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PROBLEMI DI EDUCAZIONE ED ISTRUZIONE IN ROBERTO ARDIGÒ

Author(s): Luigi Ambrosoli


Source: Rivista di Storia della Filosofia (1984-) , 1991, Vol. 46, No. 1, Roberto Ardigò
nella cultura italiana e europea tra Otto e Novecento (1991), pp. 189-199
Published by: FrancoAngeli srl

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PROBLEMI DI EDUCAZIONE ED ISTRUZIONE
IN ROBERTO ARDIGÒ

di Luigi Ambrosoli

SUMMARY. New studies on Positivism and its influence on the evolution


of italian society allow to attribute to Roberto Ardigò a more significant
role in italian cultural history between national unity and First World War.
This paper stresses Ardigò 's interest in popular education considered as
the more effective means to improve the moral conditions of the people .
It also discusses his relations with leftist movement and his contribution
to «L'Università popolare» of Luigi Molinari.

Giuseppe Lombardo Radice dava, nel 1912, il seguente giudizio della


pedagogia del positivismo: «Il positivismo fu particolarmente infecondo
nel campo del pensiero pedagogico; buono a mettere nell'apparato dello
schematismo scientifico la verità del più elementare buon senso, o a pro-
muovere la cosiddetta esperimentazione pedagogica, come se l'educatore
da essa, dall'esterno, potesse ricevere guida e lume. Giudizio che si adatta,
soprattutto nella prima parte, anche all'opera pedagogica del maggiore
dei positivisti italiani, l' Ardigò»1.
L'impostazione dell'intervento del Lombardo Radice discendeva dalla
polemica antipositivistica che Croce e, soprattutto nel settore pedagogico,
Gentile stavano conducendo dettando o imponendo progressivamente un
indirizzo di pensiero che aveva come obiettivo «la caccia alla strega dello
scientismo da parte dello spiritualismo perenne» nel momento in cui, secon-
do il Bobbio, il positivismo era finito dovunque2. Anche Turati, com-

1. G. Lombardo Radice, Verso una nuova pedagogia e una nuova educazione


italiana , «La Voce», a. IV (1912), n. 51, p. 966, ora in La cultura italiana del
'900 attraverso le riviste , v. III: « La Voce», a cura di A. Romanó, Torino, 1960, p. 507.
2. N. Bobbio, Profilo ideologico del Novecento italiano , Torino, 1986, p. 8.
Si veda, ora: L. Zanzi, Dal «nuovo» positivismo allo storicismo scientifico: una
cultura sommersa dall'egemonia dell'idealismo , «Miscellanea storica ligure», Studi
in onore di Luigi Bulferetti , a. XVIII, n. 1, pp. 447-553.

Rivista di storia della filosofia n. 1, 1991

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190 Luigi Ambr osolí

memorando Ardigò, aveva


e contro il positivismo erano
che» costituenti «la nuova m
reazionario»3.
La polemica antipositivistic
cuna distinzione o riserva, f
del metodo, del linguaggio,
passo con l'esaltazione della
e in particolare della sua [d
Il giudizio gentiliano influen
va il positivismo «conseguen
lare» e decretava il fallimen
o nel De Dominicis, si sarebbe ridotta a «una sistemazione disorganica
dei dati della biologia»5. Più avanti, però, Gobetti avvertì le conseguenze
alle quali, attraverso la riforma scolastica del 1923, l'idealismo era pervenu-
to in una prospettiva rigorosamente conservatrice.
Di natura diversa il giudizio pronunciato da Antonio Gramsci, alcuni
anni dopo il Gobetti, sulT Ardigò perché dettato da considerazioni di ordine
politico: l'Ardigò era stato un tiepido democratico, «alleato di Alessandro
Luzio» e non conosceva «neanche gli elementi primi del materialismo sto-
rico»6.
Eppure l'Ardigò aveva stretto legame di amicizia, solidarietà e collabora-
zione con i gruppi democratici più avanzati e i contributi offerti alle riviste
del Ghisleri e del Turati lo stanno ad attestare7, tanto che il Bulferetti
può parlare di una «collusione tra democratici socialisteggianti [come TAr-
digò] e socialisti rivoluzionari»8. Ma i problemi della società italiana tra
l'unità e la fine del secolo furono essenzialmente di adeguamento delle
condizioni di vita della penisola a quelle degli altri paesi europei e ai po-

3. Cit. in: F. Catalano, Filippo Turati , Milano, 1957, p. 205. Cfr.: «Critica socia-
le», a. XXX (1920), p. 285, Necrologi di Roberto Ardigò di Filippo Turati e Rodolfo
Mondolfo.
4. R. Fornaca, L'eredità pedagogica dell'idealismo , in La pedagogia italiana del
secondo dopoguerra. Atti del convegno in onore di Lamberto Borghi, 8-9 ottobre
1986, a cura di G. Tassinari, Firenze, 1987, p. 11.
5. P. Gobetti, Libri nuovi , «L'ordine nuovo», 24 gennaio 1921, ora in Scritti
storici, letterari e filosofici , a cura di P. Spriano, Torino, 1969, pp. 494-495.
6. A. Gramsci, Quaderni dal carcere , a cura di V. Gerratana, v. I, Torino, 1975,
p. 429.
7. Cfr.: I periodici ghisleriani , a cura di A. Benini, Bergamo, 1979, passim; A.
Benini, Arcangelo Ghisleri. Saggio di bibliografia , Cremona, 1970, passim; La scapi-
gliatura democratica. Carteggi di Arcangelo Ghisleri 1875-1890 , a cura di P.C. Masi-
ni, Milano, 1961, pp. 127-130; Sei lettere di R. Ardigò a F. Turati e A. Kulisoioff,
a cura di L. Cortesi, «Rivista storica del socialismo», a. I (1958) n. 1-2, pp. 41-44.
8. L. Bulferetti, Le ideologie specialistiche in Italia nell'età del positivismo evolu-
zionistico , Firenze, 1951, p. 228.

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Problemi di educazione ed istituzione in Roberto Ardigò 191

sitivisti, impegnati nella loro silenziosa speculazione, sfuggì, in parte alme-


no, questa esigenza.
L'Ardigò appare, più degli altri, «raccolto nell'instancabile ricerca filo-
sofica»9 estraneo a iniziative di carattere pratico, a differenza dell'altro
positivista, Pietro Siciliani, impegnato in una continua serie di interventi
nel campo della scuola e della formazione degli insegnanti10, o di caratte-
re propriamente politico, come Aristide Gabelli e Pasquale Villari. Nono-
stante la vasta rete di amicizie, con la quale mantiene una fitta corrispon-
denza, nonostante la venerazione ostentata nei suoi confronti da scolari
e colleghi, egli appare abbastanza isolato e si è voluta riferire la sua timi-
dezza ed il ritegno ad apparire pubblicamente come conseguenza della sof-
ferta decisione assunta di abbandonare il sacerdozio, dopo essere stato
canonico del duomo di Mantova, essendo venute meno in lui le convinzioni
religiose11.
Per lui, formatosi a fianco di quel prete straordinario che era stato
monsignor Luigi Martini, il «confortatore» dei martiri di Belfiore12, non
si trattava tanto di dissensi e di contrasti con l'autorità ecclesiastica13 ma

9. I. Zambaldi, Storia della scuola elementare in Italia , Roma, 1975, p. 285.


10. Cfr. la recente raccolta di studi su Siciliani e la sua attività a favore dei
maestri e della scuola italiana: Pietro Siciliani e il rapporto università-scuola , a
cura di G. Balduzzi e V. Telmon, Bologna, 1987.
11. «Meriterebbe un'indagine minuta ed attenta la vicenda dei preti spretati nel
periodo successivo all'unità e la loro larga presenza nella vita pubblica e in particola-
re in quella culturale»: M. Raicich, Scuola , cultura e politica da De Sanctis a Gentile ,
Pisa, 1981, p. 190; «Il caso dei sacerdoti apostati rappresenta un caso a parte
nella storia della formazione di una cultura laica e progressiva in Italia»: A. Asor
Rosa, La cultura , in Storia d'Italia , v. 4o, t. II, p. 881, Torino, 1975. Raicich
e Asor Rosa fanno riferimento a Cristoforo Bonavino (Ausonio Franchi), Bertrando
Spaventa e Robertò Ardigò. A questi nomi aggiungerei almeno quello di Stefano
Bissolati, padre di Leonida; cfr.: P.C. Masini, Stefano Bissolati: la protesta di
un ex prete , in Eresie dell'Ottocento , Milano, 1978, pp. 113-132.
12. In Mantova persisteva la «tradizione cattolico-liberale del Tazzoli e dei suoi
seguaci e si andava consumando proprio in quel torno di tempo l'apostasia dalla
religione cattolica di Roberto Ardigò»: G. Verucci, L'Italia laica dopo l'unità , Bari,
1981, p. 162. Cfr. anche: Monsignor Luigi Martini e il suo tempo (1803-1887).
Atti del convegno di studi nel centenario della morte, a cura di L. Bosio e G.
Manzoli, Mantova, 1980, p. 210; Giovanni Landucci, La crisi del clero mantovano
e la conversione di Roberto Ardigò , in «Rivista di storia e letteratura religiosa»,
a. XVI (1980), pp. 20-62.
13. Qualche scritto polemico nei confronti del vescovo intransigente di Mantova
Pietro Rota pubblicò l'Ardigò nel giornale socialista «La Favilla» (G. Verucci, op.
cit., p. 307). Nel 1883, invece, «La Favilla», insieme all'altro giornale mantovano,
democratico-radicale, «La libera parola», deplorava l'adesione dell'Ardigò al comi-
tato monarchico del pellegrinaggio patriottico a Roma; entrambi i giornali pubblica-
rono la lettera con cui il filosofo giustificava quella decisione. Un altro giornale
mantovano, «Il Mincio», organo della società democratica, pubblicò la commemora-
zione di Garibaldi tenuta dall'Ardigò.

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del crollo dell'intera costruzione storica e teorica che l'aveva indotto a


intraprendere la vita religiosa ed a seguirla fino a quel momento14. L'in-
segnamento nel liceo di Mantova, dove ebbe scolari illustri15 e la successi-
va nomina a professore nella università di Padova16 non erano stati moti-
vi sufficienti per liberarlo dal complesso di inferiorità che non manca di
emergere dalla sua corrispondenza e che lo indusse a rinunciare a molti
inviti di partecipare a convegni, congressi, riunioni. Nello studio padovano
fu sempre a disposizione degli studenti ed anche di persone estranee all'uni-
versità, le sue lezioni furono sempre affollate, la sua puntualità nell'assol-
vere agli impegni accademici costante e molto sentita17. La sua biografia
si riduce a queste poche annotazioni, rimane entro questi confini.
Dal febbraio 1888 (anno accademico 1887-88) all'anno accademico 1890-
91 viene incaricato, accanto a quello di filosofia di cui è titolare, dell'inse-
gnamento della pedagogia18; due uditori del corso raccolgono le lezioni
che, da lui rivedute, vengono pubblicate nel 1893 19 e ristampate più volte
negli anni successivi.
Le linee fondamentali del pensiero dell'Ardigò non si distaccano molto
dalla pedagogia del positivismo italiano. Aspetti rilevanti di esso sono l'op-
posizione ad ogni forma di dogmatismo20 e quindi ad ogni insegnamento
richiamantesi ad una confessione religiosa e indirizzato al proselitismo a

14. G. Tarozzi, Roberto Ardigo , Roma, 1928, p. 260. Sul Tarozzi biografo del-
l' Ardigò cfr.: F. Cambi, L'educazione tra ragione e ideologia. Il fronte antidealistico
della pedagogia italiana 1900-1940 , Milano, 1989, pp. 61-62.
15. Sui rapporti dell'Ardigò con l'ambiente mantovano e sull'influenza esercitata
dal suo insegnamento e dal suo esempio, cfr.: R. Salvadori, La repubblica socialista
mantovana da Belfiore al fascismo , Milano, 1966, pp. 33, 38, 59. M. Raicich,
op. cit., pp. 106-107 riferisce che l' Ardigò, nel rispondere al questionario dell'inchie-
sta Scialoja (1872-73), esprimeva il parere che fosse opportuno escludere la lettura
prevalente dei trecentisti dalle classi secondarie inferiori per sostituirla con quella
«dei più recenti scrittori popolari».
16. Fu Guido Baccelli ad assegnare ad Ardigò, senza concorso, la cattedra di
filosofia dell'università di Padova. Il Baccelli era professore di clinica medica a
Roma e, per la nomina dell'Ardigò dovette «affrontare coraggiosamente le opposi-
zioni e le ire di certi ambienti» (G. Cosmacini, Medicina , ideologia , filosofia nel
pensiero dei clinici , Storia d'Italia , Annali , v. IV, Torino, 1981, p. 1169). Siamo
negli anni in cui il pensiero laico mantiene il sopravvento sullo spirito confessionale.
17. Un falegname analfabeta di idee socialiste chiese ad Ardigò di riceverlo; il
filosofo acconsentì e gli donò una sua fotografia con dedica: Tiziano Merlin, Gli
anarchici, la piazza e la campagna. Socialismo e lotte bracciantili nella bassa padova-
na , Vicenza, 1980, pp. 123 e 131.
18. F. De Vivo, L'insegnamento della pedagogia nell'università di Padova durante
il secolo XIX , Padova, 1983, pp. 57-61. Cfr.: AA.VV., Il bambino e la sua cultura
nella Padova dell'Ottocento. Mostra storico-didattica a cura del settore di letteratura
giovanile dell'università di Padova, Padova, 1981, passim.
19. R. Ardigò, La scienza della educazione , Padova, 1893.
20. D. Bertoni Jovine, Storia della scuola popolare in Italia , Torino, 1954, p. 387.

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Problemi di educazione ed istituzione in Roberto Ardigò

favore di essa21, Paffermazione dell'esigenza di con


to gli aspetti psicologico e fisiologico22, il rischia
valutazione del rapporto tra opera educativa e con
locazione a fondamento dell' insegnamento della esp
ciullo, considerando l'apprendimento come un processo naturale che va
dalle sensazioni alla idee24, l'invito a liberare l'azione educativa da tutto
quanto possa essere risultato di artificio e di meccanismi costruiti astratta-
mente, come nel caso del metodo di Froebel per le scuole dell'infanzia25,
la definizione delle finalità e degli obiettivi da assegnare ad ogni grado
dell'insegnamento, dal primario al secondario26.
Se il Lombardo Radice, come si è notato all'inizio, aveva accusato il
pensiero pedagogico positivistico di far passare per risultati scientifici con-
siderazioni emergenti dall'elementare buon senso, va osservato come, nel
caso dell' Ardigò si è di fronte ad una proposta abbastanza complessa nella
quale acquista rilievo particolare il riferimento alla natura del fanciullo
ed alla conoscenza di essa27. Il termine Scienza dell'educazione che l' Ar-
digò usa nell' intitolare il suo libro va inteso non tanto come aspirazione
ad un sistema scientifico di educazione quanto come esigenza di dare all'e-
ducazione, soprattutto a quella affidata alle cure dello stato, un'imposta-
zione razionale, richiamantesi ad alcuni inderogabili principi28. Ne La
scienza dell'educazione (che è la raccolta delle sue lezioni universitarie di
pedagogia) egli volle fissare alcuni ipotesi di lavoro che riteneva necessario
trasmettere ai suoi alunni per la loro futura attività di insegnanti e che

21. La scuola statale, gestita direttamente dalla collettività attraverso i suoi organi
rappresentativi, garantiva l'autonomia dalle confessioni e dai pregiudizi ideologici;
l'Ardigò riconosceva, però, l'apporto all'educazione popolare che, prima della nasci-
ta della scuola statale, avevano offerto le scuole ecclesiastiche (T. Tornasi, L'idea
laica nell'Italia contemporanea (1870-1970), Firenze, 1971, p. 71).
22. E. Garin, Cronache di filosofia italiana ( 1900-1943 ), Bari, 1955, riconosce
all'Ardigò il merito di aver rilevato l'importanza dell'indagine psicologica; cfr. anche
T. Tomasi, L'idea laica, cit.. d. 71.
23. I. Zambaldi, op. cit., p. 288; R. Ardigò, La scienza , p. 117.
24. R. Ardigò, op. cit., p. 129 sgg.
25. R. Ardigò, op. cit. p. 135. L'Ardigò osserva che nel metodo froebeliano
si presenta una «coercizione» che può arrestare e ostacolare lo sviluppo dell'intelli-
genza. Cfr.: T. Tomasi, L'educazione infantile tra stato e chiesa , Firenze, 1978,
p. 91; G. Calò, Ferrante Aporti e la pedagogia italiana dell '800, in: AA.VV., Ferran-
te Aporti nel primo centenario della morte , Brescia, 1962, p. 165.
26. R. Ardigò, La scienza , cit., p. 133.
27. «Nell'educazione si arriva ad un affetto che è una formazione naturale. E
per formazione naturale intendo tutto ciò che esiste e che avviene in natura, sia
pure col concorso dell'opera volontaria dell'uomo; il quale aiuta la natura coll'arte»:
R. Ardigò, La scienza , cit., p. 13.
28. F. Cambi, Il congegno educativo. Metateoria ermeneutica e modernità , Bolo-
gna, 1986, p. 56; G. Perugi, Educazione e politica in Italia 1860-1900 , Torino,
1978, pp. 18-19 e 93.

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costoro avrebbero verificato


rienza. La attività educativa
te come ricerca e sperimen
dologici consente oggi, di f
ultimi cinquantanni la rifl
spensabile spirito critico m
intransigentemente da ideal
L'istruzione non può che un
procede per gradi dall'indis
che risulta evidente a ciò c
che è arduo da cogliere nei
si opera l'educazione dell'int
Ma prima di possedere tutti
avere delle «anticipazioni»
di proseguire negli ulterior
delle anticipazioni, suscitatr
ranno risposta in seguito, s
del pensiero dei posteri des
Accanto a queste consider
disperse ne La scienza dell
suggerimenti didattici atte
nella sua attività, un metodo preciso; così egli parla della opportunità
di enunciare lo scopo e l'argomento della lezione prima di introdursi in
essa per creare la massima concentrazione degli alunni; così egli raccoman-
da l'uso di tabelle e di quadri sintetici conclusivi; così egli insiste perché
ogni proposta di studio e ogni trasmissione di conoscenze rispecchi la natu-
ra del fanciullo e sia presentata in modo da stimolarne l'attività31.

29. Si veda, in particolare: R. Fornaca e R.S. Di Poi, La pedagogia scientifica


del '900, Milano, 1981 nella cui introduzione vengono indicati i meriti del positivi-
smo rispetto alla pedagogia successiva: «Il positivismo filosofico e pedagogico del
secolo scorso [...] ebbe l'indubbio merito, pur in mezzo a marcate contraddizioni,
di cogliere l'importanza del metodo scientifico, di insistere sulla dimensione naturale
e sociale dell'educazione, di puntare sulle tesi evoluzionistiche, di individuare nella
psicologia e nella sociologia le discipline e nello stesso tempo le metodologie più
adeguate per capire i fenomeni educativi, di approfondire gli studi dei processi
conoscitivi, di cominciare ad impostare il rapporto tra logica e linguaggio, di insiste-
re sulla necessità di conoscere i condizionamenti ambientali, di rendersi interpreti
dei cambiamenti intervenuti in seguito alla rivoluzione industriale, ai processi pro-
duttivi, alle nuove tecnologie, alla richiesta di una cultura basata sui dati, sui fatti,
sull'osservazione, sulla sistemazione scientifica, sul modo nuovo di concepire la reli-
gione, la morale, l'arte, il diritto, la gestione della giustizia» (pp. 2-3).
30. I. Zambaldi, op. cit., p. 291.
31. Di «vigore del naturalismo pedagogico» dell' Ardigò parla L. Cortesi, Turati
giovane. Scapigliatura , positivismo, marxismo, Milano, 1962, p. 9. Cfr. A Santoni
Rugiu, Il professore nella scuola italiana: dal ' 700 alle soglie del Duemila, Firenze,
2a ediz. 1981; p. 244.

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Problemi di educazione ed istituzione in Roberto Ardigò

Significativo, e frutto certo della sua formazione


mento a Vittorino da Feltre il quale «volle che la s
scuola gioiosa»32 senza che ciò dovesse lasciar inte
dell'istruzione consistente soltanto in «esercizj piac
inevitabilmente fatica, una fatica da razionalizzare
i fanciulli. Gli asili, secondo la concezione espressa
neo di Ardigò, Ferrante Aporti, non vanno intesi s
di fanciulli ma come luoghi della primissima e mis
istruzione: «L'insegnamento primario - egli scrive -
asili e nella scuola elementare. Quelli educano il ba
anni; questa segue l'opera iniziata dall'asilo»33.
Va sottolineato, inoltre, il rilievo che l' Ardigò dà
che considera, respingendo il concetto di «missione
tocento, come persona investita di una responsabilit
citare con correttezza e controllo costante del prop
L'Ardigò fu contrario alla tendenza, diffusasi sop
Coppino del 1877, di organizzare conferenze, semi
per aggiornare i maestri sulle nuove conquiste dell
positivo. Si trattava, a suo avviso, di interventi sup
creare confusione nelle menti degli insegnanti piut
la loro cultura e la loro professionalità34. Spirito
Ardigò respinse ogni iniziativa di proselitismo, anch
delle sue convinzioni; ognuno doveva maturare auto
concezione filosofica e religiosa e il positivismo n
«confessione» e disporre dei suoi missionari, ma dov
tato complesso di ipotesi sulla realtà da sottoporre
e vaglio critico.
Nel 1882 Ardigò sostenne il distacco della filosofia
nelle quale appariva sacrificata ed aveva scarse poss
non nascondendo le difficoltà di realizzare tale pr
l'istituzione di una autonoma facoltà di filosofia articolata in tre sezioni:
psicologica , con gli insegnamenti di matematica, fisica, biologia, neurolo-
gia, antropologia, psicologia sperimentale e pedagogia; etica con gli inse-
gnamenti di linguistica, mitologia comparata e storia delle religioni, storia
universale delle letterature e delle arti, storia universale della politica, socio-
logia; storica con gli insegnamenti di metafisica, logica, etica propedeuti-

32. R. Ardigò, La scienza , cit., p. 41.


33. Op. cit., p. 133.
34. I. Zambaldi, op. cit., p. 304; D. Bertoni, La scuola in Italia , cit., p. 89
annovera V Ardigò tra i collaboratori, nel 1880, delP« Avvenire dei maestri elementa-
ri». Articoli dell' Ardigò in quegli anni compaiono in molti periodici ma raramente
si tratta di collaborazioni dirette; quasi sempre sono articoli riportati da altri giorna-
li.

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ca e storia della filosofia u


tà di teologia, si trattava,
di creare un corso di studi
mento teorico dei problem
Quanto alla scuola seconda
vigente e imperante legge
«destinata a formare la cul
to completamente estraneo
l'inizio del '900 (ma occorre tener presente che nel momento in cui le
proposte di riforma scolastica vengono avanzate con maggiore intensità,
Ardigò ha superato i settantanni), sul riordinamento degli studi e sull'isti-
tuzione della scuola media unica37. La sua concezione della scuola man-
tiene, nonostante le manifestate simpatie democratiche e socialistiche, un
carattere aristocratico; egli pensava, come altri positivisti, ad una riforma,
in senso certamente più aperto del presente, delle istituzioni borghesi, non
al loro rovesciamento e la considerazione della scuola come strumento
di mobilità sociale gli era del tutto estranea38.
A chi, invece, temeva che, venuta meno la religione, nulla sarebbe rima-
sto «a contenere la furia selvaggia delle basse passioni irrompenti dalle
asperità della vita della massa maggiore, inevitabilmente, non agiata della
popolazione» egli rispondeva che sarebbe prevalsa la «natura» degli uomini
e ad essa affidava il mantenimento dell'ordine sociale e precisava: «Il regno
della giustizia tra gli uomini [...] non andrà sostituendosi al regno del
fato, cieco, inesorabile, inclemente, ossia alla reazione determinata dalla
necessità del fenomeno sociale, indipendente dalla idealità pura, se non
per via della evoluzione umanizzante e quindi moralizzante, e quindi del

35. R. Ardigò, La filosofìa all'università , ne «Il nuovo educatore», 1882, pp.


162-165; idem, La filosofìa nel nuovo ordinamento universitario , in «L'università
italiana», 15 maggio 1902, p. 5, cit. da: T. Tomasi-L. Bellatalla, L'università italiana
nell'età liberale ( 1861-1923 ), Napoli, 1988, pp. 90 e 196. Cfr. anche: AA.VV., Cento
anni di università. L ' istruzione superiore in Italia dall'unità ai nostri giorni, a cura
di F. De Vivo e G. Genovesi, Napoli, 1986, p. 152. Il progetto deir Ardigò, come
altri ispirati ai medesimi criteri, non trovarono attuazione. Accenni ai problemi
dell'università italiana, con riferimenti particolari allo svolgimento dei concorsi per
l'assegnazione delle cattedre si trovano in: Roberto Ardigò e Pasquale Villari. Car-
teggio 1868-1916 , a cura di W. Büttemeyer, Firenze, 1973. Nelle lettere scambiate
tra Villari e Ardigò non mancano richiami all'esigenza di una riforma morale dell'i-
struzione nel quadro di un miglioramento generale delle condizioni di vita dei ceti
inferiori (cfr.: pp. 43-45).
36. V. Telmon, Storia e filosofia collaboratrici ed antagoniste. Ideologia umanisti-
ca e tradizione dell'insegnamento della filosofia nei licei italiani , in AA.VV., L'istru-
zione superiore in Italia da Casati ai nostri giorni , Bari, 1988, pp. 131 e 147.
37. L' Ardigò si mantenne estraneo, a differenza di altri docenti, dai dibattiti
della FNISM che lo ricordò con un opuscolo pubblicato dalla sezione di Mantova
nel 1909: Roberto Ardigò nelle scuole di Mantova.
38. T. Tomasi, L'idea laica , cit., p. 54.

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Problemi di educazione ed istituzione in Roberto Ardigò

processo educativo morale»39.


Neir ambito del suo atteggiamento democratico-so
dedicò attenzione al problema deir elevazione cultur
adulte come si deduce dalla sua adesione all'iniziativa di un uomo di estre-
ma sinistra, l' anarchico mantovano Luigi Molinari che nel febbraio 1901
aveva iniziato la pubblicazione della rivista «L'università popolare» e si
era posto alla testa del movimento sorto per creare ovunque istituzioni
di cultura popolare, attraverso corsi, lezioni, conferenze, dibattiti40.
Nel primo numero della rivista il Molinari riproduce alcune pagine tratte
da La morale dei positivisti dell' Ardigò precedute da una nota biografica
e seguite dalla lettera con cui P Ardigò autorizza la pubblicazione41. Poco
dopo la rivista indice un'indagine tra uomini di cultura sull'organizzazione
delle università popolari che stavano diffondendosi in tutta la penisola
e P Ardigò risponde dettagliatamente alle domande del questionario soste-
nendo che le lezioni dovevano essere affidate a specialisti delle diverse
discipline, non a generici oratori provvisti soltanto di infarinature enciclo-
pediche, che era prematura l'istituzione di esami cui sottoporre i frequen-
tanti al termine dei corsi, che era opportuna la diffusione della rivista
nei piccoli centri e nelle campagne per destare l'interesse per la cultura
e stimolare iniziative dirette alla sua diffusione42.
Ad una seconda inchiesta riguardante le modalità per la formulazione
delle leggi per mezzo delle quali una società civile si regge e l'attribu-

39. R. Ardigò, La morale dei positivisti, in Opere filosofiche , v. III, Padova,


1900, pp. 373-374. «L'Ardigò diede una prova della sua amicizia per il gruppo
della "Rivista repubblicana" pubblicando nelle sue colonne [nel 1878] La morale
dei positivisti »: P.C. Masini, Introduzione a La scapigliatura democratica , cit., p.
22. Cfr.: A. Benini, Alberto Mario e la **Rivista repubblicana ", in: AA.VV., Alber-
to Mario nel primo centenario della morte , Lendinara, 1984, p. 180, che analizza
l'influenza che quel saggio dell'Ardigò ebbe sugli ambienti della sinistra democratica
e socialisteggiante.
40. Luigi Molinari. Una vita per gli ideali libertari e per l'educazione popolare ,
Cremona, 1981, contributi di G. Tramarollo, F. Codello, F. Pozzani, P.C. Masini,
L. Ambrosoli, T. Tomasi.
41. «L'università popolare», a. I, n. 1, pp. 12-17, 17 febbraio 1901, intitolato
La morale dei positivisti (1878), preceduto, pp. 11-12, da una rapida biografia del-
l'Ardigò nella quale viene sottolineato soprattutto il suo impegno a preparare il
popolo alle libertà civili e seguito, p. 17, dalla lettera di autorizzazione dell'Ardigò
a pubblicare le sue pagine.
42. Il questionario, pubblicato in a. I, n. 12, 1 agosto 1901, p. 25, comprendeva
questi punti: Come preservare le Università popolari dal pericolo di diventare vere
Accademie; Quali materie devono a preferenza essere insegnate nelle U.P.; Il sistema
degli esami finali può essere positivamente adottato?; Come provvedere al benefico
istituto nei piccoli centri e in campagna; Favorite indicarci tutto ciò che la vostra
mente vi detta di modificazioni ed aggiunta ai programmi e statuti delle U.P. già
costituite in Italia. La risposta dell'Ardigò appare nel n. 17 del 15 ottobre ed è
abbastanza sintetica.

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198 Luigi Ambrosoli

zione del diritto a formula


confermando la sua fiducia
zioni correttamente, che il
si favorisca quell'elevazione
zione diviene consapevole4
A conferma del costante
e dei suoi collaboratori sta
mo compleanno, di un pro
rozzi, ripreso dalla «Rivist
si era effettivamente schie
scienza e della libertà di pensiero, della morale laica e dell'educazione
non confessionale44. Nel 1910, Emilio Gavirati si intrattiene su alcuni con-
cetti espressi dall' Ardigò nell'articolo I presunti «massimi sistemi»45. Più
avanti, dall'antologia di scritti ardigoiani curata da Erminio Troiło, ^Uni-
versità popolare» riproduce le pagine su II plesiosauro e il suo ragionamen-
to , esprimente la concezione della evoluzione della psiche come legge fon-
damentale del progresso e della conoscenza umana46. Sono, queste, testi-
monianze della popolarità goduta dall' Ardigò, più che da altri positivisti,
tra gli uomini della sinistra laica per i quali, come è stato ripetutamente
sottolineato, diviene il modello cui fare costantemente riferimento.
È certo che, anche se non aderiva ad un'ideologia politica assunta come
sistema organico, l'Ardigò si sentiva vicino a chi proponeva la difesa di
principi umanitari e incoraggiava le rivendicazioni popolari47. Sotto que-

43. Il questionario, pubblicato nel n. 5, a. Il, 15 aprile 1902, p. 28, richiedeva


la risposta a questi interrogativi: Io È proprio vero che una società umana civile
deve reggersi con leggi emanate da un consesso legislativo o da qualsiasi autorità?
2° In caso di risposta affermativa: a chi spetterà il diritto e il dovere di formulare,
discutere e far leggi per Fumano consorzio? La risposta dell'Ardigò apparve nel
n. 11 del Io luglio 1902, p. 21.
44. «L'università popolare», a. VIII, n. 3, 15 gennaio 1908, pp. 79-83. Quanto
ai rapporti tra positivismo e «L'università popolare» è stato scritto che «bisognava
far conoscere la dottrina positiva, così come era stata formulata da Spencer, Comte,
Ardigò e far comprendere i poteri pacificamente rivoluzionari della scienza [...]»:
M.G. Rosada, Le università popolari ( 1900-1918 ), Roma, 1975, p. 166. La Rosada
si sofferma sulla rivista del Molinari e sulla collaborazione dell'Ardigò alle pp.
164 e 168.
45. Emilio Gavirati, I pretesi « Massimi sistemi» (l'ultimo articolo di Roberto
Ardigò ), «L'università popolare», a. X, n. 14, pp. 216-218.
46. Roberto Ardigò, Il plesiosauro e il suo ragionamento (dal volume: Pagine
scelte di Roberto Ardigò , a cura di Erminio Troiło), «L'università popolare» a.
XIII, n. 16-17, pp. 246-261. Sulla collaborazione dell'Ardigò a «L'università popola-
re» si veda anche: T. Tomasi, L'idea laica , cit., p. 101. L'Ardigò avrebbe collabora-
to a «Il libero pensiero internazionale: cfr. F. Della Peruta, I periodici di Milano ,
bibliografia e storia , t. Io (1860-1904), Milano, 1956, p. 325.
47. L. Bulferetti, Le ideologie socialistiche in Italia nell'età del positivismo evolu-
zionistico (1870-1892), Firenze, 1051, p. 41 n.

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Problemi di educazione ed istituzione in Roberto Ardigò 199

sto aspetto l'Ardigò fu ammirato od apprezzato anche da chi non condivi-


deva la sua filosofia positivistica ma si muoveva in direzione favorevole
alla realizzazione di una maggiore uguaglianza di diritti tra i cittadini e
al superamento delle gravi ingiustizie sociali ancora esistenti; non era diffi-
cile, inoltre, avvertire il calore con cui il filosofo dell'università di Padova
cercava di chiarire, prima di tutto a se stesso, la concezione del mondo
e dell'uomo.

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