi vedici, luomo pu comunque rendersi artefice di colpe in sogno.70 Tenendo ben presente questo fatto dopo lepoca vedica, ossia delle Sahit, ci fu un tentativo di indagare il sogno nelle sue profondit anche psicologiche, al fine di comprendere come il sogno si legasse alle forze caotiche delloscurit. Ivi si inserirono, nei secoli successivi, le opere ancillari quali le appendici (pariia) e i Khilaskta. Naturalmente non possiamo omettere che questo solo un breve e impreciso survey generale sulla letteratura pi arcaica. Innumerevoli altri sono i passaggi che potrebbero esserci daiuto e valutati, tuttavia, per il taglio prettamente vedntico del nostro lavoro, andare oltre non sarebbe opportuno. Ricordiamo inoltre che, proprio per lo sbilanciamento cercato verso lorizzonte del Vednta, abbiamo pensato di trattare le Upaniad allinterno del capitolo 4, interpretandole secondo i commenti dei seguaci della scuola dellAdvaita. Si consideri infatti, che nel Vednta non-duale, ogni volta che si parla di vednta si intendono le Upaniad. Concludendo questa sezione, si valuti che la teoria indiana che gravita attorno allelemento sogno, non soltanto offusca la linea di demarcazione tra sogno e veglia, ma corrobora con dovizia di prove limportanza del sogno come una sorta di fenomeno di mediazione fra i due estremi della veglia e del sonno profondo. Il quarto e inesprimibile stato invero il punto darrivo di tutta lanalisi upaniadica (ESNOUL, 1959: 210-212). Questultimo , in un certo senso, estraneo ma soggiagiente ai primi tre stati presi nel loro insieme, lunico e solo punto a cui tutti gli altri tendono (WAYMAN, 1967: 10). Poich il percorso dei quattro stati considerato come una triplice tappa
69 Si vedano per questi passaggi V II.27.9 dove gli ditya non dormono mai, IV.4.12 dove Agni non dorme (asvapnaj) o anche I.53.1, in cui un dormiente non pu trovare gioielli, simile al nostro chi dorme non piglia pesci (n cid dhi ratna sasatm ivvidan na duutir draviodeu asyate//), VII.2.18, X.63.4, I.143.3 (con la radice sas, -sasant). NellAV si vedano V.30.10, VIII.1.13, XII.1.7, XIX.56.5 e B III.2.2.22. 70 A riprova di ci si dia uno sguardo a V VIII.47.13-18, X.164.3 e AVS VI.45.2

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culminante in una meta assolutamente vera (paramasatya), alcuni pensatori indiani si spinsero a vedere nel sogno una realt pi rarefatta, pi sottile e pi vicina al quarto, ergo pi vera della veglia. Nei sogni si scorgono tanto il reale (sat), quanto ci che tale non (asat, PrU IV.5). Proprio questa natura liminare del sogno la chiave del suo potere e del suo fascino, esercitato anche sui testi successivi. Come la ChU V.2.9, innumerevoli sono i passi in cui il contenuto onirico collegato esplicitamente e ha delle prosecuzioni e ripercussioni sul mondo oggettivo (DONIGER, 2005: 40).71 Al significato del contenuto del sogno dedicato un testo molto interessante, forse la pi antica testimonianza esistente (probabilmente tra il II e il V sec. d. C.; MODAK, 1993: 470-473) che tratti questi argomenti in modo analitico, seppure non ancora in modo strettamente sistematico. Si tratta del capitolo 68 delle cosiddette appendici (pariia) dellAVS.72

I.3: L A

SECONDA FASE : L A THARVAVEDA

P ARIIHA (AVP)

Come si diceva, nel corso dei secoli dalla pratica rituale si svilupp una tendenza indipendente allinterpretazione simbolica dei sogni. Questo nuovo orizzonte prese forma concreta nel 68 capitolo (adhyya) del Pariia allAV,73 nel quale per la prima volta il principio dellinterpretazione dei sogni si riflett con modalit teoretiche. Per via degli elementi specifici dei sogni si fece derivare il loro valore dalla vita reale e, per tale ragione, si azzardarono delle vere e proprie predizioni, che in seguito sfociarono nella redazione di una casistica pedante e cavillosa.

Una delle differenze maggiori tra linterpretazione dei sogni in Grecia e in India sembra proprio la concezione del distacco tra sogno e veglia. Nellorizzonte indiano la distanza tra i due stati ben minore e poco definita, per cui lesperienza onirica era percepita in modo pi vivo e drastico, per cui anche considerata pi pericolosamente riguardo alle sue conseguenze, piuttosto che in Grecia. Oltre a ci, grande la distanza temporale tra lindagine indiana e quella greca, ben pi tarda. Questa minore distanza determin il fronteggiare e affrontare le responsabilit sorte anche da azioni oniriche in modo ben pi netto per gli indiani. Questo atteggiamento si mantenne anche allepoca in cui i sogni erano spiegati come prodotti mentali, immanenti la coscienza individuale. In questo panorama, come vedremo nei capitoli seguenti, la realt cominci a essere dipinta con le tinte del sogno. Di seguito gli Indiani approdarono alla riflessione sul fenomeno onirico anche come metodo realizzativo, inserito nel pi ampio raggio dellavasthtrayavicra. 72 Anche in altri capitoli del testo dellAtharvaveda Pariia troviamo riferimenti al sogno. Per ovvie ragioni ne diamo solo la collocazione: 8.2.5; 30.2.7-8; 32.8; 33.1.10; 33.6.10; 37.5.5; 40.5.4; 46.5.2; 49.4.9; 67.3.2; 69.5.5; 69.6.1. 73 Un testo analogo l di Artemidoro di Daldi (II sec. d. C.) ultima di una serie di opere dedicate allinterpretazione dei sogni i cui antecedenti pi remoti vanno fatti risalire quanto meno allet di Pericle, sette secoli prima. Una delle opere passate alla storia fu quella di Antifonte Sofista, rivale di Socrate, che esercitava la professione di interprete di sogni e portenti (ARTEMIDORO, 2006: 5).
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Le radici delloniromanzia si trovano molto marcate nello sgomento delluomo che cerca di dare un significato a sogni particolarmente vivi, di contenuto traumatico e dagli effetti nefasti. In effetti, sebbene non manchino descrizioni di sogni propizi e di buon augurio, la stragrande maggioranza delle pagine dei testi che trattano dellargomento sono zeppe di descrizioni e risultati degli incubi e dei sogni pi tremendi. Grande dovizia di particolari concessa alle esposizioni di sogni premonitori di malattie e morte. Solitamente proprio per prevenire, lenire o placare il loro effetto che si corre ai consueti ripari rituali. Interessante un particolare analogo sia in Grecia sia in India. Spesso il sognatore vede persone ormai decedute, i quali sono coloro che ora soddisfano quella stessa funzione che nei testi precedenti compivano gli esseri esogeni a cui abbiamo gi accennato nello scorso paragrafo. Questi defunti vengono da una condizione, da un regno, che quello delloltretomba, che sar la condizione futura del sognatore, e per questo sono in grado di rivelargli ci che lo coinvolge ma non ancora accaduto. In seguito, questo genere di eziologia dellaltro mondo lasci gradualmente il posto a uninvestigazione delle condizioni fisiologiche, psicologiche e astrali entro le quali si aveva un determinato sogno piuttosto di un altro. In principio, ed proprio il caso dellAVP 68, non si pot distinguere una netta linea di separazione tra gli argomenti tecnicamente medici, pertinenti alla scienza ancillare (upaveda) dellyurveda, e le questioni nettamente interpretative e astrali, dominio del vedga astronomico-astrologico, il jyotia. La spiegazione dei sogni come fenomeni immanenti la coscienza individuale riguard, in diverse epoche, la diagnosi medica di Caraka, Suruta e Vgbhaa, in quanto specchio di processi fisiologici pi ampi, in fieri allinterno dellorganismo del sognatore. Di contro, una certa patina che potremmo a malincuore anche intendere come psicologica, fu mostrata dalle Upaniad, che giunsero anche a intendere il contenuto onirico come un indicatore della condizione karmica dellindividuo sognante, relazionandolo poi a una preavviso concernente la nascita futura dello stesso. In questo paragrafo ci concentreremo sullanalisi di alcuni dei versi che abbiamo trovato pi significativi dellAVP 68. Prima per di cominciare con la pi specifica trattazione del sogno nellAVP, duopo presentare brevemente questo testo cos poco conosciuto, al quale per si possono riconoscere delle solide radici nella letteratura vedica pi arcaica e che si

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proietta decisamente nella successiva letteratura classica, sia delle epiche, sia dei Pura, come anche dei trattati scientifici: medici, astronomici, diplomatici, ecc ... Un appunto, che pare fondamentale, che il testo come noi labbiamo nelledizione di Leipzig (1909) a cura di George Melville Bolling e Julius von Negelein come affermano gli stessi curatori nella prefazione (1909: v) lungi dallessere definitivamente ristabilito, corretto e attendibile:
We feel no hesitation in declaring that a perfect text of the Pariias is at present unattainable

I due studiosi affermano altres che gli undici manoscritti a loro disposizione erano stati sufficienti per ricostruire uno stemma codicum, in cui sindividu un archetipo delle varie linee tradizionali, databile circa al XVI secolo, sebbene ancora grandemente corrotto. Nonostante i loro sforzi per correggere ed emendare quanto pi possibile, i due dovettero lungamente soppesare leventualit o meno di posticiparne la pubblicazione. Abbiamo proposto questa breve digressione per evidenziare quanto dubbia e difficile sia la traduzione e linterpretazione di molteplici passi del testo in questione, spesso non si ha lidea di come si possa persino arrivare a una soddisfacente costruzione sintattica.74 Comunque, alcune parti del testo sono interamente leggibili e comprensibili. Come afferma A. M. Esnoul (1959: 215) sarebbe duopo una traduzione integrale del capitolo 68, anche se molti passaggi non sono direttamente connessi al nostro studio e molti altri risultano difficilmente comprensibili:
Il ne saurait tre question de traduire cet ouvrage in extenso dautre part, il comporte un certain nombre de digressions sans rapport direct avec notre sujet. Enfin, de mombreaux vers sont corropous ou douteux; les termes y sont donns dans un tel dsordre que, souvent, on hsite devant leur interprtation

Negli ultimi anni, vari studiosi hanno ricominciato a occuparsi dellAVP, in primis il Professor Arlo Griffiths (Jakarta), che in un colloquio personale mi ha confermato di aver reperito altri manoscritti e che in futuro desidererebbe cimentarsi con una nuova edizione del testo. Ricordiamo inoltre, la traduzione congiunta di Griffiths e del Professor Peter Bisschop (Leiden) del capitolo 40, riguardante il Pupatavrata dellAVP, apparsa nellIndo-Iranian Journal del 2003, volume 46 (pp. 315-348) e The Practice Involving the Ucchumas (Atharvavedapariia 36), apparso nella rivista Studien zur Indologie und Iranistik, volume 24 del 2007 (pp. 1-46).
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Vi sono anche sezioni, come la quinta e ultima per esempio, che sembrano non appartenere e partecipare del medesimo discorso delle altre quattro. Tendenzialmente lAVP scritto in versi (padya), anche se vi sono sporadici passaggi in prosa (gadya). Molti capitoli usano lespediente letterario dialogico, gi noto alle Sahit e Upaniad e ripreso negli Itihsa e Pura. Il metro (chandas) pi usato lanuubh sebbene non manchino anche altri temi prosodici. Nel nostro capitolo 68 abbiamo: indravajr al 68.2.61, mentre la strofa successiva presenta un metro ardhasama con quarti (caraa/pda) spaiati.75 Come si diceva, un comune denominatore che attraverso tutto il testo una certa vaghezza e approssimazione nello stile. Moltissime sono le parole e le frasi del tutto peculiari e inusitate (kasyaptr, 68.5.5). Vi sono pure irregolarit nei fenomeni di sadhi come anche doppi sadhi. Troppo libera e non rispettosa delle regole grammaticali la costruzione delle frasi in molteplici passaggi. Per esempio talvolta manca il soggetto reggente, talaltra assente il verbo principale, altre volte ancora delle parole sono troppo vaghe o di significato eccessivamente distante rispetto alla frase alla quale dovrebbero legarsi; in certi termini si riscontra uninversione dei generi e numeri. Un paio di esempi propri del capitolo che stiamo per trattare sono a 68.1.33 dove laggettivo kunda-gokra-gaurbhi manca di un sostantivo a cui riferirsi e a 68.1.47 la parola maschile plurale knan, usata in luogo del plurale neutro knanni. Tutte queste lacune possono essere attribuite al rispetto degli stretti dettami della versificazione metrica, per cui certe parole devono essere modificate e altre omesse. Va per detto che anche quando la struttura metrica non deve essere rispettata, si trovano le stesse lacune grammaticali: kovid in luogo di kovidai (68.2.8), matta kareum per matt kareum (68.2.28), le parole allaccusativo skarm, mahim, hastinm e akunm dovrebbero essere al nominativo (68.2.32) oppure il nominativo pthivpati dovrebbe trovarsi in accusativo pthivpatim (68.5.19). Vi sono anche parole con sillabazioni differenti dal normale: kahlatin invece di khalati (68.1.11). Ancora singolarit stilistiche si scorgono nel fatto che certe parole e frasi che si ripetono spesso: sarvadiku-prakalpitai (68.5.21-22) (MODAK, 1993: 463-469). LAVP mostra di avere una certa confidenza con svariati argomenti, soprattutto quelli legati allastrologia e allastronomia, come i fenomeni legati a sole e luna e gli altri astri, le costellazioni, pianeti, usando i termini tecnici del jyotia, nonch
I quarti da dodici sillabe presentano i gaa NA, NA, RA e YA e quelli in undici sillabe, al secondo e quarto posto presentano le gaa SA, SA, JA il primo e BHA, SA e JA il secondo, ambedue seguiti da sillabe guru.
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fenomeni meteorologici quali le nubi, tuoni, fulmini, arcobaleni, piogge, tifoni, tornado, grandini e quantaltro. Stupisce ancora la serie di conoscenze botaniche, farmacologiche e geografiche, riguardanti fiumi, monti, citt, mari, come anche una profonda consapevolezza della dislocazione di certi ceppi tribali o popolazioni in determinate regioni. Questo ci fa capire che il testo segue una gi lunga e consolidata tradizione astrologica. Gi allinizio del capitolo 68 (1-3a), intitolato svapndhyya (Capitolo sul sogno), infatti, come anche in precedenza (50.4.5), come referenza si nominano due astrologi, uno di nome Krouki e laltro Padmayoni. Il primo avrebbe redatto un trattato dal titolo simile al capitolo in questione, Svapndhyya appunto, che fu insegnato a aunaka, veggente dellAV (VON NEGELEIN, 1909,
VOL.

I: 438-439; ESNOUL,

1959: 215). Laltro, Padmayoni redasse unopera in appendice a un testo non meglio identificato, lo ukracra, con tutta probabilit riguardante il moto di Venere.76 Il primo dei cinque capitoli tratta del rapporto tra i tre tipi di umori (doa) e i temperamenti che ne derivano con i sogni che fa un individuo dominato da un certo umore (68.3b-8). Questi umori, come vedremo nel prossimo paragrafo, sono tre e sono connessi ai segni zodiacali: coloro che sono sotto segni di fuoco avranno una natura biliare (pitta), quelli dominati da pianeti dacqua avranno una predominanza della flemma (kapha) mentre in coloro che nascono in segni daria prevarr appunto laria (vt).77
Krouki o Krauuki, oppure iputra nominato nella Gargasahit, in quanto lui a porre una serie di domande al saggio Garga (PINGREE, 1981: 69-71) Si veda anche Mrkaeya Pura 101, dove Krauuki interroga il saggio Mrkaeya a proposito delle antiche genealogie. AVP 68.1.1-3a: o ath ta sapravakymi yad ukta padmayonin/ upga ukracrasya ubhubhanivedakam// 1 // svapdhyya pravakymi krouker vacana yath/ aaire pur ya hi aunakya mahtmane// 2 // nimittajnakual sarva tasya tu pcchata/, Ora, in seguito narrer ci che fu enunciato da Colui che sorto dal loto, lappendice dello ukracra che rivela ci che fausto e ci che infausto (1). [Inoltre], riveler il capitolo sul sogno come parola di Krouki che in principio, coloro che sono abili nella conoscenza dei portenti rivelarono interamente alla grande anima aunaka (2), dopo che lui [li] aveva interrogati (tasya ca pcchata, tasya = aunakasya). 77 grah bhrgavabhaumrk paittik dptitejasa// 3b // kaphapraktayo madhy bhaspatibudhendava/ vtapraktaya krr rhuketuanaicar// 4 // te tath phala vidyt sanipte yathkramam/ ete nava grah jey vtapittakaphtmak// 5 // e praktitulyn niiktn tu teu vai/ sayogeu ca jtn tulyapraktit bhavet// 6 // arkenduprabhav deham upatihanti dehina/ tasmn niicyamneu vtapittakapheu ya// 7 // e anyatamo deho yo tirikta/ prakate/ pracakate s prakti praktijnakovid// 8 //, I pianeti dominati dal fuoco [dalla bile] sono Venere, Marte e il Sole, dallardente splendore (3b). Quelli mediani sono Giove, Mercurio e la Luna, dalla natura flemmatica, mentre quelli crudeli, aventi la natura dellaria sono Rhu, Ketu e Saturno (4). Al momento della congiunzione (sanipte = quando in un solo segno si congiungono pi di un pianeta) a seconda del loro ordine si riconosce il loro frutto quale che sia (tath). Questi nove pianeti devono essere conosciuti come sostanziati di aria, bile e flemma (5). Quando questi che hanno una natura simile si sono congiunti (niiktnm) allora i nati dopo che essi si sono riuniti possiedono una natura simile tra loro (6). [Per esempio], gli esseri corporei che sono nati con la predominanza del Sole e della Luna presentano (upatihanti) un corpo [di un certo tipo], perci quando i temperamenti di aria, bile e flemma si sono congiunti, chi (7) tra questi un corpo qualunque, costui si manifesta come differente (atirikta). Questa,
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I primi a essere descritti dal testo sono coloro che hanno un temperamento biliare (68.1.12) i quali sono contorti (java), amanti della confusione e irascibili (kalahapriya), caldi di temperamento (ua) e rossastri di colore (kapilaromaa), sudano molto (svedan) e sono poco riflessivi (anavekaa). Spesso costoro mangiano molto (bahvi) e sono sfortunati (durbhaga), hanno delle membra morbide (mdvaga) e flosce (ithilga), amano il freddo (iirapriya), quando non sono calvi (khalati) hanno molte rughe e capelli grigi (valpalitabhyiha). Ogni qual volta gli si fa indossare una ghirlanda floreale essa appassisce immediatamente e un unguento si secca in men che non si dica (68.1.12a: glyate uyate cai u mlynulepanam). Quanti hanno un temperamento pitta rimangono ardenti (dhtmika) anche quando vi sia la luna (pianeta notoriamente di natura fredda e dai freschi raggi) (aake pi) nel loro segno (ABEGG, 1959: 17-18):
svapne caiva prapayanti dia kanakapigal/ maalni samh ca diku ptruaprabhn// 13 // grimadirn de chuk malajal mahm/ ukagulmadrumalat dahyamna mahad vanam// 14 // viuki ca vastri rudhirgas tathaiva ca/ dahand ca dev ca raktam indu sugandhikn// 15 // palni ca pupi karikravanni ca/ digdhavidyudulk ca dpyamna ca pvakam// 16 // bhyiha bhit cpi pibanti subahdakam/ saritsaravannteu kpaprasravaeu ca// 17 // urt takms tu nimajjanti pibanti ca/ kalaha caiva kurvanti dukhny anubhavanti ca// 18 // strbhi caiva vimnyante kayante klmayanti ca/ ity eva paittik jeya praktisvapnalakae// 19 // In sogno essi vedono le regioni dello spazio giallo oro e in questi paesaggi circoli e moltitudini che hanno una luce rossa-giallastra della bile (13), [vedono] distese ebbre di fiori rossi, la terra arida e con acqua putrida, cespugli, alberi e rampicanti secchi, una grande foresta che arde (14), abiti logori e inoltre [vedono] dei corpi sanguinanti, immagini di divinit che bruciano o altro, una luna rossa o [si vedono] mentre inalano profumi (15), ancora [vedono] fiori di pala (Butea Frondosa) e boschi di karikra (Cassis

dicono, sia la natura di coloro che sono esperti nella conoscenza della natura fisiologica (8). Alquanto dubbia la resa di 7b e 8a.

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Fistula) fulmini e meteore fiammeggianti o un fuoco ardente (16), [si vedono] molto ben agghindati mentre bevono davvero molta acqua in fiumi o stagni al limitare di una foresta, oppure da pozzi o fontane (17). Costoro sono tormentati dal calore e desiderano la frescura, simmergono e bevono, creano confusione ed esperiscono pene (18); sono offesi dalle donne e si avviliscono, nonch provocano dolori [ad altri]. Cos devono essere identificati coloro sono biliosi in accordo ai segni (lakae) propri dei sogni del loro temperamento (19) ...78

In questi passaggi vediamo come il sognatore crei un mondo intero, paesaggi terresti e celesti, in accordo al proprio temperamento interiore, dominato dal calore e dallagitazione propri della qualit rjasika, che si sfogano nel gran predomino del colore rosso acceso (DONIGER, 2005: 41). Dopo aver brevemente descritto i sogni di coloro che hanno temperamento bilioso (paittika), il testo procede a caratterizzare coloro che sono dominati dalla flemma (68.1.20-28), per poi descriverne i sogni. Gli esseri dominati dallumore della flemma, lema o kapha, hanno capelli, unghie e barba, nonch pelle e pori di essa untuosi (snigdha), grande stomaco, grandi braccia e petto, lunghi capelli, unghie e denti (dvija), amano portare occhi di gatto e altre pietre preziose e seguono nobili precetti, hanno tutte le membra ben tornite e decorate e sono solitamente fortunati. La testa, la pancia, la vita, le spalle, i fianchi sono senza difetti e lo sguardo puro, sono amati e parlano dolcemente, valorosi e riconoscenti come anche fortemente devoti al divino. Sono molto tolleranti e sopportano le avversit per molto a lungo, non si arrabbiano, ma se lo fanno avviene dopo molto tempo e diventano spaventosi tanto da sembrare la morte stessa (antakopama). Costoro necessitano di molto spazio per soddisfare i loro doveri rituali, per le loro qualit uniche e innegabili rendono famosa la loro stirpe, amano la carne, i cibi molto caldi, i dolci e il latte, hanno molti e buoni figli. Quando si fa indossare loro una ghirlanda, per molto tempo questa non appassisce, n si seccano gli unguenti, dormono sul fianco tenendo gli occhi e la bocca chiusi, senza russare o tremare e quando si risvegliano sono subito di buon umore. Coloro che hanno come natura quella flemmatica vivono senza troppe pene, anche se la loro nascita non di certo facile. La loro pelle olivastra e splendente, non si ammalano facilmente e se si ammalano non hanno problemi che durano a lungo, conseguono gran gloria durante
Si veda anche la traduzione di questi passaggi proposta da A. M. Esnoul (1959: 215-216), dalla quale in alcuni passaggi dissentiamo.
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la loro esistenza terrena. Essi mangiano poco e sopportano facilmente fame e sete, desiderano grandi cose, anche se ne tollerano tranquillamente la mancanza. Il testo continua il suo ordinato cammino presentando i sogni che esperiscono questo genere di persone (AVP 68.1.29b-37a):
svapneu caiva payanti ramya candanaknanam// 29b // vikumalapalni pauarkavanni ca/ ubh ca iirapry nadya ubhajalvah// 30 // turevt cpi himaughapaalni ca/ muktamaisuvg mlaphalakni ca// 31 // varhakhagamahi mg ca rathakujar/ spaatra has ca vyapohanti nabhastalam// 32 // kundagokiragaurbhir indo kragabhastiu/ protphullakumudkr vyomni sudhbusaprabhai// 33 // rjahasapratka aka cmaladyutim/ ubhrai ca vimnni phalni madhuri ca// 34 // ktapupopahri mahnti bhavanni ca/ brham[n] yajavd[] ca dadhikrmtni ca// 35 // striya ca paramodkt suve svabhyalakt/ madhuravetaptni pryaa ciram eva tu// 36 // svapneu caiva payanti kaphapraktayo nar/ 37a / Nei sogni costoro vedono una fresca foresta di sandalo (29b), fiori di pala (Butea Frondosa) senza bocciolo e folti assembramenti di loti, propizi e alquanto freschi fiumi, che convogliano acque pure (30), [vedono] anche gruppi di catene montuose ricoperte di neve le cui vette offrono abbondanza di perle e gemme e [colme] di letti di steli di loto (31). [Vedono] altres cinghiali, istrici [o rinoceronti] e bufali, antilopi ed elefanti [ai quali sono aggiogati] dei carri e, chiaramente, oche selvatiche che solcano il cielo (32), i raggi sparsi79 della luna dalle bianche tinte come i fiori di kunda [un tipo di gelsomino] e il latte di vacca che, nel cielo, hanno laspetto di una [bianca] ninfea sbocciata, tali da sembrare acque nettaree (33). [Vedono] poi la luna della stessa luce dei cigni reali, dal puro splendore, ancora meravigliosi veicoli e dolci frutti (34), maestosi palazzi ornati con giochi floreali, nonch brhmaa che salmodiano durante i sacrifici e poi yogurt, latte e ambrosia (35). [Vedono] per lungo tempo anche donne cosparse di

Certamente qui il locativo plurale kragabhastiu deve essere letto come nominativo plurale kragabhastaya.
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profumi, ben vestite e ben adornate, poi, per la maggior parte, dolci piante bianche o gialle (36): cos vedono nei sogni gli uomini con temperamento flemmatico (37a) ...

Contrariamente a quanto visto con i paittika, i sogni degli esseri con temperamento flemmatico sono popolati di visioni di frescura, vette innevate e cieli tersi, con grande predominanza dacqua e dalla fredda natura. Il terzo gruppo di versi (68.1.37b-44a), non poteva che essere dedicato agli individui dominati dallumore dellaria (vt). Costoro sono inquieti e paurosi, parlano molto velocemente (kipra pralapina) anche mentre dormono (supt pralapina), amano alimenti astringenti e piccanti (kayakaupriya), la pelle, i peli, le unghie, i denti, le labbra, le mani, i piedi sono ruvidi e di brutto aspetto, essi sono deboli e sfortunati, le loro membra sono legnose, dure e non ben proporzionate, hanno intelletti confusi (bhrntacitta) e occhi pieni di lacrime, costoro dalle menti instabili parlano molto e sono irascibili, amano canti, balli e storielle, sbadigliano molto (jabhina) sono soggetti a molte pene (dukhabhgina). Hanno una peluria poco folta (hrasvalom) ma un bel corpo seppur debole, sono crudeli (dhaman), esili (km), tristi (bhinn), errano spesso (sado) e sono sempre disorganizzati (satata vnavasthit), possono avere malattie o deformit (vikaria) alle braccia, alle unghie, alla pelle, alle labbra o ai piedi. Si adirano (kopan) improvvisamente (akasmt) senza motivo e seppur malvagi piangono (rodan), agiscono solo se spinti da altri, sputano spesso (parapraktil), nonch amano il ballo e il dimenarsi, sono deboli e freddolosi (iir). Questultimo gruppo di persone presentato nella prima sezione di AVP 68, ovvero gli uomini dominati dalaria, vedono in sogno cose aeree e volatili. Queste sono visioni sempre confuse e agitate: animali selvaggi aggirarsi in pena che si trascinano con fatica, che corrono e precipitano da alture e orridi abissali; costoro scorgono anche le stelle e i pianeti come fossero bui, mentre le orbite di sole e luna appaiono scompigliate (68.1.44b-48a):
svapneu caiva payanti vtbhravimal dia// 44b // mrutavegatugni bhuvanni vanni ca/ ymtrgrahagaa vidhvastkendumaalam// 45 // dhrcaradbhir vivbhai sakulagagana ghana/ bhramanta pakisagh ca mg codbhrntaythap// 46 // any cpi abar ca girigahvaraknan/

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bhramanti ghnanti dhvanti rdhvebhya prapatanti ca// 47 // svapneu etni payanti vtapraktayo nar/ 48a / [Gli uomini ariosi] nei sogni vedono le direzioni dello spazio terse e colme di venti [che trasportano le] nubi (44b), palazzi, foreste e monti scossi dalla veemenza dei venti, le schiere di stelle e pianeti oscure, le sfere di sole e luna prive di splendore (45), il cielo pieno di nubi che si muovono in fila ed estese ovunque, stromi duccelli che vagano e animali selvaggi,80 e altri tipi di cervi che confusi senza il loro capobranco (a-ytha-pa) (46) vagano per monti, caverne e foreste, si colpiscono a vicenda, corrono e cadono da grandi altezze (47): queste cose vedono nei sogni gli uomini che hanno temperamento arioso (48a) ...

Infine, gli ultimi versi della prima parte (68.1.48b-55) del testo sono dedicati prima a una menzione an passant sui temperamenti misti (48b-49a). Poi parte una serie di passaggi un po farraginosi che sembrano indicare che i sogni che non sono generati dal temperamento proprio di un individuo o che non nascono dal risveglio di una qualche memoria dimpressioni ed esperienze sensoriali depositatesi durante la veglia, siano da considerarsi di origine divina (50-52a) (VON NEGELEIN, 1909: 438; ABEGG, 1959: 23) Purtroppo, il testo non approfondisce questa laconica affermazione, ma prosegue sorvolando largomento. Per cui, nella maggior parte dei casi, accade che luomo sogna quello stesso oggetto su cui i suoi sensi si erano concentrati durante la veglia.81 Si dice pure che secondo il i Garga,82 quelle serie di sogni sconclusionati che si vedono, ma che al risveglio difficilmente si ricordano, questi non portano con s alcun tipo di frutto (52b-53a). Il passaggio termina ammonendo che, dopo aver avuto un sogno ben augurale, non si dovrebbe pi riaddormentarsi al fine di goderne gli effetti benefici (54b: dtv boga asuptavya tata prpya ubha phalam/) (ESNOUL, 1959: 217). Il messaggio centrale , in ogni caso, che i sogni riflettono la condizione psico-somatica del sognatore, cosa che oggetto di studio particolare da parte dei testi medici. Sta di fatto che il sogno il primo elemento di una concatenazione di
Vero che la traduzione pi letterale di mga antilope nera o gazzella, o meglio, cervo pomellato, comunque questo termine pu estendere il suo significato fino a identificare la categoria degli animali silvestri, liberi e selvaggi. Tale parola viene spesso a contrapporsi con pau, appunto lanimale captivus, in cattivit, ridotto in ceppi. Questo secondo noi ci che qui intende il testo, dando unidea pi ampia di quella legata ai soli bovidi o cervidi. 81 Si noti come qua e l va strutturandosi la dottrina secondo la quale la causa materiale dei sogni sono anche le impressioni lasciate dalle percezioni sensoriali degli oggetti durante la veglia. Vedremo pi a fondo tali questioni nei prossimi capitoli, soprattutto 2, 3, 4 e 5. 82 Fu il purohita dalle stirpe di Yadu, grande conoscitore dellastrologia e interprete dei segni e portenti (akuna/nimitta) che redasse unopera astrologica intitolata Gargasahit.
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cause che non n un traguardo, n il mero riflesso di un fenomeno gi destinato ad accadere, per cui si tratterebbe solo di una rivelazione fatta al sognatore attraverso la fase onirica (DONIGER, 2005: 41-42). La maggior parte del secondo paragrafo dellAVP 68, affronta la questione della corrispondenza tra determinati simboli onirici e il loro significato. Spesso i sogni qui descritti, sebbene siano concepiti come traghettatori di buona sorte, a noi possono sembrare degli incubi (ESNOUL, 1959: 217-219). Particolare degno di nota di questo capitolo, cosa che si ritrover sia nei testi medici, sia in quelli segnatamente astrologici, nei Pura, cos come nelle interpretazioni popolari, che anche se un sogno sembra spiacevole o addirittura tremendo, spesso considerato dagli interpeti e dai testi indiani come forieri di buon augurio e capace di preannunciare la soddisfazione di unaspirazione o quantaltro. La cosa singolare che dallaltra parte non che i sogni piacevoli diano risultati nefasti, anzi sono ancora i brutti sogni e gli incubi, ancorch daltro genere, a produrre risultati funesti. Certo che non vi una norma o una regola da seguire per individuare e catalogare un sogno tra quelli fausti o tra quelli infausti. Va rilevato che unanalisi sistematica della letteratura indiana in generale, sui vari generi ed esempi onirici, potrebbe rivelare svariate sfaccettature ancora sconosciute dellIndia classica. A occhi occidentali con una punta di cinismo, anche se ineccepibilmente da un punto di vista propriamente upaniadico, W. Doniger nota (2005 [1984]: 43-44):
Dato che buono e cattivo non sono etichette affidabili con cui caratterizzare qualsivoglia realt, necessario interpretare le immagini oniriche allinterno del loro contesto culturale. Termini quali fausto e infausto (ubha, aubha) indicano qualcosa che vogliamo ci accada e qualcosa che non vogliamo, ma potremmo essere in errore nel volerla o non volerla. Per chi sia legato al mondo del sasra, ad esempio, la morte di un figlio la cosa peggiore che possa succedere; per chi persegua il moka, la morte di un figlio potrebbe essere il primo passo sulla via dellilluminazione. Pertanto il sogno della morte di un figlio pu essere di buono o di cattivo auspicio, a seconda del punto di vista non del sognatore individuale , ma piuttosto dellautore di un particolare manuale di sogni

Senza nulla togliere a queste giuste osservazioni, sta di fatto che nellambito empirico nel quale si situano i sogni e i loro effetti, la morte di un figlio non pu che essere interpretata con mezzi empirici, per cui una morte cattiva, perch avvenuta 39

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prima del suo tempo (aklamtyu), vale a dire una scoparsa che avviene senza lasciare che possibilit insite nellindividuo in quel preciso corpo si sviluppino nella loro completezza. Comunque lasciamo parlare il testo:
ght samudgendvindravyvagnyarkanad kitim/ samudra vhan dvpa laghayed v vasudharm// 1 // vhan caturag ca jvachattrapatkinm/ dorbhy ca pratighyt tathketuvasudharm// 2 // ekapukaripare sauvare bhjane pi v/ sarpi pyasa bhukte g duhan ya ca budhyati// 3 // parivea svaya candre yo navastravasudharm/ parvatgra samruhya kiti ya cvalokayet// 4 // kaha majjate yo hi mnava oitrave/ rathena sihayuktena parvata cdhirohati// 5 // mah v kampayed yas tu clayed v punar girn/ vetam avam athruhya pura vpi yo gajam// 6 // bhukte pukaripare pyasa vpi sarpi/ agavddhi irovddhi prpnuyd yas tu mnava// 7 // brhmao vpi rj v svapne yad abhiecayet/ rj tu prthivo jeya krouker vacana yath// 8 // iro v chidyate yasya vimna oita tath/ senpatya mahac cyur arthalbha tathaiva ca// 9 // vibhaa ca vidy[] ca karachedam avpnuyt/ hastachede labhet putra bhuchede dhangamam// 10 // ura sahasralbha syt pdachede tathaiva ca/ uraprajananachede atyanta sukham edhate// 11 // chattrdaraphaloauklamlygame tath/ matsyamsadadhikrarudhirgama eva ca// 12 // aktyakuapatkn chatrsidhanu tath/ vimaln jaln ca prvokta tu nidaranam// 13 // skarakharavhyn vadha caikapaor api/ narayuktasya ynasya nikiptasya gavasya ca// 14 // darana cpy adnm agamygamana tath/ kri phalavk daranrohi ca// 15 // viadaranasasapro dhnyenotsagapraam/ dasyubhir hanyamnasya rudata pratibodhanam// 16 // dvijebhyo dadhimsasya lbha piitabhakae/ abhak[y]abhakae cpi vetamlynulepanam// 17 //

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ghtana vpadn ca pau ca rudhirgama/ arthalbhya boddhavya suhnmitrasamgama// 18 // labhate ntra sadeho bhrgavasya vaco yath/ ukl sumanasa kany dadhigobrhmaa vam// 19 // daivatni npdhyak puri ghi ca/ suhda saphal vk nakatry amala jalam// 20 // iakalyaabd ca uklmbaradhar striya/ nabho vimalanakatra pvaka viamrciam// 21 // dv yas tatkaa budhyet tasya kalya diet/ vkn gulm ca vall ca svaghe pupit nara// 22 //83 uklavs striya cpi ya payec chrs tu ta bhajet/ viaoitadigdhga prtim pnoti mnava// 23 // dptgo labhate bhmi vardhamnga eva ca/ parivrybhirudito bndhavai karua nara// 24 // okrto labhate tui mta cyur avpnuyt/ uklamlymbaradharo dahyamna pralyate// 25 // ya svapne sabhayed ugra prakya so rtham pnuyt/ ngadantakamudr ca v mljana tath// 26 // kcana payate yas tu tath str labhate nara/ uyamnn vihagn tath pukarigatn// 27 // matta kareum ruhya parastr labhate nara/ kumr labhate nr yasai nigaair nara// 28 // // cipita klako nagna ravao mehate yadi// 31b // vidik[s]tha sravate cormi svapne vara samdiet/ skar mahi vpi hastin akun tath// 32 // svapne yad prasyeta subhika nirdiet tad/ ayansanaynni ghagrmapuri ca// 33 // ye svapne pralyante te vddhi athdiet/ gova purua vka hastina parvata gham// 34 // narasyrohad vddhi puri vieata/ daivatni dvij gva pitaro ligino grah// 35 // yad vadanti nara svapne tat tathaiva vinirdiet/ saritsarasamudr tarae okatraam// 36 // narasya oita ptv praktl labhate nara/ 37a / Colui che afferri [in sogno] la terra con la luna sorgente, la folgore, il vento, il fuoco, il sole o i fiumi, oppure che attraversi loceano, un fiume, un continente o la terra intera

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Naturalmente la lettura corretta dovrebbe essere pupitn, concordata con gli altri accusativi plurali.

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(1), colui che prenda con le due braccia un esercito dai quattro corpi militari [fanti, cavalieri, carri ed elefanti] il cui stendardo un ombrello della vita (jvachattrapatkinm) e sotto lo stesso stendardo la terra intera (2), colui che in una foglia di loto o un recipiente doro mangia del riso cotto nel latte mescolato a burro chiarificato e chi si risveglia mentre munge una vacca (3), oppure chiunque, quando egli stesso avvolto in vesti, veda sulla luna la terra non ignuda, oppure colui che salito sulla vetta di un monte guadi la terra (4). Quelluomo che immerso fino al collo in un mare di sangue ascende a un monte con un carro aggiogato a un leone (5); chi faccia tremare la terra o ancora, faccia muovere i monti, oppure in seguito, essendo montato su un cavallo bianco o un bianco elefante (6), o ancora mangia del riso cotto nel latte condito con burro chiarificato in una foglia di loto, o colui a cui cresca una parte del corpo o la testa (7), sia egli un brhmaa o un sovrano, colui che sia incoronato in sogno, costui, secondo la parola di Krouki, deve essere riconosciuto re della terra (8). Chiunque [sempre in sogno] abbia la testa mozzata o veda un carro insanguinato otterr di diventare generale, una lunga vita e ricchezze (9). Quando vi sia il taglio dellorecchio, costui otterr gloria e conoscenza; se vi fosse il taglio della mano avr un figlio, quando il taglio del braccio [significa] arrivo di ricchezza (10), [col taglio del] petto mille ottenimenti, cos come con la recisione del piede, con il taglio del petto e del pene egli ottiene estrema felicit (11), quando vi sia larrivo di un ombrello, uno specchio, un turbante o una ghirlanda bianca, o ancora con larrivo di pesce, carne, yogurt, latte, e sangue (12) e vi sia la gi menzionata visione di lance, uncini e stendardi, parasoli, spade e archi, di acque pure (13) e luccisione di un animale tra [questi], cio il maiale, lasino o un'altra bestia da soma o la visione di un veicolo con un uomo o di un bue gi per terra (14), e ancora di cose mai viste, come anche la congiunzione carnale con qualcuno a cui non bisognerebbe congiungersi, il salire o la vista di alberi da frutto lattiginoso (15), il tocco o la vista del veleno, il riempirsi le mani poste a conca (utsaga) di granaglie. Vi vantaggio per colui che venendo picchiato dai servi mentre piange si risveglia (16) oppure nel mangiare della carne con lo yogurt da parte dei brhmaa, oppure nel mangiare ci che non permesso o nel [indossare] una ghirlanda bianca o cospargersi [dunguento profumato] (17), luccisione di predatori e la venuta di sangue sulla mano, anche la venuta di amici e compagni, tutto ci si deve riconoscere [come propizio] per ottenere ricchezze (18): secondo la parola di Bhrgava, non v dubbio a questo proposito, che costui ottiene tutto ci. Si determina che vi sar il benessere per chi si svegli proprio in quel momento dopo aver visto84 candidi fiori, vergini, yogurt, una vacca o un brhmaa, un toro (19) divinit o i re dei re, case biancastre, amici, alberi

Per una corretta costruzione italiana siamo costretti a porre qui la traduzione di 22a. Si noti comunque che quasi tutti i casi di questi versi sono usati in modo improprio, cio in nominativo in luogo dellaccusativo.
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con frutti, le stelle, acqua cristallina (20), [avendo udito] parole desiderate e benefiche, donne vestite di bianco, il cielo con le stelle candide,85 un fuoco con le fiamme impari86 (21). Luomo che vedesse alberi, cespugli e liane fiorite in casa propria (22) e anche donne con vesti bianche, costui partecipa delle glorie, se [in sogno] le membra sono cosparse di veleno e sangue, luomo ottiene affetto (23), colui le cui membra sono in fiamme o le cui membra si accrescono, costui ottiene la terra, luomo pietosamente compianto dai familiari che lo circondano (24), tormentato dal dolore attinge la soddisfazione e [se morto in sogno], ottiene lunga vita. Chi porta ghirlande e vesti bianche e bruciando sesaurisce (25) e chi in sogno simpaurisca per un terribile nemico, costui otterr ricchezza. Colui che vede dellavorio o una moneta, un liuto e anche una ghirlanda, del collirio (26) o delloro, quelluomo ottiene una donna, [chi vede] uccelli che volano o che stanno in un laghetto pieno di loti (27) o, essendo montato su un elefante imbizzarrito, quelluomo prende la donna di un altro oppure, quelluomo ottiene una giovane donna con catene di ferro (28).87 Se un monaco col naso schiacciato, scuro di pelle e nudo, orina (31b) e il getto va nella direzione opposta, ci indicher la pioggia. Quando in sogno si desse alla luce una scrofa o una bufala, unelefantessa o un uccello femmina (32) allora sindicherebbe un buon raccolto; coloro dei quali il letto, il seggio e i veicoli, la casa il villaggio o la citt (33) in sogno sono distrutti, ci indica per costoro prosperit. Dal salire su una vacca o un toro, un uomo, un albero, un elefante, un monte o una casa (34) in modo particolare se sono chiari, [sindica] la crescita delluomo. Quello che divinit, due volte nati, vacche, antenati, asceti e pianeti (35) dicono alluomo in sogno, questo accade cos com. Quando vi nuoto in fiumi, stagni o mari, si attraversano i dolori (36); avendo bevuto del sangue umano, luomo ottiene un figlio (37a)

Fino a questo punto AVP 68.2 ha raccontato a proposito dei segni favorevoli dei sogni, da qui (37b) fino al verso 56 si parla di sogni che veicolano oscuri presagi
Rispettiamo qui il testo, anche se sarebbe plausibile e logico tradurre come il cielo limpido con le stelle. Si veda a questo proposito Stuhrmann (2009: 33). 86 Naturalmente bisogna evocare limmagine di un fuoco che arde, le cui fiamme non si allineano mai e sono in costante movimento. 87 Sinceramente non riusciamo a comprendere in modo soddisfacente i versi che vanno dal 29 al 31a. Notiamo altres che sia Doniger, sia Esnoul saltano a pi pari tutti i passi in cui il testo sia pi problematico. Comunque, per quanto improbabile sia la traduzione, potrebbe suonare cos: baddhv nav tu yo mlm utpaln vubudhyate/ kavake ca sayuktetathaivotpalahastake// 29 // bhgro darpao vpi labdhv putrgama vadet/ tagramakpn purrajanayor api// 30 // prakubhasya cdeya vara uttarad dhruvam/ 31a /, Chi si sveglia dopo aver indossato [in sogno] una ghirlanda fresca di loti; avendo visto un otre oppure uno specchio quando una porta sia chiusa o un loto sia nelle mani [di qualcuno] (29b), indica la venuta di un figlio, [se vi fosse la visione] di bacini, giardini o pozzi, di fortezze o luoghi di sollazzo (30), di un vaso pieno, allora in seguito deve essere presagita una pioggia certa (31a). Il lettore ci consenta di esprimere comunque qualche dubbio anche sul resto della traduzione, viziata da troppe ambiguit e corruzioni del testo originale. Ci permettiamo di dissentire dalla traduzione di Doniger di 68.2.25-29 (2005 [1984]: 45), plausibile in certi passaggi, ma in certi altri realmente approssimativa.
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(STUHRMANN, 2009: 32-33). In effetti, le questioni pi interessanti e strettamente connesse con quanto gi riportato nel paragrafo precedente sono appunto con il sogno dai simboli nefasti (ESNOUL, 1959: 219; ABEGG, 1959: 29). Vediamo anche qui, come gi nelle Sahit, come la consapevolezza del sognatore circa la negativit di certi sogni, culturalmente definiti come funesti, sia ritenuta foriera di avversit anche nella sua esistenza quotidiana. In altre parole i suoi sogni sono in grado di prefigurare, attraverso dei segni gli eventi futuri che accadranno non solo al sognatore stesso, ma al suo pi intimo circolo famigliare, come la moglie e il figlio (DONIGER, 2005: 44):
candrendradhvajasry patane npater bhayam// 37b // maharavamahendr kobhe kobha vinirdiet/ keamarunakhn ca patane okasabhava// 38 // kmiatva bhaved dhanya krouker vacana yath/ kravydair daribhi cpi vino bhtavigrahe// 39 // atramuiprahreu vijnyj jvargamam/ yad yad ujjvalavad dravya tat tat sukhakara bhavet// 40 // //88 upnahabalachattradarane ca grahe tath/ hasadbhir v parivto ntyadbhi svajanair api// 42 // sayukta skarakharair urai kacatupadai/ ratham ruhya yo yyd akatas tu yugadhara// 43 // prakrakeo hriyate dakienparea v/ dakiengat kany klikkulavsin// 44 // nyate puruair ya ca pahastair vieata/ nirastn viam pretenkuala bhavet// 45 // piykasya tiln ca karasu lavaasya ca/ rhamarunakhn ca duceln vsasm// 46 // virgavsas vpi viktn tathaiva ca/ sarsp vyln atr cpi daranam// 47 // knm cpi sarve rjadvijavd te/ darana gamana vpi okam yasavedanam// 48 // padmair v jalabhair v kritysadaranam/ padmni vharet svapne hastachedam avpnuyt// 49 // prasanne tu dhruva oko rajjuchede mriyeta sa/ rhasya srotas oko mtyu srotasi nayata// 50 // dant bhu tath ro chinnadravyadaranam/

Non riusciamo a dare un senso alla strofa 41: yad yad virudhyate vpi svapne tasya nirdiet/ [nopnena] prajtn darane sthnam diet// 41 //.
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bhrtara pitara vpi putra nayanti te // 51 // dvre v srgale vpi ayy kh tathaiva ca/ svapne yasya pranayanti bhry tasya vinayati// 52 // kkalso vko vpi puruo vpi pigala/ ayy yasydhirohanti bhry tasypi duyati// 53 // svapne yo mrayet sarpa vetaptakalohitam/ kasya v ira chindyt putras tasya vinayati// 54 // rjaputra ca cora ca rjabhtya ca yo bhavet/ tasya svapn phala dadyur eteu yad udhtam// 55 // ye lbhe bhaved vddhis te ne guo bhavet/ ye lbhe bhaved dhnis te lbhe guo bhavet// 56 // Quando vi sia la caduta della luna, della folgore, della bandiera o del sole, vi sar paura del re (37b);89 quando vi sia il tremore delloceano e dei monti, ci indica scompiglio; con la caduta di capelli, barba e unghie c lorigine di un dolore (38). Secondo la parola di Krouki prevedibile il divenire vermi quando vi sia la distruzione nel corpo fisico da parte delle fauci di fiere mangiatrici di carne (39). Si comprenda che quando vi siano colpi con armi o pugni c la venuta della febbre, mentre qualsiasi sostanza lucente quella portatrice di felicit (40) Quando c la visione o lafferrare scarpe, bimbi o un parasole, oppure [il sognatore] sia circondato dai suoi parenti che ridono e ballano (42), oppure leunuco che porta il giogo essendo montato su un carro aggiogato con maiali e asini, cammelli o quadrupedi neri, se ne vada (43), o coi capelli scompigliati viene trascinato con la [mano] destra o laltra, o [vi sia in sogno] una vergine giunta da sud vestita con abiti disordinati e neri (44) o in particolar modo colui che condotto da uomini con lacci nelle mani, costui quando siano terminate le disparit, come defunto diventa infausto (45)90 o [quando vi sia la visione] dellasa foetida (piyka) e del sesamo, del sale nelle [sue] unit di misura, di barba e unghie cresciute e di abiti molto sporchi (46), oppure di vesti scolorite e anche lacerate, oppure la visione di esseri striscianti, di serpenti o di nemici (47), quando vi sia ancora la visione o la venuta di tutte le cose scure, eccezione fatta per il re, i due volte nati e un toro, vi sar turbamento e dolore e tribolazioni (48). Il vedere un gioco che si fa con sforzo con loti o piante acquatiche di bha (Thespesia Populeoides), oppure colui che rubi in sogno dei loti, otterr lamputazione di una mano (49). Quando sia felice, sicuro il patimento, se vi fosse il taglio di una corda costui morirebbe; la pena per colui che si buttato in un

89 Questo passaggio interpretabile in due modi, in quanto npate pu essere tanto ablativo quanto genitivo singolare. Noi qui, come Esnoul (1959: 219), lo intendiamo genitivo, per potrebbe essere anche ablativo, poich sappiamo che i verbi e i sostantivi che indicano paura si costruiscono con lentit temuta allablativo. Allora qui la frase dovrebbe essere intesa: vi sar paura proveniente dal re. 90 Verso particolarmente oscuro.

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torrente, nel quale vi la morte per annegamento (50). Con la visione di cose una parte delle quali sia tagliata, di denti, braccia e testa, a costoro moriranno il fratello, il padre o il figlio [del sognatore] (51); quando in sogno le due porte chiuse di qualcuno e un letto e uno stipite siano distrutti, la moglie di costui perir (52), colui che vede un geco o un lupo o un uomo giallo che sale sul [proprio] letto, sua moglie si corrompe [= lo tradir] (53). Colui che in sogno uccida un serpente bianco, giallo o rosso o mozza la testa di un [serpente] nero, allora suo figli morr (54). Colui che divenga figlio del re, ladro e servo del re, i suoi sogni daranno il frutto come stato illustrato in essi (55). [In conclusione, in sogno] quando vi sia il vantaggio di certuni allora vi sar prosperit, quando vi sia la distruzione di costoro vi sar fortuna, quando vi sia il vantaggio di alcuni allora vi sar salvezza, quando vi sia il vantaggio di costoro vi sar benessere (56) ...

In queste battute finali del testo (68.2.57-59), esso ricorda come il momento della notte in cui il sogno avvenuto sia fondamentale per comprendere come e quando i suoi effetti saranno attivi. Questo passaggio sar poi ripreso e riadattato da tutti i testi successivi che si occupano dellinterpretazione dei sogni (ESNOUL, 1959: 217).91
ubha dv tu ya svapne puna payaty apjitam/ ubha vpy aubha vpi yat pact tat phala labhet// 57 // svapns tu prathame yme savatsaravipkina/ dvitye asu mseu ttye tu tadardhabhk// 58 // msiko govisarge tu sadya pka prabhtike/ kla pacasv avasthsu arvary krtita pthak// 59 // Colui che dopo aver visto in sogno qualcosa di propizio e poi di nuovo vede ci ch malaugurale, che quello sia propizio o infausto otterr il frutto di ci che [vede] dopo (57). I sogni [che si fanno] nella prima parte della notte maturano [il loro frutto] in un

Il Matsya Pura (242.15-20): e sakahn dhanya bhya prasvpana tath/ kalkasnna tilair homo brhman ca pjanam/ stuti ca vsudevasya tath tasyaiva pjanam/ ngendramokaravaa jeya dusvapnananam// svapns tu prathame yme savatsaravipkina/ abhir msair dvitye tu tribhir msais ttyake/ caturthe msamtrea pacyante ntra saaya/ ekasy yadi v rtrau ubha v yadi vubham/ pacd das tu yas tatra tasya pka vinirdiet/ tasmc chobhanake svapne pact svapno na asyate//, Raccontando un brutto sogno ad altri, si raccomanda anche di tornare a dormire in seguito averlo visto, bagnarsi con acqua mescolata al sedimento untuoso di sostanze oleose, lhoma di sesamo, onorare i brhmaa, inni di lode a Vsudeva e la sua adorazione, lascolto della storia della liberazione di Gajendra (Gajendramoka anche Ngendramoka): tutto ci rimuove gli effetti malefici degli incubi. I sogni visti nella prima parte della notte portano frutti in un anno, quelli visti nella seconda parte dopo sei mesi, quelli visti nella terza parte dopo tre mesi e quelli visti nellultima frazione in un mese. Se qualcuno vede durante la medesima notte sia sogni propizi, sia infausti, allora [lastrologo] dovrebbe dichiarare che solo lultimo sogno condurr a delle conseguenze. Pertanto, quando una persona ha un sogno propizio non dovrebbe poi tornare a dormire in seguito. Tutto ci citato da Adbhutasgara (pp. 501, 502 e 514); i primi quattro versi sono anche in Viudharmottara Pura. Si confrontino anche Vmana Pura 85; Viudharmottara Pura I.194; Padma Pura VI.11.218-20 e il Vesahra II.2-3 (KANE, 1977 [1962], VOL. V, PART 2: 778-779).
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anno, quelli nella seconda parte in otto mesi, mentre quelli nella terza parte fruttificano in met di quel periodo (58), [i sogni che si fanno] al momento dello scioglimento delle vacche [hanno risultati] in un mese e [quelli fatti] il mattino presto sono immediatamente maturi [per il frutto]. La durata della notte detta essere divisa in cinque fasi (59) ...

Infine (68.2.60-62), non potevano mancare alcuni succinti suggerimenti rituali su come prevenire o lenire le conseguenze nefaste dei sogni (ESNOUL, 1959: 220).92 Va da s che i sogni propizi non hanno bisogno di rituali riparatori ma solo di mantenersi svegli dopo averli visti. Si noti pure che il verso 61 sembra una parafrasi pi estesa del verso 60 (ABEGG, 1959: 22):93
viprebhyo aktito dna nti svayayandaya/ vinayanti dusvapna prta cvatthasevanam// 60 // avatthasev tilaptradna gosparana brhmaatarpaa ca/ ntikriy svastyayanakriy ca dusvapnam etni vinyanti// 61 // vasanakanakadnadevapj gurugohanievitni kuryu/ dvijavabhagavvaprthivn daranam itihsamagal syu// 62 // Distruggono [gli effetti del] brutto sogno il donare ai brhmaa quanto si pu, un rito per placare [gli effetti] e il rito svayayana94 e altri, nonch il mattino presto il servizio allavattha (Ficus Religiosa) (60). Il servizio allavattha, il dono di un vaso [colmo] di semi di sesamo, il tocco di una vacca e il soddisfacimento dei brhmaa, il rito di placamento e il rito che conviene benessere: questi annientano [leffetto dei] brutti sogni (61). Si doni una veste o delloro, si adori la divinit, si compiano dei servizi alla stalla del

Si veda anche il terzo pariccheda del Dharmasindhu (DhS, UPDHYYA, 2006 [1967]: 715): atha dusvapnadarane ktyam. yo me rjann ity c sryopasthne dusvapnana. atha svapnasyeti japd v kvacid daravac chrddhena dusvapnana, casaptaatphena v. yad v rviusahasranmastotrajapa krya. athav rbhratasthasya rbhgavatasthasya v gajendramokasya ravaa pho v. Linno di V II.28.10 (vedi p. 16 e pp. 78-82 di questo capitolo) prescritto tra i vari rimedi per evitare le conseguenze nefaste dei sogni, insieme anche al passaggio della Taittirya Sahit IV.14-123. Poi, si dovrebbe recitare senza essere uditi il verso adha svapnasya, (V I.120.12) o celebrare uno rddha come quello della luna vuota o recitare la Durgsaptaat o il Viusahasranmastotra del Mahbhrata (Anusanaparvan 1490.14-120) oppure il Gajendramoka del Bhgavata Pura (VIII.3) (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 780-781). 93 il Ktya Kalpataru (sezione sui vrata pp. 178-179), cita il Bhaviya Pura (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 779, 178-179): dv tu obhana svapna na bhya ayana vrajet/ prta ca krtayet svapna yath da khagdhipa/ prjo bhojakaviprebhya suhd devatsu ca/, Dopo aver visto un sogno propizio non si torni pi a coricarsi e al mattino lintelligente racconti il sogno cos come stato visto, o re degli uccelli, a dei brhmaa che mangiano, a degli amici o di fronte alle divinit. Si veda pure Dikshitar (1995 [1955], vol. III: 726) che cita come fonte principale il Matsya Pura 142.1-29. 94 In alcuni passaggi si propone la lettura svayayana come qui sopra, in certi altri svastyayana, che noi preferiamo.
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maestro, vedere i due volte nati, i tori, le vacche, i cavalli o il re sono di buon augurio secondo (62) ...

Gli altri tre paragrafi restanti sono senza dubbio meno interessanti per la nostra trattazione, comunque forniamo alcune spigolature, pescando dai versi pi interessanti:
imn dvubhn svapnn prtar utthya satvara/ nadsagamatoyena mukha samrjya tattvata// 3.1 // hirayavarbhir udaka attyamayobhuv/ abhimantrya prayatnena mukha samrjya tattvata// 2 // Avendo visto questi sogni infausti, essendosi levato al mattino presto,

immediatamente dopo essersi lavato il volto secondo la regola con acqua della confluenza di due fiumi (1), con uno sforzo avendo chiamato lacqua con i mantra che cominciano con hirayavar [rskta V Khilaskti II.6] e con linno attya [V VII.35], essendosi ancora lavato il volto secondo la regola (2) 95

Dal quinto verso in poi di questo paragrafo ci sono dei consigli rivolti a un re che desideri partire per un viaggio o una campagna militare per annettere nuovi territori al suo regno. I sogni che sono descritti dal verso 10 al 13, sono ubha e gli permetteranno di partire per la spedizione:96
yad tu ytr npati kartum icched vidhnavit/ atha svastyayanai [saumyai] saumyais tam abhimantrayet// 5 // tata uklmbaradharo vgyata sayatendriya/ t ni savied rj bhmau caivbhimantrayet// 6 // // evam uktv narapati prayattm tata svapet// 7b // praastasvapnat dv tato yyn nardhipa/

Abbiamo qui proposto i versi perch sono interessanti perch mostrano i primi antidoti contro lincubo, tuttavia il lettore attento avr gi notato come manca di un verbo principale di tempo finito. Il verso 68.3.3 yo na jva paro pehi vidma te svapna vedanam, richiama evidentemente altri passaggi, certamente il Kauika Stra 46.9 paro pehi yo na jva iti svapna dv mukha vimri (si veda la nota 55), ma ancor prima AVS XIX.56.6: vidma te sarv parij purastd vidma svapna yo adhip ih te (si veda p. 23) e AVS VI.46.1: yo na jvo si na mto devnm amtagarbho si svapna (si veda p. 26). 96 Il Matsya Pura (243.2-12) descrive i segni sfortunati per un re che sta per invadere un regno nemico e i rimedi. Lo stesso fa lo Yogaytr (13.4 e ss.) (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 778). Ancora il Matsya Pura (243.15-25 e 27; Viudharmottara Pura II.163.32) descrive i segni di buon augurio (vedi anche Bhadyogaytr, [mss. XIV1-3 e XIX.1] in KANE, ibid., vol. II: 511, 876, n. 1192 e n. 2048); lo stesso fa Jyotistattva (IBID.: 729-730; anche Vasantarjakuna V.2-6, 50 oggetti ben augurali allinizio di un viaggio ecc.).
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svapneu cpraasteu tata nti samrabhet// 8 // // rajanikaradivkarau karbhy spati yad grasate tha v narendra/ lavaajalanidhi nad ca dorbhy tarati hradpadakardama tamo v// 10 // naraturagamahruhn nagn v bhavanacarn na virohayed gajn v/ jvalanamaraaklavddhayogn yadi npa tmagat ca payatha// 11 // yadi ca npatir tmano bhracrair bhramati mah sapur parikipet/ yadi ca sa ciramagnagtramtro bhramati npo grasate tha medin v// 12 // yadi ca jayati dario narn v yadi ca bhavet sitamlyadnadhr/ yadi ca ruditi caivam di dv paraviaya hitas tatas tu yyt// 13 // Quando un re che conosce le regole desideri fare un viaggio [= una spedizione], allora con i rituali pacifici che convengono benessere richiami quello97 (5). In seguito, indossate vesti bianche, con la parola controllata e i sensi domi, il re quella notte si corichi sulla terra e inviti (6) (7a)98, in seguito, avendo il re cos parlato, con la mente ben controllata, dorma (7b). Avendo visto sogni buoni allora il reggente degli uomini prosegua, quando invece i sogni siano brutti intraprenda i rituali per placarli (8) Quando il signore degli uomini con le mani tocca la luna e il sole oppure li ingoia, o ancora con le braccia nuota in mare salato, un fiume o un oscuro lago pieno di fango (10), se sale su uomini, cavalli, alberi, monti o elefanti alti come palazzi, oppure se il re ivi vede a proposito di s che brucia, muore o vecchio (11), e ancora se il re [vede] s stesso che vaga con coloro che si muovono sulle nubi [= gli uccelli] e abbraccia tutta la terra con le sue citt; se inoltre quel re le cui membra sono da lungo tempo immerse vaga, oppure ingoia la terra (12), e se ancora vince degli elefanti o degli uomini, o se divine uno che porta offerte di ghirlande bianche e se piange, avendo visto cos e ancor altro, in seguito felice prosegua pure verso qualcun altro (13) ...

I sogni ritratti nei sei versi del quarto paragrafo (AVP 68.4.1-4) sono aubha e necessitano dei riti di pacificazione (nti). Le ultime due stanze riassumono gli ultimi versi del paragrafo precedente:
sa kaluasalilvapsumagno madhuvasanaghtatailavasapradigdhagtra/ malinavasanajraraktavs yadi sumanobhir alakta svaya v// 1 // svapiti jayati khdati praho vilapati nartati gyanaprahsai/ bhavati ca mudito labheta kany yadi npatir nayao brave jayrth// 2 //

Non si capisce a cosa si riferisce laccusativo maschile tam in quella posizione. Rimane non chiaro il primo emistichio del settimo verso, proposto tra parentesi quadre nel testo di Negelein e Bolling: [anyathaiva hi na svapnadaranrthanidaranam], azzardiamo altrimenti non ci sarebbe la visione digli oggetti nella visione onirica . Comunque, di fatto manca linvocazione che il re dovrebbe compiere prima di dormire.
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mayakharaskaravnardhirho htamukugadavastracihnanagna/ vinihataturagadvipo narendro yadi patitadhvajavs tato na yyt// 3 // narapatir aparjita parair yo yadi ca parai parihasyate mahadbhi/ yadi ca bhavati durdograrpo [atha] na sa daka parn prayyt// 4 // svapnn dv ubhn rj japadbhir abhimantrita/ yukta sa akunair bhpa utptagaavarjita// 5 // sahyavn susanaddho nimittajai samanvita/ sumuhrte sunakatre prayyd vasudhdhipa// 6 // Questi [il re vede] se stesso immerso in acque putride o nella polvere, o col le membra ricoperte di miele, burro chiarificato, olio, grasso, o vestito con abiti sporchi, logori o rossi o adornato con un fiore (1); se il re allegro dorme, trionfa, mangia, chiacchiera, danza con risate e canti e [se] felice, se ottiene una fanciulla, se agognante la vittoria fosse senza gloria (2), se salito su un cammello, un asino, un maiale o una scimmia, se privo della corona e spoglio del bracciale, delle vesti e dei segni [regali], il re il cui elefante e i cavalli sono stati uccisi e i cui stendardi sono caduti, non si muova da l (3). Quel re che non stato sconfitto da altri, se da nemici potenti deriso e se diventa brutto da vedersi o daspetto tremendo, allora questo, tale com, non assalga i nemici (4). Il re, avendo visto sogni propizi, supportato da coloro che lo invocano, il protettore della terra provvisto di segni ben augurali e privo della serie di calamit (5), insieme agli alleati, ben preparato e circondato dai conoscitori dei portenti, quel sovrano in un buon momento99 e sotto una buona stella attacchi (6) ...

Abbiamo infine il quinto paragrafo dellAVP in 31 versi, anche se sembra proprio che solo i primi 14 (1-14a) versi siano connessi con il resto dellopera, precipuamente con il primo paragrafo. Il resto (5.14b-31) un brevissimo compendio astrologico, che sconfina con la meteorologia e la sismologia. Interessanti sono gli ultimi passaggi in cui si tirano in ballo i sacerdoti Atharvan con i loro assistenti, capaci di attuare grandi rituali di pacificazione (mahnti), per i quali sono specificate le tariffe e i doni. Il nostro compito si limiter, pertanto, alla presentazione dei primi versi, connessi con il nostro argomento:
tailbhyakta ca ksar bhukte tailapariplutm/

Si dice muhrta un lasso di tempo di 24 minuti, 60 dei quali formano una giornata. Ogni muhrta o gruppo di questi periodi, reca con s possibilit benigne o nefaste. Naturalmente con un buon muhrta si possono cominciare varie imprese, non invece con un cattivo muhrta, in cui, se non si pu stare fermi, bisogna almeno stare molto attenti.
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mtara pravied ya ca jvalita ca hutanam// 1 // prsdt parvatgrd v pated ya cpi mnava/ magna kardamakpeu jale ya cpi nayati// 2 // drumam unmlayed yas tu payed rjopasevakam/ kumrvadane ya ca vnar vdhigacchati// 3 // raktakahagate vpi yasya kahe visarjati/ vivaro vpi pair yo badhyate mriyate tu sa// 4 // vpi ksyaptr v yasya tejo dhirohati/ acireaiva klena so sin vadhyate nara// 5 // ypgram adhiruhytha nvgram adhirohati/ acireaiva klena lgra so dhirohati// 6 // mua kyavso v vetaraktapao pi v/ svapne yasydhirohanti vydhis tasydhirohati// 7 // v v ajagaro godh taraku alyako pi v/ kkalso rurur vyghro dvp yasy dhirohati// 8 // ahi ca raudrajaila vetaraktapao pi v/ svapne yam upatihanti vydhis tam upatihati// 9 // mahbhasmapradigdhgo nirvaraa eva ca/ samasyn sajtn utsavn ca darana// 10 // durgam adhvnagamanam anpan ca sevanam/ abhyaga caiva gtr tilagomayakardamai// 11 // suvaramaimuktni bhaam rajatni ca/ darana vpy athaite vydhn sapraveanam// 12 // gyana nartana hsya vivhakaraa tath/ nanda ca pramoda ca vyasanasya ca daranam// 13 // puraghtadigdhgo naro maraam pnuyt/ 14a/// Colui che cosparso dolio mangia del riso cotto con le lenticchie immerso nellolio o entri dentro la madre o in un fuoco ardente (1), quelluomo che cade da un palazzo o dalla cima di un monte, e chi intrappolato nel fango o in un pozzo o nellacqua, costui perisce (2). Chiunque sradica un albero o che vede un poliziotto o chi vede una scimmia nel volto di una fanciulla (3), oppure quando qualcuno espelle in un usignolo (raktakaha) o nella gola,100 o chi emaciato legato con delle funi, costui muore (4). Colui il cui fulgore riflesso sullottone o su un recipiente dottone quelluomo nellarco di un periodo non lungo viene ucciso con una spada (5). Colui che dopo esser salito sulla

Davvero poco chiaro questemistichio. Certamente non possiamo trovare nemmeno lontanamente soddisfacente la traduzione di Doniger (2005 [1984]: 43-44) di tutti questi versi: Chiunque sogni di o di avere rapporti sessuali con una scimmia femmina o nella bocca di una fanciulla o di vomitare sangue dalla gola, o di essere legato con delle funi, morir
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cima del palo sacrificale, sale sulla punta di una barca, quelluomo in nellarco di un periodo non lungo sale sul patibolo (6). Chi in sogno ha la testa rasata, una veste ocra, o una veste bianca o rossa, costui lo assale la malattia (7). Colui sul quale sale un cane, o un boa, un varano, una iena oppure un istrice, un geco o unantilope, una tigre o un elefante (8) un impressionante serpente attorcigliato o un panno bianco o rosso, tutti questi lo avvicinano in sogno, allora la malattia pure lo avvicina (9); le membra cosparse di terra o cenere e inoltre senza vestimenti, anche la visione di problemi appena sorti e di festivit (10), [vedere] un forte, landare a un sacrificio, il frequentare dei luoghi desertici, il cospargersi delle membra con sesamo, sterco bovino o fango (11), la visione di tutti questi: oro, gemme e perle, un ornamento e largenteria, [significa] la penetrazione delle malattie (12); il canto, la danza, le risa e anche una celebrazione nuziale, la gioia e la letizia la visione del vizio (13), luomo le cui membra sono ricoperte di burro chiarificato stantio trova la morte (14a) ...

Si sar notato che in questi ultimi passi proposti molti sono i riferimenti, pi chiari che in precedenza alle malattie. Questo rimarca la connessione di AVP 68.5 con AVP 68.1. Oltre a ci, proprio per il naturale svolgimento del testo, vediamo come lattenzione si sposti sulle cause fisiologiche e prettamente fisiche del sogno. Questo un passo fondamentale per comprendere che la base effettiva di quelle visioni che esperiamo nello stato di sogno nello stato di veglia. Per tali motivi necessaria una digressione sui testi medici.

I.4: L A

TERZA FASE : FISIOLOGIA E ONIROMANZIA A CONFRONTO

Come gi anticipato, il terzo passo della nostra marcia sar bipartito. Soprattutto nel primo e nel terzo paragrafo dellAVP stato delineato un chiaro segmento che unisce lonirologia a due scienze, lyurveda e il Jyotia, questultimo nel suo senso pi ampio e comprensivo. Testimone della comunione di argomenti delle due discipline invero anche il fatto che grande attenzione dedicata in ambedue gli ambiti ai sogni annunciatori di malattia o morte. Nonostante il legame profondo tra i due riguardo allanalisi del fenomeno onirico, gi segnato nellAVS stessa, cionondimeno bisogna tener ben presente gli ambiti squisitamente peculiari e tecnici delle due vidy.

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Questa fase, rispetto a quella precedentemente investigata mediante il capitolo 68 dellAVP, reca con s la novella capacit di poter districare con nettezza tutto ci che appartiene alla sfera medica, dalle questioni stellari e meramente interpretative proprie del Jyotia. Di contro, per, non va dimenticato quanto le due scienze siano entrate in numerosi ambiti, utilizzandosi vicendevolmente al fine di completare e precisare una diagnosi medica o un quadro astrale. Il fatto che sia il Jyotia sia lyurveda non hanno solo i loro testi di riferimento, ma sono pure argomenti lungamente protagonisti nei compendi dei Pura o degli Itihsa. Si ricordi pure quanto inchiostro, per esempio, si sia versato per indagare le variegate conoscenze scientifiche dei grandi poeti e drammaturghi delle belles lettres dellepoca classica indiana, quali Klidsa, Mgha o Bhravi.101 Si dica pure, infine, che se si volesse esaminare il sogno con occhi indiani, ogni scienza e ogni orizzonte speculativo avrebbe la propria ricetta e i propri paradigmi. per questo che, sebbene i prossimi due paragrafi siano dedicati alle scienze succitate, il lettore non ci far una colpa se saremo costretti ad anticipare questioni che tratteremo pi avanti, a ripeterci o ad affermare qualcosa, che in unaltra parte della tesi potremo pure negare. Per questo ci si consenta di considerare i due paragrafi nel senso pi ampio possibile, sfociando anche in considerazioni e analisi a latere del solco primario. In definitiva come buona traccia di partenza si valuti che lambito in cui sembra pi a proprio agio lyurveda quello che potremmo definire adhibhautika, per la costante attenzione al corpo e ai suoi elementi costituenti, siano essi fisici o psichici. Daltro canto abbiamo il Jyotia, il cui raggio dazione si spinge e indaga la sfera segnatamente adhidaivika, nelle sue componenti cosmiche pi ampie, come anche nelle loro pieghe pi vicine allindividuo che sogna.

I.4.1: A NATOMIA

E FISIOLOGIA DEL SOGNO : I TESTI MEDICI

Nella sezione denominata rrasthna (S) della sua Sahit, Suruta (SuS III-IV sec.) parlando di vari organi corporei giunge al termine del passaggio in prosa IV.31 a
Per la trattazione pi analitica del sogno nella letteratura classica, nelle epiche e nei Pura rimandiamo alle opere in bibliografia, poich purtroppo la loro discussione ci condurrebbe troppo lontano dal taglio del nostro lavoro. Beninteso che solo per discutere anche sommariamente il sogno nei Pura, per esempio, non basterebbe di certo una semplice dissertazione dottorale.
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parlare del cuore come il luogo della coscienza: tadvieea cetansthnam, atas tasmis tamas vte sarvaprina svapanti/, Quello [= il cuore]102 in particolar modo seggio della coscienza, dunque quando questo avvolto dalla tenebra gli esseri viventi dormono. Continua lautore descrivendo ancora la situazione del cuore per chi dorme e chi veglia, dando una suggestiva e, nel contempo, significativa indicazione della tendenza individuale durante il sonno e durante la vita attiva (SuS S IV.31):
puarkea sada hdaya syd adhomukham/ jgratas tad vikasati svapata ca nimliati// Il cuore sia simile a un loto rivolto verso il basso; quello sboccia per chi veglia e si richiude per chi dorme.

Di grande interesse anche laccostamento del sonno con il potere illusorio (my) proprio di Viu (vaiav), della divinit che dorme e sogna lillusione del mondo, motivo che vedremo tra breve (FILLIOZAT, 1974: 216-217), di notevole utilit per comprendere gli sviluppi successivi, soprattutto relativi alla letteratura purica, ma anche lo Yogavsiha o Mokopya (YV/MU), nonch il Vednta pi recente e lo aktdvaita del Tripurrahasya.103 A questo punto il datato ma utile studio di Umesh Mishra (1929: 270-271), fa uninteressante digressione, che egli sembra attribuire a Suruta stesso, anche se il testo non gli di conforto. Tuttavia, gran parte delle considerazioni sono condivisibili. Secondo Mishra, il sonno prende possesso solo di quanti hanno in s una qualche forma di colpa o demerito (adharma), per cui un uomo pio e puro non dovrebbe dormire. Questo sarebbe il motivo per cui le divinit non sono toccate dalle tenebre del sonno e sono costantemente vigili e veglianti. Daltra parte, invece, per luomo e gli altri esseri viventi non possibile questa purezza assoluta,104 per cui essi cadono preda delloscurit che il sonno reca con s.
Naturalmente nel passaggio si stava parlando gi del cuore (hdaya), per cui qui sufficiente il pronome a richiamarlo. 103 Filliozat (1974: 216-217) nota una somiglianza tra questo passaggio della SuS e del Bhgavata Pura (BhP X.2.11), che riguarda la yoganidr o yogamy. Come qui sopra menzionato vi una stretta relazione tra il sonno o il sogno e Viu, che mediante esso illude il mondo intero (vivamohana, BhP X.13.44). 104 Il Nyyabhya ad Nyyastra I.1.2 indica sinteticamente quali siano le tendenze che conducono alle colpe di cui luomo si macchia senza tregua, dividendole in fisiche, verbali e mentali: rgadvedhikrc csatyerymylobhdayo do bhavanti. doai prayukta arrea pravarttamno hissteyapratiiddhamaithunny carati, vc ntaparuascan sabaddhni manas paradroha paradravybhips nstikya ceti. seya
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Mishra corretto nellaffermare che le divinit non sono sopraffatte dal sonno, perch la loro natura sovra individuale in quanto il loro corpo non soggiace ai limiti imposti dallindividualit che si muove allinterno delle strette maglie di nome (nma) e forma (rpa). Gli dei sono sostanziati dintelletto (buddhi), del grande principio (mahat), che secondo il Skhya (Skhya Krik, SK 23) dominato dal sattva gua, lucente e vigile. Questo il motivo principale del fatto che le divinit conoscono meno il sonno e lottundimento, rispetto agli esseri ordinari. Tuttavia va precisato che il sonno il ristoro di tutti gli esseri, tanto che alcuni fanno risalire letimo di iva alla radice svapne, che significa appunto dormire. Per questo, il luogo in cui ogni essere riposa non che lo stesso benevolo Principio che concede una tregua dalla convulsione della veglia: erate prino yatra sa iva (SARASVAT, HARIHARNANDA, 2000: 42; PELLEGRINI, 2009: 187-206). Sebbene bisogna certamente comprendere che il sonno determinato in ultima analisi dallignoranza (avidy) e ne partecipa della natura tenebrosa (tmasika), con un mutamento di prospettiva questo pu essere anche considerato il luogo dove gli esseri meritori, riposandosi, riescono a ricaricarsi. Ogni essere ha in s tre qualit (gua), tre tendenze: sattva, rajas e tamas, che variano di grado da individuo a individuo (FILLIOZAT, 1974: 213). Quando il cuore umano, la sede della coscienza individuale, catturato dal tamas si ha il sonno (IV.34), mentre il sattva responsabile del risveglio.105 La SuSa (S IV.33) descrivendo il sonno, ricorda da vicino lo Yoga Stra (YS I.10), col il commento Rjamrtaa (RM) del re Bhoja (XI sec.), secondo il quale il sonno una vtti della mente che non comprende lesistenza degli oggetti esterni (MISHRA, 1929: 271).106 La mente giunge a questa situazione per una preponderanza di tamas. a questo punto che il testo divide nidr in tre grandi sezioni, ognuna delle quali dominata da un gua:
pptmik pravttir adharmya ..., A causa del predominio di attaccamento e avversione sorgono i difetti quali la menzogna, linvidia, lillusione, lavidit e altri. [Lindividuo] mosso dai difetti, agendo col corpo compie violenze, furti, unioni carnali proibite e quantaltro, con la parola [dice] il falso, [parla] rudemente o fa discorsi sconnessi, con la mente odia gli altri, brama le sostanze altrui e non crede. Questa colpevole tendenza [conduce] al demerito ... 105 hdaya cetansthnam ukta suruta dehinm/ tamobhibhte tasmis tu nidr viati dehinam// 34 // nidrhetus tama sattva bodhane hetur ucyate/ svabhva eva v hetur garyn parikrtyate// 35 //, O Suruta, il cuore stato detto essere il seggio della coscienza di coloro che possiedono un corpo (34). Quando questo sopraffatto dal tamas, allora il sonno penetra lessere vivente. Il tamas detto essere causa del sonno, il sattva causa del risveglio, oppure, pi la causa importante definita la natura propria (35). 106 Bhojadeva commentando YS I.10: abhvapratyaylambana vttir nidr, definisce il sonno: jgratsvapnavttnm abhvas tasya pratyaya kraa buddhisattvcchdaka tamas tadev lambana viayo yasy s tathokt vttir nidr. buddhisattve hi trigue yad sattvarajas abhibhya samastakaravarakam virasti tamas tad buddher viaykraparimbhvd udbhtatamomay buddhim avabudhyamna purua suupto ntasaja ity ucyate.

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nidr tu vaiav ppmnam upadianti, s svabhvata eva sarvaprino bhisparati.107 tatra yad sajvahni srotsi tamobhyiha lem pratipadyate tad tmas nma nidr sabhavaty anavabodhin, s pralayakle, tamobhyihnm ahasu nisu ca bhavati, rajobhyihnm animitta,108 sattvabhyihnm ardhartre, kalemam anilabahuln manaarrbhitpavat ca naiva, s vaikrik bhavati // 33 // ... Insegnano che il sonno il potere illusorio di Viu ed colmo di colpa. Tale, per sua natura sopraffa ogni essere. Ivi, quando la flemma dominata dal tamas raggiunge i canali che convogliano la coscienza, allora sorge un sonno di nome tmas,109 dal quale nessuno si desta (anavabodhin): questo si ha al momento della distruzione [del mondo],110 Per coloro che hanno un grado maggiore di tamas [il sonno comune] avviene durante i d e durante le notti, per coloro che hanno invece un grado maggiore di rajas, si ha irregolare, per coloro che hanno un grado maggiore di sattva, si ha a mezzanotte. Per coloro che sono [quasi completamente] privi di flemma, che sono eccessivamente ariosi o che hanno tribolazioni della mente o del corpo, non si ha affatto: questo [il sonno] anormale (33).

Per lyurveda ogni genere di sonno corrisponde e pu essere fatto rientrare in questi tre tipi: 1) tmas nidr: pur portando con s le impressioni delle cognizioni, il sistema nervoso riempito di flemma e per lintensit del tamas, il sonno sovrasta lessere vivente. Nessuno si sveglia da questo sonno, in quanto ha luogo solo al momento della distruzione del mondo (pralaya). Questo stato chiamato tmas per la predominanza del tamas. 2) svbhvik nidr: il sonno naturale degli esseri viventi. Se in un individuo predomina sattva, allora il sonno che egli sperimenter questo; infatti se
107 alhaa commenta afferma che il sonno colpevole perch determina il cessare del compimento di azioni virtuose, facendo leva pi su una sua natura omissiva piuttosto che negativa: vior iya vaiav myaiva. ppmna kasmd mananti? ktsnaubhavypranirodht 108 alhaa chiarisce cosa sintenda per animittam, ovvero senza alcuna stretta osservanza temporale, talvolta di giorno, talvolta di notte, proprio per la natura movimentata del rajas: animittam aniyatakla, calatvd rajasa kadcid div kadcid ratrv ity artha. 109 alhaa aggiunge che sebbene ogni genere di sonno sia determinato dalla sovrabbondanza di tamas, questo preciso tipo di nidr si chiama tmas perch in esso la quantit di tamas davvero superiore: yady api sarvsm api nidr tamo hetus tathpi prakatamastvt tmasya nidr kathyate 110 Il passaggio un po ambiguo. Evidentemente si comincia parlando di un dominio individuale con i canali sottili protagonisti. Poi vi la menzione al pralaya. Se badiamo allaspetto individuale di questo sonno allora laggettivo anavabodhin del sonno deve essere tradotto come senza alcun genere di conoscenza. Comunque parleremo pi avanti del nitya pralaya che coinvolge il mondo, corrispondente nellindividuo a suupti. Si vedano anche le considerazioni di G. G. Filippi (2011: in via di pubblicazione).

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qualcuno ha in s un maggiore grado di rajas, allora il suo sonno sar irregolare, in quanto la natura stessa di rajas movimento (cala) (SK 23). Questo sonno naturale predomina a met della notte. 3) vaikrik nidr: questo tipo di sonno esperito da colui che ha un minor grado di flemma e maggiore vento. alhaa spiega che quando qualcuno esausto per la grande attivit fisica, la flemma di un individuo diminuisce e aumenta laria, ci determina una maggiore difficolt al sonno. Tuttavia questa stanchezza fisica si accompagna anche a una stanchezza mentale, per cui la mente si ritira in un luogo privo di oggetti esterni. A questo proposito alhaa (XII sec.), commentando la SuS ad S IV.33, cita un verso dalla Caraka Sahit (CaS, Strasthna 21.35):
yad tu manasi klnte karmtmna klamnvit/ viayebhyo nivartate tad svapiti mnava// Quando la mente stanca e insieme ai sensi (karmtmna) inattivi (klamnvit), si distoglie dagli oggetti, allora luomo dorme.

Nel commento allo rrasthna (S) dellAgahdaya (AH VI.39) di Vgbhaa (VB VII sec.) si cita un paio di versi del Strasthna (SS) dellAgasagraha (IX.2021) dello stesso autore, che ci ricordano alcuni passaggi della BU (IV.3.21), che analizzeremo nel capitolo IV.I:
lemvteu srotasu ramd uparateu ca/ indriyeu svakarmabhyo nidr viati dehinam// sarvendriyavyuparatau mano nuparata yad/ vieyebhyas tad svapna nnrpa prapayati// Quando tutti i canali (srota) appartenenti allorganismo sono riempiti di flemma (kapha) e gli organi di senso, stanchi, si ritirano dai loro campi dazione, allora il sonno sopraffa un uomo (20). Quando poi tutte le facolt sensoriali sono ritirate e la mente non ritirata dagli oggetti, allora [lindividuo] sperimenta il sogno dallaspetto molteplice (21).

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Questo sonno diviso ancora in due categorie: il sogno, o la coscienza nella condizione di sogno (svapna) e il sonno profondo (suupti) (MISHRA, 1929: 272-273). Il sogno uno stato specifico la cui origine, non indipendente, si ha nel jgaritasthna. La veglia ha, nel sogno, la funzione di impressione latente (saskra), per questo Layek (1990: 91) definisce svapna come un fenomeno secondario. Esso un tipo di conoscenza, unesperienza accompagnata da oggetti (viaya), che per ha luogo solo quando tutti i sensi si sono ritirati dalle loro funzioni normali. Questo punto di vista assomiglia a quello dei Vedntin. Il sogno una condizione mentale, o meglio, uno stato del tutto psichico in cui domina la mente che coglie un mondo di proiezioni creato da essa stessa e che risulta in esperienze di varia, se non divergente natura, che possono o meno recare significati nascosti (MURTHY, 2004: 195). Una cosa che comunque non chiara se il punto di vista yurvedico consideri il sogno un tipo di cognizione a s stante, quindi attiva nel suo sviluppo come la percezione vera e propria, o un tipo di conoscenza pi vicina al ricordo (smti) con funzioni pi rappresentative e passive. La SuS (S IV.36) d qualche ragguaglio in merito (FILLIZAT, 1974: 217-218):
prvadehnubhts tu bhttm svapata prabhu/ rajoyuktena manas ghty arth ubhubhn// Il S incarnato, il signore del [corpo] dormiente111 coglie gli oggetti fausti e infausti che sono stati esperiti in precedenza, grazie a una mente dotata di rajas.

Commentando il passo alhaa, prendendo spunto da unipotetica domanda di un obbiettore, scrive:

Il commentatore chiarisce il significato di svapata prabhu: svapata svpayuktasya arrasya prabhu svm ketraja ity artha, tadvaena sarvakriypravtte Molto interessante per lo sviluppo futuro della tesi la questione del signore del corpo dormiente, di chi lo governa, ovvero lo ketraja di BG XIII. Vedremo che rapporti ha questo concetto con quello vedntico di skin. Questo padrone del corpo addormentato, che con laiuto della mente, nella quale pure domina il rajas, causa delle cognizioni oniriche fondate su esperienze precedenti, della veglia o di altre vite, buone o meno che siano (MISHRA, 1929: 296). alhaa aggiunge che la possibilit che si rimanga costantemente in sogno e non si passi al sonno profondo non si d. La mente, infatti, provoca la visione onirica solo quando dominata dallagitazione del rajas, mentre quando il tamas si diffonde su essa, si passa inevitabilmente allinerzia e al velamento: katha punar arthn indriyagrhyn, nidrev indriyeu ghtty ha manaseti. manasa sarvadaiva sabhavt sad svapnadaranaprasaga ity ha rajoyukteneti, rayopreritenety artha, rajasa pravartakatvt, tamoyuktena ca manas na kim api supta payati, tamasa varatmakatvt ...
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nanu ca, ya kacid arthvabodha sa sarvo pi bhyrthvalambo da, na ca svapne bhyrthasya sattva vidyate, tat katha tatrrthvabodha iti? ucyate smtir eveya prvnubhte rthe, na cnanubhtaviay parisphurati [Obbiezione:] Per, qualsiasi sia una cognizione di oggetti, ognuna vista avere come base un oggetto esterno. Nel sogno non vi lesistenza di un oggetto esterno, allora l come avviene la cognizione delloggetto? [Risposta:] Si risponde: quella in verit una memoria che ha come contenuto loggetto esperito in precedenza, [un ricordo] il cui oggetto non sia [gi] stato esperito non si determina

Simile la descrizione del Cikits Sthna della Bhel Sahit (23.7), come riporta Murthy (2004: 196), nella quale Bhela (risalente ad alcuni secoli prima dellera cristiana) definisce il sogno come uno stato in cui i sensi esausti si ritraggono dai loro rispettivi oggetti anche se la mente continua a godere della loro percezione: sevate gocara te viddhi ta svapnanmakam.112 Per la genesi del sogno si richiede una previa relazione con i sensi e, di conseguenza, una relazione con la veglia. La continuit dellesperienza il ponte che riunisce il sogno alla veglia: ossia sia nella veglia, sia nel sogno si hanno delle cognizioni (CaS, Indriya Sthna [InS] IV.42). La cognizione di jgrat determina delle impressioni, le quali generano il sogno e le sue cognizioni. In verit sono proprio le impressioni che transitano da una condizione allaltra. Pi precisamente le impressioni di quanto si esperito, producono dei ricordi, i quali possono riaffiorare sia durante la veglia, sia durante il sogno, determinando il sogno di un qualche oggetto gi visto di giorno. Abbiamo gi visto come nel Veda spesso ci si trovi imbarazzati a tradurre il sostantivo svapna, oppure una forma qualsiasi della radice svap come sonno o sogno. Lo stesso accade anche in contesto yurvedico, nel quale in talune occasioni svapna viene inteso anche come sonno (CaS, SS XI.35): traya upasthabh iti hra, svapno brahmacaryam iti, Tre sono i supporti vitali: il cibo, il sonno e la castit. Anche Cakrapidatta (CpD, IX sec.), glossando CaS SS XXI.35 resta ambiguo. Anche se va ricordato che il verso di riferimento intende precisamente il sonno, egli in una frase sembra interpretare la parola svapna in entrambi i sensi: svapna ca
112 Murthy (2004: 196) menziona anche altri due versi molto simili attribuendoli a unopera intitolata Vaidyakya Subhita Shitya (21.22, 26): indriym uparame mano nuparata yadi/ sevate viayn eva tad vidyt svapnadaranam// 22 // // bhukte ca bhyakaraais tu jgradda bhavet/ svapno pi bhyanyasya bhoktur bhukti prakrtit// 26. Si confronti con YV/MU IV.19.11.

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nirindriyapradee manovasthnam., e il sonno il risiedere della mente in una regione priva di facolt sensoriali. Una doverosa anticipazione, come anche degno proseguo della nostra trattazione sta nel menzionare la triplice divisione del sogno del commentatore principale del Vaieika Stra (VaiS), ovvero Praastapda (PrP, V sec.).113 Egli, nel suo Padrthadharmasagraha (PDhS ad VaiS IX.2.7-9) propone una suddivisione dei sogni sulla base delle loro cause. Per cui avremo sogni nati dalle impressioni della veglia (saskra), sogni nati dallo squilibrio degli umori corporei (dhtudoa) e i sogni dovuti al bagaglio invisibile di meriti e demeriti che il sognatore porta inconsapevolmente con s (ada):114
uparatendriyagrmasya pralnamanaskasyendriyadvreaiva yad anubhava mnasa tat svapnajnam tat tu trividham saskrapavd dhtudod adc ca ... Quellesperienza mentale che si ha attraverso il senso [della mente] di colui il cui insieme dei sensi ha cessato [la sua attivit] e la mente si ritirata la cognizione

Secondo alcuni la classificazione quadripartita, perch aggiungono lo svapnntikajna ossia il sogno allinterno del sogno di cui lo stesso PrP parla nel medesimo passaggio (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 316, 321). Ganganath Jha, nella sua traduzione inglese del PDhS traduce il termine come dream-end cognition dicendo che si tratta di dream-within-dream; in this dream-end cognition a dream is the object of another dream (JHA, G. N., 1982 [1915]: 388). Per altri la quadripartizione di questo genere: 1) sogni dovuti a disturbi organici o muscolari; 2) sogni dovuti a esperienze precedenti; 3) sogni dovuti a suggestioni da parte di entit sottili; 4) sogni profetici. I primi due non corrispondono a dei fatti, mentre, secondo i buddhisti, i sogni profetici sono sempre veritieri. La terza variet pu essere vera o falsa, a seconda della verit o falsit del messaggio dellentit sottile o divina. Secondo i Bauddha tutti sognano, eccetto gli arhant, che appartengono a una classe superiore, in quanto la loro mente non soffre di viparyaya. Il monaco Ngasena, nel testo pl Milindapaha (IV.8.33), afferma che il sogno non n veglia n sonno, ma accede nella transizione tra loro. Gli atti onirici o i sogni stessi sono propizi (kuala), mal augurali (akuala) o indefiniti (avyakta)? Insomma, i sogni producono effetti? Nel sogno il controllo volontario sospeso e il monaco assolto dalle attivit compiute in sogno. Inoltre, il potere di volont del sogno non abbastanza forte da produrre rinascita, per se rafforzato da esperienze precedenti pu produrre effetti successivi nella vita stessa (CHI, 2001 [1953], VOL. 3: 596-598). 114 Ancora nel Milindapaha (IV.8.33) Ngasena di fronte a Milinda, sostiene che i sogni sono visti quando la mente attiva si trova in un sonno leggero, durante il quale si ha esperienza di pensieri sconclusionati e sparsi. In sonno profondo, invece, la mente diviene inattiva (IBID.). Secondo Ngasena i sogni sarebbero dovuti alla flemma, la bile, laria, linfluenza di divinit, linflusso delle abitudini proprie del sognatore (ESNOUL, 1959: 231234). Ariyavansa diccarans tent una classificazione sistematica del sogno, sempre dal lato del Buddhismo antico. Egli riconobbe quattro generi di sogno: 1) sogni dovuti a disturbi muscolari o dellorganismo, ovvero squilibri umorali, questi sono i sogni che si possono anche definire incubi; 2) sogni ricorrenti, che presentano costantemente lo stesso tipo di sogno, dovuti a precedenti esperienze avute in veglia; 3) sogni dovuti allintromissione di esterna di qualche essere sottile o rituale; 4) sogni profetici (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. I: 316, 321). Doniger (2005 [1984]: 48) legge la suddivisione come triplice invece che quadruplice. Intrigante altres la classificazione tipicamente Jaina dei sogni (WAYMAN, 1967: 4-5). Secondo il testo Jaina dedicato ai segni precursori, Agavijj, i sogni devono essere divisi in quelli che riflettono cose viste (diha=da), quelli che riflettono cono non viste (adiha=ada) e quelli visti in modo indefinito, senza confini ben torniti (avattadiha = avyaktada). Caraka, dal canto suo, include gli ultimi due tipi di sogni tra i sogni immaginati (kalpita) (DONIGER, IBID.; BALBIR, 2009: 140-141). Segnaliamo comunque il saggio di N. Balbir per chiunque volesse approfondire le implicazioni relative a sonno e sogno nella letteratura Jaina (IBID.: 103-158).
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onirica Quella [cognizione] triplice: [si ha] dalla forza delle impressioni latenti, dallo squilibrio degli umori e dalla forza invisibile 115

Pu accadere che un uomo desideri qualcosa in modo particolare e su quella cosa si posa costantemente il suo pensiero. Quando questi andr a letto sar preda della stessa serie di pensieri anche durante il sogno. Questo quello che si dice un sogno sorto per via della forza delle impressioni latenti (saskrapaut). Saltiamo dal primo tipo di sogni direttamente al terzo, perch il secondo sar argomento trattato pi estesamente qui sotto. Abbiamo parlato anche di sogni nate da forze invisibili (ada). Nel lessico tecnico dei darana quando si parla di ada si intende sia il risultato positivo e meritorio (dharma) dellinsieme delle attivit compiute, sia il frutto negativo e veicolante demerito (adharma) delle attivit proibite. Per questo, eventi non ancora percepiti (apratta) durante la vita di veglia del sognatore, oppure gi noti (pratta), come il cavalcare un elefante, ottenere un ombrello simbolo di regalit -, salire su un monte, mangiare riso cotto nel latte possono indicare buoni avvenimenti futuri; o ancora cose conosciute ma da cui ci si tenuti alla larga oppure situazioni mai viste in questa vita come la salita del monte Meru, percepire la presenza di divinit o anche abluirsi nella Gag, questi tutti sono sogni indicanti meriti del sognatore. Daltro canto, vi sono sogni indicatori di demerito e forieri di sventura, per esempio cospargersi il corpo dolio, salire su un cammello, cadere da unaltura, sprofondare nel pantano (MISHRA, 1929: 289-291).116 Il terzo tipo di sogni quello sorto dagli squilibri umorali. Come gi abbiamo visto, lyurveda indaga le malattie e gli squilibri psico-fisici mediante lesame del bilanciamento dei tre umori (doa), ossia flemma (kapha), bile (pitta) e aria (vta) (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 319-320). Quando tutti e tre gli umori sono nella loro forma viziata, allora i canali che collegano la mente al cuore sono parzialmente o completamente ostruiti, allora una persona vede vari generi di sogni terribili, addirittura la sua morte approcciarsi o altri del genere. Il sogno una peculiare esperienza mentale causata dalle facolt sensoriali in riposo. Per questo un individuo sogna vari tipi di visioni oniriche, sia di buon augurio, sia mal augurali (CaS InS V.41-42):
manovahn pratvd doair atibalais tribhi/

115 116

Rimandiamo per approfondimenti al capitolo 2 (pp. 134-136). Si noti quanto i testi successivi hanno preso a prestito dalle indicazioni dellAVP.

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srotas drun svapnn kle payati drue// ntiprasipta purua saphaln aphals tath/ indriyeena117 manas svapnn payaty anekadh// A causa del riempimento dei canali mentali [attaccati al cuore]118 con i tre umori estremamente aggravati, allora [luomo] vede dei sogni terribili in un momento [altrettanto] terribile (41). Un uomo che non completamente dormiente, con una mente che domina i sensi, vede sogni variegati che portano buoni frutti e infruttuosi (42).

Come gi accennato, uno degli aspetti fisiologici di svapna il bisogno dellabbondanza di rajas per manifestarsi. Secondo la SuSa (S IV.36-37) talvolta i sogni sono legati a vite precedenti. La mente ha solo limbarazzo della scelta, dallenorme magazzino delle passate esperienze, di questa e delle altre esistenze pu pescare accadimenti sia piacevoli sia spiacevoli. Quando poi tutti i sensi non sono completamente attivi, ci significa che hanno perduto il loro potere e sono soggiogati dal tamas, anche se lindividuo, pur sembrando assopito, non lo . In quel momento ha luogo il sogno:
prvadehnubhts tu bhttm svapata prabhu/ rajoyuktena manas ghty arth ubhubhn// karan tu vaikalye tamas bhipravardhite/

Nella sua yurvedadpik (VD), Cakrapidatta glossa il termine indriyeena (un bahuvrhi su di uno ah tatpurua: indriynm a, tena), come indriyaprerakea, che stimola i sensi. 118 CpD ad InS IV.41-42 spiega cosa siano i canali mentali attaccati al cuore: manovahni srotsi yady api ptha noktni, tathpi manasa kevala cetanvac charram ayanabhtam [vimnasthnae 5.7] ity abhidhnt sarvaarrasrotsi ghyante, vieea tu hdayritatvn manasas tadrit daa dhamanyo manovah abhidhyante ... Sebbene i canali che conducono la mente non siano stati trattati separatamente, tuttavia con la menzione della mente hanno il loro luogo solo nel corpo provvisto di coscienza , si considerano tutti i canali corporei, ma in particolare, poich la mente ha il proprio seggio nel cuore allora le dieci arterie (dhaman) che sono poste in esso sono chiamate manovah ... Si veda anche Singh (2008 [1958], VOL. 1: 322-323) in cui, analizzando i passi di CaS si spiega la ragione fisiologica di questi sogni terribili. Si hanno appunto delle forti correnti di ognuno dei tre umori allinterno delle manovah na. Egli continua citando akara Mira (aM, XV sec.) e il suo Kada Rahasya (KaR, STR, D. R. [ED.], 2007: 120) secondo il quale i sogni sono prodotti quando la mente, disconnessa dai sensi esterni eccetto il tatto, si trova allinterno delle svapnavah na: atha svapna. sa ca siddhopayuktntakaraajanya jna siddh ca nidr yad svapnavahanmadhyavarti mana tad bahirindriyasabandhaviraht svapnajnny eva jyante. tatrpi yad tvagindriyasypi sabandhavirahe suupti. tad ukta yad tvacam api parihtya mana purtati vartate tad suuptir iti Quando anche questultimo contatto sensoriale viene meno la mente penetra nella purtat na e, assopendosi, si entra nel sonno profondo. In questo panorama sembra esservi una contraddizione tra aM e Caraka, quando invece sono spesso in accordo. B. N. Seal (1985 [1915]: 222-225) cerca di risolvere la questione indicando che le manovah na sono dei canali mediante i quali lanima individuale con il manacakra. Quando le sensazioni iniziano, come avviene nelle allucinazioni e nei sogni interviene una particolare sezione della manovah na che si chiama appunto svapnavah na (si veda il capitolo 2, pp. 139-140).
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asvapann api bhttm prasupta iva cocyate// Il S incarnato, padrone, con una mente provvista di rajas, dormendo coglie enti propizi e non propizi esperiti con i corpi precedenti (36). Quando, poi i sensi sono deboli per la sopraffazione da parte di tamas, allora pur non dormendo, si dice che il S incarnato come assopito (37).

Il sogno uno stato in cui lattivit della mente non cessata (anuparatamanastva), mentre il sonno la cessazione dellattivit mentale esteriore (uparatamanastva). Pi precisamente, la mente in sogno attiva solo internamente e non allesterno del corpo: questo il retroterra in cui si vedono i sogni (LAYEK, 1990: 93). La CaS continua, come nella sua natura, nella categorizzazione del sogno. In un passaggio successivo (V.43) a quelli gi menzionati, classifica sette suddivisioni di sogni (STR, V. K., 1975: 92-98):119
da rutnubhta ca prrthita kalpita tath/ bhvika doaja caiva svapna saptavidha vidu// [I saggi nella materia medica] conobbero il sogno di sette tipi: visto, udito ed esperito, desiderato, inoltre immaginato, profetico e di certo nato dallo squilibrio degli umori.

Naturalmente lyurveda ha definito tutti e sette i tipi di svapna (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 315-316; WAYMAN, 1967: 5-6; MITTWEDE, 2009: 28-29). Nella fattispecie: 1) dasvapna: Sogno visto. quando si parla di visione (di) il fattore anatomico locchio, mentre quello fisiologico la visione. Certo si necessit di facolt ben funzionanti, cosa che sottende un rapporto, un filo di collegamento tra la realt onirica e quella empirica. Ogni uomo pu, infatti, sperimentare che quanto si vede durante la veglia poi riportato, con le sue peculiarit, nel sogno. In questo ponte sta lorigine di questo genere di sogno visto, che si fonda appunto sulla vita ordinaria di jgtavasth. 2) rutasvapna: Sogno udito. Il fattore anatomico , come la denominazione stessa suggerisce, lorecchio e la facolt coinvolta quella uditiva.
Il verso si ripete in AH S VI.61 (FILLIOZAT, 1974: 220). I versi seguenti (62-65a) ricalcano precisamente, con pochissime differenze, la CaS. Poi la disamina continua (65b-71a) indicando quali siano le visioni propizie in sogno.
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Anchesso forma, mediante il senso delludito un traid union con lesperienza di veglia (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 318). 3) anubhtasvapna: Sogno esperito. Tutto ci che si esperisce durante la veglia rivisto nel processo di rielaborazione onirica di quella stessa conoscenza. In parole pi semplici vi una riproduzione di esperienze passate. 4) prrthitasvapna: Sogno desiderato. Coinvolge pi da vicino dei fenomeni strettamente mentali, specialmente legati ad aspirazioni, desideri, brame. Per tal motivo senza dubbio un evento fisiologico e ancor pi psicologico. Per questo al di l di ogni visione o audizione e si collega direttamente alla coscienza (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 320). 5) kalpitasvapna: Sogno immaginato. connesso a un genere di immagine, una creazione del tutto mentale che potrebbe avere le sue radici nellesperienza quotidiana. Nessun prama in grado di cogliere questo genere di fenomeno. 6) bhvikasvapna: Sogno profetico. Il desiderio, la volont di divenire qualcosa la sua causa prima. Lindividuo, mosso da certi stimoli desidera diventare qualcosa che ancora non .120 7) doajasvapna: Sogno nato dagli umori. Lo squilibrio tra gli umori (dhtudoa) kapha, pitta e vta genera questi sogni. In aggiunta, anche il temperamento, le condizioni psicologiche e la condizione fisica possono aver qualcosa da dire nel sogno, in quanto tutto ci strettamente connesso alla natura fisiologica propria dellindividuo dovuta a un certo tipo di bilanciamento degli umori (doajaprakti). Anche i sogni sono causati da queste mescolanze, nature e squilibri. Per esempio limperante presenza del rosso, indica una preponderanza di pitta, quella del bianco di kapha e con il blu si ha vta. Anche commistioni sono possibili: il blu indica unazione congiunta di vta e pitta, per esempio (LAYEK, 1990: 94). Il commento allAH di Arua Datta, intitolato Sarvgasundara analizza uno a uno i sette tipi (prabheda) di sogno (MISHRA, 1929: 301-303):
da sa ucyate, ya caku jgradavasthy kicid vastujta dv tadn suptvasthy tda vastujta savittirpatay nubhyate// 1 // ya ca abdamtrea vstujta rotrendriyea ghyate tadn suptvasthy tdksavittirpatay nubhyate, sa ruta ucyate// 2 // yas tu jgradavasthy yathyatham indriyair anubhyate

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Bdaryaa (BS III.2.4) usa il termine scaka per indicare questo tipo di sogni.

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suptvasthy tdgantasavittirpatay nubhyate, so nubhta ucyate// 3 // yasmin de rute nubhte v yat prva jgradavasthy vastujta manas bhyarthyate tathaiva ca suptvasthym antasavittirpatay nubhyate, sa prrthita ucyate// 4 // yas tu abhi pratyaknumndibhir na do npi ruto npy anubhto darutnubhtatvbhvd ata eva na prrthita, api tu kevala manas yatheccham utprekya yat kicanarpbhi kalpanbhis tbhis tbhi kalpito jgradavasthy vastujto ntasavittv uprha, tadn suptvasthy tdg anubhyate, sa kalpita ucyate// 5 // ya ca darutdibhya svapnebhyo nyo vilakaasvapno yath dyate suptvasthym uttarakla tathaiva tatsvapnadarin narea tanmukhvagatatadarthair anyair api pratyakato dyate, sa bhvika// 6 // doaja sa svapna yo vtaja pittaja kaphajo v yathyatha doagunurpo ntasavittv anubhyata iti// 7 // Si dice visto quel [sogno] che [si ha] dopo aver scorto una qualche entit con la vista durante la condizione di veglia, e in seguito, durante il sonno si esperisce tale entit in forma di cognizione (1). Si dice invece udito quel [sogno che si ha] quando si coglie unentit che esclusivamente suono mediante la facolt uditiva, e in seguito, durante il sonno quella stessa si ha in forma di cognizione (2). Si dice ancora esperito quel [sogno che si ha quando] mediante i sensi si esperisce qualcosa cos com nella condizione di veglia e [poi] durante il sonno si esperisce quella stessa cosa in forma di cognizione interna (3). Quando si visto, udito o esperito in precedenza una certa entit nella condizione di veglia e la si desidera mentalmente, [e poi] proprio cos durante il sonno si esperisce quella stessa cosa in forma di cognizione interna: questo il sogno desiderato (4). Si dice immaginato quel [sogno che si ha quando] n si visto, n udito n esperito mediante i sei [mezzi di conoscenza] che iniziano dalla percezione diretta, linferenza e gli altri, a causa della mancanza delle [rispettive] propriet dellessere visto, udito o esperito, per cui [lente] non desiderato ma, avendo solamente immaginato con la mente secondo il proprio desiderio con delle immagini dalla forma indefinita e, nella condizione di veglia, mediante ognuna di quelle [immagini] si immaginato un certo ente che si dunque sviluppato sulla coscienza interna, e in seguito, durante il sonno quella stessa si ha in forma di cognizione (5). Si dice invece profetico quel [sogno] diverso dai sogni visti, uditi ecc., un sogno differente, ossia si vede durante il sogno qualcosa di tale quale a ci che luomo che ha visto quel sogno vede al momento successivo [= al risveglio] e, inoltre, lo conoscono anche altri che direttamente hanno appreso dalla sua [= del sognatore] bocca a proposito degli oggetti [visti in quel sogno] (6). Il sogno nato dallo squilibrio degli umori quello sorto [rispettivamente] dallaria, dalla bile e dalla flemma e rispettando i propri difetti e delle proprie qualit [umorali], esperito proprio allo stesso modo nella coscienza interna (7).

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Il testo di CaS (V.44-46) continua enunciando i risultati dei sette tipi di sogni, tra i quali i primi cinque non producono risultati (aphala), mentre gli ultimi due, bhvika e doaja recano con s dei frutti. Il primo dei due pu presentare, a seconda della sua natura, sia risultati positivi, sia negativi,121 mentre il secondo per lo pi un campanello dallarme per la nascita di malesseri e malattie e anche la recrudescenza di essi o addirittura annunciare la morte (FILLIOZAT, 1974: 218-219; MURTHY, 2004: 198199; MITTWEDE, 2009: 29):122
tatra pacavidha prvam aphala bhiag diet/ divsvapnam atihrasvam atidrgha ca buddhimn// 44 // da prathamartre ya svapna so lpaphalo bhavet/ na svaped ya punar dv sa sadya syn mahphala// 45 // akalyam api svapna dv tatraiva ya puna/ payet saumya ubhkra tasya vidyc chubha phalam// 46 //123 Il medico insegni che tra quelli i primi cinque tipi sono privi di frutto, sogni avuti durante il giorno, troppo brevi o troppo lunghi (44). Il sogno visto nella prima parte della notte ha un frutto minimo, mentre se non ci si riaddormentasse nuovamente dopo averlo visto, immediatamente il frutto diverrebbe grande (45). Chiunque pur avendo visto un sogno non propizio ivi [= nel sonno] vedesse di nuovo [in sogno] qualcosa di pacifico e propizio, si riconosca il risultato fausto di ci (46).124

Probabilmente questo il genere di sogni a cui fa riferimento nel suo commento ad BS II.1.14: yady api svapnadaranvasthasya sarpadaanodakasnndikryam anta tathpi tadavagati satyam eva phala, pratibuddhasypy abdhyamnatvt, na hi svapnt utthita svapnada sarpadaanodakasnndikrya mithyeti manyamnas tadavagatim api mithyeti manyate kacit. etena svapnado vagaty abdhanena dehamtrtmavdo dito veditavya. tath ca ruti yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane [ChU V.2.8/V.2.9] ity asatyena svapnadaranena satyy samddhe pratipatti darayati. tath pratyakadaraneu keucid arieu jteu na ciram iva jviyatti vidyt ity uktv atha svapn purua kadanta payati sa ena hanti ityadin tena tensatyenaiva svapnadaranena satya maraa scyata iti darayati. prasiddha ceda loke nvayavyatirekakualnm dena svapnadaranena sdhvgama scyata densdhvgama iti. tathkrdisatykarapratipattir d rekhntkarapratipatte Per la traduzione del passaggio si veda il capitolo 5 a pp. 494-496. 122 Lultimo verso del capitolo visto sin qui della CaS (V.47) sostiene, crudamente, che un medico non dovrebbe intraprendere alcun trattamento per un paziente che abbia avuto sogni che preannunciano la propria morte: prvarpy atha svapnn ya imn vetti drun/ na sa mohd asdhyeu karmy rabhate bhiak//. 123 CpD glossa in questo modo la capacit di avere dei risultati sia di buon auspicio, sia nefasti, da parte degli ultimi due tipi di sogni: prieyd bhvika doajanya ca saphalam. tatra bhvika ubhubharpatay ubhubhaphalaprada yat tu doajanya tad doaprakopajanyavydhirpaphalascakatay saphalam , Per esclusione [allora] il sogno profetico e quello sorto da squilibri umorali portano frutto. Tra questi quello profetico, poich ha un aspetto che pu essere tanto propizio quanto infausto, concede frutti sia propizi sia infausti, mentre quello che nato dallo squilibrio umorale reca un frutto perch informa del risultato che non altro che la malattia causata dalleccesso umorale ... 124 Si confronti con lAVP 68.2.57-59.
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Uninteressante nota la fornisce anche il celebre florilegio di insegnamenti etici e diplomatici (nti) del Pacatantra (PT) nel quinto e ultimo capitolo denominato Apariktakraka (I.11):
vydhitena saokena cintgrastena jantun/ kmrtena tha mattena da svapno nirarthaka// Il sogno avuto da un malato, da una persona sofferente, da una persona ghermita dalle preoccupazioni, da qualcuno tormentato dal desiderio e anche da un matto privo di significato.

Come gi abbiamo visto nellAVP 68.1 e 5, ogni uomo sogna diversi enti a seconda del proprio temperamento fisiologico e della propria natura (prakti). Per esempio un uomo arioso in sogno si vedr volare, arrampicarsi su vette inaccessibili o salire su alti alberi.125 Individui con temperamento spiccatamente bilioso vedranno alberi di pala (Butea Frondosa), oro, fuoco, saette, meteore incandescenti (ulka) o quantaltro sia connesso con la luce e il calore.126 Infine coloro che hanno natura flemmatica sognano bianchi fiori, cigni, laghetti e fiumiciattoli dalle acque limpide e quiete e nubi cariche di pioggia rinfrescante.127 Spingendoci oltre, interessante anche una brevissima trattazione su quali siano i sogni presagenti la morte.128 LAH (S VI.60) parla di sogni terribili che preannunciano la morte del sognatore:
dyante dru svapn rog yair yti pacatm/

Si vedano a questo proposito Sus S IV.65: viyati ca gacchati sabhramea supta., e AH S III.88: ailadrums te gamana ca ynti. 126 Sus S IV.69: supta san kanakapalakarikrn sapayed api ca hutavidyudulk, e AH S III.93: supta payed palakarikrn paln digdholkvidyudarknal ca. Si noti che il pala un albero il cui legno considerato di particolare calore e i suoi medicamenti sono indicati per ristabilire il giusto calore a quanto si era oltremodo raffreddato, per esempio degli occhi che perdono il loro calore, ossia la loro capacit e acutezza di vedere. Oltre a ci, si ricordi che loro considerato fuoco metallico reperibile nelle miniere (karaja TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 8). 127 Esempi di sogni visti da persone kaphaja sono presentati in Sus S IV.73: supta san sakamalahasacakravkn sapayed api ca jalayn manojn e AH S III.102: svapne sapadmn savihagamls toyayn payati toyad ca. 128 Si consideri che lintero primo capitolo del S della CaS dedicato ai segni premonitori della morte (MITTWEDE, 2009: 24-28). Senza entrare nel dettaglio riferiamo che anche un altro testo yurvedico molto noto, la rgadhara Sahita (I.3.14-26) presenta una lista di visioni oniriche nefaste (14-21) e propizie (22-26), per la traduzione si veda Wujastyk (2001 [1998]: 318-320). Analogamente si veda il Mastya Pura 242 (HOUBEN, 2009: 63, n. 58).
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aroga saaya prpya kacid eva vimucyate// Sogni terrificanti sono visti, attraverso i quali il malato giunge alla morte,129 [mentre] alla persona sana sorge un dubbio, solo qualcuno si salva [dalla morte].

I testi medici, come si addice a una professione rivolta in primo luogo alla diagnosi della malattia, danno notevole importanza e rilievo ai sogni violenti e che facciano presagire realt cruente. Per esempio salire su un asino o un somaro indica lessere colto da malattie incurabili e morire, anche violentemente.130 Chi vede spiriti spaventosi, beve vino in compagnia o trascinato da cani, dopo essere stato colto da febbre, spira. Chi vede in sogno il cielo rosso, si ammala di coliti ulcerative (raktapitta) e muore per emorragia. A chiunque in sogno cresca un rampicante spinoso nel cuore, si ammala di gulma, un tipo di tumore. Chi in sogno nudo mentre una persona cosparsa di burro chiarificato (ghta) offre oblazioni al fuoco quando dal suo petto nascono loti, si ammaler gravemente sulla pelle, per esempio diverr lebbroso; chi invece beve sostanze oleose con dei cala, morir di diabete (madhumeha); chi ancora, in sogno, danza con mostri antropofagi nottivaghi (rkasa), ballando sotto la piaggia si ammaler tanto da diventare pazzo e morir, e moti altri (MITTWEDE, 2009: 24-28).131 Altri sogni presagiscono solo malattie. Vedere uneclissi di sole o luna preannuncia una malattia agli occhi (akiroga), mentre se cade da uno dei due astri diverr cieco. Per un individuo in degenza medica sono di cattivo augurio sogni che indicano: lo spuntare di piante rampicanti dalla testa o la costruzione di un nido sul capo o su di esso lindugiare in volo di avvoltoi e corvi, lauto decapitazione, tagliarsi qualche parte del corpo con piante come bamb, erbe, spine, la caduta di ceneri o polvere, auto trascinarsi in acque melmose, vomitare, pur essendo sposati radersi da s, mangiare cibi ricchi, pieni di condimento e oleosi, bere vino, ottenere oro e argento. Chi vede durante il sogno che pianeti o stelle, denti o occhi delle divinit cadono, sar distrutto. Colui che sogna una foresta colma di fiori rossi, diverr un
Lespressione letterale andare allessere cinque, pacatvagamana, significa morire, in quanto morendo il corpo restituisce i propri cinque elementi ai cinque elementi naturali. 130 Si confronti con gli oscuri presagi visti in sogno dalla rkas Trija che preannunciano limminente fine di Rvaa (Rmyaa V.27; DONIGER, 2005: 52-54). akarcrya, commentando Vedntastra III.2.4, afferma che coloro che hanno studiato lo Svapndhyya dichiarano che vedere s stessi montati un elefante o cose analoghe, di buon auspicio e vedere s stessi seduti su un mezzo di trasporto trainato da asini infausto: cakate ca svapndhyyavida/ kujarrohadni svapne dhanyni kharayndnyadhanynti 131 Si veda anche la lunga lista degli incubi riportata da Doniger (2005 [1984]: 46-49) che cita come fonte SuS I.29.54-64, 67, 68, nonch Esnoul (1959: 225).
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peccatore accanito. Tutto quanto elencato conduce a sfortuna certa. Daltro canto vi sono anche sogni che veicolano buoni auspici: se si vedono vacche e tori, divinit, due volte nati, amici ancora in vita, re, saggi, una riserva dacqua pura, fuoco sfavillante, una donna dalla pelle chiara vestita di bianco. Se ancora qualcuno si vede in sogno circondato da rkasa i cui corpi sono coperti di sangue e per questo sembrano splendenti, allora ci sar una buona notizia lindomani. Chi riceve un ombrello, una veste bianca o uno specchio anche andr incontro a qualche fortuna. Monti, elefanti, alberi colmi di frutti, una persona che nuota in un fiume, un lago o loceano sono tutti segni benaugurali. Anche muoversi in sogno da est a nord pu indicare una lunga vita.132 Comunque, senza continuare in questelencazione rimandiamo ad altri che lhanno prodotta prima di noi (ESNOUL, 1959: 223-226; LAYEK, 1990: 94-96).133 Una rassicurazione degna di nota, consta nel fatto che quando un sogno non sia ricordato, per cui non possibile esternarlo o narrarlo a qualcuno, questo non avr le stesse conseguenze che avrebbe potuto avere una volta raccontato (SuS, SS 29.67), proprio perch la narrazione di esso contribuisce a donargli verit:
yathsva praktisvapno vismto vihatas tath/ cintkto div do bhavanty aphals tu te// Il sogno che in accordo alla propria natura umorale, quello dimenticato e quello contraddetto, quello causato dalle preoccupazioni e quello diurno, tali sono privi di frutto.

Tuttavia lo stesso testo continua (SuS SS 29.71b-74) offrendo degli antidoti rituali ai brutti sogni, agli incubi e ai loro effetti, come presentati nella lunga lista del testo (SuS SS 29.54-71a):
Si veda lAH di Vgbhaa nello S VI.40-58 per una trattazione generale sui sogni da esiti infausti, mentre i versi da 59 a 61 ripetono CaS S V.43-46. Si vedano anche Ca InS V.7-39, Nidhna Sthna II.6, 17. I versi che vanno da 62 a 73 rivelano i segni propizi di un sogno, come anche Sus SS 29.75-81 (TRIPH, R. N., 1987: 153-156). 133 Unultima questione che merita di essere riportata, anche se superficialmente, il rapporto delle anime trapassate con il fenomeno onirico. Spesso per spiegare degli incubi, come gi avevamo visto nel Veda, si ricorre alla momentanea possessione o penetrazione di spettri, spiriti, defunti (preta) o quantaltro nella psiche del sognatore. Per esempio assistere alla morte di famigliari o amici dovuto allinflusso di qualche spiritello. Accade talvolta, infatti, che questi, sotto le mentite spoglie di elefanti, cavalli o tori, appaiano in sogno a figli, parenti, mogli o mariti (Garua Pura, Uttara Khaa XI.5-12) (ESNOUL, 1959: 221-222). Lo spettro funge, per certi versi, da mediatore, da congiunzione tra il sognatore e il mondo dei defunti. Gli spettri sono anche chiamati in causa ogni qual volta il sognatore desidera liberarsi degli effetti indesiderati dei brutti sogni.
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svapnn evavidhn dv prtar utthya yatnavn// 71b // dadyn ms till loha viprebhya kcana tath/ japec cpi ubhn mantrn gyatr tripad tath// 72 // dv tu prathame yme svapnyd dhytv puna ubham/ japed v nyatama veda brahmacr samhita// 73 // na ccakta kasmaicid dv svapnam aobhanam/ devatyatane caiva vased rtritraya tath/ vipr ca pjayen nitya dusvapnt pravimucyate// 74 // Dopo aver visto siffatti sogni, essendosi levato il mattino presto colui che si sforza (71b) offra dei legumi,134 del sesamo, ferro e oro ai brhmaa e reciti delle formule fauste come la gyatr dai tre quarti135 (72). Se lo studente brhmaico avendo visto [un sogno] nella prima parte [della notte], dormisse nuovamente dopo aver meditato qualcosa di propizio oppure concentrato reciti una formula vedica fra tante (73), oppure [qualcuno] avendo visto un sogno nefasto non lo riveli ad alcuno e risieda per tre notti nella dimora di una divinit136 e onori sempre i brhmaa, in tal modo si libera dal brutto sogno (74).

Innumerevoli sono gli esempi e le liste nei testi sia medici, sia astrologici, cos come i Pura pullulano di segnali provenienti dai sogni, anche se, come abbiamo gi detto, i nostri obbiettivi vanno oltre la trattazione oniromantica, argomento gi studiato molte volte.

I.4.2: L O

SVAPNAVICRA COME ARGOMENTO ASTROLOGICO E OLTRE

Siamo dunque giunti allultima sezione vera e propria di questa prima parte del lavoro. Come il titolo preannuncia, il nostro obbiettivo di trattare s sommariamente alcune questioni legate allinterpretazione dei sogni nel vedga Jyotia, soprattutto nei suoi sviluppi pi recenti, ma soprattutto prestare il fianco a spunti e considerazioni che se la nostra tesi andasse a indagare altrove, sarebbero di fondamentale utilit.
M un tipo di legume chiamato in hind uad, tradotto in inglese con black gram o lenticchia nera. Il metro vedico gyatr ha 24 sillabe, otto per ogni pada o quarto/piede. 136 La stessa Wendy Doniger (2005 [1984]: 47) commenta in questo modo: Laffermazione secondo la quale il non raccontare il sogno fa parte del processo attraverso cui lo si rende irreale certamente significativa
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Abbiamo visto come nei paragrafi precedenti si sia seguita la traccia della triplice fase, lambendo in pi circostanze i testi dei darana, addirittura accennandovi ove il contesto ce lo richiedeva, restando per sempre al di qua di quella barricata ideale che divide il contesto rituale, medico, interpretativo o semplicemente letterario da quello marcatamente speculativo. Queste ultime riflessioni, insieme ai dati raccolti prendono il via da considerazioni astrologiche, per giungere poi ad altri ambiti, con brevi indicazioni riguardanti i Pura137 e le due maggiori epiche, Rmyaa (RM) e Mahbhrata (MhB), fino a presentarci di fronte allaltro vastissimo contesto, che da solo meriterebbe lunghe ricerche, ossia il Tantra.138 In questo frangente, senza entrare in tecnicismi fuori luogo propri dello stra in questione, vorremmo solo presentare brevemente lottica con cui il sogno viene letto e utilizzato praticamente, ma soprattutto il punto centrale dellonirologia astrologica, cio linterpretazione. Innanzitutto bene che si sappia che il Jyotia uno stra complesso, di grande vastit e fondato su solidi presupposti scientifici e applicazioni pragmatiche, che presuppongono lunghe osservazioni e sperimentazioni. Certamente nella formulazione pi antica di Lagadha era, com tuttora, validissimo punto dappoggio rituale per determinare i momenti pi propizi per certi sacrifici e per evitare o
Il Bhgavata Pura, testo di rara bellezza, intensit e aperto a innumerevoli implicazioni dottrinali, nomina il sogno svariate volte, trattandolo sempre con un occhio riguardoso di vari ambiti, sia quello divinatorio e mantico gi descritto, sia quello dottrinale di cui ci occuperemo nei capitoli seguenti. Si noti come negli ultimi tre skandha, che si prestano alle pi profonde osservazioni speculative vi sia la maggior concentrazione di riferimenti al sogno, soprattutto come metro di paragone di questo mondo e della sua realt ontologica. Si vedano comunque i seguenti passaggi, di cui faremo uso se e quando loccasione lo render opportuno: II.9.1, IV.12.15, V.14.17, VI.4.54, VI.15.21-23, VII.14.3-4, IX.4.15-16, IX.18.49, IX.19.26, IX.21.17, X.6.24, X.14.22, X.40.24, X.42.28-31, X.47.31-32, X.49.25, XI.2.38, XI.3.35, XI.11.8, XI.13.31, XI.14.28, XI.21.31, XI.22.40, XI.22.54-55, XII.4.20-21, XII.7.19, XI.10.31-32. 138 Al fine di avere alcune indicazioni sul sogno e le sue trattazioni nella letteratura classica si vedano vari contributi: Wayman (1967: 2-3) in cui si accenna al Kathsarirsgara di Somadeva (XII sec.); questo articolo riprende, in verit, le considerazioni di A. M. Esnoul (1959: 226-228) in cui lo stesso testo citato riferendo del sogno parallelo del re Vikrmditya e della principessa Malayavat. Altri due lavori interessanti sono apparsi ancora nel volume The Indian Night; il primo dei due, di Jean-Pierre Osier Common Dream and Its Interpretation according to Indian Narrative Material (2009: 260-274) che indaga principalmente Kathsarirsgara e la novella Kuvalayaml in prakta di Uddyotanasri; laltro articolo di Sylvain Brocquet, Between Dream and Reality: Literary Function of Dreams (2009: 275-302), che analizzando varie opere letterarie classiche quali il Nyastra, il Veisahra, la Svapnavsavadatt e il Daakumracarita, sullo sfondo delle quali aleggia la presenza della Bhatkath di Guhya, ahim tuttoggi perduta. Questultimo lavoro propone uninteressante lettura del sogno. Mentre nei darana si indaga il sogno come testimone di una penetrazione in altri domini di coscienza, un fenomeno che aiuta ad andare da un livello ontologico a un altro, in letteratura la questione muta. Il personaggio la cui vista limitata dalle ristrettezze della veglia, in sogno in grado di ottenere una visione e una capacit dazione pi completa e soddisfacente. Poi ancora il volume in sanscrito di R. N. Triph (1987) riporta lunghe sezioni di opere ad amplissimo raggio e dargomento vario, limitandosi per a scarse valutazioni o brevi commenti. Infine, tutto il volume della W. Doniger, sebbene spesso noi non ne condividiamo il taglio e le approssimazioni, resta importante miniera di dati e informazioni.
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prevenire linflusso particolarmente negativo di passaggi planetari e periodi astrali. Questo condusse la scienza al rango di membro ausiliario del Veda (vedga). Questa vidy, esprimendone le competenze con linguaggio pi vicino alla nostra sensibilit, un insieme difficilmente districabile di astronomia e astrologia, lungi dal limitarsi a banali ipotesi divinatorie. La Pinya k (41) fornisce unimmagine suggestiva della collocazione del Jyotia nel panorama dei vedga. Se il Veda venisse considerato come un gigantesco essere (vedapurua), ognuna delle sue parti corporee o facolt corrisponderebbe a una scienza, tra le quali lo studio e lanalisi del moto dei corpi celesti rappresenter locchio o la vista stessa del macrantropo: jyotim ayana cakur Il Jyotia ha tre filoni principali, ossia tre applicazioni effettive (skandha) (PINGREE, 1981: 1-2).139 La prima e pi nota lhorstra, lastrologia propriamente detta, ovvero il ramo della scienza che studia la genetliaca, le suddivisioni temporali e lindagine sui momenti propizi o meno per matrimoni o altri riti di passaggio (saskra). La seconda invece lastronomia scientifica, il siddhnta o gaita, che si occupa dei calcoli matematici delle posizioni dei pianeti, rivoluzioni, rotazioni, eclissi o quantaltro. Possiede tre divisioni principali quali laritmetica (pt o vyaktagaita), lalgebra (bjagaita) e la geometria (rekhgaita), che concorsero a formare grandi parti degli ulvastra. La terza sezione e quella che pi da vicino ci interessa riguarda una funzione che potremmo definire congiuntamente augurale e aruspicina, fondata sullinterpretazione dei segni (utpta, nimitta), il volo degli uccelli (akuna), dei portenti (adbhuta) provenienti dalla natura e da ogni suo elemento e la successiva divinazione. Questa scienza passa sotto il nome di Sahit, poich raccoglie una quantit non ben definita di materiali compositi di varia provenienza che si occupano dei pi disparati argomenti. allinterno di questultimo ramo che si situa lo svapnavicra, la scienza dei sogni e la costante ricerca per una loro interpretazione (DANILOU, 2007: 61). Il perch i sogni avvengono e il loro significato, sono sempre stati un oggetto di curiosit e indagine. Il valore profetico di alcuni di essi fece scaturire molteplici riflessioni in tutte le civilt arcaiche. In India, la teoria onirica e la ricerca dei significati dei sogni apparsa in molti testi, ovunque per si conosce con lappellativo
Il veda la Bhat Sahit (BS) I.9 di Varhamihira (VI sec.): jyotistram anekabhedaviaya skandhatraydhihita In questo verso lautore divide in primis lo stra in tre parti: gaita o tantra, hor e agavinicaya.
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generico di svapnavicra o, tuttal pi, facendo eco alle opere scritte di questa scienza per lo pi orale, svapndhyya. I sogni sono di vario genere. Essi prendono forma sulla falsa riga del pensiero discorsivo, sulla base di molteplici dati immagazzinati nel bagaglio della nostra memoria. Questo elemento interno, essenzialmente personale e contingente, pu essere accompagnato da elementi esogeni, che possono essere percezioni extrasensoriali, oppure anche lintrusione di pensieri esterni di altri essere viventi o entit sottili. Per vari motivi, allora, il fenomeno onirico conosce in s dei distinguo, cosicch si evidenziano vari tipi di sogni differenti tra loro. Lo yoga, soprattutto tantrico, rivela di tecniche in grado di permettere alle nostre energie vitali di penetrare in qualcun altro e, persino, di rianimare un cadavere. Allo stesso modo uno spirito, un essere sottile o persone addestrate a fare ci (maghi o tantrici), possono prendere possesso degli esseri viventi e parlare attraverso di loro. La stessa cosa pu avvenire anche con vati ed esseri divini. Questo fenomeno prende forma nel sogno profetico, quel bhvikasvapna di cui si gi parlato, nel quale una divinit o quantaltro pu avvisarci di un pericolo e consigliarci sul come evitarlo, indirizzarci verso una scelta piuttosto di unaltra (DANILOU, 2007: 63). Poich il pensiero razionale sospeso durante il sonno, difficile differenziare le varie fonti da cui il sogno trae il suo materiale.140 I lavori sullinterpretazione dei sogni cercano di stabilire le caratteristiche del sogno, la presenza di certi elementi simbolici che aiuta a determinare il suo carattere e la sua natura. In questottica la prima e pi elementare suddivisione dei sogni: sogni di buon auspicio (ubha) e sogni di malaugurio (aubha). Questa senza dubbio la pi antica classificazione, che tuttavia ripresa nelloniromanzia (WAYMAN, 1967: 3).141 In principio, lastrologia classica si occupa marginalmente del sogno. Vediamo, per esempio, come la BS menzioni il sogno solamente in due passaggi. Il primo (II.19) spiega quali siano gli argomenti legati alla scienza che sta dietro alla preparazione dei viaggi, pellegrinaggi e delle spedizioni militari (ytr), tra i quali
Secondo Danilou (2007: 62) esiste una memoria ancestrale innata (jtismaraa). Secondo lui certi elementi della nostra memoria genetica connessi alla trasmissione della vita sopravvivono da un passato molto remoto. Per questo motivo il feto, ancora nel ventre materno sogna di muoversi, camminare, mangiare (FILIPPI, 2005 [1996]: 52-54). Gi dalla nascita ogni essere vivente pronto ad agire secondo le proprie inclinazioni naturali. Questo tipo di comportamento istintivo particolarmente evidente negli animali, che gi alla nascita appaiono, a occhi umani, particolarmente autosufficienti. 141 Per chi volesse consultare e analizzare le questioni prettamente tecniche dellastrologia rimandiamo a Triph (1987: 185-191). Egli presenta anche uno schema utile per indicare quali siano gli influssi di ciascuno dei nove pianeti sui sogni degli uomini (185).
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scopriamo

vi

anche

il

sogno:

ytry

tu

tithidivasakaraanakatramuhrtavilagnayogadehaspandanasvapna- Molto pi avanti nel testo (48.22) troviamo una breve delucidazione in merito a questa nuda elencazione. In particolare tutto il capitolo 48 dedicato alla consacrazione regale nella quale necessario intraprendere un pellegrinaggio verso un trtha percorso da sacre acque, al fine di mondare il futuro sovrano da ogni colpa. I ministri, gli astrologi e i sacerdoti devono trascorrere fuori citt la notte precedente labluzione, preoccupandosi di fare delle offerte di cibo agli dei, chiamandoli poi a presenziare e a offrire le loro benedizioni al re in fieri.
vhiteu ktv pj t arvar vaseyus te/ sadasadsvapnanimitta ytry svapnavidhir ukta// Invocate [le divinit] e avendo compiuto ladorazione, essi [gli astrologi, i ministri e i sacerdoti] spendano [l] quella notte [per indagare se] la natura dei sogni sia buona142 o cattiva.143 La regola rispetto ai sogni stata trattata nella Ytr.

In questo frangente Varhamihira fa un preciso riferimento a unaltra sua opera, conosciuta col nome di Bhadytr,144 che il verso nomina semplicemente come Ytr per non infrangere il metro.145 Temi analoghi sono trattati nel Viudharmottara Pura (II.176) e nellAgni Pura (236.1-18),146 in cui si scrive che un re nei sette giorni precedenti linvasione di
Ricordiamo lAVP 68.3.5-10 che tratta di questi argomenti, in particolare 3.11-13 descrive i sogni di buon auspicio fatti non dai dignitari di corte o dai ministri, ma dal re stesso. 143 Ancora lo stesso testo (AVP 68.4.1-4) parla dei sogni nefasti di un re, visti i quali o si dovrebbe desistere da un viaggio o dallinvasione di altri regni. 144 Purtroppo non siamo riusciti a consultare lopera di cui stiamo parlando, perci basiamo le nostre considerazioni sulle opere degli studiosi a nostra disposizione. Esiste comunque una traduzione tedesca di H. Kern Die Yogaytr des Varhamihira, (IS) 10, 1868 dei primi nove capitoli (pp. 161-212); 14, 1976 (pp. 312-358) e 15, 1878 (167-184). Unedizione completa stata poi preparata a Lahore da Jagadish Lal nel 1944 (PINGREE, 1981: 108-109, n. 53). Kane (1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 774) menziona per precisamente dei versi di questopera riguardanti la divinazione e la previsione del futuro, cio 16.1-31. 145 Lo Yogaytr (13.4 e ss.) descrive i segni nefasti per un re che sta per invadere un regno nemico e i rituali per porre rimedio a ci. Lo stesso fa il Matsya Pura (243.2-12). Sempre Matsya Pura (243.15-25 e 27) e il Viudharmottara Pura (II.163.32) descrivono i segni di buon augurio per il re che sta intraprendendo la ytr (KANE, 1977 [1962], VOL. 2: 511, 876, e n. 1192, 2048). Analogamente si veda lo stesso Jyotistattva e anche Vasantarjakuna (V.2-6, 50) che elencano la visione di oggetti ben augurali allinizio di un viaggio (IBID., VOL. 5, PART 2: 729-730). Comunque vi sono alcuni versi riguardanti i susvapna dello Yogaytr nello Svapnaviveka (3847). 146 La divinazione attraverso i sogni argomento di numerosi capitoli purici: Vyu Pura 19.13-18; Matsya Pura 242; Viudharmottara Pura II.176; Bhaviya Pura I.194; Brahmavaivarta Pura Gaea Khaa 34.10-40; Agni Pura 229 (con molti versi simili e ripresi da Matsya Pura 242); lAdbhutasgara (pp. 493-515) si
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un regno avversario deve adorare e presentare varie offerte alle divinit, primo Gaapati, ai guardiani delle direzioni dello spazio (dikpla), ai pianeti (graha), agli Avin, Viu, iva e ad altre icone templari della sua capitale. Fatto ci deve prendere nota dei bei sogni e degli incubi avuti in quei giorni e considerarne le conseguenze.147 In varie riprese il Rmyaa descrive numerosi sogni, fatti da altrettanti personaggi del poema. Nel Sundaraka (27.23-54), per esempio la rkas Trija racconta in dettaglio di alcuni sogni tremendi avuti, che mostrano la distruzione dei rkasa da parte di Rma (DONINGER, 2005 [1984]: 52-53). Tra i segni nefasti che lei vide in sogno cera Rvaa intossicato, con il capo rasato, vestito di vesti rosse, mentre beve dellolio con il quale si insozza. Egli descritto mentre in sogno indossa corone di fiori oleandro (karavra) e cade a terra con il suo carro pupaka. Successivamente, assiso su un carro trainato da asini porta indumenti rossi ed cosparso di rossi unguenti (V.19-27).148 NellAyodhyka (69.8-20) mentre Bharata era con suo zio materno vede in sogno suo padre Daaratha sporco e con i capelli arruffati cadere da un picco montano in un lago torbido formato da sterco, per poi bere quellacqua sozza mescolata allolio. Egli vede anche loceano prosciugato e la luna caduta sulla terra, suo padre assiso su uno scuro seggio di ferro, vestito di nere vesti e picchiato da una donna scura e fulva; lo vede ancora andare verso sud seduto su un carro trainato da asini. Dopo aver scorto questoscuro presagio, Bharata certamente a conoscenza della tradizione dellinterpretazione simbolica dei sogni,149 dice che tutto ci avrebbe potuto significare la morte o del re Daaratha o di Rma o di Lakmaa (DONINGER, 2005 [1984]: 56-57).150

occupa anche dei sogni nefasti e dei riti capaci di pacificarne gli effetti (nti) (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 774-775). 147 Si vedano anche Matsya Pura 242 e Agni Pura 229. Varhamihira (Bhadyogaytr citato da Adbhutasgara p. 494: yajjgrato dram udaiti daivam vartya mantrn pratas triretn/ laghvekabhugdakiaprvay svapna parketa yathopadeam// nama ambho trinetrya rudrya varadya ca/ vmanya virpya svapndhipataye nama// bhagavan devadevea labhdvavhana/ inie samcakva svapne suptasya vatam//) prescrive che il re ben vestito e ornato, accompagnato dagli astrologi e dal purohita, entri nel tempio della sua divinit delezione e dopo aver adorato i guardiani delle regioni dello spazio, ponga 4 vasi pieni dacqua in ognuna delle direzioni e ripeta per tre volte il mantra di Vjasaney Sahit 34.1: yajjgrato dram udaiti daiva tadu suptasya tathaiveti/ dragama jyoti jyotir eka tan me mana ivasakalpam astu//. Poi mangi una volta sola al giorno, dorma sul suo lato destro e preghi Rudra ed esamini i sogni, fausti o infausti che siano, visti verso la fine della notte. I due versi nama ambho appaiono in Viudharmottara Pura II.176.9-10. 148 Vi sono sogni simili anche nel Vanaparvan del MhB 280.64-66. 149 Si rammenti quanto indicavano soprattutto i paragrafi 68.2 e 4-5 dellAVP. 150 Per uno sguardo dinsieme sul sogno nelle varianti delle Rmakath si veda il contributo di Eva De Clercq Sleep and Dreams in the Rma-Kaths (2009: 303-328).

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Anche nel Mausalaparvan del MhB (3.1-4), gli Ydava vedono in sogno una donna nera con denti biancastri mentre corre verso Dvrak e, ridendo rapisce le loro donne. Terribili avvoltoi si vedono mentre divoravano i Vi e gli Andhaka nello loro case, proprio nella parte in cui installato il fuoco rituale domestico (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 775).151 Vero e proprio oceano di esempi di sogni propizi e incubi lAdbhutasgara (pp. 502-513)152 di un certo Satycrya, che raccoglie e cita da Pura, dalle smti, come la Pararasmti, cos come dai lavori di Varhamihira. Il testo dellAdbhutasgara (pp. 502-503) cita dal Matsya Pura (242.2-14), che in varie battute ricorda ci che lAVP153 gi aveva anticipato rispetto ai sogni nefasti: lo sbocciare di erbe e piante dal corpo di qualcuno, eccetto che dallombelico, vassoi di bronzo spaccati sulla testa di qualcuno e poi polverizzati, il rasarsi il capo, la nudit, indossare vesti sporche, il bagno con oli, lessere imbrattati di fango, cadere da un luogo posto in alto, sedendo su unaltalena raccogliere fango e ferro, uccidere cavalli, salire su alberi fioriti e sopra cerchi e cavalcare cinghiali, orsi, asini o cammelli, cibarsi della carne di uccelli o pesci e olio e riso mischiato a legumi mudga e lenticchie nere (m), danzare, ridere, sposarsi e cantare, suonare uno strumento musicale non a corda, andare al fiume per lavarsi, bagnarsi con acqua mista a sterco bovino o fango o con acqua caduta sulla nuda terra, entrare nel grembo della propria madre, salire su una pira funeraria, la caduta dello stendardo di Indra, la caduta del sole o della luna, vedere portenti di tre tipi (celesti, atmosferici o terrestri), lira degli di, dei brhmaa, del re e del proprio guru, abbracciare vergini, sodomia, la perdita di un proprio arto, vomitare e spurgare pus, dirigersi verso sud, essere sopraffatti da una malattia, caduta di frutti e fiori, la caduta di case, ramazzare la casa con una scopa, giocare con nani, uccelli o animali che si cibino di carne putrida, scimmie, orsi o uomini, umiliazione da parte di stranieri o nemici, sorgere di calamit causate da altre persone, indossare vesti color ocra, giocare con donne, tuffarsi nellolio o in bevande, indossare vesti rosse e cospargersi di rossi unguenti.
Sar bene ribadire che in queste battute non intendiamo di certo essere esaustivi, anche perch lindagine solo relativa ai sogni nelle epiche potrebbe riempire enormi volumi. Queste note hanno solo il valore di materiali per introdurre allo studio dellonirologia nelle epiche. Per altri sogni significativi raccolti nel MhB e Brahmavaivarta Pura si veda per esempio quello narrato e analizzato da W. Doniger (2005 [1984]: 57-61) che ha come leroe tragico Kara (MhB V.141.5-42), mentre nel Gaapati Khaa del Brahmavaivarta Pura (33.35-43, 58-62) narra prima i sogni fausti di Paraurma alla vigilia dello scontro con Arjuna Krtavrya, e di contro (34.10-14) racconta i sogni nefasti di questultimo. 152 Non siamo riusciti a controllare personalmente il testo di cui stiamo parlando, per cui la trattazione prende le mosse da History of Dharmastra (KANE, 1977 [1962], VOL. 5, PART 2: 776). 153 Si veda AVP 68.2.37b-54 e 68.5.1-14a.
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CAPITOLO 1: PANORAMICA LETTERARIA SULLE ORIGINI DELLONIROLOGIA IN INDIA

Il Matsya Pura (242.21-35),154 descrive i segni propizi visti nei sogni, dopo i quali si ha successo in unimpresa o si liberati da una sofferenza:155 salire monti, palazzi, elefanti, cavalli e tori; muoversi tra alberi con fiori bianchi; germogliare di alberi ed erbe dallombelico e vedere il sognatore stesso dotato di molte mani e piedi; portare ghirlande di fiori bianchissimi e indossare vesti candide; eclissi di sole, luna e gli asterismi; aspergersi tutto il corpo dacqua; abbracciare o sollevare la bandiera di Indra; la presa della terra e dei mari; uccisione dei nemici; vittoria in dispute, nel gioco dazzardo e in battaglia; mangiare carne fresca o pesce e riso cotto nel latte (pyasa); vedere sangue o lavarsi con quello; bere liquore, sangue, intossicanti e latte; essere circondato a terra da intestini; vista del cielo splendente; succhiare il latte direttamente dalle mammelle dalle vacche e da quelle delle bufale, dalle leonesse, elefantesse o cavalle; ricevere favori dalle immagini di divinit, brhmaa o dal guru; lavarsi con acqua che scorre dalle corna delle vacche o dalla luna presagisce lacquisizione di un regno; essere incoronato; il taglio della propria testa; la propria morte; essere bruciato dal fuoco; la propria casa, o altro bene proprio raso al suolo dal fuoco; assicurarsi le insegne reali; suonare il liuto; nuotare attraverso luoghi difficoltosi fino allaltra riva; il parto in casa propria di vacche, cavalle o elefantesse; essere assiso su un cavallo; il pianto; ottenimento di donne affascinanti o abbracciare costoro; essere legato con catene; essere cosparso di escrementi; vedere re e amici viventi; vedere le immagini degli dei o acque cristalline.156 Come ci si poteva immaginare, ci sono comunque in India dei testi esclusivamente dedicati al sogno e, con taglio squisitamente oniromantico, come testimonia il Catalogus Catalogorum (2001 [1891], VOL. 1: 749) sono una decina. Tra essi spiccano alcune lo Svapndhyya, attribuito a un certo Bhaspati e lo Svapnacintmai di Jagaddeva (XII sec., ESNOUL, 1959: 222-223). Questultima opera senza dubbio la pi importante, in quanto compendio sommo di tutta lIndia brhaica sul sogno, nonch quella a cui lo stesso curatore dellAVP, Julius von Negelein, diede maggiore attenzione dandone nel 1912 unedizione a stampa, corredata da una traduzione

Questo passaggio citato Adbhutasgara (pp. 499-500), come appartenenti a Viu Pura e Viudharmottara Pura (IBID.: 777, n. 1255). 155 Si confronti con APV 68.2.1-37a. 156 Nel Kalpastra Jaina di Bhadrabhu (JACOBI, 1996 [1884], PART 1: 229) sono enumerati 14 sogni molto propizi visti dalla brhma Devnand: un elefante, un toro, un leone, ungere la dea r, una ghirlanda, la luna, il sole, una bandiera, un vaso, un lago di loti, loceano, una dimora celeste, un mucchio di gioielli, una fiamma (IBID.: 231-238, elaborano i dettagli di questi sogni).
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annotata in tedesco. Ivi si offre un vasto e dettagliato inventario di tutte le variet di sogni.157 In nostro possesso sono altre due brevi opere, certamente molto recenti in forma per lo pi di florilegio antologico: lo Svapnakamalkara di un certo astrologo (jyotirvid) rdhara, che rivendica per s il titolo di Svapndhyya158 e unaltra raccolta, pi completa, dal titolo Svapnaviveka, curata e commentata in hind da Vidhyevar Prasda Dvived. Alex Wayman menziona pure unopera in hind, lo Svapnavicr e una traduzione sempre in hind dello Svapndhyya, condotta per i tipi della celebre Vekaevara Steam Press di Bombay nel 1927 (1967: 1, 3).159 Ancora Wayman (IBID.: 3) afferma che lo Svapndhyya si fonda su una duplice divisione dei sogni: quelli che conducono a un risultato desiderato (iaphala) e quelli che conducono a un risultato non desiderato (aniaphala). Egli riporta anche alcuni versi, che descrivono sia i sogni dalliaphala (2-4), sia quelli dallaniaphala (39-40). In un compendio160 a uso del pio hind, che getta luce su innumerevoli questioni rituali e comportamentali, noto come Dharmasidhu (DhS), il suo compilatore Kntha Updhyya (fine XVIII sec.) e nellultimo capitolo della prima met (prvrdha) del terzo pariccheda, pone lo svapnavicra. Ivi (DhS, 2006: 710-713) ritroviamo dei versi corrispondenti a quelli appartenenti allo Svapndhyya, riportati e tradotti da Wayman (1967: 3, n. 10).161 Vale la pena di vederne alcuni passaggi:162
svapno dvividha iaphalo niaphala ceti. tatra smnyata iaphalo yath

Si veda Pingree (1981: 77, n. 67). I.2: svapndhyya pravakymi muhyante yatra sraya/ nnmatni sacintya yathbuddhibalodayam//. 159 Purtroppo non siamo riusciti a reperire il volume. 160 Inutile ribadire che moltissimi versi sono ripresi dai numerosi svapndhyya dei vari Pura (in primis Mastya, Garua, Viudharmottara, Brahmavaivarta, Agni, ecc.; VON NEGELEIN, 1912: XIX-XX) dallAVP, dallo Yogaytr, dallo Svapnacintmai e dai vari Dharmastra. Talvolta troviamo anche versi in disaccordo tra loro, per bene chiarire che i versi presenti in ognuno di questi contesti, quando non siano identici, sono analoghi uno allaltro. Se ci vero per opere pi antiche come Svapndhyya e Svapnacintmai, ci si potr figurare compendi molto recenti come Svapnaviveka, Svapnavicr, Svapnakamalkara e qualsiasi altra antologia non abbiamo potuto esaminare. Si consideri comunque che lAVP sembra davvero essere stato un testo fondamentale per lo sviluppo dello studio e lanalisi onirologica. 161 Quelli che Wayman riporta sono: nadsamudrarataam ka yath/ bhskarodayana caiva prajvalana ta hutanam// 2 // grahanakatratr candramaaladaranam/ harmyeu rohaa caiva prsdaikhare pi v// 3 // evam dni sadv nara siddhim avpnuyt// 4 // ditya vtha candra v vigacchavika yath/ potata ctha v nakatra trakdi ca v yadi// 39 // aoka karavra v pala vtha pupitam/ svapnn te yas tu payeta nara okam avpnuyt// 40 //. Wayman traduce cos: If a man sees a crossing over of a stream or body of woter, the sun rising into the sky, a blazing fire, the vision of the moon-disk among the asterism and planets, a mounting in palaces or to the summit of temples, he attains success (2-4) If one sees the sun or moon devoid of light or the asterisms and the stars tumbling down; or sees the Aoka tree, the Oleander, or the Pala tree in full bloom [apparently all of red blossoms], he attains sorrow. 162 Lo Svapnaviveka (24-30) indica questi versi come appartenenti allo Svapndhyya dellcramaykha.
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nadsamudrataraam kagamana tath/ grahanakatramrtaacandramaaladaranam//163 harmyasyrohaa caiva prsdairaso pi v/ svapne ca madirpna vasmsasya bhakaam// kmivinulepa ca rudhirebhiecanam/ bhojana dadhibhaktasya vetavastrnulepanam// ratnnybharadni svapne dv prasiddhyati/ devatviprapthivn praastbharagan// vabhaparvatakriphalivkdhirohaam/ darpamiamlypti uklapupbarritn/ drau svapne rthalbha syd vydhimoka ca jyate// Il sogno di due tipi: che ha effetti desiderati e che ha effetti indesiderati. Tra questi, generalmente quello che ha effetti desiderati [si presenta] in questo modo: il nuoto nei fiumi o nel mare e il movimento in cielo, la visione dei pianeti, degli asterismi, della regione del sole e della luna, salire su un grande edificio oppure anche sulla cima di palazzo, e in sogno bere bevande alcoliche, mangiare grasso o carne, cospargersi di vermi o escrementi, lavarsi con il sangue, mangiare riso con yogurt, avvolgersi in bianche vesti, colui che vede in sogno anche pietre preziose, gioielli o quantaltro, costui ha successo. Vi sia ottenimento della felicit e si produce la liberazione delle malattie per colui che in sogno vede divinit, brhmaa, il re, bei gioielli e belle donne, salire su tori, monti, alberi il cui frutto lattiginoso, lottenimento di uno specchio, di carne o di ghirlande, persone ornate con fiori bianchi o bianche vesti.

Vediamo ora i passaggi riguardanti i sogni dal frutto indesiderato:


dua kiukavalmkapribhadrdhirohaam/ tailakrpsapiykalohaprptir vipattaye// vivhakaraa svapne raktasragvastradhraam/ srotasharaa nea pakvamsasya bhojanam// dityasytha cendrasya niprabhasyvalokanam/ nakatrde ca ptasya svapne maraaokakt// aokakaravrapaln pupitn svapne darane oka. naukrohae prasva. raktavastragandhadhriy striy ligane mtyu. ghtataildinbhyage vydhi. keadantapte dhanana putraoko v. kharoramahiair yne tadyuktarathrohae v

Nel testo il verso inizia con la parola gha, ma ci pare opportuno emendare in graha, per coerenza con lintero emistichio e per analogia con i versi dello Svapndhyya.
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mtyu. karanskardicchede pakamajjane tailbhyage viabhakae pretligane naladamlino digambarasya yne kapuruadarane ca mtyu ... Mal augurale la salita di alberi di pala, di termitai e di alberi di pribhadra;164 per [determinare] la sventura invece vi lottenimento di olio, boccioli di cotone, asa foetida (piyka) e ferro, oppure sposarsi in sogno o indossare ghirlande o vesti rosse, non desiderabile essere trascinato via da una corrente [dacqua] e il mangiare carne cotta, vedere il sole e la luna privi di luce, in sogno la caduta di stelle o altri [corpi celesti] conduce alla morte o al dolore. Vi sar dolore se quando in sogno si vedono alberi di aoka, oleandro e pala fioriti; nel salire su una nave vi sar il risiedere allestero; nellabbraccio di una donna che indossa vesti rosse e profumi vi sar la morte; malattia nel cospargersi con burro chiarificato, olio o altre [sostanze untuose]; vi sar esaurimento delle ricchezze o un dolore legato al figlio se [si sogna] la caduta di capelli o denti; nellavere veicoli asini, cammelli o bufali, oppure salire su carri aggiogati a essi ci sar la morte; ancora vi sar la morte se [si sogna] il taglio di orecchie, naso, mani e altro, sprofondare nel fango, cospargersi di olio, mangiare veleno, abbracciare un defunto, salire su un uomo nudo che indossa una ghirlanda di fiori di nardo (nalada) e vedere un uomo scuro ...

Il testo continua con altri passaggi riferenti ai sogni fausti:165


yas tu payati vai svapne rjna kujara hayam/ suvara vabha g v kuumba tasya vardhate// va vka vruhya tatrasthasya jgare dhanpti. vetasarpea dakiabhujadae daadine sahasradhanalbha. jalasthasya vcikoragagrse jayaputradhanni. prsdaailrohae samudratarae rjyam. tagamadhye padmapatreu ghtapyasabhojane rjyam. balkkukkurkraucdarane bhryprpti. nigaair bandhe bahupbandhe v putradhandi. sane ayane yne arre vhane ghe/ jvalamne vibudhyeta tasya r sarvatomukh// sryacandramaaladarane rogio rogano nyasya dhanam. surrudhirayo pne viprasya vidy drder dhanam. uklmbaragandhadhriy subhagastriylihane sapatti. chatrapdukopnatkhagalbhe dhanam. vabhayuktarathrohae dhanam. dadhilbhe vedpti. dadhipayapne ghtalbhe ca yaa. ghtabhakae klea. antrair veane rjyam.

Lalbero qui citato conosciuto in hind col nome di nm, e questo stesso appellativo sanscrito si applica a vari nomi botanici: Erithrina Indica, Azadirachta Indica, Pinus Deodora o Longifolia. 165 Moltissimi dei versi che seguono sono contenuti nello Svapnaviveka e ritenuti utili per numerose attivit riguardanti la sfera rituale dellindividuo.
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manuasya

caraamsabhakae

ata

lbha.

bhubhakae

sahasram.

ramsabhakae rjya v, sahasradhana v. saphenakrapne somapnam. godhmadarane dhanalbha. yavadarane yaja. gaurasarapadarane lbha. ngapatra labhe svapne karprgama tath/ candana pura pupa tasya r sarvatomukh// sarvi uklnyatiobhanni krpsabhasmaudanatakravarjyam/ sarvi kny atininditni gohastidevadvijavjivarjyam// svapnas tu prathame yme vatsarnte phalaprada. dvitye amsais ttye trimsnte, caturthe yme msnte, aruodaye dahnte. sryodaye sadyaphalam ...

Colui che invero nel sogno vede il re, un elefante, un cavallo, delloro, un toro o una vacca, per costui saccresce la famiglia. Si ha lottenimento di ricchezza al risveglio per chi sta, dopo esservi salito, su un toro o un albero; vi il profitto di mille ricchezze in dieci giorni quando vi sia il morso sul braccio destro da parte di un serpente bianco; [si ottengono] gloria, figlie e ricchezze quando vi sia il morso di uno scorpione o un serpente per qualcuno che sta in acqua; un regno quando si salga su un palazzo o un monte o si nuoti in mare, ancora un regno nel cibarsi di riso cotto nel latte con burro chiarificato in foglie di loto nel mezzo di uno specchio dacqua; si ottiene una moglie con la visione di una gru, di una gallina o di un chiurlo femmina; [si ottengono] figli, ricchezze e altro nellessere legati da catene o nellessere chiusi con molte corde. Colui che si svegli dopo aver visto il suo seggio, il letto, il mezzo di trasporto, il corpo, il veicolo, la casa che bruciano, costui avr fortuna su ogni fronte. Quando vi la visione della regione del sole o della luna da parte di un malato, termina la malattia, [se] di un altro allora vi ricchezza; nel bere liquori o sangue per un brhmaa c erudizione e per uno dra o altra ricchezza; vi sono possedimenti quando si abbraccia una bella donna che indossa vesti bianche e profumi; se si ottengono ombrelli, zoccoli,166 scarpe o una spada, vi sar ricchezza; ancora ricchezza salendo su un carro aggiogato a tori; con lottenimento di yogurt acquisizione del Veda [= erudizione vedica]; quando si bevono yogurt o latte, oppure si ottiene burro chiarificato si avr fama, mentre quando si mangia del burro chiarificato vi [una qualche] afflizione; [si ottiene] il regno con lessere avvolti da intestini. V il vantaggio di cento [monete] col cibarsi della carne dei piedi di un uomo, [mentre] col cibarsi [della carne] delle braccia mille; un regno col cibarsi della carne della testa oppure mille ricchezze; si berr il soma col bere latte con la schiuma; vi il vantaggio di [acquisire] ricchezze con la visione del grano, di sacrificio con la visione dellorzo e [qualsiasi genere di] vantaggio vedendo dei semi di

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Tecnicamente le pduk sono gli zoccoli di legno portati dai rinuncianti.

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senape bianchi. In sogno chi ottenga la ngapatra (Artemisia Vulgaris o Alpinia Nutans)167 o larrivo della canfora e il sandalo, la pura168 o un fiore, costui avr fortuna su ogni fronte. Tutte le cose bianche sono davvero propizie, eccetto il cotone, la cenere, il riso bollito e il siero burroso del latte (takra), mentre sono oltremodo infauste tutte le cose scure, eccetto le vacche, gli elefanti, le divinit, i due volte nati e i cavalli. Il sogno che si ha nella prima parte [della notte] d frutto dopo un anno, nella seconda [parte] nellarco di otto mesi, nella terza dopo tre mesi, nella quarta parte dopo un mese, allalba [il frutto si ha] dopo dieci giorni e al sorgere del sole il frutto immediato.

Infine abbiamo una serie di versi, sempre presi da varie fonti, che si occupano di fornire dei consigli per quanti vogliono liberarsi ritualmente dagli effetti dei brutti sogni:
yo me rjann ity c sryopasthne dusvapnana, adhasvapnasyeti japd v. kvacid daravacchrddhena dusvapnana, cadsaptaatphena v. yad v rviusahasranmastotrajapa krya. athav rbhratasthasya rmadbhgavatasthasya v gajendramokasya ravaa pho v. iti dusvapnanakavidhi ... Vi la distruzione dei brutti sogno con ladorazione del sole mediante la strofa yo me rajan [V II.28.10] o grazie alla ripetizione di adhasvapnasya;169 talvolta anche facendo i rituali per i defunti alla luna vuota vi lannientamento degli incubi, oppure con la recitazione della Durgsaptaat,170 o ancora si faccia la recitazione dellinno ai mille nomi di Viu [MhB Anusana Parvan 149], o ancora vi sia lascolto o la recitazione dell[inno della] liberazione del signore degli elefanti che sta nel Mahbhrata171 o nel Bhgavata Pura [VIII.4]: tale lingiunzione che elimina i brutti sogni ...

Infine abbiamo il gi citato lo Svapnacintmai (SvC) senza dubbio il testo pi antico e importante tra quelli interamente dedicati allo svapnavicra. Lastrologo Durlabharj, della famiglia dei Prgva del Gujart, intraprese la redazione di uno dei primi trattati di fisiognomica (smudrika) e chiromanzia (hastarekhvijna), il Smudrikatilaka. Purtroppo questi mor lasciando al dotto figlio
Si tenga presente che ngapatra indica anche un incantesimo contro i serpenti e il loro veleno. Si tratterebbe o dellAnogeissus Latifolia o dellAndropon con fiori bianchi. 169 Non siamo, per il momento, riusciti a rintracciare questa formula. 170 Contenuta nel Mrkaeya Pura 81-93. 171 In verit nel MhB non c un nuovo racconto della storia di Gajendra, ma solo la narrazione riguardante il re Indradyumna, discendente di Svayabhuva Manu che nella sua vita successiva sarebbe divenuto il signore degli elefanti (Vana Parvan 198).
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lincombenza di terminare il trattato. Il figlio, di nome Jagaddeva, intorno al 1175 fu anche autore dellimportante trattato di oniromanzia che qui sommariamente discutiamo. Il testo fu il primo nel suo genere, sebbene potesse basarsi su una letteratura precedente, che andava dal V stesso, allAV con lAVP. Oltre a ci, erano gi presenti, probabilmente non nella forma che oggi possediamo, altri svapndhyya del Matsya Pura (242) e dei capitoli 77 e 83 del Kajanma Khaa del Brahmavaivarta Pura (PINGREE, 1981: 76-77). Anche questo testo, come i pochi che lo precedono cronologicamente, oltre a redigere una casistica dei sogni, si occupa di proporre delle pratiche legate ai sogni avuti, o anche per veicolare determinati sogni, particolare che nella letteratura tantrica si ritrova molto spesso. In questo caso, va ricordato che per lenorme variet e nebbiosit del materiale onirico, resta comunque difficile proporre una precisa categorizzazione e casistica, in quanto spesso i sogni sfuggono a questo genere di incasellamento.172 Comunque il cuore dello SvC votato ad accertare a quale sogno sia prognosticabile un esito ubha e a quale uno aubha e soprattutto, enunciando lo scopo del suo lavoro, Jagaddeva scrive che egli sta solo riunendo e riassumendo in un solo testo tutte le caratterizzazioni in sogni fausti e infausti fornite dai vati in modo frammentario (I.2):
kavibhi ktni khaoddeena svapnalakany agre tny ekasthni ubhubhni sakepato vakye. In principio i vati fornirono mediante frammenti le descrizioni dei sogni, io descriver sinteticamente quelli fausti e infausti [riunendoli] in un solo testo.

Gi in queste battute iniziali lautore mostra di accettare la divisione primaria in sogni ubha e aubha, sebbene non siano categorie a compartimenti stagni. Egli propone comunque una divisione dei sogni in nove variet, distinguendoli attraverso la loro causa scatenante (I.4), specificando che i primi sei, per quali esiste o si pu tentare una spiegazione naturale, sono sterili, privi di frutto (niphala), mentre gli
Von Negelein (1912: XI) marchiando con la prima delle categorizzazioni lintera onirologia indiana come superstizione, scrive: Eine Darstellung des indiche Traumberglaubens hat schlechtin ihr Recht, che Houben (2009: 39) rende in inglese come: [an] ex position of the Indian superstition of dreams is definitely justified .
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ultimi tre in breve condurranno a fortune o sventure (HOUBEN, 2009: 41; ABEGG, 1959: 23):173 svapnanidnni nava. rutam anubhta pradaritam anurpa cint praktivikro dev puyni ppni// 4 //174 dya aka te ivam aiva vpi niphala bhavati. antyatrika ca te ubhubha sucayaty acirt// 5 //
Nove sono le cause dei sogni: udita, esperita, vista, la disposizione, la preoccupazione, una modificazione della propria costituzione [psico-]fisica, le divinit, attivit meritorie e attivit colpevoli (4). La prima serie di sei [tipi di sogni], di quelli sia ci che benevolo sia ci che infausto privo di frutto. Il trittico finale informa in breve sul loro risultato propizio o infausto (5).

Sono ancora privi di risultato altri generi di sogni (I.6-7), come quelli sorti da forti emozioni e bisogni fisici impellenti (I.8):
jeya prjena div da. ktaparicayas tathbhihita. dhivydhibhavo v. mlsvapno pi phalavihna// 6 // svapna pranaavastuprabhavo drghas tath tihrasvo v. dapramarpa. sa cirt kicitphalo bhavati// 7 // ratihsakopaokotshajugupsbhaydbhutotpanna. vitatha kudhpipsmtrapurodbhava svapna// 8 // Il saggio dovrebbe riconoscere [il sogno]: visto durante il giorno, quello con cui si gi fatta conoscenza e quello cos enunciato, oppure quello sorto da agonia psichica (dhi) e dolore fisico (vydhi) e anche i sogni in sequenza sono privi di risultato (6). Il sogno la cui sorgente dalla distruzione di qualcosa, quello lungo o molto breve, oppure quello la cui forma vista e subito dimenticata: questi hanno un certo piccolo frutto dopo lungo tempo (7). Ancora sono falsi i sogni sorti da passione sessuale, risa, pena, entusiasmo, ribrezzo, paura e portenti, o prodotti da fame, sete, [bisogno] di urinare o di defecare (8).

Di seguito il testo ribadisce quanto gi lAVP 68.1 e le Sahit yurvediche avevano indicato, cio le differenze nelle visioni oniriche per individui di temperamento flemmatico (I.9-10, kaphasvarpa), bilioso (I.11-12, pittaprakti) e arioso
Si confrontino CaS InS V.41-46 e AH S VI.60. Si vedano Viudharmottara Pura II.176.1-60, Mastya Pura 242.1-34 e Padma Pura Bhmikhaa 120.10-11 e 45-48.
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(I.13-14, pavanaprakti; ABEGG, 1959: 18, 24) nonch le gi pi volte citate differenziazioni nel momento notturno in cui il sogno vissuto (I.15-17). Subito dopo cominciano i consigli veri e propri dellautore al fine di salvaguardarsi dai brutti sogni e dai loro frutti e ottenere quanto pi vantaggio possibile dai sogni belli (I.18a). Non solo questo, ma per prevenire i dusvapna, prima di addormentarsi si dovrebbe meditare su Viu, iva o Brahm, sul sole o sacri guadi come le acque di Gag o altri (I.19-I.19a, ESNOUL, 1959: 223; HOUBEN, 2009: 42; ABEGG, 1959: 24):
ia dv svapna yadi supyate n pyate phala tasya. ney ni tu sudhiy dinarjastavanasastavanenaiva// 18 // prta snta purugurupj ktv dvij ca sasarpya. phalakusumaprapi(r) nivedayed devaviprebhya// 18a // devagurupjanapara pacanakaskrasaskta prta na ca phalavihnahasta kathayed atha buddhivddhnm// 19 // hariharaviricisryn dhytv gagdipuyatrthni satatam ya svapiti naro, na kad vypnoti dusvapnam// 19a // Se dopo aver visto un sogno desiderato nuovamente si dorme, non si attinge il suo frutto, invece un uomo dallintelletto sano dovrebbe trascorrere la notte proprio innalzando lodi al signore del giorno [il Sole] (18). Abluitosi al mattino presto, dopo aver offerto adorazione a molti maestri e aver approcciato i due volte nati con le mani piene di frutti e fiori, si racconti ai brhmaa [il sogno] (18a); dopo ladorazione alle divinit e ai maestri, purificato dalle cinque prosternazioni, il mattino di buon ora, non a mani vuote, racconti allora a coloro che sono pi anziani in merito allintelletto (19). Quelluomo che costantemente saddormenta dopo aver meditato su Hari, Hara, Virici o Srya, oppure i puri guadi sacri a cominciare dalla Gag e altri, [costui] mai lo pervade il brutto sogno (19a). prvam ania dv svapne ya prekate ubha pact, sa tu satphalo sya bhavati draavya tadvad eva nee pi// 20 //175 svapnam ania dv supyt punar api nivasne pi. na katha katham api kathayet ke cid api phalati sa na tasmt// 21 // utthya tata prtar dhyyati yo vastuto pi dinamitra, pacanamasktimantra vitathatva kathayati sa tasya// 22 // pjdny api racayed devagur tapa ca nijaakty, satata dharmaratn dusvapno bhavati susvapna// 23 // devagur smaraa nmagrahaa sutrthavipr, viracayya svapiti sad na kadpy pnoti dusvapnam// 24 //

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Analogo ad AVP 68.2.57.

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Colui che in sogno ha precedentemente visto qualcosa di indesiderato, in seguito vede qualcosa di fausto, suo quel frutto buono; deve essere visto allo stesso modo anche in ci che non desiderato (20). Dopo aver visto un sogno nefasto si dorma di nuovo fino alla fine della notte e per nessuna ragione si dica nulla ad alcuno e allora quel [sogno] non avr effetto (21). Poi dopo essersi alzati al mattino presto colui che secondo verit medita sul sole, [recita] i cinque mantra di saluto, per costui quel [sogno nefasto] dice il falso (22). Ognuno dovrebbe compiere ladorazione e gli altri [atti rituali] verso le divinit e il maestro, nonch lausterit secondo la propria capacit: immediatamente lincubo di coloro che sono intenti al dharma diviene un bel sogno (23). Colui che quotidianamente dorme avendo ricordato le divinit e il maestro, nominato i guadi sacri o i saggi, costui mai fa brutti sogni (24).

Dopo questi primi versi iniziali Jagaddeva prende a discutere nello specifico una lunghissima lista di cose e fenomeni che se visti in sogno sono da considerarsi estremamente positivi e forieri di risultati vantaggiosi (SvC I.25-150, ABEGG, 1959: 28, 31-33). Poi, nella seconda parte del lavoro (II.1-161), lautore lista i segni di cattivo auspicio visti in sogno (ABEGG, 1959: 25-28, 32).176 Particolarmente interessante il fatto che anche Jagaddeva, come gi visto in altre occasioni esclude i sogni causati da condizioni naturali e sforzi mentali, da quei fenomeni onirici che provocano degli strascichi e degli effetti attivi, oltre a ci molto semplice e in linea con la cultura del suo tempo la serie di rimedi e atti preventivi177 che egli indica per lenire o annullare dusvapna e accentuare gli effetti di susvapna (HOUBEN, 2009: 42-43). I due florilegi Svapnaviveka (SvV) e Svapnakamalkara (SvK), sebbene di scarso valore scientifico, risultano molto utili proprio per il loro valore antologico e di raccolta, nonch per la specifica indicazione delle applicazioni (viniyoga) di determinati mantra e versi a specifici rituali e ripetizioni (japa). Lambiente di redazione di questi due brevi e analoghi testi certamente quello astrologico, per con un quid pluris marcatamente tantrico. Dei due il pi corretto e sistematico sembra lo SvK, diviso in quattro onde (kallola). La prima di queste si occupa di listare una serie di mantra al fine di veicolare
Si notino alcune analogie: SvC II.24 con AVP 68.5.1e SS I.29.8 e Agni Pura 229.5; ancora SvC II.137 con SuS I.28.8. 177 Lo SvV I.21-23 propone tre versi da ripetere prima di dormire, i quali avrebbero il potere di veicolare bei sogni e allontanare gli incubi: durge devi namas tubhya sarvakmrthasiddhaye/ mama siddhim asiddhi v svapne sarva nivedaya// 21 // nama abho trinetrya rudrya varadya ca/ vmanya virpya svapndhipataye nama// 22 // bhagavan devadevea labht vavhana/ inie samcakva svapne suptasya vata// 23 //. Di particolare importanza sembra essere il mantra dedicato a Svapnavarh, menzionato nel Mantramahodadhi di Mahdhara X.465, SvK I.24-28. Si nomina Svapnavrahik come akti anche nel Brahma Pura IV.36.
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particolari sogni (svapnapradamantra) con precisi effetti, i quali sono il darana o linsegnamento di particolari divinit o riguardo a particolari divinit.178 Rispettivamente, la seconda e la terza onda propongono i sogni dagli effetti ubha e aubha; la quarta, infine dedicata ai vari generi di cognizioni, oniriche o meno, che si hanno al momento della morte (mtyuklajna), ma soprattutto ai sogni premonitori della morte. Di questo testo proponiamo solo alcuni versi iniziali:
svapna caturvidha prokta daivika kryascakam/ dvitya ca ubhasvapna ttyam aubha tath// 3 // mira turyam khyta munipugavakoibhi/ tatrdau daivikasvapne mantrasdhanam ucyate// 4 // taddau klymn vicra kurmahe vayam/ tatra ca prathame yme svapna varea sidhyati// 5 // dvitye msaakena abhi pakais ttyake/ caturthe tv ekamsena pratye taddinena ca// 6 // goreccharae ctha tatkla jyate phalam/ svapna da nii prtar gurave vinivedayet// 7 // tadantarea mantraja svaya svapna vicrayet/ yni ktyni bhvni jnagamyni tni tu// 8 // tmajnptaye tasmd yatitavya narottamai/ karmabhir devasevbhi kmdyarigaakayt// 9 // cikrur daivatopstim dau bhvi vicintayet/ snnadndika ktv smtv haripdbujam// 10 // ayita kuaayyy prrthayed vabhadhvajam/ tatrdau svapnapradaivamantra/ o hili hili lapaye svh/ ima mantram aottataatavra japitv ktjali saprrthayet/ o bhagavan devadevea labht vabhadhvaja/ inie samcakva mama suptasya vatam// 11 //179 namo jya trinetrya pigalya mahtmane/ vmya vivarpya svapndhipataye nama// 12 //180

178 Ricordiamo solo alcune delle divinit pregate nello SvK: iva (I.11-15), Rudra (I.16-17), Gaapati (I.18), Viu (I.19-24), la gi menzionata Svapnavarh (I.25-28), Punindin (I.29-30), Svapnevar (I.31-32), Siddhilocan (I.33), Svapnacakrevar (I.34), Ghakar (I.35), Vidy (I.36-40) e infine Mtyujaya (I.41-44). 179 Analogo a Viudharmottara Pura II.176.10, dove in luogo di vabhadhvaja si legge vavhana, come in SvV I.23.

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svapne kathaya me tathya sarvakryev aeata/ kriysiddhi vidhsymi tvatprasdn mahevara// 13 // o nama sakalalokya viave prabhaviave/ vivya vivarpya svapndhipataye nama// 14 //181 Il sogno stato tramandato di quattro tipi: quello divino informatore di eventi, il secondo il sogno propizio mentre il terzo il sogno infausto (3), il quarto chiamato misto da milioni di tori tra i saggi silenziosi. Tra questi, allinizio si rivela il metodo relativo al sogno divino (4). Dunque allinizio noi riflettiamo sulle parti del tempo. Tra quelle il sogno [avuto] nella prima parte [della notte] si realizza in un anno (5), nella seconda parte in sei mesi, nella terza parte nellarco di sei quindicine [= tre mesi], mentre nella quarta parte in un mese e al momento dellaurora [si realizza] allinterno di quel giorno (6). Poi [il sogno avuto] al momento del levarsi della polvere [dai piedi] delle vacche [= al mattino al momento di sciogliere le vacche], dona il suo frutto immediatamente. Al mattino presto si racconti al maestro il sogno visto durante la notte (7), in assenza di quello [= il maestro], il conoscitore del mantra da solo rifletta sul sogno e su tutte quelle attivit future che sono ottenibili con la conoscenza (8). Per questo i migliori tra gli uomini dovrebbero sforzarsi per attingere la conoscenza del S, poich grazie a rituali e al servizio delle divinit v la distruzione della schiera dei nemici, come desideri ecc. (9). Colui che desidera compiere ladorazione della divinit rifletta sulle cose future, poi dopo essersi abluito e aver fatto delle offerte o altre [attivit pie] e dopo aver ricordato il loto dei piedi di Hari (10), si distenda una stuoia di erba ku e preghi colui la cui insegna il toro [= iva]. L in principio vi il mantra di iva che concede sogni [propizi]: o hili hili a colui che ha nelle mani la lancia svh. Dopo aver ripetuto cento e otto volte questo mantra, con le mani giunte si preghi: O, o glorioso Signore, o Signore del Dio degli dei, che porti il tridente, o tu la cui insegna il toro, rivelami eternamente ci che propizio e ci che nefasto per me che sono assopito (11). Sia lode al non nato, a colui che ha tre occhi, a colui che giallastro, alla grande anima, alla divinit sinistra, a colui che ha laspetto di tutto, al signore dei sogni182 sia lode (12). Rivela a me senza nulla tacere (aeata) la realt rispetto a tutti gli

Analogo a Viudharmottara Pura II.176.9, dove in luogo di namo jya trinetrya pigalya mahtmane/vmya vivarpya, si legge nama abho trinetrya rudrya varadya ca/vmanya virpya, come in SvV I.22. 181 SvK I.14 riporta un verso analogo a I.12, per rivolto a Viu. Secondo il commento hind del testo sarebbe da recitarlo e dopo aver spostato la propria testa verso est ed essersi distesi sul fianco destro si dorma, analizzando poi i sogni avuti. 182 Nel Brahma Pura (IV.28.41, 34.64) Svapnea, attacca il daitya Magala.
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effetti nel sogno, per la tua grazia, o grande Signore, io soddisfer pienamente lattivit rituale (13) ...183

I.5: S PIGOLATURE

TANTRICHE

Un ultimo, brevissimo ma doveroso accenno, inteso pi a far comprendere quanto si omesso piuttosto che quanto si detto, allatteggiamento tantrico nei confronti del sogno che, come abbiamo a pi riprese accennato in questo ultimo paragrafo fenomeno utilizzato con grande disinvoltura e frequenza.184 Ci non dovrebbe stupire, in quanto si sa che il sogno creazione decisamente psichica e sottile, dominio che tenuto in particolare considerazione dai Tantra, di qualsiasi estrazione essi siano. Va da s che indicare quali siano le peculiarit relative al sogno anche solamente nelle maggiori scuole richiederebbe ben altro sforzo, cosa che ci condurrebbe molto lontano dal nostro tracciato principale. Interessante sarebbe soffermarci, a lungo sulla manipolazione del sogno stesso grazie alluso di tecniche ben precise, questione su cui mostrarono grande esperienza e perizia in Tibet (WAYMAN, 1967: 11). Linfluenza tibetana pass ben presto attraverso il Kamr, a tutta lIndia. In questa situazione lo studio dei sogni condusse allo sviluppo di una tecnica mediante la quale il sognatore poteva far s che al risveglio loggetto delle sue percezioni oniriche si materializzasse. Questa pratica yogica doveva avvenire proprio al limen che separa la veglia dal sonno, nella transizione tra i due mondi (ESNOUL, 1959: 229).185 Abbiamo gi visto nel paragrafo precedente a proposito delle possibilit di evocare sogni precisi mediante dei mantra. Lo yogin in un istante particolare riesce ad
Certamente non va tralasciato un accenno, seppur brevissimo, al sogno nel buddhismo antico Hinyana, nonch le enormi implicazioni dottrinali del sogno nelle scuole logiche e soprattutto in quelle idealistiche del Mahyana. Comunque, rimandiamo ad alcune opere di studiosi che hanno trattato alcuni aspetti del sogno nel buddhismo: Doniger (2005 [1984]: 61-64), Wayman (1967: 2, 4, 6-12), Esnoul (1959: 231-242), Triph (1987: 192198). Oltre a ci, troviamo unintera sezione del volume The Indian Night dedicata allargomento Dreams in Buddhism, che contiene quattro articoli: Mys Dream from India to Sauthest Asia di Anna Maria Quagliotti (349-417), The Presence of the five Dreams of the Bodhisattva in the Murals of Pagan di Claudine Bautze-Picron (418-451), Dreams about the Buddhas Departure from Home and the Construction of a Buddhist System of Dream Interpretation di Serenity Young (452-467) e infine Riding the Ass of the Great Vehicle Backwards: Dreams and Revelations in the Life and Songs of Milarepa di Danile Masset (468-490). 184 R. N. Triph (1987: 69-70, 72-75, 98-100, 118-122, 142-144) offre unidea di quanto estesa sia la trattazione nei Tantra: Mantramahodadhi 7.60-64a, 25.82-94; Paraurma Kalpastra 7, Varhkrama; Gandharvatantra 26.81-84; Svacchandatantra IV.3-28; Parasahit IX.2, 12-2-34a, XI.50-54, ecc. 185 Vasugupta Spanda Krik III.33-34: yathecchbhyarthito dht jgraty arthn hdi sthitn/ somasryodaya ktv sampdayati dehina// 33 // tath svapne py abhrthn praayasynatikramt/ nitya sphuatara madhye sthitatavad ya prakayet// 34 //.
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evocare il sogno desiderato, in grado di veicolare le immagini oniriche fino a farle divenire reali, in quanto la sua capacit e i suoi poteri (siddhi) si estendono oltre che sul sogno anche su tutti gli enti e gli eventi percepiti in esso (DONIGER, 2005 [1984]: 51).186 Il Tantrloka (XV.474b-498a; GNOLI, 1999 [1972]: 388-390; BARAZER-BILLORET, 2009: 161-163) di Abhinavagupta (X sec.) spiega come ci avvenga. Durante liniziazione (dk) il maestro e il discepolo dormono accanto allaltare sacrificale e, visto che gli eventi di veglia che hanno vissuto sono similari, si sforzano di vedere lo stesso sogno. Il sognatore intenzionalmente attivo nel sognare qualcosa, non solo per lui stesso, ma riesce a conformare il proprio sogno a quello dellaltro, discepolo o maestro che sia (ESNOUL, 1959: 231). Questo genere di rituali comune a moltissime delle iniziazioni tantriche, che siano iniziali (smnyadk) o di livello pi elevato (nirvadk).187 La tecnica sempre pressoch la stessa. Il discepolo, con o senza il suo guru, istruito da questultimo secondo le scritture va a dormire dopo aver mangiato determinati cibi, in un luogo preciso e in un momento preciso, ripetendo formule e compiendo riti prima di addormentarsi.188 Al risveglio racconter al maestro il suo sogno e il rito diniziazione sar modellato di conseguenza. A partire dallambito kamro, dagli ivastra di Vasugupta (IX sec.) continuando con la ivadi di Somnanda (iD, 875/900-925/950; TORELLA, 2002 [1994]: XII) e le varapratyabhijkrik (III.2.16-18)189 di Utpaladeva (900/925-959/975, IBID.: XX) fino a
Il nostro potere di percezione pi vasto di quanto pensiamo, con lo yoga si superano le limitazioni alle quali si ordinariamente sottoposti. Queste stesse limitazioni scompaiono durante la fase di sonno e i poteri in questione ci permettono di percepire oggetti o luoghi molto distanti: questo potere di visione sindica come dkakti. Possiamo pure prendere parte a eventi molto lontani nel tempo, futuro o passato , grazie al potere prakmya. Queste facolt sono tutte parti integranti dellorgano interno degli esseri viventi (antakaraa), che, per la maggior parte, costituisce il corpo sottile (ligaarra). Tutto ci non accessibile durante la veglia, a meno che, appunto, non si possiedano dei poteri yogici (DANLOU, 2007: 62-63). 187 Le dottrine tantriche ivaite identificano varie origini per il sogno. La prima e pi naturale eziologia ricorda quella proposta nei testi medici, ossia la divisione dei sogni in base al temperamento umorale del sognatore, kapha, pitta o vta (Matagapramevargama Kriypada 6.23b-32a, BARAZER-BILLORET, 2009: 161, 170, n. 7). Il sogno pu anche essere provocato dallattivit (karman) (IBID. 6.32b-37a; IBID.). Comunque i sogni volontari, cio provocati dal maestro per il suo discepolo o da uno yogin per s stesso sono i pi comuni nel Tantra e per lo pi veicolati dai mantra per il sonno o per il sogno (ibid.: 163-164). 188 Swami Satyananda Saraswati parla di un particolare nysa tantrico, lo yoganidr, un metodo per instillare una consapevolezza vigile su un solo punto durante il sonno, attraverso visualizzazioni guidate (TANDAN, 2009: 216-217, n. 28). 189 In questo frangente Utpaladeva definisce il sogno: manomtrapathe py akaviayatvena vibhramt/ spavabhsa bhvn si svapnapada matam// 16 // sarvkagocaratvena y tu bhyatay sthir/ si sdhra sarvapramt sa jgara// 17 // hey tatrya prde prdhnyt karttgue/ taddhnopacayapryasukhadukhdiyogata// 18 //. Raffaele Torella (2002 [1994]: 206-207) traduce cos i passaggi: The clearly manifested creation of things in the mental sphere alone which are mistaken for objects of the senses, is called the dream state (16). Utpaladeva stesso spiega nella sua Vtti che lo stato di sogno si riduce a una creazione di oggetti che sono percepiti come fossero realmente stati creati. Tutto ci avviene solo grazie al potere della mente, senza lausilio dei sensi. Utpaladeva aggiunge pure che questa creazione opera
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giungere allimmenso Tantrloka, moltissimi sono i riferimenti al sogno e alle pratiche legate a esso. Specialmente per quanto concerne i primi due lavori, vi la specifica menzione testuale sia di Kemarja (X-XI sec.) nellintroduzione al suo ivastravimarin, sia di Bhaa Bhskara (X-XI sec.) nello ivastravrtika, che Vasugupta avrebbe ricevuto la rivelazione degli ivastra da iva stesso apparsogli in sogno (PANDEY, 2000 [1935]: 154), che gli affidava la missione di diffondere nuovamente lantica dottrina del nondualismo oramai obliterata da una congerie di nuove false concezioni (TORELLA, 1999 [1979]: 34):
Ora che lumanit quasi tutta fissata in concezioni di carattere dualistico, bisogna che la trattazione segreta non sinterrompa: questo si proponeva il supremo iva, allorch un giorno, mosso dal desiderio di soccorrere gli uomini, si chin grazioso sopra Vasugupta in sogno e ne dischiuse lintuizione. Su questa montagna in una grande roccia, custodito linsegnamento segreto. Dopo averlo penetrato, manifestalo a quelli che sono atti a ricevere la grazia. Vasugupta, risvegliatosi, si mise in cerca fino a che giunse al cospetto di questa grande roccia, la quale, a conferma del sogno, al solo tocco della mano ruot su se stessa. In questo modo entro egli in possesso degli ivastra, compendio della dottrina segreta (upaniad) di iva (IBID.: 50).

Secondo quanto abbiamo gi spiegato questo un tipo di sogno profetico bhvika, in cui non solo la divinit agisce con misericordia, mossa dal desiderio di risollevare le sorti dellumano genere, ma anche il sognatore ha il merito di credere alla visione onirica e recarsi al luogo che gli era stato rivelato. Analogo a questo passaggio pure quello della ivadi (VII.106) di Somnanda (PANDEY, 2000 [1935]: 161) ove egli dice non solo di essere stato ispirato in sogno da iva per raggiungere uniscrizione misteriosa, ma pure di sistematizzare i contenuti speculativi dei Tantra dorizzonte non dualista.
del Signore ed unillusione come la percezione delle forme e altre. Torella traduce gli altri versi: The creation which is stable, in that it is the object of all the senses and external, common to all knowing subjects, is the waking state (17). Anche durante la veglia possibile unillusione o un errore percettivo come vedere due lune o quantaltro, proprio analogamente a quanto accade in sogno. Una nota interessante che propone Torella (IBID.: 206, n. 28) che la khyti relativa alla scuola Pratyabhij si dice aprakhyti. Ancora secondo il curatore, le considerazioni di Utpaladeva sarebbero una traccia della concezione secondo la quale allinterno di ogni stato esistono altri stati analoghi ai tre principali. Per esempio nella veglia il sogno presente come illusione: This triad is to be abandoned, since, as the pra etc. predominate and, consequently, [authentic, free] agency becomes subordinated in it, there is union with pleasure and pain, essentialy consisting in the attenuation or intensification of this (18). I tre stati devono essere abbandonati in quanto in essi i pra, identificati al S, sono preminenti e la libert si riduce.

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Prima ivastra (8-10) e poi il commento Vimarin, spiegano pure cosa siano le tre condizioni del S (TORELLA: 1999 [1979]: 66-67):
8. La veglia la conoscenza. (jna jgrat). 9. Il sogno sono le rappresentazioni mentali. (svapno vikalp). 10. Il sonno profondo di my il non-discernimento. (aviveko mysauuptam). Lo stato di veglia corrisponde al comune conoscere mondano che deriva dai sensi esterni ed ha per oggetto entit dotate di una realt obiettiva, da tutti esperibile. Lo stato di sogno consiste nelle rappresentazioni prodotte dalla sola mente (manas) e che hanno per oggetto entit la cui esistenza limitata alla sfera soggettiva; tale stato , infatti, costituito essenzialmente da siffatte rappresentazioni mentali. Infine, il non discernimento, ossia lassenza di discriminazione, la non-percezione, costituisce appunto il sonno profondo, naturato di offuscamento la cui essenza My. Tale definizione dello stato di sonno profondo si estende implicitamente anche alla natura di My, che da sopprimere Quello poi che ivi [nello stato di veglia]190 sono le rappresentazioni mentali, quello il sogno vero e proprio anche uno stato di sogno, consistente in rappresentazioni mentali create dalle impressioni karmiche ...

Il testo, continua indicando a cosa corrispondono questi tre stati ordinari nelle esperienze straordinarie degli yogin (IBID.):
Se poi vogliamo riferire questi stra allesperienza degli yogin, allora diremo che in essi prima si ha la veglia ossia la conoscenza -, come concentrazione su questo o su quelloggetto; quindi il sogno ovvero le rappresentazioni mentali , vale a dire il continuo fluire di queste percezioni; infine il sonno profondo e cio il samdhi, in cui cessa ogni coscienza di distinzione tra oggetto percepito e soggetto percettore

In vari Tantra si afferma che i sogni sono generati nei centri sottili, le cosiddette ruote (cakra). Lego, insieme alle facolt di percezione si muove su e gi con inconcepibile sveltezza, attraverso il canale verticale, assimilabile alla spina dorsale, entro il quale si situano idealmente i cakra. Secondo i Tantra dai cakra che gli elementi, i principi (tattva) promanano e si evolvono, cosicch nei sogni la facolt percettiva coglie i riflessi di questi principi allinterno dei cakra stessi. Oltre ai sei cakra

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Nostra aggiunta, ripresa dalle righe precedenti.

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pi noti ed estesi, ve ne sono due minori: il manascakra, e il gurucakra.191 Questi due cakra hanno una doppia funzione: evolvere i tattva, fino a trasformarli in forme vere e proprie e poi, riportare tutto ci a un livello mentale: come uno specchio pu riflettere degli oggetti anche ben pi estesi di s stesso, similmente la facolt percettiva allinterno dei centri sottili pu riflettere anche forme gigantesche assunte dai tattva. Per questo si comprende che ogni sogno cha abbia a che fare con la terra sorge nel mladhra, quelli legati ai fluidi sono prodotti in svdhihna, quelli legati al fuoco sorgono in maipura, in anahata invece si generano quelli connessi allaria, mentre i sogni connessi alletere si sviluppano nel viuddhacakra. Il fatto che alcuni eventi onirici siano talvolta confusi e si affievoliscano molto rapidamente confondendosi luno nellaltro, dovuto alla grande velocit con cui il complesso psichico si sposta attraverso differenti cakra (ACHARYA, 1985: 381-390). Sappiamo comunque che anche nei Tantra presente la concezione dei quattro stati di coscienza che vedremo nel secondo e terzo capitolo pi in dettaglio. Certamente ivi giunge da varie fonti e aggiunge ai quattro stati gi noti, veglia (jgrat), sogno (svapna), sonno profondo (suupti) e quarto (turya), un quinto stato, oltre ogni determinazione del quale si pu solo affermare che al di l del quarto (turytta), che nellorizzonte tantrico del Kamr corrisponde a una seconda fase del samdhi, quando la prima il turya (BARAZET-BILLORET, 2009: 161-162). Secondo lo Spanda Niraya (III.12) lo yogin che ha raggiunto il grado pi alto di risveglio e realizzazione della pienezza pi assoluta:
prabuddha sarvad tihej jnenlokya gocaram/ ekatrropayet sarva tato nyena na pyate//

Egli rimarr risvegliato in tutti gli stati: contemplando il mondo con la conoscenza, tutto riferir allunica realt. Pertanto non potr essere tormentato da ci che altro. (TORELLA, 1999 [1979]: 103, n. 179).192

Si tratta probabilmente del sahasrracakra. Si ricordi comunque che ogni scuola tantrica ha la sua suddivisione dei cakra, allinterno della quale ve ne sono sempre alcuni, due o tre, non noti, accessibili solo agli iniziati. 192 La strofa qui menzionata citata da Kemarja come proemio dellaforisma II.10: vidysahre tadutthasvapnadaranam, Venuta meno la conoscenza, ha la visione del sogno che nasce da essa. Il commentatore, sapientemente tradotto da R. Torella, chiarisce: Se la conoscenza, pure sostanziata dal rifulgere di questa esperienza, viene meno, allora si produce la visione, la chiara emersione del sogno che da essa trae origine (tadutthasya). Quello che chiamato sogno lo stato in cui gli impulsi prodotti dalla conoscenza si hanno via via affievolendo stato che consiste nella differenziazione e nel vario dispiegarsi delle rappresentazioni discorsive. In una nota (106-107, n. 183) Torella propone anche la visione di Bhskara
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CAPITOLO 1: PANORAMICA LETTERARIA SULLE ORIGINI DELLONIROLOGIA IN INDIA

Terminando questa carrellata proponiamo alcune strofe dalla sezione della conoscenza (jnakhaa) del Tripurrahasya (TR/JK), un testo di ispirazione aktdvaita, propria della scuola di rvidy, che comunque sembra essere maturato nello stesso clima culturale dello Yogaviha e dei testi della scuola Pratyabhij, quindi probabilmente kamro nel suo cuore pulsante. Il testo era originariamente diviso in tre sezioni: quella della magnificazione della dea (mhtmya), quella della condotta rituale (cary), non pervenutaci, e quella della conoscenza (jna). Esso racchiude gli insegnamenti riguardanti la dea Tripur trasmessi dallavadhta Datttreya al suo discepolo Paraurma, che a sua volta li trasmise a Sumedha Hrityana (PELISSERO, 1995: I-XII). Nella settima lettura (VII.82) offre un chiaro passaggio di come lo aktdvaita sia strettamente influenzato dallAdvaita Vednta upaniadico (BU IV.3.7-10):
yata svapnev aya jvo hitv sthla arrakam/ caitanyamayadehena sarvn abhimatn sjet// Perci questanima individuale, avendo nei sogni abbandonato il corpo fisico, mediante un corpo sostanziato di coscienza crea tutti gli oggetti desiderati.193

Naturalmente innumerevoli sono i versi simili e i contesti analoghi, in cui questa creazione mentale utilizzata sia a confronto della realt empirica, sia come metro di paragone della veglia al fine di screditare lo status ontologico di entrambe. Come vedremo nei prossimi capitoli, questo fu latteggiamento che accompagn i primi passi dellAdvaita, fulcro centrale del nostro lavoro, in opere come le Mkya Krik di Gauapda, ove in ogni parola e strofa aleggia un atteggiamento

sul stra in questione. Secondo vrtikakra la conoscenza quella empirica e limitata che percepisce oggetti. Solo quando questo genere di cognizione viene meno, allora il mondo fenomenico si mostra nella sua natura illusoria, come fosse un sogno, che traeva il suo sostentamento da quella erronea percezione oramai terminata. 193 Si confronti con BU IV.3.10. Si noti in questo verso simbolo unidea sottostante testi come quello a cui appartiene il verso o lo YV/MU, nei quali sindagano, pi che i rapporti delluomo con lesterno, i rapporti delluomo con linterno, ovvero soprattutto con il mondo mentale. Un principio fondamentale il fatto che sullo schermo della mente, sebbene inerte, trasparente e purissimo per natura, vengono proiettate innumerevoli immagini. Dietro a questo si nasconde una luce, la quale lunica sorgente di verit, che permette a enti che sono puramente psichici o fisici, di essere considerati assolutamente reali. Per esprimere questanalogia del riflesso delloriginale (bimba) su una superficie inerte ma abbastanza pura (svaccha) da essere in grado di riproporre il riflesso (pratibimba), si usa spesso la metafora dello specchio.

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a cavallo tra solipsismo Vijnavdin e unestrema attitudine metafisica di stampo Disivda dello Yogaviha. In ultima analisi, tutte le suddivisioni proposte, le varie fasi dellevoluzione dellonirologia furono tutte tese a indagare pi a fondo un fenomeno esperito da ogni essere. Questo stato fu scorto alla stregua di un ponte, come un luogo mediano rispetto ad altre due condizioni direttamente sperimentabili da tutti gli esseri: la veglia e il sonno profondo. Sin dalle Upaniad pi antiche questottica e la riflessione sapienziale che ne deriv, furono fautori dinnumerevoli sviluppi in tutti i rami dellindagine intellettuale indiana.

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C APITOLO 2: I L SOGNO NELLA LETTERATURA DEI DARANA

CAPITOLO 2 IL

SOGNO NELLA LETTERATURA DEI DARANA

II.1: P ROLEGOMENA DOTTRINALI In India il simbolismo matematico e la riflessione sui numeri ha rivestito fin dagli albori della speculazione una notevole importanza. Gi nel camaka, che la seconda parte del famoso inno a Rudra dello Yajurveda, lo atarudrya o Rudrdhyay (KYVTS IV.5.1-11; YVVMS XVI.1-64) si trova una misteriosa sequela di cifre. Certamente pi daltri i primi cinque numeri, il nove e i suoi multipli sono stati utilizzati in molteplici ambiti. Detto questo, la nostra riflessione prende le mosse dallanalisi pi accurata delle implicazioni di due tra questi numeri: il tre e il quattro. In India il numero quattro sinonimo di stabilit, giacch si forgiata nellimmaginario collettivo e nellambito testuale una specifica simbologia della legge perenne che sostiene sia luniverso sia lindividuo in ogni suo moto e disposizione. Tale principio di ordine superiore, conosciuto con il nome di dharma, raffigurato come un toro (o una vacca) saldamente retto sulle sue quattro zampe, ognuna delle quali rappresenta una virt (BhP I.16.18-36; 17.142). Sin da questillustrazione il numero quattro, con tutta la sua carica simbolica, stato considerato elemento di fissit e completezza, capace di veicolare idee di felicit e benessere, sia per lindividuo, sia per la collettivit. Si pensi che fin dallantichit il numero quattro nel suo aspetto quadratico stato legato allinamovibilit della terra e, nel suo aspetto dinamico, alle quattro braccia della croce e alla loro ideale prosecuzione. Il quattro si ritrova applicato a molte condizioni e concezioni: le quattro caste, i quattro stadi di vita, i quattro fini delluomo, i quattro Veda, la quadripartizione interna dei testi vedici, le quattro et dellumanit e molto ancora.

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C APITOLO 2: I L SOGNO NELLA LETTERATURA DEI DARANA

Questo sistema quaternario presenta delle uscite o eccezioni a s stesso. In primis, nella sua manifestazione pi sublimata, ovvero nel ternario, o meglio nel ternario pi uno. Chiariamo il nostro punto di vista. cosa molto comune nella tradizione sapienziale indiana riferirsi a concetti e dottrine quadripartite specificandole in due sezioni. La prima raccoglie solitamente tre dei quattro principi, e la seconda ne esprime uno soltanto, che lasciato da solo a cagione della propria differente natura, talvolta pi universale, talaltra pi grossolana rispetto agli altri. Questa possibilit pu essere indicata tanto come il culmine dei quattro, quanto come il quarto dei tre, essendo per lo pi un principio di ordine trascendente che tuttavia penetra, sostiene e fornisce agli altri la profonda ragione dessere, pur rimanendone al di l. Accade anche altrimenti, che un principio di ordine inferiore sia volutamente discriminato da un trittico di enti superiori. Comunque noto lesempio dei quattro fini delluomo (pururtha) divisi in due sezioni. Il primo gruppo raccoglie il kma, i desideri legittimi che un uomo deve soddisfare nellarco della sua vita, lartha, gli interessi sociali ed economici per il sostentamento delluomo e il dharma, quel complesso di regole religiose e rituali che accompagna lindividuo fin dalla nascita. Questo chiamato trivarga. Oltre a questo gruppo abbiamo il quarto tra i fini delluomo che permea e sottende gli altri tre, rimanendone non toccato per la sua natura assoluta. Si tratta della liberazione, il moka.1 Ogni qual volta si senta parlare in India di tradizione hind, gli ambienti ortodossi amano indicare s stessi con letichetta di seguaci del santanadharma, la lex perennis. Se si dovesse richiedere a costoro di parafrasare questo termine la risposta sarebbe senza dubbio La legge perenne il principio distituzione delle caste e degli stadi di vita (varramadharma). Per prima cosa va puntualizzato che per definire, seppur in modo sommario, queste dottrine necessario scomodare vari altri concetti indissolubilmente connessi. Per esempio, una dottrina legata alle caste di certo quella della triplice qualit della natura o sostanza (prakti), il trigua. Allinterno di ogni ente manifestato agiscono tre tendenze costantemente in moto, che condizionano la
Si badi bene, comunque, che questo tipo di ragionamento potrebbe essere applicato a ogni serie di quattro principi o entit.
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natura e le attivit degli esseri viventi. Queste tre qualit sono chiamate con lappellativo di gua e sono trattate con grande precisione nella dottrina Skhy. La pi volatile, di natura luminosa, candida e tendente allascensione il sattva; quella dominata dalla passione, il vigore dellattivit costante, il rossore e la tendenza orizzontale il rajas; mentre quella oscura, ottundente, pesante, inerte e tendente al basso il tamas. Le quattro caste sono ognuna determinata dalla diversa mescolanza e quantit di una di queste tendenze. Pi daltri concetti, quello che interessa a noi nello specifico la dottrina del catupd, i quattro piedi o quattro quarti.2 Sembra che la prima menzione riguardante una quadripartizione con tre elementi che stanno insieme e un unico elemento che sta altrove, sia da attribuirsi al celebre Puruaskta (V X.90.1-4). In questo caso i quattro quarti sono considerati macrocosmici, quasi divisioni spaziali. Per leggere questi versi, le nostre considerazioni test riportate, vanno di necessit ribaltate perch nellelemento in esame tre sono le parti divine e una, vale a dire la quarta, quella relativa al mondo manifestato degli esseri:3
sahasrar purua sahasrka sahasrapt/ sa bhmi vivato vtvtyatihad dagulam// 1 // purua eveda sarva yad bhta yac ca bhavyam/ utmtatvasyeno yad annentirohati// 2 // etvn asya mahim to jyy ca prua/ pdo sya viv bhtni tripd asymta divi// 3 // tripd rdhva udait purua pdo syehbhavat puna/ tato viva vyakrmat sanane abhi// 4 // LEssere dalle mille teste, mille occhi, mille piedi, questi avendo ricoperto la terra la sovrastava di dieci dita (1). LEssere invero tutto questo, ci ch stato e ci che ha da essere e il controllore dellimmortalit, [colui] che cresce mediante il cibo (2). Siffatta la sua grandezza, per cui questEssere il pi grande: un quarto sono tutti gli esseri e i tre quarti di lui sono immortali nel cielo (3).

Nello atapatha Brhmaa (B), oltre a varie indicazioni di gruppi di quattro, come le stagioni, le direzioni, i sacerdoti, in particolare V.2.4 e XIV.8.15 menzionano un sacrificio di nome Indraturya, in cui il termine turya sembra applicarsi allo splendente e ultimo quarto della strofa gyatr. Si parla anche dei quattro quarti della parola in B IV.1.3.16 (FORT, 1990: 16). Anche in ChU III.18.2 si parla del catupd brahman connesso con gli organi di senso, chiamati nel passo pra. 3 In BU I.5.21 si accenna a quattro stati delltman e alla loro importanza dottrinale (KEITH, 1970, [1925], VOL. 2: 567-570).
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LEssere ascese per tre quarti e nuovamente un quarto di questo stava qui, perci ha pervaso da ogni parte questi, chi mangia e chi non mangia (4) ...4

Altra valida considerazione che la dottrina del catupd decisamente pi centrale ed evoluta in un testo atharvanico, la Mkya Upaniad (MU 1-2) in cui il primo emistichio di V X.90.2 sembra essere ricalcato per introdurre limmensit del sacerrimo monosillabo, il praava:
om iti etad akaram ida sarva tasyopavykhyna bhta bhavad bhaviyad iti sarvam okra eva/ yac cnyat trikltta tad apy okra eva// 1 // sarva hy etad brahmyam tm brahma so yam tm catupt// 2 // O, questa la sillaba,5 questo ogni cosa. C la sua spiegazione: ci che stato, ci che e ci che sar, tutto in verit lokra. Ci che altro, oltre il triplice tempo, anche quello okra (1). Infatti, tutto ci brahman; questo S brahman, quella [= sillaba] che questo S ha quattro piedi (2) ...

Se volessimo gi introdurre qualche nozione vedntica, in queste brevi note introduttive, un appunto che sapplica a quanto fin qui detto riguarda appunto la dottrina delle avasth, degli stati o condizioni dellanima individuale. A seconda di come li si voglia considerare essi sono tre o quattro, o meglio ancora tre pi uno, quando quelluno da considerarsi infinitamente superiore e differente dagli altri, rappresenta appunto il quarto dei tre, il turya o caturtha. Gli altri tre stati sono la veglia (jgt), il sogno (svapna) e il sonno profondo o sonno senza sogni (suupti).6 Anche in questo caso troviamo uno schema quadripartito in cui i primi tre elementi, sebbene in gradi e modalit differenti, sono ancora sottoposti al dominio relativo dellignoranza. Come si sa dal punto di vista vedntico quanto caratterizzato dalla relativit sottost a tre condizioni o tre limitazioni
Anche Paul Deussen individua nei tre piedi pi uno della formula gyatr i prodromi della dottrina del catupd (2000 [1906]: 122-123, 310-312). Nello specifico, secondo lautore, la questione prenderebbe le mosse da ChU III.12, le cui basi sono da ricercare nel Puruaskta del V (X.90). 5 Akara ha due significati principali connessi tra loro. Entrambi si possono applicare nel caso in questione, il primo sillaba, laltro imperituro: na karati iti akara. 6 Timalsina S. (2006: 110, n. 26) parla di unassimilazione molto interessante, la quale potrebbe avere delle implicazioni dottrinali di grande valore. Essa compiuta da un autore davvero poco conosciuto, Amarnanda in unopera altrettanto poco nota, la Svyogapradpaprabodhin (II.3). Ivi si fanno corrispondere alle tre condizioni jgat, svapna e suupti, rispettivamente sat, cit e nanda.
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(pariccheda), cio delle ampie parentesi entro le quali racchiusa la manifestazione. (rpa) e Queste possono essere considerate oppure in due triadi apparentemente differenti, ma senza dubbio gemelle: nome (nma), forma causalit (kryakraabhva) limitazione temporale (klaktapariccheda), limitazione spaziale (deaktapariccheda) e limitazione dovuta alla reificazione (vastuktapariccheda). Di questi due trittici il nome, nma, corrisponde o si esplicita nel tempo, mentre la forma nello spazio. La causalit determina una precisa appartenenza e inserisce un ente in ristretti confini (vastu) che lo collocano in precise condizioni delimitanti. Il cosiddetto turya oltre ogni limitazione (aparicchinna), indicibile, pur trascendendo e rimanendo assolutamente altro dai tre, li compenetra, li sostiene e attraversandoli li pervade.7 Unassimilazione che fa da ponte tra lambito esclusivamente dottrinale (MU 8-12) e quello mitologico lassociazione di ognuna delle lettere che compongono il monosillabo okra con le divinit della cosiddetta trimrti e anche a molti altri concetti triadici. Naturalmente, queste associazioni possono mutare a seconda del testo o dellottica del sapradya con la quale ci si pone. Allora la A corrisponde a Brahm, quindi alla manifestazione (si), al gua rajas e quindi alla veglia e al corpo grossolano (sthlaarra); Viu corrisponde alla U, alla conservazione (sthiti), al sattva, allo stato di sogno e al corpo sottile (skmaarra); infine la nasalizzazione dellanunsika , rappresenta la dissoluzione (laya), loscurit del tamas, il sonno profondo e il corpo causale (kraaarra). Certamente non poteva mancare laccostamento allunica Divinit Suprema, di cui manifestazione, mantenimento e dissoluzione sono solo funzioni relative, Paramevara, in quanto sagua brahman o, nel suo aspetto nirgua, paramtman. Questi sassocia alla prosecuzione non udibile della nasalizzazione dellanunsika, vibrazione che continuata si immerge in una
Sempre nello B (I.2.4.11-14) vi un passaggio che evoca la diversit di ci che quarto rispetto ai tre che lo precedono. Ivi le divinit, capeggiate da Agni, sbaragliano gli asura. Questi ultimi sono detronizzati dal trimundio e relegati in un indefinito quarto mondo, che non si comprende se sia o meno oltre i tre. Da questo mondo essi non risorgono pi. Nella BU (V.14.1-7) si discutono invece prima i tre piedi (pda) del mantra gyatr, connettendo ognuno dei quali con i tre mondi, i tre Veda e i pra (1-4); continuando (3-7) si parla di un quarto piede che trascende i tre, simbolo del sole, oltre le tenebre e senza macchia. La gyatr si sostiene su questo quarto piede, che si fonda sulla verit (satya). In definitiva, per sottolineare la natura differente di questultimo quarto rispetto agli altri tre, esso chiamato anche non-quarto (apada) (FORT, 1990: 16).
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dimensione trascendente, nella pienezza e profondit del silenzio di un suono superiore (amtr) oltre lultimo elemento (sakala) del praava, il bindu, penetrando poi nellassoluto privo di parti (nikala) del quarto (turya), dellassenza di ogni relazione coi gua, nelleterno presente oltre ogni corpo e definizione. Molte considerazioni dottrinali sarebbero qui da aggiungere, riferendosi ai due aspetti riportati gi in MU (1) dellokra, quello in cui definito come ogni cosa e quello in cui oltre ogni cosa. Senza entrare in tecnicismi che andrebbero oltre il nostro scopo, si sappia solo che nellgamastravivaraa (V), in primis,8 i due volti di o sono legati alla possibilit di indicare (abhidhna) il significato (abhidheya) di un qualsiasi termine direttamente (skt) e letteralmente (mukhyatay), quando esso sia legato al suo aspetto savikalpa. Laltro versante riguarda la capacit dello stesso o, nel suo aspetto ineffabile e indiviso, nirvikalpa, di veicolare significati implicati (lakyrtha), indiretti (paraparay), comprensibili mediante implicazione (lakaay). Insomma, lo stesso monosillabo da un lato il significato letterale e ultimo di ogni suono, fonema, lettera, sillaba, morfema, parola o frase, cos come pure il significato implicito che travalica ogni esplicitazione letterale e letteraria, situandosi nella pura intuizione. Talvolta il numero delle avasth si allarga. Sebbene sia dibattuta la loro menzione separata, si riconoscono anche altre due condizioni, oltre alle tre o quattro gi citate. La prima e pi semplice da trattare la condizione di perdita di conoscenza o incoscienza, talvolta considerata come il coma o lo svenimento (mrcchvasth/ mugdhvasth). Laltra il fenomeno ben pi complesso e misterioso della morte (mtyu, maravasth). Apriamo a questo proposito una breve parentesi. Nel Viayapariccheda del Vedntaparibh (VP) trattando a proposito dellutilit nel concepire la modificazione dellorgano interno (vtti), come vedremo pi approfonditamente nel terzo capitolo, si definiscono le varie condizioni. Nella trattazione Dharmarja Adhvarin (XVII sec.) afferma (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 424):

Molti sono i passaggi vedici e upaniadici che spiegano e approfondiscono le valenze del sacro monosillabo: V I.164.39; ChU I.1.1-9; TaiU I.8, I.2.16-17; MaiU VI.3, 22; MuU II.2.3-4; PrU V.1-7; Manusmti II.74, 85 e di certo innumerevoli altri.
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atra kecit maraamrcchayor avasthntaratvam hu. apare suuptv eva tayor antarbhvam hu. tatra tayor avasthtrayntarbhvabahirbhvayos tvapadrthanirpae upayogbhvn na tatra yatyate ... A questo proposito alcuni predicano lessere diverse condizioni della morte e della perdita di conoscenza. Altri considerano linclusione di queste due proprio nel sonno profondo. In entrambi i casi, poich non c alcuna utilit rispetto allinclusione o allesclusione di quelle due [condizioni] nellesposizione del significato del termine tu [del mahvkya Tu sei Quello] non si fa alcuno sforzo a proposito di esse ...

Nonostante il disinteresse di Dharmarja, che comunque propone una collocazione sia di mrcch, che etimologicamente rinvia allappassimento che si ha in seguito a uno svenimento o un trauma, sia dello stato di morte, akara (), commentando il Brahmastra (BS) III.2.10 pi prodigo dinformazioni. La condizione di perdita di coscienza o di svenimento, sarebbe uno stato intermedio tra il sonno profondo e la morte, avendo sia fattori in comune sia in disaccordo con entrambi. Anche se manca una consapevolezza, come nel sonno profondo, questultimo si distingue per la pace che lindividuo prova in esso, mentre nellincoscienza vari segni indicano la sofferenza. La condizione mugdha, come la chiama , pu essere anche foriera di morte, ove chi vi cade non abbia pi attivit da compiere nella vita:
asti mugdho nma ya mrcchita iti laukik kathayanti. sa tu kim avastha iti parikym ucyate tisras tvad avasth arrasthasya jvasya prasiddh jgarita svapna suuptam iti. caturth arrd apaspti, na tu pacam kcid avasth jvasya rutau smtau v prasiddhsti. tasmc catasm evvasthnm anyatamvasth mrcchety eva prpte brma na tvan mugdho jgaritvastho bhavitum arhati. na hy ayam indriyair viayn kate mugdhas tu labdhasajo bravti andhe tamasy aham etvanta kla prakipto bhva na kicin may cetitam iti. jgrata caikaviayaviaktacetaso pi deho vidhriyate, mugdhasya tu deho dharay patati. tasmn na jgarti npi svapnn payati, nisajakatvt. npi mta, promaor bhvt. mugdhe hi jantau mto ya syn na v mta iti saayn msti nstti hdayadeam labhante nicayrtha pro sti nstti ca nsikdeam. yadi promaor astitva nvagacchanti, tato mto yam ity adhyavasya dahanyraya nayanti. atha tu pram ma v pratipadyate tato nya mta ity adhyavasya

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sajalbhya bhiajyanti. punar utthnc ca na dia gata. na hi yama gato yamarrt pratygacchati. astu tarhi suupta, nisajatvd amtatvc ca. na, vailakayt. mugdha kadcic ciram api nocchvasiti, savepathur asya deho bhavati, bhaynaka ca vadana visphrite netre. suuptas tu prasannavadanas tulyakla puna punar ucchvasiti, nimlite asya netre bhavata, na csya deho vepate. pipeaamtrea ca suuptam utthpayanti, na tu mugdha mudgaraghtenpi. nimittabheda ca bhavati mohasvpayo, musalasaptdinimittatvn mohasya, ramdinimittatvc ca svpasya. na ca loke sti prasiddhir mugdha supta iti. paried ardhasapattir mugdhatety avagacchma. nisajatvt sapanna itarasmd vailakayd asapanna iti. katha punar ardhasapattir mugdhateti akyate vaktum? yvat supta prati tvad ukta ruty sat somya tad sapanno bhavati [ChU VI.8.1] iti, atra steno steno bhavati [BU IV.3.22], naita setum ahortre tarato na jar na mtyur na oko na sukta na duktam [ChU VIII.4.1] itydi. jve hi suktaduktayo prpti sukhitvadukhitvapratyayotpdanena bhavati. na ca sukhitvapratyayo dukhitvapratyayo v suupte vidyate, mugdhe pi tau pratyayau naiva vidyete. tasmd updhyupaamt suuptavan mugdhe pi ktsnasapattir eva bhavitum arhati, nrdhasapattir iti. atrocyate na brmo mugdhe rdhasapattir jvasya brahma bhavatti. ki tarhi? ardhena suuptapakasya bhavati mugdhatvam ardhenvasthntarapakasyeti brma. darite ca mohasya svpena smyavaiamye. dvra caitan maraasya. yadsya svaea karma bhavati, tad vmanase pratygacchata. yad tu niravaea karma bhavati, tad promv apagacchata. tasmd ardhasapatti brahmavida icchanti. na pacam kcid avasth, prasiddhsti naia doa, kdcitkya avastheti na prasiddh syt. prasiddh cai lokyurvedayo. ardhasapattyabhyupagamc ca na pacam gayata ity anavadyam// 10 // ... Svanito colui che le persone comuni indicano come svenuto. [Domanda] Costui che condizione ha? A proposito di questesame si dice: tre sono le condizioni note dellanima individuale che risiede nel corpo, la veglia, il sogno e il sonno profondo. La quarta luscita dal corpo [= la morte], mentre non nota n nella ruti n nella smti una qualche quinta condizione. Pertanto avendo cos compreso che lo svenimento una condizione tra le quattro condizioni, diciamo: il venire meno non pu essere allora la condizione di veglia. Costui, invero, non vede gli oggetti sensoriali mediante le facolt Poi lo svenuto, quando riprende conoscenza dice: Non sono stato cosciente di nulla per un certo periodo io fui gettato in una cieca tenebra. E il corpo di colui che veglia, la cui attenzione diretta su un unico oggetto, si sostiene, mentre il corpo dello svenuto cade a terra. Ergo, n veglia e neppure vede dei sogni, poich privo di conoscenza. Non nemmeno morto perch vi sono il respiro e il calore [corporeo]. Quando un

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individuo svenuto allora [le persone] pongono dei dubbi: Che sia morto o non sia morto?; C calore o non c e per assicurarsi toccano la zona del cuore e C il respiro o non c [si avvicinano] alla zona del naso. Se non colgono la presenza di respiro e calore, allora avendo concluso Costui morto, lo conducono alla foresta per la cremazione, mentre se comprendono il respiro o il calore allora, avendo concluso Costui non morto, col suo riprendere conoscenza lo curano. Infatti, se vi di nuovo la ripresa di conoscenza, [ci significa che] costui non andato per la sua sorte [= non morto]: nessuno andato da Yama [= alla dimora di Yama] ritorna dal regno di Yama. Che allora sia sonno profondo, sia perch privo di conoscenza sia perch non morto? [Risposta:] No, poich v differenza. Chi svenuto, talvolta non respira anche a lungo, il suo corpo caratterizzato da tremore, pauroso il volto e sbarrati gli occhi. Chi profondamente addormentato ha un volto sereno e respira costantemente a intervalli regolari, i suoi occhi sono chiusi e il suo corpo non trema. [La gente] risveglia il dormiente con il solo tocco delle mani, mentre non [risvegliano] lo svenuto nemmeno con un colpo di martello. C anche differenza di cause tra lincoscienza e il sonno, difatti lincoscienza ha per causa la percossa con una mazza o altro, mentre il sonno ha per causa la stanchezza o qualcosa [di simile]. Neppure nella vita comune c questo sentire comune Lo svenuto addormentato. Per esclusione comprendiamo che la condizione di svenimento una mezza unione [= mezzo sonno]. Poich privo di conoscenza unito (sapanna) e poich diverso dallaltro [dal sonno profondo] non unito. [Obbiezione:] Dunque come si pu affermare che la mezza unione lo svenimento? [Risposta:] Tramite siffatti passaggi scritturali a proposito del dormiente si detto: Allora, o caro, unito con lessere, e Ivi il ladro diviene non ladro e ancora Il giorno e la notte non superano questo ponte, n la vecchiaia n la morte, n ci che ben fatto e neppure la malefatta ecc. [Obbiezione:] Nellanima individuale comprensione relativa a buone azioni e a malefatte avviene tramite linsorgenza della cognizione di felicit e dolore. Certamente, nel sonno profondo non si ha cognizione della felicit o del dolore, e cos anche nello svenimento entrambe le cognizioni non ci sono. Per cui col cadere del fattore condizionante anche nello svenimento, come per il sonno profondo ci pu essere unintera unione, non una mezza unione. [Risposta:] A questo proposito si dice: noi non affermiamo che nello svenimento vi una mezza unione dellanima individuale con il brahman. [Obbiezione:] Che cosa allora? [Risposta:] Noi rispondiamo che lo svenimento avviene con met della parte del sonno profondo e con met della parte di unaltra condizione. Sono gi state mostrate le analogie e differenze dellassenza

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di conoscenza con il sonno. Questo la porta della morte: quando di chi [ svenuto] vi dellattivit residua [da compiere], in quel caso la parola e la mente ritornano [al loro posto]. Mentre quando non vi sia attivit residua, dunque il soffio vitale e il calore corporeo sallontanano. Per questo motivo i conoscitori di brahman lo [= lo svenimento] considerano una mezza unione [= mezzo sonno profondo]. Non nota alcuna quinta condizione. Tale non un difetto, in quanto questa condizione saltuaria che pure non sia nota, per questa nota nella vita comune e nella scienza medica. Per cui, dallaccettazione della mezza unione, non contata una quinta condizione. Dunque, non vi errore (10).

Abbiamo visto qui come la consueta chiarezza akariana riesca a descrivere sia la condizione propria di mrcch, sia la morte, nonch il loro rapporto con i pi conosciuti altri tre stati. Unaltra considerazione di transito tra quanto abbiamo finora mostrato e quanto intendiamo proporre prima di terminare questo breve incipit concettuale alla letteratura onirologica dei darana ortodossi (stika) riguarda due circostanze. La prima si basa sullanalisi del momento in cui lindividuo, prima della nascita e dopo la morte del corpo, si trova in un limbo tra questo e laltro mondo, in un momento di latenza; la seconda riguarda il pralaya e i suoi rapporti con il sonno. Si sa che luomo, per rinascere in una condizione attiva e riprendere il suo percorso karmico, ha bisogno di una via sessuata. A questo punto, individuato un possibile gruppo familiare, un essere con le dovute qualifiche karmiche (anuayijva) e guidato dai frutti del suo prrabdha karman, sebbene dimorante in uno stato dincoscienza,9 in questo momento critico sinsinua nel seme maschile, eleggendolo a suo veicolo (BU III.7.23), al fine di tornare a manifestarsi nel mondo dominato dallattivit dei mortali e raccogliere i frutti karmici che ancora non si sono presentati. In questa fase lessere che preme per essere dato alla luce si dice pia, per indicare questa sua situazione ambigua di preformazione e stasi in una condizione mediana tra il causale e il sottile (FILIPPI, 2005 [1996]: 37-49). Durante il periodo di latenza, il pia ha la coscienza individuale inviluppata in s stessa. La coscienza individuale (ahakra) che ancora non ha dispiegato le sue potenze, si trova in una situazione di inerzia (tmasika),
Il commento di ad ChU V.10.6 chiarisce in cosa consista lo stato di incoscienza del pia dal momento della sua discesa sulla terra fino al momento del concepimento.
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che identica a quella delluomo che dorme senza sognare (suupta). Con il garbhdhna, ossia linseminazione rituale di una coppia regolarmente sposata, dopo che il seme maschile ha incontra lovulo femminile, inizia lo sviluppo dellembrione. Lo sperma maschile ha la capacit di fecondare lovocita femminile solo grazie alla presenza in s dellessere nello stato di pia. Deposto nellutero materno, il pia si associa allovulo materno fecondato. Lo sviluppo durante la vita intrauterina passa per diversi stadi che riassumono lo sviluppo degli esseri terrestri, dal minerale, al vegetale, allanimale. Tecnicamente i vari stadi di crescita passano da kalila, il nodulo che si forma la notte successiva allaccoppiamento; dopo sette giorni sorge una sorta di bolla (budbuda), dopo quindici una palla di carne (pe) molto simile a un vegetale, ove i differenti organi cominciano a differenziarsi. Tra il terzo e quarto mese il feto diviene un embrione (garbha), con uno stato vicino a quello animale per il ben avanzato sviluppo degli organi. In questo momento il feto comincia a muoversi, il che indica la presa di possesso da parte delle facolt sensoriali (indriya) dei propri seggi (golaka).10 A questo punto sia la coscienza individuale sia il mentale sono penetrati nel garbha. Ivi lembrione, che sperimenta una condizione di sogno costante, viene a essere considerato un essere umano. Il sogno comunque uno stato mentale in cui il sognatore sia attore, sia spettatore del sogno, ove ogni scena presa a prestito dal mondo esterno: i sensi colgono gli stimoli, li immagazzinano come impressioni e li conservano come ricordi allinterno dellorgano mentale, continuando a implementarne il numero e la forza, nonch servendosene quando altri stimoli della veglia, ridestino le impressioni latenti. Durante il sogno la mente entra in quel deposito senza un programma definito, prendendo qua e l.11 Per questo sono possibili strane combinazioni e commistioni impossibili da vedere nella veglia. Per
Si veda a questo proposito la Garbha Upaniad (3) e larticolo di G. G. Filippi The Secret of the Embryo according to the Garbha Upaniad (1992: 304). Naturalmente, gran parte della discussione qui presentata presa da Filippi (2005 [1996]: 47-61), per cui l si vedano la discussione completa e le altre fonti. 11 I sogni sono dovuti alle impressioni lasciata dallo stato di veglia, anche se non si consci delle impressioni come tali, per cui i sogni sono differenti dal ricordo. Nel sogno si in un corpo sottile e il mondo in cui esso si muove anchesso formato da elementi sottili. Nella transizione tra veglia e sogno, il corpo lasciato sotto il controllo dei soffi e la mente e le sue funzioni sono ritratte e usate nel sogno. Pi elevata della mente vijna (buddhi) che opera sia durante il sogno sia durante la veglia. Anche durante il sonno profondo il corpo lasciato ai soffi, mentre la mente e i sensi si ritraggono in vijna, che in uno stato germinale si ritrae in avidy: questo il corpo causale. Nel sogno le vsan o saskra lavorano come universali dinamici o forze producenti esperienze, divise in soggetto e oggetto. Il mondo di veglia e quello di sogno sono molto differenti e, per di pi, non connessi tra loro. Il tempo, come esperito nel sogno, non pu essere misurato come si fa durante la veglia: in unora di sogno potremmo aver sperimentato una serie intera di vite (CHI, 2001 [1953], VOL. 2: 596-598). Celebri sono gli episodi narrati in Tripurrahasya (XII.1-96), Yogavsiha (VI.2.56-94) e anche Devbhgavata Pura (VI.28.1-54 e VI.29.1-66).
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esempio se vi sono i ricordi di animali cornuti quali vacche, gazzelle o antilopi e pure cavalli o elefanti, semplice prendere delle caratteristiche proprie delluno e sovrapporle sullaltro, come pu accadere quando si sogna un liocorno. La mente12 potr dunque comporre lidea di corno con quella di cavallo, elaborando cos lidea del liocorno, che reale nella condizione di sogno e irreale nello stato di veglia (FILIPPI, 2005 [1996]: 53-54).13 Comunque la cosa certa che il feto sogna. Ma cosa sogna se ancora non ha mai fatto esperienza del mondo esterno e nemmeno dello stato di veglia? In cosa constano le scene e gli oggetti che egli coglie in quella fase? Secondo il Garua Pura (GPur II.48.23) il feto conserva delle memorie delle sue esistenze precedenti. Utilizzando quel materiale gi esperito in grado di pescare e forgiare ex novo delle visioni oniriche. In seguito, ogni movimento e sviluppo del feto scandito da altrettanti saskra, che accompagneranno il nascituro fino alluscita del grembo materno e, per la prima volta, la condizione di veglia. Durante lintero arco della sua esistenza terrena, lindividuo poi si trova in un quotidiano avvicendamento delle tre condizioni. Arrivano per, ahim, inesorabilmente gli ultimi attimi di vita e coscienza vigile. Quando il morente sta per lasciare questo mondo offre, se ne ancora in grado, come suo ultimo una serie di doni ai brhmaa, anche simbolici. Dopo di ci perde progressivamente conoscenza e, accortisi di ci, i familiari lo adagiano delicatamente sulla nuda terra debitamente purificata, con la testa a nord e i piedi che fronteggiano il sud, la dimora dei trapassati. , infatti, credenza comune nella tradizione indiana che luomo non debba esalare lultimo respiro a mezzaria, come potrebbe accadere se fosse steso su un letto. Quel dominio assimilabile alla sfera di mezzo (antarika) popolata da esseri sottili di varia natura quali i vetla, i pica, rkasa, guhya, gandharva, apsaras, kinnara, o quantaltre entit disturbatrici, pronte a possedere o invadere il corpo del morente (GPur II.29.10). In questo momento lanima dellindividuo sospesa a met tra terra e cielo, in una condizione mediana di sogno, privo di qualsivoglia contatto con la realt oggettiva e imprigionato in un panorama immaginario. Egli, non essendo vigile, non pi in
Questi processi mentali formano una triangolazione di funzioni i cui vertici sono la memoria, deposito di dati tratti dal mondo esterno, la capacit di scomporre e ricomporre concetti tratti dalla memoria (citta), e limmaginazione, ovvero la formulazione di nuove immagini (kalpan). 13 Si veda nel capitolo 5 la trattazione e traduzione di BSB III.2.3.
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grado di distinguere tra reale e irreale, confondendo cos le visioni oniriche con le interferenze psichiche provocate dagli esseri sottili. Per queste ragioni, il morente, posto sul terreno, ha maggiori possibilit di rimanere aggrappato alla veglia fino allesalazione del suo ultimo respiro, concentrandosi sul fenomeno che sta vivendo (FILIPPI, 2005 [1996]: 115-116).14 Certo che a questo punto anche le facolt abbandonano il morente in senso inverso a quanto avevano fatto durante la loro presa di possesso dei rispettivi seggi. Naturalmente, tutti gli indriya smettono la loro funzione e si raccolgono attorno alla mente. Questa altres una condizione analoga a quella di sogno, le cui visioni sono una rapida e tumultuosa sequela di impressioni e immagini immagazzinate durante la vita, spesso in ordine inverso al loro presentarsi. Questa turbinosa attivit mentale di l a poco termina in un unico flusso di immagini per poi cessare definitivamente. qui che lintero organo interno simmerge nei pra, costringendo la coscienza individuale a lasciare definitivamente il sogno e penetrare nel sonno profondo. Continuando, i soffi si riuniscono e penetrano nel calore determinato da tejas, o uma, come elemento sottile (tanmtra) e fonte del calore fisico: ora la respirazione si arresta e il processo di morte oramai pressoch inarrestabile. Questo, come conseguenza, provoca larresto del flusso sanguigno e degli altri fluidi corporei, impedendo definitivamente una comunicazione 122-125). Se, per un essere umano, tale il transito dalla vita alla morte e da una condizione allaltra dellanima individuale, in virt della corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo espressa dalla famosa equazione yath pie tath brahme,15 non si pu fare altrimenti che desumere lo stesso iter anche per luniverso intero. Nel VP, compenetrata nella discussione relativa alle avasth, alla fine della trattazione della manifestazione (si) degli elementi (bhta) e dei loro derivati (bhautika), troviamo lennesima suddivisione quadripartita. Questa volta a essere quattro sono le distruzioni, i pralaya, il primo dei quattro quello quotidiano
14 In un suo articolo in hind, Gopinath Kaviraj (KAVIRAJ, 1987: 242-244) fornisce alcune considerazioni sulla morte dellindividuo: con la morte del corpo grossolano, il jva supporta s stesso su un corpo formato di impressioni latenti (vsanarra) simile al corpo onirico (svapnaarra). 15 La formula senza dubbio notissima, anche nelle sue varianti non sanscrite. Tuttavia non ci siamo mai imbattuti in un effettivo riscontro testuale di essa.

del

corpo

con

lesterno

favorendo

il

successivo

raffreddamento: questi sono i primi segni di putrefazione e rigor mortis (IBID.:

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(nitya), il quale non altri che suupti, mentre quello occasionale (naimittika) la fine di un ciclo (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 395-400):
idn pralayo nirpyate. pralayo nma trailokyana. sa caturvidha nitya, prkto naimittika tyantika ceti. tatra nitya pralaya suupti. ca tasy tad vinena tadupalabdhe sakalakryyapralayarpatvt. smaranupapatti. na dharmdharmaprvasaskr ca suuptv vastuta antakaraasya pi

kratmanvasthnam. tena suptotthitasya na sukhadukhdyanupapatti, na v tadadhnaprdikriynupapatti, vsdyabhve

puruntaravibhramamtratvt, suuptaarropalambhavat. na caiva suptasya paretd aviea, suptasya hi ligaarra saskrtmantraiva vartate paretasya tu lokntara iti vailakayt. yadv antakaraasya dve akt jnaakti kriyakti ceti. tatra jnaaktiviintakaraasya suuptau vino, na kriyaktiviihasyeti prdyavasthnam aviruddham yad supta svapna na kacana payati, athsmin pre ekadh bhavati, athaina vk sarvair nmabhi sahpyeti [KauU IV.19], sat somya tad sapanno bhavati svam apto bhavati [ChU VI.8.1] itydirutir uktasuuptau mnam 16 kryabrahmao divasvasnanmittakas trailokyamtrapralayo naimittikapralaya brahmadivasa caturyugasahasraparimitakla. caturyugasahasri brahmao dinam ucyate iti vacant. pralayakla divasaklaparimita rtriklasya divasatulyatvt naimittikapralaye ca puravacanni pramni ea naimittika prokta pralayo yatra vivask/ ete nantsane nityam tmaskty ckhilam// iti vacanam naimittike pralaye mnam 17 ... Ora trattata la distruzione. Si dice pralaya la distruzione del trimundio. Questo di quattro tipi: giornaliero, naturale, occasionale e assoluto. Tra questi la distruzione quotidiana il sonno profondo, perch ha come aspetto la dissoluzione di ogni effetto. In quelloccasione c la permanenza in una condizione causale di merito, demerito e precedenti impressioni latenti. Per questo per chi si destato dal sonno non c unincongruit con felicit, dolore o quantaltro, come anche non v unincongruit col ricordo. Nemmeno [si ha che] nel sonno profondo, con la

Saltiamo la trattazione del prktapralaya, non attinente al nostro obbiettivo. Comunque, questo tipo di pralaya avviene quando si ha la fine di ogni effetto determinata dal termine della funzione di Hirayagarbha, altres noto come kryabrahman, ossia linsieme della totalit degli effetti: ... prktapralayas tu kryabrahmavinanimittaka sakalakryana (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 399-400). 17 Il quarto e ultimo genere di pralaya, quello assoluto (tyantika) dovuto alla realizzazione del Supremo brahman e alla conseguente liberazione: ... turyapralayas tu brahmasktkranimittaka sarvamoka Il testo continua affermando che mentre i primi tre tipi di pralaya sono causati dalla cessazione di attivit, il quarto invece, dovuto al baluginare della conoscenza avviene simultaneamente alla fine dellignoranza: ... tatrdys trayo pi pralay karmoparamanimitt. turyas tu jnodayanimitto jnena sahaiveti viea (IBID.: 400).
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sparizione dellorgano interno non possa darsi lattivit dei soffi vitali e altri elementi dipendenti da quello [= lorgano interno]; in verit, pur in assenza del respiro e altre [funzioni], la sua percezione solamente dovuta allillusione di un altro uomo, proprio come la cognizione del corpo di un dormiente. Neppure non c differenza del dormiente da un morto, poich tale la distinzione: il corpo sottile del dormiente proprio l in forma di impressione latente, mentre [quello] del trapassato in un altro mondo. Oppure, lorgano interno ha due potenze: la potenza di conoscenza e la potenza dazione. Tra queste nel sonno profondo si ha la distruzione dellorgano interno distinto dalla potenza di conoscenza, non di quello distinto dalla potenza dazione, perci non contraddetta la permanenza dei soffi vitali o altre [funzioni]. A proposito del suddetto sonno profondo, ne sono una prova questi passaggi scritturali: Quando assopito non vede alcun sogno, allora in questo soffio diviene uno, allora la parola penetra in questo con tutti i nomi, Allora, o caro, unito con lessere, immerso in S, ecc. ... La distruzione occasionale quella distruzione del solo trimundio la cui causa il termine del giorno di Brahm come effetto. Il giorno di Brahm quel tempo delimitato da mille [cicli] di quattro ere, come dallaffermazione Si dice giorno di Brahm mille [cicli] di quattro ere. Il periodo della dissoluzione ha la stessa misura del giorno, poich la durata della notte pari a quella del d A proposito della dissoluzione occasionale le affermazioni dei Pura sono prove: Questa detta quella dissoluzione occasionale ove il genitore delluniverso dorme costantemente sul giaciglio del [serpente] Ananta, dopo aver inglobato in S ogni cosa ...18 Tale affermazione mezzo di prova riguardo alla dissoluzione occasionale

Quindi, in analogia con quanto detto, la transizione da un manvantara allaltro comporta un passaggio (pralaya) della terra attraverso uno stato di sogno. In questo passaggio onirico avviene unelaborazione macrocosmica delle forme che permette, nel nuovo manvantara la comparsa di nuove specie. Al contrario, il passaggio (nityapralaya) tra kalpa e kalpa come se avvenisse nello stato di sonno profondo. Si tratta del ritorno a Brahm, con conseguente distruzione del mondo corrispondente. Questultima affermazione allude al fatto che il kalpa formato da quattordici manvantara o ere di umanit diverse. Come si diceva innanzi il kalpa concluso da un mahpralaya con cui il mondo riassorbito nella mente divina in uno stato paragonabile al sonno senza sogni. Si ricordi pure che la condizione terrestre di manifestazione corrisponde allesperienza della coscienza in stato di
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Non siamo riusciti a reperire la provenienza della citazione.

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veglia. Detto ci aggiungeremo che ogni singolo manvantara, di cui il kalpa composto, termina con un pralaya che corrisponde anchesso a una reintegrazione del mondo in mente Dei, anche se nello stato di sogno. Poich la condizione onirica lambiente di rielaborazione delle immagini immagazzinate nella memoria, ivi il sognatore universale modifica le forme a proprio piacimento. per questo che, non appena il pralaya termina e una nuova generazione posta in fieri, gli enti che ritornano a presentarsi allessere, mostrano specifiche differenze formali adattate alle nuove condizioni vigenti nella nuova manifestazione. In questo panorama sinserisce un tema di grande suggestione, dalle mille implicazioni mitologiche e dottrinali, ossia il sogno delluniverso da parte della divinit.19 Non solo questo, ma spesso abbiamo anche analoghe indicazioni, ove la Divinit Suprema come un illusionista (myvin) tesse la rete dellillusione (myjla) del mondo;20 oppure formula la determinazione volitiva (sakalpa) dellinizio, della conservazione e della fine di esso;21 o ancora come un bimbo, privo di ogni logica razionale, mosso dal solo desiderio di compiacersi e
19 Gopinath Kaviraj (KAVIRAJ, 1987: 241) afferma che nel Datttreya mata ci sono 5 tipi differenti di pralaya. Per esempio il pralaya giornaliero, ovvero il sonno delluniverso, yoganidr la condizione di battito di ciglia del paramtman (nimevasth), in quanto Egli sempre vigile e mai dorme davvero. Anche M. Hiriyanna (1993 [1932]: 367) esprime qualche considerazione in merito When we consider the universe in reference to this supreme subject, there is only one type of reality in place of the two found in the case of the jva; and that is of the phenomenal or prtibhsika type. For by hypothesis whatever is, is known to vara and no part of it lasts longer than the time during which it is experenced. In this sense, vara may be descrive as an eternal reame. But we must not think that he is deluded. That would be so if he did not realise the identity of the objective world with himself, or if any aspect of the truth about it remain unrevealed to him. What is meant by describing varas world as prtibhsika is that its unity with himself being always realised, all veariety as such is known to him to be a mere abstraction 20 Indubbiamente, il riferimento testuale pi illustre vetvataropaniad (IV.10): my tu prakti vidyt myina tu mahevaram, Si riconosca la Sostanza come illusione e il Grande Signore come lillusionista. Questo passaggio stato poi variamente chiarito e commentato, comunque una delle implicazioni ha cui ha dato origine, trattata spesso dagli autori della scuola vedntica del Vivaraa prasthna, la distinzione tra my e avidy. Per esempio, Vidyrayamuni, nella Pacada (I.15-17) scrive che mentre il Signore vara ha in s lupdhi, caratterizzato dalla purezza primordiale (uddhi) del sattva insito nella my, questa tuttavia non lo condiziona, anzi Lui (bimba), lonnisciente a governarla (vaiktya tm). Al contrario avidy lupdhi caratterizzato da unimpurit (aviuddhi) del sattva insita nella condizione individuale del jva, il quale non riesce a uscire dallignoranza, anzi ne vittima in modo talmente grave che non si rende nemmeno conto di esserlo. Si veda il secondo paragrafo del terzo capitolo. 21 Si veda un accenno al sakalpa o daivasakalpa nella nota 61 del capitolo 5. Comunque si sappia che tale tipo di determinazione operazione del tutto mentale che vari testi vedici menzionano usando varie radici, tutte dai connotati molto simili, talvolta indicanti un mero pensiero, talaltra un desiderio pi marcato, conseguenza di un bisogno effettivo. In alcuni casi la radice si presenta in forme derivative dal desiderativo, come sisk, si, visi, visarjana, tutte indicanti unemissione volontaria e differenziatrice; ancora altrove sembra che lazione creatrice avvenga esclusivamente dentro la Divinit, in mente Dei. In ChU (VI.2.3) tad aikata bahu sym prajyeyeti ; TaiS (VII.1.1.4) prajpatir akmayata prajyeya e TaiU (II.6.1) so kmayata, bahu sym prajyeyeti e (II.7) sad ajyata/ tadtmna svayam akuruta ; MaiU (II.6) prajpatir v eko gre tihatsa nramataika so tmnam abhidhytv bahv praj asjata/ (CHENET, 1998, VOL. 1: 42-46).

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divertirsi (ll), mette in piedi la struttura del mondo, la guarda per un attimo e poi annoiatosi di essa la rade al suolo senza alcuna ragione apparente;22 senza poi parlare dellantichissima concezione di Dio come artista o artigiano celeste, direttamente connessa con la sua funzione illusionistica.23 Ora, senza allontanarci troppo dalla nostra trattazione, abbiamo dei passaggi interessanti nel Matsya Pura (MaP 167.13-67). Il palcoscenico oscuro, nebbioso, la scena dellintervallo temporale che intercorre tra una manifestazione e laltra. Ivi la Suprema Divinit, il brahman, in questo caso24 Viu-Nryaa (SHARMA, Arvind, 2006: 115-116), in forma di cigno (hasa)25 disteso sulle acque diluviali che pervadono lintero universo. In questa situazione il grande essere splendente (mahdyuti) gener le sedici classi di sacerdoti (tvik). Il primo nato fu Brahm, dalla sua bocca, dalle sue quattro braccia presero forma i quattro sacerdoti sacrificali e da altre membra i loro accoliti.26 Egli, il vedapurua stesso, sul quale trovano fondamento i sacrifici (113).
Il BS (II.1.33) dichiara che il solo scopo per cui lEssere Supremo diviene simile al mondo per suo divertimento: lokavat tu llkaivalyam. Glossando il passo afferma che la Divinit senza alcun motivo preciso (prayojana), ma per sua stessa natura tende esclusivamente a rallegrarsi e divertirsi. In effetti, questa ragione non si pu trovare n con la logica, n indagando nelle scritture: varasypy anapekya kicit prayojanntara svabhvd eva kevala llrp pravttir bhaviyati. na hvarasya prayojanntara nirpyama nyyata rutito v sabhavati Seppure si possa trovare anche una qualche ragione per il divertimento degli uomini nel mondo, ci non pu essere spiegato per il Signore, che ha in S leterna soddisfazione di ogni brama (nityatpti) e ha gi in S raggiunto ogni desiderio (ptakma). Neppure si pu relegare la manifestazione delluniverso a una mancanza dazione (apravtti) o lazione di un pazzo (unmattapravtti), poich abbiamo i passaggi scritturali che riguardano la manifestazione e quelli concernenti lonniscienza di vara. 23 il caso di ricordare alcuni appellativi vedici del Principio generatore, quali: Tva (V I.13.10, I.20.6, I.32.2, I.52.7, I.95.5, I.161.2, X.184.1; AVS V.25.5, VI.78.3, VI.92.1-3, VII.74.3; B III.7.2.8; BU VI.4.21), Dht (V X.184.1-2, X.190.3; AVS VII.17-18, 20), Vidht (V VI.50.12), Savit (B XIII.2.7.12, XIII..8.3.3) e Vivakarman (V X.81.2-3, X.82.2; B XIII.7.1 e seguenti) o Prajpati (V X.121.1; AVS XI.4.12; B IV.5.7.2, VII.3.2, 14-15, XI.1.8.2; TaitB I.6.2.1; Nirukta X.43) stesso. Si vedano a questo proposito Zimmer (1993 [1946]: 31-34, 34-56. 56-60), Arvind Sharma (2006: 115-130) e Doniger (2005 [1984]: 123-175, 396-405). 24 Diciamo in questo caso perch altrove Brahm che ha questo ruolo, ossia di manifestare la volizione delluniverso e, anche in quel frangente, la manifestazione non che sakalpamtra. Si veda per esempio YV/MU III.55.47. 25 Lo hasa solitamente il veicolo (vahna) di Brahm e la sua controparte animale. Tuttavia in situazioni come quella descritta dal testo sinonimo dello Spirito Assoluto che volando a pelo della superficie delle oscure acque della non-manifestazione depone luovo da cui sar generato luniverso oppure, agitando le acque provoca linizio dellattivit. Il cigno, come vuole la tradizione indiana, ha in s la capacit innata di dividere spontaneamente il latte dallacqua quando questi siano mescolati (nrakraviveka). In questo caso sinonimo del paramtman che dorme senza dormire, che posato sulle acque senza toccarle, che osserva senza agire. 26 Conosciamo i quattro sacerdoti principali: per il V abbiamo loblatore, lo hot con i suoi accoliti (altri sacerdoti sono il maitravarua, lacchvk, che invita le divinit alla libagione rituale, il gravastut, che loda le pietre preposte alla spremitura delle bevande sacrificali), che siede a nord della piattaforma sacrificale e, rivolgendosi a Oriente, cantilla delle invocazioni indirizzate agli dei, disponendo le offerte a essi destinate. Poi abbiamo ladhvaryu, il sacrificatore, preposto allo YV a cui spetta il compito di
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In questa situazione, il Pura afferma che il i senza et Mrkaeya, dallaspetto di un eterno sedicenne, fu ingoiato (gr) da Viu. Nel suo stomaco che contiene luniverso, il saggio rimase per migliaia di anni peregrinando per ogni luogo sacro e ogni mondo, ogni citt e guado sacro, ogni paese e ogni regno, dedicandosi ai sacrifici, alla ripetizione dei mantra e allascesi (13-16). Col procedere delle ere la manifestazione termina. Dorme (svapiti) Viu sulloceano primordiale (ekrave), dopo che ogni cosa scomparsa e in lui si reintegrata. Quando, a un certo momento, accade qualcosa di meraviglioso mentre Mrkaeya vaga per i mondi:
mrkaeyas tatas tasya anair vaktrd vinista/ sa nikrman na ctmna jnte devamyay// 17 // nikramypy asya vadant ekravam atho jagat/ sarvatas tamascchanna mrkaeyo nvaikata// 18 // tasyotpanna bhaya tvra saaya ctmajvite/ devadaranasaho vismaya parama gata// 19 // cintayan jalamadhyastho mrkaeyo nvavaikata/ kintu syn mama cinteya moha svapno nubhyate// 20 // vyaktam anyatamobhvas te sabhvito mama/ na hda jagat kleam ayukta satyam arhati// 21 // naacandrrkapavane naaparvatabhtale/ katama syd aya loka iti cintm avasthita// 22 // dadara cpi purua svapanta parvatopamam/ salile rddham atho magna jmtam iva sgare// 23 // jvalantam iva tejobhir goyuktam iva bhskaram/ rvary jgratam iva bhsanta svena tejas// 24 // deva draum ihyta ko bhavn iti vismayt/ tathaiva sa muni kuki punar eva praveita// 25 //

apprestare larea sacrificale ove si siede con i suoi accoliti (il pratiprasthat, lantepositore del recipiente contenente il latte, il ne, conduttore della moglie di chi offre il sacrificio, lo yajamna; lo unnet, versatore del soma) e con i secondari (lo samit, acquietatore, che uccide la vittima sacrificale; il vaikart, lo squartatore di essa e il cmasdhvaryu, il quale maneggia i cmas, i recipienti quadrangolari del soma). Poi vi il cantore dei sman, ludgat, del SV, il cantore delludgith, ossia la parte centrale e pi importante dei canti, spesso identificata lokra. Questo sacerdote con i suoi assistenti (il prastotar, preludiatore, che intona la pre-lode, prastva, che apre il canto; pratihrtar, che si unisce al canto nel pratihra, il momento corale e il subrhmaya, dal buon potere brahmanico, deputato al canto di specifici mantra), gira attorno alla piattaforma sacrificale, salmeggiando alcuni inni con caratteristiche melodie, cariche di potenza. Infine vi il sacerdote dellAV, il brahman, lantistes del rito, deputato a seguirne landamento segnalando con il continuo mormorio dellokra se lesecuzione impeccabile, intervenendo invece in caso di errori degli altri officianti con i necessari riti espiatori, che egli stesso esegue o di cui si occupano i suoi accoliti (il brhmacchasin, che recita dopo il brahman, lagnidh, accenditore del fuoco e il potar, il purificatore del sacrificio) (PELLEGRINI, 2008: 113-115).

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sapravia puna kuki mrkaeyo tivismaya/ tathaiva ca punar bhyo vijann svapnadaranam// 26 // sa tathaiva yath prva yo dharm aate pur/ puyatrthajalopeta vividhny rami ca// 27 // kratubhir jamn samptavaradakin/ apayad daivakukisthn ataodvijn// 28 // sadvttam sthit sarve varbrhmaaprvak/ catvra cram samba yathoddi may tava// 29 // eva varaata sgra mrkaeyasya dhmata/ carata pthiv sarvm na kukyanta samkita// 30 // In seguito lentamente Mrkaeya usc dalla sua bocca. Questi per la potenza della divinit, uscendo non riconobbe neanche s stesso (17). Dopo essere uscito dalla sua bocca, Mrkaeya scorse lunico oceano e luniverso coperti da ogni parte dalla tenebra (18). Di lui simpossess una tremenda paura e il dubbio a proposito della propria vita. Rapito dalla visione divina fu colto da grande stupore (19). Mrkaeya, che stando in mezzo allacqua stava riflettendo, consider: Ma che cosa sar questo mio pensiero, sto vivendo unallucinazione o un sogno? (20). Forse io ho dato unorigine percepibile a una tra queste entit; non di certo un tale universo, afflitto e illogico pu essere vero (21). Il sole, la luna e il vento sono distrutti, finiti i monti e la terra: qual questo mondo? Cos fu immerso nella preoccupazione (22). Poi vide un essere dormiente, simile a un monte, mezzo sommerso, come una nuvola sul mare (23), che splendeva di luci, come il sole dotato di raggi e per il proprio ardore brillante era come fosse stato sveglio durante la notte (24). Per vedere la divinit venne vicino e con meraviglia [chiese] Chi Lei?. E cos nuovamente quel saggio silenzioso penetr nello stomaco [del Dio] (25). Rientrato di nuovo nello stomaco, Mrkaeya, oltremodo meravigliato, riconobbe ancor di pi quella come la visione di un sogno (26). Egli, poi, come in precedenza vag per la terra dotata di guadi sacri e acque benedette, nonch di svariati eremitaggi (27). Vide sacrificatori di rituali che gi avevano consegnato i doni e i pagamenti per i riti e sacerdoti che stavano allinterno dello stomaco e centinaia di due volte nati (28). Intenti nella condotta pia erano tutti i brhmaa [nati] nella casta e i quattro stadi di vita erano corretti, come da me ti era stato insegnato (29).27 Cos anche dopo Mrkaeya continu a vagare per lintera terra per cento anni e oltre, ma non vide la fine dello stomaco (30) ...

Si tenga qui presente che la narrazione sta avvenendo per bocca dellavatra Matsya, che come era gi accaduto al momento del diluvio, sta narrando a Manu lepisodio di qui sopra.
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Ovviamente questa prima parte della narrazione unallegoria che indica come durante il riposo delluniverso ogni cosa sia reintegrata nella divinit. In ogni modo, la scena del tutto peculiare. Il venerando saggio, a cui iva stesso aveva donato una vita senza fine, vaga libero per luniverso. Vagabondando egli ha come sola meta i luoghi sacri e per caso si trova allimprovviso di fronte a un paesaggio, una scena mai vista prima nella sua lunga vita. Dapprima sbigottito e impaurito si chiede cosa sia successo al mondo che conosceva, che genere di visione o pensiero avessi innanzi.28 Era quello rispondente al vero o un sogno, oppure unallucinazione. In questo caso molte sarebbero le considerazioni rispetto allo status ontologico del vero e dellillusorio, per le lasciamo ai capitoli seguenti. Certamente abbiamo qui di fronte due realt contrastanti, una nota e apparentemente solida e ben organizzata, unaltra ignota e assolutamente priva di appigli e punti di riferimento. Questo effettivamente il punto di vista dellessere comune, ordinario, legato ai parametri della dualit (ZIMMER, 1993 [1946]: 42-49). Per Mrkaeya davvero vittima di un tale errore? Un saggio plurimillenario, figlio di saggi e istruito da iva, pu davvero essere terrorizzato come un uomo ignorante di fronte alloscurit principiale? forse altrove il senso implicito della prima parte del mito? Sar facile rammentare il verso della Bhagavad Gt (BG II.69):
y ni sarvabhtn tasy jgarti sayam/ yasy jgrati bhtni s ni payato mune// Quella ch notte per tutti gli esseri, in essa veglia luomo ben domo, l dove vegliano gli esseri, quella notte per il saggio silenzioso che vede.

Riprendiamo con un altro quesito. Come si affaccia il sdhaka, lo yogin alla visione totale (sarvasvadarana). Sebbene sia ormai penetrato in uno stato superiore, n immediatamente consapevole? Oppure necessita, come potremmo affermare in modo colloquiale, di stabilire una certa confidenza con quella condizione?
Si confronti con Mkya Krik (III.39), in cui quei sedicenti yogin che si dedicano alla dualit, sono enormemente atterriti di fronte allabisso non duale, che pure lunica, pura e totale assenza di timore (BU IV.2.4, IV.5.14-19): asparayogo vai nma durdara sarvayogibhi/ yogino bibhyati hy asmd abhaye bhayadarina//, Questo yoga il cui nome disciplina priva di contatto [con lalterit], difficile da realizzare da parte di tutti gli yogin. Sebbene esso sia lassenza di paura, gli yogin che vedono la paura [= la dualit] lo temono.
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Proponiamo

alcuni

passaggi

dal

gi

ricordato

Janakhaa

del

Tripurrahasya (IX.39b-54). Questi sinseriscono nella bellissima storia del re Hemaca e della sua saggia moglie Hemalekh, dalla quale egli prende insegnamenti spirituali. Dopo lennesimo upadea, il sovrano si rinchiude in s e ha questo tipo desperienza, del quale non si capacita e ha bisogno nuovamente delle spiegazioni della moglie:
athpayad andhakra gha tat kaamtrata/ ida mamtmano rpam iti nicitamnasa// 40 // praharam atula lebhe ctha bhyo vyacintayat/ nna puna prapaymty eva citta rurodha vai// 41 // cacala hahayogena niruddha samvaikata/ tejapujamandyanta bhsvara kaamtrata// 42 // prabuddha cintaymsa kim etad iti vismita/ aho paymi vividha kim tmna katha tv idam// 43 // bhya paymi eva rurodha svamanas tad/ vilna nidray citta babhau ciratara dham// 44 // tatrpayat svapnajla vicitrnekadaranam/ atha prabuddho tyanta vai cint prpa mahattarm// 45 // kim aha nidraycchanna svapnn samavalokayam/ tamas teja cpi dam aho svapntmaka bhavet// 46 // svapnas tu mnasollsas tadeta varjaye katham/ bhyo nighya paymty eva nicitya vai dham// 47 // rurodha citta tu haht tad eyad abhavat sthiram/ tadnandasamudrntar nimagna iva so bhavat// 48 // puna cittapracalant prabuddho bhavad ajas/ kim ea me bhavat svapna cthav cittavibhrama// 49 // hisvit satya ea syd avicintya vibhti me/ nnvabhva kicid api sukham pta katha may// 50 // aho sya sukhaleasya tulya nsty atra kicana/ aha suuptavan mha katham etat sukha sthiram// 51 // ntra hetu kicid api lakaye tat katha bhavet/ tmvagamanyha pravtto py adya nvidam// 52 // tmnam anyac cnyac ca paymi kim ida bhavet/ prako vndhakro v sukha vnyad athpi v// 53 // tm bhaven mama tath kramikaitat svarpaka/ nntam emy atra bhyast pcchmi vidu priym// 54 //

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Di seguito scorse una densa tenebra e quello solamente un attimo, [ed egli] con la mente convinta [pens]: Questa la natura propria del mio S (40). Attinse una gioia incomparabile e di nuovo riflett: Certamente rivedr ancora [quella visione]! e, in tal modo arrest la mente (41) instabile, con la disciplina ostinata. Fermata [quella], per un solo istante percep una massa di fulgore senza inizio o fine, splendente (42). Ridestatosi, pens meravigliato: Che cosera quella cosa? Oh, come posso scorgere il S di forme cos varie?29 Com possibile ci (43). [Lo] vedr ancora! Cos in quel momento arrest la sua mente. Assorbita la sua mente dal sonno, ferma risplendette per una durata pi lunga (44). L scorse un crogiuolo di sogni con la visione di molteplici meraviglie. In seguito, svegliatosi piomb in unestrema preoccupazione sempre maggiore (45): Io, avvolto dal sonno, che genere di sogni stavo scorgendo? Oh, forse anche la tenebra e la luce che ho visto sono di matrice onirica (46). Ma il sogno un bagliore della mente, come allora posso evitarlo? Avendo domato di nuovo i sensi lo rivedr. Avendo cos tenacemente deciso (47) ferm la mente con lo sforzo e allora essa divenne stabile. Egli era come immerso in un oceano di beatitudine (48), ma per lagitazione della mente, improvvisamente si ridest ancora: Cos questo che mi accaduto, un sogno oppure unillusione della mente (49), o che forse questa sia verit? A me pare inconcepibile, io non percepivo alcunch; come ho attinto una tale felicit? (50) Oh, nulla vi qui eguale alla minima parte della gioia derivante da quello! Io ero inerte come qualcuno che sia profondamente assopito: come si verificata una tale felicit? (51) Non vedo, a questo proposito, la minima ragione di come ci possa essere [accaduto]. Io, pur impegnato per comprendere il S, oggi non lho riconosciuto (52). Colgo il S in un modo e poi ancora altrimenti: che cosa sar ci? Luce o tenebra, oppure felicit o ancora qualcosaltro? (53) O forse il mio S una siffatta successione, tale la sua natura? Non ne giungo al termine! Interrogher nuovamente lei, la mia cara che sapiente (54)

Qui il re cerca di interpretare con i mezzi dello stato ordinario quella serie di esperienze che ha vissuto. Analizzando la condizione ultima (caramvasth), o quegli stadi transitori che in breve conducono a essa, sembra che i rapporti della normale realt fenomenica si ribaltino (FALK, 1986: 171). Ci che sembrava solido
Il commento di rnivsa fa riferimento allopposizione tra le due visioni: la forma oscura percepita nella prima e quella splendente della seconda: etat tamas teja ca ida viruddharpatvam tmana katham iti vismita.
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e duraturo, appare effimero e vano, ci che splendeva diviene oscuro e viceversa: la notte giorno e il giorno notte Quella realt che allinterno di Viu, myvin per eccellenza, addormentava il saggio, non era che un sogno della Divinit Suprema. LEssere Supremo, splendente di luce propria, lunica e ultima Realt (paramatattva), serenamente assiso sulle acque diluviali, immerso nella notte delle notti, sembra un sogno al saggio, un miraggio, un portento che mai ha contemplato prima. Sia Mrkaeya, sia Hemaca, hanno delle visioni molto simili: prima la tenebra, poi una massa di luce. Entrambi sono prima sconvolti, poi si chiedono quanto quellesperienza rispondesse a verit. Hanno entrambi, in modalit diverse beninteso, bisogno di entrare e uscire ancora da quello spettacolo, di penetrarvi pi profondamente. Lo yogin che allinizio del suo percorso spirituale si affaccia allabissale profondit interiore, non comprende immediatamente quanto vede, ne confuso, spaventato, ha bisogno di tornarvi. Mrkaeya ha di fronte a s Viu fulgido e oscuro, vegliante e dormiente, unico locus atto allacquietamento di ogni contrasto. Lo vede cos meraviglioso e il suo cuore si pacifica, cosicch trova il coraggio di avvicinarsi e chiedergli chi fosse. Hemaca dopo vari tentativi ha visioni sempre pi lunghe e stabili, che comunque lo conducono a una confusione pi profonda. Pur tornando sempre alla coscienza ordinaria, sinterroga ripetutamente sulla natura della sua visione. Ha infine bisogno di chiarimenti da parte della sua sposa-maestro. I chiarimenti arriveranno anche per Mrkaeya, ma nella seconda parte del mito, che qui sotto traduciamo. Comunque ambedue arriveranno alla meta del loro percorso. Noi seguiremo Mrkaeya, nella fattispecie, al quale Viu stesso si riveler nella sua totalit. Prima di procedere con la traduzione, proponiamo unultima interpretazione. Dentro a Viu che sta sognando, allinterno del suo stomaco, ovvero nel contenitore delle possibilit formali e informali della manifestazione, in scena una realt mentale, quasi apparente (prtibhsika), che per lungo tempo il saggio considera effettiva e stabile.30 Mrkaeya in questo caso incarna lago della bilancia, il punto di vista relativo della realt empirica (vyvahrika), che ha confidenza solo con ci che appare di fronte, non con ci
Si veda ChU VIII.12.3, ove mentre si sogna sparisce il mondo esterno. In questo caso una sottolineatura del fatto che il mondo esiste solo allinterno dello stomaco di Viu e non altro che un sogno.
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che trascende quella visione. Fuori da quella finzione, al di l del sogno, c la realt vera, ultima, indivisa (pramrthika), ove un principio metafisico eterno e immoto sembra dormire agli occhi di un uomo, ma sta invero al di l di sonno, sogno e veglia, nella condizione di turya, incomprensibile allignorante che dallesterno la scruta. Unica fonte di luce nelloscurit del sogno o del sonno dellignoranza il S, ltman, Viu, il paramtman, auto-luminoso (svayapraka), che con lo spegnersi dogni altra luce lultimo faro, luce delle luci,31 immobile osservatore dogni cosa. Vediamo ora cosa succede a Mrkaeya quando, dopo la prima visione del Supremo, ritornato a vivere una vita ordinaria per lunghissimo tempo, si ritrova di nuovo al cospetto di Viu, o se si preferisce, del proprio S:
tata kadcid atha vai punar vaktrd vinista/ gupta nyagrodhakhy blam eka niraikata// 31 // tathaivekravajale nhrevtmbare/ avyagra krate loke sarvabhtavivarjite// 32 // sa munir vismayvia kauthalasamanvita/ blam dityasaka naknod abhivkitum// 33 // sa cintayas tathaiknte sthitv salilasannidhau/ prvadam ida manye akito devamyay// 34 // agdhasalile tasmin mrkaeya suvismaya/ plavas tathrttim agamat bhayt santrastalocana// 35 // sa tasmai bhagavn ha svgata blayogogavn/ vabhe meghatulyena svarea puruottama// 36 // m bhair vatsa na bhetavyam ihaivyhi me ntikam/ mrkaeyo munis tv ha bla ta ramapita// 37 // mrkaeya uvca/ ko mm nmn krtayati tapa paribhavan mama/ divya varasahasrkhya dharayann evam eva ya// 38 // na hy ea va samc ro devev api mamocita/ m brahmpi hi deveo drghyur iti bhate// 39 // kas tapo ghoram sdya mm adya tyaktajvita/ mrkaeyeti mm uktv mtyum kitum arhati// 40 // evam bhya ta krodhn mrkaeyo mahmuni/ tathaiva bhagavn bhyo babhe madhusdana// 41 //

Si vedano BU IV.3.9, e BG XIII.18: jyotim api taj jyoti ; MuU II.2.9: jyoti jyotis tad yad tmavido vidu .
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bhagavn uvca/ aha te janako vatsa hkea pit guru/ yupradt paura ki m tva nopasarpasi// 42 // m putrakma prathama pit te giraso muni/ prvam rdhaymsa tapas tvra samrita// 43 // tatas tv ghoratapas prvod amitaujasam/ uktavn aham tmastha maharim amitaujasam// 44 // ka samutsahate cnyo yo na bhttmakmaja/ draum ekravagata kranta yogavartman// 45 // tata prahavadano vismayotphullalocana/ mrdhni baddhjalipuo mrkaeyo mahtap// 46 // nmagotre tata procya drghyur lokapjita/ tasmai bhagavate bhakty namaskram athkarot// 47 // mrkaeya uvca/ iccheya tattvato mym im jtu tavnagha/ yadekravamadhyastha ee tva blarpavn// 48 // ki saja caiva bhavagan loke vijyase prabho/ tarkaye tv mahtmna ko hy anya sthtum arhati// 49 // rbhagavn uvca/ aha nryao brahman sarvabh sarvanana/ aha sahasrarkhyair ya padair abhisajita// 50 // dityavara puruo makhe brahmamayo makha/ aham agnir havyavho ydas patir avyaya// 51 ////32 aha caiva sarid divy kroda ca mahra/ yat tat satya ca paramam aham eka prajpati// 55 ////33 aha bhtasya bhavyasya vartamnasya sambhava/ yat kicit payase vipra yac choi ca kicana// 60 // yalloke cnubhavasi tat sarva mm anusmara/ viva sa may prva sjya cdypi paya mm// 61 // yuge yuge ca sakymi mrkaeykhila jagat/ tad etad akhila sarva mrkaeyvadhraya// 62 //

Non ci pare il caso di proporre tutti i versi qui elencati, ma solo una loro selezione, con particolari attinenti alla trattazione da noi svolta. Comunque li diamo qui di seguito: aham indrapade akro var parivatsara/ aha yog yugntvarta eva ca// 52 // aha sarvi satvni daivatny akhilni tu/ bhujagnm aha eo trkyo vai sarvapakim// 53 // ktnta sarvabhtn vive klasajita/ aha dharmas tapa cha sarvramanivsinm// 54 //. 33 aha skhyam aha yogo py aha tat para padam/ aham ijy kriy cham aha vidydhipa smta// 56 // aha jyotir aha vyur aha bhmir aha nabha/ aham pa samudr ca nakatri diodaa// 57 // aha varam aha soma parjanyo ham aha ravi/ kirodasgare cha samudre vaavmukha// 58 // vahni savartako bhtv pibas toyamaya havi/ aha pura parama tathaivha paryaam// 59 //
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urur mama dharm ca kukau cara sukha mama/ mama brahm arrastho devai ca ibhi saha// 63 ////34 In seguito questi, una volta di nuovo fuoriusc dalla bocca e scorse un fanciullo nascosto sul ramo di un albero nyagrodha (Ficus Indica o Ficus Bengalensis)35 (31). Cos nellacqua delloceano primordiale, il cui cielo sovrastante era avvolto dalla nebbia, quello tranquillo giocava in quel mondo privo di ogni essere vivente (32). Quel saggio, colto da meraviglia, provvisto di curiosit, non riusciva a fissare quel bimbo dallo stesso splendore del sole (33). In tal modo, stando in disparte nelle vicinanze dellacqua, egli riflettendo [pensava tra s e s]: Io ho visto ci in precedenza, ma sono confuso dalla potenza della divinit! (34). Mrkaeya, alquanto stupito, stando a galla in quellacqua insondabile, cos affranto e con gli occhi atterriti dalla paura [lo] approcci (35). Quel glorioso Signore gli disse: Benvenuto fanciullo dotato di disciplina! Cos parl il migliore tra gli esseri (puruottama) con una voce simile a una nube [tonante] (36). Non temere, o figlio! Non aver paura, viene qui vicino a me! A quel fanciullo rispose laffaticato saggio Mrkaeya (37). Mrkaeya disse: Chi mi chiama per nome, disonorando la mia ascesi?36 Chi, cos ha una tale impudenza con [me] dallet di mille anni divini? (38). Non di certo questa una buona condotta per voi e che degna di me, anche se foste divinit; anche invero Brahm, il signore degli dei, mi chiama O longevo (39). Chi oggi, rinunciando alla vita, sapproccia a me dallardore tremendo, chiamandomi Mrkaeya e vuole vedere la morte? (40). Dopo che il grande saggio Mrkaeya aveva cos parlato a quello per via dellira, di nuovo parl il Signore uccisore del demone Madhu (Madhusdana) (41). Il Signore disse: O figlio, io sono il tuo genitore! Io sono Hikea, il padre, il maestro. Colui che dona la durata della vita,37 lantico, perch non ti avvicini a me? (42). In principio, tuo padre, il saggio Agirasa, desideroso di un figlio, impegnato in una tremenda ascesi onor me per primo (43). In seguito, grazie alla terribile austerit, scelse come dono te dallincommensurabile ardore. Io dissi al grande veggente dallincommensurabile ardore, che stava raccolto in s (44): Chi altro, in virt della via yogica, in grado di vedermi sulloceano primordiale mentre gioco, se

vyaktam avyaktayoga mm avagacchsuradviam/ aham ekkaro mantras tryakara caiva traka// 64 // paras trivargd okras trivargrthanidarana/ evam dipureo vadann eva mahmati// 65 // vaktram htavn u mrkaeya mahmunim/ tato bhagavata kuki pravio munisattama// 66 //. 35 il famoso albero che cresce verso il basso, ossia le cui radici vanno dallalto al basso, chiamato anche vaa e baniano. 36 Tuttoggi costume in India non chiamare per nome le persone che godono di stima e rispetto sia nella societ sia in famiglia, bens sarebbero da indirizzare con un titolo onorifico. 37 Si fa qui riferimento ad alcune versioni marcatamente vaiava del mito di Mrkaeya, in cui il saggio ottiene il dono di lunga vita da Viu e non da iva: Narasiha Pura (7-8), BhP (XII.8).
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non chi figlio del S incarnato38 stesso (45). Poi, col volto raggiante di gioia, gli occhi sbarrati per la meraviglia, Mrkaeya dalla grande ascesi, chiusi i palmi delle mani sulla fronte (46), dopo aver pronunciato il suo nome e il suo gotra,39 il longevo venerato dal mondo, con devozione rese omaggio al Signore glorioso (47). Mrkaeya disse: O senza macchia, questo il mio desiderio, ossia di conoscere secondo verit questa tua potenza dillusione, cio che tu sei assiso nel mezzo delloceano primordiale con un aspetto da fanciullo (48). O Signore, con quale appellativo sei conosciuto nel mondo, o potente? Ti considero un principio grandioso, chi altri pu stare [cos] (49). Il Glorioso Signore rispose:40 Io sono Nryaa, io sono il brahman, lorigine di tutto e la distruzione di ogni cosa; io sono chi stato indicato come quello dalle mille teste e dai [mille] piedi (50),41 io sono lessere dal colore del sole,42 nel sacrificio il sacrificio sostanziato di brahman (brahmamaya), io sono il fuoco che conduce le oblazioni, io il signore immutabile delle acque (ydas) (51) Io sono in verit il fiume divino [= Gag] io sono il grande oceano le cui acque sono latte (kroda), ci che la verit e il supremo io sono, lunico signore delle creature (55) 43 Io sono lorigine del passato, del futuro e del presente, tutto ci che, o saggio, vedi e quanto senti (60). Ci che esperisci nel mondo, ricorda tutto ci come fossi io. Io, in principio, ho generato luniverso e anche oggi guarda me come ci che da generare (61). Era dopo era, o Mrkaeya, sono testimone dellintero mondo, per cui, o Mrkaeya, comprendi tutto questo (62). Sii desideroso di udire le mie virt, entra felicemente nel mio ventre, Brahm, insieme alle divinit e ai veggenti, sta nel mio corpo (63). 44

Uno dei nomi di Viu che appare nel Viusahasranmastotra (14) (MhB Anusana Parvan 149.1142 [135 nelledizione critica di Poona]). glossa il nome intendendolo come il S di tutti gli esseri, il controllore interiore: bhtnm tm antarym. ea ta tm antarymy amta [BU III.7.3] iti rute. 39 Il gotra quella comune discendenza dai i ancestrali che accomuna in senso endogamico gruppi brhmaici e spartiacque che segnala limpossibilit di prendere come moglie una donna dello stesso gruppo. 40 Questa serie di nomi ricorda da vicino anche BG X.20-42. 41 Ovvio il richiamo a essere il soggetto cantato degli inni vedici, quali il Puruaskta (V X.90.1). 42 Si vedano vU III.8, BG VIII.9, V Khilaskta (rskta) V.87.10. 43 Di nuovo saltiamo alcuni versi (56-59) suggestivi, ma non estremamente utili alla nostra disamina. Si riferiscono a Nryaa indicandolo come ogni elemento singolo e come linsieme di essi, il Skhya, lo Yoga, il sacrificio, lazione sacrificale, la divinit della sapienza, la luce, loceano, le stelle, le dieci direzioni dello spazio, lanno, Soma, Parjanya, il sole, il fuoco di fine ciclo, lantico, il rifugio sommo degli esseri, loblazione sacrificale. 44 Anche qui passiamo sopra ad alcuni versi (64-66) comunque interessanti, secondo i quali Viu sia lo yoga vyakta, esplicito, manifesto, esteriore, sia lo yoga avyakta, implicito, interiore, il monosillabo o, il mantra liberatore (traka) di tre sillabe, il supremo, i tre primi fini delluomo, cio dharma, artha e kma, nonch la liberazione stessa.
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Infine Viu, dopo questinsegnamento riprese in s Mrkaeya ingoiandolo ancora (66). Il saggio condusse una vita beata, oramai libero, senza turbamenti, col cuore ebbro di beatitudine divina (SHARMA, Arvind, 2006: 116123). In questa seconda parte del mito, Mrkaeya, come Hemaca, ha un secondo genere di approccio alla divinit, differente da quanto gli era accaduto in precedenza. Scorge un fanciullo sereno e senza tempo, dal fulgore incontrollabile, che egli non riesce a contemplare per quanto lo desideri. Nel vate sono ancora presenti delle impurit, dovute alla sua posizione privilegiata tra gli esseri delluniverso intero, per cui, quando il bimbo lo chiama direttamente per nome, senza attribuirgli alcun onore, Mrkaeya monta su tutte le furie. Per, la voce pacata ma ferma e tonante del fanciullo gli spiega come stanno le cose, lo calma e lo mette nella giusta disposizione per linsegnamento.45 Viu gli insegna lidentit degli opposti nellunico principio che ne la scaturigine, il sostegno e il luogo di ristoro, per cui oscurit e luce sono entrambi aspetti del Supremo, la differenza sta solo nella prospettiva da cui li si osserva. Ma come continua la sua vita Mrkaeya. Il MaP (167.67) aggiunge:
sa tasmin sukham eknte urur hasam avyayam/ yo ham eva vividhatanu paririto mahrave vyapagatacandrabhskare/ anai caran prabhur api hasasajito sja jagadvirahitaklaparyaye// 67 // Questi [=Mrkaeya] in quello [stomaco], in un luogo appartato, [fu] desideroso di udire lhasa imperituro. Mentre io, situato in corpi molteplici muovendomi lentamente nel grande oceano da cui sono assenti la luna e il sole, io sono anche il Signore chiamato Hasa, forgiai luniverso [e sono] nel ciclo del tempo che ne privo (67).

Da queste righe, certamente non senza zone dombra, sembra che Nryaa in forma di Hasa, di cigno, conceda linsegnamento hasa a Mrkaeya. nozione ben nota nel panorama indiano la scomposizione del termine hasa in due sezioni: ham e sa. Questa formula sarebbe costantemente
La giusta modalit spiegata come upasdanavidhi, lingiunzione relativa allapproccio, ovviamente al maestro. Si veda BG IV.34 e MuU I.2.12.
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ripetuta a ogni respiro dalle anime individuali che, inspirando ripetono ham ed espirando sa. Esse hanno di fronte a s la costante formula didentit col Supremo, ma non se ne rendono conto. La loro consapevolezza di hasa sopita. Il maestro vivifica questo insegnamento, ammaestrando lallievo sul come renderlo effettivo e ribaltando lordine di hasa in sa e ham. Chiunque abbia una bench minima cognizione di sanscrito comprende i due termini come sa, quello, egli il pronome dimostrativo al maschile e il pronome personale aham, io, che in seguito al sadhi divengono un unico suono armonioso so ham, Quello io sono (ZIMMER, 1993 [1946]: 52-54). Sebbene questa formula non possa dirsi propriamente un mahvkya vedntico, ne ha tuttavia tutte le caratteristiche. Innanzitutto, la fonte testuale pi nota della formula la a Upaniad (16), che per un passo tradizionalmente commentato come appartenente al contesto dellupsan. In ogni modo, pare proprio che Viu, la Suprema divinit, insegni a Mrkaeya il modo di uscire dalle strette maglie empiriche in cui era prigioniero, mostrandogli la via per trascendere ogni contrasto e differenza, sublimandoli nellidentit. Oltre alle illustrazioni di luce e tenebra egli fornisce anche la formula pi efficace a compiere questa introspezione. Mrkaeya, pur uscito dallo stomaco del Dio, in verit profondamente assorto dentro di s, di fronte alla vera essenza della divinit. Egli sta dopo aver udito linsegnamento (ravaa) e sta cercando di privarlo da ogni contraddizione interna (manana). Linsegnamento hasa pone in una posizione di omogeneit ed equivalenza (smndhikaraya) i significati letterali (abhidheya) del termine aham, io, ossia Mrkaeya nel suo stato ordinario, legato a un preciso momento, a un preciso luogo e a un preciso aggregato psico-fisico. Dallaltra parte vi il termine sa, con tuttaltro significato letterale: indica Quello, la divinit onnisciente, onnipotente, onnipresente e onnipervadente. Abbiamo dunque di nuovo a confronto la realt empirica di Mrkaeya e quella assoluta di Nryaa, inconciliabili se considerati i loro significati primari. Quando poi, come vuole la tradizione vedntica per i mahvkya, i due significati letterali non possano fondersi per evidente incompatibilit di nature (ttprynupapatti), immediatamente interviene la potenza dimplicazione (laka), che in questo caso capace di mantenere una parte del significato della frase so ham e di 124

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eliminarne unaltra (jahadajahallaka/ bhgatygalaka). Il significato implicato (lakyrtha) sar dunque direttamente teso a cogliere il senso profondo della frase, eliminando i contrasti superficiali. Aham sar appunto lessenza stessa di Mrkaeya, il suo puro tman, purgato da tutte le sovrapposizioni di luogo, tempo, circostanza e da ogni sovrapposizione psico-fisica; anche sa sar liberato dalle condizioni limitanti, per quanto infinitamente superiori rispetto a quelle individuali, di onniscienza, onnipotenza e quantaltro, per giungere alla purezza priva di qualificazioni propria del paramtman. Cos, dopo una lunga frequentazione dellupadea, oramai cristallino, ci che rimane delle due entit mondate da ogni distinzione pronto a fondersi come acqua mescolata nellacqua, permettendo allhasa di essere ci che sempre stato: paramahasa.46 Queste considerazioni proposte a titolo del tutto personale e interpretativo, si collegheranno con quelle espresse nella conclusione e riguardanti limportanza della dottrina delle avasth, e in special modo del sogno nella realizzazione vedntica, in quanto si vedr che il sogno in primis il campo privilegiato in cui luomo pu scorgere la natura auto luminosa di tman (BSB III.2.1-6, BUB ad IV.3.9). Qui la digressione aveva lo scopo, mediante la valutazione e interpretazione di un mito abbastanza noto, di fornire una lettura del celebre sonno o sogno della divinit. Tornando invece a un ultimo pensiero rispetto a questo cappello introduttivo, non solo per questo capitolo, ma pure per tutti i prossimi, pare appropriato fornire un breve esame della natura propria del sogno in generale. Quali siano le sue cause (kraa), quella materiale (updna) ed efficiente (nimitta); quale sia loperazione o la causa intermedia (vypra) capace di generarlo; su cosa si sostenga (adhihna)47 e se esiste o meno una definizione, per quanto possibile, che possa essere accettata dai vari darana.
Va da s che in queste poche righe riassunto linsegnamento dellAdvaita riguardo alla realizzazione dellAssoluto mediante le grandi sentenze upaniadiche. Inutile proporre una fonte testuale precisa, perch innumerevoli sono quelle in cui si possono trovare informazioni sullintero processo. Comunque molto efficace ai fini della comprensione iniziale e la trattazione del Vedntasra di Sadnanda Yogndra. 47 Questa parte riguardante il locus dei sogni sar analizzata nel capitolo 3, soprattutto perch argomento specifico dellultima parte del Pratyakapariccheda del VP. Comunque vi un paragrafo precisamente puntato a trattare ci in R. N. Triph (1987: 203-205), del tutto sbilanciato sul lato vedntico.
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Per prima cosa cerchiamo di dare una definizione (lakaa) di sogno, fornendo alcune indicazioni preliminari. uso comune nel dibattito filosofico iniziare la discussione sulla base di una massima (laukikanyya) ben nota: lakaapramabhy hi vastusiddhi, la determinazione di unentit si ha mediante la definizione e i validi mezzi di conoscenza.48 Lagile raccolta Sarvalakaasagraha (BHIKU, 2003: 149) offre tre brevi definizioni della condizione di sogno (svapnvasth), le prime due leggermente sbilanciate sul lato vedntico, tuttavia utili al nostro scopo:
svapnvasth jgradavasthvyvttyartham ativyptivraya antakaraeti. Si dice condizione di sogno la condizione della modificazione dellorgano interno che coglie direttamente un oggetto che non raccolto dai sensi. Per discriminare dalla condizione di veglia c [la qualificazione] non raccolto dai sensi (indriyjanya); per scongiurare leccessiva estensione nel sonno caratterizzato dalla presenza della modificazione dellignoranza, c [il termine] organo interno. jgradbhogapradakarmoparame sati indriyoparame jgradanubhavajanyaindriyjanyaviayagocarparokntakaraavttyavasth. indriyjanyeti. avidyvttimaty suuptv

saskrodbhtaviayatajjnvasth Si dice condizione di sogno la condizione di una cognizione il cui oggetto risvegliato dalle impressioni latenti sorte nellesperienza di veglia e che

Sebbene questa regola sia davvero molto comune fin da tempi antichi ed pure citata a ogni pi sospinto, labbiamo reperita in questa forma solo nellintroduzione di Syaa al suo commento del V. In ogni modo, lidea deriva sicuramente dal commento di Vatsyyana ad Nyyastra (NSB) I.1.3: trividh csya trasya pravtti uddeo lakaa park ceti. tatra nmadheyena padrthamtrasya abhidhnam uddea. tatra uddiasya tattvavyavacchedako dharmo lakaam. lakitasya yathlakaam upapadyate na veti pramair avadharaa park., Triplice la tendenza di questa scienza: la denominazione, la definizione e la verifica. Tra queste la denominazione la sola espressione dellentit mediante un appellativo. La definizione lespressione di una caratteristica di ci che stato denominato, che differenzi la sua essenza [da quella di altre entit]. [Infine], la verifica laccertamento tramite i corretti mezzi di conoscenza dellesattezza o meno della definizione di ci che stato definito. Naturalmente, testi successivi (Tarkasagraha Dpik [TS/D] ATHALYE, 1988 [1897]: 4) hanno chiarito sempre di pi la natura della definizione, arrivando a definire la definizione in modo particolarmente preciso: ativyptyavyptyasabhavadoatrayarahitatve sati asdhraadharmavacanatva lakaatvam, La definizione lespressione di una propriet peculiare non comune [ad altri], caratterizzata dallassenza del triplice difetto quale leccessiva estensione, lestensione insufficiente e limpossibilit.
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caratterizzato sia dellattivit che conferisce la fruizione [degli oggetti] di veglia, sia dal ritiro delle facolt sensoriali. vipartadaranatva svapnatvam. Lessere sogno la propriet di essere una visione distorta [rispetto a quella della veglia].

Ma queste non sono le uniche definizioni. Vari trattati di altrettanti stra, tanto ortodossi, quanto eterodossi, si sono cimentati nel tentativo di definire il sogno e la condizione che lo racchiude. Senza entrare qui nello specifico, e lasciando poi la parola ai diversi darana, proponiamo noi un possibile svapnalakaa, anche se va detto che esso non sar del tutto condivisibile da parte dei Naiyyika come anche da svariati crya di altre scuole: smtibhinnajgratsaskrajanyendriyjanyamnasvasth svapnvasth, la condizione di sogno quello stato mentale differente dalla memoria e nato dalle impressioni residue dello stato di veglia e non generato dalle facolt sensoriali. In ogni modo, al fine di penetrare la bont di una definizione o comunque il suo messaggio, necessario un esame delle cause e degli elementi costitutivi che modellano il sogno. Molteplice la divisione dei generi di causa. Dai testi introduttivi al Nyya, come il TS, sappiamo di almeno cinque divisioni: causa comune (sdhraakraa),49 causa non comune (asdhraakraa). Vi poi unaltra divisione del complesso causale (kramagr) in tre sezioni: causa inerente (samavyikraa), causa non-inerente (asamavyikraa) e causa strumentale o efficiente (nimittakraa). Cos mentre la causa inerente e quella non-inerente fanno parte delle cause non comuni, la causa strumentale pu essere sia parte delle cause comuni a tutti gli effetti, sia contata insieme alle cause specifiche. Poi tra queste tre cause, quella causa non comune che provvista di una certa

I logici contano un complesso di nove cause che sarebbero comuni a ogni effetto: vara, la conoscenza propria di vara (varajna), il desiderio di vara (varecch), lazione di vara (varakti), lo spazio (dik), il tempo (kla), merito e demerito (dharmdharma/ada) e lassenza antecedente (prgabhva) e lassenza di un ente che ostacola (pratibandhakbhva).
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attivit (vypra)50 conosciuta col nome di mezzo o strumento (karaa): vypravad asdhraakraa karaam (TS/D/NB, ATHALYE, 1988 [1897]: 25-29). Accanto alla causa efficiente possono esserci una o pi cause ausiliari (sahakrkraa). Altri darana chiamano il samavyikraa del Nyya-Vaieika col nome di causa materiale (updnakraa), mentre lasamavyikraa pu essere indicato come una particolare relazione, solitamente un contatto specifico (sayogaviea) tra i componenti (avayava) delleffetto (avayavin). La questione riguardante le cause comuni non pone problemi nemmeno per quanto riguarda il sogno, essendo esso un comune effetto. Qualche complicazione comincia a presentarsi con asdhraakraa. Tralasciamo in questa sede la distinzione tra cause samavyi e asamavyi, perch richiederebbe di entrare nella complessa nozione peculiare a Nyya-Vaieika e Navya Nyya della relazione di inerenza (samavyasabandha), ci limitiamo a discutere su updna e nimittakraa del sogno. Abbiamo gi visto nel capitolo precedente e vedremo pi nello specifico nel quarto capitolo che il sogno prevalentemente visto come fenomeno mentale, relegabile al rango di mera apparizione momentanea (pratibhsa), una creazione fatta di impressioni e immagini (vsanmay) lungi anche dalla durata relativamente pi solida della realt empirica (BU IV.3.7). Il Vednta non duale considera questo mondo semplicemente un prodotto dellignoranza. Se per gli Advaitin questo mondo grossolano, vale a dire ci di cui abbiamo esperienza durante la veglia, illusorio, a maggior ragione lo sar anche il sogno. Lo studio in sanscrito di R. N Triph (1987: 199) riporta una citazione che egli indica come affermazione del maestro, cryoktau, quindi con tutta probabilit una sentenza di : suuptkhya tamo jna yad bja svapnabodhayo, la tenebra, lignoranza chiamata sonno profondo che la causa del sogno e della veglia.51

Il concetto di vypra, o causa intermedia, davvero fondamentale per comprendere il meccanismo di causalit e produzione degli effetti (krya) nel Nyya. La definizione di vypra : tajjanyatve sati tajjanyajanako vypra, loperazione prodotto di qualcosa e genera ci che nato [= leffetto] di quella cosa. Per esempio la scure un esempio di strumento: il taglio di un albero il risultato finale mentre il contatto tra la scure e il legno loperazione intermedia, in quanto prodotta dalla scure e produce il taglio finale. Talvolta si aggiunge una qualificazione (vieaa) alla definizione, per evitare leccessiva estensione nelle sostanze (dravya): dravyabhinnatve sati, cio caratterizzata dalla diversit dalle sostanze. 51 Purtroppo non siamo riusciti a reperire la fonte della citazione.
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Spesso nel linguaggio della letteratura dei darana si usa il termine bja, letteralmente seme per indicare specificamente nimittakraa,52 anche se qui la questione leggermente differente. Questa considerazione presenta lignoranza nella suo aspetto di suupti, come la causa non solo del sogno, ma pure della veglia, come vedremo nelle MK. Questa avidy affiancata da alcune cause secondarie, ausiliarie, conosciute nella letteratura vedntica pi recente come difetti avventizi (gantukadoa). Uno di questi difetti, nati dalla stanchezza e dalla sopraggiunta debolezza dellindividuo il sonno (nidr), condizione basilare del sogno. Inoltre, per identificare precisamente la causa strumentale, il nimittakraa del sogno, dobbiamo tornare indietro al paragrafo I.4.1 (pp. 59-60) ove yurveda e Vaieika concordano nellindicare un insieme di tre cause principali: le impressioni latenti immagazzinate a seguito di esperienze avute durante la veglia (saskra), lo squilibrio degli umori (dhtudoa) e il bagaglio invisibile di meriti e demeriti del sognatore (ada), che comunque farebbe anche parte del complesso di sdhraakraa. Sebbene, come vedremo nel prossimo capitolo, poich condividono un gradi di realt apparente, esistono svariate analogie tra il sogno e le percezioni erronee (vibhrama) o le allucinazioni. Tuttavia, c una differenza fondamentale tra i due: nelle percezioni erronee fondamentale un contatto sensoriale diretto (indriyasaprayoga), nelle percezioni oniriche, invece, funziona esclusivamente la mente e con le sue impressioni latenti e i sensi sono inattivi, dormienti (TRIPH, R. N., 1987: 200). Nonostante ci, sebbene il contatto sensoriale non sia direttamente (skt) responsabile del sogno, non si pu negare la sua importanza come causa della percezione e del successivo immagazzinamento delle vsan, per cui lutilit pi lontana (rdupakraka), mediata e indiretta (paraparay), ma pur sempre innegabile. Per quanto concerne la causa materiale o sostanziale dei sogni e delle visioni oniriche. Solitamente lupdnakraa identificato come la causa mutante (pariamin), ossia quella sostanza che mutando la propria forma, in virt di svariate relazioni genera una moltitudine di effetti. Ci scarta fin dal principio caitanya, in quanto immutabile (kastha), ma pone due possibili candidati: ancora lignoranza primordiale (mlvidy) o la mente (manas/
Si veda la parte finale della disamina del Magalavda della Nyyasiddhntamuktval (NSM, 1988: 37-38).
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antakaraa), entrambe entit estremamente cangianti. Il VP (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 181) sembra dare credito alla prima ipotesi, armonizzandola comunque con la seconda:
svpnagajdaya sknmyparim iti kecit. antakaraadvr tatparim ity anye Alcuni [dicono] Gli elefanti53 e gli altri [oggetti] onirici sono un mutamento diretto della my [= avidy], Altri [affermano] [gli oggetti onirici] sono un mutamento di quella [= dellignoranza] attraverso la mediazione dellorgano interno

Questo passaggio abbastanza chiaro. Oltre a ci, la questione corroborata, almeno dal punto di vista Vaieika, da un passo della Vyomavat di Vyomaivcrya che vedremo tra breve. La mente ha delle caratteristiche che la legano allambito dellupdnakraa, pi che a quello del nimittakraa. Difatti, essendo sia indispensabile (ananyathsiddha) al sorgere di un effetto, sia di regola presente prima delleffetto (niyataprvavtti), funge da sostegno a tutte le immagini oniriche, mutando la propria forma confacendosi al procedere del sogno.54 Infine, nei brevi paragrafi che seguiranno potremo proporre solo alcune linee guida su come leggere il fenomeno onirico nei diversi ambiti. Una cosa di cui sar bene tener conto che i darana non sembrano fornire specificazioni o distinguere decisamente tra sogno (svapna), condizione di sogno (svapnvasth) e conoscenza onirica (svapnajna/svpnajna). Sebbene a noi pare che il sogno sia quel contenuto che si coglie in una condizione precisa che ne funge da contenitore, allinterno della quale si svolgono numerose attivit tutte mentali e tutte convengono delle cognizioni pi, o meno chiare.

Indica un oggetto onirico come un altro. Lasciamo ora alla trattazione specifica dei darana, analizzando quelli ortodossi (stika) uno a uno, concludendo questa doverosa introduzione concettuale con una simpatica similitudine. Si compari il sogno con la proiezione di una pellicola cinematografica. Solitamente accadeva questo: dietro a un proiettore entro al quale era posta una pellicola cera una luce che infrangendosi sul rullino in movimento circolare riusciva a riflettere su uno schermo le immagini stampate sulla pellicola in forma molto ingigantita. Nel sogno succede lo stesso: leterna luce di tman sinfrange sullorgano interno che, non ancora sopito, si muove. L, la luce colpisce e rimescola le impressioni latenti, proiettandole infine ingigantite sullo schermo mentale.
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Diciamo che comunque, in tutti i darana, si distinguono due linee principali dinterpretazione del sogno. Una che vede svapna come un fenomeno nuovo, indipendente, prodotto dalla mente durante il sogno e capace di rappresentare immagini differenti da quelle della veglia, pur venendo costruito sulla base delle immagini di questultima. In inglese questa natura del sogno definita come presentative nature (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 307-309). Altre scuole vedono il sogno come una semplice ripetizione, per quanto bizzarra, di esperienze gi avute, con delle forti radici nella veglia, capace solo di ripresentare una serie di immagini anche sovrapposte, viste in precedenza. Per questi darana il sogno pi simile a un ricordo che a unesperienza novella. Per costoro il termine da usare per la natura del sogno rappresentative nature (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 308-309, 314; INDICH, 1995 [1980]: 82-85).

II.2: V AIEIKA Com costume nei manuali di stampo filosofico, il primo punto di vista a dover essere analizzato di solito il Vaieika. Sembra che il Vaieika, appartenga a questultimo tipo di approccio nei confronti del fenomeno onirico, ossia allattitudine rappresentativa. Innanzitutto Kada (II sec. a. C.) nei suoi Vaieika Stra (VaiS IX.2.6-7) menziona il sogno ponendolo immediatamente sotto questa luce:
tmamanaso sayogaviet saskrc ca smti// 6 // tath svapn// 7 // Il ricordo [sorge] da un particolare contatto dellanima con la mente e dallimpressione latente (6). Allo stesso modo [si generano] i sogni (7).

Comunque sia Kada, sebbene avvicini molto il sogno al ricordo, lascia trasparire una differenza di fondo: mentre il sogno rimane solamente un particolare tipo di ignoranza, o cognizione erronea, il ricordo invece

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annoverato tra le cognizioni valide (MISHRA, U., 1929: 278; TRIPH, R. N., 1987: 176).55 Alcuni considerano i sogni un particolare tipo di ricordo che invece di avvenire durante la veglia, avviene durante il sonno. Il ricordo, invece, presenta un insieme connesso, unimmagine coerente con le impressioni gi immagazzinate, mentre il sogno sempre disconnesso e non costituisce un unicum ben definito: una percezione falsa e non valida, perch si ha solo con i sensi addormentati e grazie a un residuo di impressioni mentali (ACHARYA, 1985: 377-379). Si sa che il Vaieika, cos come il Navya Nyya, riconosce sette categorie.56 Di queste sette la seconda quella delle qualit (gua), variamente numerate nel corso della storia del darana, anche se cristallizzate a 24 nei periodi successivi di produzione letteraria.57 Tra i gua vi buddhi, letteralmente intelletto, ma che qui ha un significato pi affine a conoscenza e anche a cognizione. Questa cognizione ha due variet principali, il ricordo (smti) e lesperienza diretta (anubhava) (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 21-22):
sarvavyavahrahetur buddhir jnam. sa dvividh smtir anubhava ca. La cognizione ossia la conoscenza la causa di ogni comportamento quotidiano. Questa divisa in due tipi: ricordo ed esperienza diretta.

Sebbene la suddivisione proposta in tempi recenti da Annabhaa (XVII sec.) sia la pi utilizzata, Praastapda (PrP, V sec.), il primo e maggiore commentatore di Kada, premettendo la possibilit di dividere in molteplici modi questa qualit, vede come plausibile unaltra categorizzazione (BRONKHORST - RAMSEIR, 1994: 40):
Cos come lavidy di quattro tipi, anche la vidy tale: pratyakalaigikasmtyralaka (BRONKHORST - RAMSEIR, 1994: 44). 56 In primis VaiS I.1.4 parla di sei categorie (padrtha): dharmavieaprastd dravyaguakarmasmnyavieasamavyn padrthn sdharmyavaidharmybhy tattvajnn nireyasam In seguito fu aggiunta una settima categoria, lassenza abhva. 57 VaiS I.1.6: rparasagandhaspar sakhy parimni pthaktva sayogavibhgau paratvparatve buddhaya sukhadukhe icchdveau prayatv ca gu. In questo aforisma sono enumerati solo diciassette qualit. Secondo PrP il ca finale del stra evocherebbe altre sette qualit, raggiungendo la quota finale di 24: ca abdasamuccit ca gurutvadravatvasnehasaskrdaabd satptaivety eva caturviatir gu Ricordiamo inoltre che per il Vaieika la sostanza (dravya) tman di per s inerte (jaa), anche se a essa ineriscono (samaveta) otto specifiche qualit (vieagua), tra le quali vi buddhi, la conoscenza.
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tasy saty apy anekavidhatve samsato dve vidhe vidy cvidy ceti. Sebbene di essa [= della cognizione] vi siano molteplici variet, in breve ha due variet: la conoscenza e lignoranza. 58

Tra queste PrP, nel suo Padrthadharmasagraha (PDhS ad VaiS IX.2.7-11; ABEGG, 1959: 16-17), comincia a trattare lavidy, di cui riconosce una manifestazione quadruplice: tatrvidy caturvidh saayaviparyaynadhyavasyasvapnalaka, Tra queste lignoranza di quattro generi: la cui caratteristica il dubbio, la comprensione erronea, la cognizione indefinita e il sogno. PrP propone una suddivisione dei sogni sulla base delle loro cause. Per cui avremo sogni nati dalle impressioni latenti avute durante la vita di ogni giorno (saskra), sogni sorti dallo squilibrio dei dhtu (dhtudoa) e i sogni determinati da meriti e demeriti che il sognatore ha immagazzinato dentro di s (ada). Pu accadere che qualcuno brami tanto una certa cosa da posare costantemente su di essa il proprio pensiero. Giunto il momento di coricarsi, costui sar ancora in balia degli stessi pensieri che ha coltivato durante tutto il giorno. La costanza e la freschezza delle impressioni immagazzinate durante la veglia determineranno il sogno (saskrapaut). Il secondo tipo di sogni, indagato soprattutto dallyurveda, quello sorto dagli squilibri umorali, lesame dallo sbilanciamento dei tre umori (doa): flemma (kapha), bile (pitta) e aria (vta). Il terzo genere di sogni sorge da una certa forza invisibile (ada). Nel lessico tecnico dei darana, quando si parla di ada si intende sia il risultato positivo e meritorio (dharma) dellinsieme delle attivit compiute, sia il loro frutto negativo e veicolante demerito (adharma). (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 319-320):59

I stra IX.2.11 e 12 spiegano le differenti caratteristica di avidy e vidy: tad duajnam, Quella cognizione difettosa [ ignoranza] e adua vidy, La conoscenza [una cognizione] valida. 59 Alcuni propongono una classificazione quadripartita, aggiungendo lo svapnntikajna (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 316, 321). G. N. Jha, traduce il termine come dream-end cognition intendendo per dream-within-dream; in this dream-end cognition a dream is the object of another dream (JHA, G. N., 1982 [1915]: 388). Si veda la nota 113 (p. 59) del capitolo I.
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uparatendriyagrmasya pralnamanaskasyendriyadvreaiva60 yad anubhava mnasa61 tat svapnajnam. katham? yad buddhiprvd tmana arravyprd ahani khinnn prin nii viramrtham hraparimrtha v dakritaprayatnpekd tmntakaraasabandhn manasi kriyprabandhd antarhdaye nirindriya tmapradee nicala manas tihati tad pralnamanaska ity khyyate.62 pralne ca tasmin uparatendriyagrmo bhavati. tasym avasthy prabandhena saskrc
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prpnasantnapravttv cendriyadvreaivsatsu

tmamanasayogaviet pratyakkra

svpkhyt

viayeu

svapnajnam

utpadyate.64 tat tu trividham saskrapavd dhtudod adc ca. tatra saskrapavd tvat km kruddho v yad yam artham dta cintayan svapiti tad saiva cintsantati pratyakkr sajyate. dhtudod vtapraktis taddito v kagamandn payati. pittaprakti pittadito v gnipraveakanakaparvatdn payati. lemaprakti lemadito v saritsamudraprataraahimaparvatdn payati. yat svayam anubhtev ananubhteu v prasiddhrthev aprasiddhrtheu v yac chubhvedaka gajrohaacchattralbhdi tat sarva saskradharmbhy bhavati. vipartam ca tailbhyajanakharorrohadi tat sarvam adharmasaskrbhy bhavati. atyantprasiddhrthev add eveti Quellesperienza mentale che si ha attraverso il senso [della mente]65 di colui il cui insieme dei sensi ha cessato [la sua attivit] e la mente si ritirata la

Alcune interessanti precisazioni ci vengono dalla Vyomavat (VyV) di Vyomaivcrya (Vy, VIII sec.) il pi antico sub-commento del PDhS pervenutoci: kim artha pralnamanasendriyadvreeveti padadvayam? lakantarrtham. tath hi, pralnamaskasya yad anubhavana mnasa tat svapnajnam iti dvitya lakaam. pralnamaskasya svapnntikam api bhavatty anubhavanapadam. anubhavana ca sukhdiu bhavatti pralnamanaskapadam indriyadvreevotpadyate svapnntikam ato nubhavanam iti. anubhavana ca sukhdv api bhavatti indriyadvreeveti padam ... 61 Ancora la VyV: manasi bhava mnasa tac ca smaraasukhdy api bhavatti tannivttyartham anubhavanapadam. anubhavana ca bhyendriyajam apti mnasagrahaam 62 Di nuovo Vy riscrive chiarendo i passaggi centrali della prima frase di PrP: puruabhedpekay samasta vyasta caitad vivakitam. kasyacid eka prayojana kasyacid ubhayam api bhavatti. ki viiasya prina? ahani khinnasya. kuta? arravyprt. sa ca nvdyrasypi sabhavati na ca tasmt kheda, tadartham buddhiprvt buddhi ca smaraecchdvrea vyprotpattau kraa na skt. tathpi arrntareu buddhiprvako vypro niyogadvrea sabhavati, na ca tasmt khedas tadartham tmana svaarrasyeti. evam uktakramea nirindriyapradeasabaddha pralna mano padiyate. pralne ca tasmin uparatendriyagrma puruo bhavati, manasnadhihitnm indriy svaviaye vyprsabhavt. jvana tu tasym avasthym anumyate. prabandhena statyena, prpnasantnasya pravttau satym 63 La VyV riporta che anche il saskra indica una causa nel sorgere della cognizione onirica, come testimoniato dal caso ablativo: saskra smty utpattidvrea svapnajnotpattau kraam iti. 64 Vy afferma chiaramente la non differenza del sogno rispetto ad altri generi di percezione erronea: atha svapnajna na viparyaydibhyo rthntaram. tath hi, svapnajnam atasmis tad ity utpadyamna viparyayajnam eva. kim ata sthu puruo vety ubhayollekhitve sati saayajnam. ki nmyam iti cotpde nadhyavasya iti na svapnajnam etebhyo rthntara. pthag abhidhna tu ubhubhascakatvd iti ... 65 In verit, il composto indriyadvreaiva pu avere altre due interpretazioni. Nel primo caso, pi chiaro, si potrebbe pensare che in sogno le cognizioni mentali si hanno come se fossero colte attraverso i sensi. Unaltra lettura potrebbe essere anche che sintenda indriyadvreaiva, invece che attraverso i sensi come attraverso unimposizione, ovvero attraverso le impressioni latenti che sono prodotte
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cognizione onirica. [Domanda:] Come possibile? [Risposta:] Quando per la propria attivit fisica scientemente [compiuta] di giorno gli esseri viventi si sono stancati e nella notte allo scopo di riposarsi o di digerire il cibo, e necessitando dello sforzo fatto compiere dal potere invisibile e per il rapporto tra il s e lorgano interno, nonch per la serie di attivit [avvenute] nella mente,66 la mente stessa rimane inattiva allinterno del cuore, nella regione del s che priva delle facolt sensoriali, in quel momento si dice che luomo ha la mente ritirata. Quando essa sia ritirata anche linsieme delle facolt sensoriali inattivo. In quella condizione, per laumento nellattivit della successione del soffio ascendente (pra) e di quello discendente (pna), che un particolare contatto del S con la mente, che chiamato sonno, e a causa delle impressioni latenti sorge, come fosse per via sensoriale, una cognizione onirica che ha laspetto di una percezione rispetto a degli oggetti che pur non sono presenti. Quella [cognizione] triplice: [si ha] dalla capacit delle impressioni latenti, dallo squilibrio degli umori67 e dalla forza invisibile. Tra queste, quella che si ha dalla capacit delle impressioni latenti tale: un uomo lussurioso o adirato quando dorme pensando costantemente (dta: [lett.: onorato]), allora proprio quel flusso di pensieri assume una forma direttamente percepibile. Poi [il sogno] sorto dallo squilibrio degli umori: un uomo di temperamento arioso oppure affetto da quello [= dal vento] vede che va in cielo e altre [visioni simili]; oppure chi ha una natura biliosa o colui che affetto da bile vede che entra nel fuoco, un monte doro o cose [analoghe]; colui che ha natura flemmatica o affetto da flemma vede che nuota in un fiume o nel mare, monti innevati o altro [del genere]. Quanto di per s indicatore di buona sorte a proposito a ci che stato esperito o a ci che non stato esperito, oppure a oggetti noti oppure oggetti non noti, come salire su un elefante, lottenimento di un ombrello o quantaltro, tutto ci viene dalle impressioni latenti e dal merito. Al contrario il cospargersi di olio, la

in seguito alle esperienze sensoriali e che permangono anche quando i sensi sono ritratti. Udayana dice che PrP ha usato quel composto per sottolineare che ci sono dei sogni in cui la cognizione onirica si ha effettivamente attraverso i sensi (MISHRA, U., 1929: 286, n. 1 e 4). 66 La VyV inserisce un passaggio molto importante, che si ricollega a quanto espresso alla fine dellintroduzione a questo capitolo, ossia rispetto alle cause del sogno, come viste nel linguaggio del Vaieika: sa ca viitmasabandha kriyprabandht kriysantnd bhavati. kriyprabandha ctmntakaraasayogd adakritd prayatnpekd utpadyate. tath hi mana samavyikraam, tmamanasayogo samavyikraam, adakritaprayatno nimittakraam ity eva manasi kriyprabandhd viitmapradeena sayoga svpkhya sapadyate ..., E quella relazione con il S provvisto delle sue speciali qualit si ha per kriyprabandht, ovvero per la successione delle attivit. La successione delle attivit sorge per il contatto del S con lorgano interno e per la necessit dello sforzo che fatto compiere dalla forza invisibile. Cos, infatti, la mente la causa inerente, la causa non inerente il contatto tra il S e la mente, mentre la causa strumentale lo sforzo che fatto compiere dalla forza invisibile. In tal modo nella mente, per una successione di attivit si determina un contatto con la regione del S dotato di qualit, che chiamato sonno ... 67 Rimandiamo per approfondimenti al capitolo 1 (pp. 59-62).

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salita su asini, cammelli o altro, tutto ci si ha dalle impressioni latenti e dal demerito. [Infine], per quanto concerne eventi che sono totalmente sconosciuti, essi sono prodotti dalla forza invisibile 68

I commentatori di PrP, rdhara Bhaa (rD, X sec.) nel Nyyakandal (NyK) e Udayancrya (Ud, X sec.) nella Kiraval (KV),69 trattano largomento in modo approfondito. Per esempio rD inizia considerando smti parte di vidy, mentre Ud molto duro con quanti considerano il sogno e la conoscenza onirica un caso di ricordo (MISHRA, U., 1929: 279).70 Vediamo pi da vicino il NyK (IBID.: 287-288):
svapnanirpartham ha uparatendriyagrmasyeti. uparata

svaviayagrahad virata indriyagrmo yasya asv uparatendriyagrma. prakarea sarvtman lna mano yasysau pralnamanaska iti. tasyoparetendriyagrmasya pralnamaskasyendriyadvrea yad anubhavana prvdhigamnapeka paricchedasvabhva mnasa manomtraprabhava tat svapnajnam. yad yath puruasya mana pralyate, indriyi ca viramanti tad darayati katham itydin. tmana arravyprd gamangamand ahani khinnasya parirntasya prino nii rtrau krita prayatnam apekamd tmnatakaraasayogn manasi ya kriyprabandha kriysantno jtas tasmd atarhdaye nirindriye bhyendriyasabandhanye tmapradee nicala manas tihati yad, tad purua pralnamanaska ity khyyate. pralne ca tasmin manasy uparatendriyagrmo bhavati, antakaranadhihitnm indriy viayagrahabhvt. tasy pralnamanaskvasthy prabandhena bhulyena prpnavyusantnasya

Il Nyyakandal (NyK, VYAS, R. T. [ED.], 1991: 432) di rdhara Bhaa chiarisce questo passaggio troppo sintetico del PDhS: atyantprasiddheu svata parata cpratteu candrdityabhakadiu jna tad add eva, ananubhteu saskrbhvt ..., La conoscenza che si ha a proposito di eventi che sono assolutamente sconosciuti [al sognatore] stesso e mai colti da qualcun altro, come mangiare la luna o il sole, ecc., quella viene dalla forza invisibile, poich non c alcuna impressione latente riguardo quelle cose che non sono state esperite ... 69 Udayana sostiene che sebbene nella condizione onirica le facolt sensoriali cessino di agire, il dormiente ha una chiara esperienza di oggetti come se li stesse percependo attraverso la vista o qualsiasi altro senso (MISHRA, U., 1929: 279). Udayana ammette che nello stato di sogno i sensi periferici, come il tatto, non cessano di operare tutti insieme. Gli stimoli esterni, quando non sono sufficientemente efficaci per svegliare una persona, possono agire sui sensi periferici producendo delle cognizioni oniriche. Cos che Udayana riconosce sogni causati sia da organi centrali, sia da organi periferici. Egli asserisce inoltre che seppure i sogni siano per lo pi percezioni dirette, in casi particolari possono assumere la forma di ragionamenti inferenziali. Per esempio, quando qualcuno sogna di vedere del fumo in un certo luogo, allora dalla visione di quel fumo in grado di inferire il fuoco (SINGH, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 307-308). 70 Per quanto ci riguarda S. Layek (1990: 73) prende un granchio colossale rispetto alla concezione di sogno in PrP. Egli scrive Praastapda says: The dream-knowledge is remembrance because it looks back to the past knowledge. Egli confonde la trattazione di svapnntika, considerato un tipo di smti, quindi conoscenza corretta, con svapnajna considerato allinterno di avidy.
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nirgamapravealakay deaklavyavahiteu

pravttau

sabhavantym

tmamanasayogt

svpkhyt svpa iti nmadheyt saskrc ca prvnubhtaviayd asatsu viayeu


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pratyakkram

aparokasavedankra

svapnajnam utpadyate

yady api saskrapavd dhtudod add v

samropitabhyasvarpa svapnapratyayo bhavann atasmis tad iti bhvd viparyaya, tathpy avasthvieabhvitatvt pthag ukta Per trattare il sogno [PrP] dice: uparatendriyagrmasyeti. Colui il cui complesso sensoriale ha cessato lattivit, ossia distolta dal cogliere il proprio oggetto, costui qualcuno la cui attivit sensoriale cessata.72 qualcuno che ha la mente che si ritirata colui la cui mente estremamente e in modo completo ritratta. Lesperienza mentale che si ha attraverso il senso [mentale], indipendente dalle cognizioni precedenti e dalla natura ben definita (paricchedasvabhva), nata dalla sola mente delluomo il cui complesso sensoriale ha cessato la sua attivit e la cui mente si ritirata, quella la cognizione onirica. Ora [PrP], mediante katham ecc., mostra quando la mente delluomo in tal modo si ritrae e le facolt sensoriali cessano. Per la propria attivit fisica, ossia dallandare e venire durante giorno dellessere vivente khinnasya esausto, nii nella notte, viramrtham, per allontanare la fatica e per la trasformazione in succhi vitali del cibo che ha mangiato e bevuto, nonch per la necessit dello sforzo fatto compiere grazie alla forza invisibile e per la congiunzione tra la il S e lorgano interno, il kriyprabandha, quella successione di attivit che sorta nella mente, allora quando a causa di ci la mente rimane priva di moto allinterno del cuore nella regione del S che nirindriye, cio in quella dove non vi rapporto con i sensi esterni, a quel punto luomo chiamato pralnamanaska. Quando la mente si ritirata, allora egli qualcuno il cui complesso sensoriale ha cessato di agire, in quanto non vi possibilit di percezione degli oggetti per i sensi che sono fondati sullorgano interno. In quella condizione della mente

Questi passaggi centrali di NyK (NyK, VYAS, R. T. [ED.], 1991: 431-432) non aggiungono nulla di focale a PDhS, pertanto non riteniamo opportuno tradurli, li si veda qui sotto: tat tu trividham. kuta ity ha saskrapavd saskrapavd tvat km kruddho v yad yam artham priyatam atru vdto numanyamna cintayan svapiti, tad saiva cintsantati smtisantati saskrtiayt pratyakkr skd arthvabhsin sajyate. arradhrad dhtavo vassmsamedomajjsthiukrtmana, tea dod vtdiditatvd viparyayo bhavatty ha vtapraktir yadi v kutacin nimittd upacitena vtena dita svtmana kagamanam itas tato dhvanam itydika payati. pittaprakti pittadito v agnipraveakanakaparvatbhyuditrkamaaldika payati. le maprakti lemadito v saritsamudraprataraahimaparvatdn payati. svayam anubhteu paratrprasiddheu svayam ananubhteu v paratra prasiddheu satsu yad gajrohaacchatralabhdika ubhvedaka svapne dyate, tat sarva saskradharmbhy bhavati. ubhvedakaviparta tailbhyajanakharorrohadyadharmasaskrbhy bhavati 72 Questa costruzione un po sui generis in italiano, corrisponde alla vigraha del bahuvrhi sanscrito, molto comune negli stra.
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ritratta per prabandhena, ossia in virt della maggiore quantit dellattivit generatasi che della natura delle uscite ed entrate della successione del soffio ascendente e del soffio discendente, che un particolare contatto del S con la mente che svpkhyt, il cui appellativo sonno e per le impressioni latenti il cui oggetto stato esperito in precedenza, sorge una cognizione onirica che ha pratyakkram, laspetto di una presentazione diretta (aparokasavedana) rispetto a degli oggetti che pur asatsu, che pur sono distanti per spazio e tempo Sebbene la cognizione del sogno sorta a causa della chiarezza delle impressioni latenti, per lo squilibrio degli umori o per la forza invisibile abbia una natura per la quale gli oggetti esterni [risultano] sovrapposti [su di essa] e che perci sia [una cognizione] di qualcosa su ci che non tale,73 sia [in definitiva] una percezione erronea (viparyaya). Tuttavia, poich sorge in una particolare condizione, trattata separatamente ...

Si noti come anche rD veda nel sogno una natura pi attiva, capace di presentare delle proprie cognizioni indipendenti, seppure con forti radici nelle esperienze precedenti, pur non essendone mere ripetizioni. Il sogno deve la propria natura differente e indipendente al fatto di essere sia produzione del tutto mentale (manomtraprabhava), quando la mente ha ritratto in s le facolt rendendole inattive, sia al fatto che la natura delle immagini presentate nel sonno onirico ben definita, tanto da renderle talvolta simili alle percezioni dirette della veglia, anche se gli oggetti visti in sogni sono tuttaltro che reali. Questa caratteristica di percezione mentale di oggetti apparentemente veri che sembrano essere dove in realt non sono, rende il sogno un tipo di percezione erronea, anche se le sue caratteristiche peculiari lo dipingono come differente dagli altri tipi di errori percettivi (SINHA J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 306-307; LAYEK, 1990: 71-72). Lopinione a questo proposito di akara Mira (M, XV sec.), autore del commento indipendente ai VaiS Vaieikastra Upaskra (VaiSU, 2002: 513-515), leggermente differente. Secondo lautore svapna una forma di esperienza (anubhavana) mentale erronea, non valida, non un ricordo posto tra le variet di

Sembra che qui rD prenda a prestito la seconda delle definizioni di adhysa data da nelladhysabhya del BSB: atasmis tadbuddhi, della quale parleremo nel prossimo capitolo, o questa doveva essere un modo codificato per tutti i darana di intendere lerrore percettivo. Forse in questa luce che bisogna leggere anche la definizione di .
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vidy.74 Il VaiSU non aggiunge nulla che non sappiamo, solamente si dilunga maggiormente nellelenco degli effetti relativi ai sogni dovuti agli squilibri umorali:
yath tmamanaso sayogaviet saskrc ca smtis tath svapnajnam apty artha. uparatendriyagrmasya pralnamanaskasya indriyadvrea yad anubhavana mnasa tat svapnajnam. tac ca trividham Come da un particolare contatto della mente con il S e dalle impressioni latenti si ha il ricordo, allo stesso modo si ha anche la conoscenza onirica: questo il senso. Quellesperienza mentale di colui il cui insieme dei sensi ha cessato lattivit e la cui mente si ritirata, che sorge attraverso il senso [mentale], quella la cognizione onirica. Tale di tre tipi

Anche akara Mira divide il sogno in tre classi. I sogni dovuti al meccanismo delle impressioni subconscie. Un uomo sogna scene, eventi e oggetti in accordo con le proprie tendenze individuali e il proprio temperamento. Poi i sogni scaturiti dagli costituenti corporei (dhtu) o dagli umori corporei, quali kapha, vta, pitta. Coloro che hanno una natura (prakti) affetta da vento, sogneranno di volare, di viaggiare in terre lontane o fuggire dagli attacchi di fiere. Coloro che sono dominati dalla bile sogneranno scene di fuoco, gettarsi tra le fiamme o provare ad abbracciarle, altrimenti vedranno monti dorati, lastre splendenti o lintero orizzonte in fiamme. Infine, coloro che sono dominati dalla flemma sognano di attraversare il mare o dragare un fiume, grandi piogge o montagne dorate. Infine, ci sono i sogni dovuti sia a esperienze gi vissute in questa vita, sia a vite precedenti. In essi il risultato delle azioni pie si muta in sogni di buon auspicio come cavalcare un elefante, arrampicarsi su un monte, ricevere il dono di un ombrello, mangiare riso bollito, vedere un re o una regina regnanti. Di contro le azioni empie del passato generano brutti sogni come cavalcare un cammello, essere cosparso dolio, essere gettato in una fossa scura, vedere il proprio matrimonio o sprofondare nel pantano.75

Ancora una volta Layek (1990: 73) sbaglia affermando che M sostiene che il sogno un ricordo. Inutile proporre tutta la traduzione di un passo solo leggermente differente da quelli gi visti, comunque per il testo originale si veda ledizione da noi consultata, commentata da uirja str e curata da rnryaa Mira (2002: 514-515).
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Unaltra opera di M poco conosciuta, ma che riferisce del sogno il Kada Rahasya (KaR, STR, D. R. [Ed.], 2007: 120). In questo testo M sostiene che i sogni sono prodotti quando la mente si trova allinterno delle svapnavah na, disconnessa dai sensi esterni, eccetto il tatto. Quando anche questultimo contatto sensoriale termina, la mente penetra nella purtat na e, assopendosi, entra nel sonno profondo privo di sogni:76
atha svapna. sa ca siddhopayuktntakaraajanya jna siddh ca nidr yad svapnavahanmadhyavarti mana tad bahirindriyasabandhaviraht svapnajnny eva jyante. tatrpi yad tvagindriyasypi sabandhavirahe suupti. tad ukta yad tvacam api parihtya mana purtati vartate tad suuptir iti. svapnntikapratyaya kvacit katha pram iti cet na khavy ayno smtydipratyaynm apy roparpatvt khavntarbhedagrahd iti syt ... Ora il sogno. Quello una cognizione nata dallorgano interno di cui si quietato limpiego, quando il sonno sopraggiunto e la mente si trova nel mezzo di un canale sottile che convoglia i sogni, allora, per la mancanza di un contatto con i sensi esteriori sorgono delle cognizioni oniriche. Anche in quella situazione, quando non vi pi una relazione con il senso del tatto, si ha dunque il sonno profondo. [Infatti] stato detto questo: Quando essendosi ritratto anche il tatto la mente si trova nella ghiandola pineale, allora c il sonno profondo.77 [Obbiezione:] Com possibile che in taluni casi la cognizione della fine del sogno (svapnntika) sia una conoscenza valida? [Risposta:] No, poich anche cognizioni come Io sono addormentato sul letto e altre del genere a causa della percezione della non differenza con un altro letto, possiedono una forma imposta ...

ivditya (, circa 950) nel Saptapadrth (SP, 252) lapidario nel definire il sogno, anche se si dilunga leggermente di pi con il sonno (nidr):78

Si veda la nota 118 a p. 62 del capitolo I. Non siamo riusciti a risalire alla provenienza di questa citazione. Oltre a ci la puritat n quel canale sottile allinterno del quale la mente si ritira ogni qual volta si entra in sonno profondo. Secondo A. B. Keith (1970 [1925], VOL. 2: 569-570) in sogno lanima si muove liberamente allinterno delle 72000 n che pervadono il corpo sottile di un individuo. 78 Il sonno definito come: yogajadharmnughtasya manaso nirindriyapradeavasthna nidr// 253 //, Il sonno la condizione che, non essendo connessa allo stato sorto dalla pratica yoga [del samdhi], prodotta quando la mente permane nella regione in cui non ha contatto con i sensi.
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nidrduntakaraaja jna svapna.79, Il sogno quella conoscenza che sorge in un organo interno afflitto dal sonno.80 Unaltra concezione a cui accenna Kaada (VaiS X.2.8) e i suoi successori sviluppano la cognizione finale del sogno (svapntikajna), ossia una cognizione che accompagna il sogno, che interviene nel sogno: svapnntikam (JHALAKKAR, 1978 [1893]: 1054). Egli tent di rispondere a una domanda: come spiegare lesperienza proposta dai sensi nel momento in cui la mente sta vedendo un sogno? Per spiegare questo tipo di cognizione apparentemente in contrasto con la visione onirica vera e propria, il veggente Kaada introduce il concetto di svapnntika, come entit distinta dal sogno: svapnntika una conoscenza percettiva e una manifestazione della memoria attiva. PrP non ancora molto chiaro nel trattare il concetto:
svapnntika yady apy uparatendriyagrmasya bhavati, tathpy attasya jnaprabandhasya pratyavekat smtir eveti bhavaty e caturvidh vidyeti ... Sebbene la cognizione finale del sogno si ha per un uomo il cui insieme dei sensi ha cessato la sua attivit, tuttavia in definitiva un ricordo poich guarda indietro alla successione delle cognizioni oramai passata. Ecco, questa lignoranza di quattro tipi ...

Certamente pi utile alla comprensione finale di svapnntika il commento di rdhara (NyK, VYAS, R. T. [ED.], 1991: 432) ai passi di qui sopra:
kadcit svapnadasyrthasya svapnvasthym eva pratisadhna bhavati aya may da iti, tac ca prvnubhtasya svapnsyante vasne bhavatti svapnntikam ucyate. tad apy uparatendriyagrmasya bhvt svapnajnam iti kasyacid akm apanetum ha svapnntika yady apy uparatendriyagrmasya bhavati, tathpy attasya prvanubhtasya svapnajnaprabandhasya pratyavekad anusadhnt smtir eveti ...

Lunico commento a nostra disposizione, quello del Jaina Jinavardhana Sri (JETLY, J. S. [ED.], 2003 [1963]: 71) non aggiunge nulla di importante allaforisma di : nidray duam udbhrnta yad antakaraa mana, tasmj jta yaj jna sa svapna. jna svapna ity ukte rpdijnetivypti tannirsrtha nidreti ... 80 Lautore della Vtti gi citata, Candrkanta, considera la cognizione onirica differente dalla smti, altrimenti non vi sarebbe alcuna ragione per la menzione separata da essa nei stra.
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Talvolta proprio nella condizione di sogno avviene una rammemorazione di un oggetto visto in sogno: Io ho visto questo; questa ha luogo alla fine, al termine del sogno di cui prima si fatta esperienza: ci si dice svapnntika. Per allontanare il dubbio di qualcuno [secondo il quale] anche quella una conoscenza onirica, poich si ha per colui i cui sensi hanno cessato lattivit, si risponde svapnntika yady apy uparatendriyagrmasya bhavati, tathpy attasya per la pratyavekat, a causa della revisione della successione delle cognizioni oniriche esperita in precedenza, in verit un ricordo ...

A questo proposito M nel VaiSU puntualizza che la visione del sogno dovuta a esperienze di oggetti fisici o mentali, avute in precedenza, quando svapnntika imputata a impressioni prodotte dagli organi corporei simultaneamente alla visione del sogno. A svapna corrisponde una conoscenza non valida, mentre svapnntika, la percezione associata al sogno, valida: 81
nanu yaj jna svapnamadhye svapnajnnubhtasyaivrthasya smtirpa jyate tatra svapnatva na varttate svapnasynubhavarpatvt tath ca kasmt krat tadutpattir ity ata ha svapnntikam// 8 // tatra svapnas tath svapnntikam apty artha. etvn eva vieo yat svapnajna prvnubhavajanitatvt attajnapratyavekat saskart, smtir eva iti. svapnntika ukta ca tu vttikrai tatklotpannnubhavajanitasaskrd eva. tad ukta praastadevcryyai anubhtavastusphurarthatay na smarad arthntara svapnajnam iti. svapnamadhye prbhta yaj jna tat svapnntikam iti kecit. yath ayyy ayno smtydi ... [Obbiezione:] Ma quella cognizione che sorge nel mezzo del sogno come un ricordo di un oggetto esperito nella cognizione onirica, ove non presenta la propriet di essere sogno, in quanto il sogno in forma di esperienza. Inoltre, da quale causa avviene la sua nascita? [Risposta:] Perci si dice: svapnntikam. Dallaforisma precedente si mutua tath, per cui cos come per un particolare contatto della mente e del S e dalle impressioni latenti v il sogno, cos accade anche svapnntika. Questo il significato. Tale la differenza, ossia che la

Leggendo il VaiSU il stra dharmc ca (IX.2.9) che lo intende come lindicazione di una causa comune di svapnajnam e svapnntikajnam sarebbe da interpretare cos: [La cognizione onirica e la cognizione finale del sogno] vengono anche dal merito (dharma).
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conoscenza onirica sorge da unimpressione latente nata da una precedente esperienza, mentre svapnntika invero dallimpressione latente nata da unesperienza sorta in quellistante. Questo stato detto dal maestro Praastadeva [= PrP]: in definitiva un ricordo poich guarda indietro alla successione delle cognizioni oramai passata Mentre stato detto dallautore della Vtti:82 La conoscenza onirica, poich ha come oggetto la conoscenza di una cosa gi esperita, non qualcosa di diverso dal ricordo. Quella conoscenza che divenuta valida nel mezzo del sogno svapnntika, [dicono] alcuni. Come io sono addormentato sul letto , ecc83

Infine, ricapitolando, abbiamo visto come i seguaci del Vaieika considerino che nella condizione di ritiro della mente (pralnamanaska) i sensi esterni cessano di funzionare non essendo pi in grado di carpire alcun oggetto. In questo stato, per lintensit del soffio ascendente (pra) responsabile dellinspirazione e di quello discendente (apna), preposto allespirazione, si ha uno speciale contatto di tman con manas, chiamato sonno (svpa), durante il quale si genera la conoscenza onirica (svapnajna). Questa causata dalle impressioni depositate dagli oggetti esperiti in precedenza. Per via di queste impressioni, nel sogno la mente esperisce oggetti non-reali in una forma non percettiva. Questa percezione mentale determinata da un contatto straordinario (alaukikasanikara):84 atra ca mnasa jna

Certamente il Vttikra pi famoso Candrnanda, ma sembra proprio che il testo della sua Vtti pubblicato dallOriental Institute di Baroda nel 1961 e curato da Muni r Jambuvijaya non comprenda il passaggio qui citato dallUpaskra. Probabilmente si tratta di una Vaidikavtti al VaiS di un certo Bharadvja, che non abbiamo reperito. Oltretutto questo passaggio sembra non corrispondere al senso della frase. anche possibile che sintenda dare un contrasto rispetto alla citazione precedente da PrP, cosa che per non sembra troppo plausibile; oppure, al posto di svapnajnam finale si deve leggere svapnntikam, altrimenti c una chiara affermazione di identit tra ricordo e conoscenza onirica. Umesh Mishra (1929: 280, n. 1) del nostro stesso parere e aggiunge che di regola, in quel caso, dobbiamo leggere il composto svapnajnam nel senso di svapnntikam. 83 Interessante sarebbe trattare un testo di grande importanza, spesso tralasciato, la Nyyallvat (NyL, STR, H. H. [ED.], 1991: 454-470) di rvallabhcrya (XI sec.), da non confondersi con lomonimo maestro del puimrga, per per la sua grande difficolt e per la sua importanza secondaria nella nostra ricerca decidiamo di non analizzarlo. Si sappia solo che il testo (p. 765) indica la sua posizione sul sogno in modo preciso: nidrbhibhtajna svapna, il sogno una cognizione sopraffatta dal sonno. 84 I Naiyyika distinguono due generi di percezione sensoriale: la normale percezione diretta (laukikasannikara) e la percezione straordinaria (alaukikasannikara). I testi del Nyya elencano tre tipi di contatti (sannikara/ pratysatti) straordinari (alaukika) tra i sensi e i loro oggetti: basata su una caratteristica comune (smnyalakaa), cognitiva (janalakaa) e dovuta alla disciplina yogica (yogaja). Senza entrare in tecnicismi, si sappia qui che il janalakaasannikara una percezione straordinaria, che accade cio non con le modalit consuete di contatto tra i sensi e gli oggetti, che le facolt sensoriali sensi e il loro viaya (MATILAL, 1961: 286-292). Per approfondimenti si veda la nota 181 del capitolo 3.
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jnalakaarplaukikasanikart bhavati ,85 Ivi la conoscenza mentale si ha per il contatto straordinario la cui forma quella jnalakaa ... (JHALAKKAR, 1978 [1893]: 1053-1054). Sebbene questo risvolto della questione non sia trattato nella teoria iniziale e certamente lasciato da parte dai commentatori, vedremo anche nel prossimo capitolo come lanyathkhyti, supportata da Nyya e Vaieika, si fondi su questo genere di percezione.

II.3: N YYA La letteratura delle scuole del Nyya, sia nella sua forma antica (prcna), sia nei suoi nuovi sviluppi di convergenza con la scuola sorella del Vaieika nel Navya Nyya ha sempre avuto un atteggiamento pressoch unico e unanime riguardo allesperienza onirica. Per inquadrare il punto di vista del Nyya nella considerazione fatta alla fine del paragrafo introduttivo, dobbiamo incasellare la tendenza di questo darana tra quelle che vedono il sogno come una semplice ripetizione, anche se sui generis, di esperienze vissute in precedenza, proponendo una natura passiva, capace di sola rappresentazione. Per questo la posizione naiyyika non pu che prendere le mosse da unanalisi della memoria, il ricordo, smti. Innanzitutto nel Nyyastra (NyS, IV.2.31) Gautama Akapda (GA, II sec.) esamina una posizione indubbiamente Yogcra, a proposito delle nozioni di prama e prameya. Secondo questa ambedue gli enti sono vuoti di realt propria in quanto sono forme di conoscenza, proprio come il sogno (TRIPH, R. N., 1987: 178; SINHA, J. N., 1999 [1938]: 207):86
svapnaviaybhimnavad aya pramaprameybhimna// 31 //

Questo passaggio del Vaieikastravivti ad VaiS IX.2.2-7 citato da Layek (1990: 99, n. 5). Tutto il prakaraa, chiamato bhyrthabhaganirkaraaprakaraa si estende dal stra IV.2.26 fino a IV.2.37. Prima di questa risposta di GA due stra sono da considerarsi. Il primo il IV.2.29 pramata crthapratipatte, E perci si ha la comprensione delloggetto tramite il mezzo di conoscenza. La risposta alla posizione buddhista esposta a IV.2.26 si trova anche in questo aforisma e il IV.2.31: pramnupapattyupapattibhym, [Lobbiezione svuotata di valore] per il non esserci [in un caso] e lesserci [nellaltro] dei mezzi di conoscenza.
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mygandharvanagaramgatikvad v// 32 //87 Questa nozione [di realt] riguardo ai mezzi di conoscenza e ai loro oggetti come la nozione riguardante gli oggetti onirici (31), oppure come la magia,88 la citt dei Gandharva [= il castello in aria] o il miraggio [= di cui preda lantilope] (32). 89

Il commentatore del NyS, Vtsyyana (V, 350-450 d. C. circa), mettendo in bocca qualche considerazione alloppositore buddhista, aggiunge:90
yath svapne na viay santy atha cbhimno bhavati, eva na pramani prameyi ca santy atha ca pramaprameybhimno bhavati ... Come nel sogno gli oggetti non sono [veramente] presenti, per cui [solo] una nozione, allo stesso modo i mezzi di conoscenza e gli oggetti di conoscenza non ci sono, perch c [solo] la nozione dei mezzi di conoscenza e dei loro oggetti ...

Vivantha (XVII sec.), autore della Vtti (NySV) indipendente al NyS non si discosta dai suoi predecessori. Aggiunge solo che se qualcuno vede in sogno qualcosa mai accaduto prima come, per esempio, mangiare s stessi o la propria auto-decapitazione, ci dovuto a unerrata comprensione delle relazioni tra oggetti ed eventi, proprio come accade nel caso di un errore percettivo di veglia. Comunque, anche lui sostiene che la cognizione onirica getta le basi nel mondo esterno (NySV, TARANATHA NYAYA-TARKATIRTHA-AMARENDRAMOHAN TARKATIRTHA [ED.], 2003 [1936-44]: 1086): yath smtydi prvopalabdhaviayaka tath svpnapratyayo pi na nirviayaka. na ca svapne svam api khdati, nijairakhaanam api payati, na tv ida prvopalabdham iti vcyam, svasya khdanasya ca nijairasa khaanasya ca prvopalabdhatvt, sasargabhnasya ca bhrntatvt, na v hetukatva smtydidntena, saskrasya smtau smte ca viiabuddhau hetutvasybhimatatvt. tatra bhrame doa klavieo davieodbodho vety anyad etat (32). 88 Qui due sono le interpretazioni possibili: o sintende il composto uno dvandva, come abbiamo fatto, in cui ogni elemento ha una sua valenza sostantivale e allora my corrisponde alla magia dellillusionista (myvin), oppure si legge my come fosse un aggettivo, interpretando questa parte del composto come karmadhraya, per cui la traduzione sarebbe la fatata citt dei Gandharva o lillusorio castello in aria. 89 Naturalmente, la traduzione di gandharvanagara come castello in aria tuttaltro che letterale, anche se concettualmente la pi vicina allidea che sta dietro al termine. Unaltra nota fata Morgana. Oltre a ci, mgata indica di solito il miraggio. Lespressione per spiegata in due modi leggermente differenti e, a seconda del contesto, ugualmente applicabili. Secondo il modello attinente al nostro caso, lantilope preda di un miraggio dacqua vero e proprio: tremendamente assetata corre incontro allacqua che mai giunge, fino a che muore stremata. Laltra spiegazione della parola prende come metro di paragone il piccolo cervide chiamato kastrimga che vive sulle prime fasce boschive della catena himlayana. Secondo i racconti popolari e la letteratura questo cervo sarebbe vittima del suo spiccatissimo senso dellolfatto. In effetti, nei pressi del suo ombelico cresce una ghiandola dal profumo inebriante, usata sia nella medicina sia nel Tantra. Questa ghiandola, kastri appunto, in certi periodi dellanno pi profumata e fa impazzire il cervo che ne inconsapevole veicolo. Esso, infatti, continua a correre strenuamente nel bosco per scovare la fonte dellirresistibile fragranza, fino a che, dopo lennesimo vano tentativo cade morto. 90 Vtsyyana gi commentando NyS I.1.16 enumerava gli indicatori (ligni) al fine di provare lesistenza della mente (manas). Questi sono: il ricordo, linferenza, la testimonianza autorevole, il dubbio, lintuizione, la conoscenza onirica, il ragionamento (ha), la percezione mentale di felicit e dolore e il desiderio (MISHRA, U., 1929: 274): smtyanumngamasaayapratibhsvanajnoh sukhdipratyakam icchdaya ca manaso ligni
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A questo punto si apre la risposta (uttarapaka) del siddhntin Naiyyika che trova immediatamente delle incoerenze logiche nella posizione buddhista, scomodando la pseudo ragione logica (hetvbhsa) denominata non stabilita (asiddha):91
hetvabhvd asiddhi// 33 // [bhya] svapnnte92 viaybhimnavat pramaprameybhimno na punar jgaritnte viayopalabdhivad ity atra hetur nstti. hetvabhvd asiddhi. svapnnte csanto viay upalabhyanta ity atrpi hetvabhva. pratibodhe nupalambhd iti cet? pratibodhaviayopalambhd apratiedha. yadi pratibodhe nupalambht svapne viay na santi tarhi ya ime pratibuddhena viay upalabhyante te upamabht santti viparyaye hi hetusmarthyam. upalambht sadbhve saty anupalambhd abhva siddhyati. ubhayath tv abhve nnupalambhasya smarthyam asti, yath pradpasybhvd rpasydaranam iti tatra bhvenbhva samarthyata iti. svapnntavikalpe ca hetuvacanam. svapnaviaybhimnavad iti bruvat svapnntavikalpe hetur vcya. kacid dhi svapno bhayopasahita, kacit pramodopasahita kacid ubhayaviparta, kacic ca suupta svapnam eva na payatti. nimittavatas tu svapnaviaybhimnasya nimittavikalpd vikalpopapatti. La mancanza di stabilimento a causa della mancanza di una ragione logica [probans] (33). [Commento:] Non c alcuna ragione a questo proposito ovvero [nel dire che] nella condizione di sogno la nozione di mezzo di conoscenza e oggetto di conoscenza come la nozione di oggetto, non per come la cognizione degli oggetti nella condizione di veglia [che veritiera]. La mancanza di stabilimento si ha a causa della mancanza di una ragione logica. Anche a questo

In NyS I.2.4-9 si presentano le cinque pseudo-ragioni (hetvbhsa), tra le quali troviamo la menzione riguardante lhetvbhsa sdhyasama (NyS I.2.8) che una ragione logica dubbia tanto quanto ci che si cerca di provare, il probandum (sdhya). Questo significa che essa non ben stabilita, non ancora comprovata, per cui nei testi successivi, soprattutto dal XII secolo in poi sar conosciuta come asiddha (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 46-48). La pseudo ragione logica o pseudo probans non stabilito ha tre variet: non stabilito nel locus (raysiddha), non stabilito per natura (svarpsiddha) e non stabilito nella sua concomitanza invariabile (vypyatvsiddha). 92 Vcaspati Mira (VM, X sec.) nel suo sub-commento al NySBV, il Nyyavrtikattparyak (NyBVT) spiega il significato di anta termine che troviamo composto con svapna e jgara soprattutto. Secondo VM, sebbene il termine indichi letteralmente la parte (avayava) di un insieme ivi utilizzato solamente per indicare lessere stabilito in una precisa condizione: antaabdo vayavavacano py ritatvamtrevasthy prayukta. tena svapnvasthy jgaritvasthym ity artha Udayancrya (Ud, X-XI sec.), nella sua ulteriore glossa al lavoro di VM, il Nyyavrtikattparyapariuddhi (NyBVTP), aggiunge che il termine non pu essere interpretato nel suo significato primario di fine, parte, ma appunto nel suo significato secondario: antaabdasya mukhyrthsambhavena gaurtham ha antaabda iti Il testo del NyBVT, comunque, segue linterpretazione del Vrtika di Udyotakara per quanto riguarda il sogno, definendolo differente dal ricordo.
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proposito non vi una ragione, cio che nella condizione di sogno sono conosciuti degli oggetti che non ci sono. [Obbiezione:] [Se si dicesse che gli enti onirici sono irreali],93 poich al risveglio non se ne ha la cognizione? [Risposta:] Non c negazione [degli oggetti], poich c la cognizione degli oggetti al risveglio. Se poi [si dicesse] nel sogno gli oggetti non ci sono poich non li si coglie al risveglio, allora quegli oggetti che sono conosciuti da colui che si destato esistono per via della cognizione [propria della veglia]. Nel caso contrario, [ammettendo la realt degli oggetti], c infatti il supporto della ragione logica [della non cognizione]. Difatti, quando non vi sia la cognizione, per la mancanza appunto di questa cognizione, si prova lassenza mentre quando vi sia lassenza in entrambi i casi [= tanto nel sogno quanto nella veglia], non c supporto per la non cognizione, proprio come con lassenza di un lumino non si pu distinguere una forma.94 Anche l mediante una presenza si stabilisce lassenza. Inoltre, vi lenunciazione della ragione riguardo la molteplicit presente nel sogno. A questo proposito colui che sostiene [le nozioni di prama e prameya] sono come la nozione degli oggetti allinterno del sogno deve mostrare una ragione per la molteplicit interna al sogno: qualche sogno accompagnato da paura, qualche altro accompagnato da euforia, qualcuno ancora contrario a entrambi, talvolta [luomo] non sogna proprio. Inoltre, grazie alla molteplicit delle cause, si ha una tenuta logica della molteplicit nella cognizione degli oggetti onirici che pure dovuta a una causa effettiva.95

La vera e propria analisi del sogno e della sua natura intrinseca comincia con il stra successivo (IV.2.34). Ivi GA afferma che loggetto dellesperienza onirica simile agli oggetti di cui si ha conoscenza mediante il ricordo e la volizione o immaginazione (sakalpa), che ammonta al desiderio di ottenere un qualcosa di cui si appreso in precedenza (LAYEK, 1990: 65). Questanalogia con il ricordo o la volizione, o anche limmaginazione, distingue nettamente gli oggetti di sogno da quelli assolutamente illusori, i quali scompaiono appena si conosce la verit (RIZZI, 1987: 101).
La connessione sottintesa che noi proponiamo tra parentesi quadre ci viene da una domanda e da una successiva espressione del Nyyastrabhyavrtika (NySBV) di Udyotakara (UK, vissuto tra il 550620): ya ete svapnvasthy viay khynti na te cittavyatirikt ity atra ko hetu? ... ye pratibuddhenopalabhyante te santti prptam 94 In questo caso il termine bhvena nella proposizione generalizzante indica la presenza effettiva della forma-colore di un qualche oggetto, che per non pu essere identificato al buio per lassenza di una qualsiasi forma di luce. Per questo, un ente presente ed esistente, anche se non percepito, in grado di provare lassenza di un altro fattore (JHA, G. N., 1999 [1912-1919] VOL. 4: 1635). 95 Poich i buddhisti idealisti negano lesistenza di ogni ente, questo genere di soluzione non pu incontrare il loro plauso (IBID.: 1636).
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smtisakalpavac ca svapnaviaybhimna// 34 // [bhya]96 prvopalabdhaviaya. yath smti ca sakalpa ca prvopalabdhaviayau na tasya pratykhynya kalpete, tath svapne viayagrahaa prvopalabdhaviaya na tasya pratykhynya kalpata iti. eva daviaya ca svapnnto jgaritntena. ya supta svapna payati, sa eva jgratsvapnadaranni pratisadhatte. idam adrakam iti. tatra jgradbuddhivttivad svapnaviaybhimno mithyeti vyavasya. sati ca pratisadhne y jgrato mithyeti. buddhivttis ubhayviee tadvad tu aya vyavasya yasya svapnaviaybhimno sdhannarthakyam.

svapnntajgaritntayor avieas tasya svapnaviaybhimnavad iti sdhanam anarthaka tadrayasya pratykhynd iti. atasmis tad iti ca vyavasya pradhnraya apurue sthau ya purua iti vyavasya, sa pradhnraya. na khalu purue nupalabdhe purua ity apurue vyavasyo bhavati. eva svapnaviayasya vyavasyo hastinam adrka parvatam adrkam iti pradhnrayo bhavitum arhatti. E la nozione di oggetto onirico come un ricordo o unimmaginazione (34). [Commento] [La cognizione] il cui oggetto stato precedentemente conosciuto.97

UK distingue immediatamente gli oggetti ricordati, quelli immaginati e quelli sognati da quelli totalmente irreali (tuccha, alka), perch non vi alcuna prova a sostegno della loro identit, come vorrebbero far credere i Vijnavdin: mygandharvanagaramgatikvad veti na, prambhvt In aggiunta, la conoscenza di oggetti non esistenti non pu essere citata come causa della conoscenza che si ha al termine del sogno. Ma allora se dopo la fine del sogno gli oggetti di conoscenza di cui si avuta esperienza in quel mentre sono inesistenti, allora qual stata la causa di quella conoscenza, quando si sa che loggetto una delle cause della conoscenza di s stesso: svapnntavad avidyamneu viayeu abhimna ity atra na hetur ucyata iti. svapnnte csanto viay iti ko hetur iti? ... Se si afferma che la cognizione stessa la causa, cio gli oggetti esperiti in sogno non hanno alcuna esistenza separata rispetto alla coscienza, per questo motivo accettare la cognizione come causa equivale a un sogno: khytir iti cet? aya jgradavasthopalabdhnn viay cittavyatirekim asattve hetu khyti svapnavad iti? ... Il siddhntin rifiuta la possibilit propostagli in quanto lesempio portato tanto dubbio e non stabilito quanto il probandum stesso: na, dntasya sdhyasamatvt. 97 Questo composto serve a completare il stra. Oltre a ci, la diatriba tra i Vijnavdin e i Naiyyika riportata ancora nel NySBV. Dopo le prime battute riassunte nella nota precedente (93), UK fa formulare alloppositore buddhista unaltra domanda: se qualsiasi oggetto percepito in sogno non differente dalla coscienza allora qual la ragione del loro essere separati da essa? ya ete svapnvasthy viay khynti na te cittavyatirikt ity atra ko hetu. La risposta molto semplice, ossia gli oggetti onirici smettono di esistere non appena il sognatore si desta pratibuddhennupalambht na santti cet. Certamente non si pu sostenere che dopo il risveglio ci che non viene colto non esiste, infatti gli oggetti a cui si fa riferimento sono chiamati questi ete e per questa loro qualificazione risultano esistenti. Tale qualificazione non avrebbe ragione desserci se dopo il risveglio non ci fosse la cognizione di quegli oggetti, per questo gli oggetti esistono nella veglia. Se ancora gli idealisti pensano che gli oggetti onirici non esistano nella veglia, come fanno allora a provare lesistenza della coscienza corrispondente? Inoltre, la ragione logica addotta a provare la non cognizione degli oggetti durante la veglia non ha sostenibilit, in quanto la cognizione implica lesistenza di un ente e la non cognizione il contrario, per questo la non cognizione contraddice la posizione buddhista (LAYEK, 1990: 67): atha manyase yasmt ete pratibuddhena nopalabhyante tasmt na santti? na, vieaopdnt. ye pratibuddhenopalabhyante te santti prptam. vyartha v vieaa pratibuddhennupalambhd iti. yadi copalambhyamna jgradavasthy svapnvasthy ca viayam asanta manyase, atha cittam astti ko hetur iti. viparyaye ca smarthybhvd ahetu jgrato nupalabdher iti. yady upalabdhi sattvasdhana tato
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Proprio come il ricordo e limmaginazione hanno come oggetti ci che stato colto in precedenza e non sono in grado di contraddire quelli [= gli oggetti], allo stesso modo nel sogno il cogliere loggetto ha come contenuto ci che in precedenza stato colto e non in grado di contraddirlo [= loggetto].98 In tal modo la condizione di sogno possiede un oggetto visto durante la condizione di veglia. Colui che addormentato vede un sogno, costui sveglio ripercorre le visioni oniriche: Io vidi questa cosa A quel proposito per vi una prima impressione (vyavasya),99 a causa della modificazione dellintelletto che si ha durante la veglia, la cognizione delloggetto onirico falsa. Dopo che vi stata la rimembranza [dellente onirico] si ha la modificazione mentale di chi desto e a causa di essa giunge la prima percezione che la cognizione delloggetto onirico sia falsa. Ma se vi una distinzione di entrambi gli stati [= sogno e veglia] allora [a risultare sar] linutilit della prova.100 Il che significa che per chi sostiene la non differenza tra la condizione di sogno e la condizione di veglia, per costui la ragione [la nozione di prama e prameya] come la cognizione degli oggetti di sogno [NyS IV.2.31] insensata, perch si nega il suo proprio fondamento. Inoltre, una prima impressione come [la cognizione] di qualcosa su ci che tale non ha come fondamento un ente reale (pradhna).101 [Per esempio], la prima

nupalabdhir asattva sdhayati. viparyaye hi heto smarthya dam iti (JHA, G. N., 1999 [1912-1919] VOL. 4: 1639-1640; SINHA, J. N., 1999 [1938]: 176-179). 98 Ancora UK continua dicendo che se qualcuno sostiene che la diversit della cognizione corrisponde alla diversit dei sogni, bisogna aggiungere che le impressioni lasciate dalle percezioni della veglia sono responsabili della molteplicit che si vede nei sogni. La differenza allinterno del sogno quindi dovuta alla molteplicit delle impressioni immagazzinate: svapnavad vijnabheda yadi pratipadyase, so pi dnumitnm arthn bhvanvaena vijnabheda pratipadayitavya. atha svapnapake pi bhvanbhedd vijnabheda pratipadyata so pi bhvanbhvakavargayor bhedena pratyavastheya, nbhinna bhvya bhvaka ceti (LAYEK, 1990: 68; JHA, G. N., 1999 [1912-1919] VOL. 4: 1641). 99 Il concetto di vyavasya, prima impressione o prima percezione molto importante nel Nyya, in quanto questa laccertamento della presenza delloggetto sensoriale, prima la consapevolezza di esso che riguardi il percettore. Per esempio quando le facolt sensoriali colgono un vaso, allora la prima appercezione sar: aya ghaa, questo un vaso. In seguito sorge il bisogno di collegare questa cognizione con colui che lha colta. Si avr quindi la successiva impressione, cognizione, percezione, lanuvyavasya. Allora la prima impressione diviene il contenuto della successiva cognizione (jnaviayakajna) (MOHANTY, J. N., 2002 [2000]: 13): la conoscenza che si avuta del vaso prima esperito diviene consapevolezza da parte del percettore di aver esperito il vaso: ghaajnavn aham, Io possiedo la conoscenza del vaso oppure ghaam aha janmi, Io conosco il vaso. La nozione di anuvyavasya la chiave per comprendere la dottrina dellautorevolezza determinata da altri, estrinseca (parata prmya), legata alla teoria della dipendenza di ogni conoscenza da unaltra conoscenza (jnaparata prkatva), entrambe avvocate dai logici. 100 Il testo riporta il termine sdhana, letteralmente il mezzo, lo strumento. Nel linguaggio proprio dellinferenza sdhana equivale a hetu, al probans, in quanto questultimo quel mezzo mediante il quale si prova lesistenza o la presenza del probandum (sdhya) sul locus (paka). 101 Abbiamo qui un uso molto particolare del termine pradhna, letteralmente principale, come controparte reale di un errore percettivo (viparyaya), questione alla quale nella fattispecie i Naiyyika tengono particolarmente, dal momento che i Bauddha non hanno la stessa posizione riguardo alla percezione erronea. Si noti che soprattutto i Mdhyamika nyavdin cercano di provare che lallucinazione o lerrore percettivo non ha alcun fondamento veritiero, anzi anche loggetto su cui si

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impressione che si ha in ci che non un uomo, in un tronco un uomo ha come fondamento loggetto reale.102 Difatti, sicuramente quando non vi sia la presenza di un uomo, si pu avere la percezione un uomo, su ci che uomo non . Allo stesso modo la percezione delloggetto onirico [come]: Io vidi un elefante, Io vidi un monte deve avere come fondamento un ente reale (34).103

Vtsyyana inizia a spiegare lanalogia tra gli oggetti onirici e gli oggetti ricordati o immaginati servendosi della loro comunanza di origine: entrambi gli ambiti affondano le loro radici nello svolgersi del processo conoscitivo
costruisce la sovrapposizione dellillusione tanto irreale quanto la sua proiezione stessa. Vedremo nel prossimo capitolo questo atteggiamento buddhista. Il NySBV di UK scrive che le cognizioni oniriche che rivelano citt, carri volanti e altri simili sono analoghe alle percezioni erronee dello stato di veglia. UK sfida gli idealisti buddhisti, che non accettano nulla al di fuori della coscienza, a spiegare la differenza tra lo stato di veglia e quello di sonno: ye caite svapndipratyay puravimnodynayndibhednuvidhyina te mithypratyay iti mithypratyayn ca jgradavasthpratyayasmnyd bhva. mampi sarva eva mithypratyay bhavantti bruva pradhnam anuyoktavya. na nipradhna viparyayapratyaya payma iti. cittavyatirekia ca viayam apratipadyamna sdhanadaayo svabhva paryanutoktavya ... 102 Lesempio di qui sopra riguarda il dubbio (saaya), uno dei quattro tipi di ignoranza (avidy) per il Vaieika, o conoscenza non valida (apram) per il Nyya. Lillustrazione riportata quella classica. Nella penombra, in lontananza un uomo scorge un qualcosa che riesce a vedere ma non a determinarne la corretta natura. In lui si formano due correnti di idee preliminari a proposito delloggetto che intravede, entrambe con delle caratteristiche e qualificazioni ben differenti luna dallaltra, anche se accomunate da qualche analogia. Abbiamo due immagini, quella di uomo e quella di tronco, ben differenti, perch entrambe le figure sono longilinee e presentano delle membra allungate, le braccia in un caso e dei rami secchi nellaltro. Luomo che ha questo dubbio lo formula in tal modo aya [purovrt] sthur v puruo v?, Quello [che ho di fronte] un tronco o un uomo? La definizione del dubbio data da Annabhaa rispecchia quanto detto (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 56-57): ekasmin dharmii viruddhanndharmavaiiyvaghi jna saaya , Il dubbio una conoscenza che coglie la qualificazione da parte di molteplici qualit [reciprocamente] contraddittorie in un unico ente qualificato. Ancora pi chiara la glossa al TS Nyyabodhin (NyB) di Govardhna, espressa con la tecnica del Navya Nyya: ekadharmvacchinnavieyatnirpitabhvbhvaprakraka jna saaya iti. bhvadvayakoikasaayaprasiddhe sthur vety atra sthutvasthbhvapuruatvapuruatvbhvakoika saaya ity artha , Il dubbio una conoscenza la cui qualificazione di presenza e assenza precisamente rappresentata dalla propriet dellessere qualificato da ci che delimitato da una sola propriet. Per via della comune nozione del dubbio che si presenta con una duplice alternativa di modi desistenza, nella fattispecie un tronco [oppure un uomo?], il dubbio possiede lalternativa della propriet dellessere tronco o della mancanza della propriet dellessere tronco e della propriet di essere uomo o della mancanza della propriet di essere uomo. 103 Secondo la dottrina Yogcra gli oggetti della veglia sono della stessa natura degli oggetti onirici, per, chiede UK, come si fa a spiegare allora la distinzione che si compie normalmente tra stato di sogno e stato di veglia: jgradavasthy viay na santi svapnvasthy ceti iya svapnvasth iya jgradavastheti kuta etat? Se non si distingue tra i due, continua UK, non ci sar pi differenza tra merito e demerito, tanto che compiuta una colpa in ognuna delle due avasth, non potrebbe pi far sorgere il demerito corrispondente. Anche se riconosciuto da tutti che il sogno caratterizzato dal sonno, tuttavia come fa una persona a comprendere che la particolare disorganizzazione che si ha nel sogno dovuta allinfluenza del sonno. Secondo gli Yogcra la chiarezza o la non chiarezza delle cognizioni lunica differenza che si pu considerare tra i due stati, per non ci pu essere una distinzione tra chiarezza e non chiarezza delle cognizioni se non vi fossero degli oggetti reali distinti dalle cognizioni (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 178-179): dharmdharmavyavasthna ca na prpnoti, yath svapnvasthym agamygamand adharmotpattir na bhavaty eva jgradavasthym api na syt. atha middho[nidro-]paghtnupaghtau bhedakau pratipadyeta? tad api tdg eva? middhopaghta cetaso vaikttyahetur ity etat katham avagamyate? atha vijnasya spaat cspaat ca bheda pratipadyeta? viayam antarea jnasya spaat cspaat vaktavy (LAYEK, 1990: 68-69).

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allinterno della condizione di veglia.104 Non si pu di certo negare che un oggetto immaginato o ricordato sia stato il contenuto di una precedente esperienza (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 221). Lo stesso dicasi per la visione onirica. Per questo, tanto gli oggetti di smti e sakalpa, quanto quelli di svapna devono essere considerati reali, in quanto il loro fondamento saldamente posto nella veglia. La prova logica centrale scardina innanzitutto la possibilit di considerare falsi i concetti di prama e prameya, dando come esempio105 chiaramente valido la falsit del sogno (LAYEK, 1990: 66; SINHA, J. N., 1999 [1938]: 175-176).106
Nel NyBVT, VM ha pressoch lo stesso punto di vista di UK, cio anche secondo costui loggetto di una cognizione onirica affonda le sue radici in un oggetto esterno reale. A causa di un qualche difetto della mente o del senso che percepisce un oggetto, oppure delloggetto stesso si ha la cognizione onirica o la percezione illusoria (THAKUR, A. L. [ED.], 1996: 631): svapnajnam api pramparyea bhyanibandhanam ity artha. abhyanimittatvam svapnapratyayasybhyupety ha atha svapnapake pi iti. varga paka. na caika vijna cintanyam apara cintakam iti vaktavyam, vyatiriktlambanatvnabhyupagamd iti bhva. abhyupetya cbhyanimittatva svapnapratyaynm etad uktam. bhyanimittatvam eva tu yad ukta tad eva pramrthikam ity ha ye caite svapnapratyay iti akate asaty arthe vijnabhedo da iti cet? svapnamygandharvanagaramgatdivijnev anuvartamneu viayendriyamanodoanimittatvam astu 105 Secondo i logici indiani non possibile stabilire una premessa generale (pratij) senza un esempio (dnta) a supportare ci. Lesempio pu essere di due tipi: un esempio in accordo (sdharmyadnta) e un esempio in disaccordo (vaidharmyadnta). Un esempio in accordo una circostanza in cui hetu e sdhya siano presenti insieme; al contrario nellesempio in disaccordo entrambi sono assenti (MATILAL, 2005 [1971]: 97-98). In questo caso la lettura Naiyyika della posizione Yogcra sembra indicare che questi ultimi usino la condizione onirica e la conoscenza acquisita in essa come metro di paragone, come esempio di una possibile inferenza. ben noto come vi sia la necessit che quando un certo ente presentato come lesempio di uninferenza, questultimo sia illustrazione o istanza positiva (sapaka), ovvero che in quella determinata circostanza illustrata dallesempio la bont del probandum e la sua presenza nel locus, sia gi stata ineccepibilmente verificata in precedenza. 106 Sempre Satyajit Layek (1990: 69-70, 76 n. 37 e 38) riferisce di un testo da noi non esaminato ovvero il commento di Vsudeva al Nyyasra di Bhasarvaja. Secondo Layek lautore avrebbe interesse a comprendere le differenze di tutti i generi di cognizione non valida e invalidare la posizione del Vaieika secondo la quale il sogno differente da dubbio, errore percettivo, valida cognizione e ricordo: sakalaviparyayaprabhedvabodhrtham udharaadvayam uktam. vaieik khalu saayaviparyayapramitisamraebho vilakaa svapnajna manyante ... Secondo il commentatore di Vsudeva, svapna un tipo di cognizione valida (pram) perch proviamo piacere nel vedere anche in sogno delle scene liete, come lincontro con un amico: svapne bandhudaranajanitasukhnubhavas tu pram. BSJ indica anche il criterio di realt di un ente. Per lui una conoscenza sar veritiera se possiede: utilit pratica (arthakriykritva), corrispondenza con la natura delloggetto che coglie (savditva) e una reale apprensione (upalabdhitva) (LAYEK, 1990: 70). BSJ tocca largomento svapna in vari altri punti, soprattutto nel suo NyBh (YOGNDRNANDA [ED.], 1968: 32-33, 145-146, 150-151), anche se sono per lo pi loci in cui si tira in ballo il nirlambanavda dei Vijnavdin, ossia la teoria che predica gli oggetti come stanti sul nulla, cio privi di supporto alcuno, che sia i Naiyyika sia i Mimsaka fanno oggetto di dure critiche. Sarebbe per troppo lungo e difficile questargomento per relegarlo in poche note allinterno di questo paragrafo. Tuttavia, si sappia che BSJ nel NyBh nel paragrafo Svapnrthavimara riflette su cosa ci sia di contrario, illusorio nella cognizione onirica. Egli dice che certamente loggetto cognitivo non nei pressi del sognatore, per cui afferma che tutto ci che appare viene poi rielaborato e riorganizzato al risveglio. Certo che ci che precedentemente esperito o meno, oppure presente o assente, tutto ci viene rielaborato al momento del risveglio attraverso una condizione che contraddice quanto sognato, quelloggetto opposto per diversit di luogo, tempo e natura rispetto alla sua apparizione nella cognizione onirica. Per esempio, in sogno si vede il padre morto, il figlio che vive allestero, il cieco vede. Il sogno pure simile a un altro errore percettivo, ossia al keoraka, ossia quel difetto ottiche in cui sembra che dei capelli ostacolino il campo visivo, ma ci
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mithyopalabdher vinas tattvajnt svapnaviaybhimnapraavat pratibodhe// 35 // [bhya] sthau puruo yam iti vyavasyo mithopalabdhi, atasmis tad iti jnam. sthau sthur iti vyavasyas tattvajnam. tattvajnena ca mithopalabdhir nivarttyate, nrtha sthupuruasmnyalakaa. yath pratibodhe y jnavttis tay svapnaviaybhimno nivarttyate, nrtho viayasmnyalakaa, tath mygandharvanagaramgatikm api y buddhayo tasmis tad iti vyavasyas tatrpy anenaiva kalpena mithyopalabdhivinas tattvajnn nrthapratibodha iti. updnavac ca mydiu mithyjnam. prajpanyasarpa ca dravyam updya sdhanavn parasya mithydhyavasya karoti s my, nhraprabhtn nagarasrpyasanniveaviee drn nagarabuddhir utpadyate, viparyaye tadabhvt. sryamarciu ca bhaumenoma saseu spandamnedakabuddhir bhavati smnyagrahat, antikasthasya viparyaye tadabhvt. kvacit kadcit kasyacic ca bhvn nimitta mithyjnam. da ca buddhidvaita myprayoktu parasya ca, drntikasthayo nopapadyata iti. Grazie alla conoscenza [veritiera] della realt, si ha leliminazione della falsa cognizione, come al risveglio scompare la cognizione degli oggetti onirici (35).107 [Commento:] La percezione che si ha a proposito di un tronco come Questo un uomo una falsa cognizione, una conoscenza [del tipo]: [la cognizione] di qualcosa su ci che tale non . Invece la percezione che si ha a proposito di un tronco come Questo un tronco! una conoscenza [veritiera] della realt; con la conoscenza della realt si ritira la cognizione falsa, non per loggetto la cui caratteristica comune sia al tronco, sia alluomo. [Per esempio], come al risveglio vi una [particolare] forma di conoscenza e mediante quella la cognizione delloggetto onirico si ritira, ma non il suo contenuto [in quanto tale], che ha come caratteristica comune loggetto stesso, allo stesso modo anche le ca gandharvanagaramgatiksu, suuptapratibuddhayo ca svapnaviayeu. tad etat sarvasybhve nirupkhyaty nirtmakatve sarva

non corrisponde a realt: atha svapndijne kas tarhi viparto rtha iti? taddeastha khavdir ity eke. tan na, prambhvt. na hi sanihitatvd eva jnasya viaya, ki tarhi? ya pratibhti sa cottarakla pratisadhnabalenpi vyavasthpyate. na ca khavdau pratisadhnam apy asti, tasmn nsau viaya, ki tarhi? prvopalabdho nupalabdho v vidyamno vidyamno v ya pratibuddhvasthy bdhakapratyayena sthvdivad anusadhyate, sa khalu deaklasvabhvnyatvena svapnajne pratibhsant viparta ity ucyate. tath hi - prabuddha san kathayati - maydya svapne mta pit jvatti da, putras tu dentarasthita ihasthita iti, andho nndha ity evam di. keoukajne pi avidyamna keasamha sadkratay pratibhti, bdhakotpattau tathnusadhnt 107 Questo aforisma vuole essere la risposta a un ipotetico quesito. Se anche la cognizione erronea, quella conoscenza che pare valida ma che in ultima analisi tale solo apparentemente, ha come oggetto un ente reale, come pu essere che non sia valida o che essa sia in breve contraddetta?

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cognizioni della magia, del castello in aria, del miraggio sono percezioni [del tipo]: [la cognizione] di qualcosa su ci che tale non e pure in quel caso attraverso questopzione, ossia grazie alla conoscenza [veritiera] della realt, si ha leliminazione della falsa cognizione ma non la negazione del [suo] oggetto. Inoltre, la falsa cognizione rispetto alla magia e altri simili ha una causa materiale [specifica]. Chiunque ne abbia i mezzi [= lillusionista], dopo aver preso una sostanza apparentemente simile a quella che intende mostrare, provoca una percezione illusoria a un altro individuo: quella unillusione. Quando, invece, [con laddensarsi in cielo] vi unapparenza simile a una citt di nuvole e altri fattori simili [= foschia o nebbia], a causa della distanza sorge una nozione di citt [in quelladdensamento], al contrario [quando non c addensamento] allora non c quella [= lidea di citt]. Ancora, quando i raggi solari mescolati al calore terrestre vibrano, allora in essi si ha lidea di acqua, per il fatto che si colta una propriet comune mentre, al contrario, colui che sta vicino non ha questidea. Perci, poich la conoscenza illusoria sorge in un certo luogo, in una certa circostanza e per qualcuno in particolare, non priva di una causa [precisa]. Viene anche vista una duplicit dellidea [a proposito dellillusione] di chi provoca lillusione e dellaltro [che ne spettatore], rispettivamente di chi sta lontano e di chi sta vicino, a proposito della citt dei Gandharva e del miraggio, di chi addormentato e di chi sveglio a proposito delloggetto onirico, allora ci [= questa differenza di visioni] non sarebbe logicamente plausibile se si mantenesse [come vuole il prvapakin] lassenza di tutto, lirrealt di ogni cosa,108 lessere privo di essenza di tutto (35).

Una chiara presa di posizione ci viene da Udayancrya (tra la fine del X e la prima met dellXI sec.) nel suo Nyyakusumajali (NyKu ad III.1) (MISHRA, U., 1929: 291-292):109
Traduciamo qui nirupkhyat con irrealt, sebbene sia un termine tecnico del linguaggio Mdhyamika che indica limpossibilit di predicare qualsiasi cosa a proposito di un oggetto, in quanto questultimo assolutamente vuoto, vano e irreale (asat). 109 Mishra (1929: 291-292) riporta la posizione di Udayana, il quale afferma che le apparizioni oniriche sono prodotte dal ricordo di eventi precedenti, risvegliato quando si dischiudono le impressioni latenti. Queste si sollevano per la forza del contatto sensoriale con un particolare oggetto. Egli afferma inoltre che nel sogno cose o eventi che appartengono a differenti luoghi o tempi, sovvengono alla coscienza quando le facolt sensoriali hanno cessato la loro attivit. Ci non prova che la coscienza onirica sia un ricordo chiaro, senza il sorgere di dubbi (asadigdha), in quanto la nozione successiva al sogno non io ricordo, io ricordai un sogno, ma io vidi un sogno. Questo genere di esperienza non dovuto a una sovrapposizione, in quanto non ci sono ostacoli e anche perch nel sogno noi vediamo eventi mai avvenuti, come il taglio della nostra testa. Ci non pu essere se si considera la cognizione onirica un ricordo, perch il ricordo solo la ripetizione di eventi passati. Egli aggiunge anche che il sogno non pu nemmeno essere un ricordo dal contenuto erroneo (smtiviparysa), poich non possibile cogliere un oggetto attraverso una forma di esperienza
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svpvasthy katha jnam iti tattatsaskrodbodhe viayasmaraena svapnavibhramm utpatte ...110 Nella condizione di sonno come si ha la conoscenza? Con il risvegliarsi delle impressioni di questo e quello [oggetto], per mezzo del ricordo delloggetto si ha lorigine delle illusioni oniriche ...111

Ancora Udayana, nel suo auto-commento ad NyKu V.17 afferma che esistono delle percezioni oniriche veritiere, in quanto hanno una corrispondenza con la realt (savda). Sebbene esse siano accidentali o casuali (kkatlya), non si pu relegarle a fenomeno senza causa. Lunico elemento capace di agire, in quel caso, sono le attivit meritorie del sognatore:
asti ca svapnnubhavasypi kasyacit satyatva, savdt. tac ca kkatlyam api na nirnimittam. sarvasvapnajnnm api tathtvaprasagt. hetu ctra dharma eva. sa ca karmamajavat yogajo
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pi

yogavidher

avaseya,

karmayogavidhyos

tulyayogakematvt

mediante la quale esso non sia gi stato colto (IBID.: 276-277). Il commentatore Varadarja (XII sec.) nella sua Bodhin aggiunge che anche nel sogno possibile un contatto sensoriale sebbene molto ottenebrato, anche se sufficiente a far risvegliare le impressioni, oppure grazie al calore interno (mdi) che il tatto riesce a percepire in quanto nel sogno ancora in contatto con la mente. In verit, la posizione che Mishra riporta quella dei commentatori di Udayana, nella fattispecie del Praka di Vardhamna Updhyya (XIII/XIV sec.) e il Makaranda di Rucidatta Mira (XV sec.). 110 Varadarja (XII sec.) cos glossa il passaggio: svapne v katha suuptivanmanaso vypriyamendriyasayogbhvt janotpattir ity ha svapna iti. tattadviayendriyavyprbhve pi prvnubhavajanitasaskrodbodhaprabhvitatattadviayasmaraa-sahakta mana svapnabhramn utpdayatty ha tattat iti ..., Inoltre, nel sogno come avviene il sorgere della conoscenza per una mente addormentata a causa della mancanza del contatto con i sensi attivi? A questo proposito [Udayana] dice svapna. Pur non essendoci la funzione dei sensi rispetto a questo o quelloggetto, la mente, aiutata dal ricordo di questo o quelloggetto originato dal risveglio delle impressioni latenti nate da una precedente esperienza, genera le illusioni oniriche. Cos [Udayana] dice tattat 111 Sadanada Bhaduri (1975 [1947]: 158-160) discutendo la funzione di ognuno dei cinque sensi nel Nyya-Vaieika, rivendica lindipendenza di ognuno verso il proprio oggetto. Tuttavia, egli afferma che nelle fasi successive rispetto allantichit della scuola, la teoria della percezione si basa grandemente sul contatto (sayoga), in un certo senso tattile, nel quale la mente la condizione essenziale per il sorgere di una qualsiasi nozione. Questa conclusione viene dallosservazione delle cognizioni relative al sogno e al sonno profondo. Lattivit residua del sogno spiegata tirando in ballo la stimolazione delle impressioni latenti dovute a esperienze precedenti (saskrodbodha) che si ha da un certo stimolo sensoriale. In quella condizione di sonno solo il senso del tatto ancora attivo, anche se non articolatamente, soprattutto quello interno. Questo contatto tra la mente e il senso del tatto persiste fino allentrata di essa nella purtat n e il successivo sonno profondo, in cui la mente smette di essere in contatto pure con il tatto. Si veda a pagina 140 di questo capitolo la trattazione dellopera di akara Mira intitolata Kada Rahasya. 112 Il Praka di Vardhamna Updhyya (ad NyKu V.17) fa in modo che un ipotetico prvapakin sollevi unobbiezione. Quando si parla di pram, la mente dipende dai sensi per avere un contatto con il mondo esterno, per cui dipende dai sensi per cogliere i propri oggetti. Nel caso dei sogni, per, che non

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Si ha pure la veridicit di qualche esperienza onirica, poich corrisponde alla realt. Quella, pur essendo casuale, non priva di causa, altrimenti per ogni conoscenza onirica sorgerebbe il problema di essere tale [= senza causa]. Per cui la causa, in questo caso, di certo il merito. Questo, come quello nato dal sacrificio pure sorto dalla disciplina yogica che deve essere accertata dallingiunzione dello Yoga, infatti, sia per lingiunzione sacrificale sia per quella dello Yoga il risultato ottenuto e la conservazione di quello sono gli stessi

Nel paragrafo precedente, trattando del Vaieika antico abbiamo mostrato quale sia la posizione di questa scuola rispetto al sogno, indicando in primo luogo la divisione della conoscenza in vidy e avidy, per poi suddividere ognuna in quattro. In quella circostanza abbiamo riportato come smti stesse allinterno di vidy e svapna con avidy. La posizione del Nyya, per lo meno quello antico, differente. Innanzitutto, il Nyya divide buddhi, la conoscenza, una delle qualit specifiche di tman (vieagua), in due categorie: ricordo (smti) ed esperienza diretta (anubhava). Ognuna delle due ha poi varie suddivisioni, anche se la pi generale si fonda sul criterio di validit (yathrthya) o invalidit (ayathrthya). Avremo dunque tanto lesperienza come valida o invalida (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 23-24), quanto il ricordo valido o invalido (IBID.: 57). Questultimo un tipo di conoscenza sorta esclusivamente dal risveglio delle impressioni latenti sorte da esperienze precedenti e immagazzinate in tman: saskramtrajanya jna smti. (IBID.: 22).113
sono pram, la mente non forzata a funzionare in accordo ai sensi: nanu pramym eva manaso bahir asvtantrya svapnajna tv apram ity ata ha asti ceti. tathpi sktkro bhramo vsanprabhavatvt kmturakminsktkravad ity akya tatpramtvam upapdayati sa ceti Questo spiegherebbe sia il perch della falsit dei sogni, sia perch alcuni di essi sono veritieri. Il S onnipervadente (vibhu) e come tale in costante contatto con ogni sostanza mrta e la mente. La mente si muove liberamente attraverso il complesso psico-fisico in virt della fitta rete di canali sottili (n, [si veda anche BUBV 334]). Per esempio pu accadere che la mente sia anche libera di uscire dal corpo, tanto da acquisire esperienze di luoghi ed eventi distanti sia nel tempo sia nello spazio. La loro apparizione dipende da una precisa causa ausiliaria (sahakriviea): il dharma. Per questo, solo coloro che hanno delle cause ausiliarie presenti e pronte saranno prodotti, non altri eventi (BUBV 840, 843, 846, 853). 113 Il NySB ad III.1.13-14 tratta il concetto di smti come tmagua. La TS/NyB offre qualche informazione in pi, oltre che definire il ricordo con il linguaggio navya, spiega il perch di ogni singolo termine allinterno della definizione (padaktya). Due sole cose vanno ricordate. In primis una definizione ha sempre due sezioni: la sezione delle qualificazioni o aggettivi (vieaakoi) e la sezione del qualificato o soggetto (vieyakoi), che il definiendum (lakya): bahirindriyjanyatvaviihasaskrajanyatvaviihajnatva smter lakaam. vieanupdne pratyakdyanubhave tivypti. tadvraya vieaopdnam. saskradhvase tivyptivraya vieyopdnam. dhvasa prati pratiyogina kraatvt saskradhvase pi saskrajanyatvasya sattvt. pratyabhijym ativyprivraya mtrapadam , La definizione di ricordo lessere una cognizione caratterizzata dalla propriet di non essere nata dalle facolt sensoriali e caratterizzata dalla propriet di essere nata

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Il ricordo appunto di due tipi: smtir api dvividh. yathrthyathrth ca. pramjany yathrth. apramjanyyatharth., Anche il ricordo di due tipi: valido e non valido. Il [ricordo] valido nato dalla valida conoscenza, mentre il [ricordo] non valido originato dalla conoscenza non valida. Il ricordo valido si ha quando a causarlo siano delle impressioni sorte da una conoscenza validamente acquisita, cio che colga la vera natura delloggetto percepito. Il ricordo difettoso o non valido, si ha invece quando le impressioni dalle quali prodotto presuppongono un tipo di conoscenza difettoso, ossia in cui si colga un oggetto altrimenti rispetto alla sua vera natura. Vediamo dunque come per determinare la natura di un ricordo, fondamentale sia la bont o meno dellesperienza precedente (prvnubhava) (CHATTERJEE - DRAVID, 1978 [1939]: 2324). Infatti, nel Tarkmta (TA, DKITA, P. K. [ED.], 2003: 109), Jagada Tarklakra (XVII sec.), dopo aver ribadito cosa si intenda nel Nyya per validit e invalidit, esprime il medesimo concetto:
tadvati tatprakrakatva yathrthatvam, tadabhvavati tatprakrakatvam ayathrthatvam.114 prvnubhava saskradvr smaraa janayati. tatra

dalle impressioni latenti. Con la non inclusione delle qualificazioni ci sarebbe leccessiva estensione alla percezione diretta e ad altri tipi di esperienza; al fine di evitare ci si menzionano le qualificazioni. Il menzionare il soggetto per evitare leccessiva estensione nella distruzione delle impressioni latenti. Infatti, il suo contro positivo causa nei confronti della distruzione, poich anche la distruzione dellimpressione latente sorta da [unaltra] impressione latente. Per evitare leccessiva estensione nel riconoscimento [si pone] il termine solamente va anche detto che per il Nyya unimpressione latente, come ogni altro tipo di qualit specifica del S dura solo tre momenti (kaa): lattimo della nascita (si), quello della conservazione (sthiti) e quello della fine (laya). La nascita nel S di una successiva qualit causa della distruzione della qualit precedente. Nel nostro caso avremo che una prima impressione dopo esser nata, perdura per un attimo e poi termina. Al momento della distruzione della prima impressione sorge una seconda impressione. Altra cosa da ribadire, per comprendere appieno gli appunti della NyB, la natura del riconoscimento (pratyabhij), ossia un tipo di conoscenza in cui confluiscono in un unico ente una percezione diretta e un ricordo. Lesempio classico so ya devadatta, Questo quel Devadatta. In precedenza si era visto Devadatta altrove e poi lo si rivede di fronte hic et nunc, cosicch Devadatta lunico soggetto di una cognizione lontana determinata dal quello (sa) che confluisce in una cognizione diretta, indicata dal questo (ayam). 114 Si veda la medesima definizione in TS (ATHALYE, 1988 [1897]: 23-24). Per esempio Bhasarvaja (BSJ, circa 950), nel suo Nyyasra (NyS, YOGNDRNANDA [ED.], 1968: 25) definisce il viparyaya come una falsa determinazione (mithydhyavasya), dandone due esempi: la visione di due lune o la visione quando si addormentati di elefanti o altri enti simili: mithydhyavasyo viparyaya. tad yath dvau candrv iti, suptasya gajdidarana ceti Lo stesso autore, nellauto-commento al NyS, il Nyyabhaa (NyBh) spiega il perch della citazione del secondo esempio [sul NyBh si baser nel XIV sec. il commentatore Jaina Jayasiha Sri, MISHRA, U. 1929: 274]. BSJ cita lesempio per riunire ogni genere di conoscenza erronea e per confutare i pareri degli avversari. Secondo alcuni, i seguaci del Vaieika, la cognizione onirica qualcosa di differente rispetto al valido mezzo di conoscenza, al risultato del mezzo di conoscenza, al ricordo e al dubbio. Comunque, sebbene la cognizione onirica sia differente da viparyaya vero e proprio, pur sempre qualcosa non diverso dallavidy. Per, anche il ricordo come la cognizione onirica, sono un tipo di conoscenza che appare solo da un oggetto che gi stato esperito. Oltre a ci, anche le percezioni erronee sono di tanti tipi, quante le cause da cui scaturiscono, per esempio nelluniverso individuale (adhytmikanimittapradhna), quando le impressioni latenti si risvegliano al

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prvnubhavasya yathrthatvyathrthatvbhy smaraam api ubhayarpa bhavati Validit [vedere] una qualificazione di un ente in ci che provvisto di quella; invalidit [vedere] una qualificazione di un ente in ci che non provvisto di quella. Lesperienza precedente genera il ricordo attraverso le impressioni latenti. L, a causa della validit o invalidit della precedente esperienza anche il ricordo pu avere aspetto di entrambi

La conoscenza onirica, allora, non pu essere designata come percezione diretta, in quanto non soddisfa il criterio della conoscenza percettiva (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 29): indriyrthasanikaajanya jna pratyakam, la percezione diretta una conoscenza prodotta dal contatto dei sensi con i [propri] oggetti. Per questo motivo la conoscenza onirica ha una parentela pi prossima con la rimembranza: entrambe le cognizioni non hanno bisogno della presenza fisica di un oggetto al fine di sorgere essendo generate da unimpressione latente. Vi per un distinguo di fondo: smaraa una cognizione reale che pu essere verificata grazie alloggetto che ne costituisce il contenuto. Lo stesso non si pu per dire per la conoscenza onirica che, non presentando una corrispondenza reale con unentit esterna, non pu essere considerata valida. Se la conoscenza onirica causata da impressioni latenti erronee, allora sar da considerarsi come erronea; mentre se generata da impressioni valide, anchessa sar valida.115
memento del sonno, si ha lesperienza onirica: suptasya gajdidarana ca ity udahrantara kim artha? sakalaviparyayasagrahrtha matntaraniedhrtha ca. kecid atra svapnajna pramaphalasmtydibhyo rthntaram icchantty atas tanniedha kriyate yad api svapnajna viparyaydivilakaa, tad api nvidyntaram yac cnubhtrthamtrvabhsisvapnajna, tat smaraam nimittabhedenpy anekadh viparyayo bhidyate, tad yath tath nidrsahitebhyo saskrtiaydibhya svapnajna veditavyam iti Mishra (1929: 275) afferma che prima di BSJ la coscienza onirica era considerata differente dal ricordo, ma lui sembra il primo ad assimilarla a smti. Jayasiha Sri scrive che le cognizioni erronee sono di due tipi: anubhyamnropa, ossia dove la sovrapposizione erronea si ha per via di unesperienza diretta, cio di un oggetto percepito su un altro oggetto percepito, e smaryamropa, dove la sovrapposizione erronea avviene via ricordo, ossia si sovrappone un ricordo a un oggetto percepito. In questultima casella va inserito il sogno (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 309). 115 Il Nyya un convinto sostenitore della intrinseca non autorevolezza della conoscenza, ovvero della sua estrinseca autorevolezza (parata prmya). Secondo i logici assumere che alcuni casi di cognizione siano intrinsecamente validi, altri intrinsecamente invalidi si presta a varie obbiezioni. La prima senza dubbio che il criterio definitivo per i due generi di cognizione pu essere supplito solo da un fattore esterno. Per questo pi logicamente congruo accettare una non-autorevolezza intrinseca della cognizione, fondando la sua autorevolezza su una cognizione successiva, che coglie le cause della prima. Questa dottrina spiega le cognizioni oniriche: non sono valide, poich le loro cause sono imperfette. La cognizione di veglia, invece, se basata su una fonte valida, anchessa, ma non altrimenti (KEITH, 1978 [1921]: 17-18).

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Keava Mira (XIII sec.), nel Tarkabh (TB, BHANDARKAR [ED.], 1979: 79) fuga ogni dubbio, affermando che ogni genere di cognizione che si ha allinterno di un sogno un tipo di ricordo, anche se senzaltro non valido. Certamente la conoscenza onirica legata agli oggetti reali della veglia oramai passati, anche se intrinsecamente falsa. Il tipo di conoscenza che si ha degli oggetti come se essi fossero direttamente accessibili ai sensi delladdormentato e questo ammonta a una falsa cognizione, ove si vede in un oggetto ci che quello non ha, proprio come enunciato della formula atasmis tad (KEITH, 1977 [1919]: 66-67). Per questo il sogno non pu in nessun caso essere considerato un valido mezzo di conoscenza (CHATTERJEE - DRAVID, 1978 [1939]: 25-26; SINHA, J. N., 2008 [1958],
VOL. 1: 309):

smaraam api yathrtham ayathrtha ceti dvividham. tadubhaya jgare. svpe tu sarvam eva jna smaraam ayathrtha ca. doavaena tad itisthne idam ity udayt Anche il ricordo di due tipi: valido e non valido. Entrambi quei due si hanno nella veglia. Nel sonno invece ogni genere di conoscenza un ricordo non valido. Infatti, a causa del difetto, al posto di quello si ha il sorgere di questo ...

Ancora il Tarkmta di Jadada riporta che il sogno e la nozione incerta, indefinita (anadhyavasya) sono da includersi nella cognizione erronea (viparyaya). Oltre a ci, si evidenzia una comunanza di vedute rispetto alleziologia delle cause, cio dalla rimembranza di oggetti gi esperiti che corrisponde al risveglio delle impressioni latenti, la forza invisibile corrispondente a merito e demerito (ada) e gli squilibri umorali (dhtudoa): 116

116 Tra gli studiosi sembra esservi un po di confusione riguardo la posizione del Nyyamajar di Jayanta Bhaa (IX sec.) rispetto ai sogni. Per alcuni Jayanta sembra considerare le cognizioni oniriche come recollections of past experience (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 309) o He follows his own way and holds that dream-consciousness is Remembrance (MISHRA, U., 1929: 276). Per, queste sarebbero da includere nella categoria del viparyaya anche se non senza eccezioni. Alcuni sogni hanno una natura valida. Inoltre, una grande differenza che nella percezione erronea i sensi sono in funzione, cosa che non avviene nel sogno (MISHRA, U., 1929: 285). Layek (1990: 70-71, 77 n. 42, 43, 44, 45), come al solito in modo molto superficiale, afferma che Jayanta vede gli oggetti delle cognizioni oniriche come reali. Per esempio se una persona vede in sogno qualcosa dimpossibile da vedere altrimenti, come il taglio della propria testa, si deve comunque dire che questa visione onirica possibile e la conoscenza scaturita da essa veritiera, in quanto nel sogno una visione o un oggetto non esperiti finora possono comunque venir visti. I seguaci della Prabhkara Mms obbiettano sollevando la questione di come si possa etichettare unesperienza mai avuta come reale. Jayanta risponde che se il sognatore stesso non lha avuta, sar pure stata sperimentata da altri, per cui loggetto di quella cognizione reale. Per questo

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svapnas tu anubhtapadrthasmaraair adena dhtudoea ca janyate. anadhyavasya ca kicid iti jna viedarand bhavati tatra naiyyikamate svapndhyavasyau viparyayamadhye praviau Mentre il sogno sorge mediante i ricordi di oggetti ormai percepiti, dalla forza invisibile e dallo squilibrio umorale. La nozione indefinita una conoscenza come qualcosa senza che vi sia la percezione della particolarit A questo proposito nel punto di vista dei logici il sogno e la nozione indefinita sono fatti rientrare allinterno della percezione erronea 117

Infine, col consumarsi della confluenza di Nyya e Vaieika nel Navya Nyya,118 le differenti posizioni delle due scuole non si mitigano. Ci sono autori come Kua Bhaa119 e Keava Mira che sostengono che il sogno e la cognizione onirica sono vividi esempi di memorie, anche se di invalida natura. Altri autori, come un certo Raghuntha Paita, menzionato da Umesh Mishra (1929: 278, 306) che, per certi versi, supporta il punto di vista di Udayana. Secondo questi svapna un tipo di anubhava, se dovuto ai meriti (dharma) va trattato come pram, se dovuto ai demeriti (adharma) come apram. Sempre Mishra conclude, in modo condivisibile, indicando una virata da parte degli autori Naiyyika medievali e pi recenti, rispetto a quelli antichi. Riassumendo, si pu affermare che mentre gli ultimi considerano il sogno un tipo di ricordo, i primi lo considerano per lo meno differente da smti.
motivo, visto che lesperienza di un individuo non pu essere ricordata da un altro, i Mmsaka non possono provare il fatto che il sogno sia un ricordo. Per i logici il sogno una percezione diretta e non un ricordo, in quanto il ricordo rimane oscuro, finch, infine, se ne va: anubhavapratyaka ca svapna savedyate, na smaranullekhamtram iti Beh, naturalmente questa posizione ci lascia per lo meno dubbiosi. Purtroppo per, in mancanza delledizione di Mysore, al momento la pi attendibile, non riusciamo ad andare a fondo alla questione. Comunque sia, in unaltra opera U. Mishra (2006 [1936]: 43) molto chiaro: According to Nyya dream-cognition in both true and false. If it is produced from merits then it is true and if from demerits then it is included under erroneous cognition 117 Umesh Mishra (1929: 285) scrive che il NySB (IV.2.34) includerebbe svapna allinterno di saaya. Certamente questo punto di vista non ci risulta. Comunque Mishra stesso afferma un fattore fondamentale alla distinzione tra dubbio e sogno. Mentre nel dubbio la cognizione sospesa tra due oggetti, nel sogno la cognizione riguarda un solo oggetto. Anche se alcuni sogni possono sembrare dei dubbi, non possibile indicare il sogno come un dubbio in ogni caso (VaiSU ad IX.2.6-7). 118 Il grande iniziatore del Navya Nyya, Gagea Updhyya (XIII sec./ 1320), nel suo magnum opus, la Tattvacintmai (TCM) afferma, prima nel Pratyakakhaa che il sogno, o meglio la cognizione onirica una creazione mentale illusoria per natura: svapnavibhramavat svotprekitapadrtha mnaso yam In seguito, nell Anumnakhaa scrive che: nidrsahakrea bhyasvapnnubhava (LAYEK, 1990: 73, 77 n. 46-47). 119 In un testo da noi non esaminato conosciuto come Padrthadpik (MISHRA, U., 1929: 278).

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Concludendo con una nostra valutazione, si pu affermare che nella conoscenza sorta dai sogni tman o manas possono essere considerati la causa inerente (samavyikraa), contatto tra la mente e il S la causa non inerente (asamavyikraa), mentre gli squilibri umorali (dhtudoa) ne risultano la causa efficiente (nimittakraa), mentre il sonno e il merito o il demerito sono le cause secondarie o ausiliarie (sahakrikraa).

II.4: S KHYA Inngabilmente la trattazione del sogno nel Skhya tuttaltro che centrale, anzi diremmo pure che del tutto periferica. Per esempio, nellopera principale, le Skhya Krik (SK) di varaka (IV-V sec.) non se ne fa menzione. Fatte salve alcune sporadiche e brevissime menzioni nei commenti principali,120 come per esempio nella Yuktidpik121 (YD ad SK 34), purtroppo commenti altrettanto significativi, come quello il commento di Gauapda (VIVII sec.), il Gauapdabhya (GB), il Skhya Tattvakaumud (STK) di Vcaspati Mira, la Mharavtti (MV) di Mhara (tra il VI lVIII sec.),122 lAniruddhavtti (AV) di Aniruddha (XV sec.) e la Jayamagal (JM) di un certo akara (IX [LARSON, 1998 [1969]: 149, 282] o XV sec. ?)123 non ci dicono nulla. Le uniche occasioni in cui al sogno si presta una bench minima attenzione nel commento di Vijna Bhiku (VB, XVI sec.) chiamato Skhyapravacanabhya (SPB) al testo tardo e falsamente attribuito al mitico fondatore della scuola Kapila, il Skhya Stra (SS) o Skhyapravacana Stra (SPS). Il testo, che in forma di aforismi segue le pi famose strofe di varaka,
Secondo S. Layek (1990: 52, n. 55) vi una menzione di sogno nel Gauapdabhya: svapnaindrajlasadam iti il cui riferimento dato dallautore come (Gau. Bh. p. 113) Nonostante la citazione non presente nelle edizioni a nostra disposizione. Oltre a ci Layek non fornisce in bibliografia quale sia ledizione del testo da lui usata. 121 Nel colofone del manoscritto scoperto agli inizi del secolo scorso si indica VM come autore del testo, anche se il dibattito sulla paternit del testo tuttaltro che chiuso (HULIN, 1978: 140). 122 C anche una menzione unica nella Mharavtti ad SK 12 mentre si spiega cosa significhi la natura offuscatrice (vidtmaka) di tamas si glossa il termine con mohalakaa, la cui caratteristica lottundimento, di cui si danno vari esempi tra cui lultimo il sogno: ajnamadlasyabhayadainykarmayatnstikyavidasvpndi 123 Layek (1990: 52, 55 n. 6) indica un breve passo nel commento denominato Jayamagal (JM, ad SK 5) e attribuito a un certo akara, assolutamente non identificabile con il grande , maestro indiscusso dellAdvaita (HULIN, 1978: 140). Nel testo lautore, trattando la natura e le variet della percezione diretta, non si sbilancia in una discussione sulla natura del sogno, bens si limita a dire di cosa esso sia il risultato: yat svapnadarana tad indriyavyatireki, nidropaplutatvd idriym , Quello che la visione onirica [sorge] priva dei sensi, [cio] quando i sensi sono immersi nel sonno
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sembra una composizione risalente al XIV o XV secolo in sei capitoli, che in toto contengono 526 aforismi. Oltre al commento principale di SPB, abbiamo una glossa redatta da Mahdeva Vedntin (XVII sec.) che riassume fedelmente il commento di VB (HULIN, 1978: 153-155). Sembra comunque che la scuola evochi unidea rappresentativa del sogno. Per questo motivo ogni cognizione onirica considerata analoga al ricordo (smti) posto per allinterno del contenitore del sonno. Sono per lo pi modificazioni dellintelletto (buddhivtti) prodotte dalle impressioni latenti che ne sono la causa vera e propria (TRIPH, R. N., 1987: 174), per cui i sogni non sono altro che ricordi illusori, in quanto i ricordi sono determinati dai saskra (MISHRA, U., 1929: 281). In essi non vi interferenza o produzione alcuna data dalle facolt sensoriali o da stimoli esterni. Sono comunque considerati in definitiva dei fenomeni di natura illusoria (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 493). Abbiamo nel Nyyakoa un brevissimo accenno a questo atteggiamento dellintera scuola, ripreso dal commento di VB ad SS I.148 (JHALAKKAR, 1978 [1893]: 1053; ABEGG, 1959: 15):
skhy myvdivedntina ca saskramtrajanya svapnvasthabdavcyo buddher viaykra parima svapna ity hu ... I seguaci del Skhya e i Vedntin sostenitori dellillusoriet [del mondo] affermano che il sogno una modificazione dellintelletto che ha forma loggetto, nato dalle sole impressioni latenti ed esprimibile direttamente dalla parola condizione onirica ...

Come dicevamo una menzione si trova nel commento ad SK 34 nella Yuktidpik, nella quale si chiarisce definitivamente che per certi versi il sogno un ricordo, ma la sua natura illusoria:
mgatiksvapnaviayair asadbhi satm asattvam icchatas tadvad eva vipartadaranaprasaga. tath hi gandharvanagardiu kadcit tam evrtha g payati, kacit gaja payati, kadcit patkm. svapne caikamrtipatitn

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gopuruvarsabhanadvkaprabhtn darana smarae viparyayea dam 124 vicchinnn cvayavn puna sadhnam kagamanam anvarasynimitta rjyalbha iti. tad itaratrpi syt. na tv asti. tasmd ayukta mgatiksvapndivad asattva bhvnm. arthakriy ca na syt. dam, yath evam ihpi svapne syt. sntnuliptitaptavastrcchditnm aphalatva

ukravisargavad iti cet. syd etat yath dvayasampattiprvaka ukravisarga sa ca tadabhve pi svapne bhavati, evam itaras syd iti. tad ayuktam, rgdinimittatvt. tath hi jgrato pi tat dvayasampattim antarea bhavati. tasmn manorajannimitta tat Per colui che crede nella non esistenza degli enti attraverso [lanalogia con] ci che non reale come il miraggio, gli oggetti onirici o quantaltro, sorge un problema di visione opposta proprio come quello [di questi oggetti illusori]. In questo modo nella citt dei Gandharva e in altre [illustrazioni illusorie] qualcuno coglie il medesimo oggetto talvolta come vacca, qualcuno lo vede elefante, talaltra bandiera. Nel sogno vi la visione di vacche, uomini, cavalli, asini, fiumi, alberi e altri come fossero riuniti in ununica immagine, nel ricordo visto in modo opposto Attaccare nuovamente delle membra ormai staccate, camminare in cielo, lottenimento di un regno da parte di un uomo non qualificato senza causa, e altri [esempi]. Quello potrebbe darsi anche altrove, per non avviene. Pertanto, non sostenibile la non esistenza degli enti come nel caso del miraggio, del sogno o altri simili. Anche lutilit pratica non si da: cos come nel sogno si vede la sterilit per colui che si lavato, cosparso [di unguenti], che ha mangiato e bevuto, si vestito o quantaltro, allo stesso modo deve essere anche in questo caso. [Obbiezione:] [Se si dicesse] che come la fuoriuscita del seme [durante il sonno]? [Risposta:] [Risponderemmo che] Ci pu essere: per esempio leiaculazione si ha previa unione di una coppia, [anche se] in sogno questa avviene anche senza quel [requisito]; allo stesso modo pu essere anche in altra circostanza. Ma questo non plausibile perch ha come causa lattaccamento, per cui ci avviene anche per una persona che veglia senza [che vi sia] lunione della coppia. Per questo motivo ci non ha come causa il divertimento 125

124 La Yudtidpik stata recentemente scoperta e si ritrova in un unico manoscritto. Questa parte indica un passaggio del testo non completo per la cattiva conservazione del codice, in cui troviamo solo alcune parole iniziali: tath vtyanena hastiythapraveane 125 Prendiamo spunto dalla traduzione di Shiv Kumar e D. N. Bhargava (1992, VOL. 2: 270-271), sebbene quanto proponiamo sia nostra lettura e rielaborazione.

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C da dire che, sebbene il fulcro della discussione sul sogno si concentri nellaforisma III.26-27 del SS, vi una trattazione previa (I.148), in cui si fa menzione in primis di suupti, ma anche di tutte e tre le avasth. La discussione verte su una precedente obbiezione secondo la quale purua, lEssere, sinonimo di tman nel Skhya sarebbe inerte (jaa) e non senziente (acetana).126 La risposta si ha col stra suuptydyaskitvam, secondo il quale se il S dovesse essere considerato privo di coscienza non vi potrebbe essere alcuna testimonianza derivante dallesperienza del sonno profondo. Secondo la Vtti di Aniruddha, il termine di, eccetera, indicherebbe appunto il sogno.127 Comunque sia, VB sempre il pi esaustivo, dando varie definizioni di ognuna delle condizioni:
suuptydy asyvasthtrayasya buddhiniasya skitvam eva pusty artha. tad uktam jgrat svapna suupta ca guato buddhivttaya/ ts vilakao jva skitvena vyavasthita// [BhP XI.13.27] iti. tatra ts buddhivttn skitvena tadvilakao jgraddyavasthrahito nirita ity artha. jgran nmvasth indriyadvr buddher viaykra parima. svapnvasth ca saskramtrajanyas tda parima. suuptyavasth ca dvividh arddhasamagralayabhedena. tatrrdhalaye viaykr vttir na bhavati, kintu svagatasukhadukhamohkraiva buddhivttir bhavati, anyathottitasya sukham aham asvpsam itydirpasuuptiklnasukhdismaranupapatte. tad ukta vysastrea mugdhe rddhasampatti pariet [BS III.2.10] iti. samagralaye tu buddher vttismnybhvo maradv iva bhavati. anyath samdhisuuptimokeu brahmarpat [SS V.16] ity gmistrnupapatter iti. s ca samagrasuuptir vttyabhvarpeti puruas tatsk na bhavati, puruasya vttimtraskitvt, anyath saskrder api buddhidharmasya skibhsyatpatte. suuptydiskitva tu tdabuddhivttn svapratibimbitn prakanam iti vakyma [SPB ad I.161]. ato jnrtha puruasya na parimpeketi La propriet di essere testimone di questa triplice condizione, cio il sonno profondo ecc., sita nellintelletto esiste invero nellEssenza: tale il significato. stato detto ci: La veglia, il sogno e il sonno profondo sono modificazioni dellintelletto in accordo alle [loro] qualit. Lanima individuale differente da quelle in quanto presente in forma di testimone (BhP XI.13.27). A questo

VB esplica la domanda: nanu yadi prakarpa evtm tad suuptydyavasthbhedo nopapadyate, sad prakanpyd iti 127 Aniruddha scrive: yady tm jaa syt, suuptydau askitvam ajttva syt, na caivam, sukham aham asvpsam iti pratibhsant. diabdt svapnagrahaam.
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proposito [lEssere] stabilito come il testimone di quelle modificazioni dellintelletto, differente da esse, cio privo appunto delle condizioni di veglia e delle altre. Questo il senso. La condizione di veglia la trasformazione attraverso i sensi dellintelletto in forma delloggetto. La condizione di sogno una siffatta trasformazione nata esclusivamente dalle impressioni latenti. La condizione di sonno profondo di due generi per via della suddivisione in mezza latenza e completa latenza. Tra queste, nella mezza latenza non vi una trasformazione mentale in forma delloggetto, bens una modificazione dellintelletto in forma della felicit, del dolore, della confusione relative a s, altrimenti non si spiegherebbe il ricordo della felicit e quantaltro del momento di sonno profondo la cui forma Io dormii felicemente.128 Questo stato affermato da un aforisma di Vysa: Per esclusione, nello svenimento vi una mezza unione (BS III.2.10). Daltro canto nella latenza completa la generale mancanza di una qualche modificazione dellintelletto come nello stato di morte o affini, altrimenti non vi sarebbe tenuta logica del prossimo aforisma Laspetto di brahman si ha nelle condizioni di contemplazione, sonno profondo e liberazione. (SS V.16). [Se si sostiene] Quel completo sonno profondo ha laspetto di assenza di modificazioni mentali lEssere non suo testimone, poich egli testimone delle sole modificazioni mentali, altrimenti [si presenterebbe il problema che] anche le impressioni mentali e altre propriet dellintelletto diverrebbero illuminabili dal testimone. Noi sosterremo [invece] che la propriet di essere testimone del sonno profondo e delle altre [condizioni] la capacit di illuminare siffatte modificazioni dellintelletto che sono in esso stesso [= nellEssere] riflesse. Per questo motivo, lEssere non ha bisogno di una trasformazione ai fini della cognizione 129

Vedremo, soprattutto nel prossimo capitolo, come questa formula dallaspetto di ricordo, che si ha al risveglio dal sonno profondo e denominata prasadhna, indichi con esattezza quali siano stati i contenuti di suupti. Nel Vednta la si cita come sukha aham asvpsa na kicid avediam, Io dormii felicemente, non conobbi nulla. 129 Un volume da noi preso in esame, non molto attendibile, ma che tuttavia fornisce alcuni spunti originali. Secondo lautore (ACHARYA, 1985: 383-390) Vijna Bhiku, interpretando Skhyastra (SS), fornirebbe una ricetta su come differenziare sonno profondo da samdhi e moka. Egli indica che questi tre stati hanno fattori comuni: 1) brahmarpat: divenire della natura di brahman; 2) updhirahitatva: dissociazione con le aggiunte limitanti come piacere, dolore e dal corpo e dalla mente; 3) cinmayabhvatva: cio che dopo aver vagato in sogno la mente diviene conscia di s stessa, lintelletto smette di creare forme e, a causa di questa cessazione, la mente diviene una massa omogenea di coscienza, dalla quale ogni vtti e impressione sono escluse. In ogni modo, vi una grande differenza tra i tre: i primi due sono sabja, mentre la liberazione nirbja. Nel sonno profondo esistono ancora dei germi latenti di desiderio di ritornare alla condizione individuale rappresentata dalla condizione di veglia, per cui in questi due stati ci che ci riporta alla veglia assopito. VB paragona le impressioni latenti del sonno profondo ai canali circolari concentrici delle ammoniti fossili (lagrmal). Se questo vero per il sonno profondo, la cosa applicabile pure al samdhi. Nel samdhi inferiore vi sono ancora tracce dimpressioni, ma non in quello superiore, in cui non v segno di memoria. Infatti, VB puntualizza che il S non seggio di memoria e impressioni, bens sono tali gli updhi. Con la
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In ambito dottrinale il stra che pi ci interessa, anche perch capace di demarcare una linea di differenziazione tra il Skhya e lAdvaita Vednta, il gi citato III.26 (LAYEK, 1990: 52): svapnajgarbhym iva myik myikbhy nobhayor mukti puruasya// 26 //, Come attraverso il sogno e la veglia che sono rispettivamente illusorio e non illusorio, la liberazione dellEssenza non [viene] da entrambi (26). A questo proposito Aniruddha traccia uno spartiacque fondamentale, in modo molto chiaro, spostando il discorso su un tema tutto vedntico, anche se condiviso dal Skhya, ovvero verso limpossibilit di giungere alla meta ultima mediante la commistione (samuccaya) di due metodi opposti per natura, qualificazioni richieste e risultato finale, cio jna e karman. Lautore individua nellattivit della veglia un corrispettivo della natura sempre cosciente e vigile del S mentre il sogno presenta unanalogia con la limitazione dellanima individuale nella condizione legata dallazione. Egli continua sostenendo che per avere una commistione, una mescolanza feconda necessario che i due o pi enti in questione siano presenti nello stesso tempo. Cos non accade per quanto riguarda il sogno-azione e la veglia-conoscenza. Come il sogno si ha in un momento diverso dalla veglia, cos la conoscenza o il desiderio verso essa albeggia nelluomo quando la tendenza ad agire si sopisce:
myika svapna, amyiko jgara. svapnavat karma, jgaravaj jnam. tulyaklayor hi samuccaya, na tu svapnajgarayos tulyaklatvam. tasmn na jnakarmasamuccaya ... Il sogno illusorio, la veglia non illusoria. Lazione come il sogno, come la veglia la conoscenza. La commistione, infatti, si ha per due momenti uguali, ma il sogno e la veglia non hanno un tempo uguale, perci non possibile la commistione di conoscenza e azione ...

Pi elaborato, ma dello stesso stampo, il commento di VB. Egli specificamente asserisce lillusoriet del sogno rispetto alla veglia e, afferma
liberazione persino queste condizioni avventizie limitanti sono annichilite, lasciando il S nella sua condizione pi pura, ossia come Conoscenza suprema e universale. Dunque, se dal samdhi e da suupti c ritorno, ci non si pu dire per la liberazione.

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pure un minore status ontologico degli oggetti di veglia, caratterizzati da instabilit, origine e fine, rispetto allinattaccabile immutabilit di purua:
samuccayavikalpayor abhve dntam ha svapna-. yath myikmyikbhy svapnajgarapadrthbhym anyonyasahakribhvenaika pururtho na sambhavati, evam ubhayor myikmyikayor anuhitayo karmajnayo puruasya muktir api na yuktety artha. myikatva csatyatvam, asthiratvam iti yvat. tac ca svpne rthe sti. jgratpadrthas tu svpnpekay satya eva kasthapurupekayaivsthiratvensasyatvd ata svapnavilakaasnndikrya-kara. eva karmpy asthiratvt praktikryatvc ca myikam. tm tu sthiratvd akryatvc cmyika. atas tayor anuhitakarmajnayo samnaphaladttvam ayauktikam iti vilakaam eva krya yuktam ... A proposito della mancanza della [loro] commistione e alternanza [VB] presenta un esempio: svapna. Poich non possibile [realizzare] un unico fine del purua mediante una modalit di cooperazione reciproca in virt dei significati dei termini sogno e veglia che sono rispettivamente illusori e non illusori, allo stesso modo non logicamente tenibile la liberazione del purua quando vi sia una messa in pratica [commista] di entrambi, ci che illusorio e ci che non illusorio, vale a dire rispettivamente lazione e la conoscenza. Tale il senso. Allora lillusoriet menzogna, assenza di fissit e si d nelloggetto onirico. Loggetto [percepito] durante la veglia, in confronto a quello [onirico], certamente reale, [sebbene] vista la sua instabilit rispetto allEssere immutabile130 [pu delinearsi] una sua non [totale] verit, perci quello lattore di attivit [empiriche] quali il lavaggio e altre simili, che differente da [quanto accade] nel sogno. Cos anche lazione illusoria poich instabile ed un effetto [dovuto] alla Sostanza (prakti). Daltra parte il S non illusorio perch stabile e non un effetto. Per tale ragione non logicamente sostenibile il fatto che lazione e la conoscenza praticate [congiuntamente] concedano uno stesso risultato, allora solo un effetto differente sostenibile ...

Appare subito chiaro da queste poche battute come vi sia una somiglianza di fondo con il Vednta non duale della scuola Skhya, sebbene la differenza di fondo rimane. La comunanza di vedute di certo con la natura illusoria (myika)
Il concetto di khastha riferito al S riempie molte pagine di altrettanti trattati. In primo luogo ci piace ricordare la BG XV.16 in cui il purua immutabile definito come incorruttibile e indistruttibile (akara). Naturalmente, sia il Skhya sia il Vednta Advaita, sono concordi nel considerare tale tman. Ricordiamo in pi solo la Pacad di Vidyraya (XV sec.) VI.18-60.
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del sogno, anche se balza pi agli occhi la grande diversit nellinterpretazione del mondo empirico esperito in veglia, che a occhi Skhya veritiero (amyika) (LAYEK, 1990: 52). Oltre a ci resta da valutare unaltra identit di ottica con il Vednta, concetto espresso mediante il stra successivo SS III.27: itarasypi ntyantikam/, Anche dellaltro non c assoluta [non illusoriet], per il quale vale la pena di riprodurre sia la Vtti di Aniruddha, sia il commento di VB:
pratyayatvt svapnapratyayavaj jgratpratyayasypi mithytvam ity atrha itarasypi. svapnapratyayasypi ntyantika mithytvam, khapupavat. na ca svtmany api mithytvam, anyath svapna ity eva na syt. na ctyantde svapna, kintu jgradde rthe. Poich la cognizione di veglia una cognizione, come la cognizione di sogno allora vi [la sua] falsit. A questo proposito [lautore dellaforisma] dice: itarasypi. Anche la cognizione onirica non partecipa del tutto della falsit, come nel caso di un fiore [che cresce] in cielo. Nemmeno nella sua natura c falsit [totale], altrimenti [dire] un sogno non sarebbe pi possibile; neppure vi un sogno a proposito di ci che assolutamente non visto, ma di un oggetto che stato visto durante la veglia.

Ora, il SPB sposta la discussione su un altro punto di vista. Lautore afferma che proprio giacch ltman in s puro considerato ente su cui meditare (upsya), non si pu escludere che vi siano delle qualit, non del tutto vere, sovrapposte alla sua vera natura:
nanv evam apy tmopsankhyajnena saha tattvajnasya samuccayavikalpau sytm upsyasymyikatvd iti, tatrha itarasy. itarasypy upsyasya ntyantikam amyikatvam upsytmany adhyastapadrthnm api praved ity artha. [Obbiezione:] Se cos fosse, allora [si potrebbe sostenere che] insieme alla conoscenza che chiamata la meditazione sul S, ci siano la commistione e lalternanza della conoscenza dei [25] principi (tattva), per il fatto che loggetto della meditazione (upsya) non illusorio. A questo proposito [lautore dellaforisma] dice: itarasypi. Anche di un altro, ossia delloggetto della meditazione, non vi unassoluta non illusoriet, perch vi la penetrazione

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anche di enti sovrapposti sul S che loggetto della meditazione. Questo il significato.

Infine, si pu delineare unulteriore traccia comune con la veglia. Come in essa si esperiscono vari generi di cognizione a causa della mescolanza dei gua, allo stesso modo anche il sogno ha tre variet principali, come abbiamo gi visto per il sonno nei testi medici, cio ci sono sogni sttvika, rjasa e tmasa. Questi tre generi di sogni sono esperiti da individui in cui domina la stessa qualit che d il nome al sogno (TRIPH, R. N., 1987: 175).

II.5: Y OGA La scuola alleata e corrispondente (samnatantra) del Skhya lo Yoga classico, come codificato dal i Patajali (circa tra il 350-400 [EIP, 2008, vol. 12: 21]). Allinizio degli Yogastra (YS), testo principale del darana, e precisamente nella prima sezione,131 I.4132 e I.5133 si indica in cinque il numero delle modificazioni mentali (vtti) e la loro natura afflitta (klia) e non afflitta (aklia) e poi v lenunciazione vera e propria di esse menzionando i loro nomi: i mezzi di conoscenza (prama),134 lerrore percettivo (viparyaya),135 lastrazione (vikalpa),136 il sonno (nidr) e il ricordo (smti).137
Lo YS suddiviso in quattro capitoli o quarti (pada): il primo dellenstasi (samdhipada), il secondo del metodo (sdhanapada), il terzo dei poteri sovrannaturali (vibhtipada) e il quarto dellisolamento (kaivalyapada). 132 vttaya pacatayya klikli. Le cinque modificazioni mentali sono i vortici interni che la pratica yoga mira a far cessare (YS I.2: yoga cittavttinirodha). Ogni genere di modificazione ha due modi di presentarsi, come afflitta e come non afflitta. Una vtti klia una modificazione mentale che rafforza le cinque afflizioni (klea, YS II.3: avidysmitrgadvebhinive kle; YS II.3-9) ponendo degli ostacoli sulla via del praticante. Le modificazioni aklia, sono vtti che coltivate conducono alleliminazione delle afflizioni e aiutano ad arrivare al successo nella via. Lo yogin dovrebbe impegnarsi ad annullare le vtti klia con le vtti aklia, per poi estinguere (nirodha) anche queste ultime. 133 pramaviparyayavikalpanidrsmtaya. 134 YS I.7: pratyaknumngam pramni, lo Yoga riconosce tre validi mezzi di conoscenza: percezione diretta, inferenza e testimonianza autorevole. 135 YS I.8: viparyayo mithyjnam atadrpapratiham, Lerrore percettivo quella conoscenza fallace il cui fondamento in una forma che non quella [delloggetto percepito]. 136 YS I.9: abdajnnupt vastunyo vikalpa, Lastrazione si ha insieme alla conoscenza verbale ed vuota di un ente reale. Quella vtti che si ha solo nellimmaginazione che sorge da unenunciazione verbale senza alcuna corrispondenza nella realt empirica con un oggetto, si dice astrazione. Per esempi si dice aaga, corno di lepre: riusciamo a costruirci unimmagine mentale ma che non pu avere corrispettivo in un oggetto reale. 137 YS I.11: anubhtiviaysapramoa smti, Il ricordo la ritenzione di un oggetto gi esperito.
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Vediamo appunto come laforisma I.10 si occupi del sonno, che come gi pi volte detto, argomento gemello rispetto al nostro: abhvapratyaylaban vttir nidr, Il sonno la modificazione mentale il cui oggetto la cognizione di assenza. Lautore Vysa (met del IV-V sec.) del primo commento, Yogasstrabhya (YSB) agli YS, descrive brevemente alcuni tratti del sonno considerandolo un genere di conoscenza la cui causa prima il tamas, le cui caratteristiche ci riportano immediatamente a quanto abbiamo gi detto e vedremo successivamente a proposito di suupti:138
s ca saprabodhe pratyavamart pratyayaviea. katham? sukham aham asvpsam, prasanna me mana praj me viradkaroti,139 dukham aham asvpsa styna me mano bhramaty anavasthitam, gha mho ham asvpsam, guri me gtri, klnta me cittam alasa muitam iva tihatti. sa khalv aya prabuddhasya pratyavamaro na syd asati pratyaynubhave. tadrit smtaya ca tadviay na syu. tasmt pratyayavieo nidr. s ca samdhv itarapratyayavan niroddhavyeti ...140 Quello [= il sonno] una particolare cognizione per il pensiero che formula al risveglio. Come? Io dormii felicemente, la mia mente era serena, ha purificato il mio intelletto; [oppure] Io dormii malamente, la mia mente appesantita vaga instabile; [o ancora] Io, privo di coscienza dormii profondamente, le mie membra sono pesanti, la mia mente era afflitta, se ne stava pigra come svanita. Se non ci fosse stata lesperienza di una cognizione, questa riformulazione di colui che si risvegliato non ci potrebbe essere; nemmeno ci potrebbero essere memorie fondate su essa [= tale cognizione], n che hanno essa come contenuto. Per questo motivo, il sonno una particolare cognizione. Quello [= il sonno], come ogni altra cognizione nella contemplazione profonda [= enstasi, samdhi] deve essere estinta.

Corrado Pensa (1978 [1962]: 44, n. 1), nella sua traduzione del commento di Vysa, che seguiamo per fornire la nostra, indica in nota un particolare interessante. Sembra che VM, autore di un subcommento al bhya di Vysa conosciuto col titolo di Tattvavairad, sostenga che il termine pratyaya deve essere inteso nel significato di causa (kraa), che appunto il tamas dalla natura ottenebrante. 139 VM glossa viradkaroti con svacchkaroti, mentre VB, nel suo Yogavrttika (YV) scrive skmrthapratibimbodbhgrhi karoti. 140 Nel testo scoperto nel 1958 e conosciuto come Yogastrabhyavivaraa (YSBV) e attribuito a akara stesso si esprime con forza il fatto che qui nidr indica il sonno profondo: s nidr suuptvasth. nanu ca svapnvasth pi nidraiva naia doa. svapnanidrjnlabana v [I.38] iti strakrea bhedenopadiatvd iha suuptvasthaiva nidr bhipret svapnasya cittavttit svasavedyeti ...
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VM, nella sua Tattvavairad (TV) per prima cosa chiarisce il motivo della ripetizione del termine vtti che sotto esame nella sezione. Secondo lautore non vi differenza di opinioni (vipratipatti) rispetto alla natura di modificazione mentale di prama, viparyaya, vikalpa e smti, allora nei loro stra di riferimento non c necessit di reiterare (anuvda) il termine vtti. La diatriba sorge per per quanto concerne nidr, in quanto non tutti gli attenti scrutatori (parkaka) sono concordi nel valutarne la natura di modificazione mentale (vttitva). Il poligrafo glossatore continua:
jgratsvapnavttnm abhva tasya pratyaya kraa141 buddhisattvcchdaka tama, tad evlabana viayo yasy s tathokt vttir nidr. buddhisattve hi trigue yad sattvarajas abhibhya samastakaravarakam virasti tamas tad buddher viaykraparim bhvd udbhtatamomay buddhim avabudhyamna purua suupto ntasaja ity ucyate 142 Si dice sonno quella cosiddetta modificazione mentale il cui supporto (alabana), ossia il cui oggetto una cognizione (prayaya), cio la causa della mancanza delle modificazioni quali quelle relative alla veglia e al sogno che lottundimento (tamas) che ricopre la sostanza dellintelletto. Quando nella sostanza dellintelletto che ha tre qualit, il tamas che ricopre tutti i sensi, dopo aver sopraffatto il sattva e il rajas, sopravviene poi, per la mancanza della trasformazione della sostanza dellintelletto nella forma delloggetto sensoriale, il purua [= il S] assopito, che coglie la cognizione della natura di tamas che sorta, chiamato colui la cui consapevolezza interna143

Certamente per nello Yoga darana non vi chiarezza, o meglio non vi accordo tra gli autori sulla natura rappresentative o presentative del sogno. Sembra che Vysa (ad YS I.11) legga nel sogno un tipo di ricordo, mentre la TV smentisce il bhya, oppure rende pi chiaro quale sia la vera intenzione di esso.
Anche lo YV sostanzialmente dello stesso parere di VM, e in questo casa anche lui interpreta pratyaya come causa, in quanto il luogo di origine (pratisakramasthna). 142 Pressoch identico il commento Rjamrtaa (RM) del re Bhoja o Bhojadeva (XI sec.), secondo il quale il sonno una vtti della mente che non comprende lesistenza degli oggetti esterni (MISHRA, 1929: 271). Bhoja commenta definendo il sonno: jgratsvapnavttnm abhvas tasya pratyaya kraa buddhisattvcchdaka tamas tadev lambana viayo yasy s tathokt vttir nidr. buddhisattve hi trigue yad sattvarajas abhibhya samastakaravarakam virasti tamas tad buddher viaykraparimbhvd udbhtatamomay buddhim avabudhyamna purua suupto ntasaja ity ucyate. Si veda anche il capitolo I, paragrafo I.4.1 (pp. 55-56). 143 Si confronti con Mkya Upaniad 4 e 5.
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Vysa, commentando la natura del ricordo, dice espressamente:


grhyoparakta pratyayo grhyagrahaobhaykranirbhsas tajjtyaka

saskram rabhate. sa saskra svavyajak janakas144 tadkrm eva grhyagrahaobhaytmik smti janayati. tatra grahakraprv buddhi. grhykraprv smti. s ca dvay bhvitasmartavy cbhvitasmartavy ca. svapne bhvitasmartavy. jgratsamaye tv abhvitasmartavyeti La cognizione tinteggiata dalloggetto ha come apparenza la forma di entrambi, sia loggetto colto, sia la cognizione [stessa] e d inizio a unimpressione latente dello stesso genere. Quellimpressione latente che ha la stessa tinta di ci che lha generata, produce un ricordo di quella forma che connaturato sia delloggetto colto sia della cognizione. A questo punto lesperienza diretta (buddhi)145 prelude a una forma di cognizione, mentre il ricordo ha la forma delloggetto. Questultimo duplice: quello in cui ci che da rammentare immaginato [= illusorio] e quello in cui ci che da rammentare non immaginato [= reale]. Nel sogno c [il ricordo] in cui ci che da rammentare immaginato, mentre al momento della veglia c [il ricordo] in cui ci che da rammentare non immaginato

Rileggendo questi passi VM, rielabora quello che lui crede sia il vero messaggio di Vysa. Secondo lui il sogno non sarebbe da considerarsi un tipo di ricordo, anche se dal contenuto non reale, bens un vero e proprio errore percettivo (viparyaya)146 (MISHRA, U., 1929: 281):147
nanv asti smter api sapramoa. darayati hi pitrder attasya

deaklntarnubhtasynamubhtacaradeaklntarasabandha svapna ity ata ha s ca dvayti. bhvita kalpita smartavy yay s tathokt. abhvito kalpita

VM legge vyajakam come udbodhakam, che risveglia, e ajanam come phalbhimukhkaraam, che conduce verso un risultato. 145 Intendiamo qui buddhi nel senso ristretto di anubhava. 146 Per esempio si veda anche YSB ad IV.14: jnaparikalpanmtra vastu svapnaviayopama na paramrthato sti (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 79). 147 Si confronti con unaltra grande opera del poligrafo VM, il sub-commento al BSB, la Bhmat (ad II.2.29), nella quale egli afferma che tra veglia e sogno esiste un rapporto di contraddittore (bdhaka) e contraddetto (bdhya), cio il sopravvenire della veglia contraddice il sogno, il che rende la cognizione onirica illusoria (mithy). Non altres possibile che la cognizione di veglia possa essere contraddetta da quella onirica, poich chi contraddittore non pu essere eliminato da quando aveva in precedenza contraddetto. E, allo stesso modo, un ente contraddetto non pu contraddire ci da cui era stato contraddetto.
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pramrthika iti yvat. neya smti, api tu viparyaya tallakaopapannatvt. smtybhsatay tu smtir ukt prambhsam iva pramam iti bhva [Obbiezione:] ma se si dicesse che anche il ricordo unomissione. Infatti, il sogno mostra il rapporto con un altro tempo e un altro spazio di ci che non era mai stato esperito di ci che stato esperito in un altro tempo e un altro spazio come per esempio il padre defunto o altri. [Risposta:] Perci [il commentatore] dice: s ca dvay. Ci mediante il quale quanto da rammentarsi bhvita [che significa] immaginato, quello cosiddetto. Allora abhvita [significa] non immaginato, quindi reale. Questa [bhvitasmartavy = il sogno] non un ricordo, bens una percezione erronea, in quanto gli si applica la sua [= della percezione erronea] definizione. Poich appare come un ricordo detta ricordo, similmente ci che appare come un mezzo di conoscenza [anche se non lo ] detto mezzo di conoscenza. Questo il senso ...148

Anche VB nello YV interviene nella questione di cosa sintenda per bhvitasmartavy:


svapnadaranam eva hi bhvyarthascakatay stre siddha na tu jgratkln smtir iti. nanu svapne prvadatvsmarat saskramtrajanyatvbhvc ca katha smtitvam iti ced? na, aatas tadubhayarpatvasya svapnajnev api sattvt tdasya svapnasyaivtropanysd iti Nella scrittura stabilito che la visione onirica capace di informare a proposito di eventi futuri149 e non il ricordo pertinente al tempo della veglia. [Obbiezione:] [Se si dicesse che] in sogno poich non vi ricordo di quanto stato precedentemente esperito e perch vi lassenza della propriet dellessere nati dalle sole impressioni latenti, allora come pu esserci [in esso] la propriet di
148 Umesh Mishra (1929: 281-282) riferisce a proposito di una nota (ippaa) di un certo Blarma alla TV in cui si sottolinea quanto gi affermato da VM: If dream-consciousness is to be taken to be Smti, there can be no knowledge of the form of This horse runs and similar other dream, nor can there be any recognition to a man who has got up from sleep, in the form I saw a king; for such forms of cognition are not found in Smti, which, on the other hand, assumes forms, That horse, or I remembered a king, etc. Thus dream-consciousness is quite different from Smti. He further quotes a ruti Neya Smtir api tu viparyaya. [BU] In his support he says that it has been so called only because of its remembrance with Smti. Again he says iti is the very sense in which akarcrya uses the word Smti in Smtir e yatsvapnadaranam [BSB ad II.2.29] Nel suo commento in hind, la curatrice delledizione da noi usata per i testi originali dello Yoga, Vimal Karaka (1992, VOL. 1: 217-218) imbastisce il medesimo discorso. 149 Ancora lo stesso autore menzionato nella nota precedente (MISHRA, U., 1929: 307) ribadisce che il fatto che VB consideri la capacit dei sogni di veicolare informazioni su eventi futuri, la cosa implica un conseguente fondo di verit in essi.

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essere un ricordo? [Risposta:] Non cos, in quanto anche nelle cognizioni oniriche c in parte lessere della natura di entrambe quelle [= lassenza di memoria di quanto gi esperito e il non essere stati prodotti dalle impressioni latenti], ma solo siffatta parte del sogno la quale trova qui la [propria] trattazione

Ci che comunque lo Yoga considera accadere nellesperienza onirica che, sebbene non vi sia la presentazione di un oggetto esterno, lorgano mentale (citta), grazie allaiuto delle impressioni latenti (saskra), assume un certo aspetto, si ha cio una modificazione in forma di un oggetto del tutto mentale (DASGUPTA, 2005 [1930]: 272). Negli YS troviamo una sola ricorrenza della parola svapna (I.38): svapnanidrjnlabana v. Naturalmente questo stra, per avere un senso, ha bisogno di qualche aggiunta, un ritornare a presentarsi di termini gi espressi da stra precedenti (anuvtti).150 A tal cagione dallaforisma I.34 prenderemo il termine sthitinibandhin151 e da I.37 la parola cittam,152 tanto da avere una iscrizione del stra come: svapnanidrjnlabana [cittam] v [sthitinibandhin], il cui significato Oppure [la mente] il cui oggetto la conoscenza del sogno e del sonno [diviene salda]. Purtroppo il commento di Vysa non aggiunge molto allaforisma in questione, anche se sottolinea la tinteggiatura realizzativa del stra che appunto suggerisce una pratica allo yogin, quella che altrimenti conosciuta come yoganidr:153
Noto il meccanismo dellanuvtti nella grammatica piniana come spiega Varadarja (XVII sec.) nella sua vtti ad I.3.3 nel Laghusiddhntakaumud (LSK): strev ada pada strntard anuvartanya sarvatra, Il morfema che non visibile negli aforismi, deve essere in ogni caso ripreso da un altro aforisma. Nonostante ci, il principio dellanuvtti pu essere tacitamente applicato a ogni componimento aforistico. La nozione sottostante a ci quella che aleggia in tutta la letteratura dottrinale, cio che unopera ununica grande frase (mahvkya) mantenuta unita e coerente dal principio di unit o conformit di essa dallinizio alla fine, una fusione sintattica (ekavkyat). 151 Ovviamente nel stra I.34: viayavat v pravttir utpann manasa sthitinibandhin il termine sthitinibandhin al femminile perch legato a pravtti, tuttavia nellaforisma in esame deve essere trasformato al neutro sthitinibandhini. 152 Lintero aforisma recita cos: vtargaviaya v cittam. 153 In unaltra opera attribuita ancora a akara, chiamata Yogatrval (YT) due stanze (24-25) richiamano questa pratica: prataygvimartiayena pus prcnagandheu palyiteu/ prdurbhavet kcid ajyanidr prapacacint parivarjayant// 24 // vicchinnasakalpavikalpamle nieanirmlitakarmajle/ nirantarbhysanitntabhadr s jbhate yogini yoganidr// 25 //, Per via dellenorme riflessione interiore per gli uomini, quando i vecchi profumi se ne sono fuggiti, sorge un certo sonno privo dottundimento, che ben oltre il pensiero del mondo (24). Nello yogin che ha troncato la radice della volizione e dellalternativa a essa, che ha sradicato interamente la rete delle azioni, [in costui] sorge quel sonno yoghico oltremodo propizio in virt della pratica incessante (25).
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svapnajnlabana v nidrjnlabana v tadkra yogina citta sthitipada labhata iti ... Lorgano mentale dello yogin ottiene la condizione di stabilit quando ha la forma del contenuto della cognizione onirica o del contenuto della cognizione del sonno.

Una questione degna di nota che nelle Upaniad si compara spesso il sonno senza sogni allintuizione dellassoluto, in quanto in quella condizione ogni entit esterna e ogni dualit scompaiono,154 mentre nello Yoga si prendono in considerazione come oggetti su cui focalizzare la mente per concentrarla tanto il sogno, nel quale non si ha alcuna cognizione esteriore ma solo interiore, quanto il sonno, dove sia la cognizione interiore, sia quella esteriore terminano. La cessazione delle modificazioni o fluttuazioni mentali pu agevolmente essere ottenuta in quelle condizioni, in quanto la preclusione allambiente esterno e poi addirittura al sogno presuppone un numero e unintensit grandemente inferiore di vtti (CHI, 2001, [1937, 1953] VOL. 3: 64-65). VM, nella TV continua con unimmagine molto poetica nel suo solito stile elegante e cristallino, rincalzando sullimportanza del sogno nella pratica yogica:
svapnanidrjnlabana v. utkrm yad khalv iva aya svapne upetm manohar

viviktavanasaniveavartinm komalamlaakalnukribhir abhijtacandrakntamaimaym

candramaalt

agapratyagair atisurabhimlatmallikmlhri

bhagavato mahevarasya pratimm rdhayann eva prabuddha prasannamans tad tm eva svapnajnlabanbhtm anucintayatas tasya tadekkramanasas tatraiva citta sthitipada labhate. nidr ceha sttvik grahtavy, yasy prabuddhasya sukham aham asvpsam iti pratyavamaro bhavati. ekgra hi tasy mano bhavati. tvan mtrea coktam etad eva brahmavido brahmao rpam udharanti suuptvastheti. jna ca jeyarahita na akya gocarayitum iti jeyam api gocarkriyate ...

Ununica breve annotazione che nel linguaggio yoghico talvolta vsan e gandha sono sinonimi, per cui col termine profumo sintende linsieme delle impressioni. 154 Si vedano per esempio testi come BU II.1.15-17; ChU VI.8.1, VIII.3.2; PrU IV.4 o le discussioni di studiosi (RANADE, 1986 [1926]: 125; DEUSSEN, 2000 [1919]: 248-249, 297-298).

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Oppure [la mente] il cui oggetto la conoscenza del sogno e del sonno [diviene salda]. Quando quello [= lo yogin] si desta con la mente serena proprio mentre stava adorando durante il sogno unimmagine del grande glorioso Signore Mahevara, che sta in una foresta disertata [dalluomo] ed come se fosse scaturita dalla sfera lunare, dotata di membra e appendici corporee che in morbidezza seguono un filamento dello stelo del loto, forgiata dal prezioso gioiello candraknta, che indossa una ghirlanda di profumatissimi fiori di gelsomino (mlat) e mallik [= Jasminum Zambac], affascinante, allora riflettendo poi proprio su quella [immagine] che divenuta loggetto della sua cognizione onirica, quando la sua mente ha raggiunto una forma unica con quella, davvero in quel momento la sua mente attinge lo stato di stabilit. In questo caso, il sonno deve essere concepito come pervaso dalla qualit sattva, da quel [sonno] vi la rammemorazione di chi si ridestato come Io dormii felicemente. In quella condizione la sua mente si concentra su un unico punto. Allora per questo stato detto solamente ci: Questa davvero quella forma del supremo che ci illustrano i conoscitori del brahman, la condizione di sonno profondo Inoltre non possibile cogliere una conoscenza priva delloggetto da conoscere, anche loggetto di conoscenza viene reso passibile di cognizione ...

Anche il gi citato Rjamrtaa (RM) del re Bhojadeva ci offre a questo punto unanalisi simile, con il plus valore della definizione di sogno (ABEGG, 1959: 16). Quando le facolt sensoriali esterne hanno smesso di funzionare e si presenta una tendenza interna di tman esclusivamente tesa al godimento, allora si ha il fenomeno denominato svapna:
pratyastamitabhyendriyavtter manomtreaiva yatra bhokttvam tmana sa svapna. nidr prvoktalaka, tadlabana svapnlabana nidrlabana v jnam labyamna cetasa sthiti karoti ... L dove per la cessazione della funzione dei sensi esterni vi , mediante la sola mente, lesperienza del S, quello il sogno. Il sonno ha gi visto fornita la propria definizione in precedenza [YS I.10]. Fondandosi su una conoscenza il cui

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contenuto quello, cio il cui contenuto o il sogno o che ha per contenuto il sonno, [lo yogin] raggiunge la stabilit dellorgano interno ...155

Lo YSBV aggiunge qualche particolare interessante alla trattazione dello YSB:


... eva svabhva hi citta yadlabate tadkra bhavati. svapne ca abddiviayanya viaayea khalkro jnam. jnasypi svabhvo tu vabhsakat. tatrpi jnasvarpam evlabate. na tu smaryamaviayasvarpam. smaryamenpi dyate. nidrjna viegrahatmakam abhvapratyaylabana ntam anantam anubhyamncalanadharmakam. tata ca tadlabana sac citta sthitipada labhata iti yuktam. La mente ha una siffatta natura che acquisisce la forma di ci [delloggetto] su cui si supporta. Nel sogno la conoscenza priva di oggetti come il suono o altri; inoltre la natura della conoscenza la capacit di illuminare. Anche in quel caso si fonda sulla natura della conoscenza, non la natura degli oggetti che sono ricordati. [Per] per via di un oggetto che ricordato si vede [nella mente] un maltrattamento. Daltro canto la conoscenza del sonno profondo della natura della mancanza di cognizione specifica e il suo oggetto una cognizione di mancanza, [essa] pacifica e infinita e ha come caratteristica lesperienza dellimmutato. Dunque, congruo che la mente che ha un tale contenuto attinge la condizione di stabilit.

Vediamo poi che VB nello YV, prende direttamente dal commento di Vysa. Notiamo comunque che il punto di vista del vrttikakra differente da quello di VM. Egli, molto vicino a posizioni Ajtivdin e Vijnavdin, sostiene che la mente che ha per oggetto il sogno vede anche lo stato di veglia come fosse un sogno:
svapnanidrjnlabana v. svapnajna svapnarpa jna

tadlabanaka citta prapacajne svapnadimac cittam iti yvat. tath coktam drghasvapnam ima viddhi drgha v cittavibhramam/ iti. iya ca di kmadughatvdiguair
155

vci

dhenudivat

kaabhaguraviayakatvdiguair

Layek (1990: 53, 55 n. 4) aggiunge una nota sul parere dello Yogamajar che definisce il sogno: when all sorts of external sensory-function is abandoned and the mind alone acts internally that is svapna , bhyasakalavttiparitygena cetaso bhyantaravhit svapna iti yogamajar.

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jgradjne svapnadirpeti. etad api vairgyadvr cittastharyahetur ity aya. nidrjnlabana ceti. nidrrpa jnam evlabana yasya tat tath sarvajveu vismttmakeu suuptadimac cittam iti yvat. tad uktam brahmdya sthvarnta ca prasupta yasya myay/ tasya vio prasdena yadi kacit pramucyate// carcara laya iva prasuptam iha payatm/ ki m vyavahreu na virakta bhaven mana// iti //156 bhya ca sugamam. Oppure [la mente] il cui oggetto la conoscenza del sogno e del sonno [diviene salda]. La conoscenza del sogno [significa] la conoscenza che ha per forma il sogno, lorgano mentale che ha per contenuto quello, allora [questa] mente durante la cognizione del mondo [di veglia] ha [lidea di scorgere] una visione di sogno. Cos stato detto: Concepisci ci come un lungo sogno o come una lunga percezione mentale erronea. Questa visione, provvista delle qualit quali lavere come contenuto limpermanenza e altri [concetti], come la visione di una vacca nella parola che provvista delle propriet quali quelle di poter [ottenere] qualsiasi oggetto desiderato (kmadughatva), si ha nella cognizione di veglia ed conforme alla visione onirica.157 Anche questa, per mezzo del distacco causa della stabilit dellorgano mentale. Questo il significato. E [la mente] il cui oggetto la conoscenza del sonno: [la conoscenza del sonno significa] la conoscenza che ha per forma proprio il sonno, colui che la possiede, [vale a dire che] allora [questa] mente ha una visione di sonno profondo su tutte le anime individuali che hanno obliato la loro vera natura. stato detto ci: Colui per lillusione del quale assopito Brahm per primo fino agli esseri inerti, se per la grazia di quel Viu qualcuno si libera, lascia che ivi veda [luniverso] degli esseri mobili e immobili assopito come durante la distruzione. [Il resto del] commento facilmente comprensibile. A che proposito [concepire] la falsit nelle attivit empiriche, quando la mente non diviene distaccata. [Il resto del] commento facilmente comprensibile.

vero inoltre che la mente pu utilizzare un qualsivoglia evento o operazione come oggetto (YS I.39).158 Lunica entit che non pu essere
La citazione corrisponde pressappoco al Garua Pura I.224.6-7. Il senso della frase che secondo questa particolare ottica ogni oggetto percepito durante la veglia altrettanto illusorio di un oggetto onirico. Lesempio fornito a corroborare il punto di vista che cos come si scorge nella forza della parola unentit, come la vacca divina Kmadhenu, capace di soddisfare ogni aspirazione, allo stesso modo una visione alla quale ogni cosa appare transeunte come unimmagine onirica permette a chi la possiede di raggiungere ogni meta. Certamente la traduzione del sanscrito molto arzigogolato qui non cos semplice, sebbene il messaggio sia chiaro. 158 Laforisma recita cos: yathbhimatadhynd v. Il re Bhojadeva introduce il stra affermando che dal momento che le propensioni degli esseri sono molteplici, lo yogin pu raggiungere la meta
157 156

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considerata come contenuto di pratiche meditative il S, in quanto soggetto conoscitore, anche se questo suo essere soggetto non va inteso nel senso fenomenico di essere il possessore dellego, ossia chi sperimenta gli stati o coglie gli oggetti. Per questo motivo persino il Signore e altre entit divine possono divenire possibili oggetti di cognizione fenomenica, ma non il S, perch nella cognizione assoluta il S perde ogni traccia di dualit e si isola (kevalin)159 (CHI, 2001, [1937, 1953] VOL. 3: 665).

II.6: P RVA M MS Nella nostra breve carrellata dei cosiddetti sistemi filosofici siamo giunti a esaminare la posizione della scuola esegetica delle sezioni ritualistiche del Veda, baluardo dellortodossia brhmaica, la Prva o Adhvara o Karma Mms. Non nascondiamo che la Mms stessa potrebbe da sola essere il referente dellargomento trattato, viste la complessit e le innumerevoli sfaccettature che la condizione onirica presenta in questa scuola. Sar gi noto agli studiosi che una delle sezione pi complesse dello lokavrtika (V) di Kumrila Bhaa (KB, VII sec.), il Nirlabanavda (NV), potrebbe da solo essere argomento di una tesi sul sogno. Il fulcro della questione sta nelle risposte dei Mmsaka alla dottrina buddhista del nirlabana ossia che rivendica la totale mancanza da parte degli enti di un qualsiasi sostegno o fondamento, il che li rende poggiati sul nulla e pertanto anchessi vuoti di realt. Naturalmente, i Bauddha prediligono corroborare questa loro teoria mediante inferenza la quale cerca di provare linanit di ogni ente e cognizione sulla base dellanalogia con il sogno o la cognizione onirica (NV 23). Idealmente la scuola, per soddisfare il suo proposito fondante, cio il supportare il ritualismo vedico, si occupa con grande profondit e seriet di due
agognata meditando su un qualsiasi oggetto, purch lo faccia con fede e applicazione: nnrucitvt prin yasmin kasmicid vastuni yogina raddh bhavati, tasya dhynenpasiddhir iti 159 Si vedano anche altri passi degli YS come: II.18, 20, 25; III.50; IV.34. A questo proposito si esprime ancora la YT (15), dando una brillante descrizione dellisolamento del rjayoga: aeadyojjhitadmayn avasthitnm iha rjayoge/ na jgaro naiva suuptibhva na jvita no maraa vicitram // 15 //, Ivi, nella condizione di rjayoga, per [quegli yogin] che si sono stabiliti nella condizione di osservatore da cui ogni visione se n andata, [per costoro] n la veglia, neppure il sonno profondo, n tanto la vita e neanche la morte sono degne di nota.

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grandi sezioni speculative. Da una parte loggetto di studio lesegesi, mediante la quale si fornisce una metodologia interpretativa delle varie sentenze vediche (vaidikavkya), soprattutto le ingiunzioni (vidhi), col fine di comprendere, armonizzare e mettere in pratica ogni precetto vedico senza incorrere in vizi o errori. Laltra tendenza del mmsnaya fornire fondamenti dottrinali e speculativi alle sezioni ritualistiche (CHATTERJEE DATTA, 1984 [1939]: 315). In questo secondo gruppo di grande importanza sono di certo gli argomenti ontologici, metafisici ma soprattutto legati alla teoria della conoscenza, poich questo il campo su cui si dipana la diatriba dialettica con le scuole avversarie. appunto in questultimo segmento che si situa la discussione su svapna e svapnapratyaya allinterno della Mms. Ritorniamo per un momento al nostro intendimento di fondo, ovvero il tentativo di collocare il pensiero relativo al sogno in ogni darana allinterno delle due grandi parentesi che abbiamo proposto alla fine dellintroduzione, cio se il sogno assomiglia o pi una forma di ricordo o un altro genere di cognizione. Sembra che la Mms sia pi incline a incasellare il fenomeno della cognizione onirica allinterno di quellorizzonte che la considera non differente dal ricordo (smti),160 sebbene vi siano delle differenze di vedute intestine alla scuola, per esempio abara Svmin (S, circa intorno al 350-400), nel suo commento ai Jaimini o Mmsstra (MS), conosciuto come barabhya (B), sembra incline a considerare il sogno pi come un errore percettivo (viparyaya), piuttosto che un ricordo. altres dominio comune che nella scuola gi dal settimo/ottavo secolo si consumato uno scisma, che ha dato origine a due scuole gemelle,161 anche se dai contorni ben definiti e diversi, ossia i seguaci di Prabhkara (PK, fine VII sec.), i Prbhkara appunto - conosciuto anche come Guru162 - e i seguaci di Kumrila, i Bha. Nonostante le differenze di posizione
Si veda per esempio il capitolo nyavda dello lokavrtika di Kumrila Bhaa. Nelle strofe 51-52 si dice che i ricordi, sogni e simili non sono prodotti dal contatto degli oggetti con le cognizioni. Essi sono cognizioni che esistono in un momento in cui il loro oggetto, il loro contenuto non c. Nei ricordi e nei sogni le cognizioni sono dovute alle impressioni subconscie, non a oggetti esterni (57) (SINHA J. N., 1999 [1938]: 105). 161 Esiste una terza scuola di Prva Mms, il cui stendardo portato da Murri Mira (XII sec.), del quale per non si conservata integralmente nemmeno unopera. La terza scuola sarebbe differente dalle altre due, sia a sua dire sia per conferma da parte degli altri Mmsaka: murres ttya panth. 162 Un racconto che i paita tradizionali amano narrare rispetto a Kumrila e Prabhkara mette in evidenza il loro rapporto e il perch del soprannome Guru di questultimo. Tramandano che Prabhkara fosse un allievo di Kumrila. Un giorno, mentre leggevano e commentavano dei passi, il
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su molti argomenti, sembra per che sulla trattazione del sogno non vi siano diversit sostanziali (MISHRA, U., 1929: 280). Innanzitutto, anche se il bandolo della matassa sembra delinearsi intorno al stra di Jaimini (II sec. a. C.) I.1.5, abbiamo tra gli aforismi della Mms ununica menzione diretta al sogno (XI..4.50): svapnanadtarabhivaramedhyapratimantreu caivam, E cos [anche] nelle risposte ai sogni, allattraversamento di fiumi, alleccessiva pioggia, a ci che non adatto al sacrificio (amedhya). A questo proposito ci viene in aiuto il monumentale dizionario di Kevalnanda Sarasvat, il Mmskoa (MK, 1992 [1956], Jaiministravtti:
jyotiome svapnasya nidry pratimantrae tvam agne vrat asi iti mantra, nadtarae devr pa iti, abhivarae undatrojo dhatte iti, amedhyadarane abaddha caku iti. yad tu ekasy rtrau pratibuddha puna svapiti, anekasrotasasa nad tarati, satnena abhivyate, anekam amedhyam ekakla payati v tad mantrasya pratyekam vtti dau sakd v prayoga iti vicre siddhntam ha. svapnasya nadtaraasya abhivaraasya
163

VOL.

7: 4450) che cita

una sua stessa opera che commenta direttamente i stra originali, il

amedhyasya

ca

pratimantreu ca eva kayanavat mantrasya sakt prayoga.

Durante il sacrificio jyotioma nella risposta al sogno, al sonno [si usa] il mantra tvam agne vrat asi [V VIII.11.1], nellattraversare un fiume [il mantra] devr pa , quando vi pioggia eccessiva [il mantra] undatrojo dhatte , quando si ha la visione di ci che non adatto al sacrificio [il mantra] abaddha caku Quando in una stessa notte svegliatosi, dorme di nuovo, attraversa un fiume dalle

maestro si aren su un passaggio tatra tunoktam, atra apinoktam. Sebbene continuasse a scervellarsi, non riusc a risolvere il problema, cosicch fu costretto a rimandare la lezione al giorno successivo per riflettere con calma sul passaggio. La sera, mentre il maestro era al fiume a compiere i riti serali, Prabhkara and a casa di Kumrila e dopo aver reso omaggio alla gurupatni chiese di poter vedere il manoscritto del maestro e poi se ne and. Quando Kumrila torn si rimise a riflettere sul passaggio incriminato e con grande sorpresa vide una nota al margine del libro, in corrispondenza del passo non compreso: tatra tun, tuabdena uktam, atra apin apiabdena uktam, l stato detto con il tu, con la parola tu, qui stato detto con api, con la parola api. Immediatamente il passaggio fu chiaro. Egli chiese alla moglie chi avesse toccato il libro e lei rispose che per un attimo laveva guardato Prabhkara. Il giorno successivo Kumrila chiam a s il discepolo dicendogli che il suo studio era terminato e ora lui poteva fregiarsi dellappellativo di maestro, Guru. Cosicch il punto di vista di Prabhkara anche ricordato come il gurumata. 163 Si veda ancora il MK (1992 [1956], VOL. 7: 4450) alla voce svapnrtha: mantra tvam agne vratap asi iti. ktsna rtrim uddiya asau mantra prayukte. yad pratibuddha puna svapiti tad mantrasya nvtti, jyotiome. (bh. 11.4.17.50).

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molte braccia, piove con un flusso continuo, oppure vede molteplici oggetti non adatti al sacrificio in un unico momento, allora ci si chiede se luso del mantra per ognuno allinizio o una volta sola. A questo proposito [Jaimini] enuncia la dottrina: nelle risposte al sogno, allattraversamento di un fiume, alleccessiva pioggia, alla visione di ci che non adatto al sacrificio, si ha luso del mantra una volta sola, proprio come [si fa con] latto di sfregarsi [le membra].

Il passaggio in questione deve essere letto con altri stra che lo precedono (XI.4.47-49)164 e comunque non di interesse sostanziale nella nostra discussione che, come gi anticipato, si sviluppa soprattutto attorno allaforisma di Jaimini I.1.5:
autpattikas tu abdasyrthena sabandhas tasya jnam upadeo vyatireka crthe nupalabdhe tatprama bdaryaasynapekatvt. Mentre il rapporto della parola con il significato connaturato;165 listruzione il mezzo di conoscenza di quello [= del dharma] ed senza vizio riguardo a un ente che non sia percepibile, autorevole, poich anche per Bdaryaa indipendente.166

Nella discussione di questo aforisma S, citando lungamente il Vttikra, delinea brevemente quali siano i mezzi di conoscenza validi per la Mms e ne descrive la natura. Naturalmente egli prende le mosse dalla percezione diretta (pratyaka). Secondo lui si dice percezione diretta quella conoscenza che sorge in un individuo in seguito al contatto sensoriale di un ente (tatsaprayoga, V, NV 20).167 In essa intervengono tre fattori fondanti (tripui): il conoscitore
Gli aforismi precedenti sono: ekasya v guavidhir dravyaikatvt tasmt sakt prayoga syt// 47 //, Daltra parte lingiunzione della qualit di uno per via dellessere una della sostanza, perci lusa sar una volta sola (47); kayane pratyagakarmabhedt syt// 48 //, Nellatto di sfregare ogni parte del corpo a ragione della differenza dellazione (48); infine api v codanaikaklam aikakarmya syt// 49 //, Ci accade allo stesso tempo dellingiunzione ed un unico atto (49). Tutto ci esposto al fine di chiarire che vi pu essere solamente unazione in un preciso momento e non una molteplicit di esse. 165 Secondo S autpattika significa eterno, originale, naturale (svbhvika). Il termine sarebbe un derivativo secondario (taddhitnta) che alla parola utpatti, nascita, unisce il suffisso secondario (taddhitapratyaya) dhak. Questo connubio indicherebbe, come Purushottama Bilimoria (1990: 190) giustamente sottolinea originating or arising instantaneously, inseparably, or without interruption. 166 Lindipendenza data dal fatto di non fondarsi sulla percezione diretta (pratyaka) o sullinferenza (anumna). 167 La conoscenza che non partecipi di questo schema, cio il cui contenuto si altro dallinformazione pervenuta alla mente, quella deve essere considerata un errore percettivo, come accade nel caso in cui i sensi giungano in contatto con un pezzo di madreperla (ukti), ma la cognizione che si sta avendo
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(pramt), lente da conoscere (prameya) e il mezzo per congiungere i due (prama). Il discorso si fa ora davvero molto complesso. Dobbiamo considerare lambiente culturale di quellepoca tra la fine del quarto e linizio del quinto secolo della nostra era. Lorizzonte dottrinale indiano era dominato, dalla parte ortodossa da un eccessivo ritualismo, che trovava il suo fondamento filosofico in uno spiccatissimo realismo. I detrattori dellortodossia, soprattutto i neonati buddhisti Mdhyamika e Yogcra, con in testa Ngrjuna (II-III sec.) e successivamente Vasubandhu (IV-V sec.), sinsinuarono ben profondamente allinterno delle strutture di pensiero brhmaiche di allora, minandone le basi con una dialettica aggressivamente negativa, fondata sul rifiuto nel considerare reale qualsiasi ente.168 Il cruccio buddhista stabilire la dottrina della vacuit (nyat) del mondo attraverso la co-produzione condizionata (prattyasamutpda): per fare ci essi negano la realt empirica di ogni ente postulando lidentit degli oggetti di veglia con quelli onirici (V, NV 14-19).169 Si sa che i buddhisti considerano retti mezzi di conoscenza solo la percezione diretta e linferenza. Con entrambi
quella di argento (rajata). Vediamo le parole dello stesso S: tatsaprayoge puruasyendriy buddhijanma satpratyakam. yadviaya jna tenaiva saprayoga indriy. puruasya buddhijanma satpratyakaam. yad anyaviayajnam anyasaprayoge bhavati na tat pratyakam 168 Naturalmente, tutte le scuole ortodosse e in special modo Mms, Nyya e Vednta, si adoperarono a rispondere a tono alle critiche buddhiste. Sembra che comunque sia possibile, come stato fatto da illustri studiosi nel passato, un preciso iter letterario di botta e risposta tra stika e Bauddha. Lo nyavda, soprattutto il Vigrahavyvartin di Ngrjuna, si premur di confutare le composizioni aforistiche di Gautama e Bdaryaa. Con il sorgere dei commenti ai stra, in primis barabhya (B) e NyB, si risponde a tono alle critiche del Vijnavda. Dinga (480-540), nel Pramasamuccaya e nelllabanapark confuta i commenti ortodossi. A sua volta Uddyotakara e Kumrila rispondono a Dinga, che difeso dal suo pi grande discepolo e interprete Dharmakrti (530-600) nel Pramavrttika. Ovviamente anche , si frappone alle teorie di Dinga, mentre VM e Jayanta Bhaa rifiutano le posizioni di Dharmakrti (VIJAYA RANI, 1982: 13-17). 169 Nella Viatik della Vijaptimtratsiddhi spiega in primo luogo (16) come si debba trasportare lidea della cognizione diretta di veglia anche in sogno: pratyakabuddhi svapndau yath s ca yad tad , La cognizione della percezione diretta come quella [che si verifica] in un sogno (SFERRA, 2007: 357). La strofa successiva (17) recita cos: ukta yath tadbhs vijapti smaraa tata/ svapne dgviaybhva nprabuddho vagacchati//, Come stato detto, la rappresentazione mentale ha lapparenza di esso [oggetto]. La memoria dipende da essa. Chi non risvegliato non comprende il nonessere degli oggetti che vede in sogno. Lauto-commento (svavtti) dello stesso Vasubandhu spiega, da un punto di vista realizzativo, lequazione sogno-veglia. Secondo lui una persona dormiente non ha coscienza della falsit dei sogni, finch poi, risvegliatosi la comprende. Allo stesso modo un uomo sotto linfluenza delle impressioni latenti (vsan) causate da falsi vikalpa, non comprende lirrealt del mondo di fuori, finch non si risveglia a una conoscenza superiore. Questa conoscenza trascendentale la conoscenza capace di svilire lordinaria cognizione di veglia, verificandone linanit. Allora veglia e sogno sono poste sullo stesso piano: eva vitathavikalpbhysavsannidray prasupto loka svapna ivbhtam artha payann aprabuddhas tadabhva yathvan nvagacchati. yad tu tatpratipakalokottaranirvikalpajnalbht prabuddho bhavati, tad tatphalabdhauddhalaukikajnasamukhbhvd viaybhva yathvad avagacchatti samnam etat

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essi cercano di giocare la carta della confutazione delloggettivit empirica, tuttavia in questo caso che a noi interessa si affidano al mezzo logico del sillogismo inferenziale. Secondo i Vijnavdin ogni cognizione occorsa durante la veglia priva di un reale sostrato, poich una cognizione proprio come le cognizioni oniriche:170 nel sogno le cognizioni non si fondano saldamente su oggetti esterni. Nella veglia, quando si percepisce una colonna o quantaltro, anche quel fenomeno una cognizione; per analogia con lo stato di sogno allora anche la cognizione di veglia priva di conferma negli oggetti esterni, come accade per svapnvasth (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 98). A questo punto interviene S, che mentre cita un secondo Vttikra,171 puntualizza la diversit effettiva tra le cognizioni di veglia e quelle oniriche:
nanu sarva eva nirlabana svapnavat pratyaya. pratyayasya hi

nirlabanatsvabhva upalakita svapne. jgrato pi stabha iti v kuya iti v pratyaya eva bhavati. tasmt so pi nirlabana. ucyate stabha iti jgrato buddhi suparinicit katha viparyasiyatti. svapne py evam eva suparinicit st prk prabodhant, na tatra kacid viea iti cen? na, svapne viparyayadarand. aviparyayc cetarasmin. tatsmnyd itaratrpi bhaviyati iti cet? yadi pratyayatvt svapnapratyayasya mithybhva, jgratpratyayasypi tath bhavitum arhati. atha prattis tathbhvasya hetu, na akyate pratyayd ayam anya iti vaktum. anyatas tu svapnapratyayasya mithybhvo viparyayd avagata. kuta iti cet? sanidrasya manaso daurbalyn nidr mithybhvasya hetu svapndau svapnnte ca. suuptasya pratyaybhva eva. acetayann eva hi suupta ity ucyate. tasmj jgrata pratyayo na mithyeti. nanu jgrato pi karaadoa syt? yadi syd, avagamyeta. svapnadaranakle pi nvagamyata iti cet? tan na. prabuddho hy avagacchati nidrkrnta me mana sd iti

170 Layek propone (1990: 56), senza indicare la fonte, ognuna delle cinque membra (pacvayava) del sillogismo (nyyavkya) incriminato. Lipotesi (pratija) : tutte le cognizioni sono prive di oggetto corrispondente; la ragione logica (hetu) addotta : poich sono cognizioni; lesempio (udharaa) : come le cognizioni oniriche, le quali sono s cognizioni, ma senza corrispondenza con oggetti empirici; lapplicazione (upanaya) dellesempio alla situazione presentata : nello stato di veglia sorgono cognizioni di colonne, mura o altro che sono dello stesso tipo delle cognizioni oniriche; infine la conclusione (nigamana) : per cui anche questa cognizione di veglia senza corrispondenza con loggetto. Comunque sia, linferenza completa sembra essere tale: sarvo pi jgratpratyayo nirlabana pratyayatvt, svapnapratyayavat. 171 S ci d notizia di un primo Vttikra gi commentando i Mmsstra (MS I.1.1 e I.1.4) probabilmente di nome Bhavadsa, che potrebbe essere gi stato citato e confutato da Dinga (480540), per cui si situerebbe poco prima di questultimo. Il secondo Vttikra, citato nel commento ad MS I.1.5 sembra posizionabile circa una cinquantina danni prima di S, ovvero tra il 300 e il 350 (VERPOORTEN, 1987: 7-8).

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[Obbiezione:] [Se si dicesse:] Ogni cognizione invero priva di fondamento, come [la cognizione del] sogno. Nel sogno, infatti, indicato che la cognizione ha come natura lessere priva di contenuto. Si ha anche una cognizione di veglia come La colonna, Il muro, pertanto anche quella cognizione priva di fondamento. [Dubbio del siddhntin:] Si dice che la cognizione della veglia la colonna sia ben stabilita, come [dunque] pu diventare erronea? [Risposta del prvapakin:] Anche in sogno, prima del risveglio, allo stesso modo era ben stabilita; non vi alcuna differenza a questo proposito. [Risposta del siddhntin:] Non cos, poich in sogno c una visione erronea, nellaltra [= nella veglia] [invece] non c errore. [Obbiezione:] [Se dicessimo, ] per la somiglianza con quella [= con la percezione onirica, che] sar cos anche nellaltra [= nella veglia]? [Risposta:] Se per il fatto di essere una cognizione la cognizione onirica ha una natura falsa, allora pu essere lo stesso anche per la cognizione di veglia. Quindi, se la cognizione [di veglia] causa di una tale natura [= illusoria], non si pu dire Questa [= la cognizione onirica] altra dalla cognizione [di veglia]. Mentre, daltro canto, lillusoriet della cognizione onirica si capisce dal suo erroneo modo di percepire. [Dubbio:] Da che cosa [si apprende ci]? [Risposta:] Per la debolezza della mente addormentata, il sonno la causa dellillusoriet sia allinizio del sogno, sia alla fine del sogno. Per chi profondamente addormentato davvero non si presenta alcuna cognizione. Si dice Non essendo cosciente invero profondamente addormentato. Per questo motivo la cognizione di veglia non falsa. [Obbiezione:] [Se si dicesse che] ci pu essere un difetto sensoriale anche di chi veglia? [Risposta:] Se ci fosse, si capirebbe. [Obbiezione:] [Se si dicesse che] anche durante la visione onirica non si capisce? [Risposta:] [Allora risponderemmo che] ci non cos, [infatti] lindividuo non appena desto comprende La mia mente era assalita dal sonno

Ora, abbiamo visto come S (ad I.1.5) sostenga che le cognizioni oniriche non sono false perch sono cognizioni, cosa che renderebbe false anche le cognizioni di veglia,172 bens il bhyakra specifica che quando un uomo si
Espresso in termini pi tecnici i buddhisti stanno cercando di provare il probandum della falsit (mithytva) in due diversi paka, jgratpratyaya e svapnapratyaya, mediante un unico probans, pratyayatva, che effettivamente risiede in entrambi i paka. Nonostante ci, S sembra contrapporre unaltra inferenza, la quale sarebbe capace di evidenziare il fatto che una cognizione onirica illusoria poich contraddetta al risveglio, ossia ponendo come criterio (prayojaka) di falsit il probans bdhitatva: svapnapratyayo mithy bdhitatvt rajjusarpdivat. Dallaltra parte il probans bdhitatva non si riscontra nella cognizione di veglia, dove vi al contrario come criterio abdhitatva o satyatva, pur rimanendo inalterata la propriet pratyayatva. Allora nelle cognizioni oniriche il criterio definitivo di falsit nel fatto che in esse manca la propriet abdhitatvaviiapratyayatva, che per presente nelle cognizioni di veglia.
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addormenta, la sua mente diventa debole (durbala) e per questo motivo egli percepisce i sogni: per questo la mente indebolita dal sonno la causa della falsa apparizione (mithybhva) (KEITH, 1978 [1921]: 44-45). Kumrila riprende la trattazione del NV con nuovo impulso e nuova forza. In primo luogo egli presenta il punto di vista Bauddha come permeato su una visione ontologica legata a due ranghi di realt: la verit apparente (savtisatya) e la verit assoluta (paramrthasatya).173 Sar facile paragonare ci con gli Advaitin, che per riconoscono un terzo genere di realt, cio quella fenomenica del mondo empirico. I buddhisti sostengono limpermanenza (kaabhaguravda) di ogni ente, per cui non sentono la necessit di postulare lesistenza di una realt vyvahrika, considerando che quanto lo veramente ed reale, mentre quanto non c, non ha alcun tipo di permanenza ed irreale (NV 10).174 La negazione della realt degli oggetti esterni (bhyrthpahnava) degli Yogcra, comunque riconducibile ai due prama utilizzati dai buddhisti: pratyaka e anumna. Uno, appunto, si fonda sullesame delloggetto stesso (prameya), laltro si fonda su una discussione rispetto ai mezzi di conoscenza (NV 17).175 Nel nostro caso per, KB avverte che il primo metodo sar messo da parte e ci si concentrer sul secondo (NV 18a).176 Anche il secondo metodo conosce due variet, ossia una per inferenza e laltra lesame dellapplicabilit della percezione sensoriale. Nella fattispecie il tentativo fatto mediante inferenza (NV 18b-19).177 La percezione detta essere quella cognizione che nasce dal contatto (saprayoga) dei sensi con i loro oggetti, per essa non assolutamente reale (na paramrthata); lo stesso genere di contatto
Si vedano a questo proposito le Mdhyamikakrik (MK) di Ngrjuna (XXIV.8): dve satye samupritya buddhn dharmadean/ lokasavtisatya ca satya ca paramrthata. 174 Lautore del Vrtika pone alcuni distinguo sulle due scuole Mahyaa: tatrrthanyavijna yogcr samrit/ tasypy abhvam icchanti ye mdhyamikavdina// 14 // tatra bhyrthanyatva tulya dvayor api/ nivttysya tato jne tadvat savtikalpan// 15 // tasmt sdhraatvena tanmlatvena cpy ayam/ bhyrthasadasadbhve yatno bhyakt kta// 16 // Ivi gli Yogcra sono fondati sulla cognizione vuota di contenuto, mentre quelli che sono i Mdhyamika sostengono lassenza anche di quella (14). Tra questi, per entrambi identica la vacuit degli oggetti esterni, poich con la negazione di quella allo stesso modo si ha lidea di falsit nella cognizione (15). Per tale ragione per questa comunanza e anche per il fatto di essere radicati su quella [negazione], il commentatore ha compiuto un sforzo a proposito della realt o irrealt degli oggetti esterni (16). 175 La strofa 17 recita cos: bhyrthpahnave dvaidham eko rthasya parkat/ pramam rita caikas tatrst ya prameyata// Il secondo argomento sembra quello utilizzato da Vasubandhu nelle strofe 11-15 della sua Viatik, interna alla Vijaptimtratsiddhi (VMS). 176 NV 18a: pramasthas tu mlatvd ihedn parkyate/ 177 La duplice azione del secondo metodo cos spiegata: prastuta sa dvidh ctra prathama tv anumnata// 18 // pratyakabdhane cokte pact tacchaktyavekat/ tatrnumnam heda nanv iti asya ca sagati// 19 // Il metodo dellinferenza senza dubbio quello dei logici Dinga prima e Dharmakrti poi.
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immaginario si ha pure nelle cognizioni oniriche. Per questa ragione non vi uneffettiva e plausibile differenziazione tra una percezione di veglia e una cognizione occorsa in sogno (20-21).178 I buddhisti iniziano il loro percorso demolitore appunto con uninferenza (NV 23):
stabhdipratyayo mithy pratyayatvt tath hi ya/ pratyaya sa m da svapndipratyayo yath// La cognizione di una colonna o altro falsa, poich una cognizione; cos, infatti, qualsiasi sia la cognizione, questa vista essere falsa, come la cognizione onirica o altre [simili].

Abbiamo qui uninferenza con le sue varie parti: il paka stabhdipratyaya, in cui la colonna fa le veci di un qualsiasi oggetto di veglia; la falsit (mithytva) di questi enti il probandum (sdhya); la propriet di essere una cognizione (pratyayatva) presentata come ragione logica, probans (hetu); poi viene mostrata la concomitanza invariabile positiva (anvayavypti) tra lhetu, pratyayatva e il sdhya, mithytva; per finire con lesempio (dnta), in questo caso unistanza positiva, cio una circostanza in cui il probandum gi stato stabilito definitivamente (sapaka): la cognizione onirica. Evidentemente, i Vijnavdin postulano la falsit di ogni genere di cognizione grazie allinferenza sarvapratyayo nirlabana pratyayatvt svapnapratyayavat, altrimenti non si spiegherebbe lutilizzo del suddetto probans.179 Comunque sia, dal punto di vista di KB siamo di fronte a vari errori logici, tra i quali la natura deviata (vyabhicra) del probans, ossia quel pseudo-probans in cui non vi una reale concomitanza invariabile tra lo hetu e il sdhya, in quanto essa ha dei casi in cui non mostra congruit (TABER, 1994: 28).180
NV 20-21: tatsaprayogaja nma pratyakam iti bhitam/ tatrendriyrthasabandhabhedo na paramrthata// 20 // kalpita saprayogas tu svapndv api vidyate/ tadatadyogajanyasya vibhgas tena durlabha// 21 // 179 Si vedano anche gli argomenti addotti da Uddyotakara contro il buddhismo idealista nel subcommento al NySB ad IV.2.31-33. 180 Sappiamo dellesistenza di tre tipi di savyabhicri o anaikntika hetvbhsa: troppo esteso (sdhraa), troppo ristretto (asdhraa) e inconclusivo (anupasahr). Quello di cui stiamo parlando sembra il primo tipo, ossia sdhraa, la cui definizione sdhybhvavadvtti sdhrao naikntika (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 44-45): [Si dice] deviante troppo esteso [quel probans] che risiede anche l dove il probandum non presente. Caratteristica (rpa) propria della valida ragione logica (saddhetu) risiedere l dove sta il probandum, in quanto in essi vige un rapporto di vypya-vypaka, cio lo hetu
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Oltre a ci vi sono altri difetti della stessa inferenza. Linferenza predica ogni genere di cognizione priva di contenuto e fondamento. KB, nei panni dellobbiettore, introduce la discussione seguente dicendo che se nellinferenza usata nel commento di S la parola sarva rende paka anche le cognizioni oniriche, allora come si pu proporre come paka stabhdi (NV 24-25).181 In questinferenza vi in una parte lerrore di provare quanto gi stato provato (siddhasdhana), dacch anche i seguaci della Mms considerano prive di fondamento le immagini delle cognizioni oniriche, che sono incluse nel paka. Non si pu considerare un esempio corretto (dnta) nemmeno il composto svapnapratyaya, in quanto lesempio deve di necessit essere differente dal paka, per, come abbiamo test visto, svapnapratyaya fa parte del paka sarvapratyaya. Un terzo difetto (doa) linutilit (vyartha) dellavverbio eva, poich considerando allinterno del paka le cognizioni oniriche, esse non sono pi da considerarsi terreno comune e argomento condiviso da entrambi i contendenti (ubhayavdisiddha). KB continua cercando di vanificare ogni sforzo buddhista. Nellinferenza proposta sarvapratyaya da consideranti il soggetto, il paka cio il qualificandum (vieya); il termine nirlaba, il sdhya, funge invece da aggettivo, da qualificans (vieaa) (TABER, 1994: 31-32). Vediamo ora cosa dice KB (NV 35):
agrhyatvc ca bhedena vieaavieyayo/ aprasiddhobhayatva v vcyam anyatarasya v// Poich il qualificante e il qualificato per la [loro] differenza non possono essere colti, deve essere espresso il mancato stabilimento di entrambi o di uno dei due.

In questo caso, sarvapratyaya e nirlaba devono essere entit da comprovarsi mediante una certa nozione e quella stessa, partecipando della natura di pratyaya, sar priva di fondamento. Allora com possibile cercare di stabilire il paka o il sdhya stesso sulla base di cognizioni prive di fondamento? I buddhisti cadono qui nella loro stessa trappola, in quanto tre sono i possibili
pervaso (vypya) dal pervasore sdhya, che deve risiedere in un numero maggiore di luoghi rispetto allo hetu. 181 siddhasdhanabhve dntbhva eva ca/ m bhtm evaabda ca vyartho eaprasadhne// sarva eveti tentra jgradbuddhiparigraha/ svbhyupagamc cpi bhyagrhyanivraam//

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difetti: il mancato stabilimento del paka (paksiddhi), il mancato stabilimento del probandum (sdhyprasiddhi) o il mancato stabilimento di entrambi (etadubhayprasiddhi). Ci darebbe origine allimpossibilit da parte di un enunciatore (vakt) o di un uditore (rot) di comprendere il contenuto delle cognizioni del qualificante e del qualificato, con una conseguente negazione della realt di entrambi. Per questo largomento che equipara le cognizioni di veglia e di sogno cade da s.182 In ogni modo, senza continuare una discussione troppo tecnica e complicata che ci condurrebbe ben oltre i limiti del nostro lavoro,183 limportante comprendere che KB confuta ogni tentativo dei Vijnavadin di proporre lequazione sogno-veglia, come vedremo far anche akara (BSB II.2.29). Unultima sferzata KB la sferra (NV 79-80) col proporre un altro contro argomento (pratihetu) capace di vanificare (satpratipaka) quello presentato nellinferenza buddhista:
ittha sarveu pakeu vaktavya pratisdhanam/ bhyrthlaban buddhir iti samyak ca dhr iyam// 79 // bdhakpetabuddhitvd yath svapndibdhadh/ spi mithyeti ced bryt svapndnm abdhant// 80 // Cos, una contro-ragione deve essere enunciata in tutti i soggetti inferenziali: la cognizione che ha per contenuto un oggetto esterno, quella una cognizione valida (79), poich una cognizione da cui stato eliminata ogni contraddizione. Proprio come la cognizione [che si ha al risveglio]184 della contraddizione del sogno o quantaltro (80).

Ci vale a dire che ogni cognizione ha come parte del suo contenuto la nozione delloggetto esterno. Risulta chiaro, dunque, che KB riduce a uno

Queste considerazioni sono contenute in NV 36-37: vaktrotro ca yaj jna vieaavieyayo/ tannirlabanatvena svavgbodho dvayor api// 36 // sabhavo na ca bhedasya vieaavieyayo/ tasmn nirpaa nsti pratijrthasya obhanam// 37 // 183 Si consultino per completare pi precisamente il quadro dialettico tra Mmsaka e Yogcra J. N. Sinha (1999 [1938]: 117-124, 153, 160-161) e Vijaya Rani (1982: 179-181). 184 Seguiamo per la traduzione Prthasrathi Mira (PSM, IX sec.) nel suo commento Nyyaratnkara (NyRK): svapndn y bdhik dhr jgraddhs tadvad iti.
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pseudo-probans lo hetu usato dai Bauddha presentando di fronte a esso un altro hetu non viziato da difetti (asatpratipaka) (TABER, 1994: 41-42).185 Unultima considerazione indicativa dellatteggiamento dei Bha nei confronti della conoscenza sorta in sogno ci viene dal sub-commento di Prthasrathintha Mira (PSM, IX sec.) allo V, intitolato Nyyaratnkara (NyRK). KB, in NV 108-109a scrive:
sarvatrlabana bhya deaklnyathtmakam/ janmany ekatra bhinne v tath klntare pi v// 108 // taddeo vnyadeo v svapnajnasya gocara/ altacakre lta syc chghrabhramasasktam// 109 // In ogni caso il fondamento un oggetto esterno, [anche se] la sua sostanza si dispiega in altro luogo e tempo. In questa stessa nascita, o in unaltra, oppure in un altro momento (108), questo luogo oppure un altro luogo oggetto della cognizione onirica (109a) ...

PSM commenta cos le strofe (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 310):
anantaradivasnubhtasya svapne varttamnavad avagamt smtir eva tvat svapnajnam iti niciyate, anyatrpi smtitvam eva yuktam, tata csmin janmani ananubhtasypi svapne dyamnasya janmntardv anubhava kalpyata iti ... Poich in sogno la percezione di ci che stato esperito un altro giorno come se fosse presente, la cognizione onirica allora un ricordo invero: cos si accerta; anche altrove [il suo] essere ricordo davvero plausibile, inoltre anche per ci che non stato esperito in questa nascita, ma che visto in sogno, se ne immagina lesperienza in unaltra nascita, o altrove ...

Oltre al commento allo V, PSM scrive unopera fondamentale del pensiero della scuola dei Bha, la stradpik (D), che fu in seguito variamente commentata. Lopera un commento indipendente che cerca di gettare luce sullo
185 Lo asatpratipakatva una delle cinque caratteristiche (pacarpa) che un valido probans deve soddisfare. Tecnicamente, quando la caratteristica non soddisfatta ci si trova di fronte a un satpratipaka hetvbhsa: yasya sdhybhvasdhaka hetvantara vidyate sa satpratipaka, [Si dice] controbattuto quel [probans] di cui esiste un altro probans che stabilisce la mancanza del probandum [relativo al primo probans]. (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 46).

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V. Sempre commentando il MS I.1.5 (JHA, D. D. [ED.], 1988: 58) PSM espone il suo punto di vista (JHA, G. N., 1978 [1911]: 31-32; BHATT, 1962: 95-96):
katha tarhi svapne, tatrpi bhyam eva deaklntaragatam bhrnty

adodbodhitasaskravat

smaryama

nidrditamanaskatay

sanihitadeaklam iva manyate. vispaa caitad anantaradivasnubhtasya svapne vartamnvabhsadarant, anyatrpi svapne tathgkartu yuktam. irachedo py anyatrvagata svasabandhitay doavad avagamyate. sarvatra sasargamtram asad evbhsate. sasargias tu santa eva. seya vipartakhytir ucyate mmsaka. asatkhytivdinas tu sasargio py apalapantti viea. uktirajatavedane pi vidyamnaiva rajatatvajtir vidyamnasyaiva uktikakalasyntmabhtaivtmatayvagamyate, tath vandhysutdiv api vidyamna eva sutaabdrtho vandynvitayatay tatpadasanidhidod avagamyate Come accade allora nel sogno? Anche l [= nel sogno] proprio loggetto esterno, relativo a un altro luogo e tempo, che ricordato in virt delle impressioni latenti risvegliate dalla forza invisibile, per via dellillusione della mente che viziata dal sonno, ritenuto come fosse in un luogo e in un tempo vicini. Oltremodo chiaro che nel sogno vi la visione di unapparizione nel presente di ci che stato esperito il giorno precedente. lecito accettare ci anche altrove, oltre che nel sogno. [Per esempio], anche la decapitazione esperita altrove, a causa di un difetto [= il sogno], viene colta come fosse connessa a s stessi. Ovunque la sola relazione appare davvero irreale, mentre gli enti correlati sono veri. I seguaci della Mms chiamano questa vipartakhyti. I sostenitori della asatkhyti186 negano persino [lesistenza de-] gli enti correlati: questa la differenza [con i Mmsaka]. Pur essendo presente luniversale (jti) dellessere argento (rajatatva) nella cognizione dellargento [apparente] sulla madreperla [vera], il frammento di madreperla, che pure davvero presente e non interno alla coscienza, concepito come fosse forma di coscienza. Allo stesso modo accade anche nei casi come il figlio di una madre sterile o altri,187 in cui il significato della parola figlio esistente, poich costruito con [il termine] sterile per il difetto della vicinanza a quel termine viene recepito [come irreale]

Vedremo nel prossimo capitolo che si tratta degli nyavdin. Si tratta di quella categoria di idee del tutto inesistenti conosciute mediante aggettivi come tuccha, alka, atyanta asat o vikalpa, dei quali fanno parte il figlio di una madre sterile (vandhyputra), il latte di tartaruga (krmakra), il corno di lepre (aaga), il fiore che cresce in cielo (khapupa) e altri ancora.
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Siamo ora giunti alla brevissima trattazione dellaltro grande braccio della Prva Mms, ossia il Gurumata.188 Anche secondo Prabhkara (PK) i sogni sono per lo pi delle memorie di eventi o oggetti gi passati. In questo PK non differisce da KB, anche se egli introduce un fattore suo proprio, che rivedremo poi nella trattazione della sua teoria dellerrore, lakhyti. Lelemento novello definito come oscuramento di memoria (smtipramoa). Egli sostiene che le cognizioni oniriche sono effettivamente riproduzioni di eventi sperimentati durante la veglia, per proprio grazie al lapsus di memoria appaiono alla coscienza come fossero esperienze dirette. Smtipramoa, essendo letteralmente un furto di memoria, causa loblio del carattere rappresentativo dei ricordi, facendo s che le immagini mnemoniche presentate alla coscienza vengano recepite come percezioni (JHA, G. N., 1978 [1911]: 31). Insomma, anche se le cognizioni oniriche sono di natura rappresentativa analoga alla memoria, per via del lapsus, appaiono come vere e proprie presentazioni novelle (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 310-311, cfr. 312-313). Detto questo ci sembra opportuno riportare brevemente la diatriba dialettica tra Yogcra e Prbhkara sugli stessi argomenti gi trattati. In questa sede per, PK sembra leggere la cognizione onirica pi vicina allerrore percettivo, piuttosto che al ricordo, anche se non va dimenticata la peculiarit dellakhyti prabhkariana, ossia che nessuna cognizione in verit erronea. Il punto di partenza sempre lo stesso: ogni cognizione vuota del proprio contenuto, proprio come le cognizioni oniriche.189 A questo PK ribatte che una percezione diretta, per essere tale necessita di un oggetto reale e di una facolt percettiva che lo colga, facendo scaturire cos una cognizione. Come si
Purtroppo, in un primo momento, non siamo riusciti a reperire la Bhat di Prabhkara, poi, quando reperita non c pi stato il tempo per vagliarla con le dovute cautele, in quanto il testo, come ogni altra opera della Mms presenta grandi difficolt. Ci limitiamo a descrivere in generale, con le fonti secondarie a nostra disposizione, il punto di vista prabhkariano. Un altro testo che non siamo riusciti a consultare la Prakaraapacik (PrPa) di likantha Mira (M, tra 800 e il 950), fedele discepolo e interprete di Prabhkara, nelleditio princeps della Benares Hindu University. Un valido sostituto, anche se pi unopera antologica della PrPa quella curata da K. T. Pandurangi (2004), pubblicata per i tipi dellIndian Council of Philosophical Research di Delhi. L dove proponiamo i testi grazie al progetto GRETIL (Gttingen Register of Electronic Texts in Indian Languages) delluniversit di Gttingen e alle note delle fonti secondarie consultate. 189 Il testo della Bhat lo mutuiamo dalle note di Layek (1990: 64, n. 1), sebbene spesso gravemente scorretto: nanu sarva eva nirlabana svapnavat pratyaya, kutas tatsaprayuktatvam atatsaprayuktatvam v, yena vieea pratyakpratyakayor viea upalabhyate?
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pu allora sostenere lassenza di fondamento di tutte le cognizioni? Il buddhista ribatte che proprio grazie allanalisi di svapnajna che si pu giungere alla suddetta conclusione.190 Tuttavia, dice il Guru, questo non pu essere il caso delle percezioni illusorie poich ivi sinserisce una cognizione sorta dal ricordo (smtijna): la brillantezza di una madreperla di fronte agli occhi fa sorgere il ricordo dellargento che possiede un luccichio simile.191 Nel caso della cognizione onirica non sorge un ricordo relativo ad altri oggetti che siano esterni. Accade, solitamente, che la somiglianza di un oggetto ci fa ricordare un altro oggetto che possiede delle qualit analoghe. Ci pu accadere solo durante la veglia e non nel sogno, dove non c un vero e proprio oggetto, per questo motivo bisogna accettare che la conoscenza onirica modellata sulle impressioni latenti.192 Una causa ha come unico scopo la produzione di effetti, non di distruggerli. Senza leffettiva esistenza del mondo esterno non si pu verificare se in una conoscenza onirica appaiono degli oggetti esistenti anche allesterno, per questo non scorretto considerare la causa dellalbeggiare di una cognizione onirica un certo oggetto, anche se indirettamente.193 Per questo si pu spingersi persino ad affermare che una nozione non prodotta da unimpressione latente (vsan), ma dal contatto dei sensi con loggetto.194 Prabhkara continua sostenendo che anche una cognizione erronea ha bisogno di una causa per sorgere e nella fattispecie vymoha, una confusione mentale, unincertezza causa le impressioni mentali relative al mondo empirico, le quali, a loro volta, possono dare origine a una falsa cognizione (mithypratyaya).195 possibile che i sogni siano anche causati o da pensieri specifici (cint) o ancora dalla forza invisibile (ada). La derivazione da questultima testimoniata
katha puna sarva eva nirlabana pratyaya? pratyakasya hi nirlabanat svabhva upalakita svapne (IBID.: n. 2). 191 uktiky yad bhsvararpa caku paricchinna tad rajatasmter udbhodakam iti upapadyeta(IBID.: n. 4). 192 svapndiu puna kasyacid agrahad arthntare smtyudbhodaparihra, sadadarant sade rthntare smter udbhoda, svapne puna kasyacid agrahad itu uktam, tasmd vannidandhanam eva ida jnajlam iti pratipadymahe (IBID.: n. 5-7). 193 ucyate kryasiddhyartha hi kraa kalpyate, na puna kryavinaya, svapndiu ca bahir avabhs savit, s ca bhyam artham antarea na sabhavati, yena ca vin yad na sabhavati, tat tasya kraam, tasmd artha eva kraam iti yukta kalpayitum (IBID.: n. 10-13). 194 nirlabanat tu na eva savedyate pratyakvabodhena, tasmd akaja jnam, na vsannimittam ity uktam. nanu ca pratibuddhasya svapnopalabdha mithy (IBID.: n. 14-15). 195 nanu ca akraasya mithypratyayasya utpdo na ghaate, tad anuguye hi mithyjnat eva na syt, tasmd vymohahetavo mithypratyay vymohni bandhan ca ssrikyo vsan. ato vsan nibandhanam eva ida jnajlam udita tattvavidbhi (IBID.: 65, n. 17, 19-20).
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dallesperienza che talvolta si ha in sogno di eventi che procurano piacere o dolore. Per questo si pu concludere che la cognizione onirica prodotta da ada causata da un certo genere di pensieri (kiciccinthetuka) ed da consideransi alla stregua della conoscenza della madreperla che si pu avere al risveglio.196 in definitiva smtipramoa a determinare la falsit nel sogno: nel sonno, quando i sensi che non funzionano, la mente sopraffatta dalloblio che genera la falsit del sogno (LAYEK, 1990: 57-59).197 Il seguace di Prabhkara likantha Mira (M, tra l800 e il 950), invece, nella sua Prakaraapacik dice che la cognizione onirica dovuta al risveglio delle impressioni latenti per via della forza invisibile (ada), quando un individuo dorme. Questa forza invisibile altres la causa della felicit o della pena che il sognatore esperisce nel sogno. Se nel sogno il sognatore gode di piaceri allora significa che le impressioni risvegliate sono mosse dalla parte meritoria (dharma) della sua forza invisibile. Al contrario le pene oniriche, proposte da impressioni che risvegliano dolore, sono originate dalle colpe (adharma) del sognatore (MISHRA, U., 1929: 292). Nel terzo capitolo dellopera troviamo unesposizione della teoria dellerrore propria dei Prbhkara, lakhyti, con vari accenni al sogno. Certamente anche la cognizione onirica non fa differenza dalle altre cognizioni, ossia valida (yathrtha) (III.1): yathrtha sarvam eveha vijnam. Vediamo in specifico alcune considerazioni sul sogno, la relazione con lakhyti e la differenza con la vipartakhyti di KB (III.44-47):
eva svapne pi vastni smaryamni santy api/ anubhtamoea bhsante ghyamavat// 44 // grahaasya vieo hi ghtagrahaa smti/ s ghtamoea ghtir iva tihati// 45 // saskrodbodhahetu ca tatrda prakalpyate/ vipartakhytipake py e tuly hi kalpan// 46 // Cos anche in sogno gli enti che pur sono ricordati, per loffuscamento della parte direttamente esperita appaiono come fossero percepiti (44). Infatti, la differenza dalla percezione diretta che il ricordo una cognizione di ci che gi stato colto, per quel [ricordo] se ne sta come cosse una percezione diretta,

svapndau api hi cintddisabhavt, svapne pi sukhadukham anubhyate, sukhadukhahetu ca adam, ato dahetukam eva svapndijna kicid cintdihetukam iti upapanna uktydijnatulyatva svapndijnasya (IBID.: n. 22-23). 197 anyato hi svapnapratyayasya mithybhva iti pramoanimitta darayati(IBID.: n. 24).
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per via delloffuscamento della parte gi esperita (45). A questo proposito, come causa del risveglio delle impressioni latenti postulata la forza invisibile. Anche dal punto di vista della vipartakhyti vi lo stesso postulato (46).

Come ogni altra cognizione, anche le cognizioni oniriche sono veritiere e sono della natura del ricordo. Non possibile sognare qualcosa che non sia stato esperito in precedenza, anche se tale fatto non realizzato nel sogno stesso. questo il motivo per cui il sognatore ritiene di percepire per la prima volta quanto sta sperimentando in sogno, anche se le cognizioni avute in sogno non sono altro che ricordi scaturiti anchessi dal sorgere delle impressioni latenti (vsan) stimolate dallada. Una cosa degna di nota che se le cognizioni oniriche convogliano la visione di oggetti che erano stati colti correttamente in precedenza, anchesse devono partecipare della stessa natura di validit (yathrthya) (PANDURANGI, K. T., 2004: 40-41).198 Vorremo, infine, concludere con un argomento caro ai buddhisti, ma ripreso pi volte anche dai baluardi dellortodossia, come Maana Mira (MaMi VIII sec.) e VM (Bhmat ad BSB III.2.1-2) per confutarlo. Si tratta del sogno veritiero (satyasvapna), ossia un tipo di sogni che inevitabilmente risponde a verit una volta che il sognatore si sveglia. Vediamo ora come si sviluppa la questione del sogno in un passaggio del Vidhiviveka (ViVi) opera di MaMi:
adhigatasvtantya ca mana svapne. na ca svapnajna smti. atadrpatvt. naitat sram. tath hi arthpek mudh tulyam anykrapraveanam/ dehino vartamnbh svapne spa pi hi smti//199 cakurdayas tvad vrttamnam eva uktikakaldyartha darayanti, tadapekat. anyath vaiphalyt tatsannidhe tadasannidhv api rajatavedanaprpte. rajatatvabhsana yadi na uktiviaya vartamnbhsanam api tarhi n vartamnagocaram. doatas tathtvam itarasypi tulyam. vartamne c vartamn vabhso n vartamne vartamn vabhsa. arthasannidhe sphalyt. neda rajatam iti ca prasaktasya pratiedhopapatte.

Relativamente al dibattito con gli Yogcra, M, nell PrPa sostiene che essi argomentano erroneamente che in sogno sono manifeste delle semplici idee, anzi c da dire che in sogno le cognizioni colgono immagini di oggetti esterni gi percepiti: tatrpi bahiravabhsatvt savida I sogni sono della natura di ricordi rivitalizzati dal risveglio delle vsan lasciate dalla precedente percezione degli oggetti empirici. Per questo le cognizioni oniriche colgono oggetti esterni percepiti precedentemente e ricordati durante il sonno. Smtipramoa lunico a cui addebitare il fatto che i ricordi onirici siano scambiati per percezioni (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 166). 199 VM nella Nyyakaik (NyKa) presenta la stessa strofa ma con un secondo emistichio ben differente: doato varttamntva svapne spa api hi smti//
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taimirikasya keorbha jnam lokev iti nrthpeko vyabhicra. svapne pi ki smter vartamn vabhsatvam, uta manasa svtantryam iti? smter vartamn vabhsat yukt. anantaradivasnubhtasyvikalnadhikasya vispaasmte vartamnavad vedand doopaplavena. na tv ada manasa svtantryam. doata ca smarthy tireko, doasya tadapanayanahetutvt. satyasvapnadarana tu yadi vartamnasya tathgrahat tad adam. prabodhe svapnkhynrthasavdadarand dam iti cet? na. khynasavdbhvt. khynasavdas tu kkatlya. bhaviyatas tu vartamnavad darana katha satyam? m bht satyam. asti tvat svtantrya manasa. tad api tadvividhasy nubhtasya smaraam. itarath manaso dasmarthyasya kalpyatvt. dharmaviea ced yathrthadaranaprasagt. tasya krya praty adasmarthyasya kalpyatvt. yadi ca na smti svapnajna prama tarhi na pramam api. bahis tath grhyasy bhvt. na tarhi bahirarthe svatantra mana. svapne tasygrhyatvt. grhyatve v nubhtasya grahaa, tath datvt. na doato dasmarthy tirekakalpanety ubhayath na svatantra bahir mana ... [Obbiezione:] In sogno la mente acquisisce lindipendenza [dai sensi]. La cognizione onirica non un ricordo, poich non ha la medesima conformazione. [Risposta:] Ci non vero, infatti: Inutile il bisogno di un oggetto, lo stesso [dicasi] per la cognizione di unaltra forma; [sebbene] nel sogno lapparizione di un essere corporeo sia chiara, quella un ricordo. In quel momento gli occhi e gli altri [sensi] mostrano gli oggetti, ossia il frammento di madreperla o altri, come fossero presenti, poich hanno bisogno di essi altrimenti la vicinanza di quella [= della madreperla] sarebbe inutile,200 ma, per la sua mancanza di prossimit, si giunge alla cognizione dellargento. Se per lapparizione dellargento non ha come contenuto la madreperla, allora anche lapparizione di ci che presente non potrebbe avere come oggetto ci che presente non . Per difetto, tale caratteristica la stessa anche per laltro [cio]: in ci che presente appare ci che non presente e in ci che non presente appare ci che presente. Daltra parte quando si arriva in prossimit delloggetto si ha successo, giacch la negazione di quanto sotto esame come Questo non argento! diviene plausibile. Di contro, la devianza [dalla valida percezione] non ha bisogno di un oggetto [effettivo] per chi ha una vista indebolita dalla malattia, [infatti, costui ha] una cognizione in cui appare quel difetto che fa scorgere, in parti che sono ben illuminate, qualcosa di simile a un ciuffo di capelli (keorbha). [Dubbio:] Forse anche in sogno il ricordo ha la propriet di far apparire ci che presente

Interpretiamo i passi sulla base della NyKa, che in questo caso riporta: uktikdyapekat. anyath tanapekae vaiphalyt tasanidhe uktisanidhnasya
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oppure si ha lindipendenza della mente [dai sensi]? [Risposta:] Leffettiva propriet di far apparire del ricordo congrua, poich, per la sparizione dei difetti, come se fosse presente un ricordo alquanto chiaro che non n pi n meno di quanto stato esperito il giorno precedente. Mentre, la forza invisibile non lindipendenza della mente [nei confronti degli oggetti esterni]. Per difetto, si ha una sovrabbondanza di capacit, dacch a causarne leliminazione il difetto. satyasvapnadarana tu yadi vartamnasya tathgrahat tad adam Daltro canto, se si vedesse un sogno veritiero,201 per una percezione tale di qualcosa di effettivamente presente, allora quella [visione] sarebbe [sarebbe da imputarsi al-] la forza invisibile. [Domanda:] Ma [se si dicesse che] quanto si vede al risveglio avviene per via della visione corrispondente con il racconto del sogno. [Risposta:] No, poich non vi corrispondenza con il racconto del sogno. La corrispondenza con il racconto accidentale. Ma, come pu essere vera la visione di qualcosa di futuro come fosse presente. [Domanda:] Che pure sia [ammessa] non essere verit, siccome in quella circostanza la mente indipendente. [Risposta:] [No poich] anche quello un ricordo della molteplicit di ci che stato esperito, altrimenti si dovrebbe postulare una capacit della mente verso ci che non visibile. Se fosse una propriet specifica, allora il problema sarebbe che quello una visione veritiera, poich si dovrebbe postulare per ogni effetto tale capacit in ci che invisibile. Se la cognizione onirica non un ricordo allora anche un mezzo di conoscenza non un mezzo di conoscenza, perch allesterno non c un simile oggetto di cognizione. Per questo la mente non indipendente a proposito di un oggetto esterno, infatti, quello non percepibile in sogno. Se fosse percepibile allora la cognizione sarebbe di qualcosa di gi esperito, poich stato cos visto. La capacit verso ci che invisibile e relativa a unimmaginazione eccessiva non per un difetto: in entrambi i casi la mente non indipendente allesterno ...

La NyKa di VM d un esempio di satyasvapna che probabilmente una storia ascrivibile alla tradizione della scuola della vijaptimtrat di Vasubandhu. La questione che i buddhisti idealisti, sebbene per costoro il sogno sia solamente unillustrazione per determinare lillusoriet e la natura tutta interiore del paesaggio esteriore, considerano tuttavia lesistenza di un sogno particolare, con propriet uniche, che lo distinguono dagli altri generi di sogno.
La NyKa spiega cosa si intenda per sogno veritiero: yadi manyeta sti khalu satya svapnadaranam api. tad yath. vallabhligitam tmnam anubhya svapne jgarym api tathaiva payati. na caiya vartamnbhs smtir iti spratam.
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(HAYASHI, 2001: 564, n. 13-14).202 Il termine ha due campi semantici differenti di utilizzo, ognuno dei quali si suddivide in altri contesti. In primis, si usa in relazione alla percezione degli yogin (yogipratyaka): rispetto alla conoscenza delle loro menti; rispetto a oggetti appartenenti al passato o al futuro e, inoltre, rispetto alla corrispondenza con gli oggetti. Il secondo troncone in relazione alla dottrina del vijnamtra, della sola esistenza della coscienza. Il sogno veritiero si user allora in due contesti: rispetto alla non deviazione dalla verit (avisavditva)203 e rispetto ad alcune opposizioni alla non deviazione dalla verit di tale sogno veritiero204 (IBID.: 560). Nonostante ci, a noi interessa il fatto che VM confuti precisamente questo punto di vista degli Yogcra:
yad khalu svapne uklamlybaradharo brhmayanam ha somaarmann yuman pacame hani prtar eva bhpatir urvarpryabhuv grmavarea mnayiyati tvm iti, sa ca pacame hani prtar eva tath samnita somaarm bhavati satyasvapnavn ity artha. nirkaroti na. kasmt? khynasavdbhvt. khynena hi prabuddha somaarm smarann apy khytra brhmaya na payati tatpratat c khynasya smtyrhasya manyate iti. maiva bhd khynasavda svapnasystti, tath ca satyatety ata ha khynasavdas tu kkatalyo daivaprpto na svapnajna pramayati, yathvidhasyaiva tatsmagrkasya visavdavato bahulam upalabdhe. savdasya daivdhnatvt Quando invero in sogno qualcuno vestito con vesti bianche e una ghirlanda bianca dice a un brhmaa istruito: O Somaarman dalla lunga vita! Il re ti onorer col dono di un villaggio dalla terra fertile proprio alla mattina del quinto

Molteplici sono i riferimenti al sogno veritiero negli scritti di Dharmakrti, come il Nyyabindu o di Kamalaila nel suo commento al Tattvasagraha di ntarakita Tattvasagrahapajik. Si vedano anche il commento di Prajkaragupta al Pramavrtika di Dharmakrti, intitolato Pramavrtiklakra, nonch negli scritti di Ratnakrti e Jnarmitra e la Prajpramitopadea di Ratnkaranti (HAYASHI, 2001: 561-563). 203 Ratnkaranti riferisce del satyasvapna quando deve rispondere alla domanda: perch lo stesso errore percettivo sorge in molte persone? Egli risponde che si ha perch esistono delle impressioni pi solide di altre (ddhavsan). Anche Dharmakrti nel Pramavinicaya usa la stessa nozione. Egli divide i mezzi di valida conoscenza in due generi: dovuti a solide impressioni e pertanto compresi nellambito della verit ultima e altri sorti senza solide impressioni, applicabili al regno della verit convenzionale. Ratnkaranti conclude che i sogni veritieri sono causati dalle ddhavsan (HAYASHI, 2001: 563-564). 204 Alcuni buddhisti osteggiano questa nozione del sogno veritiero. Per esempio ubhagupta, nella Bhyrthasiddhikrik, nega leffettiva funzionalit (arthakriy), in quanto criterio di realt, al satyasvapna. Egli sostiene che se quel tipo di sogno fosse vero allora se ci fosse il sogno di un rapporto sessuale in un sogno veritiero e la sua funzione fosse effettiva, allora si dovrebbe avere un bimbo vero. Oltre al primo detrattore vi Durvekamira nel suo commento al Nyyabinduk di Dharmottara, il Dharmottarapradpa. Secondo questi sciocco assumere che un sogno veritiero possa avere un contenuto altrettanto reale (HAYASHI, 2001: 564).
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giorno [da oggi]. E, proprio al mattino del quinto giorno, egli in tal modo onorato, cos Somaarman diviene qualcuno [che ha visto] un sogno veritiero. Questo il significato. [Ora il testo] confuta [ci]: No. [Domanda:] Perch? [Risposta:] Poich non vi corrispondenza con il racconto. Risvegliatosi proprio col racconto, Somaarman, pur ricordando il brhmaa istruito narratore, non lo scorge e considera il racconto, che ormai gli salito alla memoria, come narrato da quello. E che cos non sia! C la corrispondenza del racconto col sogno, per cui [ci indica] la sua verit. Per [fugare] questo [lautore] dice: la corrispondenza con il racconto accidentale, dovuta al caso e non rende autorevole la cognizione onirica, poich in molti casi ci si trova di fronte a una mancanza di corrispondenza [con la realt] di siffatto genere e che ha lo stesso complesso causale, invece la corrispondenza dipende dal caso

A questo punto la nostra carrellata attraverso i darana ortodossi pu dirsi terminata. Altri riferimenti, soprattutto riguardanti le diatribe con lAdvaita Vednta, saranno accennati in seguito.

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CAPITOLO 3: STRUMENTI PER LO STUDIO DELLONIROLOGIA NELLADVAITA VEDNTA

CAPITOLO 3 S TRUMENTI
PER LO STUDIO DELL ONIROLOGIA NELL A DVAITA

V EDNTA

III.1: G ENESI

DI UN ANALISI

Ci si potrebbe chiedere, e a ragione, a che scopo prolungare una gi lunga, anche se necessaria, trattazione. Sar dunque duopo fornire qualche doverosa spiegazione sui motivi che ci hanno spinto a redigere questo capitolo in forma indipendente. Innanzitutto, va detto che nella letteratura dei darana sono presenti dei concetti espressi anche tramite massime e analogie tratte dalla vita ordinaria (laukikanyya). Fra queste vi il dpadehalnyya, ovvero lanalogia della lucerna posta sulla soglia che in grado di illuminare sia quanto sta allinterno di una stanza, sia quanto c allesterno. Secondo questo nyya, grazie alla conoscenza di una certa entit che si situa in una posizione intermedia rispetto ad altre due, si pu avere una visione dinsieme di tutte le parti: quella esterna, la congiuntura e la parte interna. Abbiamo visto in modo sommario e vedremo pi compiutamente nella prima parte del quarto capitolo che il sogno considerato la congiuntura (sadhyasthna) di due differenti ambiti e mondi (loka) nel quale il purua si situa al fine di osservare il mondo di l e il mondo di qua (BU IV.3.9).1 Questidea quella che ha mosso lintera struttura del nostro elaborato e ha fatto s che il sogno, la condizione di sogno, la cognizione onirica e gli oggetti onirici non fossero analizzati esclusivamente nel loro ambito e in s e per s. Si cercher di esaminare svapnvasth con attenzione sia a quanto viene idealmente prima del sogno, cio la veglia e quanto viene dopo, ossia il sonno profondo, anche se questa stessa organizzazione sequenziale non coglie nella sua interezza il fenomeno delle tre avasth. Questo breve capitolo ha due funzioni principali che sono strettamente connesse tra loro. In primis funge anchesso da sadhya, da congiuntura, o se si preferisce sagati, a quello che abbiamo scritto nelle fasi iniziali della tesi e nei primi due capitoli e,
1 In quella situazione centrale, il purua gode di maggiore libert, attore (kart) che crea (sjate) oggetti quali carri, animali e strade, vaga distaccato da ogni cosa esperita: asago hy aya purua (BU IV.3.16). Egli, infatti, passa da una condizione allaltra senza alcun attaccamento, proprio come un enorme pesce si muove nello specchio dacqua in cui vive, nuotando da una sponda allaltra (FORT, 1990: 17-20). Secondo R. King, il sogno fornisce un pi ampio livello di insegnamento sulla natura del S rispetto alla veglia (KING, 1997 [1995]: 62).

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simultaneamente, da cornice a quanto investigheremo in questo e nei prossimi due capitoli. Il fattore connettivo appunto nella liaison sia con il primo, sia con il secondo capitolo. Il primo di questi stato introduttivo allargomento onirico e ai passi successivi che hanno condotto le prime osservazioni e successive speculazioni sul sogno; il secondo capitolo, invece, oltre che lambire alcune questioni limitrofe allargomento principale, ha voluto fornire un survey generale sulle posizioni e sugli atteggiamenti degli altri darana ortodossi nei confronti del sogno. Quello che abbiamo invece definito come cornice laltro motivo che ci ha spinti a stendere questo capitolo. Esistono come si vedr, vari temi che sono indissolubilmente legati al fulcro del nostro esame. Taluni di questi punti sono ben noti e non richiederebbero spiegazioni particolari, per la gran copia di materiale accademico e divulgativo prodotto su di essi. Per, tali altre problematiche hanno bisogno di qualche ulteriore considerazione, non solo ai fini della trattazione generale, ma anche per veicolare a quelle che saranno le conclusioni. Oltre a questo il nostro argomentare ha cercato di porsi e di porre delle domande tentando di rispondervi mediante la trasmissione testuale o, laddove non fosse stato possibile, cercando di postulare una possibile risposta, per lo pi nellottica tradizionale.2 Sta di fatto che in questo capitolo si vogliono schematicamente fornire dei materiali e strumenti al fine di poter leggere con una visione dinsieme pi penetrante e connettiva sia quanto venuto prima sia quanto sar presentato in seguito. Probabilmente, ancora una volta, sorprender lo strumento ermeneutico, ossia la trattazione attraverso la cartina tornasole degli Advaitin successivi a , di argomenti che gi aveva presentato o solamente accennato. Questa metodologia, come abbiamo chiarito nellintroduzione generale, oltre che da una scelta concettuale dettata dal fatto che negli autori cronologicamente pi vicini a noi si segue un iter e si usa un linguaggio certamente meno arcaico di quello di , nonch le analisi sono pi sistematiche, il che rende lapproccio, lo studio, la traduzione e la spiegazione pi chiare. Pertanto, sulla scorta di quanto detto, utilizzeremo vari testi di autori successivi a stesso, ma ai cui la tradizione Advaita consegna interamente linterpretazione e ladattamento storico e concettuale del messaggio akariano.

Non si deve certamente dimenticare una cosa fondamentale, che distingue lIndia, la sua tradizione in toto e, in modo particolare, lAdvaita Vednta, ossia che sebbene c da ammettere che il fasto e la grandezza dellIndia antica e medievale sia considerevolmente rimaneggiato, tuttavia la tradizione vivente Advaita ancora fortemente rappresentata tanto al sud quanto al nord dellIndia.
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Non ci si stupisca dunque se faremo convivere testi come il BSB, con il Sakepa rraka, la Pacada, il Vedntasra, il Siddhntabindu, lAdvaitasiddhi, il Vedntaparibh e altri ancora.

III.2: M ISCELLANEA

ADVAITIKA

Per alcuni concetti, com costume dellAdvaita, saremo costretti anche in parte a ripeterci, tuttavia si noti che in ogni caso pure la ripetizione parte integrante di un preciso percorso logico. Abbiamo pi volte visto che lanima individuale (jva) transita ogni giorno della sua vita attraverso tre stadi (avasth): la veglia (jgrat), il sogno (svapna) e il sonno profondo (suupti). Oltre, e diverso da questi, vi un quarto stadio (turya/caturtha), che la naturale condizione pacifica (nta), fausta (iva) non duale (advaita) del S, ltman stesso, sempre identico, vigile testimone e immobile pervasore delle altre condizioni. Lanima individuale (vyaicaitanya), assume appellativi distinti a seconda che la sua coscienza sidentifichi (abhimnin) ai ranghi ristretti di una condizione specifica: nella veglia si chiama Viva, nel sogno Taijasa e nel sonno profondo Prja. A ognuno di questi stadi corrisponde un corpo, formato da certe guaine, o involucri (koa). Viva il jva identificato al mondo grossolano (sthla) proprio della veglia, per cui possiede un corpo della stessa natura (sthlaarra), formato dal solo involucro fatto di cibo (annamayakoa). Nello stato di sogno il S risplendente, Taijasa possiede un corpo sottile (skma/ligaarra), costituito da tre diversi involucri: quello formato dai soffi vitali (pramayakoa), quello fatto di mente (manomayakoa) e quello proprio dellintelletto (vijnamayakoa). Infine, a Prja appartiene un corpo causale (kraaarra), formato dallinvolucro fatto di beatitudine (nandamayakoa). La PD (I.15-29) di Vidyraya, come molti altri prakaraa vedntici, descrive il processo di quintuplicazione (packaraa)3 degli elementi sottili, argomento che ci aiuta a comprendere la formazione dei corpi sottili e grossolani dalla sostanza causale.
Il BS II.4.30 trivt kurvata upadet, secondo linterpretazione Advaitin difende la dottrina del packaraa secondo la quale il testo di ChU VI.3.3 trivta trivtam ekaik karavi , ... che io renda ognuno di questi [elementi] triplice ... non sono menzionati vyu e ka perch si sa da altri passi scritturali quali TaiU II.1.1 che la terra, lacqua e il fuoco sono stati manifestati per aggiunta di qualit dalletere e dallaria, quindi la loro inclusione automatica ma non altrettanto la loro menzione, che pu rimanere sottintesa. Si vedano le discussioni nel Siddhntabindu (SB, STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 389-392) di Madhusdana Sarasvat (MS); nel VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 382-395) e VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 4-7). Riassumendo, la quintuplicazione avviene quando la produzione sottile si determinata completamente e, in conformit al dettame di manifestazione del sakalpa divino, ognuno dei
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Secondo Vidyraya, seguace del Vivaraaprasthna, il riflesso di brahman cade sulla sostanza primordiale (prakti) entro la quale agiscono tre tendenze, tre qualit (gua): il sattva, il rajas e il tamas (PD I.15).4 Anche la prakti duplice, a seconda che in essa ci sia un riflesso puro (uddha) o impuro (aviuddha) del sattva insito in essa stessa. Ci d origine rispettivamente alla divisione tra my e avidy. Il S supremo riflesso in my lonnisciente Signore supremo che capace di controllare quella stessa my (PD I.16).5 Daltro canto, quando lo stesso S si riflette sullavidy, allora il prodotto generato il jva, incapace di controllare la stessa ignoranza da cui scaturito. Per via dellestrema variet (vaicitrya) delle gradazioni dellimpurit (aviuddhitrtamya) di questa sovrapposizione limitante (updhi) conosciuta come avidy, esistono innumerevoli generi (anekadh) di jva, a partire dagli esseri celesti fino alle forme di vita infime. Nellambito individualizzato del jva, questignoranza ne costituisce il corpo causale (kraaarra) e appunto lanima individuale che a quel corpo sidentifica (abhimnin), assumendo lappellativo di Prja (PD I.17).6 Da questo punto in poi dalla sostanza in cui predomina il tamas (tamapradhnaprakte) e per il desiderio o lordine iniziale del Signore (varjay) e per permettere allanima individuale di fruire di essi (tadbhogya) sorgono i cinque elementi sottili (apackta, PD I.18):7 letere (viyat), laria (pavana), il fuoco (tejas), lacqua (ambu) e la terra (bh). Questi cinque elementi, in quanto produzioni sono dotati di parti interne, ognuna delle quali corrisponde alle tendenze proprie dei gua. Dalle cinque parti dominate
cinque elementi sottili si divide prima in due parti. Poi di quei due mezzi se ne lascia una prima parte cos com, mentre la seconda suddivisa in quattro segmenti. Ogni elemento scambia uno dei quarti della seconda suddivisione con gli altri quattro, cosicch in ogni elemento grossolano vi sar una mescolanza di met dellelemento originale e laltra met sar divisa in quattro sezioni occupate rispettivamente dagli altri elementi. vara produce gi la natura degli elementi sottili con la tendenza alla quintuplicazione, che serve a far s che le anime individuali possano fruire di essi e affinch dagli elementi grossolani nascano i corpi fisici che sono strumenti di fruizione (PD I.26-27): tadbhogya punar bhogyabhogyatanajanmane pacikaroti bhagavn pratyeka viyaddikam// dvidh vidhya caikaika caturdh prathama puna/ svasvetaradvatyair yojant paca paca te// Ognuno degli elementi quintuplicati (packta), pur non essendo puro ma nato da una mescolanza (melana) di cinque elementi, comunque chiamato con il nome dellelemento preponderante. Si veda la discussione di ad BS II.4.22: vaieyt tu tadvdas tadvda. Da questi elementi grossolani (sthlabhta) nascono i corpi grossolani (sthlaarra) e altri prodotti derivati (bhautika). 4 cidnandamayabrahmapratibimbasamanvit/ tamorajasattvagu praktir dvividh ca s// Il VP, invece, fa partire il tutto dal sakalpa della divinit suprema che la ruti ricorda in molti modi: tad aikata bahu sy prajyeya ... (ChU VI.2.3); so kmayata bahu sy prajyeya ... (TaiU II.6.4). Da questa volizione, desiderio o determinazione iniziale hanno origine poi i cinque elementi (mahbhta) sottili non quintuplicati (apackta), come sono chiamati nel Vednta, oppure i tanmtra del Skhya. 5 sattvauddhyaviuddhibhy myvidye ca te mate/ mybimbo vaktya t syt sarvaja vara// 6 avidyvaagas tv anyas tadvaicitryd anekadh/ s kraaarra syt prjas tatrbhimnavn// 7 tamapradhnapraktes tadbhogyevarjay/ viyatpavanatejombubhuvo bhtni jajire// Si noti che ognuno degli elementi sottili ha una specifica qualit (gua) in s, che si somma anche alle qualit specifiche degli elementi che lhanno preceduto, ossia che ne sono stati causa indiretta: letere allora possieder il suono (abda), laria il suono e la capacit di essere tattilmente percepito (spara), nel fuoco, oltre a abda e spara si aggiunge la forma-colore (rpa), nelle acque troviamo tutti e tre pi la caratteristica peculiare di esse, la sapidit (rasa), infine nella terra, lelemento pi denso vi sono cinque qualit, le quattro gi viste pi la fragranza (gandha) (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 383-384). Il VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 4) spiega questa integrazione e aggiunta delle qualit dellelemento causante nellelemento prodotto con lespressione kraaguaprakranea.

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dal sattva dei cinque elementi sottili sorgono in ordine (kramt) le cinque facolt intellettive (jnendriya): ludito (rotra), il tatto (tvag), la vista (aki), il gusto (rasana) e lolfatto (ghra).8 Da quelle stesse parti sattvika degli elementi sottili, si forma lorgano interno (antakaraa) il quale, a seconda della sua funzione (vttibhedena) duplice: la mente (manas), deputata a una riflessione (vimara) altalenante tra lopzione (vikalpa) e la determinazione (sakalpa); poi vi la funzione accertatrice (nicaytmik) dellintelletto (buddhi).9 Proseguendo poi con il processo, grazie alle cinque parti dominate dal gua rajas si formano le cinque facolt dazione (karmendriya): la parola (vk), la facolt prensile (pi), la facolt di deambulazione (pda), lorgano escretorio (pyu) e la facolt riproduttiva (upastha).10 Poi ancora da quelle stesse parti pervase dal rajas nascono pure i cinque soffi vitali, ognuno dei quali con una precisa funzione (vttibhedt): pra, apna, samna, udna e vyna.11 Tutti questi 17 prodotti degli elementi sottili: lintelletto, la mente, le cinque facolt dazione, le cinque facolt conoscitive e i cinque soffi, contribuiscono tutti insieme a costituire il corpo sottile (skmaarra), conosciuto altres con lappellativo di ligaarra.12 Ora, dopo aver definito il corpo sottile e le sue componenti, non resta che spendere due parole sia per il singolo jva individuale (vyai) che sidentifica con esso e con le sue funzioni, sia per il principio universale (samai) che vi corrisponde. Naturalmente, quando Prja, che appunto lanima individuale la cui unica sovrapposizione lignoranza, derivata dalla duplicazione di prakti in my e avidy, sidentifica con unaltra condizione e
8 PD I.19: sattvai pacabhis te kramd hndriyapacakam/ rotratvagakirasanaghrkhyam upajyate// Si confronti anche con il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 384-386; anche il SB STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 384) che aggiunge due questioni leggermente differenti dalla PD. La prima che dalle parti dominate dal sattva degli elementi sottili sorgono le quattro funzioni dellorgano interno: manas, buddhi, ahakra e citta, ognuno dei quali con una divinit tutelare, Candra, Caturmukha [=Brahm], akara e Acyuta [= Viu]. Laltra informazione riguarda le divinit tutelari (adhiatdevat), ossia quei principi numinosi che fungono da fondamento sottile a entit altrimenti inerti. Allora la divinit correlata alludito Dig, al tatto Vt, alla vista Arka, al gusto Varua e gli Avin allolfatto. Ancora secondo il SB, nellorgano interno predomina una potenza di conoscenza mentre nei soffi vitali domina una potenza dazione: tasya ca jnaaktipradhno o ntakaraam. tac ca buddhir mana iti dvidhocyate. kriyaktipradhno a pra Il testo aggiunge inoltre che a seconda della predominanza di una potenza o dellaltra, appaiati a coppie corrispondenti, sorgono i jnendriya e i karmendriya (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 379-380). 9 PD I.20: tair antakaraa sarvair vttibhedena taddvidh/ mano vimararpa syd buddhi syn nicaytmik// Si veda inoltre il SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 378-379). Una sola questione che merita di essere chiarita che il VS menziona esplicitamente che nel computo dei 17 elementi che costituiscono laggregato sottile, la funzione di ricordo (citta) e il senso dellio (ahakra) ricordate dal VP, devono essere ricondotte rispettivamente alla mente e allintelletto: anayor [= manabuddhyo] citthakrayo ntarbhva (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 5). 10 PD I.21: rajoai pacabhis te kramt karmendriyi tu/ vkpipdapypasthbhidhnni jajire// Ancora il VP mostra la corrispondenza con il regno universale (adhidaivika) delle divinit tutelari rispettivamente con queste facolt individuali (adhytmika): Agni, Indra, Upendra, Mtyu e Prajpati (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 386-387); analogo il SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 383-384). 11 PD I.22: tai sarvai sahitai pro vttibhedt sa pacadh/ pro pna samna codnavynau ca te puna// Si vedano inoltre il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 387-388) e la discussione relativa al VS nella nota 32 del capitolo IV.II. 12 PD I.23: buddhikarmendriyaprapacakair manas dhiy/ arra saptadaabhi skma talligam ucyate//

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un altro corpo, cio quello sottile, prende il nome di Taijasa. Daltro canto, sul versante samai di questa corrispondenza, quello che nella condizione causale (kravasth) era vara controllore di my e di cui la stessa my costituisce lupdhi, diviene linsieme sintetico e universale di tutte le possibilit sottili e prende il nome di Hirayagarbha o Strtman. Questo tale poich ha una conoscenza totale della sua identit con tutti (sarvem) gli aggregati sottili individuali (svtmatdtmyavedant), i vari Taijasa, mentre questi ultimi rimangono in un dominio relativo perch mancano di questa conoscenza (tadabhvt), per cui si sentono altri dal loro Signore.13 Prima di passare alla questione degli involucri o guaine (koa) vale la pena di chiarire con un breve passo del VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 5-6) le questioni test menzionate, per lo pi relative al corpo sottile, che quello che pi da vicino ci interessa:
atrpy akhilaskmaarram ekabuddhiviayatay vanavaj jalayavad v samair

anekabuddhiviayatay vkavaj jalavad v vyair api bhavati. etatsamayupahita caitanya strtm hirayagarbha pra iti cocyate sarvnusytatvj jnecchkriyaktimadupahitatvc ca. asyai samai sthlaprapacpekay skmatvt skmaarra vijmaydikoatraya jgradvsanmayatvt svapno ta eva sthlaprapacalayasthnam iti cocyate. etadvyayupahita caitanya taijaso bhavati tejomayntakaraopahitatvt. asypya vyai sthlaarrpekay skatvd iti hetor eva skaarra vijnamaydikoatraya jgradvsanmayatvt svapno ta eva sthlaarralayasthnam iti cocyate. etau strtmataijasau tadn manovttibhi skmaviayn anubhavata praviviktabhuk taijasa vanavkavat [MU 2] itydirute. atrpi ca samaivyayos jalayajalavat tadupahitastrtmataijasor tadavacchinnkavac

tadgatapratibimbkavac cbheda. eva skmaarrotpatti

PD I.24-25: prjas tatrbhimnena taijasatva prapadyate/ hirayagarbhatm as tayor vyaisamait// samai a sarve svtmatdtmyavedant/ tadabhvt tato nye tu kathyante vyaisajay// Si veda anche il SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 370-372) in cui si mostra il triplice aspetto del jva rispettivamente come il principio identificato con la condizione di veglia e limitato dallavidy e dai suoi prodotti come lorgano interno e il corpo grossolano, che si definisce viva ( avidyntakaraasthlaarrvacchinno jgradavasthbhimn viva ). Si viene a chiamare Taijasa quando, privo dellidentificazione con il corpo grossolano sidentifica invece con il sogno ed provvisto delle stesse due condizione limitanti quali avidy e antakaraa ( sa sthlaarrbhimnarahita updhidvayopahita svapnbhimn taijasa ). Infine il terzo tipo di jva Prja, privo sia del corpo grossolano sia dellorgano interno e condizionato solamente dallignoranza che delimitata dal residuo latente dellorgano interno e sidentifica con il sonno profondo ( arrntakaraopdhidvayarahito ntakaraasaskrvacchinnvidymtropahita suuptyavasthbhimn prja ). Lanima individuale comunque la stessa nei tre stati e non vi differenza nel jva stesso poich non ha delle aggiunte limitanti indipendenti. In ognuna delle avasth vi un numero definito di updhi: nella veglia sono tre, due nel sogno e la sola avidy nel sonno profondo, per questo tali aggiunte non sono indipendenti o mutualmente esclusive. Tuttavia, sebbene ci sia unidentit dellanima individuale in ogni stato, per via di queste stesse condizioni avventizie secondarie, lo stesso jva chiamato con tre differenti epiteti: ete ca svatantropdhibhedbhvena svatantrabhedbhve py avntaropdhibhedd ekatve py avntarabhedo vyavahriyate Losservatore di tutto ci (sarvnusadht) il testimone (skin) il quarto (turya), sempre identico a S stesso (ekavidha). Egli, sebbene gli si sovrappongono differenti generi di updhi, non toccato da alcuna differenza poich il suo unico updhi il sattva che sempre identico: sk tu sarvnusadht sarvnugatas turykhya ekavidha eva. tatopdhibhedenpi na kvacid bheda, tadupdher ekarpatvt
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Anche in questo caso, quando oggetto di ununica cognizione la totalit dei corpi sottili, allora, come una foresta o come uno specchio dacqua, totale, mentre quando oggetto di molteplici cognizioni allora, come un albero o come dellacqua [= una goccia dacqua] anche singolare.14 Questo caitanya condizionato da una simile totalit si dice Hirayagarbha, Strtman15 o Pra, poich intrinseco in ogni cosa e perch condizionato dalle potenze di conoscenza, volont e azione. Questa totalit definita in questo modo, cio poich rispetto allo sviluppo fenomenico grossolano sottile, il corpo sottile costituito delle tre guaine quali linvolucro fatto di coscienza e gli altri, e poich costituito dalle impressioni latenti della veglia il sogno, per cui il luogo di reintegrazione dello sviluppo fenomenico grossolano. Il caitanya condizionato da una simile singolarit Taijasa, poich condizionato dallorgano interno sostanziato di luminosit. Anche questa sua singolarit definita cos, ossia per la stessa ragione secondo la quale rispetto allo sviluppo fenomenico grossolano sottile, il corpo sottile costituito delle tre guaine quali linvolucro fatto di coscienza e gli altri, e poich costituito dalle impressioni latenti della veglia il sogno, per cui il luogo di reintegrazione dello sviluppo fenomenico grossolano. In quella circostanza entrambi, il Strtman e Taijasa, esperiscono mediante le modificazioni della mente degli oggetti sottili, come [affermato] dalla ruti: Taijasa che fruisce di enti sottili Anche in questo caso come avviene per la foresta e lalbero e per letere da essi delimitato, oppure per lo specchio dacqua e la goccia dacqua e letere in essi riflesso,16 non vi differenza tra la totalit e la singolarit e tra il Strtman e Taijasa che sono da queste [= totalit e singolarit, rispettivamente] condizionati. Tale lorigine del corpo sottile

La PD (I.28-29) continua scendendo ancora nella concretizzazione degli elementi sottili nel dominio fisico (brahma), quindi gli elementi grossolani e i loro prodotti (bhautika), che vanno dai sette mondi (bhuvana) inferi (ptla) ai sette mondi superni (svar),17
Nel VS si usa gi prima, parlando dellignoranza (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 3), di questi passi lanalogia della foresta e del singolo albero o dello specchio dacqua e la singola goccia dacqua per spiegare il rapporto tra totale e singolare. 15 Nel SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 386-387) MS indica un differenza di natura tra Hirayagarbha e Strtman. Mentre il primo dominato dalla potenza di conoscenza (jnaaktiprdhnyena), il secondo lo dalla potenza dazione (kriyaktiprdhnyena). 16 Questo passaggio necessita di due brevi spiegazioni. La prima che letere si differenzia solo per via delle sue sovrapposizioni limitanti (updhi), non per sua natura, in quanto unico e onnipervadente. Letere, cos sovrapposto (updheya), limitato da vari fattori anche se, una volta caduti quegli agenti limitanti, la sua unicit nuovamente riaffermata. Solitamente, nei testi vedntici si parla del ghaka, inserito nel mahka che non differisce da mahka se non per via di qualche condizione avventizia. Il secondo chiarimento sta nel fatto che gli Advaitn considerano percepibili anche enti sottili quali il tempo e letere. Nella fattispecie si percepisce in uno specchio dacqua il riflesso dei corpi celesti, il sole, la luna o le stelle, o anche le nubi e si inferisce che essi non possono stare sospesi nel vuoto, quindi sono incastonati nelletere che viene riflesso insieme a essi. 17 Il VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 6) e il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 392-393) propongono anche lelenco dei sette mondi inferi: atala (ptla per VP), vitala, sutala, taltala (per VP e rastala per VS), rastala (taltala per VS), mahtala e ptla (lultimo mondo infero mahtala per VP); come pure dei mondi superiori: bh, bhuvas (antarka per VP), svar, mahar, janas, tapas e satya.
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passando ovviamente per la terra (bh), ove quello che era Hirayagarbha, con la sua nuova identificazione con la totalit grossolana assume il nome di Vaivnara, mentre nel complesso fisico individuale Taijasa diviene Viva, identificandosi al corpo grossolano (sthlaarra) e assolutamente privo di visione interiore perch volto solo alla fruizione degli oggetti.18 In seguito questi esseri, assunto un corpo grossolano, sono sottoposti a bisogni animaleschi per soddisfarne le brame, cosicch agiscono per fruire e fruiscono agendo, restando costretti nel vortice di nascite e morti (PD I.30). Tale prigionia si ha finch qualcuno non estrae i malcapitati dallimpeto della corrente e li poggia al sicuro sulla riva (I.31).19 Questo maestro (crya) insegna loro come distinguere la loro vera natura dalle cinque guaine che avvolgono il S (pacakoavivekena). Ritorniamo brevemente a un argomento qui sopra accennato e che ancora rivedremo nel prossimo capitolo (IV.I, pp. 343-344), ossia i cinque koa:20
anna pro mano buddhir nanda ceti paca te/ kos tair vta svtm vismty sasti vrajet// 33 // syt packtabhtottho deha sthlo nnasajaka/ lige tu rjasai prai pra karmendriyai saha// 34 // sttvikair dhndriyai ska vimartm manomaya/ tair eva ska vijnamayo dhr nicaytmik// 35 // krae sattvam nandamayo moddivttibhi/ tattatkoais tu tdtmyd tm tattanmayo brave// 36 // Questi sono i cinque involucri: il cibo, il soffio vitale, la mente, lintelletto e la beatitudine. Da questi il proprio S ricoperto e per la dimenticanza [del S, lanima individuale] entra nel vortice del divenire (33). Il corpo grossolano, sorto dagli elementi quintuplicati, ha come appellativo [involucro fatto di] cibo, mentre nel [corpo] sottile vi [linvolucro fatto di] soffio vitale, [costituito] dai soffi vitali [prodotti dalle parti] dominate dal rajas [degli elementi sottili] insieme alle facolt di azione (34). L[involucro] fatto di mente ha la natura riflessiva ed [originato dalla mente] insieme alle facolt intellettive [prodotte dalle parti] dominate dal

tair aas tatra bhuvana bhogyabhograyodbhava/ hirayagarbha sthle smin dehe vaivnaro bhavet// taijas vivat yt devatiryanardaya te pargdarina pratyaktattvabodhavivarjit// 19 kurute karma bhogya karma kartu ca bhujate/ nady k ivvartd vartntaram u te/ vrajanto janmano janma labhante naiva nirvtim// 30 // satkarmaparipkt te karunidhinoddht/ prpya tratarucchy virmyanti yathsukham// 31 // upadeam avpyaivam cryt tattvadarina/ pacakoavivekena labhante nirvti parm// 32 // 20 Si vedano le trattazioni di nel bhya ad TaiU II.2.1-II.2.6 e III.2.1-III.2.6 e BSB I.1.12-19, in cui il commentatore introduce il concetto di koa, guaina, involucro entro i quali e identificandosi ai quali, sta il S come un spada entro il suo fodero, immagine che spesso vedremo nel prossimo capitolo per evidenziare lassoluta distinzione del S dagli elementi avventizi, tanto fisici quanto sottili (CHI, 2001 [1953]: 589-601).
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sattva [degli elementi sottili]; insieme a questi stessi lintelletto caratterizzato dallaccertamento costituisce [linvolucro] fatto dintelletto (35). Nel [corpo] causale il sattva insieme alle modificazioni mentali quali la gioia e altre simili [linvolucro] fatto di beatitudine. Il S, per lidentificazione con ognuno di questi involucri diviene sostanziato di ognuno di essi (36)

Vediamo dunque che vi una strettissima relazione tra i cinque koa e i tre corpi, laddove lannamayakoa non che il corpo grossolano, mentre il corpo sottile formato da tre involucri, pramayakoa, manomayakoa e vijnamayakoa;21 infine il corpo causale costituto dallignoranza e dalla gioia indifferenziata causata da essa lnandamayakoa.22 Nella PD si accennata la discriminazione tra i vari involucri e il S immutabile che ne avviluppato. Alcuni versi successivi (I.37-42), che si collocano prima della discussione relativa alla purificazione da elementi estranei nel vero significato dei termini tat e tvam (padrthaodhana) nel mahvkya tat tvam asi. Ivi, si fa riferimento a una tecnica molto nota nellAdvaita, sulla quale torneremo anche pi avanti, cio lavayavyatireka. I due termini, sebbene siano per lo pi utilizzati nella determinazione di rapporti causali (kryakraabhva) e relazioni che presuppongono dei mezzi e un fine (sdhyasdhanabhva), tuttavia sono anche utilizzati nellAdvaita nel senso di continuit (anvaya) e discontinuit (vyatireka). Senza entrare nel complesso intrico dellinterpretazione dei mahvkya (CARDONA, 1981: 92-96), questa stessa tecnica dellanvayavyatireka ha varie estensioni,23 sia con lapofatismo della negazione di quanto non reale (atadvyvtti) mediante il celebre
Si veda il VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 5) nel quale si spiegano anche i predomini di una particolare delle tre akti in uno dei tre koa che contribuiscono a formare il corpo sottile. Pertanto nel pramayakoa domina la kriyakti, nel manomayakoa la icchakti e nel vijnamayakoa la jnaakti: ida prdipacakam karmendriyai sahita sat pramayakoo bhavati. asya kriytmakatvena rajoakryatvam. eteu koeu madhye vijnamayo jnaaktimn kartrpa. manomaya icchaktimn karaarpa. pramaya kriyaktimn kryarpa. yogyatvd evam ete vibhga iti varayanti. etatkoatraya milita sat skmaarram ity ucyate 22 In un importante articolo, Liga-Koa (1966: 6-13) Kamleswar Bhattacharya puntualizza delle questioni riguardo alla dottrina vedntica antica dei koa. Egli, a ragione (1966: 9), sostiene che nella TaiU II e III non si nomina il termine koa. Nonostante ci le interpretazioni akariane usano il termine. Il dotto Bhattacharya afferma ancora che nella dottrina derivata dalla TaiU non vi sono cinque koa, ma solo quattro, in quanto nandamaya considerato il S. I quattro altri koa rappresentano: at the same time, the different grades of the manifestation of the Absolute, and the different steps in the progressive quest of the human mind for the Absolute Lnandamaya non un involucro ma tman stesso nella sua pienezza. Gi nella BU IV.3.32 il sonno profondo idealizzato come la dimora suprema del S (param gati) e la beatitudine propria a quella condizione. In seguito si pens che la condizione di suupti non poteva essere considerata come assoluta e definitiva, poich in s conteneva i germi della manifestazione di sogno e veglia, per cui si postul un quarto stato assolutamente distinto dai tre. Questa degradazione del sonno profondo condusse a considerare lnandamaya come il quinto koa, il pi profondo. stesso (BSB I.1-12-19; III.3.1113) sembra aver considerato queste possibilit, anche se infine opta per porre il S oltre nandamayakoa. Si veda anche il commento ad MU 5. Senza nulla togliere allinterpretazione di Bhattacharya, dissentiamo solamente sul fatto dellintroduzione successiva di turya, ampiamente presente in MU, anche se bisogna ammettere che non se ne trova traccia nelle Upaniad considerate pi antiche. 23 Ricordiamo solamente che il SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 429-430) conta quattro tipi di anvayavyatireka: dkdynvayavyatireka, skiskynvayavyatireka, gampyitadavadhyanvayavyatireka e dukhiparamapremspadnvayavyatireka.
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neti neti (BU II.3.11), ma soprattutto nel metodo delladhyroppavda, lattribuzione e la successiva negazione di essa, che vedremo in seguito. Tendenzialmente, anche usa i due termini con lintenzione di comunicare la continuit o la discontinuit di un qualche ente, mediante le quali si raggiunge poi la discriminazione (viveka). W. Halbfass (1992 [1991]: 166167) sottolinea giustamente che gli stessi termini possono essere sostituiti da vyabhicara e avyabhicara (US II.89 [MAYEDA ED., 2006 [1973] VOL. 1: 210]),24 non usati per nel loro senso logico; inoltre enfatizza anche la persistente assenza di deviazione dallessenza del sonno profondo (US II.93; US I.18.97). Proprio in questo caso vediamo lutilizzo della terminologia in questione legata alle avasth e in particolare alla descrizione della relazione tra il quarto (turya) e gli altri tre stati. Il primo ltman stesso che mai devia dalla propria natura, mentre gli altri stati sono legati a precise condizioni, quindi accidentali, avventizi (gantuka). Infatti, spesso afferma che la conoscenza mai lascia non accompagnato loggetto della conoscenza (jeya): na jna vyabhicarati kadcid jeyam ( ad PrU VI.2; HALBFASS, 1992 [1991]: 167-168). Questo stesso percorso ribattuto dai versi di Vidyraya. Egli dimostra come la tecnica dellanvayavyatireka aiuti a separare i cinque koa dal puro S e quindi a realizzare il brahman nella sua natura pi immacolata (CARDONA, 1981: 93):
anvayavyatirekbhy pacakoavivekata/ svtmna tata uddhtya para brahma prapadyate// 37 // abhne sthladehasya svapne yadbhnam tmana/ so nvayo vyatirekas tadbhne nynavabhasanam// 38 // ligabhne suuptau syd tmano bhnam anvaya/ vyatirekas tu tadbhne ligasybhnam ucyate// 39 // tadvivekd vivikt syu ko pramanodhiya/ te hi tatra guvasthbhedamtrt pthakkt// 40 // suuptyabhbe bhna tu samdhv tmano nvaya/ vyatirekas tv tmabhne suuptyanavabhsanam// 41 // yath mujd ikaivam tm yukty samuddhta/ arratritayd dhrai para brahmaiva jyate// 42 // Grazie alla discriminazione dai cinque involucri mediante i metodi della continuit e discontinuit, dopo aver separato il proprio S da quelli, si attinge il supremo brahman (37). Quando nel sogno non vi cognizione del corpo grossolano, quella cognizione del S la

Si veda la nota n. 4 del capitolo IV.II. Si vedano comunque le illuminanti discussioni di Halbfass (1992 [1991]: 162-180) e di George Cardona (1981: 79-104).
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continuit, mentre la discontinuit la non cognizione degli altri quando si ha conoscenza di Quello [= del S] (38). Quando poi nel sonno profondo non vi la cognizione del corpo sottile, allora quella cognizione la continuit del S, mentre la discontinuit si dice essere la non percezione del corpo sottile quando si coglie Quello (39). Per la discriminazione da quello [= dal corpo sottile] gli involucri del soffio vitale, della mente e dellintelletto sono distinti [dal S]; infatti, quegli [involucri] sono ivi [= nel corpo sottile stesso] discriminati per la sola differenziazione nella sistemazione dei gua (40).25 Quando nel samdhi non si ha la cognizione del sonno profondo la percezione del S la continuit, mente la discontinuit la non cognizione del sonno profondo quando vi la percezione del S (41). Come dallerba muja si estrae lo stelo interno, cos mediante il ragionamento i saggi separano il S dal trittico dei corpi e si realizza il brahman (42)

Da questi versi e dalle considerazioni sopra proposte vediamo come vi sia uno strettissimo rapporto tra i tre corpi, i cinque involucri e le tre condizioni. Anche se abbiamo visto che le condizioni e tre corpi hanno dei riverberi nellambito universale, tuttavia tutto questo solitamente utilizzato per definire nel suo aspetto condizionato il jva che, come afferma Dharmarja (DVIVED, P. N., 2000: 414), pu anche essere definito come possessore delle tre condizioni di veglia, sogno e sonno profondo: jgratsvapnasuuptirpvasthtrayavn 26

Il commentatore della PD Rmaka ci aiuta a interpretare il testo. In primis, tadvivekd letto come tasya ligaarrasya vivekd vivecant e poi naturalmente il commentatore chiarisce che gli involucri sono distinti dal S: pramanodhiya etannmak ko vivikt tmana pthakkt syu In aggiunta, ci viene fornita una chiave di lettura della seconda parte del verso. Nel corpo sottile la differenziazione tra un koa e laltro si ha esclusivamente per una differente predominanza di due dei tre gua, cio sattva e rajas, che determinano una particolare condizione: hi yasmt krat te pramaydaya tatra tasmil ligaarre guvasthbhedamtrt guayo sattvarajasor avasthbhedamtrd guapradhnabhvenvasthvied eva pthakkt, bhedena nirdi. 26 Laffermazione del VP sinserisce in un pi ampio discorso che prima definisce le differenze tra lanima individuale e il supremo (jvaparabheda) e poi nella natura del jva allinterno della scuola Advaita del Vivaraaprasthna o Pratibimbavda. Nel particolare orizzonte dottrinale del Vivaraa si distinguono due indirizzi principali: la teoria dellunica anima individuale (ekajvavda) e delle molteplici anime individuali (anekajvavda). Secondo la prima lanima individuale va definita come il riflesso nellignoranza [della conoscenza universale], ekajvavde avidypratibimbo jva (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 412). Nella seconda teoria invece il jva il riflesso nellorgano interno [della conoscenza universale], anekajvavde antakaraapratibimbo jva (IBID.: 414). Unaltra nota interessante aggiunta dal SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 348-349) che nella migliore tradizione vedntica divide in due categorie (padrtha) luniverso: il veggente (dk) e loggetto visto (dya). Il dk uno (eka), il S, la realt suprema, costantemente identico a S stesso, che per per via di varie aggiunte limitanti assume tre differenti nomenclature: vara, jva e skin ( tatra dkpadrtha tm pramrthika eka eva sarvadaikarpo py updhibhedena trividha varo jva sk ceti ). Laltro padrtha losservato, dya, loggetto visto, loggetto inerte, che invece lignoranza e il suo prodotto, che dallignoranza pervaso, cio luniverso fenomenico: avidytatvypyatatkrytmaka prapaco dyapadrtha Sebbene questo dya sia lungi dallessere realmente esistente, gli si attribuisce una realt empirica. Questo, spesso descritto alla stregua di un ente onirico, ha una certa utilit nellupsan: tasya cpramrthikatve pi vyvahrikasattbhyupagamn na svpnikapadrthavan nirpaa vyartham, upsandau tadupayogd iti (IBID.: 372).
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Lasciamo ora da parte la discussione sulla veglia e, in conclusione di questo prima paragrafo, ci occuperemo sommariamente del sonno profondo che domina il corpo causale, con delle considerazioni novelle, ossia che proponiamo in questa circostanza. Vedremo anche nel capitolo successivo che la BU IV.3.21-33 si occupa del sonno profondo e della sua natura. Lo stesso avviene anche nel BSB.27 La trattazione di snocciola attorno a un unico adhikaraa, denominato tadabhvdhikaraa costituito da due aforismi III.2.7-8. Lanalisi si apre con il quesito a proposito di dove risieda il jva durante il sonno profondo: nei canali sottili (n), nel cosiddetto pericardio, il purtat oppure nel supremo S? (III.2.7). La risposta del siddhntin che, in certe circostanze, il jva risiede in entrambe le prime due opzioni, ma essenzialmente nel supremo brahman. Il prvapakin chiede ancora come si faccia a essere sicuri che il S che si risveglia dal sonno profondo sia lo stesso che entra in esso. Non vi pu essere assicurazione effettiva a questo prposito, non pi di quanto si possa affermare di poter estrarre la stessa goccia dacqua una volta che la si fatta cadere in un lago. risponde che ci sono parecchie ragioni che ci conducono ad affermare che lo stesso jva che si addormenta a risvegliarsi. In primo luogo, la persona che si destata dal sonno profondo ricomincia le proprie attivit da dove le aveva interrotte prima di coricarsi; egli ricorda le esperienze e le conoscenze avute in precedenza. Oltre a questo, se fosse come paventa lobbiettore, unanima individuale potrebbe liberarsi solamente cadendo addormentato, cosa che causerebbe linanit di ogni ingiunzione o proibizione scritturale. La goccia dacqua lasciata in un lago si dissolve completamente in esso, poich quella goccia pura tanto quanto il lago, priva cio di ogni aggiunta condizionante, cosa che ci potrebbe aiutare a identificarla anche dentro il lago. Lanima individuale, invece, rimane condizionata dagli updhi anche quando si dissolve nel brahman durante il sonno profondo. Per questo motivo, conclude , lanalogia non calzante (Potter, 1998 [1981]: 172-173). stesso per scrive di una certa grande approssimazione del sonno profondo alla vera natura del S (BSB III.2.7; SARASWATHI, SATCHIDNANDENDRA, 1998 [1973]: 45-46):
api ca na kadcij jvasya brahma sapattir nsti, svarpasynapyitvt. svapnajgaritayos tu updhisaparkavat pararppattim ivpekya tadupaamt suupte svarppattir vakyate

27 Si veda anche BSB IV.4.16, nonch vari passi upaniadici: PrU IV.2, IV.4, 6; ChU VI.8.1-2, VIII.3.2, VIII.6.3; BU II.1.15-17, 19; (RANADE, R. D., 1986 [1926]: 88-91; FORT, 1990: 55-61; CHI, 2001 [1953]: 226-230). Rimandiamo inoltre allarticolo di A. O. Fort interamente dedicato a suupti, apparso negli Annals of Bhandharkar Oriental Research Institute (1980: 221-228) e lintera monografia del 2004 di Aravind Sharma Sleep as a State of Consciousness in Advaita Vednta.

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CAPITOLO 3: STRUMENTI PER LO STUDIO DELLONIROLOGIA NELLADVAITA VEDNTA

Inoltre non mai che per lanima individuale non vi sia lunit con il brahman, poich la natura intrinseca non pu essere alienata. Per, per via del contatto con le aggiunte limitanti nelle condizioni di veglia e di sogno, rispetto a [una situazione in cui] come se vi fosse lattingimento di una natura estranea, a causa della dissoluzione di essa [= della natura estranea], nel sogno profondo si parler dellottenimento della propria natura intrinseca

proprio a cagione di questunione (sapatti) che lanima individuale non conosce pi nulla in modo distintivo (BSB III.2.7):28 sati sapannas tvat tadekatvn na vijntti yuktam , Immerso nellEssere allora per via di quellunit non conosce in modo distintivo. [Questaffermazione] congrua 29 Il sonno profondo trattato spesso come fosse il precursore della beatitudine di brahman. Nel sonno, chiamato pure saprasda, sereno riposo, gioiosa serenit, lindividuo diviene tranquillo, senza che emergano le impressioni, senza sogni, pura coscienza (prja), auto-luminoso, beato. Anche Surevara, nel suo Vrtika al commento di alla BU (BUBV IV.3.974-6, 983, 1360 e ss. e 1403) punta sulla descrizione della natura incondizionata del sonno: ivi il S separato dallignoranza, desideri e azioni, non c rapporto con il corpo o gli oggetti sensoriali. Egli usa le immagini gi in BU IV.3: in suupti non si conosce nulla, proprio come quando due innamorati sono uniti nellabbraccio dellamplesso (BU IV.3.21); il S come un falco che sta senza desideri, volando in stallo, dopo aver vagato in sogno e veglia (BU IV.3.18); o come un pesce che, distaccato, passa da una sponda allaltra della riva di un fiume (BU IV.3.19). Non vi nel sonno profondo una conoscenza particolare (vieajna), ma si conosce ogni cosa in modo indifferenziato, senza distinzione (prajnaghana, MU 3), ove si ha solo una coscienza, pervasiva e illuminante di tutta la condizione causale. Il sonno il seme, la causa delle altre condizioni. Ci mostra la sua posizione primaria, cos come la sua connessione con lignoranza causale. Questultima affermazione determina unambiguit nella descrizione di suupti, infatti Surevara talvolta dice che l non c ignoranza, talaltra dice che lignoranza pervade il sonno profondo (FORT, 1987: 162-163).
Si vedano anche BSB II.1.9, III.2.8-10, poi ChU VI.8.1-7, VI.9.1-4 e VIII.11.1-3, nonch la discussione di Svm Saccidnandendra Sarasvat relativa a BU IV.3.21-32 (1997 [1989]: 98-100). 29 VM nella sua Bhmat ad BSB III.2.7 fuga ogni dubbio residuo: atha tu paramtmaiva npurtatsptidvr suuptisthnam, tato vipartajnanivtte, asti mtray paramtmabhva upayoga. tay hi tvat ea jvas tadavasthno bhavati kevalam. tattvajnbhvena samlakam avidyy sakt jgratsvapnalakaa jvasya vyutthna bhavati , Oltre a ci, per, il supremo tman, attraverso la penetrazione nei canali sottili e nel pericardio, lo stato di sonno profondo e di seguito, per leliminazione della conoscenza erronea, vi il beneficio di una parziale realizzazione del supremo S. Per via di questa, infatti, lanima individuale rimane isolata in quella condizione per, per via della mancanza della conoscenza della realt e per la presenza dellignoranza insieme alla sua radice, si ha il ritorno caratterizzato dalla veglia e dal sonno dellanima individuale
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Innumerevoli sono anche le circostanze in cui ha usato lesempio del sonno profondo per illustrare la condizione della liberazione. Tuttavia, nei suoi scritti, non vi mai una vera e propria identificazione del sogno profondo con la mukti. Il realizzato eternamente libero dai tre corpi e dalle tre condizioni, ha troncato ogni identificazione con i cinque involucri e rimane assolutamente privo di qualsiasi legame. Daltra parte, suupti una condizione e in quanto tale non pu essere incondizionata, per cui essa stessa legame (bandhana). Il solo punto in cui insiste per tracciare una semplice analogia tra suupti e mukti che in entrambe il S rimane senza alcun tipo di legame particolare quali gioie e dolori, parenti, amici, famigliari o quantaltro. Per questanalogia limitata nel tempo: il jva si risveglia da suupti, ripiombando nel caos del divenire, mentre il realizzato non pi preda del sasra e la sua realizzazione non ha fine. Non si dimentichino, per esempio, le definizioni forniteci dagli Advaitin successivi (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 425): suuptir nmvidygocar vidyvttyavasth , il sonno profondo quella condizione in cui c una modificazione dellignoranza che ha come oggetto lignoranza stessa (TRIPH, R. N., 1987: 14). Nel SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 416-424) MS fornisce comunque una definizione ben precisa di suupti, collegandola con gli altri stati di coscienza:30
eva jgratsvapnabhogadvayena na kicid avediam pi rntasya iti jvasya tadubhayakraakarmakaye suupti. tatra

jnaaktyavacchinnasya savsanntakaraasya kratman vasthne sati viramasthna suutpyavasth. kraamtropalabha sukhkram jgratsvapnabhogyapadrthajnbhve skykra avasth jnkra

cvidyy vttitrayam abhyupeyate. ahakrbhvc ca naik viiavtti, suuptyabhvaprasagc ca ... iha ca sukham aham asvpsam, na kicid avediam iti suptotthitasya parmart. ananubhave parmarnupapatte. antakaraopargaklnnubhavajanyatvbhvc ca na tattollekhbhve pi smaraatvnupapatti. smarae tattollekhaniyambhvc ca. jgraddym asvpsam ity anubhavnupapatte ca. ligbhvenraysiddhy cnumanasysabhvt. ahakras tu utthnasamaya evnubhyate. suuptau lnatvena tasynanubhtatvt smaranupapatte Cos quando si ha lesaurimento del karman [= dei frutti dellazione] che causa di entrambi quelli [stati] e quando vi la permanenza nella condizione causale dellorgano interno insieme alle sue impressioni latenti, che qualificato dalla potenza di conoscenza si ha la condizione di sonno profondo il luogo di riposo per lanima individuale che esausta dalla duplice fruizione della veglia e del sogno. [Come si evince dal ricordo] Non conobbi nulla il

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Si confronti anche con lanalisi del VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 3).

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sonno profondo la cognizione della sola causa [= il corpo causale costituito dallignoranza]. Ivi, pur non essendoci la cognizione degli enti fruibili della veglia e del sogno, si accetta una triplice modificazione dellignoranza, in forma del testimone, in forma di felicit e in forma di ignoranza di quella condizione. Inoltre, per la mancanza del senso dellio non vi una sola modificazione [dellorgano interno] qualificata (viiavtti),31 [se ci fosse il senso dellego] non potrebbe darsi il sonno profondo ... Poich, a questo proposito, colui che si destato dal sonno ha un ricordo: Io dormii felicemente, io non conobbi nulla. Se non ci fosse unesperienza diretta [nel sonno profondo] non vi sarebbe possibilit di ricordo. Inoltre, poich manca la propriet dellessere sorti da unesperienza diretta contemporanea alla tinteggiatura [= alla vtti] dellorgano interno, non vi unincongruenza con lessere ricordo, pur mancando la menzione della tatt.32 Nel ricordo, invece, non vi alcuna regola rispetto alla menzione specifica [a quanto sia la] lontananza (tatt). Inoltre, nella condizione di veglia lesperienza diretta Io dormii non possibile [come percezione]. Non possibile neppure linferenza, poich manca il probans (liga = hetu) e il soggetto inferenziale (raya = paka) non stabilito.33 Infatti, il senso dellio viene percepito al momento del risveglio: esso, essendo assorbito durante il sonno profondo, non pu essere esperito, per cui non possibile il suo ricordo 34

Per viiavtti si intende un tipo di modificazione dellorgano interno che sia una cognizione qualificata, ovvero con un qualificante (vieaa), un qualificato (vieya) e un rapporto tra i due (sasarga), come potrebbe essere: Io conosco un vaso (aha ghaa jnmi). Dove il vaso il qualificante, la conoscenza il qualificato e il rapporto tra i due ci che permette laffermazione stessa del soggetto conoscitore di conoscere. Nel sonno profondo non esiste il senso dellio che faccia da collante a un qualificato e un qualificante. 32 Tat indica il pronome relativo quello che si pu usate per qualcuno o qualcosa lontano sia nel tempo sia nello spazio, per cui pu adattarsi facilmente alloggetto di un ricordo, che per sua natura lontano. Tatt il suo astratto e indica lastrazione del contenuto di ogni possibile ricordo. Evidentemente il termine intraducibile in italiano, in inglese si potrebbe tentare con that-ness. 33 In uninferenza tre sono le cose fondamentali: un soggetto inferenziale, ossia un paka sul quale siano presenti un probans (hetu) e un probandum (sdhya). Mediante il ragionamento inferenziale si deve cercare di provare la presenza del probandum nel paka mediante un probans. Evidentemente, la situazione richiede che almeno due dei tre elementi siano direttamente percepibili: il probans e il paka, pena limpossibilit di procedere con linferenza. Poniamo che nellesempio classico dellinferenza Il monte pervaso dal fuoco perch c fumo (parvato vahnimn dhmt) il monte (parvata) il paka, il fumo (dhma) lhetu e il sdhya fuoco (vahni). Qui sul monte si vede un filo di fumo e sinferisce la presenza del fuoco, perch laddove c fumo c anche fuoco (yatra yatra dhmas tatra tatra vahni). Poniamo che non potessimo vedere direttamente o non ci fosse il fumo e nello stesso tempo non ci fosse neanche il monte dalla cima del quale esce il fumo. Come si potrebbe allora inferire il fuoco? Oppure, laddove il paka non fosse comprovato da un qualche prama, o che fosse un ente inesistente come nellesempio classico: il loro del cielo profumato, poich un loto (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 46-47: gaganravinda surabhir aravidatvt sarojravindavat). Non serve di certo dire che il loto del cielo non esiste, per cui il paka stesso, il sostegno primario dellinferenza viene a cadere. Ora, nel nostro caso non presente alcun liga, ossia ragione o segno distintivo che vi sia stato un sonno nel passato poich, una volta che gli occhi siano chiusi, non vi pi conoscenza e ci si assopisce, pertanto cade la possibilit di avere un probans. Ma non solo il paka qui non stabilito. Se noi dovessimo abbozzare questinferenza la sua forma relativa a paka e sdhya sarebbe aha svpavn (io dormii), per abbiamo visto che esiste una mutua opposizione tra aham e svpa, tra io e sonno, in quanto nel sonno profondo scompare ogni traccia di ego, per cui non possibile una contemporaneit dei due. Per tale motivo aham, il paka dellipotetica inferenza, non esiste durante il sonno, per cui asiddha (SB1, ABHYANKAR STR, V., [ED.], 1986 [1928]: 122). 34 Il ricordo qui si riferisce al fatto che mentre nellinferenza comune possibile anche inferire che il monte pervaso dal fuoco per via del fumo che si vede, anche in seguito quando il monte (paka) non pi direttamente percepibile ma solo oggetto di un ricordo. Qui invece, nel sonno profondo il senso dellio assorbito nella sua causa
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Va ricordato anche che lo stesso SB, commentando lespressione suuptyekasiddha, lunico accertato nel sonno profondo del primo loka del Daalok (D) afferma che il S il testimone del sonno profondo. Se cos non fosse la consueta rimembranza (parmara) che si ha al risveglio sukham aham asvpsa na kicid avediam non potrebbe darsi. In suupti, quando la quadripartizione conoscitore, mezzo di conoscenza, conoscenza e oggetto conosciuto smette e devia dalla sua continuit, lunico che pu testimoniare la presenza o lassenza non altri che il S, sempre presente e mai deviante dalla propria natura di conoscenza (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 135-138).35 Un ultimo quesito al quale vorremmo rispondere il seguente. Abbiamo visto e vedremo successivamente che nel sonno profondo ogni ente esterno sia fisico, sia psichico riassorbito e ogni cosa cessa di esistere per il dormiente: suuptikle sakale vilne tamo bhibhta sukharpam eti, Quando nel sonno profondo ogni cosa riassorbita allora [lanima individuale] sopraffatto dalla tenebra [= dallignoranza] attinge una natura di felicit. (Kaivalya Upniad I.13). Abbiamo letto che il sonno profondo corrisponde allinvolucro fatto di beatitudine e al corpo causale, dal quale scaturiscono per aggiunta di accidenti tutti gli altri elementi costituitivi del jva. Nel sonno profondo sappiamo che si ritira tutto laggregato psichico, cio il corpo sottile simmerge nel corpo causale. Il corpo sottile formato da tre involucri: pramayakoa, manomayakoa e vijnamayakoa. Mentre gli ultimi due hanno evidentemente cessato la loro attivit, i cinque soffi vitali, di cui costituito il pramayakoa, rimangono desti e attivi, pena la morte del corpo fisico. Allora, ci si chiede, com possibile una reintegrazione parziale del corpo sottile nella propria causa? Si ha la sensazione che durante il sonno profondo, la mente lasci il corpo fisico sotto il controllo del soffio, penetrando nei canali sottili chiamati hit. stesso in due circostanze (ad PrU IV.3-4 e BSB I.3.8)36 fornisce una spiegazione. Il caso pi interessante e riassuntivo il commento upaniadico. Nel passaggio precedente (PrU IV.2) il saggio Pippalda spiega a Grgya che una volta che lessere (ea purua) giunto al sonno profondo n ode (na oti), n vede (na payati), non percepisce profumi (na jighrati), non gusta (na rasayate), non tocca (na sparate), non parla (na abhivadate), non prende (na datte), non prova piacere fisico (na nandayate), non espelle nulla (na visjate) e non si muove (na iyyate), ma semplicemente dorme (svapiti). Subito dopo lU (IV.3) con una
per cui non lo si pu esperire. Poi, al risveglio non si pu nemmeno inferirne la presenza grazie al suo ricordo, perch nel sonno profondo non mai stato oggetto desperienza. 35 ayam artha tmana suuptisktvn na tatra tadabhva. anyath mho ham sam iti parmaranupapatte. mtmnamitimeyn vyabhicritve pi tadbhbhvaskia klatraye py avyabhicrt 36 Sullo stesso argomento si vedano anche ChU VI.8.1-2 e VIII.3.2; BU II.1.15-17, 19.

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similitudine afferma: prgnaya evaitasmin pure jgrati , i soffi che sono i fuochi invero vegliano in questa citt , laddove il soffio discendente (apna) assimilato al fuoco domestico (grhapatya), il soffio che si muove in tutte le direzioni (vyna) il fuoco delle oblazioni ai Mani (anvhryapacana = dakigni), il fuoco per le oblazioni agli dei (havanya) il soffio ascendente (pra), poich scaturito (prayate)37 dal fuoco domestico, e per via di tale origine (praayant) si chiama cos. Il soffio samna cos chiamato perch conduce egualmente (sama nayati) le due oblazioni (hut), cio linspirazione (ucchvsa) e lespirazione (nivsa); di questo sacrificio la mente il sacrificatore (yajamna) e il risultato desiderato del sacrificio (iaphala) il soffio udna poich conduce (gamayati) quotidianamente (aharaha) il sacrificante [= la mente] al brahman (PrU IV.4). spiega la similitudine chiarendo che come durante il sacrificio agnihotra si da origine, cio si accende il fuoco havanya dal fuoco grhapatya, allo stesso modo pare che nel corpo del dormiente il pra si muova attraverso la bocca e le narici, in quanto si origina dallattivit dellapna. Invece il vyna, che dal cuore si fuoriesce attraverso il canale sottile di destra (dakiasuiradvrea) il dakigni, cio lanvhryapacana, il fuoco rivolto a meridione e usato per le oblazioni ai defunti.38 continua spiegando che come lo hot nellagnihotra quel celebrante che reca al fuoco equamente due oblazioni principali,39 allo stesso modo il soffio samna mantiene un costante equilibrio tra lespirazione e linspirazione, favorendo la vita e il sostentamento corporeo.40 La mente poi assimilata al sacrificante, poich come lo yajamna esplica la sua attivit rimanendo a capo dellaggregato psico-fisico e rimane sveglia dopo aver versato i sensi esterni insieme ai loro oggetti, negli ardenti, cio vigili fuochi del pra poi, questa stessa mente, resta protesa al conseguimento col brahman proprio come il sacrificatore che agogna i cieli quale il frutto dellagnihotra. Infine, il frutto desiderato del sacrificio corrisponde alludna, poich questo soffio conduce allottenimento del frutto. Difatti, il sacrificante identificato con la mente condotto ogni giorno durante il sonno profondo allimmutabile brahman da questo udna, come fosse il
Si fa qui un gioco di parole tipico dei nurukti upaniadici ove con la radice ni, condurre prefissata da pra si vuole intendere un senso affine a produrre, estrarre, trarre. 38 ad PrU IV.3: yasmd grhapatyd agner agnihotrakla itato gni havanya prayate praayant prayate smd iti praayano grhapatyo gni. tath suptasypnavtte prayata iva pro mukhansikbhy sacaraty ata havanyasthnya pra. vynas tu hdayd dakiasuiradvrea nirgamd dakiadiksabandhd anvhryapacano dakigni. 39 Nel rito giornaliero dellagnihotra le oblazioni principali sono due e ognuna rivolta a uno dei due fuochi principali, il grhapatya e lhavanya. 40 ad PrU IV.4: ya yasmd ucchvsanivsau agnihotrhut iva nitya dvitvasmnyd eva tv etv hut sama smyena arrasthitibhvya nayati yo vyur agnisthnyo pi hot chutyor nettvt. ko sau sa samna ... afferma inoltre che per colui che conosce anche il sonno pari a un agnihotra, da questo si deve intendere che il saggio non qualcuno che non compie azioni, infatti, continua ricordando la BU, tutti gli elementi che formano il corpo del saggio, anche mentre questi dorme, eseguono per lui il sacrificio: ata ca vidua svpo py agnihotrahavanam eva. tasmd vidvn nkarmty eva mantavya ity abhiprya sarvad sarvi bhtni vicinvanty api svapata iti hi vjaseneyake
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mondo celeste, dopo che esso ha sottratto la mente anche al vortice delle immagini oniriche.41 qui, pi che fornirci un perch della persistenza dei soffi nel sonno profondo, ci fornisce una spiegazione della loro utilit in quella circostanza. Quella che noi abbiamo trovato come vera e propria spiegazione nel VP, che sinserisce nella discussione relativa ai quattro tipi di pralaya, gi citata nel secondo capitolo (pp. 109-111) (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 396-398):
tatra nitya pralaya suupti, tasy sakalakryyapralayarpatvt.

dharmdharmaprvasaskr ca tad kratmanvasthnam. tena suptotthitasya na sukhadukhdyanupapatti, na v smaranupapatti. na ca suuptv antakaraasya vinena tadadhnaprdikriynupapatti, vastuta vsdyabhve pi tadupalabdhe puruntaravibhramamtratvt, suuptaarropalabhavat. na caiva suptasya paretd aviea, suptasya hi ligaarra saskrtmantraiva varttate paretasya tu lokntara iti vailakayt. yad v antakaraasya dve akt jnaakti kriyakti ceti. tatra jnaaktiviintakaraasya suuptau vino, na kriyaktiviiasyeti prdyavasthnam aviruddham Tra questi la dissoluzione giornaliera il sonno profondo, poich esso della natura della dissoluzione di ogni effetto. In quel momento vi la permanenza nella condizione causale dei meriti, dei demeriti e delle impressioni latenti, pertanto non vi incongruenza con [il ritrovare] piacere, dolore e quantaltro per chi si levato dal sonno e nemmeno incongruo il ricordo [di questi stessi]. Neppure [si dica] che, siccome nel sonno profondo vi lannullamento dellorgano interno, non possibile lattivit del pra e degli altri [soffi vitali] che dipendono da esso [= dallorgano interno]; perch, in realt, anche in assenza della respirazione ecc., la percezione di ci [= della respirazione] solamente un errore percettivo di unaltra persona [che osserva luomo assopito], proprio come la percezione del corpo del dormiente. Neppure [si pu dire che] non vi differenza tra un addormentato un trapassato. In effetti, vi una distinzione, [mentre] il corpo sottile di un dormiente resta proprio l in forma dimpressione residua, [quello] di un morto va allaltro mondo. Oppure [si deve postulare che] esistono due potenze dellorgano interno: la potenza di conoscenza e la potenza dazione. Tra queste, durante il sonno profondo, vi un annullamento dellorgano interno caratterizzato dalla potenza di conoscenza, non di quello caratterizzato dalla potenza dazione. Ergo non contraddittoria la persistenza del pra e degli altri [soffi vitali]

atra jgratsu prgniu upasahtya bhyakarani viay ca agnihotraphalam iva svarga brahma jigamiur mano ha vva yajamno jgarti yajamnavat kryakaraeu prdhnyena savyavahrt svargam iva brahma prati pratisthitatvd yajamno mana kalpyate. iaphala ygaphalam evodno vyu. udnanimittatvd iaphalaprpte. katham? sa udno mankhya yajamna svapnavttirpd api pracyvyharaha suuptikle svargam iva brahmkara gamayati. ato ygaphalasthnya udna.
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Sebbene la prima parte della risposta fornitaci da Dharmarja possa sembrare quantomeno strana e francamente poco condivisibile, nella seconda si evince un effettivo tentativo di risolvere lapparente incongruenza.42

III.3: L A

VEGLIA E LA PERCEZIONE DIRETTA NELL A DVAITA

V EDNTA

Nel presentare la ragione che ci ha condotto a redigere questo capitolo che funge da ponte, ci siamo riferiti al dpadehalinyya. Allo scopo di soddisfare questa connessione concettuale abbiamo scritto a proposito del sonno profondo. Ora, per completare il cerchio attorno al sogno non ci resta che proporre alcune riflessioni sullargomento oceanico della veglia (jgtvasth/jgaraa). Va da s che largomento davvero enorme, per cui ci limiteremo a sommarie considerazioni, prendendo come punto di riferimento quanto della veglia utile sapere rispetto al sogno, inserendola sia nel panorama delle tre avasth, sia come condizione indipendente, entro la quale si gioca gran parte della vita di ogni essere. Anche se non ci sembra il caso di penetrare questioni troppo tecniche, ossia le diatribe tra darana ortodossi ed eterodossi, cos come non v intenzione di trattare le polemiche intestine alle scuole dellAdvaita, quali lAbhsavda, il Pratibimbavda e lAvacchedavda, che sono questioni di grande difficolt e tecnicismo esasperato che ci condurrebbero den lontano dal solco di questo capitolo. Naturalmente, sotto gli occhi di tutti che la condizione di veglia uno stato in cui si fa esperienza del mondo sia fisico sia psichico, mantenendo comunque anche questultimo legato al suo riverbero esterno. In questa condizione lanima individuale (viva), identificata al suo corpo fisico (sthlaarra) congruente con lannamayakoa, fa esperienza del mondo circostante.43 Un primo chiarimento specifico lo forniamo usando le parole di Dharmarja (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 415-416):
jgradda nma indriyajanyajnvasth. avasthntare indriybhvn ntivypti. indriyajanyajna cntakaraavtt svarpajasynditvt

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Si vedano anche le riflessioni di U. Mishra (1929: 319-321) relative a suupti. Vi una breve ma esaustiva analisi nel VS (HIRIYANNA [ED.], 2004 [1929]: 6-7).

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La situazione di veglia quella condizione di conoscenza sorta dai sensi. Non vi uneccessiva pervasione [della definizione], perch in altra condizione non vi sono i sensi, invece la conoscenza sorta dai sensi intende la modificazione dellorgano interno, poich la conoscenza che la natura intima [di ognuno] (svarpaja) non ha origine

Gi questa definizione (lakaa) ci pone di fronte a un grande tema dellAdvaita Vednta, su cui torneremo tra breve, cio la distinzione tra conoscenza sorta per via di una modificazione dellorgano interno (vttijna) e la conoscenza innata, che non altri che lo stesso S (svarpajna). Al fine di proseguire il nostro particolare processo danalisi, pi fedele a uninterpretazione tradizionale dei temi, piuttosto che a una lettura tipica della storia dei concetti, proponiamo anche alcune considerazioni rispetto alla condizione di veglia che MS tramanda nel SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 398-400). Queste riflessioni ci saranno utili per dimostrare che nella condizione di veglia che si usano i mezzi di conoscenza (prama) e la tripartizione o quadripartizione delle componenti del processo cognitivo ben definita. Sebbene appunto i prama siano tutti relativi alla veglia, certamente, valutate le varie definizioni della veglia, la percezione sensoriale diretta (pratyaka) sembra essere il biglietto da visita pi azzeccato per descrivere jgrat:
indriyavttiklno rthopalabho jgaraam. tatra mrta
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virkhya

bhogya

pratyakdipramaakena vyavahriyamnatvd vyvahrika vivkhyena jvenopabhujyate. sa ca dehendriydiu praved vypakatvd v viva ity ucyate. via praveane, vi vyptv iti ca smarat. atra yady api vivena amrtam avykta45 cnumndin nubhyate, tathpi vyvahrika sarva vivanaiva jyata iti niyamt sthlaarropdhyabhimnitvc ca na tasyvasthntaravypakatvam. uktirajatdijnnm aprmikatvt tadviayasyvyvahrikatve pndriyavypraklnatvt jgaraatvopapatti La condizione di veglia la percezione degli oggetti che si ha durante lattivit sensoriale.46 Ivi lanima individuale, chiamata Viva, esperisce il mondo fenomenico, perch ci che

Glossando il termine Gauabrahmnanda Sarasvat (XVII sec.), il grande commentatore di MS (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 499), nella sua Nyyaratnval, scrive: ajtaviayakadhviayatvena ajtatvt brahmajnt prvam abdhyatvc ca prttiknyadyatvena vyvahrikam , poich, essendo oggetto di una cognizione il cui contenuto non noto, ignota e perch, possedendo una percepibilit differente da quella della realt apparente, la realt empirica non contraddicibile prima [di attingere] la conoscenza di brahman 45 Laltro commentatore del SB r Nryaa Trtha, nella sua Nrya chiarisce cosa sintende per amrta e avykta, cio rispettivamente gli enti onirici e la manifestazione causale indifferenziata del sonno profondo: amrta svpna vastu, avykta sauuptam (IBID.: 499) 46 Sebbene il prama pi rappresentativo della condizione di veglia senza dubbio la percezione diretta, non va dimenticato che la definizione proposta da MS include anche linferenza e gli altri mezzi di conoscenza ammessi
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fruibile, il mondo grossolano (mrta) chiamato Vir pu essere oggetto desperienza attraverso i sei tipi di mezzi di conoscenza a cominciare dalla percezione diretta.47 Questi [= lanima individuale] si dice Viva poich penetrato nel corpo e nei sensi o quantaltro o perch [li] ha pervasi, infatti si ricorda48 [la derivazione del termine dalla radice] vi [che significa] entrare e [dalla radice] vi [che significa] pervadere. Qui, sebbene Viva possa esperire anche enti sottili e indifferenziati grazie allinferenza49 e altri [mezzi di conoscenza], tuttavia, per via della regola da parte di Viva viene conosciuto tutto [luniverso] empirico, siccome vi la sua identificazione con la sovrapposizione avventizia che il corpo grossolano, non si ha [una sua] pervasione anche delle altre [due] condizioni. Poich, inoltre, le cognizioni come quelle dellargento sulla madreperla e altre [simili] non sono sorte da una valida cognizione e, pur essendo il loro oggetto non di natura empirica, tuttavia plausibile il loro essere proprie della condizione di veglia in quanto sono contemporanee allattivit sensoriale

In questa circostanza sembra che il testo indichi come fruitore del mondo di veglia lanima individuale come Viva, che appunto fa esperienza di Vir, che qui appunto la totalit di quanto esiste di grossolano. Una breve spiegazione pare necessaria. Nel passo citato si fa esplicita menzione di una regola (niyama) secondo la quale solo Viva in grado di cogliere il mondo fenomenico. La ragione che si adduce a questo che nello stato di veglia il jva sidentifica con il corpo grossolano e tutto le limitazioni che ci comporta. La questione che il jva assolve il ruolo di soggetto conoscitore del mondo empirico ed protagonista del processo cognitivo (pramt) solamente nella veglia. Premettendo che il Vednta considera, oltre alla preesistenza delleffetto nella causa (satkryavda) e lillusoriet delleffetto rispetto alla causa (vivartavda), anche la presenza della causa nelleffetto. Gli updhi pi impalpabili del jva, quelli relativi alla condizione sottile e a quella causale, sono luno causa dellaltro per
come validi dallAdvaita Vednta. Vedremo tra breve che nella percezione diretta la modificazione dellintelletto in forma di un qualsiasi oggetto sensibile si ha al momento dellattivit sensoriale ed pertanto nata da quellattivit. Lo stesso lo si deve considerare per linferenza ove la modificazione mentale rappresentata dal probandum, nellesempio classico il fuoco, anchessa, anche se in senso indiretto, sorta dallazione degli indriya, attraverso la percezione del paka e dellhetu. Lo stesso dicasi per gli altri prama tutti considerati pratyakopajvya, dipendenti per la loro esistenza dalla percezione diretta. Nel sonno, invece, questa definizione non si applica, perch la via sensoriale preclusa e la mente vaga a suo piacimento. 47 Gli altri prama accettati da Advaitin e Bha Mmsaka sono: linferenza (anumna), la comparazione (upamna), la testimonianza verbale (abda), lassunzione (arthpatti) e la non-percezione (anupalabdhi). Il VP, nelle sue prime sei Pariccheda si occupa di ognuno di questi in modo approfondito. 48 Il termine smarat si riferisce al fatto che le radici nella forma presentata dal testo si ritrovano nel Dhtupha che la tradizione attribuisce a Pini, che evidentemente un testo della smti, nellaccezione pi ampia del termine. 49 Il jva, come Viva, dopo aver fatto esperienza degli oggetti grossolani, in grado di inferire da essi le loro cause sottili oniriche e dalle cause sottili quelle indifferenziate e non manifeste della condizione causale del sonno profondo (SB1, ABHYANKAR STR, V., [ED.], 1986 [1928]: 106).

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cui il causale penetra il sottile e il sottile penetra nel grossolano e non viceversa. Pertanto, entro il Viva che esperisce il mondo di veglia sono presenti (astitvamtra), in modo latente come aggiunte limitanti, la sua potenzialit di essere Taijasa (taijasatva) e la sua propriet di divenire Prja (prjatva), anche se stando in jgtavasth non pu essere inteso come protagonista di un processo cognitivo (pramt) di queste due condizioni. Lo stesso si pu dire quando si esperisce la condizione sottile onirica e lanima individuale diviene Taijasa. Ivi, il jva si liberato del corpo grossolano, ma pesa ancora sulle sue spalle lupdhi della condizione causale e di prjatva, anche se ora pu essere considerato pramt di svapnvasth. Divenuto, infine, Prja il jva si libera anche dellaggiunta sottile e gode della condizione causale, ove, dimentico delle altre due avasth, nuovamente un pramt, per di quella condizione particolare (SB1, ABHYANKAR STR, V. [ED.], 1986 [1928]: 106-107). Lanima individuale dunque pramt in ogni singola condizione, anche se in senso stretto, questo termine si affianca in modo pi armonico a Viva, che meditante vari generi di mezzi di conoscenza (prama) esperisce degli oggetti (prameya) e di questi ha una conoscenza che, come vedremo, pu essere valida (pramti/pram) o erronea (apram). A questo punto per necessario proporre delle altre considerazioni. Com possibile che il supremo S divenga pramt? Come si attua il processo cognitivo durante la veglia? Quanti tipi di percezione ci sono? Per cercare di rispondere a queste domande, come hanno fatto gli stessi seguaci dellAdvaita nel corso dei secoli, useremo questo e i paragrafi successivi. Gli Advaitin ritengono che vera (satya) sia ununica realt, inalterabile (akara), infinita (ananta): il brahman (TaiU II.1.1: satya jnam ananta brahma ). Ogni loro moto teso alla conoscenza (jna) di Quello (tat) e si volge esclusivamente alla realizzazione (sktkra/anubhti) di quel principio assoluto (bhman). Tuttavia, bench il reame assoluto preveda lesistenza di ununica realt, il mondo empirico, nel quale ogni individuo si trova prima di riconoscere la propria natura, sottoposto a condizioni ben precise. Ogni cognizione (jna/dhi/buddhi) ha in s tre fattori fondamentali (tripui): un conoscitore (pramt), un oggetto da conoscere (prameya) e un mezzo valido per acquisire la conoscenza (prama). Ogni cognizione corretta (pram), scaturisce da un processo rigoroso, durante il quale un soggetto conoscitore coglie un ente attraverso una modalit particolare. Lo strumento per giungere alla conoscenza valida (yathrtha) di un oggetto si indica col termine prama: pramkaraa pramam (VS, DVIVED, P. N. [ED.] 2000: 22). Il VP propone, altres, una definizione 220 di pram: pramtvam

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anadhigatbdhitrthaviayakajnatvam, La cognizione corretta quella conoscenza che coglie un oggetto non conosciuto in precedenza e non contraddicibile [successivamente] (IBID.: 22-23).50 NellAdvaita si accettano sei prama, anche se qui introdurremo la sola percezione diretta (pratyaka). Secondo la BU (III.4.1) solamente il brahman sempre immediatamente presente e direttamente percepibile: yat skd aparokt brahma La luce del principio illumina luniverso intero tanto che ogni atto cognitivo lespressione della pura conoscenza attraverso un modo mentale (vtti). In questo panorama si distinguono due tipi di conoscenza: la conoscenza pura e perfetta, che lassoluto stesso (svarpajna) e la conoscenza empirica, mediata dallatto cognitivo stesso, che si estrinseca attraverso le trasformazioni mentali (vttijna) ed capace di eliminare solo lignoranza relativa a un certo oggetto (PELLEGRINI, 2009: 73-74).51 Questaffermazione presta il fianco a un prvapakin che il VP esterna in questo modo (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 46-49):
nanu caitanyam andi tat katha cakurdes tatkaraatvena pramatvam iti. ucyate. caitanyasynditve pi tadabhivyajakntakaraavttir indriyasannikardin jyata iti vttiviia caitanyam dimad ity ucyate jnvacchedakatvc ca vttau jnatvopacra. tad ukta vivarae antakaraavttau jnatvopacrd iti ... [Obbiezione:] Per caitanya privo dorigine, allora com possibile affermare lessere mezzi di corretta conoscenza della vista e degli altri [sensi] quando essi ne [= di caitanya] sono

50 Nella definizione il termine anadhigata, non precedentemente conosciuto, vuole escludere qualsiasi ente, oggetto di ricordo (smtivyvtta). Il termine abdhita, invece, scansa la definizione dal tracimare nella conoscenza erronea (bhramajna), la quale contraddetta. Una delle cause pi plausibili per lesclusione di smti, da pram, la sua natura mediata, riprodotta. Infatti, come sostiene anche il TS (ATHALYE, 1988 [1897]: 21-22), la memoria saskramtrajanya jnam, una cognizione nata solo dalle impressioni latenti e, queste impressioni, sono state accumulate nellorgano interno (antakaraa) grazie a una precedente esperienza diretta (prvnubhava), per cui la novit di una conoscenza appare essere un suo aspetto fondamentale (DATTA, D. M., 1997 [1930]: 18-21). 51 Traduciamo e tradurremo la parola vtti come trasformazione mentale o trasformazione dellorgano interno, basandoci sulla definizione del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 63): tath taijasam antakaraam api cakurdidvr nirgatya ghadiviayadea gatv ghadiviaykrea pariamate, sa eva parimo vttir ity ucyate Oltre a ci, si veda sempre il VP (IBID.: 48-49) che, citando BU I.5.3, spiega come la vtti (= dhi) sia una propriet della mente, ossia dellorgano interno. La natura della vtti anche molto cangiante. Nonostante ci, una volta che un oggetto particolare divenuto il contenuto della vtti essa rimarr forgiata a immagine e somiglianza di quelloggetto fintanto che non vi sia la percezione di un altro oggetto e, di conseguenza, una nuova vtti della forma di questo. NellAdvaita, infatti, si considera che in un momento lintelletto pu essere occupato da uno e soltanto un pensiero. Nel VP (IBID.: 30-31) scritto: ki ca siddhnte dhrvhikabuddhisthale na jnabheda, kintu yvad ghaasphuraa tvad ghakrntakaraavttir ekaiva, na tu nn, vtte svavirodhivttyutpattiparyanta sthyitvbhyupagamt , Inoltre, nella [nostra] dottrina non vi differenza di cognizione nemmeno nel caso della cognizione con continuo flusso di un unico contenuto, bens finch si ha la rivelazione di un vaso, fino ad allora la modificazione dellorgano interno che ha la forma del vaso una solo, non di certo molteplice, poich si accetta la permanenza di ununica modificazione finch non sorge unaltra modificazione a essa contraria La dhrvhikabuddhi quel tipo di cognizione in serie che ha come contenuto un unico oggetto, finch non interviene una cognizione differente a bloccarla, per esempio: aya ghaa, aya ghaa, aya ghaa,

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gli strumenti? [Risposta:] Si risponde che sebbene caitanya sia privo dorigine, la modificazione dellorgano interno che lo [= caitanya] rivela sorge dal contatto sensoriale o quantaltro, pertanto si dice che caitanya qualificato dalla modificazione mentale ha unorigine e poich [la modificazione mentale] capace di delimitare la conoscenza, allora si fa un uso secondario [del termine] conoscenza riguardo alla modificazione mentale. Questo stato affermato nel Vivaraa:52 poich vi un uso secondario del termine conoscenza in riferimento alla modificazione dellorgano interno

Per via della sua natura stessa la conoscenza quale vtti estremamente mutevole, in quanto si modella a seconda della miriade di oggetti che coglie (vastutantra).53 La conoscenza suprema invece, seppure illimitata, unica, indivisibile e privo d'attributi nel processo cognitivo si riflette in molteplici modalit, cos da essere delimitata (avacchinna) da varie limitazioni o qualificazioni (avacchedaka). Questo trittico (tripui), in termini vedntici, si esprime cos: il pramt, diventa antakaravacchinnacaitanya, caitanya delimitato dallorgano interno, prama antakaraavttyavacchinnacaitanya, caitanya delimitato dal mutamento dellorgano interno, mentre viayvacchinnacaitanya, caitanya delimitato dalloggetto, il prameya (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 61-62). Ma come pu caitanya essere indicato come avaccchinna, poi da un semplice aggregato psichico, come lorgano interno? Innanzitutto, si deve pure ricordate che quando nellAdvaita Vednta parliamo di caitanya, esso pu assumere connotati apparentemente limitati solo nel suo domino vyvahrika, non di certo nella sua costante ed eterna realt pramrthika. In pi, lAdvaita pretende per s il posto supremo di legittimo interprete delle Upaniad e se la BU (III.4.1)
Il Pacapdikvivaraa il testo principale di Praktman (fine X sec.) che inizi la scuola intestina allAdvaita rivale della Bhmatprasthna iniziata da VM, che prende le mosse dal testo stesso e si viene a titolare Vivaraaprasthna e la dottrina pi rappresentativa di questa il Pratibimbavda. 53 , commentando il BS I.1.2 scrive vikalpans tu puruabuddhyapek. na vastuythtmyajna puruabuddhyapekam. ki tarhi? vastutantram eva tat. na hi sthv ekasmin sthur v puruo nyo veti tattvajna bhavati. tatra puruo nyo veti mithyjnam, sthur eveti tattvajnam, vastutantratvt. eva bhtavastuviay prmya vastutantram. tatraiva sati brahmajnam api vastutantram eva, bhtavastuviayatvt , Le alternative sono determinate dallintelletto delluomo, mentre la conoscenza secondo verit di un ente non dipende dallintelletto di un uomo. [Domanda:] [Da] cosa [dipende] dunque? [Risposta:] Quella dipende solo dallente. Di certo [laffermazione] a proposito di un unico tronco Questo un tronco, una persona o altro? non una conoscenza veritiera. Ivi una persona o altro? una conoscenza falsa, mentre Questo un tronco! una conoscenza valida, poich coincide con la natura dellente stesso. Ugualmente, la validit [delle conoscenza] i cui oggetti sono enti gi sempre reali (bhtavastu = siddhavastu [= brahman]) dipende dalla natura dellente; a questo proposito, dunque, stando cos le cose anche la conoscenza del brahman dipende dal principio [conosciuto], poich ha come contenuto unentit sempre esistente In un altro contesto (BGB ad II.16) si trova a dover inquadrare il reale (sat) attraverso una modalit certamente peculiare, ossia definendo la percezione veridica in termini di assenza di mutamenti, cosicch una cognizione che non devia dalla natura del suo contenuto reale, mentre se devia non lo . In un simile contesto, nel BSB II.1.11 sottolinea che la conoscenza corretta (samyagjna) un una natura unica (ekarp) poich dipende dalloggetto piuttosto che dalla volizione del percettore (BROOKS, 1969: 389).
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ruggisce yat skd aparokt brahma, allora la valutazione vedntica si ricalca su questo perentorio monito della scrittura. Per questo motivo ci che percepiamo e ogni altra cosa non pu che essere il brahman, uddhacaitanya. Allora anche l'oggetto percepito, il percettore e il medium percettivo devono essere tali. Ma, se fossero solo caitanya sarebbero indivisi, non percepibili distintamente, tanto da rendere inspiegabile la percezione diretta. Allora interviene un qualcosa a delimitare, anche se in modo fittizio, lonnipervadenza e lindivisibilit di caitanya. Questo agente limitante, secondo i casi, un avacchedaka. La questione che esistono tre tipi di avacchedaka, limitatori o delimitatori, che rendono qualcosa avacchinna, limitato o delimitato. Per cui, un avacchedaka ci che delimita la funzione o il campo d'azione di un ente, rendendolo differente da un altro ente. Si contano tre avacchedaka: vieaa, il qualificante, updhi, la sovrapposizione avventizia e upalakaa, un indicatore, un qualcosa che distingue un ente da un altro ma che non si trova in contatto con lente in questione al momento della sua percezione.54 La conoscenza che si dice vttijna in quanto cognizione partecipa della natura luminosa della conoscenza stessa e per espletare la sua funzione illuminante ha bisogno di un tramite, ossia lantakaraa.55 In questo caso, lantakaraa lupdhi di caitanya, che lo rende, illusoriamente condizionato (upahita) o limitato (avacchinna). Si consideri lesempio
Sebbene il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 115-116: vieaa ca kryynvayivyvartakam. updhi ca krynanvay vyvartako vartamna ca ) dia una spiegazione pi semplicistica, anche se sufficiente, il Prof. Prasantha Dvived e il Prof. Rma Kiora Triph con cui abbiamo studiato il VP, ci hanno fornito delle definizioni (lakaa) pi complesse e convincenti dei tre avacchedaka, nonch la seguente derivazione: avachintti anyebhyo vyvartayati ity avacchedaka. sa trividha vieaam updhir upalakaa ceti. vidyamnatve sati vidheynvayitve sati itaravyvartaka vieaam. yath nlo ghaa. vidyamnatve sati vidheynanvayitve sati itaravyvartakam updhi. yath karaakulyavacchinna nabha rotram. avidyamnatve sati vidheynanvayitve sati itaravyvartakam upalakaam. yath kkavanto devadattasya gh., Il limitatore divide, separa dagli altri. Esso di tre generi: il qualificante, la condizione avventizia e lindicatore. Il qualificante il [limitatore] che in grado di distinguere dagli altri [enti] quando [lente a cui si applica ] caratterizzato dalla [sua] presenza e dalla [sua] relazione con lente, come [per esempio] un vaso blu [= oppure scuro]. La condizione avventizia il [limitatore] che in grado di distinguere dagli altri [enti] quando [lente a cui si applica ] caratterizzato dalla [sua] presenza e dalla [sua] mancanza di relazione con lente, come [per esempio] ludito letere delimitato dal condotto auricolare dellorecchio. Lindicatore il [limitatore] che in grado di distinguere dagli altri [enti] quando [lente a cui si applica] non caratterizzato dalla [sua] presenza e dalla [sua] mancanza di relazione con lente, come [per esempio] la casa di Devadatta quella con un corvo. Mentre nel primo caso il blu una qualificazione effettiva del vaso ed indissolubile dal vaso stesso, tanto che rimarr finch il vaso rimarr. Nel caso dellesempio dellupdhi si dice udito letere delimitato dai contorni del condotto auricolare, ma quando questo perimetro sar eliminato, letere ritorner nella sua forma illimitata e priva di condizionamenti. Infine, il terzo un esempio in cui il corvo sulla casa di Devadatta stato presente solo al momento di una prima percezione, ma n aveva qualche relazione duratura e specifica con essa, n costituisce una qualit propria di essa. Una volta volato via non ve ne sar pi traccia. Tuttavia, nel momento in cui qualcuno ha visto per la prima volta la casa di Devadatta e su di essa un corvo appollaiato, si ricorder di quella per il corvo che aveva visto quellunica volta, fermo restando il fatto che il corvo potrebbe non rivedersi pi. Una sola nota tecnica che nellesempio dellupalakaa si usata la forma al maschile del termine gha, casa (solitamente al neutro) e, quando la parola si declina in questo genere possiede solo il plurale (nityabahuvacana). 55 Rispetto alla natura dellantakaraa non semplice evincere una teoria complessiva in anche se vi troviamo gi la quadripartizione delle funzioni (BSB II.3.6) o luso per esso stesso di quattro differenti nomenclature (BSB II.4.6): manas, buddhi, vijna o ahakra e citta. Si vedano i passi corrispondenti in VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 97-98). Per la discussione relativa a manas come indriya o meno rimandiamo ancora al VP (IBID.: 55-57), Mayeda (1968-69: 225228), Bilimoria (1980: 36-37), D. M. Datta (1998 [1930]: 40-61) e B. Gupta (1995 [1991]: 154-156).
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delletere. Letere contenuto in un vaso A, non differente dalletere contenuto in un vaso B, perch entrambi sono pervasivi e unici, tuttavia a causa della diversit dei due vasi, dei due limitatori (updhi), anche un ente illimitato come letere, diviene limitato (updheya) e appare molteplice, diversificato e provvisto di parti. Insomma, a causa dellupdhi che lupdheya appare diviso e confinato. In questo panorama, spesso in polemica con altri darana e in modo particolare col Nyya, lAdvaita Vednta presenta vari tipi e suddivisioni di percezione diretta. Prima di considerare la percezione mediante le lenti del VP, sar opportuno proporre una digressione su pratyaka nellAdvaita in generale. I maestri Advaitin antichi non si curarono dellaspetto empirico della conoscenza (vttijna), ma rimasero arroccati esclusivamente nella roccaforte non duale della metafisica, con lunico cruccio di stabilire lillusoriet del mondo e la realizzazione dellidentit col supremo. Secondo S. N. Dasgupta (1991 [1922], VOL. 2: 105-106) Praktman fu il primo a spiegare il processo percettivo in termini vedntici. In seguito, grande precisione e completezza fu raggiunta da MS e Dharmarja. , pur non occupandosi direttamente del cosiddetto pramastra, accetta che la conoscenza empirica sorga dai mezzi di conoscenza e, come abbiamo anticipato qui sopra, dipende dalla natura delloggetto sensibile (vastutantra) e non da un capriccio delluomo (puruatantra) e da una particolare ingiunzione (codantantra) (BSB I.1.2, I.1.4). Egli riconosce inoltre il senso dei mezzi di conoscenza, sostenendo che ogni cosa (sarvapadrtha) stabilita (siddhi) attraverso la testimonianza autorevole (abda), linferenza (anumiti) e altri mezzi di conoscenza (UpS II.18.133).56 Il S invece di per S stabilito per sua propria natura (svapramaka, svatasiddha), per cui non dipende da alcun mezzo di conoscenza, relegato al dominio dellignoranza (avidyvatviaya, adhysabhya ad BSB I.1.1). Cionondimeno i prama sono utilizzati al fine di saperne di pi sulla natura di tman (US II.18.134) e anche degli enti differenti da tman (antman, US I.2.93), anche se egli non si d pena allo scopo di proporne una definizione (MAYEDA, 1968-1969: 221-223). Giungendo poi alla visione di Dharmarja, questi al fine di mostrare un pi accurato e completo processo percettivo, fornisce un criterio (prayojaka), una caratteristica di definizione (tantra), che non , come vogliono i Naiyyika, il contatto dei sensi con i loro
in alcuni passaggi del BSB (I.3.8, III.2.24, IV.4.20) accetta la percezione diretta e linferenza come mezzi di conoscenza, anche se l esse sembrano avere un significato considerevolmente differente, cio rappresentano rispettivamente la ruti e la smti. Praktman invece ne usa quattro principali: pratyaka, anumna, arthpatti e abda. Solo MS e poi Dharmarja ne indicheranno chiaramente sei. In non si comprende con precisione quanti e quali siano i mezzi di conoscenza, anche se se ne contano come certi tre: pratyaka, anumna e abda (MAYEDA, 1968-69: 223224).
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oggetti,57 bens la non differenza, lidentit (abheda) tra vari tipi e gradi di caitanya condizionato.58 Per essere precisi, il processo del VP possiede due distinte fasi o criteri di percezione, cio la determinazione del carattere percettivo tanto della cognizione stessa (jnagatapratyakatva), quanto delloggetto (viayagatapratyakatva) (BILIMORIA, 1980: 35-36). La percepibilit della cognizione (jnagatapratyakatva) ha come criterio fondamentale (prayojaka) lunione (abheda) di questi tre modi di caitanya.59 La modificazione dellorgano interno esce attraverso i canali dei sensi e si congiunge alloggetto, lo pervade e mutandosi nella forma di quello (viaydykrapariama), elimina la patina di ignoranza che lo avvolgeva (varaabhaga).60 In questo processo, lorgano interno non pu disgiungersi
La complessa teoria della percezione Naiyyika, riassunta dal TS (ATHALYE, 1988 [1897]: 29-34) si fonda su due definizioni. La prima quella pi conosciuta : indriyrthasanikarajanya jna pratyakam , La percezione diretta quella conoscenza che sorge dal contatto dei sensi con gli oggetti Questa definizione per esclude (avypta) leterna percezione di vara e degli yogin realizzati che, al fine di conoscere ogni cosa perfettamente e simultaneamente, non hanno alcun bisogno di strumenti percettivi quali le facolt sensoriali. La seconda definizione, proposta nella Tattvacintmai da Gageopdhyya, comune anche a essi (varapratyakasdhraa): jnkaraaka jna pratyakam, la percezione diretta quella conoscenza che non ha unaltra conoscenza come strumento Questa definizione indica che ogni altra cognizione sorta dagli tre prama differenti dal pratyaka ha bisogno di una base, di uno strumento su cui fondarsi che proprio la percezione diretta. Evidentemente, per esistere, la percezione diretta non pu avere bisogno della percezione diretta (TS/NB, IBID.: 30-31). I Naiyyika, comunque, partendo da NySBV di Udyotakara svilupparono la prima teoria mostrando sei differenti tipi di contatto sensoriale: sayoga, sayuktasamavya, sayuktasamavetasamavya, samavya, samavetasamavya e vieaaviayabhva. 58 VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 101): na nndriyajanyatva pratyakatve tantra ditatvt. kintu yogyavarrtamnaviyakatve sati pramacaitanyasya viayacaitanybhinnatvam ity uktam 59 Il termine prayojaka indica il criterio, ossia le condizioni o le circostanze entro le quali pu avvenire qualcosa. NellAdvaita sia la conoscenza nel senso di modificazione mentale, cio antakaraavttyavacchinnacaitanya, sia loggetto (viaya), sono percepibili. La prima percezione avviene quando semplicemente diciamo Questo un vaso (aya ghaa), in quanto questa conoscenza stessa viene percepita. Ma anche il contenuto di questa cognizione, ossia il vaso anchesso percepito. Il nocciolo della discussione si svolge attorno alla diatriba con i Naiyyika rispetto a vyavasya, la prima percezione o impressione che si ha di un oggetto aya ghaa e la successiva cognizione che si ha di conoscere quelloggetto (anuvyavasya): ghaam aha jnmi (si veda la nota 99 del capitolo II). Per gli Advaitin questo non si pu sostenere, in quanto la conoscenza (caitanya) onnipervasiva, che si trova simultaneamente nelloggetto, nellantakaraa e nella vtti, percepisce ogni cosa per prima. In verit in caitanya non esiste alcun tipo di differenziazione (bheda), suddivisione o parte (avayava), per, quando si sovrappongono degli updhi esso diviene tripartito, come qui sopra descritto. Quando per avviene lunificazione (abheda) tra pramacaitanya e viayacaitanya in quel momento si ha la percezione anche della cognizione (jnapratyaka). In questo momento si conosce non solo loggetto ma anche di conoscere loggetto (jato ghaa, ghaam aha jnmi, ghaajnavn aha). Comunque, la definizione del testo la seguente (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 101): yogyavartamnaviayatve sati pramacaitanyasya viayacaitanybhinnatvam e il suggestivo esempio che si da della situazione recita cos (IBID.: 63): tatra yath tagodaka chidrn nirgatya kulytman kedrn praviya tadvad eva catukodykra bhavati, tath taijasam antakaraam api cakurdidvr nirgatya ghadiviayadea gatv ghadiviaykrea pariamate, sa eva parimo vttir ity ucyate , A questo proposito come lacqua di un bacino dopo essere uscita da unapertura ed essendo penetrata attraverso i canali di irrigazione nei campi assume un aspetto quadrangolare [= congruente alla forma dei campi stessi], allo stesso modo anche il luminoso organo interno, essendo fuoriuscito attraverso i canali della vista e degli altri [sensi] ed essendo giunto al luogo delloggetto, [che pu essere] un vaso o quantaltro si tramuta nella forma delloggetto, cio del vaso o altro ancora. Quella modificazione si dice vtti 60 Mentre nella nota 51 stata presentata la natura della vtti, qui si fa riferimento alla funzione della vtti. Leliminazione della copertura dignoranza che avvolgeva loggetto da parte della modificazione dellorgano mentale appunto il motivo del postulare la vtti da parte della scuola Advaita interna al Pratibimbavda, conosciuta come ekajvavda, per cui lanima individuale caitanya condizionato [= limitato] dallignoranza: s cntakaraavttir varabhibhavrthety eka matam. tath hi avidyopahitacaitansyasya jvastvapake Laltro punto di vista mantiene che la vtti serve a fine di stabilire una connessione tra il pramt e il prameya e questa causa, perorata da un altro punto di vista Advaitin non meglio specificato, prevede la definizione del jva come lanima individuale illimitata
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dalla

sua

modalit,

per

cui,

gi

alluscita,

vttyavacchinnacaitanya

antakaravacchinnacaitanya sono una sola cosa. Poi, quando queste due si congiungono a caitanya qualificato dalloggetto (prameyacaitanya), si ha la percezione (MAYEDA, 19681969: 228-229; BILIMORIA, 1980: 38-39). Completiamo brevemente questa carrellata sulla percezione saltando a piedi pari il complesso discorso sulla validit (prmya) intrinseca (svata) o estrinseca (parata) della conoscenza, ma proseguendo sul medesimo solco tracciato dal VP che adatta, a nostro avviso fedelmente, un complesso percorso di adattamento della dialettica alle dottrine vedntiche. Qualche riga pi su abbiamo accennato al secondo genere di percepibilit menzionato nel VP, la percepibilit relativa alloggetto viayagatapratyakatva. Il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 85-86), fedele alla questione principale della unicit e indivisibilit di caitanya, presenta in questi termini la definizione di viayagatapratyakatva: ghader viayasya pratyakatva prmtrabhinnatvam , La percepibilit delloggetto, quale il vaso o altri ancora la non differenza dal percettore quando per non differenza dal percettore anchessa intesa in senso tecnicamente e squisitamente vedntico:
pramtrabhedo nma na tvad aikya kintu pramtsatttitiktasattkarvbhva. tath ca ghde svvacchinnacaitanydhyastatay viayacaitanyasattaiva ghadisatt adhihnasatttiriktaty ropitasatty anagkrt. viayacaitanya ca prvoktaprakrea pramtcaitanyam eveti pramtcaitanyasyaiva ghadyadhinatay pramtsattaiva ghadisatt nnyeti siddha ghader aparokatvam La non differenza dal percettore non lunit con esso bens la mancanza del

possesso di unesistenza differente dallesistenza del percettore. Cos, siccome il vaso e altri oggetti sono sovrapposti su caitanya delimitato da essi stessi, invero lesistenza della consapevolezza delloggetto lesistenza dei vasi o quantaltro, poich non accettata lesistenza dellesistenza delloggetto sovrapposto indipendente dal proprio fondamento In questo caso sembra quasi di leggere unaffermazione Vijnavdin, ove lesistenza dellente percepito dipende unicamente dal percettore interno, il riflesso di caitanya

caitanya avente come sovrapposizione limitante lignoranza: sabandhrth vttir ity apara matam. tatrvidyopdhiko paricchinno jva (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 416-418).

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sullorgano interno (cidbhsa).61 Nonostante, per, la somiglianza con il punto di vista Yogcra, si staglia comunque una differenza sostanziale. La natura realmente empirica degli oggetti esteriori non viene negata, bens si afferma con decisione che allo scopo di cogliere un oggetto fondamentale la presenza attenta e vigile del soggetto conoscitore, pena la mancata percezione. osservato anche nella vita di tutti i giorni che se qualcuno ha i propri pensieri altrove non si rende conto di quanto gli accade di fronte. Ma il VP, oltre a questatteggiamento che potremmo definire psicologico, pone un effettivo precetto dottrinale. Ogni cosa, sia essa manifestazione fisica, psichica o causale sovrapposta sul S e non assolutamente accettabile lesistenza indipendente dal suo sostrato, dal suo fondamento (adhihna)62 di un ente sovrapposto. Prima di passare ad altro argomento, vorremmo anche menzionare anche qualche altro genere di percezione nominata dagli Advaitin.63 Dharmarja riconosce (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 98-100), come i Naiyyika,64 altri due tipi di percezione, quella indeterminata (nirvikalpaka) e quella determinata (savikalpaka).
Un altro concetto importante, che solamente menzioniamo quello concernente bhsa riflesso, falsa apparenza, di cui i termini pratibimba (US II.5.4), praticchy (BUB IV.3.7), chy (US II.12.6, II.14.33) rappresentano dei sinonimi. Quando il riflesso dellauto-luminoso S (caitanyapratibimba, US II.5.4) pervade lintelletto che, per sua natura, inerte ma dotato di capacit dazione, allora buddhi, per via di quel riflesso, appare falsamente (bhsa) come il conoscitore dotato di consapevolezza (bodha). A questo punto lintelletto, illuminato dal S, in grado di percepire gli oggetti esterni (US II.18.155, 157). Nonostante ci, come il volto riflesso da uno specchio differente dal volto stesso, cos il S differente dal suo riflesso sullo specchio limpido dellintelletto (US II.18.32-33, 40-46, 87) (MAYEDA, 1968-69: 232-233). Nel VP il termine cidbhsa, ossia ancora il riflesso di brahmacaitanya sullorgano interno, sembra anche congruente con la vtti. Esso, infatti, fuoriesce insieme allantakaraa e si modella trasformandosi una volta venuto a contatto con il dato percettivo, identificandosi con esso (BILIMORIA, 1980: 38). Si veda anche la lunga e dettagliata trattazione di S. Timalsina (2006: 69-101) e larticolo di A. O. Fort su questo stesso concetto nella PD (2000: 497-510). 62 Nel contesto della discussione delladhysa, Sarvajtman nel suo Sa (I.31-36) si trova a dover rispondere a unobbiezione relativa alla mutua sovrapposizione (itaretardhysa) del mondo fenomenico e del S (I.31 e III.239). Se, dunque, ogni cosa che sia sovrapposta successivamente negata, come avviene nel caso dellargento sovrapposto allelemento idam (questo) della madreperla, allora se ltman e lesistenza fenomenica sono mutualmente sovrapposti, ne segue che saranno entrambi negati e quindi si avr solo il vuoto. Sarvajtman ovvia a questa difficolt distinguendo tra adhihna e dhra. Lelemento presentato in relazione alloggetto sovrapposto detto dhra, mentre lelemento di cui si ha una percezione erronea, la quale conduce alla presentazione di un altro ente rispetto a quello che ci sta di fronte, detto adhihna. Ldhra dunque, nella percezione erronea dellargento sulla madreperla ida rajatam (questo argento), il questo (idam) connesso con largento illusorio, mentre ladhihna la vera madreperla la cui conoscenza pone fine allallucinazione ma che non appare mai in essa. Difatti, fintanto che percepiamo largento illusorio non si pu cogliere la madreperla, poich la percezione di essa cancella largento. Ldhra funge dunque da nesso tra largento falso e la madreperla vera, per cui loggetto dellignoranza specifica relativa alla madreperla identico alla base reale dellillusione (GUPTA, 1995 [1991]: 128-129). 63 Ricordiamo, succintamente, anche la suddivisione del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 146-151) in conoscenze percettive risultanti dal contatto sensoriale (indriyajanya) e quelle scaturite senza il contatto dei sensi (indriyjanya), come la percezione di piacere, dolore o quantaltro (sukhdipratyaka), corrispondenti rispettivamente alla percezione esterna (bhyapratyaka) e interna (ntarapratyaka) o mentale (mnasapratyaka) del Nyya (MAYEDA, 1968-69: 229). 64 Anche i seguaci del Nyya accettano questa suddivisione della percezione diretta (ATHALYE, 1988 [1897]: 29-31): indriyrthasanikarajanya jna pratyakam. taddvividha nirvikalpaka savikalpaka ceti. tatra viprakraka jna nirvikalpaka yatheda kicit. saprakraka jna savikalpaka yath ittho ya, brhmao ya ymo yam iti , La percezione diretta quella conoscenza sorta dal contatto dei sensi con i loro oggetti. Quella di due tipi: indeterminata e determinata. Tra questi due la conoscenza indeterminata priva di qualificazione, come [per esempio] Questo qualcosa ; la conoscenza determinata invece provvista di una qualificazione, come [per
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Questultima un tipo di conoscenza capace di veicolare la particolare relazione tra qualificato (vieaa) e qualificante (vieya) ed dunque: vaiihyvaghi jnam, come Io percepisco il vaso (ghaam aha jnmi); la percezione diretta indeterminata invece priva della capacit di veicolare la relazione (sasarga) tra vieaa e vieya (sasargnavaghi jnam), come accade nellesempio del riconoscimento (pratyabhij): Questo quel Devadatta! (so ya devadatta).65 Lultimo genere di percezione diretta peculiare del VP (DVIVED, P. N., 2000: 114-115, 129-133) lulteriore duplice suddivisione in percezione dovuta al jvaskin e la percezione dovuta allvaraskin (CHATTERJEE DRAVID, 1979: 28-29; FORT, 1984: 285-286), che per non si riscontra nei lavori di . Il testo, prima di analizzare cosa siano quei due tipi di pratyaka definisce i due concetti ai quali legata la percezione diretta in questo senso. Tanto il jva, quanto vara, sono entrambi forme di caitanya, anche se sono qualificate (avacchinna/viiha) in modo differente. Daltra parte il testimone, leterno e immobile osservatore (skin) associato a ognuno dei due , a seconda della circostanza, condizionato (upahita) in modo differente. La definizione che si fornisce del jva jvo nmntakaravacchinnacaitanyam, ... lanima individuale caitanya delimitato dallorgano interno , mentre il suo testimone tatski tv antakaraopahitacaitanyam , il suo testimone, invece, la caitanya condizionato dallorgano interno La partita si gioca sulla differenza tra qualificazione o attributo (vieaa) e condizione limitante avventizia (updhi) nei termini che abbiamo

esempio] Questo ittha [= nome proprio], questo un brhmaa, questo scuro. Mentre nel Nyya laccento rispetto ai due tipi di percezione posto alla cognizione del prakra ossia del modo qualificante proprio delloggetto sensibile; nellAdvaita si pone laccento sul rapporto (vaiihya = sabandha) tra la qualificazione e lente che ne qualificato. In ogni modo, le prospettive sono molto simili. La Nyyabodhin al TS (TS/NB, IBID.: 31) aggiunge che la percezione determinata dunque una conoscenza priva di modalit qualificante (prakrat) che diversa, per cui un quarto tipo di contenuto (caturth vaayat), dai tre modelli contenutistici proposti dal Nyya per predicare una conoscenza qualificata: giudizio espresso sulla base del qualificante (prakratnihaviayat), giudizio espresso sulla base del qualificato (vieyatnihaviayat) e giudizio espresso sulla base del rapporto tra i due (sasargatnihaviayat). La percezione indeterminata priva di tutti e tre i canoni. Oltre a questa suddivisione, il Nyya accetta anche unaltra divisione in percezione diretta ordinaria (laukika) e straordinaria (alaukika). Il primo caso appunto quello dei sei tipi di percezione sopra (n. 57) menzionati, mentre il secondo caso comprende tre generi di percezione, criticati e non condivisi dagli Advaitin, fatta eccezione per lultimo. Abbiamo dunque, nel commento alla Krikval intitolato Nyyasiddhntamuktval (ad I.63-65), la smnyalakaasannikara, jnalakaapratysatti e yogajasannikara (MATILAL, 1961: 286-292). Si veda qui sotto la nota n. 181. 65 Lesempio addotto da Dharmarja unico nella storia dellAdvaita Vednta, in quanto secondo lui anche la conoscenza sorta da un riconoscimento del tutto percettiva nel suo carattere, per cui anche il riconoscimento della propria natura, ossia quella conoscenza sorta dallascolto (ravaa) e dalla comprensione profondo del mahvkya tat tvam asi (ChU VI.8.7 e ss.) di natura percettiva. Secondo alcuni maestri Advaita se questo punto di vista dovesse affermarsi si incorrerebbe in un grosso errore, poich la conoscenza si avrebbe direttamente con laudizione del mahvkya sicch la riflessione su di esso (manana) e la costante meditazione sul suo significato (nidhidhysana) predicate dalla ruti (BU II.4.5, IV.5.6) sfocerebbero nellinutilit (vaiyarthypatti), conclusione intollerabile per gli Advaitin, ortodossi interpreti del jnaka.

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accennato qui sopra (nota 54) e se lorgano interno costituisce il vieaa o lupdhi dellanima individuale (antakaraasya vieaasyopdhitvbhym anayor bheda ). Lorgano interno , per sua natura, inerte (jaa) e privo di consapevolezza propria (acetana). Quandanche sembri possederla, gli viene dal riflesso della luce di tman. Per questo motivo la relazione tra caitanya e antakaraa solamente che questultimo in qualche modo qualifica caitanya, limitandolo tanto da renderlo jva. Di contro, quando si parla dellanima individuale conscia di qualcosa, si sta predicando il S attraverso lente di cui esso testimone. In definitiva questo contenuto oggetto di caitanya stesso e non dellorgano interno che fattore differenziante del S, pertanto tman come testimone si definisce attraverso un updhi, una condizione accidentale e avventizia piuttosto che una caratteristica permanente come potrebbe essere una qualificazione (vieaa) (POTTER, 1988: 111).66 Il jva, appunto, non altri che caitanya, anche se profondamente legato allorgano interno che ne costituisce un attributo qualificante. Il testimone, daltro canto, essenzialmente limmutabile spettatore di tutti i cambiamenti di ogni singolo jva. Se non si ammettesse che ogni jvaskin osservatore solo di un singolo jva, si dovrebbe accettare la scomoda posizione per cui ci che percepito da un persona viene riconosciuto o ricordato anche da unaltra.67 Il skin lelemento puro di ogni cognizione, conosce ogni cosa e assiste a ogni evento, auto-luminoso. Lanima individuale , per via della sua caratteristica qualificazione, analoga a un oggetto percepibile, ossia pu essere il contenuto di una cognizione di quello stesso skin. Un grande studioso e paita del passato, il Prof. Hiriyanna (1993 [1932]: 343-344) ha scritto che mentre il jva caitanya come immanente allantakaraa, il skin caitanya come trascendente lo stesso. Infatti, il jva agisce e quindi soggetto a trasformazioni e cambiamenti, dei quali non pu essere conscio per cui non pu esserne losservatore. In definitiva, il senso per cui si dice che lantakaraa un attributo qualificante dellanima individuale perch questo entra a farne parte sostanziale, vale a dire che finch c lantakaraa c il jva. Daltro canto lassociazione del jvaskin con lorgano interno solo al fine di differenziare il skin di una particolare
Unannotazione utile a comprendere la natura della distinzione in esame proposta da Prasantha Dvived nella sua edizione del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 114 n. 1). Egli scrive che la distinzione (bheda) tra jva e jvaskin come quella che si ha quando una stessa persona sia cuoco (pcaka = vieaa) sia lettore (phaka = updhi). Non vi distinzione nella persona (vyaktibheda), bens la distinzione si ha solamente nelle due differenti mansioni o caratteristiche, pcakatva e phakatva. Allo stesso modo vi un unico organo interno che pu essere un vieaa sia un updhi, cosicch non vi differenza effettiva tra il jva e il jvaskin ma solo tra le due propriet che li caratterizzano ossia jvatva (= vieaa) e skitva (= updhi). 67 Nel VP queste posizioni sono espresse mediante queste parole: prakte cntakaraasya jaatay viayabhsakatvyogena viayabhsakacaitanyopdhitvam. aya ca jvask pratytma nn, ekatve caitrasyvagate maitrasypy anusadhnaprasaga
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individualit rispetto a unaltra e non entra nella costituzione n essenziale n sostanziale del skin (GUPTA, B., 1995 [1991]: 70-71, 237-240). Abbiamo laltra parte della distinzione, ossia vara e lvaraskin (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 117, 131):
varask tu myopahita caitanyam. tac caika tadupdhibhtamyy ekatvt ...68 tac cndi tadupdher myy anditvt. myvacchinna caitanya paramevara. myy vieaatve varatvam updhitve skitvam itvaratvaskitvayor bheda, na tu dharmior varaskior bheda Il testimone del Signore caitanya condizionato dalla my; quella [consapevolezza] una, poich una la my che ne costituisce la condizione avventizia Quella altres senza origine, poich senza origine la my che ne costituisce la condizione avventizia.69 Il supremo signore caitanya limitato dalla my. Quando la my si presenta come un qualificazione allora si ha la propriet di essere Signore (varatva), mentre quando si presenta come condizione avventizia si ha la propriet di essere testimone (skitva), per cui la differenza tra l varatva e skitva, mentre non vi differenza tra i possessori di queste propriet (dharmin) ossia il Signore e il testimone

In questo passaggio vediamo riproposta la stessa distinzione tra vieaa e updhi, ovvero in un caso my un attributo qualificante del Signore mentre nellaltro caso solo una condizione avventizia e transeunte. Non vi differenza sostanziale tra i due principi (dharmin), bens la differenza effettiva solo tra le propriet che li separano (dharma), cio varatva e skitva. Una cosa da aggiungere che mentre lanima individuale attinge lo stato di testimone una volta realizzata la sua natura pura, dissipando ogni tenebra dellignoranza, il Signore invece eternamente libero (GUPTA, B., 1995 [1991]: 70-71, 240-243). Ora, vista la distinzione tra jva e jvaskin e vara e varaskin, il testo afferma la differenza dei due generi di conoscenza percezione diretta (pratyakajnadvaividhyam)
Il testo del VP chiarisce che my, il potere manifestante e illusorio che vara controlla uno e uno solo, a dispetto di apparenti contraddizioni con la ruti (BU II.5.19): indro mybhi pururpa yate ove la desinenza di strumentale plurale attaccata alla parola my definisce solamente una molteplicit di potenze di my e il suo essere caratterizzata dalle tendenze intrinseche di sattva, rajas e tamas. Infatti, varie solo i passaggi scritturali che predicano lunicit di mya: vU IV.1, IV.5, Viu Pura V.17.15. 69 NellAdvaita Vednta sono riconosciute sei principi senza origine (andi): jva o viuddh cit tath jveayor bhid/ avidy taccitayor yoga a asmkam andaya//, Lanima individuale, il signore, la pura conoscenza e la differenza tra il signore e lanima individuale, lignoranza e lunione tra essa e la conoscenza. Questi sono i nostri [= degli Advaitin] sei principi senza origine. Il verso lo abbiamo trovato citato nel primo volume (Ed. 2000, p. 82) del commento Blabodhin di Yogendranath Bagchi allAdvaitasiddhi (AS) di MS, anche se molto noto e menzionato tra i paita.
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dipendenti dal duplice genere di skin (skidvaividhyena). Tutto ci, per, sembra ricondurci a una ripetizione della prima distinzione ossia jnagatapratyakatva e viayagatapratyakatva, in quanto il VP scrive (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 133):
partyakatva ca jeyagata japtigata ca nirpitam. tatra japtigatapratyakatvasya smnyalakaa citava eva tattadviaye partyakatva prvoktam La percepibilit stata descritta come relativa alloggetto di conoscenza e come relativa alla cognizione. Tra queste la definizione generale della percepibilit relativa alla cognizione lessere caitanya stesso mentre la percepibilit relativa a una parte di questo o quelloggetto stata precedentemente espressa ...

Lunica sottigliezza differenziante che qui la percepibilit relativa alla cognizione considerata conoscenza stessa, cittva, come sinonimo di caitanya, ossia, se volgiamo la stessa natura veggente del testimone. Tutto ci ci riporta allinizio della discussione, con lepitome della BU (III.4.1) yat skd aparokt brahma, che costringe Dharmarja ad affermare che nellAdvaita Vednta lunica e vera conoscenza mediante percezione diretta non altri che caitanya: pratyakapram tv atra caitanyam eva (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 45). Una breve parentesi che ci connette ai prossimi paragrafi riguarda gli enti conosciuti come kevalaskibhsya o kevalaskivedya,70 ossia quelle entit che si colgono senza lausilio delle facolt sensoriali, ma solo tramite una percezione interna, proprio grazie al testimone. La funzione osservatrice del skin non ovvia alla necessit di postulare una modificazione dellorgano interno. Essere un oggetto del skin indica lessere conosciuto senza il bisogno dellintervento di un prama, ma non necessariamente di essere conosciuto senza una vtti dellantakaraa.71 Comunque anche tra le vtti se ne contano di due tipi. Una dellorgano interno e laltra dellignoranza (avidyvtti). La prima appunto lelemento dellindividualit che, oltre a quanto abbiamo gi detto, si presenta in forma di io. La seconda invece quella responsabile della cognizione dellargento (rajata) sulla madreperla (ukti), ove in realt esso non presente. Largento illusorio sovrapposto (adhyasta) su viayacaitanya che, essendo essenzialmente identico a skicaitanya, determina
Probabilmente, la prima definizione (lakaa) applicabile a questi concetti va ricondotta al commento al PPV: ... skivedyatay, manomtragamyatay v paroka ity artha ..., ... direttamente percepibile perch conoscibile mediante il testimone oppure poich conoscibile solo attraverso la mente. Questo il senso ... Si veda Padmapdcrya (STR, SUBRAHMAYA, 1992: 243). 71 Riassumiamo qui sopra in poche battute queste righe del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 90-91): eva cntakaraataddharmdn kevalaskivedyatve pi tattadkravttyabhupagamenoktalakaasya tatrpi sattvt nvypti. na cntakaraataddharmdn vttiviayatvbhyupagame kevalaskivedyatvbhyupagamavirodha iti vcyam, na hi vtti vin skiviayatva kevalaskivedyatva kintv indriynumndipramavypram antarea skiviayatvam
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che largento illusorio sia nello stesso tempo sovrapposto anche a questultimo. Tale il motivo per cui gli Advaitin sostengono che loggetto di una percezione erronea, come largento o il serpente sulla fune, rivelato esclusivamente dal testimone (kevalaskibhsya). Lo stesso vale per altre cose, come tutti gli esempi di allucinazione visiva, come il miraggio (marumarcik), lazzurro del cielo (gaganamlinya) o le percezioni interne come quelle di felicit o pena (sukhadukha), il merito o il demerito (dharmdharma), le vtti e lorgano interno stesso e le sue propriet (CHATTERJEA, 2008 [1982]: 21),72 lavidy e lavidyvtti,73 come anche il sogno (PELLEGRINI, 2009: 81; TRIPH, R. K., 1998: 97-99). Tutto ci che percepito solamente dal skin e non dal pramt illusorio e apparente (prtibhsika).74 La necessit di postulare unavidyvtti perch, sebbene largento illusorio sia direttamente rivelato dal testimone, skin non diviene identico al falso argento, altrimenti avremmo unesclamazione aha rajatam (io sono largento), cosa che avviene in casi di percezione interna, come aha sukh (io sono felice). Mentre, in questo ultimo caso, necessario lintervento di una vtti in forma di io (ahakravtti) e non si pu ammettere lidentit tra lio e largento illusorio mediante una vtti (TRIPH, R. K., 1998: 9094). Infine, ben nota laffermazione del Pacapdikavivaraa (PPV, STR, SUBHRAMAYA [ED.], 1992: 52): sarva jtatay ajtatay v skicaitanyasya viaya ,75 ogni cosa, sia pure essa nota o sia essa ignota, oggetto della conoscenza del testimone Il fatto stesso che ogni nostro moto mentale, desiderio, paura, dubbio o altri ancora, ci sia immediatamente noto prova che quanto avviene in quel momento nellantakaraa direttamente legato al testimone. Una cognizione deve, di necessit, possedere un
Ancora qualche testimonianza di ci in alcune righe successive del testo (IBID.: 91): ata eva ca prtibhsikarajatasthale rajatkr vidyvtti spradyikair agkt tath cntakaraataddharmdiu kevaskivedyeu 73 MS afferma si ripetutamente che lignoranza (avidy/ajna) conosciuta dal skin (skivedya). In questo modo il skin non limitato in alcun modo dalloggetto, piuttosto rivela tutti gli oggetti, inclusa lignoranza stessa. Si veda la lelaborata trattazione dellAS (AS1, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 557-558). Fort (1984: 285) si pone un quesito interessante: What is not entirely clear is how a fitness can observe (or grasp) ignorance as an object while being fundamentally linked with it Sullargomento si veda anche S. N. Dasgupta (1991 [1922], VOL. 4: 263-275, 290-294 e 307), secondo il quale non esiste skin senza avidyvtti. 74 Lottimo volume di A. K. Chatterjee e R. R. Dravid (1979: 44) riporta: Sk has to be accepted as self-luminous. In the waking life things can be revealed by external light, which however is absent in dreams and yet the dreamcontents are illuminated. This is possible only by the light of the self. And anything that is known by the sk alone, and not by the pramt as well, is illusory. Sk is pure consciousenss. Internal states like happiness etc, which are directly revealed by sk, should have been impersonal and not individualized. This does not happen since intellect (antakaraa) is imposed on sk consciousness so that the contents are apportioned to the individual jvas into which the sk is split. Le sensazioni interne come piacere e dolore non possono essere percepite dal pramt, ma solo dal skin. Il soggetto conoscitore sovrapposto sul skin e per questo tale sovrapposizione presenta quegli stati mentali come appartenessero al testimone, stampigliandolo con la nozione dellio. 75 Il testo del PPV continua stabilendo la diretta possibilit di percepire lignoranza: tatra jtatay viaya pramavyavadhnam apekate, anyas tu smnykrea viaykrea vjnavyvartakatay sad bhsata ity upapattisahitam ajnapratyaka bhrpam evtmany ajna gamayatti siddham
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contenuto, un oggetto. Ergo, loggetto della cognizione rivelato dal skin e la relazione richiesta ha per tramite la vtti. Il skin consapevole degli oggetti e anche delle cognizioni che hanno quegli oggetti come contenuto, per questo si dice che consapevole di ogni cosa in quanto conosciuta (jta). Una delle condizioni che abbiamo visto per pram, la valida conoscenza, anadhigatatva, ossia che loggetto, prima dellazione dei prama, sia stato presente come non conosciuto (ajta). Prima che una conoscenza sorga a rivelare loggetto, il skin consapevole anche del fatto che loggetto in questione sconosciuto. Questo modo di esprimersi ha come contraltare allaffermazione che il skin consapevole dellignoranza e delloggetto ancora ignoto che essa pervade. In questo momento il skin conosce il viaya come non ancora conosciuto, poich non vi ancora alcuna vtti che abbia assunto il suo aspetto (GUPTA, B., 1995 [1991]: 72).

III.4: S KIN ,

IL TESTIMONE IMMOBILE

Nel nostro esame a pi riprese stato menzionato o anche marginalmente toccato largomento del skin, appunto il testimone, il veggente immobile, questione davvero enorme e centrale nellAdvaita Vednta, e per questo trattata da penne ben pi capaci in svariate sedi, per tale motivo proporremo solo poche riflessioni e spunti. Diversamente dal buddhismo idealista, lAdvaita Vednta conserva in ogni sua manifestazione una patina realista. In un ambito empirico non si afferma mai che il soggetto conoscitore sia lunica realt, bens loggetto conosciuto egualmente reale. Esiste inoltre una duplice indagine sulla natura del fondamento sul quale ogni dualit poggia. In primo luogo si investiga sulla base del mondo fenomenico, cio sul principio sottostante a esso che convoglia la propria realt agli oggetti, grazie al quale essi divengono percepibili. Laltro filone di analisi lapprofondimento sul soggetto conoscente, ossia le complessit coinvolte nel processo conoscitivo, vale a dire unindagine sui vari livelli mediante i quali il S si presenta. Certamente varie domande sorgono da queste considerazioni: cos il S? Come si pu sostenere che il soggetto conoscente sia il S? In che senso esso distinto dagli oggetti? Come fa a rivelare gli oggetti? A queste domande lAdvaita risponde con la dottrina del skin,76 il S come testimone, ossia quel principio che si pone dietro ogni atto cognitivo, che brilla di luce propria, che
Il termine etimologicamente ricorda una percezione diretta o immediata, oppure anche lagente di una siffatta percezione. Abbiamo un stra di Pini (V.2.91) che fornisce lidea di questimmediatezza: skd draari
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privo di ogni relazione, ci che rivela ininterrottamente ogni cosa, che veglia quando ogni altri elemento dorme. Il skin rivela contemporaneamente non solo il fondamento del mondo empirico ma anche quello della nozione di io (ahapratyaya), fungendo da ponte tra la realt fenomenica e quella metafisica (CHATTARJEA, 2008 [1982]: 9; CHATTARJEE DRAVID, 1979: 4). Il skin quel principio presente in ogni individuo che osserva ogni esperienza e ogni trasformazione senza mai prendervi parte. Ognuna di queste modificazioni non che una vtti dellantakaraa, di cui questi lo spettatore passivo e consapevole. Il termine per non si trova nelle Upaniad considerate pi antiche, tuttavia in esse esistono una serie di termini e dottrine che certamente preludono a quelluso specifico della parola. Per esempio abbiamo il passaggio gi citato della BU (III.4.1) yat skd aparokt brahma , o il famoso passo della MuU (III.1.1) e vU (IV.6) in cui due uccelli dal bel piumaggio sono appollaiati sullo stesso ramo e mentre uno dei due mangia i frutti gustosi della pianta laltro osserva senza intervenire.77 Alcuni concetti gemelli sono per quelli del veggente (dra), del conoscitore (vijt, BU III.4.2), del controllore interiore (antarymin, BU III.7.23), di colui che luce a S stesso (tmajyoti, BU IV.3.6), lauto-luminoso (svayajyoti, BU IV.3.9). Un primo presentarsi del termine stesso nella sua forma si ha nella SvU (VI.11),78 passaggio che gi ricalca precisamente lottica Advaitin nei confronti della dottrina del skin:
eko deva sarvabhteu gha sarvavyp sarvabhtntartm/ karmdhyaka sarvabhtdhivsa sk ceta kevalo nirguna ca// Una la divinit celata in tutti gli esseri, onnipervadente, il S interiore degli esseri tutti, sovrintendente alle attivit, risiedente in tutte le creature, il testimone consapevole, assoluto e senza qualit.

La ChU VIII.11.1 riflette sulla continuit del S. Questo immortale (amta) e perdura in tutti gli stati: vede mediante gli occhi, altres colui che sogna senza lausilio dei sensi ed anche colui che non sogna nel sonno profondo, durante il quale rimane sempre presente. Naturalmente, non possiamo n vogliamo entrare ulteriormente nella trattazione
sajym. Questo indica che qualsiasi soggetto implicato in questa percezione immediata, sia esso in termini giuridici o propri della teoria della conoscenza, da considerarsi un testimone. 77 dv supar sayuj sakhy samna vka pariasvajte/ tayor anya pippala svdv atty anaann anyo abhickati// 78 Si veda anche la Maitr Upaniad VI.16: hot bhokt havir mantro yajo viu prajpati/ sarva kacit prabhu sk yo mumin bhti maale//

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upaniadica del skin, cosa che richiederebbe un analisi successiva anche dei commenti di , soprattutto alla BU.79 , in ogni modo, nelladhysabhya introduce la questione presentando il soggetto conoscitore (viayin) e loggetto (viaya) come due categorie dellesperienza opposte luna allaltra tanto quanto la luce alla tenebra. Il retroterra di questa distinzione presuppone una confusione atavica tra questi due ambiti. La discriminazione il conoscitore e loggetto conosciuto (dgdyaviveka) la realizzazione fondamentale sulla quale si fonda ledificio dottrinale Advaita. La differenza tra queste due categorie salta maggiormente agli occhi se si cerca di analizzare come si presenta la consapevolezza di s. Per esempio, estendendo il nostro senso di appartenenza ai nostri cari, si pu essere disturbati o felici quando questi siano a loro volta disturbati o felici; oppure ci si identifica con un aspetto fisico, sensoriale o psichico. Secondo tutti questi aspetti ci pervengono come contenuti oggettivi di unesperienza, per cui devono essere distinti dal S. Infatti, dietro a tutte queste esperienze, brilla il S come testimone e, pertanto, differente dallego, il S interiore (pratyaktman). Per tale ragione parla del S interiore come del testimone di ogni moto proprio dellintelletto su cui il soggetto individuale, identificato alla nozione dellio, sovrapposto (CHATTERJEA, 2008 [1982]: 10): evam ahapratyayinam aeasvapracraskii pratyagtmany adhyasya (BSB adhysabhya). , ancora, si riferisce al skin anche nel commento al BS e nellUS80 considerandolo un aspetto del S, leterno e auto-luminoso testimone della mente, delle sue modificazioni e dei sensi. Per esempio nel BSB egli afferma che il S il testimone della nozione dellio ed differente dallagente, non solo questa ma anche losservatore immobile delle tre condizioni di coscienza (BSB II.1.9), mentre (BSB III.2.23) brahman possiede la propriet di essere testimone (skitva) di ogni oggetto (dya) ed evento (skya). Vedremo come nel commento ad BS II.2.28-30 tratti largomento con maggiori dettagli. Ivi, egli afferma che
Nonostante la dottrina del testimone aleggi chiaramente in varie sezioni del commento alla BU, il termine skin non mai menzionato in tutto il testo. Uno dei motivi la reticenza di nellusare termini che non siano gi presenti nella ruti stessa. Si noti che nemmeno in passi come BU IV.3.6-9, ove si discute la tmajyotis o in BU IV.3.9, con lanalisi del svayajyotiva del S, il skin viene mai menzionato. Lo stesso dicasi per BU I.4.10 e III.4.2 ove due generi di visione sono analizzati, lokadi e tmadi, e neanche in questi passaggi leterno, auto-luminoso veggente mai chiamato skin, ma solo S. Secondo alcuni studiosi (FORT, 1984: 280) ci confermerebbe la stretta relazione tra il S e skin, indicando in questultimo un aspetto di tman. Per quanto riguarda la posizione di Surevara, non solo nella sua opera indipendente, la Naikarmyasiddhi, ma soprattutto nella BUBV si veda ancora Fort (IBID.: 280-281). 80 NellUS il termine skin usato invece liberamente, per cui ne fornisce unidea ben pi chiara. Nel testo il S ripetutamente chiamato il testimone dellintelletto (dh, buddhi) e le sue modificazioni. Egli, riprendendo la SvU VI.11, afferma che il skin puro, non duale e privo di qualit. Sebbene sia simile al concetto di dra, il skin meno legato di quello alla visione di ogni giorno (di). Nel verso I.XV.4 arriva a sostenere che mentre il skin differente da ogni attivit mentale, il dra differente da ogni oggetto particolare.
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oltre ogni cognizione particolare (pratyaya), esiste una consapevolezza immutabile. Il testimone e le cognizioni sono per nature differenti luno dalle altre e, per via di questa differenza, si fonda anche la relazione percettore-percepito. Il S, diversamente dalle cognizioni, auto-stabilito (svayasiddha) e innegabile, per questo il solo skin il fondamento (adhihna) inalterabile di ogni cognizione.81 Per il skin in particolar modo il conoscitore (boddh, cet), losservatore, in opposizione allattore. La pura osservazione del testimone non ha rapporti con i mutamenti (avikra) e le attivit (akriya, akraka), poich solo lintelletto limitato che si trasforma. In definitiva Andrew O. Fort individua tre punti maggiori riguardo alla concezione akariana del skin. Il primo che il skin un aspetto delleterno e immutabile S; poi differente dallorgano interno e tutte le sue funzioni e modificazioni. Infine, il skin osserva le nozioni dellintelletto come pure gli oggetti interni (FORT, 1984: 279-280).82 Per quanto concerne il S non vi pu essere alcuna evidenza percettiva, poich la percezione dipende dagli oggetti e gli oggetti sono costituiti di updhi. Il S non pu essere percepito come sono percepiti gli oggetti (BU III.4.2).83 Il S percepito come coscienza dellio limitato in quanto un riflesso nelle condizioni limitanti quali lintelletto, come testimoniato da giudizi quali Io sono felice!. In verit, il S non mai condizionato dalla felicit o quantaltro, in quanto qualit come sukha e altre sono percepibili (dya), diversamente da tman, che adya. Ovviamente, il soggetto differente da ci che esso percepisce, sebbene al skin si applichino delle funzioni come lessere veggente della visione (der dra), nel senso che esso mai devia da questa sua peculiarit. Questa visione ha due variet: una empirica e transeunte e quella eterna (nitya). Questultima viene a galla durante lesperienza onirica, dove ogni altra capacit visiva ordinaria sopita. Questa visione (di) ininterrotta e auto-luminosa identica al testimone costante degli altri generi di visione mutevole, come quelle di veglia e sogno. La visione empirica ha comunque alle sue spalle una visione superiore che, associandosi con essa, fa s che vi sia un trasferimento fittizio (upacarita) dellattribuzione empirica anche alla visione intrinseca e interiore. Per
La discussione riguardante la percezione del BSB II.3.32 e 40 fa luce sul ruolo del skin. Si discute riguardo la natura del conoscitore, che secondo solamente una limitazione avventizia (updhi) del S, ossia del testimone. Lantakaraa registra solamente le manifestazioni che sorgono dai sensi, mentre lattenzione (avadhna) o la non attenzione a questi dati sensoriali, ci che viaria nella percezione (upalabdhi). Per questo lintelletto la causa dellapparente cambiamento e dellapparente diversit. Il S, invece, il costante conoscitore (cetyat), il testimone dellintelletto ed esso stesso la base della percezione. Si veda il secondo capitolo della monografia di Bina Gupta (1998: 17-32) The Advaita Notion of Skin (Witness-Consciousness): Its Anticipations in the Upaniads and Gauapda. 82 Rimandiamo anche per le concezioni di sul testimone a Bina Gupta (IBID.: 33-56). 83 na der drara paye, na rute rotra uy, na mater mantra manvth, na vijter vijtra vijny Si veda anche il celebre mantra della KeU II.3: yasymata tasya mata mata yasya na veda sa/ avijta vijnat vijta avijnatm//
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cui il veggente non cessa mai di essere testimone: na hi draur de viparilopo vidyate vinitvt (BU IV.3.23). Per questo la visione intrinseca ed eterna la base su cui si sviluppa la visione empirica, per cui la prima non pu essere oggetto della visione della seconda. Vedremo come questo sia spiegato metaforicamente dalla BU IV.3.9 ove il S detto esistere tra due mondi, quello di qui (ihaloka), ossia la veglia e laltro mondo (paraloka), il sonno. Il sogno si situa tra questi due, posizione che permette unagevole transizione dalluno allaltro. Ivi, mancando ogni tipo dilluminazione esterna, le immagini oniriche sono illuminate e rivelate dalla stessa natura luminosa del S. Lanima individuale, in quella circostanza, con un corpo fatto di impressioni latenti (vsanmayaarra), per via di queste vittima di piaceri e dolori. Egli stesso comunque la luce che mai si spegne (aluptadksvabhva). Per tale ragione nel sogno lauto-luminosit del S diviene ancora pi trasparente, come stesso avr da affermare, come una spada sguainata dal suo fodero (CHATTERJEE DRAVID, 1979: 14-15). Saltando molto pi avanti temporalmente, vediamo come uno tra gli esponenti pi di spicco dellAdvaita del XVI secolo considera la dottrina del skin: MS.84 Nelle due opere principali di MS, il SB e il suo indiscusso capolavoro lAS, lanalisi del skin prende le mosse dalla trattazione della relazione di questultimo con lavidy. Secondo MS skin eterno, non duale e immutabile (kastha), il conoscitore e il veggente non visto, il principio che illumina ed altro dal mondo oggettivo (SB, STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 135145) ed anche distinto dalle tre condizioni (IBID.: 442). Come fecero molti suoi predecessori, anche MS enfatizza il fatto che il skin invariabile e non deviante (avyabhicra) in quanto losservatore della triade di conoscitore, conoscenza e conosciuto. Il soggetto conoscitore (pramt) non in grado di assistere ai suoi propri mutamenti (vikra), mentre il percepibile non invece dotato di capacit di visione e, poich il pramt anchesso soggetto a trasformazione percepibile.85 Oltre a questo nel SB sostiene che il skin acquisisce la funzione di essere soggetto conoscitore (pramttva) per via di un accrescimento di updhi: skia eva cdhikopdhiviiasya pramttvt (IBID.: 434).86
Un minimo, seppur sufficiente, sguardo dinsieme di Dharmarja sul concetto di skin gi stato fornito nel paragrafo precedente. Oltre a quanto detto si confronti con lo scritto di Tara Chatterjea (2008 [1982]: 11-12) e quella di Bina Gupta (1995 [1991]: 54-71) e la ben pi estesa analisi della stessa autrice (1998: 57-112 e 113-144). 85 SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 139-143): vikritvena svavikraskitvnupapatte dyasya dratvbhvt. pramtu ca parimitvena dyatvt ekasya kasthasyaiva sarvaskitvt 86 MS cita anche due strofe dal BUBV III.4.54-55: mtmnaprabhede pi pratideha na bhidyate/ sk bhyrthavad yasmt sa tmety ucyate tata// 54 // vyabhicro mitho yadvat pramtrde svaskika/ sarvamtrdyabhvrthaskitvn na tathtmana// 55 //, Pur essendoci una differenza tra conoscitori e mezzi di conoscenza come anche tra oggetti esterni, il testimone non differisce in ogni corpo, pertanto detto essere il S (54). Cos come c una mutua devianza tra il conoscitore e altri elementi [= il conosciuto e la conoscenza] che sono oggetti della testimonianza di S, cos non
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NellAS (AS1, STR, A. K. [ED.], 1997 [1937]: 395), in un contesto che spiega la natura della percezione del testimone, si puntualizza palesemente che il puro caitanya diviene testimone a causa di certe condizioni avventizie (GUPTA, 1998: 171):
nanu skipratyaka na bdhya dojanyatvt, pratyuta rutijanitdvaitajnam eva bdhyam ceti. na, caitanyasya svarpato dojanyatve pi tadavacchedaky avidyvtter doajanyatvt tatpratiphalitacaitanyasyaiva skipadrthatvt [Obbiezione:] Se si obbiettasse che la percezione del testimone, non essendo sorta da un difetto, non contraddicibile, mentre lo la conoscenza della non dualit scaturita dalla ruti [Risposta:] [Noi ribattiamo che] non cos, sebbene, nella sua vera natura, caitanya non sia sorto da un difetto, per quando limitato da ci, vale a dire dalla modificazione dellignoranza, dunque causata da un difetto, poich il principio del testimone invero caitanya riflesso su quella modificazione

MS chiarisce ulteriormente le sue affermazioni mediante lausilio di unaltra obbiezione (AS1, STR, A. K. [ED.], 1997 [1937]: 753-754):
nanu katha dgrpasya brahmaa skaddratvarpa skitvam? skddraari sajym ity anusand iti cet, avidytatkrynyatarapratiphalitacaitanyasyaiva skitvt. tath ca dgrpasypi updhin dratvam [Obbiezione:] Se si chiedesse com possibile che il brahman, che della natura della visione sia il testimone della natura dellimmediato osservatore? Come dallinsegnamento: [Il suffisso ini] va dopo la parola skt, nel senso di testimone diretto, quando la parola [cos formata] un sostantivo. (A, V.2.91). [Risposta:] Replichiamo che, poich il testimone invero caitanya riflesso su uno dei due, ossia lignoranza o un suo prodotto, allora bench [il brahman] sia della natura della visione, diviene il veggente per via di una condizione avventizia

Daltra parte lo stesso autore, stavolta nel SB, scrive che il jva, vara e il skin sono lo stesso S e sono visti come tre principi solo per via di differenti generi di aggiunte limitanti (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 349-350).87 In questa stessa circostanza MS propone anche una
c una simile [devianza] per il S, poich il testimone dellassenza di tutto ci, ossia il conoscitore e gli altri [= conosciuto e conoscenza] (55). 87 In primis il testo fa una grande suddivisione generale in due principi (padrtha): veggente (dk) e visto (dya), entro i quali possono includersi tutte le altre suddivisioni proposte da altri pensatori. Viene spontaneo anche laccostamento con il viaya e il viayin delladhysabhya: asmin mate padrtho dvividha, dk dya ca. anye vdiparikalpitn padrthnm atraivntarbhvt Il veggente, che il S, si presenta con tre suddivisioni, appunto

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definizione del skin, dividendo nelle due correnti principali allinterno della scuola del Vivaraa. Secondo la visione che interpreta vara come il riflesso (pratibimba) di brahman nellignoranza, allora il skin caitanya stesso, loriginale da cui parte il riflesso (bimba): avidypratibimbievarapake bimbacaitanya sk Nellaltra ottica, che vede vara come loriginale (bimba), il skin lesaminatore dellimmagine stessa (FORT, 1984: 284):88
bimbevapake tu bimbapratibimbamukhnugatamukhasvarpavaj jvevarnugata-

sarvnusadhatcaitanya skty ucyate. vrtikakramate tv vara eva skti dvaividhyam eva jvevarabhedena da Mentre, nellottica del Signore come originale (bimba) si dice testimone caitanya che esamina ogni cosa che sia relativa allanima individuale come al Signore, come il vero aspetto del volto in relazione tanto al volto originale quanto a quello riflesso. Dal punto di vista dellautore del Vrtika [= Surevarcrya] il testimone di certo il Signore, per cui il veggente solo duplice, per via della divisione in anima individuale e Signore

Riguardo al rapporto del skin con lignoranza, Sanjukta Gupta (1966: 134-138) sostiene che MS sembra usare il termine in due sensi: come realt metafisica e come atto conoscitivo, epistemologico afferma lautrice. In ultima analisi il skin non che tmacaitanya metafisicamente vero ed eterno. Tuttavia, nella sua manifestazione relativa allatto cognitivo epistemologicamente limitato dalla avidyvtti, il che significa che il skin sorge e tramonta solo in concomitanza con questa vtti. Come si gi detto, Lavidyvtti una trasformazione o modalit dellignoranza e non dellorgano interno, come le vtti comuni. Una delle caratteristiche proprie dellavidyvtti che, diversamente dallantakaraavtti essa non cessa mai, n nel sonno, n negli stati dincoscienza.
il Signore, lanima individuale e il testimone. Il primo ha come aggiunta limitante lignoranza causale. Il secondo invece, lanima individuale condizionata dallignoranza delimitata dallorgano interno e dalle sue impressioni residue: tatra dkpadrtha tm pramrthika eka sarvadaikarpo py aupdhikabhedena trividha, varo jvas sk ceti. tatra krabhtjnopdhir vara. antakaraatatsaskrvacchinnjnopahito jva 88 Il SB prosegue indicando anche una triplice divisione classica di vara prima (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 350351, 365-367), in forma maschile (pumkra) e dovuta alla predominanza di un preciso gua. Avremo allora Viu il conservatore (playit), Brahm il manifestatore (sra) e di Rudra il distruttore (sahart); oppure in forma femminile (strykra) come r [= Lakm], Bhrat [= Sarasvat] e Bhavn [= Um, Prvat]: tatrevaro pi trividha. svopdhibhtvidyguatrayabhedena viubrahmrudrabhedt. krabhtasattvaguvacchinno viu playit. krabhtarajaupahito brahm sra. hirayagarbhas tu mahbhtakraatvbhvt na brahm, tathpi sthlabhtasratvt kvacid brahmety upacaryate. krabhtatamaupahito rudra sahart. eva caikasyaiva caturbhujacaturmukhapacamukhdy pumkr rbhratbhavnydy ca strykr anye ca matsyakrmdayo nantvatr llayaivvirbhavanti bhaktnugrahrtham ity avadheyam cinmayasydvatyasya nikalasyarria/ upsakn kryrtha brahmao rpakalpan// Subito di seguito troviamo anche la gi nota suddivisione in tre dellanima individuale in Viva, Taijasa e Prja (IBID.: 370-372): jvo pi trividha. svopdhyavntarabhedena vivataijasaprjabhedt

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Per concludere, vi un comune denominatore in tutti gli autori Advaitin, da GP fino a Dharmarja, che individua nel skin il principio per nulla differente dal S, da caitanya, per cui non duale, auto-luminoso, eterno, non deviante. Il skin assolutamente differente da ogni moto dellorgano interno, cos come dallantakaraa stesso; differente altres dalla triade pramt, prameya e prama. Lappellativo di cui si fregia rispecchia la sua funzione di immobile osservatore, non solo dei fenomeni esteriori, bens anche della realt interna psichica relativa alle modalit mentali di veglia e del sogno, cos come il dominio causale del sonno profondo. Non altri che il skin a essere il testimone dellavidyvtti e dellavidy che si evincono dallesclamazione del ricordo di quanto si percepito durante il sonno profondo: non conobbi nulla (na kicid avediam). Unombra di updhi gettata su di lui dagli autori pi recenti, come MS e Dharmarja, che tuttavia esprimono conclusioni differenti, seppur connesse, riguardo al skin. Per MS skin il passivo osservatore, in qualche modo, implicato nella dualit per via di fattori avventizi, lultima vestigia dellindividualit che sottende a ogni atto cognitivo. Per Dharmarja, invece, il skin il principio luminoso, caitanya stesso (FORT, 1984: 287).89 In definitiva, il skin il fondamento stesso dellindividualit, il principio di essa che per non ne partecipa; per tale ragione esso, nel processo cognitivo e percettivo, la realt luminosa che rivela ogni ambito, dal grossolano al causale, passando per il sottile, ossio ci che permette al pramt di essere tale (TRIPH, R. K., 1998: 84-90).

III.5: A DHYSA ,

SATTTRAYA E MITHYTVA

Siamo qui giunti al cuore pulsante delledificio dottrinale dellAdvaita. In questo paragrafo, oltre a toccare uno dei metodi pi cari al Vednta non-duale quale lassunzione e la sua successiva negazione (adhyroppavda),90 penetreremo nellanalisi del concetto di sovrapposizione (adhysa/adhyropa) che reca con s lapertura enorme a dottrine come quella del triplice livello ontologico della realt (satttraya) e ha come figlio legittimo il
Evitiamo di appesantire ulteriormente lo scritto trattando anche le implicazioni del skin nella percezione degli enti di veglia, di sogno e di quelli illusori. Per questo rimandiamo ancora alle opere gi citate, con particolare attenzione al lavoro di Chatterjee e Dravid (1979: 16-44). 90 Il metodo o lanalogia (nyya) delladhyroppavda fondamentale per comprendere il procedere speculativo dellAdvaita, senza una seppur basilare comprensione di esso non possibile penetrare il messaggio vedntico per chicchessia. Molte delle numerose opere del grande Advaitin del XX sec., Saccidnandendra Sarasvat sono dedicate alla discussione di questo metodo, a partire dal suo magnum opus, il Vedntaprakriypratyabhij, che noi abbiamo utilizzato per lo pi nella resa inglese di J. Alston The Method of Vednta. Si veda anche la trattazione del Bhuvanealaukikanyyashasr (SHARMA, . D., 1989: 25-27).
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concetto di falsit che va di pari passo con la cosiddetta teoria dellerrore. In questo panorama sincastonano altre nozioni anchesse altrettanto pregnanti: il vivartavda, il parimavda e lenorme parentesi concernente lignoranza (ajna/avidy) e la my. Come in altri frangenti del nostro lavoro e come nelle corde di questo capitolo, ci limiteremo a presentare gli argomenti accennati al fine di mettere in una luce pi chiara luso che di questi si fa nellintera tradizione dellAdvaita e come essi sinseriscono nel tema della svapnvasth. Cominciamo col prendere in considerazione il metodo delladhyroppavda, il quale appunto una deliberata assunzione in un ente di attributi e qualificazioni al fine di individuarlo con precisione, per poi passare a negare quelle stesse attribuzioni fittizie da quello stesso. Il concetto prende le mosse da una strofa (krik) citata gi da (ad BG XIII.13; Sarvavedntasiddhntasrasagraha 295)91 e Maana Mira nella Brahmasiddhi (SASTRI, K. S. [ED.], 1937: 26)92 il cui autore sembra essere lantico Vedntin Sundara Pya93 (RAO, 1979: 13-14): adhyroppavdbhy niprapaca prapacyate , attraverso l[iniziale] assunzione e la [successiva] negazione, ci che privo di sviluppo viene sviluppato Secondo Sundara Pya non esiste altro metodo pi efficace per attingere la conoscenza suprema. Il supremo brahman, poich privo di ogni segno distintivo, pu essere colto solo mediante il metodo della sovrapposizione (adhyropa) su di esso di una serie di attributi e accidenti che non gli appartengono effettivamente. Poi, quando mediante questi appigli si giunti a isolare il supremo, si passa via via alleliminazione (apavda) di ogni impropria attribuzione. Naturalmente, questo un escamotage per giungere alla conoscenza, e i due

ity uktvbhimukhktya iya karuay guru/ adhyroppavdbhy niprapaca prapacayan// Maana Mira cita il passo al fine di suggellare con esso il suo punto di vista rispetto al metodo apofatico della tradizione upaniadica: neti neti (BU III.9.26). Il metodo sembra altres essere stato in uso anche nel buddhismo nyavda ove savti, essa stessa ignoranza, sovrapposizione e illusione, pure la causa della cognizione erronea. Questo non solo la mancata comprensione della verit, ma la proiezione di qualcosa di irreale sulla verit. Tuttavia, il fenomeno savti lunico ponte per giungere al supremo (paramrtha/nirva). Ngrjuna afferma (MaK XXIV.10) che lassoluto non pu essere spiegato senza fare ricorso a mezzi empirici come il linguaggio. Tuttavia, una volta penetrati nel nirva tutto ci perde anche lunica utilit che aveva. Sebbene savti distorga e fallisca nel rappresentare il supremo, tuttavia pu essere usata come simbolo di esso, attribuendo deliberatamente dei segni distintivi l dove non ce ne sono (Bodhicaryvatra IX.2). Questo metodo chiamato anche tra i Mdhyamika adhyroppavda (ROODURMUN, 2002: 263-264). 93 Questantico Advaitin, difficilmente databile anche se con tutta probabilit il suo periodo di floruit da considerasi nel VI-VII sec., fu autore di unopera non giuntaci dal titolo Vrtika. Il testo sarebbe una glossa al commento allopera di un altro grande maestro pre-, Upavara che scrisse una rrakammsvtti al BS. Sembra che oltre che per varie strofe che spesso cita (BSB I.1.4) lautore fu famoso perch port a sei il numero dei prama ammessi nel Vednta, come ordinarie sorgenti di conoscenza (RAO, 1979: 13), ove Upavara sembra essersi limitato a considerarne quattro come il Nyya (ROODURMUN, 2002: 16-17). Sundara Pya affermo altres che i comuni mezzi di conoscenza non sono utili per realizzare il S, ma anche perdono ogni loro validit una volta che il S sia realizzato. In questo contesto egli introduce il metodo sotto esame.
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strumenti complementari che permettono di attingerla non ne partecipano (ROODURMUN, 2002: 17).94 , commentando il capitolo XIII (ketraketrajayoga) della BG, nei versi 12-1395 trova loccasione giusta per mostrare luso Advaitin delladhyroppavda. Il capitolo parte con la distinzione tra il campo (ketra), ossia il complesso psico-fisico (BG XIII.1-2, 3-6) e il suo conoscitore (ketraja), lanima individuale (BG XIII.1-2, 12-17). Il brahman ha due generi di prakti, una superiore (par) e una inferiore (apar). La prima e superiore lo ketraja, vigile conoscitore di ogni moto dello ketra, composto di tre e diviso in otto elementi.96 Nel verso XIII.12 Ka parla del brahman come differente da sat e asat, mentre nello loka successivo si dice che le membra del supremo sono estese in ogni dove. , per spiegare che ognuna di queste attribuzioni non appartiene veramente allo ketraja, sostiene che esso, nella sua natura essenziale, assolutamente privo di ogni differenziazione causata dalle aggiunte limitanti:
sarvaprikaraopdhibhi ketrajstitva vibhvyate. ketraja ca ketropdhita ucyate. ketra ca pipddibhir anekadh bhinnam. ketropdhibhedakta vieajta mithy eva ketrajasya iti tadapanayanena jeyatva uktam na sat tan nsad ucyate iti Lesistenza del conoscitore del campo mostrata mediante le aggiunte limitanti dei sensi degli esseri viventi tutti. Il conoscitore del campo definito [tale] perch condizionato dal campo. Il campo suddiviso in molti modi, mediante mani, piedi e quantaltro. Linsieme delle differenziazioni del conoscitore del campo, dovuto alla suddivisione delle condizioni limitanti

Lo stesso metodo delladhyroppavda ha unestensione o, se vogliamo, un alter ego nell arundhatpradarananyya, lanalogia del mostrare la stella Arundhat e nel khcandranyya, lanalogia del ramo e della luna (SHARMA, . D., 1989: 27-28). Nel primo caso la scena questa: un uomo per mostrare a un altro la stella Arundhat, notoriamente difficile da individuare, che si trova accanto al grande carro dellorsa maggiore (saptari) mostra prima una stella pi grande accanto ad Arundhat affinch locchio vi giunga senza pena. Poi individuata quella stella pi visibile si fa in modo che lindividuo sposti locchio da l alla stella pi piccola che le sta accanto e che Arundhat. Allo stesso modo, le U e il Vednta in toto, insegnano in sequenza che la natura di tman , a partire dalla grossolanit dellannamayakoa, sempre pi sottile e, dopo aver negato i cinque involucri, giungono a identificare il S come ci che ne oltre ed privo di essi. Laltra analogia quella in cui il digito lunare che appare nel secondo giorno della quindicina chiara (dvityuklapaka) molto difficile da vedere. Chiunque labbia scorto desidera mostrare a un altro quella visione di buon auspicio. Il digito, nellorizzonte del cielo, sembra stagliarsi al di sotto del ramo di un albero, anche se la distanza tra i due enorme. Tuttavia, per mostrare la posizione del falcetto lunare si usa il ramo e si dice sotto il ramo c la luna di dvity. Dopo aver mostrato e aver negato lannamaya e gli altri quattro koa, anche questo nyya serve a identificare la trascendenza del S rispetto ai cinque involucri. 95 jeya yat tat pravakymi yaj jtvmtam anute/ andimat para brahma na sat tan nsad ucyate// 12 // sarvata pipda tatsarvato kiiromukham/ sarvata rutimal loke sarvam vtya tihati// 13 //, Ti riveler ci che deve essere conosciuto, avendo realizzato il quale si ottiene limmortalit: il supremo brahman privo dorigine che si dice non essere n Essere n non-Essere (12). Quello ha da ogni parte mani e piedi, da ogni parte ha occhi, teste e bocche, da ogni parte orecchi, sovrasta ogni cosa avendola avvolta (12). 96 Si veda il settimo capitolo della BG in cui (VII.4-5) si parla delle due nature del supremo. La prima e inferiore consta di otto sezioni: i cinque elementi, la mente, lintelletto e il senso dellio. Quella superiore invece il jva stesso.
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del campo, invero falso. Al fine di eliminare ci stata espressa la propriet di essere conoscibile cos detto essere, n essere n non essere

Tutta la variet pertinente allo ketra e che si attribuisce allo ketraja illusoria, poich questultimo invero privo di ogni sovrapposizione e puro. Non possibile identificarlo con categorie come sat e asat, che qui indicano manifestato (vyakta) e non manifestato (avyakta), perch esse sono applicabili a enti come i vasi e altri del genere: na ghadivad ubhayabuddhyanugatapratyayaviayam (BGB ad XIII.12), in quanto anche la KeU (I.3) predica per il S limpossibilit di essere conosciuto attraverso le strette maglie delle categorie di conoscibile o non conoscibile, bens afferma come Esso altro da ci: anyad eva tadviditd atho aviditd adhi , per cui esprimibile sola per via negativa e non dalle parole comuni, poich non un ente comune da conoscersi empiricamente (aviayatvt) in quanto non-duale (advayatvt). Per cui ha ragione, secondo ( na kenacit abdena ucyate ), la TaiU (II.4.9) a urlare: yato vco nivartante aprpya manas saha , ci da cui, non avendolo colto, le parole si ritraggono insieme alla mente Prosegue ancora :
updhikta mithyrpam api astitvdhigamya jeyadharmavad parikalpya ucyate sarvata pipdam itydi. tath hi sapradyavid vacanam adhyroppavdbhy niprapaca prapacyate iti ... Ci che causato dalle condizioni avventizie pur essendo ci una forma illusoria, [tuttavia] per far comprendere lesistenza [del conoscitore del campo] lo si esprime avendolo immaginato come provvisto di propriet conoscibili: Quello ha da ogni parte mani e piedi Oltre a ci, vi laffermazione di un conoscitore della tradizione: attraverso l[iniziale] assunzione e la [successiva] negazione, ci che privo di sviluppo viene sviluppato

Da

queste

considerazioni

risulta

chiaro

come

attraverso

il

metodo

delladhyroppavda, che utilizza commentando i versi che vanno da BG XIII.12 a XIII.16, si negano le attribuzioni dello ketra nello ketraja, poi si afferma con forza il radicamento dello ketra nello ketraja e infine si annulla lo ketra nel conoscitore del campo. Saltando molte generazioni di maestri e discepoli arriviamo al VS (HIRIYANNA, 2004 [1929]: 2-3, 8-9) che nella sua interpretazione del metodo inserisce spunti di grande importanza:

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asarpabhte rajjau sarpropavad vastuny avastvropo dhyropa. vastu saccidnanddvaya brahma. ajndisakalajaasamho vastu. ajna sadasadbhym anirvacanya trigutmaka jnavirodhi bhvarpa yatkicid iti vadanty aham aja itydy anubhavt devtmaakti svaguair nigm itydiruti ca97 apavdo nma rajjuvivartasya sarpasya rajjumtratvavad vastuvivartasyvastuno jnde prapacasya vastumtratvam. tad uktam satattvato nyathprath vikra ity udarta. atattvato nyathprath vivarta ity udhta iti ...98 Come la falsa sovrapposizione del serpente su una corda che non divenuta serpente, ladhyropa lattribuzione di ci che non reale sulla realt. La realt il brahman, essere, conoscenza e beatitudine, privo di dualit; ci che altro dalla realt invece linsieme di tutto ci che inerte come lignoranza e altro. Lignoranza altro dallessere e dal non essere, indefinibile, sostanziata delle tre qualit, opposta alla conoscenza, dalla natura positiva, per cui la definiscono che qualcosa, per via dellesperienza io sono ignorante e il passaggio scritturale La potenza del S che la divinit, celata nelle proprie qualit (SvU I.3) Come per il serpente il fatto di essere solo corda, che una falsa trasformazione della corda, la negazione il solo essere il principio dello sviluppo fenomenico come lignoranza e altro, ossia la non realt che una falsa trasformazione della realt. Questo stato detto: La trasformazione effettiva (vikra = parima) un presentarsi altrimenti provvisto di realt,

Ci limitiamo a chiarire un paio di questioni relative allignoranza (ajna), che pure argomento centrale dellAdvaita. Non vi un preciso accordo tra gli autori rispetto al fatto se vi sia differenza o meno tra ajna, avidy, my e mithy. Anche il termine adhysa potrebbe rientrare in questa considerazione, in quanto talvolta usato come sinonimo di avidy, talaltra come effetto di essa. Sta di fatto che il testo del kamro Sadnanda Yogndra, il VS (HIRIYANNA, 2004 [1929]: 3), afferma che sebbene sia una, in senso empirico, a seconda si applichi allindividualit (vyai) o alla totalit (samai), diviene molteplice (aneka) o unica (eka). Risulta opposta alla conoscenza, poich solo essa in grado di neutralizzarla. Vedremo appunto come MS stesso nellAS (STR, A. K. [ED.], 1997 [1937]: 160) considerer la terza delle cinque definizioni di falsit (mithytva): jnanivartyatvam. inoltre impossibile da definire come sat o come asat, come assolutamente vera o del tutto irreale. Se fosse assolutamente reale non scomparirebbe mai, mentre se fosse irreale non ne se avrebbe mai esperienza. Per, si sa che scompare e se ne ha unesperienza diretta mediante il testimone. Allora differente (vilakaa) sia da sat sia da asat (sadasadbhym) ed dunque indefinibile e indicibile (anirvacanya). Laltro grande argomento il fatto che ajna, in quanto causa materiale (updnakraa) della trasformazione effettiva (parima) non pu essere considerata unassenza (abhva) di conoscenza (jna), per cui una categoria negativa (abhvarpa) come fanno i Naiyyika, in quanto per lAdvaita e la Mms ritualista, ogni causa deve essere di necessit unentit positiva (MIRA, D. S., 1974: 301-304). Sulla stessa linea c il bel articolo di S. Revathy (1992: 99-115) ruti and arthpatti in Respect to Avidy. Ricordiamo la discussione analoga di Citsukha nella TP (YOGNDRNANDA [ED.], 1985 [1974]: 49-56, 58-60: andi bhvarpa yad vijnena vilyate ) riguardo alla natura positiva della tenebra (tamaso bhvarpatva), che contrasta la concezione del Nyya per il quale la tenebra solo mancanza di luce (SWAMI, PRAJNNANDA, 2002 [1971]: 188-192). Soprattutto i seguaci della scuola Avacchedavdin, divisero lignoranza in due grandi categorie: lignoranza originale e primordiale (mljna) cio lignoranza concernente il supremo stesso e lignoranza relativa (tljna), ossia lignoranza relativa ogni singola errore cognitivo, agli effetti dellignoranza capitale. Si ricordi che il termine tla indica il baccello che il frutto della pianta del cotone. In questo contesto il sogno considerato effetto di tljna. 98 La seconda parte del testo (VS, HIRIYANNA, 2004 [1929]: 8-9) presenta alcune considerazioni su quali siano i sostrati rispettivi di ognuno dei domini fenomenici, per cui la sfera grossolana ha il suo sostegno nel sottile, il sottile nel causale e il causale nel brahman turya. Lanalisi prosegue con le considerazioni concernenti il mahvkya tat tvam asi (ChU VI.8.7), che si aprono con questa sentenza: bhym adhyroppavdbhy tattvapadrthaodhanam api siddha bhavati , Mediante questi due, ossia lattribuzione e la [successiva] negazione [di essa] diviene stabilita anche la purificazione del significato dei termini Tu e Quello
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cos stato definito; mentre la trasformazione falsa (vivarta) stata definita un presentarsi altrimenti sprovvisto di realt 99

Va comunque notato che sebbene il significato tecnico in cui finora ci siamo riferiti ad adhyropa sia quasi del tutto sovrapponibile con il termine adhysa, nonostante ci luso e lanalisi di questo termine nella tradizione Advaita assume delle fattezze e sfumature peculiari. Si badi bene che quando diciamo che il concetto di sovrapposizione fu perno della dottrina Advaita, non vogliamo con ci dimenticare che lo stesso concetto si ritrova anche nel Skhya. Ladhysa, letto nel senso che un qualcosa si sovra impone su qualcosaltro che sostanzialmente differente, concezione comune a ogni darana, in specifico per quanto concerne lerrore percettivo. Premesso che la realt fondamentale del Vednta non duale una, mentre per il Skhya sono due, nel Skhya la sovrapposizione ha caratteristiche congruenti a quelle dellAdvaita.100 Nel Skhya i due principi (tattva) a confrontarsi per la loro opposta natura sono prakti e purua, i quali sono appunto per questo protagonisti della sovrapposizione di uno sullaltro (dharmyadhysa) e delle caratteristiche di uno sullaltro (dharmdhysa). La cosa avviene pressa poco cos: nellaffermazione io sono questo il termine io si riferisce al soggetto, al S, ossia purua, mentre questo alla sostanza, prakti. Lidentificazione di questi due enti, fondamentalmente opposti, la base dellerrore. Secondo Daya Krishna (2006: 371-372) ladhysa vedntica andrebbe vista altrimenti: io non sono questo, ove io corrisponde evidentemente al S, al soggetto conoscitore, cio lanima individuale, mentre questo loggetto, la natura, questa volta per nella sua forma essenziale, ossia il brahman stesso.101
Due tra i concetti relativi alla causalit pi importanti del pensiero indiano sono vivarta e parima o vikra. Dal punto di vista dellAdvaita Vednta comune intendimento che questo mondo, tanto empirico (vyvahrika) quanto apparente (prtibhsika), sia un vivarta, ossia un mutamento illusorio di brahman e un mutamento effettivo, un parima di my, avidy. Il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 155) scrive: parimo nmopdnasamasattkakryypatti. vivarto nmopdnaviamasattkakrypatti , il mutamento effettivo il sorgere di un effetto della medesima realt della sua causa materiale; il mutamento illusorio il sorgere di un effetto di una differente realt rispetto alla sua causa materiale Vediamo ora di armonizzare le definizioni proposte con la concezione dellAdvaita. Il mondo un vivarta di brahman nel senso che la realt assoluta di brahman diversa (viama) dalla realt propria delluniverso fenomenico, che pu essere prtibhsika o vyvahrika. Daltro canto my possiede un livello di realt ontologica vyvahrika e anche il mondo vyvahrika (o tuttal pi prtibhsika), pertanto ha una realt (satt) pari a quella del propria effetto. Ricordiamo limportantissimo studio monografico di P. Hacker Vivarta apparso nel 1953, interamente dedicato allargomento. 100 Va detto che il termine adhysa non si ritrova n nelle Upaniad n nei BS. Oltre al Skhya e ai Bauddha, per era nozione nota sia ai Pacartra sia ai Pupata (RAO, 2002: 88-89). 101 Il punto di vista di Daya Krishna di certo degno di nota. Nel suo articolo, in parte a ragione, sostiene che le fondamenta su cui si erige ledificio dottrinale dellAdvaita non sono affatto vedntiche. A parte che, come vedremo, stesso afferma che riguardo al fatto che nellerrore percettivo in definitiva non si fa che scambiare un oggetto per un altro, e su ci vi accordo tra tutti i pensatori. Gi con questo dice che non un concetto nuovo. La questione che nellAdvaita limportanza enorme delladhysa perch senza postulare questa non si comprende come il
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Veniamo ora alla trattazione centrale, che si interseca su due ambiti, quello della dottrina della triplice realt (satttraya) e delladhysa vera e propria, per sfociare infine nella concezione di mithytva. Abbiamo pi volte ricordato che il Vednta non duale, sebbene mantenga fede a ununica realt assoluta (pramthika), il nirgua brahman, tuttavia, dimostrando un grado eccezionale di comprensione della realt, costretto ad ammettere lesistenza di altri livelli ontologici del reale. Per lAdvaita assolutamente reale significa eterno e nella fattispecie triklbdhyam ci che non contraddicibile nel triplice tempo, ossia quella verit assoluta (paramrthasat) che non viene mai negata da alcunaltro principio, mentre la conoscenza di ci (brahmajna) capace di contraddire ogni altra conoscenza finita (BROOKS, 1969: 390). Nonostante questo sia lunico apice di realt a cui gli Advaitin aspirano ad ascendere, essi sono costretti a infondere varie sfumature nelle loro concezioni del reale.102 La parola sanscrita in uso solitamente sat, in contrasto con asat. Di fronte allunico che pu fregiarsi a ragione dellappellativo sat, linnegabile brahman, ogni altro livello ontologico comunque da considerarsi asat, poich in ultima analisi contraddicibile. Per, anche allinterno del termine asat vanno distinti vari livelli.103 Ci sar quindi un livello assolutamente e irrimediabilmente irreale (tuccha/tcchikalka), come il figlio di una madre sterile (vandhyputra), il corno di lepre (aaga), il latte di tartaruga (krmakra), il fiore in cielo (khapupa) e molti altri esempi (POTTER, 1991 [1962]: 166, 223; DASGUPTA, 1998 [1922],
VOL. 2: 2).
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principio purissimo possa rivestirsi di condizioni limitanti quali lio e il mio. Solo postulando la sovrapposizione reciproca possibile dare una spiegazione Advaitin alluso empirico dei prama da parte di un pramt che coglie dei prameya, non altrimenti. Di pi, gli sviluppi nella scuola di sono enormi e oltretutto veicolano nuovo vigore nella concezione dellanirvacanyat, questione del tutto specifica dellAdvaita. Oltre a ci, lesempio che porta Daya Krishna, anchesso condivisibile solo in parte e dopo aver sorvolato le implicazioni principali delladhysa. Egli sostiene giustamente che Io non sono questo frutto della sovrapposizione. Invero, la sovrapposizione in quanto avidy responsabile di questo giudizio qualora il questo sia da considerarsi come il puro brahman. Daltro canto le false attribuzioni come Io sono magro, grasso, cieco, zoppo, felice, infelice oppure Mia questa casa, questa famiglia, questo corpo sono esempi di come nel Vednta di ladhysa sia direttamente sperimentabile. 102 Il termine pu, infatti, essere letto come genuino, opposto a falso, oppure naturale come opposto ad artificiale, ma anche non illusorio, non immaginario, permanente ed esistente. 103 P. Hacker (1995b [1952]: 138-139) divide sapientemente in varie caselle la problematica. In un primo livello riconosce lopposizione di due termini satya e asatya. In seconda battuta mette a confronto cinque parole: sat, asat, sadasat, anirvacanya e pacamaprakra; infine parla del triplice livello ontologico: paramrthasat, vyvahrikasat e prtibhsikasat. Mentre per il primo caso satya e sat non siano distinguibili agli occhi degli Advaitin, lo stesso non pu dirsi di asatya e asat, che risultano ben differenziati: ci che davvero non esiste asat, mentre asatya qualcosa privo delle caratteristiche proprie del sat, ma che pu avere un certo grado di realt. Nelluso comune asatya significa non vero, falso o non veramente esistente e, anche per questo, non ha alcuna possibilit di emergere di fronte alla realt vera, per non pu essere negata a priori, in quanto possiede una seppur minima esistenza (HACKER, 1995b: 139140). Si veda anche Eliot Deutsch (1969: 15-26). 104 NellAS (STR, A. K. [ED.], 1997 [1937]: 50-51), MS fornisce una definizione molto puntuale di questo genere di cose: kvacid apy updhau sattvena pratyamnatvnadhikaraatvam asattvam , Essere irreale il non essere [un ente] percepito come esistente in un qualsiasi sostrato La concezione ha delle analogie sconcertanti con il nirupkhya dei Mdhyamika e la vikalpavtti dello Yoga (YS I.9): abdajnnupt vastunyo vikalpa. Il vikalpa,

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Accanto a questo vi sono per due livelli di realt, luno capace di contraddire laltro. Il primo di questi e pi debole la realt apparente (prtibhsika) poich illusoria, il cui corpo resiste finch la si percepisce e non oltre (prattimtraarratva).105 Tale la realt propria degli errori percettivi come largento sovrapposto o scambiato per la madreperla (uktirpya) o la fune scambiata per un serpente (sarparajju). Il sogno appartiene a questo genere di realt. Questa esistenza fittizia non del tutto irreale come pu essere il figlio di una madre sterile, non nemmeno totalmente reale, come il brahman. Allora (BSB I.1.5, I.4.3, II.1.14, II.1.27) stesso consider questo genere di enti impossibili da imprigionare entro le parentesi sia della realt (tattva), sia di ci che altro dalla realt (anyatva), lirrealt (atattva).106 Oppure, come si espressero i suoi successori, n essere (sat) n non essere (asat), differente (vilakaa) dallessere e dal non-essere (sadasadbhym/sattvsattvbhym), pertanto anirvacanya, ineffabile, indefinibile, indeterminabile.107 Hacker (1995b: 140-144), riprendendo lautore dellIasiddhi Vimukttman (X-XI sec.) e il suo successore nandabodha Bharaka (XI sec.) col suo Nyyamakaranda, ricorda pure il quinto modo (pacamaprakra), differente appunto da essere, non essere, da essere e non essere insieme (ubhayarpa) e anche dalla negazione di entrambi.108
infatti, quel genere di cittavtti il cui contenuto non corrisponde a un reale oggetto, che sorge solo da una parola (abda) e una cognizione (jna). In una qualsiasi cognizione si distinguono tre fattori: una parola, un significato di essa e una cognizione (jna/vtti) risultante dalla parola. Nelle parole come corno di lepre si ode la parola e di conseguenza sorge anche una cognizione mentale corrispondente, la quale per non ha alcuna corrispondenza con la realt. Si veda anche Brooks (1969: 392) 105 Unulteriore definizione della prtibhsikasatt brahmajnetarajnabdhyatva prtibhsikatvam, Lessere la realt apparente lessere contraddicibile da una conoscenza che altra rispetto alla conoscenza di brahman. Sulla stessa onda anche la definizione della vyvahrikasatt: brahmajnabdhyatva vyvahrikatvam, Lessere la realt empirica lessere contraddicibile dalla conoscenza di brahman (SWAMI, PRAJNNANDA, 2002 [1971]: 202-203). Comunque il lakaa della vyvahrikasatt che i paita sono soliti prediligere : brahmapramtiriktapram bdhaditatve sati cidbhinna sadrpa vyvahrikatvam, Lessere empirico lessere di natura reale, differente dal brahman [cit] quando non sia soggetto a contraddizione da parte di una valida conoscenza differente dalla conoscenza di brahman. 106 Lintera formula usata da per indicare lindeterminabilit quasi sempre tattvnyatvbhym anirvacanyam e si trova in quattro differenti contesti: tattvnyatvbhym anirvacanye nmarpe avykte vycikrite (BSB I.1.5); avyakt hi s my tattvnyatvanirpaasyakyatvt (BSB I.4.3); sarvajasyevarasytmabhta ivvidykalpite nmarpe tattvnyatvbhym anirvacanye sasraprapacabjabhte sarvajasyevarasya myakti praktir iti ca rutismtyor abhilapyete (BSB II.1.4) e avidykalpitena ca nmarpalakaena rpabhedena vyktvykttmakena tattvnyatvbhym anirvacanyena brahma parimdisarvavyavahrspadatva pratipadyate (BSB II.1.27) (HACKER, 1995a [1950]: 71-73). Questo concetto di andare oltre sia allessere sia al non essere prende le mosse dal celebre Nsadyaskta (V X.129.1): nsad sn no sad st tadnm , Allora n vi era non-essere, n essere vi era essere 107 Rammentare al lettore il parallelismo con il catukoi, il cosiddetto tetralemma buddhista dobbligo. Anche in questo caso Ngrjuna (MaK XXII.11) confuta quattro alternative rispetto alla natura della vacuit (nya). La trattazione nyavdin comunque legata alla dottrina del prattyasamutpda (MaK XVIII.10; XXIV.14, 18, 36, 40), la cosiddetta coproduzione condizionata e laccettazione di due realt, quella fittizia e convenzionale (savtisatya) e quella suprema (paramrthasatya) (MaK XXIV.8). In questottica la realt assoluta del Buddhismo corrisponde alla pramrthikasatt dellAdvaita, mentre savtisatya corrisponde congiuntamente alle realt prtibhsika e vyvahrika (STRENG, 1971: 262-271). Si veda anche C. Conio (1971: 91-94). 108 Il succitato per Vimukttman un modo dellesistenza che si presenta quando si in transizione tra lo stato di legame a quello di liberazione, in cui si eliminata lignoranza, ma deve ancora sorgere listante successivo la ove albeggia la conoscenza (HACKER, 1995b: 144). Questa posizione evidentemente in disaccordo con Citsukha (TP, IV.8),

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Questo tipo di realt apparente pu essere negato e sostituito dalla pi solida realt empirica (vyvahrikasatt), propria del mondo fenomenico. Anche questo tipo di realt pu sottostare alle stesse caratteristiche di indefinibilit di quella prtibhsika, anche se , da una prospettiva dialettica, necessario distinguere le due. Va detto, infatti, che senza una netta separazione tra la pramrthikasatt e la vyvahrikasatt da un lato e la vyvahrikasatt e la prtibhsikasatt dallaltro, la relazione di sovrapposizione (adhysa) di cui si parler e che la ragione dellillusoriet del mondo, rimarrebbe inesplicabile (BROOKS, 1969: 396). La realt apparente alquanto fugace ed contraddetta (bdhita) da quella empirica, la quale, a sua volta, soggetta a termine solo a seguito della realizzazione del supremo (DEUTSCH, 1969: 32-33; BROOKS, 1969: 393-394). La realt del mondo fenomenico, sebbene sempre sferzata dalla propria caducit intrinseca, rimane invariata finch la conoscenza suprema non ne mina le fondamenta (BSB II.1.14):
sarvavyavahrm eva prg brahmtmavijnt satyatvopapatte, svapnavyavahrasyeva prg prabodht Risulta plausibile la veridicit di ognuna delle attivit [ed entit] empiriche prima della conoscenza del S come brahman, come prima del risveglio [la veridicit] delle attivit [ed entit] oniriche 109

Unultima cosa che va ribadita a questo proposito che , nei suoi commentari, difficilmente asserisce che il mondo un sogno,110 mentre solito affermare che lesistenza
secondo il quale il S non che leliminazione dellillusione: nivttir tm mohasya ; il disaccordo sembra essere anche con Maana Mira, per il quale il tramonto dellignoranza equivalente e simultaneo alla liberazione, ossia al sorgere della conoscenza: avidystamayo moka (BS, SASTRI, K. S. [ED.], 1937: 119) e vidyaiva ca avidynivtti (IBID.: 121). Vale la pena di ricordare che lottimo e pionieristico Hacker discusse anche alcuni passaggi dellIasiddhi riguardo ai tre livelli di realt, entro i quali pullulano riferimenti alladerenza alla realt apparente del sogno (HACKER, 1995b: 145-149). 109 Ancora ad BS I.1.4 scrive: mithyjnpya ca brahmatmaikatvavijnd bhavati , lannientamento della conoscenza falsa avviene con la realizzazione dellunit del S e del brahman Lo stesso concetto espresso dal VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 40-41) nanu siddhnte ghader mithytvena bdhitatvt tajjna katha pramam? ucyate brahmasktkrnantara hi ghadn bdha yatra tv asya sarvam tmaivbht tat kena ka payet iti rute. na tu sasraday bdha yatra hi dvaitam iva bhavati tad itara itara payati iti rute ..., [Obbiezione:] Per nella [vostra = degli Advaitin] dottrina, per via della falsit dei vasi e degli altri oggetti essi sono contraddetti, quindi come pu essere la loro conoscenza una valida conoscenza? [Risposta:] Si risponde che solo dopo la realizzazione del brahman si ha la contraddizione dei vasi e degli altri [enti], come [affermato] dalla ruti: ma laddove per costui ogni cosa divenuta il S, allora [chi] mediante cosa e che cosa potrebbe vedere?...; non di certo la [loro] contraddizione si ha durante il permanere del divenire: Laddove come se ci fosse dualit, l dunque uno vede laltro, cos [dice un passaggio] della ruti (si veda la nota 28 del capitolo 5). 110 Piuttosto, svariate volte compara lignoranza o il mondo con il sogno, ma fa questo solo per puntualizzare che la somiglianza tra il sogno e lillusione stessa che my. Al modo in cui il sogno contraddetto dal risveglio, per cui

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fenomenica, in tutte le sue componenti sovrapposta sul brahman, per cui privo di una realt assoluta e lunica realt che gli si addice proviene dallinestricabile sovrapposizione con la realt del suo fondamento (adhihna), il brahman (SWAMI, PRAJNNANDA, 2002 [1971]: 201).111 Concludendo brevemente questa parentesi sul satttraya, nostra convinzione che questo trittico sia passibile di varie letture. Da una parte la triplice suddivisione come presentata in tutta la tradizione vera. Daltro canto per si possono ridurre i livelli di satt a due, in due maniere. Da una parte avremo una realt assoluta e dallaltra le due realt, empirica e apparente, che si congiungono a formare ununica possibilit. La differenza sta nel fatto che, come accade per gli nyavdin e GP, la vyvahrikasatt pu immergersi nella prtibhsikasatt creando un tuttuno (SHARMA, A., 2006: 147-148), oppure, la seconda opzione che la prtibhsikasatt si annulli nella vyvahrikasatt. Penetrando ancora pi in profondit si pu affermare che la realt una e unica, la sola pramrthika, poich di fronte alla sua infinit ogni altro genere di realt scompare. NellAdvaita Vednta ogni cosa sovrapposta sul brahman112 e, se qualcosa venisse immaginato come indipendente da brahman, sarebbe privo di ogni realt, perch la realt degli enti sovrapposti non loro connaturata, bens proiettata dal loro fondamento. Tutte queste delucidazioni ci conducono naturalmente a trattare pi precisamente il concetto di sovrapposizione, adhysa. Ogni studioso dei darana e in specifico della speculazione Advaita, per avere delle risposte su svariati argomenti cari al Vednta, non pu prescindere dallesame dellincipit del BSB, il celeberrimo adhysabhya.113 Questo anche ci che noi intendiamo proporre, anche se ladhysa argomento sviscerato in ogni trattato vedntico.
si ritiene falso, cos la realt fenomenica, anchessa illusoria perch prodotto di my, annichilita dalla conoscenza suprema e, pertanto, fasulla (SWAMI, PRAJNNANDA, 2002 [1971]: 201-202). 111 A questo proposito si veda il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 242-243): trividha sattvam. pramrthikasattva brahmaa, vyvahrika sattvam kde, prtibhsika sattva uktirajatde. tath ca ghaa sann iti pratyakasya vyvahrikasattvaviayatvena prmyam asmin pake ca ghader brahmai niedho na svarpea, kintu pramrthikatvenaiveti ..., La realt triplice: la realt assoluta del brahman, la realt empirica delletere e degli altri [elementi] e la realt apparente dellargento sulla madreperla e altri simili. Inoltre, la validit di questa percezione diretta Il vaso ! si ha poich essa oggetto della realt empirica. Secondo questa opzione, la negazione del vaso e altri [enti] in brahman non secondo la loro natura [che fenomenica], bens solo rispetto allassoluta realt 112 Uneco di questa concezione, spostata sul versante dellauto-luminosit, si ha nella sentenza upaniadica (KaU V.15/II.2.15; MuU II.2.10; SvU VI.14): tam eva bhntam anubhti sarvam, tasya bhs sarvam ida vibhti , essendoci quello solo che splende ogni cosa risplende, per la sua luce tutto questo splende 113 Sebbene ladhysabhya costituisca lintroduzione al commento ai BS, tuttavia, per la sua importanza, pu assumere una dimensione indipendente. Ramachandra Rao (2002: 88-89, 99-100) ne propone una struttura interna del tutto condivisibile: una presentazione del problema (pratijbhya), la natura della sovrapposizione (lakaabhya), un approccio razionale al problema (upapatti o sabhvanbhya), le prove della sovrapposizione (pramabhya) e le affermazioni conclusive (upasahrabhya), nel quale lascia intendere che il concetto implicito alla tradizione vedntica.

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Il cruccio primario degli Advaitin provare che la molteplicit e la caducit del mondo non sono reali. Vero solo ci che si pone a fondamento inalterabile del continuo divenire del sasra: il brahman o ltman, che in sono termini usati senza distinzione. La conoscenza di questo principio supremo conduce allannullamento della molteplicit. Il metodo che consiglia per attingere questo risultato lesame dellesperienza quotidiana, con le sue tre differenti condizioni: mentre esse vanno e vengono, lunico loro testimone il S, costante e pertanto reale, in opposizione ai fenomeni mutevoli. Il motivo per cui questo S non viene realizzato perch vi sono varie distrazioni che ci allontanano dal sua vera natura, le quali sono tutte prodotto di un unico agente, ladhysa. La comprensione di ci e la successiva eliminazione fa pervenire alla conoscenza liberatrice, che il tema centrale del BS e del suo commento (SARMA, S. E. R., 1984: 399-400). Il punto di partenza che lintero BS offre una prospettiva del tutto conoscitiva agli Advaitin, per cui nella pi stretta osservanza commentariale ortodossa,114 al fine di offrire unidea completa di jna nelle sue sfaccettature, necessario fornire anche dei parametri sul contrario di essa, ossia avidy. In effetti, sembra che consideri i termini adhysa e avidy come sinonimi.115 apre il testo con un dubbio, se davvero quel concetto che si cela sotto la parola adhysa sia effettivamente esistente o al contrario solo uninvenzione degli Advaitin. Vedremo come risponda che ladhysa contenuto comune nellesperienza di ognuno, qualcosa che difficile da provare logicamente, ma che ogni essere pu sperimentare:
yumadasmatpratyayagocarayor viayaviayios tamaprakavad viruddhasvabhvayor

itaretarabhvnupapattau siddhy taddharmm api sutarm itaretarabhvnipapattir ity ato smatpratyayagocare viayii cidtmake yumatpratyayagocarasya viayasya taddharm cdhysa, tadviparyayea viayias taddharm ca viaye dhyso mithyeti bhavitu yuktam. tathpy116 anyonyasminn anyonytmakatm anyonyadharm cdhyasyetaretarvivekena,

Ci riferiamo alla Mms, dove si afferma che per inquadrare nella sua completezza la natura del dharma, bisogna comprendere anche il suo opposto, ladharma. La parola avidy non comunque cos ricorrente nelle Upaniad (KaU I.2.4-5, MuU I.2.8, MaU 7, 9) anche se la si usa quasi invariabilmente come opposto (pratiyogin) del termine vidy. 115 La nostra traduzione di adhysa (adhi + as) per lo pi con il termine sovrapposizione anche se la cosa non cos semplice. Il campo semantico abbracciato affine anche a idee tipo falsa attribuzione, cognizione scorretta, proiezione. P. Deussen traduce come illegitimate transference. Altri sinonimi sanscriti sono adhyropa, avidy, viparyaya, moha, bhrnti, bhrama, tamas (RAO, 2002: 89). Sembra comunque che per i seguaci della scuola del Pratibimbavda, a partire gi da Padmapda, vi sia una distinzione tra avidy e adhysa, ove la prima causa del secondo. La Bhmat di VM, invece, anche se non si esprime chiaramente a questo proposito, sembra ricalcare la posizione stessa di , in cui i due termini sembrano ricalcare il medesimo principio (HASURAKAR, 1999 [1958]: 182-183). 116 VM e altri commentatori leggono lintero passaggio anteponendo lavverbio yadyapi, sebbene, che in un rapporto di invariabile e reciproco completamento (nityaspeka) con lindeclinabile tathpi, tuttavia.
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atyantaviviktayor dharmadharmior mithyjnanimitta satynte mithunktya, aham ida mamedam iti naisargiko ya lokavyavahra Quando sia comprovata limpossibilit della reciproca sovrapposizione tra oggetto (viaya)117 e soggetto conoscitore (viayin), che sono i contenuti [rispettivi] delle cognizioni tu e io118 e le cui nature sono contrastanti come la tenebra e la luce, allora ancor pi chiara119 limpossibilit della reciproca sovrapposizione delle loro propriet. Pertanto, la sovrapposizione delloggetto che il contenuto della cognizione tu e delle sue propriet sul soggetto conoscitore che il contenuto della cognizione io ed della natura della conoscenza e, di contro, la sovrapposizione del soggetto conoscitore e delle sue propriet sulloggetto plausibilmente [considerata] fasulla. Tuttavia, avendo sovrapposto luno sullaltro la reciproca natura e le reciproche propriet, per via della reciproca mancanza di discriminazione tra le propriet (dharma) e i loro possessori (dharmin) che sono alquanto distinti, avendo congiunto (mithunkaraa) la verit (satya) e la menzogna (anta) si ha questo naturale (naisargika)120 uso comune delle persone (lokavyavahra), la cui causa (nimitta =

Molto interessante letimo e la derivazione del termine viaya nella Bhmat (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 4). Tale nirukti comunque utilizzato da VM anche in altre sue opere (STK, NyVT) e parte dalla radice i bandhane, che significa legare, bloccare, a cui si antepone lupasarga vi. Ci determina una riflessione che VM propone, cio gli oggetti, che non sono solo gli enti sensibili, bens anche laggregato psico-fisico, avviluppano e legano il S dalla natura conoscitiva e lo rendono identificabile attraverso la loro stessa natura, ossia lo costringono ad assomigliare a loro: citsvabhvva tm viay, jaasvabhv buddhndriyadehdiviay viay. ete hi cidtmna visinvanti, avabadhnanti, svena rpea nirpaya kurvanti 118 Spontaneamente, si sarebbe propensi a considerare un maggiore contrasto tra lio (aham) e il quello (idam), piuttosto che con il tu. Per gli crya commentatori spigano che esiste un pi alto grado di opposizione tra il tu e lio in quanto i loro significati sono molto lontani, per cui pi semplice rappresentare lantman con il contenuto della cognizione yumat, tu e ltman con il contenuto della cognizione asmat, io, come spiega la Ratnaprabh (BSBRP, STR, J. L., 2000 [1980]: 4): atra yumadasmatpadayo ekrthavcitvbhvt, antman yumadarthn bahutvd asmadarthacaitanyasypi bahutvt Lo stesso scrive VP (BSBB, IBID.: 4), secondo il quale il vero opposto (pratiyogin) di aha tvam, non idam, perch possibile incontrare frasi e giudizi come noi siamo questo; io sono questo , mentre molto pi difficile trovarsi di fronte a sentenze come noi siamo te; io sono te , per cui la differenza pi marcata tra aham e tvam: idamasmatpratyayagocarator iti vaktavye yumadgrahaam atyantabhedopalakartham. yathhakrapratiyog tvakro naivaim idakra, ete vayam ime vayam smaha iti bahula prayogadarant (RAO, 2002: 103-104). Lestrema differenza (atyantabheda) tra io e tu a cui fa riferimento VM ha, secondo BSBRP (STR, J. L., 2000 [1980]: 5), tre componenti diversificanti: una differenza di natura (svarpabheda), una differenza di cognizione (prattibheda) e una differenza di uso comune (vyavahrabheda). Per quanto riguarda la prima il soggetto interiore, mentre loggetto (pratyak) sempre esteriore (park); la percezione che si ha delluno come lio cosciente, mentre laltro sempre differente e inerte, per cui il soggetto percepisce mentre loggetto viene percepito (dyatay). Infine, la terza differenza spiegata come un avviluppamento del S interiore da parte dellahakra, cio delloggetto, che determina il giudizio Io sono lagente (aha kart), invece la funzione del soggetto di eliminare tutto ci che antman attraverso la convinzione espressa dal mahvkya aha brahsmi (BU, I.4.10): tatra yumadasmatpadbhy parkpratyaktvena tmntmanor vastuto virodha ukta. pratyayapadena prattito virodha ukta. pratyata iti pratyayo hakrdir antm dyatay bhti. tm tu prattitvt pratyaya svaprakatay bhti. gocarapadena vyavahrato virodha ukta. yumadartha pratyagtmatiraskre karttham itydivyavahragocara. asmadarthas tv antmapravilpena aha brahsmti vyavahragocara iti tridh virodha sphukta 119 Il fatto che gi il dharmin, il possessore dei dharma, sia sovrapposto, non pu che convogliare allaffermazione che i dharma che gli appartengono sono, di conseguenza, ancor pi chiaramente (sutarm) sovrapposti uno sullaltro. 120 Laggettivo termine indica un qualcosa di svbhvika, connaturato, innato, naturale, perch coesistente al sostantivo stesso a cui si applica. Ci indica che ladhysa senza inizio, perch connaturata alla manifestazione stessa. VP (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 10) scrive che appunto questo genere di uso e nozione senza et, per cui innato e, se esso innato, tanto pi lo la sua causa, la sovrapposizione: svbhviko ndir aya vyavahra.
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updna) lignoranza dellillusione (mithyjna) [che assume tali fattezze]:121 Io sono questo Questo mio

Pur senza stare a vagliare le varie posizioni dei glossatori di , vale la pena di spendere alcune riflessioni su questi e i passaggi successivi. Luomo passa attraverso tre tipi di esperienza (anubhava) quotidiana: quella del mondo esterno, soggetto alle leggi di tempo e spazio, quella del proprio corpo e quella di s stesso. La prima e la seconda sono indicate da espressioni come questo (idam) e tu (tvam).122 La terza ha invece come modalit espressiva io (aham), che lunica maniera in cui il linguaggio possa esprimere il S interiore. Tuttavia, il S non lio, bens il principio inalterabile che sottende alla cognizione dellio (asmatpratyaya) che, per effetto della sovrapposizione, proiettato sullaggregato psico-fisico e il mondo (yumatpratyaya), ovvero si ha quindi unapparente commistione del reame assoluto (pramrthika) con il fenomenico (vyvahrika), cosicch il S infinito ed eterno appare come limitato e mortale. Il proposito della rrakamms di proprio lindagine nelle radici di questa fittizia trasformazione, con lunico scopo di eliminarla per rivedere il vero volto della realt.

vyavahrnditay tatkraasydhysasynditokt, Va notato comunque, come sottolinea Rao (2002: 108) citando un passo sanscrito, che per alcuni il termine naisargika certamente leggibile come andi ma non svbhvika, perch se ladhysa fosse davvero svbhvika, cio inscindibile dalla natura stessa del S, non sarebbe possibile eliminarla: naisargikapadena anditva vivakita na svabhvatvam. naisargikatve caitanyavat svabhvatve na ucchedyatsabhavt. 121 Traduciamo qui lignoranza dellillusione il composto mithyjna-, conformandoci alle glosse Ratnaprabh BSBRP e il Nyyaniraya (BSBNN) interpretano differentemente. Per loro lillusione determinata dallignoranza: mithy ca tadajna ca tannimittam updna yasya sa (BSBRP, STR, J. L., 2000 [1980]: 10) e mithy ca tadajna ca tannimittam updna yasya so dhysas tath (BSBNN, IBID.: 10). Si ricordi comunque che anche una traduzione come conoscenza illusoria sarebbe stata accettabile e sostenibile dottrinalmente. 122 S. Phillips (1987: 11-12, 20 n. 41 e 44) affronta il problema del locus (adhihna/lambana/raya) dellillusione dal punto di vista di Padmapda (PP) e della sua Pacapdik. Egli, in polemica con gli nyavdin, afferma che certamente unillusione abbisogna di un supporto reale, ponendo anche un argomento linguistico, cio un giudizio che esprime una cognizione contraddicibile, non manca di fare riferimento al lucus dove avviene il mutamento fittizio. Nellesperienza ordinaria, il supporto delloggetto di una cognizione pu essere o un ente fisico esterno (jaaka) o interno, come nel caso dei sogni. PP, discutendo i sogni come un caso dillusione, afferma che non si vuole soffermare sulla questione di interno (antar) o esterno (bahir), bens il suo punto di difendere la posizione da un punto di vista metafisico, che sia i sogni, sia le esperienze di veglia hanno in caitanya il loro supporto. Phillips traduce: Even in the waking state [as well as in dreaming] the immediacy [of consciousness aparokat] that involves [external] objects is not to be distinguished from inner immediate experience (anubhava) [at least not] according to [any] cognition that is valid for they are presented in the same way. Thus an object even in the waking state is experienced invariably (eva) as intimately associated with inner immediate experience. Otherwise the presentation of the material world would be impossibile. As a pot that is covered (avaguhita) by darkness is not presented [to cognition] without the [counter-]covering (avaguhana) of the light of a lamp, so it is here. Secondo i seguaci del Pratibimbavda (in opposizione a VM e agli Avacchedavdin, per i quali lignoranza fondata sul jva [jvritvidyvda]) il supporto di my, dellignoranza cosmica il S, brahman (brahmritvidyvda), la cui assolutezza vigila come raya di ogni cosa. Sebbene lesteriorit di un locus nella condizione di veglia sia passibile di contraddizione, un locus reale permane anche dopo lultima negazione. Per questo PP enfatizza limportanza di un adhihna in tutti i generi di cognizione. Si veda anche Saccidnandednra Sarasvat (1997 [1989]: 398-400).

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Ladhysa, nel suo senso pi preciso che andremo a spiegare a breve, al fine di compiersi pienamente ha bisogno di un sostrato. Infatti, senza la madreperla non possibile cogliere largento illusorio. Il S appunto il fondamento su cui sorge lillusione dellio. Ma c di pi. Al fine di poter scambiare il sostrato per loggetto sovrapposto (adhysta) vi deve essere una certa somiglianza (sdya) tra i due; per esempio si scambia la madreperla per argento perch entrambi luccicano. Per, il punto di vista dellobbiettore con cui apre il bhya al BS, ragionevolmente puntualizza che il S, il soggetto (viayin) luce (praka), mentre il non S, loggetto (viaya) tenebra (tamas), entit impossibili da paragonare o accostare perch estremamente contrastanti (atyantaviruddha). Il S come soggetto un dharmin, ossia il possessore di determinate caratteristiche (dharma) e propriet: consapevole (cetana), auto-luminoso (svayapraka) ed eterno (nitya). Il suo contrario, il non-S (antman) anchesso un dharmin, per, come oggetto, un coacervo di differenti caratteristiche per cui inerte (jaa/acetana) e transeunte (anitya). In questa distinzione si ha una prima divisione interna delladhysa. Esiste una sovrapposizione dei dharmin (dharmyadhysa) e una sovrapposizione dei dharma (dharmdhysa). Per cui, la sovrapposizione reciproca (anyonydhysa/itaretardhysa) del S sul non-S e viceversa un esempio di dharmyadhysa, mentre dharmdhysa la sovrapposizione reciproca delle propriet del S sul non-S e del non-S sul S. Un altro esempio di dharmdhysa anche nellesempio classico del fiore di ibisco (japkusuma) posto accanto a una gemma di cristallo (sphaika). In questo caso il rossore (lalim) del fiore si proietta sulla pura trasparenza (svacchat) del cristallo facendolo apparire rosso, ossia diverso da com realmente. Certo questo un esempio di dharmdhysa, per la sovrapposizione che sottende a ci quella in cui il fiore si riflette sul cristallo, i quali sono appunto i rispettivi possessori (dharmyadhysa) delle propriet del rossore e della trasparenza. Per questo senza dharmyadhysa non possibile dharmdhysa (GUPTA, B., 1995 [1991]: 152-154).123
123 Il VP mostra questo tipo di sovrapposizione con un esempio analogo allargento sulla madreperla o alla serpe sulla fune. Ci introduce anche la questione pi complessa della sovrapposizione non causata da aggiunte limitanti (nirupdhikdhysa) e quella causata dalle aggiunte limitanti (sopdhikdhysa). Vediamo prima il passo del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 49-52) che spiega con un esempio classico, come si pu spiegare laccostamento di caratteristiche proprie dellorgano interno esperite come fossero appartenenti al S: nanu kmder antakaraadharmatve ham icchmy aha jnmy aha bibhemtydy anubhava tmadharmatvam avaghamna katham upapadyate? ucyate ayapiasya dagdhtvbhve pi dagdhtvrayavahnitdtmydhysd yath yo dahatti vyavahras tath sukhdykraparimyantakaraaikydhysd aha sukh aha dukhtydivyavahro jyate , [Obbiezione:] Per se il desiderio e altri simili fossero propriet dellorgano interno, allora come si spiegherebbe lesperienza che li coglie come caratteristiche del S: Io desidero, io conosco, io temo ? [Risposta:] Si ribatte che come nel caso di un pezzo di ferro, che pur privo di capacit di ardere, per via della falsa identificazione con il fuoco che il seggio stesso della capacit di ardere si ha un uso comune come Il ferro arde!, allo stesso modo a causa della sovrapposizione unificante con lorgano interno che muta nelle forme di felicit e quantaltro, sorge unesperienza

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Oltre a questa suddivisione intestina al concetto di adhysa se ne riscontrano altre. Una che menzioniamo an passant quella in svarpdhysa e sasargdhysa. Il primo caso il classico esempio dellerrore percettivo e consiste nella sovrapposizione di un oggetto illusorio su qualcosa di reale, per esempio il serpente sulla corda o largento sulla madreperla. Dello stesso tipo la sovrapposizione dellignoranza e del mondo empirico su brahman, come esempio di errore di fondo. Il sasargdhysa invece la sovrapposizione di un attributo su un oggetto ove a essere falsa la relazione. Pertanto, nellesempio del japkusuma, avremo la falsa attribuzione del rossore (lalim) appartenente al fiore di ibisco al cristallo (sphaika) in prossimit del quale posto. Questi due oggetti entrano in una relazione fittizia. Come gi anticipa la nota 123 di qui sopra, vi sono altri due generi di adhysa che si possono tranquillamente appaiare a quelli test descritti, cio la sovrapposizione dellente (arthdhysa) e la sovrapposizione della cognizione (jndhysa).124 Quando si sovrappone largento (rajata/rpya) alla madreperla (ukti) giungendo a esclamare Questo argento! (ida rajatam) abbiamo un fenomeno di jndhysa. Per, non possibile giungere a una conoscenza senza che vi sia un oggetto di essa. per questo, come si vedr, lAdvaita sostiene che di fronte a chi vittima dellillusione sorge effettivamente un argento di natura indefinibile (anirvacanya) che gli permette di dire ida rajatam. Se questo non accadesse, non si potrebbe spiegare il moto dellindividuo che si reca laddove pensa si trovi largento per raccoglierlo (visavdipravtti). Allo stesso modo, sottolineano gli Advaitin, lintero universo che sovrapposto alltman-brahman accettato come esistente, anche se il suo grado di realt non quello assoluto del brahman. Nella prima parte dellenunciato che mette in bocca allobbiettore, dallinizio a sutarm itaretarabhvnipapatti illustro il jndhysa. La seconda parte del primo passo, da ity

come io sono felice, io sono addolorato e altre simili Ritorniamo ora per un attimo alla suddivisione in nirupdhikdhysa, i cui esempio sono largento sulla madreperla e la serpe sulla fune e sopdhikdhysa, illustrata dal pezzo di ferro incandescente, da esclamazioni come io desidero e altre simili e dallesempio della doppia luna. non accenna a questa distinzione, per discussa da Padmapda per il quale la prima scompare non appena sorge la corretta conoscenza, mentre la seconda persiste finch lupdhi presente. In ogni modo, la definizione di si presta a due differenti coperture e aspetti della sovrapposizione: scambiare un ente per un altro, come avviene con uktirpya e cogliere un oggetto in modo differente da quanto esso in realt, come avviene nel caso dellindividuo colpito da itterizia che vede ogni cosa gialla che, percependo una conchiglia bianca, esclama la conchiglia gialla (pta akh). Nel primo caso si attribuisce la natura di un ente su un altro e si di fronte alla sovrapposizione delloggetto (arthdhysa), mentre nel secondo si attribuiscono gli attributi di un ente a un altro e ci viene a chiamarsi sovrapposizione della cognizione (jndhysa). Scambiare un tronco per un uomo o il brahman per molteplice un esempio di arthdhysa e, il cristallo che appare rosso per la vicinanza con il fiore di ibisco o la conchiglia che appare gialla al malato di itterizia, sono esempi di jndhysa (GUPTA, B., 1995 [1991]: 163-165 n. 22). Si veda ancora B. Gupta per alcune riflessioni su sopdhikdhysa per VM (IBID.: 164-165, n. 24-25). 124 Chiaramente lo svarpdhysa corrisponde allarthdhysa e il sasargdhysa al jndhysa.

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ato smatpratyayagocare fino a mithyeti bhavitu yuktam si riferisce invece allarthdhysa.125 Comunque sia, loppositore immediatamente contraddetto da , non per la modalit con cui ha riportato la natura della dottrina delladhysa dellAdvaita Vednta, bens perch egli sostiene che quelladhysa una mera invenzione degli Advaitin. gli risponde che tale sovrapposizione cosa naturale ed esperibile da tutti mediante le espressioni comunemente usate dalle persone Io sono questo o quellaltro oppure Questo mio, quellaltro mio .126 Proprio qui si evince la sovrapposizione, dallaffermazione relativa alla copula, cio dallunione che dice avvenire tra la verit (satya), ossia limperituro tman e la menzogna (anta), lintero mondo fenomenico, vale a dire congiungere due dharmin che sono di per s impossibili da appaiare (RAO, 2002: 109-111).127 Continuiamo ora, ahim brevemente, con il cuore stesso delladhysabhya: la definizione (lakaa) e la discussione sulla natura della sovrapposizione:
ko yam adhyso nmeti. ucyate smtirpa paratra prvadvabhsa. ta kecid anyatrnyadharmdhysa iti vadanti. kecit tu yatra yadadhysas tadvivekgrahanibandhano bhrama iti. anye tu yatra yadadhysas tasyaiva vipartadharmatvakalpanm cakate iti. sarvathpi tv

Praktman (XIII-XIV sec.), autore del Pacapdikvivaraa e fondatore della scuola interna allAdvaita conosciuta come Vivaraaprasthna, riprendendo dei termini che us GP, afferma che lavidy differente da agrahaa e da anyathgrahaa ed in contatto con il brahman al modo in cui il colore blu sovrapposto al cielo. Secondo lui la falsa apparenza e la cognizione di essa sono dovuti allindicibile ignoranza (anirvacanyvidy), che opera nella forma di tre differenti cidbhsa (Viva, Taijasa e Prja) nelle tre condizioni di coscienza (jgrat, svapna e suupti) dando origine a tre diversi gradi dellessere, caratterizzati da tre variegate condizioni di pensiero. Anche Praktman, a questo proposito, parla dei due tipi di adhysa correlati, arthdhysa e jndhysa, in relazione allaffermazione di rispetto allanyonydhysa. Secondo il Vivaraakra, lente sovrapposto non irreale, poich ci che irreale non potrebbe mai e poi mai apparire come presente; cos finch non sorge la conoscenza lignoranza permane, che non irreale, ma viene eliminata allalbeggiare di jna, confermando che avidy illusoria solo dal punto di vista pramrthika (ROODURMUN, 2002: 41). 126 Il termine lokavyavahra, inteso da VM (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 9) al modo in cui noi lo traduciamo, ossia come linsieme degli usi linguistici adottati dalle persone comuni: lokavyavahro lokn vyavahra, sa cyam aham iti vyapadea La BSBRP e il BSBNN danno spiegazioni pi complesse e concettuali, legando rispettivamente il termine loka alla sovrapposizione tra il soggetto e una qualche attribuzione, come avviene nellarthdhysa e poi, inserendo il composto lokaviaya riferito a vyavahra, indicando cos unidentificazione che ha come oggetto una qualche sfaccettatura del mondo che riporta al jndhysa: lokyate manuyo ham iti abhimanyata iti loka arthdhysa. tadviayo vyavahro bhimna iti jndhyso darita (BSBRP, IBID.: 9) e lokyate manuyo ham iti jyata iti jnopasarjano rthdhyso lokaviayo vyavahra iti arthopasarjano jndhysa cokta (BSBNN, IBID.: 9). 127 Un espediente grammaticale sottolinea il fatto che lunione dei due ambiti non certamente assoluta. Si tratta del suffisso (pratyaya) cvi il cui significato specificato nel Vrtika di Ktyyana allA (V.4.50: kbhvastiyoge sapadyakartari cvi): abhtatadbhva iti vaktavyam. Il pratyaya cvi (la cui unica testimonianza la risultante) si applicherebbe al sostantivo che si pone in composizione con le radici k, bh e as, laddove un qualcosa che non era in un certo modo subisce una trasformazione tale da farlo essere cos come si presenta. Nel caso in esame il cvi si applica al sostantivo mithuna, indicando che questunione tra vero e falso non assoluta ma solo fenomenica. VM (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 9-10) afferma proprio questo: satya cidtm, anta buddhndriyadehdi, te dve dharmi mithunktya yugalktyety artha. na ca savtiparamrthasato pramrthika mithunam astti abhtatadbhvrthasya cve prayoga
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anyasynyadharmvabhsat na vyabhicarati. tath ca loke nubhava uktik hi rajatavad avabhsate, eka candra sadvityavad iti ... [Domanda:] Che cos dunque questa sovrapposizione? [Risposta:] Si risponde che la sovrapposizione unapparizione che ha forma di ricordo di un oggetto precedentemente visto altrove.128 Alcuni definiscono ci come la sovrapposizione che si ha altrove delle caratteristiche di qualcosaltro.129 Alcuni altri, invece, [dicono che] laddove si ha una sovrapposizione su qualcosa, quella un errore percettivo che dipende dalla mancata cognizione della distinzione tra questi [due enti].130 Mentre, altri ancora affermano che laddove vi sia una sovrapposizione su qualcosa, simmaginano per questo delle propriet opposte.131 In ogni modo, comunque non vi deviazione dallesserci unapparizione di propriet altrui su un altro [ente]. Cos si ha anche lesperienza nel mondo: la madre perla appare come largento o una sola luna [appare] come fosse due 132

, in due differenti passaggi (STR, J. L., 2000 [1980]:10-13, 24), definisce in altrettanti modi la sovrapposizione: smtirpa paratra prvadvabhsa , la sovrapposizione unapparizione che ha forma di ricordo di un oggetto precedentemente visto altrove. La seconda definizione, chiamata asserzione sintetica (sakepbhidhna), che richiama e parafrasa la prima, pi generale e non ricorre alla somiglianza con il ricordo: atasmin tadbuddhi , la cognizione di un oggetto su ci che tale oggetto non , e si applica perfettamente a tutti gli esempi di errore percettivo.133 Vale la pena di spendere alcune considerazioni su un lakaa tanto importante per lAdvaita, al quale si pu applicare, oltre alle istanze di errore percettivo, anche il sogno.
In questo caso fornisce la definizione di adhysa accettata dagli Advaitin, che predicano lanirvacanyakhyti. Vedremo in dettaglio questa teoria nel paragrafo successivo. 129 I commentatori attribuiscono questo tipo di concezione al Nyya e Vaieika, sostenitori dellanyathkhyti e alla Prva Mms dei Bha, la cui teoria dellerrore di poco differente dallanyathkhyti e viene nominata vipartakhyti. Non solo, ma la BSBRP (STR, J. L., 2000 [1980]: 13) aggiunge che anche i Vijnavdin sostenitori dell tmakhyti possono essere inclusi in questa descrizione. 130 Qui sono rappresentati chiaramente gli akhytivdin della scuola della Prva Mms dei seguaci di Prabhkara. 131 Infine, questa definizione si applica agli nyavdin che difendono lasatkhyti. 132 Ricordiamo che il primo esempio corrisponde al nirupdhikdhysa e il secondo al sopdhikdhysa. 133 discute brevemente questa definizione solo in seguito dicendo che la sovrapposizione determina un tale obnubilamento che chiunque vi sia sottoposto si rallegra o addolora a seconda della felicit o del dolore di figli, famigliari e amici, per cui si sovrappongono propriet esterne (bhyadharma) sul S, ma anche propriet del corpo (dehadharma) come la grassezza (sthlatva), la magrezza (katva), il colore della pelle (gauratva/ymatva) e attivit specifiche. Queste ultime, a nostro avviso, possono anche essere considerate unidentificazione con le propriet dei sensi dazione (karmendriya): io vado (aha gacchmi), io sto fermo (aha tihmi), io zoppico (aha laghaymi), ecc. Ancora, ci pu essere unidentificazione con le propriet dei sensi di conoscenza (indriyadharma): io sono muto (aha mka), io sono cieco (aham andha), io sono impotente (aha klba), io sono sordo (aha badhira) ; o con le propriet dellorgano interno (antakaraadharma), quali il desiderio (kma), limmaginazione (sakalpa), il dubbio (vicikits) o quantaltro (STR, J. L., 2000 [1980]: 24-25).
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Si ricordi che il termine centrale della definizione (sakiptalakaa) avabhsa apparizione, apparenza, che praticamente un sinonimo di mithyjna (BSBB: etvat mithyjnam ity ukta bhavati ). VM (IBID.: 11) fornisce due opzioni di significato altrettanto valide: avasanno vamato v bhso vabhsa ..., avabhsa unapparenza che terminata o deprecata , ove la terminazione implica lostruzione (uccheda) o linibizione della sovrapposizione al sorgere di un processo mentale differente rispetto a quello coinvolto nellapparenza illusoria. La deprecazione indica la produzione di uninabilit di funzioni (RAO, 2002: 115). Inoltre, lidea che sottende a questi difetti che la deprecabilit e la fine di tale avabhsa si ha mediante unaltra cognizione capace di contraddirla: pratyayntarabdha csya avasdo vamno v (SARASVAT, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 552). Grande importanza ha anche la prima parte della definizione: smtirupa.134 Di questa VM propone delle interessanti riflessioni anche per il nostro argomento principale, in quanto egli dimostra che la definizione si estende anche a coprire la cognizione onirica (IBID. 554-555):
smte rpam iva rpam asyeti smtirpa. asanihitaviayatva ca smtirpatvam, sanihitaviaya ca pratyabhijna samcnam iti ntivypti. nvypti, svapnajnasypi smtivibhramarpasyaivarpatvt. atrpi hi smaryame pitrdau nidropaplavavad asanidhnparmare, tatra tatra prvadasyaiva sanihitadeaklatvasya samropa Smtirpa ci che ha una natura che come la natura del ricordo. La propriet di possedere la natura del ricordo la propriet di avere un oggetto non prossimo e il riconoscimento, che valido, ha un oggetto vicino, per questo non c uneccessiva pervasione (ativypti) [nel riconoscimento].135 Non vi neppure una pervasione insufficiente

La BSBRP (STR, J. L., 2000 [1980]: 11-12) offre importanti ragguagli. Per Govindnanda il ricordo a cui si fa riferimento quello veritiero dellargento (smaryama), che si risveglia di fronte alla madreperla che luccica, per cui solo un falso ricordo, perch ora non vi un vero argento a risvegliarlo. Il testo fornisce altres una parafrasi interessante e chiara, quando dice che smtirpa, in definitiva, significa simile alloggetto del [precedente] ricordo (smaryamasada). Con lenunciazione della somiglianza si esclude lidentit, per cui ci che oggetto di ricordo e loggetto sovrapposto (ropyasya) sono differenti (bhedt): smtirpa iti. smaryate iti smti, satyarajatdi tasya rpam iva rpam asyeti smtirpa. smaryamasada ity artha. sdyokty smaryamd ropyasya bhedt, nnyathkhytir ity ukta bhavati Pi avanti il testo (IBID.: 13) modella lintera definizione della sovrapposizione sia allarthdhysa sia al jndhysa. Mentre nel primo caso lapparenza simile alloggetto ricordato, nel secondo caso la somiglianza si ha con il ricordo stesso: tatrrthdhyse smaryamasada paratra prvadarand avabhsyata iti yojan. jndhyse tu smtisada paratra prvadarand avabhsa iti vkya yojanyam iti sakepa 135 Si veda la nota 145 del capitolo 5. Qui, il problema che nella conoscenza sorta da un riconoscimento vi sono due elementi contrastanti che si fondono e ne formano uno armonico. Solitamente, si vede dinnanzi ci che si era osservato altrove tempo addietro. Qui il ricordo che si conserva di un altro luogo e di un altro momento risvegliato e trasformato insieme alla percezione diretta in ci che si definisce riconoscimento, che un tipo di valida percezione diretta. Proprio questa sua validit e il fatto che loggetto del riconoscimento sia prossimo a colui che lo percepisce evitano che la definizione della sovrapposizione si estenda erroneamente su pratyabhij.
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(avypti), poich anche la cognizione onirica ha la medesima natura della natura [che si attribuisce] al ricordo erroneo.136 Anche in questo caso, infatti, sebbene il padre e altri [parenti] siano ricordati, tuttavia, a causa dellimmersione nel sonno non si ha il ricordo della loro lontananza, e c talvolta lattribuzione di un luogo e un tempo vicino proprio di ci che stato visto in precedenza 137

La definizione di adhysa si applica anche al sogno in quanto anchesso unapparizione di qualcosa che stato visto precedentemente altrove, ossia sorto dalle impressioni residue della condizione di veglia e perch smtirpa, ossia simile a un ricordo, per cui non un ricordo vero e proprio. Sebbene talvolta anche e i suoi successori abbiano considerato il sogno ricordo erroneo, anche se sui generis, esiste comunque tra sogno e ricordo una grande differenza: il primo immediato, mentre il secondo mediato. Oltre alla discussione delle khyti Il resto della definizione paratra, altrove e prvada, visto in precedenza.138

Si ricordi quanto detto nel capitolo 2 e si vedano i capitoli successivi, ove talvolta il sogno considerato un ricordo sorto da una percezione erronea, per cui anchesso non risponde al vero al pari dellanubhava da cui si generato. 137 Anche il BSBNN (STR, J. L., 2000 [1980]: 12-13), seguendo da vicino la Pacapdik, produce delle indicazioni di grande valore, che ci permettono di individuare le tracce sia di arthdhysa, sia di jndhysa mentre sinterpreta in due modi differenti il composto smtirpa. Lanalisi ha come base due differenti aforismi di Pini che (normalmente ingiungono il suffisso gha), insieme al stra striy ktin (A, III.3.94), ingiungono il suffisso femminile ktin (di cui resta solo ti che nel nostro caso si applica alla radice sm). Il primo stra bhve (A, III.3.18) e il secondo akartari ca krake sajym (A, III.3.19). Nel caso in cui il suffisso ktin attaccato a smti sia usato nel significato stesso della radice (dhtvartha) allora si ha jndhysa (smaraa smti smte rpam iva ), poich ci che simile al ricordo non un ricordo, giacch in quel momento non vi la cognizione veritiera di ci che stato esperito in precedenza. Quando invece ktin usato insieme a sostantivi che non si presentino al nominativo (akartari) ma in qualsiasi altro caso (krake), allora si parla di arthdhysa (smaryate iti smti smaryamasya rpam iva), poich ci che simile alloggetto ricordato non , in quel frangente, ricordato, perch chiaramente di fronte agli occhi: smaryata iti smti smaryamo rtha. bhve akartari ca krake sajym iti stradvayam adhiktya striy ktin iti strea bhve, kartvyatirikte ca krake karmdau sajym asajy ca ktinvidhnt, akartari ceti cakrasya sajvyabhicrrthatvgkrt. smaryamasya rpam iva rpam asyeti smtirpo na tu smaryata eva, spaa purovasthitatvena bhnt. jnapake smaraa smti, bhve ktinvidhnt. smte rpam iva rpam asyeti smtirpo na smtir eva prvnubhtasya tath bhnt, smtirpat doditrayotthatvt, tdgdhviayatvd v 138 Ancora il BSBNN (STR, J. L., 2000 [1980]: 12), che ancora riprende la Pacapdik, afferma che in entrambi i generi di sovrapposizione, generalmente con il termine paratra si intende indicare un fondamento della cognizione erronea che sia passibile di percezione e, anche di natura differente rispetto alloggetto che su di esso si sovrappone: adhysadvaye pi paratreti smnyato dhyogyam adhihnam Dal lato dellarthdhysa abbiamo laffermazione che avabhsa loggetto apparso che differente dalla percezione di prima: arthapake vabhsyata ity avabhsa para csv avabhsa ceti cio largento che apparso dal gioielliere qualcosa daltro rispetto allargento apparso sulla madreperla. Dal lato del jndhysa, invece lapparizione delle due differenti circostanze a differire: una di un argento empirico (vyvahrika), laltra di un argento illusorio (prtibhsika): tath jnapake vabhsanam avabhsa parasyvabhsa parvabhsa Se il termine paratra non fosse specificato sincorrerebbe nellerrore di sovrapporre a un oggetto visto precedentemente, un vaso per esempio, un altro oggetto della stessa natura, un altro vaso o un panno (le due edizioni che abbiamo a disposizione del BSBNN riportano due differenti letture, una con ghaa, laltra con paa), e lapparizione sarebbe di questo, il che significherebbe che la natura delloggetto sovrapposto non sarebbe pi apparente, ma empirica e la cognizione sarebbe non pi simile a un ricordo, ma una percezione o un riconoscimento: tvaty ukte ghat parasya ghaasyvabhsa [paasyvabhsa], sa cvabhsamno dhysa syt, tannivttaye paratreti
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Il primo dei due termini, paratra, indica che lincipit della sovrapposizione deve essere ricercato anche in un altro oggetto. Se, infatti, un individuo non avesse mai visto largento o un serpente, non potrebbe essere vittima dellillusione nelle forme che conosciamo. Pertanto, la parola enfatizza la realt (satyat) delloggetto sul quale la sovrapposizione ha luogo (BSBB: ropaviaya satyam). Lapparizione illusoria ma non la base su cui ha luogo. La Pacapdik, invece, con il termine paratra intende lapparizione di un altro oggetto (parasya avabhsamnat), per cui sia paratra sia smtirpa sono qualificazioni di avabhsa.139 Qui, il concetto da enfatizzare che qualcosa appare su qualcosaltro che non ha una natura identica al primo (RAO, 2002: 115-116). Infine, il composto prvada (BSBB: prvadasyvabhsa prvadvabhsa ; STR, J. L., 2000 [1980]: 11) suggerisce che una cognizione precedente la causa dellapparenza. Anche la Pacapdik esprime lo stesso concetto con altre modalit, ribadendo la necessit che lente che appare nellillusione deve essere gi stato oggetto desperienza diretta, per cui per ladhysa necessario un bagaglio di impressioni latenti il cui contenuto sia anche loggetto che si sovrapporr. Ci conduce entrambi gli orizzonti dottrinali Advaitin, il Bhmatprasthna e il Vivaraaprasthna, a modellare larthdhysa e il jndhysa anche sul sogno e sulla cognizione onirica rispettivamente. Il testo di prosegue spiegando come avviene praticamente che tman, di per s privo di ogni relazione con mondo (asago hy aya purua BU IV.3.15-16; asago nahi sajjate BU III.9.26, IV.5.15), divenga il soggetto della sovrapposizione:
katha puna pratyagtmany aviaye dhyso viayataddharm. sarvo hi puro vasthite viaye viayntaram adhyasyati, yumatpratyaypetasya ca pratyagtmano viayatva bravi. ucyate na tvad ayam ekntenviaya, asmatpratyayaviayatvt, aparokatvc ca pratyagtmaprasiddhe. na cyam asti niyama puro vasthita eva viaye viayntaram adhyasitavyam iti. apratyake pi hy ke bls talamalinatdy adhyasyanti. evam aviruddha pratyagtmany apy antmdhysa. tam etam evalakaam adhysa pait avidyeti manyante. tadvivekena ca vastusvarpvadhraa vidym hu. tatraiva sati yatra yadadhysas tatktena doea guena v umtrepi sa na sabadhyate, tam etam avidykhyam tmntmanor itaretardhysa purasktya sarve pramaprameyavyavahr laukik vaidik ca pravtt sarvi ca stri vidhipratiedhamokapari. katha punar avidyvadviayi pratyakdni pramni stri ceti. ucyate dehendriydiv ahamambhimnarahitasya pramttvnupapattau pramapravttyanupapatte. na hndriyy anupdya pratyakdivyavahra sabhavati. na

Sia Pacapdik sia Bhmat sono concordi nellaccettare che il termine paratra serve anche a negare la validit dellasatkhyti, mentre smtirpa a minare le fondamenta delle due cosiddette satkhyti dei darana di marcata tendenza realista: anyathkhyti e akhyti.
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cdhihnam antareendriy vyavahra sabhavati. na cnadhyasttmabhvena dehena kacid vypriyate. na caitasmin sarvasmin asati asagasytmana pramttvam upapadyate. na ca pramttvam antarea pramapravttir asti. tasmd avidyvadviayy eva pratyakdni pramni stri ca [Obbiezione:] Ma com possibile la sovrapposizione delloggetto e delle sue propriet sul S interiore140 che non un oggetto. Ognuno, difatti, sovrappone un altro oggetto sulloggetto che gli sta dinnanzi141 e tu affermi che il S interiore, privo della cognizione del tu, non un oggetto? [Risposta:] Si risponde che dunque quello non invariabilmente un non-oggetto, in quanto il contenuto della cognizione dellio e poich ben noto che il S interiore direttamente percepibile. Inoltre, non vi una regola142 tale per cui si possa sovrapporre solamente su un oggetto che sta dinnanzi un altro oggetto. In effetti, pur essendo letere non direttamente percepibile, gli ignoranti vi sovrappongono le idee di concavit, impurit e altre, allo stesso modo si ha pure la sovrapposizione del non-S sul S interiore. I saggi considerano quella, che questa sovrapposizione che di siffatta natura, come lignoranza;143 mentre, per distinguerla da quella, chiamano conoscenza laccertamento della vera natura delle cose. Stando cos i fatti a quel proposito, laddove si ha la sovrapposizione su qualcosa, quel qualcosa non toccato minimamente dal difetto o dalla virt causati da essa [= dalla cosa sovrapposta]. Avendo cos presupposto questa che ci che chiamata ignoranza, la mutua sovrapposizione del S e del non-S, sono originati tutti i comportamenti relativi ai mezzi di conoscenza e ai loro oggetti, sia secolari sia vedici e tutte le scritture che riguardano le ingiunzione, le proibizioni e la liberazione. [Obbiezione:] Di nuovo, com possibile che i mezzi di conoscenza, a partire dalla percezione diretta e gli altri e le scritture siano oggetti di colui che ignorante? [Risposta:] Si risponde che quando non sia postulabile la propriet di essere il soggetto conoscitore per colui che privo dellidentificazione con lio e il mio rispetto al corpo e ai sensi e quantaltro, non plausibile [per costui] lazione dei mezzi di conoscenza; inoltre non nemmeno possibile lattivit della percezione diretta e degli altri senza aver presupposto le facolt sensoriali; non neanche possibile lattivit delle facolt sensoriali senza un loro fondamento, inoltre nessuno si adopera ad agire senza un corpo su cui sia stata sovrapposta la natura del S. Oltretutto, se tutto ci non fosse vero, non si spiegherebbe lessere soggetto conoscitore per il S privo di legame e, senza la propriet di essere il

La derivazione tradizionale, spiegataci dal compianto crya paita Prof. Prasantha Dvived, del termine pratyak, interiore, applicato ad tman tesa a evidenziare lauto-luminosit del S: pratpa vipartam [antmabhyo viayebhya] acati, jnti, prakate iti pratyak, cio Si dice interiore ci che brilla, conosce, riluce differentemente, in modo contrario [rispetto al non S che sono gli oggetti]. Simile anche la spiegazione della BSBB. 141 Con questa formula sintende loggetto direttamente percepibile. 142 Nei trattati dei darana col termine niyama si intende solitamente sahacryaniyama, ossia la concomitanza invariabile (vypti), che in questo caso, sebbene fallace, assumerebbe queste fattezze: yo viayntardhysa, sa puro vasthite eva viaye bhavati. 143 Questo il passaggio gi menzionato in cui espressamente sembra affermare lidentit di adhysa e avidy, come sostengono i seguaci dellAvacchedavda, in opposizione ai Pratibimbavdin.
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soggetto conoscitore, non vi propensione verso i mezzi di conoscenza. Ergo, i mezzi di conoscenza con la percezione diretta in testa e anche le scritture sono oggetto di coloro che sono vittime dellignoranza ...

Certo non possiamo pi dilungarci sul concetto di adhysa, anche perch la parte pi importante rappresentata dalla definizione, che abbiamo brevemente analizzato. Prima di passare alle ultime parti di questo paragrafo, ricordiamo che i succitati passi akariani rappresentano una risposta degli obbiettori rispetto alla possibilit (sabhvan) di ammettere o meno la sovrapposizione che, se il S non fosse inteso nel suo aspetto limitato e legato allindividualit, sarebbe inammissibile. ci informa per che, come avviene nellesempio dellargento sulla madreperla, dove la madreperla assolutamente indifferente alla proiezione fasulla dellargento, cos il supporto di una qualsiasi sovrapposizione non assolutamente toccato da quale che sia lente o dalle sue propriet che vi si sovra impongono. Tuttavia, senza che il S sia considerato pramt non si pu spiegare alcun genere di attivit conoscitiva che riguardi le vtti. Ma lesistenza stessa del jva in quanto soggetto conoscitore, poggia sullidentificazione con lego, quando si abbia a che fare con dharmyadhysa, e con il mio rispetto a dharmdhysa. Quando anche uno solo dei tre principi cognitivi costantemente correlati come pramt trovi la sua ragione di sussistere, immediatamente gli altri membri di questa relazione devono di necessit essere simultaneamente presenti. Un pramt non indipendente (BSBB, STR, J. L., 2000 [1980]: 20-21), ma tale quando in grado, mediante dei prama, di cogliere dei prameya e da essi acquisire una pramti. Il processo conoscitivo, per, non per chi gi conosce, anche quando riguardi argomenti ed entit vediche o anche legate al mondo profano. Per questo, colui che si sente ignorante o comunque privo di qualcosa che si mette in azione o cerca di imparare ci che ignorava, non di certo colui che privo di desiderio alcuno (akmhata) e che gi saggio. Per questo i prama, che qui rappresentano lincipit di ogni azione o processo cognitivo e gli stra144 che illustrano laspetto vedico sono a esclusivo uso degli ignoranti (avidyvadviaya).145
menziona tre oggetti delle scritture: le ingiunzioni (vidhi), le proibizioni (pratiedha) e la liberazione (moka). Evidentemente i primi due sono legati alla sezione rituale del Veda, mentre il terzo alla sezione conoscitiva, cio le Upaniad. 145 Dopo aver addotto alcune ragioni ribadisce che, finch non si sia raggiunta la conoscenza del S, che conoscibile dal solo Vednta, privo di fame e sete e qualsiasi altra debolezza umana, a cui estranea ogni differenziazione dovuta alle divisioni di casta, che immobile perch non partecipa del divenire (asasarin) e che non ha alcuna qualificazione per lattivit, sia essa vedica o secolare, perch inutile per lui na vedntavedyam aanydyattam apetabrahmakatrdibhedam asasrytmatattvam adhikre pekyate, anupayogt , fino ad allora non possibile sottrarsi ai dettami scritturali che adattano alle esigenze dellignorante, al fine di condurlo oltre lignoranza: prk ca tathbhttmavijnt pravartamna stra avidyvadviayatva ntivartate (si veda anche
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Ma qual la ragione (hetu) che induce a erigere questo complesso edificio dottrinale. Egli stesso ce lo spiega: pavdibhi cviet , poich non vi differenza rispetto agli animali e altri ... Dopo questa sentenza lapidaria, prosegue affermando che, effettivamente, le reazioni istintive degli uomini e degli animali a stimoli piacevoli (anukla) o meno (pratikla), sono le medesime.146 Infine, abbiamo nelle ultime righe delladhysabhya un riepilogo di quanto detto finora, con lesplicita dichiarazione dintenti del Vednta, anchesso destinato agli ignoranti, ma che sono provvisti del desiderio di eliminare questa sovrapposizione, la causa di ogni loro miseria:
evam ahapratyayinam aeasvapracraskii pratyagtmany adhyasya, ta ca

pratyagtmna sarvaskia tadviparyayentakaradiv adhyasyati. evam ayam andir ananto naisargiko dhyso mithypratyayarpa karttvabhokttvapravartaka sarvalokapratyaka. asynarthaheto prahya tmaikatvavidypratipattaye sarve vednt rabhyante Cos sovrapponendo il soggetto che possiede la nozione dellio147 sul S interiore che il testimone di tutti i propri movimenti [dellorgano interno]148 e di contro, sovrappone anche quel S interiore, testimone di tutto sullorgano interno e altri [componenti psico-fisici]. Dunque questa sovrapposizione che senza origine e senza fine, innata, che ha la forma di una cognizione illusoria e che pone in opera il senso di essere agente e di essere fruitore, direttamente percepibile da tutte le persone. Tutte le Upaniad hanno inizio per leliminazione definitiva di questa causa delle miserie e al fine di rivelare149 la conoscenza riguardante lunit del S150

BSB I.1.4, I.1.5 e II.1.14) Per questo ingiunzioni quali Il brhmaa sacrifichi. sono possibili solo quando sul S si sovrappongono idee di appartenenza a una casta, a uno stadio di vita, a unet e a una condizione particolare: tath hi brhmao yajeta itydni stri tmani varramavayo vasthdiviedhysam ritya pravartante (STR, J. L., 2000 [1980]: 21-24). 146 Qui sinserisce il famoso passaggio in cui descrive il diverso comportamento di un animale di fronte a qualcuno urlante, con un bastone in mano che vuole fargli del male fuggono (nivartante), mentre quando qualcuno gli si avvicina docilmente con del cibo nella mano essi gli si appropinquano (pravartante). Lo stesso si scorge nel comportamento umano. La differenza tra i due che mentre gli animali si muovono senza ragione e per istinto, gli uomini antepongono una ragione e non agiscono istintivamente. Si veda direttamente il passaggio di (STR, J. L., 2000 [1980]: 21). 147 Con lespressione ahapratyayinam ci si riferisce al soggetto conoscitore, al pramt, che protagonista dellidentificazione con lio. 148 Il termine svapracra-, utilizzato allinterno del composto aeasvapracraskii, indica con sva lorgano interno, antakaraa e con pracra [= prasra] lo sviluppo stesso dellorgano interno, che sono le vtti. 149 Il termine pratipatti pu indicare sia rivelazione di qualcosa, sia lottenimento (prpti), come afferma VM, come anche la conoscenza stessa, ossia limmediata realizzazione. 150 La conoscenza dellunit del S attingere uno stato in cui la molteplicit che si sovrappone sul S sia definitivamente svanita. Unespressione simile si ritrova in BSB I.2.8 ove si scrive che esiste una differenza tra la conoscenza falsa e quella corretta: la fruizione [del mondo fenomenico] immaginata per via della conoscenza falsa, mentre lunita vista grazie alla conoscenza corretta , vieo hi bhavati mithyjnasamyagjnayo. mithyjnakalpita upabhoga, samyagjnadam ekatvam

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Unultima parentesi a questo paragrafo va aperta per amor di completezza, rispetto a un concetto di grande importanza in tutto lAdvaita, ma che nei successori di trov grande sviluppo, fino al coronamento intellettuale e dialettico in MS. Ci riferiamo al concetto di mithy o mithytva,151 che come abbiamo visto sinonimo di adhysa. Lanalisi parte ancora dallosservazione dellinferenza classica dell'Advaita Vednta la quale ha come scopo il suggellare definitivamente lillusoriet del mondo fenomenico (mithytvnumna). La prima attestazione di questinferenza risale al testo Nyyaratnadpval di nandabodha Bharaka (XII sec.): vivdapada mithy dyatvd, yad ittha tat tath, yathobhayavdyavivdapada rajata, tathaitat tat tath , Loggetto della discussione falso, poich percepibile, infatti ci che siffatto [percepibile] (ittham) tale altres falso, come largento, che l'oggetto accettato concordemente da entrambi i partecipanti al dibattito (vdin) allora, se questo [largento] tale [allora anche] quello [= loggetto della discussione ovvero luniverso] cos.152 Nellinferenza in questione il probandum (sdhya) mithytva, concetto lo cui esistenza deve essere provata nel locus dellinferenza (paka), qui luniverso, mediante un probans (hetu). Nel caso in esame, a sostegno della tesi vi sono tre probans: la percepibilit (dyatva), lessere inerte (jaatva) e la limitatezza (paricchinnatva). Da definizione si sa che il paka sadigdhasdhyavn , il luogo in cui si sospetta sia presente il probandum (ATHALYE, 1988 [1897]: 43). In ogni modo, accanto al paka esiste una cosiddetta istanza similare (sapaka), nella quale lesistenza del sdhya gi stata provata (siddha) in diverse condizioni e mediante altri mezzi di conoscenza (nicitasdhyavn).153 Nel corpo dellinferenza questo si vede, nuovamente, con lesempio
La parola mithy , secondo Brooks (1969: 386), una contrazione di mithy, derivato dalla radice mith che ha tre significati principali unire, accappiare, incontrare o alternare. La parola mithy nella sua accezione conosciuta deriverebbe dalluso avverbiale del terzo senso proposto, quando si utilizzi il termine collegandolo al comportamento umano, per cui significherebbe contrariamente, in senso inverso, impropriamente, erroneamente poi, per estensione, il senso si applica alla forma nominale falso, fino a errato o percepito erroneamente. 152 Si veda a questo proposito la prima pagina delledizione oramai pi che secolare (1901) della K Saskta Series (Chawkhamba Sanskrit Series) Nyyamakaranda cryacitsukhamuniviracitavykhyopeta. Pramaml nyyadpval ca curata da Blarm Udaseen Swm. In seguito MS, riprendendo due prodandum (hetu) cari alla tradizione Advaita, li aggiunge a quello gi proposto da nandabodha, cosicch la sua inferenza diviene: vimata mithy dyatvd, jaatvt, paricchinnatvt uktirpyavat, Loggetto della disputa falso poich percepibile, poich inerte, poich limitato, come largento [sovrapposto] alla madreperla. In quest'inferenza il termine vimata, che rappresenta il locus (paka), glossato come vipratipattiviiam o vipratipannam. Si veda lAS1 di MS (1997 [1937]: 3031). 153 Al fine di chiarire il concetto di esempio nella teoria classica dell'inferenza si veda lilluminante articolo di Ernst Prets, Example and Exemplification in Early Nyya and Vaieika (2004: 197-224), nellottimo volume The Role of the Example (dnta) in Classical Indian Logic apparso a Vienna con la curatela di due tra i massimi specialisti di logica viventi, Shoryu Katsura ed Ernst Steinkellner.
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(dnta) in questo caso rappresentato dallargento nella madreperla, grazie al quale la tesi (pratij) fornita con i primi due membri, paka e sdhya, evita dincespicare nel cosiddetto vieasiddhi o sdhysiddhi doa, ovvero il difetto dellinfondatezza del qualificante o del probandum. Secondo i logici indiani, senza citare un esempio (dnta) non si pu in alcun modo supportare una premessa (pratij).154 Come spesso accade, i teorici dellAdvaita al fine di provare la fondatezza della concomitanza invariabile (vypti) tra i tre probans dellinferenza test citata e il probandum mithytva, usano ugualmente come dnta un preciso genere di entit, ossia quelle che si dicono percepibili solo mediante il testimone (kevalaskibhsya) e senza lausilio dei sensi. La cognizione mediata dal testimone diretta e intuitiva, perch non coinvolge alcuna relazione, come invece avviene con tutte le altre funzioni del soggetto conoscitore (pramt). Abbiamo gi detto che a questa categoria di padrtha appartengono anche la felicit e il dolore (sukhadukha), il merito e il demerito (dharmdharma), lorgano interno (antakaraa) e le modalit proprie dell'organo interno (antakaraavtti). Non ultimi tasselli di questo puzzle, e di certo i pi utili al mio ragionamento, sono tutti i cosiddetti enti illusori (prtibhsika), la cui realt coincide con la durata della loro apparizione (prattimtrarratva): largento sulla madreperla (uktirpya), la serpe sulla fune (rajjusarpa), il miraggio (marumarcik), lazzurro del cielo (gaganamlinya), cos come i sogni (svapna),155 la cui cognizione, mediata dal testimone, diretta e intuitiva, esclusivamente interiore, priva cio dellintervento mediatore delle facolt sensoriali perch non coinvolge alcuna relazione, come invece avviene con tutte le altre funzioni del soggetto conoscitore (pramt).156 Detto questo, va ricordato che per far s che il sdhysiddhi doa sia del tutto scongiurato, bisogna anche fornire una definizione (lakaa) della natura del probandum, qui la falsit stessa (mithytva), al fine di renderlo noto e, se necessario, uniformarlo al dnta. Per soddisfare questa necessit gli advaitcrya hanno fornito molte definizioni in
Il locus o soggetto di una qualsivoglia inferenza (paka) viene pure indicato come il qualificato (vieya) o la base (raya) per altre due entit, ovvero sdhya e hetu, le quale devono essere entrambe presenti nel paka, per cui sono conosciute anche come vieaa del paka (TORELLA, 2008: 40). 155 Il Pacapdikvivaraa (STR, SUBRAHMANYA, [ED.] 1992: 69) afferma espressamente che la falsit di enti come il corpo e altri, caratterizzati da una serie di difetti e non ultimo che questi enti solo immaginati, pu essere inferita mediante una serie di probans come il fatto di essere oggetto di fruizione, di essere oggetto di conoscenza e altri ancora; e, in questa inferenza, lesempio potrebbe benissimo essere il sogno: arrdipadrthascarpasya mithykalpitakartbhoktpramtdoasayukttmrthatayaiva kryatay prameyatay dveyatay ca tdarthyenaiva satvt svarpepi mithytva svapnadntennumtu akyata ity Poi la glossa Tattvadpana propone questinferenza: vimata kalpita kalpitopakaraatvt svapnptacchatrdivat 156 T. R. V. Murti, in una sua recensione, The Six Ways of Knowing, citando il Vedntaparibh (2000. 170), attesta che la conoscenza diretta da parte del testimone, non n falsa, n vera ... (skijnasya satysatyaviayatay) while that of the pramt implies the application of a standard ... (COWARD, [ED.], 1983: 122-123). Questo d la cifra di quanto il sogno e ogni altro genere di bhrama, siano da considerarsi anirvacanya, pratibhsika e perci mithy.
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altrettanti testi. LAS di MS ha il merito, non solo di aver riunito i cinque lakaa principali, ma anche di averli nuovamente discussi e liberati dai dubbi e i difetti sorti attraverso i secoli. Queste definizioni sono enunciati indipendenti luno dallaltro ed egualmente validi. Ovviamente, quando varie definizioni esprimono uno stesso definiendum (lakya) allora appaiono simili anche se ci da cui si deve astenersi lincorrere in difetti come linutile ripetizione (punaruktadoa).157 La prima di queste definizioni di falsit (prathamamithytva) riprese e analizzate da MS nellAS mutuata dalla Pacapdik di Padmapda (PP) che, come cita MS (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 48), scrive: mithyabdo nirvacanyatvacana , il termine mithy lenunciazione dellindescrivibilit (STR, SUBRAHMAYA, [ED.], 1992: 42-43). Proprio per questo PP, parafrasando il senso della parola anirvacanya, afferma che la falsit (mithytva) sadasadanadhikaraatva, definizione infine presentata e difesa da MS come: sadasadanadhikaraatvam anirvacyatva mithytvam , La falsit lindescrivibilit la cui forma limpossibilit di essere il supporto tanto dellessere quanto del non essere Abbiamo gi ricordato che MS (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 50-51) stesso fissa la definizione di assolutamente reale (sat) e di assolutamente irreale (asat) rispettivamente in triklbdhyatva sattvam , La realt lessere impossibile da contraddire nei tre tempi e kvacid apy updhau sattvena pratyamnattvnadhikaraatvam asattvam , ... Lirrealt il non essere supporto della possibilit di essere colto come esistente in un qualsiasi sostrato La nozione di falsit, come intesa dalla prima definizione, dunque il classico distanziarsi dalle due estremit di assoluta verit e assoluta irrealt, per porsi in modo differente da entrambi, per cui impossibile da esprimere (GUPTA, S., 1966: 25-26). La seconda definizione (dvityamithytva) senza dubbio la pi complessa ed da noi stata discussa in altra sede (PELLEGRINI, [forthcoming]), per la proponiamo comunque in modo riassuntivo, senza entrare nei complessi tecnicismi del dibattito. La definizione presa dal Pacapdikvivaraa di Praktman (STR, SUBRAHMAYA, [ED.], 1992: 106-107):158 pratipannopdhau traiklikaniedhapratiyogitva mithytvam , La falsit lessere il contro-positivo dellassenza nei tre tempi di unentit sullo [stesso] fondamento (updhi)159
Il NyS (V.2.1) pone allundicesimo posto tra i punti di sconfitta (nigrahasthna) il punarukta. Due aforismi successivi (V.2.14-15) affermano che il difetto non si ha solo quando si usa la medesima parola, bens anche usando differenti parole quando il concetto espresso sia lo stesso (PRETS, 2004: 440-441). 158 Il testo di Praktman scorre cos: pratipannopdhav abhvapratiyogitvam eva mithytvam nma. tac ca bdhakajne rajata pratipnnopdhv abhvapratity vabhsata iti pratyakam ity ha ten ahi tasyeti. bdhakajnasiddhasya pratpannopdhv abhvapratiyogitvalakaasya mithytvasya puna svaabdena parmarc ca mithytvam ity ha neda rajata mithyaiveti 159 Il termine updhi qui usato nel senso di fondamento, sostrato, supporto, locus, quindi in modo del tutto unico. Questo utilizzo sembra comunque essere recepito senza sorprese dagli Advaitin, che non sentono il bisogno di spiegarlo, fino al difficile su-commento Vihale alla glossa dellAS conosciuta come Laghucandrik. La derivazione
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in cui [essa] percepita (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 94). Il messaggio che MS, e prima di lui Praktman vogliono trasmettere che un qualcosa considerato mithy, falso se fosse colto nel medesimo luogo in cui, in seguito, si coglie anche la sua assoluta assenza (atyantbhva).160 Nellesempio dellargento sulla madreperla largento (rajata) il contropositivo (pratiyogin)161 della sua stessa assenza (abhva), ossia loggetto della propria mancanza che si apprende proprio sulla madreperla (ukti), dove lo si era precedentemente colto (pratipanna).162 Similmente, per gli Advaitin, la stessa definizione si applica anche al mondo: la costante assenza delluniverso predicata sullo stesso brahman che funge da fondamento delluniverso stesso, come testimonia il passaggio upaniadico (BU IV.4.19, KaU II.1.11) neha nnsti kicana , ivi non vi alcuna molteplicit La terza definizione di falsit (ttyamithytva) ancora opera del vivaracrya Praktman (STR, SUBRAHMAYA, [ED.], 1992: 244)163 e si ritrova comunque in molti altri autori dellAdvaita,164 poich la definizione pi immediatamente proponibile di falsit (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 160): jnanivartyatva v mithytvam , Oppure, la falsit la propriet di essere contraddetto dalla conoscenza (GUPTA, S., 1966: 29-31). La quarta definizione (caturthamithytva),165 creata da Citsukha (YOGNDRNANDA, [ED.], 1985 [1974]: 69-68), presentata da MS (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 182) come: svrayanihtyantbhvapratiyogitva v mithytvam , Oppure, la falsit lessere il contro-positivo della costante assenza che risiede nello stesso locus [dellente presentato] 166
proposta : upa sampe dhyate sminn ity updhir iti Il prefisso upa interpretato come vicino, o meglio sopra, mentre laltro prefisso che si frappone, , pu essere interpretato come samantt, a veicolare un senso di interezza e completezza, mentre la radice dh significa porre, mettere, per cui il senso che si tratta di ci sul quale si pone qualcosa (PELLEGRINI, [forthcoming]). 160 La mancanza o assenza costante (atyantbhva) definita, tra gli altri, dal TS (ATHALYE, [ED.], 1988 [1897]: 62) come: traiklikasasargvacchinnapratiyogitko tyantbhva , Lassenza costante [quellassenza] il cui contro-positivo delimitato da una relazione con il triplice tempo , che in termini differenti dal tecnicismo del Navya Nyya significa unassenza il cui oggetto non mai presente. 161 Il termine pratiyogin, che come la maggior parte degli indologi fa, traduciamo come contro-positivo un concetto estraneo alla logica aristotelica e successiva. Rappresenta loggetto di una mancanza, ossia ci che non c. la definizione pi immediata : yasybhva tat pratiyogi. 162 Con la parola pratipanna colto, percepito lautore vuole enfatizzare il fatto che lente illusorio ha comunque un certo grado di realt, quella apparente, o addirittura quella empirica, ma lungi dalla categoria di elementi assolutamente irreali (tuccha), i quali non possono mai essere colti o percepiti. 163 Praktman scrive: purukky anarthanivttiviayatvd anarthasyaivvidytvena jnanivartyatva vaktavyam 164 La definizione rassomiglia da vicino alla definizione di Citsukha di ajna e a una successiva affermazione (YOGNDRNANDA, [ED.], 1985 [1974]: 97, 102): anditve sati bhvarpa vijnanirasyam ajnam iti lakaam iha vivakitam jnanivartye myabdaprayogadarant 165 Se ne veda anche la discussione nel VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 239-240): mithytva ca svrayatvenbhimatayvannihtyantbhvapratiyogitvam. abhimatapadam asabhavavraya, yvatpadam arthntaravraya 166 Sostanzialmente questa definizione quasi identica alla seconda, per cui, per non incorrere nel difetto della ripetizione, MS propone unemendazione differenziando le parti del qualificante (vieaa) e del qualificato (vieya)

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La paternit della quinta e ultima definizione (pacamamithytva) di falsit, va ascritta ad nandabodha Bharaka nella sua Nyyadpval (UDASEEN, B. R., [ED.], 1901: 1).167 MS (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 195) per, adatta il testo alla sua sensibilit, fino a giungere a questa definizione: sadviviktatva v mithytvam , Oppure, la falsit lessere distinti dalla vero (GUPTA, S., 1966: 32-33).

III.6: K HYTIVDA

E SOGNO

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Nel paragrafo precedente abbiamo posto le premesse per una trattazione, per quanto possibile, soddisfacente sulla teoria dellerrore. Questo sguardo dinsieme vaglier in primis e come punto di partenza la cosiddetta teoria dellerrore propria dellAdvaita Vednta che, anche rispetto al sogno (svapna),169 scruta la problematica con un atteggiamento inconfondibile, strettamente coerente con i propri assiomi costitutivi. La conoscenza, sebbene nel suo aspetto assoluto sia pura (uddha), nel mondo fenomenico e in determinate circostanze pu anche proporsi erroneamente (apram) tradendo la realt (ayathrtha/mithypratyaya). Questa situazione si palesa nei classici esempi della serpe sulla fune, dellargento sulla madreperla, dei sogni, quando alla vtti dellorgano interno si sostituisce un altro genere di vtti propria della nescienza (avidyvtti), che sorge quando lignoranza vela il s, mutandosi in una molteplicit di trasformazioni (GUPTA, B., 1998: 57-60). Lerrore percettivo (bhrama) e la sua successiva contraddizione (bdha/niedha) si situano in questo contesto, che la letteratura classica dei darana variamente interpreta, indicandolo come khytivda. Per T. M. P. Mahadevan (2004 [1938]: 69) il sorgere dellerrore percettivo (bhrama) e della sua successiva contraddizione (niedha), spiegato differentemente dalle varie scuole
della definizione, per arrivare a questo significato (AS, STR, A. K., [ED.], 1997 [1937]: 182-183): svtyantbhvdhikaraa eva pratyamnattvam , [la falsit ] la propriet di poter essere colto proprio nello stesso sostrato della propria assenza costante Rimandiamo ancora al paragrafo smk del nostro lavoro in via di pubblicazione per nel Journal of Indian Philosophy (PELLEGRINI [forthcoming]). 167 Il testo riporta: satyavivekasya mithybhvasya sdhyatvn nprasiddhavieaat, npasiddhnto pi, satyam abdhyam, bdhy mithyeti tadviveka 168 Questa ricostruzione prende le mosse da un nostro articolo apparso nel secondo volume dei Quaderni di Studi Indo-mediterranei (2009: 71-89), in un volume monografico interamente dedicato al sogno: Sogni e visioni nel mondo indo-mediterraneo. 169 Visto che la nostra breve analisi si baser soprattutto sul VP, ricordiamo la definizione che Dharmarja (VP, DVIVED, P. N., 2000: 415) fornisce della condizione di sogno: indriyjanyaviayagocarparokntakaraavttyavasth svapnvasth , La condizione di sogno quella condizione in cui una modificazione dellorgano interno coglie immediatamente un oggetto senza lausilio dei sensi La glossa Maiprabh precisa che indriyjanya, significa gantukadoajanya, nato da un difetto avventizio, nel caso del sogno il difetto il sonno (nidrdoa).

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di pensiero. Egli per le cinque principali modalit suggerisce una preliminare suddivisione in due classi. Da una parte si raggruppano le teorie secondo le quali il prodotto della percezione erronea un mero nihil, lasatkhyti, il cui unico esempio il punto di vista Mdhyamika. Dallaltro lato della barricata abbiamo tre satkhyti, ovvero concezioni secondo cui il risultato di bhrnti reale. Esse sono rappresentate dalla tmakhyti degli Yogcra, lakhyti della Prbhkara Mms e lanyathkhyti del Nyya, o altrimenti la vipartakhyti dei Bha Mmsaka. In verit, per noi la suddivisione dovrebbe riconoscere tre classi, in quanto lanirvcanyakhyti degli Advaitin si discosta sia dal giudizio conforme a sat, sia a quello asat. Lentit cos carpita possiede un livello ontologico di realt perdurante tanto quanto la sua cognizione, impossibile da predicarsi entro le parentesi di sat e asat, pertanto un quid indefinibile (sadasadvilakanirvcanya). Ogni punto di vista, ha una condotta dibattimentale comune: lascia che gli oppositori si annullino tra loro, mettendo in evidenza le reciproche incongruenze e impossibilit, per poi, infine, sventolare la bandiera di vittoria su degli avversari oramai ridotti ai minimi termini. Cos, a seconda dellorizzonte dottrinale del testo che ci troviamo ad affrontare, una khyti prevarr sulle altre quattro (PELLEGRINI, 2009: 74-75). Innanzitutto, si deve introdurre la problematica applicandola (samanvaya) allesempio classico con il quale queste teorie sono chiarite. Esso pu riguardare indistintamente la percezione dellargento sulla madre perla (uktirpya) o della serpe sulla corda (sarparajju). In un primo momento, chiunque si trovi in particolari condizioni, pu scambiare un ente per un altro e considerarlo tale finch non intervenga una conoscenza contraria a negare il primo giudizio. Tali condizioni sono svariate: un difetto sensoriale (indriyadoa), una qualit propria delloggetto percepito comune a un altro oggetto (sdydiprameyadoa), oppure delle tendenze, o meglio, dei residui psichici latenti (saskrdipramtgatadoa), quali possono essere il desiderio o la paura per esempio. In un secondo momento, percepiamo quellentit come qualcosa di diverso da quanto in verit e, di conseguenza, abbiamo delle reazioni. A seconda di quelle reazioni e del contesto in cui ci si trova, il primo giudizio erroneo pu mutare grazie alla cognizione della vera natura delloggetto che sta dinnanzi a noi (purovarttin). Per chiarire quanto teorizzato, riportiamo questi dati adattandoli allesempio pi usato nei testi: la madreperla (ukti) scambiata per argento (rajata). Un uomo giunge in una stanza nella penombra (ardhndhakra), vede in lontananza (drastha) qualcosa che luccica (ckacikydi), tuttavia il suo senso della vista (cakurindriya) non riesce a determinare con esattezza lentit delloggetto. Questo sfolgorio delloggetto 268

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che gli si para dinnanzi, risveglia (udbhva) in lui delle impressioni latenti (vsan/saskra) di un qualche oggetto che possiede le medesime caratteristiche (ekadeasdya), che lindividuo ha visto precedentemente (prvada). Questo risveglio si accompagna a delle tendenze intrinseche e innate (rgata prpta) presenti nella sua mente, quali il desiderio di ricchezza o la bramosia o quantaltro dello stesso genere (kmdi). Tutti questi fattori determinano in lui la nascita dellidea che quelloggetto sia argento, che egli desidera e ha visto, in precedenza, in un mercato (paastha). Cos egli determina: ida rajatam, questo argento. Questa cognizione, sebbene sia erronea, lo conduce a unazione (pravtti) conforme a quanto ha colto: egli vuole impossessarvi dellargento e va verso di esso per raccoglierlo (visavdipravtti). Quando poi lo solleva, si accorge che loggetto non era quanto si era prefigurato, bens un oggetto privo di valore, con solo qualche caratteristica in comune con largento. Egli ha raccolto, infatti, un pezzo di madreperla (ukti) e, resosi conto della beffa, esclama: neda rajatam, iya ukti, questo non argento, questa madreperla, contraddicendo il giudizio precedente (bdhakajna) (PELLEGRINI, 2009: 75).170 Sulle cause, sulla natura e le dinamiche di questo errore percettivo (bhrama/bhrnti), si leggono le dispute (vipratipatti) pi appassionanti tra le varie scuole. Questo dibattito permette di dare nuovo combustibile alla speculazione sulla teoria dell'errore e, per questa ragione, lerrore percettivo (bhrama) e la sua contraddizione (bdha) si situano in un contesto imprescindibile per la letteratura dei darana, che noto con lappellativo di khytivda.171 Cinque sono le principali e pi antiche teorie dellerrore nella filosofia classica indiana: asatkhyti, tmakhyti, akhyti, anyathkhyti e anirvacanyakhyti.172
Proprio in questo punto si ha la convergenza del sogno nei cosiddetti kevalaskibhsyapadrtha, ed per questa stessa ragione che come esempio dellillusoriet delluniverso potremmo trovare persino il sogno il quale ingannevole per definizione. 171 Il termine khyti indica in generale fama, reputazione. Tuttavia si usa solitamente col significato di conoscenza, come testimoniato dal iuplavadha (IV.55) di Magha, dove il termine khyti glossato da Mallintha come ... khyti jna .... Nonostante ci, nellambito specifico a cui faccio riferimento, sembra assumere la valenza particolare di errore percettivo (DUQUETTE RAMASUBRAMANIAN, 2009: 333). Ricordo che quelle elencate nel testo sono le cinque khyti classiche. A queste molte altre vengono aggiunte: la sadkhyti dei Jaina, o la yathrthakhyti dei Viidvaitin, la sadasadkhyti dei Skhya, come pure la Abhinavnyathkhyti dei Mdhva. Si vedano gli articoli di M. Hiriyanna apparsi come i primi sei capitoli di Indian Philosphical Studies I & II (2001 [1957]: 1-64) tra i quali ricordiamo degli studi specifici sulla teoria dellerrore nel Nyya (18-24), nella Mms (31-38), nel Skhya (25-30) e nel punto di vista di Rmnuja (53-64). 172 Vi sono un paio di famosi versi sanscriti, di cui non si traccia mai la provenienza che riassume cos le cinque teorie dellerrore (khytivda) pi conosciute: tmakhytir asatkhytir akhyti khytir anyath/ tathnirvacanakhytir ity etat khytipacakam// yogcr mdhyamiks tath mmsak api/ naiyyik myina ca paca khyt kramj jagu// Nonostante lappartenenza dei due versi sia sconosciuta, il primo emistichio corrisponde precisamente al primo emistichio del primo verso di un testo fondamentale per lo studio dellerrore percettivo, il Vibhramaviveka di Maana Mira: tmakhytir asatkhytir akhyti khytir anyath/ parkak vibhrntau vivdt s vivicyate// 1 // Il testo stato edito da un unico manoscritto nel lontano 1932, anche se ad oggi il lavoro di gran lunga pi valido sullargomento e sul testo rimane quello di Lambert Schmithausen: Maanamiras Vibhramaviveka, con uno studio
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Cominciamo ora la nostra breve carrellata con la pi estrema delle khyti: lasatkhyti dei Mdhyamika. Secondo costoro, ogni cosa (sarva) vuota (nya), irreale (asat), priva di una natura propria (nisvabhava). Se luniverso privo di realt, lo stesso deve intendersi per lerrore percettivo, il quale si palesa come unennesima falsa e vuota cognizione di unentit anchessa asat (RAO, S., 1998: 49-53). Secondo costoro, lillusione, lapprendimento di unentit irreale, come se fosse reale. I Mdhyamika si spingono oltre nella loro trattazione, sottolineando il fatto che pure largento che sta nel negozio dellorafo, come ogni altro ente, in verit vuoto di realt. Il termine asat si riferisce a ogni genere di cognizione. Esclamando ida rajatam, si presentano due differenti entit: lidamaa, che la parte indicata nella frase dal termine questo e che coglie direttamente loggetto posto di fronte (purovartittva), e una seconda entit, appunto loggetto di cui si falsamente avuta conoscenza (ropya). Entrambe queste parti largento e la madreperla -, nonch la relazione (sabandha) tra la madre perla e il falso argento, sono irreali (asat) e non sono altro che una mera concettualizzazione (kalpan) (BHATT, G. P., 1962: 101-102). Lillusione, come ogni altra cognizione apparentemente valida, pu aversi anche senza bisogno di un sostrato fondante (adhihna), come accade nel caso del keoraka.173 Essa consiste nel fatto che lasat viene erroneamente percepito come sat (KAR, 1990: 87-88). Si pu ben capire che, se persino loggetto che funge da sostrato a bhrama considerato asat, allora la conoscenza sorta durante un sogno non pu di certo essere uneccezione. Anche Ngrjuna stesso nelle MaK (VII.34) equipara il sogno allillusione (my), a una costruzione mentale senza supporto (gandharvanagara).174 Tuttavia, per lo scopo di questa riflessione la visione di ntarakita (725-788 d. C.) di certo pi utile ed esaustiva. In effetti, il noto autore del Tattvasagraha (TaS) scrive che la conoscenza sorta durante lo stato onirico una conoscenza mentale, la quale per nascere non richiede lausilio dei sensi, bens causata da una conoscenza precedente (prvabuddhi), ossia una conoscenza propria dello
sullevoluzione della teoria indiana dellerrore percettivo (Mit einer studie zur Entwicklung der Indichen Irrtumslehre), pubblicato a Vienna nel 1965 per i tipi dellAccademia delle Scienze Austriaca (Kommissionsverlag der sterreichischen Akademie der Wissenschaften). 173 Il keoraka o keouka anchesso un esempio di errore percettivo. Il termine significa letteralmente nodo di capelli e indica quelle apparizioni indecifrabili e scomposte che sintravedono mentre gli occhi sono chiusi (MAHADEVAN, T. M. P, 2006: 92). Il termine viene riportato da Vasubandhu nella Viatika (1) (TABER, 1994: 29). Oltre a ci anche Bhasarvaja nel suo auto commento al Nyyasra, il Nyyabhaa (YOGNDRNANDA, [ED.] 1968:), lo nomina in connessione al sogno: keoukakajne pi avidymna keasamha sadkratay pratibhti , Anche rispetto alla cognizione del ciuffo di capelli, ove il nodo di capelli anche se non presente appare come fosse reale Anche il Tattvadpana, glossa del Pacapdikvivaraa (STR, SUBRAHMANYA, [ED.] 1992: 103) chiarisce di cosa si tratta: hastena nayanasamrjana keorakdibhramanimittam , lo sfregare ben bene locchio con la mano causa dellallucinazione del ciuffo di capelli o quantaltro 174 MaK VII.34: yath my yath svapno gandharvanagara yath/ tathotpdastath sthna tath bhaga udhtam//, Come unillusione, come un sogno, come un castello in aria, allo stesso modo esemplificata la produzione, cos il perdurare e cos la distruzione.

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stato di veglia, che diviene la causa materiale (updnakraa) della svpnajna.175 Questa cognizione, per non veridica, anche se non la si pu valutare come assolutamente erronea, in quanto la sua causa materiale una conoscenza prodotta da un oggetto esistente (LAYEK, 1990: 80-83). La seconda khyti ltmakhyti, dei buddhisti idealisti (vijnavda) Yogcra.176 In accordo a questa scuola, il conoscitore (pramt) un flusso continuo didee subconscie indipendenti luna dallaltra e di natura istantanea (kaika). La coscienza (vijna) la sola realt metafisica. Per questo gli Yogcra spiegano lerrore percettivo in modo solipsistico, come mera esternalizzazione di unidea soggettiva. Nella fattispecie, nellesempio tradizionale uktirpya, la particolare cognizione dellargento si presenta come un oggetto esterno. Esso non assolutamente irreale, come mantengono gli nyavdin, bens ha realt solo come modo interiore. Lerrore avviene nel credere unentit esterna come avente realt ontologica propria. Nellillusione, pertanto, unidea istantanea riconosce s stessa come esterna (BHATT, G. P., 1962: 101-102; MAHADEVAN, T. M. P., 2006 [1938]: 75-76, 7780). Quando lindividuo raccoglie la madreperla, esclama neda rajatam, allora lunica cosa a essere negata lessere questo (idat), ossia lesteriorit dellargento, non largento di per s, che rimane interiormente plausibile (BALASUBRAMANIAN, R., 1976: 82-88). In ogni modo, la trattazione del sogno e della conoscenza onirica da parte degli Yogcra sembra in qualche modo differire dalla loro forma di khyti. Infatti, lo stesso nel commento allaforisma vaidharmyc ca na svapndivat (BS II.2.29), aveva fatto notare che lidea dei Vijnavdin riflette unassoluta equivalenza tra veglia e sogno, come testimoniato da Dharmapala, commentatore delllambanapark di Dinga (VI sec.). Secondo questi la conoscenza onirica pu essere addotta a provare che persino la coscienza non ha un supporto effettivo nel mondo esteriore e, proprio alla stregua di svpnajna, priva di un oggetto esistente allesterno (LAYEK, 1990: 81-82). Comunque, Dharmakrti, nel suo Pramavrtika osserva che la conoscenza avvenuta nel sogno non associata a un oggetto vero e proprio, per cui la cognizione derivante non pu di certo dirsi valida.177
svatantr mnas buddhicakurdyanapekat/ svopdnabalenaiva svapndviva varttate// 1929 //, Una cognizione mentale indipendente, poich non ha bisogno della vista e degli altri sensi. Essa dipende solamente dalla propria causa materiale, proprio come [avviene] nel sogno (TaS, 2006 [1968]: 462). 176 Secondo Bijayanand Kar (1990: 69) anche Vaibhika e Sautrntika sono sostenitori della medesima khyti con delle piccole differenze, tuttavia la nostra analisi si focalizza sui Vijnavdin. 177 Il Pramavrtika (PV, II.15), che interpretiamo grazie al commento di Prajkaragupta, riporta: sarvajnrthavattvccet svapndvanyathekat/ ayukta na ca saskrnnldipratibhsata//. Dharmakrti presuppone una concomitanza invariabile (vypti): yadyajjna tattadarthavat, ci che conoscenza, tutto ci ha un oggetto, altrimenti espressa come sarva jna slambanam, ogni cognizione possiede un supporto. Secondo lui, per, questa vypti non funziona in questo caso, ovvero contraddetta (vyabhicarita), poich considerandola valida cadrebbe ogni differenziazione (vibhga) tra ci che correttamente percepito e ci che non
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Lakhyti sostenuta dalla scuola ritualistica della Prva Mms fondata da Prabhkara (VIII sec.). likantha (VIII-IX sec.), principale discepolo di Prabhkara, nella sua Prakaraapacik (III.1) sostiene: yathrtha sarvam eveha vijnam iti, Qui, in verit, ogni cognizione veritiera (PANDURANGI, K. T., 2004: 33). Secondo i seguaci di questa teoria, con akhyti sintende unassenza di conoscenza (jnbhva), in quanto impossibile che una cognizione carpisca un oggetto e contemporaneamente sia priva di validit. Lopinione di questi Mmsaka che unillusione non pu essere considerata una cognizione unitaria, piuttosto si tratta di un giudizio composito, nel quale intervengono per lo meno due distinte nozioni. Lerrore sta nella mancata comprensione dellindipendenza delle due cognizioni. Bhrama non un concetto negativo, unassenza (abhvtmaka); non la si deve considerare come uno sbaglio, bens alla stregua di unomissione. Vediamo lapplicazione in uktirpya. In quel caso la madreperla a trovarsi di fronte allindividuo, ma, siccome il solo argento a venir carpito, il vero contenuto (viaya) della cognizione non pu che essere questultimo. Nel giudizio ida rajatam, due sono le componenti costitutive: la prima comprende il questo (idamaa) ed una percezione diretta (pratyakajna). Il cakurindriya, raccolta linformazione idam, si ritrae. La seconda parte, relativa a rajatam, non riguarda pratyaka in quanto largento non presente, ma vi solo un ricordo (smaraamtra) di un argento visto altrove. Queste due cognizioni sono intrinsecamente yathrtha, per, a causa della confusione intervenuta tra la cognizione percettiva (anubhvtmaka) e quella mnemonica (smaratmaka) e per via del lapsus di memoria (smtipramoa) intercorso tra loggetto percepito, idam, e quello ricordato, rajata, avviene un oscuramento della idat, che risulta nel mancato riconoscimento della diversit tra le due cognizioni (vivekgraha) (BALASUBRAMANIAN, 1976: 39-57; POTTER, 1991 [1962]: 197-200).178 La cognizione di Prabhkara del sogno , per molti versi, congruente alla sua akhyti. Sempre secondo Prabhkara, in una cognizione onirica, ci che colto un oggetto esterno
tale (bhrntbhrnta). Se si dovesse argomentare che ogni conoscenza non pu che avere un fondamento dal quale scaturisce: sakalasya slambanatvt, allora, proprio per questo motivo, la conoscenza onirica (svpnajna), in quanto nirlamba non pu essere concepita come valida. In ogni modo, la conoscenza onirica, pur essendo priva di un certo supporto, comunque indicata come conoscenza o come cognizione, proprio come ogni cognizione prodotta durante lo stato di veglia, perch anche in essa vi la possibilit di cogliere un oggetto antistante: purovarttigrahaasya datvt tasya cnyatrpi datvt Resta comunque da tenere presente che, la cognizione onirica non pu nemmeno essere confusa con lerrore percettivo (viparyaya). In effetti, lerrore percettivo una cognizione e, perci, possiede un lambana, sebbene questo supporto e la cognizione che ne deriva mostrino differenti qualificazioni (prakra). Daltro canto, svpnajna nirlamba, per cui priva di supporto. In conclusione, secondo Prajkaragupta, Dharmakrti intende che la vypti iniziale inconcludente (anaikntika): tasmt svapndvanaikntikatvamanyath darant (YOGNDRNANDA, [ED.], 1991: 468-469). 178 In forza di questo bhedjna, questa teoria conosciuta anche come vivekkhyti (RAO, S., 1998: 95).

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percepito altrove nel passato e ricordato durante il sonno. Sebbene in quel momento loggetto non sia riconosciuto come contenuto di unesperienza precedente, tuttavia, grazie a un oscuramento della memoria (smtipramoa), esso appare come fosse colto in quel preciso istante. Per quanto concerne loggetto in s, la cognizione valida perch loggetto fu davvero percepito nel passato. La non validit della cognizione data dal mal interpretare quel ricordo come fosse una cognizione appena percepita. Tale confusione pare derivare solo dal sonno, per cui svpnajna non mendace di per s, ma la sua invalidit deriva da condizioni accessorie (SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 3: 123-124). Laltra grande scuola della Prva Mms, guidata da Kumrila Bhaa (VIII sec.) insieme ai realisti del Nyya-Vaieika, accettano la cosiddetta anyathkhyti o vipartakhyti.179 Solitamente si attribuisce lanyathkhyti al Nyya-Vaieika e la vipartakhyti ai Bha. Le due teorie sono pressoch identiche, siccome lidea di fondo che un oggetto esistente viene colto diversamente (anyath) o contrariamente (viparta), rispetto a com in realt (RAO, S., 1998: ).180 A ogni modo, oltre alla semplice denominazione, c qualche altra differenza tra i due sistemi. Kumrila non accetta luso del termine pratyaka in giudizi che riguardano linerenza (samavya) delluniversale (jti) essere argento (rajatatva) nellindividuo (vyakti) argento. Questo particolare conduce al fulcro della discussione tra le due dottrine, che riguarda appunto linerenza: i Naiyyika la accettano come categoria indipendente (padrtha) e come fondamentale tipologia di relazione (sabandha). I Bha, invece, rifiutano la definizione e lindipendenza stessa dellinerenza, postulando al suo posto ununit nella diversit (tdtmya) (POTTER, 1991 [1962]: 204-205, 210-211). Secondo il Nyya-Vaieika ogni cognizione sottost alla natura delloggetto colto (jeydhnajna). Quando i logici indagano sul carattere sulla natura dellargento sulla madreperla, asseriscono che loggetto che sta di fronte, il questo, ossia ukti, carpito mediante una normale percezione diretta (laukikasannikara). Daltro canto, la percezione dellargento frutto di unoperazione straordinaria (alaukikasannikara), di una particolare relazione esclusivamente notica (jnalakaasannikara),181 che si stabilisce tra i sensi e il
La terza scuola di Prva Mms ebbe come teorico Murri Mira (XI-XII sec.), vicino, comunque, al punto di vista dei Bha per quanto concerne la teoria dellerrore. Questa scuola ebbe particolare sviluppo, introducendo il concetto di un dio personale, in un sistema, che fino ad allora aveva sempre accantonato lidea. 180 Per un approfondimento sul tema della vipartakhyti si vedano i testi di Srinivasa Rao (1998: 59-85) e B. Kar (1990: 44-53). 181 Sappiamo che esistono tre tipi di percezione straordinaria (alaukikasanikara): smnyalakaapratysatti, jnalakaapratysatti e yogajapratysatti. I Naiyyika affermano che quando percepiamo un particolare oggetto, non percepiamo solo loggetto in quanto tale, ma anche luniversale (smnya) che in esso inerisce (samaveta). Per esempio, se si percepisce un vaso (ghaa), si coglie anche il ghaatva che in esso inerisce. Tuttavia, non vi un contatto diretto tra i sensi e ghaatva. Questultima propriet appresa in modo non immediato, ma per ricordo, solo quando si
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loro oggetto (ROODURMUN, 2002: 52-53).182 La caratteristica propria dellargento (rajatatva) che sta in un altro luogo, viene associata con idam, che sta dinnanzi. Ci conduce a esclamare: ida rajatam. Per i Naiyyika sia la madreperla, sia largento che si trova in un altro luogo, sono reali (sat). Lerrore nasce dal porre una relazione tra il purovarttin questo, con largento venduto nel negozio dellorafo (paastha). La frase neda rajatam, predica solamente che la relazione (sasarga) instaurata tra i due oggetti fasulla (BALASUBRAMANIAN, 1976: 59; MAHADEVAN, T. M. P., 2006 [1938]: 84-85). Udayancrya nella sua Kiraval affronta il problema. Secondo lui la percezione erronea propria della condizione di veglia e il sogno vanno distinti, in quanto la prima prodotta dai sensi vigili, mentre nel sogno i sensi sono dormienti e inattivi. Tuttavia egli ammette che le cognizioni oniriche sono percezioni illusorie, per il fatto che colgono oggetti non presenti in quel momento e in quel luogo. Anche lautore del Nyyakandal, rdhara, osserva che le cognizioni oniriche sorgono da vari fattori: disordini interni, impressioni latenti, mediante lintromissione di agenti alieni quali i meriti e le colpe. Esse sono puramente illusorie perch impongono una forma esteriore su unentit del tutto interiore. Comunque, in definitiva, lunico motivo per cui si pu differenziare svapna da bhrama, perch il primo accade durante il sonno, mentre il secondo fenomeno tipico della veglia.183 Il Nyya, ci pare, resta abbastanza chiaro nel distinguere lerrore percettivo dal sogno, in quanto questultimo ha per lo pi natura di ricordo. Per tale ragione lanyathkhyti non del tutto idonea per spiegare che tipo di illusoriet e invalidit si nasconde nel sogno. Infine gli Advaitin, fedeli allanirvacanyakhyti, considerano lerrore percettivo e
sar gi percepito almeno un vaso. Questo genere di contatto sensoriale straordinario si dice smnyalakaapratysatti (MATILAL, 1966: 290-291). La percezione yogica quella degli yogin che scorgono eventi ed enti oltre il dominio sensoriale e avviene solo grazie a pratiche di concentrazione e per via di meriti speciali (ada) (IBID.: 291). Infine, quella che ci interessa pi da vicino jnalakaapratysatti e che gli Advaitin rifiutano vigorosamente. Questo tipo di percezione fuori dal comune quando un tipo di cognizione d origine a unaltra cognizione di diversa entit. Per esempio, se vediamo da lontano, un pezzo di sandalo, immediatamente affermiamo anche che il sandalo profumato (surabhi candanam). Il profumo del sandalo, che si trova a distanza, non pu di certo essere percepito con la vista, ma solo con lolfatto; tuttavia troppo lontano perch lolfatto ci arrivi. Come si ha allora la percezione olfattiva del profumo? I logici spiegano ci mediante jnalakaapratysatti (GUPTA, B., 1995 [1991]: 161, n. 3; MATILAL, 1966: 288-289; SINHA, J. N., 2008 [1958], VOL. 1: 88). 182 Una cognizione che ha per oggetto la madreperla (ukti) ha come modo qualificante lessere madreperla (uktitvaprakraka), mentre una cognizione che ha per oggetto largento (rajata) rajatatvaprakraka: entrambe sono pram. Le propriet rajatatva e uktitva sono due caratteristiche generali (dharma) presenti rispettivamente in rajata e ukti, mediante uneterna relazione dinerenza (samavyasabandha). Per, quando si ha cognizione del rajata guardando ukti, il jna relativo alla madreperla sar rajatatvaprakraka. Si coglie di un oggetto (ukti), una modalit (prakra), che propria di un altro oggetto (rajata): questa una conoscenza erronea (apram). Secondo Kumrila ogni cognizione determinata da una caratteristica (dharma), che indica (bodhaka) una particolarit (viiat), che il Nyya chiama prakrat (RAO, S., 1998: 59-66). 183 yadyapi saskrapavddhtudodaddv samropitabhyasvarpa svapnapratyayo bhavannatasmistaditi bhvdviparyaya, tathpyavasthvieabhvitatvt pthagukta, (NyK, VYAS, [ED.], 1991: 122-123) e si veda Jadunath Sinha (2008 [1958], VOL. 3: 122-123).

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lillusione come pratibhsa, ovvero un quid n reale come brahman, n irreale (alka), come il figlio di una madre sterile (vandhyputra); perci bhrama indeterminabile (anirvacanya). Infatti, se la bhrnti fosse vera, non potrebbe essere contraddetta e se fosse totalmente irreale, non potrebbe essere percepita. Quindi uktirpya da considerarsi anirvacanya. Ivi la causa materiale (updnakraa) dellargento lignoranza (avidy) la quale, in virt della corrispondenza (tdtmya) tra effetto e causa (kryakraa) propria del Vednta non-duale, non pu che essere altrettanto indeterminabile (ROODURMUN, 2002: 114-115). Per cui, nel luogo in cui si esperisce la sovrapposizione (adhyropa) dellargento sulla madreperla, una causa materiale indeterminabile manifesta un oggetto indeterminabile su un sostrato (adhihna), legando la prima al secondo, con una relazione anchessa indeterminabile (RAO, S., 1998: 103-118). I non-dualisti, si spingono oltre: per loro anche ladhihna (la madreperla)184 dellargento illusorio indeterminabile, anche se questindeterminabilit differisce da quella dellargento (POTTER, 1991 [1962]: 222).185 Per esempio, largento dipende per la sua esistenza dalla madreperla, sulla quale proiettato. Se non vi fosse ukti, largento non potrebbe essere colto. Insomma, secondo gli Advaitin, la madreperla dotata di un livello di esistenza pi solido dellargento illusorio. Nel Vednta di , la realt (satt) propria delluniverso quella empirica (vyvahrika), mentre quella dellargento e degli altri oggetti nati da unesclusiva modalit di avidy, una realt ontologica illusoria (prtibhsika), riscontrabile solo fintanto che quelle entit vengono percepite (prattiklika). Gli oggetti visti in sogno, appartengono a questultimo livello, sono illusori, perch contraddetti dalla veglia (POTTER, 1991 [1962]: 166-167, 223). Come lesperienza onirica anche tutte le altre entit proprie del livello prtibhsika, godono di una certa realt finch non giunge una cognizione empirica (vyvahrika) capace di confutarle: nel caso del sogno sar il ridestarsi (prabodha), mentre per largento illusorio, sar il riconoscimento della madreperla. Sappiamo che gli oggetti che percepiamo durante lesperienza ordinaria di veglia sono
Qui scriviamo che il sostrato dellargento illusorio ukti. Tuttavia, per la precisione, il Vednta non-duale ammette un unico e solo adhihna, in quanto fondamento inalterabile su cui sorgono due tipi di illusione: bhrama e prapaca. Il vero sostrato di rajata, allora, caitanya limitato dalla madreperlit (uktitvvacchinnacaitanya). 185 Nel pratyakapariccheda del VP (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 133-173), Dharmarja Adhvarndra apre uninteressante parentesi sulla natura e le cause dellerrore percettivo. Secondo lautore, largento illusorio non nascerebbe dallinsieme di cause comuni, bens da unentit assolutamente distinta da esse (vilakaa). Colui che ha dei difetti visivi, quali la cataratta, pur vedendo di fronte a s una madreperla, a causa del luccichio di quella, nel suo organo interno (antakaraa) nasce una modificazione che riflette la coscienza limitata da idam. In seguito quella stessa vtti, come suo costume, fuoriesce e si unisce con caitanya limitato dal questo (idamavacchinnacaitanya) e a caitanya associato al soggetto conoscitore (pramtcaitanya). Allora, lignoranza primordiale, che ha qui aspetto di madreperla e che si fonda su caitanya associato alloggetto, diviene un tuttuno con caitanya associato al soggetto conoscitore che, unita ai difetti della vista e aiutata dalle vsan dellargento risvegliate dal luccichio, si muta in un oggetto che appare tale, generando una cognizione apparente di rajata (PELLEGRINI, 2009: 79, n. 16).
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dotati di una realt e durata differente rispetto agli oggetti della percezione erronea. Linadeguatezza temporale di bhrama sintomatica di una transitoriet pi profonda di quanto lo siano i comuni viaya, quali i vasi (ghadi), come rammenta Dharmarja (DVIVED, P. N., 2000: 171) apostrofando i logici:
tvanmate satyatvviee pi kecit kaikatva kecit sthyitvam ity atra yadeva niymaka tadeva svabhvaviedika mampi

... Anche secondo il tuo pensiero, sebbene [tutti gli oggetti] siano egualmente reali, tuttavia alcuni sono istantanei, altri duraturi, per cui qualunque sia il criterio [che tu assumi], quale la natura particolare [di un ente] o quantaltro, lo stesso vale per me ...

Seguendo questo tracciato, si riscontra che il VP (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 172-183) offre una trattazione tanto breve quanto interessante della teoria vedntica legata allesperienza onirica (FORT, 1987: 173-174). In apertura alla disamina Dharmarja afferma:
ghadyadhyse vidyaiva doatvena hetu uktirpydhyse tu kcdayo pi do. tath cgantukadoajanyatva prtibhsikatve prayojakam Per quanto riguarda la sovrapposizione del vaso e degli altri oggetti [empirici], la causa, in quanto difetto, di certo lignoranza, mentre per quanto riguarda la sovrapposizione dellargento [apparente] sulla madreperla, anche le distorsioni della vista come la cataratta (kca) e altre, sono [da considerarsi] difetti. Allora il sorgere da un difetto avventizio criterio [sufficiente] nella [determinazione] dellillusoriet

Subito di seguito la discussione si porta sul sogno (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 147): ata eva svapnopalabdharathdnm gantukanidradoajanyatvt prtibhsikatvam , Pertanto, poich anche i carri e gli altri oggetti [ricordati nellUpaniad] percepiti durante il sogno, sono sorti dal difetto avventizio del sonno, risultano illusori 186 Di seguito, lautore mette in bocca a un oppositore (prvapakin) Naiyyika una riserva, secondo la quale la percezione onirica un tipo di ricordo (MISHRA, U., 1929: 223-278;
Il testo fa riferimento al passaggio della BU (IV.3.9-10) nel quale si tratta la natura dellessere (purua) durante la condizione di sogno: ... atrya purua svaya jyotir bhavati, ... qui quell'essere luce di per s e na tatra rath na rathayog na panthno bhavantyatha rathn rathayogn patha sjate ..., L n vi sono carri, n animali aggiogati a essi, n strade, perci egli crea carri, animali aggiogati ai carri e le strade.... Si veda nuovamente (DUQUETTE RAMASUBRAMANIAN, 2009: 342-434). Nella prima parte del prossimo capitolo tratteremo il passo con dovizia di particolari.
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DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 147):


nanu svapnasthale prvnubhtarathde smaraamtraiva vyavahropapattau na

rathdisikalpana gauravditi cet [Obbiezione:] Per nella condizione di sogno, siccome di certo i carri e gli altri oggetti esperiti in precedenzasono solo un ricordo, possibile trattarli come empirici, perci lassunto della manifestazione di essi uninutile pesantezza?

La risposta di Dharmarja diretta e non si fa attendere (DVIVED, P. N., 2000: 147-149):


na, rathde smtimtrbhypagame ratha paymi svapne ratham adrkam itydy anubhavavirodhpatte. atha rathn rathayogn patha sjate [BU IV.3.10] iti rathdisipratipdakarutivirodhpatte ca. tasmc chuktirpyavat svapnopalabdharathdayo pi prtibhsik yvat prtibhsamavatihante [Risposta:] No, in quanto accettando la [natura di] solo ricordo per i carri e gli altri oggetti, sorgerebbe un problema di contrasto con le esperienze dirette quali io vedo un carro oppure, nel sogno io vidi un carro; nonch vi sarebbe una contraddizione col passaggio testuale che predica la manifestazione [onirica] dei carri, eccetera: E in seguito crea i carri, gli animali aggiogati a essi e le strade... (BU IV.3.10). Come largento sulla madreperla, quindi, anche i carri e tutti gli altri oggetti colti nel sogno sono illusori, ovvero rimangono finch sussiste lillusione 187

Il prvapakin obbietta (GUPTA, B. 1995 [1991]: 278-286; DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 177):
nanu svapne rathdyadhihnatayopalabhyamnadeavieasypi tadsannikatay

anirvacanyaprtibhsikadeo bhyupagantavyas tath cdhysa kutreti cet [Obbiezione:] Per nel sogno, poich il luogo particolare che si esperisce come sostrato dei carri e degli altri oggetti onirici, in quel momento non in contatto con i sensi, allora bisogner ammettere lesistenza di un luogo illusorio e indescrivibile. Allora, dove ha luogo la sovrapposizione [dei carri]?
187 Nel sub-commento intitolato Maiprabh, Amaradsa (XVIII sec.) chiarisce (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 175-176): nidrdoanivttikle pi svapne ratham adrkam ity eva prattir na tu rathdika smtv nityata uktapratyayavyavahrasya smtimtratvena nopapattir iti bhva , Quando persino il difetto del sonno si ritrae, la cognizione [residua] nel sogno vidi un carro, non di certo ho ricordato un carro e altri oggetti, pertanto non vi tenuta logica delluso comune di detta cognizione esclusivamente come ricordo. Questo il senso

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Il siddhntin, anche questa volta, non tarda a replicare (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 177181):
na, caitanyasya svayaprakasya rathdyadhinatvt. pratyamno hi rathdirasttyeva pratyata iti sadrpea prakamna caitanyam evdhihnam. deavieo pi cidadhyasta prtibhsika, rathdv indriyagrhyatvam api prtibhsika tad sarvendriym uparamt ... svpnagajdaya skanmyparim iti kecit antakaraadvr tatpariam ity anye [Risposta:] Non cos, poich il sostrato dei carri, eccetera la conoscenza auto-luminosa. In verit, cos vengono esperiti: i carri e quantaltro, colti [nel sogno], esistono e caitanya che si manifesta in forma di sat certamente il [loro] sostrato. Il luogo particolare, pure sovrapposto su caitanya, [perci] illusorio. In pi, anche la capacit di essere carpiti dai sensi, insita nei carri e negli altri oggetti, illusoria in quanto, in quella cognizione, tutti i sensi sono ritratti ... Tutti gli elefanti188 e gli altri enti propri del sogno sono un diretto reale mutamento di my, per alcuni. Per altri sono una trasformazione di my attraverso lorgano interno 189

MS (SB1, STR, T., [ED.] 1989 [1927]: 401-403) tratta la questione della causa del sogno, con toni analoghi a quanto osservato nel VP, per aggiungendo informazioni ulteriori:
tatra mana eva gajaturagdykrea vivartate avidyvtty ca jyate iti kecit. avidyaiva uktirajatdivat svapndyarthkrea pariate jyate cvidyvttyetyanye. ka paka reyn? uttara. avidyy eva sarvatrpy kvacin arthdhysajndhysopdnatvena nanu kptatvt tad manogatavsannimittatvena manapariamatvavyapadet. manasas

dykraparimnabhyupagame draritvasabhavena tmana svayajyotivsiddhir iti cet? na, bahirindriyavttyabhvena tadn manaso grhakatvt, tatsahakreaiva tasya grhakatvaniyamt.

In tutte le edizioni del testo finora esaminate troviamo un brusco cambiamento: prima si parlava di carri, ora di elefanti. Limportante comprendere che per lautore ratha e gaja, sono analoghi, in quanto illusorie manifestazioni oniriche. 189 Nel seguito di questa discussione Dharmarja introduce il punto di vista peculiare al VP stesso della distinzione tra nivtti e bdha, solitamente considerati sinonimi. Egli lo fa per rispondere a coloro che ritengono che sia uddhacaitanya il sostrato degli enti onirici, per cui, quando esso non fosse realizzato, ci risulterebbe nel proseguimento degli eventi e oggetti di sogno anche nella veglia. Allora Dharmarja afferma che la distruzione delleffetto di due tipi, qualche volta insieme alla causa materiale (updna) e questo si dice bdha annullamento e qualche altra leffetto distrutto e rimane per la sua causa materiale, allora ci troviamo di fronte a una nivtti ritrazione, cancellazione (DVIVED, P. N., [ED.], 2000: 182): nanu gajde uddhacaitanydhastatve idn tatsktkrbhvena jgarae pi svapnopalabdhagajdaya anuvarteran. ucyate. kryavino hi dvividha. kacid updnena saha, kacit tu vidyamne evopdne. dyo bdha, dvityas tu nivtti
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savttikntakaravacchinnasyaiva caitanyasya pramttvaniyamt tad ntakaraasattve pi pramtrabhva Secondo alcuni, in quella condizione la mente stessa assume la forma illusoria di elefanti, cavalli, eccetera ed conosciuta mediante una trasformazione dellignoranza. Secondo altri, invece, lignoranza stessa si muta nella forma di sogno e affini, come avviene per largento sulla madreperla ed conosciuta mediante una trasformazione della stessa ignoranza. Qual il punto di vista migliore? Il secondo, poich lignoranza concepita ovunque come la causa materiale della sovrapposizione degli oggetti [illusori] (athdhysa) e della sovrapposizione della cognizione [illusoria] (jndhysa);190 inoltre, in qualche occasione si predica il mutamento della mente [negli oggetti illusori], poich esso [= il mutamento] ha come causa efficiente le impressioni latenti che stanno nella mente. [Obbiezione:] Per, se in quella circostanza non si accetta il mutamento [nella condizione di sogno] in forma degli enti percepibili della mente, dunque, poich [essa] diviene losservatore, si giungerebbe allimpossibilit di provare lauto-luminosit del S?191 [Risposta:] Non cos, perch in quella situazione, per via della mancanza delle funzioni sensoriali, la mente non pu cogliere nulla. una regola precisa che la sua [= della mente] capacit di cogliere c solo grazie al loro [= della facolt sensoriali] aiuto; inoltre regola che caitanya assume la caratteristica di essere un soggetto conoscitore solo quando delimitato dallorgano interno provvisto delle sue modificazioni,192 per l [= nel sogno], pur essendo presente lorgano interno, non c [lanima individuale come] soggetto conoscitore (pramt)

In conclusione a queste considerazioni, proponiamo alcuni passaggi ancora del SB (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 400-416) in concomitanza del commento allottavo loka del Daalok di che, immediatamente prima di quanto proposto qui sopra, definiscono la condizione di sogno (svapnvasth) distinguendola dal sogno (svapna). Luna la condizione in cui si penetra addormentandosi quando si liberi dallidentificazione con il corpo grossolano e dallanima individuale come Viva, come anche dallattivit sensoriale. Il sogno invece la fruizione degli oggetti onirici stessi, prodotti dalle impressioni latenti nella condizione di sogno:
Per una breve, ma sistematica, analisi del sogno come esempio di adhysa, rimandiamo a R. K. Triph (1996: 425-427). 191 Ci conduce a due differenti errori. La contraddizione o, peggio, lerrore della ruti (BU IV.3.9) conduce in essa la mancanza di autorevolezza (aprmypatti), nonch gli Advaitin ottengono un risultato opposto rispetto a quello per cui si erano messi a dibattere (arthntara), ossia provare mediante il sogno la non auto-luminosit del S. 192 Ricordiamo solo una sottile differenza, ossia che il skin, conoscitivamente attivo durante il sogno definito come avidyvacchinnacaitanyam, caitanya delimitato dallignoranza, mentre il jva, che il pramt della condizione di veglia definito antakaravacchinnacaitanyam, caitanya delimitato dallorgano interno.
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eva jgradbhogajanakakarmakaye svpnabhogajanakakarmodaye ca sati nidrkhyay tmasy vtty sthladehbhimne drkte sarvendriyeu devatnugrahbhvd193 nirvypratay lneu vivo pi lna ity ucyate, tad ca svpnvasth. tatrntakaraagatavsannimitta indriyavttyabhvaklno rthopalabha svapna Cos, quando sannulla lattivit che produce la fruizione durante la veglia e sorge lattivit che genera la fruizione onirica, avendo allontanato lidentificazione con il corpo grossolano mediante una vtti dominata dal tamas che si chiama sonno e quando poi tutte le facolt sensoriali, per la mancanza della grazia delle divinit poich prive di funzione, si ritraggono e anche Viva si ritrae, allora si ha quella si dice la condizione di sogno. In questa [condizione] poi il sogno la percezione degli oggetti la cui causa sono le impressioni latenti che stanno nellorgano interno, al momento in cui non vi lattivit dei sensi

Il sogno evidentemente un esempio dillusione, una sovrapposizione e come tale ha bisogno di un sostrato, un locus, un fondamento vero su cui poggiare, poich non vi illusione o errore percettivo che non poggi su un adhihna il cui grado di realt sia superiore a quello dellente sovrapposto. Secondo gli esponenti della scuola non-dualista del Vivaraa, ai quali spesso Dharmarja si rif, il sostrato su cui si sviluppano lesperienza onirica e lerrore percettivo caitanya come testimone (skicaitanya) (GUPTA, B., 1995 [1991]: 298). Durante il sogno non sono presenti n, come si diceva, le facolt sensoriali, n i loro oggetti (viaya), ciononostante svapna non un ricordo, giacch ogni oggetto colto immediatamente. Tuttavia, il soggetto conoscitore proprio del mondo di veglia (viva) differente dal soggetto che percepisce il mondo del sogno (taijasa).194 Ognuno dei due pramt condizionato nelle proprie cognizioni da difetti avventizi (gantuka) e dalle impressioni latenti accumulate nel suo stato di coscienza (FORT, 1987: 173-174). Vediamo cosa dice di nuovo il SB a questo proposito (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 403-406, 412, 416):
kim adhihna svapndhysasya? mano vacchinna jvacaitanyam ity eke.

mljnvacchinna brahmacaitanyam ity apare. ki reya? matabhedenobhayam api. tath hi jgradbodhena svapnabhramanivttyabhyupagamd adhihnajnd eva ca bhramanivtter

Il commento Nrya della Nyyaratnval scrive che senza la grazia delle divinit (devatnugrahbhva) significa che per un breve periodo viene meno lo stimolo che le rispettive divinit tutelari dei sensi inviano a essi: tattatdindriydhihtdevatprerabhvt (SB1, STR, T., [ED.] 1989 [1927]: 401). 194 Di valore anche la spiegazione del termine Taijasa da parte di MS (SB1, STR, T., [ED.] 1989 [1927]: 416): atra ca svpnikapadrthabhokt taijasa ity ucyate, pittkhyatejapradhnatvt. ditydijyotir antarepi bhsakatvd iti v , Ivi Taijasa si dice il fruitore degli enti onirici, poich [in esso] prevale il fulgore che chiamato bile, oppure perch ha la capacit di risplendere anche senza la luce del sole
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brahmacaitanyasya cdhihnatve sasraday tadbhnbhvd, jne v sarvadvaitanivtter na jgradbodht svapnanivtti syt. sa hi kart [BU IV.3.10] iti jvakarttvaruter kdiprapacavat sarvasdhraatvpatte ca, na mljnvacchinna brahmacaitanyam adhihnam. nanu jvacaitanyasynvtatvena sarvad bhsamnatvt katham adhihnatvam? satyam, tatrpi svapndhysnuklavyvahrikasaghtabhnavirodhyavasthjnbhyupagamt. svapnaday cha manuya ity diprttikasaghtntarabhnbhyupagamt. ayyy svapimi iti ayyntarabhnavat. bhnasmagryabhva ca tulya eva ... jvacaitanyam evdhinam iti pake na ko pi doa yad punar brahmajnd evjnanivttyabhyupamas tad rajjv daabhramea sarpabhramatirodhnavad adhinajnbhve pi jgradbhramea svapnabhramatirobhvopapatter brahmacaitanyam eva svapndhihnam iti pake pi na kacid doa. pratijva svapndhyssdhraya tu manogatavsannm asdhrayd eva tasmn na pakadvaye pi kpy anupapatti [Domanda:] Qual il fondamento della sovrapposizione del sogno? Alcuni dicono caitanya come anima individuale delimitata dalla mente. Altri, invece, caitanya, che il brahman delimitata dallignoranza primordiale. Qual il migliore? [Risposta:] Entrambi, a seconda della differenza delle opinioni. Infatti, cos.195 Poich, con la conoscenza della veglia, si accetta la ritrazione dellillusione del sogno e la fine dellerrore percettivo a causa della conoscenza del [suo] sostrato, allora se caitanya, che il brahman, fosse il fondamento, dacch nella situazione del divenire non lo si conosce e, se ve ne la conoscenza termina lintera dualit, allora [in tale circostanza], [al riemergere della] coscienza di veglia il sogno non terminerebbe. Inoltre, per via del passaggio scritturale [che afferma] lessere agente dellanima individuale Quello invero il creatore [degli enti onirici] , ci si troverebbe a fronteggiare il problema che [anche il contenuto onirico] diverrebbe comune a tutti come lo sviluppo fenomenico delletere e degli altri elementi,196 allora caitanya, che il brahman delimitato dallignoranza primordiale non il fondamento [del sogno]. [Obbiezione:]197 Per, dal momento che la consapevolezza dellanima individuale, essendo non ricoperta,198 costantemente manifesta, allora come pu

Ora MS scredita la seconda ipotesi in favore della prima. Si ricordi che il dibattito sta avvenendo allinterno della scuola Advaita. La cosa ricorda da vicino il dibattito tra Avacchedavdin e Pratibimbavdin su chi sia il fondamento dellignoranza. Si sa che per VM e lintero Avacchedavda il brahman, mentre per Praktman e i suoi seguaci del Pratibimbavda il jva. 196 Qui sintende dire che gli elementi (bhta) e il mondo forgiato da essi (bhautika) sono manifestazioni provenienti da vara e sono fruibili e percepibili da tutti gli esseri, perch sono comuni per tutti (sarvasdhraa). Ora abbiamo visto che il brahman, quando delimitato o condizionato dallignoranza primordiale, appunto vara. Se vara fosse anche il fondamento e il creatore degli enti onirici, essi sarebbero comuni a tutti gli esseri come lo sono gli enti empirici. Per questo certamente non avviene. 197 Lobbiezione viene dai sostenitori della prima ipotesi, ossia che il jva il sostrato del sogno. 198 Un primo punto per capire cosa sintende con anvtatvena che il jva tale perch empiricamente connesso per via di un indissolubile legame con lorgano interno. Abbiamo visto, inoltre, che nellaggregato psico-fisico il skin veglia costantemente. Si ricorder anche che allinizio si era parlato della manifestazione sottile e della quintuplicazione degli elementi. Le porzioni dominate dal sattva, puro e trasparente, degli elementi sottili sono le responsabili della produzione dellorgano interno. Pertanto, per il fatto di essere puro e trasparente (svaccha) lantakaraa non costituisce una vera e propria copertura (varaa) del jva. Per questo il jva, che
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essere il fondamento [dellillusione onirica]? [Risposta:] vero [quanto dici], per si accetta unignoranza condizionale che favorevole alla sovrapposizione del sogno ed contraria alla conoscenza del complesso empirico,199 poich [la cognizione] io sono un uomo nella condizione di sogno si ammette come conoscenza di un complesso differente [rispetto quello empirico della veglia] che apparente e anche Io dormo sul letto [tale cognizione onirica] come la conoscenza di un letto differente [rispetto a quello della veglia].200 La mancanza del complesso causale (smagr) per [arrivare alla] conoscenza davvero uguale [in entrambi i casi] ...
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Dunque caitanya, come anima individuale invero il fondamento [del sogno], in

questottica non vi alcun vizio. Quando,202 poi si accetta che leliminazione dellignoranza si ha solamente dalla conoscenza di brahman, allora, pur mancando la conoscenza del sostrato, al modo in cui si sostituisce lillusione del serpente sulla corda, con lillusione del bastone,203 perci anche possibile nascondere lillusione del sogno attraverso lillusione della veglia, dunque caitanya, che il brahman, [delimitato dallignoranza primordiale] il fondamento del sogno. Anche in questopzione non vi alcun difetto. Dunque, daltro canto, giacch vi invero una differenza delle impressioni latenti proprie della mente, per ogni anima individuale vi differenza anche nelle sovrapposizioni oniriche204 ... Ergo, non vi alcuna incongruenza in entrambe le alternative 205

antakaravacchinnacaitanya resta privo di copertura vera e propria da parte dellignoranza, che a livello del suo prodotto antakaraa trasparente e non sufficiente a ricoprire la natura conoscitiva del S, che resta vigile testimone di ogni cosa. Ivi, lanima individuale si dice che anvta. Per questo le Upaniad sostengono che solo mediante buddhi, la funzione pi pura dellorgano interno, quando essa sia resa penetrante e purificata dallupsan, si pu realizzare il brahman: manasaivnudraavyam (BU IV.4.19) e manasaivedam ptvyam (KaU II.1.11); questo ci che nel lessico tecnico Advaitin si dice vttivypyatva, cio la possibilit cogliere il brahman attraverso la sola vtti dellantakaraa. Daltro canto, la natura di conoscenza del brahman sempre ricoperta dallignoranza primordiale, per questo gli esseri non lo realizzano. Quindi, solo il brahman che ricoperto dallignoranza pu essere il fondamento dellillusione onirica. 199 In sogno esiste un particolare tipo dignoranza condizionale, cio legata a una condizione precisa, che il responsabile della proiezione onirica. Contemporaneamente, questignoranza impedisce che sorga una qualsiasi conoscenza empirica, cio legata alla veglia. Il senso qui che tale ignoranza propria del sogno differente dallignoranza relativa alla veglia, altrimenti non si potrebbe spiegare la differenza tra sogno e veglia. 200 La cognizione onirica Io dormo sul letto ha come contenuto un letto che differente dal letto su cui si dorme nella condizione di veglia. 201 Evitiamo di entrare troppo in profondit in questioni molto tecniche, che ci condurrebbero a esplorare campi che volevamo tenere fuori in questa sede. Non escluso che in futuro ci impegneremo in uno studio pi sistematico sullAdvaita Vednta post-akariano. 202 Da qui in poi la teoria difesa e discussa e la seconda, cio che brahmacaitanya il fondamento su cui si basa lillusione onirica. 203 Di solito lesempio classico quello del serpente sovrapposto alla corda. Ma possono darsi altri tipi di illusione sulla stessa corda, ognuno dei quali presenta dei punti di analogia con il fondamento, la corda stessa. Avremo dunque possibilit di scambiare la corda per un bastone, una riga dacqua, e molto ancora. Tutto dipende dal tipo di impressioni che si risvegliano nel soggetto conoscitore alla vista delloggetto empirico. 204 A questo punto, terminata lesposizione della seconda, sinserisce una terza alternativa, che sembra mediare tra le due. Talvolta negli stra si dice anche che caitanya, che il brahman, delimitato dalla mente il fondamento del sogno, poich in questo caso lignoranza condizionale in grado di espletare la sua funzione di copertura (varaka): manovacchinna brahmacaitanyam eva v dhihnam. etasmin pake vasth jnasyaivvarakatvgkrn na k py anupapatti. ata eva streu kvacit kvacit tath vyapadea 205 Uninteressante opposizione si leva (STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 413-416). Ma se il sostrato del sogno manovacchinnajvacaitanyam, allora perch non si ha la cognizione aha gaja (io sono un elefante) e non aya gaja (questo un elefante) in quanto lente sovrapposto, lelefante, e il suo sostrato, lio (aham), si presentano in

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cosa esperibile da ogni uomo che la percezione onirica, anche quando appare reale durante il sogno stesso, viene di certo contraddetta al risveglio. Lo svapna molto simile a smti, poich tutti e due scaturiscono dal risveglio dimpressioni latenti (saskra). Va notato per che il sogno appare pi dinamico e rappresentativo, mentre il ricordo riprende un episodio passato riconducendolo a unesperienza interna e limitata, la quale solamente presenta alla mente quanto gi accaduto. Problematiche affini a quelle a cui MS cerca di rispondere, sono anche argomento di riflessione per laltra grande opera di Vidyraya, il Vivaraaprameyasagraha (VPS, DVIVED, P. N., [ED.], 2005: 162-164). Il testo rappresenta una disamina su tutti gli argomenti pi importanti trattati nel Pacapdikvivaraa. Anche l, in varie sezioni, troviamo una trattazione interessante del sogno, che merita di essere riportata e commentata:
nanv astv eva mithyrajatajna bhrama. svapnapadrthajna tu na pramam, bdhitatvt. npi smti, aparokatvt. npi bhrama, tallakabhvt. bhramasya hi kraatritayasyajanyatva svarpalakaa jgarae paratra tahasthalakaam. parvabhsa ity na evarpa hi tatra tat svapne sti, paratrety dehd nidrkhyadoasydodbuddhasaskrasya ca sattve pi ttyasya saprayogasybhvt. npi sabhavati, antakaraasya uktasydhihnasybhvt. tatas tvatpake svapnapratyayasya k gatir iti. ucyate saprayogo hi bhyauktdamadigocarntakaraavttyutpdaka, bahirasvtantryt. svapne tu dehasyntar antakaraa svatantratvt svayam eva pravarttiyata iti nsti saprayogpek. tato jgarae svapne py antakaraavttir eva ttya kraam. adhihnam api sarvatra vttyavacchinna caitanyam eva. uktdamadisaprayogasyaiva

posizione omogenea (smndhikaraya), cio con lo stesso caso grammaticale, entrambi al nominativo, proprio come accade nella circostanza dellargento sulla madreperla: ida rajatam. Anche qui entrambi i componenti sono al nominativo, dove idam il sostrato mentre rajatam loggetto sovrapposto (adhyasta). La risposta molto tecnica. La cognizione aha gaja non si da perch il senso dellio (ahakra), come la madreperla, il limitatore, il qualificante del fondamento (adhihnvacchedaka) della percezione onirica. Allora, per la ragione per cui non si ha unillusione ukt rajatam (la madreperla argento) non si ha una cognizione onirica che sia aha gaja (io sono un elefante), in quanto la cognizione dellio, come la cognizione della madreperla, sono entrambe contrarie e capaci di annullare ogni illusione. Nellerrore percettivo dellargento sulla madreperla, idam non si oppone allapparizione dellargento illusorio. Nel sogno, poi, tanto la cognizione di ayam, come quella di gaja sono entrambe sovrapposte, immaginate (kalpita = adhyasta), poich in quella circostanza non vi alcun ente che soddisfi la stessa funzione di idam nellerrore percettivo di veglia. Infatti, ambedue sono negate al risveglio, mentre ci che rimane il fondamento di caitanya. Durante la veglia, invece, si vede che la cognizione erronea ida rajatam differente da quella valida iya ukti. Il Sa (I.36) afferma chiaramente che adhyastam eva hi parisphurati bhrameu ..., Difatti, nelle illusioni appare esclusivamente loggetto sovrapposto Certo che sebbene nellillusione la parte idam della madreperla comunque rivelata (uktdaaabhna), tuttavia la realt della porzione idam (idaaasatyatvam) non la condizione essenziale (na prayojakam adhyse) per la produzione dellillusione, bens la condizione che vi sia un sostrato reale (adhihnasatyatva). Nellesempio delargento sulla madreperla il vero sostrato non la madreperla, idam, ma caitanya associato alla madreperla (ukticaitanya), che per ancora ignoto (ajtam). Nel sogno accade lo stesso (iva atra api) il sostrato (adhihna) la consapevolezza del testimone (skicaitanyam).

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janaka anyath nirviayasya saprayogasynutpatte, adhihnacaitanyvacchedakopdhitvt. tato yath jgarae saprayogajanyavttyabhivyakte uktdamavacchinne caitanye sthit vidy rajatkrea vivartate tath svapne pi dehasynatar antakaraavttau nidrdidoopaplutym abhivyakte vttyavacchinnacaitanye sthit vidy dodbodhitannviayasaskrasahit prapackrea vivarttatm ...

[Obbiezione] Che allora la conoscenza dellargento illusorio sia pure un siffatto errore percettivo,206 poi la conoscenza di un ente onirico non un valido mezzo di conoscenza, poich contraddetta,207 non neanche un ricordo, poich ha carattere dimmediatezza.208 Neppure un errore percettivo, perch in essa non si applica la sua [= dellerrore percettivo] definizione.209 La definizione secondaria dellerrore percettivo la caratteristica di essere generato dalla triplice causa:210 quella [definizione della percezione erronea] non si applica al sogno, in quanto pur essendoci il difetto chiamato sonno e limpressione latente risvegliata dalla potenza invisibile,211 manca il contatto sensoriale. Ivi, neppure una definizione essenziale di tal fatta Lapparenza di un ente su di un altro [ente] (paratra) possibile, infatti [nel sogno] assente il fondamento, espresso [dalla parola] paratra. Allora, secondo il tuo [= dellAdvaitin] punto di vista, qual la posizione della cognizione del sogno? [Risposta:] Si risponde che nella veglia il contatto determina la modificazione dellorgano interno che ha come oggetto la madreperla esteriore che [nella percezione erronea] la parte del questo (idam). Difatti, lorgano interno non indipendente al di fuori del corpo; nel sogno, invece, allinterno del corpo lorgano interno indipendente e si attiver da s, cos non c necessit

Qui il testo parte da un dubbio dellobbiettore che propone il taasthalakaa della conoscenza illusoria, quale apparenza (avabhsa) nata dalla concomitanza di tre concause: il contatto sensoriale (indriyasaprayoga), limpressione latente di un oggetto che si in precedenza esperito (prvnubhtasaskra) e il difetto avventizio (gantukadoa). Di seguito, esprime anche lo svarpalakaa della falsa conoscenza, la quale , per certi versi, analoga a quella proposta da nelladhysabhya (atasmin tadbuddhi): lapparenza di un certo ente su di un altro ente. Per il prvapakin entrambe le definizioni sono macchiate dal difetto della poca pervasione (avypti) ai danni della conoscenza propria dei sogni, poich nel sogno mancano sia il contatto sensoriale, sia il fondamento stesso per esso. Di contro, non si pu certo dire che la conoscenza onirica rivesta il ruolo di prama, infatti, in essa si applica la definizione della percezione erronea (bhrama). Pertanto il senso del dubbio espresso riguarda limbarazzo nel porre in un ambito ben definito la conoscenza onirica. 207 La contraddizione si ha, naturalmente, al risveglio, per cui la conoscenza di un ente nel sogno pecca di scarsa durata e insufficiente validit. 208 Il ricordo un tipo di conoscenza sorta dal risveglio dimpressioni latenti di un oggetto o evento che stato precedentemente esperito, per cui la percezione che si ha di un oggetto non presente, per questo mediata. Il sogno, invece, sebbene sia anchesso determinato dalle impressioni latenti lasciate dalla condizione di veglia, vede in s la percezione di oggetti presenti al momento del sogno, sebbene onirici e illusori. Per questo la natura di questatto percettivo immediata. 209 La definizione appunto kraatritayajanyatva bhramasya lakaam, che, in questa forma, esprime solo laspetto secondario del definiendum (lakya). Il VP/MP/M (DVIVED, P. N, [ED.], 2000: 371) fornisce la definizione del taasthalakaa: taasthalakaa nma yval lakyaklam anavasthitatve sati yadvyvarttaka tad eva., Si dice definizione periferica proprio quella [definizione] che pur non sussistendo per tutta la durata della [permanenza] del definiendum ci che diversifica [da un altro ente]. 210 Rimandiamo alla nota 206 di qui sopra. 211 Il potere invisibile lada, ovvero linsieme delle attivit ingiunte dal Veda i cui frutti sono fausti (dharma) e lagire contrariamente ai precetti vedici, che produce effetti infausti e demerito (adharma).
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di contatto. Da ci [si evince] che la modificazione dellorgano interno la terza causa [di conoscenza] sia durante la veglia, sia pure durante il sogno.212 Anche il fondamento ovunque [nella veglia come nel sogno] caitanya limitato dalla modificazione mentale. Per, la parte del questo e quantaltro relativa alla madreperla, produce davvero il contatto con la vista e gli altri [sensi], altrimenti non sarebbe opinabile un contatto privo di oggetto, perch la condizione avventizia (updhi) ci che delimita caitanya in quanto fondamento. Perci, come nella veglia lignoranza sita in caitanya, delimitato dalla parte del questo propria della madreperla che rivelata dalla modificazione mentale sorta dal contatto [sensoriale], si trasforma [illusoriamente assumendo] laspetto di argento. Allo stesso modo anche nel sogno allinterno del corpo, che lignoranza muti pure nella forma del mondo [onirico], [essa] che sta in caitanya delimitato dalla modificazione mentale e che si manifesta nella modificazione dellorgano interno la quale sopraffatta dai difetti quali il sonno e altri ed affiancata dalle impressioni latenti di molteplici oggetti risvegliate dalla potenza invisibile ...213

In conclusione, lobbiettivo prefissoci era di mostrare come per certi versi la teoria delle khyti corra parallela a quella della percezione onirica. Partendo da una quasi assoluta congruenza del Vednta Advaita tra lanirvacanyakhyti e lo svpnajna dovuta allappartenenza alla categoria skibhsya sia di bhrama sia di svapna, abbiamo riscontrato una forte analogia anche nella scuola di Prabhkara, come pure nelle concezioni degli nyavdin. Lequazione, per, non del tutto invariabile, in quanto scuole come il Nyya e la Bha Mms, hanno concezioni ben differenti per quanto riguarda la teoria dellerrore rispetto alla ottica relativa alla cognizione onirica. NellAdvaita, come si cercato di mostrare, il sogno assomiglia pi da vicino a una cognizione erronea, seppure tra i due vi sia una differenza notevole: in bhrama, i sensi, guidati da una mente sveglia, si congiungono con loggetto esterno. Questo fattore non si presenta nello svapna, poich in esso i sensi si ritraggono. Nonostante ci, non si pu ignorare che al risveglio ogni oggetto e ogni esperienza onirica, per quanto realistici siano stati durante il sogno, scompaiono non lasciando talvolta dietro di s nemmeno un ricordo. Tale caratteristica, di essere negati da una cognizione successiva di differente rango ontologico, produce uneffettiva analogia con la cognizione erronea.

Sia durante la veglia, sia durante il sogno la funzione della terza causa, il contatto dei sensi con loggetto (indriyasaprayoga) svolto dalla vtti dellorgano interno. 213 Lasciamo da parte alcune altre considerazioni pi tecniche rispetto alladhihna del sogno che il VPS, rispondendo a varie obbiezioni, propone di seguito.
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III.7: D ISIVDA E S ATPABHMIK Siamo infine giunti alla conclusione di questo capitolo connettivo. Alcune precisazioni sono state fatte, molto stato per forza di cose tralasciato o solo accennato, anche se non ci sentiamo ancora di chiudere, anzi vorremmo proporre fugacemente un paio di argomenti. Questi due, sebbene apparentemente distanti, trovano un punto di collegamento in svariati ambiti, ma in primo luogo in alcuni testi dellAdvaita Vednta, in varie delle sue sfumature, anche non akariane. Ci riferiamo alle dottrine del Disivda e dei sette livelli di conoscenza (jnasaptabhmik). Su entrambi i punti non potremo dilungarci, anche se alcune brevi considerazioni vanno esposte. Solitamente, il Disivda214 associato per lo pi alla figura di Praknanda (1550-1620) che redasse il trattato dal Vedntasiddhntamuktval.215 Tra le altre posizioni uniche dellautore, vi troviamo il Disivda nella sua versione pi estrema, ossia lintera manifestazione solo frutto di una visione, di una cognizione e non che sogno. Praknanda non da solo, esistono delle tracce della dottrina gi in precedenza, oltre che stesso,216 suoi predecessori, come Maana Mira (CHENET, 1998, VOL. 1: 76-77) o successori come Vimukttman (XII-XIII sec.), Amlananda (XIV sec.) e Vidyraya, oppure ancora altri autori successivi, i cui nomi pi illustri sono quelli di Appaya Dkita (1550-1622) e il gi pi volte citato MS.217 Non va dimenticato per, tra queste fonti lo Yogaviha Mahrmyaa o Mokopaya (YV/MU) che, sebbene spesso sia su punti di vista differenti alla scuola Advaita di ,218
Accanto al Disivda esiste la dottrina dello Sidivda. Questa seconda dottrina accetta che le entit esistano indipendentemente dalla percezione e la consapevolezza di esse si basa sul loro essere fenomeniche: sau saty dir jnam, Quando la manifestazione esiste vi la visione, o la conoscenza Timalsina (2006: 33-35), basandosi su un sub-commento del XX sec. di un certo Devadatta arm sulla Grthadpik di MS, conosciuta come Grthatattvloka, suggerisce una decina di punti dottrinali fondanti. Lo SD accetta che il mondo sia una trasformazione dellignoranza sostanziata delle tre qualit, ove la volont del Signore la causa strumentale mentre lada la con-causa strumentale. Le entit hanno unesistenza fenomenica e poich permangono a lungo possono essere riconosciute da vari soggetti conoscitori, pertanto esse sono ben distinte dai sogni; esse sono sovrapposte al brahman non duale. Vi anche una terza categoria di realt (prttika), quella delle percezioni erronee e dei sogni, mentre le altre due sono quella empirica e quella assoluta (HIRIYANNA, 1993 [1932]: 367). 215 Un punto di vista per cui Praknanda molto discusso una conseguenza di una sua interpretazione estremista dellEkajvavda, che confluisce nella sua opinione che essendoci un solo jva, diviso in molteplici complessi psico-fisici, una volta che questo si liberato tutti dovrebbero liberarsi (sarvamukti). Tuttavia si vede che gli esseri viventi, avviluppati dallignoranza, soffrono e gioiscono. Ci significa che quellunico jva universale non si ancora liberato e per questo nessuno libero. I passaggi che sostengono che i saggi del passato erano realizzati sono solo enunciazioni laudatorie (arthavda) per far ricordare a quellunico jva che la mukti possibile. 216 Si veda la nota n. 51 del capitolo 5. Si veda lintera opera di S. Timalsina (2006: 20-42, 43-54, 69-101, 102-138, 139-146, 147-169, 195-200). 217 Oltre ad alcune affermazioni nel SB, lintero capitolo 36 del primo pariccheda dellAS interamente dedicato allargomento. 218 Per esempio per la questione focale per che la liberazione ottenibile solo grazie alla conoscenza, mentre egli rigetta vigorosamente in pi occasioni la commistione di conoscenza e azione (jnakarmasamuccaya) come mezzo di
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insieme alla Vedntasiddhntamuktval (VSM), fu una delle opere pi incisive dallorizzonte Disivdin (III.15.11; DASGUPTA, S. N., 1991 [1922], VOL. 2: 231).219 Si ricordi poi che sembra ormai quasi dato certo che lo YV/MU trova la sua area di sviluppo nella regione del Kamr, ove vari testi fecero circolare questa o simili idee, come le opere afferenti alle varie scuole ivaite dello Spanda, Trika e Pratyabhij o le loro propaggini pi marcatamente brhmaiche di cui il Tripurarahasya testimonianza. Il Disivda la dottrina secondo la quale gli oggetti che si considerano empirici sono una manifestazione della sola percezione soggettiva e non vi alcun fenomeno empirico a parte le cognizioni soggettive. Gli individui sono molteplici e lapparenza del mondo non unillusione identica per tutti questi individui, bens ognuno di essi crea una sua propria idea di mondo, mentre non vi alcun dato oggettivo che possa costituire un terreno comune per individuare unillusione identica per tutti. Per esempio, se dieci persone differenti fossero messe a confronto con la visione di una corda nella penombra, ognuna di esse avrebbe una visione differente: qualcuno vedrebbe un bastone, qualcuno una fune, qualcuno un serpente, qualche altro una linea dacqua, e cos via. Ci che comune solo il fatto che vi unillusione. I fenomeni oggettivi, di contro, sono modificazioni dellignoranza primordiale (ajna), mentre lesperienza individuale dovuta allavidy soggettiva o alle impressioni latenti, vale a dire prodotti della stessa avidy. C da precisare che, sebbene il Disivda e il Vijnavda buddhista appaiano vicinissimi, bisogna ricordare che nel buddhismo idealista non ammesso alcun S eterno e costante, mentre lAdvaita del Disivda concorde nellammettere brahman come la sola ed eterna realt immutabile, ove si sovrappongono le nozioni e gli oggetti illusori. Disivda un tipo di attitudine adatto ad Advaitin di pi elevato rango (uttamdhikrin)220 perch, in definitiva, con la stessa sigla della dottrina si vuole intendere che la realt del mondo meramente simultanea e coestesa alla sua percezione, unottica
realizzazione. Lo YV/MU, invece, gi dalle prime battute (I [Vairgyaprakaraa] 7-8) si mostra di diverso avviso, sostenendo che come gli uccelli per volare hanno bisogno di entrambe le ali, cos luomo giunge a realizzare la meta suprema grazie a conoscenza e azione. Non possibile attingere la liberazione solo grazie allazione o solo grazie alla conoscenza, ma esclusivamente con lunione di entrambe le vie: ubhbhym eva pakbhy yath khe paki gati/ tathaiva jnakarmabhy jyate parama padam// kevalt karmao jnn nahi moko bhijyate/ kitbhbhy bheven moka sdhana tbhaya vidu//. 219 Il punto di vista prende le mosse da passaggi upaniadici, come neha nnsti kicana, neti neti e altri simili procurando delle interpretazioni proprie. Poi, oltre allo YV/MU fonti chiare sono anche lAjtivda delle GK e, di certo, la letteratura Vijnavdin. 220 Citando B. L. Atreya, W. Doniger (2005 [1984]: 175) scrive: Il solipsismo sembra essere la conseguenza inevitabile dellidealismo. E vi sono stati filosofi in India, i di-si-vdin [coloro che sostengono che il vedere precede il creare], i quali hanno considerato il solipsismo la dottrina pi coerente. Di fatto, nessuna confutazione logica del vero solipsismo possibile Il solipsista viene confutato perch non pienamente consapevole del significato e delle implicazioni della parola mio e io Scoprendo il vero io, egli scoprir che lio nientemeno che la Totalit Assoluta vista attraverso la finestra di un particolare ed esclusivo punto di osservazione. Lio la Coscienza Assoluta nella quale il mondo intero presente sotto forma di idea

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che qualcuno ha voluto definire in termini pi consoni alla filosofia occidentale come esse est percipi (SHARMA, A., 2006: 72, 85).221 Quando questo punto di vista, che spesso congruente con quello Ajtivdin (YV/MU, III.13.50, III.15.14), certamente molto elevato e vicino a quello supremo. Potremmo considerarlo alla stregua della considerazione che facemmo parlando di satttraya, quando dei tre gradi di realt li riducemmo a due, assoluto e altro dallassoluto. In effetti, il Disivda afferma che sia le entit oniriche, sia gli errori percettivi appaiono fintanto che non sono contraddetti e perci sono differenti dallassoluta irrealt (tuccha). Tuttavia, non temono di affermare che il mondo empirico ha lo stesso grado di realt dei sogni (VSM 18-19). A questo proposito si prenda atto di alcune precisazioni. P. Hacker (1953: 223-225) analizza la figura di Praknanda,222 specialmente riguardo al vivarta. Egli sostiene che termini spesso usati dallautore della VSM, come prattimtra (sola cognizione) o vijnamtra (sola coscienza), sono analoghi alluso che di questi concetti si fa tra gli Yogcra. Nonostante ci, quando Praknanda usa vijnamtra, non lo fa nel senso strettamente buddhista di coscienza momentanea, bens si riferisce al S nel suo aspetto conoscitivo, tuttaltro che istantaneo. Lo stesso uso sembra quello di dimtra, intendendo con esso lesclusiva natura conoscitiva del S. Talvolta per, questo termine ha un significato anche affine a prattimtra, che invece evidenzia la natura del mondo, che non che una mera cognizione, qualcosa che proiettato dalla sola ignoranza. Allora, in questo caso, anche il significato del termine vijnamtra riprende le sue sfumature buddhiste, rappresentando la coscienza momentanea.223 Tuttavia, Praknanda sembra applicare questi termini a due differenti momenti della consapevolezza di un Advaitin. In uno stadio iniziale si rigetta la differenza tra gli oggetti colti e la cognizione stessa e poi questo stesso esercizio dovrebbe condurre a comprendere che la realt del mondo non che la realt del S, e quando si coglie il S quello ogni cosa (VSM 56).224 Il passo iniziale cancella dunque la differenza tra gli oggetti e la conoscenza corrispondente (VSM 18-19):
Arvind Sharma (2006: 84-86), citando come ideatore P. T. Raju, riporta che esistono tre tipi di Disivda. Nella prima sia il mondo sia lignoranza sono prodotti della mente dellanima individuale, senza sensi e contatto con gli oggetti esterni, proprio come la mente produce gli enti onirici. Nel secondo tipo la percezione del jva crea il mondo, ma non lignoranza, e questa corrisponderebbe, secondo Sharma, alla teoria di Berkeley sopra citata: esse est percipi (DAS, 1977: 159-160). Nella terza versione vi unaltra variante. La percezione non la stessa manifestazione, ma simultanea a essa. Questo punto di vista per vero solo per coloro che hanno oramai realizzato il brahman e il mondo s ricorda solo come unillusione. 222 Sebbene Praknanda sia il campione del Disivda, nella VSM tale sigla non appare mai, ma appaiono solo i termini succitati: prattimtra (17, 18), vijnamtra (19), dimtra (22, 23, 34) (TIMALSINA, 2006: 118). 223 Per unidea introduttiva sulle analogie del Disivda con il Vijnavda si veda Alex Wayman (1965: 65-73). 224 tmasattaiva dvaitasya satt nny yatas tata/ tmany eva jagat sarva de d rute rutam//.
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pratyetavyaprattyo ca bheda prmika kuta/ prattimtram evaitad bhti viva carcaram// 18 // jnajeyaprabhedena yath svapna pratyate/ vijnamtram evaitat tath jgraccarcaram// 19 // Come pu essere sorta da corretti mezzi di conoscenza la differenza tra loggetto colto e la cognizione? Invero, questuniverso di esseri monili e immobili appare solo come cognizione (18). Al modo in cui un sogno si coglie per via della distinzione tra conoscenza e oggetto della conoscenza, cos questuniverso di esseri mobili e immobili solamente una cognizione (19).

Poi, questatteggiamento protrattosi a livello fenomenico, conduce alla convinzione che ci di cui si ha esperienza non altri che vijna, che caitanya stesso, manifestatosi illusoriamente per via del suo vivarta. Con questo si passa al secondo livello, ove ogni differenza tra le cognizioni cade, perch lunica cosa colta sempre e invariabilmente vijna, finch non sorge la piena consapevolezza che il mondo fenomenico solo un costrutto mentale e lunica realt il solo S (TIMALSINA, 2006: 119-120). Come si era gi accennato tra le righe, il divario tra vyvahrikasatt e prtibhsikasatt si assottiglia di molto nel Disivda, tanto da portare, in casi estremi, fino a una sovrapposizione dei due ambiti. Questa certamente una tendenza che accomuna il Disivda degli autori gi citati con lAjtivda di GP. Comunque sia, il main stream dei Disivdadin accetta il fatto che di e pratti siano sinonimi, non solo nel senso di cognizione, percezione, visione, ma nel senso pi esteso di apparenza. Al modo in cui finch non appare la cognizione ida rajata sulla madreperla non esiste alcun argento, ugualmente le entit fenomeniche continuano a esistere finch non si giunge alla conoscenza della verit non-duale. Fintanto che esperiamo una modificazione dellorgano interno (vtti) che coglie uno e un unico oggetto, non vi alcun modo di provare che anche gli altri oggetti esistono. Per questo un oggetto si origina (sa) solo al momento in cui percepito e, in seguito il riconoscimento di quelloggetto, si ha solo al momento del riconoscimento stesso. Ogni cognizione simile a un errore percettivo o a una cognizione onirica. Anche i passaggi della ruti che predicano la manifestazione degli elementi e dagli elementi luniverso, sono paragonabili ai passi scritturali che descrivono le bizzarrie della manifestazione onirica. Insomma, ogni tipo di conoscenza che non sia quella del brahman definitivamente illusoria (IBID.: 35-37).

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Unaltra cosa da esporre che, come si diceva, il Disivda considerato un modello per Advaitin avanzati, poich in esso sembra vi sia un obliamento della distinzione tra empirico e illusorio. Questo per non del tutto vero, o se lo , lo in questi termini: tanto il lato vyvahrika, quanto quello prtibhsika dipendono esclusivamente dalla cognizione che se ne ha. Il mondo empirico causato dallignoranza primordiale, mentre nel mondo della realt apparente, oltre ad avidy, intervengono anche delle altre cause o dei difetti avventizi e ausiliari. Anche se gli Advaitin affermano che nel mondo empirico bisogna ammettere vari fattori coinvolti nella percezione erronea, i Disivdin per, guardano ci con un sorriso di superiorit. La ragione di ci che il vero Disivdin colui che a un passo dalla realizzazione, che ha appreso virtualmente linsegnamento supremo e possiede una conoscenza virtuale (parokajna), la quale pu tramutarsi in effettiva (aparokajna) da un momento allaltro.225 Il Disivdin ha compreso appieno la discriminazione vigente tra verit (satya) e menzogna (anta), la cui congiunzione (mithunbhva) aveva determinato la sovrapposizione del non-S sul S e viceversa. Lillusione non che unimpropria identificazione di ci che pramrthika con ci che apramrthika (DAS, 1977: 155). Il Disivda fa grande uso della metafora del sogno e, di conseguenza, anche degli enti illusori. Ogni ente visibile (dya) illusorio come gli enti onirici. Alcuni, come abbiamo visto nel secondo capitolo, affermano che il sogno per un tipo di ricordo e come tale riprende degli oggetti reali percepiti durante la veglia. A questo i Disivdin ribattono che gli enti onirici esistono solo per il sognatore e stanno solamente di fronte a lui. Com noto, qualsiasi ente che sta di fronte a colui che lo percepisce direttamente non pu essere considerato il contenuto di un ricordo, per questo anche il sogno, colto direttamente dal sognatore, non un tipo di ricordo, per via della sua immediatezza. Sebbene gli oggetti onirici non siano esperiti tramite i sensi, inattivi durante il sogno, abbiamo visto che gli Advaitin considerano questo genere di viaya come rivelati dallauto-luminosit del S testimone, che non conosce attraverso i comuni prama. Al risveglio, poi, si ha questo tipo di considerazione mnemonica (parmara), questo ricordo: Io ho sognato questo o quello. Se questo un ricordo, deve per forza provenire da unesperienza diretta (anubhava). Per cui il sogno deve essere di quella natura, ossia una cognizione o percezione diretta e

Il Disivdin ottimo colui che non conosce pi tramite i mezzi di conoscenza, ma la sua realizzazione della verit ultima lo ha condotto a conoscere ogni cosa simultaneamente, istantaneamente e senza intromissioni razionali.
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immediata del soggetto conoscitore (pramt) identificatosi con lo stato di sogno (taijasa).226 La cosa centrale che nel sogno, come nellerrore percettivo, il principale responsabile delle visioni di cui si fa esperienza lavidyvtti. Oltre a ci, in un sogno si possono vedere degli oggetti o esseri mai esperiti durante la veglia. Come pu essere quindi un semplice ricordo? Come abbiamo pi volte ricordato, non vanno ovviamente scordate le impressioni latenti della veglia, le quali possono appartenere sia allesistenza che il sognatore sta vivendo, sia a unesistenza precedente. Queste si possono considerare la valvola istigatrice di sogni unici, come il taglio della propria testa o eventi comunque mai vissuti. Vedremo nellultimo paragrafo del capitolo 5 che , in qualche caso,227 sostiene che il sogno sia un tipo di ricordo, distinguendo dalle esperienze di veglia con laffermazione che la falsit delle esperienze di veglia non pu essere pari a quelle oniriche. Ma qui il centro del suo discorso in primis la confutazione delle teorie dei Vijnavdin, per i quali il mondo di sogno e di veglia sono identici, nel senso che non esiste nulla che non sia solo una cognizione, fondata su un sabbioso flusso momentaneo dimpressioni istantanee. Inoltre, ci non implica che pensi veramente allidentit tra sogni e ricordi. Il suo intendimento indicare che tutto unillusione (BSB III.2.3) e lesperienza onirica, come lesperienza di veglia, non fanno eccezione a questo dogma. Tanto il mondo empirico, quanto quello apparente saranno prima o dopo oggetti della contraddizione, perch prodotti dellignoranza. Ma, mentre il mondo apparente lo da parte del mondo empirico, questultimo contraddicibile dalla sola conoscenza di brahman (IBID.: 155-157). Ora, si detto che altro grande baluardo del Disivda lo YV/MU, che per si discosta dallAdvaita ufficiale akariano. Nello YV/MU (VI.55.39-41) si sostiene che il jva e ogni sua condizione individuale collassa con la distruzione delle impressioni latenti dellesperienza soggettiva. La nozione retrostante allanima individuale permette di ammettere una pluralit di jva, paragonati alle onde di un unico oceano, con una sottile patina della dottrina che fu dellantico Vedntin Bhartprapaca (V-VI sec. ?), dellidentit nella differenza (bhedbheda). La colonna portante del Disivda dello YV/MU (VI.175.55) che il S conosce per sua propria natura e, quando percepisce, coglie S stesso come fosse un oggetto: tmnam evdau dyam ity eva payati Per, poich questo costrutto non reale, questo
Il VP sostiene proprio questo (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 175): rathde smtimtrbhyupagame ratha payami svapne ratham adrkam itydy anubhavavirodhpatte 227 BSB II.2.29: api ca smtir e yatsvapnadaranam anubhavat Anche unaltra opera attribuita a sembra essere una fonte importante per lo sviluppo del Dsivda, cio il atalok. Secondo Timalsina (2006: 93, n. 70) i contenuti e lo stile dellopera sembrano far naufragare la sua paternit akariana. Egli, riprendendo unipotesi del fecondo P. Hacker, afferma che, come fa il colofone dellopera, essa potrebbe essere di akara Bhagavatpda, da distinguersi da .
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modello si pu comparare agilmente con lidea di apparenza (abhsa) propria di GP, ove nulla realmente si origina, ma si tratta di tutta unapparenza. Vedremo nel prossimo capitolo che GP presenta sotto due differenti ma complementari prospettive questo atteggiamento. In primo luogo, accettando lAjtivda con il conseguente rifiuto di ogni origine veritiera e poi accettando che ogni apparizione illusoria alla stregua di un sogno. LAdvaita successivo si spost leggermente da queste posizioni cos totalitarie, o affermando che labhsa ha due tipi di interpretazione, tanto empirica, quanto apparente, oppure accettando insindacabilmente i tre livelli di realt. Lo YV/MU si costruisce adattandosi al modello che da una parte nega la manifestazione in nome di una realt ben pi alta e, dallaltra, presenta la realt in termini binari: o fenomenica o assoluta. Lo sviluppo fenomenico si origina e infine si annulla solamente nel puro sat (YV/MU III.1.10-11). Questa manifestazione pu essere comparata con i costrutti mentali, ove lunica differenza riscontrabile simile a quella tra loro e i monili forgiati da esso (YV/MU III.1.17-18; III.2.51; III.7.40; III.9.31). Lesempio succitato, quello delle onde e del mare, come anche lanalogia con il sogno e il mondo onirico, sono presenti in gran copia lungo tutto il testo. Ci suggerisce che entrambi i modelli potrebbero essere compatibili con il messaggio dello YV/MU. Difatti, tanto il testo in questione, quanto gli autori principali dellAdvaita, mantengono una certa distinzione solo laddove vi sia una situazione di relazione tra docente (deika) e discente (deya), nella quale necessario postulare una differenziazione, che per tuttaltro che in disaccordo con la dottrina centrale dellAdvaita (TIMALSINA, 2006: 92-93). Aleggia in tutto lo YV/MU ununica atmosfera misteriosa e rarefatta, entro la quale giocano un ruolo di primo piano limmaginazione creatrice (kalpan) e in particolare allimmaginazione onirica.228 Lungo il testo, il sogno appare come il polo opposto del samdhi, nel senso che in esso la mente proietta unintera fantasmagoria di parvenze da cui si lascia catturare come da una concatenazione reale di eventi. Pertanto, si pu anche sostenere che lo YV/MU non cerca di opporre il sogno allo stato di veglia, ma piuttosto di svalutarli entrambi di fronte al samdhi. Il risveglio empirico da considerarsi non tanto un riemergere sulla superficie del mondo oggettivo, quanto il passaggio a una forma di sogno
In vari miti e storie narrate dallo YV/MU il demiurgo Brahm gioca un ruolo mediatore fra lassoluto impassibile e la manifestazione (IV.44). Questa figura rappresenta la forma gi condizionata che il brahman assume quando, sognando, immagina il mondo. Egli poi proietta in sogno la vasta molteplicit delle creature e al tempo stesso la scena cosmica nella quale le fa evolvere. Se il mondo fenomenico non fosse altro che un groviglio di sogni elaborati da innumerevoli anime individuali, si presenterebbe come oscuro caos. Brahm svolge la funzione di sognatore per antonomasia, i cui sogni collegano e coordinano reciprocamente i sogni della miriade di anime individuali (HULIN, 2009 [1988]: 14-15).
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pi lungo (HULIN, 2009 [1988]: 11).229 Da uno stato allaltro la differenza solo di grado, di livello, non di natura, perch in ambo i casi quella che viene esercitata ununica e identica attivit di proiezione di forme, qui pi indeterminata e labile, l pi nitida e costante (YV/MU III.57; IV.31). Pertanto, la dualit tra spettatore e spettacolo non ha nulla di assoluto. Essa si instaura e si consolida esclusivamente nella misura in cui la mente perde di vista la sua capacit di proiettare. Non appena la recupera, lillusione della dualit si dilegua immediatamente (YV/MU II.18.27).230 La dualit, seppure apparente, reca con s lapparire di soggetti e oggetti di cognizione. Lignoranza determina, altres, la tendenza allidentificarsi dei soggetti con gli oggetti, sviluppando durante questa coabitazione un senso dellio (ahakra). Questo certamente il punto di svolta. Lapparizione spontanea nella coscienza, nella mente del soggetto conoscitore cambia ruolo, divenendo un mondo apparentemente solido, colmo di piaceri e dolori. Solo con una conoscenza che comprenda che il mondo non c mai stato (atyantbhva), simile alla conoscenza che sulla madreperla largento non c, non cera e mai ci sar, ritornando cos allinizio, al punto di distacco, prima che il soggetto percettore divenisse tale, solo allora la mente cessa di funzionare e la liberazione sorge spontanea. Ivi il mondo, la somma delle esperienze di veglia diviene dello stesso stato ontologico del sogno: sebbene appaia non reale. Lunica differenza tra i due stati che jgrat , come si diceva in precedenza, un lungo sogno (drghasvapna), anche solo dallangolo visuale del soggetto conoscitore (HANNEDER, 2009: 66-67).231 In definitiva, siamo daccordo con chi ha scritto che lanalogia del sogno ha due distinti significati nello YV/MU: la simultaneit e coesistenza dellapparizione degli enti e la loro esistenza e che lesistenza solo un concetto privo di un oggetto esterno corrispondente (TIMALSINA, 2006: 84). Sappiamo anche che lintera tradizione che fa capo allo YV/MU, di cui fa parte anche una versione ridotta e indipendente di esso, chiamata Laghuyogavsiha (LYV) fu fonte
Si veda YV/MU (IV.16.27, SLAJE [CR. ED.], 2002: 126): jvo yadvsansras tad evnta prapayati/ svapna evtra dnto drghasvapnas tu ida jagat//, Lanima individuale di qualsiasi impressione residua sia lessenza, quella la scorge al suo interno. A questo proposito lesempio di certo il sogno, mentre questuniverso un lungo sogno. Si compari questo passaggio con il BUBV IV.3.1512 e 129 e con la iD II.7 (TIMALSINA, 2006: 181, n. 83). 230 Questi passaggi che proponiamo sono solo di collegamento allultima parte che ci preme trattare, quella delle saptabhmik. Per una visione e analisi dettagliata dei miti in cui il sogno utilizzato rimandiamo alledizione italiana del volume di W. Doniger, Sogni, Illusioni e altre realt (2005), vera e propria miniera di dati e informazioni utili, anche se le interpretazioni sono spesso lungi dallessere condivisibili. Ricordiamo per esempio la storia del re Lavaa divenuto cala, la storia del brhmaa Gdhi e molte altre ancora. 231 Una breve disamina sulle tre avasth ci viene da YV/MU IV.19.8-32 (SLAJE [CR. ED.], 2002: 147-155).
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primaria per la redazione di un testo importantissimo di Vidyraya, il Jivanmuktiviveka (JMV).232 Proprio nellanalisi della liberazione (mukti) e delle varie sue divisioni lo YV/MU, oltre a conformarsi al punto di vista dominante dellAdvaita, indicando nel turya la condizione del jvanmukta, si spinge oltre, probabilmente influenzato dallambiente kamro di provenienza, indicando nel turytita, oltre il quarto, il grado di realizzazione del videhamukta. Questa connessione con le tre avasth (= veglia, sogno e sonno profondo) di prigionia e le due di libert trova ancora un altro terreno di analogia, ossia con i sette stadi della conoscenza (saptajnabhmik), conosciuti anche come sette stadi dello Yoga (saptayogabhmik).233 Prima per di terminare questo paragrafo con le saptabhmik dello YV/MU, vi sono molte Upaniad cosiddette minori o settarie che riportano questa stessa dottrina e suddivisione, anche se le nomenclature spesso non corrispondono.234 NellAkyupaniad (AkU, UpS, 1996 [1970]: 510-513) troviamo questi sette nomi: virga, vicra, asasarga, svapna, suupti, turya e videhamuktat. Nel primo stadio (AkU 4-9), virga praticando la purezza sorgono varie virt legate al sattvagua (BG XIV.5-18). Lindividuo, a questo punto, sempre felice, agisce sempre per il bene e aborra le colpe; questi dice la verit con dolcezza, sempre attento alla circostanza, seguendo costantemente i dettami scritturali. La seconda bhmik vicra (AkU 10-14), ossia in essa luomo si distacca dai difetti del rajas e sviluppa una sempre crescente discriminazione (viveka). Questi, impegnato a seguire i dettami scritturali, sempre immerso nella concentrazione (dhra) e nella meditazione (dhyna). Grazie a questa sua spontanea aderenza al dharma, compie senza tema ci che va fatto e allontana ci che va allontanato e, senza fatica, comprende tutto ci che va compreso; questi costantemente impegnato a vincere su nemici quali lego, la gelosia, lavidit, lattaccamento. Il terzo livello denominato asasarga (AkU 14-19), poich pone laccento sulla pratica del non
La menzione del LYV (III.9.113-114) dei i sette stadi di conoscenza citata da JMV nelle prime battute del IV capitolo Lo scopo della liberazione che interamente interessante per largomento qui sopra accennato. 233 Il termine bhmi indica la terra, il terreno, anche se nella terminologia tecnica dello Yoga assume valenze specifiche come stadio, livello. Un aforisma importante YS I.30: alabdhabhmikatva samdhibhmer albha, e Vysa interpreta il composto negativo alabdhabhmikatva come il fallimento di attingere il samdhi. Il termine bhmi si ritrova associato al numero sette anche in un altro stra (YS II.27): tasya saptadh prntabhmi praj. in questultimo caso lassociazione con le bhmik appare spontanea. Questa parola deriva da bhmi a cui si aggiunge il suffisso kan (= ka). I commentatori dello YS, hanno comunque classificato le sette bhmik in due categorie: le quattro kryavimukti e le tre cittavimukti (SHARMA, T. R., 1975: 281). 234 Nelle Upaniad, per, la parola pare significare non limite o stadio, ma comportamento o atteggiamento delluomo che ha intrapreso il cammino verso la liberazione o che giunto alla meta finale. Le Upaniad coinvolte sono in primo luogo lAkyupaniad che descrive le bhmik in dettaglio e poi lAtharvaikhopaniad, la Mahopaniad (V.23-35), lAnnapropaniad, Varhopaniad (IV.2.3-10) e la Paigalopaniad (II.13) (IBID.).
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attaccamento.235 A questo piano il sdhaka sempre pi impegnato nelle austerit (tapas), rimanendo equanime e sereno in qualsiasi situazione.236 Il quarto stadio denominato svapna (AkU 23-26), perch in esso, con la pratica delle tre bhmik precedenti, lignoranza viene distrutta, facendo s che un senso di equanimit sorga indisturbato. In questo momento il praticante si realizzato, la non dualit stabilita e la dualit cancellata come fosse un sogno. Per costui ogni visione esteriore , infatti, pari a una visione onirica. Questa la condizione che il Vednta classico chiama turya. La quinta bhmik suupti (AkU 3236). In essa la mente (citta) scompare come una nuvola invernale e lunica cosa che permane il brahman, mentre non si ha pi percezione n cognizione del mondo di veglia. Ogni residuo di dualit sparisce. Chiunque giunga a questo livello appare sempre svogliato e dormiente, sebbene al suo interno stia godendo della sua condizione non duale. Il sesto piano turya (AkU 37-39) ove non vi pi n sat, n asat; ogni residuo per sempre eliminato e resta solo una purissima conoscenza.237 Lultima e settima bhmik la videhamuktt (AkU 40-41), indescrivibile attraverso le parole e supremamente pacifica.238 Tra le Upaniad minori la pi vicina allo YV/MU la Mahopaniad (MU), che comunque pare influenzata dalla AkU. In effetti, i versi di MU V.23-35 sono molto simili a YV/MU III.18.5-15, ove la lista delle bhmik la seguente: ubhecch, vicra, tanumnas, sattvpatti, asasarga, padrthabhvan e turyag (SHARMA, T. R, 1975: 282-285).239 Surendranath Dasgupta identific tre passaggi nel testo dello YV/MU in cui si parla di queste yogabhmik: III.118.1-16, VI.120 e VI.126 (DASGUPTA, S. N., 1991 [1922],
Si confronti con BG II.47-48. Questa bhmik ha due divisioni intestine (AkU 20-23): il non attaccamento ordinario (smnya) in cui il praticante si esercita a distaccarsi dallidea di essere agente e fruitore; ponendo tutto nelle mani del Signore si allontana da ogni piacere e sollazzo. Il secondo non attaccamento migliore (reha), perch egli sente di non essere lagente delle azioni, ma che ogni cosa compiuta dalla volont del Signore. Egli siede in silenzio, perdendo ogni attaccamento alla parola, con una mente ferma e tranquilla. 237 Anche nella Atharvaikhopaniad (III.2) e altre cosiddette aivopaniad i quattro stati comunemente conosciuti trovano alcune descrizioni. Ivi, si predilige presentare il processo di dissoluzione progressiva di una condizione nellaltra da cui la prima proviene, mediante la meditazione sulle quattro mtr del praava: a, u, m e linaudibile ardhamtr. 238 LAkU descrive lultima bhmik in soli due versi, mentre lAnnapropaniad (APU, UpS, 1996 [1970]: 493-509; II.26-31) parla di videhamukti, distaccandola dalle altre bhmik. L si dice che il liberato in vita (jivanmukta) costantemente rinchiuso nella beatitudine di S; la sua mente annullata, non si cura di nulla al presente, non spera per il futuro e non ricorda il passato. Le altre bhmik sono trattate pi avanti ne testo. La prima vairgya che favorisce il desiderio di liberarsi (APU V.81); la seconda vicra; la terza sabhvan; la quarta vilpin, nella quale tutte le vsan sono rimosse (APU, V.82); la quinta suupti, ove chi vi giunge pare mezzo addormentato (APU V.83); la sesta turyag ove si sperimenta una condizione paragonabile al completo sonno profondo nei confronti del mondo (APU V.84). Infine, la settima e pi elevata (prauha) turytt (V.85) ove tre sono le grandiosit: possibilit infinite (kamat), purezza assoluta (svacchat) e serenit totale (saumya). Nella stessa APU (V.86-87) le prime tre bhmik sono considerate veglia (jgrat), ancora la quarta vilpin sogno (svapna), ove appunto il mondo appare come un sogno, mentre la quinta pari al sonno profondo (suupti). 239 Anche nella Varhopaniad (IV.2.3-10), corrispondenti a MU V.23-35 e YV/MU III.118.5-15- troviamo le stesse bhmik, con lunica sostituzione della quinta asasarga con il sinonimo asasakti.
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267).240 Tuttavia, nellambito del grande progetto tedesco del MU, Jurgen Hanneder e Walter Slaje hanno individuato altri passi assolutamente significativi. In primo luogo vi un passo in prosa dellUtpattiprakaraa (III.122) ove i primi due stadi iniziali sono chiamati i livelli di discernimento (vivekabhmi). Lo stadio di ubhecch una pura aspirazione a seguire le orme dei saggi e degli stra, cosa che lo conduce al progressivo indebolimento e assottigliamento delle vsan nella seconda bhmik, chiamata tanumnas. Ora il praticante diventa a tutti gli effetti uno yogin e, con la riduzione delle impressioni latenti, acquisisce una certa conoscenza (sattvpatti) e si distacca dalle azioni, raggiungendo asasakti. Proseguendo, per il fatto che la sua mente inattiva, egli non la cura (abhvitamanaska) e si trova in una condizione in bilico tra sonno e veglia. Questa la condizione abhvan, in contrasto con le due precedenti yogabhmi. Ora lo yogin oramai privo di pensieri e totalmente assorbito nel S, cosa che lo conduce al turya e alla condizione di liberato in vita (HANNEDER, 2009: 70-72). Il secondo passaggio, non ancora studiato, in poesia e fa parte del Nirvaprakaraa ed scomposto in varie sezioni.241 Esso senza dubbio la trattazione pi dettagliata delle yogabhmik e si ritrova solo nella trasmissione del MU, non dello YV, che lo ha soppiantato con la trattazione pi concisa del LYV. In questi passi Rma interroga Vasiha sui sette stadi della saggezza e le loro caratteristiche. Vasiha risponde che la radice del suo insegnamento mira alla distruzione dellignoranza. Lessere umano, da quando nasce vittima di un costante stato di sonno (suupti), per fuggire al quale deve cominciare a focalizzarsi sui vari oggetti che lo circondano; da questa pratica lintelletto si risveglia e comincia ad acquisire conoscenze, fino a diventare un uomo compiuto. Come tale egli pu dedicarsi alle azioni (pravtta) o ritrarsene (nivtta) e allora diviene un essere desideroso di liberazione (mumuku), egli a questo punto colui che pu intraprendere il cammino attraverso le yogabhmi. Distaccatosi dal mondo, egli comincia a riflettere (vicravn) sul modo di liberarsi incontrando saggi e studiando gli stra. Ora egli considerato un rya. Nel secondo stadio, vicra, continuando sulla via che aveva intrapreso egli acquisisce un discernimento nei confronti del mondo, divenendo cos bhmikvn. Servendo i maestri e i saggi egli
Dasgupta (1991 [1922], VOL. 2: 266) afferma che siccome ci sono sette stadi, ci devono essere anche sette nomi per lessere che giunto a questi stadi, a seconda della forza o debolezza delle impressioni latenti: svapnajgara, sakalpajgara, kevalajgratsthita, cirjjgratsthita, ghanajgratsthita, jgratsvapnasthita e kajgaraka (VI.207). Pi avanti nel testo (VI.262) un intero capitolo dedicato allidentit di veglia e sogno. 241 La discussione relativa alle prime tre bhmik si attua dal capitolo VI.140.1-50, fino al VI.141.1-47; la quarta bhmik appare in VI.148.8-10, VI.152.9-10 e VI.153.1-4, 8-9 e 29; la quinta comprende VI.154.1-7, 20-21; la sesta VI.155.1-12 e la settima VI.156.1-14 (HANNEDER, 2009: 73-81). Allinizio del capitolo VI.148.8-10 la narrazione si apre con un excursus su coloro che sono caduti dalla via dello Yoga, analoga a BG VI.41. Altre sezioni riguardanti i sette stadi, che purtroppo non tratteremo, sono sempre nel Nirvaprakaraa: VI.125.29-34 e 35-37, che Hanneder confronta con III.118.1-16 (IBID.: 84-86, 86-88).
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comprende il messaggio delle scritture con i loro pi intimi insegnamenti (sarahasyam) e penetra la terza bhmik caratterizzata dal distacco (asasagtmik).242 Raggiunto lapice del terzo stadio, il sdhaka pur agendo non toccato dalla sua azione e rimane interiormente imperturbato. Nel capitolo VI.148 Vasiha afferma che la realt divisa in sette stadi categorizzati in cinque condizioni spirituali. I primi tre stadi corrispondono alla veglia (jgrat), perch in essi lo yogin percepisce il mondo empirico della veglia. Con la pratica dei primi tre stadi, man mano lignoranza si affievolisce e la vera conoscenza comincia ad albeggiare, quando lo yogin penetra nella quarta yogabhmik (VI.153.1-2) considerando egualmente ogni cosa, poich egli ha raggiunto la non-dualit. Egli, in questo stadio, percepisce la manifestazione come un grande sogno (VI.153.3), come fosse mezzo addormentato e si comporta come un bimbo (VI.153.4-5). Per tale ragione, questa quarta bhmik corrisponde a svapna. Il capitolo VI.154 descrive il quinto livello, ove si giunge alla corrispondenza con suupti, nel quale lo yogin permane in una condizione di perfetto essere (sattvvaea) ove coglie solo una pacifica massa di conoscenza ed completamente rivolto allinterno di s. Egli, sebbene appaia attivo, ormai assopito per il mondo. Ora ogni vsan distrutta, tanto che la pratica di questo stadio conduce direttamente al sesto, turya, corrispondente al quarto stato, ove ogni attivit mentale terminata, non vi sono pi n impressioni latenti e nemmeno un senso dellio (ahakra). Ora il realizzato libero tanto dalla dualit, quanto dallunit, assolutamente indipendente (svatantra/svarjya) e guarda ogni cosa come qualcuno che da un monte vede le terre sottostanti, egli un jvanmukta. Infine, nel sarga 157 del medesimo Nirvaprakaraa, troviamo la settima e ultima bhmik, lo stato di videhamukta, la meta pi elevata, il brahman purissimo e non-duale, una condizione ineffabile, ove ogni definizione cade priva di senso, per cui lo si indica solo col termine turytta (HENNEDER, 2009: 81-84).243 Anche se i nomi delle varie bhmik mutano, ci che a noi interessa , in primo luogo lutilizzo delle avasth come differenti momenti della realizzazione spirituale e poi luso specifico della bhmik in cui lindividuo, oramai liberato, realizza la non dualit e lillusoriet del mondo, che in quel momento gli pare un sogno. Lo stesso atteggiamento lo vedremo in BG II.69, alla fine della seconda parte del capitolo 4. Il liberato dorme al mondo,
Anche qui, come nellAkU (20-23), troviamo due tipi di non-attaccamento: quello ordinario (smnya) e quello ottimo (reha), che il culmine della terza bhmik. 243 Vedremo in seguito che la Turiyttvadhta Upaniad (UpS: 473 [ringraziamo il Prof. Antonio Rigopoulos per la segnalazione]), descrivendo la condizione del liberato in vita riporta molteplici caratteristiche, tra le quali: ... sarvad divnaktasamatvensvapna , Sempre, giorno e notte ugualmente privo di sonno , ivi il passaggio rammenta il fatto che il liberato sempre vigile, in quanto il suo sonno, il suo obnubilamento alla conoscenza definitivamente terminato. Il termine chiave asvapna, che noi traduciamo genericamente privo di sonno, senza sonno. Si veda la nota 17 del capitolo IV.I.
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che per lui pari a un sogno, ma oltremodo vigile e consapevole della sua natura non duale.

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CAPITOLO 4
(I PARTE)

S VAPNA :

LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE INTERPRETAZIONI

U PANIAD

E NELLE

A DVAITA (1)

IV.I.1: S AGATI La connessione (sagati) parte fondamentale di un qualsiasi trattato dottrinale, perch in un testo permette di carpire il legame sottostante due capitoli o due argomenti, luno successivo allaltro. Seguendo tale linea concettuale, questo breve paragrafo ha la pretesa di collegare quanto scritto nei precedenti capitoli con quanto stiamo per introdurre. Abbiamo visto nel primo capitolo lo sviluppo dellidea di sogno, in varie delle sue componenti e classificazioni: il brutto sogno, lincubo, i sogni profetici e premonitori, le cause dei sogni e gli usi che di essi si facevano in antichit. Abbiamo brevemente tentato una summa dottrinale rispetto al sogno, la condizione di sogno e le cognizioni oniriche, inquadrandole in un contesto pi ampio, quale quello della avasthcatuaya. Siamo passati poi a riassumere il main trend dei cinque darana ortodossi antagonisti dellAdvaita Vednta, al fine che determinate posizioni di questo stra potessero essere comprese con pi scioltezza, dopo aver preso visione dei punti di vista contrari. La cosa dovrebbe facilitare, inoltre, anche la lettura dei testi che da qui in poi proporremo, riuscendo a identificare con maggiore sicurezza chi e perch sta sollevando un dubbio o unobbiezione. Il terzo capitolo, poi, vuole essere il tessuto connettivo tra la parte generale della tesi, con la parte pi specifica e localizzata, fornendo una cornice ad ampio raggio dei maggiori temi connessi alla teoria del sogno nel Vednta, ognuno dei quali potrebbe gi di per s essere argomento di volumi monumentali.

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In questo capitolo intendiamo sviluppare quel punto che nel primo capitolo avevamo lasciato in sospeso, proprio per il taglio specificamente vedntico della nostra discussione. Si ricorder che avevamo diviso in tre fasi lo studio dellonirologia in India, dalle sue origini vediche fino ai testi medici e astrologici. Trattando della prima fase avevamo detto che la sua origine coincideva appunto gi con alcuni inni delle fasi pi arcaiche del V, fino a lambire lalba della speculazione upaniadica. Ecco, quella lacuna nel primo capitolo intende essere colmata qui, nonch, questo completamento mira a penetrare pi in profondit nelle concezioni della tradizione commentariale dellAdvaita, in quanto, com noto fin dallantichit i termini Upaniad e Vednta sono stati letti come sinonimi, come ricorda il lapidario incipit del Vedntasra (VS): vednto nma upaniat prama tadupakri rrakastrdn ca , Il Vednta il mezzo di conoscenza delle Upaniad, e complementari a esso ci sono gli aforismi riguardanti il S incarnato e altri [testi, quali la Bhagavad Gt] ... per seguire questo percorso prima sulle Upaniad e poi sulla BG che intraprendiamo la stesura di questo quarto capitolo, che presenta quattro parti principali: la prima riguarda varie Upaniad in cui il sogno trattato pi o meno ampiamente; nella seconda tratteremo la BU, mentre nella terza vedremo la Mkya Upaniad (MU) con le Gauapda Krik (GK/MK). Nellultima parte vedremo brevemente come la Bhagavad Gt (BG) approcci largomento. Ovviamente, ogni trattazione sar letta alla luce dei commenti akariani. Questa suddivisione data dal contenuto peculiare di ognuna delle parti. Mentre nella prima sezione si parla delle U che si occupano solo marginalmente del sogno, nella seconda e nella terza, rispettivamente BU (IV.3) e MU con GK la posizione che assume il sogno senza dubbio di primo piano. Lultima parte, riguardante la BG, tale perch in essa i riferimenti a svapna sono minimi, anche nei commenti per, per il fatto che la BG investita della funzione di smtiprasthna, stato doveroso accennarvi, visto che la nostra analisi per lo pi focalizzata sulla prasthnatray. Oltre a ci, comune il fatto che la BG sia anche conosciuta come Gtopaniad, per il grande utilizzo di materiale upaniadico in essa e 300

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per il contenuto decisamente simile alle U, per lo pi poetiche. Questo ci ha fatto optare per lannessione del testo in questo capitolo, ma con unanalisi ridotta, anche se come vedremo le sfumature e il messaggio in essa espressi sono tra gli insegmaneti pi centrali dellAdvaita. A un primo esame contenutistico appaiono nella BU (IV.3) e nella MU con le GK due distinti ma complementari approcci al sogno. Nella BU (IV.3) lesame volto a utilizzare il sogno, ma anche il sonno profondo, come un tipo particolare di condizione e cognizione, capace di veicolare la conoscenza del S come auto-luminoso, distinguendolo da tutti i prodotti dellignoranza. Nella MU, ma soprattutto nelle GK, la tendenza lesame delle differenze e analogie tra sogno, veglia e sonno profondo, soffermandosi per sullidentit definitiva di veglia e sogno, allo scopo di stabilire lillusoriet del mondo visto con gli occhi di chi sveglio, proprio come fosse un sogno: GP analizza la coscienza onirica per stabilire lAjti e mostrare che tutto ci che appare sono false entit (TIMALSINA: 2006: 26). Visto che per non si sono presentate le generalit del sogno dal punto di vista strettamente Advaita, prima di arrivare alla carrellata testuale sar bene introdurre concettualmente, pi che storicamente, il fenomeno onirico anche nel Vednta akariano. Va detto in primis che la tradizione Advaita ha solitamente indirizzato lo studio dellonirologia in contesti di analisi o difesa di specifiche dottrine come la natura dellerrore percettivo, la percezione del solo testimone, la falsit, i vari gradi ontologici di realt, lauto-luminosit del S e lo stesso S (INDICH, 1995 [1980]: 82-83).1 LAdvaita Vednta descrive il sogno in due modi primari, cio gli stessi due per cui abbiamo visto un certo dibattito nelle altre scuole
J. N. Sinha (2008 [1934], VOL. 1: 308-323), che pi volte abbiamo citato e consultato, divide in sei i punti di vista relativi al sogno. I primi teorici, di cui abbiamo parlato nel capitolo 2, considerano i sogni esperienze con fattezze vivide come la percezione che partecipano di una presentative nature. Il secondo punto di vista presenta un aspetto molto pi simile alla memoria e pertanto una natura rappresentativa dei sogni. La terza teoria mantiene che i sogni costituiscono la soddisfazione di desideri (BU III.3.19) e riflettono il grado di attaccamento di un uomo a un oggetto (BSB III.2.4), cosicch lignoranza e le brame motivano le cognizioni oniriche piacevoli e spiacevoli, che sono i risultati rispettivi di meriti e demeriti (ChU VI.8.1). Il quinto approccio ai sogni come fenomeni profetici e veridici, dove ancora i meriti e le colpe dellindividuo hanno grande rilevanza rispetto alla natura della visione onirica. La quinta teoria descrive i sogni cosiddetti telepatici e non considerata dagli Avaitin. La sesta e ultima, invece, il sogno nel sogno, considerato dai seguaci dellAdvaita una sorta di ricordo (INDICH, 1995 [1980]: 82-83).
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(capitolo 2): come creazione mentale o anche come ricordo delle esperienze passate della veglia. Sebbene questa differenza appaia non riconciliabile negli altri punti di vista, nellAdvaita si tentato di armonizzare le due visioni. In certi casi, infatti, lorigine dei sogni vista nella condizione di veglia, anche se essi sono una ricostruzione sui generis di quella.2 Quando i sensi che convogliano i dati acquisiti dal contatto con gli oggetti, cessano la loro attivit e si penetra in un orizzonte del tutto mentale, quello stato si dice svapnvasth, condizione di sogno. In questa situazione, mediante il corpo sottile, lanima individuale nel suo aspetto luminoso (taijasa) esperisce oggetti la cui natura congruente con le impressioni latenti immagazzinate dalle esperienze di veglia. Nel sogno lanima individuale gode di maggiore libert e indipendenza. In uno stato in cui in definitiva non ci sono oggetti empirici, il jva stesso, mediante il materiale a sua disposizione, crea i propri oggetti di fruizione.3 Nel sogno lidentit con laggregato corporeo fisico sopraffatta da una tmas vtti propria di avidy, che crea il sogno. Anche qui lidentificazione col corpo non cessa, per il corpo in questione ora quello sottile (liga/skmaarra). importante notare immediatamente che tanto , quanto GP non sono interessati ad alcuna delle tre condizioni di coscienza come fini a s stesse e nemmeno alla descrizione delle loro funzioni psicologiche e, in special modo, ci vale per il sogno. Lo stesso susseguirsi quotidiano dei tre stati una materia desame per gli Advaitin, secondo i quali quei tre stati si muovono come perle infilate su un unico filo, differente da esse, senza il quale esse si disperderebbero, rimarrebbero prive di fondamento. Quellunica realt per lAdvaita ltman-brahman, immutabile, eterno e
Per alcune considerazioni sulla veglia e le concezioni Advaita legate a essa rimandiamo al capitolo 3. 3 Abegg (1959: 11) riporta un verso del Mahbhrata (XII.276.24) molto indicativo e riassuntivo rispetto alla natura del sogno: indriym uparame mano nuparata yadi/ sevate viayn eva tad vidyt svapnadaranam//, Quando i sensi si ritirano se una mente non ritratta fruisce solo degli oggetti, si conosca ci come una visione onirica. Anche lo YV/MU IV.19.33 fornisce una definizione di sogno: ankrntendriyacchidro yata kubdho ntareva sa/ savidnubhavaty u sa svapna iti kathyate//, F. Chenet (1998, VOL. 1: 148) traduce cos il verso: On nomme rve ltat dexprience dans lequel, en labsence de toute stimilation provenant des orifices des sens physiques (litt.: les orifices des sens ntant plus assaillis), la conscience, sujette une excitation (de nature exclusivement interne), peroit rapidement (des objets) lintrieur delle-mme.
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auto-luminoso. Questo la meta ultima alla quale i seguaci di aspirano. La descrizione dei tre stati ha come principale scopo la loro differenziazione dal principio indistruttibile che li collega. Considerare ogni genere di limitazione come vera , per , lignoranza che si estrinseca nella sovrapposizione del vero su ci che vero non e viceversa (itaretardhysa). Tanto la veglia, quanto il sogno ci seducono fino a farci considerare delle apparenze limitate e transitorie come fossero reali. Nel sonno profondo, invece, buona parte delle barriere e dei legami cadono; l la coscienza unica, serena e beata, molto vicina alla condizione di tman.4 Il problema retrostante alla coscienza individuale che sidentifica a ognuno dei tre stati che appunto ognuno di questi strettamente legato e limitato al suo dominio, non permettendo di distinguere ci che in essi si ripresenta e non muta, rispetto a quanto non continuo e decade (FORT, 1985: 377). Uno dei motivi per cui la condizione di sogno e, con essa, i molteplici usi metaforici e illustrativi dellesperienza e cognizione onirica, ci pare cos importante perch pi delle altre ci insegna lillusoriet del mondo; il sonno profondo invece pi una metafora dello stato incondzionato di tman, quando lillusoriet del mondo gi stata realizzata. Ci risulter chiaro dallesame di colui che assume il ruolo di soggetto conoscitore nel sogno. Nessun individuo, o meglio dire davvero pochi, crede che nel sogno vi sia una vera connessione con il corpo fisico o con i sensi. Tuttavia mentre ci si offre dinnanzi lesperienza onirica, lanima individuale, identificatasi a quella condizione, sembra il soggetto fruitore di quanto sperimenta l: sembra che l egli veda, oda, pensi, agisca e conosca. Proprio da questi fatti, riconosciuti quasi unanimemente come illusori, possibile tracciare un filo conduttore anche con la veglia. Anche durante la veglia il soggetto conoscitore agisce, ascolta, vede e conosce (PrU IV.9), oppure, come vogliono gli Advaitin, sembra farlo. Proprio perch il jva un soggetto conoscitore individuale che, mediante attivit, mezzi e sensazioni simili, sperimenta oggetti analoghi sia in sogno sia in veglia, si deve
A. O. Fort (1980: 221-228) in un suo brillante articolo The Concept of Suupta in Advaita Vednta afferma che il rango del sonno profondo ben pi elevato del sonno e del sogno dal punto di vista analogico, perch questo terzo stato in grado di rivelare con maggior chiarezza degli altri due quale sia la condizione illimitata di brahman.
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giungere alla conclusione che siccome il sogno chiaramente illusorio, tale deve essere anche la veglia, perch zeppa di sovrapposizioni limitanti. Ci testimoniato dal fatto che la ruti afferma che il S simmerge nella sua vera condizione durante il sonno profondo (ChU VI.8.1), nel quale nulla resta di quanto si era visto n in sogno, n in veglia (BU IV.3.22-32) (SARASWATI, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 96-97).5 Ancora Fort (1985: 378) afferma che presenta tre differenti punti di vista relativi al sogno, ognuno dei quali collegato con gli altri: i sogni sono creazioni mentali, queste crazioni mentali sono largamente ma non completamente derivate dalla veglia e quando li si considerino differenti dalla veglia, possiedono un grado ontologico inferiore a quella. Secondo la prima ottica, della quale si diffusamente discusso, gli enti onirici non sono altro che vsan prodotte dalle multiformi esperienze vissute in jgrat. Il processo, come vedremo nei brani di , sembra partire dalle modificazioni mentali (vtti) le quali scaturiscono dal processo percettivo di veglia e producono un bagaglio dimpressioni che poi andranno a forgiare lente onirico. Certamente, leminenza grigia responsabile di tutto ci lavidy (BU IV.3.9-13, ChU VIII.12.3). Per esempio, nel commento a MU IV, indica i sogni con lappellativo di vibrazioni (spandana) della mente che si modella per via degli stimoli di attivit, desideri e ignoranza. Tali stimoli causano le esperienze oniriche di sukha e dukha. ribadisce spesso che gli oggetti ivi percepiti sono solo impressioni psichiche illuminate dalla luce del S. In un passo della

Questo chiaramente espresso, oltre che come vedremo in BSB III.2.3 e 7, anche in BSB II.3.40: yath tu tak loke vsydikaraahasta kart dukh bhavati, sa eva svagha prpto vimuktavsydikaraa svastho nirvtto nirvypra sukh bhavaty evam avidypratyupasthpitadvaitasapkta tm svapnajgaritvasthayo kart dukh bhavati sa tacchrampanuttaye svam tmna para brahma praviya vimuktakryakaraasaghto kart sukh bhavati saprasdvasthym. tath muktyavasthym apy avidydhvnta vidypradpena vidhytmaiva kevalo nirvtta sukh bhavati , Come nel mondo un falegname che ha in mano attrezzi come la scure o altri, [quando] un agente infelice, poi quando ritorna a casa propria, liberatosi dagli attrezzi come la scure e gli altri torna in s [= nel suo proprio ambiente] e senza alcuna attivit felice. Allo stesso modo il S, commisto alla dualit presentata dallignoranza, infelice perch agente nelle condizioni di sogno e di veglia. Egli stesso poi, per allontanare la stanchezza derivata da ci, penetrando nel suo S, [vale a dire] nel supremo brahman, liberatosi del complesso psico-fisico, [quanto ] non agente felice nella condizione di gioiosa serenit [= nel sonno profondo]. Similmente, anche nella condizione della liberazione il S, dopo aver completamente dipanato la tenebra dellignoranza mediante il lume della conoscenza diventato solo [= isolato, uno] felice
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Upadeasahasr (US I.14.8)6 esprime chiaramente un concetto fondamentale e unitario rispetto alla natura del fenomeno onirico, gli oggetti onirici e la cognizione onirica:
karaa karma kart ca kriy svapne phala ca dh/ jgraty eva yato dra tasmt tato nyath// Nel sogno lintelletto [= lorgano interno] diviene strumento, agente, attore e azione; poich [lorgano interno] tale anche nella veglia, allora il veggente altro da quello.

Nonostante ci, le creazioni oniriche sono comunque ben differenti dalla veglia. Tutto nel sogno unapparenza, una falsit, ci sembra solo di compiere azioni, viaggiare, parlare, essere uccisi (BU IV.3.20) o di esperire oggetti come carri, elefanti o quantaltro (MK II.1-2, 7-8, IV.35-37). Vediamo ancora un esempio dalla US (I.11.10-11; I.15.24):
y mhrajandys t vsan svapnadaribhi/ anubhyanta eveha tato nya kevalo di// 10 // kod iva vinika kryakraavarjita/ yathsir dyate svapne tadvad boddh svayaprabha// 11 // mnase tu ghe vyakt avidykarmavsan/ payas taijasa tmokta svayajyotiprakit// XV.24 // Le impressioni latenti, quali la veste di color ocra7 sono esperite solo dai sognatori. Ivi, il veggente differente da ci (10). Come si vede una spada che come estratta dal fodero,8 allo stesso modo nel sogno [si vede] il conoscitore auto-luminoso privo di oggetti e cause (11) [In sogno] il S, chiamato Taijasa, guarda [lett.: sta guardando] le impressioni delle azioni

Lintero capitolo I.14 della US descrive il rapporto tra memoria e sogno. Si veda la traduzione annotata di S. Mayeda (2006 [1979], VOL. 2: 136-141). 7 Mayeda (IBID.: 128, n. 8) scova il riferimento upaniadico a quanto scrive . Nella BU II.3.1-6 (cfr. anche US I.14.48) sono descritte due aspetti di brahman, cio con forma e senza forma, mortale e immortale. BU II.3.6 riporta che laspetto senza forma come una veste color ocrazafferano (mahrjana vsas), la lana bianca (pvvika), il rosso coleottero Indragopa, una fiamma di fuoco (agnyarci), il loto (puarka) o un improvviso lampo (sakdvidyuta). spiega il passaggio dicendo che il senza forma il corpo sottile le cui forme particolari sono le impressioni latenti, mentre la veste color ocra e le altre cose sono anchesse vsan. 8 Vedremo qui di seguito come ami usare questa metafora (B ad BU IV.3.10 e 20).
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dovute allignoranza, manifestatesi nella dimora della mente e illuminate dallauto-luminoso (24).

Quindi come gi si sar ben compreso, le immagini oniriche nascono proprio da quanto il sognatore conosce, teme, pensa o vede nella veglia, per questo sono considerate dei riflessi (pratibimba) di esperienze di veglia, siano esse attivit, pensieri o altro, pii o empi (BSB II.2.4, ChU VI.8.1). Se affermassimo questo in altri termini, le immagini oniriche potrebbero tranquillamente essere accostate ai ricordi, che sono anchessi scaturiti da esperienze precedenti. menziona spesso la somiglianza, senza che mai sia identit, tra ricordo e sogno.9 Certamente la comunanza sta nel fatto che entrambe le cognizioni si poggiano su qualcosa di gi visto durante la veglia, per il sogno ha carattere apparentemente immediato e avviene durante il sonno, mentre il ricordo mediato e avviene mentre si svegli.10 In questo (BU IV.3.9) e anche nel prossimo capitolo 5 (BSB III.2.4) vedremo anche alcuni accenni di al sogno come indicatore di eventi futuri (FORT, 1985: 378-379). Tra gli Advaitin recenziori vi una differenza di vedute rispetto a cosa sia la causa materiale degli oggetti onirici (TRIPH, R. N., 1987: 201205). Per alcuni, come Surevara, gli svapnaviaya sono delle modificazioni mentali che hanno per oggetto le impressioni di esperienze precedenti. Per altri, invece, lignoranza stessa che trasforma s stessa sia nelloggetto onirico sia nella cognizione di esso. Altra questione dibattuta allinterno del Vednta non-duale riguarda il fondamento, il sostrato (adhihna) dei fenomeni onirici: per alcuni lanima individuale in quanto coscienza limitata dallorgano interno; per altri il brahman nella sua forma inferiore limitata dallignoranza primordiale; altri ancora, analogamente ai primi, considerano il puro brahman, specificato dalla
Si vedano a questo proposito BU II.1.8, IV.3.6, 9-10; MK IV.34 e US I.14.1, 17-18 e 26 (FORT, 1985: 385, n. 10). 10 Il sempre brillante Arvind Sharma solleva una critica alla moderna ricerca onirologica (2006: 153): Yet another limitation of the application of modern dream researches to the methaphor of world as dream would arise if we were to argue that dream experiences may have meaningfulness in their own right apart from their connection to the state of waking. It is easy to see why theis would be valid if we viewed empirical existence as consisting of three distinct states of consciousness waking, dreaming and deep sleep. But if the entire range of empirical experience is equated with dreaming, as in the case with the metaphor of the world as deam then the true significante of dream only lies in the context of waking from it
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mente, come il locus dei sogni. Per lanalogia della prima e terza teoria, le opzioni si riducono a due: la prima vede il jva la seconda il brahman condizionato da avidy come il locus onirico. Limportante punto di distinzione tra le due che per la prima, avvocata dai seguaci del Pratibimbavda, quando lindividuo si sveglia ogni oggetto onirico cancellato, in quanto il jva nella veglia riconosce s stesso. Per la terza teoria, dei seguaci dellAvacchedavda, non vi uneffettiva cancellazione (bdha), poich ladhihna caratterizzato dallignoranza continua a essere ignoto. Ci troviamo di fronte allora a una semplice remissione o cessazione (nivtti), ma non a una completa eliminazione delloggetto onirico. Sembra che il propugnatore del secondo punto di vista qui sopra riportato sia lAbhsavda di Surevara, secondo il quale ogni fenomeno concernente le tre condizioni di coscienza non che lapparizione di una sola realt assoluta. Nonostante il suo fondamento sia pur sempre il brahman associato allignoranza, si pu spiegare la grande variet onirica per il fatto che ogni individuo porta con s il proprio bagaglio di impressioni (UPADHYAYA, V. P., 1999: 126-128). Per esempio stesso, nel suo commento alla GK II.1, asserisce che sebbene in sogno si abbia unesperienza di enti prodotti dallattivit mentale, proprio a causa della loro locazione unicamente nella mente sono da considerarsi falsi. Questi oggetti onirici sono appunto creati a seguito degli stimoli delle impressioni residue ( ad BU IV.3.10). Non da relegare a notizia di poco conto che vari testi continuino a parlare di percezione onirica. In effetti, facendo ci essi enfatizzano la natura diretta e immediata del fenomeno svapna.11 In altre parole, sebbene il sogno sia di per s falso, il suo contenuto esperito con la vivacit e la nettezza delle esperienze di veglia. afferma anche, che sebbene il contenuto onirico in toto sia contraddetto dal risveglio, cionondimeno lesperienza del sogno
Talvolta sembra anche abbracciare la teoria del sogno come fenomeno rappresentativo secondo la quale il contenuto onirico consiste in un ricordo di oggetti esperiti durante la veglia e ripresentatisi in forma di impressione mentale. Infatti egli, commentando il BS II.2.29, sentenzia che quanto percepiamo in sogno dovuto alla memoria mentre lesperienza di veglia una percezione diretta. Per spiegare poi il mescolarsi di varie entit nel sogno come corni e lepri o altri, gli Advaitin introducono la creativit e la capacit immaginativa (kalpan) della mente che si fonda su impressioni fornite dal bagaglio dei ricordi. La mente gode di grande libert in questo stato e, di converso, sembra molto pi distaccata dagli oggetti onirici di quanto avvenga nella veglia con i rispettivi oggetti. Ivi, lanima individuale crea gli oggetti e poi ne testimone.
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rimane un fatto che travalica le barriere vigenti tra veglia e sogno, in quanto permane la conoscenza che si avuta di volare o quantaltro. Da ci consegue due conclusioni. Per prima cosa egli sostiene che il contenuto dei sogni in sogno tanto vero quanto il contenuto delle esperienze di veglia reale per il vegliante, perch quel contenuto dellesperienza onirica contraddetto esclusivamente dal risveglio ( ad ChU VIII.5.4). Ci ci conduce a vedere il sogno e la veglia come due domini differenti e discontinui, ognuno indipendente dallaltro, in cui lunico filo connettivo il S onnipresente. Laltro punto a cui giunge che lesperienza percettiva del sogno tanto reale quanto lesperienza di veglia. Tuttavia questa realt di cui partecipano egualmente entrambe le esperienze quella apparente (prtibhsika), per cui entrambe sono allo stesso modo illusorie, diciamo che solo una questione di tempo ( ad GK II.5).12

IV.I.2: U PANIADVICRA I:

SPIGOLATURE UPANIADICHE

Nelle Upaniad (U) notevoli sono i riferimenti e le riflessioni sul sogno e le avasth tutte. Solo basandosi su di esse numerose monografie potrebbero essere scritte.13 Una possibile introduzione soggiacente alla visione dinsieme propria dei testi upaniadici che trattano della triplice condizione del S, potrebbe riferire che questi tre stati sono dominio dellesperienza di ogni essere, in quanto li attraversa tutti e tre quotidianamente. Un individuo di
Secondo U. Mishra (1929: 282-283) (ad BU IV.3.34) afferma che il sogno un effetto dellignoranza (avidykrya svapna eva) e Surevara (Sur) aggiunge che sorto da my (BUBV 943-944), dove G sembra corroborare la tesi che Sur non consideri il sogno come un ricordo. Poi ancora sosterrebbe (ad BU IV.3.9) che il sogno non una percezione di qualcosa di nuovo, ma sembra pi un ricordo di quanto stato visto altrove. Purtroppo per questa citazione di Mishra (na ca svapno nmprva daranam. prvadasmtir hi svapna pryea [si tratta invece di BSB IV.3.9, si veda anche III.2.6]) non c nel testo di . Mishra continua citando il BUBV di Sur (V.85) secondo il quale limpressione attaccatasi allintelletto sorge dal karma, cio dallada e appare come ricordo, da ci Mishra evince, in contraddizione con quanto aveva gi detto di Sur citando G, che il sogno non differente dal ricordo. Purtroppo, anche se si tratta di un classico dellonirologia filosofica, anche il testo qui esaminato da prendersi con le pinze in pi di unoccasione. Si vedano anche la p. 293 dove Mishra aggiunge che la Ratnaprabh di Govindnanda al BSB sostiene il punto di vista di Sur. Infine, il testo riporta anche lottica della Vidvanmanorajan sul Vedntasra secondo la quale il sogno non un ricordo: na svapna smti. 13 Una discussione dettagliata sui quattro stati appare anche in YV/MU IV.19.9-33.
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giorno attivo, i suoi sensi sono vigili e la sua mente rielabora freneticamente tutti gli impulsi venuti per mezzo delle facolt sensoriali, per cui ogni genere di cognizione, dubbio o accertamento si appoggia sulla loro instancabile attivit. Con lavvento del sonno, laggregato fisico e i sensi si assopiscono e lessere vivente penetra in un altro mondo, quello dei sogni, nel quale operano un altro corpo e altri mezzi conoscitivi, capaci di carpire oggetti esclusivamente mentali; possibile vedere vari sogni in una stessa notte, sia nella fase di entrata nel sogno, sia ritornandovi dopo aver dormito profondamente. Il comune denominatore di tutti questi comunque il loro essere sogni (svapnatva) e il non essere riconosciuti come tali dal sognatore, che, mentre ne ha esperienza diretta, li vive come fossero una realt pragmatica: piangendo, ridendo, gioendo e agendo nei modi pi diversi. Quando questi simmerge (apta) ancora pi in s (svam), sopraffatto dal sonno profondo (ChU VI.8.1), durante il quale tutte le attivit, sia sensoriali, sia mentali sono sospese e ogni consapevolezza legata allaggregato psico-fisico scompare (ChU VIII.11.2). Il punto di vista tradizionale dellAdvaita Vednta vede attraverso la propria e peculiare lente tutti i passi upaniadici legati al nostro argomento, vivisezionandoli attraverso le solite cesoie del metodo della sovrapposizione e successiva distinzione (adhyroppavda), conosciuto anche come continuit e discontinuit (anvaya-vyatireka).14 Infatti, esaminando il contenuto di ognuna delle tre condizioni, o dei cinque involucri, o dei tre corpi, e scartando da tutto ci il transeunte e limpermanente, lesaminatore giunge l dove il solo tman riluce, privo di contaminazioni (SARASWATI, SATCHIDANANDENDRA, 1971: 103-104). Questo latteggiamento con il quale gli Advaitin leggono ogni frase riguardante gli stati di coscienza. Nelle Upaniad minori, quali la Mahopaniad (MU), la rrakopaniad (U) e la Yogaikhapaniad (YU) e altre ci sono riferimenti a svapna, relativamente alla trattazione delle tre condizioni di coscienza. La MU (IV.16),15 in una discussione relativa ai sette stadi dellignoranza (sapta
Pacada I.37-43. Si veda il capitolo 3, pp. 240-245. Non corretto il riferimento di Layek (1990: 100) a V.16, piuttosto si tratta di IV.16. Per i riferimenti alle U minori utilizziamo: UpS = Upaniatsagraha. Edited by Jagada str. Delhi: Motilal Banarsidass, nella fattispecie pp. 427-453.
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ajna-bhmi), correla questi ultimi alle avasth, definendo poi il sogno (HANNEDER, 2009: 90):16
alpakla may dam etad na udeti yatra hi/ parmara prabuddhasya sa svapna iti kathyate// Si dice sogno quella considerazione di chi si ridesta: Ci stato da me visto per breve tempo e che non sorge in una qualsiasi [circostanza].17

A questo punto sinserisce un passaggio illuminante della Kaha Upaniad (KaU IV.4/ II.1.4)18 rispetto alle condizioni di veglia e sogno (STUHRMANN, 2009: 41):19
Un unico altro esempio di trattazione delle sette ajnabhmi YV/MU III.117.1-22 dove Vasiha enumera questi stadi a Rma, aggiungendo che le condizioni intermedie sono innumerevoli. Mentre la liberazione intesa come permanere nella propria vera natura (svarpvasthiti), il dimenticare la propria natura lignoranza, che corrisponde alla percezione della sola egoit (ahatvavedana). Dal verso 11 il saggio elenca i sette stadi: 1) bjajgrat, ove il mondo sta in una condizione seminale; 2) jgrat, la condizione in cui chi puro comincia ad avere coscienza del mondo e dellio; 3) mahjgrat, la percezione che lillusione del mondo propria del soggetto conoscente; 4) jgratsvapna, linteriore stato di immaginazione di qualcuno che non n completamente assopito n rivolto allesterno; 5) svapna, limpressione residua dopo il risveglio di aver esperito nel sonno degli enti mai visti prima, per cui irreali; 6) svapnajgrat, quando il mondo onirico diviene un nuovo stato di veglia, lindividuo si identifica con questo stadio; 7) suupta, in questo momento lanima abbandona le sei condizioni precedenti e conosce le sue future sofferenze. Questi sette stadi dellignoranza sembrano descrivere un intero bhavacakra, dallemergere del mondo, passando per le sue vicissitudini quali veglia e sogno, fino a spegnersi in una specie di sonno profondo (HANNEDER, 2009: 90-96). Ognuno di questi stadi ha altres una corrispondenza pratica e narrativa nello YV/MU. 17 Tra le altre, cosiddette, U minori troviamo riferimenti in Brahmabindu Upaniad (BbU) 11 (UpS: 141): eka evtm mantavyo jgratsvapnasuuptiu/ sthnatrayd vyattasya punar janma na vidyate//, Uno solo deve essere considerato il S nelle condizioni di veglia, sogno e sonno profondo: non si conosce pi una nuova nascita per colui che andato oltre i tre stati. Kaivalya Upaniad (KU) 13 e 17 (UpS: 142): svapne sa jva sukhadukhabhokt svamyay kalpitajvaloke/ suuptikle sakale vilne tamo bhibhta sukharpam eti// triu dhmasu yad bhogya bhokt bhoga ca yad bhavet/ tebhyo vilakaa sk cinmtro ha sadiva//, Nel sogno quellanima individuale per la sua propria illusione creatrice fruisce piaceri e dolori che ha immaginato nel mondo della vita [di veglia]; al momento del sonno profondo, quando ogni cosa si ritratta, sopraffatto dalla tenebra attinge una natura felice. Quello che nei tre domini il fruibile, il fruitore e il fruire, da questi io sono differente, il testimone, sola conoscenza, eternamente sereno. La Turyttvadhta Upaniad (UpS: 473 [ringraziamo il Prof. Antonio Rigopoulos per la segnalazione]), descrivendo la condizione del liberato in vita riporta molteplici caratteristiche, tra le quali: ... sarvad divnaktasamatvensvapna , Sempre, di giorno e di notte ugualmente privo di sonno , ivi il passaggio rammenta il fatto che il liberato sempre vigile, in quanto il suo sonno, il suo obnubilamento alla conoscenza definitivamente terminato. Il termine chiave asvapna, che noi traduciamo genericamente privo di sonno, senza sonno, anche se, con un ragionamento pi propriamente vedntico avremmo potuto interpretare come senza sogno, poich questo mondo che pur ha la medesima consistenza di un sogno, appare reale allessere ordinario, mentre per il liberato come un sogno, nel quale egli pi non cade. 18 Sempre la KaU (VI.5/II.3.5) fa un altro riferimento al sogno, allinterno di un discorso (VI.4/II.3.4) riferentesi alla conoscenza del brahman prima che il corpo mortale cada: yathdare tahtmani yath svapne tath pitloke/ yathpsu parva dade tath gandharvaloke chytapayor iva
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svapnnta jgaritnta cobhau yennupayati/ mahnta vibhum tmna matv dhro na ocati// Quel saggio fermo che avendo riflettuto sul grande, pervadente S, mediante il quale egli scorge entrambi, lo stato di sogno e lo stato della veglia, costui non saddolora.

brahmaloke//, Come in uno specchio, cos in s, come nel sogno cos nel mondo degli antenati; come nelle acque [qualcosa] appare come fosse visibile, cos nel mondo dei Gandharva, come nellombra e nella luce, cos nel mondo di brahman. Innanzitutto, il passaggio presenta unambiguit di traduzione nel termine tmani. Come sappiamo il termine tman pu essere interpretato in tre differenti modi: corpo, mente e principio spirituale interiore. Ivi ci troviamo in questa situazione dubbia. Tra i pi illustri e precisi esempi di resa citiamo: Olivelle (1998: 401) che traduce il termine come corpo, Paul Deussen (1990 [1897], part I: 297) corporeality e cos anche Pio Filippani-Ronconi (1995 [1960]: 512). Nonostante ci, ci sentiamo di concordare con , il quale, nella migliore tradizione vedntica, interpreta il termine nel senso dintelletto o aggregato psichico in quanto ente puro di natura, cio quel luogo in cui sia pi facile il baluginare del riflesso della conoscenza di brahman, proprio come in uno specchio immacolato si riflette chiaramente il volto di chi vi sta di fronte : yathdare pratibimbabhtam tmna payati loko tyantavivikta tahehtmani svabuddhau daravan nirmalbhty viviktam tmano darana bhavatty artha. In ogni modo, lenigmatico passaggio in questione mette in risalto la chiarezza della visione del S nellintelletto, in contrasto alle immagini sfuggenti, nebbiose e sfuocate del sogno o del mondo degli antenati, in quanto ivi il jva rimane, suo malgrado e senza possibilit di scampo, in balia degli effetti delle azioni compiute durante la vita di veglia: yath svapne vivikta jgradvsanodbhta tath pitloke viviktam eva daranam tmana karmaphalopabhogsaktatvt 19 Unaltra U dello Yajurveda (YV) nero (ka), la Maitri o Maitryaya/Maitreya Upaniad (MaiU) propone due passi riguardanti gli stati del S. Il primo in VI.4, con una chiara allusione ai tre pda di tman e le tre mtr del praava tutto legato appunto alludgtha, lo, il canto del Smaveda (SV) intonato dal sacerdote udgtar. Laltro chiaro riferimento VII.11, nel quale enumerati i primi tre stati con le rispettive peculiarit, si afferma la supremazia del quarto vediamolo nella traduzione di P. Filippani-Ronconi (1995 [1960]: 610): Colui che dotato di occhi, che in sogno si muove [svapnacr, {allusione al movimento e allazione del jva in sogno}], colui che addormentato e colui che al di l del sonno: fra questi quattro diversi < stati > di costui, il quarto il massimo. Nei primi tre < quarti > si muove un quarto del brahman e nel restante gli altri < tre > quarti. Duplice < appare > lessenza del Grande S [mahtman] per il fatto che fruisce del vero e del non vero [satynta]. Duplice invero lessenza del Grande S. Oltre a questi due ve n un terzo (VI.25) che A. M. Esnoul (1959: 213) ricorda come riguardante il quarto stato, oltre il sogno e il sonno senza sogni, una condizione in cui si sperimenta lo yoga, ossia lidentit suprema con il brahman. Vediamo nella stessa traduzione della Esnoul: Celui qui, les sens absorbs comme en sommeil profond, dune pense tout fait purifie, install au plus profond des sens, contemple celui quon nomme OM, le guide laspect lumineaux, le sanssommeil, le sans-vieillesse. Le sans-mort, le sans-douleur, il devient lui aussi, dit-on, celui quon nomme OM, le guide laspect lumineaux, le sans-sommeil, le sans-vieillesse. Le sans-mort, le sans-douleur. Lultimo passo, omesso dalla Esnoul lo proponiamo nella traduzione di P. Filippani-Ronconi (1995 [1960]: 586): Cos dice < la ruti >: Per il fatto che egli unifica [ekadh yunakti = congiunge] al pra ed allo O tutto < il molteplice >, e < per il fatto che essi > vengono congiunti [yujate], si denomina questo < atto > congiunzione [yoga] suprema. Lunit del pra e della mente, nonch dei sensi, e la rinuncia a tutte le condizioni < di esistenza >, ecco ci che si considera come unione [yoga]. Si veda anche R. Stuhrmann (2009: 42, n. 89) riferentesi a MaiU (IV.2) in cui si fa una precisa affermazione di falsit della visione onirica, inserendola in un contesto che tratta la condizione dellanima individuale legata al mondo: svapna iva mithydarana kadalgarbha ivsram , come il sogno una visione falsa, come linterno del banano privo di consistenza (FORT, 1990: 22-23).

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In questo passo troviamo due termini abbastanza utilizzati nei periodi successivi, cio svapnnta e jgaritnta, letteralmente la fine del sogno e la fine della veglia.20 , invece, glossa i termini intendendo il secondo membro del composto anta, come significante nel mezzo, cos ci che sta nel mezzo, o nel sogno sono gli enti onirici, i quali sono gli oggetti della percezione di quel particolare stato:
svapnnta svapnamadhya svapnavijeyam ity arthas tath jgaritnta jgaritamadhya jgaritavijeya ca Il significato di svapnnta ci che sta nel mezzo del sogno, ci che conoscibile nel sogno, mentre jgaritnta ci che sta nel mezzo della veglia, ci che conoscibile nella veglia

Questa coordinazione delle due condizioni rivela che il S, la cui natura conoscitiva illumina entrambi gli stati ed differente da ambedue, non soggetto al piacere e al dolore o a qualsiasi altra coppia di opposti propria delle suddette condizioni (SARASWATI SATCHIDANANDENDRA, 1971: 104-105).21 Nella quarta domanda della PrU, Sauryse Grgya interroga il saggio Paippalda su quanti organi in un uomo sono sopraffatti dal sonno (svapanti), quali rimangono desti (jgrati), qual la divinit (deva) che percepisce i sogni, a chi compete la beatitudine del sonno profondo e, infine, durante suupti dove si riassorbono tutti. La domanda riferita al sonno precisa: katara ea deva svapnn payati, Quale , tra i due, questa divinit che vede i sogni?. spiega cos la questione dei due: karata kryakaraayor ea deva svapnn payati?, Quale dei due, tra [il gruppo] degli effetti e [il gruppo] degli strumenti [= i sensi], questa divinit che vede i sogni? Certo karaa, il complesso sensoriale, compresa la mente, si riferisce alla prima delle richieste di Sauryse Grgya,
Olivelle (1998: 393) interpreta come both the states of sleep and of being awake; ..., come anche Pio Filippani-Ronconi (1995 [1960]: 505) e Deussen (1990 [1897], PART 1: 291). 21 Queste considerazioni sono, nellambito della nostra discussione, il preludio e lintroduzione alla trattazione di BU IV.3. Ancora in BU II.1.15-19 Grgya e Ajtaatru discutono su cosa accade alla coscienza di un uomo dormiente (FORT, 1990: 17-18; ESNOUL, 1959: 211-212).
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mentre krya, si riferisce allaggregato corporeo (arra) oppure ai soffi vitali (pra), come specifica nanda Giri (G, XIII sec.): krya arra pro v karani mana dni. Subito dopo queste precisazioni parte a definire il sogno, chiedendosi chi ne sia il responsabile:
... svapno nma jgraddarann nivttasya jgradvad antaarre yad daranam. tat ki kryalakaena devena nirvartyate, ki v karaalakaena kenacid Il sogno quella visione come [quella] della veglia [che si ha] allinterno del corpo di chi si ritirato dalla visione di veglia. Quella, appunto, forse prodotta da una divinit la cui caratteristica leffetto, oppure forse da una la cui caratteristica lo strumento? 22

Detto questo cominciano a sorgere dei dubbi. Se tutte le facolt sensoriali sono ritratte e non funzionano, allora come si acquisisce conoscenza (LAYEK, 1990: 101)? La PrU (IV.5) fornisce una risposta che stabilisce i prodromi della teoria conoscitiva legata alla condizione onirica. Sebbene nella grande maggioranza dei casi i sogni siano meramente una replica sui generis e sbiadita della veglia, occasionalmente implicano pure una generazione novella (RANADE, 1986 [1926]: 91; ABEGG, 1959: 10-11):
atraia deva svapne mahimnam anubhavati. yad da dam anupayati. ruta rutam evrtham anuoti. deadigantarai ca pratyanubhta puna puna pratyanubhavati. da cdam ca ruta cruta cnubhta cnanubhta ca sac csac ca sarva payati sarva payati ... L, nel sogno questa divinit sperimenta la [sua] grandezza: tutto ci che ha visto, lo rivede; risente ogni suono che ha udito; ancora egli esperisce nuovamente ci cha ha esperito in altri luoghi e direzioni. [Essendo] il tutto

La discussione procede appunto con delle brevi puntualizzazioni su quanto accade alla fine dellattivit propria di veglia e sogno, a chi dovuta quella felicit che sgorga spontanea e senza ostacoli. In quel momento di serenit privo dei fermenti di jgrat e svapna, dove vanno a unificarsi le facolt sensoriali? In PrU IV.2 Paippalda risponder che come i raggi del sole sorgono e si riuniscono al tramonto nella sfera solare, allo stesso modo tutte le facolt sorgono e tramontano nellunica divinit superna che la mente. In questa situazione di sonno sia le facolt conoscitive (jnendriya) sia quelle dattivit (karmendriya) sono assopite. L luomo non ode, non vede, non fiuta, non gusta, non tocca, non parla, non prende, non prova piacere, non emette seme, non si muove, poich egli dorme (svapiti). Nella cittadella del corpo ora vegliano i fuochi dei cinque pra (PrU IV.3).
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egli vede: egli vede ci che stato visto e ci che non stato visto, ci che stato udito e ci che non stato udito, ci che stato esperito e ci che non stato esperito, ci che vero e ci che non vero ...

Il passo indicherebbe che durante il sogno solo la mente lavora, tramite la quale si ha la conoscenza onirica. si dilunga molto nel commento, sottolineando anche la posizione mediana del sogno, come vedremo nella BU (ESNOUL, 1959: 210-211), nonch ribadisce lestraneit del S, come conoscitore del campo (ketraja, [BG XIII]), a ogni genere di condizione, introducendo cos la dottrina dellauto-luminosit di tman (svayajyotiva). La mente nel sogno mantiene sia la sua caratteristica di acquisizione di dati e riformulazione di essi, sia si trasforma negli oggetti stessi percepiti, per cui conoscitore (viayin) e cosa conosciuta (viaya) sono rappresentati da un unico attore:
atroparateu rotrdiu deharakyai jgratsu prdivyuu prk suuptipratipatte etasmin antarla ea devo rkaramivat svtmani sahtarotrdikaraa svapne mahimna vibhti viayaviayilakaam anektmabhvagamanam anubhavati pratipadyate. nanu mahimnubhave karaa mano nubhavitus tatkatha svtantryenubhavati ity ycyate svatantro hi ketraja. naia doa, ketrajasya svtantryasya manaupdhiktatvn na hi ketraja paramrthata svata svapiti jgarti v. manaupdhiktam eva tasya jgaraa svapna cety ukta vjasaneyake sadh svapno bhtv dhyyatva lelayatva [BU IV.3.7]23 itydi. tasmn manaso vibhtyanubhave svtantryavacana nyyyam eva. manaupdhisahitatve svapnakle ketrajasya svayajyotiva bdhyeteti kecit. tan na, rutyarthparijnakt bhrntis tem. yasmt svayajyotivdivyavahro py moknta sarvo vidyviaya eva manadyupdhijanita. yatra v anyad iva syt tatrnyonyat payet [BU IV.3.31] mtrsasargas tv asya bhavati, yatra tv asya sarvam tmaivbht tat kena ka payet [BU II.4.14] itydirutibhya. ato mandabrahmavidm eveyam ak na tu ektmavidm In questo intermezzo in cui ludito e gli altri sensi si sono ritirati e mentre, per la salvaguardia del corpo sono vigili il pra e gli altri soffi, prima dellentrata nel sonno profondo, questa divinit, che ha reintegrato

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In verit nella BU (IV.3.7) il testo si presenta: dhyyatva lelyatva sa hi svapno bhtv

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in S ludito e le altre facolt come i raggi nel sole, questi durante il sogno esperisce la sua gloria, [cio] acquisisce il potere di penetrare molteplici nature, [essendo] caratterizzato dal [suo proprio] divenire sia oggetto sia soggetto [conoscente]. [Obbiezione:] Per la mente, nellesperienza di quella gloria, lo strumento di colui che sperimenta, allora come si pu dire che esperisce indipendentemente, per il fatto che indipendente solo il conoscitore del campo (ketraja)?24 [Risposta:] Questo non un errore, infatti lindipendenza del conoscitore del campo dovuta alla sovrapposizione avventizia della mente. Per la verit il conoscitore del campo di per s n dorme e neppure veglia: la sua veglia e il suo sogno sono dovuti alla mente. Questo riportato nella scrittura dei seguaci [della recensione vedica] Vjasaneya, e altri [simili]:25 [Egli] essendo divenuto insieme allintelletto [= lantakaraa in toto] il sogno [stesso], come se pensasse, come se agisse A tal cagione davvero logicamente sostenibile lasserzione dindipendenza della mente nellesperire la gloria. Alcuni [sostengono che] se [si accettasse] laccompagnamento del conoscitore del campo alla sovrapposizione avventizia della mente nella condizione onirica, ci comprometterebbe [la sua] auto-luminosit. Questa [posizione] non [ corretta], perch la confusione di costoro proviene dallignoranza relativa al significato scritturale; difatti, ogni uso linguistico ordinario a partire dallauto-luminosit e altri, fino alla liberazione [stessa], [essendo] generato dalla mente e da altre analoghe sovrapposizioni avventizie, tutto ci certamente oggetto dellignoranza, come [affermano] questi e altri passaggi della ruti: L ove vi sia come un'altra cosa, ivi qualcuno pu vedere qualcosaltro , ma di questo [S] non vi legame con gli oggetti (mtra),26 mentre dove per chi ogni cosa divenuta il S, allora mediante cosa pu vedere chi?.27 Pertanto questo

Il capitolo XIII della BG interamente dedicato allopposizione e interazione del campo (ketra) e del conoscitore del campo (ketraja). Il bhagavn Ka in XIII.1 afferma subito cosa sia il campo, ovvero il corpo e il suo conoscitore: ida arra kaunteya ketram ity abhidhyate/ etad yo vetti ta prhu ketraja iti tadvida// Il verso successivo (XIII.2) afferma chiaramente chi sia il conoscitore del campo, ossia Ka afferma di essere lui allinterno di ogni corpo, il conoscitore di esso, la divinit che sta allinterno di ogni essere. Solo la conoscenza discriminativa del campo e del suo conoscitore vera conoscenza: ketraja cpi m viddhi saevaketreu bhrata/ ketraketrajayor jna yat taj jna mata mama//. 25 Si tratta, com ovvio, della kh Mdhyandina o Vjasaneya dello ukla Yajurveda. 26 Si veda BG II.14 in cui si usa lo stesso termine mtr per indicare gli oggetti sensoriali. 27 La domanda , ovviamente, retorica e indica quella condizione in cui lidentit del mumuku ormai avvenuta sicch egli non vede pi dualit, per cui il trittico conoscitore, conoscenza e oggetto conoscibile per lui ha perso ogni valore.
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dubbio formulato da coloro che poco conoscono il brahman, non da coloro che ne conoscono lunit con il S 28

poi risponde ad altri dubbi secondo i quali le affermazioni sopra riportate renderebbero senza senso lasserzione della BU (IV.3.9) rispetto allauto-luminosit di tman. Lcrya risponde che la critica di ben poco conto. Infatti, laffermazione dellauto-luminosit del S sarebbe ancora pi dissennata se esso fosse davvero limitato dentro la regione del cuore, come si dice in BU (II.1.17).29 Il prvapakin ribadisce che sebbene quanto affermato da corrisponda a verit, il fatto stesso che nel sogno la mente non ci sia e si provi un certo isolamento, met del peso (ardha bhrasya), ossia buona parte dellostacolo che impediva la chiara percezione della natura auto-luminosit della mente ormai rimosso. A questo per ribatte che non vero che met dellostacolo stato eliminato, perch anche in quella condizione lanima individuale mantiene un legame con il canale sottile denominato purtat, come afferma la stessa BU (II.1.19): purtati ete , giace nel canale purtat [= il pericardio] Di fronte a questa insistenza Bhagavatpda spiega definitivamente il senso dellauto-luminosit (PrU IV.5):
eva tarhi u rutyartha hitv sarvam abhimna na tv abhimnena varaatenpi rutyartho jtu akyate sarvai paitamanyai. yath hdayke purtati niu ca svapatas tatsabandhbhvt tato vivicya darayitu akyata ity tmana svayajyotiva na bdhyate. eva manasy avidykmakarmanimittodbhtavsanvati karmanimitt vsanvidyaynyad vastvantaram iva payata sarvakryakaraebhyo praviviktasya draur vsanbhyo dyarpbhyo nyatvena svayajyotiva sudarpitenpi trkikea na vrayitu akyate. tasmt sdhkta manasi pralneu karaeu apralne na manasi manomaya svapnn payatti. katha mahimnam anubhavatty ucyate, yan mitra putrdi v prva da tadvsanvsita putramitrdivsansamudbhta putra mitram iva vvidyay payatty eva manyate. tath rutyartha tadvsanaynuotva. deadigantarai ca dentarair
28

digantarai

ca

pratyanubhta

puna

punas

tat

Nei testi vedntici si fa riferimento a pi riprese di tre tipi di adhikrin alla conoscenza: quelli inferiori (manda/adha), quelli mediani (madhya) e quelli superiori (uttama). 29 Il testo recita: ya eo ntarhdaya kas tasmi ete , Quello che lo spazio dentro al cuore, in quello egli giace

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pratyanubhavatvvidyay

tath

da

csmi

janmany

ada

janmantaradam ity artha. atyantde vsannupapatte. eva ruta cruta cnubhta csmi janmani kevalena manas anananubhta ca manasaiva janmntare nubhtam ity artha. sac ca paramrthodakdi, asac ca marcyukakdi. ki bahunoktnukta sarva payati. sarva payati sarvamanovsanopdhi sann eva sarvakaratm manodeva svapnn payati // 5 // Bene allora, dopo aver abbandonato ogni genere di presunzione, ascolta il significato della ruti. Infatti, con la presunzione non possibile per coloro che si ritengono eruditi comprendere il significato della ruti nemmeno in cento anni. Al modo in cui possibile mostrare, distinguendolo da ci, che [durante il sogno] il [S] dormiente allinterno dello spazio o nei canali sottili [come] il purtat non ha alcun legame con essi, e dunque lauto-luminosit del S non si compromette, allo stesso modo, pur essendoci [nel sogno ancora]30 la mente dotata di impressioni sorte a causa dellignoranza, dei desideri e delle azioni, anche il logico pi arrogante non potrebbe negare lauto-luminosit [del S], assolutamente distinto dal complesso del corpo e dei sensi che,31 a causa dellignoranza, vede limpressione che ha causa nellazione come fosse altro [da S], cio un altro oggetto. Comunque questo osservatore altro dalle impressioni il cui aspetto quello del mondo percepibile (dya).32 Per questo stato ben detto che quando le facolt sensoriali sono ritratte nella mente, ma la

Laccezione concessiva con cui leggiamo il locativo assoluto ci viene dalla puntuale precisazione di nanda Giri: manasti, saty apti ea 31 Si veda il BSB III.3.54: na ctyanta dehasyopalabdhv upayogo pi dyate nicee py asmin dehe svapne nnvidhopalabdhidarant. tasmd anavadya dehavyatiriktasytmano stitvam., nemmeno si vede unesclusiva utilit del corpo nella percezione, ebbene, nel sogno pure in questo corpo privo di moto si riscontra una cognizione multiforme. Per questo motivo innegabile lesistenza del S distinto dal corpo ... 32 In questi passi da una parte sottolineata la differenza tra il soggetto veggente e il mondo osservato, dallaltra la loro fusione nel mondo del sogno, che per non colta a causa dellignoranza. Si menziona anche il fatto che i logici, fondandosi sulla loro idea di unautorevolezza estrinseca della conoscenza (parataprmya), considerano la conoscenza non direttamente percepibile ma mediante una cognizione successiva (anuvyavasya). Questo pregiudica, per costoro, anche lauto-luminosit del S, che essi non ritengono esatta, ma anzi vi trovano difetti, perch considerano la luminosit del S come dipendente da una seconda cognizione (pardhnaprakatva). nanda Giri spiega cos il passo: tath pratti vin svapne bhogsiddhe svapnabhogapradakarmanimittavaj jgrati gajdnm idatay nubhavena tadvsannm api tathaivnubhavrhatvena tadvsanrpvidyvac ca vsanrayasya manasa idatayaiva vastvantaravat prattir ity artha. ida ca vieaa manaso viayatvena viayitvsabhavd viayia tmana eva prakarpatvam iti vaktum. jgratydikryajyoti cakurdikaraajyoti ca sattvena tatsakratven tmana svayajyotiva durbodha svapne tu tadabhvt subodham iti vaktu sarvakryetydi vieaam. svapna ditydikryakaraajyoti bhsamnatve pi te vsanmtratvd dyatvc ca viayaprakansmarthyam iti vaktu vsanbhya itydi vieaam
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mente non ritirata, [il S] sostanziato di mente vede i sogni. [Obbiezione:] In che modo esperisce la gloria? [Risposta:] Si dice: [un individuo] pervaso dalle impressioni latenti di quellente un amico, un figlio o altro che stato visto in precedenza e [in sogno] per ignoranza come se scorgesse [nuovamente] quel figlio o quellamico, sorti dalle impressioni latenti del [vero] figlio o del [vero] amico. Cos egli ritiene. Allo stesso modo, come se, sotto linfluenza delle loro impressioni, in seguito udisse il significato gi udito; inoltre ci che stato esperito in deadigantarai, cio in luoghi differenti e in direzioni spaziali differenti, come se per via dellignoranza si percepisse ancora e ancora quello stesso, per cui ci che stato visto in questa nascita e quanto non stato visto, ossia che stato visto in unaltra nascita. Questo il senso. Non possibile avere unimpressione latente di qualcosa che mai si visto [= n in questa, n in altre nascite]. Cos ci che stato udito e ci che non stato udito, ci che in questa nascita stato esperito dalla sola mente e non stato esperito dalla mente, cio che stato esperito proprio dalla mente in unaltra nascita. Tale il significato. Il reale, cio la vera acqua o altro e lirreale, lacqua di un miraggio o simili; Che cosa ancora? vede ci che stato detto e ci che non stato detto: sarva payati [significa] essendo [divenuto] la sovrapposizione avventizia delle impressioni mentali tutte. Cos la divinit della mente la cui natura di tutti gli organi, vede i sogni (5).

Di seguito la PrU (IV.6) asserisce che quando la divinit della mente, sopraffatta da un caldo splendore (tejas), non percepisce pi alcuno stimolo, non prova nessun desiderio, allora pi nessun sogno ha luogo:
sa yad tejasbhibhto bhavati. atraia deva svapnn na payati. atha tadaitasmi charra etat sukha bhavati ... Allora egli sopraffatto dallo splendore; l questa divinit non vede sogni, allora in questo corpo vi tale piacere ...33

spiega che quando la divinit della mente saturata dal caldo splendore solare, assimilato al fluido vitale che scorre nei canali sottili, mentre gli accessi delle impressioni latenti sono bloccati, allora la mente, insieme alle facolt di percezione si raccolgono nel cuore. L, la mente non percepisce pi i sogni, in quanto laccesso delle visioni ostruito dallo splendore e in questo stato emerge la pura consapevolezza che, pervadendo lintero corpo, determina una permanenza nella sua natura beata: nanv eva sati atrya purua svayajyoti iti vieaam anarthaka bhavati. atrocyate, atyalpam idam ucyate ya eo ntarhdaya kas tasmi ete ity antarhdayaparicchede sutar svayajyotiva bdhyata. satyam evam aya doo yady api
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LAitareya Upaniad (AiU, I.3.12)34 puntualizza un particolare a proposito delle tre dimore del S, di grande presa per tutta linterpretazione del reale nellAdvaita successivo (ABEGG, 1959: 10; LAYEK, 1990: 100):
sa etam eva smna vidryaitay dvr prpadyata. saia vidtir35 nma dvs tad etan nndanam. tasya traya vasaths traya svapn ayam vasatho yam vasatho yam vasatha iti. Questi avendo invero perforato quel confine giunse attraverso quella porta. Quella porta porta il nome fessura e quella la beatitudine; di quella sono le tre dimore, i tre sonni: questa [una] dimora, questa [unaltra] dimora e questa [una terza] dimora.36

Vediamo, com nostra abitudine in questa sede, quale sia lopinione di rispetto a questassimilazione e come egli la legga e interpreti. Lantefatto di certo AiU I.3.11, laddove il Signore non si
sytsvapne kevalatay svayajyotivenrdha tvad apanta bhrasyeti cet. na, tatrpi purtati ete iti rute purtannsabandhd atrpi puruasya svayajyotivenrdhabhrpanaybhipryo maiva. katha tarhi atrya purua svayajyoti iti. anyakhtvd anapek s rutir iti cet. na, arthaikatvasyeatvd eko hy tm sarvavedntnm artho vijijpayiito bubhutsita ca tasmd yukt svapna tmana svayajyotivopapattir vaktum. ruter yathrthyatattvaprakakatvt ... 34 Unaltra U del gveda (RV), la Kautak Upaniad (KauU) IV.2 fa un breve accenno al sogno, molto simile a BU II.1.1-19. Il passo riguarda una menzione fatta da Grgya Blki sulla natura di vari purua, che egli identifica sia con ltman, sia col brahman. Otto di essi appartengono alla sfera cosmica, otto rappresentano diverse concezioni sul S. Il re Ajatru rifugge da queste teorie, in quanto solo parti di verit, o addirittura errori. In questo panorama si situa la nostra kaik di cui citiamo una famosa e recente traduzione (BODEWITZ, 2002: 57-61): In the sun the lofty [bhat] one, in the moon food, in the lightning splendour, in thunder noise, in wind Indra Vaikuha, in space the full, in fire the conquering one in the waters truth. So far concerning the cosmic entities. And now the microcosmic aspect. In the mirror the image (soul), in the shodow the double (Doppelgnger), in the echo the external soul, in the sound (following a walking man) death, in a dream (svapna) Yama (the god of death), in the body Prajpati, in the right eye the (purua) of speech, in the left eye the (purua) of truth. In una nota Bodewitz (IBID.: 61, n. 209) aggiunge che sebbene svapna significhi anche sonno, come da altri tradotto, non va dimenticato che nei tempi vedici spesso le visioni oniriche erano associate alla morte o annunciavano essa, oppure correlate allanima dei parenti deceduti. Si veda anche il passaggio III.3 della medesima U, che riguarda limportanza del pra identificato con il S e la condizione del S nel sonno profondo, ove non vede alcun sogno, in cui tutte le facolt, insieme ai loro oggetti corrispondenti si riuniscono e rientrano in quello: la voce con tutti i nomi, la vista con le forme, ludito con i suoni, la mente con i pensieri. Quando poi luomo si risveglia allora, come le scintille di un fuoco sprizzano in tutte le direzioni, cos le varie facolt riprendono posto nelle loro sedi rispettive (ESNOUL, 1959: 211). 35 Molti leggono il termine anche come vidhti, col medesimo significato. 36 Per leggere correttamente questo passo per noi valida linterpretazione di Olivelle (1998: 321), altrimenti laffermazione precedente di triplicit del sonno perderebbe valore.

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capacita di come il complesso psico-fisico possa sostenersi senza di lui, cosicch considera quale sia lorifizio pi opportuno per penetrare quel corpo. Ivi, sinserisce la nostra sezione (kaik), in cui vara, come appunto dice , fendendo la sommit del capo accede nel corpo. Il bhyakra chiarisce pure il perch questa fenditura detta beatitudine (nndana) e non quelle in cui dimorano i sensi (golaka). Queste non sono perfette, in quanto costituiscono i percorsi di entit sottoposte alltman, come i soffi o le percezioni, mentre il foro occipitale varco proprio del solo paramevara, pertanto fonte di gioia eccelsa. Continua :
tasyaiva sv praviasya jventman rja iva pura traya vasath. jgaritakla indriyasthna dakia caku, svapnakle ntarmana, suuptikle hdayka ity etat. vakyam v traya vasath, pitarra mtgarbhaya sva ca arram iti. traya svapn jgratsvapnasuuptykhy. nanu jgarita prabodharpatvn na svapna. naivam, svapna eva. katham? paramrthasvtmaprabodhbhvt svapnavad asadvastudaranc ca ayam evvasatha cakur dakia prathama, mano ntara dvitya, hdaykas ttya. ayam vasatha ity uktnukrtanam eva. teu hy ayam vasatheu paryyetmabhvena svbhviky na vartamno vidyay drghakla ghaprasupta prabudhyate nekaatasahasrnarthasaniptaja-

dukhamudgarbhightnubhavair api. Di quello [= del Signore] che dopo aver creato cos [= laggregato corporeo] che [lo] ha penetrato in quanto anima individuale,37 come un re [che entrato] nella [propria] citt, [ove] vi sono tre dimore. Nel momento della veglia locchio destro la sede delle facolt, durante il momento del sogno allinterno della mente,38 nel tempo del sonno profondo lo spazio

Questo passo ricorda da vicino ChU VI.3.2: anena jven tman nupraviya nmarpe vykaravi. 38 nanda Giri e la Dpik di Vidyraya ci forniscono qualche informazione in pi. In primis dice G che il seggio della mente la zona della gola: manaso dhikaraa kahasthnam ity artha A questo la Dpik aggiunge un passaggio dalla Brahma Upaniad (BrU, UpS: 168-169) e dalla Kaivalya Upaniad (KU, 12b-14b; UpS: 142-144). Il testo di Vidyraya, dopo aver citato i due passaggi upaniadici, afferma: nanu jgarasuuptayo svapnd anyatve traya svapn ity ayuktam iti cet. na. svapnalakaopetatvt. vidyamnavastutattva tirodhya samutpanno nyath pratibhsa svapna iti tallakaam. jgaraasuuptayor api vidyamnasya brahmatattvasya tirodhnennyathbhtasya jvatattvasya cvabhsa ity asti tallakaam. tasml lokasiddhasya svapnasyaikatve pi lakaasiddh svapns traya , [Obbiezione:] Per, per il fatto che la veglia e il sonno profondo sono altro dal sonno le tre condizioni di sonno [questaffermazione] non congrua. [Risposta:] Non cos, poich [entrambe] sono dotate delle caratteristiche del
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[allinterno] del cuore: questo quanto. Oppure, stanno per essere enunciate le tre dimore: il corpo paterno, il grembo della madre e il proprio corpo.39 I tre stati di sogno sono chiamati: la veglia, il sogno e il sonno profondo.40 [Obbiezione:] Per la condizione di veglia non di certo un sogno, poich ha la natura di consapevolezza. [Risposta:] Non cos, invero un sogno.41 [Domanda:] In che modo? [Risposta:] Anche [la veglia] come un sogno perch non vi consapevolezza del proprio S come realt suprema e perch vi la visione di enti non reali. [Tra queste] questa dimora, locchio destro la prima, linterno della mente la seconda e la

sogno. Ecco la sua definizione: il sogno lapparizione di un altro tipo sorta dopo che leffettiva realt di un ente stata oscurata. Anche nella veglia e nel sonno profondo vi lapparizione del principio dellanima individuale che divenuto di altro tipo per loscuramento della effettiva realt del brahman; per cui si applica la sua [= del sogno] definizione. Pertanto, pur essendo uno solo il sogno che ben noto alle persone, le tre condizioni di sogno sono stabilite [tali] per definizione 39 Ancora la Dpik di Vidyraya spiega queste tre dimore. Secondo lui esistono due generi di divenire, uno legato al vivere comune della quotidianit (dainadinavyavahra) e uno legato a unaltra nascita (janmntarasvkra), che sarebbe quello delle tre condizioni accennate nel commento di e di cui AiU II si occupa: traya vasath ity anena pitarramtarrasvaarrarpi tri sthnni ca vivakyante. tath coparitandhyaye prapacayiyate. sasro dvividha dainadinavyavahro janmntarasvkra ceti. tatra dainadinavyavahrasya netrdni sthnni janmntaravyavahrasya tu pitarrdisthnnti viveka 40 Nella nota 38 si sono ricordate due Upaniad citate dalla Dpik. In primo luogo Vidyraya introduce il passo della KU (12b-14b) dicendo che in essa le tre condizioni di peregrinazione dellanima individuale sono trattate come i divertimenti compiuti in tre diversi palazzi da un sovrano: jgaritdn mahrjasya prsdatrayakrvaj jvakrrpatva kaivalyopaniady mnyate Quindi il testo della KU recita cos: stryannapndivicitrabhogai sa eva jgratparitptim eti// 12b // svapne sa jva sukhadukhabhokt svamyay kalpitavivaloke/ suuptikle sakale vilne tamobhibhta sukharpam eti// 13 // puna ca janmntarakarmayogt sa eva jva svapiti prabuddha/ puratraye krati ya ca jvas tatas tu jta sakala vicitram/ 14b /, Egli di certo giunge allappagamento nella veglia grazie a godimenti molteplici quali le donne, il cibo, le bevande e altri simili (12b). Quella stessa anima individuale nel sogno, in un mondo tutto immaginato dal suo stesso potere creativo, fruitore di piaceri e dolori; nel tempo del sonno profondo, quando ogni cosa si ritirata, egli, sopraffatto dalloscurit, attinge un aspetto di felicit (13). Ancora poi, per lunione con [i frutti delle] azioni di altre nascite, quello stesso S individuale dorme e poi si risveglia; quel jva gioca nelle tre citt, da lui nata tutta la molteplicit Abbiamo poi la seconda Upaniad citata dalla Dpik, la BrU, di cui proponiamo brevemente, oltre a quello citato da Vidyraya, anche altri passaggi interessanti che ricorderanno lintroduzione del nostro secondo capitolo: athsya puruasya catvri sthnni bhavanti. nbhir hdaya kaha mrdheti. tatra catupda brahma vibhti. jgarita svapna suupta turyam iti. jgarite brahm svapne viu suuptau rudras turya paramkaram ranbhir yath tantn sjate saharaty api. jgratsvapne tath jvo gacchaty gacchate puna netrastha jgrata vidyt kahe svapna vinirdiet/ suupta hdayastha tu turya mrdhni sasthitam// , Ora, di questo essere vi sono quattro sedi: lombelico, il cuore, la gola e il foro occipitale. Ivi, rifulge il brahman dai quattro piedi: la veglia, il sogno, il sonno profondo e il quarto. Nella veglia vi Brahm, nel sogno Viu, nel sonno profondo Rudra e il quarto il supremo incorruttibile [stesso] Come un ragno emette e ritrae le ragnatele, allo stesso modo lanima individuale va e torna continuamente nella veglia e nel sogno Si conosca la veglia come stante nellocchio, il sogno si indichi nella gola, il sonno profondo sito nel cuore, mentre il quarto situato nel foro occipitale 41 nanda Giri specifica che non si tratta di unidentificazione, che produrrebbe uno sconfinamento nel punto di vista Vijnavdin, ma di unassimilazione, unanalogia: svapnatuly ity artha. jgrad ity upalakaa pitrdiarratraya cety api draavyam

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terza lo spazio allinterno del cuore. ayam vasatha [questo passaggio] [ripetuto tre volte] solo per ribadire (anukrtana) quanto gi detto.42 Egli [= lanima individuale] presente alternatamente (paryyea) in quelle dimore come fosse lui stesso (tmabhvena), per lungo tempo profondamente assopito a causa di uninnata ignoranza, non si risveglia nemmeno per le esperienze delle ferite provocate dalla mazza del dolore sorto dallaccadimento di molteplici centinaia di migliaia di sciagure.

In questo caso luso della parola svapna alquanto peculiare, per non dire unico. Esso definisce tutti e tre gli stati di coscienza. La questione non pu che essere apposta a rimarcare che di fronte al risveglio alla totalit, le tre condizioni transitorie condividono lo stesso status ontologico, cio sono tutte ugualmente avvolte dalla tenebra dellignoranza, qui illustrata con la metafora del sonno (KEITH, 1970 [1925]: 568).43 Questa illustrazione metaforica , a nostro parere, centrale per comprendere non solo la dottrina upaniadica del sogno, ma fondamentale per focalizzare lottica con cui nellAdvaita Vednta si esamina svapna. Senza dubbio in questo caso abbiamo uno degli atteggiamenti metafisici pi importanti dellAdvaita di fronte al sogno, molto pi determinante di altri dedicati alla definizione del sogno o alla trattazione quasi psicologica delle cognizioni oniriche: ogni condizione ordinaria e relativa assolutamente nulla, fasulla di fronte allassoluta verit del Supremo, proprio come un sogno che, per quanto piacevole, rimane del tutto apparente e illusorio di fronte alla realt fenomenica.44 Tutti i passaggi fin qui riportati danno il la agli Advaitin, che per rimarcare che solo il brahman reale, si servono della ben nota metafora dellirrealt onirica al fine di provare che pure la realt empirica di veglia,
G spiega luso della parola vasatha, pi arcaica ma corrispondente ad avasth, che significa letteralmente abitazione, anche se usata qui nel senso di dimora o condizione sensoriale, ovvero si deve intendere nel significato previsto dal commento mediante la funzione secondaria, che scarta il significato primario e letterale per accettare quello direttamente connesso a esso: nanv vasathaabdasya ghavieavcina katham akydiu prayoga ity akhy vasathasthasyevaiu sthitasya drghanidrdarant teu sukha suptasyeva ghraprabodhdarand gauy vtty vasathatvam ha teu hy ayam iti 43 La stessa identificazione appartiene anche allAitareya rayaka (Ai II.4.3). Per una breve disamina sul passaggio si veda Keith (1995 [1909]: 230, n. 10). 44 Non ci riferiamo qui alle poche pagine dedicate da W. Doniger alle U (2005 [1984]: 36-38, 40) poich sono pressoch riportate le considerazioni e i riferimenti di A. M. Esnoul (1959: 210-214) e Alex Wayman (1967: 10).
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alla stregua di svapna falsa. In effetti, lo sviluppo onirico si annulla una volta che il sognatore si desta. Secondo la YU (IV.9-12) la vera conoscenza quella condizione che rimane inalterata in ogni circostanza, per la quale non sorge mai una conoscenza negatrice (bdhakajna). Al contrario, una qualsiasi cognizione o percezione seguita da una conoscenza contraddittoria risulta essere falsa, proprio come accade per la conoscenza onirica (LAYEK, 1990: 99, 105):
yad ajnd bhaved dvaitam itarat tat prapayati/ tmatvena tad sarva netarat tatra cv api// 9 // anubhto py aya loko vyavahrakamo pi san/ asadrpo yath svapna uttarakaabdhita// 10 // svapne jgarita nsti jgare svapnat nahi/ dvayam eva laye nsti layo pi hy anayor na ca// 11 // trayam eva bhaven mithy guatrayavinirmitam/ asya dra gutto nityo hy ea cidtmaka// 12 // Quando dallignoranza scaturisce la dualit allora si scorge laltro, [mentre] quando [si scorge] ogni cosa come il S, in quella condizione non vi altro e nemmeno in seguito (9). Questo mondo, pur essendo percepito, pur essendo capace di attivit empirica, irreale come il sogno, contraddetto listante successivo (10). Nella condizione di sogno non c veglia, mentre nella condizione di veglia non c condizione di sogno. Entrambe non ci sono nella [loro] dissoluzione e neppure di loro c la loro dissoluzione (11). Le tre, sorte dalla triplice qualit della sostanza prima, sono di certo illusione, mentre losservatore di ci oltre i gua, eterno infatti, esso sostanziato di conoscenza (12).45

La YU (IV.13-24) conclude nel modo seguente il capitolo: yadvan mdi ghaabhrnti uktau hi rajatasthiti/ tadvad brahmai jvatva vkame vinayati// 13 // yath mdi ghao nma kanake kualbhidh/ uktau hi rajatakhytir jvaabdas tath pare// 14 // yathaiva vyomni nlatva yath nra marusthale/ puruatva yath sthau tadvad viva cidtmani// 15 // yathaiva nyo vetlo gandharv pura yath/ yathke dvicandratva tadvat satye jagatsthiti// 16 // yath taragakallolair jalam eva sphuraty alam/ ghaanmn yath pthv paanmn hi tantava// 17 // jagannmn cid bhti sarva brahmaiva kevalam/ yath vndhysuto nsti yath nsti jagatsthiti// 18 // yath nsti nabhovkas tath nsti jagatsthiti/ ghyame ghae yadvan mttik bhti vai balt// 19 // vkame prapace tu brahmaivbhti bhsuram/ sadaivtm viuddho sti hy auddho bhti vai sad// 20 // yathaiva dvividh rajjur jnino jnino niam/ yathaiva mnmaya kumbhas tadvad deho pi cinmaya// 21 // tmntmaviveko ya mudhaiva kriyate budhai/ sarpatvena yath rajj rajatvena uktik// 22 // vinirt vimhena dehatvena tath tmat/ ghaatvena yath pthv jalatvena marcik// 23 // ghatvena hi khni khagatvenaiva lohat/ tadvad tmani dehatva payaty ajnayogata // 24 // iti //, Come quando nellargilla si ha lillusione del vaso e nella madreperla lesserci dellargento, cos quando si realizza il brahman lessere anima individuale
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CAPITOLO 4 (I): SVAPNA: LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE UPANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE ADVAITA (1)

Ora,46 prima di giungere a esaminare svapna nelle due U che pi si dilungano e lo utilizzano come metafora, cio BU e MU, vediamo unaltra grande U, questa volta della tradizione del Smaveda, la Chndogya Upaniad. Apriamo la disamina con un passaggio che anche abbiamo gi visto nel primo capitolo (p. 14) e che vedremo ancora nel commento di al BS (III.2.2). La prima kaik, inserita in un contesto di glorificazione del pra come il pi antico (jyea) e il migliore (rea) tra tutte le facolt dellaggregato psico-fisico (ChU V.1), lultima di una sezione che fa riferimento a un rito. In ChU V.2 il narratore del racconto, Satyakma Jbla, di fronte a Goruti Vaiyghrapadya aggiunge le direttive per conseguire uniniziazione sacrificale (dk) al fine di conseguire un grande fine (mahaj jigamied): nel giorno di luna nuova o una notte di luna piena si dovrebbe preparare del latte cagliato mescolandolo a miele e ai succhi di varie erbe, oblandolo poi con del burro chiarificato a beneficio del migliore e pi antico: jyeya reya svh. Dopo varie altre offerte al fuoco, il sacrificante si ritrae leggermente e, dopo un saluto offerto allo stesso pra, augurandosi di poter partecipare delle stesse sue eccellenze deve bere il resto della pozione. Ne beve un sorso ogni qual volta recita un quarto (pada) di una strofa (c) vedica. La kaik V.2.7/8 termina con delle
scompare (13). Al modo in cui largilla prende il nome di vaso, loro lappellativo di orecchino, la madreperla si conosce come argento, cos il supremo la parola anima individuale (14). Come nel cielo lessere azzurro e come nel deserto lacqua o nel tronco lessere uomo, allo stesso modo nel S che conoscenza [appare] luniverso (15). Proprio come il vuoto, un fantasma, la citt dei Gandharva, come in cielo lapparizione di due lune, alla stessa maniera sulla verit [appare] il perdurare del mondo (16). Come dalle onde e increspature si ha conoscenza della sola acqua, come col nome di vaso la terra o col nome di veste i fili (17), col nome di universo appare la conoscenza suprema, tutto in verit il solo brahman, come non esiste il figlio di una madre sterile, cos non vi la presenza del mondo (18), come non c un albero in cielo, allo stesso modo non c il perdurare del mondo, come quando si percepisce il vaso, per forza appare largilla (19); ancora quando si esperisce il mondo appare il brahman splendente. Il S sempre purissimo, eppure sembra costantemente impuro (20). Come incessantemente la corda appare duplice, per il conoscitore e lignorante [di essa], come il vaso fatto di argilla, cos il corpo fatto di coscienza (21). Dai saggi invano fatta questa distinzione tra S e non-s: al modo in cui il serpente [ determinato] come corda o la madreperla come argento (22) analogamente dallo stolto lessere S concepito come il corpo, o ancora la terra come vaso oppure il miraggio come acqua (23), delle assi come una casa o lessere ferro come una spada cos, per il contatto con lignoranza, egli vede il corpo nel S (24). 46 A. O. Fort offre unimportante strumento per lo studio delle avasth nelle U cosiddette minori, nella terza appendice del suo famoso volume The Self and Its States, laddove egli lista dei riferimenti al turya in 23 testi upaniadici (1990: 133-136). Per altri riferimenti pi specifici a svapna nelle U minori si veda R. N. Triph (1987: 166-167).

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altre indicazioni per il sacrificante che sedutosi su una pelle o sul terreno sacrificale stesso a ovest del fuoco dovrebbe frenare la parola e sa yadi striya payet samddha karmeti vidyt , se egli vedesse una donna, sappia che il rito riuscito ... aggiunge che la visione deve essere nei sogni svapneu, cos da legittimare lultima kaik, secondo la quale, come scrive , la visione di una donna o simili in sogno propizia (strydipraastasvapnadarana) (STUHRMANN, 2009: 27; ABEGG, 1959: 12):
tad ea loko yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane tasmin svapnanidarane.47 Perci c questo verso: Quando qualcuno vede nei sogni una donna, durante i riti per ottenere [la soddisfazione di] un desiderio, allora riconosca in ci il successo, in quella visione di sogno, in quella visione di sogno 48

In unaltra situazione (FORT, 1990: 20-22),49 quella dellinsegnamento di Prajpati a Indra e Virocana (ChU VIII.7-12). Entrambi, sia il campione degli dei Indra, sia quello degli asura Virocana, sono desiderosi di
Vi un passaggio parallelo in BU VI.3. Si vedano anche alcune frasi centrali del commento di ad ChU VI.8.2 ove si ribadisce la centralit del pra per lattivit e il funzionamento dei sensi e del corpo, in veglia come anche nel sogno. Oltre a ci, si ricordi ChU VIII.3.4 in cui si fa riferimento alla beatitudine (saprasda) propria del sonno profondo. 49 Sempre ChU VIII.4.1 fa uninteressante affermazione rispetto al S come setu, sia un ponte, collegamento tra due diverse sponde, sia una diga, una barriera che permette che mai vi siano confusioni tra i differenti domini: atha ya tm sa setur vidhtir e loknm asabhedya naita setum ahortre tarato na jar na mtyur na oko na sukta na dukta sarve ppmno to nivartante pahatappm hy ea brahmaloka// 1 //, Ora quel S quello un ponte, una barriera affinch non vi sia una reciproca collisione tra questi mondi. Il giorno e la notte non attraversano questo ponte, neppure la vecchiaia, n la morte, n la pena, neanche buone e cattive azioni; da qui tutte le colpe tornano indietro: questo mondo di brahman, infatti, libero da colpa. sostiene che in questo passaggio si riprende il discorso precedente su saprasda, specificandone la natura e le caratteristiche, al fine di connetterlo con il brahmacarya: uktalakao ya saprasdas tasya vakyamair uktai ca guai puna styate brahmacaryasdhanasabandhrtham Ancora poi in ChU VIII.6.1-3 si parla dei canali sottili (n) di color zafferano, bianco, blu, giallo e rosso che escono dal cuore, corrispondenti al sole, anchesso degli stessi colori. Come una via principale (mahpatha) collega due villaggi, allo stesso modo i raggi del sole collegano il mondo di lass con il mondo di qui. In questo modo i raggi solari penetrano nei canali sottili. Quando si completamente addormentati, in piena calma, in un sonno che non conosce sogni significa che si scivolati via attraverso questi canali sottili: in quel momento non si toccati da alcuna colpa, infatti, si allora provvisti di tejas: tad yatraitat supta samasta saprasanna svapna na vijnty su tad ndu spto bhavati ta na kacana ppm spati tejas hi tad sapanno bhavati// 3 // (ESNOUL, 1959: 212-213). spende due parole per indicare cosa sia il sogno: ata eva svapna viaykrbhsa mnasa svapnapratyaya na vijnti nnubhacatty artha , Perci non conosce, non esperisce il sogno, cio la cognizione onirica che unapparizione in forma delloggetto [tutta] mentale. Questo il significato
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comprendere da Prajpati la vera natura del S. Per istruirli Prajpati richiede che si fermino nel suo eremo per trentadue anni, mantenendo la castit e servendolo. Trascorsi gli anni, il maestro dona linsegnamento: ltman quellessere che si vede nellocchio (ChU VIII.7.4): ya eo kii puruo dyata ea tmeti (CONIO, 1979: 288). A entrambi fatto guardare entro un catino pieno dacqua la loro immagine, prima coperti delle vesti da discente, poi gli vengono fatte indossare belle vesti e ornamenti ed essi di nuovo si vedono riflessi, gli stessi di prima ma ben vestiti. Prajpati allora formula linsegnamento: quello che essi vedono, il corpo quello limmortalit, lassenza di paura, il brahman. Avuto linsegnamento essi entrambi si congedano dal guru, che li guarda allontanarsi, rimpiangendo la loro insufficiente comprensione. Trai i due per Virocana soddisfatto dellinsegnamento, che trasmette anche agli altri asura (ChU VIII.8.1-5). Indra per, prima di ritornare dagli dei, riflette: Come pu essere il corpo il S? Se esso fosse mutilato, distrutto allora anche il S dovrebbe patire la stessa sorte? In questo non c consolazione. Cosicch Indra torna dal maestro lamentando uninsoddisfazione per linsegnamento. Il maestro ammette che linsegnamento su tman non era tutto l, ma chiede a Indra di fermarsi altri trentadue anni (ChU VIII.9.1-3). In seguito Prajpati conferisce il nuovo ammaestramento (ChU VIII.10.1) (ABEGG, 1959: 7):
ya ea svapne mahyamna caraty ea tmeti hovcaitad amtam abhayam etad brahmeti . Colui che glorificato si muove nel sogno, questi il S: questo immortalit, assenza di paura, questo brahman

aggiunge solo poche note:


ya svapne mahyamna strydibhi pjyamna caraty anekavidhn svapnabhogn anubhavatty artha Colui che in sogno glorificato, servito da donne e altri si muove, cio esperisce godimenti onirici di molte specie. Tale il senso

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Ma il racconto non finisce qui perch, sebbene Indra in un primo tempo se ne va soddisfatto, meditabondo continua a riflettere sullupadea, ma non vi trova ancora una volta consolazione. Torna dal maestro e nuovamente si ripete liter: Il maestro annuisce, fa fermare il discepolo trentadue anni al termine dei quali insegna (ChU VIII.10.2-4). Ora, secondo un percorso intuibile, lattenzione di Prajpati va pi a fondo (ChU VIII.11.1) (CONIO, 1979: 288-289):
tad yatraitat supta samasta saprasanna svapna na vijnty ea tmeti hovcaitad amtam abhayam etad brahmeti Quando allora interamente addormentato, completamente sereno e non conosce alcun sogno, questi il S: questo immortalit, assenza di paura, questo brahman

Abbiamo visto come Prajpati sia partito con lidentificazione del S prima con il corpo stesso, cio con il dominio di veglia, poi con la libert del mondo onirico e infine con la beata serenit del sonno profondo, spingendosi sempre pi in profondit con i suoi insegnamenti, previo esame delle effettive qualifiche del discepolo. Ma ancora Indra non appagato, perch ltman, come descritto dal maestro non conosce s stesso, non conosce nulla, per cui non vi benessere in ci. Di nuovo il sovrano delle divinit torna dal capostipite di tutte le creature insoddisfatto, per essere istruito una volta per tutte. Prajpati ancora d ragione a Indra e gli chiede di fermarsi cinque anni questa volta (ChU VIII.11.2-3). Infine, dopo cento-undici anni di brahmacarya Prajpati conferisce linsegnamento finale, che qui proponiamo nella bella traduzione di P. Olivelle (ChU VIII.12.1-5, 1998: 285-286):
This body, Maghavan, is mortal; it is in the grip of death. So it is the abode of this immortal and nonbodily self. One who has a body is in the grip of joy and sorrow, and there is no freedom from joy and sorrow for one who has a body. Joy and sorrow, however, do not affect one who has no body (1). The wind is without a body, and so are the rain-cloud, lightning, and

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thunder. These are without bodies. Now, as these, after they rise up from space up above and reach the hightest light, emerge in their own true appearance, (2) in the very same way, this deeply serene one, after he rises up from this body and reaches the highest light, emerges in his own true appearance. He is the highest person. He roams about there, laughing, playing, and enjoying himself with women, cariages, or relatives, without remembering the appendage that is this body. The lifebreath is yoked to this body, as a draft animal to a cart (3). Now, when this sight here gazes into space, that is the seeing person, the faculty of sight enables one to see. The one who is aware: Let me smell this that is the self; the faculty of smell enables him to smell (4). The one who is aware: Let me think about this that is the self; the mind is his divine faculty of sight. This very self rejoices a sit perceives with his mind, with that divine sight, these objects of desire found in the world of brahman (5)

Questultimo capitolo sembra appunto riferire dellinsegnamento di turya, ivi identificato col termine aarratva, da parte di Prajpati, che eliminati in successione gli stadi preparatori, termina con listruzione sulla vera natura del S. La nostra lettura dei capitoli trova una breve ma sufficiente conferma in ad ChU VIII.12.1:
taccharram asya saprasdasya tristhnatay gamyamnasymtasya maradidehendriyamanodharmavarjitasyety Quel corpo [il seggio] di quella perfetta serenit che comprensibile dai tre stati, dellimmortale che privo delle caratteristiche quali la morte e altre proprie del corpo, dei sensi e della mente

In seguito, nel discutere una polemica,50 offre ancora qualche informazione sulla propria concezione onirologica:
La diatriba si svolge sul fatto che secondo alcuni il primo insegnamento di Prajpati: ya eo akii puruo dyate si dovrebbe evincere il chypurua, come nelle istruzioni relative a svapna e suupti sono intesi altri generi di purua, piuttosto che il paramapurua, paramtman. Tuttavia, questo punto di vista non sta bene a . Secondo lui linsegnamento sul chypurua presagisce solamente quello sul paramtman che estremamente difficile a conoscersi (durvijeya), per cui come accade spesso si indica un qualcosa di prossimo al nostro obbiettivo per poi, individuata la meta, negare quanto prima si era affermato.
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yadyapi svapne sadhr bhavati tathpi na dh svapnabhogopalabdhi prati karaatva bhajate. ki tarhi? paacitravaj jgradvsanray dyaiva dhr bhavatti na drau svaya jyotivabdha syt. kicnyat, jgratsvapnayor bhtni ctmna ca jnatmni bhtny ayam aham asmti prptau saty pratiedho yukta synn ha khalv ayam itydi. tath cetanasyaivvidynimittayo saarratve sati priypriyayor apahatir nstty uktv tasyaivarrasya sato vidyy saty sa arratve prptayo pratiedho yukto arra vva santa na priypriye spata iti. eka ctm svapnabuddhntayor mahmastyavad asaga sacaratti rutyantare siddham Sebbene in sogno [il S] con il complesso mentale, tuttavia lorgano mentale non partecipa della strumentalit nei confronti dellottenimento delle fruizioni oniriche. [Obbiezione:] Che cosa c allora? [Risposta:] Come una tela dipinta la mente diviene loggetto percepibile che la base delle impressioni latenti della veglia, pertanto non vi un ostacolo alla natura auto-luminosa del veggente. E ancora, quello [= il veggente, nella veglia e nel sogno] riconosce gli elementi e s stesso: Questi sono gli elementi, questo sono io; [mentre] la negazione possibile dopo aver inteso ci [nel sonno profondo], per questo afferma Certamente, questo [non riconosce n gli elementi n, s stesso (ChU VIII.11.2)] ecc. Allo stesso modo, avendo detto che fintanto che permane il corpo51 lessere cosciente non esperisce leliminazione di quanto caro [= desiderabile] e quanto non caro [= non desiderabile] che hanno come causa lignoranza. Quando poi si attinge la conoscenza per quello stesso che divenuto senza corpo, quella stessa eliminazione di quelle due entit acquisite, [il desiderabile e il non desiderabile] con la corporeit, appropriata: di certo essendo senza corpo ci che desiderabile e ci che non desiderabile non [lo] toccano (ChU VIII.12.1). In un altro passaggio della ruti [BU IV.3.18] stato provato che lunico S, senza attaccamenti, si muove come un grande pesce tra il sogno e la veglia 52

Bisogna intendersi con corporeit ogni genere di legame che ci inchioda al triplice corpo: grossolano, sottile e causale; mentre, lassenza di essa implica la condizione libera propria della meta ultima. Si veda la discussione in BSB I.1.4. 52 Unultima questione da segnalare riguardo la ChU trattata nel bhya ad VIII.12.3, in cui si riferisce la natura non manifesta (avyakta) delluttamapurua legato al saprasda del sonno profondo e la natura manifesta (vyakta) degli altri due purua legati alla veglia uno, lakipurua e al sogno laltro, lo svapnapurua.
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IV.I.3: U PANIADVICRA II: U PANIAD

LA TRADIZIONE DELLA

B HADRA YAKA

Nonostante una delle trattazioni pi importanti dellintero panorama letterario indiano sul sogno sia presente nella BU IV.3, vorremmo accennare prima ad altri passaggi del medesimo testo, taluni significativi al nostro argomento stesso, tali altri utili per un comprensione pi ampia dello stesso, che ci serviranno anche in altre occasioni.53 Tra questi ci piace segnalare un dialogo svoltosi, nel miglior stile upaniadico, tra il re Ajtaatru di K e Dptablki Grgya (BU II.1.120), molto simile a quello gi menzionato in KauU IV.2, riguardante la natura del sonno profondo (FORT, 1990: 17-18). Grgya propone una serie di enti identificandoli al brahman,54 ma il saggio re li rifiuta tutti,55 finch lui a chiedere se quanto aveva da insegnare il brhmaa si limitasse a tanto. Dopo aver annuito, dunque, Grgya chiese di essere istruito dal sovrano (II.1.14). Entrambi si alzarono e andarono presso un uomo addormentato e il re sindirizzo a lui cos: bhan paravsa soma rjan, O grande, o tu dalle vesti bianche, o Soma, o re!, ma quello non si dest. Allora il re lo scosse con la mano e luomo riprese conoscenza (II.1.15). A questo punto Ajtaatru formula la sua domanda (II.1.16):
Uno di questi passi, molto importanti per lintera trattazione, ma non direttamente connessi col sogno, in BU I.5.3 che elenca tutte le propriet, o meglio, funzioni da cui si plasma la mente: kma sakalpo vicikits raddh raddhdhtir adhtir hrr dhr bhr ity etat sarva mana eva , il desiderio, limmaginazione, il dubbio, la fede, la mancanza di fede, la fermezza, la mancanza di fermezza, il pudore, lintelligenza, la paura: tutto ci la mente Tra queste ci piace ricordare che in seguito Dharmarja considerer dh sinonimo di vtti (VP, DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 49): dhabdena vttirpajnbhidhnam. 54 Dapprima il saggio enumera lessere nel sole (II.1.2), poi nella luna (II.1.3), e ancora nel lampo (II.1.4), nello spazio (II.1.5), nel vento (II.1.6), nel fuoco (II.1.7), nelle acque (II.1.8), nello specchio (II.1.9), nel suono (II.1.10), nei punti cardinali (II.1.11), lessere fatto dombra (II.1.12), fino lessere che sta nel corpo (II.1.13). 55 Nelle obbiezioni di Ajtaatru si riscontra sempre la stessa formula: m maitasmin savadih, non mi parlare di questo, la quale seguita dalle varie interpretazioni che il sapiente sovrano d degli enti enumerati da Grgya: lessere nel sole il sovrano, capo degli esseri il re (II.1.2); lessere nella luna il grande, il re, Soma dal bianco vestito (II.1.3); lessere nel lampo n pi n meno che un essere splendente (II.1.4); lessere nello spazio pieno, non evolventesi (II.1.5); lessere nel vento Indra Vaikuha, come larmata invincibile (II.1.6); lessere nel fuoco lirresistibile (visahi) (II.1.7); lessere nelle acque il riflesso (pratirpa) (II.1.8); lessere nello specchio il rilucente (rociu) (II.1.9); il suono il soffio vitale (asu) (II.1.10); lessere nei punti cardinali il compagno inseparabile (II.1.11); lessere fatto dombra Mtyu, la morte (II.1.12); lessere nel corpo solo un essere dotato di corpo (II.1.13).
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sa hovcjtaatrur yatraia etat supto bhd ya ea vijanamaya purua kvaia tadbht kuta etad gd iti tad u ha na mene grgya Quello stesso Ajtaatru disse: Qui questo che fu addormentato, quello che questessere sostanziato di coscienza dove fu egli allora? Donde giunto? Per nulla seppe Grgya ...

Allora lo stesso sovrano a rispondere (II.1.17-20) istruendo definitivamente Grgya (ESNOUL, 1959: 211-212):
sa hovcjtaatrur yatraia etat supto bhd ya ea vijanamaya puruas tad e prn vijnena vijnam dya ya eo ntarhdaya kas tasmi chete tni yad ghty atha haitat purua svapiti nma tadghta eva pro bhavati ght vg ghta cakur ghta rotra ghta mana// 17 // sa yatraitat svapnyay carati te hsya loks tad uteva mahrjo bhavaty uteva mahbrhmaa utevoccvaca nigacchati sa yath mahrjo jnapadn ghtv sve janapade yathkma parivartetaivam evaia etat prn ghtv sve arre yathkma parivartate// 18 //56

, simulando un dubbio, introduce il commento a questa kaik con alcune considerazioni sul sogno: nanu daranalakay svapnvasthy kryakaraaviyoge pi sasradharmitvam asya dyate. yath ca jgarite sukh dukh bandhuviyukta ocati muhyate ca, tasmc chokamohadharmavn evyam. nsya okamohdaya sukhadukhdaya ca kryakaraasayogajanitabhrntydhyropit iti. na mtvt , [Obbiezione:] Per nella condizione di sogno che ha la natura di visione, pur essendoci la separazione dal corpo e dai sensi, si vede pure il suo [= dellanima individuale] soggetto al divenire. Difatti, come avviene nella condizione di veglia egli felice, addolorato, separato dai compagni, soffre ed confuso, per cui egli dotato di caratteristiche come il dolore e il turbamento. Dunque, il dolore e il turbamento o quantaltro e la felicit e linfelicit [nella veglia e nel sogno] non sono a lui sovrapposte per via dellerrore prodotto dallunione col corpo e con i sensi. [Risposta]: No, poich [il sogno] una falsit Continua : sa prakta tm yatra yasmin kle daranalakaay svapnyay svapnavtty carati vartate tad te hsya lok karmaphalni ... Quello, il S di cui si sta parlando l, in quel momento attraverso il sogno che ha la natura di visione si muove, cio sta con la modificazione mentale del sogno, allora quei suoi mondi, ossia i frutti delle azioni Infine, dopo alcune disquisizioni sullesistenza o meno dei frutti delle azioni in sogno come in veglia, conclude affermando la purezza del vijnamaya purua: tasmt svapne mdhyropit evtmabhtatvena lok avidyamn eva santa tath jgarite pi, iti pratyetavyam. tasmd viuddho kriykrakaphaltmako vijnamaya ity etat siddham. yasmd dyante dur viayabht kriykrakaphaltmak kryakaraalaka lok, tath svapne pi, tasmd anyo sau dyebhya svapnajgaritalokebhyo dra vijnamayo viuddha., Pertanto, poich quei frutti delle azioni nella condizione di sogno non sono presenti nella natura di tman sono sovrapposti falsamente, cos anche nella condizione di veglia: cos bisogna comprendere. Per questo comprovato che [lessere] sostanziato di consapevolezza, la cui natura priva di azione, attore e frutto dellazione, puro. Infatti, i mondi [= i frutti delle azioni] caratterizzati dal corpo e dai sensi la cui natura di azione, attore e risultati dellazione sono intesi come oggetti, quellosservatore, cos accade anche in sogno, quindi questo veggente altro dagli enti percepibili dei frutti delle azioni di sogno e veglia, fatto di consapevolezza e puro.
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atha yad suupto bhavati yad na kasyacana veda hit nma nyo dvsaptati sahasri hdayt purtatam abhiprahante tbhi pratyavaspya purtati ete sa yath kumro v mahrjo v mahbrhmao vtighnm nandasya gatv aytaivam evaia etac chete// 19 // sa yathoranbhis tantanoccared yathgne kudr visphulig vyuccaranty evam evsmd tmana sarve pr sarve lok sarve dev sarvi bhtni vyuccaranti tasyopaniat satyasya satyam iti pr vai satya te ea satyam// 20 // Quello stesso Ajtaatru disse: Qui questo che era addormentato, quello questessere sostanziato di coscienza allora giace in quello che lo spazio allinterno del cuore, dopo aver ritirato la coscienza delle facolt vitali mediante la consapevolezza avendo. Fintanto che egli li trattiene, allora si dice che quelluomo dorme: da lui trattenuto il pra, trattenuta la parola, trattenuta la vista, trattenuto ludito, trattenuta la mente (17). Quando pure egli si muove attraverso il sogno, quei mondi divengono suoi. Egli diviene come fosse un grande re, oppure come fosse un grande brhmaa, oppure come se se ne andasse per regioni superne o infime. Come se un grande re avendo preso i sudditi a seguito, a suo piacimento si aggirasse nel suo regno, cos egli, avendo preso con s quelle facolt, a suo piacimento saggira per il proprio corpo (18). Poi, quando [un individuo] profondamente addormentato e quando non conosce davvero nulla, allora i 72000 canali sottili di nome hit, dal cuore partono alla volta del pericardio (purtat). Egli, essendo fluito con quelle riposa nel pericardio. Costui, come un fanciullo, oppure come un grande re o come un grande brhmaa, riposasse allapice estremo della beatitudine, proprio cos egli stesso riposa (19). Egli come un ragno si sollevi per mezzo della ragnatela, come le piccole scintille del fuoco si sollevano, similmente da questo S si sollevano tutti i soffi, tutti i mondi, tutte le divinit, tutti gli esseri. Il suo insegnamento segreto (upaniad) verit della verit: i soffi vitali sono la verit, questo [S] la loro verit (20).

Commentando questi passi , compara gli oggetti di percezione dieretta con quelli onirici. Una questione che comunque va tenuta in considerazione, come Kokilewar str ci ricorda (1936: 58), che la semplice comparazione non rende di per s lente fenomenico qualcosa di falso, o ancor di pi, dirreale. Secondo il dotto str, anche in questo caso 332

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coglie il vero senso della similitudine. Per esempio, se in sogno si diviene re, circondati da mille attendenti, senvitori e dalla corte, allora il S, identificandosi a quella situazione dimentica la sua natura separata dalla regalit e quanto ci comporta. Lo stesso, dice , avviene durante la veglia. Ci evidenzia la somiglianza dei due stati. In entrambi, difatti, lindividuo fallisce nel discernere come gli stati e le circostanze che giungono di fronte a lui, le esperienze effimere e transitorie siano assolutamente distinti dalla sua natura che il S immutabile, non toccato da alcuno dei mutamenti che avvengono di fornte a esso. str continua poi affermando che certamente lidentificazione compiuta tra il S e le condizioni passeggere falsa, dovuta a una falsa concezione ed per questo che considera le identificazioni occorse in entrambi gli stati come false e illusorie. Egli termina la sua digressione con sostenendo qualcosa che ci pare degno di riflessione, ma con cui non siamo daccordo, poich in questo modo sembra che , in un certo senso, consideri reali gli stati che sono solo sovrapposizioni e, come tali, sono per definizione illusori (SASTRI, K., 1936: 58-59):
He [= ] does not call these successively changing states which come over us during our waking and dreaming experiences to be false; he, on the other hand, regards the Self as affected by those states to be false

Comunque egli identifica il problema con lintepretazione di due termini: m e avidyamna.57 Secondo str, non parla dellirrealt o falsit degli oggetti di veglia, come quelli di sogno. Secondo lui si devono connettere rispettivamente i termini m con adhyropit e avidyamna con tmabhtatvena. Il senso, per lo studioso, che in entrambi gli stati, sogno e veglia, si esperiscono degli oggetti che noi naturalmente imponiamo, sovrapponiamo sul S, in un modo cos deciso e profondo che il S viene interamente ridotto a essi, tanto da ignorare la sua esistenza separata e distinta e gli oggetti sembrano divenire lunica realt. Continuando ora la nostra panoramica generale sulle U, arriviamo ora a uno dei due noccioli centrali della discussione upaniadica, quello
Il passo di al quale egli si riferisce nuovamente (B ad BU II.1.18): tasmt svapne, mdhyropit eva, tmabhtatvena lok avidyamn eva santa. tath jgarite pi iti pratyetavyam
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dove la condizione di sogno la condizione centrale in cui risiede lessenza dellindividuo, perch ivi la sua auto-luminosit (svayajyotiva) direttamente realizzabile. Stiamo parlando appunto di BU IV.3. Vediamo il testo dallinizio del suo svolgimento. Linsegnamento si apre con il veggente Yjavalkya che fa visita al re di Videha Janaka. Gi essi si erano incontrati, come narrano i brhmaa precedenti al quarto adhyya (BU IV.1-2).58 , introducendo il testo, ricorda che nel secondo brhmaa, parlando di Idha, egli aveva fatto riferimento alla liberazione differita (kramamukti) del praticante e, proprio l, si era accennato alle quattro avasth: jgarita, svapna, suupti e turya.59 Ora, continua lcrya, grazie alla discussione sulla veglia, sonno eccetera lobbiettivo dellU differente:60
In BU IV.1 Janaka, a cui Yjavalkya ha fatto visita, racconta quali tipi di istruzioni abbia egli acquisito da vari saggi. Il i per trova incompleto ognuno degli insegnamenti, fornendo una sua lettura. Da IV.2 egli fornisce il suo proprio ammaestramento al sovrano: Indha, il fiammante, questo il nome dellessere che sta nellocchio destro. Egli altres chiamato misteriosamente (parokea) Indra, perch e come se agli dei fosse caro quanto ascoso, mentre aborrano ci che palese: parokapriy iva hi dev pratyakadvia(IV.2.2). Lessere che, invece, appare nellocchio sinistro la sposa di Indra, Vir; essi sincontrano nello spazio interno al cuore e ivi si nutrono di una massa rossa, quella specie di rete che sta l dentro la loro veste, seguono la via della vena sottile che sale sopra il cuore. Come un capello diviso in mille sezioni i canali sottili, benefici (hit), che partono dal cuore, conducono nutrimento sottile, del quale si nutre il S (IV.2.3). Ogni punto cardinale corrisponde a un pra, un soffio vitale o una facolt: i soffi vitali anteriori, quelli di destra, quelli posteriori, quelli di sinistra, quelli di sopra e quelli di sotto, corrispondono rispettivamente alloriente, al meridione, alloccidente, al settentrione, allo zenith e al ndir. Il S esprimibile solo mediante negazione neti neti, in quanto inafferrabile, inattaccabile, senza legame lassenza di paura (IV.2.4). Ricordiamo solo le ultime parole del veggente che dopo linsegnamento chiede a Janaka: abhaya vai janaka prpto si , Hai invero attinto, o Janaka, lassenza di paura Rispetto a questaffermazione Saccidnandedra Sarasvat (1997 [1989]: 245-246) solleva uninteressante problema. Dopo laffermazione di Yjavalkya che insegna a Janaka il dissolvimento in successione di ognuna delle tre avasth inferiori in turya che culmina con latadvyvtti neti neti, il saggio chiede al re se egli avesse attinto ora lassenza di paura, cio la condizione non duale. La risposta del sovrano strana O Yjavalkya, che la condizione senza tema possa su di te giungere! Qui lo Svm si chiede ma com possibile che il discepolo Janaka auspichi per il maestro Yjavalkya una condizione pari alla sua? A questo proposito , ma soprattutto Sur (BUBV IV.2.95-109), citano e confutano la posizione di Bhartprapaca che replica a questo dubbio dicendo che Yjavalkya liberato in vita, ma non ha ancora piena consapevolezza di ci. Inoltre, la liberazione in vita (jvanmukti) prevede ancora un corpo, mentre la liberazione assoluta e il dissolvimento in brahman senza corpo (videhamukti). Surevara ribatte che non cos, Yjavalkya un maestro competente e realizzato. Janaka non avrebbe pronunciato lintera frase se ci non fosse stato: O Yjavalkya, che la condizione senza tema possa su di te giungere! O tu che sei riverito, che mi ha reso capace di conoscere la condizione senza paura! Oltre a ci, per chi ha conosciuto il brahman durante la vita il fatto che vi sia o meno un corpo non cambia nulla nella sua realizzazione, in pi solo la liberazione in vita pu dirsi vera liberazione. 59 atra ca jgratsvapnasuuptaturyy upanyastny aprasagena indha, pravivikthratara, sarve pr, sa ea neti netti 60 Vidyraya nel Bhadrayakavrtikasra (BVS) presenta cos il terzo brhmaa del quarto adhyya della BU: ttyabrhmae svapnasuuptyor ativistti/ kriyate tau hi dntau paralokavimokayo// 1 //, Nel terzo brhmaa ci si dilunga su sogno e sonno profondo, infatti
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idn jgratsvapndidvreaiva mahat tarkea vistarato dhigama kartavya, abhaya prpayitavyam, sadbhva vyatiriktatva ctmano uddhatva vipratipattyaknirkaraadvrea svayajyotivam

aluptaaktisvarpatva

niratiaynandatvasvbhvyam

advaitatva cdhigantavyam itdam rabhyate ...61 Ora proprio per mezzo della veglia, del sogno e delle altre [condizioni] con una logica stringente si deve produrre ampiamente la comprensione, si deve far attingere lassenza di paura e lesistenza stessa del S mediante la cancellazione dei dubbi [sorti] dalle visioni opposte. Allora si devono comprendere la diversit, la purezza, lauto-luminosit, lessere connaturato di una potenza inestinguibile, la natura di beatitudine assoluta, la non-dualit [del S]; per questo motivo ha inizio questo [brhmaa] 62

Un upadea ulteriore di Yjavalya si attua a seguito di una sua successiva visita, nella quale costoro discorrono dellagnihotra. Compiaciuto, il saggio, concede un dono a Janaka (tasmai ha yjavalkyo vara dadau), che sceglie (vavre) di poterlo interrogare a proprio piacimento (kmapranam) (BU IV.3.1).63 Il quesito del sovrano di Videha da il la a tutta la disquisizione sulla natura auto-luminosa del S, cardine di molteplici alterca speculativi in tutta la storia letteraria dellAdvaita Vednta (IV.3.2) (FORT, 1990: 18-20):
questi due sono esempi dellaltro mondo [= svarga] e della liberazione (1). Lanalogia sta nel fatto che nel sogno si esperiscono oggetti onirici mediante un corpo e sensi anchessi onirici, del tutto differenti da quelli fisici. Allo stesso modo nello svarga i piaceri sperimentati sono appannaggio di un corpo celeste, del tutto differente da quello che si aveva durante la vita terrestre (DVIVED, H. H. K., 1999, VOL. 4: 1998). 61 Si confronti con il Bhadrayakopaniadbhya Vrtika (BUBV) 5-8 di Surevara (Sur, IX sec.) al Jyotir Brhmaa (IV.3). Dal verso 5 si osserva che indha, taijasa, sauupta e turya siano appunto in corrispondenza di veglia, sogno, sonno profondo e quarto, come gi si era visto a proposito della Dpik ad AiU I.3.12. 62 Altre due stanze (31-32) del BVS ribadiscono lo scopo centrale della sezione e luso del sogno in essa: etdy avidyy vicrea nittaye/ tmaiva jyotir asyeti svapndibhsakam// bhsya svapnasuuptydi yasmin bhne prakalpitam/ tad bhna tatsvarpatvd tmaabdena bhyate//Grazie alla riflessione [sulla vera natura del S] per la cancellazione di siffatta ignoranza Solo il S la sua luce disse [Yjavalkya], al fine di illuminare il sogno e le altre [condizioni] (31). In tale cognizione [= nel S auto-luminoso] sono immaginati enti conoscibili come il sogno, il sonno profondo e altri: quella conoscenza poich della natura di quello [= del S auto-luminoso] che conosciuto tramite il termine tman (32) 63 Nello Br, del quale la BU lultima parte, la numerazione parte da XI.6.1.

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yjavalkya

ki

jyotir

aya

purua

iti.

dityajyoti

samr

iti

hovcdityenaivya jyotiste palyayate karma kurute vipalyetty evam evaitad yjavalkya// 2 // O Yjavalkya cos luce a questuomo64? La luce del sole, o sovrano universale. Egli rispose: Per la luce che invero il sole, egli siede, saggira qua e l, compie lattivit e torna indietro. Questo proprio cos o Yjavalkya (2).

Il re continua, chiedendo ancora cosa succede quando il sole, alla fine del suo corso giornaliero, tramonta. Varie sono le entit che ordinatamente si succedono: la luna, il fuoco e la voce (IV.3.3-5):
astam ita ditye yjavalkya ki jyotir evya purua iti. candram evsya jyotir bhavatti candramasaivya jyotiste palyayate karma kurute vipalyetty evam evaitad yjavalkya// 3 // astam ita ditye yjavalkya candramasy astam ite ki jyotir evya purua ity agnir evsya jyotir bhavatti agninaivya jyotiste palyayate karma kurute vipalyetty evam evaitad yjavalkya// 4 // astam ita ditye yjavalkya candramasy astam ite nte gnau ki jyotir evya purua iti vg evsya jyotir bhavatti vcaivya jyotiste palyayate karma kurute vipalyetty tasmd vai samr api yatra sva pir na vinirjyate tha yatra vg uccaraty upaiva tatra nyetty evam evaitad yjavalkya// 5 // Quando il sole tramontato, o Yjavalkya cos luce a questuomo? La luna diviene la sua luce. Con la luna invero egli siede, saggira qua e l, compie lattivit e torna indietro. Questo proprio cos, o Yjavalkya (3). Quando il sole tramontato, o Yjavalkya, quando la luna tramontata, cos luce a questuomo? Il fuoco diviene la sua luce. Con il fuoco invero egli siede, saggira qua e l, compie lattivit e torna indietro. Questo proprio cos, o Yjavalkya (4). Quando il sole tramontato, o Yjavalkya, quando la luna tramontata, quando il fuoco spento, cos luce a questuomo? La parola diviene la sua luce.65 Con la parola invero

64 Leggiamo uomo perch specifica che qui ci si interroga a proposito dellessere dotato di aggregato psico-fisico, di testa, mani e altre membra: aya prkta kryakaraasaghtarpa irapydimn purua pcchate 65 Bhagavatpda chiarisce il perch della parola (vc), cio il suono (abda) sia da considerarsi come una luce: nte gnau vg jyoti, vg iti abda parighyate, abdena viayea

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egli siede, saggira qua e l, compie lattivit e torna indietro. Perci, o sovrano universale, anche laddove non si scorge neanche la propria mano, in quel momento l dove [qualcuno] emette una voce, proprio in quel luogo [qualcun altro] si avvicina (upa-ni-eti).66 Questo proprio cos, o Yjavalkya (5).67

La spiegazione di Yjavalkya diviene sempre pi sottile e si spinge verso il centro pulsante di tutto ledificio speculativo costruito intorno alla condizione onirica (IV.3.6):

rotram indriya dpyate rotrendriye sampradpte manasi viveka upajyate, tena manas bhy ce pratipadyate manas hy eva payati manas oti [BU I.5.3] iti brhmaam , Quando il fuoco spento la parola luce. [Col termine] parola sintende il suono: col suono, che un oggetto sensoriale, saccende la facolt uditiva; quando la facolt uditiva si accesa nella mente sorge una discriminazione; con quella mente si giunge allattivit esterna, come [afferma] il brhmaa: Solo con la mente invero vede, con la mente ascolta 66 Sebbene la parola non sia comunemente (aprasiddha) considerata una luce, spiega il meccanismo mediante il quale, nel buio pi totale luomo in grado di orientarsi col solo lume della parola: yatra yasmin kle prvi pryea meghndhakre sarvajyoti pratyastamaye svo pi pir hasto na vispaa vijyate atha tasmin kle sarvacenirodhe prpte bhyajyotio bhvd yatra vg uccarati, v v bhaati, gardabho v rauti, upaiva tatra nyeti tena abdena jyoti reotramanasor nairantarya bhavati, tena jyotikryatva vk pratipadyate, tena vc jyotiopanyety eva upagacchaty eva tatra sanihito bhavatty artha, tatra ca karma kurute, vipalyeti. tatra vgjyotio grahaa gandhdnm upalakartham, gandhdibhir api hi ghrdiv anughteu pravttinivttydayo bhavanti, tena tair apy anugraho bhavati kryakaraasaghtasya , yatra durante una pioggia torrenziale quando nel buio delle nubi quasi ogni luce si spenta e nemmeno la propria pi, mano non si distingue chiaramente, atha, allora in quel momento, quando si giunti al fermare ogni attivit per la mancanza di una luce esterna, l dove [qualcuno] emette una voce, o un cane abbaia, o un asino raglia, l ci si avvicina; per quel suono, che una luce, non vi interruzione tra ludito e la mente, da ci la parola giunge a espletare la funzione della luce. Grazie a quella parola che lume, [luomo] upanyeti certamente si avvicina, diviene prossimo, poi ivi fa il suo lavoro e torna indietro. Laddove sintende come luce la parola lo si fa per includere anche lodore e gli altri [oggetti sensoriali], infatti dopo che lolfatto e gli altri [sensi] sono stati attivati dagli odori e degli altri [oggetti sensoriali] sorgono il moto verso unattivit o lastensione da essa. Quindi, anche mediante quelli si ha lattivit del complesso di corpo e sensi Questi ultimi passaggi sono ribaditi anche dal BUBV 51, mentre lintera kaik e il commento di IV.3.5 si estende da BUBV 50-68. 67 Sur, nel BUBV riporta (55): smtisvapnasamdhne puruasya samkyate/ ceta prvavat tasya jyotis tatrnumyate//, Nel dare spiegazione del ricordo e del sogno di un uomo, dunque si indica la sua attivit come prima [= nella veglia] e allora viene inferita la luce. Nel sogno, pur non essendovi una luce ben nota a tutti, si ha una certa attivit. Grazie a questattivit visibile, si pu formulare uninferenza che tende a provare la luce anche nel sogno mediante il probans dellattivit (seguiamo G). Allinterno dello stesso discorso troviamo unaltra strofa (58): kasthnityayor bhsor madhyavart pumn ayam/ vmanakyakarmi sarvadaiva prapadyate//, Questuomo sta nel mezzo delle due luci, quella immutabile e quella effimera e, di certo, compie costantemente attivit verbali, mentali e fisiche. La strofa 68 conferma quanto detto nella 66: pupravttir iya liga yathoktajyotio bhavet/ sarvatrvyabhicritvt tath svapndibhmiu//, tale attivit delluomo sia il segno della luce che stata cos descritta; poich ovunque non vi deviazione, cos accade anche nelle condizioni di sogno e le altre. Ligam un sinonimo di hetu, di probans, che ancora lattivit delluomo, tanto nella veglia quanto nel sogno. Lattivit illuminata da una luce che quella del S, che appunto presente sempre in ogni condizione (JOG HINO, 2001: 19). Si veda anche BVS ad IV.3 (23-25).

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astam ita ditye yjavalkya candramasy astam ite nte gnau nty vci ki jyotir evya purua iti tmaivsya jyotir bhavatti tmanaivya jyotiste palyayate karma kurute vipalyetty// 6 // Quando il sole tramontato, o Yjavalkya, quando la luna tramontata, quando il fuoco spento, quando la parola si quietata, cos luce a questuomo? Solo il S diviene la sua luce. Mediante la luce del S invero egli siede, saggira qua e l, compie lattivit e torna indietro. (6).

akara, commentando questo passaggio, dopo aver ribadito la chiarezza tipica della condizione di veglia in cui tutte le facolt sensoriali, coordinate dalla mente, sono vigili e pronte a carpire il dato esterno, ragiona sulle modalit con cui si acquisiscono informazioni, dati e cognizioni negli stati di sogno e sonno profondo. Ivi, sia in svapna, sia in suupti, i sensi sono sopiti, cosa illumina allora ogni attivit e cognizione in ambedue queste avasth?:
tasmt te vaya manymahe sarvabhyajyotipratyastamaye pi svapnasuuptikle vyatiriktenaiva jgarite jyoti ca tdgavasthy asyeti, svvayavasaghtadyate ca svapne jyotikryasiddhir

jyotikryasiddhi bandhusagamanaviyogadarana dentaragamandi ca, suuptc cotthnam sukham aham asvpsa na kicid avediam iti, tasmd asti vyatirikta kim api jyoti68 tasmn nnam antastha jyotir ity avagamyate. ki ca ditydijyotir vilakaa tad abhautika ca, sa eva hetur yac cakur dyagrhyatvam, ditydivat Perci noi consideriamo: pur tramontando ogni genere di luce esteriore, tanto durante il sogno, quanto durante il sonno profondo, come anche nella veglia capitando questa situazione, per quel [uomo] la funzione della luce si stabilisce mediante una luce che certamente differente dallinsieme delle sue parti. In sogno si ha la riprova della funzione della luce: si ha la visione dellincontro o della separazione da un amico, landata

Arriviamo qui direttamente alla conclusione della riflessione di . Nel mezzo di essa egli era arrivato per esclusione (pariet) a dimostrare la necessit di postulare una luce interna a sogno e sonno profondo, ossia il S, differente dal corpo e dai sensi, capace di illuminare corpo e sensi. Questo, come le luci esterne del sole, della luna, assolutamente indipendente nellilluminare s stesso, cio auto-luminoso, non dipendente da altre luci nellespletare la sua natura splendente.
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in un altro luogo o altri simili; inoltre c il risveglio dal sonno profondo: Io dormii felicemente, nulla conobbi! Per queste ragioni c una qualche luce differente Dunque, si evince che la luce sicuramente interiore; inoltre differente dalla luce del sole e altri [astri], infatti quella prodotto degli elementi. Tale la ragione per cui [la luce del S] non carpibile dalla vista e dagli altri [sensi], come la luce del sole

Saltando varie diatribe dialettiche, non essenziali nella nostra trattazione, continuiamo a riportare le informazioni che ci fornisce a proposito del sogno, che sinserisce nella questione concernente il raffronto tra svapna e smti:
svapnasmtyor dasyaiva darant. yad ukta svabhvavdin dehasyaiva darandikriy na vyatiriktasyeti, tan na. yadi hi dehasyaiva darandikriy svapne dasyaiva darana na syt, andha svapna payan daprvam eva payati na kadvpdigatam adarpam, tata caitat siddha bhavati ya svapne payati daprva vastu, sa eva prva vidyamne cakuy adrkt, na deha iti, deha ced dra, sa yendrkt tasminn uddhte cakui svapne tad eva daprva na payet. asti ca loke prasiddhi prva da may himavata gam adyha svapne drkam ity uddhtacakum andhnm api ya svapnadk sa eva dra, na deha ity avagamyate. tath smtau drasmartror ekatve sati ya eva dra sa eva smart. yad caiva tad nimlitko pi smaran daprva yad rpa tad davad eva payatti. tasmd yan nimlita tan na dra yan nimlite cakui smarad rpa payati tad evnimlite pi cakui dra sd ity avagamyate. mte ca dehe vikalasyaiva ca rpdidaranbhvt dehasyaiva dratve mte pi darandikriy syt. tasmd yadapye dehe darana na bhavati, yadbhve ca bhavati, tad darandikriyakart na deha ity avagamyate 69

Nella pi pura tradizione vedntica continua a escludere quanto estraneo al veggente, come i sensi e tutto il complesso psico-fisico (kryakarasaghta). Lintenzione di giungere a provare che la luce del S interiore e non visibile dallocchio, proprio come la luce del sole. Per giungere a questa conclusione usa uninferenza che ha questo aspetto: tmajyoti antastham ditydivac cakurdibhir adyatvt, La luce del S interiore poich come il sole non visibile dallocchio ecc. Questinferenza, tuttavia, ha un difetto. Il probans, adyatva, deviante (vyabhicrin) negli stessi occhi, in quanto anche gli occhi non possono essere visti dagli occhi. Per eliminare questo difetto costretto ad aggiungere una qualificazione al probans: tmajyoti antastham cakurdibhyo nyatve sati cakurdibhir adyatvt, La luce del S interiore, poich essendo differente dagli occhi stessi e da altri enti simili, non [comunque] visibile dallocchio ecc. Queste considerazioni conducono a concludere: tasmd asti vyatirikta cntastha jyotir tmeti, Dunque la luce differente e interiore il S.
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Nel sogno e nel ricordo si ha la visione di quanto gi stato visto. Quanto stato affermato dai sostenitori della natura propria,70 vale a dire le capacit di vedere o le altre come relative al corpo, non di qualcosa di differente. Ma ci non [sostenibile]; difatti se la capacit di vedere, come le altre, fosse del corpo, allora durante il sogno non si avrebbe la visione di ci che gi stato visto. Un cieco sognando vede invero ci che ha visto in precedenza, non di certo una forma che non ha mai visto, [per esempio] qualcosa concernente lo akadvpa.71 Da ci si ha la prova che in sogno chi vede una cosa gi vista e proprio costui vide in precedenza [quella cosa] quando la sua vista era vigile, non il corpo. Se il corpo fosse il vedente allora il mezzo con cui vede, vale a dire quando in sogno la vista fosse estinta, non potrebbe vedere ci che ha visto prima. Nel mondo c poi una convezione anche per i ciechi la cui vista sradicata: Quella stessa vetta dellHimlaya che in precedenza vidi, oggi io lho vista in sogno.72 Per questo si capisce che anche quando la vista sia stata sradicata, chi vede i sogni il veggente e non il corpo. Lo stesso accade per quanto riguarda il ricordo, infatti, c ununit tra il vedente e il ricordante: chi vede invero colui che ricorda. Dunque, quand cos, allora anche chi chiude gli occhi ricordando quella forma che ha visto prima, la rivede quella come fosse ci che gi ha visto. Pertanto si comprende che ci che stato ostruito non il veggente, ma colui che quando gli occhi sono chiusi vede una forma ricordandola: egli stesso era il veggente anche quando gli occhi erano aperti. Inoltre, quando il corpo morto non vi alcuna visione di forme o altro per colui che non ha pi mutazioni: se la propriet di vedere fosse del corpo, allora questa capacit di vedere ci dovrebbe essere anche da morto. Quindi si deve concludere73 che lattore dellazione di vedere e altre simili

Gli svabhvavdin sono i Crvka, che sostengono che tutto ci che accade nel corpo attributo del corpo stesso e avviene per sua propria natura, senza che vi siano principi invisibili a governarne e guidarne la crescita, i movimenti o quantaltro. Anche la consapevolezza un attributo visibile dello stesso corpo. 71 Secondo la geografia simbolica la superfice terrestre si dispiega dalle pendici del monte Meru, che come un gigantesco loto sta al centro di essa. Dal monte si dividono sette dvipa, isole o placche, ognuna delle quali caratterizzata dalla crescita di un particolare albero, pianta, arbusto o animale: jambudvaipa, plakadvipa, lmaldvipa, kudvipa, kraucadvaipa, akadvipa e pukaradvipa (BhP V.15.5). 72 Matthew Clark (2006: 151 n. 19) riferisce di questo e anche di altri passaggi akariani: BS II.3.14 e III.1.8 ove per esempio la grandine e la neve che si sciolgono. Si veda BUBV 262-265. 73 Si noti anche la struttura tipica del rapporto causale (kryakraabhva) passibile di determinazione solo attraverso una solida relazione di concomitanza positiva (anvaya: yat sattve tat sattvam) e negativa (vyatireka: yadabhve tadabhva), che vediamo esplicitata nelle ultime righe della traduzione proposta.
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non il corpo, poich quando esso non c, nel corpo non c la visione, mentre quando questi presente, [ presente] anche [la vista] ...74

Surevarcrya (Sur), nelle stanze 220-223 del suo BUBV ad BUB IV.3.6 afferma che il corpo della condizione di sogno potrebbe risultare tanto vero quanto il corpo della condizione di veglia (JOG-HINO, 2001: 6869). Questa considerazione matura da un altro verso precedente (217). Quando lanima individuale identificata alla condizione taijasa e al corpo sottile e si vive nel corpo onirico, il sogno sembra assumere le tinte di realt. Il sogno vero per il sognatore, come la veglia vera per il vegliante. I due mondi, sebbene successivi, hanno come unico contatto il S che li pervade entrambi. Questo S, per, finch non giunge alla conoscenza ultima via via costretto da differenti condizioni limitanti (updhi) a seconda dello stato in cui si trova, con il quale egli si identifica, arrivando a considerarlo reale:75
npi svapnnubhte ca mithytva svapnavan matam/ bodhnubhavavat tasy bdhako nekyate yata// 217 // jgraccharravac cet syt svapnakyo pi bhtata/ satyabhtaikahetutvn mithytvam tasya kiktam// 220 // satyo v yadi v mithy savpnadeho bhyupeyate/ citer avyabhicritvt tathpa prasidhyati// 221 // tasmn nhastidehdau jgratsvapndibhmiu/ bhinna arrata siddha pramt pratyabhijay// 222 // deaklavayojtirpaaktydibhedata/ dehe na pratyabhij syt jte smartari yujyate// 223 // Non nemmeno considerata la falsit, come fosse un sogno, dellesperienza onirica poich non vi alcun negatore di quella

Le stanze di BUBV che vanno da 69 a 275 espongono il commento di a questa kaik. Nello specifico il verso 192 recita: dradaranady ca ya svapne prasamkate/ tadabhva suupte ca sa tmety abhyupeyatm//, Si accetti che nel sogno colui che ben scorge il veggente, la visione e il visibile e nel sonno profondo la loro mancanza, questi il S. Si confronti con BVS 65. 75 Naturalmente, lesposizione di Sur dei tre stati non certo volta a predicarne lesistenza effettiva. Nella migliore tradizione Advaita si procede col classico metodo di adhyropa-apavda, cio al fine di comunicare la vera natura illimitata del S, nei gradi preliminari dellinsegnamento se ne parla sovrapponendovi via via i tre stati e poi, dopo un esame critico, si rivela immediatamente leterno S, privo di ogni condizione cangiante (SARASVAT, SATCHIDNANDENDRA, 1999 [1989]: 348).
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[esperienza], come per quanto concerne lesperienza di veglia (217) Se anche il corpo onirico, come il corpo di veglia, [ prodotto] dagli elementi, allora come si fa a determinare la sua irrealt se lunica causa della sua origine vera? (220). Se si accetta che sia vero oppure falso il corpo onirico, per la centinuit della consapevolezza, anche in quel caso si comprova ci che [da noi] desiderato (221). Perci nei corpi di un uomo, di un elefante o quantaltro, nelle condizioni di veglia, sogno e le altre, per via del riconoscimento il conoscitore provato essere differente dal corpo (222).76 Il riconoscimento non avviene sulla scorta di luogo, tempo, et, specie, aspetto e capacit, bens plausibile nel caso si abbia un ricordo della [propria] nascita (223).

I riferimenti dottrinali al sogno che pi ci competono, perch racchiudono in nuce le concezioni vedntiche su di esso, sono le seguenti, le quali saranno poi oggetto di studio dellillustre consesso di commentatori, sub-commentatori e interpreti successivi. Certo che la posizione mediana del sogno e la sua utilit dottrinale nella spiegazione dei concetti di skin e di svayaprakatva, sono di primaria importanza in tutto lapparato Advaitin. Lintroduzione vera e propria a ci comincia nella BU IV.3.7, passo nel quale si sottolinea un particolare che verr spesso ripreso nel corso della trattazione, ossia come lessere sognante o il S nella condizione svapna vada da questo allaltro mondo (LAYEK, 1990: 1617):
katama tmeti yo ya vijnamaya preu hdy antarjyoti purua sa samna sann ubhau lokv anusacarati dhyyatva lelyatva sa hi svapno77 bhtvema lokam atikrmati mtyo rpi// 7 // Quale di questi il S? [Chiese Janaka]. [Rispose Yajavalkya:] Colui che la luce interiore nel cuore, lessere che sostanziato di coscienza tra le facolt vitali, quello essendo comune [per ambedue] si muove in

G propone la struttura del riconoscimento, cio luomo che si assopito si risveglia tale quale: ya supta so ha jgarmi. Lo stesso fa Vidyraya nel BVS secondo il quale il riconoscimento permette di carpire il S come differente dal corpo: ya svapnadeham adrka so ha paymy ado vapu/ ity e pratyabhij nyam tmna gamayed yadi// 49 // 77 Secondo il BVS 118 nel passaggio scritturale sa hi svapno lindeclinabile hi mostrerebbe la ragione per cui la riflessione (dhyna) e le altre attivit immaginate per il S siano irreali: dhyndnm avastutve sa hi svapno iti ruti/ hetum ha sa tm ya svapno bhavati dhvat//
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entrambi i mondi; egli come se pensasse, come se agisse, quello essendosi assopito [sognando] trascende questo mondo, le forme della morte (7).

Il testo di qui sopra introduce la qualifica di vijnamaya alla luce del S, o se si vuole, al S in quanto luce. NellAdvaita Vednta nota la dottrina dei cinque involucri o guaine, di cui abbiamo fatto qualche accenno nel capitolo precedente, che si sviluppa a partire dalla Bhguvall della TaiU (III). LU non menziona il termine koa, utilizzato poi solo dai commentatori, bens Varua, che per istruire Bhgu elenca, partendo dal pi grossolano al pi rarefatto, cinque entit che sono via via riconosciute come brahman.78 poi, con una metafora a lui cara, vede i cinque interpreta questi cinque enti come involucri idealmente concentrici i quali, al modo in cui una vagina cela la vera fattura della lama di una spada, sono come guaine che nascondono la vera natura del S, differente da tutti questi, ma che se ne identifica (abhimnin) man mano. Durante la veglia luomo, che ha una natura individuale di Viva, sidentifica al corpo grossolano (sthlaarra) e allinvolucro fatto di cibo (annamayakoa, TaiU III.2.2); nel sogno per il corpo sottile (skmaarra) a essere oggetto didentificazione con jva di natura splendente, luminosa (taijasa), che coinvolge tre differenti koa: quello fatto dei soffi vitali (pramayakoa, TaiU III.2.3), quello fatto della mente (manomayakoa, TaiU III.2.4) e quello sostanziato dellintelletto, della coscienza discriminatrice (vijnamayakoa, TaiU III.2.5). Infine, nel sonno profondo unanima individuale di nome Prja sidentifica con un corpo causale (kraaarra), una realt dominata dalla beatitudine derivante dallinerzia dellignoranza, per cui la guaina prender il nome di involucro fatto di beatitudine (nandamayakoa, TaiU III.2.6), oltre al quale vi il S illimitato (PELLEGRINI, 2009: 72). Ma ancora di pi in specifico, lo definisce sempre la liana (vall) precedente della stessa TaiU, cio la Brahmnandavall (II.4.1). Secondo la scrittura ltman vijnamaya distinto e pi profondo del S fatto di mente, di pensiero discorsivo (manomaytman), da cui questultimo riempito: tasmd v etasmn manomayt anyo ntara tm vijnamaya.

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Ringrazio il Prof. Gianni Torcinovich per il prezioso commento in proposito.

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tenaia pra (WITZ, 1998: 365-369).79 Bene, in questambito dominato dalla cosiddetta antarjyotividy si situa la nozione di vijnamaya del Jyotir Brhmaa. Nonostante latavica ignoranza faccia in modo che il S sidentifichi con laggregato psico-fisico, la luce di tman nel suo stato pi cristallino inaccessibile a qualsiasi organo di conoscenza della condizione di veglia (TaiU II.4.1: yato vco nivartante aprpya manas saha). Tuttavia, la luce del S penetra lintera esperienza dellindividuo condotto dallintelletto, tanto da diventare quasi impossibile districare il S da ci che S non (antman). Per questa stessa ragione, il testo di BU IV.3.7 esibisce tutto ci come se fosse unapparizione onirica, mediante le parole: sa samna sann ubhau lokv anusacarati (ALSTON, 2004 [1980]: 112-113; CONIO, 1979: 283). Vediamo, a questo proposito, la chiara esposizione della Dpik di Vidyraya, che riprende tutti i temi trattati da , ma in modo pi succinto, mondandola da varie diatribe (VIDYRAYA, 1986: 90-91):
he rjan ya tm tvay pa so ya vijnamaya, vijyate neneti vyutpatte vijna buddhis80 tanmayas tatpryo vijnamaya81 puruo nitya

Sebbene le considerazioni di Klaus Witz (1998: 365-394) siano per certi versi di notevole interesse, non ci sentiamo di condividere le fantasiose conclusioni alle quali giunge e i collegamenti troppo spinti a quelle che lui chiama OBEs Out of Body Experiences, basandosi su uninterpretazione altrettanto semplicistica e limitata di sogno come clairvoyant sleep che A. K. Coomaraswamy (1977: 51) propone in un suo seppur dotto saggio Recollection Indian and Platonic. 80 Vediamo alcuni brevi passaggi del commento di : yo yam ity tmana pratyakatvn nirdea, vijnamayo vijnapryo buddhivijnopdhisaparkvivekd vijnamaya ity ucyate buddhivijnasapkta eva hi yasmd upalabhyate, rhur iva candrdityasapkta. buddhir hi sarvrthakaraam, tamasva pradpa puro vasthita, manas hy eva payati manas oti iti hy uktam, buddhivijnlokaviiam eva hi sarva viayajtam upalabhyate, puro vasthitapradplokaviiam iva tamasi. dvramtri tv anyni karani buddhe, tasmt tenaiva vieyate vijnamaya iti , yo ayam, tale indicazione per la diretta percepibilit del S. Vijnamaya, [indica] labbondanza di consapevolezza, in quanto non vi discriminazione rispetto al contatto con laggiunta limitante di vijna che lintelletto, allora si dice fatto di coscienza; poich si esperisce invero [il S] connesso allintellletto che lintelletto, proprio come Rhu [= il nodo lunare] connesso con la luna e il sole. Lintelletto lo strumento per ogni cosa come una lampada posta innanzi [lo ] per loscurit, infatti stato detto: Di certo vede con la mente, con la mente ode. Difatti, si ha esperienza di tutto quanto un oggetto come qualificato dalla luce della coscienza che lintelletto, come nelloscurit [si ha esperienza di un oggetto] che sia qualificato dalla luce della lampada posta dinnanzi. Gli altri sensi sono solo delle porte per lintelletto, per questo motivo [il S] qualificato da esso [= dallintelletto] come vijnamaya Si veda anche BUBV 308-329, mentre del BVS 90-92 (GUPTA, B., 1998: 22-23). 81 Il suffisso secondario (taddhitapratyaya) maya si usa per lo pi in quattro circostanze. La prima prende le mosse dal stra di Pini IV.3.82 maya ca nel senso di tata gata, venuto da l e si usa post-ponendolo a parole che intendono causa o lessere umano: samamayam,
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pra ity artha. purua eveda sarvam iti rute. prev iti smpyalaka saptam vijnamayasya tadvyatirekapradaranrth. yo hi yeu bhavati sa tadvyatirikta eva bhavati. ata prev iti prebhyo vyatirikta ity artha. eva prasampastho vijnamaya ity ukte prasjtya tasya syd ato viinasti hdy antarjyotir iti. hcchabdo msapiaviayas ttsthyd atra hcchabdena lakaay buddhir ucyate. hdi buddv antarvartamna jyotir tm tmanaivya jyotista ity dau tasyaiva jyotivena praktatvt. pro buddhidarpabhivyakta niratiayasvaprakasvabhva nityamuktasyvidyay tmeti sarvvabhsaka vkyrtha. eva evam ubhro tmano iti82 sasritvam

buddyditdtmydhysd

darayitu skmadehd atiriktatay tmana uddhatvadaranya v svapna prakramate sa samna sann iti. yo hdy antarjyoti purua83 tm sa ca samna san hcchabdavcyy buddhe praktatvt sannihitatvc ca tay samna sado nyonyadharmdhysena taptyapiavat tdtmyam

devadattamayam. Nel secondo caso, il suffisso implica un prodotto (vikra) o una parte (avayava) e si pu trovare opzionalmente al grado vddhi, per intercessione del pratyaya a: avamayam, vamayam, mrvmayam o maurvam e di necessit con parole inizianti per , ai e au, parole della classe il cui primo membro la parola ara (ardigaa) e parole come go, pia, vrhi, tila e altre (A IV.3.143-150). Il terzo caso di uso di maya nel senso di proporzione, quando esso sia aggiunto a un numerale: dvaimayam udvivavnm (A, V.2.47). Il quarto e ultimo uso implica il significato di fatto di e si applica il suffisso alla cosa di cui vi grande quantit: annamayam, appamayam (tatpraktavacane maya, A V.4.21-22) (ABHYANKAR, 1986 [1961]: 301-302). 82 chiarisce il perch la conformazione dellintelletto e la sua purezza permettano una sovrapposizione cos inestricabile: buddhis tvat svacchatvd nantaryc ctmacaitanyajyoti praticchay bhavati. tena hi vivekinm api tatra tmbhimnabuddhi pratham, tato py nantaryn manasi caitanyvabhsat, buddhisaparkt. tata indriyeu, manasayogt, tato ntara arre, indriyasaparkt. eva praparyea ktsna kryakaraasaghtam tm caitanyasvarpajyotivabhsayati. tena hi sarvasya lokasya kryakaraasaghte tadvttiu cniyattmbhimnabuddhir yathviveka jyate , Dunque lintelletto, poich trasparente e prossimo [al S] il riflesso della luce della conoscenza; per questo anche per coloro che sono in grado di discriminare a proposito di ci la nozione identificativa del S [con lintelletto] la prima, poi, ancora per la vicinanza [con lintelletto] vi il riflesso di conoscenza sulla mente, per via della [sua] connessione con lintelletto; di seguito per il contatto con la mente [vi il riflesso di conoscenza] sui sensi; poi, ancora prossimo, per via del contatto con i sensi [vi il riflesso di conoscenza] sul corpo. In tal modo, il S in successione illumina con la luce della natura della conoscenza lintero complesso psico-fisico. Per questo motivo, a seconda del grado di discriminazione [di ognuno], sorge una nozione identificativa non definita di tutto il mondo nellaggregato psico-fisico e nelle sue modificazioni In seguito corrobora le sue affermazioni citando alcuni versi della BG (XIII.33, XV.13) e della KaU (II.2.14, II.2.16). Si confronti con BVS 102-104. 83 Ivi , come in altre occasioni fornisce la derivazione (nirukti) del termine purua: purua kavat sarvagatatvt pra iti purua, niratiaya csya svayajyotivam, sarvvabhsakatvt svayam anynavabhsyatvc ca. sa ea purua svayam eva jyotisvabhva, ya tva pcchasi katama tmeti , purua, si dice Essere, pieno, poich onnipervadente come letere; la sua auto-luminosit assoluta in quanto di per s illuminatrice di ogni cosa e non illuminata da alcun altro. Quello, invero questo purua ha una natura auto-luminosa, quello a proposito del quale tu chiedi: Quale di questi il S? Si occupano di questintroduzione i versi dal 300 al 307 del BUBV. La spiegazione della derivazione di purua occupa invece i versi 364-368 del BUBV.

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panna84 sann ubhau lokau pratipannapratipattavyv ihalokaparalokv anukrameopttadehendriyasaghta tyajann anya copdadat sacarati paribhramati. tm sacaratti bhramo na tasya svata sacaraam ity artha. etad eva pratyakebhinya darayati dhyyatva lelyatveti.85 yato dhynvypravat buddhi tatsthena citsvabhvajyotrpevabhsayas tatsada tm dhyyatva dhyna karotva yath catukoa lohapiam avabhsakatvennugato vahni catukoa iva pratyate tadvat. tath lelyatva calatva. buddhydiu karaeu prdiu vyuu ca calatsu tadavabhsakatay tatsamna tmpi calasvabhva iti pratyate. yath calanty nvi tatsthena trasth vk calantveti pratyante tadvat. na tu jyotrpasytmana paramrthato dhyna calana vety artha. kuto hetor etad avagamyata ity ha sadh svapna iti. prakta tm yasmt sadh buddhyekyam panna svapno bhtv loka svapnkrapariatadhvttyavabhsakatvena jgaritalakaa
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tadkro

bhtvema artha ...87

laukikastryavyavahrspadatadbhimna tyajatty

kryakaraasaghtam atikrmati attya krmati

Qui chiarisce in cosa consista la somiglianza del S con lintelletto (si veda anche BUBV 369-373, 380-383, 389-398): ki puna smnyam? avamahiavad vivekato nupalabdhi. avabhsy buddhi, avabhsaka tadtmajyoti, lokavat. avabhsyvabhsakayor vivekato nupalabdhi prasiddh. viuddhatvdd hy loko vabhsyena sado bhavati, yath raktam avabhsayan raktasado raktkro bhavati, yath harita nla lohita ca avabhsayann loka tatsamno bhavati, tath buddhim avabhsayan buddhidvrea ktsna ketram avabhsayati ity ukta marakatamainidaranena. tena sarvea samno buddhismnyadvrea , Che cos ancora questa comunanza? Il non trovarli separatamente, come cavalli e bufali; lintelletto ci che viene illuminato, come un lume la luce del S il suo illuminatore ed noto che illuminato e illuminatore non si trovano separatamente. Infatti, la luce, per la sua purezza simile allilluminato. Per esempio, illuminando qualcosa di colorato si illumina anche un [oggetto dalla] forma colorata che simile al [colore] rosso, ancora illuminando il verde, il blu, il rosso, la luce diviene simile a essi. Allo stesso modo illuminando lintelletto, [il S] attraverso lintelletto illumina lintero campo. Questo stato detto mediante lillustrazione della gemma di smeraldo. Dunque, grazie alla somiglianza con lintelletto [il S] diviene simile a ogni cosa Lesempio dello smeraldo di yath mrakato mai riassunto in BUBV 346-347 (anche BVS 101): tmacchya payo ea yath mrakato mai/ parkaya prakipta kuryd tm tathaiva ca// 346 //buddhydidehaparyanta pratyag ajnahetukam/ jaasvabhvaka nityam avabhsayati svayam// 347, Come la gemma di smeraldo gettata [nel latte], per esaminarla, rende tutto il latte come s stessa [= dello stesso suo colore], proprio cos fa anche il S (346). Il S interiore stesso illumina costantemente tutto ci che causato dallignoranza a partire dallintelletto fino al corpo, ci che ha una natura non senziente (347). Il BUBV (468-472) puntualizza che non esiste alcun mezzo di prova per comprendere la distinzione del S dallintelletto. 85 Per la spiegazione del BUBV di questi usi si vedano le strofe 407-415. 86 Il BVS 119-121 spiegano un dubbio (118, cfr. n. 62) sorto sul perch si utilizza il termine svapna per indicare il S. La risposta che il S, a qualsiasi condizione sidentifichi, per via dellignoranza, considera comunque s stesso come provvisto e padrone di quella condizione, per cui diventa esso stesso esprimibile mediante il termine che indica la condizione medesima: quando sidentifica allintelletto nella condizione di sogno il S sar chiamato svapna (DVIVED, H. H. K., 1999, VOL. 4: 2079-2080). Vidyraya continua: buddher jgaraa yadvaj jgarmty abhimanyate/ buddhisvapne tath svapnarpatvam abhimanyate// 119 // jgradbhogam ima loka svapno bhtv nivartate/ vsanriskitva svpna bhoga tath pnuyt// 120 // avidykmakarmkhyamtyo rpy attya sa/ jgraddehendriydni tihati jyotir tman// 121 //, Cos come la condizione di veglia dellintelletto ritiene Io sono sveglio, allo stesso modo nel
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O re, quel S di cui hai chiesto, quello questo fatto di coscienza, da questa derivazione ci tramite cui si viene a conoscere, [dove] coscienza [indica] intelletto, fatto di quello, [nel quale] vi abbondanza di quello, lessere sostanziato di coscienza eternamente perfetto. Questo il senso. Come dalla scrittura: Il purua in verit tutto (V X.10.2). preu,88 il locativo che ha per caratterizzazione la vicinanza [usato] al fine di mostrare la differenza da quelli [= dai pra = dalle facolt vitali o dai sensi] di colui che fatto di coscienza: colui che in quelli realmente differente da essi, per cui preu significa differente dalle facolt vitali. Cos, se si dice che ci che fatto di coscienza sta in prossimit dei pra, dunque [sintende] la condivisione della specie con i pra, allora [il testo] specifica: hdy antarjyotir.89 La parola cuore, il cui oggetto [= significato] la massa di carne, dal momento che indica ci che in esso sta, allora per implicazione, con la parola cuore sintende lintelletto. La luce che sta allinterno, nel cuore, cio nellintelletto il S Mediante la luce del S invero egli siede perch in questo passo, per via della sua luminosit, in esame quello [= il S]: pieno, rivelato dallo specchio dellintelletto, illuminatore dogni cosa, puro, avente una natura assolutamente auto-luminosa il S. Questo il senso della frase. Cos, la propriet di trasmigrare del S eternamente libero possibile per ignoranza [la quale si esplicita] solamente a causa della sovrapposizione didentit con lintelletto e altri [componenti

sogno dellintelletto, [questo] considera [per s] un aspetto di sogno (119). Dopo essere divenuto il sogno, abbandona questo mondo che fruizione della veglia; cos acquisisce la propriet di essere testimone del gruppo delle impressioni latenti, nonch della fruizione onirica (120). Questi, avendo trasceso il corpo e i sensi della condizione di veglia che sono le forme della morte note come ignoranza, desiderio, azione, se ne sta [immoto] con la sua natura di luce (121). Su veda anche BUBV 445-460. 87 Sur riporta in BUBV 423-430 il punto di vista di un antico vedntin, Bhartprapaca, che sembra essere stato un propugnatore della corrente bhedbheda (HIRIYANNA, 2001 [1957]: 156-157, 161-163). Secondo lui le varie facolt sensoriali, la vista e le altre sono sia differenti sia simili una allaltra, dal momento che appartengono al medesimo corpo. Ugualmente vi una somiglianza tra il S e lintelletto, anche se la capacit di provare esperienze individuali distinta dal S e propria dellintelletto. La ragione per cui entrambi sono differenti che tanto il mondo di veglia quanto quello onirico sono prodotto di elementi, se il S non fosse differente da essi, allora si dovrebbero manifestare simultaneamente (yugapad), per evidente che ci non accade. Per questo motivo risulta naturale assumere che il S qualcosa di estraneo a questi due stati ma che li penetra successivamente: quando presente in uno dei due regni, questo appare e se ne ha lesperienza, quando da questo si distacca e lo abbandona, quel mondo termina. Si vedano anche le note di G (SARASWATI SATCHIDANANDENDRA, 1997 [1989]: 238). 88 Il termine pra usato in questi passi per indicare i soffi, ma ancora di pi le funzioni vitali, comprese le dieci facolt sensoriali. Si veda BUBV 324-329 e del BVS 93-94. 89 Sur sottolinea (336) che il termine jyoti relativo al S utilizzato poich i seguaci di Kada considerano tman come inerte, per cui i contrasta questa prospettiva con la vitalit dellidea di luce: jya ctmana icchanti kaabhu matajvina/ te vipratiedhrtha jyotir ity abhidhyate//. La strofa ripetuta in BVS 98.

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dellaggregato psico-fisico]. Per mostrare ci, o anche per cogliere la purezza del S in quanto altro e distinto dal corpo sottile, si introduce il sogno: sa samna san. Quel purua, la luce interiore che dentro al cuore, il S che comune, ossia dal momento che sotto esame lintelletto che espresso dalla parola cuore e poich vicino, pertanto comune, simile a quello [= allintelletto] per la reciproca sovrapposizione delle loro propriet (dharma), cio giunto a unidentificazione come avviene nel caso del pezzo di ferro rovente. [Quel S], abbandonando entrambi i mondi, quello ottenuto e quello ch da ottenere, il mondo di qui e laltro mondo, [vale a dire] in successione il complesso psico-fisico che gi si possiede, si muove, vaga prendendone poi un altro. Il S si muove, il vagare non per lui un movimento spontaneo. Questo il significato. Alludendo direttamente proprio a questo, [il testo] mostra: dhyyatva lelyatva [ come se pensasse, come se agisse ]. Illuminando lintelletto che ha come funzione la riflessione, giacch sta in esso con laspetto di luce naturata di conoscenza, il S simile a esso [= allintelletto] e allora come se pensasse, che intraprendesse una riflessione: come il fuoco che penetrato in un pezzo di ferro quadrato arroventandolo, appare come fosse quadrato, [qui accade] lo stesso. Similmente, come se agisse, se si muovesse: quando le facolt, con lintelletto come primo e i soffi vitali che hanno come primo il soffio ascendente, si muovono allora anche il S che il loro illuminatore appare simile a loro, come fosse di natura mobile. Al modo in cui, quando una barca si muove per chi vi sopra gli alberi che stanno sulle sponde sembra che si muovano, [anche qui accade] lo stesso. Il senso che il S della natura di luce non ha realmente pensiero o movimento [di sorta]. [Dubbio:] Da quale ragione si evince questo? [Risposta:] [Il testo] risponde sadh svapna. Poich il S, che sotto esame, provvisto dintelletto (sadh), cio pervenuto allidentificazione con lintelletto e, divenuto il sogno, [vale a dire] essendo colui che illumina la modificazione dellintelletto che si trasformata nel sogno, assunto allora quellaspetto, trascende questo mondo caratterizzato dalla veglia, ossia essendo andato oltre supera il complesso psico-fisico che il seggio di ogni agire empirico sia secolare, sia scritturale. Il significato che abbandona lidentificazione con esso ...

Veniamo ora a trattare una polemica che vedremo anche analizzando BSSB II.1.29, ossia quella con i Vijnavdin. In questa 348

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circostanza, per, la questione si sposta sulla dottrina dellauto-luminosit del S90 o della conoscenza, avvocata in modi differenti tanto dagli Advaitin,91 quanto dai Prbhkara92 e, appunto, dai Vijnavdin.93 Ricordiamo anche che la trattazione del sogno nel Jyotir Brhmaa un pretesto per stabilire lauto-luminosit del S. Ci limiteremo in questa sede a trattare il punto di vista che estrinseca nella parte finale del suo commento a questa kaik.94
ben noto agli studiosi di Advaita lincipit di una delle opere della cosiddetta bhatprasthnatray, cio la Tattvapradpik (TP), meglio nota come Citsukh, dal nome del suo autore Citsukhcrya (CS, XIII sec.). Egli, nel suo peculiare stile dialettico, propone undici differenti definizioni di svayaprakatva, e per bocca di un oppositore le confuta tutte. Quando per si giunge alluttarapaka CS difende e stabilisce come definizione priva di difetti lundicesima di esse: avedyatve sati aparokavyavahrayogyatva svaprakatvam, Lautoluminosit la propriet di essere esprimibile da un diretto uso linguistico comune, pur essendo inconoscibile. Lunghissima e di grande difficolt la discussione della TP, per la quale rimandiamo ad alcuni importanti contributi: Prasantha Dvived (1986), Ram Prasad Chakravarthi (2007: 51-100), Svm tmnanda (1977: 92-98) M. M. Trivedi (1987: 115-123) e Sukharanjan Saha (2004: 61-114). 91 afferma in BSB I.3.22, come vedremo anche in BU IV.3.9, che lo splendore di brahman illumina ogni cosa senza essere illuminata da nulla (MURTI, T. R. V., 1983: 109-110). 92 Anche secondo Prabhkara la conoscenza (savit) auto-luminosa (svapraka), il quale per corroborare ci sviluppa lidea del tripuibhna. In ogni cognizione si ha lesperienza del soggetto conoscitore, delloggetto conosciuto e della conoscenza stessa che unisce i due. La conoscenza illumina s stessa per propria natura (svabhvatay/svarpatay), illumina lente conoscibile come oggetto (karmatay) e illumina il S conoscitore, che Prabhkara considera inerte nella sua essenza, come tman stesso (tmatay) (CHATTERJEE, T., 2008 [2002]: 1-7). 93 Non basterebbero delle enciclopedie per esaurire questo argomento, anche solo nellAdvaita Vednta, per cui chiediamo venia se non tratteremo n il BUBV (473-807), n BVS (127-143) e neppure la TP stessa (CITSUKHA, YOGNDRNANDA [ED.], 1985 [1974]: 4-47), ma continueremo a fornire qualche informazione in nota. Una nota interessante, per, ci viene da P. Hacker (1995d: 182-183) che spiega molto chiaramente la concezione dellauto-luminosit nellAdvaita: Self-luminosity is a special aspect of the selfs freedom. It implies that the self is known in a manner different from the way in which objects are known. The self is not an object. It is not necessary to prove that the self exists. On the contrary, the selfs luminosity is the presupposition for any objects being known. Ona may say in a paradox that the self is unknowable because it cannot become an object of knowledge, but it is at the same time better known than any object inasmuch as no object can be cognized save in the light of the self 94 Dopo una lunga obbiezione dei buddhisti, come da copione nelle diatribe dialettiche (andya kathanam), , prima di passare al contrattacco, riprende e riassume il punto di vista dellavversario. In questo caso riporta che per i buddhisti idealisti la coscienza in grado di assumere tanto laspetto dellente percepito (grhya), tanto quello del precettore (grhaka) che illumina tutti gli oggetti, pertanto non possibile, come sostengono i Vedntin, dimostrare n con la percezione e nemmeno con linferenza che vi sia una luce che illumina lintelletto e che ne separata. Gli Yogcra sostengono che tale intelletto, o meglio lintelletto avente natura di coscienza, purissimo (svacchbhta) e pertanto in realt privo delle alterazioni determinate da opposti quali grhya e grhaka (grhyagrhakavinirmukta) ed momentaneo (kaika). Altri Mdhyamika, gli nyavdin, intendono negare pure anche la natura trasparente e istantanea della coscienza e sostengono che essa, suscitata dalloggetto, si manifesta solamente quando esso sia immaginato. In verit, anche quella coscienza una realt apparente, ossia coperta dallignoranza (savta) e, come gli enti esterni, priva di ogni suddivisione tra oggetto e soggetto e, in definitiva, vuota (nya). A questo il siddhntin risponde che queste elucubrazioni sono contrarie al messaggio vedico. Ai Vijnavdin, negatori delloggettivit esteriore, ribatte che un oggetto esterno, come un vaso o altri, non pu avere una natura autoluminosa, poich se immerso nel buio non si vede e, se si vede, significa che illuminato da una
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Entriamo gi nel vivo della diatriba introducendo unobbiezione dei buddhisti idealisti:
nanu pradpa svtmnam evvabhsayan da iti na hi ghadivat pradpadaranya prakntaram updadate laukik. tasmt pradpa svtmna prakayati. na, avabhsyatvviet. yady api pradpo tathpi nyasyvabhsaka svayam avabhstmakatvt

vyatiriktacaitanyvabhsyatva na vyabhicarati ghadivad eva. yad caiva tad vyatiriktvabhsyatva tvad avayabhvi. nanu yath ghaa caitanyvabhsyatve pi vyatiriktam lokntaram apekate na tv eva pradpo nyam lokntaram apekate. tasmt pradpo nyvabhsyo pi sann tmna ghaa cvabhsayati. na, svata parato v viebhvt. yath caitanyvabhsyatva ghaasya, tath pradpasypi caitanyvabhsyatvam aviiam. yat tcyate, pradpa tmna ghaa cvabhsayatti, tad asat. kasmt? yad tmna nvabhsayati, tad kda syt? na hi tad pradpasya svato v parato v viea kacid upalabhyate. sa hy avabhsyo bhavati, yasyvabhsakasannidhv asannidhau ca viea upalabhyate. na hi pradpasya svtmasannidhir asannidhir v akya kalpayitum. asati ca kdcitke viee, tmna pradpa prakayatti maivocyate. caitanyagrhyatva tu ghadibhir aviia pradpasya. tasmd vijnasytmagrhyagrhakatve na pradpo dnta. caitanyagrhyatva ca vijnasya bhyaviayair aviiam. caitanyagrhyatve ca vijnasya, ki grhyavijnagrhyataiva, ki v grhakavijnagrhyateti tatra sandihyamne vastuni, yo nyatra do nyya sa kalpayitu yukto na tu daviparta. tath ca sati yath vyatiriktenaiva grhakea bhyn pradpn grhyatva da tath vijnasypi caitanyagrhyatvt prakakatve saty api pradpavad vyatiriktacaitanyagrhyatva yukta kalpayitum. na tv ananyagrhyatvam. ya cnyo vijnasya graht, sa tm jyotir antara vijnt. tadnavastheti cen? na. grhyatvamtra hi tadgrhakasya vastvantaratve ligam ukta nyyata. na tv ekntato grhakatve tadgrhakntarstitve v kadcid api liga sabhavati. tasmn na tadanavasthprasaga. vijanasya vyatiriktagrhyatve karantarpekym anavastheti cen? na, niyambhvt. na hi sarvatrya niyamo bhavati. yatra vastvantarea ghyate vastvantaram, tatra grhyagrhakavyatirikta karantara syd iti naikntena niyantu akyate,

fonte di luce. Ergo, anche se oggetti inerti vengono a contatto con la luce, ne sono evidentemente distinti, perch constatabile la loro reciproca diversit. Se questo qualcosa sperimentabile comunemente in natura, si evince che lilluminato deve di necessit essere differente dallilluminatore, poich un oggetto inanimato per rivelare s stesso non pu prescindere da una luce distinta. Si veda anche il BUBV 473-477.

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vaicitryadarant. katham? ghaas tvat svtmavyatiriktentman ghyate. tatra pradpdir loko grhyagrhakavyatirikta karaam, na hi pradpdyloko ghaa cakurao v, ghaavac cakurgrhyatve pi pradpasya, cakupradpavyatirekea na bhyam lokasthnya kicit karantaram apekate. tasmn naiva niyantu akyate yatra yatra vyatiriktagrhyatva tatra tatra karantara syd eveti. tasmd vijnasya vyatiriktagrhakagrhyatve na karaadvr navasth, npi grhakatvadvr kadcid apy upapadyitu akyate. tasmt siddha vijnavyatiriktam tmajyotir antaram iti [Obbiezione:] Per si vede che un lume illumina s stesso. Difatti, le persone comuni non esisbiscono unaltra luce per vedere il lume, come accade con i vasi e altri oggetti. Per tal motivo il lume illumina s stesso.95 [Risposta:] No, perch non vi differenza nella propriet di essere illuminato [di un oggetto rispetto un altro]. Sebbene un lume, per via della propria natura luminosa sia esso stesso ci che illumina un altro [oggetto], tuttavia, non devia dalla possibilit di poter essere illuminato da una differente conoscenza, proprio come i vasi o quantaltro. Quand cos, allora dunque inevitabile lessere illuminato da una conoscenza distinta. [Obbiezione:] In ogni modo, un vaso, anche se illuminato dalla conoscenza, necessita di unaltra luce distinta, non cos per un lume che non ha bisogno di unaltra fonte di luce; pertanto il lume, pur essendo illuminabile da qualcosa di distinto [da s], illumina comunque s stesso il vaso. [Risposta:] Non cos, poich non vi differenza, n intrinseca n estrinseca. Al modo in cui un vaso possiede la propriet di essere illuminato dalla conoscenza, cos, anche per il lume. Non fa differenza la propriet di essere illuminato dalla conoscenza. Ci che invece si dice, cio che il lume illumina s stesso e anche il vaso, [anche quello] non vero. [Obbiezione:] Per quale motivo? [Risposta:] Quando [il lume] non illumina s stesso, allora come si presenta? In quel momento non si coglie alcuna particolarit del lume, n intrinseca n estrinseca. In effetti, esso un ente illuminabile e la particolarit si capta a seconda che esso sia in vicinanza di

Una delle pi comuni credenze rispetto allauto-luminosit dellAdvaita che sintenda che il S oltre a illuminare ogni cosa, illumina S stesso. Per questo , per la precisione, la concezione di svaprakatva dei Vijnavdin. Ivi gli Advaitin riscontrano un difetto conosciuto come karmakartvirodha, contrasto tra soggetto e oggetto, cio il S che illumina non pu essere esso stesso oggetto della sua luce. La seconda definizione presentata dalla TP e poi subito contraddetta perch impossibile, proprio di questo genere: svasya svayam eva praka iti na dvitya, karmakartvirodhena lakaasysabhavt (CITSUKHA, YOGNDRNANDA [ED.], 1985 [1974]: 4-6).
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un ente illuminatore o lontano [da quello]. Di certo non possibile immaginare che il lume sia vicino o lontano [da s]; quando non c una distinzione sporadica, allora si dice davvero una falsit [quando si afferma]: il lume illumina s stesso. Ci che rende non differente il lume dai vasi e altri [oggetti] la propriet di essere illuminato dalla conoscenza, pertanto il lume non un esempio [valido] al fine di indicare, per la conscenza, la propriet di essere oggetto carpito e carpitore di s stessa.96 Inoltre, anche lintelletto non fa differenza rispetto agli oggetti esterni quando ci si riferisce alla propriet di essere percepibile da parte della conoscenza.97 Quandanche lintelletto possieda la propriet di essere percepibile dalla conoscenza, allora forse la propriet di essere percepibile dalla conoscenza a essere percepibile,98 oppure la propriet di essere percepibile dalla conoscenza che il percettore?99 In quel caso, essendo sorto un dubbio ponderato postulare lanalogia (nyya) che stata analizzata altrove, non una che sia opposta a quanto visto. Stando cos [le cose], come si constata per gli oggetti esterni, come i lumi, la propriet di poter essere conosciuti da parte di un conoscitore sicuramente distinto [da essi], ugualmente, come accade nel caso un lume, dunque anche lintelletto, che pure esso un illuminatore, provvisto della propriet di essere conosciuto dalla conoscenza; [pertanto] lecito accettare [la sua] propriet di essere conosciuto dalla conoscenza, ma non [ logico ritenere] la propriet di essere conosciuto da [una conoscenza che] non sia distinta: chi

Fin qui si sar gi inteso il punto di vista Advaita, ossia che il S auto-luminoso inconoscibile da qualsiasi altro ente, perch mai pu essere oggetto di una conoscenza mediata. Esso esclusivamente quella fonte di luce che permette a ogni altro oggetto di essere conoscibile da parte dellintelletto. Varie U (MuU II.2.10, vU VI.14, KaU V.15/II.2.15) affermano infatti: tam eva bhntam anubhti sarva tasya bhs sarvam ida vibhti , ogni cosa splende solo perch Quello splende, per la sua luce tutto ci rifulge 97 G aggiunge che un ente rivelatore differente da un ente rivelato, come il sole e come lintelletto, perci anche lintelletto, rivelato dal S, distinto da questulitmo che di natura luminosa e conoscitiva: yad vyajaka tat svavijtyavyagya yath srydi vyajaka ca vijna tasmd vijnavyatirikta cidtm sidhyatty artha 98 Il dubbio concerne il modo di cogliere lintelletto. Se lintelletto fosse capace di svelare la consapevolezza degli oggetti, come si potrebbe distinguere lintelletto dalla conoscenza che lo illumina. Se poi si determina una distinzione, non si pu pi evitare un regressus ad infinitum, dato che ogni conoscenza diviene a oltranza prima oggetto poi soggetto. Ammettendo un S capace di rivelare tanto gli oggetti quanto lintelletto, cosa si viene a percepire: la conoscenza dellintelletto o quella del S? Per questo motivo non possibile ritenere, come fanno i buddhisti idealisti, che la conoscenza riveli s stessa come avviene per gli oggetti. Essa non pu scindersi in oggetto e soggetto, poich unica e inscindibile. Le si pu solo imputare la possibilit di autosvelarsi come natura intrinseca del soggetto. Comunque, la prima tra le due alternative intende lintelletto provvisto della propriet di essere conosciuto dalla conoscenza che , come vogliono i Vijnavdin, anchessa percepibile. 99 La seconda opzione rispetto al dubbio sorto se lintelletto provvisto della propriet di essere conosciuto dalla conoscenza che lunico soggetto conoscitore, come da posizione Advaita.
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altro dallintelletto il conoscitore, questi il S, la luce diversa dallintelletto. [Obiezione:] Ma allora si presenterebbe un regressus ad infinitum?100 [Risposta:] No, infatti, nello [stabilire] un altro ente come il suo percettore, come probans (liga)101 possibile intendere la sola percepibilit;102 mentre non mai possibile un segno distintivo nell[inferire] lessere percettore assoluto [del S], oppure lesistenza di un altro percettore di quello; per questo non sincorre in un regresso a infinito.103 [Obbiezione:] Se [si considerasse che] la propriet di essere percepibile da qualcosa di distinto dellintelletto avesse la necessit un ulteriore strumento [= facolt sensoriale], allora ci sarebbe il regressus ad infinitum? [Risposta:] No, poich non c alcuna regola,104 difatti questa regola non [applicabile] ovunque:105 laddove attraverso una certa cosa si coglie unaltra cosa, l vi un altro strumento distinto dal percepito e dal percettore. Non possibile regolamentare questo senza che vi siano delle deviazioni, poich se ne vede la variet [di condizioni]. [Obbiezione:] In che modo? [Risposta:] Dunque, un vaso percepito da qualcosa di distinto da s, cio [distinto] dal S. In quel caso il mezzo la luce, il lume o altro, che diverso sia dalloggetto percepito sia dal percettore, difatti la luce del lume o altro non n parte del vaso e nemmeno parte dellocchio, perch come il vaso anche la lampada percepibile dallocchio. Oltre allocchio e al lume, non c bisogno neanche di un qualsiasi altro strumento esterno che funga da fonte di luce. Quindi, non certamente possibile stabilire una norma [come questa]: ovunque vi sia la propriet di essere percepito come [qualcosa di] distinto, l vi deve senza dubbio essere un altro strumento.

G mostra lentit del regresso a infinito ipotizzato dai Bauddha: vijnasya grhakntaragrhyatve tasypi grhakntarpekym anavasthprasaktir iti 101 Ligam, nel linguaggio della logica il segno distintivo che permette di inferire, cio il probans. 102 G ribadisce e sottolinea il fatto che chi percepisce deve essere differente dalloggetto percepito, nonch che il testimone dellintelletto non pu essere percepibile poich immutabile e la sua natura di immobile veggenza: yadgrhya tat svtiriktagrhya yath ghadti grhyatvamtra buddhigrhakasya tato vastvantaratve pradpasya svnavabhsyanyyena ligam ukta na ca buddhiskio grhyatvam asti kasthadisvbhvyt tat kuto navasthety upapdayati gryatvamtra hti 103 Ancora G spiega la differenza tra le due alternative: grhatva hi grahaakarttva v tatskitva v. dye buddhiskio mukhyavtty grahaakarttve na kicil liga sabhavati. dvitye tasya grhakntarstitve na kadcid api pramam asti tat kuto navasthety artha 104 Nel linguaggio della logica niyama, regola, norma, termine che si usa in determinati contesti per indicare la concomitanza invariabile (vypti), che non dimentichiamo anche definita come shacaryaniyama, regola di concomitanza (TS, ATHALYE, 1988 [1897]: 34) 105 Affermare che una regola o una concomitanza invariabile non si applica in ogni caso assumere che essa sia deviante e allora entriamo nellambito delle fallacie logiche denominate pseudo-probans (hetvbhsa) e nella fattispecie questo sarebbe un hetu o liga vyabhicrin, a che chiamato sdhraa anaikntika. Si veda la nota 178 del capitolo 2.
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Per questo motivo, quandanche lintelletto possegga la propriet di essere percepito da un soggetto percettore distinto, n a causa del mezzo e neppure per via la propriet di essere percettore, sar mai possibile ammettere un regressus ad infinitum. Pertanto, provato che la luce del S unaltra, distinta dallintelletto

Dopo queste obbiezioni, diatribe, precisazioni e confutazioni, gli Yogcra riprendono la polemica:
nanu nsty eva106 bhyo rtho ghadi pradpo v vijnavyatirikta, yad dhi yadvyatirekea nopalabhyate, tat tvan mtra vastu dam yath svapnavijnagrhya ghaapadivastu svapnavijnavyatirekenupalabht svapnaghaapradpde svapnavijnamtratvagamyate, tath jgarite pi ghaapradpder jgradvijnavyatirekenupalabhj jgradvijnamtrataiva yukt bhavitum. tasmn nsti bhyo rtho ghaapradpdi vijnamtram eva tu sarvam. tatra yad uktam vijnasya vyatiriktvabhsyatvd vijnavyatiriktam asti jyotir antara ghader iveti, tan mithy, sarvasya vijnamtratve dntbhvt. na, yvat tvad abhyupagamt na tu bhyo rtho bhavat ekntenaiva nbhyupagamyate. nanu may nbhyupagamyata eva. na, vijna ghaa pradpa iti ca abdrthapthaktvd yvat, tvad api bhyam arthntaram avayam abhyupagantavyam. prpnoti. v. taddoo vijnd tath arthntara vastu na ced abhyupagamyate, vijna ghaa paa ity evam dn abdnm ekrthatve paryyaabdatva ajnaprasago vdiprativdivdas sdhann hy phalasya caikatve, tatkartur vijnavyatirekea eva nirkartavyatvt sdhyasdhanabhedopadeastrnarthakyaprasaga. kicnyat na vdiprativdivdadobhyupagamt.

tmavijnamtram

vbhyupagamyate,

prativdydnm. na hy tmya vijna nirkartavyam abhyupagamyate, svaya v tm kasyacit. tath ca sati sarvasavyavahralopaprasaga. na ca prativdydaya svtmanaiva ghyanta ity abhyupagama. vyatiriktagrhy hi te bhyupagamyante. tasmt tadvat sarvam eva vyatiriktagrhya vastu jgradviayatvt, jgradvastu prativdydivad iti sulabho dnta. santatyantaravad vijnntaravac ceti. tasmd vijnavdinpi na akya vijnavyatirikta jyotir antara nirkartum. svapne vijnavyatirekbhvd ayuktam iti cen? na, abhvd api bhvasya vastvantaratvopapatte bhavataiva tvat
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svapne

ghadivijnasya

bhvabhtatvam

abhyupagatam.

Il passo spiegato in BUBV 532-537.

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tadabhyupagamya tadvyatirekea ghadyabhva ucyate, sa vijnaviayo ghadir yady abhvo yadi v bhva syt, ubhayathpi ghadivijnasya bhvabhtatvam abhyupagatam eva. na tu tan nivartayitu akyate, tannivartakanyybhvt. etena sarvasya nyat pratyukt pratyagtmagrhyat ctmano ham iti mmsakapaka pratyukta ...107 [Obbiezione:] Per non esiste alcun ente esterno, sia esso un vaso o altro, oppure un lume, che sia distinto dalla coscienza. Difatti, lente che non si coglie senza quello, quellente allora visto solamente come quello. Per esempio, oggetti come vasi, vesti, che sono percepibili in una cognizione onirica, poich non sono percepibili separatamente dalla cognizione onirica, allora per questi vasi, lumi e altri oggetti del sogno, si evince il loro essere esclusivamente cognizione onirica. Allo stesso modo poich anche durante la veglia non c percezione dei vasi, dei lumi e degli altri oggetti separatamente dalla cognizione di veglia, risulta certamente congruo [il loro] essere [oggetto] esclusivo della cognizione di veglia. Pertanto, non vi alcun oggetto esterno come vasi, lumi o altro: ogni cosa in verit solamente una cognizione.108 A questo proposito quanto stato detto che come per i vasi e altri oggetti, anche perch lintelletto illuminabile da qualcosa di distinto, allora esiste unaltra luce, distinta dallintelletto ,109 questo falso, perch quando tutto [prodotto] solo della coscienza, non si pu avere un esempio [a sostenere il punto di vista dellAdvaitin]. [Risposta:] No, perch finch si accetta [da parte del Vijnavdin la realt esterna degli oggetti], fino a l [quella realt] c [davvero]. Non si pu sostenere che lei [= il seguace buddhista] non accetti

Il seguito della discussione volto alla confutazione esclusiva della dottrina dello kaikatva, che saltiamo perch ci condurrebbe fuori dal nostro tracciato. 108 Qui in poche righe si riassume il punto di vista solipsistico dei Vijnavdin e si comprende il perch siano cos chiamati. Costoro considerano inesistente, irreale, vuota (nya) la realt esteriore e tutto quanto noi crediamo di vedere di esterno non che un gioco della coscienza, che mediante una serie continua di cognizioni istantanee e apparentemente connesse tra loro (layavijna), sembra partecipare di una qualche realt. Per illustrare questo loro concetto di apparente continuit usano lesempio delllatacakra, cio del cerchio illusorio prodotto nellaria dal roteare velocemente una fiaccola. Sebbene ogni movimento di essa sia uno, istantaneo, irripetibile e discontinuo, vi unillusione ottica che ci fa credere che in aria si formi un cerchio vero e proprio. Per questo gli Yogcra considerano che ogni ente esterno sia esclusivamente una proiezione che si gioca interamente nella coscienza momentanea dellindividuo, ma che per errore egli crede di vedere al di fuori di s. Per questo la loro conclusione che ogni cosa solo coscienza. Abbiamo gi visto nel capitolo 2 come il sogno e la cognizione onirica sia lesempio prediletto per illustrare una cognizione del tutto mentale (buddhistha) che noi crediamo essere esteriore. Costoro valutano anche la cognizione di veglia come quella onirica. Lambert Schmithausen ha dedicato alllayavijna una rigorosa e molto documentata monografia pubblicata in due volumi a Tokyo (1987). 109 Qui il buddista ripercorre una delle posizioni di , per poi confutarla.
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del tutto loggetto esterno. [Obbiezione:] Per io, di certo, non la accetto. [Risposta:] No, finch vi sar una separazione tra la parola e il significato di [termini] come cognizione, vaso, lume, fino ad allora di necessit si deve accettare un altro ente esterno; mentre, se non si accetta un ente dal significato distinto rispetto alla coscienza, allora si considerer un unico significato per parole come cognizione, vaso, lume, e altre, [cosicch] esse arriverebbero a divenire termini sinonimi. Allo stesso modo, quando si ha lunicit dei mezzi e del risultato, [si potrebbe incorrerebbe] nel problema dellinsensatezza della scrittura il cui insegnamento [include] la distinzione tra meta e mezzi [per giungervi], oppure il problema che il suo [= della scrittura] autore [sia soggetto] allignoranza. C ancora qualcosaltro: si considerano separatamente dalla coscienza i difetti [venuti a galla] nelle dispute tra sostenitori e oppositori. Non si pu accettare certamente solo come forma di coscienza, che [per lei] il S, la disputa tra sostenitori e oppositori, oppure il difetto [evidenziato] in essa, poich bisogna necessariamente confutare gli oppositori. Nessuno pu ammettere, infatti, che ci che deve essere confutato sia la propria coscienza, oppure lo stesso S. Stando cos le cose [ci si troverebbe di fronte] al problema della cessazione di ogni uso linguistico convenzionale. [I Vijnavdin] non possono nemmeno accettare che gli oppositori e altri ancora, siano percepiti come il proprio S, al contrario essi sono ritenuti percepibili come distinti. Quindi, allo stesso modo, ogni ente invero conoscibile da parte di qualcosa di distinto, poich un oggetto di veglia, come lente di veglia che loppositore o altri ancora:110 questo un esempio appropriato; o anche come unaltra serie [di cognizioni istantanee]111 o unaltra cognizione.112 Pertanto, nemmeno il Vijnavdin possono contestare il fatto che ci sia differenza della luce in quanto distinta dallintelletto.113 [Obbiezione:] Per se [si dicesse che ci accade] perch in sogno non c

Com evidente ci troviamo di fronte a uninferenza che cerca di provare che ogni cosa trova il suo percettore al di fuori e distinto da s e non come sostengono i buddhisti idealisti. 111 Di solito il termine satati o satna usato tecnicamente per indicare la serie di istanti o cognizioni istantanee che paiono collegati tra loro. 112 G spiega il perch dellinferenza. Cos come si pu inferire dal comune comportamento il figlio di Maitra attraverso il figlio di Caitra, o come attraverso la conoscenza degli onniscienti si conoscono le conoscenze degli ignoranti, similmente per la diversit del colore blu o altri e la loro cognizione, si pu inferire anche la distinzione tra la cognizione e il suo rivelatore, cio la luce del S: ki ca caitrasatanena maitrasatno vyavahrd anumyate sarvajajnena csarvajajnni jyante tatra bhedasya te pi siddhes taddntn nldes taddhiya ca bheda akyo numtum 113 G chiarisce solo cha la conclusione sta a indicare limpossibilit da parte dei Bauddha di poter passare sopra alla realt, seppur empirica, degli oggetti esterni: na bhyrthpalpsiddhir iti ea.
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nulla di distinto dalla coscienza, [sarebbe] incongruo?114 [Risposta:] No, poich la diversit di un ente esistente si evince anche dalla [sua] assenza, dunque anche lei accetta che la cognizione dei vasi e altri [oggetti] durante il sogno sia qualcosa di esistente. Accettato ci, si afferma la non esistenza di vasi e altri [oggetti] separatamente da ci [= dalla coscienza]; se loggetto della cognizione, [sia esso] un vaso o quantaltro, sia esso assente o presente, in entrambi i casi si accetta certamente che la cognizione dei vasi e altri [oggetti] sia un ente esistente e non si pu confutarla poich non c una logica [capace] di confutarla.115 Con questo scartata la [teoria della] vacuit di ogni cosa, ma scartata anche la posizione Mmsaka: la propriet dellanima individuale di essere conosciuto dal S interiore come io 116

La kaik successiva (IV.3.8) afferma che il S, divenuto sogno nel corpo stesso supera e trascende il complesso psico-fisico additato come forma di morte. Nel sogno dunque assiso nella natura auto-luminosa:
sa v aya puruo jyamna arram abhisapadyamna ppmabhi sa sjate sa utkrman mriyama ppmano vijahti// 8 //117 Nascendo quello che questessere prendendo un corpo si mescola con le colpe e mentre muore, dipartendo abbandona le colpe (8).

prende al balzo la situazione descritta dal passaggio per modellarne unanalogia con le due condizioni di veglia e sogno:

Sempre il glossatore G aggiunge un particolare importante per interpretare la frase. Per lui ayuktam, incongruo un aggettivo che si riferisce appunto alla considerazione di un oggetto come distinto dalla coscienza: ayukta vijntiriktatvam asthasyeti ea. 115 Una posizione ben nota del Vednta Advaita che non possibile negare il negatore, in quanto ogni cosa oggetto del testimone immobile che vede senza essere visto e che il fondamento inalterabile di ogni ente, come anche di ogni negazione. intende dire che il Vijnavadin attribuisce alla coscienza un certo grado di realt, tale posizione presuppone implicitamente la realt delloggetto esterno, in quanto questultimo a determinare il conformarsi della coscienza a una certa forma, altrimenti come spiegarsi forme e nomi differenti. 116 Ritorniamo anche qui al punto precedente, ossia un unico S non pu essere sia conoscitore sia conosciuto. G, girando le parole rende la frase pi semplice: tmano grhyasyham iti pratyagtmanaiva grhyateti mmsakamatam api pratyuktam ekasyaiva grhyagrhakaty nirastatvd ity ha pratyagtmeti 117 Il BUBV si occupa di accrescere il commento di relativo a questa kaik nei versi 808825 mentre BVS lo fa tra il 144 e il 148.
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yathya san,

svapnajgradvttyor tath so ya

vartamne purua ubhv

evaikasmin

dehe

ppmarpakryakaraopdnaparitygbhym anavarata sacarati dhiy samna ihalokaparalokau anavarata janmamarabhy kryakaraopdnaparitygau

pratipadyamna, sasramokt sacarati. tasmt siddham asya tmajyotio nyatva kryakaraarpabhya ppmabhya, sayogaviyogbhym, na hi taddharmatve seti, tair eva sayogo viyogo v yukta. Come egli [= lanima individuale], presente in un unico corpo sia nelle modificazioni del sogno sia in quelle della veglia, essendo simile allintelletto vaga costantemente attraverso la presa e labbandono del corpo e dei sensi dalla natura colpevole, allo stesso modo questessere vaga in entrambi, in questo mondo e nellaltro mondo, che sono la presa o labbandono di corpi e facolt sensoriali attraverso la nascita e la morte, fino alla liberazione dal divenire. Pertanto, in virt dellunione e del distacco stabilita lalterit di questa luce del S dagli enti impuri che hanno forma di corpo e facolt vitali. Se [la luce] fosse una loro propriet, non sarebbe assolutamente logico [affermare] ununione o un distacco con essi.

Il Jyotir Brhmaa riflette pure sulla locazione del mondo onirico (CONIO, 1979: 283). Questo passaggio (IV.3.9) di grande importanza, in quanto spiega il meccanismo del sogno (STUHRMANN, 2009: 40-41). Esso si situa tra luniverso fisico e il cielo e sicch tman vi risiede, da quella posizione pu osservare entrambi i mondi: sadhyas ttyam. Nel sogno il S si tinteggia delle impressioni residue dello stato di veglia, lasciando da parte il suo corpo fisico rendendolo inconscio, oramai inutilizzabile nella circostanza onirica, esaurendo cos parte del suo karman. Ivi, crea (nirma) da s un corpo di sogno forgiato dalle passate impressioni, sorte dalle passate esperienze. Queste stesse impressioni sono rivelate in sogno come il contenuto stesso di esso e illuminate dalla luce innata del S (POTTER, 1998 [1981]: 201). Ancora il testo tratteggia laspetto di tman durante il sogno e, in questo caso, sottolinea il suo carattere mediano indicandolo come un crepuscolo, una zona intermedia, un legame (sadhya). Proprio in questo sadhya si situa lEssere, il purua, come

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spettatore immobile delle altre due condizioni (TRIPH, R. K., 1998: 9799).118
tasya v etasya puruasya dve eva sthne bhavata ida ca paralokasthna ca sadhya ttya svapnasthnam. tasmin sadhye sthne tihann ete ubhe sthne payatda ca paralokasthna ca. atha yathkramo ya paralokasthne bhavati tam kramam kramyobhayn ppmana nand ca payati. sa yatra prasvapity asya lokasya sarvvato119 mtrm apdya svaya vihatya svaya nirmya svena bhs svena jyoti prasvapiti atrya purua svayajyotir bhavati// 9 // Di quello, oppure di questo essere due sono le sedi: questo e laltro mondo, mentre la terza il luogo mediano, la condizione di sogno. Stando in quel luogo mediano, egli osserva entrambi questi luoghi: questo e laltro mondo. Quando questo equipaggiamento nel luogo dellaltro mondo, allora egli, avendo raggiunto quel sostegno, vede entrambi, sia le lordure sia i piaceri.120 Quando sogna avendo preso una parte di questintero mondo e avendola messa egli stesso in disparte, egli stesso creando attraverso il proprio fulgore, dorme per via del proprio bagliore: dunque ivi questessere luce a s stesso (9).

parte valutando un dubbio di un obbiettore rispetto alla natura del sogno come altro mondo:121
Per questo passo necessario al fine di rispondere a unipotetica obbiezione. Secondo il delatore non vi sono due mondi attraverso i quali il purua possa muoversi, proprio come fa durante il sogno e la veglia, anzi sogno e veglia sono conosciuti direttamente, mentre ci non vale per questo e laltro mondo. Per cui, conclude il prvapakin, in verit sogno e veglia sono questo e laltro mondo: nanu na sto syobhau lokau, yau janmamarabhym anukramea sacarati svapnajgarite iva, svapnajgarite tu pratyakam avagamyete, na tv ihalokaparalokau kenacit pramena, tasmd ete eva svapnajgarite ihalokaparalokau ... Il BUBV esprime questo dubbio iniziale in due strofe 826-828. Il BVS 149 riporta una posizione dei Crvka secondo la quale la percezione diretta in grado di provare tanto il S, quanto la veglia, il sogno e questo e laltro mondo. 119 propone una derivazione del termine come sarvam avati, cio protegge ogni cosa, il mondo laddove per mondo sintende laggregato psico-fisico insieme agli oggetti e alle cognizioni da essi deirivanti. Si veda anche BU I.4.16. Si pu anche riferire il termine sarvavn a colui che possiede ogni cosa, in quando egli possiede gli elementi propri della veglia che permettono il contatto del jva con il mondo. 120 asserisce che sicch non possibile vedere le colpe, le lordure, la cosa che si pu per scorgere connessa a esse sono i frutti delle colpe. Lo stesso vale per i meriti di cui la felicit il risultato. Per cui il purua, stando in quella connessione vede sia gli adharmaphala sia i dharmaphala. Si veda anche BUBV 851-854 e BVS 152-154. 121 Sur esprime il suo parere a proposito della relazione tra questi passi e quelli precedenti in BUBV 833-836, mentre riporta ancora lopinione di Bhartprapaca in 831-832.
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nanu svapno pi paraloka tath ca sati dve evety avadhraam ayuktam.122 na, katha tarhi? sadhya tat ihalokaparalokayo ya sadhis tasmin bhava sadhya yat ttya tat svapnasthnam,123 tena sthnadvitvvadhraam, na hi grmayo sadhis tv eva grmv apekya ttyatvaparigaanam arhati. katha punas tasya paralokasthnasystitvam avagamyate? yad apekya svapnasthna sadhya bhavet yatas tasmin sadhye svapnasthne tihan bhavan vartamna ete ubhe sthne payati. ke te ubhe? ida ca paralokasthna ca. tasmt sta svapnajgaritavyatirekeobhau lokau, yau dhiy samna sann anusacarati janmamaraasatnaprabandhena. katha puna svapne sthita sann ubhau lokau payati? kim raya? kena vidhin? ity ucyate atha katha payati? iti u yathkrama krmaty anenety krama rayo vaambha ity artha. yda kramo sya, so ya yathkrama.124 aya purua paralokasthne pratipattavye nimitte, yathkramo bhavati ydena paralokapratipattisdhanena vidykarmaprvaprajlakaena yukto bhavatty artha. tam krama paralokasthnyonmukhbhta prptkurbhvam iva bja tam kramam kramyvaabhyrityobhayn payati.125 bahuvacana dharmdharmaphalnekatvt, ubhayn ubhayaprakrn ity artha [Obbiezione:] Ma se anche il sogno laltro mondo, allora stando cos le cose non plausibile il rafforzamento [avadhraa = eva] in dve eva. [Risposta:] No. [Obbiezione:] Come allora? [Risposta:] Quello una congiunzione: quella lunione tra questo mondo e laltro mondo, il

Nel BVS (150) pure si sottolinea il significato dellavverbio eva nellU: ayoga paralokasya vrayaty evakrata/ sadhyatvena ttyatva svapnalokasya vryate//, Mediante la parola eva si evita la non unione dellaltro mondo, poich il mondo onirico una congiunzione, si evita il [suo] essere terzo [mondo]. Si veda anche BUBV 837-838. 123 Anche la Dpik presenta una simile derivazione, ribadendo che la congiunzione non luogo differente, e ne aggiunge una seconda [cfr. BUBV 837], cio che il numero tre posto a chiusura di una serie, non per negare un qualsiasi altro stato: yat ttya svapnasthna tat sadhya ihalokaparalokayo sadhau bhava sadhya na sthnntaram. yad v stvapnas ttyam eva sthna tray pra ttyam iti praapratyayaravat 124 Si veda BUBV 845-850. 125 Lultima parte della Dpik di questo passaggio upaniadico riporta interessanti notizie di costume e credenze. Il sogno che si vede nella prima infanzia derivato da esperienze avute in esistenze precedenti e il neonato, tinto dalle impressioni residue delle vite passate, nella nuova nascita esperisce enti onirici mai visti nella sua breve vita. Nellet adulta, ovviamente esperisce oggetti onirici sorti da impressioni prodotte dal contatto sensoriale di veglia con oggetti empirici grossolani. Infine, nella vecchiaia, desideroso di attingere laltro mondo, cresciuto in sapienza e azioni, sogna enti relativi alla sua nascita futura, per questo si pu affermare che sia la visione onirica dellinfanzia, sia la visione onirica della vecchiaia, nonch, talvolta i sogni di questa vita stessa nel suo mezzo, concernono entit ancora non sorte, pertanto essi sono il prama della percezione diretta nei confronti dellesistenza altro mondo: dye vayasi ya svapna payati ta prvajanmnubhtaviayam eva tadvsanvsita san payati tadn blasyaihikaputrdyanubhavbhvt. madhyame tu vayasndriy sthlrthagrahaasmarthyd ihajanmany anubhtaviayakam eva svapna prya payati. antye vayasi puna paralokayiysur vidykarmdisabhto bhvijanmaviayaka svapna prya payati tasmd ante vayasy dau ceha janmany asabhvyamnasya darana paralokasadbhve pratyaka pramam iti.
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sostantivo astratto di questa [unione] sadhya [congiunzione, connessione], che il terzo, quello il luogo del sogno [= condizione di sogno], per cui il rafforzamento riguarda la presenza di due luoghi. Infatti, la connessione tra due villaggi non passibile di conteggio come fosse un terzo [luogo], rispetto a quei due villaggi. [Dubbio:] Come si capisce allora lesistenza di quel luogo che laltro mondo, rapportato al quale la condizione di sogno una congiunzione? [Risposta:] Poich [il purua] stando, cio essendo presente in quella connessione, in quella condizione di sogno vede questi due, entrambi i luoghi. [Obbiezione:] Quali sono questi due? [Risposta:] Questo e il luogo dellaltro mondo; pertanto entrambi i mondi esistono a prescindere dal sogno e la veglia, nei quali [il jva], simile allintelletto, vaga per via di unininterrotta serie di nascite e morti. [Obbiezione:] In che modo, poi, essendo sito nel sogno vede entrambi i mondi? Stando su che sostegno? Mediante quale modalit? [Risposta:] Si risponde: Ora come vede [quello]? Ascolta: yathkrama [significa] ci da cui [lanima individuale] accede l, quello il sostegno, il fondamento. Questo il senso. A seconda di quale sia il suo sostegno quello [ chiamato] yathkrama [= congruente al suo sostegno]. Questessere, qualsiasi sia il sostegno, accede alla sua meta, cio [giunge] nel luogo dellaltro mondo che deve attingere, [vale a dire che] provvisto di un qualsiasi strumento atto a ottenere laltro mondo, sia esso consistente di conoscenza, azione o unesperienza precedente. Questo il senso. Cos quel sostegno, cio ottenendo quel sostegno, essendosi sostenuto [su esso], essendosi fondato [su esso] che, come un seme che ha raggiunto la fase in cui sta per germogliare, proiettato allaltro mondo, ossia guarda entrambi [i mondi]. Il plurale [= ppmana nand] si ha per la molteplicit dei risultati di meriti e demeriti, allora ubhayn significa entrambi i modi [dei risultati]

La seconda parte del commento di mira a chiarire in che modo il S, avvolto dal sonno, attinge quel luogo mediano e qual la sua natura, il suo supporto in quella posizione.126 Egli continua affermando che il jva, tratta a s una singola porzione, un singolo episodio dellesperienza di veglia, acquisisce e immagazzina le impressioni degli oggetti fisici ivi sperimentati. A questo punto egli mette da parte il suo stesso veicolo fisico
sa ya prakta tm yatra yasmin kle prasvapiti prakarea svpam anubhavati. tad kim updna, kena vidhin svapiti sadhya sthna pratipadyate? ...
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lasciandolo cadere privo di moto (vihatya deha, ptayitv nicea ktv Dpik [VIDYRAYA, 1986: 92]) e penetra nella condizione di sogno. Durante la veglia ogni fonte di luce daiuto alla vista, permettendogli di svolgere le proprie funzioni ordinarie; inoltre, ogni attivit altres stimolata dellemergere dei frutti di meriti e demeriti compiuti in precedenza. Quando nel corpo questesperienza dei frutti viene a cessare determina una cessazione dellattivit frenetica del jva, il quale a questo punto forgia per s un corpo nuovo, fatto di sole impressioni, un corpo onirico mediante il quale questi si getta in nuove esperienze (BUBV 855-876 e 883-893, BVS 156-163) (TRIPH, R. K., 1996: 425-426):127
svaya nirmya nirma ktv vsanmaya svapnadeha mymayam iva, nirmam api tatkarmpekatvt svayakartkam ucyate. svena tmyena bhs mtropdnalakaena bhs dpty prakena, sarvavsantmakena antakaraavttiprakenety artha. s hi tatra viayabht sarvavsanmay prakate, s tatra svaya bh ucyate. tena svena bhs viayabhtena, svena ca jyoti tadviayi viviktarpea aluptadksvabhvena tadbhrpa vsantmaka viaykurvan prasvapiti. yad eva vartanam, tat prasvapty ucyate.128 atraitasym avasthym etasmin kle, aya purua tm, svayam eva viviktajyotir bhavati. bhydhytmikabhtabhautikasasargarahita jyotir bhavati. nanv asya lokasya mtropdna ktam, katha tasmin saty atrya purua svayajyotir bhavatty ucyate? naia doa. viayabhtam eva hi tat, tenaiva ctrya purua svayajyotir darayitu akya. na tv anyath sati viaye kasmicit suuptakla iva. yad puna s bh vsantmik viayabht

Il BVS (158-159) ricorda che nel commento il termine svpa non indica suupti ma svapna. Cinque strofe di BUBV (883-887) chiariscono il significato di prasvapiti (prakarea svam svapnam anubhavati, Dpik [VIDYRAYA, 1986: 92]) e ribadiscono la natura congruente al complesso delle impressioni latenti del sogno: ptdhytmdikajyotir jgracchabddivarjita/ vsanopdhir tmaika svayajyotir itryate// 883 // mtmnaprameydismagr vsantmik/ svapne bhsabdavcysya svayajyotia tmana// 884 // pramttvdik sarv prathate viaytman/ bhvan svrtharpasya pratco luptacakua// 885 // mtra meyasabaddha jgradbhmau yathekate/ nikriyo vsanri svapnabhmau tathekate// 886 // svayajyotir aya pratyasarvasdhananispha/ kastho vsan svapne cidbhs kart ayam// 887 //, Il S solo viene detto auto-luminoso, la luce che ha pervaso laggregato individuale, privo dei termini come veglia, la cui condizione limitante sono le impressioni latenti (883). Per questo S autoluminoso, nel sogno il complesso causale costituito dal conoscitore, dalla conoscenza e dalloggetto o quantaltro, sostanziato di impressioni latenti ed esprimibile col termine risplendente (bh) (884). Ogni impressione, come lessere conoscitore o altre, appare come oggetto di quellinteriore la cui vista non si persa, dalla forma del proprio oggetto (885). Come chi inattivo nella condizione di veglia vede il conoscitore legato alloggetto, cos nella condizione di sogno egli vede linsieme delle impressioni latenti (886). Questo S interiore auto-luminoso, privo di desiderio verso qualsiasi mezzo, immutabile. Durante il sogno questi rende le impressioni dei riflessi di consapevolezza (887). Beninteso, nei versi il termine bhvan indica saskra, sinonimo di vsan.
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upalabhymn bhavati, tad asi kod iva nika sarvasasargarahita cakurdikryakaraavyvttasvarpam siddham.129 Avendo forgiato s stesso, avendo realizzato una creazione, cio il corpo onirico fatto di impressioni latenti come fosse fatto dillusione,130 per cui anche la creazione [del corpo], poich necessita [dei frutti] dellazione, si definisce come avente lui stesso per agente. svena, cio per la propria, bhs cio per il fulgore, lo splendore, la luce che consiste nella percezione degli oggetti, perci mediante la luce della modificazione dellorgano interno che sostanziata delle impressioni di ogni cosa. Questo il significato. Difatti, quella [= la modificazione dellorgano interno] fatta delle impressioni di ogni cosa l [= nel sogno] risplende, divenuta gli oggetti [onirici] e l chiamata di per s splendente (bh). Perci, tramite il proprio splendore, che divenuto loggetto [onirico] e attraverso la luce che il soggetto [conoscente] di quella, dalla natura distinta, la cui natura di costante veggente, dorme cogliendo come oggetto la propria forma splendente che sostanziata dimpressioni. Trovarsi in un tale stato si dice prasvapiti [= egli sogna]. Ivi, in questa condizione, in quel momento quellEssere, il S esso stesso una luce distinta [= pura], cio una luce priva del contatto con gli elementi esterni e interni e i loro derivati. [Obbiezione:] Ma questi ha colto gli oggetti di questo mondo; quand cos come si pu dire qui questessere luce a s stesso? [Risposta:] Non un errore,131 tale [= cognizione delle impressioni] invero divenuta un oggetto e tramite questo possibile mostrare che qui questessere luce a s stesso. Non per altrimenti, quando non vi sia un qualsiasi oggetto, come nel momento del sonno profondo. Quando poi quello splendore che sostanziato dimpressioni, divenuto oggetto viene colto,132 allora come una spada estratta dal fodero, la luce del S, che il veggente costante, priva di aluptadgtmajyoti svena rpevabhsayad ghyate. tentraya purua svayajyotir bhavatti

Si vedano BUBV 877-882, 893-903 e BVS 164-168. Come il corpo che per s crea un illusionista, specifica G: yath myv mymaya deha nirmimte tadvat 131 G scrive non c nessuna contraddizione a considerare lauto-lumnosit del S in sogno quando ci che viene colto come oggetto sono delle impressioni latenti in forma di trasformazioni mentali, che sono prive della propriet caratteristica del soggetto conoscitore: vsanparigrahasya manovttirpasya viayatay viayitvbhvd aviruddham tmana svapne svayajyotivam 132 Sur (BUBV 903) afferma che mentre la veglia caratterizzata da molteplici enti, come il S, lintelletto, la mente, la vista e gli altri sensi, la luce e gli oggetti, il sogno invece caratterizzato dalle sole impressioni e, implicitamente espresso, di certo anche il S.
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ogni contatto, la cui natura propria estranea alla vista o qualsiasi altro [componente] dellaggregato psico-fisico, percepita in quanto risplendente per propria natura. Per questo stabilito che qui questessere luce a s stesso ...

In quella situazione centrale, il purua, lanima individuale gode di maggiore libert, attore (kart) che crea (sjate) oggetti quali carri, animali e strade prendendo materiale composito, sia dallintelletto come magazzino di impressioni latenti (INDICH, 1995 [1980]: 84-86), sia dal mondo fisico (BU, IV.3.10). Interessante notare anche luso del medio (tmanepada) per sjate, crea per s, rafforzando laspetto intimo del sogno rispetto alla veglia (TIMALSINA, 2006: 106):
na tatra rath na rathayog133 na panthno bhavanti. atha rathn rathayogn patha sjate. na tatrnand muda pramudo bhavanti. athnandn muda pramuda sjate. na tatra vent pukariya sravantyo bhavanti. atha ventn pukari sravant sjate. sa hi kart// 10 //134 L n vi sono carri, n armenti aggiogati ai carri, n strade, per cui egli crea i carri, gli animali aggiogati ai carri e le strade. L non ci sono n gioie, n diletti, n felicit, dunque egli crea gioie, diletti e felicit. L non ci sono n laghetti, n stagni e neppure corsi dacqua, allora egli crea laghetti, stagni e fiumi. Questi, in verit, lagente (10).135

Anche questo passa mira precipuamente a ribadire che la natura del S pura conoscenza auto-luminosa. Il fatto che sia menzionato come agente, o fautore di unazione indica solo che le apparenze illusorie viste in un sogno sono esperienze temporanee dovute a residui karmici (SARASWATI, SATCHIDANANDENDRA, 1971: 103-104). Tuttavia, sorge un dubbio, come pu il S essere auto-luminoso nel sogno, perch ogni
spiega cos il termine rathayog: ratheu yujyante iti, mentre, ovviamente panthna sono rathamrg. 134 La discussione di questo passo proseguir anche in BSB III.2.1-2, nel prossimo capitolo. Il passo commentato anche da Sur (BUBV 904-928) e da Vidyraya in BVS 169-174. 135 Sur specifica a chi appartengono sogno e veglia e chi il loro osservatore, scartando ogni possibilit di impurit tanto metaforica quanto attributiva per tman: karmakddhianto ya kmvidysamanvita/ svpabodhv imau tasya na tu tatskio de//, Questi due, il sogno e la veglia sono di quello, lagente delle azioni, che risiede nellintelletto, provvisto di desideri e ignoranza, non del veggente, testimone di quei [due].
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comportamento e azione del sognatore presuppone un conoscitore e un ente conosciuto, proprio come accade durante la veglia; inoltre, sono presenti in sogno anche le varie fonti di luce, dal sole alla luna, o altre ancora ed esse, come in jgradavasth aiutano i sensi a rivelare un viaya per giungere a percepirlo. Di fronte a queste considerazioni come si pu affermare con tanta sicurezza e in modo cos definito che atrya purua svayajyotir bhavati.136 ribatte:
vailakayt svapnadaranasya, tmajyoti. jgarite iha tu hi svapne

indriyabuddhimanalokdivyprasakram tasmd vilakaam

indriybhvt tadanugrhakditydylokbhvc ca vivikta kevala bhavati

Poich la visione onirica differente. Difatti, nella condizione di veglia la luce del S commista con lattivit dei sensi, dellintelletto, della mente e della luce [comune] e altri [agenti]. Qui invece, nel sogno, per la mancanza dei sensi e per lassenza della luce del sole e altri [lustri] che beneficiano quelli [= i sensi], [la luce del S] distinta, isolata, per cui differente 137

Prima di continuare con la disamina di , vediamo di introdurre il bhya con il Vrtika di Sur che in tre stanze (906-908) cillumina sulla natura della condizione onirica, iniziando a chiarire come le esperienze vissute nel sogno non siano reali per il S (JOG HINO, 2001: 297-298):
kasthajyotiaivste svapnasthne kriyo dvaya/ cidbhay vsanay tatskitva prakalpate// 906 // tatprayoktktiybhvd buddhydijyotim iha/ na vyptir ata pratya jyoti svena vartate// 907 // jgradvastni svarvi bhvanmtrarpatm/ jgradkarmakaye ynti svapnakarmodbhave sati// 908 //

nanv atra katha purua svayajyotir yena jgarita iva grhyagrhakdilakaa sarvo vyavahro dyate, cakurdyanugrahak ca ditydy loks tathaiva dyante yath jgarite tatra katha vievadhraa kriyate atrya purua svayajyotir bhavatti? 137 La presentazione di di questo decimo passaggio introdotto anche da unaltra domanda, successiva alla ribattuta dellcrya: ma se anche in sogno, come accade in veglia, gli oggetti sono percepiti, come si fa a predicarne una differenza sulla base dallassenza delle facolt sensoriali: nanu tathaiva viay upalabhyanye svapne pi, yath jgarite. tatra katham indriybhvd vailakayam ucyata iti? risponde con BU IV.3.10.
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Linattivo, il non duale che nello stato di sogno risiede solo come luce inalterabile, si postula il [suo] essere testimone di quello [del sogno e della veglia] per via dellimpressione che riflesso di conoscenza (906).138 Qui non vi azione per le luci come lintelletto e altre, a causa della mancanza di unattivit che le stimoli; pertanto il S interiore se ne sta con la sua stessa luce (907). Con lesaurirsi dellattivit di veglia e il sorgere dellattivit onirica, tutti gli enti della veglia attingono la forma di sole impressioni (908).

Loppositore con cui ha a che fare si chiede una volta ancora, in un modo che potrebbe sembrare puerile, come sia possibile la creazione e la produzione di carri e quantaltro nello stato di sogno, quando il materiale da cui essi provengono, come il legname degli alberi, l non sia presente. A questo risponde:
ucyate nankta asya lokasya sarvvato mtrm apdya svaya vihasya svaya nirmya iti. antakaraavttir asya lokasya vsanmtr tm apdya, rathdivsanrpntakaraavttis tadupalabdhinimittena karma codyamn dyatvena vyavatihate. tad ucyate svaya nirmyeti. tad evha rathdn sjata iti.139 na tu tatra karaa v karanugrahaki v ditydijyoti, tadavabhsy v rathdayo viay vidyante. tadvsanmtra tu kevala tadupalabdhikarmanimittacoditodbhtntakaraavttyraya140 dyate.141 tad

Lessere testimone di tman una propriet non connaturata al S, assolutamente privo di ogni legame con enti, attributi, qualit o propriet, ma anchessa sovrapposta come il resto delluniverso. Leggiamo, su suggerimento di G cidbhay come cidbhs, ossia il riflesso della conoscenza che il S sullo schermo mentale: kasthdvayasyaiva caitanybhsavyptajgradvsannusrea svapne pratca skitva tath vasthntare pi klpanika svayajyotias tad aviruddham ity artha. 139 Sur spiega che il S crea le immagini oniriche con il materiale pervenutogli dalle impressioni latenti, al fine di dilettarsi (rirasay) e di assicurarsi anche nel sogno una fonte di godimento (svapnabhogaprasiddhaye), ma tutti i prodotti dellattivit onirica: gli strumenti, lazione, lagente sono tutti dovuti allillusione di cui il jva preda (pratyamohaikaniha, 909910), n vittima tanto in sogno, quanto in veglia dove pure ogni ente di questo mondo sovrapposto sul S a cagione dellignoranza (911). In verit, il S non affatto agente di alcuna azione, totalmente differente da tutto (atyanatam tmkart vilakaa), pur essendo connesso con ogni cosa (tatsahata) ma per natura isolato (svaya tv tmsahata), puro (uci), privo di attributi (nirgua, 912), per avidyay svam tmnam auddha manyate yad/ jgratsvapnasuuptni tadaitni prapadyate// 913 //, Quando poi, per lignoranza, [il S] si auto considera impuro, allora acquisisce queste condizioni di veglia, sogno e sonno profondo (913). 140 In questo caso il composto tadupalabdhikarmanimittacoditodbhtntakaraavttyrayam potrebbe essere interpretato sia come un bahuvrhi concordato con tadvsanmtram, sia come apposizione di questultimo. La differenza di valore dottrinale, poich con linterpretazione a composto possessivo le vtti diventano veicolo delle vsan, mentre con linterpretazione come
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yasya jyotio dyate luptada, tadtmajyotir atra kevalam asir iva kod viviktam. tath na tatrnanad sukhavie, mudo har putrdilbhanimitt, pramudas ta eva prakaropet, atha cnanddn sjate.142 tath na tatra vent palval, pukariyas tag, sravantyo nadyo bhavanti. atha ventdn sjate vsanmtrarpn, yasmt sa hi kart. tasya tadvsanrayacittavttyudbhavanimittakarmahetutvenety avocma

karttvam. na tu skd eva tatra kriy sabhavati, sdhanbhvt. na hi krakam antarea kriy sabhavati. na ca tatra hastapddni kriykraki sabhavanti. yatra tu tni vidyante jgarite, tatra tmajyotiravabhsitai kryakaraai rathdivsanrayntakaravttyudbhavanimitta karma nirvartyate. tenocyate sa hi karteti. tad uktam tmanaivya jyotiste palyate karma kurute iti. tatrpi na paramrthata svata karttva caitanyajyotio vabhsakatvavyatirekea. yad caitanytmajyotintakaraadvrevabhsayati kryakarani, tadavabhsitni karmasu vypriyante kryakarani, tatra karttvam upacaryata tmana. yad uktam dhyyatva lelyatva iti, tad evndyate sa hi kart143 itha hetvartham ...144 Si risponde: per stato detto: avendo preso una parte di questintero mondo e avendola messa egli stesso in disparte, egli stesso creando La modificazione dellorgano interno la parte dellimpressione di questo

apposizione sintendono le vsan veicolo delle vtti. G concede la chiave di lettura in senso possessivo, ove appunto la vtti che conduce la vsan a cogliere il proprio oggetto: tadupalabdhir vsanopalabdhis tatra yat karma nimitta tena codit yodbhtntakaraavttir grhakvasth tadraya tadtmaka tadvsanrpa dyata iti yojan Anche noi ci conformiamo a questa lettura. 141 La spiegazione segue pedissequamente il commento di nella prima sezione (914-915), aggiunge per qualcosa in seguito, anche di una certa portata, poich se lattivit in sogno illusoria non provoca davvero dei risultati; karmao gamanasyeha sdhanbhvahetun/ svapne mtvam haiva gamande ruti svayam// 916 // na karmaphalam apy atra svapne taddhetvasabhavt/ nnand api tatreti hy ata rutir abhata// 917 //, La ruti stessa afferma in tal modo la falsit del movimento o qualsiasi [azione] in sogno, e ivi per causa pone lassenza di mezzi per lazione del movimento (916). Qui, in sogno non c nemmeno il frutto dellazione, poich non vi alcuna causa per esso, pertanto la ruti afferm che l non ci sono neanche gioie (917). 142 Ancora Sur commenta in BUBV 917-918. 143 La Dpik aggiunge qualche nota e sulla costruzione della frase e sul senso metaforico di attivit attribuito al S: hi yasmt sa tm kart tasmt sjatti yojan. na hy atra karttva vstavam tmano bhipreta kintu pariamamnavsanskitmtram evety artha. 144 Le stanze 922-928 spiegano lottica del BUBV a proposito di sa hi kart. Per il discepolo di il S considerato agente poich la causa ultima di ogni attivit, anche se questi non agisce (922), ci accade unicamente per intercessione dellignoranza concernente la vera natura di tman, che ivi appare agente poich limitato dalle tenebre della nescienza (923). Nella vtti propria del sogno non esiste n una causa materiale (updna) n causa strumentale (sdhana), l, in verit il S non agisce ma osserva senza intervenire (924). Daltro canto, nella veglia ci sono tutti questi parametri e in quel caso lazione provocata dallinsorgere di attitudini mentali (vtti) che si supportano nelle impressioni latenti degli oggetti empirici ed prodotta da agenti quali sostanziali dellanima individuale, quali il riflesso di consapevolezza sullintelletto, lintelletto stesso, la mente (525-526).

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mondo, avendo preso quella, quella modificazione dellorgano interno che ha forma delle impressioni dei carri e quantaltro, stimolata dallattivit che causa della sua cognizione si situa come entit visibile, per questo si dice ci: egli stesso creando e infatti dice ci egli crea carri e quantaltro Certamente l non ci sono n facolt, n luci come il sole e altre che aiutano le facolt e nemmeno ci soni oggetti quali i carri e altri che sono conoscibili da quelli [= dalle facolt sensoriali]; l viene colta la sola impressione di quelli [= oggetti] il cui supporto la modificazione dellorgano interno sorta per causa dellattivit stimolata dalla loro [= degli oggetti] cognizione. Allora si percepisce la sola luce di colui la cui visione costante, quella la luce del S che ivi [= nel sogno] assolutamente distinta come una spada dal fodero. Allo stesso modo l le gioie sono piaceri particolari, i piaceri sono diletti, mentre le felicit sono quelli [= i diletti] al grado estremo e poi egli crea le gioie e altro. Allo stesso modo l non ci sono laghetti, cio piccoli specchi dacqua, stagni, cio bacini, corsi dacqua, cio fiumi, cos egli crea laghetti la cui natura di sole impressioni residue, pertanto egli il solo attore. Noi dicemmo che [la sua] propriet di essere agente dovuta allessere causa dellazione che, a sua volta, la causa del sorgere delle modificazioni mentali che sono il sostegno delle loro [= degli oggetti quali gioie ecc. e laghetti ecc.] impressioni. In verit, l non possibile unazione diretta, perch non ve n lo strumento; difatti, senza qualcuno che agisca, lazione non possibile, l non sono possibili nemmeno mani e piedi che sono gli esecutori delle azioni. Laddove invece questi ci sono, nella veglia, l lazione, la cui causa la nascita delle modificazioni dellorgano interno che sono il sostrato delle impressioni latenti dei carri e degli altri [oggetti], portata a compimento dai sensi e dal corpo illuminati dalla luce del S. Per questo si dice Quello , in verit, lagente. Ci stato detto anche [nel passo]: Mediante la luce del S invero egli siede, saggira qua e l, compie lattivit [BU IV.3.6]. Anche l, eccettuato lessere lilluminatore, la luce della conoscenza non ha davvero una natura intrinseca di agente. Il S, per mezzo dellorgano interno illumina il corpo e le facolt grazie alla luce che esso stesso, la conoscenza stessa, cos il corpo e i sensi, illuminati da essa, si dedicano alle loro attivit: in quel caso la natura di agente del S implicata in senso figurato (upacra),145 per questo si detto: come se pensasse, come se agisse

Il termine upacra indica un senso metaforico, secondario, non direttamente evinto dal contesto ma connesso a esso. Spesso si usa al posto di termini allo strumentale come lakaay,
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[BU IV.3.7] e qui, per dare una ragione viene ribadito ci: Questo , in verit, lagente.

Il testo dellU continua con alcuni passaggi di minore intensit per la nostra trattazione. Per esempio, a ragione di quanto stato precedentemente esposto, BU IV.3.11 una kaik secondo la quale nella condizione di sogno il S, essendosi identificato a quello stato, mantiene il suo corpo onirico e si aggira in esso per scoprire quante tra le facolt sensoriali sono assopite (ABEGG, 1959: 7):
tad ete lok bhavanti. svapnena rram abhiprahatysupta suptn abhickati/ ukram dya punar aiti sthna hiramaya purua ekahasa// 11 //146 A tal proposito ci sono alcuni versi: Egli insonne contempla gli [organi di senso] assopiti, avendo soggiogato il corpo [fisico] col sogno. Avendo preso il bagliore di nuovo torna al [suo] luogo, lEssere dorato, lunico cigno ...147

Di seguito (BU IV.3.13-14) (ALSTON, 2004 [1980]: 114):


svapnnta uccvacam yamno rpi deva kurute bahni. uteva strbhi saha modamno jakad utevpi bhayni payan// 13 // rmam asya payanti na ta payati kacaneti/ ta nyata bodhayed ity hu. durbhiajya hsmai bhavati yam ea na pratipadyate. atho khalv hur jgaritadea evsyaia iti yni hy eva jgrat payati tni supta iti atrya purua svayajortir bhavati// 14 // Andandosene su e gi nel sogno, la divinit produce molte forme: o come se stesse godendosela con donne, oppure come stesse ridendo o ancora come stesse osservando cose paurose (13).148 Vedono il suo luogo di piacere, ma nessuno vede lui. Dicono infatti che non lo si dovrebbe

gauivtty o bhakty. 146 Si vedano BUBV 929-938 e BVS 175-177. 147 Proponiamo la traduzione di P. Olivelle (1998: 113) di BU IV.3.12, che prosegue la kaik citata in BU IV.3.12 (ALSTON, 2004 [1980]: 108-109): Guarding by breath the lowest nest, the immortal roams outside the nest; the immortal goes wherever he wants the Golden person! The Single goose! Anche in BUBV (939-942) e BUBV (178) lo si discute. 148 Si confronti con BUBV 942-943 e BVS 179, si veda pure BSB II.3.40 nel capitolo 5 (pp. 500-504), insieme alle note 42 e 43 della stessa sezione.

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svegliare improvvisamente; davvero difficile a curarsi colui per il quale quell[essere] non fa ritorno. Mentre [altri] dicono che il suo [= dellessere in sogno] proprio il luogo della veglia, infatti le cose che egli vede vegliando, quelle stesse [le vede] addormentato. Dunque, allora questessere luce a s stesso (14).

Se il passaggio 13 non ha grande importanza, il 14 per riveste un certo valore. LU attesta che sebbene tutti i godimenti di cui si fa fruitore il purua durante il sogno siano visibili, il purua, per non visto da alcuno, sebbene esso sia isolato e assolutamente distinto dallaggregato psicofisico: per lo meno singolare che il S che permette di vedere non sia visto. legge lappello della ruti come volto a deprecare la sfortunata condizione di chi, avvolto dalla tenebra, non scorge il S, unico e autoluminoso. In seguito, riprende anche una credenza ben radicata (lokaprasiddhi) e tuttaltro che sciocca: ta nyata bodhayet, Non lo si desti allimprovviso. Sostenuta anche dai medici (cikitsaka), questa asserisce che non si dovrebbe destare un uomo dormiente con modi bruschi o improvvisamente (sahas, bham). Infatti, in quel momento il S individuale esce dal corpo prendendo la via delle porte sensoriali e vagando al di fuori di esso in forma pura, potrebbe anche non ritrovare pi la via corretta del ritorno attraverso i sensi e rimanere fuori dal corpo, causando una conseguente morte fisica. Per questo i medici sono costretti a dire che difficile da curare colui a cui accade ci (durbhiajya hsmai bhavati). scrive che questo problema potrebbe confluire nella cecit o sordit, in quanto i sensi, attraverso i quali il jva si allontanato e dei quali ha assunto il potere luminoso (ukra), potrebbero non trovare pi una corrispondenza una volta che egli richiamato bruscamente. Per questo il bhyakra afferma che in sogno il S deve essere considerato auto-luminoso anche per convinzione popolare.149 Si era gi detto che il S, divenuto il sogno stesso, trascende, supera e abbandona le caratteristiche proprie della morte, per questo che la condizione onirica lo fa figurare, pi daltre, nella sua natura di luminosit intrinseca:
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tasmt prasiddhypi svapne svayajyotivam asya gamyate

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atho api khalv anya hu jgaritadea evsyaia ya svapna na sadhya sthnntaram ihalokaparalokbhy vyatiriktam. ki tarhi? ihaloka eva jgaritadea. yady eva, kicta? v ato yad bhavati yad jgaritadea evya svapna, tadyam tm kryakaraebhyo na vyvttas tair mirbhta, ato na svayajyotir tm ity ata svayajyotivabdhanya anye hu jgaritadea evsyaia iti. tatra ca hetum cakate jgaritadeatve yni hi yasmd hastydni padrthajtni jgraj jgaritadee, payati laukika, tny eva supto pi payatti. tad asat, indriyoparamt, uparateu hndriyeu svapnn payati. tasmn nnyasya jyotias tatra sabhavo sti. tad uktam na tatra rath na rathayog itydi. tasmd atrya purua svayajyotir bhavaty eva. svayajyotir tm astti svapnanidaranena pradaritam, atikrmati mtyo rpti ca. kramea sacarann ihalokaparalokdn ihalokaparalokdivyatirikta, tath jgratsvapnakulybhy vyatirikta, tatra ca kramasacrn nitya ca ity etat pratipdita yjavalkyena 150 . per questo che certamente alcuni dicono: Quello che questo sogno la sua condizione di veglia. La congiunzione non un altro luogo, differente da questo o dallaltro mondo. [Dubbio:] Che cos allora? [Risposta:] Questo mondo qui invero la condizione di veglia. [Obbiezione:] Se cos fosse, cosa sarebbe da ci? [Risposta:] Ascolta cosa accade da ci. Qualora questo sogno fosse la condizione di veglia, allora il S non sarebbe distinto dal corpo e dai sensi, ma sarebbe commisto a loro, per cui il S non sarebbe auto-luminoso. Per tal motivo, al fine di ostacolare lautoluminosit, alcuni sostengono che quello che questo [sogno] la sua condizione di veglia. Inoltre, l propongono una ragione a favore dellessere condizione di veglia: infatti, luomo comune nella condizione di veglia stando sveglio vede enti come elefanti e altri, vede gli stessi anche quando addormentato. Ci per falso, giacch i sensi si ritirano: una volta che i sensi si sono ritratti egli sogna, pertanto ivi non possibile unaltra luce. stato detto ci: L non ci sono n carri, n animali aggiogati ai carri e altro [ancora], per tal motivo qui questessere invero luce a s

Nellultima parte del commento, la discussione si sposta sullofferta di mille vacche fatta a Yjavalkya dal re Janaka. Ma il sovrano desidera chiedere oltre al fine di conseguire la liberazione finale, promettendo la massima attenzione e dedizione allinsegnamento. Si controllino i passaggi corrispondenti a questo commento di anche in BUBV (944-968) e BVS (183-188). La Dpik, come molto spesso succede di grande interesse ma rappresenta per lo pi un riassunto delle posizioni di , in cui si usano spesso le stesse parole nello stesso ordine. Di essa abbiamo proposto solo passaggi ove vi siano interpretazioni originali e chiarimenti sostanziali.
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stesso. Che il S sia auto-luminoso stato dimostrato con lesempio del sogno e anche che trascende le forme della morte: successivamente muovendosi verso questo mondo e laltro mondo e ancora [oltre], distinto da questo mondo e dallaltro mondo e oltre. Allo stesso modo, distinto dalle dimore di veglia e di sogno e in quegli [stati], per via del suo moto successivo anche eterno: tutto ci stato espresso da Yjavalkya

Ancora la BU (IV.3.15 [BUBV 969-1063])151 riferisce del piacere di cui il S gode nello stato di sogno, prima di superare la barriera onirica e penetrare nel sonno profondo. Il S vaga ovunque godendo di una gioiosa serenit (saprasda), restando, tuttavia, distaccato da ogni cosa esperita:
sa v ea etasmin saprasde152 ratv caritv dvaiva puya ca ppa ca puna pratinyya pratiyony dravati svapnyaiva. sa yat tatra kicit payaty ananvgatas tena bhavati. asago hy aya purua iti. evam evaitad yjavalkya. so ha bhagavate sahasra dadmi. ata rdhva vimokyaiva brhti// 15 // Allora proprio questi avendo goduto, essendosi mosso in questa serenit e dopo aver visto il merito e la colpa, nuovamente si affretta in ordine inverso per la stessa apertura proprio verso il sogno. Egli qualsiasi cosa l [nella serenit del sonno profondo] vede, non ne seguito: davvero privo di attaccamento questEssere. Ci certamente cos, o Yjavalkya. Quello che sono io, dono [a te] glorioso mille [vacche]. Dimmi di pi, invero per la liberazione (15).

Il prvapakin, pur essendosi messo il cuore in pace rispetto a varie questioni chiarite da , rimane ancora dubbioso rispetto a un passaggio, cio quello secondo il quale dopo che il S divenuto il sogno trascende e abbandona le forme della morte (svapno bhtvima lokam atikrmati mtyo
Il BVS discute congiuntamente BU IV.3.15-17 partendo dalla strofa 190 per terminare con la stanza 223. 152 fornisce la derivazione del termine saprasda: samyak prasdaty asminn iti saprasda. jgarite dehendriyavypraatasanniptaja hitv kluya tebhyo viprayukta at prasdati svapne, iha tu suupte samyak prasdati ity ata suupta saprasda ucyate, In questo [il purua] ben felice per questo gioiosa serenit. Avendo abbandonato le impurit sorte dalla caduta in centinaia di attivit del corpo e dei sensi, in sogno, privo di questi [il purua] solo un po felice, invece qui nel sonno profondo ben felice, per questo motivo il sonno profondo si dice gioiosa serenit Spesso usa lesempio del sonno profondo per dare lidea della condizione del liberato, per questa illustrazione non diventa mai identit, infatti transeunte e condizionata la pace dellassopito, eterna e incondizionata quella del liberato.
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rpi BU IV.3.9). Per egli si chiede: ma il testo specifica le forme della morte (mtyo rpi), ma non la morte stessa (mtyu). sotto gli occhi di tutti che luomo anche in sogno, dove distinto dal corpo e dai sensi, comunque ci preda della felicit (moda) e della paura (trsa); allora non trascende la morte:
karmao hi mtyo krya modatrsdi dyate. yadi ca mtyun baddha evya svabhvata, tato vimoko nopapadyate. na hi svabhvt kacid vimucyate. atha svabhvo na bhavati mtyu, tatas tasmn moka upapatsyate. yathsau mtyur tmyo dharmo na bhavati, tath pradaranya ata rdhva vimokya brhty eva janakena paryanuyukto yjavalkyas taddidarayiay pravavte 153 Infatti, la felicit, la paura e altri sono visti come leffetto dellazione, cio della morte. Se poi il [jva] fosse per natura legato alla morte, allora non potrebbe avvenire la liberazione da quella. Infatti, nessuno si libera dalla propria natura. Allora la morte non la [sua] natura intrinseca, pertanto sar possibile la liberazione da essa: al modo in cui la morte non una caratteristica propria, cos, Yjavalkya istigato da Janaka a mostrare ci: Insegnami di pi, invero, per la liberazione, con il desiderio di mostrare ci procede

Ma in che modo il S passa dal sogno alla pace del sonno profondo? Il purua, stando nel sogno passa attraverso una miriade di atti e circostanze, incontri con amici e nemici, piacere sessuale o altro ancora (ratv ratim anubhya). tiene a sottolineare che il tipo dazione che questi compie in sogno non realmente compiuta, ma esclusivamente vista, un tipo di visione: daiva na ktvety artha Loggetto di questa visione sono ancora i frutti delle azioni, tanto i risultati dei meriti (puyaphala), quanto quelli delle colpe (ppaphala). Lo stesso commentatore ha gi detto che non si possono vedere direttamente (skddarana) puya e ppa, pertanto il sognatore non ha una relazione diretta con essi. Solo colui che compie meriti o colpe pu esservi legato, per con la sola osservazione nessun
Le kaik che seguono sono per lo pi centrate sul sonno profondo, nonostante ci le proporremo, anche se con unanalisi limitata, per evidenzieremo i passaggi in cui si parla ancora del sogno. Soprattutto, anche per lo sviluppo successivo delle concezioni Advaita relative allavasthtraya, fondamentali sono le considerazioni del Vrtika di Sur.
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legame pu essere prodotto: tasmn na puyappbhym anubaddha. yo hi karoti puyappe sa tbhym anubadhyate. na hi daranamtrea tadanubaddha syt. Tutta questattivit ha comunque come risultato la sua stanchezza (ramam upalabhya), cosicch, per sfuggire anche alla convulsione onirica, egli desidera penetrare (praviviku) nel sonno profondo. Detto questo torna al dubbio sorto inizialmente:
tasmt svapno bhtv mtyum atikrmaty eva, na mtyurpy eva kevalam. ato na mtyor tmasvabhvatvak. mtyu cet svabhvo sya, svapne pi kuryt. na tu karoti. svabhva cet kriy syt, anirmokataiva syt. na tu svabhva, svapne bhvt. ato vimoko syopapadyate mtyo puyappbhym 154 Perci essendo divenuto il sogno trascende invero la morte, non solo le forme della morte, per cui non ha ragione di esserci il dubbio concernente la morte come natura intrinseca del S. Se la morte fosse la sua natura, compirebbe [meriti e colpe] anche in sogno, per non lo fa. Se lazione fosse [la sua] natura, allora si produrrebbe limpossibilit di liberarsene, ma non [la sua] natura, poich [lazione] non c in sogno, dunque la sua liberazione dalla morte e dal dal merito e demerito invero possibile

chiarisce come il jva esce e poi rientra nel sogno, nonch come non rimanga intaccato da alcun frutto delle azioni, poich egli non agisce davvero, in quanto assolutamente distaccato e senza connessione alcuna:
tatra caritv iti caraaphala ramam upalabhyety artha. tata saprasdnubhavottarakla puna pratinyya yathnyya yathgatam, nicita yo nyya, ayanam yo nirgamanam, puna prvagamanavaipartyena yadgamana sa pratinyya yathgata punar gacchatty artha.155

Il prvapakin ribatte che per lazione costituisce la natura del purua nello stato di veglia. risponde ancora che l lattivit prodotta dalla lunga serie di updhi, per nel sogno egli di regola (ekntena) supera le forme della morte che sono appunto legate allazione, per cui non possibile considerare lazione come sua natura e nemmeno dubitare che egli possa liberarsi. 155 Sur spiega il passo nelle strofe 989-991: nulomya suuptptir evam uktena vartman/ tadvyutthna prtilomya svapndisthnasacara// 989 // prtilomyrtha evta pratiabdo yam iyate/ vipartgati svapne pratisthna tathaity aja// 990 // yathrthe pratiabdo ya nicayrthe nir ity ayam/ ayana gamana va syd yo dhtor io ghai// 991 //, Cos, attraverso il percorso descritto, il raggiungimento del sonno profondo si ha per ordine consecutivo, mentre per ordine inverso c il distacco da quello e il movimento nelle condizioni di sogno e le altre (989). Pertanto, questa parola [= preposizione] prati conviene il significato di ordine inverso, cosicch
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pratiyoni yathsthnam. svapnasthnd dhi suupta pratipanna san yathsthnam eva punar gacchati, pratiyoni dravati, svapnyaiva svapnsthnyaiva.156 nanu svapne na karoti puyappe tayo phalam eva payatti katham avagamyate? yath jgarite tath karoty eva svapne pi, tulyatvd daranasya ity ata ha sa tm, yat kicit tatra svapne payati puyappaphalam, ananvgato nanubaddhas tena dena bhavati, naivbudhaddho bhavati. yadi hi svapne ktam eva tena syt, tennubadhyeta. svapnd utthito pi samanvgata syt. na ca talloke svapnaktakarma anvgatatvaprasiddhi, na hi svapnaktengas gas kriam tmna manyate kacit. na ca svapnada ga rutv lokas ta garhati pariharati v.157 ato nanvgata eva tena bhavati. tasmt svapne kuryann ivopalabhyate, na tu kriysti paramrthata. uteva strbhi saha modamna iti loka ukta. khytra ca

nel sogno [ritorna con] un movimento contrario: cos il non nato ritorna in ogni stato (990). Questa parola prati [usata] nel senso di come (yath), questa [preposizione = upasarga] nir [al nominativo ni + iti = nir iti] ha il significato di certezza, ayana [significa] andamento e ya, [viene] dalla radice i insieme al [suffisso = pratyaya] gha (991). Naturalmente il termine pratinyya ha tre componenti principali: prati, ni e ya. Il termine ya spiegato alla maniera piniana: proviene dalla radice i gatau, cio dalla radice i, che significa andare, muoversi, di cui la stata elisa applicando laforisma: hal antyam (A I.3.3). Alla radice si attacca il suffisso primario (ktpratyaya) gha (A III.3.18: bhve, [Il suffisso gha si usa] nel significato proprio [della radice]), che dopo le dovute elisioni (anubandhalopa) rimane solo a (si elide gh con A I.3.8: laakvataddhite e con il gi citato I.3.3). Poi mediante il stra aco iti (A, VII.2.115) saccresce al grado vddhi la i radicale. Abbiamo allora ai + a. Ora si applica il cosiddetto aydividhyakastra (A VI.1.78: eco yavyva) grazie al quale arriviamo ad ya. Si veda G: io dhtor gatyartht parato bhve rthe ghai vihite ghakraakrayor itsajy lope saty akre cvaie prvavddhvyaabdanipattir ity artha. 156 Il termine pratiyoni invece chiarito tra 992 e 997. La parola yoni, nella recensione Mdhyandina della BU, sembra significare la dimora di ogni senso e altre facolt nella condizione di veglia. Nella Kva invece il testo appare come: pratiyony dravati svapnya (cfr. G): mtrdnasya y yasya yonir st purtmana/ tm evya punar yoni svapna tm prapadyate// 993 // yathdna kta prva mtr svapnasarjane/ svapna dya t mtr svpn yoni prapadyate// 994 // pratinyyagir csya yathvartmbhidhyate/ pratiyonir aveaiva yathsthnam ihocyate// 995 // yasmd yasmd updya mtr svapna cakra sa/ tatra tatraiva t dhatte mtr svtmubhi saha// 996 // yenaiva vartman yta punas tenaiva vartman yti mtr samdya karmavyusamrita// 997 //, Qualsiasi sia la dimora di prima di quel S che prende con s le impressioni (mtr), questo S in sogno ritorna ivero proprio a quella (993). Come stata fatta in precedenza [= nella veglia] la presa delle impressioni, [cos] avviene al momento della creazione del sogno, avendo preso quelle impressioni in sogno attinge la dimora onirica (994). Con la parola pratinyya sintende il percorso in accordo alla maniera [ordinata] (yathvartma), mentre con la parola (rava) pratiyoni ivi predicato laccordo con la condizione (995). Quello [il S] dopo aver preso le impressioni da qualsiasi cosa crea il sogno e pone quelle impressioni qui e l, insieme ai propri raggi (996). Da qualsiasi percorso se ne sia andato, di nuovo, dopo aver preso le impressioni, ritorna proprio attraverso quel percorso, mosso [come dallimpeto] del vento dellazione (997). 157 Il BUBV (1010-1013) riporta altre ragioni addotte dal vrtikakra per riaffermare la falsit dellattivit onirica: tpta svapne tha sabuddha kutparta prabudhyate// 1010 // yasmd antam eveda yat kicid iha vkate/ pratya akrakas tasml lipyate na kriyphalai// 1011 //, Chi in sogno si creduto sazio, poi si sveglia turbato dalla fame (1010), poich tutto ci ivi si vede in verit falso, allora il S interiore non agente e non toccato dai risultati delle azioni (1011). Sur (1012) aggiunge anche una nota di costume, riprendendo Vyu Pura I.18.14 e Liga Pura I.90.17: svapnaskannaimitta tu pryacitta yad ucyate/ satyedriyavikratvt tac cpi na nirrayam//, Mentre, quellespiazione che si prescrive a causa di una polluzione in sogno, tale non senza base, poich vi un effettivo difetto nei sensi.

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svapnasya saha ivaabdencakate hastino dya ghakt dhvantva may d iti. ato na tasya karttvam iti. katha punar asykarttvam iti? kryakaraair mrtai saleo mrtasya sa tu kriyhetur da. na hy amrta kacit kriyvn dyate. amrta ctm, ato saga. yasmc csago ya purua, tasmd ananvgatas tena svapnadena.158 ata eva na kriykarttvam asya kathacid upapadyate. kryakaraasaleea hi karttva syt. sa ca salea sago sya nsti, yato sago hy aya purua, tasmt amta L [= nella condizione di sogno] muovendosi, avendo sperimentato il risultato del movimento, cio la stanchezza: questo il senso. In seguito, in un momento successivo allesperienza di gioiosa serenit di nuovo pratinyya, vale a dire yathnyya,159 cio comera venuto quando nyya significa una sicura venuta cos la via, il percorso, luscita e, di nuovo, quel movimento che si ha in modo contrario al movimento precedente il movimento inverso: cos come se n andato ritorna, questo il senso. [Invece], pratiyoni [significa] il luogo preposto. Infatti, avendo attinto il sonno profondo dallo stato di sogno ritorna nuovamente al suo luogo di prima, il che vale a dire si affretta a ritornare al luogo preposto, cio proprio al sogno, alla condizione di sogno. [Obbiezione:] Per se nel sogno non compie n meriti n colpe, allora come si evince che egli vede solo i loro risultato? Come agisce durante la veglia, cos fa anche nel sogno, per via della somiglianza della visione [nelle due condizioni]. [Risposta:] Per questo [il testo di BU IV.3.15] dice egli, il S, qualsiasi risultato di meriti e colpe veda l nel sogno, questi rimane ananvgata, [vale a dire] non legato da quanto ha visto. Difatti, se in sogno facesse davvero qualcosa, allora egli vi si legherebbe e destatosi dal sogno ne rimarrebbe legato; per nel mondo ci non accade: non cosa nota lessere legati a unazione fatta in

Sur (1006-1009) afferma che la scrittura comincia a predicare lassenza di relazioni per il S, proprio dal sogno, dove la cosa pi evidente. Il verso 1009 riassume la posizione in generale: na karoti yata svapne kriym iva samkate/ prakriyphalasayogo nto bodhe sya vkate//, Poich [il S] in sogno non agisce, come se guardasse lazione, dunque al risveglio si carpisce che per questi non vi contatto con i risultati di quei processi. Si veda anche 1026-1029 per altri significati di asaga, mentre 1047-1048 ripercorrono la ribattuta (pratiprana) dellobbiettore e 1050 la risposta di Sur. 159 Ricordiamo solo che yathnyya e yathsthna sono composti avyavbhava e le loro rispettive analisi (vigraha) sarebbero: nyyam anatikramya, non avendo ignorato la via sicura e sthnam anatikramya, non avendo ignorato il luogo, il che indica che una situazione riprende la stessa sua organizzazione precedente dopo che in essa si era stabilita una trasformazione passeggera.
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sogno.160 Neppure qualcuno considera s stesso come commettitore di una colpa per una colpa commessa in sogno161 e nemmeno la gente, udita la colpa di un sognatore, lo condanna o lo allontana; quindi non legato a ci. Per questo motivo [il purua] si precepisce come se stesse agendo, ma per la verit non vi affatto attivit. Poi stato scritto questo verso: oppure come se stesse godendo con delle donne [IV.3.13]. Anche coloro che raccontano del sogno [vi] si riferiscono con il termine iva [= come fosse]: Oggi ho visto degli elefanti uniti in branco come se stessero correndo! Per questo non non possibile il suo [= del S] essere agente. [Obbiezione:] In che modo dunque la sua inattivit? [Risposta:] Per un ente dotato di forma (mrta) esiste il contatto con corpi e sensi anchessi dotati di forma, stato osservato che tale la causa dellazione, per non si vede alcun ente senza forma che sia agente: il S non ha forma, per cui privo di legami.162 Dal momento che questo purua privo di legami, allora non connesso con quanto stato visto in sogno; allora non plausibile attribuirgli lessere agente di una qualsiasi azione, infatti la capacit di agire deriva dal contatto col corpo e le facolt. Per questi non ha contatto, [non ha] legame, perch questo purua senza legami, ergo immortale

Ancora in due contesti differenti il Vrtika di Sur merita di essere citato e tradotto. In primo luogo abbiamo le strofe 1021-1025 nelle quali dapprima si puntualizza che durante la svapnvasth la mente stessa e le sue impressioni residue che si modificano tanto da assumere laspetto degli oggetti onirici, pertanto non si ha un desiderio effettivo di essi, anzi anche quel desiderio una specie di allucinazione, una menzogna:
Il BUBV (1003-1005) cerca di formulare uninferenza la cui tesi di partenza (pratij) sia lassenza di qualsiasi legame per il S, e il probans sia il suo non rimanere coinvolto n nelle azioni, che non compie, n nei loro frutti, che guarda soltanto (ananvgatatva). 161 Vediamo che invece, in accordo alla loro teoria dellerrore chiamata sadkhyti, i seguaci del Viidvaita di Rmnuja (XII sec.), come anche di altri Vednta di estrazione vaiava, considerano che, anche se il sogno in verit illusorio, tanto in esso quanto nellerrore percettivo lente apparente che si crea dovuto alla quintuplicazione degli elementi sottili (packaraa), come avviene per gli oggetti reali della veglia. Ci comporta che ogni azione che abbia relazione con quelli nasconda un fondo di verit, per cui anche ci che si compie in sogno, sia esso empio o pio, porta con s dei risultati. I Viidvaitin pi intransigenti fanno addirittura un pryacitta al risveglio, qualora dovessero aver compiuto una colpa in sogno. 162 I termini mrta e amrta sono usati anche nel Nyya. Si dice mrta una sostanza (dravya) dalle dimensioni limitate, oppure che sia seggio di azioni. Una sostanza amrta invece non delimitata da una dimensione, o meglio ha la pi grande delle dimensioni (paramamahatparimavat), il che equivale a dire che onnipresente (sarvamrtasayogin) per cui inattiva. Tra le amrtadravya ci sono letere (ka), il tempo (kla), lo spazio (dik) e il S (tman); mentre le mrtadravya sono la terra (pthiv), lacqua (p), il fuoco (tejas), il vento (vyu) e la mente (manas) che nel Nyya ha una dimensione au.
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dehrayd te km santi nnyatra kutracit/ svapnaprapaca sarvo pi vsanmtram eva tu// 1021 // vycako yata svapna jnamtra prabhate// 1022 // //163 rathder asato yadvad svapne nirmam kyate/ arrendriyakmder asatas tadvad eva tu// 1024 // rathendriydivat tasmt kmo py atra samkyatm/ svapne to ya nirsaga pumn abhyupagamyatm// 1025 // Senza il sostegno del corpo i desideri non esistono, nemmeno in qualsiasi altro luogo; lintero sviluppo del mondo onirico invero [fatto] solo di impressioni residue (1021). Perch spiegando il sogno [Yjavalkya] afferma che [esso] solo una cognizione (1022) ... Cos come qualcuno vede in sogno la creazione di carri e altri [oggetti] inesistenti, allo stesso modo [vede la creazione] corpi, facolt e desideri non esistenti (1024).164 Che pure si esamini che anche il desiderio qui [= nella condizione di sogno] come i carri, i sensi e altri [enti], pertanto che pure si ammetta che questessere in sogno allora privo di legami (1025).

Il secondo ambito (MISHRA, U., 1929: 301) degno di essere trattato per esteso quello in cui Sur introduce unidea finora apparentemente mai percorsa,165 cio la tripartizione interna di ognuna delle tre condizioni (BUBV 1054-1062; SHARMA, A., 2004: 74-76). La considerazione ha inizio dal

jne putryuta jta jne pitaram gatam/tath caivagir yuktn svapnn vycakate jan// 1023 //, Io so di diecimila figli che sono nati, io so del padre che giunto, cos le persone parlano con simili parole a proposito di sogni plausibili (1023). 164 A questo punto G cita probabilmente Bhartprapaca (JOG HINO, 2001: 339). 165 Abbiamo reperito la medesima suddivisione in un altro testo, che la tradizione attribusce a , ma che, per la critica, di dubbia paternit. Si tratta del Sarvavedntasiddhntasrasagraha, ai versi 952-954 (PELLEGRINI, 2009: 86, n. 26): mljnavinena krabhsaceitai/ bandho na me tisvalpo pi svapnajagrad itryate//952// krajnand yaddraudaranadyat/ na kryam asti tajjna svapnasvapna samryate//953// atiskmavimarena svadhvttir acacal/ vilyate yad bodhe svapnasuptir itryate//954//, Con la distruzione dellignoranza radicale e con le attivit dellapparente immagine della causa, mio non rimane il bench minimo legame, ci viene definito come veglia nel sogno (952). Con leliminazione dellignoranza causale, ci che il veggente, la visione e lo scenario, allora non rimangono effetti. Tale conoscenza chiamata sogno nel sogno (953). Mediante una riflessione oltremodo sottile, quando la modificazione dellintelletto diventa immota e simmerge nella conoscenza allora si dice che vi il sonno profondo nel sogno (954). Tuttavia i prodromi di questa dottrina si trovano nel commentario di ad MU 2, nella quale egli descrive lesperienza di tutti e tre i pada, allinterno di Viva (FORT, 1990: 39; SHARMA, A. 2004: 44).
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tentativo di eliminare qualsiasi dubbio residuo rispetto a saprasde ratv :166


tridh tridh v kpte syd ekaikasyety adoat/ jgratsvapnasuuptn jgratsvapnasuuptata// 1054 // krykrydi yat skt pramt prasamkate/ jgraj jgarita tdk tatsvapno yan mekaam// 1055 // kmdiviaysakter na kicid vivinakti yat/ jgratsuupta tdk syn nirvivekasvabhvata// 1056 // supto pi karma kurute nara svapne prabodhavat/ svapnajgrat tathrpa svapna svapntmako tra ya// 1057 // dvpi yat samkhytu prabuddho naiva aknuyt/ tdk svapnasuupta syt suupta ca tridhocyate// 1058 // suuptajgran mha syc chnto sau svapna ucyate/ aiktmyatattvsabodha suupta prja ucyate// 1059 //167

Nel SB (SB ad Daalok VIII, STR, T. [ED.], 1989 [1927]: 437-439) MS affronta una discussione del tutto similare, per con chiari riferimenti al tipo di esperienza di cui si protagonisti in ognuna delle nove variet. La discussione parte dallobbiezione di qualcuno che dice che si pu avere anche un sonno profondo tormentato. Il siddhntin risponde che in sonno profondo ci non possibile, perch in suupti vi il contatto diretto con il S, per in senso secondario si pu dire che si dormito male oppure si risponde con la tripartizione delle tre avasth: avasthtrayasypi traividhygkrt suuptv api dukham upapadyate. tath hi prjna jgrajjgrat, uktirajatdivibhramo jgratsvapna, ramdin stabdhbhvo jgratsuupti. eva svapne mantrdiprpti svapnajgrat, svapne pi svapno may da iti buddhi svapnasvapna, jgradday kathayitu na akyate, svapnvasthy ca yatkicid anubhyate, tatsvapnasuupti. eva suuptyavasthym api sttvik y sukhkr vtti, s suuptijgrat, tadanantara sukham aham asvpsam iti parmara. tatraiva y rjas vtti, s suuptisvapna, tadanantaram eva dukham aham asvpsam iti parmaropapatti. tatraiva y tmas vtti, s suuptisuupti, tadanantara gha mo ham asvpsam iti parmara , Accettando la tripartizione anche delle tre condizioni risulta possibile anche il dolore durante il sonno profondo. Infatti, cos: la veglia nella veglia la conoscenza valida, la percezione erronea dellargento sulla madreperla, e altre simili, il sogno in veglia mentre il rimanere immobile o altro per via dello sforzo il sonno profondo nella veglia. Allo stesso modo in sogno, invece, lottenimento di mantra o altri [benefici] la veglia in sogno, la cognizione io ho visto un sogno anche nel sogno il sogno nel sogno, poi ci che non si pu raccontare nella condizione di veglia anche se nella condizione di sogno una certa cosa esperita, quello il sonno profondo nel sogno. Cos anche nella condizione di sonno profondo vi una vtti dominata dal sattva che in forma di piacere, questa la veglia nel sonno profondo e di seguito si ha questo ricordo: Io dormii felicemente!; Nella stessa condizione quella che la vtti dominata dal rajas che in forma di dolore il sogno nel sonno profondo e a seguito possibile il ricordo Io dormii malamente!; sempre l, quella che la vtti dominata dal tamas il sonno profondo nel sonno profondo e in seguito si ha il ricordo Io, completamente inconsapevole, dormii profondamente! Si veda anche la discussione di Arvind Sharma (2004: 73-76). 167 Le ultime tre stanze sono di minore importanza per noi: trividhatvt suuptasya sarva ratvdi yujyate/ dnta saprasdo v svapnajgrad avasthayo// 1060 // yath ratvdy asabhavya saprasde tathaiva ca/ itaratrpi vijeya tatra vastv asamkat// 1061 // yata evam ata karmakmadoavivarjita/ puruo ya svata siddho yathoktenaiva vartman// 1062 //, Per la natura triplice del sonno profondo risulta plausibile ogni cosa relativa a ratv ecc.; oppure la gioiosa serenit lesempio [atto a distinguere ci] dalle condizioni di sogno e veglia (1060). Come [un effettivo] ratv non possibile nella gioiosa serenit, cos si deve concepire anche
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Oppure, non ci siano difetti per via dellassunto di dividere ognuno di questi [stati] in tre, [considerando] la veglia, il sogno e il sonno profondo come la veglia, il sogno e il sonno profondo (1054). La condizione di veglia nella veglia tale: egli vede mediante un diretto mezzo di conoscenza ci ch da fare e ci che non da fare; il sogno in quella [= nella veglia] la visione della falsit di ci (1055); il sonno profondo nella veglia tale per cui per il distacco dagli oggetti come il desiderio e altri egli non discerne nulla, perch di essere privo di discriminazione (1056). Quando un uomo pur addormentato in sogno compie lazione come durante la veglia, [quella condizione] la veglia nel sogno. Mentre ivi [= in sogno] il sogno ci che sostanziato di sogno [= connesso agli enti onirici] (1057). Siffatto il sonno profondo nel sogno: pur vedendo un sogno, quando non lo si possa esprimere nemmeno una volta desti, quello , [per cui] anche il sonno profondo triplice (1058). Il vegliante nel sonno profondo ottuso, quello che sognante [nel sonno profondo] si dice pacifico, mentre Prja profondamente addormentato lassenza di conoscenza della realt di unit (1059).

Ricapitolando la veglia nel sogno (svapnajgrat) un tipo di visione onirica nella quale luomo, sebbene sia addormentato, agisce e conosce come fosse sveglio. Alcune autorit contemporanee affermano che questa la condizione in cui si possono ricevere sogni profetici o addirittura insegnamenti da parte di maestri. Il sogno nel sogno (svapnasthasvapna) una forma di visione onirica in cui il sognatore ha esperienza di visioni sconclusionate e bizzarre. Il sonno profondo nel sogno (svapnasuupti) semplicemente la situazione in cui dopo aver esperito una visione onirica il sognatore, destatosi, non in grado di parlarne o non se ne ricorda chiaramente (MISHRA, U., 1929: 303-304; MAHADEVAN, 1960: 109-111).168 Il passaggio successivo (BU IV.3.16) ribadisce che il medesimo S si trova pure nel sonno profondo, che per il suo estremo grado di serenit e
altrove, l perich non si scorge la realt (1061). Poich cos, allora grazie al percorso gi stabilito questessere, privo di attivit, desideri e difetti di per s perfetto (1061). 168 Nella stessa pagina citata qui sopra, Umesh Mishra riporta lopinione del Muktphala (forse di Vopadeva) nel quale si trova la stessa suddivisione di Sur, ma con alcune differenze, per esempio in svapnajgrat si pu avverare lopzione da noi presentata come ottenimento di insegnamenti o yantra. Egli aggiunge anche una quarta suddivisione, svapnaturya, in cui in sogno, per il fruttificare di meriti precedenti del sognatore o per un insegnamento del maestro anchesso onirico, si realizza il senso del passaggio scritturale: Io solo sono ogni cosa.

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gioia denominato saprasda. In questa condizione anche la conoscenza onirica viene meno, poich ivi nessun desiderio permane, per cui non c possibilit di alcun genere di conoscenza onirica:
sa v ea etasmin svapne ratv caritv dvaiva puya ca ppa ca puna pratinyya pratiyony dravati buddhntyaiva. sa tatra kicit payaty ananvgatas tena bhavati. asago hy aya purua iti. evam evaitad yjavalkya. so ha bhagavate sahasra dadmi. ata rdhva vimokyaiva brhti// 16 // Allora proprio questi avendo goduto, essendosi mosso in questo sogno e dopo aver visto il merito e la colpa, nuovamente si affretta in ordine inverso per la stessa apertura proprio verso la condizione di risveglio. Egli qualsiasi cosa vede l [nella serenit del sonno profondo], non ne seguito: davvero privo di attaccamento questEssere. Ci certamente cos, o Yjavalkya. Quello che sono io, dono [a te] glorioso mille [vacche]. Dimmi di pi, invero per la liberazione (16).

Ritornato nella veglia, per il purua ha bisogno di tornare al suo luogo fisso, per cui torna nella dimora centrale, il seggio migliore per osservare entrambe le altre condizioni (BU IV.3.17):169
sa v ea etasmin buddhnte ratv caritv dvaiva puya ca ppa ca puna pratinyya pratiyony dravati svapnntyaiva// 17 // Allora proprio questi avendo goduto, essendosi mosso in questa veglia e dopo aver visto il merito e la colpa, nuovamente si affretta in ordine inverso per la stessa apertura proprio verso la condizione di sogno. (17)

In entrambi i passi citati qui sopra si sostiene che il purua osserva soltanto gli effetti delle azioni empie e di quelle pie. Tuttavia, questo apparentemente in contraddizione con lesperienza comune in accordo alla quale non solo le persone esperiscono direttamente i risultati delle azioni, ma addirittura le compiono (SARASWATI, SATCHIDANANDENDRA, 1971: 105-106):
Il sub-commento di Sur ad BU IV.3.16-17 e B occupa le stanze 1063-1080, dove 1063-1070 si occupano di BU IV.3.16 e 1070-1079 di BU IV.3.17.
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nanu dvaiveti katham avadhryate? karoti ca tatra puyappe. tatphala ca payati. na, krakvabhsakatvena karttvopapatte. tmanaivya jyotiste itydin tmajyotivabhsita kryakarasaghto vyavaharati. tensya karttvam upacaryate, na svata karttvam. tath coktam dhyyatva lelyatva iti buddhyupdhiktam eva na svata. iha tu paramrthpekayopdhinirapeka ucyate dvaiva puya ca ppa ca na ktveti. tena na prvparavyghtak. yasmn nirupdhika paramrthato na karoti, na lipyate kriyphalena. tath ca bhagavatoktam anditvn nirguatvt paramtmyam avyaya/ arrastho pi kaunteya na karoti na lipyate// iti [Obbiezione:] Ma com stabilito che solo dopo aver visto? L di certo egli compie azioni meritorie e colpe e vede il loro risultato. [Risposta:] No, perch [la sua] propriet di essere agente plausibile grazie alla rivelazione dei fattori dellazione (kraka).170 Grazie a passaggi come Mediante la luce del S invero egli si siede [IV.3.6], e altri [si comprende che] il complesso psico-fisico agisce normalmente illuminato dalla luce del S, per questa ragione la sua propriet indicata in senso figurato, non ha di per s la propriet di essere agente. In accordo a ci stato detto: come se pensasse, come se agisse [IV.3.7], [la sua attivit] non intrinseca ma dovuta solo alle sovrapposizioni limitanti quali lintelletto e altre. Qui, invece, si afferma indipendentemente dalle sovrapposizioni limitanti e rispettando la prospettiva assoluta: avendo solo visto il merito e la colpa, non agendo, pertanto non sorge il dubbio che vi sia una contraddizione tra il precedente [passo] e il successivo. In effetti, colui che privo di sovrapposizioni limitanti non agisce veramente e nemmeno si imbratta con il frutto dellazione. A questo proposito il Signore glorioso ha detto: Questo supremo S intramontabile, per il fatto di essere senza origine essenza qualit, o Kaunteya, pur stando nel corpo n agisce n contaminato. [BG XIII.31] ...

In questa conclusione ribadisce nuovamente e chiarisce ancora che il S assolutamente distinto e altro da qualsiasi caratteristica appaia inerente in esso. Ogni propriet, ogni dharma, ogni attributo sovrapposto
I quali sono appunto come i casi grammaticali: un soggetto agente (kart), un oggetto che il soggetto desidera pi di ogni altra cosa (karma), un mezzo per raggiungerlo (karaa).
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sul S, come in altra sede sembra urlare quasi stizzito Sur (BUBV I.4.1279), uno pi uno meno che differenza fa:
akam bhavata keya sdhakatvaprakalpane/ ki na payasi sasra tatraivjnakalpitam// Cos questa sua incapacit nel concepire [il S] la propriet di essere un aspirante [alla liberazione]? Perch non vedi che il mondo [tutto] immaginato l [= sul S] per via dellignoranza.171

La kik che segue (BU IV.2.18) rende ancora pi esplicito il messaggio precedente. Troviamo, effettivamente, una prova che lassenza di ogni attaccamento di questo purua il fatto che egli transita da una condizione allaltra senza alcun attaccamento, proprio come un grande pesce si muove nello specchio dacqua in cui vive, nuotando da una sponda allaltra:
tad yath mahmatsya ubhe kle anusacarati prva cpara ca. evam evya purua etv ubhv antv anusacarati svapnnta ca buddhnta ca// 18 // Cos quello: come un grande pesce si muove in entrambe le sponde, la pi vicina e la pi lontana, allo stesso modo, di certo quellEssere si muove in entrambe quelle condizioni, il sonno e la veglia (18).172

Un breve passaggio della Pacapdik (PADMAPDCRYA, [SSTR SUBRAHMAYA ED.] 1992: 4142) evidenzia che anche la beatitudine o leternita sono propriet e poi lascia intendere che esse, in quanto tali, sono estranee dalla purezza eccelsa del S. Tuttavia, aggiunge Padmapdcrya (VIII sec.), se le si deve considerare non sono di certo qualit o attributi, ma la sua svarpa. Per, pur essendo inscindibile dalla natura intrinseca del S, tali propriet paiono essere separate: nando viaynubhavo nityatva ceti santi dharm, apthaktve pi caitanyt pthag ivvabhasanta iti 172 La Dpik ci fa capire con lucidit il perch la ruti ha scelto il pesce come esempio. Il pesce si muove libero e indipendente, senza costrizione alcuna tra una sponda e laltra del lago o del fiume in cui vive e, decisamente, differente da entrambe le sponde, nonch dallacqua in cui nuota e vive. Cos il S che libero si muove da una condizione e allaltra, tra la veglia e il sogno, il sogno e il sonno profondo e ritorna da dove era venuto: tath ca yath sa matsyo nady prvam apara cety ubhe kle tre taau anukramea sacarati srota ca viambhayan svacchandacr tabhy bhinna eva san sacaratty artha. uktadnte drntika yojayati evam evya purua et ubhv antv anusacaratti. yath ya dnta evya purua svapnnta ca svapna buddhnta ca jgaritam ity etv ubhv antau anukramea sacarati
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Ivi pare porre la parola fine alla questione che fin qui ci ha accompagnato, dicendo che lintero Jyotir Brhmaa volto a stabilire la natura assoluta, distinta ed eternamente vigile del S che dimora in ognuno. Questa sua considerazione generale si applica poi, nella fattispecie allillustrazione prodotta dallU (SARASWATI, SATCHIDANANDENDRA, 1971: 106107):173
dntapradaranaphala tu mtyurpa kryakaraasaghta saha tatprayojakbhy kmakarmabhym antmadharma, aya ctm etasmd vilakaa Mentre il frutto del proporre lesempio che il complesso psico-fisico, dalla natura di morte, insieme ai desideri e alle azioni che lo determinano, propriet del non-s, mentre questo S distinto da ci

Le successive kik (IV.3.19-32)174 si occupano soprattutto del sonno profondo, quindi un argomento strettamente legato al nostro, ma che non il sogno. Anche se non approfonditamente, proponiamo qualche riflessione e qualche passo testuale. Per esempio proprio lintroduzione di a BU IV.3.19 potrebbe aiutarci a collegare queste sezioni successive a quelle precedenti:
atra ca sthnatraynusacrea svayajyotia tmana

kryakaraasaghtavyatiriktasya kmakarmabhy viviktatokt. svato nya sasradharmavn, updhinimittam eva tv asya sasritvam avidydhyropitam ity ea samudyrtha ukta. tatra ca jgratsvapnasuuptasthnn tray viprakrarpa ukta, na pujktyaikatra darita. yasmj jgarite sasaga samtyu sakryakarasaghta upalakyate vidyay. svapne tu kmasayukto mtyurpavinirmukta upalabhyate. suupte puna saprasanno sago bhavatty asagatpi dyate. ekavkyatay tpasahriyama phala nityamuktabuddhauddhasvabhvatsya naikatra pujktya pradarit, iti tatpradarnya kaik rabhyate 175

Si veda BUBV 1081-1155 e BVS 224-241. Svm Saccidnandendra Sarasvat (1971: 107) sostine che questi passi sono utili perch mostrano come la ruti, mediante il metodo consueto di adhyroppavda, chiarisce che il S privo di ogni difetto, puro e della natura di conoscenza infinita. 175 Prima di lasciare spazio alla kaik, sottolinea ancora la differenza (vilakaat) di suupti rispetto a svapna e jgrat. In effetti, nel sonno profondo non vi sono n azioni, n desideri, n oggetti, n immagini, n cognizioni, paura o altro. Tuttavia, questa assenza di tutte queste sovrapposizioni, anche se non cosciente simile alla natura del S. Per essa momentanea e
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Qui mediante la successiva penetrazione nei tre stati stata asserita lassoluta distinzione dai desideri e dalle azioni del S auto-luminoso, differente dallaggregato psico-fisico. Questi di per s non possiede caratteristiche proprie del divenire; in verit il suo essere dotato della caratteristica della trasmigrazione causato dalle condizioni avventizie e sovrapposto per via dellignoranza. Cos stato enunciato il significato dellinsieme [delle sezioni]. L, per, le tre condizioni, la veglia, il sogno e il sonno profondo sono state esposte in forma frastagliata, non sono state mostrate dopo averle riunite in un unico punto. Infatti, nella veglia, per via dellignoranza, [il S] indicato come legato, mortale, provvisto di un apparato psico-fisico; nel sogno, invece, lo si vede unito ai desideri e privo delle forme della morte; ancora nel sonno profondo sereno, senza legame, allora se ne rileva anche lassenza di connessioni. Tuttavia, concludendo questo risultato con ununica frase, la natura propria del S come eterno, libero, consapevole e puro non stata mostrata riassumendola in un solo punto, [allora] per mostrare ci inizia la sezione

cos che introduce il successivo passo:


tad yasminn ke yeno v suparo v viparipatya rnta sahatya pakau salayyaiva176 ghriyate evam evya purua etasm antya dhvati yatra supto na kacana kma kmayate na kacana svapna payati// 19 // Allora come un falco o unaquila, avendo volato nel cielo da ogni parte stanco avendo ripiegato le ali scende in picchiata verso il nido, cos questessere si precipita verso questa condizione, laddove assopito non aspira ad alcun desiderio, non vede alcun sogno (19).

transitoria, per questo vi pu essere solo unillustrazione, un esempio, mai unassimilazione o unidentificazione. Noto , infatti, il motto secondo cui si deve leggere lesempio solo focalizzandosi su un unico particolare che con esso sintende veicolare, non analizzare entrambe le situazioni contrapposte attraverso la cartina tornasole dellesempio. Si dice infatti ekade dnta. Lo stesso concetto espresso da (BSB III.2.20): na hi dntadrntikayo kvacit kacid vivakita miktv sarvasrpya kenacid darayitu akyate. sarvasrpye dntadrntikabhvoccheda eva syt , Nessuno pu insistere sulluguaglianza sotto ogni aspetto dellesempio e della cosa esemplificata, poich se vi fosse una totale identit e non solo nella parte intesa, la stessa illustrazione esempio-esemplificato risulterebbe invero cessata 176 glossa cos alcuni termini: sahatya con sagamayya e saprasrya, salaya il luogo in cui ci si rinchide completamente, il nido in questo caso: samba lyate asminn iti salayo na. Di questo passaggio si occupa anche Sur 1153-1205, riportando anche il punto di vista di Bhartprapaca (1188-1205).

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Unultima trattazione pi approfondita, di cui proponiamo il commento di , la sezione IV.3.20 nella quale la ruti fa un colpo di coda e ritorna a parlare per un attimo del sogno, per in modo differente, quasi con una tendenza fisiologica, associandola per, com solito fare lcrya, sempre con il suo milieu intellettuale vedntico. Innanzitutto, visto il peculiare carattere di questo passo, vediamo prima lintroduzione che ci propone :
yady asyya svabhva sarvasasradharmanyat, paropdhinimitta csya sasradharmitvam. yan nimitta csya paropdhikta sasradharmitvam, s cvidy. tasy avidyy ki svbhvikatvam? hosvit kmakarmdivad gantukatvam? yadi cgantukatvam, tato vimoka upapadyate. tasy cgantukatve kopapatti? katha v ntmadharmo vidy? iti sarvnarthabjabhty rabhate. [Dubbio:] Se la sua natura intrinseca lassenza totale di ogni caratteristica del divenire e il suo essere soggetto al divenire a causa di sovrapposizioni avventizie estranee, e quella che la causa del suo essere soggetto al divenire, prodotto da sovrapposizioni avventizie estranee, lignoranza, allora [sorge la domanda], che forse quellignoranza sia congruente con la [sua] natura propria? Oppure avventizia come i desideri e le attivit? Se fosse avventizia, allora la liberazione sarebbe possibile. Per qual la dimostrazione del suo essere avventizia? In che modo lignoranza non una propriet del S? [Risposta:] Questa sezione inizia per accertare precisamente la natura dellignoranza che il seme di ogni calamit.177 vidyy satattvvadhrartha par kaik

Ecco ora il testo integrale della kaik, dove ritroviamo i canali sottili (n) benefici (hit) di cui si parlato in precedenza (BU II.1.19):
Questo incipit di ricorda molto da vicino la fine del cosiddetto adhysabhya del BSB ove al posto dellavidy, causa di ogni male la sovrapposizione (adhysa) appunto, che in termini vedntici un prodotto di avidy, anche se talvolta le due coincidono. Linnata e naturale sovrapposizione della natura della falsa attribuzione di verit a ci che vero non , responsabile del senso di essere agente e fruitore delluomo. La discussione vedntica ha inizio proprio per debellare definitivamente questa sovrapposizione e per insegnare quella conoscenza capace di far comprendere lunit dellanima individuale con il supremo: evam ayam andir ananto naisargiko dhyso mithypratyayarpa karttvabhokttvapravartaka sarvalokapratyaka. asynarthaheto prahhya tmaikatvavidypratipattaye sarve vednt rabhyante Si veda il paragrafo 5 del capitolo 3.
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CAPITOLO 4 (I): SVAPNA: LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE UPANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE ADVAITA (1)

t v asyait hit nma nyo yath kea sahasradh bhinnas tvatimn tihanti uklasya nlasya pigalasya haritasya lohitasya pr atha yatraina ghnantva jinantva hastva vicchyayati gartam iva patati yad eva jgrad bhaya payati tad atrvidyay manyate tha yatra deva iva rjevham eveda sarvo smti manyate so sya paramo loka// 20 //178 Tali, cio questi i suoi canali sottili di nome benefici (hit), sono tanto sottili al pari di un capello diviso in mille parti, riempiti di bianco, di blu, di giallo, di verde, di rosso. [Quando nel sogno] come se [alcuni lo] uccidessero, come se lo sopraffacessero, come se un elefante lo inseguisse, come se cadesse in una fossa; quello stesso pericolo179 che vede mentre sveglio, l [nel sogno] per ignoranza lo pensa. Poi egli come una divinit, come un re nella circostanza in cui pensa: Io solo sono questo [mondo], sono tutto!, allora questo il suo mondo supremo (10).

Ora, come preannunciato, vediamo il commento di , il quale, sbrogliando la matassa, si focalizza sul centro del problema, lorigine stessa del sogno e di ogni altra percezione erronea o falsa concezione o attribuzione: lignoranza. Una cosa interessante che, a quanto ci risulta, propone solo qui il riverberarsi del grado dignoranza e dei gradi di conoscenza nel sogno, il che potrebbe ricordarci anche la discussione di Sur sulle tre condizioni, ognuna delle quali ne racchiude altre tre. In effetti, nellAdvaita successivo vi sar, come abbiamo visto per Vopadeva, lintroduzione della quadripartizione delle quattro condizioni, aggiungendo il turya. In questo passaggio sembra vi sia uneco lontano del fatto che chiunque abbia realizzato il quarto stato, in qualsiasi condizione passi, sia essa veglia, sogno o sonno profondo, permane costantemente e solamente nellisolamento assoluto del quarto:
t vai, asya irapydilakaasya puruasya, et hit nma nya, yath kea sahasradh bhinna, tvat tvatprimenimn autvena tihanti. t ca uklasya rasasya nlasya pigalasya haritasya lohitasya pr, etai uklatvdibh rasavieai pr ity artha. ete ca rasn varavie vtapittalemam
178 179

itaretarasayogavaiamyavied

vicitr

bahava

ca

Si veda BUBV 1206-1295 e BVS 248-262. Il testo dellU riporta bhayam, paura, ma si tratta di ci che desta paura, come dice G bhayarpam bhaya rpyate yena tatkraa tath

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CAPITOLO 4 (I): SVAPNA: LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE UPANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE ADVAITA (1)

bhavanti. tsv evavidhsu nu skmsu blgrasahasrabhedaparimsu ukldirasaprsu vsanraya sakaladehavypinu skmatvt saptadaaka liga vartate. tadrit sarv vsan uccvacasasradharmnubhavajanit. talliga svaccha sphaikamaikalpa ngatarasopdhisasargavad dharmdharmapreritodbhtavttiviea

strrathahastydykravieair vsanbhi pratyavabhsate. athaiva sati, yatra yasmin kle kecana atravo nye v taskar mm gatya ghnanti iti maiva vsannimitta pratyayo vidykhyo jyate, tad etad ucyate ena svapnada ghnantveti. tath jinantva vakurvantvva. na kecana ghnanti, npi vakurvanti, kevala tv avidyvsanodbhavanimitta bhrntimtram. tath hastvaina vicchyayati vicchdayati vidrvayati dhvayatvety artha. gartam iva patati garta jrakpdikam iva patantam tmnam upalakayati. td hy asya m vsanodbhavaty atyantanik dharmodbhsitntakaraavttyrayay dukhasvarpatvt. kibahun yad eva jgrad bhaya payati hastydilakaa tad eva bhayarpam atrsmin svapne vinaiva hastydirpa bhayam avidyvsanay maivodbhtay manyate. atha punar yatrvidy pakyam vidy cotkyam kiviay kilaka ca? ity ucyate atha punar yatra yasmin kle, deva iva svaya bhavati, devatviay vidy yadodbht jgaritakle, tadodbhtay vsanay devam ivtmna manyate. svapne pi tad ucyate deva iva, rjeva. rjyastho bhiikta svapne pi rjham iti manyate rjavsanvsita. evam atyantaprakyamvidy udbht ca vidy sarvtmaviay yad, tad svapne pi tadbhvabhsita aham eveda sarvo smti manyate. sa ya sarvtmabhva, so sytmana paramo loka parama tmabhva svbhvika. yat tu sarvtmabhvd arvg blgramtram apy anyatvena dyate nham asmti, tadavasthvidy. tay avidyay ye pratyupasthpit antmabhv lok, te param sthvarnt. tn savyavahraviayl lokn apekyya sarvtmabhva samasto nantaro bhya, so sya paramo loka. tasmd apakyamym avidyy vidyy ca k gaty sarvtmabhvo moka, yath svayajyotiva svapne pratyakata upalabhyate tadvad vidyphalam upalabhyata ity artha. tathvidyym apy utkyamy, tirodhyamny ca vidyym, avidyy phala pratyakata evopalabhyate atha yatraina ghantva jinantva iti. te ete vidyvidykrye sarvtmabhva paricchinntmabhva ca. vidyay uddhay sarvtm bhavati. avidyay csarvo bhavati. anyata kutacit pravibhakto bhavati. yata pravibhakto bhavati, tena virudhyate. viruddhatvd hanyate jyate vicchdyate ca. asarvaviayatve ca bhinnatvd etad bhavati. samastas tu san kuto bhidyate yena virudhyeta. virodhbhve kena hanyate jyate vicchdyate ca? ata idam avidyy satattvam

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CAPITOLO 4 (I): SVAPNA: LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE UPANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE ADVAITA (1)

ukta bhavati sarvtmna santam asarvtmatvena grhayati, tmano nyad vastvantaram avidyamna pratyupasthpayati tmnam asarvam pdayati. tatas tadviaya kmo bhavati yato bhidyate, kmata kriym updatte tata phalam tad etad ukta vakyama ca yatra hi dvaitam iva bhavati tad itara itara payati [BU IV.5.15, II.4.14] itydi. idam avidyy satattva saha kryea pradaritam. vidyy ca krya sarvtmabhva pradarito vidyy viparyayea. s cvidy ntmana svbhviko dharma yasmd vidyym utkyamy svayam apacyamn sat, kh gaty vidyy parinihate sarvtmabhve sarvtman nivartate rajjvm iva sarpajna rajjunicaye. tac coktam yatra tv asya sarvam tmaivbht tat kena ka payet [BU IV.5.15, II.4.14] itydi. tasmn ntmadharmo vidy. na hi svbhvikasyoccitti kadcid apy upapadyate, savitur ivauyaprakayo. tasmt tasy moka upapadyate (20). Quelli invero, di quello, delluomo caratterizzato da testa, mani e altre [membra], questi canali sottili di nome hit [= benefici] sono come un capello diviso in mille parti, [essi] sono tvat cio di siffatta dimensione sottile, [vale a dire] sono sottili in quanto a dimensione. Essi sono pieni di un fluido bianco, blu, giallo, verde e rosso; il senso che essi sono riempiti di questi fluidi particolari caratterizzati dal [colore] bianco e gli altri.180 Questi colori specifici dei fluidi sono svariati e molti per la particolare difformit delle reciproche connessioni dellaria, della bile e della flemma. In quei tali canali sottili della dimensione di un millesimo della punta di un capello, pieni di fluidi bianchi e di altri [colori], che pervadono lintero corpo, [in essi] sta il corpo sottile formato da diciassette elementi.181 Sostenute da esso sono tutte le impressioni latenti nate dalle esperienze delle propriet del mondo, tanto elevate quanto infime. Quel corpo sottile, ricettacolo delle impressioni latenti, per la sua sottigliezza trasparente [= puro] al pari di una gemma di cristallo e, a causa del contatto con sovrapposizioni avventizie come i fluidi [che scorrono] nei canali sottili, caratterizzato dalle modificazioni mentali sorte e stimolate dai meriti e dalle colpe, appare dotato di impressioni residue dalle particolari forme quali le donne, carri, elefanti e altre. Dunque, stando cos le cose, yatra nel

La BUD (1986: 96) cita un passo dalla Suruta Sahit, da noi non reperito, che associa dei colori ai fluidi che scorrono attraverso le n: aru ir vtavah nl pttavah ir/ asgvhs tu rohiyo gaurya lemavah ir// 181 Lo si gi trattato nel terzo capitolo, ma siccome repetita iuvant, o dvirukta subaddha bhavati ribadiamo che le 17 membra sono i cinque pra, i cinque jnendriya, i cinque karmendriya, manas e buddhi (PD I.18-24).
180

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CAPITOLO 4 (I): SVAPNA: LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE UPANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE ADVAITA (1)

momento in cui dei nemici o altri, [come] i ladri essendo giunti mi uccidono, sorge una cognizione in verit falsa definibile come ignoranza che ha come causa le impressioni latenti e, allora, si dice che come se uccidessero ques,to sognatore. Allo stesso modo jinanti iva, cio come se lo costringessero sotto [il loro] controllo. [Ovviamente] non vi sono [persone a] ucciderlo, neppure a sopraffarlo, bens solamente una semplice illusione dovuta al sorgere delle impressioni dellignoranza. Ugualmente, come se un elefante vicchyayati, [lo] rincorresse, gli tenesse dietro, lo facesse scappare, lo facesse correre; questo il senso. Come se cadesse in una fossa, cio scorge s stesso come se stesse cadendo dentro una fossa, un pozzo smesso o quantaltro. Infatti, sorge sua siffatta falsa impressione alquanto spiacevole che, essendo della natura del dolore, ha come ricettacolo una modificazione dellorgano interno che si rivela per via delle colpe. Che cosa ancora, ci che egli vede di pericoloso [= o spaventoso] come un elefante [imbizzarrito] o altri [pericoli] durante la veglia, senza che atra, in questo sogno, vi sia quellaspetto pauroso, egli immagina [vero] il pericolo che ha laspetto di elefante o altro che per falso, a causa dellimpressione latente dellignoranza che ormai sorta.182 Poi ancora quando lignoranza in procinto di arretrare e la conoscenza sta avanzando, allora [la conoscenza] che contenuto ha e che caratteristica ha? Ancora dunque yatra, nel momento in cui diviene egli stesso come una divinit, quando cio durante la veglia sorge una conoscenza che ha per oggetto la divinit, allora per via di quellimpressione ormai sorta egli considera s stesso una divinit. Si dice che ci avviene anche in sogno: come un dio, come un re; [vale a dire] chi sta nel regno e che consacrato [sul trono], anche in sogno, influenzato dallimpressione latente di [veglia di essere] re, pensa Io sono re!. Allo stesso modo, quando lignoranza completamente eliminata e la conoscenza che ha per oggetto il S come il tutto ormai sorta, allora anche in sogno, influenzato dallimpressione latente di ci [= di questa conoscenza, il sognatore] pensa: Io sono questo [mondo], io sono tutto!. Quella realizzazione del S come tutto il supremo mondo di questo S, linnato supremo stato del S. Ci che invece,

Sinceramente, questa frase di manca di un particolare non secondario, che per ritroviamo in Vidyraya, nella Dpik. Questa parola tm, che leggiamo alla fine della frase della Dpik e che noi proponiamo tra parentesi quadre come vero. Infatti, proprio perch il sogno mostra ci che non c come vero mithy, sicch in esso si applica la definizione di adhysa: yad eva jgarito bhaya bhayahetuhastydika payati tad eva bhayakraam atrsmin svapne vidyay vsantmikay maivodbhtay tm manyate payati. ato maiva svapna ity artha
182

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CAPITOLO 4 (I): SVAPNA: LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE UPANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE ADVAITA (1)

prima della realizzazione della totalit anche una semplice punta di capello che colta come differente: Io non sono [questo]!, quella condizione ignoranza. Quei mondi, ovvero quegli stati concernenti il non-S sono presentati grazie a questignoranza, essi sono infimi, fino agli oggetti inerti; in rapporto a questi stadi che hanno come oggetto la realt empirica, questa realizzazione del S come tutto universale, senza dentro e fuori; questo il suo stato supremo. Per tale ragione, quando lignoranza stata eliminata e la conoscenza ha raggiunto il culmine estremo, la realizzazione del S come tutto la liberazione: al modo in cui nel sogno si conosce direttamente lauto-luminosit del S, proprio cos si perviene al frutto della conoscenza [= la liberazione]. Questo il significato. Al contrario, quando lignoranza saccresce e la conoscenza viene meno certamente si percepisce direttamente il frutto dellignoranza: poi l come se lo uccidessero, come se lo sopraffacessero. Quelli che sono simili risultati della conoscenza e dellignoranza sono [rispettivamente] la realizzazione del S come tutto e la realizzazione del S come limitato. Attraverso una conoscenza pura, [luomo] diviene universale (sarvtm), attraverso lignoranza diviene diverso dal tutto; egli si distingue da qualsiasi altra cosa ed in contrasto con ci da cui distinto, pertanto, poich in contrasto, allora ucciso, vinto o inseguito: quand oggetto della non totalit, a causa della distinzione diviene tale. Al contrario, quando si tutto da chi ci si pu distinguere, con chi [poi] si [pu] entrare in contrasto? Quando non c allora da chi ucciso, da chi vinto e da chi sopraffatto? Per questo stata enunciata tale natura dellignoranza: [luomo] pur essendo il S di tutto si pensa come differente dalluniversale; egli presenta qualcosa che pur non presente [come fosse] altra da s e conduce s stesso alla pochezza (asarvam). Di seguito, sorge un desiderio che ha per oggetto quella cosa, ossia ci da cui si distingue; dal desiderio intraprende lazione e poi [si ha] il frutto. Questo , infatti, stato gi spiegato e sta anche per essere ripreso: Laddove come vi fosse dualit, allora uno vede laltro e altri [passi simili].183 Questa natura dellignoranza stata mostrata insieme [al suo] effetto; contrario all[effetto dell]ignoranza stato mostrato leffetto della conoscenza che la realizzazione del S come universale. Quellignoranza non un attributo innato del S, poich quando la

Si stato spiegato perch la frase appare in BU II.4.14 sar ripresa e riprodotta in BU IV.5.15. Comunque, lavverbio comparativo iva nel testo sta a sottolineare che la dualit a cui esso si concorda in verit non c, anche se allignorante appare essere vera: dvaitam iva paramrthato dvaite brahmai dvaitam iva, bhinnam iva vastvantaram tmana
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CAPITOLO 4 (I): SVAPNA: LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE UPANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE ADVAITA (1)

conoscenza si sta accrescendo, [lignoranza] spontaneamente prende a ridursi, poi quando la conoscenza giunta al limite estremo e permane totalmente nella realizzazione delluniversale, allora cossa come la cognizione del serpente sulla corda al momento dellaccertamento della corda. Si detto infatti: Laddove per questi ogni cosa divenuta invero il S, allora cosa potrebbe percepire e mediante cosa? e altri [passaggi simili]. Per tale ragione lignoranza non una propriet del S, difatti non mai possibile leliminazione di qualcosa che innato, come [avviene] al proposito del calore e della luce del sole. per questa ragione che la liberazione da essa [dallignoranza] possibile (20).184

Qui il testo stabilisce quali siano gli effetti dellignoranza e della conoscenza. Anche qui, ancora una volta il sogno usato come esempio, come metafora. Per in questo contesto il testo cita il sogno per indicare quanto universale sia lesperienza che mostra che tutta la vita ordinaria solo un alito dellignoranza. Luso del sogno particolarmente indicato perch in esso non vi distinzione tra conoscitore, conoscenza e conosciuto, oppure tra azione, attore e risultati. Tutti sanno che il sogno unillusione, per lo pi condizionata dalle impressioni di veglia, per nel momento in cui in sogno il sognatore pensa di essere un dio, un re, di essere ucciso, sopraffatto, inseguito o altro ancora, in quel momento per lui vero. Per questo il testo di tende a dimostrare anche che i risultati della sovrapposizione sono tali e quali, sia nella veglia, sia nel sogno (SARASWATI, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 48-49).185
BU IV.3.21 propone lesempio di due amanti completamente congiunti in un abbraccio, entrambi sono dimentichi di s stessi. Simile la condizione del liberato, in cui il S abbraccia e si unisce completamente identificandosi al brahman. Proponiamo la traduzione di P. F. Ronconi con alcune modifiche, enfatizzate dal carattere corsivo (1995 [1960]: 132-133): Questa condizione che per lui la condizione superiore ad ogni desiderio, scevra di ogni male, libera da ogni terrore. Come un uomo tra le braccia della donna amata non pi cosciente n del mondo interiore n di quello esteriore, egualmente questo Purua, abbracciato dallo tman identificato con il corpo causale [prjena tman saparivakto], non sa pi nulla n del mondo esteriore n di quello interiore. Per lui questa la sua condizione ove ogni desiderio colmato, ove nullaltro desiderio esiste fuori di quello di s stesso [tman], ove sono finite brame ed angustie (21). Dello stesso tenore anche la sezione successiva (IV.3.22): In tale < incondizionato, assoluto, > il padre non pi padre, la madre non pi madre, i mondi non sono pi mondi, gli Dei non sono pi Dei, i Veda non sono pi Veda. Ivi il ladro non pi ladro, labortitore non pi abortitore, il cla [fuori casta] non pi cla lasceta non pi asceta; avendo superato il bene, avendo superato il male, egli di l da tutti i tormenti del cuore (22). Una sola cosa da aggiungere che , nel commento a questultimo verso dice che il desiderio e altri simili in sogno sono oggetti percepibili da parte del solo veggente: kmdn ca svapne kevaladimtraviayatvt 185 Si confronti anche con lultima parte dellintroduzione al BSB, ladhysabhya.
184

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CAPITOLO 4 (I): SVAPNA: LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE UPANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE ADVAITA (1)

Detto questo, la questione riguardante il sogno nel Jyotir Brhmaa , pressoch, conclusa.186 Come gi espresso allinizio del capitolo, la tendenza del testo di e degli altri commentatori successivi far risaltare la natura di autoluminosit del S nel sogno e la sua assenza di legami, sia con lazione, sia con lesperienza di veglia, rimarcando pi volte la differenza del S da ogni condizione e sovrapposizione avventizia. Rimarrebbero naturalmente altre questioni da trattare, come quelle proposte dal seguito delle sezioni della BU, per questo ci condurrebbe lontano dal nostro argomento centrale (CONIO, 1979: 284-286).187

Ricordiamo solo alcune sezioni particolarmente poetiche in cui ci sarebbe comunque molto da dire e da analizzare. Per alcune di esse riproponiamo ancora la traduzione di P. F. Ronconi (1995 [1960]: 133-135): Egli, pur non vedendo, resta sempre il Veggente, per quanto privo di percezioni visive: la visione non sfugge al Veggente, a causa della sua indistruttibilit [na hi draur der viparilopo vidyate vinitvt]; solamente non esiste pi a Lui un secondo, un oggetto da Lui diverso e separato, che Egli possa vedere (23) Soltanto quando esista un altro < oggetto diverso > da Lui, luno vede laltro, luno fiuta laltro, luno gusta laltro, luno esprime laltro, luno ode laltro, luno pensa laltro, luno sente laltro, luno conosce laltro (31). Come un unico oceano, il Veggente privo di secondo; tale ora il mondo del brahman (32). 187 Per ulteriori approfondimenti rimandiamo ad alcuni autori che abbiamo utilizzato con maggior continuit Saccidnandendra Sarasvat (1971: 108-110), P. Olivelle (1998: 114-119), K. Potter (1998 [1981]: 201-202), A. O. Fort (1985: 377-382) e A. J. Alston (2004 [1980]: 113-127).
186

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C APITOLO 4 (II): S VAPNA : LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE U PANIAD E LA LORO INTERPRETAZIONE A DVAITA (2)

CAPITOLO 4
(II PARTE)

S VAPNA :

LA CONDIZIONE ONIRICA NELLE INTERPRETAZIONE

U PANIAD

E LA LORO

A DVAITA (2)

IV.II.1: S INAPSI

UPANIADICA

Nelle sezioni precedenti abbiamo cercato di evidenziare che la discussione sulle tre o quattro condizioni del S argomento centrale non solo upaniadico, ma di tutto il panorama dellAdvaita Vednta, dalle origini, fino alle sue manifestazioni pi recenti. In questa seconda parte del quarto capitolo, analizzeremo la tradizione facente capo alla MU e alle GK/MK di Gauapda, nonch, in calce, tratteremo brevemente la celeberrima BG. Una questione sulla quale tenteremo di non entrare, poich gi grandemente dibattuta e sulla quale opere ben pi documentate di quanto potrebbe essere la nostra sono state scritte lannosa disputa sullattribuzione o meno a del commento alle MK, conosciuto come gamastravivaraa (V).1 Come si era gi accennato, la tendenza della MU/MK di valutare e analizzare tutte e tre le condizioni, connettendole e comparandole una allaltra. Spicca la trattazione separata di sogno e veglia da una parte e sonno profondo dallaltra. Il quarto stato altro da tutti, pur essendo lunica realt su cui si poggiano le altre tre condizioni. La grande innovazione, propria di quello che stato considerato un quasi idealismo, della dottrina dello ajti o Ajtavda, della non-origine del mondo e degli enti in esso, la ricerca dei punti in comune, o addirittura dellidentit del sogno con la veglia, allo scopo di relegare entrambi al rango di mere apparizioni, di qualcosa che non altro che falsit (CHENET, 1998,
VOL.

1: 154-155). Ivi sta la tendenza a rapportare il sogno con la veglia e

viceversa. Si noter pure, in seguito, che mentre per GP naturale lequazione veglia =
Ci piace segnalare pi di altre tre opere che si occupano anche della disputa qui sopra accennata. Il primo contributo di Paul Hacker, (1978 [1972]: 252-269) Notes on the Mkyopaniad and akaras gamatravivaraa; la seconda opera di Tilmann Vetter, Die Gauapadya-kriks: Zur Entstehung und zur Bedeutung von (A)Dvaita, pubblicato a Vienna nel volume XXII della rivista Wiener Zeitschrift fr die Kunde Sud und Ostasiens (1968: 95-132). Infine, vi il contributo di Senkagu Mayeda (1967-68: 73-94) On the Author of the Mkyopaniad- and the Gauapdyabhya, apparso nel Adyar Library Bullettin. Riassumendo brevemente T. Vetter conferisce una serie di segni positivi alla domanda se lV sia opera del commentatore dei BS, mentre molto pi reticente pare P. Hacker. Mayeda, infine, pone sul piatto della bilancia entrambe le opinioni e molto cautamente opta per unautentica paternit akariana.
1

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sogno, vedremo come sia leggermente pi reticente allequazione, anche se talvolta identifica i due ambiti. Vedremo in seguito come egli, nel BSB II.2.29, attacchi le posizioni dei Vijnavdin che sono i pi tenaci latori dello stendardo dellidentit tra sogno e veglia (SASTRI, K., 1936: 57). L per egli veste i panni del difensore dellortodossia Advaita, ponendosi dunque da un punto di vista vyvahrika, anche se da quella posizione relativa, mai smette di tenere lo sguardo fisso sul paramrtha. Ritornando allequazione svapna = jgrad, dal punto di vista dei seguaci dellAdvaita, questa tendenza propria del complesso inscindibile MU/MK non va ricercata, esclusivamente (aggiungiamo noi), nelle supposte radici Mdhyamika e Yogcra del testo, bens nellappropriarsi o nellattingere da parte dellautore il punto di vista della realt suprema (pramrthika) dallaltezza del quale ogni condizione che non sia quella illimitata e infinita del S, non che una bolla dacqua in un fiume impetuoso. Se GP ribadisce costantemente le analogie tra sonno e veglia, non da meno, anche se non si presenta cos isolato ed estremista come colui che la tradizione vuole come suo paramaguru. Per , dal punto di vista assoluto, tanto il sogno quanto la veglia sono fenomeni avventizi (gantuka) che si verificano solo in determinate condizioni (updhi), cio sono da considerare come fenomeni o vortici mentali dovuti allignoranza. Per esempio nellUS (I.11.4-5) sentenzia che come i sogni sembrano reali al sognatore, cos prima di realizzare la vera natura del S anche le percezioni che si hanno durante la veglia paiono reali. In verit, solo il testimone di esse reale (US I.11.6), al quale si dice identico, assumendo lo stesso punto di vista assoluto di GP:
manovtta mana caiva svapnavaj jgratkitu/ saprasde dvaysattvc cinmtra sarvago dvaya// 4 // svapna satyo yath bodhd dehtmatva tathaiva ca/ pratyakde pramatva jgrad syd tmavedant// 5 // vyomavat sarvabhtastho bhtadoair vivarjita/ sk cet gua uddho brahmaivsmti kevala// 6 // Durante la veglia la modificazione della mente e la mente stessa sono come un sogno per il veggente, poich durante la gioiosa serenit [= nel sonno profondo] non vi dualit, [io sono] solo conoscenza, onnipervadente e non duale (4). Come un sogno reale fino al risveglio, cos lidea che il corpo sia il S; che pure la percezione diretta e gli altri [prama] partecipino

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della propriet di essere corretti mezzi di conoscenza fino alla realizzazione del S (5).2 Io, come letere, sono presente in ogni essere, assolutamente privo dei vizi degli esseri manifestati, io sono il testimone vigile, senza attributi,3 puro, io sono il brahman isolato (6).

Sebbene le immagini e gli oggetti percepiti durante la veglia non siano del tutto interni e squisitamente mentali come quelli onirici, sono tuttavia da considerarsi ambedue illusori. Uno dei motivi preferiti di analogia che sia jgrat, sia svapna, sono entrambi legati alle diadi causa-effetto o percettore-percepito, essi sono altres tutti e due transitori e relativi, in quanto si succedono incessantemente uno allaltro e viceversa, cosicch gli oggetti delluno sono irreali nellaltro e gli oggetti o sensazioni dellaltro non sono veri nel primo. Per esempio, come i testi stessi riportano (MK I.11-15, II.4, 15; US II.89 [MAYEDA ED., 2006 [1973] VOL. 1: 210]),4 la fame o la saziet provate in sogno non esistono in veglia e quelle stesse quando sperimentate durante la veglia non sono presenti in sogno. Altro motivo per cui GP connette da vicino i due stati anche per mostrare le limitazioni proprie della veglia. In MK (III.29-30) egli afferma che sia in sogno sia in veglia il non-duale appare come duale: attraverso il potere dillusione (my) la mente mette in scena la recita della dualit. Una questione su cui egli insiste molto che gli enti mentali sono irreali in ambo le condizioni, perch qualcosa dirreale, come le visioni oniriche, non pu scaturire da qualcosa di vero, come gli enti empirici. Inoltre, ci che si vede in uno non si ritrova matematicamente anche nellaltro, cosa che pone in dubbio entrambi (MK IV.3639, 64), nonch entrambi sono preda della soggettivit del soggetto conoscitore. Comunque, gli studiosi hanno rilevato una certa differenza di opinioni tra GP e . Per esempio vede delle differenze sostanziali tra sogno e veglia: in certi casi egli si limita a

Unaffermazione molto simile si ritrova nei versi attribuiti allantico Advaitin Sundara Pya alla fine dei catustr del BSB (I.1.4): dehtmapratyayo yadvat pramatvena kalpita/ laukika tadvad eveda prama tv tmanicayt// 3 Si vedano come punti di riferimento di questo verso la vU VI.11 e la BU I.4.10. 4 Il passo in prosa di US , come noto, sotto forma di insegnamento del maestro al discepolo: [ta] gurur uvca gantuke tv ete na tv tmabhte. yadi tavtmabhte caitanyasvarpavat svatasiddhe santate eva sytm. ki ca svapnajgarite na tavtmabhte, vuabhicritvt, vastrdivat. n ahi yasya yat svarpa tat tadvyabhicri dam. svapnajgarite tu caitanyamtratvt vyabhicarata. suupte cet svarpa vyabhicaret, tan naa nsti v bdhyam eva syt, gantuknm ataddharm ubhaytmakatvadarant, yath dhanavastrdin no da, svapnabhrntilabdhn tv abhvo da// 89 // , Il maestro gli rispose: Ma quei due sono entrambi avventizi, non sono il tuo S. Se fossero il tuo S allora sarebbero di per s stabiliti e continui come la conoscenza. Inoltre, il sogno e la veglia non sono il tuo S poich sono devianti alla stregua delle vesti e quantaltro. Difatti, non si visto che ci che sia la natura intima di qualcuno, sia da esso deviante. Per il sogno e la veglia deviano dallessere la sola conoscenza. Se in sonno profondo la natura propria deviasse sarebbe da contraddirsi [in questo modo]: Quella distrutta, non c!, per il fatto che si coglie una doppia natura per quelle che avventizie non sono sue propriet: come si osservata la distruzione di ricchezze, vesti e altro, inoltre si vista pure linesistenza di enti colti nellillusione percettiva o nel sogno Interessante notare qui laccostamento tra la percezione erronea e il sogno. Si veda il capitolo III alle pp. 207-209.
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contrapporre i due stati, ma in altri enfatizza linferiorit ontologica del sogno, atteggiamento che si riverbera in tutto lAdvaita successivo. Entrando pi nello specifico, nota alcuni punti di differenziazione a cominciare dalla presenza nella veglia dei sensi e lassenza di essi nel sogno. Abbiamo osservato in precedenza (BU IV.3.10, 15) che in sogno mancano i mezzi necessari per condurre unazione (MK II.15, BSB III.2.3). Andrew O. Fort (1985: 380) afferma che la veglia ha una dimensione pubblica, nella quale mediante i sensi ci si connette agli oggetti, dove dunque alle idee corrisponde un sostegno empirico (lambana). Daltro canto il sogno ha una dimensione privata, in quanto esso si forma da ricordi e impressioni residue, senza che a esse di necessit corrisponda un oggetto reale hic et nunc (BSB II.1.29; MK II.15). Non ci si stupir dunque se lV differenzia a pi riprese gli oggetti onirici e sottili, dagli enti grossolani esperiti mentre si svegli (MK I.4, II.1, 4, 30 e IV.37). Laltra distinzione maggiore la libert esperita in sogno dal sognatore rispetto a tutte quelle parentesi entro le quali suo malgrado costretto durante la veglia. Stiamo parlando del tempo, dello spazio e del rapporto di causalit. Mentre il sogno soggetto al solo cittakla, ossia una durata coestesa alle bizze mentali, la veglia soggiace a dvayakla, o dvayaklika ossia persiste per due momenti differenti (MK II.14; CHENET, 1998, VOL. 1: 74) ed unestensione temporale propria dellirriducibile dicotomia tra oggetti distinti. In queste due durate, che per certi versi si collegano alla polemica sullo kaikatva (CONIO, 1971: 125126), si sperimenta la relativa longevit (sthiratva) delle esperienze di veglia e la volubile evanescenza (atyantacalatva) dei sogni (BSB III.2.3; MK II.2, 14, IV.34, 38). Come i legami temporali, anche i rapporti spaziali sono del tutto ribaltati: oggetti ed esseri enormi sono visti allinterno del minuto corpo del sognatore; grandi distanze, che richiederebbero lunghi viaggi, sono percorse nellarco di pochi istanti. Tutto ci cifra dirrealt o di uno stato al limite dellallucinazione (SHARMA, A., 2006: 65-67; MAHADEVAN, 1960: 121-122). Tutto questinsieme di differenze relative, non fanno che portare a galla uneffettiva disparit ontologica tra sogno e veglia. La dimostrazione di ci che quando i due stati sono direttamente contrapposti dal punto di vista fenomenico, il sogno non pu che soccombere ed essere contraddetto (bdhita) dalla pi solida realt della veglia. Le immagini del sogno sono costantemente contraddette, anche nel sogno stesso, ci non avviene per le percezioni avute in veglia. Tanto gli oggetti, quanto le esperienze e le azioni di jgrat sono pi longeve e resistenti. Tra laltro abbiamo gi trattato il fatto che le azioni oniriche non sono davvero compiute, per cui non se ne raccoglie nemmeno il risultato. Nel sogno tanto i meriti, quanto i demeriti sono solo osservati attraverso i loro frutti; l lazione non vera azione (BU 397

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IV.3.15). Vedremo nel capitolo successivo come sia cristallino commentando il stra III.2.3 del BS. Si dir che la creazione che avviene nella connessione, nellintermezzo (sadhya) tra i due mondi solo unillusione, my, proprio perch il sogno non una manifestazione intera, completa (krtsnybhivyakti). Prima della realizzazione dellidentit col brahman, il mondo fenomenico, il regno vyvahrika appare prepotentemente reale, non di certo alla stregua delle ombre oniriche di pindarica memoria, che sono contraddette e si auto-contraddicono a ogni pi sospinto. GP analizza la coscienza di sogno per stabilire lajti e mostrare che ci che appare sono false entit (TIMALSINA, 2006: 26). Daltra parte egli punta sul fatto che tutti riconoscono la falsit del sogno (vaitathya), per cavalcare la tigre della falsit della veglia. Per questo egli trova le differenze meno consistenti rispetto somiglianze. Vedremo come GP cerchi di stabilire lirrealt degli enti onirici (MK II.1-15) dando varie ragioni: sono interni, non manifesti, irreali (savta), alquanto transeunti e, diversamente dalla veglia, scompaiono subito dopo essere stati mentalmente concepiti. Comunque sia, egli estende letichetta di mera immaginazione anche agli oggetti di veglia. La questione potrebbe essere risolta con il solito trucco dellAdvaita. In verit, non c opposizione tra i due crya, bens per dibattere, per trattare innumerevoli argomenti, costretto a far sua una vyvahrikadi, pur rimanendo metafisicamente fedele alle sue posizioni. Questo non accade mai a GP che rimane sempre ancorato al suo assolutismo Ajtivdin, vedendo ogni cosa con di pramrthika. Vediamo per, per esempio, che quando sale di gradino (US I.11.4-9), entrambe le prospettive coincidono. Una sola parentesi va aperta per riportare un appunto di C. Conio (1979: 306), che commentando lUS, soprattutto nella seconda parte in prosa (II.48), afferma che l, lequazione veglia-sogno fatta sul piano dellesperienza del dolore e non su considerazioni di ordine metafisico. Certo la studiosa non ha torto, se ci si limita al passo che lei cita: Una volta rimossa o eliminata lignoranza, dice il maestro, sarai libero da ci che causa di nascita e morte e non sperimenterai pi dolore nella condizione di veglia e sogno. Tuttavia, i passi citati qui sopra la smentiscono in parte. Una questione che vale la pena rinfrescare che la nozione dinferiorit del sogno si presenta sempre durante la veglia. Quando cio, in termini vedntici, la coscienza sidentifica al corpo grossolano, alla veglia e a tutti i criteri propri dellindividualit fisica, il sogno appare decisamente irreale. Al contrario, dal punto di vista del sogno e del sognatore il sogno stesso, gli enti ivi conosciuti e le cognizioni stesse appaiono del tutto reali. Anzi, da

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un punto di vista analitico lassenza dei legami e limitazioni temporali, spaziali e causali ci avvicina maggiormente, rispetto alla veglia, allincondizionato. , infine, tratta anche a fondo il sonno profondo in svariate circostanze. Naturalmente, un attento osservatore come lui non pu che acutizzare la sua critica alla realt fenomenica della veglia, di fronte alla beata e indifferenziata tenebra di suupti: il sonno profondo rivela un aspetto fondamentale della realt, che invece sogno e veglia non sono in grado di fare. Per , anche se spesso la questione non del tutto chiara, il S nello stato di sonno senza sogni presente, come in sogno, nella sua forma auto-luminosa, beata, serena e immediatamente percepibile. Ci dovuto al fatto che l non vi sono n oggetti grossolani, n psichici o sottili. Anche su questo punto sembra ancora in disaccordo con GP, poich per questultimo una passiva e inerte ignoranza della realt (FORT, 1985: 380382). Siccome, purtroppo, non avremo la possibilit in questa sede di trattare pi approfonditamente le opere minori attribuite a , ci limiteremo a evidenziarne qualche particolare interessante in brevi parentesi o in nota. Oltre alla seppur importante US, che abbiamo ricordato qualche volta, vi sono altre due opere che saranno presto brevemente menzionate. Ci riferiamo al Vivekacamai (VCM) e alla Nsihaprvatpanya Upaniad (NPTU) e il suo bhya (NPTUB), attribuito a . Vediamo qui brevemente la prima opera. Anche se tradizionalmente considerata akariana, la critica considera il VCM di paternit spuria,5 perch presenta una perfetta coerenza con le tesi di GP. Per lautore del VCM (172-173) il sogno e la veglia sono del tutto identici (CHENET, 1998, VOL. 1: 75-76; SHARMA, A., 2006: 20-24):6
svapne rthanye sjati svaakty bhoktrdi viva mana eva sarvam/

Anche qui la critica divisa, tuttavia sembra prevalere la negazione alla genuinit akariana. Il grande studioso di Harvard D. H. H. Ingalls, in un suo articolo apparso nel 1952 negli Annals of the Bhandharkar Oriental Research Institute, dal titolo The Study of akara (pp. 1-14), dimostr (pp. 7-8) che il VCM senza dubbio opera post-, attribuibile al XIV secolo. Due dubbi importanti sono addotti da Ingalls: luso del composto saccidnanda e lenfasi data allepiteto nanda; laltra , come fa GP, la perfetta equazione tra sogno e veglia (172-173), che non si vede cos di frequente in . Un altro interessante articolo di Robert E. Gussner, akaras Crest Jewel of Discrimination: a Stylometric Approach to the Question of Authorship, apparso nel Journal of Indian Philosophy (1977: 265-279). Anchegli parte dallanalisi di alcuni termini, come bhakti, nanda e altre parole usate in un contesto differente da quello di , pi vicino alle correnti devozionali e cerca di stabilire delle connessioni nelluso di questi termini nel VCM e nelle opere sicuramente di . Il risultato finale che i termini presi in esame sono, nel VCM, cambiati nel senso rispetto allo del BSB e mostrano una chiara tendenza allarmonizzazione di bhakti e jna, cosa su cui effettivamente gli Advaitin pi recenti come MS, insistettero. Anche la frequenza di uso di queste parole mutata. Tutto ci fa pensare, piuttosto che a una differente destinazione dello scritto da parte di , a una diversa paternit. 6 Sharma (2006: 21) seguendo ledizione e traduzione di Madhavananda (1966), offre altre numerazioni dei versi che cita, per cui egli considera, rispetto a noi, 172, per 170, il 200-201a per il 199, il 236 per 234, il 254, per 252, mentre il 253 appare solo in certe edizioni. Poi ancora 426 per 425; 448-449, per 447-448; 454 e 457 per 455 e 458; infine 516 per 519.
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tathaiva jgraty api no vieas tat sarvam etan manaso vijbhaam// 172 // suuptikle manasi pralne naivsti kicit sakalaprasiddhe/ ato manakalpita eva pusa sasra etasya na vastuto sti// 173 // Nel sogno che vuoto di contenuto, proprio la mente, per la propria potenza, crea un intero universo di fruitore e altri elementi [= atto di fruizione e oggetto di fruizione]; esattamente allo stesso modo non c differenza anche durante la veglia: tutto ci una proiezione di questa mente (172); poich ben noto a tutti che nella condizione di sonno profondo, quando la mente si ritratta, non rimane nulla. Allora questuomo individuale immaginato dalla mente e il suo mondo in divenire in verit non c (173).

Troviamo ancora una discreta serie di versi nei quali lequazione sogno-veglia ritorna svariate volte. La questione, come giustamente puntualizza Arvind Sharma (2006: 21, 23-24) e che tale metafora del sogno, cio il fatto che il mondo sia considerato come un sogno, (svapnavat) puntualizza che i messaggi veicolati dalla metafora onirica sono molteplici. Il processo del mondo stesso paragonato a un sogno. Ma non solo, anche il calarsi nel mondo dellindividuo come un sogno; luscita dal mondo, poi, come luscita da un sogno, in quanto il realizzato esclama che tutto ci che aveva dinnanzi prima della realizzazione di brahman non era che un grande e prolungato sogno. Proponiamo qui di seguito una breve antologia dei versi pi interessanti che ci mostrano come il punto di vista del VCM sia congruente con GP:
anditvam avidyy kryasypi taheyate/ utpannn tu vidyym vidyakam andy api// 200 // prabodhe svapnavat sarva sahamla vinayati/ 201 a / yadi satya bhaved viva suuptv upalabhyatm/ yan nopalabhyate kicid ato sat svapnavan m// 236 //7 yatra bhrnty kalpita tadviveke tat tanmtra naiva tasmd vibhinnam/ svapne nae svapnaviva vicitra svasmd bhinna kin nu da prabodhe//8 brahmkratay sad sthitatay nirmuktabhyrthadhr

Si veda anche questa esortazione del maestro che culmina nel celebre mahvkyopadea della ChU (VI.8.7, VI.14.3): nidrkalpitadeaklaviayajtrdi sarva yath mithy tadvad ihpi jgrati jagat svjnakryatvata/ yasmd evam ida arrakaraaprhamdy apy asat tasmt tattvam asi prantam amala brahmdvaya yatparam// 254 //, Come ogni cosa il luogo, il tempo, gli oggetti, il conoscitore e quantaltro immaginati nel sonno sono falsit, lo stesso vale anche qui nella veglia, in quanto il mondo proviene per effetto dellignoranza di S. Cos, poich questo, cio il corpo, i sensi, lio, i soffi vitali e quantaltro sono irreali, per tale ragione Tu sei Quello!, assolutamente pacifico, senza macchia, il brahman non duale che il supremo (254). 8 Ledizione e traduzione inglese di Madhavanda (1998 [1966]: 98-99) presenta anche questo verso, che ledizione della Gita Press (2001 [XXI ED.]: 64-65) riporta in nota, specificando che appare nelledizione di Muradabad della Lakmnryaa Press.
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anyveditabhogyabhogakalano nidrluvad blavat/ svapnlokitalokavaj jagad ida payan kvacil labdhadhr ste kacid anantapuyaphalabhug dhanya sa mnyo bhuvi// 426 // aha brahmeti vijnt kalpakoiatrjitam/ sacita vilaya yti prabodht svapnakarmavat// 448 //9 updhitdtmyavihnakevalabrahmtmanaivtmani tihato mune/ prrabdhasadbhvakath na yukt svapnrthasabandhakatheva jgrata// 455 // tadvat pare brahmai vartamna sadtman tihati nnyad kate/ smtir yath svapnavilokitrthe tath vida pranamocandau// 458 //10 Si dichiara lessere senza origine dellignoranza cos come del suo effetto, ma quando sorge la conoscenza, anche se lignoranza non ha inizio, (200) perisce tutto assieme alla radice, come un sogno al risveglio (201a) Se luniverso verit, lo si reperisca dunque nel sonno profondo. Allora per nulla si percepisce, per cui non reale, falso come un sogno (236)11 Laddove per illusione si immaginato [qualcosa], quando si rifletta su ci allora quella cosa [risulta] solo quella stessa e non differente da quella. Forse che al risveglio, quando il sogno distrutto il fantastico mondo del sogno visto come differente da S stessi? (254b) ... Poich permanentemente fisso nella [sola modificazione dellorgano interno] che ha per forma il brahman,12 il cui intelletto libero da [contenuti] come gli oggetti esterni, come qualcuno assopito o come un bimbo che usufruisce di oggetti di fruizione solo su richiesta di altri; anche talora la sua mente si posasse in qualche posto, vede questo universo come fosse rivelato in sogno, se questo qualcuno sta sulla terra, mentre lodato e fruisce dei frutti dei suoi infiniti

Il verso successivo (449) ribadisce lassenza di qualsiasi frutto dellazione e, pertanto dellazione stessa, durante il sogno: yat kta svapnavely puya v ppam ulbaam/ suptotthitasya ki tat syt svargya narakya v// 449 //, Qualsiasi quantit di merito o colpa si sia compiuta durante il sogno, per colui che si destato dal sonno che utilit avr quella al fine del cielo o del mondo infero? (449). 10 Il verso 519, anchesso connesso al sogno uninvocazione al maestro che ha liberato il discepolo dal torpore dellignoranza: mahsvapne myktajanijarmtyugahane bhamanta kliyanta bahulataratpair anuditam/ ahakravyghravyathitam imam atyantakpay prabodhya prasvpt param avitavn mm asi guro// 519 //, O maestro! Avendomi svegliato dal sonno in virt della [tua] estrema grazia, poi mi proteggesti, mentre questo [che sono io], turbato dalla tigre dellego vagavo e mi affliggevo nel grande sogno dinnumerevoli nascite e morti causato da my. 11 Una simile affermazione arriva anche dalla Laghuvkyavtti (4), trattatello attribuito a : jgarasvapnayor eva bodhbhsaviaban/ suptau tu tallaye uddhabodho jya prakayet//, Nella veglia e nel sogno vi lipocrisia del riflesso di conoscenza [= cidbhsa], mentre durante il sonno profondo, con la sparizione di quella, la conoscenza pura illumina lignoranza [lett.: la non conoscenza]. noto infatti che per lAdvaita nel sonno profondo esiste comunque il testimone immobile, che con la sua luce illumina la tenebra di quella condizione, e che permette il formarsi di una vtti latente (ajnabodhin vtti), la quale al risveglio prende la forma canonica di: sukham aham asvpsam, na kicid avedim. 12 LAdvaita spiega che la cognizione ininterrotta che deriva dalla continua meditazione (nidhidhysana) sullinsegnamento udito dal maestro (ravaa) e mondato dai dubbi mediante il confronto col maestro e la propria logica (manana), si dice akhakravtti, la quale ha come oggetto il significato derivato dai mahvkya, ovvero aha brahmsmi (BU I.4.10). La meditazione non altri che il nididhysana. Secondo la PD (I.54) di Vidyraya, il nidhidhysana non altri che il dhyna degli YS III.2: tatra pratyayekatanat dhynam, Ottenuta la fissazione in un solo punto il flusso continuo di ununica cognizione, si dice meditazione; Quando questa situazione mantenuta per un lungo periodo, continuamente e con devozione diviene stabile, (sa tu drghaklanairantaryasatkrsevito dhbhmi, YS I.14). Scomparsa anche questultima vtti si ha realizzazione di brahman, brahmasktkara (PELLEGRINI, 2010: 157, n. 50).
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meriti, egli che degno di stima (426) Da questa conoscenza Io sono il brahman! il karman accumulato, che si ottenuto in centinaia di migliaia di ere, giunge allestinzione, come lattivit [che si compie] in sogno dal risveglio (448) Per quel saggio silenzioso che invero permane nel S con il S che lunico brahman privo dellidentificazione con le sovrapposizioni avventizie, non logico raccontare dellesistenza dellattivit che ha gi cominciato [a presentare i suoi frutti], proprio come [non ha senso] per colui che si svegliato il racconto del suo rapporto con gli enti onirici (455) ... Allo stesso modo, rimanendo nel supremo brahman permane come il vero S e non vede nullaltro. Al modo in cui si ha il ricordo di un oggetto visto in sogno, cos sono per il saggio il cibarsi, levacuare e altro (458)

Il secondo testo citato qui sopra, la NPTU presenta delle difficolt maggiori e delle analogie davvero pregnanti con la MU. Per esempio il tema dellupsan sulle varie lettere che compongono i monosillabo okra, connesse agli stati di coscienza. Certamente, gli studiosi sono unanimi nel considerare la NPTU ben pi recente della MU, per cui linflusso di questultima sulla prima fuori discussione. Tuttavia i secoli che separano luna dallaltra sono anche fecondi di dibattiti e nuovi sviluppi dottrinali. Probabilmente GP aveva lasciato un segno importante con le sue MK e le investigazioni del Skhya, del Nyya-Vaieika e della Mms, in contrasto con il Grande Veicolo buddhista erano ben avanzate. In questo orizzonte speculativo si situa la NPTU (KAPLAN, 1992: 191). Altro punto non ancora ben chiarito dalla critica accademica la quasi certa origine spuria del commento alla suddetta U (NPTUB), tradizionalmente attribuito a akara Bhagavatpda stesso. Un paio di ragioni che ci portano a ritenere questo, vanno ravvisate nel fatto che sorprendente notare che la porzione introduttiva di V e del V (1-6) stata citata nel NPTUB con minimi cambiamenti, senza per riconoscere il debito. Secondo Sengaku Mayeda (1967-68: 79):
It is very probable that the author of the Nsihaprvatpanyopaniadbhya treid to make his commentary look like akaras, but failed to do so in using the terms sac-cid-nanda and vivarta and in interpreting iva as akara. The author of the Gauapdyabhya does not reveal any such un-akaran characteristics ...

Oltre alla NPTU, legata a questa, vi unaltra Upaniad, conosciuta come Nsihottaratpanya (NUTU). Si tratta di testo mai citato da e nelle sue sezioni ultime di chiara estrazione vaiava. Questa, suddivisa in nove khaa, parafrasa la MU ampliandone il contenuto. Il primo dei quali un topos letterario indiano. Gli dei chiedono a Prajpati di 402

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essere istruiti sulltman, identico alla sillaba om. Prajpati risponde con il primo verso della MU e continua parlando del triplice corpo e del quadruplice S, negli stessi termini della MU. Nel secondo capitolo il S presentato come losservatore (dra), differente dalloggetto osservato (dya) e dalla causa di ci identificata nella tenebra (tamas) dellignoranza (avidy). Ognuno dei singoli stati dellessere corrisponde a una lettera del praava, che a sua volta quadruplice, cio prevede quattro modalit: grossolana (sthla), sottile (skma), seminale (bja) e testimone (skin).13 Ci che qui ci preme mostrare luso proprio della metafora del sogno nel contesto dellAjtivda, allo scopo di stabilire lesperienza di veglia che luomo crede reale. Ancora A. Sharma (2006: 64) asserisce che questo teorema pu e sar stabilito dagli Advaitin almeno in quattro modi: logically, phenomenologically, psychologically and analogically 14 Proprio lultimo di questi quattro percorsi quello che ci compete. Per la via analogica non di certo un blocco impenetrabile; la componente metaforica del tema veglia = sogno ha delle notevoli applicazioni logiche, come abbiamo visto trattando dellillusoriet (mithytva) del mondo e linferenza prodotta per provarla (prapacamithytvnumna). Difatti, tanto in GP quanto in e negli Advaitin successivi, quando si usa larma inferenziale per stabilire la
Il S, tramite le singole parti del fonema sacro, deve essere unito allignoranza senza origine (andyavidy). Si parla poi della quadruplice suddivisione della parola (vc [= vaikhr, madhyam, payant, par]) nonch dei relativi gradi di articolazione [= bja, bindu, nda, akti], con ovvie connessioni tantriche. Il terzo capitolo continua la meditazione sullom mediante le gi note corrispondenze con le divinit. Poi il seguito delle sezioni riflette sul re dei mantra (mantrarja) legato a Viu (ricostruibile da NPTU II.2-4: ugra vra mahvium jvalanta sarvatomukham/ nsiha bhiaa bhadram mtyumtyu nammy aham//) connettendolo allom, che in questa cornice viene pure definito il quarto del quarto (turyaturya), con un chiaro riferimento alla perfezione immutabile rappresentata dal sedici. Il sesto capitolo presenta il turyaturya come libero dalla dualit e auto-luminoso. La settima sezione cerca di stabilire unequazione tra il S supremo e Nsiha mediante le tre lettere alle quali sono legati gli attributi divini che iniziano rispettivamente con la a (ajatva, amaratva, abhayatva, ajaratva, advaita, ecc.), la u (utkatva, utpdakatva, ududdratva, uduttraviktitva, ududpathavrakatva, ecc.) e la m (mahatva, mnatva, muktatva, mahvittva, mahsattva, ecc.). Per il resto il testo, pur mantenendo un retroscena teistico, si getta in speculazioni dottrinali vedntiche ricollegandosi alle Upaniad maggiori (BU I.4.1) (CONIO, 1979: 314-320). 14 Sharma analizza la posizione secondo la quale tanto gli oggetti di veglia, quanto quelli onirici sono percepiti e qualsiasi cosa sia percepita illusoria. Questa premessa per difficile da digerire. Anche se talvolta possiamo rimane preda di dubbi, allucinazioni o errori percettivi, per la maggior parte dei casi cogliamo oggetti che noi consideriamo reali. Ivi Sharma (2006: 67-72) riprende J. N. Sinha e W. Indich (1995 [1980]: 83-88) quando divide in sei gruppi le ragioni per cui il mondo di veglia pu essere distinto da quello di sogno: 1) il primo punto che gli oggetti di veglia sono praticamente efficienti (arthakriykri), cio possono essere usati effettivamente, non invece gli oggetti di sogno (MAHADEVAN, 1960: 122-123); 2) sono abnormi, strani e talvolta folli (BSB III.2.3; MK II.8) (INDICH, 1995 [1980]: 63); 3) nelle veglia siamo consapevoli di essere svegli, ma nel sogno non siamo consapevoli di sognare, altrimenti ci sveglieremmo subito, come accade qualche volta in cui nel sogno stesso ci si rende conto di sognare, o meglio ci si sta gi svegliando, cosicch il sogno svanisce, proprio come quando si scorge che di fronte a noi non c una serpe, ma una fune e lidea di serpe se ne va immediatamente; 4) i sogni hanno luogo dentro il corpo, mentre la veglia coinvolge il mondo esteriore; 5) gli oggetti onirici sono vaghi e indistinti, mentre quelli della veglia manifestamente chiari (BSB III.2.3); 6) infine, gli oggetti onirici perdurano fintanto che si sogna, mentre gli oggetti di veglia sono percepibili sia prima sia dopo il sogno. A questultimo punto per si possono opporre tre critiche: noi possiamo sostenere la coesistenza degli oggetti onirici con la durata del sogno solo ponendoci dallangolo visuale della veglia. In verit, durante il sogno non si ha alcuna nozione degli oggetti di veglia e nemmeno che esista una veglia. Poi se gli svapnaviaya durano fintanto che c svapna, lo stesso si pu dire per gli oggetti di veglia, che rimangono finch siamo in veglia. Un terzo contraltare che se si ha un sogno allinterno del sogno, quando il sognatore si sveglier dal sogno interno al sogno, allora penser di trovarsi in veglia, credendo che gli oggetti che gli si parano dinnanzi siano esterni.
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falsit di qualcosa, troviamo come esempio (dnta) e istanza positiva (sapaka) varie possibilit, che per sono tutte contenute nella categoria del percepibile solo attraverso il testimone (skibhsya), tra i quali, oltre ai vari tipi di errore percettivo o allucinazione, sta anche il sogno. La premessa a questo ragionamento comunque analogica. Sotto vari aspetti il mondo di veglia e il mondo onirico si equivalgono: gli oggetti sono percepiti tanto in jgrat, quanto in svapna. (V ad MK II.4) mostra questo stesso argomento sotto le sembianze di un sillogismo a cinque membra (pacvayavavkya): gli enti percepiti durante la veglia sono illusori (pratij = ipotesi), poich sono visti (hetu = probans), come gli enti visti in sogno (dnta = esempio); come effettiva lillusoriet delle cose percepite in sogno, allo stesso modo la propriet di essere oggetto di percezione uguale anche nella veglia (upanaya = applicazione); pertanto si dichiara lillusoriet degli enti anche nella veglia (nigamana = conclusione) (MAHADEVAN, 1960: 122).15 Procediamo ora allanalisi della MU, delle GK e dellV, riservandoci di chiarire quanto ci sembrer pi oscuro con i commenti di G.16 Lultimo paragrafo, poi sar dedicato alla BG, sulla quale torneremo nella conclusione della nostra tesi.

IV.II.2: U PANIADVICRA III:

LA

M KYA U PANIAD

E LE

G AUAPDA K RIK

Come gi pi volte ricordato e com oramai noto a tutti gli studenti e studiosi, anche ai neofiti del Vednta, esistono tre stadi (avasth) attraverso i quali, lanima individuale
15 Sharma (2006: 65-66) approfondisce anche il percorso fenomenologico e quello psicologico. Il primo ruota attorno al fatto che gli oggetti, siano essi in sogno o in veglia, appaiono essenzialmente in quello stato. Egli cita ancora T. M. P. Mahadevan (1960: 122) lasciando intendere che unaltra ragione per accostare mondo onirico e mondo di veglia che entrambi sono evanescenti: ci che allinizio e alla fine non presente, non pu esserlo neanche nel mezzo. Qualsiasi cosa condizionata dal tempo non reale, mentre il reale non lo . Come gli oggetti onirici sono esperiti solo in sogno e non altrimenti, lo stesso dicasi per gli oggetti fisici, percepiti solo stando svegli (MK II.6, IV.31). Largomento psicologico si fonda sul fattore psichico, com ovvio: la mente presente in ambo gli stati. Si pu arguire che quanto percepito in sogno dalla mente vuoto di realt. Ci da solo non sufficiente a provare che tutto quanto la mente percepisce irreale, tuttavia costituisce unimportante premessa. Infatti, vedremo che nel Vaitathya e nel Altantiprakaraa GP sulla base dellanalogia col sogno stabilisce lirrealt delluniverso. Il sognatore in sogno vede cose enormi come monti ed elefanti dentro di s; con il metro di misura spaziale della veglia che oggetti enormi stiano dentro un piccolo corpo impossibile (MK II.1, IV.33). Non nemmeno possibile sostenere che il sognatore, uscendo dal corpo visiti luoghi e veda oggetti proprio come farebbe durante la veglia. La cosa impossibile perch non logico sostenere che il sognatore possa coprire distanze enormi in un solo battito di ciglia. Inoltre, se davvero fosse l, dovrebbe pure ridestarsi in quel luogo, ma ci, com noto, non accade (II.2, IV.34; MAHADEVAN, 1960: 120-121). 16 Vetter (1978: 95-131) pone laccento sullo scarto che si trova tra il testo della MU e le 29 stanze che, insieme allU stessa, costituiscono il primo prakaraa dellopera. La differenza maggiore tra le MK e la MU data dal fatto che nelle prime si parla della veglia e del sogno come legate rispettivamente al sogno e al sonno profondo (svapnanidryutau dyau), cio come non reali. Il fatto dovuto, secondo Vetter e poi con lui molti altri studiosi e prima di lui V. Bhattacharya, allinfluenza delle scuole idealiste del buddhismo e dello nyavda. Per questo GP si trova in una posizione culturale localizzabile tra istanze multiple e il suo modo di interpretare il testo upaniadico risente pesantemente delle nuove prospettive (CONIO, 1979: 293-294).

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(jva) transita ogni giorno della sua vita: la veglia (jgrat),17 il sogno (svapna) e il sonno profondo (suupti).18 Oltre e diverso da questi vi un quarto stadio (turya/caturtha), che la naturale condizione pacifica (nta), fausta (iva) non duale (advaita) del S, ltman stesso, vigile testimone immobile che pervade le altre condizioni.19 Pi precisamente, usando termini cari allAdvaita pi recente, lanima individuale (vyaicaitanya), assume appellativi distintivi a seconda che la sua coscienza sia identificata (abhimnin) ai ranghi di una condizione specifica: nella veglia si chiama Viva, nel sogno Taijasa e nel sonno profondo Prja. A ognuno di questi stadi corrisponde un corpo, formato da certe guaine, o involucri (koa). Viva il jva identificato al mondo grossolano (sthla) proprio della veglia, per cui possiede un corpo della stessa natura (sthlaarra), formato dal solo involucro fatto di cibo (annamayakoa). Nello stato di sogno il S auto-

MU (3): jgaritasthno bahipraja saptga ekonaviatimukha sthlabhug vaivnara prathama pda// 3 //, Il primo piede/quarto Vaivnara, lUomo Universale, il cui luogo la condizione di veglia, la cui coscienza esterna, con sette membra e diciannove bocche, che gode di entit grossolane. , citando ChU (V.18.2) intende cos le sette membra: la testa che sono i mondi superiori, gli occhi sono il sole, il soffio vitale corrisponde al vento, il corpo il cielo, la vescica lacqua, e i due piedi la terra. Le diciannove bocche sono le cinque facolt di cognizione (jnendriya), le cinque facolt dazione (karmendriya), i cinque soffi vitali (pra) e lorgano interno (antakaraa) nella sua quadruplice funzione: manas, ahakra, citta e buddhi. 18 Ibid. (5-6): yatra supto na kacana kma kmayate na kacana svapna payati tat suuptam. suuptasthna ekbhta prajnaghana evnandamayo hy nandabhuk cetomukha prjas ttya pda// 5 // ea sarvevara. ea sarvaja. eo ntarym. eayoni sarvasya. prabhavpyayau hi bhtnm// 6 //, L dove assopito non brama alcun oggetto di desiderio, non vede alcun sogno, quello il sonno profondo. Il terzo piede/quarto Prja, lIntelligente, il cui luogo la condizione di sonno profondo, divenuto uno, in verit insieme sintetico di conoscenza, sostanziato infatti di beatitudine, che gode della beatitudine, la cui bocca la coscienza. Il composto cetomukha spesso inteso come rivolto allinteriore, in quanto cetas, secondo i dizionari tradizionali (AK I.4.31), sarebbe da intendersi come: citta ca ceto hdayam, nel senso di cuore, la regione pi celatamente interiore dellindividuo. Sul nome Prja molto ci sarebbe da dire. Solitamente il Vednta recenziore interpreta in modo alquanto differente il termine. Colui che praka aja prja, ossia oltremodo ignorante e ottenebrato dalloscurit dellignoranza propria di suupti. Tuttavia, sorge un dubbio: prima il testo di MU 5 con il composto vijnaghana indica un tipo di conoscenza indifferenziata, senza relazioni qualificante-qualificato e, poi, il 6 afferma che Prja sarvaja. dello stesso parere: bhtabhaviyajjttva sarvaviayajattvam asyaiveti prja (Si veda la nota n. 78). Anche Svm Saccidnandendra (1998 [1973]: 63-64) scrive che Prja il nome dato al testimone del sonno profondo. Secondo lui assolutamente inappropriato derivare il termine come pryea aja solo per farlo rientrare nella teoria che nel sonno profondo vi ignoranza. Lo Svm termina affermando che anche (BSB I.3.32) ritiene espressamente che quando la ruti usa il termine Prja si riferisce a vara. 19 Ibid. (7): nntapraja na bahipraja nobhayatapraja na prajnaghana na praja nprajam. adam avyavahryam agrhyam alakaam acintyam avyapadeyam ektmapratyayasra prapacopaama nta ivam advaita caturtha manyante sa tm sa vijeya// 7 //, N consapevole di ci che interno, n consapevole di ci che esterno, n consapevole di entrambi, neppure insieme sintetico di conoscenza distintiva, n coscienza n non coscienza. non visto, oltre il limite del mondo empirico, impossibile da afferrare, privo di segno distintivo, ineffabile, essenza di una cognizione unitaria, spegnimento dello sviluppo fenomenico, pacifico, fausto, non duale, il quanto lo considerano [i saggi]: questi il S, questi ha da esser conosciuto. Una nota doverosa suggeritaci da A. Pelissero (2002: 119) riguarda un passo del Vivaraa ad MU 7: nntaprajam iti taijasapratiedha. na bahiprajam iti vivapratiedha. nobhayataprajam iti jgratsvapnayo antarlvasthpratiedha , N consapevole di ci che interno negazione di Taijasa; n consapevole di ci che esterno la negazione di Viva; n consapevole di entrambi la negazione della condizione intermedia tra veglia e sogno Secondo Pelissero, che riprende un corso monografico di M. Piantelli (1986), questallusione a una condizione mediana tra sogno e veglia, sconosciuto allepoca di , sarebbe tra i fattori che pongono seriamente in dubbio la paternit akariana dellV.
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luminoso,20 Taijasa possiede un corpo sottile (skma/ligaarra), formato da tre diversi involucri: quello formato dai soffi vitali (pramayakoa), quello fatto di mente (manomayakoa) e quello proprio dellintelletto (vijnamayakoa). Infine, a Prja appartiene un corpo causale (kraaarra), formato dallinvolucro fatto di beatitudine (nandamayakoa). La discussione upaniadico-vedntica sul sogno, per, non pu prescindere da qualche informazione di carattere generale sulla dottrina dei quattro piedi o quarti del S (catupd),21 come cantata nella MU.22 Questo testo definisce minuziosamente ogni stato, mantenendo sempre sullo sfondo limmutabile realt del S, del quarto stato (turya), di fronte agli altri tre transeunti e, in ultima analisi, illusori. Naturalmente, lindagine compiuta al fine di nullificare i tre stati con un metodo tanto comparativo, quanto contrastivo, che sfocia nel classico apofatismo dellAdvaita Vednta (CONIO, 1971: 31-45). MK (4) d una prima e fondamentale descrizione di svapna, della condizione onirica e dellanima individuale che sidentifica con il mondo sottile del sogno:
svapnasthno ntapraja saptga ekonaviatimukha praviviktabhuk taijaso dvatya pda// 4 // Il secondo piede Taijasa, lo Splendente, il cui luogo la condizione di sogno, la cui coscienza interna, con sette membra e diciannove bocche, che gode di entit della molteplice variet (4).

Visto che questo uno dei punti focali della nostra trattazione sar il caso di riportare il parere di :

Ribadiamo che lappellativo Taijasa per il s onirico non deve di certo essere casuale, in quanto ricordiamo la parte prima di questo stesso capitolo ove trattiamo una delle discussioni pi articolate sul sogno (BU IV.3) conosciuto come il contesto (prakaraa) delltman come svayajyoti, luce a s stesso. 21 Gi MU 2 presenta la dottrina in questione, nonch una delle quattro grandi sentenze (mahvkya) upaniadiche, ossia frasi che presentano lidentit tra il principio spirituale interiore degli esseri (tman) e lAssoluto (brahman): sarva hy etad brahmyam tm brahma so yam tm catupt, Infatti, tutto ci brahman; questo S brahman, quella che questo S ha quattro piedi. 22 Leggere e analizzare la MU senza le krik di Gauapda non certo cosa auspicabile. Daltro canto, lV fondamentale per comprendere il testo delle GK, anche se spesso ci sono delle differenze di vedute tra e GP che, se lette in modo diverso, possono apparire anche come passi successivi di una medesima dottrina oppure differenti visuali. Tuttavia, reperibile una sterminata produzione accademica sul testo e sulle tematiche affrontate in esso, per cui rimandiamo a quelle fonti, molte delle quali riportate nella bibliografia. Qui cercheremo di accennare solo alcuni dei temi trattati nel complesso testuale, come ad esempio le corrispondenze dei tre stadi con ognuna delle lettere che compongono il monosillabo aum, tra il microcosmo individuale del jva e rispettivamente quello collettivo (samai) di vaivnara-hirayagarbha-vara.
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svapna

sthnam

asya

taijasasyeti

svapnasthna.

jgratprajnekasdhan23

bahirviayevvabhsamn manaspandanamtr sat tathbhta saskra manasy dhatte. tan manas tath saskta citrita iva pao24 bhyasdhannapekyam avidykmakarmabhi preryama jgradvad avabhsate. tath coktam asya lokasya sarvvato25 mtrm apdya [BU IV.3.9] iti. tath pare deve manasy ekbhavati [PrU IV.2] prastutya atraia deva svapne mahimnam anubhavati [PrU IV.5] ity tharvae. indriypekay ntasthatvn manasas tadvsanrp ca svapne praj yasety antapraja. viayanyy prajy kevalaprakasvarpy viayitvena bhavatti taijasa. vivasya saviayatvena prajy sthly bhojyatvam. iha puna keval vsanmtr praj bhijyeti pravivikto bhoga iti.26 samnam anyat. dvitya pdas taijasa.27 Luogo del sogno significa che la sede di questo principio luminoso (taijasa) il sogno. La consapevolezza della veglia provvista di molteplici strumenti, pur essendo solo una vibrazione della mente appare come fosse legata a oggetti esterni e, cos divenuta, trattiene nella mente unimpressione latente. Quella mente, cos modellata come una tela variopinta, senza dipendere da mezzi esterni e stimolata dallignoranza, dai desideri e dai [frutti delle] azioni, appare [anche in sogno] come fosse nella condizione di veglia. Cos stato detto: [Quando egli sogna] avendo preso una parte di questintero mondo ; inoltre avendo introdotto [la questione cos]: nella suprema divinit divenuto uno il passo relativo alla tradizione degli Atharvan [continua]: L, nel sogno questa divinit sperimenta la [sua] grandezza La mente interiore rispetto alle facolt sensoriali, per cui si considera colui la cui coscienza interna chi ha una consapevolezza che nel sogno [assume] la forma delle

Secondo G, prima di descrivere il fenomeno onirico vero e proprio, ne menziona la causa e le ragioni per le quali differente dalla veglia; non solo, ma questa diversit data proprio dalla qualit degli oggetti percepiti nelle due condizioni, che sebbene siano entrambi illusori perch creazioni mentali, la cifra di falsit pi marcata conferita al sogno dal suo essere conosciuto solo mediante il testimone (skivedyat): svapnapadrtha nirpayitu tatkraa nirpayati jgrad ity din. tasy svapnd vaidharmyrtha vieaam ha aneketi. anekni vividhni sdhanni karani yasy s tatheti yvat. viayadvrakam api vaiamya darayati bahir iti. bhyasya abdder viayasyvidyvivartatvena vastuto bhvn na tadviayatvam api yathoktaprajy vstava, ki tu prttikam ity abhipretyoktam iveti. na ca yathokt pramasiddh, tasy anavasthnt. tena skivedy seti vivakitv ha avabhsamneti. dvaitatatpratibhsayor vastuto sattve hetu scayati manaspandaneti. yathokt praj svnurpa vsan svasamndhrm utpdayatty ha tathbhtam iti. 24 G chiarisce lesempio esplicitando che in sogno la mente appare multiforme come nella veglia a causa dellignoranza: jgradvsanvsita mano jgaritavad bhtty atra dntam ha citrita iti. yath paa citrita citravad bhti tath mano jgaritasaskta tadvad bhtti yuktam ity artha yathoktasya manaso jgaritavad anekadh pratibhne krantaram ha avidyeti Si veda anche la PD di Vidyraya con lintero sesto prakaraa intitolato Citradpa. 25 G spiega anche questa forma particolare di aggettivo usata nellU: asya lokasyeti jgaritoktas tasya vieaa sarvvad iti. sarv sdhanasampattir asminn astti sarvavn sarvavn eva sarvn, tasya mtr leo vsan tm apdypacchidya ghtv svapiti vsanpradhna svapnam anubhavatty artha. yat tu svapnarpea pariata mana skio viayo bhavatti, tatra rutyantara darayati tatheti. 26 Ivi, interpreta il termine pravivikta nel senso di skma, sottile, contrapposto a sthla, grossolano, solidamente fisico. 27 G termina indicando il senso della denominazione Taijasa: sthlo viayo yasy vsanmayy prajy na jyate tasy viayasasparam antarea prakamtratay sthitym rayatvena bhavatti svapnadra taijaso vivakita. tejaabdena yathoktavsanmayy prajy nirded ity artha.
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impressioni latenti della mente.28 [Si dice] principio luminoso in quanto il soggetto cosciente in una consapevolezza priva di oggetti la cui natura di sola luce. Poich [il principio] Viva29 provvisto di oggetti [di percezione] grossolani, la consapevolezza grossolana sua fonte di godimento; mentre qui [nel sogno], tuttavia, la fonte desperienza solamente una consapevolezza costituita di impressioni latenti, [ovvero,] un godimento sottile. Il resto uguale [alla glossa del mantra precedente]. Taijasa il secondo piede.

Nonostante queste poche righe siano gi sufficienti a innumerevoli spunti, il finale samnam anyat, riferito saptga ekonaviatimukha, comune con la trattazione della jgtvasth di MU 3, ci suggerisce di riportare anche quelle poche battute:
tath saptgny asya tasya ha v etasytmano vaivnarasya mrdhaiva sutej cakur vivarpa pra pthagvartmtm sadeho bahulo vastir eva rayi pthivy eva pdau [ChU V.18.2] ity agnihotrakalpaneatvenhavanyo gnir asya mukhatvenokta ity eva saptgni yasya sa saptga. tathaikonaviatir mukhny asya buddhndriyi karmendriyi ca daa vyava ca prdaya paca mano buddhir ahakra cittam iti mukhnva mukhni tny upalabdhidvrty artha Dunque, le sue sette membra: In verit di quello, ossia di questo S comune a tutti gli uomini il capo di certo il cielo, locchio il sole dai colori molteplici, il soffio vitale quel principio che segue vie disparate [il vento], la parte di collegamento [= il busto] (sadeha) il vasto [spazio], lacqua (rayi)30 la vescica, invero i piedi sono la terra , poich [questo passo

In una nota (n. 26), Alberto Pelissero (2002: 105) individua due differenti usi in (ad BS II.2.30) dei termini vsan e saskra, solitamente sinonimi, per cui saskra sarebbero le predisposizioni ereditate dalle esistenze precedenti, e le vsan come quei saskra che si manifestano in quanto idee o comportamenti, riprendendo la distinzione di Vysa (ad YS 2,13) 29 Nella MU e nellgamaprakaraa, il termine Viva comunemente usato come sinonimo di Vaivnara, comune a tutti gli uomini. Nonostante ci dobbiamo notare che nel Vednta pi recente vi una certa differenza tecnica tra Vaivnara/Vir e Viva, ossia il primo la somma di tutte le possibilit grossolane nel macrocosmo universale (adhidaiva), mentre il secondo somma di tutte le possibilit grossolane nel microcosmo individuale (adhytma), anche se bisogna dire che la loro corrispondenza soggiace in ogni analisi. In ogni modo, seguendo il testo su cui qui riflettiamo Vaivnara/Viva il principio che sidentifica (abhimnin), appunto, con la totalit delle possibilit individuali grossolane. (ad MU 3) chiarisce cos il termine e la corrispondenza: vive narm ekadh nayand vaivnara. yad v viva csau nara ceti vivnara. vivnara eva vaivnara. sarvapitmnanyatvt sa prathama pda. etatprvakatvd uttarapddhigamasya prthamyam asya., [Si dice] Vaivnara poich conduce tutti gli uomini in una sola volta; oppure egli tutti gli uomini, luomo totale. Luomo totale invero comune a tutti gli uomini. Egli il primo piede, per il fatto che non differente dalla totalit dei corpi [grossolani]: il suo essere al primo posto perch la realizzazione dei piedi successivi avviene con questo come primo. (Si vedano anche le note 67 e 72). 30 La parola rayi significa letteralmente ricchezza. Per traslato, ovvero per implicazione (lakaay), indicherebbe la ricchezza prima e per eccellenza: il cibo; sorgente del cibo per lacqua, per cui per affinit semantica alla vescica, qui col termine rayi sintende acqua. G chiarisce lintero passo: praktasya sanihitaprasiddhasyaiv tmanas trailokytmakasya vakyamarty vaivanaraabditasya sutejastvaguaviio dyuloko mrdhaiveti irastvam upadiyate. vivarpo nnvidha. vetaptdigutmaka srya cakur vivakyate. pthannvidha vartma sacaraam tm svabhavo syeti vyutpatty vyus tayocyate. sa ca pras tasyeti sabandha. bahulo vistraguavn k sadeho dehasya
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scritturale] ausiliario nellimmaginazione del rito dellagnihotra, il fuoco havanya31 stato descritto come suo volto: tali sono le sette membra di colui che ha sette membra. Allo stesso modo le sue diciannove bocche sono le facolt intellettive e le facolt dazione [in tutto] dieci, poi i cinque soffi, a partire dal soffio ascendente32 e gli altri, la mente, lintelletto, il senso dellio e la facolt responsabile del ricordo,33 queste bocche, sono come aperture perch sono le porte per la percezione sensoriale.

Il primo capitolo dellgamaprakaraa quello fondamentale per comprendere la natura sia dei tre stati illusori, sia del vero e unico quarto (POTTER, 1998 [1981]:105-107). Innanzitutto, GP introducendo largomento individua subito il luogo di residenza di Taijasa, ossia lanima individuale identificata con il corpo sottile e lo stato di sogno (I.2): manasy antas tu taijasa/, mentre il principio luminoso allinterno della mente, 34 nellemistichio vede il collegamento delle due condizioni iniziali:
madhyamo bhgo rayi anna taddhetur udaka vastir asya mtrasthna pthivy eva pratihtvagu vaivnarasya pdau tad yad bhakta prathamam gacchet tad dhomyam ity agnihotrakalpan rut. tasy eatven havanyo gnir asya mukhatvenokta iti yojan 31 Nel sacrificio vedico vi sono, in verit, undici fuochi, dei quali solo tre sono i pi importanti e menzionati: grhapatya, il fuoco domestico, havanya, il fuoco orientale per le oblazioni agli di e dhiya o dakigni, il fuoco meridionale, per le oblazioni agli antenati. Il grhapatya ha due variet: quel grhapatya che si usa durante il sacrificio di soma il puragrhapatya, antico grhapatya. Talvolta avviene che il somayga si effettui nellhavanya, il quale diviene grhapatya, o meglio, ntanagrhapatya, nuovo grhapatya (PELLEGRINI, 2010: 165). 32 Cinque sono i soffi vitali principali, ognuno dei quali con funzione propria e seggi precisi, sebbene la sua natura intrinseca sia il moto. Un famoso verso, aggiunto immediatamente dopo Amarakoa (AK I.1.63) anche se riconosciuto come aggiunta successiva, indica: hdi pro gde pna samno nbhimaale/ udna kahadee syd vyna sarvaarraga//, Nel cuore c il pra, nellano lapna, nella regione dellombelico il samna, nella gola ludna, mentre il vyna si muove per tutto il corpo. Il Tarkasagraha (TS, ATHALYE, 1988: 9) aggiunge: arrntasacr vyu pra. sa caiko py updhibhedt prpndisaj labhate., Il vento che si muove allinterno del corpo si dice soffio vitale; questo, pur essendo uno, per la differenziazione degli accidenti ottiene denominazioni quali pra, apna ecc Il Vedntasra (VS, HIRIYANNA, 2004: 5) chiarisce le rispettive funzioni dei vari soffi, compresi i cinque soffi minori: vyava prpnavynodnasamn. pro nma prggamanavn nsgrasthnavart, apno nmvggamanavn pyvdisthnavart. vyno nma vivaggamanavn akhilaarravart. udno nma kahasthnya rdhvagamanavn utkramaavyu. samno nma arramadhyago itaptnndisamkaraakara. kecit tu ngakrmakkaladevadattadhanajaykhy pacnye vyava santti vadanti. tatra nga udgiraakara. krma unmlanakara. kkala kutkara. devadatto jbhaakara. dhanajaya poaakara. ete prdiv antarbhvt prdaya pacaiveti kecit., I soffi sono pra, apna, vyna, udna e samna. Il pra possiede un movimento che va verso avanti e sta nella regione sulla punta del naso; lapna ha un movimento che va verso il basso sta nella regione dellano, ecc.; il vyna ha un movimento in tutte le direzioni e sta in tutto il corpo; ludna, che sta nella gola ha un movimento che va verso lalto ed laria della dipartita. Il samna va nel mezzo del corpo ed il soffio responsabile della digestione del cibo che stato mangiato, bevuto o altro. In ogni modo taluni dicono che ci sono altri cinque soffi chiamati: nga, krma, kkala, devadatta e dhanajaya. Tra essi il nga responsabile del ruttare; krma deputato ai battiti di ciglia; kkala provoca la fame; devadatta provoca gli sbadigli mentre dhanajaya causa la grassezza. Per alcuni [dicono che] i soffi vitali sono solo cinque il pra ecc., perch questi rientrano nel pra e negli altri. Si veda anche Garua Pura II.32.45 (FILIPPI, 1996: 89, n. 23). 33 Traduciamo il termine in questo modo fedeli allimpianto di analisi vedntica del nostro elaborato, per cui si confronti con linterpretazione del Pratyakapariccheda del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 96-97). Tuttavia possibile intendere citta anche come autore dellimmaginazione in genere. 34 Ricordo che la stessa strofa indica pure le residenze degli altri due abhimnin delle restanti avasth: nellocchio destro (dakiki) Viva e nelletere del cuore (hdayka) Prja. Proprio per introdurre il commento a questo passo, spiega che gi durante la condizione di veglia gli stati sono tutti e tre esperibili: jgaritvasthym eva vivdn traym anubhavapradaranrtho ya loka dakikti, Questa stanza [che inizia per] Locchio destro per mostrare lesperienza dei tre stati, il cui primo Viva e gli altri gi nella condizione di veglia. Certamente

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dakikigato rpa dv nimlitkas tad eva smaran manasy anta svapna iva tad eva vsanrpbhivyakta payati. yath tra tath svapne. ato manasy antas tu taijaso pi viva eva ... [Lanima individuale] che sta nellocchio destro, avendo visto la forma e chiusi gli occhi, allinterno della mente la rammenta e, come fosse in sogno, vede quella stessa resa manifesta dalle impressioni latenti: com qui [in jgrat], lo stesso [accade] in sogno. Pertanto, anche il principio luminoso allinterno della mente invero Viva 35

Ancora , costantemente memore della stretta corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo, per la prima volta volge lattenzione del lettore alla congruenza tra i principi Taijasa e Hirayagarbha, lembrione doro:
taijaso hirayagarbho manasthatvt.36 liga mana [BU IV.4.6], manomayo ya purua [BU V.6.1] ity dirutibhya Poich il principio luminoso risiede nella mente [della natura del]lembrione doro, [come testimoniato] da questi e altri passaggi scritturali: Il corpo sottile la mente, Questo essere sostanziato di mente

Dalla strofa I.7, comincia il lento ma inesorabile processo di avvicinamento allequiparazione e, in definitiva, identificazione di jgrat con svapna. Nel testo GP presenta alcune delle dottrine cosmologiche pi in voga al suo tempo. Nel secondo semiverso si allude a coloro, con tutta probabilit sono i buddhisti Vijnavdin del Grande Veicolo, per i quali il sogno e la veglia sono identici, in quanto entrambi immagini relegate al mentale
questo non pu che far pensare alla successiva divisione, gi di Surevara, di ognuno dei tre stati ancora in tre gradini, come ricordato nella precedente parte di questo stesso capitolo (pp. 378-380). 35 G, con la consueta chiarezza, riempie tutti i vuoti che non ritiene doveroso esplicitare, prendendo le mosse da un ipotetico dubbio sulla possibilit di cogliere anche Taijasa nella condizione di veglia. Questo permette di mostrare quanto invero i due principi tutelari delle rispettive condizioni siano una sola entit in due differenti circostanze, avvolta da differenti limitazioni accidentali. Ci conduce alla consueta analogia, se non identificazione, del sogno e della veglia: yady api dehadeabhede vivo nubhyate, tathpi katha jgarite taijaso nubhyata ity akya dvitya pda vycae. dakieti. yath svapne jgaritavsanrpebhivyaktam arthajta dra nubhavati tathaiva jgarite dake cakui dratvena vyavasthita sanika rpa dv punar nimlitko dam eva rpa rpopalabdhijanitasamudbuddhavsantman manasy antar abhivyakta smaran vivas taijaso bhavati. tath ca tayor bhedak nvakavatty artha. svapnajgaritayor vilakaatvt taddraor vivataijasor api vailakayam ucitam ity aky ha yatheti. jgarite yath rthajta dra payati tahaiva svapne tad upalabhate. tato na tayor vailakayasiddhir ity artha. dvityapdasya vykhym upasaharati ata iti. sthnadvaye dratur bhedak niravaketi darayitum evakra 36 Lidentit tra i due principi si fonda sullessere limitati dal medesimo updhi, ossia laggregato psichico, per cui lespressione manasthtvt equivarrebbe a manopahitatvt.

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(buddhistha): svapnamysarpeti sir anyair vikalpit//, Da altri la manifestazione immaginata della stessa natura di un sogno o una magia.37 Gauapda, a partire dallundicesima fino alla sedicesima krik del suo enfatizza il fatto che Viva e Taijasa sono rispettivamente luno effetto della veglia e laltro causa della stessa ed effetto di Prja, nonch sono caratterizzati da miscomprehension, una mala comprensione (anyathgrahaa) e non comprensione (agrahaa) (FORT, 1990: 27-35; SHARMA, A., 2004: 41-48). Secondo GP, la fase di agrahaa o tattvgrahaa rappresenta appunto il sonno senza sogno, nella sua condizione causale, mentre laltra, anyathgrahaa per lo pi il sogno, anche se lanalogia sogno-veglia tende a voler estendere questa definizione anche alla veglia. La non comprensione della realt causa (kraa) della mala comprensione, che ne leffetto (krya). Al modo in cui qualcuno scambia una fune per un serpente, solo perch la fune non percepita correttamente, cos luniverso della molteplicit percepito solo perch non si riesce a cogliere il S. Poich la cognizione della pluralit presente tanto in sogno, quanto nella veglia, la conclusione che si pu trarne che entrambi sono dello stesso materiale. Sia Viva, sia Taijasa sono legati a relazioni di causa-effetto, in quanto sottostanno allala oscuratrice dellignoranza e delle sue proiezioni illusorie. Se si correlano le tre avasth si comprender che, da un punto di vista ontologico, nella veglia troviamo contenuti sia il sogno, sia il sonno profondo. Virando, invece, verso la teoria della conoscenza, il pramastra, nella veglia troviamo sia anyathgrahaa sia tattvgrahaa; allo stesso modo, a scalare, nel sogno, che anyathgrahaa, contenuto anche il sonno profondo, in forma di tattvgrahaa; infine in suupti c solo un sogno senza sogni, caratterizzato dalla sola non comprensione, tattvgrahaa (MAHADEVAN, 1960: 104-105). La disamina si focalizza sullaccertamento della natura di turya, mediante lesame sia delle caratteristiche generiche, sia di quelle specifiche di Viva, Taijasa e Prja (GK I.11, WOOD, 1992: 113-114):
kryakraabaddhau tv iyete vivataijasau/ prja kraabaddhas tu dvau tau turye na sidhyata// I due, Viva e Taijasa sono considerati legati alleffetto e alla causa, Prja invece legato alla causa. Entrambi non esistono nel quarto.38
37 Il verso richiama da vicino passaggi di testi buddhisti come LAS (13, 11, 16, 66, 144, 291, 561, 582, 875). Richard King (1997: 262) sostiene la preferibilit della lettura di Bhattacharya (1989 [1943]: 3 [VECCHIOTTI, 1989: 94]; PELISSERO, 2002: 114), contro linterpretazione corrente di altri autori moderni (KARMARKAR, 1973: 3; NIKHILANANDA, 1995: 39) e tradizionali, come stesso. A nostro parere la lettura sarpa pi in armonia con il retroterra culturale del testo, anche se svarp lungi dallessere errato.

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In tutta la storia concettuale dellAdvaita Vednta si riscontra il medesimo approccio: il mondo, sia esso empirico o apparente, va indagato per determinarne lillusoriet; determinata questa, automatico lo stabilirsi della non dualit sempre esistente.39 In verit, di questo tipo di atteggiamento, che oseremmo definire quasi ofidico, intrisa ogni sfaccettatura del pensiero Advaita. Proprio commentando MU 7, fornisce un meraviglioso esempio di quanto inteso. Lo stimolo fornito da un prvapakin dubbioso sullopportunit di aggiungere alcuni aggettivi nella descrizione scritturale di turya:
nanv tmana catupttva pratijya pdatrayakathanenaiva caturthasyntaprajdibhyo nyatve siddhe nntaprajam itydipratiedho narthaka. na, sarpdivikalpapratiedhenaiva rajjusvarpapratipattivat tryavasthasyaivtmanas turyatvena pratipipdayiitavyatvt, tat tvam astivat. tmaika yadi hi tryavasthtmavilakaa evntaprajditvena turyam anyat tatpratipattidvrbhvc yad anarthachstropadenarthakya nyatpattir v rajjur iva sarpdibhir vikalpyamn sthnatraye py vikalpyate evtmany tadntaprajatvdipratiedhavijnapramasamaklam

prapacanivttilakaaphala parisamptam, iti turydhigame pramntara sdhanntara v na mgyam. rajjusarpavivekasamakle iva rajjv sarpanivttiphale sati rajjvadhigamasya. ye punas tamo panayavyatirekea ghadhigame prama vypriyate, te chedyvayavasabandhaviyogavyatirekenyatarvayave pi cchidir vypriyata ity ukta syt. yad punar ghaatamasor vivekakarae pravtta pramam anupditsitatamonivttiphalvasna chidirivac chedyvayavasabandhavivekakarae pravtt tadavayavadvaidhbhvaphalvasn tad nntaryaka ghaavijna na tatpramaphalam. pravttasya turye na ca tadvad apy tmany adhyropitntaprajdivivekakarae anupditsitntaprajatvdinivttivyatirekea pratiedhavijnapramasya vypropapatti.

antaprajatvdinivttisamaklam eva pramttvdibhedanivtte. tath ca vakyati jne dvaita na vidyate [MK I.18] iti. jnasya dvaitanivttikaavyatirekea kantarnavasthnt. avasthne

Bhattacharya (IBID.) e Pelissero (IBID., n. 86) indicano unanalogia con un testo con tutta probabilit precedente anche alle GK, ossia il Paramrthasra (PAS) di di ea, il quale parla di tre condizioni transitorie e una quarta vera e immutabile. In questo caso la stanza di PAS (31) indica una corrispondenza tra le tre condizioni e le tre fasi di manifestazione, conservazione e distruzione. Ricordiamo che anche il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 395-402) indica una corrispondenza del nityapralaya con il sonno profondo: tribhir eva vivataijasaprjai dimadhyanidhankhyai/ jgratsvapnasuuptair bhramabhtai chdita turyam//, con la traduzione di S. S. Suryanarayana Sastri (2003: 16) (He spreads himself out) in the three forms, Viva, Taijasa and Prja, (related to the three states of) waking, dreaming and sleep, which are called (respectively) origination, the intermediate stage (of preservation) and destruction; by these same (three, though) delusive, is concealed (a sit were) the fourth (the real light that is the Self). Si veda anche la Brahmasiddhi (BSi) di Maana Mira (1937: 149-150). Pelissero (IBID.) ricorda anche altri passaggi testuali da confrontare: Naikarmyasiddhi (NS IV.41) e BUBV I.4.712. 39 Si veda il vero e proprio incipit dellAdvaitasiddhi (AS, 1997: 8): tatrdvaitasiddher dvaitamithytvasiddhiprvakatvd dvaitamithytvam eva prathamam upapdanyam
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cnavasthprasagd dvaitnivtti. tasmt pratiedhavijnapramavyprasamaklaivtmany adhyropitntaprajatvd anarthanivttir iti siddham. [Obbiezione:] Di certo, premettendo che il S possiede un quadruplice piede, con lenunciazione dei tre piedi dopo che la diversit del quarto da ci che consapevole dellinterno e degli altri [tre stati] stata comprovata, [risulta] allora vana la negazione N ci che consapevole dellinterno e le altre [espresse nel mantra]. [Risposta:] No, poich come avviene per il riconoscimento della vera natura della fune, [ossia] si ha solo in virt della negazione della modificazione mentale [in forma] del serpente e altre [entit illusorie simili], [o ancora] come avviene per [le grandi sentenze come] Tu sei Quello, [anche qui il testo] desidera esporre lessere quarto delltman, presente in tutte e tre le condizioni. Se dunque il quarto altro, differente dal S provvisto di tre condizioni, non essendoci alcun mezzo per comprenderlo, [sincorrerebbe] nella vanit dellinsegnamento scritturale o nella dottrina della vacuit [buddhista]. Come la corda che si modifica nel serpente e altri aspetti, anche lunico S quando nelle tre condizioni si immaginato come colui che consapevole dellinterno ecc., allora nello stesso momento in cui [sorge] il mezzo di conoscenza [che non altri che] la conoscenza della negazione delle caratteristiche quali quella dellessere consapevole dellinterno e le altre, [allora] nel S ottiene un risultato che ha per natura il ritrarsi dello sviluppo di ci ch indesiderato; [pertanto] quando si realizzato il quarto nessun altro mezzo di conoscenza o nessun altro metodo deve essere seguito. Proprio come accade a proposito della corda, contemporaneamente alla discriminazione tra fune e serpente, non appena si ha come frutto la cancellazione del serpente [subito] si percepisce la corda. Per coloro [secondo i quali] un mezzo di conoscenza funziona oltre alla [semplice] rimozione della tenebra per quanto concerne la percezione di un vaso,40 costoro potrebbero allora anche sostenere che oltre alla recisione del contatto tra le parti che compongono un oggetto da tagliare (chedya) lazione di tagliare agisce anche in una delle due parti.41 Quando poi il mezzo di conoscenza si attiva per discriminare il vaso dalloscurit, il suo culmine il risultato delleliminazione delloscurit indesiderata, proprio allora la conoscenza del vaso immediata [lett. non ha intervallo in mezzo] e non il frutto del mezzo di conoscenza. [Esattamente] al stesso modo in cui lazione di tagliare attiva nel recidere il contatto tra le parti costituenti delloggetto da tagliare, ha come suo culmine il frutto della divisione in due parti di quello.

Ci significa che il mezzo di conoscenza non ha solo unazione debellatrice della tenebra, ossia dellignoranza relativa al vaso, bens ha anche funzione positivamente attiva nel processo di conoscenza. 41 Lintero passaggio, scritto in modo molto sintetico. Ci pare di intendere che voglia convenire che in verit la funzione di un prama volto a cogliere un vaso o quantaltro esclusivamente il dipanamento della tenebra dignoranza in cui stava il vaso. Non altra la sua funzione. Ugualmente, per realizzare la natura di turya, del S, basta solo liberarlo dalle limitazioni e concezioni di antapraja e le altre. , poi, apostrofa coloro che ritengono che il mezzo di conoscenza, oltre allallontanamento della tenebra, abbia pure funzioni attive nel processo di acquisizione della conoscenza, costoro come se affermassero che lazione di tagliare un oggetto, oltre alla separazione delle parti, compie unaltra azione in una delle due parti, il che del tutto assurdo.
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Proprio cos, con la discriminazione delle caratteristiche quali antaprajatva e le altre sovrapposte sul S, nel quarto non possibile alcuna attivit del mezzo di conoscenza attivatosi per la conoscenza della negazione che non sia leliminazione delle indesiderate caratteristiche dellessere consapevole dellinterno e le altre, poich al momento stesso della cancellazione delle caratteristiche quali antaprajatva e le altre si ha [pure] leliminazione delle differenze quali la condizione di essere soggetto conoscente e le altre [legate a essa].42 Cos dir [pi avanti il testo]: Una volta realizzato [il S], non c dualit ..., infatti, oltre allistante della cessazione della dualit tale conoscenza43 non ha altro istante di permanenza, se permanesse, allora ci troveremmo di fronte a un regressus ad infinitum44 e una conseguente permanenza [lett.: non cancellazione] della dualit. Pertanto stabilito che proprio simultaneamente allattivarsi del mezzo di conoscenza, [costituito] dalla conoscenza della negazione, si attua la cancellazione di ci che non desiderato, che sono le condizioni di antaprajatva e le altre sovrapposte sul S.45

Ritornando a noi, T. M. P. Mahadevan (1960: 104) specifica che la causa la non comprensione della realt, mentre per effetto si deve intendere la mala comprensione. Questo concorda con la denominazione di stato causale (kravasth), quello proprio del corpo causale (kraaarra) con cui in suupti il S come Prja esperisce la beatitudine (nanda) (KING, 1997: 146; WOOD, 1992: 59). commenta chiarendo il senso dei termini causa ed effetto in questa circostanza:
krya kriyata iti phalabhva. kraa karotti bjabhva. tattvgrahanyathgrahabhy bjaphalabhvbhy tau yathoktau vivataijasau baddhau saghtv iyete. prjas tu bjabhvenaiva baddha. tattvpratibodhamtram eva hi bja prjatve nimittam. tato dvau tau

Ovviamente le altre propriet legate a pramttva sono pramatva, prameyatva e pramtva. Qui si fa riferimento a jna nel suo senso secondario, ovvero di valida sorta di modificazione mentale, conosciuta come vttijna, mutevole e transitoria. Daltro canto abbiamo la svarpajna, la conoscenza della natura intrinseca, non differente dal principio stesso. Per anche la conoscenza mutevole partecipa della natura della conoscenza pura, infatti dipana le tenebre dellignoranza relativa a questo o quelloggetto o concetto, per cui la parola indicante in primis la conoscenza suprema, si usa in senso figurato (upacra) lo stesso termine (VP, DVIVED, P.N. [ED.], 2000: 47-48). 44 Il regressus ad infinitum qui sopra prospettato si spiega cos: i mezzi di conoscenza che si utilizzano per realizzare la non-dualit, sono anchessi propri del mondo fenomenico. Seguendo questo ragionamento, anche il vttijna, unico mezzo capace di annichilire la dualit, per il fatto di essere anchesso una modificazione mentale non sfugge alla dualit. Se questultima permanesse anche dopo aver eliminato con successo lillusione delluniverso, si necessiterebbe di unaltra vtti per eliminare la prima, e cos via senza sosta. Il risultato, oltre al difetto logico, sarebbe la costante presenza di un irriducibile dualismo. per questo che vttijna ha il potere di cancellare la dualit ed esaurire s stesso nellistante immediatamente successivo alla dvaitanivtti. Nel contesto in cui si parla dellultima e intramontabile, indivisa vtti del realizzato (akhakravtti), di colui che ha ferma consapevolezza (sthitapraja, BG II.54-72), si illustra il processo di spegnimento di questultima vtti con lesempio dellallume, una pietra cristallina solubile che si lascia nellacqua affinch la purifichi portando sul fondo ogni impurit. Bene, lallume dopo aver reso pura lacqua si scioglie senza pi lasciare traccia di s (PELLEGRINI, 2010: 161, n. 50). 45 Si vedano A. O. Fort (1990: 168-171) e Pelissero (2002: 118-119).
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bjaphalabhvau tattvgrahanyathgrahae turye na sidhyato na vidyate na sabhavata ity artha. Leffetto quanto prodotto, caratteristica [propria] del frutto; la causa produce, caratteristica [propria] del seme. Quei due Viva e Taijasa, sovra descritti, sono detti essere legati, [cio] costretti, alla non comprensione e mala comprensione della realt, ai concetti di seme e frutto; invece Prja legato al solo essere seme; in effetti, la ragione nellessere Prja tale seme, che non altri che la non comprensione della realt. Pertanto quei due, i concetti di seme e frutto, la non comprensione e la mala comprensione della realt, non si danno, non ci sono, non sono possibili nel quarto. Questo il senso.46

A questo proposito Karmarkar (1973: 63) specifica che nella veglia, come nel sogno presente una cognizione dominata dalla dualit (dvaitabuddhi) delle relazioni soggettooggetto (viayaviayibhva), conoscitore-conosciuto (jatjeyabhva), ghermitore-ghermito (ghyagrhakabhva) e effetto-causa (kryakraabhva), nel sonno profondo non vi sono n oggetti, n enti conosciuti o colti, anche se Prja resta ancora legato ai lacci della condizione seminale dellignoranza causale (GK I.13).47 Da tutto ci assolutamente libero turya.48 Le due successive versificazioni di GP, GK I.14-15 sono di grande interesse per la nostra indagine:
svapnanidryutv dyau prjas tv asvapnanidray/ na nidr49 naiva ca svapna turye payanti nicit//50 anyath ghata svapno nidr tattvam ajnanta/ viparyse tayo ke turya padam anute//51

Si veda Pelissero (2002: 122, n. 87). GK I.13: dvaitasygrahaa tulyam ubhayo prjaturyayo/ bjanidryuta prja s ca turye na vidyate//, La non percezione della dualit uguale in entrambi Prja e turya, ma mentre Prja unito al sonno seminale, questo [sonno] non si trova nel quarto (13). Commentando il passo afferma che il sonno la mancanza di consapevolezza nei confronti della realt (tattvpratibodho nidr) e per questo il germe della creazione delle particolarit e delle differenze (vieapratibodhaprasavasya bjam) (CONIO, 1971: 121). 48 GK I.12 specifica la differenza vigente tra terzo stato e quarto: ntmna na par caiva na satya npi cnta/ prja kicana savetti turya tatsarvadk sad//, Prja non comprende nulla, n s, ne gli altri, n la verit e neppure lirrealt; il quanto [invece] sempre veggente di tutto ci. (NIKHILANANDA, 1995: 59, n. 3). 49 Col termine nidr qui intende suupta, per cui ravvisabile uninfluenza da YS I.10 (BHATTACHARYA, 1989 [1943]: 7). 50 introduce la krik I.15 con la domanda: kad turye nicito bhavatty ucyate , Quando diviene certo riguardo al quarto?, si risponde 51 Sono riscontrabili simili affermazioni in NS IV.42, US XVIII.26, BUBV I.4.615 (IBID.; PELISSERO, 2002: 123, n. 92).
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I primi due [Viva e Taijasa] sono legati al sogno e al sonno, invece Prja n al sonno senza sogni. Quanti hanno accertato [la natura del proprio S] nel quarto non vedono n sonno, n sogno (14). Il sogno di chi coglie altrimenti la realt, il sonno di chi la realt non [la] conosce [affatto]; non appena sallenta lerrore relativo a questi due, si ottiene il quarto piede (15).

Il commento di (ad I.14) la riprova di quanto fin dallinizio la nostra tesi sostiene, ovvero lequivalenza in ambito vedntico dellerrore percettivo (bhrama/bhrnti) e il sogno, affermando per la prima volta la distinzione tra sogno, caratterizzato da anyathgrahaa e sonno in cui domina lagrahaa52 della realt:
svapna anyathgrahaa sarpa iva rajjvm.53 nidrokt tattvpratibodhalakaa tama iti. tbhy svapnanidrbhy yuktau vivataijasau. atas tau svapnavarjitakevalayaiva nidray yuta iti kraabaddha ity uktam. nobhaya payanti turye nicit brahmavido viruddhatvt savitarva tama. ato na kryakraabaddha ity uktas turya (14) svapnajgaritayor anyath rajjv sarpa iva ghatas tattva svapno bhavati. nidr tattvam ajnatas tisv avasthsu tuly. svapnanidrayos tulyatvd vivataijasayor ekaritvam. anyathgrahaapradhnyc ca guabht nidreti tasmin viparysa svapna, turye tu sthne tattvjnalaka nidraiva keval viparysa. atas tayo kryakraasthnayor anyathgrahagrahaalakaaviparyse kryakraabandharpe paramrthatattvapratibodhata ke turya padam anute. tadobhayalakaa bandharpa tatrpayas turye nicito bhavatty artha (15).

Il sogno una comprensione altrimenti [dalla realt] come il serpente [visto] sulla fune, invece il sonno stato detto essere una tenebra caratterizzata dalla non comprensione della realt. Associati a questi due stati ci sono Viva e Taijasa, per questo essi sono stati descritti come legati alleffetto e alla causa. Prja, daltro canto, descritto come legato alla causa, associato solamente al sonno privo di sogni. Coloro che hanno accertato [la natura del proprio S], i conoscitori di brahman non vedono nessuno dei due, dal momento che c unopposizione [tra essi e il quarto] come loscurit nei confronti del sole. Per questo il quarto stato definito come non legato n a effetto, n a causa (14)54 Il sogno di chi coglie

Fort (1990: 209, n. 122) sottolinea, senza per completare lequivalenza, una corrispondenza delle due nature, con le due potenze proprie di my e descritte nel Vednta pi recente. Pertanto il potere di celare la realt (varaaakti) sarebbe assimilabile allagrahaa mentre quello di proiettare delle costruzioni estranee a essa sulla realt (vikepaakti) allanyathgrahaa. 53 G: yath rajjv sarpo ghyamo nyath ghyate, tath tmani dehdigrahaam anyathgrahaam. tmano dehdivailakayasya rutiyuktisiddhatvt tena svapnaabditennyathgrahaena sasatva vivataijasayor aviiam ity artha 54 Si confronti con la strofa III delle Skhyakrik, enunciante lalterit del principio purua, rispetto alla sostanza causale o, se vogliamo, natura naturas (prakti) e a alla sostanza causata, natura naturata (vikti): na praktir na vikti purua.
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altrimenti la realt, come [di chi coglie] il serpente nella corda nello stato di sogno e in quello di veglia; il sonno di chi la realt non [la] conosce [affatto], [cosa che] comune nelle tre condizioni;55 allora per la somiglianza [nel possedere] sogno e sonno Viva e Taijasa formano un solo gruppo.56 In questo gruppo, per la predominanza della mala comprensione, il sonno secondario, mentre lerrore il sogno. Nel terzo stato invece, solo il sonno caratterizzato esclusivamente dalla non comprensione lerrore. Perci quando di questi due che fungono dalle condizioni di effetto e causa, lerrore consistente e nella mala comprensione e nella non comprensione il cui aspetto il legame ai concetti di effetto e causa distrutto dalla realizzazione della realt suprema, allora si ottiene il quarto piede. Quindi, non vedendo l [nel quarto] il legame della natura di entrambi [causa ed effetto], [luomo] diventa certo riguardo al quarto. Questo il significato [della strofa] (15).

Le strofe GK I.16-18, mostrano invece il risultato per chi si risveglia dal torpore e dal sogno della dualit, ricordando da vicino la descrizione del veggente silenzioso di BG (II.69) che veglia quando gli altri dormono, mentre dorme l dove il mondo si attiva. Su questo torneremo per al termine della nostra analisi (PELISSERO, 2002: 125-126, n. 96):
andimyay supto yad jva prabudhyate/ ajam anidram asvapnam advaita budhyate tad// 16 // prapaco yadi vidyeta nivarteta na saaya/ mymtram ida dvaitam advaita paramrthata// 17 // vikalpo vinivarteta kalpito yadi kenacit/ upaded aya vdo jte dvaita na vidyate// 18 //

Quando lanima individuale, addormentata per lillusione senza origine, si desta, allora realizza il non nato, linsonne, il senza sogno, il non duale (16).57 Se lo sviluppo fenomenico esistesse, senza dubbio cesserebbe: solo unillusione questa dualit, dal punto di vista assoluto c [solo] la non dualit (17).58 Se fosse immaginata da qualcuno, una falsa nozione

A nostro parere, qui Fort (1990: 183) non coglie che pur essendo nidr, sostantivo femminile a essere concordato con laggettivo comune (tuly), tuttavia la caratteristica propria del sonno, ovvero lagrahaa ad essere comune a tutti e tre gli stati. Ricordiamo che per questo motivo lAiU (III.1.12) considera sonno tutti e tre gli stati, perch nei tre si appunto ancora addormentati alla realt del quarto. Del nostro stesso parere fu T. M. P. Mahadevan (PELISSERO, 2002: 124, n. 94). 56 Un gruppo formato da Viva e Taijasa, che hanno in comune la caratteristica propria sia del sogno, sia della veglia: lanyathgrahaa. Prja, caratterizzato dal solo agrahaa forma un secondo gruppo a s stante. 57 Citato pure nel BSB II.1.9 e nel Mnasollsa (I.13) di Surevara (PELISSERO, 2002: 124-126; KAPLAN, 1987: 88-95; KARMARKAR, 1973: 62).x 58 Bhattacharya (1989 [1943]: 7-8) fa riferimento a un passo del commento Prasannapada di Candrakrti (fine VI-VII sec.) ad MaK XVIII.5.
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cesserebbe. Questaffermazione per linsegnamento, una volta realizzato [lAssoluto], la dualit non esiste (18).59 (PELISSERO, 2002: 125-128).

La fase iniziale del commento alla strofa 16 ci serve pi da vicino. Ogni genere di legame col mondo, sia esso con oggetti, persone o con tendenze psichiche, esperito tanto durante la veglia, quanto nel sogno invariabilmente un sogno, perch evanescente, vano, passeggero. Nella prima strofa citata si indica precisamente che una volta realizzata la vera natura del proprio S, ci si risveglia a una realizzazione tale per cui qualsiasi condizione precedente a essa era vista sia come un sonno prolungato, per via della tenebra che avvolgeva lindividuo, sia come un sogno, in quanto tutto ci che lindividuo vedeva non era che unimmagine priva di realt. Sta di fatto che in queste considerazioni si possono intravvedere i primi spiragli alle successive teorie Advaitin relative alle due potenze di avidy. Sappiamo, tra gli altri, dal Sakepa rraka (I.20) di Sarvajtman (IX-X sec.) e poi Vedntasra (VS, HIRIYANNA, 2004 [1929]: 4)60 che esistono due potenze (aktidvayam) dellignoranza. Una conosciuta come potenza capace di velare, di ricoprire celando la vera natura del S (varaaakti). Daltro canto abbiamo una seconda potenza, la quale agisce sulle fondamenta gettate dalla prima. Sulla coltre di tenebra gettata sul S la potenza di proiezione (vikepaakti) fa in modo che si sviluppino dei riflessi illusori, i quali appaiono al S, oramai divenuto jva, come veritieri. Questa appunto la proiezione del mondo, la quale avviene per opera di avidy, proprio come su di una fune proiettata limmagine apparente di una serpe o su una madreperla quella dellargento. Questequivalenza ci fa rammentare quello che GP sostiene rispetto alla mala comprensione (anyathgrahaa) e alla non comprensione (agrahaa), ove la prima una condizione di effetto e rappresenta per lo pi il sogno, ma abbraccia anche la veglia, mentre la
Bhattacharya (IBID.: 8-9) menziona una corrispondenza, peraltro un po sparsa, tra la strofa I.18 di MK e Yogavaiha/Mokopaya (YV/MU III.84.19-27). Per cui I.18b corrisponderebbe a III.84.25a e III.84.27b. 60 Nel VS, Sadnanda scrive: asyjnasyvaraavikepanmakam asti aktidvayam. varaaaktis tvad alpo pi megho nekayojanyatam dityamaalam avalokayitnayanapathapidhyakatay yathcchadayatva tathjna paricchinnam apy tmnam aparicchinnam asasriam avalokayitbuddhipidhyakataycchadayatva. tda smarthyam ... anayaivvaraaaktyvacchinnasytmana karttvabhokttvasukhadukhamohtmakatucchasasrabhvanpi sabhvyate yath svjnenvty rajjv sarpatvasabhvan. vikepaaktis tu yath rajjvajna svvtarajjau svaakty sarpdikam udbhvayaty evam ajnam api svvttmani vikepaaktykdiprapacam udbhvayati. tda smarthyam , Di questignoranza esistono due potenze, la potenza velante e la potenza proiettiva. La potenza velante una tale e siffatta capacit: al modo in cui una seppur piccola nuvola, poich intralcia il campo della vista di qualcuno che osserva, come se coprisse la sfera solare estesa per molteplici yojan, allo stesso modo lignoranza, sebbene limitata, poich intralcia lintelletto di colui che guarda, come se ricoprisse il S che pur illimitato e non trasmigrante ... Tramite questa potenza velante per il S cos limitato sorge anche lidea del divenire irreale caratterizzato dalle propriet di azione, di fruizione, dal piacere e dal dolore e dallillusione, proprio come in una corda che avvolta dallignoranza di s stessa, sorge la nozione del possesso della propriet di essere serpente. Il potere proiettivo, invece, una capacit tale che al modo in cui lignoranza di una corda, per intercessione della propria potenza, fa sorgere un serpente o qualcosa di simile sulla corda ricoperta da essa stessa, allo stesso modo anche lignoranza, per via della sua potenza capace di proiettare, fa sorgere lo sviluppo fenomenico delletere e degli altri [elementi] sul S avvolto da essa [= dallignoranza]
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seconda una condizione causale che riguarda il sonno profondo. Bene, sembra quasi che la tenebra dellagrahaa assomigli allvaraaakti, mentre la potenza proiettiva appare strettamente connessa con lanyathgrahaa che caratterizza sogno e veglia. Vediamo ancora cosa ha da dire :

yo

ya

sasr

jva,61

sa

ubhayalakaena

tattvpratibodharpea

bjtman,

anyathgrahaalakaena cnadiklapravttena mylakaena svpena, mamya pit putro ya napt ketra gha paavo ham e svm sukh dukh kayito ham anena vardhita cnenety evaprakrn svapnn sthnadvaye pi payan supta

Quello questanima individuale trasmigrante. Costui per via del sonno che ha per natura lillusione che procede da un tempo senza origine, caratterizzata da entrambe le caratteristiche, ossia quella in forma della non comprensione della realt, vale a dire la condizione seminale e quella sostanziata della mala comprensione, addormentato in entrambi gli stati mentre guarda questi tipi di sogni: Questo mio padre, [questo] il figlio, il nipote, il campo, la casa, gli armenti; io sono il loro padrone, io sono felice, io sono addolorato; io sono da ci rovinato, da ci sono accresciuto...

Quanto detto qui sopra ci ricorda un passaggio delladhysabhya del BSB, che ci riconducono appunto al perno di tutto limpianto dellAdvaita, la dottrina della sovrapposizione (adhysa) del S (tman) sul non s (antman) e viceversa, quando se ne d la seconda definizione:
adhyso nma atasmis tadbuddhir ity avocma. tad yath putrabhrydiu vikaleu sakaleu v aham eva vikala sakalo veti, bhyadharmn tmany adhyasyati, tath dehadharmn sthlo ha, ko ha, gauro ha, tihmi gacchmi, laghaymi ceti. tathendriyadharmn mka, ka, klba, badhira, andho ham iti. tath ntakaraadharmn kmasakalpavicikitsdhyavasydn.62

61 Si veda BSB I.1.5. G chiarisce brevemente chi in verit il trasmigrante e spiega il perch la trasmigrazione avviene: paramtmaiva jvabhvam panna sasaratty artha. tasya katha jvabhvpattir ity akya kryakraabaddhatvd ity ha sa iti 62 Si veda BU I.5.3 e discussione in VP, strettamente legata alla dottrina della sovrapposizione (DVIDEV, P. N. [ED.], 2000: 49; GUPTA, B.: 1995 147-154).

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evam ahapratyayinam aeasvapracraskii pratyagtmany adhyasya ta ca pratyagtmna sarvaskia tadviparyayenatakaradiv adhyasyati 63 Affermammo che si dice sovrapposizione la cognizione di qualcosa su ci che tale non . Siffatto [fenomeno] sovrappone in questo modo entit esterne sul S: quando i figli, la moglie o chiunque altro, sono depressi o felici, io [di conseguenza] sono depresso o felice ; o ancora propriet del corpo: io sono grasso, io sono magro, io sono chiaro, io sono fermo, io vado, io zoppico; allo stesso modo caratteristiche proprie dei sensi: io sono muto, io sono orbo, sono impotente, sono sordo, io sono cieco ; cos [sovrappone sul S] anche propriet dellorgano interno come desideri, volizioni, dubbi, certezze e quantaltro. Cos, avendo sovrapposto lidea di essere lio sul S interiore che il testimone di tutti i movimenti [dellorgano interno], di contro poi sovrappone il S interiore, testimone di ogni cosa sullorgano interno e tutto ci [che non tman]

GP termina le considerazioni relative ai primi sette mantra della MU e lascia continuare il testo upaniadico. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la MU e il suo commento, sa che il primo mantra64 dedicato alle due forme del praava, quella congruente ai tre tempi e quella trascendente il tempo, leternit stessa. Il medesimo filo conduttore porta ad armonizzare il primo e il secondo mantra con quelli che si frappongono (3-7), per culminare in una visione unitaria della, seppur breve, importantissima U, con i mantra restanti (8-11),65 esprimenti altres i frutti di questa conoscenza (phalaruti), fino allapice vero e proprio, la rappresentazione di turya:66
Per la prima parte della disamina incentrata sulluguaglianza dei comportamenti tra animale e uomo, proprio dovuta alla sovrapposizione di pramttva sul S e il suo essere responsabile di ogni attivit, si veda il BSB (SARASVAT, Satynanda, 2005: 14-17). Si veda la trattazione delladhysa nel paragrafo III.5. 64 om ity etad akara sarva tasyopavykhyna bhta bhavad bhaviyad iti sarvam okra eva/ yac cnyat trikltta tad apy okra eva// 1 //, Om, questa sillaba tutto. La sua spiegazione sono il passato, il presente e il futuro: tutto ci in verit om. Ci che altro, oltre il triplice tempo, anche quello invero om. Per il commento sul testo si veda nelle rese di Pelissero (2002: 100-102) e Fort (1990: 140-145). Certamente la trattazione del monosillabo sacro tema caro a tutta la letteratura upaniadica (SARASWATI, SATCHIDANANDENDRA, 1971: 111-113). 65 Il testo di MU 8, sebbene stabilisca una corrispondenza tra i pda gi visti e le misure, quantit, more (mtr) dellokra, non direttamente utile al nostro scopo: so yam tm dhyakaram okro dhimtra pd mtr mtr ca pd akra ukro makra iti//, Quello che questo S quando riguarda le sillabe lom; quando riguarda le misure allora i quarti sono le misure e le misure sono i quarti, [le misure] sono: la a, la u e la m. (OLIVELLE, 1998: 474-475; NIKHILANANDA, 1995: 70-71). commenta cos lequazione: tmano ye pd te okrasya mtr Le lettere a-u-m sono, ovviamente, le lettere che compongono il sacerrimo monosillabo (SARASWATI, SATCHIDANANDENDRA, 1971: 113-114). 66 MU 12 merita di essere riportata: amtra caturtho vyavahrya prapacopaama ivo dvaita evam okra tmaiva saviaty tman tmna ya eva veda//, Senza misura il quarto, oltre il regno empirico, cessazione dello sviluppo fenomenico, pacifico, non duale. In tal modo lom il S, chi cos conosce penetra il S mediante il S. spiega pure che una volta che il saggio penetra in turya, non rinasce pi, poich il quarto privo di ogni seme, ossia lignoranza germe di ogni sofferenza estinta, sicch non pu condurre ad alcun frutto: paramrthadar brahmavit ttya bjabhva dagdhv tmna pravia iti na punar jyate turyasybjatvt; per illustrare questa sua
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jgaritasthno vaivnaro kra pratham mtr pter dimattvd v pnoti ha vai sarvn kmn di ca bhavati ya eva veda// 9 //67 svapnasthnas taijasa ukro dvity mtrotkard ubhayatvd votkarati ha vai jnasantati samna ca bhavati nsybrahmavit kule bhavati68 ya eva veda// 10 // suuptasthna prjo makras tty mtr miter apter v minoti ha v sarvam apta ca bhavati ya eva veda// 11 // Lo stato di veglia, che Vaivnara [comune a tutti] la lettera a, per via della pervasione69 o della [sua] prima posizione, la prima misura: chi cos conosce soddisfa invero ogni desiderio e diviene il primo (9).70 Lo stato di sogno che Taijasa [il principio luminoso] la lettera u, per la [sua] superiorit, oppure in virt della [sua] posizione intermedia la seconda misura: chi cos conosce eccelle invero nella serie di conoscenze e diviene eguale, nessuno nel suo lignaggio non conosce il brahman (10). Lo stato di sonno profondo che Prja, la lettera m, per il [suo essere] limite oppure per via del [suo] riassorbimento [= dissoluzione] terza misura: chi cos conosce misura ogni cosa e diviene riassorbito [= uno] (11).71

affermazione propone lesempio di chi, una volta accertato che quello che aveva inteso come serpente solo una fune, non pi vittima dello stesso errore: na hi rajjusarpayor viveke rajj pravia sarpo buddhisaskrt puna prvavat tadvivekinm utthsyati. G chiarisce il perch delle considerazioni di , che secondo lui risponde a un possibile dubbio rispetto alla possibilit di retrocedere dalla realizzazione, cos come si ritorna alla veglia dopo il sonno profondo: suuptasya punar utthna bjabhtasyjnasya sattvd upapadyate. iha tu bjabhtam ajna ttya suuptkhya dagdhvaiva tem tmna turya pravio vidvn iti nsau punar utthnam arhati. kraam antarea tadyogd ity artha Unillustrazione di cosa sintenda per penetrare il S con il S, che om, a nostro avviso, la conviene MuU II.2.3-4 (PELLEGRINI, 2010: 172-173), dove la sillaba om larco, il dardo il S e il bersaglio il brahman, ancora nientaltro che il S. Si veda pure la Vjasaneyi Sahit 32.11 (BHATTACHARYA, V., 1989 [1943]: xlv; PELISSERO, 2002: 132, n. 114). , chiarito da G, termina indicando la via anche per i qualificati (adhikrin) di primo rango (uttama), per i quali la meditazione sul praava privo di more (amtr) conduce alla liberazione (G: apunar avttilakaa phalam) come immediata identit suprema (G: pariuddhabrahmtmaikyavidm), ma anche per quelli inferiori (manda) e mediani (madhyama). Questi, praticando senza sosta la meditazione che ha come sostegno (alabana) lom dotato di more, riconoscono le caratteristiche comuni dei pda e delle mtr, realizzandone le condizioni corrispondenti. Mediante tutto ci costoro arrivano alla liberazione differita (G, tem api kramamuktir aviruddhety artha ): mandamadhyamadhiy tu pratipannasdhakabhvn sanmrgagmin sanysin mtr pdn ca kptasmnyavid yathvad upsyamna okro brahmapratipattaya lambanbhavati 67 La questione sollevata nelle note 29 e 72 qui riferita pi precisamente da che, comunque, continua a usare indistintamente i termini Viva e Vaivnara, i quali sono concetti effettivamente dal punto di vista dellcrya: tath vaivnarea jagat. tasya ha vaitasy tmano vaivnarasya mrdhaiva sutej [ChU V.18.2] itydirute, Allo stesso modo da Vaivnara luniverso [ pervaso]. Come da questa ruti: Di quello che in verit questo S, dellUomo comune a tutti, il capo di certo il cielo ben luminoso e da altre [simili] Naturalmente vyptam deve essere preso dalla frase precedente. 68 Si confronti con MU III.2.9. 69 BG X.33 menziona la preminenza della lettera a, prima in molti alfabeti. 70 Il commento di recita cos: kena smnyenety ha pte, ptir vypti, akrea sarv vgvypt, akro vai sarv vk [Aitareya rayaka II.3.6] iti rute, Per via di quale comunanza? Si dice: per lottenimento, lottenimento la pervasione, dalla lettera a ogni parola pervasa, come [testimonia] la ruti: La lettera a in verit ogni parola 71 legge in questo modo mantra dellU: smnyam idam atra mite mitir mna, myate iva hi vivataijasau prjena pralayotpattyo praveanirgambhy prasthneva yav. yathokrasamptau puna prayoge ca praviya nirgacchata ivkrokrau makre. apter v. aptir apyaya ekbhva. okroccrae hy antye kara ekbhtv ivkrokrau. tath vivataijasau suuptakle prje. ato v smnyd ekatva prjamakrayo, Qui c questa caratteristica

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Il bhya akariano alla strofa 10, che parla del sogno e delle sue estensioni macrocosmiche e realizzative, non aggiunge nulla di sostanziale, anche se pur si tratta di passi fondamentali allo studio delle dottrine legate allonirologia:
svapnasthna taijasa ya, sa okrasya ukra dvity mtr. kena smnyenety72 ha utkart,73 akrd utka iva hy ukra, tath taijaso vivt. ubhayatvd v, akramakrayor madhyastha ukra, tath vivaprjayor madhye taijaso ta ubhayabhktvasmnyt. vidvatphalam ucyate utkarati ha vai jnasantati vijnasantati vardhayatty artha. samnas tulya ca mitrapakasyeva atrupakn apy apradveyo bhavati. abrahmavid asya kule na bhavati ya eva veda. Quello che Taijasa, lo stato di sogno, questi la u dellom, la seconda misura. [Domanda:] Per quale comunanza? [Risposta:] Si dice per la [sua] superiorit, la lettera u come fosse superiore alla a, cos Taijasa rispetto a Viva; oppure in virt della [sua] posizione intermedia, la lettera u sta nel mezzo della lettera a e della lettera m, cos nel mezzo di Viva e Prja c Taijasa, per cui [la u seconda] per la caratteristica comune di essere parte di entrambi. [Poi] si dice il frutto del conoscitore: eccelle invero nella serie di conoscenze accresce il numero delle [sue] conoscenze, questo il senso; e diviene eguale, lo stesso, non detestabile tanto dalla parte degli amici e pure dai nemici. Chi cos conosce, non ha nel suo lignaggio un non conoscitore di brahman.74

comune: poich il limite, il limite la misura. Infatti, Viva e Taijasa sono come misurati da Prja nella loro fine e inizio, attraverso la loro entrata e uscita [da Prja], come lorzo dal[lunit di misura detta] prastha. Cos, quando termina [la pronuncia dell] om e poi quando c un nuovo uso [di quello stesso], come se la lettera a e la lettera u, essendo entrate nella lettera m, uscissero [di nuovo da essa]. Oppure per via della [sua] dissoluzione, la dissoluzione il termine, il divenire uno. Con la pronunzia dellom la lettera a e la lettera u come se divenissero una nellultima lettera; cos avviene al momento del sonno profondo, Viva e Taijasa [divengono uno] in Prja. Dunque, per questa comunanza c ununit tra Prja e la lettera m Un piccolo appunto che resta da fare per chiarire la resa di qui sopra, riguarda il fatto che quando si ripete il monosillabo sacro nella sua forma aum, a motivo della peculiare e unitaria vibrazione che si genera, sembra che le varie ripetizioni che si susseguono siano un tuttuno e che la a di un om successivo esca dalla m di un om precedente. 72 Il termine smnya, generalit, comunanza, caratteristica comune che ci accompagner nel commentario di svariate strofe (GK I.9-23) glossato molto semplicemente da G (ad MUB 9), come sdya, somiglianza. Nello stesso passaggio, qualche riga pi avanti, G stabilisce la chiara corrispondenza, ma differenzia altrettanto chiaramente lambito adhytmika di Viva e adhidaivika di Vaivnara: adhytmdhidaivikayor ekatva prvam uktam upetya vivasya vaivnarasya jagadvypti rutyavahabhena spaayati tatheti (si vedano anche le note 29 e 67). 73 Rispetto ad altre e pi letterali interpretazioni di utkart per via di essere estratto, tratto fuori da, a nostro parere poco plausibili, si vedano Fort (1990: 191, 210-211 n. 138) e la relativa discussione in Pelissero (2002: 129, n.106). 74 G spiega che questi tre mantra, (9-11) sono tesi a stabilire lunit tra il piede e la misura del praava, nonch MU 10, nella fattispecie presenta non uneffettiva superiorit della u e di ci che essa rappresenta rispetto alla a, che semmai per la posizione nel testo dovrebbe essere seconda, bens una superiorit secondaria (aupacrika). Nel testo, inoltre, questa considerazione rafforzata dallindeclinabile iva, che qui ha evidentemente funzione di eva. Nonostante quanto detto, G rincalza affermando che una certa superiorit del sottile sul grossolano bisogna pure ammetterla: akrasya sarvavgvypakatvenotkastvasya spaatvt katha tasmd ukrorkara varyate, tatr ha akrd iti. akrasyotkare vstave pi phakramd ukrasyotkaavattvam aupacrikam. ivakra cmum artham upodbalayati.

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Come oramai ci siamo abituati, la discussione si porta ora a livello dell e del suo commento, ricordiamolo, solo attribuito a .75 Qui i tre distici successivi (I.19-21)76 riscrivono in modo pi sistematico ci che MU (9-11, PELISSERO, 2002: 130-131; BHATTACHARYA, 1989 [1943]: 9-11; KARMARKAR, 1973: 7, 65-66; NIKHILANANDA, 1995: 75-76; FORT, 1990: 192-195, 211) aveva solo accennato, soffermandosi precipuamente sul legame esistente tra la realizzazione corrispondente alla pratica di ognuna delle meditazioni simboliche (upsan) riferite alle tre condizioni e i frutti che ne derivano.77 In questa fase GP, abbandona laspetto squisitamente speculativo, per donare dei veri e propri consigli tecnici al sdhaka vedntico. In definitiva, il processo dellAdvaita , pressa poco, sempre lo stesso: si studia la manifestazione e la successione del suo procedere, per risalirla in senso inverso, negandone via, via (niedhamukhena) le varie tappe. Evidenziati e compresi i domini di veglia, sogno e sonno profondo, nonch dei loro abhimnin jva Viva, Taijasa e Prja , come pure il rapporto di questi con il principale metodo utilizzato (sdhan) della ripetizione dellokra (praavajapa) e con le more (mtr) che lo costituiscono a, u, m , si intraprende un processo per risalire la china. Il S come Viva, che vive la veglia e corrisponde alla sillaba akra, una volta terminata lesperienza vigile simmerge in un mondo di sogno e diviene Taijasa, legandosi a ukra. Questi, a sua volta, esaurite tutte le sue possibilit di quello stato, penetra nella terza condizione, quella in cui Prja ed esperisce il mondo causale di suupti e, la sillaba a cui si ricollega, makra. Questo processo costante, spontaneo, tanto
yath krd ukrasyotkaro daritas tath vivt taijasasyotkao vaktavya, skmbhimnina shlbhimnina sakd utkarasya yuktatvd ity ha akreti madhyasthatvd ukrataijasor ubhayabhktva smnya, tasmt tayor ekatva akyam ropayitum ity ha ata iti. 75 Ricordiamo ancora che la letteratura scientifica sulla paternit o meno di del vivaraa all vastissima, unottima visione dinsieme su questi temi ci viene dallintera opera di A. Pelissero, in particolare la prima parte del volume e la ricchissima nota bibliografica (2002: 15-96, 357-422). Il lettore interessato potr approfondire quei temi da quelle fonti, in quanto il taglio della nostra analisi prettamente concettuale. 76 Sebbene a questo punto non siano di grande, queste strofe vanno comunque citate: vivasytvavivakym dismnyam utkaam/ mtrsapratipattau syd ptismnyam eva ca// 19 // taijasatvotvavijna utkaro dyate sphuam/ mtrsapratipattau syd ubhayatva tathvidham// 20 // makrabhve prjasya mnasmnyam utkaam/ mtrsapratipattau tu layasmnyam eva ca // 21 //, Quando vi lintenzione di parlare della condizione di a di Viva, la caratteristica comune della preminenza chiarissima, quando si sia ben compresa la misura. Cos anche la caratteristica comune dellottenimento (19). Riguardo alla conoscenza dellessere u di Taijasa, si vede chiaramente la supremazia quando si sia ben compresa la misura, allora anche la caratteristica comune della condizione di essere intermedia (20). Riguardo [poi] allo stato proprio della m chiara la caratteristica comune di Prja della misura, quando si sia ben compresa la misura, cos avviene anche per la caratteristica comune del riassorbimento (21). 77 La praavopsan, come anche molti altri generi di upsan o vidy/vijna sono argomento di grande interesse e complessit, sia per la vastit del raggio disciplinare che comprende, sia per lalone criptato entro al quale se ne parla. Nel caso sottoposto a nostro vaglio vi sono vari riferimenti upaniadici. Bhattacharya (1989 [1943]: 295-298; PELISSERO, 2002: 130, n. 108) ne riporta alcuni: ChU I.1.1, I.4.1; PrU V.1-2; TaU I.8.1; MuU II.2.6; BSB IV.1.7; ChUB ad I.1.1; KaUB ad I.2.17/ II.17.

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quotidiano quanto eterno, trover il suo compimento solo quando non ci sar pi un ritorno discendente (krama/anuloma) ma, allora controcorrente, per via negativa (pratiloma), si attinge una condizione atemporale priva di durata e successione (akrama) nella quale anche la vibrazione determinata dalla continuazione della m, andr a scomparire e sublimarsi nellineffabile quarto stato (turya), innominabile, al di l di ogni agire mondano, senza sogno (asvapna) n sonno (anidra), senza suono n misura (amtr), limmobile osservatore di ogni mutamento, il solo negatore (niedhaka) restante dopo che ogni altro (aea) ente (niidhya) stato negato (niiddha):78
triu dhmasu yas tulya smnya vetti nicita/ sa pjya sarvabhtn vandya caiva mahmuni// 22 // akro nayate vivam ukra cpi taijasam/ makra ca puna prja nmtre vidyate gati// 23 // Chi determinato conosce nelle tre dimore quellidentica caratteristica comune, quel gran veggente degno di adorazione e di lode da parte di tutti gli esseri (22). La lettera a conduce a [realizzare] Viva e la lettera u Taijasa, ancora la lettera m [conduce ad attingere] Prja, mentre non c moto in ci che senza misura (23).

introduce (sabandha) il breve commento alla krik 23 specificando cosa accade a colui che comprende lunit dei pda di tman con le mtr dellokra grazie alle caratteristiche che accomunano i due ambiti (smnya):
yathoktai smnyair tmapdn mtrbhi sahaikatva ktv yathoktokra pratipadya yo dhyyati tam ... Dopo aver identificato i piedi [del S] con le misure grazie alle caratteristiche comuni succitate, colui che, dopo aver compreso il sovra descritto om, lo medita

Poi continua il commento vero e proprio:

Si veda il bellissimo inno della liberazione del signore degli elefanti (gajendramoka), al verso 24, contenuto nel Bhgavata Pura (VIII.3): niedhaeo jayatd aea. Si veda altres la traduzione proposta alla conclusione della tesi del Pacikaraavrtika (PKV) 49-63 ad Pacikaraa (PK 3).
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akro nayate viva prpayati. akrlabanokra79 vidvn vaivnaro bhavatty artha. tathokras taijasam. makra cpi puna prjam.80 ca abdn nayata ity anuvartate.81 ke tu makre bjabhvakayd amtra82 okre gatir na vidyate kvacid ity artha. La lettera a conduce a, fa ottenere Viva: il saggio conoscitore dellom il cui sostegno la lettera a, questi diviene Vaivanara, cos il senso. Allo stesso modo la lettera u [conduce] a Taijasa e inoltre la lettera m a Prja. Con la parola ca [e] ritorna [sottinteso il verbo] nayate [conduce]. Mentre quando la lettera m si dissolta, con la dissoluzione dello stato seminale, non esiste moto alcuno nellom privo di misura. Questo il senso.

Le krik del primo prakaraa (I.24-29) concludono la loro corsa con ulteriori messaggi rivolti al vedntino impegnato nella sua via (sdhan) (FORT, 1990: 211, n. 158):
okra pdao vidyt pd mtr na saaya/ okra pdao jtv na kicid api cintayet// 24 // yujta praave ceta praavo brahma nirbhayam/ praave nityayuktasya na bhaya vidyate kvacit// 25 //83 praavo hy apara brahma praava ca para smta/84 aprvo nantaro bhyo napara praavo vyaya// 26 //85

G ancora cruciale con i suoi opportuni chiarimenti: tadlambana tatprabhnam iti yvat. akrapradhnam okra dhyyato yath vaivnaraprptis tathokraprabhna tam eva dhyyatas taijasasya hirayagarbhasya prptir bhavatty ha taheti. ya ca makrapradhnam okra dhyyati tasya prjasyvyktasya prptir yuktety ha makra ceti Vediamo qui come il kkra akariano affermi con chiarezza che chiunque mediti su ognuno degli stati individuali del S e delle mtr dellom, non solo realizza quello stato corrispondente, ma realizza linterezza di quello stato eliminando ogni distanza tra individuale (vyai) e totale (samai). Per cui, chi medita su Viva realizzer Vaivnara inscindibile da Viva; chi su Taijasa comprende Hirayagarbha e, chi medita su Prja, attinge il non manifesto (avykta). Naturalmente, ci saremmo qui aspettati di leggere come corrispondente di Prja, il Signore, vara, tuttavia nel Vednta pi antico troviamo qualche reticenza a questa analogia; anzi, per il peculiare carattere di Prja nel sonno profondo dominato dalloscurit, sembra improbabile che luniversale di questo sia lonnisciente Signore supremo, ma piuttosto si pu anche spingersi a riconoscere nel termine avykta, una qualche parentela con lacetana prakti del Skhya. La questione non , comunque, un capitolo separato rispetto a quella della polemica sorta a proposito di prja, il quale per alcuni assolutamente ignorante, per altri conosce ogni cosa in forma seminale (si veda la nota n. 18). 80 G parla compiutamente di come si svolge il processo dimmersione e reintegrazione di uno nellaltro, fino a giungere a turya: sthlaprapaco jgarita viva cety etat tritayam, akramtra skmaprapaca svapnas taijasa caitat tritayam ukramtra prapacadvayakraa suupta prja cety etat tritaya makramtra tatrpi prva prvam uttarottarabhvam padyate. tad eva sarvam okramtram iti dhytv sthitasya yad etvanta klam om itirpea pratipanna tat pariuddha brahmaivety cryopadeasamutthasamyagjnena prvoktasarvavibhganimittjnasya makratvena ghtasya kaye brahmay eva uddhe paryavasitasya na kvacid gatir upapadyate paricchedbhvd ity artha. 81 G: kriypadnuvttir bhayatra vivakit 82 G specifica: yatra tu pdn mtr ca vibhgo nsti tasminn okre turytmani vyavasthitasya prptprptavyaprptivibhgo nstty ha nmtra iti 83 Si confronti con TaiU II.9, come suggerisce ; si veda anche BG XVII.24-24 e Manusmti (MaS) II.66, 74, 76-78. 84 Il passaggio para smta fonte di una polemica tra Karmarkar (1973: 67) e Bhattacharya (1989 [1943]: 13). Questultimo, infatti, emendando il passo come para smtam, intende tutto concordato con brahman al neutro. Karmarkar, dal canto suo, a nostro parere dice giustamente che la lettura possibilissima anche al maschile, quando il sostantivo accompagnato a para sia tm o purua.
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sarvasya praavo hy dir madhyam antas tathaiva ca/ eva hi praava jtv vyanute tad anantaram// 27 //86 praava hvara vidyt sarvasya hdi sasthitam/87 sarvavypinam okra matv dhro na ocati// 28 //88 amtro nantamtra ca dvaitasyopaama iva/ okro vidito yena sa muner netaro jana// 29 //89 Si conosca lom piede per piede: non c dubbio che i piedi sono le misure; avendo conosciuto lom piede per piede non si pensi a nulla [daltro] (24). Si fissi la mente sul praava, che il brahman senza paura: per chi sempre unito nel praava non c alcuna paura (25). Il praava, infatti, il brahman non supremo e il praava anche ricordato come supremo: il praava senza precedente [= causa], senza interno, senza [qualcosa di] esterno, senza successivo [= effetto], immutabile (26) Il praava invero lorigine, il mezzo cos come la fine di tutto: avendo cos compreso il praava, si attinge Quello senza indugio (27). Si conosca il praava come il Signore, assiso nel cuore di tutto; avendo riflettuto sul praava che tutto pervade, il saggio [pi] non si affligge (28). Chi ha conosciuto lom che senza misure e pure compreso di

85 Si confronti con BU IV.5.13 (PELISSERO, 2002: 133, n. 119) e PrU V.2 e KaU I.3.11/III.11 (KARMARKAR, 1973: xli-xlvi). glossa in questo modo: parpare brahma praava. paramrthata keu mtrpdeu para evtm brahmeti na prva kraam asya vidyata ity aprva. nsyntara bhinnajtya kicid vidyata ity anantara. tath bhyam anyan na vidyata ity abhya. apara kryam asya na vidyata ity anapara. sa bhybhyantaro hy aja saidhavaghanavat prajnaghana ity artha., Il praava entrambi [gli aspetti del] brahman, superiore e inferiore. In verit, quando sia le misure, sia i piedi sono estinti, allora [il praava] il supremo S, ossia il brahman; non c di questo un precedente, una causa, per cui aprva; anantara, ovvero non ha interno, qualcosa di specie differente [oltre a s]; cos abhya, non c nulla di fuori, daltro [rispetto a Quello]; anapara, poich non ha altro, senza effetto. Questi esterno e interno, non nato, come una massa uniforme di salgemma un insieme sintetico di conoscenza assoluta. Tale il senso. Il verso ricorda pure ChU VI.2.1: sad eva somyedam agra sd ekam evdvityam , Essere era in principio, o caro, tutto ci, uno davvero senza secondo Questa prosa upaniadica di enorme importanza nel Vednta non duale, punto di partenza dinnumerevoli dottrine e diatribe. Una tra tutte riferibile a PD II.19-26. La questione riguarda la negazione di ogni genere di differenziazione (bheda) nellAssoluto: mediante il termine ekam si proibisce la differenza con un ente della stessa specie (sajtyabheda); advityam nega la differenza interna (svagatabheda) e, infine lindeclinabile eva, che sempre indica una certa determinazione (avadhraa) inibisce la differenza con altri generi di enti (vijtyabheda). Cos i testi dellAdvaita sono soliti indicare sat, il brahman, come sajtyavijtyasvagatabhedanya. 86 glossa: dimadhynt utpattisthitipralay sarvasyaiva, myhastirajjusarpamgatiksvapndivad utpadyamnasya viyaddiprapacasya yath myvydaya. eva hi praavam tmna myvydisthnya jtv tatkad eva tadtmabhva vyanuta ity artha., In verit, [il praava] come un illusionista o altri del genere, linizio, il mezzo e la fine, ossia lorigine, la preservazione e la distruzione di tutto, di ci che nascituro, dellespansione [delluniverso] che consta delletere e degli altri [elementi] come un elefante illusorio, la serpe sulla fune, un miraggio, un sogno e cos via. Allo stesso modo avendo conosciuto il praava, che sta per lillusionista ecc., da quellistante si ottiene la sua natura. Questo il significato. 87 Il passaggio pu ricordare BG XVIII. 61 e BU II.1.17. 88 A questo proposito Pelissero (2002: 134-135, n. 122), Karmarkar (1973: xliii-xlvii, 67) e Bhattacharya (1989 [1943]: 14, 299) offrono una vasta scelta di fonti testuali, ricordiamone solo alcune: BG XIII.17, XVIII.61; KaU I.2.21/II.21, II.1.4/IV.4, II.3.6/VI.6, II.3.17/VI.17. porta come prova della mancanza di ogni genere di sofferenza dopo la realizzazione ChU VII.1.3: tarati okam tmavit 89 Altri riferimenti alla meditazione simbolica sul praava: BG VIII.13, 17, 23-24, King (1997: 68-69, 266, n. 54-55), Karmarkar (1973: 67-70), Pelissero (2002: 135, n. 124).

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ogni misura, lo spegnimento della dualit, benevolo, questi un saggio silenzioso, non altri (29).90

GP, come epitome dellestremista Advaitin, ha cercato di negare la realt della condizione di veglia e del mondo empirico percepito in essa utilizzando la metafora del sogno come trampolino di lancio (KING, 1997 [1995]: 155). Secondo questi le conoscenze acquisite rispettivamente nella condizione di sogno e in quella di veglia sono ugualmente false (HATTORI, 1984 [1982]: 237). La logica con cui egli corrobora il suo assunto finale si articola attraverso passi successivi. In primis ogni uomo deve pur ammettere che il sogno in relazione a un qualsiasi oggetto esterno irreale, privo di sostanzialit, perch lorigine di quegli oggetti interiore (antastha). GP, come i Vijnavdin idealisti Bauddha, afferma che tutti gli enti (bhva) hanno una natura interiore mentre quelli esteriori sono esclusivamente una proiezione mentale dellindividuo di enti interni (Dinga, labanapark [6ac] yad antarjeya rpa bahirvad avabhsate ; TORELLA, 2008: 129). Tre sono i punti di riferimento per la comprensione della polemica vedntica con il Vijnavda. Torniamo a parlare succintamente degli stessi autori buddhisti logici e idealisti che abbiamo visto in precedenza: Vasubandhu, Dinga e Dharmakrti (530-600). Vasubandhu (IV-V sec.; 280-360 d. C. per DASGUPTA, S. N., 1991 [1922] VOL. 2: 19-20), in primis, adott la posizione che non esiste un mondo esteriore rispetto allesistenza meramente cognitiva. Costoro sono definiti idealisti proprio per tale ragione che ribadiamo: essi negano che lesperienza abbia bisogno di postulare il sostegno di un qualsiasi ente esterno a vijna, ossia a buddhi, cio allintelletto o meglio alla coscienza. Dopo Vasubandhu, il legittimo continuatore della sua opera fu Dinga (480-540 d. C.). Secondo questi ogni cognizione ha un aspetto duplice: appare come un oggetto (arthbhsa) e come s stessa, ossia come unapparizione di s stessa (svbhsa). Questa tesi fece s che gli autori successivi
Chiudiamo la significativa parentesi dellgamaprakaraa, proponendo il commentario di a questultima strofa: amtras turya okra. myate nayeti mtr paricchitti s anant yasya so nantamtra. naitvattvam asya paricchettu akyata ity artha. sarvadvaitopaamatvd eva iva. okro yath vykhyto vidito yena sa paramrthatattvasya manann muni. netaro jana stravid apty artha., Il quarto lom senza misure. Ci tramite cui si misura la mora, il limite, per chi questa senza fine, questi anantamtra. Il significato che non si pu limitare la sua infinit [lett.: il suo essere tanto]. Proprio perch la pacificazione di tutte le dualit benevolo. Chi ha compreso lokra al modo in cui stato spiegato, questi un silenzioso veggente, poich riflette sulla suprema realt, non unaltra persona, che pure sia conoscitore delle scritture. Questo il senso. Una cosa di cui vorremmo altres informare della glossa di Kranryaa, spesso citata da Bhattacharya e Karmarkar a cui non abbiamo mai sentito il bisogno di fare riferimento, sia per la poca attendibilit, sia per le chiare forzature proposte nel testo. Ledizione del testo da noi seguita, edita per i tipi del Mahea Anusadhna Sasthna, o Mahesh Research Institute di Varanasi (STR, S. [ED.], 2004: 206-362), riporta anche il raro commento di Anubhtisvarpa (fine XIII sec.), autore anche del Prakarthavivaraa (PAV) al BSB, di cui parleremo nel capitolo sul BS. In ogni modo nulla dimportante esce dalla glossa, molto scarna rispetto a quella utilissima e dettagliata di G.
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chiamassero forma delloggetto (arthkra) laspetto oggettivo della cognizione, cio uno degli elementi costitutivi della cognizione stessa (KARMARKAR, 1973: xix). Ci determin lidea che sicch la forma delloggetto era intrinseca alla cognizione, la descrizione della forma delloggetto sarebbe stata sufficiente a soddisfare la descrizione delloggetto della cognizione. Per questo nella stessa cognizione interna esiste una duplice apparizione il soggetto conoscitore (grhaka) e loggetto colto (grhya). Certamente questa posizione gi difesa da Vasubandhu sia nella Triatik (TT) della Vijaptimtratsiddhi (VMS), sia nel Trisvabhvanirdea (CHAKRAVARTHI, R. P., 2002: 39-40; DASGUPTA, S. N., 1991 [1922] VOL. 2: 19-25). Infatti, nella TT (17) troviamo questa sentenza perentoria:
vijnaparimo ya vikalpo yad vikalpyate/ tena tan nsti ida sarva vijaptimtrakam// Questa [triplice] trasformazione91 della coscienza solo immaginazione. Ci che immaginato, per tale ragione quello non esiste, tutto questo solo una rappresentazione della coscienza.

Vasubandhu afferma che lesperienza si presenta come una distinzione tra coscienza stessa e oggetti di cui si consci, i quali sono solo vuote apparizioni. Egli usa il fenomeno onirico sostenendo che lesperienza non necessita della distinzione tra cognizione e oggetto. Grazie allanalisi di svapna ci si rende conto che il sogno unesperienza sistematica e che in apparenza presenta enti esterni. Per questo, mostrando due delle caratteristiche principali dellesperienza, cio la sistematicit e il fondarsi su elementi esterni, sinduce a pensare che una percezione pu aversi anche senza il sostegno (labana) di un oggetto esterno. per questo che il sogno permette di sollevare vari dubbi e perplessit concernenti la vita di veglia. I sogni dimostrano che non si pu contare su un particolare esempio cognitivo per garantire lesistenza degli oggetti esterni che ci appaiono durante lesperienza di veglia. I sogni ci insegnano che ci pu essere anche unesperienza apparentemente reale senza che vi siano oggetti esterni e senza un soggetto conoscitore consapevole che gli oggetti esterni non ci sono (CHAKRAVARTHI, R. P., 2002: 45-48). Sebbene il grande legame, o come spesso amano chiamarlo gli studiosi, lindebitamento di GP con le due scuole mahyniche, sia sotto gli occhi di ogni lettore
La TT tutta tesa a stabilire che i S e tutte le entit (dharma) sono semplici trasformazioni della coscienza (1). Queste trasformazioni sono di tre tipi: la layavijna, la coscienza deposito (2-18), la coscienza pensante (manovijna) e la coscienza che si basa sui sei sensi associati (caitta) (WOOD, 1999 [1991]: 49-53).
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delle MK, tuttavia si deve relegare questa tendenza agli ultimi tre prakaraa. In modo particolare la critica ha avanzato innumerevoli ipotesi sulla paternit del IV, che per molti opera da leggersi separatamente al resto (KING, 1997 [1995]: 35-45; MURTI, T. R. V., 2006 [1955]: 115), poich entrano in scena, oltre che teorie idealiste, anche molti concetti nyavdin (PELISSERO, 2002: 65-68). Nonostante ci questo grande uso di lessico e idee buddhiste, se non per qualche sporadica traccia (come vikalpa MK I.18), non ravvisabile nel primo prakaraa. Tutte queste problematiche condussero studiosi del calibro di S. N. Dasgupta (1992 [1922],
VOL.

1: 423-429) a considerare che GP fosse invero un buddhista, con la decisa

convinzione che gli insegnamenti upaniadici potessero essere armonizzati con le dottrine predicate dal Mahya. Vidhushekar Bhattacharya consider invece che GP stesse esclusivamente riproducendo delle concezioni dottrinali buddhiste, senza essere per forza un fedele buddhista (1989 [1943]: lxiii-lxxii). Unipotesi interessante, figlia di quella di Dasgupta e Bhattacharya, quella proposta da T. Vetter (1978: 95-131) e in parte da noi condivisa. Una questione su cui nutriamo dei sinceri dubbi che secondo Vetter GP si convert dal buddhismo al Vednta, manipolando un testo gi suo in precedenza. La conseguenza che ne tra Vetter per pi convincente e stimolante. Egli sostiene che il IV capitolo delle krik sia appunto farina del sacco dello stesso autore degli altri tre prakaraa, ma composto in un tempo antecedente. Egli ritiene che si possa leggere il testo delle MK in ordine inverso rispetto a quanto solitamente proposto, partendo cio dal IV. Il secondo e il quarto prakaraa delle MK, rispettivamente Vaitathya e Altanti, sostengono con forza lidea che il mondo sia nientaltro che un sogno, analizzando tanto jgrat quanto svapna. Questi due stati sono gli unici in cui lindividuo pu percepire lesperienza della diversit e della dualit. GP, fedele al suo Ajtivda, cerca di derivare la non-dualit dallesperienza empirica stessa che, di necessit, coinvolge lapparente diversit. Come si ricorder, tutti i darana ortodossi hanno vari e sfaccettati punti di vista riguardo il sogno. Essendo essi fondamentalmente realisti vedono il sogno come un ricordo o una percezione novella, per chi pi chi meno, rimangono legati alla sua illusoriet, o per lo meno non validit. Nessuno di essi si sognerebbe di considerare il sogno come la veglia. GP, invece, attenuando, se non azzerando, il valore del conoscere oggettivo della veglia ed equiparandolo al sogno, tenta la riduzione di ogni aspetto del reale al solo tman uno e senza secondo. Il sognatore quando si risveglia riconosce senza fallo che quanto ha sognato falso. Ma non solo lesperienza onirica tale, arguisce GP, bens anche gli enti oggetto di percezione in veglia sono privi di realt, poich sono proiezioni allesterno di ci che 429

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interiore (antasthna) (BHATTACHARYA, V. 1989 [1943]: cxvi-cxix).92 Per questo, siffatte proiezioni devono essere intese come vitatha,93 ossia mithy, false (GK II.1):
vaitathya sarvabhvn svapna hur mania/ antasthnt tu bhvn savtatvena hetun//94 I saggi dissero che nella condizione di sogno tutti gli enti sono illusori, poich queste entit sono appunto interne a ragione del loro essere contratte.95

Naturalmente, chiarissimo qui leco Mahyna del savtisatya, ossia quella realt ontologica che corrisponde a entrambi i prtibhsika e vyvahrika satya vedntici. Questo tipo di verit chiamata tale perch ha una valenza ontologica seppur minima, in quanto percepita, o meglio, colta. Tuttavia, questentit a ricoprire (savti/savaraa)96 il volto del vero (paramrtha). Questo punto di vista che relega allillusoriet gli enti visti in sogno, ci ricordando da vicino un passaggio che vedremo nel BSB (III.2.3) secondo il quale non possibile accomodare allinterno delluomo, nel suo spazio psichico, oggetti enormi quali vasi, elefanti, montagne o quantaltro ed proprio questa copertura (savti) a determinarne la falsit. Se questi enti non possono essere allinterno del corpo, se non sono n fuori n dentro, non possono che essere illusori (vitatha).97 Dopo aver interpretato il termine vaitathya, con asatyatva, fornisce una breve lettura della strofa:
Alcuni studi sono anche stati dedicati allinfluenza dellidealismo di stampo Advaita dello YV/MU sulle MK, soprattutto B. L. Atreya The Philosophy of Yoga-vsiha (17-19, come citato da MAHADEVAN, 1969: 23-28), ricordiamo inoltre il breve excursus di Fort (1990: 86-88). Va comunque ricordato che il principale ricettacolo di GP rimane lalveo brhmaico. V. Bhattacharya (1989 [1943]: lxc-lxciii) ricorda che si deve distinguere il materiale a disposizione di GP in tre classi: testi vedici, Sahit, Brhmaa, rayaka e Upaniad, scuole e maestri e anche opere buddhiste. Nella prima classe preponderante linfluenza della BU (IBID.: lxciii-ciii; MAHADEVAN, 1960: 65-73), senza tralasciare per la BG (KING, 1997 [1995]: 68-70). 93 spiega come dallaggettivo vitatha si giunga al sostantivo astratto (bhvasaj) vaitathyam, che significa asatyatvam: vitathasya bhvo vaitathyam, asatyatvam ity artha 94 Nel verso chiaro il tipico apparato inferenziale, che si pu ricostruire cos: svapne sarvabhvn vaitathya antasthnt savtitvena hetun, tuttavia il vero volto dellinferenza potrebbe essere: svpnik bhv vitath, antasavtatvt. 95 introduce cos il secondo prakaraa: jte dvaita na vidyata ity uktam ekam evdvityam [ChU VI.2.1] itydirutibhya. gamamtratram tat. tatropapattypi dvaitasya vaitathya akyate vadhrayitum iti dvitya prakaraam rabhyate , stato detto [nella stanza I.18]: una volta conosciuta [la verit], non rimane dualit , attraverso passaggi scritturali come uno e invero senza secondo e altri simili. Quello il solo punto di vista testuale. A quel proposito, per, si pu accertare lirrealt della dualit anche attraverso la logica, per questa ragione ha inizio il secondo capitolo 96 Una possibile derivazione (vyutpatti) : savyate satyam anay iti. 97 Lo stesso messaggio si ritrova in GK IV.33, dove per la succitata savtatva non si riferisce solo agli enti (dharma), ma vi pure un eco di falsit del luogo (pradea): sarve dharm m svapne kyasyntar nidarant/ savte smin pradee vai bhtn darana kuta//, Nel sogno tutti gli enti sono falsi, poich la [loro] visione allinterno del
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kasya? sarve bhvn padrthn svapna upalabhyamnnm, hu kathayanti, maniia pramakual. vaitathye hetum ha antasthnt, anta arrasya madhye sthna yem. tatra hi bhv upalabhyante parvatahastydayo na bahi arrt. tasmt te vitath bhavitum arhanti. nanv apavarakdyantarupalabhyamnair ghadibhir anaikntiko hetur ity akyha savtatvena hetuneti, anta savtasthnd ity artha. na hy anta savte dehntarnu parvatahastydn sabhavo sti. na hi dehe parvato sti. [Domanda:] Di che cosa [lirrealt]? [Risposta:] Di tutti gli enti, di tutti gli oggetti che sono percepiti in sogno; hu predicano, i maniia i saggi, coloro che sono abili [nelluso] dei mezzi di conoscenza. Esprime [ora] la ragione relativa alla falsit: antasthnt, poich sono interne quegli enti che hanno una sede interna, nel mezzo del corpo; difatti, gli enti come i monti, gli elefanti e altri, l si colgono, non fuori dal corpo. Per questa ragione essi possono essere [ritenuti] falsi. [Obbiezione:] Ma se [si dicesse che] la ragione deviante per via che vi sono vasi e altri oggetti percepibili allinterno di coperture che [li] nascondono o quantaltro? Dopo aver cos espresso un dubbio si risponde. [Risposta:] savtatvena hetun, per via del loro essere contratte, cio a cagione del luogo angusto, allinterno; questo il senso. Non vi la possibilit vi siano monti, elefanti o altri [oggetti] allinterno, nello stretto spazio, nei canali sottili interni; difatti nel corpo ci non pu essere un monte.

GP stesso spiega questa sua affermazione nelle strofe seguenti. Nel sogno spazio e tempo non sostanziano la loro realt e chiunque sogni, dopo essersi destato da quello stato, si rende conto che stava sognando (GK II.2):98
adrghatvc ca klasya gatv den na payati/ pratibuddha ca vai sarvas tasmin dee na vidyate// Per la non lunghezza del tempo, [il sognatore] non vede i luoghi essendoci [realmente] andato; infatti, tutti coloro che si risvegliano [da quel genere di sogno] non stanno in quel luogo [onirico particolare].

corpo; in questo luogo angusto come pu esserci la visione degli enti? (BHATTACHARYA, V., 1989 [1943]: 144). Anche le MK II.2-3, sono ripetute quasi identiche in MK IV.35-36. 98 pone un ipotetico obbiettore a causa della seconda strofa: svapnadyn bhvnm anta savtasthnam ity etad asiddham, yasmt prcyeu supta udaku svapnn payann iva dyata ity etad akyha , [Obbiezione:] Il fatto che gli enti visibili in sogno abbiano un luogo angusto allinterno [del corpo], non stabilito, poich si osserva che qualcuno che si addormentato a est, come se stesse vedendo dei sogni a nord, avendo cos dubitato, [lautore] risponde Lobbiezione deriva da quanti affermano che il sognatore esce effettivamente dal corpo nel momento del sogno e si reca nel luogo che vede, come fosse in veglia.

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Commentando questo passo entra sempre di pi nellargomento:


na dehd bahir dentara gatv svapnn payati. yasmt suptamtra eva dehaded yojanaatntarite msamtraprpte dee svapnn payann iva dyate. na ca taddeaprpter gamanasya ca drgha klo sti. ato drghatvc ca klasya na svapnadg dentara gacchati. ki ca pratibuddha ca vai sarva svapnadk svapnadee na vidyate. yadi ca svapne dentara gacched yasmin dee svapnn payet tatraiva pratibudhyeta. na caitad asti. rtrau supto hanva bhvn payati. bahubhi sagato bhavati, yai ca sagatas tair ghyeta. na ca ghyate. ghta cet tvm adya tatropalabdhavanto vayam iti bryu. na caitad asti, tasmn na dentara gacchati svapne. Egli non vede i sogni dopo esser andato fuori dal corpo in un altro luogo, poich chi si appena addormentato come se vedesse dei sogni in un luogo distante cento yojana99 rispetto a dove sta il proprio corpo e raggiungibile solo in un mese. Neppure [l] vi un tempo cos lungo per raggiungere quel luogo e [da l] ritornare, pertanto, perch non vi un tempo sufficinte, il sognatore non va in un altro luogo. Inoltre, ogni sognatore che si risveglia, non si trova nel luogo del sogno; se in sogno raggiungesse un altro luogo, nel quale luogo percepirebbe i sogni e proprio l si risveglierebbe: Per questo non avviene. Addormentatosi di notte, vede enti come fosse di giorno, sincontra con molti e dovrebbe essere riconosciuto da coloro con i quali si incontrato, per non riconosciuto. Se fosse stato riconosciuto [gli] direbbero: Oggi noi ti incontrammo l!; per questo non avviene, poich in sogno egli non va in un altro luogo.

Il testo, rammentando la ruti stessa (BU IV.3.10)100 evidenzia il perch dellillusoriet delle visioni oniriche (GK II.3):
abhva ca rathdn ryate nyyaprvakam/ vaitathya tena vai prpta svapna hu prakitam// [Ivi], lassenza di carri e altri oggetti introdotta dalla logica espressa dalla ruti. Perci [i saggi] dissero che lirrealt [degli enti visti] colta nel sogno ben chiara.101

Una misura di distanze equivalente circa a 12 km. Il termine prende le mosse dal fatto che si considerava questa una distanza percorribile da una pariglia di cavalli, prima che essi avessero bisogno di riposo. 100 Come abbiamo visto nella prima parte di questo stesso capitolo, anche qui si fa riferimento al testo upaniadico: na tatra rath na rathayog na panthno bhavanti. atha rathn rathayogn patha sjate, dove con lavverbio di luogo tatra, si vuole indicare la condizione di sogno (svapne). Sar bene tenere a mente il passaggio della BU (IV.3.13). Vidhushekar Bhattacharya (1989 [1943]: 16) cita un passaggio di Puruottama, teso a chiarire il significato del termine nyyaprvakam del secondo emistichio. 101 Il commento di non aggiunge nulla dimportante alla strofa, ma solo che la mancanza effettiva di oggetti nel sogno, come predicata da BU IV.3.10, cio la falsit di essi stata stabilita mediante la ragione, ci con il probans dehntasthnasavtatva; ora GP esprime che questa mithytva messa ulteriormente in luce dalla ruti,
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a questo punto che GP cerca di affondare il colpo raccogliendo tutti gli elementi finora disseminati. Indica che entrambi gli stati, tanto svapna quanto jgrat, sono ugualmente fasulli e la loro falsit determinata da identiche ragioni: tutti e due sono uguali, il che confermato dalla smti. Gli oggetti onirici sono situati nellorgano interno (antakaraa), per cui la cognizione interna avviluppata dalla quadruplice forma dellantakaraa: manas, citta, ahakra e buddhi. Se gli oggetti interiori sono falsi, allora quelli esterni, che ne sono semplici proiezioni, non possono che essere anchessi illusori. Gli enti presentati alla cognizione onirica non sono presenti n allinizio del sogno, n al suo termine, per questo la loro stabilit e utilit (saprayojanat) sono contraddette nellarco dello stesso sogno. Questo non fa che riconfermare la loro vaitathya (GK II.4-7):
antasthnt tu bhedn tasmj102 jgarite smtam/ yath tatra tath svapne savtatvena bhidyate103// 4 // svapnajgaritasthne hy ekam hur mania/ bhedn hi samatvena prasiddhenaiva hetun//5 //104 dv ante ca yan nsti vartamne pi tat tath/ vitathai sad santo vitath iva lakit// 6 //105

reiterandola allo scopo di mostrare lauto-luminosit del S durante il sogno: abhva caiva rathdn svapnadyn ryate nyyaprvaka yuktita rutau na tatra rath ity atra. dehntasthnasavtatvdihetun prpta vaitathya tadanuvdiny ruty svapne svayajyotivapratipdanaparay prakitum hur brahmavida. 102 Bhattacharya (1989 [1943]: 17) ripreso da Vecchiotti (1989: 109) in luogo di tasmt leggono tath, corroborando lanalogia gi menzionata tra veglia e sogno. 103 Altra lettura discordante riguarda lultimo emistichio: i sopraccitati autori leggono savtatva na bhidyate, mentre gli altri studiosi, compreso (antasthnt savtatvena ca svapnadyn bhvn jgaddyebhyo bheda., Per via dellessere allinterno e a causa dellessere ricoperti c differenza tra gli oggetti visibili in sogno e quelli visibili nella veglia., lectio accettata da G), leggono savtatvena bhidyate. Bhattacharya (1989 [1943]: 17), seguito da Vecchiotti (1989: 109-110) spiega che il contesto predica unanalogia, o meglio, unidentit (abheda) pi che una differenza (bheda) tra gli enti onirici e quelli empirici, per cui la lettura proposta dalla maggioranza degli studiosi non avrebbe senso. Il bandolo della matassa sarebbe nella possibilit di leggere in un errore dei copisti che eliminarono un avagraha tra jgaddyebhyo e bheda, cosicch la lettura corretta sarebbe: jgaddyebhyo bheda. Per, sebbene questipotesi sia tuttaltro che infondata, ci pare improbabile in quanto una delle ragioni della chiara illusoriet del sogno, anche nel Vednta successivo, la mancanza di spazio e lincongruenza di tempo e della legge di causalit allinterno del corpo rispetto a quanto accade fuori, che seppur mithy, ha pur sempre un valore empirico e palpabile. Francamente, ci sembra difficile che lintera tradizione vedntica possa aver compiuto un errore concettuale tanto importante. 104 Anche qui ribadisce soltanto che il frutto della strofa II.5 lo stesso a cui si giunti con linferenza appena utilizzata. In specifico i saggi dichiarano che lo stato di veglia e quello di sogno sono una sola cosa per la ben nota ragione della somiglianza degli enti percepiti in ognuno, cio i parametri di percezioni sono in entrambi determinati da un soggetto conoscitore (grhaka) e un oggetto percepito (grhya): prasiddhenaiva bhedn grhyagrhakatvena hetun samatvena svapnajgaritasthnayor ekatvam hur vivekina iti prvapramasiddhasyaiva phalam. Lutilizzo del sostantivo bheda in luogo di bhva cos chiarito da G: bhed bhidyamn bhv. tem avasthdvayavartin grhyatva grhakatvam aviiam 105 LV introduce la strofa II.6: ita ca vaitathya jgraddyn bhednm dyantayor abhvt., Perci [ne deriva] la falsit degli oggetti percepibili durante la veglia, in quanto essi non ci sono n allinizio n alla fine. Il resto del commento non aggiunge nulla di nuovo, ma si conforma allapertura: yad dv ante ca nsti vastu mgatikdi tan madhye pi nstti nicita loke tatheme jgraddy bhed. dyantayor abhvd vitathair eva

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saprayojanat te svapne vipratipadyate106/ tasmd dyantavattvena mithyaiva khalu te smt// 7 // Perci [la falsit] degli enti nella condizione di veglia ricordata per via del loro essere interni: com l [nella veglia], cos nel sogno; [i due stati per] si differenziano per la chiusura [della condizione onirica] (4). I saggi dicono che i due stati di sogno e veglia sono ununica cosa a causa delluguaglianza degli enti [in entrambi gli stati] per la ragione oramai assodata107 (5). Ci che non c n allinizio n alla fine, tale pure nel presente [nel mezzo]. [Quegli enti], pur essendo simili alle cose illusorie, sono visti come fossero reali (6).108 Nel sogno la loro [= degli oggetti empirici] utilit contraddetta,109 pertanto poich sono provvisti dinizio e fine essi sono ricordati come certamente illusori (7).

Dalla quarta strofa comincia a mostrare quale sia il corpo dellinferenza usata da GP per dimostrare che gli enti di veglia sono altrettanto illusori di quelli onirici:
jgraddyn bhvn vaitathyam iti pratij. dyatvd iti hetu. svapnadyabhvavad iti dnta. yath tatra svapne dyn bhvn vaitathya tath jgarite pi dyatvam aviiam

mgatikdibhi sadyatvd vitath eva tathpy avitath iva lakit mhair antmavidbhi., Quella cosa, il miraggio e quantaltro che non c n allinizio n alla fine, quello non c nemmeno nel mezzo. Questo stabilito nel mondo e cos sono questi enti distinti percepibili durante la veglia; poich non vi sono allinizio e alla fine per la somiglianza con i falsi come il miraggio e altre [allucinazioni del genere], sono appunto illusori. Tuttavia, dagli stolti, da quanti non conoscono il S, sono scorti come fossero veri. Ivi si cerca di provare lirrealt della veglia su un campo pi concreto, ossia per via della sua transitoriet. Ci che transitorio e non presente allinizio e alla fine falso (CONIO, 1979: 295). Infatti, una delle definizioni di sat, in senso di vero, assolutamente reale, come svarpalakaa di brahman : triklbdhyatva sattvam, Lassoluta realt lincontrovertibilit nel triplice tempo., vale a dire leternit. 106 Bhattacharya (1989 [1943]: 19) e Vecchiotti (1989: 112), coerentemente a quanto gi presentato a proposito di II.4, leggono svapne pi pratipadyate, in luogo di svapne vipratipadyate, come tutti gli altri commentatori e glossatori. 107 , nel suo bhya alle MK, meglio noto come gamastravivaraa (V), chiosa brevemente il passaggio prasiddhatvenaiva hetun: prasiddhenaiva bhedn grhyagrkatvena hetun samatvena svapnajgaritasthnayor ekatvam hur vivekina iti prvapramasiddhasyaiva phalam., I saggi dichiarano lidentit degli stati di sogno e di veglia per mezzo della ragione oramai gi nota, ossia la cognizione degli oggetti dovuta alla relazione tra [loggetto] percepito e il [S] percettore. [La strofa] il risultato di quanto gi stato comprovato con il mezzo di prova precedente [ovvero linferenza]. In effetti, in entrambi gli stati presente il S come osservatore (grhaka) degli oggetti (grhya) (NIKHILANANDA, 1995: 91). Per questo G chiarisce che vi ununica ragione logica (hetu) nellinferenza (anumna) che ne prova la falsit (mithytva), ossia il fatto di essere visti (dyatva): bhed bhidyamn bhv. tem avasthdvayavartin grhyatva grhakatvam aviiam. tena dyatvena hetun prasiddham eva te mithytvena samatva tena sthnayor ekarpatva vivekinm abhipretam iti yat prvam anumnkhya prama siddha tasyaiva phala sthnadvayviearpam anena lokenoktam iti lokayojanay darayati prasiddhenaiveti. Negli sviluppi successivi del Vednta Advaita una delle ragioni logiche a sostegno dellillusoriet del mondo proprio dyatva. Si veda anche Svm Saccidnandendra (1971: 116-117). 108 Il passaggio identico a MK IV.31 (VECCHIOTTI, 1989: p. 111) o a IV.32 per Bhattacarya (1989 [1943]: 19-20) anche se l il contesto dellirrealt del mondo. 109 I buddhisti teorizzano che il concetto di satt sia congruente con una mera efficienza, utilit pratica (arthakriykritva), per questo se i sogni non agiscono nella veglia sono allora falsi. I seguaci del Vednta per affermano che non si deve far confusione e creare mescolanze: gli oggetti onirici servono a fini del tutto onirici, cos come gli oggetti empirici lavorano per questioni pragmatiche. Certamente sia in svapna, sia in jgrat vi una relazione causale propria di ognuno degli stati, ma la sequenza logica riscontrabile nella veglia non pu essere tradotta pedissequamente nel sogno e viceversa (NIKHILANANDA, 1995: 94).

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iti hetpanaya. tasmj jgarite pi vaitathya smtam iti nigamanam. antasthnt savtatvena ca svapnadyn bhvn jgraddyebhyo bheda. dyatvam asatyatva cviiam ubhayatra. La falsit degli enti percepibili durante la veglia, questa lipotesi. Il probans poich sono percepibili;110 lesempio come gli enti percepibili in sogno. Al modo in cui l, in sogno si ha lillusoriet degli enti percepibili, allo stesso modo anche nella veglia non distinta la loro percepibilit, questa lapplicazione del probans; e Pertanto anche nella veglia ricordata lillusoriet, la conclusione. La differenza tra gli enti percepibili in sogno rispetto a quelli percepibili durante la veglia si ha per il fatto che [i primi] stanno allinterno [del corpo] e e sono contratti, mentre, in entrambi i casi, la percepibilit e lirrealt sono uguali.

Glossando la strofa II.6 G propone la lettura di come fosse uninferenza che, al fine di stabilire lirrealt del mondo di veglia, reca un differente probans: vimata mithy dimattvd antavattvt svapndivad ity artha, Ci che sotto esame [= il mondo di veglia] falso, poich dotato di inizio ed dotato di fine, come il sogno e altri [simili]. Questo il senso. Poi, per rafforzare (uktnumnadrahimne) questinferenza propone pure la concomitanza invariabile (vypti) su cui tale sillogismo si fonda: yad dimad antavac ca tan mithy yath mgatikdty artha, Ci che ha un inizio e ci che ha una fine falso, come il miraggio e quantaltro. Questo il significato. (MAHADEVAN, 1960: 122, n. 35).111 Una questione che merita di essere riportata che Richard King (1997 [1995]: 170), riprendendo Stephen Kaplan (1983: 339-355), annota un particolare interessante. In MK II.4 si procede alla valutazione del mondo di veglia come falso, in quanto rinchiuso in un luogo angusto (antasthnasavtatva), cio dentro il corpo o, diremmo meglio, dentro la mente, per non abbandonare il filone del vikalpa qui sopra introdotto. LV non si discosta dal testo di MK. Tuttavia, nota lo studioso, se per gli enti onirici questa ragione pu valere (cfr. anche MK IV.33), la questione ben differente con gli enti di veglia. Come si pu sostenere che essi sono rinchiusi in uno spazio ristretto, che sono costretti? Tuttavia, se ci permesso,

110 Ricordiamo nuovamente come dyatva sia uno dei probans presentati dagli Advaitin per stabilire il probandum del prapacamithytva, in primis nella Nyyadpval (1907: 1) di nandabodha (XII sec.) e poi di MS nellAS (AS, 1997 [1937]: 30-31): vimata mithy dyatvt, jaatvt, parichinnatvt, [uktirpyavat]. La stessa ragione addotta da Dinga nelllabanapark (6). 111 Il testo di G continua basandosi sul commento di : ita ca vaitathya jgraddyn bhednm dyantayor abhvd dv ante ca nsti vastu mgatikdi tan madhye pi nstti nicita loke. tatheme jgraddy bhed Se il corpo centrale dellinferenza si basa sulla prima frase, G vede nella seconda sentenza: tatheme jgraddy bhed la conclusione (nigamana) del sillogismo. Quando il probans, la cui relazione con il probandum suffragata da una concomitanza invariabile corretta, si stabilisce allora come presente nel soggetto inferenziale (paka), ossia se ne stabilisce la pakadharmat e, come noto, quando vi una conoscenza della pakadharmat qualificata dalla vypti si giunge al paramra, che la terza cognizione consecutiva (ttyajna), dalla quale poi scaturisce la conoscenza inferenziale (anumiti). Questa conoscenza finale si ha solo dopo lespressione della conclusione, in cui si prova lipotesi iniziale: vyaptimata sdhanasya pakadharmatopanysena pratijopasahravacana nigamana darayati tatheti

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vorremo ricordare che lequivalenza tra oggetti onirici e oggetti di sogno stabilita da , che interpreta il suo paramaguru, mediante uninferenza. Il sillogismo quello qui sopra proposto e sebbene spesso la ragione logica addotta allirrealt delle immagini oniriche sia savtatva o antasthnatva, tuttavia lhetu presente nellanumna vera e propria dyatva, la cui validit non qui in discussione.112 Continuando con la nostra carrellata, ci pare che tra le krik qui sopra tradotte, lunica in cui elabori un commento un po pi originale la II.7. Essa aperta da unobbiezione: lesperienza di veglia evidentemente dotata almeno di unutilit pratica (arthakriykritva)113 e una continuit, caratteristiche che nel sogno non si trovano. Alla controbattuta di GP ci avvia per :
svapnadyavaj jgaritadynm apy asattvam iti yad ukta tad ayuktam. yasmj jgraddy annapnavhandaya kutpipsdinivtti kurvanto gamangamandikrya ca saprayojan d. na tu svapnadyann tad asti. tasmt svapnadyavaj jgaritadynm asattva manorathamtram iti. tan na. kasmt? [Obbiezione:] Ci che stato sostenuto: Come per gli enti percepibili in sogno si d lirrealt anche degli enti percepibili in veglia , questo irragionevole, poich gli oggetti percepibili durante la veglia come i cibi, le bevande, i veicoli e altro, provocando lestinzione di fame, sete ecc., nonch lattivit di andare e venire, sintendono come aventi uno scopo; per ci non si d per gli enti percepibili in sogno, pertanto [sostenere] lirrealt degli enti percepibili durante la veglia al pari degli enti percepibili in sogno solo un desiderio. [Risposta:] Non cos. [Domanda:] Per quale ragione?

La ribattuta di prosegue in questi termini:


yasmt saprayojanat d ynnapndn svapne vipratipadyate. jgarite hi bhuktv ptv ca tpto vinivartitat suptamtra eva kutpipsdyrtam ahortroitam abhuktavantam tmna manyate. yath svapne bhuktv ptv ctptotthitas tath. tasmj jgradyn svapne vipratipattir

Certamente il probans dyatva stato pi volte sfidato dai seguaci del Dvaita Vednta e in particolar modo nella Nyyasudh da Jayatrtha (XIV sec.) e difeso da MS nellAS (AS1, 1997 [1937]: 233-294, 328-332). 113 Uno degli esami di realt, valido per vari darana, ma unico per i buddhisti, quello dellutilit pratica di un ente, larthakriykritva. I sogni non hanno alcuna utilit pratica nella veglia, pertanto sono falsi. Per i Vedntin gli enti onirici sono mezzi per espletare fini onirici, come gli oggetti di veglia hanno un raggio dazione limitato alla veglia. Un senso di relazione causale presente tanto nella mente che sogna, quanto in quella che veglia, anche se ci che considerato una sequenza logica nella veglia, non lo altrettanto nel sogno. Ognuno di questi stati ha la sua propria nozione di propriet e ognuno dei due contraddetto dallaltro, nonostante mentre li si vive appaiano entrambi reali (NIKHILANANDA, 1995: 94, n. 1).
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d. ato manymahe tem apy asattva svapnadyavad anakanyam iti. tasmd dyantavattvam ubhayatra samnam iti mithyaiva khalu te smt. [Risposta:] Poich quello che visto come lessere provvisti di uno scopo di cibo, bevande e altri in sogno contraddetto. Qualcuno, dopo aver mangiato e bevuto durante la veglia, sazio e libero dalla sete non appena saddormenta ritiene s stesso tormentato da fame, sete e quantaltro come fosse rimasto giorni e notti senza mangiare. Cos accade anche nel caso in cui in sogno, dopo aver mangiato e bevuto, qualcuno si risveglia non sazio. Pertanto in sogno si constata la contraddizione degli enti percepibili nella veglia, cos noi riteniamo che anche la loro irrealt sia indubitabile, come per gli enti percepibili in sogno. Per tale ragione, lessere provvisti di inizio e fine identico in ambo i casi e dunque essi sono senza dubbio ricordati come falsi.

In ogni modo GP, tuttaltro che sprovveduto, ben consapevole della diversit degli enti di veglia rispetto a quelli onirici nel reame empirico (vyvahrika), tuttavia il suo punto di vista rifugge il relativo, la cosmologia, per aderire completamente alla pi cristallina intellettualit, presentando cos una visione assolutamente metafisica (pramrthika). Nonostante ci, egli non manca di sottolineare le differenze. Un fatto ben facilmente esperibile da parte di ogni essere il carattere meraviglioso, imprevedibile e bizzarro dei sogni. Per esempio, possibile esperire in sogno oggetti che non si sono mai visti durante la veglia. GP spiega che questa peculiarit dovuta a una caratteristica (dharma) dellanima individuale, chiamata anche sthnin, che si muove alla loro ricerca. Ci che appare inspiegabile agli occhi della veglia la normalit per il sognatore (KING, 1997 [1995]: 169). Questa propriet non certamente degli oggetti percepiti ma del veggente, che pertanto abbandonano loggettivit della veglia e divengono soggettivi (II.8):114
aprva sthnidharmo115 hi yath svarganivsinm/ tn aya prekate gatv yathaiveha suikita// La caratteristica di colui che sperimenta [la condizione di sogno] senza precedenti, proprio come [quella] degli abitanti dei cieli superiori. Egli, essendovi andato, vede quelli [gli oggetti onirici] come qui una persona ben istruita.

Il fattore della soggettivit oltre che nel sogno si trova anche nellerrore percettivo, una delle sue cause un difetto insito in chi vittima dellillusione (pramt), che entit indubbiamente soggettiva e mutevole da individuo a individuo. 115 interpreta il composto sthnidharma come: aprvasthnidharmo hi sthnino draur eva hi svapnasthnavato dharma., La caratteristica senza precedenti di colui che sta nel luogo infatti la caratteristica dello sthnin, dellosservatore in realt, di colui che osserva il sogno.
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La strofa , come di consueto, preceduta da una posizione contrastante di valore particolare per noi, poich va ad attaccare ora non pi il probans come prima, ma lesempio, per retrocederlo al ruolo di mera immagine dellesempio (dntbhsa):
svapnajgradbhedayo samatvj jgradbhednm asattvam iti yad ukta tad asat. kasmt? dntasysiddhatvt. katham? na hi jgradd evaite bhed svapne dyante. ki tarhi? aprva svapne payati. caturdantagajam rham aabhujam tmna manyate. anyad apy evaprakram aprva payati svapne. tan nnyensat samam iti sad eva. ato dnto siddha. tasmt svapnavaj jgaritasysattvam ity ayuktam. tan na. svapne dam aprva yan manyase na tat svata siddham. ki tarhi? [Obbiezione:] Ci che si sostenuto [vale a dire] A cagione della somiglianza degli enti distinti di sogno e veglia [si afferma] lirrealt degli enti distinti di veglia, quella cosa falsa. [Contro domanda del siddhntin:] Perch? [Risposta dellobbiettore:] Poich lesempio non stabilito.116 [Nuova contro domanda del siddhntin:] In che modo? [Risposta dellobbiettore:] Di certo questi enti distinti percepiti durante la condizione di veglia non sono colti nel sogno. [Contro domanda del siddhntin:] Allora che cosa [viene percepito]? [Risposta dellobbiettore:] Nel sogno [lindividuo] vede ci che non ha mai visto prima; [per esempio] immagina s stesso dotato di otto braccia salito su di un elefante a quattro zanne e in sogno vede qualcosaltro di questo genere mai visto prima. Quella visione non simile a nullaltro di falso, pertanto certamente vera. Per tale ragione lesempio non provato, cosicch irragionevole [la posizione] dellirrealt degli oggetti di veglia simile a quella del sogno. [Risposta del siddhntin:] Non cos, ci che nel sogno tu consideri qualcosa di mai visto prima, quelloggetto non stabilito di per s. [Obbiezione:] Che cosa allora?

Ora comincia lesposizione del suo siddhnta:


yath svarganivsinm idrdn sahasrkatvdi tath svapnado prvo ya dharma. na svata siddho drau svarpavat. tn evaprakrn prvn svacittavikalpn aya sthn svapnadk svapnasthna gatv prekate. yathaiveha loke suikito dentaramrgas tena mrgea dentara gatv tn padrthn payati tadvat. tasmd yath sthnidharm rajjusarpamgatikdnm

Il non essere stabilito dellesempio quellerrore inferenziale che G chiama dntasya sdhyavikalatvam , ossia il non essere contemplato del probandum nellesempio. Nel corpo di uninferenza il probandum rimane la propriet che deve essere stabilita su di un paka. Al fine di evitare che propriet assurde vengano poste come probandum si deve porre un esempio, il quale esprime una precedente fondatezza del probandum. Uno dei primi passi per capire se uninferenza corretta o meno la verifica della presenza del probandum nellesempio. Quando il sdhya non contenuto nellinsieme di possibilit dellesempio, allora linferenza non valida. Comunque sia la non validit pu darsi dalla debolezza del probandum, ma anche dallinfondatezza dellesempio.
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asattva tath svapnadynm aprv sthnidharmatvam evety asattvam ato na svapnadntasysiddhatvam. Come Indra e gli altri che risiedono nei cieli hanno mille occhi117 e altre [caratteristiche], allo stesso modo questa una caratteristica senza precedenti del sognatore, ma non di per s comprovata, come la natura propria del veggente. Questo che sperimenta la condizione onirica, che vede il sogno, essendo penetrato nella condizione onirica guarda tali, siffatti enti senza precedenti, che sono [solo] immagini della sua mente.118 Come accade qui, nel mondo, una persona ben istruita sulla strada per raggiungere un altro luogo, [poi] andando in quellaltro luogo attraverso quella strada, l vede quegli oggetti, cos [avviene anche per i sogni]. Pertanto come sono irreali le caratteristiche sperimentate [nella condizione di veglia] come la serpe sulla corda, il miraggio e quantaltro, cos gli enti senza precedenti percepibili in sogno possiedono invero la propriet di essere sperimentati nello stato onirico, sono irreali. Quindi non che lesempio addotto del sogno non sia provato.

Nel sogno si pu ritrovare persino la distinzione tra pensiero interno e percezione esterna. Anche la cognizione onirica, percepita mediante la coscienza interna (antacetas), illusoria. Accade per che se gli oggetti sono colti dalla coscienza esterna, sembrano diventare reali (II.9):
svapnavttv api tv antacetas kalpita tv asat/ bahicetoghta sad da vaitathyam etayo// Anche nello stato di sogno per ci che immaginato con la coscienza interna illusorio, mentre ci che colto dalla coscienza esterna reale, [in ogni modo] la falsit di entrambi gi sperimentata.

Uno degli epiteti di Indra sahasrka, dai mille occhi, talvolta applicato anche a Vyu (V I.23.3). Il mito narra che a seguito della maledizione del i Gautama per la violazione da parte di Indra del suo talamo nuziale, il quale si finse il vate violando la castit di Ahaly. Il saggio maledisse Indra a portare sul corpo il segno della sua ignominia, con un marchio evidente del suo desiderio. Fu cos che su Indra si stamparono mille yoni. Per la vergogna Indra si nascose, ma quando la sua posizione rimase vacante per troppo tempo le divinit andarono a cercarlo per rimetterlo al suo posto. Quando fu trovato accett di tornare solo a patto che la maledizione del saggio fosse placata. Infine, si giunse a un compromesso, le mille yoni divennero mille occhi. 118 Qui si ha esempio di uno degli echi Vijnavdin del contesto, con il concetto di manovikalpa, cittaspandana o manaspanada, che significano pressoch immagine mentale e vibrazione coscienziale. Come vedremo pi avanti, il concetto molto usato nel IV capitolo di MK. Ivi si vuole sottolineare che non esiste relazione causale tra il sogno e la veglia. Pi avanti si dir che anche tra due oggetti percepiti in veglia non possibile stabilire una vera relazione causale. Gli oggetti delle nostre esperienze non sono che creazioni, vibrazioni della nostra mente e solo per ignoranza noi li relazioniamo causalmente. Naturalmente, lesperienza onirica non reale, per via della sua natura estremamente cangiante, tuttavia losservatore del sogno reale perch immutabile e testimone delle trasformazioni oniriche. Mentre gli oggetti percepiti in veglia, gli errori percettivi della veglia e i sogni, partecipano tutti della medesima natura di essere percepibili (dya), per cui sono illusorie trasformazioni della coscienza.
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Cos dopo che gli Advaitin hanno respinto le obbiezioni e le accuse dellinusualit dellesempio, ora GP e tornano a sviluppare lequazione tra gli enti onirici e gli oggetti di veglia:119
svapnavttv api svapnasthne pi antacetas tatraiva manorathasakalpitam svapne bahicetas asat. ghta

sakalpnantarasamaklam

evdarant

cakurdidvreopalabdha ghadi sat. ity evam asatyam iti nicite pi sadasadvibhgo da. ubhayor apy antarbahicetakalpitayor vaitathyam eva dam.120 Anche nella svapnavtti, vale a dire anche nello stato di sogno ci che la coscienza interione immagina per fantasia irreale, poich nel medesimo istante successivo allimmaginazione non si vede pi. Inoltre proprio l, nel sogno ci che stato colto grazie alla coscienza esterna, ovvero percepito per mezzo della vista e degli altri [sensi], come i vasi e quantaltro, reale. Pur avendo accertato In tale modo ci [lesperienza onirica] non verit, [in essa] colta la distinzione tra reale e irreale. Infine, rivelata leffettiva illusoriet di entrambe le modalit, di ci che immaginato sia con la coscienza esterna sia con la coscienza interna.

Va notato inoltre che sebbene degli oggetti siano esteriori, quandanche sono carpiti interiormente, vanno identificati come falsi. Lo stesso si pu sostenere per gli oggetti quando sono conosciuti esteriormente: entrambi i generi di enti sono vitatha (II.10):121
jgradvttv api tv antacetas kalpita tv asat/ bahicetoghta sad yukta vaitathyam etayo// Anche nello stato di veglia ci che immaginato con la coscienza interna illusorio, mentre ci che colto dalla coscienza esterna reale: la falsit di entrambi [allora] plausibile.

Nelle due krik appena proposte (II.9-10) GP afferma che, in accordo al buon senso comune, si crede che gli oggetti esperiti durante la veglia, grazie a tutti i mezzi che la veglia ci offre, siano reali, sat. Daltro canto dominio comune ritenere che i sogni siano vani e
V: aprvatvak nirkt svapnadntasya puna svapnatulyat jgradbhedn prapacayann ha G mostra il perch dellillusoriet, ossia la semplice differenza dalla realt assoluta: asattva paramrthasadvilakaatvena mithytvam 121 non aggiunge nulla di valore: sadasator vaitathya yuktam, antarbahicetakalpitatvvied iti vykhytam anyat. Ivi, ragiona Pelissero (2002: 142, n. 143), predica lequazione sogno = veglia, mentre commentando BS II.2.28 assume, contro i buddhisti idealisti, una posizione pi realista e ne afferma la diversit.
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senza alcun contenuto, quindi irreali.122 GP qui ci mette il suo zampino. Per lui entrambi, oggetti di veglia e di sogno, sono egualmente irreali. La ragione addotta che egli deve in qualche modo discriminare tra oggetti immaginari e oggetti apparentemente reali. Entrambi questi generi di oggetti, per, sono facilmente equiparabili, non tanto perch stiano allinterno del corpo costretti in un angolo, ma piuttosto perch sono entrambi illusori, falsi, perch privi di realt ultima, o meglio ancora, senza valore di fronte alla realt assoluta (CONIO, 1971: 123). Sebbene sia la veglia sia il sogno siano illusori, differiscono per quanto riguarda il luogo di apparizione dellillusione: uno esterno mentre laltro interno. Secondo GP questa differenza colta da un osservatore interiore (II.11).123 Per esprimere questo concetto GP usa lobbiezione di un prvapakin:124
ubhayor api vaitathya bhedn sthnayor yadi/ ka etn budhyate bhedn ko vai te vikalpaka//125 Se c illusoriet degli enti in entrambe le condizioni, chi conosce queste [entit]? Chi invero colui che le immagina?

Di seguito comincia una discussione su come gli oggetti sono manifestati nei due stati in questione. GP sostiene che la divinit, grazie al suo potere creatore (my), manifesta ogni cosa da s stesso. Infatti, egli sia lagente (kart) sia il mezzo (karaa) dellattivit generatrice. My stessa concepita come strumento, mentre losservatore immobile e impassibile, il S che comprende le differenze vigenti tra le condizioni di veglia, di sogno e di sonno profondo, come semplici modificazioni (vikalpa) del quarto stato (turya/turya/caturtha) (II.12):
Verremmo solo far qui notare come il punto di vista comune sia mutato dallantichit del Veda che abbiamo presentato nel primo capitolo, in cui il sogno era considerato e descritto in ben altre tinte a ora, ove lirrealt onirica sembra patrimonio intellettuale di tutti. 123 Esiste una connessione tra le strofe II.1-11 di MK e XIII.58-81 del Tripurrahasya (PELISSERO, 1995: 99-101, n. 127 e 128). 124 G chiarisce il senso dellobbiezione espressa in MK II.11 e il relativo V. Se ogni cosa partecipa di una radicale falsit, allora il comune comportamento basato su categorie come conoscitore, mezzo di conoscenza e oggetto conosciuto va a cessare: sarvamithytve pramtpramdivyavahrnupapatty virodham akate 125 LV glossa molto semplicemente il testo della strofa. Lunico particolare che aggiunge alla domanda di chi sia il vikalpaka, glossato da G come nirmta, che GP intenderebbe chi il sostegno di ricordo e conoscenza: codaka c ha svapnajgratsthnayor bhedn yadi vaitathya ka etn antarbahi ceta kalpitn budhyate. ko vai te vikalpaka. smtijnayo ka labanam ity abhiprya. na cen nirtmavda ia. Ci si consenta di avanzare unipotesi sui termini smtijnayo, ossia che indichino per analogia rispettivamente smti la cognizione onirica e jna la cognizione diretta di veglia. Unultima questione riguarda lipotesi avanzata alla fine da , se non vi fosse alcun sostegno per smti e jna allora ci equivarrebbe ad adottare la dottrina del non-S, propria degli nyavdin.
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kalpayaty tmantmnam tm deva svamyay/ sa eva budhyate bhedn iti126 vedntanicaya//127 Il S, la divinit [il principio luminoso] attraverso il suo potere illusorio immagina S stesso mediante S stesso. La convinzione del Vednta , infatti, che egli solo conosce gli oggetti distinti.

Ora presentiamo una serie di krik che da una parte non sono di interesse centrale per noi, poich spesso ripetono ci che abbiamo affrontato, ma dato anche il carattere antologico di questa nostra sezione, ci pare forniscano alcune informazioni sul sogno, ma soprattutto continuano a considerarlo lillustrazione pi efficace. Oltre a ci trattano di alcuni temi a cui abbiamo pi volte accennato:
vikaroty aparn bhvn antacitte vyavasthitn/ viyat ca bahicitta eva kalpayate prabhu// 13 //128 cittakl hi ye ntas tu dvayakl ca ye bahi/ kalpit eva te sarve vieo nnyahetuka// 14 // avyakt eva ye ntas tu sphu eva ca ye bahi/ kalpit eva te sarve vieas tv indriyntare// 15 //

G spiega che questa la risposta vera e propria allobbiezione posta in precedenza rispetto al contrasto con il comune comportamento basato sulla triade conoscitore, conoscenza e conosciuto. Egli ribadisce che ognuna delle sistemazioni di questo mondo dipende dalla differenziazione che per frutto dellimmaginazione e fondamento di questo dispiegarsi immaginifico lunico S interiore privo di dualit: pramtpramdivyavahrnupapatti pratyha sa eveti. ekasminn evdvatye pratci vastuni klpanikabhedanibandhan sarv vyavasthety atra pramam ha iti vednteti 127 spiega che il S, che una divinit, cio come la radice div etimologicamente conviene, un principio autoluminoso, per il suo proprio potere dillusione proietta su di S il mondo della differenza, della dualit, come avviene su una corda che noi scorgiamo come serpente. Egli stesso ivi comprende quel mondo della dualit, poich non vi altro osservatore, nessun altro sostegno dellesperienza e dei ricordi, in quanto nessuna cognizione pu esistere senza un sostegno corrispondente: svaya svamyay svam tmnam tm deva tmany eva vakyama bhedkra kalpayati rajjvdv iva sarpdn. svayam eva ca tn budhyate bheds tadvad evety eva vedntanicaya. nnyo sti jnasmtyraya. na ca nirspade eva jnasmt vainiknm ivety abhiprya. A questo G aggiunge alcune note e specificazioni. In primo luogo afferma che la metafora del serpente sulla corda per scartare la possibilit che ci si riferisca al parimavda come metro di valutazione del reale, cosicch lesempio di rajjusarpa evidenzia il vivartavda: pariamavda vyvartya vivartavda prakaayitu svamyayety ukta tatra dntam ha ..; poi, avendo parlato del fatto che lo stesso S sia il manifestatore delluniverso, mediante la sua my, si afferma che il riflesso di esso sullintelletto costituisce il soggetto conoscitore, o il cidbhsa: mydvrea cidtmano jagannirmttvam uktv tasyaiva buddhipratibimbitasya pramttvam ity ha, comunque a questa propriet di essere il soggetto conoscitore si applica lo stesso esempio della serpe e della corda, in quanto tuttaltro che reale: na ca pramttvasya tttvikatattva rajjvdau sarpdidaranavad eva mithytvanirdhrad ity ha . Infine, si ribadisce che non vi altro fondamento di nulla, n altro conoscitore allinfuori del S: yo jagatsra ya ca pramt tato nyo jnasya smte c rayo nsti. cetanabhede mnbhvd anubhavasmtyo caikrayatvasya prasiddhatvd ity artha 128 Nel commento akariano della stanza si ricorda pi volte la nozione di sakalpa, determinazione, volizione, immaginazione che, in una sua precisa accezione, sarebbe il pensiero stesso del Signore, da cui si forgia luniverso. Il senso impresso da che il Signore onnipotente (prabhu), ossia il S differenzia, diversifica, immagina la diversit sia esteriore, come la terra e altri enti grossolani, sia interiore, come le impressioni latenti: vikaroti nn karoty aparn laukikn bhvn padrthn abddn any cntacitte vsanrpea vyasthitn avyktn niyat ca pthyvdn aniyat ca kalpankln bahicitta sas tathntacitto manorathdilakan ity eva kalpayati prabhur vara tmety artha.
126

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jva kalpayate prva tato bhvn pthagvidhn/ bhyn dhytmik caiva yathvidyas tathsmti// 16 //129 Esso produce alcune cose allinterno della mente che non sono fisse e [altre cose] allesterno della mente che sono fisse [tanto nella mente, quanto esternamente]. Cos immagina il Signore (13). Quelle cose che sono interiori e che esistono tanto a lungo quanto ne permane la cognizione e quelle che sono esteriori e che esistono per quanto dura [la consapevolezza del] duplice [tempo], tutte queste sono solamente immaginate. Non c alcun altra differenza [che poggi] su alcun altro fondamento (14). Quegli enti che sono interiormente manifesti e quelli che sono manifesti esteriormente sono, certamente, tutti frutto dimmaginazione, ma c qualche differenza a proposito dei differenti organi sensoriali (15). In primo luogo [il Signore] immagina unanima individuale, dopo entit di variet molteplici, esteriori e pure interiori: com la cognizione cos il ricordo (16).130

Tra queste strofe qui sopra proposte la II.14 presenta sicuramente il commento di pi interessante, poich chiarisce i due concetti gi ricordati di cittakla e dvayakla (CONIO, 1971: 125-126). Il testo si apre, come spesso accade, con unobbiezione:
svapnavac cittaparikalpita sarvam ity etad akyate. yasmc cittaparikalpitair

manorathdilakaai cittapariccheddyair vailakaya bhynm anyonyapariccheddyatvam iti. s na yuktak [Obbiezione:] Ma se ogni cosa immaginata dalla mente come un sogno, allora sorge un dubbio, poich la diversit degli oggetti esterni rispetto a quelli immaginati dalla mente, che

Le strofe II.17-19 sono di minore interesse per il nostro scopo, tuttavia meritano di essere citate per amor di completezza: anicit yath rajjur andhakre vikalpit/ sarpadhrdibhir bhvais tadvad tm vikalpita// 17 // nicity yath rajjv vikalpo vinivartate/ rajjur eveti cdvaita tadvad tmavinicaya// 18 // prdibhir anantai ca bhvair etair vikalpita/ myai tasya devasya yay samohita svayam// 19 //, Come nella tenebra una corda non riconosciuta simmagina essere un serpente o una linea [dacqua], ecc., allo stesso modo simmagina il S (17). Come quando si riconosce la corda, la sua falsa modificazione [come serpe] svanisce e la non-dualit [si esclama in questo modo]: Questa una corda; cos avviene laccertamento del S (18). [Questo S] immaginato come i soffi o altre entit sottili, o come infiniti altri enti, ma questo il potere illusorio di quella divinit, dal quale egli stesso illuso. 130 Nel commento a questa strofa cerca di identificare il processo mediante il quale si verifica la reciprocit di causa-effetto, tanto per le manifestazioni esterne, tanto per quelle interne. La risposta di inizia col differenziare lanima individuale, sottoposta ai legami dellazione, mentre il puro S immagina soltanto, come avviene nel caso di una serpe proiettata su una fune. Esso immagina molteplici enti esteriori e interiori come la distinzione di agente, mezzo, azione e frutto dellazione, le varie facolt interne e quantaltro. Il jva, immaginato dal puro S, immagina a sua volta: a seconda della sua conoscenza egli conosce, a seconda di com la sua memoria egli ricorda. Per cui dopo aver immaginato una causa, immagina pure un effetto di essa, cos avviene anche per quanto concerne il ricordo. Dagli effetti del ricordo di qualche ente o episodio si sviluppano altre conoscenze e poi ancora, dagli altri ricordi altre conoscenze. Cos infine, lanima individuale immagina la variet delle manifestazioni interne ed esterne e le connette con rapporti di causa ed effetto (PELISSSERO, 2002: 144-145; NIKHILALANDA, 1995: 106-108).
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sono caratterizzati da mero desiderio o simili e che sono delimitati dalla mente, lessere reciprocamente delimitati. [Risposta:] No, il dubbio non congruo

Di seguito lV formula per esteso tutta la controbattuta allobbiezione. Anche ammette due tipi di tempo: cittakla, cio kalpankla, che opera allinterno della mente e dvayakla ossia bhedakla, il tempo misurabile, che si pu determinare precisamente. Il primo limitato dalla mente ed rilevante solo per il flusso coscienziale, mentre a limitare il secondo ci pensano i rapporti reciproci tra gli oggetti, nonch la limitazione data dai due tempi ed misurabile mediante avvenimenti del mondo naturale. G, chiarendo quali siano i due tempi a cui si fa riferimento, invece, chiama rispettivamente i contenuti onirici kalpanklabhvino bhv, ossia enti che esistono per la durata della [loro] immaginazione e gli oggetti di veglia sono pratyabhijyamnatvena prvparaklabhvina, [enti] che, poich possiedono la propriet di essere riconosciuti, esistono in un tempo precedente e successivo (NAKAMURA, 2004 [1950], MAHADEVAN, 1960: 125):
cittakl hi ye ntas tu cittapariccedy, nnya cittaklavyatirekea paricchedaka klo ye te cittakl. kalpankla evopalabhyanta ity artha. dvayakl ca bhedakl anyonyaparicchedy. yath godohanam ste. yvad ste tvad g dogdhi yvad g dogdhi tvad ste. tvn ayam etvn sa iti parasparaparicchedyaparicchedakatva bhyn bhedn te dvayakl. antacittakl bhy ca dvayakl kalpit eva te sarve. na bhyo dvayaklatvaviea kalpitatvavyatirekenyahetuka. atrpi hi svapnadnto bhavaty eva. Quelle cose che sono interiori e che esistono tanto a lungo quanto ne permane la cognizione esse sono delimitate dalla mente. Non vi altra durata che le limiti se non la durata della loro cognizione; cio il senso che sono percepite sono al momento in cui le si immagina. Quelle cose che esistono fintanto che dura [la consapevolezza del] duplice [tempo], la durata della differenza, esse sono delimitate le une dalle altre. Per esempio: Egli siede fino a che munge la vacca: finch siede, fino ad allora munge la vacca e fintanto che munge la vacca, fino ad allora siede. Finch c quello, fino ad allora c anche questo gli enti esterni, distinti sono caratterizzati dal reciproco essere delimitato e delimitatore gli uni degli altri, cio sono quelle cose che esistono per quanto dura [la consapevolezza del] duplice [tempo]. Le cose il cui tempo quello della mente interna e le cose esteriori, che esistono per quanto dura [la consapevolezza del] duplice [tempo], sono entrambe immaginate. Lente esteriore, la cui particolarit essere delimitato da una durata di due tempi non ha altra causa al di fuori dellessere immaginato. Pertanto lesempio del sogno si conforma anche a questo [caso].
VOL.

2: 225;

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Nella strofa II.15, pare che in un certo senso GP ammetta una certa differenza tra ci che dentro e ci che fuori. Ne consegue che anche una differenza, seppur minima, tra veglia e sogno sembra essere mantenuta. La strofa II.15 afferma che la diversit dovuta ai sensi. In effetti, abbiamo gi riscontrato pi volte che lesperienza onirica libera dal contatto sensoriale anzi, durante il sogno i sensi sono ritratti e si vive un fenomeno esclusivamente mentale. Daltra parte chiaro che la veglia si basa sullesperienza sensoriale. Sembra dunque che questa stanza esprima una sorta di perplessit dellautore, che sembra dover ammettere una funzione sensoriale, che appare inutile laddove ogni cosa solo frutto di un tremolio mentale. Nonostante ci, GP ci ha abituati a vari livelli di lettura. Certo che necessario rammentare la scuola buddhista dedicatasi allanalisi del pramastra. Si ricorder che i Vijnavdin considerano la realt fenomenica non pi che unelaborazione coscienziale. Questoperazione dellintelletto espresso dalla radice kp, accompagnata per lo pi da tre differenti prefissi (upasarga): sam, vi e pari. Il processo mentale trasforma concetti e immagini in un flusso unico, che dal punto di vista solo sensoriale rimarrebbe particolare e discontinuo. Certo, affermare che GP condividesse in toto questo punto di vista difficilmente sostenibile, tuttavia abbiamo pi volte riscontrato che GP considera tanto le manifestazioni interiori, quanto quelle esteriori come elaborati mentali:
yad apy antaravyaktatva bhvn
131

manovsanmtrbhivyaktn

sphuatva

bahicakurdndriyntaragrhy siddham.

vieo nsau bhednm astitvakta svapne pi tath

darant. ki tarhi? indriyntarakta eva. ata kalpit eva jgradbhv api svapnabhvavad iti

Anche la propriet di essere non manifesti (avyaktatva [= asphuatva]) allinterno [= nellorgano interno] degli enti che sono palesati come mere impressioni latenti della mente e lessere evidenti degli enti percepibili da parte degli altri organi di senso esteriori quali la vista e gli altri, tale specificit degli enti distinti non dovuta allesistenza, poich riscontrabile anche in sogno. [Dubbio:] [A] che cosa [dovuta] allora? [Risposta:] invero dovuta alla differenza dei sensi. Perci stato provato che anche gli enti della veglia sono immaginati come gli enti del sogno.132

Esistono due letture di questo composto: bahicakurdndriyntare e bahicakurdndriyntaragrhym, tra le quali noi preferiamo la seconda. 132 Le strofe che vanno dalla 20 alla 28 del Vaitathyaprakaraa presentano lottica di vari pensatori a proposito di tman: pra, bhta, gua, i tattva (II.20), pda, viaya, loka, deva (II.21), veda, yaja, bhokt, bhojya (II.22), skma, sthla,
131

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Secondo GP e quanti abbracciarono il culmine vedntico della dottrina della nonorigine (ajtivda/ajtavda), per certi versi diversamente dai successivi esponenti della scuola, luniverso da considerarsi alla stregua di un castello in aria o la citt dei Gandharva (gandharva) che appaiano in un sogno. Questo atteggiamento estremo senza dubbio unico: non solo la cosiddetta illusione o irrealt pura del gandharvanagara133 e tale in ogni stato, ma qui si rincalza la dose esasperando la nullit del fenomeno tanto da aggiungere che il castello in aria non nella veglia, bens nel sogno, anchesso inoppugnabilmente falso (MAHADEVAN, 1960: 128-129). Sia gli enti, per cos dire, esistenti (bhva), sia gli oggetti del tutto irreali (asadbhva), in seguito conosciuti come alka o tuccha, sono generati dalla non dualit (advaya)134 (GK II.31, 33) (LAYEK, 1991: p. 103):
svapnamaye yath de gandharvanagara yath/ tath vivam ida da vednteu vicakaai// 31 //135 bhvair asadbhir evyam advayena ca kalpita/ bhv apy advayenaiva tasmd advayat iv// 33 //136

mrta, amrta (II.23), kla, dik, vda, bhuvana (II.24), manas, buddhi, citta, dharma e adharma (II.25), pacaviaka, aviaka, ekatriaka, ananta (II.26), loka, rama, str, pum, napusaka, para e apara (II.27), si, laya, sthiti e infine ogni cosa, sarva (II.28). La conclusione di questa parentesi nelle krik 29-30: ya bhva darayed yasya ta bhva sa tu payati/ ta cvati sa bhtvsau tadgraha samupaiti tam// etair eo pthagbhvai pthag eveti lakita/ eva yo veda tattvena kalpayet so viakita//, Qualsiasi entit mostri a qualcuno, egli vede quella stessa entit; egli essendo diviene il protettore di quellentit, mentre lattaccamento a esso lo sopravviene (29). Questi considerato separato da queste entit che in verit non gli sono separate. Colui che cos conosce, costui senza dubbi immagini [il S] secondo verit (30). (KARMARKAR, 1973: 13-17, 76-83; VECCHIOTTI, 1989: 117-129). 133 Anche questimmagine, come altri oggetti alka o tuccha quali il figlio di una madre sterile, il corno di lepre, il miraggio, il fiore in cielo ecc., ugualmente usata in testi buddhisti cos come dellAdvaita, per esempio si veda Lakvatrastra (LAS, X.144, 875), MadK (XVIII.33) (BHATTACHARYA, V., 1989 [1943]: 38). 134 Unaltra conferma della simbiosi e dei reciproci influssi tra GP, gli Advaitin pi antichi e il Mahyna pure luso prevalente del termine advaya, in luogo di advaita (uso lentamente ma volutamente caduto nel dimenticatoio nei testi vedntici successivi), termine largamente utilizzato nei testi buddhisti. 135 A questo punto sinserisce una strofa di enorme importanza per sintetizzare lintero panorama metafisico dellAdvaita Vednta e per lAjtivda in special modo, per non centrale nella nostra analisi (GK II.32): na nirodho na cotpatti na baddho na ca sdhaka/ na mumukur na vai mukta ity e paramrthat//, [Il S] non n estinzione, n nascita, n legato e neppure un praticante spirituale, n desideroso di liberazione e neanche liberato: questa la verit suprema. (BHATTACHARYA, V., 1989 [1943]: 39-41). Purtroppo, per ovvie ragioni di canovaccio centrale da seguire, siamo costretti a sorvolare su molte questioni interessanti. Alcuni paralleli sono MaK XVI.5, VCM 503, BhP XI.11.1, YV/MU IV.38.22. Molto simile anche una strofa della BUBV II.1.490: paramtmaikavttitvt kuto jvasya sasti/ svapnasacravat tasmj jvasacra iyate//, Come pu esserci il divenire per il jva, poich solo una funzione del supremo S? Pertanto, la trasmigrazione dellanima individuale considerata simile al movimento in un sogno. (TIMALSINA, 2006: 72 e n. 10). 136 Nel commento a questultima strofa che proponiamo della MK, riprende nuovamente la questione della manifestazione come un sussulto della mente (manapracalana), al modo in cui si immagina una fune reale come un serpente, o una linea dacqua, un bastone e altro ancora. Ma se la mente trema il S fermo, privo di ogni sussulto e tremolio (na ctmana pracalanam asti). Non possibile immaginare che le manifestazioni percepibili unicamente da una mente tremula siano assolutamente reali. Pertanto, il solo S pu essere immaginato nei termini delle manifestazioni illusorie come le facolt vitali e altre ancora e quello stesso S pure il sostrato su cui ha sede ogni manifestazione di falsit, infatti non possibile, aggiunge , considerare, come sostengono i Mdhyamika, una percezione erronea senza un seggio reale, un fondo di verit: te ca prdibhv apy advayenaiva sattman

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Cos come il sogno e lillusione sono visti, come [lo anche] la citt dei Gandharva, allo stesso modo questuniverso percepito da coloro che sono ben versati nelle Upaniad (31) Questo [S] immaginato come le cose realmente non esistenti dal non duale e anche gli enti sono immaginati da ci che non duale: perci la non-dualit benigna (33).137

Infine, commentando MK II.31, afferma che lungo tutto il prakaraa GP ha provato logicamente lirrealt della dualit. Questo stesso concetto poi espresso presentando dei passaggi scritturali. Questa strofa, per com costruita e com stata commentata, sembra davvero la conclusione concettuale del prakaraa, anche se dopo di essa vi sono altre sette importanti stanze:138
svapna ca my ca svapnamye asadvastvtmike asatyau sadvastvtmike iva lakyete avivekibhi. yath ca prasritapaypaaghaprsdastrpujanapadavyavahrkram iva gandharvanagara dyamnam eva sad akasmd abhvat gata dam, yath ca svapnamye de asadrpe, tath vivam ida dvaita samastam asad dam. kvety ha vednteu. neha nnsti kicana [KaU II.1.11, BU IV.4.19], tmaivedam agra st [BU I.4.17], brahma v idam agra st [BU I.4.20] dvityd vai bhaya bhavati [BU I.4.2], na tu taddvityam asti [BU IV.3.23], yatra tv asya sarvam tmaivbht [BU IV.4.15] itydiu vicakaair nipuataravastudaribhi paitair ity artha. tamavabhranibha da varabudbudasanibham. naprya sukhd dhna nottaram abhvagam iti vysasmte. Svapnamye, ossia il sogno e lillusione, sono entrambi irreali sebbene siano sostanziati dirrealt ma coloro che sono privi di discriminazione li vedono come fossero veri. Per esempio come una citt dei Gandharva che appare colma di lunghi negozi, mercati, case, palazzi e comunit di donne e uomini nel via vai quotidiano, non appena scorta come reale, improvvisamente si vede giungere lirrealt; e al modo in cui il sogno e lillusione che, sebbene siano visti, sono forme irreali. Lo stesso vale per tutto questuniverso, lintera dualit vista

vikalpit. na hi nirspad kcit kalpanopalabhyate Quindi, poich il S il locus di ogni immaginazione e che il principio non duale mai devia dalla propria natura anche al momento in cui immagina, la non dualit continua a mantenere la sua natura benevola, mentre limmaginazione non altrettanto, poich come la serpe vista sulla corda in grado di generare paura: ... ata sarvakalpanspadatvt sventman dvayasyvyabhicrt kalpanvasthym apy advayat iv. kalpan tv aiv. rajjusarpdivat trsdikriyo hi t Conclude con una sentenza che pare un epitaffio: adyavatbhayta saiva iv., La non dualit assenza di paura, perch quella davvero benevola. 137 Le strofe II.34-38 descrivono il saggio che ha compreso tutto ci e la sua condotta nel mondo alla stregua di un folle. Famosa pi daltre questa sentenza lapidaria (II.36): advaita samanuprpya jaaval lokam caret//, avendo realizzato la non dualit, [il saggio] si comporti nel mondo come un pazzo. 138 : yad etaddvaitasysattvam ukta yuktitas tad etad vedntapramvagatam ity ha Interessante inoltre che vari sono i passaggi analoghi nei testi buddhisti, in primis nelle MaK: VII.34, XVII.33, XXIII.8; poi la Catuatik XIII.800 e vari altri (NAKAMURA, 2004 [1950], VOL. 2: 227). Si vedano altres BSB II.2.28 e Vkyapadya III.3.72. Per altre informazioni si consultino Mahadevan (1960: 193) e King (1997 [1995]: 127) e Pelissero (2002: 153-154).

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come irreale. [Domanda:] Dove? [Risposta:] [Lautore] risponde nelle Upaniad come Qui non vi alcuna molteplicit , Il S era in principio , Il brahman era in principio , Dalla dualit sorge invero la paura , ma non c un secondo a Quello , Laddove per costui ogni cosa divenuta invero il S , e altri ancora [mostrati] da coloro che sono esperti [nel Vednta], da quanti vedono le cose con maggiore acutezza, dai saggi; questo il senso. [E si comprende anche da questo passo] della Vysasmti:139 [Questuniverso] visto come simile a tenebra profonda, come una goccia di pioggia, sul punto della distruzione, privo di felicit, che, dopo la distruzione, se ne va nella non esistenza.

Il terzo capitolo dellgamastra il cosiddetto Advaitaprakaraa, dedicato totalmente agli argomenti tesi a comprovare la non dualit, mediante varie illustrazioni ed esempi (POTTER, 1998 [1981]: 108-110; BHATTACHARYA, V. 1989 [1943]: cxix-cxxii). Cos lo introduce lo stesso V:
okraniraya ukta prapacopaama ivo dvaita tmeti pratijmtrea. jte dvaita na vidyata iti ca. tatra dvaitbhvas tu vaitathyaprakaraena svapnamygandharvanagardidntair dyatvdyantavattvdihetubhis tarkea ca pratipdita. advaita kim gamamtrea pratipattavyam hosvit tarkepty ata ha akyate tarkepi jtum. tat katham ity advaitaprakaraam rabhyate. upsyopsandibhedajta sarva vitatha kevala ctmdvaya paramrtha iti sthitam atte prakarae [Nellgamaprakaraa] la definitiva decisione sullokra stata espressa solo grazie a una premessa il S cessazione dello sviluppo fenomenico, pacifico, non duale e Dopo aver conosciuto [il S] non c pi dualit L per linesistenza della dualit stata esposta mediante il capitolo sulla falsit attraverso gli esempi del sogno, dellillusione, della citt dei Gandharva, e altri, grazie a probans come la percepibilit, lessere provvisti dinizio e fine e altri simili e con il ragionamento logico. [Ora ci si chiede] la non dualit deve essere forse compresa solo per via delle scritture oppure anche con il ragionamento logico? Per questo si dice: pu essere conosciuta anche grazie al ragionamento logico. [Domanda:] Come avviene ci? [Risposta:] [Per questo motivo] ha inizio il capitolo della non dualit. Nel capitolo passato stato fissato che tutto ci che sorto dalla differenziazione di adorato, adorazione e altre [divisioni del genere] falso, solo il S non duale la realt suprema

In questo capitolo si preferisce fondare lunicit e lassolutezza delltman sulla similitudine delletere, anchesso uno, anche se sembra diviso dalle limitazioni degli oggetti,
Si tratta di un dharmastra non pervenutoci, di cui si conservano alcuni frammenti in compendi quali la Smticandrik (KANE, 1968, VOL. 1, PART. 1: 529-535).
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come i vasi e quantaltro (MK III.14). Questargomento, che sar spesso utilizzato in seguito per differenziare la sovrapposizione avventizia (updhi) dal soggetto a cui questa sovrapposizione si applica (upadheya), accettabile al fine di esprimere la necessit di ununica essenza immutabile che sottostia a fondamento inalterabile di ogni cosa e che non partecipi mai dellincessante travaglio del divenire. Ancora una volta si procede a esempi, a istanze, ma se prima era il sogno a essere usato come cifra dillusoriet anche della veglia, ora letere a illustrare lonnipervadenza del S (CONIO, 1979: 295). Il tema della permanenza dellessere che contesta e, in un certo modo, invalida lesperienza sensoriale e quella onirica percorre per questo terzo (III.20-22, 27-28, 48) e il quarto prakaraa (IV.3, 6-8, 22, 31-32). Nella strofa III.10 si sottende che le immagini hanno tutte un medesimo status. Un oggetto non che unimmagine spaziale prodotta, a cui si conferisce un determinato significato. Quando ogni ente solo pallida immagine, laffermazione della superiorit di unimmagine rispetto a unaltra perde valore. Di conseguenza appare altrettanto insensato stabilire paragoni e analogie fra le immagini. Il rapporto e le relazioni hanno fondamento solamente nel regno fenomenico e solo quando questo sia preso come reale:
saght svapnavat sarva tmamyvisarjit/ dhikye sarvasmye v nopapattir hi vidyate// Tutti gli agglomerati esplicitati dal potere illusorio del S sono come un sogno; non c alcun argomento plausibile a proposito [della loro] superiorit o uguaglianza.140

Tra le strofe 19-32 di questo prakaraa, GP ritorna al suo cruccio centrale, ossia offre degli argomenti per stabilire lAjtivda e confuta delle teorie avverse. Secondo lui non possibile sostenere che sia il non-nato (aja) a nascere. Egli accetta che nelle scritture lorigine si attesti come proveniente sicuramente da ci che esiste (bhta), ma anche da ci che non esiste (abhta), per si deve considerare come vera solo lopzione pi ragionevole. Nelle stesse scritture, egli continua, si afferma che lorigine si ha dallillusione, per cui viene successivamente negata. Lorigine, a conti fatti, sostenibile solo in due alternative: per ci
Anche questa strofa non presenta un commento di grande interesse, ma solo riconferma lidentit tra my e avidy: ghadisthnys tu dehdisaght svapnadyadehdivan myviktadehdivac ctmamyvisarjit. tmano myvidy tay pratyupasthpit na paramrthata santty artha ..., I complessi psico-fisici che stanno in luogo dei vasi e altri [oggetti] sono sorti dal potere illusorio del S, come i corpi e qualsiasi altro oggetto percepibile in sogno e come i corpi e altri oggetti creati dallillusione. Mediante il potere illusorio, ossia lignoranza del S, [quegli enti] sono stati presentati, non realmente. Questo il senso R. King (1997 [1995]: 265, n. 44) nota che il termine saghta tecnicamente usato dai buddhisti, per cui ci sarebbe una prova in pi del retroterra culturale delle MK. King ha ragione, per vorremmo ricordare che il termine sotto accusa termine ben noto ai trattati filosofici indiani anche in ambito non buddhista, per esempio le Skhyakrik 17.
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che esiste, il sat e per ci che non esiste, lasat. Tuttavia, nessuna delle due ha valore. Lesistente pu originarsi solo per intercessione di unillusione, perch se fosse davvero originato allora come si potrebbe sostenere che ci che ormai originato torna di nuovo a originarsi. Daltro canto la nascita, la produzione o lorigine del non esistente altrettanto assurda, in quanto non pu darsi nemmeno per via di unillusione. Questo il caso degli irreali assoluti come il figlio di una madre sterile, un fiore che cresce in cielo, il corno di lepre o il latte di tartaruga (BHATTACHARYA, 1989 [1943]: cxxi). Questo il panorama in cui si situano le prossime quattro strofe. Esse sono senza dubbio tra le pi importanti per la questione discussa allinizio di questa seconda parte del capitolo rispetto ai rapporti di GP con i buddhisti. Questa discussione ha bisogno di alcune considerazioni. Nellottica delle MK, tra le ragioni addotte allapparente manifestazione del mondo, troviamo quattro agenti principali, variamente coinvolti e responsabili: il S, vara, lignoranza o la my e la mente (COLE, 2004 [1982]: 43-44). Questi sono essenzialmente collegati e talvolta non si distinguono realmente luno dallaltro: per esempio ltman cio il brahman, il turya, il S nel suo stato puro non distinto da vara. Neppure la mente, anchessa prodotto dellignoranza identica a my, non ha esistenza separata dal suo effettivo locus: il S. Lapparente azione di questi si espleta nelle loro modalit di manifestazione che, nelle MK, assume sempre una valenza immaginifica e fantasiosa, esprimibile con vari termini. Abbiamo gi ricordato kalpan, vikalpa, sakalpa, ma abbiamo anche my, nel senso dellillusione magica prodotta da un illusionista, manodya o cittaspandana. Tutte queste parole mirano a minare le fondamenta della manifestazione esteriore e interiore. In primis, tutti gli enti, categorizzati sotto lappellativo di immagini, hanno come sostrato il S, diverso da essi, ma senza il quale non potrebbero apparire. GP suggerisce che mediante un mero processo mentale che tanto il mondo fenomenico, quanto quello onirico appaiono al conoscitore. Quando si riesce a bloccare questo processo continuo, la mente cessa e si giunge a una condizione di assenza della mente e dei suoi virgulti, conosciuta come amanbhva (MK III.31, IV.28) in cui si penetra nel sempre presente quarto stato. Ci che a noi interessa ora e che argomento strettamente legato a quanto finora trattato che liter produttivo dellapparente manifestazione procede da un movimento, un sussulto, una vibrazione o un tremolio della mente, cittaspandana appunto (III.28, IV.47, 72). Conseguenza di ci lapparente produzione di unimmagine, di unillusione. Nel capitolo IV (47-52), cos come negli scritti di matrice Yogcra, si presenta questa continuit nel flusso creativo mediante lanalogia del tizzone incandescente (alta), roteando il quale, 450

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sembra comporsi una circonferenza continua (cakra). Le linee immaginarie tracciate nellaria sono accostate a quelli che noi crediamo enti esistenti provvisti di forme e nomi propri, i quali contribuiscono tutti a formare la grande immagine del mondo. Il movimento dellunico tizzone simile al processo mediante cui il S presenta di fronte a s i lineamenti immaginari del percettore e delloggetto percepito. Le immagini, altres conosciute come proiezioni, riflessi o sovrapposizioni, sono tutte frutto dellillusione, figlie legittime dellunica responsabile: my (MK I.16, II.19, 31, III.19, 27, 24, 29, IV.58, 69). Tramite questa illusione creatrice, il S, altrimenti immoto, immutabile e non agente, sembra agire e pone le basi per gli enti percepibili, sia in veglia, sia in sogno. Questo meccanismo si ha solo grazie a una sovrapposizione di qualcosa di non reale sulla stabile base del S. In altre parole il S illude S stesso proiettando immagini (kalpan) di S come fossero distinte e poi, coglie gli oggetti stessi che ha proiettato immaginando ancora di essere conoscitore (pramt). Naturalmente, abbiamo gi pi volte parlato dellanaloga situazione della sovrapposizione (adhysa), o della proiezione (vikalpa) del serpente sulla fune, esempio usato spessissimo tanto da GP, quanto nellV. Questo costrutto psichico suggerisce un mancato riconoscimento o una falsa assunzione. Questo punto interpretabile sia dal punto di vista della teoria della conoscenza, sia da quello ontologico, cosa che GP compie molto abilmente. Egli, anzi, usa un fenomeno epistemico in chiave ontologica o, se si preferisce, metafisica tout court. La sovrapposizione che viene a nascere essenzialmente della relazione soggetto-oggetto base della percezione (III.29-31 [STUHRMANN, 2009: 41], IV.61-62, 72, 87-88), che , a sua volta, retroterra di ogni convenzione ordinaria (vyavahra), di cui la relazione percepito-percettore (grhya-grhaka) legittimo stendardo. Come abbiamo pi volte ripetuto GP oltre a usare sarparajju, utilizza ancor pi diffusamente lanalogia del sogno, usando la quale legge anche la condizione determinata dalla veglia. Difatti, gli enti percepibili (grhya) e un soggetto capace di percepirli (grhaka) sono rappresentazioni mentali comuni a svapna e a jgrat. La dualit cos presentata dunque percepibile solo per via psichica, una proiezione della mente la cui apparizione soggiace temporaneamente sul S non duale (COLE, 2004 [1982]: 64-69). Detto questo si comprender il perch GP sia stato da pi fronti tacciato di idealismo, quantunque questo termine abbia un significato limitato in India.

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Come abbiamo brevemente accennato Vasubandhu141 us lequazione sogno = veglia per dimostrare come la sola coscienza sia luogo di attuazione di ogni costrutto e di ogni diade, che egli esemplifica con gli estremi grhya e grhaka. Basandosi su ci, sin dagli inizi del secolo scorso, la critica si avvicendata in numerosissimi studi sul rapporto possibile tra i punti di vista di Vasubandhu e GP. Molti studiosi, tra i quali V. Bhattacharya, hanno individuato nel Lakvatrastra la fonte principale di GP, per altri invece (KAPLAN, 1992: 194) sembra proprio essere Vasubandhu. Tra i maggiori insegnamenti di Vasubandhu, infatti, troviamo la nozione che il mondo esterno con i suoi oggetti e il mondo interiore della mente sono entrambi mero prodotto psichico (cittamtra), una mera rappresentazione coscienziale (vijaptimtra) pertanto non possono essere considerati reali. Per questo motivo ritorniamo alla conclusione che tutto ci che avviene interno alla coscienza e nulla vi di esterno. Nello specifico egli, gi nella prima strofa della Viatik afferma che lapparenza degli oggetti, in realt non esistenti (asadartha), frutto solo di una cognizione:
vijaptimtram evaitad asadarthvabhsant/ yath taimirikasysat keacandrdidaranam// Tutto ci invero solo e unicamente una rappresentazione mentale. In verit c solo lapparizione di cose irreali come la visione di cose irreali che ha un uomo malato agli occhi: come i capelli, la luna o altro.142

Per difendere questa sua posizione Vasubandhu, oltre a quella delluomo con problemi oftalmologici (taimirika), porta vari esempi e analogie. Tra queste grande importanza riveste quella del sogno, nel quale non ci sono oggetti reali, ma ci sono restrizioni di spazio e tempo ove gli oggetti paiono espletare la loro funzione in barba alla loro natura onirica. Lobbiettivo di Vasubandhu stabilire che anche senza enti fisici ci possono essere relazioni ed esperienze, restrizioni di tempo e spazio e un certa funzionalit pratica.

Vasubandhu ricordato per la stesura dellAbhidharmakoa, il maggiore tra i trattati dei Sarvstivdin e per il commento a quello stesso, lAbhidharmakoabhya che una critica Sautrntika alla stessa scuola Sarvstivdin. In seguito Vasubandhu fu iniziato al Mahyna da suo fratello Asaga, del quale comment alcune opere. Studiosi del calibro di E. Frawallner (1951, On the Date of the Buddhist Master of the Law Vasubandhu, Serie Orientale Roma, III) e Schmithausen e A. K. Warder ipotizzarono lesistenza di due Vasubandhu, uno di ispirazione Sautrntika e autore della Viatik e Triatik e uno di ispirazione del tutto idealista. 142 Naturalmente Vasubandhu fa riferimento a due tipi di allucinazione ben noti nel dibattito dottrinale: il keorka o keouka, cio la sensazione che si ha talvolta comprimendo locchio di vedere dei capelli e la visione di due lune (dvicandra).
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Secondo S. Kaplan (1992: 206) la corrispondenza tra GP e Vasubandhu vi proprio nellutilizzo rispettivo di cittaspandita o cittaspandana per luno e cittamtra per laltro. Sulla scorta di questi concetti si consuma lidealismo di entrambi.143 Tuttavia, possibile ravvisare una differenza nelle posizioni dei due. Vasubandhu vede cittamtra come lindicazione che tutto coscienza e la coscienza responsabile di ogni cosa. Invece, il composto cittaspandita di GP il risultato di una posizione secondo la quale la creazione del mondo solo un sussulto mentale, ma cosa significhi ci molto chiaramente espresso da Mahadevan (1960: 199), che si pone su posizioni del tutto tradizionali, ricalcando la visione dellV:
Using the terminology of Vijnavda, Gauapda says that the world is the result of the vibration of the citta (cittaspandita). But what he means by citta in this context is not the content-less mind which is the reality, according to the vijnavdin, but the self (tman)

per questo che cittaspandita significa per GP nientaltro che lapparizione della dualit, cio lapparizione (bhsa) di categorie in relazione ma inconciliabili come grhya e grhaka. Ergo la cessazione di cittaspandana, di questa apparizione, cessazione della dualit che si riverbera nel praticante come amanbhva, assenza di mente, lo stato incondizionato e immutabile di turya. Nella prima delle due strofe che qui presentiamo, quasi identica a MK IV.61, il termine tremolio della mente cittaspandita144 associato alla my sia in sogno sia in veglia. Il cittaspandana presentato qui nel contesto di una dualit del tutto mentale, che si manifesta nella diade percettore-percepito in entrambi gli stati (KAPLAN, 1992: 207-208). Il processo sestrinseca cos: la my del S comincia a vibrare tanto da mettere in moto la mente che nel sogno crea limmagine della dualit. Lo stesso accade anche nella veglia. Tutto ci che immaginato, ovvero creato dalla mente, non reale ma solo un riflesso, unimmagine (bhsa) poich causato dalla mente per impulso di my e non dal S (GK III.29-30):
yath svapne dvaybhsa spandate myay mana/

Ci condusse V. Bhattacharya a esprimersi cos (1989 [1943]: cxxxii-cxxxiii): There are thus two schools of Vijnavdins, (1) Vedntists headed by Gauapda and (2) Buddhists with Maitreya at the head. In both the schools the external world is the creation or transformation of the mind. But while in the first the cause for that transformation is my (III.29; IV.61), it is vsan (LA [LAS] X.150) in the second, both of them being without beginning (andi). This mya and vsan may, however, be regarded as the same thing 144 La discussione iniziata da GP alla strofa III.29 termina a III.48 (KAPLAN, 1987: 97-105).
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tath jgraddvaybhsa spandate myay mana// 29 //145 advaya ca dvaybhsa mana svapne na saaya/ advaya ca dvaybhsa tath jgran na saaya// 30 // Cos come nel sogno attraverso my la mente vibra unapparenza di dualit, allo stesso modo tramite la my la mente vibra unapparenza di dualit [anche] nella veglia (29). Non c dubbio che la mente non duale nel sogno apparizione di dualit; proprio cos non c dubbio che la [mente] non duale ha apparenza di dualit anche mentre veglia (30). 146

Vediamo ora come lautore dellV elabora i due versi, che presentiamo qui di seguito senza interruzioni:
yath rajjv vikalpita sarpo rajjurpevekyama sann eva mana

paramrthavijaptytmarpevekyama sad grhyagrhakarpea dvaybhsa spandate svapne myay, rajjvm iva sarpa. tath tadvad eva jgrajjgarite spandate myay mana spandata ivety artha (29). rajjurpea sarpa iva paramrthata tmarpedvaya sad dvaybhsa mana svapne na saaya. na hi svapne hastydi grhya tadgrhaka v cakurdidvaya vijnavyatirekesti. jgrad api tathaivety artha. paramrthasadvijnamtrviet (30). Come un serpente che immaginato su una corda, quando poi visto nella sua natura di corda reale, allo stesso modo la mente quando scorta nella sua natura di S come conoscenza della realt assoluta reale. Nel sogno [la mente], come un serpente sulla fune, grazie allillusione creatrice vibra lapparizione della dualit in forma di percettore e percepito. Cos, allo stesso modo, per via dellillusione creatrice la mente trema anche nella veglia, come se vibrasse. Questo il senso (29). Non c dubbio che come il serpente appare con la sua forma di fune, la mente che realmente non duale nella sua forma di S, in sogno appare come duale. Certamente, in sogno la dualit costituita dagli elefanti e gli altri oggetti percepibili oppure il loro percettore, gli occhi o quantaltro, non esiste allinfuori della coscienza. Anche la veglia alla stessa stregua: tale il senso; poich [in sogno e in veglia] la sola consapevolezza non differente dalla realt assoluta (30).

La dualit una percezione mentale. Per, quando la mente si dissolve o penetra in un livello superiore, non mentale, la dualit cessa di esistere. Quella condizione, differente da

introduce cos il testo: katha puna sato myayaiva janmety ucyate , In che modo, ancora, per via della my si ha lorigine del essere 146 Identica la strofa GK IV.62.
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ogni altro stato chiamata il quarto e perch non possibile addossarle altro appellativo e per differenziarla dagli altri tre (III.31-32) (KAPLAN, 1992: 209):
manodyam ida dvaita yatkicit sacarcaram/ manaso hy amanbhve dvaita naivopalabhyate// 31 //147 tmasatynubodhena na sakalpayate yad/ amanast tad yti grhybhve tadagraham// 32 // Questa dualit, ogni cosa che sia mobile o immobile visibile tramite la mente. Quando la mente attinge lo stato a-mentale non si percepisce [pi] la dualit (31). Quando [la mente], per via della realizzazione della verit del S, non immagina, allora, per mancanza di oggetti sensibili non c cognizione di ci, [cos] attinge lassenza di mente (32).

Anche qui vediamo le chiose alle due krik consecutivamente. Vediamo come stesso dispieghi il corpo dellinferenza, spiegando semplicemente cosa sintenda per anvaya e vyatireka:
tena hi manas vikalpyamnena dya manodyam ida dvaita sarva mana iti pratij. tadbhve bhvt tadabhve bhvt. manaso hy amanbhve nirodhe vivekadaranbhysavairgybhy rajjvm iva sarpe laya gate v suupte dvaita naivopalabhyata ity abhvt siddha dvaitasysattvam ity artha (31). katha punar amanbhva? iti ucyate tmaiva satyam tmasatya mttikvat vcrabhaa vikro nmadheya mttikety eva satyam [ChU VI.6.4] iti rute. tasya strcryopadeam anvavabodha tmasatynubodha. tena sakalpybhvatay na sakalpayate, dhybhve jvalanam ivgne, yad yasmin kle tad tasmin kle manastm amanobhva yti. grhybhve tanmano graha grahaavikalpanvarjitam ity artha (32). Ci che manodyam, ci che percepibile da quella mente che a sua volta viene immaginata, tutta questa dualit solo la mente: questa lipotesi. Poich quando quella [= la mente] presente, allora c [la dualit], se quella [ la mente] assente, allora non c []neanche la dualit. Lo stato non mentale della mente quando essa si arresta a cagione della visione discriminante, della pratica e del distacco,148 allora come nel caso di un serpente che arriva a sparire nella corda, oppure come la dualit che non si percepisce nel sonno profondo.
147 Un oppositore introduce la strofa II.31, chiedendo quale sia la prova per affermare che la mente sia solo una forma di immaginazione come il serpente visto sulla corda. Il prama offerto con uninferenza con entrambi i tipi di concomitanza: positiva (anvaya) e negativa (vyatireka): rajjusarpavad vikalpanrpa dvaitarpea mana evety uktam. tatra ki pramam ity anvayavyatirekalakaam anumnam ha (TRIPHI, R. K., 1997: 316). 148 Ricordiamo lo YS I.12-14 e la nota 12 di questa seconda sezione del capitolo 4.

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Cos, per la sua assenza comprovata lirrealt della dualit. Questo il senso (31). [Obbiezione:] Com questo stato di assenza della mente? [Risposta:] Si risponde che la verit del S, cio il solo S verit,149 come largilla, come [dal passaggio] della ruti: La modificazione, che ha come origine la parola, [solo] un nome, largilla di certo verit.150 Ltmasatynubodha il risveglio di quella [verit che il S] conseguente allinsegnamento delle scritture e del maestro. Per tale motivo, in virt della mancanza di qualcosa da immaginare [la mente] non immagina, come il bruciare del fuoco [viene meno]in assenza di qualcosa da ardere. Quando, nel momento in cui [accade ci], allora, in quellistante perviene allassenza di mente, allo stato in cui la mente non c. Quando manca la cosa da percepire quella mente diviene senza percezione, [vale a dire] priva dellimmagine mentale corrispondente alla percezione. Questo il senso (32).151

Si visto dunque che la posizione di GP e, per certi versi, anche di , che come in sogno, cos in veglia esiste solo la mente, che appare variamente come percepito e percettore. La dualit la mente e quando la capacit di pensiero della mente viene a cadere si entra nella condizione priva di mente, descritta da GP nei versi successivi (III.33-36). Nelloscurit del sonno profondo la mente simmerge nella sua causa materiale, per esiste ancora in forma germinale, causale, non dissolta del tutto, perch col ritorno al sogno e al risveglio dellindividuo, nuovamente si ripresenta con tutto il suo bagaglio di impressioni. Al contrario nel quarto si attinge la conoscenza del S senza condizioni limitanti o sovrapposizioni, nella sua forma pura; ivi ogni altra cosa sparisce, o meglio, si mostra come in verit da sempre era (III.33-36):
akalpakam aja jna jeybhinna pracakate/ brahma jeyam aja nityam ajenja vibudhyate// 33 // nightasya manaso nirvikalpasya dhmata/

In questo caso abbiamo uninterpretazione grammaticale spesso usata dagli Advaitin in questi casi. Per esempio qui abbiamo il composto tmasatyam che passibile di due interpretazioni: come aitatpurua tmana satyam iti tmasatyam, la verit del S oppure come karmadhraya tm eva satyam tmasatyam, Il S invero [oppure solo il S] verit. Ovviamente, i seguaci dellAdvaita in contesti come quello presentato nella strofa imperativamente leggono il composto come karmadhraya, ove i due componenti sono sullo stesso piano e, per cos dire, omogenei (smndhikaraya). Se si interpretasse nel primo modo ci troveremmo di fronte al genitivo che generalmente indica una relazione (sabandha) determinando un possessore e un posseduto, cosicch il S sarebbe non della natura di verit come predica TaiU II.1.1, ma possessore dellattributo della verit. La cosa evidentemente contro i dettami Advaita che vede il S come privo di attributi (nirgua). 150 Il contesto quello della ChU VI.1.4 in cui vetaketu istruito da suo padre Arui. Il senso del passo che qualsiasi oggetto si possa plasmare dallargilla, sia esso un vaso, un otre, un bicchiere, un gioco, un piatto o quantaltro, in definitiva tutti questi sono formati da argilla e argilla torneranno. Lunico fattore distintivo da un pezzo dargilla dalla forma di bicchiere a un pezzo dargilla dalla forma di vaso il loro nome, determinato dalla loro forma, che solo una trasformazione. Vedremo nel prossimo capitolo alcune parti dellrabhadhikaraa del BS (II.1.14-20) che tratta proprio di questo. 151 Per alcune considerazioni sugli usi della radice kp si veda Pelissero (2002: 196-197, n. 287, 291).
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pracra sa tu vijeya suupte nyo na tatsama// 34 // lyate hi suupte tannighta na lyate/ tad eva nirbhaya brahma jnloka samantata// 35 // ajam anidram asvapnam anmakam arpakam/ sakdvibhta sarvaja nopacra kathacana// 36 // Dicono che brahman senza modificazioni, privo dorigine, identico al conoscibile: ci ch da conoscere non-nato, eterno; attraverso il non-nato si realizza il non-nato (33). Il movimento della mente completamente controllata, priva di modificazioni e intelligente conoscibile; ma nel sonno profondo quel [comportamento] altro, dissimile da quello (34). Infatti, assorbita nel sonno profondo, [ma] quando completamente controllata in quello non riassorbita: ci in verit il brahman senza paura, luce di conoscenza da ogni direzione (35), non nato, senza sonno e sogno, senza nome e senza forma, illuminato una volta [per sempre],152 onnisciente. Non c [qui] un uso [linguistico] secondario [o metaforico] di alcun genere (36).

Lo stato in cui la mente definitivamente soppressa (nighta) e ha cessato la sua funzione differente dal sonno profondo, caratterizzato da una situazione di obnubilamento (mhvasth), che non c nel amanbhva. Le strofe che vanno dalla III.37 alla III.47 spiegano il modo per attingere questo stato: il famigerato asparayoga (III.39), difficile da raggiungere da parte di coloro che temono la non dualit, che invece la somma assenza di paura (asparayogo vai nma durdara sarvayogibhi/ yogino bhibhyati hy asmd abhaye bhayadarina//).153 Grazie a questa pratica di concentrazione costante e senza contatto alcuno, la mente calma e ferma si libera da ognuna delle tre condizioni, rimanendo scevra da ogni immagine che laffliggeva. Ivi attinge il brahman e risiede in S, nella sua natura intima (svastha) (BHATTACHARYA, 1989 [1943]: cxxi-cxxii).154
nel suo Vivaraa spiega il composto sakdvibhtam come: sakdvibhta sadaiva vibhta sad bhrpatvam agrahanyathgrahavirbhvatirobhvavarjitatvt. grahagrahae hi rtryahan, tama cvidylakaa sad prabhtve kraa tadabhvn nityacaitanyabhrpatvc ca yukta sakdvibhtam iti., sakdvibhtam [significa] costantemente splendente, sempre della natura di luce, poich privo di non comprensione e mala comprensione, manifestazione, oscuramento. La non comprensione e la mala comprensione sono giorno e notte, la tenebra la cui natura lignoranza sempre causa della mancata illuminazione; per via dellassenza di essa [= lignoranza] e poich della natura deterna conoscenza e luminosit dunque corretto [laggettivo] sakdvibhtam. 153 (ad MK IV.2) spiega il termine spara contatto, legame, relazione quale che sia, concludendo che si tratta della permanenza nella propria natura ultima, il brahman: sparana spara sabandho na vidyate yasya yogasya kenacit kadcid api so sparayogo brahmasvabhva eva 154 Qui GP conclude con unepitome del suo Ajtivda, il che potrebbe farci pensare anche che questo fosse stato lultimo capitolo e il verso III.48 la conclusione trionfale. Questo potrebbe anche darsi se considerassimo vera lipotesi che il IV prakaraa sia di altro autore. Questo lascerebbe anche pensare, come suggerisce T. Vetter, a un differente ordine dei capitoli. Comunque ecco la strofa: na kacij jyate jva sabhavo sya na vidyate/ etat tad uttama satya yatra kicin na jyate//, Nessuna anima individuale nasce, non c la sua nascita: questa quelleccelsa verit, laddove nulla sorigina.
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Il quarto e ultimo capitolo delle MK senza dubbio il pi denso e problematico dal punto di vista interpretativo, nonch quello in cui i dubbi della critica si sono focalizzati. Il grande retroterra mahynico ospitato per lo pi in questo prakaraa dal titolo anchesso di sapore buddhista: Altanti lo spegnimento del tizzone (POTTER, 1998 [1981]: 110-114).155 Una delle peculiarit di questo capitolo, come gli studiosi hanno da tempo fatto notare, che in esso si predilige, anzich luso del termine tman, quello di citta complesso psichico o pensiero, vijna coscienza o intelletto, che vengono usati quali sinonimi. Altanti stesso mette in risalto un concetto fondamentale: la conoscenza immobile, pacifica, che luce a s stessa conosce solo ci che essa, mediante la sua propria my, proietta (IV.68-69). Ritorniamo a questo punto alle stesse considerazioni test proposte: la coscienza, la mente vibra dando lillusione del movimento e della continuit, come una torcia fatta roteare nella notte.156 Comunque, il legame tra lAltantiprakaraa e il buddhismo evidente sia dalle considerazioni di GP, sia da quelle di . GP inizia la sua riflessione (IV.3) affermando che vi sono due categorie di avversari dialettici: una che sostiene che sono gli enti ormai esistenti (bhta) a originarsi e laltra secondo la quale sono i non esistenti (abhta) che si originano. Gli Advaya, ossia gli Advayavdin, cio i buddhisti Mahyna, invece affermano che non esiste nessuna origine in quanto n gli esistenti n i non esistenti possono essere prodotti (IV.3-4). GP in accordo con i buddhisti per quanto riguarda questo loro punto di vista (IV.5) e afferma di non voler disputare con loro fintanto largomento sia quello, poi per il resto egli fa capire di rimanere vigorosamente Vedntin (BHATTACHARYA, 1989 [1943]: cxxiicxxiii). Anche in un certo senso sente il valore dei Vijnavdin che, come egli stesso afferma esplicitamente, si sono avvicinati alladvayavastu, alla realt non duale mediante la negazione delloggetto esterno e mediante la concezione dellessenza ultima di tutte le cose intesa come sola conoscenza (jnamtra).157 Certamente, da una parte, come stesso scrive ad MK IV.99 un ponte gettato tra due generi di Advaita, sebbene la sua imprescindibilit dalla ruti resta inattaccabile, anzi egli si spinge a dire che solo mediante il Vednta, ossia le
Un buon survey generale sullAltantiprakaraa rappresentato dal volume di Douglas A. Fox Dispelling Illusion, pubblicato per i tipi della State University of New York Press oramai nel 1993. 156 Uno dei termini di stretta ordinanza buddhista che GP impiega dharma. In MK IV.10 egli afferma che essi sono immortali, senza vecchiaia: jarmaraanirmukt sarve dhar svabhvata (IV.10) poi ancora tutti i dharma sono originariamente puri, senza veli e fin dallinizio sono illuminati e liberi (IV.98). poi, commentando IV.10 spiega che dharma l usato nel senso di tman. 157 LV ad MK IV.99 rivendica quanto detto, ma afferma pure che il Buddha non ha affermato che la realt suprema non duale, priva delle divisioni conoscitore, conosciuto, conoscenza: jnajeyajtbhedarahita paramrthatattvam advayam etan na buddhena bhitam. yady apy bhyrthanirkaraa jnamtrakalpan cdvayavastusmpyam uktam. ida tu paramrthatattvam advaita vedntev eva vijeyam ity artha.
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Upaniad possibile conoscere, quindi realizzare la realt suprema della non-dualit: ida tu paramrthatattvam advaita vedntev eva vijeya (CONIO, 1979: 300). In ogni modo, la tendenza di nel IV capitolo rimane quella di riprendere le argomentazioni care a GP. Una questione che merita una breve menzione il commento alla strofa IV.25 dove lV stabilisce una sorta di equazione tra suupti, samdhi e conoscenza suprema.158 Queste tre condizioni sono accomunabili perch in esse non esiste pi alcun oggetto, n esterno, n interno, senza dualit e illusioni e tutte e tre coincidono con la sola conoscenza del S. ribadisce infine (IV.87-88) che il non duale, non nato, la realt profonda del S turya coincide con la realt suprema: paramrthatattva turykhya advayam ajam tmatattvam. Se gli stati di coscienza sono tre, i primi due hanno un livello empirico, anche se il sogno rimane in bilico tra la realt fenomenica e quella apparente, il terzo invece differente da essi, trans-empirico, privo degli oggetti e classificazioni proprie dellesperienza comune. Nonostante ci tutti e tre rimangono transeunti e di natura fondamentalmente inerte e non conoscente (CONIO, 1971: 127-132). Daltra parte il quarto assolutamente distinto da essi, non qualcosa che si aggiunge ai tre stati come un quarto, come una prosecuzione numerica, bens lo si chiama cos perch ed diverso dagli altri, ma non incasellabile in alcuno schema (avyavahrya, avyapadeya). Per questo con lappellativo turya o caturtha non resta che sottolineare la sua immota continuit ed eterna presenza in ogni condizione. Lasciamo ora parlare il prakaraa stesso, purtroppo mediante le sole krik utili al nostro scopo. Vediamo innanzitutto, agli occhi dellV, come lAltantiprakaraa si situa nellintera MK:
okranirayadvregamata pratijtasydvaitasya bhyaviayabhedavaitathyc ca siddhasya punar advaite strayuktibhy skn nirdhritasyaitad uttama satyam ity upasahra kto nte. tasyaitasygamrthasydvaitadaranasya cnyonyavirodhd klenspadatvt samyagdaranam pratipakabht daranam ity dvaitino iti vainik styate. ca tad te scitam. iha rgadvediklespada mithydaranatva

advaitadarana

vistarenyonyaviruddhatay samyagdaranatva pradarya tatpratiedhendvaitadaranasiddhir upasahartavyvtanyyenety altantir rabhyate Dopo che la non-dualit stata premessa dallgamaprakaraa grazie allanalisi sullokra; poi stata stabilita dallillusoriet della differenziazione degli oggetti esterni e nuovamente nellAdvaitaprakaraa stata determinata direttamente grazie alle scritture e al ragionamento

Nel quarto prakaraa non si fa pi alcuna menzione del termine turya, che si era pi volte utilizzato nei capitoli precedenti.
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logico, infine stata compiuta la conclusione [nel passaggio]: questa la verit suprema (III.48). Poi quelli che sono gli antagonisti di quello che il significato delle scritture che il punto di vista non duale, cio i sostenitori della dualit [= gli Dvaitin] e i sostenitori dellannichilimento [= i buddhisti], sicch vi tra loro una reciproca contraddizione e il loro punto di vista dominio di afflizioni, attaccamento, repulsione e quantaltro, allora si suggerito che la loro opinione risponda al falso. Il punto di vista non duale, invece, poich non ricettacolo di afflizioni, lodato come visione corretta. Ivi, dopo aver mostrato profusamente la sua correttezza di visione attraverso la reciproca contraddizione degli altri,159 mediante la loro negazione deve essere conclusa la dimostrazione definitiva della visione non duale grazie a un sillogismo fondato sulla concomitanza negativa.160 Per questo si d inizio allAltantiprakaraa 161

Questo tipo di atteggiamento tipico per certi versi dellAdvaita, ma anche di altri punti di vista estremi, come lo nyavda e anche i Crvka, nellunica opera rimastaci, il Tattvopaplavasiha di Jayar. Tutti costoro hanno in comune, (per lAdvaita e lo nyavda ladesione sporadica) di usare una dialettica negativa del cavillare (vita), ossia di confutare esclusivamente il punto di vista dellavversario senza mai porre il proprio punto di vista. Tra i trucchi tipici di questa modalit dibattimentale vi quello di lasciare che gli avversari si dibattano tra loro e, quando si sono ridotti ai minimi termini, sinterviene dando il colpo di grazia. Esempio classico di ci il Khaanakhaakhdyam (KKK) di rhara (XII sec.). Nel capitolo dedicato alla riflessione sui mezzi di conoscenza relativi allAdvaita troviamo un verso che cristallizza questa tendenza: sudradhvanarnt bdhabuddhiparapar/ vinivtt dvaymnayai prigrhair vijyate// 8 //, [Gli avversari] stancatisi per la corsa cos lunga, per la successione delle cognizioni contraddette si sono ritirati, cos [la battaglia] vinta da coloro che guardano le spalle ai passaggi vedici riguardanti la non dualit. Lo stesso atteggiamento palpabile in stesso, alla fine di BSB I.1.1: eva bahavo vipratipann yuktivkyatadbhsasamray santa Un eco di questa stessa tendenza si trova anche in VS (HIRIYANNA, [ED.] 2004 [1929]: 7-8), dove si afferma che i vari punti di vista si contraddicono luno con laltro mediante interpretazioni testuali tendenziose e ragionamenti illogici, lasciando poi il posto libero allaffondo della verit degli Advaitin: ete putrdnm antmatvam ucyate. etair atiprktdivdibhir ukteu rutiyuktyanubhavbhseu prvaprvoktarutiyuktyanubhavbhsnm uttarottararutiyuktyanubhavbhsair bdhadarant putrdnm antmatva spaam 160 In antichit linferenza, la cui base il sillogismo a cinque membra, chiamato appunto nyya, era variamente suddivisa. Tra le varie divisioni troviamo quella in vta e vta o avta. Vcaspati Mira nella sua Skhyatattvakaumud ad SK 5, quando commenta laffermazione secondo la quale linferenza di tre tipi: trividham anumnam, ricorda, come fanno le SK (5-6) stesse, che questi tre tipi sono a priori (prvavat), a posteriori (eavat) e basantesi sulla causalit (smnyatoda). Di queste la prima, prvavat ha due variet vta e avta e poi egli stesso continua: anvayamukhena pravarttamna vidhyaka vtam. vyatirekamukhena pravartamna niedhakam avtam. tatrvta eavat , Si dice vta quella [inferenza] che funziona affermando attraverso una concomitanza positiva, mentre avta quella [inferenza] che funziona negando attraverso una concomitanza negativa. Tra esse [linferenza] avta quella a posteriori. Nel testo dellV abbiamo una menzione allinferenza avta, che per G interpreta esclusivamente come vyatirekanyya: vieea spaam ito vta sa na bhavatty avta. avta ev vta. tena nytena vyatirekeeti yvat Per cui, sappiamo che la divisione dellinferenza pu anche basarsi sulla concomitanza invariabile dalla quale essa sorge. Essa pu essere di due tipi: positiva o affermativa (anvay) e negativa (vyatirek). Nellinferenza basata sulla vypti anvay si prova la presenza o lesistenza di un ente mediante la presenza o lesistenza di un altro ente, mentre nellinferenza basata sulla vypti vyatirek si prova lassenza o la non esistenza di un ente usando lassenza o la non esistenza di un altro ente. Nel nostro caso, siamo di fronte a uninferenza di tipo vyatirek, qui chiamata vta. 161 Poche righe pi in l , prima di commentare il verso di benedizione, afferma la necessit di adorare il maestro nellincipit della trattazione (strrabhe): cryapj hy abhipretrthasiddhyartheyate strrabhe. Qui, secondo molti studiosi, sarebbero ravvisabili ulteriori giustificazioni per considerare il prakaraa in questione come trattato originariamente autonomo e solo in seguito collegato a MK I-III (PELISSERO, 2002: 210, n. 329). Questo potrebbe corroborare anche la visione di Vetter, che vede lordine dei capitoli capovolto. La lampadina che si accende che senza ambiguit afferma in principio del trattato autorevole, nonch GP scrive un magalcaraa, assolutamente anomalo qui, poich negli altri 3 capitoli non stato posto. La buona norma trattatistica ingiunge che il verso propiziatorio dovrebbe essere posto tanto allinizio, quanto nel mezzo e alla fine del trattato grandhdau granthamadhe granthnte ca magalam caret, per perch allinizio del II e III e alla fine di I, II e III non ci sono questo
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Procediamo ora proponendo alcune strofe in cui si accenna al sogno (IV.32-35), che ricordano molto da vicino quanto abbiamo gi visto nel Vaitathyaprakaraa (ABEGG, 1959: 10):162
saprayojanat te svapne vipratipadyate/163 tasmd dyantavattvena mithyaiva khalu te smt// 32 // sarve dharm m svapne kyasyntarnidarant/ savte smin pradee vai bhtn darana kuta// 33 // na yukta darana gatv klasyniyatd gatau/ pratibuddha ca vai sarvas tasmin dee na vidyate// 34 // mitrdyai saha samantrya sabuddho na prapadyate/ ghta cpi yat kicit pratibuddho na payati// 35 // La loro [= degli enti] propriet di possedere uno scopo contraddetta in sogno, pertanto sono in verit ricordati come falsi, poich sono provvisti di origine e fine (32).164 In sogno tutti gli enti (dharma)165 sono falsi, poich sono visti allinterno del corpo. Com possibile la visione di oggetti in una regione cos angusta? (33). Non congrua [laffermazione della] visione [degli oggetti onirici] dopo essere andati [in un altro luogo],166 poich non c una regola di tempo per andare l e poi chiunque si risveglia non si ritrova in quel luogo (34). Dopo aver conferito con amici e altri [in sogno], svegliatosi [lindividuo] non [li] trova: qualsiasi cosa abbia percepito [in sogno] ridestatosi non [la] vede (35).

Nel sogno nessuna cosa oggettiva, in quanto vi grande disparit tra la condizione corporea in quello stato e gli oggetti visibili mediante la mente. Svapna ha il suo seme in jgrat, come gi afferma PrU (IV.5). Non reale tutto ci che mentalmente determinato,
genere di versi? Una delle spiegazioni tradizionalmente utilizzate che in primis il fatto che i capitoli delle MK si chiamino prakaraa individua che essi si occupano di un preciso argomento allinterno di uno stra e possono essere letti anche in forma indipendente (straikadeasabaddha strakryntare sthitam/ hu prakaraa nma granthabhede vipacit//), quindi allinizio di ogni capitolo si potrebbe trovare la formula strrabhe. Oltre a questo si pu leggere, per esempio nel Magalavda della Nyyasiddhntamuktvali o in quello della Tattvacintamai stessa, tra le altre informazioni, che il magalcaraa pu anche essere compiuto mentalmente. 162 La strofa IV.32 corrisponde a II.7 e anche aggiunge anche il prossimo, rimandando ai commenti gi presentati nel secondo capitolo. 163 V. Bhattacharya (1989 [1943]: 143) legge diversamente il primo emistichio dando certamente un valore differente, ma plausibile, evidenziando cio ancora luguaglianza degli oggetti in sogno e in veglia: saprayojanat te svapne pi pratipadyate/ 164 Karmarkar (1973: 122) suggerisce che la strofa considera jgraddya altrettanto falsi degli svapnadya. Pelissero (2002: 234, n. 10) aggiunge che nel capitolo II (II.6-7) i termini servivano a provare che quanto conferma Karmarkar, mentre nel capitolo sotto esame (IV.32-33) gli stessi termini servono a stabilire che se non si accetta lAjtivda, si dovr ammettere che il sasra eterno e il moka non esiste. 165 Qui il termine dharma usato nel senso buddhista di ente, fenomeno, cosa, oggetto. Si vedano dei passaggi simili nelle MaK XIII.1-2 (NAKAMURA, 2004 [1950], VOL. 2: 240-241). 166 Come suggerisce lV: svapne na dentaragamanam

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come pure il corpo stesso. GP spiega che il corpo onirico irreale ed tale perch diverso dal corpo grossolano della veglia. Questa diversit per foriera del messaggio idealistico centrale: il corpo della veglia mentale, per cui irreale, proprio come tutto ci che mentalmente conoscibile e questi versi della GK (IV.36-38):
svapne cvastuka kya pthag anyasya darant/ yath kyas tath sarva cittadyam avastukam// 36 // grahaj jgaritavat taddhetu svapna iyate/ taddhetutvt tu tasyaiva saj jgaritam iyate// 37 // utpdasyprasiddhatvd aja sarvam udhtam/ na ca bhtd abhtasya sabhavo sti kathacana// 38 //167 Nel sogno il corpo non reale poich c la visione di un altro [corpo] differente [da quello]: come il corpo non reale cos tutto ci che visto dalla mente (36). Per il fatto che si colgono [degli oggetti onirici] come quelli della veglia, si ammette che il sogno ha la propria causa in quella [= nella veglia] e poich quello [= il sogno] ha quellaltra [= la veglia] come causa, per colui [che sogna] la condizione di veglia di certo reale (37). Poich lorigine non ben stabilita, ogni cosa detta essere non nata: non c alcuna origine per ci che non viene da ci che [reale] (38).

Vediamo di seguito i commenti di a questi versi:


svapne can dyate ya kya so vastukas tato nyasya svpadeasthasya pthakkyntarasya darant. yath svapnadya kyo sas tath sarva cittadyam avastuka jgarite pi cittadyatvd ity artha. svapnasamatvd asaj jgaritam apti prakarartha (36) ... jgaritavaj jgaritasya iva grahad grhyagrhakarpea svapnasya taj jgarita hetur asya svapnasya sa svapnas taddhetur jgaritakryam iyate. taddhetutvj jgaritakryatvt tasyaiva svapnada eva saj jgarita na tv anyem. yath svapna ity abhiprya. yath svapna svapnada eva san sdhraavidyamnavastuvas avabhsate tath tatkraatvt sdhraavidyamnavastuvad avabhsamna na tu sdhraa vidyamnavastu svapnavad evety abhiprya (37). nanu svapnakraatve pi jgaritavastuno na svapnavad avastukam. atyantacalo hi svapno jgarita tu sthira lakyate. satyam evam avivekin syt. vivekin tu na kasyacid vastuna utpda prasiddho ta aprasiddhatvd asytmaiva sarvam ity aja sarvam udhta vednteu sabhy bhyantaro hy aja [MuU II.1.2] iti. yad api manyase jgaritt sato sat svapno jyata iti tad asat. na bhtd

Bhattacharya (1989: pp. 146-148), imitato da Vecchiotti (1989: pp. 183-184), propone un alternativo ordine logico delle strofe, al fine di proseguire in ununica sequenza il discorso sullorigine: in luogo di 38 delle altre edizioni 39, poi 41 e quindi 38 e 40.
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vidyamnd abhtasysata sabhavo sti loke. na hy asata aavide sabhavo da kathacid api (38).168 Quel corpo che scorto vagando nel sogno non reale, per via della visione dellaltro corpo differente da quello che sta nella sede del sogno. Al modo in cui il corpo del sognatore irreale, cos tutto ci che percepibile mediante la mente irreale anche nella veglia, proprio perch percepibile dalla mente. Tale il senso. Il significato della sezione che poich vi una somiglianza con il sogno anche la condizione di veglia irreale (36) ...169 Jgaritavat [significa] che poich nella condizione di veglia si ha la percezione del sogno come conforme [alle variet] percepito e percettore, la condizione di veglia causa di questo sogno, perci il sogno inteso come taddhetu, ossia effetto della condizione di veglia. Taddhetutvt, cio poich ha la veglia come causa, per quel sognatore la condizione di veglia vera, non per gli altri, al pari del sogno questo il senso implicato. Come il sogno vero per il sognatore, appare proprio come un ente dellesperienza comune, cos accade [la veglia] poich causa di quello [= del sogno], apparendo come un ente dellesperienza comune, tuttavia come avviene nel caso del sogno, non c davvero un ente dellesperienza comune. Questo il senso implicito (37). [Obbiezione:] Per, lente di veglia essendo causa del [ente di] sogno, non irreale come quello onirico. Il sogno estremamente instabile, mentre la veglia si caratterizza come stabile. [Risposta:] vero, cos per coloro che sono privi di discriminazione, mentre per quanti possiedono la discriminazione non stabilita lorigine di alcun ente, per cui, poich questa [= lorigine] non stabilita il solo S tutto; nelle Upaniad stato proclamato che il non nato ogni cosa: ci che allesterno e allinterno, senza origine Ci che tu consideri, cio che dalla veglia che vera nasce il sogno irreale, questo falso. Infatti, nel mondo da bhtd, da ci che reale non si d lorigine di ci che abhta, irreale, nemmeno poi si osserva in alcun modo la produzione dellirreale come un corno di lepre e altri [esempi simili] (38).

Anche in queste strofe troviamo dei punti daccordo con i Vijnavdin. Secondo i realisti e i sostenitori della dualit, e quanti affermano la realt degli enti (bhyrthavdin), non possibile negare lesistenza di oggetti esterni, anche dal punto di vista logico. La replica di GP, vicino alle posizioni Yogcra, che bisogna che il ragionamento ceda il passo ai fatti. Lesistenza effettiva degli enti esterni non necessaria al fine di produrre una cognizione particolare (vijapti, jnaviea), perch anche senza di essi produciamo lo
A questo proposito U. Mishra (1929: 315) scrive, prendendo a testimone anche il commento di ad MK IV.38: Dream cognitions, like the cognitions of the waking state, are not permanent. Iti is, therefore, that they do not possess the Vyvahrik Satt, i. e., they are not fit for practical use in our life. The exist only as long as they are perceived. hence they have been descrive as having very swift motion (like a lightning). It is also called Taijas Avasth; and it is an indicator of the future 169 Omettiamo solo lapertura del commento di : ita csattva jgradvastuna, E da ci si ha lirrealt di un ente di veglia
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stesso risultato in sogno. Citta, la mente, o se si preferisce vijna, la coscienza, di sua iniziativa e senza il bisogno di entrare in contatto con enti o apparizioni esteriori di essi (arthbhsa), in grado di produrre una tale cognizione. Per questo sia artha sia arthbhsa sono inesistenti allo stesso modo. I Vijnavdin considerano comunque una certa trasformazione di citta. GP invece afferma che n citta, n gli enti percepibili mediate citta (cittadya) sono originati.170 Credere nella loro produzione equivale ad ammettere un mutamento nella loro natura: affermare che il mondo senza origine come dire che anche senza fine e, daltro canto, se la liberazione dovesse avere un inizio, per cui una fine, ci andrebbe a scapito della sua presunta eternit. Come gi ricordato GP ammette la falsit sia degli oggetti di veglia, sia di quelli di sogno. Citta vede in sogno gli enti grazie a un corpo di sogno che si muove in luoghi differenti. Naturalmente, tutti ammettono la falsit di questo corpo onirico. Se per si applica il medesimo argomento alla veglia, si pu provare che citta percepisce oggetti falsi anche durante la veglia. Ergo, in conclusione si deve ammettere che nulla invero originato: nessuna cosa non esistente pu sorgere da sat; asat non pu venire da asat e sat non pu giungere da asat. Nemmeno sat pu essere prodotto da sat e figuriamoci se lo pu sat da asat. Per questo, tanto in sogno quanto in veglia, ogni ente percepibile solo per un gioco di citta ed dunque cittadya (KARMARKAR, 1973: xix-xx). Riferendoci alle risposte di , invece, egli afferma che il sogno non pu derivare dalla veglia, perch il sogno, che in definitiva irreale (asat) non pu essere organizzato. Se si obbietta ancora che vi possibilit di constatare un influsso della veglia sul sogno, ribatte che anche se si ammette questo, non detto che la veglia sia reale. Difatti, la relazione causale stessa (kryakraabhva) a non poter essere stabilita con certezza. In definitiva, non si oppone allevidenza empirica ma ne sottolinea solamente la causalit (CONIO, 1979: 302). Per, ci che non possibile da vedersi durante la veglia, diviene visibile nel sogno: una corda (rajju) reale (sat) percepita con la vista, in sogno diviene un serpente (sarpa), per cui non reale (asat). Daltro canto, in jgrat la serpe asat di fronte alla corda, ma diviene sat nel sogno, perch in sogno possibile che unentit non esistente divenga esistente. Insomma, quando si vittima di un errore percettivo durante la veglia e si scambia una corda per un serpente, la ragion per cui lasat si vede in jgrat che lo stato precedente a svapna anchesso asat. Non solo, asat lo pure dopo svapna, anche la breve parentesi

Si potrebbe avanzare unipotesi anche azzardata: forse che ci che nella MK chiamato cittadya sia chiamato nellAdvaita successivo skibhsya?
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centrale del sogno asat proprio perch unapparizione che si svolge in un lampo (eco di YU IV.10) (IV.39-40):
asaj jgarite dv svapne payati tanmaya/ asat svapne pi dv ca pratibuddho na payati// 39 // nsty asaddhetukam asat sad asaddhetuka tath/ sac ca saddhetuka nsti saddhetukam asat kuta// 40 // Avendo visto il non reale nello stato di veglia chi assorto in esso nello stato di sogno vede [lo stesso]; poi, avendo visto pure nel sogno ci che non reale, non lo vede quando si ridesta (39). Non v un irreale la cui causa sia un irreale, cos come un reale la cui causa sia un irreale, inoltre non c reale che ha come causa il reale, allora come lirreale pu avere come causa il reale? (40).171

Vediamo cosa scrive a questo proposito, al fine di gettare luce sul rapporto di causalit tra sogno e veglia:
nankta tvayaiva svapno jgaritakryam iti? tat katham utpdo prasiddha ity ucyate. u tatra yath kryakraabhvo smbhir abhipreta iti asad avidyamna rajjusarpavad vikalpita vastu jgarite dv tadbhvabhvitas tanmaya svapne pi jgaritavad grhyagrhakarpea vikalpayan payati. tathsat svapne pi dv ca pratibubbho na payaty avikalpayan. ca abdt tath jgarite pi dv svapne na payati kadcid ity artha. tasmj jgarita svapnahetur ucyate na tu paramrthasad iti ktv (39). paramrthatas tu na kasyacit kenacid api prakarea kryakraabhva upapadyate. katham? nsty asaddhetukam asac chaavidi hetu kraa yasysat eva khakusumdes tad asaddhetukam asan na vidyate. tath sad api ghadivastu asaddhetuka aavidikrya nsti. tath sac ca vidyamna ghadi vidyamnaghadivastvantarakrya nsti. satkryam asat kuta eva sabhavati? na cnya kryakraabhva sabhavati v kalpayitum? ato vivekinm asiddha eva kryakraabhva kasyacid ity abhiprya (40). [Obbiezione:] Per stato affermato proprio da te che il sogno effetto della veglia. Poi come si fa a sostenere che la sua origine non sia stabilita. [Risposta:] Ascolta come per noi in quel caso sintende il rapporto di causa-effetto. Nella condizione di veglia avendo visto ci che irreale, un ente immaginato che non presente come il serpente sulla corda, anche in sogno come nella veglia [qualcuno], tanmaya, [vale a dire] istigato dallo stato di quella [= della veglia], percepisce [loggetto] immaginandolo con laspetto di percepito e percettore.

Ancora qui vi una ripresa di Nagrjuna (II-III sec.) (MK XXI.12), anche se la differenza di assunto fondamentale, ossia per GP lunica realt e fondamento tman, mentre per Nagrjuna il vuoto (nya).
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Similmente, dopo aver visto un oggetto irreale anche nel sogno, una volta svegliatosi, non immaginandolo, non lo scorge. Dalla congiunzione ca [e] si ha il senso che talora, pur avendo visto qualcosa durante la veglia, non lo vede mai in sogno. Per questo motivo si dice che la condizione di veglia la causa della condizione di sogno, non facendone qualcosa di assolutamente vero (39). Dal punto di vista assoluto, invero, non plausibile il rapporto di causa effetto di alcunch in alcun modo. [Obbiezione:] Come? [Risposta:] Non esiste qualcosa di irreale che abbia lirreale come sua causa, cio non esiste alcunch di irreale che abbia una causa irreale, come un corno di lepre o quantaltro la cui ragione, vale a dire la cui causa sia un fiore del cielo, o simili. Ugualmente, anche un ente reale come un vaso o altro non ha una causa irreale, cio [non] leffetto di un corno di lepre o simili. Allo stesso modo, un ente reale come un vaso o altro non leffetto di un altro ente reale come un vaso o quantaltro. Poi com possibile lirreale come effetto del reale? Neppure possibile immaginare un altro rapporto di causa-effetto? Pertanto il senso implicito che per coloro che discriminano, il rapporto di causa-effetto di una qualsiasi cosa non stabilito (40).

Nella veglia si stabilisce una sorta dillusoria normalit, per la quale gli enti diventano pensabili, tanto che leccezione a questa pretesa normalit rappresenta una confusione. Nel sogno per, tutte le determinazioni funzionano per conto proprio, senza sottomettersi a questa norma fittizia. Peculiare comunque la modalit conclusiva di GP, che evidenzia ancora lidentit di veglia e sogno ma non per la loro illusoriet intrinseca, ma per lidentica possibilit di cogliere erroneamente degli oggetti in entrambe le condizioni, nonch il cambio di prospettiva che si ha vagando da una condizione allaltra: ci che irreale in veglia diventa reale in sogno e viceversa (IV.41):
viparysd yath jgrad acintyn bhtavat spet/ tath svapne viparysd dharms tatraiva payati//172 Come nello stato di veglia per via di un errore percettivo si potrebbero toccare cose inconcepibili come fossero esistenti, allo stesso modo nel sogno, per una confusione [un individuo] vede propriet [possibili] solo l (41).

172 Evidentemente questa strofa fa riferimento a quello che il Mdhyamika chiama catukoi, ossia le quattro alternative possibili di trovare una connessione congrua tra effetto e causa. Questa strofa ha dei paralleli importanti in MaK VIII.1, 8, 10 e XXI.12, che senza dubbio la fonte principale per GP, che ne confuta il contenuto: na bhvj jyate bhvo bhvo bhvn na jyate/ nbhvj jyate bhvo bhvo bhvn na jyate// La seconda parte del verso, mancante in sanscrito, ricostruita dal tibetano (BHATTACHARYA, 1989 [1943]: 148, n. 1).

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Vediamo anche come affronta il commento di questultimo verso relativo al sogno del IV prakaraa:173
viparysd avivekato yath jgraj jgarite cintyn bhvn aakyacintanyn rajjusarpdn bhtavat paramrthavat spann iva vikalpayed ity artha kacid yath, tath svapne viparysd dhstydn dharmn payann iva vikalpayati. tatraiva payati na tu jgaritd utpadyamnd ity artha. Al modo in cui qualcuno nella condizione di veglia per una percezione errata, cio per mancanza di discriminazione, immagina di toccare [= entrare in contatto] oggetti inconcepibili, che non si possono immaginare come il serpente sulla fune, bhtavat come fossero assolutamente reali, similmente in sogno, per una rappresentazione erronea, immagina di vedere enti quali elefanti e altri simili. Egli li vede proprio l [in sogno] e non come fossero sorti dalla veglia. Questo il senso.

Nel sogno per ogni oggetto visto grazie alla mente, o a tutto il complesso mentale sopraffatto dal potere illusionistico del S. La presenza di una dualit illusoria tanto nel sogno, quanto nella veglia, sta a indicare che tale dualit lunica possibile espressione del mondo fenomenico dominato dalla diversit. Lo stesso movimento illusorio della mente cagiona le apparenze che si succedono come le immagini su di uno schermo cinematografico (IV.61-62):
yath svapne dvaybhsa citta calati myay/ tath jgrad dvaybhsa citta calati myay// 61 //174 advaya ca dvaybhsa citta svapne na saaya/ advaya ca dvaybhsa tath jgran na saaya175// 62 //176

Il verso di GP semplicemente introdotto da questa frase, nella quale si mostra come la strofa IV.41 sia volta alla rimozione del dubbio sorto a proposito della relazione di causalit tra sogno e veglia: punar api jgratsvapnayor asator api kryakraabhvakm apanayan ha 174 Si confronti con GK III.29. 175 Krik identica a GK III.30. Un certo numero di studiosi mette in discussione la paternit del quarto Altantiprakaraa del proprio per la gran copia di strofe identiche o quasi ivi ripetute. Ciononostante, va tenuto in conto che i contesti in cui le strofe si ripetono sono spesso differenti da quelli gi discussi. 176 Le due strofe successive (IV.63-64) sono legate a queste, anche se di minore importanza nel nostro discorso: svapnadk pracaran svapne diku vai daasu sthitn/ aajn svedajn vpi jvn payati yn sad// svapnadkcittadys te na vidyante tata pthak/ tath taddyam eveda svapnadkcittam iyate//, Colui che muovendosi che vede il sogno, nel sogno scorge sempre stanti in tutte le dieci direzioni quegli esseri viventi ovipari, nati dal calore (63), tutti questi sono visibili solo alla mente del sognatore e non esistono separatamente da quella, cos ci che visibile da essa ammesso come la [stessa] mente del sognatore. Per la suddivisione in tre classi (ChU VI.3.1, senza svedaja) degli esseri viventi e, la pi nota in quattro, si veda e AiU (II.6): mammiferi (yonija/jaryuja), ovipari (aaja), germinipari (udbhija) e nati dal sudore o dal caldo umido (svedaja). Di seguito importanti sono altres delle strofe che indicano ancora che tutte le determinazioni, essendo solamente immagini, presentano i medesimi caratteri (IV.68-71): yath svapnamayo jvo jyate mriyate pi ca/ tath jv am sarve bhavanti na bhavanti ca// yath mymayo jvo jyate mriyate pi
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Come in sogno la mente per effetto di my si muove divenendo lapparenza della dualit, cos la mente nella veglia per effetto di my si muove divenendo lapparenza della dualit (61). Non c dubbio che la mente non duale nel sogno [abbia] apparenza di dualit e non c [neppure] dubbio che ugualmente nella veglia la mente non duale [assuma] lapparenza di dualit (62). 177

IV.II.3: B HAGAVADGTVICRA Nellintroduzione di questa seconda sezione del capitolo 4 abbiamo accennato al perch includere tra le trattazioni riguardanti le Upaniad una breve digressione sulla Bhagavadgt (BG). Certamente, per chiunque abbia una bench minima dimestichezza con lIndia, la nostra scelta non dovrebbe presentare particolari perplessit. ben nota cosa, infatti, che la BG faccia parte della cosiddetta prasthnatray, ossia la triplice dottrina, trittico di testi che tutti gli esponenti delle varie scuole vedntiche hanno eletto a monumento sommo della metafisica e sui quali si sono cimentati nei pi disparati commenti. I tre testi sono appunto lo rutiprathna, rappresentata dalle Upaniad, lo smtiprasthna che appunto la BG e il nyyaprasthna: il BS. Fin dagli albori dellindologia stata pure riconosciuta la variegata composizione della BG. Una componente sicuramente importante quella di materiale upaniadico, sia nei contenuti, sia nella lingua stessa, che talvolta ammonta a vere e proprie citazioni. A testimonianza di ci, come dimenticare un pionieristico lavoro compilatorio del colonnello

ca/ tath jv am sarve bhavanti na bhavanti ca// yath nirmitako jvo jyate mriyate pi ca/ tath jv am sarve bhavanti na bhavanti ca// na kacij jyate jva sabhavo sya na vidyate/ etat tad uttama satya yatra kicin na jyate//, Come lanima individuale sostanziata di sogno nasce e pure muore, cos tutte queste anime individuali esistono e non esistono (68); come lanima individuale sostanziata dillusione nasce e pure muore, cos tutte queste anime individuali esistono e non esistono (69); come lanima individuale prodotta nasce e pure muore, cos tutte queste anime individuali esistono e non esistono (70): nessun anima individuale nasce, non si d la sua possibilit, questa e quella verit suprema, l dove nulla nasce. Facile sar comprendere come questultima (identica a III.48) sia strofa centrale per determinare la dottrina di GP come Ajtivda. 177 Altre due strofe che scegliamo di citare sono GK IV.72, perch riprende IV.48: cittaspanditam eveda grhyagrhakavad dvayam/ citta nirviaya nitra asaga tena krtitam//, Questa dualit che consiste nel percettore e percepito solo un vibrato della mente; [in verit] la mente non ha oggetto per cui detta essere eterna e priva di legame. Si noti che la teoria del cittaspandana tipicamente buddhista idealista. Laltra invece IV.81, da confrontare con III.36,in quanto, quasi con le stesse parole, ribadisce lauto-luminosit del S: ajam anidram asvapna prabhta bhavati svayam/ sakdvibhto hy evaia dharmo dhtu svabhvata//, Esso privo di nascita, senza sonno, n sogno, esso stesso luminescenza. In verit questo stesso principio essenziale per sua natura una volta [per tutte] illuminato.

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G. A. Jacob pubblicato a Poona nel 1891, la concordanza A Concordance to the Principal Upanishads and Bhagavadgt Oltre a questo abbiamo il punto di vista tradizionale che ha sempre considerato la BG alla stregua di unU, come testimoniano i colofoni (pupika) di ogni capitolo: rmadbhagavadgtspaniatsu brahmavidyy yogastre krjunasavde Non solo questo, ma alcuni versi ben noti di un brevissimo testo a sette loka rivendicano che la BG il succo stesso di ogni insegnamento upaniadico.178 Per quanto riguarda il nostro argomento nella BG troviamo rarissime allusioni al sogno e solo due volte (BG VI.16-17) si usa la parola svapna, tuttavia nel significato di sonno. Unaltro verso di enorme interesse, su cui torneremo anche nelle conclusioni, il BG II.69, che vedremo pi approfonditamente. Per il resto anche i commentatori si limitano ad alcuni sporadici accenni al sogno, per lo pi nella sua veste metaforica o in elenchi entro i quali ritroviamo i soliti utkirpya, rajjusarpa, gandharvanagara e cos via:
ntyanatas tu yogo sti na caikntam ananata/ na ctisvapnalasya jgrato naiva crjuna// 16 // yukthravihrasya yuktaceasya karmasu/ yuktasvapnvabodhasya yogo bhavati dukhah// 17 // Lo yoga non per chi mangia troppo o per chi non mangia affatto, neppure per chi dorme eccessivamente e neppure per colui che veglia soltanto (16). Lo yoga annientatore dei dolori per colui che misurato nel cibo e nel comportamento, per colui la cui che misurato nel compiere le azioni, e per colui che misurato nel sonno e nella veglia (17).179

Vi inoltre un interessante passaggio del commento di ad BG XIII.26, che va nella stessa direzione di quanto fin qui detto e ci mostra ancora una volta come il bhyakra consideri il sogno e in che categoria lo ponga:

Si veda il verso 6 del Gtmhtmya che esprime questidea con unallegoria: sarvopaniado gvo dogdh goplanandana/ prtho vatsa sudhir bhokt dugdha gtmta mahat//, Tutte le Upaniad sono le vacche, il mungitore il figlio del pastore [= Ka, lett.: che da gioia ai pastori], Prtha [= Arjuna] il vitello, il saggio ne il fruitore e il latte il fantastico nettare della Gt. 179 commenta cos il 17, sciogliendo solamente lintrigo dei composti: yuktasvapnvabodhasya yuktau svapna cvabodha ca tau niyataklau yasya tasya Il suo glossatore G spiega cosa si intenda per misura nel sonno e nella veglia, cio la prima parte della notte deve essere trascorsa vegliando per un periodo di 10 ghai [ognuna corrispondente a circa 24 minuti], la seconda dormendo e la terza ancora stando svegli per altre 10 ghai: rtrau prathamato daaghaikparimite kle jgaraa madhyata svapana punar api daaghaikparimite jgaraam iti svapnvabodhayor niyataklatvam Dello stesso parere anche MS nella sua Grthadpik (BG2, 2001, VOL. 1: 479): rtrer vibhgatraya ktv prathamntyor jgaraa madhye svapanam iti svapnvabodhayor niyataklatvam
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ketraketrajayor viayaviayior bhinnasvabhvayor itaretarataddharmdhysalakaa sayoga ketraketrajasvarpavivekbhvanibandhana. rajjuuktikdn tadvivekajnbhvd adhyropitasarparajatdisayogavat. mithyjnalakaa. yathstra so yam adhysasvarpa ketraketrajasayogo prg ketraketrajalakaabhedaparijnaprvaka

daritarpt ketrn mujd ivek yathoktalakaa ketraja pravibhajya na sat tan nsad ucyate [BG XIII.12] ity anena nirastasarvopdhiviea jeya brahma svarpea ya payati. ketra ca mynirmitahastisvapnadavastugandharvanagardivad asad eva sad ivvabhsata ity eva nicitavijno yas tasya yathoktasamyagdaranavirodhd apagacchati mithyjna 180 Il contatto, caratterizzato dalla sovrapposizione reciproca delle caratteristiche delluno sullaltro, [occorso] tra il campo e il conoscitore del campo, tra loggetto e il soggetto che pure hanno nature distinte,181 dipende dalla mancanza di distinzione tra le rispettive nature del campo e del conoscitore del campo; infatti, per mancanza di una conoscenza discriminatrice tra quelli [= campo e conoscitore del campo] vi il contatto della fune, la madreperla e altri [enti empiricamente reali]con il serpente, largento e altri enti falsamente sovrapposti. Un tale contatto tra campo e conoscitore del campo, la cui natura la sovrapposizione ha come caratteristica propria la conoscenza falsa. Quando, chi ha prima riconosciute per bene le caratteristiche e le distinzioni tra il campo e il conoscitore del capo secondo i dettami scritturali e avendo separato, come dallerba muja il cuore centrale (ik), il conoscitore del campo rispondente alla caratteristica esposta, dal campo la cui natura stata mostrata, costui realizza come la propria natura ci che deve essere conosciuto, il brahman [del passaggio] Quello non n essere n non essere , che privo di ogni distinzione in forma di sovrapposizione avventizia; inoltre colui la cui conoscenza accertata tale per cui il campo di certo irreale come un elefante forgiato dallillusione magica, un oggetto percepito in sogno,182 una citt dei Gandharva o quantaltro anche se appare come fosse reale, per costui

Esiste anche un interessante commento in versi della BG, il Bhvapraka, dispirazione decisamente akariana nel quale, a proposito di XIII.26, lautore Sadnanda appunta (BG2, 2001 [1915], VOL. 3: 980): sasrkhya sa tmaikyajnd vinayati sarvath/ svpnabandho yath nidrkaye nayati tatkae// 7 // tathaivvidyako bandhas tattvajnd vinayati/ ata dhysika sarvam brahmditvadhi// 8 //, Quello che chiamato mondo perisce completamente dalla conoscenza dellidentit del S, come nel momento stesso in cui termina il sonno perisce il legame col sogno (7). Proprio cos, il legame prodotto dallignoranza perisce grazie alla conoscenza dellidentit del S, quindi ogni cosa, a cominciare da Brahm fino al limite del filo derba, frutto della sovrapposizione (8). 181 Queste righe non potranno che far rammentare lapertura delladhysabhya del BSB: yumadasmadpratyayagocarayor viayaviayinos tamaprakavad viruddhasvabhvayor itaretatabhvnupapattau siddhy taddharmm api sutarm itaretarabhvnupapattir ity ato smatpratyayagocare viayii cidtmake yumatpratyayagocarasya viayasya taddharm cdhysa 182 Altri due riferimenti al sogno sono fatti in alcune riflessioni sul verso II.18: antavanta ime deh nityasyokt arria/ , Caduchi sono detti questi corpi di quelleterno che ha preso un corpo , dove glossa: svapnamydehdivac cntavanto, [questi corpi] hanno una fine come i corpi di sogno, i corpi illusori e altri del genere, si dice che il corpo e gli altri elementi componenti il complesso psico-fisico sono asat, in quanto iniziano e finiscono. Unaltra glossa Paramrthaprap, composta da un certo paita Daivaja Srya (BG2, 2001 [1915], VOL. 3: 980) ci informa: yad v ime svapnvasthym anubhyamn uccvacadeh antavanto jgdavasthy navar ukt vedena pratipdit santi ..., Oppure i corpi superni o infimi che sono esperiti durante la condizione onirica sono caduchi, e quelli che sono stati descritti come concernenti la condizione di veglia sono stati presentati dal Veda come
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sallontana la conoscenza illusoria, poich opposta alla visione corretta com stata descritta ...183

Gi abbiamo accennato allimportanza del verso che stiamo per presentare, cio il II.69. In questa sede, lo tratteremo presentando quanto hanno da dire i commentatori tradizionali, tra i quali ne abbiamo scelto tre, a nostro avviso, tra i pi significativi: (RAO, 1979: 74, n. 30), akarnanda e MS.
y ni sarvabhtn tasy jgarti sayam/ yasy jgrati bhtni s ni payato mune// Quella che notte per tutti gli esseri, in essa veglia colui che domo, laddove gli esseri vegliano, quella notte per il veggente silenzioso.

Certamente si vedr come la tendenza dellAdvaita Vednta sia quella di porre sullo stesso piano lignoranza (ajna) e il sonno (nidr) e, dallaltra parte, la conoscenza e la veglia. Una questione da tenere a mente qui linsegnamento di AiU I.3.12 secondo il quale tutte e tre le avasth sono sonno di fronte alleterna chiarezza della visione del realizzato, del liberato in vita, che in questo preciso contesto chiamato con lappellativo sthitapraj, ossia qualcuno il cui intelletto fermo, non pi preda delle fluttuazioni psichiche. Gli uomini ordinari sono mossi da desideri, avversioni e repulsioni, compiono delle azioni che producono reazioni e frutti e che hanno come conseguenza altri desideri, altre azioni e cos via e in tutto vedono luce, scorgono vita. Gli esseri ordinari, ciechi alla vera luce del S, sono invero dormienti rispetto alla realt assoluta. Vedono come fosse realt ci che reale non , vedono ci che transeunte come un sogno, come fosse eterno alla stregua del il S.
distruttibili Poi continua la stessa glossa con altri passaggi: kasyarrias tat taccharrvasthena tattadbhogn bhujnasytmano nityasyvasthtraye py anusytasya tad uktam sukha talpagato yena svapnadehena diktan/ paribhramasi he rma sa dehas te kva saprati// rutir api tapath athaitat svapnay carati te hsya loks tad uteva mahrj bhavaty uteva mahbrhmaa utevoccvaca nigacchati iti. bhyam svapnay svapnvasthay carati vyavaharati tasytmano lok bhogasthnni ea prvavat. tad uktam svapne yath payati deham dam itydi// 18 //. 183 Ancora una menzione al sogno si fa nel commento di akarnanda ad BG XV.3, denominato Ttparyabodhin (BG2, 2001 [1915], VOL. 3: 1050): yat svayava tad anitya itydiyuktibalena trayam apy etat suupta svapna mymtram iti yath svapnaprapaco yam itydirutismtinyyena ca sasravkasya svapnrthavad aniyatasattkatvt jeyatvj janmalaydimattvc ca ., Ci che dotato di membra non eterno, in forza di questo ragionamento invero tutti e tre [gli stati], questo, il sonno profondo e il sogno sono solo illusione , questo [mondo fenomenico] come lo sviluppo onirico , ecc., grazie a passaggi della ruti, della smti e grazie al ragionamento logico poich lalbero del mondo come un oggetto onirico privo di unesistenza ben definita, poich percepibile e poich dotato di origine e fine

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Il saggio, invece, non partecipa degli entusiasmi e dei dispiaceri degli esseri, bens se ne sta muto, in disparte a osservare, senza intervenire. Per lui il sogno della manifestazione terminato, esiste solo la luce del sole del S che lo mantiene sempre sveglio, vigile e consapevole della propria natura illimitata. Per lui la prospettiva si ribaltata. La permanenza nella sua vera e intima natura (svasthya) gli permette di osservare ci che gli altri considerano veglia come fosse un sogno. Egli solo ha realizzato linsegnamento che lAdvaita Vednta mira a convogliare mediante la metafora del sogno. Vediamo ora come commenta questo verso, che beninteso passibile di molteplici letture:184
y ni rtri sarvapadrthnm avivekakar tamassvabhvatvt sarve bhtn sarvabhtnm. ki tat, paramrthatattva sthitaprajasya viaya. yath naktacarm ahar eva sad anye ni bhavati tadvad naktacarasthnynm ajnin sarvabhtn nieva ni paramrthatattvam agocaratvd atadbuddhnm. tasy paramrthatattvalakaym ajnanidry prabuddho jgarti sayam sayamavn jitendriyo yogty artha. yasy grhyagrhakabhedalakayam avidyniy prasuptny eva bhtni jgratty ucyate yasy niy prasupt iva svapnada s ni vidyrpatvt paramrthatattva payato mune. ata karmi avidyvasthym eva codyante na vidyvasthym. vidyy hi satym udite savitari rvaram iva tama praam upagacchati avidy. prg vidyotpatte avidy pramabuddhy ghyam kriykrakaphalabhedarp sat sarvakarmahetutva pratipadyate. na apramabuddhy ghyamny karmahetutvopapatti. pramabhtena vedena mama codita kartavya karma iti karmai kart pravartate, na avidymtram ida sarva ni iva iti. yasya puna ni iva avidymtram ida sarva bhedajtam iti jna tasya tmajasya sarvakarmasanyse eva adhikro na pravttau. tath ca darayiyati tadbuddhayas tadtmana itydin jnanihym eva tasya adhikram. tatra api pravartakaprambhve pravttyanupapatti iti cet. na, svtmaviayatvt tmajnasya. na hy tmana svtmani pravartakaprampekat tmatvd eva tadantatvc ca sarvapramn pramatvasya. na hy tmasvarpdhigame sati puna pramaprameyavyavahra sabhavati. pramttva hy tmano vivartayaty antya prama. nivartayad eva cprambhavati svapnaklapramam iva prabodhe. loke ca vastvadhigame pravttihetutvdarant pramasya. tasmd na tmavida karmai adhikra iti siddham.

184 Il commento di si apre cos: yo ya laukiko vaidika ca vyavahra sa utpannavivekajnasya sthitaprajasya avidykryatvd avidynivttau nivartate, avidyy ca vidyvirodhn nivtti , Quello che un comune agire secolare e vedico, esso, poich per colui la cui conoscenza discriminante sorta, per colui il cui intelletto fermo un effetto dellignoranza, si ritrae col ritrarsi dellignoranza, in quanto per il contrasto con la conoscenza si ha leliminazione dellignoranza

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y ni, la notte, sarvabhtnm poich per tutti gli esseri ha natura di tenebra, rende possibile lindistinzione di tutti gli oggetti. Che cos [quella]? Loggetto di colui che ha un intelletto fermo la verit della realt suprema: come per gli esseri nottivaghi invero notte ci ch giorno per gli altri [esseri], cos per coloro che fanno le veci degli esseri nottivaghi, per tutti gli esseri ignoranti la realt suprema notte, ossia come la notte, poich inconoscibile per quanti non hanno un siffatto intelletto.185 Il sayam, colui che domo, che ha vinto i sensi, lo yogin, destatosi dalla notte dellignoranza veglia in quella che ha [ora per lui] la caratteristica della verit della suprema realt. Questo il senso. In quella notte dellignoranza che ha la caratteristica della distinzione tra conosciuto e conoscitore, invece, gli esseri sono invero assopiti, si dice vegliano, nella quale notte i dormienti sono come sognatori; quella, poich della natura dellignoranza, [invece] notte [= la tenebra del mondo fenomenico] per il saggio silenzioso che contempla la verit della suprema realt. Ergo le attivit sono ingiunte nella condizione dignoranza, non nella condizione di conoscenza.186 Infatti, quando la conoscenza albeggia, come quando il solo sorto, allora la tenebra, come lignoranza, giunge al termine. Prima del sorgere della conoscenza lignoranza, che si coglie con la convinzione che sia un corretto mezzo di conoscenza, la cui natura nella distinzione tra azione, agente e frutto [dellazione], presentata come la causa di tutte le azioni. Mentre, per quella che stata colta con la convinzione di non essere un corretto mezzo di conoscenza, non possibile essere la causa delle azioni. Lagente stimolato allazione dal Veda, che un corretto mezzo di conoscenza: Io sono stato istigato, devo compiere lazione!, non per quando [ha realizzato]: tutto questo, come la notte, solo ignoranza! Colui che poi ha una tale convinzione che: Tutto questo, come la notte, solo ignoranza, distinzione!, costui che conosce il S qualificato per la rinuncia a tutte le azioni, non alloperosit. Similmente [la BG V.17] mostrer: coloro che hanno gli intelletti in Quello, coloro i cui S sono Quello e con altri [passaggi] che la sua [= del conoscitore del S] qualificazione nella solida permanenza nella conoscenza.187 [Obbiezione:] [Ma se dicessimo che] anche l [in quella solida permanenza nella conoscenza] quando non vi un mezzo di conoscenza valido che istiga allazione non plausibile la tensione allazione. [Risposta:] No, poich la conoscenza del S ha come oggetto il proprio S. In effetti, non c necessit per il S di un valido mezzo di conoscenza che istighi verso S stesso, poich in verit il S e perch lautorevolezza di tutti i validi mezzi di

Prima di tutto, coloro che hanno un siffatto intelletto significa coloro che con la contemplazione costante del significato delle grandi sentenze upaniadiche (mahvkya) hanno conformato il loro intelletto (buddhi) e il flusso di questo loro intelletto (vtti) al messaggio supremo, il cui unico contenuto lidentit tra jva e brahman (si veda la nota 12 di questo capitolo). Inoltre, questo passaggio ci ricorda da vicino il messaggio di GP (IV.2) quando parla dellasparayoga, difficile da conoscere, addirittura da quegli yogin seguaci della dualit. 186 Ricordiamo che il passo che sta commentando inserito in un pi ampio discorso sullimpossibilit di accettare come metodo realizzativo la commistione (samuccaya) di conoscenza e azione (jnakarma). 187 Esistono due tipi di nih, cio fede, ferma, salda permanenza, che tradizionalmente si commenta come: nitar sthiti: una nelle attivit rituale e una nella conoscenza. I loro distinti frutti, praticanti, nature e obbiettivi sono largomento di vari scritti akariani, come appunto questo II capitolo della BG.
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conoscenza ha come termine Quello [= il S]; infatti, una volta realizzata la vera natura del S non pi possibile luso comune dei validi mezzi di conoscenza e degli oggetti di conoscenza. Difatti, lultimo mezzo di conoscenza valido188 allontana la propriet di essere soggetto conoscitore del S e, annientando [ci], diventa privo di validit, come il mezzo di conoscenza del momento onirico al risveglio, poich, anche quando si percepisce una cosa nel mondo [di tutti i giorni], il corretto mezzo di conoscenza finisce causare listigazione ad agire [del conoscitore]. Pertanto, stabilito che il conoscitore del S non qualificato per lazione.

Come avevamo preannunciato anche la glossa Ttparyabodhin di akarnanda (XIV sec.) tratta diffusamente largomento, noi vedremo solo alcuni estratti del suo lungo commento (BG2, 2003 [1915], VOL. 3: 209-210):
janmnekaatasahasraktasuktaparipkena rutycryevaraprasdapaukalya prptavato yasya samdhin sarvam idam aha ca brahmaiveti brahmparokavijnam apratibaddha bhavati tasya mahtmana sthitaprajasya prabuddhasya svapnavyavahravad aha mamedam itydivyavahro laukiko vaidika ca nieo vinivartate. nidrvad avidyy nieavinaatvt tatkryasypi nieanivttir ata prabuddho jgara iva jvanmukto brahmavid brahmay evramati nnyatreti pratipdayati y nieti ...189 yatra niym iva ajs tajj ca sarve tryavasthnarpn svapnn payanta erate tasy brahmavidyy sayam bahipravttinya sthitaprajo brahmavid eka eva jgarti tmaratir tmakra tmamithuna tmajyotir tmnando bhtv sarvad ste. yasym avidyy sarvi bhtni jgrati tv aham idam ada iti vyavaharanti s tv avidy dvaitvasth payato drara darana dya ca sarva mithyaiveti payato brahmavido ni bhavati yath prin brahmavidy ni tath brahmavido pi avidy ni. brahmavidyay brahmaivham iti svam nandaikarasa paripra viaykartu yathaiv j na aknuvanti

Lultimo prama, il cosiddetto tattvvedakaprama, qui nientaltro che la gi citata akhakravtti, che oltre a eliminare ogni altra impurit e sovrapposizione mentale, annulla pure s stessa. Sillustra ci con lesempio la pietra dallume, usata per purificare lacqua: quando la si getta nellacqua sporca permette che tutte le impurit si depositino sul fondo e poi, essa si scioglie da s. 189 In questo punto akarnanda aggiunge alcune interessanti considerazioni sulla notte. Per lui la notte la divinit suprema la quale non pu essere oggetto di alcun mezzo di conoscenza mondano, per quanto valido sia poich indivisa e puro essere, in quanto in essa tutti gli esseri riposano completamente; essa come la notte pi buia, poich ricopre ogni cosa, la pervade, impenetrabile alla vista e, poich tale, impone la propria misura su tutti gli enti, in essa gli esseri umani non possono agire. Quella notte appunto fonte di piacere estremo, poich il brahman stesso, insieme sintetico di suprema beatitudine (nandaghana) e solo in esso il veggente silenzioso veglia, mentre gli altri, ignari della loro natura anche se hanno studiato e ascoltato il Vednta, dormono: prcnakarmaphalnubhtyai puna punar bhavanti jyanta iti bhtni prinas te sarve bhtn sthitaprajavyatiriktn sarvabhtn y ni bhavati teja paraty devatym itydirutyukt y paradevat sarvapram gocar nirvie sattmtr svaya nieva bhavati yath ni nitar erate prino yatra s ni tamisr rtri sarvavypakatvena de praveum aakyatvena sarvapadrthn svamtratpdanena ca bhtn manuydn vyavahartum aaky bhavati tath seya paradevatpi sarvavypakatvdidharmai sarvabhtn vyavahartum aakyatvn niety ucyate. a sukha nitar sukharpatvn ni tasy niym atyantasukharpy parasy devaty pare brahmay nandaghane svayam avidynidrprabuddha sayam bahipravttinivttasarvendriyo brahmavid eka eva jgarti tatraivramati kraty nandati tadanye tu erate rutavednt api nidrit iva tatsvarpa kim api na jnantty artha Vorremmo fare un riferimento qui al mito di Mrkaeya, narrato nellintroduzione del secondo capitolo.
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tathaivya brahmavid avidyayha mamedam iti dehendriydika viaykartu na aknotty artha. tata evsya laukike vaidike ca karmay anadhikra yogyatvbhvt Colui che, avendo ottenuto la pienezza della grazia della ruti, del maestro e del Signore, mediante un samdhi maturatosi per via delle azioni meritorie compiute in innumerevoli centinali di migliaia di nascite, ha raggiunto una conoscenza diretta e senza ostacoli del brahman: Io sono tutto ci, io sono il brahman!, per questo mahtman, il cui intelletto fermo, che risvegliato, per costui lintero agire ordinario, sia mondano, sia vedico: Io sono, questo mio , si ritrae, come il comportamento che si ha nei sogni. Poich, come accade per il sonno, lignoranza completamente distrutta, vi la completa distruzione anche del suo effetto, pertanto il liberato in vita, conoscitore del brahman, sveglio come durante la veglia, gioisce solo nel brahman, non altrove. Cos [Ka] presenta: Quella che notte Laddove, in quella notte gli ignoranti e i conoscitori di ci [= del mondo di nome e forma], tutti dormono vedendo dei sogni in forma delle tre condizioni, colui che domo, vuoto di ogni tendenza allazione verso lesterno, che ha lintelletto fermo, il conoscitore di brahman veglia da solo in quella che la conoscenza di brahman, egli essendo divenuto colui il cui godimento il S, il cui gioco il S, il cui amplesso il S, la cui luce il S, la cui beatitudine il S, sta costantemente stabile. In quellignoranza nella quale tutti gli esseri sono svegli e si comportano normalmente [dicendo]: Io sono quello, io sono questo , proprio quellignoranza che la condizione della dualit, per il veggente, per il conoscitore di brahman che vede tutto ci, vale a dire il vedente, la visione e loggetto visto, sono davvero falsi, sono la notte; come per gli esseri viventi la conoscenza del brahman notte, cos per il conoscitore di brahman lignoranza notte. Al modo in cui gli ignoranti, mediante la conoscenza di brahman Io invero sono brahman!, non sono in grado di cogliere il S che essenza di sola beatitudine, assolutamente perfetto, ugualmente il conoscitore di brahman, mediante lignoranza Io sono, questo mio , non in grado di rendere oggetti di cognizione il corpo, i sensi e quantaltro [dellaggregato psico-fisico]. Questo il senso. Dunque, egli non ha qualifica n per lazione nel mondo n per quella vedica, poich non ne ha la capacit

Infine, non poteva mancare un grande personaggio dellAdvaita Vednta, autore di molte opere magistrali, tra le quali il commento indipendente alla BG, denominato Grthadpik (BG2, 2003 [1915], VOL. 3: 209).190 Il testo della glossa non molto articolato e non si dilunga tanto quanto akarnanda e riprende tutti i temi gi visti, tuttavia vale la pena di proporre, per concludere, un breve passo:
Un breve passaggio della Grthadpik ad BG II.28 in cui si cita il sogno come qualcosa coesteso con la durata della sua stessa cognizione come una magia o largento percepito sulla madreperla, ci viene proposto da Timalsina (2006: 193).
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yasy tu dvaitadaranalakaym avidynidry prasuptny eva bhtni jgrati svapnavad vyavaharanti s ni na prakate tmatattva payato parokatay mune sthitaprajasya yvad dhi na prabudhyate tvad eva svapnadarana bdhaparyantatvd bhramasya. tattvajnakle tu na bhramanimitta kacid vyavahra 191 Ma in quella notte dellignoranza caratterizzata dalla visione della dualit, gli esseri che invero sono assopiti, vegliano, cio si comportano come in sogno. Quella, per il saggio silenzioso, per colui il cui intelletto stabile, che vede direttamente, notte perch non illumina il principio del S. Fintanto che lintelletto non si desta, proprio fino ad allora vi la visione del sogno, poich la percezione illusoria si ha fino alla sua contraddizione, mentre nellistante in cui [sorge] la conoscenza del principio, non vi alcuna attivit empirica causata dalla percezione erronea 192

Vediamo qui come MS interpreti la notte dellignoranza come mancanza di luce per il realizzato, poich in essa tutto ci che sovrapposto al S impedisce che esso sia rivelato nella sua natura luminosa. Altre considerazioni rispetto allimportanza di questo verso (II.69) nellAdvaita Vednta saranno proposte nelle conclusioni. Ora per tempo di passare alla terza delle componenti della prasthnatray: il Brahmastra (BS).

Il commento Bhvapraka (BG2, 2001 [1915], VOL. 3: 211) presenta un verso interessante: prabuddhyate na yvad dhi tvat svapnasya daranam/ prabuddhasya puna svapno bdhito bhramaklika// 8 //, Finch lintelletto non si desta, fino ad allora vi la visione del sogno poi, per colui che di nuovo sveglio il sogno contemporaneo allillusione eliminato. 192 In seguito MS, oltre a citare BU IV.3.31 e IV.5.15, cita due strofe di Sur I.1.166 e I.4.313, che corrobora quanto affermato da MS.
191

476

CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

CAPITOLO 5 L OTTICA
ONIROLOGICA DELL A DVAITA NEL

B RAHMASTRA

E NELLA

TRADIZIONE COMMENTARIALE

V.1: B RAHMASTRABH

YAVICRABHMIK

In questultimo capitolo proporremo una panoramica molto mirata, nello stesso stile dei capitoli che lhanno preceduta. Anche se nelle Upaniad troviamo una miriade di riferimenti e interpretazioni, tuttavia dobbiamo ricordare che nel BS tutta una serie di questioni gi trattate nello rutprasthna vengono riprese ed esaurite sistematicamente. Inutile precisare che nel magnum opus di , appunto il Brahmastrabhya (BSB) i riferimenti alle tre avasth e, ovviamente, al quarto, sono moltissimi. Questo non solo evidenzia nuovamente la centralit dellanalisi delle condizioni di coscienza come metodo prediletto dallAdvaita, ma nel BSB ha un valore ancora pi importante proprio per la questione della mutua sovrapposizione (itaretardhysa) che egli pone gi inizialmente, senza la quale non sarebbe possibile parlare di stati, di percezione, percettore e oggetto percepito. La questione che il S (cidtman), il soggetto conoscente (viayin) sovrapposto sul non-S (antman), sulloggetto conosciuto (viaya) e viceversa. Se ci vale per gli stessi protagonisti della superimposizione della natura delluno sullaltro e dallaltro sulluno, ancor pi chiara la conseguente sovrapposizione delle propriet (dharma) del viayin, sul viaya e di quelle del viaya sul viayin, come abbiamo gi spiegato nel terzo capitolo. La tesi di , infatti, appunto che questo adhysa costituisce il principale responsabile del vyavahra, non solo del comune modo di operare e conoscere nella veglia, ma pure nel sogno. Pertanto, annientando la sovrapposizione fittizia si riesce a giungere alla meta ultima. procede, dunque, dallopposizione tra tman e antman, cercando di isolare il principio che sottosta al soggetto conoscitore che, nella sua intima natura, senza attributi, conoscenza immutabile. Loggetto, invece reale solo nella misura in cui non si conosce ancora la verit ultima riguardante il soggetto, proprio come in sogno si ritiene reale limmagine onirica (BSB II.1.14). Infatti, dottrina comprovata del Vednta non duale che 477

CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

tutte le esperienze che si hanno prima della realizzazione del S, sono da ritenersi almeno empiricamente reali, proprio come accade allesperienza onirica prima del risveglio (SARASVAT, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 59). Il sogno, anche qui come altrove, ribadito essere principalmente derivato dalle impressioni latenti immagazzinate nello stato di veglia (BSB I.1.9, II.1.30).1 Commentando il BS, , vedremo soprattutto ad III.2.1-6, per quanto illusorio sia, parla del sogno soprattutto come una realt di cui si ha un certa conoscenza. Va detto per che tutta la questione della triplice condizione e delluscita da essa rientra in un discorso pi ampio, o meglio di respiro pi universale e metafisico che prima di sfociare nel puro advaita del turya, riflette compiutamente la dottrina del triplice rango ontologico della realt, di cui si pi volte parlato: prtibhsika, vyvahrika e pramrthika. Visto che il punto di vista dellAdvaita in generale e di in particolare stato pi volte tirato n ballo, tanto nel terzo, quanto nelle due sezioni del quarto capitolo, in questa sede discuteremo il sogno seguendo la linea propedeutica dei quattro adhyya di cui il BS composto: il samanvaydhyya, lavirodhdhyya, il sdhandhyya e il phaldhyya.2 Certamente, due punti su cui ci soffermeremo sono alcuni stra contenuti nel celebre rabhadhikaraa (II.1.14-20) e il sadhydhikaraa (III.2.1-6), riguardante il sogno vero e proprio.3 Purtroppo, per lenormit della questione, ci siamo soffermati soprattutto sullinterpretazione Avacchedavdin della Bhmat (BSBB) di Vcaspati Mira (VM) del sadhydhikaraa, tralasciando per ovvi motivi la tradizione Pratibimbavdin facente capo alla Pacapadik, sia perch appunto non troviamo una trattazione unitaria del sogno, sia
In BSB I.1.9, in un contesto in cui sta confutando le tesi del Skhya, secondo il quale la causa del mondo (jagatkraa) pradhna, commentando il passo upaniadico ChU VI.14.2 relativo a svapiti (yatraitat purua svapiti nma sat somya tad sampanno bhavati svam apto bhavati tasmad ena svapitty cakate sva hy apto bhavati.) mostra un survey preliminare sulle tre avasth, con un particolare interessante, ossia che mentre lanima individuale sogna, consegue il nome di mente. Per esempio M. Comans (2000: 10), intende la mente come seggio su cui si mostra il fenomeno onirico. La questione non problematica, perch spesso, lultima analisi del Vednta non fa distinzione tra sostegno e sostenuto: manapracropdhivieasabandhd indriyrthn ghas tadviepanno jvo jgarti. tadvsanviia svapnn payan manaabdavcyo bhavati. sa updhidvayoparame suuptvasthym updhiktaviebhvt svtmani pralna iveti sva hy apto bhavati ity ucyate , Lanima individuale, percependo gli oggetti sensoriali a causa della relazione con le particolari sovrapposizioni che sono le trasformazioni della mente, provvista delle loro particolarit resta sveglio. Qualificata, poi, dalle impressioni latenti di essi [= degli oggetti] vedendo i sogni diviene esprimibile mediante il termine mente. Quello [= il jva], quando entrambe [= veglia e sogno] le sovrapposizioni sono cessate, nella condizione di sonno profondo, come fosse completamente immerso in S stesso, per la mancanza di differenze causate dalle sovrapposizioni avventizie, allora si dice infatti egli immerso in S stesso 2 Nellultimo capitolo del BSB troviamo ben pi rare menzioni al sogno e alle avasth in toto, sebbene, per la stessa natura di esso, phaldhyya, si riferisca spesso al risultato ultimo dellAdvaita. In questa sede non faremo riferimento a nulla relativo al quarto capitolo, ma, come si sar notato, nel corso della tesi si accennato ad alcuni contenuti interessanti anche di questa sezione. 3 B. N. K. Sharma (1986 [1978], VOL. 3: 20, 24) basandosi sullinterpretazione di Madhva-nandatrtha (1199-1294 [SHARMA, B. N. K., 1981 [1961]: 77-79]) del BS, individua negli aforismi che compongono BS III.2.1-6 tre differenti adhikaraa: sadhydhikaraa (III.2.1-4), parbhidhyndhikaraa (III.2.5) e dehayogdhikaraa (III.2.6).
1

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CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

perch , com noto, giunto fino a noi solo il commento ai primi quattro stra (catustr) dellopera di Padmapdcrya (PP, VIII sec.), anche se sembra che il testo di PP fosse originalmente esteso per cinque pda (PHILLIPS, 1987: 5), cosa che comunque di per s esclude il sadhydhikaraa. Quindi, chiediamo fin dora venia per i riferimenti, ahim, solo sporadici a quelle opere. Unaltra questione menzionata solo in modo perfuntorio, sar laltrettanto gigantesca sezione di quei Vednta che sono differenti dallAdvaita, e che sono solitamente di differente orizzonte dottrinale e spesso acerrimi avversari di . Ci riferiamo al Viidvaita di Rmnuja, allo Dvaita di Madhva, allo uddhdvaita di Vallabha, al Bhedbhedavda di Bhskara, allo aktiviidvaita di rkaha, allo Dvaitdvaita di Nimbrka, allAcintyabhedbheda di Baladeva, la lettura aivdvaita di rikra e il commento indipendente di Vijnabhiku. Ognuno di questi meriterebbe attenzione particolare, ma ci purtroppo impossibile dedicargliela in questa sede. Si tenga anche presente che opere ben pi complete hanno trattato ogni sezione del BS riportando le opinioni di tutti gli crya maggiori.4 Un ultimo paragrafo sar dedicato al commento di ad BS II.2.28-29 in cui egli delinea le differenze dottrinali tra lAdvaita e i Vijnavdin in materia di cognizione onirica, ponendo laccento sul fatto che il main stream dellAdvaita considera enti di differente status ontologico il sogno e la veglia, mentre ledificio dottrinale Yogcra poggia sulle fondamenta dellidentit tra sogno e veglia. Per una necessit di chiarezza e differenziazione interna al fine di separare lambito principale dellrabhdhikaraa dalla disputa con i Bauddha, abbiamo optato per presentare questanalisi in modo isolato e indipendente, solo alla fine di tutto il capitolo.

V.1: I L

SOGNO NEL SAMANVAYDHYYA

Nel primo capitolo del BS la parte del leone la gioca certamente il concetto di adhysa, visto che se n parlato nel capitolo 3, qui non ci dilungheremo sui medesimi argomenti. Sebbene vi siano altri aforismi e commenti in cui il sogno ha una minima importanza, tuttavia il primo luogo in cui si dilunga maggiormente glossando laforisma I.3.19:
4 Ci riferiamo, ovviamente, a due opere insostituibili per chiunque approcci il BS. La prima il volume di V. S. Ghate, The Vednta. A study of the Brahma-stras with the bhyas of akara, Rmnuja, Nibrka, Madhva e Vallabha, pubblicato per la prima volta nel 1926 al Bhandharkar Oriental Research Institute. La seconda opera lenciclopedico lavoro di B. N. K. Sharma, The Brahmastras and Their Principal Commentaries, pubblicato in 3 volumi prima a Bombay tra il 1971 e il 1978 e poi ristampato a Delhi nel 1986.

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CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

uttarc ced virbhtasvarpas tu, in un contesto in cui si discute a proposito della presenza o meno di alcuni attributi divini come lassenza di colpe (pparahitatva) nellanima individuale. La prima parte del stra rappresenta la posizione di un obbiettore5 che sostiene che il jva letere rinchiuso nella cavit del cuore (daharka), mentre la seconda la risposta di Bdaryaa,6 per il quale, interpreta , il jva non il daharka ma il brahman stesso.
tatra hi ya tmpahatappm [ChU III.7.1] ity apahatappmatvdiguakam tmnam anveavya vijijsitavya ca pratijya ya eo kii puruo dyata ea tm [ChU VIII.7.4] iti bruvann akistha drara jvam tmnam nidarayati. eta tv eva te bhyo nuvykhysymi [ChU VIII.9.3] iti ca tam eva puna puna parmya ya ea svapne mahyamna caraty ea tm [ChU V.10.1] iti ca jvam evvasthntaragata vycae. tasyaiva cpahatappmatvdi darayati etad amtam abhayam etad brahma iti. nha khalv ayam eva sapraty tmna jnty ayam aham asmti no evemni bhtni [ChU VIII.11.1-2] iti ca suuptvasthy doam upalabhya eta tv eva te bhyo nuvykhysymi no evnyatraitasmt iti copakramya arrasabandhanindprvaka ea saprasdo smc charrt samutthya para jyotir upasapadya svena rpebhinipadyate sa uttama purua iti jvam eva arrt samutthitam uttamapurua darayati. tasmd asti sabhavo jve pramevar dharmm. ata daharo sminn antarka iti jva evokta iti cet kacit bryt tath ca dvitte paryye ya ea svapne mahyamna carati na prathamaparyyanirdid akipurud draur anyo nirdia, eta tv eva te bhyo nuvyakhysymi ity upakramt. ki cham adya svapne hastinam adrka nedn ta paymti dam eva pratibuddha pratycae. drara tu tam eva pratyabhijnti ya evha svapnam adrka sa evha jgarita paymti. tath ttye pi paryye na hi khalv ayam eva sapraty tmna jnty ayam aham asmti no evemni bhtni iti suuptvasthy vieavijnbhvam eva darayati na vijtra pratiedhati. yat tu tatra vinam evpto bhavati iti tad api vieavijnavinbhipryam eva na vijtvinbhipryam. na hi vijtur vijter viparilopo vidyate vinitvt. [BU IV.3.30] iti rutyantaram. tath caturthe paryye eta tv eva te bhyo nuvykhysymi no evnyatraitasmt ity upakramya maghavan martya v ida arram itydin prapacena arrdyupdhisabandhapratykhynena saprasdaabdodita jva svena rpebhinipadyate iti brahmasvarppanna darayan na parasmd brahmao mtbhayasvarpd anya jva darayati

Ben visibile lavverbio cet a mettere in luce che fin l ci troviamo di fronte alla posizione di un prvapakin. La risposta del siddhntin invece evidenziata dallavverbio tu, in coda allaforisma: tuabda prvapakavyvttyrtha
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CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

[Obbiezione:] Infatti, a quel proposito7 Quel S da cui le colpe sono lontane cos, dopo aver ipotizzato che il S deve essere investigato, deve essere conosciuto come provvisto di qualit, quali lassenza di colpe e altre Quellessere che scorto nellocchio, questi il S , cos dicendo [Prajpati] mostra [a Indra] il S individuale, il veggente che sta nellocchio. E, Io ti ripeter questa stessa cosa ancora , avendo cos riflettuto molte volte su quella Questanima individuale che nel sogno si muove glorificata, questa il S , infine si spiega quellanima individuale in quanto relativa a differenti condizioni e certamente mostra la sua [= dellanima individuale] assenza di colpe o quantaltro Questo immortale, senza paura, questo il brahman! Di certo in quel momento egli non conosce S stesso cos Questo sono io! e nemmeno Questi sono gli esseri! , allora avendo cos colto un difetto nella condizione di sonno profondo: Io ti ripeter questa stessa cosa ancora, non qualcosa di differente da questa , avendo cos introdotto con una precedente critica della relazione col corpo, egli [= Prajpati] mostra che lessere ottimo che si sollevato dal corpo invero lanima individuale: Questa beata serenit [= il jva in sonno profondo], essendosi levato da questo corpo e avendo raggiunto la suprema luce, si manifesta attraverso la sua vera natura, questi lessere ottimo Pertanto, possibile lesistenza di caratteristiche divine nellanima individuale. Allora Lo spazio angusto allinterno di quello , lanima individuale invero intesa [come daharka].8 Se qualcuno affermasse questo, allora [Risposta:] ...9 Lo stesso vale anche nella seconda fase Questanima individuale che nel sogno si muove glorificata non inteso qualcun altro [veggente] rispetto al veggente, allessere che sta nellocchio che presentato nella prima fase, per via dellintroduzione: Io ti ripeter questa stessa cosa ancora Inoltre, colui che si risvegliato nega ci che ha visto [in sogno]: Io oggi in sogno vidi un elefante, ora, per non lo vedo!; tuttavia costui di certo riconosce losservatore: Quello che io invero sono, proprio io vidi il sogno e ora quello stesso che sono io vedo la condizione di veglia! Cos accade anche nella terza fase: Di certo in quel momento egli non conosce S stesso cos Questo sono io! e nemmeno Questi sono gli esseri! , ove mostra la mancanza di una conoscenza particolare durante la condizione di sonno profondo, ma non nega di certo il conoscitore. Ci che invece a quel proposito [ha detto Indra] Quello giunge alla distruzione invero , anche ci ha come significato implicito la distruzione di una particolare conoscenza e non ha come senso

Lintero passaggio si riferisce alla famosa khyyik della ChU III.7 in cui Indra, da parte degli dei e Virocana, campione degli asura, sono istruiti da Prajpati stesso sulla natura di tman. Si veda il secondo paragrafo del capitolo IV.I. 8 Si confronti con alcuni passi della medesima ChU: III.14.3, VIII.1.1 (GUENON, 1992 [1925]: 36-37, 149-150). Ricordiamo inoltre che esiste un testo che ha avuto una certa fortuna tra gli studiosi indiani di Advaita, composto da Paramaivedra Sarasvat e dedicato interamente alla daharavidy predicata nellintero ottavo praphaka della ChU, ci riferiamo alla Daharavidyprakik. 9 Come gi preannunciato quello finora presentato un obbiettore. Ora comincia la ribattuta di , anchessa, come la domanda, suddivisa in quattro sezioni: una relativa allessere nellocchio, una relativa alla relazione nella condizione di sogno, quella concernente al sollevarsi del jva dal corpo durante suupti e lultima relativa al brahman immortale. Per ragioni di brevit e aderenza allargomento ci limiteremo a trattare la seconda fase, la terza e ad accennare la quarta, poich strettamente connesse con largomento principale.
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CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

implicito la distruzione del conoscitore, poich in unaltra ruti [si dice]: Infatti, non vi perdita della conoscenza da parte del conoscitore, poich indistruttibile Cos anche a proposito della quarta fase: Io ti ripeter questa stessa cosa ancora, non qualcosa di differente da questa , cos avendo introdotto, poi [continua]: O Maghavan [= Indra], questo corpo mortale! ..., con questo sviluppo mediante il quale si nega il rapporto con le condizioni avventizie come il corpo e altri e poi con [il passo] si manifesta attraverso la sua vera natura , rivelando che lanima individuale chiamata con la parola saprasda [= beata serenit] penetrato nella natura di brahman e non mostra che lanima individuale differente dal supremo brahman la cui natura immortale e senza paura

Anche nel commento al stra successivo (I.2.20), che completa la trattazione dellintero adhikaraa, vi un breve accenno al sogno, che ci ricorda un interessante passaggio che abbiamo visto nella prima parte del capitolo precedente ( ad BU IV.3.20), in cui, oltre a ribadire che il sogno costituito principalmente dal materiale fornito dalle impressioni latenti, si ribadisce la questione che lanima individuale, durante la condizione onirica, si muove allinterno dei canali sottili (ncara):
... saprasdaabdodito samutthya jvo jgaritavyavahre dehendriyapajardhyako jyotir kaabdita bhtv para

tadvsannirmit ca svapnn ncaro nubhya rnta araa prepsur ubhayarpd api arrbhimnt suuptvasthy para brahmopasapadya vieavijnavattva ca parityajya svena rpebhinipadyate ... Lanima individuale indicata dalla parola saprasda, essendo divenuta, nella vita empirica della veglia, il supervisore della gabbia [costituita] dal corpo e dai sensi, vagando per i canali sottili e avendo poi esperito dei sogni creatisi dalle impressioni latenti di quella [= della vita empirica di veglia], poi affaticato e desideroso di raggiungere un rifugio, lavatosi oltre entrambe le forme, ossia lidentificazione con [entrambi] i corpi [di veglia e di sogno], nella condizione di sonno profondo avendo attinto la suprema luce, il supremo brahman denominato etere, poi avendo abbandonato la propriet di possedere conoscenze particolareggiate, si manifesta nella sua propria natura

Prima di proseguire con un altro adhikaraa, vorremmo brevemente soffermarci su questo tema. Come si ricorder da MU 4 abbiamo evinto che nel sogno le facolt esterne, pur rimanendo in una condizione di latenza, cessano di agire e si riassorbono nel mentale (manas). In quel momento lapparato psichico, simboleggiato dallorgano interno (antakaraa), risiede nei canali sottili (n) penetrandoli ed estendendosi al loro interno. 482

CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

Ricorderemo che ivi il nome del jva non pi Vaivnara e neppure il suo corpo quello grossolano, ora egli, identificandosi al corpo sottile chiamato Taijasa. A questo R. Gunon (1992 [1925]: 89) rileva opportunamente che taijasa un derivativo di tejas, che oltre a indicare lo splendore indica pure il fuoco, elemento che, considerato nelle sue propriet essenziali, insieme sia di luce sia di calore. Le stesse caratteristiche di tejas, opportunamente trasposte, si ritrovano anche in Taijasa. Le n, questi canali sottili, non devono certamente essere confuse con canali, siano essi vene, arterie, ove circola il sangue o quantaltro del corpo fisico. Anche se, in linea di principio potrebbe essere formulata una semplice corrispondenza fisiologica con le ramificazioni del sistema nervoso per la loro luminosit, cionondimeno non possibile alcuna identificazione, poich nel caso dei nervi siamo ancora in un ambito fisico, mentre le n di cui si parla in corrispondenza al sogno sono assolutamente sottili (IBID.: 90).10 Continuiamo ora con il primo dei due aforismi (BS I.3.42)11 contenuti nel suuptyutkrntyadhikaraa (I.3.42-43). La materia qui dibattuta se il discorso che parte, per da BU IV.3.7: katama tmeti yo yam vijnamaya e si estende per 32 sezioni del III brhmaa sconfinando abbondantemente in 22 sezioni del IV brhmaa (IV.4.22): sa v ea mahn aja tm yo ya vijnamaya preu , semplicemente ricapitoli la natura dellanima individuale come una creatura empirica oppure sia inteso a stabilirne la vera natura identica allessere invero non trasmigrante (asasrin) (SHARMA, B. N. K., 1986 [1971],
VOL. 1: 256).
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Naturalmente, il prvapakin propende per la prima ipotesi,13 basandosi su due,

o meglio uno solo, dei sei indicatori di senso (ttparyaliga) della sezione, ossia upakrama lintroduzione e upasahra la conclusione, che devono essere coerentemente relative a uno stesso argomento per poter accertare che un particolare contesto si occupa di un argomento e non di un altro. Se la narrazione la stessa sia allinizio sia alla fine, anche nel

Gunon (1992 [1925]: 90-91) aggiunge che si pu stabilire anche un rapporto tra i canali sottili e la respirazione, anche se non si pu certamente concludere che le n siano meri canali di scorrimento dellaria. Anche qui, continua lintellettuale francese, sarebbe confondere un elemento sottile come il pra con un elemento corporeo. 11 Il stra in questione suuptyutkrntyor bhedena, Per via della differenza nel sonno profondo e nella morte, ivi , giusto allinizio del commento, afferma che bisogna prendere dallaforisma precedente (I.3.41) il termine vyapadet, AS ragione della dichiarazione 12 comincia cos: bhadrayake ae praphake katama tmeti yo ya vijnamaya preu hdy antarjyoti purua [BU IV.3.7] ity upakramya bhyntmaviaya prapaca kta. tat ki sasrisvarpamtrnvkhynapara vkyam utsasrisvarpapratipdanaparam iti saaya. ki tvat prptam 13 Questo quanto mette in bocca allobbiettore: sasrisvarpamtraviayam eveti. kuta? upakramopasahrbhym. upakrame yo ya vijnamaya preu iti rtaligt. upasahre ca sa v eamahn tm yo ya vijnamaya preu [BU IV.4.22] iti tadaparitygt, madhye pi buddhntdyavasthopanysena tasyaiva prapacand iti
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CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

centro di quei passaggi largomento deve essere lo stesso, perch si parla della condizione di veglia (buddhnta) e degli altri stati:14
eva prpte brma paramevaropadeaparam eveda vkya na

rramtrnvkhynaparam. kasmt? suuptv utkrntau ca rrd bhedena paramevarasya vyapadet. suuptau tvat aya purua prjentman saparivakto na bhya kicana veda nntaram [BU IV.3.21] iti rrd bhedena paramevara vyapadiati. tatra purua rra syt tasya vedittvt. bhybhyantaravedanaprasage sati tatpratiedhasabhavt. prja paramevara, sarvajatvalakaay prajay nityam aviyogt. tathotkrntv api aya rra tm prjentmannvrha utsarjanyti [BU IV.3.35] iti jvd bhedena paramevara vyapadiati. tatrpi rro jva syc charrasvmitvt. prjs tu sa eva paramevara. tasmt suuptyutkrntyor bhedena vyapadet paramevara evtra vivakita iti gamyate. yad uktam dyantamadhyeu rraligt tatparatvam asya vkyasyeti. atra brma upakrame tvat yo ya vijnamaya preu iti na sasrisvarpa vivakitam. ki tarhi? andya sasrisvarpa parea brahmasyaikat vivakati. yato dhyyatva lelyatva ity evam dyuttaragranthapravtti sasridharmanirkaraapar lakyate. tathopasahre pi yathopakramam evopasahrati sa v ea mahn aja tm yo ya vijnamaya preu [BU IV.3.22] iti. yo ya vijnamaya preu sasr lakyate sa v ea mahn aja tm paramevara evsmbhi pratipdita ity artha. yas tu madhye buddhntdyavasthopanyst sasrisvarpavivak manyate, sa prcm api dia prasthpita pratcm api dia pratiheta. yato na buddhntdyavasthopanysenvasthvattva sasritva v vivakati, ki tarhy? avasthrahitatvam asasritva ca. katham etad avagamyate? yat ata rdhva vimokyaiva brhi iti pade pade pcchati. yac ca ananvgatas tena bhavaty asago hy aya purua [BU IV.3.14-15] iti pade pade prativakti. ananvgata puyennanvgata ppena

Sappiamo da vari testi, come anche il Vedntasra (VS, HIRIYANNA, [ED.], 2004 [1929]: 12), dellesistenza di sei mezzi al fine di accertare il senso intrinseco di una particolare frase o una sezione, solitamente nellAdvaita utilizzati al fine di convogliare il senso del mahvkya tat tvam asi verso lidentit tra anima individuale e brahman: ligni tpakramopasahrbhysprvatphalrthavdopapattykhyni , Gli indicatori sono chiamati inizio e fine, ripetizione, originalit, il risultato, il passaggio laudatorio e la logica Questo passo proviene da un precedente verso la cui fonte non ancora ben precisata, ma che gi dal VII-VIII secolo doveva essere noto: uppakramopasahrbhyso prvat phalam/ arthavdopapatti ca liga a ttparyaniraye//. Vediamo nella fattispecie, sempre dalle pagine del VS, cosa significa ognuno di essi: prakaraapratipdyasyrthasya taddyantayor upapdanam upakramopasahrau ... prakaraapratipdyasya vastunas tanmadhye paunapunyena pratipdanam abhysa prakaraapratipdyasya vastuna pramntarviaykaraam aprvat ... phala tu prakaraapratipdyasytmajnasya tadanuhnasya v tatra tatra ryama prayojanam ... prakaraapratipdyasya tatra tatra praasanam arthavda prakaraapratipdyrthasdhane tatra tatra ryam yuktir upapatti , Si dicono introduzione (upakrama) e conclusione (upasahra) laggiustamento dellinizio e della fine rispetto allargomento trattato nella sezione La ripetizione (abhysa) un continua presentazione nel mezzo di essa delloggetto presentato nella sezione Loriginalit (aprvat) il non rendere largomento presentato nella sezione oggetto di un altro mezzo di conoscenza Invece, il risultato (phala) lutilit che si ode qui e l di ci che presentato nella sezione, sia essa la conoscenza del S o la sua applicazione Il passaggio laudatorio (arthavda) la lode che si presenta qua e l di ci che presentato nella sezione La logica (upapatti) il ragionamento logico che si ode qui e l per corroborare largomento presentato nella sezione
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CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

tro

hi

tad

sarv

okn

hdayasya

bhavati

[BU

IV.3.22]
15

iti

ca.

tasmd

asasrisvarpapratipdanaparam evaitad vkyam ity avagantavyam.

[Risposta:] Dopo aver cos assunto, rispondiamo: questa frase [= katama tmeti] riguarda solo linsegnamento della suprema divinit, non riguarda una successiva ripetizione relativa al solo possessore di un corpo [= il jva]. [Domanda:] Per quale ragione? [Risposta:] Poich, nel sonno profondo e nella morte si menziona il supremo Signore separatamente dal corpo. Allora, nel sonno profondo [la ruti] menziona il supremo Signore separatamente dal corpo: Questessere, completamente abbracciato al S come Prja [= onnisciente, intelligente], non conosce nulla di esteriore n di interiore L il purua colui che ha un corpo [= lanima individuale], poich [si accenna] al suo essere conoscitore e, quando c la possibilit di conoscere ci che fuori e ci che dentro, allora possibile la negazione di ci. Lonnisciente il supremo Signore, perch vi uneterna unione con lintelletto caratterizzato dallonniscienza. Similmente, anche al momento della morte [la ruti] menziona il supremo Signore separatamente dallanima individuale: Questanima individuale che possiede un corpo, che supervisionata dal S intelligente, se ne va emettendo [un suono] Anche in quel caso il possessore del corpo lanima individuale, poich il padrone del corpo, mentre il S intelligente il supremo Signore. Per questo, si comprende che qui sintende solo il supremo Signore per via della menzione separata nel sonno profondo e nella morte. A proposito di ci che si affermato, che per via del segno distintivo dellanima individuale allinizio, alla fine e nel mezzo, questa frase riferita a essa, rispondiamo che cos nellintroduzione: Quello che questo connaturato di coscienza [= di intelletto] nelle facolt vitali , non intesa la sua natura trasmigrante. [Domanda:] Che cosa allora? [Risposta:] Dopo aver ribadito la sua natura trasmigrante, desidera affermare la sua unit con il supremo
15 Un contesto simile si ha nel commento allaforisma I.4.18 in cui, riferendosi alla conversazione tra Blkin e il re Ajtaatru della KauU (IV) si cerca di comprendere il principio che deve essere conosciuto di cui parla KauU (IV.19) che il produttore (kart) di tutti gli individui, di cui luniverso (jagat) opera. Esso lanima individuale, il pra principale (mukhya), oppure il supremo S? Nel terzo e ultimo aforisma delladhikaraa si riferisce il punto di vista di Jaimini, secondo il quale la menzione del jva ha uno scopo differente, cio persegue la comprensione del brahman, cosa che si deduce da ciascuna domanda e dalle rispettive risposte (pranavykhynbhym). A proposito di domanda e risposta cita due passi consecutivi della KauU, rispettivamente il IV.19 e IV.20. Il discorso continua con laffermazione della sopraggiunta unit con il supremo brahman del jva durante il sonno profondo, in quanto il Vednta stesso giunge alla conclusione (vedntamaryd) che luniverso tutto, nel testo rappresentato dalle funzioni vitali e quantaltro di simile (prdika) procede dal supremo. Pertanto, si comprende che quando lanima individuale cade nel sonno profondo penetra in uno stato privo di ogni trasformazione propria del pensiero, il che consiste nellassenza di ogni proiezione mentale. Grazie alla purezza di questo stato nel quale si penetra si svela finalmente lautentica natura del jva, assolutamente differente da ogni genere di sovrapposizione avventizia. Poi da quello stesso stato lanima individuale ritorna indietro, verso la veglia, interrompendo quella condizione di unit indifferenziata. Quel principio, in cui si penetra e dal quale si esce per tornare alla veglia, il S ed il soggetto della proposizione iniziale: ci che deve essere conosciuto (veditavyatay rvita): prativacanam api yad supta svapna na kacana payaty athsmin pra evaikadh bhavati itydi etasmd tmana pr yathyatana vipratihante prebhyo dev devebhyo lok [KauBr IV.20] iti ca. suutpikle ca parea brahma jva ekat gacchati. parasmc ca brahmaa prdika jagaj jyata iti vedntamaryd. tasmd yatrsya jvasya nisabodhatsvacchatrpa svpa updhijanitavieavijnarahita svarpa, yatas tadbhraarpa gamana, so tra paramtm veditavyatay rvita iti gamyate

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brahman, perch cos [con passi come] come se riflettesse, come se si muovesse si evidenzia che la tendenza del testo allinizio e alla fine riguarda la negazione delle propriet di trasmigrante [dellanima individuale]; allo stesso modo anche nella conclusione, termina come aveva cominciato: Quello che invero questo grande, non nato S, che questo della natura di coscienza [= di intelletto] nelle facolt vitali Allora quellessere della natura della coscienza nelle facolt vitali e che indicato come trasmigrante, questi quello che noi abbiamo presentato come il grande, non nato S, il supremo Signore. Questo il senso. Chi invece ritiene che nel mezzo intesa una sua natura trasmigrante, perche si menzionano le condizioni come la veglia e le altre, questi, pur spedito nella direzione orientale, costui come se partisse alla volta delloccidente; dal momento che, parlando delle condizioni come la veglia e le altre, non si vuole intendere che [il S] possieda delle condizioni o sia trasmigrante [= dotato di propriet empiriche]. [Dubbio:] Che cosa allora [si intende dire]? [Risposta:] [Si intendono mostrare il suo] essere privo delle condizioni [di coscienza] e della sua assenza [totale] delle propriet del trasmigrante. [Dubbio:] Come si capisce questo? [Risposta:] [Da] quello che [Janaka] chiede a ogni pi sospinto [a Yjavalkya]: Dimmi di pi, invero per la liberazione ; [egli] che poi continua a rispondere cos: non da ci seguito [= toccato]: davvero privo di attaccamento questEssere , e anche: non toccato da meriti, non toccato da colpe, ha infatti superato tutte le tribolazioni del cuore. Pertanto, bisogna intendere che quella frase riguarda solo la presentazione della natura [del S] come priva di qualit empiriche [proprie del trasmigrante].16

Anche se questo passo non presenta una relazione diretta con la condizione onirica, nonostante ci sar facile notare come interpreti dei passi upaniadici che abbiamo visto nel capitolo IV.I. Il punto centrale che nega decisamente leffettiva relazione tra il S e le condizioni, soprattutto la veglia, qui chiamata buddhnta, e il sonno profondo, ma con la parola di, posta successivamente (cfr. p. 8 buddhntdyavasthopanyst = buddhnta + di, ecc.), si intende sicuramente il sogno. La trasmigrazione considerata una propriet empiriche e fenomeniche, legate allaspetto dellanima individuale come trasmigrante da una condizione allaltra, dalla veglia al sogno, al sonno profondo, cos come dalla nascita alla
Si ricorder che nel capitolo 2 abbiamo brevemente trattato la questione della morte e dello svenimento o degli stati comatosi in riferimento alla dottrina delle avasth. In quello stesso contesto qualche considerazione era fatta rispetto ai vari tipi di pralaya di cui il Vednta parla, uno dei quali il sonno profondo. Anche nel BSB I.3.30 ci siamo imbattuti in un simile contesto, in cui il sonno assimilato alla distruzione del mondo, mentre il risveglio alla sua manifestazione: andau ca sasre yath svpaprabodhayo pralayaprabhavaravae pi prvaprabodhavad uktaprabodhe pi vyavahrn na kacit virodha, eva kalpntaraprabhavapralayayor apti draavyam. svpaprabodhayo ca prabhavapralayau ryete , In questo mondo senza origine, come accade a proposito del sonno e del risveglio, cos si udito a proposito della distruzione e della manifestazione, in quanto non vi alcuna contraddizione come tra un risveglio precedente rispetto a un risveglio successivo; lo stesso deve essere osservato per lorigine e la distruzione del ciclo precedente. Inoltre, la ruti parla dellorigine e fine [del mondo] nelle condizioni di veglia e sonno corrobora le sue affermazioni citando un passo dal Kautak Brhmaa (III.3).
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morte, alla rinascita e alla ri-morte. In verit, lU mira a predicare lidentit tra il S e il brahman, quando tutte le sovrapposizioni e limitazioni fittizie delluno siano completamente negate, proprio come spiega nella conclusione BU (IV.4.22): mahn aja tm , questo grande, non nato S B. N. K Sharma (1986 [1971], VOL. 1: 256-257) aderente alla sua fede nel Dvaita Vednta, sostiene che la lettura di va a cozzare con il messaggio enfatizzato dal stra, cio la differenza tra jva e prja, tanto nella condizione di sonno profondo, quanto al momento della dipartita (utkrnti). Lo studioso afferma pure che non possibile relegare, come fa , questa differenza alla sola ripetizione e rimarcatura (anuvda) di quanto si esperito nella vita di tutti i giorni (vyavahra), qualcosa che poi, di fronte a un superiore grado di realizzazione, scompare. Egli sostiene che la stessa ruti (BU IV.3.21, 35) e la smti (BG XV.810) considerano la differenza tra i due non un semplice fatto empirico, ma evidentemente metafisico. Certo, senza entrare in annose polemiche tra Dvaitin e Advaitin, non possiamo cercare di uscire dagli angusti confini di questo stra e prendere a prestito il punto di vista secondo il quale il jva resta empiricamente differente fintanto che abbarbicato al suo essere jva appunto. tuona pi volte che la sua natura non quella del trasmigrante, ma distinta da essa e solo quando il jva si libera dal suo essere dotato di condizioni (avasthvn) e propriet legate al mondo del divenire (sasrin) pu essere considerato puro e non trasmigrante.

V.3: L RABHADHIKARAA

NEL CONTESTO DELL AVIRODHDHYYA

Come si legger tra breve, anche nei stra II.2.28-30 del secondo capitolo del BSB si ritrova la diatriba tra e i Vijnavdin. Preferiamo presentare questanalisi indipendentemente, alla fine di questo capitolo per il peculiare taglio dato da e per ragioni di nostra chiarezza e organizzazione interna. Per il resto, prima di cominciare a trattare largomento centrale di questo paragrafo, vagliamo brevemente due altri passaggi. Il primo di questi due (BSB ad II.1.6) si pone in una circostanza in cui il ragionamento (tarka) e la riflessione (manana) conforme ai dettami e alle dottrine upaniadiche (rutyanughta) sono accettate in quanto utili strumenti sussidiari alla realizzazione del S (anubhavgatvena ryate), mentre si enfatizza con forza che gli aridi sofismi (ukatarka)

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non conducono ad attingere il S (tmalbha).17 mostra quanto segue come esempio di ragionamento fondato su solide basi scritturali:
svapnntabuddhntayor ubhayor itaretaravyabhicrd tmano nanvgatatva. saprasde ca prapacaparitygena sadtman sapatter niprapacasadtmatva, prapacasya brahmaprabhavatvt kryakrananyatvanyyena brahmvyatireka ity eva jtyaka Poich la condizione di sogno e la condizione di veglia sono entrambe devianti luna dallaltra, [tutte e due] non hanno alcuna relazione con il S. Invece, nella beata serenit, per labbandono dello sviluppo empirico e in virt dellunione con il vero S [si attinge] la propria vera natura priva di ogni agitazione fenomenica. Poich lo sviluppo mondano sorge dal brahman allora per quellanalogia secondo la quale leffetto non differente dalla causa, dunque [anche la manifestazione] non differente dal brahman. [Un ragionamento] di siffatto genere [ congruente al messaggio scritturale]

Qui ripropone, come esempio sommo di elucubrazione logica fondata sulla ruti, la devianza dalla continuit delle condizioni di veglia (buddhnta) e di sogno (svapnnta), perch luna contraddetta dallaltra e viceversa. In seguito, abbiamo un altro stra (II.1.9), contenuto nel medesimo adhikaraa,18 che evidenzia ancora una volta luso spasmodico da parte degli Advaitin della metafora del sogno, sempre come metro di paragone e illustrazione dellapparente realt della veglia. Non solo questo ma, come spesso accade, il sogno anche appaiato con altre apparenze, come i giochi di un illusionista, il quale rimane immune dalle allucinazioni prodotte mediante la sua magia, osservandone meramente lo svolgimento. Cos lo stesso per il S che assolutamente differente e unico osservatore immobile del continuo avvicendarsi delle tre condizioni:
asti cyam aparo danta yath svaya prasritay myay myv triv api kleu na saspyate, avastutvt, eva paramtmpi sasramyay na saspyata iti. yath ca svapnadg eka svapnadaranamyay na saspyata iti. prabodhasaprasdayor ananvgatatvt. evam avasthtrayasky eko vyabhicry avasthtrayea vyabhicri na saspyate. mymtra hy etad yat paramtmano vasthtraytmanvabhsana rajjv iva sarpdibhveneti. atrokta

Si confronti con laforisma II.1.11 tarkpratihnt e il commento che scrive su di esso, secondo il quale il solo ragionamento, privo del conforto della ruti, della smti e degli insegnamenti del maestro, non pu che risultare dubbio, anzi addirittura fuorviante e ingannevole (vipralabhaka), poich incapace di giungere a un definitiva e decisiva visione su un particolare argomento. 18 Ladhikaraa in questione vilakaatvdhikaraa che si estende dallaforisma II.1.4 fino al II.1.12 e si occupa appunto della completa estraneit e differenza del brahman rispetto al mondo.
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vedntasapradyavidbhir cryaia andimyay supto yad jva prabudhyate/ ajam anidram asvapnam advaita budhyate tad (GK I.16) iti. tatra yad uktam aptau kraasypi kryasyeva sthaulydidoaprasaga ity etad ayuktam. yat punar etad ukta samastasya vibhgasyvibhgaprpte punar vibhgenotpattau niyamakraa nopapadyata iti, ayam apy adoa, dntabhvd eva. yath suuptisamdhydv api saty svbhvikym avibhgaprptau mithyjnasynapoditatvt prvavat puna prabodhe vibhgo bhavati, evam ihpi bhaviyati. ruti ctra bhavati im sarv praj sati sapadya na vidu sati sapadymaha iti, ta iha vyghro v siho v vko v varho v ko v patago v dao v maako v yad yad bhavanti tad bhavanti [ChU VI.9.2-3] iti. yath hy avibhge pi paramtmani mithyjnapratibaddho vibhgavyavahra svapnavad avyhata sthitau dyate, evam aptv api mithyjnapratibaddhaiva vibhgaaktir anumsyate. etena muktn punarutpattiprasaga pratyukta, samyagjnena mithyjnasypoditatvt Vi inoltre anche questaltro esempio: al modo in cui lillusionista non toccato in nessuno dei tre tempi dallillusione prodotta da lui stesso, poich non reale, ugualmente anche il supremo S non toccato dallillusione creatrice del mondo. Proprio cos anche lunico sognatore non toccato dallillusione della visione onirica, poich essa non ha seguito nelle condizioni di veglia e di sonno profondo. Allo stesso modo lunico e costante testimone delle tre condizioni non intaccato dalla cangiante triplice condizione. Come per la corda lapparizione come serpente o altro, anche questapparizione del S supremo come identificato alle tre condizioni invero solo unillusione. A questo proposito un maestro che conosce la tradizione del Vednta ha detto: Quando lanima individuale, addormentata per lillusione senza origine, si desta, allora realizza il non nato, linsonne, il senza sogno, il non duale. Anche ci che invece stato detto l [in precedenza] non logicamente congruo cio che anche durante il riassorbimento (apti [= pralaya]) come per leffetto anche per la causa bisogna affrontare la difficolt del difetto di grossolanit e altri simili. Di nuovo, ci che stato affermato [in precedenza] che [nel pralaya], con il raggiungimento dellindistinto da parte di tutte le distinzioni, non possibile ammettere una causa che regoli nuovamente la manifestazione con la distinzione. Anche questo non un difetto, poich c un esempio [a sostegno di questo]: al modo in cui anche quando si verificano condizioni come il sonno profondo e il samdhi e pur essendoci un naturale ottenimento dellindistinzione giacch la conoscenza illusoria non ancora stata dipanata, al risveglio nuovamente la distinzione si ripresenta come prima; lo stesso avverr anche a questo proposito.19 Su tale questione c un passo della ruti: Tutte queste creature dopo aver attinto lEssere non conoscono Noi abbiamo
19 Il tutto va fatto risalire alla strofa del V X.190.3 che afferma che Prajpati alla nuova manifestazione delluniverso forgi di nuovo il mondo, il sole, la luna, il cielo, la terra, lo spazio intermedio e i cieli superiori come era accaduto in precedenza, con le medesime regole: sryacandramasau dht yath prvam akalpayat/ diva ca pthivi cntarikam atho sva// Anche qui si intende che in seguito al pralaya, la si successiva manifesta delle entit distinte come era accaduto in quella precedente.

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attinto lEssere. Qui [= nel sonno profondo] esse, che siano una tigre, un leone, un lupo, un cinghiale, un verme, una falena, una zanzara o una mosca, qualsiasi cosa siano [state] allora [durante il sonno profondo], tornano di nuovo [tali al risveglio] Come difatti, pur essendo il S supremo privo di distinzioni, durante la manifestazione (sthitau) si constata un continuo dispiegarsi empirico delle distinzioni, dovuto alla conoscenza illusoria che come un sogno; allo stesso modo si pu inferire che vi sia un potere distintivo dovuto alla conoscenza illusoria anche nella dissoluzione. Con ci stato risolto anche il problema della rinascita di coloro che si sono liberati, poich mediante la valida conoscenza la conoscenza illusoria viene eliminata ...

Ci che a noi qui interessa il continuo ribadire di lestrema diversit tra i fenomeni, ivi rappresentati dalle tre mutevoli condizioni la cui realt e permanenza sono paragonate alla stabilit di un serpente erroneamente visto su di una corda, mentre dallaltra parte abbiamo la costante veggenza auto-luminosa del testimone. cita altres GP (MK I.16) rivolgendosi a lui con il plurale e chiamandolo maestro che conosce la tradizione vedntica. Cosa significhi per noi la citazione di questa krik gi stato chiarito nella seconda parte del IV capitolo. Ora la questione, come ivi stata presentata anche con la citazione del VS alla nota 60 del capitolo IV.II,20 ci mostra come queste considerazioni siano strettamente legate alla dottrina della causalit come espressa nellAdvaita Vednta. Queste stesse considerazioni aprono la via a una delle trattazioni pi importanti di tutto il BSB: lrabhadhikaraa (II.1.14-20). Prima di entrare nel vivo della trattazione vera e propria riguardante il sogno nel BS e nellinterpretazione che ne d nel suo commentario, sar duopo seguire la via e la traccia

Riallacciandoci qui alla citazione del VS (HIRIYANNA, 2004 [1929]: 4) nella nota 60 del capitolo IV.II, leggiamo nel medesimo testo che la riflessione continua con la discussione del duplice aspetto causale di brahman, ossia con la prevalenza della sua vigile consapevolezza esso causa efficiente (nimittakraa) delluniverso, poi, con la predominanza del suo aspetto inerte e materiale concernente gli elementi, che in ultima analisi nellottica vedntica non sono distinti da esso, appare anche come causa sostanziale (updnakraa), come il materiale stesso di cui costituito luniverso. Questa appunto la tanto importante dottrina dellAdvaita, le cui basi sono gettate in BSB I.1.2, cio linseparabilit dei due tipi di causalit nel brahman: abhinnanimittopdnakraatva. Questa dottrina viene esemplificata dallanalogia del ragno e della sua tela (lttantunyya), preso a piene mani da MuU I.1.7. Vediamo come continua il VS: aktidvayavadajnopahita caitanya svapradhnatay nimitta svopdhipradhnatayopdna ca bhavati. yath lt tantukrya prati svapradhnatay nimitta svaarrapradhnatayopdna ca bhavati. tamapradhnavikepaaktimadajnopahitacaitanyd ka kd vyur vyor agnir agner po dbhya pthiv cotpadyate etasmd tmana ka sabhta [TaiU II.1.1] itydirute , La conoscenza suprema (caitanya) condizionata dallignoranza dotata della duplice potenza, per preponderanza di S stessa [= del suo lato di veggente] diviene causa efficiente, mentre per preponderanza delle proprie sovrapposizioni limitanti diviene causa sostanziale. Allo stesso modo il ragno, per via della sua propria predominanza, causa efficiente nei confronti della ragnatela, mentre causa sostanziale per la predominanza del suo corpo. Cos da caitanya stesso condizionato dallignoranza provvista della potenza proiettiva in cui primeggia il tamas, sorge letere, dalletere laria, dallaria il fuoco, dal fuoco lacqua e dallacqua la terra, come [espresso] dal passaggio della ruti: Da questo S si origin letere
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fornitaci da nanda Giri (G)21 nella sua glossa indipendente ai BSB, dal titolo Nyyaniraya (BSNN) dove egli scrive che nellrabhadhikaraa la falsit del mondo comprovata irrefutabilmente per via della sua percepibilit (dyatva) e questa prova costituisce la naturale introduzione alle riflessioni che poi compie ad BS III.1-6. Siccome anche il sogno condivide la caratteristica della percepibilit anchesso deve essere considerato illusorio. La nostra disamina si concentra solo sul primo (II.1.14)22 e principale dei sette stra che costituiscono la sezione. Lindagine verte sul rapporto di causalit esistente tra il brahman e luniverso. usa ladhikaraa per ribadire che tutta la manifestazione non che unillusione falsamente costruita sul brahman. Lo rbhya del Viihdvaita Vednta di Rmnuja coglie la palla al balzo per confutare in dettaglio le teorie akariane relative alluniverso come mera illusione e afferma con decisione che luniverso materiale costituisce parte integrante del brahman, nella sua componente non cosciente (acit). Sorprendentemente, Madhva non d molta importanza allaforisma, fornendo una spiegazione del tutto differente (CHARI, S. S. M., 1998: 74). Comunque, tutti i Vedntin, a parte Madhva, sono daccordo nel sostenere, diversamente dai seguaci del Vaieika, la mancanza di diversit (abheda) tra causa ed effetto. Cionondimeno, ogni commentatore interpreta questa non differenza in accordo alle proprie convinzioni. Per questo abheda significa che la sola causa ha una realt ontologica effettiva, mentre leffetto solo qualcosa di sovrapposto sulla causa. Il supremo brahman la sola realt, mentre luniverso unillusoria trasformazione (vivarta). Di contro, Rmnuja sostiene che leffetto sia uneffettiva modificazione (parima) della causa, cosicch brahman, considerato insieme sia alle sue componenti inerti (acit) sia a quelle coscienti (cit) nella loro condizione sottile, la causa che talvolta si trasforma nelleffetto. Ancora questeffetto non altro che lo stesso brahman, dotato delle parti cit e acit, questa volta per nella loro condizione grossolana. Nimbrka, invece, spiega il termine anayatva del stra come na atyantabhinnatva, assenza di assoluta differenza e, in accordo alla dottrina del Dvaitdvaita, cerca di provare che leffetto tanto differente quanto identico alla causa. Vallabha, infine, senza mai riferirsi a my, considera la non-differenza tra krya e kraa (GHATE, 1981 [1926]: 73). Il passaggio da cui tutti gli crya producono le loro ottiche quello di ChU VI.1.4: vcrabhaa vikro nmadheya mttikety eva satyam, La modificazione, che ha come origine la parola, [solo] un nome, largilla di certo verit. Qui tutto dipende dallinterpretazione del composto vcrabhaam.
Vedi la nota n. 52 di questo stesso capitolo, a pagina 507. Il stra in questione : tadananyatvam rabhaaabddibhya, Non c distinzione di Quello [= del brahman dalleffetto, il mondo], per via delle parole [espresse nella ruti] rispetto allorigine.
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introduce cos il suo lungo commento allaforisma:


abhyupagamya cema vyvahrika bhoktbhogyalakaa vibhga syl lokavad iti parihro bhihita, na tv aya vibhga paramrthato sti, yasmt tayo kryakraayor ananyatvam avagamyate. kryam kdika bahuprapaca jagat, kraa para brahma, tasmt krat paramrthato nanyatva vyatirekebhva kryasyvagamyate. kuta? rabhaaabddibhya. rabhaaabdas tvad ekavijnena sarvavijna pratijya dntpekym ucyate yath somyaikena mtpiena sarva mnmaya vijta syd vcarbhaa vikro nmadheya mttikety eva satyam [ChU VI.1.4] iti. etad ukta bhavati ekena mtpiena paramrthato mdtman vijtena sarva mnmaya ghaaarvodacandika mdtmakatvvied vijta bhavet. yato vcrabhaa vikro nmadheyam vcaiva kevalam astty rabhyate vikro ghaa arva udacana ceti. na tu vastuvttena vikro nma kacid asti. nmadheyamtra hy etad anta mttikety eva satyam iti. ea brahmao dnta mnta Avendo accettato questa distinzione empirica caratterizzata da fruitore e cosa fruita, esso sia come accade nel mondo [= nellesperienza comune].23 Questa soluzione stata proposta, per quella distinzione non assolutamente reale, poich si comprende la non differenza tra la causa e leffetto.24 Leffetto luniverso caratterizzato dal grande sviluppo delletere e degli altri elementi, la causa il supremo brahman. In verit, si comprende la non differenza delleffetto da quella causa, [vale a dire che leffetto] non ha esistenza separatamente dalla causa. [Domanda:] Come? [Risposta:] In virt delle parole [espresse nella ruti] rispetto allorigine. La parola origine (rabhaa) dunque si usa nei confronti di un esempio che essendo stato posto a proposizione iniziale [del passaggio secondo il quale] attraverso la conoscenza di uno si ha la conoscenza di tutto: Al modo in cui, o caro, da ununica zolla dargilla tutto ci che fatto dargilla conosciuto, la modificazione, che ha come origine la parola, [solo] un nome, largilla di certo verit. Questo stato affermato: da ununica zolla di argilla, da ci che conosciuto in verit definitivamente come argilla si conosce tutto ci che forgiato dallargilla come i vasi, piatti, giare e quantaltro, poich il loro essere prodotti
23 Qui ci si riferisce allultima parte del stra precedente (II.1.13): bhoktrpatter avibhga cet syl lokavat. Ivi un obbiettore afferma che se il brahman considerato lupdnakraa delluniverso ed pure lelemento cosciente, allora non ci pu essere distinzione tra fruitore e oggetto fruito. Il siddhntin risponde che come nella vita di tutti i giorni i vasi, i piatti e tutto ci che fatto dallargilla invero non distinto da essa, tuttavia ne anche differente, cos il fruitore, pur non essendo differente dalla causa, rimane pure una distinzione reciproca con tutto ci che un oggetto di fruizione. 24 Secondo Svm Satynanda Sarasvat ([ED.], 2005: 362-363) la spiegazione dellaforisma precedente stata fornita assumendo il punto di vista del parimavda, mentre ora ritorna nellalveo che gli proprio, ossia il vivartavda. Per chiunque vedesse una contraddizione in ci, come propone G: parimavdam avalabyptato virodha samdhya vivartavdam ritya paramasamdhnam ha , vi una stanza del Sakepa rraka (II.61) che risponde al quesito: vivartavdasya ca hi prvabhmir vedntavde parimavda/ vyavasthite smin parimavde svaya samyti vivartavda//, Nella dottrina del Vednta la teoria della trasformazione effettiva retroterra della teoria della trasformazione illusoria. Quando questa teoria della trasformazione effettiva organizzata, spontaneamente arriva la teoria della trasformazione illusoria.

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da argilla non fa differenza. Pertanto la modificazione, che ha come origine la parola, [solo] un nome, solamente dalla parola ha esistenza, trae origine la modificazione, sia essa un vaso, un piatto o una giara. Certamente, non esiste alcuna modificazione come [effettivamente] presente nella sostanza, difatti solo un appellativo, che falso; largilla, ecco solo questa verit. Questo lesempio del brahman presentato nelle scritture

Procedendo con la trattazione, si trova a dover affrontare e confutare molte posizioni, obbiezioni e dubbi che gli si parano dinnanzi. Senza abbandonare mai il solco delle proprie convinzioni continua a difendere lAdvaita, affermando pi e pi volte quella che per lui la verit del mondo fenomenico: mithyjnavijbhita ca nntvam , e la molteplicit scaturita da una conoscenza fallace Tra le altre egli porta vari passi della ruti a sostegno delle proprie tesi, sia per affermare che ogni cosa in questo universo non che il S, la causa prima: etadtmyam ida sarva tat satya sa tm tat tvam asi,25 [Esso] lessenza di questo, tutto ci, quello verit, quello il S, tu sei quello (ChU VI.8.7), ida sarva yad ayam tm, Tutto ci questo S (BU II.4.6), brahmaiveda sarvam, Tutto questo invero il brahman (MuU II.2.11), tmaiveda sarvam, Tutto questo invero il S (ChU VII.25.2), sia per affermare che in questuniverso non c nulla allinfuori del S, non vi molteplicit alcuna: neha nnsti kicana, Qui non vi alcuna molteplicit (BU IV.4.19), yatra tv asya sarvam tmaivbht tat kena ka payet, mentre laddove per costui ogni cosa divenuta il S, [chi] mediante cosa e che cosa potrebbe vedere? ... (BU IV.5.15). Credere che la molteplicit sia reale porta a perdersi di morte in morte, indefinitamente: mtyo sa mtyum pnoti ya iha nneva payati, Va da morte in morte, colui che ivi vede come vi fosse una molteplicit (BU IV.4.19). Solo la conoscenza dellunit di brahman conduce alla liberazione, mentre la conoscenza della molteplicit conduce alla morte. Tuttavia, ha in mente un avversario Bhedbhedavdin, come i Skhya per esempio, che ripropone spesso le proprie convinzioni. In verit le scritture, continua , affermano che gli effetti sono irreali e non sono differenti dalla causa, il brahman. impossibile che unit e molteplicit, differenza e non differenza coesistano in un piano assoluto. Lobbiettore, poi, propone una serie di domande a , mediante le quali egli penetra sempre pi in profondit nelle dottrine dellAdvaita, spiegandone dei punti altrimenti facilmente travisabili. Il prvapakin obbietta che se quanto afferma fosse vero, cio lunica
Una trattazione in cui i tre stati di coscienza sono introdotti al fine di esaminare il significato del termine tu (tvam) nel mahvkya tat tvam asi intrapresa da Sarvajtman nel Sa (III.116-119), passaggi che corrispondono al BSB II.1.14 (SARASVAT, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 932-935).
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vera realt sia lunita assoluta (ekatvaikant), allora la comune organizzazione dei mezzi di conoscenza andrebbe a decadere (laukikni pramni vyhanyeran), perch essi non avrebbero alcun oggetto da cogliere (nirviayatva), quando invece il loro unico scopo fornire conoscenza mediante la cognizione di oggetti.26 Non solo questo, ma anche le scritture, sia quelle ingiuntive (vidhistra), sia quelle proibitive (pratiedhastra) patirebbero la stessa fine, in quanto la loro applicazione e validit richiede lesistenza di oggetti distinti (bhedpektvt), che per gli Advaitin stanno negando con forza. Se questo si dice per i succitati stra, allora lo stesso vale anche per le scritture che insegnano la via per giungere alla liberazione (mokastra), poich risulta contraddetta (vyghta) la pur necessaria distinzione (bhedpektvt) tra discepolo (iya) e maestro (sit), in quanto tacciata di mendacit. Se dunque tutto ci vero, anche la liberazione non ha senso e allora che scopo avrebbe il Vednta?27 Lanciata questarma lobbiettore attende la risposta di (POTTER, 1981 [1998]: 147-148). In definitiva la grande domanda del prvapakin si riduce a chiedere se anche il mokastra, grazie al quale si arriva alla liberazione, unillusione, allora com possibile attingere una conoscenza vera e ultima come quella di brahman, mediante qualcosa di irreale (atttvika, anta):
atrocyate naia doa, sarvavyavahrm eva prg brahmtmatvijnt satyatvopapatte.28 svapnavyavahrasyeva prg bodht. yvad hi na satytmaikatvapratipattis tvat pramaprameyaphalalakaeu vikrev antatvabuddhir na kasyacid utpadyate. vikrn eva tv aha mamety avidyaytmtmyena bhvena sarvo jantu pratipadyate svbhvik brahmtmat hitv. tasmt prg brahmtmatpratibodhd upapanna sarvo laukiko vaidika ca vyavahra. yath suptasya prktasya janasya svapna uccvacn bhvn payato nicitam eva pratyakbhimata vijna bhavati prk prabodht, na ca pratyakbhsbhipryas tatkle bhavati, tadvat. katha tv

Questo come esprime le obbiezioni sopra riportate: nanv ekatveikntbhyupagame nntvbhvt pratyakdni laukikni pramni vyhanyeran nirviayatvt, sthvdiv iva purudijnni 27 continua: tath vidhipratiedhastram api bhedpekatvt tadabhve vyhanyeta, mokastrasypi iyasitrdibhedpekatvt tadabhve vyghta syt. katha cntena mokastrea pratipditasytmaikatvasya satyatvam upapadyeteti? 28 Questo passaggio ricorda il VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 40-41) che, con altre parole, risponde allo stesso quesito, mentre fuga dei dubbi sorti a proposito della definizione di pram cara agli Advaitin: nanu siddhnte ghader mithytvena bdhitatvt tajjna katha pramam? ucyate brahmasktkrnantara hi ghadn bdha yatra tv asya sarvam tmaivbht tat kena ka payet iti rute. na tu sasraday bdha yatra hi dvaitam iva bhavati tad itara itara payati iti rute ..., [Obbiezione:] Per nella [vostra = degli Advaitin] dottrina, per via della falsit dei vasi e degli altri oggetti essi sono contraddetti, quindi come pu essere la loro conoscenza una valida conoscenza? [Risposta:] Si risponde che solo dopo la realizzazione del brahman si ha la contraddizione dei vasi e degli altri [enti], come [affermato] dalla ruti: ma laddove per costui ogni cosa divenuta il S, allora [chi] mediante cosa e che cosa potrebbe vedere?...; non di certo la [loro] contraddizione si ha durante il permanere del divenire: Laddove come se ci fosse dualit, l allora uno vede laltro, cos [dice un passaggio] della ruti Una sola questione da sottolineare che qui, nellobbiezione, il termine prama sinonimo di pram, poich la derivazione dal suffisso lyu nel significato proprio della radice (bhve), che poi si trasforma in ana. In seguito, Dharmarja cita anche il verso di Sundara Pya di cui abbiamo parlato nella nota 2 del capitolo IV.II (si veda la nota 109 del capitolo 3).
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asatyena vedntavkyena satyasya brahmtmatvasya pratipattir upapadyeta. na hi rajjusarpea dao mriyate. npi mgatikbhas pnvaghandiprayojana kriyata iti. naia doa. akvidinimittamaradikryopalabdhe. svapnadaranvasthasya ca sarpadaanodakasnndikryadarant. tatkryam apy antam eveti ced bryt. tatra brma yady api svapnadaranvasthasya sarpadaanodakasnndikryam anta tathpi tadavagati satyam eva phala, pratibuddhasypy abdhyamnatvt, na hi svapnt utthita svapnada sarpadaanodakasnndikrya mithyeti manyamnas tadavagatim api mithyeti manyate kacit. etena svapnado vagatyabdhanena dehamtrtmavdo dito veditavya. tath ca ruti yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane [ChU VI.2.9] ity asatyena svapnadaranena satyy samddhe pratipatti darayati. tath pratyakadaraneu keucid arieu jteu na ciram iva jviyatti vidyt ity uktv atha svapne purua ka kadanta payati sa ena hanti ityadin tena tensatyenaiva svapnadaranena satya maraa scyata iti darayati. prasiddha ceda loke nvayavyatirekakualnm dena svapnadaranena sdhvgama scyata densdhvgama iti A questo proposito si risponde che questo non un difetto, poich, prima della conoscenza del S come brahman, logicamente plausibile la verit di tutti i comportamenti comuni, come accade prima del risveglio per la comune attivit di sogno. Infatti, finch non si ha la comprensione dellunit del vero S, fino ad allora non possibile per alcuno cogliere la falsit relative alle modificazioni caratterizzate dai mezzi di conoscenza, gli oggetti di conoscenza e risultati [del processo di conoscenza]. Ogni creatura, avendo abbandonato la naturale identit del suo S col brahman per via dellignoranza, ottiene solo le modificazioni quali io e mio come fossero il S o qualcosa concernente il S. Pertanto, prima del risveglio allidentit del S come brahman, plausibile ogni genere di comportamento empirico, sia secolare sia vedico. Al modo in cui una persona ignorante che addormentatasi vede in sogno enti di gradi alti e bassi e, prima del risveglio, ha di certo una sicura conoscenza [di essi], che [egli] ritiene una percezione diretta, in quel momento non ha idea che quella sia solo unillusione di percezione diretta. Lo stesso vale anche qui.29 [Obbiezione:] Ma com possibile sostenere allora che attraverso una frase falsa30 delle Upaniad ci possa essere la comprensione della verit che lidentit del S col brahman. Non muore, difatti, colui che stato morso da un serpente [sovrapposto] a una fune e nemmeno con lacqua di un miraggio si soddisfa lazione di bere o lavarsi, o quantaltro. [Risposta:] Questo non un difetto, poich si sa di [possibili] risultati come la morte e altri causati solo dal dubbio del veleno,31 inoltre per qualcuno che sta nella

La conclusione Lo stesso vale anche qui significa che anche la percezione di veglia, prima della realizzazione del S, ritenuta reale (SARASVAT, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 122). 30 Naturalmente la frase upaniadica di cui si parla uno dei quattro mahvkya. 31 Riportiamo, senza giudizi n interpretazioni una credenza comune in India, che, a quanto pare esiste da tempi molto remoti, secondo la quale un uomo pu morire anche per il forte dubbio, o meglio lidea, anche se infondata, di essere stato morso da un serpente. Vale per anche il contrario, chiunque sia stato morso da un serpente e non se ne
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condizione della visione di un sogno si pu constatare leffetto di un morso di serpente, del lavarsi con lacqua o quantaltro. Qualora si obbiettasse che anche il suo effetto fasullo, a questo proposito rispondiamo che sebbene leffetto di un morso di serpente, del lavarsi con lacqua o quantaltro di qualcuno che sta nella condizione della visione di un sogno sia falso, tuttavia il frutto, cio la conoscenza di ci pur vera, poich non contraddetta nemmeno per chi si risvegliato. Infatti, chi si risvegliato da un sogno pur considerando falso leffetto di un morso di serpente, del lavarsi con lacqua o quantaltro sia stato visto durante il sogno, nessuno di certo considera falsa la conoscenza [che rimane] di ci. Per via della non contraddizione della conoscenza del sognatore, deve essere considerata scartata la teoria di quanti considerano il S il solo corpo. A questo proposito vi [un passaggio] della ruti: Quando qualcuno vede nei sogni una donna, durante i riti per ottenere [la soddisfazione di] un desiderio, allora riconosca in ci il successo, in quella visione di sogno ..., che mostra, attraverso una falsa visione onirica, lottenimento di un successo veritiero; allo stesso modo anche quando sorgono le visioni dirette di alcuni segni di malaugurio si sappia che non vivr a lungo e dopo aver detto cos In seguito egli vede in sogno un uomo nero, con denti neri, questo lo uccide , mediante questo e qualche altra simile falsa visione onirica annunciata la morte vera, questo mostra [la ruti]. Nel mondo nota anche questa cosa cio che per coloro che sono abili nellinterpretazione positiva o negativa attraverso un certo tipo di visione onirica si annuncia larrivo di una cosa propizia, mentre da un certo altro larrivo di una cosa infausta

poi conclude il suo discorso dicendo che lo stesso vale per la nozione convenzionale delle lettere dissimulate in particolari segni e linee tracciate su dei fogli, grazie alle quali si riesce ad avere la cognizione della presenza reale di lettere rappresentanti dei suoni. Infine, il Vednta, ossia le Upaniad, devono essere considerate il mezzo di conoscenza definitivo (antya) allo scopo di conoscere la vera natura di tman, conoscenza oltre la quale nulla desiderabile (nta para kicid kkyam), poich la conoscenza scaturita dai mahvkya quali tat tvam asi, Tu sei Quello (ChU VI.8.7) e aha brahmsmi, Io sono brahman (BU I.4.10) ha come oggetto lunit del S universale (sarvtmaikatvaviatatvvagate). Se effettivamente esistesse qualcosa di differente dal S (sati hy anyasmin avaiyame rtha kk syt ), allora sarebbe anche possibile postulare il desiderio di conoscere quellaltro ente, per oltre al S non vi alcun ente che permanga come risultato ultimo di ogni negazione, ossia il negatore stesso, poich solo il S esiste e quello solo pu essere oggetto di una vera istanza di conoscenza. Oltre a ci, numerosi passaggi scritturali
renda conto pu comunque vivere normalmente. Nei nostri viaggi di ricerca abbiamo udito da pi di una persona racconti di entrambe le possibilit.

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mostrano anche la via per realizzare questo tipo di comprensione (avagati), come laudizione (ravaa) degli insegnamenti del Veda (vednuvacana). Non si pu neppure sostenere che questa conoscenza sia insensata (anarthik) o erronea (bhrnti) perch si constata che il suo frutto lo sradicamento dellignoranza (avidynivttiphaladarant) e che non esiste unulteriore conoscenza capace di contraddirla (bdhakajnntarbhvt). Per si ripete che gi allinizio aveva detto che ogni genere di comportamento, risultato di una commistione di falsit e verit (satyntavyavahra), vedico o secolare che sia, prima della realizzazione dellidentit del S non assolutamente contraddetto (avyhata). Per questo quando mediante il sommo mezzo di conoscenza che il Veda, albeggia la conoscenza dellidentit vera del S, solo allora tutte le trascorse attivit di ordine empirico, fondate sulla nozione di differenza, sono contraddette e conseguentemente vengono a cadere. Finalmente non c spazio per la falsa immaginazione che vede il brahman come fosse di natura molteplice.32 Nel passo presentato in traduzione troviamo una visione nuova, o se dir si voglia, una prospettiva che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, in tutte le opere di si evidenzia solo qui, ma che tratto imperante dellatteggiamento conoscitivo dellAdvaita, tanto akariano, quanto successivo. Ci riferiamo al punto di vista secondo il quale il sogno in s, con le sue visioni oniriche presentanti miriadi di oggetti mentali e immaginari, fenomeno del tutto illusorio. Daltro canto per abbiamo la conoscenza che da quel sogno, da quelle immagini oniriche si tratta, quello che il frutto effettivamente vero del sogno, perch persiste anche quando il sognatore non pi tale e si risvegliato. Questo stesso punto di vista, lunicit, la non differenza e la costante persistenza della conoscenza attraverso tutte le condizioni, che non altri che il S, sar ben espressa in seguito da Vidyraya allinizio della sua Pacadai (PD I.3-7):
abdaspardayo vedy vaicitryj jgare pthak/33 tato vivikt tatsavid aikarpyn na bhidyate// 3 //34

La conclusione di questa parte di riflessione di , che qui sopra abbiamo parafrasato, la seguente: tasmd antyena pramena pratipdita tmaikatve samstasya prcnasya bhedavyavahrasya bdhitatvn nnektmakabrahmakalpanvako sti 33 In un breve passo del suo commento al BS (ad II.1.23), continuando la stessa discussione dellrabhahikaraa rispetto alla natura esclusivamente verbale delle modificazioni accorse in una sostanza, che ancora sono paragonate alla variet propria degli enti percepibili in sogno: rute ca prmyt, vikrasya va vcrabhaamtratvt svapnadyabhvavaicitryavac ca ity abhyuccaya ... 34 Secondo il commentatore della PD, Rmaka, ivi lautore mira a stabilire la non differenza, cio lunicit della conoscenza nella veglia. Molte sono i chiarimenti interessanti del commentatore. Innanzitutto, egli fornisce una definizione della veglia, citando da qualche altro testo: indriyair arthopalabdhir jgaritam , La condizione di veglia la percezione degli oggetti mediante i sensi Gli oggetti conoscibili (vedy) di cui si parla sono tali perch sono appunto gli oggetti di cui si ha conoscenza mediante i loro sostegni (taddhratvena), ossia le sostanze delle quali
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tath svapne tra vedya tu na sthira jgare sthiram/ tadbhedo tas tayo savid ekarp na bhidyate// 4 //35 suptotthitasya sauuptatamobodho bhevet smti/ s cvabuddhaviay vabuddha tat tad tama// 5 //36 sa bodho viayd bhinno na bodht svapnabodhavat/ eva sthnatraye py ek savit tadvad dinntare// 6 // msbdayugakalpeu gatgamyev anekadh/ nodeti nstam ety ek savid e svayaprabh// 7 //37

costituiscono le qualit specifiche (kdiguatvena): per esempio delletere il suono, dellaria lessere oggetto del tatto. Tutti questi differiscono luno dallaltro, laddove il termine vaicitrya glossato come vailakaya. Di contro la conoscenza che scaturisce da essi non diparte dalla sua forma unica (savid ity ekkrevabhsamnatvt). Per stabilire tutto ci, il glossatore propone uninferenza duplice, la prima con una modalit propria della concomitanza positiva (anvayin), la seconda presenta una concomitanza negativa (vyatirekin): la conoscenza di cui si sta parlando priva di ogni differenziazione innata, poich senza la sovrapposizione di condizioni avventizie non possibile postulare una differenza, come per il cielo (vivddhysit savit svbhvikabhedany, updhiparmaram antarevibhvyamnatvd, gaganavad); oppure la consapevolezza relativa al suono non differente dalla consapevolezza relativa alloggetto tattile, poich consapevolezza, proprio come la consapevolezza relativa alloggetto tattile (abdasavit sparasavido na bhidyate, savittvt, sparasavidvat). 35 Qui Rmaka interpreta il verso della PD come da una parte unanalogia tra i sogno e la veglia, in quanto in entrambi gli stati vi differenza tra gli oggetti ma non differenza per quanto concerne la loro conoscenza (yath jgare vaicitryd viay bheda, aikarpyt savido bheda ca tath tenaiva prakrea svapne). Continua poi col lo stesso iter adottato per il verso precedente, dando cio la definizione di sogno: karaepasahteu jgaritasaskraja pratyaya svapna , Il sogno quella cognizione nata dalle impressioni latenti quando i sensi si sono ritratti In seguito, il commentatore ipotizza unobbiezione: se i sogni e la veglia hanno un unico aspetto per via della differenziazione tra i loro oggetti e la non differenza tra le consapevolezze di essi, allora come si spiega luso comune che si compie di espressioni in cui sogno e veglia sono separati, da cos causato ci ? ( nanu yadi svapnajgarayor ekkrat viayatatsavidor bhedbhedbhy tarhi svapno jgara iti bhedavyavahra kinimittaka ity akya ) La risposta a ci verrebbe dal verso stesso atra vedya tv iti In questo caso atra indica appunto che in sogno lente oggetto di percezione non stabile, poich il suo corpo sostanziato di sola cognizione, non realmente esistente, anzi coesteso alla durata della percezione onirica: atra svapne vedya paridyamna vastujta na sthira na sthyi, prattimtraarratvt Invece, durante la veglia lente percepito pi stabile, poich ha una capacit di essere percepito in diversi lassi temporali, prima e dopo il sonno, per esempio. Proprio questo determina una differenza tra il sogno e la veglia, la quale responsabile delluso comune e separato delle parole veglia e sogno. 36 Rmaka spiega il composto sauuptatamobodha come: suupiklinasya tamaso jnasya yo bodho jnam asti La conoscenza a cui si fa riferimento la consueta formula: sukham aham asppsa, na kicid avediam Questo tipo di conoscenza un ricordo, non unesperienza diretta (s smtir eva nnibhava), poich tutti i fattori che determinano lesperienza diretta, siano essi il contatto dei sensi con i loro oggetti, oppure la concomitanza invariabile del probans con il probandum, tutti questi non sono presenti ( tatkraasyendriyasanikaravyptiligder abhvd iti bhva ). Il commento continua affermando che il ricordo pu avvenire solo previa precedente esperienza diretta ( y smti snubhavaprviketi vyptir loke deti bhva ), a maggior ragione quel ricordo che si ha una volta ridestati dal sonno profondo pu avvenire solo qualora durante il sonno profondo si abbia avuto una conoscenza diretta, nella fattispecie loggetto di questa cognizione la tenebra, ossia lignoranza. A sostegno di ci vi uninferenza: quella cognizione che si ha una volta svegli per cui si afferma non conobbi nulla, avviene previa una precedente esperienza diretta, poich un ricordo, come il ricordo che si ha quando si risveglia unimpressione latente che ci fa ricordare nostra madre (vimata na kicid avediam iti jnam anubhavaprvakam bhavitum arhati, smtitvt, s me mt iti smtivat ). 37 Il commento alla strofa sei non fa eccezione. Anchesso presenta uninferenza con entrambe le concomitanze invariabili, positiva e negativa (anvayavyatirekin): quella conoscenza, ossia lesperienza diretta dellignoranza che si ha durante il sonno profondo differente dal proprio oggetto, ossia dallignoranza stessa, poich conoscenza, proprio come la conoscenza di un vaso e quantaltro, e non differisce da un altro genere di conoscenza, come pu essere quella onirica (sa bodha sauuptjnanubhavo viayd ajnd bhinna pthag bhavitum arhati, bodhatvt, ghaabodhavat, bodhntarn na bhidyate, bodhatvt, svapnabodhavat ...). Il commento prosegue spiegando che la PD intende dire che come allinterno di una stessa giornata non vi differenziazione della conoscenza in alcuna delle tre condizioni, cos accade anche in lassi di tempo pi estesi, tanto quelli passati quanto quelli futuri, cio la conoscenza

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Il suono, il tatto e quantaltro sono separatamente conoscibili nella veglia per la loro mutua distinzione, anche la loro conoscenza distinta da essi e non diparte dallunicit (3). Ugualmente accade in sogno. Ivi per loggetto conoscibile non stabile, mentre nella veglia stabile, perci la differenza tra essi, mentre la loro conoscenza non differisce dallunicit (4). La conoscenza della tenebra che si ha durante il sonno profondo un ricordo per colui che si destato dal sonno. Quello [= il ricordo] ha come oggetto ci che gi stato percepito, pertanto allora [= in quel momento = durante il sonno profondo] la tenebra [= lignoranza] viene percepita (5). Quella conoscenza differente dalloggetto, ma non dalla conoscenza stessa, come la conoscenza relativa al sogno. Cos la conoscenza una sola in tutti e tre gli stati [= veglia, sogno e sonno profondo] ed tale allinterno di un giorno (6), [non solo ma] in molti modi rimane inalterata nei mesi, negli anni, nelle ere e nei cicli passati e futuri, non sorge e non va al tramonto, questa conoscenza una e auto-luminosa (7).

Unaltra questione interessante che , commentando questi passi (II.1.14),38 parla di due verit (ubhayasatyat), una distinzione, appunto come si era detto nel capitolo 3, rispetto ai tre gradi di realt. Ivi distingue in due categorie, una unimmagine fallace di molteplicit dovuta allignoranza o della falsa conoscenza (mithyjna), mentre laltra lassoluta isolata unit del supremo, la quale altres dipinta per contrasto col termine corretta conoscenza (samyagjna).39 In questo caso non parla n di realt apparente
sempre identica a s stessa. Lultima considerazione rivolta al concetto di auto-luminosit. Un obbiettore chiede: se savit una sola e dunque manca unaltra della stessa specie, allora come fa a essere essa stessa colta? Cio i normali canoni di percettore e percepito vengono a cadere. Di fronte a ci il siddhntin risponde con uninferenza: la conoscenza auto-luminosa, poich pur essendo inconoscibile direttamente presente, al contrario di quanto si pu dire per un vaso ( savit svayaprak, avedyatve sati aparokatvt, vyatireke ghaavat ). Continua il commentatore dicendo che questinferenza non ha difetti concernenti il probans, come potrebbe essere linfondatezza della sua qualificazione (vieasiddho hetu). Ivi vediamo che il probans avedyatve sati aparokatvt che evidentemente diviso in due parti: avedyatve sati e aparokatvt. La parte caratterizzata dal locativo assoluto di sati, considerata la qualificazione (vieaa), mentre laltra parte, quella del hetupacam la parte del qualificato. Quello che vuole dire lobbiettore che la parte della qualificazione, ossia lavedyatva, cio il non essere oggetto di conoscenza non stabilito da alcun mezzo di conoscenza, per cui infondato, perch lavversario, probabilmente un Naiyyika, considera vedyatva, abhideyatva e altri concetti simili come propriet kevalnvayin, ossia sempre presenti, cosa che evidentemente va a cozzare con lavedyatva della conoscenza espressa nellinferenza. Questultimo problema generalmente ovviato facendo ricorso a uninferenza smnyatoda, nella quale non vi necessit che un hetu sia stabilito in ogni istanza, bens basta affermarne una possibilit generale, senza fare riferimento al caso specifico. Il propositore invece afferma che la qualificazione congrua perch se ammettessimo una conoscenza capace di conoscere s stessa (svasavedyatve), allora incorreremmo nel difetto proprio dei Vijnavdin, in cui loggetto conosciuto identico al soggetto conoscitore (kartkarmavirodha). Oltre a ci, se fosse ammessa unulteriore conoscenza a conoscere la prima conoscenza (paravedyatve), dovremmo ammetterne una terza a conoscere la seconda e cos via allinfinito (anavasthnt). Quindi, grazie allauto-luminosit della conoscenza, possibile che essa illumini ogni cosa senza che per questo nulla illumini lei. Prima di Vidyraya, comunque, il concetto espresso in queste pagine era stato trattato da Padmapda nella Pacapdik (PHILLIPS, 1987: 12, e n. 44). 38 scrive: ekatvam evaika pramrthika darayati, mithyjnavijbhita ca nntvam, ubhayasatyaty hi , mostra la sola assoluta unit, la molteplicit estrinsecata dalla conoscenza illusoria, proprio in entrambe le verit 39 BSB II.1.14: samyagjnpanodasya kasyacin mithyjnanasya sasrakraatvennabhyupagamt

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(prtibhsika), n di realt empirica (vyvahrika), asserendo che in sogno qualsiasi cosa percepisce il sognatore, la recepisce come unesperienza diretta (anubhava), una vera percezione (pratyaka) e non solo unimmagine illusoria di essa (pratyakbhsa).40 Continuando nella trattazione dellavirodhdhyya, menziona spesso il sogno e varie questioni legate a esso commentando laforisma II.3.40,41 il quale forma un adhikaraa a s stante, il takdhikaraa.42 In questo caso cerca di provare che lidea del S come agente (kart) avventizia, non connaturata alla sua essenza ed quindi dovuta alle condizioni limitanti (updhi). Se karttva fosse inerente al S, non sarebbe possibile per esso liberarsi dellessere agente, per cui non sarebbe plausibile nemmeno la liberazione, in quanto lattivit stessa a costituire il legame. A questo il prvapakin ribatte che la liberazione comunque possibile evitando i risultati dellazione, cosa che avviene limitando le cause (nimitta) dazione, proprio come si evita il bruciare del fuoco, sebbene esso sia il suo carattere innato, evitando di animarlo con del combustibile (POTTER, 1981 [1998]: 167-168). Per, ribatte che impossibile liberarsi di esse completamente, perch le cause dellazione, siano esse meriti o demeriti, sono immediatamente connesse allagente, attraverso la connessione delle azioni. Nemmeno si pu affermare che la sola ingiunzione vedica (vidhna) pu condurre alla liberazione, dal momento che qualsiasi cosa sia acquisita con dei mezzi e unazione risulta impermanente (sdhanyattasynityatvt). Poi i testi upaniadici hanno sicuramente inteso una liberazione presentando il S come eterno, puro, consapevole e libero (nityauddhabuddhamukttmapratipdant) e questa descrizione non pu di certo coniugarsi con un naturale kattva, di conseguenza questa propriet si sovrappone al S insieme a tante altre propriet e condizioni avventizie, ma di certo non connaturata a esso (svbhvika). , come suo costume, cita poi un paio di passaggi scritturali per
Il pur sempre accorto Timalsina (2006: 59) scrive di : he negates the existence of the categories of illusory (prtibhsika) and phenomenal appearance (vyvahrika) Sinceramente la negazione, come qui espressa, imputata a sembra un concetto un po troppo forte confrontato con il noto punto di vista akariano. Noi diremmo piuttosto che si tratta di uno dei tanti livelli di prospettiva che propone nei suoi scritti. Certo che egli non avvisa quando passa da un livello inferiore a uno superiore, o viceversa, il lettore che deve essere in grado di cogliere il cambio del punto di vista. 41 Questo il stra: yath ca takobhayath, E come il falegname in entrambe [le condizioni]. Il significato che come nel mondo della quotidianit il falegname o il carpentiere, relazionandosi e usando i suoi attrezzi del mestiere costretto ad agire e ci gli procura pene e fatica, mentre quando li posa rimane non agente e felice. Allo stesso modo quando il S si pone in relazione fittizia con i vari strumenti, ossia le facolt sensoriali e psichiche, allora sopraffatto dal dolore intrinseco al divenire, quando invece rimanga privo di ogni legame con quelli stessi diviene non agente e pertanto assolutamente isolato. 42 Secondo Madhva questo non di per s un adhikaraa isolato, bens gli aforismi II.3.33-42 tutti insieme formano il karttvdhikaraa, in cui si tenta di stabilire che il jvtman realmente un agente. Rmnuja, invece legge due differenti adhikaraa: il primo, il kart-adhikaraa II.3.33-39 e il secondo il paryattdhikaraa II.3.40-41 (SHARMA, B. N. K., 1986 [1974], VOL. 2: 244-368). Per certi versi la non lettura come sezione a s stante del takdhikaraa pu essere sostenibile, perch le parole yath, che indica una comparazione e la congiunzione ca, richiamano qualcosa che si detto in precedenza e direttamente correlato con laforisma II.3.40, che risulterebbe unillustrazione di quanto stato stabilito nei passaggi precedenti.
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evidenziare che tanto kattva quanto bhokttva sono legate al S solo per via degli updhi: dhyyatva lelyatva , come se pensasse, come se agisse (BU IV.3.7), tmendriyamanoyukta bhoktety hur maniia, I saggi lo definiscono fruitore quando unito al corpo,43 ai sensi, alla mente (KaU III.4/ I.3.4). In verit, prosegue lcrya commentatore, per quanti sono capaci di discriminazione (vivekin) non esiste (na hi vidyate) alcun jva che sia realmente distinto dal supremo (parasmd anyo jvo nma), che sia agente o fruitore (kart bhokt v), come afferma la BU (IV.3.23): nnyo to sti dra , non vi altro veggente allinfuori di quello Ancora, per, lobbiettore ha un dubbio: ma cos si rischia di considerare il supremo come trasmigrante, agente e fruitore ( para eva tarhi sasr kart bhokt ca prasajyeta ), perch allora non considerare il jva altro dal supremo ( parasmd anya cet )? Ovviamente rifiuta questo dubbio e scrive:
na, avidypratyupasthpitatvt karttvabhokttvayo. tath ca stram yatra hi dvaitam iva bhavati tad itara itara payati [BU II.4.14] ity avidyvasthy karttvabhokttve darayitv vidyvasthy te eva karttvabhokttve nivrayati yatra tv asya sarvam tmaivbht tat kena ka payet [BU II.4.14] iti. tath svapnajgaritayor tmana updhisaparkakta rama yenasyevke viparipatata rvayitv tadabhva suuptau prjentman saparivaktasya rvayati tad v asyaitad ptakmam tmakmam akma rpa okntaram [BU IV.3.21] ity rabhya esya param gatir esya param sapad eo sya paramo loka eo sya parama nanda [BU IV.3.32] ity upasahrt. tad etad hcrya yath ca takobhayath iti. tvarthe cya ca pahita. naiva mantavya svbhvika evtmana karttvam agner ivauyam iti. yath tu tak loke vsydikaraahasta kart dukh bhavati sa eva svagha prpto vimuktavsydikaraa svastho nirvto nirvypra sukh bhavaty evam avidypratyupasthpitadvaitasapkta tm svapnajgaritvasthayo kart dukh bhavati, sa tac chrampanupattaye svam tmna para brahma praviya vimuktakryakaraasaghto kart sukh bhavati saprasdvasthym nanu sadhye sthne prasupteu karaeu sve arre yathkma parivartate iti vihra upadiyamna kevalasytmana karttvam vahati. tathopdne pi tad e prn vijnena vijnam dya [BU II.1.17] iti karaeu karmakaraavibhakt ryame kevalasytmana karttva gamayata iti. atrocyate na tvat sadhye sthne tyantam tmana karaaviramaam asti. sadh svapno bhtvema lokam atikrmati [BU IV.3.7] iti tatrpi dhsabandharavat. tath ca smaranti indriym uparame mano nuparata yadi/ sevate viayn eva tad vidyt svapnadaranam [MhB XII.276.24] iti. kmdaya ca manaso vttaya [BU I.5.3] iti ruti. t ca svapne dyante. tasmt saman eva svapne viharati. vihro pi ca tatratyo vsanmaya eva na tu pramrthiko sti. tath ca rutir ivkrnubaddham eva svapnavypra varayati uteva strbhi saha modamno jakad utevpi bhayni payan [BU IV.3.13] iti. laukik api tathaiva svapna kathayanti rukam iva

Sappiamo che il termine tman pu essere inteso come principio spirituale, il S di ogni essere, ma anche come complesso psichico e aggregato fisico. Qui inteso in questultima accezione.
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girigam

adrkam

iva

vanarjim

iti.

tathopddne

pi

yady

api

karaeu

karmakaraavibhaktinirdeas tathpi tatsapktasyaivtmana karttvam draavyam. kevale karttvsabhavasya daritatvt. bhavati ca loke nekaprakr vivak yodh yudhyante yodhai rj yudhyata iti. api csminn updne karaavyproparamamtra vivakyate na svtantrya kasyacid abuddhiprvakasypi svpe karaavyproparamasya datvt. yas tv aya vyapadeo darita vijna yaja tanute [TaiU II.5..1] iti, sa buddher eva karttva prpayati. vijnaabdasya tatra prasiddhatvt. manonantara phc ca ... Non cos, poich le propriet di essere agente e di essere fruitore sono presentate per via dellignoranza. Allo stesso modo [asserisce] anche la scrittura: Laddove infatti come se ci fosse dualit, ivi qualcuno vede laltro , dopo aver cos mostrato le propriet di essere agente e di essere fruitore nella condizione dignoranza, nella condizione di conoscenza [la ruti] nega queste due propriet di essere agente e di essere fruitore: mentre laddove per costui ogni cosa divenuta il S, [chi] mediante cosa e che cosa potrebbe vedere? ...44 Ugualmente [la ruti], dopo aver affermato della fatica del S nella condizione di sogno e di veglia prodotta dal contatto con le sovrapposizioni limitanti che come la fatica di un falco che in cielo si getta in picchiata, narra anche lassenza di essa [= della fatica] nella condizione di sonno profondo per colui che si completamente unito col S onnisciente, iniziando in questo modo: Certamente questo quellaspetto di lui in cui il desiderio soddisfatto, il cui desiderio il [solo] S, privo di desiderio, altro dalle sofferenze , fino poi alla conclusione: tale la sua meta suprema, questa la sua suprema ricchezza, questo il suo mondo supremo, questa la sua suprema beatitudine. Allora lcrya [Bdaryaa] ha detto: E come il falegname in entrambe [le condizioni].; e questa [congiunzione] ca [lett.: e, inoltre, anche] letta nel significato nel significato di tu [lett.: ma, bens, per, mentre, invece]. Non bisogna di certo considerare connaturata al S questa caratteristica di essere agente, come lo il calore per il fuoco. Invece, come nel mondo un falegname che ha in mano attrezzi come la scure o altri, [quando] agisce infelice; poi quando ritorna a casa propria, liberatosi dagli attrezzi come la scure e gli altri, torna in s [= nel suo proprio ambiente] e senza alcuna attivit felice, allo stesso modo il S commisto alla dualit presentata dallignoranza, infelice perch agente nelle condizioni di sogno e di veglia. Egli stesso, per allontanare la stanchezza derivata da ci, penetrando nel suo S, [vale a dire] nel supremo brahman, liberatosi del complesso psico-fisico, nella condizione di gioiosa serenit [= nel sonno profondo]non agendo felice. Similmente, anche nella condizione della liberazione il S, dopo aver completamente dipanato la tenebra dellignoranza mediante il lume della conoscenza, e

44 Si confronti con BSB IV.3.13-14, soprattutto il IV.3.14 ribadisce che il realizzato agisce nel mondo come un sognatore agisce nel mondo del sogno prk prabodht svapnavyavahravat tadupapatte. stra ca yatra hi dvaitam iva bhavati tad itara itara payati [BU II.4.14, IV.5.15] itydin prabuddhaviaye pratyakdivyavahram uktv puna prabuddhaviaye yatra tv asya sarvam tmaivbht kena ka payeta (ibid.) itydin tadbhva darayati

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diventato assoluto [lett.: solo, isolato, uno] felice 45 [Obbiezione:] Per nel luogo di congiunzione [= nella condizione di sogno], quando i sensi sono completamente assopiti egli [= lanima individuale] saggira nel proprio corpo a suo piacimento; siffatto vagare, che stato insegnato, avvalla il fatto che lunico S sia lagente. Lo stesso vale anche per quanto riguarda lassorbimento: quello, mediante la consapevolezza avendo ritirato [= avendo assorbito] la coscienza di queste facolt vitali (pra) , quando in riferimento alle facolt si ritrovano menzionati i casi dellaccusativo (karma [= vijnam]) e dello strumentale (karaa [= vijnena]), si evince che lunico S sia dotato della propriet di essere agente. [Risposta:] A questo proposito si risponde che nella condizione di connessione [= nello stato di sogno] non si verifica un totale distacco delle facolt sensoriali dal S: [Egli] essendo divenuto insieme allintelletto, il sogno [stesso], trascende questo mondo , per cui anche in quel caso vi il passaggio della ruti concernente la relazione con lintelletto. Ugualmente, anche i testi della smti scrivono: Quando i sensi di ritirano se una mente non ritratta fruisce solo degli oggetti, si conosca ci come una visione onirica.;46 o ancora la ruti: il desiderio e altre simili [pulsioni] sono fluttuazioni della mente , ed esse si riscontrano anche in sogno. Per tale ragione egli [= lanima individuale] vaga in sogno insieme alla mente (saman), ma anche lerrare in quel luogo non reale ma costituito dimpressioni latenti. Cos anche la ruti descrive lattivit onirica associandola allavverbio come se (iva): o come se stesse godendosela con donne, oppure come stesse ridendo47 o ancora come stesse osservando cose paurose. Anche i profani raccontano del sogno in quel modo: Fu come se fossi salito sulla vetta di un monte, fu come se avessi visto una serie di foreste E anche in riferimento allassorbimento, sebbene la menzione dellaccusativo e dello strumentale sia stata concernente le facolt sensoriali, tuttavia lessere agente deve essere inteso solamente per quel S [individuale] compenetrato in esse [= alle facolt sensoriali], poich nel [S] assoluto

Si veda la nota n. 5 del capitolo IV.I. Saltiamo alcune parti non direttamente connesse con la nostra trattazione, che comunque ampliano lesempio del falegname, il quale, chiarisce , come ogni esempio deve essere preso solo in una sua sezione e spiega anche quale sia essa: takadnta caitavatena draavya Egli infatti agente solo rispetto alle proprie mansioni specifiche di falegname per luso degli attrezzi, ma il suo corpo (svaarrea tu) di per s non agente (akart); allo stesso modo il S in tutte le attivit agente solo rispetto ai suoi strumenti, ossia la mente e i sensi, non di per S. Per il resto lesempio (dnta), cio il falegname e la cosa esemplificata (drnta/drntika), ossia il S sono distinti: il S non ha parti costitutive o membra (avayava) come il falegname, il quale mediante le mani pu prendere la scure o lasciarla. Il S non pu n prendere n lasciare la mente e i sensi. B. N. K. Sharma (1986 [1974], VOL. 2: 257) scrive che ha torto nel considerare il corpo del falegname non agente, perch esso si muove tanto quanto gli utensili, infatti non possibile che questi si mettano in moto senza lazione del corpo. Certo che fa un esempio un tantino ingenuo e non degno della sua consueta precisione, per Sharma molto tendenzioso nella critica. Ossia evidente che intende dire che il taglio e quantaltro, ossia lazione vera e propria dellattrezzo svolta solo dallattrezzo e nullaltro, certamente non il corpo del falegname a dividere, tagliare, cesellare o quantaltro. 46 Si veda la nota n. 3 del capitolo IV.I. 47 Tutte le traduzioni consultate interpretano il participio presente attivo jakat come ridendo, dalla radice jak, che non sarebbe altri che la radice has raddoppiata, che significa ridere. Il curatore non precisato della pur corretta akarcryagrathval pubblicata ora in tre volumi per i tipi di Motilal Banarsidass, glossa il participio con bhujna, mangiando. Allorigine di questa sua differente lettura vi il fatto che esiste unaltra radice jak, di seconda classe, che significa mangiare, consumare, ma anche avere il desiderio di mangiare, questa per sarebbe da derivarsi dal raddoppiamento della radice ghas. Si veda anche il capitolo IV.I a p. 369.
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gi stata mostrata limpossibilit di essere agente. [Inoltre,] nel mondo si adoperano vari tipi di volont espressiva: I guerrieri combattono oppure Il re combatte tramite i guerrieri. Anche in questo caso, riguardo allassorbimento si intende esprimere la sola interruzione nellattivit dei sensi, non lindipendenza di qualcuno [di essi], poich nel sonno [= nel sogno] si constata la cessazione dellattivit sensoriale anche senza una previa consapevole decisione.48 Quel certo uso linguistico che stato mostrato: Lintelletto [= colui che possiede lintelletto = il jva] accresce il sacrificio fa intendere lessere agente dellintelletto, poich l ben noto [il senso] della parola intelletto (vijna) e perch lo si legge dopo la mente

Oltre agli oramai consueti paragoni con la veglia e il rimarcare la differenza tra il sonno profondo da una parte e il sogno e la veglia dallaltra, continua ritornando sul fatto che il sogno e la veglia sono simili perch entrambi caratterizzati da attivit convulsa che rende lanima individuale preda di dolori e piaceri, causandone le sofferenze. A porre rimedio a questa faticosa peregrinazione ci pensa ancora il sonno profondo. In entrambe le condizioni il S, per via dellignoranza e dei suoi effetti, pare essere agente. Attraverso una massima ben nota riconosciamo poi quale sia latteggiamento tipico degli indiani verso lazione, ossia che essa costa fatica: kaa karma.49 Per certi versi qui torna appunto una stretta analogia tra sogno e veglia. La convinzione di essere soggetto conoscitore del sogno e la stessa convinzione che si ha nella veglia. Esse sono ambedue illusorie. Questa equazione dellAdvaita torna ancora qui, come in GP, con lanalisi della condizione di sogno. In verit, nessuno ritiene che durante il sogno vi sia una connessione effettiva con un corpo e delle facolt propriamente reali. Tuttavia, nel sogno stesso il S, coperto da una serie di condizioni limitanti, risulta essere anche l un soggetto conoscitore della realt individuale che si trova a esperire in quella circostanza. In effetti, in svapna, il jva crede di parlare, vedere, udire, camminare, pensare, conoscere o quantaltro. Lo stesso processo avviene durante la veglia. Allora, dicono gli Advaitin, il fatto che in svapnvasth e jgtvasth lanima individuale sidentifichi al suo ruolo di soggetto conoscitore della realt che gli si
Nel testo si discutono due frasi yodh yudhyante e yodhai rj yudhyate. Nella prima, i soldati sono espressi come soggetti agenti (kart) dellazione di combattere, per cui li si esprime al nominativo (pratham). Nel secondo esempio i soldati sono espressi con desiderio di evidenziare la loro strumentalit (karaatvavivak) rispetto allazione di combattere, pertanto si presentano con nel caso (vibhakti) strumentale (tty). Nella frase della TaiU (II.5) che il testo cita poco avanti: vijna yaja tanute la parola vijna espressa col desiderio di indicare lessere soggetto agente di unazione (karttvavivak), mentre nel passo della BU IV.3.13 tad e prn vijnena vijnam dya il termine vijna espresso con lintenzione di indicare la sua strumentalit (karaatvavivak) rispetto allazione di ritrarre (dna), per questo si trova allo strumentale. Nel primo dei due esempi vijna indica il jva, perch lazione di estendere o accrescere plausibile non in un S puro e privo di updhi, ma laddove il S sia dotato di condizioni avventizie, nella fattispecie lintelletto (buddhi) espresso con il termine vijna. Solo in questo caso nel S plausibile karttva. Questo quello che intende dire (SARASVAT, SATYNANDA [ED.], 2005: 520). 49 Si tratta di una massima che molti indiani fanno propria e che possibile udire anche tuttoggi dalle labbra di persone senza istruzione.
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para di fronte prova sufficiente a far s che anche nella veglia si consideri il jva sovraccarico di updhi e, di conseguenza, se il sogno illusorio, lo altrettanto la veglia. Entrambe le condizioni, nel momento stesso in cui le si esperiscono, sembrano essere presenti e attive, una sorta di veglia appunto. In questa situazione non certo cosa facile, analizzando ambedue, trovare un segno distintivo al fine di poter esclamare: Questa la condizione di veglia! oppure Questo lo stato di sogno! Come stesso afferma, sembrano pratyaka a tutti gli effetti e non come realmente sono, cio pratyakbhsa. Da tutto ci, lAdvaita giunge a concludere che, siccome molti passi vedici affermano che il S attinge la propria vera natura gi nel sonno profondo, comparando la falsa attribuzione di essere un soggetto conoscitore del S sia nel sogno sia nella veglia, si conclude che questa sovrapposizione illusoria ed meramente un gioco di prestigio dellignoranza (SARASVAT, SATCHIDNDENDRA, 1997 [1989]: 96-97). Alcune cose originali che scrive concernono il fatto che nel sogno non vi sia una totale ritrazione delle facolt, espresse con il termine karaa. Questo termine, oltre che a indicare comunemente i sensi, pu essere usato anche per la mente oppure tutto il complesso psichico (antakaraa). Ivi dice che sebbene i sensi siano sopiti, il S rimane in contatto con lintelletto, perch nella condizione onirica si sperimenta effettivamente un mondo tutto mentale, fatto per lo pi di impressioni latenti. Proprio questa consapevolezza di esperire qualcosa di non reale conduce a parlare del sogno in associazione a qualcosa di proiettato, che solamente appare, senza essere pragmaticamente reale. Questo ci conduce alle riflessioni di nel prossimo nostro oggetto danalisi, il sadhydhikaraa, ove il sogno sar espressamente chiamato da mymtram, ossia una mera illusione.

V.4: I L

SADHYDHIKARAA ALL INTERNO DEL SDHANDHYYA

In questo sadhydhikaraa riscontriamo, non solo per lAdvaita, ma anche per tutti gli altri Vednta, la trattazione pi completa e sistematica della condizione di sogno. , in particolar modo, risulta ancora una volta fedele al main stream dellAdvaita, quando si pone, come spesso abbiamo ripetuto, a commentare il sogno guardandolo da un punto di vista empirico, pur sempre radicato nellassolutezza metafisica. Ivi egli mostra una chiara differenziazione tra le entit oniriche e quelle di veglia, difendendo il suo postulato iniziale dei tre gradi di realt (satttraya). Probabilmente stimolato, o costretto, a seconda di come si desideri leggere la cosa, dai stra stessi a interpretare a tal guisa. Non 505

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dobbiamo dimenticarci che il BS il nyyaprasthna e come tale ha bisogno, per sviluppare ognuno dei temi pi cari alla metafisica, di appoggiarsi nettamente anche allanalisi del mondo fenomenico, come ladhysabhya sapientemente dimostra. In questa sezione Bdaryaa distingue esplicitamente il sogno dalla veglia e, di conseguenza, deve interpretare fedelmente la posizione dei stra (TIMALSINA, 2006: 58).50 Il messaggio centrale di questa sezione che mondo dei nostri sogni non reale, solamente my, perch gli eventi che hanno luogo in sogno non possono accadere realmente nella vita di veglia. Durante i sogni le normali parentesi entro le quali la vita empirica si dispiega sono sconvolte. Le consuete relazioni spaziali, temporali e anche causali subiscono vorticose trasformazioni. Il mondo della veglia di conseguenza pi vero rispetto a quello onirico, sebbene anche il primo sia vero solo in senso relativo: mentre limmagine vista in sogno annientata col risveglio, di contro la sola realizzazione di brahman pu contraddire quello che si vede in veglia. In questa considerazione sta la differenza tra il jva e il genitore delluniverso, vara; mentre il Signore supremo, per sua natura manifesta, ogni cosa del mondo empirico e ugualmente la mantiene e lannichilisce, allo stesso tempo il jva, per via della sua condizione limitata e ignorante, non pu produrre enti empiricamente reali, anche se questa libert di manifestazione gli viene dal sogno, ove crea a suo piacimento ogni genere di oggetti.51 Ciononostante, non nega una possibile componente profetica dei sogni (POTTER, 1998 [1981]: 172).

Il dotto volume di Timalsina Sthaneshwar parte da alcune interessanti considerazioni rispetto a questo argomento. Nei suoi commenti sembra talora mostrare una tendenza alladesione a ci che il Vednta successivo chiamer Disivda. Innanzitutto, il termine appare in nella forma dasa nel commento alla PrU per indicare le entit create attraverso la visione. Per, se avesse inteso davvero la dottrina disi, allora tanto la scuola del Vivaraa tanto quella della Bhmat avrebbero mal interpretato il loro maestro indiscusso. Timalsina (2006: 56-57) offre anche una seconda alternativa, oltre a questa, cio che ha dei modelli differenti in mente e li applica variamente ai differenti contesti. Per comprendere pi a fondo questa seconda ottica necessario esaminare due passaggi dei commenti akariani: ad BU II.1.20, la sentenza conclusiva del dialogo tra Ajtaatru e Blkin e alcune sezioni del commento allrabhadhikaraa (BSB II.1.14-20). 51 precisamente a questo proposito che si consumano tutte le diversit di posizione tra e le altre scuole di Vednta, soprattutto quelle di orizzonte vaiava (MISHRA, 1929: 293-296). Per Rmnuja (PANDURANGI, 1978: 468-469), Madhva (IBID.: 469-470) il jva non in grado d creare nulla, per cui anche la creazione onirica opera della divinit suprema. Anche Nimbrka dello stesso parere mentre Bhskara (IBID.: 467-468; LAYEK, 1990: 48-49), che solitamente grande avversario di e vicino alle posizioni di Nimbrka, per lo pi in accordo con nel commento dei primi 3 aforismi delladhikaraa, ove nel terzo stra aggiunge che, visto che limmagine onirica del tutto illusoria, questo prova che quella creazione possa venire solo dallanima individuale e non dalla divinit suprema. Vallabha (IBID.: 470) commenta come Bhskara i primi 4 aforismi e il quinto sulle orme di Rmnuja (GHATE, 1981 [1926]: 110-112). Si veda pure la lunga trattazione di B. N. K. Sharma (1986 [1978], VOL. 3: 8-19) ove secondo la lettura di Madhva il dotto Sharma divide in 3 adhikaraa distinti quello che per il solo sadhydhikaraa. Il secondo, che corrisponde al solo aforisma III.2.5 chiamato parbhidhyndhikaraa (IBID.: 20-23). Il terzo il dehayogdhikaraa (III.1.6; IBID.: 24-26).
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Entrando nellesame vero e proprio della sezione, nellincipit di questo secondo pda, per prima cosa specifica il suo legame logico (sagati) con il precedente, collegandoli insieme (sabandha):52
atikrnte pde pacgnividym udhtya jvasya sasragatiprabheda prapacita. idn tu tasyaivvasthbheda prapacyate. idam mananti sa yatra prasvapiti [BU IV.3.9] ity upakramya na tatra rath na rathayog na panthno bhavanty atha rathn rathayogn patha sjate [BU IV.3.10] itydi ... Nel capitolo passato, esemplificando la dottrina dei cinque fuochi stata sviluppata la suddivisione delle vie [duscita] dal mondo dellanima individuale. Ora per si sviluppa proprio la suddivisione delle sue condizioni.53 Essi riflettono cominciando da L dove egli

A questo proposito vari glossatori hanno chiosato sulle intenzioni di a questo punto della disamina e come queste considerazioni si colleghino con quanto detto in precedenza sul sogno. Sembra che Anubhtisvarpcrya (AS, XIII sec.), probabilmente uno dei maestri nanda Giri (G, XIII sec.), autore del sub-commento al BSB Prakarthavivaraa (PAV/BSBPAV, p. 845), di fede Vivaraa, intenda la trattazione di questo pda come atta, per colui che oramai ha voltato le spalle al mondo [vedi anche il commento di Citsukha Muni (CS, sec. XIII) Bhyabhvaprakik (BSBBBP, p. 845)], a mondare da ogni agente avventizio i significati dei termini tat e tvam del celebre mahvkya: tat tvam asi (ChU VI.8.7, e ss.). In questo percorso per prima cosa descrive le tre condizioni del jva, per poi provarne la falsit e predicare lassenza di esse nella natura propria de S: puna puna rohvaroharpatvt svsthyavarjite sasre tattvapadrthapariodhanya dvityapdrabha. tatrpi tvamarthasyoddeyatvt prathama tasyvasthvattvavinirmuktatvapratipdanya prayatyata ity artha Il testo risulta in accordo con il commento indipendente al BSB di G, il Nyyaniraya BSBNN (p. 622), che aggiunge gli aforismi precisi in cui il bhya di tratterebbe del padrtha tvam e quali il padrtha tat. Questultimo autore, per, sottolinea che la trattazione del sogno fondamentale al fine di chiarire lauto-luminosit del S: sasrasya puna punar rohvaroharpatvt tasminn asvsthye viraktasya vkyrthajnrtha padrthaodhanya dvityapadrabha. tatrpi tvamarthasyoddeyatvt na sthnato pi [BS III.2.11] ity ata prktana[prk ta]syvasthvinirmuktatvapratipdanya prayatyate. tata c pdasamptes tatpadrtho vivicyate. tatrpi svayajyotivspayartha svapnvasth prathama vyavasthpyata ity artha. Entrambi i testi riportano la medesima frase che notifica il gi avvenuto esame preliminare e la provvisoria approvazione del sogno come falso nellrabhdhikaraa (BSB II.1.14-20), tutto ai fini di equiparare la falsit del sogno a quella della veglia. Ora questultima definitivamente trattata e determinata: rabhdhikarae svapnasya mymayatva siddhavatktya jgradavasthy mymayatva nirpitam. idn tad eva svapnasya mymayatva prakaayitu tadviayavkyam udharati idam iti.tasmin vkye svpn sim adhiktya rathdisargmnnd rathdyabhvmnnc ca saayam ha tatreti., BSBNN (p. 622); mentre il BSBPAV (p. 845): rabhdhikarae ca svapnasya mymtratva siddhavatktya tadavaabhena jgradavasthy mymayatva nyarurpat. idn tu tad eva svapnasya mymtratva nirpayitu tadviayavkyam pahati idam iti. sirutes taducitasmagryabhvc ca saayam ha tatreti. Nota interessante che il BSBNN (p. 622) definisce lapidariamente la falsit in questione, come ci che provvisto solamente di una realt congruente alla cognizione dellente in questione, definizione applicabile a tutti gli oggetti della percezione illusoria come largento sulla madreperla e altri: mymayatva prttikasattmtropetatvam. 53 Nella nota precedente abbiamo presentato due tra i sub-commenti pi importanti al BSB, qui di seguito vediamo come si esprime una glossa tra le pi recenti, ma tenuta in grande considerazione dalla tradizione monastica akariana, soprattutto nel sud dellIndia, ovvero la Brahmatattvaprakik (BTP, p. 181), altrimenti conosciuta come Brahmastravtti, di Sadivendra Sarasvat (SaSa, XVIII sec.). Qui le stesse considerazioni rispetto allutilit di questo adhikaraa nella determinazione dei significati dei termini tat e tvam: ittha gatygatinirpaena karmaphalebhyo viraktasya mahvkyrthajnya tattvapadrthv asmin pde odhyete iti hetuhetumadbhvasagaty dvitya pda. tatra prva gatygaticintay jgradavasth nirpit, tadanantara tvapadrthasya svayajyotivasiddhaye svapnvasth nirpayitum idam ha pdntaratvd avyavahitdhikaraensya na sagatyapek. atra prvapake vyvahrikasvapnvasthto jvasya pthakkarayogt svayajyotivsiddhi, siddhnte tadyogt tatsiddhir iti phalabheda
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completamente assopito , [fino a] l non ci sono n carri, n animali aggiogati ai carri, n vie, allora [egli] crea i carri, gli animali aggiogati ai carri e le vie .

Nel commento ad BS III.2.1, usando lo strumento dellobbiezione (prvapaka), si pone una domanda (PANDURANGI, 1978: 465):
tatra saaya ki prabodha iva svapne pi pramrthik sir hosvid mymayti. tatra tvat pratipadyate sadhye tathyarp sir iti. sadhyam iti svapnasthnam cae, vede prayogadarant sadhya ttya svapnasthnam [BU IV.3.9] iti ... A quel proposito c un dubbio: forse, come durante la veglia, anche nel sogno la manifestazione veritiera, oppure illusoria? Allora, a tal proposito si afferma che la manifestazione nella congiuntura veritiera.54 Dicono che la congiuntura il luogo del sogno, poich nel Veda si riscontra quelluso Il luogo del sogno il terzo, la congiuntura [tra questo e laltro mondo]

A questa domanda che si pone lobbiettore segue un esame critico del siddhntin:
dvayor lokasthnayo prabodhasaprasdasthnayor v sadhau bhavatti sadhyam sta nella congiunzione tra i luoghi dei due mondi, oppure tra le condizioni di veglia e della beata serenit [= sonno profondo], per cui [detto] congiuntura ...55

Lobbiettore (prvapakin) sostiene che la creazione di oggetti in questo stato reale: tasmin sadhye sthne tathyarpaiva sir bhavitum arhati, in questo luogo di congiunzione la creazione , in effetti, degna di essere veritiera. Questi supporta la sua sentenza con un passo dalla BU (IV.3.10):56
Inizia qui il punto di vista dellobbiettore. Il BSBNN (p. 622) approfondisce il perch della denominazione sadhya, come luogo intermedio tra due mondi e due condizioni: aihikmumika ca yadaindriyaka rpdijna tasybhvd anudayc ca svapnasthna tayo sadhyam uktam. sthladaranasya cbhvd vsanmayajnasya tatra bhvt prabodhasaprasdayor v sadhay svapnasthnam iti vivektavyam. La Ratnaprabh (BSBRP p. 623) di Govindnanda (G, XI sec.) interpreta in altro modo la posizione intermedia del sogno: mumro sarvendriyopasahrd etalloknanubhave sati vsanmtrea ima loka smarata karmabald dhdaye manas paralokasphrtirpa svapno bhavati. so ya lokadvayasadhau bhavatti sadhya svapna. tath ca rut tasmin sadhye sthne tihann ete ubhe sthne payatda ca paralokasthna ca iti. aya svapna kdcitka ity arucy nityasvapnasya prabodhasaprasdasadhibhavatvam uktam ... 56 Vari secoli dopo vediamo questa stessa teoria abbracciata da Madhvcrya o nandatrtha. Egli considera gli oggetti onirici come reali anche se ammette che abbiano una differente modalit di presentarsi rispetto a quelli di veglia. Essi non sono illusori come largento sulla madreperla, il serpente sulla fune o i miraggi, bens scaturiscono dalle impressioni latenti accumulatesi nella mente del jva, anche se la loro origine deve essere imputata alla divinit: manogat ca saskrn svecchay paramevara/ pradarayati jvya sa svapna iti gyate, Il supremo Signore, per
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kuta yata pramabht rutir evam ha atha rathn rathayogn patha sjate ityadi [Siddhntin:] Perch? [Obbiettore:] Poich lautorevole ruti afferma: Allora egli crea carri, animali aggiogati ai carri e strade ...

Con questa citazione vuole indicare che il sognatore stesso, ovvero il jva immerso nella condizione di sogno, lunico agente e creatore di ogni sorta di produzione onirica: sa hi kart upasahrt eva evvagamyate ..., Egli lagente, cos in verit si comprende dalla conclusione. In seguito i seguaci della recensione (kh) Khaka (o Kaha) continuano a sottolineare il fatto che nel sogno il jva il creatore degli oggetti desiderati api ca eke khino smin eva sadhye sthne kmn nirmtram tmnam mananti , Inoltre, alcuni seguaci della recensione [in questione] ritengono che in questo luogo di congiunzione il S sia produttore degli oggetti desiderati,57 citando proprio a sostegno di ci la Kaha Upaniad (KaU V.8/II.2.8): ya ea supteu jgarti kma kma puruo nirmima,58 Quello, questo
proprio desiderio mostra allanima individuale le impressioni proprie della mente. Cos si canta. Poich essi sono mere rivitalizzazioni di precedenti impressioni non soddisfano le normali richieste spazio temporali della veglia, per questo si dice non sono completamente manifestati (krtsnyena anabhivyaktatva). Nellaforisma III.2.3 la parola my si riferisce esclusivamente al desiderio di vara (varecch). la sola volont del Signore che permette di manifestarsi ai sogni, perch altrimenti in quella circostanza non c alcuna causa materiale per la produzione di effetti, come accade normalmente nella veglia (GHATE, 1981 [1926]: 112-113). Daltra parte, lintelletto dellanima individuale (jvapraj) porta con s le impressioni residue, anchesse concausa nella creazione onirica. I sensi non funzionano durante il sogno, per cui lanima individuale non ha accesso alla percezione del mondo esterno; la mente poi non pu rapportarsi indipendentemente dai sensi al mondo di fuori, per questo il sogno una riproposizione delle impressioni residue ricostruite dalla jvapraj. Poich ognuna delle cause vera anche il sogno e gli enti onirici scaturiti da esse devono di conseguenza essere reali. Lerrore si limita a voler rapportare o considerare tutto ci come fosse avvenuto durante lesperienza di veglia (PANDURANGI, 1978: 469-470; LAYEK, 1990: 50-52). 57 Questa discussione si colloca allinterno del secondo aforisma della sezione (III.2.2): nirmtra caike putrdaya ca, E, secondo alcuni [nel sogno considerano] come creatore [il Signore] e i figli e quantaltro sono [loggetto desiderato]. G nel suo commento BSBNN (p. 623) propone il punto di partenza dellobbiettore. Siccome i carri e gli altri oggetti onirici sono prodotti, hanno bisogno di un produttore. Per questo, in primis, cercano di provare la produzione veritiera delle entit oniriche con uninferenza: ki ca vimat saty nirmitatvj jgrannirmitatarhdivad ity ha nirmtra ceti. Secondo la glossa si SaSa, SBSV (p. 181), da questo aforisma si evince linferenza seguente: eva ca svapnasivyvahrik, varakartkatvt kitydivat ity anumnam anena strea scitam Unaltra chiosa piuttosto recente, la Brahmastravtti (DHBSV, p. 151) di Hari Dkita (HD) ribadisce che il stra in esame lascia intravvedere uninferenza: prayoga ca vimat svapnasi saty paramtmakartkatvj jgratsivad iti. tasmt prjakartkatvj jgratsivat svapnasi saty// 2 // 58 Anche il BSBPAV (p. 846) mette in evidenza un anumna del prvapakin, anche se differente dai suoi colleghi commentatori, sottolineando la medesima efficienza e capacit causale degli oggetti onirici e quelli di veglia: ki ca svapne dravyatirikt padrth arthakriysmarthyasattvopet, nirmyamatvt, jgradvad ity ha api ceti. na ca sdhyavikalo dnta, prg etatsiddhe tasya tdavasthyt. Il famoso paita Mai Drvia (p. 846), curatore delledizione consultata, aggiunge una nota illuminante al fine di comprendere il perch non vi uninsufficienza o incapacit del probandum di essere rappresentato nellesempio: aya bhva svapnadntena hi jgrato mithytvam anumeyam. ato dntasiddhe prg jgrato mithytvsiddhy satyatva sthiram iti. etac ca pramrthikatvasya sdhyatvbhipryea. vastutas tu arthakriysmarthyarpasattvasya jgrati mithytvavdin pi svkrt na sdhyavaikalyaak.

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essere che veglia mentre gli altri dormono,59 producendo ogni genere di oggetto desiderato (BSB ad III.2.2), glossando il termine kma, scrive: putrdaya ca tatra km abhipreyante kmayanta iti, L i figli e altri [oggetti desiderabili] sono indicati [come] le brame, [in quanto] sono desiderati ... Ancora qualcuno, facente capo alla medesima recensione, solleva un quesito dicendo che la parola kma potrebbe intendere uno speciale genere di desiderio: nanu kmaabdena icchvie eva ucyeran , Ma se [si ponesse che] con la parola brama si esprimono effettivamente dei desideri peculiari ...60 Lobbiettore, per, in risposta cita due passaggi della KaU:
atyua putrapautrn viva [I.1.23] iti praktyante kmn tv kmabhja karomi [I.1.24] iti prakteu tatra tatra putrdiu kmaabdasya prayuktatvt Scegli figli e nipoti centenari , poi sono contestualizzati Io ti rendo a tuo piacere fruitore degli oggetti desiderabili ; in effetti, la parola kma usata qua e l per i figlie altri [oggetti desiderabili] che sono sotto esame ...

Secondo lobbiettore solo lessere supremo e onnisciente, vara nella sua condizione di Prja, che se considerato non differente dallanima individuale nella condizione causale (prja), risulta comunque il produttore di oggetti piacevoli, quali i figli e altri, cosa che pu essere verificata mediante lattenzione al contesto e al resto della frase: prja ca ena nirmtra prakaraavkyaebhy pratma, Cogliamo, per mezzo dellanalisi del contesto (prakaraa)61 e del resto della frase (vkyaea)62 che quel Prja il creatore [dei sogni].63
BSBNN (p. 623) precisa che dormienti sono i sensi, perch le loro funzioni sono assopite: supteu karaeu nirvyprev iti yvat 60 Questo passaggio ci permette di mostrare sinteticamente la visione di Rmnuja rispetto ai sogni. Gli enti onirici sono creazioni di una specifica volont (sakalpa). Secondo il sistematizzatore del Viidvaita, tanto vara quanto il jva, in quanto cit, possiedono una volont che determina una verit, il satyasakalpa. Tuttavia, il satyasakalpa dellanima individuale soccombe di fronte allonnipotenza del Signore, per questo il limitato jva non pu essere il creatore degli oggetti onirici. Per Rmnuja col termine mymtra sintende la variegata meraviglia esperibile nei sogni. Gli enti percepiti in sogno sono meravigliosi perch manifestati in modo straordinario (upakradyabhve pi si). Essi sono pertanto creati dalla volont divina, pertanto non possono che essere reali. Oltre a ci, i sogni suggeriscono alcuni avvenimenti futuri, forniscono presagi fausti o oscuri relativi ai risultati dellazione (karmaphala) dellanima individuale, per cui egli stesso non pu esserne il creatore. La grazia di vara sta nel fatto che egli produce queste esperienze oniriche affinch il jva sia in grado di fruire dei frutti minori di attivit secondarie compiute in passato (PANDURANGI, 1978: 469-470; GHATE, 1981 [1926]: 110-111; SHARMA, B. N. K., 1986 [1978], VOL. 3: 43-49). Nimbrka segue da vicino Rmnuja, per cui il supremo purua creatore degli enti onirici (PANDURANGI, 1978: 470; LAYEK, 1990: 47-48). 61 Il termine prakaraa ha molteplici valenze nella letteratura dei darana, in questo contesto definisce appunto il contesto, ossia uno dei principi, propri dellesegesi Mmsaka, mediante il quale si riesce a determinare una relazione sussidiaria o meno: sagatipradaranaprayojik kk, unaspettativa che ha come scopo di mostrare la
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La descrizione della KaU di Prja cos presentata nel BSB:


prjasya hi ida prakaraam anyatra dharmd anyatrdharmd [KaU I.2.14/ II.14] itydi. tadviaya eva ca vkyaeo pi tad eva ukra tadbrahma tadeva amtam ucyate. tasmin lok rit sarve tadu ntyeti kacana [II.2.8, V.8] iti Questo il contesto del Signore onnisciente (prja): Altrove rispetto al merito (dharma), altrove rispetto alla colpa (adharma) eccetera, inoltre, a proposito di quello stesso argomento vi anche il resto della sentenza Quello invero splendente, quello brahman, quello, in verit, detto immortale. In esso sono fondati i mondi tutti, nessuno di certo lo supera ...

A questo punto il prvapakin termina la sua esposizione tirando le fila del suo ragionamento, corroborando le proprie teorie con il supporto della ruti:64
prjakartk ca sis tathyarp samadhigat jgaritray, tath svapnraypi sir bhavitum arhati. tath ca ruti atho khalv hur jgaritadea evsyaia iti yni hi eva jgrat payati tni supta [BU IV.3.14] iti svapnajgaritayo samnanyyat ryavati. tasmt tathyarpaiva sadhye sir iti.65

relazione; lo barabhya scrive: agavkyaspeka pradhnavkyam, una sentenza principale che necessita di una sentenza sussidiaria (JHALAKIKAR, 1978 : 511: SARASVAT, KEVALNANDA, 1992 [1960], VOL. 5: 2652-2664). 62 Kevalnanda Sarasvat (1992 [1960], VOL. 6: 3476) chiarisce cosa sintende per vkyaea nella Mms. Certamente, non possibile immaginare alcuna azione o reazione prodotta da una frase incompleta (apariprena vkyena), pertanto estremamente necessario, ai fini della logica prosecuzione di un discorso, che esista il resto di quella frase incompleta, cio una parte restante di essa (vkyaea) capace di completarne il significato sintattico e grammaticale (paripraasamartha). Infatti, esiste una comune tecnica che dice: nynavkyaprayogo hi vede naiva samrita. kacit kvpi sthita ea so nveavya prayatnata., Nel Veda non contemplato luso di una frase incompleta, [allora] in qualche posto ci sta una certa sua parte rimanente. Questa deve essere ricercata con sforzo. Per comprendere correttamente il Veda non si pu limitarsi a considerare le sue frasi solo attraverso una diretta percezione, nella fattispecie una lettura letterale, ma vi sono tanti mezzi di conoscenza quanti se ne usano nellesperienza comune. Dunque, qualora pratyaka non basti a comprendere correttamente una sentenza vedica, si ricorra ad anumna, upamna, o addirittura ad anupalabdhi. 63 Secondo il BSBPAV (pp. 846-847) a questo punto lobbiettore ribadisce la veridicit della creazione onirica, cos come di quella di veglia ordinaria manifestate entrambe dal supremo S: ki ca paramtmakartkatvd api mahbhbhtasivat satyaiva svapnasir ity ha prja cainam itydin. ki ca jgrarsamnadeatvbhidhnd api satyatvam ity ha atho khalv hur iti. 64 Solo per terminare la breve carrellata dei Vednta ostili a , che si potrebbero porre nel prvapaka, ricordiamo solo Vallabhcrya e il suo uddhdvaita, secondo il quale gli enti onirici non sono reali, poich non hanno rilevanza spazio-temporale e causale. La ruti parla esplicitamente della creazione degli enti onirici, ma omette di dire se essi sono reali o meno. Comunque, nel caso di altre manifestazioni proprie della veglia si ritrova spesso il termine satyam legato a esse, ci per non accade con gli enti onirici. Pertanto, Vallabha conclude che lesperienza del sogno sia solamente un divertimento del Signore attraverso la sua my. Tuttavia, mediante essi al jva sono fornite indicazioni su avvenimenti futuri, fausti o infausti che siano e talvolta anche importanti istruzioni e ordini (kvacid jvieadnam) (PANDURANGI, 1978: 470; GHATE, 1981 [1926]: 112; LAYEK, 1990: 49-50). 65 Qui il testo di CS, la BSBBBP (pp. 846-847) afferma che talora si considerasse lanima individuale come generatore, per via di qualche passaggio della ruti che lo predica come identico al Signore onnisciente, pur tuttavia resta inviolata la creazione da parte del Signore onnisciente, dal momento che il brahman predicato nel suo essere

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La manifestazione che ha come fondamento la veglia e che ha come generatore il Signore onnisciente (prja) compresa come veritiera, [dunque] anche la manifestazione che ha come fondamento il sogno passibile di essere tale. Inoltre, il passaggio della ruti: Allora dissero con certezza questo [il sogno] sicuramente il luogo della veglia, infatti quelle cose che vede nella veglia, queste [le vede] addormentato riferisce la comune modalit del sogno e della veglia. Perci la creazione nella congiunzione veritiera.

Ora la risposta del siddhntin non si fa attendere (BSB III.2.3),66 ricordando allobbiettore che la manifestazione onirica lungi dallessere reale, perch una mera illusione (PELLEGRINI, 2009: 84-85):
tuabda paka vyvartayati. naitad asti yad uktam sadhye si pramrthikti [Risposta:] Lavverbio tu67 ribalta la controparte. Non congruo quanto stato detto, ossia che la creazione nella congiunzione reale ...68

anima individuale. Inoltre, lavere i medesimi oggetti delle conoscenze di veglia e sogno, corrobora la realt degli enti onirici: kvacij jvakartkatvaravae pi jvasya prjbhedasiddhaye brahmao jvabhvenocyamnatvt prajkartkatsiddhir ity artha. svapnajgaritajnayor ekaviayatvaravad api svapnadasya pramrthikatvam ity ha tath ceti. Continua CS, nei panni dellobbiettore a perorare la causa della verit del sogno, che come la veglia resta inattaccabile e continua fino alla realizzazione del supremo: bdhyamnatvn mithytvam akya jgratse ruty bdhyatve pi brahmasktkrt prg yath nuvtte satyatvam, tadvat svapnasypi satyatvam ity upasaharati tasmt tathyeti. 66 mymtra tu krtsnyennabhivyaktasvarpatvt, Ma [la creazione onirica] solamente illusione, data la sua natura non completamente manifestata. Il BSBPAV (p. 847) indica il perch delluso di my, solitamente condizione limitante di vara, con il jva, che caratterizzato dallupdhi avidy. Inoltre, laffisso mtra rafforza la falsit del sogno e la sua diversit dalla veglia: jvopdhir ayam avidy myvayavatvn myety ucyate. mtraabdena ca sati pramtari bdhyatva nma bhramasiddhatva jgradvailakayam ucyate. tatsiddhi ca deaklaviirthakriysamarthapramtrdiviayabdhakapratyakerthakriy-samartharpasyaiva bdhnupapatty. 67 Lindeclinabile tu un avverbio con funzioni avversative, che indica una presa di posizione differente, se non opposta, a quella citata precedentemente. In questo caso indica il punto di vista di (uttarapaka) che risponde alle domande e ai dubbi delloppositore. Un commentatore hind del BSB, Svm Satynanda Sarasvat (pp. 598-599), nelle sue glosse note come Satynanddpik, associa questa formulazione del strakra a uninferenza: svapnarathdaya prttik jgradrathdau kptasmagr vin datvt uktirpyavat, I carri e gli altri oggetti del sogno sono illusori [confinati a quella sola cognizione onirica] in quanto sono visti anche senza linsieme delle cause accettate [in materia di percezione] rispetto ai carri e altre entit proprie della veglia, come largento [che appare sovrapposto] sulla madreperla. 68 La DHBSV (pp. 151-152) nel passaggio allablativo: krtsnyennabhivyaktasvarpatvt (III.2.3) legge un probans (hetu) capace di vanificare linferenza dellobbiettore (satpratipaka): vimat svapnasi asaty, mymtr krtsnyennabhivyaktasvarpatvt uktirpyavad iti. Anche la BSSV (pp. 181-182) legge uninferenza, ma la trattazione leggermente pi articolata. Anche qui interessante la confutazione dellinferenza dellobbiettore da parte del siddhntin, con una successiva inferenza, che marca la prima inferenza nuovamente del difetto satpratipaka: tu prvapakanirsrtha. svapnasi uktirpyavan mymtran. kuta krtsyennabhivyaktasvarpatvt ata tdadharmenabhivyaktasvarpatvt prtibhsika eva svapna. yac cnumnam uktam, tatrocitadeakldijanyatvam updhi hetvasiddhi ca svaya vihatya svaya nirmya itydin rutyantarea svapnase jvakartkatvaravat

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Le entit oniriche non possiedono la bench minima realt. Questo fatto corroborato dalla natura stessa di queste entit, mai completamente manifeste neppure nei sogni stessi. Sta di fatto che il contenuto dei sogni contraddetto (bdhita) al risveglio, inoltre per la sua irregolarit e assenza darmonia (smjasa) con tutto il resto dei nessi causali anche privo di unit e coerenza (sapatti), come vedremo e come abbiamo visto nelle MK, tanto spaziale, quanto temporale e, lo ribadiamo, causale (CHENET, 1998, VOL. 1: 151):
myaiva sadhye sir na paramrthagandho py asti. kuta krtsnyena

anabhivyaktasvarpatvt. na hi krtsnyena paramrthavastudharmea abhivyaktasvarpa svapna. ki punar atra krtsnyam abhipreta deaklanimittasapattir abdha La manifestazione nella congiunzione mera illusione,69 non v [in essa] il bench minimo sentore di verit. [Domanda:] Perch [si potrebbe chiedere]? [Risposta:] Poich non ha una natura interamente manifestata. [Vogliamo dire che] in effetti il sogno non ha una natura veritiera interamente provvista delle caratteristiche della realt. [Dubbio:] [Ma se ribattessimo] qui che cosa sintende per interezza? [Risposta:] [Rispondiamo che si intende] tempo, luogo, insieme delle cause e non contraddizione ...

Sar duopo considerare che la condizione onirica ha delle proprie parentesi entro le quali si muove, proprio come accade nella condizione di veglia ordinaria. Tuttavia, le naturali caratteristiche proprie delle due condizioni differiscono enormemente. Vero che le condizioni di tempo, di spazio, la modalit delle relazioni di causa-effetto, nonch il

69 Il BSBNN (p. 624) precisa che luso sia nel stra, sia nel commentario della parola my, sta a significare che non c differenza tra my e avidy, mentre con la parola mtra si sottolinea lillusoriet e la differenza dalla condizione di veglia del sogno: myvidyayor bhedo neti vaktu strabhyayor myabda. stre mtraabdena sati mtari bdhyatva nma bhrntisiddhatva svapnasya jgradvailakaya vivakitam. AS, nel BSBPAV (pp. 847-848) apre un breve dibattito che prende le mosse da un lamento di Bhskara (met del X sec.), non meglio specificato [autore di un commento al BS e alla BG, ora perduto], secondo il quale per il fatto che la parola my appare in un contesto dominato dai nomi dellintelletto (praj), non pu che riferirsi a una cognizione indeterminata, ossia priva di oggetto e fondamento (nirlambana) (BSBB, p. 161): yat punar atra bhskaro ruroda myabdasya prajnmasu phn nirlabhana pratyayo my iti. Il prakarthakra parte proponendo delle domande, ossia com possibile concepire luso del termine my nel senso di cognizione erronea solo perch la parola letta tra i nomi dellintelletto? Perch non potrebbe riferirsi a una visione corretta? In seguito, vi la risposta secondo la quale non vi uso della parola my associandola a una visione corretta, ma anzi luso comune delle persone anziane e dotte prevede lutilizzo del termine per enti che appaiono viste e subito dopo distrutte quali gli elefanti, gli uomini e i cavalli [onirici]. Oltre a ci, non vi senso originario e primitivo (rhi) di essa, bens solo un uso derivato (yaugika) dalla sua derivazione (nirvacana), ossia quellentit mediante la quale un oggetto conosciuto, che ci conduce al senso di cognizione, intelletto. Per cui luso comune delle persone pi anziane la parola my assunta a indicare oggetti illusori e falsi: atrocyate kathakra prajnmasu phamtrea pratyayavieaparigraha? samyagdaranam eva my ki na bhavet? atha nsti samyagdarane myprayoga, tarhi paridyamnadanaasvabhvakarinaraturagdau vddhn myabdaprayogd ptavkyasya vddhavyavahramlatvc ca na prajnmasu myabdasya rhy prayogo bhg, ki tu myate rtho nayeti buddhau yaugiko myabdaprayoga. tasmt vddhavyavahrnusrea mithyhastydv anugatamithyvastuni myabdo ruha iti rutistrayor api sa eva myabdrtha iti.

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naturale svolgimento degli eventi assumono delle sfumature ben diversificate nelle due avasth (PELLEGRINI, 2009: 84-85).
na hi paramrthavastuviayi deaklanimittny abdha ca svapne sabhvyante. na tvat svapne rathdnm ucito dea sabhavati. na hi savte dehadee rathdayo vaka labheran ... Nel sogno di certo non sono possibili un tempo, uno spazio e delle cause che abbiano contenuti conformi alla realt, cos come [non possibile abbiano] assenza di contraddizione. Non plausibile, dunque, che nel sogno [vi sia] uno spazio adeguato per i carri e quantaltro, perch i carri, eccetera, non otterrebbero uno spazio sufficiente nella ristretta regione del corpo ...

Loppositore pu ribattere che lanima del sognatore vaga allesterno del corpo, al fine di cogliere gli oggetti dal di fuori. Egli cita anche un passaggio scritturale dalla BU, rimarcando che se non ci fosse luscita dal corpo del sognatore, allora la sua permanenza, il suo moto e le cognizioni rimarrebbero inspiegabili:
syd etat. bahir deht svapna drakyati dentaritadravyagrahat. darayati ca rutir bahir deht svapnam bahi kulyd amta caritv. sa yate mto yatra kmam [BU IV.3.12] iti sthitigatipratyayabheda ca nnikryante jantau smajasyam anuvteti ... [Obbiezione:] Che cos sia. [Per ribattiamo che il sognatore] vedr il sogno fuori dal corpo, poich coglie oggetti separati dal corpo. Anche la scrittura mostra che il sogno fuori dal corpo: egli, immortale, essendosi mosso fuori dal corpo [lett.: nido], vaga dove desidera , in quanto la differenza di permanenza, moto, cognizioni, senza che lessere sia uscito non appropriata ...

A questo il siddhntin replica che, per qualcuno che dorme, non possibile percorrere grandi distanze, altrimenti non ci sarebbe da meravigliarsi se costui, addormentatosi nella terra di Kuru, si ridestasse nella terra del Pacla. Ma, fino a prova contraria il sognatore si ridesta l dove si era addormentato, ovvero, nella fattispecie, nella terra dei Kuru:
nety ucyate. nahi suptasya janto kaamtrea yojanaatntarita dea paryetu viparyetu ca tata smarthya sabhvyate. kvacic ca pratygamanavarjita svapna rvayati kuruv aham adya ayno nidray bhiplatu svapne pacln abhigata csmin pratibuddha ceti. dehc ced

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apeyt paclev eva pratibudhyeta tn asv abhigata iti kuruv eva tu pratibudhyate, yena cya dehena dentaram anuvno manyate tam anye prvasth ayanadea eva payanti ... [Risposta:] No, si risponde. Non si d la possibilit in un solo attimo per un individuo dormiente di vagare in un posto lontano centinaia di yojana e da l ritornare. Talvolta [qualcuno] racconta70 un sogno senza essere andato e tornato: Io oggi, sopraffatto dal sonno dormendo nel paese dei Kuru, sono giunto in sogno nel paese del Pacla e mi sono svegliatoqui [= nel paese dei Kuru]! Se si fosse separato dal corpo allora si sarebbe risvegliato davvero nel paese del Pacla, [poich] egli sarebbe andato l [davvero]; per si sveglia nel paese dei Kuru. [Per cui], il corpo attraverso il quale egli ritiene di essersi recato in un altro paese, lo vedono nel luogo dove si era addormentato gli altri che stanno accanto ...

Il sognatore non pu vedere un sogno fuori dal suo corpo. Al massimo le entit che sembrano reali al sognatore, possono essere come quelle empiriche, che egli percepisce nella condizione di veglia, ma in s esse mai sono reali:
yathbhtni cya dentari svapne payati, na tni tathbhtny eva bhavanti. paridhva cet payej jgradvad vastubhtam artham kalayet. darayati ca rutir antar eva dehe svapnam sa yatraitat svapnyay carati ity upakramya sve arre yathkma parivartate (BU II.1.18) iti. ata ca rutypapattivirodhd bahikulyarutir gau vykhytavy bahir iva kulyd amta caritveti ... Questi, poi, gli altri paesi che vede nel sogno non sono in verit tali [in quel modo = veri]. Se vedesse qualcuno che corre attorno,71 allora alla stregua della veglia dovrebbe cogliere lente come reale. Inoltre, la ruti attesta che il sogno proprio dentro il corpo, cominciando [col passaggio]: Ovunque questi [lanima individuale] si muove nel sogno,72 [concludendo con] vaga nel proprio corpo, a suo piacimento Perci, a causa della contraddizione sia con la ruti, sia con la logica, il passaggio scritturale relativo al nido esterno [al corpo] deve essere interpretato in senso secondario73 egli, immortale, essendosi mosso come fosse fuori dal corpo ...

Naturalmente, a raccontare a quanto gli stanno attorno , dopo essersi destato, chi ha visto il sogno: rvayati svapnadra prabuddha san prvasthn iti ea (BSBNN: 624-625). 71 La radice dhv, correre, prefissata dal preverbio (upasarga) pari intorno, da ogni parte, attraverso, significa pure attraversare, muoversi da una parte allaltra. G ha in mente proprio questaccezione quando puntualizza che il girare attorno da un corpo a un altro corpo: dehd dehntara gacchann iti yvat (BSBNN: 625). 72 Si veda il grande dizionario sanscrito di Apte (1959, VOL. 3: 1739), secondo il quale lindeclinabile svapnyay indica letteralmente per mezzo della modalit del sogno. La questione corroborata dal BSBNN (IBID.): etad iti svapnavci kriyvieaam. svapnyayeti vttir viiyate. A questo proposito nelle note filologiche alla sua pregevole edizione delle Upaniad pi antiche, P. Olivelle (1998: 499) fornisce varie lezioni e possibilit dellavverbio in questione. 73 Il significato secondario qui espresso mediante la lieve modifica testuale, ossia invece di leggere fuori, bahir, si legger come fuori, bahir iva.
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Questo il significato corretto del passaggio citato dalloppositore al fine di dimostrare che il sognatore fuoriesce dal corpo. In effetti, se egli non crea alcun mutamento nel corpo, si suppone che lo faccia al di fuori del corpo:
yo hi vasann api arre na tena prayojana karoti sa bahir iva arrd bhavatti.74 sthitigatipratyayabhedo py eva sati vipralabha75 evbhyupagantavya. Infatti, colui che pur stando nel sogno non ha alcun fine legato a esso, costui, dunque, come fosse al di fuori del corpo. Cos stando le cose, bisogna pure accettare che la differenza nella cognizione di stanza e movimento un imbroglio.

Oltre a quanto detto per questioni spaziali, come si accennava sopra, nel sogno anche le relazioni temporali sono sfasate e del tutto differenti da quelle proprie della condizione di veglia. Per esempio mentre si dorme nella notte in Magadha, si pu pensare di essere addormentati in Kaliga durante il giorno. O ancora nel sogno si ha la percezione di un attimo come fossero molti anni:
klavisavdo pi ca svapne bhavati rajany supto vsara bhrate vare manyate. tath muhrtamtravartini svapne kadcid bahuvarapgn ativhayati ... Nel sogno vi anche discordanza col tempo. [Per esempio] addormentato nella notte in India, ritiene quello in giorno, o anche nel sogno che dura un solo istante (muhrta), talvolta si superano insiemi di molti anni ...

Nel sogno abbiamo anche la cognizione che manchi il complesso degli strumenti percettivi, quali i sensi. Vero che nel sogno tutti gli organi di senso cessano di funzionare, per cui non possiamo avere una conoscenza percettiva degli oggetti, quali, secondo le parole della BU, i carri, gli animali aggiogati ai carri e le strade, proprio perch non c alcun contatto sensoriale con essi. Per, abbiamo la conoscenza dei carri ecc. In ogni modo, resta chiaro che qualsiasi tipo di oggetto il sognatore conosca durante il sogno, quella
La BSBRP (p. 625) chiarisce: dehbhimnahnatvaguena bahihavad dehastho pi bahir ity ukta ity artha, eva sati rutiyuktibhy antar eva svapne satty artha., Grazie allattributo della mancanza di identificazione con il corpo [grossolano] pur stando nel corpo, viene detto fuori, come stesse fuori: questo il senso; cos stando le cose il significato per mezzo della ruti e del ragionamento, di certo essendo il sogno allinterno [del corpo] ... 75 Ancora la BSBRP e BSBNN (p. 625) glossano vipralambha, imbroglio, con vibhrama illusione, percezione erronea.
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cognizione sar inevitabilmente soppressa dalla cognizione che sorger nello stato di veglia. Quindi, non resta che affermare che il contenuto della conoscenza onirica, in quanto contraddetto, falso. Infatti, se rammentiamo, una delle caratteristiche del contenuto della conoscenza valida espresse dal Vednta Paribh (VP) che esso, oltre a essere qualcosa di novello e non precedentemente colto (anadhigata), deve pure essere non contraddetto da una conoscenza successiva (abdhita).76 Non solo la condizione di veglia cancella il sogno, ma pure un evento onirico cancellato da un altro evento onirico: per esempio ci che era un carro diventa un uomo, mentre questi si tramuta in albero:
nimittny api ca svapne na buddhaye karmae vocitni vidyante. karaopasahrd dhi nsya rathdigrahaya cakurdni santi. rathdinirvartane pi kuto sya nimeamtrea smarthya dri v. bdhyante caite rathdaya svapnad prabodhe. svapna eva caite sulabhabdh bhavanti, dyantayor vyabhicradarant. ratho yam iti hi kadcit svapne nirdhrita kaena manuya sapadyate, manuyo yam iti nirdhrita kaena vka ... Anche le cause nel sogno non risultano adeguate n alla cognizione, n allazione. Infatti, poich vi una ritrazione delle capacit sensoriali per questi [= per il sognatore]77 non ci sono gli occhi e le altre facolt per percepire i carri e gli altri oggetti. [Inoltre], dov la sua capacit di produrre i carri o quantaltro in un solo istante, oppure dove il legname? Questi carri, eccetera, visti in sogno sono negati al risveglio. In aggiunta, nel sogno stesso essi sono facilmente contraddicibili, giacch si constata unincongruenza tra il [loro] inizio e la fine: nel sogno, talvolta, ci che conosciuto come Questo un carro, in un attimo diviene uomo. Quando [lo] si accerta come Questo un uomo, in un attimo [diviene] albero.

Ovvio appare allora il sentenziare scritturale che nega definitivamente la presenza effettiva di tutti gli oggetti di cui nel sogno stesso si era fatta esperienza, prestando il fianco alla conclusione del siddhntin che determina che il sogno non che unillusione, per cui non reale (FORT, 1985: 381-383):
spaa cbhva rathdn svapne rvayati stram na tatra rath na rathayog ba panthno bhavanti [BU IV.3.10] itydi. tasmn mymtra svapnadaranam// 3 //

Allinizio del VP (DVIVED, P. N. [ED.], 2000: 22-23) Dharmarja Adhvarndra definisce la valida conoscenza (pram): smtivyvtta pramtvam anadhigatbdhitaviayakajnatva. smtisdhraa tu abdhitaviayakajnatva, Lessere valida conoscenza differenziata dal ricordo lessere una conoscenza il cui oggetto sia non precedentemente colto e non contraddicibile. Quando, invece, [la definizione] comune al ricordo allora [lessere valida conoscenza] lessere una conoscenza il cui oggetto sia contraddici bile ... 77 Come suggerito da BSBNN (p. 625): asyeti svapnadraur ukti.
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La scrittura afferma chiaramente lassenza di carri e altri oggetti [empiricamente reali] nel sogno: L n vi sono carri, n animali aggiogati a essi, n strade , e cos via. Da ci, la visione nel sogno mera illusione.78

Nel stra79 successivo del medesimo sadhydhikaraa, loppositore rincalza . Secondo costui il sogno indicativo di futura prosperit o avversit, come sottolinea la ChU (V.2.8/ o 9):80
mymtratvt tarhi na kacit svapne paramrthagandho stti nety ucyate, scaka ca hi svapno bhavati bhaviyato sdhvasdhuno. tath hi ryate yad karmasu kmyeu striya svapneu payati. samddhi tatra jnyt tasmin svapnanidarane [ChU V.2.8/9] tath purua kadanta payati sa ena hanti ity evam dibhi svapnair acirajvitvam vedyata iti rvayati. cakate ca svapndhyyavida kujarrohadni svapne dhanyni kharayndny adhanyni iti ... Se allora solo unillusione,81 non vi nemmeno il bench minimo odore di verit nel sogno. [Obbiettore:] No, si risponde, perch il sogno un informatore di eventi futuri fausti o

La BSBRN (p. 626) conclude insistendo sul difetto del probans, ovvero la presenza in quello di agenti condizionanti (updhi) quali lessere prodotto da un complesso causale determinato e ladeguatezza alla non contraddizione, che viziano la concomitanza invariabile (vypti), generando uno pseudo-probans (hetvbhsa) la cui concomitanza non comprovata (vypyatvsiddha = sopdhiko hetu): prvapaknumnn jgradarthadnte kptasmagrjanyatvam abdhayogyatva copdhir iti strattparyam// 3 // 79 BS III.2.4: scaka ca hi ruter cakate ca tadvida, E [il sogno] un informatore [di eventi fausti e infausti], poich la ruti [lo] conferma e [lo] esprimono coloro che conoscono ci [il sogno]. A proposito di questaforisma la BSV (pp. 182-183) riporta: vastutas tu daranasya strydyartharpitatvena asatyatve pi uktirpyajnasya satyahardijanakatvavat satyaubhdiscakatvam aviruddham iti bhva. 80 B. N. K. Sharma (1986 [1978], VOL. 3: 37-38), scrive che introduce il commento al quarto stra delladhikaraa rispondendo a un quesito: siccome i sogni sono illusori, non vi la bench minima parte di realt in essi? La risposta di che le cose non stanno cos, poich i sogni hanno anche un carattere profetico e mantico, per cui ci che indicano reale (scyamnasya satyatvam), anche se le percezioni indicatrici sono irreali (scakasya tu vaitathyam). Tuttavia, lo studioso Dvaitin ritiene che se fino allaforisma III.2.3 si affermato reiteratamente con forza lassenza di realt vyvahrika nei sogni, ci si aspetterebbe una continuazione su questo solco gi tracciato, per sembra una contraddizione sostenere in seguito la natura profetica dei sogni. Affermare ci equivale a riconoscere un certo grado di realt in essi, che daltra parte ostacola ancora una volta la realizzazione del S come auto-luminoso e quindi lo scopo prefissato da non stato raggiunto, anzi si comprovata un certo grado di realt al sogno. Questo tipo di difetto conosciuto come arthntara, il difetto di provare qualcosa di differente rispetto a ci che si desiderava stabilire. 81 Il siddhntin ipotizza unobbiezione secondo la quale la pretesa falsit del sogno sarebbe in contrasto sia con la concomitanza positiva (anvaya) e negativa (vyatireka) rispetto ai frutti fausti e nefasti del sogno, sia con la scrittura stessa: svapnasya mymtratve ubhubhaphalatvnvayavyatirekbhy strea ca virodha syd ity akyha scaka ceti. (BSBNN, p. 626). Analogo il passaggio proposto da CS (p. 849): ubhubhaphalatvnvayavyatirekbhy strea ca virodha svapnasya mymayatve prasajyatas iti akate mymtratvd iti. Questo duplice contrasto respinto a cominciare da nety ucyate, ma nello specifico prima si elimina il dubbio di opposizione con la scrittura (BSBNN, p. 626): tatra prathama rutivirodha nirasyati scaka ca hti.; invece al difetto di causalit positiva e negativa si risponde con un passaggio successivo: anvayavyatirekavirodhasamdhi sphuyati cak ate ceti.. Anche la BSBBBP (pp. 849-850): nobhayavirodha iti pariharati nety ucyate. ubhubhdin vyptilakaadharmopdhv arthakriykritve pi padrthasvarpocitrthrthakriyscakatvnyathnupapatty svarpepi svapnasya satyatva prasaktam ity akyha tatrpi bhavati nmeti. Il dibattito si conclude ancora di seguito a unaltra alzata di testa del prvapakin, secondo il quale la presunta falsit del sogno farebbe a pugni con la sua capacit di indicare conseguenze fauste o infauste. Il siddhntin, per, che pur
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infausti. A questo proposito si tramanda nella ruti: Quando, compiendo attivit rituali facoltative egli vede nei sogni una donna, in quel segno del sogno si riconosca prosperit, e inoltre [la scrittura] racconta [Quando nel sogno] egli vede un uomo con denti neri, questi lo uccide, mediante questi e altri sogni indicata limminente fine della vita. I conoscitori del capitolo82 riguardante i sogni affermano anche Nel sogno sono propizie attivit come il salire un elefante o affini, [mentre] malaugurali quelle [di salire] su un asino o simili ...

Altri sogni ancora, continua nel suo commento, sono causati dallefficacia di mantra specifici, o provocati da qualche divinit o dovuti allazione di erbe medicinali. Anche queste variet sono considerate veritiere dal prvapakin, proprio perch danno indicazioni sul futuro:
mantradevatdravyavieanimitt ca kecit svapn, satyrthagandhino bhavantti manyante ... Ritengono che alcuni sogni, le cui cause sono le formule, le divinit, particolari sostanze, abbiano un sentore di veridicit ...

A questo il siddhntin risponde che vero che in alcuni sogni ci pu essere una pallida indicazione sul futuro, ma che nonostante ci i sogni e i loro contenuti sono da considerarsi come false illusioni. Anche la donna, vista in sogno, che lobbiettore cita, pure costei da considerarsi come falsa, infatti, contraddetta al risveglio del dormiente:
tatrpi bhavatu nma scyamnasya vastuna satyatva, scakasya tu strdarander bhavaty eva vaitathya bdhyamnatvd ity abhiprya. tasmd upapanna svapnasya mymtratvam. Che pure la cosa a proposito della quale ci si sta informando sia veritiera, ma linformatore, ossia la visione della donna [in sogno] o quantaltro di certo illusoria, poich destinata a essere contraddetta: questo il senso. Per questo motivo lillusoriet del sogno logicamente sostenibile.

riflettendo una siffatta efficienza, utilit pratica (arthakriykritva), il sogno non assolutamente reale, pertanto partecipa della falsit: tarhi ubhubhascakatvnupapatty svapnasya satyatvn na mymtratvam ity akyrthakriykritve pi paramrthatvbhvn mithytvam ity ha tatrpti. svapnasya satyrthascakatve pti yvat. dvividhavirodhasamdhiphalam upasaharati tasmd iti. 82 Nella stragrande maggioranza dei testi che si occupano dei sogni, a partire dal capitolo 68 delle Atharvavedapariia (AVP), fino alle varie sezioni dei testi di astrologia (jyautia) o medicina (yurveda) la sezione riguardante i sogni chiamata svapndhyya.

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Per cui, tutti i passaggi upaniadici citati nellesposizione del stra III.2.1, sono da interpretare in senso secondario, non di certo primariamente. Per esempio, in India, probabilmente in antichit, si diceva che laratro traina i buoi, anche se vi era piena consapevolezza che nel momento in cui si sarebbe vista la scena si sarebbe compreso subito che in verit accade il contrario. Allo stesso modo si dice che lanima individuale dormendo crea carri e altri oggetti, anche se nulla pu essere veramente creato durante il sonno. Questesempio conduce ad asserire che sebbene in qualche occasione il sogno pu produrre nella mente del sognatore gioia, terrore o quantaltro, la causa prima di tutto ci sono i meriti o le colpe dellanima individuale che sta sperimentando la condizione di sogno (PANDURANGI, 1978: 465-466; PELLEGRINI, 2009: 84-86):
yad uktam ha hi iti, [BS III.2.1] tad eva sati bhkta vykhytavyam. yath lgala gavdn udvahatti nimittamtratvd evam ucyate, na tu pratyakam eva lgala gavdn udvahati. eva nimittamtratvd supto rathdn sjate sa hi karteti cocyate, na tu pratyakam eva supto rathdn sjati. nimittatva tv asya rathdipratibhnanimittamodatrsdidarant tannimittabhtayo suktaduktayo karttveneti vaktavyam ... Quanto stato detto [LUpaniad] disse invero , ci, cos stando le cose, deve essere interpretato in senso figurativo. Come Laratro traina i buoi, ma cos si dice solamente [intendendo laratro] come strumento,83 perch non direttamente percepibile che laratro tira i buoi.84 Allo stesso modo il dormiente, poich un semplice strumento, crea carri e altri oggetti ed egli , infatti, chiamato lagente, anche se non direttamente percepibile [il fatto] che il dormiente crei i carri e il resto. Di contro, bisogna dire che il suo [= dellanima individuale] essere causa strumentale [sorge] dalla visione della felicit o della paura generate dalla cognizione dei carri e degli altri oggetti tramite lessere protagonista di merito e della colpa, che sono la vera causa di ci ...85

Il senso in cui lespressione nimittamtratvt presentata, ricorda da vicino lo stesso senso indicato da Ka ad Arjuna in BG (XI.33): nimittamtra bhava savyascin., o tu che scocchi con la mano sinistra, sii semplice strumento. La parola nimitta, sebbene nel suo senso letterale indichi una causa, un segno, qui si deve intendere, da definizione Nayiyyika, come strumento (karaa) ossia la causa non-comune (asdhraakraa) di una qualche attivit o evento. La questione che laratro il mezzo mediante cui si ara un campo, per sono i buoi quelli ad ararlo direttamente. Ci sembra che la sfumatura non sia stata interamente colta da alcun interprete, con lillustre eccezione di G. Thibaut che traduce il termine indirect cause, accompagnandolo con una nota (SBE, vol. XXXVIII, PART II, p. 137). Si veda altres anche lesempio addotto da Surevara nellottavo verso del sabandhabhya BUBV (PELLEGRINI, 2010: 149, n. 14) 84 BSBRP (p. 626) chiarisce lesempio: yath kidvr lgalasya gavdijvananimitta tath svapnabhoktur adadvr svapnasinimittatva na tu kubha prati kubhakrasyeva skt svapnakarttva smagryabhvabdhayor uktatvd ity ha yad uktam itydin. 85 BSBNN (p. 627) introduce questa frase gettandone le basi: jgrata sratvavad yadi tad ia tarhi sasya rathder na prabodhamtrea bdhyat syd ity artha. dharmdharmayor eva nimittatvt kuta suptasya nimittatety akya tatphalitvena tatkarttayety ha nimittatva ceti. Si confronti anche con BSBPAV (p. 850).
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La conoscenza acquisita durante la condizione di veglia dipende sia dal contatto dei sensi con i loro oggetti, sia dalle cause ausiliarie come la luce del sole, la dimensione adeguata (udbhtarpatva) delloggetto sensoriale. Per, il mondo onirico totalmente differente dal mondo di jgrat, per esempio assolutamente oltre il dominio dei raggi del sole o della luna. Nel sogno si in grado di cogliere le entit per un altro genere di luce, ovvero ltman, che luce a s stesso (svayapraka), come le Upaniad stesse ripetono:
api ca jgarite viayendriyasayogd ditydijyotirvyatikarc ctmana svayajyotiva durvivecanam iti tadvivecanya svapna upanyasta ... Inoltre, nella condizione di veglia a causa del contatto dei sensi con i [loro] oggetti e della mescolanza con la luce del sole, lauto-luminosit del S difficile da discriminare. Al proposito di discriminarla posto il sogno

Se affermiamo che la creazione dei carri e degli altri oggetti nella condizione di sogno sia vera sulla base della ruti, allora diverrebbe difficile giustificare la natura auto-luminosa del S. Per questa ragione lassenza dei carri ecc. nella frase Non vi sono carri (BU IV.3.10) la reale descrizione dello stato di sogno e i passaggi Egli crea i carri (ibid.), Egli crea tutti gli oggetti del desiderio (KaU V.8/II.2.8) devono essere intesi nel loro significato primario. Invece, la creazione o la mera presenza in sogno di quelle entit deve essere letta nel suo senso secondario. Cos si spiega il passaggio vedico relativo alla creazione delle entit oniriche:
tatra yadi rathdisivacana ruty nyeta, tad svayajyotiva na nirta syt. tasmd rathdyabhvavacana ruty, rathdisivacana tu bhaktyeti vykhyeyam. etena nirmaravaa vykhytam ... In questo panorama, se laffermazione concernente la creazione di carri o quantaltro fosse riconducibile a un senso primario, allora lauto-luminosit non potrebbe essere determinata. Perci, deve essere interpretato che laffermazione della mancanza dei carri eccetera si ha mediante [ espressa] con un senso primario (ruty), mentre il passaggio riguardante la creazione dei carri e degli altri oggetti [va intesa] con senso secondario. Con ci il passaggio scritturale relativo alla creazione [delle entit oniriche] spiegato ...

Non nemmeno possibile postulare che sia Prja, ossia lanima individuale identificatasi alla condizione di sonno profondo, a creare tutti gli oggetti onirici: yad apy 521

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uktam prjam ena nirmtaram mananti iti tad apy asat., Anche ci che stato detto Ritengono che Prja sia il creatore di ci, anche questo falso. Il passaggio del BSB che cita BU (IV.3.9) e KaU (V.8/II.2.8) chiaro in proposito:
rutyantare svayam vihatya svaya nirmya svena bhs svena jyoti prasvapiti [BU IV.3.9] iti jvavypraravat. ihpi ya ea supteu jgarti [KaU V.8/II.2.8] iti prasiddhnuvdj jva evya kmn nirmt sakrtyate. In quanto, in un altro passaggio scritturale si ode dellattivit dellanima individuale: Avendo di per s separato [il corpo grossolano], avendo creato da s [un corpo onirico] dorme grazie al suo splendore, grazie alla sua luce ...86 Anche qui Quello, che veglia tra coloro [i sensi] che dormono, grazie alla ripetizione di quanto ben noto si menziona quellanima individuale che il creatore degli oggetti dei [suoi] desideri.

Si noti che proseguendo nella lettura del verso citato (KaU V.8/II.2.8) lo stesso essere menzionato nella frase precedente, decantato come il brahman splendente e immortale, proprio in memoria dei famosi passi upaniadici predicanti lidentit dellanima individuale con lassoluto (mahvkya). altres possibile indicare Prja come il Signore di ogni cosa, a ragione della sua onniscienza. Proprio in virt di queste affermazioni si ribadisce che la creazione onirica non tanto reale quella degli elementi che costituiscono la concretezza dello stato di veglia, sebbene il BS (II.1.14) stesso affermi lillusoriet anche di questultima. Vieppi, la durata dei due stati, quello di veglia e quello di sogno, senza dubbio relativa: il primo permane finch non si realizzato il supremo, mentre il secondo contraddetto quotidianamente al risveglio. Per queste ragioni, le supposte caratteristiche speciali del sogno sono solo unillusione (PANDURANGI, 1978: 466; PELLEGRINI, 2009: 85):
tasya tu vkyaeea tad eva ukra tad brahmeti jvabhva vyvartya brahmabhva upadiyate tat tvam asi [ChU VI.9.4] itydivad iti na brahmaprakaraa virudhyate. na csmabhi svapne pi prjavyavahra pratiidhyate.87 tasya sarvevaratvt sarvsv avasthsv adhihttvopapatte.

Entrambi i sub-commenti, BSBNN e BSBRP (p. 627) spiegano il passo upaniadico nello stesso modo: svaya vihatya jgraddeha nicea ktv, svaya vsanay nirmya, [BSBNN = aprva vsanmaya deha sapdya] svena bhs sviyabuddhivtty svena jyoti svarpacaitanyena ca svapnam anubhavatty artha. 87 Il BSBPAV (p. 851) espone la posizione di che, lungi dal negare il Signore come supremo agente, palesa la diversit tra le capacit di produzione della divinit suprema e del vasaio, per esempio, ribadendo che se pur si ammette lo sviluppo onirico come una trasformazione dellignoranza propria dellanima individuale insieme a cause ausiliari quali il sonno e il bagaglio karmico (ada), non si osserva alcuna contraddizione con la somma attivit manifestatrice del Signore: ki ca kubhakrasya kubhakarttve pi na paramevarasya sarvasratva vyhanyate, tah jvvidyy nidr ddisahakrivaena svapnprapackraparimitvt jvakartkatve pi svapnasya paramevarakartkatvam api na virudhyata ity ha na csmabhir iti. La BSBBBP (p. 851) ponendo come premessa
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pramrthikas tu nya sadhyraya sargo viyaddisargavad ity etvat pratipadyte. na ca viyaddisargasypy tyantika satyatvam asti. pratipdita hi tad ananyatvam rabhaaabddibhya [BS II.1.14] ity atra samastasya prapacasya mymtratvam. prk tu brahmtmatvadarand viyaddiprapaco vyavasthitarpo bhavati.88 sadhyrayas tu prapaca pratidina bdhyata iti, ato vaieikam ida sadhyasya mymtratvam uditam// 4 // Ma, dopo aver messo da parte la condizione individuale dellanima, con la parte restante della [stessa] frase Quello in verit splendente, quello il brahman , si insegna [il suo] essere lassoluto, proprio come [nel passaggio] Tu sei quello e in altri [simili]. Allora il contesto relativo al brahman non presenta una contraddizione [interna]. Neppure noi neghiamo lattivit di Prja anche nel sogno, dal momento che, data la sua signoria su ogni cosa, sostenibile il suo essere principio fondamentale (adhihat) in tutte e tre le condizioni. Questa manifestazione, il cui seggio la congiunzione [= il sogno], non presentata come assolutamente reale, come anche la manifestazione delletere e degli altri elementi.89 Non di

una discussione propria del BS (II.3.41) part tu tacchrute, nella quale si evidenzia lazione totale di Paramevara, viene da s che il sogno non fa eccezione. Per la questione esposta in due opzioni: il Signore onnisciente causa materiale oppure efficiente dello svapnaprapaca? La risposta che senza una serie di difetti intrinseci dellanima individuale, come lignoranza, o avventizi come il sonno ecc., non possibile concepire una causalit materiale diretta: nanu jvasya prjbhedt part tu tacchruter iti ca samastakriym varahetukatvapratipdant svapnasypi prjakarttvam ity akya prjasya tadupdnatva sdhyate ki v nimittatvam iti vikalpya jvvidydidoair vin rajatdivad apratte skdupdnatvyogd dyam upekyottarapako gkriyata ity ha na ceti. 88 BSBPAV (p. 851) evidenzia il difetto dellopposizione (bdha) nel probans dellinferenza dellobbiettore e la risposta allingiunzione dinsufficienza del probandum nellesempio, affermando che prima di provare lesempio si pu accertare la falsit della manifestazione empirica mediante la scrittura: yac cnumnam ukta tatra doam ha pramrthikas tv iti. rautaniedhnupapattyanughtay bdhnyathnupapatty rthakriysamarthdhihnavaipartyasyvagamd anumnabdha iti bhva. dnto pi sdhyavikala ity ha na ca viyaddti. dntasiddhe prg apy gamd eva mithytva viyadde seddhu aknotti bhva. kas tarhi jgratprapacd vieo yena pthag rabha ity akyha prk tv iti. La BSBBBP (IBID.) invece, a cui si rif pure il BSBNN (vedi nota successiva), riporta la sola opzione proposta per il grado di realt ontologica del sogno: assolutamente vero o tale solo empiricamente? La prima proposta bocciata per unevidente contraddizione con la percezione diretta, mentre per la seconda si fornisce in primis una definizione di cosa sia lassoluta realt, che presuppone unassenza di contraddizione, ferma restando la manifestazione empirica. Il commento di conclude la confutazione della seconda opzione: yad uktam prjakartkatvd viyaddivat satyatvam iti tat ki vyvahrikam uta pramrthikam iti vikalpydyapako bdhakapratyakea viruddha ity ha pramrthikas tv iti. pramrthikatvam iha sati vyavahre bdharahitatvam. uttarapake daam ha na ca viyaddti. Infine, ancora CS si sofferma, come BSBPAV (p. 845) e BSBNN (p. 622), sul perch di questo sadhydhikaraa, quando lrabhdhikaraa ha gi provato la falsit del sogno. Secondo il muni, la ragione sta nel consueto cruccio dellAdvaita, che cerca di trasportare la falsit specifica del sogno e propriamente illustrata da esso, nel mondo empirico della veglia: rabhdhikaraenaivsypi mithytve siddhe kim artha punar ucyata ity akya vyavahre pi mithytva pradarayitum ity ha prk tv iti. 89 Entrambi i sub-commenti, BSBNN e BSBRP, presentano una possibile scelta tra due opzioni che lobbiettore propone di prendere in considerazione. Il siddhntin, valutatele, le scarta entrambe proponendo i medesimi difetti in tutte e due i commenti. La prima opzione, ossia lessere assolutamente reale del sogno (pramthikatva) respinta poich il sogno contraddetto con la veglia. La seconda, lessere realmente empirico (vyvahrikatva) presenta il difetto della debolezza del prabandum (sdhyavaikalya), ossia quellerrore che si ha quando il probandum, che dovrebbe essere gi entit provata nellistanza similare (sapaka), non lo . Questinsufficienza, nel corpo dellinferenza, si riscontra nellesempio (dnta): tarhi prjakarttvaheto siddher anumnam aduam ity akya vyvahrika pramrthika v satyatva sdhyam iti vikalpydye bdhaka pratyakavirodham ha pramrthikas tv iti. vyavahre bdhakavaidhuryam iha pramrthikatvam. dvitye dntasya sdhyavikalatety ha na ceti. viyaddisargasysiddha mithytvam iti kuto dntasya sdhyavikalat, tatrha pratti. kas tarhi svapnasya jgrato vieo yenaitan mithytva pthag ucyate prk tv iti. vyavahre pi svapnasya mithytva vaktu pthag uktir iti bhva// 4 // (BSBNN, p. 627); tarhi hetusiddhe svapnasya satyatvam ity akya satyatva vyvahrika pramrthika veti vikalpya vyavahrakle

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certo la manifestazione delletere e del resto assolutamente vera, infatti, in questo aforisma: [Luniverso come effetto] non ha differenza da quello [il brahman come causa] poich ci [colto] dai passaggi vedici come quello relativo allorigine e altri,90 stato sentenziato che lintero sviluppo delluniverso mera illusione. [Vero che] prima della realizzazione delltman come brahman, lo sviluppo fenomenico delletere e degli altri elementi di natura ben organizzata, mentre lo sviluppo che ha come suo seggio la congiuntura [= lo sviluppo onirico], viene quotidianamente contraddetto. stato allora enunciato che tale specificit della congiuntura una mera illusione (4).

Ora di nuovo lobbiettore riformula i suoi dubbi con nuovi argomenti.91 Secondo questi, sia le fiamme sia il fuoco possiedono entrambi le capacit di bruciare ed emettere luce, proprio come lanima individuale e vara, possiedono entrambi sia conoscenza (jna) sia ogni genere di capacit (aivarya). Per questo motivo non c nulla dillogico o impossibile nel fatto che da un suo desiderio latente il jva, in virt della sua jnaivarya, possa creare enti reali come carri o altro:
athpi92 syt parasyaiva tvad tmano o jvo gner iva visphuliga, tatraiva sati93 yathgnivisphuligayo samne dahanaprakanaakt bhavata, eva jvevarayor api jnaivaryaakt, tata ca jvasya jnaivaryavat skalpik svapne rathdisir bhaviyatti Dunque, che pure sia cos allora, lanima individuale di certo una parte dellanima suprema, come la scintilla [lo] del fuoco. Essendo cos in quel caso, come le potenze di ardere e di illuminare del fuoco e della scintilla sono le stesse, le stesse sono anche le potenze di conoscenza e signoria dellanima individuale e del Signore. Pertanto nel sogno, a causa della

bdhadarant, ndya ity ha pramrthikas tv iti. dvitye dntasya sdhyavaikalyam tiy ha na ceti. kas tarhi svapnasya jgrato vieo tra kathyata ity akya prtibhsikatvam ity ha prk tv iti// 4 // (BSBRP, IBID.). 90 Il stra (BS II.2.14) in questione tad ananyatvam rabhaaabddibhya, oltre a dare il nome a tutto ladhikaraa, rabhadhikaraa che comprende sette aforismi, uno dei pi importanti dellintero tarkapada, ossia il secondo pada del secondo libro del BS. La questione prende le mosse da passaggi upaniadici quali ChU VI.1.4, VI.8.7, MuU II.2.11 nelle quali si nega una realt ontologica effettiva delleffetto rispetto alla sua causa materiale, come ben esemplificato dal testo di ChU VI.1.4, nel quale si esprime chiaramente che vasi, monili o quantaltro sia effetto o trasformazione (vikra) dellargilla, non che un mero strumento verbale (vcrabhaa), dove la sola entit reale largilla. 91 Da questo punto inizia la trattazione di al quinto stra di questo pada: parbhidhynt tu tirohita tato hy asya bandhaviparyayau (BS III.2.5), Ma dalla meditazione sul supremo [Signore] ci che oscurato di lui [del jva] [torna manifesto], infatti da Lui [procedono] il legame e il suo contrario. La BSBRP (p. 627) introduce la trattazione con la consueta chiarezza: prva kptasmagryabhvt svapno myety uktam ayukta satyasakalpamtrepi satyasisabhavd iti ak ktv pariharan stra vycae athpi styd itydin. 92 Esiste pi di una lezione per lincipit di questo commento: athpi, come proposto e tathpi, come riportano i commentari. 93 BSBNN (p. 628) spiega: tasmi jve parasye rutismtisiddhe satti yvat. jnaivaryaaktismye phalitam ha tata ceti.

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CAPITOLO 5: LOTTICA ONIROLOGICA DELLADVAITA NEL BRAHMASTRA E NELLA TRADIZIONE COMMENTARIALE

conoscenza e signoria dellanima individuale, la creazione di carri e altri oggetti sar immaginaria (skalpik) ...94

In risposta a questobbiezione pu essere detto che sebbene sia vero che la parte legata allintero, al modo in cui il jva si relaziona a vara, va comunque tenuto in conto il fatto che le loro caratteristiche e capacit sono del tutto differenti: atrocyate95 saty api jvevarayor aibhve pratyakam eva jvasyevaraviparradharmatvam, A questo proposito si risponde che seppur vi sia la relazione di parte e tutto tra lanima individuale e il Signore senza dubbio chiara la caratterizzazione opposta al Signore dellanima individuale. Il prvapakin quindi replica sarcastico, credendo di condurre verso la contraddizione il suo interlocutore: ki punar jvasyevarasamnadharmatva nsty eva?,96 Perch, allora lanima individuale non possiede la medesima caratteristica del Signore?97 Per il siddhntin rimanda al mittente la critica interpretando il punto di vista dello stesso strakra. Sebbene gli attributi divini nellanima individuale esistano potenzialmente, sono oscurati dallignoranza (avidy). Alla stregua di uomo cieco che pu riacquistare la vista grazie a medicamenti opportuni, luomo che simpegna costantemente nella meditazione del Signore in grado di vincere la sua misericordia. Questo si traduce in una capacit delluomo di ridestare le sue qualit divine innate, garantendogli il successivo dipanarsi delle nebbie dellignoranza. Al contrario, se luomo non si dedica alla devozione verso la divinit suprema, mai le sue facolt innate avranno spazio per ritornare estrinseche. Per questi motivi si dice che il legame o la liberazione da esso siano entrambi dipendenti dal
Il termine indica una determinazione, unimmaginazione, una volizione, anche se ha delle implicazioni dottrinali notevoli, che ne rendono, a nostro parere, la traduzione molto difficile. Il sakalpa viene pronunciato raccogliendo dellacqua nella mano destra posta a conca. Questenunciazione, rimette in scena quotidianamente la manifestazione. Nel sakalpa vengono, infatti, forniti dei dati riguardanti, la perfetta posizione nello spazio (dea), il preciso momento nel tempo (kla) e lapplicazione (viniyoga) di un intenzione da rinchiudere in quei determinati parametri e nella reificazione di un concetto (vastu). Queste tre, appunto, dea, kla e vastu, sono considerate le limitazioni (pariccheda) per eccellenza, parentesi entro le quali si svolge quanto esistente. Codeste sovrapposizioni fittizie che il Supremo, bench illimitato (aparicchinna), decide di vestire per ragioni di manifestazione, sarebbero esse stesse le condizioni delloriginale sakalpa celeste, della divinit Suprema: idam idn sraavyam, idam idn playitavyam, idam idn sahrtavyam, Ora questuniverso da manifestare, ora questo universo da mantenere, ora questuniverso da annientare. Ecco che, in parte, si spiegherebbe lequazione, cos spesso in uso nelle cerchie vedntiche, ossia che la manifestazione (si) solo il frutto di un pensiero, di una determinazione (sakalpamtr). 95 Il BSBNN (IBID.) scrive: nvidymay svapnasi kintu skalpik satyeti codyam andyot stra pariharati atreti. 96 AS (BSBPAV, p. 852) parafrasa lintenzione dellobbiettore: asarvajatvnvaratvayo pratyakasiddhatvj jvasya na sakalpamtrea rathdisi sajghatty artha. idn stram avatrayati ki punar jvasyeti. 97 A questo proposito lautore della BSBRP, glossando , scrive (IDID.): satyasakalpasya hi sakalpt si saty bhavati. jvasya tu asatyasakalpatva pratyakam iti parihrrtha. jvasya varatva nsty eveti akate kim iti. Anche il BSBRP (IBID.) ha qualcosa da dire: asarvajatvnvaratvayor adhyakatvn na jvasya sakalpd eva rathdisir ity artha. tarhi viruddhatvd eva na tayor aikyam iti akate kim iti.
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Signore. In altre parole, si dice legame lignoranza relativa alla vera natura del Signore, realizzata la quale immediata la liberazione dalle strette maglie dellignoranza:
na nsty eva. vidyamnam api tat tirohitam avidydivyavadhnt. tat punar tirohita sat paramevaram abhidhyyato yatamnasyajantor vidhtadhvntasya98 timiratiraskteva dkaktir auadhavrydvaraprasdt sasiddhasya99 kasyacid evvirbhavati, na svabhvata eva sarve jantnm. kuta tato hvard dhetor asya jvasya bandhamokau bhavata. varasvarpparijnd bandha, tatsvarpaparijnt tu moka. tath ca ruti - jtv deva sarvaphni kair kleair janmamtyur prahi. tasybhidhynt ttya dehabhede vivaivarya kevala ptakma [vU I.11]100 ity evam dy // 5 // No, non certamente cos. [La caratteristica divina come la conoscenza e la signoria] pur essendoci oscurata dallostruzione dellignoranza. Per, anche essendo oscurata, sorge nuovamente come per colui la cui capacit visiva oscurata dalla malattia della parziale cecit (timira) [la vista torna di nuovo sana] per il vigore della medicina, [cosicch anche] per quellindividuo che medita sul Signore, che si sforza, la cui tenebra si dipanata, che per la grazia del Signore si realizzato, non di certo per tutti gli esseri. [Obbiezione:] Perch? [Risposta:] Poich il legame e la liberazione dellanima individuale hanno come causa il Signore: con un mancato riconoscimento della natura del Signore vi il legame, mentre con la piena realizzazione della Sua natura vi la liberazione. A questo proposito vi un passaggio scritturale: Avendo conosciuto la divinit vi lo scioglimento di ogni legame, con le afflizioni dissolte c la rimozione di nascita e morte. Con la costante meditazione su di lui dopo la caduta del corpo [ottiene come risultato] la terza [condizione della natura di] conoscenza e

Il termine glossato da Govindnanda (BSBRP, p. 628.) come nippasya e aggiunge la glossa del termine sasiddhasya sasiddhasyimdiviihasyety artha. 99 Sia la BSBRP (IBID.), sia il BSBNN (p. 628) aggiungono dei particolari alla descrizione dellessere perfetto, distinguendo tra chi ha realizzato per identit il supremo senza attributi (nirgua) da chi ha realizzato quello con attributi (sagua), il cui frutto la liberazione differita (kramamukti). La prima met del verso evidenzia il frutto della nirguavidy, mentre la seconda parte, da tasya fino ad ptakma riportato il frutto della saguavidy: brahmaivham iti deva jtv sktktya sarvapnm avidydiklenm apahnir apakayas tadrpo bhavati. kai ca kleais tatkryajanmamaratmakabandhadhvsa iti nirguavidyphalam uktam. saguavidyphalam ha tasyeti. parasybhimukhyenhahrahea dhynd bandhamokpekay mantroktahnidvaypekay v ttya vivaivaryam aimdirpa martyadehapte sati siddhe dehe bhavati tadbhognantaram tmajnt kevalo dvaitanya ptakma prptasvayajyotir nando bhavatti kramamuktir ity artha// 5 // (BSBRP). Ora il BSBNN non ha molte novit da offrirci: aimdyaivarya dehabhede dehaviee siddhadehe sdhakadehapte v sati jagatkraasyujypatty bhavati. tata ca vivaivarya niratiayaivarya bhuktv nirguavidyodaye kevalo dvitya sann ptakmo niratiaynandtmanaiva tihati kramamiktir ity artha// 5 // Nulla di nuovo o degno di nota particolare ci viene dalla BSBBBP (pp. 852-853), su cui probabilmente si basano BSBRP (vedi nota successiva) e BSBNN. 100 Il passo della vU cos interpretato da Govindnanda (BSBRP: 628): brahmaivham iti deva jtv sktktya sarpapnm avidydiklenm apahni apakaya tadrpo bhavati. kai ca kleais tatkryajanmamaratmakabandhadhvasa iti nirguavidyphalam ha tasyeti. parasya bhimukhyenhagrahea dhynd bandhamokpekay mantroktahnidvaypekay v, ttya vivaivaryam aimdirpa martyadehapte sati siddhe dehe bhavati tadbhognantaram tmajnt kevala dvaitanya ptakma prptasvayajyoti nando bhavati iti kramamukti ity artha.
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signoria, [poi divenuto] un essere che ha raggiunto ogni desiderio, [infine liberato] isolato; di siffatti passi ve ne sono altri (5).

Loppositore101 incalza ancora e vuole provocatoriamente conoscere da in che senso il jva parte del S supremo.102 Se concepiamo jvtman e paramtman come ununica realt indistinta, allora al modo in cui il fuoco e le scintille manifestano il loro potere di bruciare e illuminare, similmente lanima individuale dovrebbe evidenziare le sue qualit divine innate. In ogni caso, la scomparsa e lobnubilamento della conoscenza dovuto al contatto con le varie condizioni avventizie (updhi), quali il corpo, i sensi, la mente, lintelletto e quantaltro. Tutto ci ha comunque ununica causa, lignoranza primordiale, la quale responsabile dellerrata cognizione che incapace di distinguere il S dalle condizioni avventizie a lui associate. Ancora, proprio per questa sovrapposizione (adhysa) di fattori quali il corpo ecc., provvisti di nome e forma (nmarpa), il jva si vede privare della sua conoscenza intrinseca e di ogni sorta di propriet che il paramtman possiede. Per essere precisi il processo ha questo iter: lignoranza determina nome e forma e i loro derivati quali il corpo. Lanima individuale, associatasi al corpo preda dellillusione, cosa che determina una fervida attivit psichica creativa. Secondo la congiunzione disgiuntiva v o, oppure nellaforisma serve per rimuove ogni dubbio che il jva sia differente da vara, anzi proprio v, eliminati i dubbi, determina con forza lidentit del S individuale con il S supremo:
kasmt punar jva paramtma eva sastirasktajnaivaryo bhavati. yukta tu jnaivaryayor atirasktatva visphuligasyeva dahanaprakanayor iti. ucyate. satyam evaitat. so pi tu jvasya103 jnaivaryatirobhvo dehayogd dehendriyamanobuddhi-viayavedandiyogd bhavati. asti ctropam104 yathgner dahanaprakanasapannasypy araigatasya dahanaprakane

Sebbene di grande aiuto e spesso corretto, Layek legge con poca attenzione il testo di , confondendo la posizione di questultimo con quella delloppositore (LAYEK, 1990: 22-23). 102 Lultimo aforisma di questo adhikaraa (BS III.2.6) dehayogd v so pi, Anche quella [propriet divina della signoria dellanima individuale] dovuta allunione con il corpo. La congiunzione disgiuntiva v ha il valore di allontanare il dubbio espresso. 103 BSBBBP (p. 853) e BSBNN (pp. 628-629) sono analoghi nellanalizzare (vivoti, BSBNN) e sviluppare (prapacayati, BSBBBP) la posizione dellobbiettore (kepa) e laccettazione della prima opzione da parte di e la confutazione della seconda: ci che ostacola la libera signoria e conoscenza dellanima individuale, che pure scintilla del fuoco del supremo Signore: pramrthikasya pratibandhasybhva sdhyate, ki v vidytmakasypti vikalpydyapakam agkaroti satyam iti. dvityapakas tv anupapanna ity ha so pi jvasyeti. (BSBBBP); pramrthikasya pratibandhasybhva sdhyate, prtibhsikasya veti vikalpayati ucyata iti. dyam agkaroti satyam iti. dvitya dayati so pi jvasyeti. (BSBNN). 104 Lintero passaggio trattato in modo leggermente differente nel BSBPAV (p. 853), in cui si specifica che lente illustrato come parte (aa) di un tutto (ain) deve di necessit partecipare delle qualit del tutto, per questo come possibile loscuramento di signoria e conoscenze del jva, che pure parte del tutto, ossia il Signore. Allora, intendendo lessere particella del Signore dellanima individuale come non diretta e immediata, accetta la posizione proposta: yo yasya sa tagualti da ity etat satyam. iha tu jvasyevaratvam eva na skd astty abhipretyha satyam evam etad iti.. Il dubbio persiste nelloppositore. Che pur non vi sia un rapporto (bhva) di ain, per
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tirohite

bhavato

yath

bhasmacchannasya.

evam

avidypatyupasthpita-

nmarpaktadehdyupdhiyogt tadavivekabhramakto jvasya jnaivaryatirobhva. vabdo jvevarayor ananyatvakvyvttyartha ... [Obbiezione] Di nuovo, per quale ragione lanima individuale in verit una particella dellanima suprema, la cui conoscenza e signoria sono state oscurate, anche se opportuno sarebbe il non oscuramento della conoscenza e signoria [del jva] come accade per la capacit di ardere e illuminare della scintilla. [Risposta:] Si risponde, che ci difatti vero, pure quelloscuramento di conoscenza e signoria dellanima individuale avviene per lunione col corpo, [vale a dire] per la congiunzione con il corpo,105 i sensi, la mente, lintelletto, gli oggetti [dei sensi], il dolore e quantaltro. A questo proposito abbiamo una similitudine: al modo in cui sono celate le capacit di ardere e illuminare del fuoco insito nellarai,106 che provvisto di [tale] potere di ardere e illuminare, oppure come [il fuoco] coperto dalla cenere; analogamente, a causa della commistione con le condizioni avventizie quali il corpo e le altre, fondate sul nome e la forma che sono presentate dallignoranza, avviene lottenebramento dovuto alla nozione mendace di non-discriminazione [rispetto a tali condizioni avventizie] dellanima individuale. [Inoltre], la parola v [nellaforisma] posta allo scopo di eliminare il dubbio relativo alla diversit tra lanima individuale e il Signore ...

Lasciamo ora parlare il BSB stesso, che conclude la trattazione relativa al sogno come luogo di congiunzione (sadhysthna), rispondendo a un ultimo tentativo del prvapakin di provare la differenza tra jvtman e vara, postulando linutilit del proporre lassociazione con gli updhi:
nanv anya eva jva vard astu tirasktajnaivaryatvt ki dehayogakalpanay. nety ucyate. na hy anyatva jvasyevard upapadyate seya devataikata [ChU VI.3.2] ity upakramya anena

se sia il Signore, sia lanima individuale sono connaturati di conoscenza, come si spiega che da una parte si riscontra la signoria, dallaltra no? La risposta di un Vedntin non pu che essere che la differenza e la peculiarit (viea) tra i due relegata alle condizioni avventizie (updhi), non di certo alla natura intima: nanu m bhd aibhva, tathpi citsvarpviee katha kvacid aivarydyabhivyakti, kvacic ca nstty akyopdhigatam eva vieam ha so pi tu jvasyeti. updhiktavieasadbhve dntam ha asti ctropameti. 105 BSBNN (p. 629), come anche la BSBBBP (p. 853), precisa che nel stra col termine deha si intendono sia il corpo sottile sia il corpo grossolano: stre dehaabdena sthla skma ca deha ghitv vycae deheti. Sempre il BSBNN (IBID.) suggerisce che ldi posto dopo vedan, sia da considerarsi come la causa di tutte le miserie, ossia lignoranza stessa: diabdena taddhetur avidy 106 Nel sacrificio vedico il centro senza dubbio il fuoco. Al fine di installarlo negli altari (vedi) di ognuno dei tre focolari sono compiuti vari rituali sussidiari. Uno di questi laccensione vera e propria che si attua mediante lo sfregamento di due bastoncini, spesso di legno di avattha (Ficus Religiosa). Le asticelle sono poste luna perpendicolare allaltra e inframmezzate da alcuni steli di erba ku secchi. Il bastoncino verticale, quello che viene, per cos dire, zangolato o frizionato si dice manthani. Questo sinfila nel minuto foro del bastoncino inferiore, posto in posizione orizzontale, il cui nome arai, appunto. Si dice, spesso con le implicazioni dottrinali del satkryavda, che la frizione del manthani abbia come solo risultato il rendere manifesto il fuoco che gi era d prima presente nellarai.

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jventman nupraviya [ChU VI.3.2] ity tmaabdena jvasya paramrt. tat satya sa tm tat tvam asi vetaketo [ChU VI.9.4] iti ca jvyopadiatvartmatvam. ato nanya evevarj jva sadehayogt tirohitajnaivaryo bhavati. ata ca na skalpik jvasya svapne rathdisir ghaate. yadi ca skalpik svapne rathdisi syn naivnia kacit svapna payet. na hi kacid aniam sakalpayate, yat punar ukta jgaritadearuti svapnasya satyatva sthpayatti na tat smyavacana satyatvbhiprya svayajyotivavirodht, rutyaiva ca svapne rathdyabhvasya daritatvt. jgaritaprabhavavsannirmitatvt tu svapnasya tattulyanirbhsatvbhiprya tat.107 tasmd upapanna svapnasya mymtratvam// 6 //108 [Obbiezione:] Ma che il jva sia altro dal Signore, poich la sua conoscenza e signoria sono state oscurate. Allora che [valore ha] la supposizione della sua associazione con il corpo, ecc.? [Risposta:] Si risponde no. Infatti, lalterit dellanima individuale rispetto al Signore non sostenibile. [Il Passaggio dellUpaniad] che cominciando con Quella, che questa divinit desider [e termina con] essendo penetrato come quellanima individuale , in quanto con la parola tman ci si riferisce (parmara) allanima individuale. [Poi la scrittura] insegna al S individuale la [sua] essenza divina Quella la verit, quello il S, tu sei quello o vetaketu! Per cui il jva, non essendo altro dal Signore, a causa dellunione con [le condizioni avventizie quali] il corpo, oscurato nella sua conoscenza e signoria. Allora, nel sogno non plausibile una creazione immaginaria dellanima individuale di carri e altri oggetti. Se poi nel sogno ci fosse una creazione immaginaria di carri e altro, nessuno vedrebbe dunque alcun sogno indesiderato, n nessuno vedrebbe alcun ente indesiderato. [Inoltre], ci stato detto di nuovo Il passaggio scritturale che riguarda la condizione di veglia stabilisce la verit del sogno , laffermazione delluguaglianza di ci [delle due condizioni di veglia e di sogno] non ha come significato la verit [di questi due], poich sarebbe in contrasto con lauto-luminosit [del S], mentre la ruti ha definitivamente mostrato la mancanza di carri eccetera nel sogno; poich il sogno prodotto dalle impressioni latenti la cui origine nella veglia, ci ha come

Sia la BSBBBP (p. 854), sia il BSBPAV (IBID.) forniscono la loro interpretazione rispetto allaffermazione di analogia tra la veglia e il sonno: satyatva ced vivakita tad svayaprakamnatve ttparybhvt na tatsidhyet. jgradvac ca ditydijyotissadbhvt pardhnaprakatvaprasage manadidratva svata ity etad virudhyate. ato jgradsadabhramodayt smyavacanam ity artha. (BSBPAV); tatrpi jgaritavad viayendriyasadbhve durvivecanatay pratipdya svayaprakatvan na siddheri[siddhedi]ty artha. (BSBBBP). 108 La conclusione della BSBRP (p. 629) a questo adhikaraa che pi daltri ci interessa, ribadisce che la trattazione del sogno per evidenziare che in quella condizione lauto-luminosit del S maggiormente palese: svapne py lokde satyatve jgratvtmana svaprakatvam asphua syt, prtibhsikatve tv lokendriydyasattve py arthparokyamtmajyotia eveti sphua sidhyati, tasmd dedismyavacana svapnasya jgrattulyabhnbhipryam ity artha. Nulla di particolare aggiunge il BSBNN.
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significato unapparenza [solamente] simile a quella [condizione di veglia].109 A tal cagione la mera illusoriet del sogno logicamente sostenibile (6)110

V.5: I L

SADHYDHIKARAA NELL INTERPRETAZIONE DELLA

B HMAT

Commentando il passaggio del BSB (III.2.1): ki prabodha iva svapne pi pramrthik si hosvid mymayti, Vcaspati Mra, nella sua mirabile Bhmat (BSBB), d il via alla sua discussione riguardante gli oggetti esperiti durante il sogno ponderando se essi possano essere considerati reali quanto quelli di veglia oppure illusori. Abbiamo visto come la domanda che si pone sia se gli enti che si percepiscono in sogno siano altrettanto reali (pramrthika) come quelli di veglia, oppure totalmente illusori. La BSBB prende il prvapaka di e lo ripropone orientandolo differentemente. Lobbiettore, tentando di stabilire la realt degli enti onirici, come i seguaci akhytivdin di Prabhkara, prova a negare la possibilit stessa di una cognizione erronea (SHARMA, B. N. K., 1986 [1978], VOL. 3: 26). La discussione prende le mosse dal fatto che la trattazione delle tre condizioni dellanima individuale e laccertamento dellillusoriet delle creazioni oniriche svolta per comprovare lauto-luminosit del S: idn tu tasyaiva jvasyvasthbheda svayajyotivasiddhyartha prapacyate.111
La SBSV (pp. 183-184) conclude con alcune considerazioni che riportiamo: so pi jvasyaivaryatirobhva dehayogt dehdv tmatvbhimnalakavidyvat, yath bhasmayogd vahne prakanaaktitirobhva tadvad ity artha. vabda varatvsabhavaaknirsrtha, abhedasymnyasahasraprasiddhatvt. ata svapnaprapacasya mymtratvena tato vinirmuktasya jvasya svayajyotiasiddhir iti. 110 Ladhikaraa immediatamente successivo a quello da noi trattato formato da due aforismi, il settimo e lottavo, e riguarda la condizione di sonno profondo (suupti): tadabhvo niu tacchruter tmani ca (III.2.7), Lassenza di quello [il sogno il sonno profondo] nei canali sottili e nel S, ci [ appreso] dalla ruti e ata prabodhosmt (III.2.8) Perci il risveglio da questa [condizione]. 111 Nel Vedntakalpataru (VK, pp. 676-677) malnanda (A, XIII sec.) scrive: jgradavasthy hy ditydisakard durvivekam tmana svayajyotiva, tatra yadi svapno pi satya syt tadavastha durvivekatvam iti tanmithytvam ucyate. manas tu svapne sad api dyatvn ntmabhsakam. ditydn dyatvviee pi svarpato pi vyatirekasamarthanrtham arthavat mithytvacint. rabhadhikarae (BSB II.1.14) samastabhedamithytvopapdand ajmitvya prapacyate ity ukti. rathdisargmnnd rathdyabhvmnnc ca saayam ha kim iti., Nella condizione di veglia, infatti, a causa della mescolanza con il sole, lauto-luminosit del S difficilmente distinguibile. A questo proposito, se anche il sogno fosse verit, allora anche la sua [= del sogno] condizione sarebbe difficilmente distinguibile. Per, la sua falsit espressa. La mente, pur essendoci nel sogno, a causa della [sua] percepibilit non in grado di illuminare il S. Anche se per propria natura il sole e gli altri [corpi luminosi] sono soggetti alla medesima percepibilit, la riflessione sulla falsit ha come scopo di corroborare la mancanza [di questi]. Nella sezione riguardante lorigine tale laffermazione: con la riprova della falsit di ogni differenza viene sviluppata la disomogeneit. Il dubbio si palesa a causa della menzione scritturale riguardante la creazione dei carri eccetera [in sogno] e la menzione scritturale dellassenza dei carri e degli altri oggetti [sempre in sogno]: Forse che ? ... Appaya Dkita (AD, XVI sec.) nel suo Kalpataruparimala (KP, pp. 676-677) chiosa in questo modo: manas tu svapne sad apti. vyvahrikam apty artha. nanu mano yadi dyatvn ntmabhsanakama tarhi svpna ditydir api tata eva tatheti tanmithytvasamarthana vyartham ity akya prtibhsikatvasiddhyartha tad ity ha ditydnm iti.,
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Il punto di vista imperante che in entrambe le condizioni qualsiasi entit che non sia la realt assoluta illusoria. Vi solamente una differenza nel grado di durata delle entit colte durante la veglia rispetto a quelle proprie del sogno, sebbene sia possibile affermare che anche le entit della veglia perdono ogni loro realt al momento in cui un individuo realizza la fondamentale identit tra il S e il brahman (LAYEK, 1990: 29-30):
yady api brahmao nyasynirvcyatay jgratsvapnvasthgatayor ubhayor api sargayor mymayatva iti tathpi yath jgratsir brahmtmabhvasktkrt sadhau prg anuvarttate. sadhyam. brahmtmabhvasktkrt tu nivarttate. eva ki svapnasir hosvit pratidinam eva nivarttata vimarrtha. dvayo. ihalokaparalokasthnayo. bhava aihalaukikacakur rpdisktkro sti dyavyprd svapnada. rpdisktkropajanand tasmd ubhayor lokayor anaihalaukika asyntarlatvam iti

pralaukikendriyavyprasya ca bhaviyato pratyutpannatvena na pralaukikam. na ca na brahmtmabhvasktkrt prk tathyarpaiva sir bhavitum arhati Sebbene tutto ci che altro dal brahman sia indescrivibile, allora entrambe sono illusorie le manifestazioni relative sia alla condizione di veglia sia a quella di sogno. Tuttavia, cos che la manifestazione della veglia continua a presentarsi fino alla realizzazione dellidentit tra brahman e tman; mentre, con la realizzazione dellidentit di brahman e tman si ritrae. Allora la creazione onirica esiste? Oppure ogni giorno invero si ritrae? Questo il significato della riflessione [espressa da ].112 Tra i due , [significa] tra i luoghi di questo mondo qui e dellaltro mondo. Lastratto del termine sadhi [lett.: congiunzione] congiuntura (sadhya). La facolt visiva e le altre [facolt sensoriali] poich hanno come funzione originaria la generazione della percezione diretta della forma-colore e degli altri [loro oggetti], sono proprie di questo mondo, mentre lattivit dei sensi oltre-mondani non di questo mondo, poi non [nemmeno] dellaltro mondo, poich in essa non si riscontra la presenza di quella [stessa attivit] futura. Inoltre, non che chi vede il sogno non ha lesperienza della forma-colore e degli altri [oggetti], perch avendo posizione mediana tra i

Mentre la mente, pur essendoci in sogno , il significato pur essendo empiricamente reale. [Se si assumesse:] ma se la mente che, a causa della [sua] percepibilit, non in grado di illuminare il S, allora da ci anche il sole e gli altri corpi luminosi in sogno risulterebbero tali, per cui sostenere la falsit di quelli sarebbe inutile. Avendo cos dubitato, al fine di provare lillusoriet allora [il testo] dice del sole e degli altri [corpi luminosi] ... Teniamo a precisare che la nostra disamina sar pi attenta ai chiarimenti del VK, piuttosto che al KP, poich questultimo ci svierebbe su ben altri complessi dibattiti, per cui ne faremo riferimento solo per amore di chiarezza. 112 VK (p. 677): svapnasya vyvahrikatvam asti na veti cintyata ity artha, Il significato che [ivi] si riflette a proposito della realt fenomenica del sogno o meno.

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due mondi, prima della realizzazione dellessere brahman del S quella manifestazione pu essere [considerata] di certo veritiera.113

In altre parole solo una questione di variazione di durata. Per un oppositore, probabilmente seguace della Mms oppure della scuola vedntica di Bhskara, sinsinua argomentando che nessuna conoscenza pu essere falsa, sia essa relativa alla condizione di sogno o di veglia. Se nessuna conoscenza mendace, tanto meno i suoi oggetti possono essere tali, per questo la conoscenza onirica deve di necessit essere veritiera. Secondo costui ogni cognizione deve essere intesa come veritiera, nel senso che quanto asserito da una conoscenza rispetto a un dato empirico deve di necessit essere considerato corretto, proprio perch la natura stessa delloggetto percepito entra in comunione con la cognizione che lo coglie. Non possibile ascrivere a un oggetto un carattere differente da quello presentato nella sua cognizione. Lunica circostanza, continua il prvapakin, in cui si pu ritenere contraddittoria una cognizione quando essa colga due distinte modalit noetiche, cio percezione diretta e ricordo, in un medesimo oggetto. In tale circostanza la cognizione pi debole, solitamente il ricordo, contraddetta da quella pi viva e forte, la percezione diretta:
ayam abhisadhi. iha sarvi mithyjnny udharaa te satyatva pratijyate. praktopayogitay tu svapnajnam udhtam. jna yam artham avabodhayati sa tathaiveti yuktam. tathbhvasya jnroht. atathtvasya tv apratyamnasya tathbhvaprameyavirodhena kalpannaspadatvt ... [Obbiezione:] Questo il senso:114 in tal caso fungono da esempio tutte le false conoscenze, la cui verit premessa. Nella fattispecie, per utilit come esempio data la conoscenza

Con parole pi semplici e pi adatte alla nostra comprensione, il punto di vista di VM pressa poco questo: il sogno , per lappunto, la congiuntura, la zona crepuscolare tra due mondi, tra due stati. Nellesperienza quotidiana si riscontra che persone che vivono al confine tra due regioni abitualmente svolgono le proprie attivit quotidiane in entrambe queste regioni. Altrettanto vero che la vista delluomo in questo mondo coglie, come suo oggetto, rpa; mentre, secondo le testimonianze scritturali, si sa che nei mondi celesti (dyuloka) si ha percezione del medesimo oggetto senza il tramite della facolt visiva. Ci sta a significare che durante il sogno la percezione di forma-colore avviene senza locchio. Allora sorge una domanda: se la manifestazione di entrambi i mondi veritiera, perch la creazione onirica non anchessa tale? (BSBB, YOGNDRNANDA, [ED.], 1996 [1974], VOL. 2: 909-910). nanda Giri (G) nel BSBNN (p. 622) scrive: aihikmumika ca yad aindriyaka rpdijna tasybhvd anudayc ca svapnasthna tayo sadhyam uktam. sthladaranasya cbhvd vsanmayajnasya tatra bhvt prabodhasaprasdayor v sadhya svapnasthnam iti vivektavyam. 114 Il VK (p. 688) chiarisce lidea centrale dellobbiettore e quale sia il quesito a cui risponde: svapnasatyatva vaktu na akyate idarajatdibodhev iva bdhavirodhd ity akyha ayam abhisadhir iti. jna sarva yathrtham iti prvapaka ity artha. S. Layek (1990: 30) afferma che il prvapakin, per provare questo suo costrutto, ricorre a uninferenza (anumna) a cinque membri (pacvayava): i) The object of any knowledge is real. ii) Because, it appears in its knowledge in its own form. iii) It has not been observed so far that the object of knowledge does not appear in its own form in its cognition. iv) The present knowledge is also of the same class of knowledge. v) Therefore, its object is real. Tuttavia,
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onirica.115 logico che quelloggetto che la cognizione coglie di certo tale, poich si ha lascesa alla conoscenza di tale ente, mentre ci che non tale non conoscibile, per via dellopposizione con quellente conoscibile che appunto tale [ossia oggetto della valida cognizione], [allora] non oggetto di una qualsivoglia ipotesi [di non validit] ...

Per il siddhntin, intervenendo brevemente, indica un caso in cui loggetto appare diversamente, ossia il locus classicus della corda che appare come serpente (sarparajju), ribadendo che, quando due cognizioni sono prese in esame, una contraddizione pi che possibile: bdhakapratyayd atathtvam iti cet?, [Se si dicesse che] lassenza di validit dovuta alla cognizione contraddittoria? A questo lobbiettore ribatte che non possibile affermare che due cognizioni siano contrastanti in qualsiasi condizione, bens si contraddicono solo nel caso in cui una cognizione che ha un solo oggetto finisce per rivelarne due. In questa situazione, si deve determinare che tra le due cognizioni una pi forte e laltra pi debole (balbala), per cui la pi forte nullifica la pi debole, determinando un rapporto di contraddetto-contraddittore (bdhyabdhakabhva):
na, tasya bdhakatvsiddhe. samnagocare hi viruddhrthopasahri jne virudhyete. balavadabalavattvanicayc ca bdhyabdhakabhva pratipadyete ... [Risposta:] [Si risponde] no, in quanto non c prova della contraddittoriet di quella [cognizione]. Infatti, si contraddicono due cognizioni con il medesimo contenuto che terminino in due oggetti contrastanti, allora per via della determinazione della forza e debolezza [di una rispetto allaltra, esse] si presentano in un rapporto di contraddetto e contradditore ...116

non vi specifica menzione di tale mezzo di prova, nemmeno da parte dei commentatori. Al massimo potremmo cercare di ricostruirla partendo dalla premessa generale (pratij), che effettivamente espressa: sarva jnam yathrtham, dove sarvam jnam rappresenta il locus, il soggetto dellinferenza (paka), mentre yathrtham o meglio la propriet comune che si cerca di provare in tutte le cognizioni yathrthatvam. Laffermazione successiva sembra intendere una sorta di concomitanza invariabile (vypti): jna yam artham avabodhayati sa tathaiva, da trasformare pressa poco cos yatra yatra jnasya padrthabodhakatva tatra tatra jnasya padrthatathtvam. Allo stesso modo possibile identificare un ipotetico probans (hetu) in atathtvasya tv apratyamnasya tathbhvaprameyavirodhena kalpannaspadatvt; infine, il testo stesso parla della conoscenza onirica come dellesempio (udharaa). Comunque sia, questa ricostruzione ci pare davvero poco probabile. 115 Il VK (IBID.) legge: tarhi svapnodahraam ayuktam sarvabhramey vipratipatter avied ata ha praktopayogitayeti. 116 Il senso dellaffermazione che pure sulla base del giudizio contraddittorio (bdhakapratti), la non conformit alla vera natura delloggetto (atathtva) relativa alloggetto stesso non pu essere provata, perch ci che contraddice una cognizione onirica non viene colto. Sono reciprocamente contraddittorie quelle cognizioni che colgono in un solo oggetto due differenti contenuti, per questo motivo quando si ha la certezza della maggiore forza e validit di una delle due cognizioni rispetto allaltra si pu parlare di un rapporto (bhva) tra una cognizione contraddetta (bdhya) e una contraddittrice (bdhaka). Nel caso in esame, per, le cognizioni che sono identificate come contrastanti, non hanno il medesimo contenuto, infatti, per la diversit dei momenti in cui avvengono, non si pu che dedurre che pure i loro contenuti siano diversi tra loro (YOGNDRNANDA, 1996, VOL. 2: 910).

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Il prvapakin continua affermando che una cognizione considerata contraddittoria non tale, perch nel caso in esame loggetto non lo stesso, dal momento che possiamo distinguere gli oggetti colti nella condizione di veglia e gli oggetti onirici sulla base della differenza di durata: perci la conoscenza onirica e la conoscenza di veglia non sono reciprocamente contraddittorie, allo stesso modo in cui non si pu dire che la conoscenza del latte e la conoscenza dello yogurt formatosi da quello stesso latte siano mutualmente contraddittorie. Ci che era latte stato conosciuto come tale fino a che stato latte, mentre, quando divenuto yogurt stato allora riconosciuto come yogurt. Similmente, gli oggetti di veglia e sogno non sono gli stessi, per cui non c una possibile contraddittoriet tra di essi. Quando qualcuno prima scorge largento e, dopo essersi avvicinato a quelloggetto, vede che era solo madreperla, allora non si pu dire che le due cognizioni siano reciprocamente contraddittorie semplicemente perch largento scorto diviene al tempo dovuto madreperla. Si pu pure, continua lobbiettore, arguire che un oggetto pu apparire sotto diverse forme, dove un particolare complesso causale (smagr)117 rivela una forma particolare dello stesso oggetto, mentre altri complessi rivelano forme particolari di altri oggetti. Per esempio, quando una persona muovendosi sotto il sole si stanca, i suoi occhi disturbati dalla luce solare scorgono un oggetto la madreperla per esempio come fosse argento. Daltro canto, una persona che non sia nella medesima situazione, con una normale condizione di luce, percepisce invece la madreperla come madreperla. Allo stesso modo, un carro visto in un sogno non percepito durante jgrat, in quanto un ente onirico visibile solo durante il sogno e non altrimenti, quindi anche un carro empiricamente reale esperito nella veglia non carpibile in sogno, semplicemente perch non vi veglia quando si dorme. Si conclude che una certa percezione pu sorgere solo in presenza di un particolare complesso causale: il sonno, la veglia, la luce, il raggi del sole eccetera, sono considerati alcuni degli elementi di questo complesso. pure logicamente sostenibile che un certo complesso causale sia operativo nel sogno e un altro nella veglia. Per questo motivo non vi alcuna reciproca contraddizione tra le due cognizioni. Se questo vero, allora anche gli oggetti esperiti in entrambi gli stati devono essere reali: se gli oggetti colti in entrambe le condizioni appaiono nella loro forma propria, non vi alcun criterio per determinare una validit maggiore o, addirittura, la realt degli oggetti di veglia rispetto a una minore permanenza o irrealt di quelli del sogno. Per questo loppositore termina la sia
Si dice complesso causale, o smagr, linsieme di tutte le cause, concause, primarie e secondarie necessarie alla produzione di un effetto. Il termine deriva appunto da un senso di totalit causale: samagrasya bhva iti smagr.
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disquisizione con uninferenza: La cognizione onirica che si presa in esame veritiera, poich una cognizione, proprio come la cognizione di una colonna o quantaltro nella condizione di veglia. Oltre che con linferenza il prvapakin rende pi solido il proprio ragionamento con un passo della ruti: Egli crea i carri, gli animali aggiogati ai carri e le strade (BU IV.3.10). Poi loppositore, immaginando unintromissione del siddhntin che pu interpretare la voce verbale sjate in senso secondario con il risultato della irrealt delle entit oniriche, afferma immediatamente che il verbo non pu essere inteso secondariamente o per implicazione (lakaay), perch in molti passaggi troviamo la medesima voce verbale intesa in senso primario. Per questo la supremazia della ruti rimane intatta e la conseguenza che il passaggio successivo L non vi sono n carri , sar da intendersi in senso secondario. Ci comporta questo significato: le entit viste durante il sogno non sono adatte a essere colte durante la veglia, anche se questo non determina che le entit oniriche come i carri e gli altri oggetti menzionati dal passaggio upaniadico non siano reali. Inoltre, va detto che la frase riguardante lEssere onnisciente (prja) citata da due differenti Upaniad per sottolinearne lidentico significato in due contesti separati. Per questi ci che Prja manifesta deve essere riconosciuto come reale, proprio come si riconoscono reali il cielo e ogni altra realt empirica. Inutile il dubbio del siddhntin, secondo il quale quelle entit sono creazioni del jva e non di Prja, cio di vara, in quanto il contesto in cui appaiono quello di Prja e non daltri. Seppure si prendesse laffermazione didentit tra il jva e Prja come suggello della produzione di queste entit da parte dellanima individuale, in ogni caso, si dovrebbero comunque considerare reali quegli oggetti. Oltre a quanto detto, si aggiunga lesperienza quotidiana, nella quale talvolta quello gli oggetti onirici pu corrispondere alle entit dello stato di veglia. Lobbiettore, infine, termina con un esempio: un certo Priyavrata sogna che un brhmaa vestito di bianco, con bianca ghirlanda e ornato di sandalo lo apostrofa predicendogli che il re lo onorer da l a cinque giorni. Tornato alla veglia, Priyavrata sar effettivamente onorato dal re al momento preciso predetto nel sogno. Conseguenza ovvia che egli creder alla realt di quel messaggio onirico (LAYEK, 1990: 31-33; SHARMA, B. N. K., 1986 [1978], VOL. 3: 27-28). La conclusione che le creazioni del sogno sono reali (HAYASHI, 2001: 559):118
na ceha samnaviayatva klabhedena vyavasthopapatte. yath hi kra da klntare dadhi bhavati, eva rajata da klntare uktir bhavet. nnrpa v tadvastu. tadyasya tvrtapaklntisahita caku sa tasya rajatarpat ghti. yasya tu kevalam lokamtropakta

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Si confronti anche con la discussione fatta nellultimo paragrafo del secondo capitolo alle pp. 196-198.

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sa tasyaiva uktirpat ghti. evam utpalam api nlalohita div saurbhir bhbhir abhivyakta nlatay ghyate. pradpbhivyaktan tu nakta lohitatay. evam asaty nidry sato pi rathdn na ghti nidras tu ghtti smagrbhedd v klabhedd v virodhbhva. npi prvottarayor balabatabalavattvaniraya, dvayor api svagocaracritay samnatvena vinigamanhetor abhvt. tasmd apy avayam avirodho vyavasthpanya. tat siddham etat vivdspada pratyay samyaca pratyayatvj jgratsthambhdipratyayavad iti. imam artha rutir api darayati atha rathn rathayogn patha sjate [BU IV.3.10] iti na ca na tatra rath na rathayog na panthnobhvantti [BU IV.3.10] virodhd upacaritrth sjata iti rutir vykhyey. sjata iti rute, bahurutisavdt pramntarasavdc ca balyastvena tadanugutay na tatra rath ity asy bhktatvena vykhynt. jgradvasthdaranayogy na santi na tu rath santti. ata eva kartruti khntararutir udht. prjakartkatvc csya pramrthikatva viyaddisargavat. na ca jvakartkatvn na prjakartkatvam iti spratam. anyatra dharmd anyatrdharmd [KaU I.2.14/ II.14] iti prjasyaiva praktatvj jvakartkatve pi ca prjd abhedena jvasya prjatvt. api ca jgratpratyayasavdavanto pi svapnapratyay kecid dyante. tad yath uklmbaradhara uklamlynulepano brhmayana priyavrata praty ha priyavrata! pacame hani prtar evorvpryabhmidnena narapatistv mnayiyatti, sa ca jgrat tathtmano mnam anubhya svapnapratyaya satyam abhimanyante. tasmt sadhye pramrthik sir iti// 1-2 // In questo caso non possibile avere un comune oggetto, poich unorganizzazione plausibile postulando la differenza di tempo, come per esempio: ci che stato esperito come latte, in un secondo tempo diviene yogurt, cos come ci che stato esperito come argento, diviene in un altro momento, madreperla. Oppure, quellentit possiede molteplici aspetti e allora chi ha vista afflitta da un tremendo calore coglie laspetto dargento di quellentit. Chi, invece, [ha la vista] solamente aiutata da una normale luce, coglie laspetto di madreperla di quella [entit]. Cos, un loto di colore violaceo [= blu scuro e rosso] che durante il giorno evidenziato dai raggi solari percepito come blu, mentre durante la notte, illuminato da un lume, come rosso. Questo accade anche quando non vi sia la condizione di sonno, qualcuno non esperisce i carri e altri oggetti che pur vi sono, ma dormendo [li] coglie; allora non vi alcuna opposizione sia per una differenza nel complesso causale (smagr), o anche per una differenza nel momento [di presentarsi].119 Non si pu nemmeno determinare la forza o debolezza per quella [cognizione] che viene prima rispetto a quella successiva, giacch, essendo ognuna impegnata a cogliere il proprio oggetto, sono entrambe analoghe, e allora non si trova una ragione definitiva capace di accertarne [la preminenza di una rispetto allaltra]. Per questo, di necessit, si deve determinarne lassenza di [reciproca] contraddizione. Pertanto, questa [molteplicit di aspetti delle cognizioni] provata [dallinferenza]: le cognizioni che sono oggetto di diatriba sono veritiere, poich sono

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Ossia, in una sola entit possibile larmonizzazione di molteplici aspetti (nnrpa).

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cognizioni, proprio come le cognizioni di veglia che hanno come oggetto colonne o qualsiasi altro oggetto.120 La ruti mostra questo stesso contenuto: Dopo di ci crea carri e animali aggiogati ai carri e strade (BU IV.3.10).121 Nemmeno possibile interpretare [cos] la ruti, [ossia dicendo che] per contraddizione [con il passaggio] L non ci sono n carri, n animali aggiogati ai carri n strade, [la voce verbale] crea (sjate) ha un significato secondario, infatti il [significato del] passaggio sjate concorda con molti altri passaggi scritturali, nonch laccordo c pure con altri mezzi di conoscenza,122 perch essendo pi forte [ha un senso primario], mentre L non ci sono carri , sussidiario a quello [precedente] la sua interpretazione avviene in modo secondario. [Gli oggetti onirici] non sono adeguati a essere visti durante la condizione di veglia e neppure i carri non ci sono, perci la ruti riguardante lautore (kart) e [anche] la ruti di unaltra recensione sono riportate come esempi.123 [Inoltre], poich [la creazione onirica] prodotto del Signore onnisciente (prja), la sua realt effettiva come la manifestazione delletere e degli altri elementi.124 Non invece corretto (spratam) [sostenere]: non creazione del Signore poich produzione dellanima individuale ;125 infatti Altrove dal merito, altrove dalla colpa (KaU II.14/I.2.14), proprio il Signore loggetto del contesto (praktatvt); [e se poi pur si dovesse credere] la creazione [degli oggetti onirici] da parte dellanima individuale, [lo si farebbe supponendo], la signoria dellanima individuale per identit con il Signore. Se ci non bastasse, svariate cognizioni oniriche presentano una certa armonia con le cognizioni che si hanno durante la veglia.126 Per esempio in sogno unentit simile a un brhmaa127 vestito di bianco, con una bianca ghirlanda e ornato di sandalo dice a [un certo individuo di nome]128 Priyavrata: O Priyavrata! Al quinto giorno [da oggi] al mattino presto il re ti onorer con il dono di un

VK (p. 689): vivdspada pratyay iti niyataligatvt smndhikarayam. VK (IBID.): rathair yujyanta iti rathayog avdaya. patho rathamargn. 122 VK (IBID.): pramntaram uktam anumna vakyama prjakartkahetukam. 123 VK (IBID.): kartruti sa hi kartety e brhadrayak. khntararutis tu ea suptev ity dy kahaakhgat. Il riferimento qui al passaggio upaniadico sjate sa hi kartt, che conclude la sezione della BU IV.3.10. Oltre a questo anche un passaggio della KaU (V.8/II.2.8): ya ea supteu jgarti kma kma puruo nirmima. presenta la medesima interpretazione in senso primario della creazione degli oggetti onirici. Il singolare nellespressione udaht sembra determinato dal fatto che il termine si accompagna a ognuno degli esempi scritturali singolarmente, non collettivamente. 124 Secondo VK (IBID.) anche questa affermazione assume le fattezze di uninferenza: svpnasi pramrthik prjakartkatvc viyaddisargavat. 125 Qui si allude a unaltra inferenza, questa volta del siddhntin, il cui probans (hetu), differente da quello dellinferenza dellobbiettore, capace di controbilanciare (satpratipaka) il probans del prvapakin: svpnasir na prjakartk jvakartkatvt jgratklnaghadivat. Il VK (IBID.): hetur asiddhim akhyha na ca jvakartkatvd iti. ya ea suptev iti vkyasydhastt prjasyaiva paramtmana eva praktatvd ity artha. Lobbiettore indica per il probans fornito dal siddhntin come affetto dal fallo dellasiddhi, nella fattispecie uno pseudo probans la cui natura non comprovata (svarpsiddhi hetvbhsa), errore nel quale sincorre quando il probans non presente nel soggetto inferenziale (paka): qui lhetu jvakartkatva non presente in svpnasi. 126 VK (IBID.): vimatipada satya svapnatvt savadisvapnavad ity ha api ceti. 127 Secondo il VK (IBID.) VM intende un essere divino che per farsi vedere si appoggia al supporto delle mentite spoglie di un brhmaa: brhma ayanam rayo yasya sa tath. svaya tu brhmabhsa ity artha. 128 VK (IBID.): priyavrata priyavratanmna kacit.
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appezzamento di terra fertile.129 Questi, al risveglio, [dopo cinque giorni] essendo stato testimone della propria onorificenza, considera verit la cognizione avuta nel sogno. Per tali motivi la creazione nella congiuntura assolutamente reale.

Questi primi due stra, in cui lobbiettore d forma alle sue teorie, sono seguiti dal terzo, che costituisce la replica vera e propria del siddhntin. La risposta del siddhntin, sin a livello dei stra, mediante uninferenza: gli enti onirici sono mere illusioni, poich non manifestano alcuna entit nella sua forma effettiva. Per essere pi precisi e cominciare a smontare le perplessit dellobbiettore, parte dicendo che non vero che largento si trasforma nella madreperla come il latte si trasforma in yogurt, perch non in alcun modo possibile che largento si trasformi in madreperla. vero, infatti, che anche se una persona vede largento in luogo della madreperla, unaltra non ha la stessa percezione, a meno che i suoi sensi non siano disturbati:
iti prpte ucyate mymtra tu krtsnyennabhivyaktasvarpatvt idam atrktam na tvat krasyaiva dadhi rajatasya parima ukti sabhavati. nahi jtv varaghe cirasthitny api rajatabhjanni uktibhvam anubhavanti dyante. na cetarasya rajatnubhavasamaye nyo nkulendriyo na tasya uktibhvam anubhavati pratyeti ca [Risposta:] Preso atto [di
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tutto

ci]

si

risponde:

mymtra

tu

krtsnyennabhivyaktasvarpatvt.

A questo proposito tale senso: non possibile che

largento sia una trasformazione effettiva della madreperla, proprio come lo yogurt lo del latte. Difatti, nella casa delle persone facoltose i recipienti in argento, che pur sono percepiti come permanenti a lungo, non sono [mai] visti assumere la forma di madreperla; neppure quando un certo individuo ha lesperienza dellargento, un altro individuo, i cui sensi non sono viziati, [in quello stesso momento] non esperisce n la natura di madreperla di quell[argento] n crede [che esso sia tale] ...131

Non neppure opportuno concepire che una singola entit possa avere una doppia forma, o una doppia natura, tanto da rendere questi due diversi aspetti esperibili in differenti situazioni. Talvolta, a causa del complesso causale, accade che un singolo ente appaia in forma sdoppiata. Per esempio qualora vi sia la predominanza di un certo
Per fertile il VK (IBID.) intende una terra sulla quale ogni genere di coltura possibile: urvar sarvasasy bhu. Vedi nota 66 mymtra tu krtsnyennabhivyaktasvarpatvt. 131 A nel VK (pp. 689-690) chiarisce: varasya rjder ghe vastuto yadda rajata syt, tarhi klntare pi uktir na syd, rjamandiragatarajatakubhavad ity uktam, idn yadpi rajatvennubhyate, tadaiva puruntare visavdd api na vstava rajatatvam ity ha na cetarasyeti.
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complesso causale si pu essere vittima di un miraggio che fa apparire dellacqua dove essa non c, oppure quello stesso scenario pu apparirci come un mero gioco dei raggi del sole. Se il miraggio fosse acqua vera e propria, dovrebbe essere capace di spegnere la sete; se invece fosse un semplice raggio solare dovrebbe illuminare gli oggetti circostanti. Tuttavia, nessuno si ancora dissetato con lacqua di un miraggio. Lacqua, com ovvio, non pu avere due funzioni opposte: spegnere la sete e non farlo. Perci, se una certa sostanza pur essendo acqua non elimina la sete, non pu essere pi chiamata acqua. Ancora, per giustificare la percezione dellacqua dopo che si stati preda del miraggio, si accetta un duplice aspetto del miraggio, anche se questaccettazione non pu suffragare lassioma iniziale. Ergo il processo pu essere spiegato altrimenti. Se un certo individuo torturato dalla sete dovesse riconoscere che lacqua non in grado di mitigare la sete non avrebbe certo motivo di andare verso di essa. Per, fino a prova contraria, quellindividuo assetato corre verso un miraggio nella speranza di sconfiggere la sete con lacqua che crede di aver scorto. In questo panorama, se si pensa che luomo corra verso il miraggio credendolo adatto a spegnere la propria sete sebbene non lo sia, allora che problema c nel trattare la percezione dellacqua del miraggio come una cognizione erronea? La percezione dellacqua, in seguito al miraggio, non assimilabile alla conoscenza dello yogurt il quale, si sa, prodotto dal latte. Insomma, non abbiamo a che fare con una cognizione il cui contenuto sia un insieme di oggetti (samhlabanajna) ma, in definitiva, la cognizione del miraggio e quella dellacqua sono reciprocamente contraddittorie (LAYEK, 1990: 33-35):
na cobhayarpa vastu smagrbhedt tu kadcid asya toyabhvo nubhyate kadcin marciteti saprtam, pramrthike hy asya toyabhve tatsdhym udanyopaamalakam apy arthakriy kuryyn marcisdhym api rpaprakalakam. na marcibhi kasyacit taja udanyopamyati. na ca toyam eva dvividham udanyopaamanam atadupaamanam iti yuktam. tadarthakriykritvavypta toyatva mtraypi tm akurvat toyam eva na syt. api ca toyapratyayasamcnastvysya dvaividhyam abhyupeyate tac cbhyupagame pi na seddhum arhati. tath hy asamarthavidhpti toyam etad iti manvno na taypi marcitoyam abhidhvet. yath marcn anubhavat. athakta aktam abhimanyamno bhidhvati. kim aparddha marciu toyaviparyysena sarvajannena yat tam atilaghya viparyysntara kalpyate. na ca kradadhipratyayavad cryamtulabrhmaapratyayavad v toyamarcivijne samuccitvaghin svnubhavt parasparaviruddhayor bdhyabdhakabhvvabhsant ...

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Non neppure opportuno [affermare che] lentit ha una duplice natura che per la differenza nel complesso causale talvolta colta con la sua natura acquea, talaltra nel suo essere raggio solare; quandanche essa sia acqua reale, si dovrebbe realizzare ci che attuabile mediante essa, [cio] la sua efficacia pratica che consta nello spegnimento della sete, e lo stesso [si dovrebbe verificare] pure per ci che avviene grazie ai raggi solari, ossia la nella rivelazione della forma. Per la sete132 di un qualsiasi assetato133 non si placa con i raggi solari. Nemmeno logico [sostenere] che lacqua duplice: capace di spegnere la sete e non capace di [fare] ci. Lessere acqua [una propriet] pervasa dallefficacia pratica che consiste nella capacit di spegnere la sete, cos quando quella [capacit di spegnere la sete] non si realizzi anche minimamente, [quellentit] non si pu di certo dire acqua.134 Inoltre, per la veridicit della cognizione dellacqua si accetta la sua duplicit; per, pur accettandola, non possibile provarla. Ecco che allora chi cos ritiene Questacqua provvista di una propriet inadeguata,135 per [spegnere] la sete non correrebbe verso lacqua del miraggio. Cos come [non farebbe] chi percepisce i [puri] raggi solari.136 [Se invece] costui corre, considerando ci che non capace [di spegnere la sete come] capace, allora che c di sbagliato [nel considerare quella che ] riconosciuta da tutti come illusione dacqua, [cio lacqua] nei miraggi? [Cosa ancora si otterrebbe se] trascurando quell[illusione dellacqua] si immaginasse unaltra illusione? Le cognizioni dei raggi solari e dellacqua non sono colte come assimilabili, come accade per la percezione del latte e dello yogurt oppure per la percezione del maestro come zio materno o brhmaa, [anzi] per propria esperienza, a cagione della loro relazione di contraddetto-contradditore, queste due sono reciprocamente opposte ...137

VK (p. 690) glossa il termine udany con pips. Il termine taja della B chiosato come pipso da VK (IBID.) che aggiunge una nota grammaticale: svapitor naji iti ter najipratyaya. Svm Yogndrnanda (p. 913) spiega che alla radice verbale itri pipsym si unisce laffisso naji, (di cui resta solo naj) per dettame piniano: svapitor naji (A, III.2.175), dando cos origine alla parola taj, che al genitivo fa appunto taja. La derivazione (nirvacana) di questo termine sarebbe: tyatti taj. 134 Nel passaggio ivi tradotto si dice che esiste una concomitanza invariabile (vypti) tra due propriet: lessere acqua e la capacit di spengere la sete. Per cui la formula sarebbe yatra yatra toyatva tatra tatra udanyopaamakatvam. Cionondimeno, regola nota che quando in una concomitanza manchi il termine pervasore (vypaka), qui la capacit di spegnere la sete (udanyopaamakatva), non sia possibile nemmeno lesistenza del termine pervaso (vypya), ossia lessere acqua (toyatva). Il VK (IBID.) esprime proprio questo: pipsopaamakam udakam ity aikarpyasya sati sabhave na prayojakadvaividhya kalpyam ity artha. akalpane ca vypakavyvtty vypyavyvttim apy ha tad atheti. 135 VK (IBID.): marciu toyam avabhsamnam athakriyym asamartham iti bhseta samartham iti v, ndya ity ha asmarthavidheti. Ancora VK (IBID.) spiega la costruzione del composto asamarthavidhpti al neutro in accordo col sostantivo di riferimento toyam: asamarthasya vidh prakras ta patati prpnoti tathoktam. 136 Leggo puri per suggerimento di VK (IBID.): yath marcn uddhn ity artha., affinch non si crei confusione con laltro significato del termine marci, miraggio. Nel testo la medesima parola usata nei due significati. 137 Il testo qui molto sintetico, per cui doverosa qualche spiegazione aggiuntiva. Nellacqua apparsa in un miraggio non possibile cogliere una commistione di raggio solare e acqua, al modo in cui si carpisce in esempi quali la commistione della natura di latte e della natura di yogurt nello yogurt e la commistione del ruolo di zio materno e del ruolo di membro della casta brhmaica del maestro. Al contrario, basandoci sulla nostra esperienza comune, la cognizione dellacqua e del raggio di sole appaiono contrastanti, proprio come quelle di argento e madreperla, cosicch il loro rapporto si riduce alla sola relazione di contraddetto-contradditore (YOGNDRNANDA, [ED.], 1996 [1974], VOL. 2: 913).
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Nellesempio classico, che pi ci interessa ora, sorge per prima la conoscenza dellargento che la cognizione che deve essere contraddetta. Successiva a questa la conoscenza della madreperla che determina la contraddizione (bdha) della prima. Questa , effettivamente, una regola inalienabile: una conoscenza contraddittrice (bdhakajna) ha di necessit bisogno del suo oggetto per essere tale, ossia la conoscenza da contraddire (bdhyajna). In pi, dal momento che prima della cognizione dellargento non c una conoscenza che riveli la madreperla, si deduce che la ukti non era stata conosciuta in toto. noto che ci che non conosciuto in precedenza non pu essere negato. Per questo il bandolo della matassa rimane che la conoscenza della madreperla nega ed elimina definitivamente largento, oggetto di una previa cognizione:
tatrpi rajatajna prvam utpanna bdhyam uttara tu bdhaka uktijna prptiprvakatvt pratiedhasya. rajatajnt prk prpakbhvena ukter aprpty pratiedhsabhavt prvajnaprpta tu rajata uktijnam apabdhitum arhati. tad apabhdhtmaka ca svnubhavd avasyate. yathhu gamitvd abdhitv para prva hi jyate/ prva punar abdhitv para notpadyate kvacit// In quel caso pure la cognizione dellargento sorta prima ed contraddetta, mentre la cognizione della madreperla successiva e contraddice, in quanto una negazione prevede una precedente percezione (prpti). Prima della cognizione dellargento, per la mancanza di ci che fa accedere a quella [= ossia largento stesso] impossibile la negazione della madreperla che non colta, mentre largento, che colto da una conoscenza precedente pu essere contraddetto dalla cognizione della madreperla, poich [la conoscenza] negatrice di quell[argento] accertata dalla propria esperienza.138 Cos riportano: La [conoscenza] precedente nasce non avendo contraddetto [quella] successiva, a causa della sua natura futura; ancora la successiva, non avendo contraddetto la precedente, non sorge in alcun dove.139

Ancora Yogndrnanda (IBID.) aggiunge dei particolari per rendere il testo pi comprensibile. La cognizione dellargento (rajatajna) la conoscenza che ha per contenuto largento, ossia loggetto che sar negato (niedhya). Prima della conoscenza dellargento non vi nulla che conduca, ossia che causi lottenimento (prpaka) dellargento, per cui non si ha la sua cognizione (prpti). Di conseguenza non possibile negare o contraddire ci che ancora non si dato (aprpta). Per esempio, quando la madreperla ancora non colta, non pu nemmeno essere negata, inoltre solo la conoscenza della madreperla pu contraddire largento presentato dalla conoscenza di esso, perch la successiva conoscenza della madreperla nega largento colto in precedenza. 139 Nel VK (p. 690) si chiarisce la costruzione interna della stanza di VM: para uktijnam abdhitvaiva prva rajatajna jyate, kuta? parasygmitvd bhaviyattvd aprptes tanniedhasya prvea kartum akyatvd ity artha. Il verso composto dal bhmatkra ricorda da vicino una strofa del Tntravrtika (noi non labbiamo reperita, per Svm Yogndrnanda d solo il riferimento della p. 859) di KB: prva param ajtatvd abdhitvaiva jyate/ pasynanyathotpdn na tv abdhena sabhava//.
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Non possibile neppure affermare che la conoscenza che rivela largento al presente non possa essere contraddetta dalla conoscenza della madreperla di un dato momento, senza rendere il tempo futuro oggetto di quella conoscenza. Non possibile, invero, avere una contraddizione tra due cognizioni di momenti differenti. La percezione dellargento non rivela largento futuro, ma per inferenza causa la conoscenza della sua utilit pratica. Ancora uninferenza causer la conoscenza della permanenza dellargento fino al sorgere della conoscenza della madreperla che lo contraddice:
na ca varttamnarajatvabhsijna bhaviyattm asygocarayan na bhaviyat

svasamayavarttin ukti gocarayat pratyayena bdhyate, klabhedena virodhbhvd iti yuktam. m nmsya jst pratyaka bhaviyatt tatpabhvi tv anumnam upakrabhvahetum140 ivsati vinapratyayopanipte sthemnam kalayati. asati vinapratyayopanipte rajatam ida sthira rajatatvd anubhtapratyabhijtarajatavat ... Non neanche logico [sostenere] che la conoscenza che fa apparire presente largento non cogliendo come contenuto il suo [= dellargento] presentarsi in futuro (bhaviyatt), non contraddetta dalla futura cognizione il cui oggetto sar la madreperla, la quale coglier la madreperla al momento opportuno, perch la differenza tra i momenti [di apparizione] non determina lopposizione [tra le due].141 [Noi diciamo] che seppure chi non conosce direttamente il fatto che l[argento] si presenter in futuro, comunque [riconosce] linferenza che viene dopo di esso, il cui probans una supposta [(iva) lett.: come fosse] utilit (upakrabhvahetum = upakratvahetum), sicch non essendo prossima la cognizione contraddittoria, costui presuppone la continuazione futura [dellargento]. [Infatti], poich la

Il testo delledizione di Yogndrnanda (1996, VOL. 2: 914) presenta la lettura upakrahetubhvam, per noi preferiamo la lettura di nataka str (p. 691): upakrabhvahetum. 141 VK (p. 691) propone la costruzione sintattica (anvaya) della frase: vartamnarajatvabhsi vijnam ata evsya rajatasya bhaviyattm agocarayad bhaviyat uktipratyayena svasamayavartin ukti gocarayat na bdhyate, kuta? klabhedena virodhbhvd ity etan na ca yuktam iti yojan.La spiegazione di Svm Yogndrnanda (1996 [1974], VOL. 2: 914) illuminante. Secondo questi la negazione, la contraddizione o lannullamento (bdha) ha due divisioni: la contraddizione di ci che si dato (prptabdha) e la contraddizione di ci che dato non si (aprptabdha). Nel decimo libro dei MS (X.1.1-3, X.8.1 e ss.), Jaimini (IV sec.) tratta del prptabdha [Svm Yogndrnanda indica il terzo libro] e dellaprptabdha (JHA, G. N., 1964 [1942]: 300-306). Nel caso di uktirpya la contraddizione dellargento sarebbe prptabdha. La relazione contraddetto-contraddittore possibile solo tra due enti che si presentano nello stesso momento, per cui la conoscenza della madreperla dovrebbe darsi nello stesso tempo della conoscenza che coglie largento, per questo non avviene. Se il giudizio ida rajatam del passato avesse come contenuto largento futuro che si presenta nello stesso momento della conoscenza della madreperla, allora sarebbe da considerarsi come la cognizione che fa cogliere largento. Per la conoscenza dellargento passato una percezione diretta, che pu carpire solamente un oggetto presente, non un oggetto futuro. KB nello V (84a ad Jaimini MS I.1.4) evidenzia lo stesso concetto: sabaddha vartamna ca ghyate cakurdin/, dalla vista e dagli altri [sensi] colto ci che in contatto [con essi] e ci che presente . In definitiva, a causa della mancanza di una nozione capace di presentare largento coesistente nel momento della cognizione della madreperla, non possibile una contraddizione dellargento.
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cognizione contraddittoria non vicina [si ha linferenza]: questargento duraturo, poich provvisto della propriet di essere argento, come largento che si esperito e riconosciuto ...142

Segue che tale percezione dellargento riveler solamente un argento duraturo, tanto che lesistenza dellargento giunger fino al confine ultimo in cui si determiner immediatamente dopo il momento della futura conoscenza della madreperla. quindi evidente lopposizione tra le due cognizioni, che risulta nellannullamento della conoscenza dellargento da parte della successiva conoscenza della madreperla:
tath ca rajatagocara pratyaka vastuta sthiram eva rajata gocarayet. tath ca bhaviyac chuktikjnakla rajata vypnuyd iti virodht uktijnena bdhyate. yathhu rajata ghyama hi cirasthyti ghyate/ bhaviyac chuktikjnakla vypnoti tena tat// iti. pratyakea cirasthyti ghyata iti kecid vycakate. tad ayukta yadi cirasthyitva yogyat na s pratyakagocara, ukter atndriyatvt. atha klntaravypitva tad apy ayukta, klntarea bhaviyatendriyasya sayogyogt tadupahitasmno vypitvasytndriyatvt ... Inoltre la percezione che ha come oggetto largento, in realt, coglierebbe un argento effettivamente duraturo, tanto che largento giungerebbe [persino] a pervadere listante futuro della cognizione della madreperla, cos per contraddizione sarebbe negato dalla conoscenza della madreperla. Cos come asseriscono:143 Proprio mentre si sta esperendo largento, [esso] considerato [in questo modo]: duraturo, poich quello pervade il momento della conoscenza futura della madreperla. Alcuni144 interpretano Mediante la percezione diretta si coglie [che largento] duraturo. Questa [interpretazione, per,] non corretta. Se la permanenza per lungo tempo fosse la capacit di adeguarsi [alla percezione], allora quella non sarebbe oggetto di percezione, perch la capacit oltre il dominio dei sensi. Poi, non congruo [affermare che] anche la capacit di pervadere un altro istante [ la stabilit dellargento], per il fatto che la facolt [visiva] non entra in contatto con un altro momento, [ossia quello] futuro, infatti la pervasivit, che consisti nel limite condizionato da quell[altro momento], non oggetto del dominio sensoriale ...

AS (p. 691) chiarisce: asya rajatasya bhaviyatt m jsn nma m prakayatu nma. upakrabhvahetum iveti. ida rajatam upakraka rajatatvt samatavad iti yathetyartha. vina pratyeti vasty yena sa vinapratyayo vinakraam. rajatajnaklam rabhya yvac chuktijnakla rajatavinahetvadarant sthyitve uktitvrajatayor ekadaikatra virodhd arthd bdhyabdhakatva jnayor ity artha. 143 Il verso indicato da Yogndrnanda (p. 914) come composizione del vrtikakra Surevara, anche se non reperibile in alcuna delle sue opere. Il VK (p. 691) glossando la stanza scrive: anumnnughtapratyakea ghyamna rajata cirathyti ghyate iti vykhysyati. tena tad rajata bhaviyac chuktikjnasya ya kla ta vyapnotti vrtikrtha. 144 Secondo alcuni dranika solo grazie alla percezione diretta adiuvata dallinferenza si pu comprendere la continuit dellargento.
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Quel tipo di cognizione non si pu nemmeno assimilare al riconoscimento (pratyabhij)145 durante il quale eventi o oggetti passati divengono il contenuto di una percezione diretta. Infatti, nel caso in esame, le impressioni lasciate dalle esperienze trascorse continuano a esistere nellanima. Nessuna di queste riscontrabile nella conoscenza erronea dellargento sulla madreperla, capace, appunto, di generare la futura percezione dellargento. Dunque, a causa dellesperienza ripetuta, in seguito alla percezione dellargento sorge una percezione pi repentina, che VM legge come coadiuvata da uninferenza:
na ca pratyabhijpratyayavad atrpi saskra sahakr yenvarttamnam apy kalayet. tasmd atyantbhysavaena pratyaknantara ghratarotpannavinayadavasthnumnasahitapratyakbhipryam eva cirasthyti ghyata iti mantavyam ... Neppure [ plausibile] che anche qui, come nel caso della cognizione per riconoscimento, limpressione residua sia ausiliaria, tale che simmagini anche ci che non presente. Pertanto, si deve ritenere che a causa di un continuo riproporsi [delloggetto] subito dopo la percezione diretta, [lespressione del verso citato] considerato come duraturo (cirasthy), ha in verit il senso di una percezione che si accompagna allinferenza di una condizione di prossimit alla distruzione di ci che sorto pi rapidamente ...146

Questo stesso sarebbe il motivo per cui i buddhisti insistono sul fatto che il contenuto di una cognizione percettiva divisibile in due parti: ci che colto e ci che rivelato. Il primo conosciuto attraverso il mero particolare o la caratteristica propria (svalakaa),147 mentre il secondo mediante una successione (satna) di svalakaa (LAYEK, 1990: 36-37).
La conoscenza mediante riconoscimento si definisce: tattedatollekhinibuddhi pratyabhij, Il riconoscimento quella cognizione che menziona sia la propriet di essere quello [= la lontananza], sia la propriet di essere questo [= la vicinanza]. La situazione , infatti, spiegabile in virt dellesempio classico: so ya devadatta, Quello questo Devadatta. In questo esempio di riconoscimento la persona di nome Devadatta, che avevamo visto tempo addietro in un altro luogo, ci si para dinnanzi qui e ora. La nozione finale andr dunque ad annullare le qualificazioni particolari di Devadatta in quanto caratterizzato da quel tempo e quel luogo (tatklataddeaviia) e da questo momento e questo luogo (etatklaitaddeaviia), per culminare nella sola persona di Devadatta scevra da ogni qualificazione condizionale (devadattamtre ttparyam). 146 Il VK (p. 691) spiega il difficile e criptico passaggio della B: nanu yath pratyabhijpratyaka klnataravartin tatt ghti, eva rajatapratyakam api bhaviyatt rajatasya grahyati, ata ha na ca pratyabhijeti. Per chiarezza diamo al traduzione: [Se si dicesse che] come la percezione del riconoscimento coglie la propriet di essere quello presente in un altro momento, allo stesso modo anche la percezione dellargento coglier il presentarsi futuro dellargento. Per questo [il siddhntin] ha detto na ca pratyabhijeti. Il testo continua: atyantbhysavaeneti skmaklavyavadhngaane hetu. paricchednantarakae anumnasya pratyaka prati sahkritvt tad ca tasya vinayattvd vinayadavasthatvokti. 147 Senza entrare in particolari che ci porterebbero ben oltre i confini qui richiestici, secondo i Vaibhika e i Sautrntika esistono due tipi di lakaa: svalakaa indica, in un processo cognitivo, la percezione di un mero
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Tutto ci spiega il perch della falsit, illusoriet e apparenza della conoscenza onirica.
ata evaitat skatara klavyavadhnam avivecayanta saugat prhu dvividho hi viaya pratyakasya grhya cdhyavaseya ca. grhyakaa eka svalakao dhyavaseya ca santna iti. etena svapnapratyayo mithytvena vykhyta ... Per questo i seguaci del ben andato (sugata [= Buddha]) non concependo un intervallo di tempo pi sottile, affermano: Di due tipi in verit loggetto della percezione diretta, quello che deve essere colto e quello che deve essere determinato. Nellattimo di quello che deve essere colto vi una sola caratteristica propria e quello che deve essere determinato una successione [di caratteristiche proprie].148 [Concludendo] con ci, la cognizione del sogno ritenuta essere una falsit ...149

Infine, il siddhntin risponde pure alle rimostranze dellobbiettore che indica una corrispondenza di cognizioni avute nel sogno, che poi si rivelano veritiere nella veglia. Secondo VM lanalogia relegabile a pura e semplice casualit, in quanto la stragrande maggioranza degli eventi onirici non ha alcuna corrispondenza con la realt di seguito esperita. Le reciproche contraddizioni e diversit tra mondo onirico e mondo di veglia sono state ben evidenziate da stesso, per cui gli Advaitin concordano nel negare qualsiasi tipo di corrispondenza tra i contenuti dei due generi di conoscenza. Per questo motivo la loro conclusione non pu che essere che il sogno e le sue cognizioni sono una falsit:

particolare proprio di un ente, la sua caratteristica propria, per esempio il blu di un oggetto cos colorato. Laltro il smnyalakaa che viene sovrapposto dalla mente, per esempio lessere blu ecc. Per gli Yogcra, invece, soprattutto i logici Dinga e Dharmakrti (abbr. DK 600-660 per E. Frauwallner; 530-600 per Chr. Lindtner) col termine svalakaa si designa una realt quale la tathat, che si d in un momentaneo atto percettivo. Svalakaa si pone prima dellinizio di ogni processo mentale (kalpan), nonch prima di ogni dualit tra soggetto e oggetto. 148 Il testo sembra analogo ad un passaggio del commento di Dharmottara (VIII sec.), il Dharmottarapradpa o Nyyabinduk al Nyyabindu (NBi) di DK. Tuttavia il testo a nostra disposizione presenta qualche lieve differenza, probabilmente per differente famiglia di codici: dvividho hi pramasya viayo grhya ca yadkram utpadyate. prpaya ca tam adhyavasyati. anyo hi grhyo nya cdhyavaseya. pratyakasya hi kaa eko grhya.. adhyavaseyas tu pratyakabalotpannena nicayena satna eva(DNBi prathamapariccheda, 22) (KRASSER, 1995: 254, 269-270 n. 12). 149 VK (p. 691): etat skmatara klavyavadhnam avivecayanta saugat anumnagamyo pi satnonugatarpa pratyakdhyavaseya svalakaagrahad adhyuparyayavaseya ity hur ity artha. Svm Yogndrnanda (1996 [1974], VOL. 2: 915) spiega il punto di vista buddhista. Seconda la dottrina della momentariet (kaikavda) nel momento in cui si percepisce un oggetto, in quello stesso momento loggetto non c, bens si coglie un altro momento di quella successione. Il momento che sta per essere colto si dice adhyavaseya. La funzione propria dei mezzi di conoscenza la rivelazione delloggetto, esortare luomo verso di esso e fare in modo che loggetto stesso sia esperito. Detto questo, si aggiunga che, sebbene le attivit di parola, conoscenza e azione siano credute simultanee, tuttavia tra il momento in cui si coglie semplicemente un oggetto e il momento in cui lo si determina, esiste, seppur infinitesimale, un sottilissimo intervallo temporale, che di per s fa s che non si possa pi parlare di simultaneit.

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yat tu satya svapnadaranam ukta tatrpy khytr brhmayanenkhyte savdbhvt. priyavratasykhynasavdas tu kkatlyo na svapnajna pramayitum arhati. tdasyaiva bahula visavdadarant. darita ca visavdo bhyakt krtsyennabhivyakti vivvat. rajany supta iti. rajansamaye pi bhratd varntare ketumldau vsaro bhavatti bhrate vara ity uktam// 3 // Ci che invece stato detto a proposito della visione del sogno veritiero, anche in quel caso non vi accordo [tra la veglia] e lapparizione del brhmaa narratore nella storiella,150 al contrario il racconto di Priyavrata casuale151 e non in grado di comprovare la conoscenza del sogno, poich di una tale [conoscenza] in molteplici circostanze si riscontra il disaccordo [con la veglia]. Questo disaccordo stato dimostrato dal commentatore che esamina la natura non completamente manifestata [del sogno, con lesempio]: rajany supta. Pur essendo il notte in un altro continente rispetto a Bhrata [lIndia], nel continente del Ketumla152 giorno. Nel continente di Bhrata, cos stato detto (3).

Secondo alcuni il sogno pu precorrere avvenimenti futuri. La questione, come la pongono sia , sia VM seguendo il bhyakra, molto lineare. In taluni casi, i sogni sono davvero rivelatori o profetici, per esempio quando sono indotti da divinit, anche se gli oggetti e le circostanze che in essi si colgono rimangono tuttavia illusori e apparenti, nonostante la conoscenza che ne deriva pu rispondere a verit. Non si pu nemmeno postulare che le entit oniriche, esemplificate nelle Upaniad dai carri ecc., siano manifestazioni di vara, perch se ci fosse, allora anche gli oggetti del sogno sarebbero altrettanto veri quanto ogni altra manifestazione divina della condizione di veglia. La nostra esperienza diretta (anubhva) la prima a smentire ci. Prja, lonnisciente Signore non pu essere il diretto creatore del contenuto dei sogni, altrimenti anche lesperienza che ne deriverebbe sarebbe pi duratura e valida, come quella che si ha degli elementi grossolani. Al risveglio, tutto lo sviluppo onirico si ritrae e sannulla. Questo ci aiuta a comprendere che tale manifestazione lungi da essere del Signore, prodotto dellanima individuale e come

Il VK (IBID.) conclude la trattazione vera e propria ribadendo lillusoriet del sogno: svapnasya ya khyto brhmabhsas tena saha jgarae gatv khyte tvay mamaitad uktam ity abhidhne tena ca nety ukte visavdt tatrpi svapne na satyatvam iti ea. 151 Ovvero kkatliya. Il kkatliyanyya una massima, unanalogia che prende le mosse da un racconto molto popolare in India, ricordato spesso dai testi di nti, quali Hitopadea e Pacatantra: un corvo si appollai sulla cima di una palma e proprio in quel momento una grossa noce di cocco cadde e uccise luomo seduto sotto la palma. Agli occhi dellignorante la morte delluomo dovuta al corvo, anche se essa in verit accidentale. Si veda il Laukikanyyashasr (SHARMA, T. D., 1989: 30-31). 152 Il VK (pp. 691-692) dice che Ketumla il continente (vara) che si situa a ovest del monte Meru: ketumlam iti mero pacimadea.
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tale ha realt ontologica congruente alla sola durata della sua percezione (LAYEK, 1990: 3738):
darana scaka tac ca svarpea sat, asat tu dyam. ata eva strdaranasvarpasdhy caramadhtuvisargdayo jgradavasthym anuvarttante. strsdhys tu mlyavilepanadantakatdayo nnuvarttante. na csmbhi svapne pi prjavypra iti. prjavypratvena pramrthikatvnumna pratyakea bdhakapratyayena virudhyamna ntmna labhata iti bhva. bandhamokayor ntarlika ttyam aivaryyam iti// 4 // La visione [del sogno] indicatrice [di eventi fausti], quella per sua natura reale, mentre ci che [in essa] visto irreale, per questo lemissione del sommo elemento corporeo [= il seme] e altri fatti la cui natura realizzabile dalla visione di una donna, si riverberano anche nella condizione di veglia.153 Daltro canto, non si riscontrano elementi determinabili dal [contatto con] una donna, quali [labbellimento con] ghirlande, lunzione con unguenti, le ferite [provocate] dai denti [nei giochi damore] ecc...154 [Poi, laffermazione]: na csmbhi svapne pi prjavypra, [ha questo] senso: linferenza dellassoluta realt [degli eventi onirici] in quanto attivit dellonnisciente Signore, trovandosi in contraddizione con la percezione diretta [della veglia] che [funge] da cognizione negatrice, non risponde a verit. [Infine], l'elemento intermedio tra legame e liberazione il terzo ossia la signoria (4).155

Terminiamo questo sguardo dinsieme sul sogno nel BSB ben consapevoli di aver tralasciato innumerevoli passaggi e sezioni interessanti. Vorremmo per chiudere questo paragrafo con un passo di unaltra importante porzione del commento akariano e precisamente il bhya allaforisma III.2.21,156 inserito nellimportantissimo ubhayaligdhikaraa (III.2.11-III.2.21), che in modo succinto ma efficace illustra il punto di vista di sul sogno e sullampio utilizzo metaforico e non, nei suoi testi della condizione onirica:
VK (p. 692): viayvietarpea jnamtrarpea sat. tac can a scakam. yata kutacij jndy asya kasyasyacit scakaprasagt. asat tu dya tasmt tadupahita darana scukam. tac ca mithyaiva ity artha. yadi scakatva svapnasyopeyate tarhy arthakriykritvamahattvasayogt jgradvad brahmasktrd arvg abdha syt. ata ca prvparavirodha ity akyha ata eveti. 154 VK (IBID): asti mithybhtastryadyupahitasypi mithrthopahitatvn mithytvam ucyate. arthas tu svpno mithy, na ca vyvahrikam api sattva tasystti na prvparavirodha ity artha. 155 Nelle glosse relative agli ultimi due aforismi, VM non aggiunge nulla: parbhidhynt tu tirohita tato hy asya bandhaviparyyayau dehayogd v so pi iti stradvaya ktopapdanam asmbhi prathamastre. nigadavykhyta caitayor bhyam iti// 5-6 // B. N. K. Sharma (1986 [1978] VOL. 3: 29-43) propone una lunga e articolata critica alle posizioni Advaitin rispetto alla suddivisione e al contenuto del sadhydhikaraa, riscontrandone molteplici contraddizioni. 156 Il stra daranc ca, [Ci si deve accettare] anche perch deriva dal messaggio scritturale [del Veda]. che riguarda lo stabilire da parte della ruti lassoluta assenza di ogni differenza nel supremo brahman (nirviea).
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athvidydhyasto brahmai ekasminn aya prapaco vidyay pravilpyata iti bryt. tato brahmaivvidydhyastaprapacapratykhynenvedayitavyam ekam evdvitya brahma [ChU VI.2.1], tat satya sa tm tat tvam asi [ChU VI.8.7] iti tasminn vedite vidy svayam evotpadyate tay cvidy bdhyate, tata cvidydhyasta sakalo ya nmarpaprapaca svapnaprapacavat pravilyate. anvedite tu brahmai brahmavijna prapacapravilayo v jyate Daltra parte se si sostenesse che ci che annullato mediante la conoscenza questo sviluppo fenomenico sovrapposto per via dellignoranza sullunico brahman, dunque proprio lo stesso brahman ci che deve essere conosciuto grazie alla negazione dello sviluppo fenomenico sovrapposto a causa dellignoranza, in quanto dopo che stato cos insegnato il brahman uno senza secondo , Quello verit, quello il S, tu sei Quello. la conoscenza [del brahman] sorge invero spontanea e da quella lignoranza viene eliminata. Di conseguenza, questo intero dispiegamento di nome e forma sovrapposto a causa dellignoranza sannichilisce come lo sviluppo onirico [dopo il risveglio]

V.6: AKARA

SULL USO

V IJNAVDIN

DELLA SIMILITUDINE ONIRICA

Vogliamo chiudere il corpo analitico del nostro lavoro con la risposta che d agli Yogcra rispetto alla loro convinzione che tra gli enti onirici e gli oggetti di veglia non corra alcuna differenza, ma anzi siano assolutamente della stessa densit ontologica. Una delle difficolt maggiori nellapplicare la metafora onirica nellAdvaita Vednta dovuta al fatto che la posizione Advaita diventa troppo sospettosamente simile con lidealismo dei Vijnavdin, che a pi riprese i seguaci del Vednta non duale rifuggono e rifiutano. I sogni, con la fantasmagoria delle loro immagini, sorgono dal sognatore e si riassorbono nello stesso. Certamente, questo fenomeno spiegabile in termini cari allidealismo buddhista ed usato a metafora di una realt tutta esclusivamente coscienziale (SHARMA, A., 2006: 187-188). Tuttavia, attacca lidealismo Vijnavdin mostrando delle posizioni nettamente realiste, sia da un punto di vista teoretico, sia pratico. Ci che accade tra il soggetto conoscitore e loggetto conosciuto segna una netta linea di demarcazione tra luno e laltro. Questa demarcazione sottende una distinzione, la quale pu essere superata solo da una trascendenza. Tale trascendenza per improponibile ed una vera tautologia, una barriera, laddove si accetti la sola posizione soggettivistica dei Vijnavdin (DEUTSCH, 1969: 31, n. 8).157
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Si veda anche lultimo paragrafo del capitolo 3 sul Disivda.

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Gli aforismi che vanno da BSB II.2.18 al II.2.32 sono tutti diretti contro i buddhisti, che possono essere distinti per in due grandi gruppi: quelli considerati realisti i Bhyrthavdin o Sarvstivdin secondo i quali tanto gli oggetti esterni, quanto le loro cognizioni sono reali158 e gli idealisti Yogcra o Vijnavdin, la cui corrente principale sostiene che solo le idee, le cognizioni fondate sulla coscienza (vijna) sono vere, mentre gli oggetti esterni sono privi di qualsiasi realt se separati dalla coscienza. Lultimo gruppo quello degli nyavdin, che come anticipa il nome stesso mantengono che ogni cosa irreale e vuota.159 Per i stra dal II.2.18-27 sono diretti alla confutazione dei Bauddha Bhyrthavdin. Le tesi dei buddhisti idealisti e le risposte di sono proposte nellabhvdhikaraa che copre il commento ai BS tra il II.2.28 e il II.2.32. Il commento a questultimo aforisma si presenta come una condanna generale alle posizioni buddhiste (GHATE, 1981 [1926]: 78-79). Il bhya al primo stra della sezione, come prvapaka, propone vari punti di vista dei Vijnavdin. Secondo costoro i prama, i prameya e il risultato (phala) del processo conoscitivo sono da considerarsi tutte entit interne e allesterno non vi nulla. Gli enti esterni devono essere, al massimo, atomi o aggregati di atomi. Mentre gli atomi sono troppo infinitesimali per essere rappresentati, gli aggregati di atomi non sono, in definitiva, differenti dagli atomi stessi; se fossero davvero differenti non potrebbero essere formati da atomi. Gli Yogcra applicano lo stesso ragionamento alla tesi secondo la quale non ci sono neppure propriet universali esterne. Le idee, le cognizioni si differenziano tra loro a seconda di come rappresentano i loro vari contenuti. Questa differenza una funzione della coscienza, per cui anche laspetto delloggetto (viaykra) solo coscienza e nientaltro, mentre gli oggetti esterni sono meramente costruzioni immaginifiche (kalpan). Dopo tutto, osservano i Vijnavdin, non si mai consci di uno senza essere consci anche dellaltro e questo dimostra la loro non
I buddhisti realisti sono per lo pi della corrente del piccolo veicolo (hinya) e sono di due categorie principali: i Sautrntika, che sostengono che gli oggetti esterni sono s reali, ma possono essere colti solo mediante inferenza; gli altri sono i Vaibhika, secondo i quali gli oggetti esterni sono anche percepibili. 159 Nei testi del Mahyna, siano essi dispirazione Vijnavdin o nyavdin, lirrealt del mondo e delle esperienze fenomeniche spesso spiegato attraverso metafore e similitudini con la magia, il miraggio e il sogno. Nel settimo capitolo delle MaK Ngrjuna discute lirrealt di tre propriet caratteristiche (lakaa) degli elementi condizionati (sasktadharma): lorigine (utpda), la durata (sthiti) e la distruzione (bhaga) e in conclusione (VII.34) afferma: yath my yath svapno gandharvanagara yath/ tathopdas tath sthna tath bhaga udhtam//, Come un magia, come un sogno, come la citt dei Gandharva, cos detta lorigine, cos la permanenza e cos la distruzione. M. Hattori (1984 [1982]: 235-236) traduce il commento Prasannapda di Candrakrti relativo a questo passo: Just as my and the like, although they are unoriginated and non-existent, are, for ordinary people, denotable by the words my, etc., and apprehensible by the cognition of my, etc., even so these origination etc., although essentially non-existent, are indicated, merely on account of their being commonly accepted (lokaprasiddha), by the Blessed One who is keen confer benefits upon the people to be educated in that manner Si vedano anche MaK XVIII.33 e XXIII.8. Anche ryadeva usa simili metafore, per esempio in un verso della Catuataka (XII.25), citato da Candrakrti nel commento ad MaK VII.32.
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differenza. Per cui, non esistono oggetti esteriori, infatti, anche le esperienze di veglia sono come gli enti onirici (POTTER, 1998 [1981]: 161).160 Ingalls (1954: 291, 295-306) propone due metodi per lesame della posizione di rispetto ai buddhisti. In primo luogo raffrontare il commento di con quello di Bhskara e poi il confronto tra le posizioni di nel commento al BS e nel commento alla BU. Secondo il grande studioso di Harvard, mentre gli argomenti che adduce nel BSB (II.2.18-32) sono in parte condivisi con Bhskara, quelli del commento alla BU (IV.4.7) sono del tutto originali. Secondo lottima monografia di A. Pelissero (2002: 67) il BSB II.2.28161 non ha in mente n specificamente gli nyavdin e neppure i Vijnavdin, bens nello specifico lavversario di Dharmakrti nel suo Pramavrtika (PV II.354, II.388) e il Pramavinicaya (CHAKRAVARTHI, R. P., 1993: 424-425).162 presenta le posizioni Vijnavdin soprattutto nel primo stra delladhikaraa. Tra i vari argomenti vi appunto la tesi dei buddhisti secondo la quale la molteplicit delle cognizioni di veglia , come quella degli enti onirici, spiegabile anche senza ricorrere agli oggetti esterni. Le cognizioni di veglia hanno la stessa natura delle allucinazioni e dei sogni proprio per il fatto che entrambe hanno in s la stessa caratteristica, ossia lessere cognizioni (pratyayatva). Lesempio di ci lo forniscono le cognizioni oniriche, nelle quali
Gi nel commento ad II.2.28 propone delle risposte, che non proponiamo integralmente perch non connesse con il sogno. Il problema che si deve affrontare come spiegare la differenziazione delle cognizioni, quando non ci sono enti esterni. I buddhisti idealisti dicono che basta ammettere le impressioni latenti come causa di ci. Per, rincalza. Se si ha coscienza di un oggetto esterno, per forza si deve ammettere che vi sia un oggetto esterno, infatti, si consapevoli di cose e non di cognizioni. Se i buddhisti affermano limpossibilit degli enti esterni e la conseguente impossibilit a coglierli, ci deve essere sostenuto e spiegato mediante prove concrete, attraverso prama, i quali per non possono essere giustificati solo facendo appello a preconcette possibilit o impossibilit. Sta di fatto che la percezione diretta coglie oggetti esterni e gli altri mezzi di conoscenza confermano il loro essere esterni, per cui non possibile dubitare di questo. In pi, i Vijnavdin accettano la teoria dellistantaneit (kaikatva) secondo la quale le cognizioni e le idee permangono non pi di un istante. Per, ferme restando le loro convinzioni, gli argomenti addotti a favore dellistantaneit delle cognizioni non uscirebbero indenni da unanalisi approfondita. Difatti, sulla base dellistantaneit, non si pu sapere se due cognizioni siano reciprocamente differenti, quale delle due lasci una traccia residua, quale sia reale e quale no, perch tutti i giudizi presuppongono una distinzione categorica tra conoscitore e oggetto conosciuto, che proprio ci che invece negano i Vijnavdin. Oltre a ci, continua , una cognizione non pu rivelare s stessa, allo stesso modo in cui il fuoco non pu bruciare s stesso. Al fine di postulare una consapevolezza o delle cognizioni assolutamente necessario ammettere la presenza di un soggetto, di un S conoscitore che sia del tutto differente dalle cognizioni stesse suo oggetto. Anche una lampada non di per s rivelata alla coscienza ma, come ogni altro oggetto, richiede un soggetto che la carpisca, la conosca. Se, allora, una cognizione non pu illuminare o rivelare s stessa, poich non perdura tanto a lungo per farlo, necessario accettare che solo un S permanente e sottostante pu risolvere questo difetto (POTTER, 1998 [1981]: 161-162). 161 Laforisma (II.2.28) incriminato nbhva upalabdhe, [Gli enti esterni] non sono non esistenti, poich si ha la percezione [di essi]. 162 Per quanto concerne il Pramavinicaya, fino a qualche tempo fa lo si pensava giunto fino a noi solo nella sua versione tibetana. Nel 2007 il Prof. Ernst Steinkellner ha scoperto un manoscritto del testo a Pechino e ne ha successivamente tratto unedizione critica e unedizione diplomatica, pubblicate dallAccademia delle Scienze di Vienna. Per quanto riguarda il PV II.354, citato anche in US II.18.142, esso recita cos: avibhgo pi buddhytmviparysitadaranai/ grhyagrhakasavittibhedavn iva lakyate//; mentre laltra strofa di Dharmakrti (II.388), citata da VM ad BSB II.2.28, : sahpalabhaniyamd abhedo nlataddhiya/ bheda ca bhrntivijnair detendv ivdvaye// (INGALLS, 1954: 3000).
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esiste un soggetto conoscitore (grhaka) e un oggetto conosciuto (grhya), senza il bisogno di scomodare degli oggetti esterni che corrispondano effettivamente alle cognizioni. Questa la ragione per cui anche le cognizioni di veglia possono essere trattate come indipendenti dagli oggetti esterni. Tanto nelle cognizioni oniriche, quanto in quelle di veglia la distinzione tra oggetto (prameya) e soggetto (pramt), strumenti dei conoscenza (prama) e conoscenza stessa (pramiti ), si gioca esclusivamente allinterno della coscienza. Nessuno di questi elementi indispensabili a far sorgere una qualsivoglia cognizione sono esterni alla coscienza. Pertanto, la distinzione che appare esservi tra essi immaginaria, proiettata dallintelletto solo per propositi pratici (buddhiparikalpita) (SINHA, J. N., 1999 [1938]: 229).163 Vediamo ora parte del prvapaka contenuto nel BSB ad II.2.28, argomento che tocca non solo il cuore delle tesi Vijnavdin, ma anche largomento che noi analizziamo:
svapndivac ceda draavyam. yath hi svapnamymarcyudakagandharvanagardipratyay vinaiva bhyenrthena grhyagrhakkr bhavanti, eva jgaritagocar api stabhdipratyay bhavitum arhantty avagamyate, pratyayatvviet. katha punar asati bhyrthe pratyayavaicitryam upapadyate. vsanvaicitryd ity ha. andau hi sasre bjkuravad vijnn vsann cnyonyanimittanaimittikabhvena vaicitrya na pratiidhyate. api cnvayavyatirekbhy vsannimittam eva jnavaicitryam ity avagamyate. svapndiv antarepy artha vsannimittasya antarea tu jnavaicitryasyobhbhym vsanm arthanimittasya apy vbhym abhyupagamyamnatvt. jnavaicitryasya

maynabhyupagamyamnatvt. tasmd apy abhvo bhyrthasyeti [Prvapakin:] Inoltre bisogna guardare ci come un sogno o simili [accadimenti]. Infatti, al modo in cui le cognizioni dei sogni, delle magie, dei miraggi, delle citt dei Gandharva e altre del genere assumono la forma di ente percepito e soggetto percettore anche senza un oggetto esterno [corrispondente], ugualmente si comprende che tali possono essere anche le cognizioni delle colonne e altre cose che sono il contenuto della condizione di veglia. Infatti,

Naturalmente grande importanza come similitudine con il mondo del divenire, hanno anche nei trattati Vijnavdin i concetti di sogno, magia, miraggio e gandharvanagara. Otto similitudini sono presentate nel Mahynastrlakra (XI.30) anche se lutilizzo di essi differisce da quello di Ngrjuna. Comunque, la similitudine del sogno nel passo di qui sopra pertiene alle sei basi esterne di cognizione (bhytana), cio gli oggetti colti dai sensi e la mente, perch la loro fruizione non basata sulla realt. Anche il Mahynasagraha (III) usa le stesse otto similitudini e con il sogno sintende il punto di vista Vijnavdin a proposito della molteplicit delle esperienze. Essi negano lesistenza degli oggetti esterni, che dovrebbero essere le ragioni della variet delle esperienze, usando il sogno. Come ci indica Hattori (1984 [1982]: 237) Vasubandhu, commentando il Mahynasagraha, scrive: Just as we have agreeable or disagreeable experience in a dream despite the fact that there is no real object, even so we have diversified experience although there is no real object to be experienced. Vasubandhu usa la similitudine del sogno anche mentre glossa il Mahynastrlakra (XVIII.43-44), ove afferma che la sensazione (vedan), causata dal contatto dei sensi con gli oggetti esterni, comparabile a un sogno poich non che una falsa esperienza (mithynubhava). Quindi, nei testi Vijnavdin, luso principale del sogno si fa per evidenziare che in verit non esistono oggetti esterni e la nostra esperienza quotidiana, che si basa sul contatto con essi, altrettanto irreale (HATTORI, 1984 [1982]: 237).
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non vi distinzione poich sono tutte cognizioni. [Domanda del siddhntin:] Com possibile poi sostenere la molteplicit delle cognizioni quando gli enti esterni non siano reali? [Risposta del prvapakin:] Si risponde che per via della molteplicit delle impressioni latenti. Difatti, in questo mondo senza origine come [la sequenza ininterrotta tra] il seme e il germoglio, non si nega la molteplicit delle cognizioni e delle impressioni latenti che stanno reciprocamente nella relazione di causa ed effetto. Inoltre, anche attraverso il criterio della concordanza e della discordanza si comprende che la molteplicit delle cognizioni ha come causa le impressioni latenti;164 poich noi entrambi [idealisti e realisti] accettiamo la molteplicit delle cognizioni causate dalle impressioni latenti nei sogni e altre [cognizioni simili] senza oggetto. Invece, io non ammetto la molteplicit delle cognizioni la cui causa sono gli oggetti senza unimpressione latente. Allora, anche da ci [si evince] lassenza degli oggetti esterni

In questo caso presentiamo la sola sezione del punto di vista Vijnavdin che ci interessa, tralasciando il resto, come facemmo in occasione della BU. Qui, il termine chiave di tutto il passo citato vsan che abbiamo pi volte, lungo tutto lelaborato, tradotto come impressione latente. Letteralmente il termine significa fragranza, profumo, odore ossia quella sensazione olfattiva che permane anche quando la causa che lha provocata non pi presente. Per estensione, la parola definisce anche quei contenuti mentali residui e latenti che sono stati provocati da unesperienza diretta. I Vijnavdin sostengono che limmagine di un oggetto produce unimpressione latente e questa, a sua volta, determina limmagine successiva. Il rapporto tra questi fenomeni correlati si dice affine a quello del seme con il germoglio, in quanto in entrambe le occasioni vi una reciproca causalit, della quale, per, non pu essere stabilito linizio. Il processo di espressione delle impressioni latenti origina una diversificazione nelle immagini degli oggetti e lesperienza di questi produce nuove impressioni latenti e cos via. Questo processo dinterazione circolare si auto-sostiene ed pertanto privo dinizio, perci la diversificazione delle conoscenze, cognizioni e immagini correlata alla presenza di molteplici impressioni latenti e, nello stesso tempo, data la natura di questo rapporto, non ha senso stabilirne un principio o una causa. Daltro canto, per i Vijnavdin in assenza di
Com noto, mediante i criteri di concordanza positiva (anvaya) e discordanza o concordanza negativa (vyatireka) si accerta il rapporto di causa-effetto (nimittanaimittika) tra due enti. Nel caso in esame, il rapporto causale deve essere accertato tra le cognizioni e le impressioni latenti, ove queste ultime sono la causa delle prime. Sappiamo che lanvaya si esemplifica come tatsattve tatsattvam, Quando c quello [= leffetto] c anche laltro [= la causa] e vyatireka con tadabhve tadabhva, Quando non c uno [= la causa] non c neanche laltro [= leffetto]. Se applichiamo queste formule al caso in specifico avremo il criterio soddisfatto: jnasattve vsansattvam iti anvaya, Quando c la cognizione c anche limpressione latente: questo lanvaya e vsanbhve jnbhva iti vyatireka, Quando non c limpressione latente non c nemmeno la cognizione: questo il vyatireka.
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uno dei due termini della relazione, le vsan o le immagini, non si pu avere n la loro conoscenza n verificare la differenziazione di questa. Poich, dunque, loggetto si presenta sempre come vsan, lesistenza di questa separatamente dalloggetto ammissibile e rappresenta proprio la tesi dei Vijnavdin.165 Per i seguaci del Vijnavda, comunque, la similitudine del sogno ha importanti implicazioni. Abbiamo ricordato che per costoro quanto appare come esteriore non che unidea prodotta dalla coscienza (vijna). Questa coscienza non differente, anzi la medesima di quella onirica, la quale crea innumerevoli immagini di oggetti, i quali si dileguano non appena il sognatore si desta. Nonostante ci, rimane vero che durante il sogno vi era una coscienza capace di produrre gli oggetti colti in quella circostanza. Certamente, nessuno si sognerebbe di dire che le sensazioni provate e gli enti di cui si avuta esperienza nei sogni sono vere, per innegabile la coscienza su cui tutti questi si basano durante il sogno. Ugualmente, sono irreali anche gli oggetti esterni, mentre la coscienza che li produce rimane reale. Allinizio della parte Viatik della Vijaptimtratsiddhi quattro domande vengono rivolte ai Vijnavdin: perch la cognizione di un oggetto sorge in un certo posto? Perch in un certo tempo e non arbitrariamente in qualsiasi tempo o spazio? Solo persone con difetti visivi sono preda di cognizioni di oggetti irreali, come due lune, mentre la cognizione di vasi e altri enti empirici comune a tutti. Come si pu spiegare ci senza ricorrere alla realt esterna? Infine, ci che si esperisce in un sogno non ha effetti reali, mentre li ha ci che si vive durante la veglia, per esempio il morso di un serpente in sogno o in veglia ha conseguenze ben differenti. Come si spiega questo fatto? Per rispondere al primo, secondo e quarto quesito Vasubandhu si serve della similitudine del sogno.166 In un sogno si percepiscono, per esempio, un villaggio, una foresta, un uomo, una donna in un certo luogo e in un certo tempo, ma non certamente in qualsiasi tempo o luogo. In aggiunta, vero che anche un sogno pu avere conseguenze effettive: per esempio una polluzione notturna vera

La tesi dei Sarvastivdin, inammissibile per i Vijnavdin, invece, prevede lesistenza delloggetto separatamente dalle vsan e quindi dalla conoscenza. 166 La percezione, per lo meno quella di tipo mentale (manovijna), nella Viatik paragonata con lo stato di sogno, negando che vi sia qualcosa esterno alla coscienza. Lanalogia con il sogno simpiega solo per enfatizzare il lasso temporale che si apre tra la percezione sensoriale e quella mentale che segue alla prima, come forma di ricordo. Secondo la Viatik la cognizione (buddhi) di una percezione diretta comparata con il sogno perch vi unattivit di definizione della percezione mentale e la cessazione (niruddhatva) della percezione visiva, per cui lentit colta non pu essere vista (DARLING, 2007 [1987]: 51). Si veda anche la strofa 15 della Viatik, ove si pone un quesito sullequazione tra sogno e veglia. La strofa 16 poi riprende: pratyakabuddhi svapndau yath sa ca yad tad/ na so rtho dyate tasya pratyakatva katha matam//
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provocata dalla congiunzione carnale con una donna in sogno.167 Qui, la metafora onirica non intesa a provare lirrealt dellesistenza fenomenica. In verit, loggetto percepito e che produce effetti reali, in sogno irreale, anche se appare come fosse reale. Questoggetto onirico creato dalla coscienza. Lo stesso accade anche nella veglia, ove gli oggetti sono anche l creati dalla coscienza nella quale sono accumulate delle impressioni latenti di esperienze vissute da tempi immemorabili (HATTORI, 1984 [1982]: 237-238).168 In precedenza (BSB III.2.3) abbiamo visto come affermi che i sogni non posseggono il bench minimo sentore di realt, pertanto gli oggetti di veglia sono alquanto distinti da quelli onirici, perch i primi sono governati da precise leggi spazio-temporali e non sono contraddetti quotidianamente come avviene per i secondi. Ora, qui presentiamo un stra (II.2.29) che centrale per il nostro argomento, soprattutto allo scopo di far comprendere come la posizione di fondo di sia differente, o tenti di differenziarsi, da quella Vijnavdin, cercando cos di scansare ogni possibilit di accusa di cripto-buddhismo (pracchannabauddha), che i suoi avversari gli mossero fin dallinizio (SARASWATHI, SATCHIDANANDENDRA, 1998 [1973]: 55). Laforisma recita cos vaidharmyc ca na svapndivat, Inoltre, per via della sua differenza [lo stato di veglia] non come un sogno. In breve, tale distinzione tra veglia e sogno ed fondata sulla possibilit di smentire, nella veglia, ci che accaduto e di cui si ha avuto esperienza in sogno, mentre ci che avviene nella condizione di veglia, non viene mai smentito, se non dalla conoscenza di brahman, aggiungiamo noi. In primis, ci che preme di pi a , dimostrare che quando si parla di esperienze e cognizioni non si pu prescindere dallaccettare un certo genere di realt per lesperienza relativa al mondo esterno. Questo ha fatto s che alcuni studiosi vedessero in delle posizioni cosiddette realiste, solo al fine di opporsi allestremismo solipsistico dellidealismo Yogcra (CHAKRAVARTHI, R. P., 2002: 76).
R. P. Chakravarthi (2002: 55-56) che con questo esempio Vasubandhu decade dalla natura raccolta che egli sembra voler mantenere nei suoi scritti. , secondo lo studioso, risponde seccamente a Vasubandhu commentando ad BS III.2.3, che se i sogni avessero un effetto nel mondo di veglia, un uomo che si addormenta e sogna di visitare il paese dei Pacla, dovrebbe svegliarsi in quel luogo. Lottimo e sempre acuto Chakravarthi (2002: 56-60), propone poco pi avanti una serie di argomenti che secondo lui sottolineerebbero il fallimento logico delluso Vijnavdin del sogno. 168 Vasubandhu ricorda un suo predecessore, Dignga e il suo labanaparka, secondo il quale la mente contribuisce a formare loggetto: yad antarjeyarpa tu bahirvad avabhsate so rtha, Ma, quella forma che conoscibile allinterno, quelloggetto appare come fosse esterno. Si pu anche dire che la differenza tra lo stato di sogno e quello di veglia comparabile a quella tra percezione diretta (upalabdhi/vijapti) e ricordo (smti). Entrambe sorgono da attivit sensoriali. Secondo la Viatik (17) la percezione include la rappresentazione di un ente e non la sola presentazione, come fa il ricordo: ukta yath tadbhso vijapti smaraa tata/ svapne dgviaybhva nprabuddho vagacchati//, Com gi stato detto lapparizione di ci [= di un oggetto] una percezione e da essa si ha il ricordo. Fintanto che [lindividuo] non si risvegliato non comprende lassenza degli oggetti visti in sogno. (DARLING, 2007 [1987]: 52-53; CHAKRAVARTHI, R. P., 1993: 429-431; CHAKRAVARTHI, R. P., 2002: 54-55).
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La posizione di coerente con la prima nel voler differenziare nettamente svapna da jgta. Nella sua ottica la condizione di sogno e quella di veglia, per lo meno da un punto di vista empirico, non smettono mai di essere considerate come diverse. Per suggellare questa sua convinzione egli avanza tre argomenti. Il primo nuovamente il fatto che i sogni sono contraddetti (bdhyate hi) dalla veglia; in secundis, sostiene che la visione onirica un atto di ricordo e quindi una funzione della memoria, diversamente dalle visioni della condizione di veglia, che sono atti di percezione e conoscenza immediata.169 Ovviamente, le idee di percezione diretta e ricordo differiscono: le prime non dipendono dalla volont del soggetto percettore, ma si modellano, come abbiamo gi spiegato, attorno alloggetto (vastutantra), per cui non dipende dalla volont del soggetto, ma dalloggetto stesso. I sogni, invece, sono falsi, perch non hanno una realt oggettiva corrispondente. Il terzo e ultimo argomento si basa sul fatto che lesistenza di impressioni mentali residue non possibile senza che esse siano precedentemente scaturite dalla percezione di oggetti esterni (SASTRI, KOKILESWAR, 1936: 57-58):
yad ukta bhyrthpalpin svapndipratyayavaj jgaritagocar api stabhdipratyay vinaiva bhyrthena bhaveyu pratyayatvvied iti. tat prativaktavyam. atrocyate na svapndipratyayavaj jgratpratyay bhavitum arhanti. kasmt. vaidharmyt. vaidharmya hi bhavati svapnajagaritayo. ki punar vaidharmyam. bdhbadhv iti brma. bdhyate hi svapnopalabdha vastu pratibuddhasya mithy mayopalabdho mahjanasamgama iti, na hy asti mama mahjanasamgamo nidrglna tu me mano babhva tenai bhrntir udbabhveti. eva mydiv api bhavati yathyatha bdha. naiva jgaritopalabdha vastu stabhdika kasycid apy avasthy bdhyate.170 api ca smtir e yat svapnadaranam. upalabdhis171 tu jgaritadaranam. smtyupalabdhyo ca pratyakam antara svayam anubhyate rthaviprayogasaprayogtmakam ia putra smarmi nopalabha upalabdhum icchmti. tatraiva sati na akyate vaktu mithy jgaritopalabdhir upalabdhitvt svapnopalabdhivad ity ubhayor antara svayam anubhavat. na ca svnubhavpalpa prjamnibhir yukta kartum. api cnubhavavirodhaprasagj jgaritapratyayn svato nirlabanat vaktum aaknuvat svapnapratyayasdharmyd vaktum iyate. na ca yo yasya svato dharmo na sabhavati so nyasya sdharmyt tasya sabhaviyati. na hy

Nel commento allaforisma BS I.1.9, scrive che lanima individuale giunge alla condizione onirica portando con s delle impressioni residue: tadvsanviiha svapnn payan manaabdavcyo bhavati , [il jva] essendo qualificato dalle impressioni latenti di quella [= della percezione di veglia], sognando diventa nominabile dalla parola mente (SARASWATHI, SATCHIDANANDENDRA, 1998 [1973]: 56). 170 A questo proposito Svm Satynanda Sarasvat (2005: 451) aggiunge unaltra obbiezione al punto di vista buddhista. Se le cognizioni oniriche e di veglia sono entrambe possibili senza un contenuto esterno, allora com possibile differenziarle luna dallaltra? Com possibile affermare Questo un sogno!, Questa la veglia!? Stando cos i fatti non vi potrebbe pi essere una cognizione contraddittrice (bdhaka) e una contraddetta (bdhya) come accade normalmente. 171 Unannotazione (ippa) interessante di J. L. str (1998 [1984]: 250) rispetto al termine upalabdhi : pramajo nubhava upalabdhi, La percezione unesperienza sorta grazie ai mezzi di conoscenza.
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agnir uo nubhyamna udakasdharmyc chto bhaviyati. darita tu vaidharmya svapnajgaritayo// 29 // [Siddhntin:] Quanto stato detto da chi nega gli oggetti esterni cio che anche le cognizioni della condizione di veglia, che hanno come contenuti le colonne o quantaltro, sono come cognizioni oniriche o simili possono darsi anche senza un oggetto esterno, poich non vi differenza a proposito del loro essere cognizioni. Anche tutto ci deve essere confutato. A questo proposito si risponde che le cognizioni della condizione di veglia non sono come le cognizioni della condizione di sogno. [Domanda:] Per quale ragione? [Risposta:] Per la differenza, infatti, vi difformit tra la condizione di sogno e la condizione di veglia. [Domanda:] Qual allora questa difformit? [Risposta:] Rispondiamo che consiste nella contraddizione e non contraddizione [degli oggetti nelle due condizioni]. Infatti, un ente colto durante il sogno contraddetto da parte di colui che si destato: Lincontro con le grandi personalit che da me stato esperito era falso! Infatti, non c stato un incontro con grandi personalit, ma solo la mia mente era ottusa dal sonno, per questo sorta questillusione. Lo stesso accade a proposito di trucchi illusionistici e altri simili, si ha una contraddizione adeguata alla circostanza. Al contrario, un ente esperito durante la condizione di veglia, come una colonna o quantaltro, non si contraddice cos in alcuna condizione. Inoltre, invero un ricordo questa visione onirica, mentre la visione della condizione di veglia una percezione diretta. La differenza tra ricordo e percezione diretta, connaturata dal contatto (saprayoga) o dalla separazione (viprayoga) con loggetto, direttamente e di per s esperita, come: Ricordo il mio amato figlio, ma io no lo percepisco, [bens] desidero vederlo! Stando cos le cose colui che da s esperisce la differenza tra le due non pu asserire: la cognizione della condizione di veglia falsa, poich una cognizione, come la cognizione onirica.172 Poi, non congruo per coloro che si ritengono intelligenti proporre la negazione della propria esperienza. Inoltre, colui che non in grado di affermare lintrinseca assenza di contenuto (nirlabanat) nelle cognizioni della condizione di veglia, per via del problema della contraddizione con la propria stessa esperienza, questi desidera affermarla in virt della somiglianza con la cognizione della condizione onirica. Per, non che ci per cui non possibile una caratteristica intrinseca, questa divenga possibile per lui per via della somiglianza con un altro;173 infatti, non

Questa rappresenta linferenza che i Vijnavdin propongono per stabilire lirrealt del mondo di veglia, sulla base del mondo di sogno. Vediamo che il probans che la propriet comune tanto alla cognizione onirica quanto a quella di veglia, di essere entrambe cognizioni (upalabdhi). 173 Il punto centrale della critica di non pretende che la caratteristica dellesperienza richieda unesteriorit, bens ritiene questultima essa stessa una caratteristica dellesperienza. I buddhisti idealisti, dice , possono distinguere tra sogno e veglia, ma sostengono che la conseguenza di questa distinzione problematica. Per, si oppone, se i Vijnavdin possono distinguere tra veglia e sogno senza riferimento allesteriorit, non possono di contro negare lesteriorit come criterio dellesperienza di veglia. Per Vasubandhu, il negare che lesperienza di veglia necessiti dellesteriorit fondato sul fatto che il sogno manca di ogni contatto con lesterno. Per Vasubandhu deve mutuare il concetto di esterno dallesperienza di veglia al fine di negare che lesteriorit sia unesigenza di unesperienza coerente. Questo per, sembra a questo punto dire , conduce allerrore logico della debolezza del
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possibile [una tale somiglianza, vale a dire] che il fuoco, che esperito come caldo, per unanalogia con lacqua diventi freddo. Ergo, stata mostrata la differenza tra la condizione di sogno e quella di veglia (29).174

Una questione degna di nota, che ci conduce a riflettere sulle differenti posizioni di in diversi contesti laccusa dipocrisia mossa da Bhskara alladvaitcrya commentando il BS ad II.2.29.175 Secondo Bhskara, in altre situazioni nega lesistenza di una qualche entit esterna permanente, affermando che il mondo illusorio come la schiuma di unonda, come un miraggio o come un sogno, mentre in commento egli si pone come realista insistendo sulla realt degli enti esterni. Ingalls (1954: 303-305) stesso si riflett su questo argomento. Secondo lui, quando polemizza con i Vijnavdin ragiona da realista, quando invece sviluppa argomentazioni proprie sostiene che il mondo illusorio, come potrebbe esserlo il trucco di un mago, un miraggio o un sogno. Dal punto di vista metafisico Advaita e Vijnavda sarebbero molto vicini, davvero poco distanti. Invece, avrebbe, secondo lo studioso, una giustificazione da apporre dal punto di vista psicologico, ovvero che il brahman di da considerarsi di pi un conoscitore piuttosto che una cognizione. parte dal brahman ed costretto a sostenere la falsit del divenire mondano al fine di salvaguardare lintegrit del brahman stesso. Di contro, il buddhismo idealista parte dallirrealt del mondo come garanzia della possibilit di sconfiggere il dolore atavico (dukha) e mai giunge a formulare una dottrina che tolleri un sostrato permanente. Per questo non pu certamente considerare come sostituto del brahman, in quanto adhihna, llayavijna (PELISSERO, 2002: 67; CHAKRAVARTHI, R. P., 1993: 437438). Qui, la polemica antibuddhista sembra ben lontana dagli schemi che abbiamo registrato del V, perch qui sostiene vivacemente la diversit tra la veglia e il sogno e ammette la veracit di ogni espressione in quanto tale. Tuttavia, a nostro modo di vedere il qui pro quo con i Vijnavdin parte dal fatto che il loro idealismo certamente vicino allAdvaita akariano. Lerrore che i Vedntin imputano loro, oltre alla grande differenza della non accettazione di un sostrato immutabile che brahman, che costoro, pur rimanendo in una dimensione vyvahrika, portano nella realt empirica ci che solo pramrthika, confondendo e
probandum (sdhyavaikalya), perch il sdhya appunto la propriet di un ente la cui esistenza o natura deve essere comprovata (CHAKRAVARTHI, R. P., 2002: 56-57). 174 Si vedano anche i commenti di ad BS II.1.6, II.1.24 e II.1.40-42. 175 Bhskara (BSBB, DVIVED, V. P. [ED.], 1991: 124) scrive: atha manyas nyasmin sthyini vastvantare sati vijnamtra neyate, sati punar tmatattve prapacpalpa iti. ko ya nyya yat saty asmin pratipanne nyann iyata iti

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sovrapponendo gli stati dellessere. , quando valuta il reale da un punto di vista vyvahrika, ben attento a distinguere i differenti livelli ontologici. Quando invece si pone dal punto di vista assoluto non si cura dei livelli transeunti, siano essi apparenti o empirici, bens guarda ogni cosa dallaltezza dellassoluta non-dualit,176 fieramente convinto che di fronte a essa ogni altra condizione o entit sia un mero nihil, una bolla di sapone, un sogno.

Per approfondimenti su questo argomento cos importante, ma evidentemente impossibile da approfondire in questa sede, rimandiamo ad alcuni lavori di cui ci siamo serviti e da cui abbiamo pescato a piene mani. Certamente, quelli che meritano una menzione pi entusiastica sono due lavori di Ram Prasad Chakravarthi Dreams and Reality: The akarite Critique of Vijnavda apparso nel 1993 nella rivista Philosophy East and West (Vol. 43, n. 3: 405-455) e i primi tre paragrafi del primo capitolo (Externality) del volume Advaita Epistemology and Metaphysics pubblicato nel 2002 a Londra per i tipi della Routledge & Curzon. I tre paragrafi sono akara and the philosophical frame work of Advaita (pp. 25-37); akara Vasubandhu and the idealistic use of dreaming (38-79) e akara, dreaming and non realism (80-92). Sebbene i lavori siano intrisi di spunti comparativistici con la filosofia occidentale, dei quali noi non siamo cos entusiasti, le analisi dellautore denotano straordinario spirito critico e comprensione testuale. Per altri articoli e libri rimandiamo allappendice bibliografica finale.
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Dulcis in fundo, o in cauda venenum a voi la sentenza, ci sono le conclusioni, circostanza in cui si tirano le fila di quanto stato detto e, se possibile, si aggiunge un pizzico di quel qualcosa in pi, affinch si giunga a un inquadramento per quanto possibile unitario e distaccato. Tenteremo altres di evitare di ripeterci, nonostante che per ripercorrere alcuni punti fondamentali della nostra ricerca non potremo prescindere da un certo genere di abhysa squisitamente vedntico. Chiunque si sia avventurato nella lettura totale di questo scritto, si sar di certo accorto che in molte porzioni abbiamo espresso le nostre opinioni, in altre quelle di illustri studiosi, in altre occasioni ancora abbiamo riportato il punto di vista della tradizione vivente dellAdvaita Vednta, sia nel suo lato per cos dire teorico, quello dei paita, sia in quello pi prettamente pratico dei sanysin Advaitin, anche se questo termine nellAdvaita ha valenze del tutto differenti. Potremmo, infatti, sostituirlo con realizzativo e dottrinale. La cosa che pi ha sorpreso anche noi stessi , non solo la profondit dellargomento decisamente oceanica, ma anche il ricorso quotidiano, non solo in India, ma anche qui, in Occidente, alla parola sogno, alle metafore oniriche e tutto quanto questo campo cos affascinante include. Nellorizzonte dottrinale e trattatistico strettamente indiano, poi, il fascino del sogno non passato inosservato in alcun ambito. Abbiamo visto come nel Veda il sogno fosse ritenuto per lo pi fenomeno dalle tinte fosche, qualcosa da placare, augurandosi che potesse colpire i nemici. Tuttavia, gli indiani vedici rifletterono che questo mondo cos fantasmagorico e per certi versi incontrollabile, doveva avere delle cause, delle basi sulle quali poggiare. Fu cos che la loro attitudine allindagine, nella sua accezione pi ampia diede il la a sempre crescenti speculazioni, indagini ed esami relativi alla realt onirica, distribuiti naturalmente in un vastissimo arco temporale. Una delle questioni con le quali abbiamo a nostre spese dovuto scontrarci lenorme differenza di opinioni concernenti il sogno. Anche allinterno della stessa scuola, dello stesso darana possono trovarsi anche dei punti di vista opposti rispetto al sogno. Questa grande diversit di vedute e, talvolta, poca chiarezza ha fatto sorgere in noi molteplici dubbi che, man mano la nostra ricerca procedeva invece di dissiparsi, sinfittivano. Per dare unidea di quanto diciamo alcune scuole vedono nella veglia la causa del sogno. Per esempio la fisiologia dellyurveda individua la natura umorale di un individuo come la causa delle 559

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sfaccettate visioni oniriche. Alcuni, come GP, vedono il sonno profondo come causa diretta e principale del sogno, in primo luogo, e successivamente anche della veglia. Per questo alcuni autori, soprattutto Advaitin, hanno voluto leggere questa derivazione nel senso che anche il sogno un prodotto diretto di avidy. Fin dai tempi pi remoti la maggioranza dei testi e dei maestri, per, concorde nellaffermare che la causa del sogno, delle immagini e cognizioni oniriche siano le esperienze dirette di veglia. Le innumerevoli azioni, le percezioni e soprattutto i desideri e le aspirazioni della veglia producono degli effetti e dei residui. Questi effetti sono impressioni mentali che vanno a incastonarsi nella psiche dellindividuo che ne stato lartefice. Quando le azioni che le producono sono meritorie, le impressioni immagazzinate nel bagaglio psichico saranno fauste, mentre le attivit deprecabili e non avvallate dalle scritture e dagli crya danno origine a impressioni latenti infauste. Ci va a riverberarsi sul sogno, in quanto il combustibile delle immagini oniriche sono per lo pi queste impressioni residue, che quando sono meritorie generano bei sogni e quando sono colpevoli sviluppano brutti sogni. Questultimo punto di vista certamente quello pi largamente condiviso. Va detto per che non c accordo sulla natura dellesperienza cognitiva del sogno, vale a dire se essa sia una percezione diretta valida o invalida, oppure un ricordo, anchesso rispondente al vero o illusorio. In questo caso uno studio molto importante per laspetto onirologico dei darana stato quello di Jadunath Sinha, Indian Psichology, sul quale i lavori successivi si sono chiaramente modellati. Egli suddivise in due principali tronconi latteggiamento dei darana nei confronti dei sogni, ponendo da una parte coloro che indicano il sogno come unesperienza vicina alla percezione considerando svapna una rappresentazione e dallaltra parte le linee di pensiero che vedono il sogno pi vicino al ricordo, ritenendolo una presentazione di ci che gi avvenuto. Nonostante lintuizione e il lavoro di Sinha siano eccezionalmente documentati e accurati, questa categorizzazione non deve considerarsi rinchiusa entro dei compartimenti stagni. Diciamo questo perch allinterno della stessa scuola autori di epoche differenti, ma anche contemporanei hanno letto lesperienza onirica in uno o nellaltro modo, senza peraltro essere tacciati di tradimento degli assiomi fondanti della scuola. C di pi, anche gli stessi autori hanno trattato il sogno in modi differenti, prediligendo latteggiamento rappresentativo o di presentazione, non solo in diversi loro lavori, ma anche allinterno dello stesso testo. Uno degli esempi maggiormente noti proprio lautore pi nominato nella nostra dissertazione, ossia lo del commento ai BS. In questo testo e nel commento alla BU ove sviluppa praticamente tutto lo scibile Advaitin si riscontrano varie posizioni e 560

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trattazioni differenti rispetto al sogno. Talvolta assimilato a un tipo di percezione erronea, talaltra a un ricordo. Va detto che sia per , sia per altri autori di altri orizzonti speculativi, a nostro avviso non si deve parlare di contraddizione, bens di differenti contesti in cui una posizione presa piuttosto di unaltra. Per esempio laddove ci si trova a dover controbattere il punto di vista solipsistico degli Yogcra, sostiene che il sogno un ricordo sui generis; in altre occasioni egli sostiene che, per via della sua immediatezza, si tratta di un esempio di percezione anche se di matrice erronea; essendo tale, il sogno pu anche definirsi un esempio di sovrapposizione (adhysa). Senza ripercorrere i diversi punti di vista dei vari autori, ora vorremmo solo proporre alcune considerazioni di carattere generale. Ricordiamo che dal punto di vista della veglia, il sogno un tipico caso dillusione, di allucinazione. Infatti, un intero mondo sorge alla vista e noi non abbiamo nemmeno il sospetto di essere raggirati. Non c limite al susseguirsi delle possibilit, del grottesco e pittoresco, che si sovrappongono e superano i confini della veglia. Tuttavia questa meravigliosa attivit sembra del tutto veritiera al momento in cui la si vive, non genera in noi alcuna sorpresa o dubbio. In effetti, ogni elemento proprio della veglia viene riprodotto e rielaborato: spazio, tempo, mutazioni. Nel mezzo di questa messa in scena, basta un semplice balzo indietro nella veglia perch tutto abbia termine e ci si renda conto che stavamo solo sognando. La spiegazione che pi correntemente fornita fa riferimento al fatto che il sogno formato dalle impressioni prodottesi in una mente vigile, che rimangono latenti nelle pieghe dellorgano interno, manifestandosi poi improvvisamente nellatto, ossia come esperienze oniriche. Nessuna impressione in verit cade nel vuoto, tutte sono raccolte e conservate in quellinesauribile magazzino che la mente. Se a queste negato un posto durante la veglia, poco male, esse si presentano nel sogno, il reame proprio di queste impressioni latenti. Spazio e tempo sono creazioni della mente e la relazione di causa-effetto improvvisata. Lintelletto si placa e le facolt critiche e sensoriali sono addormentate e inattive. Il sogno, come daltronde ognuna delle tre condizioni di coscienza veglia, sogno e sonno profondo sono argomenti affrontabili da numerosi angoli visuali e prospettive. Sorvolando larcaicit vedica, in cui il sogno era vissuto come fenomeno degno di attenzione, ma soprattutto per le sue conseguenze nefaste, nelle scienze ausiliarie del Veda, soprattutto la scienza medica e lastrologia-astronomia il sogno fu indagato rispettando le aree disciplinari di ognuna di queste vidy. Vi troviamo, infatti, da un lato una prospettiva fisiologica strettamente legata a dinamiche fisiche e, dallaltro, uno sguardo ben pi ampio, 561

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che coinvolge i corpi celesti e le loro influenze sugli individui. Utilizzando una terminologia cara agli indiani potremmo definire la prima analisi pertinente a un dominio adhibhautika e la seconda concernente una sfera adhidaivika. Sappiamo inoltre che il trittico di questi livelli manifestativi si chiude con il regno adhytmika, che coinvolge lindividuo in ogni sua componente, sia essa fisica, psichica, causale e spirituale. La speculazione dei darana ortodossi si concentra precisamente su questultimo aspetto, nel suo senso pi ampio, ovvero sia sullaspetto essenziale dellindividuo, sia sui suoi prolungamenti, analogie, differenze o anche identit con lessenza stessa delluniverso. Esiste una piena consapevolezza di fondo che, anche nel reame empirico, le esperienze sensibili sono spesso metafora per descrivere esperienze sovra-sensibili. qui che lanalisi onirica e di tutte le altre avasth, sfuggendo alle pedanti classificazioni oniromantiche, sinsinua sempre di pi nelle abissali profondit dellessere presentando prospettive via via pi universali, a partire dalle teorie psicologiche fino a giungere a quelle ontologiche, o meglio, metafisiche tout court. a questo punto che sinserisce lanalisi soprattutto dellAdvaita Vednta a partire da GP e fino ai loro successori anche pi recenti. Tutti i Vedntin di orizzonte non duale si occuparono delle tre condizioni di coscienza al fine di investigare sia i loro ambiti strettamente indipendenti, sia di mostrare la continuit che unisce, collega e sottost a esse, ossia il turya, che non n uno stato, n una condizione, ma indicato come quarto per distinguerlo dai tre e per sottolinearne la trascendenza. Il centro di ogni sforzo degli Advaitin uno e uno soltanto, cercare con ogni mezzo di realizzare il messaggio upaniadico dellidentit di tman con lunica e sola realt assoluta, il supremo brahman (tmabrahmayor abheda). In questo panorama bisogna rammentare che nellintera storia sia letteraria sia dottrinale dellAdvaita Vednta la via per fare ci passa attraverso la determinazione che la realt assoluta (pramrthika) una e intramontabile mentre il mondo empirico (vyvahrika) e quello apparente (prtibhsika), pur avendo caratteristiche di solidit e durata differenti, sono decisamente falsi (mithy). Per giungere a questo, oltre alluso dellerrore percettivo, quale altro mezzo migliore se non il sogno. da questo che deriva uno degli usi logici pi concreti dellAdvaita nei confronti del sogno. Gli Advaitin pongono il sogno, la condizione onirica, le cognizioni e gli oggetti onirici come esempi delle inferenze che mirano a provare (siddha) la falsit del mondo di veglia sulla base dellanalogia con il sogno (SHARMA, A., 2006: 63-66). Per i Vijnavdin, invece, la cui posizione Advaita spesso confusa con quella degli Advaitin del Vednta, che tanto il mondo onirico quanto la veglia non sono esteriormente reali, bens solo irreali apparizioni 562

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interiori che si consumano sul terreno di tman-vijna. Gli Advaitin, a nostro parere, interpretano questa prospettiva sottolineando la confusione degli Yogcra che sovrappongono delle questioni proprie di un punto di vista empirico facendole coincidere con la realt pramrthika senza per essere giunti a quella realizzazione. A parte il punto di vista di GP, che nel Vednta si considera pressoch assoluto, la posizione mediana di vede una netta distinzione tra il mondo apparente (prtibhsika) del sogno e la solidit empirica (vyvahrika) della veglia. assume, per distanziarsi dai buddhisti, una prospettiva molto pi realista di quanto si possa immaginare. Gli oggetti della normale esperienza di veglia dellindividuo ordinario non possono essere parificati a quelli dellesperienza onirica. Anche se egli, come i suoi successori e predecessori, utilizza spessissimo in queste discussioni la metafora e lanalogia del sogno per indicare la caducit del mondo, anche questo esempio deve essere inteso nella sua natura propria di esempio, ossia senza identificarlo precisamente con lente che intende esemplificare. Si sa, infatti, che lesempio ekadeya, ossia compara due o pi entit per una caratteristica peculiare che tra esse comune. Se lesempio fosse del tutto congruente con la situazione che illustra, non si tratterebbe pi di esempio, ma didentit. Per questo, nelle circostanze in cui dibatte con avversari, egli costretto a difendere lassolutezza metafisica ponendosi da un punto di vista relativo, secondo il quale il sogno differente dalla veglia e ne viene contraddetto, proprio come lesperienza di questo mondo, analoga al sogno, negata dal risveglio alla condizione suprema (CHATTERJJE - DATTA, 1984 [1939]: 393-394).1 La veglia e il sogno sono identici solo a realizzazione avvenuta, non da un punto di vista vyvahrika, per cui esiste una sostanziale differenza qualitativa e quantitativa tra il sogno e la veglia. Anche allcrya, come anche a GP, il sogno serve in ultima analisi come esempio per provare, oltre che con lo stra, anche con la ragione, con linferenza, la falsit anche del mondo fenomenico, esemplificato dalletichetta ombrello della veglia. Non c ragione di spingere pesantemente oltre i confini della pratica interiore e personale di un Vedntin lassimilazione tra sogno e veglia. Lanalogia deve essere ci che muove effettivamente il praticante sulla via dellAdvaita, per da un punto di vista dibattimentale e trattatistico non c ragione per identificare i due
Si noti comunque, e lo ripetiamo, che in alcune opere, come il VCM e alcune sezioni dellUS, assume lo stesso punto di vista di GP, ossia assoluto, asserendo che il sogno e la veglia si equivalgono. Per esempio vi sono alcuni passi del VCM anditvam avidyy kryasypi taheyate/ utpannn tu vidyym vidyakam andy api// 200 // prabodhe svapnavat sarva sahamla vinayati/ 201 a / yadi satya bhaved viva suuptv upalabhyatm/ yan nopalabhyate kicid ato sat svapnavan m// 236 /, Si dichiara che lignoranza, come il suo effetto, sono senza origine, ma quando sorge la conoscenza, anche se lignoranza non ha inizio, (200) perisce tutto assieme alla radice, come un sogno al risveglio (201a) Se luniverso verit, allora lo si reperisca dunque nel sonno profondo. Allora per nulla si percepisce, per cui non reale, falso come un sogno (236). Si confronti anche con LUP (I.48) ove si dice che rimossa lignoranza non c pi dolore, n nella veglia n nel sogno (CONIO, 1979: 305-306). Si vedano le pp. 400-401 del capitolo IV.II.
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ambiti. Lo pu fare solo il realizzato (SHARMA, A, 2006: 193). Cerchiamo ora di vedere il sogno, non come semplice oggetto dindagine, come prameya della mente, ma dallinterno, ovvero cercando di analizzarlo di per s, come sogno dal punto di vista onirico, lasciando da parte la veglia. Esso appare, comunque, come replica della veglia. Nessun elemento proprio di essa sembra mancare: il mondo di fronte a noi con tutte le sue peculiarit, tempo, spazio, mutazioni, causalit, domini fisici, scenari naturali, volti e oggetti familiari, relazioni interpersonali. Non solo questo ma anche entit sottili, quali i sentimenti, le memorie, le emozioni, le divinit nonch i demoni. Acquisiamo nuovi poteri, capacit, posizioni, siamo capaci di volare senza ali e camminare sulle acque: nulla sembra impossibile. Nonostante tutto, ci sembra estremamente naturale, non sorprende. Per, ritornati alla veglia, il sogno ci sembra solo una confusionaria illusione, un goffo e grottesco dramma. Ancora poi ci addormentiamo e di nuovo siamo prigionieri della realt onirica che ci confina alle sue parentesi ontologiche. Questo andare e venire dal sogno alla veglia e dalla veglia al sogno qualcosa di costante, che quotidianamente e fino al termine della nostra esistenza terrena ci accompagner. Di fronte a queste considerazioni, come dunque addossare ogni pi massiccia pretesa di realt addosso alla sola veglia? Perch il sogno non pu dirsi altrettanto reale? Se si dovesse ribattere che la veglia non mai contraddetta mentre il sogno lo ogni giorno, la risposta a questo quesito coinvolge unaltra domanda: come pu uno stato che accompagnato da un senso di veglia nullificare s stesso mentre si sta verificando? La veglia non pu essere negata mentre sta svolgendosi. Un sogno non mai riconosciuto come tale mentre sta avvenendo. Uno stato pu essere negato solo allora che esso sia passato, terminato, perch per il percettore ci che si esperisce come presente sempre veglia. Per questo motivo, unanalisi pi attenta, rivela che il sogno pu essere visto come una condizione altrettanto veritiera, quanto la veglia. A causa dellindeterminabile discrepanza tra i due stati in termini temporali, affiancata dallintervallo atemporale tra loro, entrambi devono essere giudicati di eguale indipendenza, come differenti regni di realt di cui sono espressione. Anche la suddetta menzione dintervalli non del tutto propria. Se tra il sogno e la veglia fosse immaginato un intervallo, esso farebbe da ponte tra i due stati connettendoli, creando un continuum in contrasto con lesperienza quotidiana vissuta da ognuno: il tempo della veglia governa su di essa, cos come il tempo onirico confinato ai sogni, senza possibilit di sovrapposizione o contatto. In effetti, noi compiamo unindagine della condizione di sogno, non come un individuo che osserva un altro individuo, bens come le scritture ci raccontano della condizione del S che guarda senza intervenire. La semplice esperienza conoscitiva e di giudizio Io sogno, durante il sogno frutto dellinattiva osservazione del testimone, oltre il 564

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dominio dellantakaraa. il continuo esame su queste altalenanti, giornaliere esperienze che ci conduce a comprendere che il S oltre il dominio, non solo dei sensi e delle parole, bens pure della mente: la mente coglie il mondo esteriore, mentre il S osserva pacifico i tre stati, proiettandoli e assorbendoli tutti. A parte la veglia, non esiste pi contatto tra uno stato precedente mentre si in uno stato successivo. Non possibile chiedersi se il mondo di veglia persiste mentre noi sogniamo. Il mondo di veglia non ha fondamento al di fuori di essa, cos come avviene per il mondo onirico. Va altres ribadito, per, quale sia latteggiamento non dellAdvaitin trattatista, ma dellAdvaitin che simpegna essenzialmente per la realizzazione. Lindagine sui tre stati conduce a comprendere che lintera esperienza di veglia tanto illusoria quanto quella onirica, poich entrambe le condizioni scompaiono durante il sonno profondo. In altre parole entrambe possono essere considerate aventi una realt ontologica pari alla durata della loro percezione. Per il Vednta lintero mondo della creazione mentale simmerge e ritorna completamente alla sua fonte, ossia la mente stessa. Le attivit di veglia sono basate su una fondamentale illusione, ladhysa appunto. sostiene che lillusione necessaria allo svolgimento della vita attiva pratica, cionondimeno rimane pur sempre unillusione. Quando, com latteggiamento imperante della metafisica vedntica, si compara il sogno con la veglia, il S da considerarsi come un testimone di entrambi, che in questa veste non pu cambiare. Le due condizioni sembrano in successione, ma siccome non sono eventi di ununica serie, la loro sequenza illusoria. Ci che comunque nellanalisi di tutte e tre le condizioni del S preme evidenziare agli Advaitin, lunico filo sottile che le penetra e le connette, ossia il S come testimone. Un principio realizzabile immediatamente solo mediante la cognizione aham, ma che si sveste di ogni connotato individuale, sia esso grossolano o sottile. Comunque, a scapito di quanto si possa affermare, difficile sembra identificare un sogno. Impossibile rendersi conto che esso sia tale mentre lo si vive, per cui, al risveglio rimane difficile identificare una qualche caratteristica o attributo che gli sia proprio. Il sogno ha la capacit di riprodurre e mimare ogni attivit, evento e oggetto della veglia, proprio grazie alla sua grande e irresistibile potenza creatrice. Nonostante ci, un elemento rimane sempre e invariabilmente al di l della sua portata, e questo il S, il testimone immobile di ogni piega della coscienza individuale. Basandosi proprio su questi sentori di continuit (anvaya) di un unico principio e discontinuit (vyatireka) delle altre condizioni, il sogno, come anche tutte le tre avasth, hanno unenorme rilevanza nelle pratiche realizzative. 565

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Una premessa ben nota, ma altrettanto importante, come ricorda argutamente Gunon (1992 [1925]: 73), che il mondo, nel senso dinsieme della manifestazione universale,
non pu essere distinto da Brahma che in modo illusorio, mentre brahman, invece, assolutamente distinto da quello che Esso penetra [BG IX.4-5], vale a dire dal Mondo, perch non possibile applicare ad Esso alcuno degli attributi determinativi che convengono a quello, e lintera manifestazione universale rigorosamente nulla di fronte alla Sua infinit

Questaffermazione cos lucidamente vedntica ci fa rammentare che il S supremo invero assolutamente distinto e privo di ogni condizione individuale e avventizia, per per via dellignoranza nel suo aspetto di sovrapposizione, sidentifica con ogni condizione attraverso la quale si trova illusoriamente a transitare. Utilizzando il metodo delladhyroppavda nellanalisi delle avasth, lAdvaita mira a scardinare questo processo, distinguendo il puro S dagli stati transeunti e contingenti (SARASVAT, SATCHIDNANDENDRA, 1997 [1989]: 100-112). Il processo dellAdvaita , pressa poco, sempre lo stesso: si studia la manifestazione e la successione del suo procedere, per risalirla in senso inverso, negandone via via (niedhamukhena) le varie tappe. Evidenziati e compresi i domini di veglia, sogno e sonno profondo, nonch dei loro abhimnin jva Viva, Taijasa e Prja , come pure il rapporto di questi con il principale metodo utilizzato (sdhan) della ripetizione dellokra (praavajapa) e con le more (mtr) che lo costituiscono a, u, m , si intraprende un processo per risalire la china. Il S come Viva, che vive la veglia e corrisponde alla sillaba akra, una volta terminata lesperienza vigile simmerge in un mondo di sogno e diviene Taijasa, legandosi a ukra.2 Questi, a sua volta, esaurite tutte le sue possibilit di quello stato, penetra nella terza condizione, quella in cui Prja ed esperisce il mondo causale di suupti e la sillaba a cui si ricollega makra. Questo processo costante, spontaneo, tanto quotidiano quanto eterno, trover il suo compimento solo quando non ci sar pi un ritorno discendente (krama/anuloma) ma, allora controcorrente, per via negativa (pratiloma), si attinge una condizione atemporale priva di durata e successione (akrama) nella quale anche
Qui possiamo anche inserire un insegnamento dalla PD (VII.172-173) di Vidyraya: svasvapnam parokyea dv payan svajgaram/ cintayed apramatta sann ubhav anudina muhu// 172 // cira tayo smyam anusadhya jgare/ satyatvabuddhi satyajya nnurajyati prvavat// 173 //, Dopo aver visto il proprio sogno direttamente e scrutando la propria veglia, giorno dopo giorno [il sdhaka] rifletta continuamente su entrambe senza disattenzione (172). Avendo per lungo tempo riflettuto durante la veglia sulluguaglianza di ambedue, avendo abbandonato lidea di verit [anche per la veglia] egli non ne attratto come prima (174). Si veda anche Chenet (1998, VOL. 1: 152).
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la vibrazione determinata dalla continuazione della m, andr a scomparire e sublimarsi nellineffabile quarto stato (turya), innominabile, al di l di ogni agire mondano, senza sogno (asvapna) n sonno (anidra), senza suono n misura (amtr), limmobile osservatore che osserva ogni mutamento, il solo negatore (niedhaka) restante dopo che ogni altro (aea) ente (niidhya) stato negato (niiddha).3 Nei seguenti passaggi del Packaranavrtika (PKV 49-60a, ad PK 3)4 troviamo precisamente una trattazione pi sistematica di quanto qui sopra accennato:
akra purua vivam ukre pravilpayet/ ukra taijasa skma makre pravilpayet// 49 // makra kraa prja cidtmani vilpayet/ cidtm ha nityauddhabuddhamuktasad advaya// 50 // paramnandasadohavsudevo ham om iti/ jtv vivecaka citta tatskii vilpayet// 51 // cidtmani vilna cet tac citta naiva clayet/ prabodhtman sta prcalasamudravat// 52 // eva samhito yog raddhbhaktisamanvita/ jitendriyo jitakrodha payed tmnam advayam// 53 // dimadhyvasneu dukha sarvam ida yata/ tasmt sarva parityajya tattvaniho bhavet sad// 54 // ya payet sarvaga ntam nandtmnam advayam/ na tena kicid ptavya jtavya v vaiyate// 55 // ktaktyo bhaved vidv jvanmukto bhavet sad/ tmany evrhabhvo jagad etan na vkate// 56 // kadcid vyavahre tu dvaita yadyapi payati/ bodhtmavyatirekea na payati cidanvayt// 57 // kintu payati mithyaiva dimohenduvibhgavat/ pratibhsa arrasya tad prrabdhasakayt// 58 // tasya tvad eva ciram itydirutir abravt/ prrabdhasynuvttis tu muktasybhsamtrata// 59 // sarvad mukta eva syj jtatattva pumn asau/ 60a /

Si veda il bellissimo inno della liberazione del signore degli elefanti (gajendramoka), al verso 24, contenuto nel Bhgavata Pura (BhP, VIII.3): niedhaeo jayatd aea. 4 Il PK 3, attribuito a , recita cos: akra ukre, ukro makre, makra okre, okro hamy eva. aham tm sk kevala cinmtrasvarpa, njna npi tatkrya kintu nityauddhabuddhamuktasatyasvabhva paramnanddvaya pratyagbhtacaitanya brahmaivham asmty abhedenvasthna samdhi ..., [Si reintegri] la lettera a nella lettera u, la lettera u nella lettera m e la lettera m nellokra, l okra di certo nellio. Io sono il S, il testimone, il solo, della natura di sola conoscenza; [non sono] n ignoranza e neppure il suo effetto, ma io sono invero il brahman, la cui natura eterna, pura, cosciente e libera, non dualit nella suprema beatitudine, coscienza interiore, samdhi il permanere [in questa condizione] di non differenza.
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Si reintegri la lettera a, lessere [denominato] Viva nella lettera u, poi si reintegri la lettera u, il sottile Taijasa nella m (49); si ritragga la causa, la m, cio Prja nel S che conoscenza, e Io sono il S che conoscenza, realt eterna, pura, risvegliata e libera, il non duale (50), io sono Vsudeva, la totalit della suprema beatitudine!, avendo cos realizzato, si immerga lintelletto discriminatore nel suo testimone (51). Se tale intelletto immerso nel S che conoscenza, allora non lo si muova. In questo modo si dovrebbe rimanere come essenza di perfetta conoscenza, alla stregua delloceano completamente immobile (52). Cos lo yogin, dotato di fede e devozione, completamente assorto [in S], vinti i sensi, vinta lira, contempli il S non duale (53), poich tutto questo [mondo] dolore tanto allinizio, quanto nel mezzo e alla fine; pertanto, dopo aver abbandonato ogni cosa, sia costantemente stabilito nel Principio (54). Chiunque scorga il S, che beatitudine, onnipervadente, sereno, non duale, per costui nulla rimane da ottenere o da conoscere (55). Il saggio diviene un essere che ha compiuto ci che cera da compiere e sar cos sempre un liberato in vita, questi che davvero asceso alla natura del S, costui non percepisce questo mondo (56). Sebbene, nellagire pratico, talvolta egli colga la dualit, tuttavia grazie alla continuit della conoscenza, questi non vede altri che il S che comprensione (57). Mentre egli vede di certo [il mondo] falso, come disorientamento o lillusione delle due lune; lapparenza del [suo] corpo persiste allora fino al completo esaurimento del prrabdha (58).5 La ruti affermo [a questo proposito] Tanto a lungo quanto il suo [prrabdha] ;6 infatti, il ripresentarsi del prrabdha per il liberato solo unapparenza (59). Quelluomo che ha conosciuto la verit per sempre libero (60a)7 ...

Questa la meta a cui aspirano, o meglio, a cui si identificano gli Advaitin. Colui che giunto alla meta ultima, che ha realizzato la vera natura del S, costui oramai non pi preda dellillusione di questo mondo. I testi e i maestri, per esprimere questo culmine ineffabile hanno spesso fatto ricorso ancora al sogno e/o a metafore oniriche. La dualit, seppure apparente, reca con s lapparire di soggetti e oggetti di cognizione. Lignoranza determina, altres, la tendenza allidentificarsi dei soggetti con gli
LAdvaita e comunque vari darana ortodossi, considerano tre tipi di karma, ovvero di azioni e frutti di esse: il sacita, lazione accumulata nelle innumerevoli esistenze precedenti a quella che si sta vivendo; lgamin o kriyama, sono quei tipi di attivit che si stanno compiendo nella vita vissuta e i cui frutti devono ancora venire; infine c il prrabdha, ossia quel tipo di azioni i cui effetti hanno gi cominciato a dare i propri frutti. Con il sorgere della conoscenza i primi due tipi di karma sono annullati, mentre nulla si pu fare per il terzo, che pu estinguersi solo esaurendosi totalmente. Si veda il BSB IV.1.13-19. Si ritiene che lAparoknubhti, trattatello attribuito a , non sia opera sua, in quanto in esso si nega la persistenza del prrabdha dopo la realizzazione ultima. 6 A proposito della permanenza in un corpo del liberato in vita fino allesaurirsi del prrabdhakarma si veda ChU VI.14.2 tasya yvad eva cira yvan na vomokye tha sampatsye 7 Si confronti con MuU (III.2.9): brahmavid brahmaiva bhavati , TaiU (II.1.1) brahmavid pnoti param , ChU (VII.1.3) tarati okam tmavit e molti altri.
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oggetti, sviluppando durante questa coabitazione un senso dellio (ahakra). Solo con una conoscenza che comprenda che il mondo non c mai stato (atyantbhva), simile alla conoscenza che sulla madreperla largento non c, non cera e mai ci sar, ritornando cos allinizio, al punto di distacco, prima che il soggetto percettore divenisse tale, solo allora la mente cessa di funzionare e la liberazione sorge spontanea. Ivi il mondo, la somma delle esperienze di veglia diviene dello stesso stato ontologico del sogno: sebbene appaia non reale. Lunica differenza tra i due stati che jgrat equivale a un lungo sogno (drghasvapna).8 Su questa linea si muove anche lAavakragt 18.1:
yasya bodhodaye tvat svapnavad bhavati bhrama/ tasmai sukhaikarpya nama ntya tejase// Mi prostro a colui la cui forma di sola gioia, al pacifico, allo splendente; quando sorge la realizzazione del quale, allora lillusione [delluniverso] diviene come un sogno.

Proprio nellanalisi della liberazione (mukti) e delle varie sue divisioni lo YV/MU, oltre a conformarsi al punto di vista dominante dellAdvaita, indicando nel turya la condizione del jvanmukta, si spinge oltre, probabilmente influenzato dallambiente kamro di provenienza, indicando nel turytita, oltre il quarto. Questa connessione con le tre avasth di prigionia e le due di libert trova ancora un altro terreno di analogia, ossia con i sette stadi della conoscenza (saptajnabhmik). Vi sono anche molte Upaniad, quelle cosiddette minori o settarie, che riportano questa stessa dottrina e suddivisione, anche se le nomenclature spesso non corrispondono.9 Tra queste sette stazioni spirituali, al quarto luomo diviene finalmente un liberato e realizza ladvaita, la dualit cancellata come fosse un sogno. Per costui ogni visione esteriore , infatti, pari a una visione onirica. Questa la condizione che il Vednta classico chiama turya. Questo quarto stadio denominato svapna nelle Upaniad e sattvpatti nello YV/MU. In esso, con la pratica delle tre bhmik precedenti, lignoranza debellata, lasciando il posto a un indisturbato senso di equanimit.

Si veda questatteggiamento nelle parole dellAavakragt (X.2), ove per si pone un ulteriore accento anche sulla repentina caducit del mondo empirico: svapnendrajlavat paya dinni tri paca v/ mitraketradhangradradydisapada//, Guarda amici, terre, ricchezze, la casa, la moglie e altri oggetti di fortuna come un sogno o lillusione di un mago [che durano solo] tre o cinque giorni. 9 Ricordiamo che nellAkyupaniad (UpS, 1996 [1970]: 510-513) troviamo questi sette nomi: virga, vicra, asasarga, svapna, suupti, turya e videhamuktat. Essi non corrispondono ai nomi che troviamo nello YV/MU (III.18.515, ): ubhecch, vicra, tanumnas, sattvpatti, asasarga, padrthabhvan e turyag. Nonostante la mancanza di corrispondenza tra i nomi, la corrispondenza c e ben precisa tra lentit delle realizzazioni descritte a ogni livello.
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Ora si ricorder che nel primo paragrafo del capitolo IV.I abbiamo menzionato un passaggio di grande interesse dellAitareya Upaniad (AiU, I.3.12)10 che puntualizza un particolare a proposito delle tre dimore del S, di grande presa per tutta linterpretazione del reale nellAdvaita successivo. In questo caso luso della parola svapna, sogno o sonno, alquanto peculiare, per non dire unico. Esso definisce tutti e tre gli stati di coscienza. Ci significa che di fronte alla realizzazione delluniversale le tre condizioni transitorie condividono lo stesso status ontologico, cio sono tutte ugualmente avvolte dalla tenebra dellignoranza, qui illustrata con la metafora del sonno. Senza dubbio in questo caso abbiamo uno degli atteggiamenti metafisici pi importanti dellAdvaita di fronte al sogno, molto pi determinante di altri dedicati alla definizione del sogno o alla trattazione quasi psicologica delle cognizioni oniriche: ogni condizione ordinaria e relativa assolutamente nulla, fasulla di fronte allassoluta verit del Supremo, proprio come un sogno che, per quanto piacevole, rimane del tutto apparente e illusorio di fronte alla realt fenomenica. Da ci si evince la tendenza dellAdvaita Vednta di porre sullo stesso piano lignoranza (ajna) e il sonno (nidr) e, dallaltra parte, la conoscenza e la veglia. A questo punto linsegnamento di AiU I.3.12, secondo il quale tutte e tre le avasth sono tre variet di sonno, deve essere posto accanto al celeberrimo verso della BG (II.69)11 secondo il quale di fronte alleterna vigile chiarezza del realizzato, ogni attivit ed evento di questi mondo sono da considerarsi alla stregua della tenebrosa opacit del sonno:
Quella che notte per tutti gli esseri, in essa veglia colui che domo, laddove gli esseri vegliano, quella notte per il veggente silenzioso.

I passaggi in esame permettono di individuare chiaramente quale sia la netta distinzione tra la realizzazione e lignoranza. Non a caso poi sono tirati in ballo i termini propri che veicolano la nozione del triplice stato di coscienza. Gli uomini ordinari sono mossi da desideri, avversioni e repulsioni, compiono delle azioni che producono reazioni e frutti e che hanno come conseguenza altri desideri, altre azioni e cos via e in tutto vedono luce, scorgono vita. Gli esseri ordinari, ciechi alla vera luce del S, sono invero dormienti rispetto alla realt assoluta. Vedono come fosse realt ci

10 . tasya traya vasaths traya svapn ayam vasatho yam vasatho yam vasatha iti, di quella sono le tre dimore, i tre sonni: questa [una] dimora, questa [unaltra] dimora e questa [una terza] dimora. Si vedano le pagine 319-322. 11 y ni sarvabhtn tasy jgarti sayam/ yasy jgrati bhtni s ni payato mune// Si vedano anche le pp. 471-476 del capitolo IV.II.

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che reale non , vedono ci che transeunte come un sogno, come fosse eterno alla stregua del S. Il saggio, invece, non partecipa degli entusiasmi e dei dispiaceri degli esseri, bens se ne sta muto, in disparte a osservare, senza intervenire. Per lui il sogno della manifestazione terminato, esiste solo la luce del sole del S che lo mantiene sempre sveglio, vigile e consapevole della propria natura illimitata. Per lui la prospettiva si ribaltata. La permanenza nella sua vera e intima natura (svasthya) gli permette di osservare ci che gli altri considerano veglia come fosse un sogno. Egli solo ha realizzato linsegnamento che lAdvaita Vednta mira a convogliare mediante la metafora del sogno. Si ricorder anche che una caratteristica del liberato, espressa dalla Turyttvadhta Upaniad (pp. 310) era il suo essere in costante veglia, senza mai cedere al sonno o al sogno (asvapna), ove per sonno e sogno qui sono intesi nella loro accezione test trattata, cio la prigionia del divenire. Egli liberato sempre vigile, in quanto il suo sonno, il suo obnubilamento alla conoscenza definitivamente terminato. Di nuovo lAavakragt (XVIII.94) trova le parole pi enfatiche per darci unidea di quanto accennato:
supto pi na suuptau ca svapne pi ayito na ca/ jgare pi na jgarti dhras tpta pade pade//12 Pur assopito non nel sonno profondo, pur essendo nel sogno non coricato, seppur nella veglia non sveglio: in ogni situazione il saggio soddisfatto.13

Lo stesso atteggiamento del jvanmukta nei confronti del mondo e del mondo nei confronti del jvanmukta anche oggetto della ChU VIII.4.2. Il saggio attraversa loscura notte di questo mondo, stabilendosi nella luce infinita del supremo:14
tasmd v eta setu trtvndha sann anandho bhavati, viddha sann aviddho bhavaty upatp sann anupatp bhavati, tasmd v eta setu trtvpi naktam aharevbhinipadyate sakdvibhto hy evaia brahmaloka.15

E ancora un passaggio dellAavakragt (XIX.5) ove ogni denominazione, ogni uso linguistico e ogni tentativo di cristallizzazione in una categoria, anche le pi elevate, cadono di fronte alla condizione del liberato: kva svapna kva suuptir v kva ca jgaraa tath/ kva turya bhaya vpi svamahimni sthitasya12 me//, Per me che sto assiso nella mia gloria dov il sogno, dove il sonno profondo e dove dunque la veglia, dove ancora il quarto stato o la paura? Chiarissimo poi leco finale a ChU VII.24.1 ove Nrada chiede al saggio Sanatkumra ove sia stabilito quel principio glorioso: sa bhagava kasmin pratihita iti e il saggio risponde sve mahimni , Nella propria gloria 13 Si confronti con KaiU 17. 14 La brevissima invocazione mattutina attribuita a , conosciuta come Prtasamaraastotra (3), scrive una cosa simile: prtar nmmi tamasa param arkavaram , Di primo mattino io mi prostro [al Supremo], oltre la tenebra, del colore del sole
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Perci, dopo aver attraversato questo ponte un cieco diviene non cieco, un essere corporeo diviene incorporeo, chi tormentato dalla malattia non pi tormentato dalla malattia; o anche perch, dopo aver attraversato questo ponte, la notte viene indicata come il giorno: questo mondo di brahman invero sempre splendente.16

Questa in definitiva lintera panoramica in cui lAdvaita Vednta utilizza il sogno a fini realizzativi e come esso poi interviene a esprimere allegoricamente il tipo di conoscenza che compete al mukta. Ricapitolando, il sogno, quando se ne enfatizzano le caratteristiche illusorie e apparenti, stimato essere ben differente dalla veglia; in seguito, col procedere nella via verso la liberazione, quelle stesse propriet sono traslate nella veglia, accomunando e, in casi estremi, anche identificando le due condizioni. Raggiunta la piena consapevolezza di ci mediante i metodi Advaitin, lessere si libera dalle scorze dellindividualit penetrando nel supremo e ci che per lui e per tutti gli esseri condizionati era il mondo e la veglia diviene alla stregua di un sogno, un sonno conoscitivo dal quale egli oramai definitivamente desto. Questo ora il grande spartiacque: egli, privo dellidentificazione con ognuna delle tre avasth lunico davvero vegliante, mentre chi crede di essere sveglio e vigile solo perch ha gli occhi aperti un illuso. La veglia qui la conquista della diretta realizzazione (sktkra) e il sogno quello a cui sono sottoposti gli altri esseri, mentre il liberato scientemente vede il mondo come accade allindividuo quando al risveglio rammenta divertito le visioni oniriche (JAYASHANMUKHAM, 1992: 47-55). Concludendo, sebbene un argomento tanto profondo e cos diffusamente esaminato negli stra abbia bisogno di ben pi lunghe e ampie riflessioni, tuttavia una prima ricognizione come questa ci ha condotto ad alcune idee. Rispetto al sogno, oltre a quanto appena ipotizzato, secondo noi nellAdvaita Vednta sono riscontrabili tre differenti approcci al sogno. In primis vediamo che, in un dominio strettamente relativo, se la veglia reale finch non contraddetta da una realt pi completa come quella assoluta, allora anche svapna, bench prtibhsika, deve essere considerato reale quanto la veglia. Infatti, lanima individuale che sogna si confronta con contesti sia soggettivi, sia oggettivi, posti in una peculiare cornice spazio-temporale, anche se, cos come per chi veglia il mondo oggettivo vero, anche per chi sogna il mondo onirico tale. La comprova di ci ancora nella Mkya Upaniad (3-4), nella quale il S come Viva, fruitore del mondo empirico della veglia (sthlabhuk), e come Taijasa, che fruisce delle multiformi variet del mondo
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Ovviamente, qui brahmaloka deve essere inteso come la condizione di brahman, la condizione assoluta. Traduciamo cos sulla scorta di che interpreta sakdvibhta come sad vibhta.

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sottile onirico (praviviktabhuk), entrambi esperiscono i loro rispettivi oggetti mediante sette membra (saptga) e diciannove bocche (ekonaviatimukha) (SARASWATI, SATCHIDANANDENDRA, 1982: 6-8).17 In secondo luogo registriamo che la maggior parte degli autori e dei passaggi testuali riconoscono una durata e un livello di realt pi solido alla veglia rispetto a svapna, cosicch jgradavasth considerata una realt vyvaharik, mentre la condizione di svapna , per lo pi, illusoria (prtibhsika) e fortemente instabile. Infine, la terza ipotesi, mutuata dalla dottrina dellAjtivda e dal Disivda, considera il solo punto di vista assoluto: il sogno, la veglia e il sonno profondo sono identici nella loro natura, giacch nulli di fronte allincontrovertibile, eterna verit che il principio.

Secondo le sette membra sono la testa che sono i mondi superiori, gli occhi sono il sole, il soffio vitale corrisponde al vento, il corpo il cielo, la vescica lacqua, e i due piedi la terra. Le 19 bocche sono le cinque facolt di cognizione (jnendriya), le cinque facolt dazione (karmendriya), i cinque soffi vitali (pra) e lorgano interno (antakaraa) nella sua quadruplice funzione: manas, ahakra, citta e buddhi.
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Per le fonti primarie, accompagnate dalle rispettive traduzioni, seguiamo lordine alfabetico sanscrito.

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