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Il cataclisma cosmologico degli anni (inizi 600) comprende due distinte scosse la cui forza

congiunta fece crollare il millenario edificio del cosmo aristotelico-cristiano:


- Da un lato l’eliocentrismo copernicano che sostituisce il sole alla terra come centro
dell’universo
- Dall’altro il passaggio dal mondo chiuso all’universo infinito.
Si tratta di due aspetti correlati ma anche profondamente diversi poiché l’universo eliocentrico di
Copernico non è affatto privo di caratteristiche gerarchiche, sebbene siano invertite rispetto al
sistema aristotelico. Quella posizione centrale che nel vecchio cosmo era la più bassa diventa in
Copernico segno di eccellenza. (in quello aristotelico Dio risiede in alto al di sopra dell’universo
fisico chiuso dalla sfera del primum mobile)
Per un re che aspira ad essere sole, centro e visibilis deus del suo regno, l’universo copernicano
permetteva delle applicazioni teologico-politiche ancora più dirette e convenienti di quello
aristotelico anche se adesso è la terra a girare intorno al sole e non il contrario (a differenza di
quello che dice la Bibbia)
Ma in un universo fisicamente infinito in cui centro è dappertutto nulla del genere è possibile,
l’unica applicazione politica del modello naturale sarebbe una democrazia egualitaria e nessun
monarco assoluto trovava convenienza in questo. Nell’universo copernicano si sa benissimo dove
cercare cielo e terra: il primo è al centro di tutto e la seconda al centro dei pianeti.
La nuova filosofia che ha ammazzato il vecchio universo non può quindi essere che quella
atomistico-lucreziana da Donne menzionata: poiché questa filosofia prevede uno spazio vuoto
infinito popolato da un’infinità di atomi che vanno aggregandosi e disgregandosi casualmente
generando in continuazione un’infinità di mondi. Se un simile modello macrocosmico viene
applicato al microcosmo umano non può che risultarne un mondo in cui i tradizionali rapporti di
subordinazione non hanno più alcun esempio legittimante in cielo.
Lucrezio diffonde nel mondo latino del primo secolo avanti Cristo l’atomismo di Epicuro perché la
sua cosmologia rivela un universo infinito in cui tutto è soggetto a una legalità naturale che libera
l’umanità dal timore superstizioso degli dei.
Bruno viene considerato da Lovejoy come il rappresentante principale della dottrina di un universo
decentrato, infinito e infinitamente popolato. Il paese in cui Bruno prese a predicare le proprie
dottrine è l’inghilterra. Scrisse il De l’infinito, universo e mondi, argomento si capisce dal titolo.
Quest’opera è destinata a entrare in conflitto mortale col vecchio inevitabilmente perché Bruno
facendosi erede della cosmologia epicurea e infinitista di Lucrezio ne eredita anche la missione di
liberatore dell’umanità dalle catene della religione.
Tra i pochi scienziati europei che avevano il coraggio di condividere le idee di Bruno ( keplero non
l’avrebbe mai accettata e Galileo stesso avrebbe esitato a condividerla) c’era Thomas Harriot, il
maggior fisico e matematico inglese di inizio secolo, intimamente legato a Ralegh.
Pensando al rapporto tra Shakespeare e la nuova scienza si può pensare a Antonio e Cleopatra dove
viene rilevato il più dirompente dei concetti della nuova filosofia e al tempo stesso è nascosto per
eccesso di evidenza nel luogo in cui meno siamo pronti a trovarlo: nelle prime battute dei
protagonisti.
L’entrata in scena dei protagonisti è preceduta da 14 battute di Filone (soldato romano). La prima
immagine del dramma è quella dello straripamento (trabocca ogni misura): qualcosa che era prima
contenuto dal limite di una misura ora dilaga in un’illimitata incommensurabilità.
Il cuore di Antonio si gonfia fino a far scoppiare blablabla e diventa un mantice e un ventaglio per
rinfrescare la lussuria di una zingara: immagine cardiaca duplice. Il cuore di Antonio è in grado di
far scoppiare l’armatura che gli racchiudeva il petto e diventa in seguito un mantice ventaglio che
ha la funzione di rinfrescare la lussuria di una zingara. Se vengono applicati al fuoco i mantici e i
ventagli non possono che riscaldarlo ulteriormente.
Le tre immagini hanno in se lo stesso concetto espresso con tre metafore diverse:
- Straripamento di una misura
- Scoppio di un’armatura per opera di una forza interiore
- Creazione di un fuoco il cui calore sorpassa a sua volta ogni misura.
Il concetto ha a che fare col trapasso dei limiti e misure all’illimitato e all’incommensurabile.
Invito di Filone a guardare, notar bene, osservare ci prepara a ciò che sta per essere detto, come
succede altre volte nel corso dell’opera. Antonio cita l’apocalisse ‘e vidi un nuovo cielo e una
nuova terra, perché il cielo e la terra di prima non c’erano più’. Se Filone non ci avesse detto di
stare attenti non l’avremmo notato. Buon modo per comunicare selettivamente una verità che
dovrebbe tacere cit Enobarbo.
Le 4 battute che dicono i protagonisti quando entrano in scena sono organizzate come un sillogismo
con tanto di ergo iniziale (then) nella proposizione conclusiva. E cosi basta dedurre logicamente cio
che è implicito nelle proposizioni precedenti per scoprire cio che si deve scoprire.
Cleopatra esige una prova fisica, concreta e quantificabile dell’amore di Antonio. Utilizza la parola
bourn che non a caso è il confine che delimita i campi. Ma siccome Antonio stesso stabilisce che
tutto cio che ha un confine ed è misurabile è perciò miserabile, è evidente che neanche l’universo
intero sarebbe sufficiente perché l’intero universo nel 1608 era finito, un campo con un confine che
terminava con l’invalicabile sfera delle stelle fisse e del primum mobile. Di conseguenza, per
soddisfare queste premesse bisogna scoprire un universo che sia incommensurabile, un campo
senza alcun confine. L’intero vecchio universo è quindi miserabile poiché misurabile. Nell’europa
del 1608 c’era solamente un universo fisicamente infinito e incommensurabile: quello di Bruno.
I primi 4 versi contengono anche le implicazioni con cui Bruno aveva corredato una concezione
dell’universo che aboliva il plurisecolare cosmo aristotelico-cristiano.
- Idea stessa di uno spazio fisico infinito. L’universo di Bruno, come quello di Antonio e
Cleopatra è infatti un campo privo di qualsiasi confine. In un tale campo e spazio vengo a
cadere quelle distinzioni qualitative e gerarchiche di alto e basso che nel vecchio cosmo
dividevano il mondo sublunare della natura, regno della mortalità e della corruzione, dagli
incorruttibili corpi celesti incastonati nell’armatura delle sfere.
L’abbattimento di muraglia celeste non è privo di ripercussioni in terra. Il concetto di
universo fisicamente infinito ed omogeneo abolisce infatti l’idea di un ordine gerarchico che
insito nella natura possa far passare per naturale l’ordine gerarchico vigente nella società.
Quando antonio esclama (che roma e il grande arco). Lo spazio infinito appena scoperto
minaccia di liquefare un ordine senza il quale le grandi costruzioni gerarchiche di regni e
imperi sono argilla
In un universo che è un campo infinito Dio invece che risiedere al di sopra dello spazio
fisico è reperibile all’interno della natura infinita dov’è distribuito in tutto e dovunque.
Il testo più adatto per conoscere qualcosa della divinità diventa il libro della natura e non quello
sopra naturale della scrittura.
Il nuovo vangelo si scontra immediatamente e frontalmente col vecchio.
- La seconda implicazione concerne l’idea che uno spazio finito non può essere un degno
corrispettivo di qualcosa di infinito. Se un universo finito sarebbe una prova miserabile
dell’incommensurabilità dell’amore di Antonio, a maggior ragione sarebbe indegno di
quell’infinito amore che i teologi cristiani attribuiscono alla divinità. Un Dio che produce un
universo finito è per Bruno o un dio impotente o invidioso.
- Basta un sillogismo per provare che l’universo deve necessariamente essere infinito. I
teologi dovrebbero essere in grado di declinare un sillogismo strumento principe della
teologia scolastica in cui sono stati educati. Se non lo fanno è per incredibile ignoranza o
interesse personale
- Bruno come antonio identifica la scoperta di un nuovo universo infinito come la
realizzazione della profezia sul nuovo cielo e la nuova terra contenuta nell’Apocalisse.
Rendendo mobile la terra e facendola girare intorno al sole l’aveva trasformata in un astro non
meno nobile di tutti gli altri.
Permettendo al sacro petto della natura di espandersi all’infinito, rompendo l’armatura delle sfere
che prima lo racchiudevano (analogia con l’armatura di Antonio) si sarebbe automaticamente
avverata la verace voce del profeta che aveva parlato della futura rivelazione, nella pienezza dei
tempi, di un nuovo cielo e di una nuova terra. Non si abolisce quindi soltanto il vecchio universo ma
anche la stessa idea cristiana di apocalisse. Perché la rivelazione apocalittica non consiste più in un
intervento esterno della divinità che l’uomo non può far altro che attendere ma in un’autonomia
scoperta intellettuale umana. La scoperta dell’universo infinito era tra le verità della nuova scienza,
quella che forse più di ogni altra avrebbe dovuto tacere.
‘nell’infinito libro di segreti della natura un poco so leggere’ espressione suggestiva e notevole. Se
la natura è un infinito libro di segreti molto probabilmente sarà anche essa stessa infinita.
L’espressione metaforica del libro della natura deve la sua origine alla non metaforica esistenza del
Libro della Scrittura e non si può menzionare il primo senza evocare implicitamente il secondo. In
età early modern il rapporto tra i due libri si fa problematico poiché entrambi opera del medesimo
autore dovrebbero concordare ma in alcune cose non lo fanno.
Charmian vuole conoscere il suo futuro matrimoniale nella seconda scena. La struttura comica della
scena è semplice ma di sicuro effetto. L’indovino fa delle previsioni che non soddisfano l’ancella e
la ragazza cerca di fargli profetizzare un futuro più di suo gusto. PROBLEMA: la prescienza
dell’indovino si basa sulle sue capacità di leggere nel libro della natura mentre quello che vuole
sentirsi dire l’ancella è basato sul libro della scrittura.
Charmian comincia col prevedersi un marito cornuto e inghirlandato e cioè reso oggetto di
ammirazione e omaggio proprio in quanto cornuto. Successivamente cerca di farsi profetizzare un
secondo matrimonio uno e triplice con tre re che si compie e si dissolve nella stessa mattinata e si
augura di partorire a 50anni un bambino cui Erode di Giudea possa rendere omaggio. Se il bambino
sia figlio di uno, di due, di tutti o di nessuno dei re non si sa ma siccome l’ancella ha un’età
assegnabile attorno ai vent’anni (ragazza da marito) e siccome nel dramma ha luogo la battaglia di
Azio che è del 31 a.C. i suoi 50anni e la nascita del bambino omaggiato da Erode coincidono con la
nascita di un bambino a cui Erode non ha reso omaggio. Charmian rivaleggia con la Vergine Maria.
Prescienza sui vangeli come Antonio con l’apocalisse.
Si tratta di una semibestemmia che rischia di diventare una bestemmia intera subito dopo. Quando
l’indovino dice che la fortuna che si è autopredetta è più bella di quello che accadrà veramente la
bestemmia diventa intera. Charmian infatti sillogizzando deduce che i suoi figli non avranno nome.
Questa bestemmia è simile a una delle orribilissime bestemmie e edannabili opinioni già imputate a
un altro personaggio importante dei tempi di Shakespeare: quindici anni prima Marlowe fu
denunciato perché il drammaturgo era solito affermare che cristo era un bast.. e sua mamma
disonesta.
Come in un puzzle la bestemmia ci è stata data solo in frammenti e la responsabilità di proferirla
ricade dunque per intero su chi li ricompone ma i frammenti ci sono tutti ‘una bestemmia
dissimulata è tanto insidiosa non solo perché protegge il blasfemo dal ricevere una punizione in
seguito a un giudizio ma soprattutto perché costringe l’uditore a pensare la bestemmia per conto
proprio e quindi a diventare un complice del blasfemo. Questa bestemmia non era nuova. Un conte
di Oxford venne accusato di aver definito la religione una menzogna politica, di aver messo in
discussione la Trinità, di aver espresso i dubbi più grossolani sulla purezza della vergine e di aver
definito san giuseppe un cornuto. Tutto questo è reperibile anche in Montaigne.
Questa bestemmia risale alla più antica e influente delle polemiche anticristiane, quella del filosofo
Celso che nel Discorso vero aveva irriso la concezione verginale di cristo attribuendola invece ad
un comprovato adulterio. Il tono di Celso, la cui opera sopravvisse grazie ai frammenti citati in
un’opera scritta per confutarlo è ingiurioso. L’idea che a dio tutto è possibile gli appare una pura
ridicolaggine che può far presa solo su schiavi, donne e bambini e in genere su quelle persone rozze
cui la propaganda cristiana anzitutto si rivolge. Dal momento che Dio stesso è la ragione di tutto ciò
che esiste, per celso egli non può fare nulla ne contro la ragione ne contro se stesso. non può violare
le leggi che lui stesso ha dettato. Quella dei cristiani è una dottrina che si fonda su un vero e proprio
rovesciamento dei valori perché da livello più basso della conoscenza la pistis (fede irrazionale)
viene trasformata in valore supremo e con questo oscurantismo antiscientista per celso non era
possibile alcuna conciliazione poiché i segreti del libro della natura tendono ad apparire bestemmia
ai cultori del libro della scrittura e viceversa.
Dal punto di vista di questi sapienti chiunque sostenga la finitezza dell’universo proferisce
necessariamente una bestemmia poiché sottraendo eccellenza alla natura la si sottrae anche al suo
Autore. Viceversa, sostenere che tutti i bambini nessuno escluso nascono secondo i procedimenti
della natura non è una bestemmia.
Il patto di Bruno proposto ai teologi è: io formulo le mie verità in modo che risultino accessibili
solamente ai sapienti e voi mi perdonate il fatto di formularle poiché entrambi sappiamo che la fede
è un instrumentum regni necessario per il governo del volgo che na solo non sa governarsi mentre la
contemplazione del vero resta riservata a quei sapienti che della fede non hanno bisogno perché
sanno governare tanto se stessi che gli altri.
Bestemmia di Marlowe: indiani e molti autori dell’antichità hanno con certezza scritto di più di 16
mila anni passati mentre in Mose si dice che Abramo è vissuto non più di 6mila anni fa. Inoltre,
afferma che Mose era un mago.
Mosè fece vagare gli ebrei nel deserto per moltissimi anni prima di giungere alla terra promessa
(avrebbe potuto essere compiuto in meno di un anno) affinchè quelli che erano al corrente delle sue
sottigliezze perissero e nel cuore del popolo restasse una superstizione eterna. Il primo inizio della
religione era soltanto il mantenere gli uomini nel timore. Per Mose allevato in tutte le arti degli
egiziani fu facile abusare degli ebrei che erano un popolo rozzo e grossolano.
mosè era quindi un mago, un conoscitore dei segreti della natura le cui conoscenze gli permettevano
di produrre degli effetti prodigiosi che il popolo rozzo scambiava per miracoli soprannaturali
attestanti il suo rapporto diretto con Dio.
Mentre Marlowe veniva accusato nel 1593 di negare la concezione verginale di Cristo e di sostenere
che Mosè era un mago che aveva abusato della rozzezza degli ebrei, Bruno tornato in italia veniva
accusato di sostenere che una vergine non ha potuto partorire, che mosè era un mago astuto e che la
magia è una cognizione dei segreti della natura che permette di imitarla producendo cose
meravigliose agli occhi del volgo. La magia non è altro che la parte pratica della scienza naturale
ma la meraviglia permette di fare tante cose dal punto di vista politico.
Agli inizi del 600 sia la teoria politica dell’origine delle religioni quale frutto dell’astuzia di sapienti
legislatori che riuscirono a ingannare il volgo, sia l’interpretazione dei miracoli come atti di magia
facilmente riproducibili da altri conoscitori dei segreti della natura erano già cosa vecchia di secoli.
L’averroista Pomponazzi ( de incantationibus contiene la più coerente e spietata demolizione
dell’apparato soprannaturalistico della tradizione ecclesiastica che mai si fosse letta) e Machiavelli
si aggiungono a queste affermazioni. Dalla salldatura tra averroismo e machiavellismo nasce quella
concezione libertina della religione come impostura o espediente della ragion di stato che esplode
nel 600 si aggiunge in Francia anche Montaigne. Trattato dei tre
impostori
Concezione dei rapporti tra magia e religione che Marlowe e Ralegh condividono con Bruno: grazie
alla conoscenza dei segreti della natura, il mago può produrre degli effetti meravigliosi che agli
occhi del volgo appaiono miracoli soprannaturali, il che gli permette di approfittarne per perseguire
la sua agenda politica. Il primo ad averne approfittato è stato Mosè da cui discendono tutte e tre le
religioni rivelate compresa quella cristiana che nell’Europa continuava ad essere il fondamento di
tutte le monarchie per diritto divino.
 Questo ricorda la struttura della tempesta! Andato in scena di fronte a Giacomo Stuart, inizia
con una tempesta in cui un nostromo, definito cane blasfemo sfida un re a stendere la sua mano a
placare le acque compiendo un atto che dimostri i suoi rapporti con Dio. Prosegue con un mago che
forte di studi segreti e di una conoscenza incomparabile delle arti liberali, si produce in una serie di
trucchi magici che suscitano meraviglia e stupefazione in coloro che ne ignorano la causa e
vengono dunque interpretati come eventi soprannaturali e miracoli dovuti a una potenza celeste.
Questo permette al mago di perseguire il suo progetto politico (che la sua discendenza recuperi e
incrementi il potere da lui perduto) realizzato il quale abiura la magia e si ritira a vita privata.

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