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Del corpo attraverso il corpo con il corpo dal corpo e fino al corpo.

La vita, l'anima non nascono


che dopo. Non nasceranno più. Tra il corpo e il corpo non c'è nulla ...

(A.Artaud, Per gli analfabeti)

UN CORPO SCAGLIATO IN ALTO

Un oggetto viene scagliato in alto. E’ un corpo, si dice, e il suo destino è segnato.


Ricadrà a terra. E’ la parabola dei corpi di Eliogabalo nel romanzo di Artaud.

Eliogabalo fa di Roma il teatro dell’epifania del suo corpo. Introduce a Roma la


poesia che trasforma l’ordine in disordine. Giunge a Roma come una saetta, un
fulmine e distrugge ogni convenienza, ogni legalità, ogni armonia strutturata come
una simmetria terrestre. E’ il creatore insieme alle tre Giulie, di un regime estetico
indifferente alle leggi e ai costumi di Roma: una cifra di sublimità, il gusto
dell’informe e delle energie libere ne sostiene lo slancio. L’anarchia coronata sarà il
regno dell’imperatore-Dio quattrordicenne, del sacerdote del Sole il cui corpo
schiacciato da lamine d’oro manifesta una regalità e una sintesi di principi metafisici,
di ordine sovratemporale. Le trame ordite per issare in alto il corpo sacro, solare-
lunare del giovane Eliogabalo, fino al potere imperiale, sono un’azione scenica, la
trama di una rappresentazione, in terra, di segrete alchimie celesti.

Ad Eliogabalo trucidato dalla guardia pretoriana nelle latrine del suo palazzo
appartiene la dimensione del feretro, lo stato cadaverico dell’assassinato , il corpo
offeso dall’ingiustizia dei martiri. Eliogabalo è un corpo fisico, vulnerabile, che può
essere tagliato, trafitto, sgozzato. L’equivoca identificazione di Eliogabalo con il Dio
solare di cui è sommo sacerdote ad Emesa ne fa un martire. La sua morte, così truce e
feroce, è la corona della sua vita di anarchico incoronato. Come San Sebastiano è
colto dalla violenza nella sua fioritura. La morte è il suggello di quella bellezza
disordinata. Eliogabalo è un corpo malato, pur essendo perfettamente sano, è il corpo
dell’appestato che diffonde un’epidemia e, interiormente assiste al concerto della sua
dissoluzione organica, al cambiamento di colore e di specie dei suoi liquidi, dei suoi
umori, del suo sangue, all’apertura e chiusura della sua superficie corporea, delle sue
lacerazioni e delle sue occlusioni, delle febbri e dei tremori che anticipano la morte.
Ha diffuso nel mondo romano la “peste” dell’anarchia, ha fatto trionfare teatralità,
magnificenza, ha dissipato favolori tesori e sacrificato vite umane. Il corpo –specchio
di Eliogabalo, che splende come il bolide-sole di Emesa, si svela essere un bubbone
pestifero, un corpo appestato, un fòmite di epidemia letale per il mondo romano. I
pretoriani usano la lama per tagliare quel tumore che infetta Roma, quella piaga
purulenta che secerne linfa e sangue in tutto il territorio dell’Impero. Si tratta di
1
gettare nelle fogne quel male, allontanarlo dai tessuti sani. Il corpo è una superficie
solcata da aperture e orifizi, ma una nuova apertura può finirlo. Ha ricoperto il suo
corpo di diademi e di lamine, nelle celebrazioni in cui è maestro, ma ora è la nudità
del suo collo a ferirlo a morte. Soprattutto questo ultimo taglio da cui sgorga il
sangue e si consuma la vita è la glorificazione del corpo erotico, del corpo laboratorio
dell’insurrezione erotica. Nel corpo di Eliogabalo, figura dell’amore cosmico in cui i
princìpi metafisici si mischiano, come lo sperma e il sangue, l’inizio e la fine, si
realizza il detto di Bataille “la morte è la giovinezza del mondo”i, Infine il corpo
senza organiii, il corpo rifatto, liberato dalla tirannia dell’organismo, più che dagli
organi e della soggettivazione, cui Antonin Artaud dichiarò guerra il 28 novembre
del 1947 nello scritto Per farla finita col giudizio di Dio. Il corpo senza organi si
svincola dalla materia bassa, fecale, statica e conquista la materia fosforica,
magnetica, elettrica del “corpo glorioso”, prodotto della trasmutazione alchemicaiii

Incontro al Sole e incontro al Mondo il suo corpo ha conquistato lo Spazio, dalle


vette eccelse del fuoco solare alle tenebre dei sotterranei del tempio di Emesa, in cui
è custodito il frutto del fuoco, l’oro con il quale si compra il potere sino alle latrine
del palazzo, dove giace un cadavere abbandonato, senza sepoltura né memoria il
corpo dell’imperatore-efebo di Roma. La pulsione anarchica al disordine è tale
soltanto rispetto alle formalità di un potere imperiale surcodificato che rigetta
l’unificazione dei principi opposti che Eliogabalo persegue. Quando arriva
Eliogabalo col suo bizzarro e sfarzoso corteo orientale tutti diventano re, persino gli
schiavi ivE’ il seme della rivolta, la sovversione generale, cioè non una tirannia che ne
sostituisce un’altra, ma la sovversione generale dei poteri, il dominio del disordine.
Questo disordine si presenta sopra una pedana, su un palco, in scena: è il potere della
materia e del teatro, cioè della poesia. E’ per fondare questo ordine rappresentabile
ma invisibile del teatro, che è poesia, che si versa il sangue, nelle castrazioni v, nei
mestrui femminili, nel massacro del campo di battaglia. Eliogabalo riesce a unire ciò
che è impossibile unire: per dirla con riferimenti moderni il corpo ebbro di desiderio
de “La chiave”di Tanizaki, spinto da una “lussuria così potente che par quasi
miracolosa” , il fermento di passione e gli impulsi che trascinano “fino a perdere ogni
controllo, fino alla pazzia”vi con il corpo del suppliziato soppoposto al “fare a pezzi”
cinese indicato da G. Bataille come “identità di questi perfetti contrari che oppongono
all’estasi divina un orrore estremo”vii La protagonista è la carne che desideraviii.Il
corpo non è un essere nel mondo. Il corpo come corpo è un’astrazione della fisica
moderna, figlia della fisica aristotelica, così come l’idea di mondo. Due astrazioni
non fanno una relazione. Sono gli agganciamenti, i concatenamenti, le modificazioni,
le virtualità, le mutazioni a produrre un corpo. Un corpo non è un “essere tra” o un

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“essere con” ma una pienezza di intensità, di connnessioni, di energie, l’insieme di
tutti gli eventi che ci sono nel tempo vuoto dell’Aion. Con Deleuze definiamo il
corpo come un flusso di concatenamenti, una molteplicità intensivaix.

La peste deleuziana non è soltanto una malattia, ma un entità psichica, che produce
una debilitazione degli spiriti e della moralex, un’onda di energia mortale che gli
occidentali non sopportano e che scuote dalle fondamenta tutte le loro regole e le loro
certezze. L’annunciano strani fenomeni e si manifesta con una sintomatologia
inafferrabile, macchie, bubboni, spossatezza. Il corpo mantiene la sua forza e
l’integrità dei suoi organi, mentre la malattia lo invade e ne deforma le funzioni e i
processi. Esso riabilita il corpo come volontà, nel segno di Schopenauer e di
Nietzsche, smaschera il primato dell’autocoscienza. La superficie e le aperture che lo
definiscono vengono sconvolte dal morbo. Le pieghe e le cavità del corpo diventano
il teatro di una battaglia tra i principi, di una guerra tra fecalità e corpo glorioso
alchemico. Il corpo si copre di macchie, poi di ulcerazioni, di vschiche, bolle, di
bubboni. L’apertura al mondo diventa molteplicità del corpo senza organi. Tutto il
corpo dell’appestato, come quello del Giobbe biblico, esplode in mille processi
dissolutivi che sono altrettante metamorfosi. I volti si deformano, irrigidendosi in una
maschera, le teste diventano musi caprini, teste di cavallo, di rinoceronte. E’ la
disfatta della forma platonica. Vita e morte si affrontano, si abbracciano e penetrano
l’una nell’altra. La forza e la fine del corpo lottano l’una contro l’altra, ma la linea del
fronte è mobile, indeterminata:

“Qual è la mia forza, perché io possa durare, o qual la mia fine, perché prolunghi la
vita” (Giobbe 6,11)

Il corpo dell’appestato è un corpo in disordine, vulcanico, spazio in movimento,


“crudele” per l’intensità delle sue trasformazioni. Lo potremmo chiamare un corpo
nietzscheano, senza coscienza e senza volontàxi, colpiti dalla malattia. Quando la
peste arriva inizia lo spettacolo, perché essa stessa è uno spettacolo dell’anarchia.Il
crimine e la violenza, gli stupri e le rapine dilagano. Esso, come il teatro è

“la rivelazione, la trasposizione in primo piano, la spinta verso l’esterno di un findio


di crudeltà latente attraverso il quale si realizano in un individuo o in un popolo tutte
le possibilità perverse dello spirito”xii

La peste artaudiana non è un evento metafisico, come in Camusxiii, ma un evento


tellurico, una rivoluzione che emerge dalle profondità della terra.

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Il corpo-piega, trapassato in corpo-piaga, diventa il corpo dell’abiezione, del crimine,
il corpo del ladro che sfida la legge e l’ordinamento sociale il corpo sorpreso a rubare
del Diario del ladro di Jean Genet.

Il corpo dell’appestato, circondato da un aura di morte, diventa un dispositivo


esplosivo, così come il corpo di Eliogabalo, allevato in una “culla di sperma” ed
esibito come oggetto erotico ai soldati e alle folle di Roma. Persino nella sua fine, il
corpo dismesso e destituito, cangiato in cadavere di Eliogabalo, non sarà mai un
feretro. Impossibile ridurre ad un ordine simbolico questo corpo viene distrutto nella
sua dignità, insepolto, gettato nelle latrine del proprio palazzo.

Una serie di circostanze fortunose l’avevano spinto in alto, fino a rappresentare


l’unione del corpo del sacerdote con il Dio solare. Ed è la stessa contingenza che lo
spinge in bassso nelle latrine. Fino in fondo questo corpo ribelle,venuto al mond in
un’intensa circolazione di sperma, ridotto allo stato cadaverico, è una circolazione di
sangue e di escrementi. In origine il corpo di Eliogabalo è il mistero degli elementi
che si combinano e ricombinano, come nel processo alchemico, che si associazione e
si dissociano, della copulazione multipla che connette i corpi. Figlio della lussuria e
della prostituzione sacra, non ha origine certa se non il traffico di congiungimenti, di
congiungimenti, il fiume di stupri, di infamie, di violenze, di castrazioni. D’altra parte
soltanto il corpo organizzato, disciplinato nelle sue funzioni vitali, può avere
un’origine certa. Artaud ha scoperto il “Corpo senza organi”, il corpo alchemico xiv.
Mummia che possia su stampelle, come Bassiano, o corpo desiderabile come quello
di Giulia Domna e Giulia Moesa “piene di sangue, di pelle, di ossa e di una certa
materia liquida che passa sotto le colorazioni della loro pelle” (p.9)

La prospettiva del discorso sul corpo non è ambientale, è cosmica. Il potere regale è
“il sangue del sole” (Eliogabalo, p. 12). Lo stesso sangue maschile di Bassiano è “il
lato maschile del sangue solare” (p.13).

La fondazione di un potere regale è una genealogia, perché, com’è noto anche il


corpo politico è un corpo artificiale (Hobbes, Rousseau) o meglio una “macchina da
guerra”.

Il corpo dell’anarchico incoronato Eliogabalo è il corpo di fornicazione, che ha


copulato con le sue madri che introduce a Roma la stessa “corruzione” (p.13) del suo
corpo di maschio frustrato dall’energia delle sue donne. Ma esso rimane il
protagonista della scena teatrale i cui confini sono quelli dell’Impero romano. Il
culto solare e le devozioni lunari trovano il loro centro nel corpo di Eliogabalo, vera
sede del “Soffio del Caos” originario (p.14). Il corpo è il teatro ed è in stretto
rapporto con l’opus che lo rifa, nel senso dell’alchimia, cioè della purificazione che è
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unificazione massima dei principi maschile e femminile. Un impero governato da
castrati ripristina l’ordine cosmico sul piano politico. I riti del culto offerto al dio Sole
dal re-sacerdote Eliogabalo hanno questo scopo: ricondurre tutti i contrari all’Uno e
fonderle tutto in uno. Il corpo senza organi è appunto questo corpo-caos, il corpo
come “quella specie di soffio vitale, mutevole, opaca, che percorre i nervi colle sue
scariche ed entra il lotta con i principi intelligenti della testa”xv La coppia sacra Sole-
luna cresce e trionfa, come un’enfiagione, un bubbone o una pustola. Artaud chiama
le macchie solari “bubboni suppuranti di una peste”xvi La religione di Eliogabalo è
quella delle pietre viventi, che emettono suoni e si muovono, perché “lanciate dal
cielo”, cadute dal cielo, sono eventi. La pietra o Cono nero di Emesa conserva il
proprio fuoco e lo effonde come il corpo pronto ad esplodere nel cielo cosmico.
Persino l’opposizione dei sessi, tra fallo e vagina, che verrà annullata dalla grande
Unificazione di cui il rito della castrazione è simbolo, rimanda ad un conflitto
cosmico, alla guerra che maschile e femminile si fecero nel caos. La stessa
preparazione della trama che porta al trono Eliobagalo è un intreccio di corpi, quello
di Giulia Soemia con Settimio Severo.

Il corpo è l’aperto, il segno dell’odore pestilenziale, delle emissioni e “grida, trabocca


lancia veleno e sperma, come noi lanciamo sputi”xvii. Nel corpo e nel sacrificio c’è
sempre versamento di sangue, trasmutazione materiale delle forme, cui corrisponde la
purificazionexviii Il sangue dei riti nel tempio di Emesa è sangue puro, che non si
mischia con le deiezioni del corpo organico, del corpo della bassa fecalità, è sangue
“alleggerito e reso sottile dai riti”. Il tempio di Emesa è il paradigma del corpo
alchemico e del teatro alchemico ed è lo stesso cerchio del cielo cosmico. Il corpo
senza organi si ordina soltanto alla cosmicità. La descrizione del corpo coperto di
macchie, piagato dalla peste che Artaud offre nel Tetro e il suo doppio, delle pustole
e dei bubboni del morbo disegna il corpo infetto come scissione e conflitto,
lacerazione degli organi e sconvolgimento dell’ordine sociale. La peste di Marsiglia è
il corpo di Eliogabalo, su misure diverse. Il corpo multiplo oltrepassa il corpo fisico e
il corpo-ambiente per diventare corpo cosmico. Il corpo multiplo non si lascia ridurre
all’autocoscienza, all’essere immediato dell’Io, o al corpo fisico, come
l’immediatezza alla mediazione . Neppure il corpo si lascia ridurre ai simboli che
xix

preannunciano il trionfo dello spirito-persona, proprio dell’ontologia spiritualistica


del corpo di Maine de Biran o della fenomenologia del corpo M. Henryxx. Nella
visione di Artaud il corpo governa i suoi ritmi, la velocità dei suoi processi, le sue
accelerazioni sino al punto da cangiarsi in una sostanza esplosiva, nello stato di
“gloria” della materia che rifà se stessa, nell’intensità del suo grado iperbolico. Il
corpo è una proliferazione di molteplicità-corpi, una folla di ecceità, in quanto corpo
desostantificato e desoggettivato.
La bellezza non appartiene al corpo più di quanto l’organismo non appartiene al
corpo glorioso. Il corpo efebico di Eliogabalo “farà uso della propria bellezza” xxi, non
è impligionato in essa come in una forma platonica, in una specie. Si tratta, come si è
visto, di un corpo in transito, di un corpo metamorfico come la crisalide-farfalla, un
corpo-pube, il cui visoxxii è un sesso e una promessaxxiii. Intanto è figlio della
5
prostituta, Iulia Soemia, e ne mutua un carattere “femminile traboccante”. Non c’è
perfezione formale classica del tipo dell’efeboxxiv nel corpo di Eliogabalo, che è
perfetto non come immagine di simmetria e armonia formale, ma perché in preda alla
foia erotica, segno della sua vocazione cosmica e della sua origine divina. Si tratta di
un fisico “in cui vi è dell’alchimia”xxv Al primato greco della visione Artaud
sostituisce la crudeltà e l’energia dell’azione vitale, il teatro dei princìpi. Il corpo di
Eliobagalo è un corpo sacerdotale, non è un semplice corpo nudo. Nato da una
prostituta scra e da molti padri in una culla di sperma, il suo corpo coincide col dio
Sole di cui è la manifestazione. In esso si fondono il corpo-cagna terrestre della
madre e il corpo solare-cosmico: l’inversione è prodotta dalla stessa energia dei
principi metafisici. Madre e figlio godono di amori incestuosi e si scambiano i ruoli
sessuali, dentro un recinto rituale che segna i confini del cerchio cosmicoxxvi
Il corpo di prostituzione è anche il seme del potere. L’impero di Eliogabalo nasce dal
complotto di corpi delle sue donne e fa nascere un potere da una passione (giulia
Soemia-Caracalla). Il potere è la generazione ma viene riconosciuto soltanto con
l’esibizione. Eliogabalo viene mostrato ai soldati “come una mummia, come un
reliquario, come il braccio di S.Maria Egiziaca o la testa di due Marie a S.Marie de
la merxxvii, si mostra sui gradini del tempio di Emesa. Religione e ordine militare si
stringono la mano. Anche nella ferocia della battaglia, al culmine dell’orgia di
violenza, oro e sangue scaturiscno dalla stessa fonte.
Icona sacra che solo nella luce divina del sole potrà avere la sua epifania quel corpo è
un mosaico in cui si intrecciano turpitudine e solarità, luce e tenebre. Circondato da
eunuchi il suo corpo “splende come un braciere “schiacciato da amuleti, da pietre
vive, da smalti preziosi” e non è più diverso dal dio di cui è sacerdote. E’ un corpo
addobbato, come un altare. E’ una “statua di carne umana”xxviii che getta fiamme
solari senza consumarsi e seduce tutti. Sole, oro, bellezza: il potere cresce con la
seduzione. Il corpo esplode, oltrepassa gli strati, si lacera e si gonfia come una
membrana, arde nella febbre della peste teatrale o della peste epidemica. Il disordine
del corpo si trasmette alle forme sociali. Il caos regna. Gli orifizi, le fessure, le
cicatrici, gli stiramenti, le aperture, le occlusioni, le erezioni, le deiezioni, le tensioni,
le contrazioni e i rilassamenti sono sempre in rapporto ad un ambiente. Gli ambienti
sono associati con le forme organiche, sono morfogenetici (Deleuze, Mille piani, p.
216). Il corpo di Eliogabalo oltrepassa lo strato organico ed è a partire dal suo corpo
che l’ambiente si costituisce come una scena teatrale, una poesia vivente. L’anarchia
coronata è “poesia realizzata”xxix Il corpo di Eliogabalo si lancia nel tempo come una
freccia eleatica, supera ogni ostacolo ma attinge all’immobilità di un ordine eterno. In
esso traboccano le energie divine, che si offrono a tutti, fuori di ogni divisione in
classi. Tutti diventano re, anche gli schiavi. Dilaga la sovversione generale, il
dominio del disordinexxx , cioè il potere della materia e del teatro-poesia, per cui si
versa il sangue nelle castrazioni rituali, nei mestrui femminili e nelle guerre,
Essudazione e spreco, dispendio inutile sono le leggi di movimento di questo
corpo.Lo splendore e il lusso sovrabbondante ne segnano l’avvento. Nel fuoco celeste
di cui è la manifestazione finiranno tutte le cose , in un grande sconvolgimento di

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materia. Eliogabalo è il sangue del sole, lo specchio del raggio celeste, un “re che
arde”xxxi. Il suo potere trasuda sangue come il corpo di un martire o di un salvatore.

Il corpo non ha un valore simbolico, non è un sistema di segni che rinviino ad altro,
ma attua la presenza del dio solare, è una cifra del divino e un insieme di geroglifici
da decifrare. La parola non lo riceve e la grammatica gli è indifferente. E’ un corpo di
gloria che getta dentro l’immanenza della lotta, della guerra e della “crudeltà”,la
fenomenologia e le energie infinite del corpo. Il divino non èper Artaud nel cielo
della trascendenza ma nella forza dal basso,oscura sorgente della vita, tellurico-
uterina, è l’esempio di un “misticismo rovesciato”xxxii. Il questa superficie bucata che
costituisce ilcorpo si scopre che “Tutto è corpo e corporeo.Tutto è mescolanza di
corpi e nel corpo, incastro , penetrazione…Un albero, una colonna, un fiore, un
bastone spuntano attraverso il corpo; sempre altri corpi penetrano nel nostro corpo e
coesistono con le sue parti”xxxiii Il fallimento del corpo come superficie bucata
trascina con sé quello della parola,che si disarticola e si scompone. Sarà il corpo
stesso il geroglifico del senso e la scrittura

i
G.Bataille, L’erotismo, p. 28 e Giorgio Cesarano, L’insurrezione erotica, in Manuale di sopravvivenza, Dedalo, Bari,
1974)
ii
Il corpo senza organi è un corpo destratificato,cioè è lo stesso piano d’immanenza sotto l’angolo dell’organicità. Nella
sesta parte di Mille piani viene presentato come un insieme di pratiche, una sperimentazione antipsicanalitica, un limite
in senso kantiano, cui non si finisce mai di accedere, abitato e popolato da intensità e l’insieme della pura molteplicità
d’immanenza nel piano di consistenza. La scoperta artaudiana del Cso come corpo rifatto che sa danzare al contrario,
riconoscere la crudeltà dell’uomo nella sua natura di “animale erotico” lo rende identico a Spinoza, la cui Etica è il
“grande libro” sul Corpo senza organi. Insomma, per Deleuze e Guattari “Eliogabalo è Spinoza, Spinoza è Eliogabalo
resuscitato” (G.Deleuze, F.Guattari, Mille piani, Roma, Castelvecchi, 2003 , p.237)

iii
Cfr U.Artioli, F.Bartoli, Teatro e corpo glorioso, Milano Feltrinelli, 1978, pp.220-221 e e 217 sgg.
iv
A.Artaud, Eliogabalo o l’anarchico incoronato, Milano, Adelphi, 1998, p.108

v
Cfr, G.Bataille, Dizionario critico, trad, spagnola,
vi
Junichiro Tanizaki, La chiave, Bompiani, Milano, 1980, p. 53. L’eros domestico di questo romanzo si rovescia nel
demoniaco dell’eros come “rete di seduzione”in J.TanizakiTorino, Einaudi, 2010 in un contestso fortemente dominato
dalla coppia eros-thanatos.
vii
G.Bataille, Le lacrime di Eros, Boringhieri, 1995, p. 222.
viii
Scriveva C.L.Philippe: “La nostra carne conserva tutti i ricordi , e li mischiamo con i nostri desideri. Solchiamo il
presente con questo bagaglio, andiamo avanti e in ogni istante siamo interi” (CH.L.Philippe, Bubu di Montparnasse,
Milano, Garzanti, 1966, p. 18)

ix
Come sottolineano Deleuze e Guattari il viso fa parte del sistema superficie-buchi del corpo ma “da solo, è già tutto
un corpo: è come il corpo del centro di significanza, nel quale s’impigliano tutti i segni deterritorializzati e che fissa il
limite della loro deterritorializzazione…. Il viso è l’icona propria del regime significante, la riterritorializzazione interna
al sistema. Il significante si riterritorializza sul viso.” G.Deleuze, F.Guattari, Mille piani, Roma, Castelvecchi, 2003
cit.p.181.
x
A.Artaud, Il teatro e la peste, in Il teatro e il suo doppio, Torino, Einaudi, 2000, p.136
xi
F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, “I quattro grandi errori”,Roma, Newton Compton, 1986, p. 142-144, per la
critica dell’errore di una falsa causalità, cioè della volontà e della coscienza o spirito e dell’io.
xii
A.Artaud, Il teatro e la peste, cit. p. 148.

7
xiii
Cfr. A.Camus, La peste, Milano, Bompiani 2000. In Camus la peste è una cifra del Male storico, il nazismo, di fronte
al quale si pongono problemi di responsabilità etica e di riflessione metafisica sulla razionalità del reale. In Artaud
invece la peste è la rappresentazione, il Teatro della Morte, della crudeltà in cui, senza finzioni e ammaliamenti, le
passioni e le motivazioni delle azioni umane sono ricondotte alla loro reale nudità.
xiv
La data è il 28 novembre del 1947, scrive Gilles Deleuze: Artaud dichiara guerra agli organi. Nei Quaderni di Rodez,
immensa foresta di illuminazioni sulla dinamica di questa lotta, troviamo non un Journal intimo, ma la cronaca
quotidiana di questa battaglia spirituale, iniziata in Messico nel paese dei Tarahumara. Non si tratta di opporsi agli
organi, ma all’organismo e al dominio della sua forma.” Cosicché il corpo senza organi non è mai il tuo, il mio... È
sempre un corpo. Non è proiettivo più che regressivo. È un’involuzione, ma un’involuzione creatrice e sempre
contemporanea. Gli organi si distribuiscono sul CsO; ma, per l’appunto, vi si distribuiscono indipendentemente dalla
forma d’organismo, le forme divengono contingenti, gli organi non sono più che intensità prodotte, flussi, soglie e
gradienti. «Un» ventre, «un» occhio, «una» bocca: l’articolo indefinito non manca di nulla, non è indeterminato o
indifferenziato, ma esprime la pura determinazione d’intensità, la differenza intensiva. L’articolo indefinito è il
conduttore del desiderio.” (G.Deleuze, F.Guattari, Mille piani,ed. cit., p. 245)
xv
Eliogabalo, p. 15
xvi
Op, cit. p.16.
xvii
Op. cit. p. 36
xviii
Op.cit. p.38.
xix
Cfr. G.Gentile, La natura, in Firenze, Sansoni, 1981 Introduzione alla filosofia, p. 96
xx
Cfr.M.Henry,Le corps vivante, Conferenza, 1995.
xxi
Artaud, Eliogabalo, p. 21.
xxii
Viseità in Deleuze. …………………..
xxiii
xxiv
Eliogabalo è agli antipodi del modello dell’adolescente bello, immortalato nelle pagine de La morte a Venezia di T.
Mann, in cui, platonicamente, la bellezza è veicolo alla verità da contemplare “con l’aiuto di un corpo” che funge da
semplice rappresentazione “per renderci visibile l’astratto” con la forma e il colore della giovinezza umana (T.Mann, La
morte a Venezia, Repubblica, 2002, pp.59-60.
xxv
A.Artaud, Eliogabalo, cit., p. 72.

xxvi
A.Artaud, op. cit. p. 73
xxvii
A.Artaud, op. cit. p.74
xxviii
A.Artaud, op. cit, p. 77
xxix
A.Artaud, op, cit. p. 98
xxx
Cfr. A.Artaud, op. cit. p. 108
xxxi
A.Artaud, op. cit. p. 83

xxxii
U. Artioli, op,. cit. p. 225 e nota n. 35, sottolinea, malgrado le ovvie differenze, la presenza in Artaud di temi della
mistica paolina del corpo glorioso della Lettera ai Corinzi e l’impostazione gnostica della sua antropologia.
xxxiii
G.Deleuze, Logica del senso, Milano, Feltrinelli, 2009, p. 84

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