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n. 0 - marzo 2012
negazioni
le poesie irriverenti:
Una raccolta di impulsi distorti fuori dal viaggio organizzato figa-tomba sul binario dell ovviet con biglietto di sola andata. C altro oltre all immagine accattivante del cartonato che hanno messo davanti, e attento, nel viaggio organizzato sono compresi anche i ruoli di antagonista del sistema, ruoli che hanno gi scelto per chi aspira ad essere cattivo nella squallida recita. Ma c qualcuno che non partecipa alla recita, qualcuno che non sale sul palco, n per accarezzare il pubblico n per spaventarlo bonariamente. Pu cagarci sul palco o bruciarlo o pisciare sugli altoparlanti. Noi siamo in quella merda, in quel fuoco, in quel piscio. Noi siamo in tutto ci che esce dagli schemi, dagli schermi, dagli scherni. Persone senza etichette che urlano al vento, fanno sesso nella pioggia e vedono pi lontano se c nebbia. Siamo le negazioni di realt imposte da impostori, oltre ogni limite limitato limitante. In questa fanzine troverete arte a 360 gradi senza paraocchi o paraculaggini. Arte che sprigiona scintille in grado di attizzare fuoco nella menti. E soprattutto se avete la mente in sintonia troverete voi stessi, la vostra essenza, potrete cos partecipare alla nostra orgia di cervelli e corpi sul tappetto dell umana esistenza.
E lho sotterrato meglio ---- pag. 3 Il vomito ---- pag. 4 ipnopedico me ---- pag. 6 semplicemente scrivere ---- pag. 6 leccami londa ---- pag. 7 scarafaggi rosa ---- pag. 7 pezzi ---- pag. 8 sono sempre stata una donna di larghe bevute ---- pag. 9 quel centenario dun john cage ---- pag 10 compact disk & sto cazzo ---- pag. 11 gg allin punk criminale ---- pag. 12 specchio servo delle mie brame, cos questa fottuta puzza di catrame? ---- pag. 13 enri ---- pag. 14 il misantropo ---- pag. 14 doppio cervello e doppio cuore ---- pag. 15 per gli analfabeti ---- pag. 16 clemente di leo ---- pag. 17 la bestia ---- pag. 18 pasto nudo ---- pag. 19
Indice
, e l ho sotterrato meglio
S i e t e m a i s tati sbronzi com e me ? S b r onzi e barcollanti S c ivolare e cadere E c h i e d ere un altro drink S b r onzi e barcollanti M e n t r e l a g ente mi ha guardato ma le E d i o me ne sono fregato S o no andato avanti B a r c ollando e sbronzo E so n o scivolato di nuovo C aduto a terra H o v i st o l a sfalto davanti ai m iei oc c hi O le m attonelle O le pietre E m i sono sporcato H o sputato P e r n o n mangiare la terra E mi sono rialzato E h o trovato facce F a cce di merda C h e m i osservavano E v i st o dalla loro dinamica P r o nto al m acero P erch pazzo P erch folle P e r c h incutevo tim ore P e rch il loro dio N o n aveva fede in me E d io, ed io E d i o u m ano ma non tanto Mi soffiai il naso A lla villana M e ntre m e ne stavo N e lla m ia selva A o sservare le montagne Ma m i annoiavo anche li Av e v o b isogno di m uoverm i H o b i s ogno di m uoverm i C os feci un giro F r a la cam pagna E tr ova i un c a ne Mor to Dissotte r r a to da a ltr i a nima li E puz z a va Di c a r ne ma r c ia Un f a stidio tr e me ndo a l na so Me ntr e i mie i c a ni Sc e glie va no il lor o osso E ho c a pito Che c osa ho c a pito? Non ho c a pito nie nte ! Er a sola me nte un c a ne mor to Sotte r r a to ma le Ho pr e so la va nga E il pic c one Ho f a tto una buc a E l ho sotte r r a to me glio. Spe r o Fa r a nno c os Anc he c on me . di Giov anni F a v a z z a Con la c ollaborazione di Tania C a u d u llo Che l ha trasc ritta e mi ha su g g e r ito M e ntre io s b ro n z o Glie la d e tta v o .
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il vomito
Come mai la faccia cos bianca,oggi? mi chiedono. Io li guardo. Ho due occhi come fessure e la sigaretta che mi pende disbieco dalle labbra come una protuberanza caliginosa delle mie labbra. Li guardo, Tom e Gina, e gli dico: La mia faccia non pi bianca del solito. E la mia faccia e basta e accenno a un sorriso che risulta solo un ghigno alterato. Tome Gina contraggono il volto e si squadrano con unambigua sfumatura dintesa. Probabile pensino sia pazzo. Probabile lo sia veramente. Gli faccio un cenno di saluto. Mi fanno un cenno perplesso. Ci separiamo. Ognuno per la sua strada. C tutta questa gente che gira, corre e si domanda. Tutto questo affermarsi. E parole. Miriadi di parole senza senso. E la giostra del consumo del cervello. Lo si parcheggia, il cervello, dove si pu e lo si sguinzaglia. Esso vaga e si afferma. Sputa sentenze. Eun gradasso, il cervello. E un bambino che mostra i muscoli. Io giro per le strade e cerco di non pensare. Di non sguinzagliare nulla. Neanche di farlo pisciare, il mio cervello. E la disperazione che ha creato quel sortilegio che si chiama societ moderna. Un v e vieni di umori allo sbando. Un su e gi senza orgasmo finale. Quel negozio di generi alimentari allangolo sempre aperto ma non c nessuno che vi entri. Quello di fronte che propone ingegnose attrezzature erotiche ha la coda di fuori, e la gente si ammassa al suo interno. I clienti brancolano e tastano ogni cosa come fossero bambini o ciechi la lettura braille della lussuria al sapor di polivinilcloruro. Ilpane e il latte sono al ribasso, il fallo sempre al rialzo in tutti i sensi. I nostri bisogni hanno cambiato direzione, a quanto pare. Forse si cominceranno a vendere bambole gonfiabili ripiene di panini al prosciutto. Si chiama squilibrata convergenza di mercato. E gli analisti ai piani alti di piazza Affari si fanno le seghe, non gli manca il materiale. Cammino per la strada rasentando i muri, facendomi scivolare per i vicoli, cercando di non sentire, di non guardare, di passare sottecchi, di intrufolarmi, di scomparire, di diventare anchio cemento, asfalto, quel rigagnolo di piscio che si dirama tra quelle crepe lungo il marciapiede. Ma la strada l e ti agguanta e ti spreme. La strada ti schiaccia, ti ingoia e ti sputa. Sono un soldatino alla merc dellenfant terrible chiamato Mondo. E va bene: aspiro dalla sigaretta e la sigaretta si fa aspirare. Un giorno le sigarette mi uccideranno, ma io di sigarette ne uccido una ventina algiorno. Sono pi forte. Ho pi tacche di loro sul calcio della mia gola. E da mezzora che sono in giro e gi voglio tornare a casa. Questa non si chiama tranquilla passeggiata. O : salutare boccata daria. O : fare duepassi. Ilnome pi appropriato : lento suicidio. O : cancrena dellipotalamo. O : dispepsia morale. Penso realmente di non centrare niente con ogni sospiro che questa smaniosa bocca chiamata collettivit mi elargisce con tanta prepotenza. QuantiTom e Gina ci sono al mondo che ti domandano petulantemente del tuo insolito pallore. Questo mio, non pallore. E la mia corona, la mia aureola. E la discrepanza tra me e voi, caro Tom, cara Gina. Sar anche il vostro cruccio ma anche la mia stampella. Ci sono dieci vecchi l, al parco. Ognuno occupa una panchina diversa. Dieci panchine, dieci vecchi solitari. Come pezzi di scacchi impazziti ogni vecchio vagato verso la propria solitudine. Gli sguardi sono opachi, fissi, come quelli di maiali appesa a testa in gi e sgozzati. Creano smorfie impercettibili con le labbra rinsecchite, tirano su col naso, emettono fievoli soliloqui auto-rassicuranti. Sono gli scarti psichici di un popolo che gi lo scarto di ci che dovrebbe essere. Societ che scimmia di s stessa. Ma gli alberi su cui saltare stanno finendo. Questi vecchi sono lesclusiva psicopatologia di un azzardo chiamato Vita. Va b, moriranno : una consolazione per tutti. Qualcosa mi si muove nello stomaco ma ancora non ho mangiato. Sar questo clima che mi sembra un clima finto, non sento caldo, non sento freddo.Sar che tutto questo cemento che
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calpesto mi si sta riversando in piccole percentuali nellorganismo e ne risento, o sar che le case sono tutte uguali, le auto fanno tutte questo gracchiante rumore, e gli uomini sono divisi in categorie e tipologie ben definite e quel che vedo lho gi visto dieci, cento,un milione di volte, uguale, e quelle espressioni non sono vere, non possono! perch quelle facce sono solo agglomerati di pieghe di tessuti che si allungano e si ripiegano senza darti nulla. Luomonon cos. Non pu. Luomo stato sconfitto. Ma ancora nessuno glielha detto. Stringo gli occhi, faccio lultimo tiro dal mozzicone e lo getto in terra schiacciandolo con la punta della scarpa. Unaltra tacca. Fumo da 23 anni. La mia partita della morte con le sigarette dovrebbe essere 167.900a 0. Vinco di molto. E ma ecco, adesso arriva. Arriva inaspettato, ma da un po che mi cova dentro. Prima c il conato. Il conato di vomito strano: un piccolo supplizio di gola, un malessere della carne ma molto cerebrale. E una spia che si accende. Che ti avverte. Il conato una buona cosa. Ti fa entrare in pieno possesso della tua condizione di carne piangente. Ripristina la consapevolezza della tua imperfezione: siamo solo essere umani! Che non un bel dire E col conato ti devi lasciare andare. Inutile trattenere. Inutile trattenerti. Il conato ti insegna una filosofia di vita: lasciarti andare. E perci vomito: sbocco un cruento e grumoso fiotto marrone che rimbalza sul selciato, gli schizzi che mi arrivano sulle scarpe, sui jeans, sulla vetrina del negozio a lato che si macchia di questo scuro punto esclamativo.
Ho gli occhi appannati e sono piegato in due ma riesco a scorgerla: la distinguo questa signora di mezza et tutta in ghingheri, con criniera platinata, sontuosi anelli violacei e il trucco pesante. Prima mi guarda di sottecchi esdegnata ma poi si blocca e il suo piccolo barboncino bianco si ferma con lei. Gli occhi le si fanno opachi, mi sembra quasi di scorgere le pupille che saettano in alto e che si perdono tra le palpebre, e il cane, questo piccolo fottuto Fufi cotonato, che la guarda curioso. E poi vomita, anche lei, uno schizzo rosato che finisce per met tra la borsa che tiene in mano e il ciglio della strada e per laltra met su Fufi che sbigottito dallirruente regalo di viscere guaisce e tira il guinzaglio. Allora mi alzo dalla mia posa piegata, un po stranito ma attento, e allora me ne accorgo: pochi passi pi in l un giovane con capelli a cresta, il trucco sugli occhi e le sopracciglia rasate vomita, copiosamente, vomita anche lui, incurvato,il volto scavato e bianco, gli occhi che si stringono, la mascella e la mandibola aperte come le fauci di un drago. Al posto del fuoco erutta questo sostanzioso succo gastrointestinale. Certo: non si poteva continuare cos. Ci voleva un la. Lho dato. un po la proiezione ortogonale della nostra anima, questo vomito. la dimensione di noi stessi che di solito non scorgiamo. Mi muovo di qualche passo e lo spettacolo stupendo. Dalla palazzina che si erge di fronte a me su ogni balcone, da ogni finestra spunta la testa e il torso di qualcuno. Donne, uomini, bambini, tutti accomunati da questa fantastica Idea rigettante. I flutti si riversano dallalto in maleodoranti flussi come stelle
filanti di corposi rimasugli gastrici. Vedo getti. Arcobaleni di umori rancidi. Spruzzate vermiglie. Fuochi dartificio di grumi iridescenti e viola cascate stomacali. E il capodanno della presa di posizione di queste nostre viscere. E un mantra corporale da ripetere finch non saremo liberati da ogni acidit, ogni stortura. Tutta questa sugosa bile che rigettiamo: forse la nostra vera emancipazione comincer dagli studi dei nostri scarti. Saranno compresse che porteranno allilluminazione. Doveva succedere: gli sguardi assassini, le facce truccate, le porte blindate. Questa corsa al superfluo, gli istinti schiacciati, 600 canali: doveva succedere. Sbattiamo la testa sempre sullo stesso muro e le crepe ci sono entrate nel cervello. Questo mondo ora sembra agonizzante nel suo impulso da vomito. Ma una liberazione, invece. Sulla poltiglia si pu costruire. Un attimo di consapevolezza e il vomito, eccolo! l, che sonda lo stomaco, si abbarbica sulle pareti del tuo corpo, fluttua deciso e irrompe prepotente e luminoso, da quel taglio di carne che la tua bocca. Io mi metto a danzare per la via, mentre vomito, mi devo fermare ogni tanto ma imparo a vomitare anche saltando. Allargo le braccia e alzo il viso al cielo e mi faccio baciare da questa pioggia calda di variopinti escrementi orali. Mi faccio baciare da questa nuova era, da questo flusso di negazioni, da questo afflato corposo e maleodorante di rifiuto covato. Che sia vomito, dunque. - di Alessandro Pedretta Kresta
ipnopedico me
Faccio fatica ad esprimere concetti sensati che dalla bocca mi vedo sbrodolare pensieri perch ho accumulato troppi pensieri Sono all'orlo di me che adesso faccio fatica a schedare che ogni sussulto un vomito Se mi spaccassi la testa in questo preciso momento Sono all'orlo di me avresti a che fare con un vaso di pandora che sono troppo pieno e sono troppo vuoto di ci che raccogliendo Sono all'orlo di me ho sedimentato in dolore che questo corpo m'ha contenuto abbastanza e forse sul fondo Ed ora ho problemi di spazio quel poco di speranza che speranza non ho -di Nuenni nella ZuenaSarebbe l'urlo abissale di ci che vedendo non ho raccontato ma accantonando ho rimosso ma rimuovendo ho raccolto ma raccogliendo ho riempito E adesso tutto un sull'attenti Sono all'orlo di me
semplicemente scrivere
Io voglio scrivere come un bambino come un ritardato mentale come scriverebbe un analfabeta che le parole le capiscano tutti che scorrano semplici limpide, fresche,chiare come l acqua di un ruscello ma il concetto deve essere devastante deve sconvolgere il modo di pensare stravolgere l ordinamento costituito aprire nuove strade verso nuovi modi di essere. Quelli che fanno sfoggio del loro acculturamento palesando sovente il proprio erudimento con citazioni continue dei libri letti costoro sono esseri uguali a quelli che voglio combattere cio stronzi. - di Andreas Finottis -
, leccami l onda
La sua figa era salata, come il mare. La sua figa era bagnata, come il mare. La sua figa era profonda, come il mare. La sua figa era piena di pesci, come il mare. La sua figa era pi bella di notte, come il mare. La sua figa era pi calda di notte, come il mare. La sua figa era piena di sabbia, come il mare. La sua figa era piena di piscio, come il mare. La sua figa puzzava, come il mare. La sua figa nascondeva tanti segreti, come il mare... - di stefano Iannuso -
scarafaggi rosa
ieri sera tornando al mio appartamento in affitto, ubriaco, ho incrociato nel cortile una decina di scarafaggi. a ogni passo che facevo loro si allontanavano, si nascondevano, scappavano. e mi sembravano tanto simili a tante persone che ho conosciuto nel corso della mia breve vita. alla fine gli uomini sono solo scarafaggi rosa. di Maures
, , , questa non e una poesia, e una bestemmia alla divinita del mio essere umano
Penso che cadr in pezzi uno di questi giorni. O forse sono solo un pezzo, o me ne manca qualcuno, o me ne sono fatti troppi. Forse non possibile che accada questo perch non sono normale: non ho grandi aspettative non mi piacciono le auto veloci mi urtano gli elettrodomestici odio ascoltare la gente non mi drogo pi e preferisco il buio. Forse nella mia vita ho vomitato troppo e ora la mia lingua non sente pi gusti buoni. Sar che ho viaggiato poco e girato sempre in circolo. Sar che ho vissuto con i cani e mi hanno ammazzato le scimmie. E quante botte botti bottiglie. Quanti buchi lutti voglie da lupi. Quanta frenesia senza senso, quanto sesso frenetico senza speranza. E Miller, Cline, Bukowski, i locali loschi, i posti nascosti, il sangue sulle braccia, la caccia ai soldi, dormire ai bordi. Forse sono troppo giovane per alcune cose e troppo vecchio per altre. Forse morendo troppe volte non ho vissuto abbastanza. Forse ho chiesto troppo alla mia carne e la mia carne ha risposto picche. Forse vero: cadr in pezzi uno di questi giorni. Alessandro Pedretta Kresta
pezzi
Cleide faceva la puttana. Gianmaria non ha mai capito bene cosa volesse dire, almeno fino a tredici anni e tre quarti. Cleide aveva delle tette enormi. Quando stendeva i panni, era come se danzasse a rallentatore. Ogni volta che incrociava Gianmaria, sorrideva ondeggiando il culo come un dondolo, dicendo la stessa frase con forte accento emiliano guarda che io ti aspetto... Il padre di Gianmaria a puttane ci andava. Si agghindava come alla festa del santo patrono. Vado alla bocciofila stasera sogghignava immerso in una nuvola di Aqua Velva e la madre, di Gianmaria rispondeva con un flebile vaffanculo. Quando tornava dalla bocciofila fischiettava sempre. Lei lo aspettava in piedi, e proferiva solo un vatti a lavare . Uno dei vicini di casa di Gianmaria era lonorevole Malagoli. Anche lui va a puttane e ha una passione per Clei-
scassava di botte perch la famiglia sacra, rispose Puttana va bene, ma puttana comunista no. Gianmaria cap cosa intendeva suo padre quando una sera disse, con gli occhi fissi sul culo grosso di sua madre, che gli uomini politici fanno la politica come le puttane fanno lamore, per mestiere. Di Agente Patogeno Emma Peel
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sto, avrebbero un maggior numero di appassionati di musica e cosa pi importante diffonderebbero l arte e la cultura. Poi c anche lo stato con l iva al 20% sui cd, una vergogna, dovrebbe eliminare l iva sulla cultura o mettere almeno il 4% come i libri. Mettendo i cd al massimo a 7/ 8 euro e se lo stato ridu-
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te durata due settimane. Era successo che lei voleva un tatuaggio, lui le disse non ho niente per farlo ho solo il coltello, lei gli chiese di farglielo ugualmente col coltello, GG lo fece e poi bevve tutto il sangue che fuoriusc e nei giorni successivi volevano sposarsi. Ma venne messa contro di lui e cos GG si fece un anno di carcere con accuse basate su dichiarazioni contraddittorie, GG diceva che era tutta una montatura dei servizi segreti per fermare la sua musica. Ha avuto un totale di 52 arresti, soprattutto per atti osceni e danneggiamenti. Voleva morire sul palco suicidandosi ma poi non lo faceva, finch mori a New York di overdose. Tanti lo liquidano come uno mentalmente instabile, relativamente famoso solo per i suoi gesti estremi e affermano che musicalmente non valeva niente .Niente di pi sbagliato, GG Allin era un gran conoscitore del rock, ed
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Tergicristalli, lucidano la tua visuale. Smorfie dentro un abitacolo, mentre nessun dio osserva dallalto col binocolo, niente di speciale. Strade dasfalto in rovina, crepe da ogni parte, in macchina non c silenzio il suono quello di una vecchia lavatrice. Pneumatici, affondano su nuove buche, senti una piacevole vibrazione, qualche dosso, non si sta fermi, quasi si balla. Altre auto ti sorpassano, sono mosche, mosche pi veloci. Il semaforo rosso, le mosche si guardano tra loro e ripartono. Fretta, c sempre fretta, solitamente al mattino quando i pedoni attraversano le strisce devono darsi una mossa. Calma? Quale calma? Le mosche sincazzano, alzano le mani, sfoggiano ghigni... ma ripartono, non possono stare a dedicarti bestemmie, ma lo farebbero, hanno come un bisogno, ma non c tempo, non c mai tempo. Tutti devono compiere un determinato numero dimpegni, tutti devono sprecare le loro ore, magari per andare a lavorare, ma necessario, per resistere ad un sistema che ti pesta le
specchio servo delle mie brame, ,, cose questa fottuta puzza di catrame?
dita quando sei aggrappato sul bordo di una fottuta voragine, il demonio che vuole tutti i tuoi risparmi, linferno qua e laffitto va pagato. Strade dasfalto rovinate, e chi le ha fatte? Bisogna risparmiare, lha detto laddetto ai lavori, qualche buca la si deve sempre lasciare. Le mosche rallentano, abbassano i finestrini, tutti si fermano a curiosare i prezzi del gasolio, non si parla daltro, anzi no, si parla troppo, si chiacchiera pi che altro. E un continuo chiacchierare, ma purtroppo legale. Chiacchiere: soliti gossip, titoli in prima pagina, ci che ti accaduto nella tua inutile giornata, sconti, saldi, spread, borsa, banche, moneta, petrolio, inquinamento, disastri, missioni, morti e ritorni dallAfghanistan, tasse, tagli, manovre, scioperi, manifestazioni, proteste, scontri, droga, omicidi, magistrati incompresi, pedofilia, appelli del papa, disoccupazione, satira, troiate e quantaltro. La tv chiacchiera davanti alla gente, la gente chiacchiera davanti alle tv, le chiacchiere inondano le
folle. E un epidemia, i bambini forse si salvano, ma le chiacchiere cadranno anche su di loro, nessuno si interessa di vaccinarli, ignari dei fossi anche loro cadranno nelle pozze di merda. E magari saliranno sulle loro auto e ti sorpasseranno, saranno mosche veloci, ascolteranno musica indecente, ma son gusti, gusti di merda. Si fermeranno al semaforo, ti guarderanno, e ripartiranno a percorrere strade rovinate, in preda alla fretta di riempire le loro giornate di vuotezza, sprecheranno ore per andare a fare un lavoro che non soddisfa affatto, ma necessario per resistere a quel lurido mostro che ti pesta le dita ogni fottuto giorno della tua vita mal gestita. La vita non vostra, non lo mai stato. Siate pi figli di puttana, basta ad aggiungere un tocco darte a quel ghigno che portate a presso. E che forse non basta...ma fatelo per il bene dellumanit che vi sta sul cazzo, fatelo, oppure continuerete a sguazzare nella noia, e forse vi garba, e allora andate a fanculo. - di Mattia Indavuru -
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enri
Mentre si dimena sui promontori delloltretomba Enri chiama a s una puttana daltri tempi che gli tiri su luccello in meno di trenta secondi tutto scompare e le stradine e il ponte e il mare e i bar e la luna tutto nel nulla vacuit assurda innocente nel chiaro oscuro del calar delle tenebre. Frammenti di vita innesti di cute artificiale e mantidi religiose obese che succhiano gli acidi delle nostre merende radioattive e domandano al barista di turno se il giorno del giudizio oggi ma lui pagato solo per servire e non sa nulla di tutto questo. Enri che corre e grida e gode a squarcia gola urla e latra dappertutto come un animale selvatico libero e in calore. Enri che si masturba. Enri che scopa un albero di cedri e striscia bavoso lungo una corsia dospedale. Enri tormentato dai suoi incubi e si contorce dal dolore inflittogli da anni di torture mediatiche. Enri in depressione. Enri in regressione. Enri non sa cosa fare, dove andare, cosa pensare. Non c risposta allantico vagar tra i fiumi bollenti delle falde acquifere mentali. Trip allucinogeni e viaggi speciali last minute inebrianti tra i caldi umori di una scrofa latente. Enri paranoico. Enri ubriaco fradicio. La popolazione non mai stata cos densa rancida calda infradiciata di merda bagnata. Come larve stese ad asciugare al sole i mozziconi di sigarette chiedono perdono ai margini della fermata del tram. Enri passeggero e mai conducente. Enri spettatore e mai attore. Enri uno qualunque. - di Dr. Cosmo -
il misantropo
Mi sono spazzolato due volte i capelli e sono uscito di casa. Anche oggi ho visto delle persone. Ho messo le mie mani in tasca, al sicuro. Ogni raggio di sole che agguantava il loro volto scavava unombra di rabbia repressa sugli zigomi e la strada grigia consolava il mio silenzio. Ho visto bene quegli esseri mentre si affannavano hanno vissuto molte imprese il giorno prima devono sbaragliare tutti i concorrenti e tornare a casa come dei costrutti coperti di lava e senza nucleo. E io tra loro cercavo un canto nei loro atteggiamenti ma guardavo a terra per non vedermi riflesso dal Sole soggiogato da quegli esseri con le braccia. E seduto stante, al freddo delle mie maniche corte non ho potuto fare altro che odiarli.
- di Giuseppe Baldassarra -
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Sono i fatti che racconto che voglio che nessuno ignori, i gridi di dolore che lancio e che voglio siano sentiti. No io, Antonin Artaud, no e poi ancora no, io, Antonin Artaud, non voglio scrivere se non quando non ho pi niente da pensare. Come che divori il proprio ventre, da dentro. Sotto la grammatica si nasconde il pensiero che un obbrobrio pi difficile da battere, una vergine molto pi renitente, molto pi difficile da superare quando lo si prende per un atto innato. Perch il pensiero una matrona che non sempre esistita. E che le parole gonfie della mia vita si gonfino nel vivere dei bla-bla dello scritto.Io scrivo per gli analfabeti. tratto da Antonin Artaud, Pour les analphabtes, Stampa Alternativa, 1euro
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clemente di leo
Hey!Chi laggi mi chiama fallito? Ebbene si, sono un fallito. Ma tu non sognare,uomo o donna che tu sia, non staccarti dal tuo portafoglio, dal tuo televisore,non uscire mai fuori di casa, non sognare ti dico, oh individuo coi paraocchi.Poich se sognerai mi cercherai, come i moscerini cercano questa lampada. (daDimensioni) Clemente Di Leo, detto Dino, stato un poeta abruzzese, nato il 30 marzo del 1946 aColledimacine (Chieti), paese dove mor il 5 luglio del 1970, allet di soli24 anni. Pervia dei suoi problemi di salute - una malformazione cardiaca la madre, suconsiglio del medico, decise di ritirarlo da scuola. Non fin nemmeno le medie,ma la sua passione per la poesia era cos forte e ben radicata in lui da esseremessa prima di tutto, prima ancora della sua stessa salute. Egli cominci acomporre versi gi dallet di otto anni, e quando non pot pi continuare glistudi, decise di proseguire la sua educazione come autodidatta. Non lasciandosiscoraggiare dalle lunghe ore di viaggio, spesso Dino si recava in autobus aPescara, dove prendeva in prestito dalla biblioteca i pi svariati libri diletteratura. Cos, leggendo molto e continuando ossessivamente a scrivere,affin la sua tecnica e trov un suo stile personale. Egli scriveva senzafreni: la sua poesia viscerale, istintiva, tumultuosa, priva di accademismo edi artifici, ma sempre spontanea e genuina. Poesia, ti ho in mano come unamela marcia. Ma se ti lancio, brilli come una cometa. Non ha potuto viaggiare e allontanarsitroppo da casa sua, e per questo la sua visione del mondo non pu che esserequella di un uomo isolato, ma da questo isolamento Di Leo ha saputo trarreispirazione, unispirazione spesso suggeritagli dai suggestivi paesaggi del suocaro paese natio: Dirupi dAbruzzo sono la mia reggia. / Lho coloratadazzurro con la mia voce / frantumata in getti di parole. E ancora: NASCITA/ Mi sono ritrovato con un nome tra pietre; e senza risposte mi consumo conloro. Da sempre profondamente convinto di esserepoeta, il suo desiderio pi grande era quello di essere riconosciuto come tale,ma vivendo in provincia e non essendo laureato, egli venne spesso schernito perquesta sua passione, e la sua poesia non venne mai presa in seriaconsiderazione. Per farsi pubblicare ed accattivarsi maggiormente i lettori, DiLeo propose i suoi primi versi firmandosi con il nome di Massimo Rocvic,spiegando che questi fosse stato un suo caro e giovanissimo amico straniero,morto suicida. Gli editori credettero alla sua storiella, e pubblicarono le suaprima opera, Cimeli. Di Leo scrisse lui stesso la prefazione, dicendo:Nellora pi critica della letteratura italiana, adesso che la sfrontatapubblicit e premi spesso scandalosi accecano le masse, ecco sorgere la luce diMassimo Rocvic () che rester certamente una delle voci poetiche piautentiche e singolari del nostro Novecento. Clemente Di Leo, nonostante la giovane et,scrisse moltissimo. La sua una produzione intensa e tra le sue opere, oltreal gi citato Cimeli, ricordiamo anche Frantumi di una reggia azzurra, Unalunga puzza, e il poemetto Gilgmesh. E proprio grazie a questa sua ultimaopera, il 4 luglio del 1970 finalmente arriv per lui un meritatoriconoscimento, aggiudicandosi il premio aquilano La Madia doro. Percelebrare questo evento, Dino volle festeggiare con i suoi amici tutta lanotte, mangiando e bevendo pi di quanto gli fosse consentito, per via dellasua salute cagionevole. Torn a casa che era quasi lalba, e la madre lo troval mattino nel letto che non riusciva a respirare; a nulla valsero i soccorsi. Quella di Clemente Di Leo stata una morteprematura, sopraggiunta proprio nel momento del culmine della sua carrieraletteraria. Da sempre costretto a vivere nel suo paese senza poter viaggiare,la sua stata una vita completamente dedicata con passione alla scrittura, eculminata con un abbandonarsi volutamente agli eccessi in un momento di grandeeccitamento per lui; come se Dino, avendo raggiunto il suo scopo, non avesseavuto pi nulla da chiedere alla vita. Io che se muovo un ditoposso realizzare i miei sogni questa notte voglio andarmene tutto solodove i sogni non si consumanolieto come un garzone un po picchiatoche ha mille lire in tasca ... .Voglio romperla con te, Vita, strega insaziabileche gi hai bruciato il mio ultimo passoe mi rubi di bocca la parola pi fresca.. Lascio la schiena su questa muragliae gli occhi a perdersi in questocielo stracarico di stelle. (daGilgmesh) - di Davide De Maria -
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LA BESTIA del surrealista, oniristico Walerian Borowczyk, 1975 Borowczyk si diploma in pittura allaccademia di Belle Arti di Cracovia nel 1951, si occupa di grafica pubblicitaria prima di esordire nel cinema nel 1957. E in Francia che il suo cinema danimazione diventa allucinato e satirico. Lerotismo diviene il tema ossessivo della sua cinematografia sino ai limiti della pornografia in lavori come Racconti immorali (1974), in La bestia (1975), Il margine (1976) e Interno di un convento (1977). La Bestia un film scomodo, censurato, detestato e, ovvio, guardato morbosamente. Film che precorre con una naturalezza feroce e disarmante i temi pi rischiosi che disseminano la societ moderna. Non un porno, ma stato classificato tale e proiettato solo nelle sale a luci rosse. Non era un porno per tutti i gusti, ma considerato adatto ai pervertiti. Chi pagava il biglietto per
bra non aver nemmeno pi tanto bisogno di lui. Il piacere possono darlo lautoerotismo e gli animali. La nobildonna Romilda ha un rapporto sessuale con un cavallo, scena chiaramente censurata allistante sia per i contenuti espliciti e per la domanda che ci sbatte in faccia: una donna preferisce un animale, brutale e istintivo, alluomo denudato di se stesso e inserito in una societ bigotta? Si. Luomo ha il pisello troppo piccolo, in tutti i sensi. Ma Boro non sembra preoccuparsi della reazione del pubblico e diventa ancora pi dissacrante quando il prete, nel film, viene chiaramente delineato con tendenze pedofile. Lerotismo, il sesso, una delle parti pi naturali della vita. Lerotismo non uccide, non stermina, non incoraggia al male, non porta al crimine. Al contrario: rende la gente pi gentile, porta gioia, d appagamento, porta ad un piacere non egoistico . Questa la lezione di Borowczyk, contro lostinata volont di tacere i pi naturali degli istinti per creare frustrazioni devianti. La Bestia non per chi non ha pelo sullo stomaco e fa pensare. Ti infastidisce, scomodo, ma apre la mente come pochi altri film. Il surrealismo di Borowczyk trascina impietoso verso una presa di coscienza fin troppo reale. Un maledetto surrealista straordinariamente precorritore dei tempi. - di Ty Elle -
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pasto nudo
Se oggi luomo non mangia pi luomo, unicamente perch la cucina ha fatto dei progressi!
(Daniel Pennac) illustrazione di Giacomo Clerici Grotesquer
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Collaboratori Fottuti
Nuenni nella Zuena Stefano Iannuso Agente Patogeno Emma Peel Angela Caporaso Mattia Indavuru Dr. Cosmo Davide De Maria I disegni per Il vomito e Il pasto nudo sono di Giacomo Clerici Grotesquer http://grotslair.wordpress.com/
Per commenti, insulti, proposte di collaborazione: negazioni@gmail.com su facebook: Negazioni - maledetta fanzine senza paraocchi e paraculi
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