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Hegel: Fenomenologia dello

Spirito

prof. Michele de Pasquale


Fenomenologia dello Spirito

studio delle
Totalità il cui carattere più
manifestazioni
lo Spirito ha proprio è la coscienza
e interpretazioni
coscienza di sé solo (totalità elevata alla coscienza
attraverso individui di se stessa)
viventi

nella Fenomenologia sono distinguibili due punti di vista:


a) la coscienza del soggetto storico (coscienza parziale)
b) la coscienza filosofica (piena consapevolezza della realtà dello
Spirito)
la Fenomenologia studia la coscienza dell’uomo nella sua
evoluzione storica:
dalla coscienza comune alla coscienza filosofica

non si rende conto capace di


della vacuità delle comprendere se
proprie certezze stessa e il mondo
secondo verità

 la consapevolezza che il “vero è l’intero” è la


chiave interpretativa della realtà

 la dialettica è il movimento necessario della realtà


(il soggetto comprende la sua complementarietà
con l’oggetto nell’unità del Tutto)
in un’epoca di rapida transizione solo il
pensiero filosofico è in grado di leggere il
proprio tempo cogliendone la novità (= la
verità del proprio tempo) ancora nascosta allo
sguardo dei più

per sviluppare il concetto del tempo nuovo bisogna


superare il formalismo kantiano che scompone l’uno
in due opposte astrazioni, la forma universale e la
materia particolare:
la sua filosofia non perviene al sistema rimanendo
impigliata nel dualismo (a priori/a posteriori; io
puro/molteplice)
il superamento del formalismo può avvenire solo
“intendendo ed esprimendo il vero non come
sostanza, ma altrettanto decisamente come
soggetto”

con “sostanza” Hegel intende ciò che è fisso, senza movimento, senza
l’elemento soggettivo dell’autocoscienza

porre il vero come soggetto significa superare ogni rigida


immediatezza: l’assoluto è unità o identità mediata

l’identità dell’assoluto non è la rigida identità di una sostanza, ma la


mobile e vivente unità di un soggetto che permane e si
autocomprende identico in tutte le sue molteplici espressioni:
“assoluto come spirito”
“il vero è l’intero” e “l’intero è l’essenza che si
completa mediante il suo sviluppo”:
l’Assoluto è movimento e i suoi momenti hanno
senso solo se pensati in rapporto all’intero che in
essi si esplica

questi momenti hanno uno sviluppo triadico:

 l’essenza (Wesen): si tratta dell’immediata identità con sè, quella


che Hegel definisce sostanza [immediatezza]
 l’essenza diviene altro: questa alienazione è un modo necessario
dell’essenza e non comporta la perdita irrimediabile dell’originaria
unità; questa estraneazione coincide con il manifestarsi come
fenomeno dello spirito a se stesso [estraneazione]
 questo essere altro viene ricompreso come un momento
dell’assoluto: le manifestazioni finite sono negate e riguadagnate
all’unità dell’Assoluto; il finito è tolto nella sua indipendenza ma
conservato come un momento necessario dell’assoluto (Aufhebung)
[superamento]
questa concezione dell’Assoluto supera il
formalismo perchè dall’Assoluto non resta
fuori più nulla che gli si contrapponga

sulla base di questo principio è possibile procedere alla


comprensione globale della realtà
(in ragione dell’identità di essere e pensiero, il movimento reale
dell’assoluto coincide con il movimento della ragione
speculativa che pensa l’assoluto-intero):

il procedimento dialettico mette in luce l’incapacità di sussistere di


ogni termine preso isolatamente (concepito al di fuori del
rapporto col termine opposto), e mostra come gli opposti
(finito/infinito, libertà/necessità, sè/altro) non abbiano senso
nella loro reciproca separatezza, ma solo nel legame che li
riconnette organicamente in una totalità, nell’intero
premesso che il tentativo hegeliano è quello di colmare lo
scarto tra sapere assoluto e sapere della coscienza,
riconducendo il secondo al primo

la Fenomenologia (= scienza del manifestarsi


dello spirito) è la storia

 delle esperienze della coscienza (la formazione della


coscienza individuale che ripercorre le tappe attraverso
le quali lo spirito è arrivato alla sua forma attuale),

 del superamento della struttura bipolare che la


contraddistingue (opposizione oggetto/soggetto) per
giungere alla prospettiva dell’identità tra soggetto e
oggetto
nella Fenomenologia si pone il problema del
rapporto tra la formazione della coscienza e
il tempo storico in cui essa avviene, tra
coscienza singola e Spirito:

l’Assoluto non si rivela solo nella coscienza


singola - isolata dalle altre e concepita
senza riguardo al tempo in cui vive - ma si
manifesta anche oggettivandosi in civiltà
storiche che fioriscono in un determinato
punto dello spazio e del tempo
matura una nozione di Spirito secondo cui:

 esso è il sostrato comune (legami culturali, tradizioni, istituzioni che fa


di un gruppo un popolo) dell’agire dei singoli;
 esso è il prodotto dell’agire dei membri di una collettività;
 esso è attività, soggettività non solo sostanza: lo Spirito si sviluppa nel
tempo, è storia (si manifesta successivamente in mondi spirituali in cui
il lato della soggettività viene assumendo un rilievo maggiore rispetto a
quello della sostanzialità)

il grado di sviluppo raggiunto dallo Spirito rappresenta l’ambiente della


formazione individuale (la coscienza singola non si forma in una
condizione di astratto isolamento ma si svolge sulla base delle idee e
valori dominanti di un’epoca)

la coscienza singola per elevarsi al sapere assoluto deve ripercorrere il


movimento storico dello Spirito che ha generato l’epoca presente e
nella quale l’eredità delle età precedenti si conserva, trasformata e
riplasmata:
ripercorrendo la genesi storica delle rappresentazioni della propria epoca,
la coscienza ne scopre il carattere relativo (sono passaggi, destinati
ad essere dialetticamente superati, di un processo non concluso)
fare una fenomenologia dello spirito significa

 descrivere le tappe attraverso cui il pensiero dell'individuo


passa dalle forme piú elementari di conoscenza empirica
alla conoscenza concettuale o filosofica;
 descrivere le fasi attraverso cui l'umanità nella sua storia è
passata dalla condizione primitiva alla civiltà (raccontare i
modi in cui l'individuo, come l'intera umanità, è passato dallo
stato di inconsapevolezza alla piena consapevolezza di sé,
cioè all'autocoscienza tradotta in termini filosofici,
concettuali)
 descrivere il progressivo manifestarsi del Pensiero,
nell'individuo come nella storia, dalle forme primitive a quelle
razionali (narrare la storia di un Assoluto che non è una
«sostanza» immobile e già compiuta, ma è «spirito vivente»
che conquista progressivamente se stesso attraverso i
singoli e l'umanità, spirito che conosce, e si arricchisce nella
conoscenza, sia a livello d'individuo che a quello d'umanità)
la fenomenologia dello spirito è la storia romanzata scritta da uno spirito
individuale giunto alla consapevolezza filosofica, in cui esso
racconta di sé, rendendosi personaggio del suo racconto

narra del cammino ricco e articolato, in continuo progresso, ma anche


angustiato da inevitabili e anzi fruttuose insidie e sofferenze, verso la
sua condizione di consapevolezza filosofica

racconta delle fasi attraverso cui esso, lungo la storia, come nel suo
intimo, è pervenuto alla cognizione di essere un momento finito di un
Pensiero infinito, un evento particolare in cui s'incarna il «logos»
eterno, l'Assoluto

descrive lo sforzo incessante compiuto nel «crescere», nel «maturarsi»,


nei tentativi messi in atto per ritrovare la sua pienezza

indica i momenti dell'incessante ricerca, dell'opera continua e


progressiva di appropriazione conoscitiva di se stesso, cioè delle
sue origini e della sua matrice infinita e divina

rivela, nella narrazione, che in questa ricerca è proprio lo «spirito


infinito» che nel suo pensiero individuale si è riconosciuto come
pensiero che «si svolge» e «si manifesta» in tutta la realtà
“ In definitiva l'individuo percorre questo suo passato, la cui Sostanza è quello
spirito che sta piú su, proprio come colui che è sul punto di avventurarsi in
una scienza superiore percorre le cognizioni preparatorie, già in lui da
lungo tempo implicite, per rendersi presente il loro contenuto; e le rievoca
senza che quivi indugi il suo interesse. Il singolo deve ripercorrere i gradi
di formazione dello spirito universale, anche secondo il contenuto, ma
come figure dallo spirito già deposte, come gradi di una via già tracciata e
spianata. Similmente noi, osservando come nel campo conoscitivo ciò che
in precedenti età teneva all'erta lo spirito degli adulti è ora abbassato a
cognizioni, esercitazioni e perfino giochi da ragazzi, riconosceremo nel
progresso pedagogico, quasi in proiezione, la storia della civiltà. Tale
esistenza passata è proprietà acquisita allo spirito universale; spirito che
costituisce la sostanza dell'individuo e, apparendogli esteriormente,
costituisce la sua natura inorganica. Mettendoci per questo riguardo
dall'angolo visuale dell'individuo, la cultura consiste nella conquista di ciò
ch'egli trova davanti a sé, consiste nel consumare la sua natura inorganica
e nell'appropriarsela. Ma ciò può venire considerato anche dalla parte
dello spirito universale, in quanto esso è sostanza; in tal caso questa si dà
la propria autocoscienza e produce in se stessa il proprio divenire e la
propria riflessione.”
(Fenomenologia dello spirito)
• Certezza sensibile
• Percezione
coscienza • Intelletto

• Signoria e servitù
• Stoicismo, scetticismo,
coscienza infelice
Fenomenologia autocoscienz
dello a
Spirito

• Ragione osservativa
• Ragione attiva
• Individualità in sé e per sè
ragione
nel passaggio dalla coscienza alla ragione lo
spirito attraversa la fase della conquista di
sé come autocoscienza

sul piano della storia come su quello


dell'individuo, questo dell'autocoscienza
è un momento di grosso travaglio, che
Hegel rappresenta attraverso una serie di
«figure» tratte dalla «storia ideale»
dell'umanità
la prima «figura» presentata è quella del rapporto
signore-servo

gli uomini, come «autocoscienze», sono in rapporto conflittuale tra loro:


l'affermazione della propria spiritualità autocosciente può avvenire solo
attraverso l'affermazione sull'altra autocoscienza; tale conflittualità induce al
rapportarsi degli uomini tra loro secondo lo schema signore-servo

in questo rapporto il «vincitore» è il signore, che afferma la sua autocoscienza


come coscienza della libertà di fronte e sul servo, cui non riconosce uguale
libertà: infatti il servo è legato al mondo materiale ed è vincolato ad esso
attraverso il lavoro per soddisfare, proprio col suo lavoro, i desideri del
signore

il rapporto non deve includere la negazione della coscienza del servo, perché
allora il rapporto stesso non sussisterebbe piú: infatti il servo deve
conservare tanta coscienza da riconoscersi diverso e dipendente dal
signore, e quindi da riconoscere al signore la libertà

l'autocoscienza del signore ha un punto debole: dev'essere


riconosciuta dalla coscienza del servo per poter realizzarsi
“ Il signore è la coscienza che è per sé... la quale è mediata con sé da
un'altra coscienza, cioè da una coscienza tale, alla cui essenza
appartiene di essere sintetizzata con un essere indipendente o con la
cosalità in genere. Il Signore si rapporta a questi due momenti: a una
cosa come tale, all'oggetto, cioè, dell'appetito; e alla coscienza cui
l'essenziale è la cosalità... Il signore si rapporta al servo in guisa
mediata attraverso l'essere indipendente, ché proprio a questo è
legato il servo; questa è la sua catena, dalla quale egli non poteva
astrarre nella lotta; e perciò si mostrò dipendente, avendo egli la sua
indipendenza nella cosalità. Ma il signore è la potenza che sovrasta a
questo essere; ... siccome il signore è la potenza che domina
l'essere, mentre questo essere è la potenza che pesa sull'altro
individuo, cosí, in questa disposizione sillogistica, il signore ha sotto
di sé questo altro individuo. Parimente il signore si rapporta alla cosa
in guisa mediata attraverso il servo.”
(Fenomenologia dello spirito)
mentre il signore non ha rapporto con la realtà, oggetto dei suoi
appetiti, se non attraverso il servo, questa realtà è il vincolo
che lega in rapporto di dipendenza il servo al signore

ma la realtà è anche il mezzo attraverso cui il servo trova


l'unica indipendenza possibile: infatti la sua trasformazione
della realtà dipende unicamente da lui

proprio in questa trasformazione il servo scopre che il


signore non è veramente indipendente, in quanto
dipende dal suo lavoro, e che egli, invece, nel suo
lavoro è indipendente per davvero

“La verità della coscienza indipendente è, di conseguenza, la coscienza


servile. Questa da prima appare bensí fuori di sé e non come la verità
dell'autocoscienza. Ma... la servitù nel proprio compimento diventerà
piuttosto il contrario di ciò ch'essa è immediatamente, essa andrà in se
stessa come coscienza riconcentrata in sé, e si volgerà nell'indipendenza
vera.” (Fenomenologia dello spirito)
il servo giunge alla sua autocoscienza: il rapporto prima
esistente col signore ora si capovolge

agli occhi del «servo» l'autocoscienza signorile mostra la sua


debolezza proprio mentre egli conquista, attraverso la paura
ch'egli vive in ogni attimo della sua esistenza, la propria
autocoscienza

a questo punto il servo non riconosce piú come «signore» il


signore

“ Alla coscienza servile l'essere-per-sé che sta nel signore è un essere-per-


sé diverso, ossia è solo per lei, nella paura l'essere per sé è in lei stessa
(coscienza); nel formare (elaborare la realtà) l'essere-per-sé diviene il
suo proprio per lei, ed essa giunge alla consapevolezza di essere essa
stessa in sé e per sé. “(Fenomenologia dello spirito)

sia il lavoro che la paura conducono il servo alla


«riappropriazione» di sé e alla «negazione» del signore
figure successive della liberazione dell’autocoscienza

l'autocoscienza del servo liberato è, sí, indipendente dal


signore, ma non dalla realtà; nell'atteggiamento stoico
stoicism Hegel vede il primo tentativo di questa nuova liberazione:
o lo stoico si rifugia nel mondo astratto del pensiero,
dichiarando la sua indifferenza alla realtà e dichiarandosi
autosufficiente

la libertà dello stoico non è una libertà effettiva, è solo


il concetto della libertà (lo stoico non coglie che la
realtà è la sua stessa essenza); lo scettico, invece,
scetticism nega la realtà in se stessa, riconoscendo come
o realtà solo ciò che è nella sua stessa coscienza (lo
scettico comprende che egli non dipende dalla realtà,
ma la realtà, svuotata in se stessa di ogni contenuto,
ne assume uno nella sua coscienza, e dipende cosí
dalla sua coscienza)
figure successive della liberazione dell’autocoscienza

svuotando la realtà del suo contenuto in sé, la


coscienza scettica avverte di trovarsi instabile:
scava un abisso tra sé e le altre coscienze, tra la
«sua» verità e quella degli altri (raggiunge la
massima contraddizione con sé quando proclama
che l'unica realtà e verità è quella ch'è per lei, e
coscienza proclama ugualmente che non esiste realtà e verità;
infelice quando afferma se stessa come coscienza
immutabile, stabile, uguale a se stessa, e, d'altra
parte, deve riconoscere che questa sua coscienza è
sempre mutevole ); questa contraddizione viene
sciolta dalla coscienza infelice, la coscienza
dell'uomo religioso «medievale», che risolve la
contraddizione separando i due elementi opposti:
attribuisce a Dio la coscienza immutabile e lascia a
se stesso quella mutevole

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