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Elaborato di Sacra Scrittura

Paolo Macchi – III teologia

1Re 19, 1-18:


UN SUONO DOLCE E SOMMESSO

INTRODUZIONE
Aprendo il Libro dei Re si è tentati di leggerlo come storia ormai passata, irrilevante, qual-
cosa che non ha più nulla a che fare con noi. Una storia talmente remota che non ha più
alcuna influenza su di noi. Una storia che pure non si sa quanto possa essere attendibile, che
ha un sapore mitico e leggendario. Come possiamo noi approcciarci a questo libro allora?
Possiamo leggere il Libro dei Re «come un testo di letteratura teologica che per caso ha
assunto la forma di un’opera storica» 1. Non è semplicemente storia, ma storia predicata, l’in-
tenzione è quella di «trasformare la fede dei primi lettori, per condurli a rivalutare la loro
identità dinanzi a Dio» 2. Anche noi possiamo lasciarci provocare da questa storia di fede,
storia di una relazione tra Dio e l’uomo, una storia che è anche la storia di ciascuno di noi e
quando riconosciamo questo ci scopriamo commossi e toccati nel profondo.
L’episodio dell’Oreb che prendiamo in analisi «nelle sue grandi linee mostra alcuni ele-
menti strutturali dell’esperienza cristiana» 3: chi si appresta a rispondere alla chiamata del Si-
gnore può dover sperimentare il fallimento, la persecuzione, la depressione e lo scoraggia-
mento, l’intraprendere sentieri che portano in direzioni sbagliate. Da queste situazioni nega-
tive e faticose l’uomo con le sue sole forze non riesce a uscire. Ecco allora che il Signore
interviene: pone sul nostro cammino angeli che ci sostengono e ci danno la forza di perseve-
rare e, finalmente, torna a rivelarsi, o meglio, l’uomo torna ad essere capace di riconoscerlo
nel «sussurro di una brezza leggera» (1Re 19, 12). Quando l’uomo smette di essere ripiegato
su se stesso e si riapre alla relazione con Dio, può ascoltare la sua parola che ridà la giusta
direzione al cammino, che gli permette di ritornare sui suoi passi per compiere la missione
che gli è affidata e che viene rinnovata.

1. IL LIBRO DEI RE
I libri di 1-2 Re raccontano le vicende dei Re di Israele dalla fine della vita di Davide fino
alla conquista babilonese di Gerusalemme. Originariamente questi due libri componevano
un’opera unitaria, la suddivisione è avvenuta poi ad opera degli studiosi greci ed è fittizia. Il
titolo originale di questi due libri era Terzo e Quarto libro dei Regni come seguito di 1-2 Samuele
anche questi chiamati inizialmente Primo e Secondo libro dei Regni.
Nel canone cristiano questi libri fanno parte della sezione dell’Antico Testamento chia-
mata libri storici. Nel canone ebraico, invece, questi due chiudono la sezione denominata profeti
anteriori (Giosuè, Giudici, 1-2 Samuele).

1
RICHARD D. NELSON, I e II Re, Claudiana, Torino 2010, 10.
2
ivi, 10.
3
CLAUDIO BALZARETTI, I libri dei Re, Città Nuova Editore, Roma 2002, 119.
2
Un suono dolce e sommesso

La tradizione ebraica ha voluto vedere questi libri come redatti da una mano profetica,
sono infatti tradizionalmente attribuita a Geremia, il quale non aveva l’intento di scrivere una
storia fedele alla cronologia degli avvenimenti, voleva tuttavia mostrare come Dio fosse in-
tervenuto nella storia del popolo di Israele durante il periodo della monarchia 4.
L’opera è destinata ai Giudei che avevano assistito ai tragici avvenimento del 587 a.C.
quando il re babilonese Nabucodonosor II distrugge il tempio di Gerusalemme e deporta
tutta la aristocrazia a Babilonia. È in questo momento che ha inizio la cosiddetta cattività
babilonese.
È qui che si fa necessario un testo che istruisca e incoraggi il popolo di Israele che si
ritrovava senza re, senza casa, senza terra e senza Dio. Lo scopo didattico era quello di mo-
strare come la causa di quanto successo non era da imputare a Dio, ma al popolo stesso che
peccando si è allontanato dall’alleanza e ha attirato su di sé tutta una serie di sventure che
sono culminate con la distruzione della Città di Davide, Gerusalemme. Nonostante tutto il
dolore che Israele ha provato e sta provando, l’autore di 1-2Re è convinto che le promesse
di Dio e la sua fedeltà nell’amore verso il suo popolo non vengano meno. Più volte in questi
libri l’autore ritorna sulla promessa fatta da Dio e ricorda al popolo che in nessun momento
della storia Dio si è tirato indietro in questo legame di amore, ma nonostante l’infedeltà degli
uomini il Signore è rimasto fedele mandando persone a parlare al popolo in suo nome, come
i profeti Elia ed Eliseo.
Questo libro vuole essere un grande messaggio di speranza nei confronti di un popolo
che si ritrova smarrito e lontano da casa. Il sincretismo religioso dilaga in coloro che abitano
a Gerusalemme, l’agio della vita che si sono ricreati addormenta le coscienze dei fedeli di
YHWH e per questo l’autore ha deciso che è necessario far tornare alla mente del popolo
l’antica alleanza.

2. ANALISI DEL TESTO

2.1 1Re 19, 1-18 5


19 1Acab riferì a Gezabele tutto quello che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i
profeti. 2Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: "Gli dèi mi facciano questo e anche
di peggio, se domani a quest'ora non avrò reso la tua vita come la vita di uno di loro". 3Elia,
impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Betsabea di Giuda. Lasciò là il suo
servo. 4Egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra.
Desideroso di morire, disse: "Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono mi-
gliore dei miei padri". 5Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo
toccò e gli disse: "Àlzati, mangia!". 6Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta
su pietre roventi, e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. 7Tornò per la
seconda volta l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: "Àlzati, mangia, perché è troppo lungo
per te il cammino". 8Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta
giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb.
9Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco gli fu rivolta la parola del Signore in

questi termini: "Che cosa fai qui, Elia?". 10Egli rispose: "Sono pieno di zelo per il Signore, Dio
degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi

4 Cfr. PAOLO MERLO, Re, introduzione, traduzione e commento – Nuova versione della Bibbia dai testi antichi –
San Paolo, Cinisello Balsamo, 2020, 10.
5 Secondo la recente traduzione della Conferenza Episcopale Italiana del 2008
3
Un suono dolce e sommesso

altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la
vita". 11Gli disse: "Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore". Ed ecco che il Signore
passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al
Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era
nel terremoto. 12Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco,
il sussurro di una brezza leggera. 13Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si
fermò all'ingresso della caverna.
Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: "Che cosa fai qui, Elia?". 14Egli rispose: "Sono
pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua
alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo
ed essi cercano di togliermi la vita".
15Il Signore gli disse: "Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai

Cazaèl come re su Aram. 16Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo,
figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto. 17Se uno scamperà alla spada di
Cazaèl, lo farà morire Ieu; se uno scamperà alla spada di Ieu, lo farà morire Eliseo. 18Io, poi,
riserverò per me in Israele settemila persone, tutti i ginocchi che non si sono piegati a Baal e
tutte le bocche che non l'hanno baciato".

2.2 Contestualizzazione della pericope all’interno del libro


La pericope si colloca all’interno del cosiddetto ciclo narrativo di Elia (1Re 17, 1 – 2Re 1,
18) che interrompe la sequenza in stile annalistico dei re. La prima parte di questo ciclo (1Re
17, 1 – 19, 21) mette in evidenza la grandezza del ruolo di Elia. Questi tre capitoli sono
strettamente collegati in quanto concludono lo scontro tra Baal e il Signore. Se nel capitolo
17 la vittoria del Signore era implicita e nel capitolo 18 si esplicita la sconfitta di Baal, il
capitolo 19 è orientato verso la vittoria finale del Signore. Questi tre racconti condividono
anche la medesima struttura: vi è un annuncio all’inizio che mette in cammino il protagonista
che fa un duplice incontro; infine c’è un intervento divino che porta alla conversione o alla
trasformazione dei personaggi. I capitoli 18-19 sono collegati tra loro anche dall’essere am-
bientati tra due montagne: il Carmelo (il monte di Baal) e l’Oreb (il monte di YHWH). Il
doppio incontro con l’angelo (vv. 5-7) ricorda quando nel capitolo 17 Elia si nutre prima
presso il torrente Cherit e poi presso la vedova di Sarepta di Sidone, come anche il duplice
incontro del capitolo 18 con Abdia prima e Acab poi. Tra tutti questi sei incontri vi è un
crescendo di importanza: prima i corvi e una vedova, poi il ministro e il re e infine l’angelo
del Signore. In questi incontri domina il tema del cibo, visto non solo come sostentamento
del corpo, ma soprattutto come simbolo di vita. L’incontro col Signore che poi prenderemo
in considerazione segna il culmine degli interventi divini di questa prima parte del ciclo di
Elia: nel capitolo 17 il Signore ascolta la voce di Elia, nel capitolo 18 il Signore risponde col
fuoco e con la pioggia che mette fine alla siccità; solo nel capitolo 19 il Signore si rivela
direttamente e parla, non a caso nel luogo più alto e separato tra i precedenti (il secondo
piano della casa della vedova, il monte Carmelo e ora l’Oreb). 6

2.3 Struttura della pericope


vv. 1-10 Elia in fuga nel deserto
vv. 11-14 La teofania sul monte Oreb

6 CLAUDIO BALZARETTI, I libri dei Re, 113-114.


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Un suono dolce e sommesso

vv. 15-18 La risposta divina a Elia

2.4 Analisi
[vv. 1-3] Questi primi versetti sono l’ambientazione iniziale del racconto. Sono di compo-
sizione redazionale per collegare il capitolo con le narrazioni precedenti. La reazione impau-
rita del profeta è comprensibile, anche se può apparire contradditoria con la grande vittoria
ottenuta sul monte Carmelo che avrebbe potuto esaltarlo piuttosto che abbatterlo. Tuttavia
l’Elia di questo episodio ci appare differente da quello precedente perché deve sembrare più
simile a Mosè, in quanto il cammino che compie in questo racconto assomiglia (o viene fatto
assomigliare dal redattore) in molti frangenti a quello fatto dall’uomo di Dio per eccellenza.

[vv. 4-8] Infatti la fuga di Elia nel deserto ci rimanda immediatamente alla fuga di Mosè
dal faraone che lo portò nel paese di Madian, dal quale si sarebbe recato al monte Oreb,
medesima meta del viaggio di Elia, che verrà però rivelata solo in seguito dall’angelo.
Questi versetti ci forniscono numerosi elementi e sintomi che ci inducono a psicologizzare il
protagonista e sembrano consegnarci proprio l’immagine di un uomo depresso a causa della
tensione della paura e della pressione esercitata dal vittorioso successo del monte Carmelo.
Tuttavia un’analisi psicologica del brano è fuori luogo in quanto è materiale plasmato coe-
rentemente dal redattore ai fini della sua teologia secondo cui l’uomo è fragile dinanzi a Dio,
inoltre ricercare le motivazioni dello stato del profeta nel capitolo precedente è procedimento
erroneo in quanto l’intero episodio deriva da una tradizione originariamente autonoma dal
contesto attuale posta qui solo per far risaltare maggiormente l’intervento miracoloso di Dio.
Ciò che inizialmente era una fuga, si tramuta però immediatamente in un cammino gui-
dato da Dio. Un messaggero mandato da Dio gli si fa vicino ordinandogli di mangiare e di
bere: si rinnova quanto già avvenuto in 17, 4-6, l’accompagnamento di Dio non viene meno,
segno della continuità della sua assistenza a fronte della discontinuità emotiva di Elia. Il me-
desimo copione si ripete due volte, questo probabilmente perché la prima volta è legata nella
tradizione popolare al nutrimento miracoloso del profeta da parte di un angelo, la seconda
invece ha funzione di introdurre il viaggio al monte Oreb. La durata del cammino di quaranta
giorni e quaranta notti fa riferimento a un altro motivo letterario tradizionale: il soggiorno di
Mosè sul Sinai quando digiunò per lo stesso tempo (Es 24, 18; Es 34, 28).

[v. 9-14] Il Signore chiede per due volte al profeta: «Che cosa fai qui, Elia?» (19, 9). Sembra
un espediente narrativo per aprire il dialogo, quasi per supporre che dovrebbe trovarsi da
un’altra parte, a svolgere la sua missione, invece Elia è fuggito cercando la protezione del
Signore. Egli infatti è nascosto in una caverna e anche quando gli viene detto di uscire per
fermarsi alla presenza del Signore sta all’ingresso della caverna, segno ancora della paura, che
ricorda anche il nascondiglio dei profeti salvati da Abdia (18, 4). Inoltre si copre il volto col
mantello, quasi per sottrarsi alla presenza di YHWH, a differenza di Mosè a cui viene coperto
il volto da Dio stesso così da mostrargli solo le spalle (Es 33, 22-23).
Elia, novello Mosè, è adesso protagonista di una teofania, cioè della rivelazione della pre-
senza di Dio, ma in un modo inconsueto: si verificano tre fenomeni naturali eclatanti che
evocano la forma tradizionale delle teofanie, ogni volta però viene dichiarato che Dio non è
in quel fenomeno. Il Signore non è un dio della natura come Baal, ma è trascendente, non
ha bisogno di potenti fenomeni per rivelarsi e il suo profeta non deve cercare grandi
5
Un suono dolce e sommesso

manifestazioni naturali, chiedere segni e garanzie per la propria salvezza, ma accorgersi di


quello che viene definito «il sussurro di una brezza leggera» (19, 12). È un’espressione di
difficile interpretazione, letteralmente «una voce o suono di silenzio lieve» 7, è come un bisbi-
glio che apre l’accesso al mistero di Dio, un evento che poche persone possono sperimentare,
espressione frutto di una sottile elevatezza spirituale. In questo passo si può ipotizzare che
l’autore intendesse indicare la sensazione di sonora calma, o il suono leggero di quella brezza
che rimane dopo la tempesta: soltanto quando il fragore della tempesta si è calmato per essere
sostituito dal tranquillo mormorio, Elia può uscire dal suo nascondiglio e ascoltare la voce
del Signore. Questa voce propone una nuova esperienza di Dio, caratterizzata dalla presenza
della parola, l’organo della fede è allora l’orecchio e non l’occhio.
Elia si è forse recato sull’Oreb pensandosi il nuovo Mosè, aspettandosi di essere trattato
come Mosè. Dio rimprovera la megalomania di Elia, lo scopo della sua missione non è prima
di tutto vedere il Signore e cercare in Lui cure e attenzioni, ma il tornare alla sua missione
che ha abbandonato.

[vv.15-18] L’atteggiamento scoraggiato di Elia e la sua rabbia ricevono una risposta chiara
da parte del Signore: Elia viene incoraggiato a seguire la sua missione, in più gli viene affidato
un nuovo incarico, l’unzione di tre persone. Incontreremo subito solo il personaggio di Eli-
seo e sarà poi lui a favorire la salita al trono di Azael e sarà lui a ordinare di ungere Ieu.
Sembra che fin da ora il redattore voglia collegare le vicende di Eliseo con la figura di Elia,
considerato come il profeta per eccellenza. «L’ordine di Dio a Elia è in pari tempo un incarico
e una promessa di futura vittoria sotto la forma della sconfitta di Baal da parte di Ieu (2Re
10, 18), del ministero di Eliseo e della strana azione di Dio tramite Azael (2Re 10, 32-33). La
terapia di Dio per un profeta esaurito include tanto l’assegnazione di nuovi compiti, quanto
la promessa indubitabile di un futuro che trascende il successo personale del profeta, o la sua
mancanza» 8.
L’idea di un resto di fedeli che YHWH si riserva per la ricostruzione del popolo è un’idea
che si sviluppa nella comunità dell’esilio. È probabilmente un’aggiunta redazionale più miti-
gante rispetto all’impietosità di una prima affermazione. Il numero di settemila è fortemente
simbolico, multiplo di sette, quindi un numero perfetto e sufficiente per ricostruire un popolo
fedele per la continuità.

CONCLUSIONI
Questo brano ci mostra in maniera evidente il rapporto fra la disperazione e lo sconforto
umano e la chiamata di Dio che ognuno di noi riceve. Così come il Libro dei Re è stato scritto
per il popolo d’Israele ormai esiliato e lontano da casa, questo brano parla direttamente a
tutti coloro che si sono smarriti, che si sentono lontani da Dio, esiliati e senza speranza.
L’abbandonarsi allo sconforto, il trascinarsi, il sopravvivere orientato alla morte non sono le
uniche possibilità. C’è l’alternativa. Affidarsi a Dio. Lui che anche nel deserto ci raggiunge e
ci offre del cibo. La focaccia che l’angelo offre ad Elia ci rimanda immediatamente al Pane
Eucaristico. Anche il lezionario ambrosiano, nella IV domenica dopo il martirio di San Gio-
vanni il precursore (anno B), appaia la prima parte di questo brano (vv. 4-8) al discorso sul

7
MARCO NOBILE, 1-2 Re – I Libri Biblici – Primo Testamento, Milano 2010, 227.
8
RICHARD D. NELSON, I e II Re, 145.
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pane dal cielo dell’evangelista Giovanni: anche noi possiamo essere rinvigoriti dal pane degli
angeli e possiamo riprendere il cammino con la speranza che ci dona la promessa del Croci-
fisso risorto: «Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno» (Gv 6, 51). Abbiamo visto che
per due volte l’angelo si presenta a nutrire Elia, la seconda volta, oltre al nutrimento, l’angelo
si premura di ricordare ad Elia il suo cammino: il pane che viene donato non è fine a se
stesso. La chiamata del Signore non viene meno, la missione non viene meno. Elia continua
il suo viaggio e continua a ricercare il volto del Signore e come deve rinnovare la sua stessa
vita.
Elia quando poi arriva sull’Oreb non è ancora pronto, o veramente disposto, ad incontrare
il Signore. Vuole continuare a servire Dio alle sue condizioni: pretende di essere pieno di zelo
per il Signore e pretende di essere l’unico a servirlo (vv. 10.14); si attribuisce anche una cate-
goria propria di YHWH, la gelosia, ma è pericoloso mettersi al posto di Dio e attribuirsi il
suo zelo, in quanto questo rischia di portare alla violenza e basta. Deve liberarsi dalla presun-
zione e da tutto ciò che dentro di lui fa rumore per ascoltare la parola di Dio, solo nel silenzio
si può sentire la voce di Dio. A Elia non è ora chiesto di essere «impetuoso e gagliardo» come
il vento, ma gli è chiesto di essere mite e docile. «La terapia di Dio per un profeta esaurito
include tanto l’assegnazione di nuovi compiti, quanto la promessa indubitabile di un futuro
che trascende il successo personale del profeta, o la sua mancanza» 9, non è tutto sulle sue
spalle deve, ancora una volta, fidarsi e affidarsi.

9
RICHARD D. NELSON, I e II Re, 145.
7
Un suono dolce e sommesso

BIBLIOGRAFIA
BALZARETTI C., I libri dei Re, Città Nuova Editore, Roma 2002.
NOBILE M., 1-2 Re – I Libri Biblici – Primo Testamento, Edizioni Paoline, Milano 2010.
MERLO P., Re, introduzione, traduzione e commento – Nuova versione della Bibbia dai testi
antichi – San Paolo, Cinisello Balsamo 2020.
NELSON R. D., I e II Re, Claudiana, Torino 2010.

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