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TEATRO FORUM
( 20, 21, 22 Gennaio 2012 )
20 GENNAIO 2012
GIOCHI TEATRALI
- PRESENTAZIONE DELL’ALTRO: a cerchio, per ogni coppia uno dei membri presenta
l’altro. Fatto tra persone che non si conoscono, serve a che chi parla proietti un
po’ di sé sull’altro, senza sentire il peso di una presentazione consapevole.
- SCAMBIO DEL NOME: si gira per la stanza, quando si incrocia qualcuno si dice:
<<Ciao, io sono A (nome)>> e l’altro risponde: <<Ciao, io sono B (nome)>> Dopo
questo momento A diventa B e viceversa, per cui quando A incontra C, lo scambio
sarà: << Ciao, io sono “B”>> (poiché preso questo nome nel precedente incontro) e
la risposta sarà: <<Ciao, io sono C>> Quindi A diventa C e C diventa B e così via.
Quando ad A nell’incontro qualcun altro gli ridà il suo nome, questi esce di gioco.
Il giro si concluderebbe con tutti che riprendono il proprio nome. Gioco
prettamente d’ascolto, molto complicato, poiché ci si concentra sul dare il nome
che si porta, ma non a ricevere quello che l’altro ci consegna. Facile quindi
dimenticare il nome ricevuto e far sballare il gioco. Per semplificare le cose si
dice solo il nome senza aggiungere altro.
- LETTURA DI IMMAGINI A coppie i partecipanti costruiscono delle immagini fisiche:
tolti i due che sono in scena, gli altri sono invitati a descrivere in modo
oggettivo quanto vedono. Devono limitarsi a quanto c’è, tracciando la dinamica, le
tensioni fisiche, dove vanno gli occhi, ecc, evitando qualsiasi tipo di
interpretazione. In un secondo momento, gli osservatori possono esprimere cosa stia
accadendo, secondo loro e che tipo di relazione ci sia tra i personaggi.
- GIOCO A TRE: 1 e 2 creano un’immagine attraverso la loro postura fisica a contatto.
Arriva 3 che guarda dall’esterno e poi si inserisce nel quadro creando una seconda
immagine. Esce 1, guarda dall’esterno, torna dentro e aggiungendosi crea
un’immagine. Esce 2, osserva e si aggiunge e così via. Consegna: massimo contatto
fisico, andando a riempire gli spazi.
Cosa si può trarre da questo gruppo di esercizi? Un'immagine da sola non dice
niente, necessita di un contesto, affinché sia chiara e siano comprensibili le
relazioni tra i personaggi egli status. Un re è re solo se c'è un suddito che ne
mostra la superiorità!
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- LA PAROLA TEATRO Ad ogni partecipante viene chiesto di creare fisicamente
un’immagine che rimandi a quello che pensi essere il teatro. Ognuno si ferma
istantaneamente, senza rifletterci troppo in una postura. Fatto ciò, osservandosi,
i partecipanti vengono invitati a mettersi in gruppo con i soggetti la cui immagine
sentono affine. Si formano sei gruppi: due di quattro persone, uno di tre e tre di
due persone. Emergono diverse visioni del teatro, alcune più classiche e ordinate,
altre più popolari, altre più di ricerca ed essenzialità. Per meglio indagarle,
Jordi chiede al gruppo, al centro dell’attenzione del resto dei partecipanti, di
procedere nel movimento cui l’immagine sembra accennare, muovendosi a rallenty. A
chi guarda il compito di esprimere cosa sembri cambiare o approfondirsi. Si
aggiunge anche una frase detta all’unisono.
- GUERRA TRA BANDE: Divisi in due gruppi, in due file orizzontali una di fronte
all’altra ai due lati opposti della sala. A giro, uno fa il capobanda proponendo un
movimento con un suono, con il quale tutto il gruppo avanza battagliero verso
l’altro. Il capobanda è un passo avanti al gruppo. Arrivati di fronte alla seconda
banda, si fa avanti un nuovo capobanda che guida il secondo gruppo all’attacco del
primo, che è costretto ad indietreggiare. Il secondo gruppo avanza fino all’altro
estremo della sala e poi riparte la prima banda con un nuovo capo alla guida.
- IMMAGINE DI FELICITA’ Al gruppo si chiede di costruire un quadro collettivo a tema:
la felicità. Ogni persona entra, una dopo l’altra, componendo pian piano il tutto,
ognuno per sé. Jordi chiede poi di modificare l’immagine in modo che le persone
siano in relazione il più possibile tra loro.
- IMMAGINE DI ROMA Si costruisce l’immagine emblematica di quello che pensiamo di
Roma, l’immagine della città così com’è. Poi si cerca di modificarla per renderla
quella della Roma come dovrebbe essere. Jordi chiede cosa cambi dall’una all’altra.
Si possono anche stabilire microdialoghi tra i personaggi del quadro, per meglio
chiarire la prospettiva che mostrano.
Jordi conclude la giornata con sue riflessioni su cosa faccia il teatro oggi? oggi
è un teatro deciso altrove, attraverso i finanziamenti. I soldi decidono cosa la
gente dovrà vedere, non vi è interesse a che la gente sia spinta a pensare,
attraverso gli spettacoli che vede. Manca un vero teatro sociale, manca chi
racconti la propria storia. E' compito dell'attore, e dell'attore sociale in
particolare, scrivere e rendere pubblica la propria storia, che non è quella di un
singolo, ma quella di un gruppo comune.
21 GENNAIO 2012
GIOCHI TEATRALI
- ZATTERA Camminare, guardandosi negli occhi, bilanciando lo spazio, riempiendo i
vuoti lasciati dal movimento. Allo stop ci si blocca, guardandosi intorno e
vedendo dove ci sono gli spazi vuoti. Spostarsi di poco, al fine di redistribuirsi
dove mancano le persone, al fine di equilibrare lo spazio occupato. Variante: fatto
ciò, toccare le persone più vicine, senza spostare i piedi, allungando più
possibile le braccia. Osservare l'immagine di gruppo che si genera. Massima
attenzione, in questo esercizio, a non guardare il pavimento, tenendo lo sguardo
alto e aperto, a 180°.Variante: stesse regole, quando si incontra qualcuno si fa
una giravolta.
- CANTA E CAMMINA Si sceglie una canzone che conoscano tutti: “ Bella ciao”. Si
inizia cantando a gran voce e camminando a passo spedito tutti. Al segnale di
Jordi: gli uomini continuano a cantare, ma da fermi. Le donne continuano a
camminare, in silenzio
Allo stop, si chiama la caratteristica, seguendo la quale si chiarisce chi dovròà
camminare/cantando e chi non. Per esempio: i maggori di 28 anni; minori di 28 anni
;gli sposati, chi sia genitore; i divorziati; ecc. Quelli fermi fanno il solletico
a chi passa.
- AH! Quando ciascuno incontra qualcun altro, salta, portando le braccia in alto e
gridando “Ah!”
- CAMMINATE
camminando delicatamente e sottovoce
camminando velocemente ma cantando piano
camminando velocemente e cantando a squarciagola
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- LEADER Camminiamo tutti, da fuori si chiama un leader (es chi ha la camicia nera,
maggiore di 28, qualcuno con il pearcing qualcuno che abbia ancora il bisnonno...
comanderà il movimento - può esser più di uno) . Quando questo cammina, gli altri
camminano; quando si ferma, il gruppo si ferma. (Attenzione a non fermarsi subito,
non appena viene chiamato il leader, è più facile, ma meno utile).
- STIMOLO MULTIPLO In cerchio, il conduttore fa partire uno stimolo verso destra, che
deve esser passato e dopo un po' parte un secondo stimolo a sinistra, da passarsi
anch’esso, in direzione opposta al primo. Devono essere mantenuti entrambi nei
passaggi.
- CLAPPING a cerchio: i primi due battono il clap insieme, il secondo dei due si
gira e batte il clap insieme al terzo, poi si rigira e ribatte prima con il primo e
poi con il secondo, che nel frattempo ha passato il clap al quarto. E così via.
Veloce, trovando un ritmo comune.
- PARTI A CONTATTO Divisi a due a due: Il conduttore chiama una coppia di parti
anatomiche, per esempio “naso –orecchio”. I due partecipanti devono stabilire tra
queste parti un contatto. Si chiama una seconda coppia di pezzi fisici, e i membri
della coppia dovranno agire questo, ma senza perdere il primo contatto. Da fuori,
si continua a chiamare, più che si può, ai limiti dell’impossibile.
- GIOCO DEL SAMURAI: in cerchio. Bisogna passare un colpo a destra o a sinistra. Si
può chiamare: “AH” , ossia colpo a due mani laterale nello stesso verso in cui lo
si ha ricevuto; “OH” mani incrociate a pugni chiusi davanti al viso, per dare il
rifiuto del colpo più il cambio giro ; ““IH” calcio in avanti ad un’ altra persona,
basta che non sia laterale. Variante “a morte”: chi sbaglia esce dal cerchio, va
al centro, non in piedi, e deve distrarre gli altri in tutti i modi, per farli
sbagliare.
Il TDO è DEGLI oppressi, non PER gli oppressi. E’ lo strumento attraverso il quale
gli oppressi dicono ciò che desiderano esprimere, non è rappresentazione
dell’oppressione, ma l’oppressione è in scena. L’oppresso agisce, non viene
mostrato, ma racconta la propria storia. Il “regista” non usa gli oppressi per
creare la propria opera. L’opera, la storia è degli oppressi, che ne sono anche
soggetti attivi e raccontano se stessi e la loro condizione.
Anzitutto dobbiamo distinguere tra due concetti:
1. VITTIMA
2. OPPRESSO
Entrambe sono immerse nella situazione di oppressione, ma la prima la subisce
completamente, non fa nulla perché la sua situazione cambi. Perché? O non ne ha
addirittura coscienza, o la differenza di status e di potere è troppa rispetto
all’oppressore, ha pochi strumenti per poter agire il cambiamento (es. donna
emigrante che non parla la lingua del luogo, in cui si trova, non ha la possibilità
di fare alcunché rispetto a situazioni di oppressione. Il depresso o il rassegnato
sono altri esempi di vittima).
Il primo lavoro, con queste persone, è stimolare la coscienza del proprio status,
far sì che si scoprano nella loro oppressione, sicché possano evolvere e sentirsi
oppressi, passando ad azioni che permettano loro un cambiamento positivo.
FARE SI’ CHE CI SI RENDA CONTO DI COSA OPPRIMA
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Chi è l’OPPRESSORE? Differenziamo anche qui tra:
- L’ oppressore ANTAGONISTA : situazione in cui una delle due parti deve soccombere
perché vada via il conflitto ( potere- poveri)
- L’ oppressore NON ANTAGONISTA : in cui l’oppressore non deve smettere di esistere
per la risoluzione, non è necessario che “muoia”. (relazione padre-figlio, se il
figlio muta il proprio atteggiamento, cambierà la relazione, ma il padre rimarrà
nella vita del giovane)
Qual è la miglior oppressione? Ossia l’oppressione più funzionale per lavorarla con
il TdO? La più semplice da agire in scena. Quando è chiaro l’oppressore! Se questo
non è possibile, come nelle società dove il benessere è diffuso e sembra vi sia
uguaglianza, si parla di oppressione strutturale, quella che ingloba più situazioni
oppressive. In questo caso non c’è un personaggio che sia incarnabile sulla scena
da un soggetto unico. Molto più complesso da realizzare e focalizzare. IDENTIFICARE
ESATTAMENTE CHI SIA L’OPPRESSO E’ L’OBIETTIVO DI PARTENZA DEL LAVORO. Fatto ciò, la
“migliore”oppressione è, allora, quella che rappresenta la necessità per tutto il
gruppo sociale con cui si sta lavorando.
AUGUSTO BOAL
Per Boal, il fondatore del TdO, il teatro è anch’esso una struttura d’oppressione.
E’ un monologo. Lo spettatore è “fuori”, protetto da quello che avviene sul palco,
si trova ad una distanza che gli consente di essere al sicuro da quello che vede.
E’ possibile l’identificazione con il protagonista in scena, ma comunque rimane al
riparo nel suo posto in platea. Quando lo spettatore prova la stessa cosa del
personaggio cosa accade? Si identifica , prova la catarsi e si libera da paura e
rabbia in maniera indiretta. Delega all’eroe della rappresentazione il compito di
“essere salvato”. Piange, ride e ritorna, poi, a casa tranquillo ed oppresso come
prima. Tutto rimane uguale. La catarsi teatrale, quindi, è anch’essa uno strumento
d’oppressione. Lo spettatore è meno ancora di una persona per Boal, poichè “regala”
le sue pulsioni a qualcun altro, che le vive per lui. Brecht parla della necessità
dello straniamento: quando gli attori-personaggi ,nel pieno dell’opera cantano le
marcette, lo spettatore viene inibito nella catarsi. Non è più così reale: è
costretto a pensare! Shock! Rompendo la catarsi, lo spettatore non può esserne
“liberato così semplicemente”. Si chiede perciò che la gente pensi. Solo così si
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può empatizzare con personaggi come Madre Coraggio. Bisogna pensare! Lo spettatore
deve attivare la critica, ma non il giudizio, ( Il giudizio è il figlio naturale
della morale, mentre la critica ha come matrice l’etica.) rendersi conto che è il
contesto che porta il personaggio ad una scelta cos’ì drammatica. Il terrore della
guerra conduce una madre ad una scelta estrema e solo il pensiero può concepirne la
crudezza.
Negli anni ’70, Boal inaugura la sua opera di denuncia e il Teatro Forum è una
scoperta casuale. Avvenne durante uno spettacolo, il cui tema era l’inganno, il
tradimento di un marito nei confronti della moglie. Questa donna, analfabeta,
raggirata per anni dal compagno, viene presa in giro per l’ennesima volta: lui le
mostra un documento, che in realtà è la lettera della sua amante, ma sapendo che
lei non sa leggere, le dice che è un’ipoteca che grava sulla loro casa. Un’amica di
lei le legge la lettera e rivela come stiano veramente le cose. Si chiese al
pubblico cosa poter fare in quel momento: una signora dal pubblico: <<Deve dirlo al
marito!>>. Si invitarono gli attori ad agire il suggerimento. Rivolgendosi al
pubblico per una conferma della bontà del comportamento, gli spettatori chiesero di
più. La donna che aveva parlato per prima non era ancora soddisfatta. Il regista
chiese che gli attori ripetessero, facendo meglio. Si ripetè, ma ancora la donna
era insoddisfatta. Il regista le chiese allora di salire e fare lei. La signora
accettò, imbracciò una scopa e picchiò l’attore-marito. Era nato il Teatro Forum!
In esso, lo spettatore diventa spett-Attore: il teatro non viene più delegato di
vivere per sè, diventando il luogo, in cui il pubblico si trasforma in protagonista
e impara a reagire.Si parla di “metaxis”: quando una persona passa dalla platea
alla scena ,varca la porta che separa un mondo dall’altro. Il primo sguardo è
protetto e consente di guardare e provare emozioni a distanza di sicurezza, il
secondo porta il tentativo di cambiare le circostanze che si sentono opprimenti. E
quando il singolo sale, tutto il pubblico è con lui, perché vi è già stato un
processo precedente di dibattito in cui insieme si è concordato quello che uno
andrà ad esperire. Tutti si vivono l’agito come esperienza personale, da
protagonisti.
E’ il jolly che guida l’azione: chi è il jolly? E’ colui che ha preparato la
performance e guiderà l’interazione con il pubblico. Lui chiede al pubblico: cosa
può fare X per raggiungere l’obiettivo? Uno dal pubblico offre la propria
soluzione, sale sul “palco”, indossa un oggetto che è dell’attore/attrice, che va
ad impersonare, in modo che chi sale si identifichi con chi sostituisce, e, poi,
agisce secondo la sua idea.Il jolly non dice mai se la soluzione proposta vada bene
o no, chiede invece sempre al pubblico cosa funziona (Anche se umanamente non può
essere mai totalmente neutrale!). Il jolly fa solo domande, e sono queste che non
sono neutrali. Sempre. Alcune sono addirittura imbeccate, per guidare il lavoro o
ottenere una reazione precisa. Il jolly non deve pensare troppo la sua reazione, ma
neanche lasciarsi vivere il momento, perché il rischio sarebbe quello di passare d
personaggio a persona. E non è questo l’obiettivo. L’ “oppressore”, l’oppresso e
tutti i partecipanti devono avere chiaro quale gruppo sociale rappresentano e
essere coerenti e “veri”.
Non tutti gli attori possono lavorare in questo tipo di teatro:
servono attori sociali!
Quanta forza deve imprimere sul pubblico il jolly? Immaginiamo due persone, che si
sbilanciano uno sull’altro, spalla contro spalla, testa contro testa. Se uno dei
due pesa troppo sull’altro, questo secondo dovrà imprimere più forza, se questa
ora sarà diventata, a sua volta, troppa, dovrà ora essere il primo ad aumentare la
propria pressione sull’altro. E così via. Questa è una metafora del gioco di
equilibri tra jolly e pubblico. Il jolly deve far “lottare” il pubblico al massimo
delle sue possibilità. Bilanciare la forza di chi sale sul palco. Così come
l’attore-oppressore: inizialmente cambiava subito, si faceva “conquistare” in pochi
momenti (c.d. attore blando) E il pubblico era contento, ma non piaceva: troppo
facile. D’altronde un oppressore che non cambia, (c.d. attore magico, irreale)
qualsiasi cosa accada, uno cioè troppo forte, non crea la sensazione della
possibilità del cambiamento. E non vogliamo che il pubblico vada via con una
sensazione di impotenza. E’ NECESSARIO TROVARE LA CREPA DOVE ENTRARE PER COLPIRE
L’OPPRESSORE E FARLO VACILLARE. La consegna non è vincere sul pubblico, ma farlo
giocare al massimo delle sue possibilità.
DIVISI IN GRUPPI CREARE IMMAGINI DI OPPRESSIONE:
OGNUNO LA PROPRIA
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Gruppo A (cinque elementi)
Gruppo B (cinque elementi)
Gruppo C (quattro elementi)
Gruppo D (quattro elementi)
Ogni membro del gruppo manipola gli altri in una posizione che rappresenta per lui
un’immagine oppressiva. Senza parlare! Per cui gli altri non conoscono il contenuto
del pensiero del manipolatore, possono solo indurre un’interpretazione, attraverso
quello che vedono e agiscono in prima persona
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Tornando all’immagine:
Le radici sono tutto ciò che riguarda la Comunicazione:
il Linguaggio
le Parole
i Giochi Teatrali
le Immagini
i Suoni
Il tronco è dato dalle due forme base di TDO:
• Teatro immagine
• Teatro forum
I rami sono le diverse tecniche:
I. Teatro Invisibile
II. Arcobaleno Del Desiderio
III. Teatro Legislativo
IV. Teatro Giornalistico
V. Azioni Dirette
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interni alla politica: situazioni di settimana, una schiava praticamente, e
conflitto ,in cui si invitano avvocati senza un contratto. La moltiplicazione
ed addetti ai lavori, per analizzare lo del TDO ha fatto sì che si creassero
stato legislativo che agisce “intono” diversi gruppi di queste donne,
all’oppressione. Un esempio, il lavoro lavoratrici domestiche, tutti chiamati
svolto a Barcellona con le donne e la “Maria del Brasile”. Il lavoro è stato
violenza di genere. Hanno posto coronato da successo: ora c’è una legge
l’attenzione sulla legislazione in che obbliga il datore di lavoro a
merito ritenuta iniqua, come la norma redigere il contratto e a condizioni
del “diritto di sangue” paterno. Se un umane. La rispettano? Qui è la
uomo picchia sua moglie davanti a loro differenza! A volte il bisogno conduce
figlio, quella violenza non rende il comunque la povera gente a rinunciare ai
bambino una vittima, ma un danno propri diritti, ma così è consapevole di
collaterale. Per cui, in caso d’arresto, poter dare voce alla propria dignità.
il padre non perde alcun diritto nei Questa e’ la forma meno praticata di
confronti del figlio. Persino qualora teatro forum, perché la più complessa.
l’uomo uccidesse la donna, in carcere, E’ una tecnica che sta prendendo piede
lui potrebbe continuare a ricevere le lentamente, poiché richiede l’essere in
visite del bambino. Sarebbe ,invece, il contatto con politici che, dall’interno,
caso, che, almeno temporaneamente si interessino al problema.
perdesse la patria potestà, almeno
fintanto che non si sia proceduto ad una IV _ TEATRO GIORNALISTICO
riabilitazione. Nel Forum, c’è una In Italia, a Reggio Emilia, Roberto
sessione di dibattito, sessione che può Mazzini, è uno specialista del teatro
durare anche ore, durante la quale la giornalistico. Come la notizia scritta,
gente propone leggi, si radunano gli genera una reazione, un’opinione, una
avvocati e si discute se sia possibile consapevolezza . Come il pubblicare o
presentare una nuova legge, se ne esiste leggere una notizia, sia sul cosa, che
una utile che non si applica, se esiste, sul come, ponga l’attenzione su certi
ma non si conosce, ecc. Si raccolgono contenuti piuttosto che su altri e
firme, anche per abrogare delle norme. susciti determinate reazioni.
Il messaggio che si vuol far passare è
che non solo gli avvocati possono fare
le leggi, anche la gente può e deve. La V _ AZIONE DIRETTA
legge può esser fatta anche dal popolo, Come attori, si va direttamente a
non è privilegio del Parlamento. denunciare una situazione (come nella
In Brasile hanno ottenuto la legge per situazione attuale degli “indignados”
la sicurezza sociale per le colf. spagnoli). E’ come un’azione invisibile,
Storicamente in America Latina si poteva ma dichiarata. Più simile al teatro,
tenere a servizio una persona per 5€ a alla performance.
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GIOCHI
CERCHIO – CROCE (in circolo) con la mano destra si disegna un cerchio nell’aria,
con la sinistra una croce (ripetere più volte il tentativo). E viceversa.
CERCHIO PIEDE – NOME CON IL DITO (in circolo) con il piede destro si disegna un
cerchio nell’aria, con l’indice della mano sinistra si “scrive” il proprio nome,
sempre nell’aria(ripetere più volte il tentativo). E viceversa.
Questi primi due esercizi provano a scardinare dal cervello gli automatismi, quelle
azioni simmetriche, che vengono fatte senza volontà apparente. La difficoltà qui
è , infatti, non agire lo stesso movimento con entrambe le mani/arti.
CIECO GUIDATO CON UN SUONO ( a coppie) Uno con gli occhi chiusi. Si concordano due
segnali sonori: uno per il “via libera”, uno per lo “stop, in caso di pericolo. Il
cieco viene guidato nello spazio dal suono del suo compagno, condividendo
l’ambiente con tutte le altre coppie. Chi guida deve proteggere l’altro sia dallo
scontro con le persone, sia dallo sbattere a pareti o simili.
Questo esercizio mette in gioco una dinamica di fiducia-paura dell’ “abbandono-
avversione al rischio-ascolto” da parte di chi è guidato. Preme, invece, sulla
pressione della “responsabilità dell’altro- gestione dell’ansia-ascolto” di chi
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guida. Il concetto di ascolto è cardine in questo gioco: chi guida non può
concentrarsi solo sul proprio cieco, deve ascoltare quanto avviene intorno a sé,
mentre il cieco deve riuscire a isolare il proprio suono rispetto al contesto, che
è rumoroso. Quanto difficile è riconoscere il suono del proprio compagno? Qui sta
la differenza tra sentire e ascoltare. Sento tutto, ma ascolto solo il mio suono.
Per tutte le immagini proposte, viene chiesta, anzitutto, agli osservatori una
descrizione oggettiva di quanto vedono, se la figura è dinamica o statica, dove
guardano gli occhi, se c’è contatto oppure no, dove sono le braccia ecc. Meramente
una descrizione di quanto viene presentato, senza nessuna interpretazione. Chi
costruisce fisicamente l’immagine non può parlare.
In un secondo momento si chiede al gruppo di osservatori che situazione si abbia
davanti. L’immagine che storia mostra? Chi è l’oppressore? Chi l’oppresso? Chi la
vittima? Definire le relazioni tra i “personaggi”.
Poi, viene chiesto al gruppo che sta esprimendo l’immagine, di mostrare il
fotogramma successivo, per chiarire se l’impressione, ricevuta dalla prima, viene
confermata o non negli osservatori. In questo passaggio non si chiede lo
scioglimento dall’oppressione, solo la chiarificazione della situazione. Per ogni
personaggio deve avvenire in maniera coerente al proprio sentire ed alla propria
postura. Al fotogramma si unisce una parola. Successivamente, si chiede di
ascoltare i pensieri dei personaggi in freeze.In ultimo, i personaggi possono
conversare tra loro, con brevi domande-risposte.
GRUPPO A
GRUPPO B
GRUPPO C
1. Due donne e un uomo. schifo, dubbio o semplicemente studio.
Interpretazione: una donna in Comunque passa il senso di un uomo in
atteggiamento provocante a sinistra. balia di un mondo di donne. Con il
Sulla destra un uomo che, torcendo la movimento questo viene sancito in
testa alla seconda donna, la costringe maniera definitiva: il quadro è emblema
a guardare l’altra. Immagine chiara per di un giudizio severo delle tre su di
tutti gli osservatori. Il messaggio lui, lo stanno giudicando negativamente
è :“Devi essere in questo modo!” e lui ne viene schiacciato. Jordi ci
dice che comunque una situazione così
2. Un uomo steso in terra. Tre donne, netta di oppressione non è un buon
alle sua spalle, carponi, che hanno soggetto per un Forum. Meglio
corpo e sguardo rivolti verso di lui. un’immagine più aperta a diverse
Nell’interpretazione della scena si interpretazioni. Contesto familiare.
oscilla su quel che potrebbero
esprimere le tre figure femminili:
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3. Cerchio chiuso, con corpi rivolti 4. Due donne: una di fronte all’altra.
verso l’interno, sguardo verso il Quella di destra con il dito verso
basso. Fuori un soggetto, con il corpo l’altra. Quella di sinistra, con la
rivolto verso la platea; lo sguardo e mano destra si chiude un orecchio, con
la mano destra, palma alla platea la sinistra scrive. Dall’osservazione
anch’essa, verso il cerchio. Apparente il soggetto a sinistra sembra
situazione di estromissione l’oppresso /vittima e quello di destra
dell’oppresso da una comunità. C, l’oppressore, ma quanto è consentito
invece, lo legge come se il soggetto agli osservatori di ascoltare i
esterno fosse l’oppressore, il gruppo è pensieri ed il dialogo tra le due si
coeso, ma sottomesso. delinea una situazione simmetrica. Due
oppressori e due oppressi: a vicenda.
Il contesto sembra lavorativo.
Consegna per il giorno successivo: identificare, per ogni gruppo, quale può esser
definita il minimo comun denominatore delle oppressioni mostrate. Trovare
un’immagine, che sai sintesi del lavoro del gruppo. Identificare gli elementi che
si ripetono, che tipo di oppresso esce fuori e di conseguenza che tipo di
oppressore.
In pratica focalizzarsi su:
immagini che ci hanno colpito
elementi derivanti dalla lettura del gruppo esterno al’immagine
elemento più riconosciuto dal gruppo
tecnica oppressiva più frequente
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22 GENNAIO 2012 _
CAMMINATE:
CAMMINO COME:
un Elefante : a quattro zampe
una Rana: a quattro zampe, mano destra/piede sinistro,
mano sinistra/piede destro
un Cammello: a quattro zampe, mano destra/piede sinistro,
mano sinistra/piede destro
• CAMMINO CON:
• Esterno dei piedi
• Interno dei piedi
• Sui Talloni
• Sulle Punte
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la vanno a ricomporre, prendendo ognuno il posto che occupa il proprio compagno
dell’altra fila. E viceversa.
IMMAGINI DI GRUPPO
GRUPPO A
GRUPPO B
GRUPPO C
GRUPPO D
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Non c’è nessun contrasto fisico
forte, quasi nessun contatto fisico.
Apparentemente non sembra ci sia
un’oppressione. Con il movimento, il
protagonista appare F, che si alza e
mostra un conflitto con le due figure
laterali e una relazione con l’altra
figura centrale. Sembra la
rappresentazione di una biforcazione
di personalità.
Il desiderio di F viene esperito, ma
dall’esterno non è chiaro quale possa
essere, forse la pacificazione di
tutte le figure, una riunificazione
familiare, forse.
Interessantissimo il respiro
iniziale del protagonista, che,
quasi, dà il la alla dinamica. Ma,
nel complesso, rimane poco chiaro, in particolare, non è evidente chi o cosa fosse
l’oppressore.Jordi ci fa notare che F, come già in tutte le altre immagini, è di
spalle. Non è un caso. Sembra rimandare l’idea che il personaggio non viva la scena
in funzione degli altri, non viva bene quello che sta accadendo. Si ponga,
nell’immagine, come se non si riuscisse a vedere, se non attraverso lo specchio
degli occhi altrui, si vede come lo vedono gli altri. Non ha una percezione di sé a
sé stante.
DOMANDE FINALI
- Cosa può essere usato della tecnica teatrale?
A parte la tecnica usata, che è una delle possibili, usandole tutte, quello che
conta nel TdO è l’obiettivo, quello di scuotere il pubblico, farlo render conto
dell’oppressione descritta. L’esercizio teatrale è o stesso, ma il motivo per cui
viene praticato è radicalmente diverso. Per esempio Jordi usa molto il c.d.
Pretesto Drammatico, per cui il conduttore pone un tema per lavorarlo con il
gruppo, che in genere, è , però , inconsapevole dell’oppressione.
- Che tipo di “protezione” c’è per il pubblico? Se quello che gli viene presentato,
ma, soprattutto, fatto agire è troppo forte da essere contenuto, è prevista una
strategia di sostegno per il pubblico affinchè la sensazione non dia uno shock
eccessivo?
L’attore deve avere attenzione all’obiettivo della performance: Quello che chiede
il TdO è che il pubblico esca dallo spettacolo messo in crisi, arrabbiato con il
meccanismo oppressivo, al contrario, non va bene che il pubblico esca con la
sensazione di impotenza al riguardo.
- Il TdO si può praticare con i bambini?
No, non è una forma che vada bene. Anzitutto, perché anche se il bambino si rende
conto di una certa oppressione, per esempio familiare, in quel contesto deve vivere
e non ha gli strumenti per muoversi contro o cambiare qualcosa di esso. E’ più
facile, eventualmente, lavorare con il teatro immagine, per fare sì che i bambini
mostrini il loro pensiero su un determinato tema. Si chiede loro di agire
un’immagine reale, per esempio della scuola. Si chiede loro se piace o no. Se non
piace, si chiede loro di creare un ‘immagine ideale. E si lavora su questo.
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