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LOS PASOS PERDIDOS

IL MONDO DI QUA E IL MONDO DI LA’

Questa non è una recensione. Chi legge un libro partecipa a modo suo alle vicende ivi narrate e le
prende a pretesto per darle un significato tutto proprio. I Passi Perduti è il libro di cui discorro, ed
ha segnato l’inizio del realismo magico, meglio definito come il reale meraviglioso. Scritto da
Alejo Carpentier nel 1953 narra esperienze vissute nelle selve e nelle savane del Sud America. Il
protagonista è nato nelle Antille da genitori europei, in quel Nuovo Mondo ritenuto un emisfero
senza storia, alieno a tradizioni mediterranee, popolato dai rifiuti delle grandi nazioni europee, terre
di neri e di indigeni. Vive in Europa una vita scialba e ordinaria, fino al momento di intraprendere
da adulto durante una breve vacanza in viaggio nel Sud America alla ricerca di strumenti musicali
primordiali.

Questa la trama apparente di una creazione letteraria che si rivela fantasmagorica, priva totalmente
di dialoghi e ricca di immagini, penetrazioni, visioni. Leggendo, ho provato spesso la sensazione di
perdere l’equilibrio mentre ero costretto da una forza magnetica a proseguire affascinato dal
racconto del viaggio, che si rivela una marcia indietro nel tempo. Fino alle origini delle forme, delle
parole e dei suoni. Il mondo in cui si inoltra il protagonista gli diviene poco a poco familiare, è il
mondo di qua. Contrapposto e lontano dal mondo di là lasciato indietro. L’esplorazione della selva,
la navigazione precaria sui fiumi, le interminabili piogge, le avversità e i pericoli sono metafore di
quando saggiamo passo a passo il cammino della vita per intravedere il destino, fino ad esserne,
eventualmente, artefici. E la parola dell’Io che narra si espande letteralmente fino ad abbracciare
Natura, elementi, fauna e flora, umani, avvolgendo tutto con una danza vorticosa di raffinate
descrizioni e parallelismi. Strumento di questo procedere è pur sempre il repertorio culturale
occidentale, ma è verbo onesto e giusto che si cimenta di fronte alle visioni del nuovo e
dell’incognito. Si lascia coinvolgere, registra stupori ed emozioni, ci rivela il protagonista con i suoi
intrecci sentimentali e i suoi primi entusiasmi. È uomo occidentale che per circostanze del destino
ordinario si inoltra nel Nuovo Mondo, insoddisfatto di ciò che ha lasciato indietro, aperto al nuovo.
Il mondo di là ha perseguitato l’intellettualità e la cultura, ha visto scatenarsi la guerra e le
deportazioni di massa, ha innalzato tribunali di intolleranza e processi politici. Dove i discorsi
hanno sostituito i miti e gli slogan rimpiazzato i dogmi.

Inizia allora a comporre una partitura musicale seguendo una ispirazione che crede liberata da
obblighi e mercificazioni. Si dispone a spogliarsi con fervore di quanti fardelli porta con sé, quando
in un crescendo di scoperte arriva alla svolta che il cammino gli. Ma scopre che valori e usi che
comincia a conoscere per le frequentazioni con indigeni con i quali condivide la notte e il giorno
non sono i suoi, quando la donna a cui è legato sentimentalmente gli dice che sposarsi è cadere sotto
il peso di leggi che fecero gli uomini e non le donne. Il matrimonio e il vincolo legale toglie tutte le
risorse a la donna per difendersi di fronte al compagno. Invece, in una libera unione il maschio sa
che dal suo comportamento dipende tutto. La forza di tali idee lo scuote e lo tormenta, è il primo
punto di scissione. Poi, dopo appena sei settimane di un tempo che si è dilatato al di là della
cronologia, una nuova prova si presenta con la tentazione di ritornare brevemente al mondo di là
per completare la partitura, quando scopre che all’abbandonare la selva non riuscirà più a
ritornarci, perché certe potenze del mondo di là che aveva lasciato alle sue spalle continuano
agendo su di lui. Si accorge di aver incontrato la più recondita strettoia nella porta che si era
spalancata davanti a lui. I mondi nuovi devono essere vissuti prima di essere spiegati, e chi vive
nella selva e nella savana non lo fa per convinzione intellettuale ma perché la vita è più accettabile,
perché preferisce questo presente al presente degli artefici dell’Apocalisse.

Questo vivere nel presente, senza nulla possedere, senza trascinare ieri, senza pensare al domani, ci
risulta timoroso. Non esiste la nozione di stare lontano da alcun luogo, perché il centro del mondo
sta dove il sole a mezzogiorno lo illumina da lassù. Mentre si cammini sulla terra e ci sia salute e
cibo si compie il destino, che non va analizzato tanto, poiché è retto da cose grandi il cui
meccanismo è oscuro e che superano le capacità i interpretazione dell’essere umano

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