di Lars von Trier 24 aprile @ 16.17 ROBERTO SILVESTRI
lars von trier, nymphomaniac 2, nymphomaniac, cinema, charlotte gainsbourg CinemaNelle sale il secondo capitolo sadomaso e happy end della ninfomane soddisfatta diretto dal regista danese
Nymphomaniac volume due. I tre capitoli finali. La prima parte del film era solo apparentemente pi piacevole da guardare, quasi piena di humour e di orgasmi non simulati anzi moltiplicati. In realt Joe (quando era interpretata da Stacy Martin) non che trovasse molto materiale umano decente, in giro, a parte il pap, per accrescere gli stimoli e le pulsioni nel paese indefinito dove si ambienta il film, forse la Gran Bretagna. La seconda parte in realt va verso lhappy end, un finale rassicurante da prime-time tv, piuttosto perbene. Eppure sadomaso, tortuosa, incoerente, piena di legnate ai suoi attori - ma n vere n realistiche, dolorose davvero - e di provocazioni al pubblico, e incroci truci, e buffe scene cronenberghiane (come quella dei cucchiaini vibratori) o alla Blake Edwards, quando la Gainsbourg nuda tra due statuari neri si siede ignorata, e incorniciata dal suggestivo ponte levatoio delle loro erezioni. In fondo vince sempre lamore, mai il sesso, lidentit, non tanto il piacere, ritrovata, nonostante i camei brevissimi ma sulfurei di Udo Kier, Willem Dafoe e Jean-Marc Barr e qualche digressione ambigua depoca wikipedia.
La provocazione fine a se stessa, come sale del marketing, la specialit danese di Lars von Trier, come si vede anche nelle conferenze stampa (che qui difende con passione: e c del buon materiale, a proposito di razzismo e pedofilia, da far rizzare i capelli politicamente pi corretti). Prendere in giro la tanto sbandierata, dalle democrazie, libert di parola (la Danimarca fu il primo paese a legalizzare dopo la shoa il Mein Kampf di Hitler) per non un difetto. E il segnale che la propriet privata, anche del proprio corpo, anche dei propri film - qui citati a iosa, come Le onde del destino, Manderlay e Anticristo) - un piedistallo etico vacillante e molto mal concepito. Cos. Siccome i diritti di riproduzione della hit Hey Joe, versione originale cantata da Jimi Hendrix erano troppo costosi, Charlotte Gainsbourg ha accettato di cantare lei stessa quella canzone sui titoli di coda, dopo un finale bertolucciano che non possiamo svelare, ma che contraddice sfrontatamente i migliori comandamenti di Dogma. Spuntano dun tratto le tanto vituperate pistole... La struggente ballata su se stessa in sostanza ci dir: Amo, alla fine, la mia sporca ninfomania. E potrebbe dire pedofilia. Ma non omofobia o sessuofobia. Amore per, non odio per. Versione luminosa e apollinea, quella di Charlotte, non carnosa e dionisiaca come quella di Hendrix. Eterea. Un po come un salto in Paradiso, a conferma di una scelta di campo.
Si tifa gi, nelle prime scene, teologicamente impostate, per una cristianit orientale pi serena di quella occidentale, per il credo ortodosso, solare e dolce (poche le croci nelle icone greco-cristiane, o Cristi operati a cuore aperto, piuttosto madonne con bambino in primo piano) rispetto al cattolicesimo dark, afflitto dai sensi di colpa e ossessionato dalla carne perniciosa e dal sangue zampillante (per non parlare di calvinisti e luterani). Ma ammesso che sia vera questa solarit (a giudicare da Oltre le colline di Mungiu sul fondamentalismo russo-ortodosso, e dalla saga Rasputin, tutto da dimostrare), siamo sempre trascinanti dentro una scenografia verdesporco spoglia e livida, pochi oggetti, niente cellulari, maleodorante e decolorata, nel buio glaciale dei sentimenti, come le anime degli alberi che noi vediamo in inverno e che sembrano normali anime umane, pazze e contorte
E a quel punto tocca agli spettatori emettere il verdetto finale. Joe (ovvero il suo doppio che si cela in quel corpo androgino, e che il regista stesso del film) una brava persona o un cattivo Maestro? Unanima dannata o unanima salva? Un artista o un abile mestierante? E il suo antagonista salvatore Stigman (il confessore tutto libri, lo spettatore ipocrita, il critico tutto testa, il dispositivo cinema dominante), cos senza peccato come crede? . Nel secondo volume di Nymphomaniac, svolto come nel primo libro in forma di confessione, di duetto intimo, la ninfomane, ormai sposa e madre diventata istituzionalmente frigida. Joe (che finalmente diventa Charlotte Gainsbourg), come Catherine Deneuve in Bella di giorno o la sposa felice che nel comfort domestico viene scippata dellorgasmo nonostante gli sforzi imposti allamato Jerome (Shia LaBeouf), racconta come ha sacrifica la vita alla ricerca di un piacere che non arriver mai pi, nonostante la moltiplicazione delle avventure sessuali, se non in qualche estrema punizione. Questo viaggio doloroso al termine della notte di un personaggio che in un'ascesi al contrario scarnifica il proprio corpo nella speranza di trovarvi l'anima come scrive Daniela Catelli assomiglia tanto alle peripezie raccontate gi nel 2012 in Vagina dalla scrittrice Naomi Wolf. E luomo benedetto che lha raccolta ferita e morente, Silgman (Stella Skarsgard), lanziano asessuato erudito ebreo non credente, che per tutto il film ascolta con affetto e meditabondo gli efferati racconti sadiani di Joe, traccia continue analogie tra il sesso e la poesia, la teologia, la matematica, la musica (qui Beethoven come distruttore della forma sonata perfezionata da Mozart), per sfuggire ai propri demoni. Joe lo costringer a confessare le sue angosce di vergine e di impotente, e tradurr il suo nome Silgman piuttosto come uomo sciocco. Trovo piuttosto debole la vostra digressione a proposito dei collegamenti tra sesso sado masoch e crocifissione, gli dir stizzita.
Lars von Trier costretto insomma ad accrescere e ad appesantire il tasso erotico del racconto (e chiss cosa avverr nella versione lunga a genitali pienamente liberati, che esce a fine anno) e intervengono i programmati e espliciti tradimenti extraconiugali, le ammucchiate organizzate con i negri (e relativa difesa - poco convincente - del linguaggio non ipocrita che usa le parole, anche le pi disdicevoli, come nigger, senza sterilizzarle, perch anche le offese hanno pi anima dei sottintesi), le frustate geometricamente schioccanti sul divano di K (Jamie Bell) - medicina obbligatoria per cervelli deconcentrati e narcotizzati, con tanto di ricevuta fiscale - limprovvisa illuminazione lesbica, lamore, che lingrediente segreto del sesso, la gelosia, la colluttazione, il crimine. Perch se, come diceva Pasolini, ogni film la metafora di un corpo, questa volta il corpo scelto dal cineasta danese in ebollizione dichiarata, va dritto, lentamente, oltre 5 ore, verso lorgasmo plurimo finale. La parola dordine del secondo capitolo infatti urlata da Joe al suo seviziatore sadico: voglio che mi riempi tutti i buchi. Io non sono come tutti gli altri, sono una ninfomane e mi piace esserlo.
Questa centralit del buco, questa ossessione estetica del buco, ricorda il saggio che scrisse Agamben nel 1993 a proposito di altri derelitti odiati da tutti e messi al bando. I 415 palestinesi espulsi dallo stato ebraico e inviati in una specie di terra di nessuno tra il Libano e Israele. Scrive Agamben: La terra di nessuno dove si sono rifugiati retrocessa sino al territorio dello stato di Israele, bucandolo e alterandolo, al punto che limmagine di questa collina innevata gli diventata pi familiare di qualsiasi altra regione di Eretz Israel. La sopravvivenza politica degli uomini pensabile soltanto su una terra dove gli spazi saranno stati bucati in questo modo, deformati topologicamente e dove il cittadino avr saputo riconoscere il rifugiato che egli stesso . E il cinema non pu che lavorare lo spazio per bucarlo, per dare un rifugio ai rifugiati. Bucarsi, o farsi bucare, farsi scarnificare il corpo, per trovare unanima. Non era il progetto della cultura punk? Ma perch i film di Lars per sono cos poco punk? Poco no future? Con cos pochi buchi in pi rispetto a quelli naturali?