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LA TAZZINA DEL CAFFE' E IL DIVENIRE DEL MONDO.

Ogni volta che ci proponiamo qualcosa, noi “pensiamo” a ciò che vogliamo realizzare: bere un altro
poco di caffè rimasto nella tazzina, per fare solo un esempio. Mentre pensiamo, in qualche modo
“usciamo” dallo spazio, e poi quando muoviamo la mano per prendere la tazzina torniamo di nuovo
nello spazio. Quel pensiero iniziale si è ora materializzato. Nel frattempo, se indugiamo a pensare
siamo fuori dello spazio.
Ecco qui racchiuso in un semplice evento uno dei maggiori misteri della nostra esistenza, la
relazione duale tra il pensiero e la volontà.

Occorre farsi una idea di questa altra parte dello spazio, è la regione del sopra sensibile. Tramite
l'osservazione di fatti consueti delle nostre azioni ci accorgiamo che alla base di un impulso di
volontà c'è prima la rappresentazione di ciò che si vuole. A volte fugace, altre volte più netta.
Questa rappresentazione si può riconoscere riflessa nel sistema nervoso, e ad essa si lega una
sfumatura di sentimento, un simpatizzare con quanto si è pensato, che fa sì che la rappresentazione
fornisca l'impulso per volere.
Poi però l'esperienza dell'anima si perde nelle profondità. E ricompare alla coscienza l'esecuzione
quando il pensiero si rappresenta la mano sulla tazzina che ora si avvicina alla bocca.

Emerge un primo misterioso nesso tra la volontà e lo spazio, tra la volontà e il peso!

Anche con un desiderio intensissimo, non si è ancora raggiunto lo stato in cui avvenga qualcosa di
indipendente dall'anima, ovvero qualcosa che si possa attribuire alla volontà. Infatti, quando
assistiamo alla più semplice manifestazione di volontà, quando solleviamo una mano, o
camminiamo, si tratta di un passaggio dai nostri moti e impulsi a qualcosa che non è più al nostro
interno. Quel che segue a un impulso di volontà e realizza l'azione esterna come continuazione di
questo impulso all'azione, non è qualcosa che possa essere seguito dalla nostra coscienza. I moti
dell'anima qui ci conducono in un elemento esterno, un esterno connesso con la nostra corporeità.
Dall'anima scendiamo nella corporeità, ma non sappiamo come questo avvenga.

Proviamo ad immaginare se, invece di muovere la mano e afferrare la tazzina, dovessimo


ciascuno di noi costruire un congegno in noi che sortisse lo stesso effetto. Pensiamo a cosa
dovremmo fare per poter rendere concreto a casa nostra ciò che passa tra il pensiero silenzioso:
“voglio prendere la tazzina” e l'atto vero e proprio.

Un dispositivo così già esiste in noi.


Qualcosa accade in noi di cui non abbiamo affatto coscienza, qualcosa che dobbiamo ritenere parte
di noi, ma che ignoriamo del tutto. La stessa realtà materiale che è fuori di noi e che percepiamo
sensorialmente dovrebbe affiorare nella coscienza, eppure non lo fa.

Dopo queste considerazioni iniziali, entriamo nel nucleo del tema, che come si è intuito tratta della
relazione tra il pensiero e la volontà, perché vorremmo saperne di più, da dove provengono, perché
ci appaiono così duali, che era di loro nel passato, che cosa diverranno nel futuro,

Oggi siamo carenti del sentimento del divenire del mondo, privi di sentimenti di gratitudine verso
il remotissimo passato in cui furono attivi Esseri creatori che hanno formato la Natura che ci
circonda e gettato le basi di quello che siamo oggi. E quindi siamo poco coscienti delle grandi
responsabilità che abbiamo per i pensieri che formuliamo e per gli atti di volontà che
accompagnano le nostre azioni.
La Creazione ha significato all'inizio ordinamento morale del mondo, che si è trasformato,
metamorfosato in ordine naturale col trascorrere del tempo. Per analogia, e per inaudito che possa
sembrare, ciò che in un tempo qualsiasi è l'ordinamento morale, in un altro tempo sarà ordinamento
fisico del mondo. Tutto ciò che è morale è destinato ad apparire fuori nel fisico. Quelli che sono
impulsi morali diventeranno più tardi mondi risplendenti.

Facciamo un altro passo. Sebbene pensiero e volontà ci appaiano ben diversi, pure sono l'uno
metamorfosi dell'altro. Per accennare a ciò, occorre vedere le cose su un intervallo di tempo che
abbracci la vita prima e dopo la nascita. L'organizzazione del capo ci riporta alla nostra vita terrena
precedente. La testa è veramente il risultato metamorfosato della nostra vita precedente, mentre
l'organizzazione delle membra accenna alle vite terrene future. Abbiamo la nostra testa per il fatto
che le membra della nostra vita precedente si sono metamorfosate in testa. Le nostre membra, così
come le portiamo ora, saranno metamorfosate e diverranno la testa che porteremo nella vita terrena
futura.
Nella nostra testa lavorano ora i pensieri che sono la metamorfosi di ciò che agiva nelle nostre
membra come volontà. E quello che agisce come volontà nelle nostre membra attuali sarà
metamorfosato in pensiero nella successiva vita terrena.
Possiamo trarre una prima conclusione: il pensiero appare come qualcosa che nell'evoluzione
dell'Umanità si genera continuamente come metamorfosi della volontà, e che la volontà appare
come germe per il pensiero. DETTO QUESTO, SI INTUISCE COME LA VOLONTA' DIVINA
ABBIA INNESCATO I PENSIERI CREATORI

La volontà dunque si trasforma a poco a poco in pensiero. Quando mi osservo e mi considero


essere di testa, devo volgere lo sguardo ai tempi passati quando avevo carattere di volontà. Se
guardo l'avvenire, devo attribuire il carattere volitivo alle mie membra e dire: nell'avvenire questo
sarà ciò che si formerà come mia testa.
Portiamo con noi questa dualità. Noi siamo formati dall'Universo per il fatto che il pensiero
derivante dal passato si organizza con la volontà che si dirige verso l'avvenire.

Questa è dunque l'organizzazione del confluire di pensiero e volontà.


Alla visione veggente, si vede dentro il capo, si vedono dentro la testa i pensieri. Agli occhi
spirituali diviene visibile anche la forza pensiero che agisce alla base dell'organizzazione della testa.
In che modo si rende visibile in senso animico? Diviene come luminoso, dà la impressione di star
assistendo a un fenomeno luminoso.
Non è che appaia un nuovo mondo fisico, naturalmente, quando si osserva ciò che è l'essere umano-
pensiero. Questa esperienza è assolutamente la medesima che si ha per la luce di fronte al mondo
fisico. Di fronte alla luce esteriore si ha una data esperienza, e per il chiaroveggente si presenta alla
sua immaginazione la stessa esperienza per l'elemento pensiero nella testa. L'elemento pensiero si
“vede” come luce, si sperimenta come luce.
In quanto esseri pensanti, viviamo nella luce.

La luce esteriore si vede con gli occhi. La luce che emana dal pensiero si vede quando si esce dal
pensiero e si penetra nell'immaginazione. Abbiamo in noi la luce, però essa qui non si palesa a noi
come luce perché viviamo in essa, e perché nel momento in cui ci serviamo di essa e l'abbiamo in
noi, essa diventa pensiero.
In un certo senso, ci impossessiamo della luce. La luce che altrimenti ci appare esteriormente, la
prendiamo in noi, la differenziamo in noi stessi e lavoriamo in essa. Questo è il nostro pensare, un
agire nella luce. Siamo esseri di luce. Non sappiamo di esserlo perché viviamo dentro la luce, ma il
pensare che sviluppiamo è la vita nella luce. E se contempliamo il pensare dal di fuori vediamo
assolutamente luce.

Se guardiamo fuori di noi con gli occhi fisici vediamo la luce, e se vedessimo con l'immaginazione
vedremmo un mondo di pensieri che avvolge tutto. Questo modi di considerare il Cosmo è utile. Se
uscissimo da noi stessi, come quando dormiamo, e volgessimo lo sguardo alla nostra testa, a noi
stessi come esseri di pensiero, ci vedremmo luminosi. Luce e pensiero, quindi, si appartengono fra
loro, sono la stessa cosa visti però da due parti opposte.

Facciamo un passo laterale con riferimento alla metamorfosi vegetale. Se seguendo il metodo di
Goethe ricreiamo nella mente le ripetute separazioni e riunioni di vasi di linfa, in vista del fatto che
la forma esterna della foglia ne è risultato dinamico nella crescita, allora sorge alla nostra
percezione interiore l'immagine dell'attività di tessitura. Proprio così, le ripetute separazioni e
riunioni sono una tessitura vegetale che la luce stimola. Guarda un po', la luce!

E mentre le foglie devono il loro primo nutrimento alle parti acquose che traggono dallo stelo,
sono in debito con la luce e l'aria per la crescente perfezione e raffinamento. In verità, tutte le forme
vegetali della Natura sono intessute di luce. La tessitura è finalmente opera della luce.

Ma in un altro contesto* Goethe afferma: ”....La fabbrica dei pensieri è simile ad un bel lavoro
eseguito dal tessitore al telaio, dove un colpo di piede mette in movimento mille fili. Le spole vanno
rapide in qua e in là, i fili scorrono invisibili, ed un solo colpo genera mille maglie...”. Dunque il
pensiero separa e riunisce elementi in una tessitura perenne. Un pensiero deriva dall'altro. Un
concetto non possiamo spostarlo di luogo a piacimento, i pensieri sorgono e si connettono come...
sorge un organismo. Applicando alla attività della Natura la stessa immagine che descrive l'atto di
pensare, si può dire che c'è conformità tra il pensare e il modo in cui la Natura produce le forme
vegetali.
Misteriosa conformità, misterioso denominatore comune. In entrambe è presente la tessitura. In
questa zona troviamo un singolare incontro tra il mondo fisico e il mondo spirituale. Un pensiero
deriva dall'altro allo stesso modo in cui sorge un organismo come la foglia! All'esterno la luce fisica
e l'aria; i pensieri si intessono per l'etere di luce

Quella conformità tra il pensare e il modo in cui la Natura produce le forme vegetali, non ci
suggerisce che quelle forme abbiano avuto origine dal Pensiero creatore, così come tutte le forme
non siano altro che Pensieri plasmati nella materia?

Un altro passo.

Si diceva che il pensiero che vive in noi veramente proviene dal passato, è ciò che di più maturo è
in noi e che è risultato delle vite precedenti. Ciò che prima era volontà è divenuto pensiero, e il
pensiero appare come luce. Allora, dove c'è luce c'è pensiero. Ma allora, quella luce che vediamo
fuori... è pensiero passato, un mondo del tempo passato che si va estinguendo nella luce. Questo è
uno dei misteri dell'Universo. Noi guardiamo fuori nell'Universo, esso è pervaso dalla luce, e nella
luce vive il pensiero. Ma in questa luce compenetrata di pensiero vive un mondo morente, un
mondo del passato.
Questo l'Universo contemplato qualitativamente: un mondo come un albero in fioritura, nella
pienezza della sua fioritura, nel momento in cui i fiori sono arrivati alla massima manifestazione
esterna. E' il momento in cui i frutti non vi sono ancora, ma vogliono svilupparsi.

Veniamo ora alla volontà, a ciò che è appena all'inizio della sua manifestazione. Noi abbiamo una
coscienza ottusa della volontà che si manifesta nelle membra, nei movimenti ed altre
esteriorizzazioni. Una coscienza di sonno, anche nel bel mezzo della giornata da svegli. Possiamo
contemplare questo elemento di volontà allo stesso modo in cui contempliamo il pensiero?
Prendiamo la volontà così come si sta sviluppando nelle membra umane, e chiediamo al
chiaroveggente quale sarebbe dal punto di vista della immaginazione e visioni superiori il
fenomeno di tale visione, paragonata a quell'altra che vede il pensiero come luce.
Come si vede la volontà con la forza della chiaroveggenza? La volontà stessa diventa sempre più
densa, diventa materia. Il lato esteriore della volontà è la materia.

Vista dal di dentro, la materia è volontà, così come la luce vista da dentro è pensiero.
Esteriormente la volontà è materia, come il pensiero esteriormente è luce.

Ora va detto per inciso che se ci si immerge misticamente nella natura della volontà, si scopre la
vera natura materiale dell'interiorità, si rivela la vera natura della materia.

Nella materia, cioè nella volontà, si manifesta a noi il germogliante mondo, perennemente agli inizi.
Il mondo futuro germina nella sua solidità e la sua forza, nella sua potenza, ma anche nella sua
tenebra, nell'elemento volitivo materiale.
Detto schematicamente, il mondo esteriormente consiste di passato e nell'interno contiene
l'avvenire.
Quando si dirà che il passato ci appare irradiante nel presente e avvolge tutto l'avvenire, si dirà il
giusto, perché il presente è dappertutto solo ciò che passato e avvenire insieme producono.
L'avvenire è ciò che giace veramente nella compattezza della materia. Il passato risplende nella
bellezza della luce e tutto quello che si manifesta, calore, suono.
Possiamo comprendere noi stessi solo se ci consideriamo germi dell'avvenire, avvolti da ciò che
proviene dal passato, dall'aura luminosa del pensiero. L'essere umano è il passato laddove irradia la
sue natura di bellezza, ma in quest'aura del passato si inserisce e si articola ciò che come tenebra
porta verso l'avvenire.

Una analogia. La potenza della luce ovvero del pensiero si può comprendere quando siamo di fronte
a un albero in piena fioritura, nel quale i fiori sono arrivati alla massima manifestazione esteriore.
Ma possiamo stare davanti l'albero e non sentire piacere né magnificenza per la fioritura, ma siamo
incitati interiormente ad aspettare finché dai fiori spuntino i germi dei frutti, e ci rallegriamo per
quella forza di crescita che porterà i frutti che potranno essere consumati nell'avvenire.
Splendore dei fiori, fecondità dei frutti. Nel fiore si può afferrare il passato, nel frutto l'avvenire.
Abbiamo dunque due entità cosmiche, la luce e la tenebra. Nella luce il pensiero vivente, il passato
che muore, e nella tenebra la volontà nascente, il futuro che viene. Arriviamo a considerare i
contenuti di calore dello spettro luminoso come in rapporto col passato, e la parte materiale e
chimica come coincidente con l'avvenire.

Riassumendo, ci vediamo attorno per prima cosa le manifestazioni luminose, caloriche e del suono,
nella natura esterna tutto ci si presenta ai sensi come il fenomeno”luce”. In esso dobbiamo vedere i
morenti pensieri del mondo, cioè i pensieri cosmici che una volta, in un remotissimo passato, furono
mondi di pensiero di certe Entità. Quelli che erano una volta pensieri oggi ci risplende intorno, è per
così dire un cadavere di pensieri, pensiero cosmico che muore, quanto ci risplende intorno come
luce ed altre sensazioni sensoriali. Come noi attraversiamo il mondo quali esseri pensanti, nello
stesso modo quelle Entità attraversavano il mondo nascente quali esseri pensanti. Ma ciò che viveva
allora in essi e si sarebbe percepito come una aura di luce, viene visto adesso nei mondi e si palesa
nei fenomeni di luce, e in essi dobbiamo vedere mondi morenti di pensiero.
In questi fenomeni della luce si intromette ora la tenebra e lì si esplica quello che chiamiamo
volontà, o anche amore.
Vediamo da una parte il mondo splendente, ma noi non potremmo vedere questo mondo
splendente, che per i nostri sensi sarebbe sempre trasparente, se in esso non si rendesse percepibile
la tenebra, la materia. Il mondo può considerarsi una armonia di tenebra e luce, anche la nostra
stessa interiorità soprattutto in quanto si estende nello spazio, può considerarsi come luce e tenebra.
Solo che per la nostra coscienza individuale la luce è pensiero, la tenebra in noi è volontà che
diventa bontà, amore.

Comincia farsi spazio l'idea che Natura e anima sono collegati. Ciò che si trova fuori nella Natura è
il risultato di processi morali precedenti. I nostri pensieri sono una forza liberata del nostro passato.
Ma i nostri pensieri li compenetriamo continuamente con la volontà dal resto del nostro organismo,
anche i pensieri più puri. Quanto ora portiamo in noi trapassa nel lontano avvenire, e ciò che ora è
predisposto come un primo germe in noi risplenderà nelle manifestazioni esteriori.
Allora esisteranno Esseri che guarderanno al mondo là fuori, così come noi ora guardiamo la
Natura, e diranno: intorno a noi risplende una Natura. E perché risplende cosi? Perché le azioni
degli esseri umani sulla Terra furono così e così, e quello che vediamo è risultato di quel che nel
passato essi hanno portato come germe del nostro presente.
Siamo esseri umani completi soltanto quando diciamo: quello che qui risplende, quello che qui
risuona è in fondo ciò che in lontani tempi passati degli Esseri hanno elaborato nelle loro anime, e
ad essi dobbiamo essere riconoscenti. Allora, dobbiamo regolare il nostro pensiero e il nostro sentire
in modo da corrispondere all'ideale morale, affinche quelli che verranno dopo di noi possano vedere
un mondo circostante per il quale possano essere riconoscenti, quanto noi lo siamo per i nostri
remotissimi predecessori. Essi ci circondano come spiriti di luce, vediamo oggi un mondo luminoso
che milioni di anni fa era un mondo morale. Ora noi portiamo con noi un mondo morale, fra milioni
di anni esso sarà un mondo diluce.

Quelli che sono impulsi morali diverranno mondi risplendenti. E' in qualche modo il nostro
compenso.

Nello stato di sonno siamo ricettivi per la luce, il mondo morente dei pensieri del passato. Il fatto
che ne abbiamo una coscienza ottusa non cambia la realtà dell'esperienza.
Se poi al risveglio ci immergiamo nel corpo, diveniamo ricettivi per la tenebra, la materia. Mentre
nel sonno eravamo ricettivi per la luce, ora diveniamo ricettivi per il peso. Naturalmente, non siamo
bilance, non diventiamo suscettibili alla gravità perché pesiamo i nostri corpi, ma ne diveniamo
ricettivi animicamente, interiormente, in quanto ci immergiamo nei nostri corpi. Nella coscienza
ordinaria non percepiamo nel sonno di vivere nella luce. La gravità ci viene tolta. Allo stesso modo,
nella veglia non “percepiamo” di vivere nella gravità, ne abbiamo una coscienza ottusa. Il senso
dell'equilibrio e del movimento ci danno la percezione indiretta, ma la vera percezione è interiore.
Per il veggente si presenta il fatto che si impara a conoscere la gravità quando ci si immerge nel
corpo.
L'anima nel sonno vive nella luce, nella veglia vive nella gravità. Il corpo è pesante, questa forza si
trasmette all'anima via il c. eterico e l'anima vive nella gravità. Qualcosa si trasmette alla coscienza,
è la volontà che si attiva, perché l'anima sente la gravità attraverso il corpo. Durante il sonno, la
volontà è inattiva, e con essa le percezioni sensoriali che si servono della volontà. La convivenza
dell'anima con la gravità produce il misterioso fatto della volontà. La cessazione della volontà
avviene quando siamo nella luce.

Luce e gravità sono due forze cosmiche opposte, polarità cosmiche. La gravità tende al punto
centrale del pianeta, la luce si dirige verso fuori. Ammettendo la figura del linguaggio che vuole la
gravità come forza di attrazione verso il centro, dobbiamo dire che la luce si slancia, si irradia verso
la periferia. Centripeta vs. centrifuga.
All'addormentarci ci troviamo con l'anima fuori dal campo di gravità, nella luce. Mentre viviamo
nel campo della luce, abbastanza tempo senza gravità, si sente un vivo desiderio di farsi accogliere
nuvamente da essa, si sente nostalgia, e ci si sveglia.
E' un continuo oscillare tra il vivere nella luce e vivere nella gravità, tra addormentarsi e svegliarsi.
Sviluppando certa sensibilità, si può sentire quell'anelito verso la luce al prendere sonno, quel
incorporarsi nella gravità al risveglio.

Vogliamo ora estendere questi cenni alla nostra esistenza, tra nascita, morte e nuova nascita. Siamo
legati alla Terra per il fatto che se abbiamo vissuto per un tempo nella luce, sentiamo desiderio della
gravità terrestre, di esercitare nuovamente la volontà, di soddisfare la brama di peso. Quando questa
brama non vi sarà più, si segue la luce, sempre più la luce, si segue la luce fino a un determinato
limite. E quando si arriva all'estrema periferia ricomincia una nuova nostalgia per la gravità e si
intraprende il cammino (di ritorno, di andata?) per una nuova incarnazione sulla Terra.

Quel tempo intermedio tra morte e nuova nascita, quando si sente nuovamente la nostalgia del peso,
si può ben definire la mezzanotte cosmica. Poi, tornando a una nuova vita terrena, si attraversano le
sfere degli altri corpi celesti. Ed essi agiscono sull'anima in modo diversissimo a causa della loro
gravità che òi caratterizza. La sfera di Giove, per esempio, irradia una gravità che è adatta ad unire
alla nostalgia per la Terra una disposizione verso la gioia. Quindi quella nostalgia avrà una
sfumatura gioconda.
Se poi attraversa la sfera di marte, uno stato giocondo è già in lei, marte impianta nell'anima che
sente una nostalgia sfumata un gioia per la gravità terrestre una attività per poter utilizzare
energicamente la prossima vita fisica.
L'anima è portata ad avere una nostalgia gioconda per la gravità terrestre ma ora questa gioia
nostalgica viene ad esprimersi con intensità.
E poi l'anima attraversola sfera di venere, e a questa bramosia gioconda, tendente verso l'energia, si
unisce una comprensione piena di amore per i compiti della vita.
Ecco, questi cenni ci parlano di diverse gravità che emanano dai diversi corpi celesti e li pongono in
relazione con ciò che può vivere nell'anima.
Nella gravità vive un elemento volitivo. Da Giove, Marte, Venere emana e riverbera luce, e nelle
gravità rispettive vive allo stesso tempo la modificazione per mezzo della luce.
Sappiamo che nella luce vivono i pensieri morenti del mondo, e nelle forze di gravità vivono mondi
in divenire per mezzo di germi volitivi.
Tutto ciò irradia e permea le anime mentre esse si muovono attraverso lo spazio.
Così consideriamo il mondo fisicamente ma anche moralmente, non esiste una fisicità e una
moralità una accanto all'altra, ma esse sono aspetti diversi di una unica realtà.

Prima di volere e stiamo pensando, in qualche modo “usciamo” dallo spazio, e poi quando
muoviamo la mano torniamo di nuovo nello spazio. Quel pensiero iniziale si è ora materializzato.
Nel frattempo, se indugiamo a pensare siamo fuori dello spazio. Occorre assolutamente farsi una
idea di questa altra parte dello spazio, è la regione del sopra sensibile, dell'anima.
Se vogliamo avvicinarci un po' alla volontà pura in azione, ci basterà guardare un bambino nei
momenti in cui vuole assumere la posizione eretta.
Mai più difatti l’anima eserciterà la volontà allo stato puro e così intensamente come nei giorni in
cui essa agisce per far assumere al corpo la posizione eretta, mai più agirà con la stessa
determinazione per raggiungere lo scopo a cui si dirige. Vediamolo nei tentativi di alzarsi in piedi
nella posizione verticale ed acquisire la facoltà di mantenersi in questa posizione. Che cosa la sua
anima sta sperimentando ed apprendendo?

E’ alle prese con la struttura dinamica dello spazio esterno, ha a che fare con la forza di gravità
che tiranneggia sul suo corpicino, e con tutto ciò che la sua forza di volontà sperimenta. All’inizio
della nostra camminata terrestre da bambini, la forza di gravità diviene viva esperienza interna del
nostro organismo, e con essa l’apprendimento dello spazio, del sopra e sotto, dell’avanti e dietro. Il
bambino apprende attraverso il movimento e l’equilibrio, è immerso nella forza di gravità e impara
a convivere con essa mentre esplora lo spazio. Quest’ordine dinamico lo abbiamo sperimentato
vivamente nella più tenera età.

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