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Se la storia fosse davvero come se limmaginava Giambattista Vico, ossia se fosse caratterizzata da corsi e ricorsi, il problema del complesso

e controverso rapporto tra Occidente cristiano ed Islam oggi non si porrebbe: anzi, non ci sarebbe nessuno a porlo, giacch, a regola, dovremmo essere tutti quanti islamizzati. Questo perch, in effetti, la storia euromediterranea ha riproposto a lungo il medesimo copione: una storia fatta di egemonie successive, determinate ogni volta da fattori diversi, ma con una matrice comune, che quella della giovent o, se si preferisce, del vigore etnico, che prevale sulla decadenza. In effetti, il testimone passato di mano parecchie volte, in questi quattromila anni di storia: dai pelasgi agli indoeuropei, dagli asiatici agli acheo-dori, dai puni ai romani, fino a tempi pi recenti e pi calamitosi, in cui, come ondate di marea, popoli germanici in piena espansione migratoria, si sono sospinti lun laltro verso ovest e verso sud, fondando regni e distruggendone altri. Vandali, visigoti, franchi, sassoni, burgundi, fino ai longobardi e, in ultimo, ad alamanni ed ungari, hanno invaso il continente, con un flusso pressoch continuo di migrazioni, talvolta pacifiche, ma pi spesso accompagnate da terribili stragi, formando quel coacervo bizzarro di romano e di germanico che, tra il V e lXI secolo dellEra volgare, ha dato vita allEuropa moderna. Insomma, la storia dEuropa, fino a questo punto, avrebbe incarnato perfettamente quellidea dei corsi e ricorsi di cui si diceva. Se non che, sul palcoscenico della storia sono apparsi gli arabi, e le cose sono decisamente cambiate. Tanto per cominciare, gli arabi non erano un popolo coeso, piccolo e combattivo, come le trib germaniche, e neppure detenevano qualche tecnologia superiore, come era stato per le armi di ferro degli achei: erano un guazzabuglio di trib, sparse su di un territorio molto vasto, divise per religione e per costumi. Lelemento coesivo, che li rese tanto potenti e ne permise unespansione rapidissima fu la fede: la predicazione maomettana si trasform in una formidabile energia propulsiva e la dottrina del Jihad, della diffusione tanto consensuale che coattiva dellIslam, ne fu il motore. Non dunque, ricerca di buoni pascoli e o di ricchezze da razziare mosse gli eserciti musulmani alla conquista del Mediterraneo o delle steppe asiatiche, quanto unenorme area da convertire: unimpresa fanatica da missionari in armi. Lequivalente delle invasioni barbariche, ma col Corano sotto la sella, in altra epoca e su altre direttrici di marcia. Va anche detto che gli arabi o, almeno, la civilt mozarabica, raggiunse assai precocemente grandi livelli di cultura e grande raffinatezza: il che ci permette di dubitare dellassioma secondo cui un popolo rozzo e bellicoso tenda a prevalere su di un popolo raffinato ed uso alla pace. Nel caso delle guerre di Spagna, i rozzi, semmai, erano i cavalieri visigoti e franchi: Rolando, di fronte ad un guerriero musulmano spagnolo, avrebbe fatto la figura del barbaro. E non si deve, peraltro, credere che le dinastie mozarabiche ed i sovrani germano-spagnoli abbiano trascorso tutto il loro tempo libero scannandosi reciprocamente: a partire dagli inizi dellottavo secolo,vale a dire dallaffermazione islamica nella penisola iberica, fino alla fine dellalto Medioevo, vi furono costanti scambi commerciali e culturali tra loccidente musulmano e loriente cristiano, in una visione storica che non soltanto sovverte i luoghi comuni, ma perfino il nostro immaginario geografico, che prevede un oriente islamico ed un occidente eurocristiano. Anche in questo senso, tuttavia, non si deve esagerare: gli scambi ci furono, e furono determinanti per la rinascita culturale europea, che dovette proprio a questi contatti il recupero della cultura greca, altrimenti perduta. Tra questo e dire che i rapporti tra la Spagna mozarabica e la cristianit romano-germanica furono idilliaci ce ne corre: fu unepoca di guerre e di violenza. Fu, per, anche unepoca in cui i rapporti sul territorio tra i singoli potentati avevano un aspetto profondamente privatistico,

dovuto in gran parte allassenza di un forte controllo da parte del potere centrale: questo determin una situazione estremamente varia e frastagliata, che ci impedisce di generalizzare. In definitiva, la convivenza ed il buon vicinato tra Islam e Cristianit furono affidati alle circostanze specifiche e alle singole situazioni: questo, comunque, permise unosmosi assai superiore a quanto comunemente si creda o a quanto tramandato dalle fonti, che,lo ricordiamo, sono soprattutto letterarie e, quindi, soggette ad inevitabile amplificazione degli aspetti polemologici. Va, infine, ricordato che scaramucce e guerre erano la normalit quotidiana della societ di quel periodo e venivano combattute, spesso a titolo personale, in unatmosfera di anarchia da tutti contro tutti, che non riguardava solo fedi diverse, ma, molto pi spesso, divergenze e contenziosi tra appartenenti al medesimo credo. Ci furono, ovvio, guerre di religione: la storia della Reconquista, quella di Navarra e delle Asturie, la stessa storia francese, parte di quella ligure ed italiana, ne recano abbondanti testimonianze, ma va detto che questa situazione, a differenza di quella descritta poco sopra, non rappresentava la regola. Henri Pirenne, nel suo celeberrimo saggio Mahomet et Charlemagne, del 1937, postul per primo la responsabilit diretta dellIslam nella reale conclusione dellesperienza politica dellimpero romano: da allora, questa visione divenuta, poco a poco, dominante, fino ad averla a tutti gli effetti accettata nella storiografia occidentale. Se ci si pensa, in fondo, la colpa principale dellespansione araba del VII ed VIII secolo fu proprio questa, e la diffidenza e la paura delloccidente affondano le proprie radici proprio in questo terribile iato, che ha separato le due rive del Mediterraneo, creando una frattura che esiste ancora oggi, tra Africa ed Europa: per i Romani, non vi era sostanziale differenza tra Leptis e Neapolis, perch era sempre e comunque Roma. Possiamo dire che la geopolitica euromediterranea moderna ebbe origine da questo imponente fenomeno, che divenne il tema dominante di un rapporto tanto difficile e movimentato. Un altro errore di valutazione che, spesso, si commette (e va detto che viene commesso anche da bizantiniste dal nome altisonante, e perfino di fronte alle telecamere), quello di confondere la civilt araba con lespansione turca, che ebbe carattere affatto peculiare. La prima ondata islamica, bene ricordarlo, fu quella che faceva capo alla dinastia Omayyade, che si espanse nellAfrica settentrionale e nellAsia, giungendo a lambire i confini del Celeste Impero: proprio sotto gli Omayyadi, con la battaglia di Kerbela, nel 680, si consum la principale frattura allinterno dellIslam, quella dei sunniti e degli sciiti. La battaglia di Jerez de la Frontera, invece, vinta contro i Visigoti nel 711, permise agli arabi di conquistare buona parte della Spagna: lera omayyade, per, stava volgendo al termine. Le succedette, dopo la battaglia dello Zab, nel 750, la dinastia Abbaside, legata ad una grande fioritura culturale del mondo islamico. In realt, per, sotto il dominio abbaside, venne anche progressivamente a crearsi una serie di potentati semindipendenti, come gli Almoravidi in Spagna o i Fatimidi in Egitto: questo, possiamo dire, divenne la norma del limpero islamico, che si tramut in una miriade di staterelli indipendenti di fatto, se non di diritto. LIslam anatolico nacque da presupposti del tutto diversi da quello originario, ed ebbe, semmai, caratteri comuni con le migrazioni germaniche del V e VI secolo: i Turchi erano un popolo giovane, dinamico e violento, oltre che molto pi rozzo delle dinastie arabe di cui usurparono i territori ed il ruolo. Comparvero tardi e tardi si convertirono allIslam, con il fanatismo caratteristico degli ultimi arrivati. Avevano caratteristiche del tutto diverse anche militarmente e la loro espansione, dopo la conquista di Costantinopoli, mosse sulla direttrice nordoccidentale, anzich sudoccidentale, forse perch i territori balcanici

apparvero loro pi affini a quelli da cui provenivano, esattamente come lAfrica settentrionale doveva essere sembrata terreno ideale di espansione agli arabi della prima ondata. Senza contare che i Turchi avevano rimosso, progressivamente, i due maggiori ostacoli ad una penetrazione islamica nel bacino del Danubio, vale a dire limpero bizantino, sulla terraferma e Venezia sul mare: questonda lunga avrebbe rallentato soltanto dopo la terribile sconfitta delle Curzolari, nel 1571 e, sulla terraferma, soltanto agli inizi del XVIII secolo, nellera di Eugenio di Savoia. Dunque, la minaccia islamica per lEuropa, in buona sostanza, si identifica in due precisi momenti, assai diversi per motivazioni e portata: la prima fase espansiva, che va, grossomodo, dagli inizi dellVIII secolo alla fine del IX, e la penetrazione turca nel mediterraneo centrale e nei Balcani, svoltasi tra il XV ed il XVIII secolo. Il tutto, inframmezzato da scontri e conflitti a carattere episodico o circoscritto. Eppure, tracce profonde di questo rapporto ambivalente sono presenti pressoch ovunque, in Europa: le torri davvistamento dimostrano una preoccupazione costante per le scorrerie moresche, le periodiche collette continentali per armare truppe e navi sono una costante della legislazione medievale. Le crociate non terminarono nel XIV secolo, ma proseguirono, anche nel vocabolario politico, fino allet moderna: furono, per cos dire, la nota distintiva della cristianit, fino ai confini dellet dei lumi. Dunque, alla luce di questi trascorsi, possibile ipotizzare una convivenza pacifica tra Islam e mondo occidentale? Cominciamo col dire che, da sempre, c stato Islam e Islam, cos come c stato Cristianesimo e Cristianesimo: noi abbiamo la tendenza, come europei, a non fare troppe distinzioni allinterno di ci che accade al di fuori del nostro universo. Invece, per comprendere i multiformi rapporti che l Europa ha intrecciato con il mondo musulmano necessario accettare il fatto che anche quel mondo abbia vissuto scissioni travagliate e veri e propri scismi e che, oggi come ieri, tuttaltro che omogeneo. La cronaca ci pone sotto gli occhi costantemente il contrasto profondo che divide Sciiti e Sunniti: non ci vuole molto a capire che esiste un Islam moderato, accanto ad un integralismo che possiede, inutile negarlo, caratteristiche di vera xenofobia. Siamo cos anche noi, daltra parte: e anche noi abbiamo vissuto terribili scismi e feroci guerre di religione. Sarebbe del tutto sbagliato considerare tanto il Cristianesimo quanto lIslam come fenomeni univoci ed ecumenici. Di qui possiamo trarre una prima conclusione: la storia ci insegna che fatti e fenomeni nascono ed esistono allinsegna della molteplicit e non dellunicit. Non avrebbe, perci, senso occuparsi dei rapporti tra Europa e mondo musulmano senza tener conto di questa molteplicit: unanalisi che non parta dal dato di fatto di trovarci al cospetto di una religione, che anche fonte di diritto, enormemente mutata e mutevole, a seconda delle epoche e dei luoghi, unanalisi che non pu portare ad alcuna conclusione scientificamente accettabile. In realt, la sensazione che, in casi come questo, sovente la storia sia solo uno strumento demagogico, per avvalorare qualche tesi politica. E buona prassi, dunque, affidarsi ad una terminologia che tenga conto di questa variet e complessit, parlando di islamismi anzich di un unico e monocorde Islam: luso del frequentativo, tra laltro, permette di sottolineare come queste variazioni sul tema islamico non sempre abbiano mantenuto carattere esclusivamente religioso, mescolandosi, anzi, spesso con fattori che di religioso hanno ben poco. Va fatta unulteriore considerazione: il mondo islamico nato con circa sei secoli di ritardo rispetto al Cristianesimo, senza contare che questultimo ha potuto contare su di una base territoriale omogenea per cultura, lingua e tradizioni, cosa che i musulmani

dovettero ottenere a prezzo di lunghi e faticosi sforzi. Va da s che rimanga, rispetto allOccidente, un gap in termini di civilt giuridica e sociale: in pratica, lo stadio di evoluzione antropologica dellIslam , per alcuni aspetti, simile a quello dellEuropa tardomedievale. Si considerino pure i fattori osmotici, gli scambi, i contatti: ci nonostante, innegabile che alcuni aspetti della cultura islamica ci risultino inevitabilmente primitivi, specialmente per quanto concerne la dottrina sociale. Perch, in fondo, come se allilluminismo i musulmani, nel loro percorso evolutivo, non fossero ancora arrivati. Questo va detto non per polemizzare con il mondo islamico, ma semplicemente per cercare di spiegare fenomeni ed atteggiamenti che, altrimenti risulterebbe ben difficile comprendere. Daltro canto, la dottrina sociale della Chiesa ha subito enormi cambiamenti, anche solo negli ultimi tre secoli: non c motivo di credere che questo non possa verificarsi anche per la religione maomettana. In conclusione, il tema di questo numero della rivista sottintende problemi complessi: ben venga lo sforzo comune dei vari collaboratori che hanno partecipato alla stesura di questa monografia sul rapporto Occidente-Islam, perch la strada per una convivenza pacifica, ammesso che sia possibile, passa attraverso la reciproca conoscenza. E, per, proprio il concetto di reciprocit che sempre mancato nelle relazioni tra questi due mondi: in fondo, oggi, latteggiamento della Chiesa nei confronti delluniverso musulmano semplicemente quella di accoglierlo, senza pretendere nulla in cambio. Il che indubbiamente lodevole sul versante della carit, ma scricchiola su quello della storia. Specialmente, tenendo conto della spaventosa crisi valoriale che sta attraversando lEuropa. Una frequentazione quindici volte secolare ci insegna che lunico modo di misurarsi con questi nostri vicini, tanto simili e tanto diversi da noi, quello di porsi su di un piano paritetico: nel momento stesso in cui ci si sottomette, sia concretamente che anche solo psicologicamente, scatta il meccanismo del Jihad. Il rispetto devessere reciproco, come lo era ai tempi della Spagna mozarabica. Certo, si tratta di una storia, come si diceva allinizio, controversa e complessa: le crociate, la Reconquista, Lepanto, Vienna, hanno lasciato delle tracce profonde e hanno scavato dei solchi che dividono pi che unire. E superandoli che si pu pensare ad un futuro di civile convivenza: non cancellandoli. Perch la storia, quando viene seppellita sotto le menzogne o loblio, invariabilmente, ritorna. Talvolta in forma di incubo.

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