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Ettore e Andromaca

Ettore prima di tornare sul campo di battaglia, decide di salutare la moglie Andromaca e il figlioletto
Astianatte.

Ettore e Andromaca, profondamente commossi, hanno il presentimento che la fine di tutto si stia
avvicinando e sono in ansia ciascuno per la sorte dell’altro.

Andromaca vorrebbe persuadere Ettore a non combattere.

La moglie di Ettore ricorda i dolorosi avvenimenti accaduti alla sua famiglia: il padre e i suoi sette fratelli
sono morti per mano di Achille; la madre, dopo aver pagato ad Achille un forte riscatto per avere salva la
vita, appena restituita alla casa del padre era morta di morte improvvisa. Dunque Ettore rappresenta per lei
tutto l’amore, la protezione e il conforto del contesto familiare.

Ettore comprende profondamente la situazione della moglie e le ansie che lei prova, tuttavia non può e non
vuole fuggire al suo dovere di difendere la patria. Questo è quanto desidera e quanto si attende da lui la
collettività cittadina. Del resto, la città assediata sarebbe comunque, alla fine, preda degli assalitori.

Ma ciò che più addolora Ettore è la sorte della sposa, destinata alla schiavitù presso gli Achei: è un pensiero
intollerabile. Piuttosto è meglio morire e non dover assistere da vivo a questo estremo dolore e disonore.

Tende poi le braccia verso il piccolo Astianatte. Il figlio di Ettore, impaurito dalla possente armatura che il
padre indossa, scoppia in un pianto. Ettore si toglie l’elmo per farsi riconoscere e lo stringe fra le braccia per
l’ultima volta. Si rivolge poi a Zeus e agli altri dèi e li implora affinché il bambino cresca e diventi glorioso
molto più di lui.

Ettore consola la moglie appellandosi al destino quanto imprevedibile che può toccare qualunque uomo e
qualunque guerriero, anche a prescindere dalla sua condotta in guerra.

Mentre Ettore si avvia sul campo di battaglia, Andromaca non rinuncia a voltarsi indietro per guardarlo
un’ultima volta e quando arriva a casa coinvolge anche le ancelle in un pianto di lutto.

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