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Istituto Superiore

di Formazione Insegnanti Yoga


ISFIY di Milano
corso 2004/2008

Titolo della tesi

Il linguaggio del corpo

Candidato Relatore

Viscuso Giuliana Lucchina Doralice


Indice

Pag. 01 Introduzione

Pag. 05 Il mistero della vita

Pag. 09 I Klesha

Pag. 13 Le emozioni

Pag. 17 I Kosha

Pag. 19 Il corpo parla

Pag. 23 Il corpo nello spazio

Pag. 25 Il corpo e il rapporto con gli altri

Pag. 29 Patanjali e lo yoga delle otto membra

Pag. 33 La pratica del corpo


Le asana
I benefici delle asana
Patanjali e le asana

Pag. 39 Pranayama

Pag. 41 L’amore

Pag. 45 I Chakra

Pag. 49 Il Chakra del cuore, Anahata Chakra

Pag. 53 La pratica dello yoga per aprire il cuore

Pag. 93 Bibliografia
Introduzione
Siamo nel terzo millennio e ancora un terzo della popolazione mondiale vive in

situazioni disagiate, di malnutrizione, di malattie, disagi psichici causati dalla

società.

I paesi sottosviluppati lottano ogni giorno per sopravvivere: per mancanza di

materie prime utili alla sopravvivenza, guerre, catastrofi ambientali che colpiscono i

loro paesi, malattie, criminalità, morti premature che colpiscono principalmente i più

deboli.

I paesi industrializzati vivono in condizioni decisamente migliori ma con una

popolazione frustrata alla ricerca sempre di uno stato di ricchezza esteriore più che

interiore. Una società malata che propone, giorno dopo giorno, tecnologie avanzate

che portano l’individuo ad un benessere materiale con progressivo allontanamento

da quelli che sono i veri valori della vita.

Tutto questo benessere porta l’individuo a un senso di smarrimento che causa

disagio profondo, paura, senso di solitudine, sofferenza.

Giunti ad un certo punto della vita ci troviamo ad un bivio, ci rendiamo conto che

siamo vuoti dentro, che manca qualcosa che dia senso alla nostra vita, c’è chi cade

in depressione, chi giunge a soluzioni estreme e chi invece prende una strada

spirituale che porta ad una ricerca interiore.

Forse è per questo che il mondo occidentale si sta avvicinando sempre di più

all’antica saggezza orientale, per ritornare alle origini e ristabilire quell’equilibrio

naturale dimenticato da tempo, nulla può liberare l’individuo dalla sofferenza se non

l’individuo stesso attraverso la consapevolezza del proprio essere.

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Ma soprattutto quali sono le conseguenze di questo disagio, chi ne risente

maggiormente?

Il corpo è il maggior risonatore di questi disagi e lo yoga gioca un ruolo importante

nell’educare l’individuo, creando quell’unione tra corpo, mente, intelligenza e

coscienza che porta l’individuo all’unità.

Molti pensano che lo yoga sia una disciplina per trattare particolari patologie, invece

lo yoga non è una terapia, bensì una vera e propria filosofia di vita, un mezzo per

ottenere una perfetta armonia tra corpo e mente, un’opportunità per scoprire il

nostro Sé più profondo.

Attraverso le posizioni (asana), la corretta respirazione durante la pratica e la sua

espansione (pranayama) e la concentrazione della mente (dharana) si può

raggiungere il giusto equilibrio psico-fisico e una maggiore consapevolezza dei

nostri processi vitali.

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”Lo yoga conferisce il dominio dei sensi e vi libera dalla loro schiavitù.

Lo yoga non consiste solamente nel tenersi in equilibrio sulla testa,

come molti credono, ma insegna

ad affrontare la vita con i piedi ben piantati in terra.

Questa disciplina SENZA ESSERE UNA RELIGIONE tutte le contiene,

non essendo contraria a nessuna di esse.

Lo yoga dona ai giovani la saggezza dell'esperienza

e agli anziani il segreto della giovinezza.

Lo yoga vi farà conoscere qualcuno che prima sicuramente ignoravate:

il vostro proprio Sé”.

Swami Satchidananda

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Il mistero della vita

Tutto comincia grazie all’amore di due persone che si amano e che danno vita ad un

altro essere umano. Non sanno come sarà , se maschio o femmina, sanno solo che

nascerà avrà gli occhi del padre e le guance della madre, il carattere docile di uno e

la testardaggine dell’altro. Questo mistero cresce piano piano nel grembo della

madre, si nutre attraverso un legame fisico e sottile, di ciò che la madre gli dona e

comincia a percepire l’amore che gli viene trasmesso attraverso il respiro e l’ascolto

del ritmo del cuore, e a percepire i rumori dell’ambiente esterno. Galleggia nella

beatitudine e nella sicurezza di un mondo tutto suo dove niente può distaccarlo

dalla madre, è felice, spensierato, coccolato, per lui quello è l’unico mondo

possibile. Non sa che nel grembo materno si sta preparando per nascere in una

“vita nuova” nel vero mondo dove l’Universo sarà il grembo nella quale ha vissuto

per 9 mesi.

Le prime settimane dopo la nascita sono come uno shock che assale il bambino,

prova nuove sensazione che sconvolgono il suo benessere, la sua beatitudine, sono

ormai un ricordo.

Gli unici collegamenti alla sua vita uterina sono il contatto tattile, visivo, il battito

del cuore della madre, il calore del seno materno e il desiderio di essere accolto tra

le braccia, essere protetto da quel mondo che non gli appartiene ancora. Ed è

proprio da questo rapporto privilegiato con la madre (seno, latte, amore) che

comincia il contatto con il mondo. Trovando nella madre una presenza d’attenzione

e d’amore matura in Sé il benessere interiore, la fiducia nella vita e l’ ottimismo, la

premessa di relazioni positive. Le difficoltà cominciano a nascere se al contrario la

nascita viene vista in senso negativo dalla madre non viene vissuta in senso positivo

come atto d’amore, tale sentimento condiziona il nascituro nei suoi rapporti futuri

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con gli altri, difficoltà ad accettarsi, condiziona il suo modo di vivere.

Questo attaccamento morboso con la madre si protrae fino ai primi tre anni di vita
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questa fase che viene detta di attaccamento e serve per creare la personalità, se il

bambino percepisce di essere abbandonato avrà poi delle frustrazioni

comportamentali che si ripercuoteranno non solo all’interno della famiglia ma

potranno generare problemi alla società. Se la fase di attaccamento viene vissuta in

maniera positiva, dopo i tre anni il bambino si individua e comincia a scoprire il

proprio Sé, comincia ad accettare il progressivo distacco dalla madre. Nella fase

adolescenziale comincia una fase di grande confusione: il suo io ideale si confonde

con l’io reale. C’è sovrapposizione tra ciò che vorrebbe essere e ciò che realmente

è. E’ una maturazione progressiva, un percorso che va dalle fase pre - personale a

quella personale e se le attenzioni dei genitori sono state adeguate si costituirà l’ Io

integrato.

Da questo distacco si fortifica il duro approccio con la realtà, il contatto diventa

diretto, quindi tutto ciò che ha appreso nella fase precedente, sia a livello conscio

che inconscio, condizionerà notevolmente il suo rapporto con gli altri, con

l’ambiente che lo circonda e soprattutto con se stesso e con il proprio corpo.

Oramai è entrato in quel circolo vizioso degli adulti, sta a lui saper discriminare tra il

bene e il male, tra la strada giusta e quella sbagliata da percorrere. Sta a lui

leggere il proprio cuore e comportarsi di conseguenza.

Molti sono i fattori che condizionano la nostra vita e la nostra mente e che ci

portano ad adottare atteggiamenti che non ci appartengono e che ci fanno scordare

la nostra vera natura, il nostro Sé. Dalle religioni all’ educazione e alle tradizioni,

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Dispensa Prof. Mauro Bergonzi 13 maggio 2006

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tutto contribuisce a farci vedere la realtà secondo canoni prestabiliti, ci imprigionano

in una vita di condizionamenti che per paura o per comodità ci teniamo stretta.

Arriviamo a tal punto da non poter più rinunciare al mondo delle ricchezze, alle

comodità e allo stato sociale.

Sono proprio questi condizionamenti inconsci che inquinano la nostra percezione

della realtà, sono impulsi che condizionano le citta vritti♥, le creano, e per fermare

le citta vritti bisogna innanzitutto distruggere i klesha, che, secondo Patanjali sono

la nostra causa di sofferenza.


citta vritti: movimenti della mente

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I Klesha

Patanjali, fondatore del sistema dello yoga e autore degli Yoga Sutra (600 a.C.200

d.C.), l’antico testo che stabilisce la pratica e la filosofia dello yoga. Il testo illustra in

sintesi il cammino yogico volto alla realizzazione del Sé. Nel secondo capitolo Patanjali

descrive le cinque afflizioni dell’uomo, i klesha : Avidya, Asmita, Raga, Dvesa,

Abhinivesa.

Avidya è la radice di tutti gli altri klesha: è ignoranza nel senso di

nescienza, cioè l’incapacità di distinguere tra ciò che va compiuto oppure evitato

per raggiungere la felicità ed evitare la sofferenza. L’ignoranza di solito non è

considerata un’ emozione nella cultura occidentale eppure è un fattore mentale

che impedisce un riconoscimento lucido e vero della realtà, esso è uno stato

mentale che oscura la saggezza e provoca afflizione.

E’ come un meccanismo di autoinganno sottile per cui tutto ciò che desideriamo

avere in realtà ci illudiamo che quando l'avremo ottenuto saremo felici, ma poi

ci accorgiamo che desideriamo qualcos’altro...passando tutta la vita a cercare...

Asmita senso dell'io,

è il processo che ci fa identificare con la parte materiale con cui la coscienza

viene a contatto ( il nostro corpo, la nostra mente) il nostro io che vuole

possedere le cose, si può definire il nodo fondamentale del nostro percorso

interiore.

Raga desiderio,

si fonda sulla memoria del piacere; sono attratto da qualcosa perché ricordo che

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in passato mi ha dato piacere, e ho un’aspettativa del piacere che si basa sul

ricordo.

Dvesa è il contrario, avversione,

si basa sul ricordo del dolore: tutto ciò che mi ricorda anche lontanamente quel

dolore deve essere evitato. E questo porta a un grande restringimento della

capacità di vivere e di godere perché ovviamente non sempre le esperienze sono

dolorose. Quindi il problema dei meccanismi di difesa é che sono totalmente

rigidi e ripetitivi e si basano su una memoria del passato che non ci aiutano a

vivere il momento presente.

Abhinivesa viene definita attaccamento alla vita, che si presenta in vari

aspetti. C ’è il semplice desiderio per il piacere sessuale o per un oggetto che si

vuole possedere. Ma anche l’aspetto sottile dell’attaccamento al concetto dell’ io,

al proprio ego che è al centro del nostro essere, che definisce la nostra

individualità, o l’ attaccamento alla persona, alla realtà fisica. L’attaccamento ha

a che fare, essenzialmente con un tipo di legame che fa vedere le cose come non

sono. Porta a pensare che le cose sono permanenti, ad esempio che l’amicizia, gli

esseri umani, l’amore e le proprietà siano durevoli. Attaccamento quindi significa

aggrapparsi al proprio modo di percepire le cose.

Quello che dobbiamo imparare è come fare a scegliere qual è la strada giusta da

percorrere visto che i klesha distorcono la realtà. Innanzitutto dobbiamo riflettere

sul fatto che ci sono solo due strade percorribili una è quella giusta e una è

quella sbagliata. Se percorriamo la strada nella giusta direzione i klesha

diverranno sempre più deboli e la nostra consapevolezza sempre più forte.

Vivremo in uno stato di felicità in quanto non ci faremo coinvolgere dalle cose,

non ci preoccuperemo di ciò che ci accade intorno e non ci faremo influenzare

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dagli altri. Ma se andremo nella direzione sbagliata, ci illuderemo che stiamo

percorrendo la strada giusta, ma in realtà saremo solo imprigionati dai klesha

che ci faranno perdere ogni speranza e ci porteranno all’autodistruzione.

Basta pensare alle persone che fanno delle cattive azioni, diventano sempre più

insensibili non riescono più a guardarsi dentro, non agiscono più secondo ciò che

il loro cuore comanda, diventano freddi e questo poi si ripercuote sull’ambiente

esterno e sulle persone che li circondano.

I klesha si manifestano sotto ogni forma; azioni, pensieri, parole, sono sempre

pronti a distorcere il modo di vedere le cose, a ingannare la comprensione del

mondo, delle altre persone di noi stessi e infinite altre cose.

Il nostro cuore è come coperto da questo strato di qualità negative, avidità, odio,

illusione, inganni che impediscono alla calma di penetrare e della quale dobbiamo

sbarazzaci. Per uscire da questa catena e liberarci dai klesha dobbiamo osservare

il nostro Sé interiore, aprire il nostro cuore, rompere questa barriera

impenetrabile e sviluppare la saggezza, che è sempre stata dentro di noi già

quando ci trovavamo nel grembo materno, ma è stata accantonata in un angolo,

e lo yoga e la meditazione sono un mezzo per ritrovarla.

E’ un processo di rieducazione della mente, ma purtroppo per fare ciò non basta

la volontà, alcune persone possono avere una saggezza innata ma non riescono a

tirarla fuori e usarla correttamente perché non hanno abbastanza

consapevolezza per sostenerla, curarla, controllarla; come una pianticella che per

crescere deve essere innaffiata costantemente per dare frutti. La saggezza può

sorgere solo attraverso uno stato di calma interiore e per rieducare la mente

bisogna raggiungere questo stato di calma.

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Le emozioni

Gran parte della sofferenza umana deriva quindi da queste emozioni che

possiamo definire distruttive, in quanto l’odio che accumuleremo instaurerà un

processo incontrollabile che si ripercuoterà su chi ci sta accanto. Ostacoli,

avversità, disgrazie, speranze fallite, ci porteranno ad una situazione di

scontento ad una visione del mondo negativa. E’ una catena che porterà la

nostra vita a identificarci con la sofferenza.

-- La sofferenza si può manifestare sotto varie forme. Può essere legata a una

condizione interiore del soggetto, può inibire o danneggiare la normale attività

emotiva del soggetto e divenire un disturbo psicologico, si può manifestare

attraverso dolori fisici leggeri o intensi, passeggeri o cronici. Il nostro corpo è

toccato dalle malattie, dagli incidenti, dalla vecchiaia. Ce ne rassegniamo più o

meno facilmente, ma indubbiamente ci sconvolgono la sofferenza di un bambino, di

un giovane, il dolore insopportabile o incurabile. Poi ci sono le sofferenze morali che

possono accompagnare un lutto, una separazione, la disoccupazione, la solitudine,

l'ingiustizia, la cattiveria degli altri, ect.

Anche la compassione può generare in noi la sofferenza, dovuta soprattutto

all'impotenza di poter aiutare gli altri.

In realtà è pressoché impossibile distinguere tutte le sofferenze: le une

interagiscono con le altre e colpiscono il nostro intero essere. Chi soffre finisce per

avere male in tutto il suo essere. Nei momenti di intensa sofferenza, sia essa fisica

o psichica esce un vero e proprio urlo dal cuore, nella speranza che finisca presto ed

a qualsiasi costo.

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Quando entriamo in contatto con la sofferenza arrendersi al Sé e al corpo è un

processo molto doloroso, perché entriamo in contatto con il dolore, ogni tensione

cronica del corpo è un’area di potenziale dolore che percepiamo se tentiamo di

sciogliere la tensione. Il dolore costringe a lavorare molto lentamente con il corpo.

L’espansione di un’area contratta, equivalente a lasciarsi andare, non è realizzabile

in una volta sola, si deve compiere a poco a poco, in modo che i tessuti e la

personalità possano adattarsi a una maggiore libertà di movimento ed espressione.

Generalmente il dolore emotivo è più difficile da accettare e tollerare del dolore

fisico. Quest’ultimo è localizzato, il primo è pervasivo. Sentiamo il dolore emotivo in

tutto il corpo, nel nostro essere. Il dolore emotivo è sempre la perdita dell’amore

perché colpisce il cuore. Quando avviene non solo si contrae l’intero organismo ma

anche il cuore si stringe in una fitta lancinante --

Il contatto diretto con la sofferenza è il primo passo che ci condurrà nell’ ascesa

verso la consapevolezza. Un detto tibetano dice che la sofferenza è il nostro

maestro spirituale e ci insegna e fornisce indicazioni preziose, quindi si deve

imparare a vedere il sorriso anche nelle circostanze avverse della vita.

Per giungere all’identificazione con il nostro Sé più profondo la strada sarà difficile e

tortuosa da percorrere incontreremo tanti pericoli che ci impediranno di continuare

il nostro cammino e Maya, l’illusione, sarà la causa principale, questo fenomeno

inteso come un velo che modifica la realtà delle cose, si può identificare con avidya

(ignoranza) e con essa è destinata a svanire.2

Tutti gli individui soffrono di una qualche illusione in grado variabile, alcuni hanno

l’illusione che la ricchezza dia felicità, altri che la fama assicuri loro l’amore o che

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Arthur Schopenhauer – Il mio Oriente

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essere sottomessi li protegga dall’aggressività altrui etc…. Sono illusioni che

sviluppiamo precocemente nella vita, per sopravvivere a una situazione infantile

dolorosa che poi ci portiamo dietro in età adulta, e forse la più grande di tutte le

illusioni è la convinzione che la mente cosciente controlli il corpo e che se cambiamo

il nostro pensiero possiamo cambiare anche i nostri sentimenti, le illusioni sono le

difese dell’Io contro la realtà è come se ci rendessero prigionieri dell’irreale.

Così passiamo gran parte della vita alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che

ci faranno star bene e ci appagheranno, in una parola saremo alla ricerca continua

di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità, che non sarà altro che

l’illusione che ciò che stiamo facendo sia giusto, ma nel nostro inconscio c’è ancora

una morsa che ci distrugge, che non ci appaga come si desidererebbe.

Questo stato di benessere illusorio, nella sua forma più intensa che è la gioia, ci

accompagnerà da un punto di vista fisiologico e influirà notevolmente sui processi di

pensiero, sullo stato fisico e si ripercuoterà positivamente sul rapporto con gli altri.

-- Effettivamente quando le persone sono di buon umore pensano alle cose in

modo molto diverso rispetto a quando sono di cattivo umore. Chi è di il buon umore

porta a descrivere in modo positivo gli eventi sociali, a percepirsi come socialmente

competente, a provare sicurezza in se stessi e autostima. Inoltre quando si è in

questo stato illusorio, si tende a valutare più positivamente la propria persona: ci si

sente pieni di energia, si considerano meno gravi i propri difetti e si pensa meno

alle proprie difficoltà. Inoltre uno stato emotivo positivo induce la persona

all'ottimismo.

In presenza di uno stato d'animo positivo, non solo il mondo sembra più bello, ma

anche le persone che ci circondano sembrano migliori --

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Ma ricordiamoci che l ’uomo, a differenza degli altri esseri viventi, è portato a

interrogarsi sull’essenza della vita, su quella che è la realtà vera.

Come il giorno non esiste senza la notte, né la vita senza la morte, la gioia non può

vivere senza il dolore, nella vita c’è sofferenza come piacere, possiamo accettare la

notte perché sappiamo che poi spunterà il giorno e così possiamo accettare il dolore

perché sappiamo che tornerà la gioia, ma essa si sprigionerà solo quando abbiamo

preso la consapevolezza del nostro Sé.

Dobbiamo ritrovare quella gioia naturale, innocente che sperimentiamo da bambini,

dobbiamo distruggere quei condizionamenti che ci hanno proiettato più verso

l‘esteriorità, verso i beni materiali, che ci hanno trascinato a seguire quelle che sono

le esigenze dell’ambiente che ci circonda. Il mondo oggi è una continua rincorsa e

noi partecipiamo in maniera frenetica a questa rincorsa, l’ego diventa sempre più

forte fino a sotterrare completamente il nostro Sé. Dobbiamo cominciare a fare un

discorso di introspezione e, come un contadino lavora la terra per tirare fuori da

essa un buon raccolto, anche noi dobbiamo tirare fuori il nostro Sé distaccandoci da

quelli che sono gli attaccamenti agli oggetti e le cose materiali.

Con il passare del tempo ci rendiamo conto che il disagio mentale che ci siamo auto

procurati comincia a farsi sentire e a influenzare lo stato di benessere fisico

producendo disturbi che, se non sono gestiti nel modo dovuto, possono evolversi in

disturbi cronici, e al contrario il malessere fisico agitare maggiormente la nostra

mente.

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I Kosha

Esiste una relazione tra mente e corpo, entrambi si possono condizionare a

vicenda in quanto collegate tra di loro. Secondo lo yoga l’uomo è composto da

diversi corpi che si chiamano Kosha o involucri. Essi sono interconnessi tra di

loro e si influenzano a vicenda. Sono il corpo fisico, il corpo pranico, il corpo

mentale inferiore, il corpo mentale superiore o della conoscenza e il corpo della

beatitudine. Quindi un’azione mentale si riflette sul piano fisico – psicosomatica-

e viceversa il corpo può modificare la mente – somatopsichica –

Secondo la terminologia sanscrita questi corpi hanno dei nomi ben definiti:

AnnamayaKosha: il corpo fisico

La stratificazione più densa, relativa all'elemento Terra, è AnnamayaKosha cioè il

corpo cellulare, ovvero la stratificazione visibile e materiale del nostro essere. Di

AnnamayaKosha si fa esperienza più facilmente, perché è sufficiente essere presenti

alle nostre azioni.

PranamayaKosha: il corpo pranico

Lo strato dell'energia vitale, cioè PranamayaKosha, relativo all'elemento Acqua, di

cui si può fare esperienza con la consapevolezza delle funzioni fisiologiche come la

respirazione, la circolazione del sangue ecc.

ManomayaKosha: il corpo mentale inferiore

Un ulteriore addensamento conduce allo strato detto ManomayaKosha, relativo

all'elemento Fuoco, che contiene la mente conscia, manas e tutto ciò che costituisce

la nostra memoria.

VijnanamayaKosha: il corpo mentale superiore o della conoscenza intuitiva

Rappresenta lo strato dell'Aria, quello del supermentale o della supercoscienza; di

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questo strato si può fare esperienza con la consapevolezza della nostra dimensione

psichica.

AnandamayaKosha: il corpo della beatitudine

E’ lo strato causale di pura coscienza a contatto con la coscienza cosmica. Ad esso è

associato l’Etere. Si può fare l'esperienza di AnandamayaKosha nello stato di

coscienza non più divisa, di consapevolezza purificata.

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Il corpo parla

Attraverso i segnali del corpo cominciamo a scoprire cosa succede al nostro Sé

più profondo, ci rendiamo conto che il sintomo rappresenta la manifestazione di

un disagio interno.

Scopriamo che il corpo ha un suo linguaggio fatto di tensioni, rilassamento,

piacere e dolore, che ogni emozione da noi provata nel corso della nostra vita è

stata percepita, assimilata e manifestata attraverso sensazioni corporee sia

positive che negative.

Essendo il sentimento un movimento interno, esso può essere percepito in due

diversi modi:

- attraverso i muscoli volontari, dove l’ azione è sotto il controllo dell’ Io e può

essere modificato o trattenuto dalla mente conscia. Bloccando l’azione si crea

uno stato di tensione nel muscolo che è pronto ad agire, ma è incapace di

farlo per il comando restrittivo della mente. A questo punto la tensione è

cosciente quindi può essere allentata ritirando l’impulso o reagendo in

maniera sproporzionata oppure ragionevole tale da non creare danno a

qualcuno

- oppure la tensione viene repressa per molti anni, ad esempio in individui che

hanno avuto conflitti con i genitori e che per paura non si sono mai ribellati,

creando una situazione di tensione che a lungo andare si è trasformata in

tensione cronica e dolorosa. Tali tensioni muscolari si manifestano in tutto il

corpo come segno di impulsi bloccati o sentimenti perduti. Ogni tensione

rappresenta una limitazione della capacità di esprimersi, pensiamo a quante

persone soffrono di tensione muscolare del collo, della mandibola, del torace,

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della zona lombare e delle gambe, che li lega danneggiando l’armonia dei loro

movimenti e distruggendo la loro capacità di esprimersi liberamente.

Non sempre ci rendiamo conto che in tanti anni abbiamo represso sentimenti

profondi e ciò si è manifestato con la riduzione della mobilità del corpo ma ad un

certo punto, siamo consapevoli di quello che ci sta accadendo e che se riusciamo

a ad allentare queste tensioni il nostro corpo può recuperare la motilità e

ritornare ad essere vitale. Questi sentimenti repressi, che abbiamo seppellito

sono quelli che appartengono al bambino che eravamo, quel bambino libero di

esprimersi, innocente delle sue azione scaturite da impulsi naturali, ma quel

bambino esiste ancora nel nostro cuore, lo sentiamo ma abbiamo perso il

contatto con questa parte più profonda del nostro Sé, e per ritrovarlo dobbiamo

scendere nell’oscurità dell’inconscio.

Secondo lo yoga il diaframma viene equiparato alla superficie della terra. La

metà posta sopra il diaframma è la luce del giorno, la parte sotto, ossia il ventre,

è l’ oscurità della notte e dell’inconscio. La mente conscia ha un certo controllo

sulla metà superiore del corpo, ma nessun controllo sulla parte inferiore del

corpo, che include le funzioni della sessualità, dell’escrezione e della

riproduzione. Questa parte del corpo è strettamente connessa alla natura

animale dell’uomo, mentre le funzioni della metà superiore sono più soggette alle

influenze culturali.

Praticamente il corpo è il riflesso del Sé la parte materiale che ci parla di noi e

grazie al corpo possiamo fare un lavoro di introspezione e analizzare noi stessi.

Molte persone tendono ad utilizzare solo alcune parti del corpo a scapito di altre

e ciò si evidenzia sull’atteggiamento corporeo. Un bacino trattenuto, poco mobile

e un torace vitale dimostrano che una persona ha trattenuto gli istinti di base ma

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è aperto nel rapporto con gli altri, è come se il corpo sia testimone di uno

squilibrio tra la vita istintiva e quella affettiva, tra il giorno e la notte. Oppure ci

sono persone che non percepiscono la parte inferiore del corpo, quindi non

sentono il contatto diretto con il terreno, con la realtà che è sintomo di equilibrio

mentale e di una condizione fisico emotiva positiva, limitano la coscienza alla

parte superiore, la testa il centro razionale vedono il loro corpo solo un mezzo

per potersi esprimere con i movimenti.3

La posizione eretta ad esempio esprime come l’individuo si pone nel mondo, se le

ginocchia sono bloccate e il peso è sui talloni evidenzia un’ abitudine alla bontà e

all’obbedienza; se il peso è più sugli avampiedi e le ginocchia piegate la postura

esprime più un atteggiamento aggressivo pronto per l’azione. La tristezza invece

si esprime più in una posizione distesa di chiusura. La colonna vertebrale è

un’altra parte del nostro corpo che parla di noi. Sappiamo che, dal punto di vista

scheletrico, il ruolo importantissimo della colonna vertebrale è quello di sostenere

l’individuo. La sua curvatura cambia a secondo di come essa viene percepita; se

essa viene percepita come una struttura portante il portamento sarà fiero e

sicuro; se, al contrario, viene vista troppo flessibile e tende a curvarsi ci si porrà

al mondo come una persona debole. Se la colonna vertebrale è troppo rigida,

l’individuo si trova immobilizzato in una postura di resistenza che blocca la sua

capacità di rispondere alla vita e all’ amore.

L’ incurvatura della colonna appena sotto la settima vertebra cervicale fra collo,

spalle e tronco che crea come una gobba, implica un conflitto fra un

atteggiamento di sottomissione e violenti sentimenti di rabbia inespressi. E’ raro

vederlo in particolare in donne giovani, invece è più frequente riscontrarlo in

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A. Lowen, Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica - Astrolabio

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donne anziane e indica un graduale accumularsi della collera bloccata e di

frustrazioni accumulate nel tempo.

Un’altra caratteristica della colonna vertebrale è quando il capo tende a inclinarsi.

Questo sta ad indicare che c’è una frattura tra le funzioni del capo, o funzioni

dell’Io e le funzioni del corpo, come se l’individuo si fosse staccato dalla realtà e

la sua personalità si separasse in due unità distinte.

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Il corpo nello spazio

Anche l’ambiente circostante modifica notevolmente il nostro corpo e la nostra

respirazione. Sono atteggiamenti transitori ma che ci fanno prendere

consapevolezza dei nostri bisogni effettivi. Noi ci rispecchiamo profondamente in

quelli che sono i colori, la dimensione, gli odori, i rumori che ci ricircondano. Tutti

noi abbiamo provato sensazioni di benessere o malessere in certi ambienti, o

perché sono piccoli e ci danno un senso di oppressione come di essere

imprigionati, o perché bui e possono riemergere ricordi rimossi. Anche gli

ambienti rumorosi creano un senso di agitazione mentale. Al contrario l’ambiente

intorno può contribuire a creare in noi un senso di calma se la dimensione, il

colore etc.. ci fanno identificare con l’ambiente stesso e sentire in armonia.

Il corpo è il veicolo attraverso il quale esprimiamo sentimenti, pensieri, emozioni

e creatività.

Esso porta con se il bagaglio del nostro vissuto emozionale, positivo o negativo,

ricordando, purtroppo, di più le esperienze negative, somatizzandole e

cambiando di conseguenza la propria forma. La costituzione fisica e morfologica

non cambia mai, ma la forma sì, perché dipende da come reagiamo alle

esperienze della vita.

Grazie alla lettura del corpo possiamo capire in quale situazione emotiva è

intrappolato un soggetto, gli atteggiamenti corporei rivelano la personalità di un

individuo, e se si diventa consapevoli di questo, si può entrare in contatto con il

Sé più profondo.

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Il corpo e il rapporto con gli altri

Se analizziamo chi ci sta intorno secondo questi parametri possiamo farci un’idea

approssimativa del carattere della persona e di ciò che la tormenta. Proviamo a

osservare noi stessi e ci possiamo rendere conto di come la nostra costituzione

fisica e psicologica non sia mai casuale ma rifletta anche un atteggiamento di

difesa rispetto all’ambiente che ci circonda.

Se pensiamo a persone che adottano abitualmente un atteggiamento di bisogno

e che tendono a sottomettersi, pensiamo costantemente che hanno un

atteggiamento fisico concavo, il respiro è corto, il corpo gracile, il torace non è

espanso. Hanno un atteggiamento lento, in quanto tendono a trattenere

l’energia, quindi non esteriorizzano quelle che sono le loro vere potenzialità, sono

più emotivi e compassionevoli. Questo accade perché hanno represso i loro i

sentimenti riducendo la mobilità del corpo e dissociandosi da esso per sfuggire

alla realtà in quanto i loro disturbi emotivi hanno preso il sopravvento.

Al contrario ci sono individui che adottano invece un atteggiamento di potere,

hanno una postura più eretta, un torace espanso, tendono ad avere un inspiro

profondo ma un espiro molto corto, quindi accumulano energia positiva ma non

espellono quella negativa di conseguenza gli arti inferiori vivono in uno stato di

tensione permanente. Questi soggetti non si sentono a proprio agio nel corpo,

anche se apparentemente sembrano sicuri, è solo una maschera che si sono

creati, hanno un ego molto forte e sono consapevoli di non avere raggiunto il

proprio Sé.

E poi ci sono persone con atteggiamenti di indipendenza. Sono quelle persone

che pensano di non avere bisogno di nessuno sia dal punto di vista materiale che

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affettivo. Vivono isolati o fisicamente o con i loro pensieri e hanno difficoltà ad

abbandonarsi al supporto degli altri. Il corpo di queste persone è tonico, perché

devono sentirsi protetti da una forma fisica perfetta, eretta ma notevolmente

tesa, come lo stelo di un fiore. Ma basta un colpo di vento per farlo piegare;

infatti questa indipendenza nasconde invece un forte desiderio di bisogno degli

altri, che viene accumulato per poi esplodere inaspettatamente attraverso un’

emozione liberatoria che può essere la rabbia, la paura, la passione sessuale o il

pianto.

Opposto è invece l’ atteggiamento di seduzione che si basa sulla strategia di

creare situazioni in modo da ottenere attenzione, e non parlo solo in termini di

seduzione sessuale. Sono quelle persone che inconsapevolmente si sentono sole,

non stanno bene con se stesse, sono sempre alla ricerca di qualcosa, è come se

girassero in maniera rotatoria, hanno la mente sempre agitata, un respiro

affannoso e soffrono di disturbi di ansia in quanto non riescono a soddisfare il

proprio ego e sono alla disperata ricerca del proprio Sé.

Ogni caratteristica corrisponde a una strategia adottata per la sopravvivenza, che

si è instaurata con il tempo nel percorso di crescita dell’individuo e che si è

modificata ogni qual volta è cambiato qualcosa nella vita o ci si è trovati in una

situazione nuova. Questo passaggio fa acquisire all’ individuo vari gradi di

maturazione della conoscenza delle diverse parti del corpo e del proprio essere.

Questo è un modo come tanti per conoscere sia noi stessi che chi ci sta accanto.

A volte sembra complicato capire gli altri ed è facile giudicare, ma se ogni

individuo seguisse il proprio cuore forse ci sarebbe più amore nel mondo e meno

sofferenza, perché alla fine si ritorna sempre al punto di partenza, alla causa

della sofferenza umana, i klesha.

26
Allora possiamo, grazie alla disciplina dello yoga, cominciare ad adottare un

atteggiamento diverso nei confronti degli altri e di noi stessi.

Infatti lo yoga prende in considerazione l’individuo nella sua globalità non solo

nell’aspetto fisico, energetico ma anche in quello psichico e quello spirituale.

Quindi non si sofferma solo sulla pratica delle asana o sulla respirazione,

ma mira a portare il praticante verso un atteggiamento yogico completo dove il

fine è quello di dare importanza a quelli che sono i veri valori umani come il retto

comportamento, il distacco, l’umiltà, darsi delle regole di vita utili al

miglioramento di noi stessi per raggiungere un maggiore e più consapevole

equilibrio personale e un sicuro avanzamento a tutti i livelli.

27
Patanjali e lo yoga delle otto membra

Il percorso da seguire è descritto da Patanjali negli Yoga-Sutra. E’ chiamato

Asthanga-Yoga che significa "lo yoga delle otto membra", poiché espone in otto

rami o membra il cammino spirituale. La parola "anga" viene tradotta con

"membra, rami" volendo significare che non si tratta di settori distinti a se stanti,

ma parti di un tutto: un anga è strettamente connesso agli altri e nello stesso

tempo comprende in sé tutti gli altri. In questo percorso Patanjali crea una vera e

propria mappa di riferimento, il cammino che porta l’individuo ad un

arricchimento della vita, attraverso otto tappe che sono sostanzialmente norme

di comportamento e tecniche psicofisiche mediante le quali può giungere all’

unione con il proprio Sé:

Yama:

Le leggi etiche e morali esposte con il nome di Yama sono precetti universali, non

relativi a tempo, luogo, stato e circostanze. Insieme essi costituiscono la grande

legge della vita.

Con Yama si intendono i comandamenti morali universali. Sono i cinque blocchi

su cui si fonda l'etica dello Yoga.

Ahimsa: non-violenza, astensione dall'infliggere a qualsiasi essere vivente

qualunque tipo di male, sia esso fisico che psicologico;

Aparigraha: distacco, non-attaccamento, astensione dalla bramosia del

possedere;

Asteya: onestà, astensione dalla cupidigia, liberazione dall'avidità;

Brahmacharya: castità; moderazioni nei vari aspetti della vita.

Sathya: verità, aderenza al vero, sincerità.

29
Niyama:

Per niyama si intendono le regole che bisogna rispettare nei riguardi di se stessi.

Sono anche dette regole di astinenza o purificazione e sono:

Saucha: pulizia, salute fisica, purezza;

Santosa: appagamento, felicità della mente, l'accontentarsi;

Tapas: ardore, fervore nel lavoro, desiderio ardente di evoluzione spirituale;

Svadhyaya: studio di sé stessi, ricerca interiore, studio dei testi sacri.

Ishvara Pranidhana: abbandonarsi alla Divinità, la resa al Signore di tutte le

nostre azioni.

Asana:

Le asana sono posizioni usate nella pratica yogica, in particolare nello Hatha

Yoga. La funzione delle asana è strettamente collegata alla fisiologia indiana,

fondata sul sistema sottile. Secondo tale sistema, attraverso l'assunzione di

diverse posizioni del corpo, il praticante diviene in grado di purificare i canali

energetici, incanalare l'energia verso specifici punti del corpo ed ottenere così un

notevole beneficio psico-fisico. Le asana conosciute sono diverse; ciascuna di

esse porta un nome derivato dalla natura, da oggetti costruiti dall’uomo o dalla

mitologia induista.

Pranayama:

Il Pranayama o controllo ed espansione del respiro è il quarto stadio dello Yoga.

Insieme a Pratyahara, questi due stadi dello Yoga ampliano la ricerca interiore e

portano al controllo della respirazione e della mente, quale mezzo per la liberare i

sensi dalla schiavitù degli oggetti di desiderio.

Pratyahara:

Per Pratyahara si intende l'emancipazione della mente, il suo ritiro dagli oggetti

dei sensi. La ritrazione dei sensi si ha spostando l'attenzione dall'ambiente

30
esterno e dirigendola verso l'interno. I sensi influenzano la nostra percezione

della realtà, è mediante i cinque sensi che raccogliamo informazioni dal mondo

esterno, ma sono informazioni che ci condizionano fortificando l’ego. La mente,

tramite gli organi dei sensi, indriya, è sottoposta continuamente a stimoli esterni,

pensieri, oggetti, forme, ed è così di continuo sollecitata all'esteriorizzazione.

Possiamo dire che la mente conosce il mondo attraverso i sensi, ma che per loro

natura i sensi in un certo qual modo alterano la percezione degli oggetti. In

realtà sia dal punto di vista fisiologico che psicologico ci sono numerose fasi che

hanno luogo tra la percezione dell'oggetto e la sua elaborazione da parte del

manas.

Con il ritiro sensoriale è possibile, da parte della mente, di conoscere gli oggetti

senza la percezione distorta dall'attività sensoriale.

Se noi seguiamo questo percorso, ponendo l’attenzione prima al corpo, poi alla

respirazione etc… la mente inizia il processo di interiorizzazione, i sensi seguono

questo percorso, e dolcemente si ritirano all’interno così la mente superiore,

buddhi, è pronta a placare i vortici mentali, il flusso ininterrotto dei pensieri e

delle rappresentazioni mentali, molte delle quali sono cariche di negatività e

costituiscono la nostra principale fonte di sofferenza, in quanto questo processo

avviene in modo del tutto incontrollato e indipendente dalla nostra volontà.

Dharana:

Questo termine, in sanscrito, significa sostegno, mantenimento, coesione; nello

yoga indica l'arte di far convergere l'attenzione e l'energia mentale su un unico

oggetto, restituendo così unità alla coscienza dispersa.

Solitamente Dharana viene tradotta in italiano con il termine concentrazione. In

realtà lo scopo ultimo di Dharana è non solo una concentrazione, ma anche un

allargamento della coscienza: sarebbe quindi più corretto usare il termini di

31
focalizzazione che suggerisce maggiormente l'idea che la stabilizzazione della mente

intorno al centro sia mantenuta grazie alla forza di attrazione del centro stesso, piuttosto

che attraverso una tensione della volontà individuale. Dharana si può esercitare centrando

la propria attenzione su un oggetto qualsiasi, scelto come supporto. Vi possono essere sia

supporti interni, come il respiro, parti del corpo, sensazioni interne legate alla

pratica di asana o esterni , ad esempio la fiamma di una candela, semplici

simboli geometrici, la luna piena, etc…).

Dhyana:

Dhyana è un termine che significa meditazione. Questa è una attività della mente

che si concentra continuamente su un unico oggetto, essendo questo oggetto

l'unico pensiero nella mente. Lo scopo delle tecniche di meditazione è calmare la

mente per essere pronti ad una consapevolezza pura e controllare le emozioni. I

benefici sulla salute delle tecniche di meditazione sono: liberarsi dallo stress

emozionale e mentale; creare pace nella mente e armonia dentro se stessi,

sostituire la confusione emozionale con qualcosa di positivo.

Samadhi:

Samadhi è lo stato di calma raggiunto tramite la meditazione, ha più livelli a

seconda del grado di assorbimento della mente, citta. Chiunque voglia

raggiungere la saggezza, o uno stato di felicità più alto di quello in cui vive

normalmente deve sviluppare la pratica di Samadhi. Inizialmente la mente è

influenzata da quelle che sono le percezioni sensoriali, ma se noi riusciamo a

distogliere l’attenzione da esse siamo sulla giusta strada per raggiungere il

nostro Sé.

32
La pratica del corpo

Oltre a lavorare su se stessi interiormente, bisogna lavorare anche sul per

migliorare la nostra condizione psicofisica.

L’ hatha yoga è una pratica molto diffusa in occidente. Essa è una disciplina

completa in quanto lavora sulle posizioni, asana, sulla regolazione del respiro e il

controllo dell’energia, pranayama. Attraverso un lento passaggio le asana da

semplici posizioni si trasformano in atteggiamenti più profondi che portano

l’individuo alla pratica meditativa.

Le asana

Asana è una parola sanscrita e indica una posizione che il corpo assume e ha determinate

caratteristiche, tra cui la stabilità.

Infatti la posizione è stabile quando riusciamo a tenerla senza il desiderio di muoverci e per

ottenere questo essa deve essere associata a delle caratteristiche fondamentali, l’immobilità,

la durata, il rilassamento.

Bisogna essere consapevoli del nostro respiro e del fluire dei nostri pensieri.

Attraverso le asana possiamo raggiungere una condizione di equilibrio, quindi

superamento delle dualità che ci accompagnano nel nostro percorso per raggiungere

la calma e la serenità che è uno degli obbiettivi dello yoga.

Esse ci aiutano a rilassare la mente e il corpo a recuperare quella consapevolezza

che abbiamo abbandonato a causa dei ritmi frenetici della vita quotidiana.

Esse si eseguono con movimenti lenti e consapevoli senza creare alcuno sforzo,

33
portano chi le pratica ad essere più consapevole dell’azione che sta svolgendo e

soprattutto a percepire i limiti del proprio corpo.

Dal punto di vista fisico le asana sono focalizzate maggiormente sulla salute della

colonna vertebrale, sulla sua forza e flessibilità, poichè essa è la parte dello

scheletro che sorregge l’intero corpo e protegge il midollo spinale che è il

prolungamento del cervello, quindi il canale di comunicazione di tutto il sistema

nervoso dove sono collegati tutti gli impulsi nervosi. Le asana servono anche ad

eliminare i blocchi che si creano nelle articolazioni provocati dall’accumulo di

tossine.

Inoltre, dal punto di vista più sottile, una colonna vertebrale sciolta permette

all’energia di scorrere liberamente.

Infatti il corpo è la parte più grossolana dell’individuo ma è il mezzo per arrivare al

raggiungimento del proprio Sé. Per questo motivo essa deve essere forte, agile e

sana.

I benefici delle asana

Attraverso le varie posizione e controposizioni delle asana oltre alla colonna,

possiamo avere benefici a tutto il corpo, agli organi interni, al sistema endocrino e

ghiandolare e soprattutto a livello mentale :

Il rachide:

il termine rachide include, le vertebre, (compresi i dischi intervertebrali), i

legamenti, i muscoli, i nervi (col midollo spinale) ed i vasi sanguigni collegati tutti

tra di loro.

Tutte le asana, indipendentemente dall’età la colonna, hanno un’ azione benefica su

34
tutto il rachide attraverso piegamenti, rotazioni, flessioni e allungamenti. Essi,

assieme alla staticità e ad una corretta respirazione, rivitalizzano i dischi

intervertebrali che si trovano tra i corpi intervertebrali, fungono da ammortizzatori e

hanno la funzione di rendere flessibile la colonna vertebrale.

I muscoli:

I muscoli agiscono, a secondo della loro forza, a livello vertebrale e articolare, tra

pelvi, gambe, braccia, coste e cranio. Il sistema nervoso governa l'azione della

muscolatura così bene che le contrazioni delle fibre muscolari o il loro rilassamento

antagonistico permette un movimento armonioso della colonna vertebrale e annessi.

Con le asana tutti i muscoli sia quelli superficiali che quelli profondi vengono

tonificati attraverso la contrazione- rilassamento-allungamento per permettere loro

un buon funzionamento nel tempo.

Le articolazioni:

un buon lavoro sulla muscolatura crea quindi una tonicità muscolare tale da

permettere alle articolazioni di svolgere il loro movimento in maniera integra inoltre

attraverso movimenti mirati ( ad esempio la serie pavanmuktasana ) le stesse

articolazioni acquisiscono più elasticità.

La circolazione:

le asana hanno un effetto benefico anche sulla circolazione, in quanto le contrazioni

e gli stiramenti muscolari favoriscono il ritorno venoso, quindi il muscolo si svuota e

poi richiama il sangue ossigenato, inoltre, con l’abbandono e il rilassamento, la

pressione arteriosa migliora e il sangue fluisce verso gli organi interni rigenerandoli.

Il cervello riceve più ossigeno attraverso l’irrorazione del sangue quindi c’è un

miglior funzionamento dello stesso.

35
Il sistema nervoso

Dalla colonna vertebrale si irradiano in tutte le direzioni i nervi. Le asana attraverso

un lavoro sulla colonna vertebrale, hanno un'influenza più diretta sul sistema

nervoso e attraverso esso, su zone del corpo lontane dalla spina dorsale. Per

questo, come ho accennato, le asana sono focalizzate maggiormente sulla salute

della colonna vertebrale.

Il sistema endocrino

I ritmi della nostra vita quotidiana ci hanno portato ad una condizione di agitazione

continua che porta il nostro organismo ad avere problemi non solo a livello fisico

(ossa,muscoli,etc…) ma anche a livello endocrino, con seri problemi al sistema

immunitario. Alcune asana aiutano a stimolare alcune ghiandole endocrine

attraverso determinati movimenti, in modo da riportare equilibrio e ristabilire il loro

normale funzionamento.

Il sistema respiratorio

I polmoni si contraggono e si espandono attraverso l’azione dei muscoli e

principalmente del diaframma che si trova alla base della gabbia toracica, esso

agisce come da stantuffo richiamando dentro e spingendo fuori l’aria dai polmoni

stessi. La respirazione è controllata dai centri nervosi e di conseguenza essa può

essere gestita attraverso movimenti volontari, per questo attraverso le asana noi

possiamo modificare il nostro respiro permettendo uno scambio corretto di

ossigeno-anidride carbonica.

Patanjali e le asana

Patanjali negli Yoga Sutra dedica tre sutra agli asana (II 46,47,48) soffermandosi

interamente sul lavoro del corpo.

36
(II,46) Stira sukham asanam

La posizione deve essere stabile ecomoda

La postura deve esser stabile, comoda e confortevole. Questo ci porta ad una

maggiore consapevolezza del nostro essere e dei nostri conflitti interiori, infatti un

corpo è rilassato quando la mente è tranquilla, ed è impassibile agli eventi esterni

che sono sotto l’influenza dei sensi, e delle mente citta vritti ( Yoga citta-vrtti-

nirodhah ).

Se raggiungiamo questo obbiettivo saremo sulla strada giusta per il raggiungimento

del benessere psicofisico.

Se pratichiamo lo yoga esclusivamente come un esercizio ginnico non saremo in

grado di percepire i messaggi che il corpo ci trasmette, di conseguenza la pratica

dello yoga non cambierà la nostra attitudine verso gli altri, il mondo e verso noi

stessi e soprattutto non raggiungeremo mai la quiete della mente. Dobbiamo

imparare a leggere il nostro corpo, percepire i messaggi che esso ci invia accettarne

i limiti e approfondire quella postura che ci fa sentire a nostro agio, che crea

beneficio e che ci porta a quella condizione di comodità e stabilità dove il corpo si

accetta silenzioso e felice.

(II,47) Prayatna-saithhilyananta-samapattibhyam

Attraverso il rilassamento dello sforzo e l’immersione nell’infinito

Il secondo sutra di Patanjali descrive il secondo passo per sconfiggere l’ego

attraverso l’ immersione nell’infinito. Se rilassiamo i muscoli attraverso un adeguato

lavoro, perdiamo la percezione del corpo stesso, cioè i processi fisici continuano a

funzionare, il rilassamento si completa ma non abbiamo più bisogno di percepirlo.

Le asana, attraverso le varie forme, ci fanno identificare con qualcosa che è dentro

di noi e ci libera dai condizionamenti che tengono imprigionata la nostra coscienza,

37
percepiamo il nostro corpo in modo naturale, come se fosse un tutt’uno con il nostro

Sé, di conseguenza avremo una trasformazione a livello coscienziale.

(II,48) Tato dvamdvanabhighatah

Da ciò non si è più ostacolai dalle coppie degli opposti

Il terso sutra di Patanjali è il risultato di questa pratica, perché avremo raggiunto

l’unità.

Noi viviamo in una situazione di disagio causate dalla coppia degli opposti, caldo-

freddo, bene-male, gioia-dolore e così anche il nostro corpo a livello anatomico-

fisiologico è composto dai muscoli agonisti e antagonisti e vive in un continuo

disagio perché ogni muscolo è come se avesse assorbito le memorie del nostro

vissuto.

Nello sviluppo del corpo nell’essere umano si formano prima gli erettori del capo in

modo che il bambino possa sollevarlo, poi si formano i muscoli agonisti e antagonisti

per vincere la forza di gravità e arrivare alla posizione verticale. Ma questo processo

passa attraverso momenti di vissuto ( più negativi che positivi) e sono proprio

questi ricordi accumulati nel tempo che impediscono al corpo di affermarsi. Il lavoro

delle asana aiuta il corpo a liberare la coscienza e farci vivere il momento presente

che è l’unico che conta per raggiungere la felicità.

38
Pranayama

La definizione di Pranayama è controllo, estensione del respiro.

Nello Yoga le tecniche di Pranayama sono pratiche precise che vanno a condurre e

attivare il prana nel nostro corpo. Il prana è la forza vitale è l’energia sottile che

scorre attraverso le nadi nel corpo intero. Tutto ciò fa in modo che l’intero

organismo riceva dei benefici e il nutrimento necessario per la vita.

Normalmente utilizziamo solo il 25% della nostra capacità polmonare. Con le

tecniche di pranayama rinforziamo il nostro apparato respiratorio, aumentandone la

capacità e apportando maggior ossigeno a tutto il nostro corpo e ai nostri organi

interni.

Non solo, alcune tecniche come i bandha (legature, contrazioni) e mudra (gesti

accompagnati da specifici percorsi mentali guidati dal respiro), permettono un

controllo per condurre il prana all'interno dell'organismo attraverso un percorso ben

specifico.

Abitualmente nelle nostre attività di tutti i giorni non poniamo attenzione al respiro

in quanto avviene spontaneamente. Ma il nostro respiro ci può dare molte

indicazioni in quanto è strettamente collegato con la nostra mente. Ad esempio

quando ci spaventiamo, automaticamente tratteniamo il respiro, o quando siamo in

ansia il nostro respiro si fa più affannoso. Insomma il respiro ci indica lo stato

mentale in cui ci troviamo in quel particolare momento della nostra giornata.

Entrando in un rapporto più dinamico con il nostro respiro inizieremo a prenderne

coscienza e a divenire più consapevoli dei cambiamenti interni o esterni che lo

modificano. Grazie alle tecniche di Pranayama cominceremo ad intervenire

sull’inspiro - Puraka, sull’espiro - Rechaka e su quelle che sono le pause –

Kumbhaka - a vuoto e a pieno: entrando così in stretto contatto con il nostro

39
respiro. Il controllo del prana o soffio vitale attraverso il pranayama, consentirà alla

mente di vedere con più chiarezza la realtà che ci circonda, dandoci uno strumento

in più e una maggior capacità di controllo sulle nostre emozioni.

Questo percorso ci porta a sviluppare una buona capacità di svincolarci da ogni

forma di condizionamento e raggiungere quella consapevolezza che nasce dal

bisogno di cambiare il rapporto con il nostro Sé e con il nostro corpo. Come primo

passo dobbiamo raggiungere la consapevolezza del Sé, cioè sentire ogni parte del

proprio corpo e i sentimenti che possano sorgere in esso, esprimere apertamente le

proprie sensazioni le proprie emozioni senza nascondersi dietro una maschera, in un

secondo luogo dobbiamo passare all’ espressione del Sé, se i sentimenti non

trovano espressione vengono repressi e l’individuo perde contatto con il proprio Sé,

bisogna liberare questi sentimenti repressi che si possono identificare con la rabbia

e gestirli in maniera razionale fino a giungere alla padronanza del Sé, cioè quando

l’individuo è in contatto con se stesso, ha il dominio del proprio Sé i fantasmi sono

scomparsi assieme alle tensioni muscolari del corpo.

40
L’Amore

Non ho inserito l’amore quando ho parlato delle emozioni in quanto considero

tale sentimento la risoluzione ai conflitti interiori. Mi sembra più appropriato

inserirlo in questa fase dove la persona finalmente ha raggiunto la

consapevolezza del proprio Sè, abbandonato il proprio ego, è nella condizione

ideale per donare il proprio amore in quanto ha imparato ad amare se stesso

quindi è pronto ad aprire il suo cuore agli altri.

L’amore c’è sempre, è un sentimento che vive nei nostri cuori e finchè il cuore

batte l’amore vive ma a volte è imprigionato, non riesce manifestarsi a causa

della corazza che ci siamo creati nel nostro percorso di vita, a causa di tutte le

sofferenze che abbiamo patito. Una volta tolta questa corazza siamo pronti a

donare tutto l’amore che abbiamo nel cuore, quindi raggiunta la felicità interiore

siamo in grado di rendere felice chi ci sta vicino e non solo figli parenti amici ma

chiunque abbia bisogno di amore.

L’amore é un forza molto potente e ha un ruolo di primissimo ordine nel compito

di rivoluzionare l'aspetto psichico, elevare il livello di salute e di benessere, dare

un senso della vita a chi non ce l’ ha.

L’amore è una parola che può assumere vari significati a secondo del contesto

dove viene usata.4

L’amore fraterno

È la forma più fondamentale d’ amore. In esso c’è il desiderio di fusione con tutti

gli uomini, c’è il bisogno di solidarietà umana. Per sentire questo amore bisogna

penetrare in profondità, capire profondamente l’altra persona e non fermarsi in

superficie, percepire i messaggi che l’altro ci invia attraverso il corpo.

4
Erich Fromm – L’arte di amare

41
L’amore materno

Questo tipo di amore si può definire incondizionato in quanto il bambino riceve

dalla madre molte attenzioni che lo fanno sentire amato, esso non ha bisogno di

essere conquistato nè di essere meritato. C’è perché lui esiste. Verso i 6 anni il

bambino desidera dare qualcosa alla madre o al padre e per la prima volta l’idea

dell’amore si sposta dal essere amato ad amare, vuol dire che ha percepito il

messaggio, che non vede più l’altra persona solo come un mezzo per soddisfare i

propri bisogni. Imparando ad amare è uscito dalla cella della solitudine e

dell’isolamento, costituita dallo stato di narcisismo ed egocentrismo, prova come

un senso di fusione, di solidarietà. Raggiunge progressivamente un livello di

maturità dell’amore, legato allo sviluppo dell’oggetto dell’amore.

L ’amore paterno

Si può definire un amore condizionato in quanto nei primi anni di vita ha pochi

legami con il bambino, quindi non può essere paragonato a quello della madre,

ma esso rappresenta il mondo del pensiero, dell’ordine, della disciplina, il padre è

colui che mostra al figlio la strada del mondo. Sia l’amore materno che quello

paterno rappresentano l’amore completo per il bambino.

L’amore sentimentale

Quasi tutti hanno sperimentato la gioia di essere innamorati in un certo momento

della loro vita. Questo tipo di amore fiorisce solo se ciascuno porta con sé un

sentimento di gioia, e se questo sentimento assieme al dolore viene condiviso

con l’altro, allora questo è amore autentico. Molti rapporti non durano perché

l’amore sfocia inevitabilmente in bisogno, in quanto l’innamoramento ha in

qualche modo una componente regressiva che trae origine dall’infanzia

dell’individuo, quindi si vede l’altro come un mezzo per ottenere ciò che non si ha

42
avuto dal rapporto genitoriale.

L’amore per se stessi

Viene definita una forma di amore egoistico, quasi narcisistico ma se analizziamo

bene arriviamo alla conclusione che se un individuo ama se stesso è capace di

trasmettere questo amore anche agli altri.

L’amore si può definire un’ emozione appagante, è il sentimento più grande e più

dolce, come il mistero che dà alla vita il suo significato più ricco, l’amore è un

legame vitale è fonte di vita e di gioia, amore è l’espansione del Sé.

Ma analizziamo questo sentimento associandolo ai chakra in modo da renderci

conto quanto le emozioni possono essere liberate attraverso questa disciplina

tanto commercializzata in occidente, ma poco approfondita su quelli che sono le

sue vere potenzialità non solo sul singolo individuo ma sulla società stessa.

43
I Chakra

Prima di tutto bisogna capire cosa sono i chakra e il loro ruolo sull ’individuo.

Essi sono centri di energia che irradiano il nostro corpo, la nostra mente e il nostro

spirito.

In sanscrito chakra significa ruota e si riferisce ai vortici di energia che ruotano e

vibrano nel corpo energetico. L’individuo è composto di molti chakra di cui sette

principali e ventuno minori, quarantanove molto piccoli e numerosi minuscoli.

I sette chakra principali irradiano da diversi punti della colonna vertebrale,

formando un asse verticale che va dalla base della colonna vertebrale fino alla

sommità del capo, essi hanno la capacità di assorbire dall’ esterno energia sia

positiva che negativa e distribuirla attraverso l’organismo, per mantenere sia la

mente sia il corpo fisico.

Il corpo è composto da una matrice di sentieri chiamate nadi, che possiamo

paragonare alle arterie o alle vene del corpo fisico che trasportano il sangue, la

differenza è che le nadi sono vasi circolatori che trasportano il prana o energia. Non

si possono vedere e noi sappiamo della loro esistenza soltanto attraverso la loro

azione.

I chakra sono la chiave per il risveglio spirituale, il benessere psicologico e la salute

fisica. Ciascuno dei sette chakra governa un differente stadio di sviluppo psicologico

e spirituale responsabile di diversi livelli di coscienza.

I primi tre chakra, ci influenzano in un modo personale, mentre gli altri quattro

hanno su di noi un effetto universale. La qualità spirituale del chakra della radice

Muladhara Chakra è il collegamento con la terra e ci permette di incarnarci

pienamente nel nostro veicolo fisico. L'energia che scorre attraverso di esso

45
condiziona la nostra relazione con il corpo e la terra sulla quale poggiamo. La qualità

spirituale del chakra del sacro, Svadhisthana Chakra, è la centratura. E’ collegato

con la conoscenza, la fiducia e l'amore per il nostro Sé interiore.

II terzo chakra, Manipura Chakra situato all’altezza del plesso solare, corrisponde al

potere personale ed è un centro di percezione, un luogo dove viene elaborata una

enorme quantità di energia. Quando i quattro chakra universali (dal cuore alla

corona) non sono completamente aperti, spesso si abusa del potere personale.

Quando il chakra del plesso solare opera in armonia con gli altri può essere usato in

un modo positivo che arricchisce la persona, la gente che ha intorno e il pianeta che

tutti condividiamo.

I chakra universali hanno un effetto spirituale più profondo. Quello del cuore segna

un punto di transizione molto importante, perché è situato in mezzo tra i tre chakra

personali, collegati alla nostra materialità, e i tre chakra universali, che sono al di

sopra.

Il chakra del cuore, Anahata Chakra situato nel mezzo delle sette ruote di luce, è il

centro dell'amore e della compassione (ed è il chakra che approfondiremo).

II chakra della gola, Visuddha Chakra, è il centro della comunicazione. Aprire mag-

giormente il chakra della gola può aiutarci a chiarire la nostra direzione nella vita e

a fornirci la guida spirituale di cui abbiamo bisogno.

Il terzo occhio Ajna Chakra, situato tra le sopracciglia è un potente centro di

introspezione e saggezza, è il luogo della visione interiore.

Sahasrara Chakra è il chakra della corona alla sommità della testa, è la sede della

gioia perfetta, il luogo in cui ci riuniamo nuovamente con noi Stessi con il bambino

interiore.

Psicologicamente, i chakra ci conducono in un viaggio attraverso diverse emozioni

46
ed esperienze. Le emozioni sono semplicemente movimenti di energia, che

interpretiamo come felice, triste, arrabbiata, spaventata, e così via.

In ciascun chakra si sperimentano emozioni diverse. Man mano che facciamo risalire

la nostra consapevolezza attraverso i chakra ci spostiamo dalle emozioni limitanti,

come la paura e il dolore, a emozioni liberatorie come la gioia e la felicità. Viaggiare

attraverso i chakra può aiutarci a evolvere psicologicamente. Possiamo passare

dalla paura al coraggio, dalla collera al perdono, possiamo arrivare a conoscere più

profondamente noi stessi e imparare ad amare e rispettare ciò che siamo

veramente, sviluppando di conseguenza comprensione e compassione per gli altri.

Man mano che ci apriamo alla scoperta del nostro Sè attraverso i chakra, le nostre

qualità personali incondizionate diventano sempre più evidenti.

Essi sono in risonanza con i colori dell’arcobaleno: quello della radice è rosso e

quello della corona è viola, gli altri sono associati ai colori intermedi dell’arcobaleno.

E come l’arcobaleno crea un ponte che collega il cielo con la terra e illumina la volta

celeste, anche i chakra, se in armonia tra di loro, illuminano il nostro Sé interiore.

47
Il Chakra del cuore, Anahata Chakra

Il chakra del cuore è situato dietro il cuore fisico. L'energia del chakra del cuore è

familiare a tutti. Già ci rendiamo conto che il cuore ha molte qualità oltre al ruolo

fisico di tenerci in vita. Conosciamo la sensazione di aprire il cuore e chiudere il

cuore. Sappiamo come ci si sente ad avere il cuore spezzato o a fare qualcosa col

cuore. La maggior parte di noi sa che cosa vuoi dire amare con tutto il cuore e

mettersi il cuore in pace. Queste qualità energetiche sono stimolate dal chakra del

cuore, che ha un ruolo molto ampio.

Il chakra del cuore si trova a metà strada rispetto ai sette chakra. È simboleggiato

da due triangoli che si intersecano a formare una stella a sei punte, per

rappresentare il movimento dell'energia che dalla terra sale verso l'alto e scende dai

cieli. Queste due forze sì uniscono nel chakra del cuore che è dunque un luogo di

equilibrio e di armonia.

È in questo centro che passiamo dai regni personali dei chakra inferiori alla

consapevolezza universale dei chakra superiori per ritrovare il Sé. Dopo essere saliti

dai primi tre chakra e aver affrontato le questioni personali collegate alla

sopravvivenza nel chakra della radice, alla conoscenza di Sé nel chakra sacrale e al

potere personale in quello del plesso solare, ora siamo pronti a passare dall'in-

carnazione all'illuminazione. Incarnazione inteso come abbracciare pienamente le

qualità personali dei chakra inferiori e farle diventare parte della nostra vita.

L'illuminazione è un viaggio spirituale, in cui apprendiamo la compassione e l'amore

incondizionato.

La compassione e l'amore incondizionato sono le qualità spirituali associate con il

chakra del cuore, non sempre così facili. La vera compassione è un dono divino,

49
amore incondizionato. Significa amare senza chiedere nulla in cambio.

Il chakra del cuore è collegato all’energia dell’aria, che è uno degli elementi più

sottili, sappiamo che c’è ma non le vediamo, sentiamo solo il suo passaggio e

l’effetto che ha sulle cose in questo caso sulle nostre emozioni. Il vento può portare

caos nella nostra vita, far nascere tempeste, e se guidato nella direzione giusta, può

portare via vecchi schemi e abitudini sbagliate ed effettuare cambiamenti. I

sentimenti negativi, paura, collera, portano il nostro stato fisico ad un senso di

soffocamento. Per trattenere il dolore emotivo stringiamo il diaframma, il respiro

diventa superficiale e si crea una contrazione fisica dolorosa che a lungo andare si

può trasformare in malattia cardiaca, o deficienza immunitaria. Se al contrario si

respira a polmoni pieni si apre la gabbia toracica, i polmoni, il cuore e il timo

vengono massaggiati e purificati. Man mano che il diaframma si rilassa il chakra del

cuore si risveglia portando amore e compassione e la collera si trasforma in amore.

Portare la consapevolezza al chakra del cuore aiuta l’individuo ad operare un

cambiamento positivo, una trasformazione dei nostri sentimenti nella vita e nel

rapporto con gli altri.

Il tatto è una qualità associata al chakra del cuore, l’impulso a toccare nasce dal

cuore, viene spinto lungo le braccia e arriva alle mani, quando l’energia è bloccata

nel chakra del cuore, l’equilibrio tra il dare e il ricevere può risultare distorto, quindi

alcuni individui tendono solo a dare altri solo a ricevere invece l’energia deve

scorrere in ambedue i sensi. L’amore incondizionato del chakra del cuore deve

toccare tutte le persone a un livello profondo trattandole con amore e rispetto,

senza giudicare.

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La vita gira lentamente come l’energia scorre nei chakra, e noi dobbiamo avere la

capacità, se abbiamo raggiunto il giusto equilibrio, di non farci sopraffare dalle

avversità sfavorevoli, ma sfruttare il più possibile quelle favorevoli, percepire le

emozioni positive e quelle negative trasformando quest’ ultime in risorse positive.

Dobbiamo ricordarci che la vita non è giusta e non è ingiusta , non è buona non è

cattiva, la vita è quella che è, e bisogna saperla accettare, per poter vivere bene

con noi stessi e con gli altri e lo yoga è il mezzo che ci porta ad apprezzare la vita,

amare se stessi e donare il proprio cuore agli altri.

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La pratica dello yoga per aprire il cuore
La pratica che propongo è legata alla rinascita dell’individuo.

Una pratica che inizialmente fa sentire il praticante ancora nel grembo materno,

Apanasana con ascolto del respiro, qualche movimento per prendere

consapevolezza del proprio corpo in posizione fetale. Cominciare inizialmente in

posizione sdraiata sul dorso con un lavoro sulla parte inferiore del corpo, per

stimolare i primi tre Chakra, collegati al piano materiale, qualche posizione di

centratura. Dopo eseguiamo mula bandha, che stimola Muladhara Chakra e permette

all’energia di scorrere attraverso il canale centrale di Susumna. Con un movimento

graduale portare il corpo sul ventre in Makarasana e dopo qualche istante di ascolto

del respiro portarsi in ginocchio ed eseguire qualche movimento del Cakravakasana.

Darmiakasana per un allungamento e poi portarsi nella foglia ripiegata in ascolto del

respiro. Con un movimento fluido portare il corpo in posizione eretta.

Percepire il contatto della realtà con la pianta dei piedi a terra, quindi eseguire le

posizioni in piedi che aiutano a ritrovare la forza in se stessi; Tadasana, Vrksasana,

posizioni di equilibrio,Ardha Chandrasana.

Portarsi sull’addome ed eseguire Bujangasanae Ardha, Dhanurasana. Di nuovo sul

dorso compensare con Apanasana.

Dopo un riposo a terra seduti in Sukasana, eseguire la respirazione completa, con

l’attenzione alla colonna vertebrale. Per migliorare la respirazione abituale in modo

che il ritmo del cuore e quello dei pensieri rallentino. Per concludere Padma mudra il

gesto per aprire il cuore e donare amore agli altri.

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Apanasana

Portarsi sul dorso, nella posizione di Apanasana, piegare le ginocchia unite sollevare i piedi da

terra e portarle al petto, le dita delle mani intrecciate sulle ginocchia, i piedi sono rilassati il

capo è in una posizione tale che le vertebre cervicali non sono in una situazione di tensione.

Verificare dunque che la fronte sia più alta del mento, in caso non lo sia utilizzare un cuscino

sotto la nuca. Chiudere gli occhi e portare l’attenzione al respiro senza modificarlo, percepire il

movimento nell’ area dietro l’ombelico, zona dove si accumulano tutte le tensioni emotive.

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Movimenti di I° coccodrillo

Portare i piedi a terra vicino al bacino, con una divaricazione maggiore del bacino tale da

facilitare la discesa delle gambe. Le braccia sono estese all’altezza delle spalle con il palmo

delle mani rivolto verso il cielo. Portare l’attenzione alla zona lombare, chiudere gli occhi ed

eseguire qualche movimento di anteroversione e retroversione del bacino in modo da percepire

la zona lombare che si stacca da terra evi aderisce. Dopo qualche movimento in dinamica

rimanere nella posizione statica per eseguire i movimenti laterali. Inspirare nella posizione

centrale, espirare e inclinare le ginocchia a destra e ruotare il capo a sinistra, ispirando

ritornare nella posizione centrale portando l’attenzione al contatto a terra della zona lombare,

espirando inclinare le ginocchia a sinistra e il capo a destra. Portare l’attenzione alla colonna

vertebrale e al movimento delle vertebre cervicali e lombari che lavorano in contemporanea

ma nel senso opposto, e al movimento delle anche. Ripetere 4 volte per lato. Al termine

riportarsi in Apanasana per qualche istante

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Estensione delle gambe
Portare i piedi vicino al bacino la larghezza del bacino. Le braccia sono aperte all’altezza delle

spalle con il palmo delle mani rivolto verso il cielo. Inspirare portare la gamba destra in

estensione verso il cielo con il piede flesso, espirando riportare il piede a terra. Ripetere sullo

stesso lato in dinamica 4 volte poi ci fermiamo in posizione statica avvolgendo con le mani ad

anello il polpaccio, o la caviglia secondo le proprie possibilità, senza forzare e senza alzare il

bacino da terra.

Portarsi per qualche istante in Savasana in ascolto della differenza tra una gamba e l’altra.

Ripetere sul lato sinistro. Questi movimenti sono delle preparazioni alle asana successive.

Lavorano sui muscoli posteriori delle gambe che, a causa di una vita sedentaria, si accorciano

fino a creare dolore alle vertebre lombari.

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Sthambasana

Dopo avere eseguito i movimenti in dinamica prima sul lato destro poi sul lato sinistro ci

prepariamo per la posizione statica di Sthambasana per alcuni respiri. Portiamo le gambe e i

piedi uniti vicini al bacino poi, inspirando con un movimento lento, estendiamo le gambe verso

il cielo, piedi flessi. Le braccia si sollevano parallele alle gambe.

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Dvi Pada Pitham

Portare i piedi vicino al bacino, larghezza del bacino. Zona lombare a contatto con la terra,

braccia lungo il corpo ispirare e portare contemporaneamente le braccia oltre il capo e alzare il

bacino in modo da formare un mezzo ponte. Contrarre i glutei e risalire con gli sfinteri anali, il

movimento deve essere fluido e lento si devono percepire le vertebre che gradualmente si

staccano da terra. Ritornare e portare progressivamente la colonna vertebrale a terra e le

braccia lungo il corpo. Ripetere 4 volte in dinamica e fermarsi nella posizione statica con il

bacino sollevato, contrarre i glutei in modo da proteggere le vertebre lombari, braccia bene

estese oltre il capo ad ogni inspiro rientrare con l’addome.

Portarsi per qualche istante in Apanasana, ginocchia unite al petto eseguire dei movimenti in

dinamica, portare la mano destra sul ginocchio destro e la mano sinistra sul ginocchio sinistro,

inspirare e allontanare le ginocchia dal petto, espirare e riavvicinare le ginocchia al petto.

Eseguire qualche movimento.

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Supta Baddha Konasana
Dorso a terra, portiamo le gambe piegate e la pianta dei piedi a contatto sollevate verso il

petto, le mani intrecciate sui piedi o alle caviglie, le lombari aderiscono a terra.

Il capo è appoggiato a terra il mento è rientrato. Eseguire mula bhanda, ispirare contrarre gli

sfinteri anali, espirare rilasciare gli sfinteri anali. Eseguendo questo bhanda i nervi pelvici

vengono stimolati e vengono tonificati gli organi sessuali, i muscoli dello sfintere anale

vengono rinforzati. Dal punto di vista più sottile si stimola l’energia di Muladhara Chakra.

La posizione del capo con il mento rientrato facilita l’esecuzione della respirazione in ujjayi, che

è caratterizzata da un suono profondo proveniente dalla gola. Questo suono aiuta nella

concentrazione e porta ad una maggiore consapevolezza del respiro e di tutto il corpo.

Girarsi lentamente sull’addome e portarsi nella posizione di Cakravakasana.

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Cakravakasana
Portiamoci in ginocchio ed eseguiamo qualche movimento di gatto. Braccia e cosce sono

parallele e formano un angolo retto con il busto, percepire il peso del corpo sulle ginocchia e

sulle mani. Inspirando incurvare la schiena e estendere il collo leggermente verso l’alto

formando come un arco concavo, espirando arrotondare con la colonna in modo da sollevare la

regione sacrale rientrare con l’addome e portare il mento verso lo sterno. Eseguire seguendo il

respiro lento e profondo e percepire il movimento della colonna. Ripetere 8 volte.

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All’ultimo espiro arrotondarsi e portare i glutei sulle piante dei piedi che saranno messi in modo

tale da creare come un cuscino di appoggio, alluci a contatto e talloni separati. Estendere le

braccia in avanti oltre il capo, rimanere qualche respiro nella posizione di Dharmikasana, poi

con un movimento circolare delle braccia portarsi in Prinasana, la foglia ripiegata, in ascolto

del respiro.

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Lentamente in arrotondamento ci portiamo in ginocchio, Vajrasana ascolto della verticalità

della colonna per qualche istante, poi ci portiamo in piedi.

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Tadasana
E’ una posizione di allungamento. In posizione eretta distribuire bene il peso del corpo sulle

piante dei piedi, che saranno paralleli tra di loro e distanti la larghezza del bacino. Braccia

rilassate ai lati del corpo, la sommità del capo è proiettata verso il cielo e il mento è parallelo

alla terra. Le gambe che sostengono il corpo saranno diritte ma non rigide, le articolazioni

sciolte le spalle basse, il respiro profondo, calmo e regolare.

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Vrksasana
Partire dalla posizione di Tadasana, bacino in retroversione. Scaricare il peso del corpo sulla

gamba destra, all’inspiro piegare lateralmente la gamba sinistra e appoggiare la pianta del

piede sinistro all’interno della coscia destra o al polpaccio destro. Portare le mani giunte

all’altezza di Anahata Chakra con i pollici a contatto con il corpo. Guardare un punto a terra e

rimanere in posizione respirando lentamente. Ripetere sull’altro lato.

Le posizioni di equilibrio nello yoga sono numerose Vrksasana è la posizione per eccellenza.

Esse portano il praticante a percepire il proprio stato di equilibrio fisico e a prendere coscienza

dello proprio stato psichico.

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Ardha Chandrasana
E’ una posizione di flessione laterale, aiuta a mantenere la colonna vertebrale flessibile e

aumenta la capacità respiratoria.

In posizione eretta, portare i piedi distanti la larghezza del bacino, che sarà in retroversione.

Mettere la mano destra sul lato destro del corpo, inspirare sollevare il braccio sinistro e

portarlo vicino all’ orecchio sinistro, con il palmo rivolto all’interno, un attimo di attenzione alla

verticalità dell’intero corpo. Allungare il braccio e la mano verso il cielo, e inclinare il busto

verso destra. Percepire l’allungamento di tutto il lato sinistro, ascoltare il fluire dell’energia sul

lato sinistro del corpo. Chiudere gli occhi e rimanere per qualche respiro nella posizione statica,

all’espiro ritornare nella posizione centrale all’ascolto della differenza tra il lato destro e lato

sinistro del corpo. Ripetere sull’altro lato.

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Vira Bhadrasana
Partendo dalla posizione di Tadasana, divaricare le gambe e ruotare il piede destro verso

l’esterno, sollevare le braccia all’ altezza delle spalle con il palmo delle mani rivolto versa terra.

Espirare e piegare la gamba destra in modo da creare un angolo retto. La gamba sinistra è

molto tesa per tutta la sequenza. Inspirare ruotare il capo verso la mano destra, espirare

portare il braccio sinistro con un movimento parallelo al pavimento fino a congiungere il palmo

della mano destra con il palmo della mano sinistra. Inspirare e sollevare le braccia con i palmi

delle mani a contatto, sopra il capo in modo da ottenere un’apertura a livello toracico e da un

punto di vista più sottile aprire l’area del cuore. Tenere la testa in posizione neutra e guardare

davanti, oppure inclinarla indietro e guardare in alto in direzioni delle mani. Rimanere in

posizione per 6 respiri. Portare la gamba sinistra con uno slancio vicino alla gamba destra

eseguire una flessione simmetrica in avanti. Ripetere la posizione sull’altro lato.

Vira Bhadrasana da un punto di vista più sottile è la posizione del “guerriero spirituale” che con

coraggio si batte contro il nemico per eccellenza avidya, l’ignoranza, la causa di tutte le

sofferenze.

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Savasana

Eseguire una posizione centrale passiva e portarsi in Savasana per qualche istante in ascolto

dei benefici della pratica. Abbandonare il corpo a terra, palmo delle mani rivolto verso il cielo

chiudere gli occhi e portare l’attenzione al respiro addominale.

Portatevi sul ventre per eseguire un’altra posizione dei apertura.

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Bujangasana
In posizione sull’addome, unire le gambe e i piedi, glutei contratti, fronte a terra. Mani con le

dita divaricate all’altezza del petto, gomiti ravvicinati in modo da sentire le scapole ravvicinate.

Inspirare e sollevare lentamente il capo inclinandolo leggermente all’indietro poi alzare le

spalle e il busto.

Mantenere l’ombelico a terra e rimanere per qualche respirazione in posizione statica. Espirare

e riportare il busto, le spalle e infine il capo a terra.

Portiamoci qualche istante in Prinasana.

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Ardha Dhanurasana
Portiamoci in ginocchio nella posizione di Cakravakasana per eseguire Ardha Dhanurasana.

Portiamo l’avambraccio sinistro a terra sotto le spalle con il palmo della mano appoggiato a

terra, inspirare, piegare la gamba sinistra e con la mano destra afferrare la caviglia o il piede

della gamba sinistra. Aprire il più possibile la spalla destra, ruotare il capo verso destra

rimanere per qualche respiro nella posizione statica portarsi per qualche istante in Prinasana

ed eseguire sull’altro lato.

Portarsi sul dorso nella posizione di Apanasana in ascolto del respiro.

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Mahat Pranayama
Portarsi in posizione seduta per eseguire Mahat Pranayama, la respirazione completa;

essa si divide in:

Respirazione bassa o addominale o diaframmatici

Si portano le mani sull’addome precisamente i medi all’altezza dell’ombelico. Inspirando

lentamente espandere leggermente l’addome a cintura contratta, espirando rientrare con

l’addome. Ripetere alcune volte.

Respirazione media o toracica

Portare le mani sotto il seno, inspirando lentamente percepire la gabbia toracica che si

dilata, espirando percepire il movimento inverso. Ripetere per alcune volte.

Respirazione alta o clavicolare

Portare le mani e l’attenzione alla base del collo all’altezza delle clavicole, inspirare e

percepire un leggero sollevamento delle clavicole. All’espiro percepire un leggero

abbassamento delle stesse. Questa respirazione è meno profondo delle precedenti in

quanto l’apertura della parte alta dei polmoni è limitata.

Dopo aver appreso singolarmente le tre fasi della respirazione eseguire un'unica

respirazione lenta e profonda in un tempo solo portando l’attenzione prima all’addome,

poi alla gabbia toracica infine alle clavicole sia all’inspiro che all’ espiro.

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Padma Mudra
Vorrei fare una accenno al significato : il significato di padma è fiore, mudra puo

significare sia sigillo che gesto simbolico. Padma mudra è un atteggiamento delle mani

che evoca il fiore di loto e serve, come tutti i mudra, a trattenere il prana nel corpo.

Nella posizione di Sukasana portiamo le mani all’altezza del chakra del cuore, i polsi si

sfiorano, le punta delle dita sono leggermente piegate e a contatto tra di loro, le mani

sono in una posizione tale da formare come il bocciolo di un fiore, chiudiamo gli occhi e

con inspiri ed espiri lenti e profondi dischiudiamo le mani staccando prima i polpastrelli

dei mignoli, poi degli anulari, medi indici e pollici. Lentamente all’ espiro portiamo le

braccia verso il cielo mantenendo i polsi a contatto, le dita rimangono separate tra di loro

e ricordano i petali di un fiore per accogliere l’energia del cielo con un’apertura massima

dell’area del cuore. All’ inspiro ricongiungere le mani e portare tutta l’energia nell’area del

cuore. Rimanere in posizione statica ad occhi chiusi percependo il ritmo del cuore e

portando l’attenzione ad Ajna Chakra.

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Apanasana

Movimenti

di I°coccodrillo

Movimento

delle gambe

Sthambasana

Dvi Pada Pitham

88
Supta Baddha

Konasana

Cakravakasana

Dharmikasana

Prinasana

Vajrasana

89
Tadasana

Vrksasana

Ardha Chandrasana

90
Vira Bhadrasana

Savasana

Bujangasana

Prinasana

91
Ardha Dhanurasana

Apanasana

Mahat Pranayama

Padma Mudra

92
Bibliografia

Le emozioni che fanno guarire


Daniel Goleman
Edizione Mondadori

Il tradimento del corpo


Alexander Lowen
Edizione Mediterranee

Espansione e integrazione del corpo energetico


Alexander Lowen
Edizione Astrolabio

Aforismi sulla saggezza del vivere


Schopenhauer
Edizione Mondadori

La Saggezza della vita


Nicola Abbagnano
Edizione Bompiani

Pensare col corpo


Jader Tolja Francesca Speciali
Edizione Zelig

Il linguaggio emozionale del corpo


Laura Bertelè Baldini
Edizione Castoldi Datai

Malattia e destino
Thorwald Dethlefsen
Edizione Mediterranee

Alchimia emotiva
Tara Bennett-Goleman
Edizione Rizzoli

La mia via al benessere


Deepak Chopra
Edizione Sperling & Kupfer

La vita senza condizioni


Deepak Chopra
Edizione Sperling & Kupfer

93
Malattia linguaggio dell'anima
Rudiger Dahlke
Edizione Mediterranee

Come fare miracoli nella vita di tutti i giorni


Wayne W. Dyer
Edizione Tea

Emozioni distruttive
Dalai Lama - Daniel Goleman
Edizione Mondadori

Il Mito del superuomo


Selene Galloni
Edizione Mangnanelli

Il segreto del fiore d'oro


Carl Gustav Jung- Richard Wilhelm
Edizione Universale Bollati Boringhiera

Liberarsi dai condizionamenti


Il pensiero è il più grande ostacolo dell'amore
Krishnamurti
Edizione Oscar Mondatori

La saggezza orientale
Carl Gustav Jung
Edizione Universale Bollati Boringhiera

Guida allo yoga


Sri Aurobindo
Edizione Mediterranee

Yoga psicosomatico
Equilibrio tra corpo e mente
John Mumford
Edizione Hermes

Aspetti dell’amore
John Armstrong
Edizione Guanda

La saggezza del sutra del loto


Daisaku Ikeda
Edizione Oscar Mondatori

L’arte di amare
Erich Fromm
Edizione Mondadori

94
La via del cuore
Osho
Edizione Mondadori

Yoga per il corpo la mente lo spirito


Osho
Edizione Mondatori

Atlante di corpo mente e spirito


Paul Hougham
Edizione Urra

La forza di ritrovarsi
Assertività ed emozioni
Franco Nanetti
Edizione Pendagron

95

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