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Mario Torelli
I BRETTII
STORIA E ARCHEOLOGIA
DELLA CALABRIA PREROMAN A
di PIER GIOVANNI
GUZZO
VENTIQUATTRO TAVOLE
FUORI TESTO
LONGANESI & C.
MILANO
PROPRIETÀ LI!TTI!RARIA RISERVATA
Longanesl & C., © 1989 10111 Milano, via Sa/vini, 3
ISBN 88-304-0906-S
I Brettii
Le uniche cose che sappiamo su di loro
ci provengono dai pettegolezzi dei loro nemici.
U. Eco, Il pendolo di Foucault, p. 309
Introduzione
Avvertenza
l. Centri abitati
La sovrapposizione più immediata tra evidenza letteraria e ar-
cheologica è costituita dal constatare come, intorno alla metà del
IV secolo, si verifichi lo strutturarsi di centri abitati in alcune zo-
ne della Calabria attuale nelle quali l 'antica storiografia ricono-
sce una precisa presenza dei Brettii. Come si è visto in prece-
denza, per alcune di queste zone le fonti indicano anche il nome
delle città abitate da quel popolo.
La nostra esposizione, tuttavia, inizierà da un centro ancora
anonimo, posto in località Castiglione del comune di Paludi (Co-
senza), alla sommità di una collina perfettamente delimitata dal
torrente Coserie e dal torrente Scarmaci, così da offrire una sede
sicura ai suoi abitanti. La conformazione delle pendici alterna
tratti precipiti ad altri per i quali è invece possibile l 'accesso;
lungo il corso del Coserie si giunge, in meno di IO km, alla
spiaggia dello Ionio, circa 30 km a sud di Thurii. I tratti natural-
mente meno ripidi del declivio vengono cinti con un muro di di-
fesa costruito in blocchi parallelepipedi di arenaria, giustapposti
a secco secondo la tecnica diffusa di simili costruzioni militari.
Le mura erano provviste, in origine, di cammini di ronda alla
sommità, come indicano le scalette conservate. Il settore che
presenta le più accurate utilizzazioni delle tecniche militari si
trova sul versante est, verso il Coserie: questo era il più agevole
per l'accesso al pianoro sommitale, e la sua conformazione do-
veva essere costituita da una sorta di terrazza, sulla quale sono
state impostate le mura, di dimensioni maggiori delle attuali, co-
sì ridotte a causa della forte erosione subìta dal suolo. L'accesso
è chiuso da una porta a cortile rettangolare, fiancheggiata da due
torri a pianta circolare: quella meridionale è tangente alla cortina
e allo spigolo della porta; quella settentrionale invece interseca
la cortina ed è più scostata dalla porta. Ma l'angolo formato dal-
l. Antefissa. da Castrovillari
2. Specchio, da Rossano
J. Hydri<J . da C<Jstclluccio sul Lao
4. Stamnos. ua Trchisaccc
5. Lekythoi. da Trebisacce
6. Sostegno in bronzo di specchio. da Acquappesa
7 Mura di cinta di Laos
IO. Lekythos, da Simeri Crichi
A fronte:
8. Mura di cinta di Petelia
9. Mura di cinta, con torre a pianta circolare, di Castiglione di Paludi
13. Frammento di anfora protoitaliota, da Santa Sofia d'Epiro
14. Diadema in oro, da Marcellina
l S. Capitello iscritto, da Torano
A fronte:
Il. Mura di cinta di Hipponion
12. Porta orientale di Castiglione di Paludi
16. Corredo di una tomba a camera, da Marcellina: appliqucs in terracolla per
decorare mobili o sarcofagi in legno (in afro); cratere a calice apulo a figure
rosse: rhyton apulo a lesta di mulo: a fronte: silula apula a figure rosse: piallo
campano a figure rosse
l
17. Corredo di una tomba a camera,
da Marcellina: elmo di tipo frigio e
corazza di tipo anatomico; a fronte:
frammento di cinturone in lamina di
l bronzo con decorazioni a sbalzo in
argento; schinieri anatomici in bronU';
particolare di elmo di tipo frigio in
bronzo; particolare della parte
posteriore della corazza
20. Ganci di cinturoni, da Cariati
21. Frammenti di statua in terracotta, da Cariati
A fronte:
18. Recipienti in bronzo, da Camini
19. Corazza, da Cariati
22 . Cratere a figure rosse. da Cariati
23 . Anfora a vernice nera. da Strongoli
24 . Strongoli. tomba a camera
A ji·ome:
25 . Corredo tombalc . da Tresilico: coppa in vclro isloriala in oro : orecchini
aure•
26. Statuctta in terracotta, da
Hipponion
27. Bronzetto. da Castrovillari
Bronzetto. da Cosenza
Bronzetto. da Cirò Marina
Bronzetlo. da Cariati
31 Fornace ceramica rinvenuta a Laos
A .fi-omc·
32. Scultura in arenaria. da San Lucido
33. Statere in oro dei Brettii; semidramma in oro dei Brettii; didramma in
argento dei Brettii; dramma in argento dei Brettii; dramma in argento dei
Brettii (grandezza naturale)
34. Semidramma in argento dei Brettii; semidramma in argento dei Brettii;
diobolo in bronzo dei Brettii: diobolo in bronzo dei Brettii; obolo in bronzo di
Cosenza (grandezza naturale)
35. Obolo in bronzo di Medma; obolo in bronzo di Nuceria; due monete m
bronzo di Petelia; due monete in argento di Terina (grandezza naturale)
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le mura, per sfruttare la pendenza del terreno, ne permette co-
munque una collocazione assai vantaggiosa per la difesa. Le tor-
ri contenevano due piani, a giudicare dagli aggetti interni adatti
a sostenere un solaio di legno; le porte d'accesso erano costruite
a caditoia, come indicano le scanalature praticate negli stipiti.
Gli accorgimenti difensivi a protezione de li' accesso principale
erano completati da una postierla, praticata circa l 00 metri a
sud della porta a cortile, così da permettere sortite atte ad alleg-
gerire la pressione degli assedianti; anche questa postierla era
dotata di una porta a caditoia.
All'estremità settentrionale del pianoro, nel suo punto più ele-
vato e rivolto al mare, era situata una terza torre a pianta circo-
lare; mentre una quarta, di minori dimensioni, è stata di recente
rinvenuta circa 60 metri a ovest da quest'ultima.
Sempre sul declivio orientale, ma nel suo settore meridionale,
fu costruito uno sbarramento per proteggere l'accesso da un val-
lone che poteva favorire le incursioni. Lo sbarramento è costi-
tuito da una cortina rettilinea interrotta da una semplice apertu-
ra, costeggiata all'interno da rinfianchi della cortina stessa.
Del declivio occidentale solamente il settore centrale offre fa-
cilità di accesso: e infatti si provvide a sbarrarlo con una cortina
che segue le curve dei livelli. Il suo stato di conservazione non
permette l' dentificazione sicura di eventuali porte o aperture.
Dalla porta a cortile si dirigeva verso il pianoro un asse stra-
dale, con fondo selciato, che sfruttava all'inizio il fondo di un
vallone, per poi piegare verso sud così da raggiungere il centro
della zona fortificata. Qui si sono ritrovate opere funzionali a
strutturare alcune caratteristiche del centro abitato: un muro di
sostruzione delimita e amplia un settore piano prospiciente un
teatro a pianta semicircolare, parzialmente scavato sul fianco di
un rialzo. Intorno al muro di sostruzione sono costruiti edifici
a pianta rettangolare, posti in reciproco allineamento fra loro e
con la sostruzione, divisi in più vani. Nella loro costruzione si
osservano due fasi: la più antica con l'impiego di blocchi paral-
lelepipedi di arenaria; la più recente con quello di ciottoli di
fiume.
Tra la porta a cortile e la zona centrale sono in corso scavi
archeologici che hanno messo in luce una serie di edifici: la su-
perficie finora indagata è estesa per circa un ettaro e mezzo, ma
le strutture paiono proseguire oltre. Questi edifici sono stretta-
mente accostati fra loro e l'orientamento è dato dali' asse stradale
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che collega la porta a cortile con la zona del teatro e da cui si
dipartono ortogonalmente alcuni stretti vicoli.
Gli edifici sono a pianta quadrangolare, organizzata intorno a
un cortile centrale sul quale si affaccia una serie di vani. Alcune
strutture mostrano due fasi d'uso: la prima adopera blocchi pa-
rallelepipedi di arenaria; la seconda ciottoli di fiume. La notevo-
le pendenza del settore è sistematizzata con terrazzamenti co-
struiti con blocchi di arenaria.
A est di questa zona è stata scavata una cisterna con un pozzo.
Altri edifici molto mal conservati, costruiti con blocchi paral-
lelepipedi di arenaria, sono noti nella parte meridionale del pia-
noro centrale.
Ali' esterno della porta a cortile fu scavato un deposito di ter-
recotte votive.
Sia pure con diversi gradi di compiutezza, le tipologie eviden-
ziate dagli scavi a Castiglione di Paludi ci fanno conoscere come
era costituita una città abitata dai Brettii: la certezza di questa
assegnazione è costituita dalla cronologia riferibile alla frequen-
tazione delle opere descritte, non più antica della seconda metà
del IV secolo e non più recente della fine del successivo. Da al-
cuni indizi si può supporre che l'auspicata prosecuzione degli
scavi condurrà a ulteriori, significative scoperte: ad esempio, in
un crollo di blocchi da un settore delle mura, poco a nord della
porta a cortile, si notano alcuni elementi scolpiti con triglifi e
metope lisce. Si tratta forse di un reimpiego da una costruzione
pubblica con decorazione scolpita, sia essa stata profana oppure
religiosa?
Nelle altre città che le fonti letterarie assegnano con sicurezza
ai Brettii, l'evidenza documentaria è molto scarsa. A Cosenza
sono stati riconosciuti alcuni blocchi parallelepipedi di arenaria,
reimpiegati nel castello normanno, verisimilmente provenienti
da una cinta fortificata analoga a quella di Castiglione di Paludi.
Sotto l'attuale sede della Cassa di Risparmio di Calabria e Luca-
nia sono stati rinvenuti alcuni resti di muretti in ciottoli di fiu-
me, databili tra IV e III secolo. Negli anni '30 sono state scavate,
al di là del Busento, numerose tombe databili tra IV e III seco-
lo; inoltre è stato recuperato un capitello, d'ordine ionico, forse
pertinente a una colonna che decorava la fronte di una tomba a
camera. L'evidenza archeologica è troppo scarsa a fronte di
quella letteraria che identifica il luogo come la « capitale » dei
Brettii: se non fosse corroborata dalla continuità di frequenta-
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zione dall'antichità ai nostri giorni, che garantisce circa la sua
collocazione strategica ed economicamente significativa.
Nella media valle del Crati, sulla riva sinistra, è situato Tora-
no (Cosenza): una cinta fortificata circonda la sommità di una
collina. I ritrovamenti non sono abbondanti, ma si inquadrano
nella fase cronologica che si ascrive con sicurezza alla presenza
brettia. Purtroppo senza ulteriori dati, è noto un capitello di or-
dine dorico, che porta sull'abaco un'iscrizione in greco: si può
supporre trattarsi della decorazione di una tomba a camera.
Nell'odierno comune di Tiriolo (Catanzaro), da cui proviene
la già ricordata iscrizione circa i riti di Bacco, sono state com-
piute, nel corso dell'ultimo secolo, varie scoperte riferibili a se-
polture, anche di notevole importanza a giudicare dalle armi e
dagli oggetti di ornamento. Ma solamente in anni recenti si sono
conosciute strutture, probabilmente abitative, costituite da edifi-
ci a pianta rettangolare con zoccoli in ciottoli di fiume regolariz-
zati da ricorsi di tegole. Gli alzati erano verisimilmente costruiti
in mattoni crudi o altri materiali deperibili. Si conservano le te-
gole piane delle coperture, che dovevano essere a due spioventi.
Nelle collezioni locali, confluite nel Civico Museo, si conserva-
no antefisse fittili decorate, pertinenti a edifici di maggiore im-
portanza di quelli scavati: anche se non t: sempre legittimo inten-
derli esclusivamente come a destinazione religiosa.
A Strongoli (Catanzaro), località Pianette, si sono conservati
alcuni tratti di un muro di difesa, costruito in blocchi parallelepi-
pedi di arenaria, delimitante la spianata superiore di un colle ben
difeso naturalmente su tre lati, mentre nel quarto si ha un'ampia
sella che ne assicura l'accesso dalla valle del Neto. Il muro, a
quanto sembra, proteggeva l'insediamento costruito: di questo si
ha evidenza solamente dalla ceramica di superficie, non più anti-
ca della seconda metà del IV secolo. Il sito, infatti, conosce una
continuità di edificazione e di frequentazione per tutto il periodo
romano-imperiale: le iscrizioni latine qui rinvenute permettono
di identificarlo con Petelia. Come per Cosenza, la conoscenza
archeologica della " capitale '' dei Lucani è più che ridotta; ma
le considerazioni già precedentemente esposte autorizzano un'i-
dentificazione topografica che contribuisce a far conoscere la
morfologia dei siti che i Brettii prescelsero per localizzare i pro-
pri insediamenti.
Delle città in precedenza abitate da Italioti conquistate dai
Brettii le fonti letterarie ricordano con sicurezza Terina e Hippo-
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nion. Della prima non si è ancora riusciti a determinare la loca-
lizzazione. La seconda, invece, corrisponde all'odierna Vibo
Valentia (Catanzaro), posta a dominare un'accogliente insenatu-
ra del Tirreno da un rilevato strapiombo che chiude a sud la pia-
na di Sant'Eufemia. Il sito conosce frequentazione fin dall'età
del Ferro e accoglie una colonia locrese sullo scorcio del vn se-
colo, della quale sono noti edifici religiosi, stipi votive e settori
di necropoli. L'abitato è difeso da una cinta fortificata- in uso
almeno fino alle guerre civili di Cesare, come attesta un'epigrafe
latina che ne ricorda i restauri condotti in quell'occasione - il
cui circuito è stato identificato e parzialmente messo in luce, ma
non ancora datata con criteri scientifici. Le cortine, che in alcuni
tratti sono raddoppiate da settori paralleli, chiari indizi di raffor-
zamenti o di restauri necessari in evenienze belliche (ma quali?),
sono costruite con blocchi parallelepipedi di arenaria locale, di
colore grigio e di tenerissima consistenza. A intervalli, sul ver-
sante occidentale, dalla pendenza più dolce, si trovano torri a
pianta circolare, con notevole rastremazione verso l'alto, poste
in tangenza alla cortina.
È possibile che la fortificazione, o alcuni tratti di essa, risalga
all'ultimo periodo della colonia locrese di Hipponion; ma occor-
re ricordare che, a quanto finora si conosce, solamente a Locri
e a Reggio si hanno fortificazioni precedenti il IV secolo. Inoltre,
le vicende attraversate da Hipponion, che comprendono un pe-
riodo nel quale vi fu di stanza un contingente al soldo di Agato-
cle, possono permettere di supporre che la storia edilizia delle
fortificazioni sia stata molto complessa. Così che, allo stato del-
l'odierna conoscenza, è del tutto ingiustificato assegnare senza
sfumature le mura di Vibo alla necessità, e all'abitudine, dei
Brettii di fortificare i propri centri. Degli edifici, civili e religio-
si, frequentati o costruiti tra IV e m secolo non si conosce prati-
camente nulla; mentre sono numerose le semplici sepolture a
fossa, o con copertura di tegole, dello stesso periodo che occu-
pano la località Piercastello, contigua ma distinta dalla necropoli
di età greca.
Il centro abitato antico in corso di scavo presso la frazione
Marcellina di Santa Maria del Cedro (Cosenza), sulla riva sini-
stra del fiume Lao, è stato a ragione identificato con Laos: la
sua frequentazione è documentata dalla seconda metà del IV se-
colo alla fine del successivo. Come già accennato, e come le at-
tuali conoscenze archeologiche sembrano confermare in specie
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dal punto di vista cronologico, pare legittimo assegnare anche
questo centro urbano al popolo dei Brettii, sempre tenendo pre-
sente ovviamente la schematicità e l'astrattezza di tali assegna-
zioni, in particolar modo quando si tratta di zone " di confine ''·
Il sito è costituito da una collina ad ampie terrazze, posta al
centro della pianura alluvionale del Lao. A mezza costa si dispo-
neva una cinta fortificata, costruita con due paramenti di scaglio-
ni regolarizzati riempiti da ciottoli costipati, della quale sono
stati scavati solamente alcuni tratti che non permettono di cono-
scere se vi si trovassero anche torri e come fossero organizzate
le aperture. All'interno della cinta è stato tracciato un impianto
regolare di strade, disposte ortogonalmente tra loro, che identifi-
cano isolati rettangolari adoperati per costruzioni private e pub-
bliche secondo un preciso disegno urbano. L'impianto si strut-
tura in un unico momento, di poco posteriore alla metà del IV
secolo, e si imposta sul suolo vergine; le strutture pubbliche e
private che lo compongono conoscono un'unica fase costruttiva
- esclusi i portici che costeggiano la via principale nord-sud -
e risultano totalmente abbandonate, ma non distrutte, alla fine
del Iii secolo. L'area fortificata raggiunge un'estensione di circa
60 ettari; a quanto finora risulta dagli scavi, appare che la zona
intermedia tra le mura e la sommità della collina è stata urbaniz-
zata in maniera intensiva, mentre i restanti settori sembrano fre-
quentati in maniera molto sporadica o specializzata. È così, ad
esempio, per il settore meridionale, dove sono stati rinvenuti im-
pianti produttivi ceramici, composti da fornaci, fosse di decanta-
zione per l'argilla, laboratori.
L'abitato si dispone su almeno una grande via orientata nord-
sud, incrociata ortogonalmente da altre strade poste a intervalli
regolari di 96 metri; le strade sono fiancheggiate da edifici per
abitazione a pianta rettangolare, con cortili interni.
Nel settore settentrionale, le dimensioni e l'accuratezza tecni-
ca degli edifici fanno supporre si possa localizzare qui il quartie-
re pubblico della città. Inoltre si ha notizia di ritrovamenti clan-
destini di terrecotte architettoniche che paiono essere state perti-
nenti a una costruzione di carattere religioso.
A valle della cinta difensiva era disposta la necropoli, ma gli
scavi risultano piuttosto confusi; ciò nonostante, si documenta
l'esistenza di un'importante tomba a camera e di sepolture sia
entro cassoni di lastre sia sotto coperture di tegole.
La netta delimitazione cronologica che gli scavi archeologici
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assegnano ali' abitato antico di Marcellina non autorizza alcun
dubbio circa la sua attribuzione ai Brettii; ma proprio tale rico-
noscimento lascia del tutto aperto il problema della localizzazio-
ne della città più antica, la Laos abitata dagli esuli sibariti dopo
il 510 e successivamente conquistata dai Lucani, non ancora se-
parati dai Brettii.
È questa la città che Diodoro Siculo definisce eudaimon, cioè
ricca, e che la ricerca in corso saprà forse finalmente identi-
ficare.
Gli scavi condotti a Marcellina completano le conoscenze re-
cuperate a Castiglione di Paludi: i due siti sono quelli che hanno
restituito la maggior quantità di dati relativi ad abitati strutturati.
Ciò nonostante sembra che la ricerca sia ancora troppo poco
avanzata per impostare una tipologia formale delle strutture, fi-
nalizzata a identificare eventuali particolarità distintive brettie
degli abitati.
La morfologia insediativa pare rispondere prioritariamente a
necessità di difesa: ma non si disdegnano le prossimità a porti
(Laos, Hipponion) e sono evidenti i legami con gli assi naturali
di percorrenza e di comunicazione. Le particolarità costruttive
delle fortificazioni rientrano nelle conoscenze generali del perio-
do, tanto che si è avuto anche spazio per tentare di impostare
una teoria sulla pertinenza etnica dei costruttori: se italioti o ita-
lici. Teoria, evidentemente, artificiosa: i documenti archeologici
ci possono solamente testimoniare della completa circolazione
delle conoscenze costruttive fra i due gruppi culturali. E ciò vale
anche per la tecnica costruttiva degli edifici componenti gli
abitati.
L'influsso italiota è sicuramente operante per quanto riguarda
l'assetto urbanistico, che risulta particolarmente rigoroso a
Laos; tuttavia qui non sappiamo quanto si debba a un eventuale,
ma non improbabile, apporto delle esperienze antecedenti verifi-
catesi nello stesso comprensorio: sia che queste si debbano iden-
tificare in una precisa conoscenza del precedente impianto della
colonia sibaritica di Laos sia che, invece, esse siano costituite
dalle conoscenze trasmesse dagli ltalioti che hanno continuato a
vivere nel sito. Così come accadde sicuramente a Poseidonia,
sulla testimonianza del passo di Aristosseno sopra ricordato.
In definitiva, e giusta le premesse di questo capitolo, sembra
si possa affermare che solamente la localizzazione topografica
generale possa far distinguere un abitato brettio da uno italiota
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contemporaneo; a ciò si potrebbe aggiungere l'eventuale certez-
za che quel determinato abitato non risulti esser stato frequentato
prima della metà del Iv secolo. Ma tale determinazione cronolo-
gica, da sola, non pare sufficiente a risolvere problemi di attri-
buzione: ne è esempio il caso di Torre Mordillo (in comune di
Spezzano Albanese, Cosenza). Il sito corrisponde alla morfolo-
gia degli insediamenti brettii, ma la sua localizzazione, al centro
interno della piana di Thurii che domina da una scoscesa colli-
na, è troppo ambigua. L'abitato di IV e m secolo lì parzialmente
indagato può essere un avamposto sia dei Thurini sia dei Bret-
tii: manca, ad oggi, una documentazione epigrafica che contri-
buisca a far luce.
Questa incertezza deriva anche dall'aver riconosciuto come
proprio del modo insediativo brettio quello di costituire centri
fortificati, di ridotte dimensioni, posti a catena fra quelli mag-
giori. D'altro canto, non è possibile escludere che le città italiote
non si fossero premunite costituendo, a propria difesa, una rete
di fortilizi, o di centri fortificati, posti a guardia dei luoghi attra-
verso i quali i Brettii erano costretti a passare per compiere le
loro incursioni. Oltre a Torre Mordillo, la stessa incertezza di
attribuzione vale anche per il piccolo apprestamento di Serra Ca-
stello (in comune di Corigliano Calabro, Cosenza), costituito da
una cinta con due torri circolari, che guarda la gola attraverso
la quale il Crati si immette nella pianura costiera. E così per il
non ben documentato ritrovamento di Pietrapennata, situato sui
valichi dell'Aspromonte alle spalle di Locri (Reggio Calabria).
Anche per questi insediamenti minori sembra che il criterio me-
no incerto per porre ipotesi di lavoro sia quello di considerare
fin dali' inizio la loro collocazione topografica generale.
Con tali premesse è sembrato giustificato attribuire a un " si-
stema » di organizzazione territoriale la disposizione di nuclei
fortificati lungo il litorale ionico tra Castiglione di Paludi e Pete-
lia. Tali nuclei fortifica,.ti sono generalmente noti da ricognizioni
di superficie e da ritrovamenti casuali e sporadici; solo di recen-
te si sono intraprese ricerche sistematiche al riguardo. La docu-
mentazione è, pertanto, solo parzialmente affidabile.
Pur con tali doverose cautele, il " sistema '' può essere identi-
ficato con l'occupazione e la strutturazione (soltanto, o preva-
lentemente, militare?) di sommità di colline, disposte a intervalli
quasi regolari e generalmente in vista reciproca. Tale disposizio-
ne sembra indicare che questi nuclei costituivano i punti di rife-
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rimento di gruppi sociali, quantitativamente omogenei fra loro,
che abitavano in maniera sparsa i rispettivi comprensori, come
indicano i ritrovamenti, in specie di sepolture. A oggi, il " siste-
ma " si riconosce, iniziando da nord, nella località Muraglie di
Pietrapaola (Cosenza), posta a circa 10 km in linea d'aria da Ca-
stiglione di Paludi: qui si conosce un tratto di mura, costruite
con blocchi parallelepipedi di arenaria, che difende la spianata
sommitale di una collina nel versante verso il mare. Il muro è
interrotto da una semplice apertura d'accesso. A circa 15 km in
linea d'aria dalle Muraglie si ha la collina di Pruiia, in comune
di Cariati (Cosenza): è difesa da un muro in blocchi squadrati
di arenaria, oggi meno conservati che all'inizio del nostro seco-
lo, quando se ne ebbe una prima descrizione. All'interno della
fortificazione si rinvengono al suolo sia tegole piane, che indi-
ziano dell'esistenza di edifici, sia frammenti ceramici databili
nel IV e III secolo. Ancora più a sud di circa 12 km, si ha Cirò
(Catanzaro), da cui provengono ritrovamenti riferibili a un de-
posito votivo di IV-III secolo, mentre non si hanno notizie circa
apprestamenti difensivi. Tuttavia la continuità di edificazione del
sito fino ai nostri giorni può aver comportato la perdita di questo
genere di testimonianze. Il " sistema '' sembra completarsi con
la fase recente di frequentazione delle Murgie di Strongoli (Ca-
tanzaro), poste a circa l3 km in linea d'aria da Cirò; questa, co-
me si è detto, è fortificata e forse costituiva un insieme coordi-
nato con il sincrono abitato, anch'esso fortificato, delle Pianette,
nel quale si identifica Petelia.
Per gli altri comprensori del territorio dei Brettii mancano dati
che ci autorizzano a ricostruire, o a identificare, " sistemi '' ana-
loghi: così è per il fianco meridionale della Sila, per la catena
dell'Aspromonte, per il versante tirrenico. Tuttavia, oltre all'ov-
via necessità di impostare e portare a termine le non ancora
compiute ricerche sistematiche al riguardo, si può osservare che
proprio il versante ionico fu più soggetto a interventi da parte
degli ltalioti. Su qu'èsto, rivolto per di più verso Taranto e verso
la Grecia dalla quale vennero Timoleonte e i condottieri come
Alessandro il Molosso, erano situate, a non grande distanza fra
loro, Thurii e Crotone, che resistettero fino a tutto il III secolo
alle scorrerie brettie. Nei riguardi delle altre città italiote, inve-
ce, i Brettii erano più al sicuro grazie alla morfologia naturale.
Su Locri incombevano le pendici dell'Aspromonte, e tra questa
e Crotone solamente Caulonia poteva, forse, costituire un'isola
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italiota. Sul versante tirrenico, la conquista di Laos, di Terina
e di Hipponion assicurava un possesso sicuro, tanto che solo per
breve intervallo si ebbe un'invasione da parte di Agatocle. Reg-
gio era ristretta alla punta dello stivale, più attenta alle vicende
siceliote che a quelle della penisola. Lo statuto di Medma, nel
sito dell'odierna Rosarno (Reggio Calabria), è incerto: la ricer-
ca archeologica ne ha dimostrato una continuità anche nel cor-
so del Iv secolo, dopo la deportazione di gran parte dei suoi abi-
tanti a opera di Dionisio il Vecchio. Dalle ricerche, appena ini-
ziate e ancora in corso, che si svolgono a Oppido Mamertina
(Reggio Calabria) si è iniziato a conoscere un ulteriore sito strut-
turato, coevo al periodo di autonomia dei Brettii: ove, e quando,
sarà possibile una sua attribuzione etnica, si ricaveranno chiari-
menti anche per i siti prospicienti, come Medma, noti invece già
da tempo.
3. Tombe a camera
Alla dispersione dei ritrovamenti territoriali, che tuttavia ci do-
cumentano la fitta presenza del popolamento brettio, sembrano
opporsi alcuni corredi sepolcrali quantitativamente e qualitativa-
mente notevoli. Ma, a ben vedere, anche la localizzazione topo-
grafica di questi rientra nel modello territoriale di frequentazio-
ne e di sfruttamento produttivo che si delinea come proprio -
se non caratterizzante in maniera esclusiva rispetto ad altri popo-
li - dei Brettii.
Tali corredi sepolcrali si attribuiscono, senza possibilità di
dubbio, a personaggi dominanti. Quanto fosse ampio il raggio
del loro potere è invece argomento ancora tutto da ricostruire,
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in parallelo con il più generale problema di tracciare i limiti dei
territori pertinenti alle diverse « città » e ai diversi cantoni che
costituivano << tutti i popoli » dei Brettii.
All'interno dell'evidenza nota si può forse intravedere una se-
parazione: alcuni di questi personaggi dominanti abitavano nelle
città; altri, invece, nei cantoni non caratterizzati, almeno per
quanto noi oggi conosciamo, da centri strutturati. Se la separa-
zione proposta è nel reale si confermerebbe, anche a questo li-
vello di evidenza, il modo di organizzazione del popolamento
brettio, che non si articola tra « città >> e « territorio » in forme
materiali e organizzative diverse fra loro. Gli scavi che hanno
recuperato questi corredi sepolcrali non sono mai stati condotti
completamente in maniera scientifica: è tuttavia possibile rico-
struire alcune particolarità.
La forma delle sepolture di personaggi dominanti sembra es-
ser stata quella a camera costruita ipogea ( = sotterranea); la co-
struzione poteva essere completata da decorazioni architettoni-
che struttive (Strongoli-Gangemi: decorazione del soffitto) o da
letti di deposizione decorati (Cirò-Terranova); forse anche da
colonne sulla fronte (Cosenza-Villanello; Torano). In un caso
(Cariati-Salto) si hanno resti di intonaco affrescato. La deposi-
zione è all'interno di un cassone in lastre (Oppido Mamertina-
Tresilico) e di fossa ricoperta da tegole (Camini-Jeritano).
I corredi si riferiscono a personaggi sia maschili sia femmini-
li; il più ricco è quello relativo a una doppia deposizione effet-
tuata a Marcellina.
Gli oggetti di pertinenza maschile riguardano principalmente
due funzioni: la guerra e il simposio. Sono simboli della prima
la corazza anatomica in bronzo decorata a sbalzo; l'elmo di tipo
frigio; gli schinieri; i cinturoni; uno sperone; le punte di lancia
in ferro. Al simposio è attinente il gruppo di recipienti ceramici,
composto da crateri italioti a figure rosse, da un rhyton a testa
di mulo, da vasi per versare e per bere. E inoltre il diadema in
lamina d'oro formato da una fascia sulla quale sono applicate ro-
sette. Isolato, ma non meno significativo, è lo strigile in bronzo
con bollo di una fabbrica italiota, che si riferisce alla pratica del-
l'atletismo, che però qui è forse interpretata nella sua versione
estrema dalla semplice attività militare.
La deposizione femminile è distinta da recipienti ceramici ita-
lioti a figure rosse, di forme - come la lekane, la pisside sky-
phoide, l'hydria, il !ebete matrimoniale - che ne assicurano la
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pertinenza. Si hanno inoltre utensili in osso e in bronzo funzio-
nali alla cosmesi.
Il corredo era completato da un sarcofago in legno, di produ-
zione tarantina, del quale rimane solamente la decorazione appli-
cata costituita da piccole terrecotte a matrice, in origine dorate,
raffiguranti grifi, leoni, maschere gorgoniche, rosette; questa de-
corazione era completata da dischetti variopinti in pasta di vetro.
La deposizione di Marcellina, effettuata nell'ultimo quarto del
IV secolo, si riferisce probabilmente ai membri di una delle fami-
glie attorno alle quali si è conformato il gruppo sociale che, nel
corso della precedente generazione, ha strutturato il centro abita-
to più sopra descritto.
Coeva, ma pertinente a una sepoltura singola maschile, è la
tomba a camera di Cariati-Salto: essa è in rapporto, topografico
e organizzativo, con il centro fortificato « minore '' di Cariati-
Pruiia, e va quindi riferita, all'interno del modello interpretativo
proposto, a un personaggio dominante su un comprensorio non
strutturato intorno a un centro urbano<< maggiore ''· Il personag-
gio di Cariati è connotato in maniera del tutto simile a quello di
Marcellina: è armato con una corazza anatomica in bronzo, un
elmo, cinturoni; dispone di lance e di una spada di ferro; parteci-
pa al simposio con un recipiente in argento, vasi ceramici italioti
a figure rosse; un'anfora greco-italica è utilizzata come conteni-
tore del vino; la corona è di bronzo dorato con particolari in ter-
racotta anch'essa dorata.
Se la tipologia e la funzionalità degli oggetti, come detto, sono
analoghe nei due casi, non sfugge che il livello di ricchezza è in-
vece squilibrato a favore del guerriero di Marcellina. Questi è si-
curamente un cavaliere, mentre per quello di Cariati non è possi-
bile affermare lo stesso con sicurezza. Le armi di Marcellina so-
no decorate a sbalzo e recano applicazioni in argento; quelle di
Cariati sono semplicemente funzionali. Il diadema di Marcellina
è interamente in oro; quello di Cariati è solamente dorato. Il reci-
piente in argento di Cariati non è sufficiente a riequilibrare la si-
tuazione: così isolato, sembra possibile interpretarlo come segno
di un fortunato bottino; la composizione del corredo di Marcelli-
na, invece, sembra rispondere a una pianificata completezza, in-
dizio di una ricchezza non casuale, cioè non dipendente solo dalle
alterne fortune di scorrerie e saccheggi.
Sempre nello stesso periodo si può collocare un corredo, che
pare esclusivamente femminile, recuperato a Strongoli-Gangemi:
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in rapporto, cioè, con l'abitato strutturato di Petelia, ma in ma-
niera non così immediata, vista la distanza, come accade per il
ritrovamento di Marcellina. Lo stato delle conoscenze odierne
autorizza, a quanto sembra, solamente questa osservazione: non
possiamo, cioè, inferire che attorno alla città di Petelia avessero
fissato la propria residenza famiglie dominanti, ripetendo, su
scala minore, il rapporto città/territorio che abbiamo più sopra
analizzato a scala maggiore. La signora di Strongoli è accompa-
gnata da numerosi recipienti ceramici acromi, a vernice nera, a
figure rosse: le loro forme sono prevalentemente funzionali alla
cosmesi. Il corpo era stato deposto su un letto funerario compo-
sto da un grande blocco di pietra a forma parallelepipeda, forni-
to di una sorta di " cuscino » distinto con tre scanalature trasver-
sali. La defunta era coperta con una veste adorna di oltre mezza
dozzina di fibule d'argento, di forma ad arco semplice e staffa
con bottone terminale piuttosto diffusa in quel periodo in Italia
meridionale; ma la preziosità del materiale adoperato distingue
questa sepoltura da quelle, ad esempio, di Praia a Mare-
Dorcara, pur ritenendola in una stessa sfera culturale. Un sem-
plice anello d'argento completava l'adornamento. Le attività
svolte in vita si riferiscono a quelle del governo della casa, come
sembrano indicare i coltelli e gli alari componenti il corredo. Il
recupero di questo complesso è del massimo interesse, in quanto
è coerentemente di assegnazione femminile (tanto che sembra
quasi impossibile supporre che i casuali rinvenitori abbiano tra-
fugato esclusivamente il corredo maschile); e possiamo dedurne
che nella società brettia gli individui femminili godevano della
stessa considerazione e importanza di cui godevano gli individui
maschili.
Di un'ulteriore deposizione provvista di un ricchissimo corre-
do ignoriamo quasi tutto. In prossimità di Gizzeria, nel com-
prensorio nel quale doveva trovarsi la città di Terina, venne alla
luce, a seguito di una frana causata da violente piogge, un insie-
me di oggetti antichi. Di questi, quelli in metallo prezioso furo-
no avviati presso un orefice, che in parte li sminuzzò per rifon-
derne il metallo. I proprietari del fondo dove si era verificata
la scoperta riuscirono, tuttavia, a recuperarli e, redatto un fasci-
coletto provvisto di documentazione fotografica, cercarono com-
pratori. Alla fine, in due distinte operazioni, il gruppo fu acqui-
stato dal British Museum di Londra, dove tuttora si trova con-
servato. I fatti riassunti accaddero negli ultimi decenni del seco-
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lo scorso e Paolo Orsi nel 1921 ne registra ancora l'eco; a me
stesso è accaduto, una quindicina d'anni fa, di coglierne il ricor-
do nei favolosi, e cupidi, racconti della gente del luogo. Del cor-
redo di quella che doveva essere una tomba a camera di notevo-
lissima importanza si sono così persi tutti gli oggetti ceramici
e quelli metallici non preziosi; fra questi sembra si debba rico-
struire, da quanto riporta Paolo Orsi, almeno la presenza di una
corazza. Agli oggetti preziosi vanno aggiunte alcune monete co-
niate da Agatocle, tiranno siceliota, nel primo quarto del 111 se-
colo, utili per determinare una cronologia assoluta del comples-
so, altrimenti impossibile. Infatti, gli ornamenti preziosi, anche
considerando la lacunosità della documentazione, appaiono chia-
ramente scompagnati fra loro, tanto da farli considerare derivan-
ti più da bottini, o da altro genere di acquisizioni separate fra
loro, che dalla giustapposizione funzionale e completa di un
adornamento individuale. Oltre a quanto resta di pendenti, orec-
chini a helix, lamine decorate, si hanno un anello, un diadema
triangolare, parti di probabili diademi a fascia. L'anello è carat-
terizzato dal castone decorato a rilievo con la testa di Atena; la
produzione dell'oggetto non è definibile con certezza, ma se ne
può supporre una provenienza dall'ambito culturale alessandri-
no. Il diadema triangolare è in lamina, sulla cui superficie sono
saldati fili che disegnano simmetrici motivi vegetali; sulla cuspi-
de superiore, a sbalzo, è il viso del Sole. Questa forma costitui-
sce, a oggi, l'unica attestazione nota dall'Italia meridionale,
mentre se ne hanno vari esempi sulla costa dell'Asia Minore e
nella Grecia settentrionale. Inoltre lo stile di realizzazione delle
decorazioni vegetali sembra differenziarsi nettamente, per una
maggiore rigidità, da quello documentato in analoghe sintassi
che ornano gioielli rinvenuti, e probabilmente prodotti, in Italia
meridionale. I probabili diademi a fascia sono conservati in
frammenti, così che non ne è possibile una sicura ricostruzione.
Si tratta di lamine di forma rettangolare, con i lati corti stondati
e, talvolta, provvisti di asole in filo d'oro per assicurarne la
chiusura. Il corpo delle lamine reca costole longitudinali a rilie-
vo. L'altezza delle lamine indizia che si conservano frammenti
di almeno tre oggetti diversi fra loro, tutti tipologicamente ugua-
li. L'interpretazione funzionale come diademi deriva dali' esclu-
sione di quella di cinturone, che non appare solidamente suffra-
gata né dagli oggetti stessi né dal resto dell'evidenza finora nota,
e dalla presenza delle costolature Iongitudinali, che appaiono do-
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cumentate con sicurezza nel diadema rinvenuto nella tomba a ca-
mera di Marcellina.
La produzione di tali diademi si attribuisce all'ambiente cultu-
rale italico, forse in particolare brettio. Come appare evidente,
l'interesse storico di questo complesso, noto nella letteratura ar-
cheologica come « tesoro di Sant'Eufemia ''• è assai notevole.
Ove le ricostruzioni proposte corrispondano alla realtà antica, ci
troveremmo di fronte a una raccolta di preziosi che pare condot-
ta su molte rive del Mediterraneo; ma il fortunato Brettio che
così si era arricchito aveva comunque voluto essere distinto an-
che da adornamenti caratteristici della propria cultura originaria.
Si è accennato che alcuni di questi gioielli, come gli orecchini,
sono di pertinenza femminile. Le lacune della conoscenza non
ci permettono più di ricostruire se, anche qui a Gizzeria, siamo
di fronte a una deposizione doppia, come a Marcellina, oppure
singola, come a Cariati e a Strongoli. D'altronde, se la prece-
dente ipotesi è nel reale, si può completare proponendo che il
bottino si era sostanziato di ornamenti sia maschili sia femmini-
li, che venivano quindi considerati, all'interno del corredo se-
polcrale, solamente in funzione del loro pregio materiale e non
più in quella, loro propria originariamente, di adornamento spe-
cializzato.
La presenza delle monete, oltre a farci intendere che il defunto
partecipava a una sfera economica formale, può significare che
l'attività svolta in vita avesse compreso un periodo di mercena-
riato, retribuito con moneta coniata. La completa perdita del re-
sto del corredo ci priva di dati essenziali per una più precisa e
completa conoscenza. I motivi immediati della lacuna sono stati
più sopra riassunti; quelli più profondi, e purtroppo ancor oggi
attivi, sono costituiti dal prevalere dell'interesse venale su quello
scientifico e culturale e dall'incapacità da parte degli organi re-
sponsabili a garantire un'efficiente ed efficace tutela del patri-
monio culturale.
Nella necropoli di località Piercastello a Hipponion è. stata
scavata una tomba a camera ipogea, con le pareti costruite in
blocchi di arenaria; la copertura sembra fosse a doppio spioven-
te. L'apertura frontale era incorniciata da due ante. La tomba
fu riutilizzata in tempi successivi, così che del corredo origina-
rio si sono salvati solamente oggetti dispersi: se ne eccettuino
due statuette in terracotta raffiguranti un guerriero, databili alla
fine del IV secolo.
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Altri corredi particolarmente significativi provengono da se-
polture non a camera, come detto più sopra: a Camini, località
Jeritano, nei pressi della città di Caulonia, è stata ritrovata una
fossa delimitata con pietre unite a secco e coperta da tegole di-
sposte a tetto. All'interno sembra vi fosse una doppia deposizio-
ne effettuata nella seconda metà del IV secolo; a quella maschile
sono pertinenti i recipienti in bronzo da utilizzare nel simposio;
a quella femminile i recipienti adatti alla cosmesi e le fibule
d'argento che decoravano la veste sepolcrale. La definitiva
ascrizione di questa sepoltura a individui brettii, oppure italioti,
vista la vicinanza di Caulonia, rimane ancora incerta, in attesa
di un'edizione completa sia del ritrovamento sia della consisten-
za insediativa di quel comprensorio. È però possibile affermare
che la presenza di fibule d'argento, trovando ad esempio un con-
fronto funzionale nella deposizione di Strongoli-Gangemi, indi-
zia con sicurezza la presenza almeno di una donna brettia. Gli
elementi più notevoli del corredo sono costituiti dai recipienti in
bronzo: una situla, una brocca a bocca tonda, un vaso per bere
a due anse su alto piede. La situla aveva la funzione di conserva-
re l'acqua per mescolarla al vino durame il simposio; è provvista
di due anse a semicerchio inserite in un doppio anello con placca
di giunzione decorata da una foglia d'edera. La brocca era utiliz-
zata per versare a ognuno dei simposiasti il vino, attinto dal reci-
piente comune; l'orlo è decorato a baccelli; l'ansa ha un girale,
che si origina da un bocciolo d'acanto e da una palmetta. La
sommità dell'ansa reca una protome di negro a rilievo; e sempre
a rilievo è la placca inferiore di giunzione, decorata con la rap-
presentazione di un satiro che si fa trasportare dal proprio man-
tello, utilizzato come vela, su un otre gonfiato che funge da im-
barcazione. Dello schema iconografico si hanno diverse varian-
ti, per la caratterizzazione sia de li' ardito veleggiatore sia dell'o-
riginale imbarcazione; l'assegnazione a un centro produttore è
ancora oscillante tra Alessandria e Taranto. La coppa ha una sa-
goma complessa: dal diametro inferiore sporgono le anse, che
disegnano poi un rialzo e un'insellatura terminale; l'alto piede,
segnato da un anello a rilievo, poggia su un'ampia base.
Un corredo analogo sembra sia stato deposto, in una tomba
di forma non registrata, a Tiriolo-Castaneto. Qui, più di sessan-
t'anni fa, in occasione di lavori agricoli furono recuperati i resti
di una situla in bronzo a doppio manico con beccuccio a protome
di leone; i resti di un cinturone in bronzo con ganci a forma di
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quadrupedi e di un altro con ganci a forma di pesci; frammenti
vari di recipienti di bronzo, uno dei quali con decorazione vege-
tale graffita; un candelabro e un gruppo di spiedi in piombo. È
evidente che, nel tumultuoso ritrovamento, si è verificata la per-
dita completa del corredo ceramico. Gli oggetti registrati sem-
brano comporre un gruppo coerente: vi sono attestati il simpo-
sio, la guerra, il banchetto simbolizzato dagli utensili in piombo.
I due cinturoni indicano una posizione non infima del defunto
nel corpo sociale. La cronologia della sepoltura non è facilmente
definibile in se stessa, ma, per la parallela presenza della situ-
la, può essere riportata allo stesso periodo di quella di Camini.
Più recente di almeno due generazioni è la deposizione femmi-
nile di Oppido Mamertina-Tresilico, effettuata in un cassone di
lastre intorno alla metà del m secolo. L'identificazione è assicu-
rata da una coppia di orecchini a cerchio in oro, decorati da pro-
tomi di antilopi, appartenenti a una forma diffusa in varie zone
del Mediterraneo e, in Italia meridionale, in particolare nella
parte più a sud dell'attuale Calabria. Si hanno inoltre, quasi di
supporto, uno specchio e un vasetto per contenere unguenti. In-
fine, è stata deposta una coppa di vetro, di forma bassa con lab-
bro svasato e pendulo, decorata con figure in oro; su piani sfal-
sati, inquadrata da un albero, da un cespuglio e da un uccello
alto nel cielo, si svolge una caccia. Un cavaliere vibra la lancia
verso una pantera, che gli ringhia contro voltando la testa; un
arciere saetta verso due capre che si allontanano a balzi, facendo
fuggire tra l'erba una lepre. La coppa era probabilmente utiliz-
zata per mescolare i cosmetici; la sua produzione si attribuisce
ad ambiente alessandrino.
Molto lacunosi sono i dati relativi ad altri ritrovamenti effet-
tuati a Tiriolo più di un secolo fa: da sepolture forse in fosse
sotto tegole, provengono una lamina d'argento frammentaria e
un elmo di bronzo. La lamina è decorata a sbalzo con rosette
disposte irregolarmente nel campo, nel quale si distingue verso
destra la figura di un cavaliere. La funzione della lamina, data
la lacunosità della conservazione, non è più ricostruibile. L'el-
mo è decorato a sbalzo, così da rappresentare una capigliatura
cinta da una corona di foglie d'edera, dalla quale sporgono due
orecchie ferine, da satiro. Se la lamina può essere attribuita a
una produzione d'Italia meridionale, l'elmo deriva da officine
sicuramente alessandrine, come altri esempi analoghi provenien-
ti anche dall'Etruria. Il periodo della deposizione non è precisa-
96
mente definibile, ma può essere ritenuto all'interno della prima
metà del 111 secolo.
Dai corredi di Camini, di Tresilico, di Tiriolo si documenta
ulteriormente la presenza tra i Brettii di oggetti di lusso di pro-
venienza esterna alla loro regione; e ciò in contesti di certo supe-
riori qualitativamente a quelli delle tombe a fossa più frequenti
e abituali, ma non pertinenti a deposizioni in camera. Non è pos-
sibile dire se questo minor impegno costruttivo dipenda da diffe-
renze di cronologia (ma il corredo di Camini è coevo alle came-
re finora note), oppure da distintive particolarità territoriali, op-
pure, infine, se siamo in presenza di individui non appartenenti
al ceto dominante dei rispettivi corpi sociali.
Giusta quest'ultima chiave di lettura, si verrebbe a identificare
un ceto intermedio tra il popolo e i dominanti; ma sembra che
non si abbiano a disposizione dati ulteriori, e di diversa natura,
per prolungare la discussione. È invece accertato dai ritrova-
menti stessi, e di notevole interesse, il fatto che in questi corredi
siano presenti oggetti di pregio importati da ambiti culturali non
italioti: caratteristica che si riscontra con grande evidenza nel
« tesoro di Sant'Eufemia » e che forse può derivare dalla fase
cronologica alla quale questi ritrovamenti appartengono. Siamo
cioè nel tempo che vede l'avventura di Pirro tra i Brettii, l'inte-
resse dei Tolomei per la Sicilia e per l'Italia meridionale, l'ini-
zio dell'espansione della Repubblica romana verso sud: un pe-
riodo di collegamenti all'interno del Mediterraneo, ai quali i
Brettii non saranno stati estranei, anche se la loro partecipazione
sarà stata specializzata e ristretta ali' attività militare subordinata
e non politicamente trainante.
4. Classi di produzione
La maggior quantità dei ritrovamenti effettuati nei siti che si
suppongono con verisimiglianza, o con certezza, abitati dai
Brettii non si distingue dai ritrovamenti compiuti invece nei cen-
tri italioti. Ciò vale in specie per le ceramiche d'uso quotidiano;
ma proprio per questa classe, che è la più abbondante, di recente
sono state scoperte fornaci, a Marcellina e nel territorio di Cirò
Marina, che ne indicano con certezza una produzione brettia.
Ma il repertorio formale, l'evoluzione delle sagome, la tecnica
costruttiva dipendono strettamente dalle parallele produzioni ita-
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liote, e sarà compito di future ricerche individuare e definire le
caratteristiche distintive fra i due ambienti. Per quanto riguarda
la produzione delle ceramiche d'impasto non decorato non sem-
bra si possa dire molto, se non supporre, in parallelo con quanto
verificato per i recipienti a vernice nera, che anche queste fosse-
ro prodotte nei centri brettii ripetendo le forme universalmente
in uso in sincronia.
Sembra, a quanto oggi si conosce, che il vasellame quotidia-
no adoperato dai Brettii sia uniformemente derivato dal patrimo-
nio analogo in uso presso gli Italioti. Segno, forse, della man-
canza di una tradizione propria e distintiva più antica della metà
del IV secolo. Quest'ipotesi è comprovata dalla sia pur scarsa
documentazione archeologica del v secolo, in precedenza richia-
mata; e tale mancanza deriva probabilmente dalle consuetudini
di vita degli Italici, in quanto il fenomeno pare ripetersi in ma-
niera analoga fra i Lucani. Possiamo quindi supporre che i reci-
pienti quotidiani in uso presso questi popoli, prima che fissasse-
ro le rispettive sedi e impostassero sia scambi regolari e abbon-
danti con gli italioti sia proprie produzioni pesantemente in-
fluenzate da quelle degli avversari, fossero costruiti in legno e
tali da non lasciare né rimpianti né ricordi che limitassero una
loro sostituzione totale.
È rimasta allo stato di ipotesi di lavoro la proposta che presso
i Brettii si fossero localizzate, almeno nell'ultimo quarto del IV
secolo, anche officine di produzione di recipienti decorati a figu-
re rosse, ovviamente di stretta inùtazione da quelli italioti.
Per prodotti in altri materiali, in specie metallici, la ricerca
archeologica non ha ancora offerto i dati, sia pure tanto ridotti,
che si hanno a disposizione per le fornaci ceramiche. Così che,
quando ci si trova di fronte a oggetti non distinti da figurazioni
o da elementi decorati dei quali è riconoscibile la cifra stilistica,
l'identificazione produttiva non è affatto agevole. Sembra infatti
necessario distinguere fra due possibilità teoriche: che alcune se-
rie di oggetti fossero prodotte da artigiani brettii; oppure che ar-
tigiani italioti producessero per consumatori brettii. La situazio-
ne reale che possiamo ricostruire è probabilmente intermedia fra
i due estremi schematizzati. Occorre infatti ricordare che i Bret-
tii si impadronirono di città abitate da Italioti: Laos, Terina,
Hipponion; e che inoltre vissero in contatto, anche se talvolta
conflittuale, con le altre città italiote. È quindi ricostruibile un
processo di addestramento di alcuni individui brettii alle tecni-
98
che produttive e alla morfologia propria degli artigiani italioti:
anche se ciò non esclude l'eventualità di "ordini su commissio-
ne >> portati a termine da Italioti. Quest'ultima eventualità può
essere supposta per oggetti di particolare pregio, che non trova-
no, nell'attuale conoscenza, precedenti in analoghi prodotti sicu-
ramente italioti: ad esempio i diademi a fascia del « tesoro di
Sant'Eufemia ''• o le fibule d'argento da Strongoli e da Camini.
E ciò tanto più vale in quanto nelle produzioni sicuramente itali-
che non sembra di individuare familiarità con prodotti in mate-
riali preziosi.
Sembra metodologicamente più sicuro limitare a questa enun-
ciazione, della quale non sfugge la vaghezza, la definizione e
l'impostazione del problema: in quanto pare arrischiato intro-
durre il criterio della" qualità >>, secondo il quale i prodotti sem-
plici, o '' rozzi >>, sono opere italiche, mentre sono italioti quelli
complessi, o ,, belli >>. Come esempio di questa nostra cautela-
che potrà essere rimossa solamente a seguito di più numerose
e scientificamente controllate acquisizioni di dati - valga il ca-
so delle lamine votive, in argento dorato, dal santuario di Cirò
Marina. La semplicità delle lamine e della loro decorazione a
sbalzo è evidente; la frequentazione del santuario da parte dei
Brettii è assicurata dal rinvenimento di bronzetti figurati; ma la
,, italioticità ,, dei motivi decorativi qui attestati è superiore a
ogni dubbio.
D'altro canto, la produzione dei cinturoni di bronzo, che co-
stituiscono una classe esclusivamente italica, è da presupporre
sia avvenuta in officine italiche; nelle quali tuttavia non possia-
mo ancora individuare quanto di migliorativo, in specie dal pun-
to di vista tecnologico, sia dovuto alle nozioni possedute dai me-
tallurghi italioti, e da questi eventualmente trasmesse ad artigia-
ni italici. Ma, anche per questa classe, si hanno esempi di non
facile interpretazione: il cinturone da Marcellina con applicazio-
ni di figurette in lamina d'argento, di stile italiota, sembra deri-
vare da una giustapposizione di queste ultime, di reimpiego pe-
raltro non definibile, a un oggetto squisitamente italico. Qui ci
può forse guidare il « gusto >> nel definire brettio l'artigiano che
ha composto il pasticcio?
Per quanto riguarda le armi difensive occorre notare inoltre
che, a oggi, non si conoscono in territorio brettio armature a di-
sco dei diversi tipi: foggia, è bene ricordarlo, che è comunque
rappresentata nel suo tipo più semplice, e completo, dalla raffi-
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gurazione sbalzata sulla corazza anatomica della tomba di Mar-
cellina. Ove lo stato delle conoscenze corrisponda alla realtà an-
tica, potremmo essere autorizzati a dedurre che i Brettii, finché
non si resero indipendenti dai Lucani, vivevano in tale stato di
subordinazione da non poter disporre neanche di armature. Così
che i loro condottieri, una volta resisi autonomi, utilizzarono
esclusivamente il più recente, funzionale e decorativo tipo di ar-
matura anatomica: peraltro di invenzione e, possiamo aggiunge-
re, di esclusiva produzione italiota. Anche in questo campo così
specializzato e caratteristico dei Brettii, come si è proposto ri-
guardo ai recipienti d'uso quotidiano, si comproverebbe l'asso-
luta mancanza, o l'infimo livello qualitativo, di produzioni pro-
prie dei Brettii precedenti alla data del 356. Alla prima metà del
m secolo è databile l 'elmo rinvenuto presso Locri, la cui perti-
nenza all'esercito romano è stata di recente dimostrata. Non è
possibile ricostruire le condizioni di ritrovamento, che ci avreb-
bero forse indicato se si tratta di un bottino conquistato da un
guerriero brettio a un soldato romano durante le guerre di Pirro.
Per gli oggetti di piombo, di varie fogge, con esclusiva fun-
zione sepolcrale, sembra legittimo postulare una produzione
brettia; e così per le più semplici forme coroplastiche. Ma già
in quelle figurate, ricavate da matrici, si riapre il problema della
produzione meccanica derivante da prototipi esterni, morfologi-
camente e stilisticamente, alla cerchia culturale che adopera i
prodotti finiti. Tanto più che, da Castiglione di Paludi e da Lai-
no, provengono arnesi per la manifattura ceramica e matrici
iscritti con antroponimi italioti. Lo stesso vale per le antefisse
figurate, anch'esse prodotte a matrice, da Marcellina a Cirò Ma-
rina a Tiriolo. Analogamente, è italiota la forma, e ancora più
a monte la necessità, di tegole piane per la copertura dei tetti;
ma da Castiglione e da Hipponion ne provengono esemplari con
bolli in lingua brettia.
Sembra di poter osservare che nelle produzioni utilitaristiche,
sia pure talvolta d'impegno, quanto era in uso fra i Brettii dipen-
desse strettamente da quelle italiote: salvo impegnare la ricerca
futura a tentare di risolvere il problema generale posto a propo-
sito dell'identificazione de li 'artigiano brettio e della sua diffe-
renziazione da quello italiota.
Una sicura pertinenza culturale brettia si può invece dimostra-
re in prodotti che attengono a una sfera sovrastrutturale, nella
quale, evidentemente, erano attivi imperativi e condizionamenti
100
talmente connaturati alla cultura del popolo brettio (componente
esso stesso della generale cultura italica in quanto altra da quella
italiota) e, si può aggiungere, talmente influenti sulla << qualità
della vita "da !asciarcene traccia materiale. Ci si riferisce a pro-
dotti figurati plastici: in terracotta, in bronzo, in pietra, di desti-
nazione votiva o cultuale. Ma è noto che in espressioni figurati-
ve analoghe si è cercato di individuare quanto abbiano fruttifica-
to l'esperienza e l'esempio di analoghi prodotti ellenici: così
che, forse, è solamente lo stile, e non la produzione materiale,
a farci individuare una distinzione brettia in questi prodotti.
Nella tomba a camera di Cariati sono stati trovati frammenti
pertinenti a una figura in terracotta: sono riconoscibili parte di
una capigliatura maschile, un orecchio sinistro, un piede sini-
stro. Dalle dimensioni si può ricostruire una rappresentazione
quasi al naturale, anche se troppo poco si è conservato per esse-
re sicuri che si trattasse di una figura intera. La lavorazione è
a mano libera, con particolari a stecca; sull'ingubbiatura bianca,
a vista nelle parti nude, è stesa una vernice rossastra per la capi-
gliatura. È solamente quest'ultima che ci fa individuare una cul-
tura figurativa diversa da quella italiota coeva.
Le due statuette fittili, dalla tomba a camera di località Pierca-
stello a Hipponion, raffigurano un guerriero con corazza anato-
mica ed elmo conico. Ne è incerta la localizzazione produttiva,
come l'esatta funzionalità, ma non sarà del tutto fantastico ricor-
dare il ritrovamento di un elmo simile presso Locri. La cifrasti-
listica non si differenzia da analoghi prodotti consueti nelle città
italiote.
Più documentati sono i prodotti plastici in bronzo, appartenen-
ti alla grande e diffusa classe delle figure votive proprie a tutti
i popoli italici. Alla sistematizzazione per i pezzi più antichi, al-
cuni dei quali ricordati in precedenza, non è ancora seguita l'a-
nalisi di quelli più recenti. Le definizioni cronologiche sono
molto ampie, a causa della generale mancanza di conoscenza del
contesto; la destinazione votiva è assicurata; le iconografie più
rappresentate sono quelle di Ercole, di Marte, della figura ma-
schile stante offerente, di quadrupedi. Un consistente gruppo è
stato ritrovato a Tiriolo, indiziando l'esistenza di un deposito
votivo composto da statuette in terracotta (raffiguranti Atena) e
in bronzo; in queste ultime, che si ascrivono con sicurezza a una
produzione italica e in particolare brettia, si colgono precisi in-
flussi iconografici italioti, ad esempio nella posizione dell' Erco-
101
le in riposo. Allo stesso ritrovamento è pertinente un frammen-
to di statuetta, sempre in bronzo, raffigurante la parte mediana
di un corpo femminile coperto da un peplos panneggiato: l'edi-
tore, convincentemente, lo riporta a uno << stile molto severo e
assai lontano dalla minuziosità delle epoche tardo ellenistiche e
romane'' (Ferri, in NSc 1927, p. 346). Ciò significa che il pez-
zo deriva da un prototipo prodotto nella prima metà del v seco-
lo; ma ciò non comporta un'analoga cronologia per il reperto ti-
riolese, quanto piuttosto la sua derivazione produttiva da un'of-
ficina italiota, oppure da una italica profondamente influenzata
da modelli italioti. In considerazione delle capacità stilistiche di-
mostrate dai plasticatori tiriolesi nella produzione delle figuret-
te di cavalli, la seconda possibilità non può essere esclusa, sal-
vo comunque un auspicato incremento delle conoscenze generali
sul problema.
La scultura in pietra è finora documentata da un unico ritro-
vamento sicuro, effettuato a Castiglione di Paludi a seguito di la-
vori agricoli nei pressi del pozzo che si trova un centinaio di me-
tri a est del quartiere abitato. Non è stato ancora possibile esplo-
rare il luogo della scoperta, così da conoscerne la destinazione.
La scultura è in arenaria locale a grana fine e rappresenta un vol-
to umano di prospetto, sicuramente maschile, di dimensioni quasi
al naturale, nel quale sono notati gli elementi componenti con
precisione di rapporto e con una rappresentazione schematica che
comporta distorsioni proporzionali, come nel caso delle orec-
chie. Le conoscenze generali acquisite a proposito della frequen-
tazione antica di Castiglione di Paludi assicurano che la scultura
è da riferirsi a un periodo tra la seconda metà del Iv e la fine del
111 secolo. I paragoni tipologici possono essere individuati nella
serie di sculture ritrovate nel santuario sannitico di Pietrabbon-
dante; il suo carattere italico sembra facilmente dimostrabile. La
scultura da Castiglione indizia in quel centro abitato l'esistenza
di un santuario, presso il quale era attivo uno scultore; future sco-
pe~e potranno ampliare questo campo d'indagine.
E forse pertinente a questo stesso problema una scultura in are-
naria, rinvenuta murata in una masseria in località Pollella di San
Lucido da A. Battista Sangineto. La mancanza di ogni notizia sul
ritrovamento originario non consente, per questo volto (forse
femminile, se il contorno rappresenta il velo portato sul capo),
un'assegnazione sicura. Potrebbe trattarsi di un prodotto brettio
(la zona di San Lucido ha restituito, come detto, documenti mate-
102
riali al proposito) oppure romano del periodo repubblicano, da
riconnettersi alla colonizzazione di Temesa, al cui territorio era
pertinente San Lucido.
L'analisi fin qui condotta sulle classi di produzione attestate
fra i Brettii non permette conclusioni ultimative: troppo spesso
si è ripetuto che mancano dati conoscitivi sufficienti. Da quanto
si è potuto raccogliere emerge tuttavia con chiarezza che i pro-
dotti materiali costituiscono l'immagine speculare della posizio-
ne dei Brettii: di stirpe italica, ma conquistati e partecipi della
cultura italiota contemporanea.
5. Architettura
La tecnica costruttiva documentata dagli edifici privati dei centri
abitativi brettii non presenta alcuna differenza da quella contem-
poraneamente in uso nelle città italiote. Come già per i recipienti
d'uso comune, si può proporre che le strutture abitate dai Brettii
prima che si stabilizzassero nell'attuale Calabria fossero tanto
elementari da essere sostituite totalmente. Anche la disposizione
planimetrica e funzionale dei vani non sembra presentare carat-
teristiche distintive; si osserverà, inoltre, l'ampia acquisizione di
tutte le tecnologie relative alla pavimentazione, ali' approvvigio-
namento idrico, allo smaltimento delle acque.
Lo stesso vale per la disposizione urbanistica degli edifici:
dalla descrizione sopra proposta di Marcellina e di Castiglione
di Paludi non risultano differenze rispetto a una città italiota.
Circa l'architettura militare, l'esempio privilegiato è finora
costituito dalla fortificazione di Castiglione di Paludi; e anche
in questo l'esperienza italiota è stata messa a frutto senza che
si possano distinguere apporti diversificanti.
Il problema dell'identificazione " etnica ''• non tanto dei co-
struttori materiali quanto dei progettisti e dei capi dei cantieri,
si presenta analogo a quello relativo alle altre classi di produzio-
ne. Tuttavia, in questo campo, che assume una rilevanza ecce-
zionale circa la sicurezza del gruppo sociale che usufruisce delle
fortificazioni, risalta con notevole evidenza l'identificazione cul-
turale degli Italici committenti con le analoghe realizzazioni do-
cumentate nelle città italiote, che hanno funzione di modello.
Sembra legittimo che tale identificazione comporti conseguenze
interpretative a livello sovrastrutturale e sociale forse più impor-
103
tanti di quanto sia possibile dedurre a proposito della stessa si-
tuazione evidenziata per gli oggetti d'uso privato. È stato propo-
sto, nel contermine territorio lucano, che maestranze italiche si
fossero impratichite e addestrate in cantieri italioti; e che, rien-
trate in patria, avessero poi provveduto in proprio a erigere for-
tificazioni uguali. L'ipotesi sembra cogliere solo una possibilità,
ma non sembra che l'organizzazione dei cantieri antichi permet-
tesse, a chi vi fosse impiegato, di apprenderne tutti i meccani-
smi di funzionamento: dalla progettazione del tracciato al taglio
dei blocchi; dal trasporto alla messa in opera, alla rifinitura dei
particolari, peraltro essenziali come le porte a caditoia attestate
a Paludi. Nelle fortificazioni brettie non si conoscono, finora,
né iscrizioni né segni di cava: questi ultimi sono stati frequen-
temente utilizzati per dedurre una costruzione italiota, ma di-
menticando che la lingua osca adopera l'alfabeto greco. È forse
possibile proporre che le fortificazioni brettie derivino dall'ope-
ra di progettazione e di organizzazione del cantiere di architetti
italioti, la cui mobilità è attestata dalle fonti letterarie (Diod. Sic.
14, 18, 4) sia pure in direzione della Sicilia, ma per i quali pos-
siamo legittimamente supporre non fossero ininfluenti gli ingag-
gi garantiti dai committenti brettii. Ci troveremmo in un caso
contrapposto a quello del mercenariato praticato dai Brettii al
soldo degli Italioti.
Per quanto riguarda l'architettura religiosa, la documentazio-
ne è scarsissima: essa è costituita da modelli fittili, rinvenuti a
Castiglione di Paludi, che ripetono schematicamente forme ita-
liote. Un caso molto interessante è rappresentato dalla seconda
fase edilizia del tempio dedicato ad Apollo Aleo presso capo
Alice di Cirò Marina.
Quasi sul mare, Paolo Orsi identificò il luogo di questo famo-
so santuario, recuperandone la pianta, le decorazioni architetto-
niche, i doni votivi, i resti della statua di culto, le linee principa-
li della sistemazione del luogo e della cronologia di frequenta-
zione; quest'ultima si dispiegava in due fasi: una arcaica, la se-
conda ellenistica. Recenti scavi stratigrafici e una rilettura criti-
ca della già acquisita conoscenza hanno permesso a Dieter
Mertens una nuova messa a punto. Per la fase arcaica basterà
accennare che il tempio è stato costruito non prima della metà
del VI secolo e che la sua statua di culto e i doni votivi furono
sepolti sotto il pavimento della cella in occasione della ristruttu-
razione avvenuta, secondo Mertens, all'inizio del m secolo. In
104
questa occasione fu conservata la dimensione, stretta e allunga-
ta, della cella arcaica, pur modificandone la distribuzione del-
lo spazio interno; ma fu ampliata e rafforzata la peristasi che
contava otto colonne sulle fronti e diciannove sui lati lunghi, ag-
giungendo un'ala colonnata sul lato orientale della fronte, così
da costituire '' l 'unico tempio periptero ellenistico di tutto l 'Oc-
cidente greco,, (Mertens, Atti Taranto 1983, p. 227). Di questa
fase, di ordine dorico come la precedente, si conservano ele-
menti sufficienti per ricostruire la trabeazione in pietra. La cro-
nologia indicata non è considerata definita con precisione a cau-
sa dell'impossibilità di acquisire scientificamente abbondanti da-
ti di scavo utili.
Il tempio di Cirò Marina, per quanto derivante sicuramente
dal progetto di un architetto italiota, rientra nel nostro argomen-
to generale a causa della sua collocazione topografica; già in
epoca arcaica sembra abbia costituito il « santuario di confine ,,
di Crotone nei confronti dei nuclei indigeni che frequentavano
l'entroterra, forse sacralizzando un ancora più antico luogo di
scambio, indiziato dalla leggenda di Filottete. Nel corso del 111
secolo, quel territorio, frequentato dai Brettii, è da considerarsi
tributario di Petelia, o ad essa collegato. Sembra quindi che il
problema si possa così definire: ammesso come verisimile che
il santuario di Apollo Ateo abbia conservato il suo valore « di
confine ••, cioè di luogo franco per lo scambio tra popoli diversi,
a seguito di quale occasione i Brettii, ormai divenuti dominatori
di quel territorio, procedettero a incaricare un architetto italiota
(di Crotone?) della ristrutturazione del tempio? Il seppellimento,
per motivi religiosi, della statua di culto prodotta poco dopo la
metà del v secolo sembra comportare un radicale cambiamento
rispetto alla fase più antica: non è raro, infatti, il caso che, nono-
stante i rifacimenti, si continuassero ad adorare le precedenti
statue raffiguranti la divinità titolare. La sostituzione della statua
sembra comportare non tanto quella della divinità venerata,
quanto il cambio radicale dell'autorità, o del gruppo sociale,
committente della ristrutturazione, e quindi gestore del santuario
e delle attività a esso collegate. La dominazione brettia su quel
territorio, e sul tempio ivi contenuto, può non aver impedito ai
Crotoniati l'osservanza delle festività anniversarie proprie di
quel culto; l'ipotesi può essere fondata sull'analogia di quanto
è documentato, quasi allo stesso proposito, per i discendenti dei
Poseidoniati ormai sotto il dominio dei Lucani. Il problema, co-
105
me risulta evidente, non è di facile soluzione: sia consentito pro-
porre l'ipotesi che la ristrutturazione del tempio di Apollo Aleo
sia opera dei Petelini, a conclusione delle guerre di Pirro. Du-
rante la seconda guerra punica, come si è detto, lo strato domi-
nante di quella città era alleato con i Romani: a quanto pare da
una fresca data, vista la costanza dimostrata. E parallelamente
la potenza, sia pure contestata, che dimostrano i maggiorenti dei
Petelini può derivare da una loro consolidata presenza al gover-
no della città: e sembra tipico delle aristocrazie illustrare il pro-
prio governo con splendenti opere pubbliche. Nella proposta
committenza a un architetto italiota si potrebbe scorgere il desi-
derio della classe dominante petelina di rifarsi - anche con la
realizzazione di un'opera pubblica con tali valenze di rappresen-
tazione sovrastrutturale - ai modelli culturali delle parallele
classi dominanti italiote e, ormai, romane, così da stringere, an-
che sotto questo aspetto, un'alleanza non tanto tra popoli, quanto
tra classi.
L'unica costruzione pubblica laica conosciuta è costituita dal
teatro di Castiglione di Paludi. La cursorietà dello scavo e la
scarsa conservazione del monumento ne impediscono una lettura
e un'interpretazione sicure. Pare comunque accertato che la sua
pianta sia circolare, con sostruzioni in blocchi per le gradinate
che sorreggevano i sedili; gli incavi quadrangolari che si osser-
vano nella parete rocciosa sovrastante derivano piuttosto da la-
vori di cava (svoltisi in epoca post-antica) che dalla presenza di
un settore di koilon così conformato. A oggi, l'unicità della tipo-
logia in ambiente brettio è assoluta: troppo vaghe sono le notizie
a proposito di resti di un teatro a Hipponion per costituire base
a più approfondite analisi. La derivazione del teatro di Castiglio-
ne da modelli italioti appare sicura: per quanto riguarda la sua
costruzione, il problema è analogo a quello esposto a proposito
delle opere di difesa, così come, verisimilmente, la fase cronolo-
gica di realizzazione. Lo scopo della costruzione sembra doves-
se prevedere anche quello di costituire un luogo di riunione per
l 'assemblea pubblica istituzionale.
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Indici
Indice degli autori antichi citati
Platone Strabone
Leg. 5, 3, 1: 228 45
6, 776b-778a 47 5, 4, 13: 251 75
6, l' 2: 253-254 63, 123
Plinio 6, l, 3: 254 45, 116
Nat. Hist. 6, l, 4: 255 30, 44, 45, 48, 49
8, 6, 16 60 6, l, 5: 255 50
6, l, 5: 256 53, 64
6, l, IO: 261 64
Plutarco
6, l, 14: 264 51
Fab. Max.
21 68 Tucidide
22 69 3, 105 88
Indice dei nomi propri
Acquappesa, 36, 88 70, 71, 73, 75, 80, 81, 89, 107,
Alessandria d'Egitto, 94, III 112, 113, 116, 124
Al-Mina, 18 Cossa, 124
Amantea, 71 Cotronei, 25, 28, 29, 35
Amendolara, 13, 19, 25, 33 Crichi, 36, 38
Agropoli, Il Crotone, 9, Il, 21, 22, 23, 24, 25,
Arenosola, 19 30, 35, 37, 51, 55, 56, 58, 59,
Argentano, 70, 71 61, 66, 67, 68, 70, 72, 86, 104,
Ascoli Satriano, 61 108, 113, 123, 126
Aufugo, 70, 71 Cuma, 19, 29, 30, 74
Curinga, 33
Babilonia, 57, 58
Baja, 128 Delfi, 22, 120
Benevento, 60, 61 Dodona, 53
Berge, 70
Besidie, 70 Ethai, 58
Boiano, 128
Buxentum, 72 Gioia Tauro, Il, 24
Gizzeria, 33, 91, 93
Cairano, 31
Calopezzati, 88 Heraclea, 52, 53, 60
Camini, 89, 94, 95, 96, 98 Herdonia, 68
Canne, 64, 112 Hipponion, 24, 30, 50, 52, 53, 55,
Capo di Fiume, 19 59, 62, 81, 82, 84, 87, 93, 97,
Capua, 19, 20, 30, 73 99, 100, 105, 107' l lO, 112, 113,
Cariati, 86, 89, 90, 93, 100 114, 118, 120, 123
Cartagine, 57, l li, 112 Hyporon, 112, 114
Castelluccio sul Lao, 32, 34, 35, 38,
39, 117 Laino, 32, 99
Castrolibero, 88 Laos, 24, 25, 29, 30, 31, 33, 37,
Castrovillari, 35, 36, 37, 39 ®,5~~.~.~.M.~.~.
Catanzaro, 114 lll, 112, 114, 116
Caulonia, 23, 86, 94 Leuca, 9
Cerillae, 127 Linfeo, 70
Cerilli, 49, 50 Locri Epizefiri, 21, 22, 23, 24, 30,
Cetraro, 24, 88 n.~.~.66.~.n.~.~.
Chio, l IO 86, 99, 100, IlO, l li, 120
Cirò, 86, 89, 117, 118 Luzzi, Ioc. San Vito, 126
Cirò Marina, 96, 98, 99, 103, 104,
109, 117, 119, 126 Marcellina, v. Santa Maria del Ce-
Clampezia, 70, 71, 124 dro
Copia, 72, 123 Matauros, 24
Corfù, 58 Medma, 24, 33, 87, 112, 113, 114
Corigliano Calabro, Ioc. Serra Ca- Melfi, IO
stello, 85 Metaponto, 9, 21, 49, 52, 54, 116
Cosenza, 53, 54, 55, 57, 64, 65, 66, Modena, 124
148
Monasterace, 23 Rossano, 36, 37, 39
Montalto Uffugo, 71, 126, 127 Rossano di Vaglio, ll7, 119, 126
Montegiordano, 88
Murgie di Strongoli, 34, 35, 38, 86 Sala Consilina, 19, Ili
Mystia, 112, 114 Sambiase, 25, 27, 28, 34
San Lucido, 88, 101, 102
Nares Lucanae, 124 San Marco Argentano, 71
Neapolis, 30, 63, 123 San Sosti, 25, 28, 29
Nemoli, 32 Santa Maria Capua Vetere, v. Capua
Nocera Terinese, 112 Santa Maria del Cedro, fraz. Mar-
Nuceria, 112, 113 cellina, 25, 31, 82, 84, 89, 90,
91, 93, 96, 98, 99, 102, 106,
Ocricolo, 70 Ili
Oppido Mamertina, 19, 87, 89, 95, Santa Sofia d'Epiro, 37
96 Sant'Eufemia, 33, 36, 114
Santo Stefano di Rogliano, 33, 34,
Paestum, 12 51
Palmi, Il Sanza, 12
Paludi, loc. Castiglione, 78, 80, 84, Sapri, Il
85, 86, 99, 101, 102, 103, 105, Satriano di Lucania, 19
107, 116, 119 Scalea, 25
Pandosia, 53, 54, 57, 70 Scilla, Il
Penosa, 18 Scoglio del Tonno, 16
Petelia, 25, 31, 34, 35, 37, 38, 56, Scolacium, 124
57. 58, 64, 65, 66, 67. 72, 75, Segesta, 58
81, 85, 86, 91, 104, 107, 108, Sibari, 13, 17, 21, 22, 24, 25, 26,
112, 113, 114, 116, 119, 120, 27, 29, 30, 32, 33, 34, 36
122, 125, 126 Sibari sul Teuthras, 51, 52
Pianette di Strongoli, 34, 35, 38, Siracusa, 44, 47, 55, 58
81, 86 Skydros, 24, 29
Pietrabbondante, 101 Spana, 22
Pietrapaola, loc. Muraglie, 86 Spezzano Albanese, 85
Pietrapennata, 85 Stalettì, 117
Pissunte, 29 Strongoli, 34, 35, 38, 81, 89, 90,
Pitecusa, 21, 22 91, 93, 94, 98, 112, 118
Policoro, 9
Pompei, 12, 127 Taranto, 9, 30, 52, 53, 55, 59, 60,
Pontecagnano, 19 63, 64, 68, 69, 86, 94, 108, 123
Pono Perone, 17 Temesa, 25, 34, 50, 51, 102, 123
Poseidonia, 29, 30, 31, 34, 35, 49, Tempsa, 72, 123
53, 67, 68, 84, 121 Terina, 24, 33, 50, 52, 53, 55, 81,
Praia a Mare, 24, 91 87, 91, 97, 112, 113, 114, 120
Pratica di Mare, 118 Termitito, 17
Thurii, 26, 30, 31, 33, 37, 42, 49,
Reggio, Il, 13, 21, 22, 23, 24, 30, 50, 51, 52, 53, 54, 56, 58, 59,
59, 63, 66, 68, 72, 73, 82, 87, 68, 72, 78, 85, 86, 88, 123, 124,
123 127
Ricadi-Capo Vaticano, 114 Timmari, 19
Rivello, Serra La Città, 32, 33 Timpone del Gigante, v. Cotronei
Roccella Ionica, 19 Tiriolo, 72, 73, 81, 94, 95, 96, 99,
Rodi, 73, 74, IlO 100, 114, 118, 120
Rosarno, 24, 87 Tisia, 63
149
Torano, 81, 89, 120 Velia, Il, 12, 13, 29, 30, 74
Torre Mordillo, 37, 85 Verbicaro, 88
Trebisacce, 17, 36, 37, 127 Vibo Valentia, 24, 82, 114, 118
Tresilico, v. Oppido Mamertina Vivara, isola, 15, 17
Tropea, 19 Volcei, 69
Introduzione 7
Avvertenza 8
Il quadro territoriale 9
Bibliografia 131
l. Philip Barker
Tecniche dello scavo archeologico
2. John Coles
Archeologia sperimentale
3. Thomas Ashby
La Campagna Romana nell'età classica
4. Alessandra Melucco Vaccaro
l Longobardi in Italia
5. Angela Pontrandolfo Greco
l Lucani
6. Mauro Cristofani
Gli Etruschi del mare
7. David Ridgway
L'alba della Magna Grecia
8. Ettore De Juliis
Gli Iapigi
9. Carlo Tronchetti
l Sardi
IO. Jean-Pierre Adam
L'arte di costruire presso i Romani
Il. Fabrizio Pesando
La casa dei Greci
12. Pier Giovanni Guzzo
l Brettii