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Tito Schipa jr.

Gioia
Questo progetto è una lancia spezzata
in favore dell’abolizione delle barriere religiose fra i popoli,
causa di orribili e incomprensibili tragedie e scontri
fra popoli e persone che in nome della spiritualità
dovrebbero trovare l’unione, non la guerra.
Malgrado l’argomento di estrema serietà, comunque,
la storia è raccontata con leggerezza,
in alcuni casi anche con vero divertimento,
nello stile e con i mezzi di
UN’OPERA ROCK

Sinossi

PROLOGO
(Nulla farò: combatterò)
La storia comincia in una dimensione lontana e sconosciuta, in epoca non definibile,
dove il passato remoto e il futuro remoto si confondono. Assistiamo a un
collegamento informativo tra gli INVIATI SPECIALI di un notiziario intergalattico
(“Ripetitore Galattico Sidney Jordan”) Apprendiamo dei pericolosissimi preparativi
di guerra in un quadrante periferico di una delle galassie centrali, una sorta di “terzo
mondo” di poca importanza (che si rivelerà essere il nostro sistema solare) abitato
da creature bizzarre e contradditorie delle quali non si sa bene cosa pensare. Ma la
cronaca è bruscamente interrotta da un avvenimento imprevisto, un violentissimo
trauma audiovisivo che manda in tilt tutti i collegamenti.
SCENA PRIMA
(Triste era Gioia)
Ai nostri giorni, in un appartamento di Trastevere.
A casa Lucente è in corso un trasloco e arrivano 3 FACCHINI (“Salute!”). La famiglia
lascia la casa. Chi subentrerà pare sarà un grosso prelato. FRANCO, un “boomer”,
autore che stamane deve consegnare un copione in produzione, si prepara a uscire
ma ZAIRA, sua nuora, gli segnala un problema serio (“Gioietta piccolina”): GIOIA,
sua figlia, ultima della nidiata Lucente nata dal secondo matrimonio, è in stato
leggermente confusionale sul divano del salotto, si rifiuta di parlare, di mangiare e di
scendere dal divano. Borbotta uno strano mantra tutto suo fatto di frasi spezzate del
Vangelo, di testi orientali… Zaira teme che c’entrino gli stupefacenti (“Vili eroi”).
Sulle prime Franco minimizza, poi scopriamo che è già al corrente della cosa
(“Triste”). Sa della nottata di Gioia, in cui tornando a casa in autobus, poi nella luce
di un lampione, la ragazza ha avuto una sorta di visione folgorante. Ora è sotto
shock, vittima di una crisi piuttosto seria. Scopriremo che nella storia della famiglia
questo non è un caso isolato. Comunque, cedendo alle richieste ansiose di Zaira,
Franco accetta di rinviare l’appuntamento di lavoro e di occuparsi della “tristezza di
Gioia” (“Che fai?”).
I tre facchini romani, incaricati del trasloco (un po’ i clown della storia)
contrappuntano il tutto con notazioni ciniche e azioni di effetto comico, poi pian
piano verranno coinvolti dall’atmosfera di casa.

SCENA SECONDA
(La farfalla, le ciambelle)
Franco riesce faticosamente a cavar di bocca a Gioia qualche dettaglio in più su quel
che le è accaduto (“Gioia…). La ragazza racconta di una farfalla vista nell’alba
sbattere contro il vetro di un lampione, poi di una confusa visione di “ciambelle” in
cui ravvisa una sua cosmogonia tutta personale (“L’autobus della notte”). Si
tormenta sulle le ingiustizie del mondo, soprattutto la sua ansia per la strage di
bambini innocenti. Però (Gioia fa confusamente capire) un blocco misterioso le
impedisce di schierarsi. Da una parte vede chiaro nelle ingiustizie e nei torti,
dall’altra non può fare a meno di “capire tutti”, compresi gli avversari, e di percepire
una sorta di natura profonda condivisa dall’intera umanità che rende impossibile
attribuire torto o ragione a chicchessia (“Notte fonda”). La scopriremo poi
improvvisamente emotiva e indifesa quando, al passare di un’ambulanza e allo
scostarsi febbrile delle altre macchine in un ingorgo, scoppia a piangere commossa,
ma anche divertita di quella “inspiegabile solidarietà tra belve”. Una bella matta,
insomma.
Il carattere di Gioia diventa spettacolo quando assistiamo alla lite col suo boy friend
BRUNO, razionale e cinico, sopravvenuto sulla scena. Gioia ci rivela qui il suo
carattere scoppiettante e difficile, molto aggressivo ma intransigente e cristallino
(“Non ricominciare!”). La razionalità di Bruno la irrita, anche se non sa bene cosa
contrapporle. Lui la invita a mantener l’impegno politico dimostrato fino ad allora
nelle attività scolastiche, altro che menate. Gioia termina il suo racconto, e il dialogo
fra lei e nonno Franco diventa anch’esso una lite furiosa, che però qui verte sulle
diverse concezioni religiose. Gioia è tendenzialmente cattolica (più per abitudine che
per vera riflessione) e Franco, come tutta la famiglia, è appassionato di spiritualità
orientale.
Zaira ci racconta della famiglia Lucente (“A me sta famija”). Un padre
prematuramente scomparso, e tre figli (il mitico Marcello, uno dei fratellastri
maggiori di Gioia, che ebbe qualche serissimo problema con la droga: un secondo
fratellastro - di cui non si parla granché - e ora anche la sua “Gioietta” che pare
contagiata. La famiglia infatti, a cominciare dal nonno Franco, ha avuto da sempre il
tarlo, per Zaira bizzarro, della spiritualità e del sacro). Scopriamo anche che Gioia
sente forte la mancanza di Marcello, scomparso da tempo in circostanze non
chiarite, forse legate al mondo degli stupefacenti. Lei lo ama molto e ne attende il
ritorno.
Via via, nelle pause del dialogo, Franco relaziona un misterioso interlocutore
telefonico sullo stato della ragazza (“Pronto…”).
I tre facchini sono sempre i nostri testimoni clowneschi di quel che accade. Come
sempre commentano e “raffreddano” il tutto a modo loro, anche se ora sembrano
più partecipi e insospettatamente coscienti dell’argomento in ballo. Sul finale della
prima parte cantano un terzetto nel quale, sorprendentemente, si vede come a
modo loro siano coinvolti molto più di quanto credevamo (“Mio caro Dio”).

SCENA TERZA
(Non c’è mai stato un tempo)
Franco prosegue la sua terapia d’urto su Gioia tirando in ballo la vecchia libreria di
casa e tutti i titoli che possano in qualche modo aiutare (“Lei vola, sbatte”).
Intanto il notiziario intergalattico (quello del Prologo) prosegue, e si alterna sempre
più frequentemente agli avvenimenti casalinghi. Ora si segnala l’intervento di
altissime autorità imperiali per risolvere il conflitto dinastico e militare in corso nel
problematico piccolo “terzo mondo” spaziale (“Distinguo sui video”). Proprio a
questo punto Franco decide, per ragioni terapeutiche tutte sue (“Uh Madonna,
quanti libri!”), di raccontare a Gioia un breve episodio centrale dei testi sacri indiani
estratto dalla grande libreria, la Bahagavad Gita. (“O miracolo di dovunque”).
Parallelamente la tensione nel Cosmo arriva all’estremo limite. Con sorpresa
enorme di tutti gli inviati speciali (“Vorrei sapervelo spiegare”) una suprema carica
governativa (e spirituale) giunge sul campo di battaglia e prende le sembianze del
COCCHIERE su carro di battaglia di un principe, Àrjuna.
Qui il racconto di Franco e la cronaca in diretta degli avvenimenti politici spaziali si
mixano e si identificano. In un’apoteosi multimediale assistiamo in diretta alla presa
di contatto dell’altissimo personaggio (che si suppone un pacificatore) con uno dei
capi militari in campo, appunto il principe Àrjuna, distrutto come Gioia dall’assurdità
di una guerra feroce fra parenti stretti. Ascoltiamo le sue parole di grande, profonda
saggezza (dal Mahābhārata, il Canto del Beato), l’incoraggiamento a non
abbandonare mai la propria lotta personale, le stesse parole che Gioia ascolta nella
penombra del salotto sussurrate dalle labbra del fratellastro (“Non c’è mai stato un
tempo”). Gioia però non sembra aver avuto molto giovamento da tutto questo, anzi
ammette di non averci capito niente, di quel sermone così ermetico, e anche Franco
è piuttosto frustrato dai risultati del suo metodo, come racconta ora al solito
interlocutore telefonico, che a questo punto pare stia per salire a casa, e che ormai
tutti pensiamo sia il grande Marcello, di ritorno dal suo esilio volontario.

SCENA QUARTA
(Silenziosa)

L’azione riprende con il ritorno di un Franco irritatissimo dal suo incontro di lavoro,
negativo non solo per il suo ritardo (“Non ci si crede”). Franco si lascia andare a un
lungo sfogo verso il divano dove Gioia, nascosta sotto un plaid, dorme ancora.
Interpreta a suo modo gli eventi del giorno prima, si apre completamente alla
nipotina in un estremo tentativo di giovarle (“Senti, Gioia”). Si ricollega addirittura
alla visione “di ciambelle” che Gioia ha avuto la notte prima, offrendocene la sua
interpretazione. Ma quando termina trafelato, sotto il plaid, a essersi subito la tirata
di Franco, c’è solo Bruno, il ragazzo di Gioia, appena sveglio dopo una notte di
tenerezza, che racconta la sua frustrazione nel tentativo fatto per aiutare Gioia
(“Silenziosa”). Qui ancora una volta Gioia e il principe Àrjuna si identificano uno
nell’altra a distanza di tempi e spazi infiniti (“Muta e sola”). Il biglietto che Gioia ha
lasciato (“Addio bel monte”) è tutt’altro che tranquillizzante, e Zaira ritorna alla sua
ansia.

SCENA QUINTA
(Ti saluto con le mani giunte)

Sull’autobus che la porta, da sola, verso il luogo dei Castelli dove la famiglia
traslocherà, Gioia entra in una sorta di trance (“Io non ci torno”)…
Qui vogliamo evitare ai nostri amici lo “spoiler” del finale…
Grazie del contatto, Restate online!

GIOIA ®
Un film – rock-opera scritto e musicato da Tito Schipa Jr.
Sceneggiatura-libretto realizzata con il contributo del Progetto Media Europeo
e vincitrice di uno Script Fund.
Tutti i diritti riservati

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