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Nullità della notifica della multa per compiuta

giacenza
Cassazione Civile, sez. II, sentenza 04/04/2006 n° 7815
Di
Barbara Gualtieri
Pubblicato il 26/04/2006 , aggiornato il 29/05/2006



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E' nulla la notifica del verbale di accertamento di violazione al codice della strada "mediante il deposito presso l'ufficio postale", senza che sia data notizia al destinatario, tramite raccomandata con avviso di
ricevimento, del compimento delle formalità della notificazione nel senso chiarito dalla Corte costituzionale.
Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 7815 del 4 aprile 2006, richiamando la sentenza n° 346/1998 con la quale cla Consulta aveva dichiarato «incostituzionale l'art. 8, comma 2, l. 890/1982, nella parte in cui
non prevede che, per le notifiche a mezzo posta, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per
temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo
con raccomandata con avviso di ricevimento».

Autovelox: multa va annullata se l'apparecchio


non è revisionato
Corte Costituzionale, sentenza 18/06/2015 n° 113
Pubblicato il 22/06/2015



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E' illegittimo il verbale della polizia stradale che accerta la violazione dei limiti della velocità se lo strumento per il controllo elettronico utilizzato non è stato sottoposto alle verifiche periodiche di funzionalità e taratura.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 113 depositata il 18 giugno 2015, ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 45, comma 6, del Codice della Strada (Dlgs 30 aprile 1992, n. 285), ''nella parte in
cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura'. Merita precisare che le sentenze della
Corte Costituzionale hanno effetto dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Ciò significa che, la norma dichiarata parzialmente incostituzionale cessa di avere applicazione da detta data e che gli
accertamenti effettuati sino ad oggi sono legittimi.
In base ai principi fissati dal Ministero delle Infrastrutture nel 2005, ad integrazione del d.m. del 29 ottobre 1997 nonchè all'interpretazione fornita da numerose pronunce della Corte di Cassazione, sino ad oggi era
necessario sottoporre a controlli periodici soltanto i rilevatori lasciati sulla strada a funzionare in automatico e non invece gli strumenti impiegati sotto il controllo costante degli operatori di polizia stradale. La Corte
Costituzionale non specifica quale debba essere la periodicità della verifica ma si deve presumere l'annualità della stessa, poichè tale è il periodo in vigore per gli altri strumenti analoghi.
La Corte Costituzionale quindi, accogliendo la tesi della "palese irragionevolezza" dell'art. 45 c. 6 C.d.S., si è mossa in senso contrario a quanto affermato dalla giurisprudenza prevalente sino ad oggi, respingendo al
mittente la fondatezza della ripartizione fra autovelox automatici ed apparecchi utilizzati direttamente dalle pattuglie. Tutti gli apparecchi - affermano i Giudici costituzionali -, devono essere sottoposti a periodica
verifica.
E' obbligo degli Enti (Comuni, Regioni e Stato) che utilizzano gli strumenti de quo,effettuare la taratura annuale e fornire la documentazione probatoria conseguente. A tal proposito, gli accertamenti eseguiti entro un
anno dall'ultima taratura eseguita e documentata, sono legittimi.
Per approfondimenti:
Codice della strada per l'udienza. Con normativa complementare selezionata, Piccioni Fabio, Altalex Editore, 2015

(Altalex, 19 giugno 2015)

La proposizione del ricorso avverso il verbale di violazione di norme del codice della strada (i.e. photored/autovelox)
sospende i termini per la comunicazione dei dati del conducente per la decurtazione dei punti della patente?
Pubblicato in Diritto amministrativo il 01/12/2011

Autore:

Campobasso Francesco Vai alla scheda


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1 commento

L'articolo 126 bis del D. Lgs. 30.4.1992 n. 285 (c.d. Nuovo Codice della Strada), oltre a disciplinare l’istituto
della patente a punti, statuisce l'obbligo del proprietario del veicolo, ovvero di altro obbligato in solido ai
sensi del successivo articolo 196, sia esso persona fisica o giuridica, alla comunicazione dell'identità del
conducente, pena il pagamento di una somma da euro 269,00 a euro 1.075,00.
L'applicazione pratica della norma ha posto da subito una serie di problemi di non facile soluzione, primo
fra tutti l'individuazione del momento a partire dal quale i soggetti sopra indicati sono obbligati a
comunicare i dati del trasgressore.
La prassi consolidata, infatti, vede l'invio, da parte dell'organo di polizia che ha accertato l'infrazione, del
modulo di comunicazione dei dati unitamente alla notifica del verbale, con diffida ad adempiere entro 60
giorni.
Occorre premettere che, trattandosi di sanzione accessoria, essa discende dall'irrogazione della sanzione
principale, che a sua volta non può concretizzarsi prima che la vicenda sia definitivamente chiusa: non
prima, cioè, che il proprietario del veicolo abbia avuto l'opportunità di contestare la sanzione principale, e
che l'eventuale giudizio si sia concluso a suo sfavore.
Il presupposto del sopra indicato obbligo, dunque, è che la responsabilità del conducente riguardo
all'infrazione non sia più contestabile: se la comunicazione è finalizzata a punire l'autore dell'infrazione,
infatti, essa non può essere pretesa prima che la violazione sia accertata in modo definitivo.
Una soluzione diversa contrasterebbe con il principio "nemo tenetur se detegere" in base al quale nessuno
può essere costretto ad accusarsi, e comprometterebbe la libertà di circolazione (art. 16 Cost.) nel caso
limite in cui vengano decurtati gli ultimi punti della patente e poi viene annullata la contestata infrazione.
Alla luce di quanto detto emerge che la prassi dell'invio congiunto del verbale di contestazione
dell'infrazione e della richiesta di comunicazione dei dati personali del conducente appare del tutto
illegittima, come pure affermato dalla giurisprudenza di merito (Giudice di Pace di Roma, Sent. n. 44738 del

19 ottobre 2006).
Prescindendo dal tenore letterale del ridetto articolo 126 bis, comma secondo, C.d.S., il 19 luglio 2010 il
Tribunale Roma, Sez. XIII, seppure in contrasto con il prevalente orientamento, ha testualmente statuito,
tra l’altro, che:
“l’eventuale impugnazione del verbale diaccertamento della violazione al Codice dellaStrada, non incide in a
lcun modo sull’obbligo delprivato di fornire alla P.A. la propriacollaborazione consistente nella comunicazion
edei dati personali e della patente delconducente effettivo cui deve essere ricondottala sanzione oggetto di c
ontestazione”.
Non si può non tacere, infine, in ordine ad una recentissima pronuncia della Cassazione Civile n. 22881 del
2010, la quale, anch’essa, in netta antitesi con l’orientamento generale ha previsto l’obbligatorietà della
comunicazione dei dati del conducente anche in caso di proposizione del ricorso avverso la sanzione per
violazione delle norme del Codice della Strada:
“In tema disanzioni amministrative conseguenti a violazioni del codice della strada, il termine entro cui ilpro
prietario del veicolo è tenuto - ai sensi dell'art. 126-bis, comma 2, quarto periodo, del codice -a comunicare
all'organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalladefinizione del procedimento
di opposizione avverso il verbale di accertamento dell'illecitopresupposto, ma dalla richiesta rivolta al propri
etario dall'organo di polizia, senza chequest'ultimo sia tenuto a soprassedere alla richiesta in attesa della de
finizione dellacontestazione dell'illecito; ne consegue che la sanzione di cui all'art. 180, comma 8, del codice
della strada sussiste anche in caso di annullamento del verbale di contestazione dell'infrazione,attesa l'auto
nomia delle due infrazioni, la seconda delle quali attiene ad un obbligo dicollaborazione nell'accertamento d
egli illeciti stradali. (Cassa e decide nel merito, Giud. paceLagonegro, 24/02/2006)”.
Pertanto se, come nel caso oggetto del presente intervento, entro i sessanta giorni dalla notifica il
proprietario impugna il verbale (nel caso di specie attraverso il ricorso al competente Prefetto) senza
pagare la sanzione né comunicare i dati del trasgressore, non dovrebbe scattare la sanzione accessoria, in
quanto il profilo di responsabilità è in via di accertamento. Come ha ben rimarcato la Corte Costituzionale
con Sentenza n. 27 del
2005, "in nessun caso il proprietario ètenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima
della definizione deiprocedimenti giurisdizionali o amministrativi per l'annullamento del verbale di contestaz
ionedell'infrazione".
Tale previsione, recentemente, è stata interamente confermata dalla Circolare n. 300/A/3971/11/109/16
del 29 aprile 2011 del Ministero dell'Interno.
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La Corte di Cassazione negli ultimi giorni si è espressa a riguardo della faccenda con l'Ordinanza 5997 del 14 Marzo 2014 nella quale accoglie un ricorso effettuato da un automobilista
precedentemente negato dal Tribunale di Pordenone. La Cassazione ha così ribaltato la decisione del Giudice di Pace ritenendo corretta la richiesta del cittadino che sosteneva una violazione delle
modalità con le quali l’infrazione amministrativa era stata contestata. L'automobilista aveva infatti denunciato il fatto che gli agenti che avevano emesso il verbale non avevano indicato tutte le
circostanze dell'accertamento, tra cui se il segnale di preavviso del controllo di velocità fosse fisso o mobile. Così la validità dell'intero procedimento amministrativo è stata pregiudicata, con i giudici
che si sono espressi così:

La pubblica amministrazione proprietaria della strada è tenuta a dare idonea informazione, con l’apposizione “in loco” di cartelli indicanti la presenza di “autovelox” dell’installazione e della conseguente
utilizzazione dei dispositivi di rilevamento elettronico della velocità, configurandosi, in difetto, l’illegittimità del relativo verbale di contestazione. A tal riguardo si è puntualizzato che tale disposizione normativa non
può essere considerata una norma priva di precettività, tale da consentire all’interprete di disapplicarla in ragione di un’asserita, ma inespressa ratio, che ne limiterebbe l’efficacia nell’ambito dei rapporti
organizzativi interni alla pubblica amministrazione e la cui riscontrata inosservanza non inciderebbe sulla validità dell’atto di accertamento
La segnalazione preventiva dei controlli elettronici di velocità non deve mai superare i 4 chilometri e deve essere valutata da luogo a luogo, a seconda della conformazione della strada e dell'assenza di
inserzioni stradali, per le quali è necessario ripetere il segnale. Le segnalazioni devono quindi avere una posizione ben visibile, sia che esse siano cartelli fissi, mobili o dispositivi di segnalazione
luminosi conformi al Codice della Strada. La distanza di segnalazione varia poi anche a seconda della velocità limite della strada, con la Corte di Cassazione che ha affermato:

La preventiva segnalazione univoca e adeguata della presenza di sistemi elettronici di rilevamento della velocità costituisce un obbligo specifico e inderogabile degli organi di polizia stradale demandati a tale tipo di
controllo, imposto a garanzia dell’utenza stradale, la cui violazione non può, pertanto, non riverberarsi sulla legittimità degli accertamenti, determinandone la nullità, poiché, diversamente, risulterebbe una
prescrizione priva di conseguenze, che sembra esclusa dalla stessa ragione logica della previsione normativa”.
Non essendo stato assolto tale compito da parte della pubblica amministrazione […] ne consegue che l’attività di verbalizzazione delle operazioni riguardanti l’accertamento eseguito non avrebbe potuto considerarsi
nella fattispecie, legittima, donde l’invalidità dell’impugnato verbale

Il dispositivo va sempre segnalato


Non basta la segnalazione in anticipo della presenza del dispositivo quando fra il cartello e l'autovelox vi siano degli incroci con altre strade. Infatti, in tal caso il soggetto che si immette sulla strada
"controllata" può correttamente sostenere di non essere stato informato.
Lo ha stabilito la Cassazione con l'ordinanza n. 680/2011 riconoscendo le ragioni dell'automobilista che lamentava, dopo essersi immesso sulla statale, "di non aver incontrato alcun cartello
segnalante la successiva presenza dell'autovelox". Per i giudici: "In siffatto contesto, non sarebbe stato, dunque, sufficiente, accertare l'esistenza di un unico e qualsiasi cartello premonitore, sulla
strada statale, essendo necessario verificarne invece, in coerenza alle finalità perseguite dalla legge: la presenza specifica ed a congrua distanza tra la suddetta intersezione e la successiva postazione
fissa". Non solo ma "il relativo onere probatorio, in mancanza di attestazione fidefacente al riguardo contenuta nel verbale, incombeva sull'amministrazione opposta, trattandosi di una condizione di
legittimità della pretesa sanzionatoria".

No alla indicazione del cartello nel verbale


Invece, la circostanza che nel verbale di contestazione di una violazione dei limiti di velocità, accertata mediante autovelox, non sia indicato che la presenza dell'apparecchio era stata
preventivamente segnalata mediante apposito cartello non rende nullo il verbale stesso "sempre che di detta segnaletica sia stata accertata o ammessa l'esistenza", Cassazione ordinanza n. 680/2011.

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