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TESTI PER IL SILENZIO

SABATO POMERIGGIO

SCRITTURA

Is 43,1-4;16-19
Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe,
che ti ha plasmato, o Israele:
«Non temere, perché io ti ho riscattato,
ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.
Se dovrai attraversare le acque, sarò con te,
i fiumi non ti sommergeranno;
se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai,
la fiamma non ti potrà bruciare,
poiché io sono il Signore, tuo Dio,
il Santo d'Israele, il tuo salvatore.
Io do l'Egitto come prezzo per il tuo riscatto,
l'Etiopia e Seba al tuo posto.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi,
perché sei degno di stima e io ti amo,
do uomini al tuo posto
e nazioni in cambio della tua vita. […]
Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.

Matteo 17, 24-27


Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a
Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa,
Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i
tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli
sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va' al mare, getta l'amo e prendi il primo pesce che viene
su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Atti degli Apostoli 4


Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il comandante delle guardie
del tempio e i sadducei, irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunciavano in Gesù la
risurrezione dai morti. Li arrestarono e li misero in prigione fino al giorno dopo, dato che ormai era
sera. Molti però di quelli che avevano ascoltato la Parola credettero e il numero degli uomini
raggiunse circa i cinquemila.
Il giorno dopo si riunirono in Gerusalemme i loro capi, gli anziani e gli scribi, il sommo sacerdote
Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti. Li fecero
comparire davanti a loro e si misero a interrogarli: «Con quale potere o in quale nome voi avete fatto
questo?». Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che
oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato
salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi
avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la
pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo. In nessun altro c'è
salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo
salvati».
Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e
senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo
poi in piedi, vicino a loro, l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero
uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi
uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti
di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo,
proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono
loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono:
«Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere
quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non
trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano
Dio per l'accaduto. L’uomo, infatti, nel quale era avvenuto questo miracolo della guarigione aveva
più di quarant'anni.
Rimessi in libertà, Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto
loro i capi dei sacerdoti e gli anziani. Quando udirono questo, tutti insieme innalzarono la loro voce
a Dio dicendo: «Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano,
tu che, per mezzo dello Spirito Santo, dicesti per bocca di nostro padre, il tuo servo Davide:
Perché le nazioni si agitarono e i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra e i
prìncipi si allearono insieme contro il Signore e contro il suo Cristo; davvero in questa città Erode e
Ponzio Pilato, con le nazioni e i popoli d'Israele, si sono alleati contro il tuo santo servo Gesù, che
tu hai consacrato, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano deciso che avvenisse. E
ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di proclamare con tutta
franchezza la tua parola, stendendo la tua mano affinché si compiano guarigioni, segni e prodigi nel
nome del tuo santo servo Gesù»
Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati
di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza.
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno
considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza
gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande
favore. Nessuno, infatti, tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano,
portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva
distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.
Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa «figlio dell'esortazione», un
levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai
piedi degli apostoli.
GIUSSANI

L. Giussani, Affezione e dimora, 244-245

Che il possesso a cui tende l'amore è molto di più a un metro dall'oggetto che neanche afferrandolo.
È come l'aeroplano che, quando parte, dà su di giri ai motori e, quando sono al massimo e tutta la
carcassa dell'aereo vibra, tutto vibra, - zac! - s i mette in volo. Così, di fronte a una persona amata,
nell'amor e a una persona, è molto più grande l'intensità dell'amore quando ti fermi a un metro e tutto
vibra e tutto sembra volerla afferrare e tu ti trattieni dall'afferrare, non per trattenerti dall'afferrare, ma
perché c'è un'adorazione e un riconoscimento del significato della cosa. E tu sei lì che vivi questo
sentimento di significato e trattieni l'impeto che ti spingerebbe a una presa puramente meccanica.
In quel momento vuoi bene alla persona centomila volte di più che neanche se l'afferri con tutt'e due
le mani.
Per amare una presenza, tu devi riconoscere che essa è segno del Mistero, di Cristo: ciò di cui è
fatta è Cristo. E tutto in te, davanti a essa, viene proteso e lanciato come domanda a Cristo che si
sveli, che si faccia vedere. Perché, quando Cristo si farà veder e in quella faccia, sarà la fine del
mondo, sarà l'eternit à (quell'eternità di cui quella persona è fatta: se è fatta di Cristo, è fatta di eternità,
no?).
Essere a un metro senza prender e vuol dire essere tutto proteso nel prender e coscienza del segno
che essa è, di ciò di cui è segno, del valore di segno che essa è. Per questo, niente al mondo la può
cancellare, propri o perché è segno di Cristo, e niente al mondo può soverchiarla, perché è segno di
Cristo.
Se è segno di Cristo, quello che ti viene come conseguenza è lo struggimento perché Cristo si riveli
in lei, cioè che appaia la definitività della cosa, appaia la verità della cosa nella sua definitività. Perché
anche in paradiso la persona amata è segno in cui ciò di cui è segno si effonde, si rivela, esplode.
Quando Gesù guardava la Samaritana era così: era il segno del Padre la Samaritana e Cristo viveva
lo struggimento che il Padre si manifestasse in lei, che tutto il mondo in lei vedesse il Padre, cioè
vedesse Lui, perché il Padre si era fatto carne nel Figlio. Soltanto che Gesù non aveva il prurito che
noi abbiamo, l'istinto che noi abbiamo, il disordine, l'impetuoso disordine che noi subiamo dopo il
peccato originale; perciò, è come se fosse lì a un metro, ma contemplando e desiderando. Forse la
parola che ho usato prima è più semplice: adorando.
TESTIMONI

Intervista al Card. Pizzaballa, Osservatore Romana, 07 novembre 2023

INTERVISTATORE: Poi ad un certo punto c’è stata la sua proposta di proporsi come sostituto
degli ostaggi.

CARD. PIZZABALLA: A dir la verità, un giornalista in una conferenza stampa mi ha chiesto se


sarei stato disponibile — in caso fosse stato possibile — ad offrirmi in cambio degli ostaggi. E io ho
risposto: certamente sì, un cristiano — per di più vescovo — è sempre chiamato ad offrire la propria
vita per gli altri. Niente di straordinario: è la sequela di Gesù, che lo ha fatto per tutti noi. Poi la notizia
inaspettatamente ha fatto il giro del mondo; in questo clima polarizzato a qualcuno è piaciuta e a
qualcun altro no. Inutile aggiungere che avrei detto lo stesso anche per i palestinesi. Ma, ripeto, non
c’è niente di straordinario.

Testamento spirituale del Padre Christian de Chergé


Quando si profila un ad-Dio
Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra
voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia
Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese. Che essi
accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale.
Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta? Che sapessero associare questa
morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.
La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche di meno. In ogni caso non ha
l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè,
prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei
poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei
miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.
Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come
potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio
assassinio. Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del
martirio”, doverla a un Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che
crede essere l’Islam.
So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco
anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. È troppo facile mettersi la coscienza
a posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi estremismi.
L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un’anima. L’ho proclamato
abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso
quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa
proprio in Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato
da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”. Ma queste persone debbono sapere
che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il
mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui,
tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui
gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla
voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e
di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a
loro, centuplo regalato come promesso!
E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio
questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni
beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due.
Amen! Inch’Allah.
Algeri, 1° dicembre 1993
Tibihrine, 1° gennaio 1994

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