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Ad Eliogabalo trucidato dalla guardia pretoriana nelle latrine del suo palazzo
appartiene la dimensione del feretro, lo stato cadaverico dell’assassinato , il corpo
offeso dall’ingiustizia dei martiri. Eliogabalo è un corpo fisico, vulnerabile, che può
essere tagliato, trafitto, sgozzato. L’equivoca identificazione di Eliogabalo con il Dio
solare di cui è sommo sacerdote ad Emesa ne fa un martire. La sua morte, così truce e
feroce, è la corona della sua vita di anarchico incoronato. Come San Sebastiano è
colto dalla violenza nella sua fioritura. La morte è il suggello di quella bellezza
disordinata. Eliogabalo è un corpo malato, pur essendo perfettamente sano, è il corpo
dell’appestato che diffonde un’epidemia e, interiormente assiste al concerto della sua
dissoluzione organica, al cambiamento di colore e di specie dei suoi liquidi, dei suoi
umori, del suo sangue, all’apertura e chiusura della sua superficie corporea, delle sue
lacerazioni e delle sue occlusioni, delle febbri e dei tremori che anticipano la morte.
Ha diffuso nel mondo romano la “peste” dell’anarchia, ha fatto trionfare teatralità,
magnificenza, ha dissipato favolori tesori e sacrificato vite umane. Il corpo –specchio
di Eliogabalo, che splende come il bolide-sole di Emesa, si svela essere un bubbone
pestifero, un corpo appestato, un fòmite di epidemia letale per il mondo romano. I
pretoriani usano la lama per tagliare quel tumore che infetta Roma, quella piaga
purulenta che secerne linfa e sangue in tutto il territorio dell’Impero. Si tratta di
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gettare nelle fogne quel male, allontanarlo dai tessuti sani. Il corpo è una superficie
solcata da aperture e orifizi, ma una nuova apertura può finirlo. Ha ricoperto il suo
corpo di diademi e di lamine, nelle celebrazioni in cui è maestro, ma ora è la nudità
del suo collo a ferirlo a morte. Soprattutto questo ultimo taglio da cui sgorga il
sangue e si consuma la vita è la glorificazione del corpo erotico, del corpo laboratorio
dell’insurrezione erotica. Nel corpo di Eliogabalo, figura dell’amore cosmico in cui i
princìpi metafisici si mischiano, come lo sperma e il sangue, l’inizio e la fine, si
realizza il detto di Bataille “la morte è la giovinezza del mondo”i, Infine il corpo
senza organiii, il corpo rifatto, liberato dalla tirannia dell’organismo, più che dagli
organi e della soggettivazione, cui Antonin Artaud dichiarò guerra il 28 novembre
del 1947 nello scritto Per farla finita col giudizio di Dio. Il corpo senza organi si
svincola dalla materia bassa, fecale, statica e conquista la materia fosforica,
magnetica, elettrica del “corpo glorioso”, prodotto della trasmutazione alchemicaiii
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“essere con” ma una pienezza di intensità, di connnessioni, di energie, l’insieme di
tutti gli eventi che ci sono nel tempo vuoto dell’Aion. Con Deleuze definiamo il
corpo come un flusso di concatenamenti, una molteplicità intensivaix.
La peste deleuziana non è soltanto una malattia, ma un entità psichica, che produce
una debilitazione degli spiriti e della moralex, un’onda di energia mortale che gli
occidentali non sopportano e che scuote dalle fondamenta tutte le loro regole e le loro
certezze. L’annunciano strani fenomeni e si manifesta con una sintomatologia
inafferrabile, macchie, bubboni, spossatezza. Il corpo mantiene la sua forza e
l’integrità dei suoi organi, mentre la malattia lo invade e ne deforma le funzioni e i
processi. Esso riabilita il corpo come volontà, nel segno di Schopenauer e di
Nietzsche, smaschera il primato dell’autocoscienza. La superficie e le aperture che lo
definiscono vengono sconvolte dal morbo. Le pieghe e le cavità del corpo diventano
il teatro di una battaglia tra i principi, di una guerra tra fecalità e corpo glorioso
alchemico. Il corpo si copre di macchie, poi di ulcerazioni, di vschiche, bolle, di
bubboni. L’apertura al mondo diventa molteplicità del corpo senza organi. Tutto il
corpo dell’appestato, come quello del Giobbe biblico, esplode in mille processi
dissolutivi che sono altrettante metamorfosi. I volti si deformano, irrigidendosi in una
maschera, le teste diventano musi caprini, teste di cavallo, di rinoceronte. E’ la
disfatta della forma platonica. Vita e morte si affrontano, si abbracciano e penetrano
l’una nell’altra. La forza e la fine del corpo lottano l’una contro l’altra, ma la linea del
fronte è mobile, indeterminata:
“Qual è la mia forza, perché io possa durare, o qual la mia fine, perché prolunghi la
vita” (Giobbe 6,11)
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Il corpo-piega, trapassato in corpo-piaga, diventa il corpo dell’abiezione, del crimine,
il corpo del ladro che sfida la legge e l’ordinamento sociale il corpo sorpreso a rubare
del Diario del ladro di Jean Genet.
La prospettiva del discorso sul corpo non è ambientale, è cosmica. Il potere regale è
“il sangue del sole” (Eliogabalo, p. 12). Lo stesso sangue maschile di Bassiano è “il
lato maschile del sangue solare” (p.13).
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materia. Eliogabalo è il sangue del sole, lo specchio del raggio celeste, un “re che
arde”xxxi. Il suo potere trasuda sangue come il corpo di un martire o di un salvatore.
Il corpo non ha un valore simbolico, non è un sistema di segni che rinviino ad altro,
ma attua la presenza del dio solare, è una cifra del divino e un insieme di geroglifici
da decifrare. La parola non lo riceve e la grammatica gli è indifferente. E’ un corpo di
gloria che getta dentro l’immanenza della lotta, della guerra e della “crudeltà”,la
fenomenologia e le energie infinite del corpo. Il divino non èper Artaud nel cielo
della trascendenza ma nella forza dal basso,oscura sorgente della vita, tellurico-
uterina, è l’esempio di un “misticismo rovesciato”xxxii. Il questa superficie bucata che
costituisce ilcorpo si scopre che “Tutto è corpo e corporeo.Tutto è mescolanza di
corpi e nel corpo, incastro , penetrazione…Un albero, una colonna, un fiore, un
bastone spuntano attraverso il corpo; sempre altri corpi penetrano nel nostro corpo e
coesistono con le sue parti”xxxiii Il fallimento del corpo come superficie bucata
trascina con sé quello della parola,che si disarticola e si scompone. Sarà il corpo
stesso il geroglifico del senso e la scrittura
i
G.Bataille, L’erotismo, p. 28 e Giorgio Cesarano, L’insurrezione erotica, in Manuale di sopravvivenza, Dedalo, Bari,
1974)
ii
Il corpo senza organi è un corpo destratificato,cioè è lo stesso piano d’immanenza sotto l’angolo dell’organicità. Nella
sesta parte di Mille piani viene presentato come un insieme di pratiche, una sperimentazione antipsicanalitica, un limite
in senso kantiano, cui non si finisce mai di accedere, abitato e popolato da intensità e l’insieme della pura molteplicità
d’immanenza nel piano di consistenza. La scoperta artaudiana del Cso come corpo rifatto che sa danzare al contrario,
riconoscere la crudeltà dell’uomo nella sua natura di “animale erotico” lo rende identico a Spinoza, la cui Etica è il
“grande libro” sul Corpo senza organi. Insomma, per Deleuze e Guattari “Eliogabalo è Spinoza, Spinoza è Eliogabalo
resuscitato” (G.Deleuze, F.Guattari, Mille piani, Roma, Castelvecchi, 2003 , p.237)
iii
Cfr U.Artioli, F.Bartoli, Teatro e corpo glorioso, Milano Feltrinelli, 1978, pp.220-221 e e 217 sgg.
iv
A.Artaud, Eliogabalo o l’anarchico incoronato, Milano, Adelphi, 1998, p.108
v
Cfr, G.Bataille, Dizionario critico, trad, spagnola,
vi
Junichiro Tanizaki, La chiave, Bompiani, Milano, 1980, p. 53. L’eros domestico di questo romanzo si rovescia nel
demoniaco dell’eros come “rete di seduzione”in J.TanizakiTorino, Einaudi, 2010 in un contestso fortemente dominato
dalla coppia eros-thanatos.
vii
G.Bataille, Le lacrime di Eros, Boringhieri, 1995, p. 222.
viii
Scriveva C.L.Philippe: “La nostra carne conserva tutti i ricordi , e li mischiamo con i nostri desideri. Solchiamo il
presente con questo bagaglio, andiamo avanti e in ogni istante siamo interi” (CH.L.Philippe, Bubu di Montparnasse,
Milano, Garzanti, 1966, p. 18)
ix
Come sottolineano Deleuze e Guattari il viso fa parte del sistema superficie-buchi del corpo ma “da solo, è già tutto
un corpo: è come il corpo del centro di significanza, nel quale s’impigliano tutti i segni deterritorializzati e che fissa il
limite della loro deterritorializzazione…. Il viso è l’icona propria del regime significante, la riterritorializzazione interna
al sistema. Il significante si riterritorializza sul viso.” G.Deleuze, F.Guattari, Mille piani, Roma, Castelvecchi, 2003
cit.p.181.
x
A.Artaud, Il teatro e la peste, in Il teatro e il suo doppio, Torino, Einaudi, 2000, p.136
xi
F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, “I quattro grandi errori”,Roma, Newton Compton, 1986, p. 142-144, per la
critica dell’errore di una falsa causalità, cioè della volontà e della coscienza o spirito e dell’io.
xii
A.Artaud, Il teatro e la peste, cit. p. 148.
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xiii
Cfr. A.Camus, La peste, Milano, Bompiani 2000. In Camus la peste è una cifra del Male storico, il nazismo, di fronte
al quale si pongono problemi di responsabilità etica e di riflessione metafisica sulla razionalità del reale. In Artaud
invece la peste è la rappresentazione, il Teatro della Morte, della crudeltà in cui, senza finzioni e ammaliamenti, le
passioni e le motivazioni delle azioni umane sono ricondotte alla loro reale nudità.
xiv
La data è il 28 novembre del 1947, scrive Gilles Deleuze: Artaud dichiara guerra agli organi. Nei Quaderni di Rodez,
immensa foresta di illuminazioni sulla dinamica di questa lotta, troviamo non un Journal intimo, ma la cronaca
quotidiana di questa battaglia spirituale, iniziata in Messico nel paese dei Tarahumara. Non si tratta di opporsi agli
organi, ma all’organismo e al dominio della sua forma.” Cosicché il corpo senza organi non è mai il tuo, il mio... È
sempre un corpo. Non è proiettivo più che regressivo. È un’involuzione, ma un’involuzione creatrice e sempre
contemporanea. Gli organi si distribuiscono sul CsO; ma, per l’appunto, vi si distribuiscono indipendentemente dalla
forma d’organismo, le forme divengono contingenti, gli organi non sono più che intensità prodotte, flussi, soglie e
gradienti. «Un» ventre, «un» occhio, «una» bocca: l’articolo indefinito non manca di nulla, non è indeterminato o
indifferenziato, ma esprime la pura determinazione d’intensità, la differenza intensiva. L’articolo indefinito è il
conduttore del desiderio.” (G.Deleuze, F.Guattari, Mille piani,ed. cit., p. 245)
xv
Eliogabalo, p. 15
xvi
Op, cit. p.16.
xvii
Op. cit. p. 36
xviii
Op.cit. p.38.
xix
Cfr. G.Gentile, La natura, in Firenze, Sansoni, 1981 Introduzione alla filosofia, p. 96
xx
Cfr.M.Henry,Le corps vivante, Conferenza, 1995.
xxi
Artaud, Eliogabalo, p. 21.
xxii
Viseità in Deleuze. …………………..
xxiii
xxiv
Eliogabalo è agli antipodi del modello dell’adolescente bello, immortalato nelle pagine de La morte a Venezia di T.
Mann, in cui, platonicamente, la bellezza è veicolo alla verità da contemplare “con l’aiuto di un corpo” che funge da
semplice rappresentazione “per renderci visibile l’astratto” con la forma e il colore della giovinezza umana (T.Mann, La
morte a Venezia, Repubblica, 2002, pp.59-60.
xxv
A.Artaud, Eliogabalo, cit., p. 72.
xxvi
A.Artaud, op. cit. p. 73
xxvii
A.Artaud, op. cit. p.74
xxviii
A.Artaud, op. cit, p. 77
xxix
A.Artaud, op, cit. p. 98
xxx
Cfr. A.Artaud, op. cit. p. 108
xxxi
A.Artaud, op. cit. p. 83
xxxii
U. Artioli, op,. cit. p. 225 e nota n. 35, sottolinea, malgrado le ovvie differenze, la presenza in Artaud di temi della
mistica paolina del corpo glorioso della Lettera ai Corinzi e l’impostazione gnostica della sua antropologia.
xxxiii
G.Deleuze, Logica del senso, Milano, Feltrinelli, 2009, p. 84