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Indice

von Balthasar 135


Omaggio a Hans Urs von Balthasar per isuoi 70 anni 153

Capitolo settimo
La «pienezza cattolica» secondo i Padri
Le religioni umane secondo i padri 159
Appendice 185
«Il dialogo sul sacerdozio» di San GiovanniCrisostomo 188

Capitolo ottavo
La teologia nella Chiesa
Il dialogo cattolico con Karl Barth 201
Apologetica e teologia 213

Conclusione
Santità di domani 229

Indice dei nomi di persona 235


Capitolo primo
PARADOSSO E MISTERO DELLA CHIESA
ÌAca f n^Lf
J

La riflessione di ogni cristiano sulla Chiesa, durante la sua vita, può


essere utilmente interrotta, (soprattutto se quel cristiano è un teologo),
per qualche tempo almeno. Gli giova tralasciare gli studi critici sulla
Chiesa, le indagini sociologiche, le esegesi, le teorie, le discussioni, in­
somma ogni attività di una teologia che ragiona e cerca, per riposarsi
in uno sguardo contemplativo centrato sull’oggetto del suo studio,
uno sguardo più vicino a quel che un’antica e veneranda tradizione de­
finiva precisamente «teologia». Questo atteggiamento può essere cosa
buona, talvolta anche necessaria, se ammettiamo che l’alfa e l’omega
di questo grande oggetto si riassume in una parola: «mistero». De
Eccleszne mysterio: questo, lo sappiamo, è il titolo del I capitolo,
adottato dalla recente costituzione conciliare Lumen gentium. Ma per
poterci introdurre in esso, cominceremo a seguire una via più mode­
sta. Prima di contemplare il mistero della Chiesa, ne mediteremo il
«paradosso».
(Molti dei nostri fratelli non cattolici non sono abituati al lin­
guaggio e alla forma di sensibilità di questa meditazione. Chiederò
dunque loro, se per caso mi leggeranno, di considerare questo scritto
con pazienza come una semplice testimonianza).
Quale paradosso, nella sua realtà, questa Chiesa, in tutti i suoi
aspetti contrastanti! Quante irriducibili immagini ce ne offre la storia!
In quasi venti secoli, quanti mutamenti sono sopravvenuti nel suo
comportamento, quanti strani sviluppi, quante svolte, quante meta­
morfosi! Ma ancora oggi— e senza neppure parlare delle separazioni
che sono derivate da certe rotture—nonostante le nuove condizioni di
Paradosso e mistero della Chiesa

un mondo che tende alTuniformità, quali distanze, talvolta quale abisso


nella mentalità, nel modo di vivere e di pensare la loro fede tra le
comunità cristiane dei diversi paesi! C’è assai di più: non ci capita
forse di vedere, contemporaneamente e nello stesso luogo, gruppi o
persone, che pur appellandosi gli uni e gli altri con altrettanta energia
alla Chiesa, e dichiarando di votarsi a lei con eguale fedeltà, dò non­
dimeno tra di loro si oppongono quasi in ogni cosa? Questo si veri­
fica a un punto tale che un buon osservatore ha potuto sostenere che
la professione di fede cattolica, lungi dall’essere un principio di unità,
potrebbe sembrare piuttosto un principio di divisione.
La Chiesa... Ma quando cerco io stesso di vederla, dove la posso
trovare? Con quali tratti posso comporre il suo volto? Possono tutti
questi elementi disparati—ciascuno dei quali le appartiene— comporsi
in un volto? Sì, lo credo, la Chiesa è complexio oppositorum\ ma, a
prima vista, non mi è forse necessario riconoscere che l’urto degli
opposita mi nasconde l ’unità della complexio? Questo effetto ottico
proviene soltanto dai punti di vista successivi sotto i quali mi pongo
ad osservare la Chiesa? O non è forse nella Chiesa stessa che sussi­
stono delle incompatibilità? Mi si dice che è santa, e la vedo piena di
peccatori. Mi si dice che essa ha come missione quella di strappare
l ’uomo alle preoccupazioni terrestri, di ricordargli la sua vocazione
all’eternità, e la vedo incessantemente occupata delle cose della terra
o del tempo, come se volesse fard ingolfare là dentro per sempre.
Mi assicurano che è universale, aperta come è aperta l’intelligenza e
la carità divina, ed io costato molto spesso die i suoi membri, per una
spede di fatalità, si ripiegano timidamente in gruppi chiusi, come fanno
ovunque gli esseri umani. La si prodama immutabile, l’unica stabile al
di sopra del turbine della storia, ed ecco che d’improvviso, sotto i
nostri occhi, essa sconcerta una quantità di fedeli coi suoi bruschi rin­
novamenti...
Sì, paradosso della Chiesa. Non è questo un vano gioco retorico.
Paradosso di ima Chiesa fatta per un’umanità paradossale, a cui essa
si adatta talvolta fin troppo. Essa ne sposa le caratteristiche, con tutte
le loro complessità e le loro inconseguenze— con le contraddizioni senza
fine che esistono nell’uomo. Lo costatiamo in ogni secolo, e gli spe-
dalisti della critica e del pamphlet—razza, ahimè, prolifica—possono
a tale proposito eserdtarsi a loro agio e a cuor leggero, allegramente!
Fin dalle prime generazioni, quando essa oltrepassava appena i limiti
della vecchia Gerusalemme, la Chiesa già rifletteva in se stessa i tratti
—le miserie—della comune umanità.
Paradosso e mistero della Chiesa

Ma affiniamo il nostro sguardo. Cerchiamo di vedere oltre le trop­


po superficiali e grossolane apparenze. Scuotiamo di dosso l’illusione
che ci può venire dalla considerazione puramente quantitativa. La quan­
tità maschera sempre l’essenziale, poiché l'essenziale non risiede mai
nella maggioranza, nel gran numero, e non si deduce dalle prime ap­
parenze. Scopriremo allora il paradosso caratteristico della Chiesa, e
proprio questo paradosso ci introdurrà nel suo mistero.
La Chiesa è umana e divina, un dono che scende a noi dall’alto
e che viene su dal basso. È fatta di uomini. E gli uomini, con tutto il
peso di una natura pesante e ferita, oppongono resistenza alla Vita che
la Chiesa stessa si sforza di far penetrare in loro. È rivolta verso il
passato, tutta raccolta in un «memoriale» che sa che non potrà mai
essere superato, e nello stesso tempo è protesa verso l’avvenire; si
esalta nella speranza di un ineffabile perfezionamento (un’ineffabile
consumazione), senza però che nessun segno sensibile le permetta di
intrawedere alcunché. Destinata, così come si manifesta nella sua
forma presente, a scomparire del tutto, come «la figura di questo
mondo», è, dò nondimeno, destinata, nella sua più profonda struttura,
a persistere tutta quanta, a partire dal giorno della sua epifania, quando
apparirà quello che essa veramente è. Multipla e multiforme, è pur
sempre una, di un’unità attivissima ed esigentissima. Essa è popolo, è
grande folla anonima, ma è anche— come esprimersi diversamente?—
l’Essere più personale. Cattolica, cioè universale, vuole che i suoi mem­
bri siano aperti a tutti, eppure essa è perfettamente se stessa solo
quando si raccoglie nell’intimità della sua vita interiore e nel silenzio
dell’adorazione. Umile e maestosa. Si propone d’integrare in se stessa
ogni genere di cultura e di elevare ogni valore, ma vuole anche essere
il focolare dei piccoli, dei poveri, della moltitudine sempre semplice
e misera. Non cessa mai un istante—altrimenti sarebbe la sua morte,
ed essa è immortale—di contemplare colui che è ad un tempo il cro­
cifisso ed il risorto, l’uomo dei dolori ed il Signore della gloria, il vinto
dal mondo ed il salvatore del mondo—il suo sposo sanguinante, il
suo maestro trionfante—il cuore infinitamente aperto e sempre im­
mensamente segreto, da cui ha ricevuto l’esistenza e donde essa attinge,
ad ogni istante della sua storia, la vita che vuole comunicare a tutti.
Ma come descriverla, questa Chiesa, come afferrarla? Quanto più il
mio sguardo cerca di affinarsi, quanto più cerco di eliminare le false
immagini, tanto più salta fuori la sua verità profonda e tanto meno
so dame una definizione. Se poi le chiedo di darmi essa stessa la sua
Paradosso e mistero della Chiesa

definizione, ecco che mi parla con profusione di immagini, prese dalla


sua vecchia Bibbia, ed io mi rendo ben conto che esse non sono delle
semplici delucidazioni pedagogiche, ma altrettante allusioni ad una
realtà che, proprio nel suo punto focale, rimarrà sempre mcompren-
sibile alla mia semplice intelligenza naturale. Sì, anche dopo che questa
Chiesa con uno sforzo raddoppiato di chiarezza logica e precisa, come
non aveva ancora mai fatto, ha appena cercato di darmi una risposta
in questa costituzione—Lumen Gentium—affondo in un mistero la cui
oscurità non si dissipa, quando tento di meditare su di essa.
Ma il mio sguardo non si è sbagliato. Ancor prima di ogni rifles­
sione, mi ha svelato qualcosa che viene confermato poi da ogni suc­
cessiva riflessione. Posso riassumere questo qualcosa in una parola, che
è la più. semplice, la più infantile, la prima fra tutte: la Chiesa è mia
madre. Sì, la Chiesa, tutta la Chiesa, quella delle generazioni passate,
che mi hanno trasmesso la sua vita, il suo insegnamento, i suoi esempi,
le sue abitudini, il suo amore—e quella di oggi; tutta la Chiesa; non
solo la Chiesa ufficiale, o la Chiesa docente, o, come noi diciamo, la
Chiesa gerarchica, quella che possiede le chiavi che le ha affidato il
Signore, ma ancora, più semplicemente e più largamente, la «Chiesa
vivente», quella che lavora e che prega, che opera e che si raccoglie,
che si ricorda e che cerca; la Chiesa che crede, che spera, che ama; che,
in mezzo alle mille situazioni dell’esistenza, tesse tra i suoi membri dei
legami visibili ed invisibili; la Chiesa degli umili, vicini al Cristo: questa
specie di esercito segreto, reclutato dappertutto, che si tramanda anche
in epoche di decadenza, che si dona, che si sacrifica, senza idee di rivolta,
che risale incessantemente la china della nostra pesantezza umana, te­
stimoniando in tal modo nel silenzio che il vangelo è sempre fecondo
e che il regno è già tra di noi. Di più, senz’altra distinzione, la Chiesa
intera è già tra di noi, questo immenso gregge del popolo cristiano,
che, in tanti suoi membri, è così poco cosciente del suo sacerdozio
regale e della comunità fraterna che essi formano. Ma è in questa co­
munità che trovo il mio sostegno, la mia forza e la mia gioia. Questa
Chiesa è mia madre. Ho imparato a conoscerla così sulle ginocchia
di mia madre— secondo la carne— , ho imparato a conoscerla sempre
meglio ad ogni tappa del mio pellegrinaggio attraverso avvenimenti e
situazioni la cui analisi non avrebbe mai fine. La sua esperienza, mi
dice la Chiesa, le permette di crescere, con il passare dei secoli, nella
percezione della verità che le fu rivelata: la mia esperienza, la mia
Paradosso e mistero della Chiesa.

modesta esperienza, posso ben dirglielo, mi ha permesso di crescere,


durante i miei brevi anni, nella percezione di quello che essa è per
me come per ogni fedele, cioè nell’intelligenza della sua maternità.
La parola di madre, la più infantile, la prima, è ancora quella che
riassume meglio la conoscenza acquisita dell’adulto—da chi ha un po’
conosciuto cosa siano gli uomini e quanto ci sia nell’uomo.
La Chiesa è mia madre perché mi ha generato alla vita. È mia ma­
dre, perché non cessa di alimentarmi e, per poco che io corrisponda,
di approfondirmi nella vita. E, se in me la vita è ancora fragile e
tremante, la contemplo però fuori di me nella forza e nella purezza
del suo zampillare. L ’ho vista e toccata in modo indubitabile, e lo
posso attestare a tutti. Sento tutti i rimproveri fatti a mia madre;
certe volte le mie orecchie ne rimbombano persino. Non pretendo che
tali rimproveri siano tutti senza fondamento. Ma tutti questi rimpro­
veri, ed anche tutti quelli che si vorranno ancora aggiungervi, perdono
la loro forza contro l’evidenza di quello che ho detto or ora. La Chiesa
infatti come è tutta intera in quanto sacramento, così è tutta intera in
un solo santo. Questa è infatti la cosa meravigliosa: se i miei occhi
non furono sempre sensibili, è perché non sapevo guardare. Non sa­
pevo vedere la bellezza più rara ed improbabile, la più sconcertante
a prima vista proprio perché inimmaginabile all’uomo; non si trattava
di una perfezione umana compiuta, che avevo potuto sognare, ma di
una particolare e soprannaturale bellezza, che mi dischiudeva dei paesi
sconosciuti e mi disorientava completamente, pur rispondendo a non so
quale richiamo fino allora segreto; una bellezza che, anche se era stata
nel suo primo splendore in un solo essere, avrebbe pur testimoniato a
favore della propria fonte. Tutta la Chiesa è passata in un santo: è
quello che 1 nostri vecchi chiamavano una volta il mistero dell’anima
ecclesiastica— due parole logore e di conseguenza oggi intraducibili, ma
che esprimono una realtà che la storia della Chiesa ci offre sotto i più
svariati esemplari— e che la nostra generazione conosce ancora.
Fortunati quelli che hanno imparato dalla loro madre a vedere la
Chiesa come madre! Ancora più fortunati quelli, a cui l’esperienza, di
qualsiasi natura sia essa stata, avrà dato modo di confermarsi in questo
modo di vederla! Fortunati quelli che furono un giorno presi, e lo
sono sempre più, dall’inaudita novità, ricchezza e profondità di vita
comunicata da questa madre! Questa novità inconcepibile era quella di
cui parlava un s. Ireneo, quando diceva di Gesù: Omnem novitatem
Paradosso e mistero della Chiesa

attuiti, semetipsum ajferens l. (Ci portò ogni novità, presentando e co­


municando se stesso). Tale ricchezza è quella della salvezza promessa
in Gesù Cristo, che s. Paolo andava annunciando a tutti gli uomini per
missione divina, come egli stesso diceva (Eph 2,7; cfr. 1,18). Questa
profondità è quella rivelataci dallo Spirito del Cristo, lui che scruta
le profondità di Dio (1 Cor 1,10). In una parola, la Chiesa è nostra
madre perché ci dà il Cristo. Essa genera in noi il Cristo e d genera,
a sua volta, alla vita del Cristo. Ci dice, come Paolo ai suoi cari Co­
rinti: «Vi ho generato per mezzo del vangelo in Cristo Gesù».
In questa sua funzione materna, la Chiesa è la sposa «gloriosa e
senza macchia» che luomo-Dio ha fatto scaturire dal suo cuore tra­
fitto per unirsela «nell’estasi della croce» e per renderla per sempre
feconda. (Ed ecco perché il suo mistero, come ben lo ricordava uno
dei principali oratori del concilio, sarà sempre legato al mistero della
croce) 2.
Visto questo una volta, e vistolo veramente, non è più necessario
esorcizzare le apparenze per contemplare ed amare la Chiesa come una
madre. Non è neppure necessario aver conservato la freschezzao l ’in­
genuità dei primi anni. Ancor oggi, la Chiesa mi dà Gesù. Me lo
fa capire, m’insegna come vederlo, conserva la sua presenza per
m e3. Dire questo, è dire tutto. Cosa potrei sapere di Lui, quale le­
game potrebbe sussistere tra lui e me, senza la Chiesa? Anche quelli
che la vogliono disconoscere, se ricevono ancora Gesù, sanno essi che
lo devono a lei? «Chi d separerà dalla carità del Cristo? Chi dal­
l’amore di Dio, che è in Gesù Cristo?». Paolo apostolo ben sapeva
che nessuna forza creata avrebbe mai potuto farlo. È per di più ne­
cessario che un legame vivo, nuova scala di Giacobbe, assicuri, nel
corso dei secoli, un passaggio dal Cristo a noi. «Per migliaia e migliata
di credenti (uomini scelti tra i più perspicad), come è stato scritto, il

1 Adversus Haereses, 1. 4, c. 34, n. 1.


2 Cardinale Dòpfner, 4 dicembre 1962: «II mistero della croce è sempre nel
cuore della Chiesa».
3 «Allo stesso modo che una madre spiega al suo bambino il mondo, gli mostra
come lo deve vedere, ecc., cosi la Chiesa, appoggiandosi in definitiva sull’esperienza
della madre del Signore, secondo la carne, che era colei che credeva per eccellenza,
insegna ai suoi figli k parola di Dio; trasmette loro, in virtù della sua esperienza
di madre e di sposa, non solo il senso, ma anche il gusto e il sapore, il carattere
concreto ed incarnato di questa parola». Hans Urs von Balthasar, La gioire et la
croìx, t. i.
Paradosso e mistero della Chiesa

Cristo non ha mai cessato, dopo ogni crisi storica, di riemergere sem­
pre più presente, più pressante, più dilagante che mai» 4, ed infatti noi
crediamo, con s. Paolo, che nessuna crisi della storia d separerà mai
da lui. Ma ima tale sicurezza d proviene proprio dalla Chiesa. Gesù
vive per noi. In quali sabbie si sarebbero però persi, non dico il suo
ricordo o il suo nome, ma la sua viva influenza, l’azione del suo vangelo
e la fede nella sua Persona divina, senza la visibile continuità della
sua Chiesa? Se la prima comunità cristiana, nel fervore della sua fede
e del suo amore, non avesse costituito l’ambiente apportatore dello
Spirito che susdtò gli evangelisti; se questa comunità, di generazione
in generazione, non si fosse conservata sostanzialmente identica, e ca­
pace di trasmettere il culto del suo Signore; se non fossero sorti, al
momento opportuno, uomini di Chiesa, grandi dottori, capi intrepidi
od umili testimoni, a conservare letteralmente inalterato il dogma nel
suo rigore e nella sua semplidtà come, per esempio nel in secolo, quel
buon papa Zefirino, non molto acuto in metafisica, preso tra le saccenti
speculazioni contraddittorie degli Ippoliti e dei Noeti, e come in se­
guito molti altri; se i grandi condii non avessero fissato per sempre
l ’ortodossia cristologica..., cosa sarebbe oggi il Cristo, per noi? «Senza
la Chiesa, il Cristo svanisce, o si frantuma, o si annulla» 5. E cosa ne
sarebbe dell’umanità senza il Cristo? 6
Lo sappia o no, essa ha bisogno di lui. Affiorando con fatica dal
cosmo che l’ha fatto nascere, lo spirito umano, forza irreversibile, ha
bisogno, per compiere il proprio destino divino, della vittoria irre­
versibile del Cristo. L ’umanità deve diventare il corpo del Cristo, per
entrare in Dio con lui. Essa infatti è adottata dal Padre in Gesù, il Fi­

4 Padre Teilhard de Chardin.


5 Padre Teilhard de Chardin.
6 Leggiamo in Dietrich Bonhoeffer queste parole cosi giuste: «Quello che c’im­
porta, in ultima analisi, non è già quello che vuole questo o quell’altro uomo di
Chiesa; quello che a noi importa è sapere che cosa vuole Gesù». E soggiunge: «Non
facciamo noi ostacolo alla parola di Gesù... predicando troppo le nostre opinioni e
le nostre convinzioni personali anziché Gesù stesso?... Tirandoci fuori dalla povertà
e dall'angustia dei nostri problemi personali, bisogna che cerchiamo l’immensa ric­
chezza datad in Gesù Cristo... La totale liberazione dell’uomo, che permette la co­
munione con Gesù, è possibile solo là dove si trova tutt’intero il comandamento di
Gesù, la sua chiamata all’obbedienza senza riserva». (Le prix de la gràce, sermon
sur la montagne, trad. dal frane., Delachaux et Niestlé, Neuchàtel, Svizzera, 1962,
pp. 5-8). Ora, Tesperienza dimostra abbastanza che, appena si rallentano i legami
della Chiesa e con la Chiesa, la figura di Gesù comincia per noi a svanire.
Paradosso e mistero della Chiesa

glio. Ricevendo la vita di lui, e modellandosi su di lui, essa sarà puri­


ficata e trasfigurata. Questa umanità deve «prendere la forma del
Cristo». Tale il disegno di Dio, questo il mistero nascosto alle antiche
generazioni, che il Figlio che era presso il Padre ci ha rivelato «nella
pienezza dei tempi». È dunque per mezzo della Chiesa, nel seno della
Chiesa stessa, che questo disegno deve realizzarsi. Lo Spirito del Cristo
ha messo in essa un «potere unico di divinizzazione». Essa è il sacra­
mento del Cristo. È il canale per mezzo del quale la luce e la forza
del suo vangelo arrivano sino a noi. Nella nostra storia, la Chiesa è
l’asse attorno al quale deve compiersi la grande radunanza mistica. La
Gerusalemme ebraica era solo la debole capitale di una piccola nazione
perpetuamente in balia dei potenti imperi che la circondavano. La Chie­
sa, oggi, nuova Gerusalemme, può sembrarci ancora molto piccola e
debole, la sua crescita compromessa, i suoi mezzi molto irrisori, la sua
stessa testimonianza assai spesso velata. A seconda dei tempi essa subi­
sce l’assalto, brutale o insidioso, di forze potenti, forze della carne e
forze dello spirito, che sembrano talvolta pronte a soffocarla, o a minar­
la e distruggerla. Erede spirituale dell’antica città, vera Gerusalemme,
è pure l’«asse privilegiato centrale», T«asse di progressione e di assimi­
lazione», la «corrente dell’asse di vita» 7, alla quale dovrà finalmente
unirsi tutto quello che deve essere un giorno trasformato, salvato ed
eternizzato. Ad essa viene applicata la profezia del salmista;

Cose gloriose si annunziano di te,


o città di Dio!
«Ricorderò Rahab e Babilonia tra i miei adoratori;
ecco ancora i Filistei,
gli abitanti di Tiro e dell’Etiopia,
là essi sono nati!».
Tutti dicono a Sion: «Madre mia!
Uno per uno, sono nati in lei,
ed è l ’Altissimo che l’ha fondata!»
Yahweh scrive sul registro dei popoli:
«Là essi sono nati!»
(Salmo 86, v. 3-6)

Quanto più l'umanità diventa adulta e si trasforma, tanto più an-

7 P. Teilhard de Chardin, 13 dicembre 1918, ecc.


Paradosso e mistero della Chiesa.

che la Chiesa deve rinnovarsi. Dal suo vecchio tesoro, custodito gelo­
samente, essa sa trarre cose nuove. Ma il suo rapporto con Gesù
Cristo non varia. La forza di generare nuovi figli non si affievolisce.
Lungi dal ripiegarsi su se stessa con timore, essa, la Chiesa, si apre,
generosa e spoglia, accogliente e serena. E quando il suo compito ma­
terno appare non solo immenso, ma impossibile e scoraggiante, tanto
più essa confida nel suo sposo. Ma non tutti i suoi figli la capiscono.
Alcuni si spaventano e si scandalizzano, altri, che poco vivono del suo
Spirito, pensano che sia giunto il tempo d ’introdurre in tutte le cose
«i propri criteri innovatori o sovversivi». In simili circostanze, quelli
che la riconoscono come madre devono esserle più che max attaccati,
attenti come non mai a «rinnovarsi, come dice s. Paolo, con una tra­
sformazione spirituale del proprio giudizio» (Efes 4,23), per poter
compiere la propria missione, in umile ed attiva pazienza. La Chiesa
infatti porta al mondo la speranza.
Ora capita che questa Chiesa santa sia abbandonata da coloro che
hanno tutto ricevuto da lei, resi ciechi ai suoi doni. Di più: il mo­
mento attuale di mostra come essa sia schiaffeggiata da quelli che essa
continua a nutrire. Una ventata di critica amara, universale e priva di
intelligenza, arriva talvolta a far girare le teste ed a guastare i cuori.
Ma proprio allora, contemplando il viso umiliato di mia madre, l’amo
doppiamente. Senza laudarmi in una critica della critica, saprò mo­
strare che l’amo nella sua forma più schiava. E proprio mentre alcuni
restano ipnotizzati dai tratti che le fanno un viso invecchiato, l’amore
mi farà scoprire in lei, con molta più verità, le forze nascoste, le at­
tività silenziose, che la rendono eternamente giovane, «le grandi cose
che nascono nel suo cuore e che convertiranno contagiosamente la
terra» s.
Essa oggi redama da tutti noi uno sforzo di un’ampiezza inusitata,
uno sforzo che corrisponde alle necessità di un’epoca di mutamento. Se
tale sforzo è fatto seriamente, per la Chiesa vi sarà «una nuova prima­
vera». Perché questo accada, bisogna che ne capisca bene le condi­
zioni. Apertura e rinnovamento, queste due parole in cui è riassunto
tutto il programma di un tale sforzo, possono essere prese in un senso
non giusto. L ’apertura richiestami sarà in funzione del mio radica­
mento nell’essenziale. Il rinnovamento che devo promuovere sarà in
funzione della mia fedeltà. «Soltanto un autentico cristianesimo è una

3 P. Teilhard de Chardin.
Paradosso e mistero della Chiesa

forza di salvezza per il mondo». Me infelice, se, sotto pretesto di aper­


tura o rinnovamento, mi metto ad adorare, come diceva Newman, delle
creazioni del mio spirito, vaghe e pretenziose, anziché adorare il Figlio
eternamente vivo nella sua Chiesa; guai a me, se riponessi la mia con­
fidenza in novità del tutto umane, il cui calore momentaneo è già solo
quello di un cadavere, destinato a sparire ben presto; guai a me se
volessi comporre da solo il mio credo, bene o male che sia, estraendolo
dai pozzi profondi della verità, invece di appoggiarmi alla saggezza ed
alla purezza di cui lo sposo ha dotato definitivamente la sua sposa9!
Possa io sempre capire che solo il mio attaccamento alla sua tradizione,
che non è un peso ma una forza, sarà principio di fecondo ardimento10!
Per ben consolidarmi in questi pensieri, terminando farò appello a
due testimoni; li invocherò come due intercessori.
Il grande s. Agostino mi dice: «Se amiamo la Chiesa, riceviamo lo
Spirito di Dio. Se d rallegriamo di portare il nome di cattolid e di
professarne la fede, allora la carità d raccoglie insieme e d unisce».
Pochi uomini hanno avuto il genio intellettuale, l'esperienza intima
e la forte personalità di un s. Agostino. Pochi uomini, ammettendo che
ce ne siano stati, furono come lui esploratori del proprio io, e ad un
punto tale da modellare la nostra umanità ocddentale per molti secoli.
Pochi, d’altra parte, hanno sofferto quanto lui, nella Chiesa, di doversi
sentire urtato di fronte a una Chiesa ridotta a «forma di schiava». Ma
davanti ai suoi occhi nessuna grandezza individuale, nessuna interiorità
hanno alcun valore, se frappongono un ostacolo al dono di Dio che
giunge all’uomo per mezzo della Chiesa. Sa bene che «lo spirito libe­
ratore della Chiesa è indissolubilmente legato alla sua esistenza in corpo

9 Cfr. Ne-wman, Sermon sur VìHumìlìation du Fils éternél.


10 Cfr. Yves Congar, o.p., Cbangements et continuiti àans l3Eglise: «Questa Chiesa
è essenzialmente una comunione: io vi esisto se partecipo ad una vita che d è co­
mune, che viene cioè dallo stesso capo, dalla stessa anima, dagli stessi princìpi.
Questa realtà concreta, superspaziale ed ultra-temporale, mi avvolge, mi porta, mi
genera e mi nutre nel mio essere spirituale. Cosa sarei io, cosa sarebbe la mia fede,
la mia preghiera, se fossi ridotto a me stesso e messo, solo, di fronte alla Bibbia? E
d’altra parte, in virtù di che cosa vi sarebbe allora una Bibbia? Ho ricevuto tutto
dalla Chiesa, il mio apporto ad essa è solo un’infima restituzione, derivata tutta
quanta dal tesoro che essa mi ha comunicato. Io sono solo un momento di una vita
immensa che si personalizza in me (ed è magnifico questo aspetto personale!), che
mi avvolge ed è nello stesso tempo più grande di me, che mi ha preceduto e che mi
seguirà. Non è cosa, dunque, che viene da me!» (In La Trance catholique, marzo
1967).
Paradosso e mistero della Chiesa

organizzato»11. L ’ha capito, sempre meglio. Ed ha ugualmente ben. ca­


pito che non può esservi nessuna sofferenza più forte della forza che
il legame dell’umanità cattolica possiede. Qualsiasi pretesa personale che
toccasse questa unità sarebbe sacrilega; proverrebbe soltanto da un «fal­
so amante della sposa»: il vero «amico dello sposo» vigila gelosamente,
e prima di tutto in se stesso, sull’incorruttibilità della sposa. Né la più
grande scienza, dice incessantemente Agostino, né la più profonda sa­
pienza hanno ragione, ma la massima obbedienza e la più profonda
umiltà. Non vuole più essere solo l’uomo di Chiesa, colui che predica
infaticabilmente l’unità, l’unità che vince su ogni genere di divisione,
l’unità che è amore e per mezzo della quale l’amore ha la sua ultima
parola. Per s. Agostino come per Ireneo, «dov’è la Chiesa, là vi è lo
Spirito di Dio». «Quanto amiamo la Chiesa di Cristo, altrettanto pos­
sediamo lo Spirito santo». La preoccupazione fondamentale dell’unità
della Chiesa e della sua vita intima che si manifesta in un tal modo,
sembrerà angusta solo a chi non abbia capito l’universalità dell’uomo-
Dio: «La Chiesa è l’orizzonte chiaro, insuperabile, della redenzione del
Cristo, così come il Cristo è per noi l’orizzonte di Dio» 12.
E voglio scegliere tra gli uomini di Chiesa, miei padri nella fede,
un secondo intercessore, assai diverso dal geniale Agostino, un uomo
vicinissimo a noi, quello che chiamiamo «il buon papa Giovanni» 13.
Non era quello che dicono -un riformista; non un ideologo; non un
uomo sdegnoso del passato, né uno spirito portato sempre alla cri­
tica. Era un buon prete, dalla fede «viva e semplice», con un genere
di vita tradizionale e con una pietà classica. Gli piaceva rievocare i
suoi modelli, «quei buoni vecchi preti bergamaschi di una volta, la cui
memoria è benedetta». Leggeva con gusto PImitazione ài Cristo ed i
M oralia di s. Gregorio. Amava Maria Vergine, meditando con lei nella
recita del rosario. L ’attrattiva «per un’intima unione con Dio» che
aveva ricevuto, la nutriva sia con ritiri, sia perseverando in una saggia

11 P. Teiihard, 4 novembre 1916. Dello stesso, nel 1935: «Fortunati noi che ab­
biamo l’autorità della Chiesa! Abbandonati a noi stessi, andremmo alla deriva, e
fino a qual punto?». Cfr. Mons. de Solages, Teilbard de Chardin (Privar, 1967),
p. 341.
12 Hans Urs von Balthasar, introduzione a s. Agostino, Le visage de l’Église
(txad. frane., coll. «Unam Sanctam», éd. du Cerf, Parigi, 1959). Già l’elezione di
Israele aveva suscitato «lo scandalo del particolarismo».
13 Cfr. Georges Chantraine sj‘, Optìmisme, angozsse et espérance chez Jean X X III,
in Nouvelle revue théologique, 1964, pp. 369-387.
Paradosso e mistero della Chiesa

ascesi. Liberale verso tutto quello che «lascia intatto il sacro deposito
della fede», come egli amava dire, era però diffidente verso quanto
poteva essere «pretesa e ricerca di personale affermazione» e manteneva
se stesso ben vigile contro «il mortale nemico che corrompe tutto
quello che facciamo». L ’amore e la fedeltà verso la Chiesa hanno di­
retto la sua vita. Così egli ci è stato rivelato dal «Giornale dell'ani­
ma», un documento pieno d'attrattiva, pubblicato dopo la sua morte 14.
Tale fu l’uomo che ha saputo, al momento decisivo, con un «improv­
viso impulso», orientare la barca di Pietro «verso nuove forme di
sentire, di volere, di agire». Neppure in quell’occasione, il buon papa
Giovanni ha alzato il tono; non ha rinunciato né alla sua bonomia,
né al suo equilibrio; con il suo motto «obbedienza e pace» 15 ha con­
tinuato ad abitare «il mare tranquillo e sicuro della volontà di Dio».
E supplicava i suoi auditori d’implorare per lui, tutti i giorni, la grazia
di essere conformemente a Gesù, «dolce ed umile di cuore». Ma lo
Spirito, un giorno, richiamato da questa fedeltà, era passato attraverso
quest’umile esistenza. Il vero Spirito di Dio. Il solo ispiratore di un
autentico rinnovamento. Un grande soffio profetico ha risvegliato, per
così dire, tutta la Chiesa, ha oltrepassato i propri limiti, e nel mede­
simo tempo che il papa buono «trovava, senza averlo cercato, il cam­
mino del cuore degli uomini d’oggi», in tutto il mondo si ebbe dì
nuovo l’evidenza che la Chiesa viveva.

14 «.Giornale dell'anima ci trasmette un messaggio di capitale importanza: solo


scoprendo prima di tutto alcuni elementi dell’ascesi cristiana più elementare, —tutto
il senso di umanità, la dolcezza, l’abbandono—possiamo toccare, come cristiani ed
apostoli, l’umanità contemporanea. Le parole si ripetono ad ogni pagina...». V. Wal-
grave op, Essai d’autocritique d’un ordre rélìgieux {Bruxelles, 1966), pp. 147-148,
15 Cfr. Wolfgang Seibel sj, «Gehorsam und Friede», Gestalt und Werk Johannes
X X III, in Geist und Leben, 1963, pp. 246-270. André Manaranche sj, Uhomme
dans son univers (éd. ouvrières, Parigi 1966), p. 11: «Ogni dinamismo procede
dall’interno: in Giovanni xxin vediamo una volta di più che la parola di Dio, ca­
duta silenziosamente sul terreno fertile di un cuore che crede, è capace di fruttificare
in avvenimenti di portata mondiale, di trascinare gigantescamente al largo tutta la
Chiesa; il pozzo limpido di un uomo di fede ha lasciato traboccare la sua acqua
viva sulla storia (Gv 7,37), e la parola mormorata al suo orecchio si è largamente
diffusa al di sopra dei tetti (Mt 10,27)».
Capitolo secondo
IN QUALE SENSO LA CHIESA È MISTERO?

La Chiesa è mistero, cioè, citando le espressioni di Paolo vi alla


apertura della seconda sessione del concilio, «una realtà impregnata
della presenza di Dio, e, per conseguenza, di una natura tale che am­
mette sempre nuove e più profonde esplorazioni di se stessa» e in
virtù di questa esplorazione, ci dice ancora il papa nell’enciclica Eccle-
siam suam, l’esperienza dell’anima fedele è più importante della teo­
logia pura, poiché piuttosto che oggetto di un concetto chiaro, il mi­
stero deve essere un fatto vissuto 2.
Cerchiamo anzitutto di tratteggiare brevemente le caratteristiche di
questa nozione di mistero. Cerchiamo di farlo, seguendo non l’idea
generale che potrebbe farsene la nostra ragione (è questo il vizio di
metodo da cui ha voluto liberarci la costituzione Dei Verbum, a pro­
posito della nozione connessa di «rivelazione»3), ma seguendo ciò che

1 Discorso d’apertura della seconda sessione, 29 settembre 1963 (a a s , 55, p. 848).


2 Enciclica ’Ecclesìam suam (a a s , 56, 1964, pp. 623-624): «Probe novimus hoc
mysterium esse, et quidem Ecdesiae mysterium... At Ecdesiae mysterium non ejus-
modi veritas est, quae sdentiae theologicae finibus continca tur, sed in ipsam vitae
activam transire debet; adeo ut Christi fideles, antequam clarani de hac veritate
notionem animo contipiant, eam quasi esperimento naturae suae consentaneo co-
gnoscere possint» (Sappiamo bene che questo è mistero. È il mistero della Chiesa...
Il mistero della Chiesa non è semplice oggetto di conoscenza teologica, dev’essere
un fatto vissuto, di cui, ancora prima di una sua chiara nozione, l’anima fedele può
avere quasi connaturata esperienza).
3 Dei verbum, c. I. Questo vizio di metodo è stato messo in evidenza, a propo­
sito dell’eucaristia, dal R.p. Louis Bouyer, Eucharistie (Desdée, Parigi-Toornai,

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