Sei sulla pagina 1di 2

Ricerca libro “Olivia Denaro”-

Il libro racconta appunto la storia di Oliva Denaro, una ragazzina di quindici anni che abita in un
paesino della Sicilia e che, fin da piccola, ha imparato che «la femmina è una brocca, chi la rompe
se la piglia». Siamo nel 1960 e, quando il tacito sistema di oppressione femminile in cui vive la
costringe ad accettare un abuso ( stupro e conseguente matrimonio riparatore), Oliva si ribella e
oppone il proprio diritto di scelta, pagando il prezzo di quel no.
La storia di Oliva rende, inoltre, omaggio allo storico caso di Franca Viola, la ragazzina di Alcamo
che nel 1965 non aveva voluto sposare il boss del suo paese malgrado il sequestro e le violenze
subite. Il tutto, ricordiamolo, avveniva sotto l’egida di norme odiose che sono state abrogate
soltanto quarant’anni fa (nel settembre del 1981), norme retrive e antistoriche (ricordiamo anche
quella sul delitto d’onore che riduceva la reclusione da ventuno a tre anni) per cui, se dopo il
rapimento a fini sessuali fosse intervenuto il matrimonio riparatore, il reato sarebbe stato estinto.
Insomma, come se il Legislatore dicesse: se vuoi una donna, prendila pure. Tanto poi la sposi non
pagando alcuna conseguenza!
Franca Viola nel 1965 in Tribunale pronunciò delle parole che fecero epoca davanti a quanti
l’avevano condannata per la violenza subita come svergognata. «Io non sono proprietà di
nessuno, l’onore lo perde chi fa certe cose e non chi le subisce».
Delitto d’onore e matrimonio riparatore rappresentavano una vergogna in un Paese civile. Se oggi
queste norme, frutto di una cultura patriarcale, ci sembrano delle mostruosità vuole dire che il
tempo non è passato invano. Il matrimonio riparatore era previsto nel Codice penale del nostro
ordinamento giudiziario ed era regolamentato dall’art. 544, che recitava così: «Per i delitti
preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio che l’autore del reato contragga con la
persona offesa estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato
medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali».
In altre parole, per il colpevole di violenza carnale il reato si estingueva se lo stesso si rendeva
disponibile a sposare la vittima, spesso minorenne. A sollecitare la richiesta del matrimonio
riparatore erano soprattutto i famigliari della ragazza che, di fronte ad una simile onta, non
vedevano altra strada per ripristinare il loro onore perduto. A perdere l'onore, infatti, era solo la
vittima e non il delinquente che l’aveva violentata.
Nel libro di Viola Ardone non viene mai menzionata la figura di Franca Viola né richiamato il suo
precedente, ma la storia della protagonista è troppo simile e speculare a quel celebre fatto di
cronaca.
Come già detto, Oliva è una giovane quindicenne divenuta oggetto delle attenzioni e degli appetiti
sessuali di un boss di un paese siciliano, il quale non esita a farla rapire per sottoporla a violenza
carnale. La protagonista del libro è una ragazza dedita allo studio che ha un rapporto conflittuale
con la madre e di intima comprensione con il padre. L’episodio di violenza nel piccolo centro viene
giudicato negativamente: le parti si invertono e la ragazza viene giudicata una svergognata che ha
perso la sua verginità, come se si potesse prescindere dal comportamento delittuoso di chi ne
aveva abusato.
Pur essendo un semplice contadino, il padre di Oliva non fa mai mancare il suo affetto ed il suo
sostegno alla figlia. Anzi si rimette alla sua scelta e asseconda la sua decisione di contrastare i
giudizi bigotti e di affrontare un processo in cui la ragazza deve quasi giustificarsi per la scelta di
opporsi a quella comoda via di uscita per tutti gli attori della vicenda che è rappresentata dal
matrimonio riparatore.
In un ambiente che condanna la vittima dello stupro anziché lo stupratore, spicca proprio la figura
del padre della protagonista che ignora i luoghi comuni della società circostante e della mentalità
imperante. La sostiene moralmente e, senza alcuna remora, si affida all’assistenza di un avvocato
che ne cura la difesa con la costituzione di parte civile nel processo. La posizione così netta, decisa
e lineare di Oliva e del padre fa cambiare atteggiamento anche alla madre della giovane che,
finalmente, dimostra di aver compreso l’immensa tragedia vissuta dalla figlia.
Il violentatore viene però condannato ad una pena mite, come se la ragazza ne avesse in qualche
modo assecondato l’operato. Rimane comunque il fatto che Oliva può proseguire negli studi
coronando il sogno di diventare insegnante e fare poi un’altra scelta di vita importante con la
decisione di rimanere a vivere nel suo paese, quasi a dimostrare di non avere nulla di cui
vergognarsi.

Potrebbero piacerti anche