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LA CONDIZIONE FEMMINILE NELL’ANTICHITÀ

“FEMINA MOBILIOR
“DUX FEMINA FACTI”
VENTIS”
Virgilio Eneide I, 364 Lucio Calpurnio
LA SOCIETÀ’ MATRIARCALE NELL'ETÀ’ PRIMITIVA
QUANDO E DOVE È NATA

Il termine matriarcato è stato coniato verso la fine del XIX secolo sul modello del patriarcato e introdotto nell’ambito degli studi
antropologici per indicare un’organizzazione sociale fondata sulla discendenza dalla parte materna. La prima a confermare
l’ipotesi del matriarcato è stata Momolina Marconi, con l’idea che dalla Puglia alla Sardegna, dalle coste africane
all’Anatolia, fosse esistita una civiltà matriarcale, quella dei Pelasgi, che credeva in una grande madre matriarcale.

COSA SIGNIFICA SOCIETÀ MATRIARCALE

La società matriarcale è un’istituzione giuridica esistente presso molti popoli, di cultura inferiore o media, per cui i figli
assumono il cognome, e proprietà, diritti o l’appartenenza alla tribù da parte della madre, anche nei casi in cui il padre è conosciuto.

COME FUNZIONA E QUALI SONO LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL MATRIARCATO

Nel matriarcato il potere politico-economico di una comunità è posseduto dalla madre più anziana della comunità stessa e,
per estensione, alle donne di tale società; due caratteristiche principali sono la matrillinearità (discendenza da parte materna) e la
matrilocalità (consuetudine nella quale una coppia di sposi novelli si stabilisce nel gruppo sociale di appartenenza della sposa o
nella casa dei genitori della sposa); qui non è necessaria una “festa della donna” perché la maternità e la femminilità sono
celebrate ogni giorno.
LA DONNA EGIZIA
La donna egizia godeva della stessa posizione giuridica dell’uomo. La donna esercitava le sue principali attività nella sfera
privata come “donna di casa”. Anche le figlie dei faraoni godevano di una posizione invidiabile.

Le donne nobili avevano titoli religiosi e civili; disponevano di proprietà che amministravano da sole e che potevano trasmettere
ai loro eredi.

Il tipo di lavoro di una donna era caratterizzato dalla posizione sociale di lei o del marito.

Da alcune fonti sappiamo che anche le donne erano proprietarie terriere, che partecipavano a transazioni mercantili senza
l’aiuto degli uomini e che potevano ereditare o lasciare in eredità a loro piacimento. Anche in caso di divorzio la donna non
perdeva nessun potere.

La posizione della donna in Egitto era, dunque, molto più invidiabile di quella della maggior parte delle contemporanee di altre
civiltà.
IL MITO DI PANDORA
Una volta, nei tempi dei tempi, quando agli uomini
Pandora
era concesso di sedersi al cospetto degli dei,
frequentando anche la stessa tavola, viveva Prometeo,
etimologicamente “colui che riflette prima”. Era un
Titano giusto e pietoso e provava molta compassione
per gli uomini. Per questa ragione, un giorno rubò il
fuoco a Zeus visto che voleva cambiare le sorti
dell’umanità, ancora primitiva. Zeus, che era il padre
di tutti gli dei, si adirò tantissimo e punì in modo
esemplare Prometeo. Lo incatenò per sempre a una
roccia, condannandolo a essere giornalmente beccato
da un’aquila che gli mangiava il fegato. Zeus volle,
però, punire anche gli uomini e trovò un modo per
farlo senza essere etichettato come un dio crudele.
Ordinò al dio Vulcano di fabbricare una donna di
straordinaria bellezza e chiese a tutti gli dei di fare un dono
alla fanciulla: chi la omaggiò del coraggio, chi della
bellezza, chi delle attitudini ai lavori femminili. Per questo
la donna venne chiamata Pandora che, appunto, vuol dire
“tutti i doni”. A queste regalie Zeus aggiunse anche un vaso
chiuso, raccomandandosi di non aprirlo mai. Pandora
venne mandata sulla terra e lì conobbe il fratello di
Prometeo, Epimèteo, “colui che non prevede”, il quale se
ne innamorò subito e volle sposarla. Prometeo cercò in
ogni modo di dissuaderlo, esortandolo a diffidare di tutto
quello che proveniva da Zeus ma il fratello, impulsivo,
sposò ugualmente la fanciulla. Pandora non riuscì a
resistere alla curiosità e aprì il vaso che le era stato
regalato. A quel punto uscirono tutti i mali del mondo che
si sparsero su tutta la terra e così iniziarono i problemi per
gli uomini. I mali erano la malattia, la morte, l’inganno, la
delusione, la miseria, la violenza…
LA DONNA A SPARTA
La storia ci ha tramandato uno stereotipo di donna greca non inserita nella
vita sociale e dedita esclusivamente alla famiglia. Tuttavia alcune donne
greche, piuttosto colte, in certi casi riuscivano ad avere influenza nelle
decisioni private e pubbliche.

Tra Sparta e Atene, le maggiori città greche, c’erano però grandi differenze
nei ruoli che esse esercitavano all’interno delle rispettive società.

Ad Atene la donna era Invece le donne a Sparta


sostanzialmente sottomessa godevano di molti diritti ● Le donne spartane erano Spartiati, cioè
all’ uomo cittadini a pieno titolo. Diversamente dai
Perieci, un gruppo autonomo di abitanti liberi
di Sparta, o dagli Iloti, essenzialmente degli
schiavi di proprietà dello Stato, le donne di
Sparta erano considerate Spartiati, cioè
cittadine a pieno titolo. Erano esenti dal
lavoro manuale, potevano possedere la
terra, accumulare ricchezza e avevano diritto
ad un’istruzione.

Donna Ateniese Donne spartane


● Gli abiti delle donne spartane di appena sette anni e inseriti nella
erano notoriamente succinti per agoghé – un sistema educativo
la loro epoca. Le donne, come gli estremamente duro che li avrebbe
uomini, dovevano essere modelli preparati come soldati.
di forma fisica. Gli Spartani erano ● Le donne si aspettavano che i figli
dell’idea che più forte fosse stata trionfassero o morissero sui campi
la madre, più forte sarebbe stato il di battaglia. Una famosa citazione ● L’onore per una
figlio. spartana, riportata da Plutarco, è che donna era morire
alla partenza per una battaglia le adempiendo al suo
madri avrebbero detto ai loro figli di dovere primario per
tornare “con il loro scudo, o sopra di Sparta: partorire.
esso” ● Le donne spartane
● La prima donna a vincere alle causarono il declino
Olimpiadi fu una spartana. della società
Inizialmente i giochi Olimpici erano spartana? Aristotele
esclusivamente riservati al genere pensava che una
maschile; gli Spartani, a differenza delle cause del
● Per quanto a Sparta fosse un degli altri Greci, si vantavano della declino di Sparta
onore per una donna fare un prestanza delle loro donne, per cui intorno al IV secolo
figlio, soprattutto se maschio, fecero cambiare questa regola. Fu la a.C., fosse che i
ciò comportava anche un principessa spartana Cynisca la mariti erano diventati
grande “onore emotivo”. I figli prima vincitrice delle Olimpiadi nella troppo succubi delle
maschi ritenuti idonei venivano corsa delle quadrighe, per ben due loro mogli.
strappati dalle loro madri all’ età volte, nel 396 e nel 392 a.C.
L’OIKOS
Il termine “oikos” significa “casa”.
All’interno di essa viveva la famiglia, costituita dal capo
(il maschio più anziano), la moglie e i figli, e infine
gli schiavi.
La prima parte della casa era costituita dal gynaikonitis,
poi dall’oikos vero e proprio che costituiva il centro
dell’attività domestica ed era diviso tra camere da letto
e sala da pranzo.
La seconda parte della casa, l’andronitis, era il centro
dell’attività maschile e vi si potevano trovare altre sale da
pranzo, alloggi per gli ospiti e biblioteche.
LA DONNA E IL GINECEO

Il gineceo era la parte dell’abitazione riservata

alle donne e ai bambini, situata nella zona più

interna dell’oikos e nettamente separata

dall’appartamento degli uomini.

La vita della donna era concentrata nel gineceo

e lì svolgeva le funzioni domestiche che la società

le assegnava: filare, tessere, organizzare il lavoro

delle schiave, nutrire e crescere i propri figli.


… LA DONNA E IL GINECEO

Le uscite in pubblico erano molto rare, in quanto le donne


uscivano solo in caso di festività religiose e sempre in compagnia
di un'ancella; era vietata la partecipazione delle donne ai
banchetti. La principale funzione, e di certo quella più importante
della donna, era la procreazione che garantiva la continuità della
famiglia e della comunità dei cittadini. La personalità pubblica
della donna era mediata dalla figura maschile, in quanto il
capofamiglia era il "kyriòs", ossia il signore, che esercitava la sua
autorità non solo sulle cose, ma anche sulle persone, tra cui
schiavi, moglie e figli.
I COMPITI DELLA DONNA
“Si dice che il dio preparò la natura della donna per le occupazioni e i lavori in casa, quella dell’uomo per le
occupazioni fuori casa. Predispose la mente
e il corpo dell’uomo a essere più adatto a
sopportare il freddo, il caldo, le marce e le
spedizioni, così che assegnò a lui il lavoro
fuori casa; mi sembra che il dio abbia
concesso alla donna un corpo meno adatto
per natura a queste cose e abbia assegnato
a lei i lavori in casa, le assegnò anche di amare più
dell’uomo i bambini appena nati.”
Senofonte, Economico, 7,27-30
IL RUOLO DELLA DONNA (Senofonte, Economico, 7, 22-24)
“Poiché la natura di entrambi non è adatta a fare le stesse cose, per questo motivo l’uomo e la donna
hanno più bisogno l’uno dell’altro e la coppia diventa più vantaggiosa, poiché uno può fare le cose che
l’altro non può fare. E proprio come il dio li rende corresponsabili dei figli, così la legge li rende
corresponsabili della casa. E la legge mostra che sono giuste le cose che il dio ha stabilito che per natura
si addicono a ciascuno dei due. Infatti per la donna è più bello rimanere dentro che stare all’aperto,
invece per l’uomo è più vergognoso rimanere dentro che occuparsi delle cose fuori”.
Esopo, Favola 89
In questa favola è la donna a dirigere tutte le attività.

Una donna vedova, laboriosa, che aveva delle ancelle, era abituata a svegliarle di notte
al canto del gallo per i lavori. Quelle oppresse dalla fatica pensarono che bisognava
uccidere il gallo di casa; ritenevano infatti che quello fosse la causa dei mali, in quanto
svegliava di notte la padrona.

Accadde però che a loro, che avevano fatto ciò, capitassero sventure peggiori.

Infatti la padrona, non sapendo l’ora del canto dei galli, le svegliava per il lavoro ancora
prima.

Così per molti uomini le proprie decisioni diventano motivi di sventura.


LA DOTE DELLA DONNA
La dote della donna, che riceveva nel momento in cui si sposava, era di sua proprietà ma veniva
amministrata dal marito. Inoltre la donna non poteva ereditare i beni del padre e, in assenza di figli
maschi, essi venivano ereditati dal marito. In caso di divorzio l'uomo riportava la donna nell’oikos
paterno restituendo il patrimonio.
IL MATRIMONIO
Nella società greca il matrimonio non era una scelta individuale ma veniva celebrato per scopi
economici o politici e a deciderlo erano i maschi di casa che, scelta la sposa e stabilito il patrimonio
da fornire, celebravano il matrimonio privatamente, in presenza di due testimoni. La donna passava
dalle mani del padre a quelle del marito. L'uomo poteva commettere adulterio senza nessuna pena,
mentre la donna era punita con pene molto severe.
La sfera sessuale all’interno del matrimonio
La temperanza dell'uomo e la virtù della donna sono esigenze simultanee e derivanti dallo stato matrimoniale. La temperanza dello sposo non
deriva dal legame personale che ha con la moglie e non gli viene chiesta la stessa categoricità nel prestare fedeltà come alla consorte. Ovviamente
l'attività sessuale dell'uomo una volta sposato doveva subire restrizioni, rientrando in un meccanismo di doveri e responsabilità. Si assiste ad una
distribuzione non equa dei poteri e delle funzioni: la temperanza che viene richiesta al marito non ha le stesse forme di quella imposta alla
donna. Essa è sottoposta alla potestà del marito e non è altro che uno strumento per la procreazione e per la conservazione del gruppo familiare
assicurando all'uomo una discendenza legittima. La brava moglie non si interessa a situazioni fuori dall'ambito familiare e dimostra massimo
rispetto al marito, assecondandolo in silenzio e dimostrandogli sottomissione .
L’ADULTERIO
L’adulterio nell’ antica Grecia era punito severamente da una serie di leggi collocabili,
con un certo grado di attendibilità, in diversi periodi della storia ellenica e giunte fino a
noi in quanto citate ad verbum o parafrasate nelle opere di numerosi autori del periodo
classico e post-classico.

I principali esempi di adulterio nel mondo omerico sono:


1. Il primo è il rapimento di Elena da parte di Paride: Omero non ritiene colpevole la
donna, perché indotta a tradire il marito da Afrodite; il poeta però non fa alcun
cenno a sanzioni giuridiche né a punizioni private.
2. Il secondo è il tradimento di Clitemnestra con Egisto: Omero condanna
nettamente la condotta di Clitemnestra, presentata come il prototipo della donna
mascolina e ostile all’uomo.
3. Il terzo è la seduzione di Afrodite da parte di Ares: Omero presenta maggiori
particolari in questo episodio. Afrodite, moglie di Efesto, aveva una relazione con
Ares, il dio della guerra. Efesto, avendolo saputo, perché il Sole aveva fatto la
spia, tese una rete invisibile attorno al letto e finse di andare a Lemno. Quando i
due amanti entrando nel talamo vi rimasero intrappolati, Efesto chiamò tutti gli
dei a testimoni del tradimento dicendo che non li avrebbe liberati finché non gli
fossero stati restituiti i doni delle nozze. La sanzione che colpiva la moglie
Donne nell'antica Sparta infedele erano il ripudio .
IL DIVORZIO
Se il rapporto matrimoniale non funzionava era consentito il divorzio.
Divorzio Ateniese Divorzio Spartano
Ad Atene c’erano 3 possibili modi per divorziare: Nel divorzio spartano, le donne potevano contrarre il divorzio
1. Il ripudio da parte del marito, che non aveva bisogno di senza alcuna richiesta di "penalità" finanziaria ed erano anche
alcuna giustificazione; egli poteva ripudiare la moglie libere di scegliere se eventualmente risposarsi o meno, oppure di
quando voleva, alla sola condizione di restituirle la dote. intrattenere relazioni sessuali con uomini che non fossero i propri
sposi. Lo stretto senso comunitario forzava poi la donna a
Poteva anche ripudiarla quando era infedele.
rinunziare alla propria esclusività biologica in quanto madre nei
2. L’abbandono nel letto coniugale da parte della moglie, confronti dei figli, ma dopo che i ragazzi iniziavano il rigoroso
sostenuta dal padre o da un altro parente maschio; regime di Agoghé, alle figlie femmine era concesso sentire e
doveva rivolgersi all’arconte e presentargli una mantenere per un maggior lasso di tempo un più intenso legame
dichiarazione scritta con i motivi della richiesta con la figura materna.
separazione. 3. Lo scioglimento da parte del padre
della sposa: il padre della sposa poteva
sciogliere in qualsiasi momento il vincolo
matrimoniale per motivi personali, ma
anche patrimoniali.
LE ETERE
Le uniche donne veramente libere erano le etere, particolari donne di compagnia, per alcuni aspetti
assimilabili a cortigiane sofisticate. Oltre alle prestazioni sessuali, offrivano compagnia e spesso
intrattenevano relazioni prolungate con i clienti. La maggioranza erano ex-schiave o straniere che
spesso cambiavano anche il loro vero nome. Godevano di libertà esclusive: potevano gestire
autonomamente i propri averi ed uscire di casa a loro piacimento. Il capofamiglia usava i suoi soldi
con la sua etera, sia per farle dei regali che per mantenerla. Un’etera molto conosciuta è Aspasia.
ASPASIA
Aspasia era l’etera di Pericle, si diceva anche che fosse la sua consigliera politica. Qualcuno, come Socrate, la
ammirava, altri invece, come i poeti comici, si accanirono contro di lei, accusandola di dirigere un bordello e
attribuendole l’etichetta di etera in modo dispregiativo. Fu una donna molto intelligente che influenzò molti
scrittori, pensatori e statisti del suo tempo. Aspasia e’ anche il nome di una poesia di Giacomo Leopardi, compresa
nella raccolta “Ciclo di Aspasia”. È stata scritta nel 1834 a Napoli. I temi principali sono l’amore, la morte, la
caduta e la vanità di ogni illusione.
LE AMAZZONI
Le Amazzoni sono donne guerriere della mitologia note per la ferocia nei combattimenti e l’abilità
di tirare con l’arco. Fino agli anni ’90 le Amazzoni erano considerate solo un popolo fantastico, ma nella
regione della Scizia vennero ritrovati 300 scheletri di donne seppellite come guerriere, con le loro armi
e corazze e portavano ancora i segni del combattimento.
L’etimologia del termine “amazzoni” ovvero “senza seno” fa riferimento ad
una delle più grandi caratteristiche delle guerriere: quella di avere solo il
seno sinistro, poiché quello destro gli veniva mutilato per poter tendere
meglio l’arco.
Le armi principali delle Amazzoni erano l'arco, l'ascia bipenne ed uno
scudo particolare, piccolo e a forma di mezzaluna, chiamato pelt.

Combattevano agli ordini della loro regina. La tradizione ci ha tramandato


il nome di due regine famose: Ippolita, che compare nelle narrazioni dei
miti di Eracle dal quale è uccisa; Pentesilea, che guidò un contingente di
Amazzoni in aiuto di Priamo e di Troia .
ARISTOFANE E LA COMMEDIA
Aristofane nasce intorno al 450 a.C. e muore nel 385. Vive, quindi, la
sconfitta di Atene nella guerra del Peloponneso.
E’ il più noto dei commediografi dell’antichità: la sua commedia deve essere
necessariamente il risultato di un percorso che a noi è del tutto sconosciuto;
infatti, è strutturalmente così perfetta ed elaborata che non può essere nata
improvvisamente, ma deve avere alle spalle una storia abbastanza lunga.
LA DONNA IN ARISTOFANE
Aristofane, Ecclesiazuse, vv. 205-241
La causa di tutto ciò siete proprio voi, popolo di Atene! Vi fate pagare con il denaro
pubblico, ma ciascuno guarda solo al proprio guadagno personale; e lo stato sbanda come fa
Esimo. Ma se date ascolto a me, per voi c’è ancora salvezza. Ecco la mia proposta: noi dobbiamo
cedere il governo della città alle donne. Nelle nostre case non sono loro a dirigere e amministrare
tutto? “
Tutte le donne: ”Bene, d’accordo, per Zeus, benissimo! CoAntinua, continua, bravo! “
Prassagora: ”Sono migliori di noi in ogni cosa che fanno: ed eccovi la dimostrazione. In primo luogo
tingono la lana nell’acqua calda, come si faceva una volta: tutte senza eccezione, non succede
mai che provino a cambiare. Invece ad Atene anche se le cose vanno bene, sembra che non ci
sia salvezza se non s’inventa qualche novità. Friggono sedute, come una volta, portano la roba
sulla testa, come una volta, fanno festa alle Tesmoforie, come una volta, cuociono la torta,come
una volta, sfiancano il marito, come una volta, fanno entrare l’amante, come una volta, nelle
spese si trattano bene, come una volta, il vino lo vogliono puro, come una volta, godono a far
l’amore, come una volta. Diamolo dunque a loro, uomini, il governo della città: non c’è da
spendere tante chiacchiere, né da chiedersi che cosa hanno intenzione di fare. È semplice:
lasciandole governare, tanto più che c’è una cosa soprattutto da tenere presente: sono madri, e il
FEDRA: L’AMORE INCESTUOSO
Fedra è una figura della mitologia greca,figlia di Minosse e Pasifae. Il suo nome significa “la splendente”.

Sposò Teseo, re di Atene che aveva già avuto un figlio con la regina delle Amazzoni. Fedra si innamorò
follemente di Ippolito e, dopo essere stata respinta da lui, lo accusó di averla violentata. Solo quando in seguito
il ragazzo verrà ucciso da un mostro marino “ a causa della maledizione lanciata dal padre “ la donna
confesserá le sue colpe e si toglierà la vita.

Nella versione di Euripide il giovane si dedica esclusivamente alla caccia, trascurando tutto ciò che riguarda la
vita comunitaria e sessuale, andando orgoglioso della sua verginità, per questo Afrodite lo punisce suscitando in
Fedra un amore incestuoso. Questo segreto lacera Fedra, quindi decide di raccontare tutto alla nutrice che lo
rivela al ragazzo. Facendo ciò suscita nel ragazzo una reazione esagerata, rabbiosa e offensiva e per questo
Fedra, sentendosi umiliata, decide di suicidarsi; ma per salvare il suo nome decide di lasciare un biglietto in cui
lascia scritto che Ippolito l’ha violentata. Nel racconto di Seneca Fedra è innamorata follemente di Ippolito e al
ritorno della sua missione dagli inferi Fedra racconta a Teseo che il figlio ha cercato di abusare di lei e Teseo,
infuriato, lancia una maledizione al figlio che successivamente muore in maniera orribile; quando Fedra vede il
cadavere del ragazzo nella reggia confessa la verità a Teseo e dopo ciò si uccide e al padre non resta che
piangere il figlio perso e ricomporlo anche se fatto a pezzi. Dopo ciò ordina ai servi di gettare il corpo di Fedra in
una fossa.
Medea: La donna tradita

Chi era Medea? Figlia di Eeta, re di Colchide, dea dell’oltretomba e delle notti di luna piena. A
lei è dedicato anche un comune in Friuli-Venezia Giulia.
LA TRAGEDIA DI MEDEA
Dopo aver aiutato Giasone e gli Argonauti a conquistare il vello d’oro Medea scappa con il suo
futuro marito. Dopo essersi sposati e aver avuto due figli la donna scopre che il marito si deve
sposare con la sovrana di Corinto, al che si infuria, ma l’uomo decide di esiliarla e lei chiede
un giorno di tempo per prepararsi. Il giorno del matrimonio la donna avvelena i vestiti
della sposa facendola morire davanti gli occhi dello sposo e poi uccide i due figli.
Questa tragedia fu scritta da Euripide, drammaturgo greco antico considerato uno dei
maggiori poeti tragici greci.
IL MONOLOGO DI MEDEA SULLA CONDIZIONE DELLE DONNE

<<Di quanti esseri al mondo hanno anima e mente, noi donne siamo le creature più
infelici. Dobbiamo innanzitutto, con dispendio di denaro, comperarci un marito e dare un
padrone alla nostra persona; e questo è dei due mali il peggiore. E poi c'è il gravissimo
rischio :”Sarà buono colui o non sarà? “Separarsi dal marito è scandalo per la donna,
repudiarlo non può [...] Quando poi l’uomo di stare coi suoi di casa sente noia, allora va
fuori e le noie se le fa passare; ma noi donne a quella sola persona dobbiamo guardare.
Dicono anche che noi donne vivendo in casa viviamo senza pericoli e l’uomo ha i pericoli
della guerra. Ragionamento insensato. Vorrei tre volte trovarmi nella battaglia anziché
partorire una sola>>
LA DONNA A ROMA
La donna a Roma doveva rimanere in casa e badare ai propri figli, anche le
bambine dovevano rimanere a casa insieme alla madre per imparare a cucinare e
pulire la casa e, quando uscivano (visto che potevano partecipare ai banchetti),
visto che non potevano bere nessun tipo di vino, bevevano una bibita fatta
proprio per loro di nome “Mulsum”, che si otteneva miscelando vino e miele.
LA DONNA A ROMA
La donna era sottomessa a un ordine patriarcale, gli uomini controllavano la sua
sessualità e la sua capacità riproduttiva. A questo scopo si applicavano norme e
leggi di estrema durezza.

“Ogni relazione al di fuori del matrimonio, anche se intrapresa da donne vedove o


non impegnate, è considerata un reato e può essere punita dal capofamiglia (pater
familias) senza bisogno di un processo.”
LA DONNA E LA GIUSTIZIA
La donna romana nell’antica Roma viveva in una condizione di minorità pressoché continua, prima sotto la tutela del padre, poi
sotto quella del marito. La società romana, fondata sull’autorità del pater familias, era infatti fortemente maschilista. Educata ai
valori del pudore, della riservatezza e della modestia, in genere la donna romana andava in sposa molto giovane, per lo più a un
uomo scelto dalla famiglia. Compito principale della matrona era gestire la casa e generare figli educandoli ai valori del mos
maiorum (il costume degli antenati). La sua vita si svolgeva soprattutto tra le mura domestiche, anche se poteva uscire a fare
acquisti e partecipare ai banchetti insieme al marito. Questo quadro vale certamente per la donna romana di famiglia aristocratica;
più variegata era la condizione della donna plebea, che non di rado lavorava come tessitrice, sarta, ostessa, venditrice, balia,
lavandaia, Se nella Roma arcaica la donna romana era “un’eterna minorenne”, con il tempo si affermarono però alcune novità
giuridiche. Non parliamo di diritti politici, perché la donna romana rimase sempre esclusa dalle cariche pubbliche e religiose, ma di
diritti civili. Un primo segnale viene dall’evoluzione del diritto matrimoniale. Il matrimonio tradizionale a Roma prevedeva il
passaggio della donna sotto la potestà del marito. Dal ll secolo a.C si diffonde invece ampiamente il matrimonio con il consenso di
entrambi i coniugi. Parallelamente cambia anche il divorzio. Nell’età arcaica esso era deciso dagli uomini, mentre dal l secolo a.C
diventa sempre più libero, frequente e deciso anche dalla donna. Un’altra trasformazione investe il diritto ereditario. La donna
romana ha fin dall’etá arcaica il diritto di ereditare parte dei beni paterni, non però di fare essa stessa testamento. Le norme che
riguardano le facoltà ereditarie e testamentarie sono molto importanti perché costituiscono la base concreta dell’emancipazione
femminile.
LA PEDINA DI VETRO
CHI ERA GIULIA MAGGIORE, LA PRIMA ESILIATA A VENTOTENE
Figlia prediletta dell'imperatore Augusto, nota per la sua lussuria e promiscuità. Scoperta a

capo di una congiura contro il padre, venne mandata sull'isola per cinque anni. Giulia non era

un tipino semplice; amori, tradimenti , lussuria e sregolatezza sono le parole

che sono associate a lei. Ma nonostante fosse molto amata dal padre, venne educata con

durezza per diventare una vera aristocratica. Oltre alla cultura aveva un altro dono:

era bellissima, fin da ragazzina attirò l'attenzione degli uomini tanto che il padre ne fu

allarmato, decise che la fanciulla doveva incontrare solo persone autorizzate a lui; questo

gesto oltre ad essere una forma di gelosia era anche un modo per consolidare il potere

attraverso un'accorta politica matrimoniale. A soli 2 anni si sposò con Marco Antonio Antillo,

che ne aveva dieci e non fu mai celebrato. Subito dopo il padre la promise a Cotisone, ma

il matrimonio non avvenne. A 18 anni si sposò con Agrippa, ma non fu un matrimonio

felice. La vita di Giulia comincia ad essere dissoluta e fatta di tradimenti .


LA PEDINA DI VETRO
《 Non avevo ancora dieci
anni ma ero già sfuggita
da due fidanzamenti.
In realtà sulla scacchiera
della politica contavo come
una pedina di vetro ai
ladruncoli, il gioco con il
quale fin da bambina ero
solita intrattenermi con mio
padre. Ero diventata abile ad
impadronirmi della pedina del Re;
vincevo spesso. 》

Il romanzo ha due protagonisti: Ottaviano Augusto, l'uomo che mise fine alle guerre civili , che
diede la pace a Roma e al suo impero, e sua figlia Giulia, definita “pedina di vetro” sulla
scacchiera del gioco dei latruncoli, un antenato del gioco degli scacchi. Dalle pagine del libro
emerge una figura di donna piena di vita, spensierata, amante del lusso, una donna che non ha
mai scelto i propri mariti, una madre che ha amato e allevato i propri figli.
LA DONNA E L’ARTE
Nell’antica Grecia la scultura classica propose di raffigurare la figura umana,
precisamente venivano rappresentate le gesta eroiche degli uomini. Per quanto riguarda
le donne, inizialmente nell’arte monumentale apparivano esclusivamente con il ruolo di
aiutanti e assistenti. Nelle arti figurative veniva accentuata la superiorità maschile nella
società greca.
LA DONNA E L’ARTE
A partire dal IV secolo anche le donne vennero introdotte nell’arte
con ruoli molto importanti come la rappresentazione di nudo, che
prima riguardava solo il genere maschile.
ATENA NELL’ARTE
L’unica donna che veniva celebrata straordinariamente nella civiltà greca e soprattutto
nel mondo artistico era la dea Atena. Nessuna dea oltre a lei occupava una tale
importanza, tanto da essere sempre rappresentata al centro delle facciate degli edifici.
Atena veniva rappresentata nei panni di una dea guerriera armata con simboli sacri: la
civetta, Athenae noctua, l’elmo, la lancia, lo scudo e l’Egida, ovvero il mantello
indistruttibile che aveva protetto Zeus.

Statua di Atena accanto al timpano della porta centrale


dell’Hotel du commandant militaire, a Digione
Fine
ICL

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